ANNO XI NUMERO 44 DIRETTORE GIULIANO FERRARA MARTED 21 FEBBRAIO 2006 - 1
quotidiano DOMANI NEL FOGLIO UN RITRATTO DI BERLUSCONI COME NON LAVETE MAI VISTO. MA PROPRIO MAI Milano. Francis Fukuyama ha pubblicato America at Crossroads, una lunga, medi- tata e contraddittoria critica al neoconser- vatorismo scritta da un ex membro del mo- vimento. Fukuyama noto per aver predet- tosedici anni falafinedellaStoria equin- di la vittoria della modernizzazione e della democrazialiberale. E statoallievodi Allan Bloom, collega di Bill Kristol, stagista e poi collaboratore di Paul Wolfowitz. Per anni si ritrovato a pieno nella definizione di neo- con, oranonpi. E statolinterventoinIraq afargli cambiareidea. SecondoFukuyama stata una guerra non necessaria e dannosa, tanto che alle scorse elezioni ha votato per John Kerry. Eppure in passato Fukuyama stato favorevole allintervento per cambiare il regime di Saddam, come dimostra la sua firma alla famosa lettera datata 1992 del Project for a New American Century che chiedeva a Bill Clinton di rimuovere la dit- tatura baathista. Nei mesi scorsi ha animato una virulenta discussione (pubblicata sul Foglio) con un altro neocon, Charles Krauthammer, a proposito della politica estera americana, culminata nella sua ru- morosa uscita dalla rivista The National In- terest e nella fondazione, a fine 2005, del- quadrimestrale The American Interest. Fukuyama oggi sostiene che difficilmente la storia giudicher positivamente linter- vento inIraqe le idee che lo hanno animato. Invadendo lIraq, spiega Fukuyama nel suo libro anticipato sul magazine del New York Times, Bush riuscito a creare una profezia che si autoavverata: ora lIraq diventato davvero un magnete per i terroristi islamici, i quali si trovano davanti parecchi obiettivi americani a cui sparare. Gli Stati Uniti han- no ancora qualche possibilit di creare un Iraq democratico, ma il saggista non crede che lesito giustifichi il sangue sparso e il de- naro impiegato. Fukuyama contesta lidea di diffondere la democrazia in giro per il mon- do e segnala come gli errori di programma- zione di Bush abbiano provocato parecchi danni e siano dovuti a incompetenza, a ec- cessivo ottimismo e a incapacit di capire come il mondo avrebbe reagito a questa egemonia benigna che lAmerica si appre- stava a esercitare. Ora il pericolo, secondo Fukuyama, che lAmerica si ritragga, torni isolazionista. Circostanzacheper Fukuyama sarebbe un guaio, anzi una enorme trage- dia, perch il potere e linfluenza ameri- cana sono stati fondamentali per il manteni- mento dellordine democratico nel mondo. Qui c unaltra delle tante contraddizioni del libro di Fukuyama: dopo aver scritto che promuovere la democrazia e la moderniz- zazione in medio oriente non una soluzio- ne al problema del jihadismo terrorista, spiega che il problema del programma dei neoconservatori nonrisiede nei suoi obietti- vi, che sono americani quanto americana la torta di mele, piuttosto negli sproporzio- nati mezzi militari con cui hanno cercato di raggiungerli. Fukuyama, infatti, aggiunge che ci che la politica estera americana ne- cessitanonunritornoauncinicorealismo, piuttosto la formulazione di un wilsoniani- smo realistico che faccia meglio coincidere mezzi e fini. Propone di rafforzare le istitu- zioni che promuovono la democrazia, come la National Endowment for Democracy, ma dimentica che la Ned listituto creato dai neocon negli anni di Reagan. La minaccia islamica sovrastimata? Lautore di America at Crossroads ri- corda come i neoconservatori delle origini fossero diffidenti di ogni ipotesi di ingegne- ria sociale, cio ad adottare grandiosi pro- getti per combattere la povert, eliminare le differenze e ridurre il crimine, perch ben consapevoli chequesteiniziativespessopro- ducono conseguenze indesiderate. Com possibile, dunque, che una tradizione politi- ca cos attenta a spiegare che la societ non pu essere manipolata a tavolino sia finita a propagandare lidea che la democrazia in medio oriente avrebbe sconfitto il terrori- smo? La risposta la d lo stesso Fukuyama: RonaldReagan. I realisti e i liberal di allora prendevanoingiroil presidentecheparlava di Imperodel male. Sostenevanocheunapo- litica aggressiva coni sovietici avrebbe por- tato al disastro. Sappiamo chi ebbe ragione. Fukuyama conclude scrivendo che ab- biamo bisogno di nuove idee, n neocon n realiste, ideechemantenganolafedeneocon nelluniversalit dei diritti umani, ma senza lillusione dellefficacia del potere e delle- gemonia americana per raggiungere questi obiettivi. Quali siano queste idee, nonsi sa. Ma alla base del suo ragionamento c una frase che spiega tutto: Fukuyama considera sovrastimata la minaccia islamica. Un saggio di Fukuyama critica gli ex amici, ma ne condivide i fini. Servono nuove idee, ma quali? Contro i neocon Redazione e Amministrazione: L.go Corsia Dei Servi 3 - 20122 Milano. Tel 02/771295.1 Poste Italiane Sped. in Abbonamento Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO Roma. Londata di violenza che si sca- tenata nei paesi islamici dopo la pubbli- cazione delle vignette danesi ha suscitato nella diplomazia europea reazioni, nei ca- si pi coraggiosi, timide. Gli strateghi di Bruxelles non sono insensibili al tema del- la libert despressione, semplicemente pensano che urtare la suscettibilit dei go- verni islamici economicamente non con- venga a nessuno. L Unione europea im- porta il 50 per cento del suo fabbisogno energetico primario, che diverr il 70 per cento nel 2030. Le importazioni petrolife- re raggiungono quasi l80 del greggio con- sumato: il 43 per cento arriva dai paesi Opec, il 30 per cento dal solo Golfo. Naturalmente quella della dipen- denza energetica non una grana sol- tanto europea. Il prezzo del bari- le, che si forma sui mercati globali, sconta linstabilit politica, lelevato rischio- paese e la minaccia di rivolte anti-occidentali o attacchi ai pozzi. Stando sedute sul pi grande serbatoio pe- trolifero mondiale (cir- ca due terzi delle riserve provate), le nazioni islamiche sanno di poter sfruttare una rendita di posizione. Anche gli Stati Uniti, che pure produ- cono il 40 per cento del loro fabbisogno petrolifero, sono costretti a importare il resto: su un consumo medio di 20,7 milioni di barili al giorno, 2,3 milioni arrivano dal Canada, 1,4 dallArabia Saudita, 1,2 dalla Nigeria e 0,6 dallIraq. La tensione tra in- teressi petroliferi e questioni geopolitiche emersa nellultimo discorso sullo Stato dellunione, lo scorso 31 gennaio, quando George W. Bush ha parlato di unAmerica drogata dal petrolio importato da regioni instabili. La Advanced Energy Initiative fissa per il 2025 lobiettivo di tagliare del 75 per cento le importazioni dal medio oriente. Vittima del fuoco amico di molti conservatori, liniziativa ha incassato il so- stegno di Thomas Friedman, firma di peso del New Y ork Times: Il presidente ha usato un linguaggio che non avevo mai sentito prima. Il 40 per cento della bolletta petrolifera Che sia realistico oppure no, il piano di Bush costituisce un abbozzo di risposta a un problema reale. E lEuropa che fa? Fi- nora non riuscita a mettere a punto una politica energetica comune, anche perch stretta nella tenaglia fra gli stati membri (restii a mollare la presa) e il silenzio del Trattato sul tema dellenergia. Cos, si tro- va a dipendere fortemente dai paesi Opec: lArabia Saudita le fornisce il 13 per cento del nostro fabbisogno petrolifero, la Libia il 10, lIran il 7, lAlgeria il 4, la Nigeria e lIraq il 3. In tutto lUnione europea versa nelle casse Opec, escluso il Venezuela, ol- tre 56 miliardi di euro, pari al 40 per cen- to della sua bolletta petrolifera con paesi terzi. Il dato va letto anche nella direzione opposta: quello europeo , per lOpec, un mercato strategico, in grado di assorbirne il 21 per cento delle esportazioni. Linaffi- dabilit nel lungo termine gioca contro chi la produce, in quanto spinge i partner commerciali a elaborare una exit strategy: che pu assumere laspetto di uno strappo clamoroso (come nel caso degli Stati Uni- ti), oppure di uno sfilamento graduale. Milano. Una quindicina di morti, tra cui un sacerdote, e quattro chiese bruciate la mattina di sabato a Maiduguri, stato di Bor- no, nordest della Nigeria. Due chiese sac- cheggiate nel pomeriggio di domenica a Sukkur, provincia del Sindh, Sud del Paki- stan. Per la Chiesa cattolica lo scorso weekend stato scandito da veri e propri bollettini di guerra. T anto che in molti si aspettavanocheBenedettoXVI avrebbeap- profittato dellAngelus di domenica per tor- nare sullargomento della libert religiosa conculcata, o per fare riferimento diretto ai gravi fatti nigeriani. Papa Ratzin- ger hapreferitononfarlo, proba- bilmente anche per coerenza al suo personale modo di affron- tare lappuntamento domeni- cale con i fedeli. A differenza del suo predecessore, che si permetteva spesso incursioni abraccio nellacronaca, Be- nedetto XVI dedica di solito lAngelus a una breve esegesi delle scritture domenicali. Lassenza di una immediata presa di posizione della Santa Sede ha forse conferito mag- giore enfasi alluscita, sui gior- nali di ieri, di due interviste a due influenti prelati che pi opposte non avrebbero potu- to apparire. Intervistato dal Corriere della Sera, monsignor RinoFisichella, numeroduedi CamilloRui- ni nella diocesi di Roma e rettore dellUni- versit Lateranense, denunciava come inaccettabile lattuale silenzio degli stati e degli organismi internazionali, sulle vio- lenzeincorsochenonsonosolocontroi cri- stiani, ma contro la libert di tutti. T anto pi in questi giorni in cui si evidenzia la difficolt che incontrano le societ musul- mane ad accettare il principio della libert religiosa, che per noi acquisito. Sulla Stampa, il cardinale di Genova, T arcisio Bertone, se ne usciva con parole che suona- vanoparecchiolontane: Abbassiamoi toni, abbassiamo i profili, non enfatizziamo Questo il momento incui bisogna pensare, non fare gesti inconsulti. E ancora: Dob- biamo costruire ponti soprattutto in questo contesto internazionale. Limpressione che pu sorgere, davanti a dichiarazioni del ge- nere, quella di una Chiesa divisa al suo in- terno sulla diagnosi e sulle cure richieste dal rapportosemprepidifficileconlislam. La differenza di vedute reale, e difficil- mente mascherabile, tanto ai livelli alti del- lagerachiachenei diversi ambiti ecclesiali, sulle strade da percorrere. Ma sarebbe sba- gliatoignorarechedal Vaticano, vengonoin- dicazioni precise. Infatti Benedetto XVI ha scelto la giorna- ta di ieri per intervenire sul tema. Al suo so- lito, in modo indiretto eppure puntuale, pa- cato e allo stesso tempo intransigente. Rice- vendo il nuovo ambasciatore del Marocco presso la Santa Sede, il Papa ha detto che lintolleranza e la violenza non possono mai giustificarsi come risposte alle offese, perch non sono risposte compatibili con i principi sacri della religione. Che non fos- se un discorso di routine, lo conferma il fat- to che lOsservatore Romano titolasse ieri sera a tutta prima pagina sulle parole del Papa: Non si possono che deplorare le azioni di coloro che approfittano delibera- tamente delle offese causate ai sentimenti religiosi per fomentare azioni violente tan- to pi che ci viene fatto a fini estranei alla religione. Roma. Invece di reclamare il diritto alla reciprocit, invece di reagire con largo- mento della deterrenza armata solitamente minacciato da chi avverte il senso di un af- fronto intollerabile contro di s, loccidente eurocentrico lascia al proprio posto i diplo- matici sparpagliati nel mondo musulmano da Giacarta a Islamabad a T ripoli e ad Abuja (Nigeria) anche se il loro posto in quel che resta delle ambasciate stato tra- sformato in luogo ignoto di isolamento dal- lassedio armato dei fondamentalisti. L U- nione europea ha assistito inerte allassalto incendiario contro la propria sede in Ci- sgiordania e malgrado questo Javier Solana chiede di non congelare i fondi internazio- nali per lAutorit palestinese. In Anatolia la violenza islamica ha assunto il colore sfacciatodellapersecuzioneanticristiana: al momento in Turchia muoiono i preti al det- taglio ma nelle sale cinematografiche si fa della pedagogia collettiva antioccidentale attraverso filmcome Iraq, valle dei lupi. E solo leccezione iper identitaria offerta dal- la Baviera suggerisce al governatore popo- lare Edmund Stoiber di sollevare una que- stione di opportunit nellimportazione di certe pellicole. I giornali europei, per vilt o per allucinazione multiculturale, bevono la storia del rapporto causa/effetto e moltipli- canolescuseper levignettesatirichechegli assalitori hanno trasformato nellultimo combustibile del jihad. I titolari della prima intemeratasatirica, i danesi del Jyllands-Po- sten, sono al terzo giro di rincrescimento (peraltro ben remunerato agli offesi acqui- stando pagine pubblicitarie del quotidiano panarabo Asharq-Al-Awsat). Sinceramente pentito, il direttore del giornale norvegese che aveva ripubblicato quelle vignette (Ma- gazinet) ha lasciato che fossero i leader del consiglio islamico locale ad avvertire un po mafiosamente che i musulmani accolgono le scuse, garantiscono sulla buona fede del- linfedele nordico e invitano i fratelli me- diorientali a risparmiare la Norvegia dalla vendetta. Le autorit svedesi stanno censu- rando i siti Internet che raffigurano ironica- mente Maometto. Il ceto politico e quello in- tellettuale mettono in fila altri nostra cul- pa abbinati a richieste di dialogo. Nel tem- po che rimane oppongono il raddoppiamen- to delle scorte di polizia interna come unico ostacolo alle taglie che i maomettani im- pongono sulla testa dei tanti potenziali Theo van Gogh europei, siano essi attori, sceneg- giatori, disegnatori, editori e cos via. La ma- gistratura italiana che ha prosciolto alcuni aspiranti shahid procede intanto contro Ro- berto Calderoli per vilipendio allaltrui reli- gione. Il che poco aggiunge e nulla sottrae alla convinzione diffusa fra gli islamisti che lEuropa sappia cosa sta accadendo ma fac- cia di tutto per non pensarci. Mentre lo sta- to maggiore americano comincia a valutare seriamente le conseguenze negative delli- nerzia mostrata dagli alleati europei che si adeguano allo status quo, i jihadisti non in- contrano resistenze, amministrano tempi e luoghi dellaggressione armata, perfino nel- la libert lessicale dimostrano un vantaggio sulle loro prede occidentali. Hanno le idee chiare, lo ha spiegato a Repubblica Anjem Choudari, proconsole del califfato universa- le in terra inglese certo che non gli toglie- ranno la cittadinanza britannica per le idee che professa: L ondata di violenza finir quando la condanna sar eseguita, come successo in Olanda con Theo van Gogh. Sia- mo decine di milioni di musulmani in Euro- pa. E immagino che anche in Italia ci siano mujaheddin disposti a eseguirla. TRE DIPENDENZE TOSSICHE La sudditanza energetica europea sta in un numero: 56 miliardi lanno. Bush vuole uscirne. E noi? Libert religiosa, le mille cautele con cui la Chiesa osa finalmente pronunciare la parola reciprocit LEuropa si profonde in scuse e continua ad aprire il portafogli. Linanit politica abita qui La Giornata * * * In Italia Nel mondo BERLUSCONI: SIAMO IN SINTONIA CON LA LEGA. E GIA TUTTO RISOLTO. Nessuna rottura, dunque, e il premier ha anche detto di condividere i 5 punti pro- grammatici approvati ieri dal Consiglio fe- derale del Carroccio. Nel dettaglio: radici cristiane dellEuropa, federalismo fiscale, sostegno alla famiglia, lotta ai clandestini, impegno sul referendum costituzionale. Calderoli indagato a Roma per vili- pendio alla religione. L indagine stata aperta dalla Procura capitolina. Rischia una multa da 1.000 a 5.000 euro. * * * Rispetto per le religioni e i loro simboli. Lo ha chiesto Benedetto XVI sottolineando anche che lintolleranza e la violenza non possono mai essere giustificate. * * * E morto Luca Coscioni, leader dellasso- ciazione omonima e presidente dei Radi- cali italiani. Da 10 anni soffriva di sclerosi laterale amiotrofica. Fino alla fine ha lot- tato per la ricerca sulle cellule staminali. Vedi articoli a pagina due * * * S della Ue agli aiuti di stato per laviaria. Previste misure per 100 milioni di euro in favore degli avicoltori italiani. Lo ha an- nunciato il ministro Alemanno. * * * Il prefetto Mori e il capitano Ultimo (De Caprio) sono stati assolti dallaccusa di fa- voreggiamento alla mafia. Dovrebbe risultare evi- dente a tutti, anche ai pi tetragoni, che se i ti- pi come Calderoli ven- gono allontanati le cose con lislam girano me- glio. Oh madonnina san- ta, mica si pu pretendere che tutto fili su- bito liscio come lolio. E per altro verso non si mai visto al mondo un dialogo degno di questo nome che non abbia mostrato i suoi momenti di frizione. Dice: un momento, ma in Nigeria ci sgozzano come tacchini. Cosa che difficilmente si pu negare, a condizio- ne di non dimenticare mai che perfino nei modi pi brutali si nasconde sempre il lu- micino del dialogo. E quello insiste: ma pu- re in Pakistan, pure nella kemalista T ur- chia, e si aperta la caccia al cristianuccio pure in Indonesia, e nel Londonistan vo- gliono la sharia, e nellUttar Pradesh erano in cinquecentomila che se beccavano uno dei nostri telodoiolintoccabile, mentrein Libia ci danno dentro coi cartelloni pieni di croci, di svastiche e di stelle di David, e i focherelli, e in Egitto uguale, e lo stesso in Algeria, e via andare. Ma il prezzo del confronto, benedetti figlioli. Dialoga oggi, dialoga domani, speriamo di avere il culo che non gli vada via la voce. ATTACCO KAMIKAZE A BAGHDAD. ALMENO DODICI MORTI SU UN AUTO- BUS, nove i feriti. Il bilancio di un secondo attentato suicida in un ristorante di Mosul di sei morti e 27 feriti. Molte delle vittime erano agenti della polizia irachena. Hanno stuprato e torturato in Iraq, con gli stessi metodi barbari di Saddam. Cos bin Laden accusa gli Stati Uniti nel messaggio di un mese fa, il cui testo inte- grale apparso soltanto ieri su internet. * * * Nuovi disordini a Bengasi, in Libia con assalti e saccheggi. Una trentina di italiani hanno accettato di trasferirsi a Tripoli. Articoli nellinserto I * * * Il Jihad islamico non andr al governo. Il movimento ha respinto lofferta di entrare a far parte del nuovo esecutivo palestinese. Per il capo dello Shin Bet (il servizio segre- to israeliano), Diskin, Hamas continua a rappresentare una minaccia strategica. Articolo nellinserto I * * * Bill Emmott lascia lEconomist. Dopo 13 anni, il direttore della rivista britannica ha annunciato le sue dimissioni. In lizza per la successione anche John Mickletwaith, coautore del libro The Right Nation. * * * Almeno 18 morti a Mogadiscio, in Somalia, in scontri tra due gruppi armati rivali. La Giornata realizzata incollaborazione conDire Questo numero stato chiuso inredazione alle 20,15 D ialogare, dialogare, dialogare. Daccordo: non si pu portare guerra a un miliardo e trecento milioni di mu- sulmani, non si pu cacciare una comunit islamica euro- pea di oltre quindici milioni di persone, queste sono ov- viet. Riflettete per su un punto appena meno ovvio: in politica non si pu dialogare senza esercitare una qualche deterrenza, senza disporre di una qualche forza e indi- pendenza, materiale e morale. Ora, da alcune settimane loccidente sfidato in campo aperto dallislam politico, dallislamismo profetico e fondamentalista, con la conni- venza debole di oligarchie al tempo stesso ambigue e ri- cattate, e con laperta complicit di stati canaglia che la- vorano per prendersi larma atomica e per destabilizzare la politica mondiale predicando la cancellazione di Israe- le dalla carta geografica. Questa sfida fatta di violenza: ambasciate occidentali e chiese cristiane attaccate e mes- se a fuoco, preti uccisi in un clima di persecuzione reli- giosa, prodotti boicottati e ritorsioni di ogni tipo minac- ciate, taglie per la caccia alluomo e sentenze popolari di condanna contro persone ree di blasfemia e islamofobia, che si aggiungono alla lunga catena di figure pubbliche della scena europea sotto scorta per le idee che professa- no, sotto continua minaccia di morte in nome di una legge coranica chiamata sharia, che volenterosi militanti isla- mici vorrebbero introdurre in Canada o nel Londonistan. Israele ha risposto definendo terrorista il governo in formazione di Hamas e attrezzandosi per una stagione che tutto fa prevedere cupa e dolorosa. Gli Stati Uniti, che pure sono la patria del multiculturalismo e considerano peccato grave ogni offesa al sentimento religioso, hanno denuncia- to le responsabilit iraniane e siriane nella ondata di fana- tismo violento, e hanno ritirato i finanziamenti che dovreb- bero andare a organizzazioni in prima linea nella crociata antioccidentale, anticristiana, antigiudaica. E noi europei? Noi siamo afflitti da una triplice dipendenza verso larea islamica: economico-energetica, politico-diplomatica e cul- tural-religiosa. La Chiesa parla con opacit dei suoi marti- ri, e alcuni cardinali ci rifilano risibili giaculatorie sulle col- pe delloccidente. Gli stati si prosternano alle violenze, mo- strano di temerle, rivelano impotenza nel fronteggiarle an- che solo nei canoni della diplomazia: non un ambasciatore stato ritirato, non un gesto di rigore e di protesta contro le fatwa religiose diffuse via satellite stato nemmeno tenta- to, siamo prigionieri in casa nostra, ci togliamo giustamen- te le scarpe per andare a inchinarci in moschea, dialoghia- mo con i nostri ambasciatori convertiti allislam e divenuti portavoce della casa dei Saud, mettiamo sotto scorta gli in- tellettuali e le personalit in pericolo di vita, consideriamo normale sottoporre a una sorta di sorveglianza del pensie- ro lespressione libera di opinioni storiche, antropologiche, teologiche o filosofiche in materia di religione. In Italia, lu- nico che reagisce con dignit un islamico, Magdi Allam. Perch i