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LA PARABOLA DEL BUON SAMARITANO (Lc 10,25-37)

Claudio Doglio
Fra i testi pi noti del terzo evangelista, la parabola del buon Samaritano incastonata allinterno di una disputa tra Ges e un esperto della legge: allinizio del grande viaggio essa segue alcuni brani che parlano di vocazione, sottolineando differenti modi di relazione con colui che chiama; subito dopo inoltre il narratore propone lemblematico episodio dellospitalit che Marta e Maria offrono a Ges. Il contesto dunque invita a considerare il tema dellaccoglienza, che si esprime soprattutto nellascoltare la parola del Signore. La questione del precetto Questa parabola esclusiva di Luca, ma la cornice narrativa in cui inserita compare anche in Matteo e Marco. Si tratta infatti della controversia sul comandamento principale, che per si trova in un insieme organico di dispute ambientate a Gerusalemme nellultima fase del ministero di Ges. Luca segue lo stesso ordine narrativo, in dipendenza dalla tradizione seguita pure da Marco e Matteo; tuttavia omette questo episodio. Uno schema sinottico ci pu aiutare anche visivamente a comprendere il procedimento redazionale adoperato dal terzo evangelista:
11,27-33 12, 1-12 13-17 18-27 28-34 35-37 Marco disputa: lautorit di Ges parabola: i vignaioli omicidi disputa: il tributo a Cesare disputa: la risurrezione dei morti disputa: il primo comandamento disputa: su Sal 110,1 20, 1-8 9-19 20-26 27-40 41-44 Luca disputa: lautorit di Ges parabola: i vignaioli omicidi disputa: il tributo a Cesare disputa: la risurrezione dei morti disputa: su Sal 110,1

Luca sposta intenzionalmente questa pericope e la inserisce dove la ritiene pi utile per linsieme del suo racconto, facendola diventare il quadro narrativo di una parabola non riportata dagli altri evangelisti. Un tale procedimento redazionale ci fa comprendere come lordine del materiale non voglia anzitutto ricostruire la cronaca dei fatti, quanto piuttosto offrire un insegnamento organico e ben strutturato, frutto della sapiente riflessione del narratore, autore del Vangelo. Tuttavia proprio questo intervento pesante di Luca rispecchia fedelmente il modo storico in cui sono state proposte le parabole di Ges, in quanto strumenti argomentativi, usati dal maestro per trasmettere unidea importante (cf. Lc 7,36-50). Il dibattito in cui Luca inserisce la parabola incentrato sul tema del precetto. Sembra che Marco abbia rielaborato a modo suo lepisodio (Mc 12,28-34), mentre in Matteo riconosciamo molte somiglianze con la versione lucana: diamo unocchiata sinottica ai due testi per cogliere rapidamente ci che il terzo evangelista ha ricevuto dalle sue fonti e ci che ha innovato.
Mt 22,34-40 Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35 e uno di loro, un dottore della legge, lo interrog per metterlo alla prova: 36 Maestro, nella legge, qual il grande comandamento?.
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Lc 10,25-28

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Ed ecco, un dottore della legge si alz per metterlo alla prova e chiese: Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?.

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Gli rispose:

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Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38 Questo il grande e primo comandamento. 39 Il secondo poi simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i Profeti.

Ges gli disse: Che cosa sta scritto nella legge? Come leggi?. 27 Costui rispose: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso.

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Gli disse: Hai risposto bene; fa questo e vivrai.

