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Storia Greca e Romana Riassunto: Le origini dei greci, come li chiamavano i romani, o Elleni, come loro stessi si chiamavano,

risalgono ad un tempo leggendario. In un momento non ben definito, intorno al 2000 a.C., alcuni popoli nomadi di stirpe indoeuropea invasero la Grecia. Tra questi, si distinguevano gli Achei. La civilt fondata dagli Achei venne anche detta micenea, dalla loro citt pi importante: Micene. Di questi primi Greci ci sono arrivate imponenti testimonianza archeologiche. Gli Achei Gli achei erano un popolo guerriero, dominato da una ricca aristocrazia militare. Essa si faceva accompagnare nelle sepolture da splendidi gioielli ed armi. Intorno al XII secolo a.C., la crisi della societ micenea fu probabilmente causata da una nuova ondata di popoli nomadi: dal Nord giunsero i Dori, dal Mediterraneo i popoli del mare. Iniziava in Grecia la cosiddetta et buia, che dur dall'XI fino al IX secolo a.C. La splendida arte del periodo miceneo tramont, e fu sostituita da un'arte pi povera. Durante l'et buia and lentamente formandosi una originale organizzazione politica, la polis (al plurale poleis), citt-stato. All'et buia segu un periodo che viene chiamato et arcaica: questo periodo va dall'VIII al VI secolo a.C. Fu allora che la polis assunse le sue definitive caratteristiche: un piccolo stato indipendente, con un proprio governo, leggi e tradizioni. Nell'et arcaica, l'unico ricordo che i Greci conservavano della civilt achea si trovava nei poemi attribuiti ad Omero: l'Iliade e l'Odissea. L'Iliade racconta la guerra dei Greci, guidati dal re di Micene Agamennone, contro la citt di Ilio o Troia, sulle coste dell'Asia Minore (l'attuale Turchia). L'Odissea racconta l'avventuroso ritorno in patria ad Itaca, del suo re: l'astuto Ulisse o Odisseo. Tra il V e il IV secolo a.C., la civilt greca raggiunse un grande livello di sviluppo. Tanto che questo periodo chiamato l'et classica, che significa l'et migliore. Ne un esempio il Partenone, il tempio dedicato alla dea Atena. Costruito su un'altura di Atene, il Partenone si presenta ancor oggi come un'opera maestosa, ma nel contempo leggera ed elegante. Sparta e Atene All'inizio del V secolo a.C., e per circa due decenni, la Grecia visse un esperienza sconvolgente. Venne aggredita dal potente Impero persiano. Per sconfiggerlo, furono necessarie due guerre. E soprattutto l'alleanza fra le due: pi importanti poleis di quel momento: Atene e Sparta. E ci nonostante le notevoli differenze che vi erano fra gli Spartani e gli Ateniesi. Gli Spartani erano chiusi, a tal punto che ancor oggi per indicare una persona di poche parole usiamo l'aggettivo laconico, da Laconia, la regione da loro abitata . I loro valori erano tutti legati alla guerra: l'eroismo, la lealt, la fedelt, la vita sana ecc. Politicamente a Sparta ci fu sempre un governo aristocratico. Gli Ateniesi invece, che con i commerci erano in costante contatto con altri popoli, amavano la cultura, l'arte, il dialogo ecc. Politicamente, dopo un lungo e difficile processo, ad Atene si instaur un governo democratico. Una volta vinti i Persiani, Atene e Sparta tornarono all'antica rivalit. Inizialmente primeggi Atene, fino a quando non scoppi tra di loro una guerra: la guerra del Peloponneso, dal 431 a.C. al 404 a.C. Ne usc vittoriosa Sparta, che estese il suo predominio su tutta la Grecia. Ci provoc la reazione di molte citt, tra cui Tebe, che sconfisse a sua volta Sparta. Anche la supremazia tebana per non dur a lungo: nessuna polis era in grado di opporsi ad una nuova grande potenza, la Macedonia di Filippo II. Lo scontro decisivo avvenne a Cheronea nel 338 a.C.: Filippo II a capo della falange macedone, sconfisse gli Ateniesi; mentre la cavalleria, guidata dal figlio diciottenne, Alessandro, mise in fuga i Tebani. Nel 336 a.C., dopo aver sottomesso tutta la Grecia, il re macedone venne assassinato. Successore di Filippo II fu il figlio ventenne Alessandro, chiamato Magno, il grande. Alessandro in pochi anni sottomise l'Impero persiano ed estese il suo potere in tutto l'Oriente. Alla sua morte, avvenuta a soli 33 anni, l'impero macedone era davvero enorme. La morte di Alessandro Magno segn l'inizio di un nuoco periodo storico, l'et ellenistica. Il termine ellenismo indica che i valori della civilt greca si diffusero in gran parte del mondo allora conosciuto. Il greco divenne la lingua internazionale, per i commerci e le discussioni culturali. Ma il centro pi importante fu Alessandria d'Egitto, una citt che divenne ben presto pi grande della stessa Atene. Una delle opere pi famose del periodo ellenistico la Nike (= vittoria) di Samotracia. Non sappiamo chi la scolp, ma conosciamo il suo significato. Rappresenta la vittoria, immaginata come una bellissima fanciulla che vola fino a posarsi sulla nave dei vincitori. L'et ellenistica va dal IV al II secolo a.C., quando la Grecia venne sottomessa da Roma.

Nell'Italia antica, chiamata dagli storici la prima Italia, si trovavano le radici pi profonde della civilt romana. Quando ci si riferisce alla prima Italia si usa l'aggettivo italico al posto di italiano. Molti furono i popoli che abitarono la prima Italia: Veneti, Sabini, Sanniti, Umbri ecc. Ma la civilt italica di gran lunga pi evoluta e fiorente prima di Roma, fu quella degli Etruschi. L'Etruria, la terra abitata dagli Etruschi, era compresa tra i fiumi Arno e Tevere. Poi si estese a sud fino a Cuma, in Campania, e a nord fino all'attuale Bologna. Fu una civilt, come quella greca, formata soprattutto da citt-stato, cio da poleis. Si svilup dal IX al IV secolo a.C., quando fu assorbita da Roma. Etruschi e Greci furono i due popoli che maggiormente influenzarono i Romani nella cultura, nella tecnica e nelle abitudini della vita quotidiana. Storia di Roma Tutta la storia di Roma nei confronti dei popoli italici pu essere sintetizzata con una frase del poeta Virgilio, vissuto nel I secolo a.C.: Perdonare chi si sottomette, annientare chi si ribella. Virgilio scrisse l'Eneide un'opera che si riprende le vicende narrate nell'Iliade e nell'Odissea da Omero. Racconta di Enea, un principe troiano, figlio di Anchise e della dea Afrodite, all'origine della storia di Roma. La lupa capitolina il simbolo della fierezza e della forza di Roma. Si tratta di una statua in bronzo del V secolo a.C. La lupa allatta due gemelli che discendono da Enea: Romolo, il leggendario fondatore di Roma, e Remo. Sempre secondo la leggenda, dopo la sua fondazione (753 a.C.), Roma venne governata da sette re. La monarchia ebbe fine nel 509 a.C., quando Roma divenne una Repubblica. Verso la fine del II secolo a.C., Roma aveva conquistato gran parte del Mediterraneo e sottomesso la Grecia. Fu allora che la Repubblica cominci ad entrare in crisi. In generale, si pu dire che fu una crisi di crescita. Roma ormai dominava un territorio molto vasto e le istituzioni della Repubblica non erano pi in grado di governarlo. La crisi si manifest per buona parte del I secolo a.C. con una serie di lotte e di guerre civili: guerre, cio, tra cittadini dello stesso stato. Aument a dismisura il ruolo dell'esercito. Si affermarono individui, in genere dei capi militari, dalla forte personalit: Mario, Silla, Pompeo e soprattutto Cesare. Cesare conquistatore della Gallia (attuale Francia) venne assassinato nel 44 a.C. da un gruppo di congiurati. La crisi visse cos la sua fase finale. Dopo ulteriori contrasti ed un'altra guerra civile, si impose la personalit di Ottaviano, lontano parente ed erede di Cesare. Egli trasform la Repubblica in una Monarchia. Nel 27 a.C., infatti, si fece riconoscere dal Senato il titolo di Augusto con cui passato alla storia. Termin cos l'et repubblicana ed inizi l' et dell'impero. Il Senato accett questa svolta perch Roma veniva da un secolo di spietate lotte civili e Ottaviano Augusto sembrava l'unico che potesse garantire la pace. Augusto li accontent: riform lo Stato e diffuse ovunque la sicurezza delle armi e delle leggi romane. Dopo le genti sottomesse all'impero assimilarono gradualmente il modo di vita, la cultura, le leggi e la lingua dei vincitori. Questo lento processo di assimilazione si chiama romanizzazione. E' l'eredit pi importante lasciata all'Europa da Augusto e dai suoi successori. Romanizzazione signific anche urbanizzazione. Quello romano, infatti, era un impero costruito su una rete di citt piccole e grandi, dominato dalla citt per eccellenza: Roma, centro del potere e della cita economica. Le citt erano collegate tra loro da un efficace sistema di strade. Una striscia lastricata di 80.000 chilometri che univa tre continenti: il pi lungo monumento del mondo antico. Nate per consentire lo spostamento dei soldati e il controllo dei territori occupati, le strade svolsero una funzione decisiva nella romanizzazione dell'impero, permettendo la diffusione del latino come lingua comune. Dopo Augusto, l'impero si consolid e raggiunse il suo massimo splendore nel II secolo, che per questo fu detto il secolo d'oro. Gli imperatori di questo periodo erano per lo pi saggi e umani verso i loro sudditi. Uno di loro, Traiano, fu anche un grande conquistatore: port i confini dell'impero alla loro massima estensione. Proseguiva intanto l'inserimento nella civilt di Roma dei sudditi delle province. Nel 212 d.C., infine, l'imperatore Caracalla estese la cittadinanza romana a quasi tutti gli abitanti liberi dell'impero. L'impero si stava dunque trasformando. Non era pi soltanto dei Romani, ma di tutti i popoli che lo componevano: in una parola, era sempre pi mediterraneo. Lo dimostr, sul piano religioso, la diffusione del cristianesimo che proveniva dalla Palestina e portava un messaggio di pace e di salvezza per tutti gli uomini: la Buona Novella. L'autorit romana cominci ben presto a seguire con attenzione il fenomeno cristiano. Fino a quel momento, i Romani avevano tollerato le religioni degli altri popoli. Anzi lasciavano perfino che si diffondessero a Roma.

Ma i cristiani erano guardati con sospetto perch rifiutavano di accettare gli dei degli altri popoli e di adorare l'imperatore. Iniziarono cos le persecuzioni, che divennero particolarmente dure nel III secolo, quando l'Impero romano precipit in una grave crisi. Dalle frontiere orientali, Persiani e Germani si facevano minacciosi. All'interno, spadroneggiavano gli imperatori-soldati, che combattevano l'uno contro l'altro in una specie di guerra civile permanente. L'economia and a rotoli: i prodotti agricoli scarseggiavano e i prezzi aumentavano vertiginosamente. Il momento, insomma, era grave: tutti dovevano impegnarsi per salvare l'impero. La diversit dei cristiani divent intollerabile: su di loro piomb l'accusa di tradimento e si scatenarono violente persecuzioni. La pi dura fu quella voluta dall'imperatore Decio, nel 250; l'ultima fu quella ordinata dall'imperatore Diocleziano (303-305). La persecuzione, per, era un errore. I cristiani non rappresentavano un pericolo, ma una risorsa per lo Stato romano: essi, infatti, erano sudditi leali. A comprendere per primo questa semplice verit fu l'imprenditore Costantino. Egli si convert al cristianesimo e, nel 313, promulg l'Editto di Milano che riconosceva ai cristiani la libert di culto. Durante il regno di Costantino, e sotto i suoi successori, il cristianesimo venne favorito in ogni modo a danno del paganesimo. Infine, l'imperatore Teodosio fece del cristianesimo la religione di Stato e proib ufficialmente i culti pagani (380). Cominci cos una strettissima collaborazione tra la Chiesa e il potere politico, decisiva per i destini dell'Europa. Dalla fine del IV secolo, le trib dei Germani divennero protagoniste della storia di Roma. Affamati di terre, i Germani si spostarono dall'Europa settentrionale e centrale verso Occidente attratti dalle fertili pianure dell'impero. Talvolta, la loro era una pacifica migrazione; pi spesso, era una vera e propria invasione favorita da una schiacciante superiorit militare. L'impero, ormai, era diviso in due parti: l'impero d'Occidente e quello d'Oriente. L'impero d'Oriente si salv dalla catastrofe e mantenne la sua vitalit. Quello d'Occidente, invece non sopravvisse allo scontro con i barbari. L'ultimo imperatore d'Occidente Romolo Augustolo, venne deposto nel 476. Cadde cos l'Impero Romano d'Occidente. L'Imperatore Costantino Il Grande Costantino e la nuova fisionomia dellimpero Dopo labdicazione di Diocleziano e Massimiano, limpero attravers una fase di instabilit. Costantino sal al potere nella parte occidentale dellimpero e Licinio nella parte orientale. A partire del 324 d.C. Costantino riun tutto il potere e diede inizio a una nuova dinastia, ma prese ufficialmente il potere dopo aver sconfitto Massenzio nel 312 d.C. . Nel 313 d.C. Costantino concesse la libert di culto ai cristiani (editto di Milano), promulg una serie di leggi in loro favore e infine si convert egli stesso. Costantino si pose come tutore della religione cristiana e ag come erede della tradizione romana, nella quale la somma autorit religiosa, il pontifex maximus. La dottrina ariana venne ritenuta uneresia e dunque sconfessata in seguito al concilio di Nicea del 325 d.C. . Riorganizz lesercito introducendo un gran numero di barbari e nel 330 d.C. instituisce la nuova capitale dellimpero, Costantinopoli. La dinastia di Costantino Alla sua morte nel 337 d.C. , i tre figli (Costantino II, Costante e Costanzo) lottano per il potere, che infine rimane solo a Costanzo. In quel periodo furono Milano e Costantinopoli le capitali dellimpero (occidentale e orientale). Costanzo scelse come suo successero un cugino, Giuliano. Si rivel un abile generale e in seguito venne proclamato imperatore dalle sue truppe. Costanzo mor e tutto il potere lo prese Giuliano. Giuliano fu chiamato dai cristiani lApostata (disertore) perch voleva rinstaura re il paganesimo. In seguito scrisse egli stesso unopera contro il cristianesimo, intitolata Contro i Galilei. Nel tentativo di suscitare consenso alla propria politica, Giuliano muove guerra allimpero persiano ma viene ucciso in battaglia. Il regno di Teodosio Attorno al 375 d.C. i goti dellovest, i visigoti, si mossero verso i confini del Danubio, chiesero di essere ammessi nel territorio dellimpero. In quellepoca limpero era diviso tra due sovrani: Graziano (occidente) e Valente (oriente). Questultimo difronte alle richieste dei visigoti, consent loro di stanziarsi entro i conf ini dellimpero, ma presto si giunse a un conflitto. Valente decise di affrontarli con le truppe radunate a Costantinopoli. Ma nel 378 d.C. ad Adrianopoli i visigoti annientarono lesercito romano e tentarono persino lassolto a Costantinopoli. Di fronte alla gravit della situazione, sul trono di Costantinopoli fu posto un generale di origine spagnola, Teodioso. Cerc un accordo con i visigoti, stipulando la pace e stanziarli nelle province danubiane come alleati dellimpero. Teodosio e Graziano regnarono insieme per alcuni anni e nel 380 d.C. pubblicarono leditto di Tessalonica, con cui venivano colpiti i culti pagani e il cristi anesimo diventa lunica religione ammessa nellimpero. Alla morte di Teodosio il potere fu diviso tra i suoi figli (Arcadio ad oriente e Onerio a occidente).

Questi portarono limpero ad una crisi perch loro erano delle nullit e il vero capo era Stilicone, il quale sconfisse Alarico, re dei visigoti, in Piemonte (402 d.C.) e i Germani a Fiesole (406 d.C.). Nel 408 d.C. fu accusato di appoggiare goti e fu condannato a morte. Nel 410 d.C. Alarico saccheggi Roma e Ataulfo divenne il re di un regno barbarico sul territorio dellimpero, con capitale Tolosa. Nel 429 d.C. i vandali, sotto la guida del re Genserico, si diedero una organizzazione statale, conquistarono Cartagine e parte del Mediterraneo occidentale. Nel 430 d.C. limpero fu attaccato dagli Unni (nomadi delle steppe asiatiche). Essi possedevano un terribile esercito comandato da Attila col quale assalirono prima loriente e poi loccidente. Ezio, un nobile di origine gallica e ultimo abile generale dellimpero doccidente, fece unalleanza con i v isigoti per sconfiggere Attila (454 d.C.). Ezio deteneva il potere effettivo in occidente, ma fu ucciso da Valentiniano III, erede di Teodosio, ma nel 455 d.C. Valentiniano fu a sua volta ucciso e ci fu un vuoto di potere. I vandali assalirono Roma e la saccheggiarono per 14 giorni. Nel 476 d.C. Romolo Augustolo, deposto da Odoacre, capo delle milizie barbariche doccidente, si sottomise a Zenone, imperatore doriente. Limpero romano doccidente si estinse. Sintesi dal Medioevo all'Et Moderna Sintesi: Le invasioni barbariche determinarono nel 476 la caduta dell'Impero Romano d'Occidente. Inizi cos il Medioevo, cio l'epoca compresa tra il 476 e il 1492. Dopo la caduta dell'Impero, l'Occidente attravers una grave crisi. I territori che erano appartenuti all'impero vennero conquistati da varie popolazioni barbariche e nacquero i regni romano-barbarici. L'Impero Romano d'Oriente, invece, sopravvisse fino al 1453. Questo impero chiamato anche bizantino da Bizanzio, antico nome greco di Costantinopoli, la capitale dell'impero. Il pi grande imperatore dOriente fu Giustiniano (527 -565). Egli riusc a riunificare almeno parzialmente i territori del vecchio Impero. Giustiniano riconquist lItalia e il Mediterraneo torn ad essere un lago r omano. Ma si trattava di una fragile vittoria. Pochi anni dopo la morte di Giustiniano, infatti, lImpero fu aggredito lungo tutti i suoi confini da varie p opolazioni barbariche e dai Persiani. Molti dei territori dOccidente appena riconquistati furono rapidamente perduti. LItalia nel 568 fu invasa dai Longobardi che, nel giro di pochi anni, ne conquistarono buona parte. LItalia perse cos la sua unit: ci vorranno ben tredici secoli prima che torni ad essere un paese unito. Lavversario pi insidioso dellImpero dOrie nte, per, sorse da un movimento religioso che si svilupp nella penisola arabica agli inizi del VII secolo. Il suo fondatore fu Maometto (570-632) che si proclam profeta dellunico Dio, Allah. Siccome i fedeli dovevano essere talmente devoti ad Allah ed ubbidire alla sua volont, la nuova religione fu detta islamismo (in arabo islam vuol dire sottomissione). Essa, comunque, anche nota come religione maomettana o musulmana (muslim, in arabo, significa sottomessi alla volont di Dio). Limmagine di Maometto o Allah non pu essere rappresentata in quanto proibita dalla religione stessa. Alla morte di Maometto (632), la maggior parte della penisola arabica aveva riconosciuto lautorit religi osa e politica del Profeta. Era nato cos un nuovo e potente Stato. I successori di Maometto furono per lungo tempo capi sia politici che religiosi. Sotto la loro guida gli arabi conquistarono vastissimi territori: buona parte della Spagna, lAfrica che si affaccia sul Mediterraneo, il Medio Oriente, la Persia. Nella stessa epoca in cui si affermava lImpero islamico, lOccidente attraversava una grave crisi: la popolazione diminu per effetto delle guerre e delle carestie; diminuirono le terre coltivate; inoltre molte delle tecniche agricole utilizzate dai Romani furono dimenticate: i prodotti, cos, erano appena sufficienti a sfamare gli uomini;i commerci si arrestarono quasi completamente; le citt si spopolarono: molti le abbandonavano, perch erano la prima meta dei barbari; aument lanalfabetismo per la chiusura delle scuole che avevano sede nelle citt. In questa drammatica situazione, ciascuno era abbandonato a se stesso perch praticamente non esisteva pi lo Stato. In Italia, lImpero Romano dOriente non riusciva a governare neanche i suoi possed imenti. Sempre pi spesso tocc alla Chiesa supplire alle carenze dello Stato. In particolare i vescovi dovettero amministrare la giustizia e proteggere le popolazioni inermi trattando con i sovrani barbarici. La Chiesa assunse cos un ruolo politico e giunse, sul finire dellVIII secolo, a dominare su un proprio Stato. Il papa cio divenne sovrano di una parte dellItalia centrale: lo Stato della Chiesa. Tra i vari Stati barbarici che avevano sostituito lImpero dOccidente, uno era destinato ad avere lunga v ita: quello dei Franchi, situato nellattuale Francia.

Furono i Franchi, infatti, a fermare nel 732 a Poitiers lavanzata degli Arabi che avevano gi conquistato le coste africane del Mediterraneo e la Spagna. Ma soprattutto fu un sovrano franco, Carlo Magno, a rifondare lImpero in Occidente. Carlo conquist vasti territori (lItalia settentrionale, lAustria, buona parte della Germania, la Francia occidentale e la Sp agna orientale) e la notte di Natale dell800, fu incoronato imperatore da papa Leone III.Nasceva cos il Sacro Romano Impero: sacro, perch Carlo impose la religione cristiana a tutti i popoli che dominava e perch si credeva che Dio lo avesse scelto per governare; romano, perch questo impero si considerava erede di quello romano.

Dopo la morte di Carlo Magno (814) lImpero venne diviso tra i suoi eredi e lOccidente conobbe un nuovo periodo di crisi. Nel corso del IX e del X secolo, infatti, lEuropa sub una nuova ondata di invasioni: 1. riattaccarono gli Arabi, in Italia chiamati anche Saraceni, che realizzarono numerose incursioni piratesche e conquistarono la Sicilia. Nell846 entrarono addirittura a Roma, dove saccheggiarono le basiliche di San Paolo e di San Pietro; 2. dallEuropa del Nord provenne lattacco dei Normanni. Marinai molto abili, condussero inizialmente azioni di pirateria. Poi si stabilirono nella regione francese che da loro ha preso il nome di Normandia. Nel corso dellXI secolo, infine, i Normanni conquistarono lInghilterra e lItalia meridionale; 3. da est attaccarono gli Ungari. Erano guerrieri crudelissimi e raggiunsero pi volte la Germania, la Francia e lItalia. Nel corso del X secolo, per, vennero ripetutamente sconfitti. Allora divennero sedentari, si co nvertirono al cristianesimo e diedero vita al regno dUngheria. La reazione dellOccidente contro gli Ungari fu guidata dalla Germania, in particolare dal re Enrico di Sassonia. Fu suo figlio Ottone I che nel 955 sconfisse definitivamente gli Ungari nella battaglia di Lechfeld. Nel 962 Ottone I riusc anche ad ottenere la corona imperiale. In Europa cos nacque il Sacro Romani Impero che divenne Germanico, perch da questo momento il titolo imperiale fu sempre controllato da dinastie tedesche. In questo periodo la societ europea sub una profonda trasformazione: si afferm la societ feudale. I signori, in genere il re o limperatore, non erano in grado di governare direttamente i loro domini. Per qu esto li divisero in tante parti chiamate feudi, cio territori. E le assegnarono a persone loro fedeli, i vassalli. Il vassallo poteva dividere il suo feudo in parti pi piccole, per darle a sua volta in feudo a uomini che gli giuravano fedelt, i valvassori. La stessa cosa, poi, potevano fare i valvassori con altre persone, i valvassini. Il vassallo riceveva insieme con il feudo anche alcuni privilegi, chiamati immunit: - Il diritto di governare il territorio a lui assegnato con tutti i suoi abitanti. - Il diritto di riscuotere le tasse. - Il diritto di amministrare la giustizia. In cambio il vassallo doveva garantire l' aiuto militare. Con questa organizzazione i re e l'imperatore cercavano di risolvere due problemi: 1. quello del governo di un territorio troppo vasto per essere controllato direttamente; 2. quello di garantirsi un'adeguata difesa militare. In realt per finirono per dipendere dai feudatari, i quali iniziarono ben presto a considerare come propri i feudi che erano stati concessi loro. Con la fine delle invasioni di Saraceni, Normanni e Ungari la situazione cambi. In particolare cambi a partire dall'anno Mille, quando tutta l'Europa conobbe un grande risveglio: la rinascita dell'Occidente. La popolazione riprese ad aumentare e si estesero le zone coltivate. Migliorarono anche le tecniche e gli strumenti impiegati nella coltivazione. I commerci tornarono a svilupparsi e rinacquero le citt. Ci avvenne soprattutto in due zone: nell' Italiacentro-settentrionale e nelle Fiandre. In italia le prima citt ad affermarsi furono le Repubbliche marinare: Amalfi, Venezia, Pisa e Genova. Poi, a partire dal 1100 circa, nacquero i Comuni, cio delle citt che si organizzarono come piccoli Stati indipendenti. La rinascita dell'Occidente segn anche l'inizio di un cambiamento del rapporto tra gli Europei e gli altri popoli. Da secoli ormai l'Occidente segn anche l'inizio di un cambiamento del rapporto tra gli Europei e gli altri popoli. Da secoli ormai l'Occidente subiva invasioni e scorrerie. A partire dall'XI secolo invece prese l'avvio un processo che port gli Europei a conquistare nuovi territori. Particolarmente importante fu la riconquista della Spagna, chiamata in spagnolo Reconquista, che avvenne in varie tappe a partire dal 1000 fino al 1492. Gli Europei tentarono anche di riconquistare la Palestina, la Terra Santa che ospita i luoghi in cui visse e mor Ges, all'epoca controllata dai Turchi.

Per raggiungere questo obiettivo gli Europei organizzarono tra il 1096 e il 1270 sette guerre contro i Turchi: le Crociate, cos chiamate perch i guerrieri cristiani, i crociati, indossavano una sopravveste bianca con una croce rossa. Ma la potenza militare dei Turchi era troppo forte e la conquista definitiva della Palestina risult impossibile. Tra il 1000 e il 1300 la scena politica fu dominata dallo scontro tra Papato e Impero. I papi volevano affermare la loro supremazia su tutte le autorit politiche, compreso l'imperatore. Mentre gli imperatori volevano controllare la Chiesa. Lo scontro tra Papato ed impero termin con la sconfitta di entrambi i contendenti. Mentre gli imperatori si logoravano nello scontro con il Papato, in Germania cresceva il potere dei grandi feudatari e in Italia si affermavano i Comuni. L'impero non era pi in grado di avere una piena sovranit neanche sui territori controllati direttamente. Ancor pi dura fu la sorte del Papato. All'inizio del Trecento papa Bonifacio VIII tent di riaffermare la superiorit del papa su tutte le autorit politiche. A questo tentativo si oppose il primo re di Francia Filippo IV. Il papa si preparava a scomunicare Filippo IV, ma il re invi i suoi uomini in Italia; questi catturarono e imprigionarono il papa che si trovava nella cittadina di Anagni. Bonifacio VIII venne liberato dai cittadini di Anagni e pot rientrare a Roma, ma circa un mese dopo mor. A Bonifacio successe un papa francese Clemente V che fece trasferire la sede papale da Roma ad Avignone. Inizi cos il periodo di cattivit (cio prigionia) avignonese che dur dal 1305 al 1377: in tutti questi anni i papi furono sempre francesi e sottomessi al re di Francia. Anche quando la sede papale torn a Roma i problemi della Chiesa continuarono. Molti vescovi, infatti, non accettarono il trasferimento ed elessero un antipapa. Si giunse fino ad avere tre papi contemporaneamente. Questo periodo chiamato Scisma d'Occidente e dur dal 1378 al 1417. La vicenda di Bonifacio VIII dimostr il grande potere di cui ormai disponevano i sovrani. Mentre il Papato e l'Impero si scontravano, le monarchie si rafforzavano e riuscirono ad imporre il loro potere sull'intero territorio nazionale. Nel Quattrocento, infatti, l'Europa si presentava come un insieme di Stati e molti di questi Stati erano monarchie nazionali: era questa la prova pi evidente della crisi del Papato e dell'Impero. Le monarchie pi importanti erano la Francia, l'Inghilterra e la Spagna. La Spagna fu, con il Portogallo la principale protagonista della grande avventura che chiuse il Medioevo: le scoperte geografiche. Spinti dalle esigenze economiche e dal desiderio di nuove conoscenze, gli Europei iniziarono a navigare gli oceani alla ricerca di un pi rapido collegamento con l'Oriente. Vennero organizzate molte spedizioni, ma la pi famosa certamente quella finanziata dalla Spagna che ebbe come protagonista il navigatore italiano Cristoforo Colombo. Colombo il 12 ottobre 1492 scopr un continente ancora sconosciuto: l' America. Mentre si formavano le grandi monarchie nazionali, l'Italia restava divisa in molti Stati. Per questo un'area politicamente debole. Tuttavia la nostra penisola svolse un ruolo molto importante, soprattutto nella cultura. Nel Quattrocento, infatti, si afferm nelle citt italiane una nuova visione del mondo: una nuova cultura che poneva al centro della sua attenzione l'uomo. Questa nuova cultura stata chiamata Umanesimo e umanisti sono stati definiti i suoi protagonisti. Gli umanisti giudicavano molto severamente la cultura medievale. Essi consideravano gli autori classici e greci e latini come dei modelli a cui ispirarsi per far rinascere le arti. Per questo chiamarono la loro epoca Rinascimento: un termine che anche noi continuiamo ad utilizzare per indicare il periodo in cui si svilupp la cultura umanistica. La Rivoluzione Scientifica e Illuminismo Riassunto

Per rivoluzione s'intende uno o pi avvenimenti che hanno come scopo quello di apportare un cambiamento totale e duraturo per dare una svolta al passato. Quando sentiamo nominare la parola 'rivoluzione' ci vengono in mente eventi storici di grande importanza coma la Rivoluzione Francese; per anche uti-

lizzato anche per l'avvento di nuove idee o conoscenze, di grande rilievo per la storia del sapere umano. La rivoluzione del progresso prende il nome di rivoluzione scientifica ed indica una serie di scoperte e un cambiamento della mentalit verso gli studi e le ricerche a partire dal Seicento grazie all'opera di numerosi studiosi tra i quali spiccano l'italiano Galileo Galilei e l'inglese Isaac Newton. Il progresso della Scienza Progresso cos come la rivoluzione sono termini moderni, il primo significa andare avanti, cio passare da una situazione a un'altra che giudichiamo migliore e pi credibile, entrambi si sono pianamente affermati nel Settecento. Un tempo e parliamo dell'epoca medievale non si aveva la mentalit di quello che potesse accadere nel futuro ma si pensava sempre al passato e per questo motivo si nutriva rispetto nella lettura della Bibbia e per Aristotele. Lo sviluppo e il miglioramento delle conoscenze dell'uomo sono concetti che hanno trovato appoggio nell'Umanesimo e nel Rinascimento: l'apertura dell'uomo verso la natura e le sue leggi e la fiducia in se stesso e nella propria capacit di scoprirle. Galileo e il metodo sperimentale Nella Firenze dei Medici, che gi viveva nel suo periodo di grande fama data la presenza di artisti e studiosi si afferm Galileo Galilei (1564-1642). Era uno studioso di fisica e matematica, ed introdusse il metodo sperimentale cio tutto cio sosteneva che tutto ci che accadesse in natura non si doveva dare per scontato ma doveva essere osservato e verificato attraverso degli esperimenti e che non bisognava solamente limitarsi alla fase descrittiva ma trovare dei calcoli matematici perch il grande libro della natura scritto in lingua matematica. Molti riconoscono Galileo come l'inventore del cannocchiale ma invece questi stato realizzato da artigiani olandesi, lui perfezion il progetto e fu il primo che lo us per osservare corpi celesti e da qui trasse come conclusione che la Terra ruota intorno al Sole e non viceversa, e dimostr la validit della teoria eliocentrica di Copernico. Scienza contro Chiesa Anche se ci che diceva Galileo era scientificamente provato, la Chiesa che era fermamente convinta a ci che stava scritto nella Bibbia essendo questi per i popoli di quell'epoca la principale fonte della conoscenza scientifica, non era d'accordo perch in un brano della Bibbia si parlava del condottiero Giosu che diceva al Sole di fermarsi. Oggi la situazione diversa, la stessa Chiesa sostiene che la Bibbia un testo religioso e non scientifico e tutto ci che c' scritto anche se vero va interpretato e non semplicemente letto cos per com'. La situazione di Galileo non era delle migliore anche per via delle restrizioni verso le nuove idee imposte dal Concilio di Trento. Se prima Galileo divulgava le sue scoperte pubblicandole in diverse opere, dopo lo scontro con la Chiesa poteva ugualmente continuare i suoi studi purch li tenesse tutti per s senza pubblicizzarli. Ma Galileo essendo l'uomo della conoscenza non poteva certamente farsi prevalere dall'ignoranza e cos pubblic le sue scoperte ugualmente. Questo suo atto di ribellione alle leggi imposte gli cost caro, dovette rinnegare tutto quanto aveva scoperto davanti al Tribunale dell'Inquisizione ed a causa della condanna fu costretto a vivere appartato nella sua casa ad Arcetri, vicino Firenze. Qui il granduca Ferdinando II de' Medici gli diede il permesso di continuare i suoi studi davanti a qualche allievo. Galileo si spense nel 1642 e proprio in quell'anno nacqua in Inghilterra Isaac Newton. Newton e la legge di gravitazione universale Il matematico e professore all'universit di Cambridge Isaac Newton (1642-1727) osserv la rotazione della Luna attorno alla Terra e scopr che la Luna era attratta dall'orbita della Terra. Approfondendo le sue ricerche scopr che la caduta di un corpo sulla Terra cos come il fenomeno della rotazione della Luna, seppure sono due fenomeno molto diversi, sono entrambi regolati da una stessa legge fisica che prende il nome di legge di gravitazione universale per cui tutti i corpi hanno la propriet di attirarsi a vicenda; la forza di attrazione (o forza di gravit) cresce quanto pi crescono le masse dei corpi, mentre diminuisce con l'aumentare della loro distanza. Quindi gli oggetti cadono perch attratti verso Terra dalla forza di gravit, la stessa che trattiene la Luna nella sua orbita intorno alla Terra e i pianeti intorno al Sole. L'evoluzione scientifica Se pensavate che gli unici esponenti della rivoluzione scientifica fossero Galileo e Newton, vi sbagliate di grosso perch vi sono stati migliaia di studiosi che hanno contribuito al progresso della conoscenza. Il filosofo tedesco Leibniz insieme a Newton scopr il calcolo differenziale. L'astronomo tedesco Giovanni Keplero diede conferm alle teorie di Galileo e quindi che la Terra a girare intorno al Sole e studi anche le orbite dei pianeti; il chimico inglese Robert Boyle si occup dello studio dei gas, i pensatori francesi Ren Descartes (soprannominato Cartesio) e Blaise Pascal hanno lavorato per un qualcosa che al giorno d'oggi sono i moderni computer, il matematico inglese John Napier invent i logaritmi, il fisico italiano Evangelista Torricelli, studi la pressione e invent il barometro. Questi sono gli studiosi e ricercatori illustri ma molte scoperte sono state fatte da persone ignote, anche perch certe invenzioni si realizzano ma appaiono normali, per esempio il sestante, di cui non si conosce il nome dell'inventore stato il pi importante strumento di navigazione oceanica.

Scoperte Mediche L'evoluzione scientifica pass anche in campo medico, l'invenzione del microscopio permise di scoprire la presenza di globuli rossi e l'esistenza dei capillari; Marcello Malpighi, inventore italiano dette vita ad una nuova scienza: la microbiologia che si occupava dello studio di piccoli organismi viventi. L'anatomia era l'ambito di cui si occupava il celebre studioso Giovanni Battista Morgagni. L'olandese Antoni van Leeuwenhoek ha trovato la spiegazione della diffusione di molte malattia: i batteri. La vita dipende da altre vita e nulla nasce spontaneamente, questa scoperta dovuta ad Antonio Vallisneri e Francesco Redi. Vennero sconfitte malattie che sembravano incurabili come il vaiolo grazie alla scoperta del vaccino di Edward Jenner (1749-1823) che ebbe l'idea di introdurre nell'organismo una piccola quantit della malattia in modo da assumerla in forma leggera ed ottenere l'immunit dalle forme pi gravi. L'Illuminismo Tutto questi cambiamenti, rivoluzioni avvenute tra il Seicento e il Settecento cambi il modo di pensare e di comportarsi anche nelle diversi discipline come la filosofia, il diritto e l'economia. A partire dalla Francia si svilupp un nuovo movimento culturale che prese il nome di Illuminismo: ed aveva come obbiettivo quello di portare la luce della ragione nella mente degli uomini per condurli sulla via del progresso e della felicit. Tra i principi degli illuministi vi erano la libert di critica, la tolleranza delle idee degli altri, l'uguaglianza e la fratellanza tra gli uomini. Sostenevano fermamente che la storia dell'uomo non rimarr immutata nel corso del tempo e che andando avanti il modo di vivere sar sempre pi giusto e felice. Gli illuministi scrissero anche una grande enciclopedia di scienze umane ed i fondatori dell'opera furono Jean Baptiste D'Alembert e Denis Diderot. Non si trattava semplicemente di una raccolta d'informazioni ma di un modo per convertire i lettore verso le idee illuministiche e nonostante il governo francese cerc di ostacolarli ebbe un enorme successo. L'Illuminismo piacque cos tanto che il Settecento fu chiamato "secolo dei lumi". Riforma Politica Illuminismo si basava sulla felicit dei popoli e con questa politica certamente non si poteva garantire il benessere del popolo e la loro soddisfazione. Tre grandi filosofi politici del Settecento (Charles de Montesquieu (1689-1755), Francois Marie Arout, detto Voltaire (1694-1778), e Jean Jacques Rousseau (17121778) hanno lasciato un impronta incancellabile nella storia. Montesquieu con la pubblicazione della sua opera Lo spirito delle leggi esaminava le forme di governo che vi sono state nel passato e sosteneva che il governo doveva adattarsi alle esigenze del popolo perch un modello politico uguale per tutti non esiste. Sosteneva che il potere dello Stato andasse separato in 3 parti, il potere legislativo era quello del fare le leggi, il potere esecutivo nel governare per conto dello Stato, e il potere giudiziario per fare giustizia di colori che vanno contro le leggi stabilite. Solo con la suddivisione dei tre poteri si poteva garantire un giudizio equo in modo che un potere possa controllare il potere dell'altro, e difatti essendo un ragionamento pi che giusto viene adoperato in molti Stati democratici. Voltaire invece sosteneva che ognuno doveva essere libere di credere in qualsiasi cosa e il governo non doveva costringere gli individui a seguire delle idee gi prefissate. Era del parere che i monarchi dovevano usare il loro potere per fare del bene al popolo e per difendere gli interessi della borghesia da cui dipendeva l'economia dei popoli. Rousseau invece basava il suo credo nel principio dell'uguaglianza. Nel suo Contratto sociale aveva delineato ci che per lui era un vero Stato democratico. Gli uomini nascono liberi e uguali, si riuniscono volontariamente in uno Stato, perch vivere insieme pi conveniente che vivere soli ma la loro libert ed uguaglianza non devono essere violate. Lo Stato un patto che si viene a creare con i cittadini e dato che sono loro lo stato il potere politico appartiene a loro ed i governanti rappresentano i funzionati ai quali il popolo ha prestato la sua fiducia e pu togliergli il potere in qualsiasi momento. Dato che tutti i cittadini sono uguali lo devono essere anche di fronti alla legge. Conseguenze Illuministiche Se oggi possiamo godere di certi diritti e leggi molto lo dobbiamo agli illuministi. Tutti gli uomini nascono liberi e uguali, la libert di pensare e di esprimere le proprie opinioni, di professare la propria religione, di essere giudicato come gli altri sono grandi idee arrivate sino ai giorni nostri, che un tempo non esistevano perch tali diritti (o per meglio dire privilegi) li possedevano solo i nobili. L'esigenza di essere libero non era solamente sul piano filosofico ma anche lavorativo, gli studiosi affermavano che chiunque doveva essere lasciato libero di svolgere l'attivit che voleva, senza aiuti ma anche senza limitazioni. Ci significava comprare e vendere merci all'interno dello Stato o fra diversi Stati senza il permesso di autorit superiori e senza pagare tasse o dazi per far entrare o uscire merci, che erano presenti anche per scambi da una citt e l'altra. Fu successivamente Adam Smith (1723-1790) ha cambiare la situazione con la teoria del liberismo che fu alla base della rivoluzione industriale.