fondamentalisti dovrebbero dialogare con noi se noi di loro abbiamo semplicemente paura? La fuga delloccidente di fronte alle proprie responsabilit prepara tempi cupi e istiga gli estremisti di Dio Perch dovrei dialogare con te se di me hai paura? (segue a pagina due) (segue a pagina due) Vienna. Tre anni di prigione. E questo il verdetto del processo allo storico David Ir- ving, cominciato e finito ieri, in un lampo, dopo qualche mese dattesa, in carcere. Ir- ving, il negazionista, comeconosciuto, ha risposto di alcune conferenze tenute nel 1989 durante le quali aveva negato lesisten- za dellOlocausto e delle camere a gas ad Auschwitz. Sono scioccato, ha detto lo sto- rico subito dopo la sentenza, con laria un po stravolta, ancheseil suoavvocato, Elmar Kresbach, si premuravadi nonfar trapelare alcuna reazione di troppo: Ricorreremo in appello, ha detto al Fo- glio. La difesa saspettava un anno, al massimo due, di condanna, ma la Corte otto giurati non ha credu- to del tutto al pentimento di Irving che, in mattinata, aveva porto le sue scuse per quelle lezioni di 17 an- ni prima. Erano attesi anche disordi- ni, larrivo delle teste rasa- te. Non successo nulla. I poliziotti davanti e dentro laula del palazzo di giustizia di V ienna non hanno avuto di che preoccuparsi. Cos, in sala, ha potuto at- tirare le attenzioni pre processo una signo- ra sulla quarantina, capelli biondo platino, sul risvolto della giacca una bandiera ingle- se. La storia storia, non religione ha spiegato lady Michelle Renouf, a family friend di Irving, unamicadi famiglia, come ha detto a tutti. Sono qui per difendere Da- videlalibertdopinioneingeneraleper la qualemilioni di personesonomorte. Al pre- sidente iraniano Ahmadinejad andrebbe dato il premio Nobel per la pace. Ha ragio- ne quando dice che Israele non ha il diritto di esistere. La nazione, intendo, non gli israeliani. Finch non entrato in aula Ir- ving, stata la signora Renouf a richiamare i giornalisti arrivati da tutto il mondo, pre- senti anche uno di al Jazeera e della tv ira- niana (entrambi hanno fatto il parallelo con levignettedanesi esi sonochiesti perchIr- ving fosse in carcere). Lamica di famiglia hailluminato cdapresumereinmodoin- volontario il legame che esiste tra il nega- zionismo storico e quello attualissimo del presidente iraniano. Un falsificatore Irving arrivato da una porta laterale, in manette, tra le mani il suo libro Hitler s War. Prima del processo si concesso ai microfoni, alladomandasullademocraziain Austria ha risposto sollevando significativa- mente il sopracciglio: dal novembre scor- so che Irving si trova rinchiuso in un carce- re viennese. Mi dichiaro colpevole: sono state le prime parole in un impeccabile te- desco (da giovane lavor in unacciaieria della Thyssen, in Germania). E alla doman- da del presidente del tribunale, Peter Lie- betreu: Ammette dunque di aver agito nel novembre dell89 contro la legge austria- ca?, Irving ha risposto: S. Questo signi- fica che non mette pi in discussione le ca- mere a gas?. No, nel 1991 ho letto gli ap- punti di Adolf Eichmann in cui descriveva una sua visita a una camera a gas. Poi nel 1992 ho conosciuto il professor Hermann, docente di storia ebraica allUniversit di Montreal. Anche lui mi ha mostrato docu- menti sullo sterminio della sua famiglia. Questo vuol dire ha insistito Liebetreu che non affermerebbe pi quanto detto a una giornalista austriaca nel 1989 e cio che non ci sono mai state camere a gas ad Au- schwitz e che i testimoni che lo sostengono sono casi per la psichiatria?. No, non lo sosterrei pi. Eddispostoascusarsi pub- blicamente?. S, mi devo scusare per que- ste parole con le vittime. La pubblica accusa ha definito Irving un falsificatoredellastoria ehasottolineatola necessit non di difendere con questo pro- cesso la libert despressione ma di proteg- gerla dallabuso. La difesa ha indicato come attenuante linevitabile mancanza di sensi- bilit dapartedi unostranieroper lalegge austriaca. Ci sono stati momenti impacciati, anche nellarringa finale di Kresbach: Ul- tima considerazione da fare : il mondo ci guarda e da questo processo si far anche unidea sulla libert dopinione in Austria. (editoriale a pagina tre) Il negazionismo in galera Tre anni di carcere a Irving, che si scusa con le vittime dellOlocausto Condannato a Vienna lo storico inglese. Far ricorso. Unamica di famiglia in aula: Darei il Nobel ad Ahmadinejad Niente condizionale DAVID IRVING N on avendo conosciuto personalmente Luca Coscioni, possoparlaresolo della sua straordinaria le- zione politica. Essa consi- ste, a mio avviso, nella- ver incarnato alla lette- ra: e nel proprio corpo ci in cui credeva. Della sua azione pubblica, pertanto, voglio ricordare non solo il conte- nuto (la libert della ricerca scientifica, in primo luogo), ma anche, e proprio, il mezzo cui facevaricorso. Inpolitica, il mezzotut- to: e, nel caso di Luca Coscioni, il mezzo era n pi n meno che Luca Coscioni stesso: Luca Coscioni, si pu dire, in carne e ossa, sensibilitedolore. Graziealui, il corpoco- me organismo fisico, titolare di consapevo- lezza e di sovranit, ha riacquistato tutta in- tera la propria politicit e ha ripreso il suo ruolo centrale nella sfera pubblica. Questo, da tempo, ha riguardato e riguarda, in par- ticolare, lazione dei radicali, ma un limi- te grave il fatto che non interpelli la politi- ca tutta. Non va dimenticato che proprio questo (ci che, una volta, era il corpo del re) la base antica, e sacra, che fonda la politica. E cos anche oggi: e, mentre in al- tri, il corpo simbolo o metafora (il corpo sociale, il corpo militante), nei radica- li il corpo , giustamente, principio e fine dellapolitica: edunque conaltrettantadi- gnit mezzo e strumento. E cos, grazie a Luca Coscioni, stato tematizzato dram- maticamente, comgiusto unodei conflit- ti centrali della nostra epoca. Quello intor- no alla vita. O, meglio, al vivere: non come esistenza sociale o come destino collettivo, mapropriocomedirittoallidentitdel cor- po e della mente dellindividuo. 2. Fino a che punto caleremo le bra- ghe?, il flemmatico titolo che il Foglio d alleditoriale di ieri. V i vengono posti alcuni interrogativi importanti e, per certi versi, ineludibili: ma sono le premesse non dette che, a mio avviso, segnalano le con- traddizioni pi acute del ragionamento. Solo nella terza colonna e dopo 48 righe compare la paroletta magica Berlusconi, preceduta da un perfino, che sembra sot- tolineare due pudiche avvertenze: 1) se ci casca PERFINO Berlusconi! la ferita devessere ormai in cancrena; 2) se PER- FINO Berlusconi fa sua la linea del dia- logare, dialogare, dialogare! la resa , ahi- noi, fatale. Proposta: perch non proviamo, con cuore puro e mente sgombra, a rove- sciare il ragionamento? Perch non consi- derare come mera ipotesi di studio che (piove, governo ladro) la colpa proprio, e tutta, di Silvio Berlusconi? E non PER- FINO, ma costitutivamente sua. Vediamo. Berlusconi particolarmente orgoglioso della propria politica estera, quella che ha fatto riacquistare allItalia un posto nel mondo: ma, a ben vedere, quella poli- tica cos riassumibile: Andreotti + Cal- deroli. Mi spiego. Qui non si vuole in al- cun modo maramaldeggiare su Roberto Calderoli, perch uno che, a ogni pie so- spinto, bercia culattoni ha gi tanti di quei problemi di suo che non c proprio motivo di infierire. Dunque, qui Calderoli viene considerato per come meglio merita: ovvero come metafora e come epitome. In questa prospettiva, Calderoli rappresen- ta, per un verso, la Lega contraria allin- tervento militare in Kosovo e riottosissima nei confronti della guerra in Iraq: e, per al- tro verso, il lampo di imbecillit (ancora il Foglio) di chi si appresta ad affrontare li turchi sul bagnasciuga di Milano Ma- rittima. Tutto il resto icasticamente rias- sunto nel calare le braghe n pi n meno che la politica estera del governo Berlusconi, resa appena pi eccitante da quel frisson rappresentato dalladesione, con molti se e (ancor pi) ma, alloccupa- zione militare dellIraq. Scrive Ferrara: Noi ci teniamo alla sicurezza del nostro personale diplomatico, delle nostre merci, delle nostre metropolitane, e tanto ci te- niamo che siamo disposti a subire ogni ti- po di pressione. Ma questo non il fiac- co e flaccido governo Prodi prossimo ven- turo, ostaggio dei pacifisti e dei catto-co- munisti: questo il tonico ed erettile go- verno Berlusconi, che ha fatto riacquista- re allItalia un posto nel mondo e che guidatodaunpremier amicopersonaledi Bush e Putin e, appunto, di Gheddafi. E, allora, se consideriamo le cose con un minimo di prospettiva storica, troveremo che una politica estera modellata sullan- dreottismostata, palesemente, tantosegno di prudenza quanto manifestazione di mi- norit; nata nella saggezza, ma si svilup- pata nellopportunismo; si nutrita dellar- te della mediazione, ma anche della trama obliqua della reticenza; ha assicurato la tranquillit (relativa) di una regione, ma ha chiuso gli occhi su ci che (di orribile) ac- cadeva oltre i propri confini. Questo stato landreottismo in campo internazionale: unapoliticadotata, inultimaanalisi, di una sua intelligenza e di un suo disegno non di- sprezzabile, che pure riuscita a giocare in alcune fasi un ruolo attivo. Riproposta pari pari daBerlusconi, si rivelataunami- nestrina riscaldata, inadeguata agli attuali scenari dellinterdipendenza e della globa- lizzazioneeallepiesigenti domandeposte dalla nuova emergenza dei diritti umani e dal nuovo terrorismo totale. Per riscal- darla, dunque, quellaminestrina, Berlusco- ni ha introdotto un surplus di fedelt agli Stati Uniti e ha assegnato alla Lega (o, a scelta, ha permesso che la Lega assumesse) un ruolo di difesa delle radici cristiane delloccidente. Che questo ruolo, lo potes- sero svolgere Umberto Bossi e Roberto Cal- deroli, suonasottilmenteblasfemo. Robada Compagnia dei Legnanesi di Toni Barlocco e Felice Musazzi pi che da don Giovanni dAustria alla battaglia di Lepanto. Luigi Manconi ANNO XI NUMERO 44 - PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006 Ieri mattina morto Luca Coscioni. Abbiamo chiesto un suo ricordo a Gaia Carretta, membro della giunta dellas- sociazione che porta il suo nome C ome si fa a pensare che ora Luca Co- scioni non c pi, talmente malato da sembrare immortale? Luca era tutta la for- za che, in quelle braccia deboli e immobili, in quella voce metallica, serviva per irrom- pere nella politica di oggi contro i proibi- zionismi sulla scienza. Luca gridava e scal- ciava, imponeva il proprio essere e il pro- prio modo di fare per una battaglia che era diventata la sua vita e quella di tutti i radi- cali e di tutta lAssociazione Coscioni che per anni hanno lottato con lui, per essere sua voce, sue braccia e suo strumento. Dal- la sua sedia a rotelle, che anno dopo anno diventava sempre pi parte integrante del suo corpo, Luca riuscito a parlare al mon- do, riuscitoaimporrechelaricercascien- tifica diventasse argomento che la politica aveva il dovere di affrontare. Nel 1995 scopre di essere affetto da scle- rosi laterale amiotrofica, una malattia che colpisce le cellule che controllano la mu- scolatura volontaria. Si stava allenando per L A MOR T E DI COS CI ONI la maratona di New Y ork e allimprovviso una gamba si blocca e non gli permette pi di proseguire la corsa. Quella sarebbe stata la sua ultima corsa, ma sarebbe stato anche liniziodi unanuovamaratona, quellaper la battagliaper lalibertdi ricercascientifica. Era lottobre del 2000 quando si candida nelle elezioni online del Comitato Naziona- ledei radicali. Vieneelettoe, allaprimariu- nione, tiene il suo discorso. Lo accompagna la moglie Maria Antonietta, la sola a saper leggere le sue labbra e a trasformare i suoni incomprensibili in parole. Luca la chiama mio spirito. Per la prima volta i radicali sentono parlare di proibizionismi sulla scienza, di scienza e politica e decidono di farne un programma per le elezioni politi- che del 2001, in anticipo di 3 anni rispetto al referendum sulla legge 40/2004. Luca alle elezioni capolista. Il risultato una disfatta: nessun eletto, ma non si ar- rende. La battaglia contro i proibizionismi sulla scienza prende corpo in unassocia- zione che si chiamer Associazione Luca Coscioni, per la libert di ricerca scientifi- ca. Comincia la scalata di questa piccola associazione, che in pochi anni riuscir a spaccare la politica. Dopo solo un anno so- no migliaia le personalit del campo che firmano lappello contro i proibizionismi sulla scienza e a loro si affiancano anche pi di 100 premi Nobel. Nel febbraio del 2004 il Parlamento ita- liano approva la legge 40/2004 sulla procrea- zione medicalmente assistita e nello stesso periodo alle Nazioni Unite si discute sulla messaal bandodellaclonazioneumana, che prevede anche la messa al bando del trasfe- rimento nucleare per fini terapeutici, erro- neamente chiamata clonazione terapeutica. La battaglia si trasferisce anche sul fron- te transazionale e viene convocata a Roma la Sessione Costitutiva del Congresso Mon- diale per la Libert di ricerca scientifica, chevedrlapartecipazionedi scienziati, po- litici, bioeticisti da tutto il mondo. Sul fronte nazionale lAssociazione Luca Coscioni, con Radicali Italiani, la prima a scendere in piazza per la raccolta firme per il referendum abrogativo la legge 40. La campagna riporta la memoria indietro di 30 anni, quando la societ si era divisa tra cle- ricali e laici, quando la Chiesa aveva preso parte attiva per il referendum sul divorzio. Il 13 giugno si chiudono i seggi, la sconfitta massacrante: solamenteil 25 per centodegli UN PAMPHL ET DI ROBER T O GAL A V ERNI Il poeta non pi un cavaliere Jedi ma il peggior nemico della poesia I l poeta un cavaliere Jedi dice il titolo di un breve libro, molto serio e intenso, di Roberto Galaverni, appena uscito dalle- ditore Fazi (pp. 135, euro 14,50). Il sottotito- lo chiarisce che si tratta di Una difesa del- la poesia. Sia il titolo che il sottotitolo mi interessano al punto da mettere subito in moto la mia pi appassionata adesione e diffidenza. Galaverni poi uno dei miglio- ri critici giovani in attivit, uno dei pochi che abbiamo scelto la poesia come via dac- cesso privilegiata ai problemi e alle vicen- de della letteratura contemporanea. Il suo un pamphlet positivo, non polemico ma apologetico, cosa che porta Galaverni a far vedere molto meglio la cosa da difendere (la poesia) che non i suoi nemici. Vorrei discutere con Galaverni non cer- to il valore dei poeti che cita (quasi tutti fuori discussione, da Dante a Brodskij, for- se sopravvalutato) ma il significato attuale di una difesa del genere poesia in quanto genere. E questo perch credo che oggi il pi insidioso e temibile nemico della poe- sia sia la poesia stessa, o meglio la sua idea, il suo mito, la sua nobilt tradizionale: un valore che appare tuttora, immotivatamen- te, garantito di per s come eccellente. Me- glio ancora: credo che oggi i veri nemici della poesia siano i poeti, che scrivono quello che scrivono mettendosi al riparo della nobilt del genere letterario. Nella leggenda di Guerre stellari non si entra facilmente a far parte della ristret- tissima cerchia degli Jedi. Un regista come George Lucas si dimostra molto consapevo- le dei modi attraverso i quali si trasmette una tradizione e si accede alleccellenza: lapprendistato lungo e tremendamente arduo, le prove da superare sono innume- revoli e imprevedibili, gli anziani maestri che custodiscono i pi segreti tesori delli- spirazione e delle tecniche di combatti- mento sono maestri severi, poco condi- scendenti. Solo molto tardi e molto pru- dentemente si decidono a dare a qualcuno linvestitura di cavaliere Jedi. E cos oggi con la poesia? Esistono i cu- stodi di quella tradizione a cui continua- mente i poeti si richiamano per legittima- re se stessi? Direi di no. Da alcuni decenni vige in poesia una logica che non fa pensa- re affatto a quella esoterico-cavalleresca di favole postmoderne e neoantiche come Guerre stellari. Oggi laccesso alla poe- sia stato liberalizzato e democratizzato. Non ci sono maestri anzitutto perch non vengono accettati. Si evita il confronto. Si pensa piuttosto di ricominciare continua- mente da zero. Gli autori viventi pensano se stessi come autori assoluti, da non con- frontare (rischiosamente) con autori pre- cedenti. Il genere letterario chiamato poe- sia autarchico. Chiunque osi dare giudi- zi critici viene guardato male. La stessa at- tivit critica nel suo insieme viene conce- pita dai poeti come un utile strumento pro- mozionale e pubblicitario: in caso contra- rio, il critico risulta sommamente antipati- co, viene ritenuto saccente, autoritario, pe- dagogico, importuno, inopportuno, invidio- so, astioso, distruttivo, nemico della vita e della creazione. Quindi la poesia va difesa non da un ipo- tetico Impero del male, come in Lucas e in Galaverni, ma anzitutto da se stessa. Cio (per restare nellallegoria di Guerre stel- lari) da tutto ci che lha resa omologa al mondo culturale cos com. Ma anche su questo bisogna intendersi. La poesia non oggetto n materia adatta alle facolt di Scienze della Comunicazione. Ma non neppure, come qualcuno insiste a credere, rifiuto aprioristico della comunicazione. Anche quando scelsero polemicamente di essere oscuri, fino a Montale e a Gottfried Benn, i poeti sono rimasti specialisti e vir- tuosi della comunicazione intensificata o multipla. Solo che, in poesia, si comunica- no cose non gi comunicate e lo si fa in mo- di non previsti n controllabili. Attualmente lenergia e lefficienza co- municativa dei poeti si cos indebolita che si potrebbe suggerire a chi voglia fare il poeta questo speciale training: non con- siderare riuscito nessun testo poetico che non regga il confronto con un buon artico- lo di giornale. Questo consiglio non do- vrebbe essere considerato offensivo. Se si giudica male il giornalismo, il compito di superarlo non dovrebbe essere considera- to difficile. Il fatto che, per quanto blan- de, le regole che governano la produzione giornalistica ormai sono pi esigenti e im- pegnative di quelle che regolano la produ- zione poetica. A un vero poeta questa sfida non do- vrebbe dispiacere. Tendo a credere che in- vece chi si spaventa del rischio non sia un poeta: certo non un cavaliere Jedi. Solo chi si rifiuta di sentirsi protetto e garanti- to nominalmente dalla tradizione della Poesia come genere nobile pu passare per la porta stretta che mette davvero in contatto con quella tradizione. Galaverni comincia il suo libro parlando di Dante. Nessuno come Dante riuscito a comuni- care e rendere dicibili le pi varie e im- pensabili cose. Queste obiezioni a Gala- verni sono preliminari. Il pamphlet merita di essere letto in lungo e in largo. Ma sem- pre restando sulla soglia vorrei aggiungere due considerazioni. La prima che vero, i poeti, soprattutto quelli moderni, da Leo- pardi e Baudelaire fino a Auden e Pasoli- ni, erano qualcosa di simile a un guerriero Jedi, somigliavano a una casta dispersa e senza altri poteri che quelli dellintelletto e della parola. La seconda che oggi un critico non privo di ispirazione e che ac- cetti la lotta pi simile a un Jedi di quan- to lo sia la maggioranza dei poeti, cauti e in cerca di protezione. Non sono i critici co- loro che lottano in difesa della poesia? Tu, Galaverni, lo fai. Ma confrontata con la sag- gistica, la quasi totalit della poesia scrit- ta (non solo in Italia) negli ultimi ventanni impallidisce. In poesia, la tradizione Jedi sembra estinta. O si rifugiata in qualche ben na- scosto angolo della Galassia. Quella di cui parla Galaverni una poesia nutrita di idee, scritta da audaci filosofi della lingua, che hanno pensato al di fuori del codice e del gergo filosofico. Oggi ogni difesa gene- rale della poesia suona come una difesa aprioristica e corporativa dei poeti, come sefosserodavvero(per autoinvestitura) i ni- poti di Omero, di Hlderlin e di Emily Dickinson. Io non credo nella poesia. Credo soltan- to in quelle poesie che mi fanno credere in loro. Se convince il lettore, la poesia non ha bisogno di essere difesa. Se non lo convin- ce, come e perch difenderla? Alfonso Berardinelli (segue dalla prima pagina) Un passaggio appare particolarmente importante, e inedito: La sola via che pu condurre alla pace e alla fraternit quella del rispetto delle con- vinzioni e delle pratiche religiose altrui, in modo tale che, in modo reciproco in tutte le societ, sia possibile assicurare per ciascu- no lesercizio della propria religione libe- ramente scelta. Non consueto che un Pa- pa faccia uso, tanto pi parlando a un di- plomatico islamico, del concetto di reci- procit. LadiplomaziadellaSantaSedeha sempre privilegiato le ragioni di opportu- nit (la difesa dei cristiani in paesi ostili, in primis). Ma ci sono anche motivi di caratte- re pi generale. Monsignor Michael Fitzge- rald, finoaqualchegiornofapresidentedel Pontificio consiglio per il dialogo interreli- gioso (e ora destinato come nunzio in Egit- to), ripeteva che un conto chiedere il di- ritto alla libert di coscienza, ma che la Santa Sede ha rapporti con tanti stati ma non pone la condizione della libert reli- giosa. Un punto di vista tradizionalmente condiviso, in Italia, anche dai politici catto- lici. Interessanteinpropositolarispostada- ta a Radio Vaticana il 7 febbraio scorso dal ministro dellInterno Beppe Pisanu: Ma debbo anche riconoscere che lazione dei governi stata spesso troppo debole nel far valerelareciprocitenel tutelarelidentit culturale e religiosa dellEuropa. La prospettiva sta cambiando? Nel posi- zionare la barra del timone della Chiesa contano vari fattori, non ultimo il parere dei responsabili delle chiese locali, spesso i pi sensibili a mantenere i gi ristretti margini di convivenza per le loro comu- nit. Ma ieri la Chiesa del Pakistan ha con- dannato ufficialmente i fatti di Sukkur, co- me una terribile violazione della