differenziali rispetto al delitto di false informazioni al pubblico ministero. Gaetano Insolera. C.S.M. - Incontro di studio Le indagini difensive- Roma 4 febbraio 2004.
1.Il tema Il riferimento al bene giuridico indirizza anzitutto la nostra attenzione verso la funzione dogmatico- interpretativa del concetto. Prospettiva essenziale per la ricostruzione ed interpretazione delle norme penali. A questo proposito noto come, da tempo, la letteratura pi attenta 1 abbia colto i rischi insiti in una definizione aprioristica dell'oggetto della tutela. Il pericolo maggiore quello di svolgere un'operazione ideologica nella quale il singolo interprete sovrappone ad un dato normativo la propria prospettiva teleologica, fino ad individuare la protezione di beni giuridici in norme che in realt possono addirittura prescinderne. Il problema si aggrava inoltre in presenza di una legislazione penale la quale, anche se, come nel caso nostro, ha trovato sistemazione tra gli articoli originari del codice posti a tutela del bene giuridico amministrazione della giustizia, stata tuttavia il prodotto di imponenti modificazioni, per successive stratificazioni, proprio del "luogo" - il processo penale - nel quale quell'interesse, del tutto generico, troverebbe realizzazione. In queste riflessioni solo marginalmente trover invece spazio l'altra funzione del bene giuridico cd. metasistemica pertinente quindi alla sua capacit di legittimare e giustificare le scelte della politica criminale.
1 Di recente, con chiarezza, Fiandaca-Di Chiara, Una introduzione al sistema penale, Napoli- Jovene, 2003, 109 ss . 1 Breve: penso che la possibilit, in sede conclusiva, di ipotizzare quale sia l'oggetto della tutela del reato previsto dall'art. 371 ter e, conseguentemente, se esso diverga o si identifichi da quello protetto dalla norma che lo precede, imponga di esaminare preventivamente accanto ai dati strutturali e ai rapporti sistematici delle due incriminazioni, il contesto storico e le ragioni di politica criminale che ne sorressero l'introduzione. Da notare infine come proprio l'identificazione del bene tutelato in funzione dogmatico-interpretativa, abbia conseguenze di notevole rilievo nella materia di cui mi occupo. Per quello che concerne l'art. 371ter essa influisce su temi centrali, quali, ad esempio, il concorso del difensore ovvero una sua eventuale qualifica pubblicistica. A proposito dell'art. 371bis, come si vedr, mi sembrano prevalere conseguenze, di non minore importanza, ma apprezzabili prevalentemente sul piano di una valutazione sistematica delle regole di formazione della prova.
2. Qualche utile ricordo Il campo dei reati contro l'amministrazione della giustizia, a seguito della entrata in vigore del codice di procedura penale del 1988, ha costituito oggetto di riflessione a proposito di una ridefinizione e pi adeguata articolazione dei beni tutelati. In questa direzione, ha avuto un ruolo importante la necessit di adeguare la sistematica codicistica alla innovativa fisionomia del processo penale 2 .
2 Pisa, La riforma dei reati contro lamministrazione della giustizia tra adeguamenti tecnici e nuove esigenze di tutela, in Riv. It. dir. proc. pen., 1992, 814 ss.; Padovani, Il nuovo codice di procedura penale e la riforma del codice penale, in Riv. It. dir. proc. pen., 1989, 922 ss.; Riforma del processo penale e profili di diritto sostanziale, in Ind. Pen., 1989, 337 ss. Ferrua, Il nuovo processo penale e la riforma del diritto penale sostanziale, in Studi sul processo penale, II, Anamorfosi del processo accusatorio, Torino-Giappichelli, 1992, 16 ss. Da segnalare il convegno I diversi modelli di tutela dell amministrazione della giustizia. Legislazioni penali a confronto. Universit di Genova 23-24 novembre 2001. 2 E in questo contesto che va anzitutto inserita la tormentata vicenda dell'art. 371-bis c.p. All'indomani dell'entrata in vigore del codice di procedura se ne propose l'introduzione (disegno di legge n. 5390, presentato alla Camera il 22 gennaio 1991), nell'ambito di adeguamenti tecnici indicati come indispensabili. Nella relazione alla proposta, la nuova incriminazione doveva tutelare le attivit di indagine del pubblico ministero non pi protette, nella loro estraneit al momento formativo della prova, dalla tradizionale fattispecie di falsa testimonianza resa all'autorit giudiziaria. Contemporaneamente la questione era affrontata, negli stessi termini, dalla Commissione per la riforma del codice penale presieduta da Antonio Pagliaro 3 che, nella relazione, individuava un'ulteriore ragione di tutela delle indagini preliminari nella loro influenza sulla decisione nel caso di riti speciali. L'introduzione del reato di false informazioni al p.m. (e alla polizia giudiziaria) era anche esplicitamente correlata alla necessit di delimitare la portata del favoreggiamento personale, che si voleva circoscrivere a due momenti essenziali della dinamica delle indagini preliminari: la necessit di ricorrere ad una misura coercitiva personale e la ricerca della prova. Si pens che un vuoto di tutela delle indagini preliminari potesse comportare il pericolo di un'ulteriore espansione della "onnivora figura" del favoreggiamento personale 4 .