La Rivoluzione Americana Riassunto

L'America del Settecento Nei primi anni del Settecento l'America era solo un immenso territorio popolato da poche persone, era dominato da diverse potenze europee e solo in parte era stato colonizzato. La Spagna che aveva occupato l'America meridionale aveva tralasciato il Brasile essendo una colonia portoghese. L'Inghilterra, la Francia e la Spagna si divisero l'America settentrionale. Nella zona dell'oceano Atlantico si erano formate tredici colonie inglesi, fra queste New Amstedam era stata tolta agli olandesi e ribattezzata New York. Alle loro spalle si estendeva la colonia francese della Louisiana, nome derivato dal re Luigi XIV, pi a sud si trovavano il Messico e la Florida che erano territori spagnoli. Nella zona interna, nelle grandi prateria fino al Pacifico vivevano le trib degli indiani pellerossa, questo nome gli stato dato dai bianchi per il semplice motivo che si dipingevano il volto di rosso in occasione di guerra. Sioux, Cheyenne, Comanche, Crow, Piedi Neri, Arapaho, Navajo, Apache, Pueblo erano per lo pi trib nomadi che si spostavano frequentemente per la caccia di mandrie e bisonti. Pi a nord, il Canada fu scoperto dai Francesi che lo colonizzarono, e poi crearono due citt a cui vennero dati il nome di Quebec e Montreal. Nel corso del Settecento i domini spagnoli e francesi in totale erano circa cinquantamila bianchi, mercanti e cacciatori di pellicce, proprio perch a loro non interessava stabilirsi ma solamente sfruttare le risorse del territorio. Nel 1763 i Francesi vennero sconfitti dagli inglesi e cos il Canada pass sotto il dominio inglese. Le Tredici Colonie Inglese Se da una parte veniva sfruttato il territorio dall'altra parte le tredici colonie inglesi rappresentavano un punto fermo della popolazione intenzionato ad insediarsi stabilmente e che comprendeva verso la met del Settecento circa 2 milioni e mezzo di bianchi. Virginia, Maryland, Carolina del Nord, Carolina del Sud e la Georgia costituivano le cinque colonie del Sud dove l'economia era basata prevalentemente sull'agricoltura, organizzata con grandi piantagioni di cotone, riso, zucchero, e tabacco e la manodopera erano formata in maggioranza da schiavi dell'Africa. New York, New Jersey, Pennsylvania e Delaware erano costituivano le quattro colonie del centro ed erano le citt pi ricche anche grazie alla presenza dei porti, erano popolate principalmente da inglesi ma v erano minoranza di Olandesi, Tedeschi, Irlandesi e Scozzesi, anche qui l'agricoltura era l'attivit pi fiorente ma le terre erano divise in piccole e medie propriet, coltivate a conduzione familiare. Massachussetts, Connecticut, New Hampshie e Rhode island costituivano le quattro colonie del Nord, erano abitate da Inglesi e Scozzesi e costituivano la regione chiamata New England (Nuova Inghilterra). La loro economica si basava sul commercia, anche quello degli schiavi che rivendevano alle colonie del sud. Avevano a loro disposizione una notevole flotta di navi da pesca e possedevano manifatture e fabbriche che vendevano i loro prodotti alle altre colonie. Chi erano i Coloni I Coloni, persone che abitavano l'America erano persone decise e disposte a lavorare duramente pur di costruirsi una vita diversa da quella passata. Chi andava a colonizzare era povero ed andava l in cerca di maggior fortuna. Molti dei coloni erano stati perseguitati per motivi religiosi come i padri pellegrini del Mayflower, altri erano ex condannati o carcerati che il governo inglese aveva mandato a popolare le colonie in cambio della libert. Per questo motivo i coloni difendevano ad ogni costi i beni e la libert che si erano conquistati, e questo individualismo, veniva trasmesso da padre in figlio, come un insegnamento di vitale importanza da tramandare nel tempo. Inoltre l'istruzione era molto diffusa, la media di chi sapeva leggere e scrivere, per quei tempi, era molto alta; non a caso furono fondate le grandi universit di Harvard e Yale. Il Governo delle Colonie e il Commercio con l'Inghilterra Ogni colonia era amministrata da un governatore inglese affiancato da un'assemblea di rappresentanti dei cittadini dominata dai proprietari pi ricchi che comunque davano la possibilit di creare libere discussione e un confronto di idee e data la diversit delle religioni e di nazionalit gli americani divennero molto pi tolleranti rispetto agli Europei. Le colonie avevano un proprio piccolo esercito in cui venivano arruolati uomini liberi solo in occasione della guerra e servivano per difendersi dai Francesi o dalle trib. I coloni erano piuttosto liberi in ambito politico ma non in ambito commerciale dove erano obbligati ad acquistare solo merci inglesi e usare solo navi inglesi per i loro trasporti.

Le Nuove Tasse: Scoppia il Conflitto L'Inghilterra che vinse le guerre del Settecento si afferm come potenza mondiale ma queste guerre gli costarono molto care, a tal punto che il governo inglese penso di tassare anche le colonie americane. Nel 1774 fu imposta la tassa sul t importato in America che provoc proteste vigorose da parte delle colonie. Fece molto scalpore quello che fecero un gruppo di coloni ribelli nel portodi Boston che gettarono il carico di alcune navi inglesi a mare. E cos iniziarono a commerciare con l'estero senza rispettare le regole imposte dal governo inglese. I coloni ritenevano ingiuste le tasse imposte e votate dal Parlamento inglese di cui non ne fanno nemmeno parte, inoltre non si sentivano minacciati dai Francesi e quindi la presenza degli inglesi era diventata un peso inutile. Il governo inglese non ci stava a farsi mettere i piedi in testa dai coloni e nel 1775 a Lexington vi fu uno scontro tra l'esercito del Massachussetts contro i soldati inglesi. L'anno successivo tutti i rappresentati delle colonie si riunirono a Filadelfia dove formarono un parlamento (il Congresso) e affidarono il comando dell'esercito a George Washington, un generale che aveva gi combattuto nelle guerre contro i Francesi. La Proclamazione dell'Indipendenza Al Congresso potevano far parte delle persone di una certa cultura e di grande importanza come Benjamin Franklin e Thomas Jefferson. I due ispirarono la Dichiarazione d'indipendenza approvata il 4 luglio 1776. Siccome la rottura tra Inghilterra e America fu abbastanza evidente per fare in modo che non accadessero eventi simili la dichiarazione stabiliva un principio fondamentale, che tutti gli uomini crescono uguali e dotati di diritti che nessuno pu loro togliere come il diritto alla vita, alla libert e alla ricerca della propria felicit. Non meno importante era un altro principio: quando un governo nega questi diritti il popolo ha diritto di ribellarsi e cambiarlo. La sovranit del popolo nella realt non apparteneva proprio a tutti dato che inizialmente il diritto di voto venne limitato ai cittadini che possedevano delle propriet. Gli schiavi non potevano votare e non avevano il diritto alla libert. Anche se ancora si era distante dalla vera democrazia americana era gi stato fatto un grande passo verso una straordinaria conquista. La Guerra d'indipendenza La forza degli inglese era senza alcun dubbio maggiore rispetto a quella dei coloni che per erano pi motivati a vincerla dato che erano in gioco le loro case e la loro terra. Il presidente Washington cerc di evitare le grandi battaglie e di guadagnare tempo in questo modo l'Inghilterra doveva spendere pi soldi per il mantenimento del suo esercito oltre oceano. Nel frattempo il Congresso invi in Europa diversi ambasciatori, tra i quali Benjamin Franklin, per ottenere l'appoggio di altre nazioni. Nel 1778 la Francia, da sempre nemico dell'Inghilterra, entro in guerra in aiuto dei coloni e gli inglesi furono sconfitti a Yorktown, nel 1781. Nel 1783 fu firmato il trattato di Versailles, con il quale l'Inghilterra riconosceva l'indipendenza degli Stati Uniti e cedeva alla Francia alcune isole delle Antille e la colonia africana del Senegal. Gli Stati Uniti d'America Nel 1787 fu riunito nuovamente il Congresso che approv la Costituzione degli Stati Uniti d'America e nel 1789 George Washington venne eletto presidente degli Stati Uniti. Ogni Stato era indipendente e si organizzava da s con la repubblica federale. Al governo federale spettava il controllo della polizia estera e quello dell'esercito. La Costituzione prevedeva la separazione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Il potere esecutivo (il governo) venne affidato al presidente degli Stati Uniti, eletto dal popolo. Il potere legislativo spettava al Congresso, formato da un Senato e una Camera dei deputati, con membri eletti nei singoli Stati. Infine il potere giudiziario fu affidato a giudici eletti in ogni Stato e a una Corte suprema federale che doveva far rispettare la Costituzione. Le Conseguenze dell'Indipendenza Se pensavate che con la dichiarazione d'indipendenza fossero finiti i problemi vi sbagliavate di grosso, anzi, sorsero contrasti fra gli Stati che col passare del tempo diventarono delle spaccature. Questo perch il sud basato sull'agricoltura non aveva gli stessi interessi del Nord pi indirizzato verso l'industria. Ed inoltre il sud voleva mantenere la schiavit. Per questi motivi nel 1861-65 vi fu una guerra civile fra Nord e Sud chiamata: Guerra di Secessione. Lo Sviluppo di una Grande Nazione Lo sviluppo degli Stati uniti affascinava moltissimo gli europei che continuavano ad arrivare insistentemente incoraggiati da una prospettiva di vita e di lavoro migliori. La popolazione americana passo dai 3,9 milioni del 1790 ai 76,3 milioni del 1900. La realt per era ben diversa dato che questo era quello che si poteva osservare dall'esterno del paese mentre la libert d'iniziativa, la mancanza di privilegi e di gravi discriminazioni valevano solamente per i bianchi ma comunque molti emigranti europei riuscirono a costruirsi una vita pi libera e dignitosa di quella che avevano lasciato nel proprio paese di origine. La Rivoluzione Francese - Riassunto La societ La Francia di fine Settecento non stava attraversando un buon momento sia da un punto di vista politico che sociale. La politica era rimasta quella dei tempi di Luigi XIV, ovvero era ancora presente la monarchia

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assoluta, cio vi era un re che possedeva tutto il potere e poteva fare ci che voleva senza alcuna limitazione, anche ordinare il carcere per un suddito, un nobile o ecclesiastico, borghese o popolano. La societ francese era suddivisa in tre classi sociali, chiamati anche ordini, ed erano il clero, la nobilt e il terzo stato (il termine terzo stato, significa in ordine di importanza rispetto ai primi due si trovava in terza posizione). Il terzo stato comprendeva il 95% della popolazione ed includeva tutti coloro che non erano n aristocratici n ecclesiastici.

I privilegi dei Nobili Cleto e nobilt, in particolar modo la seconda potevano godere di svariati privilegi. Non pagavano le tasse ed erano protetti da una giustizia che si comportava in modo particolare con loro ad esempio gli appositi tribunali, composti di aristocratici, giudicavano i loro delitti spesso con meno severit e li facevano passare come incidenti. Le cariche pi alte dello Stato e dell'esercito erano riservate ai nobili, anche per questo potevano gestire a loro favore la giustizia. Vivevano nella grandissima e lussuosissima corte di Versailles dove venivano organizzate feste e banchetti, dove attendevano i loro stipendi e ricompense, quest'ultime venivano date dal sovrano in base alle sue preferenze. Per quanto riguarda le campagne il controllo dipendeva dai diritti feudali, inoltre i contadini dovevano dare denaro, parte del loro raccolto o dovevano offrirsi per delle giornate di lavoro gratuita ai signori locali. Il Terzo Stato Era la classe pi insoddisfatta in assoluto perch erano numericamente la maggioranza, erano i pi attivi dato che comprendeva la borghesia, gli artigiani, i contadini e gli operai ma non contavano nulla nell'ordinamento politico. Erano solo quelli che dovevano lavorare per sfamare il paese, niente di pi. Non solo venivano sfruttati dai ceti superiori, ma non ricevevano nemmeno un minimo riconoscimento, anzi per essere ancor pi umiliati gli venivano imposte tasse ed una serie di obbligazioni. Inutili furono i tentativi del terzo stato di chiedere al re di convocare gli Stati generali, l'antica assemblea formata da rappresentanti dei tre ordini per sperare in nuove riforme migliori di quelle attuali. Lo spreco dello stato Le pesanti tasse non venivano imposte alla popolazione senza un valido motivo, difatti come gi detto la Francia non se la passava benissimo a causa delle guerre sostenute nel corso del Settecento, alle spese folli per mantenere la lussuosa corte di Versailles che comprendeva circa 10.000-15.000 nobili che comportavano uno spesa del 20% dei soldi ottenuti con le tasse, e anche a causa della crisi della produzione agricola del 1788 provocata dal maltempo che provoco l'aumento del costo del pane. Tali eventi che comportavano una spesa eccessiva allo Stato e che avrebbe portato la Francia verso la rovina spinsero il re Luigi XVI (1774-93) a nominare due ministri fidati e capaci per porre rimedio a tale situazione come l'economista Turgot e poi il banchiere Necker. Questi trovarono delle soluzioni partendo dalla riduzione delle spese della corta ma il re non approvava questo tipo riforme radicali e nemmeno la stessa regina Maria Antonietta voleva trattenersi in queste spese. Il ministro Necker propose di far pagare le tasse anche alla nobilt e al clero, ma questi non avendo mai pagato tasse e non avendo intenzione di iniziare a pagarlo si opposero a tale proposta e chiesero anch'essi la convocazione degli Stati generali, dove contavano di impedire tale riforma. Tutte e tre le classi a questo punto erano d'accordo di riunirsi in Assemblea e cos Luigi XVI decise di convocarla. Se i nobili e il clero aspettavano l'appoggio del re per per mettere a tacere le pretese del terzo stato, quest'ultimo non si faceva di certo intimidire e continuava nella sua lotta nel chiedere l'abolimento dei privilegi dei nobili e una pi sana amministrazione del paese, i contadini invece chiedevano solamente un miglioramento delle condizioni di vita. Per risolvere questa confusione nell'assemblea ci sarebbe voluto un parere forte ed autorevole come

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quello del sovrano ma Luigi XVI era tutto l'opposto della persone che serviva per prendere una giusta decisione essendo un tipo poco intelligente, incerto, indeciso e incapace di assumersi alcuna responsabilit. Gli Stati Generali Il 5 maggio 1789 furono convocati gli Stati generali, e si ponevano in loro grande fiducia e c'era molta suspance in quanto era da quasi due secoli che non si riunivano. All'interno della sala di Versailles si riunirono circa 1200 deputati di cui 270 era nobili, 291 erano il clero e 578 il terzo stato. Ancora si doveva iniziare ad affrontare l'argomento che si verific il primo contrasto e riguardava la modalit di votazione. Se si votava per ordine, come era avvenuto anche nei secoli precedenti avrebbero vinto nobilt e clero perch avrebbero avuto la maggioranza di due contro uno, e per questo motivo il terzo stato appoggiato da molti parroci eletti nelle campagne e anche alcuni nobili chiedevano la votazione per testa. Il re non poteva andare contro la nobilt e cos decise che si sarebbe votato per ordine e poi sciolse la riunione. E cos i rappresentanti del terzo stato ed i loro seguaci decisero di andare avanti ugualmente, si dettero il nome di Assemblea nazionale e si riunirono in una sala dove si praticava il gioco della pallacorda, una specie di tennis. In questa sala, il 20 giugno, giurarono di non dividersi finch la Francia non avesse avuto una costituzione. La presa della Bastiglia La nuova Assemblea nazionale credeva che il sovrano avrebbe capito la situazione generale ed avrebbe accettato le condizioni ma invece avvenne l'opposto, fu licenziato il ministro Necker che gli consigliava di accettarle, e fece affluire le truppe a Parigi. Il popolo di Parigi allora si ribell ed assal e conquist la Bastiglia, in questa fortezza venivano rinchiusi i prigionieri politici, che vennero liberati. Il 14 luglio, che pass alla storia come il giorno della presa della Bastiglia fu considerato come l'inizio della Rivoluzione Francese e tutt'ora festeggiato come festa nazionale. La rivolta arriv sino alle campagne, vennero saccheggiati molti castelli e poi vennero incendiati, vennero uccisi anche molti nobili. Dopo neanche un mese, il 4 agosto, l'Assemblea nazionale vot l'abolizione dei privilegi della nobilt e dei diritti feudali. La monarchia costituzionale Il 26 agosto 1789 fu approvata dall'Assemblea una Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino che fu ispirata dai principi della rivoluzione americana e dall'Illuminismo. Questa dichiarazione contiene i principi fondamentali della libert della persona come l'uguaglianza di tutti i cittadini e la sovranit popolare che stanno alla base anche dei pi moderni Stati democratici. Nonostante il re fosse contrario ad approvare tali decisioni, fu costretto ad accettarle dalla folla che lo costrinse anche a lasciare la reggia di Versailles. Con le nuove riforme (1789-1791) dell'Assemblea la monarchia divenne costituzionale, tuttavia ancora non si parlava di una vera repubblica in quanto il potere esecutivo venne affidato al re ed ai suoi ministri, il potere legislativo spettava ad un'Assemblea legislativa, i cui deputati venivano eletti dai cittadini con un certo reddito, mentre i poveri non possedevano il diritto al voto; infine il potere giudiziario era affidato ai giudici, anch'essi eletti. La Chiesa divenne parte dello Stato e cos anche gli stipendi dei sacerdoti, e coloro che non erano d'accordo vennero perseguitati. La Destra e la Sinistra Dopo aver fatto il suo dovere l'Assemblea nazionale si sciolse e fu sostituita dall' Assemblea legislativa (1791). Era suddivisa in partiti e movimenti politici con idee diverse: Giacobini: repubblicani e favorevoli a delle riforme molto radicali. Foglianti: conservatori e monarchici. Girondini: che sostenevano gli interessi della borghesia mercantile delle province e avevano una posizione vicina a quella dei giacobini ma pi moderata. Questi, quando si riunivano nell'aula dell'Assemblea sedevano in zone precise, i giacobini ed i girondini sedevano a sinistra rispetto al banco della presidenza e i foglianti a destra, da qui i termini politici destra e sinistra, essendo i propri progressisti e democratici ed i secondi conservatori. Nell'Assemblea si vennero a creare dei personaggi, che fino a quel momento non erano conosciuti come Massimiliano Robespierre appartenente ai giacobini che prese il soprannome di l'"incorrutibile" per la sua rigida moralit e l'avvocato e oratore Georges Jacques Danton, Jean Paul Marat direttore del giornale l'Amico del Popolo. Contro la Rivoluzione I paesi europei come la Prussia, la Russia, il regno di Sardegna e l'Austria non videro di buon occhio la rivoluzione che si diffuse in Francia e temevano che questa contagio potesse essere contagioso anche per la loro popolazione e cos decisero di attaccare la Francia. Anche se nei primi scontri le truppe fran-

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cesi ebbero la peggio, contro le aspettative, il pericolo suscit il senso del patriottismo e difatti furono migliaia e migliaia coloro che si arruolarono nell'esercito come volontari. Nasce la Repubblica Francese Il re Luigi XVI che aveva cercato di fuggire da Parigi (1791) per recarsi all'estero venne riconosciuto e arrestato, rimase ugualmente al trono ma essendo considerato sleale e traditore la sua popolarit era ai minimi storici. Il re a questo punto cerco di creare una sorta di amicizia con le potenze nemiche ma fu scoperto ed arrestato insieme alla sua famiglia (1792). Quando l'esercito francese sconfisse a Valmy le truppe prussiane fu creata una nuova assemblea, chiamata la Convenzione nazionale ed essendo in maggioranza persone di sinistra fu abolita la monarchia e proclamata la repubblica. Ed il re fece la fine di chi fa il doppio gioco, venne condannato e decapitato insieme alla regina Maria Antonietta. Il Terrore Nella nuova costituzione del 1793 venne introdotto il suffragio universale maschile, cio tutti i maschi potevano votare indipendentemente dal reddito ma ancora una volta vennero escluse le donne. Le potenze nemiche non mollarono la presa e si fecero nuovamente sotto attaccando la Francia e per fronteggiare la situazione, tutti i poteri dello Stato vennero affidati a un Comitato di salute pubblica, nella quale faceva parte Robespierre. Il comitato impose i prezzi del grano e degli alimenti in generale, poi richiam alle armi i migliori uomini per fermare ogni tentativo di opposizioni alla Rivoluzione. Tutti quelli che venivano considerati nemici della Rivoluzione, anche quelli sospettati ma senza nessuna prova certa, venivano arrestati e decapitati. Siccome tutti temevano di poter essere considerati complici, questo periodo passo alla storia come il periodo del Terrore (1793-1794). C'era poco da stare sereni dato che in soli 6 mesi furono uccisi 16.000 persone e di questi pochi erano nobili, in gran parte si trattava di gente comune come borghesi, artigiani, operai e contadini. La Caduta di Robespierre Con la vittoria dell'esercito francese sui nemici non c'era alcun motivo di permettere a Robespierre di continuare con le uccisioni, e tramite un accordo i deputati decisero di arrestarlo e ucciderlo, e per lo stesso motivo vennero perseguitati anche i giacobini. Il paese era stanco di guerre e processi e prevalsero gli interessi dei gruppi pi moderati come gli imprenditori, i borghesi e gli artigiani che acquistarono le terre sequestrate alla Chiesa. Potere alla Borghesia Nel 1795 per decisione di moderati e borghesi fu attuata una terza costituzione che garantiva soprattutto le libert personali, la propriet privata e la libert economica. Il governo della repubblica venne affidato a un Direttorio composto da 5 membri. In questi anni si mise in luce un giovane guerriero: Napoleone Bonaparte a cui venne affidato il compito di fermare le rivolte monarchiche e di comandare una spedizione i Italia (campagna d'Italia) contro l'Austria. Et Napoleonica Riassunto

Napoleone e la Campagna d'Italia Le monarchie europee che erano contrari ai principi della rivoluzione francese mostravano il loro dissenso facendo guerra contro la Francia. Per questo motivo a Napoleone Bonaparte, giovane generale nato in Corsica il compito di tenere a bada le truppe austriache stabilitesi in Italia, in modo da tenerle divise dal resto dell'esercito nemico. Il giovane generale non si limit ad un'azione di disturbo, difatti riusc a sconfiggerli in quella che fu definita una clamorosa vittoria e cos austriaci e piemontesi furono sconfitti. Nel 1797 fu firmato a Campoformio il trattato di pace e per questo motivo l'Austria dovette lasciare Milano e la Lombardia ed ottenne Venezia. La repubblica veneta un tempo molto potente, divenne debolissima, cos debole che venne sfruttata dalle grandi potenze come pedina di scambio e perse definitivamente l'indipendenza. Anche il Piemonte perse territori perch dovette cedere ai Francesi vincitori, Nizza e la Sa-

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voia. Il papa perse l'Emilia e la Romagna che formarono una nuova repubblica. E cos coloro che minacciavano la repubblica francese non rappresentavano pi alcuna minaccia. Le Repubbliche Sorelle Dopo che Napoleone conquist l'Italia si vennero a creare in quest'ultima delle repubbliche alleate della Francia che presero il nome di repubbliche sorelle. La Repubblica Cisalpina (1797) era quella pi importante, aveva come capitale Milano e ne facevano parte Lombardia, Emilia e Romagna. Inoltre le repubbliche italiane possedevano una costituzione simile a quella francese e presero importanti provvedimenti di ispirazione rivoluzionaria: abolirono i privilegi feudali della nobilt, confiscarono le propriet della Chiesa e le vendettero ai privati, riformarono il sistema giudiziario e abolirono in maniera definitiva le armi e le corporazioni. La Rivoluzione a Roma e Napoli Nel 1798 e nel 1799 sorsero due repubbliche rispettivamente a Roma e a Napoli. La repubblica partenopea (napoletana) fece importanti riforme tra cui la confisca delle grandi propriet di nobili e clero. Questa repubblica aveva un punto debole, ovvero era guidata da intellettuali e borghesi che per non avevano un rapporto diretto col popolo e per questo motivo i nobili e la Chiesa crearono un esercito per abbattere la repubblica proclamandosi difensori della santa fede cattolica ed in questo modo l'aiuto di molti fedeli fu determinante per abbattere la repubblica e l'esercito sanfedista riconquist Napoli (1799). I capi della repubblica e l'ammiraglio Francesco Caracciolo furono condannati a morte e anche la Repubblica Romana fu abbattuta dagli eserciti austriaco e russo. Napoleone prende il potere Non tutte le potenze furono sconfitte, difatti mancava l'Inghilterra. Per sconfiggerla il Direttorio pens che mandando il generale Napoleone Bonaparte a conquistare l'Egitto potesse in qualche modo indebolire gli inglesi ostacolandone il loro commercio nel Mediterraneo. Napoleone vinse in Egitto, ma l'ammiraglio inglese Orazio Nelson sconfisse la flotta francese presso la baia di Abukir, nel delta del Nilo (1798), e rischio di restarvi isolato dato che furono interrotte ogni possibilit di comunicazione con la madrepatria. Le monarchie europee, dopo il duro colpo inflitto alle truppe francese tornarono alla carica riprendendo la guerra contro la Francia e le repubbliche italiane divennero nuovamente controllate. Il Direttorio era indeciso su quale mossa intraprendere anche perch i monarchici insorgevano e volevano al trono il ritorno di Luigi XVIII, fratello del re ghigliottinato. Napoleone riusc a sfuggire ai controlli degli inglesi e rientr in Francia, poi il 19 novembre 1799 (18 brumaio del calendario rivoluzionario fece un vero e proprio colpo di stato e con il suo esercito occup il Parlamento e prese personalmente tutti i poteri diventando cos primo console. Ci voleva un governo forte per contrastare le insurrezioni e vincere gli attacchi delle potenze europee e per questo motivo l'esercito lo appoggiava ed anche la borghesia era favorevole alle sue scelte. Napoleone si rec in Italia e vinse a Marengo contro l'esercito austriaco e occup tutta l'Italia settentrionale (1800), e cos Inghilterra e Austria firmarono la pace con la Francia. Il Governo autoritario di Napoleone Per mettere fine definitivamente alla rivoluzione Napoleone fece prevalere il suo potere togliendo al paese la libert politica e di stampa, per per ricambiare la fiducia della borghesia gli offr pace, sicurezza, uno Stato efficiente e ben organizzato e il controllo dell'economia. La Francia divenne cos uno stato forte e accentrato, proprio quello che volevo in molti, e il potere era organizzato in modo piramidale in cui ciascuno doveva obbedire al suo superiore. In cima alla piramide stava Napoleone che era la massima autorit, subito dopo stavano i ministri, poi i prefetti, i dipartimenti (piccole regioni). I sindaci delle citt erano nominato dal governo, cos come i giudici. Anche in famiglia c'era un capo ed era il padre che gestiva il patrimonio familiare. Fu fondata la Banca di Francia che fu presa come modello dalle banche nazionali di molti altri paesi europei. Nel 1804 Napoleone pubblic il Codice civile che conteneva le leggi che regolavano i rapporti tra i cittadini, in questo modo la legge diventava uguale per tutti. E non solo difatti seguirono il Codice penale e il Codice di commercio, applicati in tutti i paesi appartenenti alla Francia. Napoleone riform anche il sistema scolastico con la creazione di numerose scuola tecniche e soprattutto i licei per formare un ceto di amministratori capaci al fine di formare la nuova classe dirigente. I Rapporti fra Chiesa e Stato Come gi detto la repubblica partenopea fu sconfitta dalla Chiesa e quindi facile intuire che i rapporti fra Chiesa e Stato non sono mai stati dei migliori ma Napoleone che voleva una linea stabile decise che era meglio dimenticare i vecchi rancori e nel 1801 si arriv ad un accordo (Concordato) con il nuovo pontefice Pio VII. I presti non avevano l'obbligo di giurare fedelt alla repubblica ed i parroci venivano stipendiati dal governo ed alla Chiesa fu affidata la gestione della scuola elementare. I vescovi ed i parroci venivano nominati dallo Stato francese ed a Pio VII fu restituito lo Stato della Chiesa. Non dur molto tempo questa sorta di pace, difatti nel 1809 quando lo Stato della Chiesa fu ripreso dalla Francia, Pio VII venne arrestato e condotto in Francia, salvo poi tornare a Roma nel 1815 con la caduta di Napoleone.

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L'impero Napoleonico Napoleone otteneva diversi successi in battaglia e la sua ambizione lo trascin verso un potere assoluto. Nel 1804 si fece proclamare imperatore dei Francesi. L'anno successivo assunse anche il titolo di re d'Italia. Ripristin i titoli nobiliari andando contro ai principi della rivoluzione francese, in questo modo cre una nuova nobilt a lui fedele. Nel 1810 Napoleone spos la figlia dell'imperatore austriaco Maria Luisa, sia per avere un erede ed anche per consolidare il trattato di pace con gli austriaci. Man mano che conquistava territori Napoleone pose vari membri della sua famiglia, ad esempio il fratello Giuseppe divenne re di Napoli e poi addirittura re di Spagna, il fratello Luigi re d'Olanda, il fratello Gerolamo re dello Stato tedesco di Westfalia, la sorella Elisa granduchessa di Toscana, la sorella Paolina fu duchessa di Guastalla, il cognato generale Gioacchino Murat marito di Carolina fu re di Napoli, il figlio della prima moglie Eugenio di Beauharnais fu vicer d'Italia. Napoleone da rivoluzionario fin per diventare anche lui un monarchico, ovvero in quell'autorit che da sempre si scontrato. Una Grande Rivale: L'Inghilterra Nel 1805 una coalizione formata da Inghilterra, Austria, Russia, Svezia e regno di Napoli dichiar guerra alla Francia, ma l'esercito francese ebbe la meglio e la sconfisse ad Austerlitz ma contemporaneamente l'ammiraglio Orazio Nelson sconfisse la flotta francese a Trafalgar. L'Inghilterra era l'unico acerrimo nemico che era rimasto alla Francia e che poteva fare veramente male all'impero napoleonico. Napoleone lo sapeva bene e cos la infastid attuando il blocco continentale (1806) per colpire gli interessi commerciali dell'Inghilterra. Dato che tutte le merci di provenienza inglese o trasportate da navi inglesi dovevano essere catturate in mare o sequestrate nei porti europei controllati dalla Francia, l'industria inglese fu gravemente danneggiata ma non tutti rispettarono questo blocco e cos la merce veniva ugualmente scambiata attraverso il contrabbando. La Supremazia Francese in Europa Napoleone affront diverse coalizioni nemiche che sconfisse a Jena (1806), a Friedland (1807), a Wagram (1809). Occup l'Olanda e alcune regioni tedesco, il generale Bernadotte da maresciallo divenne re di Svezia e la Polonia pass cos sotto il dominio francese. Quando nel 1808 le truppe francesi invasero la Spagna furono fermati dalla forza del popolo appoggiato dagli inglesi, e soprattutto grazie al generale, il duca di Wellington che imped ai Francesi di occupare il Portogallo. La Campagna di Russia Non c'era solo Napoleone a dettare legge, difatti lo zar Alessandro I pens di essere cos forte da poter rinunciare al blocco continentale ordinato dai francesi per contrastare il commercio dell'Inghilterra e cos mand su tutte le furie Napoleone che mand 600.000 uomini in Russia per ottenere una vittoria rapida come ha sempre fatto nelle guerre precedenti. Il generale russo Kutuzov sapeva che nello scontro diretto avrebbe perso e cos adott una tattica diversa ma allo stesso tempo geniale: la ritirata. Man mano che i francesi avanzavano i russi si ritiravano lasciando dietro terra bruciata, avevano bruciato villaggi interi, e non era rimasto nemmeno una scorta di cibo. Era passata l'estate e quando l'esercito francese arriv a Mosca trovandola deserta ed in fiamme, il freddo invernale si faceva sentire e Napoleone ordin la ritirata non avendo trovato ne ripari ne cibo per sfamare i suoi uomini. La Grande Armata francese colpita dal freddo e sconfitta presso il fiume la Beresina, pass da 600.000 uomini a soli 50.000. La campagna di Russia fu un vero fallimento e preannunciava la caduta di Napoleone. Il Crollo dell'Impero e i Cento Giorni Quando Napoleone con il resto dei suoi uomini rientr in patria trov tutt'altro che un clima sereno (stavolta non da un punto di vista meteorologico) e venne attaccato da Inghilterra, Austria, Russia, Prussia e Svezia e sconfitto a Lipsia (1813). Nella primavera del 1814 Parigi fu occupata e Napoleone abdic. Sul trono di Francia sali Luigi XVIII, fratello del re decapitato, mentre Napoleone venne concesso di ritirarsi all'isola d'Elba, nell'arcipelago toscano. L'anno successivo Napoleone ebbe modo di fuggire e sbarc in Francia con pochi soldati e la popolazione e l'esercito di schierarono nuovamente a suo fianco ma il suo ritorno al potere dur solamente cento giorni, nel 1815 fu sconfitto a Waterloo in Belgio, da inglesi e prussiani, al comando del duca di Wellington e venne esiliato a Sant'Elena dove mor il 5 maggio 1821. Cosa era rimasto in Francia? Con il ritorno di Luigi XVIII sembrava che potesse ritornare immediatamente il vecchio regime ed invece il primo Napoleone, quello buono, che si batteva per i principi di libert lasci un segno nell'animo dei francesi. I profondi cambiamenti come la confisca delle grandi propriet della Chiesa e dei nobili cedute alle emergenti famiglia borghesi rimasero com'erano prima, i privilegi feudali rimasero aboliti, la Chiesa non contava molto sulle scelte di politica, il Codice civile era rimasto e veniva preso come esempio anche da altri Stati europei, la libert di iniziativa non era ostacolata da nessuno e soprattutto il sentimento nazionale era rimasto in tutta la popolazione (non solo quella francese) che finalmente avevano capito il concetto di ideali di libert e di uguaglianza proclamati dalla Rivoluzione.

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Riassunto: Napoleone Bonaparte

Tutto ebbe inizio nel 1796 quando il Direttorio affid l'incarico al giovane generale Napoleone Bonaparte (Ajaccio 1769 - Sant'Elena 1821) di rallentare la morsa delle truppe austriache presenti in Italia e quando questi riusc non solo a fermarli ma anche a sconfiggerli inizi la sua ascesa. Occup in pochi mesi tutta l'Italia settentrionale e l'Austria fu costretta a chiedere la pace attraverso il trattato di Campoformio (1797) cos facendo l'Austria dovette abbandonare Milano e la Lombardia ed ottenne in cambio Venezia. In Italia quei territori conquistati dai Francesi vennero chiamati repubbliche sorelle e la pi importante era la Repubblica Cisalpina (1797). Nonostante ebbero vita breve avviarono una serie di riforme ispirate ai principi della Rivoluzione. La Repubblica partenopea (1799) non riusc a conquistare la fiducia del popolo e venne abbattuta in pochi mesi da un esercito arruolato dai nobili e dal clero. Questo fu detto esercito sanfedista, perch si batteva per la difesa della fede religiosa, un modo per acquisire la fiducia del popolo. Per indebolire l'Inghilterra nel Mediterraneo il Direttorio invit Napoleone in Egitto per ostacolare il loro commercio, qui i francesi ebbero la meglio mentre ad Abukir la flotta inglese guidata dall'ammiraglio Orazio Nelson ebbe la meglio sulla flotta francese e Napoleone rischi di restarvi bloccato perch non aveva modo di poter comunicare con la madrepatria. Napoleone rientrando in patria decise di fare un colpo di Stato e prese tutti i poteri, assumendo il titolo di primo console (1799). Subito dopo sconfisse a Marengo gli Austriaci e occup l'Italia settentrionale. Il suo potere diventava sempre pi solido e cos il suo governo divenne autoritario e accentrato ed il potere era affidato secondo una struttura gerarchica; fece importanti riforme nel campo scolastico, economico, finanziario, eman un Codice civile e firm un Concordato col Pontefice Pio VII. Quando nel 1804 Napoleone divenne imperatore si assicur che ognuno dei suoi familiari avesse un trono anche per evitare attacchi provocati dall'invidia dagli stessi familiari. Per colpire economicamente l'Inghilterra proclam il blocco continentale, cio il divieto di commerciare con l'Inghilterra. Fu un provvedimento che danneggi l'economia di diversi paesi, e la Francia ebbe gravi difficolt in farlo rispettare, e si diffuse il contrabbando. Napoleone ottenne altri successi militari ma la sua sorta ebbe un profondo cambiamento con la campagna di Russia (1812) perch con il suo numerosissimo esercito si aspettava una guerra semplice e breve ma quando arriv a Mosca l'unica cosa che trov fu il freddo dato che il generale Kutuzov gli fece una bella sorpresa con la sua tattica militare della ritirata, che comportava la distruzione delle zone della Russia (villaggi e raccolti) in modo da non poter garantire il giusto riparo e il vivere agli eserciti nemici. Da 600.000 uomini, decimati dal freddo e dagli attacchi dei russi rimasero solamente 50.000 soldati. Rientrati in patria furono sconfitti a Lipsia nel 1813, e Napoleone fu obbligato ad abdicare e a ritirarsi all'isola d'Elba. Riesce a fuggire ed a ritornare in Francia riprendendo anche il potere e anche la fiducia della popolazione ma solo per cento giorni. Inglesi e Prussiani lo sconfissero definitivamente a Waterloo. Esiliato nell'isola di Sant'Elena, Napoleone mor il 5 maggio 1821. Dalla sua storia si pu trarre una morale difatti Napoleone che inizialmente si batteva per gli ideali della rivoluzione morto da monarca, cio diventato il tipo di autorit per cui si batteva, voleva tutto il potere nelle sue mani e l'ha avuto, ma chi troppo vuole nulla stringe ed ha avuto la fine che meritava. In compenso ha attuato una serie di riforme ed ha risvegliato il sentimento patriottico, gli ideali di libert di libert ed uguaglianza che fino a quel momento non avevano molta importanza. Et giolittiana La legislazione sociale di Giolitti e lo sviluppo industriale dell'Italia Dopo la morte di Umberto I, in un momento particolarmente difficile per l'Italia, divenne re all'et di 31 anni il figlio Vittorio Emanuele III (1900-1946). Il nuovo sovrano decise di abbandonare la politica reazionaria paterna e inaugur un nuovo indirizzo, che prevedeva il ritorno alla legalit costituzionale. Nel 1901 infatti, alla caduta del ministero Saracco, che con una politica contraddittoria aveva finito per scontentare sia la Destra sia la Sinistra, il re affid l'incarico di formare il governo all'esponente pi in vista della Sinistra, l'insigne giurista Giuseppe Zanardelli. Questi abbandon il sistema repressivo seguito dai predecessori, concesse un'amnistia ai condannati politici e stabil una limitata libert di associazione e di propaganda.

