rabbini) e ad accollarsi il suo che dolce e leggero (Mt 11,28-30).
Perci egli non soltanto l'ultimo messaggero della sapienza e il Figlio dell'uomo, bens in certo qual modo la sapienza di Dio in persona (E. Schweizer, Matthius, 57) e precisamente come sapienza incarna- ta il Cristo (ibid., 55). Con la sua cristologia della sapienza (che non si rz/ ancora all'idea di una sapienza preesistente) Matteo riesce quindi a dire in maniera autonoma che in Ges di Nazaret Dio stesso incontra l'uomo e che Ges l' Emmanuele, cio Dio con noi (M t l ,23). Tutte le denominazioni menzionate (Messia, Figlio di Davide, Sa- pienza incarnata; inoltre - con rimando alla parusia per il giudizio - Figlio dell'uomo) sono per superate dal predicato cristologico pi importante e pi alto per Matteo: Ges il Figlio di Dio (su 23 ca- si 10 sono redazionali). Il predicato di Figlio di Dio esteso a tutte le fasi del cammino di Ges. Lo troviamo gi nel vangelo dell'infanzia (Mt 1,21.23.25; 2,15). Nel racconto del battesimo ci confermato dal fatto che Matteo intende la voce celeste come una pubblica dichiara- zione (M t 3, 17b: Questi il Figlio mio prediletto). Nella peri co p e della tentazione Ges - diversamente dai figli ribelli e infedeli di Is 1,4; 30,1.9; Ger 3,14; 4,22- si comporta in maniera esemplare preci- samente con la sua obbedienza in qualit di Figlio di Dio, che pensa unicamente a Dio e alla nostra salvezza (Mt 4,4b.l0b) e non abusa del- la figliolanza a proprio favore. Spingendosi al di l di Marco (e di Lu- ca), Matteo fa confessare ai discepoli (14,33: con la proskynesis, con la prostrazione) e a Pietro (16,16s.) la figliolanza divina di Ges. Con molta insistenza egli collega l'enunciato sulla figliolanza divina anche con la passione e con la morte in croce (Mt 21,37s.; 27,40.43.54): Ge- s non viene riconosciuto come Figlio di Dio dal suo popolo, re- spinto e subisce per obbedienza verso Dio la morte in croce a motivo dei peccati. Egli fu eletto da Dio come Figlio per instaurare positiva- mente un nuovo rapporto con Lui (Dio con noi: 1,23) o per opera- re negativamente la salvezza dai peccati, cio dalla lontananza da Dio (cos l'interpretazione del nome <<Jeshua in Mt 1,21), cosa che av- viene mediante il dono della sua vita per i molti (Mt 20,28; 26,28): so- lo il Figlio eletto, che permette alla volont di Dio di adempiersi per- fettamente, pu essere espiazione (= eliminazione della lontananza). Nel testo che conclude e corona il vangelo, cio in Mt 28,17-20, il Ri- sorto appare infine come il Figlio (usato in maniera assoluta e indi- cante il vero e proprio mistero di Ges, la relazione unica Padre-Fi- glio), che con la promessa della permanente presenza presso i suoi in- vera il proprio nome di Dio con noi (M t l ,23) e ci permette di par- Nascita e sviluppo della cristologia del NT 91 tecipare - come colui che continua ad insegnare attraverso la parola dei discepoli - alla sua figliolanza (Mt 5,9.45; 13,38.43; 6,9). 2.4.3. CRISTOLOGIE COSMICHE DELLA PREESISTENZA E DELL'INCARNAZIONE Le comunit giudeo-cristiane palestinesi erano principalmente im- bevute di cultura veterotestamentaria-giudaica e concepirono quindi la figliolanza divina di Ges come elezione, come dono dello Spirito a lui fatto e come insediamento nella funzione messianica (a partire dal- la risurrezione, dal battesimo, dalla nascita). Cos esprimendosi esse non presero ancora in considerazione l'eventualit che il Figlio di Dio possedesse un' esistenza personale nel modo di esistere di Dio gi prima della sua vita umana. Gli enunciati sulla preesistenza e mis- sione del Figlio di Dio non sono comunque solo un prolungamento del modello della figliolanza messianica al di l della nascita e, a ritro- so, fino ad un'esistenza premondana del Figlio di Dio. N essi si col- locano solo alla fine di un processo evolutivo piuttosto lungo, bens ri- corrono gi abbastanza presto, in parte contemporaneamente ad enunciazioni sull'innalzamento e collegate con esse (per es., in Fil2,6- ll ). In confronto a questi gli enunciati sulla preesistenza utilizzano un altro modello di pensiero, che aiut a scoprire una profondit inso- spettata della storia e della persona di Ges Cristo. 2.4.3.1. Presupposti nel pensiero sapienziale dell'ebraismo ellenistico L'ebreo e l'ebreo-cristiano vivente in seno alle tradizioni storico-sal- vifiche palestinesi sperimentava il mondo prevalentemente come sto- ria e pensava soprattutto in categorie temporali-escatologiche; cos pot concepire Ges come il Salvatore e il perfezionatore escatologi- co della storia. Per gli ellenisti invece il mondo era soprattutto il co- smo; essi pensavano di pi in categorie e metafore spaziali. Ora per nella tarda antichit il cosmo fu sperimentato in maniera sempre pi come un cosmo dominato da potenze anonime (destino, materia cattiva, caos ecc.); un sentimento di fondo pessimistico d1 trovarsi in una situazione senza vie di uscita e di angoscia verso il