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Pillole di teoria musicale

A cosa serve questa pagina


Il titolo che ho dato a questa pagina un po' pomposo, sono il primo a riconoscerlo. Ma l'ho scelto perch fosse ben chiaro che qui non si trovano spartiti, intavolature o cose simili: semplicemente un distillato di informazioni generali riguardo a note, accordi e intervalli (appunto, la "teoria musicale"), intesa per chi sa gi suonare ad orecchio la chitarra o il pianoforte e vuole sapere qualcosa in pi sulla logica che sta dietro note e accordi, ma non ha voglia di leggersi i manuali di armonia classica. Non ho purtroppo le conoscenze necessarie per fare un corso completo che parte da zero... mi spiace. da molto tempo che volevo scrivere il "mio" testo: ma io sono notoriamente pigro, e non ho mai avuto voglia di iniziarlo. D'altra parte, proprio perch sono pigro mi sono accorto che continuavo a rispondere alla domanda vero pons asinorum per i musicisti in erba: "Come si suona l'accordo `Re/Sim'?" Ho pensato allora che potevo cominciare a scrivere la risposta una volta per tutte, e da l nato il documento che stai leggendo. Il testo per il momento scritto nella classica forma delle FAQ domanda/risposta, visto che molto pi semplice fare cos quando si scrive qualcosa a spizzichi e bocconi: se crescer molto potr magari riscriverlo in un formato pi decente. Prima per voglio vedere se qualcuno davvero interessato a tutte queste cose che scrivo... In realt ho scritto il tutto non per soldi n per gloria, ma per puro piacere personale: non posso per negare che fa sempre piacere se qualcuno mi scrive ringraziandomi per avere imparato qualcosa di nuovo.

Note per la consultazione


Innanzitutto, questo testo abbastanza tecnico: ho cercato di spiegare le cose in maniera semplice probabilmente non ci sono riuscito, ma almeno ci ho tentato! - ma deve essere chiaro che qui dentro troverai una caterva di termini specifici del linguaggio musicale. Se sei capitato qui semplicemente perch volevi imparare a suonare degli accordi strani, probabilmente dovrai trovarti un altro testo... Visto poi che lo "stile di lavoro" per questo testo fondamentalmente "prima elenca le domande, poi pensa alle risposte, infine scrivile". non detto che io abbia gi preparato la risposta a tutte le domande. In questi casi, ho indicato le parti ancora da fare con un colore pi chiaro (il bello degli style sheet...), per poterle notare subito. Non fidarti ciecamente, inoltre, di tutto quello che ho scritto: in fin dei conti i miei studi musicali sono stati molto erratici e ogni tanto esco con qualche cappella. Se ritieni che qualcuna delle mie risposte sia errata, contattami pure, che ne discuteremo insieme. Sfruttando almeno in parte le potenzialit degli ipertesti, ho pensato inoltre di aggiungere alcuni esempi sonori, indicati dal simbolo dell'altoparlante (o dalla scritta [PLAY], se stai usando lynx). Tutti questi esempi sono dei file midi, sia per la mia pigrizia (li posso preparare "a mano") che per comodit di ascolto: non serve mica avere chiss quale timbro musicale! Per finire, il copyright che ho messo ha un semplice significato: tu puoi usare queste informazioni come vuoi, e puoi anche copiarle (comprese di copyright, ovviamente!) da qualche altra parte. Sono fatte apposta. Quello che per non puoi dire che le hai scritte tu: mi pare il minimo, no?

Ecco la struttura della pagina: I. Generalit a. Toni b. Accidenti c. Chiavi d. Accidenti in chiave Gli intervalli a. Tipi di intervallo b. I gradi c. Sonorit degli intervalli Le scale a. Le scale maggiori e minori b. Scala cromatica c. Scala pentatonica d. Scale blues e. Modalit Le note a. Rapporti pitagorici b. Il ciclo delle quinte c. Enarmonia d. Temperamento Gli accordi a. Note inglesi e italiane b. Accordi inglesi e italiani c. Accordi barrati d. Power Chord

II.

III.

IV.

V.

Generalit
Cos' un tono? Due semitoni :-) A parte gli scherzi, la vera unit fondamentale nell'armonia classica il semitono, vale a dire la differenza che si ha tra due tasti vicini nel pianoforte oppure tra un tasto e il successivo alla chitarra. Storicamente, per, non si pensava in questo modo ma si prendeva una scala qualunque, e si vedeva che la distanza pi comune tra due note era quella tra il do e il re; si deciso cos di prendere quella come unit di base e chiamarlo tono, mentre la distanza meno comune (quella tra mi e fa) venne detta semitono. Questa "storicit" la si vede anche nel pianoforte, dove i tasti neri non sono messi in maniera uniforme.