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Giolitti capo del governo Nel 1903, in seguito al ritiro per malattia di Zanardelli, fu chiamato a capo del governo il ministro degli interni Giovanni Giolitti (1842-1928). Dopo l'esperienza fatta tra il 1892 e il 1893 Giolitti divenne nuovamente presidente del Consiglio e mantenne la carica, salvo brevi interruzioni per quasi un decennio, passato alla storia con il nome di et giolittiana. Di orientamento liberale e appartenente alla cosiddetta Sinistra costituzionale, il nuovo capo del governo fu abilissimo nel trovare un equilibrio tra le forze sociali, promuovendo da un lato un'avanzata legislazione sociale e dall'altro una politica volta a favorire la nascente industria italiana. Concesse pertanto ampia libert di sciopero. Va a tal proposito ricordato che lo sciopero, seppure implicitamente ammesso dal codice Zanardelli del 1889, era ancora ostacolato con forme di intimidazione e drastici interventi della forza pubblica. In presenza di agitazioni sociali e scioperi, Giolitti si limit invece a mantenere l'ordine pubblico evitando repressioni violente, in attesa che i contrasti tra lavoratori e proprietari si risolvessero per mezzo di trattative dirette fra i rappresentanti delle due parti. E a chi gli rimproverava di avere giudicato lo sciopero un mezzo legale di lotta, replicava di non avere mai avuto paura dei lavoratori e che, d'altra parte, il Paese non sarebbe stato n tranquillo n prospero finch la maggioranza degli Italiani fosse rimasta in condizioni economiche e morali disagiate. Attivit legislativa in campo sociale Nello sforzo di adeguare le istituzioni dello Stato alle esigenze di una concreta modernizzazione, Giolitti si preoccup anche di prevenire le agitazioni sociali con la pacifica arma delle riforme. Egli era infatti convinto che il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori coincidesse con un deciso progresso di tutto il Paese e quindi con un indubbio vantaggio per il sistema produttivo e per lo Stato, che ormai non poteva pi essere considerato come un miope difensore degli interessi padronali. Nel corso del suo decennio di governo venne pertanto perfezionata e ampliata la legislazione in favore dei lavoratori anziani, infortunati o invalidi, vennero emanate nuove norme sul lavoro delle donne e dei fanciulli, venne esteso l'obbligo dell'istruzione elementare fino al dodicesimo anno di et, venne stabilito il diritto al riposo settimanale. Inoltre, allo scopo di offrire anche ai lavoratori la possibilit effettiva di presentare la propria candidatura alle elezioni, venne per la prima volta stabilita un'indennit parlamentare, cio un compenso ai deputati per le spese che dovevano sostenere per svolgere il proprio compito in Parlamento. Giolitti non fu insensibile neppure alle pressanti rivendicazioni salariali degli operai e degli impiegati. Egli favor infatti la conquista di migliori retribuzioni, le quali, accrescendo le possibilit di acquisto delle classi lavoratrici, contribuirono a determinare una pi ampia richiesta di beni di consumo sui mercati e conseguentemente un aumento della produzione. In questo quadro si inseriscono anche alcuni importanti interventi nel settore della sanit pubblica, come la distribuzione gratuita del chinino contro la malaria, che in soli otto anni fece abbassare la percentuale dei malarici dal 31% al 2%. Le numerose riforme sociali e igienico-sanitarie comportarono un deciso aumento demografico e un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, la quale pass dai 26 milioni del 1870 ai 36 del 1913. Il rafforzamento della lira e laumento delle attivit produttive Il maggior benessere generale cos raggiunto e le rimesse degli emigranti, che ormai avevano superato il mezzo miliardo di lire allanno (circa 260 milioni di euro), facilitarono il risanamento delleconomia nazi onale, permettendo un notevole incremento delle entrate dello Stato. In questo modo, malgrado alcune gravissime sciagure abbattutesi sul Paese, quali leruzione del Vesuvio nel 1906 e il terremoto di Messina nel 1908, fu possibile mantenere il bilancio in pareggio e addirittura anche ampiamente attivo. Una simile politica, insieme a una scrupolosa amministrazione del denaro pubblico, port la cartamoneta italiana ad acquistare un eccezionale prestigio al punto da fare aggio sulloro, da essere cio preferita alle m onete doro sul mercato internazionale. La favorevole situazione finanziaria accrebbe a sua volta il risparmio e quindi i depositi presso le banche, le quali poterono cos finanziare numerose imprese sia nel settore agricolo sia in quello industriale, rivitalizzando tutto il sistema economico del Paese. Il reddito agricolo, in seguito ad alcuni importanti lavori di bonifica e di irrigazione e a un pi ampio uso dei concimi chimici, sal dai tre miliardi di lire del 1870 ai sette del 1910. Anche lindustria meccanica, che pure si trovava ancora in condizioni di grande inferiorit rispetto a quella straniera, ottenne un rilevante sviluppo insieme allindustria chimica, tessile e alimentare, raddoppiando il fatturato tra il 1900 e il 1913. Allinterno del siste ma produttivo italiano si afferm in particolare il settore dellindustria automobilistica, che ebbe nella Fiat, fondata a Torino da Giovanni Agnelli (1866-1945) nel 1899 la sua pi promettente espressione, con una produzione annua salita rapidamente dalle sei vetture del 1900 alle 1380 di pochi anni dopo ; quello dellindustria della gomma, la quale sorta a Milano nel 1872 per iniziativa dellindustriale Giovan Battista Pirelli (1848 -1932), pass dai 413 quintali di caucci importato e lavorato negli ultim i anni dellOttocento ai 35.000 quintali del 1914; quello dellindustria idroelettrica, che pass dalle poche migliaia di chilowatt del 1898 al mezzo milione del 1908, con un incremento che pur se rilevante, non pot far fronte allaumentata domanda, n el iminare

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limportazione di carbone, passata a sua volta dai due milioni di tonnellate del 1881 agli 11 milioni del 1913. Le opere pubbliche e il monopolio sulle assicurazioni Durante let giolittiana fu inoltre realizzato un intenso programma di lavori pu bblici, che ebbe le sue pi significative manifestazioni nellestensione della rete stradale e ferroviaria (si parl non a torto di miracolo ferroviario), nellapertura del traforo del Sempione (lungo circa 20 chilometri) e nellinizio dei lavori per lacquedotto pugliese. Giolitti istitu inoltre il monopolio statale sulle assicurazioni sulla vita, sino allora gestite da societ private. Portata in discussione in Parlamento nel giugno 1911, tale iniziativa incontr una fierissima opposizione da parte dei soggetti direttamente coinvolti e dei pi fanatici liberisti, che fecero sentire la loro voce attraverso una violenta situazione parlamentare, Giolitti prefer scendere a un compromesso con i suoi oppositori, autorizzando le societ assicuratrici a continuare il loro esercizio per altri dieci anni limitatamente alle somme superiori a un certo tetto e a cedere invece le altre al nuovo Istituto Nazionale per le Assicurazioni, entrato in funzione nel 1912. Personaggio: Maria Montessori Era il 1896 quando Maria Montessori consegu, prima donna in Italia, la laurea in medicina. Da quel momento prese avvio la sua lunga attivit di impegno sociale e scientifico a favore del recupero di bambini con ritardo mentale e in seguito dell'educazione dei fanciulli, resa ancor pi stupefacente se pensiamo agli anni in cui si svolse. I suoi studi trovarono una concreta applicazione quando ebbe l'incarico di aprire alcune scuole nel popolare quartiere romano di San Lorenzo. Nascevano cos nel 1907 le Case dei bambini, che ebbero rapido successo e diffusione anche all'estero, dove la Montessori tenne corsi di preparazione e trascorse lunghi periodi, soprattutto quando i suoi principi educativi si scontrarono con l'avversione del regime fascista, che ostacol la sua ricerca e la costrinse a dimettersi dall'Opera Nazionale Montessori da lei fondata nel 1924. Gli anni trascorsi dalla sua nascita, avvenuta a Chiaravalle di Ancona nel 1870, alla sua morte nel 1952 in Olanda, testimoniano la statura di questa straordinaria figura storica. Grande clamore suscitarono le sue idee femministe e l'intervento al Congresso femminile di Berlino del 1896, ma senza dubbio il rinnovamento dell'educazione infantile il suo contributo pi rilevante. Quello che venuto a connotarsi come il metodo Montessori mira infatti a promuovere, innanzitutto attraverso l'educazione sensoriale, lo sviluppo del bambino, rendendolo attivo, costruendo per lui un ambiente adatto nel quale possa acquistare e sviluppare abilit, aiutato da insegnanti capaci di incanalare le potenziali energie nella giusta direzione. Le numerose pubblicazioni di cui fu autrice hanno posto le basi della pedagogia scientifica, presentando, per la prima volta, un'immagine ricca e positiva dell'universo infantile, nonch una difesa dei bambini, dei loro diritti e della loro personalit. Problemi irrisolti dal governo Giolitti Lazione positivamente scolta nel suo insieme dal secondo governo Giolitti non deve comunque far d imenticare la lunga serie di problemi rimasti ancora insoluti. LItalia infatti continuava a essere per certi aspetti un Paese estremamente arretrato, dove ancora dilagava lanalfabetismo, con punte addirittura s uperiori al 50% in Sicilia, Calabria e Basilicata; dove la tubercolosi mieteva pi di 75.000 vittime lanno; d ove la disoccupazione e la povert erano presenti quasi ovunque, con punte paurose soprattutto in certe zone del Sud: uno Stato, insomma, per molti aspetti sottosviluppato e classificato tra i pi arretrati dEuropa, in cui i cittadini vedevano ancora come unica soluzione alla loro miseria lemigrazione in massa verso altri Paesi europei ed extraeuropei. L'emigrazione italiana dal 1870 alla prima guerra mondiale L'emigrazione nei Paesi extraeuropei ha rappresentato uno dei pi importanti fattori che hanno permesso di alleggerire la pressione demografica in Europa nel corso degli ultimi due secoli. Per quanto riguarda l'Italia, il fenomeno coinvolse un numero impressionante di individui: furono circa 20 milioni le persone che lasciarono il nostro Paese fra il 1860 e il 1940. L'apice dell'emigrazione italiana fu raggiunto fra il 1888 e il 1891, in corrispondenza di alcune annate di scarsi rendimenti agricoli, che misero in ginocchio uno Stato ancora prevalentemente basato sull'agricoltura. L'Italia, infatti, nonostante durante l'et giolittiana avesse conosciuto un principio di industrializzazione, era e restava un Paese povero e arretrato, che sperava di trovare la soluzione alla miseria nell'emigrazione in massa verso altri Paesi europei ed extraeuropei. Dal Sud Italia l'emigrazione era diretta soprattutto verso gli Stati Uniti, mentre dal Nord Italia le mete principali erano l'Argentina e il Brasile, dove si rec, ad esempio, il 75% degli emigranti veneti. L'emigrazione un fenomeno complesso che produce importanti conseguenze, non solo a livello sociale, ma anche personale e familiare. Basti pensare al dolore per il distacco: spesso a emigrare erano solo uomini, padri e mariti che lasciavano a casa le proprie mogli e i propri figli per cercare lavoro nelle industrie degli Stati uniti o nelle piantagioni del Sud America. Non sempre queste famiglie avevano modo di ricongiungersi, anzi, secondo i sociologi del tempo, uno degli effetti pi negativi dell'emigrazione era proprio la disgregazione delle famiglie, dal momento che

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questo tipo di emigrazione si caratterizz sin da subito come di lungo periodo, priva di progetti concreti di ritorno in Italia. Oltre al dolore per la separazione dei propri nuclei familiari, si aggiungeva la preoccupazione per il viaggio, che, a dispetto di quanto pubblicizzavano le compagnie di navigazione, era lungo e pieno di difficolt. Sulle navi gli emigranti viaggiavano giorni e giorni in ambienti chiusi e malsani o sul ponte, esposti alle intemperie e alle malattie. Spesso inoltre si verificavano aggressioni e furti, che raramente venivano puniti. Le agenzie dell'emigrazione in molti casi facevano vera e propria opera di esportazione degli schiavi: promettevano ricchi compensi in denaro, un lavoro sicuro; poi, arrivati in America, senza conoscenza della lingua, spaesati, senza alcuna possibilit di tornare indietro, gli emigranti venivano affidati perlopi a dei padroni. Soltanto nel 1901 in Italia fu approvata una legge organica dell'emigrazione che prevedeva, fra le altre cose, l'abolizione di agenzie e subagenzie e diverse norme per l'assistenza sanitaria e igienica, per la protezione dei porti e durante i viaggi e, successivamente, anche per la tutela giuridica dell'emigrazione. Una volta approdati in terra straniera, oltre alle difficolt di ambientamento, di lingua e di costumi, una delle pi urgenti necessit era quella di trovare subito una casa e soprattutto un lavoro, attraverso il quale riuscire a mantenere le proprie famiglie inviando i soldi in patria e a costruire contemporaneamente un futuro migliore per se stessi. Nelle grandi citt degli Stati Uniti soltanto in alcuni quartieri poveri e malfamati era possibile ottenere una sistemazione. Per quanto riguarda poi il posto di lavoro, l'emigrante veniva impiegato prevalentemente nei lavori di bassa manovalanza, a causa della mancanza di qualificazione professionale e per la forte domanda di manodopera dovuta al grande sviluppo dei lavori pubblici e dell'industria. Molto pi spesso il destino di questi emigranti fu quello di lavorare per un padrone. Italiani gi da tempo residenti negli Stati Uniti gestivano il collocamento degli immigrati, quasi sempre sfruttando i propri nazionali. Giocando sull'ignoranza della lingua e del funzionamento della societ statunitense, esigevano quote dei salari per il lavoro che procacciavano o per l'abilitazione, oltre all'obbligo di acquistare le merci in uno spaccio indicato. Nei Paesi sudamericani come il Brasile, invece, la manodopera degli emigranti italiani sostitu in buona parte quella prestata fin a quel momento dagli schiavi: in quanto bianco e cattolico l'immigrato italiano era trattato diversamente dagli schiavi di colore, ma la qualit della vita effettiva era di poco superiore, anche perch in molti proprietari terrieri permaneva una mentalit schiavista. Si pensi che il governo italiano nel 1902 si trov costretto a emanare un decreto con cui proibiva l'emigrazione in Brasile. La politica interna tra socialisti e cattolici Durante il suo lungo ministero Giolitti cerc insistentemente di immettere nello Stato le masse lavoratrici e contadine, che ne erano escluse e che esprimevano la loro protesta attraverso il movimento cattolico. Egli, infatti, aveva compreso che la trasformazione economica e sociale del Paese esigeva non solo una sicura base di consenso parlamentare, ma anche e questa fu una novit assoluta nella vita politica italiana un apertura alle forze politiche del Paese che fino ad allora non si erano mai pienamente identificate con il sistema parlamentare. Ecco perch egli ricerc anzitutto un accordo con il Partito socialista, il cui programma minimo non era in fondo molto lontano dal suo. Pertanto, nel 1903, Giolitti offr a Filippo Turati, capo della corrente riformista, nella convinzione che coinvolgendo le forze della Sinistra le avrebbe allontanate dalle tentazioni rivoluzionarie. L'iniziativa, per la verit, non ebbe successo: infatti, come avrebbero potuto accettare un accordo simile la corrente intransigente e il sindacalismo rivoluzionario? In realt, specialmente dopo il primo sciopero generale della storia italiana, attuato tra il 15 e il 20 settembre 1904, e le conseguenti nuove elezioni, che videro l'indebolimento dell'estrema sinistra, il Partito socialista cominci ad avvicinarsi alla politica di Giolitti, pur senza mai arrivare a una concreta collaborazione di governo. Il riavvicinamento della Chiese alla politica In seguito allo sciopero generale, tuttavia, Giolitti ritenne necessario anche un riavvicinamento alla Chiesa cattolica, con l'obiettivo di un reciproco appoggio di fronte al crescente pericolo della marea rossa. Del resto i tempi erano maturi per un passo di questo genere, dato che nello schieramento cattolico erano nel frattempo emerse nuove posizioni nei riguardi di una partecipazione politica alla vita pubblica italiana. Sull'onda dell'entusiasmo provocato dalla Rerum novarum (l'enciclica sulla dottrina sociale della Chiesa emanata nel 1891 dal papa leone XIII), allinterno del cattolicesimo italiano si venn e sviluppando infatti un orientamento favorevole ai principi liberali, anche se filtrati attraverso lottica cristiana, e in contrasto con ogni forma di individualismo borghese, di esaltazione della libera concorrenza e di concezione del lavoro come pura merce regolata dalle leggi della domanda e dellofferta. Laccettazione della situazione politica italiana si accompagnava, in conformit allo spirito cristiano, a una pi ampia apertura verso i fondamentali diritti dellintero corpo sociale, tra i quali una piena libert sindacale, unampia legislazione sociale, unefficace riforma tributaria, un concreto decentramento amministrativo, nonch un deciso allargamento del suffragio elettorale.

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La nascita della Democrazia cristiana Allinterno di questo orientamento il sacerdote marchigiano Romolo Murri (1870-1944), fondatore nel 1900 di un movimento che assunse poi il nome di Democrazia cristiana italiana. Aperto ai problemi sociali posti dallindustrializzazione e polemico nei confronti delle rigide chiusure d ei cattolici intransigenti, Murri si rese interprete appassionato di una possibile conciliazione tra democrazia e religione, tra socialismo e dottrina sociale della Chiesa, anche attraverso la formazione di unampia rete di organismi politico sindacali e di uffici del lavoro. Questo movimento per non trov il pieno consenso n di Leone XIII, n del successore Pio X: entrambi i pontefici miravano infatti a legare prudentemente il movimento democratico cattolico alla gerarchia ecclesiastica, al fine di mantenere i fedeli nellambito di un cauto appoggio, valutato di volta in volta, nei rigua rdi di deputati liberali vicini alle aspirazioni cattoliche. Pertanto Murri entr in contrasto con la gerarchia ecclesiastica e, dopo essere stato eletto deputato nel 1904 con lappoggio radicale e socialista, fu nel 1907 sospeso a divinis (cio dallesercizio sacerdotale) e successivamente scomunicato nel 1909. Il partito laico-cristiano e il movimento delle leghe bianche Nel frattempo in Sicilia un altro sacerdote, Luigi Sturzo (1871-1959), si andava convincendo della necessit di un partito laico-cristiano, a carattere democratico e popolare, pienamente autonomo dallautorit ecclesiastica in grado di inserirsi nellimpianto civile creato dal liberalismo e di fungere da centro di aggregazione della grande massa degli esclusi dalle scelte politiche ed economiche dello Stato liberale. Egli infatti criticava aspramente i cattolici moderati e sosteneva che la Chiesa dovesse elaborare i propri programmi e le proprie autonome strategie politiche. Vi era, infine, anche un forte movimento sindacale di ispirazione cattolica, legato soprattutto a Guido Miglioli (1879-1954) e alle sue leghe bianche, che operavano particolarmente nelle campagne attraverso lorganizzazione di casse rurali e associazioni contadine. Il patto Gentiloni Quando allinterno del Partito socialista prevalse lorientamento rivoluzionario, Giolitti si rese conto che lunica via da imboccare era quella di unintesa con le forze cattoliche. Daltra parte, lideolo gia atea e anticlericale del Partito socialista, il linguaggio eversivo e la violenza degli scioperi avevano indotto lo stesso pontefice Pio X (1903-1914) ad attenuare lintransigenza vaticana nei riguardi del regno dItalia e ad a mmorbidire il non expedit, ammettendo la possibilit di una partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche. Per questo, in occasione delle elezioni indette subito dopo lo sciopero generale, Pio X concesse ad alcuni candidati con una scelta puramente personale e non vincolante per la Chiesa di farsi eleggere nelle liste liberali. Nel 1913, contemporaneamente allestensione de diritto di vot, stipul con il conte march igiano Vincenzo Ottorino Gentiloni (1865-1916) un accordo segreto, il patto Gentiloni, in base al quale i cattolici si impegnavano a sostenere lelezioni dei deputati liberali, ottenendo in cambio labbandono della politica anticlericale. Tale avvenimento segn di fatto il rientro dei cattolici nella vita politica italiana dopo la frattura del 1870. Lestensione del voto ai cittadini maschi Il patto Gentiloni precedette di poco uno dei provvedimenti pi qualificanti del governo Giolitti: lestensione del diritto di voto, che consentiva una maggiore partecipazione politica alle classi popolari. La nuova legge, approvata in data 30 giugno 1912, ammetteva al voto tutti i cittadini di sesso maschile purch avessero compiuto 21 anni, se in grado di leggere e scrivere e con servizio militare svolto, o 30 anni, se analfabeti e non chiamati sotto le armi. In tal modo lanalfabetismo cessava di essere assurdamente considerato una colpa, a causa della quale un analfabeta era ritenuto idoneo a compiere il servizio militare o a fare la guerra, ma non legittimato a far sentire il peso delle proprie esigenze e della propria volont sul modo di gestire lo Stato. Una cos importante riforma, applicata per la prima volta soltanto nellottobre 1913 a causa della guerra in Libia, fece salire il numero degli elettori da 3 milioni e mezzo (6,9% dellintera popolazione) a quasi 8 milioni e mezzo, su un totale di oltre 36 milioni di abitanti (23,2%). Il governo personale di Giolitti: critiche e meriti Lazione politica di Giolitti non fu comunque esente da critiche: in primo luogo per ci che riguardava la corruzione del corpo elettorale. Egli infatti, pur di riuscire a dominare la scena politica, non rinunci a destreggiarsi fra gli opposti partiti, appoggiandosi ora agli uni ora agli altri e cercando di accontentare un po tutti, industriali e operai, agrari e braccianti, liberali e socialisti, con un atteggiamento non molto dissimile dal tanto criticato trasformismo di Depretis. Inoltre durante le elezioni non rifugg neppure dalla corruzione e dallintimidazione, avvalendosi dei prefetti e della polizia per eliminare scomodi avversari e p er potere cos creare una Camera di soli deputati giolittiani di ferro, e come tali disposti a obbedirgli fedelmente. Tali metodi elettorali, aggravati da un esasperato uso del clientelismo e del centralismo burocratico, furono particolarmente diffusi nel Mezzogiorno e vennero denunciati con decisione dallo storico, socialista Gae-

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tano Salvemini (1873-1957). Malgrado queste accuse, ormai per ampiamente riconosciuto che la lunga stabilit del governo cos ottenuta sent a Giolitti importanti risultati, fra i quali quello di accogliere alcuni punti del programma dei socialisti e di frenare lirruenza della loro ala estrema. La politica estera e la guerra di Libia Con Giolitti non cambi indirizzo soltanto la politica interna, ma anche, e forse in maggiore misura, la politica estera. Lazione diplomatica dei governi precedenti infatti era stata caratterizzata dalla convinzione che tutti i problemi di politica estera si potessero risolvere nel quadro della Triplice Alleanza, firmata nel 1882 tra Italia, Germania, e Austria. Protetti da questo patto, gli Italiani si erano avventurati in Africa, provocando lostilit di Francia e Inghilterra. La sconfitta di Adua nel 1896 aveva dunque dimostrato che una qualsiasi impresa coloniale non sarebbe stata possibile senza il favore di queste due grandi potenze. Per questo motivo limpiego politico e diplomatico di Giolitti fu indirizzato a ristabilire buoni rapporti con la Francia e con lInghilterra e a considerare la Triplice Alleanza un patto puramente difensivo. Di co nseguenza egli prese accordi con la Francia per una rapida eliminazione dei contrasti, che tanto danno avevano arrecato alleconomia dei due Paesi; concord inoltre uneventuale espansione francese nel Maro cco in cambio del consenso a una possibile penetrazione italiana in Tripolitania e Cirenaica, territori ormai solo debolmente controllati dalla Turchia. Accordi simili furono firmati anche con lInghilterra e con la Russia. Tutto ci indeboliva la Triplice Alleanza, ma rafforzava la posizione italiana in Europa e, in ultima analisi, favoriva la pace, facendo dellItalia un elemento moderatore dei contrasti fra Austria e Germania da una parte e Inghilterra, Francia e Russia dallaltra. La preparazione della guerra libica e la posizione dellopinione pubbli ca Quando nel 1911 lItalia riprese liniziativa coloniale, sbarcando sullultima parte di Africa settentrionale non ancora occupata dalle potenze occidentali, limpresa aveva dunque avuto unaccurata preparazione diplomatica e militare. LItalia, del resto, non era pi lo Stato debole di quindici anni prima: le finanze pubbliche erano state riassestate e la popolazione andava numericamente crescendo. Anzi, proprio questo aumento demografico ancora una volta era preso a pretesto per giustificare i sacrifici di unimpresa coloniale, la sola ritenuta capace di disperdersi nel mondo delle preziose energie assorbite dallemigrazione. I pi assoluti sostenitori di un nuovo intervento in Africa furono i seguaci di un movimento politico che proprio in quegli anni si stava sviluppando in Italia a opera soprattutto di Enrico Corradini (1865-1931): il nazionalismo. Dal canto suo, anche Giolitti, che pure era poco disposto a fare una guerra, fin per mostrarsi favorevole allimpresa per ragioni di equilibrio europeo e m editerraneo: si era infatti convinto che ogni ulteriore ingrandimento delle potenze coloniali avrebbe costituito un indebolimento e una diminuzione di prestigio per lItalia. Quando nel 1911 la Francia dette inizio alla conquista del Marocco, Giolitti rite nne che fosse il momento di intervenire, poich difficilmente si sarebbero create per gli Italiani altre occasioni per essere presenti nellAfrica settentrionale. Ebbe inizio cos la seconda impresa africana dellItalia. La dichiarazione di guerra e loccupazione della Libia Il 29 settembre 1911, prendendo come pretesto alcuni incidenti verificatesi a Tripoli ai danni di cittadini italiani, lItalia dichiar guerra alla Turchia, sotto il cui dominio si trovava la Libia, e pochi giorni dopo un corpo di spedizione, comandato dal generale Carlo Caneva (1845-1922), sbarc a Tripoli e occup rapidamente tutta la fascia costiera fino a Tobruk, sconfiggendo il nemico nella battaglia di Ain Zara. Pi difficile e lenta fu invece la conquista dellinterno, non solo p er le difficolt del territorio, ma anche per la resistenza della popolazione locale, che organizz unestenuante azione di guerriglia, alla quale lItalia risp ose con pesanti e brutali metodi di repressione. Al fine di costringere la Turchia alla pace, nel maggio 1912 il governo italiano decise di attaccarla direttamente. Un corpo di spedizione occup infatti Rodi e altre undici isole dellEgeo, che insieme formavano il cosiddetto Dodecaneso (cio dodici isole), mentre il comandante Enrico Millo con cinque torpediniere nella notte tra il 18 e il 19 luglio penetrava nello stretto dei Dardanelli, dimostrando con il suo audace gesto che ormai neppure Costantinopoli poteva considerarsi sicura. Il sultano chiese larmistizio e firm la pace il 18 ottobre 1912, a Losanna: in base a essa la Turchia riconosceva allItalia il possesso della Tripolitania e della Cirenaica e si impegnava a far cessare la guerriglia. A garanzia di tale impegno lItalia conservava il Dodecaneso. Le conseguenze del conflitto Loccupazione della nuova colonia, cui fu mantenuto lantico nome romano di Libia, non port alleconomia italiana i vantaggi che molti si aspettavano. Quellampia fascia di territori africano era prev alentemente desertica e assai povera di materie prime, ad eccezione di vastissimi giacimenti petroliferi, che per furono scoperti soltanto successivamente allindipendenza del Paese (1952). Tuttavia le oper azioni militari in Libia, condotte per la prima volta con mezzi moderni, quali il telegrafo, il telefono, lautomobile e laeroplano, contribuirono a rafforzare le posizioni italiane nel Mediterraneo. Limpresa lib i-

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ca ebbe comunque importanti conseguenze in campo politico. Essa infatti incoraggi i nazionalisti spingendoli sempre pi apertamente contro il governo, considerato troppo debole e indeciso. La guerra provoc inoltre una spaccatura allinterno del Partito socialista tra i riformisti, che avevano in genere appr ovato il conflitto, attratti dalla promessa del suffragio universale (1912), e la maggioranza del partito, che laveva invece fieramente combattuta in nome del pacifismo socialista e dellavversione alle guerre imp erialistiche. La spaccatura divenne addirittura irreparabile quando il congresso di Reggio Emilia (1912) espulse dal partito i riformisti Leonida Bissolati (1857-1920) e Ivanoe Bonomi (1873-1951), che si erano apertamente schierati in favore della guerra libica. Per tutta risposta essi subito dopo dettero vita a un autonomo Partito socialista riformista italiano. Gli altri socialisti riformisti, guidati da Filippo Turati, bench ormai in posizione minoritaria e quindi sempre meno influente, rimasero nel Psi, diretto, insieme ad altri, da Benito Mussolini (1883-1945), che rappresentava allora lala pi intransigente del partito, in aperta o pposizione al governo. La crisi della linea giolittiana e il ministero Salandra Fu proprio il radicalismo socialista a spingere Giolitti a cercare nuove alleanze, concretizzarsi poi nel patto Gentiloni. Ma ci non bast a consolidare la sua leadership, che cominci a indebolirsi, come dimostrarono i non incoraggianti risultati ottenuti nelle prime elezioni a suffragio universale del 1913. Ecco perch Giolitti, stretto ormai fra oppositori molto decisi e alleati poco docili, nel marzo del 1914 prefer cedere il posto ad Antonio Salandra (1853-1931), un liberale moderato, che egli credeva di poter mettere da parte al momento opportuno senza troppo difficolt. Questa volta per i calcoli non tornarono. La situazione tendeva infatti a deteriorarsi sempre pi nel tessuto sociale e politico, anche perch il governo Salandra, pur presentandosi con un programma non molto dissimile da quello giolittiano, intendeva dal punto di vista pratico battere vie diverse. Ci divent evidente quando il 7 giugno 1914, durante una manifestazione antimilitarista organizzata dai socialisti ad Ancona, la polizia intervenne uccidendo tre dimostranti. Ne consegu limmediata proclamazione di uno sciopero, che si protrasse fra agitazioni e tumulti per sette giorni (7-13 giugno 1914) e sfoci in gravi atti di sabotaggio e di violenza, con ben 17 morti e pi di 400 feriti e contusi fra i dimostranti e le forze dellordine. Fu questa la cosiddetta settimana rossa, che ebbe il proprio epicentro nella Romagna e nelle Marche e trov affiancati i pi autorevoli esponenti della corrente intransigente socialista, del sindacalismo rivoluzionario, dellanarchismo e del democraticismo repubbl icano, privi per di una direzione salda e di obbiettivi precisi: ci permise al governo di riprendere in mano la situazione, sia pure dopo qualche giorno. Di l a poco, del resto, il primo conflitto mondiale avrebbe modificato ogni rapporto politico e fatto passare in secondo ordine questa manifestazione di generale protesta, chiaro segno del profondo malcontento diffuso tra le masse lavoratrici. Riassunto: Giovanni Giolitti Riassunto et giolittiana: Giolitti e lItalia Salito al trono nel 1900, Vittorio Emanuele III affid il governo allesponente della Sinistra Giuseppe Z anardelli. AL suo ritiro divent primo ministro Giovanni Giolitti. Convinto che il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori avrebbe avvantaggiato tutto il corpo sociale e che ogni classe avesse il diritto di esprimere le proprie esigenze, egli concesse la libert di sciopero e attu unava nzata legislazione sociale a tutela delle categorie pi deboli. La sua oculata amministrazione del bilancio statale increment il valore della moneta italiana e agevol il risparmio, con il quale venne finanziata lattivit industriale, la cui produttivit raddoppi tra il 1900 e il 1913. Giolitti increment le opere pubbliche e istitu il monopolio statale nel settore delle assicurazioni sulla vita, fino ad allora gestite da privati. Il suo lungo governo lasci comunque irrisolti alcuni gravi problemi che affliggevano lItalia: analfabetismo, tubercolosi, miseria, em igrazione, dilagante soprattutto al Sud. Tra le iniziative politiche di Giolitti la pi importante fu lampliamento del diritto di voto (1912), che venne esteso a tutti i cittadini di sesso maschile di oltre 21 anni (di oltre 30 se analfabeti), facendo passare gli elettori da milioni e mezzo a 8 milioni e mezzo. Allo scopo di allargare le basi della classe politica italiana, Giolitti cerc lappoggio dei socialisti e dei cattolici, cio delle du e forze che non si erano fino ad allora identificate con il sistema parlamentare. La partecipazione dei socialisti di Turati al primo governo Giolitti non fu possibile a causa dellopposizione dellala rivoluzionaria del Partito socialista. Lintesa con i cattolici sfoci in un accordo segreto (patto Gentiloni. 1913), in base al quale i cattolici avrebbero sostenuto alle elezioni i deputati liberali in cambio dellabbandono della politica anticlericale. Allinterno del cattolicesimo italiano, intanto, si veniva precisando un orientamento liberale, aperto a una visione progressista e sociale della politica. Il principale esponente di questa linea fu il sacerdote Romolo Murri, fondatore di un movimento che verr poi chiamato Democrazia cristiana. Anche il sacerdote siciliano Luigi Sturzo cercava di qualificare la partecipazione cattolica alla politica creando un partito di carattere democratico e popolare, autonomo dallautorit ecclesiastica e capace di aggregare i ceti pi deboli sulla base dei valori cristia ni. In politica estera Giolitti decise di allontanarsi dallalleanza con Germania e Austria e di avvicinarsi a Francia e Inghilterra, il cui appoggio avrebbe potuto favorire un ampliamento coloniale dellItalia e un suo

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rafforzamento nel contesto internazionale. In tal modo egli pot preparare diplomaticamente la conquista della Libia )posta sotto il dominio turco). Lavventura coloniale, fortemente richiesta anche dal movimento nazionalista, inizi il 29 settembre 1911 e si concluse nellottobre 1912 con l a pace di Losanna, con la quale la Turchia dovette riconoscere allItalia il possesso della Tripolitania e della Cirenaica. Limpresa l ibica comport una spaccatura del Partito socialista tra riformisti, favorevoli al conflitto, e pacifisti, avversi a ogni tipo di guerra imperialistica. Dopo il congresso di Reggio Emilia (1912) alcuni riformisti, guidati da Filippo Turati, rimasero nel Psi; altri, guidati da Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi, dettero vita al Partito socialista riformista italiano. Nel 1914 giolitti cedette il governo al liberale moderato Antonio Salandra, mentre la situazione sociale si andava inasprendo sulla spinta di una forte protesta operaia e contadina, che detta vita ad agitazioni durate sette giorni (settimana rossa, giugno 1914). Analisi dellet giolittiana Dopo tre decenni di governi molto brevi, e dopo la grave crisi politica di fine Ottocento, allinizio del XX secolo lItalia caratterizzata da uninedita stabilit. Nel primo quindicennio del Novecento la scena polit ica dominata da Giovanni Giolitti, pi volte presidente del consiglio dal 1903. Negli anni del suo governo lo statista piemontese compie scelte che caratterizzano lo sviluppo economico e sociale italiano nel secolo successivo, con effetti sia positivi che negativi. Le regioni settentrionali del Paese conoscono il definitivo consolidamento del loro sviluppo economico e produttivo. In quellarea inizia cos a diffondersi un tenore sociale di vita pi simile a quello dei maggiori Paesi dellEuropa occidentale. Con il progresso economico si sviluppa anche la cultura, e nasce unopinione pubblica politicamente matura, che consente linclusione nei centri del potere dei movimenti politici pi rappresentativi del Paese. Sullo sviluppo del Nord si fonda la nuova forza dell Italia nelle relazioni internazionali; i possedimenti coloniali crescono, e il Paese inizia a partecipare attivamente al sistema delle alleanze e di equilibrio tra le potenze europee. Giolitti e il suo governo sono capaci di accompagnare il progresso nelle zone dove esso era gi partito, ma non riescono a risolvere i gravi squilibri dellItalia, che allinizio del Novecento addirittura aumentano. Nel Mezzogiorno le disuguaglianze sociali permangono e si acuiscono quelle che appaiono come vere e proprie forme di oppressione sulla classi lavoratrici; da qui la spinta allemigrazione verso lestero di ce ntinaia di migliaia di persone allanno. La meditazione parlamentare di Giolitti ostacola inoltre lo sviluppo dei moderni partiti di massa, fondati su un forte contatto con al societ civile. Molti settori della societ e della cultura non si sentono rappresentati dal sistema di potere, e danno inizio a una convinta opposizione. Le conseguenze di questi problemi irrisolti non tardano a farsi sentire, con la grave crisi politica che dopo la guerra mondiale avrebbe portato alla dittatura fascista, e in un certo senso caratterizzano la situazione italiana ancora oggi. Situazione in Italia Nel triangolo industriale, formato da Torino, Milano e Genova, il settore meccanico vede la crescita dei gruppi industriali esistenti (Ansaldo, Breda, franco Tosi). Nascono inoltre nuove aziende nel campo automobilistico: nel 1899 a Torino viene fondata la Fiat e a Milano nel 1910, lAlfa. Le strutture economiche del Sud sono interessate solo parzialmente allazione riformatrice dei governi di Giolitti e intere regioni continuano a essere arretrate da pi punti di vista: analfabetismo, disoccupazione, povert. Ci risulta evidente anche dai dati sullemigrazione, dove il Sud ha il pr imato del numero di espatri. Meno marcato lo sviluppo del settore chimico, anche se va segnalata la crescita dellindustria della gomma, grazie, in particolare, allindustria fondata a Milano da Giovan Battista Pirelli (1872). Nel settore tessile, diffuso nel Nord-Est, conosce un forte impulso lindustria tessile cotoniera, a fronte di un calo della produzione della seta e della lana. Riassunto Seconda Rivoluzione Industriale Riassunto: Nel secondo Ottocento l'economia mondiale subisce una trasformazione molto profonda che gli storici definiscono unicamente seconda rivoluzione industriale. Il capitalismo assume un nuovo volto, pi dinamico e aggressivo, espandendosi in tutti i mercati extraeuropei. In reazione a ci nascono, sia a livello locale che internazionale, associazioni in difesa dei diritti del proletariato industriale, in particolare il movimento socialista e quello cattolico, appoggiato dalla stessa Chiesa. Il processo di mondializzazione comporta un mutamento anche del fenomeno del colonialismo, che accentua lo sfruttamento dei Paesi occupati. La potenza egemone sulla scena mondiale ancora lInghilterra, che conosce una lunga pace sociale sotto il regno della regina Vittoria. Intanto tutti i maggiori Stati-nazione perseguono lo sviluppo economico, la modernizzazione degli apparati statali e una politica di potenza sia sulla scena continentale che su quella mondiale. Tra le potenze emergenti c la Prussia di Otto von Bismarck, il vero regista della politica di quegli anni, che riesce a unificare la Germania nel Secondo Impero (Reich), a ridurre il peso politico della Francia, con la guerra del 1870, e anche a impedire che la Russia estenda la sua influenza nei Bal-

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cani. Al di fuori dellEuropa gli Stati Uniti ampliano i propri territori verso ove st e verso sud e accrescono la propria potenza economica, anche se lacerati dalla guerra di secessione (1861-1865) tra Stati del Nord e Stati del Sud. NellEstremo Oriente il Giappone reagisce allaggressivit occidentale, trasformandosi a sua volta in una potenza regionale; mentre ben diversa la sorte del grande impero cinese che, preda delle potenze straniere, perde ogni autonomia politica ed economica. LItalia di quegli anni attanagliata da molti problemi legati allunificazione di regioni diversiss ime per tessuto economico e sociale. Essa resta in prevalenza un Paese agricolo e lo sviluppo industriale di fine secolo non elimina, anzi aggrava, la frattura tra Nord e Sud. N la Destra n la Sinistra risolvono le urgenze del Paese (analfabetismo, povert, condizioni socio-sanitarie e abitative difficili ecc.) e anche il tentativo di crearsi delle colonie in Africa fallisce. Nellultimo decennio del secolo il regno viene attraversato da una profonda crisi politica e sociale, che termina con lassassinio del re Umberto I a Monza nel 1900. Analisi della guerra - La Francia di fine Ottocento vede il tramonto definitivo della monarchia: dopo la cocente sconfitta nella guerra franco-prussiana, viene restaurata la repubblica e il Paese, tra lesperienza dramma tica di una parentesi rivoluzionaria (la Comune) e varie difficolt, pu iniziare il suo percorso verso la democrazia. - Durante il regno della regina Vittoria, lInghilterra vive il suo periodo di massimo splendore. Vengono realizzate fondamentali riforme in senso democratico, anche se le energie maggiori sono indirizzate a rafforzare limpero coloniale e il primato industriale. - La Prussia, guidata dal cancelliere Bismarck e dal re Guglielmo I, riesce a unificare gli Stati tedeschi e a instaurare limpero germanico (il Reich). Dopo aver sconfitto la Francia, appare evidente a tutti che la Germania ormai la maggiore potenza militare di tutto il continente. - Nella seconda met dellOttocento lItalia porta a compimento lunificazione, anche se resta a ncora aperta la questione del Trentino e del Friuli, rimasti sotto il dominio austriaco. Il nuovo regno dItalia vive un periodo di crisi sociale ed economica, solo in parte risolta dai governi della Destra e della Sinistra che si avvicendano al governo. - La penisola balcanica si libera del secolare dominio turco. Tuttavia, in seguito al congresso di Berlino (1878), lAustria e la Russia di inseriscono in queste tormentate regioni accendendo tensioni e rivalit.