legge, denunciando apertamente lincapacit del governo di fermare labuso della religione verificatosi ieri in Pakistan. E non la prima volta che le chiese missionarie trovano il coraggio di uscire allo scoperto in difesa della libert di tutti. Sul ruolo degli stati europei punta inve- ce padre Bernardo Cervellera, direttore di Asianews: Credo che, se ci fosse vera at- tenzione ai problemi e alle persecuzioni nei paesi islamici, dovrebbero essere gli stati e i governi dei paesi che si dicono cri- stiani a intervenire, pi ancora che il Vati- cano. Esattamente come ottengono accordi e rispetto per il loro know-how tecnologi- co, i loro interessi economici in questi pae- si, ugualmente dovrebbero far di pi per ottenereil rispettoper i lorocittadini eper la religione che rappresentano. Un tema del resto gi sollevato in passa- to dal cardinale Giacomo Biffi: Lo stato se davvero interessato a promuovere le li- bert umane faccia laicamente quello che la Chiesa non pu fare: adottare il piccolo strumento della reciprocit come pressio- ne sullislam. Che il tema non sia un tab nella Chiesa lo dimostra il discorso alla citt che il cardinale Carlo Maria Martini tenne per il SantAmbrogio del 1990, quan- do disse: Noi auspichiamo rapporti di uguaglianza e fraternit e insistiamo e in- sisteremo perch a tali rapporti si confor- mi anche il costume e il diritto vigente nei paesi musulmani riguardo ai cristiani, per- ch si abbia una giusta reciprocit. (m.c.) italiani andato a votare. I radicali ancora una volta non si arrendono e anche Luca si rialza. Il quarto congresso dellAssociazione viene convocato a Orvieto, la sua citt. Era stato proprio Luca a volere che si tenesse l. Dal suo sintetizzatore vocale detta la linea politica e punta tutto sulle prossime elezio- ni con la Rosa nel Pugno, sulla battaglia per la legalizzazione delleutanasia e sulla con- vocazione del Congresso Mondiale per la li- bert di ricerca scientifica, che si sarebbe tenuto a Roma dal 16 al 18 febbaio. Luca ogni giorno dava corpo alla politica e ha fatto del proprio corpo una battaglia di libert. I suo occhi sono la cosa che pi col- pivano di lui, meglio di qualsiasi parola: riuscivano a parlare a tutti e a commuove- re nel profondo, per la capacit che un uo- mo ha avuto di essere cos grande, cos for- te da gridare al mondo la propria sofferen- za e a trasformarla in arma per una batta- glia di milioni di persone, malate e non, che in lui hanno creduto e che in lui si so- no riconosciute. Grande per come ha vissu- to cacciato dai politici, onorato dai No- bel, come lo ha ricordato Marco Cappato, segretario dellAssociazione. Gaia Carretta La forza di Luca, un corpo ferito che interrogava politici e scienziati Il nuovo album di Francesco De Gregori, Calypsos, bellissimo. Scansando con sa- pienza il pigro cantilenare e la verbosit di alcune sue ultime produzioni, De Gregori ha realizzato un disco fatto di ironia, legge- rezza, eleganza del sentire e del raccontare e soprattutto di un dolce atteggiamento di laissez-faire che placa e soddisfa. Quasi tut- te le 9 canzoni che lo compongono sono me- morabili: in particolare la pianistica e ri- flessiva Cardiologia, quella Per Le Stra- de Di Roma che rinnova la cambiale paso- liniana, leliaisonpomeridianedi LAmore Comunque e, su tutte, il capolavoro che ci accompagner verso la primavera, La Li- nea Della Vita, liquida torch song di dialo- ghi, equivoci e abitudini, che immaginiamo per i vicoli e le piazze di T rastevere, dove i riti sonoinesauribili eleincomprensioni al- trettanto inevitabili. Lesito un disco per- fetto, destinato a grande popolarit, nel quale Francesco ristabilisce la sintonia as- soluta col mestiere. Adesso, invecchiando, davvero viaggia in risonanza col suo eterno totem dylaniano. E come laltro pazzo, col passare del tempo, sa accrescersi in bizzar- re raffinatezze, tic, spirito sardonico e os- servazioni acute. In un certo senso comple- tadefinitivamente(belloesingolarecheci avvengaaunetcos importante) lapropria definitiva edificazione dartista. Orgogliosa carne americana quella di Dylan smagata italianitdi elucubrazione&sopravvivenza nel caso di questo granduomo. C un album a cinque stelle (e un altro a quattro), per parlarvi dei quali vi raccontia- mo una storia. Per farla breve: benvenuti nellAmericadisfunzionaledei sogni infran- ti. Dunque, c questa Jenny Lewis che vie- ne al mondo a Las Vegas 30 anni fa, figlia di una coppia che nonha sfondato nello show- biz e si paga i vizi conunnumeraccio da ni- ght. Figuratevi la gioia quando i due realiz- zano che la bimba dotata delle prerogati- ve per farsi largo nel sottobosco delle pub- blicit e dei B-movie di Hollywood. Jenny cresce come lennesima bambina-Copperto- ne, valedollari quantopesa, sfruttataevie- ne su in una palude mica tanto educativa. Ma sopravvive, si tempra, saffranca dalla brutta famiglia e fa unbuonincontro: quel- loconBlakeSennett, fighettolosangelinota- lentuoso, che fa le prove da popstar. I due si fidanzano e Blake riesce a tirar fuori il ta- lentomusicalenascostodentrolasuabimba rossaetascabile, dallariaeccitanteeunpo inquietante. I due mettono suuna bande il fiuto li fa sfondare infretta. I Rilo Kiley, co- s si chiamano, presto sono uno dei pi ri- spettati progetti del postpop californiano. Magli anni passanoeleambizioni crescono. Blake e Jenny si separano sentimentalmen- te ma restano compagni di band, la graziosa fanciulla inanella fidanzati vip tipo Jake Gyllenhaal, ma soprattutto matura ungenio noncomune, connesso chiss come alla sua strana biografia di vagabonda cacciatrice dopportunit. Ora accade che i due prota- gonisti si concedano una vacanza dalla ditta artistica e si presentino condue progetti in- dividuali: due gemme vere. Blake mette su una band estemporanea, gli Elected, votata alla rilettura del west coast popanni 60, in- trisa di graffiti rocknroll, country e inge- nuit. Lalbum Sun Sun Sun galleggia tra Happy Days e i delicati cowboys di Broke- backMountain, il suonopurissimo, lavoce di Blake cristallina e appiccicosa come un leccalecca. Disconevroticomadelizioso. Ma Jenny addirittura supera il suo antico men- tore. Con Rabbit Fur Coat lascia tutti a bocca aperta: tocco fatale, candido e perdu- to. Una voce con una verve da brividi, cita- zioni gospel, scuotimenti country, echi del- limmaginifica Laura Nyro. Undebutto fan- tastico, curatissimo anche nellimmagine, con Jenny che fa la dark lady alla Barbara Stanwyck, con tutte le bassezze morali che quel look classic evoca. Per di pisceglie di farsi accompagnare da due gemelle cori- ste, Leigh e Chandra Watson, che armoniz- zano come uccellini maliziosi (e gi anche loro saccingono a un chiaccherato debutto discografico). Avrete insomma capito che questo un filone di musica e stile da non farsi sfuggire. Ma soprattutto nonperdetevi la voce di Jenny Lewis. Ci ringrazierete. Michael Stipe, infine, sembra uno che le mosse le azzecca sempre, titolare, se non dinfallibilit, di un tocco e unintelligenza chenonvamai invacanza. Mentrei Remso- no in parcheggio, se nesce con questo ep che raccoglie soldi per Katrina e lo fa in un modo che attira, incuriosisce e perci fa aprire il portafogli. Prende una canzone di culto, InTheSun, scrittadaunsongwriter americano altrettanto di culto Joseph Arthur, nativo di Akron, scoperto da Peter Gabriel e titolare di un paio di album che piaceranno a chi apprezza Stipe, oppure Damien Jurado o Damien Rice o qualsiasi altro cantautore si chiami Damien. Poi ne incide 6 versioni, in diverse combinazioni: da solo, con Arthur, coi Coldplay, con lami- co Chris Martin. Certo, lo so: ci sinnervosi- sce davanti a questo consesso di bravi e buoni (e pure belli & ricchi). V errebbe da mandarli alavorare. Maloro, di fatto, lama- gia ce lhanno, il disco tavvolge e ti porta via. E il bello che la canzone ripetuta a io- sa, di per se stessa non granch, banalot- ta, inconcludente. In conclusione pieghia- mo il capo in segno di omaggio a tanto cari- smatico potere. E attribuiamo il successo dellimpresa a quello stregone di Stipe. Stefano Pistolini Stato della musica Il totem dylaniano di De Gregori Il debutto della streghetta Lewis Il ritorno dello stregone Stipe Stelle e stalle La carne e le ossa di Coscioni e landreottismo riscaldato (e fallimentare) di Berlusconi Mi pento e mi dolgo di aver spesso anteposto lamo- re alla libert, la vita dolce alla verit. E una piccola debolezza personale che mol- tiplicataper cinquantamilioni edificaque- sta immensa cupidigia di dhimmitudine. PREGHIERA di Camillo Langone CORTESIE PER GLI OSPITI Libert religiosa, le condanne pi dure delle aggressioni vengono dai missionari Paolo Mieli ha enfatizzato il punto pi critico dello scenario prospettico italiano, trattato pi volte da questa rubrica. Con- frontiamo le due versioni. Scenario Mieli: lUnione europea, persa forza direzionale, non riuscir pi a governare dallesterno lItalia incapace di riformarsi da sola. Per- tanto, dobbiamo mettere in assoluta prio- rit la costruzione di una capacit autordi- nativa. Lo scenario Pelanda richiede la ci- tazione di quello di Beniamino Andreatta, con il quale il primo lavor su questa ma- teria dal 1989 al 1993. Il punto fu: potr lI- talia governarsi da sola o dovr cedere la sovranit a Berlino e Parigi per mantenere ordine e stabilit interni? Andreatta riten- ne inevitabile la seconda alternativa. Per esempio, fu cos disperato da dire ad alti burocrati di aumentare la loro inefficienza ritardante per limitare i devastanti eccessi di spesa in deficit che il Parlamento votava allegramente. In sintesi, le vere lite ita- liane di allora Carli, Andreatta, Agnelli, Ciampi eccetera vista limbecillit del si- stema politico italiano, decisero di trasferi- re la sovranit per salvare la nazione. Il trattato di Maastricht permise una dignito- sa cosmesi di tale cessione a Berlino e Pa- rigi rivestendola di europeismo. Pelanda non fu mai daccordo su questa soluzione, pur condividendo lanalisi, e present stra- tegie diverse. Ma nellestate del 1993, in un incontroriservatoaMadonnadi Campiglio, Kohl annunci ad Andreatta: leuro lo fare- moepresto, voi dentro. Nonceranopiop- zioni possibili, Pelanda, con infinita ama- rezza, lasci Andreatta per disaccordo: tra- sferirecos lasovranitsarunboomerang. Che oggi evidente: lItalia, come tutti gli altri paesi europei, ma un po di pi ren- dendola prima nazione a rischio di uscita, fa fatica a stare nelleuro per debolezza propria e difetto di disegno delleurosiste- ma. Infatti ci stiamo riprendendo la sovra- nit in negativo, come dice Mieli. Ma qui lo scenario Pelanda si differenzia. Se lItalia esce, saltaleuro. Poichquestaeventualit consideratainaccettabiledallaGermania e, al momento, daWashington allorapri- ma del botto vi sar sicuramente un tenta- tivo di governo esterno, molto deciso, del- lItalia. Il punto: riusciremo a galleggiare a sufficienza per farci sottomettere e non ab- bandonare? Mieli teme di no. Pelanda certo di s perch la reattivit del sistema economico italiano sufficiente a non far- lo collassare. Ma divertiamoci: chi dei due pi ottimista: Pelanda che ritiene lItalia almeno capace di essere provincia di qual- che impero o Mieli che, invocandolo, ne ri- tiene possibile lautogoverno? Carlo Pelanda Il sogno europeo svanito e il destino italiano da provincia dellimpero. Quale? (segue dalla prima pagina) La Commissione euro- pea ha appunto in mente una road map di questo genere, che nasconde laspirazione a indebolire i legami con fornitori bizzosi. Nel 2001 la Commissione Prodi ha dedi- cato al tema della sicurezza energetica un Libro verde, concentrato sul rifiuto degli indesiderabili (nucleare e fonti fossili) e la valorizzazione dellefficienza energeti- ca e delle fonti alternative (e del gas). L 8 marzo il nuovo esecutivo europeo, guidato da Jos Manuel Barroso, si appresta a va- rare un nuovo Libro verde. Rispetto alle- dizione precedente, fonti vicine al com- missario allEnergia, il lettone Andris Pie- balgs, parlano di un approccio pi reali- sta. Pi che adottare unutopistica teologia della liberazione dalle fonti fossili, si sug- gerir di rivalutare il carbone (che lUnio- ne europea importa da partner pi fidati, come Stati Uniti, Australia e Sudafrica) e migliorare le infrastrutture per il gas na- turale (puntando sui rigassificatori). Alle fonti rinnovabili verr affidato il compito di rispondere parzialmente alla crescita della domanda (un modo elegante per di- re che non si discosteranno dallattuale 6 per cento, comprensivo del 4 per cento idroelettrico). Fin qui nulla di esplosivo. Le tensioni sono altrove: riguardano da un lato il ruolo della Commissione (con paesi come Italia e Regno Unito che chiedono una politica comune e lopposizione fran- co-tedesca), dallaltro lespansione del nu- cleare, che oggi soddisfa il 14 per cento della domanda europea di elettricit. Pie- balgs pu contare qui sullincondizionato sostegno di Parigi e sul gioco di sponda di Londra e, in misura minore, Roma; resta- no per sostanziali obiezioni, per esempio da parte dellAustria, per non dire del si- lenzio imbarazzato di Berlino. Angela Merkel approva latomo e una sua vittoria avrebbe schierato la Germania coi favore- voli, ma la convivenza con la sinistra la co- stringe a defilarsi. Il dibattito destinato ad accendersi su entrambi i fronti, e quindi difficile im- maginare colpi di scena nel breve termine. In fondo, il rapporto coi paesi produttori sempre stato difficile e le imprese hanno cercato di mantenere i loro rapporti sul piano del puro business, tenendosi ben lontano dalla polemica politica. Sotto que- sto profilo, come ha scritto Bob Tippee, di- rettore del settimanale americano Oil & Gas Journal, non c migliore sicurezza di quella derivante dal fatto che ci sono dei compratori che hanno bisogno di un bene essenziale e dei venditori che hanno biso- gno di soldi. In generale questo pu esse- re vero, anche se non sembrano pensarla cos i responsabili dei sempre pi fre- quenti attacchi ai lavoratori e agli stabili- menti occidentali. Si torna dunque al cir- colo vizioso dellinstabilit che fa crescere il rischio-paese che incide sulle quotazio- ni del barile e mette a repentaglio un si- stema fragile come quello europeo. Difficile dire se dal Libro verde potran- no arrivare risposte soddisfacenti. Certo i leader europei dovrebbero prendere la questione sul serio, se non vogliono far la fine dei teologi bizantini che, assorbiti dal dibattito sul sesso degli angeli, non si ac- corsero che la citt andava a fuoco. Per affrancarsi (un po) dalla dipendenza energetica lEuropa spera nel Libro verde SCENARI EDITORIALI ANNO XI NUMERO 44 - PAG 3 IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006 Roma. Quando era direttore di Libera- zione, i giornalisti chiamavano Oliviero Di- liberto Diliberja. Anni fa, Fassino disse di Marco Rizzo: E un mascalzone. Dice Bertinotti dello stesso Rizzo: Ci sono per- sone con le quali per ragioni di igiene be- ne non entrare in rapporto. Sospira Ar- mando Cossutta: Preferisco stare zitto. Partiti come nipotini di Togliatti, quelli del Pdci si sono ritrovati aggregati agli idioti dei dieci, cento, mille Nassiriyah, e hai voglia poi a cazzeggiare e a trovare scuse, e a dire che li ha pagati Calderoli. Il fatto che, pi passano i giorni, e pi il partitino di Diliberto e Rizzo una diarchia che ha messo nellangolo e isolato anche Cossutta si presenta come limpresentabile nume- ro uno del centrosinistra. Se Fausto Berti- notti si liberato nel giro di un paio di gior- ni di Marco Ferrando e ha ridotto a un mo- desto balbettio il ciarliero no global Caru- so, la coppia Dilly&Riz quasi insegue os- sessivamente le posizioni pi hard, si ritro- gli assassini di Nassiriyah, sui giornali di ieri era possibile leggere anche la bravata di un dirigente dei giovani comunisti dili- bertiani, Carlos Venturi. I kamikaze e le lo- ro vittime? Questa la risposta: Bambini o non bambini sono finezze da occidentali, se dovessi passare sei ore a un check point per andare in ospedale, non ci penseresti. Equalchegiornofa, sul sitodellaFgci, que- sta vignetta: uno stivale con falce e martel- lo che spinge in un crepaccio Hitler e Mus- solini. E la scritta: Nelle foibe solo fascisti e spie! I nostri ricordi li riserviamo alle lo- ro vittime. Poi, certo, i grandi del parti- to hanno smentito, si sono dissociati, hanno precisato. Il problema, sottolineano alcuni riformisti dellUnione, che ormai quello un partito senza misura, e il mesto tra- monto politico di Cossutta non fa che ren- dere pi esplicita questa deriva. Del re- sto, Diliberto non ha certo lesinato le sgra- devolezze, negli anni, agli alleati. Come quella volta che and in Libano e incontr il capo degli hezbollah, Hassan Nasrallah. Cos come lostinazione a partecipare alla manifestazione di sabato scorso, organizza- ta da gruppi da cui persino Rifondazione si tiene alla larga, nel maggio 2002 sfilarono vestiti da kamikaze le prime file di questo corteo. Ma Diliberto niente, e la sua pre- senza tra quella pessima compagnia ha procurato lennesima figuraccia al centro- sinistra. E dintesa sempre marcia col suo vice Rizzo, autodefinitosi un po figlio di puttana. Uno che si compiace: Per Berti- notti provo unantipatia totale, politica ed umana. Fassino, poveraccio, nonmerita. E di Cossutta, chelohapoliticamentescoper- to: Ha il complesso di inferiorit verso gli intellettuali. Ammise una volta Diliberto: Abbiamofattoalcunescemenzetotali. Ma nonparlavadel Pdci. ProposeunavoltaRiz- zo, dopogiorni di riunioni per lecandidatu- redellUlivo: Nessunohavogliadi tornare acasaedi farsi unascopata?. Onestamen- te, nonlasuapresadi posizionepeggiore. va con sgradevoli compagnie, costringe a imbarazzati silenzi gli alleati dellUnione. Il segretario del Pdci (amendoliano, nien- temeno, a sentir lui) corre a marcare ogni territorio dellestremismo che Bertinotti si lascia alle spalle, sposa le cause che i com- pagni di Rifondazione rigettano, alza i toni che gli altri comunisti abbassano. Fausto spiegano quelli del Prc cerca di non no- minarli mai, n nelle interviste n nei co- mizi. Loro sono ossessionati da noi. Armando Cossutta stato, poco gentil- mente, spintonato verso lesilio del Senato. Le liste sono state epurate. Il partito com- pletamente in mano a Dilly&Riz. E si vede e si sente. I due si piacciono, si considera- no, si sommano. E cos, una battuta oggi, una sparata politica domani, si sono ritro- vati con un partitino a loro immagine e mi- sura, dove i leader non pesano le parole e meno ancora le pesano i semileader. Come se non bastasse limbarazzo di ritrovarsi nella stessa manifestazione con chi esalta ne, perch lintegrazione Unipol-Bnl avrebbe costituito il terzo gruppo finan- ziario italiano, un grande contropotere; e i nemici della sinistra per impedire questoperazione hanno coinvolto Unipol in tre vicende a cui la societ assicuratri- ce era estranea, lopa Telecom di Roberto Colaninno del 1999, e poi le due storie di questestate parallele alloffensiva su Bnl, la scalata a Rcs e lopa Antonveneta. Inte- ressante la ricostruzione minimalista del- la vicenda Bell, le consulenze per s e per Ivano Sacchetti, la rivendicazione della li- ceit di quelle consulenze non immo- rale avere accettato un premio, dice. Ma in realt la storia di quelle consu- lenze assurda sin dal principio. Avr an- che ragione lex capo dellUnipol a la- mentarsi perch a indignarsi per il rap- porto economico con Bell sono stati spes- so uomini che nella loro attivit di mana- ger (spesso di sinistra) valgono molti mi- lioni di euro lanno, o dallaltro lato a prendersela con i tic della sinistra pau- perista; ma resta lirritualit di un com- penso esterno una tantum che incom- parabilmente superiore allo stipendio an- nuale percepito da Consorte dalla societ di cui era amministratore; resta la stra- nezza della perfetta equivalenza tra la parte destinata a Consorte e quella desti- nata a Sacchetti; e resta la singolarit del- la spiegazione fornita ieri del perch quel denaro non si sarebbe mai mosso una volta rientrato in Italia: dice che lo avrebbe utilizzato solo a partire dal 2008 per un progetto personale una volta finita lesperienza Unipol; ma intanto i milioni restavano l fermi senza fruttare. Consorte, luomo che ha ricostruito un pezzo di finanza rossa, dopo la caduta del Muro (e la fine dei rapporti commerciali con Mosca), luomo che ha contribuito a si- stemare un pezzo della disastrata situazio- ne debitoria del suo partito che a partire dalla prima met degli anni Novanta co- stretto a ridimensionare il suo gigantismo (il patrimonio, la struttura), nega qualun- que ruolo dei Ds nella vicenda dellopa Bnl, d atto a Piero Fassino e a Massimo DAlema di essersi comportati corretta- mente, e respinge laccusa di gregantismo. Eppure il suo un gregantismo maxi, pro- grammatico, con lefficace praticit del vec- chio mondo comunista: O tu dice con franchezza a Bonini&DAvanzo sei allin- Milano. Lex amministratore delegato dellUnipol Giovanni Consorte, dopo esse- re stato corteggiato per molte settimane ha finalmente parlato con la stampa. Lo ha fatto in grande stile. Due abbondanti pagi- ne di intervista apparsa su Repubblica, unemozione interrotta solo da due inser- zioni centrali, una per pagina, autopromo- zione del gruppo editoriale, settimo volu- me di Corto Maltese e ottavo della storia della filosofia in edicola con lEspresso. Si tratta delle prime dichiarazioni del- lex capo di Unipol dalla sua uscita di sce- na, a parte quanto era trapelato dal me- moriale difensivo consegnato nel mese di gennaio dai suoi legali ai magistrati di Mi- lano e da questi ultimi giudicato parzia- le. Con Carlo Bonini e Giuseppe DAvan- zo, coautori della corposa conversazione pubblicata ieri, Consorte stato come mi- nimo altrettanto parziale, ma anche piut- tosto faraonico. Si occupato, natural- mente, della doverosa difesa di se stesso dallaccusa di essersi associato per delin- quere, ma si occupato