Cosa sono diesis e bemolle?

Sono delle alterazioni delle note, tecnicamente dette accidenti, che spostano di un semitono rispettivamente al di sopra e al di sotto la nota cui stanno vicini. Capitano quindi cose buffe, come ad esempio che il mi diesis (mi#) sembra proprio essere un fa: in realt non cos, come vedremo in seguito, ma per il momento puoi fare finta di niente. Lo stesso capita per do diesis e re bemolle (do#, reb). Naturalmente ci sono anche le cose di alta scuola: si possono avere due diesis oppure due bemolli sulla stessa nota, che viene spostata di un tono. Il nome ufficiale, con gran spreco di fantasia, rispettivamente doppio diesis (indicato con una specie di "x") e doppio bemolle ("bb"). Esiste anche il bequadro, che ha pi o meno la forma di una b e una q sovrapposte, e serve per dire "non importa se prima la nota aveva un diesis o un bemolle, adesso non ha pi nulla". Trucchetto se leggi uno spartito: la convenzione che un'alterazione "locale", che non sia cio vicino a una chiave, duri solo fino alla fine della battuta. Ricordatelo quando trovi uno spartito sottomano!

Qual la differenza tra chiave di violino e di basso? La prima serve per le note pi alte e la seconda per le note pi basse. In realt ci sono sette chiavi (il setticlavio), anche se in pratica si usano solo le due estreme. La chiave di violino, o di sol, quella che si usa generalmente per la melodia: in essa il sol sopra il do centrale al pianoforte sta sul secondo rigo dal basso. La chiave di basso, o di fa, viene tipicamente usata per la mano sinistra del pianoforte: il fa sotto il do centrale sta sul rigo indicato dai due puntini. Per i curiosoni, le altre chiavi del setticlavio sono la chiave di baritono (anch'essa di fa, ma spostata un po' in gi) e le quattro chiavi di do, che assomigliano ad una B maiuscola (in mezzo alla quale sta il do centrale) e sono dette di soprano, mezzosoprano, contralto e tenore. In teoria dovrebbero venire usate nella musica corale: in pratica, contralto e soprano usano la chiave di violino, come anche il tenore, che per canta all'ottava sotto (e per ricordarglielo, si mette un piccolo 8 sotto la chiave). Tanto per capire qual la posizione delle varie note, nella figura qui sotto ho indicato il do centrale nelle varie chiavi.

Il do centrale nel setticlavio: da sinistra, la chiave di violino, le quattro chiavi di do (soprano, mezzosoprano, contralto, tenore), le due chiavi di fa (baritono e basso).

Quando si mettono i diesis e i bemolle nella chiave? Quando non si suona in do maggiore e la minore. Ogni tonalit, come vedremo in seguito, ha alcune note che sono "naturalmente" diesis o bemolle: per evitarli di scrivere sempre, li si mette all'inizio. L'ordine in cui si trovano i diesis fa-do-sol-re-la-mi-si: per i bemolle, naturalmente l'inverso. Viceversa, puoi anche ricavare la tonalit di un pezzo dal numero di diesis e bemolle in chiave, consultando questa tabella. Le varie tonalit a seconda del numero

di bemolle e diesis in chiave maggiore? minore? bbbbbbb dob magg. lab min. bbbbbb solb magg. mib min. bbbbb reb magg. sib min. bbbb lab magg. fa min. bbb mib magg. do min. bb sib magg. sol min. b fa magg. re min. do magg. la min. # sol magg. mi min. ## re magg. si min. ### la magg. fa# min. #### mi magg. do# min. ##### si magg. sol# min. ###### fa# magg. re# min. ####### do# magg. la# min.

Intervalli e scale
Cosa sono gli intervalli? Come faccio ad esempio a costruire un "intervallo di settima"? Nella teoria musicale, gli intervalli si misurano contando le note da quella di partenza a quella di arrivo. Il problema naturalmente sta nel contarle, queste note: come abbiamo visto, ogni tanto si parla di un tono da una nota all'altra, ogni tanto di semitono. Prendendo come unit fondamentale quest'ultimo, e riportando il tutto alla scala di do, quella insomma che fa do-re-mi-fa-sol-la-sido, e che quindi non usa tasti neri, possiamo trovare gli intervalli

di seconda, do-re di terza, do-mi di quarta, do-fa di quinta, do-sol di sesta, do-la di settima, do-si di ottava, do-do (all'ottava sopra)

Se si hanno ad esempio un do e un sol, l'intervallo una quinta perch si contano cinque note - do, re, mi, fa e sol. L'intervallo tra il do e s stesso non si chiama "di prima", ma unisono. Si possono poi avere intervalli anche oltre l'ottava: nona, decima, undicesima e tredicesima sono quelli che si trovano menzionati pi spesso.