Storia seconda rivoluzione industriale Nella seconda met dell'ottocento, in Europa e nel mondo, il processo di industrializzazione visse un'importante trasformazione che gli storici hanno definito seconda rivoluzione industriale. In una prima fase (1850-1870) questo sviluppo interess la tecnologia, l'organizzazione della finanza e delle banche e il potenziamento delle infrastrutture e delle vie di comunicazione, che favorirono la circolazione e lo scambio delle merci. In una seconda fase (1870-1905) si assistette a una crescita senza precedenti dell'industria, grazie anche alla scoperta e all'utilizzo di nuove fonti energiche (petrolio, elettricit), nuovi metalli (acciaio, cromo, tungsteno, manganese) e nuovi strumenti operativi (macchinari, sistemi di produzione). Un nuovo capitalismo L'innovazione tecnologica e organizzativa comport una progressiva concentrazione di imprese: solo quelle che avevano a disposizione maggiori possibilit di investimento, un maggior numero di addetti e macchinari tecnologicamente pi avanzati riuscivano a sopravvivere. Nacquero cos i monopoli (organizzati in cartelli o trust), che detenevano il controllo su un prodotto o un settore produttivo. per far fronte alle nuove esigenze di imprese pi grandi, anche nel mondo della finanza sorsero grandi banche che assunsero un ruolo sempre pi importante come finanziatrici dell'industria (capitalismo finanziario). Un'analoga crescita interess anche il mondo del commercio: le industrie acquistavano materie prime e compensavano queste uscite con il ricavato dello sfruttamento sempre pi aggressivo delle risorse coloniali e con l'espansione dei mercati, ossia con la crescita delle aree in cui vendevano la proprie merci. In questa economia sempre pi mondializzata, molti Stati adottarono fin dagli anni Sessanta il sistema monetario aureo, in cui il valore della moneta era calcolato in rapporto al prezzo dell'oro, che era stabilito a livello mondiale. L'espansione dell'industria e della tecnologia non si tradusse, per, in sviluppo dell'economia e tra il 1873 e il 1896 si ebbe una delle pi lunghe crisi dell'et moderna, definita lunga depressione. La fragilit dell'economia rese pi feroce la competizione tra le nazioni pi forti per acquisire nuovi territori coloniali. Il colonialismo imperialista

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I primi imperi coloniali risalivano al XVI secolo, quando, grazie alle esplorazioni geografiche, gli Europei avevano acquisito il controllo di gran parte del globo. Agli inizi dell'Ottocento nuove esplorazioni avevano riguardato soprattutto l'Africa, ma nell'ultimo quarto del secolo l'interesse economico spinse a una vera e propria corsa alle colonie e alla nascita dell'imperialismo. Alla fine del secolo le grandi potenze mondiali, Inghilterra, Francia, Belgio, Germania, Stati Uniti e Giappone, avevano imposto la loro sovranit su gran parte dell'Africa e dell'Asia. Il colonialismo imperialista, che cerc giustificazione anche nell'ideologica tesi di superiorit naturale dell'uomo bianco (o in un'analoga tesi della superiorit dei Giapponesi sui popoli vicini), non port alcun beneficio ai popoli colonizzati, anzi lasci dietro di s una pesante eredit fatta di confini arbitrari, di monocolture agricole, di arretratezza e di sottosviluppo. Movimento socialista e cattolicesimo sociale Con l'industrializzazione si affacci sulla scena politica e sociale una nuova protagonista: la classe operaia o proletariato industriale. Essa cre progressivamente delle forme associate che, ben presto, assunsero la forma di organizzazioni sindacali e politiche. Le prime conquiste furono l'acquisizione del diritto di sciopero, la creazione di una legislazione sociale che regolamentava i rapporti e le condizioni di lavoro, il miglioramento della situazione sociosanitaria sui luoghi di lavoro e l'accesso all'istruzione elementare per tutti. In ambito politico si afferm il movimento socialista, che si raccolse in associazioni transnazionali, punti di riferimento per i partiti e le associazioni dei lavoratori operanti nei vari Stati. Sulla questione sociale intervenne anche la Chiesa cattolica, che fece appello alla responsabilit delle parti sociali, sostenendo il diritto dei lavoratori a un salario giusto e il dovere dei proprietari a un uso sociale della ricchezza, contrapponendosi cos sia al socialismo sia all'individualismo egoistico del liberalismo. L'intervento pi significativo della Chiesa fu l'enciclica Rerum Novarum, promulgata nel 1891 da papa Leone XIII. Oltre a questo, la Chiesa si impegn anche in un'intensa attivit di assistenza e favor la crescita di un associazionismo cattolico (casse rurali, societ di mutuo soccorso, cooperative). L'evoluzione politica mondale Lo scenario europeo del secondo Ottocento vide come protagoniste Francia, Prussia, Inghilterra e Russia. Tra queste non vi era pi l'Austria, ripiegata ormai in una politica difensiva: oltre ad aver subito la perdita delle province italiane, doveva affrontare le spinte nazionalistiche interne e inoltre contrastare l'espansionismo della Prussia e della Russia in quelle che da secoli erano state le sue zone di influenza. La soluzione politica trovata dall'imperatore Francesco Giuseppe fu la creazione dell'impero austro-ungarico (1867), costituito da due Stati diversi, con Costituzioni autonome e capitali distinte, ma entrambi a lui sottoposti. La Francia del Secondo Impero Francia era invece molto attiva sia nella politica interna che sul piano internazionale. Dopo la rivoluzione del '48 e l'instaurazione della Seconda Repubblica, nel 1851 sal al potere, grazie a un colpo di Stato confermato da due plebisciti popolari, Luigi Napoleone Bonaparte che nel 1852, attraverso un terzo plebiscito, ottenne la restaurazione dell'impero e il titolo di Napoleone III. Sotto il suo governo la Francia raggiunse un livello di industrializzazione molto elevato, al quale si accompagn un miglioramento generalizzato delle condizioni di vita. Le scelte politiche dell'imperatore accontentarono sia il partito dell'ordine (composto del clero, dalla borghesia liberale e dai proprietari terrieri piccoli e grandi), che giudicava positivamente il rafforzamento dell'esercito, della polizia e dell'amministrazione statale; sia le classi lavoratrici, alle quali vennero concessi una legislazione sociale e diritti sindacali. A partire dal 1860, per, Napoleone III inizi a perdere consensi, soprattutto a causa della sua rinuncia al protezionismo a favore dei prodotti francesi e della firma di un trattato di libero commercio con l'Inghilterra; a ci si aggiunsero i numerosi interventi militari all'estero, che gli inimicarono del tutto l'opinione pubblica francese. La Prussia di Bismarck Al centro dell'Europa acquistava sempre maggiore influenza la Prussia, che aveva voluto l'evoluzione industriale pi intensa dell'intero continente. Sotto la guida del cancelliere Otto von Bismarck e del re Guglielmo I di Hohenzollern, lo Stato prussiano assunse sempre pi i caratteri di potenza militare, mentre il Parlamento venne progressivamente esautorato dei suoi poteri. Lo scopo basilare della politica di Bismarck era realizzare l'unit tedesca sotto l'egemonia della Prussia: questo provoc il conflitto con l'Austria del 1866, in cui anche l'Italia si schier a fianco della nuova potenza tedesca. La vittoria della Prussia e i successivi tentativi per allargare la propria egemonia, attraverso accordi commerciali e trattati di alleanza militare con gli Stati tedeschi del Sud, provocarono la reazione della Francia e le due potenze arrivarono ben presto a scontrarsi, dando inizio a un conflitto che, passando da fasi di guerra aperta a farsi di ostilit latente, avrebbe interessato per molti decenni il cuore dell'Europa. La guerra franco-prussiana e la nascita dell'impero germanico Il pretesto per la guerra fu abilmente innescato da Bismarck, che sfrutt un contrasto tra Napoleone III e il

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re Guglielmo a proposito della successione al trono spagnolo. La guerra fu dichiarata dalla Francia nel luglio 1870, ma l'esercito francese croll nel giro di pochi giorni, perdendo la sua definitiva battaglia a Sedan (12 settembre). Napoleone III fu costretto alla resa e il suo regime termin: venne proclamata la Terza Repubblica, mentre i Tedeschi assediavano Parigi. In quella situazione i principi tedeschi offrirono al re di Prussia la corona del Secondo impero (Reich) germanico (il primo era stato il Sacro romano impero fondato da Carlo Magno nell'800 e terminato nel 1806). Parigi, bombardata e stremata dalla fame, si arrese nel gennaio del 1871 e alla Francia furono imposti un pesante armistizio e la perdita dell'Alsazia e di parte della Lorena. La Comune di Parigi Il popolo parigino non accett la resa del governo repubblicano e il 18 marzo del 1871 insorse costituendo un governo rivoluzionario e democratico, impegnato nella realizzazione di uno Stato federale (la Comune) all'interno del quale tutte le comunit cittadine avrebbero goduto di una piena autonomia. La Comune per fu ben presto dilaniata da forti contrasti interni tra l'ala moderata, borghese-repubblicana, e quella socialista pi radicale. Alla fine prevalse quest'ultimo gruppo, che il 26 marzo 1871 realizz il primo regime proletario della storia. La radicalit delle posizioni dei cosiddetti comunardi facilit la dura reazione dei conservatori, che in una settimana (21-28 maggio) riconquistarono Parigi, dopo una sanguinosa lotta che lasci sul campo oltre 20.000 morti. La Russia e la questione d'oriente Nell'Europa orientale intanto cresceva l'influenza della Russia, anche se la societ russa era ancora molto arretrata: mancava una classe borghese e permaneva il grande latifondo nobiliare, che si reggeva sulla servit della gleba. Di fronte alle continue rivolte contadine, lo zar Alessandro II prese la decisione di riformare lo Stato e la societ, iniziando con la promulgazione dello Statuto dei contadini liberati (1861). Tutte le sue riforme, per, affrettate e imposte dall'alto, fallirono, lasciando un profondo malcontento che favor la diffusione di movimenti radicali. Ritornato su posizioni autocratiche, lo zar venne infine ucciso in un attentato nel 1881. Nel frattempo la Russia aveva cercato inutilmente di espandersi verso la penisola balcanica, ma le altre nazioni si erano coalizzate impedendoglielo. Il regista della politica europea, Bismarck, favor la rivalit reciproca in modo da garantire la Germania: il risultato del congresso di Berlino (1878) fu un ritrovato accordo con l'Austria per ostacolare l'influenza russa nei Balcani. L'Inghilterra vittoriana La vera potenza egemone era ancora l'Inghilterra che, grazie allo sviluppo economico, si estrani dai conflitti europei dedicandosi al consolidamento della propria organizzazione statale, economica e sociale e all'espansione dei propri domini coloniali, riuniti sin dal 1867 in una confederazione di Stati dipendenti dalla corona britannica, il Commonwealth. Avvantaggiata dall'esser stata la culla della prima rivoluzione industriale e dall'aver scelto il liberismo economico, l'Inghilterra dominava il commercio internazionale grazie alla propria organizzazione finanziaria e all'imponente flotta mercantile. Durante il suo lungo regno (1837-1901) la regina Vittoria collabor sapientemente con il Parlamento e con due grandi primi ministri, Benjamin Disraeli e William Gladstone. Essi favorirono la modernizzazione dello Stato inglese potenziando servizi sociali e istruzione e promuovendo l'integrazione delle masse lavoratrici attraverso il riconoscimento delle associazioni dei lavoratori (Trade Unions, 1871) e la concessione del diritto di voto. Le loro riforme garantirono all'Inghilterra una lunga pace sociale. Gli Stati Uniti Dall'altro lato dell'Oceano Atlantico, intanto, negli Stati Uniti, crescevano l'occupazione e la produzione industriale, grazie a uno straordinario incremento demografico. Questo fu uno dei motivi della continua e ininterrotta espansione nei territori del Far West (che fra l'altro ebbe come conseguenza il genocidio delle popolazioni indiane) e l'acquisizione dei territori del Sud. Contemporaneamente, si acutizz lo scontro sulla questione della schiavit, che si risolse solo attraverso una lunga e sanguinosa guerra civile tra Stati del Nord e Stati del Sud (guerra di secessione, 1861-1865), e che termin con la vittoria degli antischiavisti, senza risolvere i problemi di integrazione della popolazione afroamericana. Gli Stati Uniti parteciparono anche alla corsa delle colonie, occupando Cuba, Portorico, affermarono il proprio diritto a considerare l'America centrale e l'America meridionale territori sottoposti alla propria egemonia, in nome del proprio interesse nazionale. Complessivamente gli Usa posero le basi per sostituire nel XX secolo l'Inghilterra come potenza mondiale egemone. L'occidentalizzazione del Giappone e la dissoluzione dell'impero cinese Anche le due grandi civilt orientali vennero coinvolte negli scontri coloniali. Il Giappone, organizzato come una societ feudale guidata da un capo militare, lo shogun, dovette accettare trattati commerciali svantaggiosi con gli Stati Uniti e vide limitata la propria sovranit, dato che gli Americani non potevano essere sottoposti al giudizio della legge giapponese (patti ineguali, 1853). Questo provoc una reazione

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nazionalistica che, grazie alle riforme intraprese dall'imperatore Mutsuhito a partire dal 1868, trasform il Giappone in una potenza industriale e imperialista in grado di competere per l'egemonia dell'area. Ben diverso fu invece il destino della Cina che, sottoposta a ripetuti attacchi militari, fu costretta a uscire dal proprio isolamento e ad aprirsi al commercio con l'Occidente. La potenza europea che per prima impose patti ineguali all'impero cinese fu l'Inghilterra nel 1842, ma in seguito anche Stati Uniti e Francia ottennero privilegi commerciali speciali. Dilaniata da rivolte popolari, causate dall'estendersi della povert e dall'indebolirsi del potere imperiale, la Cina vide la propria millenaria cultura travolta e il proprio territorio diviso in sfere d'influenza controllate da Russia, Inghilterra, Germania, Italia e Stati Uniti. L'Italia del secondo Ottocento il divario tra nord e sud L'Italia era stata unificata politicamente, ma non socialmente n economicamente. Dato che essa era ancora in gran parte un paese agricolo, pesava molto il divario tra il Settentrione (dove erano diffuse molte piccole e medie aziende) e la Toscana (in cui prevaleva la mezzadria), che avevano migliorato i metodi di coltivazione e le condizioni di vita degli agricoltori, e il Meridione, dove era largamente diffuso il latifondo. Nel Sud i proprietari non investivano, n miglioravano i sistemi produttivi; l'analfabetismo, che aveva percentuali alte anche nel resto del Paese, riguardava in alcune regioni il 90% della popolazione e la situazione igienico-sanitaria e abitativa era pi carente che altrove, favorendo maggiormente l'insorgere di malattie infettive. A questi fattori si aggiunse, dopo l'unit, il tracollo di molte imprese meridionali quando vennero abolite doganali interne. Il commercio e le industrie Agli inizi del regno, anche l'industria italiana si trovava in condizioni decisamente arretrate: le materie prime erano molto limitate ed esportate grezze; l'industria metallurgica quasi inesistente per la carenza del combustibile fossile necessario alla lavorazione; l'industria meccanica si limitava alla cantieristica, che per entr ben presto in crisi per l'inadeguatezza tecnologica e strutturale a produrre moderne navi a vapore. esisteva solo la piccola industria, per lo pi alimentare o tessile, nelle campagne, dove era diffuso il lavoro a domicilio. Le scelte liberiste dei primi governi della Destra non riuscirono a mutare la situazione, anzi la peggiorarono, nonostante gli investimenti in infrastrutture (strade, ferrovie, ponti, porti, poste e telegrafi ecc.). Questi, per, attrassero capitali esteri, che favorirono lo sviluppo del settore del commercio e la partecipazione estera alle imprese pubbliche italiane. Sotto il governo della Sinistra, nell'ultimo ventennio del XIX secolo l'industria italiana comp un vero progresso, favorita dagli investimenti stranieri e dalla nascita di nuove banche, sorte appositamente con il fine di concedere prestiti a questo settore. Dopo il 1897 sorsero le grandi industrie prevalentemente nel Nord, tessili (Rossi, Marzotto, Cantoni), siderurgiche e meccaniche (Falck, Ansaldo, Breda, Acciaieri di Terni), complessi quali quello idroelettrico della Edison, quello chimico della Montecatini, quello automobilistico della Fiat. La questione sociale Le difficili questioni economiche e sociali delle popolazioni italiane non trovarono inizialmente una forma di rappresentanza politica, dato che alla vita pubblica partecipava un numero ristretto di persone: aristocratici, notabili, proprietari. I movimenti pi presenti erano il mazzinianesimo e l'anarchismo di Bakunin, fino a quando, nell'ultimo decennio dell'Ottocento sorsero, quasi contemporaneamente, il Partito socialista italiano (1892-1895), i cui primi leader furono l'avocato milanese Filippo Turati (1857-1932) e la sua compagna russa Anna Kuliscioff (1857-1925), e il primo movimento sindacale: le numerose societ operaie di mutuo soccorso diedero vita, infatti, alle prime Camere del lavoro, finalizzate alla tutela dei diritti dei lavoratori. L'Italia unita e i problemi che rimangono Nella seconda met dell'Ottocento l'Italia port quasi a compimento il processo di unificazione politica, ma molti problemi si presentarono ai nuovi governanti: oltre agli squilibri sociali ed economici descritti sopra, le finanze pubbliche erano in condizioni disastrose; si poneva il problema di organizzare l'esercito nazionale, fondendo forse militari eterogenee e spesso divise da conflitti secolari; bisognava inoltre uniformare costumi e usi, pesi, misure e monete diverse; alfabetizzare popolazioni che parlavano prevalentemente il dialetto e che non avevano una lingua comune. In quegli anni prese corpo la cosiddetta questione meridionale, che non riguardava soltanto i problemi derivanti dal diverso grado di sviluppo economico, ma anche le resistenze delle popolazioni al controllo governativo. La scelta centralizzatrice operata dal Piemonte, la coscrizione obbligatoria e la mancanza di miglioramenti nella vita dei contadini resero il nuovo Stato una realt lontana ed estranea, a cui alcuni reagirono con atti di ribellione: questo fenomeno, definito impropriamente brigantaggio, fu affrontato solo con gli strumenti della repressione, rendendo ancora pi acuti i sentimenti di estraneit e di rivolta.

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Il governo di Destra Oltre a tutti questi problemi vi era in Italia uno scollamento pi ampio che negli altri Stati tra classe politica e popolazione. I due gruppi in cui si suddivisero gli eletti alla Camera (il Senato era composto da persone nominate dal re) erano la Destra, conservatrice e composta da monarchici, cavouriani e liberali, e la Sinistra, pi aperta al cambiamento e formata da repubblicani, democratici, mazziniani, garibaldini. La Destra conserv il potere dal 1861 al 1867 e i suoi pi importanti risultati furono il pareggio di bilancio, il completamente dell'unificazione e una netta demarcazione dei rapporti con la Chiesa cattolica attraverso leggi anticlericali come l'incarnamento dei beni ecclesiastici, la soppressione degli ordini religiosi e il riconoscimento del matrimonio civile come l'unico valido per lo Stato. Dopo la conquista di Roma, la Destra regolament ulteriormente questi rapporti attraverso la legge delle guarantigie (garanzie) del 1871. Economicamente per essa port il Paese alla stagnazione economica, perch il risanamento fu realizzato solo con riduzione delle spese e una forte imposizione fiscale, e inoltre affront i problemi legati all'unificazione soltanto con gli strumenti della repressione sociale. Il Governo della Sinistra Nel 1876 and al potere la Sinistra, che riform il sistema elettorale e quello fiscale, si impegn nel combattere l'analfabetismo riproponendo la gratuit e l'obbligatoriet dell'istruzione elementare, introdusse in Italia la prima legislazione sociale. Per affrontare la questione meridionale, che nel frattempo aveva favorito la nascita di associazioni a delinquere come la mafia e la camorra, Agostino Depretis (1813-1887), il primo presidente del Consiglio, inser nei suoi governi personalit rappresentative di tutte le regioni italiane e contratt di volta in volta l'appoggio di ogni gruppo o schieramento (questa politica fu detta trasformismo). In politica economica la Sinistra adott, a partire dal 1878, una posizione protezionistica che giov per solo alle industrie del Nord, che conquistarono il mercato nazionale soffocando sul nascere ogni tentativo di industrializzazione del Sud. Anche nel settore agricolo il protezionismo non dette buoni risultati, perch rafforz la tendenza a non investire per migliorare la produttivit e le tecniche di coltivazione. Inoltre esso provoc una guerra doganale con la Francia, causando un forte calo delle esportazioni e un pauroso crollo dei prezzi, dovuto alle grandi quantit di merci invendute. Per le difficolt economiche negli ultimi decenni dell'Ottocento aument l'emigrazione, in particolare verso gli Stati Uniti, e vi furono anche numerose rivolte e manifestazioni contro il governo. L'Italia e l'Europa In politica estera la Sinistra scelse il non impegno internazionale, che condusse l'Italia a un pericoloso isolamento. Per uscirne Depretis si avvicin alla Germania di Bismarck e quindi all'Austria, dato che tra le due nazioni esisteva un patto (Duplice Alleanza, 1879). Nel 1882 si giunse cos alla firma della Triplice Alleanza. Il patto, rinnovabile ogni cinque anni garantiva all'Italia l'aiuto austro tedesco nel caso di un aggressione francese, la liberava dalla minaccia austriaca, favoriva le esportazioni in Germania e rappresentava un grave scacco per il pontefice, posto di fronte all'alleanza tra la cattolica Austria e il regno d'Italia. Le avventure coloniali andate in fallimento L'opinione pubblica nazionalista intanto spingeva perch anche nell'Italia partecipasse alla corsa alle colonia e Depretis avvi una timida politica di espansione coloniale, orientando le sue mire verso le coste eritree del Mar Rosso e in seguito verso l'interno in direzione dell'Etiopia o Abissinia. Tale avanzata incontr l'opposizione del negus Giovanni IV, che nel 1887 invi contro gli italiani il suo luogotenente, che il il 26 gennaio 1887 sorprese a Dogali una piccola colonna italiana e la massacr. Nel luglio 1887 Depretis mor e gli succedette Francesco Crispi, il quale decise di inviare rinforzi in Africa orientale, avviando contemporaneamente un'azione diplomatica che sfoci nel trattato di Uccialli (1889): in base ad esso vennero definiti i limiti della zona che gli italiani avrebbero occupato sulla costa del Mar Rosso e nell'entroterra e venne anche riconosciuto il protettorato dell'Italia sull'Etiopia. Attraverso altri accordi nacque anche in Somalia un protettorato italiano. Intanto, nella colonia eritrea il negus Menelik, con l'appoggio della Francia, dichiar guerra all'Italia e sconfisse le truppe italiane ad Adua (1 marzo 1896). La crisi di fine secolo Durante l'ultimo decennio del secolo il regno d'Italia fu attraversato anche da pesanti conflitti sociali a cui i vari governi reagirono con una politica autoritaria e repressiva, che culmin con la strage di un centinaio di manifestanti a Milano nel 1898 da parte delle truppe del generale Bava Beccaris (1831-1924). Il risentimento popolare trov espressione nell'assassionio a Monza del re Umberto I (29 luglio 1900) per mano dell'anarchico Gaetano Bresci (1869-1901). Riassunto Prima Guerra Mondiale Riassunto: Nel primo decennio del XX secolo l'Europa era caratterizzata da una situazione diplomatica molto delicata, divisa in due blocchi contrapposti pronti allo scontro (Triplice Alleanza e Triplice Intesa). Le relazioni

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internazionali erano influenzate negativamente soprattutto a causa dell'aggressivit della Germania di Guglielmo II. I rapporti fra Germania e Inghilterra infatti si erano notevolmente deteriorati a causa della sempre pi pressante concorrenza tedesca, che minacciava da vicino l'economia britannica. La Francia, a sua volta, era ancora memore della cocente sconfitta subita durante la guerra francoprussiana (1870-1871), ed era perci animata da un forte spirito di rivalsa. La Germania, poi, aveva creato un potente impero d'oltremare, interferendo con gli interessi strategici e commerciali britannici e francesi. La rivalit coloniale fu causa ad esempio delle due crisi marocchine (1905 e 1911), nel corso delle quali Germania e Francia giunsero a un passo dallo scontro armato a causa delle loro pretese nell'area. Un'altra grave crisi si manifest nel settore balcanico, dove riprese forza l'espansionismo dell'Austria, unica alleata della Germania, che nel 1908, violando le deliberazioni del congresso di Berlino, annesse la Bosnia-Erzegovina. Questo gesto irrit in particolare la Serbia, la quale, forte dell'appoggio della Russia, aspirava invece a riunire in un unico Stato nazionale gli Iugoslavi (Serbi, Bosniaci, Sloveni e Croati), diventando l'anima dell'irredentismo, ovvero di tutti i patrioti che volevano raggiungere l'indipendenza. Nella penisola balcanica, oltre agli Austriaci, gli altri oppressori erano i Turchi, contro i quali si scatenarono nel 1912 e nel 1913, le due guerre balcaniche, condotte da Serbia, Grecia, Montenegro e Bulgaria, coalizzatesi per sottrarre la Macedonia all'impero ottomano. Il bilancio di questi conflitti lasci insoddisfatti un po' tutti i contendenti: risult soprattutto evidente che i Balcani erano ormai una polveriera pronta a esplodere, nella quale convergevano tanti interessi, dal nazionalismo slavo al militarismo austriaco, all'imperialismo russo. In seguito all'uccisione a Sarajevo dell'erede al trono austriaco Francesco Ferdinando per mano del serbo Gavrilo Princip (28 giugno 1914), l'impero austroungarico dichiar guerra alla Serbia, protettrice degli irredentisti slavi (28 luglio). Il sistema delle alleanze allarg immediatamente il conflitto: in nome della Triplice Alleanza la Germania entr in guerra a fianco dell'Austria (Imperi centrali) contro la Russia e la Francia, schieratesi con la Serbia. L'esercito tedesco cerc di ottenere una rapida vittoria invadendo il Belgio (neutrale) per prendere alle spalle l'esercito francese (4 agosto 1914). L'Inghilterra entr in guerra a fianco della Francia, cui la legava la Triplice Alleanza. Con l'ingresso di Turchia e Bulgaria a fianco degli Imperi centrali e del Giappone a fianco dell'Intesa (Francia, Russia, Inghilterra, Belgio, Serbia) il conflitto assunse un carattere mondiale. La resistenza dei Belgi infranse l'illusione della guerra lampo e dette ai Francesi il tempo per organizzare una valida difesa sulla Marna e spingere i Tedeschi sull'Aisne, dove si stabilizz il fronte occidentale. Da una posizione,combattuta nel fango delle trincee. Nel frattempo l'imperatore tedesco aveva scatenato dall'inizio la guerra sul mare al fine di colpire le navi che portavano rifornimenti dall'America. L'Austria aveva inviato l'ultimatum alla Serbia senza informare il nostro Paese, ma aveva anche dato inizio a una guerra offensiva e ci in aperto contrasto con quanto prevedeva il trattato della Triplice. A buon diritto, dunque, l'Italia il 2 agosto 1914 aveva dichiarato ufficialmente di voler restare neutrale. Da quel momento impervers nel Paese lo scontro tra neutralisti (cattolici, socialisti, liberali, Giolitti) e interventisti (nazionalisti di estrema destra, irredentisti trentini, alcuni socialisti). Mentre aumentavano le manifestazioni pubbliche degli interventisti (radiose giornate di maggio), alla maggioranza parlamentare neutralista, legata a Giolitti, si opponeva il governo interventista, il cui ministro degli Esteri Sonnino firm un accordo segreto (patto di Londra, 26 aprile 1915) con l'Intesa. Forte dell'appoggio del re, il primo ministro Salamandra ottenne i pieni poteri e il 24 maggio 1915 l'Italia entr in guerra a fianco dell'intesa. Quando l'Italia entr nel conflitto, sul versante orientale la ritirata delle truppe zariste e la capitolazione delle Serbia avevano permesso il consolidamento di un fronte ininterrotto dal Baltico all'Egeo. Nel frattempo l'esercito italiano, al comando del generale Luigi Cadorna,si diresse verso il Trentino e Gorizia. L'avanzamento del fronte, costato enormi perdite soprattutto nel corso delle quattro battaglie dell'Isonzo (giugno-dicembre 1915), si blocc con il sopraggiungere dell'inverno. In Francia l'esercito tedesco sferr nel 1916 a Verdun (21 febbraio) un duro attacco costato 600.000 morti e concluso senza vincitori n vinti. In seguito gli Inglesi contrattaccarono sulla Somme, impiegando per la prima volta i carri armati. In risposta al blocco navale imposto da Inghilterra e Francia, la Germania affront gli avversari presso la penisola dello Jutland, dove si combatt l'unica battaglia navale in acque europee. Il fallimento dell'offensiva spinse i Tedeschi a intensificare la guerra sottomarina, nella quale comparvero per la prima volta i sommergibili, che colpiva indiscriminatamente ai Paesi neutrali come gli Stati Uniti. Nel maggio 1916 gli Austriaci sferrarono una spedizione punitiva contro l'esercito italiano, il quale dovette arretrare, ma riusc a riconquistare le posizioni perdute grazie anche all'intervento dei Russi. Il nuovo governo Boselli di "concentrazione nazionale" dichiar guerra alla Germania e conquist Gorizia (9 agosto). Il quarto inverno di guerra fu caratterizzato dal logoramento della popolazione civile, da diserzioni dei soldati e da proteste sociali. La partecipazione russa alla prima guerra mondiale fra le potenze dell'Intesa aggrav le condizioni del popolo, che nel 1917 dette vita a una sommossa ce indusse Nicola II ad abdicare. Fra il 6 e il 7 novembre il leader bolscevico Lenin pass all'azione e conquist il potere: la rivoluzione detta d'ottobre port alla formazione di un governo rivoluzionario, che chiese immediatamente la cessazione della guer-

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ra stipulando con l'impero austro-ungarico e con la Germania, a durissime condizioni, l'armistizio dei Brest Litovsk, trasformato in pace nel marzo 1918. Il ritiro russo rappresent un duro colpo per l'Intesa, perch gli austro-Tedeschi poterono concentrare le proprie divisioni sul fronte occidentale. Sul fronte italiano gli Austriaci riuscirono a sfondare le linee nemiche a Caporetto (23-23 ottobre 1917). Il nuovo ministero di unione nazionale, guidato da Vittorio Emanuele Orlando, e il nuovo comandante dell'esercito Armando Diaz riuscirono a fermare l'invasione straniera. Nell'aprile 1917 gli Stati Uniti dichiararono guerra alla Germania, in nome anche degli ideali di libert del presidente Woodrow Wilson. L'intervento americano forn all'intesa un notevole apporto di uomini e di mezzi e mise in crisi la Germania e l'Austria, che scatenarono due offensive: uno contro gli AngloFrancesi (battaglia del Kaiser), annullata nella seconda battaglia della Marna (luglio 1918); una contro gli italiani, annullata a sua volta sul Piave e seguita da una controffensiva terminata con la disfatta austriaca di Vittorio Veneto (24 ottobre 1918) e la firma dell'Armistizio. Sull'onda della sconfitta subita, l'impero tedesco e quello austro-ungarico dichiararono decaduti i rispettivi regnanti e si trasformarono in repubbliche. Cause Prima Guerra Mondiale La resa dei conti dellequilibrio europeo Dopo la caduta di Napoleone, gli eventi bellici in Europa diventano rari e di breve durata, e non mobilitano mai un grande numero di soldati. Sembra quasi che la guerra stia gradualmente diventando un fenomeno del passato per il mondo civile. Ma durante tutto il XIX secolo le ostilit e i conflitti fra le potenze europee si vanno accumulando, in campo sia economico che politico: la Germania il principale concorrente dellInghilterra sul mercato mondi ale, lopinione pubblica francese non ha ancora accettato la sconfitta del 1870, lItalia mira ad alcuni territ ori austro-ungarici per completare la propria unit nazionale, la Russia guarda con disappunto alla crescente influenza di Vienna nel mondo slavo. Nel 1914 la situazione cos tesa che sarebbe bastato un insignificante episodio locale per far precipitare il precario equilibrio europeo. In estate si accende la scintilla che fa esplodere la polveriera. A Sarajevo lerede al trono dAustria a ssassinato: tutti i maggiori Paesi europei si trovano invischiati in una guerra che nessuno desiderava, ma che in fondo nessuno ha cercato di evitare. Molti ritengono che il conflitto si risolver in pochi mesi, come le guerre ottocentesche, e non si aspettano una prova cos lunga ed estenuante. Per oltre quattro lunghi anni milioni di uomini vivono al fronte, subiscono grandi privazioni, e sono massacrati per conquistare poche centinaia di metri di terreno, senza mai combattere scontri realmente decisivi. Per la prima volta tutta la societ dei Paesi belligeranti costretta a subire gli effetti, economici e soprattutto morali, di uno sforzo bellico cos intenso e diffuso. Anche di fronte a questa prolungata situazione di stallo e al numero di vittime sempre crescente, nessun governo vuole ritirarsi al conflitto. La svolta avviene con lentrata in guerra degli Stati Uniti, che inizia no a combattere a met del 1917 e in poco pi di un anno portano i loro alleati alla vittoria. Lesito di quella che verr definita la Grande guerra dovrebbe far capire che i Paesi europei non hanno pi la forza econom ica e militare sufficiente per giocare il ruolo di potenze mondiali. Tuttavia nel 1918 non se ne era accorto ancora nessuno.

Analisi della guerra Si distinguono gli imperi centrali, Germania e Austria-Ungheria, che costituiscono un blocco compatto in cui si pu comunicare per linee interne. Il passaggio da una guerra di movimento a una guerra di trincea nuocer maggiormente proprio gli Imperi centrali, circondati da ogni lato delle forze nemiche e danneggiati dal blocco commerciale imposto dallIntesa. La Germania ambisce da tempo a diventare la pi grande potenza europea. Non appena si presenter loccasione, dichiara guerra ai Paesi dellIntesa: la sua forza militare e il ricorso a nuove armi, fra cui il sottomarino, non le garantir per quel rapido successo che si aspetta. LAustria Ungheria, con lultimatum al piccolo Stato della Serbia, d inizio nel 1914 a un conflitto di dimensioni mondiali. Ne uscir sconfitta e definitivamente trasformata: del vasto impero austriaco non rester pi traccia. LInghilterra offre un contributo decisivo sia sui mari sia al fronte, grazie anche allinvenzione di nuove armi, fra cui il carro armato. La sua flotta subisce i durissimi attacchi dei sottomarini tedeschi, che causeranno anche lingresso in guerra degli Stati Uniti. LItalia entra in guerra nel 1915, con la prospettiva di annettere i territori del Trentino e della Venezia Giulia, ancora sottomessi allAustria-Ungheria. Lestenuante guerra di posizione, unita allinferiorit

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dellesercito italiano, determiner la disfatta di Caporetto. Le sort i della guerra, tuttavia, si rovesciano inaspettatamente con la vittoria italiana a Vittorio Veneto. E evidente come le potenze dellIntesa possano contare sulla maggiore estensione dei propri imperi c oloniali, fondamentali per lapprovvigionamento di ar mi e viveri nel corso della lunga ed estenuante guerra di posizione. Lingresso poi degli Stati Uniti permetter allIntesa di organizzare la decisiva controffensiva che porter alla vittoria.

Storia: Prima guerra mondiale Nel primo decennio del XX secolo l'Europa era sempre pi divisa da rivalit economiche e da spinte nazionalistiche. Le relazioni internazionali erano influenzate negativamente soprattutto dal dinamismo e dall'aggressivit della Germania di Guglielmo II, che mostrava scarso interesse per il mantenimento di un equilibrio fra gli Stati. Fu cos che nel volgere di breve tempo fu vanificato gran parte del lavoro fatto dall'ex cancelliere Bismarck: ci avvenne - ad esempio - quando Guglielmo II decise di non rinnovare i rapporti di amicizia con la Russia, permettendo alla Francia repubblicana di concludere con l'impero zarista nel 1893 una solida quanto pericolosa alleanza. La Francia infatti era profondamente ostile alla Germania, colpevole di averle sottratto nel corso della guerra franco-prussiana (1870-1871) le ricche regioni dell'Alsazia e della Lorena, ed era perci animata da un forte spirito di rivalsa, la cosiddetta revanche. Nel frattempo si erano deteriorati i rapporti fra Germania e Inghilterra: Guglielmo II aveva infatti creato una potente marina militare, minacciando da vicino il secolare predominio navale britannico. Per tutta risposta lInghilterra si era avvicinata alla Francia (Intesa cordiale, 1904) e allimpero russo (Triplice Intesa, 1907). A quel punto il pericolo che Bismarck aveva sempre cercato di evitare, e cio laccerchiamento m ilitare della Germania in caso di guerra, era divenuto realt, in unEuropa ormai divisa in due blocchi co ntrapposti e pronti allo scontro (Triplice Alleanza e Triplice Intesa). Le due crisi marocchine La rivalit tra le due potenze venne esacerbata fra la fine del Novecento dalla corsa alle colonie, che aveva portato gran parte dellAfrica e dellAsia sotto la dominazione europea. La Germania, pur se in r itardo rispetto agli altri Stati, aveva creato con Guglielmo II un potente impero doltremare, interferendo con gli interessi strategici e commerciali britannici e francesi. Il supporto tedesco allindipendenza del M arocco fu causa ad esempio delle due crisi marocchine (1905 e 1911). Il Marocco era considerato dalla Francia nuovo partner strategico della Gran Bretagna, una contropartita al riconoscimento dellEgitto c ome zona dinfluenza britannica. La Germania di Guglielmo II, port le due nazioni a un passo dallo sco ntro armato. La questione si risolse inaspettatamente con un compromesso che garant alla Francia una certa libert dazione in Marocco in cambio della cessione di una parte del Congo francese alla Germ ania. Le rivendicazioni nazionali dei Serbi Un'altra grave crisi si manifest nel settore balcanico, dove riprese forza lespansionismo austriaco, unico vero alleato della Germania, ai danni dellimpero turco. Allinterno dellimpero il partito nazionalista dei giovani Turchi tent di avviare un processo di modernizzazione e di europeizzazione delle istituzioni statali. Limpero austriaco approfitt di questa fase di transizione per annettere nel 1908 la Bosnia Erzegovina, violando le deliberazioni del congresso di Berlino del 1878. Questo gesto irrit in particolare la Serbia, la quale, forte dellappoggio della Russia, aspirava invece a liberare dallAustria le popolazioni della Bosnia e dellErzegovina e a riunire in un unico Stato nazionale gli Slavi del Sud o Iugoslavi (Serbi, Bosniaci, Sloveni e Croati). La Serbia infatti era divenuta negli ultimi anni un naturale centro di raccolta di tutti i patrioti oppressi, gli irredentisti, ansiosi di unire i loro sforzi contro la tirannia austriaca. Le due guerre balcaniche Nel 1912 la situazione nella penisola balcanica precipit, dando luogo alla prima guerra balcanica. Mentre lItalia stava conducendo la guerra per la conquista della Libia, la Serbia, la Grecia, il Montenegro e la Bulgaria, approfittando dello scontro italo-turco, si coalizzarono per sottrarre allimpero ottomano la M acedonia. La guerra che ne deriv dur solo pochi mesi e termin con il pieno successo della coalizione, favorita dallappoggio della Russia. Si giunse cos al trattato di Londra (maggio 1913), in virt del quale limpero turco rinunci a tutti i territori europei, tranne Costantinopoli e gli Stretti, e accett la formazione del regno indipendente di Albania, cosa che suscit il risentimento della Serbia, che laveva militarmente occupata e che dal trattato era stata esclusa su pressione dellimpero austro -ungarico e dellItalia, concordi nel non volere un ulteriore rafforzamento di quel Paese e un suo sbocco sullAdriatico. La pace dur comunque meno di due mesi a causa degli aspri dissensi insorti nel corso delle operazioni di spartizione della Macedonia tra gli stessi vincitori, i quali riuscirono faticosamente a raggiungere un nuovo accordo con la pace di Bucarest (luglio-agosto 1913), risoltasi con lassegnazione di una cons i-

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stente

parte

della

Macedonia

alla

Serbia.