Ha conservato la qualifica dellinterlocutore, presentato come un nomiks (= dottore della legge), e ha precisato la sua intenzione come un test di verifica per saggiare le convinzioni dellaltro; il discorso diretto inizia riconoscendo a Ges il titolo di maestro (didskale) e lattenzione rivolta a ci che contenuto nella legge. Luca per non propone una questione sul primo comandamento, forse perch troppo tecnica e legata a problematiche giudaiche; preferisce invece riprendere la stessa domanda che la tradizione sinottica ha posto sulle labbra del ricco, relativa al modo di ottenere la vita eterna1. Inoltre il terzo evangelista interviene a complicare il dialogo, perch non pone direttamente la risposta in bocca a Ges, ma lo fa rispondere con due domande che mirano a coinvolgere personalmente linterlocutore: non solo egli invitato a rispondere su ci che sta scritto nella legge, ma soprattutto sul suo modo di leggere, cio di interpretare le norme. Tale metodo dialogico esprime molto bene il contesto di una parabola, che serve proprio a far progredire il dialogo e approfondire linterpretazione del precetto. Lesperto di legge non ha chiesto per sapere ci che ignorava, ma ha domandato per verificare lopinione di Ges; ma il maestro gli ha rigirato la questione, portandolo ad esplicitare il proprio pensiero. Cos egli cita due passi della legge, cio del Pentateuco. Il primo tratto da Deuteronomio 6,5 appartiene alla classica preghiera giudaica che costituisce una fondamentale professione di fede (Ascolta Israele: Dt 6,4-9)2; il secondo testo invece preso da Levitico 19,18 deriva da una ricca antologia di precetti allinterno del Codice sacerdotale di santit (Lv 1726). Laccostamento di questi due precetti (enfatizzato da Mt 22,38-39) frutto della tradizione cristiana, ma Luca li pone tranquillamente in bocca al dottore giudeo con lintento di mostrare la sua competenza teorica. La reazione di Ges un commento positivo, che approva quella lettura biblica, ma aggiunge un importante imperativo pratico: Fa questo e vivrai3. Per ereditare la vita eterna non basta sapere la teoria normativa, ma necessario eseguirla con costanza e sempre.

Lepisodio di triplice tradizione conserva sostanzialmente la stessa domanda: Maestro, che cosa devo fare per ereditare (avere) vita eterna? (cf. Mt 19,16 // Mc 10,17 // Lc 18,18). Rispetto al testo originale del Dt, in Lc aggiunto un quarto modo (con tutta la tua forza), che presente anche nella stessa citazione in Mc 12,30 seppure spostata in fondo. In greco viene adoperato un imperativo presente (piei), che esprime una continuit abituale dellazione: il fare dunque un comportamento costante e necessario.

La questione del prossimo A questo punto il racconto potrebbe essere finito e infatti negli altri sinottici termina cos. Invece Luca lo fa proseguire con una nuova domanda del nomiks, esplicitando di nuovo la sua intenzione recondita: come prima aveva detto che intendeva mettere alla prova Ges, ora spiega che vuole giustificare se stesso4. Dal tenore del racconto infatti sembra che questo maestro della legge abbia fatto una brutta figura, ponendo una domanda elementare di cui conosceva bene la risposta; perci la sua precisazione mira a sottolineare la complessit della domanda e focalizza lattenzione sulla questione del prossimo.
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Ges: E chi mio prossimo? (10,29).

In italiano il termine prossimo ha perso la sua valenza originale di superlativo che si riconosce nel latino proximus (= vicinissimo), derivando dallavverbio prope, che significa vicino. Con questo vocabolo traduciamo il greco plson, che corrisponde bene al termine latino e designa semplicemente il vicino. Il riferimento per allinterpretazione della normativa citata da Lv 19,18: in ebraico il precetto usa il termine rea~ che ha il significato pi pregnante di amico, compagno, collega, designando in genere colui che appartiene allo stesso ambiente ed legato da vincoli e relazioni positive. Non si tratta quindi di oggettiva vicinanza, ma piuttosto di soggettiva relazione di amicizia: cos si comprende meglio la questione ermeneutica posta a Ges. Il passaggio dalla prima alla seconda questione risulta perci significativo: si passa infatti dal fare allessere. Su questo punto insiste linsegnamento di Luca: non si tratta solo di fare qualcosa di buono, quanto piuttosto di essere prossimo, cio vicino, attento e solidale. Nella prospettiva del fariseo, legato ad un ambiente sociale e religioso distinto dagli altri, unautentica questione interpretativa stabilire chi sia il vicino: il giurista infatti chiede a Ges chi si merita di essere amato. Il racconto parabolico invece lo porta ad una conclusione paradossale, per cui constata di dover capovolgere la prospettiva. Una parabola in genere ha lo scopo di coinvolgere il destinatario, portandolo a formulare un giudizio in cui sia personalmente coinvolto, anche senza rendersene conto. Anzi, proprio perch non se ne rende conto, pi libero nel formulare una valutazione e cos il parabolista pu concludere la propria argomentazione, mostrando i legami col caso concreto in questione. Ges dunque racconta una vicenda esemplare con personaggi diversi che mettono in scena reazioni differenti; termina quindi con una domanda di valutazione:
Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che caduto nelle mani dei briganti? (10,36).

