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IL FOGLIO

ANNO XI NUMERO 44 DIRETTORE GIULIANO FERRARA MARTED 21 FEBBRAIO 2006 - 1


quotidiano
DOMANI NEL FOGLIO UN RITRATTO DI BERLUSCONI COME NON LAVETE MAI VISTO. MA PROPRIO MAI
Milano. Francis Fukuyama ha pubblicato
America at Crossroads, una lunga, medi-
tata e contraddittoria critica al neoconser-
vatorismo scritta da un ex membro del mo-
vimento. Fukuyama noto per aver predet-
tosedici anni falafinedellaStoria equin-
di la vittoria della modernizzazione e della
democrazialiberale. E statoallievodi Allan
Bloom, collega di Bill Kristol, stagista e poi
collaboratore di Paul Wolfowitz. Per anni si
ritrovato a pieno nella definizione di neo-
con, oranonpi. E statolinterventoinIraq
afargli cambiareidea. SecondoFukuyama
stata una guerra non necessaria e dannosa,
tanto che alle scorse elezioni ha votato per
John Kerry. Eppure in passato Fukuyama
stato favorevole allintervento per cambiare
il regime di Saddam, come dimostra la sua
firma alla famosa lettera datata 1992 del
Project for a New American Century che
chiedeva a Bill Clinton di rimuovere la dit-
tatura baathista. Nei mesi scorsi ha animato
una virulenta discussione (pubblicata sul
Foglio) con un altro neocon, Charles
Krauthammer, a proposito della politica
estera americana, culminata nella sua ru-
morosa uscita dalla rivista The National In-
terest e nella fondazione, a fine 2005, del-
quadrimestrale The American Interest.
Fukuyama oggi sostiene che difficilmente
la storia giudicher positivamente linter-
vento inIraqe le idee che lo hanno animato.
Invadendo lIraq, spiega Fukuyama nel suo
libro anticipato sul magazine del New York
Times, Bush riuscito a creare una profezia
che si autoavverata: ora lIraq diventato
davvero un magnete per i terroristi islamici,
i quali si trovano davanti parecchi obiettivi
americani a cui sparare. Gli Stati Uniti han-
no ancora qualche possibilit di creare un
Iraq democratico, ma il saggista non crede
che lesito giustifichi il sangue sparso e il de-
naro impiegato. Fukuyama contesta lidea di
diffondere la democrazia in giro per il mon-
do e segnala come gli errori di programma-
zione di Bush abbiano provocato parecchi
danni e siano dovuti a incompetenza, a ec-
cessivo ottimismo e a incapacit di capire
come il mondo avrebbe reagito a questa
egemonia benigna che lAmerica si appre-
stava a esercitare. Ora il pericolo, secondo
Fukuyama, che lAmerica si ritragga, torni
isolazionista. Circostanzacheper Fukuyama
sarebbe un guaio, anzi una enorme trage-
dia, perch il potere e linfluenza ameri-
cana sono stati fondamentali per il manteni-
mento dellordine democratico nel mondo.
Qui c unaltra delle tante contraddizioni
del libro di Fukuyama: dopo aver scritto che
promuovere la democrazia e la moderniz-
zazione in medio oriente non una soluzio-
ne al problema del jihadismo terrorista,
spiega che il problema del programma dei
neoconservatori nonrisiede nei suoi obietti-
vi, che sono americani quanto americana
la torta di mele, piuttosto negli sproporzio-
nati mezzi militari con cui hanno cercato di
raggiungerli. Fukuyama, infatti, aggiunge
che ci che la politica estera americana ne-
cessitanonunritornoauncinicorealismo,
piuttosto la formulazione di un wilsoniani-
smo realistico che faccia meglio coincidere
mezzi e fini. Propone di rafforzare le istitu-
zioni che promuovono la democrazia, come
la National Endowment for Democracy, ma
dimentica che la Ned listituto creato dai
neocon negli anni di Reagan.
La minaccia islamica sovrastimata?
Lautore di America at Crossroads ri-
corda come i neoconservatori delle origini
fossero diffidenti di ogni ipotesi di ingegne-
ria sociale, cio ad adottare grandiosi pro-
getti per combattere la povert, eliminare le
differenze e ridurre il crimine, perch ben
consapevoli chequesteiniziativespessopro-
ducono conseguenze indesiderate. Com
possibile, dunque, che una tradizione politi-
ca cos attenta a spiegare che la societ non
pu essere manipolata a tavolino sia finita a
propagandare lidea che la democrazia in
medio oriente avrebbe sconfitto il terrori-
smo? La risposta la d lo stesso Fukuyama:
RonaldReagan. I realisti e i liberal di allora
prendevanoingiroil presidentecheparlava
di Imperodel male. Sostenevanocheunapo-
litica aggressiva coni sovietici avrebbe por-
tato al disastro. Sappiamo chi ebbe ragione.
Fukuyama conclude scrivendo che ab-
biamo bisogno di nuove idee, n neocon n
realiste, ideechemantenganolafedeneocon
nelluniversalit dei diritti umani, ma senza
lillusione dellefficacia del potere e delle-
gemonia americana per raggiungere questi
obiettivi. Quali siano queste idee, nonsi sa.
Ma alla base del suo ragionamento c una
frase che spiega tutto: Fukuyama considera
sovrastimata la minaccia islamica.
Un saggio di Fukuyama critica
gli ex amici, ma ne condivide i fini.
Servono nuove idee, ma quali?
Contro i neocon
Redazione e Amministrazione: L.go Corsia Dei Servi 3 - 20122 Milano. Tel 02/771295.1 Poste Italiane Sped. in Abbonamento Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO
Roma. Londata di violenza che si sca-
tenata nei paesi islamici dopo la pubbli-
cazione delle vignette danesi ha suscitato
nella diplomazia europea reazioni, nei ca-
si pi coraggiosi, timide. Gli strateghi di
Bruxelles non sono insensibili al tema del-
la libert despressione, semplicemente
pensano che urtare la suscettibilit dei go-
verni islamici economicamente non con-
venga a nessuno. L Unione europea im-
porta il 50 per cento del suo fabbisogno
energetico primario, che diverr il 70 per
cento nel 2030. Le importazioni petrolife-
re raggiungono quasi l80 del greggio con-
sumato: il 43 per cento arriva dai paesi
Opec, il 30 per cento dal solo Golfo.
Naturalmente quella della dipen-
denza energetica non una grana sol-
tanto europea. Il prezzo del bari-
le, che si forma sui mercati
globali, sconta linstabilit
politica, lelevato rischio-
paese e la minaccia di
rivolte anti-occidentali
o attacchi ai pozzi.
Stando sedute sul pi
grande serbatoio pe-
trolifero mondiale (cir-
ca due terzi delle riserve
provate), le nazioni islamiche
sanno di poter sfruttare una rendita
di posizione.
Anche gli Stati Uniti, che pure produ-
cono il 40 per cento del loro fabbisogno
petrolifero, sono costretti a importare il
resto: su un consumo medio di 20,7 milioni
di barili al giorno, 2,3 milioni arrivano dal
Canada, 1,4 dallArabia Saudita, 1,2 dalla
Nigeria e 0,6 dallIraq. La tensione tra in-
teressi petroliferi e questioni geopolitiche
emersa nellultimo discorso sullo Stato
dellunione, lo scorso 31 gennaio, quando
George W. Bush ha parlato di unAmerica
drogata dal petrolio importato da regioni
instabili. La Advanced Energy Initiative
fissa per il 2025 lobiettivo di tagliare del
75 per cento le importazioni dal medio
oriente. Vittima del fuoco amico di molti
conservatori, liniziativa ha incassato il so-
stegno di Thomas Friedman, firma di peso
del New Y ork Times: Il presidente ha
usato un linguaggio che non avevo mai
sentito prima.
Il 40 per cento della bolletta petrolifera
Che sia realistico oppure no, il piano di
Bush costituisce un abbozzo di risposta a
un problema reale. E lEuropa che fa? Fi-
nora non riuscita a mettere a punto una
politica energetica comune, anche perch
stretta nella tenaglia fra gli stati membri
(restii a mollare la presa) e il silenzio del
Trattato sul tema dellenergia. Cos, si tro-
va a dipendere fortemente dai paesi Opec:
lArabia Saudita le fornisce il 13 per cento
del nostro fabbisogno petrolifero, la Libia
il 10, lIran il 7, lAlgeria il 4, la Nigeria e
lIraq il 3. In tutto lUnione europea versa
nelle casse Opec, escluso il Venezuela, ol-
tre 56 miliardi di euro, pari al 40 per cen-
to della sua bolletta petrolifera con paesi
terzi. Il dato va letto anche nella direzione
opposta: quello europeo , per lOpec, un
mercato strategico, in grado di assorbirne
il 21 per cento delle esportazioni. Linaffi-
dabilit nel lungo termine gioca contro chi
la produce, in quanto spinge i partner
commerciali a elaborare una exit strategy:
che pu assumere laspetto di uno strappo
clamoroso (come nel caso degli Stati Uni-
ti), oppure di uno sfilamento graduale.
Milano. Una quindicina di morti, tra cui
un sacerdote, e quattro chiese bruciate la
mattina di sabato a Maiduguri, stato di Bor-
no, nordest della Nigeria. Due chiese sac-
cheggiate nel pomeriggio di domenica a
Sukkur, provincia del Sindh, Sud del Paki-
stan. Per la Chiesa cattolica lo scorso
weekend stato scandito da veri e propri
bollettini di guerra. T anto che in molti si
aspettavanocheBenedettoXVI avrebbeap-
profittato dellAngelus di domenica per tor-
nare sullargomento della libert religiosa
conculcata, o per fare riferimento diretto ai
gravi fatti nigeriani. Papa Ratzin-
ger hapreferitononfarlo, proba-
bilmente anche per coerenza al
suo personale modo di affron-
tare lappuntamento domeni-
cale con i fedeli. A differenza
del suo predecessore, che si
permetteva spesso incursioni
abraccio nellacronaca, Be-
nedetto XVI dedica di solito
lAngelus a una breve esegesi
delle scritture domenicali.
Lassenza di una immediata
presa di posizione della Santa
Sede ha forse conferito mag-
giore enfasi alluscita, sui gior-
nali di ieri, di due interviste a
due influenti prelati che pi
opposte non avrebbero potu-
to apparire. Intervistato dal
Corriere della Sera, monsignor
RinoFisichella, numeroduedi CamilloRui-
ni nella diocesi di Roma e rettore dellUni-
versit Lateranense, denunciava come
inaccettabile lattuale silenzio degli stati e
degli organismi internazionali, sulle vio-
lenzeincorsochenonsonosolocontroi cri-
stiani, ma contro la libert di tutti. T anto
pi in questi giorni in cui si evidenzia la
difficolt che incontrano le societ musul-
mane ad accettare il principio della libert
religiosa, che per noi acquisito. Sulla
Stampa, il cardinale di Genova, T arcisio
Bertone, se ne usciva con parole che suona-
vanoparecchiolontane: Abbassiamoi toni,
abbassiamo i profili, non enfatizziamo
Questo il momento incui bisogna pensare,
non fare gesti inconsulti. E ancora: Dob-
biamo costruire ponti soprattutto in questo
contesto internazionale. Limpressione che
pu sorgere, davanti a dichiarazioni del ge-
nere, quella di una Chiesa divisa al suo in-
terno sulla diagnosi e sulle cure richieste
dal rapportosemprepidifficileconlislam.
La differenza di vedute reale, e difficil-
mente mascherabile, tanto ai livelli alti del-
lagerachiachenei diversi ambiti ecclesiali,
sulle strade da percorrere. Ma sarebbe sba-
gliatoignorarechedal Vaticano, vengonoin-
dicazioni precise.
Infatti Benedetto XVI ha scelto la giorna-
ta di ieri per intervenire sul tema. Al suo so-
lito, in modo indiretto eppure puntuale, pa-
cato e allo stesso tempo intransigente. Rice-
vendo il nuovo ambasciatore del Marocco
presso la Santa Sede, il Papa ha detto che
lintolleranza e la violenza non possono
mai giustificarsi come risposte alle offese,
perch non sono risposte compatibili con i
principi sacri della religione. Che non fos-
se un discorso di routine, lo conferma il fat-
to che lOsservatore Romano titolasse ieri
sera a tutta prima pagina sulle parole del
Papa: Non si possono che deplorare le
azioni di coloro che approfittano delibera-
tamente delle offese causate ai sentimenti
religiosi per fomentare azioni violente tan-
to pi che ci viene fatto a fini estranei alla
religione.