La polveriera balcanica Il bilancio delle due guerra balcaniche risultava molto negativo non solo per limpero austriaco, che si tr ovava di fronte una Serbia rafforzata e pi pericolosa che mai per le sue rivendicazioni territoriali nei riguardi della Bosnia e dellErzegovina, ma anche per la Russi a, i cui tentativi di dominio sugli Stretti erano ancora una volta falliti; infine per i nuovi e meno nuovi Stati balcanici, ciascuno dei quali tormentato da sospetti, malumori e delusioni per il trattamento subito e le rivendicazioni rimaste inattuate. Da ultima lItalia, da tempo ormai in contrasto sempre pi stridente con lAustria per le reciproche pretese sullAlbania, oltre che per lintricata questione delle terre irredente. La regione balcanica costituiva dunque per lEuropa una vera polveriera, nel la quale convergevano gli interessi del nazionalismo slavo, del militarismo austriaco e dellimperialismo russo. Viene assassinato lerede al trono dAustria: Francesco Ferdinando In un quadro internazionale estremamente delicato, sarebbe stato sufficiente un incidente minimo per fare esplodere un sanguinoso conflitto. La scintilla scocc infatti il 28 giugno del 1914, quando a Sarajevo, capitale della Bosnia allora sotto sovranit dellAustria, vennero uccisi nel corso di una visita ufficiale larciduca austriaco Francesco Ferdinando (1863-1914) e la moglie Sofia. Autore del delitto fu uno studente serbo, Gavrilo Princip, aiutato da tre compagni, membri come lui di una societ patriottica segreta che mirava alla formazione di una Grande Serbia. LAustria si mostr subito decisa a non perdere loccasione per dare una lezione alla Serbia e reag in m isura sproporzionata al fatto, inviando a Belgrado un ultimatum di 48 ore, contenente richieste durissime. Malgrado ci, il governo serbo volle dare prova di responsabilit e si affrett a rispondere in termini concilianti, ma lAustria, che pretendeva una resa senza condizioni, non si ritenne soddisfatta e dichiar guerra alla Serbia (28 luglio 1914), sospinta in tale direzione dallelemento militarista, molto in fluente a corte. Entra in gioco il sistema delle Alleanza Liniziativa austriaca sconvolse profondamente lEuropa, che dal tempo delle guerre napoleoniche non aveva pi vissuto conflitti particolarmente gravi e prolungati sul proprio territorio. Scatt infatti il meccanismo delle Alleanze militari e quello assai pi complesso della mobilitazione generale, giudicata dagli storici come la grande novit del drammatico evento, per il fatto che non coinvolse pi un limitato numero di persone, bens masse enormi da riunire, equipaggiare, addestrare per un conflitto che i contemporanei considerarono risolvibile in tempi brevi, anzi brevissimi. Al contrario, lo sforzo bellico si rivel assai pi impegnativo di quanto con troppo ottimismo si era ritenuto, tanto da concentrare tutte le energie produttive dei singoli Paesi, impegnandole nelle fabbriche, nelle campagne, negli uffici, nei servizi, a fornire quanto fosse indispensabile allapparato militare ormai in pi eno movimento. Nel giro di pochi giorni il conflitto divenne generale: fin dal 3 agosto la Germania entr in guerra a fianco dellimpero austro-ungarico (Imperi centrali) contro la Russia e la Francia, schieratesi a fianco della Serbia. Invasione del Belgio, entra in guerra lInghilterra Il piano dello Stato maggiore germanico, elaborato in gran segreto tra il 1898 e il 1905 dal generale Alfred von Schlieffen (1833-1913), mirava a mettere rapidamente fuori combattimento lesercito francese, per concentrare in un secondo momento tutte le forze sul fronte orientale, prima che fosse terminata la mobilitazione russa, resa molto lenta dalle enormi distanze e dallinsufficienza delle comunicazioni. Per otten ere una rapida vittoria sul fronte occidentale bisognava per prendere alle spalle lesercito francese schi erato sulla frontiera e tal fine il generale tedesco Helmuth von Moltke (1848-1916), nipote del vincitore della Francia nel 1870, invase il Belgio (4 agosto 1914), violandone la neutralit, sulla base del presupposto che i trattati internazionali erano soltanto dei pezzi di carta. Un simile atto costitu un gravissimo errore psicologico e politico: infatti non solo contribu a far apparire lesercito germanico agli occhi dellopinione pubblica mondiale come lespressione tipica del sopruso e della violenza, ma indusse anche lInghilterra, oltremodo preoccupata per la presenza dei Tedeschi sulle coste della Manica, a scendere in campo a fianco della Francia (4 agosto). Fallimento della guerra lampo Il piano di invasione della Francia doveva tuttavia fallire. Infatti, contro ogni previsione, i Belgi opposero unaccanita resistenza e riuscirono a ostacolare per quasi due settimane lavanzata tedesca, facendo sa ltare strade, ponti, linee ferroviarie. Lesercito francese, efficacemente appoggiato da reparti britanni ci sbarcati in tempi brevi sul continente, ebbe quindi la possibilit di prepararsi a difendere il nuovo fronte e di fermare linvasore, giunto al fiume Marna (un affluente di destra della Senna) a soli 40 chilometri da Parigi: qui dal 6 al 12 settembre impegn il nemico in una sanguinosa battaglia e riusc a respingerlo sul

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fiume Aisne, dove il fronte si stabilizz- In tal modo la guerra, che fino a quel momento era stata guerra di movimento, si trasformava in una terribile e logorante guerra di posizione. La guerra sul fronte orientale Non meno complesse furono le operazioni sul fronte orientale. Ai primi del mese di agosto i Russi, bench militarmente impreparati, avevano invaso la Prussia e la loro avanzata era divenuta ben presto cos minacciosa che per arginarla il comando tedesco si era visto costretto a prevalere numerosi reparti dal fronte occidentale. In tal modo il vecchio e valoroso generale Ludwing Hinerburg (1847-1934) riusc a fermare e sbaragliare di Tannenberg (26-29 agosto) e dei laghi Masuri (8-10 settembre). Quasi contemporaneamente per gli Austriaci furono costretti dalla pressione russa ad abbandonare la Galizia e a ritirarsi. A questo punto anche sul fronte orientale la guerra si stabilizzava e ogni slancio aggressivo si esauriva nel fango delle trincee. Cosa accadeva fuori dallEuropa A partire dallautunno del 1914 il conflitto si spost anche sul mare: in particolare la Germania e lInghilterra diedero inizio a una guerra navale lungo le principali rotte dellAdriatico e del Pacifi co, allo scopo di bloccare il traffico marittimo nemico e di impedire i rifornimenti di armi e beni di consumo. Tale guerra non fu combattuta da corazzate o incrociatori, ma da navi corsare, le quali, camuffate da mercantili neutrali, operavano sui mari pi lontani, attaccando dimprovviso e affondando tutte le navi che incr ociavano. Gli inglesi subirono in un primo momento liniziativa della Germania, ma l8 dicembre 1914 ri uscirono a infliggere ai Tedeschi una dura sconfitta presso le isole Falkland, al largo del Cile, scoraggiandoli da ulteriori tentativi di blocco navale ai loro danni. Nel frattempo, il 23 agosto 1914, anche il Giappone aveva dichiarato guerra alla Germania. I giapponesi erano infatti da tempo interessati ad ampliare la propria zona dinfluenza in Cina, ma non volevano urtare gli interessi dellImpero britannico e degli Stati Uniti, anchessi presenti in Estremo Oriente. Perci il 7 n ovembre occuparono il porto di Kiaochow, importante protettore tedesco in Cina: la guerra a quel punto era giunta nei territori coloniali. In breve anche lAfrica fu coinvolta nel conflitto e per la prima volta nelle operazioni militari furono impi egati dei reparti indigeni. Su questo fronte le potenze dellIntesa giunsero a occupare le colonie tedesche dellAfrica sud-occidentale, il Togo, il Camerun e lAfrica orientale tedesca. LIntesa dichiar inoltre guerra allimpero ottomano, che, inizialmente neutrale, si era alleato con la Ge rmania e aveva attaccato alcune citt russe sul Caucaso. Fu cos che gli Inglesi si impadronirono della citt di Bassora, in Mesopotamia (22 novembre): la guerra, dunque , iniziava ad assumere dimensioni realmente mondiali. LItalia si dichiara neutrale Il governo italiano, nel luglio del 1914, era stato colto di sorpresa dagli a vvenimenti: lAustria, infatti, non solo aveva iniziato lultimatum alla Serbia senza informare il nostro Paese, ma aveva anche dato inizio a una guerra offensiva, e ci in aperto contrasto con quanto prevedeva il trattato della Triplice Alleanza. A buon diritto, dunque, lItalia, il 2 agosto 1914 aveva dichiarato ufficialmente di voler restare neutrale, o ffrendo cos ai francesi la possibilit di sguarnire la frontiera alpina e di concentrare le forze disponibili a difesa di Parigi. Il patto di Londra Nei dieci mesi che trascorsero dallagosto del 1914 al maggio del 1915 si susseguirono in Italia accese discussioni fra neutralisti e interventisti, mentre il governo cercava di ottenere da Vienna, in cambio della neutralit, compensi territoriali. Nello stesso tempo le potenze dellIntesa tentavano di attirare lItalia dalla loro parte. Alla fine il ministro degli esteri Sidney Sonnino (1847-1922) si decise di firmare con le potenze dellIntesa il patto di Londra (26 aprile 1915): in base ad esso lItalia gar antiva agli alleati il proprio intervento al loro fianco entro trenta giorni; gli alleati le riconoscevano il diritto di estendere il proprio territorio allIstria e alla Venezia tridentina e di annettersi il Dodecaneso (Rodi e altre isole del Egeo) e una parte della Dalmazia, nonch un equo compenso coloniale, nel caso si arrivasse a una spartizione tra Francia e Inghilterra dei possedimenti tedeschi in Africa. Il patto era assolutamente segreto e tale rest fino al 1917, sia per le forze politiche sia lopinione pubblica. Italia: scontro tra neutralisti e interventisti Intanto nel Paese gli interventisti mobilitavano la piazza, organizzando in tutta la penisola numerose manifestazioni, durante quelle furono poi chiamate le radiose giornate di maggio e che ebbero come oratore ufficiale Gabriele DAnnunzio. Linterventismo sembrava tuttavia votato allinsuccesso a causa della ma ggioranza neutralista presente nel Parlamento, legata al nome di Giovanni Giolitti. Il 13 maggio, sentendosi virtualmente battuto sul piano parlamentare, Salandra prese la decisione di presentarsi dimissionario del re, il quale per era apertamente favorevole allintervento e lo invit a restare al governo.

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LItalia entra in guerra nel 24 maggio 1915 Il 20 maggio allordine del giorno delle camere vi era lapprovazione del conferimento dei pieni poteri al governo in caso di guerra; qualche giorno prima Giolitti lasci Roma per andare in Piemonte. Sotto limpressione suscitata dal fermo atteggiamento del re, dallinaspettata decisione r inunciataria di Giolitti, nonch dalle sempre pi violente manifestazioni di piazza, il Parlamento, scosso e disorientato, fin per votare con 407 voti contro 74 i pieni poteri a Salandra con la sola opposizione del cattolico Guido Miglioli e dei deputati socialisti. Una ferma protesta per il metodo antiparlamentare e antidemocratico seguito dal sovrano e dal governo per portare il Paese alla guerra, fu pronunciata in Parlamento da Filippo Turati, ma non ebbe alcun effetto: il 24 maggio 1915 lItalia dichiar guerra allAustria dopo averle inviato il giorno prima un ultimatum. 1915-1916 Guerra di posizione e trincee Al termine del primo anno di guerra, il progetto tedesco di una guerra lampo, da risolversi in poche battaglie, poteva essere considerato definitivamente fallito. Negli anni 1915-1916 ebbe inizio una nuova fase e il conflitto si trasform in una guerra di posizione, combattuta nel fango delle trincee. Alla fine del 1914 buona parte dellEuropa era attraversata da un complesso sistema di trincee, caratteristica tipica e unica del primo conflitto mondiale, da dove milioni di soldati si fronteggiavano senza affrontarsi quasi mai in scontri campali. Le trincee erano costituite da fossati scavati a zigzag, difese dai soldati di prima linea attraverso postazioni di tiro. Nelle retrovie si svilupp un complesso di infrastrutture comprendenti posti di comando, centri di medicazione, strade e addirittura ferrovie, mentre i soldati vivevano in ricoveri sotterranei, in condizioni igieniche e meteorologiche spesso spaventose (pioggia, neve, fango, topi). Probabilmente laspetto pe ggiore e pi sfibrante della vita in trincea, in particolare per quanto riguarda la prima linea, fu la staticit: la trincea, di fatto, impediva ogni possibilit di condurre una guerra di movimento. Con la luce infatti era pressoch impossibile compiere qualsiasi azione, anche il seppellimento dei cadaveri, a causa della presenza dei cecchini nemici (erano detti cecchini i tiratori scelti dellesercito austriaco dal nomignolo Cecco Beppe, affibbiato in Italia allimperatore Francesco Giuseppe). Questa immobilit forzata era la causa del abbrutimento dei soldati, i quali dovevano sopportare lunghe ore in assenza di acqua e cibo. Gli unici momenti di svago, anche se i soldati venivano sostituiti in media ogni quattro giorni dalla prima linea, erano larrivo della posta da casa e le occasionali licenze, oltre al forte spirito di corpo che permise a tanti uomini di accettare sacrifici disumani e prove di grande coraggio. La situazione sui due fronti La trincea dunque esprimeva, anche da un punto di vista fisico, lapparente equilibrio in cui la guerra si trascin tra il 1915 e il 1916 senza che nessuno dei Paesi belligeranti fosse in grado di risolvere a proprio favore il conflitto. La situazione di stallo era pi evidente sul fronte occidentale, dove anche se era stato possibile contenere la pressione germanica sulle linee di difesa, le forze anglofrancesi non riuscivano a passare al contrattacco. Le maggiori difficolt per lIntesa proveniva no per dal fronte orientale, dove i Russi erano stati ricacciati con gravissime perdite non solo dalla Galizia, ma anche dalla Polonia e dalla Lituania. Inoltre, proprio mentre le truppe zariste si ritiravano precipitosamente, gli Austro-Tedeschi con lappoggio della Bulgaria riuscivano a mettere fuori combattimento la Serbia e a costituire insieme alle truppe turco bulgare un fronte ininterrotto dal Mar Baltico al Mar Egeo. Il fronte turco e il genocidio degli Armeni Lintesa sub un altro insuccesso nel corso di una spedizione navale nei Dardanelli. Ideata dal ministro della marina britannica Winston Churchill (1874-1965) al fine di aprire attraverso gli Stretti una diretta comunicazione con la Russia, limpresa dovette essere abbandonata dopo vari mesi di aspri combattimenti a causa soprattutto dellostinata resistenza dei Turchi. Costoro furono inoltre responsabili di una terribile persecuzione nei confronti degli Armeni, che vivevano nelle regioni nord-orientali dellAnatolia e in Cilicia e che costituivano unimportante componente del multietnico impero ottomano. Qui, a partire dal 1915, alcuni battaglioni armeni arruolati nellesercito russo iniziarono a reclutare loro connazionali che comba ttevano fra le fila dellesercito ottomano, scatenando la dur a risposta del governo nazionalista guidato dai Giovani Turchi. Costoro, temendo che gli Armeni passassero dalla parte dellIntesa, reagirono con la d eportazione e lo sterminio di massa della popolazione. Litalia e le battaglie dellIsonzo e del Carso Lentrata in guerra dellItalia costitu lunico elemento decisamente positivo per lIntesa. Il nostro esercito, al comando di Luigi Cadorna ( 1850-1928), figlio del generale che aveva guidato le truppe italiane nel 1870 a Porta Pia, entr in azione proprio mentre era in atto la rottura del fronte russo. Subito lavanzata fu portata al di l del confine austriaco, sia pure a costo di gravi perdite, ma lesercito italiano dovette arr estarsi presso Gorizia, a causa della tenacissima resistenza austriaca.

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Tra il giugno e il dicembre 1915 furono combattute le quattro battagli dellIsonzo, risoltesi con perdite i ngentissime e con risultati assai modesti, malgrado il valore e lo spirito di sacrificio dimostrati dai soldati italiani, male equipaggiati, scarsamente armati e guidati da comandi spesso non allaltezza della situazi one, che si ostinavano a seguire le ormai superate regole tattiche e strategiche ottocentesche. Con il sopraggiungere dellinverno anche sul fronte italiano aveva inizio cos unestenuante guerr a di posizione. Terzo anno di guerra (1916) Il terzo anno di guerra si apr con eserciti numerosissimi di uomini che ancora si fronteggiavano a breve distanza l'uno dall'altro, dietro i reticolati e immersi nel fango delle trincee, mentre all'interno dei singoli Paesi milioni di uomini e donne - il fronte interno - venivano impegnati all'estremo delle loro forze, per produrre armi, munizioni, autocarri, aeroplani e quant'altro necessitava per alimentare l'immane conflitto. Il 1916 fu un anno molto duro per tutti i belligeranti: sui fronti di guerra non si ebbero mutamenti importanti, ma le perdite furono enormi e si crearono crescenti difficolt di approvvigionamento. Le battaglie di Verdun (febbraio-luglio) e delle Somme (giugno-novembre) sul fronte francese si risolsero in vere e proprie stragi, senza conseguire alcun risultato decisivo, malgrado l'uso indiscriminato dei primi lanciafiamme e delle prime bombe contenenti gas afissianti. La guerra sul mare: Jutland Bench si combattesse essenzialmente sulla terraferma, grande importanza ebbe anche la guerra sul mare. La Germania, pur essendo dotata di corazzate capaci di competere con la temibile flotta inglese, dopo le sconfitte subite sul Pacifico evit uno scontro diretto, facendo invece un pi largo ricorso ai sommergibili, capaci di colpire con i siluri anche le pi potenti navi da guerra. In questo modo il comando militare tedesco pensava di riuscire a rompere il blocco navale imposto dalle potenti flotte congiunte dell'Inghilterra e della Francia: blocco che aveva determinato nel fronte interno una spaventosa penuria di generi alimentari e di materie prime. Fu cos che si scaten una guerra sottomarina che mise ben presto a durissima prova gli equipaggi alleati, impegnati ad assicurare i rifornimenti marittimi, provenienti soprattutto dall'America, ai rispettivi Paese. Non furono risparmiati neppure le navi dei Paesi neutrali, n quelle passeggeri come il transatlantico inglese Lusitania, affondato dai Tedeschi il 7 maggio 1915 con a bordo 1200 passeggeri, dei quali 139 erano cittadini americani. Nel 1916 la Germania cerc di dare una svolta al conflitto sul mare sfidando apertamente le forze dell'Intesa nella battaglia dello Jutland, svoltasi nello stretto dello Skagerrak, al largo della penisola danese (31 maggio). Tale battaglia caus gravissime perdite da ambo le parti ma non ebbe esiti risolutivi. Ci convinse i tedeschi a intensificare la guerra sottomarina, non solo nel Mare del Nord, ma anche nell'Oceano Atlantico: tale strategia, per, fin con l'irritare ulteriormente gli Stati Uniti, che subivano sempre pi spesso l'affondamento delle loro navi commerciali. La vendetta austriaca contro l'Italia Nel maggio del 1916, dopo mesi di relativa calma, si riprese a combattere aspramente anche sul fronte italiano. Il 15 maggio infatti gli Austriaci sferrarono in Trentino, fra l'Adige e il Brenta, una violenta offensiva, detta con boria militare Strafexpedition (spedizione punitiva), con l'intenzione di vendicare il tradimento dell'Italia e di diminuire la pressione dell'esercito italiano per concentrarsi su altri fronti. L'azione dell'Austria, grazie alla superiorit schiacciante dell'artiglieria, ebbe inizialmente successo, ma il successivo intervento dei Russi, giunti in soccorso degli Italiani, port Vienna sull'orlo della capitolazione, evitata all'ultimo momento solo per l'aiuto in uomini e mezzi ricevuto dalla Germania. Proprio nel corso dei combattimenti sul fronte italiano caddero prigionieri dell'Austria Cesare Battisti e Fabio Filzi, entrambi patrioti trentini di cittadinanza austriaca, che vennero impiccati come traditori nel castello del Buon Consiglio di Trento; la stessa tragica sorte tocc ad altri irredentisti di cittadinanza austriaca, come il trentino Damiano Chiesa e l'istriano Nazario Sauro. Il ministero Boselli Di fronte al grave pericolo corso nel Trentino, che aveva posto in drammatica evidenza l'impreparazione e la debolezza dell'esercito italiano, il governo Salandra si dimise. Il nuovo governo, detto di concentrazione nazionale era presieduto da un vecchio patriota, Paolo Boselli (1838-1932), il quale, desiderando rispettare in pieno gli impegni e le responsabilit assunte a Londra dall'Italia, il 28 agosto 1916 dichiar guerra anche alla Germania. Pochi giorni prima il nostro esercito aveva iniziato una poderosa offensiva sull'Isonzo e il 9 agosto aveva conquistato Gorizia, dopo aver espugnato posizioni considerate fino allora imprendibili, quali il San Michele e il Sabotino. La citt friulana, dinanzi alla quale si era combattuto per pi di un anno, era finalmente in mano italiana, ma a costo di sacrifici sempre pi pesanti e sproporzionati in uomini e in mezzi. 1916 Falliscono le promesse di pace Nonostante il successo conseguito dall'Intesa sul fronte italiano e un miglioramento della situazione su

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quello orientale, le sorti della guerra rimanevano ancora incerte. Il 21 novembre 1916 mor a Vienna, dopo 68 anni di regno, il vecchio imperatore Francesco giuseppe e gli succedette il nipote Carlo I (18871922), fermamente convinto che la salvezza della monarchia poteva trovarsi solo nella pace, ormai da tutti desiderata. Anche la Germania, del resto, non era contraria a cercare una via d'uscita dal conflitto: perci prese l'iniziativa di fare giungere ai Paesi dell'Intesa alcune proposte di accordo attraverso il pontefice Benedetto XV (1914-1922), succeduto a Pio X a guerra appena iniziata, la cui voce si era pi volte levata a invocare la fine dell'inutile strage. Un simile passo avveniva per in un momento particolarmente sfavorevole, essendo proprio allora divenuto primo ministro in Inghilterra David Lloyd Geroge (18631945), convinto sostenitore della guerra a oltranza. Cos anche le altre potenze dell'Intesa finirono per accettare le sue idee, tanto pi che l'Austria e la Germania si rifiutavano di abbandonare i territori occupati nel coso della guerra prima di iniziare le trattative di pace. I socialisti contro la guerra Nel mondo socialista continuava intanto il dibattito nei riguardi della guerra. Il Partito socialista italiano, contrariamente alla posizione assunta dai riformisti, ribad con fermezza la condanna del conflitto e indic una possibile soluzione in una pace senza vincitori n vinti e quindi senza annessioni e indennit. Si deline inoltre una minoranza di estrema sinistra, che proclamava la necessit di un disfattismo rivoluzionario, sottolineando con tale espressione la ferma volont di approfittare della disperata situazione in cui versavano le masse per abbattere i regimi capitalistici e instaurare un'integrale forma di comunismo. Su tale versante erano i cosiddetti spartachisti tedeschi, ossia i seguaci della Lega di Spartaco, fondata nel 1916 dai marxisti Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, nonch i bolscevichi legati a Lenin, che di l a poco avrebbero dato origine alla rivoluzione in Russia. Il fronte interno Svanita l'illusione di una guerra lampo, l'Europa si trov di fronte alla realt di una guerra di logoramento di cui non si riusciva a vedere la fine. Sui vari fronti si inizi ben presto a lamentare la carenza di munizioni e l'inadeguatezza dell'equipaggiamento (particolarmente drammatica in questo senso fu la situazione italiana). D'altra parte, in ogni nazione vi erano difficolt di approvvigionamento di viveri a causa della cessazione degli scambi commerciali, del blocco navale e dell'abbandono dei campi da parte dei contadini, chiamati in massa a ingrossare le file degli eserciti. Tutti gli Stati belligeranti si trovarono cos a dover intervenire sia per incrementare in modo massiccio la produzione di armi, sia per gestire la situazione interna. Fu necessario perci intuire i prestiti di guerra , coordinare tutte le attivit industriali, favorendone la conversione verso la produzione bellica, intervenire per pianificare la politica alimentare, ricorrendo al razionamento dei consumi alimentari e al controllo dei prezzi. furono ovunque istituiti appositi organismi per dirigere l'economia di guerra. Per la Germania si parlato addirittura di socialismo di guerra: un energico e brillante industriale, Walther Rathenau, organizz un complesso ed efficiente apparato che amministrava e gestiva la produzione, i rifornimenti, il razionamento alimentare, ponendo tutti i tedeschi in grado di lavorare alle dipendenze del ministero della Guerra. Per ottenere un tale coinvolgimento della popolazione civile, era necessario inoltre controllare l'informazione e alimentare la propaganda, che mai fino ad allora aveva avuto tanto peso, cercando di convincere l'opinione pubblica che si stava combattendo una giusta guerra. Furono addirittura creati apposti uffici di censura per soffocare il dissenso e reprimere le rivendicazioni sociali. Questo stato generalizzato di cose determin ovunque un accentramento di poteri nelle mani dello Stato fino ad allora mai riscontrato. I partiti di opposizione furono relegati ai margini della vita politica, mentre le forze politiche favorevoli alla guerra tesero a coalizzarsi fra loro. Naturalmente fra queste vi erano i grandi gruppi industriali, che trassero consistenti vantaggi dai nuovi assetti, arricchendosi enormemente grazie alla grosse commesse statali e all'assenza di disordini sociali. Affinch la produzione industriale funzionasse, era fondamentale affrontare il problema della scarsit di manodopera, nelle campagne e nelle citt: perci molti operai specializzati furono richiamati dal fronte, ma soprattutto vi fu un massiccio ingresso di donne nel mondo del lavoro. Queste ultime andarono a ricoprire ruoli fino ad allora impensabili: guidavano gli autobus a Londra e persino a Milano, conducevano la metropolitana a Parigi, facevano le operaie nei cantieri navali tedeschi. Si scopr insomma la loro capacit di lavorare con abilit in settori per eccellenza maschili. Questo sul piano sociale rappresent un grande sconvolgimento, dal momento che le donne fino ad allora erano state escluse dalla vita produttiva e dalla politica, ben lontane dall'ottenere il diritto di voto, osteggiato anche in ambienti pi progressisti. In Gran Bretagna, nel timore che l'impiego di forza lavoro femminile una volta finita la guerra avrebbe prevalso a causa dei salari inferiori, i sindacati ottennero parit di retribuzione tra uomini e donne. Tuttavia i tassi di occupazione femminile alla fine della guerra tornarono come nel 1914. Un'economia quindi che marciava a pieni ritmi, ma solo nel settore bellico, mentre l'industria civile e il settore agricolo era completamente trascurati. Nonostante gli interventi statali il costo della vita lievit enormemente, del 305 per cento in Germania, del 264 per cento in Italia, del 205 per cento in Gran Bretagna, determinando ovunque miseria, malcontento e stanchezza per la guerra. Tutti questi fattori costituirono

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Logoramento La lunga guerra stava ormai logorando gli animi dei soldati di tutti i Paesi in lotta, oltretutto duramente provati da un inverno particolarmente rigido, e causava difficolt sempre pi gravi alle popolazioni civili. La mancanza di manodopera, l'esigenza di impegnare anche le donne nelle fabbriche e in ogni altro posto di lavoro, la crescente scarsit di viveri e di materie prime, il rapido aumento dei prezzi cominciavano infatti a farsi universalmente sentire, mentre la propaganda pacifista andava diffondendosi fra la popolazione e le truppe. Queste ultime si abbandonavano sempre pi spesso a manifestazioni di insofferenza e di insubordinazione: si moltiplicavano cos i casi di diserzione e quelli ben pi gravi di autolesionismo, duramente puniti dai tribunali militari. La repressione non riusc tuttavia a eliminare il malcontento per le enormi perdite di mezzi e soprattutto di vite umane, nonch la preoccupazione per i primi prigionieri e per i dispersi. Ad accrescere l'insofferenza generale si aggiungeva la constatazione degli enormi profitti ricavati da industriali e speculatori di ogni tipo (i cosiddetti pescecani), in aperto contrasto non solo con la durissima vita dei soldati al fronte, ma anche con le pesanti privazioni sopportate dagli abitanti delle campagna e dei piccoli centri urbani. Il senso di stanchezza ormai ampiamente diffuso tra le popolazioni assumeva in alcuni casi forme di aperta protesta nel corso di manifestazioni di piazza, come quella avvenuta a Torino nell'agosto 1917, repressa con 41 morti. La Russia si ritira dalla guerra Il prolungarsi della guerra era motivo di tensioni particolarmente gravi in Russia, dove l'opposizione al regime dello zar Nicola II era attiva da tempo. Nel febbraio del 1917, in un clima di profondo malcontento, scoppi una nuova sommossa, che port nell'arco di breve tempo all'abdicazione dello zar e in seguito all'instaurazione di un governo rivoluzionario comunista guidato dal capo dei bolscevichi Lenin. La rivoluzione, detta d'ottobre, ebbe come conseguenza immediata il ritiro della Russia dal conflitto. Il nuovo governo infatti procedette subito a intavolare con l'Austria-Ungheria e con la Germania intense trattative, che si conclusero nel dicembre 1917 con l'armistizio di Brest-Litovsk, poi trasformato in pace nel marzo del 1918. L'Italia viene sconfitta a Caporetto dagli austriaci Il crollo del fronte russo costitu un duro colpo per l'Intesa. Dal punto di vista militare gli alleati si trovarono a dover sopportare il peso di oltre quaranta divisioni austro-germaniche trasferite sul fronte occidentale. In un primo momento il peso maggiore della nuova situazione dovette essere sopportato dall'esercito italiano, il quale nel corso della primavera e dell'estate aveva gi organizzato e condotto a termine due offensive sugli altipiani e sul Carso. Subito dopo per l'avanzata italiana aveva subito un arresto. Tra il 23 e il 24 ottobre 1917 gli Austriaci, aiutati da sette divisioni tedesche, scatenavano infatti un improvvisa e potente controffensiva, spezzando il fronte italiano a Caporetto. L'attacco austriaco determin una paurosa emorragia di uomini e di mezzi e gli alti comandi italiani imputarono ingiustamente la sconfitta alla presunta vilt di alcuni reparti ma specialmente al disfattismo predicato e diffuso da socialisti e cattolici. La battaglia sul Piace Tuttavia a tale grave situazione l'Italia reag con fermezza, Infatti, mentre nel Paese al debole ministero Boselli succedeva un nuovo ministero Boselli succedeva un nuovo ministero di unione nazionale presieduto da Vittorio Emanuele Orlando (1860-1952) e si procedeva alla mobilitazione di tutte le forze di lavoro per colmare le perdite di materiale subite e per alimentare la resistenza delle truppe; al fronte la difesa della linea del Piave, su cui era attestato l'esercito italiano, venne affidata ai veterani e alle giovanissime reclute delle ultime leve, i soldatini della classe 1899. Guidati dal generale Armando Diaz (1861-1928), che aveva sostituito Cadorna al comando supremo, i reparti presenti sul Piave contrastarono con grande coraggio ed efficacia ogni tentativo di sfondamento del nemico e si prepararono addirittura alla riscossa. Sembr allora che la guerra, pur avendo causato tante perdite e tanti disagi, avesse portato a compimento il processo unitario e contributivo allo sviluppo della coscienza nazionale. Anche gli esponenti socialisti esortarono gli Italiani a procedere compatti nella lotta contro l'invasione straniera. Entrano in guerra gli Stati Uniti Ogni pessimistica previsione per questo 1917, cos poco favorevole all'Intesa e cos oscuro per l'Intera Europa, fu rovesciata dall'intervento degli Stati Uniti d'America nel conflitto, avvenuto nell'aprile del 1917. Fu in particolare il presidente Woodrow Wilson (1856-1924) che, sotto la crescente pressione dell'opinione pubblica, indusse il Congresso a dichiarare guerra alla Germania in nome della libert e del diritto dei popoli all'autogoverno e della necessit di abbattere i regimi autoritari al fine di creare i presupposti per una piena democrazia e per una pace duratura. L'intervento americano a fianco delle potenze dell'Intesa

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influ notevolmente sulle sorti del conflitto. Gli Stati Uniti infatti nel giro di pochi mesi fecero giungere in Europa enormi quantit di viveri, di mezzi e di uomini (i soldati americani in Europa nel 1918 superavano i due milioni), contribuendo in maniera decisiva a colmare i vuoti apertisi nelle file degli eserciti alleati in un anno di crisi e di battaglie tremende. D'altra parte, non va dimenticato che tale intervento determin un forte indebitamento nei confronti degli Stati Uniti da parte dell'Europa, che divenne debitrice non solo per le rilevanti quantit di viveri e di materie prima importanti, ma anche per un ampia e varia serie di prodotti finiti, che l'industria europea, impegnata nella produzione di guerra, non era in condizione di realizzare. I fallimenti degli attacchi degli imperi centrali Nella primavera del 1918 Germania e Austria tentarono la prova suprema. Bench la loro situazione interna stesse diventando ormai insostenibile, i due imperi riunirono sui rispettivi fronti tutte le riserve disponibili in uomini e mezzi al fine di spezzare la resistenza avversaria prima dell'arrivo in europa del grosso degli aiuti americani. I Tedeschi sferrarono il loro attacco agli Anglo-Francesi verso la fine del mese di marzo alla presenza dello stesso Guglielmo II (di cui il nome di battaglia del Kaiser), riuscendo a fare di nuovo arretrare il fronte alleato fino alla Marna, sulla stessa linea raggiunta nel 1914. Ma a questo punto, come allora, essi non poterono pi avanzare, soprattutto per merito del comandante francese Ferdinando Foch, il quale nel mese di luglio riusc a sferrare una potente controffensiva (la cosiddetta seconda battaglia della Marna, dopo quella del 1914) con l'appoggio massiccio di aeroplani, di carri armati e dei primi contingenti militari giunti d'oltreoceano con enormi quantitativi di armi, viveri e materiali. Aveva inizio cos per i tedeschi quel movimento dell'8-11 agosto (le giornate nere dell'esercito tedesco) sarebbe continuato lento ma inesorabile fino alla resa definitiva. Nel mese di giugno anche l'Austria giocava l'ultima carta, attaccando con disperata decisione sul Piave, ma senza successo. Nel frattempo la marina da guerra italiana e l'aviazione portavano il loro contributo al positivo sviluppo delle operazioni. Le imprese di maggiore rilievo vennero compiute nell'Adriatico dagli speciali reparti costituiti da velocissimi motoscafi anti-sommergibili (mas), alle cui audaci azioni fu dovuto l'affondamento di tre corazzate austriache. La battaglia di Vittorio Veneto L'armistizio di Villa Giusti L'esercito austriaco si manteneva comunque abbastanza saldo e compatto, ma all'interno l'impero asburgico viveva una profonda crisi a causa dell'insofferenza dei diversi popoli che lo costituivano. Alla fine di settembre a peggiorare la situazione intervenivano le richiese di pace della Turchia e della Bulgaria, ormai esauste. Fu allora che il generale Diaz decise di dare corso a una grande offensiva meticolosamente preparata, che ebbe inizio il 24 ottobre, anniversario di Caporetto, e nel giro di pochi giorni determin lo sfondamento del fronte austriaco a Vittorio Veneto e la precipitosa ritirata del nemico: una ritirata che ben presto si trasform in disfatta. Cos, poche ore dopo che le nostre truppe erano entrate a Trento e che la nostra flotta aveva sbarcato reparti a Trieste, il 3 novembre 1918 a Villa Giusti, nei pressi di Padova, l'Austria era costretta a firmare l'armistizio e il giorno successivo il generale Diaz poteva annunciare la vittoria con un proclama alla nazione italiana. Fine prima guerra mondiale: le repubbliche L'11 novembre 1918 anche la Germania, dopo essersi liberata del Kaiser e proclamata repubblica, chiese la sospensione delle ostilit. Il nuovo governo provvisorio delegato alla stipula dell'armistizio, firmato in una carrozza ferroviaria nella foresta di Compigne, era presieduto dal socialdemocratico Friedrich Ebert (1871-1925). A sua volta l'Austria il 12 novembre 1918 proclam la repubblica, dopo la rinuncia ufficiale al potere da parte dell'imperatore Carlo I, che, come aveva fatto due gorni prima Guglielmo II in Germania, aveva abbandonato in tutta fretta il Paese. Il giorno 13 l'Ungheria diventava una repubblica indipendente. Riassunto breve: 1 Guerra Mondiale Prima Sintesi Guerra breve:

La prima guerra mondiale fu il risultato di un lungo periodo di tensioni tra le principali potenze europee. La Germania, in particolare, voleva imporsi come paese guida del continente, contrastata dall'Inghilterra e dalla Francia, desiderosa questa di una rivincita dopo la sconfitta del 1870. L'impero austro-ungarico e quello russo vedevano invece minacciata la loro integrit dalle richieste di indipendenza dei diversi popoli sottomessi. Il conflitto scoppi dopo l'assassinio (28 giugno 1914) di Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria. L'Austria ne ritenne responsabile la Serbia, dichiarandole guerra. Il meccanismo delle alleanze fece entrare nel conflitto Gran Bretagna, Francia e Russia da un lato, e dall'altro Germania e Austria. L'Italia si mantenne per il momento, neutrale. L'esercito tedesco cerc di cogliere di sorpresa la Francia con un rapido attacco sul fronte occidentale

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(agosto 1914). Invaso il Belgio neutrale, i Tedeschi penetrarono nel territorio nemico ma furono sconfitti nella battaglia della Marna. La guerra di movimento divenne cos guerra di posizione, combattuta nelle trincee. Altre due grandi battaglie, a Verdun e sul fiume Somme (1916), lasciarono immutate le posizioni dei due eserciti. Intanto sul fronte orientale l'esercito tedesco occupava la Polonia. Nel maggio del 1915 anche l'Italia entr in guerra, a fianco di Francia e Inghilterra, dopo lunghi e accesi contrasti interni. Contrari all'intervento si erano dichiarati, con Giolitti, molti cattolici e socialisti. Favorevoli furono i nazionalisti ma anche molti democratici e socialisti riformisti, convinti che la guerra fosse necessaria per completare l'indipendenza nazionale con la conquista di Trento e Trieste. La guerra proseguiva intanto in modo sempre pi sanguinoso, caratterizzata dall'uso di armamenti dal potenziale distruttivo sempre maggiore: carri armati, aeroplani, gas asfissianti, sommergibili. Alle morti e alle distruzioni si aggiungeva, nei paesi belligeranti, una situazione economica ormai drammatica, che costringeva le popolazioni a una vita durissima. Nel 1917 avvennero due fatti di importanza decisiva: la firma dell'armistizio con la Germania da parte della Russia (guidata dopo la rivoluzione da un governo bolscevico) e l'entrata in guerra degli Stati Uniti. Intanto sul fronte italiano il nostro esercit sub una tremenda disfatta a Caporetto ma riusc, sotto la guida del generale Diaz, a bloccare l'offensiva nemica. Il 1918 fu l'anno decisivo del conflitto: Germania e Austria erano ormai vicine al crollo economico. Le forze dell'Intesa si imposero definitivamente sul fronte occidentale mentre le truppe italiane vincevano a Vittorio Veneto ed entravano a Trento e Trieste. La guerra era finalmente terminata, lasciando dietro di s milioni di vittime ed enormi problemi. Armi utilizzate nella Prima guerra mondiale Le nuove armi Anche dal punto di vista militare la guerra presentava caratteristiche nuove rispetto al passato. Scienza e tecnologia misero al servizio del conflitto nuovi e potenti strumenti modificando profondamente il modo di combattere. Vecchie armi, quali le mitragliatrici e l'artiglieria pesante, furono perfezionate; nuove, quali lanciafiamme, gas asfissianti, carri armati, sommergibili, aerei, furono introdotte in gran numero. Furono i Tedeschi per primi a usare i gas al cloro, che provocavano morte per asfissia e nei casi pi lievi gravi danni ai polmoni e agli occhi. In seguito li adottarono anche gli inglesi, che ne avevano dapprima deprecato l'uso. Vennero sperimentate nuove sostanze, sparate per mezzo di proiettili, invece che con bombole lanciate verso il campo nemico. Nel 1916 gli inglesi sperimentarono nel corso della battaglia della Somme il carro armato. Gi erano in uso gli autoblindo, autocarri armati di mitragliatrice e rivestiti di piastre d'acciaio: la novit fu l'adozione dei cingoli, che consentivano l'utilizzo su qualsiasi tipo di terreno. Gli inglesi non ne intuirono immediatamente le grandi potenzialit e in questa occasione li fecero precedere dalla fanteria piuttosto che anticiparla, fungendo da sfondamento. In mare una minaccia era rappresentata dai sommergibili (U-boot) tedeschi: emergevano improvvisamente e affondavano le navi nemiche senza poter essere preventivamente individuati. Nei cieli si conseguirono forse i risultati pi spettacolari, anche se non decisivi per le sorti del conflitto. Agli inizi gli aerei vennero utilizzati solo per ricognizioni sulle linee nemiche. In seguito vennero equipaggiati di mitragliatrice e solo alla fine del conflitto furono impiegati come bombardieri. A farne le spese fu Londra nel 1917. Date prima guerra mondiale I fatti accaduti nella prima guerra mondiale i ordine cronologico.

