1 http://greennotgreed.noblogs.org/ 2 Indice I Ecologia e societ II Gerarchie, classi, stati III Punti cruciali della storia IV Ideali di libert V Il progetto rivoluzionario VI Ricostruire la societ 3 Questo libro non sarebbe stato scritto senza i suggerimenti, lincoraggiamento e laiuto di diversi amici carissimi. In particolare sono grato a Dimitri Roussopoulos di Black Rose Books ed a Rossella Di Leo e Amedeo Bertolo di Eluthera, i quali non solo mi hanno spinto a scrivere Per una societ ecologica ma ne hanno seguito attentamente la stesura. Non potr mai ringraziarli abbastanza per la loro assistenza. Gli altri che mhanno in varia misura aiutato sono troppo numerosi per menzionarli. 4 PERCH HO SCRITTO QUESTO LIBRO Da molto tempo pensavo di scrivere un libro che brevemente e chiaramente riassumesse il mio pensiero sullecologia sociale. Mi sembrava (e sembrava a diversi miei amici) che potesse essere utile condensare in un paio di centinaia di pagine - pagine non troppo difficili per il lettore medio - quelle idee che avevo sviluppato in diversi libri ponderosi. Questo , per lappunto, quel libro. Esso non , beninteso, un surrogato dei miei libri precedenti, in particolare de Lecologia della libert, ma una sorta di rassegna dei principali temi che ho affrontato ed unintroduzione generale alle mie idee di fondo. Inoltre ho profittato delloccasione per aggiungere qualche idea nuova. Le idee fondamentali che ho sviluppato in quasi tutti i miei scritti sono riconducibili al concetto che la maggior parte dei nostri problemi ecologici ha le sue radici in problemi sociali e che lattuale disarmonia tra umanit e natura pu essere ricondotta 5 essenzialmente ai conflitti sociali. Non credo che si possa giungere ad un equilibrio tra umanit e natura se non si trova un nuovo equilibrio - basato sulla libert dal dominio e dalla gerarchia - in seno alla societ. Per lappunto, ho chiamato ecologica questa nuova societ ipotizzata ed ho definito il mio pensiero come ecologia sociale. Lecologia sociale non n ecologia umana n ecologia profonda, termini e concezioni che tendono a deviare la nostra attenzione dagli aspetti sociali dellattuale crisi ecologica. E necessario affrontare onestamente il fatto che, se non trasformiamo la societ in senso libertario, gli atteggiamenti e le istituzioni che ci spingono folle- mente verso il disastro ecologico continueranno ad operare, nonostante tutti gli sforzi che si possono dedicare a riformare il sistema sociale dominante. Quel che ritengo della massima importanza di mostrare che lecologia sociale un corpus teorico coerente, che cerca non solo di spiegare il perch dellattuale sfascio ecologico ma anche di trovare un terreno comune, una base unificante per le tematiche ambientaliste, femministe, classiste, urbane e rurali. Fu dal nascente dominio di esseri umani su altri esseri umani, cominciato tanto tempo fa - prima ancora che emergessero le classi economiche e lo Stato - che si svilupp lidea del dominio sulla natura (in realt non ci possibile dominare la natura pi di quanto ci si possa sollevare tirandosi per le stringhe). Quello che si andava affermando nellambito sociale era invece dominio reale: dominio dei vecchi sui giovani nelle gerontocrazie, degli uomini sulle donne nel patriarcato, di un gruppo etnico su un altro gruppo etnico nelle gerarchie razziali, della citt sulla campagna nelle civilt urbane... Tutte queste forme di dominio hanno unorigine e una natura comune: sono sistemi di comando-obbedienza basati su istituzioni gerarchiche. Le implicazioni ecologiche di questi sistemi sono pi rilevanti ancora delle loro determinazioni economiche, in quanto comportano la distruzione di valori ecologici quali la complementarit, il mutuo appoggio, il senso del limite, un profondo sentimento comunitario ed una concezione organica fondata sullunit nella diversit. Questi valori e le istituzioni in cui si sono incarnati sono ora sostituiti dalla competizione, dallegoismo, dalla crescita illimitata, dallanomia e da una razionalit puramente strumentale, vale a dire dalla convinzione che la ragione non altro che uno strumento, una destrezza nelladeguare i mezzi ai fini e non un carattere inerente ad una 6 realt ordinata e comprensibile. Questo vasto insieme di categorie moderne, che gioca un ruolo alienante sia nelle nostre interrelazioni umane sia nel nostro rapporto collettivo con la natura, trova la sua espressione pi nefasta nel capitalismo - sia il capitalismo privato allOvest sia il capitalismo burocratico allEst - cio in un sistema di crescere-o-morire (vale a dire di accumulazione senza fine di capitale come funzione di sopravvivenza in un mercato concorrenziale), che minaccia di distruggere tutta la biosfera a meno che non venga sostituito da un nuovo assetto sociale radicalmente diverso. Una tale trasformazione sociale non implica semplicemente listituzione di nuove relazioni economiche relative al possesso o al controllo della propriet. Essa comporta lacquisizione duna nuova sensibilit antiautoritaria, lo sviluppo di nuove tecnologie che armonizzino il nostro rapporto con la natura, di nuove comunit urbane che vivano in equilibrio con la campagna, di nuovi rapporti sociali basati sullassistenza e sulla responsabilit reciproca, di nuove forme di sviluppo qualitativo sostitutive duna crescita quantitativa fine a se stessa. Come queste idee siano tra loro interconnesse e siano alla base di recenti movimenti sociali come quello ecologico, quello femminista e quello comunitario, e come esse consentano anche un nuovo approccio a movimenti tradizionali legati a problemi come la miseria, lo sfruttamento economico, il dominio di classe, il razzismo e limperialismo... tutta questa tematica attraversa il presente libro, sviluppata in una prospettiva ecologica. Se il movimento ecologico, alla cui nascita negli Stati Uniti ho contribuito una trentina danni fa, si ritraesse dallarena sociale, alla ricerca di una vita privata sana, o se ingenuamente si volgesse ad una pura pratica elettorale, alla ricerca di influenza e potere, la perdita per tutti noi sarebbe irreparabile. Ho visto i cosiddetti verdi europei fare continui compromessi con il sistema sociale dominante, allo scopo di acquisire potere...con lunico risultato dessere progressivamente assorbiti da quello stesso potere che cercavano di trasformare. Il pensiero ecologico pu oggi fornire la pi rilevante sintesi didee che si sia vista dopo lilluminismo. Pu aprire prospettive per una pratica che possa veramente cambiare lintero paesaggio sociale dei nostri tempi. Lo stile militante che i lettori troveranno in questo libro nasce da un preoccupato senso durgenza. E urgente e di vitale importanza non lasciare che un 7 modo ecologico di pensiero ed il movimento che ne pu derivare finisca con il degenerare in nuove forme di politica statai-nazionale ed in tornei partitici, da un lato, e/o in variopinte mode mistiche e spiritualistiche portatrici di quietismo e passivit sociale, dallaltro. C una via, che non n quella della politica convenzionale - cio la politica statuale - n quella del quietismo mistico: la politica diretta, la politica di base, fondata sulla mobilitazione comunitaria e sul federalismo municipale, un federalismo che pu mettere in crisi la centralizzazione statalistica e la concentrazione capitalistica che segnano in modo nefasto la nostra epoca. E di questo mi occupo nella parte finale del libro. La verit non mai stata semplice, unidimensionale. Spesso un sottile filo rosso, per cos dire, che attraversa un labirinto di errori in cui facilmente cadiamo se qi manca una visione chiara e coerente della realt. E questo sottile filo rosso che ho cercato di seguire. Ed questo filo che il lettore o la lettrice deve cercare e seguire fino alla fine, con la sua propria capacit di guardare oltre il presente stato delle cose. Per il resto il libro parla da s. Giugno 1989 8 ECOLOGIA E SOCIET Molti hanno oggi il problema di definire se stessi, di sapere chi sono, e di ci si nutre una vasta industria psicoterapeutica. Ma questo non soltanto un problema individuale, anche un problema sociale, della societ nel suo complesso. Socialmente, viviamo nella disperata incertezza delle relazioni che debbono intercorrere tra le persne. Lalienazione e la confusione circa la nostra identit e il nostro destino non ci concernono solo in quanto individui: tutta la nostra societ, intesa come un unico essere, stenta - a riconoscere la propria natura e il proprio orientamento. Le societ di un tempo tendevano a promuovere la fiducia nelle virt della cooperazione e dellamore, dando cos un senso etico alla vita associata; la societ moderna promuove invece la fiducia nelle virt della competizione e dellegotismo, e cos facendo priva il consesso umano di qualsiasi senso (se non, forse, quello di essere uno strumento di accumulo e consumo insensati). Gli uomini e le donne del passato erano guidati da convinzioni e speranze certe, da valori che li definivano in quanto esseri umani e davano cos significato alla vita associata. Usiamo parlare del Medio Evo come di unet di fede, e dellIlluminismo come di unepoca di ragione. Anche il periodo precedente alla seconda guerra mondiale e gli anni subito successivi ci appaiono come unaffascinante epoca di innocenza e speranza, nonostante la Grande Depressione e i terribili conflitti che lhanno macchiata. In un recente (e piuttosto sofisticato) film di spionaggio c un vecchio che dice di sentire la mancanza della chiarezza della seconda guerra mondiale, alludendo evidentemente alla presenza di uno scopo, unidea, che guidava i comportamenti. Oggi, questa chiarezza non c pi. Il suo posto stato preso dallambiguit. La certezza che la tecnologia e la scienza avrebbero migliorato la condizione umana stata vanificata dalla proliferazione degli armamenti^ nucleari, dalla fame diffusa in tutto il Terzo Mondo, e dalla povert nel mondo industrialmente 9 avanzato. La fiducia che la libert avrebbe trionfato sulla tirannia stata smentita dalla crescente centralizzazione in tutti gli Stati e dallesautoramento del popolo ad opera delle" burocrazie, delle frze di polizia, di sofisticate tecniche di controllo; e ci nelle nostre democrazie non meno che nei paesi apertamente autoritari. La speranza di costruire un unico mondo, una vasta comunit di gruppi etnici diversi che collaborano per migliorare la vita in ogni luogo, stata distrutta dal montare di una marea di nazionalismo, razzismo, miope individualismo e indifferenza per le disgrazie che affliggono milioni di altri. I nostri valori ci appaiono meno validi di quelli delle popolazioni di appena due o tre generazioni fa. La generazione attuale sembra essere pi egocentrica, chiusa nel privato, mediocre, rispetto alle generazioni del passato. Manca il supporto offerto dalla famiglia estesa, dalla comunit, dal mutuo appoggio. A quanto pare il rincontro dellindividuo con la societ avviene pi attravrso fredde agenzie burocratiche che non attraverso persone attente e sensibili. Questa mancanza di identit e di senso sociale laspetto saliente dei problemi che ci stanno di fronte. La guerra una condizione cronica della nostra epoca. Lincertezza economica una presenza costante. La solidariet umana, un mito sfuggente. E, non ultimo dei nostri problemi, ci sta davanti lapocalisse ecologica, la distruzione catastrofica del sislema che garantisce la stabilit del pianeta. Viviamo sotto la minaccia costante che il mondo vivente possa irrevocabilmente essere compromesso da una societ impazzita nel suo sviluppo, una societ che sostituisce sempre pi lorganico con linorganico, il suolo con il cemento, le foreste con i deserto, la ricca diversit delle forme di vita con ecosistemi semplificati, in breve una societ che sta mettendo indietro lorologio dellevoluzione, riportandola ad un mondo passato, pi inorganico, minerale, incapace di offrire sostentamento a forme di vita complesse, esseri umani inclusi. Questa ambiguit del nostro destino, del nostro significato, del nostro scopo, genera cos una domanda angosciante: forse una maledizione, la societ, un cancro per tutte le forme di vita? Non c rimedio a questo nuovo fenomeno chiamato civilt che pare sul punto di distruggere il mondo naturale prodotto in milioni di anni di evoluzione organica? In effetti, esiste oggi tutta una letteratura, che attira lattenzione di milioni di lettori, centrata su questo pessimismo nei 10 confronti della civilt in s e per s. Tale letteratura presenta la tecnologia come contrapposta ad una presunta natura organica vergine, la citt come contrapposta alla campagna, e la campagna contrapposta alla natura selvaggia, la scienza contrapposta al rispetto per la vita, la ragione contrapposta allinnocenza dellintuizione, insomma lumanit contrapposta a tutta la biosfera. Stiamo perdendo la fiducia nelle nostre caratteristiche tipicamente umane, nella nostra attitudine al pensiero concettuale e sistematico, nella nostra capacit di vivere in pace con gli altri, di prenderci cura dei nostri compagni e delle altre forme di vita. Questo pessimismo alimentato, un giorno dopo laltro, da sociologi che attribuiscono i nostri difetti ai cromosomi, da antiumanisti che deplorano la nostra sensibilit antinaturale, e da biocentristi che disprezzano le nostre qualit razionali pretendendoci non diversi nella nostra unicit dalle formiche. In breve, assistiamo ad un attacco diffuso contro la ragione, la scienza, la tecnologia, contro la loro capacit di migliorare il mondo, per noi stessi e per la vita in generale. Storicamente, questa concezione che vede la civilt come inevitabilmente contrapposta alla natura, come una corruzione della natura umana, risale ai tempi di Rousseau e ci viene ripresentata oggi, quando pi che mai necessaria una civilt umana ed ecologica, se vogliamo davvero salvare il pianeta e noi stessi. La civilt, con il suo maschilismo razionalista e tecnicista vista sempre pi come una nuova peste. Anzi, la societ in se stessa viene messa in discussione, al punto di considerare come pericolosamente innaturale il ruolo che essa svolge nella formazione dellumanit, ed intrinsecamente distruttivo. Lumanit viene diffamata dagli stessi esseri umani e, paradossalmente, accusata di' essere una forma di vita perversa, che non fa che distruggere le altre forme di vita e minacciare lintegrit del loro complesso. Cosicch, oltre alla confusione per lincertezza della nostra epoca e della nostra identit, abbiamo anche la confusione circa la condizione umana, vista come un elemento di caos frutto delle nostre tendenze assassine e della nostra abilit ad esercitarle con terribile efficienza, essendo dotati di ragione, scienza, tecnologia. Bisogna riconoscere che sola pochi antiumanisti, biocentristi e misantropi che si dedicano ad indagare sulla condizione umana 11 sono pronti a seguire la logica delle loro premesse fino a certe assurdit. E di vitale importanza, per queste misture di sensazioni e idee precise, che le varie forme, istituzioni, relazioni che costituiscono ci che chiamiamo societ siano in larga misura ignorate. Proprio come vengono usati termini tipo umanit o vocaboli zoologici come homo sapiens, che celano le grandi differenze, e spesso gli aspri conflitti, che esistono tra i bianchi privilegiati e la gente di colore, tra gli oppressori e gli oppressi, allo stesso modo parole vaghe come societ o civilt nascondono lesistenza di grandi differenze tra le societ libere, non gerarchiche, senza classi e senza Stato, e quelle pi o meno gerarchiche, classiste, statalizzate e autoritarie. La zoologia rimpiazza unecologia ad orientamento sociale e le cosiddette leggi naturali, basate sulle oscillazioni di popolazione tra gli animali, rimpiazzano i conflitti di interesse economici e sociali. La semplicistica contrapposizione tra societ e natura, tra umanit e biosfera, tra ragione, tecnologia, scienza e le forme di relazione umana col mondo naturale meno sviluppate o addirittura primitive, ci impedisce di prendere in considerazione le complesse differenze e divisioni che sono presenti in seno alla societ, il che invece indispensabile per definire i nostri problemi e la loro soluzione. Lantico Egitto, ad esempio, aveva verso la natura un atteggiamento significativamente diverso da quello babilonese. Gli egiziani nutrivano reverenza nei confronti di un gruppo di divinit della natura essenzialmente animistiche, molte delle quali erano anche fisicamente in parte umane e in parte animali, mentre i babilonesi avevano un pantheon di dei di tipo politico, molto umani. Eppure lEgitto non stato meno gerarchico di Babilonia nel trattare la popolazione, e forsanche pi oppressivo di questa nei confronti degli individui in quanto tali. Certe societ di cacciatori, a dispetto delle loro profonde concezioni animistiche, hanno distrutto la flora e la fauna naturale tanto quanto le culture urbane che fanno esclusivo riferimento alla ragione. Il termine societ non fa che inghiottire tutte queste differenze, insieme alla gran variet di modelli sociali, e questo equivale a far violenza al pensiero e anche allintelligen- za pura e semplice. Accade cos che la societ in s diventi qualcosa di innaturale. La ragione, la tecnologia, la scienza, diventano elementi distruttivi, senza che vengano tenuti in alcun conto i fattori sociali che ne condizionano luso. Qualunque tentativo di 12 modificare lambiente visto come una minaccia, come se la nostra spcie potesse fare ben poco, o niente del tutto, per migliorare la vita del pianeta in senso generale. Non siamo meno animali degli altri mammiferi, vero, eppure siamo qualcosa di pi ch mandrie di erbivori brucanti sulle praterie africane, ed questo qualcosa di pi (vale a dire, il tipo di societ che costituiamo ed il modo in cui ci dividiamo in gerarchie e classi) che condiziona profondamente il nostro comportamento e gli effetti di esso sul mondo naturale. Infine, separando cos radicalmente lumanit e la societ umana dalla natura e riducendoli a mere entit zoologiche, non riusciamo pi ad accorgerci di come la natura umana derivi dalla natura non umana e le>- voluzione sociale dalla evoluzione naturale. In questepoca di alienazione, non solo lumanit si aliena, si separa da se stessa: si separa anche dal mondo naturale, del quale un tempo faceva parte in quanto formanti vita complessa e pensante. In sintonia con simili concezioni, gli ambientalisti progressisti e misantropi ci ammanniscono una dieta costante di rimbrotti circa il modo in cui noi, in quanto specie, siamo responsabili del degrado ambientale. Non c bisogno di andare in California per trovare unaccozzaglia di mistici e guru che hanno del problema ecologico e dei suoi fondamenti questa visione asociale e centrata sulla specie. New York va altrettanto bene. Non dimenticher tanto facilmente la mostra ambientalista organizzata negli anni 70 dal Museo di Storia Naturale di quella citt, con una lunga serie di scenografie che mostravano al pubblico esempi di inquinamento e distruzione ecologica. Lultima di esse, quella che concludeva la mostra, portava lincredibile titolo Lanimale pi pericoloso della Terra, e consisteva unicamente di un grande specchio che rifletteva limmagine del visitatore che si fosse trovato a sostare di fronte ad esso. Ho ancora in mente limmagine di un bambinetto nero che guardava lo specchio, mentre il suo maestro bianco cercava di spiegargli il messaggio che larrogante scenografia tentava di comunicare. Non cerano scenografie rappresentanti gli staff dirigenziali delle industrie che decidono di disboscare montagne intere o funzionari governativi che agiscono in collusione con essi. Il messaggio della rappresentazione era uno solo, fondamentalmente antiumano: sono gli individui come tali, non la societ rapace e coloro che ne 13 Beneficiano, ad essere responsabili degli squilibri ecologici, i ceti poveri tanto quanto quelli ricchi, la gente di colore non meno dei bianchi privilegiati, le donne non meno degli uomini, gli oppressi non meno degli oppressori. Una mitica specie umana rimpiazza cos le classi, gli individui rimpiazzano le gerarchie, i gusti personali (molti dei quali sono modellati dai media) rimpiazzano i rapporti sociali, e i diseredati che vivono magre ed isolate esistenze rimpiazzano le multinazionali, le burocrazie aggressive e le manifestazioni violente dello Stato. Societ e natura Ma lasciamo da parte certe scandalose rappresentazioni che mettono allo stesso livello i privilegiati e i non privilegiati. A questo punto appare giustificato attirare lattenzione su di una necessit importante: che la societ venga ricondotta in seno al quadro ecologico. Una volta di pi bisogna ricordare che praticamente tutti i problemi ecologici sono problemi sociali e non semplice- mente, o principalmente, il risultato di concezioni religiose, spirituali o politiche.,Che tali concezioni generino un approccio antiecologico in persone di ogni ceto evidente. Ma pi che prendere le ideologie per il loro valore nominale, per noi cruciale chiederci da dove esse provengano. Molto spesso, le necessit economiche possono indurre le persone ad agire anche contro i loro impulsi pi genuini, anche contro valori sentiti fortemente come naturali. I boscaioli assunti per radere al suolo qualche meravigliosa foresta di norma non nutrono alcun odio per gli alberi. Eppure non possono far altro che tagliare gli alberi, esattamente come gli addetti ai macelli non possono far altro che uccidere animali domestici. Ogni comunit ha certamente fra i suoi componenti qualche individuo sadico o distruttivo, ivi compreso qualche ambientalista misantropo che amerebbe vedere lumanit sterminata. Ma per la maggioranza delle persone, certi tipi di lavoro, come anche quelli particolarmente faticosi (il minatore, ad esempio) non sono occupazioni liberamente scelte. Al contrario, sono il frutto di bisogni materiali e soprattutto sono il prodotto di assetti sociali sui quali le persone comuni non hanno possibilit di controllo. Al fine di capire i problemi attuali, ecologici cos come politici ed economici, dobbiamo prnderne in esame le cause sociali e risolverli con strumenti sociali. I vari tipi di ecologia, profonda, spirituale, antiumanista, misantropica, sono gravemente 14 mistificanti perch focalizzano la nostra attenzione sui sintomi sociali piuttosto che sulle cause sociali. Mentre imperativo guardare alle modificazioni dei rapporti sociali al fine di capire le pi importanti modificazioni ecologiche, queste ecologie ci distolgono dal sociale per indirizzarci verso il culturale, lo spirituale, o verso una tradizione vagamente definita. La Bibbia non ha creato lantinaturalismo europeo. Essa servita a giustificare un antinaturalismo preesistente sul continente fin dai tempi pagani, a dispetto di certi tratti animistici delle religioni pre- cristiane. certo che linfluenza antinaturalistica della cristianit aumentata significativamente in seguito allemergere del capitalismo. Non solo dobbiamo portare la societ in seno al quadro ecologico, allo scopo di capire perch la gente tenda ad assumere atteggiamenti competitivi (fortemente naturalistici in certi casi, fortemente antinaturalistici in altri), ma dobbiamo anche esaminare pi profondamente la societ stessa. Dobbiamo scoprire perch la societ distrugga il mondo naturale e, contemporaneamente, perche essa abbia stimolato e spirato, e tuttora stimoli e spinga, levoluzione naturale. Parlando di societ in senso astratto e generale (ricordiamoci che ogni societ unica e completamente diversa dalle altre, dal punto di vista storico), dobbiamo obbligatoriamente prendere in esame ci che, pi che societ, andrebbe definito come socializzazione. La societ un assetto dei rapporti che spesso prendiamo come dati, come qualcosa di fisso. A molti, oggi, una societ di mercato, fondata sullo scambio e sulla competizione, pu apparire come sempre esistita, anche se c qualcuno che sa vagamente dell'esistenza di societ pre-mercantili, fondate sul dono e sulla cooperazione. Per socializzazione, invece, si intende un processo, allo stesso modo che lesistenza umana. Storicamente, il processo di socializzazione umana pu essere visto, come per lindividuo, come una specie di infanzia sociale nella quale lumanit viene faticosamente educata alla maturit sociale. Non appena si comincia a considerare la socializzazione da un punto di vista approfondito, ci che colpisce il fatto che la societ nelle sue forme pi antiche deriva dalla natura. Ogni evoluzione sociale, infatti, virtualmente unestensione dellevoluzione naturale in un ambito unicamente umano. Per usare le parole pronunciate pi di duemila anni fa dal grande oratore e filosofo 15 romano Cicerone: ... con le nostre mani, portiamo in seno al regno della Natura una seconda natura per noi stessi. Losservazione di Cicerone, certo, incompleta: il regno della Natura primigenio, presumibilmente incontaminato, anche detto prima natura, viene rimodellato, totalmente o parzialmente, e trasformato in una seconda natura non solo con le nostre mani. Il pensiero, il linguaggio, ed un complesso di importantissime modificazioni biologiche, giocano un ruolo cruciale, e a tratti decisivo, nella creazione della seconda natura in seno alla prima. Uso a ragion veduta il termine rimodellare, allo scopo di sottolineare che la seconda natura non semplicemente un fenomeno che si sviluppa al di fuori della prima. Non a caso Cicerone diceva ... in seno al regno della Natura.... E sottolineare che la seconda natura, o pi esattamente la societ, intesa nel senso pi ampio del termine, emerge dall'intemo della prima natura originaria, significa ristabilire il fatto che la vita sociale ha sempre una sua dimensione naturale, anche se nel nostro pensiero la societ contrapposta alla natura. Lecologia sociale dice chiaramente che la societ non uneruzione improvvisa nel mondo. La vita sociale non si contrappone necessariamente alla natura come un avversario, in una guerra senza quartiere: lemergere della societ un fatto naturale che trae la sua origine dalla biologia della socializzazione umana. Questo processo di socializzazione da cui emerge la societ (quale che ne sia la forma: famiglia, bande, trib, o modelli pi complessi di interrelazioni umane) trae la sua origine dai rapporti di parentela, in particolare quelli tra madre e figli. Ma la madre biologica pu essere rimpiazzata da molti surrogati, come il padre, i parenti o anche tutti i membri di una certa comunit: quando dei genitori sociali, dei parenti sociali per cos dire, intervengono a prender parte ad un sistema di cure che di norma compito dei genitori biologici in senso stretto, allora che comincia a prendere forma la societ pro- , priamente intesa. In tal modo, la societ oltrepassa il mero gruppo riproduttivo per indirizzarsi verso relazioni umane istituzionalizzate, passando da quella che potremmo definire una quasi uniforme comunit animale ad un ordine sociale chiaramente strutturato. AI primo costituirsi della societ, sembra pi che verosmile che gli esseri umani si siano socializzati a formare questa seconda natura per effetto di 16 vincoli di sangue, specificamente materni. In seguito, le strutture e le istituzioni che segnano il progredire dellumanit da semplici forme di comunit animali verso una societ vera e propria, cominciano a modificarsi, e tali modificazioni assumono grande importanza dal punto di vista dellecologia sociale. Positivo o negativo che sia, le societ si sviluppano intorno a gruppi di status, gerarchie, classi e formazioni statali. Cionondimeno, la riproduzione e le cure parentali continuano ad essere le basi biologiche costanti in ogni forma di vita associata, nonch il fattore originario della socializzazione dei piccoli e quindi della formazione della societ. Come ha avuto modo di osservare Robert Briffault allinizio di questo secolo, in The !olution o" #uman Species, lunico fattore conosciuto che determina una profonda distinzione tra la costituzione dei pi rudimentali gruppi umani e tutti gli altri gruppi animali [] lassociazione delle madri e dei loro nati, che tra gli animali rappresenta la sola forma di vera solidariet sociale. In seno a tutti gli ordini di mammiferi la durata di questa associazione tende continuamente ad aumentare, come conseguenza del protrarsi del periodo di dipendenza infantile. Secondo Briffault, il protrarsi di tale periodo correlato con il prolungarsi del periodo di gestazione e con il progresso dellintelligenza. La dimensione biologica che Briffault attribuisce a ci che chiamiamo societ non pu essere dimenticata. Essa una presenza decisiva non solo per le origini della societ dopo secoli di evoluzione animale, ma anche per la quotidiana riproduzione della societ nella vita di tutti i giorni. Le cure attente che ogni nuovo nato riceve per molti anni ci dicono che ci troviamo in presenza non semplicemente della riproduzione di un nuovo essere umano, ma della riproduzione della societ stessa. A paragone dei piccoli di altre specie, i bambini crescono lentamente e nellarco di un periodo assai lungo. Vivendo in stretta associazione con i genitori, i fratelli e le sorelle, i parenti di vario grado, e quindi con una comunit in continua espansione, essi mantengono una plasticit mentale che rende creativi gli individui e formativi i gruppi sociali. Per quanto gli animali non umani possano avvicinarsi in diversi modi alle forme tipiche degli umani, essi non arrivano a creare una seconda natura dotata di tradizione culturale, n a possedere un linguaggio complesso ed una elaborata capacit di concettualizzazione, e nemmeno limpressionante attitudine a ristrutturare consapevolmente il 17 proprio ambiente a seconda delle proprie necessit. Uno scimpanz, per esempio, resta nello stadio infantile solo per tre anni, ed in quello adolescenziale per sette; a dieci anni di et completamente adulto. I bambini, invece, vengono considerati come tali per circa sei anni e come giovani altri quattordici. Ci significa che uno scimpanz si sviluppa mentalmente e fisica- mente circa nella met del tempo a ci necessario per un essere umano, e la sua capacit di imparare e di pensare fssa, a paragone di quella di un umano, le cui attitudi possono svilupparsi nelcorso di molte decadi. Per lo stesso motivo, le associazioni di scimpanz sono spesso labili e limitate. Le associazioni umane, invece, sono fondamentalmente stabili, altamente istituzonalizzate e segnate da un grado di solidariet e creativit che non hanno eguali, per quanto ne sappiamo, tra le specie non umane. Tale prolungarsi di un periodo di plasticit mentale, di dipendenza e di creativit sociale, porta a due risultati di importanza decisiva. Prima di tutto, le forme pi antiche di associazione umana devono aver favorito una forte predisposizione all$interdipenden%a tra i membri di un certo gruppo, e non al rozzo individualismo che generalmente associamo con lindipendenza. Esiste una ricchissima massa di dati antropologici che indica come partecipazione, mutuo soccorso, solidariet ed empatia fossero le virt sociali pi apprezzate allinterno dei primi raggruppamenti umani, proprio perch lidea della reciproca dipendenza delle persone ai fini della sopravvivenza era la conseguenza naturale del lungo periodo di dipendenza dei giovani dagli adulti. Lindipendenza, per non parlare della competizione, doveva sembrare certamente qualcosa di estraneo, e comunque molto strano, ad una creatura che per molti anni era stata educata in una condizione di grande dipendenza. Lamore reciproco doveva apparire come il prodotto del tutto naturale di un essere altamente acculturato chiaramente bisognoso di cure continue. La nostra moderna versione dellindividualismo, o pi precisamente dellegotismo, non avrebbe potuto convivere con lantica concezione di solidariet e aiuto reciproco, senza la quale, vorrei aggiungere, un animale fisicamente cos fragile come un essere umano difficilmente avrebbe potuto sopravvivere da adulto, e ancor pi da bambino. In secondo luogo, linterdipendenza tra gli uomini deve aver 18 assunto una forma altamente strutturata. Non esiste alcuna prova che anche tra gli esseri umani sia normale il sistema di legami notevolmente lassi che esiste tra i nostri cugini primati. Ovviamente, possibile che i vincoli umani possano sciogliersi, o de-istituzionalizzarsi, in particolari momenti di radicale trasformazione o decadimento culturale. Ma in condizioni relativamente stabili, la societ umana non mai stata lorda che secondo gli antropologi del secolo scorso stava alla base della vita sociale primordiale. Al contrario, le prove di cui disponiamo indicano che tutti gli umani, e forse anche i nostri antenati ominidi, sono vissuti in qualche forma di gruppo familiare strutturato, e pi tardi in bande, trib, villaggi e simili. In breve, come ancor oggi accade, si riunivano non semplicemente su basi affettive o morali, ma anche strutturalmente, attraverso istituzioni programmate, chiaramente definite e relativamente stabili. Gli animali non umani possono formare lasse comunit e anche assumere atteggiamenti di difesa collettiva allo scopo di proteggere i propri piccoli dai predatori. Ma non si pu definire tali comunit come strutturate, se non in senso molto ampio. Gli animali umani, invece, creano comunit altamente formalizzate, che nel corso del tempo tendono a diventare sempre pi strutturate. Queste non sono semplici comunit, ma quel fenomeno nuvo ch definiamo societ. Lincapacit a distinguere le comunit animali dalle societ umane contiene in s il rischio di ignorare la peculiarit che distingue la vita sociale umana da quella delle comunit animali, vale a dire la possibilit di modificare la societ, nel bene e nel male, e i fattori che producono siffatte modificazioni. Riducendo ad una semplice comunit quella che una societ complessa, non riusciamo a capire levoluzione delle differenze di status in gerarchie consolidate, e delle gerarchie in classi economiche. In somma, rischiamo di perdere completamente il senso pi vero di concetti come gerarchia, cio di sistemi di comando e obbedienza altamente organizzati, nettamente distinti dalle differenze personali, individuali, di status, spesso di breve durata e non necessariamente caratterizzate da azioni coercitive. In effetti, tendiamo a confondere le forme istituzionali della volont umana, dei conflitti di interesse, della tradizione, con manifestazioni fisse della vita comunitaria, come se avessimo a che fare con caratteristiche intrinseche, inalterabili, della societ, e non con strutture artificiali, che in quanto tali possono essere 19 modificate, migliorate, peggiorate, o semplicemente abbandonate. Dallinizio della storia fino ai giorni nostri, il gioco di ogni elite dirigente stato di identificare il proprio sistema gerarchico di dominio con la vita comunitaria come tale, cosicch istituzioni fatte dalluomo vengono ad assumere sanzione divina o biologica. Accade cos che una certa societ, con le sue istituzioni, si trasformi in unentit permanente e intoccabile, che acquista misteriosamente una sua vita propria al di fuori della natura, in quanto prodotto di una apparentemente fissa natura umana che il risultato di una programmazione genetica ai primordi della vita sociale. Allopposto, pu anche accadere che una certa societ, con le sue istituzioni, si dissolva in seno alla natura, come nientaltro che una delle tante forme di comunit animali con i suoi maschi alfa, guardiani, capi ed altre forme esistenziali tipiche dellorda. Quando si producono fatti incresciosi come guerre o conflitti sociali, vengono imputati allattivit dei cromosomi, che contengono quel certo gene che origina la guerra, o quello della cupidigia. In entrambi i casi, sia in quello di una societ astratta che esiste al di fuori della natura, che nel caso altrettanto astratto di una comunit naturale indistinguibile dalla natura, si manifesta un dualismo che divide nettamente la societ dalla natura, o un rozzo riduzionismo che dissolve la societ nella natura. Tali concezioni, apparentemente contrapposte ma in realt strettamente correlate, sono semplicistiche, ed appunto per questo seducenti. Nonostante vengano spesso presentate in forme sfumate, ad opera dei loro sostenitori pi sofisticati, si riducono presto o tardi a veri e propri slogan di piazza, a loro volta congelati in dogmi popolari. Lecologia sociale Il modo con cui lecologia sociale affronta il problema della societ e della natura sembra richiedere un maggior sforzo intellettuale, ma evita i semplicismi delle concezioni dualistiche e la rozzezza del riduzionismo. Lecologia sociale si sforza di mostrare come la natura e!ol!a lentamente nella societ, senza ignorare n le differenze tra questa e quella n lentit della loro reciproca commistione. La socializzazione quotidiana del giovane in seno alla famiglia biologicamente fondata tanto quanto le cure tributate ogni giorno agli anziani dallestablishment medico sono socialmente motivate. Del pari, mentre non cessiamo di essere mammiferi con 20 determinate necessit naturali, istituzionalizziamo tali necessit e la loro soddisfazione in unampia gamma di forme sociali. Dunque il sociale e il naturale si fondono reciprocamente nelle attivit pi normali della vita quotidiana, senza per questo perdere la propria identit, in un mutuo processp interattivo. A prima vista tutto ci pu apparire ovvio, se riferito a certi problemi di tutti i giorni. Ciononostante lecologia sociale solleva questioni di grande importanza, che riguardano i diversi modi con cui natura e societ hanno interagito nel corso del tempo e i problemi che da tale interazione sono scaturiti. Come si instaurata questa separazione tra lumanit e la natura, questo conflitto? Quali istituzioni, quali ideologie, lhanno reso possibile? Era evitabile, stante lo sviluppo dei bisogni umani e della tecnologia? E potr essere superato in futuro, in una societ ecologicamente orientata? Come pu una societ razionale ed ecologicamente orientata inserirsi nel processo dellevoluzione naturale? E da un punto di vista ancora pi generale, c qualche motivo di credere che la mente umana (essa stessa un prodotto dellevoluzione naturale, come anche la cultura) rappresenti il culmine decisivo dello sviluppo naturale, vale a dire del lungo processo di sviluppo della coscienza, dalla sensibilit e capacit di sopravvivenza delle forme di vita pi semplici alla consapevolezza ed intelligenza di quelle pi complesse? Sono domande provocatorie, queste, ma non celano alcuna arroganza nei confronti delle forme di vita non umane, segnata da una ricca capacit intellettuale, sociale, immaginativa e costruttiva, ad una sintonia con la fecondit, diversit e creativit della natura. Contesto che tale sintonia possa essere raggiunta contrapponendo la natura alla societ, le forme di vita non umane a quelle umane, la fecondit naturale alla tecnologia, o una qualche soggettivit naturale alla mente umana. In effetti, dalla considerazione del rapporto esistente tra natura e societ emerge limportante risultato che lintlligenza (carattere che tanto apprezziamo come tipicamente umano) ha anchessa una profonda base naturale. Il nostro cervello, il nostro sistema nervoso, non comparso allimprovviso, senza una lunga storia naturale antecedente. Ci che pi ci appare come parte integrante della nostra umanit (la nostra straordinari capacit di pensiero concettuale) ha le sue origini nel tessuto nervoso degli invertebrati primitivi, nei gangli cerebrali dei molluschi, nel midollo spinale dei 21 pesci, nel cervello degli anfibi, nella corteccia cerebrale dei primati. Anche qui, nel pi intimo dei nostri attributi umani, siamo prodotti dellevoluzione naturale non meno che dell'evoluzione sociale. In quanto esseri umani, incorporiamo in noi stessi millenni di differenziazione ed elaborazione organica; come tutte le forme di vita complesse, non siamo solo un prodotto dell'evoluzione naturale: ne siamo anche gli eredi, prodotto della fecondit naturale. Ma nello sforzo di mostrare come la societ lentamente emerga dalla natura, lecologia sociale deve ugualmente mostrare come anche la societ vada incontro a differenziazione ed elaborazione. E cos facendo, deve prendere in considerazione i momenti dellevoluzione sociale nei quali si sono prodotte rotture che hanno lentamente portato la societ in contrapposizione con il mondo naturale, e spiegare il prodursi di questa contrapposizione dalla sua prima comparsa nella preistoria fino ai nostri giorni. In effetti, Se vero che la specie umana una forma di vita capace di valorizzare coscientemente il mondo naturale e non semplicemente di danneggiarlo, importante per lecologia sociale riuscire a spiegare come molti esseri umani si siano trasformati in parassiti delle altre forme di vita, invece che essere partner attivi dellevoluzione organica. Tale progetto deve essere intrapreso in modo non casuale, sforzandosi seriamente di riunire reciprocamente lo sviluppo sociale e quello naturale, il che di vitale importanza per noi e per la costruzione di una societ ecologica. Forse uno dei pi importanti contributi dati dallecologia sociale allattuale discussione ecologica, la constatazione che i problemi fondamentali che pongono la societ contro la natura nascono allinterno dello sviluppo sociale stesso, e non tra la societ e la natura. Ci equivale a dire che la contrapposizione tra societ e natura ha le sue radici in contrapposizioni che esistono in seno alla societ, vale a dire nei conflitti profondi tra I diversi esseri umani che spesso celiamo con l r uso allargato del termine umanit. Questa concezione contrasta con il corrente pensiero ecologico e sociale, nella quasi totalit. Il pen- siero ecologico attuale ha in comune con il liberalismo, il marxismo e il conservatorismo lidea 22 che per dominare la natura sia necessario dominare gli esseri umani. Praticamente tutte le ideologie sociali contemporanee hanno al centro delle loro teorie il concetto della dominazione umana. Dallepoca classica ad oggi, universalmente accettata lidea che per impedire che luomo sia dominato dalla natura sia indispensabile il dominio delluomo sulluomo come primo mezzo di produzione e come strumento per sottomettere il mondo naturale. Per secoli, stato asserito che per sottomettere il mondo naturale era necessario sottomettere gli esseri umani, sotto forma di schiavi, o di servi, o di salariati. Che tale concezione pervada lideologia di quasi tutte le elite dirigenti, ed abbia fornito ai movimenti sia conservatori che progressisti la giustificazione per il mantenimento dello status quo, non ha bisogno di dimostrazione. Il mito di una natura avara stato sempre usato per giustificare lavarizia degli sfruttatori e la crudelt del trattamento da essi riservato agli sfruttati, e non ha mancato di fornire alibi allopportunismo politico tanto di destra come di sinistra. Agire allinterno del sistema ha sempre implicato laccettazione del dominio come modo di organizzare la vita sociale, nel nvigliof dei casi come mezzo per liberare gli esseri umani dalla presunta sudditanza alla natura. E forse poco noto che anche Marx ha giustificato lemergere della societ di classe e dello Stato come momenti di passaggio verso il dominio sulla natura e lipotetica liberazione dellumanit. stato sulla scorta di tale visione storica che Marx ha formulato la propria concezione del materialismo storico, ed ha fondato la sua convinzione che la societ di classe fosse un passaggio obbligato sulla strada del comunismo. Paradossalmente, gran parte dellattuale ecologia antiumanistica contiene esattamente lo stesso pensiero, ma in forma invertita. Al pari dei loro avversari, anche questi ecologisti accettano lidea che lumanit sia dominata dalla natura, sia che ci si presenti come leggi naturali, sia come unineffabile saggezza della terra che deve guidare il comportamento umano. Ma mentre gli avversari rivendicano la necessit che la natura si arrenda all'umanit conquistatrice, lecologia antiumanistica si adopera perch sia lumanit ad arrendersi alla natura che tutto conquista. Per quanto possano differire le due concezioni, nelluso dei termini e nel tipo di religiosit, in entrambe presente la medesima idea fondamentale, il dominio: il mondo naturale concepito come un dittatore, dal quale 23 bisogna liberarsi o cui bisogna obbedire. Lecologia sociale sfugge a questa trappola, riconsiderando lintero concetto di dominazione, sia nei rapporti tra natura e societ che nelle cosiddette leggi naturali e leggi sociali. Ci che normalmente viene definito come dominio in natura, non che una proiezione dei nostri organizzatissimi sistemi di controllo sociale sulle forme comportamentali proprie delle comunit animali, individualistiche, asimmetriche e il pi delle volte solo blandamente coercitive. In altre parole, gli animali non dominano nel medesimo modo in cui le elite umane dominano, e spesso sfruttano, i gruppi sociali oppressi; e nemmeno comandano per mezzo di forme istituzionalizzate di violenza sistematica, come invece accade nelle societ umane. Tra le scimmie, ad esempio, non esiste vera e propria coercizione e il cosiddetto comportamento dominante solo occasionale. I gibboni e gli oranghi sono noti per latteggiamento pacifico verso i membri della propria specie. I gorilla sono altrettanto tolleranti, nonostante lemergere di qualche maschio adulto di rango superiore nei confronti dei giovani e dei pi deboli di rango inferiore. I cosiddetti maschi alfa degli scimpanz non hanno uno status fisso allinterno dei loro raggruppamenti, che restano sempre alquanto fluidi, e lo status che raggiungono pu essere dovuto a cause le pi diverse. Certo possibile passare tranquillamente da una specie animale allaltra alla ricerca di individui di rango superiore da contrapporre ad altri di rango inferiore, ma una tale operazione si rivela piuttosto stupida, quando termini come rango, status, vengono usati tanto elasticamente da poter includere anche mere differenze di comportamento di gruppo e funzioni piuttosto che azioni coercitive. Lo pu dirsi del termine gerarchia. Tanto come etimologia che come significato proprio, esso ha un senso profondamente sociale, non zoologico. Di origine greca, usata inizialmente per indicare i livelli nei quali erano ordinate le diverse divinit e in seguito la struttura del clero (Hierapolis era unantica citt frigia dove veniva adorata la dea madre), successivamente essa stata senza motivo ampliata nel suo significato fino a includere tutto, dalle relazioni che esistono negli alveari allazione erosiva dei corsi dacqua, dei quali si dice che dominano il proprio alveo. Le femmine degli elefanti vengono denominate matriarche quando svolgono un ruolo di vigilanza, e i maschi delle scimmie che 24 mostrano grande coraggio nella difesa della comunit, in cambio di qualche modesto privilegio, sono spesso designati come patriarchi. Lassenza di un vero e proprio sistema organizzato di dominio (presente invece nelle comunit gerarchiche umane e sottoposto alla possibilit di mutamenti istituzionali radicali, rivoluzioni popolari incluse) completamente ignorato. Inoltre, le diverse funzioni che le presunte gerarchie animali svolgono, vale a dire le cause che fanno s che un individuo occupi uno status alfa ed altri uno inferiore, sono minimizzate, se mai vengono considerate. Con lo stesso tipo di approccio, le sequoia pi alte potrebbero essere considerate come superiori rispetto a quelle pi piccole, oppure arrivare a considerarle come una sorta di elite in seno alla gerarchia di un bosco misto, dove sottomettono, ad esempio, le quercie (che, tanto per complicare le cose, sono pi avanzate evolutivamente). La tendenza ad estendere meccanica- mente le categorie sociali al mondo naturale altrettanto fallace che la tendenza ad estendere i concetti biologici alla geologia. I minerali non si riproducono allo stesso modo degli esseri viventi. Le stalagmiti e le stalattiti delle grotte certamente aumentano di dimensione, col passare del tempo. Ma in nessun modo crescono in un modo anche lontanamente simile a quello degli esseri viventi. Prendendo similitudini superficiali e usandole per costituire raggruppamenti identificativi, si finisce col credere al metabolismo delle rocce e alla moralit dei cromosomi. Tutto ci pone il problema dei continui tentativi di individuare nel mondo naturale caratteri etici, oltre che sociali, quando esso invece solo poten%ialmente elico, nel senso che pu costituire la base per unetica sociale oggettiva. E' vero: in natura esiste la coercizione, ed anche il dolore e la sofferenza. Ma non la crudelt. Lintenzionalit e la volont animale sono troppo limitate per poter produrre unetica del bene e del male, o della bont e della crudelt. Ci sono prove assai scarse della presenza di pensiero inferenziale e concettuale tra gli animali, ad eccezione dei primati, dei cetacei, degli elefanti e forse di pochi altri. Ed anche tra gli animali pi intelligenti, le forme di pensiero sono comunque estremamente limitate se paragonate alle capacit degli esseri umani socializzati. Bisogna riconoscere, anzi, che ggi non siamo ancora completamente umani, se pensiamo che le nostre potenzialit di creativit, amore e razionalit sono ancora in gran parte sconosciute. La societ dominante serve pi ad inibire che a 25 porre in atto le nostre potenzialit umane. Non riusciamo ancora ad immaginare quanto le nostre pi infime caratteristiche potrebbero espandersi se le vi-, cende umane fossero realmente affrontate in modo etico, ecologico e razionale. Per quanto ne sappiamo, invece, il mondo non umano conosciuto ha dei limiti insuperabili quanto a capacit di sopravvivere alle modificazioni ambientali. Se davvero, come credono molti biologi, il segreto del successo evolutivo risiede nelladattamento alle modificazioni ambientali, allora gli insetti andrebbero posti ad un livello superiore a qualunque forma di mammifero... i quali insetti, peraltro, non sono in grado di formulare una cos elevata valutazione di s pi di quanto unape regina possa anche solo vagamente essere conscia del proprio status regale. Uno status, vorrei aggiungere, che solo gli esseri umani (che hanno dovuto sopportare limperio di re e regine stupidi, inetti e deboli) potrebbero attribuire ad un insetto praticamente privo di intelligenza. Nessuna di queste osservazioni ha lo scopo di contrapporre in senso metafisico la natura alla societ, o viceversa. Anzi, esse intendono sostenere che ci che unisce la societ alla natura in un ininterrotto continuum evolutivo la possibilit per gli esseri umani di incarnare la creati!it della natura, vivendo in una societ razionale e ecologicamente orientata, al di l di un criterio di successo evolutivo inteso in un senso puramente adattati!o. Le grandi realizzazioni del pensiero umano, dellarte, della scienza e della tecnologia non servono solo ad erigere monumenti allevoluzione, dimostrano che lapice della grande capacit creativa della natura rappresentata da una forma di vita a sangue caldo, meravigliosamente versatile ed intelligente, e non da un insetto geneticamente programmato e privo di intelletto. Le forme di vita che si limitano ad adattarsi alle modificazioni ambientali sono un esempio di evoluzione incompleta, per quanto possa essere utile la loro presenza nellambito di un certo ecosistema. Le forme di vita che creano e modificano coscientemente il proprio ambiente, auspicabilmente con lintento di renderlo pi razionale ed ecologico, rappresentano invece il proseguire, ampio e certamente non definito, dellevoluzione naturale, levoluzione verso una natura cosciente di s, che nessun tipo di insetto potrebbe mai raggiungere. Per sua parte, la natura non come un bel panorama da ammirare attraverso la finestra, uno spettacolo immobile come in 26 una cartolina. Questo modo di concepire la natura pu anche elevare lo spirito, ma ecologicamente fuorviante, perch ci induce a dimenticare che la natura non una rappresentazione statica del mondo naturale, ma la storia dellevoluzione, lunga e comprensiva di tutti gli avvenimenti che lhanno caratterizzata. Tale storia contiene tanto levoluzione della materia inorganica quanto quella della materia organica. In un campo, come in una foresta, o in vetta ad un monte, i nostri piedi poggiano su ere di sviluppo, strati geologici, fossili di forme di vita ormai estinte, resti in decomposizione di esseri morti di recente, e nuovi esseri che silenziosamente prendono vita. La natura non una persona, una madre amorosa, e nemmeno, nel crudo lessico materialista dellultimo secolo, materia e morte. N un puro e semplice processo fatto di cicli che si ripetono come stagioni, un susseguirsi di attivit metaboliche costruttive e distruttive, cpn buona pace di certe filosofie del processo. Invece, la storia naturale un evoluzione cumulati!a verso forme e relazioni sempre pi diverse, sempre pi differenziate e complesse. Tale sviluppo evolutivo di esseri continuamente pi variegati, cio di nuov forme di vita, anche uno sviluppo che contiene, latenti, eccitanti possibilit. La variet, la differenziazione, la complessit, aprono alla natura, man mano che questa si espande, nuove direzioni per un ulteriore sviluppo e linee alternative di evoluzione. Man mano che gli animali divengono pi complessi e consapevoli di s, pi intelligenti, cominciano a compiere quelle scelte elementari capaci di influenzare la loro stessa evoluzione. Sono sempre meno oggetti passivi della selezione naturale e sempre pi soggetti attivi del proprio autosviluppo. La mutazione bianca di una lepre a mantello scuro che si accorge delle possibilit mimetiche offerte da un terreno coperto di neve, non si limita, semplicemente, ad adattarsi per sopravvivere, ma agisce in funzione della propria sopravvivenza. Non solo lambiente che la seleziona, ma anchessa seleziona il proprio ambiente e compie una scelta che esprime una sia pur modesta capacit di giudizio e soggettivit. Maggiore la variet degli habitat che emerge nel corso dellevoluzione, maggiore il ruolo attivo e ragionato che le forme di vita, specie quelle neurologicamente pi complesse, svolgono nella propria sopravvivenza. Nella misura in cui levoluzione naturale segue questa via di sviluppo neurologico, essa da origine ad. esseri viventi dotati di una sempre maggiore capacit di scelta 27 e libert nel determinare il proprio sviluppo. Con questa concezione della natura, intesa come storia complessiva dei livelli via via pi differenziati di organizzazione materiale (specialmente di forme di vita) e di crescente soggettivit, lecologia sociale stabilita la base per comprendere lumanit e dare un senso alla collocazione della societ nellevoluzione naturale. La storia naturale non un fenomeno meramente casuale. segnata da tendenze, da direzioni, e per quanto concerne gli umani da fini consapevolmente perseguiti. Gli esseri umani, con il mondo sociale da essi creato, possono allargare significativamente lorizzonte dellevoluzione naturale, trasformandolo in un orizzonte segnato dalla coscienza, dalla riflessione e da una libert di scelta e creativit volontaria mai viste prima. I fattori che obbligano molti esseri viventi a ruoli in gran parte adattativi, nella trasformazione ambientale, potrebbero essere sostituiti dalla capacit di adattare coscientemente lambiente alle forme di vita esistenti o alle nuove che potrebbero svilupparsi. L'adattamento, in effetti, libera la creativit e introduce in misura crescente una componente di libert nelle apparentemente ferree leggi naturali. Ci che uri tempo veniva definita come cecit della natura, alludendo alla mancanza in essa di ogni direttiva morale, si rivela oggi come libert della natura, nella misura in cui questa, sia pur lentamente, trova la sua voce e i mezzi per alleviare le inutili sofferenze di tutte le specie in una umanit consapevole ed in una societ ecologica. In ogni caso, perch abbia un qualche senso il principio di No avanzato dallantiumanista David Ehren-feld &The 'rrogance o" #umanism(, secondo il quale qualunque forma di vita esistente deve essere conservata per la semplice ragione che esiste, bisogna presupporre lesistenza di un No, cio di una forma di vita cosciente (lumanit) che si assume il compito di salvare specie che la natura avrebbe condannato all'estinzione durante qualche glaciazione, o desertificazione, o collisione con asteroidi. Orsi grizzly, lupi, puma ed altri animali del genere non sono al sicuro dallestinzione soltanto perch lasciati nelle mani amorose di una presunta Madre Natura. Se vero che i grandi rettili del Mesozoico sono stati distrutti da modificazioni climatiche successive alla probabile collisione della Terra con un asteroide, la sopravvivenza dei mammiferi oggi esistenti potrebbe essere altrettanto precaria di fronte alleventualit di una qualche 28 calamit naturale, a meno che non vi sia una forma di vita consapevole, ecologicamente indirizzata, in possesso degli strumenti tecnologici idonei a salvarli. Non si tratta quindi di stabilire se levoluzione sociale sia, o meno, in contrasto con levoluzione naturale. Si tratta invece di stabilire come levoluzione sociale possa inserirsi nellevoluzione naturale, e perch sia invece stata (senza motivo, vorrei dire) contrapposta allevoluzione naturale a scapito della vita nel suo complesso. La capacit di essere razionali, o liberi, non garantisce che tale capacit debba automaticamente essere messa in atto. Se levoluzione sociale viene vista come loccasione potenziale di aprire lorizzonte dellevoluzione naturale ad una creativit mai sperimentata prima, e se gli esseri umani vengono considerati come la via attraverso cui pu realizzarsi la potenzialit della natura di essere libera e cosciente di s, ci che dobbiamo stabilire perch tali potenzialit siano state tarpate e come possano essere nuovamente messe in atto. Lecologia sociale ha fede (una fede assolutamente antitetica allimmagine scenica della natura) che tali potenzialit siano reali e possano essere realizzate. Il divario tra evoluzione naturale ed evoluzione sociale, tra vita umana e vita non umana, tra la natura considerata come avara e indocile, e unumanit avida e distruttiva, tutto ci specioso e fuorviante se visto come inevitabile. N meno fuorvianti sono stati i tentativi riduzionisti di includere il sociale nellevoluzione naturale, di seppellire la cultura nella natura in unorgia di irrazionalismo e misticismo, di assimilare lumano alla pura animalit, di imporre una presunta legge naturale ad una societ umana sottomessa. Ci che ha trasformato gli esseri umani in alieni nel mondo naturale sono le mutazioni sociali che hanno fatto di molti esseri umani degli alieni nel loro stesso mondo sociale: la dominazione del giovane da parte degli anziani, delle donne da parte degli uomini e degli uomini da parte di altri uomini. Ancor oggi, come nei secoli passati, esistono esseri umani che possiedono la societ ed altri che da essa sono posseduti. Fintantoch la societ non sar restituita ad unumanit indivisa capace di usare la sua saggezza collettiva, le su conquiste culturali, le sue innovazioni tecnologiche, le sue conoscenze scientifiche, la sua creativit innata, a beneficio proprio e del mondo naturale, tutti i problemi 29 ecologici avranno le proprie radici in problemi sociali. 