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TEXADEBOOKS EDIZIONI
Marzo 2012

http://texadebooks.altervista.org texadebooks[at]gmail.com Presente Revisione: 15.03.2012 (Prima Edizione: Giugno 2010)

TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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TRE UOMINI FANNO UNA TIGRE


Reportage di Controinformazione Storica
SPAZIO PER CERTIFICATO

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Indice

Capitolo
Saluto ai Lettori I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII XIII XIV XV XVI XVII Il disegno vittoriano di spartizione della Cina Prove documentali La libert e la legge in Cina Lo XiZang Zu Zizhi Qu, o Tibet E sempre la verit? Il lamaismo Il Dalai Lama I fatti di Lhasa, 14 Marzo 2008 La violenza compassionevole Shoko Asahara e il Dalai Lhamo Ipocrisia dOccidente Due pesi e due misure Storie di orrore nel Tibet lamaista Lo strano caso del Panchen Lama scomparso (con rettifica) La Democratica Costituzione del Governo tibetano in esilio La reincarnazione quale mezzo per il mantenimento del potere Conclusioni

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Appendicediapprofondimento:

Sulpresuntogenocidio,haragioneilDalaiono?

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VAI

Note per il lettore: 1. Questo testo in continua evoluzione. Eventuali evidenziazioni in giallo indicano dati provvisori e/o non ancora verificati. Lautore si scusa altres per la possibile presenza di refusi, essenzialmente dovuti a sviste per lincessante necessit di rapidi aggiornamenti ed integrazioni ai quali questo lavoro continuamente soggetto. Lemissione di ogni nuova revisione sottintende lannullamento di ogni revisione precedente. Le edizioni possono essere rettificate non solo per la correzione di refusi, ma anche perch contenenti imprecisioni o notizie che successivamente si sono rivelate errate. Anche questa revisione, quindi, potr essere oggetto di successivo annullamento. Per qualsiasi comunicazione, scrivere a: texadebooks[at]gmail.com

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Saluto ai Lettori
Cari Lettori, voglio innanzitutto raccomandarvi la lettura delle note a pi di pagina, in quanto sono fondamentali per la corretta comprensione. So che spesso vengono trascurate, ma credetemi che stavolta non davvero il caso di farlo. Il Tibet ed i tibetani, sono davvero vittime delloppressione cinese? Per quanto realmente accaduto, si pu legittimamente sostenere che sia stata uninvasione o si tratta solo di un falso storico ben congegnato? Questopera cerca di analizzare le realt storiche su tale argomento, per dare una risposta alla domanda. Premetto che i contenuti di questo lavoro sono tutti documentati. Nulla stato riportato in questo libro la cui origine non sia conosciuta, reperibile e di pubblico dominio. E inoltre consigliabile, durante la lettura, avere a portata di mano un computer connesso ad internet, datosi che quasi tutte le fonti citate sono disponibili in rete. Questo libro, infatti, non si arroga il diritto di aver scoperto alcunch. In questo lavoro, sono state semplicemente raccolte delle informazioni che gi da molto tempo erano pubbliche e disponibili, ma di non semplice reperimento, in quanto sino ad oggi erano state diffuse in modo estemporaneo e certamente disomogeneo, senza un vero e proprio filo che le collegasse in maniera strutturata. Non si tratta di dimostrare la verit. Bens, per il diritto alla completezza dellinformazione che spetta a ciascuno di noi, si tratta solo di fare conoscere altre facce di un problema, specie quelle che non sono mai state raccontate o che sono state trascurate. Dopo aver letto questo reportage, sarete in possesso di una gamma di informazioni pi ampia e, quindi, dovreste essere in grado di farvi unopinione, se non diversa, quantomeno pi consapevole. La vera verit, infatti, quasi sempre unutopia, pi spesso solo una fede. E per questo che nel nostro mondo esistono pochissime verit oggettive, forse addirittura nessuna. Persino nelle scienze, ci sono tanti esempi dove la stessa medesima teoria pu avere, secondo labilit di chi la espone, interpretazioni diverse e persino opposte. Il fatto indiscutibile, che tra una parte dei tibetani e la Repubblica Popolare Cinese, ci sia un conflitto. Quando c un conflitto, si guerreggia. Quando si guerreggia, si usano le armi. Quelle della propaganda ingannevole, della mistificazione e della falsificazione storica, sono armi molto potenti e tutti, nessuno escluso, ne hanno sempre fatto uso. Ogni persona intelligente, questo, lo sa molto bene. Per cui, nei limiti del mio possibile, ho voluto raccogliere e mettere a disposizione elementi alternativi, ulteriori, anche impensabili. E giusto che le opinioni siano diverse perch senza opinioni diverse c stasi e non c progresso - ma doveroso che quelle opinioni, seppur differenti, si formino consultando la pi ampia gamma di informazioni possibile, per evitare di scadere nella becera ed ottusa ignoranza della faziosit monoculare, delluna o dellaltra parte.

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Riconosco di non essere riuscito a restare del tutto imparziale nellanalisi, spesso impedito dalla sconvolgente evidenza dei fatti. Tanto vero che questa ricerca intrisa di commenti ed opinioni personali. Tutto quello che dovrete fare, quindi, saper distinguere tra lopinabilit delle mie considerazioni e lincontrovertibilit del fatto storico. Il lamaismo (o buddismo tibetano), in generale, viene presentato come icona della non violenza e devo ammettere che io stesso, prima di cimentarmi nella stesura di questo lavoro, lo credevo fermamente, al punto da essere assolutamente scettico verso lipotesi, comunque gi circolante, che i Lama non fossero esattamente delle vittime innocenti. Poi, di fronte a certe inquietanti cronache, ho voluto documentarmi, conoscendo delle cose che mi sono sentito assolutamente in dovere di scrivere, semmai qualcuno le legger in futuro.

lAutore

da sinistra:

Lhamo Dndrub (14 Dalai Lama) e Mao Ze Dong

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CAPITOLO I

IL DISEGNO VITTORIANO DI SPARTIZIONE DELLA CINA


Prima di avventurarsi in qualsiasi tipo di considerazione, bene essere consapevoli del fatto che se la risoluzione della causa Tibet indipendente fosse, per assurdo, affidata alla decisione di un tribunale che valutasse solo sulla base di prove e di documenti, evitando di tenere in alcuna considerazione, come ogni tribunale deve fare, le mere deduzioni e le opinioni personali delle parti in contesa, la sentenza sarebbe una sola: il Tibet cinese. Le prove documentali ed i fatti storici accertati a sostegno del fatto che il Tibet appartenga alla Cina da tempi lunghissimi, sono talmente attendibili che ogni opposizione, posta allo stesso livello e sullo stesso piano, risulterebbe soccombente. Dunque, se mai esista un diritto allindipendenza del Tibet, questo certamente non sta nelle presunte prove storiche della sua indipendenza, perch non ce ne sono, come avremo modo di dimostrare meglio nel prosieguo. Semmai, la motivazione del diritto allautonomia andrebbe ricercata in fattori ben pi seri e cio, fondamentalmente, nelleventuale esistenza di un sentimento popolare che fosse proprio della stragrande maggioranza dei tibetani e non invece esclusivo dellaristocrazia spodestata, del clero lamaista spogliato dei suoi privilegi e dei loro, pi o meno in buona fede, simpatizzanti. Il grave sospetto che giorno dopo giorno mi diventa certezza che la causa del Tibet libero non sia altro che una maestosa messinscena, fondamentalmente priva di motivazioni storiche ed umanitarie, orchestrata dalle potenze occidentali che se ne servono tuttora per perseguire un progetto che ha come fine la divisione della Cina e non certamente quello di liberare il popolo tibetano dallipotizzata oppressione del presunto invasore cinese. Il progetto di divisione della Cina, difatti, non nasce con lavvento del comunismo, tuttaltro. E cosa ben pi vecchia: si tratta del piano imperialista britannico vittoriano, susseguente alla sconfitta cinese nelle guerre delloppio1. Disegno ordito a met del XIX secolo e parzialmente realizzato con i cosiddetti trattati iniqui, per primo quello di Nanchino del 18422. Pensare che il disegno a questi geni gli era quasi riuscito: in trentotto anni di pseudo-governo (1911-1949), il Guo Ming Dang aveva ridotto la Cina da maestoso impero a miserabile favela. Linflazione aveva raggiunto livelli inimmaginabili: per comprare pochi viveri, la gente doveva andare in giro con sporte piene di banconote pressoch senza valore. Nel frattempo, i mercenari Jun Fa, grazie essenzialmente allabulia del governo centrale nazionalista di Nanjing (Nanchino) che non esercitava (forse per connivenza?) il proprio legittimo potere, avevano di fatto spezzettato la nazione in una serie di staterelli, pronti per essere consegnati nelle mani di chiunque fosse stato interessato ad acquistarli per quattro soldi. Il piano stava davvero per essere portato a compimento sul finire degli anni 40 e mancavano solo pochi passi ancora. Ma, ad un tratto, ecco limprevisto che ruppe le uova nel paniere

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Vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_dell'oppio Vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_Nanchino TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Lesercito di Mao conquist il paese nel 1949, elimin le divisioni interne e gett le basi non senza la perpetrazione di altre violenze per quella che sarebbe poi divenuta la nazione economicamente pi potente del globo: dallessere un paese miserabile che possedeva solo carta straccia o poco pi, alla Cina di oggi che proprietaria di una percentuale spaventosa di buoni di stato del tesoro USA. Per, la rivoluzione maoista che port alla vittoria dellesercito popolare di liberazione e che fece della Cina lennesimo paese comunista nello scacchiere mondiale, gi abbondantemente farcito da Unione Sovietica e relativi stati satelliti, impensier molto loccidente, che vide in tutto ci laggravarsi di una minaccia che gi considerava estremamente seria. Tuttavia, per il consenso popolare che aveva avuto lesercito comunista, i geni di cui sopra si resero conto immediatamente che, a quel punto, smembrare la Cina per spartirsela non sarebbe stato affatto semplice. Le condizioni favorevoli, auspicate ai tempi della regina Vittoria, erano improvvisamente sfumate e fu altres evidente che la questione non poteva essere risolta con la forza. Serviva allora uno stratagemma, un espediente attraverso il quale raggiungere comunque lo scopo vittoriano, meglio se con il pieno consenso della propria opinione pubblica: lEuropa e gli USA erano appena usciti dalla tragedia della seconda guerra mondiale e la loro gente, di sicuro, non avrebbe accettato un altro grande conflitto dopo cos poco tempo. Lastuzia e la perizia di organizzazioni tremendamente efficienti come la CIA, portarono ben presto allindividuazione di una breccia attraverso la quale tentare una penetrazione. Quella breccia era il Tibet e le condizioni cerano tutte: amministrazione e potere temporale di fatto autonomi perch praticamente senza controllo da quasi due secoli; religiosit e superstizione inveterate; classe dominante teocratica 3 ed aristocratica appena spodestata e vogliosa di riprendersi il potere a tutti i costi; analfabetismo ed ignoranza diffusi nel popolo oltre ogni limite immaginabile; estrema difficolt di reperimento delle prove storiche sul fatto che quel territorio fosse cinese; isolamento pressoch totale dal resto del mondo pressoch da sempre e quindi buio pesto sulla vera storia e sul vero stato sociale del Tibet. Sin da allora, questo il quadro che ha consentito ai geni di raccontare sempre e solo quello che hanno voluto, con possibilit di essere smentiti praticamente uguale a zero. Tuttavia, i concertatori della sovversione impiegarono circa un decennio prima di poter passare allazione. Infatti, larrivo dellesercito di Mao fu salutato con estremo entusiasmo persino dai Lama e questo li spiazz, rendendo tutto molto pi difficile. Il neogoverno comunista di Pechino, che inizialmente mantenne inalterate le leggi tibetane, cominci progressivamente a smantellarle, introducendo riforme che minarono alla radice lassolutismo dellaristocrazia tibetana, formata da nobili, religiosi e latifondisti. Del contenuto di queste riforme ne parleremo per meglio pi avanti. Sta di fatto che queste innovazioni accrebbero ancor di pi il consenso popolare. I Lama, nel tentativo di riparare a questo attacco frontale contro il loro potere assoluto, iniziarono (secondo il clich collaudato di tutte le gradi religioni monoteiste) a dispensare anatemi, maledizioni e scomuniche contro tutti coloro che avessero seguito lapplicazione delle nuove leggi, ma fu tutto vano, perch la consapevolezza che potesse esistere unaltra realt sociale oltre a quella retrograda e medioevale che il Tibet aveva vissuto sino ad allora, stava ormai avanzando inesorabilmente.
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Da teocrazia, che a sua volta deriva dal greco theokrata, comp. di thes 'dio' e -krata, connesso con kratin 'dominare'. Forma di governo in cui il potere civile e politico sottomesso al potere religioso, ossia all'autorit esercitata da una persona, una casta o un'istituzione che si ritiene ne sia stata investita da Dio. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Giunse, quindi, il momento di passare alle maniere forti. La goccia che fece traboccare il vaso lamaista, arriv nel 1958 quando Pechino dette lultima, tremenda, spallata alla teocrazia tibetana, abolendo la schiavit, sino ad allora sancita per legge. La CIA (che aveva propri agenti in Tibet sin dal 1950) cap subito che la situazione stava sfuggendo di mano e che non cera pi tempo da perdere. Il perch lampante: il sistema sociale lamaista si reggeva su una struttura piramidale alla cui base cerano gli schiavi ed i servi. Abolire la servit e la schiavit signific minare la societ teocratica alle fondamenta. Ecco perch i Lama, i nobili ed i proprietari terrieri si ribellarono solo nel 1959 e non durante i dieci anni prima. Immediatamente, fu scatenato un conflitto contro lesercito cinese. I ribelli tibetani erano tutti appartenenti a fazioni fedeli alla nobilt ed al clero, alcuni di essi addestrati in Colorado a spese della CIA, ai quali furono uniti, assoldandoli appositamente, i guerrieri mercenari della trib Khampa per carenza di soldati. Non c fu, infatti, quella sollevazione popolare che la CIA auspicava, non tanto perch il popolo tibetano parteggiasse per Mao, quanto perch la condizione di analfabetismo imperante che perdurava da sempre, non consent alla gente comune di capire neppure quello che stava realmente accadendo. Il resto storia nota. Il conflitto si risolse con la sanguinosa disfatta dei ribelli, i cui superstiti ripararono in India insieme allaristocrazia ed ai relativi entourage, per un totale, si dice, di circa novantamila individui. La CIA, che temeva attentati alla vita del Dalai da parte della popolazione inferocita, lo convinse e lo aiut a fuggire anchegli in India. Subito dopo, inizi la propaganda: i morti del conflitto scatenato dalla CIA e benedetto dal Dalai Lama furono spacciati per martiri delle persecuzioni religiose attuate dalloppressione cinese e la fuga spontanea in India fu venduta allopinione pubblica mondiale come esilio imposto anzich volontario. Ecco fatto. Con lappoggio dei gi moderni media di allora e del cinema, ma soprattutto contando sul fatto che la neonata Cina comunista non possedeva ancora alcun mezzo adeguato per contraddire ed opporsi efficacemente alle campagne mediatiche occidentali, si inizi cos a diffondere una delle falsificazioni storiche pi sfacciate del nostro tempo. A favore di tale menzogna, gioc (e gioca tuttora) un ruolo determinante il fatto che nella cultura media occidentale, il comunismo equivale al male. Grazie a ci, fu estremamente facile costruire, senza alcuna preoccupazione di smentita, grossolane falsit storiche come le persecuzioni religiose ed il genocidio. Infatti, il comunismo sino ad allora conosciuto dagli occidentali era quello sovietico e quindi i paralleli non destarono il minimo sospetto, anzi. Si credette ad occhi chiusi alle persecuzioni religiose, alle deportazioni ed allo sterminio delletnia tibetana, non perch ci fosse davvero accaduto, ma solo perch era plausibile, visto che qualcosa di simile era davvero successo nellURSS. Bast affibbiare alla Cina il bollo di stato comunista a far s che lopinione pubblica occidentale parteggiasse per i tibetani in esilio (volontario) senza sospettare nulla, credendo addirittura che si trattasse di gente comune, di poveri profughi in fuga. Se, invece, lopinione pubblica mondiale avesse saputo del Ping Fa4 e di come le sue strategie guidino da sempre lazione militare cinese, imponendo il rispetto totale del nemico vinto e la preservazione della sua identit culturale quale presupposto essenziale per il mantenimento del dominio, forse il giochetto mistificatore non sarebbe riuscito. Se lopinione pubblica avesse saputo che la Cina non ha mai compiuto guerre espansionistiche a danno di paesi confinanti negli ultimi millecinquecento anni, probabilmente tali fandonie non avrebbero trovato siffatto credito.

Vedi: http://www.storiain.net/arret/num147/artic6.asp TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Questa, in breve, la genesi della favola del Tibet occupato e della propaganda anti-cinese che la cavalca da oltre mezzo secolo, propaganda che tutti continuiamo a vederci propinare spudoratamente, ancora oggi, esattamente come allora.

Poliziotti cinesi che si travestono da Lama? Immediatamente dopo gli eventi di Lhasa del Marzo 2008 (vedi Capitolo VIII), questa foto ha fatto il giro del mondo, spacciata come prova del fatto che la polizia cinese di Lhasa avrebbe travestito da Lama alcuni dei propri agenti affinch, cos camuffati, potessero compiere le violenze che poi sono state ampiamente documentate dalle televisioni di tutto il mondo, per addossarne la colpa ai monaci. Si detto, addirittura, che la foto fosse stata scattata via satellite dallistituto britannico GCHQ. Alcune osservazioni, peraltro superflue, sulla foto: 1) a Lhasa, sino a fine Marzo del 2008 le temperature sono state estremamente rigide, per cui improbabile che con un tale clima la gente indossasse semplici camicie; 2) non uninquadratura dal satellite, perch fisicamente impossibile che abbia quellangolazione; 3) non esiste che unoperazione segreta della polizia cinese venga messa in atto nel bel mezzo della strada principale, sotto gli occhi di tutti; 4) i Taxi a pedali, a Lhasa come in tutto il resto della Cina, sono veicoli ufficiali con targa e licenza. Nel 2005 i loro tettucci sono stati rinnovati e sono come si vedono in questaltra foto qui a sinistra, scattata da turisti occidentali a Lhasa, appunto nel 2005. Quindi, proprio linnocente taxi, ritratto alle spalle dei poliziotti, che taglia la testa al toro, datando la foto, fuor da ogni dubbio, ad un periodo antecedente di almeno tre anni ai fatti del 14 Marzo tratta da http://www.travelblog.org 2008. Infatti, la foto risale al periodo 2001/2002 ed stata tratta dallarchivio di una produzione cinematografica. In quella occasione, a Lhasa, si stavano girando gli esterni del film The Touch di Peter Pau ed i poliziotti dovettero prendere il posto, come figuranti, dei veri Lama che si erano rifiutati di girare quella scena per disaccordo sul trattamento economico. Viene da ridere, ma non c davvero limite alla faccia tosta di certe persone, che oltretutto insultano pesantemente lintelligenza della gente, ritenendola incapace di scoprire la verit. Si vedano i seguenti link: Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Michel_Collon#cite_note-1 Los Angeles Times: http://articles.latimes.com/2008/apr/30/world/fg-monks30

(INDICE)

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CAPITOLO II

PROVE DOCUMENTALI
Quanto state per vedere e leggere, non il frutto di un artificio o di unopinione di parte, bens quanto normalmente si reperisce non solo nelle biblioteche, ma anche in rete, approfondendo la geografia storica della Cina. Ecco come alcune mappe ufficiali riportano i confini dellimpero cinese, dal 1200 ai giorni nostri, cio pi o meno durante lultimo millennio. In queste cartine, il Tibet (ovvero, la zona che pi meno corrisponde alle aree cerchiate di rosso) risulta essere sempre stato parte della Cina.

Limpero cinese allepoca della dinastia Yuan (1271-1368)


Tratta da: http://en.wikipedia.org

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Limpero cinese allepoca della dinastia Ming (1368-1644)


Tratta da: http://en.wikipedia.org/wiki/Ming_dynasty Lappartenenza del Tibet alla Cina durante la dinastia Ming controversa. A prova del s, sta il fatto che il primo Dalai Lama sia stato nominato proprio dallimperatore Long Qing per mano del locale governatore Altan Khan, oltre a molti altri documenti che riguarderebbero la nomina di ufficiali dellesercito e del governo imperiale cinese, di stanza nel Tibet di quel periodo storico, nonch la mappa di Padre Matteo Ricci che trovate qui di seguito. La parte che invece sostiene il contrario, ha sinora basato le proprie argomentazioni essenzialmente su deduzioni, ma senza il conforto di alcuna prova documentale di pari valore.

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La Cina allepoca dellimpero della dinastia Qing e nel periodo post-rivoluzionario del Guo Ming Dang che le subentr (1644-1949)
Tratta da: http://depts.washington.edu/chinaciv/1xarqing.htm

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J.H. Colton, Coltons Illustrated Cabinet Atlas, New York, 1858


Tratta da https://www.oldworldauctions.com/Auction086/ow-asia.htm

Tegg, The London Encyclopedia, London, 1833


Tratta da https://www.oldworldauctions.com/Auction086/ow-asia.htm

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Edward Stanford, London, 1924


Tratta da http://www.shapero.com/gbp/53876

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Limpero cinese in epoca Ming (1602) secondo Padre Matteo Ricci Nelle prime edizioni di questo reportage, eravamo incappati in un grave errore di individuazione. Padre Matteo Ricci, nel 1600, non poteva ovviamente disporre di vedute aeree e quindi ha redatto la mappa avendo pi o meno intuito la posizione del Tibet, che comunque appare molto pi a nordovest di quanto non sia realmente, anche se ci non toglie assolutamente nulla alla straordinariet dellopera. La cartina cita chiaramente il Tibet, nel punto indicato dalla freccia rossa, dove lantico nome Wu Si Zang appare evidenziato nella lente dingrandimento (nostra modifica). La colorazione giallo-chiaro del territorio ne conferma altres lappartenenza allimpero Ming, datosi che il gesuita, come possiamo ben osservare, ha dipinto ogni regno di colore diverso. Wu Si Zang come appare scritto sulla mappa, in cinese antico (o tradizionale). Wu Si Zang scritto in cinese moderno (o semplificato). Peraltro solo il primo ideogramma a differire dalla scrittura tradizionale che, per il resto, rimasta invariata. A pagina seguente, trovate il planisfero completo dal quale stata tratta la mappa di cui sopra. Ancora un sincero grazie al nostro lettore Arty che ce lha segnalata (Settembre 2010).

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Vista integrale del Planisfero di Padre Matteo Ricci, denominato: Carta Geografica Completa di tutti i Regni del Mondo la cui prima edizione risale al 1602. Tratta da: http://it.wikipedia.or g/wiki/Matteo_Ricci

Padre Matteo Ricci 1552 - 1610

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La Cina moderna, dalla rivoluzione maoista (1949) ad oggi.


Tratta da: http://depts.washington.edu/chinaciv/1xarprc1.htm Questo quanto ci dicono le mappe storiche super partes. Infatti, avrete notato che nessuna di esse edita dal Partito Comunista Cinese o dal Governo Tibetano in esilio volontario in India. Le ho volutamente ignorate, per evitare che potessero mettere in dubbio lattendibilit di questa indagine. Infatti, non questo il problema: sono i fautori della causa Tibet libero che battono continuamente la strada della geo-politica sostenendo, contro ogni prova storica degna di tale nome, che il Tibet fosse uno stato indipendente e che la Cina labbia invaso. Lo fanno perch il reperimento delle prove del contrario non alla portata di chiunque e quindi confidano nellignoranza di massa, come al solito. E ovvio, quindi, che la soluzione dellenigma non pu essere raggiunta usando lo stesso parametro a rovescio, cio riducendo il tutto alla facile dimostrazione del fatto che, come questi ed altri documenti ufficiali dimostrano, il suo territorio sia invece appartenuto alla Cina da tempi immemorabili. Allora, perch mostrare queste cartine? Proprio per smantellare da subito queste risibili argomentazioni e non tornarci pi sopra. Non dobbiamo perdere tempo a discutere dellindipendenza tibetana in base alla geografia storica, perch si tratta di una spudorata bugia. E una falsificazione creata ad arte per deviare lattenzione dalle questioni vere, come meglio comprenderete in seguito, proseguendo nella lettura. (INDICE)

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CAPITOLO III

LA LIBERT E LA LEGGE IN CINA


Parlare genericamente di libert, senza darne una definizione precisa, espone alla possibilit di interpretazioni infinite, impedendoci di giungere ad una conclusione che sia soddisfacente, in ugual misura, per tutti. Il ventaglio amplissimo: si va, infatti, dal libertarismo di Djacque5, alla libert kantiana influenzata dallimprescindibile condizione umana di essere prigionieri della legge di causa ed effetto. La Cina un paese dove vige un governo monocolore, che noi occidentali usiamo definire dittatoriale in senso biasimevole6. Se si pensa alla libert, ad esempio, come diritto alla pluralit partitica ed al confronto tra diversi schieramenti politici, in Cina questo non c. Se si pensa, invece, alla libert come possibilit di veder realizzate le proprie aspirazioni personali in senso professionale o imprenditoriale, la Cina il paese dove queste libert, attualmente, vengono concesse ed agevolate pi che in ogni dove, in nome, si dice, dello sviluppo sociale e del benessere collettivo. Inoltre, in pochi sanno che, in Cina, i sindaci delle comunit agricole e dei piccoli centri - che rappresentano il grande substrato sociale - sono eletti direttamente dal popolo e non nominati dal partito. In molti praticamente in tutto lOccidente puntano il dito indice, molto spesso sporco dei loro stessi escrementi, contro la dittatura cinese, accusandola di violare i diritti umani di base e di negare i pi elementari benefici di libert e di giustizia. Certamente, non si pu impedire a nessuno di praticare il libero esercizio della propria opinione, ma, allo stesso modo, nessuno pu impedirci di riflettere su tali affermazioni, sempre che si conosca il vero status della condizione sociale nella Cina odierna. Dal momento in cui un governo consente alla gente ed agli imprenditori di lavorare chiedendo solo il 25% di tasse; dal momento che mette a disposizione infrastrutture inimmaginabili; dal momento che alza il salario minimo del 12% medio annuo negli ultimi 6 anni; dal momento che i redditi inferiori sotto il minimo di legge e quelli dei contadini sono assolutamente esentasse; dal momento che garantisce, ininterrottamente da oltre 10 anni, la crescita del potere popolare d'acquisto dell'8% medio annuo; dal momento in cui ha ridotto dal 51% al 2,5% la popolazione sotto la soglia di povert assoluta dal 1981 al 2010; beh, dal momento in cui esiste tutto questo io mi chiedo davvero di quale libert e di quale giustizia stiamo parlando. Indubbiamente, il regime che governa la Cina veramente rigido ed ogni tipo dingerenza politica esterna non tollerata. In Cina, la libert dell'individuo finisce laddove le sue azioni si rivelano, a giudizio delle autorit, dannose per la collettivit o destabilizzanti. Tutto il resto, purch non costituisca altro reato comunemente inteso, concesso. Pertanto, se si parte dal presupposto che la Cina non sia un paese libero a prescindere, solo per la caratteristica monocratica del regime che la dirige e senza prima chiarire a quale tipo di libert si stia alludendo, nessuna considerazione sull'efficacia di questo sistema di governo sarebbe possibile e potremmo gi chiudere il discorso qua.

Joseph Djacque, poeta parigino anarchico-comunista (1821 - 1864), fondatore della teoria libertaria. Il termine Dittatura deriva da Dittatore che, a sua volta, trova la propria radice etimologica nel verbo latino Dictare (come intensitivo di Dicere). Il Dictator romano era una figura dellepoca della Repubblica. Si trattava di un funzionario che veniva eletto nei momenti di crisi ed al quale si conferivano pieni poteri. Era cos nominato perch ci che ordinava era legge. Ma anche quello che ordina qualsiasi governo, democratico o non che esso sia, legge. Infatti, questa parola, nel tempo, ha assunto valenza dispregiativa non per il significato del termine in s (che non ha nulla di dispregiativo), ma per gli errori, gli abusi e, spesso, le atrocit, commessi in virt di tale condizione plenipotenziaria.
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E necessario, quindi, ripercorrere brevemente gli ultimi avvenimenti storici di rilievo, per capirne un po di pi. Innanzitutto, voglio ricordare che le rivoluzioni cinesi di epoca moderna state due. La prima, fu quella cosiddetta Xinhai7, ovvero la rivoluzione repubblicana del 1911, figlia degli illuminati ideali repubblicani, democratici e sociali del Dott. Sun Zhong Shan8 che per, di fatto, non videro mai la luce, il che avvi il Guo Ming Dang9, successivamente capeggiato da Chiang Kai Shek, ad una fine vergognosa. La seconda fu quella comunista, di Mao Ze Dong, che conosciamo meglio e che, invece, attinse a piene mani dagli ideali rivoluzionari di Sun molto pi di quanto fece il Guo Ming Dang stesso, al punto che il PCC 10 considera il Dott. Sun, ancora oggi, il vero padre della Cina moderna e non affatto un nemico politico. La devozione che il Partito Comunista cinese, tuttoggi, rivolge a Sun Zhong Shan (fondatore del Guo Ming Dang, cio del partito nominalmente avversario del comunismo) testimoniata dai continui pellegrinaggi non solo della gente comune, ma anche di importanti funzionari di partito al sontuoso mausoleo di Nanjing dove vengono conservate e venerate le sue spoglie. Bench progettato e Dr. Sun Zhong Shan realizzato nella seconda met degli anni 20, cio in piena era (Sun Yat Sen) Guo Ming Dang, il mausoleo non stato nemmeno sfiorato dai furori della rivoluzione culturale (1966-1976) ed rimasto incrollabile luogo di culto e venerazione della memoria del grande Dott. Sun. E in questo apparente ossimoro storico (ovvero, i comunisti che ossequiano la memoria di un loro avversario anzich cancellarla) che troviamo unimportante chiave di lettura forse la pi importante del fenomeno Cina. Se qualcuno volesse soffermarsi a rifletterci seriamente, comprenderebbe subito il perch dei meccanismi e dei percorsi attraverso i quali si esplicata, dal 1949 ad oggi, la crescita economica e sociale di una nazione la cui rapidit ed efficacia di sviluppo non hanno eguali nella storia del mondo moderno. Molti di noi, purtroppo, sono abituati a denigrare sempre i propri nemici, soprattutto negando lesistenza di certe buone azioni che abbiano potuto compiere. Troppo spesso, non si guarda alla giustezza delle cose fatte, ma al colore della loro matrice, perch si vuole avere sempre ragione per forza e perch si crede fermamente che infamare il nemico sia la strada migliore e lunico modo per avere sempre ragione. Quasi mai pensiamo, invece, a come dimostrare di aver ragione. Raramente ci preoccupiamo di provare la validit dei nostri princpi con le azioni, con i fatti, con linnovazione, con limpegno a costruire qualcosa di buono che parli per noi, preferendo la strada breve della maldicenza contro loppositore. Quelli che sono terrorizzati dal dover ammettere la validit del metodo nemico, o dal riconoscere che il nemico abbia fatto delle cose giuste, pensano da dissociati mentali perch temono che una simile ammissione possa andare a loro discapito. Quindi, cercano sempre la soluzione del beota: ottenere consensi non per i propri meriti oggettivi, ma puntando il dito (sporco di cacca, come anzidetto) su presunti difetti dellantagonista. E una strategia di difesa istintiva, retaggio dellet infantile e che, figlia di nessun raziocinio degno di tale nome, denota profonda ignoranza e assenza totale di maturit. Non a caso, comunissima tra i bambini della scuola primaria.
7 Il 1911, anno della prima rivoluzione, un anno Xinhai, cio un anno speciale, nel periodo sessagenario del calendario tradizionale cinese, in quanto ultimo anno di uno dei cinque cicli intermedi di dodici anni. Si tratta della rivoluzione che culmin con la destituzione dellultimo imperatore Qin Pu Yi, come ricorderanno, ad esempio, quelli che hanno visto lomonimo film di Bertolucci. 8 Meglio noto in occidente col nome cantonese di Sun Yat Sen. 9 Partito Nazionalista Cinese, fondato da Sun Zhong Shan e Song Jao Ren allindomani della rivoluzione Xinhai. 10 Partito Comunista Cinese.

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Ad esempio, si condanna peraltro giustamente Benito Mussolini per quanto di male ha combinato e mai, invece, gli viene reso merito per le importantissime riforme sociali da lui introdotte, che ancora oggi sono un vanto del nostro paese e che sono state, non solo per lItalia, le prime vere innovazioni sociali del secolo appena trascorso: listituzione degli enti di assicurazione e previdenza, gli assegni familiari, le quaranta ore di lavoro settimanali. Certamente, Mussolini si alle poi con dei criminali diventando loro pari e causando sua culpa quanto successivamente accaduto, ma le cose giuste restano inconfutabilmente giuste, a prescindere. Allo stesso modo, se riuscissimo a comprendere il perch i comunisti cinesi possano agire in modo cos apparentemente contraddittorio da venerare un nemico, si capirebbe che limmagine negativa della Cina che viene percepita in occidente , in gran parte, frutto di un strategia meramente propagandistica a fini politici, che mira a distogliere lattenzione dalla verit, per rendere incomprensibile quello che, in realt, del tutto chiaro ed evidente: le cose buone, sono cose buone in assoluto, indipendentemente da chi le fa. Il famoso aforisma di Deng Xiao Ping (successore di Mao) affatto eloquente in questo senso: Non importa di che colore sia un gatto, purch riesca a cacciare i topi. Dunque, Sun Zhong Shan nasce nel 1866 a Xiang Shan (come si chiamava allora) 11 e muore a Pechino nel 1925. Dalla rivoluzione Xinhai del 1911 e sino alla vittoria finale dellesercito di Mao nel 1949, la Cina, di fatto, non ha mai avuto un governo centrale che potesse definirsi tale, essendo stata praticamente sempre in mano dei Jun Fa12. A prescindere da qualsiasi opinione politica, bene, quindi, non dimenticare che se la rivoluzione maoista non avesse avuto successo, sicuramente la Cina oggi non sarebbe la potenza economica che , perch sarebbe stata sminuzzata in stati e staterelli, persino coloniali, o, comunque, sotto la forte influenza delle solite potenze straniere. In questa ottica, fa orrore pensare che la Cina ha corso il serio rischio di diventare una macelleria, un teatro costante di carneficine, ovvero un terreno fertilissimo, per certe forze economiche, dove fomentare odio in nome di quel bizzarro concetto di libert da raggiungere solo mediante luso delle armi, che mira allo scatenamento di guerre ad uso e consumo dei soliti noti, facendo leva sulle incompatibilit culturali e non solo, che purtroppo ancora oggi esistono tra le genti di tutto il pianeta. Questa potrebbe essere la vera ed unica ragione degli innumerevoli tentativi di ingerenza politica che la Cina Popolare ha dovuto fronteggiare e controbattere nei sessantanni della sua esistenza.

La spartizione della Cina tra le potenze straniere durante il primo dei trattati iniqui, quello di Nanchino (1842), in una vignetta satirica francese dellepoca.

11 Oggi si chiama Zhong Shan, proprio in onore del Dott. Sun Zhong Shan. E una citt di oltre due milioni di abitanti, posta sul delta del fiume delle perle, nella provincia meridionale del Guangdong. 12 I Jun Fa o Signori della Guerra, erano militari o funzionari che, nel periodo Guo Ming Dang, capeggiavano piccoli eserciti solo formalmente dipendenti dal governo centrale, ma che in realt erano assolutamente indipendenti, spesso mercenari. I Jun Fa si spartivano, di fatto, il controllo del territorio cinese, allora dissestato dalla guerra civile tra comunisti e repubblicani e, ancor pi, martoriato dallinvasione militare giapponese.

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Infatti, il forte sospetto che della libert del popolo cinese dalla cosiddetta schiavit comunista, non sia mai interessato (e non interessi assolutamente nulla) a nessuno, ma che il vero scopo della propaganda anti-cinese sia quanto di pi truce si possa immaginare13.

Manifesti della Repubblica Popolare Cinese celebrativi dellunit tra le cinquantasei etnie.

Tra laltro, sarebbe abbastanza inverosimile che una nazione diventata, nei fatti, la prima potenza economica mondiale e che riuscita ad innalzare il reddito medio dei propri cittadini in modo esponenziale in meno di un ventennio, riducendo praticamente a zero il numero degli indigenti, sia una nazione davvero schiavizzata da una feroce dittatura: dalle feroci dittature schiavizzanti, da che mondo mondo, non mai venuto alcun sviluppo, n alcun altro tipo di beneficio sociale.
13 Questa teoria, citata anche sul web, sostiene che sia in atto, sin da met 800, un progetto di destabilizzazione della Cina al solo fine, pi che verosimile, di dividerla e spartirne le risorse. Per i recenti avvenimenti storici circa lo smembramento dell'ex area d'influenza URSS, tale attivit sovversiva oggi chiamata balcanizzazione della Cina. Si vedano: http://pakalert.wordpress.com e http://www.cnj.it/documentazione/cina.htm#flou

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Diciamo, piuttosto, che la Cina era ed un boccone appetitoso per tutti gli interessati alle sue innumerevoli risorse naturali non sfruttate, allenorme numero di abitanti e quindi di risorse umane, alla la vastit del territorio, cio una preda allettante per gli interessi plutocratici e militari che governano, come ben sappiamo, pressoch lintero mondo occidentale. Invece, a dispetto di certi cospiratori occidentali, gli stessi che nel 1989 avrebbero messo in scena la tragica pantomima di Tien An Men, facendola recitare da un manipolo di manipolati studenti inconsapevoli e, come tali, incolpevoli14, la Cina di oggi ancora uno stato unito come ai tempi dellimpero della dinastia Qing (1644-1949). La Cina un delicato mosaico, una serie innumerevole di complicatissimi meccanismi ad incastro tra culture e popoli, che vivono insieme pi o meno pacificamente da oltre duemila anni, oggi amministrati da un sistema che ha il gravosissimo compito di garantire il necessario equilibrio tra le cinquantasei etnie e linfinit di lingue e culture diverse che compongono questo continente, mediante leggi e regolamenti basati sul principio "One Peaceful China"15.