Quindi, se trovo scritto "settima di dominante" o di "accordo di settima", in realt si intende un intervallo? Pi o meno. L'accordo di settima comprende un intervallo di settima, ma di queste cose ne tratter altrove, quando avr tempo. Per quanto riguarda la frase "settima di dominante", occorre fare un'altra digressione. Nell'armonia classica o tonale, che poi quella che viene anche usata per descrivere canzonette, jazz e blues, si suppone che ogni brano possegga una sua tonalit di base (per dirla breve, generalmente l'accordo che termina il ritornello) e tutti gli accordi del pezzo vengono considerati non in assoluto, ma relativamente a quella tonalit. vero che si pu cambiare tonalit all'interno di una canzone: ad esempio, dopo un giro di do (do, lam, rem, sol7, do) si pu avere un la7 e rifare la stessa melodia un tono sopra. Ma in questo caso si comincia semplicemente a calcolare tutti gli accordi relativamente alla nuova tonalit. Per complicarsi la vita, per, si deciso di chiamare gli intervalli relativi alla tonalit di partenza in ben due modi diversi. Il primo il grado, e non molto diverso dall'intervallo in s: la nota della tonalit stessa (il do, se siamo in do maggiore) il primo grado, quella che forma un intervallo di seconda con essa (nel nostro caso il re) il secondo grado, e cos via fino al settimo grado. Ma anche possibile chiamare le note "per nome". Il primo grado la tonica, perch d appunto la tonalit; il secondo grado la sopratonica. Passiamo poi alla modale, detta cos perch definisce il modo (maggiore o minore) della tonalit, e che sta sul terzo grado. Il quinto grado la dominante, perch nell'armonia classica quello pi importante subito dopo la tonica; quarto e sesto grado sono rispettivamente sottodominante e sopradominante, e il settimo grado la sensibile - non mi ricordo pi perch :-). La "settima di dominante", se siamo in tonalit di do, sar la nota che fa un intervallo di settima con il sol, che la dominante del do; insomma, un fa.

E perch sento parlare di intervalli maggiori e minori? Qui la storia si fa un po' pi complicata. Rimanendo nella scala di do, abbiamo che sia l'intervallo do-mi che l'intervallo mi-sol sono formalmente delle terze: per suonano all'orecchio in maniera alquanto diversa. Ed effettivamente, guardando le note al pianoforte o alla chitarra, ci accorgiamo che nel primo caso ci sono quattro semitoni tra le note e nel secondo solo tre. Il primo intervallo viene allora definito terza maggiore, mentre il secondo rimane una terza minore. Non tutti gli intervalli hanno questa diversit: ad esempio tutte le ottave sono sempre uguali, e lo stesso capita per le quarte, tranne in un caso eccezionale. Un intervallo di questo tipo si dice perci esseregiusto. In realt si pu andare ancora oltre: un intervallo pu essere infatti eccedente, quando "pi che maggiore", o diminuito, se "meno che minore". Nella tabella qui sotto, possiamo vedere quanti semitoni comprendono gli intervalli dalla seconda alla settima: l'ottava si intende convenzionalmente sempre giusta e comprendente 12 semitoni. I numeri in neretto corrispondono agli intervalli "naturali". Numero di semitoni relativi agli intervalli dalla seconda alla settima diminuito minore giusto maggiore eccedente

seconda terza quarta quinta sesta settima

(0) 2 4 6 7 9

1 3 5 7 8 10

2 4

9 11

3 5 6 8 10 (12)

Come puoi vedere, la quarta e la quinta sono tendenzialmente giuste, mentre gli altri intervalli possono essere maggiori o minori. Seconda diminiuta e settima eccedente esistono, ma non sono usati in pratica. Considerando anche unisono (zero semitoni) e ottava (dodici), vediamo che tutti i valori da 0 a 12 semitoni sono rappresentati da un intervallo tipico, tranne quello "di mezzo", da 6 semitoni. Questo il famigerato tritono (sei semitoni fanno tre toni, no?) maledizione per la musica medievale ma ormai usato con relativa tranquillit. Vedremo in seguito perch non era bello n facile usarlo, non preoccuparti. Ascolta il tritono