Roma. Invece di reclamare il diritto alla
reciprocit, invece di reagire con largo-
mento della deterrenza armata solitamente
minacciato da chi avverte il senso di un af-
fronto intollerabile contro di s, loccidente
eurocentrico lascia al proprio posto i diplo-
matici sparpagliati nel mondo musulmano
da Giacarta a Islamabad a T ripoli e ad
Abuja (Nigeria) anche se il loro posto in
quel che resta delle ambasciate stato tra-
sformato in luogo ignoto di isolamento dal-
lassedio armato dei fondamentalisti. L U-
nione europea ha assistito inerte allassalto
incendiario contro la propria sede in Ci-
sgiordania e malgrado questo Javier Solana
chiede di non congelare i fondi internazio-
nali per lAutorit palestinese. In Anatolia
la violenza islamica ha assunto il colore
sfacciatodellapersecuzioneanticristiana: al
momento in Turchia muoiono i preti al det-
taglio ma nelle sale cinematografiche si fa
della pedagogia collettiva antioccidentale
attraverso filmcome Iraq, valle dei lupi. E
solo leccezione iper identitaria offerta dal-
la Baviera suggerisce al governatore popo-
lare Edmund Stoiber di sollevare una que-
stione di opportunit nellimportazione di
certe pellicole. I giornali europei, per vilt o
per allucinazione multiculturale, bevono la
storia del rapporto causa/effetto e moltipli-
canolescuseper levignettesatirichechegli
assalitori hanno trasformato nellultimo
combustibile del jihad. I titolari della prima
intemeratasatirica, i danesi del Jyllands-Po-
sten, sono al terzo giro di rincrescimento
(peraltro ben remunerato agli offesi acqui-
stando pagine pubblicitarie del quotidiano
panarabo Asharq-Al-Awsat). Sinceramente
pentito, il direttore del giornale norvegese
che aveva ripubblicato quelle vignette (Ma-
gazinet) ha lasciato che fossero i leader del
consiglio islamico locale ad avvertire un po
mafiosamente che i musulmani accolgono le
scuse, garantiscono sulla buona fede del-
linfedele nordico e invitano i fratelli me-
diorientali a risparmiare la Norvegia dalla
vendetta. Le autorit svedesi stanno censu-
rando i siti Internet che raffigurano ironica-
mente Maometto. Il ceto politico e quello in-
tellettuale mettono in fila altri nostra cul-
pa abbinati a richieste di dialogo. Nel tem-
po che rimane oppongono il raddoppiamen-
to delle scorte di polizia interna come unico
ostacolo alle taglie che i maomettani im-
pongono sulla testa dei tanti potenziali Theo
van Gogh europei, siano essi attori, sceneg-
giatori, disegnatori, editori e cos via. La ma-
gistratura italiana che ha prosciolto alcuni
aspiranti shahid procede intanto contro Ro-
berto Calderoli per vilipendio allaltrui reli-
gione. Il che poco aggiunge e nulla sottrae
alla convinzione diffusa fra gli islamisti che
lEuropa sappia cosa sta accadendo ma fac-
cia di tutto per non pensarci. Mentre lo sta-
to maggiore americano comincia a valutare
seriamente le conseguenze negative delli-
nerzia mostrata dagli alleati europei che si
adeguano allo status quo, i jihadisti non in-
contrano resistenze, amministrano tempi e
luoghi dellaggressione armata, perfino nel-
la libert lessicale dimostrano un vantaggio
sulle loro prede occidentali. Hanno le idee
chiare, lo ha spiegato a Repubblica Anjem
Choudari, proconsole del califfato universa-
le in terra inglese certo che non gli toglie-
ranno la cittadinanza britannica per le idee
che professa: L ondata di violenza finir
quando la condanna sar eseguita, come
successo in Olanda con Theo van Gogh. Sia-
mo decine di milioni di musulmani in Euro-
pa. E immagino che anche in Italia ci siano
mujaheddin disposti a eseguirla.
TRE DIPENDENZE TOSSICHE
La sudditanza energetica europea
sta in un numero: 56 miliardi
lanno. Bush vuole uscirne. E noi?
Libert religiosa, le mille cautele
con cui la Chiesa osa finalmente
pronunciare la parola reciprocit
LEuropa si profonde in scuse e
continua ad aprire il portafogli.
Linanit politica abita qui
La Giornata
* * *
In Italia
Nel mondo
BERLUSCONI: SIAMO IN SINTONIA
CON LA LEGA. E GIA TUTTO RISOLTO.
Nessuna rottura, dunque, e il premier ha
anche detto di condividere i 5 punti pro-
grammatici approvati ieri dal Consiglio fe-
derale del Carroccio. Nel dettaglio: radici
cristiane dellEuropa, federalismo fiscale,
sostegno alla famiglia, lotta ai clandestini,
impegno sul referendum costituzionale.
Calderoli indagato a Roma per vili-
pendio alla religione. L indagine stata
aperta dalla Procura capitolina. Rischia
una multa da 1.000 a 5.000 euro.
* * *
Rispetto per le religioni e i loro simboli.
Lo ha chiesto Benedetto XVI sottolineando
anche che lintolleranza e la violenza non
possono mai essere giustificate.
* * *
E morto Luca Coscioni, leader dellasso-
ciazione omonima e presidente dei Radi-
cali italiani. Da 10 anni soffriva di sclerosi
laterale amiotrofica. Fino alla fine ha lot-
tato per la ricerca sulle cellule staminali.
Vedi articoli a pagina due
* * *
S della Ue agli aiuti di stato per laviaria.
Previste misure per 100 milioni di euro in
favore degli avicoltori italiani. Lo ha an-
nunciato il ministro Alemanno.
* * *
Il prefetto Mori e il capitano Ultimo (De
Caprio) sono stati assolti dallaccusa di fa-
voreggiamento alla mafia.
Dovrebbe risultare evi-
dente a tutti, anche ai
pi tetragoni, che se i ti-
pi come Calderoli ven-
gono allontanati le cose
con lislam girano me-
glio. Oh madonnina san-
ta, mica si pu pretendere che tutto fili su-
bito liscio come lolio. E per altro verso non
si mai visto al mondo un dialogo degno di
questo nome che non abbia mostrato i suoi
momenti di frizione. Dice: un momento, ma
in Nigeria ci sgozzano come tacchini. Cosa
che difficilmente si pu negare, a condizio-
ne di non dimenticare mai che perfino nei
modi pi brutali si nasconde sempre il lu-
micino del dialogo. E quello insiste: ma pu-
re in Pakistan, pure nella kemalista T ur-
chia, e si aperta la caccia al cristianuccio
pure in Indonesia, e nel Londonistan vo-
gliono la sharia, e nellUttar Pradesh erano
in cinquecentomila che se beccavano uno
dei nostri telodoiolintoccabile, mentrein
Libia ci danno dentro coi cartelloni pieni
di croci, di svastiche e di stelle di David, e
i focherelli, e in Egitto uguale, e lo stesso in
Algeria, e via andare. Ma il prezzo del
confronto, benedetti figlioli. Dialoga oggi,
dialoga domani, speriamo di avere il culo
che non gli vada via la voce.
ATTACCO KAMIKAZE A BAGHDAD.
ALMENO DODICI MORTI SU UN AUTO-
BUS, nove i feriti. Il bilancio di un secondo
attentato suicida in un ristorante di Mosul
di sei morti e 27 feriti. Molte delle vittime
erano agenti della polizia irachena.
Hanno stuprato e torturato in Iraq,
con gli stessi metodi barbari di Saddam.
Cos bin Laden accusa gli Stati Uniti nel
messaggio di un mese fa, il cui testo inte-
grale apparso soltanto ieri su internet.
* * *
Nuovi disordini a Bengasi, in Libia con
assalti e saccheggi. Una trentina di italiani
hanno accettato di trasferirsi a Tripoli.
Articoli nellinserto I
* * *
Il Jihad islamico non andr al governo. Il
movimento ha respinto lofferta di entrare
a far parte del nuovo esecutivo palestinese.
Per il capo dello Shin Bet (il servizio segre-
to israeliano), Diskin, Hamas continua a
rappresentare una minaccia strategica.
Articolo nellinserto I
* * *
Bill Emmott lascia lEconomist. Dopo 13
anni, il direttore della rivista britannica ha
annunciato le sue dimissioni. In lizza per la
successione anche John Mickletwaith,
coautore del libro The Right Nation.
* * *
Almeno 18 morti a Mogadiscio, in Somalia,
in scontri tra due gruppi armati rivali.
La Giornata realizzata incollaborazione conDire
Questo numero stato chiuso inredazione alle 20,15
D
ialogare, dialogare, dialogare. Daccordo: non si pu
portare guerra a un miliardo e trecento milioni di mu-
sulmani, non si pu cacciare una comunit islamica euro-
pea di oltre quindici milioni di persone, queste sono ov-
viet. Riflettete per su un punto appena meno ovvio: in
politica non si pu dialogare senza esercitare una qualche
deterrenza, senza disporre di una qualche forza e indi-
pendenza, materiale e morale. Ora, da alcune settimane
loccidente sfidato in campo aperto dallislam politico,
dallislamismo profetico e fondamentalista, con la conni-
venza debole di oligarchie al tempo stesso ambigue e ri-
cattate, e con laperta complicit di stati canaglia che la-
vorano per prendersi larma atomica e per destabilizzare
la politica mondiale predicando la cancellazione di Israe-
le dalla carta geografica. Questa sfida fatta di violenza:
ambasciate occidentali e chiese cristiane attaccate e mes-
se a fuoco, preti uccisi in un clima di persecuzione reli-
giosa, prodotti boicottati e ritorsioni di ogni tipo minac-
ciate, taglie per la caccia alluomo e sentenze popolari di
condanna contro persone ree di blasfemia e islamofobia,
che si aggiungono alla lunga catena di figure pubbliche
della scena europea sotto scorta per le idee che professa-
no, sotto continua minaccia di morte in nome di una legge
coranica chiamata sharia, che volenterosi militanti isla-
mici vorrebbero introdurre in Canada o nel Londonistan.
Israele ha risposto definendo terrorista il governo in
formazione di Hamas e attrezzandosi per una stagione che
tutto fa prevedere cupa e dolorosa. Gli Stati Uniti, che pure
sono la patria del multiculturalismo e considerano peccato
grave ogni offesa al sentimento religioso, hanno denuncia-
to le responsabilit iraniane e siriane nella ondata di fana-
tismo violento, e hanno ritirato i finanziamenti che dovreb-
bero andare a organizzazioni in prima linea nella crociata
antioccidentale, anticristiana, antigiudaica. E noi europei?
Noi siamo afflitti da una triplice dipendenza verso larea
islamica: economico-energetica, politico-diplomatica e cul-
tural-religiosa. La Chiesa parla con opacit dei suoi marti-
ri, e alcuni cardinali ci rifilano risibili giaculatorie sulle col-
pe delloccidente. Gli stati si prosternano alle violenze, mo-
strano di temerle, rivelano impotenza nel fronteggiarle an-
che solo nei canoni della diplomazia: non un ambasciatore
stato ritirato, non un gesto di rigore e di protesta contro le
fatwa religiose diffuse via satellite stato nemmeno tenta-
to, siamo prigionieri in casa nostra, ci togliamo giustamen-
te le scarpe per andare a inchinarci in moschea, dialoghia-
mo con i nostri ambasciatori convertiti allislam e divenuti
portavoce della casa dei Saud, mettiamo sotto scorta gli in-
tellettuali e le personalit in pericolo di vita, consideriamo
normale sottoporre a una sorta di sorveglianza del pensie-
ro lespressione libera di opinioni storiche, antropologiche,
teologiche o filosofiche in materia di religione. In Italia, lu-
nico che reagisce con dignit un islamico, Magdi Allam.
Perch i fondamentalisti dovrebbero dialogare con
noi se noi di loro abbiamo semplicemente paura?
La fuga delloccidente di fronte alle proprie responsabilit prepara tempi cupi e istiga gli estremisti di Dio
Perch dovrei dialogare con te se di me hai paura?
(segue a pagina due) (segue a pagina due)
Vienna. Tre anni di prigione. E questo il
verdetto del processo allo storico David Ir-
ving, cominciato e finito ieri, in un lampo,
dopo qualche mese dattesa, in carcere. Ir-
ving, il negazionista, comeconosciuto, ha
risposto di alcune conferenze tenute nel
1989 durante le quali aveva negato lesisten-
za dellOlocausto e delle camere a gas ad
Auschwitz. Sono scioccato, ha detto lo sto-
rico subito dopo la sentenza, con laria un
po stravolta, ancheseil suoavvocato, Elmar
Kresbach, si premuravadi nonfar trapelare
alcuna reazione di troppo: Ricorreremo in
appello, ha detto al Fo-
glio. La difesa saspettava
un anno, al massimo due,
di condanna, ma la Corte
otto giurati non ha credu-
to del tutto al pentimento
di Irving che, in mattinata,
aveva porto le sue scuse
per quelle lezioni di 17 an-
ni prima.
Erano attesi anche disordi-
ni, larrivo delle teste rasa-
te. Non successo nulla. I
poliziotti davanti e dentro laula del palazzo
di giustizia di V ienna non hanno avuto di
che preoccuparsi. Cos, in sala, ha potuto at-
tirare le attenzioni pre processo una signo-
ra sulla quarantina, capelli biondo platino,
sul risvolto della giacca una bandiera ingle-
se. La storia storia, non religione ha
spiegato lady Michelle Renouf, a family
friend di Irving, unamicadi famiglia, come
ha detto a tutti. Sono qui per difendere Da-
videlalibertdopinioneingeneraleper la
qualemilioni di personesonomorte. Al pre-
sidente iraniano Ahmadinejad andrebbe
dato il premio Nobel per la pace. Ha ragio-
ne quando dice che Israele non ha il diritto
di esistere. La nazione, intendo, non gli
israeliani. Finch non entrato in aula Ir-
ving, stata la signora Renouf a richiamare
i giornalisti arrivati da tutto il mondo, pre-
senti anche uno di al Jazeera e della tv ira-
niana (entrambi hanno fatto il parallelo con
levignettedanesi esi sonochiesti perchIr-
ving fosse in carcere). Lamica di famiglia
hailluminato cdapresumereinmodoin-
volontario il legame che esiste tra il nega-
zionismo storico e quello attualissimo del
presidente iraniano.
Un falsificatore
Irving arrivato da una porta laterale, in
manette, tra le mani il suo libro Hitler s
War. Prima del processo si concesso ai
microfoni, alladomandasullademocraziain
Austria ha risposto sollevando significativa-
mente il sopracciglio: dal novembre scor-
so che Irving si trova rinchiuso in un carce-
re viennese. Mi dichiaro colpevole: sono
state le prime parole in un impeccabile te-
desco (da giovane lavor in unacciaieria
della Thyssen, in Germania). E alla doman-
da del presidente del tribunale, Peter Lie-
betreu: Ammette dunque di aver agito nel
novembre dell89 contro la legge austria-
ca?, Irving ha risposto: S. Questo signi-
fica che non mette pi in discussione le ca-
mere a gas?. No, nel 1991 ho letto gli ap-
punti di Adolf Eichmann in cui descriveva
una sua visita a una camera a gas. Poi nel
1992 ho conosciuto il professor Hermann,
docente di storia ebraica allUniversit di
Montreal. Anche lui mi ha mostrato docu-
menti sullo sterminio della sua famiglia.