Cina: mappa dei Ceppi Etnolinguistici Tratta da: http://ninglundecember.files.wordpress.com

(INDICE)

14 Fuor di dubbio, la manifestazione di Tien An Men stata un evento che non pu non destare sospetti per il fatto di non avere avuto alcun consenso, n alcuna eco, tra il resto dei cinesi. Per quanto si sia trattato di un avvenimento che ha fatto inorridire il mondo per le violenze accadute, cronisti indipendenti sostengono (ed io, testimone diretto di quei giorni, concordo) che si sia trattato di un episodio assolutamente circoscritto alla sola piazza di Tien An Men a Pechino, isolato e fine a se stesso, senza seguito n riscontri di alcun genere, neanche minimi, n in altre zone di Pechino, n tra gli altri studenti di tutto il resto della Cina, nemmeno tra quelli di Shanghai e neppure tra quelli di Chong Qing, che la citt pi popolosa del mondo con quasi quaranta milioni di abitanti. 15 Una Cina in Pace. Lo slogan evidenzia soprattutto lunit nazionale. Il termine peaceful (pacifico, tranquillo, in pace) pu curiosamente suonare anche come monito per chi nutrisse intenzioni separatiste.

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CAPITOLO IV

LO XIZANG ZIZHI QU, O TIBET


La precisazione storica che dobbiamo assolutamente fare prima ancora di addentrarci in ulteriori disquisizioni, che in Tibet non c stata nessuna invasione cinese. Il termine invasione assolutamente improprio. Non si trattato di uninvasione, perch si parla di invasione quando uno stato ne invade un altro. Il Tibet, nel 1949, non era uno stato a s, ma era parte della Cina. Quindi, se proprio vogliamo dare una definizione allavvenimento, dobbiamo casomai dire che si sia trattato di un cambio della guardia. Lingresso in Tibet ed a Lhasa delle truppe di Mao Ze Dong fu assolutamente pacifico, datosi che non cera (perch non poteva esserci) alcuna ragione politica per la quale i tibetani avrebbero dovuto ribellarsi allesercito della nazione alla quale appartenevano. Il conflitto di cui si parla sempre, infatti, fu la conseguenza di uninsurrezione privata avvenuta nel 1959, cio dieci anni dopo. Per capire meglio, partiamo dunque da un dato che non ha bisogno di interpretazioni, n di dimostrazione alcuna, giacch semplicemente storia: la regione dello XiZang Zizhi Qu (meglio conosciuta in occidente come Tibet) sempre stata cinese, mongola o manci, salvo due periodi assolutamente fugaci e assolutamente insignificanti dal punto di vista storico (1682-1720 e 1914-1949), come ha scritto nel suo libro persino Ilario Fiore, corrispondente della RAI da Pechino, anche se potremmo addirittura escludere il periodo 1914-1949. Durante quei trentacinque anni, infatti, il Tibet stato comunque parte della Cina Repubblicana del Guo Ming Dang (dal 1911 al 1949). Quello che accadde, in verit, che il Tibet, essendo stato, in quel periodo, una regione cinese a statuto speciale, godette di unindipendenza meramente di fatto, nel senso che le autorit cinesi nazionaliste non interferirono nella gestione del paese, tollerando che lesercizio del potere fosse nelle mani del clero lamaista e della nobilt latifondista anche se, politicamente, il Tibet era, in tutto e per tutto, una provincia cinese. Questa non unopinione, ma una certezza storica, confortata dalle cartine geografiche dellepoca che abbiamo visto allinizio e dagli stessi Stati Uniti che riconoscevano il Tibet come parte del territorio cinese. Nel 1949, infatti, il Dipartimento di Stato Americano pubblic un libro sulle relazioni USA-Cina con una mappa che mostrava tutta la Cina, Tibet compreso16. Non solo. Durante il periodo della seconda guerra mondiale, era il governo della R.O.C. 17 a Nanjing a rilasciare i permessi di sorvolo del Tibet agli aerei alleati. Notoriamente, il permesso al sorvolo di un territorio lo rilascia lautorit alla quale quel territorio appartiene. Ad ulteriore riprova di questa asserzione, oltre alle gi menzionate mappe, c la stessa Costituzione della R.O.C.. Nel documento, il Tibet viene citato cinque volte e, pi precisamente, agli artt. 26, 64, 91 (due volte) e 120, come provincia del territorio cinese18.

Herbert Aptheker, 1977, "America Foreign Policy and The Cold War" (1962), Krauss Reprint Millwood, N.Y. Republic Of China (Repubblica Cinese), quella del Guo Ming Dang, che subentr alla dinastia Qing deposta, come abbiamo gi visto, a seguito della rivoluzione Xinhai, nel 1911. 18 Vedi: http://www.taiwandocuments.org/constitution01.htm
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Quindi, bench il Tibet fosse assolutamente parte della Cina, sino al 1949 vi hanno signoreggiato indisturbati i Lama, i nobili ed i proprietari terrieri, forti del fatto che il Tibet fosse il distretto pi remoto ed impervio dellimpero e verso il quale, sia lormai debole e degenerata monarchia Qing, sia laltrettanto corrotto Guo Ming Dang, non avevano avuto la forza (e forse nemmeno linteresse) di esercitare alcun controllo efficace. Ecco perch si dice che il Tibet fosse indipendente. E stata questa situazione di apparente autonomia ad ingannare molti osservatori del tempo, facendo loro supporre talvolta, persino in buona fede che il Tibet fosse uno stato a s, ma un cane sciolto non necessariamente un cane senza padrone. Poi, lequivoco stato cavalcato da chi ha avuto interesse a farlo, sino a creare la falsificazione storica alla quale tutti siamo stati indotti a credere, almeno sinora. Il Tibet, dunque, era solo una regione cinese autonoma e dimenticata, dove vigevano regole paragonabili a quelle del nostro pi cupo medioevo. Il Tibet un territorio senza sbocco sul mare come il Kosovo e la Cecenia. Bench conti una popolazione di poco pi di tre milioni di abitanti contro il miliardo e mezzo dell'intera nazione cinese, occupa ben oltre il dieci percento del territorio della Cina19. Nella migliore delle ipotesi, se divenisse indipendente, il Tibet potrebbe diventare un protettorato straniero, come gli avvenimenti storici, presenti e pregressi, ci inducono, fortemente, a ritenere. Una delle principali argomentazioni circolanti in Occidente, asserita da molti intellettuali, storici, sociologi, antropologi e giornalisti di grido, sulla condizione politica del Tibet post lamaista, in sintesi la seguente: la riannessione del Tibet alla Cina e le riforme introdotte dai cinesi, hanno rappresentato un processo di modernizzazione violento e troppo veloce, che ha fatto perdere ai tibetani i punti di riferimento culturale ai quali si erano rapportati per secoli. Certamente, resta da stabilire quali siano stati questi punti di riferimento culturale a cui ci si riferisce: forse la condizione di servit e schiavit, forse la rassegnazione ad essere imprigionati, accecati o mutilati secondo lumore del padrone o del Lama di turno, o chiss che altro. Lunica spiegazione plausibile a questa convinzione occidentale salvo non dubitare fortemente dellonest e della buona fede di chi la sostiene che questo concetto vada invece letto in modo simile alla storia di quel gorilla che, obbligato dalla nascita in una gabbia di due metri quadri, non sopravvisse pi di tre giorni dopo essere stato liberato nella vastit nella giungla. Quindi, l'indipendenza politica di un popolo, davvero condizione essenziale per la preservazione delle peculiarit culturali ed etniche che ogni popolo possiede? Se fosse davvero impossibile che un popolo possa mantenere la propria identit culturale senza essere politicamente indipendente, allora perch non applicare lo stesso principio agli indigeni australiani che sono australiani da quasi cinquantamila anni, ai nativi americani che sono americani da oltre dodicimila anni, ai Paesi Baschi, all'Irlanda del Nord e alla Corsica, alla Palestina occupata, ma anche allAlto Adige, a tutto il nord leghista italiano, alla Sardegna, al Granducato di Toscana, al movimento indipendentista siciliano e via dicendo? Per due ragioni: la prima, quella vera, che la Cina, sino dal 1800, nel mirino delle grandi potenze occidentali per essere destabilizzata e smembrata. Un eventuale riconoscimento dellindipendenza politica degli aborigeni australiani o degli altoatesini italiani non porterebbe nessun beneficio ai plutocrati doccidente, mentre lindipendenza del Tibet, con la divisione della Cina come conseguenza inevitabile e diretta, al contrario, porterebbe loro benefici enormi.

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Tibet: 1.223.599 km2; Cina: 9.671.018 km2. Rapporto: 12,65% TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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La seconda ragione, quella pi sempliciotta, ma comunque degna di menzione, che da noi le attivit separatiste sono (per ora) vietate per legge e quindi ci non pu accadere. Ricorderete tutti, ad esempio, lepisodio italiano della Veneta Serenissima Armata (altrimenti conosciuta come i Serenissimi), quando il 9 Maggio del 1997 un commando di secessionisti locali occup il campanile di San Marco a Venezia. Ebbene, la questione si risolta con larresto e la condanna alla galera dei responsabili20 da parte della Corte di Assise di Venezia che li ha riconosciuti eversori cos come ha riconosciuto eversivo latto compiuto. Inconcepibilmente, per, ci scandalizziamo quando lo stesso identico principio viene applicato in Cina dove, in questo senso, vigono leggi esattamente uguali alla nostra. E una situazione del tutto paradossale: sebbene il principio dellautodeterminazione dei popoli sia sacrosanto, in verit chiaro che c' qualcosa che non quadra in questa evidente, quanto singolarissima, diversit di valutazione sullo stesso, identico, problema.

Un detenuto alla gogna durante la signoria lamaista nella prigione del monastero di Muli (1950)

Questo prigioniero fu condannato a cinque anni di prigione, che in realt sarebbero stati cinque anni di tortura, essendo stato costretto a portare permanentemente questa gogna attaccata al collo. Le grappe metalliche che tengono unite le assi di legno sono permanenti. Le mani non potevano raggiungere il viso e quindi il prigioniero non riusciva ad alimentarsi autonomamente. Veniva nutrito dai monaci con una palletta di farina dorzo due volte al giorno. Come quasi tutti i detenuti condannati a questa pena, per sua fortuna mor dopo pochi mesi.

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20 Vedi: http://archiviostorico.corriere.it/1997/luglio/10/Condannato_commando_dei_Serenissimi_co_0_9707104425. shtml

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L'imperialismo e le culture indigene


(di Sara Flounders, Workers World, 26.08.1999, http://www.workers.org)

In tutto il mondo, le societ indigene dal Nord America, allAmerica Latina, l'Africa e l'Oceania sono state decimate. La ricca variet di culture e' stata scalzata, calpestata, ridicolizzata. I nativi sono stati sterminati in tutto il mondo, da tutte le forze che adesso sembrano essere rispettosamente in adorazione della cultura tibetana .

Lhasa, 1950 Un ex detenuto tibetano illustra allagente della CIA Frank Bessac gli strumenti di tortura usati per infliggere la pena dellaccecamento mediante estirpazione dei bulbi oculari, durante il periodo di signoria lamaista.

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CAPITOLO V

SEMPRE LA VERIT?
In molti sanno, per averlo appreso dalle fonti di informazione occidentale, che gli adepti di una setta denominata "Fa Lun Gong" 21 sono stati perseguitati in Cina alla fine anni '90 e che tuttora siano oggetto di persecuzioni. Il messaggio arrivato in occidente quello di una repressione violenta delle libert religiose, in quanto il fatto viene raccontato in conformit al clich della comune convinzione occidentale, che vuole il regime comunista cinese, nominalmente ateo, feroce oppositore di qualsiasi culto religioso solo perch tale. In realt, non affatto cos. Al contrario, si tratta di un intervento assolutamente privo di qualsiasi intento antireligioso e, forse per questo, ben pi drastico e pesante. E unazione di forza, a difesa, secondo le autorit cinesi, dellinteresse nazionale, dal momento in cui la congrega (la cui attivit, in origine, non era stata minimamente ostacolata, tanto da raggiungere un gran numero di adepti) ha rivelato serie intenzioni di attivit ritenute socialmente pericolose, discostandosi non poco, nei proclami e nelle azioni, dal misticismo pressoch contemplativo che ne aveva caratterizzato gli inizi22. In pochi sanno, per non averlo mai appreso dalle fonti di informazione occidentale, che, in Cina, il rispetto verso le tradizioni culturali e di costume delle varie etnie si spinge a livelli che sarebbero inconcepibili persino nel pi democratico dei paesi. Ad esempio, in occidente praticamente sconosciuto il fatto che gli appartenenti alletnia Zang Zu possano liberamente girare armati perch il porto d'arma fa parte del loro costume, inteso sia in senso lato, sia in senso stretto. Forse il nome Zang Zu non dice niente. Meglio, allora, chiamarli col nome con il quale sono meglio conosciuti in occidente: tibetani23. Resta difficile comprendere il perch di una situazione dove il presunto oppressore conceda al presunto oppresso la libert di girare armato (vedi foto a lato), se non spiegandosela in modo antitetico rispetto alla convinzione comune sul fatto che quella cinese in Tibet sia una unoccupazione tirannica. Non solo. Lopinione pubblica occidentale ignora del tutto che le coppie appartenenti alle minoranze etniche possono avere figli senza limite di numero, mentre ci vietato anche se, di fatto, solo formalmente, a quelle Han (letnia dominante) che in teoria potrebbero averne solo uno.

Uomo di etnia Zang Zu che porta il pugnale tradizionale, il Tsep-sa, appeso alla cintura. Vedi anche i filmati di YouTube segnalati.
21

Il Fa Lun Gong una nuova religione inventata agli inizi degli anni 90 da un dentista cinese, Li Hongzhi, il quale ha tratto ispirazione dal Qi Gong, unantica disciplina per il controllo dellenergia corporea che trova ancora oggi applicazione nello studio dellarte marziale cinese (Wu Shu). 22 Tra le pratiche illegali che le autorit cinesi contestano al Falun Gong ed al suo ideatore Li Hongzhi (del quale stata chiesta pi volte ed invano lestradizione dagli USA) c il fatto di indurre gli adepti ad una sorta di suicidio virtuale (e non solo), cio a lasciare spiritualmente questo mondo per lascesi totale, naturalmente solo dopo essere passati attraverso un processo di purificazione che comprenderebbe, tra laltro, lintera cessione dei propri beni alla comunit, cio a Li Hongzhi ed ai dirigenti della sua organizzazione. 23 In verit, dire semplicemente Tibetani non significa nulla. Il gruppo etnico riconosciuto dalla Repubblica Popolare Cinese e dallOccidente come Tibetani, si compone di diversi sottogruppi. La definizione Tibetani quindi una convenzione che sottintende molti ceppi etnici diversi.

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Anche questultima, una regola che sembra stridere assai con le notizie che vengono divulgate in occidente riguardo i presunti genocidi che, si dice, i cinesi perpetrerebbero ai danni delle proprie minoranze etniche 24 . Il buon senso, infatti, impone di ritenere che sia inverosimile programmare il genocidio di unetnia e, allo stesso tempo, rinunciare allapplicazione di una legge come quella del figlio unico che, al contrario, sarebbe uno strumento assolutamente utile allintento sterminatore, se non addirittura lunico veramente efficace. Cos come ci pu apparire altrettanto inconcepibile l'altra semi-sconosciuta norma secondo la quale chi appartiene ad una minoranza etnica non pu essere incarcerato se commette un crimine al di fuori del proprio territorio nato25. Addirittura del tutto ignote al grande pubblico mondiale, le leggi che garantiscono istruzione assolutamente gratuita fino alla laurea per i figli meritevoli delle minoranze etniche, con l'unico patto che, a titolo conseguito, restino all'interno della loro comunit di origine per contribuire allo sviluppo del proprio territorio. Persino questa norma appare nettamente in contrasto con quello che si sostiene quando si dice che il governo di Pechino miri allannientamento delle culture locali. Per quale ragione, infatti, si dovrebbe obbligare un laureato a restare nella propria terra per contribuirne allo sviluppo? Semmai, se lintento sopraffattore esistesse davvero, si dovrebbe favorire luscita dal territorio (e quindi dalletnia) proprio delle figure di rilievo, che solitamente sono le depositarie del bagaglio culturale pi importante, in modo da causare il progressivo dissolvimento di quella cultura nel tessuto sociale istituzionale. I tibetani (ovvero gli Zang Zu) sono una delle cinquantacinque minoranze etniche e, quindi, godono di questi ed altri importanti privilegi tra cui detto per inciso lesenzione totale dal pagamento delle tasse per i loro contadini ed allevatori.
Il Tsep-sa in azione durante i disordini di Lhasa del 14 Marzo 2008. Un giovane tibetano che ancora impugna il proprio pugnale dopo aver tentato di aggredire un passante. Immagini sequenza tratte da YouTube.

In Cina, lattuazione delle leggi estremamente flessibile. Dal codice della strada, al codice penale, la legge viene sempre interpretata secondo la circostanza. Talvolta in modi sorprendentemente diversi e, non di rado, persino antitetici, perch le norme vengono anche applicate secondo equit e non necessariamente secondo legge. Lelasticit interpretativa ed applicativa, infatti, lunica via che consente al governo cinese di mantenere lo status di One Peaceful China al quale precedentemente accennavo. Per far capire, almeno minimamente, che cosa intendo, devo raccontare lepisodio che segue. Nel Giugno-Luglio 2008, quasi tutte le agenzie occidentali riportarono, pressoch allunisono in sostanza e forma, questa notizia: Trentamila abitanti di Guizhou sono insorti contro i soprusi della polizia cinese, incendiando e semi distruggendo la locale questura.
24 In Cina vivono cinquantasei gruppi etnici riconosciuti, dei quali gli Han rappresentano letnia di assoluta maggioranza. Ognuno dei restanti cinquantacinque gruppi detto minoranza. 25 Vengono rimandati nella provincia di origine dopo aver effettuato i controlli di sicurezza sullidentit.

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Le stesse agenzie raccontavano, infatti, che la polizia cinese (sottintendendo, quindi, la polizia cinese in assoluto ed omettendo di specificare che si trattava, invece, di un episodio isolato) aveva coperto lo stupro e l'uccisione di una sedicenne da parte del figlio di un importante funzionario della polizia locale. La posizione di questo pubblico ufficiale, per capirsi, potremmo definirla simile a quella del nostro questore. Ebbene, quasi nessuno sa, per non averlo mai appreso dalle fonti di informazione occidentale, che la copertura del fatto non era avvenuta per mano della polizia cinese, ma ad opera esclusiva del padre dellassassino che, ovviamente, forte della sua posizione, voleva evitare serissimi guai al figlio26. Essendo egli questore, ecco fatto lo stravolgimento della notizia secondo lo stile e la consuetudine di certa stampa, abilissima a raccontare solo la parte di verit che fa comodo raccontare. Il ministero dellinterno cinese, ben lungi dal coprire il fatto, ha inviato a Guizhou ispettori che hanno fatto immediatamente arrestare il presunto assassino stupratore e suo padre. Lo stupratore, se sar riconosciuto tale, sar giustiziato ed il padre se ne star in galera per il resto della sua vita.

Guizhou, 28 Giugno 2008 (da notare lassenza di forze dellordine e la tranquillit con la quale i curiosi conversano tra loro, osservando la scena e scattando fotografie con i propri telefonini)

Ben pochi sanno, per, che a nessuno degli insorti di Guizhou stato torto un capello, nonostante si siano resi colpevoli di gravi reati oggettivi, commessi durante i tumulti (vedi foto nella pagina). Per contro, il locale capo del partito ed il governatore del luogo sono stati immediatamente destituiti e adesso, forse, stanno raccogliendo patate nel Qinghai, o da qualche altra parte, magari proprio sul permafrost tibetano. Per cui, non si pu fare una valutazione serena se non si fa mente locale sui particolari meccanismi e sull'elasticit mediante i quali la legge applicata in Cina.

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In Cina, gli stupratori vengono giustiziati con un colpo alla nuca. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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CAPITOLO VI

IL LAMAISMO
La religione tibetana, non pu affatto definirsi "buddista" in senso comunemente inteso. Il lamaismo , casomai, una rivisitazione del buddismo in chiave esoterica, fondamentalmente tantrica27, che si fonda su credenze popolari sciamaniche, gremite di superstizioni e fantasmi e che, oltretutto, presenta una struttura rigidamente gerarchica, quasi di tipo militare, che attribuisce un ruolo di preminenza assoluta al Dalai Lama. Ancor prima che agli insegnamenti buddisti, tutto ruota intorno al volere del Dalai, che viene considerato emanazione buddhica e quindi dio-uomo infallibile. Quindi, si parla prima di lamaismo e, poi, di buddismo, perch le differenze nel pratico col buddismo comunemente inteso dagli occidentali sono enormi, come vedremo pi avanti, non solo per la pi o meno anomala presenza di gerarchie, ma soprattutto per quanto riguarda la tolleranza, il pacifismo e la non violenza. E proprio per questa ragione che una buona parte del buddismo tradizionale disconosce il lamaismo ed, anzi, lo avversa, proprio per la caratteristica di essere, nei fatti, una filosofia violenta28. La principale accusa che viene mossa dagli stessi ambienti buddisti che il lamaismo sia fondamentalmente estraneo alla peculiarit di tolleranza e pacifismo che caratterizza o che dovrebbe caratterizzare - le confessioni religiose buddiste tradizionali (cio quelle, per intenderci, del comune immaginario occidentale). Per quanto riguarda pacifismo e non violenza, infatti, bene ricordare che nell'ottobre 1998 l'amministrazione in esilio (volontario) del Dalai Lama ha ammesso di aver ottenuto negli anni sessanta circa 1,7 milioni di dollari lanno dalla CIA e di aver organizzato l'addestramento di un gruppo di propri miliziani a tecniche di guerriglia e terrorismo in Colorado29. Fu negato, peraltro, che il Dalai avesse ricevuto, nello stesso periodo, un sussidio personale di centottantamila dollari allanno come invece risultava da alcuni attendibili documenti (fonte: New York Times). Quando l'esponente della Central Intelligence Agency, John Kenneth Knaus, nel 1995 chiese al Dalai se la CIA avesse fatto bene o male a fornire il suo supporto, il Dalai rispose che nonostante l'effetto positivo sul morale migliaia di vite furono perse nella resistenza e che il governo USA si interessato agli affari interni del Tibet non per aiutarlo, ma per usarlo tatticamente come arma contro la Cina (cfr. Wikipedia e il libro scritto dallo stesso Dalai La libert nellesilio, Sperling & Kupfer Editori, 1998). Sinceramente, resta molto difficile immaginare dei monaci buddisti che si allenano ad uccidere propri simili. Che avrebbe detto Ghandi? Che avrebbe detto il Mahatma al Dalai, se avesse assistito a quellincontro con John Kenneth Knaus? Stante l'inconfutabilit storica del fatto, dunque, riusciamo bene a capire per quale motivo il lamaismo lasci spazio ad inquietanti dubbi sul presunto spirito pacifista e non violento con il quale Hollywood ce lo presenta. La questione appare ancor pi degna di riflessione se consideriamo che il Dalai, pur avendo lui stesso promosso questa guerra su finanziamento USA che costata migliaia di vite, nel 1989 stato curiosamente insignito del premio Nobel per la pace, al pari di Albert Schweitzer30.
Tantrico, da Tantrismo, ovvero l'insieme delle dottrine rituali, mitologiche, etiche di carattere iniziaticoesoterico, proprie di alcune sette dellinduismo e del buddismo, espresse nei Tantra (cfr. Diz. Garzanti). Il termine "Tantrismo" di recente coniatura (XIX secolo) ed attribuibile esclusivamente a studiosi occidentali. Non esiste in nessuna lingua asiatica un termine corrispettivo di "Tantrismo". 28 Vedi http://wapedia.mobi/en/Criticism_of_Buddhism e http://blogs.dickinson.edu/buddhistethics/ 29 Vedi pagina del New York Times: http://www.nytimes.com/1998/10/02/world/world-news-briefs-dalailama-group-says-it-got-money-from-cia.html?sec=&spon=&pagewanted=print 30 Albert Schweitzer (Kaysersberg, 14/0/1875 Lambarn, 04/09/1965) medico, teologo, musicista e missionario tedesco. Ha trascorso gran parte della propria esistenza in Africa, prestando gratuitamente la propria opera di medico e di scienziato al servizio dellumanit pi debole.
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Il parallelo del tutto improbabile: Albert Schweitzer di vite ne ha salvate (non sacrificate) ben pi che migliaia, stando sempre nella mischia e rischiando la propria ogni giorno, soprattutto senza attendersi nulla in cambio. Per contro, il Dalai, come prima cosa ha pensato a salvare se stesso, scappando dal Tibet nel 1959 proprio perch si attendeva di ricevere molte cose, o meglio, si aspettava di non dover a rinunciare ad alcuno dei suoi privilegi storici. La cosa sconcertante, bench i fatti siano accertati e di dominio pubblico, che tra le motivazioni avanzate dal Comitato norvegese per il conferimento del premio, si legge testualmente: Il Comitato desidera sottolineare il fatto che il Dalai Lama nella sua lotta per la liberazione del Tibet ha sempre e coerentemente rifiutato l'uso della violenza, preferendo ricercare soluzioni pacifiche. Questa clamorosa cantonata, potrebbe tuttavia non essere voluta. Infatti, lincontro con J.K. Knaus, dove il Dalai ha pubblicamente ammesso quanto veramente accaduto (foto a lato), avvenuto sei anni dopo il conferimento del premio ed il libro La libert nellesilio stato pubblicato addirittura nove anni dopo. Per, bisogna parimenti dire che quelli del Nobel avrebbero potuto verificare pi approfonditamente, se solo lavessero voluto, stante lampia disponibilit di fonti per poterlo fare.

Daltronde, anche il Nobel per la Pace al presidente statunitense Barack Obama (Dicembre 2009) che, non certo per pacifismo, ha intensificato la presenza militare americana in Iraq ed in Afghanistan, sembra dimostrare che listruttoria per il conferimento del premio non sia poi quel gran ch. Insomma, tutto lascia supporre che, ahim, anche il grandioso mito del Nobel per la pace sia stato sacrificato sullaltare delle logiche di potere. Per correttezza verso la storia, merita altres ricordare che il premio Nobel per la pace stato istituito nel 1901 e che il Mahatma Ghandi, scomparso nel 1948, non mai stato insignito di tale riconoscimento, pur di non infastidire gli inglesi. Viene da pensare, quindi, che non si sia trattato di una svista, ma che il Dalai abbia ricevuto il premio proprio per accontentare i suoi sponsor occidentali, secondo la stessa identica logica. Ma possiamo paragonare Ghandi al Dalai? E evidente che qualcosa non quadra ed molto probabile che un po di faziosit debba pur esserci da qualche parte, forse da pi parti, e magari proprio in quelle che a noi occidentali apparivano insospettabili. Sempre parlando di tolleranza lamaista e senza aver bisogno di andare a documentarsi chiss dove, troviamo ulteriori conferme in quello che riporta addirittura un giornalista italiano, Gerolamo Fazzini, che ha scritto per Famiglia Cristiana, per Avvenire e per Popoli e Missione. Fazzini racconta, in un articolo disponibile anche in internet31, le vicissitudini e le tragedie alle quali stato sottoposto il cristianesimo in Tibet per mano dei lamaisti. In Tibet c una minoranza cristiana che o che stata perseguitata dai lamaisti.
Ad oggi (Settembre 2010) larticolo di Fazzini ancora visibile a questo link: http://wxre.splinder.com/post/16559995/Papisti+in+Tibet. Inizialmente, era anche presente anche a questo indirizzo: http://www2.chiesacattolica.it/pom/Popoli_3.htm, ma stato curiosamente rimosso.
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Il Dalai Lama e John Kenneth Knaus (funzionario della CIA, al tempo gi in pensione) durante lincontro del 1995 a Dharmasala.

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Fazzini ci rivela cose inaudite su quello che accaduto a Yanjing e tutto si pu dire di lui tranne che sia un prezzolato dei comunisti cinesi ai quali, nello stesso articolo, rivolge infatti pesanti critiche32. Fazzini ci racconta del missionario Padre Etienne-Jules Dubernard, trucidato dai lama nel 1905 e di come le autorit cinesi (non certo comuniste a quellepoca) abbiano risposto demolendo diversi templi lamaisti di quellarea, nonch di Padre Maurice Tornay 33 ucciso bestialmente dai Lama in unimboscata, nel 1949, cio proprio nellanno in cui si racconta che il disumano esercito cinese abbia brutalmente invaso il territorio degli innocenti, pacifici ed indifesi Lama. Fazzini, ci narra delle violenze e delle uccisioni subite dai cristiani tibetani per mano dei Lama del monastero di Ganda che esercitavano una sorta di dittatura politica, senza lasciare spazio ad altre religioni [] e che non tolleravano la concorrenza di altre religioni.. Ci parla dell'esistenza di un posto chiamato "Il Campo di Sangue", luogo che ancora oggi oggetto di culto, dove i cristiani del villaggio di Yanjing in Tibet, pur di non rinunciare alla loro fede, hanno subto il martirio sempre per mano degli stessi innocenti, pacifici ed indifesi Lama di cui sopra. Quando ho iniziato a diffondere il contenuto di questo articolo di Fazzini tra i miei conoscenti, c stato persino qualcuno che ha pensato si trattasse di uninvenzione propagandistica dei comunisti cinesi. Molti altri, ai quali ho successivamente chiesto un parere, hanno pi o meno espresso lo stesso tipo di commento. Ben comprendiamo, quindi, quanto sia radicata, nellimmaginario collettivo occidentale, la rappresentazione del lamaismo pacifico, al punto di mettere in dubbio la cronaca del giornalista che ha scritto Il libro rosso dei martiri cinesi. Per, se vado ad analizzare, vedo che quelli che si sono scandalizzati di fronte alla chiarezza inesorabile del reportage di Fazzini, alla fine, sono persone che non conoscono affatto gli estremo orientali e la loro cultura. Se quella di Fazzini una cronaca relativamente recente, la violenza lamaista ben pi datata, in quanto parte integrante del loro sistema di amministrazione temporale e religioso, da sempre e tuttoggi. Significativo, in questo senso, citare un passo tratto dal sito dellOrdine dei Frati Minori Cappuccini, a proposito dellesperienza che i loro confratelli vissero in Tibet agli inizi del XVIII secolo. La pagina web completa visitabile al link indicato alla nota34.

Era il 14 marzo 1703 quando la Congregazione di Propaganda Fide affid alla Provincia cappuccina delle Marche lardua missione del Tibet e delle regioni adiacenti. Dal 1704 al 1745 vi operarono i frati marchigiani [] In buoni rapporti con i monaci, con lo stesso Dalai Lama e con il Reggente, padre Orazio (Lama testa bianca come lo chiamavano affettuosamente i locali) e gli altri cappuccini lavorarono a Lhasa come medici, conquistandosi la stima delle popolazioni locali. Dopo alcuni anni, quando vi furono i primi battesimi (1741), cominciarono i problemi: i neo battezzati si rifiutarono di partecipare alla preghiera comunitaria imposta dai Lama locali e vennero pubblicamente fustigati. Nel 1745 i frati dovettero lasciare la zona perch restare era ormai pericoloso per la loro vita [].
Gerolamo Fazzini (Verona, 1962) direttore del sito MissiOnLine.org e di Mondo e Missione, testate del PIME. Dal 1985 scrive per il quotidiano Avvenire. Autore del libro Il libro rosso dei martiri cinesi Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2007. 33 Missionari delle Missions trangres de Paris (MEP) che, in epoche diverse, contribuirono alla diffusione del cristianesimo in Tibet e che, per questo, furono massacrati a pi riprese dai Lama. Padre Maurice Tornay stato beatificato come martire da Papa Giovanni Paolo II il 16 Maggio del 1993. Vedi http://theblackcordelias.wordpress.com/2009/08/11/blessed-mauritius-tornay-august-11/ ed anche: http://www.sim.org/index.php/content/tibetan. 34 Vedi: http://www.db.ofmcap.org/pls/ofmcap/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?id_pagina=3257
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Facciamo anche un doveroso passo indietro, al tempo di Ngawang Lobsang Gyatso (16171682), conosciuto come Il Grande Quinto Dalai Lama, tuttora molto sentitamente venerato, al punto che gli stato dedicato persino un sito web35 sul quale viene definito con il pi che ovvio appellativo di Sua Santit. Si dice sia stato lui ad iniziare la costruzione della reggia lamaista di Lhasa, oggi conosciuta come Potala Palace e che sia stato il primo ad instaurare un vero e proprio controllo politico sulla regione del Tibet, con il placet di Shunzhi, terzo imperatore della dinastia Qing, cos come fu sua lidea dinventare la figura ed il ruolo del Panchen Lama (vedi capitolo XIV) e tante altre cose. Tra tutto ci che fece, al punto di meritarsi gli appellativi di Sua Santit e di Grande Quinto Dalai Lama, tuttora curiosamente usati dai lamaisti contemporanei, spicca un genocidio, condotto con un livello di efferatezza che va al di l di ogni possibile immaginazione. Come lui stesso racconta nella propria autobiografia 36 , accadde che, agli inizi del 1660, egli si trov a dover affrontare una situazione caotica, originata da una rivolta verificatasi a Tsang, suo luogo natale, organizzata contro di lui e contro il suo potere. Nellintento, come lui stesso asser, di agire per la sicurezza della gente della regione del Nyangme, invi alle sue truppe le seguenti istruzioni sul modo in cui avrebbero dovuto essere trattati gli oppositori, vale a dire i nemici vinti. Scrive di suo pugno, con evidente ispirazione lirica, il Grande Quinto Dalai Lama:
Ngawang Lobsang Gyatso il Grande Quinto Dalai Lama www.wikipedia.org

Per coloro che facciano parte delle bande nemiche che hanno depredato i beni che gli erano stati affidati: Gli uomini, siano ridotti allo stato di alberi ai quali siano state recise le radici; Le donne, siano rese come ruscelli disseccatisi durante linverno; I loro bambini, nipoti e pronipoti, siano fracassati sulle rocce come uova; Fate s che i loro servi ed i loro seguaci diventino come cumuli di erbacce consumati dal fuoco; Fate s che il loro dominio divenga simile ad una lampada che ha esaurito lolio combustibile; In altre parole, cancellate ogni traccia di costoro, persino i loro nomi.

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http://namgyalmonastery.namgyalarchive.com/ cfr. Imagining Tibet: perceptions, projections, & fantasies di Thierry Dodin ed Heinz Rther. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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A corollario di tutto questo, merita ricordare che Ngawang Lobsang Gyatso era della setta lamaista Gelugpa, ovvero dei Berretti Gialli, alla quale appartiene anche Lhamo Dndrub, lodierno Dalai, il quale, infatti, ha sempre asserito con orgoglio di essersi ampiamente ispirato all operato del Grande Quinto Dalai Lama. Non si cada, quindi, nella tentazione di sminuire limportanza di questi antichi episodi. Al contrario di altre religioni, il lamaismo non cambiato di una virgola da allora. E una delle religioni dove la violenza e lesercizio della brutalit sono e sono sempre stati componenti indispensabili del metodo di azione. Non mi stancher mai di ripeterlo. Il lamaismo, pi che una religione, lo strumento per la conservazione di un regime teocratico. Il Dalai Lama innanzitutto un monarca che fonda il proprio potere sulla teocrazia. Per questa ragione, il lamaismo avversa violentemente qualsiasi altra religione che tenti di insediarsi nel suo dominio. I fedeli di altre religioni o, pi semplicemente, gli appartenenti ad altre culture (non necessariamente religiose), infatti, non riconoscerebbero lautorit del Dalai Lama, il quale vedrebbe cos minato il proprio potere dalle fondamenta. E per questo che i cristiani di Yangjing sono stati trucidati dai lama nel 1950. E per questo che i lama hanno frustato i cristiani battezzati dai Frati Cappuccini nel 1741. E per questo che i Frati sono stati costretti a fuggire perch in pericolo di vita nel 1745. E per questo che, come avrete modo di leggere pi avanti, i lama hanno dato fuoco alla moschea di Lhasa durante i disordini del Marzo 2008, provocando la morte di fedeli mussulmani in preghiera ed per questo che, sin dal 1996, il Dalai Lama perseguita ferocemente i lama della confessione Shugden che sono, addirittura, suoi stessi monaci. Ricordate le persecuzioni cristiane dellera imperiale romana? Fate appello alla vostra memoria scolastica. Perch Nerone, Diocleziano e gli altri perseguitavano i cristiani? Perch si rifiutavano di adorare lImperatore come Dio e, quindi, ne disconoscevano lautorit. Ebbene, si tratta della stessa, identica, ragione. Con una differenza: le persecuzioni romane sono accadute duemila anni fa. La violenza lamaista non ha mai smesso di essere perpetrata e continua tuttora. Chiunque conosca davvero lestremo oriente non per esserci stato da turista, o perennemente rinchiuso in un hotel a 5 stelle ma per averci vissuto (nelle strade, per anni ed anni, quotidianamente a contatto con la gente) ed a prescindere da qualsiasi considerazione politica, sa bene che quella che noi chiamiamo violenza, per gli estremo orientali pu addirittura diventare uninevitabile necessit, un vero e proprio dovere morale al quale non sottrarsi, quando necessario, per mantenere lequilibrio armonico che, secondo la matrice comune di alcune delle loro pi importanti filosofie, governa lordine delle cose. Pressoch tutti i popoli dellestremo oriente parlo della gente comune sono assolutamente tolleranti, talvolta al limite dellabula, tanto da indurre losservatore occidentale impreparato a ritenerli pressoch incapaci di offendere. Purtroppo, la realt ben diversa: lorientale s tollerante, ma non per ragioni etiche o religiose, bens per assoluto pragmatismo di vita. I cinesi, su tutti, sono il miglior esempio di ci. Per il cinese medio, non c alcuna reazione di fronte ad un evento che di fatto non metta davvero a repentaglio la sua esistenza. La citt viene allagata da unalluvione? Si va in barca o si nuota e manco si pensa a costruire degli argini al fiume in modo da prevenire unalluvione successiva: se lalluvione ci ha concesso una via duscita oggi, consentendoci di badare comunque alle nostre faccende navigando e nuotando, lo far anche domani. Questo, in sintesi, il pensiero dominante.