anche di capitali- smo italiano (e suoi innumerevoli difetti), di poteri forti, della militanza dei molti in- tellettuali arruolati da quei poteri, di in- nocenza diessina e di parecchio altro an- cora. E lo ha fatto chiacchierando como- damente, mentre il suo vecchio amico, so- dale e collega di furbettismo Gianpiero Fiorani compie oggi il settantesimo giorno di carcerazione preventiva. Spiega del resto Consorte che Unipol non centra nulla con Antonveneta e ag- giunge: Perch non leggo che Unipol non c mai nelle operazioni di Fiorani?. Lu- nica operazione dice stato un incro- cio azionario con Banca popolare italiana: Unipol aveva comprato titoli Bpi per un controvalore di 60 milioni, Bpi aveva com- prato Unipol per 148. Liquidato Fiorani, il succo della tesi consortile questo: sarebbe stato fatto fuori, e con lui il suo disegno di espansio- Un altro interrogatorio per Consorte, direttamente su Rep. La diarchia di Dilly&Riz vince la gara degli impresentabili LUnione ha un problema. E questo pro- blema si chiama Romano Prodi. Detta cos questa affermazione pu sembrare para- dossale, ma cos non . Infatti i leader del centrosinistra sono preoccupati per la cam- pagna elettorale del candidato premier . Hanno paura che stenti a prendere il via e che alla fine limmagine dellex presidente della Commissione europea rischi di appa- rire sbiadita se confrontata con quella di Silvio Berlusconi che sembra invece parti- colarmente pimpante in questo periodo. Francesco Rutelli e Piero Fassino, con i modi dovuti, hanno affrontato la questione con il candidato premier dellUnione, nel tentativo di capire quali fossero le sue in- tenzioni per il futuro, per comprendere co- me intendesse portare avanti la campagna elettorale in questa fase cruciale. Il proble- ma che ormai Prodi si affida totalmente al suostaff esembranonprestaretroppoorec- fermare il ruolo essenziale del partito al- linterno della coalizione di centrosinistra, ma anche perch solo attraverso un risulta- to elettorale di tutto rispetto il Prc potr avanzareper il proprioleader larichiestadi una poltrona istituzionale quale quella di presidente della Camera. Insomma, gli elo- gi della cosiddetta stampa borghese, ma an- che le stesse parole di Romano Prodi che preannuncia che Rifondazione avr dei mi- nisteri possonocrearedelledifficoltal par- tito di Bertinotti. Il leader del Prc, infatti, sinceramente convinto della nuova linea presa da Rifondazione dopo il congresso di Venezia (che ha segnato un distacco dallala pi estremista e violenta dei movimenti) ma vorrebbe evitare di dare limmagine di un leader troppo accomodante. Nel centrosinistra gi suonato il campa- nello dallarme. Le liste non sono ancora ul- timate ma limpressione che soprattutto per quel cheriguardai Ds elaMargheritala questione delle quote rosa, agitata dalle donne di quelle formazioni politiche, non sia stata tenuta in doveroso conto. Per farla breve, assai improbabile che le donne ot- tengano anche solo il 25 per cento, non del- le liste, ovviamente, ma dei posti blindati. Nella periferia italiana la questione sta gi provocando pi di una protesta. I Ds dovrebbero candidare IgnazioMarino, il medico italiano che a capo del centro trapianti della Jefferson University di Phi- ladelphia. Chiss, per, se gli esponenti del- la Quercia hanno avvertito Marino che il progettoinizialeincui avevanodeciderlodi coinvolgerlorischiadi restareletteramorta. Lidea infatti era quella di candidare Mari- noal ministerodellaSalute. Unideagical- deggiata da Massimo DAlema. Ma pare che la componente cattolica dellUnione non guardi di buon occhio questa ipotesi. Il ti- more , per esempio, che possa riaprirsi il capitolo fecondazione assistita. chio ai consigli degli alleati. Per questa ra- gione i Ds e gli uomini della Margherita ap- paiono preoccupati. Anche perch lo staff del professore procede per conto proprio e non sempre informa gli alleati delle mosse del candidato premier dellUnione. Insom- ma, dielle e diesse vorrebbero fare uninie- zione di energia allex presidente della Commissione europea. Ma Prodi invece convinto che la sua campagna funzioner senza problemi e che comunque il distacco tra centrosinistra e centrodestra tale che il presidente del Consiglio non riuscir mai nella sua rimonta. C una certa preoccupazione al quartier generale di Rifondazione comunista. C il timore che i giornali ma anche gli alleati cerchinodi mutarelafisionomiaesternadel partito, rendendola pi moderata. E questo potrebbe comportare qualche problema, vi- sto che Rifondazione aspira a fare unim- barcata di voti. E questo non solo per con- Per chi suona il campanello (dallarme) nel centrosinistra Il manager che ha ricostruito un pezzo di finanza rossa e ha dato una mano a risanare i conti dei Ds, nega il ruolo del partito nel caso Bnl, liquida i suoi rapporti con Bpi, loda Fassino e DAlema, risponde con sufficienza sulle consulenze milionarie, sdottoreggia su come fare economia reale (e politica) terno dei meccanismi reali delleconomia che determinano la situazione del paese e dunque governi davvero; o puoi anche vin- cere le elezioni, ma non governerai mai ef- fettivamente. (Nota: non si capisce peral- tro perch il disegno politico espansivo che viene coltivato in ambienti diessini, e che a tutti abbastanza chiaro gi a partire dal- la primavera del 2005, non avrebbe dovuto essere contrastato da una manovra politica di segno opposto che lo stesso Consorte de- nuncia, e che alla fine si riveler vincente). Ma quello che pi colpisce dellintervi- sta pubblicata ieri latmosfera che le fa da sfondo. Un indagato per associazione a delinquere pontifica su un autorevole or- gano di stampa borghese (e di sinistra), ri- spondendo alle domande di due giornali- sti non certo neutrali sulla materia giudi- ziaria, mentre un altro presunto associato per delinquere da alcuni accusato di es- sere stato il regista del furbettismo estivo festeggia i due mesi e dieci giorni a San Vittore, il tempo necessario, secondo lau- spicio espresso la scorsa settimana dal- lUnit, a piegarne la resistenza. La questione della carcerazione preven- tiva fa la sua comparsa anche nel caso di David Mills, lavvocato inglese (marito di Tessa Jowell, ministro della Cultura del go- verno di Tony Blair), gi consulente della Fininvest al centro di un affare che si sta facendo farsesco. Ieri Mills ha smentito di avere raccontato al Sunday Telegraph co- me la dichiarazione resa ai magistrati mi- lanesi il 18 luglio 2004 in cui ammise di avere ottenuto del denaro dal gruppo ita- liano in cambio di protezione nel corso di due processi gli venne estorta in un inter- rogatorio con i magistrati durato dieci ore. Mettete qualcosa per iscritto e io la fir- mer, avrebbe detto per paura di essere arrestato, una versione che secondo lagen- zia il Velino sarebbe stata peraltro confer- mata con laggiunta di molti dettagli da amici inglesi dello stesso Mills. LEX UOMO DI UNIPOL PONTIFICA IN UNINTERVISTA, LEX CAPO DI LODI FESTEGGIA IL SETTANTESIMO GIORNO A SAN VITTORE Il negazionista domestico (e gli altri) I l centrodestra ha lasciato che Rober- to Calderoli ricorresse allanalfabeti- smo istituzionale pur di segnalare che il conto tra dare e avere con il mondo islamista non torna pi. Una procedura che ha provocato qualche ricaduta di troppo nella coalizione, ma che non fa sfigurare lex ministro leghista pi di quanto proietti sulla maggioranza lom- bra dellinadeguatezza. Perch il modo rozzo con il quale la Lega si accredita come diga delleurocristianesimo pu risuonare oltre il limite della genuinit solo quando nulla di pi autorevole si manifesta. Nella Cdl non ha trovato for- ma quella pratica essenziale che si tra- duce in autoconsapevolezza storica e nellelaborazione aggiornata delliden- tit culturale. La riflessione sui cos detti valori, la valutazione dello scontro di civilt e il bisogno di definirsi in sen- so non privativo rispetto allaggressione fondamentalista sono temi centrali, sco- perti tardi e consegnati allastrazione. Oppure adottati a seconda della conve- nienza, per recuperare carriere altri- menti anonime o intercettare il senso comune dellelettore astensionista. Of- frendo lidea dinseguire parole dordi- ne vaticane. Quando poi, come in que- sti giorni di persecuzione religiosa e antioccidentale, la Chiesa testimonia di avere diversi tempi di reazione rispet- to a quelli secolari, il centrodestra tor- na afasico o fuori misura. Nella prassi quotidiana, al di l di un atlantismo senza evidenti cadute di stile, il meccanismo si tradotto in una fragile contraddittoriet. La saggia am- ministrazione democristiana dellordi- ne pubblico da parte di Giuseppe Pi- sanu diventata linea di condotta in- ternazionale del governo: citt ben pre- sidiate e faccia dolce davanti allisla- mista offeso. Tendenza introiettata dal ministro degli Esteri Gianfranco Fini: neoconservatore intermittente, non ha disdegnato un certificato di legittima- zione ulteriore anche se a consegnar- glielo era un mittente che frequenta la moschea di Roma e reclama contrizio- ne senza offrire in cambio garanzie chiare. Fatta eccezione per pochi soli- tari, particolarmente difficile indivi- duare nomi o iniziative robuste ricon- ducibili a dirigenti di centrodestra ra- dicati in unidea certa di s. E che nel- laffermare questa idea ambiscano a sollevarsi almeno un poco oltre il di- battito sulla liceit di abbrustolire bandiere israeliane durante i cortei fi- lopalestinesi organizzati dalla sinistra estrema, o sullantioccidentalismo vin- tage di Massimo DAlema. L Italia, come tutto loccidente, vit- tima di una serie di aggressioni or- ganizzate con il pretesto delle vignette blasfeme pubblicate da qualche gior- nale. Le violente manifestazioni con- tro il consolato (dellItalia, non di Ber- lusconi) a Bengasi, il comportamento ambiguo delle autorit di Tripoli, che prima hanno aizzato la violenza, poi hanno sparato sulla folla, infine hanno proclamato martiri le loro stesse vitti- me, sono espressione di un grave pro- blema nazionale. Di questo il premier consapevole, tanto che ha richiesto le dimissioni di Roberto Calderoli per non offrire pretesti a chi soffia sul fuo- co. Berlusconi ha scelto di far prevale- re linteresse nazionale, ovvero cerca- re di mantenere rapporti civili con gli stati islamici, a quello della solida- riet di coalizione, pur tanto impor- tante alla vigilia delle elezioni. Romano Prodi, che si vanta di esse- re animato da un superiore senso del- le istituzioni, ha fatto lesatto contra- rio. Affermare che la responsabilit delle aggressioni contro lItalia del governo italiano, senza neppure spen- dere una parola per deprecare la sproporzione della reazione, sba- gliato, antinazionale e pericoloso. Diffondere lidea che lItalia un pae- se che cede alle minacce incoraggia obiettivamente i nostri nemici (che esistono e non stanno a Palazzo Chigi), in una fase delicatissima in cui molti temono che dalle manifestazioni si passi agli attentati. Anche negare gli sforzi che i governi italiani hanno sem- pre fatto e continuano a fare per man- tenere un clima respirabile nel Medi- terraneo una forzatura propagandi- stica infondata e, ancora una volta, pe- ricolosa. Se durante lattuale governo stato ottenuto il diritto per gli italia- ni espulsi dalla Libia di ritornarvi, vuol dire che la visita di Silvio Berlu- sconi sotto la tenda del rais libico, a qualcosa era servita. In questa situa- zione chi si assunto gravi responsa- bilit proprio Prodi, incapace di uscire dallossessione antiberlusco- niana per riconoscere linteresse e di- fendere la dignit della nazione. Dopo tante chiacchiere sul senso dello sta- to, il comportamento ambiguo di Pro- di dimostra quanto ne manchi il lea- der del centrosinistra. N el processo che si celebrato a Vienna a carico dello storico bri- tannico David Irving, autore di un libro infame scritto diciassette anni fa in cui negava lesistenza delle camere a gas e dei campi di sterminio nazisti, cera un elemento paradossale. Irving sicura- mente un personaggio disgustoso. Do- po aver cercato di dare veste scientifi- ca alla negazione dellevidenza, stato costretto a rivedere la parte pi alluci- nante delle sue teorie in seguito a un processo in patria e agli ordini di cat- tura spiccati contro di lui da vari pae- si. Oggi si dichiarato colpevole, ha ammesso la realt dello sterminio raz- ziale per cercare di evitare una con- danna (che invece arrivata: tre anni). Lintero spettacolo sa di zolfo, perch le confessioni in tribunale sono conno- tate dallambiguit ideologica a parti- re dai grandi processi staliniani degli anni Trenta. Le sue losche idee, Irving le aveva comunque diffuse in cicli di conferenze in giro per il mondo, sem- pre invitato da organizzazioni neonazi- ste o di fondamentalisti islamici. Loccidente si mostra dunque seve- rissimo, secondo alcuni al limite del- lintolleranza, con i negazionisti di casa, per affermare il rispetto memoriale per i milioni di vittime della Shoah. Intanto, per, agissce in modo incerto e imba- razzato nei confronti della teocrazia ira- niana, che non solo sostiene le stesse te- si negazioniste di Irving, ma che minac- cia di compiere un nuovo sterminio di ebrei, come ovvia, terrificante conse- guenza del suo obiettivo di cancellare Israele dalla carta geografica. Nelle scuole di quasi tutti i paesi islamici, compresi quelli moderati, si insegna che lo sterminio ebraico in Europa non c mai stato, nelle carte geografiche Israele non esiste. La minaccia atomica iraniana, se sar tollerata, render pra- ticabile lobiettivo del nuovo sterminio. Chi rappresenta davvero un pericolo in- combente il presidente iraniano, il suo regime, certamente assai pi di Ir- ving. Il processo di V ienna, che pur sempre un processo per delitto di opi- nione con tanto di autodaf, non serve a onorare il debito dellEuropa verso gli ebrei, se tutti non decideranno di mo- strare una maggiore intransigenza ver- so lIran, come si cominciato a fare per merito di Angela Merkel. Linteresse nazionale (e quello di Prodi) Destra senza linea Parole sbrigative e strumentali sullaggressione al consolato di Bengasi La t-shirt analfabetismo, ma senza una cultura non c governo serio Irving condannato a tre anni, ma la cattedra dellodio a Teheran E timologia della parola balcanizzazio- ne. Questa potrebbe essere lestrema sinossi del fittissimo volume di Edgar H- sch. Non una storia degli eventi recenti del Sud-est europeo, n un riepilogo del conflitto jugoslavo. Si tratta, al contrario, di un libro scritto nel 1988 e poi aggiorna- to a due riprese (1992 e 2002). Peraltro, per quanto riguarda la contemporaneit, lau- tore tira di lungo anche nelle appendici. Il suo occhio sul passato, a partire dallo stanziamento nei Balcani di quelle popo- lazioni che chiamiamo indoeuropee, in at- tesa di una denominazione pi precisa che forse si riveler puntuale come Go- dot. Partendo da l, il professore tedesco si prodiga nel tentativo di dare una forma a una regione definita nei suoi confini esterni, ma inafferrabile rispetto a quelli interni. Frontiere proteiche, che hanno nei se- coli cambiato i propri percorsi con una periodicit che d laffanno. Alle volte, su sollecitazione di istanze locali. Pi spes- so, in conseguenza di spintoni dei vicini corpulenti. L impero bizantino prima, limpero ottomano poi e infine le truppe della Germania hitleriana furono gli uni- ci fattori di parziali riunificazioni della regione. Riunificazioni coatte. Lunghissi- me e spesso sonnacchiose le prime due, breve ma brutale la terza. Intanto, tra il frequente sorgere di stati anche gloriosi ma quasi sempre effimeri, le popolazioni balcaniche si aggrovigliarono in una me- sticanza in cui territorio, identit nazio- nale e lingua non riuscivano pi a far cor- rispondere i rispettivi dentelli, se non in aree ristrettissime, maculando cos ogni mappa con velleit demografiche. Ma le idee provenienti dalla Rivoluzione fran- cese prima e dal Romanticismo germani- co poi non smettevano di titillare le co- scienze delle lite balcaniche, trapian- tando la volont di creare un proprio Stato nazionale in unarea in cui le tradi- zioni di autonomia statale risalivano a pi di cinquecento anni prima. E in cui, al- meno nel caso dei serbi, la memoria na- zionale custodiva gelosamente il giro di pista del 15 giugno 1389, il giorno della battaglia di Kosovo Polje: cio il ricordo di una sconfitta a fondamento della na- zione, per quanto inghirlandata di atti di eroismo guerresco. Verso la fine della Prima guerra mon- diale, sembr aprirsi una fessura attra- verso cui sbirciare lavvio di una costrut- tiva collaborazione fra vicini, nota come spirito di Corf. Nel 1917, infatti, nelli- sola adriatica i leader politici si erano accordati sulla futura nuova organizzazio- ne politica dei popoli slavi meridionali: piena parit di diritti per le tre nazioni degli Sloveni, Croati e Serbi dal punto di vista politico, religioso e culturale (equi- parazione della religione cattolica, orto- dossa e musulmana, dellalfabeto latino e cirillico) sotto la monarchia costituziona- le dei Kardjordjevi. Il seguito della concordia jugoslava celebre. Balcani polveriera dEuropa, recita un vecchio adagio. E non si tratta soltanto di cattiva stampa. Perfino nel blocco sovietico furono soprattutto lo ju- goslavo Tito e lalbanese Enver Hoxha a creare le eterodossie pi longeve. A Bu- dapest e Praga i carri armati di Mosca riaggiustaronoinfrettalacompattezzadel Patto di Varsavia, ma il cuore dei Balcani continu invece a pulsare con un battito comunista difforme dal metronomo mo- scovita. E ancora oggi, mentre si consoli- da il lungo dopoguerra, anche gli Stati pi pacati manifestano a tratti la loro san- guigna tradizione. Due esempi indicativi: Slovenia e Croazia continuano a non trat- tare comme il faut la minoranza italiana. Mentre la Grecia non smette di tartassare la Macedonia, costringendola per motivi di esclusivit toponomastica a soggiacere alla denominazione di FYROM (Former Yugoslavian Republic Of Macedonia). LIBRI Edgar Hsch STORIA DEI PAESI BALCANICI 428 pp. Einaudi, euro 30 OGGI Nord: al mattino nuvolosit ir- regolare con qualche rovescio sulla Li- guria, labassaLombardiaedil Novare- se; per il resto tempo asciutto. Nel po- meriggio nubi sempre pi compatte. Centro: tempo inaffidabile con rovesci sparsi, ancheasfondotemporalescoal- ternati a pause asciutte e a qualche schiarita. Sud: pioggediffusesuCampa- nia, Molise e Puglia, in nuovo migliora- mentoinserata. DOMANI Nord: giornata piovosa su tutti i settori, nevicate deboli o al pi moderate oltre i 500-600m. Centro: nu- voloso e piovoso ovunque, con deboli nevicate sullAppennino; nel pomerig- gio scrosci isolati. Sud: nuvolosit irre- golare con isolati rovesci, belle schia- rite e giornata di tregua con tempera- ture complessivamente miti. PASSEGGIATE ROMANE ANNO XI NUMERO 44 - PAG 4 IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006 H anno vinto i film politici, ma cos poli- tici che sembra di essere ripiombati nellinferno dei cineclub. Il direttore Die- ter Kosslick li ha messi in concorso, la pre- sidentessa Charlotte Rampling li ha pre- miati, il giurato Matthew Barney e regista di Cremaster, lunico che potesse fare un rapporto di minoranza, perorando la causa di un cinema non didascalico non lascia traccia di s nella lista dei vincitori. La Berlinale 2006 si chiude secondo copione. Ignorando Robert Altman e il suo A Prai- rie Home Companion: film musicale che celebra il programma radio di Garrison Keillor, fa lavorare i migliori professionisti in circolazione, si permette frizzi e lazzi, non offre appigli al dibattito. LOrso doro va a Grbavica, opera pri- ma di Jasmila Zbanic, regista bosniaca che racconta lorrore degli stupri etnici. LOrso dargento va a The Road to Guantanamo, di Michael Winterbottom e Mat Withecross, registi britannici che raccontano i Tipton Three tre giovanotti anglopakistani tor- nati in patria a scopo matrimonio e (per motivi oscuri anche dopo la visione del film, la consultazione del press book, la let- tura delle numerose interviste rilasciate) fi- niti due anni nella prigione cubana fa- cendoli passare come i Sacco e V anzetti della guerra contro il terrorismo (si inten- de: Sacco e Vanzetti prima della lettera, re- centemente ritrovata, che mette in dubbio la loro innocenza). Meglio comunque il pri- mo del secondo, che ricostruisce il caso in- terrogando soltanto i tre interessati, e si fin- ge documentario anche quando fiction. Procurando un brivido a tutti gli spettatori politicamente corretti: gli stessi che, du- rante la proiezione del film di Chabrol Li- vresse du pouvoir, quando la magistrata Isabelle Huppert insolentisce limputato ricco applaudono convinti e soddisfatti. Come tutte le pellicole di denuncia (cri- mini di guerra e crimini contro le donne, impossibile trovare una combinazione pi strappasdegno), Grbavica patisce il luogo comune secondo cui la realt si spiega da sola, e lo sceneggiatore (in questo caso coincide con la regista) non serve. Quindi il film, partito bene anche grazie a due brave attrici, annaspa nel finale. Mandato il mes- saggio, i personaggi smettono di essere tali e diventano carne da dibattito. Comprare danese (anche i film) Quattro film tedeschi in concorso dove- vano per forza portare a casa qualcosa. Ma poich nessuno del quartetto aveva le stim- mate della correttezza politica (o perch ombelicali, come Sensucht e Der Freie Wille, o perch sulla scia di Houellebecq spernacchiavano leducazione sessantotti- na che produce mostri) sono arrivati i pre- mi per gli attori. A Sandra Hller , che in Requiem ha la parte di una ragazza trop- po fragile per affrontare la vita universita- ria (finir esorcizzata), e a Moritz Bleibtreu, che nelle Particelle elementari ha la par- te del clone di Houellebecq (non ancora ricco e famoso). Dicono le malelingue che lo scrittore francese abbia odiato il film con tutte le sue forze. Il