Questo vuol dire ha insistito Liebetreu
che non affermerebbe pi quanto detto a
una giornalista austriaca nel 1989 e cio che
non ci sono mai state camere a gas ad Au-
schwitz e che i testimoni che lo sostengono
sono casi per la psichiatria?. No, non lo
sosterrei pi. Eddispostoascusarsi pub-
blicamente?. S, mi devo scusare per que-
ste parole con le vittime.
La pubblica accusa ha definito Irving un
falsificatoredellastoria ehasottolineatola
necessit non di difendere con questo pro-
cesso la libert despressione ma di proteg-
gerla dallabuso. La difesa ha indicato come
attenuante linevitabile mancanza di sensi-
bilit dapartedi unostranieroper lalegge
austriaca. Ci sono stati momenti impacciati,
anche nellarringa finale di Kresbach: Ul-
tima considerazione da fare : il mondo ci
guarda e da questo processo si far anche
unidea sulla libert dopinione in Austria.
(editoriale a pagina tre)
Il negazionismo in galera
Tre anni di carcere a
Irving, che si scusa con
le vittime dellOlocausto
Condannato a Vienna lo storico inglese.
Far ricorso. Unamica di famiglia in
aula: Darei il Nobel ad Ahmadinejad
Niente condizionale
DAVID IRVING
N
on avendo conosciuto
personalmente Luca
Coscioni, possoparlaresolo
della sua straordinaria le-
zione politica. Essa consi-
ste, a mio avviso, nella-
ver incarnato alla lette-
ra: e nel proprio corpo ci
in cui credeva. Della sua azione pubblica,
pertanto, voglio ricordare non solo il conte-
nuto (la libert della ricerca scientifica, in
primo luogo), ma anche, e proprio, il mezzo
cui facevaricorso. Inpolitica, il mezzotut-
to: e, nel caso di Luca Coscioni, il mezzo era
n pi n meno che Luca Coscioni stesso:
Luca Coscioni, si pu dire, in carne e ossa,
sensibilitedolore. Graziealui, il corpoco-
me organismo fisico, titolare di consapevo-
lezza e di sovranit, ha riacquistato tutta in-
tera la propria politicit e ha ripreso il suo
ruolo centrale nella sfera pubblica. Questo,
da tempo, ha riguardato e riguarda, in par-
ticolare, lazione dei radicali, ma un limi-
te grave il fatto che non interpelli la politi-
ca tutta. Non va dimenticato che proprio
questo (ci che, una volta, era il corpo del
re) la base antica, e sacra, che fonda la
politica. E cos anche oggi: e, mentre in al-
tri, il corpo simbolo o metafora (il corpo
sociale, il corpo militante), nei radica-
li il corpo , giustamente, principio e fine
dellapolitica: edunque conaltrettantadi-
gnit mezzo e strumento. E cos, grazie a
Luca Coscioni, stato tematizzato dram-
maticamente, comgiusto unodei conflit-
ti centrali della nostra epoca. Quello intor-
no alla vita. O, meglio, al vivere: non come
esistenza sociale o come destino collettivo,
mapropriocomedirittoallidentitdel cor-
po e della mente dellindividuo.
2. Fino a che punto caleremo le bra-
ghe?, il flemmatico titolo che il Foglio
d alleditoriale di ieri. V i vengono posti
alcuni interrogativi importanti e, per certi
versi, ineludibili: ma sono le premesse non
dette che, a mio avviso, segnalano le con-
traddizioni pi acute del ragionamento.
Solo nella terza colonna e dopo 48 righe
compare la paroletta magica Berlusconi,
preceduta da un perfino, che sembra sot-
tolineare due pudiche avvertenze: 1) se ci
casca PERFINO Berlusconi! la ferita
devessere ormai in cancrena; 2) se PER-
FINO Berlusconi fa sua la linea del dia-
logare, dialogare, dialogare! la resa , ahi-
noi, fatale. Proposta: perch non proviamo,
con cuore puro e mente sgombra, a rove-
sciare il ragionamento? Perch non consi-
derare come mera ipotesi di studio che
(piove, governo ladro) la colpa proprio,
e tutta, di Silvio Berlusconi? E non PER-
FINO, ma costitutivamente sua. Vediamo.
Berlusconi particolarmente orgoglioso
della propria politica estera, quella che
ha fatto riacquistare allItalia un posto
nel mondo: ma, a ben vedere, quella poli-
tica cos riassumibile: Andreotti + Cal-
deroli. Mi spiego. Qui non si vuole in al-
cun modo maramaldeggiare su Roberto
Calderoli, perch uno che, a ogni pie so-
spinto, bercia culattoni ha gi tanti di
quei problemi di suo che non c proprio
motivo di infierire. Dunque, qui Calderoli
viene considerato per come meglio merita:
ovvero come metafora e come epitome. In
questa prospettiva, Calderoli rappresen-
ta, per un verso, la Lega contraria allin-
tervento militare in Kosovo e riottosissima
nei confronti della guerra in Iraq: e, per al-
tro verso, il lampo di imbecillit (ancora
il Foglio) di chi si appresta ad affrontare
li turchi sul bagnasciuga di Milano Ma-
rittima. Tutto il resto icasticamente rias-
sunto nel calare le braghe n pi n
meno che la politica estera del governo
Berlusconi, resa appena pi eccitante da
quel frisson rappresentato dalladesione,
con molti se e (ancor pi) ma, alloccupa-
zione militare dellIraq. Scrive Ferrara:
Noi ci teniamo alla sicurezza del nostro
personale diplomatico, delle nostre merci,
delle nostre metropolitane, e tanto ci te-
niamo che siamo disposti a subire ogni ti-
po di pressione. Ma questo non il fiac-
co e flaccido governo Prodi prossimo ven-
turo, ostaggio dei pacifisti e dei catto-co-
munisti: questo il tonico ed erettile go-
verno Berlusconi, che ha fatto riacquista-
re allItalia un posto nel mondo e che
guidatodaunpremier amicopersonaledi
Bush e Putin e, appunto, di Gheddafi.
E, allora, se consideriamo le cose con un
minimo di prospettiva storica, troveremo
che una politica estera modellata sullan-
dreottismostata, palesemente, tantosegno
di prudenza quanto manifestazione di mi-
norit; nata nella saggezza, ma si svilup-
pata nellopportunismo; si nutrita dellar-
te della mediazione, ma anche della trama
obliqua della reticenza; ha assicurato la
tranquillit (relativa) di una regione, ma ha
chiuso gli occhi su ci che (di orribile) ac-
cadeva oltre i propri confini. Questo stato
landreottismo in campo internazionale:
unapoliticadotata, inultimaanalisi, di una
sua intelligenza e di un suo disegno non di-
sprezzabile, che pure riuscita a giocare
in alcune fasi un ruolo attivo. Riproposta
pari pari daBerlusconi, si rivelataunami-
nestrina riscaldata, inadeguata agli attuali
scenari dellinterdipendenza e della globa-
lizzazioneeallepiesigenti domandeposte
dalla nuova emergenza dei diritti umani e
dal nuovo terrorismo totale. Per riscal-
darla, dunque, quellaminestrina, Berlusco-
ni ha introdotto un surplus di fedelt agli
Stati Uniti e ha assegnato alla Lega (o, a
scelta, ha permesso che la Lega assumesse)
un ruolo di difesa delle radici cristiane
delloccidente. Che questo ruolo, lo potes-
sero svolgere Umberto Bossi e Roberto Cal-
deroli, suonasottilmenteblasfemo. Robada
Compagnia dei Legnanesi di Toni Barlocco
e Felice Musazzi pi che da don Giovanni
dAustria alla battaglia di Lepanto.
Luigi Manconi
ANNO XI NUMERO 44 - PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006
Ieri mattina morto Luca Coscioni.
Abbiamo chiesto un suo ricordo a Gaia
Carretta, membro della giunta dellas-
sociazione che porta il suo nome
C
ome si fa a pensare che ora Luca Co-
scioni non c pi, talmente malato da
sembrare immortale? Luca era tutta la for-
za che, in quelle braccia deboli e immobili,
in quella voce metallica, serviva per irrom-
pere nella politica di oggi contro i proibi-
zionismi sulla scienza. Luca gridava e scal-
ciava, imponeva il proprio essere e il pro-
prio modo di fare per una battaglia che era
diventata la sua vita e quella di tutti i radi-
cali e di tutta lAssociazione Coscioni che
per anni hanno lottato con lui, per essere
sua voce, sue braccia e suo strumento. Dal-
la sua sedia a rotelle, che anno dopo anno
diventava sempre pi parte integrante del
suo corpo, Luca riuscito a parlare al mon-
do, riuscitoaimporrechelaricercascien-
tifica diventasse argomento che la politica
aveva il dovere di affrontare.
Nel 1995 scopre di essere affetto da scle-
rosi laterale amiotrofica, una malattia che
colpisce le cellule che controllano la mu-
scolatura volontaria. Si stava allenando per
L A MOR T E DI COS CI ONI
la maratona di New Y ork e allimprovviso
una gamba si blocca e non gli permette pi
di proseguire la corsa. Quella sarebbe stata
la sua ultima corsa, ma sarebbe stato anche
liniziodi unanuovamaratona, quellaper la
battagliaper lalibertdi ricercascientifica.
Era lottobre del 2000 quando si candida
nelle elezioni online del Comitato Naziona-
ledei radicali. Vieneelettoe, allaprimariu-
nione, tiene il suo discorso. Lo accompagna
la moglie Maria Antonietta, la sola a saper
leggere le sue labbra e a trasformare i suoni
incomprensibili in parole. Luca la chiama
mio spirito. Per la prima volta i radicali
sentono parlare di proibizionismi sulla
scienza, di scienza e politica e decidono di
farne un programma per le elezioni politi-
che del 2001, in anticipo di 3 anni rispetto al
referendum sulla legge 40/2004.
Luca alle elezioni capolista. Il risultato
una disfatta: nessun eletto, ma non si ar-
rende. La battaglia contro i proibizionismi
sulla scienza prende corpo in unassocia-
zione che si chiamer Associazione Luca
Coscioni, per la libert di ricerca scientifi-
ca. Comincia la scalata di questa piccola
associazione, che in pochi anni riuscir a
spaccare la politica. Dopo solo un anno so-
no migliaia le personalit del campo che
firmano lappello contro i proibizionismi
sulla scienza e a loro si affiancano anche
pi di 100 premi Nobel.
Nel febbraio del 2004 il Parlamento ita-
liano approva la legge 40/2004 sulla procrea-
zione medicalmente assistita e nello stesso
periodo alle Nazioni Unite si discute sulla
messaal bandodellaclonazioneumana, che
prevede anche la messa al bando del trasfe-
rimento nucleare per fini terapeutici, erro-
neamente chiamata clonazione terapeutica.
La battaglia si trasferisce anche sul fron-
te transazionale e viene convocata a Roma
la Sessione Costitutiva del Congresso Mon-
diale per la Libert di ricerca scientifica,
chevedrlapartecipazionedi scienziati, po-
litici, bioeticisti da tutto il mondo.
Sul fronte nazionale lAssociazione Luca
Coscioni, con Radicali Italiani, la prima a
scendere in piazza per la raccolta firme per
il referendum abrogativo la legge 40. La
campagna riporta la memoria indietro di 30
anni, quando la societ si era divisa tra cle-
ricali e laici, quando la Chiesa aveva preso
parte attiva per il referendum sul divorzio.
Il 13 giugno si chiudono i seggi, la sconfitta
massacrante: solamenteil 25 per centodegli
UN PAMPHL ET DI ROBER T O GAL A V ERNI
Il poeta non pi un cavaliere Jedi ma il peggior nemico della poesia
I
l poeta un cavaliere Jedi dice il titolo
di un breve libro, molto serio e intenso,
di Roberto Galaverni, appena uscito dalle-
ditore Fazi (pp. 135, euro 14,50). Il sottotito-
lo chiarisce che si tratta di Una difesa del-
la poesia. Sia il titolo che il sottotitolo mi
interessano al punto da mettere subito in
moto la mia pi appassionata adesione e
diffidenza. Galaverni poi uno dei miglio-
ri critici giovani in attivit, uno dei pochi
che abbiamo scelto la poesia come via dac-
cesso privilegiata ai problemi e alle vicen-
de della letteratura contemporanea. Il suo
un pamphlet positivo, non polemico ma
apologetico, cosa che porta Galaverni a far
vedere molto meglio la cosa da difendere
(la poesia) che non i suoi nemici.
Vorrei discutere con Galaverni non cer-
to il valore dei poeti che cita (quasi tutti
fuori discussione, da Dante a Brodskij, for-
se sopravvalutato) ma il significato attuale
di una difesa del genere poesia in quanto
genere. E questo perch credo che oggi il
pi insidioso e temibile nemico della poe-
sia sia la poesia stessa, o meglio la sua idea,
il suo mito, la sua nobilt tradizionale: un
valore che appare tuttora, immotivatamen-
te, garantito di per s come eccellente. Me-
glio ancora: credo che oggi i veri nemici
della poesia siano i poeti, che scrivono
quello che scrivono mettendosi al riparo
della nobilt del genere letterario.
Nella leggenda di Guerre stellari non
si entra facilmente a far parte della ristret-
tissima cerchia degli Jedi. Un regista come
George Lucas si dimostra molto consapevo-
le dei modi attraverso i quali si trasmette
una tradizione e si accede alleccellenza:
lapprendistato lungo e tremendamente
arduo, le prove da superare sono innume-
revoli e imprevedibili, gli anziani maestri
che custodiscono i pi segreti tesori delli-
spirazione e delle tecniche di combatti-
mento sono maestri severi, poco condi-
scendenti. Solo molto tardi e molto pru-
dentemente si decidono a dare a qualcuno
linvestitura di cavaliere Jedi.