3 Nel progetto Pagliaro era dedicato un titolo ai reati contro la giurisdizione. L'articolazione in cinque capi era ricalcata sul momento processuale a cui le incriminazioni si riferivano (capo 1: reati contro le indagini preliminari; capo 2: reati contro l'integrit e la veridicit della prova; capo 3: reati contro l'esercizio delle funzioni giurisdizionali; capo 4: reati contro la difesa delle parti; capo 5: reati contro le decisioni giurisdizionali).
4 Il testo dell'art. 378 del c.p. del 1930 risulta carente sia sul piano della determinatezza sia su quello della offensivit: sul primo perch la fattispecie tipica presenta confini non sempre rigorosamente definibili; sul secondo perch essa suscettibile di attribuire rilevanza anche a comportamenti sostanzialmente inidonei a frustrare il corretto svolgimento delle indagini e dotate comunque di un grado di lesivit marginale e modesto. Si dunque ritenuto di incentrare la nuova fattispecie di favoreggiamento personale su due momenti essenziali della dinamica delle indagini preliminari: la necessit di ricorrere ad una 3 L'art. 371 bis venne infine introdotto dal D.L. n. 306 del 1992 5 . Significativo il contesto - forse il pi importante corpo normativo della emergenza antimafia - nel quale non compare affatto una parallela delimitazione della fattispecie di favoreggiamento personale. I livelli sanzionatori, pi elevati di quelli previsti per quest'ultima ipotesi, fecero propendere per un assorbimento nell'art. 371-bis del favoreggiamento mendacio davanti al P.m., ma, soprattutto, consentendo l'arresto in flagranza, fecero riemergere nei fatti un'autentica vergogna del codice del 1930: il cd. arresto monitorio. Elementi questi che contribuiscono a spiegare la proposta di abrogazione della norma, portata avanti, negli anni immediatamente successivi alla sua introduzione, sia dall'organizzazione dell'Avvocatura, sia da un disegno di legge governativo che giunse all'approvazione della Camera. Ma, a quelle ragioni, si affiancava soprattutto la convinzione, di carattere pi generale, di trovarsi di fronte ad un tassello della controriforma del processo penale in pieno svolgimento: quella rigorosa tutela dell'attivit di indagine del p.m. era infatti pienamente coerente con i contemporanei interventi legislativi e della Corte costituzionale in tema di formazione della prova. Trovavano cos conferma le intuizioni di chi, discostandosi
misura coercitiva personale e la ricerca della prova (Relazione allo schema di delega legislativa, in Ind. Pen., 1991, 151 ss).
5 In sede di conversione fu eliminato il riferimento al mendacio alla polizia giudiziaria. I primi commentatori, (PADOVANI, Commento all'art. 11 D.L. 8.6.1992 n. 3206 Antimafia - in Leg. pen., 1993, 115), parlarono di atto dovuto, necessario ad omogeneizzare le strutture del diritto penale sostanziale al nuovo processo penale. Il mendacio al P.M. non poteva essere non sanzionato in quanto correlato all'obbligo di riferire di cui all'art. 362 c.p.p. L'introduzione dell'art. 371 bis non fu per accompagnato da modifiche della fattispecie di favoreggiamento. Il D.L. n. 306/92, inoltre, lasci aperto il problema delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria, in particolare quando delegata dal pubblico ministero. Applicare l'art. 371 bis c.p., anche in questo caso, in considerazione dell'identit di ratio, avrebbe comportato una estensione analogica in malam partem. Riemergeva pertanto la funzione "onnivora" dell'art. 378 c.p. sia nel caso di attivit di iniziativa della polizia giudiziaria, sia quando essa venga delegata.
4 dal coro degli entusiasmi iniziali sul nuovo rito, aveva segnalato il rischio di equivoci sul concetto di prova, insiti gi nel sistema originario. 6 . Ancora, la riforma del 1995 (L.8 agosto 1995, n. 332), che mantenne in vita l'incriminazione, riducendone le sanzioni, e risolse la questione di una surrettizia introduzione del vecchio arresto monitorio, con l'esplicita esclusione di tale possibilit (art. 381, comma 4 bis). Una sopravvivenza che negli anni successivi si caler nel contesto di un progressivo ricupero dell'originaria fisionomia della riforma processuale a proposito della formazione della prova. E storia nota: fu necessaria una riforma costituzionale e la conseguente L. n. 63/2001. Le vicende dell'art. 371 bis sono indispensabili per avvicinarsi all'art. 371 ter c.p. Una vera vita parallela la loro. L'introduzione del reato di false dichiarazioni al difensore, nell'ambito della disciplina delle indagini difensive, muoverebbe infatti dal postulato di un'indispensabile simmetria della tutela da apprestare per i due protagonisti del processo 7 , superando cos le ricorrenti richieste di cancellazione dell'art. 371 bis 8 . Necessit di simmetria che sarebbe oggi anche sostenuta, a livello costituzionale, dal comma 3 dell'art. 111 Cost., quando parla di stesse condizioni dell'accusa 9 .
6 Nobili, La nuova procedura penale, Bologna, 1989, 351. 7 In questo senso, pur con diversi percorsi argomentativi, Giunta, Le innovazioni ai delitti contro l amministrazione della giustizia introdotte dalla legge sulle indagini difensiva, in Studium Juris, 2001, 1034.; Id., La disciplina penale delle false dichiarazioni al difensore in Processo penale: il nuovo ruolo del difensore ( a cura di Filippi ), Padova-Cedam, 479 ss.; Gualtieri, Le investigazioni del difensore, Padova-Cedam, 2002, 288.; Pisa, Maggiori poteri agli avvocati nella legge in materia di indagini difensive, in Dir. pen. e proc., 2001, 292 ss. 8 Pisa, Maggiori poteri cit., 293 9 Ma, a questo proposito, si osservato, come, anche alla stregua del comma successivo, quell'eguaglianza, debba riferirsi al momento formativo della prova. E' quindi la legge ordinaria, e non quella costituzionale, che postulerebbe esigenze di simmetria a proposito delle indagini difensive. Nobili, Giusto processo e indagini difensive: verso una nuova procedura penale? in Dir. pen. e proc., 2001, 12.