prossimo lo girer personalmente, come da contratto con Flammarion (lo stesso che Alessandro Ba- ricco ha con la Fandango: laccoppiata film+libro va moltissimo, ci prov anche Susanna Tamaro, esagerando in tramonti e paperette). Il Gran Premio della Giuria accoppia li- raniano Jafar Panahi e la danese Pernilla Fisher Christensen, unica regista premiata per meriti puramente cinematografici. Offside ha avuto dieci minuti di applau- si, per le tifose di calcio che la legge cora- nica tiene fuori dallo stadio. A soap non ne ha avuto neanche uno, per la ragazza del piano di sopra affascinata dal transessuale al piano di sotto. Difficile trovare due film pi diversi: uno piacione, uno tragicomico. Schierarsi si deve. Da oggi, oltre a compra- re danese, vedremo film danesi. Mariarosa Mancuso Mi sto divertendo come unpazzo. Leg- go Linciucio, lul- timo libro di Marco Travaglio e Peter Gomez (una coppia dia- bolica che dissotterra lascia di guerra sot- toformadi libroogni quindici giorni), emi diverto molto. Mi diverte la loro faziosit tanto furibonda quanto supportata da fatti edocumenti, echemeninobottedaorbi in tutte le direzioni sino a calpestare tanti della sinistra almeno quanto i berlusco- nes, e che abbiano annotato meticolosa- mente e quasi ora per ora tutti i misfatti compiuti dallapartitocraziadellaSeconda Repubblica, e che una volta saliti sul de- striero della loro passione polemica anti- berlusconiana non ne scendano mai nep- pure unattimo, neppure per andare al ba- gno. Tra racconti dettagliati delle lottizza- zioni Rai e delle incursioni contro le ban- che, unlibro comunque da leggere e divo- rare congusto. Econta niente se contante loroaffermazioni einvettivesei daccordo, conaltre unpo meno e conaltre per nien- te. Il divertimento, quello assicurato. P.S. Diecimila euro contro uno, sfido il mio amico Travaglio e ammesso che ne abbia a scrivere di me sui giornali del- la sinistra dov di casa con la stessa sim- patia con cui io scrivo di lui sul Foglio. Diecimila euro contro uno. Pagabili in contanti. UFFA! di Giampiero Mughini BERLINO Al direttore - I giudici del Consiglio di stato hanno sentenziato che i cartomanti, gli oro- scopari, i maghi, gli occultisti, i veggenti e i sondaggisti non detto siano sempre dei ciar- latani. Per confermare il giudizio hanno pro- posto Wanna Marchi come senatrice a vita. Gianni Boncompagni Al direttore - C un europeo e un islamico che litigano. L europeo, al colmo del furore: Lei non sa chi non sono io!. Maurizio Crippa Al direttore - Mi risulta che Fiorani sia anco- ra in carcere. Non mi pare che ora possa inqui- nare alcuna prova. Il carcere, dicono alcuni, serve afar dire i nomi. Uno li faed libero. Con- sorte non e non stato in carcere: hanno fatto bene perch non poteva inquinare le prove e probabilmente i nomi da lui non li volevano. Bruno Calchera, Milano Alcuni hanno nel destino di essere inter- rogati, come i Fiorani e i Mills, altri di esse- re intervistati. Noi preferiamo le interviste agli interrogatori stringenti che, come scri- veva plaudente lUnit, spezzano la resi- stenza dei carcerati. E comunque utile se- gnalare la differenza tra i due strumenti di indagine. Grazie. Al direttore - Gustoso davvero il blob etico an- dato in onda nella sede romana di Laterza. Lo avete raccontato con impareggiabile ironia (18 febbraio). Mase lintellettualitdi sinistrasban- da di fronte al realismo giuridico di Guido Ros- si, una ragione c. Dalla met degli anni Set- tanta, il Partito comunista ha usato la questio- ne morale come arma politica per accelerare la transizione italiana. Il risultato stato che una corporazione tecnica la magistratura di- ventata la suprema guardiana dei nostri costu- mi. Una volta, poi, entrato irreversibilmente in crisi il primato del pubblico sul privato, gli ere- di di Berlinguer si sono appellati alletica. Di quale eticasi tratti, tuttavia, ancoranon chia- ro. Nel mercato della modernit ci che si chia- ma etica pubblica pu mettere capo al massi- mo a compromessi temporanei tra gli interes- si divergenti che si esprimono nellapluralitdei sistemi normativi, nondi rado inconflitto tralo- ro. Ecco perch le lezioni di diritto di Guido Ros- si possono mettere sotto scacco il moralismo di unacertaintellighenziadi sinistra. Il moralismo tende a confondere ci che politicamente utile con ci che moralmente giusto. Il rischio che corre forte: si crede votato alla castit, e qual- che volta finisce puttana in un bordello. Michele Magno, Roma Al direttore - Mi permetta un suggerimento: prendalaterzanovelladellaprimagiornatadel Decameron del Boccaccio, Melchidesec giu- deo con una novella di tre anella cessa un gran pericolo dal Saladino apparecchiatogli. Sag- gezza ebraica, senso di giustizia di un nobile mussulmano, raccontate dal buon senso italia- no. Lafacciatradurre e introdurre dauno scrit- tore israeliano e da uno scrittore mussulmano che abbia la lealt del Saladino e ne faccia un libretto. Tre anelli sono un bel simbolo di rispet- to e di tolleranza. E un gesto abbastanza folle da esser degno di lei. Marco Fabio Apolloni Si celebra oggi il rifacitore illuminista del- la novella, Lessing. Si celebra la libert atea dallaveritreligiosa, nellincontrotraNathan il Saggioeil suomodelloMoses Mendelssohn. Mendelssohn fu banditore dellilluminismo ebraico, lHaskalah, sostenitore delle virt dellassimilazione degli ebrei. Si dimentica che lassimilazione (altro che integrazione multiculti) fuil blasone della democra- ziadi Weimar. Segu losterminio. Si celebra lilluminismo di Lessing, ma si dimentica un dettaglio diabolico Sontuoso compleanno a Gstaad per Francesco B. Caltagirone. Pochi e ben scelti gli invitati nazionali e inter- nazionali. Torta con 150 candeline, spente in un soffio dal festeggiato. Alta Societ Gerusalemme. LAutoritpalestinese, do- po linsediamento del nuovo Consiglio legi- slativo a maggioranza estremista, unau- torit terrorista. N pi n meno, secondo il premier israeliano, Ehud Olmert. Le pa- role contano, stridono. Soprattutto se con- frontateconquellearrivatequalcheorado- po, dal leader supremo di quellIran che vorrebbe cancellare Israele dalla faccia della terra. La vittoria di Hamas alle ele- zioni parlamentari stata una divina sor- presa ha detto layatollah Ali Khamenei alla delegazione del gruppo terroristico in pellegrinaggio a Teheran a caccia di soldi I palestinesi hannodimostratolaloromatu- ritpoliticavotandoHamas escegliendoco- s la via della lotta e la resistenza contro i sionisti. E i soldi da Teheran arrivano, co- piosi, secondo il ministro israeliano della Difesa, Shaul Mofaz, e cos anche dai cosid- detti paesi non allineati, che passano at- traverso Cuba e il Venezuela, soldi che non possono compensare i fondi satanici del- lAmerica, masono, dal puntodi vistadi Ha- mas, ben pi affidabili. La questione dei soldi dirimente. Fa la differenza tra chi esercita una forma di de- terrenzaechi no. Rispettoi palestinesi per la loro decisione democratica di eleggere Hamas, ma devono capire che nelle demo- crazieesistonodegli obblighi, spiegaal Fo- glio Marina Solodkin, candidata nella lista di Kadima, il partito ora guidato da Olmert e fondato dallex premier, Ariel Sharon. La linea del partito questa, non c molta scelta: Il sostegno ai palestinesi deve con- tinuareattraversoleong chepassanoper le Nazioni Unite e la Croce rossa spiega So- lodkin ma se Hamas continua a non voler riconoscere Israele non c alternativa alla sospensione dei finanziamenti. Il governo di Gerusalemme ha congelato i fondi, Con- doleezza Rice, segretario di stato america- noinviaggioinmediooriente, hachiestoal- lAnp di restituire anche i 50 milioni di dol- lari gi stanziati, ripetendo che con i terro- risti non si tratta. Nellagendadi viaggiodi Condi, il dossier nuclearedellIraneil governodi Hamas so- no al primo posto: in Egitto, in Arabia Sau- dita e negli Emirati arabi Rice andr chie- dendo la linea della fermezza. Il fronte del- la deterrenza si compatta cos, dicendo con le parole del Wall Street Journal che la riduzione dei fondi non una forma di punizione, una forma di educazione. Chi ladeterrenzanonsaapplicarla, inve- ce, sta di casa in Europa o al Palazzo di Ve- tro. Al grido non possiamo dimenticare i palestinesi comeharipetutonellasuavi- sita meridionale il ministro degli Esteri di Bruxelles, Javier Solana i fondi, in qual- che modo, arrivano, pur se le precondizioni il riconoscimento dIsraele soprattutto nonsonosoddisfatte. LaLegaarabastapre- parando il suo progetto di finanziamento e ieri linviato onusiano in medio oriente, Al- varo de Soto, ha definito il congelamento delle rimesse fiscali voluto da Olmert pre- matureeinopportune. Mail governodi Ge- rusalemme non si scompone. Se Hamas non riconosce il nostro diritto di esistere spiega Solodkin pu anche dimenticarsi della soluzione dei due stati vicini. Abu Mazen e le consultazioni Leripercussioni sullacampagnaelettora- le israeliana si sentono. Il Likud cresce nei sondaggi, il dibattitosullunilateralismoela definizione dei confini diventa aspro. So- lodkin ne parla con cautela, dice di aver vo- tato a favore del disimpegno da Gaza, spie- ga che lunilateralismo una delle alterna- tive pi praticabili, ma sottolinea che altri ritiri nonsonoal momentogidecisi, leco- se sono troppo cambiate dopo il voto pale- stinese. Olmert il politico pi intelligen- te del paese, lo definisce con enfasi So- lodkin cercanellaquestioneeconomicala prima risposta, in accordo con gli Stati Uni- ti. La strategia di Kadima fatta per mante- nere, almeno per ora, come interlocutore AbuMazen, cheieri serahaincontratoil fu- turo premier palestinese, Ismail Haniye, per le prime consultazioni di governo, alle quali il Jihad islamico firma degli ultimi attentati a Israele ha gi espresso il suo rifiuto. Hamas punta a una coalizione col partitodel presidenteinmododapoter con- tare su qualche punto in pi di credibilit. Questo gioco di pretesti e paraventi fini- sce per favorire i piduri di Israele, i mem- bri del Likud guidato da Benjamin Ne- tanyahu, chesostengonodi esserecirconda- ti dallHamastan, comelhadefinitoil lea- der del Likud, un coacervo di forze che fa capo al gruppo islamista ma che colleziona fondi e ideologie di gran parte del mondo musulmano. Che ieri, infatti, stato richia- mato a metter mano al portafoglio da Tehe- ran per costruire una rete di finananzia- menti alternativa a quella esistente finora. Amy K. Rosenthal Lasorellamusulmanaradiata, laresadi Oslo, lashariainglese Era stata lei, due mesi prima, a minacciare il governo di Copenaghen dopo che le pre- sunte vignette oltraggiose erano gi state ri- pubblicateinEgittodal quotidianoal Fager, senza scatenare alcuna reazione di porta- reil casoallattenzionedellefolleislamiche di tuttoil mondo. Sonomoltooffesadaquei disegni e molto arrabbiata, diceva. E met- teva in guardia dal non sottovalutare il po- teredel mondoislamico, anchequandovuo- le fare un boicottaggio economico. E stata lei, infine, a procurare i contatti con la Lega araba al Cairo a quella delegazione di reli- giosi chehacompiutoil tour inmedioorien- teper aizzarelefolle, eaprocurareloroi vi- sti per spostarsi. Anche se lei nega che ci fosse una strategia concordata, lo stesso imamdi Copenaghen, AbuLaban, dacui tut- to partito, a smentirla: Lambasciata egi- ziana ha giocato un ruolo fondamentale. Lanotiziadel ritirodi MonaAttiapassa- ta in sordina, senza lenfasi che invece sta- ta posta sullo sdegno diplomatico inscenato finora dai paesi islamici, con ambasciate in occidentechiuseepersonalediplomaticori- tirato. Mail trasferimentodi Attia, oltrease- gnalare la voglia di chiudere le ostilit, tra- disce di nuovo il coinvolgimento che c sta- to ad alto livello per alimentare il caso. Il modello di capitolazione pidrammatico, quello verso cui idealmente tendono i fo- mentatori delle violenze antivignette, sta- to gi offerto dalla Norvegia. Per giorni il direttore del piccolo periodico Magazinet, Velbjrn Selbekk, che per primo aveva ri- pubblicato i disegni sul Profeta, aveva re- sistito alla pressione montante dei musul- mani che lo minacciavano di morte se non avesse chiesto scusa e dellestablish- ment politico, che da lui pretendeva la stessa cosa. Ma il 10 febbraio scorso il giorno prima di una programmata manife- stazione di massa il ministro del Lavoro e dellIntegrazione sociale, Bjarne Hakon Hasse, ha indetto una conferenza stampa di riparazione nella sede del governo. Per la delusione dei suoi sostenitori, Selbekk ha presentato scuse ufficiali. Al suo fianco, ad accettare latto di contrizione in rappre- sentanza di 46 organizzazioni musulmane, cera Mohammed Hamdan, capo del Consi- glio islamico norvegese, e numerosi mem- bri del governo. E stato Hamdan a perdo- nare il giornalista e a dichiarare che da quel momento era sotto la sua protezione, come se fosse lui e non il ministero dellIn- terno di Oslo il garante della sicurezza dei norvegesi. Lintegrazione e la dittatura secolare. Se- condo un sondaggio pubblicato domenica dal Telegraph, quattro su dieci musulmani inGranBretagna vogliono che la legge cora- nica entri in vigore in parti del paese. Gli esperti non sono sorpresi. Patrick Sookhdeo direttoredegli studi islamistici delluniver- sit di Londra, ed ex musulmano egli stesso, che diversi anni fa aveva avvertito la pros- sima ondata dellislamradicale inInghilter- ra comprender attentati suicidi dice che nei prossimi dieci anni la comunit si iso- ler ancora di pi. Per molti suoi leader qui da noi, il fatto che in Inghilterra le vi- gnettenonsianostatepubblicaterappresen- ta una chiara vittoria degli attentati del 7 lu- glio. Taiji Mustafa, portavoce di Hitzb ut Tahir, un movimento che il premier T ony Blair intendeva mettere al bando dopo le stragi, scettico sul sondaggio del T ele- graph, perch la sharia dice al Foglio funziona soltanto quando tutta la societ la applica interamente. Ma Harris Bokhari dellaMuslimAssociationof Britain, unafor- mazione esclusa dalla tavola rotonda post 7 luglioperchtropporadicale spiegache giusto permettere ai britannici di sottomet- tersi alla sharia. Integrazione dice al Fo- glio nonpuvoler diredittaturasecolare. Diplomazia incendiaria. Lambasciatrice egiziana in Danimarca, Mona Omar Attia, stata ritirata due giorni fa e sar spedita in Sudafrica. Non ci sono spiegazioni ufficiali, ma la ragione chiara. Il governo del Cairo vuole arrivare in fretta alla fine del solleva- mento islamista che ha preso a pretesto le vignette danesi, e chiudere la parentesi del- le violenze religiose. Insieme col regno sau- dita, lEgitto il partner darea pi costante per gli Stati Uniti, e non un caso che le piazze dei due paesi arabi siano state di gran lunga le pi sobrie nelle manifestazio- ni, molto pi di quella londinese. Persino lopposizione in mano soprattutto ai Fra- telli musulmani in cerca di legittimazione ha interesse a mettere a freno le proteste e riportare le cose alla calma precedente. Neutralizzare lambasciatrice Attia un passodovuto. E statalei loscorso3 febbraio un venerd di preghiera, nel mezzo della crisi dopo un incontro di scuse tra il gover- no danese e gli ambasciatori dei paesi isla- mici, a dire che la risposta del primo mini- stro, Anders Fogh Rasmussen, era insuffi- ciente e che il suo paese dovrebbe fare di pi per placare lintero mondo islamico. Nessuno al mondo disse pu far crede- re di non poter intervenire sui suoi media. ANNO XI NUMERO 44 - PAG I IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006 La forza Israele congela i fondi a Hamas, lOnu lo critica, lEuropa anche. Il Jihad islamico fuori dal governo L ultima finestra di opportunit prima delle sanzioni si aperta ieri a Mosca con ambizioni modeste, ma a T eheran c motivo di ritenere che la partita non sia perdutaei suoi emissari continuanoimper- turbabili a dettare condizioni. In visita a Bruxelles per incontrareil capodelladiplo- mazia dellUnione europea, Javier Solana, e i rappresentanti della troika europea, il ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki, ha criticato la mancanza di dispo- nibilitdegli europei, messoinguardiadal- luso punitivo del Consiglio di sicurezza e confermato che lIran non receder di un millimetro dai suoi criteri per il compro- messo. Tanta sicurezza da parte di Mottaki del resto giustificata dallAgenzia atomi- ca: perch rassegnarsi a una pur parziale capitolazioneriguardoal congelamentodel- le attivit di arricchimento delluranio, quando i paladini dellappeasement sono pronti a riconoscere le ragioni dellorgoglio iraniano? Perch cedere ai poco convinti aut aut russi, quando il premio Nobel MohammedElBaradei insistenellassicura- re garanzie di sicurezza allIran, sminuisce lintransigenza transatlantica e fa sapere, attraverso la solita gola profonda, che al- lo studio lipotesi di un progetto pilota per larricchimento su piccola scala nella cen- traleiranianadi Natanz? Per ladirigenzadi Teheran i segnali che arrivano da V ienna sono promettenti, rappresentano ha detto il ministro Mottaki un passo avanti verso laccettazione dellarricchimento dellura- nio in Iran. Forte di questo autorevole avallo, il ministro Mottaki ha chiarito che anche in caso di accordo con i russi conti- nueremo con la cooperazione dal punto in cui siamo adesso, ossia lo sviluppo della ri- cercacontinuer. AMoscail capodellade- legazione iraniana, Ali Hosseinitash, ha confermato: non c alcun legame tra la proposta russa e una moratoria sullarric- chimento delluranio. Galvanizzati da El- Baradei e dal tempismo dei partner cinesi nel rinnovare linteresse per i giacimenti di Yadavaran proprio nel pieno della minac- cia-sanzioni, lIran sfugge allisolamento e trova conferme alla sua strategia. Lundicesima ora degli iraniani Non so come finir ma non sar facile aveva detto alla vigilia dei colloqui con gli iraniani il ministro degli Esteri, Sergej La- vrov. E finita con lIran che fa le pulci alla propostarussaeMoscaprontaatuttopur di dimostraredi aver fattoil possibileper por- tareacasail risultato. Sonotrei desideri di Teheran: far partecipare i propri scienziati alle attivit nelle centrali russe, continuare a condurre in Iran operazioni di arricchi- mento su piccola scala per scopi di ricerca e coinvolgere paesi terzi, in primo luogo gli alleati cinesi, nelleventuale joint venture. In merito alla prima richiesta i russi sono per ora restii a concessioni frettolose, ri- guardo alla terza sono possibilisti ma evasi- vi. Alla seconda questione i russi hanno fi- nora detto no di concerto con la troika ue e Washington ma ElBaradei ha rimescola- tolecarteenondaescluderecheloabbia fatto con la benedizione del Cremino. Se- condo Anton Khlopkov , vicedirettore del think tank Pir, in fondo la Russia e i part- ner europei potrebbero anche accettare chelIranporti avanti laconversionedellu- ranio a patto che poi venga tracciata una li- nearossaper larricchimento. Unaposizio- ne avvalorata dalle promesse del ministro degli Esteri, Lavrov. Quandolafiduciadel- la comunit internazionale sar ristabilita, bisogner tornare alla questione del diritto per lIran di portare avanti la ricerca nu- cleare a scopo pacifico. Secondo fonti iraniane Mosca avrebbe garantito a Teheran che, superata lattuale fase di sospetto della comunit internazio- nale, il Cremlinosi adopererper far accet- tare larricchimento in Iran. C chi crede, come Leonid Ivachov dellIstituto geopoliti- corusso, chelIranvadarassicurato: Temo- no che da un momento allaltro noi smette- remo di fornire combustibile per la centra- le di Bushehr. Dobbiamo fornire garanzie sufficienti. Non ancora il momento degli ultimatum. E scoccata lundicesima ora, ma Teheran non mai a corto di avvocati difensori. Altre finestre di opportunit at- tendono lIran. Il prossimo banco di prova delle intenzioni russe sar gioved a Tehe- ran, con la missione del capo dellagenzia atomica russa Rosatom, Sergei Kirienko. Tatiana Boutourline La farsa ElBaradei sminuisce lintrasigenza europea sul nucleare. Teheran a Mosca fa le pulci alla proposta russa LA RABBIA E LIMBROGLIO Il gruppodi islamisti anti Gheddafi che andatoalezione dabinLaden ghanistan negli anni Ottanta. Dopo la scon- fittadellArmatarossa, granpartedei super- stiti torn in patria, cominciando a predica- re la rivolta contro il regime socialista di Gheddafi. I veterani pifidati seguironolal- lora sconosciuto Osama bin Laden, che li aveva finanziati durante il jihad contro i so- vietici dal suo esilio in Sudan. I reduci del- lAfghanistansi affidarono alla rete dei Fra- telli musulmani eagli insegnamenti di Hizbt ut Tahir, movimento fondamentalista che trov base a Londra e Manchester. La Gran BretagnaerainfuriataconGheddafi acausa del Boeing dellaPanAmfattosaltareinaria dai suoi agenti segreti nei cieli di Lockerbie, nel 1988. Nel 1995, conlappoggiofinanziario di bin Laden e le armi provenienti dal Su- dan, i veterani dellAfghanistanfondaronoil Gruppo islamico combattente libico, che vo- leva rovesciare il Colonnello. Osama si era impegnato a pagare 50 mila dollari per ogni militanteuccisodamartire. Grazieallaco- stola pi moderata, radicata in Inghilter- ra, i ribelli islamici ottennero quantomeno il beneplacitodei servizi inglesi. Alcunefon- ti parlano di finanziamenti per far fuori Gheddafi. Nel settembre del 1995 scontri sanguinosi esploseroproprioaBengasi eun anno dopo i radicali islamici tentarono di uccidere Gheddafi. Ci riprovarono nel 1998: il Colonnello, ferito, si salv grazie al sacri- ficio di molte delle sue famose amazzoni, le guardiedel corpodonne. Gheddafi nonesit a usare laviazione per snidare i ribelli na- scosti fra le montagne del nord e alla fine degli anni Novanta la rivolta fondamentali- sta era stata soppressa nel sangue. I resti del Gruppo armato libico scelsero di seguirebinLadennellavventuraafghana. I volantini del movimentoanti Gheddafi, che propagandavano di abbattere il Colonnello, bollato come apostata, sono stati trovati nei campi di addestramento di al Qaida alle portedi