E cos oggi con la poesia? Esistono i cu-
stodi di quella tradizione a cui continua-
mente i poeti si richiamano per legittima-
re se stessi? Direi di no. Da alcuni decenni
vige in poesia una logica che non fa pensa-
re affatto a quella esoterico-cavalleresca di
favole postmoderne e neoantiche come
Guerre stellari. Oggi laccesso alla poe-
sia stato liberalizzato e democratizzato.
Non ci sono maestri anzitutto perch non
vengono accettati. Si evita il confronto. Si
pensa piuttosto di ricominciare continua-
mente da zero. Gli autori viventi pensano
se stessi come autori assoluti, da non con-
frontare (rischiosamente) con autori pre-
cedenti. Il genere letterario chiamato poe-
sia autarchico. Chiunque osi dare giudi-
zi critici viene guardato male. La stessa at-
tivit critica nel suo insieme viene conce-
pita dai poeti come un utile strumento pro-
mozionale e pubblicitario: in caso contra-
rio, il critico risulta sommamente antipati-
co, viene ritenuto saccente, autoritario, pe-
dagogico, importuno, inopportuno, invidio-
so, astioso, distruttivo, nemico della vita e
della creazione.
Quindi la poesia va difesa non da un ipo-
tetico Impero del male, come in Lucas e in
Galaverni, ma anzitutto da se stessa. Cio
(per restare nellallegoria di Guerre stel-
lari) da tutto ci che lha resa omologa al
mondo culturale cos com. Ma anche su
questo bisogna intendersi. La poesia non
oggetto n materia adatta alle facolt di
Scienze della Comunicazione. Ma non
neppure, come qualcuno insiste a credere,
rifiuto aprioristico della comunicazione.
Anche quando scelsero polemicamente di
essere oscuri, fino a Montale e a Gottfried
Benn, i poeti sono rimasti specialisti e vir-
tuosi della comunicazione intensificata o
multipla. Solo che, in poesia, si comunica-
no cose non gi comunicate e lo si fa in mo-
di non previsti n controllabili.
Attualmente lenergia e lefficienza co-
municativa dei poeti si cos indebolita
che si potrebbe suggerire a chi voglia fare
il poeta questo speciale training: non con-
siderare riuscito nessun testo poetico che
non regga il confronto con un buon artico-
lo di giornale. Questo consiglio non do-
vrebbe essere considerato offensivo. Se si
giudica male il giornalismo, il compito di
superarlo non dovrebbe essere considera-
to difficile. Il fatto che, per quanto blan-
de, le regole che governano la produzione
giornalistica ormai sono pi esigenti e im-
pegnative di quelle che regolano la produ-
zione poetica.
A un vero poeta questa sfida non do-
vrebbe dispiacere. Tendo a credere che in-
vece chi si spaventa del rischio non sia un
poeta: certo non un cavaliere Jedi. Solo
chi si rifiuta di sentirsi protetto e garanti-
to nominalmente dalla tradizione della
Poesia come genere nobile pu passare
per la porta stretta che mette davvero in
contatto con quella tradizione. Galaverni
comincia il suo libro parlando di Dante.
Nessuno come Dante riuscito a comuni-
care e rendere dicibili le pi varie e im-
pensabili cose. Queste obiezioni a Gala-
verni sono preliminari. Il pamphlet merita
di essere letto in lungo e in largo. Ma sem-
pre restando sulla soglia vorrei aggiungere
due considerazioni. La prima che vero,
i poeti, soprattutto quelli moderni, da Leo-
pardi e Baudelaire fino a Auden e Pasoli-
ni, erano qualcosa di simile a un guerriero
Jedi, somigliavano a una casta dispersa e
senza altri poteri che quelli dellintelletto
e della parola. La seconda che oggi un
critico non privo di ispirazione e che ac-
cetti la lotta pi simile a un Jedi di quan-
to lo sia la maggioranza dei poeti, cauti e in
cerca di protezione. Non sono i critici co-
loro che lottano in difesa della poesia? Tu,
Galaverni, lo fai. Ma confrontata con la sag-
gistica, la quasi totalit della poesia scrit-
ta (non solo in Italia) negli ultimi ventanni
impallidisce.
In poesia, la tradizione Jedi sembra
estinta. O si rifugiata in qualche ben na-
scosto angolo della Galassia. Quella di cui
parla Galaverni una poesia nutrita di
idee, scritta da audaci filosofi della lingua,
che hanno pensato al di fuori del codice e
del gergo filosofico. Oggi ogni difesa gene-
rale della poesia suona come una difesa
aprioristica e corporativa dei poeti, come
sefosserodavvero(per autoinvestitura) i ni-
poti di Omero, di Hlderlin e di Emily
Dickinson.
Io non credo nella poesia. Credo soltan-
to in quelle poesie che mi fanno credere in
loro. Se convince il lettore, la poesia non ha
bisogno di essere difesa. Se non lo convin-
ce, come e perch difenderla?
Alfonso Berardinelli
(segue dalla prima pagina) Un passaggio appare
particolarmente importante, e inedito: La
sola via che pu condurre alla pace e alla
fraternit quella del rispetto delle con-
vinzioni e delle pratiche religiose altrui, in
modo tale che, in modo reciproco in tutte le
societ, sia possibile assicurare per ciascu-
no lesercizio della propria religione libe-
ramente scelta. Non consueto che un Pa-
pa faccia uso, tanto pi parlando a un di-
plomatico islamico, del concetto di reci-
procit. LadiplomaziadellaSantaSedeha
sempre privilegiato le ragioni di opportu-
nit (la difesa dei cristiani in paesi ostili, in
primis). Ma ci sono anche motivi di caratte-
re pi generale. Monsignor Michael Fitzge-
rald, finoaqualchegiornofapresidentedel
Pontificio consiglio per il dialogo interreli-
gioso (e ora destinato come nunzio in Egit-
to), ripeteva che un conto chiedere il di-
ritto alla libert di coscienza, ma che la
Santa Sede ha rapporti con tanti stati ma
non pone la condizione della libert reli-
giosa. Un punto di vista tradizionalmente
condiviso, in Italia, anche dai politici catto-
lici. Interessanteinpropositolarispostada-
ta a Radio Vaticana il 7 febbraio scorso dal
ministro dellInterno Beppe Pisanu: Ma
debbo anche riconoscere che lazione dei
governi stata spesso troppo debole nel far
valerelareciprocitenel tutelarelidentit
culturale e religiosa dellEuropa.
La prospettiva sta cambiando? Nel posi-
zionare la barra del timone della Chiesa
contano vari fattori, non ultimo il parere
dei responsabili delle chiese locali, spesso
i pi sensibili a mantenere i gi ristretti
margini di convivenza per le loro comu-
nit. Ma ieri la Chiesa del Pakistan ha con-
dannato ufficialmente i fatti di Sukkur, co-
me una terribile violazione della legge,
denunciando apertamente lincapacit del
governo di fermare labuso della religione
verificatosi ieri in Pakistan. E non la
prima volta che le chiese missionarie
trovano il coraggio di uscire allo scoperto
in difesa della libert di tutti.
Sul ruolo degli stati europei punta inve-
ce padre Bernardo Cervellera, direttore di
Asianews: Credo che, se ci fosse vera at-
tenzione ai problemi e alle persecuzioni
nei paesi islamici, dovrebbero essere gli
stati e i governi dei paesi che si dicono cri-
stiani a intervenire, pi ancora che il Vati-
cano. Esattamente come ottengono accordi
e rispetto per il loro know-how tecnologi-
co, i loro interessi economici in questi pae-
si, ugualmente dovrebbero far di pi per
ottenereil rispettoper i lorocittadini eper
la religione che rappresentano.
Un tema del resto gi sollevato in passa-
to dal cardinale Giacomo Biffi: Lo stato se
davvero interessato a promuovere le li-
bert umane faccia laicamente quello che
la Chiesa non pu fare: adottare il piccolo
strumento della reciprocit come pressio-
ne sullislam. Che il tema non sia un tab
nella Chiesa lo dimostra il discorso alla
citt che il cardinale Carlo Maria Martini
tenne per il SantAmbrogio del 1990, quan-
do disse: Noi auspichiamo rapporti di
uguaglianza e fraternit e insistiamo e in-
sisteremo perch a tali rapporti si confor-
mi anche il costume e il diritto vigente nei
paesi musulmani riguardo ai cristiani, per-
ch si abbia una giusta reciprocit. (m.c.)
italiani andato a votare. I radicali ancora
una volta non si arrendono e anche Luca si
rialza. Il quarto congresso dellAssociazione
viene convocato a Orvieto, la sua citt. Era
stato proprio Luca a volere che si tenesse l.
Dal suo sintetizzatore vocale detta la linea
politica e punta tutto sulle prossime elezio-
ni con la Rosa nel Pugno, sulla battaglia per
la legalizzazione delleutanasia e sulla con-
vocazione del Congresso Mondiale per la li-
bert di ricerca scientifica, che si sarebbe
tenuto a Roma dal 16 al 18 febbaio.
Luca ogni giorno dava corpo alla politica
e ha fatto del proprio corpo una battaglia di
libert. I suo occhi sono la cosa che pi col-
pivano di lui, meglio di qualsiasi parola:
riuscivano a parlare a tutti e a commuove-
re nel profondo, per la capacit che un uo-
mo ha avuto di essere cos grande, cos for-
te da gridare al mondo la propria sofferen-
za e a trasformarla in arma per una batta-
glia di milioni di persone, malate e non,
che in lui hanno creduto e che in lui si so-
no riconosciute. Grande per come ha vissu-
to cacciato dai politici, onorato dai No-
bel, come lo ha ricordato Marco Cappato,
segretario dellAssociazione.
Gaia Carretta
La forza di Luca, un corpo ferito che interrogava politici e scienziati
Il nuovo album di Francesco De Gregori,
Calypsos, bellissimo. Scansando con sa-
pienza il pigro cantilenare e la verbosit di
alcune sue ultime produzioni, De Gregori
ha realizzato un disco fatto di ironia, legge-
rezza, eleganza del sentire e del raccontare
e soprattutto di un dolce atteggiamento di
laissez-faire che placa e soddisfa. Quasi tut-
te le 9 canzoni che lo compongono sono me-
morabili: in particolare la pianistica e ri-
flessiva Cardiologia, quella Per Le Stra-
de Di Roma che rinnova la cambiale paso-
liniana, leliaisonpomeridianedi LAmore
Comunque e, su tutte, il capolavoro che ci
accompagner verso la primavera, La Li-
nea Della Vita, liquida torch song di dialo-
ghi, equivoci e abitudini, che immaginiamo
per i vicoli e le piazze di T rastevere, dove i
riti sonoinesauribili eleincomprensioni al-
trettanto inevitabili. Lesito un disco per-
fetto, destinato a grande popolarit, nel
quale Francesco ristabilisce la sintonia as-
soluta col mestiere. Adesso, invecchiando,
davvero viaggia in risonanza col suo eterno
totem dylaniano. E come laltro pazzo, col
passare del tempo, sa accrescersi in bizzar-
re raffinatezze, tic, spirito sardonico e os-
servazioni acute. In un certo senso comple-
tadefinitivamente(belloesingolarecheci
avvengaaunetcos importante) lapropria
definitiva edificazione dartista. Orgogliosa
carne americana quella di Dylan smagata
italianitdi elucubrazione&sopravvivenza
nel caso di questo granduomo.
C un album a cinque stelle (e un altro a
quattro), per parlarvi dei quali vi raccontia-
mo una storia. Per farla breve: benvenuti
nellAmericadisfunzionaledei sogni infran-
ti. Dunque, c questa Jenny Lewis che vie-
ne al mondo a Las Vegas 30 anni fa, figlia di
una coppia che nonha sfondato nello show-
biz e si paga i vizi conunnumeraccio da ni-
ght. Figuratevi la gioia quando i due realiz-
zano che la bimba dotata delle prerogati-
ve per farsi largo nel sottobosco delle pub-
blicit e dei B-movie di Hollywood. Jenny
cresce come lennesima bambina-Copperto-
ne, valedollari quantopesa, sfruttataevie-
ne su in una palude mica tanto educativa.
Ma sopravvive, si tempra, saffranca dalla
brutta famiglia e fa unbuonincontro: quel-
loconBlakeSennett, fighettolosangelinota-
lentuoso, che fa le prove da popstar. I due si
fidanzano e Blake riesce a tirar fuori il ta-
lentomusicalenascostodentrolasuabimba
rossaetascabile, dallariaeccitanteeunpo
inquietante. I due mettono suuna bande il
fiuto li fa sfondare infretta. I Rilo Kiley, co-
s si chiamano, presto sono uno dei pi ri-
spettati progetti del postpop californiano.
Magli anni passanoeleambizioni crescono.
Blake e Jenny si separano sentimentalmen-
te ma restano compagni di band, la graziosa
fanciulla inanella fidanzati vip tipo Jake
Gyllenhaal, ma soprattutto matura ungenio
noncomune, connesso chiss come alla sua
strana biografia di vagabonda cacciatrice
dopportunit. Ora accade che i due prota-
gonisti si concedano una vacanza dalla ditta
artistica e si presentino condue progetti in-
dividuali: due gemme vere. Blake mette su
una band estemporanea, gli Elected, votata
alla rilettura del west coast popanni 60, in-
trisa di graffiti rocknroll, country e inge-
nuit. Lalbum Sun Sun Sun galleggia tra
Happy Days e i delicati cowboys di Broke-
backMountain, il suonopurissimo, lavoce
di Blake cristallina e appiccicosa come un
leccalecca. Disconevroticomadelizioso. Ma
Jenny addirittura supera il suo antico men-
tore. Con Rabbit Fur Coat lascia tutti a
bocca aperta: tocco fatale, candido e perdu-
to. Una voce con una verve da brividi, cita-
zioni gospel, scuotimenti country, echi del-
limmaginifica Laura Nyro. Undebutto fan-
tastico, curatissimo anche nellimmagine,
con Jenny che fa la dark lady alla Barbara
Stanwyck, con tutte le bassezze morali che
quel look classic evoca. Per di pisceglie
di farsi accompagnare da due gemelle cori-
ste, Leigh e Chandra Watson, che armoniz-
zano come uccellini maliziosi (e gi anche
loro saccingono a un chiaccherato debutto
discografico). Avrete insomma capito che
questo un filone di musica e stile da non
farsi sfuggire. Ma soprattutto nonperdetevi
la voce di Jenny Lewis. Ci ringrazierete.