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E solo quando accade qualcosa che leda irreparabilmente, o a lungo termine, gli interessi personali, specialmente quelli economici e di potere, che allora lorientale pu ricorrere alla violenza come azione risolutrice del problema, esercitandola persino con inaudita ferocia, cio in reazione uguale e contraria alla tolleranza apatica anzi descritta. Per il fatto oggettivo, possiamo quindi affermare che il lamaismo abbia aspetti decisamente intolleranti e spietati, come dimostrano le cronache storiche e come lo stesso Dalai ha pi volte confermato. Per tentare quantomeno di farsi unidea circa il modo nel quale il lamaismo si ponga di fronte al problema della violenza come mezzo per raggiungere determinati obiettivi, basterebbe conoscere i rituali sacrificali tantrici del Guhyasamaja37, anche se ne sconsiglio la lettura a chi sia debole di stomaco. Quindi, se il lamaismo, nel sentimento occidentale, visto come la religione della non violenza, si tratta semplicemente di un abbaglio, purtroppo consolidatosi nel tempo grazie a decenni di informazione unilaterale. Lidentit Dalai Lama = Pace deriva dallequivoco ingenerato del fatto che, nell'immaginario collettivo occidentale, "buddismo" equivale a "non violenza" e se di questo malinteso ne rimasto vittima persino il comitato svedese del Nobel per la pace, tutto dire. Sta di fatto, quindi, che in occidente quasi nessuno in grado di comprendere a fondo le differenze, semplicemente perch non conosce n il buddismo, n lamaismo, n tantomeno il terribile, per noi, concetto di non rispetto per la vita insito nellessenza della cultura atavica estremo orientale, della quale il lamaismo, essendo anchesso estremo orientale, inevitabilmente intriso. A parziale conforto di quanto sostengo, vorrei ricordare un fatto estremamente singolare: non mi risulta che nessuno38 abbia sinora spiegato compiutamente per quale ragione Papa Benedetto XVI si sia rifiutato di incontrare il Dalai nel Novembre 2007. Perch il Vaticano si limitato a subire valanghe di critiche, praticamente senza reagire? Forse perch, se avesse reagito, avrebbe dovuto spiegarne le ragioni? Forse perch, se ne avesse spiegato le ragioni, avrebbe dovuto rivelare verit che avrebbero compromesso il suo delicatissimo equilibrio di relazioni diplomatiche? Se il Vaticano avesse voluto replicare, probabile ritenere che sarebbe stato obbligato ad una spiegazione storica, cio avrebbe dovuto rivelare, ad unopinione pubblica catatonica e figlia di decenni di informazione a senso unico, che il Dalai - ben lungi, come abbiamo visto, dall'essere il novello Ghandi - il sovrano di una monarchia assoluta, il capo di un'organizzazione che fonda nella sopraffazione e nella violenza le proprie radici culturali, quali matrice e metodo esercitati sino al 1949, anno in cui l'esercito cinese di Mao liber (usiamo pure questo verbo senza timori) il Tibet dalla schiavit e dallo stato di tirannia di stampo medioevale nel quale il paese si trovava. Qualcuno sicuramente dir: "Dalla padella nella brace!". Beh, se anche cos fosse, il fatto che nessuno parli mai della "padella", arrivando addirittura a sottacerne l'esistenza, appare volutamente oscurantista e, prima ancora, delinquenziale verso il diritto alla cultura dellinformazione.

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Vedi http://findarticles.com/p/articles/mi_7046/is_14/ai_n28513264/?tag=content;col1. Alcune fonti vicine al Dalai, come la religiosa lamaista americana Thubten Chodron, danno uninterpretazione sorprendente: secondo lei, Papa benedetto XVI si sarebbe rifiutato di incontrare il Dalai per evitare luccisione di molti cristiani. Il Papa, allora, secondo la monaca, avrebbe prima evitato di incontrare il Dalai per non creare un incidente diplomatico e poi avrebbe pubblicamente detto che i cinesi uccidono i cristiani come Nerone. Mi chiedo se non sia davvero il caso di cominciare a mettere in dubbio lonest intellettuale e la sanit mentale di certe persone, ma, soprattutto, di chi d loro credito. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Le foto che seguono, tratte dallarchivio online della congregazione buddista Western Shudgen Society39, ci danno unidea, sebbene solo superficiale, di quelli che fossero i metodi adottati dal regime teocratico lamaista.

Detenuti tibetani ai ceppi, nel carcere del Potala Palace, durante il periodo lamaista (1950). I ceppi ai polsi ed alle caviglie erano permanenti e non venivano mai rimossi durante tutto il periodo della condanna. I pi, come nel caso gi citato della gogna, non sopravvivevano.

Servo (o schiavo) tibetano, amputato della mano destra. Come prevedeva la legge lamaista in seguito ad una condanna, probabilmente per furto od altro crimine contro il patrimonio, lamputazione degli arti era una delle punizioni da infliggere.

Servi (o schiavi) tibetani, condannati a chiedere lelemosina per strada. Gli schiavi, i servi ed i contadini che si rendevano colpevoli di non pagare i tributi al loro padrone o di furti, nel migliore dei casi venivano condannati a mendicare per strada, legati per impedirgli di fuggire. Poi, alla fine del giorno, tornavano in galera, consegnavano il ricavato ai carcerieri e cos via, fino allestinzione del debito. Di fatto, limpossibilit a pagare (la legge lamaista prevedeva che lindennizzo potesse arrivare fino a diecimila volte il valore nominale del danno) mutava spesso queste sentenze in condanne a vita o, meglio, a morte per sofferenza e stenti.

(INDICE)
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(cfr. http://www.westernshugdensociety.org). La Western Shudgen Society una confessione proprio lamaista che denuncia persecuzioni da parte del Dalai. Ovviamente, per avere rivelato queste pesanti verit, la W.S.S. perennemente oggetto di altrettanto violente campagne denigratorie. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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CAPITOLO VII

IL DALAI LAMA
In molti, sostengono che Dalai sia una parola di origine mongola. Al contrario, lexcursus storico semantico del termine attesta ipso facto che sia di inequivocabile origine cinese. Il termine dalai, significa oceano, al pari di gyatso. Si tratta quindi della traduzione in cinese di gyatso, appellativo questultimo che presente in tutti i nomen dei Dalai Lama, anche in quello dellattuale. Lama, invece, un termine tibetano che pi o meno sta per sacerdote. In cinese, senza alcuna distinzione grafica tra il cinese moderno della Repubblica Popolare e quello tradizionale ancora in uso ad Hong Kong ed a Taiwan, oceano si scrive cos e si pronuncia da-hi (da = grande; hai = mare). I mongoli, che tradizionalmente non avevano mai avuto a che fare col mare, lo toccarono per la prima volta nella loro storia in Cina, nel 1219 e, sempre per la prima volta, lo usarono militarmente nel 1274 quando Kublai Khan tent, fallendo, la prima invasione dellarcipelago giapponese. Durante il periodo espansionistico della dinastia Yuan, i mongoli ne mutuarono quindi il suono dal cinese, dove questa parola ovviamente esisteva gi, stante il fatto che la Cina della dinastia Jn (che precedette quella Yuan) possedeva quasi quindicimila chilometri di coste marittime, esattamente come oggi. E facile da capire che il nome ad una cosa glielo d chi sa della sua esistenza e non chi ancora ignora che esista. Dalai, quindi, altro non che la naturale trasformazione sincronica di da-hi. Dunque, pane al pane e vino al vino: la definizione Dalai Lama non un titolo della tradizione culturale tibetana e non ha nulla a che vedere con la tradizione religiosa locale. Massima ironia della sorte, il ruolo di Dalai Lama quale sovrano del Tibet unistituzione amministrativa imperiale cinese. Fu Altan Khan, discendente di Kublai Kan, governatore mongolo del Tibet durante la dinastia Ming a crearlo appositamente ed a conferirlo, nel 1578, al Lama Sonam Gyatso. Il fatto che il mongolo Altan Khan abbia usato un termine cinese per coniare il titolo, ben spiegato dal fatto che egli, essendo un governatore imperiale, doveva usare terminologie cinesi. Sette anni prima, nel 1571, Altan Khan era stato insignito del titolo di Shun Yi Wang (Re Obbediente e Virtuoso) dallimperatore Long Qing. Il ruolo di Dalai, quindi, fu pensato per indicare il signore locale tibetano, affinch egli si facesse tutore, con la dovuta autorit conferitagli dal titolo, degli interessi imperiali nella provincia. Tale ruolo, nei fatti, rimasto invariato sino al 1959. Per squalificare lennesima prova storica che dimostra lappartenenza del Tibet alla Cina e che getta pesante discredito sulla connotazione mistica e di santit con la quale in Occidente siamo abituati a considerarlo, Lhamo Dndrub minimizza e sostiene che non ci sia stato nessun conferimento di nessun titolo, ma che si sia trattato della semplice traduzione di un appellativo (oceano) che era gi normalmente in uso.

Lhamo Dndrub il 14 Dalai Lama

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Se lo dice lui, perch non credergli? Perch resterebbe allora da capire per quale bizzarra ragione Sonam Gyatso abbia voluto attribuire retroattivamente questa semplice ed insignificante traduzione ai due Gyatso che lavevano preceduto nelle reincarnazioni, auto-proclamandosi terzo Dalai Lama bench fosse stato, storicamente, il primo. E evidente che, anche in questa circostanza, Lhamo Dndrub mente. Infatti, questa breve cronaca storica ci fa capire per quale motivo il Dalai Lama non sia il leader spirituale del lamaismo, ma il leader politico: il leader spirituale lamaista il Panchen Lama. Lattuale Dalai Lama, ovvero il Signor Lhamo Dndrub (qui imposit nomen: Jetsun Jamphel Ngawang Lobsang Yeshe Tenzin Gyatso), prima ancora di essere un semplice monaco - come egli ama definirsi - dunque un monarca detronizzato e si comporta come tale. Importante dare anche la traduzione del suo composito nomen: Sacro Signore, Gloria Gentile, Compassionevole, Difensore della Fede, Oceano di Saggezza. Quindi, nulla che indichi la natura spirituale del compito, ma essenzialmente un ruolo amministrativo: signore e difensore. Non dimentichiamo che al Dalai Lama accaduta una cosa molto simile a quanto accadde prima a Pio VI per mano del generale napoleonico Louis Alexandre Berthier il 9 dicembre 1797 e poi a Pio IX nel Settembre del 1870 con la breccia di Porta Pia: eventi che segnarono rispettivamente linizio della fine e la fine definitiva del potere temporale del Papato. Da pi parti, si sostiene che il Dalai Lama sia una specie di papa mondiale del buddismo. Questo assolutamente falso. Il Dalai non rappresenta n il Buddismo Zen giapponese, n il Buddismo del Sud Est Asiatico, n il Buddismo cinese. Il buddismo tibetano (lamaismo) meno del 2% del buddismo mondiale. Inoltre, nello stesso lamaismo ci sono almeno quattro sette distinte e Lhamo Dndrub rappresenta solo una di queste, cio quella dei Gelugpa (o Berretti Gialli). Infatti, come vedremo pi avanti, quando il Dalai si recato in Inghilterra, sia nel 1992 che nel 2008, le sue visite hanno sempre scatenato veementi proteste da parte della pi grande associazione buddista britannica. Questo papa, appunto strategicamente definito Sua Santit, sembra dunque avere molti pi seguaci politici che religiosi. Spesso la verit sta nelle spiegazioni pi semplici e talvolta basta cambiare punto di vista per trovarla. Basta semplicemente pensare al Dalai per quello che , innanzitutto: un sovrano che si auto-deposto, andato in esilio volontario e che ovviamente mastica amaro per la perdita del potere e dei privilegi di cui lui ed i suoi seguaci avrebbero continuato a godere se solo l'operazione della CIA (vedi paragrafi precedenti) fosse andata a buon fine. Dimostrer la fondatezza di questa asserzione poco pi avanti. Il Dalai s anche un capo religioso, ma, come abbiamo visto, la religiosit in senso occidentale intesa dei princpi e dei metodi lamaisti, lascia davvero molto da riconsiderare. Il Dalai se ne volontariamente andato dal Tibet: non stato espulso. Il Dalai se n andato in esilio volontario in India nel 1959, seguito dai suoi fedelissimi subito dopo la fallita e sanguinosissima rivolta da lui concertata, perch in disaccordo con diversi provvedimenti instaurati dai cinesi vincitori tra i quali, appunto, la perdita dei privilegi di casta e, su tutti, l'abolizione della schiavit. Durante la tollerata signoria lamaista e cos come era sempre accaduto sin dal regno di Tubo40, in Tibet vigeva la schiavit.
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Tubo, antico nome del Tibet durante la dominazione della dinastia Tang (A.D. 618~907). TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Per il popolo tibetano dellepoca, non si pu nemmeno parlare di proletariato, perch i figli non appartenevano ai genitori. Nessun tibetano apparteneva alla propria famiglia, ma al proprietario della terra sulla quale nasceva, salvo non ne fosse lui stesso il padrone. Il signore della terra poteva disporre di lui come meglio credeva, anche utilizzandolo come moneta per la compravendita di beni o per il pagamento di debiti. La legge lamaista prevedeva anche, oltre alla scontata pena di morte, innumerevoli pene corporali come il taglio della lingua, l'amputazione delle mani e l'accecamento, oltre a sofisticati quanto orribili e spietati sistemi di tortura e mutilazione, come vedremo pi avanti. Queste pratiche, come lo stesso Dalai ha ammesso in diverse interviste (peraltro mai adeguatamente diffuse dagli organi di informazione occidentali), furono dunque abolite solo dopo larrivo in Tibet dellesercito cinese. La schiavit, per, non fu contrastata immediatamente da Pechino. Fu solo abolita in seguito 41 ed infatti la troviamo ancora presente nella Legge Regionale Tibetana del 1950, legge speciale della neonata Repubblica Popolare Cinese che riconfermava, peraltro, quanto gi era stato stabilito in epoca Guo Ming Dang. Fino al 1959, oltre il novantacinque percento della popolazione era analfabeta e l'indice di mortalit infantile era del quarantatre percento. Non c'erano ospedali, n scuole e laspettativa media di vita non superava i trentacinque anni. Tutto questo accadeva solo cinquanta anni fa, quando noi avevamo gi il telefono, la televisione, il frigorifero, lautomobile e Mike Bongiorno. Oggi, in Tibet, ci sono scuole ed ospedali. I libri di testo delle scuole, dalle elementari alluniversit sono in tibetano (modo del tutto singolare di annientare una cultura, quando la psicologia pedagogica moderna insegna invece che il carattere di un individuo si forma proprio nei primi cinque anni di vita) ed in cinese mandarino, come nel nostro Alto Adige, dove i testi scolastici sono in italiano e tedesco. La percentuale di alfabetizzazione ha raggiunto oltre il novanta percento degli individui in et lavorativa e la scolarizzazione nella scuola dellobbligo rasenta addirittura il novantanove percento. La mortalit infantile scesa al sotto il quattro percento e la vita media, oggi, di sessantasette anni. Lopinione pubblica occidentale, in modo pressoch compatto e bevendo ad occhi ed orecchi chiusi quello che sostiene il Dalai attraverso la propaganda hollywoodiana, convinta che Pechino abbia compiuto un genocidio in Tibet, uccidendo oltre un milione di persone sino ad oggi. Ricorriamo quindi ad un dato ufficiale perch, in questi casi, quando si tratta della vita di esseri umani, imperativo evitare polemiche: la popolazione autoctona tibetana (gli Zang Zu), fino al 1950 era di circa 1,2 milioni di individui ed oggi di 2,8 milioni (cfr. Wikipedia) considerando, oltretutto, il tasso di mortalit infantile citato in precedenza. I fatti possono essere equivocati, la storia pu essere travisata e persino riscritta, ma i numeri, purtroppo, non lasciano spazio a nessuna interpretazione 42 , ma non tutto.

Vedi http://en.wikipedia.org/wiki/History_of_Tibet - sezione: Rule of the Chinese Communist government, ma soprattutto http://en.wikipedia.org/wiki/Abolition_of_slavery_timeline. 42 Comunque sia, i dati sul numero reale della popolazione tibetana sono controversi. Alcune fonti, non ufficiali, indicano gli autoctoni in oltre cinque milioni, ai quali sarebbero da sovrapporre pi o meno altrettanti abitanti di altre etnie, per una popolazione complessiva di quasi dodici milioni. Le fonti ufficiali, tra cui Wikipedia, stimano la popolazione totale in numero di circa tre milioni. Su queste basi controverse praticamente impossibile fornire un dato certo. Sta di fatto che, in ogni caso, la popolazione nativa tibetana, ben lungi dal decrescere dal 1949 in poi, sempre stata in aumento.

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In Inghilterra ce unassociazione denominata Free Tibet Campaign (Campagna per il Tibet libero). Il suo presidente allepoca, Patrick French, ha avuto la fortuna di essere tra i primi e forse addirittura il primo occidentale, a poter consultare liberamente gli archivi del governo tibetano in esilio volontario in India. Durante lesame di certi documenti, ha scoperto che i dati relativi al presunto genocidio cinese sono stati falsificati (vedi pagine di approfondimento). Per darvi unidea di chi sia Patrick French, vi basti sapere che, ben lungi dallessere un brigatista rosso od un militante maoista, nel 2003 gli stata offerta linvestitura dellEccellentissimo Ordine dell'Impero Britannico (OBE) per meriti acquisiti in campo culturale.

Patrick French

Quello che ha scoperto, infatti, veramente sconcertante: negli anni 60 il fratello del Dalai, Gyalo Dndrub, diresse uniniziativa per raccogliere testimonianze sul numero delle vittime degli scontri armati tra lesercito cinese e quello lamaista durante il conflitto del 1959. Orbene, French si accorto che le cifre rese da cinque testimoni diversi circa lo stesso episodio, sono state contate cinque volte. La prima cosa che ha fatto Patrick French dopo aver fatto questa scoperta, stato di dimettersi immediatamente dalla presidenza dellassociazione43. Infatti, come se io avessi chiesto a cinque amici: Quanta gente cera ieri sera alla festa?. Il primo mi dice trecento, il secondo trecentoventi, il terzo trecentodieci, il quarto dice duecentonovantacinque, il quinto mi dice trecentodue ed io, invece di considerarne trecentocinque di media, sommo tutto e dico che ieri alla festa cerano millecinquecentoventisette persone. Ma la cosa grottesca , come gi detto, che se veramente i morti fossero stati oltre un milione, oggi i tibetani dovrebbero essere estinti. Invece, sia il governo cinese, sia lOrganizzazione Mondiale per la Sanit, nonch la Banca Mondiale e persino lo stesso Dalai, concordano nel ritenere che la popolazione autoctona tibetana odierna sia di tre milioni, ma questo non impedisce a Lhamo Dndrub di continuare a dire che le vittime sono state oltre un milione. E probabile che Lhamo Oceano di Saggezza Dndrub abbia invece bisogno di qualche ripetizione di aritmetica, altrimenti lalternativa sarebbe solo quella di ritenere che menta. Vedete bene che basta informarsi meglio (anche se non tutti hanno la fortuna di poter consultare i documenti originali) per capire subito che da decenni siamo solo vittime di un artificio mediatico dei pi sfacciati. Di rimando, le autorit cinesi, quando vengono accusate di avere quasi sterminato unetnia, rispondono con sarcasmo:Se le condizioni di sviluppo e benessere sociali che vediamo oggi in Tibet sono il risultato di un genocidio, allora lasciatecene fare ancora. Inoltre, il Dalai ha recentemente ammesso l'esistenza di uno status medioevale in Tibet prima del 1949, aggiungendo che, purtroppo, egli fu obbligato dagli eventi ad andarsene proprio mentre stava per mettere mano a delle importanti riforme (cfr. Wikipedia). Ora, Lhamo Dndrub nato nel 1935 e lesercito di liberazione arrivato in Tibet 1949 quando lui aveva quattordici anni. Il Dalai se ne , poi, volontariamente e definitivamente andato dal Tibet nel 1959, immediatamente dopo quella rivolta armata, da lui benedetta e targata CIA, fallita e costata, per sua stessa ammissione, migliaia di vite umane.

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cfr. Tibet, Tibetdi P. French ed Albin Michel, Editrice Harper 2003. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Datosi che nessuno potr mai dimostrare se il Dalai sia davvero la reincarnazione di un Buddha, concedetevi quantomeno il beneficio del dubbio prima di credere pedestremente che un ragazzino ventiquattrenne, cresciuto ed educato in Tibet, figlio di una cultura storicamente intollerante, reazionaria e violenta come quella lamaista, capace di dare il via, senza il minimo scrupolo e con la demenza tipica dellet post adolescenziale, ad una guerra imbecille (perch persa in partenza) costata migliaia di vite umane, possa mai essere stato capace di "mettere mano a delle importanti riforme, anche se figlio del soprannaturale. Furono, casomai, le riforme introdotte dal governo centrale ad indurre il Dalai ad andarsene dal Tibet, non certo il ritorno dei cinesi. E certo che se la vigenza dei codici tibetani 44 non fosse stata abolita e se egli ed i suoi avessero potuto continuare ad esserne i beneficiari, il Dalai non avrebbe mai abbandonato Lhasa. Difatti, quando lesercito cinese di liberazione arriv nel 1949, il Dalai rest inizialmente ben saldo al suo posto, perch agli inizi le autorit cinesi non cambiarono una virgola delle regole vigenti, secondo le antiche regole del Ping Fa.

Il 14 Dalai Lama (riconoscibile al centro della foto) insieme ad un gruppo di mercenari Khampa, assoldati dalla CIA per il conflitto del 1959

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Dunque, fu labolizione delle leggi lamaiste (iniziata nel 1951 e completata nel 1959) con lannientamento dei benefici da essere generati a spingere il Dalai ad andarsene in esilio volontario, incoraggiato e supportato dalla CIA. Quindi, non fu la cosiddetta occupazione cinese, ma la perdita dei privilegi di casta a far s che il Dalai, accompagnato dai nobili, dalla borghesia latifondista e dai rispettivi seguiti, decidesse di abbandonare il Tibet. Prova ne sia che il Panchen Lama46 rest in Tibet e non segu il Dalai. Questo, infatti, un altro aspetto sul quale soffermarsi un attimo, per comprendere meglio: nella tradizione lamaista, il Dalai Lama si occupa sia di religione che di questioni amministrative e politiche, mentre il Panchen si occupa esclusivamente di religione.
44 Erano il Quechimu, o "codice clericale ed il Jiachimu, o "codice secolare, che risalgono a 1.300 anni fa e che successivamente integrarono le leggi imperiali. 45 Cfr. "Orphans of the Cold War. Americans and the Tibetan Struggle for Survival" di John Kenneth Knaus, Public Affairs, New York, 1999. Stante il fatto che la popolazione locale di schiavi e servi, parteggiasse per lesercito di Mao al punto che in molti si unirono ad esso, la CIA fu costretta ad assoldare i briganti mercenari Khampa per il conflitto che si sarebbe apprestata a scatenare nel 1959. La sollevazione popolare che Washington auspicava, infatti, venne miseramente meno. 46 Si trattava del decimo Panchen Lama: Lobsang Trinley Lhndrub Chkyi Gyaltsen.

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Abbiamo sostenuto che il Dalai se ne and dal Tibet perch in contrasto con le riforme che annullavano i privilegi del clero. E invece convinzione comune, in Occidente, che il Dalai sia stato vittima della repressione delle libert religiose, ma questa seconda ipotesi assolutamente in contrasto con il fatto storico: fu lamministratore ad andarsene, non il religioso. Quindi la domanda che onestamente dobbiamo porci, : se vero che lintento del dominatore cinese quello di annientare la cultura tibetana anche e soprattutto attraverso la repressione della libert religiosa, perch stato il Lama amministratore ad andarsene e non il Lama religioso? Unulteriore dimostrazione del fatto che lesilio al quale il Dalai si volontariamente sottoposto sia stato motivato da interessi di potere e tuttaltro che religiosi o etici, ce la forniscono le cronache di oggi, ma prima voglio presentarvi un documento, in questo senso molto importante, che ci aiuta a capire meglio. Quella che vedete qui di seguito riprodotta, la prima pagina di unode a Mao Ze Dong, la cui versione completa reperibile in internet47. Lautore di questa ode, che forse nemmeno il pi infervorato DAnnunzio avrebbe mai potuto concepire per Mussolini, manco a dirsi, proprio il 14 Dalai Lama.

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Vedi: http://i46.tinypic.com/ta57qp.jpg, Photobucket.com Inc, Broomfield, Colorado, USA. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Per chi non conosca linglese, ecco la traduzione:

Ode al Presidente Mao


I grande leader nazionale del Governo Centrale del Popolo, il Presidente Mao, il cakravarti (1) che sboccia dai propri meriti incommensurabili. A lungo ho desiderato scrivere una preghiera per lui, augurandogli lunga vita e successo nel suo lavoro. Accade che il Klatsuang-kergun Lama del Monastero di Kantsu nella Mongolia interna, mi abbia scritto da cos lontano, salutandomi e pregandomi di scrivere una poesia. Condivido ed accetto, datosi che ci coincide col mio personale desiderio. Il Quattordicesimo Dalai Lama Dantzen-Jialtzo dal Palazzo Norbulin-shenfu, 1954

Oh, Triratna (2) (Buddha, Dharma e Sangha) che conferisci benedizioni per il mondo, Proteggici con la tua ineguagliabile e benedetta luce che splende in eterno! (Quella di cui sopra linvocazione di rito che precede sempre unode. La poesia, di per s, prosegue) Oh, Presidente Mao! Il tuo splendore e le tue azioni Sono come quelle di Brahama e Mahasammata, i creatori del mondo, []
(1) (2)

Cakravarti lappellativo rivolto ad un monarca santo e potente; Trirartna la Trinit buddista: il Buddha, il Dharma (la legge) e lo Sangha (la comunit dei credenti).

Tralasciamo pure le pagine seguenti dellode, perch ogni commento gi superfluo. Coloro che desiderassero leggere la poesia completa, possono farlo collegandosi al link che appare indicato alla nota che segue, come gi detto. Questode al Presidente Mao stata dunque scritta nel 1954 dallattuale Dalai Lama. Il manoscritto originale, si trova esposto a Pechino, nel tempio buddista cosiddetto dellImmensa Carit. La riproduzione nella foto della giornalista americana Anna Louise Strong e si trova pubblicata nel sul libro Tibetan Interviews. Il carattere adulante di questi versi, certamente, non d limpressione che a scriverli sia stata una persona scontenta della presenza cinese in Tibet, tuttaltro. I sentimenti espressi vanno ben oltre il protocollo e, piuttosto, rivelano un genuino senso di ammirazione per Mao e laccorata convinzione che il comunismo possa rappresentare la chiave per liberare la popolazione dalle pastoie delloscurantismo.

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Poi, intorno al 1959, quando il Dalai si rese invece conto che il governo di Pechino stava man mano venendo meno alla promessa di mantenere inalterati i privilegi del clero e della nobilt, mediante la promulgazione di leggi che annullavano i benefici e le prerogative degli antichi codici tibetani, aiutato dalle sovvenzioni e dalla consulenza militare della CIA, scaten la ben nota ribellione armata con lesito fallimentare che tutti conosciamo. Dopodich, fu convinto dai consiglieri americani a riparare in India, essenzialmente per timore di una sollevazione popolare che avesse potuto metterne a repentaglio lincolumit fisica. Dicevamo, dunque, delle cause che spinsero il Dalai a lasciare il Tibet e di come le cronache odierne dimostrino che non si tratt affatto di motivazioni culturali o religiose. Infatti, oggi Lhamo Dndrub non parla pi di indipendenza del Tibet, ma propone il proprio ritorno a Lhasa in cambio della completa autonomia amministrativa e politica, con il Tibet sempre facente parte della Repubblica Popolare Cinese, lasciando al governo di Pechino la sola gestione degli affari esteri e della difesa48. In molti, sia in Occidente, sia tra i suoi stessi seguaci co-esuli, hanno gridato al voltafaccia una volta appresa questa notizia, ma improprio considerare voltafaccia un pensiero che, al contrario, mostra assoluta coerenza con quanto stiamo qui sostenendo. La coerenza sta nel fatto che il Dalai non ha mai realmente aspirato allindipendenza del suo popolo, perch i Dalai, storicamente, non hanno mai avuto alcun loro popolo da amare con spirito di fratellanza. I Dalai hanno avuto, casomai, un patrimonio di sudditi, servi e schiavi da amministrare. Quando il Dalai richiama i suoi alla non violenza, solo perch sa che la violenza un concetto estremamente inviso allopinione pubblica dei suoi sponsor occidentali. Lo fa perch deve farlo, ma strizza locchio mentre lo fa: i suoi seguaci sanno bene che non sta dicendo sul serio, ma che sta solo compiacendo lOccidente che lo sponsorizza, per continuare a riceverne le attenzioni e, soprattutto, i fondi. Il Dalai, parla un linguaggio cristianeggiante non perch rifiuti davvero la violenza, ma per conformarsi ai valori popolari delloccidente che lo sponsorizza e che, altrimenti, avrebbe serie difficolt per continuare a farlo se solo egli dicesse come invece dovrebbe dire per coerenza con i suoi reali princpi filosofici - che la violenza un mezzo necessario per raggiungere il proprio intento. Il Dalai conosce molto bene il concetto di violenza compassionevole del buddismo Mahayana dal quale il buddismo tantrico lamaista discende. Non lasciamoci confondere: il Dalai non cristiano e se dice di credere alla fratellanza tra le genti, mente. Il Buddismo nasce seicento anni prima di Cristo, ma stato Ges, primo ed unico nella storia del mondo, a dire che tutti gli uomini sono fratelli. Nel Buddismo tradizionale, il concetto di fratellanza universale tra i popoli non esiste, tantomeno nel buddismo Mahayana. La fratellanza esplicata mediante il sacrificio di se stessi a beneficio degli altri e la non violenza, che da ci inevitabilmente consegue, sono valori squisitamente cristiani, non affatto buddisti e per nulla lamaisti. Losservazione dei fatti, induce a ritenere che il Dalai pensi innanzitutto alla restaurazione dei privilegi smarriti e questultimo rovesciamento di posizione, che contraddice in larga parte tutto quello che si era sentito dire sino ad oggi sulla rivendicazione dindipendenza del popolo tibetano, non farebbe altro che dimostrarlo. La Repubblica Popolare Cinese oggi il paese economicamente pi potente al mondo e quindi si indotti a ritenere che il Sig. Dndrub stia concertando un piano del tutto realista, perch il Dalai sar pure lama, ma non certo asino: da un lato, la rinuncia allindipendenza per far contenti quelli di Pechino; dallaltro, la riconquista e la restaurazione del potere personale e dei vantaggi che gli deriverebbero dallessere a capo di uno stato speciale, situato nella nazione pi potente del globo. Il tutto, in perfetto stile pragmatico estremo orientale.
48 Episodio meglio conosciuto come La Proposta di Strasburgo, occorso il 15 Giugno 1988 a Strasburgo, durante una seduta dellallora Parlamento Europeo.

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Facciamo, per, anche unaltra considerazione, forse ben pi importante. In Cina, come vedremo per meglio pi avanti, ci sono cinquantasei gruppi etnici. Il gruppo Han quello prevalente e i restanti cinquantacinque sono detti minoranze. Allora, con ben cinquantacinque minoranze etniche a disposizione, per quale motivo lOccidente si preoccupa solo di quella Tibetana, specialmente quando sostiene che il governo cinese vuole lo sterminio di tutte le minoranze? Daltronde, anche tra gli Uygur e gli Hui ci sono fazioni che manifestano un desiderio di indipendenza. Perch, dunque, non un supporto della comunit internazionale anti-cinese anche per loro? Le ragioni sono due: innanzitutto perch Uygur e Hui sono musulmani ed i legami delle loro frange estremiste con Al Qaeda49 non sono un mistero. Quindi, lamericana CIA (principale e forse unica orchestratrice di questo tipo di rivolte in Cina) e limpalcatura di Hollywood non possono certamente supportarli, vista la politica estera di Washington ed il sentimento dellopinione pubblica mondiale dall11 Settembre 2001 in poi50. La seconda, che tra le restanti cinquantuno etnie non ce n manco una che abbia un credo religioso integralista, come quello del lamaismo, su cui far presa. Difatti, quella della ribellione per motivi religiosi resterebbe oggi lunica via efficacemente percorribile dai cospiratori, tanto vero che quello del miglioramento delle condizioni di vita e dellinnalzamento del livello sociale di benessere, sarebbe un discorso assolutamente anacronistico nella Cina di oggi. Quindi, le argomentazioni classiche e storicamente usatissime come quelle della libert dal feroce regime comunista oscurantista ed oppressore oggi non troverebbero alcuna adesione, perch prive di fondamento. Per cui, il possibile sovvertitore costretto a dirottare le proprie strategie disfattiste verso altri pretesti e quello della libert religiosa appare lunico percorribile, ma ahim, per poter parlare ad un popolo di libert religiosa al punto di portarlo a ribellarsi violentemente, bisogna che questo popolo sia religioso in maniera radicale e, purtroppo per i cospiratori, nella Cina di oggi questo tipo di substrato non c o non quantitativamente sufficiente, nemmeno in Tibet. Dopo aver compiuto queste osservazioni, si fortissimamente tentati di ritenere che lintento principe non sia affatto quello di salvare lindipendenza culturale di alcuna minoranza etnica, ma esclusivamente quello di minare lunit della Cina a fini di una successiva spartizione tra le potenze occidentali, come, del resto, anche lo stesso Dalai a sostenere e come abbiamo gi detto nei paragrafi precedenti. Tornando al Dalai, protagonista di questo capitolo, vorrei adesso proporvi una riflessione estetica, ma certamente non di minore importanza.

Il Potala Palace a Lhasa. (tradizionale residenza del Dalai Lama)

Che labito non faccia il monaco vero, ma anche vero che un monaco labito deve avercelo quantomeno per sembrare un monaco.
49 C chi crede al fatto che Al Qaeda esista sul serio e chi, invece, sostiene che sia semplicemente una lista del libro paga della CIA nella quale erano elencati tutti i Mujaheddin che essi addestrarono e finanziarono per combattere i Sovietici nel decennio 1979-89 e che oggi, invece, chiamano Talebani; 50 Vedi il dietrofront di Obama che, nellAgosto 2010, aveva inizialmente proposto la costruzione di una moschea a Ground Zero per poi ritrattare, costretto dalle veementi critiche della comunit ebraica, dei parenti delle vittime, ma, soprattutto, da unopinione pubblica contraria tra il 66 e il 70%, secondo i sondaggi (cfr. http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2010/08/14/AMtMcYxD-moschea_dietrofront_parziale.shtml).

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(da sinistra) Lobsang Trinley Lhndrub Chkyi Gyaltsen Mao Ze Dong Lhamo Dndrub

Ecco come si abbigliavano gli alti gerarchi del lamaismo (foto a lato) nelle occasioni pubbliche, quando ancora signoreggiavano indisturbati in Tibet. Non ho trovato indicazioni precise sulla data di questa foto, ma verosimilmente risale alla seconda met degli anni 50. Vediamo Mao Ze Dong affiancato da due giovani, felici e sorridenti: si tratta, a sinistra, del 10 Panchen Lama e, a destra, dallattuale 14 Dalai Lama. Gli abiti dei due Lama sono di seta e broccati, ma non c nulla di scandaloso, anzi. Era assolutamente normale che le due cariche pi alte di un potere teocratico assolutista come il lamaismo dimostrassero anche con labbigliamento la potenza del proprio ruolo politico e sociale. Purtroppo, per, limmagine di un monaco che deve essere finanziato dallOccidente, deve corrispondere a ci che lopinione pubblica si aspetta di vedere, altrimenti niente sovvenzioni: loccidentale, vuole vedere nel monaco i connotati di umilt e di povert, tra i quali gli immancabili piedi nudi o che, tuttal pi, calzino dei sandali. Daltronde, anche da noi, limmagine dei primi monaci rifletteva comunque il benessere degli strati sociali pi elevati. Basti pensare ai Benedettini51 che, fondamentalmente, erano tutti figli di famiglie patrizie o dellalta borghesia. Fatta eccezione per gli eremiti, per vedere il monaco umile, povero e scalzo bisogna arrivare a San Francesco. Difatti, proprio la rappresentazione del Poverello dAssisi quella che pi ha influenzato limmaginario pubblico odierno. Per il cittadino occidentale medio, un monaco deve apparire come San Francesco per essere credibile. Questo quanto intendevo quando ho scritto che il Dalai parla un linguaggio cristianeggiante per farsi accettare dallOccidente che lo finanzia. Fateci caso: anche la terminologia oggi usata per gli appellativi dei Lama assolutamente congrua con questa strategia: Sua Santit (per il Dalai ed altri, ma fino a ieri era un appellativo che davamo solo al Papa di Roma); Sua Eminenza (per le alte cariche del lamaismo, ma titolo tradizionale dei nostri Vescovi) e persino Reverendo tutte definizioni copiate dalla nomenclatura della Chiesa Cattolica.