Kabul. Sullosfondoceranoil deser- to libico e le palme, assieme agli ultimi mo- delli di mitragliatori. Ibn Sheik al Libi era un libico responsabile del grande campo di addestramento afghano di Khalden. Abu Anas al Libi eracoinvoltonel 1998 nellapia- nificazionedegli attentati di al Qaidacontro le ambasciate americane in Kenia e T anza- nia. Combattal fiancodi al Zarqawi inIraq, primadi essereuccisonellottobre2004. Nel maggio dello scorso anno fu arrestato dai servizi di Islamabad, in collaborazione con la Cia, Faraj al Libi, numero tre di al Qaida. Indicato come il responsabile dei falliti at- tentati al presidente pachistano, Pervez Mu- sharraf, si nascondeva sul confine afghano, esi fregiavadel nomedi battagliail libico. Il timore dei fondamentalisti convinse Gheddafi adistanziarsi dai terroristi palesti- nesi cheavevaappoggiatoeaunirsi allocci- dentenel combattereal Qaida. Gli Stati Uni- ti inserirono, soltanto due anni fa, il Gruppo combattente libico nella lista nera del di- partimento di stato. In Gran Bretagna la fa- zione pi moderata del movimento non ope- ra pi alla luce del sole, ma ancora attiva. Il vecchio asse con i Fratelli musulmani stato rinsaldato e non tutte le cellule del gruppoarmatosonostatesmantellate. Per le strade di Bengasi protestano i giovani scon- tenti e senza lavoro delle moschee. Nellas- salto al consolato italiano portavano attorno alla testa la fascia verde dellislam, che in- neggia al martirio in nome di Allah. Fausto Biloslavo S econdo fonti diplomatiche italiane, gli scontri a Bengasi, in Libia, non si sono fermati. La maglietta dellex ministro della Lega, RobertoCalderoli, diventasemprepi quel che gi sembrava: un pretesto. Il mini- strodegli Esteri, GianfrancoFini, hadichia- rato che le violenze di Bengasi riguardano anche il tentativo in atto di destabilizzare il regime di Gheddafi. I saccheggi e gli scon- tri al consolato italiano in Cirenaica sono lultimaespressionedi unasituazioneesplo- siva, fomentata dai Fratelli musulmani del vicino Egitto e dal Gruppo islamico combat- tente libico, che fa parte di al Qaida. La rinascita politica dei Fratelli musul- mani in Egitto si riflette sui paesi vicini, co- me la Libia, unita da un confine poroso e difficile da controllare. Seif el Islam, il fi- glio-delfino politico del colonnello Ghedda- fi, ha sottolineato che almeno quattro delle undici persone uccise venerd a Bengasi eranoegiziani epalestinesi. I pericoli fonda- mentalisti per il regime di Gheddafi sono, per, ben pi recenti e hanno avuto inizio con i circa 500 volontari della guerra santa che andarono a combattere i sovietici in Af- Hirsi Ali sappella ai dissidenti dellislam e rivendica il diritto di offendere le aziende danesi hanno subito per colpa del boicottaggio. La libert di parola non si ottiene gratis. Vale la pena spendere qual- che milione di euro per difenderla (). La condanna di Rushdie Qualevantaggiohaportatolapubblicazio- ne delle vignette? Ecco: ha dimostrato che esisteunadiffusapauratraautori, registi, vi- gnettisti e giornalisti che vorrebbero descri- vere, analizzare o criticare gli aspetti intol- leranti dellislam che si sono diffusi a mac- chia dolio in tutta lEuropa. Ha rivelato la presenza in Europa di una significativa mi- noranza che non comprende e che non di- spostaadaccettarei principi ei meccanismi della democrazia liberale. Queste persone, molte delle quali hanno la cittadinanza eu- ropea, hanno fatto numerosi proclami in fa- vore della censura, del boicottaggio, della violenza e di leggi per proibire lislamofo- bia. Levignettehannodimostratochevi so- no paesi pronti a violare le regole della di- plomaziaper ragioni di opportunitpolitica. Governi dispotici emalvagi comequellodel- lArabia Saudita inscenano falsi movimenti popolari per boicottare il latte e lo yogurt danesi, mentre cercano di reprimere senza piet qualsiasi movimento popolare che ri- chiedail dirittodi voto. Oggi sonoqui per di- fendere il diritto di offendere, nel rispetto dei limiti imposti dalla legge. Perch Berli- no? Perch proprio io? Berlino una citt con una storia caratte- rizzata da numerose sfide ideologiche sfer- rate contro la societ aperta. Questa la cittdoveunmurohatenutouninteropopo- lo chiuso dentro i confini dello stato comu- nista(). Qui i dissidenti fuggiti dallest han- nopotutoscrivereromanzi, girarefilm, dise- gnare vignette e usare la propria creativit per convincere una parte del mondo occi- dentale che il comunismo era tuttaltra cosa che il paradiso sulla terra. () Quella batta- gliastatavinta. Oggi lasocietapertami- nacciatadallislamismofondatodaMaomet- to, un uomo vissuto nel settimo secolo della nostra era e considerato un profeta. Molti musulmani sono persone del tutto pacifiche enienteaffattofanatiche. Per quel chemi ri- guarda, hanno tutto il diritto di essere fede- li alle proprie convinzioni. Ma allinterno dellislam c un movimento estremista che rifiuta le libert democratiche e vuole di- struggerle. Gli islamisti cercanodi convince- re gli altri musulmani che il loro stile di vi- ta il pi giusto. Ma quando cercano di esporre i difetti negli insegnamenti di Mao- metto gli oppositori dellislamismo sono ac- cusati di essereoffensivi, blasfemi, irrespon- sabili o addirittura islamofobi e razzisti. () Si tratta di un conflitto di idee che trascen- de i confini e le razze. Perch io? Sono una dissidente, come i berlinesi che abitavano nella parte orienta- le della citt e che fuggirono in occidente. Anchio sono fuggita inoccidente. Sono nata inSomaliaesonocresciutainArabiaSaudi- ta e inKenya. Per molto tempo sono rimasta fedele ai principi guida stabiliti dal profeta. Come le migliaia di persone che hanno di- mostrato contro le vignette danesi, ritenevo che Maometto fosse perfetto, la sola fonte e, anzi, il solo criterio di giudizio fra il bene e il male. Nel 1989, quando condann a morte Salman Rushdie per avere offeso il profeta, ritenni che Khomeini avesse fatto bene. Ora non pi. Penso che il profeta abbia sbaglia- to nel porre se stesso e le proprie idee al di sopradi ogni critica. Pensocheil profetaab- bia sbagliato nel subordinare le donne agli uomini. Penso che il profeta abbia sbagliato nel decretarechegli omosessuali devonoes- sereuccisi. Il profetahasbagliatoadireche gli apostati devono essere uccisi, che le adulteredevonoesserelapidateechelema- ni dei ladri devono essere tagliate. Ha sba- gliato a dire che coloro che muoiono per la causa di Allah saranno ricompensati con il paradiso. Ha sbagliato a dire che una so- ciet giusta poteva essere costruita soltanto a partire dalle sue idee. Il profeta ha detto e fatto cose molto buone. Ha incoraggiato gli altri alla carit. Ma bisogna riconoscere che era anche irrispettoso e insensibile nei con- fronti di colorochenoneranodaccordocon lui. Pensochesiagiustogirarefilmepubbli- care vignette critiche su Maometto (). Non bisogna sottomettersi Non intendo offendere il sentimento reli- gioso, ma neppure sottomettermi alla tiran- nia. Esigere che le persone che non accetta- no gli insegnamenti di Maometto si astenga- no dal raffigurarlo non una richiesta di ri- spetto, ma un ordine di sottomissione. Non sono lunica dissidente dellislam. Qui in oc- cidente ci sono molte persone come me. () Altre sono a Teheran, Doha, Riad, Amman, Il Cairo, Khartum, Mogadiscio, Lahore e Ka- bul. () Ci rifiutiamo di lasciarci trascinare in una frenesia di violenza collettiva. Come numero siamo ancora troppo pochi e troppo dispersi per costitutire alcunch di colletti- vo. () Gli avversari useranno la forza per chiuderci labocca. Ricorrerannoaogni tipo di manipolazioni e diranno di essere stati mortalmente offesi. Diranno che noi siamo deboli di mente e che non bisogna prender- ci sul serio. Anche i difensori del comuni- smo hanno usato questi metodi. Berlino la citt dellottimismo: qui il comunismo fal- lito e il muro stato abbattuto. () Sono ot- timista e confido che un giorno sar abbat- tuto anche quel muro virtuale che separa i sostenitori della libert da coloro che soc- combono alla seduzione e alla apparente si- curezza delle idee totalitaristiche. (traduzione di Aldo Piccato) Pubblichiamo il discorso che la depu- tata olandese, Ayaan Hirsi Ali, lamica- collega del regista assassinato Theo van Gogh, ha tenuto il 9 febbraio a Berlino. S ono qui per difendere il diritto di offen- dere. Sono convinta che quella vulnera- bile impresa chiamata democrazia non pos- sa essere realizzata senza la libert de- spressione, in particolare sui media. I gior- nalisti occidentali nonpossono rinunciare a questa libert, che in altre aree del pianeta negata. Il Jyllands Postenhafattounascel- tagiustapubblicandolevignettesuMaomet- to ed stato altrettanto giusto ripubblicarle su altri giornali di tutta Europa. Ripercorriamo la storia di questa vicen- da. Lautore di un libro per bambini sul pro- fetaMaomettononriuscivaatrovareunillu- stratore, perchtutti si autocensuravanoper paura di subire la violenta vendetta dei mu- sulmani, secondo i quali nessuno ha il per- messo di raffigurare il profeta. I giornalisti del Jyllands Postendeciserodi indagarepi a fondo, ritenendo giustamente che una si- mile autocensura aveva conseguenze di grande portata per la democrazia. Come giornalisti, avevano il dovere di pubblicare le vignette su Maometto. () Sono convinta che il primo ministro danese Anders Fogh Rasmussenabbia agito giustamente quando ha rifiutato di incontrare i rappresentanti dei regimi tirannici che gli chiedevano di li- mitare la libert di stampa. () E un esem- pio per gli altri leader europei. Vorrei che il mioprimoministroavesselostessofegatodi Rasmussen. Vergogna a tutte le aziende eu- ropee confiliali inmedio oriente che hanno detto non siamo danesi e non vendiamo prodotti danesi. Questa pura codardia. Il cioccolato della Nestl non avr pi lo stes- so gusto, vero? Gli stati membri dellUnione europea dovrebbero risarcire il danno che Prodi e il Colonnello, storia di un idillio fatto di sdoganamenti e telefonate impegnarsi per iscritto ad accettare le re- gole del processo di Barcellona: inserire la Libia nel solco Euro-mediterraneo lidea del presidente della Commissione per por- tare prosperit economica e stabilit politi- ca in tutta la regione. Non ho intenzione di chiedere lautorizzazione a nessuno, ag- giunge Prodi. Pochi giorni dopo, i ministri degli Esteri, divisi tra sarcastici e sdegnati, bocciano allunisono le aperture alla Libia. Nonostantelabacchettataufficiale, Prodi continua a preparare il primo incontro uffi- ciale previsto al vertice euroafricano del Cairo, nellaprile 2000. A poche ore dallini- zio della riunione, Gheddafi accoglie Prodi nellasuatenda: Accettiamosenzacondizio- ni i principi su cui si basa la Conferenza Eu- ro-mediterranea. Sbrigativamente Prodi commentaentusiastaquestopassodecisivo per il dialogo non soltanto con lEuropa ma con tutto loccidente. Ma costretto a unimbarazzante marcia indietro quando il Colonnello, sul palco del vertice, ringrazia cos ladisponibilitprodiana: Lasciateci in pace perch le nostre idee e la nostra cultu- ra differiscono dalla vostra. La democrazia? Non ne abbiamo bisogno. Loccidente? Non pu obbligare lAfrica del nord a parlare con lEuropa attraverso il processo di Bar- cellona. LUnione europea? Non pu detta- re condizioni. Il portoghese Antonio Guter- res, presidente di turno dellUe, dice che, dopo questo vertice, lattitudine dellEuro- pa non sar mai pi la stessa. Quando la Libia eletta alla presidenza della Commissione diritti umani dellOnu, gli Stati Uniti protestano, lUesi limitaafra- si di circostanza. Per Prodi ogni occasione buona per parlare con il Colonnello, come nel giugno2003, quandodiscutonoalungo su come bloccare il traffico di esseri uma- ni. Nei mesi successivi continuano gli sbar- chi dei clandestini provenienti dalla Libia, cos come le telefonate di auguri in occasio- ne di feste cristiane e musulmane. I ricor- renti viaggi a Tripoli del capo gabinetto del presidentedellaCommissione, StefanoMan- servisi, alimentano la speranza di accoglie- re il colonnello a Bruxelles. Fino al 27 apri- le del 2004, quando la visita storica pu aver luogo: Gheddafi gi stato sdoganato da altri Tony Blair e Silvio Berlusconi so- no i primi a recarsi a Tripoli dopo al rinun- cia alle armi di distruzione di massa ma per Prodi comunque un grande giorno. Nei palazzi della Commissione gli conce- dono tutto: dalle regole protocollari il lea- der libicoaccompagnatodallesueamazzo- ni-guardie del corpo al menu del pranzo ufficiale niente vino fino alla museruola dei media niente domande. Voglio espri- mere la mia gratitudine al mio fratello Pro- di, il commento di Gheddafi al termine dellincontro. Un altro gesto di gratitudine arrivadieci giorni dopo: sei medici bulgari accusati da Gheddafi di aver iniettato il vi- rus Hiv a426 bambini sumandatodellaCia o del Mossad sono condannati a morte. E il processo di Barcellona, cui il Colonnello doveva aderire grazie allo storico incontro conProdi? Aoggi, la Libia ancora osserva- tore esterno. Bruxelles. Alla testa della Commissione europea, Romano Prodi ha avuto una sola grande ossessione di politica estera: sdoga- nare Gheddafi. Sorride un anonimo diplo- maticoeuropeo, commentandolaletteracon cui Prodi, su Repubblica, ha elencato le gravi colpe di Berlusconi sui fatti di Ben- gasi. Sembra unautocritica, ironizza il di- plomatico. Nei suoi cinque anni da presi- dente dellesecutivo europeo, Prodi ha fatto di tutto per restituire una verginit interna- zionale al suo amico Colonnello: telefonate (come anche nel weekend passato), inviti, emissari, promesse, incontri. Lidillio ha inizio, con una serie di telefo- nate amichevoli, poche settimane dopo lin- sediamento ufficiale di Prodi a Bruxelles. Le relazioni con la Libia sono congelate per il caso Lockerbie, il suo terrorismo di stato e i tentativi di destabilizzare il continente africano. MaProdi, nei primi giorni del 2000, lancia a Gheddafi un inaspettato e inspera- toinvito nellacapitaleeuropea. LUenon pone condizioni a Tripoli spiega eccetto IL FOGLIO quotidiano ORGANO DELLA CONVENZIONE PER LA GIUSTIZIA Direttore Responsabile: Giuliano Ferrara Vicedirettore Esecutivo: Ubaldo Casotto Vicedirettore: Daniele Bellasio Redazione: Annalena Benini, Maurizio Crippa Stefano Di Michele, Marco Ferrante, Alessandro Giuli Paola Peduzzi, Marianna Rizzini, Christian Rocca Guia Soncini, Nicoletta Tiliacos, Vincino. Giuseppe Sottile (responsabile dellinserto del sabato) Editore: Il Foglio Quotidiano societ cooperativa Largo Corsia dei Ser vi 3 - 20122 Milano Tel. 02.771295.1 - Fax 02.781378 Presidente: Giuseppe Spinelli Consigliere Delegato: Denis Verdini Consigliere: Luca Colasanto Direttore Generale: Michele Buracchio Redazione Roma: Lungotevere Raffaello Sanzio 8/c 00153 Roma - Tel. 06.589090.1 - Fax 06.58335499 Registrazione Tribunale di Milano n. 611 del 7/12/1995 Telestampa Centro Italia srl - Loc. 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Sicuramente, se le cose non vanno bene, c un sistema di nor- me che pu e deve essere cambiato per ac- celerare i tempi del processo penale, ma deve esserci anche una maggiore resposa- bilizzazione da parte di chi i processi li ce- lebra. La riforma dellordinamento giudi- ziario un significativo passo in avanti per avere una magistratura pi preparata e professionale, meno soggetta a errori giu- diziari, meno politicizzata. Sicuramente non bisogna lasciare listituto della pre- scrizione in mano ai giudici, ma fermare- stando lobbligatoriet dellazione penale, dovrebbe essere il Parlamento a indicare i reati che devono essere perseguiti in via prioritaria in quanto particolarmente of- fensivi per i cittadini. La pubblicazione de- gli atti dindagine. Le intercettazioni. Il processo sui media. Una patologia da ri- muovere. Come? Bisogna intervenire sulla spettacolarizzazione della giustizia e sui processi celebrati sui giornali e non nelle aule dei tribunali, accertando le responsa- bilit e sanzionando chi non rispetta le norme. In questo senso si dovrebbero pen- sare a delle sanzioni, non solo per i gior- nalisti, ma anche per i responsabili degli atti di indagine, come polizia giudiziaria, cancellieri e magistrati, e in genere tutti coloro che hanno accesso agli atti di inda- gine e che si rendono responsabili di tra- smettere tali atti agli organi di stampa. Un numero sterminato di reati. Contenuti nel codice penale, leggi e leggine. Ununica pe- na. Il carcere. Ce un futuro diverso? La si- tuazione non proprio quella descritta perch nel nostro ordinamento peniten- ziario c la previsione di norme alternati- ve alla detenzione; si tratterebbe come nel progetto di riforma Nordio di inserirle, semmai, nel Codice Penale come possibili scelte allinizio da parte del magistrato che commina la sentenza di condanna. Il carcere deve restare come extrema ratio e come sanzione penale necessaria per chi commette reati particolarmente gravi e per tutti coloro che sono pericolosi socialmente. Magistratura autoreferenziale Occorre, inoltre, proseguire nellopera di depenalizzazione per tutte quelle fatti- specie delittuose che sono retaggio tante volte di uno stato illiberale. Penso ai reati di opinione, dove occorre terminare liter gi intrapreso, o a quei reati che per as- senza di offensivit sarebbe pi efficace punire con una sanzione diversa da quel- la penale. Giudici e avvocati, non godono pi di nessuna stima. Il termine Giustizia ormai un miraggio. Come recuperare la fiducia persa? Effettivamente assistiamo oggi a un modo di amministrare la giusti- zia sempre pi lontano dal comune senti- re della gente, nonostante che nelle aule italiane ci sia scritto che La giustizia amministrata in nome del popolo. Sen- tenze shock, rimessa in libert di perico- losi criminali, un garantismo sempre pi a favore di chi i reati li commette rispetto a chi i reati li subisce. La Lega Nord ha due soluzioni: Primo. Porre rimedio allautoreferen- zialit della magistratura attraverso la previsione di un organismo esterno al Csm che si occupi di sanzionare i comporta- menti illeciti dei magistrati. Perch non possibile che oggi controllori e controllati si identifichino nella stessa categoria. E stato fatto un referendum sulla responsa- bilit civile dei magistrati. Che fine ha fat- to? Secondo. Elezione diretta da parte del popolo dei pubblici ministeri. Un magi- strato della pubblica accusa espressione del territorio e quindi pi vicino ai citta- dini. Il carcere. Luogo che non rieduca. Umilia. Le celle scoppiano. Una tragedia dal continuo peggioramento. Che fare ? Continuare nella strada intrapresa dal ministro Castelli: costruire nuovi peniten- ziari, pi moderni e con circuiti differen- ziati per lesecuzione della pena. Unat- tenzione dovr essere necessariamente data alla triste situazione dei detenuti in attesa di giudizio, prevedendo strutture di- verse dal carcere e che comunque adem- piano alle finalit della misura cautelare, per non minare il principio della sicurez- za dei cittadini. Attuare accordi bilaterali per far scontare ai detenuti extracomuni- tari la pena a casa propria. In questo sen- so penso che si debbano intensificare e migliorare gli accordi con i paesi balcani e quelli nordafricani. Si rende inoltre ne- cessario applicare la Bossi-Fini, che con- sente di convertire le pene fino a 2 anni con lespulsione, e studiare anche la pos- sibilit di estendere fino a tre anni tale li- mite di pena. Infine si deve pensare al la- voro come forma per i detenuti di ottene- re un regime penitenziario diverso. Il dramma delle detenute con figli di et inferiore ai tre anni. Che fare? Linteresse dei bambini prioritario; occorre pensare a strutture protette idonee alternative al carcere attraverso il doveroso coinvolgi- mento degli enti locali. Carolina Lussana responsabile giustizia Lega Nord Pisapia (Prc) La reclusione non rieducativa, spesso solo umiliante. Servono amnistia e pene alternative Lussana (Lega) I pubblici ministeri vanno eletti dai cittadini, il Csm va controllato (e sanzionato) da un organo esterno D alle indicazioni programmatiche dei partiti che si contendono il governo del Paese ci si aspettava forse un grado di concretezza e di specificit superiori a quelli di semplici richiami a postulati e propositi dallincerta definizione. Garanzie separate dai formalismi nel processo penale? Nessuno lo contesta. Ma quali sono le une e quali gli altri? Per lo pi dipendono dalla stessa norma, che ta- lora assicura una ineludibile tutela e ta- laltra pu risolversi in un inutile intral- cio. Come distinguere? Indicare la mta non equivale, evidentemente, a tracciare la via; anzi, pu preludere a rischiose semplificazioni. Lo sdegno per labuso delle intercetta- zioni sacrosanto; eppure, molti dei guai che affliggono la materia dipendono solo dal cattivo uso delle norme gi presenti nellordinamento. In primo luogo, dalla desuetudine che ha colpito la speciale udienza prevista dal codice di procedura penale per la selezione delle intercetta- zioni rilevanti, allesito della quale pos- sibile procedere alla distruzione di quel- le inutili alle indagini. Un maggior rigore processuale nel garantire questa udienza negletta (ecco una garanzia vera, non ab- bastanza tutelata) costituirebbe forse un passo in avanti pi efficace di molti pro- clami. Quanto alla tutela della segretezza delle indagini, altro tema nevralgico, si tratta di un cruccio ricorrente nel nostro Paese (destinato a riacutizzarsi in forma spasmodica, com ovvio, quando lindagi- ne, per qualche speciale ragione, scot- ta). Lallora ministro della giustizia on. Martelli istitu (qualche era glaciale fa) una commissione che partor uno schema di riforma per verit sensato ed equili- brato; ma non se ne fece di nulla, per la fiera opposizione dei giornalisti che vide- ro messa in pericolo la libert di stampa. La questione ruota, in definitiva, intorno al segreto professionale riconosciuto ai giornalisti per la tutela della fonte