Come suonano ad orecchio gli intervalli? Come vedremo in seguito parlando delle note, l'intervallo di ottava non forma praticamente nessun accordo, e anche quello di quinta, pur dando gi un idea di accordo, suona molto naturale all'orecchio. Troppo naturale, tanto che le regole dell'armonia classica vietano di scrivere musica a pi voci nella quale ci siano due voci che salgano o scendano entrambe e finiscano su un intervallo di quinta oppure ottava (le famose quinte/ottave parallele scoglio per tutti gli studenti di armonia), a meno di casi speciali. La ragione di questa regola proprio il senso di vuoto nel terminare in questi "non accordi". Gli intervalli di terza e sesta (sia maggiore che minore) sono invece molto pieni e danno l'idea dell'accordo: generalmente, quando si ha una seconda voce che procede parallela alla melodia in una canzone, vengono usati questi intervalli. Tieni conto che la "pienezza" anche data dal fatto che all'interno della melodia non c' sempre lo stesso intervallo: ogni tanto viene fuori quello maggiore e ogni tanto quello minore. Detto in altro modo, le due voci non cantano proprio la stessa cosa... Gli intervalli di seconda sono considerati dissonanti, soprattutto la seconda minore che consiste nel suonare due note a distanza di un semitono. Diverso il caso dell'intervallo di settima: la settima minore ha sempre avuto diritto di cittadinanza nell'armonia classica, probabilmente per l'influenza dell'accordo di settima di dominante (che per l'appunto una settima minore). La settima maggiore, quella cio che negli accordi la "7+", ha s un suono dissonante, ma il nostro orecchio vi si ormai abituato, aiutato anche dall'ampia distanza tra le due note, e viene usato tranquillamente nella musica moderna. Resta per ultimo l'intervallo di quarta. Definito il migliore dagli antichi greci (e da Mozart bimbo!) oggi ha perso un po' di smalto. Se uno prova ad avere due voci parallele che viaggiano a un intervallo di quarta, l'impressione che si avr quella di una musica di sapore vagamente orientale.

Un esempio di terze parallele dato dall'introduzione di I giardini di marzo di Battisti: come si pu notare, usando anche solo due note il senso di "accordo" evidentissimo. Un esempio improvvisato di quarte parallele rende invece l'idea della struttura "orientaleggiante".

Le scale
Quali sono le scale usate nella musica classica? Ce ne sono molte: eccoti le principali. La scala maggiore (naturale) quella per cui tutti gli intervalli sono giusti oppure maggiori. quella che conosciamo tutti: do-re-mi-fa-sol-la-si-do. La scala di do maggiore La scala minore (naturale) quella che ha l'intervallo di seconda maggiore, e tutti gli altri giusti oppure minori. Anche questa ben nota: la-si-do-re-mi-fa-sol-la, o se preferisci do-re-mibfa-sol-lab-sib-do. La scala di do minore La scala minore armonica come la scala minore naturale, se non per il fatto che la sensibile viene lasciata vicino alla tonica, e quindi l'intervallo di settima maggiore, mentre terza e sesta rimangono minori. Rimane cos un intervallo di seconda eccedente tra il sesto e il settimo grado: do-re-mib-fa-sol-lab-si-do. Se l'intervallo di terza maggiore, la scala si dice maggiore armonica: do-re-mi-fa-sol-lab-si-do. Non la si trova spesso, ma se stai suonando un brano in do maggiore e ti trovi a un certo punto ad ascoltare un accordo di fa minore la stai implicitamente sfruttando. La scala di do minore armonica - La scala di do maggiore armonica La scala minore melodica quella che in fase ascendente ha tutti gli intervalli giusti o maggiori, tranne naturalmente quello di terza; d'altra parte, esso proprio quello sufficiente - e come vediamo, anche necessario - a definirla come scala minore (non per niente la terza detta modale...) Quando scende, invece, la scala si comporta come quella minore naturale. Come mai questa asimmetria? Ricominciamo da capo. La scala minore naturale, come abbiamo visto, presenta lo svantaggio di non avere la sensibile a un semitono dalla tonica. Dopo avere spostato la sensibile, e ottenuta la scala minore armonica, le cose per peggiorano: si vengono infatti ad avere due note vicine distanziate di tre semitoni, il che non bello. Da qui l'idea di spostare anche la sopradominante, e ottenere la scala minore melodica. Ma quando si percorre la scala in discesa, non c' nessun bisogno di avvicinare la sensibile alla tonica, e allora si possono evitare tutte queste modifiche! Esempi: la-si-do-re-mi-fa#-sol#-la-sol-fa-mi-re-do-si-la, oppure do-re-mib-fa-sol-

la-si-do-sib-lab-sol-fa-mib-re-do.