Insomma, questo il risultato di una brillante operazione di marketing: scomparse sete e broccati, gli incontri ufficiali si fanno indossando lumile abito (da sinistra) dei tre veli e gli appellativi sono gli stessi della Lhamo Dndrub gerarchia ecclesiastica della Chiesa di Roma, e Barack Obama affinch nelle mente delle persone semplici si fissi subliminale il concetto che i Lama sono umili e poveri come San Francesco, nonch sacri ed inviolabili come i sacerdoti cristiani. Gli esperti di comunicazione, i costumisti e gli scenografi di Hollywood hanno compiuto la metamorfosi. Del resto, quello degli effetti speciali il loro mestiere, da sempre.

(INDICE)
51 Fu il primo ordine monastico cristiano ufficiale, fondato da San Benedetto da Norcia (480-547) nel 540 circa. Per inciso, merita sottolineare che lorigine del concetto di monachesimo non cristiana, ma orientale e che comunque sono esistite forme di monachesimo cristiano precedenti ai Benedettini.

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CAPITOLO VIII

I FATTI DI LHASA, 14 MARZO 2008


Il 14 Marzo 2008, a Lhasa, capitale del Tibet, si sono verificati violenti disordini che hanno visto la morte di molte persone. La notizia diffusa in occidente stata quella di una rivolta del popolo tibetano contro loccupazione, ribellione che sarebbe stata repressa nel sangue, mediante il tentato sterminio di unintera etnia, dal parte dellesercito cinese invasore. Esiste anche unaltra versione: i disordini sono stati causati ad arte da un gruppo di lamaisti, seguiti e supportati da sciacalli che hanno colto loccasione solo per commettere violenze e ruberie di ogni genere. Si tratta, quindi, di vedere quale delle due versioni sia quella che, maggiormente, si avvicini alla verit ed esattamente quello che tenteremo di fare in questo capitolo. La stampa occidentale ha enfatizzato il fatto che dopo gli incidenti di Lhasa del Marzo 2008 YouTube52 sia stato oscurato dalla censura cinese. Verissimo. YouTube stato oscurato per impedire la diffusione di certi filmati della CNN, dove riprese girate in India e Birmania venivano spacciate come relative ai disordini di Lhasa. Se la CNN abbia poi rivolto scuse ufficiali a Pechino, quella stessa stampa occidentale non l'ha mai detto. Fatto sta che bisogna armarsi di santa pazienza e rovistare un bel po' in internet per trovare la notizia53. Lanalisi dei fatti documentati, non pu assolutamente far escludere lipotesi che i lamaisti - stante il ricorso alla violenza compassionevole come metodo di azione storicamente accertato - per attirare l'attenzione mondiale e dato il periodo preolimpico, abbiano intenzionalmente causato i disordini per provocare la reazione della polizia cinese e quindi per mostrarsi al mondo come vittime, senza esitare nel sacrificare non solo la propria vita, ma soprattutto quella di molti civili innocenti, travolti loro malgrado. Infatti, sono state s riportate le cronache dei disordini, ma non risulta che nessun organo dinformazione occidentale abbia sinora spiegato compiutamente il perch della rivolta. Che cosa veramente successo? Perch i lamaisti, a un certo punto, hanno iniziato a comportarsi cos violentemente? Voglio dire: fatto salvo lannoso problema dellindipendenza, c stata una causa specifica, un evento, un motivo scatenante in particolare, per quelle violenze? Al momento, in attesa di spiegazioni soprattutto da parte di coloro che hanno invece condannato lintervento della polizia cinese, possiamo solo dire che si trattato di atti di violenza non innescati da alcun episodio in particolare, certamente causati di proposito per ordine del Dalai Lama ed unicamente destinati a far tornare i media sulla filastrocca dellindipendenza del Tibet, sfruttando il periodo dei riflettori accesi sulla Cina per le imminenti Olimpiadi. Questa affermazione trova ampia conferma nelle dichiarazioni che il Dalai Lama rilasci, alcuni mesi prima dellevento, durante unintervista concessa allemittente britannica ITV ed esattamente il 17 Gennaio del 2008.

www.youtube.com noto sito internet dove ognuno pu liberamente (per ora) pubblicare video e documenti da mettere a disposizione degli altri visitatori. YouTube stato anche querelato da Mediaset nel Luglio 2008. 53 vedi http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=8697 nonch http://towardfreedom.com/home/content/view/1290/65/ e molti altri ancora.

52

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Secondo il resoconto di quellintervista, tuttora disponibile in internet54, il Dalai ha espressamente sollecitato i suoi seguaci a protestare pacificamente in occasione delle Olimpiadi di Pechino. Il Dalai, nel corso di tale intervista, ha dichiarato che tali proteste avrebbero fatto si che la causa dindipendenza tibetana fosse riportata allattenzione del popolo cinese . Il simpaticissimo Lhamo, con questa frase ha oltretutto offeso lintelligenza dei suoi ascoltatori: lui sa bene che tutti i cinesi ma proprio tutti, compresi quelli di Taiwan considerano il Tibet come parte indissolubile della Cina, da sempre. Perch allora ha detto questa grossolana fesseria? Perch lintento era ben altro e adesso mi spiego. Secondo voi, per quale ragione il Dalai ha chiesto una protesta pacifica quando nessuno meglio di lui sa che nessuna protesta separatista in Cina pu mai essere pacifica? Perch lomino giallorosso sapeva perfettamente quello sarebbe accaduto. Bisognava provocare la reazione della polizia cinese per avere dei morti e cos stato. E accaduto esattamente quello che lui ha voluto, con premeditazione e perfetta cognizione di causa: lo scorrere del sangue, ma non del suo, bens di quello degli altri, mandati al macello per il proprio tornaconto. Ecco un altro fulgido esempio di che cosa sia la violenza compassionevole del lamaismo. Non solo. Ad esempio, lo stesso giornalista Federico Rampini, in suo articolo su Repubblica di quei giorni ed anche se lo ha un po' nascosto tra le righe, non ha potuto non citare l'episodio dell'incendio alla moschea di Lhasa, che per ha flemmatizzato definendolo un semplice danneggiamento. Invece, secondo quanto stato documentato, le cose sono andate diversamente. Secondo le testimonianze, non solo dalle telecamere a circuito chiuso installate a Lhasa (i cui filmati sono stati ampiamente diffusi da CCTV 55 , ma mai trasmessi dalle televisioni occidentali), ma, soprattutto, di giornalisti europei l presenti in quei giorni56, i lamaisti, oltre ad aver aggredito, picchiato a sangue e lapidato a morte dei passanti di etnia Han e Hui57, aver distrutto negozi di propriet Han e Hui, incendiato case di gente Han e Hui, aver dato fuoco al mercato, hanno persino incendiato la moschea di Lhasa. Perch mai lhanno fatto? Che centrano i mussulmani Hui, che tra laltro sono loro vicini di casa in quanto originari dello Xinjiang, con i cinesi invasori Han? Il terribile sospetto che non si sia davvero trattato di un caso fortuito. Il 14 Marzo 2008 era venerd, giorno sacro per i mussulmani e lincendio stato provocato intorno alle otto e trenta di sera 58 . Testimonianze oculari, raccolte da grandi testate come il Wall Street Journal, The Guardian, BBC e lEconomist, concordano nel dire che i lamaisti assalitori della moschea, contestualmente ad aver appiccato le fiamme, hanno linciato alcuni Hui che l si trovavano. La polizia, poteva stare a guardare? Se si fosse trattato di una manifestazione pacifica, un corteo, una sfilata di dimostranti e la polizia cinese avesse caricato sparando sulla gente inerme, solo perch agitava qualche bandiera o mostrava qualche striscione, la pi severa delle risposte della comunit internazionale non sarebbe bastata a rendere giustizia.
http://www.freetibet.org/newsmedia/dalai-lama-calls-supporters-stage-peaceful-protests-during-olympics China Central Television, la televisione di stato cinese. 56 Ad esempio, il corrispondente dellEconomist, il cui pezzo visibile in rete a questo link, sebbene riservato ai soli utenti registrati http://www.economist.com/world/asia/displaystory.cfm?story_id=10871821 57 Vedi http://www.eturbonews.com/1771/chinese-beaten-mercilessly-tourists-so-what-r Quello degli Han il gruppo etnico dominante in Cina, cos denominato perch ritenuto proveniente dal bacino del fiume Han nella Cina centrale. Gli Han rappresentano il novantadue percento della popolazione cinese in Cina e quasi il venti percento di tutta la popolazione mondiale. Gli Hui sono una minoranza mussulmana, stimata in circa dieci milioni di individui, probabili discendenti di mercanti persiani ed arabi stabilitisi in Cina. 58 Orario che coincide con la preghiera mussulmana serale: ... Esegui l'orazione alle estremit del giorno e durante le prime ore della notte... (Corano, Surah 11, 114-115). Il sole a Lhasa tramonta intorno alle sette e mezza di sera.
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Invece, non stato cos. E facile capire che se i Lama si fossero limitati ad un pacifico corteo di protesta, non ci sarebbero state morti. Al massimo, sarebbero stati dispersi con qualche lacero-contuso e nulla pi, come gi pi volte accaduto. Avevano invece bisogno di morti e feriti per sollevare nuovamente il problema dellindipendenza del Tibet? Seguendo il loro principio secondo il quale la violenza compassionevole un mezzo indispensabile attraverso il quale ristabilire lordine delle cose e stando anche al modo in cui si esprimono pubblicamente i leader del TYC (Tibetan Youth Congress) 59 evidentemente s. Non solo. Cos scriveva nientemeno che un illustre personaggio come Sergio Romano60 sul Corriere della Sera 61 il 18 Aprile 2008:

[] Ma la violenta rivolta dei monaci a Lhasa e in altre province cinesi dove abitano importanti comunit tibetane, stata una insurrezione conservatrice. [] Durante una visita organizzata dal governo di Pechino dopo le agitazioni dello scorso marzo, i corrispondenti stranieri hanno fatto due constatazioni interessanti. In primo luogo si sono accorti che i monaci tibetani, contrariamente alla loro reputazione occidentale, non sono cultori della non violenza e ne hanno dato la prova con una furia devastatrice che ha colto di sorpresa le forze di polizia. In secondo luogo hanno compreso che la loro rivolta non era diretta soltanto contro i cinesi, ma anche contro una classe emergente di tibetani che stanno sfruttando i vantaggi della modernizzazione. Quello a cui abbiamo assistito, in altre parole, non , se non in parte, uno scontro fra democrazia e dittatura. anche il segno di una frattura sociale che si aperta allinterno della societ tibetana.Non necessario essere marxisti o anticlericali per osservare che la Cina recita in questa faccenda, sia pure con i modi intolleranti di un regime autoritario, la parte della modernit e che i monaci, come si sarebbe detto una volta, quella della reazione."
Per far intervenire la polizia cinese in modo violento e quindi per procurarsi la massima attenzione internazionale, il Dalai sapeva che i suoi avrebbero dovuto usare la violenza per primi. Per questo ha sollecitato la manifestazione. Quindi, nel pieno rispetto delluso della ferocia quale matrice della propria tradizione culturale compassionevole, il Dalai ed i suoi hanno voluto e saputo far scorrere del sangue, ancora una volta. Il fatto storicamente inconfutabile, perch documentato, che i Lama ed i loro aficionado si sono scagliati violentemente contro tutto quello che era Han e Hui: case, negozi, banche, auto, oggetti e persone. La polizia cinese, dal canto suo, in quella circostanza ha fatto quello che avrebbe fatto qualsiasi altra polizia del mondo in situazione analoga: ha protetto gli aggrediti dagli aggressori.

59 Movimento dei tibetani in esilio volontario, fondato il 7 Ottobre 1970 a Dharamsala, che combatte per la restaurazione della completa indipendenza del Tibet, comprese le tre province U-Tsang, Do-toe e Do-med che il TYC rivendica come tradizionalmente appartenenti al Tibet, i cui territori per sono attualmente situati in India, Butan, Nepal e Myamar (lex Birmania). 60 Storico, scrittore, giornalista e diplomatico italiano. Giornalista pubblicista dal 1950. Ambasciatore presso la NATO, insegnante universitario ad Harvard (USA), Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana. 61 Vedi http://www.corriere.it/romano/08-04-10/01.spm

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La polizia cinese, lo si voglia o no, faccia piacere o meno, intervenuta secondo le pi elementari norme di pubblica sicurezza, cio riparando la cittadinanza di Lhasa dalle violenze di esagitati che si stavano comportando in maniera pericolosa per lincolumit delle persone, punto. Laspetto politico che altri indicano, centra ben poco. Tuttavia, lintervento delle forze dellordine stato tardivo. Inizialmente, la polizia rimasta estremamente passiva di fronte allo svolgersi dei disordini. Quando, invece, sono intervenuti, gi in molti tra Han e Hui erano stati uccisi o feriti dai rivoltosi. Che quegli esagitati fossero vestiti di giallo e porpora normale, perch tutti i Lama sono acconciati in quel modo. Essere Lama non significa implicitamente n essere santo, n essere delinquente. Sono le azioni che determinano la condizione di un uomo, sia per i Lama che per ogni altro essere del genere umano. Che fossero dei Lama ad avere, in quella circostanza, un comportamento aggressivo, assolutamente irrilevante ai fini della pubblica sicurezza: la polizia, ovunque nel mondo, ha il preciso dovere di intervenire contro la violenza a tutela della pubblica incolumit. Ad esempio, non che se cento preti invadono via Veneto a Roma rompendo vetrine, incendiando le cose e malmenando passanti, la polizia italiana non interviene solo perch sono preti, mi pare ovvio. Non si pu giustificare la commissione di un crimine con la politica o con la religione. Il movente a fini politici o religiosi di un reato, non pu e non deve attenuarne la gravit, ma deve, al contrario, stigmatizzarla. Quindi, se non ci scandalizza il fatto che quei teppisti abbiano affermato che con quelle violenze stavano rivendicando lindipendenza del Tibet, allora dovremmo altrettanto accettare come legittimo che qualsiasi delinquente accampi qualsiasi giustificazione per qualsiasi crimine commesso, qualunque esso sia e chiunque egli sia (ricordiamo, ad esempio, gli espropri proletari degli anni 70, i terroristi assassini che si auto-proclamano prigionieri politici, i misfatti dei Black-Blocks durante il G8 di Genova nel 2001 e, ahim, gli uomini-bomba dellestremismo islamico che si dichiarano martiri). Il 14 Marzo 2008 la polizia cinese intervenuta innanzitutto per proteggere lincolumit dei cittadini e quanto sto per esporvi lo conferma. Ho trovato alcuni filmati interessantissimi su YouTube, la cui autenticit evidente. Per il primo di questi video c, per, un dettaglio assolutamente singolare da evidenziare. E stato intitolato BANNED BY CHINA - Tibet riot truth (trad.: CENSURATO DALLA CINA La verit sulla rivolta in Tibet). Un titolo del genere, lascia presagire che si tratti di un video che mostra qualcosa di cui le autorit cinesi dovrebbero vergognarsi perch illustrante, magari, le violenze commesse su poveri cittadini inermi da parte di polizia ed esercito, come la stampa occidentale ci ha raccontato. Ebbene, i casi sono due: o la persona che lha pubblicato un inguaribile mattacchione (a cui piace molto lhumour nero, per la verit), oppure ha dei seri problemi di lucidit in senso psichiatrico intesa. Il filmato, il cui link riportato alla nota 62 a pi di pagina, al contrario di quanto annuncia il suo titolo, mostra tutta la violenza e lefferatezza con la quale gruppi di teppisti tibetani, sotto la guida dei Lama, hanno messo la citt a ferro e fuoco. Nonostante lindubbia originalit, le immagini scorrono rallentate, ma laudio no. Ve ne accorgerete perch il sonoro termina ben prima delle immagini (gli ultimi sei minuti sono muti). Questo, a detta di un tecnico che ho interpellato per spiegare lanomalia, sarebbe solo un effetto tipico da imputare ad un errore di conversione del file dal formato originale.

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Il filmato, che stato verosimilmente girato da un turista, merita di essere cos commentato: Inizio: la scena rappresenta lo sbigottimento di un gruppo di gente (quello col megafono la guida della comitiva turistica alla quale verosimilmente appartiene lautore del filmato) che odono urla bellicose senza inizialmente riuscire a comprendere da dove provengano; 45 secondo: la gente inizia a scappare, voltandosi a guardare indietro, verso un punto che la telecamera ancora non inquadra. Anche il cameraman scappa e ferma la ripresa; 57 secondo: linquadratura riprende da pi lontano. A distanza di sicurezza, il turista fa una zoomata sulla posizione dove tutti puntavano lo sguardo mentre scappavano e si vedono comparire alcuni Lama, riconoscibili per le tuniche color porpora; minuto 1 e 9 secondi: i Lama prendono a correre in senso inverso, tornando da dove erano venuti. Uno di loro, si china a raccogliere una pietra e la scaglia, poi le immagini proseguono illustrando altre scene di violenza; minuto 2 e 10 secondi: una donna a bordo di un ciclomotore stata appena fermata da un gruppo di teppisti che lhanno gettata a terra, ma la ragazza riesce a fuggire lasciando la moto alla merc degli assalitori, minacciata da un uomo che impugna un bastone bianco e che accenna blandamente ad inseguirla; minuto 2 e 40 secondi: nellinquadratura, si vedono cinque persone in primo piano. Osservate attentamente il quarto da sinistra, quello vestito di grigio scuro al di l della transenna. Precedentemente, vi ho gi parlato del Tsep-sa, ovvero del pugnale (ma meglio sarebbe definirlo spada corta) che i tibetani possono portare liberamente per legge, in quanto facente parte della loro tradizione culturale. Eccolo, quindi, in azione63: luomo lo sfodera dalla cintura e trafigge la gomma della ruota anteriore della moto, rischiando di ferire un altro ragazzo che, spaventato, fa un balzo allindietro; minuto 3: teppisti che assalgono e danneggiano negozi di propriet di cinese, sotto lo sguardo impassibile di alcuni Lama a poca distanza. Un paio di questi religiosi tenta addirittura alcuni calci frontali in volo, stile Chuck Norris, contro una saracinesca. Queste violenze, come le immagini mostreranno impietose pi avanti, sono mirate a colpire gli invasori nei loro interessi, soprattutto danneggiando e svaligiandone le propriet; minuto 4 e 50 secondi: alcune persone fanno catena passandosi dei cartoni di merce, frutto della razzia ad un negozio; minuto 5 e 24 secondi: si vedono i Lama, con le loro tuniche giallorosse che osservano, conniventi, la devastazione. Infatti, non sembra che stiano tentando in alcun modo di fermare le violenze, anzi, sembra quasi che dirigano le operazioni, perch alcuni di loro si sbracciano indicando cose qua e l; minuto 6 e 34 secondi: linquadratura si allarga e mostra gli effetti del saccheggio e delle brutalit in tutta la loro efferatezza, senza che per il momento ci sia traccia n di polizie, n di eserciti che massacrano i rivoltosi; minuto 7 e 45 secondi: ancora i teppisti ed i loro mentori giallorossi che esprimono tutto il proprio desiderio dindipendenza portandosi a casa coperte e materassi rapinati dai negozi assaltati; minuto 7 e 50 secondi: passante assalito da un gruppo di dementi che abbozzano un tentativo linciaggio;

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La stessa sequenza sul Tsep-sa, nonch di unaltra simile sulluso del pugnale, visibile in questaltro video: http://www.youtube.com/watch?v=btX28vIrh2w&feature=related, al minuto 1 e 37 ed al minuto 1 e 52. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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fino alla fine: ancora immagini della devastazione, con Lama e vandali che se la passeggiano tranquillamente tra i frutti della loro religiosa aggressivit. Di polizia ed esercito, nemmeno lombra, nonostante le immagini mostrino incendi consumati e distruzione diffusa, dando prova di come le violenze fossero cominciate gi da un bel pezzo.

Il secondo filmato che vi segnalo stato girato da un turista australiano, poi trasmesso dallemittente ABC News, dalla quale stato ripreso per caricarlo in YouTube. Il link per chi volesse vederlo quello riportato alla nota 64. Lautore pare essere un personaggio al di sopra di ogni sospetto: tale Mike Smith, un ragazzo ventiquattrenne (ad un certo punto del filmato si auto-inquadrer) in vacanza a Lhasa insieme ad amici. Nonostante i suoi commenti siano quelli che ci si aspetta da un qualunque occidentale conformato al pensiero collettivo (in sostanza, egli dice che i tibetani stavano combattendo per la libert del proprio paese, ribellandosi allinvasore cinese), il video, le cui immagini sono qualitativamente migliori del precedente, illustra ulteriormente le violenze delle quali si sono resi responsabili i rivoltosi. Ma i commenti che Mike Smith ha rilasciato alle televisioni occidentali che lo hanno successivamente intervistato, franano miseramente di fronte alla crudezza delle immagini di questaltro video, la cui visione vi sconsiglio se siete impressionabili: http://www.youtube.com/watch?v=JZLzKBvvGMg. Ovviamente, ho provveduto a scaricare tutti questi filmati e, se al momento in cui andaste a vederli fossero stati rimossi - come purtroppo accade spesso a questo genere di documenti potrete richiedermeli per E-mail. La conclusione che il 14 Marzo 2008, la polizia cinese non ha represso nel sangue alcuna rivendicazione di libert lamaista, perch sfondare le vetrine di negozi e banche, dar fuoco alle auto ed alle case con la gente dentro, bastonare, lapidare, pugnalare ed uccidere civili innocenti, non sono azioni riconducibili a nessuna rivendicazione di libert: solo violenza efferata ed imbecille65. Ma torniamo allincendio della moschea di Lhasa perch importantissimo. Se tutti gli organi di informazione occidentali hanno taciuto lepisodio, o hanno tentato di minimizzarlo, o lo hanno fatto passare come episodio di secondaria importanza, o come inevitabile conseguenza dinerzia per le violenze innescatesi, proprio perch sanno, invece, quanto la cosa sia rilevante.

Una delle quattro moschee mussulmane di Lhasa. Foto tratta da: http://en.wikipedia.org

Fedeli musulmani in preghiera nella moschea. Foto tratta da http://cache4.asset-cache.net

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Vedi http://www.youtube.com/watch?v=FP8ELPLESYI&NR=1 Vedi: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7989962.stm TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Lincendio della moschea di Lhasa, infatti, ha una valenza assoluta e di primissimo piano: esattamente in questo misfatto che troviamo la vera motivazione delle violenze. E in questo atto squisitamente gratuito e criminale nascosto o fatto passare in sordina dalla stampa occidentale che ci sono il movente, larma del delitto e le impronte digitali del colpevole. Mi spiego. Anche i mussulmani cinesi rivendicano autonomia 66 . Il comune buon senso farebbe supporre che i lamaisti avrebbero dovuto, casomai, cercare l'alleanza di altri indipendentisti e non aggredirli. Perch dunque? La risposta non difficile da dare. Basta, come ho gi detto, osservare la cosa restando vicini al fatto oggettivo. Un mio caro ed indimenticato maestro diceva: Quando uno ranocchio, ranocchio. Anche se indossa lo smoking, come vede una pozzanghera, si tuffa! e lincendio alla moschea di Lhasa stata una tentazione irresistibile di fronte alla quale il ranocchio lamaista non ha saputo frenarsi. I Lama, vieppi invasati e nel turbine della ferocia, non hanno saputo resistere al richiamo della propria cultura violenta per dar luogo allennesima azione di intolleranza religiosa, quale peculiarit di un metodo storicamente acclarato. Non centrava nulla incendiare la moschea per rivendicare la propria indipendenza, ma questo episodio, se adeguatamente messo in risalto, avrebbe tradito i Lama di fronte allopinione pubblica mondiale ed per questo che stato abilmente edulcorato, talvolta persino censurato, dai media occidentali. La fedele narrazione di questo episodio, infatti, avrebbe pericolosamente messo a nudo la vera essenza dellintento lamaista: non lindipendenza, non la rivendicazione di un diritto umano, bens lintento restauratore a favore di un regime teocratico e feudale, con legemonia culturale e religiosa quale indispensabile presupposto. Checch se ne dica e se e pensi, lincendio alla moschea di Lhasa dimostra, quindi, in modo inequivocabile, che i lamaisti continuano, ancora oggi - con buona pace di Richard Gere e Brad Pitt - ad essere animati da ispirazioni violente non solo in tema di indipendenza, ma anche e soprattutto quando si tratta di confrontarsi e convivere non solo con altri popoli e con altre religioni, ma addirittura con sfumature diverse del loro stesso credo, come dimostra il documento che segue:

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Si vedano i fatti di Urumqui (Xingjiang), relativi ai disordini innescati dalla comunit mussulmana degli Uygur nel Luglio 2009. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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27 Maggio del 2008 a Nottingham in Inghilterra. Centinaia di adepti della comunit buddista Western Shudgen Society, provenienti da tutto il mondo, hanno dato vita a due manifestazioni di protesta, accusando il Dalai di attuare persecuzioni contro il loro credo.

A prescindere da qualsiasi valutazione di tipo religioso ce ne guardiamo bene sui princpi che ispirano luna o laltra interpretazione del buddismo, lintolleranza ostinata e brutale con la quale il lamaismo, da sempre, si pone verso le altre confessioni e le altre culture, un dato di fatto incontrovertibile che non pu essere ignorato e che deve far seriamente riflettere67. Non c alcun bisogno di ricorrere a valutazioni ideologiche o politiche per capire che il lamaismo, essendo stato un regime che ha sempre basato il suo potere sulla teocrazia, non pu, in alcun modo, consentire che allinterno del proprio territorio si impiantino altri credo religiosi od altre culture che possano disconoscerne lautorit. Il perch ovvio: se ci fossero altre religioni od altre culture, i loro adepti non riconoscerebbero lautorit assoluta del Dalai Lama che quindi non potrebbe governare indisturbato, essendo venuto meno il presupposto principale che, per il lamaismo, alla base del mantenimento del potere temporale teocratico, come dimostreremo molte altre volte pi avanti. Ma la cosa inaccettabile che la presenza di altre religioni in Tibet viene addirittura dipinta come inquinamento culturale da quello stesso Occidente ipocrita che, quando non si tratta di Tibet, definisce legemonia religiosa come discriminazione razziale (es.: fa togliere il crocifisso dalle aule scolastiche, consente di indossare il burka e via dicendo). Ma come si fa, dico io, ad essere continuamente presi per i fondelli in questo modo? Non lo considerate, anche voi, un insulto alla vostra intelligenza?

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Vedi: http://www.youtube.com/watch?v=F1Oxgz_Z4vg TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Infine, orrore degli orrori, le prove migliori di come il lamaismo odierno non sia assolutamente intenzionato a rinunciare al proprio potere temporale mediante la stessa egemonia religiosa e culturale di sempre, non stanno nelle dichiarazioni del governo di Pechino, n in quelle dellagenzia cinese Xinhua, n nelle attestazioni dei molti intellettuali, storici e politologi che pur conoscono la natura dispotica ed oscurantista di questo antico regime teocratico, ma nelle stesse affermazioni del Dalai Lama. Lhamo Dndrub, nonostante abbia recentemente affermato che si accontenterebbe di un certo genere di autonomia, nei suoi libri ha invece sempre rivendicato la costituzione di un Grande Tibet, che corrisponderebbe, geograficamente, ad unestensione territoriale pari al doppio di quella sulla quale egli ed i suoi esercitarono il potere temporale sino al 1959. Questo territorio immaginario, comprenderebbe, secondo il Dalai, tutta la provincia del Qinghai nonch le aree delle province del Gangsu, dello Yunnan e del Sichuan dove si trovano minoranze tibetane, insieme ad altre etnie. Il tutto, sintende, oltre ad aree al di fuori della Cina i cui territori per sono attualmente situati in India, Butan, Nepal e Myamar (lex Birmania). La cosa terrificante che lomino giallorosso ha pubblicamente dichiarato di voler realizzare il progetto del Grande Tibet mediante operazioni di vera e propria pulizia etnica. Testualmente, durante il Congresso USA del 21 Settembre 1987 al quale fu invitato, ha detto: Sette milioni e mezzo di coloni dovranno andarsene. 68 . Laffermazione, infatti, si riferisce al punto 2 del cosiddetto Piano per la Pace in Cinque Punti. In realt, non si tratta affatto di coloni, ma di popolazioni che vivono insieme da svariati secoli. Ecco, quello di cui lopinione pubblica occidentale non si rende conto, sia perch i media sono abilissimi a mascherarlo, sia per assoluta ignoranza sulle culture estremoorientali, la matrice pragmatica ed assolutista sulla quale il lamaismo e la sua filosofia si fondano. Tanto normale ricorrere alla violenza per queste culture (non solo per il lamaismo), che il Dalai non ha battuto ciglio nel pronunciare una frase cos orripilante e feroce proprio nel cuore del Congresso Americano, cio di quella che viene indicata a torto od a ragione una delle massime espressioni di democrazia nel mondo. Al di l del fatto che anche questa dichiarazione sia perfettamente congrua con la realizzazione del piano di smembramento della Cina, se anche gli avessero fatto notare linammissibilit di quella scandalosa affermazione, cos impunemente resa di fronte ad uno dei congressi pi democratici del pianeta, Lhamo Dndrub ne avrebbe sicuramente sostenuto la giustezza, giustificandola come assolutamente coerente con gli insegnamenti del buddismo Vajrayana e nessuno, da quel punto di vista, avrebbe mai potuto smentirlo. La narrazione di questultimo episodio, mi pare quindi unottima introduzione per il capitolo che vi apprestate a leggere e che , senza dubbio, uno dei pi importanti di questo libro.

(INDICE)

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Vedi: http://www.tibetjustice.org/materials/tibet/tibet3.html TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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CAPITOLO IX

LA VIOLENZA COMPASSIONEVOLE
Ho gi accennato alla violenza compassionevole senza spiegarne a fondo il significato. Non a caso: ho voluto che leggeste prima tutto quello che ho scritto, cos, adesso, potrete comprendere al meglio. Il buddismo, in generale, viene presentato come una religione che aborrisce la violenza e devo ammettere che io stesso, prima di intraprendere la scrittura di questo documento, lo credevo fermamente, al punto da essere assolutamente scettico verso lipotesi, comunque gi circolante, che i buddisti tibetani non fossero esattamente delle povere vittime innocenti. Poi, di fronte a certe cronache di lapalissiana evidenza, ho voluto documentarmi, scoprendo le cose che ho messo qui per iscritto. La nostra immagine collettiva del buddismo, dicevo, quella di una religione che evidenzia la virt della compassione universale non solo verso il genere umano, ma verso tutti gli esseri viventi. Da qui, anche lequazione: buddismo = vegetarianesimo.

Allora com che, invece, in molte regioni dellestremo oriente, sebbene schiettamente buddiste, lalimentazione umana ancora carnivora in modo prevalente? Perch certi buddisti estremo orientali si rendono spesso protagonisti di violenze di vario genere? Non avrete certamente dimenticato la strage del 20 Marzo 1995, perpetrata nella metropolitana di Tokio, con il gas nervino, dagli adepti setta buddista giapponese Aum Shinrikyo 69 , capeggiata dal santone Shoko Asahara70.

Scene di violenza compassionevole. Linciaggio di un cinese Han da parte di un gruppo di rivoltosi (Lhasa, 14 Marzo 2008).

La spiegazione del perch, va semplicemente ricercata nel fatto che il buddismo estremo orientale ed in particolare quello Mahayana 71 al quale sia la setta Aum Shinrikyo, sia il lamaismo si rifanno, come gi detto non necessariamente rigetta luso della violenza, tuttaltro. Esso ammette la possibilit che individui spiritualmente realizzati (cio i buddisti) possano commettere violenze in circostanze eccezionali.

69 Aum Shinrikyo il nome di una setta giapponese che il 20 marzo 1995 ha immesso gas nervino Sarin nella metropolitana di Tokyo, provocando la morte di dodici persone. Gi in precedenza in attentati minori diverse altre persone erano state uccise () Aum considerata in genere una forma di buddismo. Al centro della sua dottrina, un miscuglio di insegnamenti Theravada, Mahayana e Vajrayana. Shoko Asahara, che oggi in attesa della pena di morte comminatagli in seguito al processo per strage, ha avuto intense relazioni con il Dalai, dal cui entourage fu fattivamente sponsorizzato quando lottava per ottenere il riconoscimento dello status legale di organizzazione religiosa della sua setta. (cfr. http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/zen/notesullozen.htm) 70 Inizialmente, il Corriere della Sera, in un articolo del 21 Marzo 1995 a firma dei giornalisti Olimpio, Riotta, Santevecchi, Soglio e Volpi, attribu la probabile responsabilit dellattentato agli estremisti di destra, o all' armata rossa giapponese e persino alla grande mafia nipponica, la Yakuza. Neppure il minimo sospetto circa la matrice buddista del misfatto. Questo la dice lunga sul comune immaginario che abbiamo del buddismo. 71 Il lamaismo (buddismo tibetano) una corrente del buddismo Vajrayana, il quale, a sua volta, considerato lo sviluppo del buddismo Mahayana da cui, appunto, discende.

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Questo altres dimostrato dal fatto che esistono molte, apologetiche, interpretazioni tese a giustificare la presenza di immagini e rituali violenti nella letteratura buddista tantrica. Tali esegesi, che mirano alla reclame ed alla difesa del concetto di ricorso alla violenza compassionevole quale mezzo per il raggiungimento di scopi superiori, di fatto introducono un concetto bivalente, orrendo quanto ridicolo, da usare nelluno o nellaltro modo secondo circostanza: la stessa identica azione violenta, giustificabile se commessa da buddisti, mentre da condannare se perpetrata da non buddisti. C una branca del buddismo tibetano che si rif agli insegnamenti del Buddha Dorje Shudgen72 e che, di fatto, vigorosamente osteggiata dal Dalai Lama. Gli adepti di questa confessione tibetana, che avevano sempre riconosciuto il Dalai come loro capo, ma che lui considera a dir poco eretici, in occidente sono conosciuti come The Western Shudgen Society, della quale abbiamo gi parlato alle pagine 34 e 51. Orbene, per quanto io abbia rivoltato il loro sito sopra e sotto, non sono stato in grado di trovare alcuna spiegazione dettagliata sul perch il Dalai sia cos contrario al loro credo al punto di distruggere lesistenza e la vita (non solo virtualmente) dei loro adepti. Il sito della W.S.S. d solo una denuncia del fatto, peraltro documentata in modo incontrovertibile, ma non spiega nulla sul perch. Forse la ragione sta nel fatto che le disquisizioni filosofiche sulla diversit di credo potrebbero essere incomprensibili per un non buddista, o chiss. Comunque sia, perch cito questo avvenimento nel capitolo della violenza compassionevole? Lo capirete subito. Bench questi signori critichino aspramente il Dalai per le persecuzioni messe in atto, non dimostrano alcuna diversit di metodo rispetto a quella del loro violento avversario. Alla violenza persecutrice del Dalai, questi che si sentono vittime - rispondono con la violenza del ricatto. Si tratta quindi di unulteriore prova che il ricorso alla violenza, per il buddismo tibetano, un mezzo normale, usuale e necessario. Nel loro sito, infatti, si trova pubblicata una lettera che i loro esponenti inviarono al governo tibetano in esilio (volontario) il 2 Ottobre del 2008, della quale vi traduco qui di seguito il testo, ma che potete comunque leggere in originale al link indicato in nota73:

Dharamsala, India The Kashag Secretariat Central Tibetan Administration Dharamsala 176215 - H.P., India 2 Ottobre 2008

Lettera aperta al Governo Tibetano in esilio

Noi sottoscritti della Western Shugden Society scriviamo questa lettera in riferimento al problema internazionale causato dalle pesanti discriminazioni religiose del Dalai Lama contro la confessione Shugden, discriminazioni che stanno causando immense sofferenze ai praticanti Shugden di tutto il mondo. Il 9 Aprile di questanno, la Western Shugden Society ha inviato una lettera a Sera Lachi, a Sera Jey ed a Sera Mey 74. Nella nostra lettera dicevamo:

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Vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/Dorje_Shugden Vedi: http://www.westernshugdensociety.org/our-cause/tibetan-government-in-exile/ Sono tre lamasserie in India. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Concludendo, vi offriamo due alternative: 1. Di revocare lespulsione dei sei monaci e di consentire loro di rientrare nel monastero di Sera dove possano godere degli stessi diritti spirituali e materiali di cui godono gli altri monaci che non seguono la dottrina Shugden. 2. Se non accetterete il primo punto, metteremo immediatamente in atto una dimostrazione a livello mondiale direttamente contro il Dalai Lama, ovunque egli vada in visita a qualsiasi nazione 75.
Se conservate un po di saggezza, dovreste comprendere quanto sia importante che la reputazione del Dalai Lama sia, esattamente in questo momento, nelle nostre mani. Sera Lachi, Sera Jey e Sera Mey hanno scelto di non dimostrare contro il Dalai Lama e, per questo, noi abbiamo immediatamente organizzato manifestazioni di protesta contro il Dalai Lama in tutto il mondo. Ci dimostra che Sera Lachi, Sera Jey e Sera Mey hanno commesso un grave errore: hanno trascurato limportanza della reputazione del Dalai Lama. Sappiamo che, mettendo in pratica le precise istruzioni impartite dal Dalai Lama per bandire la pratica del credo di Dorje Shugden, i suoi Rappresentanti dei campi tibetani in India (ad esempio a Bylakuppe e Mongod), nonch di quelli delle altre comunit tibetane sparse per il mondo, stanno continuamente vessando, tormentando ed umiliando gli innocenti praticanti del credo Shugden ed i loro familiari, ostracizzandone la partecipazione alla comunit tibetana e causando enorme sofferenza. Che cosa ci guadagna il Dalai Lama nel provocare tali sofferenze a della gente innocente? Non ci guadagna niente. Chiediamo a voi, Governo Tibetano in esilio, di assumervi le vostre responsabilit per fermare questa discriminazione religiosa nelle comunit tibetane di tutto il mondo; ci facendo, potrete risolvere sia i vostri problemi interni che quelli internazionali. Se non vi prenderete questa responsabilit, la Western Shudgen Society non cesser di esercitare le proprie attivit sia per conquistare la libert religiosa per i propri adepti, sia per liberare le loro famiglie dalla sofferenza. E ora di considerare la seriet di questa situazione. Fateci sapere se mai vi assumerete questa responsabilit di fermare la discriminazione religiosa contro i praticanti Shudgen e le loro famiglie nelle comunit tibetane di tutto il mondo. Se non riceveremo riscontro da parte vostra entro il 29 Ottobre 2008, interpreteremo il vostro silenzio come rifiuto allassunzione di tale responsabilit. The Western Shugden Society

Nota dellautore: vedete bene come questi singolari buddisti tibetani, invece di rivelare al mondo chi sia il Dalai in quanto atto dovuto per coerenza con i loro principi di verit e di onest, minaccino di farlo solo se il governo tibetano in esilio (volontario) non dovesse cedere alle loro richieste. Il bello che lo pubblicano anche. Abbastanza sconcertante direi.