Michael Stipe, infine, sembra uno che le
mosse le azzecca sempre, titolare, se non
dinfallibilit, di un tocco e unintelligenza
chenonvamai invacanza. Mentrei Remso-
no in parcheggio, se nesce con questo ep
che raccoglie soldi per Katrina e lo fa in un
modo che attira, incuriosisce e perci fa
aprire il portafogli. Prende una canzone di
culto, InTheSun, scrittadaunsongwriter
americano altrettanto di culto Joseph
Arthur, nativo di Akron, scoperto da Peter
Gabriel e titolare di un paio di album che
piaceranno a chi apprezza Stipe, oppure
Damien Jurado o Damien Rice o qualsiasi
altro cantautore si chiami Damien. Poi ne
incide 6 versioni, in diverse combinazioni:
da solo, con Arthur, coi Coldplay, con lami-
co Chris Martin. Certo, lo so: ci sinnervosi-
sce davanti a questo consesso di bravi e
buoni (e pure belli & ricchi). V errebbe da
mandarli alavorare. Maloro, di fatto, lama-
gia ce lhanno, il disco tavvolge e ti porta
via. E il bello che la canzone ripetuta a io-
sa, di per se stessa non granch, banalot-
ta, inconcludente. In conclusione pieghia-
mo il capo in segno di omaggio a tanto cari-
smatico potere. E attribuiamo il successo
dellimpresa a quello stregone di Stipe.
Stefano Pistolini
Stato della musica
Il totem dylaniano di De Gregori
Il debutto della streghetta Lewis
Il ritorno dello stregone Stipe
Stelle e stalle
La carne e le ossa di Coscioni
e landreottismo riscaldato
(e fallimentare) di Berlusconi
Mi pento e mi dolgo di
aver spesso anteposto lamo-
re alla libert, la vita dolce alla verit. E
una piccola debolezza personale che mol-
tiplicataper cinquantamilioni edificaque-
sta immensa cupidigia di dhimmitudine.
PREGHIERA
di Camillo Langone
CORTESIE PER GLI OSPITI
Libert religiosa, le condanne pi dure delle aggressioni vengono dai missionari
Paolo Mieli ha enfatizzato il punto pi
critico dello scenario prospettico italiano,
trattato pi volte da questa rubrica. Con-
frontiamo le due versioni. Scenario Mieli:
lUnione europea, persa forza direzionale,
non riuscir pi a governare dallesterno
lItalia incapace di riformarsi da sola. Per-
tanto, dobbiamo mettere in assoluta prio-
rit la costruzione di una capacit autordi-
nativa. Lo scenario Pelanda richiede la ci-
tazione di quello di Beniamino Andreatta,
con il quale il primo lavor su questa ma-
teria dal 1989 al 1993. Il punto fu: potr lI-
talia governarsi da sola o dovr cedere la
sovranit a Berlino e Parigi per mantenere
ordine e stabilit interni? Andreatta riten-
ne inevitabile la seconda alternativa. Per
esempio, fu cos disperato da dire ad alti
burocrati di aumentare la loro inefficienza
ritardante per limitare i devastanti eccessi
di spesa in deficit che il Parlamento votava
allegramente. In sintesi, le vere lite ita-
liane di allora Carli, Andreatta, Agnelli,
Ciampi eccetera vista limbecillit del si-
stema politico italiano, decisero di trasferi-
re la sovranit per salvare la nazione. Il
trattato di Maastricht permise una dignito-
sa cosmesi di tale cessione a Berlino e Pa-
rigi rivestendola di europeismo. Pelanda
non fu mai daccordo su questa soluzione,
pur condividendo lanalisi, e present stra-
tegie diverse. Ma nellestate del 1993, in un
incontroriservatoaMadonnadi Campiglio,
Kohl annunci ad Andreatta: leuro lo fare-
moepresto, voi dentro. Nonceranopiop-
zioni possibili, Pelanda, con infinita ama-
rezza, lasci Andreatta per disaccordo: tra-
sferirecos lasovranitsarunboomerang.
Che oggi evidente: lItalia, come tutti gli
altri paesi europei, ma un po di pi ren-
dendola prima nazione a rischio di uscita,
fa fatica a stare nelleuro per debolezza
propria e difetto di disegno delleurosiste-
ma. Infatti ci stiamo riprendendo la sovra-
nit in negativo, come dice Mieli. Ma qui lo
scenario Pelanda si differenzia. Se lItalia
esce, saltaleuro. Poichquestaeventualit
consideratainaccettabiledallaGermania
e, al momento, daWashington allorapri-
ma del botto vi sar sicuramente un tenta-
tivo di governo esterno, molto deciso, del-
lItalia. Il punto: riusciremo a galleggiare a
sufficienza per farci sottomettere e non ab-
bandonare? Mieli teme di no. Pelanda
certo di s perch la reattivit del sistema
economico italiano sufficiente a non far-
lo collassare. Ma divertiamoci: chi dei due
pi ottimista: Pelanda che ritiene lItalia
almeno capace di essere provincia di qual-
che impero o Mieli che, invocandolo, ne ri-
tiene possibile lautogoverno?
Carlo Pelanda
Il sogno europeo svanito e il destino italiano da provincia dellimpero. Quale?
(segue dalla prima pagina) La Commissione euro-
pea ha appunto in mente una road map di
questo genere, che nasconde laspirazione
a indebolire i legami con fornitori bizzosi.
Nel 2001 la Commissione Prodi ha dedi-
cato al tema della sicurezza energetica un
Libro verde, concentrato sul rifiuto degli
indesiderabili (nucleare e fonti fossili) e
la valorizzazione dellefficienza energeti-
ca e delle fonti alternative (e del gas). L 8
marzo il nuovo esecutivo europeo, guidato
da Jos Manuel Barroso, si appresta a va-
rare un nuovo Libro verde. Rispetto alle-
dizione precedente, fonti vicine al com-
missario allEnergia, il lettone Andris Pie-
balgs, parlano di un approccio pi reali-
sta. Pi che adottare unutopistica teologia
della liberazione dalle fonti fossili, si sug-
gerir di rivalutare il carbone (che lUnio-
ne europea importa da partner pi fidati,
come Stati Uniti, Australia e Sudafrica) e
migliorare le infrastrutture per il gas na-
turale (puntando sui rigassificatori). Alle
fonti rinnovabili verr affidato il compito
di rispondere parzialmente alla crescita
della domanda (un modo elegante per di-
re che non si discosteranno dallattuale 6
per cento, comprensivo del 4 per cento
idroelettrico). Fin qui nulla di esplosivo.
Le tensioni sono altrove: riguardano da un
lato il ruolo della Commissione (con paesi
come Italia e Regno Unito che chiedono
una politica comune e lopposizione fran-
co-tedesca), dallaltro lespansione del nu-
cleare, che oggi soddisfa il 14 per cento
della domanda europea di elettricit. Pie-
balgs pu contare qui sullincondizionato
sostegno di Parigi e sul gioco di sponda di
Londra e, in misura minore, Roma; resta-
no per sostanziali obiezioni, per esempio
da parte dellAustria, per non dire del si-
lenzio imbarazzato di Berlino. Angela
Merkel approva latomo e una sua vittoria
avrebbe schierato la Germania coi favore-
voli, ma la convivenza con la sinistra la co-
stringe a defilarsi.
Il dibattito destinato ad accendersi su
entrambi i fronti, e quindi difficile im-
maginare colpi di scena nel breve termine.
In fondo, il rapporto coi paesi produttori
sempre stato difficile e le imprese hanno
cercato di mantenere i loro rapporti sul
piano del puro business, tenendosi ben
lontano dalla polemica politica. Sotto que-
sto profilo, come ha scritto Bob Tippee, di-
rettore del settimanale americano Oil &
Gas Journal, non c migliore sicurezza di
quella derivante dal fatto che ci sono dei
compratori che hanno bisogno di un bene
essenziale e dei venditori che hanno biso-
gno di soldi. In generale questo pu esse-
re vero, anche se non sembrano pensarla
cos i responsabili dei sempre pi fre-
quenti attacchi ai lavoratori e agli stabili-
menti occidentali. Si torna dunque al cir-
colo vizioso dellinstabilit che fa crescere
il rischio-paese che incide sulle quotazio-
ni del barile e mette a repentaglio un si-
stema fragile come quello europeo.
Difficile dire se dal Libro verde potran-
no arrivare risposte soddisfacenti. Certo i
leader europei dovrebbero prendere la
questione sul serio, se non vogliono far la
fine dei teologi bizantini che, assorbiti dal
dibattito sul sesso degli angeli, non si ac-
corsero che la citt andava a fuoco.
Per affrancarsi (un po) dalla dipendenza energetica lEuropa spera nel Libro verde
SCENARI
EDITORIALI
ANNO XI NUMERO 44 - PAG 3 IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006
Roma. Quando era direttore di Libera-
zione, i giornalisti chiamavano Oliviero Di-
liberto Diliberja. Anni fa, Fassino disse
di Marco Rizzo: E un mascalzone. Dice
Bertinotti dello stesso Rizzo: Ci sono per-
sone con le quali per ragioni di igiene be-
ne non entrare in rapporto. Sospira Ar-
mando Cossutta: Preferisco stare zitto.
Partiti come nipotini di Togliatti, quelli del
Pdci si sono ritrovati aggregati agli idioti
dei dieci, cento, mille Nassiriyah, e hai
voglia poi a cazzeggiare e a trovare scuse, e
a dire che li ha pagati Calderoli. Il fatto
che, pi passano i giorni, e pi il partitino
di Diliberto e Rizzo una diarchia che ha
messo nellangolo e isolato anche Cossutta
si presenta come limpresentabile nume-
ro uno del centrosinistra. Se Fausto Berti-
notti si liberato nel giro di un paio di gior-
ni di Marco Ferrando e ha ridotto a un mo-
desto balbettio il ciarliero no global Caru-
so, la coppia Dilly&Riz quasi insegue os-
sessivamente le posizioni pi hard, si ritro-
gli assassini di Nassiriyah, sui giornali di
ieri era possibile leggere anche la bravata
di un dirigente dei giovani comunisti dili-
bertiani, Carlos Venturi. I kamikaze e le lo-
ro vittime? Questa la risposta: Bambini o
non bambini sono finezze da occidentali, se
dovessi passare sei ore a un check point
per andare in ospedale, non ci penseresti.
Equalchegiornofa, sul sitodellaFgci, que-
sta vignetta: uno stivale con falce e martel-
lo che spinge in un crepaccio Hitler e Mus-
solini. E la scritta: Nelle foibe solo fascisti
e spie! I nostri ricordi li riserviamo alle lo-
ro vittime. Poi, certo, i grandi del parti-
to hanno smentito, si sono dissociati, hanno
precisato. Il problema, sottolineano alcuni
riformisti dellUnione, che ormai quello
un partito senza misura, e il mesto tra-
monto politico di Cossutta non fa che ren-
dere pi esplicita questa deriva. Del re-
sto, Diliberto non ha certo lesinato le sgra-
devolezze, negli anni, agli alleati. Come
quella volta che and in Libano e incontr
il capo degli hezbollah, Hassan Nasrallah.
Cos come lostinazione a partecipare alla
manifestazione di sabato scorso, organizza-
ta da gruppi da cui persino Rifondazione si
tiene alla larga, nel maggio 2002 sfilarono
vestiti da kamikaze le prime file di questo
corteo. Ma Diliberto niente, e la sua pre-
senza tra quella pessima compagnia ha
procurato lennesima figuraccia al centro-
sinistra. E dintesa sempre marcia col suo
vice Rizzo, autodefinitosi un po figlio di
puttana. Uno che si compiace: Per Berti-
notti provo unantipatia totale, politica ed
umana. Fassino, poveraccio, nonmerita. E
di Cossutta, chelohapoliticamentescoper-
to: Ha il complesso di inferiorit verso gli
intellettuali. Ammise una volta Diliberto:
Abbiamofattoalcunescemenzetotali. Ma
nonparlavadel Pdci. ProposeunavoltaRiz-
zo, dopogiorni di riunioni per lecandidatu-
redellUlivo: Nessunohavogliadi tornare
acasaedi farsi unascopata?. Onestamen-
te, nonlasuapresadi posizionepeggiore.
va con sgradevoli compagnie, costringe a
imbarazzati silenzi gli alleati dellUnione.
Il segretario del Pdci (amendoliano, nien-
temeno, a sentir lui) corre a marcare ogni
territorio dellestremismo che Bertinotti si
lascia alle spalle, sposa le cause che i com-
pagni di Rifondazione rigettano, alza i toni
che gli altri comunisti abbassano. Fausto
spiegano quelli del Prc cerca di non no-
minarli mai, n nelle interviste n nei co-
mizi. Loro sono ossessionati da noi.
Armando Cossutta stato, poco gentil-
mente, spintonato verso lesilio del Senato.