La scala di do minore melodica Esiste infine la cosiddetta scala minore di Bach. Il Sommo spesso partiva dal principio che, come ho detto sopra, basta abbassare di un semitono la nota modale per avere la tonalit minore corrispondente; perch allora lasciare un'asimmetria tra la scala ascendente e quella discendente? (Un grossissimo Grazie! a Marco Corsi, che mi ha fatto notare che avevo scambiato tra loro la scala minore melodica e quella di Bach...) La scala di do minore di Bach

Cos' la scala pentatonica? Come dice il nome stesso, una scala che utilizza solamente cinque toni: quella che viene usata comunemente fa do-re-mi-sol-la-do. Viene anche detta "scala dei tasti neri", perch se si suonano i tasti neri di un pianoforte, partendo dal fa diesis, si ottiene appunto una scala pentatonica. Le melodie basate su questa scala hanno un che di strano, probabilmente dovuto al fatto che non esiste il passaggio di mezzo tono dalla sensibile alla tonica, e quindi tutte le note sono in un certo senso staccate tra di loro. Una scala pentatonica, e una sua realizzazione pratica nell'introduzione di Dieci ragazze di Battisti. Ho lasciato gli accordi per fare notare come si possa mascherare la pentatonicit senza problemi...

Cos' la scala cromatica? Come non dice il nome, la scala cromatica quella che utilizza tutti i semitoni. In pratica, non viene mai usata completamente, ma piuttosto comune trovare esempi con frammenti di scala cromatica discendente al basso, sia lasciando lo stesso accordo (ad esempio, mentre si suona un la minore il basso suona la-sol#-sol-fa# e si termina con un fa maggiore) che cambiando accordo ogni volta (ad esempio, in Hotel California si potrebbe immaginare che mentre si suonano gli accordi Sim, Fa#, La, Mi, Sol, Re ci sia uno strumento che suoni si-la#-la-sol#-sol-fa#). Una scala cromatica ascendente e discendente.

Cosa sarebbero la scala blues, e le "blue notes"? Partendo dal fondo, le blue notes sono le note cantate pi basse di quello che richiederebbe la tonalit (maggiore) in cui si sta suonando. Tipicamente queste note sono la terza e la settima: quindi se siamo in do maggiore dobbiamo cantare il mi bemolle e il si bemolle, e non mi e si naturali. La cosa naturalmente si scontra pesantemente con gli accordi utilizzati: da un lato si suona il mi

bequadro e dall'altro si canta un mi bemolle. Per un classicista un obbrobrio! La scala blues logicamente quella che comprende le seguenti note: do-re-mib-fa-sol-la-sib-do. Una scala blues

E cosa sono i modi? Domanda intelligente. Occorrerebbe partire dai greci, per cui l'intervallo pi consonante era la quarta (ricordi?) e che attaccavano due quarte (discendenti) assieme per avere una scala, che poteva essere di tre tipi diversi a seconda di dove capitavano i semitoni. La musica gregoriana rielabor (cio scopiazz senza capire le basi) questi modi, e si and avanti fino al 1500, quando Glareano 500 ne codific 12. Lentamente ne furono usati solo due, che diventarono le nostre tonalit maggiore e minore. All'atto pratico, si pu immaginare i modi come tante scale che usano solo i tasti bianchi e partono da una nota qualunque: abbiamo il modo ionico che parte dal do (come la scala maggiore), il dorico dal re, ilfrigiodal mi, il lidio dal fa, il mixolidio dal sol, l'eolio dal la (come la scala minore), e l'ipofrigio dal si. Un altro modo di comprendere i modi rispetto alle nostre tonalit ( a parte ionico ed eolio!) consiste nel vedere le differenze con esse. Consideriamo i due modi pi ricorrenti: il mixolidio, ad esempio, come il maggiore, tranne per la sensibile che abbassata di mezzo tono: se siamo in do maggiore, invece che usare sol maggiore e mi minore si usano sol minore e si bemolle maggiore. Il dorico invece come il minore, tranne il sesto grado che alzato di mezzo tono: se siamo in la minore, invece che un re minore viene usato un re maggiore. Un brano in modo mixolidio: Norwegian wood dei Beatles, che in sol maggiore ma utilizza l'accordo di fa maggiore e il fa naturale, abbassando quindi la sensibile. Il modo dorico rappresentato invece da Impressioni di settembre della PFM. Puoi sentire qui la parte di basso alla fine del ritornello, che in mi minore ma usa il do diesis.