30 GERARCHIE, CLASSI, STATI Fin qui, ho cercato di dimostrare che lumanit con la sua capacit di pensare un prodotto dellevoluzione, non un alieno nel mondo naturale. In effetti, che gli esseri umani siano il risultato di una tendenza evolutiva verso una crescente differenziazione, complessit, coscienza di s, intuitivo. Come la maggior parte delle intuizioni, anche questa ha la sua base fattuale: le prove paleontologiche di tale tendenza, dai semplicissimi fossili unicellulari del passato pi remoto ai resti di ben pi complessi mammiferi appartenuti a tempi recenti, testimoniano lo svolgersi di un grande dramma biologico. Tale dramma la storia di una natura che va acquistando nuova capacit di pensiero concettuale, fino a dar vita ad un tipo di primati, detti esseri umani, che hanno il potere di scegliere, modificare e ricostruire il proprio ambiente. Come ho gi detto, la natura non la scena immobile che osserviamo dalla cima di un monte. Definita con maggior precisione di quella possibile in un adesivo da appiccicare sullauto, la natura proprio la storia della sua differenziazione evolutiva, e se appunto la pensiamo come evoluzione possiamo discernere la tendenza verso la consapevolezza e la libert che insita in essa. Che questa tendenza provi lesistenza di un fine predeterminato, una volont-guida, o un Dio, del tutto irrilevante ai fini della presente discussione. Ci che conta che tale tendenza pu essere dimostrata, dallesame dei fossili, dal fatto che le forme di vita esistenti derivano da quelle precedenti, dallesistenza della stessa umanit. Inoltre, chiedersi quale sia il posto dellumanit nella natura significa riconoscere implicitamente che la specie umana si evoluta come forma di vita in grado di costruirsi un posto nel mondo naturale, non semplicemente di adattarsi ad esso. La specie umana col suo immenso potere di modificazione dellambiente non stata inventata dagli ideologi umanisti, che hanno deciso che la natura stata fatta per servire lumanit e i suoi bisogni come vorrebbero certi ecologi 31 misantropi. Il potere dellumanita emerso da ere di evoluzione e da secoli di sviluppo culturale. Il problema del posto che tale specie ha in seno alla natura non pi un problema di zoologia, riguardante la sistemazione tassonomica dellumanit nel contesto di tutte le forme di vita, come era ai tempi di Darwin. Il problema dellorigine delluomo, per usare il titolo della grande opera darwiniana, considerato dai pensatori odierni altrettanto importante che le immani capacit possedute dalla nostra specie. Chiedersi quale sia il posto dellumanit nella natura, oggi, un problema morale e sociale, e nessun altro animale in grado di porselo, con buona pace di molti antiumanisti che amerebbero veder lumanit divenire una specie tra le tante, tutte partecipanti ad una cosiddetta democrazia della biosfera. Per gli esseri umani chiedersi quale sia il loro posto nella natura significa chiedersi se il potere dellumanit possa essere messo al ser!i%io di unevoluzione futura o se, al contrario, debba essere usato per distruggere la biosfera. Il che non senza conseguenze sul tipo di societ (o seconda natura) che gli esseri umani possono costituire: gerarchica, fondata sullo sfruttamento e sulla sopraffazione, oppure libera, egualitaria ed orientata in senso ecologico. Misconoscere la base sociale dei nostri problemi ecologici, celarla tra le maglie di mistiche primitivistiche e antirazionali- ste, equivale letteralmente ad arretrare il pensiero ecologico al livello primordiale di sentimenti da quattro soldi, usabili per i peggiori scopi reazionari. Ma se tener presente la societ fondamentale per poter comprendere il senso dei nostri problemi ecologici, non per questo essa pu essere vista come limmagine statica che osserviamo dai vertici di una torre accademica, dal balcone di un palazzo di governo o dalle finestre della sede di una grande multinazionale. Anche la societ proviene dalla natura, come ho cercato di dimostrare dando conto della socializzazione umana e della riproduzione quotidiana di tale processo fino ai nostri giorni. Considerare la societ come aliena rispetto alla natura rafforza quel dualismo tra il sociale e il naturale tanto diffuso nel pensiero moderno. Una concezione cos antiumanistica serve ad aprire le porte esattamente a tutte le forze antiecologiche che contrappongono la societ alla natura e pretendono di ridurre il mondo naturale ad una semplice riserva di risorse. Del pari, dissolvere la societ nella natura individuando lorigine dei problemi sociali in fattori genetici, istintivi, irrazionali e mistici, 32 equivale ad aprire le porte a tutte quelle forze primitivistiche portatrici di tendenze razziste, misantropiche e sessiste in campo femminile cos come in campo maschile. Ben lungi dallessere una scena immobile che permette agli elementi reazionari di identificare la societ esistente con la societ come tale (allo stesso modo che oppressi e oppressori vengono riuniti in una singola specie detta #omo sapiens e pariteticamente considerati come responsabili dellattuale crisi ecologica), la societ invece la storia della sua evoluzione e delle sue molteplici forme e possibilit. Sul piano culturale siamo il prodotto della nostra storia sociale, cos come sul piano fisico siamo il prodotto dellevoluzione naturale. Portiamo con noi, spesso senza rendercene conto, una massa di convinzioni, abitudini, atteggiamenti e sentimenti che generano idee regressive, tanto per ci che riguarda la natura quanto per i rapporti tra gli umani. Sia della natura umana che della natura non umana abbiamo, spesso inesplicabilmente anche per noi stessi, unimmagine fissa, ed tale immagine che sottilmente informa un gran numero dei nostri atteggiamenti verso gli appartenenti a questo o quel sesso, verso i giovani, verso i vecchi, verso i legami familiari e di parentela, verso lautorit politica, per non parlare dei diversi gruppi etnici, ideologici, sociali. Immagini arcaiche di gerarchia presiedono tuttora alle nostre opinioni circa le pi elementari differenze tra le persone e tra tutti gli esseri viventi. Il modo in cui le pi semplici differenze tra fenomeni vengono ordinate gerarchicamente nella nostra mente, deriva da distinzioni socialmente ancestrali che risalgono ad un tempo troppo lontano perch possa essere ricordato. Tali distinzioni gerarchiche si sono sviluppate nel corso della storia, spesso prendendo origine da innocue differenze di status successivamente trasformate in assetti gerarchici veri e propri, in rapporti di dominazione e obbedienza. Conoscere il presente e costruire il futuro comporta una comprensione attenta e coerente del passato, un passato che ci condiziona in vario grado ed influenza profondamente le nostre idee dellumanit e della natura. )l concetto di domina%ione Allo scopo di sottolineare linfluenza che il passato esercita sul presente, non posso fare a meno di prendere in esame una delle 33 posizioni fondamentali dellecologia sociale, oggi trasmessa allattuale pensiero ambientalista. Mi riferisco al concetto, proprio dellecologia sociale, che tutte le nostre idee di dominio sulle natura derivano dal dominio reale delluomo sulluomo. Tale concetto deve essere preso esattamente nel suo senso letterale. Non solo una visione storica della condizione umana, anche una sfida alla nostra condizione contemporanea, con implicazioni di grande portata per quanto concerne la trasformazione sociale. Sul piano storico, essa afferma senza equivoci di sorta che il dominio delluomo sulluomo venuto prima dellidea di dominare la natura. stato il dominio delluomo sulluomo che ha dato origine allidea stessa di dominio sulla natura, deliberatamente evito di usare un termine oggi assai di moda, e cio che il dominio sulla natura comporta il dominio delluomo sulluomo. Luso di questo verbo mi sembra particolarmente repellente, perch confonde lordine secondo cui il dominio si presentato nel mondo e quindi limportanza della sua eliminazione per raggiungere una societ libera. Gli uomini non hanno mai pensato di dominare la natura se non dopo aver cominciato a dominare le donne, i giovani e gli altri uomini. E finch non elimineremo la dominazione in tutte le sue forme non potremo creare realmente una societ razionale ed ecologica. Gli scritti di molti progressisti, oltre che di Marx, ingenerano la convinzione che siano stati i tentativi di dominare la natura che hanno condotto al dominio delluomo sulluomo, ma un simile progetto non mai esistito negli annali di ci che chiamiamo Storia. Mai nella storia dellumanit accaduto che gli oppressi di qualunque periodo abbiano gioiosamente accettato la propria oppressione in virt della convinzione che la loro miseria avrebbe consentito ai discendenti di qualche era futura di potersi finalmente liberare dal dominio della natura. Contestare luso di termini come comportare o condurre, come fa lecologia sociale, non una pedanteria da Medio Evo. Al contrario, il modo in cui tali parole vengono usate il risultato di differenze radicali nellinterpretazione della storia e dei problemi che ci stanno di fronte. La dominazione delluomo sulluomo non sorta perch qualcuno ha creato un meccanismo socialmente oppressivo (la struttura di classe marxiana, o la megamacchina umana concepita da Lewis Mumford, o qualunque altra costruzione) allo scopo di liberarsi dal dominio della natura. E' stata proprio 34 questa nauseabonda idea che ha originato il mito che il dominio sulla natura richiede, presuppone o comporta il dominio delluomo sull'uomo. Tale mito fondamentalmente reazionario implica la concezione che le diverse forme di dominio, come le classi o lo Stato, abbiano la loro ragione dessere in condizioni e necessit economiche, e che la libert possa essere ottenuta solo dopo aver realizzato il dominio sulla natura con la costituzione conseguente di una societ senza classi. Il problema della gerarchia, qui, scompare misteriosamente, perdendosi nellincertezza di idee confuse, oppure viene fatto rientrare in quello dellabolizione delle classi, come se una societ senza classi sia necessariamente una societ senza gerarchia. Se accettiamo la concezione di Engels, e in un certo senso anche di Marx, dobbiamo infatti ammettere che la gerarchia sia pi o meno inevitabile in una societ industriale, anche in regime di comunismo. Progressisti borghesi, conservata, e anche qualche socialista, si trovano sorprendentemente daccordo nel ritenere, come ho gi avuto occasione di notare, che la gerarchia indispensabile per lesistenza stessa della vita associata, in quanto infrastruttura dellorganizzazione e della stabilit di fessa. Sostenendo invece che la concezione del dominio sulla natura scaturisce dal dominio sugli esseri umani, lecologia sociale capovolge radicalmente lequazione delloppressione umana e amplia enormemente il proprio orizzonte. Essa appunta la sua indagine sui sistemi istituzionali di coercizione, di comando/obbedienza, che sono venuti prima dellemergere delle classi economiche, vale a dire che non sono necessariamente motivati solo sul piano economico. La questione sociale della disuguaglianza e delloppressione, va dunque al di l dello sfruttamento inteso in senso puramente economico, e tocca le forme culturali del dominio, presenti nella famiglia, tra le generazioni e i sessi, tra i gruppi di diversa etnia, in seno alle istituzioni politiche, sociali ed economiche, fino alla nostra percezione della realt nel suo complesso, ivi compresa la natura e le forme di vita non-umane. In breve, lecologia sociale pone il problema del comando e dell'obbedienza a livello personale, sociale, storico e ricostruttivo, in un modo che comprende e contemporaneamente supera le anguste interpretazioni economiciste della questione sociale, che oggi vanno per la maggiore. Lecologia sociale spinge la 35 questione sociale ben oltre i confini ristretti della giustizia, per entrare nel campo illimitato della libert, al di l di una razionalit, di una scienza e di una tecnologia del dominio, verso una razionalit, una scienza e una tecnologia libertarie, al di l di un orizzonte di riforme sociali, verso un orizzonte di ricostruzione radicale della societ. Le prime comunit umane Noi che viviamo nellera presente siamo tuttora vittime della nostra storia recente. Il capitalismo moderno, il pi peculiare ed anche il pi dannoso assetto sociale mai emerso nel corso della storia umana, identifica il progresso nella competizione e nella rivalit pi aspre; lo status sociale nellaccumulazione rapace ed illimitata di ricchezza; i valori della persona nella meschinit e nellegoismo; vede nella produzione di merci, di beni specificamente destinati alla vendita e al profitto, la forza propulsiva di ogni sforzo economico ed artistico; vede nel profitto e nellarricchimento la ragion dessere della vita associata. Nessunaltra societ nota ha reso tali fattori tanto centrali nella propria esistenza, o, peggio, li ha identificati con la natura umana come tale. Tutti i vizi che nel passato erano visti come apoteosi del male, sono stati trasformati in virt, ad opera della societ capitalista. Questi attributi borghesi sono tanto radicati nella nostra vita quotidiana e nel nostro modo di pensare che ci risulta difficile capire come le societ precapitaliste abbiano potuto fondarsi su di una concezione dei valori umani nettamente opposta. E' difficile per la mentalit moderna comprendere come le societ precapitaliste identificassero loptimum sociale con la cooperazione piuttosto che con la competizione, con la distribuzione piuttosto che con laccumulazione, con linteresse pubblico piuttosto che con il vantaggio privato; con lofferta di doni piuttosto che con la vendita di merci; con laiuto reciproco piuttosto che con il profitto e la rivalit. Questi valori erano identificati come tipici di una natura umana incorrotta. In certi casi fanno tuttora parte di un appassionato processo di socializzazione che tende a dar vita a rapporti di interdipendenza, e non alla cosiddetta indipendenza, aggressiva, egoista, che sarebbe meglio definire come rozzo individualismo. Per capire da dove veniamo, socialmente parlando, e come 36 accaduto che siamo diventati quello che siamo, necessario liberarci dellattuale sistema di valori ed esaminare, sia pur sommariamente, un corpo di idee in grado di fornirci unimmagine chiara di una societ pi organica, o addirittura ecologica, emersa dal mondo naturale. In tale societ organica, in larga misura preletterata o tribale, la dominazione era praticamente assente, non soltanto per quanto riguarda lassetto istituzionale, ma anche nel linguaggio. Stando ai risultati di analisi linguistiche condotte da antropologi come Dorothy Lee, in certe comunit indiane (i Wintu della costa pacifica, ad esempio) mancavano i verbi transitivi (avere, prendere, possedere, ecc.) che indicano potere sugli individui e sugli oggetti. Al loro posto, si usava dire che una madre andava con il suo bambino (e non che lo portava), che il capo stava col suo popolo, e in genere che la gente viveva con gli oggetti, e non che li possedeva. Per quanto tali comunit possano essere state diverse tra loro, possibile identificare nel loro linguaggio e nel loro comportamento elementi che rimandano ad un unico corpo di idee, valori e modelli esistenziali. Come ha osservato Paul Radin uno dei pi valenti antropologi americani, era presente tra gli individui un fondamentale senso di rispetto e attenzione reciproca per la necessit materiali altrui, che Radin definisce il principio del minimo irriducibile. Ognuno aveva diritto ad accedere ai mezzi di sussistenza, indipendentemente dallentit del contributo produttivo fornito. Il diritto di vivere non era messo in discussione, cosicch concetti come uguaglianza erano privi di significato, in quanto le disuguaglianze che affliggono noi tutti, dal peso degli anni a quello delle malattie, venivano compensate dalla comunit. Le prime concezioni di uguaglianza formale, secondo cui siamo tutti ugualmente liberi di morire di fame o di abbandono, non erano ancora arrivate a sostituire luguaglianza sostanziale, secondo cui anche coloro che erano meno capaci di una completa attitudine produttiva venivano forniti in misura ragionevole del necessario a vivere. Secondo quanto ci dice Dorothy Lee in *reedom and +ulture, luguaglianza esisteva nellintima natura delle cose, come effetto della struttura democratica della cultura, non come un principio che doveva essere applicato. In queste societ organiche non cera nessun reale bisogno di ottenere luguaglianza, in quanto esisteva in esse un rispetto assoluto per 37 gli esseri umani, per ciascun individuo, indipendentemente dalla sua et e dal suo sesso. Linterpretazione della Lee non poteva non essere recepita da Radin, che ha vissuto per decenni tra gli indiani Winnebago, godendo della loro totale confidenza. Se dovessi descrivere brevemente le principali caratteristiche della civilt aborigena, non avrei esitazipone a dichiarare che sono tre: il rispetto per lindividuo, Indipendentemente dallet e dal sesso, l'impressionante livello di integrazione sociale e politica, lesistenza di_ una sicurezza personale che trascende qualunque fornai di governo ed ogni tipo di interesse, o conflitto, tribale o di gruppo &The ,orld o" Primiti!e -an(. Il rispetto per lindividuo, che Radin pone al primo posto nell'elenco degli attributi aborigeni, merita particolare attenzione oggi, in unepoca dove da una parte il collettivo viene identificato con la negazione dell'individualit, e dall'altra un'orgia di puro egoismo ha creato individui isolati e atomizzati privi di alcun limite al proprio ego. Una collettivit forte pu essere favorevole allindividuo, come sembrano dimostrare certi studi recenti sulle societ aborigene, assai pi di una societ di libero mercato composta di esseri egoisti ed aridi. Non meno meraviglioso delluguaglianza sostanziale raggiunta da molte societ organiche il modo in cui larmonia comunitaria veniva proiettata verso il mondo naturale nel suo complesso. Cos come la societ era organizzata senza strutture gerarchiche, anche la natura era concepita in modo nettamente non gerarchico. Le testimonianze di molte cerimonie delle comunit di cacciatori e orticoltori, indicano chiaramente che i partecipanti consideravano se stessi come membri di un pi ampio mondo vitale. Le danze tendevano pi a rappresentare la natura, specialmente gli animali, che ad esprimere la volont di sottometterla, fosse la selvaggina o fenomeni atmosferici come la pioggia. La magia, definita nel secolo scorso la scienza delluomo primitivo, aveva un duplice aspetto. Da una parte le veniva attribuito un ruolo che pu essere inteso come coercitivo, nel senso che un determinato rituale doveva necessariamente produrre un determinato effetto, cos come oggi accade per la chimica. Ma esistevano anche rituali, specialmente di gruppo, che probabilmente hanno preceduto le pi note attivit magiche di causa-effetto ed avevano un carattere persuasivo, pi che coercitivo. La vita selvaggia era vista come in un rapporto di dare-avere, secondo il quale la selvaggina si 38 concedeva al cacciatore in quanto parte del gran ciclo dellesistenza, basato sulla propiziazione, sul rispetto e sul reciproco bisogno. Lumanit entrava in questo ciclo non meno che gli animali, e le forme di vita umane e non umane erano viste come legate da bisogno reciproco, pi che da rapporti di conflitto, ed in questo senso concedevano se stesse le une alle altre. Questo fortissimo senso di complementarit, riscontrabile nei rituali, sembra riflettere un senso di uguaglianza dove le differenze erano considerate parte di un tutto naturale, e non di una piramide strutturata gerrchicamente. Il tentativo della societ organica di porre sullo stesso piano la vita umana e quella non umana, di vedere luna come partner complementare dellaltra, ha prodotto una concezione della differenza altamente ugualitaria. Secondo tale concezione, unentit differente non n migliore n peggiore delle altre entit: linsieme della differenziazione determina una maggiore ricchezza del tutto, non la superiorit di una parte sulle altre. Ciascu- na entit complementare alle altre, cosicch un maschio e una femmina, per quanto diversi fisicamente e funzionalmente, apportano particolari attitudini alla comunit arricchendola culturalmente e materialmente. In tale mondo di uguaglianza sostanziale, la terra e le altre risorse che la nostra societ definisce come propriet, erano disponibili a chiunque ne avesse bisogno. Ma in linea di principio non potevano essere oggetto di possesso personale e tanto meno di propriet. Quindi, a quanto sembra, le societ organiche preletterate erano fondate, oltre che sul principio del minimo irriducibile, sulluguaglianza sostanziale, sullarte della persuasione e su di una concezione della diversit vista come complementarit, anche sullusufrutto. Gli oggetti erano disponibili alle persone e alle famiglie di una certa comunit in quanto necessari e non perch posseduti o creati dal lavoro del possessore. Luguaglinza sostanziale delle comunit organiche preletterate non era soltanto il prodotto di strutture istituzionali o di costumi ancestrali. Faceva parte della sensibilit stessa dellindividuo, del modo con cui percepiva le differenze, gli altri esseri umani, la vita non umana, gli oggetti materiali, la terra e le foreste, insomma il mondo naturale nel suo complesso. La natura e la societ, cos 39 nettamente separate nella nostra societ, e nel nostro modo di pensare, nelle societ organiche sfumavano gradualmente l'una e nellaltra, e venivano percepite come un continuum di interazioni ed esperienze quotidiane. E' inutile far notare che se l'umanit non dominava la natura, nemmeno la natura dominava lumanit. A1 contrario, la natura era vista come una feconda sorgente di vita, un genitore benevolo e provvido, non un padrone avaro che deve essere costretto a cedere i mezzi di sostentamento ed i segreti che cela in s. E' difficile capire completamente luguaglianza sostanziale esistente nelle societ organiche, se non si riconosce che di quella visione egualitaria faceva parte anche la natura. Una concezione della natura come avara avrebbe invece prodotto delle comunit avare a loro volta, composte di esseri umani egoisti. Tale natura non era affatto lentit quasi senza vita che oggi diventata, oggetto di ricerche di laboratorio e materia di manipolazione tecnica. Era costituita di animali selvaggi che, secondo la mentalit aborigena, erano anchessi organizzati secondo linee di parentela come i clan umani; era costituita di foreste, viste come luoghi capaci di offrire protezione; di forze cosmiche come venti, piogge torrenziali, il sole ardente, la luna benigna. La natura permeava letteralmente la comunit non solo in quanto ambiente provvidenziale, ma soprattutto come una linfa parentale che teneva uniti tra loro individui e generazioni. La reciproca lealt di parentela in forma di vincolo di sangue (un vincolo in cui il senso del dovere nei confronti dei propri parenti comporta la vendetta contro chi reca loro offesa) era la fonte organica della continuit comunitaria. Per quanto questa fonte possa essere poi divenuta fittizia, specialmente in tempi pi recenti dove la parola parentela diventata un debole surrogato dei veri legami di sangue, non c ragione di dubitare della sua rilevanza al fine di stabilire il posto di ognuno in seno alle antiche comunit umane. Era l'affiliazione in funzione del sangue, determinata dal fatto di avere in comune sia gli avi sia i discendenti, che stabiliva se un individuo poteva essere accettato come parte di un gruppo, chi poteva sposare, le sue responsabilit verso gli altri nonch quelle degli altri nei suoi confronti, insomma lintero assetto di diritti e doveri reciproci dei membri di una determinata comunit. Era grazie alla realt biologica di questi vincoli di sangue che la natura penetrava nelle istituzioni fonda- mentali della societ 40 preletterata. La continuit dei vincoli di sangue era uno strumento atto a definire, letteralmente, lassociazione sociale e la stessa identit individuale. Che uno appartenesse o no ad un certo gruppo e quali dovessero essere le sue relazioni con gli altri era determinato, almeno a livello giuridico, dalla sua situazione genealogica. Ma cera anche un altro fatto biologico che definiva la posizione delle persone in seno alla comunit: lappartenenza al sesso maschile o femminile. A differenza dei vincoli di parentela! che erano destinati ad attenuarsi lentamente man mano che altre istituzioni di tipo non biologico, come lo Stato, andavano a sostituirsi gradualmente alla genealogia e alla paternit, la strutturazione sessuale della societ rimasta fino ad oggi, pur subendo modificazioni a causa dellevoluzione sociale. Infine, cera un elemento biologico che interveniva a definire gli individui in quanto membri di un gruppo, let. Come vedremo in seguito, i primi esempi di condizione fondata su differenze biologiche sono stati principalmente i gruppi det cui appartenevano i diversi individui, e le cerimonie che legittimavano la posizione di ciascuno da tale punto di vista. La parentela stabiliva il fatto fondamentale che lindividuo aveva una certa ascendenza in comune con i membri di una certa comunit. Definiva i diritti e le responsabilit degli appartenenti ad un medesimo lignaggio, diritti e responsabilit da cui derivava chi ciascuno poteva sposare in seno ad un certo gruppo genealogico, chi doveva essere aiutato e sostenuto di fronte alle normali necessit dellesistenza, a chi poteva essere richiesto aiuto nelleventualit di questa o quella difficolt. Il lignaggio definiva, nel senso letterale del termine, lindividuo e il gruppo, cos come la pelle segna il limite che separa una persona dallaltra. Le differenze di sesso, anchesse biologiche allorigine, definivano il tipo di lavoro svolto da ciascuno nella comunit e il ruolo di ciascun genitore nellallevamento dei figli. In genere, le donne raccoglievano il cibo e lo preparavano; gli uomini cacciavano e svolgevano una funzione protettiva verso la comunit nel suo complesso. Siffatti compiti fondamentalmente diversi hanno dato anche origine alle culture di solidariet femminile, nelle quali le donne costituivano delle associazioni, a volte informali a volte strutturate, con cerimonie e divinit diverse da quelle degli uomini, che avevano una cultura propria. 41 Comunque, nessuna di queste differenze di genere (e lo stesso pu dirsi di quelle genealogiche) inizialmente conferiva posizioni di comando ad un certo gruppo sessuale n obbligava un altro allobbedienza. Le donne avevano il pieno controllo del mondo domestico: la casa, il focolare di famiglia, la preparazione dei mezzi di sostentamento pi immediati, come le pelli e il cibo. Spesso, la donna costruiva il proprio riparo, se era abbastanza piccolo, e tendeva ad avere orti propri, man mano che la societ si evolveva verso uneconomia orticola. A loro volta, gli uomini si occupavano di quelli che potremmo chiamare gli affari civili, cio lamministrazione della politica comunitaria, sia pur ancora embrionale, come le relazioni tra le diverse bande, clan, trib, e i casi di ostilit con altre comunit. Come vedremo, tali affari civili sarebbero poi divenuti assai complicati, in seguito ai conflitti intercomunitari provocati dagli spostamenti di popolazione. E cos che in seno alle prime comunit hanno cominciato ad emergere associazioni di guerrieri, che finivano per specializzarsi nella caccia ad altri uomini, oltre che agli animali. , Sta di fatto, ad ogni modo, che nei primi momenti dello sviluppo sociale la cultura maschile e quella femminile erano complementari e contribuivano insieme alla stabilit sociale, oltre che provvedere al sostentamento della comunit nel suo insieme. Le due culture non erano in conflitto reciproco. Non appare credibile che una comunit umana primigenia avrebbe potuto sopravvivere se la cultura di uno dei due generi avesse tentato di esercitare un qualche predominio sullaltra, men che mai se si fosse messa in posizione antagonistica. La stabilit della comunit richiedeva il mantenimento di un equilibrio tra elementi potenzialmente ostili, affinch la comunit stessa potesse sopravviver in un ambiente particolarmente precario. Oggi, se crediamo di poter individuare, a posteriori, un ruolo di comando degli uomini sulle donne delle comunit preletterate in virt del loro monopolio degli affari civili, perch tali affari hanno assunto una enorme importanza presso di noi. Dimentichiamo che le prime comunit umane erano vere societ domestiche, organizzate soprattutto intorno al lavoro delle donne, ed erano spesso influenzate fortemente, a livello sia reale che immaginario, dal mondo femminile. I gruppi di et, invece, hanno avuto implicazioni sociali pi ambigue. Dal punto di vista fisico, i vecchi della comunit erano le persone pi deboli, dipendenti, e 42 anche pi vulnerabili nei periodi diffcili. In certe occasioni nelle quali lesistenza della comunit era minacciata, erano quelli dai quali ci si aspettava che rinunciassero per primi alla vita. Erano quindi i membri pi insicuri, psicologicamente oltre che fisicamente. Nello stesso tempo, per, i vecchi della comunit erano i depositari viventi delle tradizioni, delle conoscenze, dellesperienza collettiva. In un mondo privo di linguaggio scritto, erano i custodi della cultura comunitaria, coloro che ne difendevano lidentit e la storia. Questa doppia posizione, di estrema vulnerabilit personale da una parte e di rappresentazione della tradizione comunitaria dallaltra, pu aver dato origine ad una tensione che li ha spinti a migliorare il proprio status, circondandolo di unaureola quasi religiosa, cio di un potere sociale (di questo appunto si trattava) capace di renderli pi sicuri man mano che la forza fisica veniva loro a mancare. Gerarchie e classi La logica, unita ad un buon numero di dati antropologici a nostra disposizione, suggerisce che la gerarchia sia scaturita dal prestigio degli anziani, che appaiono essere stati coloro che hanno dato avvio ai primi sistemi istituzionalizzati di comando e obbedienza. Tale gerontocrazia includeva anche le donne anziane, oltre che gli uomini. Praticamente in tutte le societ esistenti, fino ai nostri giorni, si trovano tracce del ruolo fondamentale che essa ha svolto, nella forma di consigli degli anziani via via adattatisi a modelli di clan, di trib, di citt o di Stato, oppure in quella di manifestazioni culturali, come il culto degli antenati o le norme della buona educazione che prescrivono la deferenza verso i vecchi, in molte societ diverse. N il sorgere di un potere sociale maschile ha necessariamente significato la rimozione delle donne anziane dalla posizione di privilegio che avevano agli albori di tutte le gerarchie. A figure bibliche come Sara era riconosciuta grande autorit e prestigio pubblico, oltre che negli affari domestici, anche nella famiglia patriarcale e poligamica dei beduini ebrei. In realt, Sara non un personaggio atipico nel mondo delle famiglie esplicitamente patriarcali; in molte societ tradizionali accade che le donne che hanno superato let di mettere al mondo figli acquistino lo status di ci che viene definita una matriarca, dotata di enorme influenza in seno alla comunit, superiore a volte a quella degli 43 anziani maschi. Eppure, anche la gerontocrazia primigenia possedeva tratti ugualitari. Se una persona viveva abbastanza, poteva diventare anziana solo nel senso onorifico del termine, oppure poteva diventare un patriarca (o una matriarca) dominante. In queste forme antiche, la gerarchia non era cos rigida dal punto di vista strutturale, a causa di una sorta di mobilit dal basso allalto, di tipo biologico. La sua esistenza non era ancora antitetica allo spirito ugualitario delle prime societ comunitarie. La situazione cambia, comunque, quando gli elementi biologici che inizialmente tengono in piedi la vita comunitaria diventano sempre pi sociali, vale a dire man mano che la societ funziona sempre pi secondo una sua logica, trasformando forma e contenuto delle relazioni che si instaurano in seno ai gruppi e tra essi. E' importante notare che gli elementi biologici presenti nelle relazioni di sangue, nelle differenze di genere, nei gruppi di et, non scompaiono, una volta che la societ comincia a generare le sue proprie forze di sviluppo endogeno. La natura continua ad essere presente in molti di tali mutamenti sociali. Ma la dimensione naturale della societ viene modificata, complicata, alterata, dalla socializzazione degli elementi biologici, pur presenti nella vita sociale di tutti i tempi. Prendiamo in considerazione uno dei principali cambiamenti prodottisi nelle prime societ, che avrebbe profondamente influenzato levoluzione sociale: lincremento dellautorit maschile sulle donne. fuor di dubbio che la supremazia gerarchica dei maschi stata il principale e comunque il pi inflessibile sistema gerarchico intervenuto a corrodere le strutture ugualitarie della societ umana primigenia. Probabilmente, per, la gerontocrazia venuta prima della patricentricit, dell'inclinazione sociale verso i valori maschili, fino alle forme pi esasperate di gerarchia patriarcale. In effetti, quelli che vengono definiti come tipi biblici di patriarcato non sono che modificazioni patricentriche della gerontocrazia, in cui tutti i membri giovani della famiglia, maschi o femmine che siano, sono totalmente sottomessi aHimperio assoluto del maschio pi vecchio, e spesso anche della sua anziana consorte, la cosiddetta matriarca. Che i maschi giungano a detenere per nascita uno status speciale nei confronti delle femmine ovviamente un fatto sociale. Ma poggia anche su elementi biologici rielaborati per particolari scopi sociali. I maschi sono fisicamente pi grossi, pi muscolosi, 44 e normalmente possiedono pi emoglobina delle femmine (nellambito dello stesso gruppo etnico); non si pu fare a meno di aggiungere che producono anche quantitativi significativamente maggiori di testosterone, un ormone che non solo stimola la sintesi delle proteine e produce una muscolatura pi sviluppata, ma sta anche alla base di quelle manifestazioni comportamentali che associamo con un grado elevato di dinamismo fisico. Negare tali adattamenti evolutivi, che hanno dato ai maschi una maggiore attitudine atletica alla caccia degli animali prima, e poi degli altri uomini, invocando questa o quella eccezione individuale alle caratteristiche maschili significa, n pi n meno, voler ignorare un importante dato di fatto biologico. Nessuno di tali fattori, tuttavia, comporta di necessit la subordinazione delle donne agli uomini. N verosimile che labbia determinata. E' certo che il predominio maschile non aveva alcuna funzione quando il ruolo delle donne era tanto fondamentale per la stabilit delle prime comunit umane. Qualunque tentativo di istituzionalizzare la subordinazione delle donne, stante la ricchezza del loro mondo culturale ed il ruolo decisivo che svolgevano nel sostentamento della comunit, sarebbe stato quanto mai pernicioso per larmonia interna del gruppo. In effetti, lidea stessa di dominazione, per non parlare di quella di gerarchia, era totalmente estranea alle prime comunit che si erano socializzate intorno ai valori del minimo irriducibile, della complementarit, delluguaglianza sostanziale e dellusufrutto. Questi valori non erano semplice- mente un credo morale: erano parte di una sensibilit generale nella quale rientrava tanto il mondo umano quanto quello non umano. Eppure sappiamo che gli uomini sono arrivati a dominare le donne e a considerare preminente la propria cultura civile rispetto alla cultura domestica femminile. Il fatto che ci sia accaduto in modo sfumato, indistinto, non ha ricevuto lattenzione che meriterebbe. Le due culture, quella maschile e quella femminile, hanno continuato ad essere notevolmente distanti luna dallaltra per lungo tempo, anche perch quella maschile sembrava orientarsi verso il fronte sociale pratica- mente in tutti i campi di attivit. Gli affari di tipo civile, patrimonio dei maschi, a poco a poco hanno acquisito maggior rilevanza rispetto a quelli domestici pur senza subordinarli totalmente. Esistono molte cerimonie, nelle societ tribali, dove le donne sembrano concedere agli uomini poteri che essi in realt non hanno, come il rituale 45 dellattribuzione delle capacit di dare la vita. Ma man mano che la societ civile diventava pi problematica a causa di invasioni dallesterno, conflitti tra comunit, e poi guerre vere e proprie, il mondo maschile diventava sempre pi assertivo e agonistico, e queste caratteristiche inducono alcuni antropologi maschi ad attribuire alla sfera civile una maggior rilevanza, nella propria letteratura, specialmente quando non possono giovarsi di contatti significativi con donne di qualche comunit preletterata. Il fatto che il pi delle volte le donne schernissero la bellicosit maschile e vivessero praticamente per proprio conto in rapporti personali assai stretti, ritenuto tuttal pi meritevole di un accenno a pi di pagina nella maggior parte dei resoconti. La capanna degli uomini apparsa cos come la contrapposizione attiva della casa delle donne, e lintensa vita sociale e familiare che qui si svolgeva, con lallevamento dei figli e la preparazione del cibo, stata quasi dimenticata dagli antro- pologi maschi, nonostante avesse un peso psicologico determinante per tutti gli accigliati guerrieri della comunit. In effetti, la solidariet femminile ha continuato a mantenere una sua eccezionale vitalit anche molto tempo dopo il sorgere delle societ urbane. Ma le discussioni femminili vengono disprezzate come pettegolezzi e il loro lavoro definito servile, anche nelle societ euroamericane. Per ironia della sorte, la degradazione delle donne, fino ad allora sempre variabile e incostante, fa la sua apparizione quando i maschi cominciano a dar vita a gerarchie tra loro stessi, come ha efficacemente dimostrato Janet Biehl nel suo splendido lavoro sulla gerarchia &,hat is Social co.*eminism, in Green Perspectives). Con laumentare dei conflitti tra comunit, con linstaurarsi di stati di guerra sistematica e violenza istituzionalizzata, i problemi civili finiscono per diventare cronici. Richiedono sempre maggiori energie, maggiore mobilit degli uomini, imponendo un maggior impegno al settore di competenza femminile per le necessarie risorse materiali. Dalla pelle dellabile cacciatore emerge cos una creatura di nuovo tipo, luomo forte, il grande guerriero. Lentamente, ogni settore della societ preletterata viene rimodellato in funzione del mantenimento di queste superiori funzioni civili. Il vincolo di sangue gradualmente sostituito da impegni di fedelt verso i compagni di guerra, che potevano appartenere a clan diversi attraversando cos i lignaggi tradizionali e la loro sacralit. E 46 compaiono gli uomini inferiori, obbligati a fabbricare le armi del grande guerriero, ad occuparsi del suo sostentamento, a costruire e abbellire le sue abitazioni, ed infine erigere le sue fortificazioni e tramandare ai posteri le sue imprese, costruendo imponenti monumenti funebri e splendidi palazzi. Anche il mondo femminile, con la sua riservatezza, viene rimodellato, in modo da poter fornire al grande guerriero giovani soldati o abili servi, vestiti di cui adomarsi, concubine con cui trastullarsi e, con lo sviluppo delle aristocrazie femminili, eredi cui affidare il proprio nome nel futuro. E compaiono tutti quegli atteggiamenti di plauso alla sua grandezza che sono comunemente considerati segni di debolezza femminile, dando rilevanza e predominio ad un assetto, culturale centrato sulla forza fisica maschile. Lossequio verso i capi maschi, i guerrieri, i re, non era una condizione imposta dai guerrieri solo alle donne. A fianco della donna sottomessa sta limmagine costante delluomo sottomesso, sulla cui schiena poggia iI piede arrogante del monarca o del capitalista prevaricatore. Lav sottomissione delluomo alluomo cominciava gi allinterno della capanna degli uomini, dove ragazzi spaventati e inesperti erano costretti a sopportare le beffe dei maschi adulti, oppure quando uomini piccoli erano disprezzati per i compiti loro affidati, inferiori rispetto a quelli degli uomini grandi. La gerarchia, nel suo tentativo di metter fuori la testa attraverso la gerontocrazia, non comparsa da un momento allaltro, nella preistoria. Si invece conquistata spazio lentamente, con cautela, senza farsi notare, crescendo in modo quasi metabolico man mano che i grandi dominavano i piccoli, i guerrieri e i loro compagni dominavano i loro seguaci, i capi dominavano le comunit, e infine i nobili dominavano i contadini e i servi. Parallelamente, la sfera civile dei maschi ha cominciato a prevalere lentamente su quella domestica delle donne. Gradualmente, il mondo femminile stato posto sempre pi al servizio di quello maschile. E la solidariet femminile, ben lungi dallo scomparire, divenuta pi nascosta, assumendo laspetto di una confidenza che le donne si scambiavano dietro le spalle degli uomini, celandosi al cospetto delle nuove relazioni civili create dai maschi. Pertanto, nelle relazioni tra generi come in quelle tra maschi, il 47 passaggio dallegualitarismo sessuale delle prime societ preletterate alla priorit maschile non stato improvviso. Come ha rilevato la Biehl, impossibile separare la dominazione delle donne ad opera degli uomini dalla dominazione degli uomini ad opera di altri uomini. I due tipi di dominazione hanno sempre interagito dialetticamente, reciprocamente rafforzandosi con atteggiamenti di comando e obbedienza che hanno pian piano permeato lintera societ, producendo anche gerarchie tra le donne, sia pur di natura meno stabile. Al livello pi basso di ogni scala sociale stava sempre lo straniero immigrato (maschio o femmina che fosse) e i prigionieri di guerra, che in seguito a mutamenti di ordine economico, sono poi andati a costituire la popolazione degli schiavi. La transizione da una societ fondamentalmente domestica ad una fondamentalmente civile stata condizionata da molti fattori non facilmente percettibili, ma comunque di grande importanza. Molto tempo prima che la dominazione fosse istituzionalizzata, la gerontocrazia aveva gi dato luogo ad una mentalit strutturata intorno al concetto che i pi vecchi dovessero comandare e i pi giovani fossero obbligati ad obbedire. Tale mentalit andava ben oltre la cura e lattenzione indispensabili perch i pi giovani venissero istruiti nellarte di sopravvivere. In molte comunit preletterate^gli anziani acquisivano potere decisionale occupandosi della celebrazione dei matrimoni, dlie cerimonie di gruppo, delle dichiarazioni di guerra o di litigi tra persone e clan. Siffatta mentalit (o condizionamento, se preferite) era gi una presenza preoccupante che faceva presagire la comparsa di inconvenienti anche pi gravi man mano che la gerarchla andava estendendosi nella societ. In queste prime societ la gerarchia veniva anche rafforzata dagli sciamani e in seguito da gilde sciamaniche che acquisivano prestigio e privilegi grazie al loro monopolio delle pratiche magiche. Che fossero, o no, la scienza delluomo primitivo, le arti sciamaniche erano comunque assai ingenue nel migliore dei casi e fraudolente nel peggiore, il che era leventualit pi frequente, con buona pace di certi culti del giorno doggi e di tanta letteratura a buon mercato sullargomento. Il ripetersi di insuccessi nelluso delle tecniche magiche poteva risultare fatale, e non solo allammalato o alla comunit in crisi. Poteva essere 48 pericoloso allo sciamano stesso, il quale poteva anche finire infilzato su di una lancia, invece che semplicemente cacciato in esilio. Pertanto, come fa notare Paul Radin nel suo eccellente lavoro sugli stregoni dellAfrica occidentale, le gilde sciamaniche erano sempre alla ricerca di alleati influenti che ne proteggessero i membri dallira popolare o dallincredulit. Questi alleati potevano essere anziani che cercavano cos di compensare il senso di insicurezza risultante dal decadere delle loro energie, o capi in ascesa alla ricerca di legittimazione ideologica dal mondo degli spiriti. Un ulteriore affinamento della gerarchia venuto quando dallo status relativamente semplice di uomo forte, il cui prestigio dipendeva principalmente dai doni che poteva distribuire grazie allabilit nella caccia, si passati a quello di capo ereditario. Assistiamo qui alla trasformazione delluomo forte, che per guadagnarsi lammirazione pubblica deve continuamente compiere azioni valorose di tutti i tipi, in un consigliere avveduto che riceve rispetto pur senza aver alcuna prerogativa di potere, fino a diventare una figura quasi regale che incute timore, per limpressionante entourage di compagni armati che gli stanno attorno oppure grazie ad uno status di semidio dotato di poteri soprannaturali, o entrambe le cose. Questa lenta evoluzione delluomo forte verso una speciedi autocrate stata innescata dal determinarsi di profonde alterazioni nella rilevanza attribuita al vincolo di sangue. Se non vengono stravolti, i legami di parentela sono straordinariamente ugualitari. Evocano un senso immediato di lealt, di responsabilit, di mutuo rispetto e appoggio. Essi si fondano sulla forza morale di un comune senso della stirpe, sulla convinzione che siamo tutti fratelli e sorelle (per quanto tali legami ancestrali possano risultate fittizi nella realt) e non sulla base di interessi materiali, potere, paura o coercizione. L'uomo forte prima, poi il capo e infine lautocrate, minano alla base tale legame fondamentalmente ugualitario. Ci avviene, ad esempio, attraverso lasserzione della supremazia di una certa linea di parentela sulle altre, nel qual caso un clan intero che acquisisce uno status regale o dinastico, di fronte agli altri clan della comunit. Oppure pu accadere che il singolo individuo abbandoni i propri parenti e chiami a s un gruppo di compagni, siano essi guerrieri, servi, o simili, scelti 49 unicamente in funzione della loro abilit o della loro fedelt, senza alcuna considerazione per i legami di sangue. Quello che si mette in moto un processo corrosivo. Di nuovo viene creato un nuovo tipo di persona: una persona che non appartiene alla genealogia delluomo forte e nemmeno alla comunit. Come i mercenari del Rinascimento, costui forma con i suoi compagni una compagnia di tipo militare, priva di tradizioni o legami di fedelt sociale. Siffatte compagnie potevano facilmente essere usate contro la comunit o trasformate in una monarchia e aristocrazia oppressive. Nella famosa epica sumera, Gilgamesh adotta lo straniero Enkidu come suo compagno, compromettendo cos lintegrit di tutto il sistema di parentele che teneva unita la societ e quindi la complessa rete di relazioni che da esso derivava, fondamentale per la conservazione dei valori ugualitari della societ preletterata. Ci che intendo mettere in evidenza, qui, come la differenziazione gerarchica abbia rimodellato le rlazioni esistenti nelle societ primigenie, dando origine ad un sistema di status, assai prima che emergessero le relazioni strettamente economiche che stanno alla base di quelle che noi definiamo classi. Lo status legato all'et si mescolato con le modificazioni di quello legato al genere; la societ domestica stata posta al servzio di quella civile; le gilde sciamaniche si sono intrecciate con le gerontocrazie e i gruppi guerrieri; e questi ultimi hanno rielaborato i legami di parentela, finendo col ridurre le comunit tribali fondate sul sangue in comunit territoriali fondate invece sulla residenza, composte di contadini, servi e schiavi. Il nostro mondo moderno non che lerede di questopera di rimodellamento e differenziazione dellumanit, che si sviluppata, assai prima del sorgere delle classi, in gerarchie dove le classi sono state, per cos dire, tenute in incubazione. Queste gerarchie costituiscono ancor oggi il terreno fertile su cui crescono le prevaricazioni attuate dai gruppi di et, dagli uomini sulle donne e dagli uomini su altri uomini, insomma il terreno che produce quel vasto panorama di dominazione che d origine a sua volta allo sfruttamento soprattutto economico, fondato sulle classi. Solo pi tardi questo immenso sistema di dominazione sociale ha prodotto la concezione che la natura doveva essere dominata dallumanit. Nessuna societ ecologica, per quanto i suoi ideali possano essere comunitari o pacifici, in grado di rimuovere 50 questo obiettivo finale di dominare il mndo naturale, se non riesce ad eliminare radicalmente la dominazione delluomo sulluomo, e quindi lintera struttura gerarchica della societ, nella quale risiede il principio stesso della dominazione. Una tale societ ecologica deve riuscire a liberarsi dello strato di gerarchia che la ricopre, che incrosta le relazioni familiari fra generazioni e generi, chiese e scuole, amici e amanti, sfruttati e sfruttatori, insomma il modo stesso di concepire il mondo nel suo complesso. Come recuperare e anche superare il mondo non gerarchico che un tempo costituiva la societ umana, con i suoi valori tipici (il minimo irriducibile, la complementarit e lusufrutto), sar oggetto della parte finale di questo libro. Per il momento, sufficiente ricordare che lecologia sociale ha fondato sulla capacit di comprendere la gerarchia (la sua origine, i suoi scopi, le sue conseguenze) il proprio messaggio di una societ razionale, liberatoria, ecologica. A rischio di ripetermi, voglio sottolineare che il termine gerarchia deve essere considerato rigorosamente in senso sociale. Estenderlo a tutte le forme di coercizione significa fondare tutti i sistemi istituzionalizzati e organizzati di comando e obbedienza nella natura e ammantarli di un alone di eternit che si ritrova soltanto nella programmazione genetica degli insetti cosiddetti sociali. In realt, abbiamo assai pi da imparare dalla storia dei nostri monarchi umani che non da quella delle regine che si trovano negli alveari. Personaggi come Luigi XVI di Francia o Nicola II di Russia, ad esempio, non sono diventati autocrati grazie ad un fsico o una personalit geneticamente programmati, ed ancor meno per la loro acutezza mentale. Essi erano persone inette, goffe, psicologicamente fragili e piuttosto stupide (il che riconosciuto anche dai biografi realisti dellepoca), vissute in tempi di convulsioni rivoluzionarie. Eppure hanno goduto di un potere praticamente assoluto, fintantoch non intervenuta la rivoluzione a ridimensionarlo. Qual era lorigine di tale potere? Esso non pu essere spiegato se non con la presenza di specifiche istituzioni di supporto (burocrazia, esercito, polizia, magistratura) che coscientemente sostenevano lassolutismo, oltre ad una Chiesa ad esso asservita (e strutturata anchessa secondo un assetto eminentemente gerarchico); insomma un vasto apparato istituzionale, che aveva richiesto secoli per essere messo a punto (e che stato 51 rovesciato in poche settimane). A parte gli insetti geneticamente programmati, nel mondo non umano non abbiamo nulla di lontanamente simile a queste gerarchie. Se togliamo il termine gerarchia dal contesto sociale dellesistenza umana, quindi, non facciamo che creare confusione sulle sue origini e sugli strumenti per rimuoverla (il che, vorrei aggiungere, una attitudine che solo gli esseri umani posseggono). Del pari, anche la parola dominazione andrebbe usata strettamente nella sua accezione sociale, se non vogliamo perdere di vista le sue diverse forme istituzionalizzate, specifiche degli esseri umani. Certo, occasionalmente pu accadere che gli animali fra loro esercitino qualche forma di coazione, in genere come individui, a volte come piccole bande che cercano di accedere a quelli che appaiono come privilegi (anche questa una parola dai molti significati, come si pu vedere se si paragonano privilegi di specie diversa tra loro). Ma tale atteggiamento di dominazione, tra gli animali, non solo individuale o comunque legato ad un numero limitato di individui. Esso anche episodico, informale, incostante e, in particolare tra le scimmie, assai diffuso. E i privilegi che vengono reclamati dai nostri pi stretti parenti animali variano considerevolmente da una specie allaltra, anche da un gruppo allaltro. Istituzioni durature come gli eserciti, la polizia, la criminalit organizzata, nel mondo animale sono sconosciute, e dove riscontriamo qualcosa di simile (ad esempio tra i soldati di insetti come le formiche) esse sono il frutto di comportamenti genetica- mente programmati, non di istituzioni socialmente concepite, che possono anche andare incontro a mutamenti radicali in caso di ribellione. E' necessario chiedersi perch/ tali istituzioni coercitive sorgano principalmente tra gli esseri umani, non solo come sorgono. In altri termini, in virt di quali cause si formata la dominazione istituzionalizzata e la sottomissione, quale che sia la storia della loro emergenza e del loro sviluppo? Come ho gi avuto occasione di notare, lo status comparso tra i gruppi di et, anche se in forma inizialmente benevola. Quindi un atteggiamento psicologico di deferenza verso gli anziani era presente gi nelle antiche societ, anche prima che quelli cominciassero a pretendere dai giovani veri e propri privilegi. Ho gi citato le infermit e le insicurezze che let avanzata produce, e la capacit degli anziani di mettere al servizio della propria 52 posizione, di crescente importanza, la loro esperinza e le loro conoscenze. Che la gerontocrazia abbia costituito il presupposto di una coscien%a di status, fuor di dubbio lapparizione di gerarchie legate allet il pi delle volte non stata che una questione di tempo : il processo di socializzazione, con la sua necessit di istruzione, di conoscenza, di esperienza, garantiva agli anziani la giustificazione del rispetto loro tributato e, in situazioni difficili, la possibilit di ottenere una certa quantit di potere. La forma di status sociale pi importante probabilmente quella connessa con il potere degli uomini forti, inizialmente concentrato nella loro persona, in seguito nelle loro compagnie sempre pi istituzionalizzate. Siamo in presenza, qui, di un fenomeno complesso e molto sottile. I grandi uomini, come abbiamo visto, erano rinomati per la generosit, non solo per labilit. La loro distribuzione rituale di doni al popolo (un sistema di redistribuzione della ricchezza che assumeva a volte caratteri nettamente nevrotici, come nei potlatch degli indiani del Nord- Ovest, dove gli aspri conflitti tra i diversi grandi uomini portavano alla disaccumulazione orgiastica di ogni loro avere allo scopo di accumulare prestigio in seno alla comunit) pu essere stata assai positiva alle origini. La generosit, la propensione a donare, rientravano in una sorta di galateo sociale che promuoveva lunit, e quindi la stessa sopravvivenza della comunit. Col tempo, e stante la tendenza umana ad ottenere lapprovazione della comunit, verosimile che la condizione di un uomo forte abbia finito col significare qualcosa di pi che la generosit e lapprezzamento per labilit e il coraggio. Questi erano caratteri maschili assai apprezzati da tutte le comunit preletterate, cos come esistevano molte particolari abilit femminili ugualmente apprezzate in quanto tali. Tali caratteri, come le cerimonie del potlatch sembrano indicare, potevano facilmente diventare un fine in se stessi. Oppure, in certe comunit come gli Hopi, ad esempio, ci veniva visto come socialmente negativo, a causa dellindividualismo che vi si esprimeva, ed era quindi contrastato. In effetti, quando gli educatori euro-americani hanno cercato di insegnare ai bambini Hopi certi sport competitivi, hanno trovato grande difficolt. Le abitudini hopi erano contrarie alle rivalit e allasserzione individuale, che venivano considerate dannose alla solidariet 53 comunitaria. In definitiva, di fronte al manifestarsi delle prime potenziali gerarchie, le comunit hanno avuto atteggiamenti diversi. In alcuni casi hanno permesso ad esse di svilupparsi, ritenendole scarsamente pericolose per la coesione comunitaria, in altri le hanno fieramente avversate fin dallinizio. Presso certe comunit il fenomeno ha condotto alla costituzione di gerarchie vere e proprie, altrove stato arrestato a vari livelli della sua evoluzione o stato ricacciato indietro totalmente, con il ripristino di una condizione pi ugualitaria. Le abitudini, la socializzazione, nonch principi fondamentali come quelli del minimo irriducibile, della complementarit e dellusufrutto, possono aver favorito lattenuazione della gerarchia, pi che il suo sviluppo. Ci sembra provato, nella storia euroamericana, dal gran numero di comunit umane totalmente prive, o quasi, di istituzioni gerarchiche. Sorprendentemente, solo una porzione limitata dellumanit ha prodotto societ strutturate attorno al prevalere di gerarchie, classi e Stato. La maggioranza di esse ha in varia misura evitato questa strada perversa dellevoluzione sociale, o lha accettata in modo limitato. Un fatto, per, deve essere notato chiaramente: quando una comunit si sviluppa verso la gerarchia, le classi, lo Stato, la sua presenza non pu mancare di influenzare profondamente le altre comunit che continuano a seguire una direzione ugualitaria. Una comunit guerriera guidata da capi aggressivi spinge le comunit vicine, per quanto pacifiche, a creare anchesse le loro formazioni militari e i loro capi, se vogliono sopravvivere. Accade cos che una regione intera possa radicalmente cambiare, culturalmente, moralmente e istituzionalmente, semplicemente in conseguenza del formarsi di gerarchie aggressive in seno ad una singola comunit. Ci esemplificato con precisione dallevoluzione subita dalle sepolture presso una comunit andina, dove inizialmente insegne del grado e armi erano del tutto assenti nelle tombe, per poi gradualmente comparire nelle strutture funerarie successive. Tale cambiamento attribuibile allemergere di una comunit vicina che assai prima si era sviluppata verso modelli sociali aggressivi e guerrieri, condizionando cos la vita intera delle pacifiche comunit che la circondavano. E questo certamente accaduto in molte parti del globo, anche non reciprocamente in comunicazione. 