Le liste sono state epurate. Il partito com-
pletamente in mano a Dilly&Riz. E si vede
e si sente. I due si piacciono, si considera-
no, si sommano. E cos, una battuta oggi,
una sparata politica domani, si sono ritro-
vati con un partitino a loro immagine e mi-
sura, dove i leader non pesano le parole e
meno ancora le pesano i semileader. Come
se non bastasse limbarazzo di ritrovarsi
nella stessa manifestazione con chi esalta
ne, perch lintegrazione Unipol-Bnl
avrebbe costituito il terzo gruppo finan-
ziario italiano, un grande contropotere; e
i nemici della sinistra per impedire
questoperazione hanno coinvolto Unipol
in tre vicende a cui la societ assicuratri-
ce era estranea, lopa Telecom di Roberto
Colaninno del 1999, e poi le due storie di
questestate parallele alloffensiva su Bnl,
la scalata a Rcs e lopa Antonveneta. Inte-
ressante la ricostruzione minimalista del-
la vicenda Bell, le consulenze per s e per
Ivano Sacchetti, la rivendicazione della li-
ceit di quelle consulenze non immo-
rale avere accettato un premio, dice.
Ma in realt la storia di quelle consu-
lenze assurda sin dal principio. Avr an-
che ragione lex capo dellUnipol a la-
mentarsi perch a indignarsi per il rap-
porto economico con Bell sono stati spes-
so uomini che nella loro attivit di mana-
ger (spesso di sinistra) valgono molti mi-
lioni di euro lanno, o dallaltro lato a
prendersela con i tic della sinistra pau-
perista; ma resta lirritualit di un com-
penso esterno una tantum che incom-
parabilmente superiore allo stipendio an-
nuale percepito da Consorte dalla societ
di cui era amministratore; resta la stra-
nezza della perfetta equivalenza tra la
parte destinata a Consorte e quella desti-
nata a Sacchetti; e resta la singolarit del-
la spiegazione fornita ieri del perch
quel denaro non si sarebbe mai mosso
una volta rientrato in Italia: dice che lo
avrebbe utilizzato solo a partire dal 2008
per un progetto personale una volta finita
lesperienza Unipol; ma intanto i milioni
restavano l fermi senza fruttare.
Consorte, luomo che ha ricostruito un
pezzo di finanza rossa, dopo la caduta del
Muro (e la fine dei rapporti commerciali
con Mosca), luomo che ha contribuito a si-
stemare un pezzo della disastrata situazio-
ne debitoria del suo partito che a partire
dalla prima met degli anni Novanta co-
stretto a ridimensionare il suo gigantismo
(il patrimonio, la struttura), nega qualun-
que ruolo dei Ds nella vicenda dellopa
Bnl, d atto a Piero Fassino e a Massimo
DAlema di essersi comportati corretta-
mente, e respinge laccusa di gregantismo.
Eppure il suo un gregantismo maxi, pro-
grammatico, con lefficace praticit del vec-
chio mondo comunista: O tu dice con
franchezza a Bonini&DAvanzo sei allin-
Milano. Lex amministratore delegato
dellUnipol Giovanni Consorte, dopo esse-
re stato corteggiato per molte settimane ha
finalmente parlato con la stampa. Lo ha
fatto in grande stile. Due abbondanti pagi-
ne di intervista apparsa su Repubblica,
unemozione interrotta solo da due inser-
zioni centrali, una per pagina, autopromo-
zione del gruppo editoriale, settimo volu-
me di Corto Maltese e ottavo della storia
della filosofia in edicola con lEspresso.
Si tratta delle prime dichiarazioni del-
lex capo di Unipol dalla sua uscita di sce-
na, a parte quanto era trapelato dal me-
moriale difensivo consegnato nel mese di
gennaio dai suoi legali ai magistrati di Mi-
lano e da questi ultimi giudicato parzia-
le. Con Carlo Bonini e Giuseppe DAvan-
zo, coautori della corposa conversazione
pubblicata ieri, Consorte stato come mi-
nimo altrettanto parziale, ma anche piut-
tosto faraonico. Si occupato, natural-
mente, della doverosa difesa di se stesso
dallaccusa di essersi associato per delin-
quere, ma si occupato anche di capitali-
smo italiano (e suoi innumerevoli difetti),
di poteri forti, della militanza dei molti in-
tellettuali arruolati da quei poteri, di in-
nocenza diessina e di parecchio altro an-
cora. E lo ha fatto chiacchierando como-
damente, mentre il suo vecchio amico, so-
dale e collega di furbettismo Gianpiero
Fiorani compie oggi il settantesimo giorno
di carcerazione preventiva.
Spiega del resto Consorte che Unipol
non centra nulla con Antonveneta e ag-
giunge: Perch non leggo che Unipol non
c mai nelle operazioni di Fiorani?. Lu-
nica operazione dice stato un incro-
cio azionario con Banca popolare italiana:
Unipol aveva comprato titoli Bpi per un
controvalore di 60 milioni, Bpi aveva com-
prato Unipol per 148.
Liquidato Fiorani, il succo della tesi
consortile questo: sarebbe stato fatto
fuori, e con lui il suo disegno di espansio-
Un altro interrogatorio per Consorte, direttamente su Rep.
La diarchia di Dilly&Riz vince la gara degli impresentabili
LUnione ha un problema. E questo pro-
blema si chiama Romano Prodi. Detta cos
questa affermazione pu sembrare para-
dossale, ma cos non . Infatti i leader del
centrosinistra sono preoccupati per la cam-
pagna elettorale del candidato premier .
Hanno paura che stenti a prendere il via e
che alla fine limmagine dellex presidente
della Commissione europea rischi di appa-
rire sbiadita se confrontata con quella di
Silvio Berlusconi che sembra invece parti-
colarmente pimpante in questo periodo.
Francesco Rutelli e Piero Fassino, con i
modi dovuti, hanno affrontato la questione
con il candidato premier dellUnione, nel
tentativo di capire quali fossero le sue in-
tenzioni per il futuro, per comprendere co-
me intendesse portare avanti la campagna
elettorale in questa fase cruciale. Il proble-
ma che ormai Prodi si affida totalmente al
suostaff esembranonprestaretroppoorec-
fermare il ruolo essenziale del partito al-
linterno della coalizione di centrosinistra,
ma anche perch solo attraverso un risulta-
to elettorale di tutto rispetto il Prc potr
avanzareper il proprioleader larichiestadi
una poltrona istituzionale quale quella di
presidente della Camera. Insomma, gli elo-
gi della cosiddetta stampa borghese, ma an-
che le stesse parole di Romano Prodi che
preannuncia che Rifondazione avr dei mi-
nisteri possonocrearedelledifficoltal par-
tito di Bertinotti. Il leader del Prc, infatti,
sinceramente convinto della nuova linea
presa da Rifondazione dopo il congresso di
Venezia (che ha segnato un distacco dallala
pi estremista e violenta dei movimenti) ma
vorrebbe evitare di dare limmagine di un
leader troppo accomodante.
Nel centrosinistra gi suonato il campa-
nello dallarme. Le liste non sono ancora ul-
timate ma limpressione che soprattutto
per quel cheriguardai Ds elaMargheritala
questione delle quote rosa, agitata dalle
donne di quelle formazioni politiche, non
sia stata tenuta in doveroso conto. Per farla
breve, assai improbabile che le donne ot-
tengano anche solo il 25 per cento, non del-
le liste, ovviamente, ma dei posti blindati.
Nella periferia italiana la questione sta gi
provocando pi di una protesta.
I Ds dovrebbero candidare IgnazioMarino,
il medico italiano che a capo del centro
trapianti della Jefferson University di Phi-
ladelphia. Chiss, per, se gli esponenti del-
la Quercia hanno avvertito Marino che il
progettoinizialeincui avevanodeciderlodi
coinvolgerlorischiadi restareletteramorta.
Lidea infatti era quella di candidare Mari-
noal ministerodellaSalute. Unideagical-
deggiata da Massimo DAlema. Ma pare che
la componente cattolica dellUnione non
guardi di buon occhio questa ipotesi. Il ti-
more , per esempio, che possa riaprirsi il
capitolo fecondazione assistita.
chio ai consigli degli alleati. Per questa ra-
gione i Ds e gli uomini della Margherita ap-
paiono preoccupati. Anche perch lo staff
del professore procede per conto proprio e
non sempre informa gli alleati delle mosse
del candidato premier dellUnione. Insom-
ma, dielle e diesse vorrebbero fare uninie-
zione di energia allex presidente della
Commissione europea. Ma Prodi invece
convinto che la sua campagna funzioner
senza problemi e che comunque il distacco
tra centrosinistra e centrodestra tale che
il presidente del Consiglio non riuscir mai
nella sua rimonta.
C una certa preoccupazione al quartier
generale di Rifondazione comunista. C il
timore che i giornali ma anche gli alleati
cerchinodi mutarelafisionomiaesternadel
partito, rendendola pi moderata. E questo
potrebbe comportare qualche problema, vi-
sto che Rifondazione aspira a fare unim-
barcata di voti. E questo non solo per con-
Per chi suona il campanello (dallarme) nel centrosinistra
Il manager che ha ricostruito un pezzo di finanza rossa e ha dato una
mano a risanare i conti dei Ds, nega il ruolo del partito nel caso Bnl, liquida i
suoi rapporti con Bpi, loda Fassino e DAlema, risponde con sufficienza sulle
consulenze milionarie, sdottoreggia su come fare economia reale (e politica)
terno dei meccanismi reali delleconomia
che determinano la situazione del paese e
dunque governi davvero; o puoi anche vin-
cere le elezioni, ma non governerai mai ef-
fettivamente. (Nota: non si capisce peral-
tro perch il disegno politico espansivo che
viene coltivato in ambienti diessini, e che
a tutti abbastanza chiaro gi a partire dal-
la primavera del 2005, non avrebbe dovuto
essere contrastato da una manovra politica
di segno opposto che lo stesso Consorte de-
nuncia, e che alla fine si riveler vincente).
Ma quello che pi colpisce dellintervi-
sta pubblicata ieri latmosfera che le fa
da sfondo. Un indagato per associazione a
delinquere pontifica su un autorevole or-
gano di stampa borghese (e di sinistra), ri-
spondendo alle domande di due giornali-
sti non certo neutrali sulla materia giudi-
ziaria, mentre un altro presunto associato
per delinquere da alcuni accusato di es-
sere stato il regista del furbettismo estivo
festeggia i due mesi e dieci giorni a San
Vittore, il tempo necessario, secondo lau-
spicio espresso la scorsa settimana dal-
lUnit, a piegarne la resistenza.
La questione della carcerazione preven-
tiva fa la sua comparsa anche nel caso di
David Mills, lavvocato inglese (marito di
Tessa Jowell, ministro della Cultura del go-
verno di Tony Blair), gi consulente della
Fininvest al centro di un affare che si sta
facendo farsesco. Ieri Mills ha smentito di
avere raccontato al Sunday Telegraph co-
me la dichiarazione resa ai magistrati mi-
lanesi il 18 luglio 2004 in cui ammise di
avere ottenuto del denaro dal gruppo ita-
liano in cambio di protezione nel corso di
due processi gli venne estorta in un inter-
rogatorio con i magistrati durato dieci ore.
Mettete qualcosa per iscritto e io la fir-
mer, avrebbe detto per paura di essere
arrestato, una versione che secondo lagen-
zia il Velino sarebbe stata peraltro confer-
mata con laggiunta di molti dettagli da
amici inglesi dello stesso Mills.
LEX UOMO DI UNIPOL PONTIFICA IN UNINTERVISTA, LEX CAPO DI LODI FESTEGGIA IL SETTANTESIMO GIORNO A SAN VITTORE
Il negazionista domestico (e gli altri)
I
l centrodestra ha lasciato che Rober-
to Calderoli ricorresse allanalfabeti-
smo istituzionale pur di segnalare che
il conto tra dare e avere con il mondo
islamista non torna pi. Una procedura
che ha provocato qualche ricaduta di
troppo nella coalizione, ma che non fa
sfigurare lex ministro leghista pi di
quanto proietti sulla maggioranza lom-
bra dellinadeguatezza. Perch il modo
rozzo con il quale la Lega si accredita
come diga delleurocristianesimo pu
risuonare oltre il limite della genuinit
solo quando nulla di pi autorevole si
manifesta. Nella Cdl non ha trovato for-
ma quella pratica essenziale che si tra-
duce in autoconsapevolezza storica e
nellelaborazione aggiornata delliden-
tit culturale. La riflessione sui cos
detti valori, la valutazione dello scontro
di civilt e il bisogno di definirsi in sen-
so non privativo rispetto allaggressione
fondamentalista sono temi centrali, sco-
perti tardi e consegnati allastrazione.
Oppure adottati a seconda della conve-
nienza, per recuperare carriere altri-
menti anonime o intercettare il senso
comune dellelettore astensionista. Of-
frendo lidea dinseguire parole dordi-
ne vaticane. Quando poi, come in que-
sti giorni di persecuzione religiosa e
antioccidentale, la Chiesa testimonia di
avere diversi tempi di reazione rispet-
to a quelli secolari, il centrodestra tor-
na afasico o fuori misura.
Nella prassi quotidiana, al di l di
un atlantismo senza evidenti cadute di
stile, il meccanismo si tradotto in una
fragile contraddittoriet. La saggia am-
ministrazione democristiana dellordi-
ne pubblico da parte di Giuseppe Pi-
sanu diventata linea di condotta in-
ternazionale del governo: citt ben pre-
sidiate e faccia dolce davanti allisla-
mista offeso. Tendenza introiettata dal
ministro degli Esteri Gianfranco Fini:
neoconservatore intermittente, non ha
disdegnato un certificato di legittima-
zione ulteriore anche se a consegnar-
glielo era un mittente che frequenta la
moschea di Roma e reclama contrizio-
ne senza offrire in cambio garanzie
chiare. Fatta eccezione per pochi soli-
tari, particolarmente difficile indivi-
duare nomi o iniziative robuste ricon-
ducibili a dirigenti di centrodestra ra-
dicati in unidea certa di s. E che nel-
laffermare questa idea ambiscano a
sollevarsi almeno un poco oltre il di-
battito sulla liceit di abbrustolire
bandiere israeliane durante i cortei fi-
lopalestinesi organizzati dalla sinistra
estrema, o sullantioccidentalismo vin-
tage di Massimo DAlema.