Le note
Cos' questa storia dei rapporti pitagorici tra le note? Gli allievi della scuola pitagorica (pi che Pitagora stesso, probabilmente, ma la cosa cambia poco) si erano accorti che dividendo una corda secondo rapporti composti da numeri piccoli e facendola vibrare, si ottenevano dei suoni armonici. Tutta la teoria degli intervalli nata di l! Vediamo qualcuno di questi valori. Innanzitutto si hanno gli armonici. Se una corda di lunghezza x emette un do, la stessa corda di lunghezza x/2 suona a frequenza doppia, ed emette un do all'ottava superiore. La lunghezza x/3 d

un sol; x/4 ancora un do, questa volta due ottave sopra, x/5 infine un mi. Toh, abbiamo fatto un accordo di do maggiore! Non un caso, naturalmente: l'accordo suona bene proprio perch la fisica ci insegna che quando facciamo vibrare una corda, ascoltiamo in realt anche tutta una serie di armonici: se poi suoniamo un accordo maggiore i vari armonici entrano in risonanza, rinforzandosi tra loro. Abbiamo quindi visto che dopo l'ottava l'intervallo pi naturale la quinta (e la quarta che l'inverso della quinta); segue poi a distanza la terza. La distanza tra l'altro davvero parecchia, tanto che l'armonia classica ti dice che se in un accordo hai pi di tre note, come ad esempio in un corale a quattro voci, non devi mai raddoppiare la terza. Facendo un po' di conti, e riportando tutte le note nella stessa ottava per comodit di lettura, ecco le frequenze relative per tutte le note dal do al do all'ottava superiore, eccetto il fa# (non per niente forma con il do il diabolico tritono!) Frequenze relative degli intervalli a partire dal do do reb re mib mi fa sol lab la sib si do 1 16/15 9/8 6/5 5/4 4/3 3/2 8/5 5/3 9/5 15/8 2 In verit ho barato: questa la cosiddetta scala dei rapporti semplici e non la pitagorica pura, che invece parte dal do e continua a salire di quinta e scendere di ottava. Nei rapporti semplici, invece, si preferisce scegliere di lavorare alla rovescia, ad esempio per il fa, per avere i rapporti indicati da numeri per quanto possibile piccoli. Effettivamente abbiamo numeri piccoli, tranne per gli intervalli di seconda minore e settima maggiore che del resto sono abbastanza dissonanti: prova a suonare contemporaneamente un si e il do vicino, e ne riparliamo! E i conti tornano: per arrivare dal fa al do (una quinta) devi proprio moltiplicare per 3/2, e se ricalcoli la quinta di un sol arrivi a un re all'ottava sopra di frequenza in rapporto 9/4. Scendiamo gi di un ottava (dividendo per due) e otteniamo proprio 9/8. La storia delle quinte tra l'altro un tormentone, per l'armonia classica. Si parla infatti del ciclo delle quinte, che in dodici passaggi, tutti mediante una quinta, ti riporta al punto di partenza. Infatti si ha do -> sol -> re -> ... -> sib -> fa -> do.

Ma i conti non tornano! Come fa una potenza di 3/2 ad essere una potenza di 2? Sapevo che ci saresti arrivato. In effetti, (3/2)^12 non vale esattamente 128, ma piuttosto 129.7 circa, con poco pi dell'1% di errore. E tra l'altro la stessa ragione per cui non ho indicato nella tabella precedente la frequenza relativa del fa diesis, o del sol bemolle che dir si voglia. In un caso il conto mi dava 45/32, nell'altro 64/45, che, a parte essere numeracci proprio brutti, sono anche diversi tra loro, il che non poi cos strano, visto che devono essere due approssimazioni diverse della radice quadrata di due.

Quindi il do diesis e il re bemolle sono note distinte?

S e no. Tecnicamente, le due note sono diverse (la prima un po' pi alta della seconda) e la differenza tra le due note circa di un nono di tono: se sei un pignolone, il rapporto di frequenza tra queste due note 531441/524288. Questa differenza viene detta comma ed una delle misure usate dagli accordatori: per un'accordatura davvero fine, esiste poi anche il cent, un centesimo di semitono, che serve per le differenze minime in accordatura. In effetti, le note pi alte del pianoforte debbono essere accordate un po' pi alte (crescenti) di quanto dice la teoria, e le note pi basse devono essere un po' pi basse (calanti). E la differenza non da poco, potendo giungere fino a 20-30 cent! Teoricamente, poi, non ci sono dubbi. Nessun musicista da strapazzo si sognerebbe di scrivere un do# quando l'armonia richiede un reb. (Spiegare quando si usa uno o l'altro un poco complicato, bisognerebbe entrare nel merito delle tonalit vicine e lontane. Forse lo far). Praticamente la risposta "dipende". Con un violino, ad esempio, necessario suonare le due note in maniere diverse, visto che se ne ha la possibilit. Con un pianoforte e una chitarra, invece, no: si schiaccia lo stesso tasto, o si mette il dito sullo stesso capotasto. Il nome tecnico per avere due note diverse che formano la stessa nota enarmonia. Il guaio che, mentre con il violino io posso fare una qualunque scala, con il pianoforte o la chitarra la cosa non cos banale. Una scala di si maggiore, ad esempio, deve avere un la diesis e non un si bemolle, mentre la scala di fa maggiore esige un si bemolle.