5 Il reato di false informazioni al Pubblico ministero quindi venne pensato soprattutto per la natura non probatoria della attivit di indagine 10 . Fu la progressiva alterazione della regola accusatoria a proposito del concetto di prova (nessuna parte forma prove se non davanti al giudice) realizzata dalla Corte costituzionale e dal legislatore dell'emergenza, a partire dal 1992, a ribaltare proprio questa premessa 11 . In questo modo l'accusa diventava certo un gigante a cui, nelle indagini preliminari, si contrapponeva un nanetto, il difensore, armato dell'esangue e periferico art. 38 disp. att., ovvero consegnato al suo avversario dall'art. 358 c.p.p. 12 . L'art. 371 ter, e la disciplina organica delle indagini difensive, vengono concepite in questo clima, e di esso si nutrono, rischiando di contribuire alla progressiva adulterazione della nozione di prova. Infatti, anche se per arginare il fenomeno fu necessaria una riforma della Costituzione, ormai il guasto si era prodotto: l'idea forte dell'abbandono di una secolare tradizione inquisitoria si era annacquata anche nelle teste degli avvocati. Fino a grottesche fantasie compiaciute della nuova ufficialit del ruolo simmetrico, del difensore in divisa 13 .
10 Segnalavo come nel sistema di tutela delineato dalla falsa testimonianza e dal favoreggiamento, una smagliatura potesse essere costituita dall ipotesi di reticenza o di false informazioni rese al P.M., in odio all indagato, nel caso in cui non fosse integrato lo schema della calunnia, Insolera, Reati contro la giustizia e processo penale, in Crit. Dir., 1995,104. 11 Secondo Nobili gi debole anche nella originaria struttura del 1988. In questo senso le perplessit pi volte ribadite ( in particolare L accusatorio sulle labbra, l inquisitorio nel cuore, in Crit. Dir., 1992, 4-5, 11ss.; Un rimedio impossibile: l istruttoria del difensore, in Id. Scenari e trasformazioni del processo penale, Padova-Cedam, 83 ss.) a proposito di un codice che venne proposto come tappa storica nell'abbandono della tradizione inquisitoria a favore dell'accusatorio. E ci quando, in realt evidente risultava, ad esempio, la distanza del codice del 1988 dalle bozze di Carnelutti e Cordero, della prima met degli anni '60, chiare nell'assegnare alla fase preliminare la mera funzione di informativa che una parte si procura prima del processo. Il sistema "puro" dell'inchiesta di parte, che risolveva, senza ombre e ambiguit rispetto al terreno della prova il problema delle indagini, fossero del p.m. o della difesa. Nessuna parte forma prove, se non davanti a un giudice.
12 Secondo la giurisprudenza rigorista della Cassazione citata da Nobili, op. ult. cit., 94. 13 Un clima descritto ancora da Nobili, Giusto processo e indagini difensive: verso una nuova procedura penale? in Dir. pen. e proc. 2001, 5 ss. 6 Ma ecco un ulteriore elemento di confusione. Anche all'origine del 371 bis, lo abbiamo visto, stava la considerazione della eventualit del rito abbreviato, ma alla fine del 1999 (L. n. 479/99) che a questo rito speciale vengono dati una fisionomia ed un impulso del tutto nuovi. Un favore efficientistico gi manifestato, in via transitoria, dal D. lgs. n. 51/98 (art. 223), che, per quanto ci interessa, insieme ad altre possibilit di utilizzo di elementi forniti unilateralmente (ad. es. art. 493, 3 comma ex art. 40 L. 479/99 art. 500, 7 comma ex art. n. 63/01), pu contribuire ulteriormente ad alimentare gli equivoci, presenti ab origine, sulla nozione di prova. E ci, come vedremo tra poco, anche e proprio a proposito del nostro argomento e nonostante l'art. 111 della Costituzione.
3. Due equivoci sul bene giuridico protetto dallart. 371ter. Dicevo, una vita parallela quella del bis e del ter.E sono le premesse, appena ricordate, quelle che producono la tesi della omogeneit dellinteresse tutelato dalle due norme, ma, soprattutto del loro conseguente accorpamento, sotto questo profilo, alla falsa testimonianza 14 .