L
Italia, come tutto loccidente, vit-
tima di una serie di aggressioni or-
ganizzate con il pretesto delle vignette
blasfeme pubblicate da qualche gior-
nale. Le violente manifestazioni con-
tro il consolato (dellItalia, non di Ber-
lusconi) a Bengasi, il comportamento
ambiguo delle autorit di Tripoli, che
prima hanno aizzato la violenza, poi
hanno sparato sulla folla, infine hanno
proclamato martiri le loro stesse vitti-
me, sono espressione di un grave pro-
blema nazionale. Di questo il premier
consapevole, tanto che ha richiesto
le dimissioni di Roberto Calderoli per
non offrire pretesti a chi soffia sul fuo-
co. Berlusconi ha scelto di far prevale-
re linteresse nazionale, ovvero cerca-
re di mantenere rapporti civili con gli
stati islamici, a quello della solida-
riet di coalizione, pur tanto impor-
tante alla vigilia delle elezioni.
Romano Prodi, che si vanta di esse-
re animato da un superiore senso del-
le istituzioni, ha fatto lesatto contra-
rio. Affermare che la responsabilit
delle aggressioni contro lItalia del
governo italiano, senza neppure spen-
dere una parola per deprecare la
sproporzione della reazione, sba-
gliato, antinazionale e pericoloso.
Diffondere lidea che lItalia un pae-
se che cede alle minacce incoraggia
obiettivamente i nostri nemici (che
esistono e non stanno a Palazzo Chigi),
in una fase delicatissima in cui molti
temono che dalle manifestazioni si
passi agli attentati. Anche negare gli
sforzi che i governi italiani hanno sem-
pre fatto e continuano a fare per man-
tenere un clima respirabile nel Medi-
terraneo una forzatura propagandi-
stica infondata e, ancora una volta, pe-
ricolosa. Se durante lattuale governo
stato ottenuto il diritto per gli italia-
ni espulsi dalla Libia di ritornarvi,
vuol dire che la visita di Silvio Berlu-
sconi sotto la tenda del rais libico, a
qualcosa era servita. In questa situa-
zione chi si assunto gravi responsa-
bilit proprio Prodi, incapace di
uscire dallossessione antiberlusco-
niana per riconoscere linteresse e di-
fendere la dignit della nazione. Dopo
tante chiacchiere sul senso dello sta-
to, il comportamento ambiguo di Pro-
di dimostra quanto ne manchi il lea-
der del centrosinistra.
N
el processo che si celebrato a
Vienna a carico dello storico bri-
tannico David Irving, autore di un libro
infame scritto diciassette anni fa in cui
negava lesistenza delle camere a gas e
dei campi di sterminio nazisti, cera un
elemento paradossale. Irving sicura-
mente un personaggio disgustoso. Do-
po aver cercato di dare veste scientifi-
ca alla negazione dellevidenza, stato
costretto a rivedere la parte pi alluci-
nante delle sue teorie in seguito a un
processo in patria e agli ordini di cat-
tura spiccati contro di lui da vari pae-
si. Oggi si dichiarato colpevole, ha
ammesso la realt dello sterminio raz-
ziale per cercare di evitare una con-
danna (che invece arrivata: tre anni).
Lintero spettacolo sa di zolfo, perch
le confessioni in tribunale sono conno-
tate dallambiguit ideologica a parti-
re dai grandi processi staliniani degli
anni Trenta. Le sue losche idee, Irving
le aveva comunque diffuse in cicli di
conferenze in giro per il mondo, sem-
pre invitato da organizzazioni neonazi-
ste o di fondamentalisti islamici.
Loccidente si mostra dunque seve-
rissimo, secondo alcuni al limite del-
lintolleranza, con i negazionisti di casa,
per affermare il rispetto memoriale per
i milioni di vittime della Shoah. Intanto,
per, agissce in modo incerto e imba-
razzato nei confronti della teocrazia ira-
niana, che non solo sostiene le stesse te-
si negazioniste di Irving, ma che minac-
cia di compiere un nuovo sterminio di
ebrei, come ovvia, terrificante conse-
guenza del suo obiettivo di cancellare
Israele dalla carta geografica. Nelle
scuole di quasi tutti i paesi islamici,
compresi quelli moderati, si insegna
che lo sterminio ebraico in Europa non
c mai stato, nelle carte geografiche
Israele non esiste. La minaccia atomica
iraniana, se sar tollerata, render pra-
ticabile lobiettivo del nuovo sterminio.
Chi rappresenta davvero un pericolo in-
combente il presidente iraniano, il
suo regime, certamente assai pi di Ir-
ving. Il processo di V ienna, che pur
sempre un processo per delitto di opi-
nione con tanto di autodaf, non serve a
onorare il debito dellEuropa verso gli
ebrei, se tutti non decideranno di mo-
strare una maggiore intransigenza ver-
so lIran, come si cominciato a fare
per merito di Angela Merkel.
Linteresse nazionale (e quello di Prodi)
Destra senza linea
Parole sbrigative e strumentali sullaggressione al consolato di Bengasi
La t-shirt analfabetismo, ma senza una cultura non c governo serio
Irving condannato a tre anni, ma la cattedra dellodio a Teheran
E
timologia della parola balcanizzazio-
ne. Questa potrebbe essere lestrema
sinossi del fittissimo volume di Edgar H-
sch. Non una storia degli eventi recenti
del Sud-est europeo, n un riepilogo del
conflitto jugoslavo. Si tratta, al contrario,
di un libro scritto nel 1988 e poi aggiorna-
to a due riprese (1992 e 2002). Peraltro, per
quanto riguarda la contemporaneit, lau-
tore tira di lungo anche nelle appendici.
Il suo occhio sul passato, a partire dallo
stanziamento nei Balcani di quelle popo-
lazioni che chiamiamo indoeuropee, in at-
tesa di una denominazione pi precisa
che forse si riveler puntuale come Go-
dot. Partendo da l, il professore tedesco
si prodiga nel tentativo di dare una forma
a una regione definita nei suoi confini
esterni, ma inafferrabile rispetto a quelli
interni.
Frontiere proteiche, che hanno nei se-
coli cambiato i propri percorsi con una
periodicit che d laffanno. Alle volte, su
sollecitazione di istanze locali. Pi spes-
so, in conseguenza di spintoni dei vicini
corpulenti. L impero bizantino prima,
limpero ottomano poi e infine le truppe
della Germania hitleriana furono gli uni-
ci fattori di parziali riunificazioni della
regione. Riunificazioni coatte. Lunghissi-
me e spesso sonnacchiose le prime due,
breve ma brutale la terza. Intanto, tra il
frequente sorgere di stati anche gloriosi
ma quasi sempre effimeri, le popolazioni
balcaniche si aggrovigliarono in una me-
sticanza in cui territorio, identit nazio-
nale e lingua non riuscivano pi a far cor-
rispondere i rispettivi dentelli, se non in
aree ristrettissime, maculando cos ogni
mappa con velleit demografiche. Ma le
idee provenienti dalla Rivoluzione fran-
cese prima e dal Romanticismo germani-
co poi non smettevano di titillare le co-
scienze delle lite balcaniche, trapian-
tando la volont di creare un proprio
Stato nazionale in unarea in cui le tradi-
zioni di autonomia statale risalivano a pi
di cinquecento anni prima. E in cui, al-
meno nel caso dei serbi, la memoria na-
zionale custodiva gelosamente il giro di
pista del 15 giugno 1389, il giorno della
battaglia di Kosovo Polje: cio il ricordo
di una sconfitta a fondamento della na-
zione, per quanto inghirlandata di atti di
eroismo guerresco.
Verso la fine della Prima guerra mon-
diale, sembr aprirsi una fessura attra-
verso cui sbirciare lavvio di una costrut-
tiva collaborazione fra vicini, nota come
spirito di Corf. Nel 1917, infatti, nelli-
sola adriatica i leader politici si erano
accordati sulla futura nuova organizzazio-
ne politica dei popoli slavi meridionali:
piena parit di diritti per le tre nazioni
degli Sloveni, Croati e Serbi dal punto di
vista politico, religioso e culturale (equi-
parazione della religione cattolica, orto-
dossa e musulmana, dellalfabeto latino e
cirillico) sotto la monarchia costituziona-
le dei Kardjordjevi.
Il seguito della concordia jugoslava
celebre. Balcani polveriera dEuropa,
recita un vecchio adagio. E non si tratta
soltanto di cattiva stampa. Perfino nel
blocco sovietico furono soprattutto lo ju-
goslavo Tito e lalbanese Enver Hoxha a
creare le eterodossie pi longeve. A Bu-
dapest e Praga i carri armati di Mosca
riaggiustaronoinfrettalacompattezzadel
Patto di Varsavia, ma il cuore dei Balcani
continu invece a pulsare con un battito
comunista difforme dal metronomo mo-
scovita. E ancora oggi, mentre si consoli-
da il lungo dopoguerra, anche gli Stati pi
pacati manifestano a tratti la loro san-
guigna tradizione. Due esempi indicativi:
Slovenia e Croazia continuano a non trat-
tare comme il faut la minoranza italiana.
Mentre la Grecia non smette di tartassare
la Macedonia, costringendola per motivi
di esclusivit toponomastica a soggiacere
alla denominazione di FYROM (Former
Yugoslavian Republic Of Macedonia).
LIBRI
Edgar Hsch
STORIA DEI PAESI BALCANICI
428 pp. Einaudi, euro 30
OGGI Nord: al mattino nuvolosit ir-
regolare con qualche rovescio sulla Li-
guria, labassaLombardiaedil Novare-
se; per il resto tempo asciutto. Nel po-
meriggio nubi sempre pi compatte.
Centro: tempo inaffidabile con rovesci
sparsi, ancheasfondotemporalescoal-
ternati a pause asciutte e a qualche
schiarita. Sud: pioggediffusesuCampa-
nia, Molise e Puglia, in nuovo migliora-
mentoinserata.
DOMANI Nord: giornata piovosa su
tutti i settori, nevicate deboli o al pi
moderate oltre i 500-600m. Centro: nu-
voloso e piovoso ovunque, con deboli
nevicate sullAppennino; nel pomerig-
gio scrosci isolati. Sud: nuvolosit irre-
golare con isolati rovesci, belle schia-
rite e giornata di tregua con tempera-
ture complessivamente miti.
PASSEGGIATE ROMANE
ANNO XI NUMERO 44 - PAG 4 IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006
H
anno vinto i film politici, ma cos poli-
tici che sembra di essere ripiombati
nellinferno dei cineclub. Il direttore Die-
ter Kosslick li ha messi in concorso, la pre-
sidentessa Charlotte Rampling li ha pre-
miati, il giurato Matthew Barney e regista
di Cremaster, lunico che potesse fare un
rapporto di minoranza, perorando la causa
di un cinema non didascalico non lascia
traccia di s nella lista dei vincitori. La
Berlinale 2006 si chiude secondo copione.
Ignorando Robert Altman e il suo A Prai-
rie Home Companion: film musicale che
celebra il programma radio di Garrison
Keillor, fa lavorare i migliori professionisti
in circolazione, si permette frizzi e lazzi,
non offre appigli al dibattito.
LOrso doro va a Grbavica, opera pri-
ma di Jasmila Zbanic, regista bosniaca che
racconta lorrore degli stupri etnici. LOrso
dargento va a The Road to Guantanamo,
di Michael Winterbottom e Mat Withecross,
registi britannici che raccontano i Tipton
Three tre giovanotti anglopakistani tor-
nati in patria a scopo matrimonio e (per
motivi oscuri anche dopo la visione del
film, la consultazione del press book, la let-
tura delle numerose interviste rilasciate) fi-
niti due anni nella prigione cubana fa-
cendoli passare come i Sacco e V anzetti
della guerra contro il terrorismo (si inten-
de: Sacco e Vanzetti prima della lettera, re-
centemente ritrovata, che mette in dubbio
la loro innocenza). Meglio comunque il pri-
mo del secondo, che ricostruisce il caso in-
terrogando soltanto i tre interessati, e si fin-
ge documentario anche quando fiction.
Procurando un brivido a tutti gli spettatori
politicamente corretti: gli stessi che, du-
rante la proiezione del film di Chabrol Li-
vresse du pouvoir, quando la magistrata
Isabelle Huppert insolentisce limputato
ricco applaudono convinti e soddisfatti.
Come tutte le pellicole di denuncia (cri-
mini di guerra e crimini contro le donne,
impossibile trovare una combinazione pi
strappasdegno), Grbavica patisce il luogo
comune secondo cui la realt si spiega da
sola, e lo sceneggiatore (in questo caso
coincide con la regista) non serve. Quindi il
film, partito bene anche grazie a due brave
attrici, annaspa nel finale. Mandato il mes-
saggio, i personaggi smettono di essere tali
e diventano carne da dibattito.
Comprare danese (anche i film)
Quattro film tedeschi in concorso dove-
vano per forza portare a casa qualcosa. Ma
poich nessuno del quartetto aveva le stim-
mate della correttezza politica (o perch
ombelicali, come Sensucht e Der Freie
Wille, o perch sulla scia di Houellebecq
spernacchiavano leducazione sessantotti-
na che produce mostri) sono arrivati i pre-
mi per gli attori. A Sandra Hller , che in
Requiem ha la parte di una ragazza trop-
po fragile per affrontare la vita universita-
ria (finir esorcizzata), e a Moritz Bleibtreu,
che nelle Particelle elementari ha la par-
te del clone di Houellebecq (non ancora
ricco e famoso). Dicono le malelingue che
lo scrittore francese abbia odiato il film
con tutte le sue forze. Il prossimo lo girer
personalmente, come da contratto con
Flammarion (lo stesso che Alessandro Ba-
ricco ha con la Fandango: laccoppiata
film+libro va moltissimo, ci prov anche
Susanna Tamaro, esagerando in tramonti e
paperette).