54 Non meno importanti sono i cambiamenti che risultano essere avvenuti nelle societ indiane dAmerica, passate da imperi centralizzati, guerreschi e quasi statizzati, a comunit relativamente non-gerarchiche, pacifiche e decentralizzate. Nella fase centralista e militarista, loppressione di tali imperi diventata sempre pi gravosa e insopportabile per le comunit che essi controllavano, al punto che sono stati rovesciati da ribellioni locali o sono semplicemente crollati sotto il loro stesso peso. Gli indiani del Midwest, o anche i Maya del Messico, dopo una vigorosa espansione militaristica hanno finito per scomparire dalla scena quando non sono pi stati in grado di sostentarsi o di farsi obbedire dalle popolazioni sottoposte. Questa continua oscillazione delle istituzioni comunitarie tra centralizzazione e decentralizzazione, tra comunit guerriere e comunit pacifiche, tra societ in espansione e societ isolate, tipica delle comunit occidentali, fino alla nascita degli Stati nazionali in Europa, durante il quindicesimo e il sedicesimo secolo. Le donne sono state ridotte al ruolo di spettatrici delle modificazioni intracomunitarie che hanno dato origine alla gerarchia, partecipando in maniera poco significativa allo sviluppo. In tale condizione, hanno condiviso con gli strati inferiori della gerarchia maschile loppressione e la degradazione che tutte le elite dominanti infliggono ai loro sottoposti. Gli uomini non si limitavano a degradare, opprimere le donne, spesso usandole come oggetti: essi opprimevano e uccidevano anche altri uomini, in unorgia di massacri e crudelt. I primi re del Medio Oriente erano riluttanti a prendere prigionieri di guerra, considerandoli come ribelli potenziali, quindi i nemici catturati erano normalmente messi a morte piuttosto che fatti schiavi. In seguito, quando si cominciato ad impiegare schiavi di sesso maschile, essi erano sfruttati senza piet, specie nelle miniere e nelle produzioni agricole su vasta scala. La forza fisica maschile, usata per lo sfruttamento, diventava cos una disgrazia, pi che un vantaggio. Insomma, le cause della gerarchia non sono un mistero. Sono pienamente comprensibili quando risaliamo alle loro origini considerando gli aspetti pi normali della vita quotidiana quali la famiglia, leducazione dei figli, la segmentazione della societ in gruppi di et, le attese riposte nei singoli individui in quanto maschi o femmine, tanto nella sfera quotidiana domestica e in quella civile quanto negli aspetti pi personali dellacculturazione o nelle cerimonie comunitarie. E la gerarchia 55 continuer ad esistere, se non modifichiamo questi aspetti della vita quotidiana radicalmente e non solo in senso economico con labolizione delle classi. Bisogna dunque riconoscere che le gerarchie hanno preceduto le classi, ma anche (come ha dimostrato la Biehl) che in genere la dominazione degli uomini su altri uomini venuta prima della dominazione degli uomini sulle donne. Le donne sono diventate le spettatrici degradate di una civilt maschile che si nutriva a, spese della cultura femminile, la corrodeva, dando vita alla sua sistematica manipolazione. Nel tentativo di assorbire la cultura femminile, gli uomini lhanno piegata e subordinata, ma solo in parte. La solidariet femminile, i rapporti affettivi, i modelli di vita femminile, hanno continuato ad esistere dietro le spalle dei maschi, e spesso fuori del loro campo visivo, in ci che si possono definire come le alcove segrete della storia. A loro volta, gli uomini erano spesso oggetto della derisione femminile, anche nellambito di culture insopportabilmente patriarcali. N si pu dire che le donne abbiano aspirato sempre a partecipare alla societ civile, che era verso gli uomini anche pi brutale che verso gli animali domestici. Non dimentichiamo che non erano buoi che trascinavano giganteschi macigni su per le pendici delle piramidi dellantico Egitto, bens uomini, servi e schiavi maschi, valutati pi convenienti che il bestiame. Lo Stato Lapice istituzionale della civilt maschile rappresentato dallo Stato. Anche qui troviamo una sottile dialettica che, se ignorata, pu condurci ad una visione semplicistica della formazione dello Stato, secondo la quale le istituzioni statali compaiono nella storia allimprovviso, gi pienamente sviluppate e apertamente coercitive. In realt, tali eruzioni statali, da forme istituzionali apparentemente democratiche ad altre profondamente autoritarie, sono un fenomeno pi moderno che premoderno, soprattutto la repentina sostituzione delle strutture repubblicane con Stati totalitari. Tranne che in periodi di invasioni, quando aristocrazie esterne sono state rapidamente imposte a comunit relativamente ugualitarie, i mutamenti rapidi in seno alle istituzioni statali hanno costituito sempre una certa rarit. A meno di limitarsi a considerare come uno Stato sorto, quanto si sviluppato e quale sia stata la sua solidit, troviamo notevoli difficolt nel 56 definire lo Stato, ma le difficolt sono inferiori se esploriamo le forme sotto cui esso si presentato nelle diverse societ. A livello minimale, lo Stato pu essere considerato come un sistema professionale di coercizione sociale e non un semplice organo amministrativo, come ingenuamente considerato dalla maggior parte della gente oltre che da diversi esperti di politica. Il termine professionale ha la stessa importanza rivestita dal termine coercizione. La coercizione esiste in natura, nelle relazioni inter/personali e anche nelle comunit non gerarchiche prive di Stato. Se lo Stato viene definito soltanto attraverso il concetto di coercizione, non possiamo che ricondurlo ad un fenomeno prettamente naturale, il che falso. Solo quando la coercizione si istituzionalizza, e diventa una forma di controllo sociale professionale, sistematico, organizzato, cio, quando la gente viene espropriata della propria vita quotidiana in seno ad una comunit e tale vita viene amministrata, da una istituzione che ha il monopolio della violenza, allora possiamo propriamente parlare di Stato. Possono esistere diversi livelli di Stato, vale a dire Stati incipienti, quasi-Stati, Stati parziali. Ignorare tale gradualit di coercizione, professionalizzazione e istituzionalizzazione significa dimenticare che lo Stato, cos come lo conosciamo oggi, il prodotto di unevoluzione lunga e complessa. I quasi-Stati, e anche quelli completi, sono stati frequentemente assai instabili, ed hanno spesso subito emorrage di potere nel corso del tempo, dando origine a societ essenzialmente prive di Stato. Da qui gli spostamenti storici da imperi ad elevatissimo livello di centralizzazione alle societ feudali, ed anche alle citt-Stato di impostazione nettamente democratica, con frequenti ritorni agli imperi e agli Stati nazionali, autocratici o repubblicani che fossero. Il concetto semplicistico che vede gli Stati venire alla luce come bambini, dimentica limportantissimo processo di gestazione dello sviluppo statale e genera un bel po' di confusione. Facciamo tuttora, confusione, infatti, in merito a concetti come Stato, politica, societ, che invece andrebbero attentamente distinti luno dallaltro. N vero che tutti gli Stati sono necessariamente un sistema istituzionalizzato di violenza che opera negli interessi di una classe dirigente specifica, come il marxismo ci chiede di credere. Ci sono molti esempi di Stati che erano essi stessi la classe dirigente e i cui interessi erano separati, e anche antitetici, da quelli di altre 57 classi privilegiate, dirigenti, in una certa societ. Il mondo antico ci fornisce casi di diverse classi capitalisti- che, spesso anche dotate di grandi privilegi e di grande capacit di sfruttamento, che sono tuttavia state tratte in inganno dallo Stato, circoscritte e quindi divorate, il che in parte spiega perch una vera societ capitalistica non sia mai emersa dal mondo antico. E nemmeno si pu dire che lo Stato rappresenta gli interessi di determinate classi, come proprietari terrieri, mercanti, artigiani e simili. Lo Stato tolemaico dellEgitto ellenistico era un interesse di per s e non rappresentava altri che se stesso. Lo stesso pu dirsi dello Stato azteco, o incaico, fino a che non sono stati abbattuti e sostituiti dallinvasore spagnolo. Sotto limperatore Domiziano, lo Stato romano era diventato il principale interesse dellimpero e veniva anteposto allaristocrazia terriera che pure aveva la supremazia nella societ mediterranea. Ci saranno altre occasioni per parlare dello Stato in seguito, quando si tratter di distinguere tra Stato e politica e tra politica e societ. Per il momento, dobbiamo dare unocchiata alle formazioni di tipo statale che a volte hanno dato origine a diversi tipi di Stato. Una struttura in cui prevista la presenza di un capo circondato da una compagnia di guerrieri che lo sostengono, come nel caso azteco, gi un tipo di Stato incipiente. Il monarca apparentemente assoluto veniva scelto nellambito di un clan regale da un consiglio di anziani, era attentamente saggiato per le sue qualit e poteva essere rimosso nel caso si fosse mostrato incapace di far fronte alle sue responsabilit. Come anche nel caso del militaristico Stato spartano, i capi (o re che fossero) erano ancora circondati da tradizioni tribali, rimodellate al fine di produrre la centralizzazione del potere. Gli Stati mediorientali come lEgitto, Babilonia, la Persia, in pratica non erano che lestensione della famiglia del monarca. Formavano una notevole amalgama tra una societ domestica e una societ territoriale: limpero era primariamente visto come unestensione diretta del palazzo reale, piuttosto che ununit amministrativa rigorosamente territoriale. Faraoni, re e imperatori, nominalmente detenevano la terra (spesso insieme al clero) per conto di divinit, che si incarnavano nel monarca o erano rappresentate da questi. Anche gli imperi dei re asiatici e dellAfrica del Nord erano famiglie, e la popolazione era considerata come servitori del palazzo e non come cittadini nel 58 senso occidentale del termine. In effetti, tali Stati non erano semplicemente una macchina di sfruttamento e controllo nellinteresse di una qualche classe privilegiata. Erano famiglie con burocrazie ed entourages dispendiosi, che costituivano Stati fini a se stessi, autoperpetuan- tesi. Lamministrazione era vista come il mantenimento di una struttura familiare molto costosa, con monumenti eretti per glorificarne il potere, il che gravava sulleconomia del paese e spesso la metteva in crisi. NellEgitto del Regno Antico, le risorse disponibili venivano devolute in ugual misura tanto alla costruzione di piramidi, templi, palazzi e castelli, quanto al mantenimento dellimportantissimo sistema irriguo della valle del Nilo. Lo Stato egiziano era molto reale, ma non rappresentava altro che se stesso. Concepito come una casa, con un territorio sacro allinterno del quale il Faraone incarnava la divinit, lo Stato quasi coincideva con la societ stessa. In effetti era un massiccio Stato sociale, nel quale la differenziazione di una politica estranea alla societ era minima. Lo Stato non esisteva al di sopra della societ o al di fuori di essa: Stato e societ erano essenzialmente la stessa cosa, cio una famiglia sociale estesa, non un assortimento di istituzioni coercitive separato dalla societ come tale. La polis greca dellet classica non ci offre unimmagine dello Stato pi completa di quella mediorientale. Atene pu essere considerata come lapogeo di una politica distinta sia dalle attivit sociali (vita familiare, lavoro, amicizie, bisogni materiali), sia dallamministrazione degli apparati militari, delle burocrazie, del sistema giudiziario, della polizia, attivit che possono invece essere indicate come statali. Dal punto di vista di questa triplice distinzione (sociale, politica e statale) la polis ateniese assai difficile da definire. Lo Stato, pi esattamente il quasi-Stato creato dagli ateniesi durante let di Pericle, manteneva caratteristiche tribali in virt delle quali buona parte della cittadinanza di sesso maschile veniva coinvolta in attivit apparentemente statali: gli ateniesi avevano inventato la politica, cio lamministrazione diretta della cosa pubblica ad opera della comunit nel suo complesso. giusto riconoscere che questa comunit politica, o pubblico dominio, come stato chiamato, faceva parte di un ambito pi vasto nel quale rientravano cittadini senza alcuna garanzia, e cio stranieri, tutte le donne (di qualunque classe sociale) e gli schiavi. 59 Questa vasta popolazione non garantita provvedeva i mezzi di sussistenza necessari a che molti cittadini ateniesi maschi potessero riunirsi in pubbliche assemblee, partecipare a giurie ppolari, in una parola amministrare collettivamente gli affari della comunit. Assistiamo qui alla prima differenziazione della politica come tale dal livello sociale della famiglia e del lavoro. Ma era davvero uno Stato, la polis? Che gli ateniesi dellet classica usassero la coercizione contro schiavi, donne, stranieri e polis rivali pi che certo. Nellambito del Mediterraneo orientale, linfluenza ateniese era diventata sempre pi di tipo imperiale, man mano che la citt forzava altre citt ad unirsi alla Lega di Deio, controllata da Atene, e le sottoponeva a tassazioni per procurarsi i fondi necessari al sostentamento dei propri cittadini e allabbellimento della polis. Le donne, di basso come di alto ceto, erano per lo pi confinate in casa e obbligate a mantenere lambito domestico indispensabile per la vita pubblica dei mariti. I limiti della democrazia ateniese non vengono attenuati dal fatto che le donne fossero vessate in tutto il mondo mediterraneo, a volte anche pi che ad Atene. O che gli Ateniesi fossero in genere meno crudeli dei Romani nel trattare gli schiavi. Ciononostante, non possiamo ignorare il fatto che Atene nellepoca classica abbia rappresentato un caso unico, mai visto prima nella storia dellumanit, grazie alle istituzioni democratiche ivi esistenti, alla loro estensione, alla fiducia riposta nella competenza dei cittadini nellamministrazione delle faccende pubbliche. Come vedremo, tali istituzioni erano un vero esempio di democrazia diretta, nata da una generale avversione per ogni tipo di burocrazia, sicch si pu dire che lo Stato ateniese non fosse unentit pienamente sviluppata. In effetti, non sar mai sufficientemente sottolineato che Atene, come altre citt-Stato, avrebbe potuto evolversi in unoligarchia, considerando il fatto chq numerose citt indipendenti sono diventate sempre pi autoritarie e stratificate al loro interno. Cos accaduto a Roma, alle citt-Stato italiane del tardo Medio Evo, alle federazioni cittadine tedesche, alle municipalit americane del New England. Il numero di citt indipendenti, evidentemente libere e decentralizzate che si sono trasformate da comunit prettamente democratiche in aristocrazie, praticamente infinito. Ci che invece singolare, di Atene, che la tendenza apparentemente normale verso loligarchia stata volontariamente invertita grazie alle radicali riforme introdotte da 60 Solone, distene, Pericle, nella struttura istituzionale della polis. Le istituzioni aristocratiche sono state costantemente indebolite e deliberata- mente abolite, o comunque ridotte a semplici corpi cerimoniali, mentre quelle democratiche sono state dotate di potere crescente fino a comprendere tutta la cittadinanza di sesso maschile, indipendentemente dalla propriet e dal censo. Lesercito stato trasformato in una milizia di fanti, la cui forza era superiore alla cavalleria aristocratica. Insomma, le caratteristiche negative della democrazia ateniese, cos comuni nellambito del Mediterraneo di quellepoca, devono essere considerate nel contesto di uninversione rivoluzionaria della tendenza verso loligarchia normalmente presente nella maggior parte delle citt-Stato. E' facile rimproverare a questa democrazia il fatto di poggiare su di una base formata da schiavi e di degradare la condizione femminile. Ma far ci con arroganza, dopo duemila anni di pensiero arricchito da un continuo dibattito sociale, significa voler ignorare uno dei rari momenti di creativit democratica apparsi in occidente, che hanno nutrito molte tradizioni utopiche e libertarie. In effetti, lo Stato inteso come apparato specifico e professionistico radicato negli interessi di classe non compare se non con lemergere delle nazioni europee moderne. Lo Stato nazionale, cos come lo conosciamo oggi, spoglia la politica di tutte le sue caratteristiche tradizionali: democrazia diretta, partecipazione dei cittadini agli affari di governo, sensibilit per il benessere comunitario. La stessa parola democrazia subisce una degradazione. Diviene rappresentativa invece che diretta, intensamente centralizzata invece che frutto di una libera federazione tra comunit relativamente indipendenti, e privata comunque delle sue istituzioni originarie. I cittadini, da persone istruite e consapevoli, diventano meri contribuenti, gente che paga in cambio di servizi, e listruzione abbandona il suo orientamento civico per arrendersi a programmi intesi a stimolare nei giovani attitudini finanziariamente remunerative. E ancora da vedere dove ci condurr tale spaventevole tendenza, in un mondo che sta diventando preda di robot meccanici, di computer che possono facilmente essere impiegati per scopi di sorveglianza, di manipolatori genetici quasi totalmente privi di scrupoli morali. Assume quindi unimmensa importanza conoscere come siamo arrivati a questa condizione, nella quale il nostro millantato controllo sulla natura ha in realt sottomesso noi stessi ad una 61 societ pi oppressiva che nel passato. Del pari, decisivo conoscere con precisione le realizzazioni storiche umane che, per quanto imperfette, rivelano come la libert pu essere istituzionalizzata e auspicabilmente estesa al di l di ogni orizzonte del passato. Certo non c alcuna possibilit di ritornare allugualitarismo del mondo preletterato, o alla polis democratica dellantichit classica. N il caso di desiderarlo. Ogni illusione di atavismo, primitivismo, ogni tentativo di ricatturare unepoca ormai lontana con tamburi, sonagli, rituali appositi e canti la cui ripetizione dovrebbe portare tra noi una qualche presenza sovrannaturale, tutto ci, innocente o no che sia, ci distoglie dalla necessit di discussione razionale, di ricerca nel campo comunitario, di critica rigorosa dellattuale sistema sociale. Lecologia si fonda sulle meravigliose qualit, sulla fecondit, sulla creativit dellevoluzione naturale, non su divinit antropomorficamente concepite, immanenti o trascendenti che siano. N gioverebbe alla creativit ecologica che ci mettessimo a quattro zampe, ululando alla luna come lupi o coyotes. Gli esseri umani sono un prodotto dellevoluzione naturale come gli altri mammiferi, parte integrante del mondo naturale. Grazie alla loro stessa natura, allorigine biologica del loro potere intellettuale, essi sono costruiti proprio per intervenire nella biosfera. La loro presenza tra gli esseri viventi, per quanto corrotta dallattuale situazione sociale, rappresenta una modificazione decisiva dellindirizzo evolutivo, da una forma in larga misura adattativa ad una potenzialmente creativa. La natura umana in gran parte una costruzione sociale, frutto della dipendenza prolungata, dellinterdipendenza societaria, del progressivo aumento della ragione, delluso di strumenti tecnici per scopi volontariamente perseguiti. Tutti questi attributi sono contemporaneamente sia biologici che sociali, e questo rappresenta una delle pi grandi realizzazioni dellevoluzione naturale. Le gerarchie, le classi, gli Stati, distorcono le capacit creative dellumanit. Decidono se la creativit ecologica dellumanit debba essere posta al servizio della vita o al servizio del potere e del privilegio. Che lumanit debba irrevocabilmente separarsi dal mondo vivente a causa della societ gerarchica oppure essere ricondotta ad esso per mezzo di una societ ecologica, dipende dalla nostra capacit di capire le origini, levoluzione e soprattutto la portata della gerarchia, lentit della 62 sua penetrazione nella nostra vita quotidiana, il modo in cui ci divide in gruppi reciprocamente contrapposti, et contro et, genere contro genere, uomo contro uomo, assorbendo ogni dimensione sociale e politica nellambito totalizzante dello Stato. I conflitti che nascono in seno ad unumanit divisa, strutturata intorno alla dominazione, conducono inevitabilmente a conflitti con la natura. La crisi ecologica, con la sua contrapposizione tra umanit e natura, sorge prima di tutto dalle divisioni all'interno dellumanit stessa. La nostra epoca sfrutta con grande abilit tali divisioni, mistificandole. Le divisioni vengono presentate non come sociali, ma come personali. I conflitti tra la gente vengono attenuati, o anche celati, attraverso appelli ad una armonia sociale priva di qualunque realt nella nostra societ. Come negli atavici rituali, vari gruppi associativi, con appelli nemmeno troppo nascosti al mondo degli spiriti e ad uno spiritualismo evanescente, sono diventati unarena privatizzata dove si impara la riconciliazione; e ci mentre ovunque intorno a noi si scatenano tempeste di conflitti che minacciano di distruggerci. Non un caso che questuso dei gruppi di incontro e della spiritualit, con intenti edulcoranti e attenuativi, sia diventato cos di moda, partendo dai loro territori dorigine nella sunbelt americana. E il frutto di una vera e propria campagna tesa, sotto il nome di post-modernismo,-a dimenticare il passato, a diluire la nostra conoscenza della storia, a mistificare lorigine dei nostri problemi, a stimolare loblio e labbandono dei nostri ideali pi illuminati. Mai come ora, quindi, stato tanto necessario recuperare il passato, approfondire la nostra conoscenza della storia, demistificare lorigine dei nostri problemi, ritrovare la memoria della antiche forme di libert, dei progressi fatti nella liberazione dellumanit dalle superstizioni, dallirrazionalit, dalla sfiducia nelle potenzialit umane. Se dobbiamo rientrare nel flusso dellevoluzione naturale e svolgere in essa un ruolo creativo, dobbiamo anche rientrare nel flusso dellevoluzione sociale e svolgere anche in essa un ruolo creativo. certo che non sar possibile ritrovare il nostro incanto per la natura se non ritroveremo prima il nostro incanto per lumanit e le potenzialit della ragione umana. 63 PUNTI CRUCIALI DELLA STORIA Fin qui, ho cercato di dimostrare che necessario addentrarsi nelle pieghe pi intime della vita quotidiana, se davvero vogliamo sradicare lidea del dominio sulla natura. Ho sottolineato come il dominio delluomo sulluomo abbia preceduto lidea di dominio sulla natura, ed anche lemergere delle classi e dello Stato. Mi sono chiesto (cercando di rispondere) come siano nate le gerarchie e perch, e come abbiano potuto differenziarsi sempre pi, fino a diventare gruppi di status dapprima temporanei e successivamente stabili, che in seguito hanno prodotto classi e Stati. La mia intenzione stata quella di lasciare che tali tendenze si manifestassero attraverso la loro stessa logica, esaminando le diverse sfumature man mano che si presentavano. Ho continuamente ricordato al lettore che lumanit, con le sue origini sociali, un prodotto dellevoluzione naturale, cos come lo sono gli altri mammiferi con le loro comunit, e che tuttavia gli esseri umani possono portare una creativit consapevole nello sviluppo evolutivo della natura e possono migliorarlo, non semplicemente interromperlo o invertirlo. Che lumanit sia in grado di svolgere un simile ruolo dipende dal tipo di societ che sappiamo creare e dalla sensibilit che pu derivarne. Adesso quindi importante prendere in esame i punti cruciali della storia, l dove essa ha avuto la possibilit di indirizzarsi verso una societ ecologica e razionale, invece che antiecologica e irrazionale. guerrieri La prima modificazione sociale che ha mosso la societ in una direzione preoccupante sia per lumanit che per il mondo naturale, stata la crescita in senso gerarchico del settore civile di pertinenza maschile, vale a dire lascesa delle gerontocrazie maschili, dei gruppi guerrieri, delle elite aristocratiche, nonch dello Stato. Ridurre tali sviluppi altamente complessi a 64 patriarcato, come molti autori sono propensi a fare, ingenuo e semplicistico. Gli uomini (termine altrettanto generico quanto quello di umanit, che ignora loppressione delluomo sulluomo, oltre che delluomo sulla donna) non si sono semplicemente impadroniti della societ. N la societ civile maschile si limitata a sovvertire il mondo domestico femminile in seguito alle invasioni di pastori indo-europei e semiti a cultura patriarcale, per quanto tali invasioni abbiano avuto un peso notevole nella sottomissione di molte antiche comunit dedite allorticoltura. La rilevanza che certe ecofemministe, insieme ad accoliti di religioni cristiane e non, attribuiscono a tale teoria della conquista e dellinvasione non fa che spostare il problema: come successo che un cambiamento tanto importante quanto il patriarcato si sia prodotto nelle societ pastorali invadenti? Esistono prove che lascesa dellambito civile maschile, con la sua attenzione privilegiata per le questioni intertribali e belliche, sia stata piuttosto lenta, e daltra parte non sono mancati casi di comunit pastorali che lasciavano al controllo femminile settori vitali come la discendenza e la trasmissione del diritto di propriet, pur essendo siffatte comunit guidate da guerrieri bellicosi. In molti casi, la predominanza del settore civile si sviluppata gradatamente, ed probabile che abbia guadagnato importanza in seguito ad incrementi numerici delle popolazioni vicine. In effetti, gli uomini erano necessari al fine di proteggere l comunit nel suo complesso (donne comprese) dalle scorrerie di altri uomini. Potevano verificarsi conflitti provocati da comunit orticole apparentemente pacifiche e matricentriche che tentavano di cacciare popolazioni primitive di cacciatori-raccoglitori da territori boschivi che erano destinati ad essere trasformati in terreni agricoli. Siamo onesti: per quanto matricentriche e pacifiche, le prime comunit di agricoltori dovevano apparire assai bellicose agli occhi dei cacciatori che esse cercavano di sfrattare, i quali per parte loro non erano assolutamente disposti ad abbandonare la loro vita nomade per intraprendere attivit di coltivazione. A proposito del dissodamento delle terre a fine agricolo, le parole di Wovoka, il messia degli indiani Paiute ai tempi della Danza degli Spettri, verso la fine dellottocento, sono un esempio di questa mentalit: Dovr io piantare una lama nel cuore di mia madre, la Terra?. fuori di dubbio, comunque, che lo spostamento graduale 65 dalliniziale dominio degli anziani verso quello del maschio pi vecchio (il patriarca), la perdita di influenza degli sciamani animistici in favore di un clero adoratore di divinit, e lascesa di gruppi guerrieri culminata in monarchie assolute, abbiano costituito la principale svolta storica in direzione della dominazione, deile classi, della formazione dello Stato. possibile che comunit matricentriche avrebbero dato origine ad unevoluzione totalmente diversa. Basata sullorticoltura, sulluso di strumenti semplici, sui principi dellusufrutto, del minimo irriducibile, della complementarit, e sui valori cosiddetti femminili dellaffetto e delle cure amorevoli (che in ogni caso sono stati tramandati fino a noi nella socializzazione dei piccoli), la societ avrebbe potuto dare un corso relativo alla storia. Lattenzione che tutte le madri nutrono per i loro figli avrebbe potuto generalizzarsi nellamore reciproco di tutti per i propri simili. Uno sviluppo tecnologico fondato su bisogni limitati avrebbe potuto assumere gradualmente forme anche sofisticate e generare una profonda sensibilit culturale. Evitabile o no che fosse, comunque resta il fatto che, al bivio, la storia ha preso la direzione del patriarcato, del clero, delle monarchie e degli Stati, e non quella matricentrica e antigerarchica. I valori guerrieri del combattimnto, della dominazione di classe, dellimperio statale, sono andati a costituire linfrastruttura fondamentale di ogni evoluzione verso la civilt, in Asia come in Europa, nel Nuovo Mondo (Messico e Ande, ad esempio) come nel Vecchio. Laspirazione di molti, nel movimento ecologista o femminista, a tornare a vivere come in un tranquillo villaggio del Neolitico pu essere compresa, considerati quali sono i risultati della cosiddetta civilt. Ma lidea che questi hanno di quel mondo lontano, nonch il loro odio crescente per la civilt come tale, lasciano spazio a pi di un dubbio. Certo, non verosimile che le primitive comunit di cacciatori-raccoglitori amassero le ugualmente primitive comunit di orticoltori pi di Wovoka, che ne condividessero o meno la fede nella medesima Dea Madre. N verosimile che con laumento della popolazione le societ di orticoltori abbiano conservato i teneri sentimenti celebrati da certe femministe doggi, tanto innamorate del passato. E' possibile che pastori patricentrici e invasori venuti dal mare abbiano accentuato unevoluzione che forse, senza di essi, sarebbe stata meno perversa, ma che sarebbe stata comunque difficile da evitare. Il 66 peccato originale della civilt, ammesso che ne esista uno, probabilmente quello che ha messo i coltivatori contro i cacciatori (indipendentemente dal fatto che entrambi siano stati matricentrici e animisti) e, molto tempo dopo, i pastori contro i coltivatori. In ogni caso, che le societ fossero di coltivatori o di cacciatori, in esse erano presenti molti aspetti negativi. Prima di tutto, le societ tribali e i villaggi sono notoriamente chiusi. Lesistenza di una discendenza comune, fittizia o reale che sia, porta allesclusione degli stranieri, eccetto forse quando intervengono le regole dellospitalit. Sebbene le norme dellesogamia e le imprescindibili necessit del commercio tendano a favorire alleanze tra gli interni di un villaggio e gli esterni ad esso, un esterno pu sempre essere ucciso senza conseguenze da un interno. Le sanzioni contro il furto, laggressione e lomicidio valgono esclusivamente per gli interni e i loro parenti, e non riconoscono alcuna autorit estranea alla discendenza comune. In realt, le societ tribali sono societ molto chiuse nei confronti di ogni estraneo, a meno che questi non risulti necessario per qualche suo talento, oppure per ripopolare la comunit dopo guerre o epidemie che hanno provocato numerose vittime, o per un matrimonio. E sono societ chiuse non solo nei confronti degli estranei, ma spesso anche nei confronti di qualunque innovazione tecnica o culturale. Nonostante molti elementi culturali possano diffondersi lentamente da una comunit tribale ad unaltra, tali comunit tendono ad essere estremamente conservatrici di fronte alle innovazioni radicali. Nel bene e nel male, i modelli esistenziali tradizionali tendono a sclerotizzarsi col passare del tempo. Ogni nuova tecnologia che non sia stata elaborata allinterno della comunit tende ad essere rifiutata, e per comprensibilissime ragioni se si pensa agli effetti socialmente distruttivi che le nuove tecnologie possono avere su costumi ed istituzioni consacrati dal tempo. Il fatto importante, comunque, che siffatto conservatorismo rende le comunit tribali assai vulnerabili al controllo, esercitabile su di esse da altre comunit in possesso di tecnologie pi efficienti. Un secondo aspetto negativo delle societ tribali rappresentato dalle loro limitazioni culturali. Esse sono societ verosimilmente incapaci di elaborare sistemi complessi di scrittura, da cui i termini di non letterate e di preletterate che molti antropologi usano per designarle. Oggi che lirrazionalismo, il 67 misticismo e il primitivismo sono diventati piuttosto alla moda tra la gente bene della classe media (generalmente per conoscenza attraverso opere scritte), incapacit dei popoli non letterati di conservare le testimonianze storiche o di comunicare graficamente guardata con grande simpatia. Ma si dimentica fin troppo facilmente che lassenza di scrittura alfabetica, oltre a limitare drasticamente lampiezza del panorama culturale nellepoca primitiva, ha anche favorito la gerarchia. La conoscenza delle tradizioni, dei legami ancestrali, dei riti nonch delle tecniche di sopravvivenza, ben presto diventata territorio riservato degli anziani che, attraverso lesperienza e linsegnamento di formule da imparare a memoria, si trovavano nella condizione strategica per manipolare i pi giovani. La gerontocrazia, che a mio giudizio stata la prima forma di gerarchia, si resa possibile poich i giovani dovevano ricorrere agli anziani per sapere le cose. Non cerano pergamene o libri che potessero sostituire la sapienza racchiusa nella mente degli anziani. E gli anziani hanno usato efficacemente tale monopolio della conoscenza allo scopo di istituire la pi antica forma di dominazione della preistoria. Lo stesso patriarcato deve una porzione rilevante del proprio potere alla conoscenza detenuta dal maschio pi anziano di un clan in virt dellesperienza conferitagli dallet. La scrittura avrebbe potuto facilmente democratizzare lesperienza e la cultura sociale, il che era ben noto alle elite dominanti e specialmente al clero, che ha sempre esercitato un severo controllo sullalfabetizzazione e ha confinato la capacit di scrivere nelle mani di impiegati o chierici. Oggi esiste tanta letteratura mistificatoria sulla vita primitiva. E importante ricordare alle persone intelligenti che lumanit non nata in un mondo hobbesiano in cui tutti erano contro tutti; che i due sessi erano un tempo reciprocamente complementari, sul piano culturale oltre che su quello economico; che la disaccumulazione, le donazioni, il minimo irriducibile e luguaglianza sostanziale costituivano i fondamenti delle antiche societ organiche; che lumanit viveva in relazione armonica con la natura in quanto aveva una situazione di armonia al proprio interno, in seno alle comunit. Allo stesso modo, per, non possibile ignorare che questo mondo innocente ma vulnerabile di fronte a tendenze interne verso la gerarchia o ad invasori che potevano assoggettarlo al potere di minoranze guerriere, non era esente da difetti che impedivano agli esseri umani di realizzare 68 pienamente le proprie potenzialit. Lidea di una humanitas da tutti ugualmente condivisa, in grado di riunire genti etnicamente e tribalmente diverse, accomunandole nel progetto di costruire per tutti una societ realmente cooperativa, era totalmente assente. Certamente si sono dati, nel tempo, casi di confederazioni tribali, ma esse avevano per lo pi lo scopo di mitigare un sanguinoso stato di guerra intertribale, oppure il fine espansionistico di cacciare le altre genti dalla propria terra. La Confederazione Irochese, ad esempio, che pure uno dei casi pi celebrati di cooperazione intertribale fondata su forti tradizioni democratiche, era totalmente finalizzata al raggiungimento dei propri interessi, e si era guadagnata lodio feroce di altre popolazioni indiane, come gli Uroni e gli Illinois, che da essa si erano viste invadere le terre e devastare le comunit. Le citt Dopo il passaggio da uno sviluppo matricentrico ad uno patricentrico, la successiva svolta storica che incontriamo stata lemergenza e la crescita delle citt. La citt ha formato unarea sociale totalmente nuova, un ambito territoriale nel quale le affinit ancestrali basate sui vincoli di sangue sono state permanentemente sostituite dal luogo di residenza e dagli interessi economici. La portata di tale passaggio e il suo impatto sulla storia, sono difficili da apprezzare ai giorni nostri. Lurbanesimo ormai parte integrante della vita sociale moderna, al punto che non viene nemmeno posto in discussione. Inoltre sempre stato sottolineato il fatto che la citt ha accelerato lo sviluppo culturale (letteratura, arte, religione, filosofia, scienza) e ha dato impulso allo sviluppo economico (tecnologia, classi, divisione del lavoro tra artigianato e agricoltura), sicch non sempre agevole accorgersi delle nuove forme di associazione umana prodotta dallurbanesimo. Forse per la prima volta, almeno per quanto ne possiamo siamo sapere, gli esseri umani si sono trovati nella condizione di interagire gli uni con gli altri senza eccessivo riguardo per i vincoli ancestrali e di sangue. Il concetto che le persone sono fondamentalmente simili, indipendentemente dalla loro ascendenza tribale e di villaggio, comincia a prendere il sopravvento sulle differenze etniche. La citt va sempre pi sostituendo il dato di fatto biologico del lignaggio e della nascita in seno ad un particolare gruppo di parentela, con il dato di fatto 69 sociale della residenza e degli interessi economici. Nella citt, la condizione sociale non semplicemente il frutto della nascita, ma pu, entro certi limiti, essere scelta ed essere cambiata. Le istituzioni sociali, insieme alla formazione di un universo unicamente umano, vengono, a porsi in primo piano in seno alla societ, spingendo gradualmente la comunit paesana ai margini della vita sociale. La parentela si ritira sempre pi nellambito del privato, degli affari di famiglia, e le relazioni di clan tendono a scomparire, limitandosi a rapporti con i parenti pi immediati, senza tenere in conto la rete estesa dei cugini di clan. Di capitale importanza nel nuovo ordine sociale crea- c to dalla citt il fatto che ora lo straniero, lesterno, pu avere un suo posto sicuro nellambito di una vasta comunit di esseri umani. Inizialmente, tale posto non conferiva agli esterni una vera uguaglianza. LAtene di Pericle, ad esempio, nonostante la sua dichiarata apertura verso gli stranieri residenti, raramente dava ad essi la cittadinanza ed il diritto di difendere in tribunale i propri diritti, se non per bocca di cittadini ateniesi. Cionondimeno le prime citt davano agli stranieri maggior protezione contro gli abusi degli interni. In molti casi, le citt che andavano formandosi raggiungevano un compromesso tra i valori tribali fondati sui vincoli di sangue e quelli sociali basati sul dato di fatto della residenza, conferendo agli esterni alcuni diritti basilari che raramente avrebbero potuto avere nella societ tribale, pur limitando la cittadinanza agli interni e riconoscendo ad essi uno spettro pi ampio di diritti civili. Pi che ospitalit, dunque, la citt offriva agli esterni giustizia, de "acto e de 0ure che fosse, in forma di protezione garantita da un monarca o, pi tardi, da leggi scritte. Sia gli esterni che gli interni erano visti come esseri umani aventi in comune almeno un minimo definito di diritti, derivanti dal fatto della loro umanit e delle loro necessit. Con la nascita e lascesa delle citt, lidea embrionale che tutti i popoli sono in un certo senso un solo popolo prende corpo e raggiunge una nuova universalit storica. Non mia intenzione fingere di credere che questo passo gigantesco verso lo sviluppo dellidea di una humanitas comune sia avvenuto da un giorno allaltro, o che non sia stato accompagnato da cambiamenti negativi nella condizione umana, come vedremo subito. Le citt pi liberali, come le poleis greche ed in particolare lAtene democratica, hanno ad esempio smesso di concedere la cittadinanza agli stranieri residenti al tempo di 70 Pericle, come ho gi avuto occasione di notare. Circa un secolo prima, Solone garantiva senza difficolt la cittadinanza a tutti gli stranieri che fossero in grado di portare ad Atene talenti ed abilit ritenuti necessari. Pericle, che pure stato il pi democratico dei leader ateniesi, ha poi disgraziatamente abbandonato la liberalit soloniana, trasformando la cittadinanza in un privilegio destinato solo agli uomini di consolidata stirpe ateniese. Le prime citt erano anche permeate di credenze e istituzioni tribali: arcaici atteggiamenti religiosi; deificazione degli antenati (seguiti dai capi tribali che potevano cos trasformarsi in monarchi divini); aristocrazie feudali ereditate dalle societ di villaggio del tardo Neolitico e dellet del bronzo. Daltra parte, ad Atene e Roma lantica decisionalit assembleare di tipo tribale non solo era mantenuta, ma era stata riportata in auge e, almeno ad Atene al tempo di Pericle, dotata di autorit suprema. Vi era tensione tra la citt e questi atteggiamenti e istituzioni. La citt ha continuamente cercato di rimodellare le religioni tradizionali, per trasformarle in religioni civiche che favorissero la fedelt nei propri confronti. Il potere della nobilt veniva continuamente eroso, ed il diritto patriarcale sulla vita dei figli era continuamente preso di mira, allo scopo di suscitare nei giovani lealt verso istituzioni civiche come la burocrazia e lesercito. Siffatta tensione non mai scomparsa completamente. Anzi, per circa tremila anni, essa ha costituito il dramma continuo della politica civica, manifestandosi attraverso conflitti anche violenti, come i tentativi delle citt medievali di sottomettere la nobilt territoriale ed vescovi. Le citt erano portatrici di razionalit, di giustizia imparziale, di cultura cosmopolita e di individualismo, di fronte ad un mondo permeato di misticismo, di arbitrariet del potere, di chiusura parrocchiale, di subordinazione dellindividuo alla comunit e, significativamente, allimperio delle elite aristocratiche e religiose. Almeno legalmente, la citt non ha raggiunto la vera maturit fino a che limperatore Caracalla nel terzo secolo non ha proclamato tutti gli uomini liberi dellimpero romano cittadini di Roma. Le ragioni che hanno spinto Caracalla possono giustamente essere guardate con sospetto: egli era manifestamente interessato ad un allargamento della base tributaria dellimpero per far fronte alle crescenti spese di questo. Cionondimeno, tale provvedimento, pur solo a livello legale, ha diffuso in tutto il mondo la concezione che tutti gli esseri umani, schiavi compresi, appartengono alla 71 stessa specie, indipendentemente dalla loro etnia, dal loro censo, dalla loro occupazione, dalla loro et. Il concetto di un universo umano riceveva cos legittimazione, ad un livello fino ad allora sconosciuto, se non tra i filosofi ed in certe religioni (il giudaismo, oltre che il cristianesimo). La legge di Caracalla, per certo, non stata sufficiente a dissolvere le barriere che dividevano i diversi gruppi etnici, le citt, i villaggi. Sia allinterno, vicino alle frontiere dellimpero, sia al di l di esse, tali differenze erano ancora forti come nei millenni precedenti. Eppure la legge di Caracalla, rafforzata pi tardi dellidea cristiana di un mondo unificato dalla sottomissione ad ununica divinit creatrice e dallaccettazione del libero arbitrio individuale, ha dato un nuovo assetto allaffinit tra esseri umani, che non avrebbe potuto emergere senza la citt ed i suoi valori sempre pi cosmopoliti, razionalistici ed individualistici. Non a caso il famoso trattato di Agostino in difesa del cristianesimo si chiamava la Citt di Dio, e i padri del cristianesimo nutrivano per la citt di Gerusalemme la stessa affezione che avevano per essa gli ebrei. Lavvento della citt ha comportato la perdita di molti importanti elementi tipici della vita degli antichi villaggi. Attraverso la propriet comunale della terra e delle cosiddette risorse naturali, si arrivati alla propriet privata. Le classi, categorie basate sulla propriet e sulla gestione di tali risorse, hanno sostituito le antiche gerarchie di status cristallizzandosi in gerarchie economiche, sicch gli schiavi si sono contrapposti ai padroni, i plebei ai patrizi, i servi ai signori feudali e, in seguito, i proletari ai capitalisti. Comunque, non detto che le gerarchie pi antiche, strutturatesi intorno ai gruppi di status (gerontocrazie, capitanati e poi burocrazie) fossero scomparse. Al contrario, esse formavano la base invisibile di ben pi visibli e tempestose relazioni di classe. Lesistenza dei gruppi di status non veniva posta in discussione, ed i giovani, le donne, i figli e le masse del popolo minuto hanno cominciato inconsapevolmente a diventare complici della stessa dominazione che subivano ad opera delle varie elite. La gerarchia entrata a far parte integrante dellinconscio umano, mentre le classi, la cui legittimit era pi facile da porre in questione per via dellevidente sfruttamento, diventavano laspetto pi rilevante di unumanit conflittuale ed aspramente divisa. Dal punto di vista negativo, quindi, la citt ha consolidato la privatizzazione della propriet, la struttura di classe e la 72 statizzazione completa o quasi. La tensione tra le realizzazioni conseguenti allemergere della citt e il decadimento di certi valori, arcaici ma profondamenti sentiti, tra cui lusufrutto, la complementariet ed il principio del minimo irriducibile, ha dato origine a quella problematica dello sviluppo umano definita come la questione sociale. Questa espressione, un tempo cos popolare nella sinistra, alludeva al fatto che la civilt, nonostante le sue molteplici realizzazioni, non mai stata pienamente razionale e priva di sfruttamento. In questa sede, lespressione viene usata in unaccezione pi etica, per sottolineare come tutte le pi straordinarie conquiste dellumanit, ottenute grazie alla civilt, siano state sempre inquinate dal male della gerarchia. Marx non avrebbe parlato di male, nel suo tentativo di trasformare la critica del capitalismo in una scienza oggettiva, priva di connotazioni moralistiche. E' invece a Bakunin che va riconosciuto il merito di aver introdotto la considerazione del male nella sua concezione, mostrando come numerose trasformazioni sociali, per quanto necessarie o comunque inevitabili, si siano rivelate in seguito come malefiche nel dramma generale della storia. In *ederalismo, socialismo e anti.teologismo, Bakunin osserva: E non esito a dire che lo Stato un male anche se storicamente necessario, tanto necessario in passato quanto necessaria sar presto o tardi la sua estinzione, tanto quanto sono state necessarie per il passato la bestialit primitiva e le divagazioni teologiche. A parte il riferimento alla bestialit primitiva (un pregiudizio assai diffuso pi di un secolo fa, dal quale neanche Bakunin era immune), c qui il riconoscimento che lumanit si sviluppata sia attraverso il male come attraverso il bene, sfiorando il problema della dialettica della stessa civilt. La maledizione biblica nei confronti dellumanit non era vana: riconosceva in qualche modo che alcuni mali non potevano essere facilmente evitati man mano che lumanit stessa emergeva dallanimalit. Gli esseri umani non avevano coscienza di creare gerarchia quando riconoscevano autorit agli anziani, non pi di quanto ne avessero allorch riconoscevano autorit al clero. La capacit di prevedere quali saranno gli effetti di determinate premesse non poi cos sviluppata negli esseri umani, che restano, dopo tutto, dei primati in larga misura inconsapevoli, dalla razionalit pi potenziale che reale. Da tale punto di vista, per quanto concerne 73 lattitudine ad affrontare i problemi evolutivi della loro realt sociale, i popoli preletterati non erano meglio equipaggiati di quelli che sono stati colpiti dagli aspetti peggiori della civilt. La questione sociale come la vediamo noi oggi, dipende dal fatto che ci siamo elevati verso la luce della libert con occhi non completamente aperti, abbagliati da oscuri atavismi, da antiche gerarchie, da pregiudizi profondamente radicati di cui facile essere preda, con effetti disastrosi. Abbiamo tra le mani il classico coltello a doppio taglio: lemancipazione da una parte, la nostra rovina dallaltra. Gli Stati na%ionali e il capitalismo Una terza svolta storica stata quella rappresentata dallavvento degli Stati nazionali e del capitalismo industriale. Stato nazionale e capitalismo industriale non vanno necessariamente insieme, ma il capitalismo ha seguito tanto rapidamente lascesa degli Stati nazionali da poter essere considerato un fenomeno ad essi congiunto. Come fatto in s, la costruzione delle nazioni risale al dodicesimo secolo, quando Enrico II dInghilterra e Filippo Augusto di Francia hanno tentato di centralizzare il potere della monarchia ed acquisire i territori che avrebbero dovuto costituire le proprie rispettive nazioni. In seguito il potere nazionale avrebbe lentamente assorbito ogni potere locale, pacificando in modo definitivo le meschine rivalit tra baronie e citt. I patrimoni imperiali del mondo antico avevano creato Stati immensi, ma non durevoli. Risultanti dallunione di gruppi etnici diversi, tali imperi vivevano in precario equilibrio con le comunit di villaggio che avevano subito ben poche modificazioni, sia culturali che tecnologiche, dai tempi del Neolitico. La funzione principale di tali societ rurali era di fornire ai monarchi tributi e corve lavorative. Per il resto, erano lasciate a se stesse. La vita locale era quindi sotterranea, ma intensa. Intorno a questi villaggi esisteva una certa quantit di terreno comune, che chiunque poteva coltivare, e sembra provato che anche i territori privati venissero regolarmente redistribuiti alle varie famiglie a seconda del modificarsi delle loro necessit. Le interferenze provenienti dallalto erano minime, in genere. I pericoli maggiori per queste societ di villaggio derivavano dallinvasione di qualche esercito o dalle vessazioni dei nobili. 