14 Di questa opinione, a proposito dell art. 371bis, Pagliaro, Principi di diritto penale-parte speciale, vol. II, Milano,-Giuffr, 2000, 113; coinvolgendo nella prospettiva la norma seguente, Pisa, Giunta e Gualtieri nei lavori gi ricordati. In giurisprudenza in questo senso Gup Torino, De Marchi, 26 febbraio 2003, in Guid. Dir., 2003, n. 23, 69: il sistema introdotto dalla L. 397/00: ha l evidente scopo di dare all attivit compiuta dal difensore valenza probatoria identica all attivit di indagine compiuta dal P.M.. Una prospettiva di tutela dell art. 371bis autonoma rispetto a quella della prova sostenuta dalla letteratura prevalente: Padovani, Commento all art. 11 del d.l. 8 giugno 1992, n. 306 in Legisl. Pen. 1993, 116; Antolisei, Manuale di diritto penale-parte speciale, vol. II, Milano-Giuffr, 462; Voena, Commento all art. 25 della legge n. 332 del 1995 in AA.VV. Modifiche al codice di procedura penale, Padova-Cedam, 1995, 334; Preziosi, Falsa testimonianza e false informazioni al Pubblico ministero in I delitti contro l amministrazione della giustizia ( a cura di Coppi ) Torino-Giappichelli, 1966, 300. Un distinguo sotto questo profilo tra art. 371bis ( riferibile all acquisizione della verit ) e 371ter , ( a tutela dell esercizio del diritto di difesa e dei beni dell imputato ), proposta da Longobardo, Le false dichiarazioni al difensore, in Il nuovo ruolo del difensore nel processo penale ( a cura di M. Ferraioli ) Milano-Giuffr, .., 409 ( a proposito dell art. 371bis, posto a tutela dell aspettativa del corretto esercizio della funzione giurisdizionale si veda anche Moccia-Schiaffo, False informazioni al pubblico ministero in Enc. Giur. , vol XIII, Roma 1996, 8-9; Schiaffo, Necessit ed aspettative di tutela nel delitto di 7 Alla base di questa opinione possono individuarsi due equivoci. 3.1 Quello meno significativo e pi facilmente svelabile, di tipo ideologico, esprime una cattiva e per certi versi bizzarra e corporativa metabolizzazione dellaccusatorio 15 . Nel connotarlo passano sullo sfondo caratteristiche, decisive invece, quali il modo di formazione della prova e la separatezza della fasi procedimentali, sostituite da una sorta di rincorsa tra le parti nellattribuire uguale crisma di ufficialit al proprio operato. Una gara impossibile e patetica posto che non coinvolge certo laccusa, iperdotata dal ruolo monopolistico di agenzia del potere punitivo statuale, distogliendo contemporaneamente il difensore, e confondendolo, rispetto allunico vero suo ufficio, pubblico anche questo, e non certo bisognoso di ulteriori riconoscimenti costituzionali, ma rivolto ad un diverso, contrastante ed unico scopo: la difesa degli interessi del proprio assistito. E questa inconciliabile disomogeneit delle forze e degli scopi a rendere un non senso, un affannoso arrancare, un vano e pericoloso scimmiottamento, la simmetria delle parti nello svolgimento delle rispettive indagini. La parit delle armi riguarda altra cosa, il contraddittorio davanti al giudice. 3.2 Ma la letteratura penalistica che ha percorso la strada di un'omogenea dislocazione, a tutela della verit della prova, delle fattispecie in esame, piuttosto
false informazioni al Pubblico Ministero, in Ind. Pen., 1999, 116 ). La soluzione in termini di plurioffensivit dell art. 371bis, proposta da F. Siracusano, La tutela dal falso processuale dopo le riforme del codice di procedura penale, in Ind. Pen., 2001, 1257. La diversit dell interesse tutelato dall art. 371ter da quello pertinente all art. 371bis e, a maggior ragione, dall art. 372, sostenuta da Manna, Il difensore come pubblico ufficiale: le controverse indicazioni provenienti dalla disciplina delle indagini difensive, in Dir. pen e proc., 2003,1278; Insolera, L innaffiatore innaffiato, ovvero la tutela penale delle indagini difensive, in Dir. pen. e proc. 2001, 1420. Tagliarini, Reati contro l amministrazione della giustizia in AA.VV. Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, Bologna-Monduzzi, 2003, 210; Fiandaca-Musco, Diritto penale.Parte speciale., vol. I, Bologna-Zanichelli, 2000, 359 ss. 15 Efficaci nel rivelare queste caratteristiche le osservazioni di Nobili, Un rimedio impossibile: l istruttoria del difensore cit.; Id., Giusto processo e indagini difensive cit. 8 che da questo equivoco (come detto mi sembra che esso si annidi piuttosto in qualche vulgata avvocatesca), stata fuorviata principalmente da quello scivolamento progressivo della nozione di prova, e quindi della tutela di una sua veridica formazione, descritta in precedenza. Se si ragiona dell'art. 371ter, questa tesi traeva un primo, ma a parer mio risolutivo argomento di contrasto, sul piano letterale. Il tipo criminoso non richiede affatto l'utilizzazione delle dichiarazioni mendaci raccolte dal difensore. Si tratta di un dato che si oppone fortemente alla possibilit di ricondurre l'incriminazione alla dimensione pubblicistica della protezione dell'attivit formativa della prova, in cui sarebbe coinvolta l'indagine difensiva, sull'onda della asserita simmetria con quella dell'accusa. Differenza che, a questo proposito, resa palese, a esempio, dalle diversissime formule adottate dagli artt. 416 comma 2 e 391-octies comma 1 c.p.p. Nel primo caso vi un obbligo, in capo al p.m., di trasmettere al giudice la documentazione relativa alle indagini espletate, nel secondo e invece facolt del difensore presentare gli elementi di prova a favore 16 del proprio assistito. Ci sta a significare che, fermo restando un obbligo, anzitutto deontologico 17 , di lealt e verit nella documentazione delle attivit investigative, vi e un insindacabile margine discrezionale nel loro utilizzo nel procedimento, discrezionalit funzionale alle strategie difensive che non possono essere volte all'accertamento della verit. Pena l'annichilimento del ruolo necessariamente parziale del difensore. Ritorniamo cos al nodo costituito dall'interesse tutelato: l'art. 371 ter c.p. non pu che sanzionare anzitutto un "inganno" nei confronti del difensore. E questa conclusione resa palese proprio dal testo della norma che ritiene sufficiente questo fatto, a