Un bel casino. Come si pu aggiustare il tutto? Ci sono voluti parecchi secoli per trovare una soluzione decente su come definire i rapporti tra le note, quello che viene chiamato il temperamento. Nel medioevo e nel rinascimento la soluzione scelta era "vietiamo alla gente di scrivere musica in si maggiore, cos posso definire la nota tra il la e un si come un si bemolle". Questo viene detto temperamentoinequabile, perch il rapporto tra due semitoni consecutivi non costante. Il guaio che andando avanti nel tempo, i musicisti hanno cominciato a ribellarsi, perch volevano avere una maggiore libert, specialmente di cambiare tonalit all'interno di un brano. Dopo lunghe discussioni, e tentativi di aggiustare "a manina" i rapporti in modo da non scontentare nessuno che per avevano l'effetto di tirare da una parte all'altra una coperta troppo corta, si pensato alla fine ad una soluzione matematica pura: dire che tutti i semitoni hanno lo stesso rapporto tra di loro. In pratica, visto che abbiamo dodici semitoni in un'ottava (cio in un rapporto 2/1), ogni semitono deve essere in rapporto "radice dodicesima di due" con il precedente. Come avrai intuito, questo tipo di temperamento viene detto equabile, visto che i rapporti tra i vari semitoni sono tutti identici. Nella tabella sotto possiamo vedere la differenza con i rapporti indicati sopra nel caso del temperamento inequabile, e la differenza percentuale per ogni singola nota. Frequenze relative nel temperamento inequabile ed equabile, e loro rapporto do# re# fa# sol# la# do re mi fa sol la si reb mib solb lab sib 1.00 ineq. 1.067 1.125 1.200 1.250 1.333 1.500 1.600 1.667 1.800 1.875 0 equab. 1.00 1.059 1.122 1.189 1.260 1.335 1.41 1.498 1.587 1.682 1.781 1.887

do 2.00 0 2.00

0 rapport 100 99.2 o % %

4 99.7 99.0 % % 100.8 % 100.1 % 99.8 99.1 % % 100.8 % 98.9 %

0 100.6 100 % %

Ho indicato in neretto le differenze maggiori di un comma, tanto per dare l'idea dell'"errore" che si commette utilizzando questa scala. Istruttivo notare come il mi e il mi bemolle, le note che danno l'idea della tonalit maggiore/minore, siano quelli con una maggiore distanza dal temperamento equabile (e tra l'altro sono meno separati! Quindi anticamente la differenza tra una tonalit maggiore e una minore era meno sentita che adesso... sar per questo che tanti pezzi in minore finivano con l'accordo maggiore? La diatriba dur a lungo: il famoso Il clavicembalo ben temperato di J.S.Bach stato composto proprio per dimostrare che con il temperamento equabile si aveva la libert di suonare in una tonalit qualunque. Questa la scala di do maggiore equabile, vale a dire quella a cui siamo abituati oggi. Questa invece la scala di do maggiore inequabile (supponendo di calcolare i rapporti a partire dal do). Essa suona strana all'orecchio: il mi e il la sono sensibilmente calanti, e sembra che il do finale sia crescente, anche se in realt il si ad essere calante. Ecco ancora la scala di mi bemolle maggiore inequabile, trasportata in do per permettere un confronto pi agevole. Rispetto alla precedente, il secondo tono (il "re") abbassato, e ha un rapporto di 10/9 con la tonica invece che 9/8. E lo si sente. Per terminare, ecco la scala di re maggiore inequabile, sempre trasportata in do per confrontarla meglio. In questo caso ci sono molte differenze: il secondo tono (il "re") ha rapporto 10/9 con la tonica invece che 9/8; la dominante (il "sol") ha rapporto 40/27 invece che 3/2; infine la sensibile (il "si") ha rapporto 32/15 invece che 15/8. Ti lascio sentire la differenza con il do maggiore equabile senza commenti.