74 Altrimenti, quando non erano tormentate dagli aristocratici o dai gabellieri, erano lasciate in pace. In questo tipo di societ, la giustizia era spesso arbitraria. Le lamentele del contadino greco Esiodo circa il comportamento egoistico e scorretto dei baroni locali echeggiano problemi che solo raramente affiorano nella letteratura storica a nostra disposizione. I codici legislativi elaborati dal monarca assoluto di Babilonia, Hammurabi, non costituivano la regola nel mondo pre-romano. Pi di frequente, accadeva che nobili esosi proclamassero ciascuno leggi proprie, fatte a misura delle proprie necessit. Il contadino poteva a volte ottenere dal nobile protezione per s e la propria comunit contro le razzie di qualche invasore, ma giustizia mai. Gli imperi erano gi troppo grandi per poter essere gestiti sia dal punto di vista amministrativo sia, ancor pi, da quello giudiziario. Limpero romano stato uneccezione a questa regola, soprattutto perch era costituito in larga misura da territori costieri assai urbanizzati, pi che da plaghe interne con rare citt. Al contrario, le nazioni europee si sono formate su una base territoriale continentale che la storia ha forgiato fino a farle divenire sempre pi facilmente gestibili. Certo, la rete stradale era scarsa e le comunicazioni primitive. Ma con lascesa al trono di sovrani energici come Enrico II dInghilterra e Filippo Augusto di Francia, la giustizia regale ed i burocrati hanno cominciato a penetrare fin nelle zone pi remote, incidendo sempre pi profondamente nella vita quotidiana delle popolazioni. E' sicuro che la giustizia del re venisse accolta favorevolmente dalla gente comune, poich i suoi funzionari costituivano un cuscinetto tra larroganza nobiliare e le masse asservite. In effetti, lo sviluppo degli Stati nazionali stato accompagnato allinizio da un senso genuino di aspettativa e sollievo. Ma il potere regale era un centro di interessi in se stesso, non unagenzia morale per il raddrizzamento dei torti subiti dal popolo, ed ha finito per diventare altrettanto oppressivo che quello dei nobili locali che aveva sostituito. Inoltre, non era un docile strumento per lascesa della borghesia emergente. I sovrani inglesi di casa Stuart, che nel 1640 hanno catapultato lInghilterra nella rivoluzione, consideravano la propria nazione come un appannaggio personale, che sia la potente nobilt sia la ricca borghesia minacciavano di sovvertire. Lidea che lo Stato nazionale sia stato formato dalle borghesie una falsit che fin dora va ridimensionata. Intanto, 75 ci che chiamiamo borghesia nel tardo Medio Evo non era niente di simile agli industriali, o capitalismo industriale, che oggi conosciamo. Se si eccettuano alcuni ricchi banchieri e commercianti che importavano ed esportavano merci su vasta scala, il borghese nascente era generalmente un mastro artigiano che agiva allintemo di un sistema associativo altamente controllato. Era raro che sfruttasse anche un solo proletario, nel senso che oggi attribuiamo al termine. Chiaramente, non era impossibile che le disparit economiche permettessero lascesa di artigiani che emarginavano i propri apprendisti e trasformavano le proprie gilde in societ privilegiate ad uso e consumo proprio e dei propri figli. Ma questa non era la regola. Nella maggior parte dellEuropa, le gilde fissavano i prezzi, determinavano la quantit e la qualit dei beni prodotti, ed erano aperte agli apprendisti che con il tempo sarebbero divenuti a loro volta mastri. E' difficile definire tale sistema, a crescita attentamente regolata, come capitalistico. Il lavoro era compiuto prevalentemente a mano, in piccole botteghe dove il mastro sedeva fianco a fianco dellapprendista, rifornendo un mercato molto limitato e personalizzato. Nel tardo Medio Evo, leconomia curtense con la sua elaborata gerarchia ed i suoi servi della gleba era in disfacimento, anche se non era ancora completamente scomparsa. Cominciavano a vedersi agricoltori relativamente indipendenti, che lavoravano come proprietari della loro terra o come fittavoli di nobili assenteisti. Guardando il vasto panorama europeo nel periodo tra il quindicesimo e il diciottesimo secolo, ci che risulta limmagine di uneconomia mista. Oltre a servi, fittavoli e piccoli proprietari, cerano artigiani (alcuni abbienti, altri men) che coesistevano con veri capitalisti, la maggior parte dei quali, per, si dedicava al commercio pi che allindustria. LEuropa era il centro di uneconomia mista, non esclusivamente capitalistica, e la sua tecnologia, nonostante alcuni progressi compiuti nel corso del Medio Evo, era ancora artigianale, non industriale. Anche la produzione di massa, come quella del grande arsenale veneziano (dove lavoravano 3.000 addetti), faceva affidamento sugli artigiani, ciascuno dei quali lavorava secondo schemi assolutamente tradizionali, in piccole botteghe e officine. Queste caratteristiche del mondo cos comera subito prima della rivoluzione industriale sono molto importanti, perch hanno condizionato le opzioni sociali che si offrivano allEuropa. Prima 76 della monarchia Stuart in Inghilterra, Borbone in Francia e Asburgo in Spagna, le citt europee godevano di uno straordinario livello di autonomia. Le citt italiane e tedesche, in particolare, anche se non esclusivamente, costituivano veri e propri Stati, forti del proprio diritto, con assetti politici che variavano dalle semplici democrazie dei primi tempi alle oligarchie delle epoche successive. Esse si riunivano anche in confederazioni contro signorotti locali, invasori stranieri o monarchi assoluti. In questi secoli, la vita cittadina era florida, non solo economicamente, ma anche culturalmente. I cittadini dovevano fedelt in primo luogo alla propria citt e solo subordinatamente ai propri feudatari territoriali e alle nazioni emergenti. Il potere crescente degli Stati nazionali, dal sedicesimo secolo in poi diventato una fonte di conflitti, cos come era stato una fonte di ordine nei confronti della nobilt riottosa. I tentativi compiuti dai sovrani al fine di imporre la sovranit regale sulle citt di quel periodo ha prodotto unera di attacchi quasi insurrezionali contro i rappresentanti della corona. Venivano distrutti i registri regali, assaliti i funzionari, demoliti i loro uffici. Nonostante alla persona del re fosse tributato il rispetto consuetudinariamente dovuto ai capi di Stato, i suoi editti venivano frequentemente ignorati e i funzionari incaricati di farli rispettare perfino linciati. La Fronda, una serie di conflitti avviati dalla nobilt francese e dalla cittadinanza parigina contro il crescente potere del re, durante la giovent di Luigi XIV, aveva pratica- mente demolito lassolutismo e spinto il giovane sovrano ad abbandonare Parigi nellattesa che il suo potere venisse ristabilito. Dietro queste rivolte in molte parti dellEuropa, possibile scorgere il montare della resistenza contro la pretesa degli Stati nazionali centralizzati di limitare le prerogative delle citt. Queste rivolte municipali hanno raggiunto il proprio apice allinizio del sedicesimo seco lo, quando le citt della Castiglia sono insorte contro Carlo II di Spagna, cercando di costituire ci che era essenzialmente una confederazione municipale. La lotta, durata pi di un anno, finita con la sconfitta delle citt castigliane, dopo alcune vittorie iniziali, dando lavvio al declino economico e culturale della Spagna, per quasi tre secoli. Dal momento che la monarchia spagnola era a quellepoca allavanguardia dellassolutismo reale e svolgeva un ruolo fondamentale nella politica europea, la ribellione delle citt castigliane (detta anche dei comuneros, dal nome attribuito ai loro 77 partigiani) ha fornito lindicazione di uno sviluppo alternativo a quello verso gli Stati nazionali, cio di una evoluzione verso una confederazione di citt. Per un certo periodo, lEuropa stata in bilico tra queste due alternative, e solo alla fine del diciassettesimo secolo lo stato nazionale ha preso il sopravvento sulla concezione federativa. Ma questa concezione non morta. Gi era affiorata tra gli estremisti della rivoluzione inglese che i seguaci di Cromwell avevano condannato come anarchici svizzeri. Ed riapparsa nelle confederazioni cui gli agricoltori progressisti hanno tentato di dar vita nel New En- gland, allindomani della rivoluzione americana. E poi ancora in Francia, tra i movimenti radicali come le assemblee di quartiere a Parigi e nelle altre citt, durante la Grande Rivoluzione, e infine durante la Comune di Parigi nel 1871, che chiedeva la costituzione di una Comune di Comuni e la dissoluzione dello Stato nazionale. Nel periodo immediatamente precedente la formazione degli Stati nazionali, quindi, lEuropa si trovata ad un bivio. Legato alle fortune dei comuneros spagnoli o dei sans culottes che affollavano le sezioni parigine nel 93, il futuro degli Stati nazionali stato non poco incerto, allinizio. Se il continente si fosse mosso nella direzione delle confederazioni urbane, la sua storia avrebbe preso un corso certamente pi favorevole, e forse anche pi rivoluzionario, democratico e cooperativo del corso assunto nel diciannovesimo e ventesimo secolo. Per i motivi fin qui esposti, non affatto certo che levoluzione verso il capitalismo industriale che oggi conosciamo fosse storicamente preordinata. Il capitalismo ha accelerato lo sviluppo tecnologico in misura che non ha precedenti nella storia, e ci un fatto che non ha bisogno di essere ulteriormente comprovato. Avrei parecchio da dire sugli effetti che tale sviluppo tecnologico ha prodotto nei confronti dellumanit e della natura, e su quelli che a!rebbe potuto produrre in una societ genuinamente ecologica. Certo , comunque, che anche il capitalismo, come lo Stato nazionale, non stato una necessit inevitabile, e neppure il presupposto per linstaurarsi di una democrazia cooperativa o socialista. In effetti, c'erano forze non irrilevanti che tendevanp a inibire lo sviluppo e lascesa del capitalismo. In quanto sistema mercantile aspramente competitivo, basato sulla produzione per lo scambio e laccumulo dei profitti, il capitalismo (e la mentalit capitalistica, 78 con limportanza accordata allegoismo individuale) si trovato in grande conflitto con tradizioni e abitudini profondamente radicate, ed anche con il vissuto reale delle societ precapitalistiche. Tutte le societ precapitalistiche privilegiavano la cooperazione rispetto alla competizione quantunque tali tendenze venissero comunemente disattese o anche usate per mobilitare forza-lavoro collettiva al servizio delle elite o dei sovrani. Nonostante ci, la competizione intesa come sistma di vita era semplicemente inconcepibile. Certo, anche nel Medio Evo era possibile imbattersi in comportamenti maschili competitivi, ma questi erano generalmente orientati, in un modo o nellaltro, verso il servizio pubblico, non al fine di raggiungere larricchimento personal. Nel mondo precapitalistico, il sistema mercantile era essenzialmente marginale, essendo le societ fondate sullautosufficienza. Dove il mercato assumeva una qualche rilevanza, durante il Medio Evo, esso veniva attentamente regolato dalle gilde e dai precetti cristiani contro linteresse ed il profitto eccessivo. E' vero che il capitalismo sempre esistito (come ha osservato Marx) negli interstizi del mondo antico (e del mondo medievale, si potrebbe aggiungere), ma esso non ha mai raggiunto uno status socialmente dominante. In effetti, la prima borghesia non aveva vere aspirazioni capitalisti- che, nel senso che modellava i suoi fini ultimi su quelli dellaristocrazia e quindi investiva i profitti in terreni, per poter ritirarsi dagli affari e vivere come laristocrazia feudale. Lideale del limite, la fiducia della Grecia classica nellaurea mediocrit, non ha mai perso interamente la propria influenza nel mondo precapitalistico. Dalla preistoria dellepoca tribale fino al tempo della Storia, la virt stata intesa nel senso di dedizione individuale al bene della comunit, ed il prestigio si conquistava distribuendo la propria ricchezza sotto forma di doni, non accumulandola. Non un caso, quindi, che il mercato capitalistico e lo stesso spirito capitalistico, che propugnavano crescita continua, accumulo, competizione, e ancora crescita e ancora accumulo, abbiano incontrato infiniti ostacoli nelle societ precapitalistiche. I primi capitalisti del mondo antico non hanno quasi mai raggiunto uno status superiore a quello di funzionari dei sovrani imperiali, che avevano bisogno di mercanti che acquistassero per loro merci rare ed esotiche in posti lontani. I loro profitti erano fissi e le loro ambizioni sociali ridotte. 79 Certo, gli imperatori romani hanno concesso maggiore libert dazione ai borghesi della loro epoca, ma ciononostante li tosavano per benino con le tasse ed espropri occasionali. Il mondo medievale in Europa ha dato alla borghesia mano ancor pi libera, soprattutto in Inghilterra, nelle Fiandre e nellItalia settentrionale. Eppure, anche nel pi individualistico mondo cristiano, i capitalisti hanno dovuto vedersela con linsorgere di sistemi di gilde associative, che in breve circoscrivevano il mercato, e sono stati contagiati dai valori aristocratici del lusso e della vita dispendiosa che si contrapponevano alla virt borghese della parsimonia finalizzata allaccumulo di ricchezza. E' certo che in tutta Europa la borghesia era vista come una sotto-classe alquanto disprezzabile nella sua passione per la ricchezza, volgare nella sua ambizione di appartenere alla nobilt, culturalmente incostante nella sua propensione per ii crescere, pericolosa nella sua mania di innovazione tecnologica. La sua supremazia nellItalia e nelle Fiandre durante il Rinascimento era altrettanto instabile. Signori dalle mani bucate come i Medici, che erano riusciti ad avere il controllo delle principali citt dellItalia settentrionale, hanno letteralmente divorato i profitti del commercio in spese folli per la costruzione di palazzi e monumenti, oltre che per la guerra. Semplici modificazioni subite dai percorsi commerciali, come lo spostamento dal Mediterraneo allAtlantico negli anni immediatamente successivi alla presa di Costantinopoli da parte dei turchi (1453), hanno finito col costringere le citt-Stato italiane ad occupare un posto secondario in Europa. Con lesplosione del capitalismo in Inghilterra tale economia ha guadagnato supremazia nazionale prima e infine mondiale. Ma anche questesplosione non stato un fatto inevitabile della storia, n stata predeterminata da forze sociali che agiscono al di sopra delluomo. Leconomia e lo Stato inglese erano di costruzione assai lassa, forse la pi lassa di tutta lEuropa. La monarchia inglese non ha mai raggiunto lassolutismo di un Luigi XIV in Francia, n lInghilterra era una nazione chiaramente definita. Essa sempre stata in conflitto con i suoi vicini celtici della Scozia, del Galles e soprattutto dellIrlanda, nonostante infiniti tentativi di incorporare costoro nella societ anglosassone. N il feudalesimo era profondamente radicato, nonostante la continua preoccupazione inglese per lo status. Era una societ porosa, con una storia instabile, dove il mercante prima e poi 80 lindustriale hanno trovato pi che altrove la libert necessaria a svilupparsi. La nobilt inglese, a sua volta, era in gran parte unelite nuova installata dai sovrani Tudor dopo che loriginaria nobilt normanna si era completamente distrutta nella sanguinosa Guerra delle Rose, nel quindicesimo secolo. I nuovi nobili, spesso di umili origini, non erano contrari a investire qualche spicciolo nel commercio. Allo scopo di guadagnare denaro vendendo lana allindustria tessile delle Fiandre, essi hanno incamerato astutamente le terre in comune della popolazione rurale trasformandole in pascoli per pecore. Inoltre, lo sviluppo del sistema capitalistico, nel quale i cosiddetti fattori portavano la lana alle abitazioni delle famiglie, da dove passava alla tessitura e quindi alla tintura, ba portato al concentramento di tutti gli addetti in fabbriche, dove erano obbligati a lavorare in condizioni di estremo sfruttamento e inflessibile disciplina. In tale modo, la nuova borghesia industriale riusciva ad eludere le tradizionali restrizioni imposte dalle gilde nelle citt, dando origine ad una classe di proletari spossessati tenuti al proprio servizio. Ogni lavoratore poteva cos essere sostituito da altri, in un mercato del lavoro che si presentava come libero, dimodoch i salari tendevano a diminuire e i profitti potevano crescere a dismisura nel nuovo sistema industriale che si sviluppava in prossimit dei principali centri urbani inglesi. Nella cosiddetta Gloriosa Rivoluzione del 1688 (da non confondere con la tempestosa Rivoluzione Inglese del 1640) gli esosi nobili inglesi e le loro controparti borghesi sono venuti ad un compromesso. Allaristocrazia veniva concesso di dirigere lo Stato, mentre la monarchia diventava un puro simbolo dellunit tra le classi, e la borghesia veniva lasciata libera di occuparsi delleconomia. Messe da parte le liti tra le varie classi dirigenti, la classe capitalista inglese si trovata a godere del diritto praticamente illimitato di saccheggiare lInghilterra e spingere anche allestero le proprie manovre, reclamando lindia, larghe porzioni dellAfrica e basi commerciali strategiche in Asia. Le economie mercantili esistevano gi prima del capitalismo, coesistendo in realt con diverse economie comunali. Ci sono periodi del Medio Evo che ci portano la testimonianza di un affascinante equilibrio tra citt e campagna, tra artigianato e agricoltura, tra le innovazioni tecnologiche ed il conservatorismo culturale. Tale mondo, nel diciannovesimo secolo, sarebbe stato 81 idealizzato dagli scrittori romantici e da P. Kropotkin, lanarchico russo particolarmente sensibile alle varie alternative al capitalismo offerte dalle societ (e mentalit) cooperativistiche in vari periodi storici. Lo sviluppo del capitalismo inglese nel diciottesimo secolo, e la sua vittoria nel diciannovesimo, hanno alterato radicalmente tali prospettive. Per la prima volta, la competizione veniva vista come salutare, il commercio come libero, laccumulo di ricchezza come prova di parsimonia, e legoismo come prova di un interesse per se stesso che ha lavorato come mano nascosta al servizio del bene pubblico. Concetti come salute, libert, parsimonia e bene pubblico sarebbero serviti a giustificare lespansione illimitata e il saccheggio spudorato della natura, e degli esseri umani. Durante la rivoluzione industriale i proletari inglesi non hanno sofferto meno delle grandi mandrie di bisonti sterminati nelle praterie americane. I valori e le comunit umane non sono stati oggetto di minor violenza che gli ecosistemi animali e vegetali distrutti nelle foreste dellAfrica e dellAmerica Latina. Parlare del saccheggio perpetrato dallumanit ai danni della natura significa mistificare la realt della selvaggia spoliazione perpetrata da uomini ai danni di altri uomini, cos efficacemente descritta nei romanzi di Dickens e di Zola. Il capitalismo ha separato da se stessa la specie umana altrettanto brutalmente e crudelmente di quanto abbia separato la societ dalla natura. La competizione ha cominciato cos a permeare di s ogni aspetto della societ, non limitandosi a mettere i capitalisti luno contro laltro per il controllo del mercato. Ha messo i compratori contro i venditori, il bisogno contro lavidit, lindividuo contro lindividuo ai livelli pi elementari dei rapporti umani. Sul mercato, ogni persona affronta le altre con un ringhio, anche tra i lavoratori, ciascuno dei quali cerca per ragioni di semplice sopravvivenza di avere la meglio sullaltro. Nessun moralismo, nessun pietismo pu cambiare il fatto che la rivalit, ai livelli financo molecolari della societ, una regola borghese di esistenza, nel senso pi stretto del termine esistenza. Accumulare per togliere, far fuori o comunque assorbire il concorrente una condi%ione essen%iale allesisten%a in un assetto economico capitalistico. Che anche la natura sia una vittima di questa furia sociale competitiva, accumulativa ed espansiva, dovrebbe essere ovvio, se non fosse che esiste una forte tendenza a fame risalire le origini alla tecnologia e allindustria come tali. 82 Che la tecnologia moderna esalti certi fondamentali fattori economici, cio lo sviluppo inteso come regola di vita in uneconomia competitiva e la mercificazione dell'umanit e della natura, un fatto evidente. Ma la tecnologia e lindustria come tali non trasformano ogni ecosistema, specie, porzione di suolo, corso dacqua, e anche gli oceani e laria, in un mero oggetto di sfruttamento. Essi non monetizzano n danno un prezzo a tutto ci che pu essere sfruttato nellambito della lotta competitiva per la sopravvivenza e lo sviluppo. Parlare di limiti di crescita in seno ad uneconomia di mercato capitalistica non ha alcun senso, cos come non ne ha parlare di limiti della guerra in una societ guerriera. Gli scrupoli morali cui oggi danno voce tanti ambientalisti sapientoni sono tanto ingenui quanto quelli delle multinazionali sono fasulli. Il capitalismo non pu essere persuaso a porre un freno al suo sviluppo^ cos come non si pu persuadere un essere umano a smettere di respirare. I tentativi di realizzare un capitalismo verde, o ecologico, sono condannati allinsuccesso a causa della natura stessa del sistema, che un sistema di crescita continua. In effetti, i concetti pi fondamentali dellecologia, come lattenzione allequilibrio, lo sviluppo armonioso verso una maggiore differenziazione, e infine levoluzione verso una maggiore soggettivit e consapevolezza, si contrappongono radicalmente ad uneconomia che omogeneizza citt, natura e individuo, e che mette gli esseri umani gli uni contro gli altri e contro la natura, con una ferocia che finir per distruggere il pianeta. Per generzioni i pensatori di sinistra hanno detto la loro circa i limiti intrinseci del sistema capitalistico, i meccanismi interni che lavrebbero portato inevitabilmente allautodistruzione. Marx si guadagnato il plauso di schiere infinite di autori per aver previsto che il capitalismo sarebbe crollato e sarebbe stato sostituito dal socialismo, in seguito ad una crisi cronica che avrebbe comportato perdita di profitto, stagnazione economica e lotta di classe da parte di un proletariato sempre pi impoverito. Osservando oggi gli immensi squilibri biogeochimici che hanno aperto buchi nello strato di ozono dellatmosfera ed innalzato la temperatura del nostro pianeta in seguito alleffetto serra, tali limiti appaiono chiaramente di natura ecologica. Quale che possa essere il destino del capitalismo come sistema con i suoi specifici limiti interni sul piano economico, possiamo comunque affermare apertamente che esso 83 ha dei limiti esterni sul piano ecologico. Certo, il capitalismo incarna totalmente la nozione bakuniniana di male, senza peraltro essere socialmente necessario. Dopo il sistema capitalistico non ci sono altre svolte della storia. Esso segna il termine del percorso di un lungo sviluppo sociale in cui il male ha permeato di s il bene e lirrazionalit ha prevalso sulla razionalit. Per la societ e il mondo naturale, in effetti, il capitalismo costituisce un punto di negati!it assoluta. Non possibile migliorarlo, ricostruirlo o rinnovarlo, semplicemente aggiungendo al termine un prefisso di moda (eco-capitalismo). Lunica alternativa possibile distruggerlo, perch esso incarna tutte le malattie della societ, patriarcato, sfruttamento, statalizzazione, egoismo, militarismo, sviluppo fine a se stesso, che hanno afflitto la civilt e inquinato tutte le sue conquiste. 84 IDEALI DI LIBERT Ho parlato dei tentativi popolari di resistere al precipitare della societ nel male, ad esempio la resistenza opposta allo Stato nazionale dai comuneros spagnoli o dai sanculotti francesi, e quella meno diretta degli artigiani e degli agricoltori indipendenti al capitalismo. Ma all evoluzione delle istituzioni patricentriche, urbane ed economiche in senso sempre pi antiumanistico ed antiecologico, i popoli si sono opposti in scala ben pi vasta e con idee pi esplosive di quanto ho indicato. Oggi, mentre corriamo il rischio di perdere ogni coscienza della Storia, ed in particolare della tradizione rivoluzionaria con la sua carica di utopia alternativa, importante esaminare i movimenti libertari emersi ad ogni svolta storica e le idee di libert di cui essi sono stati portatori. Vedremo cos quanto numerose siano le concezioni che hanno tentato di frenare il precipitare della civilt nel male. E troveremo il progresso nel suo vero significato, quello cio che porta i conflitti sociali ad affrontare problemi di portata sempre maggiore, fino ad approfondire il concetto stesso di libert. Per cominciare, voglio operare una distinzione che mi sembra importante: quella tra lidea di libert e lidea di giustizia. I due termini sono stati usati tanto frequentemente luno al posto dellaltro che sono praticamente diventati sinonimi. In realt, per, la giustizia qualcosa di profondamente diverso dalla libert, ed indispensabile che tale differenza venga qui sottolineata. Sul piano storico, le due idee hanno dato origine a conflitti assai diversificati ed hanno postulato opzioni radicalmente differenti, fino ai giorni nostri. La distinzione tra le semplici riforme e le modificazioni fondamentali dellassetto sociale corrisponde in gran parte a quella tra la richiesta di giustizia e la richiesta di libert, nonostante le due richieste, in situazioni di particolare mobilit sociale, si siano spesso strettamente intrecciate. Giustizia significa richiesta di equit, di correttezza &"air pla1(, cio il godimento dei benefici dellesistenza in misura 85 proporzionale al contributo di ciascuno- Per dirla con le parole di Thomas Jefferson, la giustizia uguale e congrua..., .fondandosi sul rispetto del principio di equivalenza. La congruit, o equivalenza, del trattamento che ciascuno riceve (socialmente, giuridicamente, materialmente) in cambio di ci che d, viene espressa nella rappresentazione tradizionale della Giustizia intesa come divinit romana, che tiene in una mano la bilancia, nellaltra la spada, ed ha gli occhi bendati. I due piatti della bilancia simboleggiano l possibilit di quantificare, determinare, lequit; la spada allude al potere della violenza che sta dietro al giudizio (in situazione di civilt la spada simboleggia lo Stato); la benda sugli occhi indica la presunta oggettivit del giudizio medesimo. Non qui il caso di prendere in esame le complesse teorie della giustizia elaborate a partire da Aristotele nel mondo antico, fino a John Rawls ai tempi nostri. Esse considerano argomenti come la legge naturale, il contratto, la reciprocit, legoismo, che non hanno attinenza diretta con la nostra trattazione. Ma la benda che copre gli occhi della Giustizia e la bilncia che questa tiene in mano simboleggiano una relazione problematica che non possibile ignorare. Di fronte alla Giustizia, tutti gli esseri umani sono presumibilmente uguali, nudi, cio spogliati di ogni privilegio sociale, di particolari diritti, di status. La famosa esigenza di giustizia ha unascendenza lunga e complessa, Fin dalle origini delloppressione sistematica e dello sfruttamento, i popoli hanno dato alla Giustizia, bendata o no che fosse, una voce, e ne hanno fatto linterprete degli sfruttati di fronte alliniquit insensibile e alle violazioni del principio di equivalenza. Allinizio, la giustizia stata contrapposta al canone tribale della vendetta di sangue, della ritorsione irragionevole per il male fatto ad un proprio parente. La famosa legge del taglione (occhio per occhio, dente per dente, vita per vita) veniva applicata esclusivamente nel caso di torti commessi ai danni di parenti, non di persone qualsiasi. Per quanto possa apparire razionale sotto il profilo dellequivalenza di trattamento, lequit tribale era quindi meschina e chiusa. Nessuno insorgeva per lo straniero offeso o ucciso, se non qualche suo parente nella patria dorigine. La ritorsione, inoltre, era frequentemente del tutto arbitraria. Ben pi di una vita veniva comunemente reclamata per delitti che esistevano solo agli occhi dellinteressato, con latroce risultato di faide sanguinose che potevano proseguire per generazioni, 86 coinvolgendo comunit e popoli interi evidentemente non responsabili di crimini tanto lontani da scomparire dalla memoria dei contendenti. La famosa 2restiade di Eschilo (tragica trilogia greca sullassassinio di una madre ad opera del figlio, in ritorsione dellomicidio compiuto da essa ai danni del padre di questo) ha molteplici implicazioni. Tra esse, importante notare il maggior peso dellobbligo filiale (indipendentemente dal sesso) nei confronti della madre, in un sistema di cosiddetta legge matriarcale, dove le donne, e non gli uomini, costituivano presumibilmente i nodi socialmente riconosciuti della parentela e del lignaggio. Ma non meno importante (e forse pi3 importante, almeno per gli Ateniesi dellet classica, che apprezzavano questa trilogia) era lallusione alla necessit di far uscire la giustizia dal mondo arcaico di vendetta irragionevole, per portarla in un ambito di equit razionale e oggettiva, per rendere cio la giustizia uguale e congrua. Il che non significa che la giustizia abbia avuto la sua origine in Grecia. Nel periodo successivo al passaggio dalle societ tribali alle aristocrazie feudali e monarchie assolute, il bisogno di giustizia (cio di codici scritti che indicassero con chiarezza le pene corrispondenti ai vari delitti) era diventato particolarmente sentito tra gli oppressi. Lequivalenza intesa come giustizia uguale e congrua stata pian piano depurata delle sue connotazioni di classe, nel 4euteronomio ebraico come nelle riforme di Solone ad Atene. La legge romana, che ancor oggi costituisce il fondamento di gran parte del diritto occidentale, ha enormemente affinato le prime conquiste popolari, riconoscendo nel 0us naturale e nel 0us gentium il fatto che gli uomini sono realmente uguali per natura, sebbene possano essere resi disuguali dalla societ. Perfino la schiavit veniva interpretata come un contratto, nel quale lo schiavo era una persona cui era stata risparmiata la vita in guerra e che in cambio impegnava il proprio corpo e il proprio lavoro a vantaggio del vincitore. Il problema della giustizia uguale e congrua, per, che non tutte le persone sono uguali naturalmente, a dispetto delluguaglianza "ormale ad esse riconosciuta in una societ giusta. Alcuni individui nascono fisica- mente forti, mentre altri al loro confronto sono pi deboli. Oppure esistono marcate differenze quanto a salute, et, talento, intelligenza, risorse materiali a disposizione. E tali differenze possono essere banali, 87 ma anche terribilmente importanti, per quanto concerne le richieste che esse determinano nella vita di tutti i giorni. Paradossalmente, quindi, il concetto di uguaglianza pu essere subdolamente usato per trattare con la gente in modo molto disuguale: pesi uguali vengono imposti ad individui assai diversi tra loro, che hanno cio diversa capacit di sopportarli. I diritti cos acquisiti, per quanto possano essere uguali e congrui, perdono qualunque significato per coloro che non sono in grado di esercitarli a causa ai qualche inettitudine fisica o materiale. E la giustizia diviene quindi sostan%ialmente assai disuguale, proprio perch viene definita solo "ormalmente. Da una societ che si preoccupa solo delluguaglianza giuridica, cio che non prende in considerazione le condizioni fisiche o mentali delle persone, pu nascere facilmente una disuguaglian%a tra uguali. Invece, le societ tribali ugualitarie si rendevano conto dellesistenza di tali importanti disuguaglianze e cercavano di mettere a punto meccanismi di compensa%ione allo scopo di realizzare unuguaglianza sostanziale. Il principio del minimo irriducibile, ad esempio, creava una base in grado di superare le differenze economiche che, nella societ moderna, rendono enormemente disuguali persone formalmente uguali. Chiunque, indipendentemente dal sesso, dallo status, dalle capacit, aveva il diritto di accedere ai principali mezzi di sostentamento, anche chi non aveva voglia di contribuire alla comunit sul piano materiale. Tali mezzi non potevano essere rifiutati a nessuno dei membri della comunit. Ogni qual volta era possibile, agli infermi, ai deboli e ai vecchi veniva riservato un trattamento speciale, allo scopo di ugualizzare la loro posizione materiale e minimizzare il loro senso di dipendenza. Sembra che tale concezione risalga alle comunit neanderthaliane di cinquantamila anni fa. E' stato ritrovato, ad esempio, lo scheletro di un uomo maturo affetto da un grave handicap fisico risalente verosimilmente alla nascita, che non gli avrebbe permesso di sopravvivere se non avesse ricevuto una particolare attenzione da parte della comunit. Relativamente alla vita economica, il principio informatore della giustizia (disuguaglianza tra uguali) non si era ancora fatto sentire. Le popolazioni preletterate erano guidate da un altro principio, quello dell$ uguaglian%a tra disuguali, che costituisce il fondamento dell ideale di libert. Il tentativo di ugualizzare disuguaglianze inevitabili, di compensare ad ogni livello esistenziale, o quasi, le deficienze 88 frutto di circostanze che sfuggono alle possibilit di controllo (impedimenti fisici di qualunque tipo o la mancanza di certi diritti per limitazioni dovute a fattori ineluttabili) costituiscono il punto di partenza di una societ libera. Alludo qui non soltanto agli ovvi meccanismi compensativi messi in atto per far fronte a situazioni di malattia o impedimento individuale. Parlo anche di atteggiamenti, di un modo di vedere le cose tale da produrre un senso di affetto, di responsabilit, di seria preoccupazione per gli esseri umani ed anche per quelli non umani, nella convinzione che le sofferenze, i guai e le difficolt di questi e quelli possono essere alleviati o rimossi grazie al nostro intervento. Il concetto di uguaglianza tra disuguali trova verosimilmente il proprio fondamento emozionale in un atteggiamento di simpatia e di comunione, in una tradizione che d risalto alla solidariet, perfino in una sensibilit estetica che riconosce la bellezza della natura e la libert della vita selvaggia. Lidea essenzialmente libertaria che quanto passa per giustizia congrua ed uguale pu facilmente condannare un numero illimitato di persone ad una esistenza miserabile o peggio, la chiave di volta della libert concepita come etica. In effetti, realizzare liberamente le potenzialit di ognuno e soddisfarle pienamente presuppone che tali potenzialit siano realmente realizzabili, il che significa costruire letica della societ Sul principio delluguaglianza tra disuguali. Sottolineo la parola etica, qui. Il principio delluguaglianza tra disuguali secondo le quali vivevano le comunit preletteratie, era il frutto di un costume, una sorta di tradizione tramandata. A causa della chiusura di tali comunit, inoltre, il costume valeva solo per i membri della comunit stessa, non per gli estranei. Visti nel panorama generale della societ primitiva, i popoli preletterati erano vulnerabili alle invasioni da parte ai comunit tecnicamente pi avanzate, tanto quanto lo erano ad attacchi portati contro le loro abitudini. Non era difficile che costumi come luguaglianza tra disuguali si dissolvessero, per essere sostituiti da sistemi fondati sul privilegio, totalmente privi di ogni idea di giustizia. Una volta persasi la pratica consuetudinaria della libert, emerso in primo piano il bisogno di giustizia, surrogato magro ma necessario per imbrigliare il potere assoluto dei nobili e dei re. Obblighi morali, che pi tardi sarebbero diventati leggi, hanno cos cominciato a limitare larbitrio di questi. I profeti biblici, in particolare lanarchico Amos, non hanno solo scagliato tuoni e fulmini di retorica contro i privilegiati e i re dei Giudei. Hanno anche esteso i 89 confini delle consuetudini, fondate sulla tradizione, fino allambito della moralit. Quindi gli oppressi non hanno pi dovuto andare a cercare negli oscuri recessi della tradizione lautorit per fronteggiare lingiustizia. Hanno potuto stabilire codici morali, fondati sui sistemi di valori esistenti, con i quali sostenere gli scarsi diritti che reclamavano. Non per stato fatto alcun serio tentativo di formulare in termini razionali questi diritti, cio di trasformarli in unetica coerente per renderli accessibili alla ragione e alla discussione. La giustizia cos rimasta per molti secoli un fatto morale che assumeva la forma pi di comandamenti quasi religiosi e spesso dichiaratamente sovrannatura che di giudizi razionali. Lessere uguale e congrua alludeva alla precisione, non alla distinzione ragionata tra diritto e torto. In effetti, il diritto e il torto erano considerati come stabiliti dal cielo e venivano frequentemente trattati pi in termini di virt e peccato che di giusto e ingiusto. Dobbiamo aspettare i Greci e i Romani, con i loro filosofi oltre che i loro giuristi, per trovare dibattiti ragionati sulla giustizia, e qualche volta sulla libert, condotti nel linguaggio secolare del mondo reale. E' stato tra questi pensatori che la giustizia, concepita come un fatto razionale e secolare, ha cominciato ad assumere la forma di un problema etico. La gente ha cominciato a interrogarsi circa le differenze tra atti giusti e ingiusti, senza pi adottarle acriticamente come ingiunzioni divine o consuetudini sancite dal tempo. La libert, a sua volta, ha cominciato ad emergere non solo come esigenza, ma anche come un complesso articolato di idee, affinato dalla ^critica e da precisi progetti di ricostruzione sociale. E' iniziata cos una nuova era dellevoluzione, che diventata non solo naturale e sociale ma anche etica ed emancipatoria. Gli ideali di libert hanno cominciato ad essere parte dellevoluzione della societ giusta, quella che noi oggi chiamiamo societ ecologica. Libert e mito Ho operato una distinzione piuttosto netta tra consuetudine, moralit ed etica perch gli ideali di libert nel corso della storia hanno preso forme assai diverse, partendo da un approccio tradizionale per volgersi poi ad uno prescrittivo e infine razionale. Tali distinzioni non hanno semplicemente un interesse storico. 90 Oggi, la giustizia ben pi intrecciata alla libert che nel passato, cosicch accade che banali riforme vengano impensabilmente confuse con trasformazioni sociali radicali. Tentativi di realizzare una societ giusta attraverso poco pi che qualche modesta correzione di una societ sostanzialmente irrazionale come lattuale, si mescolano con tentativi di realizzare una societ libera, che richiede invece una ricostruzione radicale. La societ doggi, in effetti, non viene ricostruita, viene semplicemente modi"icata pi con interventi di natura cosmetica che con trasformazioni fondamentali. Le riforme in nome della giustizia vengono fatte pi per gestire una crisi profonda e in crescita, che per, risolverla. Non meno preoccupante il fatto che la ragione, con le sue esigenze di critica rigorosa, di analisi, di coerenza intellettuale, viene sovvertita da un moralismo da quattro soldi, spesso di natura religiosa, mentre miti misticheggianti invadono anche le interpretazioni morali della libert, evocando immagini di liberazione primitivistiche e potenzialmente reazionarie. Questi ritorni al passato atavico, di norma, sono indirizzati in senso egoistico pi che sociale. La terapia personale va sostituendo la politica sotto legida dellauto-liberazione, i fabbricanti di miti si accompagnano a quelli di religioni per produrre una giungla lussureggiante di misticismo esotico. E tutto ci viene contrapposto alla ragione in nome dell Unicit cosmica, una notte in cui tutte le vacche sono nere, per usare lespressione di Hegel. Il carattere regressivo di questa evoluzione deve essere attentamente preso in considerazione. Le prime idee di libert erano confinate nellimmaginario mitico. Quindi non potevano essere realizzate, principalmente perch si esprimevano attraverso oniriche fantasticherie di un ritorno ad unepoca ormai inaccessibile, a causa dellabisso che separa anche lumanit primitiva da un presunto stato di primigenia animalit. Solo nel mito, come in quello omerico dellisola dei Lotofagi, era possibile immaginare una condizione in cui la natura predominasse totalmente e lanimalit pervadesse la comunit umana al punto da dissolvere perfino la memoria. La serenit dei Lotofagi, che non hanno volont n senso della propria identit, li spoglia di ogni percezione del tempo, passato e futuro, ponendoli in quella che si presenta come uneternit naturale. I marinai di Ulisse, che hanno lordine di perlustrare lisola, vengono ricevuti con gentilezza e invitati a cibarsi del frutto mielato del loto, che 91 toglie loro ogni desiderio di ritornare alla propria nave. Essi non solo diventano contenti di stare, ma dimenticano la loro casa e se stessi in quanto individui. Come accade nella nostra epoca terapeutica e mistica, essi non hanno alcun senso di s da realizzare perch non hanno un s cui far riferimento. Questa fantasia mitica della preistoria, questo sogno di una perduta armonia con la natura che pi vegetativa che animale, un affronto agli esseri umani nel loro complesso, ad esseri che possiedono lintelligenza oltre alle funzioni fisiologiche. Che la mente e il corpo siano stati erroneamente contrapposti luna allaltro dalla religione e da certa filosofia, non toglie il fatto che siano comunque due cose diverse sotto numerosi aspetti. Nessuna di queste osservazioni vuole negare che lumanit, nel passato, sia effettivamente vissuta in vari gradi di armonia con la natura. Ma tal armonia non mai stata cos statica, immutabile nel tempo, priva di ogni forma di evoluzione, come quella descritta nel mondo dei Lotofagi e nelle sue diverse rappresentazioni mitiche. Qui, lo spiccato carattere di arbitrariet del mito, la sua indisponibilit allintervento critico della ragione, si arrende alla pi completa menzogna. Da un punto di vista primitivistico, la libert assume la connotazione mistificatrice di assenza di desiderio, di attivit, di volont, una condizione tanto priva di scopo che lumanit cessa di riflettere razionalmente su se stessa e quindi diviene incapace di prevenire leventuale emergere di minoranze dirigenti in grado di dominarla completamente. In questo mondo mitico e mistificato non c alcuna necessit di guardarsi dalla gerarchia o di resisterle. La natura, per quanto primigenia e selvaggia, non cos immota nel tempo, cos priva di dinamismo, cos eterna, come potrebbe apparire dal belvedere di una residenza estiva per gente bene. Tale immagine tipicamente cittadina della natura tradisce la sua fecondit, la sua ricchezza di cambiamento e di evoluzione. La natura incessantemente attiva, mentre i Lotofagi non lo sono. Come vedremo, lideologia dominante favorisce tale visione statica e inconsapevole del paradiso proprio per rendere remota la libert e il desiderio di essa impossibile da realizzare. Senza dubbio lisola dei Lotofagi un mito regressivo, che sogna un ritorno allinfanzia e alla passivit, allo stato in cui il neonato non fa che rispondere alle carezze, al seno materno pronto a nutrirlo e si lascia cullare in una tranquilla ricettivit da una madre amorosa. Il fatto che lespressione pi antica per indicare la libert 92 sia la parola sumerica amargi, che significa anche ritorno alla madre, ha un interpretazione ambigua. Pu avere unaccezione regressiva, ma pu anche alludere alla convinzione che in passato la natura fosse benigna e che la libert possa esistere solo nellambito di una societ matricentrica. Che la libert dovesse essere conquistata attraverso l'attivit, la volont e la coscienza, dopo levoluzione della societ oltre le semplici consuetudini, e che fosse necessaria la speranza di poter raggiungere un rapport nuovo, razionale ed ecologico tra lumanit e la natura, era un fatto ancora da scoprire. In effetti, una volta spezzati i legami tra lumanit e la natura, questo stato il duro compito della storia. Ritornare al mito, oggi, significa porre le basi di un quietismo pericoloso che abbandona le conquiste della storia per immergersi nel mondo atavico, spesso solo immaginario, della preistoria. Un simile ritorno ci spinge a dimenticare la storia e la ricca esperienza che essa pu offrirci. La personalit umana si dissolve nellambito di uno stato puramente negativo che precede lo sviluppo evolutivo naturale verso livelli superiori di sensibilit e coscienza di s. Avviene cos che la natura prima venga denigrata, degradata, che la sua ricca dinamica sia negata a favore di unimmagine fissa e statica del mondo naturale, dove levoluzione multicolore della vita ridipinta di tinte tenui e sbiadite, senza forma, senza attivit, senza movimento e direzione propria. Queste immagini vegetative dellet delloro, che vengono ripescate oggi dalle correnti mistiche del movimento ecologista americano, inglese e centro-europeo, non sono generazione diretta delle classi oppresse della storia. Vero che, quando la vita tribale ha lasciato il passo alla civilt in Medio Oriente, Egitto ed Asia, i sogni utopici delle classi inferiori si sono impregnati di un senso di perdita e della nostalgia di un ritorno al giardino dellEden. La gente parlava con desiderio dell'et in cui il leone e lagnello vivevano fianco a fianco e la natura forniva ad unumanit armoniosa tutto il necessario per vivere. La condizione umana era concepita in termini di unet delloro successivamente seguito da unet dellargento meno paradisiaca, per poi concludersi quella del ferro, che aveva aperto la porta a conflitti, guerre e ingiustizie, il tutto destinato a ripetersi per leternit come le stagioni dellanno. La storia non era vista in senso evolutivo, ma semplicemente come la continua ripetizione ciclica di degenerazione e rinascita. 93 Non si creda, comunque, che tale immaginario fosse proprio esclusivamente degli oppressi. La fede in una relazione puramente passiva con la natura e gli esseri viventi non umani era pi funzionale, storicamente, agli interessi delle classi al potere che a quelli delle classi subalterne, anche se veniva frequentemente evocata nei sogni ad occhi aperti degli oppressi. Prima di tutto, tali immagini non erano altro che sogni, appunto, miti funzionanti come valvole di sicurezza per le insoddisfazioni reali e concrete degli inferiori, atte a deviare lattiva volont di cambiamento verso rituali catartici e desideri innocui. Organizzati da preti e sacerdotesse, venivano sfruttati come rappresentazioni sceniche attentamente coreografate al ritmo dei tamburi e al suono dei flauti, incanalando in una liturgia programmata la rabbia che altrimenti avrebbe potuto sfociare nellazione, generando radicali trasformazioni sociali. Nessuna societ mai ritornata al suo passato doro. Al contrario, limmagine di ciclo inevitabile, con la sua speciosa promessa di un eterno ritorno, rafforzava la manipolazione pretesca dei fedeli sottomessi. Estrema ironia, limmagine di una perduta et delloro veniva usata per giustificare la tirannia di quella del ferro. Preti, monarchi e nobili concordavano nello spiegare la perdita dellet delloro come la pena imposta allumanit per un qualche peccato originale. Per colpa di va, che aveva indotto Adamo a cibarsi del frutto dellalbero della conoscenza, oppure di Pandora, che aveva aperto il vaso contenente i mali del mondo, il paradiso era stato perduto, si diceva, perch l'uomo aveva violato il proprio patto con lentit soprannaturale. In somma, il male aveva colpito lumanit per sua stessa colpa, non per lemergere della gerarchia, della propriet, dello Stato, delle elite dirigenti. Quindi era necessario un governo, nelle sue varie forme, allo scopo di disciplinare unumanit riottosa e priva di quel senso dellobbedienza indispensabile per mantenere in ordine il mondo. Ecco che i miti retrospettivi dellet delloro risultano significativamente presenti non solo tra gli oppressi, ma anche nella letteratura dei loro oppressori. Tali miti sono stati capziosamente usati per giustificare la dominazione sulle donne, nella storia di Pandora, e il dominio sugli uomini, nellOdissea, un poema profondamente aristocratico in cui lisola che Ulisse incontra subito dopo quella dei Lotofagi retta dal bieco patriarcato dei Ciclopi. Tutto ci dimostra sorprendentemente come queste rappresentazioni non facciano distinzione di sesso 94 quando si tratta di giustificare la sottomissione. Non meno delle donne, anche gli uomini cadono vittime dei vari esseri demoniaci che governano le isole toccate da Ulisse nel suo viaggio, ciascuna delle quali sembra essere la rappresentazione di unera mitica. I pur goffi tentativi del razionalismo greco di individuare un senso nella storia, intendendola come progresso pi che come ritorno al passato, sono decisamente pi avanzati delle immagini basate sulle false concezioni di una natura ciclica e fondamentalmente statica. La storia del popolo greco scritta da Tucidide, nella parte introduttiva dellopera La guerra del Peloponneso, impeccabilmente secolare e naturalistica. Non vi sono miti a intralciare la sua cronaca rigorosa basata sui fatti, mentre descrive linsediamento della comunit greca e la nascita della polis. Secoli dopo, Diodoro Siculo ha un approccio nettamente realistico nella sua storia dellevoluzione umana dalla preistoria alla storia, una rappresentazione drammatica di mutamenti che rompe ogni legame con miti, cicli, provincialismo. Lattenzione di Diodoro non attirata soltanto dai Greci, ma dalla razza di tutti gli esseri umani e la loro storia nelle porzioni conosciute della terra abitata. Il cristianesimo, nonostante la sua ambivalenza ed il rifiuto del secolarismo dei cronisti greci, ha portato un senso della storia e del futuro, offrendo redenzione alle masse prigioniere nei cicli delleterno ritorno. Che padri cristiani come Agostino abbiano parlato della perdita dellinnocenza nel Giardino dellden non strano in una religione che non ha fatto che adattarsi allautorit e allo Stato romano. Ma alle origini, quando il cristianesimo era un movimento popolare giudaico, anche sovversivo, il problema veniva affrontato in modi assai diversi, che lasciavano spazio tanto ad interpretazioni conservatrici che rivoluzionarie. La religione giudaica, in virt della sua visione trascendente e dualistica di un dio creatore chiaramente separato dalla sua creazione, ha rimosso la divinit dalla vita sociale, oltre che dalla natura. Questo ha permesso, come hanno osservato H. e H.A. Frankfort, di affrontare i problemi sociali da un punto di vista in larga misura secolare. Essi non erano pi intrecciati al mito e alle pretese soprannaturali dellautorit. Negli imperi antichi, la tirannia era ammantata dautorit divina e giustificata dalla pretesa dei monarchi di ricevere il potere dal cielo. L'esistenza di un cosmo sacro implicava lesistenza di una societ sacra, cosicch loppressione sociale veniva ad assumere le caratteristiche mistiche della natura. Tale concezione, come ha sottolineato Janet Biehl, rivive nei 95 moderni tentativi di considerare il mondo naturale come sacro e di restaurare la superiorit del culto divino, propri ad un eco- femminismo mitico e non sociale. Questa tradizione stata ereditata dalla Chiesa, che per si impegnata a modificarla. Ernst Bloch ha osservato: ...per la prima volta nella storia appare unutopia politica [il corsivo mio - M.B]. In effetti, essa produce storia; la storia diviene la storia della sal!e%%a in dire%ione del 5egno, un unico processo ininterrotto che va da Adamo fino a Cristo.... Lutopia, in effetti, veniva ad assumere un carattere terreno d assai pi che in passato aveva il potere di determinare il futuro. Nonostante la sua configurazione religiosa, la salvezza poteva essere raggiunta in terra con il ritorno di Cristo e la sconfitta del male a vantaggio della virt. Non si pu negare che le scritture ebraiche contenessero un attivismo e un interesse per gli oppressi pratica- mente sconosciuti alle altre religioni del Medio Oriente. Come hanno rilevato i Frankfort (The mancipation o" Thought "rom -1th(, i testi egiziani che descrivevano i rivolgimenti sociali seguiti al collasso del Regno Antico dei costruttori di piramidi, vedevano con orrore... il turbamento dellordine stabilito. Il potere acquisito dagli oppressi sintomo di ...dolore e disagio..., nelle parole del cronista, il quale lamenta che ... l'infimo diventato supremo e ... il povero diventa ricco. Al contrario, le scritture ebraiche trattano con esultanza le rivolte sociali degli oppressi. La nascita del profeta Samuele, ad esempio, celebrata con le seguenti parole: Spezzati sono gli archi dei potenti... Quelli che erano gonfi si sono venduti per un tozzo di pane. E quelli che avevano fame non lhanno pi. I poveri vengono sollevati dalla polvere, il mendicante tolto dallo strame, ed essi sono posti tra i principi, ed erediteranno il trono della gloria.... Non solo vengono spazzati via gli effetti oscurantisti del mito, come postumi letargici di un potente sedativo, ma la fissit e il conservatorismo di esso sono rimpiazzati da un senso di dinamismo che produce ideali sempre pi avanzati di libert. I Gioachimiti, una delle tendenze pi sovversive della Cristianit medievale, hanno rotto con la fumosa e calcolata imprecisione temporale delle scritture ufficiali e hanno provocatoriamente diviso la storia in epoche precise della liberazione umana. Anche pi importanti dei grandi movimenti popolari chiliastici, come gli ascetici (e mezzi folli) Flagellanti e i Pastorelli (Pastoureau6) che 96 nel loro girovagare attaccavano ciecamente il clero e gli ebrei, i monaci come Gioacchino da Fiore hanno posto le basi di tendenze libertarie ben pi durature. Era questi un abate cistercense di Corazzo, un villaggio calabrese, che nel dodicesimo secolo sottopone a revisione il concetto di trinit trasformandolo da mistico riferimento alla natura una e trina della divinit in una cronologia sovversiva. Secondo lui il Vecchio Testamento rappresentava lera del Padre, il Nuovo quella del Figlio e lo Spirito Santo era un Terzo Regno ancora da venire, nel quale non ci sarebbero stati padroni e la gente sarebbe vissuta in armonia, senza alcun riguardo per il credo religioso di ognuno, mentre la natura provvida avrebbe fornito a tutti di che sostentarsi. Nel periodo che va dal quattordicesimo secolo in Inghilterra al sedicesimo secolo in Germania (e anche durante le guerre ussite in Boemia che avevano prodotto burrascosi movimenti comunistici come quello dei Taboriti) contadini e artigiani hanno coraggiosamente dato vita a croniche insurrezioni per la conservazione dei propri diritti comunali, locali e di associazione. Possono apparire movimenti conservatori alla luce della modernit e dei suoi valori urbani, tecnologici e individualistici, eppure questa marea secolare di conflitti mai sopiti ha dato alla libert unacce%ione morale che nella nostra era di socialismo scientifico e fredde analisi economicistiche andata perduta. Nei secoli culminati con la Riforma Protestante, la religione diventata via via pi terrena e meno soprannaturale di quanto fosse stata in passato, nonostante la sua costante influenza sui movimenti contadini e artigiani. Al tempo della Rivoluzione Inglese del 1640, il movimento democratico dei Le!ellers aveva un approccio prevalentemente secolare, e si faceva beffe del pietismo opportunistico di Cromwell. Non il cristianesimo, ma una sorta di panteismo naturalistico (ammesso che si possa parlare comunque di teismo) aveva influenzato il pensiero di rivoluzionari comunistici come Gerard Winstanley, che era a capo del piccolo movimento dei 4iggers durante la guerra civile del 1650. Il termine libert, piuttosto esotico se paragonato allinvocazione di giustizia, aveva acquistato un contenuto marcatamente realistico. Uomini e donne hanno cominciato a combattere non solo per la libert di religione, ma anche per la libert dalla religione. Hanno cominciato a combattere non solo contro forme specifiche di dominazione, ma anche contro il dominio in quanto tale, per il libero accesso ai mezzi di 97 sostentamento in una societ comunitaria. Lattivismo ha cominciato a sostituire linerzia vegetativa volta al passato. La morale ha cominciato a prevalere sulla consuetudine; il naturalismo ha preso a tagliar fuori il sovrannaturalismo; lopposizione alla gerarchia ecclesiastica ha cominciato a produrre opposizione alle gerarchie civili. Un gradevole senso di sviluppo ha cominciato a sostituire la fissit dei fabbricanti di miti, i rituali ripetitivi e la morsa atavistica in cui un passato oscuro e superstizioso stringeva presente e futuro. Libert e ragione Se c un fatto fondamentale che segna lespansione degli ideali di libert, rappresentato dallinfluenza che su di essi ha avuto la ragione. Contrariamente a quanto sostengono filosofie, religioni e moralismi, il razionalismo non mai stato abbandonato nei secoli del mondo antico e del Medio Evo. A dispetto dellepidemia del Culto di Iside e di altre religioni ascetiche provenienti dallOriente, durante il tardo impero romano lo sforzo ellenico di dare uninterpretazione razionale del mondo non solo si era mantenuto ma aveva lentamente dato origine ad una serie di nuove interpretazioni di cosa dovesse intendersi per ragione. In realt, viviamo in uno stato di ignoranza paralizzante per quanto riguarda i diversi tipi di logica e di razionalit elaborati dai vari pensatori fino ai nostri giorni. Lidea che esista un unico tipo di razionalit, cio Fa logica prettamente statica, cosiddetta lineare, formale, essenzialmente sllogitica, definita da Aristotele nel suo 2rganum, completamente falsa. In realt, Aristotele stesso ha usato un tipo di razionalit evolutiva ed organica negli altri suoi scritti. Tale razionalit organica era modellata sulla biologia e si contrapponeva alla razionalit formale modellata sulla matematica ed in particolare sulla geometria. La razionalit organica, o per meglio dire dialettica, poneva laccento sullo sviluppo pi che sulla fissit; sulla potenzialit pi che su di una successione inferenziale di proposizioni; sulla edu%ione fluida di fenomeni che vanno differenziandosi da una serie di presupposti generali, generando qualcosa di compiuto e di altamente sviluppato, pi che sulla deduzione schematica di conclusioni fisse da premesse rigidamente definite. In breve, una dialettica riccamente speculativa, organica, coesisteva con la logica tradizionale, fondata sul senso comune, che usiamo per 98 problemi concreti della vita di tutti i giorni. La teologia stessa era un tentativo di comprensione razionale delle vie perseguite dalla divinit-creatrice nella interazione di questa con ci che aveva creato, in particolare con lumanit. NellEt della Fede, che poi non era altro che il mondo medievale, venivano usati entrambi i sistemi di pensiero, allo scopo di spiegare ben pi che la fede, cui il misticismo, nella sua nostalgia per linnocenza perduta, si volto assai pi rapidamente della cultura scolastica clericale. Francesco dAssisi sentiva realmente e profondamente la sofferenza dei poveri e, pi problematicamente, vedeva nelle forme di vita non umana un tributo alla gloria della divinitcreatrice. Ma lordine francescano stato facilmente cooptato dal Papato e trasformato, allepoca dellinquisizione in persecutore da perseguitato che era, coinvolgendolo perfino nella persecuzione degli stessi spirituali gioachimiti. Linnocenza, lintuizione e i desideri atavistici non sono barriere molto resistenti contro laggressione da parte di manipolazioni sofisticate. Pi di frequente, erano pensatori acuti del tipo di Galileo che venivano messi a tacere con gli arresti domiciliari, o razionalisti speculativi come Bruno, bruciato dallinquisizione, e non mistici come Francesco e Meister Eckhart. La mia idea, comunque, che la ragione non tagliata da un unico pezzo di stoffa. Nella sua forma dialettica, la ragione ha dato al pensiero un senso della storia, dellevoluzione, del processo, e non strumenti di analisi lineari, proposizionali, sillogistici. Allo stesso modo, i primi tentativi di approccio organico e non meccanicistico al mondo hanno cominciato a rivivere con le indagini in campo biologico e fisico. Il concetto di evoluzione era gi nellaria nel quindicesi secolo, stando agli scritti di Leonardo da Vinci sui fossili marini trovati nelle montagne dellinterno. Leonardo ha anche osservato che, in un mondo in continuo cambiamento, il fiume Po avrebbe portato probabilmente terra asciutta allAdriatico, cos come ha gi fatto in gran parte della Lombardia. Nel diciottesimo secolo, levoluzione era un fatto accettato tra i filosofi francesi, grazie allopera di Maupertuis, Diderot e Buffon. La riscoperta del corpo, le necessit dei sensi, il diritto al piacere fisico e non semplicemente ad una felicit addormentata, hanno cominciato a mettere in. discussione lascetismo (e non solo quello) della Cristianit ufficiale, ma anche degli spiritualisti rivoluzionari. La convinzione, cos frequente tra i ceti poveri che i 99 privilegiati avrebbero dovuto ricevere ancnessi la propria parte di dolori e rinunzie secondo il presunto volere di dio, era sempre meno accettata anche presso la gente comune. I piaceri corporei e la piena soddisfazione dei bisogni materiali venivano sempre pi spesso visti come un dono del cielo durante il Rinascimento. Utopie sensuali come quella del Paese di Cuccagna, dove il lavoro era sconosciuto e pernici arrosto cadevano dal cielo, cominciavano a circolare tra le masse, spesso in aperto contrasto con le rinunce della vita monastica predicate dai mistici. A differenza dei sovversivi millenaristici e anche degli spirituali gioachimiti, le masse non rimandavano tali utopie ad un futuro lontano, oppure al paradiso. Erano considerate come esistenti, localizzate geograficamente in Occidente, fuori dai territori allora conosciuti, ed erano quindi siti reali, da scoprire per mezzo dellesplorazione atti!a, non semplici giochi della fantasia. In effetti, gli ostacoli maggiori a queste tendenze naturalistiche non erano posti dal razionalismo della Scolastica cristiana, quanto piuttosto da mistici medievali come Savonarola, il monaco che voleva essere la voce degli oppressi e che aveva fatto bruciare le opere darte fiorentine predicando un vangelo di aspre rinunce. Paragonati allampio ventaglio di concezioni liberatorie apparse con lapprossimarsi dellEt della Ragione, i movimenti popolari come i Pastoreau6 o i Flagellanti o gli stessi Gioachimiti, appaiono incerti o insensati. Facendo emergere le tendenze pi secolari del razionalismo greco, che si era inquinato di teologia cristiana e islamica, il Rinascimento ha dato voce a idee riccamente speculative e critiche. Di queste, importante notare la straordinaria omogeneit, quale che fosse la forma sotto cui erano presentate, dissertazioni, dialoghi, o utopie fantastiche. Sono concezioni non solo razionali (anche in senso dialettico) ma sensuali: portano il messaggio di una nuova societ in cui tutto ci che umano fondamentalmente buono e merita di poterai esprimere pienamente. Dal punto di vista sociale, sono idee ecologiche, in quanto partecipatorie: tutti gli aspetti dllesperienza svolgono un ruolo complementare nel determinare un risultato completo e riccamente differenziato. In queste nuove ecocomunit, il corpo ha diritto di cittadinanza