16 Con un riferimento al pilastro centrale teleologico su cui si fonda l intera disciplina delle indagini difensive costituito dall art. 327bis cpp, cos Manna, op. cit., 1278 . 9 prescindere da destini endoprocessuali del mendacio. N, a ben vedere, potrebbe essere diversamente. Come valutare infatti il caso in cui un inganno, perpetrato ai danni dei difensore durante il corso delle investigazioni, e senza ingresso nel procedimento, abbia tuttavia orientato in modo deviato tutta la successiva investigazione e strategia difensiva, non consentendo ad essa di progredire approdando ad ulteriori elementi utili nella difesa. Elementi che, bene ricordarlo, ben possono prescindere dalla, un po' rozza, dialettica binaria tra vero e falso circa la commissione dei fatto, e riguardare invece anche la sua qualificazione giuridica o connotati pertinenti la colpevolezza. 0vvero, ancora, e qui sta proprio il punto, un'adeguata argomentazione difensiva in proposito, tale da influenzare il convincimento del giudice, una volta che si fosse articolata nelle prove suggerite da un'investigazione difensiva non deviata . Gi in base ad un'analisi del dato testuale quindi possibile ricavare la specificit dell'oggetto della tutela apprestata dall'art. 371ter : il diritto di difesa nello svolgimento delle attivit difensive 18 . 3.3 La sottrazione dell'art. 371ter dalla sfera di tutela della prova, con l'identificazione di uno specifico bene pertinente alle indagini del difensore, pu evidenziare ulteriormente alcune contraddizioni (che dovrebbero comunque trovare espressa soluzione normativa) tra perseguibilt del reato e prassi e deontologia difensiva 19 , ma, soprattutto lascia irrisolto il problema dell'interesse protetto dall'art. 371bis. Alla affermata asimmetria delle posizioni corrisponderebbe una disomogeneit della tutela contro il mendacio, che finirebbe con il perpetuare, a proposito del P.M.,
17 E, a determinate condizioni, anche sanzionato penalmente, cfr. Insolera, Linnaffiatore cit., 1420 ss. 18 Manna, op. cit, 1278; Longobardo, op. cit., 408.
10 l'equivoco di fondo sulla nozione di prova e della sua tutela. Ci mi porta ad affrontare l'altro argomento che, come visto, fin dalle origini del reato di mendacio al P.M., spinse verso la sua collocazione a fianco della falsa testimonianza. Mi riferisco alla attitudine delle indagini del P.M. a determinare la decisione dei riti speciali, ed in particolar modo del rito abbreviato. E la questione rimette in gioco anche l'art. 371ter , posto che, sotto questo profilo, vi equiparazione della attivit delle parti. E gi si detto della progressiva, inarrestabile fortuna dell'abbreviato. A questo proposito ritengo che occorra oggi partire dal 4 e dal 5 comma dell'art. 111 Cost. Con un primo risultato: il contesto che spinse, all'atto dell'introduzione dell'art. 371bis, ad ipotizzare il rilievo probatorio, e quindi la necessit di tutela penale sotto questo profilo, del dichiarato al P.M., completamente mutato. Come mutato completamente il rito abbreviato sottratto all'accordo del P.M. e arricchito degli apporti, questi s indiscutibilmente probatori, a cui pu essere condizionato. Ma torniamo al disposto costituzionale. Definizione di prova, inscindibile dalla sua formazione in contraddittorio (nel 4 comma). Nel comma successivo non un incondizionato potere rinnegante attribuito alla fonte inferiore, ma una clausola di equivalenza normativa sottoposta a determinati presupposti 20 . Per quanto qui ci interessa, solo il consenso dell imputato apre la strada ai riti speciali, o ad altre semplificazioni processuali (ad es. art. 493, 3 comma) 21 . Questo aspetto della riforma costituzionale non pu essere affrontato in questa sede in tutta l ampiezza riguardante le delimitazioni del concetto di prova 22 ,ma tuttavia in grado di dare indicazioni precise a proposito del tema che ci occupa. L art. 111
19 Riassunti da Longobardo, op. cit, 395 20 Giostra, Contraddittorio ( principio del )/II). Diritto processuale penale, Estratto Agg. Vol. X, Enc. Dir. Roma , 2002, 8
21 Per unanalisi delle varie ipotesi , Giostra, op. cit., 8 11 non collide con il relativismo probatorio 23 , ma ne regolamenta l operativit. A proposito delle informazioni unilateralmente raccolte da accusa a difesa, ne postula un'utilizzabilit "consentita" 24 . Ci significa che solo nella eventualit del verificarsi di tale condizione quegli elementi acquisirebbero il rango di prova in virt della clausola di equivalenza in Costituzione. Come influisce il nuovo sistema sul nostro tema? Anzitutto, rispetto alla situazione preesistente, oggi il 4 comma dell art. 111, nel dettare come regola il contraddittorio nella formazione della prova, esprime un'indicazione assai robusta nell attivit ricostruttiva del bene giuridico protetto. Gi ora quindi, e nell auspicio di una indispensabile ridefinizione del sistema di incriminazioni a tutela del processo, a proposito della testimonianza, l art. 372 non pu che esprimere una specificit quanto all oggetto della tutela, coerente con il dettato costituzionale. Ma a questo punto credo che occorra una diversa considerazione del profilo processuale e di quello sostanziale, teleologico. Se nell ambito del primo determinate situazioni, come visto ora tassativamente consentite dalla Costituzione, permettono di raggiungere la decisione, in deroga alla regola probatoria, cosa ben diversa omogeneizzare queste ultime sotto il profilo della tutela penalistica della verit probatoria. Ci altro non sarebbe se non un esempio di