24 giugno 1914 L'attentato di Sarajevo. 23 luglio 1914 Ultimatum dell'Austria alla Serbia. 28 luglio 1914 Guerra alla Serbia. 29 luglio 1914 La guerra sul mare: la Grande Squadra inglese salpa per la sua base di guerra. 1 agosto 1914 La Germania dichiara guerra alla Russia. 2 agosto 1914 La neutralit italiana. 3 agosto 1914 Fronte occidentale: la Germania dichiara guerra alla Francia e invade il Belgio. 5 agosto 1914 Il Montenegro dichiara guerra allAustria -Ungheria. 6 agosto 1914 LAustria-Ungheria dichiara guerra alla Russia. 8 agosto 1914 Il Montenegro e la Serbia dichiarano guerra alla Germania. 10 agosto 1914 Verso l'intervento della Turchia. 12 agosto 1914 La Francia e la Gran Bretagna dichiarano guerra allAustria -Ungheria. 17 agosto 1914 Fronte orientale: battaglia di Tannemberg. 20 agosto 1914 Benedetto XV sale al Soglio. 23 agosto 1914 Il Giappone dichiara guerra alla Germania.

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25 agosto 1914 Il Giappone dichiara guerra allAustria -Ungheria. 28 agosto 1914 LAustria-Ungheria dichiara guerra al Belgio. 5 settembre 1914 Fronte occidentale: la battaglia della Marna. 5 settembre 1914 Il Giappone invade la Cina. 15 ottobre 1914 Il Montenegro dichiara guerra alla Bulgaria. 2 novembre 1914 La Russia e la Serbia dichiarano guerra alla Turchia. 5 novembre 1914 La Francia e la Gran Bretagna dichiarano guerra alla Turchia. 6 novembre 1914 LEgitto dichiara guerra alla Turchia. 25 dicembre 1914 L'Italia occupa Valona. 22 aprile 1915 Gas ad Ypres. 25 aprile 1915 Lo sbarco di Gallipoli. 26 aprile 1915 Il patto di Londra. 7 maggio 1915 La guerra sul mare: affondamento del Lusitania. 22 maggio 1915 L'Italia verso l'intervento. 24 maggio 1915 L'Italia dichiara guerra all'Austria. 24 maggio 1915 La denuncia del genocidio degli Armeni. 25 maggio 1915 "L' orrenda carneficina". 3 giugno 1915 San Marino dichiara guerra allAustria-Ungheria. 23 giugno 1915 Fronte italiano: la prima battaglia dell'Isonzo. 18 luglio 1915 Fronte italiano: seconda battaglia dell'Isonzo. 21 agosto 1915 L'Italia dichiara guerra alla Turchia. 21 settembre 1915 L'intervento della Bulgaria. 5 ottobre 1915 Lo sbarco a Salonicco. 6 ottobre 1915 La sconfitta della Serbia. 14 ottobre 1915 La Bulgaria dichiara guerra alla Serbia. 15 ottobre 1915 La Gran Bretagna dichiara guerra alla Bulgaria. 16 ottobre 1915 La Francia dichiara guerra alla Bulgaria. 19 ottobre 1915 LItalia e la Russia dichiarano guerra alla Bulgaria. 18 ottobre 1915 Fronte italiano: terza battaglia dell'Isonzo. 19 ottobre 1915 LItalia e la Russia dichiarano guerra alla Bulgaria. 10 novembre 1915 Fronte italiano: quarta battaglia dell'Isonzo. 21 febbraio 1916 Fronte occidentale: Verdun, la "macchina tritacarne". 9 marzo 1916 La Germania dichiara guerra al Portogallo. 11 marzo 1916 Fronte italiano: quinta battaglia dell'Isonzo. 15 marzo 1916 LAustra-Ungheria dichiara guerra al Portogallo. 15 maggio 1916 Fronte italiano: la "Strafexpedition". 31 maggio 1916 La guerra sul mare: battaglia dello Jutland. 5 giugno 1916 Fronte orientale: l'offensiva di Brusilov. 5 giugno 1916 La morte di Kitchener, il processo a Russel e le vicende del suo allievo. 1 agosto 1916 Fronte occidentale: la battaglia della Somme. 4 agosto 1916 Fronte italiano: sesta battaglia dell'Isonzo. 9 agosto 1916 Fronte italiano: la conquista di Gorizia. 16 agosto 1916 Fronte italiano: fine della sesta battaglia dell'Isonzo. 27 agosto 1916 L'Italia dichiara guerra alla Germania. 27 agosto 1916 La Romania dichiara guerra all'Austria. 30 agosto 1916 La Turchia dichiara guerra alla Romania. 1 settembre 1916 La Bulgaria dichiara guerra alla Romania. 14 settembre 1916 Fronte italiano: settima battaglia dell'Isonzo. 15 settembre 1916 Fronte occidentale: l' esordio del carro armato. 10 ottobre 1916 Fronte italiano: ottava battaglia dell' Isonzo. 1 novembre 1916 Fronte italiano: nona battaglia dell' Isonzo. 19 novembre 1916 Le proposte di Wilson. 21 novembre 1916 Muore Francesco Giuseppe imperatore d'Austria. 6 dicembre 1916 La sconfitta della Romania. 1 febbraio 1917 La guerra sottomarina indiscriminata. 12 marzo 1917 Inizia la rivoluzione russa. 14 marzo 1917 La Cina interrompe le relazioni diplomatiche con la Germania. 6 aprile 1917 Gli Stati Uniti entrano in guerra. 7 aprile 1917 Cuba e Panama dichiarano guerra alla Germania. 9 aprile 1917 Fronte occidentale: loffensiva di Arras. 11 aprile 1917 Il Brasile interrompe le relazioni diplomatiche con la Germania . 17 aprile 1917 La Bolivia interrompe le relazioni diplomatiche con la Germania.

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23 aprile 1917 La Turchia interrompe le relazioni diplomatiche con gli USA. 3 maggio 1917 Fronte occidentale: la crisi dell'esercito francese. 10 maggio 1917 La guerra sul mare: la risposta al sommergibile. 11 maggio 1917 La conquista di Baghdad. 12 maggio 1917 Fronte italiano: decima battaglia dell' Isonzo. 15 maggio 1917 Fronte occidentale: il "miracolo Petain". 7 giugno 1917 Fronte occidentale: la battaglia di Messines. 10 giugno 1917 Fronte italiano: battaglia dell'Ortigara. 15 giugno 1917 Fronte italiano: ammutinamento della brigata Catanzaro. 27 giugno 1917 La Grecia dichiara guerra alla Germania, allAustria -Ungheria, alla Turchia e alla Bulgaria. 22 luglio 1917 Il Siam dichiara guerra alla Germania e allAustria -Ungheria. 31 luglio 1917 Fronte occidentale: la terza battaglia di Ypres e il fango di Passchendaele. 4 agosto 1917 La Liberia dichiara guerra alla Germania. 9 agosto 1917 L'appello di Benedetto XV. 18 agosto 1917 Fronte italiano: undicesima battaglia dell' Isonzo. 21 settembre 1917 Il Costa Rica interrompe le relazioni diplomatiche con la Germania. 29 settembre 1917 Fronte italiano: la guerra di mine sul Pasubio. 6 ottobre 1917 Il Per interrompe le relazioni diplomatiche con la Germania. 7 ottobre 1917 LUruguay interrompe le relazioni diplomatiche con la Germania. 24 ottobre 1917 Fronte italiano: Caporetto. 27 ottobre 1917 Fronte italiano: la ritirata al Tagliamento. 2 novembre 1917 Fronte italiano: la ritirata al Piave. 6 novembre 1917 Convegno interalleato di Rapallo. 8 novembre 1917 Fronte italiano: la destituzione di Cadorna. 20 novembre 1917 Fronte occidentale: la vittoria dei carri armati a Cambrai. 4 dicembre 1917 Fronte italiano: primi successi difensivi lungo il Piave e sul Grappa. 6 dicembre 1917 La Finlandia si proclama indipendente. 7 dicembre 1917 Gli USA dichiarano guerra allAustria -Ungheria 8 dicembre 1917 LEcuador interrompe le relazioni diplomatiche con .la Germania. 10 dicembre 1917 Panam dichiara guerra allAustria-Ungheria. 10 dicembre 1917 La guerra sul mare: l'epopea dei MAS. 15 dicembre 1917 Fronte orientale: la Russia esce di scena. 8 gennaio 1918 I 14 punti di Wilson. 12 gennaio 1918 La Lettonia si proclama indipendente. 16 febbraio 1918 La Lituania si proclama indipendente. 24 febbraio 1918 LEstonia si proclama indipendente21 marzo 1918 Fronte occidentale: l'ultima grande occasione della Germania. 26 marzo 1918 Il comando unico interalleato. 23 aprile 1918 Il Guatemala dichiara guerra alla Germania. 8 maggio 1918 Il Nicaragua dichiara guerra alla Germania e allAustria -Ungheria. 23 maggio 1918 Il Costa Rica dichiara guerra alla Germania. 26 maggio 1918 Fronte italiano: successi italiani sull' Adamello. 27 maggio 1918 Fronte occidentale: l'offensiva "Blucher". 15 giugno 1918 Fronte italiano: battaglia del solstizio. 21 giugno 1918 Fronte italiano: ...e il Piave mormor... 12 luglio 1918 Haiti dichiara guerra alla Germania. 15 luglio 1918 Fronte occidentale: il riflusso tedesco. 19 luglio LHonduras dichiara guerra alla Germania. 8 agosto 1918 Fronte occidentale: la giornata nera dell'esercito tedesco. 5 settembre 1918 La capitolazione della Bulgaria. 26 settembre 1918 La crisi del comando tedesco. 24 ottobre 1918 Fronte italiano: attacco italiano sul Grappa. 29 ottobre 1918 Fronte italiano: battaglia di Vittorio Veneto. 29 ottobre 1918 Il crollo dell'Austria. 30 ottobre 1918 La capitolazione della Turchia. 3 novembre 1918 L'armistizio di villa Giusti. 4 novembre 1918 La vittoria dell'Italia. 9 novembre 1918 Iniziano le trattative per l'armistizio a ovest. 11 novembre 1918 La fine dell orribile strage.

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Conseguenze: Prima guerra mondiale Conseguenze della

guerra

mondiale

Nella conferenza di pace di Parigi (18 gennaio 1919) le quattro potenze vincitrici (Inghilterra, Francia, Stati Uniti e Italia) si scontrarono su due diversi orientamenti da adottare per la nuova sistemazione dellEuropa: quello democratico, espresso dal presidente americano Wilson nei Quattord ici punti, basato sui principi dellautodecisione dei popoli e del rispetto delle nazionalit; e quello di Francia e Inghilterra, intenzionate a mettere i Tedeschi in condizione di non poter pi nuocere. Nel 1919 venne fondata a Ginevra la Societ delle Nazioni, un organismo internazionale preposto a regolare pacificamente le controversie tra gli Stati; la sua azione tuttavia fu limitata dal ritiro degli Stati Uniti e dalla mancanza di mezzi concreti di intervento contro quelle nazioni che avessero disattes o lopera di mediazione condotta dalla Societ stessa. Nonostante la politica conciliante degli Stati Uniti, la Francia e Inghilterra puntarono all'annientamento non solo militare, ma anche economico della Germania. Per questo le due potenze decisero di imporre pesanti clausole di pace alla Germania (trattato di Versailles, giugno 1919), che scatenarono sentimenti di rivincita nel popolo tedesco. Sul vastissimo territorio appartenente all'antico impero austro-ungarico sorsero quattro Stati indipendenti: Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Iugoslavia (chiamata fino al 1919 regno di Serbi, Croati, Sloveni). Fu riconosciuta inoltre lindipendenza dellAlbania. All'Italia, lAustria c edette il trentino, lAlto Adige, lIstria e lalto bacino dellIsonzo (trattato di Saint-Germain, settembre 1919). Sui territori un tempo appartenuti alla Russia nascevano i nuovi Stati indipendenti della Finlandia, dellEstonia, della Lettonia e della Lituania. Con il trattato di Neuilly (novembre 1919) fu riconosciuta a nche lindipendenza della Bulgaria. Oltre al crollo dellAustria-Ungheria vi fu anche la fine di un altro immenso impero, quello ottomano. Con il trattato di Sevres del 10 agosto 1920 la Turchia si trov non solo ridotta a un modesto Stato, ma anche privata di tutti i territori arabi e della sovranit sugli Stretti (Bosforo e Dardanelli) e costretta a pagare pesanti riparazioni di guerra. La rivolta nazionalista del generale Autarul port in seguito alla proclamazione della repubblica turca, all'annullamento delle pesanti clausole del trattato e alla loro sostituzione con altre pi accettabili, siglate nel trattato di Losanna (1923). Francia e Inghilterra procedettero inoltre alla spartizione del Vicino Oriente in due rispettive zone di influenza attraverso la politica dei mandati: la Francia ottenne il mandato su Siria e Libano, lInghilterra su Iraq, Transgiordania e Palestina. Ci suscit la rabbia degli Arabi, ulteriormente inaspriti dal progetto di costituire la Palestina una sede nazionale ebraica (dichiarazione Ba lfour). La spinta allindipendenza dei popoli arabi aveva portato nel frattempo all'unificazione fra il 1919 e il 1932 della penisola arabica, fino ad allora divisa in diversi Stati, e alla creazione del regno dellArabia Saudita. Il conflitto cre le prem esse per una nuova fase della storia mondiale, caratterizzata dallinizio di un tr avagliato movimento di emancipazione dei paesi coloniali. Nel XX secolo infatti nei Paesi afrodisiaci si determin una spinta indipendentista. Il pi colpito da questa ondata di riscossa fu limpero coloniale brita nnico, che dopo la prima guerra mondiale aveva ulteriormente ampliato i suoi possedimenti. Nel frattempo lInghilterra era stata costretta a concedere lindipendenza agli Stati del Commonwealth (al Canada nel 1869, allAustralia nel 1901, al Sud Africa nel 1910 e alla Nuova Zelanda nel 1917) e allEgitto (1922), d ove per mantenne il controllo del canale di Suez. Particolarmente significativo fu il movimento indipendentista dellIndia, guidato da Gandhi, detto Mahatma, secondo il quale lemancipazione dagli Inglesi d oveva essere ottenuta attraverso la non-violenza. Limpero coloniale francese, ingrandito con il possesso delle ex colonie tedesche (Camerun e Togo) e il controllo sulla Siria, continu nella sua politica di sfruttamento delle risorse locali. Il Giappone, che dopo il conflitto aveva acquisito le ex colonie tedesche in Asia, diede impulso alla sua politica imperialistica: nel 1913 occup la Manciuria, approfittando della confusa situazione politica cinese. Dopo la caduta della dinastia imperiale Manci (1912) e la proclamazione della repubblica, la Cina si era infatti divisa in due: nel Nord dominavano i reazionari signori della guerra, nel Centro-Sud governava il democratico Su Chung-shan. La minaccia giapponese aveva favorito la nascita del Partito nazionalista (Kuomintang), guidato da Chiang Kai-shek: questi, sconfitti i signori della guerra, aveva formato un nuovo governo con capitale Nanchino. In seguito si era aperto lo scontro tra il Kuomitang e il Partito comunista cinese, fondato tra gli altri da Mao Tse-tung, convinto della necessit di coinvolgere nella rivoluzione le masse contadine. Battuti da Chiang Kai-shek, i comunisti e il loro esercito (lArmata rossa) si spostarono con la lunga marcia (1934) nel settentrione del Paese, dove fondarono una repubblica comunista. Di fronte per allavanzata nipponica, comunisti e nazionalisti deposero ogni rivalit e adottarono una politica di unit nazionale (1937), allena dosi nella guerra contro il Giappone. LEuropa dopo la pace di Versailles La prima guerra mondiale, con quasi dieci milioni di morti e immensi danni materiali, rappresenta un immane catastrofe per lEuropa. Dal punto di vista politico -territoriale la guerra porta alla scomparsa di tre

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grandi imperi (russo, austro-ungarico e ottomano) e rende necessaria una nuova sistemazione dellEuropa decisa nella conferenza di Parigi e poi ratificata con i trattati di pace di Versailles nel 1919 da parte delle potenze vincitrici, tra il malcontento degli sconfitti e anche di alcuni Stati vincitori, che si ritengono insoddisfatti. La rottura dei vecchi equilibri tra le grandi potenze imperialistiche europee, determina linizio di una nuova fase della storia mondiale, contraddistinta innanzitutto dal tramonto delleurocentrismo, dallascesa sulla scena internazionale di Usa e Urss e dai primi movimenti di emanc ipazione dei Paesi coloniali. Le conseguenze sociali Dopo la fine di una guerra combattuta pi di ogni altra in prima persona, le popolazioni europee devono sopportarne anche conseguenze terribili: lepidemia di influenza spagnola fa pi vittime del conflitto; leconomia orientata allo sforzo bellico deve riconvertirsi alla pace e la drastica diminuzione della prod uzione genera una diffusa disoccupazione. I governi rispondono a queste difficolt con politiche che favoriscono le imprese e che rendono possibile una ulteriore stretta salariale; il conseguente grave immiserimento non interessa solo gli operai, ma anche gli impiegati, da sempre invidiati per il loro posto sicuro e per la loro posizione sociale. Gli ex soldati, che sicuramente non si aspettavano unaccoglienza del gen ere, non sono pi disposti a sopportare altri sacrifici. Linizio della politica di massa Le pressioni delle popolazioni di ritorno dalla guerra, con le loro decise richieste di maggiore considerazione, creano problemi in tutta Europa. Laddove le istituzioni liberali sono pi solide, si riesce sia pure tra mille problemi ad aprire a tutti i cittadini la rappresentanza democratica. I regimi politici pi fragili sono invece spazzati via, sostituiti da sistemi autoritari ancora pi rigidi e terribili di quelli che la guerra ha distrutto.

Situazione generale La Germania viene ridimensionata e umiliata: i trattati di pace imposti dai vincitori lasciano un pesante strascico di delusioni, rancori e desiderio di rivincita che favoriranno lascesa del nazismo. Una fascia di Stati-cuscinetto separa lUnione sovietica dal cuore del continente europeo, per metterlo a riparo dal contagio rivoluzionario. LItalia ottiene meno di quello che aveva sperato: di qui delusioni e proteste per la vittoria mutilata su cui sapr fare abilmente leva il fascismo. Dalla dissoluzione dellimpero turco e di quello austro-ungarico, in nome del principio di autodeterminazione dei popoli, nascono diversi nuovi Stati indipendenti. Trattati di pace: Prima guerra mondiale La fine delle 1 guerra mondiale un susseguirsi di trattati di pace...

La conferenza di pace di Parigi Il 18 gennaio 1919, due mesi dopo la cessazione delle ostilit, i rappresentanti delle potenze vincitrici si unirono a Parigi allo scopo di dare una nuova sistemazione all'Europa, uscita sconvolta dalla guerra. Come al congresso di Vienna di un secolo prima, alla conferenza di pace partecipavano tutti i delegati dei Paesi vincitori: quelli per che avevano un'effettiva autorit erano i cosiddetti quattro grandi e precisamente il presidente americano Woodrow Wilson, il presidente del Consiglio francese Georges Clemenceau, chiamato a presiedere la conferenza, il primo ministro inglese Favid Lloyd Gerge e, sia pure con un ruolo minore, il presidente del Consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando, che si trov in parte emarginato con il pretesto che le rivendicazioni dell'Italia riguardavano essenzialmente l'Austria. I Quattordici punti di Wilson Ben presto fu evidente il contrasto fra la mentalit politica della diplomazia europea e il nuovo orientamento democratico rappresentato dal presidente americano. Wilson all'inizio del 1918 aveva infatti fissato in Quattordici punti i principi fondamentali cui la pace avrebbe dovuto ispirarsi: fra essi quello dell'autodecisione dei popoli e quello secondo il quale i confini debbono comprendere quanti parlano la stessa lingua e hanno la stessa nazionalit. La Francia e Inghilterra, invece, erano preoccupate soprattutto di trarre vantaggi territoriali ed economici e di mettere i Tedeschi in condizione di non poter pi scatenare un nuovo conflitto, puntando sull'annientamento economico della Germania. Tuttavia il principio wilsoniano della nazionalit, l dove coincideva con gli interessi delle grandi potenze, venne applicato, determinando cos la liberazione dall'oppressione straniera di molti popoli che nel corso del XIX secolo non avevano ottenuto l'indipendenza. La sostanziale inefficacia della Societ delle Nazioni

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Come previsto dal punto 14 del documento di Wilson, il 28 aprile 1919 venne creata la Societ delle Nazioni, un grande organismo internazionale con sede a Ginevra preposto a regolare pacificamente le controversie tra gli Stati, eliminando l'ingiustizia, la violenza e ogni forma di attrito fra i popoli. Questa organizzazione, cui aderirono molti Paesi di tutto il mondo con l'esclusione di quelli vinti, non riusc per a funzionare efficacemente e si trasform ben presto in uno strumento pi o meno passivo nelle mani della Francia e dell'Inghilterra: in ci erano facilitate sia dal fatto che per l'approvazione di ogni decisione era necessaria l'unanimit di tutti i membri, sia dal ritiro degli Stati Uniti che, spinti da un rinato desiderio di isolazionismo nei confronti delle vicende europee, non avevano approvato nel loro Congresso l'iniziativa wilsoniana. Inoltre la Societ delle Nazioni non disponeva di alcun mezzo concreto d'intervento che non fosse quello di porre al bando, con conseguenti sanzioni economiche, il membro che avesse disatteso l'opera di mediazione condotta dalla Societ stessa e avesse fatto immediatamente ricordo alla guerra. Il trattato di Versailles e l'umiliazione della Germania Dalla conferenza di pace scaturirono cinque trattati, sottoscritti in varie localit nei dintorni di Parigi. Particolarmente importante fu il trattato di Versailles con la Germania, firmato nella stessa reggie dove i Prussiani nel 1871 avevano dato ufficialmente vita all'impero tedesco. A proposito delle clausole previste dal trattato va tenuto presente che esse costituivano la pi cocente umiliazione che si potesse infliggere a una nazione vinta: prevedevano infatti non solo ingentissime perdite territoriali, ma anche pesanti clausole militari, fra le quali la riduzione dell'esercito a soli 100.000 uomini e della flotta a poche unit, destinate alla sola difesa costiera. Anche le sanzioni economiche furono estremamente gravose: comportarono infatti il risarcimento di somme enormi a tutte le nazioni vincitrici e al Belgio, oltre alla cessione ai vincitori di miniere, materiale navale, ferroviario e industriale per dieci anni. Le conseguenze dello spirito punitivo di Inghilterra e Francia Tali clausole, d'altra parte, ci permettono di rilevare i quattro fondamentali errori commessi dai vincitori, che facilitarono fra l'altro il risorgere dello spirito di rivincita tedesco, destinato a manifestarsi ben presto come un gravissimo motivo di turbamento internazionale: il rifiuto di discutere con i vinti i trattati di pace, che furono loro semplicemente imposti; la richiesta di riparazioni cos elevate da rendere pressoch impossibile la ripresa economica dei Paesi sconfitti; i criteri seguiti nella sistemazione territoriale dell'Europa, non sempre rispettosi delle varie nazionalit; infine l'eccessivo peso dato agli interessi nazionali delle potenze vincitrici, col risultato di aggravare le differenze gi esistenti fra nazioni ricche e nazioni povere. L'indipendenza della Polonia e le conquiste dell'Italia A favore della repubblica di Polonia, che giungeva a coronare la sua indipendenza dopo le tre spartizioni del XVIII secolo, veniva creato un corridoio, che la univa al Mar Baltico e separava la Prussia orientale dal resto del territorio germanico. Nel contempo Danzica, citt portuale in gran parte tedesca, era proclamata citt libera. Fondamentale per l'Italia fu il trattato di Saint-Germain, firmato il 10 settembre 1919, in base al quale l'Austria era costretta a cedere il trentino, l'Alto Adige, l'Istria e l'alto bacino dell'Isonzo fino allo spartiacque alpino. La nascita dei nuovi Stati Con il trattato di Saint-Germain il vastissimo territorio appartenente all'antico impero austro-ungarico che contava ben cinquantuno milioni di abitanti, appartenenti a dieci diversi gruppi linguistici fu diviso fra vari Stati. Al suo posto sorsero quattro Stati indipendenti: l'Austria, l'Ungheria (la cui indipendenza fu sancita con il trattato del Trianon), la Cecoslovacchia, il regno di Iugoslavia (chiamato fino al 1929 regno di Serbi, Croati, Sloveni). Fu riconosciuta inoltre l'indipendenza dell'Albania. Lungo il Mar Baltico, sui territori un tempo appartenuti alla Russia nascevano i nuovi Stati indipendenti della Finlandia, dell'Estonia, della Lettonia e della Lituania. Con il trattato di Neuilly (citt alla periferia di Parigi), firmato il 27 novembre 1919, era riconosciuta anche l'indipendenza della Bulgaria, che veniva privata per sia della tracia, tornata come nell'antichit a far parte della Grecia, sia della Macedonia, passata alla Iugoslavia, sia della Dobrugia, assegnata alla Romania. Il trattato di Sevres Oltre al crollo dell'Austria-Ungheria, vi fu la fine di un altro immenso impero, quello ottomano. Con il trattato di Sevres del 10 agosto 1920 la Turchia si trov non solo ridotta a un modesto Stato entro i limiti della penisola anatolica (se si accetta la citt di Costantinopoli, in territorio europeo), ma fu anche privata di tutti i territori arabi, dell'isola di Cipro, abitata in prevalenza da Greci, e della sovranit sugli Stretti (Bosforo e Dardanelli). Era previsto inoltre il pagamento di pesanti riparazioni di guerra e venivano istituite le capitolazioni, che costituivano una vera e propria servit dello Stato turco a vantaggio degli Stranieri, sui territori sottratti alla giurisdizione ottomana.

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La creazione della repubblica turca Le durissime condizioni di pace fissate a Sevres, passivamente accettate dal governo di Costantinopoli, finirono per dare origine a una vera e propria rivolta di carattere nazionale, capeggiata dal generale Mustaf Kemal Ataturk (1880-1938), il quale fu ben presto in grado di mettere insieme un grande esercito che si oppose validamente alle truppe dell'Intesa, in particolare a quelle greche sbarcate per occupare nell'Anatolia alcune zone d'importanza strategica. Il pieno successo conseguito sul piano militare nella guerra di liberazione contro i Greci invasori e l'abolizione contro i ciatario sultanato ottomano, intervenuto nel novembre 1922, portarono alla proclamazione della repubblica turca (29 ottobre 1923) e all'elezione a presidente dello stesso Ataturk, che mantenne la carica fino alla morte e pot attuare delle grandi opere di rinnovamento interno che avrebbero trasformato un arretrato Paese islamico in uno Stato laico moderno e indipendente. La pace di Losanna e la fine della questione d'Oriente Fu appunto per merito di Ataturk che la nuova Turchia ottenne l'annullamento delle pesanti clausole del trattato di Sevres e la loro sostituzione con altre pi dignitose e accettabili, siglate il 24 luglio del 1923 a Losanna. Fra le clausole favorevoli alla Turchia fu ripristinata la piena sovranit turca sugli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli, con l'impegno di mantenerli smilitarizzati e aperti alle navi degli altri Paesi. Aveva fine cos l'annosa e travagliata questione d'Oriente, con palese vantaggio di chi, come Francia e Inghilterra, l'aveva considerata per tanto tempo uno dei punti cruciali della politica mediterranea. Il patto segreto tra Francia e Inghilterra per la spartizione del Vicino Oriente Le sorti del Vicino Oriente in effetti erano state decise sin dal 1915, con il patto di Londra sottoscritto dall'Intesa. Nel 1916, in gran segreto e con un vero e proprio atto di prepotenza imperialistica, Francia e Gran Bretagna avevano modificato notevolmente il patto e avevano stabilito una sostanziale spartizione del Vicino Oriente in due rispettive zone d'influenza, prevedendo inoltre la nascita di un modesto Stato arabo in un territorio desertico dell'interno, destinato come tale a essere costantemente condizionato dalle due grandi potenze. Lawrence d'Arabia e la lotta per l'indipendenza araba In aperto contrasto con questa linea politica, durante il conflitto mondiale le popolazioni arabe del Medio oriente erano state incitate alla ribellione armata contro il dominio turco dietro la prospettiva di conquistare l'autonomia e l'indipendenza al termine del conflitto. La ribellione fu fomentata da agenti segreti dell'Intesa, forniti di adeguati mezzi politici e militari. Tra essi ebbe modo di emergere il colonnello inglese Thomas E. Lawrence (1888-1935), il famoso Lawrence d'Arabia, uno dei pi convinti sostenitori dell'indipendenza araba, il quale condusse, alla testa di formazioni irregolari, un'accanita e vittoriosa guerriglia contro i Turchi per la creazione di un grande regno arabo indipendente nel Medio Oriente. Lawrence, insieme al principe Feisal I (1882-1923), riusc a sottrare importanti zone al controllo ottomano e cooperare efficacemente con l'esercito britannico per la liberazione della Siria e della Palestina. La dichiarazione Balfour per una sede nazionale ebraica in Palestina Nel 1917, per, i Russi resero pubblico il 1916, per, i Russi resero pubblico il testo relativo agli accordi segreti del 1915-1916, una cui copia era stata ritrovata negli archivi del ministero degli Esteri sovietico. La reazione degli Arabi fu a quel punto immediata, tanto pi che di l a poco si ebbe anche notizia della dichiarazione fatta dal primo Lord dell'ammiragliato Arthur James Balfour (1848-1930) nel novembre 1917, che prevedeva la costituzione in Palestina di una sede nazionale ebraica verso cui far confluire le correnti migratorie degli Ebrei, primo passo verso quello che un giorno sarebbe diventato lo Stato di Israele. Genocidio degli Armeni Il mancato riconoscimento del genocidio degli Armeni Lo sterminio degli Armeni resta tuttora un problema politico irrisolto: negato fermamente dal governo turco, stato a lungo ignorato anche dalle diplomazie occidentali, che solo in anni relativamente recenti lo hanno riconosciuto. La Turchia, a proposito di quegli eventi, ha sempre parlato di repressione armata di una rivolta interna. In realt molti Armeni non furono uccisi direttamente dall'esercito turco, ma morirono di stenti nelle zone desertiche della Siria e della Mesopotamia, dove erano stati deportati. A sostegno del fatto che non furono ragioni militari a motivare la deportazione, c' il provvedimento di confisca dei beni: atto, questo, che indica l'evidente volont di espellere definitivamente questa minoranza dalla Turchia. Oggi la Turchia costretta a fare i conti con questa terribile pagina della propria storia. L'Unione europea nel 2005 ha chiesto infatti come precondizione per l'ingresso del Paese nella Comunit che il governo turco faccia ammissione di colpa, a dimostrazione di un processo di democratizzazione in atto che avvicini il Paese agli altri Stati membri. In Turchia per esiste ancora un articolo del codice penale per cui punibile chiunque parli del genocidio, in quanto mette in discussione l'identit nazionale. Lo scrittore turco Orhan Pamuk nel 2005 stato pro-

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cessato con questa accusa, per aver scritto su un giornale del milione di Armeni uccisi in questo Paese. Secondo voi, com' possibile che ancora oggi, nel 2012, c' gente cos antiquata? Io me lo sono sempre chiesto, sar la loro mentalit, ma non si pu nascondere la morte di persone, come se non fossero neanche nato. Non l'ha fatto neanche la Germania per la morte degli ebrei a causa delle legge razziali di Hitler, il quale aveva un odio profondo, anzi un accanimento profondo verso tutta la popolazione ebrea... In ogni caso il diritto di stampa, di parola, non possono essere vietati, anche se si parli di veri scandali nella storia. Sintesi Rivoluzione russa La partecipazione della Russia alla prima guerra mondiale impose alla popolazione enormi sacrifici. Nel 1917 limpero zarista fu cancellato dalla Rivoluzione. Guidato da Lenin nacque il nuovo Stato comunista, che elimin la propriet privata dei mezzi di produzione. Dal 1914, con la morte dei Lenin, Stalin assunse il potere assoluto. Situazione dellimpero russo Il grande impero russo aveva raggiunto, alla vigilia della prima guerra mondiale, unenorme estensi one. Era abitato da popoli molto diversi e ben poco integrati fra loro (Russi, Finlandesi, Lettoni, Polacchi, Mongoli, Calmucchi, Georgiani, Armeni, Ucraini ecc.). Occupava una nazione come la Polonia, che ambiva allindipendenza. Quasi tutti i popoli che lo costituivano chiedevano almeno una maggiore autonomia, che tuttavia fu riconosciuta solo ai Finlandesi. Dal punto di vista politico limpero russo era monarchia assoluta, sotto gli zar della dinastia Romanov. R icordiamo che la parola zar (come del resto il tedesco kaiser) significa imperatore e deriva dal latino Caesar. Limpero russo era lo Stato pi arretrato dEuropa. Nel corso dellOttocento, lunico imperatore che volle realizzare qualche riforma fu Alessandro I (1885-81); egli tuttavia venne ucciso in un attentato terroristico. Il figlio e successore Alessandro III (1881-91) e il nipote Nicola II (1894-1917) repressero duramente ogni opposizione liberale e democratica. Con la loro politica di russificazione essi imposero con la forza la lingua, la cultura e gli usi dei Russi alle altre popolazioni. Nicola II si circond inoltre di personaggi ignoranti e corrotti, come il fanatico monaco Rasputin. Sfruttando con astuzia la debolezza di carattere dei regnanti, costui divenne il vero padrone della corte imperiale negli anni che precedettero la prima guerra mondiale e la Rivoluzione. Contro la povert il clima di dura oppressione instaurato dalla polizia zarista, scoppiavano periodicamente delle ribellioni, sia nelle maggiori citt russe che nei paesi sottomessi. Alcune ebbero luogo nel 1905, subito dopo la sconfitta subita nella guerra contro il Giappone. In breve, le sollevazioni popolari assunsero il carattere di una vera Rivoluzione, allargandosi a tutto il paese e persino alle forze armate (famoso rimasto lammutinamento dellequipaggio della corazzata Potemkin). Nicola II allora fu costretto a conced ere la costituzione di un parlamento, la Duma. Il numero di elettori ai quali venne riconosciuto il diritto di voto fu tuttavia molto modesto, e tale parlamento ebbe poteri assai scarsi. Economia russa Lagricoltura era di gran lunga la risorsa economica pi importante in tutto limpero. Essa veniva tuttavia esercitata con tecniche molto arretrate. Con labolizione della servit della gleba, realizzata da Alessandro II (1867), la propriet di una parte delle terre (circa il 45% di quelle coltivate) pot essere riscattata da circa 20 milioni di contadini liberi. Dopo questa riforma, e grazie allenorme estensione dei territori coltiv ati, la produzione di frumento cominci lentamente a crescere, nonostante lassoluta mancanza di attre zzature moderne e di macchinari agricoli. Nel 1910 essa arriv a raggiungere e superare quella degli Stati Uniti. Insieme allabbondante produzione, i prezzi molto bassi, a cau sa dei miseri compensi versati ai contadini, favorirono una forte esportazione di cereali verso lEuropa occidentale. Questo permise alla classe di imprenditori e commercianti che iniziava a formarsi di disporre dei capitali necessari per acquisire i primi macchinari, indispensabili per lo sviluppo dellindustria. Sorsero cos, tra il 1870 circa e il 1910, importanti manifatture tessili (cotone, lana, lino) e complessi industriali, costruiti con il sistema chiavi in mano da grandi industrie occidentali. Come avviene ancora oggi nei paesi meno sviluppati, la fabbrica veniva consegnata dai costruttori completa di tutto, mentre tecnici ed esperti stranieri assistevano per i primi anni i lavoratori russi. Le dimensioni del territorio russo e le risorse naturali di cui disponeva erano cos vaste che, pur in condizioni di profonda arretratezza, la produzione raggiunse in alcuni settori livelli importanti. Ad esempio si svilupp fortemente in Russia lestrazione del petrolio, tanto che nel 1910 un quarto della prod uzione mondiale proveniva dai territori dellimpero russo. Intanto la popolazione cresceva notevolmente, passando da 70 milioni di abitanti nel 1850 ad oltre 161 milioni nel 1911. In questo stesso anno circa 5 milioni erano gli addetti alle industrie e alle attivit minera-