pari alla mente; lorganico pari allinorganico; la passione pari alla ragione; la natura pari alla societ; le donne pari agli uomini. Per, quanto tali idee possano a volte apparirci come superate dal punto di vista della nostra 100 concezione di modernit, bisogna riconoscere che in esse non vera parte del panorama, tanto umano che naturale, che sfuggisse allindagine critica ed ai tentativi di miglioramento. Esse affrontavano non solo i problemi dellorcanizzazione sociale, della cultura, della moralit, della tecnologia e delle istituzioni politiche, ma anche quelli delle relazioni allinterno della famiglia, dellistruzione, della condizione femminile, oltre a tutti gli aspetti banali della vita quotidiana. Nel Rinascimento, e poi nell'illuminismo, tutto viene esaminato secondo la ragione e giudicato come positivo o negativo alla luce di un emergente secolarismo e naturalismo. Ovviamente non possiamo pretendere che i pensatori di allora andassero totalmente al di l del proprio tempo. Al contrario, la grande portata delle loro idee, stante lepoca in cui sono state espresse, merita la nostra generosit di giudizio. Una delle grandi verit del sapere dialettico che tutte le grandi idee, per quanto possano essere apparse limitate al proprio tempo e inadeguate al nostro, perdono la propria relativit se vengono viste come parte di un tutto in via di differenziazione, allo stesso modo che un blocco di marmo cessa di essere un pezzo di pura e semplice materia minerale quando viene scolpito in una meravigliosa opera darte. Visto come parte di un ambito pi grande, non pu pi essere considerato un semplice minerale, cos come anche gli atomi che compongono un organismo vivente non possono essere considerati mere particelle. Con la vita nasce il metabolismo, che non esiste a livello inorgnico, n pu essere imputato allattivit atomica o alle propriet elettromagnetiche. Cos giusto che i pensatori della tradizione liberatoria, o rivoluzionaria se preferite, vengano apprezzati per quello che hanno apportato tanto al proprio tempo quanto al nostro, se si vuole cogliere il carattere di continuit della loro opera. E' possibile distinguere diverse grandi tendenze nellevoluzione degli ideali di libert: la prima di esse linteresse per il secolo, cio per il mondo reale, non quello che sta in cielo o fuori delle rotte conosciute. Questo non significa che i pensatori rivoluzionari egli utopisti del Rinascimento, dellilluminismo o della prima parte dellultimo secolo, si adeguassero realisticamente al mondo in cui vivevano. Al contrario, facevano il possibile per guardare al di l di esso, cercando di poggiare i propri ideali su quanto di meglio lepoca in cui vivevano era in grado di esprimere. Il che ci conduce alla seconda delle tendenze prima ricordate: il 101 riconoscimento della necessit di una societ strutturata in modo da impedire convulsioni come quelle provocate dalla nobilt riottosa, in Inghilterra e nel continente europeo. In particolare durante il Rinascimento, laristocrazia aveva trascinato la societ in una condizione di guerra cronica. Tra le rovine lasciate dalla Guerra delle Rose in Inghilterra e dalle guerre di religione in Europa centrale, utopisti e pensatori rivoluzionari non potevano concepire una societ umana che non fosse totalmente stabile e quasi meccanica, quanto a simmetria cooperativa delle sue parti in movimento. Ben prima che Cartesio avesse fatto del meccanicismo una concezione filosofica del mondo, le convulsioni sociali ne avevano fatto uno dei desiderata dei filosofi progressisti. Il fatto che molti pensatori utopistici abbiano preso a modello i ben ordinati monasteri, gi un fatto rivoluzionario in s: sarebbe stato pi facile optare per gli Stati nazionali che gi stavano sorgendo, come si verificato poi nel movimento socialista, nel diciannovesimo secolo. Essendo a quel tempo avvertita lesigenza di una pianificazione economica, in parte per frenare il disordinato comportamento della nobilt, in parte per tenere sotto controllo le ruberie perpetrate dallemergente borghesia commerciale a spese dei contadini e dei ceti urbani meno abbienti, le regole tradizionali e socialmente responsabili adottate nella gestione dei conventi per la regolamentazione della vita quotidiana apparivano pi etiche e umane delle altre alternative allora possibili. Solo pi tardi, nel diciannovesimo secolo, una societ ordinata ed una economia pianificata sarebbero state identificate con lo Stato nazionale, in nome di un socialismo scientifico e del tentativo di realizzare uneconomia nazionalizzata. Una terza tendenza che ha contribuito allespansione degli ideali di libert durante il Rinascimento e lilluminismo, stata lalta considerazione in cui era tenuto il lavoro. Tommaso Moro, Tommaso Campanella, Valentin Andreae, Francesco Bacone, non sono stati gli unici ad onorare il ruolo dellartigiano e del coltivatore: Diderot ha portato le loro abilit e il loro contributo alla societ sulle pagine dellEnciclopedia francese, dove queste arti vengono gratificate di unattenzione senza precedenti ed esplorate nei minimi dettagli. Kropotkin, ne )) mutuo appoggio, cita unordinanza medievale che recita: Ognuno deve amare il proprio lavoro, e nessuno che stia ozioso potr appropriarsi di ci che altri ha prodotto con applicazione di opera, poich la legge deve proteggere 102 lapplicazione e lopera. Tale costellazione di tradizioni ed idee non ha precedenti nel mondo antico. Profondi valori umani permeavano leconomia mista dei secoli immediatamente precedenti lascesa del capitalismo industriale in Inghilterra, uneconomia in cui coesistevano coltivatori diretti e braccianti, artigiani e proletari.. In questepoca poco conosciuta, spesso mal interpretata, vennero persino fissati limiti al lavoro manuale. Come osserva Maria Luisa Berneri nella sua opera 7iaggio attra!erso 8topia, ... lidea utopica di una breve giornata lavorativa che a noi, abituati a pensare al passato nei termini del diciannovesimo secolo, appare come unidea molto rivoluzionaria, non risulta essere una grande innovazione se viene messa a confronto con unordinanza di Ferdinando I sulle imperiali miniere di carbone, che stabiliva in otto ore la giornata lavorativa dei minatori. E secondo Thorold Rogers, nellInghilterra del quindicesimo secolo, gli uomini lavoravano quarantotto ore la settimana. Infine, tra le varie tendenze di questa societ mista, in particolare durante il Rinascimento, c lalta considerazione in cui era tenuta la comunit. Era questa unepoca costretta ad assistere alla disintegrazione di villaggi e citt ad opera di un mercato capillare e continuamente in crescita. La nuova borghesia doveva essere tenuta sotto controllo. Essa non solo minacciava i fragili legami che tenevano le persone unite attraverso un medesimo interesse comunitario, ma colpiva anche le associazioni, le societ religiose che si prendevano cura dei poveri e degli ammalati, i legami familiari, i valori di solidariet umana. Man mano che tutto, dalla terra coltivata in comune alle responsabilit di parentela, finiva sotto le sue grinfie, i teorici progressisti e gli alfieri dellutopia rafforzavano le proprie concezioni contro il comportamento asociale dei nuovi borghesi e dellaristocrazia commerciale. Non dobbiamo dunque essere troppo critici, se un pensatore come Tommaso Moro ha ritenuto necessario, nella sua Utopia, mantenere solidi legami familiari e restare fedele allortodossia cattolica di fronte a Enrico VIII, la cui riforma non faceva altro che sostituire la tiara del vescovo di Roma con la corona di un re inglese. Come molti dei suoi rinascimentali contemporanei, Moro era orientato verso lecumenismo umanistico che vedeva espresso nel principio del papato, piuttosto che verso il nazionalismo 103 incarnato da un monarca egoista. Le riserve avanzate da Moro a proposito della sottomissione ad un sovrano nella sua societ ideale, sono espresse per bocca di Hythloday, il narratore di Utopia che rappresenta lautore: ... la maggioranza dei principi si dedica alle cose guerresche piuttosto che alle arti della pace, e di quelle io non ho n esperienza n desiderio di apprenderle; servono in genere per acquisire nuovi regni, giusto o sbagliato che sia, pi che per governare quelli che gi possiedono.... Anche maggiore la portata dellideale societario di Valentin Andreae nella sua Christianopoli, una austera comunit che impone regole severe al comportamento, ma con un atteggiamento di profonda umanit verso i bisogni e le sofferenze degli individui. Christianopoli senzaltro una polis, cio una citt a misura duomo con confini ben definiti, non uno Stato nazionale. Ma anche altamente standardizzata nei suoi edifici e nella quasi matematica suddivisione delle funzioni e delle zone, oltre che nellequilibrio tra industria e agricoltura. Nessuna di queste utopie (altro carattere monastico) basata sulla propriet privata e i mezzi di sostentamento vengono distribuiti secondo i bisogni di ognuno. Che siano descritte com isole, come nel caso di Utopia, o come comunit, come Christianopoli, in realt sono citt, e per quanto le loro popolazioni vivano bene hanno tutte connotazioni ascetiche. Questi elementi significativamente pre-nazionali e pre- capitalistici non devono essere trascurati: lideale monastico di servizio, lavoro, comunione dei beni e inquadramento, nellinteresse di ci che appare come il bene della comunit, permeava il pensiero progressista di quellepoca, soprattutto tra i pensatori utopistici. Ci visibile anche nella Citt del Sole di Campanella, dove le donne godono di una considerazione particolarmente alta, sulla scorta di una concezione eugenetica di tipo platoniano e di un particolare interesse per le scienze naturali. Il mondo che presentano, ordinato, amante del lavoro, letterato, riunisce insieme la tradizione medievale e linnovazione moderna. I teorici e gli utopisti sociali del Rinascimento erano affascinati dalle possibilit di progresso umano offerte dalla scienza, come risulta dalla descrizione della Nuova Atlantide di Bacone, e attribuivano una grandissima importanza al ruolo dellistruzione nella ricostruzione della societ. Questi temi (lilluminazione attraverso lapprendimento, lapplicazione della ragione e dellordine alle cose umane, il fascino 104 esercitato dalla scienza, lalta considerazione del lavoro) sarebbero stati ripresi e ampliati daHIlluminismo del diciottesimo secolo. Ma a quel tempo lo Stato nazionale si era ormai definitivamente consolidato e la citt aveva cessato di rappresentare lunit fondamentale dellinnovazione rivouzionaria. Con Montesquieu, che ha dato il tono allintero secolo, le istituzioni politiche hanno cominciato a 'soppiantare linteresse per la propriet, le relazioni familiari e i temi culturali. E' interessante notare che i programmi comunistici elaborati dagli abati Mably e Morelly sono del tutto marginali al lavoro dei filosofi; a tuttoggi non conosciamo nemmeno il nome di battesimo di Morelly, e linfluenza che egli ha esercitato stata assai scarsa; bisogna arrivare al periodo conclusivo della rivoluzione francese perch il suo +odice della 9atura venga letto da Gracco Babeuf, lo sfortunato leader della Congiura degli Uguali. LIlluminismo stato pi particolaristico del Rinascimento. Intere discipline sono state create da singoli individui con uno svolazzo di penna, e lorientamento era pi verso i diritti individuali che la conservazione della comunit. Il coinvolgimento con lautorit ecclesiastica, che Voltaire chiamava linfamia, nonch la presenza di un corpo politico strutturato gerarchicamente, hanno trasformato la vita monastica in un anacronismo, nel migliore dei casi, e in una bestemmia nel peggiore. Pi psicologi che razionalisti, i pensatori illuministici erano spesso preoccupati dalla natura umana, non solo dalla ragione umana. Sia Diderot che Rousseau, forse i personaggi pi importanti dellepoca, erano uomini di cuore, oltre che brillanti intelletti, e la spontaneit delle passioni svolgeva nella loro opera un ruolo altrettanto fondamentale che la ragione. Le utopie libertarie Dallevoluzione subita dalle idee di rinnovamento sociale, tra il sedicesimo e il diciottesimo secolo, diversi temi sono emersi e venuti in reciproca contrapposizione. Era possibile, in unepoca di profondo disagio economico, che il benessere materiale delle persone venisse ottenuto solo a patto di sottomettere lindividuo ad una societ ben ordinata, basata sulla disciplina di tipo monastico e, pi tardi, sullautorit statale? Era indispensabile che luguaglianza a livello materiale venisse realizzata subordinando la libert a piani economici coattivi? Davvero unesistenza gioiosa e sensuale era in contrasto con la necessit che tutti lavorassero, 105 necessit di cui si era nutrito lascetismo che affliggeva tante utopie e ideali progressisti di societ? Era possibile labbondanza per tutti in unepoca che ancora non era riuscita a garantire la soddisfazione dei pi elementari bisogni della sopravvivenza? E in che misura gli uomini (per non parlare delle donne) potevano creare una vitale cultura politica partecipatoria dedicando otto ore di lavoro, o meno, ai compiti indispensabili per ii soddisfacimento delle loro necessit materiali fondamentali? Alla base di tutti gli ammonimenti morali promossi dagli ideali di quel tempo straordinario, stavano evidentemente domande di questo tipo. E semplicemente impossibile comprendere le possibilit e le limitazioni di quelle concezioni senza prendere in considerazione questo tipo di problemi. Nel passaggio da citt a nazione, dal monastero allo Stato, dalletica alla politica, dalla propriet comune a quella privata, infine da un mondo artigianale ad uno industriale, emersa unaffascinante combinazione di concezioni spesso contenenti il meglio (e il peggio) di ognuna di queste antinomie sociali. Uso il termine antinomie coscientemente, perch ci di cui parlo sono idee contraddittorie ma coesistenti, delle quali solo poche hanno completamente soppiantato le immagini precedenti nella mente dei pensatori progressisti del diciannovesimo secolo. Anzi, come vedremo, sono anche riemerse ai giorni nostri, sia pur sotto laspetto di richieste sensibilmente riformulate, in una sintesi totalmente nuova che viene definita come ecologia sociale. E' vero che, messe a confronto, fra molte di esse stata poi compiuta una scelta da parte dei teorici progressisti. Per esempio, il marxismo ha scelto nettamente la concezione nazionale invece che quella cittadina e la concezione statale invece che quella di una comunit monastica autodisciplinata, come invece ha sostenuto in particolare Andreae, le cui idee hanno spesso anticipato il villaggio industriale di Robert Owen. Ma altre forme di pensiero rivoluzionario dovevano presentarsi, producendo una sintesi adatta al proprio tempo (tempo di rapida industrializzazione e urbanizzazione) che i rivoluzionari non possono pi permettersi il lusso di ignorare. Mi riferisco qui alle utopie libertarie ed alle idee esplicitamente anarchiche apparse nel diciannovesimo secolo: una tradizione che ha prodotto ideali di libert tanto razionali quanto etici, tanto meditati quanto appassionati. E' semplicemente impossibile ignorare le penetranti analisi di William Godwin, oppure il 106 complesso degli scritti di Pierre-Joseph Proudhon, o la critica incisiva di Mikhail Bakunin, e il lavoro di ricostruzione operato da Piotr Kropotkin, soprattutto le sue preveggenti intuizioni ecologiche, e le visioni utopiche di Robert Owen o di Charles Fourier. N questi pensatori possono essere trattati come semplici precursori visionari del socialismo scientifico di Karl Marx. Con la medesima arroganza il naturalismo di Aristotele potrebbe essere considerato inferiore allidealismo filosofico di Hegel, o lopera storica di Tucidide a quella di Charles Beard. In realt, tutti questi pensatori si completano a vicenda, e anche quando sono in disaccordo gettano comunque luce su problemi importanti, ciascuno dei quali affrontato da un punto di vista sociale differente, in un dramma storico ancora ampiamente incompleto. Il corso degli eventi umani si mosso in direzioni chiaramente definite e necessariamente progressive non pi di quanto sia accaduto per la storia delle idee. Se dovessimo tornare ad una societ maggiormente decentrata, un Aristotele o un Tucidide sarebbero pi importanti per noi, in quanto esprimono la saggezza della polis greca assai pi di un Hegel o di un Beard, cos interessati allo Stato nazionale. Il senso della storia umana, i percorsi che essa avrebbe potuto seguire e quindi le idee pi idonee per la ricostruzione in senso razionale della societ sono ancora tutti da definire. I teorici progressisti e gli utopisti seguiti alla rivoluzione francese hanno avuto ideali di libert pi aperti di quelli nutriti dai loro predecessori illuministi, e tali ideali avrebbero potuto costituire unalternativa al corso seguito dalla storia, se non fossero stati scioccamente ignorati dai successori socialisti di quelli. La grande portata di quegli ideali e lalternativa che essi hanno offerto allumanit sono due eredit, entrambe immensamente importanti per il radicalismo moderno. I pensatori anarchici e gli utopisti libertari erano profondamente sensibili alle scelte che sarebbe stato necessario compiere nel reindirizzare la societ umana in senso razionale e liberatorio. Essi hanno sollevato problemi di grande portata: se fosse possibile ricondurre comunit ed individuo ad una reciproca armonia; se davvero la nazione fosse il successore necessario, o per meglio dire etico, della comunit o comune; se lo Stato dovesse essere il successore inevitabile della citt e delle confederazioni regionali; se luso in comune delle risorse dovesse essere soppiantato dal possesso privato; se la produzione artigianale dei beni e lattivit agricola a misura duomo fossero destinate per necessit storica 107 ad essere sostituite da gigantesche catene di montaggio e da sistemi meccanizzati di agribusiness. Infine, si sono chiesti se letica doveva sottomettersi allo statalismo e quale sarebbe stato il destino della politica uno volta che essa avesse cercato di adattarsi agli Stati centralizzati. Essi non vedevano contraddizione tra il benessere materiale e una societ ben ordinata, tra luguaglianza sostanziale e la libert, tra la giocosit, il piacere, e il lavoro. Essi immaginavano una societ dove fosse possibile labbondanza, dove potesse emergere una cultura politica non condizionata dal sesso, grazie alla diminuzione della settimana lavorativa, della produzione superflua e del consumo eccessivo. Tali richieste, avanzate gi due secoli fa e infusi della passione morale di duemila anni (e pi) di movimenti ereticali come i Gioachimiti, sono state violentemente riproposte in questultimo tratto del ventesimo secolo. Termini come precursori sono diventati semplicemente privi di significato in una societ in crisi come la nostra, che si trova nella necessit di rivalutare tutta la storia delle idee e delle alternative che la storia sociale ha tracciato nel passato. N possibile ignorare le differenze che distinguono i teorici anarchici e gli utopisti libertari del secolo scorso da quelli di un passato pi lontano. Tendenze anarchiche come quelle rappresentate dai primi Cristiani, gli Gnostici rivoluzionari, i Fratelli del Libero Spirito del Medio Evo, i Gioachimiti e gli Anabattisti, vedevano la libert pi come il risultato ai una visitazione soprannaturale, che come la conseguenza dellattivit umana. E' importante notare questa mentalit sostanzialmente passiva-recettiva, fondata su basi mistiche. Che alcune tendenze premoderne abbiano agito allo scopo di cambiare il mondo, non cambia il fatto che le loro stesse azioni erano considerate come espressione della predeterminazione divina. Ai loro occhi, lazione fioriva dalla trasmutazione del volere di Dio nella volont umana. Era il prodotto di unalchimia sociale resa possibile da una decisione soprannaturale, non dallautonomia umana. La pietra filosofale del cambiamento, in questo caso, stava in cielo, non sulla terra. La libert doveva arrivare, portata da forze sovrumane, come il secondo avvento di Cristo o la predicazione di un nuovo Messia. La Storia, in effetti, era vista come un orologio che segnava il trascorrere di una specie di tempo metafisico, fino a che i peccati del mondo sarebbero divenuti cos intollerabili da muovere la divinit, che non avrebbe pi benedetto 108 la sua creazione, n sopportato le sofferenze dei poveri e degli oppressi.
Q uesta ingenua concezione stata radicalmente modificata dal Rinascimento, dallilluminismo e soprattutto dal diciannovesimo secolo. LEt delle Rivoluzioni, per definire adeguatamente il periodo che va dalla fine del 1770 alla met del ventesimo secolo, ha bandito le visitazioni soprannaturali e latteggiamento passivorecettivo da parte degli oppressi. Questi dovevano agire se volevano emanciparsi. Dovevano volontariamente costruire la propria storia, concetto fondamentale che Jean-Jacques Rousseau ha aggiunto alla storia delle idee rivoluzionarie e per il quale, nonostante i suoi errori, merita limmortalit. Anche gli oppressi dovevano ragionare. Non potevano fare appello ad altre forze che quella della loro mente. La combinazione di ragione e volont, di pensiero e azione, di riflessine ed intervento, ha cambiato lintero panorama del radicalismo, spogliandolo dei suoi attributi mitici, mistici, religiosi ed intuitivi. Ed triste che tali attributi stiano cominciando a ritornare di moda oggi, in questo mondo senza energia e psicoterapizzato. Il radicalismo dellEt delle Rivoluzioni, comunque, andato oltre. La storia vista nellottica gioachimita, e in parte anche in quella marxista, procede al ritmo dellapprossimarsi inevitabile di un tempo finale, un termine, anche un assoluto hegeliano, dove tutto ci che stato, in un modo o nellaltro, e tutto ci che accade segue la guida di una mano segreta, Dio, lo Spirito, lastuzia della ragione (per usare il lessico hegeliano), o linteresse economico, per quanto esso possa essere celato a coloro che ne sono influenzati. Non ci sono alternative a ci che stato, o sar, come si sentiva dire negli assurdi dibattiti circa linevitabilit del socialismo, una o due generazioni fa. Invece, limportanza attribuita dagli utopisti anarchici e libertari alla capacit di scelta in sede storica ha stabilito un punto di partenza totalmente nuovo, separandosi dalle visioni sempre pi teleologiche del socialismo religioso e poi scientifico. In gran parte, ci spiega lattenzione che gli anarchici e gli utopisti libertari del diciannovesimo secolo hanno tributato allautonomia individuale, alla capacit di ogni individuo di scegliere sulla base di giudizi etici e razionali. Tale impostazione nettamente diversa dalla tradizione liberale che stata associata alle idee anarchiche dagli oppositori, in particolare dai marxisti. Il liberalismo ha offerto allindividuo un quid di libert, certo, ma un quid limitato dalla 109 mano invisibile della concorrenza mercantile, non dalla capacit di agire conformemente a determinate norme etiche. Il libero imprenditore su cui il liberalismo ha modellato la propria immagine di autonomia individuale era, in effetti, completamente condizionato dalla comunit mercantile, per quanto potesse sembrare emancipato dal mondo comunitario medievale di gilde e vincoli religiosi. Era loggetto di una legge superiore di interazioni mercantili fondate su di una moltitudine di egoismi e competizioni, che annullandosi reciprocamente generavano un interesse sociale generale. Lanarchismo e gli utopisti libertari non hanno mai visto lindividuo libero in questa luce. Lindividuo doveva essere libero per funzionare come una creatura etica, non come un meschino egoista, compiendo scelte razionali e auspicabilmente disinteressate tra alternative storiche razionali e irrazionali. Laccusa marxista che lanarchismo un prodotto dellindividualismo liberale o borghese, ha le sue radici in ideologie che sono esse stesse borghesi, come quelle basate sul mito della mano invisibile (liberalismo), dello spirito (hegelianesimo), o del determinismo economico (marxismo). Limportanza attribuita dagli anarchici e dagli utopisti libertari alla libert individuale comportava lemancipazione della storia medesima da una predeterminazione a-storica, e la prevalenza delletica nella determinazione delle scelte. Lindividuo realmente libero, ed esprime realmente la sua individualit, quando guidato da una coscienza razionale, umana e profonda, del bene comune e sociale. Infine, la concezione anarchica di un mondo nuovo, cos come espresso nelle utopie libertarie, implica che la societ pu sempre essere ricostruita. In effetti, lutopia per definizione la rappresentazione del mondo come dovrebbe essere conformemente ai canoni della ragione, in contrasto con il mondo come , risultato deTlinterazione cieca di forze incomprensibili. La tradizione anarchica del diciannovesimo secolo, pur meno pittorica di quella degli utopisti che dipingevano tele piene di immagini nuove e dettagliate, ha elaborato le proprie teorie, in accordo razionale con la storia umana, non con la storia teologica o metafisica. Il mondo da sempre il frutto dellattivit di esseri umani in carne ed ossa, che hanno compiuto scelte concrete nei momenti cruciali della storia, e pu esser ricostruito seguendo linee evolutive alternative, gi presentatesi in passato. 110 La gran parte della tradizione anarchica non pri- mitivistica nostalgia per il passato, come vorrebbero farci credere certi storici marxisti del tipo di Hobsbawm, ma rivalutazione delle possibilit passate rimaste inattuate, come la comunit, la confederazione, lautogestione delleconomia, e un nuovo equilibrio tra umanit e natura. La famosa asserzione di Marx che i morti devono seppellire i morti priva di senso, per quanto lodevoli fossero le sue intenzioni di fronte ad un presente che cerca di imitare il passato. Solo i vivi possono seppellire i morti, e ci pu avvenire soltanto se essi sono in grado di capire cosa realmente morto e cosa ancora in vita tra i cadaveri che affollano i campi di battaglia della storia. Ecco dunque il motivo dellinteresse nutrito da William Godwin per lautonomia individuale, per lessere etico il cui intelletto libero dal peso di concetti soprannaturali e da ogni forma di dominazione, divina, statale o consuetudinaria. Ed ecco anche linteresse di Proudhon per il municipalismo e il confederalismo intesi come principi associativi, come modi di vita dove la libert non impedita n dallo Stato nazionale n dallopera nefasta della propriet. Ecco la rivalutazione bakuni- niana della spontaneit popolare e della funzione trasformatrice dellatto rivoluzionario, dellazione come espressione di volont libera dai compromessi e dal cretinismo parlamentare. Ecco infine lecologismo di Kropotkin, il suo interesse per la misura umana e la decentralizzazione, e per larmonia tra umanit e natura contrapposta allo sviluppo esplosivo dellurbanizzazione e del centralismo. Ritorner in seguito sulle idee di questi importantissimi, bench scarsamente apprezzati, pensatori a proposito dei problemi che oggi abbiamo di fronte e della necessit di una societ ecologica. Per il momento, voglio occuparmi di un altro tipo di emancipazione, lemancipazione del corpo, sotto forma di nuova sensualit, e dello spirito sotto forma di sensibilit ecologica. Sono argomenti che raramente figurano nella maggior parte delle discussioni sulla trasformazione sociale, nonostante abbiano un posto privilegiato nel pensiero utopico. Il senso di 0oie de !i!re fa parte integrante della tradizione anarchica, a dispetto di qualche espressione dascetismo apparsa qua e l. Lammonimento di Emma Goldman (Se nella vostra rivoluzione non potr ballare, non la voglio!), frutto di unimpostazione tipicamente anarchica. E' una tradizione che risale a secoli addietro, agli artigiani ed anche a certi contadini 111 anarchicheggianti, che chiedevano lemancipazione dei sensi oltre a quella delle loro comunit. Fin dallantichit gli Ofiti avevano riletto le scritture bibliche per identificare la chiave della salvezza: Eva e il serpente, agenti di libert; labbandono estatico della carne, strumento per la liberazione dellanima. I Fratelli del Libero Spirito, un movimento che si presentato in Europa sotto molti nomi diversi, rifiutavano la reverenza ecclesiastica per la negazione di s e celebravano una propria versione del cristianesimo, inteso come un messaggio di vero e proprio libertinaggio, oltre che di liberazione sociale. NellAbbazia di Thlme di Rabelais, la massima Fa ci che vuoi! liberava da ogni limitazione i membri di quellordine giocoso, dove era lecito coltivare tutti i piaceri del corpo e dellintelletto. I limiti tecnologici delle ere passate, il fatto che il piacere potesse ben di rado separarsi dal parassitismo in un mondo segnato dalla necessit di lavoro continuo, hanno reso elitari questi movimenti e queste utopie. Ci che i Fratelli del Libero Spirito toglievano ai ricchi, i ricchi a loro volta toglievano ai poveri. Ci che i membri dellAbbazia di Thlme apprezzavano come un loro diritto, era stato espropriato al lavoro di operai, coltivatori, cuochi e servitori. La natura non era generosa, si diceva, se non in ristrette aree privilegiate del mondo. Lemancipazione dei sensi era spesso considerata, dai poveri e dai loro profeti rivoluzionari, come un privilegio della classe dirigente, sebbene fosse diffusa nelle citt e nei villaggi pi di quanto saremmo portati a credere. E anche gli oppressi avevano i loro sogni di utopici piaceri, immagini di una natura davvero generosa, con fiumi di latte e di miele. Ma, sempre, questa condizione meravigliosa proveniva da un qualche essere che accordava il dono dellabbondanza sotto forma di una terra promessa - fosse questo una divinit o un demone capriccioso piuttosto che la tecnologia o una nuova e pi equa organizzazione del lavoro e della distribuzione dei suoi frutti. I grandi pensatori utopici del diciannovesimo secolo hanno rappresentato un cambiamento radicale rispetto allapproccio tradizionale ed per questo che meritano la nostra attenzione. I primi villaggi industriali di Robert Owen, che combinavano le tecnologie pi avanzate del tempo con lagricoltura per la costituzione di comunit a misura duomo, erano concepiti sulla base delle possibilit tecnologiche offerte dalla Rivoluzione Industriale. La prima natura pu essere generosa o no, ma la seconda natura, chiaramente, cio la societ umana, ad essere 112 economicamente produttiva. E' lumanit a realizzare la sua utopia sociale, piuttosto che attendere il dono messianico da parte di esseri sovrumani. E ci avviene grazie allingegno tecnico, alla capacit di cooperazione e di immaginazione sociale. Certamente, si anche presentata unutopia tecnologica, culminata nel nostro secolo nellimmagine di un mondo tecnocraticamente amministrato, creata da H.G. Wells e ispirata alla Nuova Atlantide pensata qualche secolo prima da Bacone, utopista scientifico del sedicesimo secolo. Allopposto, lutopia di William Morris era pi artigianale e nostalgicamente medievale, ma nettamente libertaria nella sua essenza. Nel suo 9oti%ie da 9essun Luogo, Morris rovescia il capitalismo e ricrea il comune del Medio Evo, con i suoi valori cooperativi. Lindustria sparisce, insieme con lautorit, e la produzione di qualit compensa gli apparenti vantaggi della produzione in massa di beni scadenti. Lutopia di Morris certamente la romantica rivalutazione di un mondo perso per sempre, eppure non priva di insegnamenti per la sua e la nostra epoca. La produzione di qualit e labilit artigiana continuano ad affascinarci, in quanto modello di eccellenza e strumento per la fabbricazione di beni destinati a durare per generazioni, in contrapposizione alla nostra economia usa e getta, i cui prodotti sono effimeri e di pessimo gusto. I valori cui Morris si ispirava erano chiaramente ecologici. Portano un messaggio di misura umana, di integrazione tra agricoltura ed artigianato, di prodotti durevoli ed artistici e di una societ non gerarchica. Il pensatore utopico che avrebbe riunito queste tradizioni apparentemente contrastanti (intelletto e sensualit, industria e produzione di beni durevoli, lavoro e gioco) non era n un socialista n un inetto visionario. Era Charles Fourier, che ha creduto di trasformare limmaginazione in una scienza e i modelli newtoniani di ordine cosmico in una fantasia cosmologica. Ai fini della presente trattazione, non importante considerare il senso missionario di Fourier, o la profondit dei suoi principi sociali. Egli non solo non era socialista, non era nemmeno egualitario. Le sue opere sono percorse da contraddizioni, pregiudizi grossolani, e dal tentativo fallito di fare del suo sistema di interazione passionale un sistema matematico, ricorrendo allappoggio dei ricchi e potenti per istituire i suoi ideali falansteri (enormi palazzi in grado di ospitare almeno 1.620 persone dal carattere adatto e complementare, che avrebbero dato luogo a comunit 113 emozionalmente equilibrate). I suoi falansteri avrebbero dovuto essere, ovviamente, il pi possibile autosufficienti, con officine, terreno coltivato intorno, residenze, centri per listruzione e sale da ballo, il tutto collegato da gallerie coperte per proteggere gli abitanti dellinclemenza del tempo e metterli in condizione di accedere facilmente alle diverse parti. Ci che ci interessa, del falansterio di Fourier, non sono i suoi principi strutturali, ma quelli che ne dovevano guidare lo stile di vita, molti dei quali si contrapponevano alla monotonia dellattivit industriale, ai valori puritani dellepoca, al fardello di limitazioni che allora veniva imposto ai sensi come a tutto il corpo. Secondo tali principi, la libert sessuale avrebbe spazzato via le tradizionali inibizioni familiari e le convenzioni ipocrite. La volutt lunica arma che Dio pu impiegare per padroneggiarci egli scrive con eretica ironia, e per indurci a seguire i suoi disegni: egli regola luniverso attraverso lattrazione, non con la forza. Era certamente un punto di vista nuovo e socialmente sovversivo. Lordine poggia sulla soddisfazione personale, non sullobbedienza allautorit. La risposta alla disciplina industriale la rotazione giornaliera del lavoro, infra- mezzata da piaceri intellettuali e corporei, alimentazione sontuosa per la gioia del palato, una gamma di suggerimenti fantasiosi per rendere piacevole la vita, nonch la convinzione fondamentale che il fastidio del lavoro possa essere trasformato in piacere, rendendolo pi affascinante, inventando festivit, lavorando in compagnia di colleghi con natura e carattere complementari. Fourier tentava cos di sconfiggere lesigente regno della necessit, che teneva tutti sotto il giogo del lavoro manuale, con lartistico regno della libert, che poteva trasformare anche il pi duro dei lavori in piacere. Il Mondo dellArmonia concepito da Fourier, fondato sullattrazione e non sulla coazione, poi diventato un programma sociale, al quale i seguaci del maestro hanno dato un pi netto carattere anarchico, dopo la morte di lui. Secondo Fourier non cera contraddizione tra larte umana e la fecondit della natura, come non cera contraddizione tra mente e corpo, gioco e lavoro, libert e ordine, unit e diversit. Erano intuizioni ribelli che successivamente sarebbero state affinate attraverso una versione naturalistica della dialettica, come vedremo quando ci occuperemo della collocazione dellumanit nella natura e dello sviluppo di una natura libera attraverso sia la prima che la seconda natura. Per il momento, necessario rimarcare che gli scritti di Fourier 114 collimavano, come tempo se non come luogo, con il villaggio industriale di Owen, che realisticamente riuniva officine e fabbriche con le fattorie, in comunit totalmente integrate, secondo uno schema che avrebbe poi formato il prototipo dellidea kropotkiniana di comunit libertaria. Tra la fine della Rivoluzione Francese e la met del diciannovesimo secolo, gli ideali di libert avevano acquisito una solida base naturalistica, tecnologica e materiale. Siamo di nuovo in presenza di una svolta storica, in corrispondenza della quale lumanit poteva, quale che fosse il modo, abbandonare la direzione di unespansione condizionata dal mercato e dal profitto, e incamminarsi verso un futuro di armonia orientato in senso comunitario ed ecologico, unarmonia tra esseri umani che poteva generare a sua volta, grazie ad una nuova sensibilit, larmonia tra umanit e natura. Mentre nella seconda met del secolo diciannovesimo la societ si ingolfata nello sviluppo industriale tanto da ricostruire ex novo il mondo naturale e quasi fame uno sintetico, nella prima met del secolo essa stata piena di promesse di una nuova integrazione tra societ e natura e di comunit cooperative dove i pi generosi impulsi verso la libert avrebbero potuto realizzarsi. Se ci non avvenuto, stato perch lo spirito borghese ha via via pervaso la societ mista euro-americana del secolo passato, infettando anche il progetto rivoluzionario di rifondazione della societ che aveva avuto la sua maggior forza espressiva negli utopisti, socialisti e anarchici, seguiti alle ultime convulsioni della Rivoluzione Francese. Tale progetto rivoluzionario aveva ricevuto uneredit intensamente etica, un impegno a riconciliare la divisione tra mente, corpo e societ, che contrapponeva la ragione alla sensualit, il lavoro al gioco, la citt alla campagna e infine lumanit alla natura. I pensatori anarchici e utopisti, nelle loro migliori espressioni hanno visto chiaramente queste contraddizioni, ed hanno cercato di superarle attraverso un ideale di libert fondato sulla complementarit, sul minimo irriducibile, sulluguaglianza dei disuguali. Le contraddizioni erano considerate una prova che la societ era invischiata nel male, oppure che la civilt, per usare parole di Fourier, si era rivoltata contro lumanit e la cultura a causa della direzione irrazionale che fino ad allora aveva seguito. La ragione, col suo potere di speculare lare al di l delle situazioni di fatto, stava diventando un rozzo razionalismo, finalizzato allo sfruttamento del lavoro e delle 115 risorse naturali. La scienza, con la sua ricerca della realt e dell'ordine delle cose, stava trasformandosi in scientismo, cio in programmazione razionale del controllo delle persone e della natura. La tecnologia, con la sua promessa di alleviare il lavoro, stava rivelandosi come un insieme tecnocratico di strumenti atti allo sfruttamento del mondo umano e non umano. I pensatori anarchici e gli utopisti libertari, nonostante la loro fiducia che ragione, scienza e tecnica potessero essere forze creative per la ricostruzione della societ, hanno dato voce ad una protesta collettiva contro lasservimento di tali forze a finalit puramente strumentali. Essi erano profondamente consapevoli della rapida evoluzione cui il secolo sarebbe andato incontro, e la constatazione dellattuale malessere storico conferma lesattezza delle loro intuizioni. La loro pressante richiesta di un cambiamento immediato in senso liberatorio pervasa dallangoscia per limborghesimento della societ, per usare il termine usato da Bakunin a proposito dei timori che lo turbavano negli ultimi anni della sua vita. Nonostante il giudizio ipocrita di Gerald Brenan e Hobsbawn, limportanza attribuita dagli anarchici alla propaganda del fatto non era una rivalutazione primitiva di azioni violente e catartiche, contrapposte alla generale passivit di fronte agli orrori del capitalismo industriale. Al contrario, tali azioni erano per lo pi la conseguenza della disperata constatazione che si stava perdendo unoccasione storica per lo sviluppo sociale, e che tale perdita avrebbe prodotto ostacoli immensi per la realizzazione futura del progetto rivoluzionario. Sulla base della loro concezione etica ed utopica, vedevano giustamente il proprio tempo come disponibile allemancipazione immediata dellumanit, non semplicemente come uno stadio fra i tanti, nella lunga storia dellevoluzione umana verso la libert, con le sue infinite precondizioni e le sue infrastrutture tecnologiche. Ci che i teorici anarchici e gli utopisti libertari non hanno visto che gli ideali stessi di libert erano segnati dal pericolo di imborghesimento. Nessuno, forse nemmeno Marx che pure ha avuto una parte decisiva in tale infezione, poteva immaginare che il tentativo di trasformare in scienza il progetto emancipatorio, sotto il nome di socialismo scientifico, ne avrebbe fatto una scienza anche pi lugubre delleconomia, cio che lavrebbe spogliato del suo animo etico, del suo spirito visionario, della sua sostanza ecologica. Non meno importante, il socialismo 116 scientifico di Marx avrebbe contribuito, in tandem con la borghesia, allo smantellamento dellobiettivo principale del progetto rivoluzionario, nonch delle sue premesse ideologiche, giustificando lassorbimento delle unit decentrate in seno allo Stato centralizzato, il dissolvimento delle concezioni federative in seno alle nazioni scioviniste, lo snaturamento delle tecnologie a misura duomo nei sistemi fagocitanti della produzione di massa. 117 IL PROGETTO RIVOLUZIONARIO Per quanto inquinati, ideali di libert continuano ad esistere fra noi. Eppure il progetto rivoluzionario non mai stato cos compromesso dallimborghesimento temuto da Bakunin nellultimo periodo della sua vita. N si presentato in termini tanto ambigui come oggi. Parole come radicalismo e sinistra sono diventate di significato misterioso, ed esiste il serio pericolo che perdano completamente di senso. Quanto oggi passa per rivoluzione, radicalismo e sinistra, solo un paio di generazioni fa sarebbe stato rifiutato come riformismo ed opportunismo politico. Il pensiero sociale si lasciato attrarre cos addentro le viscere dellattuale societ che le persone che si considerano di sinistra (socialisti, marxisti o radicai che siano) rischiano di venirne digeriti senza neppure accorgersene. Semplicemente, in molti Paesi euroamericani non esiste una sinistra consapevole che abbia una qualche rilevanza. Non esiste neppure un radicalismo criticamente indipendente, eccezion fatta per ridotti circoli di teorici rivoluzionari. A lungo termine, forsanche pi pericoloso il fatto che il progetto rivoluzionario rischia di perdere la sua stessa identit, la propria capacit di autodefinirsi, il senso della propria direzione. Oggi constatiamo lassenza non solo di un vero approccio rivoluzionario, ma anche della capacit di definire cosa si intenda con lespressione trasformazione rivoluzionaria, o col termine di capitalismo. La preoccupazione bakuniniana circa l'imborghesimento della classe operaia si affianca al timore marxista che un giorno le generazioni future di lavoratori possano considerare il capitalismo qualcosa di tanto scontato da apparire una forma naturale del vivere umano, non un tipo di societ che si presentata nel corso di un periodo storico specifico. Definire come capitalista la societ euro-americana suscita perplessit, nel migliore dei casi, e nel peggiore d origine a speciose contrapposizioni con le societ cosiddette socialiste, come la Russia o la Cina. Che qui si tratti di capitalismo imprenditoriale e l di capitalismo burocratico appare spesso 118 incomprensibile al buonsenso tradizionale. E certamente possibile che ancor non sia stato compreso cosa sia realmente il capitalismo. Dallo, scoppio della prima guerra mondiale, le sinistre hanno descritto ogni fase del capitalismo come ultimo stadio, mentre il sistema, invece, ha continuato a crescere, assumendo dimensioni internazionali e tecnologie nuove che fino a poche generazioni fa nemmeno la fantascienza era in grado di prevedere. Il capitalismo ha anche mostrato una stabilit, e una capacit di cooptare le forze che ad esso si oppongono, che un secolo fa avrebbe scosso profondamente i pionieri del socialismo e dellanarchismo. E' possibile che non sia ancora arrivato ad incarnare completamente il male della societ (per usare il termine di Bakunin), cio a produrre un sistema di continua rivalit sociale tra le persone ad ogni livello dellesistenza e uneconomia fondata sulla concorrenza e laccumulazione. Una cosa, comunque, devessere ben chiara: un sistema che deve espandersi continuamente fino a distruggere tutti i vincoli tra societ e natura, come dimostrano i buchi nello strato di ozono e laumento delleffetto serra. letteralmente il cancro della vita sociale. Se le cose stanno cos, la natura non marcher di attuare la propria vendetta, rendendo il pianeta inabitabile per le forme di vita complesse come la nostra e quella dei nostri cugini mammiferi. Ma stante la celerit con cui si sviluppano le innovazioni tecnologiche, ivi compresi gli strumenti per scandagliare i segreti stessi della materia e della vita (sotto forma di scienza nucleare e ingegneria genetica) anche possibile che alla distruzione dei cicli naturali verr posto rimedio per mezzo di sostituti completamente sintetici, con giganteschi impiapti industriali che soppianteranno i processi naturali. E' da ciechi non accorgersi che esiste tale possibilit, e quindi quella di unevoluzione in senso totalitario della societ, frutto della gestione tecnocratica e su scala mondiale della societ e della natura. Se cos fosse, il pianeta da sistema autoregolato di forze tendenti allequilibrio, come figura nella ipotesi Gea, diverrebbe un sistema a parziale o totale controllo tecnologico, una sorta di ipotesi Dedalo senza la coscienza greca del limite. Finch tale sinistra prospettiva continuer ad essere allordine del giorno, avremo la disperata necessit di ripristinare il progetto rivoluzionario, con gli elementi nuovi che ad esso sono stati aggiunti nellultima met del secolo. Laffermazione di un presunto 119 settarismo o dogmatismo di sinistra che sarebbe insito nellidea stessa di progetto ri!olu%ionario, non deve turbarci. Chi oggi si definisce moderato, o di centro-sinistra, per usare il prudente lessico della nostra epoca, troppo debilitato intellettualmente per distinguere il settarismo da unanalisi approfondita dei problemi sociali ed ecologici contemporanei. Dobbiamo quindi prendere risolutamente in considerazione i periodi passati e recenti nei quali il progetto rivoluzionario si manifestato, come lera del socialismo operaista, la New Left (Nuova Sinistra) e lattuale cosiddetta Era dellEcologia. Senza un riesame critico delle soluzioni gi proposte, non faremo che brancolare nelloscurit di una Storia sconosciuta, che invece ha tanto da insegnarci. )l socialismo operaio importante rendersi conto, oggi, che uno dei pi grandi progetti rivoluzionari dellepoca moderna ormai non pi vitale. Mi riferisco in parte allanalisi sociale marxista, ma anche, come vedremo, al socialismo operaio nel suo complesso, che andato al di l del marxismo, assumendo contenuti libertari ed anche utopici. Dire che lessere determina la coscienza, o in termini meno filosofici che i fattori materiali determinano la vita culturale, troppo semplicistico per spiegare il peso che questa ha avuto nella seconda met del secolo scorso e nella prima met dellattuale, proprio quando il capitalismo ha plasmato la mente europea e americana secondo modelli prettamente economicistici. Osservando pi attentamente la storia si vedr che questa immagine essenzialmente borghese della realt, che il marxismo ha trasformato in unideologia apparentemente di sinistra, limitata ad unepoca ben precisa per quanto predominante appaia oggi. Sarebbe impossibile comprendere perch in molti momenti dellepoca antica il capitalismo non sia riuscito a diventare un assetto sociale dominante, se non si tenesse presente lesistenza di tradizioni culturali che hanno ostacolato e segretamente compromesse le spinte in direzione capitalistica. E' possibile portare innumerevoli esempi di come, al contrario, sia la coscienza a determinare lessere (per usare siffatto linguaggio deterministico), volgendo lo sguardo verso lAsia, lAfrica o lAmerica indigena, per non parlare di molti Paesi europei nei primi tempi dellepoca moderna. Il marxismo riporta ogni questione al rapporto generale tra coscienza ed essere, che 120 continua a avere un gran peso in seno allaccademia marxista, anche se tutto il resto della teoria ormai in pezzi. Osservando le cose da un punto di vista economicistico e borghese, esso definisce in termini appunto borghesi una massa di problemi che hanno invece una base nettamente non economica e non borghese. La stessa resistenza delle societ precapitalistiche a divenire Capitalistiche, ad esempio, spiegata come mancanza di sviluppo economico, inadeguatezza scientifica e, come spesso accade in molte delle opere marxiane meno rigorose (come i Griindrisse(, presenza di fattori culturali, che pure dovrebbero essere considerati dipendenti dai fattori economici. Ben pi utile del modo circolare di ragionare che caratterizza gran parte del marxismo, cercare di definire il progetto rivoluzionario prendendo in considerazione lideale socialista ed i miti storici sviluppatisi intorno ad esso. I progetti rivoluzionari hanno sempre assunto le caratteristiche proprie del periodo in cui sono stati concepiti, nonostante il tentativo di universalizzare le proprie idee e la volont di parlare in nome dellumanit di ogni tempo. Il radicalismo contadino quasi contemporaneo alle prime manifestazioni di agricoltura stanziale e di insediamento in villaggi. Ispirato da una moralit religiosa universale, ha sempre sostenuto di parlare in nome di valori eterni, centrati sulla libert della terra e del villaggio. Ha anche assunto forme anarchiche e populiste. Personaggi come lanarchico ucraino Nestor Machno nel 1917-21 e il populista messicano Emiliano Zapata, pi o meno nello stesso periodo, hanno lottato per scopi praticamente identici. Del pari, il radicalismo degli artigiani apparso nel Medio Evo, raggiungendo il proprio apice nel movimento degli nrag/s durante la Rivoluzione Francese e la Comune di Parigi nel 1871. Il suo portavoce forse pi consapevole stato Pierre-Joseph Proudhon, sebbene le sue idee municipaliste e federaliste abbiano avuto implicazioni ben pi ampie di quelle di qualunque specifica classe di cui si facesse portavoce. Il socialismo operaio, che ancor oggi un ideale coltivato da molti socialisti e sindacalisti indipendenti, ha un pedigree pi complesso e complicato. Esso prende origine in parte dalla trasformazione che, ad opera del capitalismo, molti artigiani pienamente autosufficienti hanno subito, diventando operai salariati durante gli anni esplosivi della Rivoluzione Industriale. Come movimento - lasciando da parte gli aspetti teorici - esso stato influenzato dalle sue origini rurali e provinciali, vale a dire 121 dalla proletarizzazione dei contadini indotti a lasciare i propri villaggi e la propria cultura rurale. Il fatto che essi abbiano portato tali culture precapitalistiche, con i loro ritmi e valori naturalistici, in seno alle citt industriali di capitale importanza al fine di spiegarne lo scontento e la militanza. Fino agli anni20 e 30, in America e in Europa, le classi lavoratrici del capitalismo industriale tradizionale non erano costituite da proletari per nascita. I metalmeccanici americani del settore auto, ad esempio, nella prima met del presente secolo sono stati reclutati nelle valli dei monti Appalachi. Molti lavoratori francesi (e ancor pi spagnoli) sono stati reclutati nei villaggi e nelle cittadine, e a volte non erano altro che artigiani provenienti da grandi citt come Parigi. Lo stesso pu dirsi delle classi lavoratrici che hanno fatto la rivoluzione russa del 1917. E' interessante notare che Marx, nella sua continua confusione, considerava questi strati sociali estremamente volatili come der alte scheisse (la vecchia merda, letteralmente) e non attribuiva ad essi alcun peso rivoluzionario. Tale background rurale ha prodotto un mosaico altamente complesso di atteggiamenti, valori e tensioni tra le culture pre- industriali e industriali, contribuendo a dare un carattere fiero e quasi millenaristico ad uomini e donne che, anche se lavoravano con macchinari moderni e vivevano in grandi centri urbani, spesso notevolmente acculturati, si sentivano guidati da valori in gran parte artigianali e contadini. I meravigliosi operai anarchici (per usare le parole di un socialista, Ronald Fraser, in :lood o" Spaiti( che bruciavano il denaro trovato saccheggiando le armerie di Barcellona, durante i giorni febbrili dellinsurrezione nel luglio 1936, erano persone che agivano spinte da profondi impulsi utopici ed etici, e non semplicemente dagli interessi economici che il capitalismo avrebbe instillato col passar del tempo nelle classi lavoratrici. I proletari della fine del diciannovesimo secolo e dellinizio del ventesimo, erano di una razza assai speciale. Si sentivano d/class/, un naturalismo vitale orientava spontaneamente il loro comportamento, provavano rabbia per la perdita della propria autonomia, ed erano forgiati da valori che si rifacevano ad un mondo ormai perduto di abilit artigianale, amore per la terra, solidariet comunitaria. Ecco dunque lo spirito rivoluzionario che si manifestato nel movimento operaio, dalle barricate parigine del giugno 1848, quando una classe lavoratrice in gran parte artigiana ha levato le bandiere rosse della repubblica sociale, alle barricate del 122 maggio 1937 a Barcellona, dove una classe operaia socialmente anche pi consapevole ha innalzato le bandiere rosso-nere dellanarco-sindacalismo. Ma col passare del tempo, questo movimento ha subito una drastica trasformazione: la composizione sociale, la cultura politica, la tradizione e gli scopi del proletariato attuale sono profondamente mutati. Il mondo rurale e le tensioni culturali nei confronti di quello industriale, che hanno dato origine al fervore rivoluzionario proletario, sono scomparsi dalla scena storica. E scomparse sono le persone, quelle particolari personalit umane nelle quali quel background e quelle tensioni si erano incarnate. La classe operaia di oggi si completamente industrializzata, e non radicalizzata, come avevano sperato ardentemente socialisti ed anarchici. Essa non ha spirito n tradizioni antagoniste, e nessuna delle attese millenaristiche che aveva un tempo. Non soltanto modellata e definita nelle sue aspettative dai mass media (una spiegazione, questa, che piace a chi ama vedere ovunque il potere dei media moderni); ma come classe, il proletariato diventato la controparte della borghesia, non il suo antagonista irriducibile. Tanto per usare il linguaggio delloperaismo contro i suoi stessi miti, si pu dire che la classe operaia oggi semplice- mente uno degli organi del corpo capitalistico, e non un embrione della societ futura. Ci cui assistiamo non semplicemente il suo fallimento in quanto agente storico della trasformazione rivoluzionaria, bens il suo perfezionamento come prodotto generato dal capitalismo nel corso del suo sviluppo. Nella sua forma pura, il proletariato non ha mai costituito veramente una minaccia per il sistema capitalistico. Sono state proprio le sue impurit, invece, come i pezzi di stagno e di zinco che trasformano il rame in solido bronzo, che hanno costituito il nerbo della sua antica militanza e del fervore millenaristico che in certi momenti cruciali ha saputo generare. Siamo qui di fronte ad un modello quanto mai difettoso di cambiamento sociale, un modello che stato introdotto nel progetto rivoluzionario degli ultimi centanni e poi accettato implicitamente anche dalla sinistra non marxista. Esso fondato sullopinione decisamente errata che la nuova societ debba nascere nel seno stesso della vecchia, crescendovi e sviluppandosi come un figlio vigoroso capace di imporsi ai suoi genitori odistruggerli. 