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Naturalmentre, il Governo Tibetano in esilio (volontario) non ha mai risposto e quindi la W.S.S. ha organizzato davvero altre proteste in tutto il mondo. In aggiunta, il loro sito diventato stracolmo di documenti per far sapere al mondo quale posto infernale fosse il Tibet durante la signoria lamaista e come il Dalai Lama sia stato ingiustamente identificato come guida spirituale ed uomo di pace mentre, a giudicare dalle prove che il sito illustra in abbondanza, si tratta solo di un efferato leader politico che ricorre senza remore alla violenza come sistema. Resta da capire che cosa, invece, sarebbe successo se il ricatto della W.S.S. fosse andato a buon fine. La W.S.S. avrebbe ugualmente messo il mondo a conoscenza della turpe storia del lamaismo e del suo operato? Avrebbe comunque tenuto fede alla missione di verit e giustizia, cos come si invoca in una delle loro principali preghiere, quando chiedono al Buddha Dorje Shudgen la perenne purezza della mente? A giudicare dal tono della loro richiesta, pare proprio di no. Utilitarismo, pragmatismo, cura esclusiva degli interessi personali e costante ricorso alla violenza per la risoluzione dei problemi. Ecco: questi e non altri sono i principali postulati di fede del lamaismo tibetano, seguaci Shudgen o del Dalai che essi siano. Tutte le persone di buon senso, amanti della verit, devono comunque rallegrarsi dellesistenza di questa eresia, ma soprattutto dellinsensibilit del Dalai allappello di fermare le persecuzioni. Infatti, stato solo per rappresaglia a questo episodio che la Western Shudgen Society ha reso pubblici molti documenti segreti che io stesso ho usato ampiamente per questo libro. Se il Dalai avesse ascoltato la supplica della W.S.S., probabilmente non avreste mai potuto conoscere gran parte delle cose che vi sto raccontando, perch limportante per la W.S.S. non stato il divulgare la verit per il bene della verit, ma per vendetta verso il Dalai Lama. Sempre su questa storia, su YouTube c un interessantissimo servizio (purtroppo per chi non lo parla interamente in inglese) in due spezzoni, tratto dal programma Reporters della televisione francese France 24, che potrete vedere collegandovi al link indicato alla nota 76 . Questo reportage, girato in India nelle localit dove si stabilita la comunit tibetana, illustra la condizione di emarginazione e persecuzione nella quale versano i monaci ed i fedeli del credo Dorje Shudgen, dopo che il Dalai ne ha decretato la messa al bando. Il servizio, in nome di un evidente par condicio, d ampio spazio anche alle ragioni del Dalai, ben condivise dai suoi fedelissimi, il quale sostiene che il Buddha Dorje Shudgen sia in realt un demonio e che chi lo adora sia dedito alla violenza e ad altre pratiche biasimevoli. Subito dopo queste dichiarazioni espresse di fronte a centinaia di monaci in ununiversit tibetana del Thekchen Choeling Temple a Dharamsala (accadde il 10 Marzo del 1996), lui che la violenza dovrebbe ripudiarla (lo sanno tutti: ha anche vinto il premio Nobel per la pace) ha dato, invece, un clamoroso esempio di quanto sia dispotico il suo metodo bandendo ufficialmente i seguaci della confessione Shudgen da ogni angolo pi recondito della propria comunit, ammonendo altres i propri fedeli a non avere alcun tipo di relazione con costoro pena la scomunica. Ma c di pi. Naturalmente, il 14 Dalai ed i suoi seguaci teorizzano, anche fin troppo ovviamente, che i monaci Shudgen siano finanziati dalla Repubblica Popolare Cinese. Quindi losservazione che dobbiamo fare per rimanere sereni nel giudizio, la seguente: gli Shudgen, sono dunque diventati improvvisamente eretici perch pagati dal governo comunista di Pechino, oppure il governo di Pechino li sovvenziona perch hanno iniziato da soli, motu proprio, a disconoscere lautorit del Dalai come capo supremo ed infallibile?

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Vedi: http://www.youtube.com/watch?v=CgsuFBPP82c&feature=related TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Gli Shudgen sarebbero comunque dissidenti anche indipendentemente dalle eventuali sovvenzioni cinesi? La risposta non difficile da dare ed indubbiamente la terza. Perch esserne cos sicuri? Perch Pechino non aveva alcun bisogno di inventarsi una confessione che esiste gi da oltre 300 anni, ma soprattutto perch stato il Dalai ad innescare questa contestazione, avendoli messi al bando. Salvo Pechino non abbia pagato il Dalai tutto pu essere, visto che questuomo comunque avvezzo a prendere soldi in cambio dei propri favori. A proposito, com che si chiama una persona che prende soldi in cambio dei propri favori? Di sicuro, si pu legittimamente pensare che la Cina possa avere interesse ad avere i praticanti Shudgen come alleati, ma c un dettaglio: anche gli Shudgen, esattamente come il Dalai, rivendicano lindipendenza del Tibet. Capite? La matassa si ingarbuglia ancora di pi. Si pu dire: S, per quel che pi conta la distruzione dellimmagine del Dalai e per questo grandioso regalo Pechino ben disposta a chiudere un occhio, anzi due, sul fatto che anche gli Shudgen siano indipendentisti. Ma se facciamo questa considerazione, allora, dobbiamo parimenti chiederci per quale ragione Pechino non se li fatti alleati da subito, cio fin dal 1959? Perch, come ho appena detto, sino qualche anno fa gli Shudgen riconoscevano tranquillamente lautorit del Dalai. Il loro dissenso recentissimo e va quindi letto non come vero dissenso, ma solo come esercizio di violenza compassionevole, cio come pura rappresaglia, parimenti violenta e generata dalla profonda delusione e dal doloroso senso di tradimento nel vedere come la propria guida politica, il Dio Uomo, lUomo Dio Infallibile, possa averli dun tratto dichiarati fuorilegge senza il minimo rispetto, a loro dire, delle virt di compassione e comprensione che egli stesso e per primo predica agli altri. La violenza compassionevole, infatti, quel tipo di violenza che deve essere attuata per il raggiungimento di scopi superiori ed ecco come: da un lato, la rivelazione al mondo delle atrocit del regime teocratico lamaista, rappresenta latto di violenza; dallaltro, leventuale ravvedimento del Dalai che, spaventato dalla divulgazione di quelle verit dovesse ritirare lanatema, rappresenterebbe lo scopo superiore raggiunto. Il servizio prosegue poi con altre interviste e quindi si rientra in studio, dove arriva come ospite una delle giornaliste che hanno realizzato il documentario, che dice: alla fine, a Dharamsala, tutti quelli che in un modo o nellaltro criticano il Dalai sono bollati come spie dei cinesi [] girare il filmato non stato affatto facile perch siamo stati minacciati pi volte. Alla fine ci hanno aggrediti e ci hanno distrutto una telecamera . Avrete notato che ho citato Wikipedia quale fonte di alcuni fatti riportati in questo lavoro. C da dire, per, che su Wikipedia l'argomento della violenza compassionevole del lamaismo non viene trattato come tema a s. Si trova per la citazione della guerra finanziata della CIA e dell'addestramento dei monaci ad attivit di guerriglia e terrorismo. Stante il fatto che la guerra la sublimazione della violenza, ecco quindi che persino Wikipedia tratta della violenza lamaista, anche se non esplicitamente (vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/14th_Dalai_Lama). La stessa pagina del sito Wikipedia riporta altres una curiosissima affermazione del Dalai circa l'aborto. Il testo in inglese e quindi provvedo a tradurlo:

Il Dalai Lama ci ricorda che, secondo i precetti buddisti, laborto un omicidio. Nonostante ci, il Dalai ha assunto una posizione sfumata su questo punto, perch, come egli stesso ha dichiarato in unintervista al New York Times: Naturalmente, dal punto di vista buddista, laborto un omicidio ed un fatto negativo, in linea di principio. Ma dipende dalle circostanze. Se il feto malformato o se il nascituro dovesse rappresentare un serio problema per i genitori, questi sono casi dove si pu compiere uneccezione. Credo che laborto dovrebbe essere approvato o disapprovato secondo la circostanza.

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Questa dichiarazione, anche se ai buddisti non tibetani - e non solo - pu apparire blasfema ed inquietante, spiega meglio di qualsiasi altra argomentazione il principio lamaista della violenza compassionevole del quale stiamo trattando in questo capitolo, principio che ha sempre costituito la linea guida del lamaismo: l'aborto un delitto, ma, come tutti i delitti, pu anche essere a fin di bene secondo la circostanza. E' assolutamente vero: non solo laborto, ma qualsiasi altra azione che la cultura occidental-cristiana possa definire come "violenta" ammessa dal lamaismo, purch sia giustificata. Il Dalai, durante quellintervista, ha per omesso di specificare (o forse l'ha specificato, ma il pezzo non lo cita) che gli unici autorizzati a compiere atti di violenza al fine di raggiungere uno scopo superiore sono i lamaisti. Il comune mortale, se non "lamaisticamente accreditato" fa comunque peccato, anche qualora commetta lo stesso identico atto violento compiuto dal lamaista. Gli esempi di quanto il Dalai Lama ed il lamaismo siano fautori della violenza come sistema sono pressoch infiniti. Basta volersi documentare. Unulteriore indicazione che non lascia spazio a dubbi, la troviamo ben chiara nella pubblicazione The Open Road: The Global Journey of the Fourteenth Dalai Lama di Pico Iyer e Alfred A. Knopf. Nel testo di questo libro, ad un certo punto si legge testualmente la seguente affermazione del Dalai:

Violence is fundamentally wrong. But in some exceptional circumstances, with an altruistic motive, when there is no other alternative, one can consciously and with full awareness of the personal karmic consequences, commit such an act. 77
La cui traduzione :

La violenza fondamentalmente sbagliata. Ma, in alcune circostanze eccezionali, se supportati da ragioni di altruismo, laddove non esista alternativa ed a patto che ci sia piena consapevolezza delle conseguenze karmiche 78, si pu commettere tale azione.
Ditemi adesso dov lerrore quando sostengo che il lamaismo tutto fuorch una filosofia non violenta. Ditemi adesso dove sbaglio quando cerco di dimostrare che il pragmatismo estremo orientale ha permeato il lamaismo al punto di renderlo una filosofia che fa della violenza un mezzo necessario e giustificato in quanto tale se destinato, in modo utilitaristico, al raggiungimento di determinati scopi. Guardate che, tra laltro, non c proprio nulla di anomalo nel fatto che una religione possa ammettere il ricorso alla violenza quale mezzo risolutore. E cosa usuale. La stessa Sacra Bibbia stracolma di precetti che prevedrebbero luso della violenza. Certo, in moltissimi si indignano di fronte a tale idea, ma sono altrettanto numerosi i culti che sostengono questo grave principio.

vedi: http://indiatoday.intoday.in/story/The+global+guru/1/9743.html La conseguenza karmica, una condizione che, secondo certe dottrine orientali come quella lamaista, si ripresenta nella vita successiva quale contrappasso alloperato della vita precedente. Per dirla in breve, se io in questa vita amo, nella vita successiva sar amato. Se in questa vita faccio del male, nella vita successiva mi sar fatto del male. Con questa scusa, i Lama hanno terrorizzato per secoli i loro sudditi, schiavi e servi, plagiandone le coscienze e commettendo ogni sorta di abuso contro di loro grazie al dogma che impone di rispettare il karma negativo derivante dalla vita precedente, senza ribellarsi alle violenze subite, ma accettandole come inevitabile conseguenza degli errori commessi in passato. E lo stesso subdolo principio del peccato originale cristiano: sopportare le disgrazie della vita perch gi scritte, invece di ribellarsi ai soprusi del tiranno. E una delle strategie pi antiche del mondo per il mantenimento del potere vessando i pi deboli.
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La cosa scandalosa, allora, non la violenza lamaista: semmai, lo il fatto che ci venga propinata unimmagine falsata del vero contenuto di questa filosofia, spacciandola per non violenta e pacifica quando invece, sia per il fatto storico, sia per stessa ammissione dei suoi leader, si tratta di una dottrina che ricorre alla violenza con regolarit. Tornando al contenuto dellintervista, non dobbiamo limitarci a giudicare levento in s e non importa essere anti o pro aborto. Assolutamente, non questo il punto. La cosa su cui vi invito a meditare che questa asserzione del Dalai quanto di pi eloquente si possa immaginare per delineare e chiarire il concetto di violenza compassionevole, quale fondamentale componente della matrice del lamaismo. Unaltra testimonianza sul come la violenza sia un mezzo assolutamente normale per il lamaismo, ci arriva da unulteriore dichiarazione del Dalai, rilasciata allindomani dei disordini del 14 Marzo 2008 e che tuttora compare sul sito della BBC a questo link: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7299212.stm. Come al solito, ve la traduco in italiano:

In unintervista alla BBC, il Dalai Lama, leader spirituale79 Tibetano, ha detto [] : La situazione diventata estremamente tesa. Oggi come ieri, il movimento tibetano determinato e da parte cinese c uguale determinazione. Questo, in termini di risultato, significa: morti e aumento della sofferenza.
Le autorit cinesi hanno pi volte sostenuto che queste dichiarazioni pubbliche del Dalai in realt siano dei messaggi rivolti ai suoi seguaci, per dare ordini strategici sul da farsi. Nella fattispecie, questa dichiarazione potrebbe essere, secondo Pechino, un ordine a proseguire con gli atti di violenza. Non ho riscontro a che queste supposizioni delle autorit cinesi siano fondate, ma, sta di fatto che anche a me resta estremamente difficile leggervi qualsiasi intento pacifista o pacificatore. Che il lamaismo sia una religione (anche se sarebbe meglio definirla culto superstizioso) violenta, palese. I filmati taroccati della CNN, come dicevo in precedenza, risultano essere stati girati in India e Birmania, dove i lamaisti anche l hanno spesso dato origine a comportamenti di natura aggressiva, provocando, in ugual misura, limpiego della forza a tutela dellordine pubblico, da parte di polizia ed esercito. Per contro, le televisioni occidentali hanno censurato o mai passato i filmati di CCTV, ripresi tramite le predette telecamere a circuito chiuso, che mostravano i Lama ed altri al loro seguito, tra cui molti sciacalli, come protagonisti attivi dei disordini del 14 Marzo 2008 a Lhasa80. Anche se, personalmente, lo considero esagerato e al momento privo di alcun fondamento, non posso non segnalare che in rete circolino voci di un possibile, secondo, undici settembre, stavolta di marca lamaista81. Per quelli che tra di voi non lo sanno, spiego che cos il movimento TYC al quale abbiamo gi accennato. E il cosiddetto congresso della giovent tibetana in esilio volontario. Articoli comparsi in internet ci illustrano le posizioni di alcuni dei loro esponenti, le cui dichiarazioni ci aiutano a capire quale reale significato abbia il concetto di violenza nella filosofia del buddismo tibetano:

Del tutto errato. Il Dalai Lama il leader politico in assoluto, luomo-dio e sovrano infallibile, che talvolta si occupa anche di religione. Il leader spirituale lamaista il Panchen Lama. 80 Vedi http://www.youtube.com/watch?v=L6XD5A7-Fqg 81 Vedi http://www.youtube.com/watch?v=liLRZ_uobeI

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Traduzioneda:http://factandtruth.wordpress.com

(omissis) Tendzin Choegyal, esponente del TYC, fratello minore del Dalai e suo seguace, haaffermatoche:Leattivitterroristichepossonoconsentirediraggiungereleffettopi eclatantealcostopibasso.

(omissis) Gaisang Puncog, ex presidente del TYC, ha detto: Potremo ricorrere a qualsiasimetodoperservirelanostracausa,siaessoviolentoomeno.

(omissis)UnodeipistrettiefidaticollaboratoridelDalai,duranteundiscorsotenutosial Booking Institution di Washington, ha riferito del pericolo che alcune organizzazioni di disperatipossanocausareinstabilitsulargascala.

(omissis) In un congresso del proprio comitato direttivo centrale, tenutosi a Dharamsala in India, il TYC ha approvato la decisione di fondare un nucleo di guerriglieri addestrati, dafarpenetrareclandestinamenteinCinaperdarvitaallalottaarmata.

(omissis) Il TYC avrebbe inoltre gi congegnato un piano preliminare per preparare uomini, fondi ed armamenti da introdurre in Cina attraverso il confine nepalese. Alcuni dei loroesponentiavrebbero altres dichiarato di essere pronti a sacrificare la vita di almeno centotibetanipurdiottenereunavittoriacompleta.

Il cartello riprodotto qui a fianco, che si trova affisso su una delle colonne allingresso della lamasseria Sera Je Yiga in India, sancisce il divieto dingresso ai praticanti della confessione DOHEGYAL (Shudgen) e cos recita:

ATTENZIONE! Nessuno, sia esso monaco, suora o persona comune, che abbia relazione con DOHEGYAL (Shudgen) o con relativa cricca, ammesso ad entrare qui, in quanto ci proibito servirli.
(foto b.n. a sinistra: Rebiya Kadeer).

Tentare di comprendere il pasticciaccio Tibet, per la sua complessit, richiede molto sforzo ed attenzione, soprattutto per evitare di scadere in opinioni personali e restare il pi possibile super partes. Pi ci si informa, per, pi si scoprono fatti che ci inducono a ritenere di aver a che fare con personaggi tuttaltro che immacolati. La netta sensazione, infatti, quella di trovarsi di fronte al solito, losco, gioco di potere. Avete letto, nelle pagine precedenti, dellincendio alla moschea di Lhasa durante i disordini del 14 Marzo 2008. Qui accanto, nella foto a colori, vedete un tenero abbraccio tra Lhamo Dndrub e lultramiliardaria (in dollari) americana Rebiya Kadeer, sedicente capo spirituale dei rivoltosi musulmani di Urumqui, capitale della vicina provincia dello Xingjiang. Che cosa significa questa foto dopo che i Lama hanno bruciato la moschea di Lhasa causando la morte orribile di inermi fedeli musulmani in preghiera? Si pu ipotizzare che si tratti di una foto terapeutica per indurre le comunit lamaista e musulmana di Lhasa a riconciliarsi?

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Certamente, ma con una precisazione: non sono i musulmani di Lhasa ad aver bisogno di fare pace, perch sono loro ad essere stati aggrediti dai Lama. Questa foto, casomai, va ad ennesima conferma che luso sistematico della violenza, quale mezzo e metodo per il raggiungimento di obiettivi, un punto cardine del modus operandi lamaista. C anche una seconda, possibile, interpretazione e cio che si tratti di una foto che ritrae la sete di potere in tutta la sua peggiore allegoria, mostrando al mondo limmagine di due persone in amorevole connubio quando invece si tratta di due che si disprezzano al punto di non esitare a bruciarsi reciprocamente vivi. Che cosa, allora, li accomuna? Li associa unicamente il funesto detto: I nemici del mio nemico, sono miei amici perch sono entrambi attori, sebbene con ruoli diversi, del medesimo progetto, gi descritto, di destabilizzazione della Cina. Continuando ad occuparci del Dalai, trattiamo adesso di alcune sue curiose frequentazioni.
Il Dalai e Bruno Beger Bruno Beger82 (1911-2004) era un ufficiale delle SS, criminale di guerra condannato a Norimberga, antropologo del lager di Auschwitz, il cui compito era quello di fornire ai medici dei pretesti scientifici sulla superiorit della razza ariana, in modo da giustificarne gli efferati esperimenti sulle altre etnie.

Sebbene fu condannato, in sintesi, solo per falso ideologico in relazione al supporto dato dalle sue scoperte al genocidio ebraico, quando Beger era di stanza a Auschwitz-Birkenau selezion personalmente 115 prigionieri, di cui 109 ebrei, che furono mandati al KL-Natzweiler-Struthof dove furono uccisi col gas dal comandante Josef Kramer. I cadaveri furono poi inviati allIstituto di Anatomia di Strasburgo, dove il direttore, l'SS Hauptsturmfrer Prof. August Hirt, specialista in antropologia, stava allestendo una raccolta di scheletri a supporto della teoria sulla supremazia razziale ariana83. Nel 1938, il giovane antropologo Beger era aggregato come consulente scientifico alla terza Bruno Beger allet di ventisette anni, spedizione nazista in Tibet comandata dal mentre esegue misurazioni antropologiche cacciatore e zoologo (sic) Ernst Schfer 84 , che su un nativo tibetano. fu patrocinata dalla Ahnenerbe 85 di Heinrich Himmler, il pianificatore della Shoah. Sul tetto del mondo, gli scienziati tedeschi avrebbero dovuto ottenere la prova delle origini della razza ariana.

82 cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Bruno_Beger e http://www.lager.it/libri_sulla_shoah_pagina1.html Talvolta il cognome viene scritto Berger (con una r in pi) e questo rende particolarmente difficile il reperimento in internet di notizie riguardo a questo criminale, del quale pare non esserci una biografia completa sul web. Su Wikipedia Italia addirittura assente. Chi volesse ulteriormente documentarsi consigliato di ricercare sia come Beger che come Berger. 83 cfr. http://memoria.comune.rimini.it/binary/rimini_memoria/risorse/CRONOLOGIAshoa2.1177333133.pdf 84 cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Ernst_Sch%C3%A4fer 85 cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Ahnenerbe

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Infatti, lo scopo della spedizione era quello di trovare la mitologica citt di Agharti, il misterioso regno sotterraneo raccontato dalle leggende, sede di un governo super partes composto appunto da saggi di razza ariana, che avrebbe occultamente guidato i destini delluomo86. Non potendo, ovviamente mai, giungere a tale scoperta, il team scientifico (che oltre a Beger annoverava altri ciarlatani) opt allora per la dimostrazione che la razza ariana aveva un legame antropologico con quella tibetana, onde avallare comunque la teoria della discendenza dai saggi di Agarthi. La nobilitazione delle origini della razza ariana, in sostanza, era lunico obiettivo della fondazione Ahnenerbe di Himmler. Successivamente (da qui lamicizia col Dalai nella foto di cui sopra), alcuni scritti di Berger intesero legittimare lindipendenza del Tibet, come Lo status di indipendenza del Tibet nel 1938-1939 attraverso gli appunti di viaggio87. Ma Beger non fu il solo. Anche Heinrich Harrer, intorno al 1940 scrisse un libro dal titolo Sette anni in Tibet, che sarebbe addirittura diventato, nel 1997, un film cult con Brad Pitt, ad esaltazione hollywoodiana della non violenza e della spiritualit tibetane, nonch della rivendicazione di indipendenza di quel territorio.

Sette anni in Tibet (la locandina originale del film)

A questo punto, non posso non riportarvi integralmente la trama del film, cos come appare pubblicata al link in nota88:

Nel 1939 l'alpinista austriaco Heinrich Harrer parte per una spedizione in Tibet con l'intento di scalare il Nanga Parbat, senza curarsi delle preoccupazioni della moglie Ingrid incinta, che affida all'amico Horst. Nel frattempo in Tibet, un bimbo di quattro anni viene designato come nuovo Dalai Lama e venerato dai fedeli. Quando gli scalatori arrivano al campo base, nel turbine della tempesta di neve, vengono fatti prigionieri dai soldati inglesi e scoprono che scoppiata la guerra e loro, come austriaci, sono considerati nemici della Gran Bretagna. Portati in un campo di prigionia, dopo qualche tempo Harrer comincia a leggere libri che parlano del Tibet mistico, e poi riceve una lettera in cui la moglie chiede il divorzio per poter sposare Horst. Insieme ad altri compagni fugge dal campo, poi prosegue da solo. Dopo molte vicende, si ritrova col capo della spedizione Peter, insieme raggiungono Lhasa, la capitale del Tibet, dopo un viaggio che ha trasformato il carattere di Heinrich. Ormai adolescente, il Dalai Lama fa chiamare a palazzo Heinrich, e con lui passa molte giornate. Intanto la Cina invade ed occupa il Tibet. Di fronte all'invasione, Heinrich capisce che il momento di fuggire e vorrebbe che il Dalai Lama lo seguisse. Ma il ragazzo rimane. Heinrich torna a Vienna, va dal figlio che non ha mai visto. Poi arrivano notizie sulla fuga del Dalai Lama in India. L'amicizia tra i due dura tuttora.
Vi prego di soppesare bene le frasi: e loro, come austriaci, sono considerati nemici della Gran Bretagna e: L'amicizia tra i due dura tuttora.

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cfr. Pierluigi Tombetti: I Grandi Misteri del Nazismo (Editrice Sugarco) cfr. http://web.archive.org/web/20021220183452/http://www.tibet.com/Status/bruno.html cfr. http://it.movies.yahoo.com/s/sette-anni-in-tibet/index-136636.html TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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La trama che avete appena letto e che, ovviamente, non manca di sottolineare linvasione cinese, omette quel che si suol dire un piccolo dettaglio, ma perch proprio il film ad ometterlo (non centra, credo, il redattore della recensione). Il dettaglio mancante questo: furono considerati nemici della Gran Bretagna in quanto nazisti delle SS, non perch semplicemente austriaci! Heinric Harrer, scomparso nel 2006, che scalava montagne anche per inseguire le chimere di Himmler, era un ufficiale delle SS89 e persino il capo della spedizione, Peter Aufschnaiter, che era un alpinista, era dipendente dellente nazista German Himalaya Foundation e nazista praticante a sua volta. Lamicizia tra il Dalai ed Heinrich dura davvero tuttora. Fantastico. Dunque, se per dimostrare la liceit di un diritto che si avoca come umano, qualcuno, ancora oggi, costretto a citare dei nazisti ed il loro tuttaltro che umano operato per rivendicarlo, e se peggio mi sento c qualcunaltro che lo legittima addirittura con un film di portata internazionale senza rivelare le semplici verit di fondo, vuol dire che veramente in atto il tentativo di sovvertire le realt storiche, confidando nel fatto che lopinione pubblica odierna abbia veramente perso ogni dignit ed ogni memoria. Non ho altre parole e lascio a voi gli ulteriori commenti. Parliamo adesso della croce uncinata, o svastica. Per anni almeno io ho sentito raccontare la fandonia di un Hitler culturalmente inetto, che avrebbe scelto il simbolo buddista come logo del proprio partito ignorandone del tutto il significato, al punto da riprodurlo al contrario senza rendersene conto e trasformandolo, inconsapevolmente, da simbolo porta fortuna (quando ruota in senso antiorario) a simbolo di sventura. Ebbene, non cos. Basta comparare le due immagini che seguono. Nessun errore: le due svastiche hanno lo stesso identico senso di rotazione.

Difatti, nella cultura orientale, dallIndia al Giappone, la svastica (o croce uncinata) si trova rappresentata sia in senso orario che antiorario, senza alcun rilevante cambiamento di significato. Poi, se fate i giusti collegamenti con quello che avete appena letto, vi apparir congruo apprendere che questa svastica era gi ampiamente in uso in Germania sia da parte dei primi movimenti che si rifacevano all'ideologia etnonazionalista Vlkisch, sia di associazioni parareligiose. Questo, gi ben prima dellavvento del nazismo, che la adott definitivamente come simbolo nel 1920.

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cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Heinrich_Harrer TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Sono davvero molti i fatti e le cronache che legano il lamaismo al nazismo, ma non si tratta di propaganda, bens, purtroppo, di storia90.

Delegazione delle SS in visita ad alcuni nobili e dignitari di Lhasa (1938-39) Nellangolo in basso a sinistra, in piccolo, si leggono i dati di protocollo della fotografia che pare provenire da un archivio tedesco: Bundersarchiv, Field 135-KA, 10-072, Foto: Kranuse, Ernest | 1938/1939. Da sinistra, si riconoscono: Beger e Geer ; al centro: Tsarong Dzasa e Schfer; a destra: : Wienert e Mndro (Mndo).

Bench questo lavoro abbia come scopo quello di consentire al lettore di farsi una visione alternativa in modo da poter, se possibile, giungere ad una propria conclusione, vi prego di non fraintendere. In queste righe, non si cerca affatto di dimostrare che il lamaismo sia una religione che possa essere paragonata, od affiancata in alcun modo, allideologia nazista. Sarebbe ovviamente eccessivo, anche se questo spezzone di documentario del National Geographic sembrerebbe dimostrare che quantomeno una probabilit esiste (vedi: http://www.youtube.com/watch?v=bP_IohMUWaY). Quello che, piuttosto, voglio evidenziare, come il lamaismo non sia estraneo alluso della violenza al punto di non porre preclusioni n dogmatiche, n etiche, verso altre ideologie che, alla luce del sole, hanno fatto e fanno della violenza lo strumento principe per il raggiungimento dei propri fini. Lo dimostrano sia le foto che compaiono in queste pagine, sia la stessa ode a Mao Ze Dong che il Dalai scrisse e della quale abbiamo gi parlato nel Capitolo VII. Per, stento a credere che il Lama ed i nobili tibetani siano stati davvero in grado di comprendere, al tempo, chi avessero veramente di fronte quando ricevettero questa delegazione delle SS in visita nel loro territorio. Allora non cera davvero la comunicazione di massa e quindi penso sia inverosimile ritenere che i tibetani sapessero davvero e fino in fondo con chi stavano avendo a che fare. Ritengo molto pi probabile che questi occidentali dai capelli gialli siano stati trattati con curiosit e rispetto e che sia stata offerta loro la migliore ospitalit, come si conviene nella tradizione di tutto lestremo oriente.

90

Vedi http://www.youtube.com/watch?v=3aTMAf4z_H4 TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Il fatto, per, che nel Tibet del tempo i nobili ed il clero fossero ritenuti dalle stesse popolazioni suddite ancor prima che da loro stessi appartenenti ad una razza superiore per volere divino, lascia supporre che se anche i tibetani avessero saputo del mito ariano non avrebbero potuto che condividerlo, in quanto assolutamente in linea con i loro princpi dottrinali. Infatti, questa supposizione ben confortata dal fatto che, successivamente, una volta appreso dalla storia di che tipo di regime si trattasse, il Dalai non ha affatto interrotto le relazioni, anzi, se possibile le ha intensificate. Il Dalai e Miguel Serrano
(foto a lato)

Miguel Serrano (1929-2009) al secolo Miguel Joaqun Diego del Carmen Serrano Fernndez. Amico personale del Dalai Lama e suo assiduo frequentatore secondo quanto ci riportano anche le cronache occidentali, stato esponente intellettuale di spicco del Movimiento Nacional Socialista de Chile (M.N.S.), il partito nazista cileno. I suoi libri, purtroppo ancora in circolazione, propagandano il culto anti-semita ed il mito della razza ariana come avente diretta discendenza divina. A lui attribuita la fondazione della dottrina dell'Hitlerismo Esoterico. Secondo Serrano, gli Ariani sono Iperborei, cio discendenti degli uomini-dio, i Divyas. Serrano postula una cospirazione globale che li vede opposti alle forze oscure del Kali Yuga, comandate dal dio degli ebrei: il Demiurgo, ovvero Satana, creatore della materia. In particolare, egli rielabora, estremizzandola, la teoria junghiana dell'inconscio collettivo ariano, e, come l'induista Savitri Devi, riconosce in Adolf Hitler l'avatar divino che si opposto al nemico satanicomaterialistico del Kali-Yuga. Quindi, tornando al Dalai e non volendo rinunciare ad un minimo di buon senso, appare veramente difficile, per non dire azzardato, riporre fiducia in un uomo che non ha mai fatto nulla per nascondere la propria simpatia - e talvolta persino il plauso - verso ideologie violente, soverchiatrici ed assassine come quelle naziste e quelle della setta Aum Shirinkyo. Per non parlare delle sue posizioni recentemente espresse sulla guerra USA in Afghanistan, eccetera. Dopo tutto quello che abbiamo sin qui illustrato, indubbiamente rischioso dar fiducia ad un soggetto che, allindomani delle compassionevoli brutalit che hanno causato, Il Dalai e lex premier austriaco Haider, direttamente e di riflesso, la morte di molte sulla cui fede neo-nazista sono in molti a nutrire molto pi che semplici sospetti. persone a Lhasa per i disordini del 14 Marzo 2008, prima richiama i suoi alla tanto sbandierata non violenza e un attimo dopo, cio il 15 Marzo 2008, chiede pubblicamente l'intervento armato (sic) dell'ONU.

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Ancora un esempio di come si agghindava normalmente il Dalai (il terzo in primo piano da sinistra) nelle occasioni pubbliche, cio prima che i costumisti di Hollywood iniziassero la geniale opera di maquillage globale per tramutarlo in un povero monaco questuante, umile, scalzo e penitente.

(INDICE)

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CAPITOLO X

SHOKO ASAHARA E IL DALAI LHAMO


Traduzione letterale integrale da: http://www.japantoday.com/category/politics/view/dalai-lama-arrives-in-japan


Il santone Shoko Asahara, il cui vero nome e' Chizuo Matsumoto, riconosciuto colpevole della strage al gas nervino nella metropolitana di Tokyo (1995) e di numerosi reati, tra cui altri 27 omicidi commessi in epoche diverse, stato condannato a morte nel Febbraio del 2004 ed oggi attentamente custodito nelle patrie galere giapponesi, in attesa dellesecuzione. Shoko Asahara sostiene che fu il 14 Dalai (Lhamo Dndrub nda) a condurlo personalmente sulla via della tradizione Mahayana del buddismo e vanta altres di poter accorciare i tempi per diventare la reincarnazione di Buddha da due o tremila a soli dieci anni, spingendo la gente ad abbandonare le pratiche ascetiche prescritte dal buddismo ed a seguire i dogmi della propria setta, per raggiungere felicemente sia la longevit, sia lo status di Buddha.

Shoko Asahara

Il Dalai, ha incessantemente redatto certificati e lettere di raccomandazione alle autorit giapponesi per Shoko Asahara, magnificandone le doti di abilissimo maestro di religione ed auspicando che il governo del Giappone volesse esentare la setta Aum Shirinkyo dal pagamento delle tasse, per poter liberamente propagandare il proprio credo. La prestigiosa rivista tedesca Foucs91 riporta che senza il supporto del Dalai Lama, sarebbe stato assolutamente impossibile per Shoko Asahara costruire il proprio impero segreto e guadagnare, entro un lasso di tempo di cos pochi anni, la fama di essere uno dei pi importanti leader religiosi del Giappone. In altre parole, sono stati gli abili maneggi del Dalai a tramutare questo inquietante individuo da ciarlatano imbroglione ed assassino (quale poi si dimostrato) a maestro di religione.

Da sinistra: Lhamo Dndrub (14 Dalai Lama) e Shoko Asahara, ritratti mentre si tengono per mano, allepoca delle sponsorizzazioni lamaiste della setta Aum Shinrikyo fondata da Shoko.

E stato grazie al Dalai, che ha persistentemente promosso e sostenuto limmagine di Shoko Asahara, che la setta Aum Shinrikyo ha potuto acquisire il privilegio dellesenzione fiscale, accumulando fondi per finanziare i progetti criminosi successivamente attuati ai danni della comunit giapponese.
91

Si veda: http://www.focus.de/kultur/leben/modernes-leben-abschied-von-einem-mythos_aid_175560.html
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Nella primavera del 1995, infatti, Shoko Asahara organizz il tristemente famoso attacco terroristico, diffondendo il Sarin, un micidiale gas nervino, nella metropolitana di Tokio, uccidendo dodici persone ed intossicandone gravemente altre cinquemila, evento che ha sollevato grande indignazione ed estremo sgomento nel popolo giapponese. NellOttobre dello stesso anno, Shoko Asahara ed i suoi complici, seguaci della linea dura, sono stati sottoposti a processo presso la corte di Tokyo e puniti secondo la legge. Ancora oggi, il 14 Dalai Lama, che si proclama strenuo paladino dei diritti umani, in un intervista rilasciata al Kyodo News Service ha dichiarato che Shoko Asahara resta suo amico e dice di essere ancora convinto che il culto propagandato dalla setta Aum Shirynkio sia conforme agli insegnamenti delle dottrine buddiste. Molto verosimilmente, sono stati la legittimazione, il sostegno e il favoreggiamento del Dalai ad aver reso Asahara risoluto nelle sue convinzioni assassine (la violenza compassionevole del buddismo Mahayana nda), sentendosi forte di un simile appoggio. Comunque sia, il culto del male continua a fare del male, sotto la guida dei pi variegati leader, i cui nomi cambiano costantemente.

Fortunatamente, nel 1999 il Senato giapponese ha messo a punto una serie di provvedimenti legislativi contro le sette della violenza, tra cui Aum Shinrikyo. Le autorit giapponesi, pi in generale, hanno inoltre perfezionato un sistema di contromisure per mettere in condizione di non pi nuocere i cosiddetti capi spirituali di ogni gruppo che abbia la violenza come metodo.

Il Culto della Distruzione Un attacco con gas letale scatena il terrore verso estremisti che usano armi di distruzione di massa fatte in casa.