delle loro informazioni. Siamo disposti a metterne in discussio- ne i limiti e le condizioni? Un catalogo da rivedere Il ricorso alla pena carceraria deve ispi- rarsi al criterio dellextrema ratio: una frase che si ritrova in tutti i manuali di di- ritto penale, non senza ragione, evidente- mente. Ma siamo sicuri che lattuazione di questo criterio si risolva con levocazione delle pene alternative (nel codice penale) e delle misure alternative (nellordina- mento penitenziario)? A seguire le stati- stiche non pare proprio che allingresso delle sanzioni sostitutive (nel 1981) e alla dilatazione delle misure alternative (con la legge Gozzini del 1986) abbia corrispo- sto un decremento del numero di detenu- ti. Anzi, esso andato progressivamente crescendo. Nel complesso, il controllo sociale coercitivo (in tutte le sue forme) che si esteso e dilatato. Per ridurre la- rea penitenziaria, occorre in realt rive- dere il catalogo dei reati per i quali oggi comunque indefettibile (o altamente fre- quente) il ricorso alla pena detentiva: in- cidere cio sui processi di criminalizza- zione primaria, tenendo conto ovvio dei reati che alimentano davvero il carce- re (la depenalizzazione di reati inattuali a basso indice di commissione, pu restitui- re dignit al sistema, ma non allarga le celle). A quali reati siamo disposti a ri- nunciare? Lunghezza dei processi: una malattia cronica che ha molte cause e, a quanto pa- re, pochi rimedi. Incidere sullobbligato- riet dellazione penale, per evitare il di- spendio di energie processuali nel perse- guire fatti bagatellari o poco pi? Ottimo proposito: lobbligatoriet dellazione pe- nale un feticcio alle cui virt salvifiche nessuno crede pi, dato che non tutti i reati si possono di fatto perseguire, e non tutti con la stessa sollecitudine e tempe- stivit. Chi dovrebbe stabilire le priorit? Il Parlamento? Ma cos il problema non risolto: solo spostato. Il Parlamento par- la in via generale ed astratta: non ha da- vanti i casi della vita, ma solo categorie normative di riferimento. Le scelte si fan- no invece sui casi della vita: quella tale truffa, quel tale infortunio sul lavoro, quel tale furto. Alla fine, sar il pubblico mini- stero a dover scegliere: secondo quali cri- teri di massima e con quali controlli? Que- sto il punto. Un pubblico ministero elet- tivo? Per lAmerica dobbiamo francamen- te ancora attrezzarci: nella condizione at- tuale, lidea suscita un certo sgomento. Sottrarre la prescrizione al potere discre- zionale del giudice? Per verit ci ha gi pensato le recente legge ex Cirielli, ma con tali contorcimenti e tali storture da esigere un rapido intervento di ortopedia legislativa. Abrogare semplicemente la legge? Per la parte relativa alla recidiva, non si pu che convenire. In ogni caso le questioni chessa affronta (recidiva e pre- scrizione) sono questioni vere nel senso che esigono davvero un intervento rifor- matore. Lassetto precedente, su cui la leg- ge intervenuta, non era certo lideale: al contrario. Perci, ogni proposito abrogati- vo deve, per essere ragionevole, accompa- gnarsi allindicazione di quali strade si in- tendano percorrere nella disciplina di due istituti nevralgici. Tullio Padovani RADIO CARCERE A Messina tra gli scarafaggi sono le gocce lunico rimedio Casa Circondariale Gazzi di Messina, via Consolare Valeria, 2 tel. 090 228111, e-mail: cc.messina@giustizia.it. Il direttore della struttura Calogero T essitore. Costruita ai primi del 900. La capienza regola- mentare di 278 detenuti. La capienza effettiva di 433 dete- nuti. 388 sono uomini, 43 sono donne. T ra queste 26 sono condannate in via definitiva mentre 19 sono in attesa di giudizio. I dete- nuti dispongono di due turni di ore daria: il primo dalle 9 alle 11, il secondo dalle 13 alle 15. Lo staff composto da un direttore e due vice direttori. La polizia penitenziaria arriva a 270 unit. Gli educatori sono 4. Allinterno del personale ospedaliero ci sono 4 medici, 20 infermieri, 2 psicologi, uno psichiatra e un criminologo. Listituto ha strutturalmente spazi angusti, una struttura obsoleta, un in- dice di pesante sovraffollamento. Le celle che ospitano le detenute sono in condizioni di manutenzione pessima, e dispongono dietro le grate delle gelosie di vetro. Le brande sono arrugginite. In generale la struttura versa in pessime condizioni: i tetti sono affetti da umi- dit, i cancelli sono molto arrugginiti e le condizioni igieniche precarie. S ono uscita da venti giorni dal carcere di Messina dove ho trascorso otto me- si. Appena arrivata nel carcere di Messi- na sono stata messa nelle celle dellalta sicurezza. Si tratta di una decina di celle che sono tutte uguali. Quando si aperta la porta della mia cella, ho visto una scena bruttissima, a cui non mi sono mai abituata. Una piccola cella con dentro 6 brande e chiaramente 6 donne detenute. I muri erano tutti neri per la sporcizia, pieni di crepe e di muffa. Un barlume di luce en- trava da una finestrella di legno, che an- tica e lo vedi. Fuori dalla finestrella un la- stra di vetro impediva lingresso di luce e aria. A sinistra cera un bagnetto, tanto piccolo da ospitare solo la tazza. Di bid neanche lombra. Cera solo un piccolo la- vandino, che accanto ai letti, dove noi donne detenute lavavamo tutto: piatti, ve- stiti e corpi. La cella era piccola, saranno stati 7 mq. T anto piccola che dovevamo mettere i letti attaccati uno vicino allal- tro. Noi vivevamo ammassate. Restavamo chiuse in quella celletta per 21 ore al gior- no. Senza poter lavorare, senza poter da- re un senso a quel nostro tempo. Per noi cera solo la televisione. E per fortuna che cera. Senza la Tv sa- remmo morte. Perch oltre alla televisio- ne nel carcere di Messina non c nulla. Il mangiare era uno schifo e sempre lo stes- so. La sensazione era di essere trattate co- me galline a cui dai sempre lo stesso man- gime. A pranzo pasta al sugo e a cena mi- nestrina al brodo. Cos per mesi e mesi. Lunica novit c stata alla vigilia di Na- tale. Ci hanno dato la mortadella con lin- salata. Spesso eravamo invase da scara- faggi volanti. Blatte di 3, 4 cm che si mi- schiavano a noi in quella piccola cella. Entravano in continuazione dal bagno o dalla porta della cella, camminavano sul- le lenzuola, ci venivano addosso. Per noi era un incubo. Abbiamo chiesto una di- sinfestazione ma dal carcere ci hanno ri- sposto: e a che serve? Loro la chiamano alta sicurezza, ma per noi era solo altra schifezza. Dopo 5 mesi passati in quella cella, mi hanno trasferito nelle celle per le dete- nute comuni. Nel carcere di Messina le celle della sezione comuni sono molto piccole. La classica cella un metro per un metro. Celle piccole e buie. C infatti una sola finestrella che ha una fitta rete me- tallica che non fa entrare la luce. Noi vi- vevamo nelloscurit. Eravamo in due de- tenute l dentro. Nella cella c un letto a castello, un piccolo tavolino e un lavandi- no. Il bagno un buco con solo la tazza. E uguale a quello delle celle dellalta sicu- rezza se non per il fatto che senza porta. C solo un piccolo cancelletto che divide il bagno dalla cella. Siccome quel cesset- to senza porta vicino allingresso della cella, praticamente facevano i nostri bi- sogni in bella vista del corridoio del car- cere. Noi non avevamo scelta. Per andare in bagno ci dovevamo imbarazzare, vergo- gnare. Senza parlare della puzza di fogna che esce dal bagno. Accadeva soprattutto di notte, quando il blindo della cella, cio la porta di ferro, chiusa. I bambini rinchiusi con le madri Anche nella sezione comune del carce- re di Messina non cera nessuna rieduca- zione. Noi stavamo sempre chiuse in cel- la. Le due ore daria, che facevamo ogni giorno, erano lunico nostro svago. Molte donne nel carcere di Messina rinunciano anche allora daria, perch il degrado l talmente tanto che ti passa la voglia di fa- re qualsiasi cosa. E questo forse il male peggiore che ti pu prendere in carcere. Lapatia. Un male che ti pu ammazzare. Come stato per Giovanna, 39 anni, che il 23 dicembre si impiccata nel carcere di Messina. Giovanna ha usato il copriletto per ammazzarsi. Una parte legata intorno al collo e laltra attaccata alla finestra del- la cella. E salita sullultimo piano del let- to a castello, si gettata gi e si rotta losso del collo. Questa una delle tecni- che per morire in carcere. E cos ha fatto Giovanna. Era anche lei in attesa di giudizio. Da giorni e giorni chiedeva aiuto perch stava male. Non reggeva il carcere, o meglio, quel carcere. Aveva gi tentato il suicidio infilando la testa dentro un sacchetto di plastica, ma neanche quel gesto aveva meritato atten- zione o preoccupazione. Per lei, per la sua disperazione, la sola risposta sono state un po di gocce per dormire. Il giorno che Giovanna ha deciso di farla finita era sola in cella. La sua compagna era allora da- ria insieme a me. Lei aveva detto che non le andava di uscire. Quando siamo tornate labbiamo trova- ta appesa alla finestra. Nel carcere di Messina, lapatia e labbandono che han- no ucciso Giovanna colpiscono tante don- ne. Per loro lunica salvezza buttarsi nel- la terapia: le gocce di tranquillanti. Cos in carcere, senza accorgetene, diventi tos- sicodipendente delle gocce. Quella la droga legalizzata in carcere. Vai dallo psicologo e lui ti d le gocce. Lo- ro pensano che meglio che ti prendi la terapia cos stai in cella zitta e buona e non dai fastidio. Io stessa ho preso queste gocce in carcere e adesso che sono fuori ne sono diventata dipendente. Questo quello che mi ha lasciato il carcere. Di notte nel carcere di Messina si sentono tante urla di donne che si dispe- rano. Sono urla a cui cerchi di abituarti, ma c un urlo che ti toglie il sonno e che ti trascina con s. E quello di un bambino che di notte piange nel carcere di Messina. Lui uno di quei bambini che sta in carcere insie- me a sua madre. Pu sembrare incredibi- le ma in un carcere come questo ci sono anche dei bambini. Sara, 26 anni ABUSO DI TRANQUILLANTI, PER MOLTE DONNE SONO ORMAI UNA DROGA LEGALIZZATA. LAPATIA CI UCCIDE. LA TERAPIA PURE I programmi di Rifondazione comunista e Lega al vaglio di Padovani F rancesco Mauro Iacoviello, in un arti- colo pubblicato sulla pagina di Radio Carcere del Foglio il 7 Febbraio, con gar- bata ironia si cimentato in unimpresa affascinante: cercare qualcosa di buo- no nella proposta di legge di Gaetano Pe- corella sulla riforma dellappello. Le conclusioni non sono certo confor- tanti, perch scrive Iacoviello alla fi- ne in questo progetto di legge, di cose buone se ne trovano ben poche. Ma proprio cos? Anzitutto conforta il fatto che un giurista della sua levatura sia daccordo su una questione decisiva: e cio che la legge non incostituzionale e che non vi alcun contrasto con lart. 3 Cost. eliminandosi lappello del pubblico ministero, n con lart 111 Cost. amplian- do il limite del giudizio di Cassazione. Ma anche nel merito Iacoviello dac- cordo con lidea di eliminare lappello del pubblico ministero. perch scrive: Tu, pubblico ministero, hai avuto anni per fare indagini, hai a disposizione Poli- zia Giudiziaria, consulenti, intercettazio- ni e quantaltro; se alla fine un Giudice ti d torto, pazienza Un imputato non pu essere imputato tutta le vita. Ed allora cosa ragione di scandalo? La risposta in due parole: aver trasfor- mato la Cassazione in un Giudice di se- condo appello se cos fosse, non si po- trebbe dare torto allautore dello scritto, sia perch la Corte di Cassazione e deve restare un giudice di legittimit ( anche se non soltanto, visto il ricorso straordina- rio), sia perch, se gi vi un appello, sa- rebbe sicuramente poco razionale preve- derne un altro (anche se per 75 anni la Cassazione si attribuita questo ruolo con il c.d. travisamento del fatto. La realt, per, che la legge, ora definitivamente approvata ha s esteso larea del controllo affidato alla Cassazione, sulle sentenze di merito ma non ha fatto della Cassazione un nuovo grado di appello. Anzi ha raffor- zato il suo carattere di giudice della legit- timit, demandato a verificare se la moti- vazione della sentenza risponda o meno alle prove acquisite nel corso del proce- dimento. Cerco di spiegarmi: la norma, prima della modifica, prevedeva che la Cassazione vagliasse la razionalit della motivazione soltanto alla luce di ci che lestensore della sentenza avesse testual- mente richiamato nella sentenza stessa. Cos che, ci che non era nella sentenza, anche se era negli atti del processo, non esisteva. Le prove ignorate Faccio un esempio realmente accaduto: la Corte dAssise dAppello aveva dato credito a un teste che aveva dichiarato di avere visto limputato sparare in posizio- ne anteriore rispetto alla vittima. Perci trovava una solida base il suo riconosci- mento. Senonch la perizia autoptica di- ceva con chiarezza che tutti i colpi erano stati sparati alle spalle. La Cassazione, poich la sentenza dava per certo gli spa- ri nel petto, non ha potuto far altro che confermare la condanna. Non viene il dubbio che possa esservi stato un errore giudiziario? Ed allora, quale la vera novit? Il ricorrente pu indicare specificatamente quali siano le prove che il Giudice di merito ha ignora- to bench potessero essere importanti o che ha richiamato, ma che al confronto con gli atti appaiono del tutto travisate. Non , dunque, un riesame del fatto, ben- s una critica della motivazione alla luce di elementi decisivi perch la pronuncia risponda a ci che il processo ha acquisi- to a favore o contro limputato. Perch, a differenza, di quanto scrive Francesco Mauro Iacoviello, il nuovo ricorso in Cas- sazione pu servire s allimputato, se una prova a suo favore stata ignorata ma al- trettanto pu essere utile al pubblico mi- nistero, se ad essere ignorata stata la prova dellaccusa. Forse per questo che in un documento dellAnm-Movimento per la giustizia posta la domanda, ri- spetto al giudizio di Cassazione se in un moderno sistema processuale la corretta e uniforme applicazione della norma deb- ba essere rimessa allinterpretazione astratta, lasciando fuori dal sindacato di legittimit il travisamento del fatto, o se, non debba essere desunta in ogni caso dalla valutazione del fatto, secondo le esi- genze di accertamento e di regolamenta- zione che da esso promanano. Non si voluti arrivare a tanto, ma far s che la motivazione rispecchi il com- plesso delle prove, e non soltanto alcune di esse, questo s lo si voluto. Ed giusto che sia stato cos. Gaetano Pecorella presidente commissione Giustizia Camera dei deputati PecorellaspiegaperchlaCassazionenonsargiudicedi secondoappello S empre pi spesso assolti i colpevoli e condannati gli innocenti. I tempi dei processi sono biblici. Regna la prescrizio- ne. Quale rimedio? Il rimedio un proget- to organico di riforme che coniughi cele- rit, efficienza e garanzie. Senza cedere ri- spetto alla tutela delle garanzie processua- li, occorre per distinguere, anche a livello di sanzioni processuali, tra garanzie e for- malismi. Le prime sono intoccabili, i for- malismi invece determinano solo un allun- gamento dei tempi processuali, favorendo i colpevoli a scapito degli innocenti, senza minimamente incidere sul rischio, sempre incombente, di errori giudiziari. Bisogna inoltre riflettere sullopportunit o meno di continuare a celebrare i processi nei con- fronti degli irreperibili: credo valga la pe- na, su questo punto, di adeguarsi alla legi- slazione di altri Paesi, ove i processi nei confronti di imputati irreperibili sono so- spesi, con automatica sospensione dei ter- mini di prescrizione. Anche per quanto ri- guarda la prescrizione e la delicata que- stione delle notificazioni, bisogna trovare un giusto equilibrio tra necessit proces- suali e effettivit del diritto di difesa, che non pu essere confuso con il diritto di creare le condizioni per impedire che si svolga un processo, quando evidentemente ve ne sono i presupposti giuridici. La parit tra accusa e difesa, soprattutto nella for- mazione della prova, deve essere effettiva, e non solo formale; cos come la terziet di chi deve giudicare. La pubblicazione degli atti di indagine. Le intercettazioni telefoni- che. Il processo sui media. Una patologia da rimuovere. Come? Gi oggi reato pub- blicare atti coperti dal segreto e le inter- cettazioni dovrebbero essere autorizzate solo in presenza di gravi indizi e se as- solutamente indispensabili per il prosegui- mento delle indagini. Purtroppo un mezzo di prova previsto come eccezionale di- ventato la norma, con abusi non degni di uno stato di diritto. Basti pensare alla di- vulgazionedi atti nonpubblicabili: sonone- cessarie sanzioni adeguate ed efficaci, in quanto la libert di stampa non ha nulla a che vedere con la libert di violare una leg- ge o di diffamare. Dunque: indagini serie per individuare chi ha violato il dovere di riservatezza e sanzioni pecuniarie, propor- zionali alla diffusione, non per i giornalisti, ma per la propriet dei mezzi di comunica- zione. La pubblicazione di atti coperti da segreto, infatti, danneggia non solo le inda- gini ma anche soggetti che nulla hanno a che vedere con fatti illeciti. Un numero sterminato di reati. Conte- nuti nel codice penale, leggi e leggine, Ununica pena. Il Carcere. C un futuro di- verso? Il carcere deve esere lextrema ra- tio. Bisogna prevedere pene principali di- verse dalla reclusione: detenzione domici- liare, misure interdittive, lavori social- mente utili o finalizzati al risarcimento del danno. Con effetti positivi sulle condizioni disumane degli istituti penitenziari e sulla situazione dei Tribunali di sorveglianza, che vedrebbero alleggerito il loro carico di lavoro. Giudici e avvocati, non godono pi di nessuna stima. Il termine Giustizia or- mai un miraggio. Come recuperare la fidu- cia persa? Sono convinto che sia possibile dare al Paese una giustizia degna di questo nome, solo se si ha come obiettivo linte- resse collettivo. Indispensabili, a tal fine, seri controlli di professionalit, per magi- strati e per avvocati, accompagnati da co- dici deontologici che, rendendo concreto il principio di responsabilit, prevedano san- zioni adeguate in caso di violazioni e/o er- rori inescusabili. Il carcere. Luogo che non rieduca. Umi- lia. Le celle scoppiano. Una tragedia dal continuo peggioramento. Che fare? Le figlie delle detenute Se lunica sanzione penale non sar pi quella carceraria, molti problemi saranno, se non risolti, quanto meno attenuati. Cos potr essere applicata, nella sua interezza, la legge Gozzini, creando le condizioni per il reinserimento di un numero sempre maggiore di detenuti. Diminuir la recidi- va e, conseguentemente, il numero dei rea- ti. E indispensabile aumentare lorganico di educatori, assistenti sociali, psicologi e magistrati di sorveglianza, cos come fon- damentale azzerare la legge Cirielli e lin- costituzionale legge sulla droga, approvata nellultima settimana della legislatura. Urgente un provvedimento di amnistia e di indulto, che inciderebbe positivamente sul carico giudiziario e sulle condizioni di vita di chi detenuto e di chi opera e lavo- ra in carcere. Deve, infine, essere ridotto il quorum attualmente previsto per amnistia e indulto, superiore perfino a quello neces- sario per le modifiche costituzionali. Il dramma delle detenute con figli di et infe- riore ai tre anni. Che fare? Aggiornare e mi- gliorare le leggi gi esistenti e, soprattutto, creare le condizioni per la loro effettiva ap- plicazione. Prevedendo, anche, quando non vi sono altre alternative, strutture specifi- che (tipo case-famiglia), ove i figli di dete- nuti possano crescere senza dover scontare, fin da piccoli, colpe che non sono loro. Giuliano Pisapia responsabile giustizia del Prc A cura di Riccardo Arena ALTRI HOTEL / 18 Radio Carcere esce ogni 15 giorni sul Foglio e va inonda suRadio Radicale ogni marted alle 21 (e-mail: radiocarcere@radioradicale.it). ANNO XI NUMERO 44 - PAG II IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006 CASI Messina: Salvatore Caruso, di 67 anni ca- de nelle docce del carcere e muore. E sci- volato, forse. LETTERE@RADIOCARCERE.IT NON COME DICE IACOVELLO, LA CORTE VERIFICA LA LEGITTIMIT DELLE SENTENZE E SERVE SIA ALLIMPUTATO SIA ALLACCUSA LA GIUSTIZIA IN PROGRAMMA - 1 LA GIUSTIZIA IN PROGRAMMA - 2 ALVEARMARCELO Il Genoa dei tempi eroici compie nel 1923 una storica trasferta inSudAmerica. Ed a Buenos Aires, contro il River Plate, che si concretizza una fantasiosa beffa ai nostri danni. Cinquantamila emigranti e figli di emigranti attendono il grifone nello stadio. Il clima di festa, il tifo impazza, la presen- za del capo di stato argentino Marcelo de Al- vear porta cons i cerimoniali delloccasio- ne, codazzi, ambasciatori, fotografi e giorna- listi. Il presidente pretende di dare il simbo- lico calcio dinizio. Quanto accade viene de- scrittodal terzinosinistrogenoanodellapar- tita, Renzo De Vecchi: Alvear si era trasci- nato dietro unnugolo di fotografi e di opera- tori cinematografici i quali si erano piazzati secondo le loro necessit e quindi erano an- cora incampo conaltre autorit, quando gli argentini, proseguendo nellazione avviata dal sindaco (inrealt era il presidente, ndr) la conclusero in rete senza che nessuno di noi avesse toccato palla. La nostra condotta era pi che logica: pensavamo che quella nonpotesse essere che unazione accademi- caechelapartitasarebbeeffettivamenteco- minciata a campo sgomberato. Neanche a parlarne. N larbitro n i dirigenti n gli av- versari tennero conto delle nostre legittime proteste e dovemmo rassegnarci a quellille- gittimo svantaggio iniziale. Il matchfin 1-1, per il pareggio di Santamaria al termine del primo tempo. I rapporti tra Italia e Argenti- na rimasero ottimi. AMALFI JESO La ricostruzione della squadra, dopo la tragediadi Superga, piegail Torinoallalogi- ca degli stranieri: a met strada tra i miglio- ri e i peggiori si ferma il brasiliano Amalfi, che purtroppo non rende per quello che le sue doti tecniche gli