123 Nellantichit non mai accaduto alcunch che possa giustificare questa teoria dellembrione, se cos vogliamo chiamarla, a proposito della rivoluzione. Il feudalesimo europeo ha sostituito la vecchia societ sulle coste settentrionali del Mediterraneo (ed ivi soltanto) perch le relazioni feudali erano in genere il prodotto della decomposizione delle precedenti relazioni tribali, quando queste non venivano rimodellate in monarchie assolute del tipo apparso in Oriente. Il grande hinterland del nord Europa ha rapidamente perduto le proprie caratteristiche tribali quando ha incontrato la societ romana. Il capitalismo non nato dal ventre del nuovo feudalesimo europeo, n la sua nascita stata inevitabile, come pretendevano di farci credere gli storici marxisti del passato, o Ferdinand Brandel e Immanuel Wallerstein pi di recente. Come credo di aver gi dimostrato in The 5ise o" 8rbani%ation and th; 4ecline o" +iti%enship, lEuropa tra il quattordicesimo e il diciottesimo secolo era assai composita, socialmente ed economicamente, ed offriva diverse alternative al capitalismo e alla costituzione degli Stati nazionali. Il mito di uno sviluppo embrionale del capitalismo, e quello della sua presunta inevitabilit, non poteva che nuocere al progetto rivoluzionario del socialismo operaio. In primo luogo, infatti, ha generato lidea che il proletariato fosse lequivalente moderno della borghesia, e come la borghesia medievale si sarebbe presumibilmente sviluppato in direzione rivoluzionaria in seno al capitalismo stesso. Il fatto che il proletariato non abbia mai avuto, nemmeno lontanamente, il predominio economico che Marx riconosceva alla prima borghesia, e che quindi avrebbe dovuto conquistare il potere economico oltre che politico, tutto ci avrebbe dovuto dimostrare quanto fosse assurda per il proletariato la teoria dellembrione, anche nel caso che la borghesia medievale avesse davvero il potere che le veniva attribuito. In particolare, in che modo la classe operaia avrebbe potuto elevarsi al di sopra dei suoi interessi particolari in una struttura economica alla quale era totalmente subordinata, a causa delle sue richieste miranti unicamente ad ottenere salari pi alti, orari ridotti e migliori condizioni di lavoro allinterno del sistema, era un mistero impenetrabile. La dottrina economica marxista, nonostante le sue mirabili analisi sulle relazioni tra merci e processo di accumulazione, stata in larga misura concepita per dimostrare che il capitalismo avrebbe spinto alla rivolta il proletariato, a causa 124 deHimpoverimento progressivo e delle crisi croniche. Il fatto che la fabbrica, invece, avrebbe decisamente addomesticato il proletariato, attraverso la routine mortale del lavoro industriale; che ne avrebbe sottomesso la riottosit con la sottomissione ad una gerarchia manageriale ed a metodi di produzione standardizzata; che la mera disperazione non avrebbe spinto il proletariato alla rivoluzione, ma a stratificarsi contro se stesso, dimodoch i meglio pagati e quelli di razza superiore si sarebbero contrapposti ai meno pagati e di razza inferiore; che le previsioni di una cronica crisi economica sarebbe stata vanificata da abili tecniche di gestione delle crisi; che il nazionalismo e perfino lo sciovinismo patriottardo avrebbero preso il sopravvento sulla solidariet internazionale di classe; infine, che il progresso tecnologico avrebbe ridotto numericamente il proletariato e lavrebbe condotto alla collusione con il suo stesso sfruttamento secondo un modello gestionario di tipo giapponese, tutto ci non stato nemmeno lontanamente previsto come logica dello sviluppo capitalistico. In secondo luogo, il mito marxiano di uno sviluppo embrionale ha mistificato la storia, rimuovendone gli elementi essenziali di spontaneit. In tale teoria non cera posto che per ununica evoluzione, non erano possibili direzioni alternative. Nellevoluzione sociale, la capacit di scelta aveva un ruolo insignificante. Il capitalismo, gli Stati nazionali, linnovazione tecnologica, la distruzione di tutti i vincoli tradizionali che un tempo limitavano la ricerca del profitto, la perdita dei legami comunitari che in passato generavano un senso di responsabilit sociale, tutto ci stato considerato non solo come inevitabile, ma anche come desiderabile. La storia, in effetti, lasciava agli uomini unautonomia minima. La storia fatta dagli uomini... ha scritto Marx, una dichiarazione piuttosto ovvia che, molto tempo dopo la sua morte, i marxisti di orientamento culturale avrebbero ripreso per togliersi dimpaccio dalle crescenti contraddizioni tra le teorie e la realt oggettiva. Ma essi hanno dimenticato di notare che la frase di Marx era stata pronunciata per dare rilievo a quella successiva: ...ma in condizioni che non sono scelte da loro. Il progetto rivoluzionario marxiano (ma non solo marxiano) stato bardato con stadi, sottostadi e sotto-sottostadi, fondati sulle cosiddette precondizioni tecnologiche e politiche. In contrasto con la pratica anarchica di pressione continua contro la societ alla ricerca dei suoi punti deboli, per aprire spazi atti a 125 rendere possibile il cambiamento rivoluzionario, la teoria marxiana si strutturata secondo una strategia dei limiti storici e degli stadi di sviluppo. La Rivoluzione Industriale stata accolta come una delle precondizioni tecnologiche del socialismo e le tendenze luddiste sono state denunciate come reazionarie; lavvento degli Stati nazionali stato visto come un passo fonda- mentale in direzione della dittatura del proletariato e il federalismo stato bollato come arretrato. Dovunque si verificasse, la centralizzazione delleconomia e dello Stato stata accolta come un progresso verso leconomia pianificata, cio verso uneconomia altamente razionalizzata. Questa specie di fatalismo era cos forte tra i marxisti, ed in particolare in Engels, che nel 1920 i socialdemocratici tedeschi sono stati riluttanti ad accettare le leggi anti-monopolio (con dispiacere dei picco- io-borghesi tedeschi, che si sono ben presto rivolti ai nazisti per ottenere soddisfazione) poich la concentrazione dellindustria in poche mani era vista come storicamente progressista e favorevole ad unevoluzione verso uneconomia pianificata! In terzo luogo, c il fatto che lo stesso proletariato, gi ridotto ad un docile strumento di produzione del capitalismo, stato trattato nel medesimo modo anche dallavanguardia marxista. I lavoratori sono stati visti principalmente come esseri economici, incarnazione di interessi economici. I tentativi compiuti da pensatori di sinistra come Wilhelm Reich di richiamarsi alla sessualit, o di artisti rivoluzionari come Mayakovsky di richiamarsi alla sensibilit estetica, sono stati considerati bestemmie dai partiti marxisti. Larte e la cultura sono state trattate soprattutto come veicoli di propaganda da porre al servizio delle organizzazioni operaie. Il progetto rivoluzionario marxista si anche distinto per il suo completo disinteresse verso i problemi urbani estetici e comunitari: argomenti che sono stati rigettati come sovrastrutturali e ininfluenti rispetto ai pi fondamentali problemi economici. Gli esseri umani con la loro vasta gamma di interessi in quanto persone creative, genitori, figli, amici, sono stati ricostruiti artificialmente e trasformati in esseri economici, cosicch il progetto rivoluzionario marxista ha rafforzato quella stessa degradazione e spersonalizzazione dei lavoratori operata dal sistema industriale. Il lavoratore doveva esprimere il meglio di s come buon sindacalista o devoto funzionario di partito, non 126 come un essere culturalmente sofisticato con ampi interessi umani e morali. Infine, il risultato estremo di questa innaturale trasformazione degli esseri umani in vuoti prodotti di classe stato lo snaturamento della natura stessa. Le preoccupazioni ecologiche non erano soltanto estranee al progetto rivoluzionario marxista, erano viste come insidiosamente controproducenti, nel senso letterale del termine. Impedivano lo sviluppo dellindustria e lo sfruttamento del mondo naturale. La natura stata considerata avara, cieca, crudele regno della necessit, un insieme di risorse che il lavoro e la tecnologia dovevano sottomettere, dominare, modellare. Il grande progresso storico del capitalismo, salutato come necessario da Marx, stata la sua spietata capacit di abolire ogni limite al saccheggio del mondo naturale. Infatti Marx lodava lindustrializzazione prodotta dal capitalismo come, a suo giudizio, permanentemente rivoluzionaria, in quanto riduceva la natura ad un semplice oggetto di utilizzazione umana. Il linguaggio di Marx e le sue opinioni circa luso illimitato della natura a scopo sociale, non riflettono il cosiddetto umanismo o antropocentrismo che oggi viene denigrato da tanti ambientalisti angloamericani. Lumanismo marxiano, in realt, poggiava sullinsidiosa riduzione degli esseri umani a forze oggettive della storia, sottomessi a leggi sociali su cui non avevano alcuna possibilit di controllo. Tale mentalit anche pi sconcertante di qualunque forma di antropocentrismo. La natura viene vista come risorse naturali perch gli esseri umani sono concepiti come risorse economiche. Lopinione marxista che il lavoro umano il mezzo attraverso cui luomo si scopre in conflitto con la natura, implica sinistramente che il lavoro sia lessenza dellumanit, un carattere diverso da tutti gli altri caratteri umani. Sotto questo aspetto, Marx si distacca completamente dalla tradizione autenticamente umanista del passato, che vedeva lunicit degli esseri umani nella loro coscienza, moralit, sensibilit estetica ed empatia per tutti gli esseri viventi. Peggio, se nella teoria marxiana gli esseri umani non sono che strumenti della storia, la felicit e il benessere dellattuale generazione possono essere sacrificati per lemancipazione delle generazioni future, un concetto immorale che i bolscevichi in generale, e Stalin in particolare, avrebbero 127 usato con effetti distruttivi su larga scala, edificando il futuro sui cadaveri del presente. Il contributo dato dal socialismo operaio al progetto rivoluzionario stato di natura soprattutto economica. La critica marxiana delleconomia borghese, per quanto limitata soprattutto al suo tempo, magistrale. Ha rivelato la latente capacit della merce di diventare una forza corrosiva, in grado di cambiare la storia, e il potere sovvertitore del mercato, che pu cancellare tutte le forme tradizionali della vita sociale. Ha previsto che il potere daccumulo capitalistico sarebbe arrivato al punto di generare monopoli e automazione, come risultato logico della tendenza allinnovazione. Marx cap altres che lascesa del capitalismo aveva dato origine ad un acuto senso di penuria, che nessuna societ precedente aveva conosciuto. Unumanit alienata viveva in timorosa soggezione dei prodotti del suo stesso lavoro. Le merci erano diventate feticci in grado di governare i popoli attraverso le fluttuazioni mercantili, con il misterioso potere di condizionare la sopravvivenza economica. Una societ libera poteva sperare di porre fine alle proprie intime paure, allinsicurezza materiale e ai desideri artificialmente indotti, solo quando la tecnologia avesse raggiunto un livello tale da rendere la penuria priva di senso, grazie allabbondanza dei beni; dopo di che in una societ ecologica e razionale gli esseri umani avrebbero forse avuto desideri non distorti dal mistificato mondo economico del capitalismo. E' importante porre la necessit di una tecnologia che sappia liberare il progetto rivoluzionario dalla paura moderna di uninsufficienza di beni. Ma tale tecnologia deve essere vista nel contesto dello sviluppo sociale, pi che come una precondizione dellemancipazione umana in ogni tempo e situazione. Nonostante tutte le loro pecche, le societ precapitalistiche erano strutturate in base ad alcuni potenti limiti morali. Ho gi citato lordinanza medievale, citata a sua volta da Kropotkin, che stabiliva che ...ciascuno deve trovar piacere nel suo lavoro.... Non era assolutamente una rarit. Il concetto che il lavoro dovesse essere piacevole, e che bisogni e ricchezze non dovessero espandersi allinfinito, contribuiva notevolmente a condizionare la stessa idea popolare di penuria. In effetti, la ricchezza era spesso vista come qualcosa di demoniaco e il soddisfacimento eccessivo dei bisogni come moralmente riprovevole. Donare, liberarsi del superfluo, come gi abbiamo visto, era considerato superiore 128 allaccumulazione dei beni e allespansione dei desideri. Non che le societ precapitaliste abbiano tutte costantemente aborrito il lusso e le cose buone della vita, certo non la Roma imperiale, almeno. Ma questi erano comunque visti come vizi e ad essi si reagiva prima o poi con lascetismo e lesaltazione della rinuncia. Proprio queste tradizioni sarebbero state oggetto di aspre critiche da parte di Marx, il quale ha elogiato il capitalismo per aver scalzato ...la tradizione che vuole un soddisfacimento limitato di bisogni, confinati entro limiti ben definiti, e la riproduzione dei modi di vita tradizionali... (Griindrisse). La produzione fine a se stessa - il capitalismo tipico disprezza la qualit e lutilit e ama solo la quantit e il profitto - doveva essere accompagnata dal consumo fine a se stesso. Certo, questo un concetto relativamente recente. Ma comunque un concetto profondamente radicato presso grandi masse di persone nel mondo occidentale. Stante fa feticizzazione delle merci e lidentificazione del benessere con la sicurezza materiale, gli attuali concetti di consumo non possono pi essere significativamente modificati dalla semplice persuasione morale, per quanto impegnata. Bisogna invece dimostrare quanto siano irrilevanti, perfino ridicoli, in virt del fatto che la tecnologia in grado di produrre benessere per tutti, che lidea stessa di benessere pu essere ridefinita in termini razionali ed ecologici. In ogni caso, il marxismo in quanto progetto rivoluzionario ha iniziato ad entrare in crisi quando dopo il secondo conflitto mondiale il capitalismo si riconsolidato, senza che alcuna delle tanto attese rivoluzioni proletarie fosse arrivata a porre fine alla guerra salvando la societ dalla barbarie. Il declino stato ulteriormente accelerato dallevidente degenerazione della Russia sovietica in un altro Stato nazionale, anchesso pervaso di sciovinismo nazionalistico e ambizioni imperialistiche. La ritirata del marxismo negli enclavi accademici testimonia la sua morte come movimento rivoluzionario. Ormai cos intrinsecamente borghese nella sua impostazione generale da essere innocuo e disarmato. I Paesi capitalisti, per parte loro, hanno nazionalizzato larghi settori delle loro economie. In un modo o nellaltro, anchessi pianificano la produzione ed hanno neutralizzato le fluttuazioni economiche con una vasta gamma di riforme. La classe operaia divenuta una forza in gran parte devitalizzata per quanto concerne i cambiamenti sociali radicali, per non parlare della rivoluzione. La bandiera rossa del socialismo marxista 129 avvolge ormai una bara piena dei miti che inneggiano alla centralizzazione politica ed economica, alla razionalizzazione industriale, alla teoria semplicistica del progresso lineare, allatteggiamento fondamentalmente anti-ecologico, tutto in nome della sinistra. Con la bandiera rossa o no, pur sempre una bara. I miti in essa contenuti hanno tragicamente distratto il pensiero e lazione sovversiva dai generosi ideali di libert della prima met del diciannovesimo secolo. La 9e< Le"t e la controcultura Il progetto rivoluzionario, per, non morto con la crisi del marxismo, nonostante sia stato ancora inquinato dalla volgarizzazione delle idee marxiane per diverso tempo dopo gli anni 30. Tra la fine degli anni 50 e linizio degli anni 60, una costellazione di idee totalmente nuove ha cominciato a farsi avanti. Lascesa del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti ha dato impulso sociale alla semplice richiesta di uguaglianza etnica, che per molti versi risentiva di spinte ugualitarie risalenti ai tempi delle rivoluzioni democratiche del diciottesimo secolo ed ai loro ideali di fratellanza tra gli esseri umani. I discorsi di Martin Luther King, ad esempio, avevano un taglio nettamente millenaristico, in parte precapitalistico. Erano discorsi apertamente utopici e quasi religiosi. Contenevano riferimenti a sogni, ad ascese alla sommit del monte come quella di Mos, e facevano appello ad un fervore etico che andava oltre gli interessi particolari e i pregiudizi provinciali. Erano tenuti con un sottofondo di musica e cori che lanciavano messaggi come Freedom Now! (libert ora) e We Shall Overcome (vinceremo). Il diffondersi dellideale di emancipazione, la sua santificazione attraverso luso di una terminologia religiosa e atteggiamenti ieratici aveva rimpiazzato la pseudoscienza del marxismo. Era un preciso messaggio etico di redenzione spirituale e una visione utopica di solidariet umana che trascendeva classi, propriet e interessi economici. Era la riaffermazione degli ideali di libert, nel gergo del progetto rivoluzionario pre-marxista, cio in un linguaggio che sarebbe risultato comprensibile ai romantici Puritani della Rivoluzione Inglese e forse anche ai coloni progressisti della Rivoluzione Americana. Gradatamente, il movimento diventato 130 pi secolare. Le pacifiche proteste indette dal clero e dai pacifisti neri per testimoniare in favore delle libert umane fondamentali, hanno lasciato il passo alla rabbia e alla resistenza violenta contro lautorit. Le normali assemblee si sono spesso trasformate in rivolte e, dal 1964 in avanti, ogni estate stata segnata da sollevamenti nei ghetti neri degli Stati Uniti, con proporzioni quasi insurrezionali. Ma il movimento per i diritti civili non ha monopolizzato gli ideali egualitari emersi negli anni 60. Precedute dal movimento antinucleare degli anni 50, ivi compresa la campagna per il disarmo nucleare in Inghilterra e lo sciopero delle Donne per la Pace negli Stati Uniti, diverse tendenze hanno cominciato a manifestarsi, fino a convergere producendo la cosiddetta New Left, un movimento che si distingueva nettamente dalla vecchia sinistra per scopi, forme organizzative e strategie di trasformazione sociale. Il progetto rivoluzionario veniva recuperato, ma in sintonia con gli ideali libertari pre-marxisti, non con il socialismo operaio. In tale progetto sono confluite le diverse forme controculturali della rivolta giovanile, con la sua ricerca di nuovi modelli esistenziali e di libert sessuale e col suo ricco insieme di valori comunitari e libertari. Un variegato orizzonte di idee sociali, sperimentazioni e relazioni cos emerso, illuminato da folli speranze di cambiamento radicale. Certo la luce non veniva soltanto dallideologia. Era alimentata da unimportante transizione in atto nella societ euroamericana, a livello tecnologico, economico e sociale. Tra la fine della seconda guerra mondiale e linizio degli anni 60 non era morto soltanto il socialismo operaio. Altre caratteristiche determinanti della vecchia sinistra erano andate scomparendo: la capacit dei partiti operai gerarchici di rappresentare le tendenze sovversive, la disperazione tipica degli anni 30, larcaica eredit tecnologica fondata su giganteschi impianti industriali con limpiego di lavoro intensivo e sovradimensionato. La struttura industriale negli anni della Grande Depressione non era tecnologicamente molto innovativa. Gli anni 30 sono stati forse anni di speranza ardente, ma cupi. Gli anni '60, allopposto, sono stati segnati da esuberanti promesse, anche quella di ottenere limmediata realizzazione dei propri desideri. Il capitalismo, ben lungi dal ricadere nella cronica depressione che aveva preceduto la guerra, si era riorganizzato e le sue fondamenta non erano mai state cos solide. Esso ha creato 131 uneconomia pianificata basata sulla produzione militare e tenuta in piedi da eccezionali progressi tecnologici, nellelettronica, nellautomazione, nelluso del nucleare, nellagribusiness. Uninfinita quantit e variet di beni uscita come dal corno dellabbondanza. La ricchezza prodotta era tale, in effetti, che notevoli porzioni della popolazione potevano vivere usando semplicemente gli scarti della societ. Oggi, a distanza di anni, difficile rendersi conto di quanto quellepoca sembrasse promettere. Erano promesse chiaramente materialistiche. La controcultura di allora rifiutava i beni materiali, eppure consumava senza avvertire contraddizione impianti stereo, dischi, apparecchi televisivi, farmaci che aprivano la mente, vestiti esotici e cibi altrettanto esotici. Trattati progressisti come Triple 5e!olution incoraggiavano lidea, apparentemente pi che giustificata, che almeno in Occidente la tecnologia fosse entrata in unera di abbondanza senza precedenti e di libert dal lavoro. Che la societ potesse essere riorganizzata in modo da godere pienamente di tutto questo ben-di-dio materiale e sociale era fuori di dubbio, una volta che tale benessere venisse strutturato sulla base di una nuova visione etica. Tali aspettative permeavano ogni strato della societ, anche quelli pi diseredati e sfavoriti. Il movimento per i diritti civili non nasceva dal semplice risentimento covato dai neri nel corso di tre secoli di oppressione e discriminazione. Negli anni 60 esso si originato anche pi prepotentemente dalla speranza popolare di accedere ad un tenore di vita pari a quello della classe media bianca, e dalla convinzione di aver raggiunto ormai unabbondanza pi che sufficiente per tutti. Il messaggio etico di King e dei suoi discepoli affondava le proprie radici nella tensione esistente tra lindigenza dei neri e il benessere dei bianchi, una tensione che rendeva loppressione dei neri anche pi intollerabile che in passato. Allo stesso modo, anche la New Left si andata radi- calizzando in conseguenza delliniquit con cui la ricchezza americana era distribuita e dellirrazionalit con cui era impiegata (ad esempio in avventure militari allestero). La controcultura e le sue richieste sono diventate sempre pi utopiche, nella misura in cui le comodit della vita divenivano accessibili a tutti. I giovani, i famosi emarginati degli anni 60, hanno dato un significato etico al fatto di poter vivere decentemente rovistando nelle immondizie e 132 con un po di aiuto da parte degli amici, come diceva una famosa canzone dei Beatles. Non dico questo perch intendo denigrare il radicalismo della New Left e le utopie della controcultura. Cerco piuttosto di spiegare perch abbiano assunto certe forme stravaganti ed anche perch siano scomparse non appena le tecniche di gestione della crisi, messe in atto dal sistema, hanno reinventato il mito della penuria di beni e messo il freno ai programmi assistenziali (un mito della penuria accettato anche da certe tendenze reazionarie del movimento ecologista, come vedremo pi avanti). E nemmeno voglio sostenere che gli ideali etici di libert siano meccanicamente legati alla contrapposizione tra povert e abbondanza. Cinquecento anni di rivolte contadine con le loro visioni utopiche, oppure le rivolte degli artigiani durante lo stesso lasso di tempo e con visioni simili, o quelle di sovversivi religiosi come gli Anabattisti e i Puritani, o infine quelle di anarchici e utopisti libertari di impostazione razionalistica (movimenti che hanno spesso lanciato messaggi di ascetismo in epoche tecnologicamente non sviluppate), tutto ci sarebbe inesplicabile. Tutti questi progetti rivoluzionari hanno accettato concezioni della libert basate sulla povert, non sullabbondanza. Ci che in genere li ha messi in moto sono state le asprezze della transizione dal villaggio alla citt, dalla citt agli Stati nazionali, dalle forme di lavoro artigianale a quelle industriali, da societ miste al capitalismo, situazioni ciascuna delle quali era peggiore di quella precedente, sia sul piano psicologico cne materiale. Ci che ha spinto la New Left verso il suo progetto rivoluzionario e la controcultura verso la sua caotica utopia sono state invece concezioni di libert basate sullabbondanza, sul trapasso ad una situazione migliore della precedente. In effetti, per la prima volta sembrava che la societ potesse dimenticarsi delle potenzialit tecnologiche finalizzate a produrre benessere materiale per tutti, concentrandosi invece sul benessere etico per lutti. Labbondanza, almeno quella che esisteva per le classi medie, ed una tecnologia dalla produttivit incalcolabile, hanno generato una loro etica: la ragionevole certezza che labolizione di qualsiasi forma di oppressione (imposta ai sensi, al corpo o alla mente) potesse essere ottenuta anche sul terreno borghese della strumentalit economica. A motivare limpostazione progressista dei primi documenti della New Left (come la Dichiarazione di Port Huron) cera la convinzione che la tecnologia fosse ormai cos 133 produttiva da poter essere usata per tranquillizzare i ricchi e rimuovere la loro tradizionale paura di perdere i propri beni. I ricchi avrebbero potuto serenamente godere la ricchezza e la societ (a parte i problemi di potere e controllo) avrebbe ugualmente a disposizione di che garantire ampio benessere a tutti. In effetti capitalismo e Stato sembravano aver perso la propria ragione dessere, in quanto la disponibilit di mezzi di sostentamento creata dalla tecnologia sembrava renderne inutile la distribuzione secondo criteri gerarchici. Anche il lavoro, dunque, cessava di essere un fardello per le masse. La repressione sessuale non era pi necessaria al fine di deviare le energie libidinali verso lintensa attivit lavorativa. Gli ostacoli convenzionalmente frapposti sulla via del piacere in queste nuove condizioni diventavano insopportabili e il bisogno poteva essere sostituito dal desiderio, inteso come impulso genuinamente umano. Il regno della necessit poteva finalmente essere sostituito dal regno della libert, e ci spiega linteresse suscitato allepoca, in molte parti del mondo, dalle opere di Charles Fourier. Nella loro fase iniziale, la New Left e la controcultura erano profondamente anarchiche e utopiche, come dimostrato dal contenuto dei progetti che cominciavano ad affiorare alla coscienza collettiva. Uno dei primi stato il modo realmente democratico, faccia a faccia, di prendere le decisioni. Il termine democrazia partecipativa divenne di gran moda per indicare la necessit di controllo dal basso su tutti gli aspetti dellesistenza, non soltanto su quelli politici. Era sottinteso che chiunque poteva accedere alla sfera politica e trattare la gente nella vita di tutti i giorni in modo democratico. Con ci si intendeva in realt che le persone avrebbero dovuto essere trasparenti in tutte le loro relazioni e in tutte le idee professate. Tanto la New Left quanto, in ugual misura, la contro- cultura emergente che laffiancava, avevano un atteggiamento ferocemente antiparlamentare che spesso tendeva apertamente allanarchismo. stato scritto molto sul fuoco nelle strade che a quellepoca era parte integrante delle attivit della sinistra, ma bisogna riconoscere che cerano anche forti impulsi verso listituzionalizzazione dei processi decisionali che oltrepassavano il livello della protesta di piazza e delle dimostrazioni cos comuni in quel tempo. 134 La principale organizzazione americana della New Left, gli Studenti per una Societ Democratica (SDS) e il suo equivalente tedesco, lUnione degli Studenti Socialisti (anche in questo caso SDS) erano caratterizzate da un certo formalismo nelle loro conferenze e riunioni di lavoro. Ma tutti potevano parteciparci, con ben poche limitazioni, e ci ha esposto tali organizzazioni allinvasione cinica da parte di sette della sinistra dogmatica. Ad eccezione di quelle di grandi dimensioni, queste conferenze e riunioni avevano in gran parte acquisito una loro propria geometria egualitaria, il circolo, dove non esisteva alcun presidente formale o capo. Chi aveva avuto la parola indicava chi dovesse parlare dopo di lui semplicemente scegliendo una delle persone che avevano alzato la mano per indicare la volont di esprimere il proprio punto di vista. Tale geometria e procedura non erano una forma di simbolismo democratico e organizzativo fine a se stesso. Al contrario, esprimevano una genuina fiducia nel dialogo faccia a faccia e nella discussione spontanea. Le leadership venivano viste con sospetto, al punto che gli incarichi erano spesso assunti a rotazione e lesistenza di quadri strutturati aborrita come un cedimento verso il controllo autoritario. Le assemblee della New Left contrastavano drammaticamente con le riunioni, molto formali e spesso accuratamente orchestrate, che qualche generazione prima avevano caratterizzato il movimento operaio. In effetti, la democrazia applicata in modo estremo al processo decisionale era considerata come marginale dal socialismo operaio, particolarmente da quello di impostazione marxista. In un certo senso, la New Left stava quasi consapevolmente riportando in vita tradizioni elaborate nel corso delle rivoluzioni democra'tiche di due secoli addietro. Proprio perch i mezzi di sussistenza apparivano potenzialmente disponibili in abbondanza per tutti, la New Left sembrava capire che la democrazia e una concezione etica della libert costituivano il mezzo per arrivare direttamente a quellugualitarismo sociale che il socialismo operaio aveva cercato di raggiungere con mezzi economici e partitici. Era un notevole spostamento daccento verso limportanza delletica, in unepoca in cui tutti i problemi materiali dellumanit apparivano solubili, almeno in linea di principio. In effetti, lepoca premarxista delle rivoluzioni democratiche si era mescolata con le forme di socialismo e pensiero utopico premarxista sotto legida della democrazia partecipativa. Leconomico diveniva ora veramente 135 politico, e il politico cominciava a perdere la patina di statalit che per un secolo laveva avvolto, un cambiamento dalle implicazioni decisive ed anarchiche. In secondo luogo, unimpostazione cos democratica nella vita sociale non aveva senso senza decentramento. Se la struttura della democrazia non veniva ricondotta ad un livello umano, comprensibile, da toccare con mano, la democrazia stessa non poteva acquisire una vera forma partecipativa. Bisognava creare nuove unit di rapporto sociale e nuove modalit tra le persone. In breve, la New Left cominciava a cercare, sia pur a tentoni, nuove forme di libert. Tuttavia non mai riuscita ad esportare queste nuove forme al di l delle assemblee che in genere si tenevano nei campus delle universit. In Francia, durante la rivolta del maggio-giugno 1968, sembra che in diversi arrondissements parigini si siano tenute assemblee di quartiere. Anche negli Stati Uniti erano state avviate attivit nei quartieri, ma senza vero interesse, soprattutto da parte di gruppi che agivano in sostegno di scioperi o di collettivi attivi nei ghetti. Comunque lidea di dar vita a nuove forme di attivit municipale libertaria, come contropotere alternativo alle forme statizzate, non ha preso piede, tranne che in Spagna dove il Movimento dei Cittadini, a Madrid, ha avuto un ruolo non secondario nel coagulare i sentimenti popolari contro il regime franchista. La richiesta di decentramento rimasta uno slogan cui ispirarsi, senza riuscire ad esprimersi tangibilmente fuori delle universit, dove gli interessi sovversivi erano centrati sul potere studentesco. La controcultura ha dato la sua versione del decentramento sotto forma di vita comunitaria. Gli anni 60 sono stati il decennio per eccellenza per le comunit di tipo anarchico, come le definivano molti testi sullargomento. Gli esperimenti comunitari si sono moltiplicati nelle citt e nelle campagne. Pi che sviluppare una nuova politica, essi intendevano sperimentare nuovi modelli di esistenza, antitetici a quelli convenzionali. Erano dei veri e propri nuclei di contro cultura. I nuovi modelli prevedevano la messa in comune della propriet, la pratica dellusufrutto, la rotazione degli incarichi di lavoro, la cura collettiva dei figli da parte di entrambi i sessi, costumi sessuali radicalmente nuovi, il tentativo di raggiungere una certa autonomia economica, e la creazione di nuova musica, poesia, arte, nellintento di interrompere ogni contatto con i canoni estetici dominanti. Il corpo umano e la sua 136 rivalutazione, quale che possa essere il giudizio sui modelli adottati, diventava parte di un pi generale tentativo di abbellire lambiente. I veicoli, le stanze, lesterno dei palazzi, perfino le pareti di mattoni delle case popolari venivano decorati e coperti di murales. Questo tipo di comuni, in certi casi, costituivano porzioni intere di questo o quel quartiere, e ci ha portato alla costituzione di associazioni intercomunita- rie e strutture di supporto anche se informali, come quelle chiamate consigli di trib. Lidea del tribalismo, che la controcultura ha preso in prestito abbastanza facilmente dalla tradizione degli indiani americani, si espressa pi in un linguaggio gergale di amore e nelladozione di usanze indiane (rituali e specialmente gioielli) che in una realt di relazioni durevoli e di mutuo appoggio. Ci sono stati gruppi che hanno tentato di vivere nel rispetto di siffatti principi tribali e in qualche caso schiettamente anarchici, ma sono stati rari. Buona parte dei giovani che hanno contribuito alla creazione della controcultura erano transfughi provvisori provenienti dai sobborghi della classe media, ai quali avrebbero fatto ritorno al termine degli anni 60. Ma i valori di molte comunit erano ideali consolidati che sarebbero filtrati nella New Left, la quale ha dato anchessa vita ai suoi collettivi, per compiti specifici come la stampa di articoli, la direzione di scuole libere e altre iniziative del genere. Termini anarchici come gruppi di affinit (che nel movimento anarchico spagnolo erano lunit-base per lazione) hanno cominciato a diventare di moda. Presso gli anarchici spagnoli questi gruppi erano stati concepiti come forme associative contrapposte alle sezioni dei vari partiti socialisti fondate sulla residenza o sul luogo di lavoro; nella New Left, le personalit pi libertarie vi portavano anche altri elementi della controcultura, come lo stile di vita, oltre allattivit politica. In terzo luogo, laccumulo di propriet era oggetto di derisione. La capacit di espropriare cibo, vestiario, libri o altro dai grandi magazzini e dagli shopping center era considerata un merito. Tale mentalit, e pratica, divennero cos diffuse da infettare perfino le classi medie rispettose delle convenzioni. Il taccheggio nei negozi assunse proporzioni epidemiche negli anni 60. La propriet veniva generalmente vista come una specie di bene pubblico, da usare liberamente o da espropriare. Anche i valori estetici, che erano rimasti seppelliti nei manifesti artistici e politici del passato, hanno avuto una rinascita 137 straordinaria. I musei venivano contestati in quanto si riteneva che gli oggetti ivi contenuti dovessero essere esposti in luoghi pubblici in modo da divenire parte di un ambiente vivo, reale. Si tenevano pubbliche rappresentazioni teatrali &Street theatre( nei posti pi incredibili, come sui marciapiedi dei quartieri finanziari; complessi rock tenevano i propri concerti per strada o nelle piazze; i parchi erano usati come aree per le manifestazioni, o per le discussioni, o semplicemente come luoghi allaperto dove giovani seminudi fumavano tranquillamente marijuana sotto il naso dei poliziotti. Infine, limmaginario della societ occidentale stato surriscaldato da immagini insurrezionali. In seno alla New Left ha cominciato a circolare la convinzione che il mondo intero fosse ineluttabilmente prossimo ad una trasformazione rivoluzionaria violenta. La guerra in Vietnam ha messo in moto folle immense a Washington, a New York e in altre citt americane ed europee, come non si vedeva dai tempi della Rivoluzione Russa. Le sommosse nei ghetti neri diventarono comuni, con i loro scontri sanguinosi con lesercito e la polizia, che hanno spesso subito perdite. Luccisione di personaggi pubblici come Martin Luther King e Robert Kennedy sono state solo quelle pi famose, in un elenco che comprende attivisti per i diritti civili, studenti e (crimine orrendo) un gruppo di bambini neri nel corso di una funzione religiosa. Queste morti spinsero alcuni settori della New Left verso attivit terroristiche individuali. Lanno 1968 ha visto la pi spettacolare rivolta di movimenti studenteschi e neri. In Francia, in maggio- giugno, milioni di operai hanno seguito gli studenti in uno sciopero generale durato settimane. Leco di questa quasi-rivoluzione (come stata definita di recente) giunto in tutto il mondo in svariate forme, ma ha ottenuto scarsa simpatia presso le classi operaie e aperta ostilit presso gli operai tedeschi e americani, il che stato una specie di sigillo di chiusura definitiva apposto sul socialismo operaio. Nonostante una massiccia sollevazione degli studenti americani nel 1970, in seguito allinvasione della Cambogia, tutto questo movimento, pi che una vera insurrezione, era la sua proiezione immaginaria. In Francia, i lavoratori hanno battuto in ritirata, agli ordini dei loro partiti e sindacati. Le classi medie erano sinceramente combattute tra i benefici materiali ottenuti dallestablishment e lappello etico proveniente dalla New Left, cio 138 dai suoi stessi figli. Libri come quelli di Theodor Roszak e di Charles Reich, che tentavano di spiegare alle generazioni pi anziane il messaggio della New Left e in particolare la controcultura, hanno incontrato un successo sorprendente. Forsanche milioni di persone attaccate alle convenzioni avrebbero avuto unatteggiamento di simpatia attiva per le dimostrazioni pacifiste, e perfino per la stessa New Left, se lideologia di questa fosse stata presentata secondo le forme populiste e libertarie proprie della tradizione rivoluzionaria americana. La fine degli anni 60, in effetti, stato un periodo di grande importanza per la storia degli Stati Uniti. Se la New Left e la controcultura avessero avuto una crescita pi lenta, pi paziente e graduale, larghi settori della coscienza popolare sarebbero cambiati. Il famoso sogno americano, forse alla pari di altri sogni nazionali, aveva radici ideologiche profonde, non solo radici materiali. Gli ideali di libert, di comunit, di mutuo appoggio, anche di federalismo decentrato, sono arrivati in America con i primi insediamenti di Puritani progressisti. Il loro particolare protestantesimo, contrario ad ogni forma di gerarchia ecclesiastica, faceva riferimento al comunalismo del cristianesimo primitivo piuttosto che ad un rozzo individualismo (un ideale essenzialmente da cowboy, un anarchismo puramente personale dove il fuoco del bivacco delleroe armato e solitario sostituito dal focolare familiare dei proprietari terrieri del villaggio). I Puritani attribuivano grande importanza alle assemblee popolari faccia a faccia o ai raduni cittadini che consideravano pi come strumenti di autogoverno che di governo centralizzato. Pur senza essere rispettata rigorosamente, tale concezione ha continuato ad esercitare unimmensa influenza sullimmaginario americano, al punto che se fosse stata accolta dalla New Left e dalla controcultura le avrebbe caricate di un senso etico che molti americani avrebbero accettato. Ma la New Left, invece di seguire questa tradizione, verso la fine degli anni 60 ha sciaguratamente fatto lesatto contrario. Si staccata dalle sue origini anarchiche ed utopiche e, quel che peggio, ha acriticamente fatto proprie ideologie provenienti dal Terzo Mondo, ispirate ai modelli sociali vietnamiti, cinesi, nordcoreani e cubani. Tali ideologie sono state introdotte dai residui del settarismo marxista ancora in circolazione dagli anni 30, non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa, ed oggi costituiscono il curriculum accademico, sia pur in forma pi 139 sofisticata, del corpo insegnante della New Left. Proprio le tendenze democratiche della New Left sono state usate contro di essa dagli autoritari filo-maoisti, allo scopo di conquistare lSDS in America e in Germania. Nel tentativo di rifiutare una presunta ascendenza piccolo-borghese, questi movimenti si sono imbevuti di atteggiamenti operaisti e di riverenza per lestremismo nero, esibendo uno zelo ultrarivoluzionario che li ha totalmente marginalizzati e demoralizzati. Gli anarchici presenti nellSDS americana e tedesca, ed in altre organizzazioni simili, non sono riusciti a dar vita ad un loro movimento bene organizzato, e lostentazione di ultra-rivoluzionarismo ha giocato a favore delle pi strutturate tendenze maoiste, con risultati disastrosi per tutta la New Left. Ma non stato soltanto un difetto di ideologia ed organizzazione che ha portato alla morte la New Left e la controcultura. Leconomia in espansione, surriscaldata, degli anni 60 stata sostituita in modo definitivo dalleconomia raffreddata e fluttuante degli anni 70. La rapidit dello sviluppo economico stata deliberata- mnte bloccata e la sua direzione invertita, almeno in parte. Sotto la guida di Nixon negli Stati Uniti e della Thatcher in Inghilterra, cos come dei loro colleghi in altre nazioni europee, stato creato un nuovo clima politico ed economico che ha sostituito la sobbollente mentalit degli anni 60 con un senso di incertezza economica. Linsicurezza materiale degli anni 70, e la reazione politica successiva alla vittoria elettorale del conservatorismo in America e in Europa, ha dato origine a una tendenza individuale a ritirarsi dalla sfera pubblica. Il privato, la carriera, linteresse personale hanno preso a prevalere sempre pi marcatamente sul senso sociale, sullimpegno etico, sulla volont di cambiamento. La New Left scomparsa anche pi rapidamente di come era comparsa, e la controcultura diventata un fenomeno commerciale per boutiques e per interpretazioni in chiave pornografica della libert sessuale. La cultura della droga per aprire la mente, tipica degli anni 60, ha aperto la strada negli anni 70 ad una cultura della droga-sedativo, mettendo in crisi la societ euroamericana con la scoperta di nuovi farmaci e delle pi bizzarre combinazioni di questi per sentirsi su o gi, a seconda delle necessit. Una storia completa della New Left e della controcultura, con la descrizione approfondita delle sue origini, del suo sviluppo e della 140 sua decadenza, deve ancora essere scritta. La gran parte del materiale oggi disponibile sentimentale o autogiustificativo. Il radicalismo della New Left era essenzialmente intuitivo. La New Left non era teoricamente cos preparata come la vecchia sinistra, alla quale essa ha tentato di succedere pi con limpegno attivo che con lanalisi. Nonostante la massa di volantini propagandistioi dal lessico roboante, essa non ha prodotto analisi intellettualmente acute degli eventi che provocava o delle possibilit reali che aveva di fronte. A differenza della vecchia sinistra che, con tutti i suoi difetti, era pur sempre parte di una tradizione secolare ricca di esperienze e valutazioni critiche, la New Left apparsa pi come un fatto storico isolato, difficile da spiegare nel contesto di una fase storica pi ampia. Pi interessata allazione che alla riflessione, la New Left ha utilizzato versioni rinfrescate dei pi consunti dogmi marxisti per avallare la propria riverenza, nutrita da sensi di colpa, per i movimenti del Terzo Mondo, per curare le sue stesse insicurezze di classe media, nonch per nascondere lelitarismo dei suoi leader pi opportunisti, prova vivente di come il potere, di fatto, corrompa. I pi impegnati dei giovani estremisti degli anni 60 andavano a lavorare in fabbrica per brevi periodi, allo scopo di conquistare una classe operaia per lo pi indifferente, mentre altri si volgevano al terrorismo, con azioni che in alcuni casi non erano che una parodia del terrorismo vero e in altri una tragedia che costata la vita a tanti giovani intensamente (pur se erroneamente) impegnati. Ecco dunque che errori gi fatti in passato son stati cos riciclati: disprezzo per la riflessione seria, sopravvalutazione dellazione, tendenza a ricadere nei dogmi pi frusti, con il risultato certo della sconfitta e della demoralizzazione. Ed proprio quello che successo negli anni 60, quando si giunti alla stretta finale. Ma non detto che tutto sia perduto. Il socialismo operaio aveva centrato il proprio progetto rivoluzionario sugli aspetti economici della mutazione sociale, cio sulla creazione, specialmente sotto il capitalismo, delle condizioni materiali necessarie per una successiva liberazione dellumanit. In accordo con lopinione di pensatori famosi come Aristotele, era logico pensare che i popoli dovessero essere ragionevolmente liberi dai bisogni materiali per poter svolgere le proprie funzioni nella sfera politica. La libert che si voleva dotare di basi materiali, atte a 141 permettere alle persone di agire come individui o collettivit responsabili ed autonome, era la libert formale della disuguaglianza fra uguali, il regno astratto della giustizia. Il socialismo operaio morto in parte a causa della sua aridit e mancanza di immaginazione, ma ha anche apportato le necessarie correzioni alla concezione puramente etica delle istituzioni politiche, mostrandosi in grado di concepire le strutture economiche necessarie alla piena partecipazione popolare nella ricostruzione della societ. La New Left ha recuperato le visioni utopiche ed anarchiche del progetto rivoluzionario pre-marxista, ma ha anche intuito che esse potevano essere allargate per porle in sintonia con le nuove possibilit di benessere che la tecnologia aveva messo a disposizione dopo la seconda guerra mondiale. Alla solidit delle fondamenta economiche necessarie per una societ libera, la New Left ha cos aggiunto alcuni attributi tipici del fourierismo. Ha proposto limmagine di una societ sensuale e non soltanto ben nutrita; libera dal lavoro e non solo dallo sfruttamento; una democrazia sostanziale, non solo formale; labbandono al piacere, non solo la soddisfazione dei bisogni. I valori antigerarchici, decentralisti, comunitari ed edonistici avrebbero continuato a manifestarsi fino agli anni 70, nonostante le contorsioni ideologiche della New Left che si andava decomponendo e precipitava in un mondo immaginario di insurrezioni, rabbia e terrorismo. Mentre, come ben sappiamo, i leader e i luogotenenti avrebbero finito per trovare la propria strada in auelle stesse strutture universitarie che tanto avevano disprezzato negli anni precedenti, il resto del movimento ha pagato un pesante scotto di suicidi, morti in scontri a fuoco con la polizia, detenzioni e rovina psicologica. Ma la New Left ha anche significativamente ampliato la definizione di libert e lorizzonte del progetto rivoluzionario, spingendoli al di l dei loro confini economici tradizionali, verso concezioni politiche e culturali pi aperte. Nessun movimento futuro potr mai dimenticare leredit etica, estetica ed antiautoritaria lasciata dalla New Left e dagli esperimenti comunitari fioriti in seno alla controcultura, nonostante le due tendenze non siano assolutamente assimilabili. La dimensione anarchica degli anni 60 non scomparsa. Due problemi, comunque, sono rimasti insoluti. Quali forme specifiche dovrebbe assumere un futuro movimento che volesse arrivare alla gente? E quali possibilit e nuove idee ci sono a disposizione per allargare 142 gli ideali di libert? )l "emminismo e lecologia Quando ancora la New Left e la controcultura erano pienamente vitali, gi queste domande cominciavano ad avere risposta attraverso due nuove problematiche: lecologia e il femminismo. I movimenti protezionistici, ed anche quelli ambientalisti volti a correggere particolari eccessi dellinquinamento, hanno una antica tradizione nei Paesi di lingua inglese e nellEuropa centrale, dove il misticismo naturalistico risale al tardo Medio Evo. Lascesa del capitalismo con i danni terribili da esso inflitti al mondo naturale ha dato a questi movimenti un rinnovato senso durgenza. Laccertamento che talune malattie come la tubercolosi (la famosa peste bianca del diciannovesimo secolo) traevano la propria origine dallindigenza e dalle malsane condizioni di lavoro, ha spinto molti medici socialmente impegnati, come il liberale tedesco Rudolph Virchow, ad occuparsi attivamente della mancanza di igiene tra le popolazioni povere. Movimenti simili sono sorti in Inghilterra e si sono diffusi in tutto il mondo occidentale. Il rapporto tra ambiente e salute, cos, stato visto per pi di un secolo come un problema di generale importanza. Nella maggioranza dei casi, tale rapporto era concepito in termini eminentemente pratici. Il bisogno di pulizia, alimentazione adeguata, abitazioni sane e condizioni di lavoro decenti, veniva affrontato in modo molto angusto, senza coinvolgere lordine sociale. Lambientalismo era un movimento riformista. Non sollevava alcun problema di grande portata al di l del trattamento umanitario dei ceti poveri e operai. Una volta che fossero state attuate alcune specifiche riforme, i suoi adepti ritenevano che non ci sarebbe mai stato attrito serio tra il sistema capitalistico e il loro orientamento stretta- mente ambientalistico. Un altro movimento ambientalista, soprattutto americano, ma diffuso anche in Inghilterra e Germania, emerso da una passione quasi mistica per la vita selvaggia. In esso sono confluite diverse correnti, troppo complesse per darne conto in questa sede. Protezionisti americani come John Muir trovavano nella vita selvaggia una forma di contatto con la vita non umana che ritenevano spiritualmente vivificante, capace di destare desideri ed istinti umani sopiti. E' una concezione che pu essere fatta risalire allidilliaca passione di Rousseau per la vita solitaria in mezzo alla 143 natura. Come modo di sentire sempre stato segnato da una buona dose di ambiguit. Il mondo selvaggio, o ci che oggi ne resta, pu dare un senso di libert, una pi intensa percezione della fecondit della natura, un amore per le forme di vita non umane, ed un pi ricco apprezzamento - estetico dellordine naturale. Ma c anche un lato meno innocente. Il mondo selvaggio pu indurre anche a rifiutare la natura umana, e ogni rapporto sociale, e a dar vita ad uninutile opposizione tra vita selvaggia e vita civile. Rousseau tendeva ad assumere posizioni di questo tipo, nel diciottesimo secolo, per ragioni che qui non il caso di considerare. Laccusa di essere un nemico dellumanit, mossa a Rousseau da Voltaire, non del tutto esagerata. Lentusiasta della vita selvaggia che si ritira in montagna e sfugge la compagnia umana non fa che ingrossare la trib di misantropi, che si sono manifestati innumerevoli in tutte le epoche. Per le popolazioni tribali, tali temporanei ritiri hanno lo scopo di ritornare poi alla trib con un maggior bagaglio di saggezza; per il misantropo, invece, una rivolta contro la sua propria specie, un rifiuto dellevoluzione naturale incarnatasi negli esseri umani. Questa contrapposizione tra una presunta prima natura selvaggia e una seconda natura sociale, riflette la cieca e tortuosa incapacit di distinguere quanto di irrazionale ed anti- ecologico presente nella societ capitalistica da quanto di razionale ed ecologico potrebbe esistere in una societ libera. La societ viene invece condannata in quanto tale, all'ingrosso. L'umanit, senza che vengano tenuti presente i conflitti ad essa interni tra oppressi ed oppressori, riunita sotto letichetta di ununica specie, dannosa al mondo naturale, primigenio, supposto innocente ed etico. Tale impostazione porta ad un rozzo biologismo che impedisce qualunque possibilit di dare alla societ e allumanit un posto nella natura, o pi precisamente nellevoluzione naturale. Il fatto che anche gli esseri umani siano prodotti dellevoluzione naturale e che anche la societ esca dal medesimo processo considerato con scarsa attenzione e viene generalmente subordinato ad unimmagine molto statica della natura. In tale semplicistico immaginario, la natura vista come un paesaggio riprodotto in cartolina. E' una concezione ben poco naturalistica e, comunque pi estetica che ecologica. Lappassionato di vita selvaggia in genere un turista in vacanza, che entra in un mondo 144 fondamentalmente alieno rispetto allambiente in cui normalmente vive. Che lo sappia o no, questo turista porta con s quellambiente, proprio come porta appeso alle spalle lo zaino, prodotto ai una societ altamente industrializzata. La necessit di superare questo ambientalismo tradizionale emersa allinizio degli anni 60, e precisamente nel 1964, quando alcuni autori anarchici hanno tentato di rimodellare il pensiero libertario secondo linee ecologiche. Pur senza negare lurgenza di fermare linquinamento ambientale, il disboscamento insensato, la creazione di centrali nucleari et similia, lapproccio riformista e settoriale veniva abbandonato per un approccio rivoluzionario, fondato sullesigenza di ricostruire totalmente la societ secondo principi ecologici. Laspetto pi significativo di questo nuovo approccio, che ha le sue radici nel pensiero di Kropotkin, era il riconoscimento di una relazione tra la gerarchia e il concetto di dominio sulla natura. In parole povere, si diceva, lidea stessa di dominare la natura deriva dallesistenza del dominio delluomo sulluomo. Come ho gi avuto modo di osservare, siffatta interpretazione ribaltava totalmente la tradizionale concezione marxista e liberale secondo la quale il dominio delluomo sulluomo prende origine dalla necessit storica di dominare la natura per mezzo del lavoro umano, allo scopo di vincere un mondo naturale apparentemente avaro, rapace, dal quale bisogna disserrare i segreti per metterli poi a disposizione di tutti e creare cos una societ felice. Nessunaltra ideologia, dai tempi di Aristotele, ha fatto di pi per giustificare la gerarchia e il dominio di questo mito della necessit di dominare sugli uomini per poter dominare sulla natura. Il liberalismo, il marxismo ed altre ideologie precedenti hanno indissolubilmente legato il dominio sulla natura alla libert umana. Estrema ironia, il dominio sugli esseri umani, lascesa della gerarchia, delle classi e dello Stato, sono stati visti come presupposti per la loro successiva eliminazione. Lopposta concezione di derivazione anarchica stata deliberatamente definita ecologia sociale, allo scopo di sottolineare come i principali problemi ecologici hanno radici in problemi sociali, i quali a loro volta risalgono alle origini della cultura patriarcale. Lascesa del capitalismo, con le sue caratteristiche di competizione, accumulazione e crescita illimitata, ha portato la situazione (ecologica e sociale) ad un punto critico, come mai si visto precedentemente, in qualunque epoca della storia umana. La 145 societ capitalista, riciclando il mondo organico e trasformandolo in un crescente, inanimato e inorganico cumulo di merci, sta semplificando la biosfe'ra, interrompendo la sua millenaria evoluzione verso la differenziazione e la diversit. Affinch la tendenza venga invertita, il capitalismo deve essere sostituito da una societ ecologica fondata su relazioni non- gerarchiche, su comunit decentrate, su ecotecnologie come lenergia solare, sullagricoltura organica e su industrie a misura umana, insomma forme di insediamento veramente democratiche, economicamente e strutturalmente coerenti con lecosistema in cui si trovano collocate. Siffatte concezioni sono state pionieristicamente esposte in alcuni articoli, come i miei colog1 and 5e!olutionar1 Thought (Ecologia e pensiero rivoluzionario) del 1964 e To<ard a Liberator1 Technolog1 (Verso una tecnologia liberatoria) del 1965, qualche anno prima che venisse proclamato lEarth Day (Giorno della Terra) e una misteriosa parola, ecologia, cominciasse a entrare nelle discussioni di ogni giorno. Ci che deve essere sottolineato che questa letteratura, per la prima volta, legava la problematica ecologica alla gerarchia e non semplicemente alle classi economiche. Veniva compiuto un serio tentativo di superare lambientalismo settoriale per affrontare il problema di una crisi ecologica dalle proporzioni monumentali, mentre il rapporto tra natura e societ, precedentemente visto sempre in termini antagonistici, veniva visto come un lungo continuum nel quale la societ era emersa dalla natura come risultato di un processo evolutivo complesso. Forse era chiedere troppo ad una New Left sempre pi maoista e ad una controcultura sempre pi commerciale (entrambe caratterizzate da una spiccata predilezione per lazione a discapito del pensiero) di assorbire lecologia sociale in toto. Luso di termini come gerarchia, raramente impiegati nella retorica della New Left, ha cominciato a comparire sempre pi frequentemente nei discorsi dei tardi anni 60, assumendo una particolare rilevanza in seno ad un nuovo movimento, il femminismo. Con lidea che la donna vittima in quanto tale della civilt maschile, indipendentemente dalla sua posizione di classe e status economico, il termine gerarchia ha assunto un peso notevole nelle prime analisi femministe. Lecologia sociale stata via via rimodellata dalle prime scrittrici femministe, fino a diventare una critica non solo delle classi, ma della gerarchia in tutte le sue forme. In senso lato, lecologia sociale e il primo femminismo hanno 146 messo in discussione lenfasi economicistica posta dal marxismo alla base dellanalisi e della ricostruzione sociale. Hanno reso pi esplicito lapproccio antiautoritario della New Left, ponendo in evidenza il problema della dominazione gerarchica. La degradazione dello status femminile come genere e gruppo sociale apparso chiaramente visibile di fronte alluguaglianza solo apparente di un mondo guidato dalla disuguaglianza tra uguali garantita dalla giustizia. Mentre la New Left si andava decomponendo in una serie di sette marxiste e la controcultura si trasformava in una nuova forma di business commerciale, l'ecologia sociale e il femminismo allargavano lideale di libert oltre i confini fino ad allora stabiliti. La gerarchia in =uanto tale, intesa come modo di pensare, rapporti umani e sociali, oppure come relazioni tra la societ e la natura, poteva ora essere liberata dalla tradizionale analisi classista, che laveva nascosta sotto un tappeto di interpretazioni economiche della societ. La storia poteva ormai essere esaminata in termini di libert, solidariet ed empatia per i propri simili, cio il bisogno di essere parte dellequilibrio naturale. Tali interessi cessavano di essere specifici di una particolare classe, genere, razza o nazionalit. Erano interessi universali, di tutta lumanit nel suo complesso. Non che si dovessero ignorare i problemi economici e i conflitti di classe, ma limitarsi ad essi significava lasciare in vita una serie di atteggiamenti e relazioni perverse che andavano affrontati e corretti in una prospettiva sociale pi vasta. In termini pi precisi di quanto fosse mai stato fatto negli anni 60, o prima di essi, il progetto rivoluzionario poteva ora essere definito come 1'abolizione della gerarchia, la riarmonizzazione dellumanit con la natura attraverso la riarmonizzazione degli esseri umani tra loro, la costruzione di una societ ecologica strutturata sulla base di tecnologie ecologicamente valide e di comunit a democrazia diretta. Il femminismo ha saputo evidenziare il significato della gerarchia in termini esisten%iali. Facendo ampio ricorso agli scritti e al lessico dellecologia sociale, ha reso la gerarchia concreta, visibile e drammaticamente reale, attraverso la condizione femminile in tutte le classi, impieghi, istituzioni e rapporti familiari. Rivelando linferiorit sofferta in particolare dalle donne, ha demistificato le sottili forme di dominio perpetrate nella culla, a letto, in cucina, nei giochi, a scuola, e non solo sul posto di lavoro e in generale nella sfera pubblica. Di conseguenza, quindi, lecologia e il femminismo si sono 147 reciprocamente influenzati e completati, in un comune processo di demistificazione hanno reso manifesto lincubo che aveva pervertito ogni progresso della civilt col veleno della gerarchia e del dominio. Sono stati messi all'ordine del giorno problemi ben pi importanti di quelli affrontati allinizio dalla New Left e dalla controcultura, problemi che richiedevano elaborazione, oltre che unattivit ed una organizzazione serie, per raggiungere le persone in quanto tali, non questo o quel settore particolare della popolazione. Il progetto poteva essere rafforzato facendo proprie problematiche del tutto staccate da quelle tradizionali di tipo classista: il rovesciamento dei cicli naturali, linquinamento crescente, lurbanizzazione incontrollata, laumento delle malattie di origine ambientale... Larea delle persone interessate ai problemi ambientali cominciata a crescere. I problemi dello sviluppo e del profitto, il futuro della Terra, hanno assunto, in modo autonomo, un carattere che si pu definire planetario: non erano pi problemi isolati, o problemi di classe, ma problemi umani ed ecologici. Il fatto che varie elite e classi privilegiate continuassero a perseguire i propri interessi borghesi poteva servire a confermare come il capitalismo in s stesse diventando un interesse settoriale tale da non poter pi essere giustificato. Contrariamente allopinione marxiana, diventava evidente che il capitalismo non una forza storica universale ed ancor meno un interesse umano universale. La fine degli anni 60 e linizio dei 70 ha costituito un periodo pieno di alternative straordinarie. Il progetto rivoluzionario era tornato in piedi. Gli ideali di libert, di cui il marxismo aveva interrotto la tendenza, si erano ripresi ed avanzavano lungo principi anarchici ed utopici per abbracciare linteresse umano universale, linteresse della societ nel suo complesso, non dello Stato nazionale, o della borghesia, o del proletariato, o di qualunque ceto sociale particolare. Era forse possibile che dal processo di decomposizione seguito al 68 si salvasse una parte della New Left e della controcultura in grado di accogliere il grande progetto rivoluzionario cui lecologia sociale e il femminismo avevano dato lavvio? Potevano le sinistre mobilitare nuovamente energie e sentimenti tanto da pareggiare per ampiezza e intelligenza il progetto rivoluzionario cui queste due tendenze avevano dato vita? Le vaghe richieste di democrazia partecipativa, giustizia 148 sociale, disarmo e simili, dovevano essere collegate insieme, in ununica prospettiva coerente. Richiedevano un senso, una direzione che poteva essere ottenuta soltanto attraverso unanalisi, programmi e organizzazioni pi approfondite, pi coerenti e meglio definite di quanto abbia saputo produrre la New Left negli anni 60. Lappello lanciato alla SDS tedesca da Rudi Dutsch- ke per una lunga marcia attraverso le istituzioni, che significava poco pi che un semplice adattamento alle istituzioni esistenti, senza sforzarsi di crearne di nuove, ha avuto come unico risultato la perdita di migliaia di compagni nelle istituzioni. Ci sono entrati e non ne sono pi usciti. 