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CAPITOLO XI

IPOCRISIA DOCCIDENTE
Non vorrei scrivere quello che sto per scrivere, davvero, non vorrei. Come ho gi detto, detesto chi tenta di far valere le proprie ragioni accusando gli altri ed anche se questo non il mio intento, temo che possa essere scambiato per tale. Non sopporto chi risponde ad una critica con una contro-critica. Trovo ripugnanti quelli che, invece di portare argomenti a sostegno delle proprie ragioni, urlano pi forte per aver ragione. Per cui, prendete quello che sto per scrivere come unaltra cronaca a proposito di popoli oppressi e niente di pi. Mi limiter, infatti, a trascrivere quello che altri hanno gi scritto e pubblicato. Perch questo capitolo si intitola cos? Perch non avevo mai sentito parlare di questa storia e vi garantisco che sono uno che legge e che si informa quotidianamente ed proprio grazie a questa mia caratteristica, a questa mia continua sete di apprendere, che lho scoperta. Si parla della tragedia degli Inuit, gli Eschimesi degli igloo, per capirsi. Il fatto che in occidente e, per di pi, in era assolutamente contemporanea, si sia perpetrato un delitto cos atroce senza che nessuno labbia mai pubblicamente denunciato, senza che siano stati divulgati nelle case spot pubblicitari dove si vede unauto Lancia guidata da Richard Gere correre felice tra gli igloo, senza che ci siano stati film con Brad Pitt intitolati Sette anni in Canada, senza che i BeppiGrilli di turno abbiano mai lanciato uniniziativa intitolata Free Inuit dalle pagine del proprio blog e senza che nessun telegiornale abbia mai trasmesso immagini di cortei e manifestazioni di protesta sotto le finestre delle ambasciate canadesi di mezzo mondo, tutto questo, mi d semplicemente la nausea. Allora, lasciamo da parte quello che avete letto sin qui. Fate finta di non avere letto nulla e facciamo solo una considerazione: qual la differenza tra gli Inuit canadesi ed i tibetani? Se questi due popoli ricevono un trattamento tanto diverso dalla comunit occidentale pur trovandosi in situazioni che qualcuno (non certo io) pu ritenere analoghe, una differenza deve pur esserci tra i due casi. Qual questa differenza? La differenza sta nel fatto che i tibetani sono in Cina e gli Inuit sono in Canada. La dissomiglianza, quindi, solo geografica? No, politica. Che differenza politica c tra la Cina ed il Canada per giustificare una simile disparit di trattamento? La differenza che la Cina, secondo i piani strategici delle potenze occidentali e come abbiamo gi detto, deve essere prima o poi trasformata in terreno di conquista e quindi si deve mettere in atto ogni strategia atta alla sua destabilizzazione, mentre il Canada gi in mano loro. Questa la differenza. Quindi, citando nuovamente le parole dello stesso Dalai: i governi occidentali si sono interessati agli affari interni del Tibet non per aiutarlo, ma per usarlo tatticamente come arma contro la Cina , risulta molto difficile sostenere che non sia cos.

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Il Canada, invece, una nazione cosiddetta civile, un esempio storico di limpida democrazia da citare per far vergognare i comunisti. Quindi, un simile scandalo non pu accadere e se accade deve essere negato, non deve essere reso noto, specialmente se uno dei complici principali di questo efferato misfatto la Chiesa romana, altro avversario naturale dei comunisti. Ora, atteso che i comunisti sono il male, che cosa sarebbero, a doveroso paragone, il governo canadese e la Chiesa romana, visto quello che hanno combinato agli Inuit? Ecco perch bisogna stare cauti nellaffibbiare epiteti troppo frettolosamente. Ecco perch nulla si sa di questa tragedia. Certamente, di simili situazioni dolorose nel mondo ce ne sono a centinaia, forse a migliaia, ma non potendo citarle tutte, prendo questa a simbolo di ogni dramma umano che sia stato rimosso dalla memoria collettiva per salvare la faccia delle democrazie false e bugiarde, o per la tutela di qualsiasi altro tipo di losco interesse che abusi di parole sacre come libert e pace per il proprio sudicio tornaconto.

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CAPITOLO XII

DUE PESI E DUE MISURE


integralmente tratto da: http://www.osservatoriosullalegalita.org/08/acom/12dic2/1212maunativi.htm

Violenze sui bambini o genocidio?


Il caso dei Nativi Americani di osservatoriosullalegalita.org

Nel giugno 2008, il primo ministro canadese Stephen Harper ha chiesto ufficialmente scusa in una seduta parlamentare per gli orrori commessi nelle scuole cristiane in cui decine di migliaia di nativi americani furono praticamente reclusi con la forza da bambini. Circa 150.000 bambini Inuit e appartenenti alle Nazioni indiane furono prelevati forzatamente dalle loro comunit nei secoli scorsi e costretti a vivere nelle scuole residenziali, con lo scopo di imporre loro la cultura e la religione correnti nella maggioranza bianca del Paese. Secondo la CBC (testata canadese), le scuole residenziali canadesi erano circa 130 e alcune sono sopravvissute fino al 1996. Negli USA, oltre 100.000 nativi americani furono costretti dal governo a frequentare scuole cristiane. "Il sistema, che ha avuto inizio con il presidente Grant nel 1869, continuato anche nel 20 secolo" spiega Alessandro Profeti, che da anni approfondisce storia e cultura dei nativi americani. "Funzionari della Chiesa, missionari, e le autorit locali hanno preso i bambini dai loro genitori e li hanno spediti nelle scuole cristiane, le Boarding School, e costretti altri ad iscriversi nelle scuole cristiane delle riserve. - continua Profeti Sono stati separati dalle loro famiglie, per la maggior parte dellanno, talvolta senza una sola visita della famiglia. Praticamente imprigionati nelle scuole, i bambini hanno sperimentato una devastante litania di abusi, di assimilazione forzata e abusi sessuali e fisici. Lescalation di abusi sessuali sulle scuole delle riserve continuata fino alla fine degli anni 1980". (vedi anche il rapporto della Commissione per la verit sul genocidio del Canada). Secondo Profeti, "Le sevizie fisiche e psicologiche, le torture, gli stupri, i reati sessuali, gli omicidi e tutti gli altri atti di violenza, aggravati dal comportamento silente ed omertoso fin qui sistematicamente osservato dalla Chiesa, non possono e non devono essere ulteriormente nascosti. Tali crimini, che hanno avuto come conseguenza la morte, solamente nel Canada, di 50.000 bambini Nativi Americani, strappati alle loro famiglie con la complicit dei governi e costretti con la forza alla conversione culturale e religiosa, con la finalit e il modus operandi definito dal Diritto Internazionale come 'Genocidio'." Studiosi e attivisti hanno solo adesso iniziato ad analizzare quelli che definiscono gli effetti cumulativi di queste esperienze storiche in genere sulle comunit tribali e le generazione di oggi. Effetti in molti casi devastanti.

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Poich, sottolinea Profeti, "il 72% di queste scuole-lager era gestita dalla Chiesa Cattolica, e per la restante parte da altre Chiese", sarebbe doverosa oggi un'ammissione ufficiale in cui il Vaticano riconosca "pubblicamente la propria responsabilit diretta in questi crimini" per onorare la memoria di quei ragazzini nativi americani e fare giustizia. Alle accuse di diffamazione e disinformazione (non si mettono in discussione le sevizie, su cui vi sono testimonianze oculari, ma il fatto che di tali abusi siano state responsabili strutture cattoliche), Profeti e Kevin Annett rispondono con un elenco di chiese canadesi che portano nomi come "Chiesa Cattolica" o "Chiesa dell'Immacolata Concezione", che appaiono inequivocabili. "Ci sono, afferma Profeti, 79 scuole residenziali indiane cattoliche romane, elencate in questa lista che Annett stesso ci ha fornito, su un totale di 118 scuole residenziali che hanno operato in Canada tra il 1831 e il 1996. Giudicate voi se la nostra diffamazione. Vi ricordiamo, che a questa lista mancano tutte le boarding school in USA, e le scuole delle missioni cristiane cattoliche nelle riserve". (e riferimenti alla Chiesa romana compaiono anche nel rapporto di cui sopra). Annett - laureato in antropologia e Teologia e ministro della Chiesa Unita del Canada - oper nella chiesa rurale di Manitoba e nei pressi di Toronto. Egli ha scritto due libri sugli abusi nelle scuole residenziali del Canada ed ha prodotto sul tema un documentario "Unrepentant: Kevin Annett and Canada's Genocide", vincitore nel 2006 del premio per la migliore regia all'International Independent Film & Video Festival di New York. Il film descrive la storia personale di Annett quando si scontrato con la Chiesa Unita per il suo interessamento ai fatti accaduti nelle scuole residenziali canadesi e il genocidio commesso dai responsabili religiosi di queste scuole, e riporta numerose testimonianze dei nativi sopravvissuti. Annett e' stato cacciato dalla Chiesa Unita e criticato - con diverse motivazioni - da coloro che vedono nella sua denuncia una minaccia alla riconciliazione fra la Nazione indiana canadese e le autorit e il popolo (non aborigeno) del Canada. A settembre scorso, infatti, il governo canadese ha varato un piano di quasi due miliardi di dollari per indennizzare le vittime ed ha stabilito una commissione per la verit e la riconciliazione che esamini la questione. Ma Annett afferma che la questione non pu essere chiusa con delle scuse e dei pagamenti. Occorre indagare sulle responsabilit penali e morali delle uccisioni, degli stupri, delle sterilizzazioni forzate e degli altri abusi perpetrati ai danni dei bambini nativi americani. Per questo, Profeti e altri sostenitori della causa dei Nativi Americani chiedono di scrivere a Benedetto XVI presso Archivio segreto del Vaticano, Radio Vaticana, Uffico Internet della Santa Sede, LOsservatore Romano, Diocesi di Roma, Ufficio Stampa e comunicazioni sociali del Vicariato di Roma, Famiglia Cristiana, Vatican Information Service, Chiesa Cattolica Italiana, Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali e Centro Televisivo Vaticano una lettera che chieda al Vaticano il riconoscimento delle proprie responsabilit. Questi, gli indirizzi E-mail a cui scrivere:
benedettoxvi@vatican.va; asv@asv.va; sedoc@vatiradio.va; dirgen@vatiradio.va;ufficio-internet@net.va; office@net.va; ornet@ossrom.va; segreteriagenerale@vicariatusurbis.org; comsoc@roma.chiesacattolica.it; stampa@vicariatusurbis.org; famigliacristiana@stpauls.it; direzionefc@stpauls.it; vis@pressva-vis.va; giuliodori@chiesacattolica.it; f.mazza@chiesacattolica.it; ctv@ctv.va (INDICE)

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CAPITOLO XIII

STORIE DI ORRORE NEL TIBET LAMAISTA


Traduzione integrale (note escluse) da: http://www.humanrights.cn/zt/magazine/200402004826102142.htm di Liu Zhi Qing, della China Society For Human Rights Studies Vi racconter alcune storie accadute nel vecchio Tibet prima del 1950 dove, per il solo fatto di essere schiavi o servi, ci si poteva ritrovare con gli arti amputati, con gli occhi strappati o con il naso tagliato. Queste storie potrebbero andare al di l della comprensione di qualsiasi persona dotata di un minimo senso di umanit, se solo non fossero autentiche. Il sistema della servit e della schiavit praticato nel vecchio Tibet, prima dellarrivo dellesercito di liberazione, si basava su una combinazione di regole civili e religiose, secondo le quali la stragrande maggioranza dei tibetani, oltre ai servi ed agli schiavi, avevano di fatto la propria vita alla merc dei proprietari terrieri, degli aristocratici e dei religiosi. I versi di unantica nenia popolare tibetana, recitano cos: I miei genitori mi hanno dato la vita ma il mio corpo appartiene al padrone, io sono vivo solo in teoria perch sono privato della libert. Questa la sofferenza degli schiavi e dei servi.

Bha Qing, che oggi ha sessantantr anni, nato schiavo perch sua madre era una schiava. A solo dodici anni gi lavorava cos duramente che il suo compito sarebbe risultato gravoso persino ad un adulto sano e forte. Doveva badare a tre dozzine di Lama 92 e, contemporaneamente, ad un gregge di yak93. Mai che si fosse fermato una sola volta a tirare il fiato. Tra i suoi compiti cerano anche la raccolta dellacqua, delle legna secca e dello sterco di yak da usare come combustibile. A ventanni gli fu imposto di arruolarsi nellesercito tibetano. Ero riluttante a fare il soldato, ma ho dovuto ricorda Bha Qing. Mi fu detto che se avessi rifiutato, avrei avuto due sole alternative: trovare una persona da far arruolare al mio posto o tre anni di galera. Mi dissero anche che avrei ricevuto cento frustate al giorno, tutti i giorni, per tutto il periodo di detenzione. Che ci crediate o no, molte reclute, schiavi o servi della gleba come Bha Qing, hanno dovuto rapinare o rubare per sopravvivere, in quanto il vecchio esercito tibetano non forniva n cibo, n uniformi.

92 Visto che si parla di pastorizia, bene chiarire che per lama qui non si intende il camelide sudamericano, ma il sacerdote tibetano. Era consuetudine che i fanciulli appartenenti alle classi inferiori dovessero servire i religiosi per educarsi. 93 Bovino simile ad un bufalo a pelo lungo, che rappresenta ancora oggi una delle risorse principali delleconomia rurale tibetana.

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Non volendo rubare o commettere altri crimini per sopravvivere, Bha Qing vendette il fucile e, per questo, gli furono scorticate le gambe, amputato il naso e squarciate le guance. Dopo che ebbi confessato il fatto al comandante del reggimento, mi legarono i polsi alla coda di un cavallo prosegue Bha Qing ed il cavallo part al galoppo, con me attaccato, per cinque giorni, trascinandomi sul terreno roccioso. Non so come, ce la feci a sopravvivere e mi risvegliai in carcere. L, mi spellarono le gambe e, mentre mi scorticavano, aspergevano acqua salata sulla carne viva. Dopo circa due settimane mi hanno trascinato sulla riva del fiume, esponendomi al pubblico come un criminale che doveva essere punito. Mi infilarono dei ganci nelle guance e poi li hanno tirati in senso opposto, finch le mie guance non si sono squarciate. Alla fine, mi hanno amputato il naso.


Bhai Qia, un altro schiavo, originario di Anduo, contea nel nord del Tibet, ha subto lamputazione della mano destra e a suo fratello furono cavati gli occhi, con laccusa di aver rubato tre cavalli presumibilmente appartenenti a un monastero tibetano. Nonostante la sua condizione, Bhai Qia era riuscito a mettere da parte qualche soldo e, con suo fratello, si erano comprati due yak e sei pecore. Un giorno, fummo fermati da un tizio che si present come il figlio del proprietario di un allevamento locale racconta Bhai Qia che ci disse di aver trovato tre cavalli abbandonati, senza che nessuno ne avesse rivendicato la propriet. Ci chiese di condurli al suo pascolo, promettendo che poi ce li avrebbe regalati e noi gli credemmo.

Ceppi atti ad imprigionare gli schiavi per le caviglie, in uso nel periodo di dominio lamaista.


Di l a poco, per, arrivarono degli inviati dei Lama a reclamare la propriet dei tre cavalli. I due fratelli si scusarono e restituirono gli animali, aggiungendo persino dei doni. Nonostante ci, furono arrestati con la scusa di aver fatto adirare gli dei per aver rubato da un monastero. I fratelli, ai quali furono immediatamente confiscati i miseri beni, restarono in galera per tre mesi, durante i quali al maggiore fu troncata la mano destra e al minore cavati gli occhi.

Arti mummificati di schiavi contadini tibetani, risultato delle amputazioni a scopo punitivo (foto trasmessa da una TV di Hong Kong durante un programma di approfondimento sulla storia del Tibet).

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Solo a quel punto riferisce Bhai Qia capimmo di essere stati incastrati. Il ragazzo che ci aveva truffato era un funzionario del governo locale, che aveva architettato il tutto per poterci rubare gli yack e le pecore94.

dalle caviglie per non essere stati in grado di pagare i tributi al loro padrone.

Chaiba Cideng e suo fratello erano servi. Ad entrambi gli furono strappati i tendini

La famiglia di Chaiba Cideng aveva ventotto capi di bestiame, per i quali dovevano corrispondere ogni anno, al loro padrone, ventiquattro chili di burro, due pecore vive e due pelli di pecora, pi sei once di argento. Inoltre - dice Chaiba Cideng - dovevamo pagare cento cinquanta once extra di argento per ogni volta che il nostro padrone partiva per un viaggio. Quando Chaiba Cideng aveva venticinque anni, una tormenta di neve colp la zona e ventisei dei loro capi di bestiame morirono nel disastro. La sua famiglia fu costretta a mendicare per vivere e sei dei suoi membri morirono di freddo e di fame, ma questo non li esentava dallobbligo di continuare a pagare i tributi al loro padrone. Quindi, su consiglio dei genitori, Chaiba Cideng e suo fratello fuggirono. Quando il padrone lo venne a sapere, fece arrestare i loro genitori e le due sorelle, che furono incarcerati e sottoposti a tortura. Pochi giorni dopo, per, anche i due fratelli furono catturati nel nascondiglio dove si trovavano e furono portati in un carcere situato allinterno di un monastero tibetano. La loro punizione, che venne eseguita pubblicamente, consistette nellestrazione dei tendini dalle caviglie. Incisero la pelle delle nostre caviglie - riferisce Chaiba Cideng - e, con le mani, afferrarono i tendini tirandoli pi forte che potevano, finch non si ruppero, dopodich ci versarono burro bollente sulle ferite e perdemmo conoscenza. Quando mi risvegliai, intorno a noi cerano dei cani che leccavano il nostro sangue, sparso ovunque sul terreno.

La madre di Taba Chaiba mor quando lei aveva di 14 anni. La sua famiglia aveva sette figli ed il padre, incapace di mantenerli, cedette i bambini pi grandi come servi ad alcuni capi trib locali, sperando che avrebbero avuto quantomeno la possibilit di sopravvivere. Una sorella minore di Taba Chaiba and a servire un capo trib di nome Baichong. Avvenne cos che, un giorno, la ragazza rovesci accidentalmente un secchio di latte e per questo la moglie di Baichong la fece sdraiare supina per terra e poi la colp ripetutamente con una pietra sulladdome. Tre giorni dopo, la ragazza mor. Poi tocc ad un altro fratello pi piccolo, che aveva appena undici anni. I cavalli ai quali badava si persero e lui fu frustato per punizione.
94 Per poter comprendere la valenza del gesto apparentemente cos inverosimile (far imprigionare e torturare selvaggiamente due fratelli solo per prendergli il bestiame), bisogna fare mente locale su due punti: il primo che gli animali da allevamento in Tibet erano (e sono) una risorsa economica importantissima; il secondo, che il messaggio di libert dato da due schiavi che acquistano e gestiscono in proprio un gregge di animali era troppo pericoloso per la stabilit del sistema e bisognava che fosse esemplarmente punito.

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Incapace di sopportare il dolore delle frustate, il ragazzo fugg sulla montagna. Il suo padrone lo insegu e lui, nella concitazione della fuga, mor precipitando da un dirupo. Quando aveva oramai diciotto 18 anni, Taba Chaiba serviva nella casa del capo villaggio locale, dove faticava giorno e notte quasi senza posa. Un giorno, anche lei, decise di fuggire. Fu catturata pochi giorni dopo e per punizione gli strapparono la rotula del ginocchio destro. La ferita suppurava ed era infestata dai vermi. Nonostante fossi appena in grado di camminare - racconta Taba Chaiba - fui comunque costretta a lavorare per la sorella del capo villaggio. La storia di Taba Chaiba tutt'altro che eccezionale nel vecchio Tibet feudale.

A soli dodici anni, Yundian, che ora vive a Xigaze nel Tibet occidentale, fu costretto a lavorare per un monastero tibetano, insieme a membri della sua famiglia, dove badava a sessanta yak e cento pecore. Non avevo cibo a sufficienza ricorda Yundian e la notte dormivo nellovile insieme alle pecore. Una notte, entrarono i lupi e portarono via una pecora. Per questo, fui picchiato a sangue. Ma il peggio arriv nell'estate del 1953 95, quando quaranta pecore morirono a causa di una malattia infettiva. Il padrone, ben sapendo che non saremmo mai stati in grado di farlo, ci dette due giorni di tempo per rimborsarlo delle pecore perse, come se fosse stata colpa nostra racconta cos decidemmo di scappare. Furono catturati tutti di l a breve. A mia madre furono tranciate le dita delle mani e cavarono gli occhi al mio patrigno. Quanto a me, mi legarono ad un albero e mi frustarono. I colpi di frusta erano talmente dolorosi che sono rimasto cieco dallocchio sinistro.

Un giorno, nella prima met del 1950, scoppi un incendio in uno degli edifici di un monastero. Servi della zona accorsero sul posto e, insieme ad alcuni dei Lama, riuscirono a spegnere l'incendio prima che si propagasse al resto del monastero, tant che non ci furono danni gravi. Tuttavia, il Buddha vivente della lamasseria96 si ostinava, senza la minima prova, a sostenere che si fosse trattato di un incendio doloso. Fu cos che quattro di quegli stessi servi che avevano contribuito a spegnere lincendio furono gettati in carcere, accusati di essere i presunti colpevoli. Tentarono di estorcergli la confessione con la tortura, ma invano e quindi furono tutti sepolti vivi. Ad una delle vittime, un servo di nome Gelong, troncarono gli avambracci prima di seppellirlo, ancora vivo. Questi trofei, ormai mummificati e la cui foto riportata in queste pagine, sono tuttora conservati in una vetrina allintermo del monastero.

95 La collocazione temporale di questa testimonianza (1953), va ulteriormente a dimostrare come i privilegi feudali fossero sempre in essere anche dopo larrivo dellesercito di liberazione cinese (1949), in quanto le leggi della Repubblica Popolare furono inizialmente tese a mantenere lo status originario, come gi detto in precedenza. Questa strategia tollerante, che pu apparire difficile da conciliare con limmaginario occidentale di una Cina dittatorialmente spietata, in realt un classico della tattica militare cinese che trova origine e spiegazione nei dettati del manuale Ping Fa (ovvero: LArte della Guerra scritto dal leggendario Generale Sun Zi) datato dagli storici tra il 500 ed il 250 avanti Cristo. 96 Monastero dei Lama.

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Indicandoci gli autori degli avambracci mummificati di suo marito, Gesang, vedova di Gelong, ci racconta di quando fu incarcerata insieme ad unaltra donna: Ci costrinsero a denudarci e poi ci legarono insieme. Quindi ci picchiarono con un bastone di legno durissimo, duro come il ferro, minacciando di seppellire vive pure noi. Poco tempo dopo quelle percosse, le nostre gambe, piene di pus e sangue, si stavano incancrenendo. Le donne furono torturate giorno dopo giorno, senza posa, fino a che non furono trasferite in un carcere governativo, situato ai piedi del palazzo Potala a Lhasa, dove furono messe in cella insieme a due uomini. La cella era umida, buia e infestata da scorpioni. Gesang vi rimase per sei mesi senza processo, prima di essere esiliata nel sud del Tibet, insieme ai suoi figli, un maschio e due femmine. Racconta Gesang: Loro (i funzionari nda) avevano gi venduto mio figlio ancor prima che partissimo ed incassarono il ricavato non appena arrivammo nel luogo dellesilio, dopo averlo consegnato al nuovo padrone. Per evitare che anche le mie bambine fossero vendute, scappammo insieme. La bambina pi piccola mor poco dopo. Laltra figlia ed io tornammo a Lhasa, dove fummo costrette a mendicare per vivere.

Da dove arriva tutta questa crudelt? Dopo aver letto queste storie, non potete non chiedervi perch la classe dirigente del vecchio Tibet fosse cos crudele con i sudditi. Chiedete a qualsiasi ex schiavo o servo, sia uomo che donna, come Bhaqing, Bhaiqia o Gesang ed otterrete sempre la stessa risposta: le loro sofferenze sono state il risultato di quelle leggi, scritte o non scritte, esclusivamente volte a inchiodare il miserabile in un abisso eternamente buio, per il mantenimento impunito del potere e dei privilegi.

Gabbia di legno dove venivano imprigionati i criminali condannati, per essere esposti al pubblico ludibrio prima che fosse comminata la pena.

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In Tibet, sino al 1950, la legge veniva applicata mediante due codici: il Quechimu, o "codice clericale" e il Jiachimu, o "codice secolare". I Lama potevano essere processati solo mediante il codice clericale. Per inciso, un Lama poteva essere giudicato in base al codice secolare solo se fosse stato prima spogliato dello status di religioso97. Entrambi i codici risalgono a 1.300 anni fa, quando in Tibet cera gi una societ schiavista, durante il cosiddetto regno di Tubo. Col passare del tempo, i codici sono stati "aggiornati", integrando, in particolare, le leggi della dinastia Yuan (1271-1368) quando la Cina era governata dai Mongoli. Vigevano anche statuti emanati dai governi locali e persino le lamasserie potevano fare leggi autonomamente, per soddisfare le proprie esigenze. In aggiunta a queste leggi scritte, gli schiavi ed i servi erano tenuti a rispettare numerose leggi non scritte, mediante lapplicazione delle quali i loro padroni erano autorizzati a vessarli e violentarli in qualsiasi modo. Gli aristocratici civili e religiosi potevano persino avere delle prigioni private nelle quali incarcerare chiunque, a piacere. Insomma, tutto quello che avrebbe mai potuto dire anche un solo membro della classe dominante, nobile o lama che egli fosse, era legge.

I vecchi codici giuridici facevano distinzione tra tre categorie di persone: quelli della classe superiore, quelli della classe media e quelli della classe inferiore. Inoltre, ciascuna di queste classi era a sua volta suddivisa in tre sottoclassi, che rappresentavano i diversi status sociali. Sulla base di questo criterio di divisione, i codici dichiaravano in termini assolutamente espliciti che la classe dei proprietari dei servi, quella gli aristocratici civili e quella dei divino-religiosi avevano il diritto di governare gli altri. In altre parole, gli schiavi ed i servi erano destinati a soffrire e, in nessun caso, essi avrebbero dovuto resistere a questa volont divina. Ecco alcune disposizioni di legge relative agli schiavi ed ai servi: Tu non devi essere disobbediente al Saggio ed al Nobile; "Tu devi seguire la strada percorsa dagli antichi Re; Tu devi parlare ed agire secondo gli insegnamenti buddisti. I casi che coinvolgessero persone di diverso status sociale, mostravano unevidente disparit di trattamento gi sancita a priori. Ad esempio: Il subordinato che percuote il suo superiore e lufficiale inferiore che mostra disobbedienza allufficiale superiore, sono reati gravi; Le ribellioni popolari sono un reato grave. Ogni persona che disobbedisce al suo padrone deve essere arrestata.

Le leggi condannavano il ladro a pagare un indennizzo pari a sette od otto volte il valore di ci che aveva rubato se la vittima era un uomo comune, ma se il derubato era un proprietario di servi, un nobile od una lamasseria, il risarcimento era di ottanta volte il valore. Nel caso, poi, in cui il derubato fosse stato appartenente ad uno dei ranghi sociali o religiosi pi alti, il valore dell'indennit poteva arrivare a diecimila volte.

97

Sorprendente analogia con la legge vaticana. Probabilmente, o esiste un centro panclericale di coordinamento giuridico del quale ignoriamo lesistenza o, pi semplicemente, il vero punto in comune delle grandi religioni non quello dellunico dio, bens quello del mantenimento del potere temporale. TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Il servo, per aver procurato danni fisici al proprio padrone, doveva essere punito, oltre al risarcimento, con lamputazione delle mani e delle gambe. Per, nel caso in cui fosse il padrone ad aver causato danni fisici al servo, questi era tenuto solo a curarlo, senza corrispondere alcun risarcimento. Nel caso in cui un alto funzionario, un nobile di alto rango o un religioso buddista fosse assassinato, il colpevole era condannato a morte, pi unindennit in oro pari allo stesso peso della vittima. Invece, se il morto ammazzato era un fabbro, un macellaio, un mendicante, un vagabondo o una donna di basso rango, l'indennit da corrispondere era corrispondente al valore di una corda di paglia e lassassino, se non condannato a morte, veniva sottoposto a punizioni corporali come lamputazione degli arti, lestrazione dei tendini dalle caviglie, laccecamento, il taglio del naso o della lingua, lasportazione delle rotule. Le esecuzioni consistevano nel venire affogati o fatti precipitare da una rupe. Dopo la condanna e prima della comminazione della pena, il criminale veniva lasciato per un periodo in balia dei delinquenti di strada. Si poteva anche essere condannati a chiedere lelemosina incatenati per le caviglie durante il giorno ed in cella la notte. Venivano usati strumenti di tortura come le catene alle caviglie ed ai polsi, la frusta, il bastone e la gabbia di legno. Gli strumenti di tortura, oltre alle catene, alle manette per i polsi e le caviglie, alla frusta, al bastone ed alla gabbia di legno, includevano anche limmersione delle mani del condannato in olio bollente e persino il dover cavalcare un cavallo di bronzo reso bianco dallincandescenza. Un altro supplizio era il cosiddetto cappello di pietra, ovvero un macigno del peso di decine di chilogrammi, con al centro un foro, che veniva calzato sulla testa del condannato il quale finiva per morire col collo spezzato per il peso insopportabile, dopo aver sofferto allinverosimile per tentare, invano, di sostenerlo. Ci sarebbero moltissime altre storie da raccontare, per descrivere a quali indicibili sofferenze fossero sottoposti i servi e gli schiavi nel Tibet prima dellarrivo dellesercito cinese, per cui pensiamo che non vi sar difficile farvi unidea su quale tipo di societ ci fosse nel vecchio Tibet.

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CAPITOLO XIV

LO STRANO CASO DEL PANCHEN LAMA SCOMPARSO


Parliamo del sacro bambino tibetano che si dice sia stato rapito dalla polizia cinese. Parliamo di quel fanciullo che viene definito dai sostenitori della causa tibetana come il prigioniero politico pi giovane della storia. Il Panchen Lama (in italiano: il Grande Erudito, il Grande Studioso) la seconda carica istituzionale del lamaismo dopo il Dalai, dal quale viene nominato. Il Panchen, al contrario del Dalai, non si occupa anche di amministrazione temporale, ma solo di religione. Cominciamo subito col dire che questo titolo, tradizionalmente, non esisteva. Fu inventato di sana pianta, intorno alla met del XVII secolo, dal quinto Dalai Lama, Lozang Gyatso solo per omaggiarne il proprio precettore, Lobsang Chkyi Gyalsten, abate del monastero di Tashilhunpo a Shigats. La cosa ridicola, visto che si trattava di un titolo mai esistito prima e creato appositamente per ossequiare un influente personaggio dellaristocrazia religiosa, che, nonostante ci, il Panchen Lama venne subito considerato come la reincarnazione del Buddha Amitabha98. Il povero Buddha Amitabha scopr cos, di punto in bianco e senza essere stato avvisato, di essersi reincarnato in Lobsang Chkyi Gyalsten quando lo stesso era ormai in et molto avanzata. Non solo, lo stesso Lobsang Chkyi Gyalsten, in uno slancio di mistica generosit, volle attribuire il titolo di reincarnato del Buddha Amitabha anche ai suoi ultimi tre predecessori, gi defunti da tempo e che lavevano precorso nel ruolo, quindi autoproclamandosi quarto Panchen Lama. Ma il Grande Erudito Lobsang Chkyi Gyalsten, era talmente erudito da non aver considerato un particolare: il Buddha Amitabha non che Rappresentazione del Buddha Amitabha se ne stesse l, nullafacente, nel suo Sukhvat Il Grande Buddha o Dai-Butsu a girarsi i pollici (anche se viene spesso ritratto nel tempio Ktoku-in (Giappone) proprio in questa posizione) aspettando che il primo Panchen venuto gli dicesse come, quando ed in chi reincarnarsi. Le reincarnazioni, lui, se lera sempre fatte diniziativa, senza aspettare il consiglio di nessuno e mai avrebbe pensato di poter prendere ordini addirittura da un abate. Il fatto di essere stato reincarnato in contumacia, senza il suo esplicito consenso e, per di pi, in tre persone gi morte e sepolte, costrinse il Buddha Amitabha ad annullare numerosissime reincarnazioni gi fatte e quindi a pagare i danni previsti per rescissione contrattuale senza preavviso.
98 Il nostro lettore I.T. ci fa notare che secondo la tradizione tibetana i Buddha non si reincarnano fisicamente in una persona. Si tratterebbe, bens, della cosiddetta trasmissione del continuum mentale o emanazione Buddhica, cio di una reincarnazione a livello mentale, spirituale, non fisico. Quindi il termine reincarnazione citato in questo capitolo a proposito del Buddha Amitabha e del Panchen Lama va inteso in questo senso. Poco cambia, anzi, nulla.

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A nulla valsero, nel famoso processo di Buddhakse tra, le tesi dei suoi legali sul legittimo impedimento. Essi sostennero che fosse stato alloscuro di tutto, che fu messo di fronte al fatto compiuto e che quindi fu costretto allannullamento di molte reincarnazioni per cause indipendenti dalla sua volont, ma il tribunale lo condann al risarcimento delle parti lese basandosi sul teorema che, essendo un Buddha, non poteva non sapere. Tutta questa storia, lo mand decisamente in bestia ed infatti si reincarn in un facocero del Serengeti. Il Buddha sperava che questo animale, per la prelibatezza delle carni, avesse vita breve, in modo da dedicarsi presto a qualcosa di meglio, ma fu tutto inutile. Il facocero, essendo una reincarnazione divina, camp trecentosei anni contro ogni aspettativa, stabilendo un record assoluto, anche se non fu mai omologato dal National Geographic che subodorava irregolarit. Voci non confermate, sostengono che il Buddha Amitabha, da quel giorno, si sia iscritto ad un corso di terapia di gruppo e che, non avendo ancora trovato una spiegazione logica al fatto di essersi reincarnato a sua totale insaputa in ben quattro Panchen Lama di cui uno ottuagenario e tre gi mummificati, tuttora lo frequenti. Facili ironie a parte, lultimo Panchen Lama in attivit stato il decimo, che si chiamava Lobsang Trinley Lhndrub Chkyi Gyaltsen, il quale, dopo la fuga dellodierno Dalai in India, rest al suo posto a Lhasa, come abbiamo gi detto, continuando tranquillamente ad esercitare le proprie funzioni di guida spirituale. Quello che dovrebbe esserci oggi, cio lundicesimo Panchen Lama, il bambino ritratto qui a fianco. Si chiama Gedhun Choeki Nyima ed nato a Lhari il venticinque Aprile del 1989. Lattuale Dalai ne ha prematuramente comunicato al mondo lo stato di Panchen il quattordici Maggio 1995, quando aveva ancora solo sei anni e difatti, subito dopo, le autorit cinesi lo hanno messo in regime di protezione, cio in una situazione di anonimato molto simile, per capirsi, a quella dei nostri pentiti di mafia, facendolo praticamente sparire, insieme alla sua famiglia. Tuttoggi, nulla pi si sa di lui. In Giappone circola voce che sia morto di malattia qualche tempo fa. Le autorit cinesi si limitano a dire che sta bene. Qualcuno sostiene che sia ancora vivo e che stia Gedhun Choeki Nyima effettivamente bene, ma che sia stato rieducato l11 Panchen Lama in modo da essere favorevole alle politiche cinesi in Tibet. Fatto sta che la sua sorte, per ora, resta un mistero. Perch parlo di questo bambino? Non solo perch la sua sparizione una delle accuse principali che il separatismo tibetano muove contro Pechino, ma soprattutto perch linsospettabile Melvyn Goldstein, insigne antropologo statunitense e uno tra i pi accreditati studiosi del Tibet del mondo, assegna categoricamente la responsabilit dellaccaduto al 14 Dalai Lama. Riporto integralmente, qui di seguito, la traduzione di un passo del suo libro The Snow Lion and the Dragon China, Tibet and the Dalai Lama (Berkeley: University of California Press, 1997), 108-10:

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La decisione del Dalai di annunciare prima del dovuto la nomina del nuovo Panchen Lama stata, a dir poco, politicamente idiota. Certamente, i suoi supporter tibetani e occidentali si sono rincuorati nel vedere il Dalai esercitare ancora la propria autorit, anche in tale circostanza, ma il prezzo pagato stato enorme ed i vantaggi nulli. In pratica, il Dalai ha regalato a quel bambino la garanzia di tutta una vita da trascorrere agli arresti domiciliari.
E fortissima la tentazione di ritenere che il Dalai sapesse molto bene che cosa sarebbe successo dopo quellannuncio. Perch, dunque, lavrebbe fatto? Per quale ragione Goldstein dice che lindividuazione del Panchen Lama stata fatta prematuramente? Basta fare due conti per capirlo e per farsi venire dei sospetti grossi come una casa. Facciamo prima il punto della situazione: il Sig. Lhamo Dndrub, 14 Dalai Lama, oggi ha settantacinque anni. Con tutti gli auguri di lunga vita che possiamo fargli, la sua scomparsa un evento al quale dobbiamo seriamente cominciare a prepararci. Che cosa succederebbe se il Dalai morisse oggi che non stata ancora stata individuata la reincarnazione che lo sostituir? Succederebbe che il Panchen sarebbe proclamato Dalai. E possibile, quindi, che il Sig. Dndrub voglia, invece, designare come suo successore un altro bambino? Facciamo anche unaltra, verosimile, ipotesi. Mettiamo il caso che, per una qualsiasi ragione, vuoi puramente religiosa, vuoi per un semplice gioco di potere, il clero lamaista in Tibet si stufasse di vedere il proprio capo sempre in esilio volontario e volesse, invece, disporre di un leader fisicamente presente sul territorio. Che cosa succederebbe? Succederebbe, anche in questo caso, che sarebbe il Panchen ad essere proclamato Dalai.
(si veda correzione pi avanti).