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rie. Si trattava, in s, di una percentuale modesta di lavoratori rispetto al totale degli abitanti dellimpero. Tuttavia gran parte delle fabbriche era concentrata in poche grandi citt, come Pietrogrado (cos era stata ribattezzata lantica capitale di San Pietroburgo), Mosca, Kiev, Rostov, Odessa, Baku. Quindi, in quelle particolari citt esisteva una forte componente operaia e proletaria. Inquadrata e sostenuta dai socialisti, fu proprio questa base operaia a dare il sostegno maggiore alla Rivoluzione russa del 1917. I partiti politici: Menscevichi e Bolscevichi Lopposizione dei socialisti al regime degli zar era clandestina: organizzazioni sindacali e partiti politici erano vietati perch il governo zarista li riteneva pericolosi e sovversivi, la stampa era sottoposta ad una rigida censura da parte della polizia. Si calcolato che nel 1911 solo 40mila circa fossero di nascosto iscritti ai sindacati. Non molti di pi, e sempre clandestini, erano gli operai e i proletariati che aderivano al Partito socialdemocratico russo. Nel congresso, tenuto a Londra nel 1903, tale partito si divise in due: il Partito menscevico (questa parola, in russo, vuol dire di minoranza); il Partito bolscevico (che significava invece di maggioranza). I menscevichi erano il gruppo pi moderato. Essi sostenevano che occorreva tenere una politica di riforme politiche e sociali alleandosi con la borghesia. Questo allo scopo di portare il Partito socialdemocratico ad essere legalmente riconosciuto e poi ad ottenere il successo in libere elezioni politiche. I bolscevichi invece ritenevano che ci non sarebbe mai stato possibile in un paese arretrato e quasi privo di una borghesia liberale come la Russia. Quindi, a loro modo di vedere, per realizzare qualsiasi tipo di cambiamento sarebbe stato indispensabile realizzare una rivoluzione e prendere il potere con la forza. Il contrasto fra i due partiti, in sostanza, riproduceva quello che abbiamo visto nei movimenti socialisti dellEuropa occidentale, fra riformisti (detti anche socialdemocratici, o laburisti in Inghilterra) e massimalisti (detti anche rivoluzionari). Occorre per aggiungere che cera unassoluta diversit di condizioni fra i paesi dellEuropa occidentale e la Russia. In Europa si erano affermati e diffusi il liberalismo e la borghesia: il movimento sindacale e i partiti socialisti, anche se a prezzo di dure lotte, avevano infine ottenuto la libert di esistere e di agire. In Russia, invece, il potere era in gran parte in mano alla nobilt zarista, mentre scarsa per numero e per peso politico era la classe borghese. Tuttaltro che diffusa era ladesione al liberalismo mentre i divieti contro lattivit politica e sindacale dei lavoratori erano fatti rispettare dalla polizia con spietata durezza. La differenza nelle idee politiche si rispecchiavano nella diversa composizione sociale della base dei due partiti. I menscevichi raccoglievano i loro seguaci fra operai specializzati, i tipografi, i ferrovieri e anche fra i piccoli borghesi; i bolscevichi avevano largo seguito soprattutto fra gli operai meno qualificati e fra i pi poveri. Lenin Fra i capi del Partito bolscevico c'era un esponente della piccola nobilt di provincia, Vladimir Ulianov detto Lenin, un rivoluzionario rifugiatosi all'estero che si ispirava alle teorie filosofiche di Karl Marx.. Marx aveva parlato di una rivoluzione realizzata dalla classe operaia, che si sarebbe compiuta nei paesi pi industrializzati come conseguenza del crescente sfruttamento della stessa classe operaia da parte della borghesia. Lenin invece diede una propria interpretazione politica del pensiero di Marx, interpretazione che venne poi chiamata marxismo- leninismo. Egli capovolse l'idea centrale di Marx sostenendo che, in realt, la rivoluzione sarebbe scoppiata nei paesi pi arretrati, proprio perch in tali paesi erano insostenibili le condizioni di vita dei lavoratori. Secondo la sua convinzione, il minuscolo Partito bolscevico (che aveva, prima della Rivoluzione, poco pi di 50.000 iscritti, per di pi clandestini) avrebbe dovuto rappresentare la guida e l'avanguardia rivoluzionaria di una nuova societ comunista.Questa doveva fondarsi sulla dittatura del proletariato, cio sul dominio di tale classe sociale sulle altre, che avrebbero finito con lo scomparire, e sulla propriet collettiva dei mezzi di produzione (campi, miniere, fabbriche). Tra i mezzi di produzione da collettivizzare erano comprese quelle terre che non pochi contadini avevano riscattato a caro prezzo e coprendosi di debiti nel 1867. La piccola dimensione del suo partito non costituiva per Lenin un problema; al contrario lo rendeva pi determinato ed efficiente nel suo compito, che era quello di guidare le masse, scegliendo per essi metodi da adottare e gli obiettivi da raggiungere anche a costo di imporli con la forza. La nuova organizzazione della societ avrebbe dovuto comportare l'abolizione della religione, della propriet privata e delle distinzioni fra classi e gruppi sociali.Escluso e lontano dall'idea rivoluzionaria bolscevica restava tuttavia il mondo contadino: un mondo disperso in un territorio sterminato, chiuso in piccole realt separate l'una dall'altra. Nel primo Novecento i viaggi erano ancora difficili e ogni regione della Russia contadina viveva una sua vita tradizionale scandita dal ritmo delle stagioni. Dal punto di vista economico la campagna russa presentava situazioni e figure diverse. Molti erano i braccianti e i

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contadini poveri,proprietari di minuscoli fazzoletti di terra che li condannavano a una vita di miseria e Stenti. Ma esistevano anche contadini benestanti, se non proprio ricchi: i kulaki.Erano proprietari di appezzamenti un po' pi grandi, di piccole fattorie, di stalle con capi di bestiame. I contadini russi erano in gran parte analfabeti e legati a una cultura orale fatta di racconti e di leggende, di favole e di avventure,erano anche fortemente tradizionalisti e molto religiosi. Fra loro la Rivoluzione di Lenin avrebbe trovato enormi difficolt. Rivoluzione di Febbraio

Coinvolto nella prima guerra mondiale, il grande impero russo aveva dimostrato la fragilit e la debolezza della sua organizzazione politica e militare.In particolare, mentre le numerose sconfitte mettevano a nudo 'impreparazione dell'esercito, la produzione agricola si riduceva sempre di pi, anche perch la maggior parte dei soldati proveniva dalle campagne, che restarono alle cure delle donne e dei vecchi. Durante l'inverno 1916-17 vi fu una dura carestia e molte citt rimasero addirittura prive di generi alimentari. La fame provoc sollevazioni popolari e disordini. Nel febbraio 1917 violente dimostrazioni operaie contro il governo imperiale scoppiarono a Pietrogrado. Fu questa la prima fase della rivoluzione, la cosiddetta rivoluzione di Febbraio. L'imperatore Nicola II fu costretto ad abdicare a favore del fratello Michele, il quale tuttavia rifiut di assumere il potere. Cess cos di esistere l'impero degli zar.Dopo il crollo della monarchia zarista, due furono le forze che spontaneamente si organizzarono per prendere in mano le sorti della Russia: da una parte la borghesia liberale, dall'altra gli operai e, in parte minore, i contadini. Si form un governo provvisorio, guidato da un principe liberale che aveva l'appoggio della borghesia. Gli operai delle fabbriche, i contadini delle zone prossime alle citt e i soldati formarono dei soviet (in russo soviet vuol dire "consiglio") che avrebbero dovuto governare le fabbriche, le citt, i villaggi e i reparti dell'esercito. Quella dei soviet non era un'esperienza nuova: se ne erano formati anche durante la Rivoluzione del 1905 ed erano stati sciolti quando il governo zarista aveva ripreso il controllo della situazione.Il governo borghese e il popolo dei soviet erano divisi da un profondo disaccordo su molti punti, ma in particolare sulla condizione della guerra: il governo infatti intendeva proseguire la guerra a fianco degli alleati dell'Intesa, mentre le classi popolari, quelle che avevano subito le sofferenze pi dure, desideravano una pace immediata. Rivoluzione d'ottobre

A met del giugno 1917 un'offensiva dell'esercito russo fu fermata dai tedeschi e si risolse in un ennesimo disastro militare. La guarnigione di Pietrogrado si rivolt contro il governo invitando il soviet della citt a prendere tutto il potere. La rivolta fall e molti esponenti del partito bolscevico furono arrestati. Lenin fugg in Finlandia. La guida del governo fu affidata al socialista Kerenskij nella speranza che questi potesse riconquistare il consenso popolare. La politica di Kerenskij fu ambigua su un punto che invece era ormai decisivo per il popolo russo: la pace. Egli prese tempo, rimandando ogni decisione. Debole fu inoltre la sua posiziona nei confronti di un colpo di stato tentato dal generale Kornilov, comandante supremo dell' esercito per stabilire una dittatura militare. Il colpo di stato fu sventato dai bolscevichi che organizzarono la resistenza armata contro il generale e decisero di prendere il potere. Durante la notte fra il 6 e il 7 novembre 1917 formazioni armate bolsceviche occuparono tutti i punti strategici di Pietrogrado. L'8 novembre presero d'assalto e conquistarono il Palazzo d'Inverno, un'antica residenza imperiale dove era riunito il governo Kerenskij. Istituirono poi il nuovo governo rivoluzionario: il soviet dei commissari del popolo. Secondo il calendario allora in uso in Russia la data del 7 novembre corrispondeva al 25 ottobre. E' per questo che la rivoluzione iniziata in quel giorno nota come la Rivoluzione d'Ottobre. Le prime iniziative prese dal governo rivoluzionario furono l'impegno a firmare una pace immediata con la Germania (pace di Brest- Litovsk) e un decreto che confiscava le grandi propriet terriere. Con un altro decreto fu stabilito il controllo degli operai sulla produzione industriale.

LA GUERRA CIVILE: L'ARMATA ROSSA CONTRO LE ARMATE BIANCHE E L'INTERVENTO STRANIERO Dopo la pace con la Germania la situazione continu ad essere drammatica: in tutto il paese infuriava in-

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fatti la guerra civile.Contro il governo rivoluzionario si schierarono i generali rimasti fedeli all'imperatore, con le loro armate che furono dette armate bianche. La controrivoluzione trov l'appoggio delle regioni che volevano costituirsi in repubbliche indipendenti come l'Ucraina, la Georgia, il Caucaso e l'Armenia.Le grandi potenze: Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Giappone, per evitare che la rivoluzione si allargasse fuori dai confini russi, inviarono truppe a sostegno delle armate bianche. Lenin e Lev Davidovic Trotzkij, suo strettissimo collaboratore, agirono con grande durezza e decisione. Trotzkij in persona organizz un esercito fedele alla rivoluzione, l'Armata rossa. Lo zar, gi imprigionato in una localit di campagna, Ekaterinenburg, venne fucilato con tutta la sua famiglia (1918). Lenin istitu una polizia politica, la Ceka, che perseguit in modo spietato la borghesia, i contadini e perfino gli esponenti socialisti, rivoluzionari e anarchici che non avevano aderito al partito bolscevico. La guerra civile fu crudele e sanguinosa, tanto che si parlato di "terrore bianco" e "terrore rosso".Moltissimi pagarono con la vita , fucilati o impiccati, la scelta di sostenere l'una o l'altra parte. Il 1921 segn la vittoria dell'Armata rossa: le truppe straniere vennero ritirate, si arresero i generali zaristi, furono sconfitti i governi autonomi che si erano formati in Ucraina, Georgia, Armenia. Nacque un nuovo stato: l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. (URSS).

La

nuova

politica

economica

Problemi enormi attendevano il nuovo governo sovietico, che aveva confiscato tutti i mezzi di produzioni (terre, industrie, macchinari, miniere) e li aveva dichiarati di propriet collettiva. La produzione agricola era nel frattempo calata al 55% rispetto a quella degli anni precedenti la guerra, mentre quella industriale era crollata addirittura al 10% e il commercio estero quasi non esisteva pi Lenin stesso si rese conto che non era possibile creare da un giorno all'altro una vera economia comunista. Trov quindi una soluzione di compromesso che chiam Nuova Politica Economica (abbreviato in NEP). In sostanza, restarono in mano ai privati molte propriet contadine di dimensioni medio-piccole, gran parte del commercio interno, la piccole aziende familiari. Nonostante i severi limiti posti alle attivit private, la NEP diede subito fiato alla disastrata economia sovietica: negli anni 1923-24 solo il 38,5% della produzione totale era frutto del lavoro del settore statale, mentre tutto il resto provenne dalle libere attivit dei privati. La percentuale della produzione privata sul totale sal a oltre il 98% nell'agricoltura, grazie soprattutto all'intraprendenza dei Kulki, i contadini benestanti. STALIN Nel 1924, alla morte di Lenin, il potere pass a Stalin, che si sbarazz con la forza di ogni rivale. Negli anni successivi egli afferm con spietata durezza il suo potere personale.Rivale di Stalin per il potere, ma anche sul piano politico, era stato Trotzkij, l'eroe della difesa contro le armate bianche. Trotzkij avrebbe voluto l'esportazione del modello rivoluzionario sovietico, Stalin invece voleva mantenere il socialismo in Russia senza impegnarsi per il socialismo nel resto del mondo. Trotzkij fu costretto a scappare dalla Russia, ma Stalin lo fece uccidere da un sicario in Messico. L'ECO DELLA RIVOLUZIONE In Occidente le notizie provenienti dalla Russia sollevarono grandi preoccupazioni ed emozioni. I governi e le classi dirigenti ebbero il timore che il contagio rivoluzionario si allargasse. L'invio delle truppe occidentali in aiuto dei generali zaristi e delle armate bianche non fu sufficiente a sconfiggere la Rivoluzione ma la guerra cre enormi difficolt alla nuova dirigenza bolscevica e al nuovo stato comunista. Anche per questo motivo prevalsero le idee di Stalin sul rafforzamento del comunismo all'interno della Russia e sulla rinuncia da esportare la Rivoluzione nel resto del mondo. Fortissime invece furono le emozione e le speranze che la Rivoluzione fece nascere nelle classi popolari dell'Occidente soprattutto fra gli operai. Per lungo tempo molti pensarono alla russia sovietica come al paradiso dei lavoratori: un paese dove il popolo poteva governarsi da s, dove si era liberato con le proprie mani dall'oppressione e dallo sfruttamento. Anche se questo, molto pi tardi, non si sarebbe rivelato vero, l'idea di "fare come in Russia" divenne per molti , che vi credettero in assoluta buona fede, un ideale traguardo di politica e giustizia sociale.

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14 punti di Wilson Riassunto:

Ancor prima della conclusione della guerra il presidente Wilson, con i suoi Quattordici punti, aveva esposto i principi fondamentali ai quali i trattati di pace si sarebbero dovuti ispirare. Per costruire una pace duratura, egli afferm, occorreva garantire: il diritto dei popoli all'indipendenza nazionale e all'autodecisione; il rispetto dei confini naturali dei singoli Stati; la riduzione degli armamenti; l'abolizione delle barriere doganali; la libert dei commerci e dei mari; la fine della diplomazia segreta. - Infine un associazione generale di tutte le nazioni avrebbe dovuto far rispettare i diritti di tutti gli Stati e in particolare dei pi piccoli e dei meno potenti. I quattordici punti di Wilson L'8 gennaio 1918 il presidente Wilson annunci al Congresso degli Stati Uniti le condizioni per giungere a una pace giusta e durevole, sintetizzate in 14 punti. Riportiamo qui le affermazioni pi importanti. Esse costituirono il punto di partenza per le trattative diplomatiche, condotte durante la conferenza della pace di Parigi, l'anno seguente. Le conclusioni, tuttavia furono in molti casi lontanissime dai principi di Wilson. Il programma della pace nel mondo il nostro stesso programma; e questo programma, il solo possibile, secondo noi, il seguente: 1. Pubblici trattati di pace, conclusi apertamente, dopo i quali non vi saranno pi accordi internazionali privati di qualsivoglia natura. 2. Libert assoluta di navigazione sui mari, sia in tempo di pace che in tempo di guerra. 3. Soppressione, nei limiti del possibile, di tutte le barriere economiche e stabilimento di condizioni commerciali uguali per tutte le nazioni che acconsentono alla pace e si associano per mantenerla. 4. Garanzie sufficienti date e prese che gli armamenti nazionali saranno ridotti all'estremo limite compatibile con la sicurezza interna del paese. 5. (...)

6. Evacuazione di tutti i territori russi e regolamento di tutte le questioni concernenti la Russia (...) per assicurarle una sincera accoglienza tra le nazioni libere sotto un governo che essa stessa avr scelto. 7. il mondo intero sar d'accordo che il Belgio debba essere evacuato e restaurato, senza alcun tentativo di limitare la sovranit di cui fruisce alla stregua delle altre nazioni libere. 8. Tutto il territorio francese dovr essere liberato, e le parti invase dovranno essere interamente ricostruite. 9. Una rettifica delle frontiere italiane dovr essere effettuata secondo linee di nazionalit chiaramente riconoscibili. 10. Ai popoli dell'Austria-Ungheria, di cui desideriamo salvaguardare il posto fra le nazioni, dovr essere data al pi presto la possibilit di uno sviluppo autonomo. 11. La Romania, la Serbia e il Montenegro dovranno essere evacuati; saranno ad essi restituiti quei loro territori che sono stati occupati (...). 13. Uno stato polacco indipendente dovr essere costituito, comprendente i territori abitati da nazioni polacche, alle quali si dovrebbe assicurare un libero accesso al mare. 14. Una Societ Generale delle Nazioni dovrebbe essere formata in virt di convenzioni formali aventi per oggetto di fornire garanzie reciproche di indipendenza politica e territoriale come ai grandi stati.

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Riassunto: Il Comunismo Riassunto: Nel 1918 in Russia era scoppiata una sanguinosa guerra civile fra i rossi, sostenitori del regime comunista dei soviet, e i bianchi, di cui facevano parte sia filo zaristi e borghesi nazionalisti allo scioglimento dellAssemblea costituente. Temendo la diffusione della rivoluzione, anche le potenze dellIntesa inte rvennero in aiuto allArmata bianca. Volendo impedire un ritorno degli zar, nel 1918 la famiglia imperiale fu trucidata dai bolscevichi, mentre lanno successivo Lenin istitu la Terza Internazionale, finalizzata a di ffondere su scala mondiale la rivoluzione proletaria. La priorit per il governo sovietico era naturalmente di porre fine alla sanguinosa guerra civile: a tale scopo fu creato un esercito, lArmata rossa, che entro il 1921 riusc a sconfiggere gli avversari. Negli anni della guerra Lenin intraprese un programma di controllo forzato su tutta la produzione, specialmente quella agraria, chiamato comunismo di guerra: la propriet fu abolita, le derrate alimentari confiscate e fu stabilito il controllo operaio sulle fabbriche. Allopposizione dei contadini, colpiti anche dalla crisi agricola e da carestie, il governo comunista rispose con dure repressioni, attuate per mezzo della ceca, polizia di stato utilizzata contro i nemici della rivoluzione. Di fronte al fallimento del comunismo di guerra, a partire dal 1921 Lenin diede corso alla Nep (Nuova politica economica). Essa prevedeva lapertura al libero commercio, l aumento dei prodotti disponibili per il consumo, la prospettiva di profitti privati e una maggiore libert per i contadini. Nel corso della Nep vene intrapresa la lotta allanalfabetismo, che si accompagn per alla repressione verso ogni forma di cr edenza religiosa e a un rigido insegnamento marxista nelle scuole. Nel 1922 venne creata lUnione delle repubbliche socialiste sovietiche, che venne dotata di una Costit uzione (31 gennaio 1924); la direzione dello Stato fu accentrata nella meni del Comitato centrale del Partito comunista, che deteneva il potere sulla base del principio marxista della dittatura del proletariato; il potere giudiziario fu attribuito alla Corte suprema dei soviet. Lenin cerc di fare uscire lUnione sovietica dallisolamento internaz ionale. Ci provoc una discussione interna allos schieramento bolscevico, che si concretizz su due linee opposte: quella della rivoluzione permanente (Trotskij) e quella del socialismo in un Paese solo. A Lenin morto nel 1924, succedette Stalin, che propose di esportare la rivoluzione nei Paesi confinanti con lUnione Sovietica, diffondendo gr adualmente il comunismo su scala mondiale. Per incentivare lo sviluppo del Paese, Stalin intraprese la via dellindustrializzazione. A tale scopo, pr omosse dapprima la collettivizzazione forzata della terra, sterminando i kulaki ( i cittadini pi abbienti), e in seguito predispose i piani quinquennali, che avevano lo scopo di incrementare ulteriormente la produzione industriale. LUrss fece straordinari progressi econ omici, grazie soprattutto a un intenso sfruttamento della forza-lavoro. Per portare avanti la sua strategia economica Stalin utilizz larma del terrore e della repressione, annu llando ogni fermento di democrazia e creando un sistema dittatoriale fondato su un potere personale e tirannico. Il terrore fu inizialmente utilizzato contro operai e contadini, ma ben presto fu esteso anche ai membri dello stesso partito. Le grandi purghe, infatti, fra il 1936 e il 1938, videro i processi e le condanne a morte della vecchia guardia bolscevica, di molti dirigenti del partito e di altri esponenti dellesercito. Tra le vittime vi furono nomi eccellenti come Trotskij, Kamenev, Zinovev, Rodek, Bucharin, oltre a circa 35.000 ufficiali di alto e medio grado e quasi la met dei quadri dellintero esercito, a partire dal maresciallo Michail Tuchacevskij. Milioni di persone accusate di essere nemici del popolo vennero rinchiuse nei gulag, campi di lavoro coatto posti nelle zone pi inospitali del Paese (Siberia). Il regime pot consolidarsi anche attraverso una massiccia opera di propaganda e di esaltazione della figura di Stalin, intorno a cui si costru un vero e proprio culto della personalit. Buona parte della popolazione accett il regime anche perch il tenore di vita era generalmente migliorato per tutti. Inoltre il Paese non aveva mai riconosciuto lesperienza della democrazia ed era passato direttamente dalloppressivo regime degli zar a quello di Stalin. Daltra parte i governi occidentali abbandonarono la diffidenza nei confronti dellUrss a causa dellavvento del nazionalsocialismo in Germania e nel timore di una possibile ripresa dellespansionismo tedesco. Nel 1933 lUrss venne ammessa nella Societ delle Nazioni e riconosciuta dagli Stati Uniti, in cambio dellaccettazione di ununit di azione fra comunismo e borghesia contro il fascismo.

Gli ultimi anni di Lenin Dopo la guerra mondiale e anni di drammatico conflitto intestino, allinizio degli anni Venti la situazione nella neonata Unione Sovietica (Urss) sembra stabilizzarsi e Lenin tenta di intervenire per dare respiro a una situazione economica tragica. I tentativi di liberalizzare la produzione e lo scambio, soprattutto dei prodotti agricoli, passati alla storia come Nuova politica economica (Nep), sembrano ad alcuni osservatori una possibilit di superare la rigida organizzazione dallalto sperimentata con il consumismo di guerra.

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Da Lenin a Stalin Oggi molte delle iniziative leniniane appaiono dei palliativi, mai applicati con la convinzione di renderli permanenti. In ogni caso, il periodo di questi tentativi di riforma destinato a durare poco. Nel 1924 Lenin, gi da tempo gravemente malato, muore, e dopo una dura lotta per il potere Stalin riesce a prevalere sugli avversari ed ad assumere la guida dello Stato. Il controllo di tutta la societ concentrato nelle mani del Partito comunista, listituzione di cui Stalin segretario generale e che rappresenta lo strumento e ssenziale della sua influenza politica. Lazione staliniana d al sistema totalitari o sovietico la forma che lo contraddistinguer nei successivi decenni: leconomia guidata verso la collettivizzazione delle terre e lindustrializzazione forzata, mentre ogni forma di opposizione, anche interna allideologia comunista, duramente repressa. Conseguenze sociali dello Stalinismo Il peso di questa organizzazione sulla societ dellUrss enorme, allinizio degli anni Trenta milioni di persone muoiono in una tremenda carestia, provocata dalla scelta di vendere la produzione di grano allestero in cambio di trattori, macchine utensili e strumenti industriali. Alla fine del decennio, unaltra strage di proporzioni simili avviene con le cosiddette purghe, che provocarono leliminazione fisica e la deportazione di tutti i membri del partito anche solo vagamente sospettati di opposizione, e di ogni persona che avesse avito a che fare con loro. Il clima di terrore e di rassegnazione alle persecuzioni che si diffonde in tutto il Paese sar per lungo tempo un tratto distintivo dellatteggiamento dei c ittadini sovietici verso il loro Stato. Situazione generale In seguito alla rivoluzione dottobre, in Russia scoppia una guerra civile che vede contrapposte lArmata rossa, guidata da Lev Trotskij, e lArmata bianca, costituita dagli oppositori dei bolsce vichi. La prima regione a insorgere contro il potere sovietico quella intorno al Don, nel dicembre 1917. Nella seconda met del 1918 le truppe dellIntesa sbarcano in diverse zone del Paese, partendo dagli Stati baltici, indipendenti dopo la pace di Brest-Litovsk, e dallUcraina. Nel maggio del 1918 i bianchi conquistano, sotto la guida del generale Kolcac, il controllo di quasi tutta la Siberia. Il 23 luglio 1918 viene proclamata la Repubblica socialista sovietica, con capitale Mosca. Con la morte di Lenin, la guida del nuovo Stato passa nelle mani di Stalin, il quale, attraverso un rigido controllo del potere politico, economico e militare, avvia al Paese verso una rapida industrializzazione. La guerra civile ha termine nel 1922 con al vittoria bolscevic a; lultimo corpo di spedizione straniero riprende il mare dal porto di Vladivostok. Gulag russi I gulag sovietici, strumenti di educazione e di sfruttamento Nati durante lo zarismo, i gulag furono probabilmente istituiti da Pietro il Grande e usati sin dal principio come campi di prigionia dove gli oppositori e i personaggi scomodi venivano confinati e condannati ai lavori forzati. Dopo la rivoluzione bolscevica, Lenin, che in un primo momento aveva fatto liberare tutti i prigionieri politici, fece in seguito ristrutturare e ampliare i campi di lavoro realizzati ai tempi della Russia imperiale, al fine di rinchiudervi tutti i nemici del popolo. Fu soprattutto a partire dal 1936 per che i gulag sovietici divennero il centro di raccolta di migliaia di persone, vittime del regime staliniano. Nel clima di terrore instaurato da Stalin, ogni cittadino poteva essere riconosciuto colpevole, anche in seguito a unaccusa anonima o infondata, arrestato, sommariamente giudicato e trasferito nei gulag, dove lo aspettavano quasi sempre terribili sofferenze fisiche e psicologiche. Esisteva una sorta di pianificazione degli arresti, ed questo uno degli aspetti pi agghiaccianti della storia dei gulag: il numero dei detenuti che avrebbe dovuto popolare un campo veniva deciso a inizio anno secondo le direttive dello stesso Stalin, che fece del lavoro coatto una delle basi dellindustrializzazione della Russia. Le ubicazioni dei campi di lavoro venivano scelte prima di tutto per facilitare lisolamento dei prigionieri perci la maggior parte dei gulag erano situati nei territori remoti della Siberia, che per le sue ostili condizioni climatiche era stato il pi sfruttato ed efficace luogo di punizione fin dai tempi degli zar. Si trattava di regioni vastissime e perlopi disabitate, senza collegamenti, prive di fonti di sostentamento, ma ricche di minerali e legame. Data la loro importanza come mezzo per avere forza lavoro a basso costo, i gulag proliferarono oltre che in Siberia in tutta lUnione Sovietica, ovunque la conviven za economica ne giustificasse la costruzione. Le attivit dei detenuti consistevano nel taglio e trasporto di legname, nel lavoro in miniera, nella costruzione di strade e ferrovie e in altre opere, tante delle quali inutili, realizzate al prezzo di tante vite umane: basti pensare al canale tra il Mar Baltico e il Mar Bianco o alla ferrovia in Siberia lungo il Circolo Polare Artico. Le condizioni dei condannati erano disumane: vivevano e lavoravano in catene, alloggiavano in baracche

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umide, fredde e sovraffollate; la sorveglianza era strettissima, cani da guardia, filo spinato e territori impervi toglievano ogni speranza di fuga. Quote di produzione assurde sottoponevano a massacranti turni di lavoro i detenuti, che erano mal nutriti e non adeguatamente vestiti, deliberatamente curati. La durezza di tali condizioni fu la causa principale dellalto tasso di mortalit nei gulag, dove migliaia di persone ha nno perso la vita. Il totale dei morti difficilmente documentabile, si stima che fra il 1929 e il 1953 nei campi di lavoro siano decedute pi di due milioni di persone, senza dimenticare che i sopravvissuti soffrirono danni fisici e psicologici permanenti. La pubblicazione nel 1973 del romanzo autobiografico di Aleksander Solzenicyn, Arcipelago Gulag, fece conoscere al mondo intero lorrore dei campi; da allora, e in particolare dopo il crollo dellUnione Soviet ica, molti documenti tenuti troppo a lungo nascosti hanno iniziato a far nuova luce su questa ferita della storia della civilt del XX secolo. Arcipelago Gulag, ad esempio, contiene una dettagliata descrizione del funzionamento del gulag in tutti i suoi aspetti. Il punto di forza dellopera quello di mettere a fuoco gli i nfiniti effetti dellinferno del gulag sulla psiche dei prigionieri. Esso rapprese nta perci un omaggio alla memoria delle vittime innocenti e unappassionata denuncia dellefferatezza dello stalinismo. Nel segue nte brano Solzenicyn paragona i prigionieri ai servi della gleba: Dei servi della gleba! Il confronto veniva spontaneo a molti, e non a caso, ogni qualvolta avevano il tempo di riflettere. Non i singoli tratti, ma il senso principale dellesistenza della servit della gleba e dellArcipelago era uno solo: istituzioni pubbliche per lo sfruttamento coercitivo e spietato del lavoro gratuito di milioni di schiavi. Sei giorni la settimana, spesso sette, gli indigeni dellArcipelago si recavano spossanti corvees che non portavano loro alcun utile personale. A loro non era concesso, come ai servi della gleba, di lavorare per se stessi il quinto, e nemmeno il settimo giorno, perch al mantenimento provvedeva ogni mese la razione del lager, la mensilit. Erano anchessi divisi in servi prestatori di lavoro (gruppo A) e servi addetti alla casa (gruppo B) che se rvivano direttamente il proprietario terriero (capo del lager) e la tenuta (la zona). Erano riconosciuti malati (gruppo C) solo quelli che non riuscivano pi a scendere dalla stufa (dal pancaccio). Esistevano ugualmente castighi per i colpevoli (gruppo D), con la differenza che il proprietario terriero agiva nei propri interessi e puniva con la minor perdita possibile di giornate lavorative, con fustigazioni in scuderia, poich non aveva la cella di rigore, mentre il capo del lager, secondo le istruzioni emanate dallo Stato, rinchiude il colpevole nellisolatore di punizione, o nella baracca di regime poteva prendersi un qualsiasi schiavo come lacch, cuoco, parrucchiere o buffone (poteva anche formarsi in compagnia teatrale di servi della gleba, se gli piaceva), nominare governante di casa una qualsiasi schiava, farne la sua concubina o domestica. Come il proprietario terriero, poteva permettersi qualunque stravaganza, poteva mostrare liberamente la sua indole. [] Incapace di prevedere la volont del padrone, il servo della gleba pensava poco al domani, e cos pure il detenuto. [] Come il servo della gleba non sceglieva il suo destino, non era colpevole della propria nascita, cos non lo sceglieva il detenuto, capitava anchegli nellArcipelago per pura fatalit.

L'Europa dopo la prima guerra mondiale


Riassunto: Nella conferenza di pace di Parigi (18 gennaio 1919) le quattro potenze vincitrici (Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Italia) si scontrarono su due diversi orientamenti da adottare per la nuova sistemazione dellEuropa: quello democratico, espresso dal presidente americano Wilson nei Quattordici punti, basato sui principi dellautodecisione dei popoli e del rispetto delle nazionalit; e quello di Francia e Inghilterra, intenzionate a mettere i Tedeschi in condizione di non poter pi nuocere. Nel 1919 venne fondata a Ginevra la Societ delle Nazioni, un organismo internazionale preposto a regolare pacificamente le controversie tra gli Stati; la sua azione tuttavia fu limitata dal ritiro degli Stati Uniti e dalla mancanza di mezzi concreti di intervento contro quelle nazioni che avessero disatteso lopera di mediazione condotta dalla Societ stessa. Nonostante la politica conciliante degli Stato Uniti, la Francia e lInghilterra puntarono allannientamento non solo militare, ma anche economico della Germania. Per questo le due potenze decisero di imporre pesanti clausole di pace alla Germania (trattato di Versailles, giugno 1919), che suscitarono sentimenti di rivincita del popolo tedesco. Sul vastissimo territorio appartenente all antico impero austro-ungarico sorsero quattro Stati indipendenti: Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Iugoslavia (chiamata fino al 1929 regno di Serbi, Croati, Sloveni). Fu riconosciuta inoltre lindipendenza dellAlbania. AllItalia lAustria cedette il Trentino, lAlto Adige, lIstria e lalto bacino dellIsonzo (trattato di Saint Germain, settembre 1919). Sui territori un tempo appartenuti alla Russia nascevano i nuovi Stati indipendenti della Finlandia, dellEstonia, della Lettonia e della Lituania. Con il trattato di Neuilly (novembre 1919) fu riconosciuta anche lindipendenza della Bulgaria.

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Oltre al crollo dellAustria-Ungheria vi fu anche la fine di un altro immenso impero, quello ottomano. Con il trattato di Sevres del 10 agosto 1920 la Turchia si trov non solo ridotta a un modesto Stato, ma anche privata di tutti i territori arabi e della sovranit sugli Stretti (Bosforo e Dardanelli) e costretta a pagare pesanti riparazioni di guerra. La rivolta nazionalista del generale Ataturk port in seguito alla proclamazione delle pesanti clausole del trattato e alla loro sostituzione con altre pi accettabili, siglate nel trattato di Losanna (1923). Francia e Inghilterra procedettero inoltre alla spartizione del Vicino Oriente in due rispettive zone di influenza attraverso la politica dei mandati: la Francia ottenne il mandato su Siria e Libano, lInghilterra su Iraq, Transgiordania e Palestina. Ci suscit la rabbia degli Arabi, ulteriormente inaspriti dal progetto di costituire la Palestina una sede nazionale ebraica (dichiarazione Balfour). La spinta allindipendenza dei popoli arabi aveva portato nel frattempo allunificazione fra il 1919 e il 1932 della penisola arabica, fino ad allora divisa in diversi Stati, e alla creazione del regno dellArabia Saudita . Il conflitto cre le premesse per una nuova fase della storia mondiale, caratterizzata dallinizio di un tr avagliato movimento di emancipazione dei Paesi coloniali. Nel XX secolo infatti nei Paesi afroasiatici da questa ondata di riscossa fu limpero coloniale britannico, che dopo la prima guerra mondiale aveva ulteriormente ampliato i suoi possedimenti. Nel frattempo lInghilterra era stata costretta a concedere lindipendenza agli Stati del Commonwealth (al Canada nel 1869, allAustralia nel 1910 e alla Nuova Zelanda nel 1917) e allEgitto (1922), dove per mantenne il controllo del canale di Suez. Particolarmente significativo fu il movimento indipendentista dellIndia, guidato da Gandhi, detto Mahatma, secondo il qu ale lemancipazione dagli inglesi doveva essere ottenuta attraverso la non-violenza. Limpero coloniale francese, ingrandito con il possesso delle ex colonie tedesche (Camerun e Togo) e il controllo sulla Siria, continu nella sua politica di sfruttamento delle risorse locali. Il Giappone, che dopo il conflitto aveva acquisito le ex colonie tedesche in Asia, diede impulso alla sua politica imperialistica: nel 1931 occup la Manciuria, approfittando della confusa situazione politica cinese. Dopo la caduta della dinastia imperiale Manci (1912) e la proclamazione della repubblica, la Cina si era infatti divisa in due: nel Nord dominavano i reazionari signori della guerra, nel Centro-Sud governava il democratico Sun Chung-shan. La minaccia giapponese aveva favorito la nascita del Partito nazionalista (Kuomintang), guidato da Chiang Kai-shek: questi, sconfitti i signori della guerra, aveva formato un nuovo governo con capitale Nanchino. In seguito si era aperto lo scontro tra il Kuomistang e il partito comunista cinese, fondato tra gli altri da Mao Tse-tung, convinto della necessit di coinvolgere nella rivoluzione le masse contadine. Battuti da Chiang Kai-shek, i comunisti e il loro esercito (lArmata rossa) si spostarono con la lunga marcia (1934) nel settentrione del Paese, dove fondarono una repubblica comunista. Di fronte per allavanzata nipponica, comunisti e nazionalisti deposero ogni rivalit e adottarono una politica di unit nazionale (1937), alleandosi nella guerra contro il Giappone.