Il dottore della legge deve compromettersi e giudicare. Ma la domanda posta da Ges ha capovolto il modo di vedere la questione e lo ha condotto ad ammettere che limportante essere capace di amare. La questione non : Chi si merita di essere amato da me? Chi mi amico?. Deve invece essere riformulata cos: Di chi io sono prossimo? Chi sono capace di amare? A chi mi faccio vicino? Chi tratto da amico?. In base al racconto

Il verbo greco dikaisai appartiene al linguaggio tipico di Paolo e richiama la decisiva questione teologica della giustificazione affrontata dalla prima comunit cristiana. Una sfumatura negativa deriva dal fatto di avere come complemento oggetto se stesso; Luca adopera la stessa formula in un aspro rimprovero contro di farisei: Voi siete quelli che si ritengono giusti (hoi dikaiountes heautous) davanti agli uomini (Lc 16,15).

proposto e alla domanda che gli stata rivolta, anche se non apprezza il personaggio del Samaritano, il giurista costretto ad ammettere che lui il modello positivo.
Quello rispose: Chi ha avuto compassione di lui (10,37a).

Letteralmente bisognerebbe tradurre: Colui che ha fatto (ho poisas) la misericordia (t leos) con lui (met auto). Lespressione non corretta in greco, ma costituisce un calco semitizzante usato talvolta dai LXX per rendere alla lettera lespressione ebraica fare misericordia con, nel senso concreto di dimostrare affetto agendo in modo benevolo5.
Ges gli disse: Va e anche tu fa cos (10,37b).

Lobiettivo della parabola stato raggiunto: il destinatario ha compreso e condiviso il messaggio di Ges. Si ritorna perci al verbo iniziale (che cosa devo fare?) e alla conclusione della prima parte (fa questo e vivrai). Limperativo presente di fare (piei) segue per limperativo presente di camminare (poruou): proprio nel contesto narrativo del viaggio, Ges invita il dottore a mettersi anchegli in cammino in modo abituale, per divenire capace di vedere nellaltro un amico da amare. Un racconto esemplare Nelloriginale greco lultima parola del testo lavverbio ugualmente (homis): esso sta a significare che il racconto inserito nella disputa ha una valenza esemplare, offre cio un modello buono da imitare.
Ges riprese: Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto (10,30).

Lambientazione del racconto geograficamente precisa: la strada che porta da Gerusalemme a Gerico attraverso il deserto di Giuda un itinerario ben noto ai pellegrini e nella direzione inversa sar la strada percorsa da Ges stesso alla fine del suo viaggio (cf. Lc 19,1.28). La vicenda narrata riguarda diverse persone che si incontrano casualmente: tutti sono caratterizzati dal fatto di essere in cammino. Il personaggio principale, presente in tutto il racconto, assolutamente passivo e silenzioso: un uomo generico (nthrpos tis), vittima di unaggressione, spogliato dei vestiti e di ci che possedeva, gravemente ferito e abbandonato sulla strada fra la vita e la morte.
Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, pass oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e pass oltre (10,31-32).

Due altri personaggi compaiono sulla medesima strada e casualmente si imbattono in quelluomo. A differenza di lui, questi sono qualificati in modo preciso: entrambi appartengono alla classe sacerdotale e sono quindi identificati certamente come Israeliti. In tutti e due i casi il narratore descrive le loro azioni, ripetendo gli stessi verbi: vedono, ma passano oltre6; percepiscono cio la situazione problematica, ma non si avvicinano e non entrano in relazione.