E davvero fuori dal mondo pensare, alla luce di tutto questo, che il Dalai abbia paura di essere destituito anzitempo? Stante il fatto che lo status di reincarnato non rilevabile con una TAC, ma viene stabilito per semplice affermazione dai Lama che possono, di fatto, nominare chi meglio credono, non credo siano ipotesi da poter escludere se si ha un minimo di buon senso, visti gli interessi tuttaltro che mistici che ci sono in ballo. Ognuno sia libero di pensarla come vuole, ma i fatti restano e sono questi: le ricerche che avrebbero portato allindividuazione di Gedhun Choeki Nyima quale undicesimo Panchen Lama furono affidate al Lama Chadrel Rinpoche il quale, a missione compiuta, ne comunic il nome in gran segreto al Dalai Lama. Se qualcuno vi dicesse che alcuni monaci di Tashi-Lhunpo, prima che il Dalai facesse lannuncio pubblico, stavano pianificando di far fuggire il bambino dal Tibet, per trasportarlo in un luogo sicuro, che cosa pensereste? Cos come era venuto a sapere della nascita del bambino reincarnato, verosimile supporre che sapesse anche del piano di fuga concertato dai monaci di Tashi-Lhunpo per proteggerlo? Se s, veramente fuori dalla logica ritenere che si sia trattato di un vero e proprio tradimento, un atto deliberato del Dalai, che ha cos agito in tutta fretta per eliminare un potenziale concorrente prima che fosse sottratto al raggio dazione della polizia cinese? Se non lo sapeva, possibile che il Dalai Oceano di Saggezza, sia invece cos rincoglionito da non aver considerato che la prima cosa successa dopo il suo annuncio sarebbe stato lintervento della polizia cinese?

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Ci rendiamo conto che se in Italia un bambino di sei anni venisse nominato anche solo consigliere comunale, gli autori dellinvestitura sarebbero quantomeno internati nel reparto psichiatria di un ospedale di sicurezza? Ci rendiamo conto che in qualsiasi paese civile quello che i Lama hanno combinato a questo bambino, nominandolo Panchen, si chiama circonvenzione di incapace ed un delitto gravissimo? Il turpe crimine, come giustamente sostiene Goldstein, stato quello di coinvolgere una creatura innocente in affari politici di questa gravit. Limmondo misfatto, stato quello di fargli pagare delle conseguenze pesantissime per avergli delinquentemente affibbiato, contro la sua consapevolezza e senza la minima possibilit di reazione o difesa, delle responsabilit paradossali senza nessun fondamento razionale, con lingiustificabile aggravante della superstizione e, oltretutto, in assenza di alcuna giustificazione pratica se non quella di voler mantenere il potere a tutti i costi e senza scrupoli, persino a scapito della vita di un bimbo innocente.
Nota (Ottobre 2010): A seguito della segnalazione di un lettore, ho appreso che le informazioni che sopra avete visto barrate sono inesatte. A pagina seguente, il chiarimento.

Esecuzione pubblica di pene corporali a Lhasa, durante la signoria lamaista (1950). A sinistra: in attesa della fustigazione. A destra: lesecuzione della sentenza. Questi tibetani terrorizzati, in attesa della punizione, formavano una pattuglia di guardie di frontiera. Secondo la procedura che dovevano seguire, spararono ad un gruppo di stranieri (in seguito rivelatisi agenti della CIA) che stavano tentando di entrare nella provincia autonoma del Tibet, uccidendone alcuni. Sfortunatamente, la lettera delle autorit locali tibetane dove si diceva che questi visitatori avevano via libera, arriv troppo tardi. Frank Bessac 99 , uno dei sopravvissuti, ricorda: Prima che potessimo intervenire, tagliarono il naso e le orecchie al capo pattuglia. Le altre guardie furono risparmiate dalla mutilazione per intercessione di quegli stessi stranieri ai quali avevano sparato. La punizione venne quindi convertita in 50 frustate ciascuno. Le foto qui sopra sono state scattate da Bessac, che ha poi narrato laccaduto, e dai suoi colleghi.

(INDICE)

99 Vedi: http://www.thelongridersguild.com/bessac.htm ed alla pag. 130 della rivista LIFE del 13 Novembre 1950, reperibile su Google Libri (http://books.google.it/bkshp?hl=it&tab=wp) digitando nel campo di ricerca le parole chiave: life; this was the perilous trek to tragedy.

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RETTIFICA DI INFORMAZIONI ERRATE


COMPARSE NELLE PAGINE PRECEDENTI
Un nostro lettore (E.C.) ci ha segnalato, nellOttobre 2010, che alcune importanti informazioni contenute nelle pagine precedenti e riguardanti il meccanismo di successione tra Panchen Lama e Dalai Lama sono errate. A supporto, E.C. ha inviato il commento di unAssociazione italiana, tra le pi accreditate tra quelle che sostengono la causa del Tibet libero e che egli stesso avrebbe interpellato in proposito. Il lettore ci ha girato lE-mail che ha ricevuto in risposta al proprio quesito, ma che non posso qui riprodurre perch non sono stato sinora autorizzato a farlo. Comunque sia, data lautorevolezza di tale spiegazione, ne teniamo debitamente conto e ringraziamo ancora il nostro lettore per averci fatto avere questa importantissima osservazione che ci consente di rettificare quanto precedentemente scritto. In sintesi, il commento dice innanzitutto il che Lama Chadrel Rinpoche, stato incaricato da Pechino di trovare la reincarnazione del Panchen Lama, ma che ha successivamente scelto di rivelare al Dalai Lama i risultati della sua ricerca e che ha pagato con sei anni di carcere la sua fedelt al Dalai. Il portavoce dellAssociazione che ha risposto al nostro lettore E.C. ammette tuttavia che, annunciandone pubblicamente il riconoscimento, il Dalai Lama abbia compiuto un errore di valutazione non ponendosi (sic) il problema dell'incolumit del piccolo. Poi, il commento spiega altres come funzioni la prassi lamaista in tema di successioni. Non affatto vero si legge testualmente nellE-mail che se il Dalai Lama morisse sarebbe proclamato Dalai Lama il Panchen Lama. Non mai successo, non fa parte della tradizione tibetana. Per tradizione, il Dalai Lama riconosce (riconosce soltanto) il nuovo Panchen Lama e viceversa, nessuno dei due subentra all'altro. Devo sinceramente ringraziare il nostro lettore e lesperto dellAssociazione (anche se pu apparire un ossimoro dato il contesto, ma aspettate) per aver fornito questo chiarimento, senza il quale non sarebbe stato possibile rilevare lerrore, sempre che di errore si tratti. Per il momento, essendo questa la spiegazione pi autorevole che possediamo, la prendiamo per buona. Se, in futuro, dovessimo venire in possesso di interpretazioni diverse e parimenti accreditate, le pubblicheremo. Infatti pur sempre vero che quanto avevo scritto in precedenza opinione condivisa da molti altri conoscitori della materia, anche se non questo il vero punto. Appena ho appreso di questa smentita, sono rimasto perplesso perch non riuscivo a capire per quale ragione altri specialisti dellargomento avessero cos fermamente imputato al Dalai Lama la responsabilit dellaccaduto. Lessenza della differenza tra le due interpretazioni, difatti, non sta nella descrizione giusta od errata del protocollo lamaista di successione del Dalai, ma nellintento del Dalai che alcuni definiscono deliberatamente criminoso e che lAssociazione interpellata spiega, al contrario, come un banale errore di leggerezza. Leggerezza che comunque, cara la mia Associazione, costata moltissimo a tutti gli attori principali di questa vicenda, tranne che al Dalai, ovviamente. Questo dubbio mi ha veramente tormentato per alcuni giorni. Come mia abitudine, sono andato a cercare altre informazioni al riguardo e sono giunto alla conclusione che sebbene il mio lettore abbia avuto ragione nel dire che mio racconto precedente contenesse delle inesattezze riguardo alle modalit di successione tra Panchen e Dalai il risultato non solo non cambia di una virgola, ma delinea addirittura un quadro pi grave.

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LAssociazione dice una cosa che, sinceramente, ignoravo e cio che sia stato il partito comunista cinese a ordinare la ricerca del Panchen reincarnato. Il Lama Chadrel Rinpoche, in quanto uomo di fede, una volta rintracciato il bambino, ha per sentito il dovere morale e religioso di dirlo al Dalai e non a Pechino. Massimo onore alla sua fedelt, quindi, visto che, a detta dellAssociazione che ha fornito il commento, il gesto gli sarebbe costato oltretutto sei anni di galera. Ma non dimentichiamo che i monaci di Tashi-Lhunpo stavano organizzando la fuga del bambino proprio per metterlo al riparo da quello che poi, invece, purtroppo accaduto. Questo allora significa che il Dalai, facendo lannuncio pubblico, ha combinato un tale disastro che uno tsunami al confronto diventa una pioggerellina primaverile. In un colpo solo, questo imbranato riuscito: 1) a vanificare il piano di fuga concertato dai monaci di Tashi-Lhunpo; 2) a far arrestare il suo fedele Chadrel Rinpoche; 3) a rovinare lesistenza di un bambino innocente, forse condannandolo a morte; 4) a rendere del tutto inutile il suo avvenuto riconoscimento; 5) a far pagare - ad altri, sintende - un prezzo incommensurabile, in cambio di nulla. Credo che non ci siano parole per definire il livello di imbecillit con il quale stata gestita la faccenda. Se si conosce linglese e se si ascoltano le interviste del Dalai Lama dalla sua viva voce (senza doppiaggio), quando lo si sente parlare durante le conferenze, con quei suoi toni alti e bassi di voce che spesso sconfinano nello squitto del falsetto, con quelle risatine spesso ingiustificate e quasi sempre fuori tempo, con quel suo voltarsi continuamente verso i suoi compagni di palcoscenico in cerca di consensi, specialmente quando dice vacuit, in effetti si ha limpressione di trovarsi di fronte ad un cretino. Certamente, il Dalai si esprime con la cadenza tipica di molte lingue estremoorientali e chi non ne conosce bene i meccanismi fonetici pu senza dubbio rimanere vittima dellimpressione che questuomo sia effettivamente stupido, ma non solo per il tono di voce. Essenzialmente, per lassoluta inconsistenza di quasi tutti i suoi discorsi, per la totale mancanza di spessore e di argomenti, ma soprattutto per le disarmanti banalit che snocciola ripetutamente, come se davvero fossero concetti filosofici. I suoi discorsi, di solito, sono la fiera dellovvio. Pertanto, molto facile essere indotti a ritenere che sia un incapace. Daltronde, poverino, va capito: non mica allenato al confronto. Se uno viene considerato uomo-dio sin dalla nascita, vuol dire che non mai stato messo veramente alla prova nel dover dimostrare la ragione delle sue affermazioni: per quelli che credono in lui, il Dalai Lama ha ragione a prescindere, perch infallibile. Gi ma si tratta davvero di stupidit? Stando a quanto ho successivamente scoperto, credo proprio di no e, anzi, a questo punto ritengo che lipotesi che si sia trattato di un atto deliberato del Sig. Lhamo Dndrub per liberarsi di un potenziale concorrente diventi assolutamente pi plausibile. Prima, anche se plausibili, erano pur sempre supposizioni. Adesso, invece, si tratta di prove molto pesanti. In precedenza, avevo sostenuto che il Dalai avesse voluto eliminare il nuovo Panchen perch suo possibile successore. LAssociazione interpellata dal nostro lettore ci ha spiegato, invece, che non cos perch stando alla procedura lamaista non mai successo che un Panchen sia subentrato al Dalai. Bene. Allora, se non teme la concorrenza del Panchen, che cosa teme il Dalai? Pocanzi, vi ho accennato al fatto di aver fatto delle ricerche ulteriori, che ho indirizzato nella comunit tibetana in esilio (volontario) in India. In internet si trova un sacco di materiale, ma quello che pi fornisce garanzia di attendibilit sono i filmati e le interviste. Sempre su YouTube, pubblicato lo spezzone di un documentario, a firma del Sig. Eric Campbell, prodotto dalla ABC e distribuito dalla Journeyman Pictures, che potrete vedere collegandovi al link in nota100.
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Vedi: http://www.youtube.com/watch?v=gC46L5kBsIs TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Questo video, che dura circa un quarto dora, ci parla di un ragazzo di venticinque anni (ventitr, allepoca del filmato) che il Dalai ha riconosciuto come 17 Karmapa Lama101 . Lo vediamo percorrere le strade di Ladakh in un auto blindata, scortata da gorilla, come Michael Jackson buonanima. Si chiama Orgyen (o Urgyen) Trinley Dorje ed ha la faccia pulita, solare, con gli occhialetti, da ragazzo della sua et. Tradizionalmente, il Karmapa Lama a capo dei Karma Kagyu, la sotto-scuola pi estesa del lignaggio Kagyupa, uno dei quattro principali del buddismo tibetano. La rivalit storica tra questa scuola e quella dei Gelugpa, alla quale appartiene lodierno Dalai Lama, emblematica. Spesso, il conflitto sfociato in sanguinose guerre, ma per voi che avete gi letto della violenza compassionevole del lamaismo, questa non certo una sorpresa. Sempre secondo il mito lamaista, il Karmapa incarna la forza attiva di tutti i Buddha e la sua nascita fu predetta gi da Buddha Sakyamuni e da Guru Rinpoche. A causa di una controversia nel processo di riconoscimento, lidentit del Karmapa attuale sotto disputa tra due reincarnati: Orgyen Trinley Dorje, quello del quale stiamo parlando, riconosciuto sia dal Dalai Lama che dal governo cinese di Pechino e Trinley Thaye Dorje, riconosciuto da Mipham Chokyi Lodro, ovvero Shamar Rinpoche (Shamarpa), ma non addentriamoci nellesame di questa discussione perch ne usciremmo col mal di testa. Torniamo al filmato. Il Sig. Campbell intervista Orgyen Trinley Dorje, che al proprio fianco (non inquadrato) ha un Marpion Lama che non esita ad intervenire quando le domande dellintervistatore si fanno troppo spinte o comunque differiscono da quanto preventivamente concordato (vedi minuto 13 e 30 secondi del filmato). Orbene, Orgyen Trinley Dorje nato nel 1985 ed allet di sette anni cio nel 1992 stato riconosciuto come reincarnazione del precedente Karmapa Lama, ovvero tre anni prima che fosse annunciato Gedhun Choeki Nyima come reincarnazione del Panchen Lama.
Trinley Thaye Dorje

Orgyen Trinley Dorje

Dov la cosa sconvolgente? E che Orgyen Trinley Dorje gi stato destinato come successore del Dalai Lama dal Dalai Lama stesso. Questo quanto ci fa sapere una fonte del tutto autorevole: il Sig. Tenzin Dhundup, membro del TYC, al minuto 1 e 55 ed al minuto 7 e 40 dello stesso filmato. In questultima sequenza, Campbell chiede a Tenzin Dhundup: Cos lei vorrebbe che il Dalai Lama indicasse lui (Orgyen Trinley Dorje - nda) come proprio successore? e Dhundup risponde: Credo proprio di s, anzi, lha gi fatto.. Ma lAssociazione di cui sopra ci ha spiegato che il Panchen Lama a designare il Dalai Lama. Pu quindi un Dalai Lama designare il proprio successore? Guardando la cronologia dei Dalai Lama che si sono succeduti dal 1391 in poi 102 e vedendo come spesso si sia operato per nepotismo o per volere dellautorit del tempo (mongola, cinese o manci), in linea di principio non sarebbe certo uno scandalo, n una novit.
101 Il Karmapa Lama, nella tradizione lamaista, "Colui che compie lazione buddhica" o "Il Signore dellattivit buddhica". 102 Cfr. http://www.experiencefestival.com/dalai_lama_-_list_of_dalai_lamas

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Inoltre, il Dalai Lama lUomo Dio infallibile e se lui dice che cos devessere, non vedo proprio come possano contraddirlo. Lipotesi si fa dunque del tutto concreta: Lhamo Dndrub ha denunciato alla polizia cinese l11 Panchen Lama per evitare che questi potesse investire, in futuro, un successore diverso da quello che egli aveva gi deciso tre anni prima. Non dimentichiamo che, come ci ha rivelato il portavoce dellAssociazione proTibet, stato Pechino a commissionare la ricerca del Panchen, non il Dalai. Questo che cosa significa? Significa che il Dalai non ha mai commissionato la ricerca del Panchen (anche se avrebbe dovuto essere lui a farlo) semplicemente perch non gli non serviva che qualcuno nominasse il suo erede, in quanto laveva gi scelto. Ed ecco perch ha fatto lannuncio prematuro: per eliminare il Panchen ed impedirgli cos di sovvertire, un giorno, la sua decisione. Il Dalai sa bene che quando il Panchen Lama costruito dal governo cinese sar inviato a Lhasa, non sar riconosciuto dalla comunit dei credenti, n, tantomeno, da quella internazionale. Nel frattempo, quello veramente reincarnato sar sparito e dimenticato. Ergo: non rester solo che nominare Dalai il suo Karmapa preferito (visto che anche i Karmapa sono due). Inoltre, se Orgyen Trinley Dorje succeder a Lhamo Dndrub, non affatto vero che saranno infrante regole secolari, come commenta lo stesso Campbell nel suo servizio, per le ragioni che ho spiegato prima in merito al modo con cui, storicamente, sono stati nominati i Dalai. Oltretutto, chi riconosce lautorit del Dalai Lama come essere soprannaturale ed incarnazione di Chenresi (Avalokitesvara), larcangelo che non pu sbagliare, non potr che accettarne le decisioni, esattamente cos come fa sempre il parlamento tibetano in esilio (volontario) di Dharmasala e cos come la succitata intervista al Sig. Tenzin Dhundup ha ampiamente chiarito, al di l di ogni possibile dubbio. Del resto, stato lo stesso Dalai ad avanzare l'ipotesi che la nomina dei futuri Dalai Lama possa essere presto messa ai voti, come avviene per le alte cariche di altre religioni103 e con un parlamento completamente asservito al suo volere come quello che si ritrova, il gioco fatto. In sintesi: 1. 2. lunico che avrebbe potuto nominare un successore diverso dal suo figlioccio, era il Panchen Lama; lunico modo per impedire al Panchen Lama di riconoscere un Dalai diverso, era quello di metterlo in condizione di non poter esercitare la propria autorit. Quello di farlo sparire uno dei modi; in quanto allaltro Panchen Lama, quello nominato da Pechino, solo un fantoccio che sar inevitabilmente disconosciuto dalla comunit internazionale pro-Tibet, ma soprattutto dal parlamento tibetano in esilio (volontario) di Dharmasala. Quindi, lui e le sue eventuali decisioni non rappresenteranno alcun problema.

3.

103

Cfr: http://it.wikipedia.org/wiki/Dalai_Lama#Il_futuro_del_Dalai_Lama TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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(da sinistra) Orgyen Trinley Dorje, 17 Karmapa Lama e Lhamo Dndrub, 14 Dalai Lama. Questa foto risale al 2000 quando Orgyen Trinley Dorje, al tempo quindicenne, raggiunse il Dalai nel proprio esilio (volontario) di Dharmasala in India.

Tenzin Dhundup. membro del TYC di Ladakh Conferma che il Dalai Lama ha gi designato Orgyen Trinley Dorje come suo successore.

(INDICE)

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CAPITOLO XV

LA DEMOCRATICA COSTITUZIONE
DEL

GOVERNO TIBETANO IN ESILIO

Il 14 Giugno del 1991, lAssemblea dei Rappresentanti del Popolo Tibetano104, ha adottato un documento denominato Charter of the Tibetans In-Exile (La Carta dei Tibetani in esilio)105 che, in pratica, sarebbe la loro costituzione democratica. Quando lo appresi, rimasi sinceramente spiazzato. Mi chiesi: che il lamaismo voglia davvero compiere una svolta epocale e mettersi al passo coi tempi? Stante il fatto storico inconfutabile che la democrazia un concetto totalmente estraneo, antitetico, al lamaismo, com possibile, quindi, che questo possa coesistere con il fondamento dittatoriale teocratico della loro gerarchia e del loro stesso protocollo tuttora vigenti? Vista la palese impossibilit delle due cose di convivere, cos veramente successo? Com stato congegnato quel documento? Si rinunciato allautorit assoluta del Dalai a favore di un impostazione realmente democratica dellamministrazione temporale o, pi semplicemente, si subordinata la sacralit dei princpi democratici al volere del Dalai? La lettura di questa costituzione mi ha veramente suscitato ilarit. In pratica, stato come leggere le dichiarazioni del proprietario di un cane che, mentre lo tiene ben saldo al guinzaglio, sostiene che lanimale sia libero di comportarsi come meglio crede. Insomma, non c bisogno di essere pro o contro la causa del Tibet libero, per capire subito che si oggettivamente di fronte al goffo e mal riuscito tentativo di camuffare una dittatura teocratica da democrazia costituzionale. Perch, allora, questa costituzione stata promulgata? Pi avanti, quando accenneremo allesigenza che ogni governo moderno ha di dover apparire strutturato democraticamente per non essere giocoforza criticato, se non addirittura messo allindice ed osteggiato, dalla comunit internazionale, ci riferiamo proprio a questo: la carta dei tibetani in esilio, a prima vista, appare essere un documento basato su princpi democratici, ma salta subito allocchio la pesante incongruenza alla quale ho pocanzi accennato: come possono stare insieme teocrazia e democrazia? Infatti. Basta leggere il documento per capire, sin dalla sua prima riga, come funzionino le cose. Facciamolo insieme, quindi. Leggiamone qualche passo, tra i pi significativi:

Articolo 1 Inizio Questa Carta, ratificata dallAssemblea dei Rappresentanti del Popolo Tibetano ed approvata da Sua Santit il Dalai Lama, entrer in vigore il giorno che sar deciso da Sua Santit Il Dalai Lama.
Viene subito, immediatamente, da ridere. Gi questo taglia, per cos dire, la testa al toro, non lasciando dubbio alcuno sul fatto che lautorit teocratica assoluta del Dalai sar ben garantita e neanche minimamente scalfita da questo documento.
Questo organo, nonostante il nome, non rappresenta affatto il popolo tibetano odierno, essendo espressione esclusiva di coloro che decisero di lasciare il Tibet nel 1959 (circa novantamila individui contro una popolazione di oltre tre milioni). 105 Il documento originale pare sia stato scritto in Tibetano. Una tra le versioni in inglese pi note, quella al seguente indirizzo web: http://www.servat.unibe.ch/icl/t100000_.html dalla quale abbiamo tradotto i brani qui trascritti.
104

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Questa costituzione, non rappresenta alcun genere di garanzia democratica. Al contrario, per come strutturata e per il ruolo di preminenza assoluta che essa assegna al Dalai Lama ed alle sue interazioni con gli organi di governo, delinea non gi il profilo di una pur comprensibile monarchia costituzionale 106 , ma addirittura quello di una riconfermata monarchia teocratica. Infatti, stando allarticolo 1 della costituzione, il Dalai potrebbe persino aver deciso di non far mai entrare in vigore la costituzione approvata dal popolo. Si potrebbe anche evitare di leggere oltre, essendo gi tutto estremamente chiaro, ma andiamo avanti. Il prosieguo (per chi voglia leggerselo integralmente, rimandiamo al link indicato) un susseguirsi di articoli elencanti norme e disposizioni apparentemente basate sul comune concetto di democrazia e di libert. Finch, ahim, non si arriva al Capitolo IV (lEsecutivo), dove si leggono queste disposizioni che, di fatto, vanificano tutte le buone intenzioni enunciate negli articoli precedenti e successivi.

Capitolo IV LEsecutivo Articolo 19 Il Potere Esecutivo Il potere esecutivo dellAmministrazione tibetana deve essere assegnato a Sua Santit il Dalai Lama e deve essere da Lui esercitato, sia direttamente, sia per mezzo di funzionari a lui subordinati, in conformit ai disposti di questo articolo. In particolare, a Sua Santit il Dalai Lama deve essere data facolt di esercitare i seguenti poteri esecutivi in qualit di Capo Supremo del Popolo tibetano. (a) approvare e promulgare disegni di legge e regolamenti stabiliti dallAssemblea Tibetana; (b) promulgare atti ed ordinanze con valenza di legge; (c) conferire onorificenze; (d) convocare, aggiornare, rimandare e prolungare lAssemblea Tibetana; (e) dare indicazioni ed indirizzi allAssemblea Tibetana ogni volta che sia necessario; (f) sciogliere o sospendere lAssemblea Tibetana; (g) sciogliere il Kashag107 o destituire uno o pi Kalon108; (h) dichiarare emergenze e convocare riunioni speciali di primaria importanza; (j) autorizzare referendum nei casi in cui si tratti di questioni primarie in conformit ai disposti di questa Carta. Articolo 20 Il Kashag ed il Primo Kalon Il Kashag ed il Primo Kalon sono responsabili in primis per lesercizio del potere esecutivo dellAmministrazione Tibetana, subordinata a Sua Santit il Dalai Lama.
Uno dice: passi per il potere esecutivo, ma almeno quello legislativo sar ben stato assegnato allassemblea di governo o ad un altro organo democratico? Non scherziamo. Lo chiarisce senza la minima possibilit di equivoco larticolo 36:

106 Comprensibile perch la monarchia costituzionale, storicamente, il primo passo per il graduale transito da governo a monarchia assoluta a governo democratico. 107 Il Kashag un organo consultivo per il governo del Tibet, in quanto non riveste poteri esecutivi, n legislativi. Si tratta di unistituzione imperiale cinese, la cui creazione risale al 1751 per opera dellimperatore cinese Qian Lon della dinastia Qin. Il Kashag era composto da quattro persone, di cui tre laici ed un religioso e si pronunciava, con mero intento di consulenza, esponendo semplicemente la propria opinione su problematiche amministrative. 108 Membro del Kashag. Il Kashag odierno, al quale il documento si riferisce, composto da sette Kalon.

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Articolo 36 Potere Legislativo Il potere e lautorit di legiferare, devono interamente risiedere nellAssemblea Tibetana, la cui attivit legislativa necessita dellassenso di Sua Santit il Dalai Lama per diventare legge.
Nella lettura di questo inquietante documento, rifiutandomi persino di credere allevidenza, ho avuto il dubbio che certe interpretazioni potessero essere state inquinate dagli effetti della doppia traduzione (da tibetano ad inglese, da inglese ad italiano), alterando il significato originario dei concetti. Lunica via, quindi, mi parsa quella di proseguire lanalisi per verificare se tali asserzioni trovassero conferma o smentita negli articoli successivi.

Il Kashag di Lhasa nel 1938/1939 composto da 4 Kalon La foto qui riprodotta, come si vede nel suo tag in basso a sinistra, stata scattata da Ernst Schfer, durante la spedizione delle SS naziste in Tibet ordinata da Heinrich Luitpold Himmler in persona (vedi capitolo La Violenza Compassionevole) ed stata tratta da http://en.wikipedia.org

Come abbiamo visto, la figura del Kalon (in quanto membro del Kashag) quindi un elemento di primaria importanza nellesercizio dei poteri legislativo ed esecutivo. Sebbene la subordinariet dei Kalon ai voleri del Dalai Lama sia sancita dalle norme, speravo che, quantomeno, la loro elezione fosse protetta da qualche meccanismo di garanzia democratica a prova di manipolazione, che ne garantisse limparzialit. Le modalit per lelezione dei Kalon, sono elencate allArticolo 21 di questa costituzione. La lettura dei primi sette commi dellarticolo, pare confortare il presupposto di democraticit, finch non appare, inesorabile, lottavo comma:

Articolo 21 Elezione dei Kalon


[dal comma 1 al 7, larticolo elenca i requisiti che il candidato deve avere e le modalit di elezione, stabilendo che i Kalon siano eletti dallAssemblea Tibetana. Salta subito allocchio, per, il minimo percentuale veramente alto dei voti che i Kalon devono aggiudicarsi per potersi considerare eletti: ben il 70% dei suffragi. A fronte del mancato raggiungimento di questo improbabile livello percentuale ben difficilmente ottenibile in qualsiasi democrazia il documento stabilisce che sia lassemblea a decidere quale debba essere il nuovo limite percentuale, che comunque non deve essere inferiore al 55%. In caso di ulteriore insuccesso, ecco come risolve il comma 8]

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(8) Se la maggioranza dei due terzi dei membri presenti nellAssemblea Tibetana disapprova la riduzione della percentuale di voti necessari allelezione, o se, a seguito della riduzione, tale percentuale ridotta non viene comunque raggiunta, la questione deve essere sottoposta a Sua Santit il Dalai Lama e, al riguardo, si dovr decidere secondo il Suo parere.
Qualora il comma 8 non fosse sufficientemente chiaro nel ribadire lassoluto potere decisionale del Dalai, arriva in soccorso il comma 10:

(10) a) Se il numero dei Kalon eletti fosse esiguo ed insufficiente a garantire lesercizio del ruolo in modo efficace, il Kashag pu rivolgersi allAssemblea Tibetana per porre la questione a Sua Santit il Dalai Lama affinch, con il Suo consenso, lAssemblea Tibetana possa eleggere i Kalon da assegnare ai posti vacanti per le rimanenti posizioni.
Ma il definitivo colpo di spugna sugli ultimi dubbi circa lonnipotenza del ruolo politico del Dalai Lama, arriva dallarticolo 111 in merito alla questione forse pi importante: le modalit di emendamento delle norme costituzionali:

Articolo 111 Emendamenti alla Carta (1) fatta eccezione per gli articoli 3 e 4 del Capitolo I, per tutti gli articoli dei capitoli II e III, nonch per larticolo 19 del capitolo IV109 previsti da questa Carta, ogni altra disposizione pu essere modificata, emendata o rivista, se necessario, mediante risoluzione approvata da oltre due terzi della totalit dei membri dellAssemblea Tibetana e con il consenso si Sua Santit il Dalai Lama, in conformit alla legge.
Chi ha tempo per farlo, si legga pure, come ho fatto io, lintero documento per evitare il rimorso di aver omesso o non adeguatamente valutato qualche aspetto. Vi garantisco, per, che questo breve esame gi pi che sufficiente per dimostrare come, in realt, lungi dallessere uno strumento di democrazia, la Carta dei Tibetani in Esilio altro non sia che un mezzo per consolidare lautorit assoluta del Dalai Lama salvando le apparenze verso il mondo occidentale che lo sponsorizza, USA in testa con circa due milioni di dollari allanno di sovvenzioni pagate, pi o meno inconsapevolmente, dai contribuenti americani110. Si tratta se mi passate il neologismo di uno scudo per le allodole, di un documento, cio, che finge democrazia per dribblare lopinione pubblica internazionale, ma che in realt mette il Dalai Lama ed il suo potere al riparo da eventuali effetti democratici indesiderati che, con lavanzare inesorabile dei tempi, finirebbero prima o poi per minare lefficacia della dittatura teocratica che il lamaismo ha sempre esercitato e che, a quanto pare, non minimamente intenzionato a dismettere.

(INDICE)

Larticolo 19 del Capitolo IV, come abbiamo gi visto, quello che conferisce plenipotenziarit esecutiva al Dalai Lama. 110 Secondo quanto sostiene Webster Griffin Tarpley, giornalista investigativo statunitense. Tarpley ha vissuto in Italia negli anni della contestazione e negli anni di piombo. Ha seguito da vicino, in particolare, la vicenda di Aldo Moro, dirigendo una commissione indipendente d'inchiesta patrocinata dal parlamentare italiano Zamberletti.

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CAPITOLO XVI

LA REINCARNAZIONE QUALE MEZZO PER IL MANTENIMENTO DEL POTERE


La reincarnazione, di per s, un argomento estremamente delicato. Si pu crederci o no, ma un dogma di fede e, in quanto tale, merita il massimo rispetto. Appunto per questo, invece, meritano il massimo disprezzo coloro che ne abusano a fini di potere. In tutte le organizzazioni sociali dove vigano ancora regole genuine, siano esse branchi di lupi o collettivit umane, i capi sono scelti per acclamazione e, di solito, questa scaturisce dal fatto che gli acclamanti riconoscono all'acclamato dei meriti speciali. Ogni individuo, sia esso animale od uomo, matura la propria caratteristica definitiva solo quando raggiunge l'et adulta e quello che di lui influisce sugli altri membri del clan al punto di essere riconosciuto capo sono, appunto, la sua personalit, il suo sapere, la sua forza, la sua perizia nel fare le cose e via dicendo. Tuttavia, nessun capo pu sentirsi al sicuro in eterno. In nessuna organizzazione, che si fondi su regole oneste, il ruolo di "capo" permanente. Quelli che detengono la leadership sono costantemente sottoposti a prove della loro abilit e, soprattutto, devono guardarsi dalle insidie che gli arrivano dai potenziali concorrenti. Questo succede in modo naturale, indistintamente, tra tutti gli esseri viventi che passino la propria esistenza in strutture sociali umane o branchi animali evoluti, che dir si voglia. Ogni potenziale concorrente del capo in carica, avr certamente avuto esperienze diverse da quelle del leader del momento. Potr avere pi cultura o pi forza, potr conoscere pi cose, potr, insomma, aver avuto un percorso di vita che, attraverso l'esperienza, l'abbia formato in modo tale da essere migliore del capo attuale. Ma, ahim, i nuovi capi, solitamente, portano innovazioni e modifiche rispetto a quanto faceva il capo precedente. Le innovazioni di un nuovo capo, data appunto la sua diversit dal precedente, possono anche annullare quello che era stato predisposto. Il nuovo capo potrebbe, ad esempio, persino cancellare dei privilegi che prima erano considerati acquisiti ed intoccabili (basti pensare ai leoni maschi che quando si insediano in un nuovo branco uccidono tutti i cuccioli figli del maschio dominante spodestato, oppure alloperato dei ministri Brunetta e Gelmini, durante il quarto governo Berlusconi), pu insomma sconvolgere gli equilibri che il capo precedente aveva stabilito. Come possono, dunque, i capi in carica tutelarsi da questo genere di insidia? Per gli onesti animali non c' modo, ma per gli umani furbacchiotti un modo c ed quello di poter controllare il percorso formativo (cio la vita) di tutti coloro che possano potenzialmente aspirare, in futuro, a spodestarli. Questa attivit di sorveglianza, assolutamente esclusiva del genere umano, viene regolarmente messa in atto da qualsiasi potentato, qualunque e ovunque esso sia: si cerca di controllare lo sviluppo della gente, gestendone la formazione sin dall'infanzia. Solitamente, la scuola e la televisione sono i mezzi cardine da dover usare per riuscire nell'intento. Ecco perch nel lamaismo i "capi" vengono scelti quando sono ancora bambini. Vengono sradicati dalla famiglia e portati in monastero. Qui, sono sottoposti ad un veemente condizionamento culturale in modo che da grandi non possano che "agire in quel modo".