Gli accordi
Qual l'associazione tra note inglesi e note italiane? molto semplice: loro cominciano dal la e vanno avanti. Quindi A = la, B = si, C = do, D = re, E = mi, F = fa, G = sol. Attenzione, per, che i paesi di lingua tedesca hanno un sistema simile ma non uguale. Per la precisione, il loro B il nostro si bemolle, mentre H il si naturale. Inoltre essi attaccano "is" e "es" ai nomi, invece che scrivere "#" e "b" come facciamo noi: quindi Aes un la bemolle, mentre Gis un sol diesis. Se poi vogliamo complicarci ancora di pi la vita, i francesi dicono "ut" al posto del do (e accentano il re), e gli americani quando solfeggiano usano i nomi italiani, tranne il sol che diventa "so" e il si che diventa "ti".

E qual l'associazione tra accordi inglesi e accordi italiani? Qua andiamo pi sul difficile. Limitandoci per comodit al do, cio al C, ecco una breve lista di alcune equivalenze di nomi. Per le spiegazioni di come si suonano gli accordi, aspetta un mio documento ad hoc:-). Accordo Accordo inglese italiano C Do Cm Dom , DoC7 Do7 Cmaj7 Do7+ C6 Do6 C5 Do (no 3) C+ Do aum o C Do dim C Do7/5m Csus , Csus4 Do4 Nota: nella notazione inglese, per indicare l'accordo di settima maggiore (maj7, 7+) si pu anche usare un triangolino come apice, similmente al cerchietto per gli accordi diminuiti.

Cosa significa la notazione con due accordi separati da una barra, come ad esempio D/F# ? Fondamentalmente significa che si suona l'accordo a sinistra della barra, in questo caso il re, ma la nota pi bassa dell'accordo deve essere quella indicata a destra dell'accordo: nel nostro caso, il fa diesis. La cosa molto importante se stai suonando il pianoforte (o la chitarra basso!), un po' di meno nel caso tu faccia semplicemente accordi alla chitarra, soprattutto nel caso di posizioni francamente impossibili, come quella di un Fa#/La# :-). In questo caso, per, non impossibile suonare il Re/Fa#, se hai voglia di usare il pollice sul mi basso. La posizione delle dita in questo caso 200232.

Cosa sono i "power chord"? I power chord ("quinte vuote", in italiano) sono gli accordi formati solamente dalla tonica e dalla dominante, senza cio la terza. Ad esempio, la quinta vuota sul do l'accordo composto da do e sol. Questi accordi, di per s, non sono n maggiori n minori: essi erano molto usati nella musica classica rinascimentale e barocca per terminare i brani, e hanno avuto nuova vita nel rock. Negli spartiti inglesi, la quinta vuota di do indicata come "C5".

Per continuare a studiare...


Purtroppo non conosco nessuna risorsa in italiano a questo riguardo, anche perch se ci fosse stata non mi sarei messo a scriverla io. Se capisci bene l'inglese, per, ti posso consigliare di fare un salto da queste parti:

Il newsgroup rec.music.theory. Purtroppo la "Unofficial Web Page" si persa nelle nebbie internettare. A Jazz Improvisation Primer, di Marc Sabatella. All'interno del manuale si trova anche una sezione di teoria musicale, ovviamente dal punto di vista del jazzista. Modes and Scales, di Trish O'Neil. L'unico ipertesto che ho trovato che parli dei modi. Per fortuna abbastanza chiaro :-) Chord & General Theory Chart, di Paul Zimmerman. Un manuale tecnico per conoscere gli accordi alla chitarra. Guide to Chord Formation, di Howard Wright. Un testo pi teorico per capire come si creano e leggono gli accordi. The Chord Finder. Una pagina per trovare al volo quale posizione ha un accordo alla chitarra. Guillory Guitar School Main Page. Ottima pagina con spiegazioni grafiche (e colorate!) sulle basi della teoria musicale applicate alla chitarra. Guitar FAQ. Una pagina per trovare al volo quale posizione ha un accordo alla chitarra.

Con un po' di aiuto dagli amici


Questo file nato anche grazie a tante persone che hanno cercato di dissipare i miei dubbi (a volte creandone altri, ma l'unico modo di imparare!) e mi hanno dato consigli su cosa dire. In ordine rigorosamente alfabetico, ringrazio Alessandro Ranellucci, Gabriel Tojo, Marc Sabatella, Margo Schulter, Roberto Corda, Valter Strippoli.

Ciao, .mau.

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