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Cf. Gen 24,12; Es 20,6; Gs 2,12.14; Gdc 1,24; 8,35; Rt 1,8. In greco il verbo adoperato due volte un composto significativo: anti-par-rchomai indica infatti un movimento a fianco (par), ma dallaltra parte (ant). Gli passano accanto, ma dallaltro lato della strada, per non entrare in contratto.

Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasci le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caric sulla sua cavalcatura, lo port in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tir fuori due denari e li diede allalbergatore, dicendo: Abbi cura di lui; ci che spenderai in pi, te lo pagher al mio ritorno (10,33-35).

Con una forte contrapposizione compare finalmente il personaggio positivo, che espressamente indicato come appartenente al gruppo dei Samaritani, ben distinti dai Giudei e da questi disprezzati come eretici e considerati estranei al popolo eletto. Sembra chiaro che un tale personaggio sia introdotto volutamente con una motivazione provocatoria: il racconto non cerca semplicemente di evidenziare un contrasto fra chi generoso e chi resta insensibile; tende piuttosto a rimarcare in modo problematico una distinzione socio-religiosa. Il narratore si dilunga a descrivere molti particolari di per s inutili, ma che vogliono sottolineare con grande enfasi il ritratto positivo di una persona che, secondo il normale punto di vista del giurista, avrebbe dovuto essere valutato come un cattivo. Anzitutto di lui si dice che era in viaggio: il participio presente hodun richiama il sostantivo hods (= via) e indica propriamente uno che per strada, che compie un cammino. Fin dallinizio il personaggio dunque presentato in forte sintonia con il Cristo stesso che ha iniziato il suo viaggio decisivo. Giunto sul posto, il Samaritano vide il ferito, esattamente come era successo al sacerdote e al levita; ma la reazione che ne segue ben diversa. Luca adopera al proposito unespressione molto significativa: esplanchnsth (= si commosse in modo viscerale). Tale verbo deriva dal sostantivo splnchna che designa propriamente le viscere (cf. Lc 1,78) e indica quindi una forte emozione affettiva, un profondo e appassionato coinvolgimento materno. Il terzo evangelista adopera lo stesso verbo solo altre due volte, attribuendolo a Ges quando incontra la vedova di Nain (7,13) e al padre della parabola quando pu riabbracciare il figlio minore che torna a casa (15,20)7. Tale sentimento di misericordia si concretizza in tutte le azioni seguenti, descritte con cura. Anzitutto si avvicin8 e medic le ferite con mezzi di fortuna che poteva aveva con s; quindi si fece carico di quelluomo, prendendosi cura di lui in modo ancor pi coinvolgente, pensando ad un intervento che potesse portare lo sconosciuto alla piena guarigione. Entra cos in scena un albergo: in greco detto pan-dochion, termine che letteralmente significa il luogo che accoglie tutti; analogamente lalbergatore (pandochus) indicato come lonni-accogliente. A lui il Samaritano, pagando di persona, affida il compito di continuare a curarsi9 di quelluomo e promette di passare di nuovo10, impegnandosi a pagare ogni ulteriore spesa.

Ricorre anche negli altri Sinottici ed usato sempre per indicare una reazione di Ges (cf. Mt 9,36; 14,14; 15,32; 20,34; Mc 1,41; 6,34; 8,2; 9,22). In Mt 18,27 detto del padrone che si commuove per la supplica del servo debitore. Questa volta il verbo rchomai (= andare) adoperato in composizione con pros (= verso): infatti prosrchomai significa farsi vicino ed scelto per contrastare il precedente doppio uso del verbo passare a fianco dallaltra parte. Viene ripetuto come imperativo (v. 35) il verbo epimelomai gi usato allindicativo (v. 34) per descrivere il primo intervento del Samaritano: tale forma verbale non tipica del medico che d una terapia, ma esprime il senso comune di prendersi cura. Questo un altro interessante verbo di movimento, composto di rchomai: ep-an-rchomai esprime il cammino di chi ritorna alla stesso punto.