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Il bambino, per tutto il suo periodo di formazione, non entrer mai in vero contatto con entit esterne al monastero. Non avr compagni di giochi che non siano dello stesso entourage e, probabilmente, non giocher neppure. Non parliamo poi di televisione od altro genere di svaghi. Con la scusa della "santit" il bambino sar tenuto isolato dal mondo mediante un sistema coercitivo che in qualsiasi altra nazione del mondo civile sarebbe punito dalla legge come crimine. Il bimbo sar completamente assorbito dallo studio della religione e delle sue pratiche. Non potr formarsi una personalit pluralista, perch non conoscer mai la pluralit. Non potr che diventare un religioso bigotto. Ecco perch il Dalai Lama ed il Panchen Lama, insieme ad altre figure di preminenza nel lamaismo, vengono scelti da piccoli. Inoltre, il metodo con cui i Lama vanno alla ricerca dei bambini reincarnati ha dei tratti che, secondo quanto ci racconta anche il regista israeliano Nati Baratz, ricordano fin troppo da vicino la circonvenzione dincapace e persino le tecniche di adescamento tipiche dei pedofili111. Qualunque genitore degno di tale nome, lotterebbe come una belva, sino a sacrificare la propria vita, se qualcuno attentasse allincolumit del proprio piccolo. Ma di fronte al fatto che il figlio sia una "reincarnazione di Buddha", il genitore, ovviamente anch'egli credente, soggiace suo malgrado al "volere divino". La scusa della reincarnazione, quindi, la chiave del meccanismo che rende attuabile questa immonda strategia. Se si riesce a comprendere bene questo aspetto, ci apparir chiaro come il sole il fatto che il lamaismo altro non miri che alla restaurazione del potere e dei privilegi che ad esso erano associati. Il Dalai Lama, capo amministrativo del lamaismo, non pu correre il rischio di essere spodestato da un individuo che, nei fatti, sia diverso da quel che si richiede che un Dalai sia. Infatti, non pu essere messa a repentaglio la salvaguardia dei privilegi storici dei quali lui e tutta la classe dominante del lamaismo hanno sempre beneficiato, cosa che potrebbe facilmente accadere se il nuovo Dalai fosse, ad esempio, un indipendente, che so, un laureato di Harward o comunque un tibetano adulto, ormai vissuto e formatosi in contesto moderno e pluralista. Non deve esistere una persona diversa da quella istituzionalizzata dello stereotipo storico di Dalai e l'unico modo efficace quello di controllare la situazione col dogma della reincarnazione, laddove i dogmatizzanti unici possibili siano gli stessi Lama che, ovviamente, avendo il diritto esclusivo di individuare (leggi: decidere) quale sia il bambino reincarnazione del Buddha di turno, o dei suoi continuum mentali che dir si voglia, di fatto sceglieranno sempre e solo chi piace a loro. Le leggi cinesi, invece, grazie all'obbligo scolastico fino ai 16 anni ed al codice penale che ne punisce severamente eventuali trasgressioni, impediscono l'esercizio di questa pratica medievale sui minori e ci rappresenta una delle ragioni fondamentali per le quali il Dalai se ne andato in esilio volontario. E solo dall'esilio, infatti, che il Dalai pu continuare a far rapire bambini con la scusa del "volere divino" a proprio piacimento, cosa che gli costerebbe la sacrosanta galera se lo facesse da cittadino cinese. (INDICE)

111

Cfr. http://www.thelmagazine.com/newyork/tibets-next-top-lama/Content?oid=1185714 TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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CAPITOLO XVII

CONCLUSIONI
Tibet indipendente? Per mano di chi? Affidato a chi? Alla luce dei fatti sin qui descritti, pare fortemente improbabile che il Dalai Lama, ex monarca di stampo medioevale per nascita, cultura e formazione, in passato e tuttora ispiratore, fautore e promulgatore di atti di violenza tanto compassionevole quanto feroce e gratuita, sostenitore di princpi controversi come lelevazione mistica della superstizione, della fornicazione, dellaborto, della tortura, dellomicidio e delle violenze sui minori, sia mai in grado di gestire un paese modernamente, in pace e democrazia. Il protocollo lamaista di amministrazione temporale, infatti, sempre stato lantitesi della democrazia e della fratellanza, come abbiamo visto. Per quale ragione, oggi, dovrebbe essere diverso? Quale cambiamento epocale sarebbe mai avvenuto nei rituali lamaisti per far s che i metodi tradizionali siano stati abiurati o quantomeno modificati? Chi pu garantircelo? Ad oggi, non sono pervenute notizie di cambiamenti in questo senso, anzi, casomai abbiamo recentemente assistito a sanguinosissime dimostrazioni dellesatto contrario. Serve, piuttosto, una seria riflessione, perch non bisogna fare confusione nel valutare. Come gi detto, la fratellanza universale e il raggiungimento della pace attraverso lamore per il prossimo mediante il sacrificio di se stessi a favore degli altri, sono valori cristiani, non lamaisti. Il dato di fatto che al Dalai non appartengono n la nostra cultura, n i nostri valori morali, n, tantomeno, quelli etici o religiosi. Vorrei che riuscissimo quantomeno a dubitare ed a porci delle domande. Quando pensiamo a quei monaci non violenti, perch siamo ingannati dallimmaginario consolidato e collettivo, dai film, dai racconti e dalle novelle che vengono propagate sin dagli anni della guerra fredda e che continuano ad essere diffuse ancora oggi, persino in modo subliminale, attraverso apparentemente innocenti spot pubblicitari112, oppure no? Prima di dare una qualsiasi risposta, bene non dimenticare il fatto che i non cristiani, quando per convenienza devono farsi comprendere dalloccidente che prevalentemente cristiano, adottano linguaggi ed atteggiamenti di matrice cristiana (la fratellanza, lamore universale, il perdono). Lo fanno solo per poter comunicare, perch di fondo non ci credono, oppure no? Due persone, infatti, si comprendono solo se parlano la stessa lingua e non affatto da escludere che il Dalai abbia deciso di parlare la nostra, anche se non gli appartiene, per tornaconto. E giusto ingannare lopinione pubblica? E legittimo contaminare irreversibilmente la cultura della gente, spacciando un regime per pacifico e democratico senza il minimo conforto storico, anzi, contro le prove dellinverso? E giusto sponsorizzare un sistema che ancora oggi dimostra di essere violento, sopraffattore e anacronistico, solo perch si pensa che questo serva da piede di porco per scardinare il forziere Cina? E assolutamente certo che il Dalai sia figlio della cultura tibetana, ma assolutamente incerto perch non ne abbiamo la bench minima prova che egli ed i suoi seguaci siano intenzionati a rinnegare gli aspetti di intolleranza e fondamentalismo violento, tipici della loro cultura. Purtroppo, abbiamo semmai le evidenze storiche dellesatto contrario, specialmente le pi recenti e quelle che avete letto sin qui.
112 Vedi la pubblicit delle auto Lancia con testimonial Richard Gere ed il videoclip I love the world (Bundiada) di Discovery Channel.

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Col senno di poi, mi viene da dire che sia stato un grave danno, per le autorit cinesi, non essere riusciti ad impedire che il Dalai ed il suo entourage fuggissero in India. Secondo me, se ci fossero riusciti e se li avessero messi addirittura in condizione di poter agire liberamente, il lamaismo si sarebbe condannato con le proprie mani. La conseguenza di oggi che il Dalai non si esprime in libert nel proprio ambiente naturale e quindi pu ben far finta di essere quello che non : un lupo in gabbia non pu azzannare le pecore, ma non per questo mansueto. E mia precisa opinione che il governo cinese, non essendo stato capace di trattenerli, sia stato privato della possibilit di fare s che il lamaismo, con le sue azioni genuine e con la naturale perpetrazione del proprio metodo storico, svelasse al mondo il proprio carattere violento, intollerante e sopraffattore e che pertanto finisse per essere doverosamente bandito dalla comunit internazionale, senza colpo ferire e senza che il governo di Pechino avesse dovuto essere accusato di alcuna responsabilit. Adesso, come sperare di riuscire a dimostrare la pericolosit di un leone tenendolo incatenato. Al contrario, un leone incatenato innocuo ed ispira persino compassione. Per capire davvero la minaccia che rappresenti un leone, bisogna lasciarlo libero di agire finch, prima o poi, non assale una vittima e la sbrana, com normale che sia, per la sua natura di animale predatore. Per, in riferimento a quanto ho appena sostenuto, si pone allora un serio dilemma, al quale resta molto difficile dare una risposta equilibrata: meglio aspettare che un criminale commetta un delitto per poterlo poi legittimamente arrestare, oppure preferibile gi sapendo che razza di malfattore egli sia - metterlo da subito in condizione di non nuocere, magari anche arbitrariamente, prima ancora che possa far male a qualcuno? Se vero che incarcerare precauzionalmente un possibile delinquente per impedirgli di nuocere pu essere un atto contrario ai diritti umani, perch non dovrebbe essere altrettanto lesivo della libert umana quello di mettere a repentaglio lincolumit di molte pi persone consentendo ad un potenziale criminale di scorrazzare liberamente? Francamente parlando, se valido il primo concetto a maggior ragione deve essere valido anche il secondo, salvo non scadere in una discriminazione che saprebbe molto di losca politica e molto poco di vera tutela dei diritti umani. In qualsiasi organizzazione sociale degna di tale nome, infatti, gli interessi del singolo non devono mai prevalere su quelli della collettivit, specie se trattasi di interessi che attentano allincolumit materiale o morale delle persone. La stragrande maggioranza dellopinione pubblica occidentale, non conosce la storia dei Tibet e non sa che cosera il Tibet prima del 1949. Divertitevi a chiedere a vostri amici e conoscenti, meglio se acculturati, e vedrete. Tranne non incappiate in un vero esperto delle civilt orientali, vedrete che nessuno sa della schiavit, n della teocrazia. Per cui, il gioco facile: sul Tibet si pu raccontare di tutto e lopinione pubblica lo prender sempre per buono in quanto pochissimi sanno come stessero davvero le cose. Addirittura in tanti tra quelli che nel Marzo 2008 hanno vigorosamente protestato sotto le ambasciate cinesi, teneramente avvolti in bandiere e foulard tibetani, ignoravano persino dove fosse il Tibet, come molte interviste televisive hanno dimostrato. Quindi, almeno voi, non fatevi pi prendere in giro, da ora in poi. A questo punto, necessario un parallelo esplicativo con la Chiesa romana. Nel corso dei secoli, specialmente in epoca medioevale e rinascimentale, la Chiesa di Roma, essendo un potere autonomo senza controllo superiore, si esprimeva liberamente.

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Si rendeva, cos, responsabile di fatti che sarebbero poi risultati essere nientaltro che orrende atrocit, come linquisizione e la conversione forzata e violenta dei popoli esotici conquistati dalle imperiali potenze cattoliche di allora. Poi, a seguito degli eventi storici ai quali ho precedentemente accennato e che portarono alla caduta dello Stato Pontificio, con il conseguente annullamento, almeno formale, del potere temporale dei Papi, le notizie di tali infamie si ridussero di molto. Ci avvenne perch le nefandezze si erano davvero ridotte in numero o forse solo perch non venivano pi commesse alla luce del sole come prima, essenzialmente per vergogna verso unopinione pubblica che, nel frattempo, aveva acquistato una maggiore coscienza critica grazie alla progressiva diffusione dellistruzione e, quindi, della cultura. In epoca moderna, grazie allopera progressiva di azzeramento del filtro culturale delle masse, la Chiesa Cattolica man mano tornata ad essere sempre pi libera da imposizioni, arrivando addirittura a condizionare essa stessa loperato dei governi dei paesi che la riconoscono e non viceversa. Per, grazie a Dio (!) la struttura della Chiesa di Roma ha una falla: riesce molto male a tenersi al passo con i tempi113. Oggi nel mondo c un mezzo che in antichit non esisteva e contro il quale la Chiesa Cattolica sembra non avere ancora messo a punto un antidoto efficace: linformazione diffusa attraverso i media. Questo preziosissimo e pericolosissimo strumento, quando riesce a non farsi imbavagliare, ci consente di conoscere quello che succede. E stato cos che abbiamo potuto sapere della tragedia degli Inuit, dello scandalo dello IOR, di Marcinkus, dei sacerdoti pedofili e di come la Chiesa di Roma abbia spesso operato non solo per occultare questi ed altri delitti, ma, soprattutto, per continuare a perpetrarli, al punto di indurci a ritenere che li considerino, probabilmente, un mezzo per il mantenimento del potere. Questo per dire che, al di l della sacrosanta indipendenza alla quale tutti i popoli di questo mondo hanno diritto, sarebbe interessante sapere quale sia il tipo di regime che il Dalai intenda instaurare in Tibet qualora tornasse al Potala Palace. Al momento, non ce lha ancora detto, ma la cosa pi drammatica che nemmeno lo si pu immaginare. Infatti, come si fa, di solito, a prevedere il modo in cui evolver una cosa? Scientificamente, ci si basa sulle esperienze precedenti definendone gli indici e si prevede quel che accadr facendo una comparazione tra gli indici, appunto, delle esperienze pregresse e quelli che preludono al fenomeno imminente. Quindi, se per il Tibet si pensa ad un metodo amministrativo nuovo, magari persino di stampo occidental-democratico e quindi scollato dalla tradizione lamaista, non abbiamo, purtroppo, alcun indice precedente da analizzare per fare alcuna previsione. Abbiamo, casomai, la prova esattamente opposta, perch qui di prove si tratta, non di opinioni. Pocanzi vi ho parlato del documentario dellemittente francese France 24 sulla condizione degli adepti del credo Shugden. Curiosamente, su YouTube presente un altro documentario, stavolta tratto da Al Jazeera, che ha praticamente le stesse identiche sequenze di quello di France 24, tranne alcune scene, al punto da chiedersi di chi sia la vera paternit di quel servizio.

113 Si pensi che la Congregazione Generale dei Gesuiti (Compagnia di Ges), i cui orientamenti, di fatto, governano la dottrina della Chiesa cattolica ancor pi delle encicliche papali, si riunita solo 35 volte in 452 anni, dal 1558 ad oggi.

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Potete vederlo collegandovi al link indicato in nota114. Secondo me probabile che, come si usa oggi, il servizio sia stato girato in realt da unimpresa cosiddetta freelance che lha venduto ad entrambi, i quali lhanno poi montato, ognuno, secondo la propria discrezione. Ma poco importa. Nella versione di Al Jazeera, al minuto 5 e 5 secondi, il giornalista chiede al Sig. Tsultrim Tenzin 115 che un MP, ovvero un membro del parlamento tibetano in esilio (volontario), se avessero mai dibattuto - in parlamento - la questione Shudgen. Lintervistato, d una risposta a dir poco scioccante: No, perch non ce stato nessun litigio, nessuna contestazione. Se ci fosse stata unopposizione, ne avremmo dibattuto, ma sapevamo di essere gi tutti daccordo. Non abbiamo nessuna ragione per dubitare delle decisioni del Dalai Lama. Noi non lo consideriamo come un essere umano. Lui un essere soprannaturale. Lui Dio e non pensa mai per se stesso, ma solo per gli altri [] il nostro sistema completamente democratico, tutti sono soddisfatti perch ognuno pu esprimersi liberamente. S, salvo non contraddire linfallibilit dellUomo Dio, dico io. Questi devoti del Dalai, sono talmente candidi sullespressione del loro profondo credo, da non rendersi assolutamente conto di quanto sia pazzesca, al giorno doggi, unaffermazione del genere. Se da un lato si tratta di un atto di fede ammirevole, dallaltro terribile solo pensare che possa esistere un parlamento del genere. Sempre nella versione di Al Jazeera, subito dopo lintervista che ci ha cos bene illuminati sulla caratteristica di assoluta democraticit del parlamento tibetano in esilio (volontario), al minuto 6 e 5 secondi ce n unaltra, ancor pi raccapricciante, a colui che stato primo ministro del governo tibetano in esilio (volontario) sino al 27 aprile 2011, tale Samdhong Rinpoche116, che all'epoca dell'intervista era ancora ben in carica. Lintervistatore gli mostra uno di quei cartelli, apposti allingresso di tutti i negozi di Dharmasala 117 , che vieta lingresso ai praticanti Shugden. Il primo ministro, che trasuda fastidio da tutti i pori, prende il cartello, lo legge e commenta: E vero (poi legge dal cartello): Coloro che non si sono dissociati dalla perpetrazione (del culto) dello spirito (Shudgen), sono cortesemente pregati di non entrare in questo negozio E molto chiaro e quindi perch loro dovrebbero entrare in quel negozio?! E ingiusto per la controparte Molti praticanti Shudgen stanno diventando terroristi e sono capaci di uccidere chiunque sono capaci di picchiare chiunque. E molto chiaro che adesso la gente seguace di Shudgen molto vicina al governo della Repubblica Popolare Cinese. Questo evidente.. Gi: Perch loro dovrebbero entrare in quel negozio?!. Allucinante. C da chiedersi in quale misura le dichiarazioni di questo signore siano frutto di un principio di Alzheimer (ma allora perch era nientemeno che primo ministro?!) e quanto, invece, siano la gelida rappresentazione della verit. Se a farle fosse stato un membro del parlamento Svedese, sicuramente si sarebbe trattato di demenza senile, ma datosi che si tratta di un Lama tibetano, la risposta assolutamente coerente con quella del Sig. Tsultrim Tenzin e, anzi, sarebbe stato sorprendente il contrario. Luna risposta conforta laltra e la completa. Questo il quadro. Questo il modo migliore per capire che cosa sia, in realt, il lamaismo e come esso intenda amministrare il proprio regno.

Vedi: http://www.youtube.com/watch?v=KqON2lxArek Vedi: http://www.tpprc.org/dhotoe.html 116 Il termine rinpoche in tibetano significa il prezioso ed praticamente il titolo onorifico riservato ai Lama reincarnati. 117 Cittadina nel nord dellIndia, situata nel distretto di Kangra, il cui nome pu anche apparire scritto come Dharmashala, o Dharamshala,, o Dharamsala.
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Ecco, i tibetani martoriati e martirizzati dalla feroce oppressione cinese, possono dunque stare tranquilli: se torna il Dalai, avranno un bel parlamento democratico, ma cos democratico che nessuno dei suoi membri si sogner mai neppure di mettere in dubbio le parole ed il volere del Dio Uomo infallibile. Ora, miei cari e sbigottiti lettori, voi che avete sempre creduto (non per colpa vostra, ma perch ve lhanno fatto credere) che il Dalai Lama sia un povero fraticello scalzo ed ignudo, simbolo di pace, un agnellino sacrificale vittima della feroce repressione dei comunisti cinesi, sar bene che vi diate la sveglia prima che finiscano di anestetizzarvi il cervello del tutto: quelle interviste sono vere e non sono certamente frutto della propaganda cinese. Quelle interviste sono la diretta della situazione. Quelle telecamere vi hanno portato a Dharmasala a vedere come stanno davvero le cose. Quelle telecamere vi hanno fatto ascoltare la vera voce ed i veri pensieri dei tibetani in esilio e adesso capite perch metto sempre laggettivo volontario di seguito alla parola esilio. Quelle telecamere vi hanno dimostrato che la democrazia un concetto assolutamente sconosciuto al lamaismo. Quelle telecamere vi hanno fatto capire che tutto quello che vi ho sinora raccontato solo la triste ed amara verit. I media occidentali, anche se ne parlano poco, quando lo fanno ci presentano il governo tibetano in esilio (volontario) di Dharmasala come un fulgido esempio di democrazia. Dopo quello che avete appreso, certamente vorreste chiedere una perizia psichiatrica per chi sostiene queste argomentazioni, visto che di fronte a tali evidenze anche lessere prezzolati o faziosi non una posizione sostenibile senza rischiare di essere presi per imbecilli avendo detto che quello di Dharmasala un parlamento democratico. E davvero possibile, nel 2010, anche solo a pensare che possa esistere un parlamento che si definisce democratico e che, allo stesso tempo, decide i destini della propria gente non osando mettere in dubbio le decisioni del Dalai Lama perch il Dalai Lama Dio? Ma tutto questo, se ci pensiamo bene, normale. Il Dalai Lama, cos come il Papa dei cattolici e le alte cariche islamiche o dell'ebraismo, un'autorit religiosa che basa l'efficacia del suo operato sulla teocrazia e questo un fatto inevitabile, per stessa definizione del ruolo. Invece, siccome l'et moderna sventola il vessillo della democrazia come modello di vita sociale e politica da adottare per tutte le popolazioni del mondo, ecco che, giocoforza, i capi religiosi come il Dalai Lama e gli altri summenzionati, devono obbligatoriamente mostrarsi in qualche modo democratici per poter continuare ad avere l'appoggio della comunit internazionale e non rischiare di essere messi al bando come dittatori teocratici fuori dal tempo e dalla logica. Purtroppo per loro (ma essenzialmente per i loro sudditi) la democrazia in senso reale intesa, un vestito che non si adatta affatto all'esercizio del potere assoluto temporale e religioso e, come ogni vestito che va stretto, spesso si strappa e finisce per mostrare le nudit sottostanti che si vorrebbe restassero nascoste. E' semplicemente ridicolo che la massima autorit religiosa, specie se ritenuta "infallibile" e "dio vivente" come il Dalai, demandi davvero le decisioni politiche e religiose ad un parlamento, cos come non ha alcun senso che un parlamento che riconosce il Dalai come essere soprannaturale (Uomo Dio) ne possa contraddire o persino semplicemente mettere in discussione le decisioni. Nellintervista che compare nel filmato di YouTube (che spero abbiate gi visto) il Sig. Tenzin, esperto veterano del parlamento tibetano in esilio, spiega anche fin troppo ingenuamente quale siano il vero ruolo e la vera influenza del Dalai Lama nelle decisioni politiche.

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Tsultrim Tenzin lascia quindi ben comprendere come il loro parlamento sia in realt un organo virtuale che non fa altro che ratificare le decisioni del Dalai Lama, alle quali non si oppone mai, visto che ci impedito dalla loro vigente costituzione (vedi Capitolo XV), ma soprattutto perch il Dalai da loro stessi considerato essere soprannaturale ed infallibile in quanto tale. Dunque, prima di fare presagi sul futuro di un Tibet indipendente in mano e per mano del Dalai, dovremo chiederci, soprattutto, come potrebbe mai accadere alcuna innovazione a cura di chi non ha mai praticato, ma soprattutto non ha mai dimostrato di voler praticare, tantomeno oggi, alcun altro metodo se non il proprio. Molto pi verosimile pensare ad una restaurazione del regime precedente. Non ci sono e non ci sono mai state notizie storiche di democrazia in Tibet. Per contro, la Cina piena di monaci tibetani che circolano liberamente. Tutti i santuari buddisti cinesi, tibetani e non, ne ospitano spesso alcuni, perch quelli che non fanno ricorso alla violenza compassionevole sono affascinanti predicatori. La religiosit di per s, non affatto proibita in Cina. E osteggiata, di sicuro, lorganizzazione religiosa che si arroghi potere temporale, o che interferisca a livello politico, o la cui dottrina destabilizzi lordine pubblico, ma non la fede religiosa in quanto tale. E pur vero che nel periodo della rivoluzione culturale (1967-1977 ca.) ci fu la proibizione totale del culto religioso, ma non solo in Tibet: in tutta la Cina. I monasteri tibetani (e gli altri luoghi di culto) furono chiusi ed i monaci furono rimandati presso le proprie famiglie di origine ad eseguire compiti socialmente produttivi, come i lavori agricoli. Non affatto vero che tutti i templi furono rasi al suolo, anche se le Guardie Rosse (giovani intellettuali tibetani) distrussero molti oggetti e luoghi di culto. Allorch la situazione si fece caotica, lesercito assunse il controllo per ripristinare lordine sociale. Il governo cinese fece pubblica ammissione degli errori perpetrati in quel periodo e finanzi il restauro di tutto il patrimonio religioso tibetano danneggiato. I monaci tornarono nei monasteri. Circa duemila lamasserie (i monasteri del Lama) furono restaurati e resi nuovamente operativi. Oggi, in Cina ci sono luoghi di culto dappertutto, di qualsiasi religione. Ovunque ci sono templi buddisti e taoisti. Chiese cristiane, moschee e sinagoghe si trovano in ogni grande citt e, se la comunit locale lo richiede, anche nei piccoli centri. Basti pensare proprio al Tempio dei Lama di Pechino, che il pi famoso tempio buddista della capitale ed uno dei pi grandi complessi sacri di tutta la Cina. Mi rivolgo ad eventuali lettori esterrefatti: s, signori miei, in Cina si prega tutti i giorni, ovunque. Non fatevi prendere per il bavero. Gli oltre venti milioni di mussulmani che sono in Cina non sono tutti nei campi di rieducazione come vuol farci credere certa stampa occidentale (fatta eccezione per i seguaci di Al Qaeda e gli assassini di Urumqi sinora messi in condizione di non pi nuocere). Per quanto riguarda la cristianit, in Cina oggi ci sono oltre 16 milioni di fedeli, 55.000 chiese e 36.000 missionari118. So perfettamente che definire il lamaismo un regime "dispotico e spietato" crea scandalo, perch va contro un immaginario collettivo arciconsolidato: un po come dire che Babbo Natale pedofilo. Sta di fatto, per, che la via della verit sempre stata lastricata di scandali, da Ges Cristo in poi. Lopinione pubblica occidentale vede il Dalai come un martire, come una figura sacra e casta, come un angelico simbolo di pace, quando la cosa , invece, quantomeno degna di pi ampia e seria discussione: egli appare al mondo come un santo vivente, essendo stato persino appellato Sua Santit, ma i fatti storici, se presi in seria considerazione, conducono a ritenere lesatto opposto.

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Vedi: http://www.ilgiornale.it del 09.11.2010 TexadeBooks Edizioni - Tutti i diritti sono riservati - Rev. 15.03.2012 che annulla e sostituisce le precedenti.

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Lo stesso governo di Pechino, ben consapevole di quanto limmacolata effigie del Dalai sia oramai radicata nell'immaginario collettivo mondiale grazie a una tremenda ed incessante propaganda di stampo hollywoodiano, fa ben poco, o quasi nulla, per divulgare altre verit, forse nel timore di attirarsi maggiori inimicizie e limitandosi, di fatto, a tenere lontani i curiosi o, pi verosimilmente, per puro e semplice disinteresse. Purtroppo, in questo senso Pechino non ha tutti i torti: pericolosissimo sradicare una credenza consolidata, anche se fondata sul nulla o, come in questo caso, sullimpostura. Della straordinaria utilit di questo efficace quanto immorale principio, ne sa qualcosa, tanto per cambiare, la stessa Chiesa cattolica. Dopo la legittimazione costantiniana (III secolo D.C.), per non scontentare la plebe ed evitare sommosse, la chiesa di Roma ai cui vescovi Costantino concesse la facolt di legiferare non abol le feste pagane, che rimasero al loro posto nel calendario. Ne fu cambiato solo il nome e lo fecero in modo talmente spudorato da spostare persino la data del Natale di Ges al 25 Dicembre 119 . Perch? Perch secondo la tradizione romana il 25 Dicembre era gi unimportantissima festa pagana, dove si celebravano la nascita del Sole e del dio Mitra. Abolirla avrebbe provocato un crollo di popolarit, se non addirittura una rivolta. Nulla di nuovo sotto il sole, appunto. Allora, come sosteneva Gustave Le Bon120 nella sua opera Psicologia delle folle, parlando degli uomini di potere e della loro capacit di mentire contro levidenza:

Quando si tratta di far penetrare idee e credenze nello spirito delle folle, i metodi sono: l'affermazione, la ripetizione, il contagio []. Pi l'affermazione concisa e sprovvista di possibilit di riscontro, pi essa ha autorit: i libri religiosi e i codici di tutte le epoche hanno sempre proceduto per semplice affermazione []. Ben si comprende l'influenza della ripetizione sulle folle, vedendo quale potere essa esercita sugli spiriti pi illuminati. La cosa ripetuta finisce difatti Gustave Le Bon per attecchire in quelle regioni profonde dell'inconscio in cui si elaborano i motivi delle nostre azioni. In capo a qualche tempo, dimenticando qual' l'autore della affermazione ripetuta, finiamo per credervi. In tal modo si spiega la forza mirabile dell'annunzio..

119 Al momento in cui intervenne la variazione, il natale di Ges, che nelle chiese proto-cristiane si celebrava addirittura in Luglio (!), si festeggiava il 6 Gennaio. La Chiesa Ortodossa dOriente, infatti, continua a rispettare la data che i cattolici romani hanno, invece, ipocritamente attribuito allEpifania per mantenere la festivit pagana del dio del sole. 120 Nato a Nogent-le-Rotrou il 7 maggio 1841, lo psicologo sociale Gustave Le Bon noto particolarmente per la sua opera "La psicologia delle folle" nella quale indaga il comportamento delle masse, entrate allora prepotentemente tra gli attori della storia con gli sviluppi dell'industrializzazione e dell'urbanizzazione.

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Con tutto che quando Le Bon scrisse queste cose, il mondo non aveva ancora conosciuto la tremenda potenza condizionatrice di mezzi dinformazione come la televisione ed il cinema. I cinesi, mediante una mirabile sintesi di ugual valenza, dicono: Tre uomini fanno una tigre. Infatti, se vedeste un uomo darsi alla fuga gridando: Aiuto! Ce una tigre! voi potreste anche solo incuriosirvi e nulla pi, ma vedendone anche un secondo scappare urlando spaventato allo stesso modo, inizierebbero a sorgervi quantomeno dei dubbi. Se addirittura ne vedeste un terzo fuggire come i primi due beh, certo che anche voi ve la dareste a gambe. Vedremo che cosa ci dir la storia. Limportante non rendersi mai complici di delitti, soprattutto quando vengano vergognosamente compiuti col pretesto della libert.

(INDICE)

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SULPRESUNTOGENOCIDIO,HARAGIONEILDALAIONO?
(appendicediapprofondimento)

Visto che lo scopo di questo libro accertare per quanto possibile come siano davvero andate le cose e considerato che le informazioni storiche sono abbastanza confuse e contraddittorie, gli unici dati ai quali possiamo riferirci, con un minimo di fiducia, per tentareunaricostruzioneattendibile,sonoinumeridiffusidagliorganismiinternazionali.

Anche se di fesserie, nella loro storia, ne hanno sparate parecchie, stavolta non dubitiamo dellOMSedellaBancaMondiale.PerstabilireseilDalaiabbiaragioneinmeritoalnumero di tibetani che, secondo lui, sarebbero stati sterminati dal genocidio cinese, non ci resta che operare una dimostrazione per assurdo (non in senso letterale, ma scientifico, come si dice in geometria razionale) partendo dal postulato che quanto sostiene Lhamo Dndrub sulnumerodellepersoneuccise,siavero.

Cosa dice il Dalai? Il Dalai, fondamentalmente, dice tre cose: 1) i tibetani nel 1949 erano 1,2 milioni di persone; 2) i cinesi ne hanno uccisi oltre un milione dal 1949 al 1959; 3) i tibetani oggi sono circa 3 milioni. Cosa dicono i dati dellOMS e dalla Banca Mondiale? Concordano con quanto sostiene il Dalai e cio sul fatto che la popolazione odierna di tibetaniautoctonisiadi3milionicirca.Partendodaldatoinizialechiaroatuttidi1,2milioni di individui e sottraendo gli 1,0 milioni di persone uccise come sostiene il Dalai, ne conseguecheilnumerodeitibetanisuperstitinel1960avrebbedovutoessereugualea0,2 milioni.Mettiamochecisiavero.

Aquestopuntodovremmoadottareunaformulastatisticaseria,diquellechesiusanoper calcolare le potenzialit di incremento demografico. Tali formule devono tener conto dellet delle persone, del loro sesso, del loro stato di salute, del loro reddito (ovvero della disponibilit di risorse necessarie ad una corretta sopravvivenza), delle condizioni culturali edambientaliedituttaunaseriedialtrevariabiliincidentiche,seapplicateadunabasedi 0,2 milioni di individui in un posto come il Tibet del 1959, ridurrebbero il numero delle coppie fertili ad una cifra ridicola e quindi potremmo andare gi tutti a casa, spernacchiandosonoramenteilDalai.

Per abbiamo detto che per rispetto non vogliamo spernacchiare sonoramente Lhamo Sua Santit Oceano di Saggezza e Difensore della Fede Dndrub, quindi diamo per assunto che gli 0,2 milioni di superstiti siano maschi e femmine esattamente al 50%, tutti sani, tutti eterosessuali, tutti sposati gi a sedici anni di et e tutti fertili. Abbiamo quindi 0,1milioni(100.000)coppieditibetaniingradodiprocreare.Unaltraseriedipostulatiche dobbiamo enunciare per ridurre al minimo il rischio di essere costretti a spernacchiare sonoramenteSuaSantitOceanodiSaggezza,chenelperiododal1959adoggi:

1. nessunosiamaimorto; 2. ogni donna tibetana, dalla nascita in poi, abbia sempre avuto almeno due figli ogni 16anni; 3. tutte le coppie, indistintamente, abbiano sempre avuto almeno due gemelli eterozigotidisessoopposto:unmaschioeunafemmina; 4. le100.000coppieinizialiabbianoavuto6figliciascuna,3maschipi3femmine,ed abbianomantenutolafertilitfinoai61annidiet.

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Fattetalipremesse,passiamoaicalcoliveriepropri:

Periodo
(intervallodi16 anni)

Popolazione iniziale

Coppiefertili

Individui procreati

19591975 19751991 19912007

200.000 100.000 200.000 400.000 200.000 400.000 800.000 400.000 800.000 DifferenzacoldatoOMSodiernodi3.000.000:

Popolazione totaleafine intervallo 400.000 800.000 1.600.000 1.400.000

Vedete bene che non ci siamo, neanche lontanamente. Oltretutto, tenendo conto delle palesi assurdit di premessa che ho usato nel fare il calcolo, se quanto sostiene il Dalai fosse vero i tibetani oggi dovrebbero essersi gi estinti come il Dodo121. Salvo non si vogliano mettere in discussione i dati demografici dellOMS, della Banca Mondiale e dello stesso Dalai, c solo una spiegazione: quello che afferma il Dalai in merito al genocidio falsoedharagionePatrickFrenchquandodicecheinumerisonostatitruccati.

Ma c un fatto ancor pi attendibile: il dato ufficiale delle Nazioni Unite122. Questo indica nell1,71% il tasso di crescita medio asiatico annuo dal 1960 ad oggi (2010). Quindi, se la popolazione tibetana odierna ha raggiunto la cifra di 3 milioni e se vero il predetto coefficiente dellONU, matematicamente significa che si partiti da una base di esattamente1,21,3milioniindividuinel1960.

Il tutto senza considerare che, per onest, bisognerebbe applicare un doveroso sconto a questo tasso, datosi che al tempo in Tibet non esistevano le condizioni di prosperit che cerano in altri stati asiatici. Verosimilmente, quindi, se come vero il tasso di crescita iniziale della popolazione tibetana stato inferiore all1,71%, altrettanto evidente che andato progressivamente aumentando, addirittura superando la media asiatica. Ricordo chelaumentodeltasso dicrescitadiqualsiasispecieanimale,umanaononcheessasia, strettamentelegatoalloggettivomiglioramentodellecondizionidivita.

Non possiamo ovviamente negare che il conflitto del 1959 abbia causato la morte di molte persone (quantomeno di quelle che hanno combattuto), ma neanche possiamo ammettere che siano state oltre un milione, come dice linteressato Dalai. E purtroppo naturale che in una guerra ci siano dei morti, per da qui a dire che si trattatodiungenocidio,cenecorreecivuoledavverouna bellafacciadicartapestapersostenerlo.

Mi dispiace disilludere, ma i numeri non ammettono interpretazioni politiche o filosofiche: i numeri possono solo essere alterati e, purtroppo per coloro che sicuramente sono in buona fede, quello di sommarli anzich farne la media unespedientechefunzionasolofinoaquandononvienescoperto. (INDICE)
Gallinaceo delle isole Mauritius, famoso per la sua docilit, estinto dai colonizzatori olandesi e portoghesi chelocacciaronoindiscriminatamente.Oggiunodeisimbolidellespecieanimaliinpericolodiestinzione. 122 cfr.:http://economistiinvisibili.splinder.com/post/22251368/Crescita+demografica+e+sviluppo

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Fonti Internet
http://www.wikipedia.org/ http://en.wikipedia.org http://it.wikipedia.org http://www.storiain.net http://articles.latimes.com http://depts.washington.edu https://www.oldworldauctions.com http://www.shapero.com http://pakalert.wordpress.com http://www.cnj.it http://ninglundecember.files.wordpress.com http://www.gio.gov.tw http://wapedia.mobi http://www.nytimes.com http://wxre.splinder.com http://www2.chiesacattolica.it http://www.sim.org http://www.db.ofmcap.org http://findarticles.com http://www.westernshugdensociety.org http://i46.tinypic.com http://www.ilsecoloxix.it http://www.youtube.com http://www.globalresearch.ca http://towardfreedom.com http://www.freetibet.org http://www.eturbonews.com http://news.bbc.co.uk http://www.tibetjustice.org http://www.gianfrancobertagni.it http://factandtruth.wordpress.com http://memoria.comune.rimini.it http://web.archive.org http://it.movies.yahoo.com http://www.japantoday.com http://www.focus.de http://www.osservatoriosullalegalita.org http://economistiinvisibili.splinder.com http://www.humanrights.cn http://www.thelongridersguild.com http://books.google.it http://www.experiencefestival.com http://www.thelmagazine.com http://www.tpprc.org http://www.ilgiornale.it

http://www.servat.unibe.ch/icl/t100000_.html http://www.corriere.it

Fonti Bibliografiche ed Altre Fonti


Tibet, Tibetdi P. French ed Albin Michel, Editrice Harper 2003; La libert nellesilio, di Lhamo Dndrub (il 14 Dalai Lama), Sperling & Kupfer Editori, 1998; I Grandi Misteri del Nazismo, di Pierluigi Tombetti, Editrice Sugarco; The Snow Lion and the Dragon China, Tibet and the Dalai Lama di Melvyn Goldstein, Berkeley, University of California Press, 1997; "America Foreign Policy and The Cold War (1962), Herbert Aptheker, 1977, Krauss Reprint Millwood, N.Y.; National Geographic (TV); Discovery Channel (TV); France 24 (TV); Al Jazeera (TV); Imagining Tibet: perceptions, projections, & fantasies di Thierry Dodin ed Heinz Rther, Wisdom Publications 2001; Webster Griffin Tarpley (Pittsfield, Massachusetts, 1946).

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Tibetlibero=Tibetseparatista?
Questoilpuntocheloperatentadichiarire. Per lautore, non v il minimo dubbio: il Tibet una provincia cinese da tempi immemorabili e quindi si tratta di separatismo. Documenti e testimonianze non mancano e tutto ci che viene citato, specialmente sulla presunta ipocrisia del Dalai Lama e sul conseguente carattere apologetico dellesaltazione della sua figura,riconducefavorevolmenteataletesi. Tuttavia, sin dalle prime righe, viene lasciata al lettoreampiafacoltdivalutazione. Lautore, mediante la citazione di fatti odierni e documentistoricichecommenta,vuolegiungere alla dimostrazione che laristocrazia teocratica tibetana, che dal 1949 al 1958 fu progressivamentespogliatadeipropriprivilegidi casta fino ad essere spodestata, stia propagandando il falso storico dellindipendenza delTibetcolsolofinediriprendersiilpotere. Inoltre egli sostiene che, parallelamente, il fenomeno sia tuttoggi sfruttato dalle potenze occidentali le quali, col pretesto di supportare la causa tibetana, in realt perseguono tuttaltro fine, cio quello dello smembramento della Cina continuazione delloriginale piano di conquista

LarivoltadeiBoxer(1901)

La foto ritrae un gruppo di ribelli della rivolta dei Boxer,prigionieridelletruppeUSA,appartenentialla "Societ dei Pugni Giusti e Armoniosi", che erano appunto chiamati semplicemente "Boxer" dagli occidentali per via della loro pratica nelle arti marziali. Linsurrezione scoppi a seguito della stipula dei trattati iniqui, o trattati ineguali, che sancivano lingerenza straniera in Cina ai fini della suaspartizionetralesuperpotenzediallora(Europa, Russia, USA e Giappone), sotto lo sguardo connivente della dinastia Qing con a capo Cixi, la terribile Imperatrice Vedova, Regina Madre al tempo dellultimo imperatore Pu Yi(v. omonimo film diBertolucci).

per spartirsene le ricchezze, quale naturale britannicodiepocavittoriana. Daltronde, pur vero che stato lo stesso Dalai Lama a dichiarare, anche abbastanza recentemente, che lOccidente si interessato alla causa del Tibet solo per usarlo come arma tatticacontrolaCina. Dovunque stia la verit, un fatto certo: se da un lato doveroso che qualunque etnia del mondoabbialasacrosantafacoltdirivendicareautonomiaedindipendenza,dallaltrolacomunit internazionale dovrebbe usare ogni mezzo per impedire che questo nobile diritto sia vilmente strumentalizzatoafini dipotereda un monarcaassoluto,fuoridaltempoe dallalogica,supportato da appena un centinaio di migliaia di persone che vengono abusivamente ed impunemente spacciateperportavocediuninteropopolo.

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