22 Tema sconfinato e straordinario per dirla con Nobili, La concezione relativistica delle prove in Scenari e trasformazioni cit., 10 ss. 23 Colto da Nobili ( op. ult. cit., 13 ss. ) nello sfatare il luogo comune corrente all epoca ( siamo nel 1988 ) circa il fatto che, per il nuovo codice, il materiale conoscitivo raccolto dal pubblico accusatore non avrebbe valore di prova. Su tale concezione relativa Ubertis, voce Prova ( in generale ) in Dig. Disc. Pen., vol. X, Torino-Utet, 1995, 304 ss. 24 Sui dubbi sollevati a proposito della disponibilit della garanzia del contraddittorio, si veda, in sintesi Giostra, op. cit., 10. Ma soprattutto la formula del 5 comma dell art. 111 ha portato a ritenere che si sia trattato di una svista del legislatore costituzionale, a cui porre rimedio in via interpretativa ( Tonini, Manuale di procedura penale, Milano-Giuffr, 2003, 542 ), comunque di un prodotto legislativo incoerente e scoordinato ( Lozzi, Il giusto processo e i riti speciali deflattivi del dibattimento, in Riv. It. dir. proc. pen, 2002, 1188; Id. Lezioni di diritto penale, Torino-Giappichelli, 2002, 529. 12 utilizzo della cd. concezione metodologica del bene giuridico: con la sovrapposizione tra ratio legis , scopo della norma e bene giuridico tutelato 25 e la conseguente, ben nota vanificazione, della funzione critica, di legittimazione prenormativa della opzione penalistica, che deve caratterizzare, nella opinione oggi prevalente, la nozione di bene giuridico 26 . Breve, oggi proprio la definizione costituzionale della regola probatoria ritaglia precisamente anche lo spazio di una sua specifica tutela penalistica. L esistenza di deroghe consentite, non permette tuttavia di ricondurre ad essa momenti conoscitivi che da quella regola nella realt prescindono completamente, anche se sul piano processuale vengono equiparate a determinati effetti e condizioni e con scopi altrettanto evidenti (deflazione e semplificazione). Come vedremo tra poco ci non esclude che fattispecie come l art. 371bis (gi lo si visto per la norma riguardante il difensore) abbiano una propria, ma diversa, oggettivit giuridica 27 . Le osservazioni che precedono mi sembra che trovino conferma in un ulteriore considerazione. Le varie deroghe concernenti la prova narrativa autorizzate dal consenso e disseminate nel codice processuale, non escludono affatto le informazioni apprese dalla polizia giudiziaria, sia autonomamente, sia per delega del Pubblico ministero. E pacifico come oggi 28 la loro mendacit non trovi sanzione nell art. 371bis , ma nel favoreggiamento personale. Parimenti convergenti le opinioni che escludono la riferibilit della tutela apprestata dall art. 378 alla verit della prova. Le conclusioni dovrebbero essere gi evidenti: o si attrae in quella sfera di protezione anche l ultima norma citata in vista della possibilit dell utilizzo decisorio delle conoscenze acquisite dalla P.G., ovvero per tutto il materiale conoscitivo
25 Passaggio colto chiaramente da Longobardo, op. cit., 400 ss. 26 Fiandaca-Musco, op. cit., 7. 27 Da valutare in base ai criteri metasistemici di giustificazione, legittimazione e proporzione. 13 consentito dall equivalenza stabilita dal 5 comma dell art. 111 occorre identificare, sanzionandone la falsit, un diverso oggetto specifico. Ancora, la novella costituzionale ed il progressivo espandersi delle situazioni che consentono quell equivalenza permessa dal 5 comma dell art. 111, mettono in risalto una singolarit del percorso che conduce ad identificare l oggetto delle incriminazioni poste a tutela delle informazioni raccolte da P.M. (e dal difensore), nella verit della prova. Il bene giuridico tutelato verrebbe infatti identificato sulla base di un avvenimento successivo al perfezionamento del reato (il consenso o laccordo sulla utilizzazione), estraneo ed indipendente dalla condotta e dallo elemento soggettivo 29 dell autore del fatto tipico. Certo non si tratta di dinamiche ignote al nostro sistema. Cos, ad esempio, nella descrizione del momento effettuale della bancarotta, l offesa al bene della garanzia dei creditori, viene ricondotta ad atti di disposizioni pregressi, penalmente irrilevanti, ma la cui pericolosit rivelata da eventi successivi, culminanti nella dichiarazione di fallimento 30 . Nel nostro caso per altro il fatto gi di per s illecito, a prescindere dal seguito, cio dalla decisione di consentirne lutilizzo in funzione probatoria. Ma sarebbe questa evenienza a determinarne il significato offensivo. Questa ultima notazione non mi sembra che autorizzi neppure l ipotesi di una progressione criminosa tra art. 371bis e ter e 372, che potrebbe confermare l'identit