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Un esempio di triangolo drammatico Il racconto che Ges ha proposto al dottore della legge termina con una domanda, che porta inevitabilmente alla conclusione voluta. Possiamo cos osservare utilizzando il metodo dellanalisi narrativa che questa parabola strutturata secondo uno schema che stato definito triangolo drammatico11: lo si riconosce nei racconti in cui compaiono tre personaggi, significativamente correlati fra di loro. In genere due personaggi stanno sullo stesso piano, ma esercitano una funzione differente: sono denominati rispondenti, in quanto rappresentano risposte contrastanti al tema centrale proposto dal racconto. Invece il terzo personaggio sta su un piano diverso, spesso ha una funzione di prestigio e soprattutto gioca il ruolo dellarbitro: perci viene chiamato determinante (o sovrano dellazione). Applicando tale schema narrativo alla nostra parabola per scoprirne il contenuto teologico, dobbiamo riconoscere che il personaggio determinante paradossalmente luomo ferito: egli a tutti gli effetti arbitro della situazione, perch la valutazione degli altri personaggi determinata dal confronto con lui. Sacerdote e levita sono strettamente accomunati e rappresentano quindi ununica posizione; laltra risposta invece impersonata dal Samaritano. Ma ci dobbiamo domandare: perch Ges ha scelto come esemplari proprio questo tipo di personaggi? Non essendoci nel testo indicazioni precise, le risposte restano ipotetiche. Una potrebbe essere questa: secondo le norme di purit rituale i membri della classe sacerdotale erano tenuti ad evitare assolutamente il contatto coi cadaveri e coi moribondi; il loro comportamento si spiegherebbe quindi non come pigrizia o cattiveria, bens come intenzione di osservare con scrupolo la legge. Paradossalmente invece un fuori-legge come il Samaritano compie un gesto di misericordia e cos realizza veramente lessenziale della legge. La nota critica sarebbe dunque verso la mentalit legalista che, osservando la lettera, rischia di tradirne lo spirito: il punto di vista di Ges invece induce lascoltatore (e il lettore) a scoprire una prospettiva diversa e migliore. Unaltra spiegazione risulta ancora pi convincente. Nel racconto evidente il contrasto fra i leviti appartenenti al popolo di Israele e il Samaritano che ne escluso: lappartenenza religiosa sembra quindi discriminante nel caratterizzare i personaggi. Il dottore della legge, che ha sollevato la questione del prossimo, si trova di fronte ad una storia con persone diverse da lui, appartenenti ad altri partiti e movimenti: nella prospettiva di chi vede laltro come potenziale nemico da cui distanziarsi e difendersi, il giurista (molto probabilmente fariseo) si trova spiazzato nel dover interpretare i differenti comportamenti. Comprendiamo cos che limpianto narrativo della parabola risulta un valido stratagemma per indurre lascoltatore a valutare i personaggi, rimodellando il proprio punto di vista sulla visuale del narratore stesso. In tal modo Ges ha guidato il dottore della legge a cambiare prospettiva, riconoscendo che proprio quel bastardo di Samaritano stato prossimo, cio capace di superare le barriere ideologiche, facendosi vicino a chi aveva bisogno, senza pregiudizi.

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Un pregevole studio su tale metodologia stato condotto da M. CRIMELLA, Marta, Marta! Quattro esempi di triangolo drammatico nel grande viaggio di Luca, Cittadella, Assisi 2009. Lesegesi della parabola del buon Samaritano occupa le pp. 59-133.

Linterpretazione cristologica Gli antichi lettori cristiani, oltre allorientamento etico, hanno riconosciuto in questa parabola anche una componente cristologica: il personaggio del Samaritano infatti potrebbe essere unimmagine di Ges stesso che, mosso da misericordia, si prende cura dellumanit, realizzando cos il divino progetto della salvezza. La pi antica testimonianza di questa lettura si trova in Ireneo di Lione che, verso il 180 d.C., a proposito dello Spirito Santo afferma:
Il Signore affid allo Spirito Santo il suo uomo, che era caduto in potere dei briganti: ne ebbe compassione, gli fasci le ferite, dando due denari regali affinch, ricevendo mediante lo Spirito limmagine e la scritta del Padre e del Figlio, facciamo fruttificare il denaro a noi affidato e lo riconsegniamo al Signore moltiplicato ( Adversus haereses III,17,3)12