Il Fascismo in Italia - Riassunto Benito Mussolini, in Italia Riassunto: Nel corso di pochi ma travagliati anni il fascismo aveva raccolto sempre pi consensi. Mussolini in breve aveva abbandonato i progetti repubblicani e aveva trasformato il movimento in senso conservatore, trovando lappoggio dei ceti possidenti e della media borghesia e accentuando prima di tutto il suo carattere antisocialista. Sin dal 1919, inoltre, egli aveva dato vita alle squadre dazione o squadracce, che con luso della violenza intervenivano per bloccare gli scioperi degli operai e dei braccianti, assalivano le cooperative e le leghe operaie, le sedi dei partiti e dei giornali socialisti (come era avvenuto nella sede milanese dellAvanti!). La situazione sembr precipitare il 21 novembre 1920, giorno in cui a Bologna f urono sparati alcuni colpi di pistola contro Palazzo dAccursio, sede del Comune, proprio mentre il sindaco socialista appena eletto si affacciava per parlare alla folla. Dalle finestre del palazzo risposero con un lancio di bombe, che fecero numerose vittime fra i presenti. Da quel momento la reazione fascista divenne incontenibile, espressione di una decisa volont controrivoluzionaria e di un sordo sentimento di rivincita nei riguardi delle organizzazioni contadine e operaie e dei partiti che le sostenevano. Il governo, dal canto suo, era incapace di bloccare le violenze dei fascisti, anzi in pi di unoccasione si mostr del tutto indifferente, finendo col favorire un clima di diffusa illegalit. La nascita del Partito comunista Sottoposto a frequenti attacchi da parte dello squadrismo fascista e sempre pi diviso al suo interno, il Partito socialista ormai mostrava profondi segni di debolezza. Il divario fra riformisti e massimalisti da una parte e la corrente comunista dallaltra divenne talmente netto che, nel corso del congresso socialista di Livorno, la minoranza di estrema sinistra dette vita, il 21 gennaio 1921, al Partito comunista italiano. Sotto

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la guida di Antonio Gramsci e di Amadeo Bordiga il nuovo partito ader alla Terza Internazionale, fondata nel 1919 in seguito alla vittoria dei bolscevichi in Russia. Il blocco nazionale e il successo elettorale dei fascisti Nel frattempo Giolitti, per risanare il bilancio statale, aveva avviato alcune importanti riforme tese ad aumentare la pressione fiscale sui ceti abbienti: il che accentu il malumore delle destre, rendendo sempre meno stabile la posizione del presidente del Consiglio. Fu cos che Giolitti decise di ricorrere allo scioglimento anticipato delle Camere e di indire nuove elezioni nel maggio 1921. Al fine di indebolire socialisti e popolari e ottenere conseguentemente una consistente maggioranza, i giolittiani non esitarono a costituire unalleanza elettorale con nazionalisti e fascisti: il cosiddetto blocco nazionale. I risultati usciti dalle urne misero in luce tutta lillusoriet del piano giolittiano, in quanto non premiarono i liberali, ma consacrarono invece lascesa del fascismo, che pass dai poco pi di 4.000 voti del 1919 ai 310.000 del 1921 ed entr in Parlamento con ben 35 deputati: tra essi lo stesso Mussolini. Per di pi nel corso del Terzo congresso nazionale fascista, tenutosi a Roma nel novembre 1921, veniva fondato il Partito nazionale fascista (Pnf). Le basi del fascismo Le ragioni del successo del nuovo partito vanno ricercate nel comportamento dei ceti medi, ma soprattutto della piccola borghesia che, non protetta dalla organizzazioni sindacali come lo era il proletariato e del tutto indifesa nei confronti dello strapotere economico della grande borghesia, tendeva a rivendicare un proprio spazio vitale. Nel genere turbamento dello Stato i fascisti finirono per per trovare il sostegno anche della grande borghesia agraria e industriale, per la quale le occupazioni delle fabbriche e delle terre erano apparse un vero e proprio attentato alla propriet privata, un nuovo passo verso la conquista del potere da parte delle classi popolari. Inoltre i ceti possidenti, sempre pi decisi a superare gli inefficaci metodi giolittiani, erano in parte convinti di poter strumentalizzare il movimento in senso antisocialista e quindi di poterlo facilmente liquidare. Analoga convinzione ebbero anche molti liberali, che ritenevano che lestremismo fascista si sarebbe con il tempo placato e sarebbe rientrato nellordine costituzionale, una volt a messa a tacere la violenza proletaria. La difficolt di creare un nuovo governo Il primo risultato delle elezioni del 1921 fu la caduta del ministero Giolitti. Lincarico di formare un nuovo governo venne affidato prima al socialista Ivanoe Bonomi (1873-1951) e poi al giolittiano Luigi Facta (1861-1930), dotato di scarsa autorit. Nel frattempo Mussolini, entrato in Parlamento e ottenuta una patenti di rispettabilit, intensific le spedizioni della squadre dazione. In breve tempo la mancanza di ogni intervento della forza pubblica contro lo squadrismo fin per persuadere gli stessi fascisti, nonch una parte dellopinione pubblica, che essi erano i veri e soli difensori della stabilit politica e dellordine. Mu ssolini dichiarava ormai di voler arrivare con la forza al governo del Paese, nella consapevolezza di poter contare sulla protezione della vecchia classe dirigente. Nuova scissione socialista Il fascismo fu inoltre favorito dal permanere di profonde divisioni allinterno del Partito socialista. Q uando nel 1922, di fronte al moltiplicarsi delle azioni illegali e violente dei fascisti, i socialisti decisero di offrire la propria disponibilit per una collaborazione governativa, era ormai troppo tardi. Lunica conseguenza di questa decisione fu una nuova scissione del Partito socialista italiano, maturata nel corso del congresso socialista di Roma (1-3 ottobre 1922), durante il quale la maggioranza massimalista espulse i riformisti dal partito: questi ultimi costituirono il Partito socialista unitario (Psu). Ne deriv un ulteriore pericoloso indebolimento del Psi, alla cui direzione venne chiamato prima Giacinto Menotti Serrati, poi Pietro Nenni (1891-1980). A ricoprire il ruolo di segretario del Psu fu chiamato Giacomo Matteotti (1885-1924), personalit di grande statura politica e morale. La marcia su Roma Intanto nel Paese la situazione si deteriorava progressivamente. Il 26 ottobre 1922 Mussolini ordin ai suoi seguaci di marciare su Roma e di impadronirsi del potere, convinto che limpresa sarebbe stata facile per il sostanziale permissivismo delle autorit statali. Posto di fronte a questa prova di forza cos apertamente al di fuori della legge, il presidente del Consiglio Facta si prepar a resistere alle squadre fasciste che, male armate e numericamente poco consistenti, si erano avviate verso la capitale sotto la guida di un quadrumvirato formato dai pi diretti collaboratori di Mussolini, Italo Balbo (1896-1940), Michele Bianchi (1883-1930), Emilio De Bono (1866-1944) e Cesare Maria De Vecchi (1884-1959). Quando per Facta present al sovrano il decreto che proclamava lo stadio di assedio, Vittorio Emanuele III non solo si rifiut di firmare (28 ottobre), ma invit Mussolini, che era a Milano, a raggiungere la capitale per formare un nuovo governo (30 ottobre). La monarchia aveva cos scavalcato il Parlamento, compiendo un vero e

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proprio colpo di Stato: i fascisti costituivano ancora in ambito parlamentare una ristretta minoranza, che non avrebbe avuto il diritto di assumere la direzione della vita politica del Paese. Il governo di coalizione di Mussolini La notizia della creazione di un nuovo ministero con a capo Mussolini fu accolta con un sospiro di sollievo dalla maggioranza del Parlamento ad eccezione naturalmente dei comunisti e della quasi totalit dei socialisti e dagli ambienti di corte, che ritenevano in tal modo scongiurato il rischio di una guerra civile e nella convinzione che il fascismo sarebbe rientrato nella legalit. Sfruttando tale stato danimo, Mussolini si affrett a formare un nuovo ministero di coalizione, composto cio esclusivamente da fascisti ma anche da tre liberali, due popolari, due socialdemocratici, nonch da alcuni altri esponenti delle forza armate. Mussolini inizialmente lasci relativamente liberi la stampa e i partiti, dichiarando nel primo discorso alla Camera che le libert garantite dallo Statuto Albertino non sarebbero state toccate e che anche i suoi seguaci sarebbero ritornati al rispetto della legge. Violenze e limitazioni del potere parlamentare consolidano il potere fascista In realt Mussolini continuava ad appoggiare in forma pi o meno scoperta le azioni illegali degli squadristi, al fine di mettere a tacere gli avversari pi temibili: le spedizioni punitive e le violenze ai danni di qualsiasi organizzazione democratica di stampo sia cattolico sia socialista proseguivano indisturbate, con la protezione degli organi governativi e in mezzo allindifferenza o al consenso di parte della popolazione. Ci non poteva suscitare la perplessit anche nei partiti che sostenevano il governo e una sempre pi netta opposizione da parte degli antifascisti, che cercavano di esprimere il proprio dissenso in Parlamento o attraverso la stampa. Nello stesso tempo, Mussolini cercava ogni mezzo di togliere prestigio e autorit al Parlamento: nel dicembre 1922 fond il Gran consiglio del fascismo, supremo organo collegiale destinato a prendere decisioni politiche e quindi a limitare notevolmente le funzioni parlamentari. Nel gennaio 1923 arriv a sostituire un vero e proprio esercito posto direttamente ai suoi ordini, trasformando le squadre dazioni in Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn). La modifica della legge elettorale e le elezioni politiche del 1924 In ogni caso, il fascismo disponeva ancora di un numero esiguo di deputati e pertanto si imponeva la necessit di ottenere la maggioranza alla Camera. Ecco perch Mussolini decise di indire nuove elezioni per il mese di aprile del 1924, dopo avere fatto votare nel novembre 1923 una legge elettorale di tipo maggioritario (la cosiddetta legge Acerbo), destinato ad assicurare la maggioranza parlamentare, due terzi dei seggi, al partito che avesse raccolto pi voti. Liniziativa era fondata sulla certezza di Mussolini di poter ottenere molti consensi, una certezza motivata da tre ragioni: - il clima di violenza - lappoggio di alcuni autorevoli uomini politici - il fatto che una gran parte della popolazione, da troppo poco tempo ammessa a votare e quindi priva di esperienza democratica, poteva essere facilmente convinta dalla propaganda fascista. Inoltre, al fine di assicurare in ogni modo il successo alla lista nazionale da lui capeggiata, Mussolini volle che le operazioni elettorali si svolgessero sotto il segno dellintimidazione e consent che i su oi incaricati violassero il segreto delle urne e commettessero brogli nello spoglio delle schede. In tal modo la lista governativa (il cosiddetto Listone) arriv a conquistare il 65% dei voti. Il delitto Matteotti e la secessione dellAventino Lopposizione naturalmente protest con forza, chiedendo lannullamento delle elezioni in quanto fondate sullillegalit e sulla violenza. Per tutta risposta il 10 giugno 1924 il deputato e segretario del Psu Giac omo Matteotti, che aveva denunciato alla Camera le irregolarit e i soprusi commessi, venne rapito in pieno giorno e barbaramente assassinato da alcuni sicari fascisti, convinti di interpretare la volont di Mussolini. Unondata di indignazione si abbatt allora sul Paese e per un momento sembr che il fascis mo stesse per concludete la propria esistenza: ma il re, che avrebbe potuto garantire il rispetto delle leggi e dello Statuto, non si mosse. Lopposizione composta da socialisti, comunisti, repubblicani, liberali legati a Giovanni Amendola e pop olari guidati da Alcide de Gasperi abbandon la Camera, decisa a non partecipare pi ai lavori parlamentari finch il re non avesse ristabilito le libert democratiche, licenziando Mussolini e costituendo un nuovo governo. Ebbe origine cos, il 27 giugno 1924, una vera e propria secessione, detta dellAventino, in r icordo di quella attuata a Roma antica della plebe contro le prepotenze dei patrizi. Tale protesta, tuttavia, non ebbe le conseguenze sperate per tre fondamentali motivi: - i partiti democratici non riuscirono a mettersi daccordo e a organizzare la lotta - il fascismo godeva dellappoggio incondizionato della monarchia e dei pi alti esponenti dellesercito e

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ella borghesia - lassenza dei deputati dellopposizione dei lavori parlamentari dette occasioni a Mussolini di affrettare la istruzione delle istituzioni democratiche. Il colpo di Stato e la soppressione delle libert costituzionali Dopo avere superato la crisi senza essere costretto dal re alle dimissioni, Mussolini rimise nuovamente in moto le squadre dazione e, sfidando apertamente lopposizione, non solo riusc a varare severe restr izioni della libert di stampa e di riunione dei gruppi avversari, ma addirittura con il discorso alla Camera del 3 gennaio 1925 rivendic a s la responsabilit di quanto era accaduto, preannunciando, con la soppressione delle libert costituzionali e con linstaurazione della dittautra, la definitiva trasformazione dle fascismo da partito di governo a partito di regime. Il 3 gennaio 1925 inizi ufficialmente il processo di smantellamento dello Stato liberale e il fascismo instaur un regime forte, accentrato e conservatore, mettendo fine alla politica disorganica e vaga degli anni precedenti. Una fase di espansione internazionale La trasformazione, tuttavia, aveva preso le mosse gi da tempo: una volta giunto al governo, Mussolini si era avvicinato in maniera pi decisa alla classe capitalistico-borghese, sia industriale sia agraria. Tra la fine del 1922 e linizio del 1923 era cominciata una favorevole fase di espans ione, economica in numerosi Paesi europei, trainati dalleconomia statunitense che viveva il boom degli anni Venti. Il nuovo governo fascista, e soprattutto il ministro delle Finanze Alberto De Stefani (1879-1969), ebbe il merito di comprendere la situazione e di assecondarla, applicando nelleconomia i principi del liberismo di vecchio stampo e procedendo di conseguenza allabolizione di alcune tasse, al riordinamento delle imposte segli scambi, allistituzione di un imposta generale sullentrata, nonch a lla stipulazione di numerosi trattati commerciali con Francia, Germania, Austria, Unione Sovietica e Svizzera. Una politica economica in favore dei capitalisti I provvedimenti economici adottati determinarono i risultati positivi, quali la riduzione del disavanzo dello Stato e un notevole sviluppo dellindustria e dellagricoltura; essi tuttavia sancirono lo strapotere delle grandi concentrazioni capitalistiche a tutto svantaggio della classe popolare, ormai privata della forza contrattuale dei sindacati dei lavoratori e colpita da una politica di bassi salari, ridotti di fatto sia nel loro valore nominale sia nella loro reale capacit di acquisto. Tale indirizzo, favorevole per lappunto alla grande borghesia, aveva inoltre indotto il governo a rinunciare alle assegnazioni delle terre incolte occupate dai contadini e a rinviare le indagini sui sovrapprofitti di guerra, che erano state avviate negli anni precedenti. Infine furono alleggeriti i carichi fiscali sia sui capitali esteri investiti in Italia, sia su quelli appartenenti alle banche. Le iniziative moderate per rassicurare la borghesia Anche sul piano pi propriamente politico Mussolini cerc di dare al fascismo un volto rassicurante per la grande borghesia: ecco perch imbrigli lala pi risoluta e violenta dei propri seguaci, affidando cariche e mansioni particolari ai capi dello squadrismo (come ad esempio Roberto Farinacci) o inserendoli nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, divenuta parte integrante delle forze armate ai suoi ordini. Nello stesso tempo, pur essendo stato in passato un anticlericale, Mussolini persegu una politica di riavvicinamento alla Chiesa cattolica. Il nuovo papa Pio XI, elevato al soglio pontificio nel 1922, rappresentava lala pi conservatrice della gerarchia ecclesiastica, ostile sia ai socialisti sia ai popolari, mentre guardava con un certo favore il fascismo. Tale atteggiamento determin la rottura con il partito di Sturzo, che aveva ormai preso una posizione chiaramente antifascista, e dopo poco tempo lespulsione dei popolari che ricoprivano delle cariche di governo. Il fascismo al potere - Seconda fase Riassunto: Il fascismo assunse i caratteri di un regime forte e accentrato, grazie a un progressivo svuotamento delle istituzioni democratiche. Una tappa fondamentale di questo processo fu rappresentata dalla leggi fascistissime (novembre 1926), con le quali Mussolini sciolse i partiti e i movimenti dopposizione e ripristin la pena di morte; per reprimere le attivit antifasciste istitu un Tribunal e speciale e lOvra; intensific il controllo di polizia e la censura, valorizzando al contempo organismi di inquadramento di massa (Opera nazionale Balilla, Gruppo universitari fascisti). Mussolini trasform cos lo Stato in sento totalitario, instaurando una dittatura personale, basata su un partito unico. Le lezioni divennero una pura formalit, in quanto si votava per una lista unica nazionale, scelta dal Gran consiglio del fascismo. In tal modo il Partito fascista riusc a ottenere un risultato plebiscitario (cio la stragrande maggioranza dei consensi) alle elezioni del marzo 1929. Il Parlamento venne

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comunque svuotato di ogni potere effettivo, mentre lapparato statale era costituito soltanto da elementi iscritti al Partito fascista. Per aumentare il consenso e consolidare ulteriormente il regime, Mussolini (che inizi a farsi chiamare Duce) fece ampio ricorso a una martellante propaganda, attuata attraverso un completo controllo della stampa, della radio, delle organizzazioni di partito, allo scopo di ottenere unobbedienza cieca e totalizzante al nuovo regime. In questa volont di indottrinamento del popolo anche la scuola, riformata in senso fascista, divenne mezzo di propaganda. Per arginare i dissensi interni e affermare il proprio potere assoluto, Mussolini comp anche epurazioni allinterno del Partito fascista, nel quale convivevano tre diversi orientamenti (conservatore, rivoluzionario moderato, rivoluzionario intransigente). Inaspr inoltre la repressione delle attivit antifasciste, che avevano ricominciato a farsi sentire anche con azioni mirate (attentato a Mussolini, 31 ottobre 1926). Nel frattempo erano aumentati gli oppositori al regime, che annoveravano tra le loro fila anche molti intellettuali (Croce, Gramsci, Salvemini, De Sanctis). Il regime soppresse le libere associazioni sindacali (codice Rocco, 1926), sostituite dalle corporazioni, organi statali fascisti che raggruppavano lavoratori e datori di lavoro delle diverse categorie produttive (febbraio 1934); pubblic inoltre la Carta del lavoro, per ribadire la collaborazione forzata tra la classi in norme dei superiori interessi della produzione. In campo economico il fascismo propugnava lautarchia, cio lautosufficienza della produzione nazionale, da realizzare anche attraverso misur e di sviluppo e opere di risanamento (battaglia del grano, della palude, demografica). Si concluse cos la fase di politica liberista fino ad allora seguita e si pass al protezionismo (intervento dello Stato nelleconomia, introduzione di dazi e di divieti di importazione). La rivalutazione della lira, che Mussolini difese con ogni mezzo quota novanta per rinvigorire il mercato, comport invece il ristagno economico (rallentamento della produzione, aumento dei costi, calo delle esportazioni, disoccupazione e fallimenti di imprese) e limpoverimento dei ceti pi deboli. Per fronteggiare la crisi il regime punt a divenire uno Stato imprenditore, favor le partecipazioni pubbliche (Imi,Iri ecc.), promuovendo anche la formazione di grandi gruppi di imprese, invise al capitalismo borghese, che mal tollerava leccessivo peso conquistato dalle gerarchie fasciste. Per impi egare i disoccupati e recuperare consensi Mussolini intraprese lavori di pubblica utilit e di bonifica. Il fascismo, in quanto dittatura antidemocratica, si era sempre mostrato ostile verso quei cattolici che svolgevano politica nel Partito popolare o nelle leghe bianche. Tuttavia Mussolini, una volta raggiunto il potere, si rese ben presto conto che per consolidare il regime aveva bisogno di un accordo con la Chiesa. Si giunse cos, dopo lunghe trattative, ai Patti, lateranensi, sottoscritti l11 febbraio 1929, con cui veniva riconosciuta la sovranit esclusiva del papa su un territorio, lo Stato della Citt del Vaticano. Laccordo, tuttavia, non elimin del tutto i contrasti tra il regime e la Chiesa. Nel 1931 infatti Mussolini eman un provvedimento di immediata chiusura di tutti i circoli della giovent cattolica, tra i quali emergeva lAzione cattolica, poi revocato: il che non elimin una reciproca diffidenza tra laicato cattolico e organizzazioni fasciste. In una prima fase (1922-1926), sotto linfluenza del diplomatico Salvatore Contarini, la politica internazi onale seguita dal regime, alla ricerca di stabilit interna e di consenso esterno, si limit ad assicurare la pace e a migliorare limmagine dellItalia in Europa. Al contempo, per, le mire espansionistiche di cui Mussolini si faceva interprete lo spinsero a richiedere le revisioni dei trattati di pace considerati ingiusti (revisionismo) e a cercare buoni rapporti soprattutto con lInghilterra. In una seconda fase (1926 -1932), invece, il regime si sent pi forte e ritenne di potersi affermare anche oltre confine, inasprendo i rapporti internazionali soprattutto con la Francia e staccandosi dalla Germania, di cui temeva il riarmo. In una terza fase Mussolini si occup personalmente della politica estera, affermando con ogni mezzo lideologia fascista, affinch lItalia assumesse un ruolo chiaro in un Europa segnata dalla sempre pi nett a contrapposizione tra conservatori e rivoluzionari (ascesa del nazionalsocialismo di Hitler e radicalizzazione degli schieramenti politici europei). La via della diplomazia fu abbandonata quando Mussolini nel 1935 decise di dare inizio a una politica di espansione in Africa ai danni dellEtiopia, allora retta dal negus Hail Sela ssi. Una simile impresa era decisamente anacronistica, dal momento che lepoca del colonialismo si a vviava ormai a tramonto. Daltra parte, la rottura dellequilibrio di forze fra le potenze europee determin lapplicazione nei riguardi dellItalia di sanzioni economiche da parte della Societ delle Nazioni, offrendo spunti di propaganda al fascismo, che ebbe modo cos di esaltare la prova di fermezza e di resistenza offerta dal regime. La guerra dEtiopia, conclusa vittoriosamente dallItalia nel 1936, cost al Paese luscita dalla Societ de lle Nazioni e lisolamento in ambito europeo. In tale situazione Mussolini si risolse a cercare unalleanza con la Germania di Hitler, che si concretizz nel ottobre 1936 con un accordo definito dallo stesso Mussolini Asse Roma Berlino. Nellambito di questa nuova alleanza, nel 1938 furono emanate in Italia le leggi razziali, provvedimenti contro gli Ebrei che contemplavano tra laltro il diviet o di matrimonio con italiani, il divieto di possedere aziende o beni immobili sopra certi valori, il divieto di prestare servizio nellamministrazione statale, par astatale, delle banche e delle assicurazioni, il divieto di prestare servizio militare, lesc lusione dalle scuole pubbliche. Analisi

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Il consolidamento del regime fascista A partire dalla seconda met degli anni Venti, con le leggi fascistissime che distruggono ogni forma di opposizione, il governo di Mussolini getta in Italia le basi per un sistema di gestione dello Stato fortemente autoritario, che il duce stesso definisce totalitario e che ispira molti altri movimenti politici in tutta Europa. Ogni aspetto della vita sociale, fino alle attivit ricreative e ai servizi per linfanzia, viene inquad rato in organizzazioni che fanno capo al Partito fascista; ogni fonte di informazione rigidamente controllata dal governo, in un complesso sistema di propaganda destinato a diffondere e a glorificare le idee e loperato di Mussolini. Nella societ italiana, anche per la sostanziale assenza di opposizione, cresce il consenso nei confronti del regime fascista, esaltato, dalle uniche fonti a cui gli Italiani hanno accesso, come lunico governo veramente adeguato ad affrontare i problemi del Paese. Limiti del potere dittatoriale A differenza di quanto accade in Germania, il controllo fascista sulla societ non sar mai assoluto. Il re e la Chiesa cattolica godono infatti di un prestigio e di unautorit autonomi, e Mussolini spesso costretto a scendere a patti con la corte e con le organizzazioni gravitanti attorno alle gerarchie ecclesiastiche. Anche per questo, leliminazione fisica degli oppositori non raggiunge mai i livelli hitleriani e staliniani; molti antifascisti dal carcere, dal confino o dallesilio continuano unattivit clandestina, e alcuni pensatori ostili al regime, come Croce, sono cos famosi a livelli internazionale da risultare di fatto intoccabili. La velleit espansionistiche E la politica estera il terreno che segna la sorte del fasci smo. I tentativi mussoliniani di rivedere gli equilibri di Versailles a vantaggio dellItalia non sono accolti con favore da Francia e Inghilterra, che si oppo ngono duramente allaggressione dellEtiopia. LItalia si avvicina cos alla Germania, sebbene il duce non abbia simpatia per Hitler; quando questultimo inizier lavventura della seconda guerra mondiale, Muss olini lo seguir trascinando il nostro Paese in un conflitto che nessuno voleva e a cui non si era in alcun modo preparati. Situazione generale Negli anni Trenta lespansione imperiale diviene uno dei temi favoriti del governo fascista di Mussolini, il quale aspira a fondare un impero sullo stile di quello romano.Fra i possedimenti coloniali dellItalia vi anche la Libia, annessa nel 1911-1912 in seguito alla guerra con limpero ottomano intrapresa dal gove rno Giolitti. LAbissinia o Etiopia, un Paese ricco di risorse naturali, lunico Stato, insieme alla Liberia, ancora ind ipendente in Africa. Una sua eventuale invasione non avrebbe dovuto provocare, in teoria, nessun intervento internazionale. Invece la condanna della Societ delle Nazioni comporta luscita dellItalia da qu esta istituzione e il suo avvicinamento alla Germania di Hitler. La vicinanza dellEtiopia agli altri possedimenti italiani, lEritrea e la Somalia italiana avrebbe determinato la creazione di unimportante zona dinfluenza italiana. Storia dettagliata del fascismo al potere Le leggi fascistissime Nell'arco dei pochi anni successivi alla marcia fascista su roma, Mussolini procedette metodicamente alla costruzione di uno Stato totalitario, fondato cio su una dittatura personale e su un partito unico, che intendeva regolamentare tutte le attivit dei cittadini. L'opera di consolidamento del regime ebbe inizio con la promulgazione delle leggi fascistissime, ispirate dal giurista Alfredo Rocco (1925-1926). Attraverso queste leggi venne definitivamente soppressa la libert di parola e di associazione, mentre la stampa si trov rigidamente sottoposta al controllo della polizia. A tale scopo furono ampliati i poteri dei prefetti, che potevano a loro discrezione sciogliere associazioni, enti, istituti, partiti, gruppi e organizzazioni politiche. Fu stabilito inoltre l'allontanamento del servizio di tutti i funzionari pubblici che rifiutavano di prestare giuramento di fedelt al regime e fu istituito il confino come sanzione principale nei confronti dei soggetti apertamente ostili al regime. Mussolini intervenne anche in materia costituzionale trasformando il capo del governo in Segretario di Stato, nominato e revocato dal re e responsabile del proprio indirizzo di governo solo di fronte al re e non pi di fronte al Parlamento. Tale legge mirava chiaramente ad abolire la distinzione dei poteri, caposaldo della democrazia liberale, assegnando l'esercizio del potere legislativo all'esecutivo. Venne inoltre modificato l'ordinamento municipale attraverso l'eliminazione del consiglio comunale e del sindaco (entrambi elettivi), a cui subentr il podest (di nomina governativa), che esercitava le funzioni sia del sindaco, sia della giunta, sia del consiglio comunale. Il 25 novembre 1926 fu emanato infine il provvedimento per la difesa dello Stato le cui sentenze erano immediatamente esecutive e inappellabili. Fu cos che in soli ventiquattro mesi, dal 3 gennaio 1925 alla fine del 1926, il fascismo si trasform in un vero e proprio regime aprendo una nuova pagina nella storia istituzionale italiana.

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La nuova riforma elettorale La tappa successiva di tale processo fu la nuova riforma elettorale varata nel 1928: in base a essa l'elettore era chiamato ad approvare o respingere, per la Camera dei deputati (il Senato era sempre di nomina regia), una lista unica nazionale di candidati scelti dal Gran consiglio del fascismo. Nel 1928, fra l'altro, il Gran consiglio era diventato un organo costituzionale, arrogandosi il diritto sia di nominare il capo del governo, sia addirittura di giudicare sulla successione al trono. Il plebiscito del 1929 e lo svuotamento dei poteri del parlamento Nel 1929 quindi, in seguito a tale riforma, al posto di regolari elezioni politiche si svolse una consultazione plebiscitaria: i cittadini, infatti, dovevano limitarsi a votare con un si o con un no l'unica lista compilata dal governo, sapendo che il loro voto non era pi n segreto, n libero in quanto la scheda del si era facilmente riconoscibile dall'esterno perch tricolore, mentre quella del no era bianca e chi la votava diventava oggetto di violenze. Ci spiega i risultati usciti dalle elezioni del 24 marzo 1929, nel corso delle quali la lista unica ottenne 8.506.576 voti favorevoli, mentre solo 136.198 furono i contrari. La Camera uscita da queste elezioni vide profondamente snaturato il proprio ruolo, che non fu pi quello di votare le leggi in una libera e autonoma dialettica parlamentare, bens solo quello di collaboratore con il governo: il Parlamento perdeva inoltre la sua essenziale funzione rappresentativa, essendo i nuovi eletti espressione del partito unico al potere, non del popolo. Nel 1938 la Camera dei deputati fu addirittura soppressa e sostituita dalla Camera dei fasci e delle corporazioni. E' evidente che da un organo di tal genere c'era da attendersi soltanto una liturgia del consenso. Mussolini, del resto, si preoccup di chiamare e far parte del governo e dell'apparato direttivo della burocrazia statale e dell'esercito soltanto elementi di provata fede politica, anche se incompetenti. Dissensi ed epurazioni all'interno del Partito Fascista La realizzazione della dittatura passava non solo attraverso l'esautorazione e lo smantellamento del sistema parlamentare liberale, ma anche attraverso una politica repressiva del dissenso che poteva provenire dall'interno stesso del movimento fascista, dove esisteva una notevole variet di posizioni, spesso contrastanti: vi era infatti una corrente pi conservatrice, secondo la quale il fascismo si era completamente realizzato; una rivoluzionaria moderata, che chiedeva una politica pi aperta alle esigenze della societ; una rivoluzionaria intransigente, che esigeva una fascistizzazione pi radicale della politica e della societ. Mussolini sostanzialmente non appartenne a nessuna delle tre correnti: egli era troppo preoccupato di conservare il potere per aderire alle richieste dei moderati, ma era avverso soprattutto agli intransigenti, fonte di continui problemi per l'ordine pubblico. egli procedette cos in poco tempo a un'epurazione del partito: in tale quadro si colloca il suo tentativo di estromettere peraltro senza successo l'ex segretario generale Roberto Farinacci (1892-1945), uomo duro del fascismo. Propaganda e culto della personalit Per accrescere il consenso e consolidare ulteriormente il regime, Mussolini fece ampio ricorso a una martellante propaganda, attuata dalla stampa, dal cinema, dalla radio, dalle organizzazioni di partito: tale azione di manipolazione e indottrinamento del popolo italiano era finalizzata a distruggere ogni ricordo delle libert civili nelle generazioni pi anziane e a sopprimere la coscienza critica in quelle pi giovani, cos da ottenere un'obbedienza cieca, assoluta, totalizzante al nuovo regime, continuamente esaltato in tutti i suoi aspetti. Mussolini si preoccup particolarmente di alimentare il culto della propria immagine: per questo inizi a farsi chiamare duce, ovvero condottiero, un termine che voleva sottolineare il suo ruolo di guida, di capo assoluto per la nazione, e contemporaneamente costituiva un richiamo al mondo della Roma antica, considerato dall'ideologia fascista il periodo di massima espressione della grandezza italiana, Sulle facciate degli edifici pubblici e delle abitazioni private comparvero ben presto gigantesche iscrizioni inneggianti al duce, indicato come il salvatore della patria, il restauratore dell'ordine, l'uomo della provvidenza (Duce tu sei la luce). Il controllo totale della societ La propaganda del regime si rivolgeva in particolare alle giovani generazioni e il fascismo individu proprio nella scuola uno dei terreni pi importanti in cui imporre la propria ideologia. In questa direzione era stata attuata gi nel 1923 una riforma della scuola, a firma del filosofo Giovanni Gentile (1875-1944), che prevedeva una struttura centralizzata e gerarchica ispirata all'ideologia fascista e dava all'organizzazione scolastica un'impronta fortemente militarista. La riforma fu completata nel 1926 con la creazione dell'Opera nazionale Balilla (Onb), un'istituzione parascolastica dedita all'istruzione ginnico-sportiva e pre-militare dei ragazzi dai 6 ai 18 anni. L'Opera Dieci anni pi tardi (1937), un organo appositamente costituito, il Ministero della cultura popolare (Minculpop) perfezion e complet tale opera di fascistizzazione soprattutto attraverso l'introduzione della censura e un rigido controllo della stampa. Gli strumenti della repressione

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L'Italia sembr diventare cos un'imminente caserma, in un'atmosfera di passiva esaltazione degli atti e delle parole del duce. Chiunque infatti avesse espresso un parere contrario a qualche gerarca o avesse osato rifiutare il saluto fascista (il braccio destro teso in alto), o salutare con una stretta di mano oppure usando il lei invece del voi (reso obbligatorio da Mussolini) poteva essere emarginato e privato di casa e lavoro o addirittura condannato a violenze fisiche e psicologiche. Fra l'altro non era pi possibile aver alcun impiego pubblico, senza una regolare iscrizione al partito. Tra il 1927 e il 1930 fu creata una polizia segreta, l'Ovra (Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell'Antifascismo), che si dimostr uno dei pi efficaci strumenti per la ricerca e la repressione degli antifascisti, facilitando il lavoro del Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Tuttavia, nonostante il clima di intimidazione instaurato, l'opposizione al fascismo continuava a farsi sentire per mezzo di opere scritte e diffuse clandestinamente o attraverso iniziative e movimenti perseguitati con durezza. Gli oppositori al fascismo Fra i capi e gli esponenti dei partiti antifascisti che vennero messi a tacere ricordiamo Antonio Gramsci, fondatore nel 1921 e segretario dal 1924 del Partito comunista italiano, che mor nel 1937 dopo undici anni di carcere; Alcide De Gasperi, del Partito popolare, arrestato mentre tentava di espatriare e rinchiuso per un certo tempo in prigione; Giovanni Amendola e Pietro Gobetti, che perirono in seguito alle percosse subite dagli squadristi. Altri oppositori, come i socialisti Filippo Turati o il fondatore del Partito popolare don Luigi Sturzo, furono costretti a vivere in esilio all'estero, soprattutto in Francia. Tuttavia neppure l'esilio bastava a garantire la vita: significativo a tal riguardo il caso dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, assassinati nel 1937 da sicari francesi al soldo del governo italiano. Contro la dittatura si era espressa anche una resistenza in campo intellettuale, legata soprattutto alla figure del filosofo liberale Benedetto Croce, al quale si deve la stesura del Manifesto degli Intellettuali antifascisti, pubblicato il 1 maggio 1925 in risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile e apparso il 21 aprile. Il deciso atteggiamento di opposizione assunto da Croce trov ampio riflesso nelle sue opere, improntate a un'aperta difesa degli ideali di giustizia e di libert. Su questa posizione si schierarono alcuni insigni docenti universitari, come gli storici Gaetano Salvemini e Gaetano De Sanctis, che rinunciarono alla cattedra pur di non giurare fedelt al regime. L'attentato a Mussolini e l'incursione di Bassanesi In tale cima repressivo suscitarono grande clamore nel Paese alcune azioni antifasciste particolarmente audaci, come l'attentato a Mussolini compiuto il 31 ottobre 1926 a Bologna e attribuito al quindicenne Anteo Zamboni, immediatamente ucciso dai fascisti. L'avvenimento offr al governo l'occasione di emettere una lunga serie di severi provvedimenti, quali l'annullamento dei passaporti, la soppressione di tutte le associazioni e pubblicazioni contrarie al regime, il confino di polizia per gli oppositori. Atto di grande risonanza fu anche quello compiuto dal maestro Giovanni Bassanesi, convinto seguace del movimento Giustizia e Libert, il quale, provenendo dalla Svizzera, l'11 luglio 1930 riusc con un piccolo aereo a lanciare 100.000 manifestini antifascisti su Milano. La soppressione dei diritti sindacali e il Codice di rocco (1926) Prima ancora di avere posto fine a ogni forma di libert, da quella personale a quella sindacale, da quella culturale a quella associativa, il regime imbocc decisamente la via di un aperto appoggio all'alta finanza e alla grande borghesia capitalistica, industriale e agraria, evitando di colpirne gli esponenti con forti tasse, ma soprattutto soffocando le rivendicazioni di operaie attraverso l'abolizione delle commissioni interne delle fabbriche, del diritto di sciopero e dei liberi sindacati, stabilita con il patto di Palazzo Vidoni (1925) e divenuta legge con l'entrata in vigore del codice Rocco, redatto dal maggio teorico della dottrina nazionalista dello Stato, Alfredo Rocco. Le corporazioni I liberi sindacati vennero sostituiti nel febbraio 1934 da sindacati fascisti, inquadrati nelle corporazioni, organizzazioni che riunivano i datori di lavoro e i lavoratori di tutte le categorie di produzione. Le corporazioni erano veri e propri organi di Stato fascista, preposti al controllo delle forze produttive e alla conciliazione di eventuali controversie fra capitale e lavoro. Le corporazioni si fondavano sul principio della collaborazione fra le classi sociali, in opposizione alla lotta di classe socialista: il che significava anche subordinare le spirazioni dei singoli al raggiungimento degli interessi della comunit nazionale. Tale collaborazione venne sancita ufficialmente fin dal 1927 con la pubblicazione della Carta del lavoro dello Stato fascista. Di qui l'abolizione della festa del lavoro del 1 maggio e la sostituzione con quella fascista del 21 aprile, anniversario della fondazione di Roma. Le corporazioni dunque non furono libera espressione degli associati; inoltre tutte le questioni finirono per essere decise dall'alto e per essere generalmente risolte a beneficio delle classi padronali. Ecco perch, anche se in un primo momento qualche positivo risultato fu raggiunto (ad esempio, la giornata lavorativa di otto ore per tutti), questi nuovi organismi costituirono

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ben presto una soffocante macchina burocratica, che contribu a bloccare ogni rivendicazione dei lavoratori. Dal liberismo al protezionismo Anche la politica economica conobbe un radicale mutamento, seguendo il modello basato sull'intervento diretto dello Stato. Fin dal 1925, infatti, il ministro delle Finanze Giuseppe Volpi abbandon il liberismo economico messo in atto dal predecessore De Stefani e imbocc la via del protezionismo, mediante un consistente inasprimento dei dazi sui cereali, la creazione di ostacoli di ogni genere all'investimento dei capitali esteri in Italia e un pesante aumento delle tariffe doganali. Veniva inoltre riconosciuta al ministro delle Finanze la facolt di fissare divieti d'importazione ritenuti di volta in volta opportuni o indispensabili. Questa strategia rispondeva alla precisa necessit di limitare la dipendenza dall'estero, ma anche a un'esigenza di prestigio nazionale oltre che di ordine interno, visto che il risanamento avrebbe contribuito alla definitiva stabilizzazione del regime. La rivalutazione della lira Il governo fascista aveva preso l'impegno di rivalutare la lire, una simile rivalutazione risult per non corrispondente alla reale capacit produttiva dell'Italia, generando cos gravi scompensi. Una moneta sopravvalutata provoca, infatti, una scarsit di moneta circolante e di conseguenza limita la richiesta di merci. Di qui il rallentamento della produzione, un consistente aumento dei costi, un pesante calo delle esportazioni, nonch minori guadagni e nuovi freni per lo sviluppo delle imprese industriali e per l'ammodernamento del settore agricolo. Si determin cos un improvviso ristagno, caratterizzato da una brusca riduzione delle importazioni e delle esportazioni. I prezzi a loro volta aumentarono e la disoccupazione fin per triplicarsi, mentre le difficolt aziendali costringevano gli industriali a operare tagli ai salari nell'ordine del 10-20% del loro valore reale. Anche se la crisi fu causa di nuovi conflitti con il proletariato industriale, la piccola borghesia trasse dei benefici dalla rivalutazione della lira, in quanto garant la stabilit dei loro risparmi. La situazione di ristagno pot inoltre considerarsi parzialmente risolta all'inizio del 1929, proprio mentre si annunciava la crisi di portata mondiale legata alle vicende economiche degli Stati Uniti. L'economia autarchica Il principio del dirigismo statale venne applicato in campo economico soprattutto con l'imposizione dell'autarchia. Tale politica si proponeva di mettere l'Italia in condizione di produrre da sola tutto ci che le occorreva, indipendentemente dall'alto prezzo e dalla scadente qualit dei prodotti nazionali: e cio di soddisfare in modo autonomo le esigenze della popolazione, senza dipendere dalle importazioni di materie prime e di manufatti dall'estero. Ora, anche se le prime manifestazioni di una politica autarchica si erano avute sin dal 1925, fu soprattutto dopo il 1937 che si cerc di realizzarla concretamente. Una simile economia d'isolamento ebbe effetti negativi sul livello della vita dei cittadini, anche se contribu in parte a potenziare l'apparato industriale. Vi sono state le battaglie del fascismo, la pi famosa la battaglia del grano a proposito della campagna per lo sviluppo della produzione cerealicola, condotta per ridurre il disavanzo commerciale della bilancia dei pagamenti con l'estro; di battaglia della palude nei riguardi dell'opera di risanamento delle zone incolte e malsane; di battaglia demografica in riferimento ai provvedimenti (come, per esempio, la tassa sul celibato) che volevano favorire l'aumento della popolazione, nella convinzione che la potenza militare di una nazione dipendesse soprattutto dal numeri dei cittadini idonei alle armi. I Patti lateranensi Si giunse cos, dopo lunghe trattative, ai Patti lateranensi sottoscritti l'11 febbraio 1929 da Mussolini, per lo Stato italiano, e dal cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato a nome di Pio XI, succeduto a Benedetto XV proprio al momento dell'avvento del fascismo al potere. Questi accordi, con i quali si poneva fine alla questione romana apertasi il 20 settembre 1870, erano formati da un trattato, da una convenzione finanziaria e da un Concordato. Con il trattato il pontefice riconosceva Roma come capitale del regno d'Italia, mentre il governo italiano ammetteva la religione cattolica quale unica religione dello Stato e concedeva al papa piena sovranit al nuovo Stato della Citt del Vaticano. Si esoneravano i sacerdoti dal servizio militare, si introduceva l'insegnamento religioso nelle scuole e si riconoscevano effetti civili al matrimonio religioso. Le leggi razziali Il nuovo Asse Roma Berlino venne rafforzato da una serie di provvedimenti persecutori nei confronti degli Ebrei, con cui l'Italia si alline alla politica razzista e antisemita di Hitler. Si tratta di una pagina particolarmente triste e controversa del periodo fascista, su cui il dibattito degli storici ancora aperto. Secondo alcuni studiosi, negli anni venti per il fascismo il problema ebraico non esisteva, anzi Mussolini cos si era espresso sulla questione sulla razza: Noi fascisti non intendiamo farci banditori di odi razziali. Io gi dissi che non ci sono razze. Si tratta di una illusione dello spirito, un sentimento. I primi germi dell'antisemitismo cominciarono invece a manifestarsi dopo l'ascesa del nazismo in Germania, quando su diversi gior-

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nali apparvero articoli che accusavano gli ebrei di volere conquistare il potere mondiale. Da allora fu un crescendo di segnali antiebraici, che culminarono con le leggi del 1938, un insieme di decreti e di documenti in cui il fascismo abbracciava una visione razzista della questione ebraica. Scuolissima.com

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