28 Il problema del rapporto tra i due reati si pose immediatamente, ma come visto, in quindici anni non ha trovato soluzione. 29 Anomalia gi colta da Padovani, Commento cit., 116; in termini analoghi, Longobardo, op. cit., 403, resa pi evidente osservando la situazione dal versante soggettivo. La lesione del bene verit della prova sarebbe realizzata da chi all atto della commissione del fatto tipico certamente si rende conto di mentire, ma non invece posto neppure nella condizione di sapere dell eventualit che in futuro, in virt del consenso dell imputato e dell accordo delle parti, quei detti potranno contribuire come prova alla decisione. Basti in proposito scorrere la pedantesca sequela di avvertimenti dell art. 391bis o l asciutta formulazione 362 c.p.p., comparandoli con gli avvertimenti previsti a pena di nullit dall art. 497, 2 comma. 30 Colto efficacemente da Pedrazzi, Reati commessi dal fallito, in Pedrazzi-Sgubbi, Commentario legge fallimentare ( a cura di galgano ), Bologna-Zanichelli, 1995, 71 ss. 14 dellinteresse tutelato, apparentemente sostenuta anche dalla comune efficacia della ritrattazione 31 . Conclusione negativa a cui si perviene considerando proprio il meccanismo sopra descritto in base al quale sarebbe un avvenimento del tutto estraneo all agente, eccezionale rispetto alloggetto di tutela oggi definito in costituzione, a definire il bene protetto. Perch si dia progressione occorre invece un susseguirsi di aggressioni di crescente gravit poste in essere dall'agente nei confronti di un medesimo bene giuridico. E in base a queste considerazioni che ritengo condivisibile l opinione che, anche a proposito dell art. 371bis, fa riferimento ad un autonomo interesse alla genuinit delle indagini preliminari 32 . L operazione non esclusivamente ideologica ma, negata qualsiasi vincolativit alla categorizzazione codicistica (la cui obsolescenza fa il paio forse solo con la tutela della personalit dello Stato!), anche a proposito del mendacio al P.M., contribuisce a dissipare quegli equivoci sul punto fondamentale del sistema accusatorio 33 , che ci hanno impegnato per anni, fino ad imporre una riforma della Costituzione. Infine, la prospettiva di tutela della verit della prova non pu essere risultato di una sorta di percorso inverso, di attrazione, non pi esercitata dall art. 371bis , ma dalla norma successiva, sempre in nome della parit delle armi. E ci in virt di quella che stata definita una svista, una scoordinata incoerenza del legislatore costituzionale, nel condizionare la deroga al consenso dell imputato anzich all
31 Estesa anche alle dichiarazioni alla PG, delegata dal pubblico ministero da Corte Cost. Sent. n. 101/1999. In realt la previsione della ritrattazione appare coerente con una logica premiale volta a proteggere l interesse strategico all acquisizione del vero probatorio che imporrebbe all autore una condotta autoaccusatoria per l illecito precedente commesso davanti al difensore o al P.M. Questa considerazione non annulla tuttavia la differenza dei beni tutelati e conseguentemente il concorso materiale tre art. 371bis e 372 ( in tal senso Lignola, Profili critici sul delitto di cui all art. 371bis del codice penale in Arch. Pen. , 144 ss. ) 32 Cfr. autori citati nella nota 14. 15 accordo delle parti. Per ci che ci interessa ancora una volta il nuovo giudizio abbreviato a porre in luce la questione. Mentre la sua scelta da parte dell imputato pu anche essere assimilata al consenso previsto dal 5 comma dell art. 111, il P.M. si troverebbe a subire la valenza probatoria assunta dai risultati delle indagini difensive incondizionatamente. Sono note alcune soluzioni proposte, principalmente quella di leggere nel 5 comma la necessit dell accordo di tutte le parti perch si verifichi la transustanziazione degli elementi raccolti unilateralmente, e i dubbi di costituzionalit nei confronti della vigente disciplina del rito abbreviato 34 . Ai fini specifici della nostra indagine una corretta collocazione teleologica dei reati in esame la dominante opinione che coglie in questo caso un'evidente svista legislativa, gi ci consentirebbe di non ritenere superati gli argomenti precedenti. Ma possibile ipotizzare un percorso che consenta di ricondurre ad una ricostruzione della questione capace di cogliere coerenza anche nel sistema desumibile in base alla stretta interpretazione delle norme vigenti. La prima deroga stabilita dallart. 111, 5 comma pone come requisito imprescindibile il consenso dellimputato. Questo significa che la fonte legislativa inferiore ad esso non potr rinunciare, ma sar libera di aggiungervi ladesione necessaria di altre parti.Letteralmente inequivoca, la norma costituzionale, pu essere certamente tacciata di ipergarantismo (in fondo, le costituzioni servono per esprimere scelte forti in quanto largamente condivise), ma non lascia adito a dubbi nel rimettere al legislatore ordinario la scelta, con lunico limite costituito del sempre indispensabile consenso dellimputato. Nel caso dell abbreviato, a differenza di quanto avviene per altre ipotesi di utilizzo di atti unilaterali, ci non avvenuto. Nella nuova formulazione, scomparso sia l