149 RICOSTRUIRE LA SOCIET La porta che conduce alla New Lefit del futuro, quella che sar capace di riassumere in s lesperienza degli anni 30, degli anni 60 e dei decenni successivi, l che sbatte avanti e indietro, girando sui suoi cardini. Non n aperta n chiusa. Le sue oscillazioni dipendono in parte dalla dura realt della vita sociale di tutti i giorni, dalleconomia in calo oppure in ascesa, dal clima politico presente in varie parti del globo, da quel che succede nel Terzo Mondo ma anche nel Secondo e nel Primo, dal vigore della sinistra in patria e fuori, e dai profondi cambiamenti ambientali che aspettano lumanit negli anni a venire. Dal punto di vista ecologico, lumanit deve fare i conti con rilevanti mutazioni climatiche, incremento dellinquinamento, comparsa di nuove malattie. Ogni anno tremendi flagelli come fame, carestie e malnutritizione impongono il sacrificio di milioni di vite. Numeri incalcolabili di specie animali e vegetali rischiano lestinzione in conseguenza del disboscamento e delle piogge acide. Alterazioni del regime idrico e crescita del livello dei mari, a causa delleffetto serra, minacciano di distruggere aree naturali ancora relativamente incontaminate. Le modificazioni globali che vanno degradando lambiente naturale rendendolo inabitabile hanno una rilevanza di livello praticamente geologico e si verificano ad un ritmo sempre pi catastrofico per tutte, o quasi, le forme di vita. Si poteva sperare che siffatti cambiamenti planetari avrebbero catapultato il movimento ecologista sul proscenio del pensiero sociale, con nuovi apporti per gli ideali di libert. Ma non andata cos. Esso si invece diviso in diverse tendenze spesso reciprocamente contrapposte. Alcune di queste sono improntate ad un semplice ambientalismo pragmatico e mirano a riforme settoriali riguardanti problemi come il controllo degli scarichi tossici, lopposizione alla costruzione di centrali nucleari, limitazioni allo sviluppo urbano, e simili. Certamente queste sono lotte necessarie, che non possono essere disprezzate per il 150 semplice fatto di avere una portata limitata. Servono a rallentare la corsa verso disastri come Chernobyl e Love Canal. Ma non per questo rendono meno necessario andare alla radice dei problemi ecologici. Inoltre, essendo orientati in senso meramente riformistico, possono anche creare la pericolosa illusione che lattuale aspetto sociale sia in grado di correggere i propri eccessi. E' necessario invece che la distruzione dellambiente sia vista sempre come intrinseca al capitalismo, come il prodotto inevitabile della sua logica di funzionamento in quanto sistema tendente allespansione e allaccumulazione illimitata. Ignorare la natura intimamente anti-ecologica del presente assetto sociale, sia nella forma manageriale occidentale che in quella burocratica orientale, significa contribuire a distogliere lattenzione pubblica dalla drammaticit della crisi e dalla necessit di risolverla. Lambientalismo, concepito come un movimento di riforme settoriali, cede facilmente al fascino dello Stato, cio al gusto di partecipare alle elezioni, alla vita parlamentare e partitica. Un gruppo di pressione che si trasforma in partito non richiede un grande salto di consapevolezza, e nemmeno lestensore di una petizione che diventa deputato. Tra chi si rivolge umilmente al potere per ottenere qualche favore e chi detiene ed arrogantemente esercita il potere stesso esiste una sorta di sinistra e perversa simbiosi. Entrambi ritengono che le cose possono essere cambiate solo attraverso il potere? vale a dire attraverso quel corpo professionale e corrotto di legislatori, burocrati e militari che chiamiamo Stato. Fare appello a questo potere inevitabilmente funge da' legittimazione per lo Stato, e lo rafforza, mentre parallelamente espropria di ogni potere i popoli. Il potere non lascia vuoti nella vita pubblica. Ogni aumento del potere statale avviene a spese del potere popolare, ed ogni aumento del potere popolare avviene a spese del potere statale. Legittimare il potere statale, dunque, significa delegittimare il potere popolare, e viceversa. Le organizzazioni ecologiste che si volgono allattivit parlamentare non solo legittimano lo Stato a spese del popolo, ma sono anche obbligate a funzionare all'interno dello Stato, e finiscono per diventare sangue del suo stesso sangue. Devono stare al gioco, cio devono adattare le proprie priorit allesistenza di regole predeterminate sulle quali non hanno alcun controllo. Il che non solo d origine ad una serie infinita di 151 relazioni che equivalgono alla partecipazione vera e propria al potere statale, ma mette anche in moto un progressivo processo di degradazione, una continua rinuncia ai propri ideali, attivit e strutture organizzative. Ogni richiesta per lesercizio effettivo del potere parlamentare crea il bisogno di un ulteriore allontanamento dai propri standard di idee e condotta. Se lo Stato il regno del male, come enfaticamente diceva Bakunin, agire nellambito dello Stato significa scegliere tra mali minori o maggiori, e non agire eticamente in funzione di ci che giusto ed ingiusto. Letica stessa viene radicalmente ridefinita, dalla classica e tradizionale ricerca del bene e del male alla contemporanea e sinistra concezione del compromesso tra mali minori e maggiori, cio quanto ho in altra sede chiamato letica del male. Questa fondamentale ridefinizione delletica ha avuto conseguenze disastrose durante il corso della storia recente. Il nazismo riuscito ad arrivare al potere in Germania, quando la socialdemocrazia si trovata a dover scegliere tra liberali e centristi prima, tra centristi e conservatori poi, e tra conservato- ri e nazisti infine. Un decadimento continuo, concluso da un presidnte conservatore, il maresciallo Hinden- burg, con lattribuzione della carica di Cancelliere del Reicb al capo dei nazisti, Adolf Hitler. Il fatto che questa attribuzione sia stata tollerata da parte della classe operaia tedesca senza la minima resistenza, nonostante i suoi grandi partiti e sindacati, un triste evento storico solitamente dimenticato. E tale decadimento morale non si verificato soltanto a livello statale, ma anche a livello degli stessi movimenti popolari, presi anchessi in un processo crudele di degenerazione politica e decomposizione etica. I movimenti ambientalisti non hanno avuto miglior successo nelle loro relazioni con il potere statale. Hanno dato via foreste intere in cambio di qualche simbolica riserva di alberi. Immensi territori selvaggi sono stati scambiati con qualche parco nazionale e grandi porzioni di paludi costiere con pochi ettari di spiaggia intatta. Se si pensa al numero degli ambientalisti che sono entrati nei parlamenti nazionali come Verdi, bisogna riconoscere che hanno in genere ottenuto ben poco oltre allattenzione con cui sono guardati i loro deputati, e non hanno fatto molto per arrestare il degrado ambientale. La coalizione Hesse tra Verdi tedeschi e governo socialdemocratico, verso la met del 1980, finita ignominiosamente. Non solo i principi pi puri del partito Verde tedesco sono stati inquinati dai compromessi dellala realista, 152 ma il partito anche diventato pi burocratico, manipolatorio e professionale, in una parola pi simile ai rivali che un tempo denunciava. Comunque, il riformismo e il parlamentarismo hanno per lo meno una loro concretezza e affrontano problemi reali di politica e di indirizzo sociale. Ma esiste unaltra tendenza del movimento ambientalista, la pi recente, che del tutto evanescente e inconsistente. Essa consiste nel tentativo di trasformare lecologia in una religione popolando il mondo naturale di divinit, ninfe, elfi e simili, il tutto officiato da un corpo di guru indiani finanziariamente astuti, di loro concorrenti nostrani, di streghe di varia connotazione e chi pi ne ha pi ne metta. il caso di spendere due parole per dire come questa tendenza abbia preso origine negli Stati Uniti. Questi sono attualmente il Paese pi incolto, peggio informato e culturalmente pi illetterato di tutto 1'Occidente. La controcultura degli anni 60 non si limitata a rompere col passato, ma ha anche spazzato via la conoscen%a del passato, ivi compresa la storia, la letteratura, larte e la musica. I giovani cretini che arrogantemente rifiutavano di credere a chiunque avesse pi di trentanni, per usare uno slogan assai in voga allepoca, hanno tagliato tutti i loro legami con le migliori tradizioni del passato. Fantasie inequivocabilmente contraddittorie sono state coagulate dalle droghe e dalla musica rock in uno squallido essudato di religioni atee, sovrannaturalismo naturale, politica privata, progressismo reazionario, e via dicendo. Se tale abbinamento di termini del tutto opposti appare irrazionale, il lettore tenga a mente che siffatta amalgama era made in 'merica, cio fatta l dove tutto ritenuto possibile e lassurdo ne normalmente il risultato. Lecologia una disciplina dallapproccio essenzialmente naturalistico, e pu quindi apparire strana tale infestazine di elementi sovrannaturali. Ma diventa spiegabile s essa viene vista nellambito dei suoi confini americani. stupefacente, comunque, il fatto che questo miasma si sia diffuso anche in Europa, special- mente in Inghilterra, in Germania e in Scandinavia. Tempo permettendo, finir per invadere anche i Paesi dellarea mediterranea. Questo ecologismo di natura quasi teologica viene applicato anche alle relazioni di genere, e in questa forma di femminismo culturale sta riscuotendo un seguito crescente in Inghilterra e in Germania. La speranza che lecologia potesse arricchire il 153 femminismo ha assunto laspetto bizzarro di un eco- femminismo teistico, strutturato intorno alla presunta unicit del ruolo educativo della donna nella biosfera. Le ecofemministe hanno essenzialmente capovolto il ruolo privilegiato che le culture patricentriche assegnano agli uomini, attribuendolo alle donne. Le donne sono privilegiate in seno alla natura cos come gli uomini sono considerati privilegiati in seno alla storia, con lunico risultato che allo sciovinismo maschile viene sostituito uno sciovinismo femminile. Allo stesso modo, divinit femminili presumibilmente pacifiche sostituiscono gli dei guerrieri maschili, come se scambiare un dio con un altro non fosse unestensione negli affari umani della religione e della superstizione, per quanto possano essere definite immanenti, pagane o giudaico-cristiane. Miti di tipo femminile sostituiscono quelli a impostazione maschile, come se i miti non fossero sempre intrinsecamente arbitrari e ingannevoli, per naturalistici, sovranna- turalistici, terreni o celesti che siano. Il mondo, da complessa biosfera che dovrebbe indurre alla meraviglia e allammirazione, stimolando una sensibilit estetica oltre che unattitudine premurosa, viene riconcepito come un territorio fondamentalmente femminile, occupato da gnomi, streghe e divinit varie, regolato da riti e mistificato da miti appositi, il tutto appoggiato da una lucrativa marea di libri, oggetti e ornamenti vari. In siffatto teistico terreno, lattivit politica e limpegno sociale tendono a ridursi, passando dallattivismo alla passivit, dalle organizzazioni sociali ai gruppi di autocoscienza. Basta dare ad un qualsiasi problema personale una riverniciatura di gepere (ad un amore in crisi come ad un infortunio sul lavoro) ed esso diventa subito politico. Il concetto che il personale politico viene artificialmente esteso, fino a che il modo di presentare le idee diventa pi importante della sostanza. La forma sostituisce sempre pi il contenuto, e la capacit d argomentazione viene disprezzata come capacit di manipolazione, con il risultato di una mortale mediocrit di forma e contenuto in qualunque discorso politico. Lindignazione morale che un tempo sommuoveva gli spiriti attraverso le parole tonanti dei profeti ebraici, viene denunciata come aggressivit e comportamento maschile. Quello che conta, oggi, non ci> che si dice, ma come lo si dice, anche se sono dichiarazioni sommamente stupide, o immorali, o vuote. Lamore pu regredire e diventare 154 infantilismo e bamboleggiamento. Tutto ci non vuole assolutamente negare laffermazione femminista che la donna stata il paria di una storia principalmente maschile, che non ha peraltro impedito ai maschi medesimi di dominarsi, sfruttarsi, torturarsi e uccidersi fra loro, al di l di ogni possibile descrizione. Ma vedere la donna come la vittima-tipo della gerarchia e la sua oppressione come lorigine di tutte le gerarchie, come pretendono alcune femministe, significa semplificare levoluzione della gerarchia in modo rozzamente riduttivo. La nostra comprensione di un fenomeno non si esaurisce nellaccertamento delle origini di esso, cos come le origini del cosmo non esauriscono la nostra comprensione della sua evoluzione da massa compatta e indifferenziata a forme estremamente complesse. E le gerarchie maschili sono estremamente complesse. Esse esprimono interazioni assai delicate tra padri, fratelli, figli, lavoratori, tipi etnici, e interessano anche lo status culturale e le inclinazioni personali. Il padre amorevole, con il quale la figlia ha spesso un rapporto pi stretto che con una madre competitiva, l a ricordarci che la gerarchia assai complicata a livello familiare, e quindi ancora di pi a livello sociale. N la considerazione della donna come vittima-tipo della gerarchia inequivocabilmente provata dallantropologia. Le donne anziane, in effetti, hanno sempre goduto di uno status privilegiato nelle gerontocrazie primitive, insieme agli uomini anziani. N le donne sono state le uniche vittime del patriarcato, o le pi oppresse. I figli maschi dei patriarchi dovevano frequentemente far fronte a richieste estremamente impegnative, ed in molte occasioni erano trattati dai propri padri in modo ben pi severo che le proprie madri e sorelle. N mancavano i casi in cui il potere patriarcale era apertamente condiviso con le mogli di et avanzata, come testimoniato nella Bibbia dalla condizione di prestigio di Sara. Infine, non affatto certo che le donne non tendano a costituire gerarchie al proprio interno, o che la pura e semplice abolizione del dominio maschile sia sufficiente a rimuovere la gerarchia come tale. La gerarchia presente in ampi spazi della vita sociale oggi, come le burocrazie, i gruppi etnici, le nazionalit, le classi occupazionali, per non parlare della vita domestica in tutti i suoi aspetti. Essa pervade linconscio umano in modi che spesso non hanno alcuna relazione diretta (e nemmeno indiretta) con le 155 donne. Riguarda modi di guardare al mondo naturale che non hanno assolutamente rapporto con la presunta propensione femminile ad essere istinti!amente amorevoli e custodi della vita in quanto tali (un atteggiamento rozzamente biologistico che disconosce il ruolo che le donne hanno sempre avuto nella genesi di una cultura veramente umana, dedicandosi allagricoltura e producendo manufatti come vasellame, tessuti, vestiario). Daltronde, sono anche esistite (e tuttora esistono) sciamane, streghe e sacerdotesse con uno status gerarchico superiore a tutte le altre donne facenti parte del gruppo dei fedeli e degli accoliti. Per linteresse umano generale Le tentazioni antirazionali, teistiche e financo antisecolari che vanno manifestandosi in seno ai movimenti femministi ed ecologisti pongono un problema di fonda- mentale rilevanza per la nostra epoca. Sono il sintomo di una sinistra tendenza anti- illuministica che si diffonde nella societ occidentale contemporanea. In America e in Europa, la maggior parte dei nobili ideali illuministici vengono attualmente posti in discussione: la tensione verso una societ razionale, la fede nel progresso, le speranze riposte nellistruzione, lesigenza di un uso umano della tecnologia e della scienza, lamore per la ragione e la fiducia eticamente fondata nella capacit dell'uomo di costruire un mondo materialmente e culturalmente vivibile. Non solo tutto ci viene sostituito da un cieco ritorno al passato, in certi settori dellecologismo e del femminismo, ma si va diffondendo anche allesterno, sotto forma di un nichilismo da 1upp1 che si autodefinisce postmoderno, di una mistificazione della natura selvaggia presentata come realt vera, di una sociobiologia che degenera nel razzismo, e di un rozzo neo-malthusianesimo che puzza di fascismo. Certamente lilluminismo del diciottesimo secolo aveva limiti non indifferenti, dei quali erano consapevoli i suoi stessi portavoce pi in vista. Diderot, forse uno dei pi brillanti, ha cercato di temperare il razionalismo dellilluminismo con il sentimento (la sensibilit/, come diceva) e ne ha criticato il meccanicismo e il dualismo. Altri, come Rousseau, sono giunti a porre le basi del romanticismo che poi seguito. Ciononostante lilluminismo ha lasciato alla societ dei secoli successivi valori e ideali eroici. Ha 156 portato lintelletto umano dal cielo gi sulla terra, dal regno del sovrannaturale a quello della natura. Ha contrapposto alloscuro mondo mitico del feudalesimo, della religione e del dispotismo regale, una chiara visione secolare. Ha messo in discussione il concetto di disuguaglianza politica, di supremazia aristocratica, di gerarchia ecclesiastica, ponendo le basi della sensibilit antigerarchica delle generazioni seguenti. Soprattutto, lilluminismo ha concepito lidea di un interesse umano generale, contrapposto al provincialismo feudale, nonch lidea di ununica natura umana che poteva sollevare lumanit al di sopra dei particolarismi paesani, tribali e nazionalistici. Il fatto che tali ideali siano stati sfruttati dal capitalismo per giustificare la mercificazione del mondo, non ne inficia la validit in s e per s. LIlluminismo ha espresso in tema di ragione, scienza e tecnologia concezioni di gran lunga superiori a quelle oggi dominanti. La ragione, secondo pensatori come Hegel, era una dialettica dello sviluppo eduttivo, un processo simile a quello che si manifesta nella crescita organica, non la semplice inferenza deduttiva della geometria e delle altre branche della matematica. La scienza, nel pensiero di Leibniz, si prefiggeva lo studi della dimensione qualitativa dei fenomeni, non la definizione di modelli cartesiani di un mondo meccanico e matematico. La tecnologia ra intesa da Diderot da un punto di vista prevalentemente artigianale, con particolare considerazione per labilit e la perizia, pi che per la produzione di massa. E Fourier, il vero erede della tradizione illuministica, avrebbe dato alla tecnologia un senso nettamente ecologico, sottolineando limportanza dei processi naturali nel soddisfacimento dei bisogni materiali. Il fatto che il capitalismo abbia distorto questi ideali, riducendo la ragione, da nobile esercizio dellintelletto, a razionalistica ricerca dellefficienza industriale, che abbia usato la scienza per quantificare il mondo e separare il pensiero dallessere, che abbia usato la tecnologia per lo sfruttamento della natura, ivi compresa la natura umana, trae le proprie origini dalla societ e dalle ideologie che giustificano il dominio sullumanit e sulla natura. Le attuali tendenze che disprezzano la ragione, la scienza e la tecnologia sono forse reazioni comprensibili a queste distorsioni borghesi degli ideali illuministici, specie se si tiene presente il senso di esautoramento che avvertono gli individui in questepoca di supercentraliz- zazione del potere ad opera dello Stato e delle grandi imprese, lanonimato generato dallurbanizzazione, dalla 157 produzione di massa e dal consumo di massa, e la condizione di fragilit in cui si trova la personalit umana, stretta tra forze sociali misteriose e incontrollabili. Ma queste pur comprensibili tendenze diventano profondamente reazionarie quando i surrogati che offrono comportano la dissoluzione dellinteresse generale umano e la sua trasformazione in meschini particolarismi di sesso, la sostituzione dellumanesimo empatico con il tribalismo paesano, e un cosiddetto ritorno alla natura al posto di una societ ecologica. Diventano rozzamente passatiste quando attribuiscono la responsabilit della crisi ecologica alla tecnica e non alle multinazionali o alle istituzioni statali, che della tecnica si servono. E si ritirano nelloscurit mitica del tribalismo, quando evocano il timore per lintruso (che pu essere il maschio, o limmigrato, o il membro di un altro gruppo etnico) e lo presentano come una minaccia per lintegrit del gruppo. Il diritto allidentit culturale di questo o quel gruppo di persone non messo in discussione, almeno se si parla di caratteri veramente culturali e non biologici, ma necessario tenere a mente che esso un diritto di tutta lumanit in quanto tale, non di una sola porzione di essa. Lecologia ha un senso della complementarit, del mutualismo, delle relazioni nongerarchiche,che completamente antitetico a qualunque particolarismo, sia esso di natura razziale, sessuale o nazionale. La pi preziosa delle eredit che ci sono state lasciate dall'illuminismo la concezione dellumanit come unit in una societ libera, unumica umanit accomunata dalla ragione e dallempatia. Mai come oggi necessario difendere con decisione questa eredit, quando lirrazionalismo, lo sviluppo insensato, il potere centralizzato, minacciano di avere il sopravvento sulle conquiste umane del passato. Mai come oggi necessario non solo arginare tutto ci, ma ricacciarlo indietro, rimandarlo nelle profondit della storia demoniaca da dove emerso. Il qui che ho descritto porta con s il peso dei molti secoli che ho rapidamente passato in rassegna in queste pagine: il graduale comparire della societ, o seconda natura, dallevoluzione della prima natura; lemergere della gerarchia, inizialmente sotto forma di semplice gerontocrazia, poi come classi, infine come Stato, specialmente nella configurazione completa di Stato nazionale; lampliarsi dei vincoli di sangue in legami civici, il mutare delle trib in citt, levoluzione di una comunit paesana chiusa in una comunit di 158 cittadini, lascesa, dai resti di un mondo sociale eterogeneo che pur limitava le incursioni dellumanit nella natura, del capitalismo, che ha messo le merci al posto dei doni, lo sviluppo al posto del limite, laccumulo al posto della distribuzione. Ho cercato di dimostrare che la storia dellOccidente non stata unavanzata unidirezionale da uno stadio allaltro, da una precondizione allaltra, una tranquilla ascesa verso un controllo sempre maggiore su di una prima natura cieca, avara e intrattabile. Al contrario: la preistoria ha fornito alternative allemergenza definitiva delle societ guerriere, e forse se tali alternative avessero prevalso devoluzione sociale sarebbe stata pi benigna di quella storicamente data. Altre alternative si sono create allepoca delle citt, prima che la comparsa degli Stati nazionali precludesse totalmente le opportunit aperte dalle confederazioni urbane con le loro comunit a misura duomo, con le loro tecnologie artigianali, con lequilibrio intelligente tra citt e campagna. E pi recentemente, appena due secoli fa, allepoca delle rivoluzioni democratiche, il mondo occidentale precapitalistico con la sua societ ad economia mista apparso sullorlo di un assetto sociale anarchico. Dovunque, accanto allantico bisogno di giustizia con la sua disuguaglianza tra uguali, sono comparsi ideali di libert basati sulluguaglianza tra disuguali. Man mano che le consuetudini tradizionali sono state assorbite da una morale imperativa divenendo poi parte di unetica razionale, la libert ha cominciato a guardare avanti invece che indietro, passando dalla nostalgia per let delloro alla speranza fervida nellutopia. Gli ideali di libert hanno assunto cos un carattere secolare pi che sovrannaturale, lavorativo pi che di fiducia nella generosit della natura o di una classe privilegiata. E sono diventati sensuali, oltre che intellettualmente sofisticati. Il progresso tecnologico e scientifico ha messo la sicurezza materiale ed il tempo libero necessario per una democrazia partecipatoria allordine del giorno di un progetto rivoluzionario radicalmente nuovo. In tale progetto erano presenti elementi apparentemente contrastanti, e forse anche antitetici, specialmente nelleconomia mista esistita in Europa tra i secoli quattordicesimo e diciottesimo, sicch varie scelte erano possibili, tra citt e nazione, tra confederazioni e Stato, tra prodim^ne artigianale e produzione di massa. Lanarchismo, che si espresso in modo pienamente autonomo durante lepoca delle rivoluzioni, ha sottolineato limportanza 159 della scelta, mentre il marxismo ha creduto nellinesorabilit delle leggi sociali. Lanarchismo rimasto sensibile alla spontaneit dello sviluppo sociale, sia pure arricchita dalla consapevolezza e dalle esigenze di una societ strutturata. Il marxismo si fissato sulla teoria embrionale della societ, e ha sciaguratamente messo a tacere per pi di un secolo tutte le altre voci rivoluzionarie, trattenendo la storia stessa nella gelida morsa di una teoria del dominio sulla natura e della centralizzazione del potere. Abbiamo notato che il capitalismo deve ancora definirsi completamente. Non dato vedere alcun ultimo stadio di esso, cos come lultimo stadio salutato come prossimo dai rivoluzionari dopo la prima e la seconda guerra mondiale non mai stato raggiunto. I limiti del capitalismo, se esistono, non sono limiti interni, dovuti allinsorgere cronico delle crisi o al perseguimento degli interessi specifici del proletariato. Il socialismo operaista e la vecchia sinistra si sono affidati a questi miti ed ora sono in briciole. Il successo del progetto rivoluzionario, oggi, legato allemergere di un interesse umano generale che metta da parte qualunque interesse particolare di classe, di nazionalit, di etnia o di genere. La New Left, nutrita dagli incredibili progressi tecnologici successivi alla seconda guerra mondiale e dalla soddisfazione dei bisogni ordinari resa possibile dalleccezionale incremento produttivo, si liberata dalla presa economicista del marxismo ed ha riportato per un momento gli anni 60 al radicalismo etico ma sensuale dellepoca premarxista. L'interesse generale che deve stare alla base del nuovo programma libertario va riformulato tenendo presente il pi certo dei limiti del capitalismo: il limite ecologico che il mondo naturale oppone alla crescita incontrollata. E se questo interesse generale pu incarnarsi in una richiesta non gerarchica, questa la richiesta femminile di una sostanziale uguaglianza dei disuguali cio lideale allargato della libert. Il problema se il movimento ecologico e quello femminista sono in grado di farsi interpreti di questa sfida storica. Cio, se rssi sapranno ampliarsi fino a divenire un movimento sociale, generando una New Left anarchica che parli di un interesse umano generale, oppure se si frammenteranno nella molteplicit di interessi particolari che si aggregano intorno al parlamentarismo riformista, al misticismo nelle sue varie forme, allo sciovinismo sessuale. 160 Infine, quale possa essere stata in passato la possibilit di raggiungere una societ libera ed ecologica; certo che essa non pu essere raggiunta oggi se l'umanit non riesce ad abbandonare il concetto borghese di abbondanza, proprio perch labbondanza accessibile a tutti. Non viviamo pi in un mondo dove il dono pi stimato dellaccumulo di beni, o dove ci sono vincoli morali che limitano lo sviluppo. Il capitalismo ha distorto i valori del mondo antico ad un punto tale che solo la prospetti!a dellabbondanza pu eliminare il consumo insensato ed insieme il senso ai penuria esistente presso i ceti meno privilegiati. Non v intersse umano generale che possa emergere quando chi ha costituisce il costante contrappunto della rinuncia ai beni materiali espressa da chi non ha, e quando i nullafacenti scherniscono con la propria stessa esistenza la vita di lavoro imposta alla classe operaia. N possibile una democrazia partecipativa fintantoch la vita pubblica accessibile solo a coloro che hanno tempo libero per, appunto, parteciparvi. Considerata la possibilit dellumanit di compiere scelte decisive ai fini della direzione sociale da seguire, bisogna dire che le scelte fin qui fatte sono state negative. Il risultato in genere stato che lumanit non stata veramente umana. Essa h solo raramente realizzato le sue potenzialit quanto a pensiero, sentimento, giudizio etico e razionalit sociale. Gli ideali di libert oggi non mancano, come ho gi avuto occasione di notare, e possono essere descritti con ragionevole chiarezza e coerenza. Abbiamo di fronte non solo lesigenza di migliorare la societ, o modificarla; abbiamo di fronte la necessit di ricostruirla. Le crisi ecologiche e i conflitti che ci hanno divisi in lotte che fanno del nostro il secolo pi sanguinoso della storia, possono essere risolti soltanto se riconosciamo che ci che viene qui messo in discussione la civilt dominante, non semplicemente un assetto sociale malamente organizzato. La nostra attuale civilt non altro che un Giano bifronte, un ammasso di ambiguit. Non possibile limitarci a criticarla come maschilista, sfruttatrice e dominatrice, senza riconoscere anche che ci ha almeno in parte liberato dai vincoli angusti del tribalismo, dal senso di dipendenza collettiva spesso antitetico al rispetto dellindividuo, dallobbedienza abbietta alla superstizione che ci rendeva vulnerabili alla dominazione. Del pari, non possiamo limitarci a lodarne luniversalismo crescente, la spinta verso lautonomia individuale, il senso secolare apportato alle cose 161 umane, senza anche riconoscere che queste conquiste sono state ottenute al prezzo della schiavit, della degradazione massificata, del dominio di classe, del potere statale. Solo una dialettica che riunisca la ricerca critica e la creativit sociale pu enucleare la parte migliore del nostro decadente universo e porla al servizio della ricostruzione di un mondo nuovo. Ho sostenuto lurgenza di definire un interesse generale umano che unifichi lumanit nel suo complesso. A livello minimale, questo interesse centrato attorno allinstaurazione di un rapporto armonico con la natura. La nostra vitalit come specie dipende dal rapporto che sapremo creare in futuro con il mondo naturale. Tale problema non pu essere risolto dallinvenzione di nuove tecnologie che sappiano soppiantare i processi naturali senza contemporaneamente rendere la societ pi tecnocratica, pi centralizzata e in ultima analisi pi totalitaria. Sostituire i cicli naturali che determinano il rapporto tra anidride carbonica e ossigeno nellatmosfera, creare un surrogato dello strato di ozono che protegge tutte le forme di vita dalle radiazioni solari letali, mettere a punto soluzioni idroponiche da usare al posto del suolo, tutto ci, ammesso che sia realmente possibile, richiederebbe un disciplinatissimo sistema di controllo sociale, totalmente incompatibile con la democrazia e la partecipazione popolare alla vita politica. Questo stato di cose mette in discussione il futuro dellumanit come mai, nelle epoche passate, stato dato vedere. Le soluzioni di tipo eco-tecnocratico, per cos dire, comportano un livello tale di coordinazione sociale da far impallidire i pi centralizzati dispotismi della storia. E comunque resta ancora da vedere se tale eco- tecnocrazia abbia una base scientifica affidabile, e non possa invece condurre, a causa della delicatezza degli equilibri che verrebbero ad essere interessati, a catastrofici errori di valutazione. Ma se i processi vitali del nostro pianeta non possono essere regolati da un sistema totalitario, la societ moderna deve seguire alcuni fondamentali principi ecologici. In queste pagine, ho sostenuto che larmonia con la natura non pu essere perseguita senza perseguire anche larmonia tra gli esseri umani. Ci significa che il nostro stesso concetto di umanit deve sottostare ad una chiarificazione. Se continuiamo ad essere delle classi in conflitto, dei generi o delle etnie in conflitto, o delle nazionalit in conflitto, ovvio che non possibile alcuna armonia tra gli esseri umani. 162 Lappartenenza a classi, sessi, etnie e nazionalit non far che restringere il senso di ci che si deve intendere per umanit, a causa degli interessi particolari che ci mettono esplicitamente gli uni contro gli altri. Il messaggio ecologico un messaggio di diversit, ma anche di unit nella diversit. La diversit ecologica, inoltre, non poggia sul conflitto, poggia sulla differenziazione, cio su di una globalit che viene esaltata dalla variet dei costituenti. Socialmente, questa concezione quella espressa nellideale greco di una personalit individuale completa e multiforme, e di una societ anchessa completa e multiforme. Gli interessi di classe, sesso, etnia e nazionalit hanno tutti la stessa preoccupante capacit di restringere la visione del mondo ad una visione angusta, dove gli interessi minori prevalgono e la complementarit si tramuta in conflitto. Cionondimeno gli interessi di classe, sesso, etnia e nazionalit sono drammaticamente radicati nelle principali manifestazioni di conflittualit. Un messaggio di mera riconciliazione sarebbe quindi assurdo, certo. La nostra contraddittoria civilt deve fare i conti con un passato in cui quelle che erano semplici differenze (di et, sesso, parentela...) sono state rielaborate in senso prima gerarchico, poi classista e infine trasformate in strutture statali. Lorigine stessa dei conflitti di interesse deve essere affrontata e risolta in modo rivoluzionario. La terra non pu pi essere oggetto di possesso; deve ssere oggetto di partecipazione. I frutti di essa, ivi compresi quelli derivanti dalla tecnologia e dallattivit umana, non possono pi essere espropriati a vantaggio di pochi; devono essere messi a disposizione di tutti, in funzione delle necessit. Il potere e i beni materiali devono essere sottratti al controllo delle elite; devono essere redistribuiti in modo da permettere a tutti di parteciparvi. Finch questi problemi fondamentali non saranno risolti, non potr prendere forma linteresse generale sulla base del quale affrontare la crisi ecologica e lincapacit di risolverla da parte della societ di oggi. Ci che mi interessa sottolineare, comunque, che siffatto interesse generale non pu essere perseguito con i mezzi particolaristici tipici dei precedenti movimenti rivoluzionari. Lattuale crisi ecologica ha una potenzialit di mobilitazione che va ben oltre le classi, ed destinata ad accrescersi col passare del tempo. N uneventuale sua mistificazione ad opera di movimenti religiosi o lacch del potere economico potr rendere meno visibile 163 il rischio cui va incontro il futuro della biosfera. Ma non dobbiamo nemmeno ignorare la storia recente del progetto rivoluzionario e i progressi compiuti. Le rivoluzioni del passato sono state in gran parte lotte per la giustizia, non per la libert. Gli ideali di libert, uguaglianza e fraternit tanto generosamente avanzati dalla Rivoluzione Francese, sono venuti meno per mancanza di unadeguata definizione dei termini. Non insister sul fatto che gli interessi particolari della borghesia hanno interpretato la libert come libert di commercio, luguaglianza come diritto ad acquistare forza-lavoro, la fraternit come obbedienza alla supremazia capitalista. Dietro i classici slogan repubblicani si nascondeva una concezione secondo cui la libert era intesa quasi esclusivamente come diritto individuale di perseguire i propri interessi, luguaglianza coincideva con il principio di giustizia, e la fraternit alludeva, in senso letterale, ad una societ maschile di fratelli, anche se alcuni sfruttati ed altri sfruttatori. Gli slogan della Rivoluzione Francese non sono mai arrivati a toccare il campo della libert. Da qualunque punto di vista venga osservata, essa stata un progetto in sintonia con la disuguaglianza degli uguali, non un tentativo di raggiungere luguaglianza dei disuguali. La rivoluzione spagnola del 1936-37, pur tragicamente abortita, ha tentato di andare oltre questo progetto limitato, ma rimasta isolata. Gli elementi pi rivoluzionari di essa, gli anarchici, non sono mai riusciti ad ottenere dal Paese quellappoggio di cui avrebbero avuto bisogno per realizzare i propri obiettivi emancipatori. Negli anni seguiti allepoca del socialismo operaio, il capitalismo cambiato. Dai tempi della rivoluzione industriale, il suo impatto sulla societ e sulla natura diventato anche pi devastante. Il progetto rivoluzionario moderno, iniziato negli anni 60 con lappello della New Left per una maggiore partecipazione democratica, andato oltre la dimensione particolaristica delle rivoluzioni tradizionali. Il concetto di popolo, che nel diciottesimo secolo, quando la societ stava cominciando a differenziarsi in classi chiaramente definibili, poteva essere un concetto fuorviante, ha preso un significato nuovo oggi che le classi tradizionali si stanno decomponendo, mentre emergono temi di natura trans-classista, come lecologia, il femminismo e un senso di responsabilit civica e comunitaria. Movimenti come i Verdi, in Germania e altrove, e i gruppi di iniziativa civica che 164 vanno sorgendo in un numero crescente di citt e piccoli centri, affrontano problemi di portata umana pi ampia che quelli strettamente salariali o sindacali. Con lascesa dei movimenti ecologisti, femministi e dei gruppi di iniziativa civica, si vanno creando nuove possibilit per una generali%%a%ione degli ideali di libert, per un loro ampliamento in senso umano e popolare. Parlare genericamente di popolo, comunque, senza tenere presente i rapporti tra il comune cittadino e gli obiettivi da raggiungere, rischia di riprodurre il tipo di astrazioni che hanno caratterizzato il marxismo per pi di un secolo. Al di l e al di sopra dellesigenza di condividere la terra, di distribuire i frutti secondo i bisogni e di dar vita al senso di un interesse generale umano capace di superare i particolarismi del passato, il progetto rivoluzionario de!e prendere le mosse da un fondamentale principio anarchico: ogni essere umano normale ha la competen%a per gestire i problemi della societ e, pi specificamente, della comunit di cui membro. Questo principio una sfida ad astrazioni come il popolo dei giacobini o il proletariato dei marxisti, postulando la necessit che la societ sia popolata da esseri vivi e reali, liberi di decidere i destini propri e della comunit in cui vivono. Esso mette in discussione il parlamentarismo come surrogato di unautentica democrazia, con la classica osservazione di Rousseau: La sovranit, per la ragione stessa che la rende inalienabile, non pu essere rappresentata. Essa risiede essenzialmente nella volont generale, e la volont non ammette rappresentazione: o la stessa, o unaltra, non v possibilit intermedia. I deputati del popolo, quindi, ne sono solo gli incaricati e non possono prendere decisioni in sua vece. Ogni legge che non sia stata ratificata dal popolo in persona nulla e vuota, cio non una legge. Il popolo dInghilterra si considera libero: ma si sbaglia grossolanamente; libero solo durante le elezioni dei membri del parlamento. Appena questi sono stati eletti, diviene preda della schiavit e non pi nulla. Qualsivoglia interpretazione possa essere attribuita alla volont generale di Rousseau, il senso fondamentale della frase costituisce un ideale inalterabile e non negoziabile di libert umana. Implica che non esiste democrazia sostanziale e vero autogoverno se il popolo non partecipa in assemble aperte, faccia a faccia, alla definizione della politica sociale. Nessuna politica legittima sul piano democratico se non stata proposta, discussa 165 e decisa direttamente dal popolo, non attraverso rappresentanti, deputati o surrogati di qualunque tipo. La gestione di tale politica pu essere poi lasciata a consigli, commissioni o collettivi di persone qualificate ed elette che, sotto stretto controllo pubblico e in piena aderenza alle delibere delle assemblee, curano lesecuzione del mandato popolare. Tale distinzione tra decisionalit politica e gestione (sfuggita a Marx, nei suoi scritti sulla Comune ai Parigi del 1871) decisiva. Le assemblee popolari sono la mente di una societ libera; gli amministratori ne sono il braccio. Quelle possono in qualunque momento revocare questi e porre fine alla loro attivit, in caso di necessit, insoddisfazione e simili. Questi si limitano ad eseguire ci che quelle decidono e restano totalmente dipendenti dalla loro volont. Grazie a questa distinzione, lassemblea popolare non pone problemi strutturali, ma solo problemi essenzialmente funzionali di procedura democratica. In linea di principio, le assemblee possono funzionare in ogni situazione demografica e urbana, a livello di stabile, di quartiere o di citt. Necessitano soltanto un opportuno coordinamento confederale per diventare forme di autogoverno. Con i moderni mezzi di comunicazione e di trasporto, non v emergenza tanto grande da impedire che le assemblee possano essere rapidamente indette per prendere a maggioran%a importanti decisioni politiche, che verranno poi attuate dalle commissioni addette, indipendentemente dalle dimensioni della comunit o dalla complessit dei suoi problemi. ' maggioran%a, dicevo. Dobbiamo infatti abbandonare lidea di dover sempre raggiungere lunanimit in larghi consessi. La minoranza non ha il diritto di impedire una decisione della maggioranza. Certo, se la volont generale di Rousseau si trasformasse in volont generali%%ata, se cio si potesse pensare che persone razionali, che non hanno altro interesse se non quello della comunit, non possano fare a meno di pensarla allo stesso modo su questioni chiare e precise, lunanimit non potrebbe mancare. Ma un simile risultato non necessariamente desiderabile. La tirannia segreta della consuetudine , in effetti, un passo indietro verso epoche in cui la pubblica opinione aveva un potere altrettanto coercitivo della violenza aperta (la quale, almeno, aveva il vantaggio di essere appunto aperta). Una tirannia dellunanimit degrada una societ libera, tende a uccidere 166 lindividuo in nome della comunit e il dissenso in nome della solidariet. E quando lespressione individuale impedita dalla disapprovazione altrui, quando le idee de- vianti vengono normalizzate dalla pressione dellopinione pubblica, non c n vera comunit n solidariet. Dietro lo sviluppo di assemblee dirette e autogestite esiste un certo numero di problemi etici ed educativi che riguardano la formazione di individui competenti. Lassemblea ha raggiunto la sua forma pi sofisticata nella polis ateniese, che era vista dalla maggior parte degli antichi come una plebocrazia ed ha mantenuto tale cattiva reputazione fino i nostri giorni. Che i progressisti di oggi, che guardano ad essa da una distanza di pi di duemila anni, si sentano autorizzati a denunciarne il carattere di tirannia perch opprimeva donne, schiavi e stranieri residenti, fa un poco sorridere. Stanti gli eccessi raccapriccianti del mondo antico per quanto concerne patriarcato, schiavit e dispotismo, la democrazia ateniese emerge come un faro luminoso. Lidea che la democrazia occidentale debba essere rigettata senzaltro, perch tradizione maschile, e che si debba ritornare alle tradizioni tribali, quali che siano, profondamente retrograda. Nella polis, la natura bifronte della civilt occidentale (quella orientale, credo di poter aggiungere, non offre alcun particolare miglioramento sotto tale riguardo) mostra realmente il suo volto migliore nella storia della libert. E il caso dunque di chiedersi quali siano state le basi etiche dellassemblea e i suoi tradizionali modelli di competenza. Nel primo caso si tratta dellideale di solidariet, o amicizia &phili(, secondo il quale la lealt verso la comunit veniva nutrita dalle intense relazioni esistenti tra i membri di essa. Tra molti dei membri della polis ateniese, delle gilde medievali, delle infinite societ esistenti nei centri urbani del modo precapitalista, esisteva un rapporto vivo e vitale, e profondamente sentito. Il simposio greco, in occasione del quale gruppi di amici si riunivano a cenare, bere e discutere, aveva qualcosa di simile alla intensa vita di caff di molte citt francesi, spagnole e italiane. La comunit nel suo insieme risultava dallunione di comuni pi piccole, e ci ha dato origine, grazie alla controcultura degli anni 60, a vere e proprie forme di vita comunitaria. Lideale di una Comune di comuni stato apertamente formulato nel 1871 durante la breve esistenza della Comune di Parigi. Le societ popolari si sono raggruppate intorno alle sezioni parigine del 1793, fornendo modi 167 associativi che hanno trasformato la rivoluzione in un esercizio di affinit civica. Un altro aspetto etico era limportanza attribuita alla completezza. I greci avevano in sospetto gli specialisti, nonostante lidea favorevole che ne aveva Platone, perch leccesso di esperienza in qualcosa sembrava una distorsione del carattere individuale verso un interesse particolare. Conoscere un po di tutto e non troppo di un unico argomento era considerato sintomo di una personalit completa che, in caso di bisogno, poteva esprimere idee intelligenti con cognizione di causa. Siffatta propensione per il dilettantismo, che pura non ha impedito ai greci di porre i fondamenti della filosofia, della scienza, della matematica e dellarte drammati ca dellOccidente, ha continuato a rappresentare un i deal e anche nei secoli a venire, dopo che la polis scomparsa dalla scena storica. La completezza implicava anche una certa dose di mi tosufficienza. Essere luomo non daltri che di se stesso indicava ad un tempo completezza ed indipendenza. Allinizio, si supponeva che una persona di questo genere fosse libera da rapporti clientelari. Un interesse specifico poteva rendere lindividuo vulnerabile, mentre chi era in grado di svolgere diverse mansioni era considerato capace di comprendere un ampio spettro di problemi. Chi era indipendente materialmente, ad esempio un agricoltore proprietario in grado di far fronte alla maggior parte dei propri bisogni grazie al proprio lavoro ed abilit, era verosimilmente capace di giudicare obiettivamente, senza essere influenzato dalle opinioni altrui. I greci credevano nella propriet non perch fossero avidi: al contrario, la generosit verso amici e concittadini era oggetto di grande considerazione nella societ greca. Ma il possesso di un pezzetto di terra che potesse garantire al proprietario e alla sua famiglia il necessario per vivere lo liberava dalle manipolazioni dellaristocrazia terriera e dei mercanti. Impiegare il proprio tempo libero al servizio della polis era un altro ideale, che spesso conduceva a sforzi agonistici per ottenere il pubblico riconoscimento, una caratteristica greca che stata frequentemente biasimata ma anche scarsamente compresa. Lo zelo con cui i greci servivano le proprie comunit, in effetti, era idealizzato come una forma nobile di dedizione civica. Ottenere il riconoscimento di tale impegno spesso richiedeva notevole sacrificio personale, peraltro affrontato 168 volentieri nella speranza di raggiungere limmortalit sociale. Distruggere una citt greca significava distruggere la memoria, e quindi limmortalit, dei suoi personaggi, pi eroici, cio lidentit stessa dei suoi abitanti. Per evitare che leccesso di ambizione civica potesse compromettere lequilibrio relativamente delicato di una societ divisa in classi che poteva facilmente cedere alle tentazioni insurrezionali, i greci avevano formulato il concetto di limite, la media aurea secondo la quale nulla doveva essere in eccesso, che sarebbe poi entrato profondamente a far parte delletica occidentale. La nozione di limite ricompare infatti nelle citt medievali, fino al Rinascimento. Nelle citt-Stato italiane del tardo Medio Evo erano presenti regole non scritte di comportamento civico che limitavano leccesso di ambizione e le tendenze frazionistiche, nonostante lemergere finale di oligarchie e signorie. Come ha sottolineato M.I. Finley, la polis ateniese (ed anche molte citt democratiche che lhanno seguita, vorrei aggiungere) ha messo a punto un sistema di deontologia civica atta a tenere sotto controllo leccesso di ambizione. Le citt italiane del Medio Evo, ad esempio, avevano creato un equilibrio che impediva che alcuni interessi interni potessero prevalere su altri, un equilibrio che gi prima era stato attuato dallantica polis greca. Autolimitazione, dignit, cortesia e unintensa dedizione alla moralit civica erano tra gli attributi psicologici che molte citt precapitaliste a struttura assembleare trasferivano nelle loro istituzioni, dando origine ad un sistema di controllo che produceva armonia, per quanto incompleta possa sembrare. Il potere veniva spesso diviso e suddiviso, sicch lesistenza d forze contrastanti impediva il prevalere di questo o quellorganismo e dei suoi interessi. Nel suo complesso, questo insieme di attributi etici si personificato in un individuo di nuovo tipo, il cittadino. Egli non era membro di una trib n di un gruppo di parentela, nonostante nelle citt precapitaliste esistessero intense relazioni familiari e i vincoli di sangue giocassero un ruolo non secondario nei conflitti politici. Per essere un cittadino nel senso tradizionale bisognava essere qualcosa di pi che un parente di qualcuno. Il legame principale del cittadino era quello con la sua polis, citt o comune, almeno fino a che lascesa degli Stati nazionali non ha trasformato lidentit civica in. una parodia del 169 suo significato originale. I cittadini, inoltre, diventavano tali attraverso una sorta di addestramento, un processo di costruzione del carattere che i greci chiamavano paideia, traducibile con qualche approssimazione dal termine istruzione. Bisognava imparare le responsabilit civiche, saper presentare le proprie ragioni con scrupolosa precisione, controbattere le argomentazioni contrarie con chiarezza, e con modelli di alto valore etico. In pi, un cittadino doveva imparare le arti marziali, lavorare con altri cittadini in seno alle truppe della milizia, spesso doveva sapersi comportare correttamente nel corso delle campagne militari. Il cittadino di una citt democratica precapitalista, dunque, non era il smplice membro di una rappresentanza o un contribuente, per usare il gergo civico moderno. Era invece, in genere, un essere umano consapevole, civicamente impegnato, attivo e capace di autogovernarsi, il quale con grande autodisciplina aveva fatto del benessere della comunit, e non del proprio tornaconto personale, il centro dei propri interessi. Tutti questi principi etici formavano una unit senza la quale la democrazia civica e le assemblee popolari non sarebbero state possibili. Limportante notazione di Rousseau, che sono i cittadini che fanno le citt, non verr mai ripetuta abbastanza. Senza i cittadini intesi nel senso classico, le citt sarebbero stati meri agglomerati di edifici con la tendenza a degenerare in oligarchie o ad essere assorbite negli Stati nazionali. )l municipalismo libertario Da quanto precedentemente detto, risulta chiaro che linsieme del popolo ha trovato la propria realizzazione nella citt, o meglio in citt molto speciali. Il carattere bifronte della civilt occidentale ci obbliga a tener separati gli elementi negativi della citt (laver legittimato la propriet privata, le classi e lo Stato) dai grandi progressi segnati a favore della civilt come nuovo ambiente per una humanitas universale. Oggi, in unepoca in ci tendenze antiurbane hanno gettato sulla citt stessa una pessima luce sociale, pu essere opportuno notare il grande progresso che essa ha rappresentato fornendo un ambito comune a gente con background etnico, con occupazione e status diversi. La civilt, termine che trae la propria etimologia dalla parola latina che significa ,citt, appunto, non stata 170 soltanto un banco da macellino, per dirla con Hegel. Come lo stesso Hegel sapeva fin troppo bene, stata bifronte nel senso letterale del termine, guardando da una parte nella prospettiva dellumanit e contemporaneamente dallaltra verso barbarie da giustificare in nome del progresso. Certamente la democrazia partecipativa e le assemblee popolari hanno avuto origine nelle comunit tribali e di villaggio. Ma non sono diventate, ivi, forme consapevoli di associazione, viste come fini in se stesse. Ci avvenuto con la nascita della citt. Pare che siano esistite fin dai tempi dei Sumeri, nelle citt della Meso- potamia. E' stata comunque la polis greca e pi tardi i comuni medievali a rendere siffatte democrazie consapevoli di rappresentare un modo di !i!ere, non una semplice tecnica di gestione, e che andavano quindi costituite secondo principi etici e ra%ionali conformi a ideali di giustizia e benessere, non semplici istituzioni sancite dalla consuetudine. Le citt hanno costituito un passo avanti decisivo nella vita sociale nonostante tutti i loro limiti ci hanno tramandato opere come la 5epubblica di Platone e la Politica di Aristotele, che per secoli sono state una presenza costante nellimmagina- rio occidentale. La coscienza di s ha fatto della citt unistituzione umana praticamente unica e significativamente creativa. Per Aristotele la citt, o per meglio dire la polis, doveva adeguarsi a certi modelli strutturali al fine di assolvere alia propria funzione etica. Doveva essere di dimensioni tali da consentire ai cittadini il soddisfacimento della maggior parte dei propri bisogni, ma non doveva contemporaneamente superare i limiti di ampiezza che permettevano agli abitanti di avere reciproca familiarit e prendere decisioni in modo assembleare diretto. Struttura ed etica, funzioni e ideali di libert erano inseparabili. Pur con tutti i suoi errori, Aristotele, insieme a molti ateniesi del suo tempo, ha cercato di mettere la forma al servizio del contenuto, opponendosi sempre ad ogni separazione tra i due, anche in progetti dettagliati di varie citt. Tale approccio diventato