consentirebbero. Il gio- catore nonsi ambienta e resta unsolo anno, 1951-52, disputando 27 partite e segnando due gol, tutti e due al Modena. Cos ne par- ler, qualche anno dopo, il direttore di T ut- tosport Giglio Panza: Ho visto arrivare e ri- partire lartista Jesus Amalfi, che offriva, da fermo, numeri strepitosi ma nonentrava nel gioco quasi mai. Inparticolare Amalfi ri- cordato per un esercizio da foca: riusciva a tenereil palloneinequilibriosullatestasen- za farlo cadere per venti minuti. ANDRADEDASILVAJORGELUIS Quando i tifosi della Roma lo vedono gio- care, stagione 1988-89, lo soprannominano er moviola, a causa della sua esasperante lentezza. Andradeuntrentunennebrasilia- no, acquistato dal Flamengo e con i piedi buoni. Per entra subito in conflitto con lo spogliatoio, comandato dalla mezzala Gian- nini, chelovedecomeuninsidianel suoruo- lo di leader del centrocampo. N lo pu sof- frirelallenatoreNiels Liedholmche, pur es- sendo inItalia il maggior teorico del passag- giolateraleedellaragnatelaacentrocampo, trova eccessivo un giocatore che si muove con la velocit di un continente alla deriva: La campagna acquisti? Abbiamo preso quello che potevamo permetterci. E Andra- de ce lhanno ceduto, dice desolato il mi- ster. Alla fine il nuovo Falcao, come pre- sentato dai giornali allarrivo, colleziona no- vepresenze, quasi tuttesostituzioni apartita iniziata, e un memorabile episodio: Coppa Uefa, la Roma gioca in Germania contro la DinamoDresda. Latemperaturapolareeil campoghiacciato. I romani stannoperdendo uno a zero. Magari finora mi sono sbaglia- to, pensa Liedholm, e fa segno adAndrade di scaldarsi. Er moviola entra, e dopo 120 secondi vede il pallone che rotola nella sua direzione, si preparaallostop, matrascurail fatto che uno stopsul ghiaccio non uguale a uno stop sulla spiaggia di Rio. Liscia ed unliscio da esibizione, conunvolo allindie- tro che termina solo quando la schiena del povero giocatore cozza in terra, mentre le gambe finiscono allaria. Liedholmrichiede il cambio. Siccome le disgrazie nonvengono mai sole, conlui approda nella capitale Re- nato. Nella fantasia della curva sudera: La coppia piscarsa del mondo. (2. continua) Antonello Capurso Al Cav. piace lo schema quarta punta. Ce lo racconta Massaro mi e underwear, pubbliche relazioni nel Mi- lan. Mi piace ancora scendere incampo. Cinquantagol innovestagioni al Milan. Ha vinto, conil Milan, due Coppe Campioni, due Supercoppe europee, tre supercoppe italia- ne, quattro scudetti. Innazionale a dodici an- ni di distanza. Mi sono sempre allenato. Nel 1982 campione del Mondo nellItalia di Bearzot. Ventanni, non gioc neanche una partita. Quella coppa anche mia. Dodici anni dopo. Di nuovo i mondiali. Di nuovo in nazionale. La quarta punta si deve allenare. Deveesserevigile. Devesaperesfruttareloc- casione. Deveavereloccasione. Nonpusba- gliare. Ce lo diceva il presidente. Usa 94. Washington, 28 giugno. Terzapartitadelleeli- minatorie. Per passare basta ungol. Unsolo gol. Massaro la terza punta. Al di l, nonal di qua. 0-0. Ora, Daniele. Entra lui perch qualcunaltroesce. Maentra, al postodi Casi- raghi. Gioca. Tre minuti, incampo. Lancio di Albertini. Unattimo, lo sguardo al cielo. Pal- la davanti. Campos, portiere del Messico, da- vanti. Sfila il pallone. Interno destro. 1-0. Ve- loce. Mi piace, amo la velocit. Capelli ne- ri, pocobrizzolati. Cercolavelocit. Lacer- cava nel calcio, lha trovata nel rally . Cinque anni di campionati. Le ruote che sfilano sul terreno. Poco attrito, le curve. Quasi testaco- da. E una scuola, a me piace imparare. Il ghiaccio, limprovvisazione. Ha corso con Massimo Ceciri. Prima per provare. Poi per vincere. Trevolte. LapibellavittoriaaMon- za. La sua citt, la sua prima squadra, il suo primo rally. Cinque campionati pieni, troppo stressante. Ho altri progetti. Corre, ma non sempre. Il 26 novembre al Motor Showdi Bo- lognahagareggiato. Suunamonoposto, per la prima volta. Nella stessa gara anche Valenti- no Rossi. Per due anni, Daniele, nel campio- nato del Ferrari Challenge. Ora ha smesso. Maogni tantoentro. Rientro. LaMaserati lo ha contattato per il campionato europeo. Mi piace la velocit. Mi piace scendere in cam- po. Nello sport. Nonsolo, dice. Gli piace il campo. La pista. Il campo da calcio. Amo il golf. Ela velocit? Avolte si deve rallenta- re. Serve il catenaccio. Ci si deve difende- re. Le punte, la velocit, le offensive. Non sempresonolamiglior difesa. Bisognacono- scersi. Senza aver fretta. Ha provato conil golf. Rilassa. Sindaco? Ungiorno ci voglio provare E il presidente dei calciatori golfisti. Con lui Zola, Vialli, Shevchenko, VanBasten. Or- ganizza i derby congli amici interisti. Fa be- neficenza. Lultimoderby 120.000 euroraccol- ti. Contro lInter. Sempre secondi, anche nel golf, ride. Al Milanper nove anni. Il Cav lo conosco bene. Lo voleva offensivo. Gli pia- cevo. A lui piacciono le punte. Il tridente, magari un quadridente. Casini, Berlusconi, Fini. Van Basten, Simone, Serena. Massaro. Letta. Io segnavo. Da quarta punta. Il pub- blico mi amava. Nella Fossa dei Leoni, stri- scioni: Massaro sindaco. Applaudiva rin- graziava. Non pensavo al futuro. Entravo e giocavo. Ora s. Mi piacciono le relazioni pubbliche. E uno dei responsabili delle pu- blic relations del Milan. Il golf, il rally, il cal- cio, il Milan. Il campo. Mi piace la politica. Lasegue, gli piace. Introppi si pestanoi pie- di. Inattacco nonpuoi pestarti i piedi. T an- te punte. Troppe, serve il catenaccio. Qual- che problema, inpolitica. Acentro-campo. Sorride. Per attaccare devi conoscere bene lavversario. Lui li studia, gli avversari. Mi piace ancora imparare. Gli piace ancora il campo. Il calcio, il rally . La politica. Me lhanno proposto. Nella sua Monza. Ho co- minciato tutto qui. Il calcio, il rally . La Fos- sa: Massaro sindaco. Lui ci ride, non trop- po. So attaccare, so difendere. Sa come gio- care. So quando entrare. Sindaco. Ci pen- so. Nella sua Monza. Un giorno, ci voglio provare. Massaro sindaco. E presto. Ci so- no altre punte. Lui aspetta, al di l. Sul filo. Pronto a entrare. Claudio Cerasa S egnava anche quando nongiocava. Vince- va anche se gli altri perdevano. Gli altri perdevano. Lui entrava e segnava. Defilato. Partendol, sul filodel fuorigioco. Sul filodel fallo laterale. Pial di l che al di qua, a vol- te. Pipanchina, che campo. Al di l, appun- to. Partivadafuori, entrava, giocava, segnava. Duepunte, avoltetre. Avoltequattro. Si de- veattaccare. Nel calcio. Servonopunte, ser- viva spettacolo. Incampo. Dobbiamo esse- re offensivi, gli diceva il Cav. Cera Van Ba- sten, cera Virdis, cera Simone, cera Galde- risi, ceraSerena, ceraPapin, ceraSavicevic. Cera, soprattutto, Daniele Massaro. Dieci anni fa, ultima stagione al Milan. Come dieci anni?. Dieci anni. Ci volevano molto spregiudicati. Tre punte, a volte quat- tro. Incampo, nonsolo inquello sportivo. Si gioca, a me piace attaccare. Piaceva anche al presidente. Nonha smesso. Lui ama attacca- re. In campo. In uno stadio. In Parlamento. Comunque incampo. E spettacolo. Nel cal- cio chi attacca vince. Nel calcio, appunto. Ma nontutti i campi sono uguali a quelli del calcio. Sempre punte sono. Ma nonsempre lamiglior difesalattacco. Li guardavanel- lo spogliatoio. Ci guardava. Ci veniva a tro- vare. Volevaattaccanti. Volevapunte. Anche quattro. Sicuramente tre. In politica per meglio difendersi, dice al Foglio Daniele Massaro. Meglio il catenaccio. Quello allita- liana. Ma le punte sono tre, ora. La quarta c. Si scalda. E allenata. Forse la voterei, solo perch quarta punta. Ma non entra. Noncomeil calcio. Servespettacolo. Far- si trovarepronti. Esseresemprel. Stareal di l per essere pronti a scendere. Incampo, al di qua. Bisogna conoscere i propri limiti. Ha anche il patentino di terza categoria Mas- saro. Potrei allenare. Anche in serie A. Ma ho altro, ora. Rally, golf, unagenzia di viag- gi, azionistadi maggioranzadellaIRGEpigia- ANNO XI NUMERO 44 - PAG III IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006 Scelte infelici Lassist del presidente argentino, il numero della foca e la coppia pi scarsa del mondo Cesena. La stabilit di governo vive in Romagna, per la precisione a Cesena, ses- santasei anni di vita calcistica il prossimo 21 aprile e appena quattro presidenti nel- la sua storia. Non solo: il calcio anche co- me affare di famiglia, visto che gli ultimi tre numeri uno bianconeri fanno parte dello stesso clan. Lunico esterno il con- te Alberto Rognoni, grande uomo di sport e pap di Ettore (signore del pallone a Mediaset e assurto a non gradita fama do- po il bonolisiano affondo a Er penom- bra). Un punto di riferimento a livello nazionale: fonda il Guerin Sportivo, pone le basi per la nascita della Lega Calcio e inventa il format del Processo tante estati fa a Cesenatico in un capanno per la pesca, non immaginando il caravanser- raglio televisivo in cui si sarebbe trasfor- mato oggi, tra super moviole e super po- lemiche. Un inevitabile punto di riferimento an- che a livello locale il conte quando, in quel lontano 1940, raccoglie le forze cese- nati per dar vita a una nuova societ, in- sieme con Arnaldo Pantani, un ex gioca- tore, e con Renato Piraccini, ex dirigente della Renato Serra, club defunto quattro anni prima. Rognoni diviene naturali- ter il primo presidente, fino alle dimis- sioni nel 1959 per consegnare la squadra occhio al cognome ad Antonio Manuz- zi, non soltanto sindaco della citt ma an- che consuocero di Dino. Colui che, nel 1964, eredita la societ dal conte, nel frat- tempo diventato commissario straordina- rio. Manuzzi luomo che fa conoscere Ce- sena in Italia e in Europa: la prima pro- mozione in serie A nel 1973, il sesto posto nel 1976 e la Coppa Uefa nella stagione successiva. Una storia che dura fino al 1980, quando subentra Edmeo Lugaresi: continuit di parentela (Dino Manuzzi suo zio) e di lavoro (entrambi esportano frutta). Il commendatore non solo manda merci in giro per il mondo, ne importa an- che sotto forma di calciatori. Sceglie il primo straniero della storia bianconera, il baffuto austriaco Walter Schachner, vola- te irresistibili verso la porta e reti altret- tanto irresistibilmente divorate. La gestio- ne di Edmeo si prolunga tra alti e bassi fi- no al 2002, quando la volta di Giorgio, il figlio. Un passaggio di consegne che si concretizza con la squadra rotolata in C1. A Lugaresi junior si deve un ritorno al- la tradizione, utile per sopravvivere e per tornare a fare risultati: Abbiamo recupe- rato la nostra dimensione di provinciale da combattimento sottolinea orgoglioso senza perdere di vista i risultati, che na- scono dal settore giovanile: duecentoven- ti bambini tesserati e trentatr societ della zona collegate. Il risultato sono no- ve giocatori in pianta stabile in prima squadra. Per un bilancio annuale di set- te milioni e mezzo tutto compreso, dallin- gaggio pi consistente (il portiere Luigi Turci) allultimo dei magazzinieri: settan- taquattro persone che valgono lo stipen- dio di una star media in serie A. E con due punti di forza alla base di una squa- dra che ha ritrovato il piacere del gioco e dellalta classifica in B. Eravamo imborghesiti Dobbiamo molto al nostro allenatore, Fabrizio Castori ammette Lugaresi Ci ha fatto ritrovare la nostra realt, erava- mo imborghesiti. Un tecnico talmente apprezzato da far s che la squalifica di due anni per la rissa di Lumezzane nella finale promozione in C1 (pena per cui ha appena ricevuto la grazia) non diventasse un peso, ma un legame ancor pi stretto. E se Fabrizio Castori il primo elemento, il secondo resta la famiglia. La conti- nuit di gestione un grande vantaggio per le nostre strategie, soltanto cos pos- siamo prendere un bambino di nove anni e seguirlo passo dopo passo. Mollare? Ci sono stati momenti duri, ma i Lugaresi e i Manuzzi (Michele, cugino di Giorgio, vi- cepresidente, ndr) sono famiglie nate per il calcio. Non ne potremmo fare a meno, come Cesena non pu fare a meno di noi. Sandro Bocchio Cesena felix Quattro presidenti in 66 anni. E la stabilit di governo il segreto della provinciale da combattimento UN FOGLIN SPORTIVO Sciatori scappati dalle Olimpiadi respirano polvere di mare in Abruzzo contro corrente se nelle settimane dei fasti olimpici nelle Alpi piemontesi loro festeg- giano luscita del primo libro-guida intera- mente dedicato alla neve degli altopiani maggiori dAbruzzo (la zona di Roccaraso, provincia di LAquila). Si chiama Polvere di mare (Orbita editore, 15 euro, il riferi- mento al mare si spiega perch la neve mi- gliore per il fuori-pista, quella che gli ame- ricani chiamanopowder, inItaliasi trovaso- lo l e i veri esperti giurano di saper distin- guere quando arriva grazie a perturbazioni di provenienzaadriaticaotirrenica), lohan- no scritto e riempito di cartine con 54 itine- rari fuori-pista e di fotografie due romani appassionati di freeride che si chiamano Gianfranco Rotili e Giulio V erdecchia. Si parla della zona e della sua storia, compre- so lepisodio di Roccaraso-Kaputt quando lesercito nazista in ritirata fece minare le case storiche del centro del paese pare per fare un dispetto alla famiglia Savoia che aveva scelto Roccaraso come montagna de- lezione. Guai a sbagliare le definizioni. Una cosa lo sci-alpinismo, che prevede di scen- dere un po dovunque ma soprattutto pre- scrive di salire con le proprie forze e il solo aiuto delle pelli di foca e unaltra cosa il freeride, disciplina che tra laltro riesce an- cheaportarefinalmentelapaceelarmonia tra la trib degli sciatori e quella degli snowboardisti: fuori-pistamainsalitacon- sente luso di funivie e skilift. Tra i faggi dei boschi abruzzesi c il suo mondo ideale: niente rami bassi rischiosi per lo sciatore, spazio sufficiente tra un tronco e laltro e un fondopiatto. Altracosaancoralosci estre- mo, riservato a pochissimi e molto molto pe- ricoloso. Roccaraso e le sue montagne si candidano a paradiso del freeride, alla cac- cia degli sciatori che con le discipline olim- pichenonhannoquasi pinienteachefare. Roccaraso. Dalle Olimpiadi sono scappa- ti gli sciatori. Quelli proprio appassionati, che in montagna ci vanno davvero, ormai stanno fuggendo dalle piste modello olimpi- co, levigate, piatte, larghe, dove si corre co- me matti. Le piste dove anche il medio scia- tore pu tentare traiettorie (e velocit) alla Rocca e dove magari si rischia anche qual- che sgradevole tamponamento. Di questo iniziodi fugacollettivadallepistebattutese ne sono accorti i produttori di materiale per lo sci e i pubblicitari che allo sci ricorrono per ambientare foto o filmati commerciali: non si vedono pi le vecchie immagini con- cepite per catturare simil-Thoeni o simil- Stenmark o simil-Tomba o comunque gene- rici consumatori di prodotti con un appeal sportivo, ma si vedono quasi sempre sciato- ri immersi in nuvole di neve fresca. Sono i nuovi sciatori. A proposito di Olimpiadi tra lantagonismo (no global) e lagonismo (atle- ti e tifosi) hanno scelto il non agonismo. Scendono gi nel silenzio dei boschi e della neve intatta e la gara a chi arriva ultimo, perch si goduto di pi la discesa. Sembra che lo fanno apposta ad andare Tutti pazzi per Toni, ma Pazzini sereno. Far da spalla unarte pura ta. Perch il mestiere di unattaccante fare gol e se nonriesce a farne finisce per sentir- si uno sbagliato. Finisce per sentirsi dire: Devetrovareil gol per sbloccarsi. Poi, per, ci sono quelli alla Pazzini che se il compagno segnapidi lorosonocontenti lostesso: pi divertente di quanto si immagini stare di spalle alla porta e giocare per la squadra. E bello perch calcio. La spalla pidiffici- le da marcare del goleador. Per fermarlo non basta non fargli fare gol. Uno come Filippo Inzaghi lo annulli se riesci a nonfarlo tirare inporta: si deprimeesbagliatutto. Unocome Trezeguet lo umili se lo tieni fuori dallarea. Uno come Pazzini nonha la porta fissa negli occhi, vedeil campo, vedelospazio, vaincon- tro al pallone, lo tocca di prima e riparte. Nonti cambia una partita, ma ti pu far vin- cere ugualmente. Giampaolo nonha inventa- to ungenere: cresciuto guardando altri fru- strati felici. Uno era Giuseppe Signori che ai tempi del Foggia lavorava per nome e conto di Francesco Baiano. Il calcio ricorda soltan- toil goleador dellaLazioedel Bologna, quel- lodi venti gol acampionato. MaprimaBeppe era uno da dietro le quinte: inserie Amassi- mo 11 gol e 14 inserie B. Conlui, grazie a lui, il compagno Ciccio di Zemanlandia fece 16 gol inA. Prima di Signori, la spalla lha fatta anche Roberto Bettega, che era uno da gol, maconAnastasi decisedi mettersi aservizio. Unpo come Ciccio Graziani: conPulici si in- vertivano i ruoli, conPaolo Rossi no: Grazia- ni il nazionale si metteva lanima in pace e giocava per Pablito. Andava incontro al pal- lone, si portavail difensoreeRossi restavain areaconil marcatoreebasta. Tiro, gol. Ciccio lha fatto anche dopo, conRoberto Pruzzo. La spalla e il bomber . Poi ci sono quelli che non si ricordano in molti. Gerd Muller aveva uncompagno di squadra anonimo, uno fatto apposta per lui: si chiamava BerndHol- zenbein e non passer alla storia del calcio. Ha vinto un mondiale, in casa nel 1974. Hol- zenbeinsi armava di pazienza ogni partita e lasciava il palcoscenico a Gerd. Inquel mon- dialenonfeceneancheungol. Segnaronotut- ti: Overath, Cullmann, Bonhof, Hoeness. Bernd no. Per era felice, sempre. Lo fu an- che dopo, mentre il compagno picelebre, il miglior goleador della Germania divent un alcolizzato. I giocatori alla Holzenbein sono la fortuna di unallenatore. Eugenio Fascetti ne sempre stato convinto: ha sempre messo incampo uncalciatore cos. Allora ha trova- to limpossibile. Ha trovato KennethAnders- sonche nel 96 fula pertica alla quale uncal- ciatore semi-sconosciuto come Igor Protti si aggrapp per scalare la classifica dei marca- tori. Alla fine inuna squadra retrocessa fece 24 gol. Capocannoniere. Lancio lungo, Ken- neth si portava con s il difensore centrale, toccava la palla di testa e la metteva sul pie- de di Protti. Cos ha fatto anche Julio Cruz ai tempi del Bologna: fondamentale eppure oscuro. Oggi lo guardi in panchina e sorride anche lui, poi entra e segna. Oppure entra e fa segnare. Se non hai lincubo, il calcio ti sorride quasi sempre. E bello essere il bomber, ma essere la spalla qualcosa di pi. Di superiore. Pazzini e quelli come lui sono quelli che arrivano negli spogliatoi e trovano un compagno ad aspettarli per sen- tirsi dire grazie. Beppe Di Corrado G iampaolo Pazzini unragazzo sereno. Si vede: corre ad abbracciare Luca T oni e sorride sempre. E un attaccante, per. E quello che dovrebbe essere abbracciato per- ch segna e fa vincere. Giampaolo appartie- ne a una categoria precisa: il frustrato felice. Toni segna a valanga, lui no. Sorride, per. Perch una spalla, in senso teatrale-cine- matografico. E lappoggio, il perno attorno al quale il compagno gira per prendersi la glo- ria. Gol, gol, gol, gol. EGiampaolodietroarin- correrlo per fargli i complimenti. Non lo ve- de nessuno perch una rete che si gonfia fa dimenticaredieci personeeneesaltaunaso- la. Tutto il resto diventa undettaglio insigni- ficante: Pazzini s portato ingiro per il cam- po un difensore, ha aperto la strada a Luca, gli ha fatto la sponda, gli ha passato la palla giusta. Ha fatto il lavoro sporco. La spalla nel calcio come il direttore della fotografia in unfilm: crea la luce giusta per far fare bella figura al protagonista. Lo fa e si sente bene. La spalla pu essere uncentrocampista o un difensore e le cose restano nella loro dimen- sione naturale. E diverso quando una pun- Francesco T otti merita la maglia e la leadership dellI- talia ai mondiali di calcio in Germania molto pi di quanto il Palazzo del calcio meriti dessere rappresentato da France- sco Totti. Adesso che la sua presenza a rischio; adesso che la fantasmagorica rina- scenza della Roma incontra il pi dissen- nato degli ostacoli; adesso che quella brut- ta frattura restituisce al capitano la di- mensione di patrimonio nazionale; il ca- so di far notare una minuzia decisiva: pro- tetti da una ragione indiscutibile, avevano messo Totti alla gogna per uno sputo agli europei, gli avevano e gli hanno dato del ragazzone un po piagnone ed eternamen- te immaturo, sospeso tra il glamour di un matrimonio in diretta satellitare e il pitto- resco duna romanit inestirpabile. Gli di- cevano bravo ma non lo hanno mai protet- to, non hanno ascoltato il suo allarme sul- la mostruosa quantit di botte che stava subendo. E cos, allucinati dalle polemi- che sui rigori dati o non dati alla Juve, gli amministratori del pallone riscoprono tar- divamente che un tesoro di cristallo fa no- tizia solo quando finisce in pezzi. ULTIMO STADIO di Alessandro Giuli Scampia, triste ed insanguinato rione della cintura napole- tana. Guaglione era uno stupendo cane cor- so, unmolosso. Pesavaalmeno60 kg. Pidel grande cancello in ferro, era lui il grande protettore della famiglia Maddaloni e di quellangusto scantinato-palestra dove i bambini potevanosorridereimparandolar- tedelloJudo. Guaglionemortoenonpotr assistere allimminente inaugurazione del nuovo tatami di 400 metri quadrati di V ia della Resistenza. Una struttura ariosa con sullo sfondo, poco lontano, il cemento cupo delle Vele, tanto per ricordare dove sia- mo. E unsogno che si realizza. Gi 300 bam- bini la frequentano. I pi, gratis: figli di di- soccupati, orfani La Famiglia Maddaloni la piprestigiosa dello Judo italiano. Cu- riosamente il segno di Olimpia nel suo DNA. Pap Giovanni, allenatore, del 56 (anno dei Giochi di Melbourne), Pino meda- gliadoroaSidney, il figliopivecchio, del 76 (Montreal), Laura, Campione dItalia dell80 (Mosca), Marco, il pi piccolo, due volte Campione dEuropa Under 23, nato nell84 (Los Angeles). Coincidenzedellavita. Nonc piGuaglione, ma a vigilare sutut- ti, piccoli ecampioni, MacisteeAchille, due superbi alani. Vigilantes senza paura. ULTIMO SALTO di Giacomo Crosa BIDONARIO - 2