In questa interpretazione il Cristo si prende cura del genere umano il bene proprio di Dio (suum hominem) affidandolo allalbergatore che lo Spirito Santo, il quale porta a compimento lopera del Cristo, in quanto rende luomo capace di far fruttificare i doni di Dio. Unesegesi completa della parabola in chiave di allegoria cristologica condotta da Origene nelle sue Omelie su Luca, composte verso il 230; ma ancora pi interessante la sua sintesi in un prezioso frammento conservato nelloriginale greco, che traduco letteralmente13:
Descriviamo dunque con un discorso sintetico il significato della parabola. Luomo pu essere ricondotto (angetai) ad Adamo ovvero al discorso sulluomo e sulla sua vita in precedenza e sulla caduta dovuta alla disobbedienza. Gerusalemme [rimanda] al paradiso ovvero alla Gerusalemme di lass; Gerico invece al mondo. I briganti [rinviano] alle forze avverse, sia i demoni sia i falsi maestri che vengono al posto di Cristo: le ferite [richiamano] la disobbedienza e i peccati; mentre lo spogliamento delle vesti [allude] al fatto di essere denudato dellincorruttibilit e dellimmortalit e di essere stato privato dellintera virt; il fatto che lascino luomo mezzo morto dimostra che la morte raggiunge met della natura, giacch lanima immortale. Il sacerdote [rimanda] alla legge, il levita al discorso profetico, il Samaritano a Cristo, che ha preso la carne da Maria; lanimale da soma [rinvia] al corpo di Cristo, il vino alla parola che istruisce e corregge, lolio alla parola della bont e misericordia ovvero della carit viscerale. Lalbergo [richiama] la Chiesa; lalbergatore [allude] agli apostoli e ai loro successori, vescovi e maestri delle Chiese, ovvero agli angeli che presiedono alla Chiesa. I due denari [richiamano] i due testamenti, lantico e il nuovo, ovvero lamore verso Dio e quello verso il prossimo, oppure la conoscenza relativa al Padre e al Figlio. Infine il ritorno del Samaritano [si riferisce] alla seconda manifestazione di Cristo.

Seguita pure da Agostino (Quest. Ev. 2,19), questa interpretazione divenne comune in Occidente e in tutto il Medioevo influenz anche la produzione artistica. Ne sono esempio due splendide vetrate gotiche nelle cattedrali di Chartres e Bourges in cui i quadri della parabola sono accompagnati (e interpretati) dalle scene del peccato originale e della passione di Cristo, per evidenziare il ferimento delluomo e le cure prestate dalla misericordia divina.

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IRENEO DI LIONE, Contro le eresie e gli altri scritti (Introduzione e traduzione di Enzo Bellini), Jaca Book, Milano 1981, 272. ORIGENE, Homlies sur s. Luc (SC 87), Paris 1962. LOmelia 34 dedicata al buon Samaritano conservata nel testo latino tradotto da Girolamo (pp. 400-411). Il testo greco del Frammento greco 71 (Rauer 168) su Lc 10,30 a p. 520.

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Lesegesi moderna, seguendo il metodo storico-critico, ha rigettato assolutamente una simile interpretazione; tuttavia un approccio pi moderato pu riconoscervi degli elementi di valore, senza voler esagerare nella spiegazione allegorica dei particolari. Il Samaritano adotta in realt i sentimenti e riprende i gesti di Cristo stesso14: infatti il modello positivo che il racconto lucano intende proporre proprio Ges Cristo, che col suo cammino storico si fatto effettivamente vicino alluomo e se ne preso cura, offrendogli la possibilit di guarire. In questa linea si colloca anche la tradizione liturgica che nella nuova edizione italiana del Messale propone un Prefazio (comune VIII), intitolandolo Ges, buon Samaritano:
Nella sua vita mortale egli pass beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Ancor oggi come buon Samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite lolio della consolazione e il vino della speranza. Per questo dono della tua grazia, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale del tuo Figlio crocifisso e risorto.

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F. BOVON, Vangelo di Luca, II, Paideia, Brescia 2007, 120.

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