la chiave di volta della tradizione democratica occidentale. Era gi forse nella mente di personaggi come i fratelli Gracchi dellantica Roma, Cola di Rienzo nella Roma medievale e Etienne Marcel nella Parigi del quattordicesimo secolo, tutti uomini che hanno guidato le masse urbane in aspre rivolte per la confederazione tra citt e per la democrazia civica. Era presente tra le citt spagnole che nel sedicesimo secoio si sono 171 ribellate al potere centrale e anche nella Rivoluzione Francese e nella Comune di Parigi del 1871. Esiste ancor oggi nelle assemblee delle citt del New England, alcune delle quali custodiscono vigili i propri diritti locali. Si pu dire che la citt abbia aperto alla gestione della societ una dimensione dove non necessario il ricorso alle istituzioni statali, e che pure non lambito stretta- mente privato costituito da casa, posto di lavoro, scuola, chiesa e cerchia di amici. La citt ha creato la politica (termine che deriva appunto da polis) cio un mondo unico dove i cittadini si riuniscono per discutere razionalmente i problemi della comunit e amministrare i propri affari in modo diretto. Che una municipalit possa essere amministrata da ununica assemblea di tutti i cittadini, o debba venir suddivisa in un certo numero di assemblee confederate tra loro, dipende in gran parte dalle dimensioni di essa. Di qui la raccomandazione aristotelica che una polis non dovesse essere tanto grande che un grido di allarme dalle mura non potesse essere udito. A divello di caseggiato, quartiere o piccolo centro, le assemblee possono funzionare come reti di collegamento, ma quando le citt dove si tengono sono decentrate assolvono pienamente agli ideali tradizionali di democrazia civica. La concezione anarchica di comunit decentrate, unite in libere confederazioni o reti di collegamento per il loro coordinamento a livello regionale, la versione moderna di questi antichi ideali di democrazia partecipativa. Oggi, in una realt sociale dominante che getta unombra sinistra sul futuro della nostra epoca, stiamo perdendo di vista lidea stessa di citt e di politica intesa come autogestione municipale. Le citt vengono confuse con vaste cinture urbane che potrebbero essere meglio definite come processi apparentemente illimitati di urbanizzazione. Le entit a misura duomo che un tempo erano citt sono oggi soffocate dal cemento e vanno diramandosi fin dentro la campagna. Allo stesso modo, i cittadini vengono ridotti allo status di anonimo elettorato per i loro rappresentanti. La loro funzione principale di pagare le tasse, lavorare tutti i giorni per il mantenimento della societ, riprodursi e astenersi decorosamente da ogni tipo di attivit politica, perch questo oggi compito riservato allo Stato e ai suoi apparati. Nel lessico distorto di oggi le distinzioni fondamentali tra citt e agglomerato urbano, 172 cittadinanza ed elettorato, impegno politico e sotto- missione allo Stato, tendono a svanire. La citt intesa come municipalit a misura umana, autogovernantesi, liberamente federata con altre municipalit altrettanto umane ed emancipate, si va dissolvendo nelle gigantesche cinture urbane. Il cittadino inteso come operatore politico attivo viene ridotto a passivo contribuente, a utente dei servizi forniti da agenzie burocratiche. La politica stata degradata a statalismo, alla cinica attivit di professionisti del potere ai danni del popolo. Il tutto gestito come unimpresa commerciale, che viene considerata attiva se produce surplus e fornisce i servizi richiesti, passiva se va incontro a deficit e funziona in modo caotico. Il significato etico della vita cittadina, la sua funzione di addestrare al culto delle virt civiche e della responsabilit sociale, viene semplicemente cancellato, ed al suo posto si instaura una mentalit imprenditoriale che privilegia il gettito fiscale, le spese, lo sviluppo, loccupazione. Contemporaneamente, il potere si va intimamente burocratizzando, centralizzando e concentrando nelle mani di gruppi sempre pi ristretti. Il potere che potrebbe venire reclamato dal popolo viene preventivamente svuotato dallo Stato e da organizzazioni economiche semi-monopolistiche. La democrazia, ben lungi dall'assumere un carattere partecipatorio, diviene puramamente formale. In effetti, la New Left stata lespressione di un desiderio profondo di riappropriazione proseguito anche dopo gli anni 60, un desiderio di riconquistare il senso civico della politica, sottraendola allo Stato. Tali problemi continuano ad essere allordine del giorno ancor oggi. La comparsa dei movimenti di iniziativa civica in Germania, dei movimenti municipalisti negli Stati Uniti, i tentativi di ripristinare gli ideali civici in diverse citt europee, anche la riscoperta francese di parole come decentramento, sono tutti sintomi della volont popolare di riappropriarsi della vita sociale. In molti Paesi lo Stato, in seguito ai tagli apportati ai servizi pubblici, ha lasciato un vuoto che le citt non possono fare a meno di colmare, se solo vogliono restare funzionali. Accade che una porzione sempre maggiore di servizi come i trasporti, labitazione, la previdenza sociale sia garantita da organismi locali, ben pi che nel passato. Gli abitanti delle citt, obbligati a provvedere per proprio conto, stanno reimparando larte del lavoro associato e 173 della cooperazione. Una frattura ideologica, oltre che pratica, divide sempre pi lo Stato nazionale, vieppi anonimo, burocratico e lontano, dalle municipalit, ormai lunico ambito oltre a quello della vita privata in cui lindividuo sia in grado di agire in modo diretto. Non ci rivolgiamo allo Stato per trovare una scuola per i nostri figli, lavoro, cultura e luoghi decenti ove vivere. Che piaccia o no, la citt ancora lambiente pi accessibile con cui avere a che fare, oltre alla sfera della famiglia e degli amici, allo scopo di soddisfare i nostri bisogni di esseri sociali. Potenzialmente, il senso di espropriazione che si diffuso come unepidemia potrebbe dare origine ad un potere parallelo nei grandi Stati nazionali del mondo occidentale. Ancora non sono sorti movimenti consapevoli che cerchino di muoversi da un qui statizzato e centralistico verso un l civico, decentrato e federativo, movimenti che possano porre la richiesta anarchica di una confederazione di comuni come alternativa popolare allattuale centralizzazione del potere. A meno di coltivare (futilmente, credo) miti di insurrezioni proletarie, in un impari scontro con le armi nucleari degli Stati nazionali moderni, non possiamo far altro che cercare contro.istitu%ioni che possano contrapporsi al potere nazionale. Comuni, cooperative e collettivi vari costituiscono certamente scuole eccellenti dove imparare lamministrazione di imprese autogestite. Ma sono anche progetti marginali, di durata spesso estremamente breve e dotati pi di valore esemplare che di vera funzionalit. Nessuna cooperativa rimpiazzer mai una gigantesca catena di supermarket mettendosi in concorrenza con essa, per quanto possa essere redditizia, e nemmeno una Banca popolare in stile proudhoniano potr sostituire le grandi istituzioni finanziarie, per quanto numerosi possano essere i suoi clienti. Sono altre le cose che possiamo imparare da un Proud- hon, il quale ha visto nella municipalit un centro importante di attivit popolare. Non esito ad usare qui la parola politica nel suo senso ellenico originario, e cio intendendo lamministrazione di una comunit (polis( per mezzo di assemblee popolari e non per mezzo dello Stato e di attivit parlamentari. Ogni societ contiene vestigia del suo passato, delle antiche e spesso libertarie istituzioni che si sono poi trasformate in quelle attuali. La Repubblica americana, ad esempio, contiene ancora elementi di democrazia come i raduni cittadini descritti da Tocqueville nel suo libro 174 4emocra%ia in 'merica. Le citt italiane possiedono tuttora quartieri molto vitali, che potrebbero costituire la base per nuove relazioni comunitarie. Lo stesso pu dirsi di tanti esempi di comunit in tutto il mondo, la cui solidariet apre la prospettiva di una nuova politica fondata sul municipalismo libertario, che potrebbe infine porsi come contropotere agli Stati nazionali. Voglio sottolineare che, perch ci sia possibile, necessario che si produca un movimento, non semplici casi isolati di qualche municipalit amministrata attraverso assemblee di quartiere; un movimento capace di modificare una comunit dopo laltra, dando origine ad un sistema di relazioni federative tra municipalit s da formare un potere a livello per lo meno regionale. La portata pratica di una simile impostazione libertaria e municipalista impossibile da giudicare senza conoscere in dettaglio le tradizioni autentiche di una regione, le risorse civiche possedute, f problemi che ha da affrontare. Stante lesperienza di chi scrive, in materia di controllo locale negli Stati Uniti si pu dire questo: niente come la domanda di controllo locale, una volta avanzata, stata accolta con tanta resistenza dallo Stato. Lo Stato sa (assai pi dei suoi avversari nei movimenti di sinistra) quanto il controllo locale possa essere destabilizzante per la sua autorit. Lidea del municipalismo libertario risale allepoca delle rivoluzioni americana e francese e della Comune di Parigi, quando il confederalismo era una proposta accolta con favore da larghi strati della popolazione. Per quanto i tempi siano cambiati da allora, non v ragione di dubitare che quella medesima idea possa risorgere oggi, quando movimenti di s=uatters, organizzazioni di quartiere e gruppi comunitari continuano a prodursi testimoniando lesistenza cronica di una tensione che lo Stato nazionale non mai riuscito ad esorcizzare. Tecnologia e decentramento Allesigenza di un movimento municipalista libertario lecologia sociale ha portato una dimensione originale e nel contempo imperativa. La necessit di ridimensionare le comunit umane in modo da adeguarle alle risorse naturali del territorio in cui si trovano e di instaurare un nuovo equilibrio tra citt e campagna (temi tradizionali del pensiero utopico ed anarchico del secolo scorso) diventata oggi ecologicamente imprescindibile. Non rappresenta soltanto il perdurare dellutopismo di ieri, i sogni e i desideri di pensatori solitari. E' diventata la condizione perch la 175 specie umana possa continuare ad esistere, in armonia con un mondo naturale complesso, minacciato di distruzione. In effetti lecologia ha posto nettamente lalternativa: o ci volgiamo alle soluzioni solo apparentemente utopiche basate sul decentramento, su di un nuovo equilibrio con la natura e sullinstaurazione di rapporti armonici nella societ, o dovremo affrontare lo sconvolgimento delle basi materiali e naturali della vita umana su questo pianeta. Lurbanizzazione minaccia anche la campagna, non solo la citt. Il famoso contrasto tra citt e campagna che tanto rilievo ha avuto nella storia del pensiero sociale, oggi del tutto privo di senso, superato dall invasione del cemento, anche in aree a vocazione agricola e in comunit rurali di grande valore storico. Lomogeneizzazione delle culture rurali ad opera dei mass media, del diffondersi dei modelli esistenziali urbani e di una penetrante mentalit consumistica, minaccia non solo di distruggere modi di vivere unici e interessanti, ma di devastare completamente il panorama naturale. Ci che lagribusiness non ha ancora avvelenato con i suoi pesticidi, fertilizzanti e macchinari, viene distrutto dalle piogge acide, dallalterazione climatica di origine sociale, dal disboscamento e dallaridit. Lurbanizzazione del pianeta va semplificando ecosistemi complessi eliminando strati di suolo che hanno richiesto millenni per formarsi, riducendo ad una finzione la vita selvaggia e alterando in senso peggiorativo, anche se a volte indirettamente, il clima ai interi territori. La tecnologia ereditata dalle precedenti rivoluzioni industriali, luso insensato di veicoli a motore individuali la concentrazione di strutture industriali gigantesche vicino ai corsi d'acqua il continuo ricorso a combustibili fossili e nucleari e un sistema economico che ha per unica lgg lo sviluppo, tutto ci non mancher di produrre in pochi decenni un degrado ambientale mai vistp prima. Quasi tutti i nostri corsi dacqua sono fogne insopportabili. Anche negli oceani sono state scoperte zone morte che si estendono per centinaia di miglia. Non il caso di insistere con questa fosca litania delle continue e forse mortali ferite inflitte ovunque al nostro pianeta. I danni perpetrati nellatmosfera allo strato protettivo di ozono sono risaputi, e anche quelli chp colpiscono le aree pi remote del globo, come lArtico e lAntartide o le antiche foreste equatoriali. Per sopravvivere, anche senza pretendere di voler applicare 176 pienamente i nostri principi libertari, bisogna non solo che venga rivisto il nostro concetto di urbanizzazione, il rapporto tra le citt e il loro substrato ecologico, ma la tecnologia e i beni che essa produce, insomma tutta la nostra idea della natura. Abbiamo bisogno di citt pi piccole, per realizzare le nostre concezioni libertarie ma anche per garantire le esigenze pi elementari di unesistenza che sia in qualche modo in equilibrio con la natura. I giganteschi agglomerati urbani generano omogeneit culturale, anonimato individuale e potere centralizzato, e inoltre danneggiano insostenibilmente le risorse idriche, laria che respiriamo e tutte le caratteristiche naturali delle aree che occupano. Congestione, rumore e lo stress prodotto dalla vita urbana doggi stanno diventando sempre pi intollerabili, a livello psichico oltre che fisico. Le citt che un tempo servivano a riunire individui di background differenti sotto legida di una medesima solidariet comunitaria, oggi atomizzano i propri abitanti. La citt moderna un luogo nel quale nascondersi# non loccasione per ricercare la vicinanza degli altri esseri umani. La paura tende a sostituirsi alla socialit, la scortesia inghiotte la solidariet, rammassarsi della gente in abitazioni, mezzi di trasporto, uffici e negozi sovraffollati, sovverte il senso dellindividualit e produce indifferenza alla condizione umana. Quindi il decentramento delle grandi citt in comunit a misura umana non n la mistificazione romantica di un solitario amante della natura, n un remoto ideale anarchico. invece una realizzazione indispensabile per una societ ecologicamente stabile. Bisogna scegliere tra uri ambiente in rapida degradazione, che finir per compromettere lintegrit e la complessit delle forme di vita del pianeta, e una societ che viva in equilbrio con la natura. Lo stesso pu dirsi dellesigenza di riconsiderare la base tecnologica della societ moderna. La produzione non pu pi essere vista come una fonte di profitto o la realizzazione di interessi personali. I beni di cui gli esseri umani necessitano per la propria sopravvivenza, oltre che per il proprio benessere fisico e culturale, sono pi importanti dei feticci mistificati delle varie religioni e culti superstiziosi. Il pane, se volete, pi sacro di una benedizione pretesca, come i vestiti delle persone comuni sono pi sacri dei paramenti ecclesiastici; le abitazioni personali hanno maggior significato spirituale delle chiese e dei templi; 177 vivere bene su questa terra pi santificante che andare in paradiso. I mezzi di sussistenza devono essere considerati per quello che sono realmente, strumenti senza i quali la vita impassibile. Negarli al popolo pi che un furto (per usare lespressione di Proudhon), omicidio. Nessuno ha il diritto di possedere beni dai quali dipende la vita altrui, moralmente, socialmente o ecologicamente. N ha il diritto di adottare o imporre alla societ tecnologie che danneggino la salute umana e del pianeta. Ecco che lecologia si compenetra totalmente con la societ, per diventare ecologia sociale, sottolineando la stretta interdipendenza tra problemi sociali ed ecologici. La tecnologia (che dovrebbe essere usata per sostenere la vita umana e planetaria e che invece mette in pericolo entrambe) uno dei luoghi pi importanti dove i valori sociali ed ecologici si incontrano. In unepoca di degradazione ecologica diffusa, non ulteriormente possibile mantenere tecniche che danneggiano spudoratamente gli esseri umani e il pianeta tutto. La tragedia della nostra epoca che la tecnica non affrontata da un punto di vista etico. Nel pensiero greco la produzione di oggetti di alta qualit artistica era considerata un fatto morale comportante una speciale relazione tra lartista e loggetto prodotto. Per molti popoli tribali, la manifattura di un oggetto corrisponde alla messa in atto delle potenzialit insite nel materiale grezzo, dando cio alla pietra, al marmo, al bronzo, una voce attraverso cui vengono espresse le latenti capacit estetiche della materia prima. Il capitalismo ha completamente eliminato questo modo di pensare. Ha separato il produttore dal consumatore, eliminando ogni senso di responsabilit etica di quello nei confronti ai questo, mettendo da parte ogni altro tipo di considerazioni morali. Lunica dimensione morale ammessa nella produzione capitalistica la presenza della cosiddetta mano invisibile del mercato che guida linteresse individuale in modo che la produzione a scopo di profitto finisca per generare il bene comune. Ma anche tale miserabile giustificazione del tutto scomparsa oggi. Un egoismo illimitato, altro esempio della presenza di unetica del male, ha sostituito ogni rispetto per il bene pubblico. Sebbene possa apparire facile dare alla tecnologia colpe che sono invece dellinteresse borghese, bisogna comunque ammettere che anche la tecnica pu diventare demoniaca sotto il capitalismo 178 liberata da ogni limitazione di tipo morale. Una centrale nucleare, ad esempio, intrinsecamente male, non ha alcuna giustificazione della sua esistenza. Anche le operazioni industriali convenzionali stanno diventando problematiche a causa del progressivo degrado ecologico. Lagribusiness, che un tempo era unattivit marginale nellazienda agricola di tipo familiare, si talmente diffuso negli ultimi tempi da provocare seri problemi legati alluso ai pesticidi e fertilizzanti sintetici. La continua emissione di fumi industriali e luso sconsiderato delle autovetture stanno modificando lintero equilibrio ecologico naturale, in particolare quello dellatmosfera. Basta un rapido esame dellattuale panorama tecnologico per rendersi conto di quanto sia acuta la necessit di una sua ristrutturazione. Interessi non solo ecologici, ma anche di pura sopravvivenza umana, impongono il ricorso a tecnologie ecologiche che rendano il nostro rapporto con la natura creativo e non distruttivo. Mi sia concesso ripetere ancora una volta che tale cambiamento non pu prodursi senza che una simile mutazione tocchi anche i rapporti umani con la elaborazione di un interesse generale che superi gli interessi particolari di gerarchia, classe, sesso, etnia e Stato. I presupposti di un rapporto armonico con la natura sono di tipo sociale, cio l'instaurazione di armonici rapporti tra gli esseri umani. Ci postula labolizione della gerarchia in tutte le sue forme (anche psicologiche e culturali, oltre che sociali), labolizione delle classi, della propriet privata, dello Stato. Il passaggio da qui a l non sar certo unimprovvisa esplosione, senza alcun preludio di preparazione intellettuale ed etica. Il mondo deve essere educato il pi approfonditamente possibile se la gente deve cambiare la propria esistenza, in prima persona, non per leffetto dellopera di elite autonominatesi ch tendono a trasformarsi in oligarchie che aspirano al potere. La sensibilit, letica, il modo di vedere la realt, il senso di' s devono cambiare, per mezzo di strumenti educativi, di ragione, di sperimentazione, mettendo nel conto la possibilit di imparare dai nostri stessi errori, se davvero lumanit in grado di raggiungere la coscienza necessaria per la propria autogestione. I movimenti rivoluzionari non possono pi trastullarli irriflessivamente con azioni fini a se stesse. Mai come oggi abbiamo avuto bisogno di approfondimento teorico e di studio, perch lincultura politica ha raggiunto proporzioni spaventose e 179 lazione feticizzata come un fine in s. E abbiamo anche bisogno di organizzazione, non il caos nichilista dove ogni tipo di struttura criticata come elitaria e centralistica. La pazienza, il lavoro duro e quotidiano per la costruzione di un movimento servono assai pi che le azioni teatrali di certe prime donne che aspirano a morire sulle barricate di una lontana rivoluzione, ma si sentono troppo intelligenti per dedicarsi al tran-tran di diffondere le idee e tenere in piedi unorganizzazione. Passare da qui a l un processo, non unazione esemplare. Sar sempre segnato da incertezze, fallimenti, deviazioni e polemiche, prima di trovare il senso della sua direzione. N detto che lo spazio di una vita sia sufficiente perch una mutazione radicale si verifichi. I rivoluzionari di oggi devono trarre la propria ispirazione dai grandi idealisti del passato, come certi personaggi della storia francese o russa, che avevano ben poche probabilit di poter assistere ai sommovimenti menti da loro auspicati, ai quali peraltro hanno contribuito con lesempio, limpegno personale, il convincimento. La volont rivoluzionaria non solo un impegno per cambiare il mondo; anche un imperativo interiore a salvaguardare la propria identit dalla corruzione di una societ che degrada la personalit umana con la promessa di guadagno e status in un mondo totalmente privo di senso. Bisogna creare una nuova politica che sappia sfuggire alla trappola del parlamentarismo. Movimenti come i Verdi tedeschi sono gi saturi di !edettes che inseguono il successo personale, distruggendo lintegrit, letica e lo slancio dei loro tempi pi eroici. Bisogna che i programmi politici vengano elaborati tenendo presenti le condizioni ambientali degli individui, i problemi della casa, del quartiere, dei trasporti, linquinamento, il luogo di lavoro. Il potere deve continuamente essere restituito ai quartieri e alle municipalit, sotto forma di centri sociali, cooperative, centri per loccupazione, e soprattutto assemblee cittadine. Il successo non da misurarsi in funzione del favore immediato che un movimento di questo tipo riesce ad ottenere. Inizialmente solo un numero relativamente ridotto di persone lavorer con un simile movimento, e pochi parteciperanno alle assemblee di quartiere e alle confederazioni municipali, eccetto forse nel caso di temi di particolare rilevanza pubblica. Le vecchie idee e i metodi interiorizzati nella vita di tutti i giorni sono lenti a morire; e i 180 nuovi, lenti a crescere. Pu accadere che gruppi di iniziativa civica compaiano allimprovviso con fervore, perch una comunit si trova ad affrontare problemi come, ad esempio, linstallazione di una centrale nucleare o la scoperta di una discarica di materiale tossico. Ma un movimento municipalista ad orientamento ecologico non deve mai illudersi che tali iniziative di massa siano necessariamente destinate a durare. Possono svanire altrettanto rapidamente come sono cominciate. Lunica speranza che vadano a costituire una tradizione cui far riferimento in futuro e che lattivit educativa cos svolta resti patrimonio della comunit. Contemporaneamente, i membri pi impegnati di un tale movimento devono offrire una visione di ci che la societ dovr diventare in futuro. Devono saper guardare lontano, in modo che altri siano spinti a realizzare quegli obiettivi. Il movimento deve avere un nucleo di persone capaci di fornire soluzioni storicamente valide, oltre che pratiche. E' sempre la societ a dettare le regalo del gioco, alle quali anche i ribelli meglio intenzionati devono attenersi. Se ci non viene tenuto presente, saranno inevitabili compromessi moralmente debilitanti, portatori di unetica del male basata sulla ricerca del male minore, che conduce invece al male peggiore. Nessun movimento rivoluzionario pu perdere di vista la sua concezione finale di societ ecologica se non vuole. perdere, un pezzetto alla volta, tutti gli elementi della, sua stessa identit. Tale concezione deve essere espressa in modo chiaro e inequivocabile, in modo da non poter mai essere oggetto di compromessi. La fumosit degli scopi ultimi socialisti e marxisti ha apportato danni irreparabili permettendo che tali scopi potessero essere sottomessi alle esigenze di una politica pragmatica, fino alla rinuncia della stessa ragion dessere del movimento. Un movimento deve dare aipropri ideali un carattere visivamente esplicito, in modo che essi possano entrare a far parte di un nuovo immaginario politico e non di mere dichiarazioni programmatiche. Questo tipo di tentativi stato fatto in passato, con discreto successo, da gruppi come Peoples Architecture (Architettura popolare) che si preso la briga di ripianificare interi quartieri di Berkeley, in California, dimostrando praticamente come potevano essere resi pi abitabili, comunitari ed esteticamente attraenti. 181 La societ ecologica Oggi abbiamo uno splendido repertorio di nuove idee, progetti, concezioni tecnologiche e dati operativi che possono fornirci la rappresentazione visiva di una comunit ecologica e di una democrazia partecipatoria. E' un materiale particolarmente valido al fine di dimostrare che possibile creare comunit in grado di sostentarsi con risorse rinnovabili, e non dovrebbe essere visto semplicemente come un insieme di tecniche volte a porre la societ in equilibrio con un determinato ambientale naturale. Tutto questo repertorio ha anche implicazioni etiche di grande portata, che possono essere ignorate solo a patto di voler dare impulso ad una mentalit eco-tecnocratica per lelaborazione di quelle che si usa definire come tecnologie appropriate, unespressione troppo ambigua per essere accettabile in un contesto ecologico pi ampio. Che lorticoltura organica possa esaudire le nostre richieste di cibo non trattato chimicamente, fornirci una pi vasta gamma di alimenti, e migliorare il suolo invece di distruggerlo, sono le argomentazioni con cui convenzionalmente viene giustificato labbandono dellagribusiness a favore di unagricoltura ecologica. Ma lorticoltura organica contiene in s molto pi di questo. Ci porta a contatto della colti!a%ione del nostro cibo, invece che del suo semplice consumo. Ci introduce nellintimo della catena alimentare che prende inizio nel suolo, della quale siamo noi stessi componenti e attivi partecipanti. Ci riporta dunque vicino al mondo naturale da cui ci siamo allontanati, coinvolgendoci in un balletto ecologico, per cos dire, assai pi benefico del jogging su strade asfaltate e marciapiedi di cemento. In quanto occupazione praticabile a livello individuale nel corso della giornata, secondo il consiglio di Fourier, lorticoltura organica arricchisce la diversit della nostra vita quotidiana, attiva la nostra sensibilit per i cicli biologici e ci mette in sintonia con i ritmi naturali. Quindi lorticoltura organica, tanto per limitarci a questo singolo esempio, pu avere nella societ ecologica un ruolo pi importante che risolvere i nostri problemi nutrizionali. Pu diventare parte integrante della nostra stessa esistenza di individui culturalmente, socialmente e biologicamente consapevoli. Lo stesso pu valere per lacquacoltura, specialmente i sistemi auto-riproducentisi messi a punto presso il pionieristico Institute for Social Ecology (Istituto di Ecologia sociale) del Vermont, dove 182 le deiezioni di pesci erbivori vengono riciclate attraverso piante acquatiche in modo da fornire cibo ai pesci medesimi, creando cos un ciclo ecologico chiuso e autosufficiente, in grado di produrre proteine per una comunit umana. L'uso dell' energia solare, una tecnologia che ha raggiunto ormai una sofisticazione straordinaria, pu essere considerato ecologico non solo in quanto energia rinnovabile, ma anche perch porta il sole, il mutare delle stagioni, insomma il cielo per cos dire, nella nostra vita quotidiana in modo palpabile. E ci pu dirsi anche dellenergia eolica, dell'allevamento del bestiame, dellagricoltura mista, delle tecniche di compostaggio che riciclano i rifiuti di una comunit trasformandoli in concime, insomma di un complesso modello ecologico dove ogni componente interagisce con gli altri producendo un ecosistema a misura umana che soddisfa i bisogni umani e nel contempo arricchisce lambiente naturale. Una societ ecologica, strutturata come confederazione di comuni, ciascuna plasmata in modo da adattarsi allecosistema nel quale si trova allocata, attuerebbe questo ventaglio di tecnologie in modo artistico, ricorrendo alle risorse locali, molte delle quali vengono oggi abbandonate a causa delle tecniche di produzione di massa. Che ne sarebbe della propriet, in tale societ? Storicamente le sinistre hanno sempre messo laccento sulla nazionalizzazione della terra e delle industrie, o sul controllo operaio di esse. Ma uneconomia nazionalizzata presuppone, come hanno da tanto tempo fatto notare gli anarchici, lesistenza dello Stato, e questo dovrebbe essere sufficiente a giustificarne il rifiuto. Inoltre leconomia nazionalizzata la culla di burocrazie parassite, che hanno lasciato anche gli Stati cosiddetti socialisti dellEst in un limbo di perpetua crisi economica. La responsabilit delle nazionalizzazioni come fonte di statizzazione ed anche di totalitarismo quindi fuori discussione e gli stessi sostenitori di esse le vanno abbandonando, ironia del caso, per soluzioni di libero mercatoto. Anche il controllo operaio, tanto apprezzato dalle tendenze sindacaliste in contrapposizione alle economie nazionalizzate, ha i suoi limiti. Ad eccezione che nella Spagna rivoluzionaria, dove un sindacato libertario come la CNT ha mantenuto uno stretto controllo su tutte le imprese che potevano assumere un indirizzo favorevole agli interessi capitalisti, in genere una fabbrica collettivizzata non una comune, n ha unimpostazione 183 necessariamente comunitaria. Non poche imprese a controllo operaio hanno funzionato in modo capitalistico, facendosi concorrenza per quanto riguarda materie prime, commesse, privilegi ed anche profitti. Molte cooperative si trasformano frequentemente in corporazioni oligarchiche, come ha ormai dimostrato l'esperienza scandinava e americana. Questo tipo di imprese diventano sede di un interesse particolare, anche se non eccessivamente aggressivo. Non sono diverse da quelle tipicamente capitalistiche e la pressione cui vengono assoggettate dal mercato nel quale si trovano a dover funzionare la medesima. Siffatto particolarismo non manca di farsi sentire, alterando sempre pi i contenuti etici dei fini originari, in genere in nome dell' efficienza, della necessit di crescere per sopravvivere, cedendo alla tentazione di ottenere maggiori profitti. Il municipalismo libertario ha un approccio olistico per quanto concerne leconomia ecologicamente orientata. Le decisioni e i programmi relativi allagricoltura e alla produzione industriale sarebbero il risultato di assemblee cittadine, i cui partecipanti si esprimono in quanto cittadini e non-semplicemente come operai, agricoltori, professionisti o altro, e svolgerebbero comun=ue attivit produttive diverse a rotazione, indipendente dalla loro specifica competenza. In quanto cittadini agirebbero al loro livello pi elevato, il livello umano, non a quello di esseri socialmente ghettizzati , ed esprimerebbero quindi non interessi particolari ma un interesse generale umano. Invece di nazionalizzare o collettivizzare terra, fabbriche, officine, centri di distribuzione, una comunit ecologica ricorrerebbe alla municipali%%a%ione della propria economia, e si unirebbe ad altre municipalit in modo da integrare le proprie risorse in un sistema federativo su base regionale. Terra e industrie sarebbero controllate dalle assemblee popolari delle libere comunit, non da uno Stato nazionale, o da lavoratori- produttori che potrebbero finire per nutrire interessi da proprietari. Qgni persona della comunit un cittadino, non un individuo egoista e nemmeno il membro di un collettivo particolare. E questo ideale di cittadino razionale, di persona legata alle altre persone della comunit attraverso relazioni dirette e rapporti personali , acquisterebbe solidit economica e finirebbe col permeare ogni aspetto della vita pubblica. Un tale tipo di persona, scevro da interessi particolari perch vive in un ambiente dove tutti contribuiscono al bene della comunit, dando il meglio 184 di se stessi e prendendo dal fondo comune quanto necessitano, darebbe alla condizione di cittadino una solidit materiale senza precedenti , superiore a quella ottenibile con la propriet privata. Non eccessivamente fantasioso pensare che una societ ecologica matura dovrebbe essere costituita di municipalit di dimensioni contenute, ciascuna delle quali formata da una comune di comuni pi piccoli, individuali o collettivi, perfettamente sintonizzati con lecosistema in cui si trovano. La decisione se vivere in comunit o individualmente non pu che essere lasciata alla scelta delle generazioni future. La familiarit tra le singole comuni deve essere deliberatamente favorita. Nessuna municipalit dovrebbe essere tanto distante dalle altre da non poter essere raggiunta a piedi. I trasporti dovrebbero essere fondati sull uso di veicoli collettivi, quali che siano (monorotaie, treni, autovetture...) e non di veicoli individuali, che riempiono le grandi reti autostradali con macchine mezze vuote. Il lavoro dovrebbe ruotare tra citt e campagna e tra incarichi giornalieri. Lideale di Fourier di una giornata lavorativa costituita di attivit diversificate potrebbe trovare applicazione devolvendo parte della giornata allorticoltura, alla manifattura di oggetti, alla lettura, allistruzione, e una parte cospicua alle installazioni edilizie. La terra verrebbe usata in modo ecologico, sicch le foreste sarebbero lasciate alle aree pi idonee alla fiora arborea e le coltivazioni alimentari (in coltura mista) alle zone pi adatte a tale impiego. Frutteti e filari di alberi sarebbero abbondanti/s aa fornire nic chie e ricetto ad unampia variet di esseri viventi, evitando il ricorso ai pesticidi grazie agli equilibri biolo gici che si verrebbero a instaurare. Grandi territori, anche pi estesi di quelli attuali, verrebbero lasciati alla vita selvaggia. Verrebbe pro mosso lirrobustimento del corpo e latletismo, grazie alla diversificazione del processo lavorativo. Grande uso verrebbe fatto dellenergia solare ed eolica, i rifiuti verrebbero raccolti e compostati, oppure riciclati. La produzione attribuirebbe maggior importanza alla qua lit che alla quantit: case, mobilia, utensili e vestiario verrebbero fabbricati per durare anni, o anche genera zioni. Questo modello municipale verrebbe adeguato con grande cura al caso specifico di ogni regione, in modo da conservare le caratteristiche naturali di essa nel maggior rispetto possibile delle forme di vita non umane degli equilibri naturali. 185 Gli impianti industriali sarebbero basati su macchi nari di piccole dimensioni e polivalenti, sulle pi avan zate tecnologie a misura umana, sulla produzione di beni di qualit con il maggior risparmio energetico possibile, e verrebbero posizionati in modo da poter servire il maggior numero possibile di comunit, evitan do la moltiplicazione dello stesso prodotto che si verifica nelle economie mercantili. Mi sia concesso affermare, anche, che particolare im portanza verrebbe attribuita agli strumenti che permet tono di risparmiare lavoro (computer o macchinari auto matici o altro...) in modo da liberare gli esseri umani da fatiche non necessarie e lasciar loro tempo libero da dedicare a coltivare se stessi come individui e cittadini. La simpatia che di recente, e particolarmente negli Stati Uniti, il movimento ecologista ha dimostrato per le tecnologie a lavoro intensivo, che dovrebbero risparmia re energia a spese del lavoro operaio, unaffettazione scandalosa, tipica da ceto medio. La pletora di accade mici, studiosi, professionisti che hanno espresso simili opinioni, costituita di persone che non hanno mai fatto unora di vero lavoro manuale in vita loro, che non sanno nemmeno cosa sia una fonderia o una catena di montaggio. Le attivit di lavoro manuale intensivo di questa gente si riducono generalmente ad hobby tipo jogging, sport o rilassanti passeggiate nei parchi e nelle foreste nazionali. Qualche settimana in fonderia, destate, li farebbe rapidamente ricredere circa le virt delle indu strie e delle tecnologie a lavoro intensivo. Tra il qui irrazionale e prodigo dei giganteschi quartieri industriali e urbani, dellagribusiness chimico, del potere burocratico e centralizzato, della produ zione di terrificanti armamenti, dellinquinamento ge neralizzato, dellattivit manuale insensata, e il l della societ ecologica che ho cercato di descrivere nelle pagine precedenti, trova posto una zona indefinibile di complesse transizioni nella quale si sviluppa una nuova sensibilit e una nuova politica. Nulla pu sostituire la consapevolezza e il sostegno della storia, al fine di mediare tale transizione. Nessun deus e6 machina pu essere invocato per farci compiere il salto da qui a l, n il caso di desiderarlo. Ci che le persone non riescono a costruire da sole, non riescono nemmeno a controllare. Pu essere loro tolto con la stessa facilit con cui viene loro concesso. In ultima analisi, ogni progetto rivoluzionario poggia sulla speranza che la gente sappia generare una nuova consapevolezza, 186 una volta esposta alle idee che manife stamente concordano con i loro bisogni, una volta che la realt oggettiva (la storia, o la natura, o entrambe...) lha resa suscettibile allesigenza di una mutazione so ciale decisiva. Senza circostanze oggettive favorevoli alla creazione di una nuova consapevolezza e senza i mezzi per proporla in pubblico, non c possibilit di cambiamenti radicali, e nemmeno di evoluzione control lata. Ogni progetto rivoluzionario , prima di tutto, un progetto educativo. Il resto viene dalla realt in cui la gente vive e dalle trasformazioni cui essa va incontro. Qualunque processo educativo che non si tenga in contatto con la realt, con le tradizioni e con la vita di tutti i giorni, in grado di assolvere solo met del suo compito. Ogni individuo ha il suo background libertario, come ho gi avuto modo di sostenere, e i suoi sogni libertari, per quanto confusi dalla propaganda dei media e da immagini che li distorcono. Il sogno americano tanto in voga oggi, ad esempio, ha componenti anarchicheggianti, oltre che borghesi, ed ha assunto molti aspetti diversi. Una di queste pu essere fatta risalire ai rivoluzionari puritani, che hanno attraversato loceano per creare una Nuova Gerusalem me quasi comunista. Nonostante tutti i loro difetti, costoro hanno dato origine a comunit unite e fonda mentalmente ugualitarie, che si autogovernavano per mezzo di raduni cittadini a democrazia diretta. Unaltra porzione del sogno americano stata modellata dalla vita di frontiera del Far West, dove il focolare domesti co del New England era sostituito dal bivacco solitario nella prateria. Gli eroi di tale epopea erano i pistoleri ferocemente individualisti celebrati dagli spaghetti western di Sergio Leone, come linternazionalmente famoso il buono, il brutto, il catti!o. E un altro sogno americano emerso al volgere del secolo scorso stato quello degli emigranti che sognavano unAmerica la stricata doro, cio il mito delle illimitate possibilit di miglioramento offerte dagli Stati Uniti, terra dove tutto possibile. Cito queste visioni semi-utopiche, alle quali possibi le sostituire altri sogni equivalenti dei Paesi europei, allo scopo di sottolineare che in un modo o nellaltro il progetto rivoluzionario deve restare in contatto con queste aspirazioni popolari e trovare il modo di rimodel larli sulla base di ideali attuali di libert. Lanarchismo non il prodotto delle ricerche di un genio che ha passato la vita nel Museo di Londra, imponendo alla propria epoca una visione scientifica del socialismo. 187 Se non un prodotto sociale, certamente affinato da persone assai abili sul piano teorico, ma comunque generato dalle pi profonde aspirazioni libertarie di un popolo, lanarchismo non nulla. Cos stato per lanar chismo spagnolo tra la fine del diciannovesimo secolo e gli anni 30 di quello successivo, o per lanarchismo italiano e russo prima dellavvento di Mussolini e Sta lin, quando gli scritti di Bakunin, Kropotkin e Malate sta esprimevano in sede teorica le aspirazioni profonda mente sentite del popolo oppresso. Dovunque lanarchi smo ha preso piede stato perch ha saputo letteral mente diventare la voce libertaria del popolo, traducen do nella lingua di questo i suoi ideali e le sue pi fervide speranze. E per la sua natura profondamente popolare, per i suoi legami con la vita sociale dei popoli e delle comunit che lanarchismo tanto ecologico, e i pensato ri anarchici possono a buon diritto essere considerati i veri fondatori dellecologismo rivoluzionario dei nostri tempi. 8na natura libera Lanarchismo e lecologia sociale (cio, leco-anarchismo) devono contare sulla possibilit che la gente nor male sia in grado di ragionare ad un livello non dissimile da quello dei pi brillanti personaggi dellumanit. Leco-anarchismo deve partire dallidea che lumanit nel suo complesso sia qualcosa di assai peculiare. Essa occupa infatti una posizione praticamente unica nelle voluzione, anche se ci non giustifica affatto lidea che debba (o possa) dominare la natura. Ci che differen zia gli esseri umani da tutte le altre forme di vita la loro straordinaria capacit di pensiero concettuale, di comunicazione verbale strutturata nellambito di un meraviglioso corpo di concetti, e di alterazione del mondo naturale in modo sia disastrosamente distrutti vo che magnificamente creativo. Possiamo rigettare tali capacit come puramente accidentali, meri incidenti dellevoluzione naturale? Non possibile confutare la famosa opinione di Ber trand Russel che la coscienza umana sia il prodotto fortuito di circostanze imprevedibili, una rapida scintil la nelloscurit di un cosmo privo di vita e di significato, emersa dal nulla e destinata a ritornarvi senza lasciare tracce. Forse cos, ma ogni approccio filosofico al problema del significato dellumanit sempre fonda to su presupposti postulati, non provati. Nel secolo scorso, la fisica ha postulato limportantissimo 188 concetto che il moto sia un attributo della materia ed ha co struito su tale ipotesi non provata un assetto teorico altamente sofisticato. La migliore prova della validit di tale presupposto sta nella sua attitudine a chiarire il funzionamento della realt. Anche lecologia moderna, e in particolare lecologia sociale, necessita di presupposti, se vuole diventare una teoria coerente, in grado di spiegare il posto dell'umanit nel mondo naturale. Esiste un certo numero di teorie ecologiche che tendono a negare lunicit della colloca zione umana nella natura. Tale modo di pensare ha un nome (biocentrismo) e sostiene che gli esseri umani non abbiano pi valore di una lumaca nel mondo natu rale (da ci il mito di una cosiddetta democrazia biocen trica). Uomini e molluschi sarebbero semplicemente diversi. Questa una constatazione piuttosto ovvia, che per non ci dice nulla circa la natura di tale diversit e il significato che essa riveste in seno al mondo naturale. Negli Stati Uniti, dove questa concezione ha largo seguito, le idee semplici vengono sempre preferite a quelle che richiedono una certa dose di riflessione. Forse la funzione attribuita al biocentrismo quella di con testare lidea che il mondo sia stato fatto per essere sfruttato dalla specie umana. Ma ci presuppone che il mondo sia stato fatto, cio creato da una qualche entit soprannaturale, e rende qualunque diatriba sul biocentrismo forse teologicamente interessante, ma socialmente irrilevante. Il problema importante invece un altro. Qual il posto dellumanit nella natura? La risposta non pu venire dalla considerazione della natura come uno stati co insieme di forme di vita. La natura in realt qualco sa di dinamico, un fenomeno di processi evolutivi che coinvolgono forme di vita tanto umane quanto non umane. La natura non mai statica. E nemmeno avara o regno della necessit, come vorrebbe farci credere Marx, nel suo sforzo di giustificare lemergere delle classi, lo Stato, e la necessit di dominare il mondo naturale come presupposto per la liberazione di quello sociale. Guardando indietro, anche intuitivamente, allevolu zione delluniverso, possiamo constatare (come nessun altro animale pu) resistenza di una tendenza general della materia attiva a svilupparsi dal semplice al com plesso, dal relativamente omogeneo al relativamente eterogeneo, dal semplice al variegato e al differenziato. Lattributo pi straordinario della sostanza 189 (termine che mi sembra giusto usare in senso dinamico e creati vo, in contrapposizione ad una materia statica e mor ta) la sua capacit di evoluzione. Non intendo qui un semplice cambio di posto, quanto lo svolgersi delle pos sibilit latenti di un fenomeno, la messa in atto di ci che esiste in potenza, lo sviluppo di ci che non compieta mente sviluppato. In seno alla sostanza, al suo livello pi primitivo, presente in modo implicito il dispiegar si di diversi gradi di sviluppo, ciascuno dei quali contie ne il germe di unulteriore differenziazione, di una ten denza ad una sempre maggiore soggettivit e flessibili t. Non parlo di teleologia preordinata, di uno scopo che imprima una direzione in qualche modo inesorabile allo sviluppo. Mi riferisco invece allintrinseca tendenza verso una crescente differenziazione, complessit, indi vidualit (che diventa intelligenza solo nel caso degli esseri umani) e adattabilit fisica. Ad un certo punto, la tendenza dello sviluppo inorga nico verso la complessit raggiunge un livello chiara mente visibile, in corrispondenza del quale emerge la vita. La linea di separazione tra i due ambiti risiede nel fenomeno detto metabolismo, cio nella capacit delle proteine, formatesi dagli aminoacidi, di automantenersi in maniera atti!a e di acquisire conseguentemente un vago senso di identit. I minerali e lacqua che vi scorre sopra e li erode sono passivi. Lacqua semplicemente discioglie i costituenti inorganici dei minerali. Al confronto, anche la pi semplice delle amebe intensa mente attiva. Essa quello che in quanto mantiene un equilibrio dinamico tra i processi costruttivi e distrutti vi che ne determinano lesistenza. Non ha un rapporto solo passivo con lambiente: un s incipiente, un essere identificabile, impegnata immanentemente nel la difesa di tale identit. Manifesta un certo senso di auto-orientamento che gi una forma embrionale di quella volont, intenzionalit, che si ritrova via via pi sviluppata nelle forme di vita degli stadi successivi dellevoluzione. Lulteriore differenziazione di organismi unicellulari come lameba in organismi pluricellulari come le spu gne, fino ad esseri complessi come i mammiferi, compor ta una sempre maggiore specializzazione degli organi e dei gruppi di organi. Ad un certo punto del processo assistiamo alla formazione di fasci di nervi, sistemi nervosi automatici, strati cerebrali, ed infine esseri coscienti di s, nel corso di un lungo processo evolutivo che altro non se non la testimonianza di una tendenza insita nella natura 190 stessa, che parte dalla capacit degli atomi di interagire formando molecole complesse, ami noacidi e proteine. La vita acquista una maggiore flessi bilit con lo sviluppo di forme di vita a sangue caldo, pi adattabili a climi diversi. Le specie interferiscono le une con le altre e con lambiente nel quale vivono, dando origine ad ecosistemi sempre pi diversificati, molti dei quali aprono nuove vie allevoluzione e allo sviluppo della coscienza soggettiva, la quale a sua volta comincia a scegliere, sia pur a livello elementare, nuovi percorsi evolutivi. La vita, a tali livelli di complessit, comincia a svolgere nella sua stessa evoluzione un ruolo che va facendosi sempre pi attivo. Non un oggetto del tutto passivo della selezione naturale: partecipa allevolu zione, sicch la terminologia dei tempi di Darwin deve essere modificata in quella di evoluzione partecipati va. Se passiamo in rassegna i diversi aspetti di questo processo evolutivo, nel quale le varie forme di vita riproducono nel proprio sviluppo manifestazioni degli sviluppi precedenti (reti di nervi che ricoprono la pelle, gangli nervosi che formano il midollo spinale e simili), risulta rafforzata lipotesi di una tendenza da parte della natura a dirigere la sua stessa evoluzione, un impulso verso uno sviluppo cosciente nel quale la pre senza di scelte, per quanto limitate, rivela che levolu zione biotica contiene in s i germi della libert. Parlare della natura come del regno della necessit significa trascurare la fecondit, la spinta alla diversificazione, la capacit sia pur rudimentale di soggettivit, identit, scelta e volont, in breve significa trascurare la poten ziale attitudine alla libert che si realizza nella compar sa della vita intesa come base della coscienza e dellau todeterminazione. Nella specie umana tale tendenza trova la sua piena attualizzazione, almeno nellambito della vita sociale e deHorientamento razionale degli affari umani. Lumanit la voce potenziale della natu ra che si fa cosciente di s e si autodetermina. E cos possibile parlare della natura pre-umana come di una natura prima in cui il senso di s, la coscienza e le basi della libert sono ancora troppo rudimentali per poter funzionare in senso attivamente autodiretti vo. Incontriamo gi molte approssimazioni di coscienza, specie tra i primati, ma solo con la comparsa degli esseri umani che le potenzialit presenti acquistano una dimensione sociale, generando la seconda natura che tende alla sua propria realizzazione: un prodotto dellevoluzione dotato di intelligenza, di straordinarie doti di 191 comunicazione, di associazione consapevole, nonch di capacit di cambiare deliberatamente se stes so e il mondo che lo circonda. Negare questi straordinari attributi umani, che si manifestano nella vita di tutti i giorni, affondarli in concezioni come quella di una de mocrazia biocentrica che vorrebbe umani e molluschi uguali quanto a valore intrinseco (quale che possa essere) semplicemente folle. Inoltre, lapproccio biocentrico persegue significati vamente lo scopo di sminuire quello che il tratto pi caratteristico dellumanit, la sua capacit di atti!it !olontaria. Si vuol negare il potere dellumanit di cambiare il mondo, cio in gran parte di cambiare se stessa, disarmandola con un appello mortificante alla passivit e alla recettivit. Udiamo richiami quietistici che provengono dal Taoismo o dalle filosofie occidentali dellessere, dalle visioni statiche di Parmenide a quel le di Martin Heidegger, di cui non sarebbe difficile dimo strare la conformit agli ideali del partito nazista, cui Heidegger ha aderito per pi di un decennio. I grandi pensatori rivoluzionari, da Owen, Fourier, Bakunin, Marx fino ai giorni nostri, hanno invece posto sempre laccento sullintervento atti!o che lumanit deve espletare nel mondo. E questi principi stanno alla base dei progetto rivoluzionario e degli ideali di libert. Lemergere in seno al movimento ecologista di varie correnti che predicano la necessit di un rapporto passi vo tra umanit e natura, cio di una totale sottomissio ne di quella alle leggi di questa, dove leventualit di carestie accettata come strumento di controllo della popolazione, pu guadagnare allecologia una reputa zione anche peggiore di quella di cui gode leconomia. Se leconomia si fatta il nome di scienza triste, lecolo gia, in questa sua accezione reazionaria, pu ben meri tare quello di scienza crudele. Come ho gi avuto occasione di notare, lumanit non ancora completamente umana. Stante la natura com petitiva, divisa e insensibile dellattuale societ, ha ancora molta strada da percorrere per arrivare a realiz zare appieno le sue potenzialit di ragione, amore e comprensione. Cionondimeno, tali potenzialit si espri mono in mille modi che non hanno uguali presso le altre forme di vita, e la loro completa attualizzazione dipende da fondamentali trasformazioni sociali che devono anco ra compiersi. Il pi odioso misfatto di certi ecologisti la facilit con cui hanno tolto la considerazione della condi zione sociale umana dal novero dei propri interessi. Questa abitudine di trattare le persone come 192 una spe cie rende tutti gli esseri umani ugualmente complici non solo della propria degradazione ad opera di elite, classi e Stati, ma anche della degradazione della natura ad opera di una societ che deve crescere o morire. Se ci poniamo nella prospettiva di ci che lumanit pu> essere, vediamo emergere un rapporto tra gli esseri umani, e tra questi e la natura, che trascende sia la prima natura primitiva che la seconda natura socia le, per aprire la via ad una natura libera radicalmente nuova, dove unumanit emancipata sar la voce, le spressione, di unevoluzione naturale divenuta coscien te di s. Grazie alla razionalit dellintervento umano, la natura acquister decisionalit, potere di sviluppare forme di vita pi complesse e una capacit di autodiffe renziarsi che in precedenza stata solo parziale. Sorge a questo punto il problema, di grande portata, di definire unetica ecologica. Lintervento umano nel mondo naturale non una perversa aberrazione evolu tiva. Gli esseri umani non possono rinunciare alla natu ra e alla loro animalit pi di quanto le lumache possano fare a meno della propria epidermide. Lanimale umano un prodotto dellevoluzione naturale non solo perch ha dei caratteri fisici da primate, ma anche perch esprime e attualizza una radicata tendenza evolutivi verso la coscienza e la libert. E in ci risiede la base di unetica autenticamente oggettiva, concepita come una filosofia della potenzialit e dellattualizzazione, e non come una meccanica relazione di causa ed effetto, o come lagnosticismo causale di Hume e dei positivisti moderni che lo seguono. La realt ; sempre "ormati!a. Non un semplice qui ed ora che non va al di l di quanto siamo in grado di percepire con gli occhi o con il naso. Concepita come formativa, la realt sempre un processo di attualizza zione di potenzialit. Ci che pu> essere altrettanto reale e oggettivo di ci che in un momento dato. Concepita secondo questo concetto di causalit dialettica, lumanit quindi pi di quanto oggi; anche ci che pu essere, ci che forse sar, domani o tra cento anni. Nella misura in cui'esiste una tendenza, una potenzialit, verso la libert e la coscienza, la libert e la coscienza non sono meno reali (o attuali, nella pi precisa terminologia hegeliana) nella societ di quanto siano potenziali nella natura. Ci che fa dellanimale umano un prodotto della natura , 193 oltre alla voce che egli fornisce alla natura stessa, anche il fatto di poter intervenire in questa proprio come un suo prodotto, cffie quafcosa che si organizzato attraverso millenni di sviluppo organico s da poter fare quanto gli permette il posto che ha nel mondo naturale.. Laspetto negativo della condizione umana non il fatto di intervenire nella natura e di modificarla, quanto piuttosto di intervenire attivamente per distruggerla, a causa dellevoluzione distorta subita dalla societ. Rea gire irriflessivamente di fronte a tale distorsione socia le, postulando una minimizzazione dellintervento umano in natura o addirittura una sua abolizione, come sostengono molti ecologisti, un atteggiamento infanti le, come prendere furiosamente a calci la sedia in cui siamo inciampati. Il messaggio dellecologia sociale non solo il messag gio di una societ senza gerarchia e atteggiamenti ge rarchici. E' anche il messaggio di unetica che attribuisce alla specie umana in seno alla natura il compito di rendere levoluzione (sociale e naturale) pienamente consapevole e il pi possibile libera, attraverso la capa cit di far coincidere nel modo pi razionale possibile le necessit umane e non umane. Non sto predicando una sorta di ingegneria del mondo naturale, una sua rico struzione artificiale. Come ho detto pi volte in altri scritti, il mondo naturale troppo complesso per essere controllato dall'ingegno umano, dalla scienza, dalla tecnologia. Le mie propensioni anarchiche mi portano ad apprezzare di pi la spontaneit, nel comportamen to umano come nello sviluppo della natura. Limmagi nazione ha un posto importante accanto alla ragione. Lintuizione, il senso estetico, la meraviglia, apparten gono agli esseri umani tanto quanto lintelletto. Levolu zione naturale non pu disconoscere la propria sponta neit, fecondit, complessit e capricciosit, pi di quan to non possa farlo levoluzione sociale. Ma non possiamo nemmeno disconoscere il ruolo del la razionalit nella vita, dimenticando che essa un prodotto dellevoluzione naturale, oltre che dello svilup po umano. Siamo a un bivio: o arrenderci ad un irrazio nalismo idiota, che mistifica levoluzione sociale attra verso miti, divinit e atteggiamenti particolaristici nel nome di questo o quel sesso o di elite misteriose (renden do levoluzione sociale muta e cieca, con lugubri effetti per la vita tanto umana quanto non umana) oppure ridare un senso allattivit umana, oggi contestata, e trasformare il mondo nel regno sempre pi grande della libert e della 194 razionalit. Ci comporta una nuova forma di razionalit, una nuova tecnologia, una nuova scienza, una nuova sensibilit e, soprattutto, una socie t veramente libertaria. 195