33 Il rapporto tra fase preliminare e dibattimento costituisce , esattamente da due secoli, il centro di ogni discorso sui nostri modelli processuali, Nobili, concezione relativistica cit., 14 16 accordo del P.M. , sia l eventualit di una decisione del giudice circa l indecidibilit allo stato degli atti. Lart. 441, 5 comma continua tuttavia a contemplare tale evenienza, che deve per essere risolta con una integrazione, disposta dal giudice, degli elementi necessari alla decisione. Lutilizzo di questa norma, pu essere ipotizzato oltre che nella situazione in cui il materiale delle indagini preliminari risulti insufficiente o contraddittorio ai fini di una decisione nel merito, in tutti i casi in cui, anche su sollecitazione delle altre parti 35 , si pongano in evidenza dubbi, se non sospetti, circa lattendibilit di risultati investigativi portati dal difensore. L art. 441, 5 comma costituirebbe quindi un contrappeso, mediato dalla decisione del giudice, alla supremazia assegnata allimputato dalla norma costituzionale. Facile immaginare lobiezione. In ogni caso disparit, posto che non il P.M. a poter imporre direttamente la verifica in contraddittorio di quegli elementi. Essa ci conduce ai profili di incostituzionalit evocati in proposito. Ancora una volta entrano in gioco i controlli di ragionevolezza 36 . E, come vedremo tra poco, gli equivoci sulla simmetria delle parti, sulla loro parit. Sinteticamente si potrebbe argomentare nei seguenti termini: il privilegio riconosciuto dalla Costituzione allimputato, in questo campo, non il frutto di una
34 Giostra, op. cit., 10; Tonini, op. cit., 542. 35 In realt la questione riguarda la sola pubblica accusa posto che l eventuale parte civile pu non accettare il rito abbreviato. 36 Della vigente disciplina del rito abbreviato. E evidente come, per sostenersi, la questione debba prospettare una parit delle parti nelle indagini preliminari, a mio parere, non ricavabile dall art. 111. Ben diversa questione di costituzionalit quella rivolta contro l art. 111, 5. Norma dal testo tanto chiaro quando condiziona la deroga al solo consenso dell imputato , da rendere in vero inammissibili le interpretazioni ortopediche proposte. E il tema complesso del controllo sulle leggi di revisione costituzionale ammissibile quando esse collidano con i principi supremi della legge fondamentale ( se cos non fossesi perverrebbe allassurdo di considerare il sistema delle garanzie giurisdizionali della Costituzione come difettoso o non effettivo proprio in relazione alle sue norme di pi elevato valore Corte Cost. sent. n. 1146/88, richiamata di recente da Morrone, Il custode della ragionevolezza, Milano-Giuffr, 2001, 288 ss., a cui rinvio ). Questa mi sembra l unica 17 svista. Esso esprime e compensa nullaltro che la strutturale, politica disparit tra le parti nelle indagini, quanto a mezzi e poteri, non certo superata dalle vigenti disposizioni sulle indagini difensive. La parit delle parti riguarda solo la formazione della prova in contraddittorio davanti ad un giudice, in quanto possibile solo in questo senso. Torniamo al controllo di ragionevolezza: esso, per sanzionare la disparit di trattamento, non potr riferirsi ad un parametro di eguaglianza che non pu esistere al di fuori del contraddittorio e dovr porre a confronto e bilanciare una pluralit di elementi, tra i quali la eventualit offerta dallart. 441,5 comma nel contesto di un processo accusatorio che, indubbiamente, presuppone l attivismo e la capacit argomentativa delle parti 37 . Lesito negativo del controllo potrebbe quindi non essere scontato. A meno che non si vogliano riproporre gli stili argomentativi del 1992.
4. Resterebbe unaltra questione. Quella che riguarda il bene giuridico tutelato dalle due fattispecie incriminatrici, nella sua accezione di limite e giustificazione delle scelte politico criminali. Solo alcune considerazioni sintetiche. La tormentata riforma processuale, anche in Costituzione, realizzatasi nellultimo scorcio del 900, ha indubbiamente delineato nuove linee di tutela del processo penale, in cui possono trovare spazio autonomi interessi pertinenti lattivit di indagine del P.M. e della difesa. Probabilmente, sulla scia della riforma del 1995, opportuno sarebbe un ulteriore ridimensionamento delle sanzioni, alla stregua del principio di proporzione,
strada, che non intendo percorrere in questa occasione, per dare risposta allasserita incoerenza del disposto costituzionale. 37 E viene alla mente l atteggiamento contrario espresso, allindomani dell entrata in vigore del codice, da settori della magistratura verso la fisionomia nuova del giudice arbitro condizionato dal potere dispositivo delle parti ( Nobili, Verit e dibattimento, in Scenari e trasformazioni cit., 52 ). 18 rispetto alla incriminazione della falsa testimonianza. Ma il discorso si fa in vero complicato e non pu che essere svolto nellambito di una riforma organica (e che comprenda anche il favoreggiamento! ) della tutela penale del processo. Piuttosto, in sede di conclusioni, e rimandando ad altra occasione un approfondimento sulla legittimazione di fattispecie incriminatrici del mendacio al difensore e al Pubblico ministero, penso si debba richiamare unacuta riflessione, che sollecita l attenzione dovuta anche per ulteriori interessi, messi in gioco da indagini e investigazioni .da questa proliferazione di norme incriminatrici spira un vento angosciante: anche a voler trascurare le procedure con parti plurime, prima ancora di deporre nel dibattimento il povero informatore rischia di essere convocato [.] in ben tre diverse sedi. Davanti al pubblico ministero, al difensore, al giudice. Ora con lobbligo, ora con la facolt di rispondere, ora con limpegno di taceree comunque sotto la minaccia di sanzioni penali 38 .
38 Camon, Crit.Dir, 2000,441, che richiama testualmente un parere reso dal C.S.M. 19