Il Gran Premio della Giuria accoppia li-
raniano Jafar Panahi e la danese Pernilla
Fisher Christensen, unica regista premiata
per meriti puramente cinematografici.
Offside ha avuto dieci minuti di applau-
si, per le tifose di calcio che la legge cora-
nica tiene fuori dallo stadio. A soap non
ne ha avuto neanche uno, per la ragazza del
piano di sopra affascinata dal transessuale
al piano di sotto. Difficile trovare due film
pi diversi: uno piacione, uno tragicomico.
Schierarsi si deve. Da oggi, oltre a compra-
re danese, vedremo film danesi.
Mariarosa Mancuso
Mi sto divertendo
come unpazzo. Leg-
go Linciucio, lul-
timo libro di Marco
Travaglio e Peter Gomez (una coppia dia-
bolica che dissotterra lascia di guerra sot-
toformadi libroogni quindici giorni), emi
diverto molto. Mi diverte la loro faziosit
tanto furibonda quanto supportata da fatti
edocumenti, echemeninobottedaorbi in
tutte le direzioni sino a calpestare tanti
della sinistra almeno quanto i berlusco-
nes, e che abbiano annotato meticolosa-
mente e quasi ora per ora tutti i misfatti
compiuti dallapartitocraziadellaSeconda
Repubblica, e che una volta saliti sul de-
striero della loro passione polemica anti-
berlusconiana non ne scendano mai nep-
pure unattimo, neppure per andare al ba-
gno. Tra racconti dettagliati delle lottizza-
zioni Rai e delle incursioni contro le ban-
che, unlibro comunque da leggere e divo-
rare congusto. Econta niente se contante
loroaffermazioni einvettivesei daccordo,
conaltre unpo meno e conaltre per nien-
te. Il divertimento, quello assicurato.
P.S. Diecimila euro contro uno, sfido il
mio amico Travaglio e ammesso che ne
abbia a scrivere di me sui giornali del-
la sinistra dov di casa con la stessa sim-
patia con cui io scrivo di lui sul Foglio.
Diecimila euro contro uno. Pagabili in
contanti.
UFFA!
di Giampiero Mughini
BERLINO
Al direttore - I giudici del Consiglio di stato
hanno sentenziato che i cartomanti, gli oro-
scopari, i maghi, gli occultisti, i veggenti e i
sondaggisti non detto siano sempre dei ciar-
latani. Per confermare il giudizio hanno pro-
posto Wanna Marchi come senatrice a vita.
Gianni Boncompagni
Al direttore - C un europeo e un islamico
che litigano. L europeo, al colmo del furore:
Lei non sa chi non sono io!.
Maurizio Crippa
Al direttore - Mi risulta che Fiorani sia anco-
ra in carcere. Non mi pare che ora possa inqui-
nare alcuna prova. Il carcere, dicono alcuni,
serve afar dire i nomi. Uno li faed libero. Con-
sorte non e non stato in carcere: hanno fatto
bene perch non poteva inquinare le prove e
probabilmente i nomi da lui non li volevano.
Bruno Calchera, Milano
Alcuni hanno nel destino di essere inter-
rogati, come i Fiorani e i Mills, altri di esse-
re intervistati. Noi preferiamo le interviste
agli interrogatori stringenti che, come scri-
veva plaudente lUnit, spezzano la resi-
stenza dei carcerati. E comunque utile se-
gnalare la differenza tra i due strumenti di
indagine. Grazie.
Al direttore - Gustoso davvero il blob etico an-
dato in onda nella sede romana di Laterza. Lo
avete raccontato con impareggiabile ironia (18
febbraio). Mase lintellettualitdi sinistrasban-
da di fronte al realismo giuridico di Guido Ros-
si, una ragione c. Dalla met degli anni Set-
tanta, il Partito comunista ha usato la questio-
ne morale come arma politica per accelerare la
transizione italiana. Il risultato stato che una
corporazione tecnica la magistratura di-
ventata la suprema guardiana dei nostri costu-
mi. Una volta, poi, entrato irreversibilmente in
crisi il primato del pubblico sul privato, gli ere-
di di Berlinguer si sono appellati alletica. Di
quale eticasi tratti, tuttavia, ancoranon chia-
ro. Nel mercato della modernit ci che si chia-
ma etica pubblica pu mettere capo al massi-
mo a compromessi temporanei tra gli interes-
si divergenti che si esprimono nellapluralitdei
sistemi normativi, nondi rado inconflitto tralo-
ro. Ecco perch le lezioni di diritto di Guido Ros-
si possono mettere sotto scacco il moralismo di
unacertaintellighenziadi sinistra. Il moralismo
tende a confondere ci che politicamente utile
con ci che moralmente giusto. Il rischio che
corre forte: si crede votato alla castit, e qual-
che volta finisce puttana in un bordello.
Michele Magno, Roma
Al direttore - Mi permetta un suggerimento:
prendalaterzanovelladellaprimagiornatadel
Decameron del Boccaccio, Melchidesec giu-
deo con una novella di tre anella cessa un gran
pericolo dal Saladino apparecchiatogli. Sag-
gezza ebraica, senso di giustizia di un nobile
mussulmano, raccontate dal buon senso italia-
no. Lafacciatradurre e introdurre dauno scrit-
tore israeliano e da uno scrittore mussulmano
che abbia la lealt del Saladino e ne faccia un
libretto. Tre anelli sono un bel simbolo di rispet-
to e di tolleranza. E un gesto abbastanza folle
da esser degno di lei.
Marco Fabio Apolloni
Si celebra oggi il rifacitore illuminista del-
la novella, Lessing. Si celebra la libert atea
dallaveritreligiosa, nellincontrotraNathan
il Saggioeil suomodelloMoses Mendelssohn.
Mendelssohn fu banditore dellilluminismo
ebraico, lHaskalah, sostenitore delle virt
dellassimilazione degli ebrei. Si dimentica
che lassimilazione (altro che integrazione
multiculti) fuil blasone della democra-
ziadi Weimar. Segu losterminio.
Si celebra lilluminismo di Lessing, ma si dimentica un dettaglio diabolico
Sontuoso compleanno a Gstaad per
Francesco B. Caltagirone. Pochi e ben
scelti gli invitati nazionali e inter-
nazionali. Torta con 150 candeline,
spente in un soffio dal festeggiato.
Alta Societ
Gerusalemme. LAutoritpalestinese, do-
po linsediamento del nuovo Consiglio legi-
slativo a maggioranza estremista, unau-
torit terrorista. N pi n meno, secondo
il premier israeliano, Ehud Olmert. Le pa-
role contano, stridono. Soprattutto se con-
frontateconquellearrivatequalcheorado-
po, dal leader supremo di quellIran che
vorrebbe cancellare Israele dalla faccia
della terra. La vittoria di Hamas alle ele-
zioni parlamentari stata una divina sor-
presa ha detto layatollah Ali Khamenei
alla delegazione del gruppo terroristico in
pellegrinaggio a Teheran a caccia di soldi
I palestinesi hannodimostratolaloromatu-
ritpoliticavotandoHamas escegliendoco-
s la via della lotta e la resistenza contro i
sionisti. E i soldi da Teheran arrivano, co-
piosi, secondo il ministro israeliano della
Difesa, Shaul Mofaz, e cos anche dai cosid-
detti paesi non allineati, che passano at-
traverso Cuba e il Venezuela, soldi che non
possono compensare i fondi satanici del-
lAmerica, masono, dal puntodi vistadi Ha-
mas, ben pi affidabili.
La questione dei soldi dirimente. Fa la
differenza tra chi esercita una forma di de-
terrenzaechi no. Rispettoi palestinesi per
la loro decisione democratica di eleggere
Hamas, ma devono capire che nelle demo-
crazieesistonodegli obblighi, spiegaal Fo-
glio Marina Solodkin, candidata nella lista
di Kadima, il partito ora guidato da Olmert
e fondato dallex premier, Ariel Sharon. La
linea del partito questa, non c molta
scelta: Il sostegno ai palestinesi deve con-
tinuareattraversoleong chepassanoper le
Nazioni Unite e la Croce rossa spiega So-
lodkin ma se Hamas continua a non voler
riconoscere Israele non c alternativa alla
sospensione dei finanziamenti. Il governo
di Gerusalemme ha congelato i fondi, Con-
doleezza Rice, segretario di stato america-
noinviaggioinmediooriente, hachiestoal-
lAnp di restituire anche i 50 milioni di dol-
lari gi stanziati, ripetendo che con i terro-
risti non si tratta.
Nellagendadi viaggiodi Condi, il dossier
nuclearedellIraneil governodi Hamas so-
no al primo posto: in Egitto, in Arabia Sau-
dita e negli Emirati arabi Rice andr chie-
dendo la linea della fermezza. Il fronte del-
la deterrenza si compatta cos, dicendo
con le parole del Wall Street Journal che
la riduzione dei fondi non una forma di
punizione, una forma di educazione.
Chi ladeterrenzanonsaapplicarla, inve-
ce, sta di casa in Europa o al Palazzo di Ve-
tro. Al grido non possiamo dimenticare i
palestinesi comeharipetutonellasuavi-
sita meridionale il ministro degli Esteri di
Bruxelles, Javier Solana i fondi, in qual-
che modo, arrivano, pur se le precondizioni
il riconoscimento dIsraele soprattutto
nonsonosoddisfatte. LaLegaarabastapre-
parando il suo progetto di finanziamento e
ieri linviato onusiano in medio oriente, Al-
varo de Soto, ha definito il congelamento
delle rimesse fiscali voluto da Olmert pre-
matureeinopportune. Mail governodi Ge-
rusalemme non si scompone. Se Hamas
non riconosce il nostro diritto di esistere
spiega Solodkin pu anche dimenticarsi
della soluzione dei due stati vicini.
Abu Mazen e le consultazioni
Leripercussioni sullacampagnaelettora-
le israeliana si sentono. Il Likud cresce nei
sondaggi, il dibattitosullunilateralismoela
definizione dei confini diventa aspro. So-
lodkin ne parla con cautela, dice di aver vo-
tato a favore del disimpegno da Gaza, spie-
ga che lunilateralismo una delle alterna-
tive pi praticabili, ma sottolinea che altri
ritiri nonsonoal momentogidecisi, leco-
se sono troppo cambiate dopo il voto pale-
stinese. Olmert il politico pi intelligen-
te del paese, lo definisce con enfasi So-
lodkin cercanellaquestioneeconomicala
prima risposta, in accordo con gli Stati Uni-
ti. La strategia di Kadima fatta per mante-
nere, almeno per ora, come interlocutore
AbuMazen, cheieri serahaincontratoil fu-
turo premier palestinese, Ismail Haniye,
per le prime consultazioni di governo, alle
quali il Jihad islamico firma degli ultimi
attentati a Israele ha gi espresso il suo
rifiuto. Hamas punta a una coalizione col
partitodel presidenteinmododapoter con-
tare su qualche punto in pi di credibilit.
Questo gioco di pretesti e paraventi fini-
sce per favorire i piduri di Israele, i mem-
bri del Likud guidato da Benjamin Ne-
tanyahu, chesostengonodi esserecirconda-
ti dallHamastan, comelhadefinitoil lea-
der del Likud, un coacervo di forze che fa
capo al gruppo islamista ma che colleziona
fondi e ideologie di gran parte del mondo
musulmano. Che ieri, infatti, stato richia-
mato a metter mano al portafoglio da Tehe-
ran per costruire una rete di finananzia-
menti alternativa a quella esistente finora.
Amy K. Rosenthal
Lasorellamusulmanaradiata, laresadi Oslo, lashariainglese
Era stata lei, due mesi prima, a minacciare
il governo di Copenaghen dopo che le pre-
sunte vignette oltraggiose erano gi state ri-
pubblicateinEgittodal quotidianoal Fager,
senza scatenare alcuna reazione di porta-
reil casoallattenzionedellefolleislamiche
di tuttoil mondo. Sonomoltooffesadaquei
disegni e molto arrabbiata, diceva. E met-
teva in guardia dal non sottovalutare il po-
teredel mondoislamico, anchequandovuo-
le fare un boicottaggio economico. E stata
lei, infine, a procurare i contatti con la Lega
araba al Cairo a quella delegazione di reli-
giosi chehacompiutoil tour inmedioorien-
teper aizzarelefolle, eaprocurareloroi vi-
sti per spostarsi. Anche se lei nega che ci
fosse una strategia concordata, lo stesso
imamdi Copenaghen, AbuLaban, dacui tut-
to partito, a smentirla: Lambasciata egi-
ziana ha giocato un ruolo fondamentale.
Lanotiziadel ritirodi MonaAttiapassa-
ta in sordina, senza lenfasi che invece sta-
ta posta sullo sdegno diplomatico inscenato
finora dai paesi islamici, con ambasciate in
occidentechiuseepersonalediplomaticori-
tirato. Mail trasferimentodi Attia, oltrease-
gnalare la voglia di chiudere le ostilit, tra-
disce di nuovo il coinvolgimento che c sta-
to ad alto livello per alimentare il caso.
Il modello di capitolazione pidrammatico,
quello verso cui idealmente tendono i fo-
mentatori delle violenze antivignette, sta-
to gi offerto dalla Norvegia. Per giorni il
direttore del piccolo periodico Magazinet,
Velbjrn Selbekk, che per primo aveva ri-
pubblicato i disegni sul Profeta, aveva re-
sistito alla pressione montante dei musul-
mani che lo minacciavano di morte se
non avesse chiesto scusa e dellestablish-
ment politico, che da lui pretendeva la
stessa cosa. Ma il 10 febbraio scorso il
giorno prima di una programmata manife-
stazione di massa il ministro del Lavoro
e dellIntegrazione sociale, Bjarne Hakon
Hasse, ha indetto una conferenza stampa
di riparazione nella sede del governo. Per
la delusione dei suoi sostenitori, Selbekk
ha presentato scuse ufficiali. Al suo fianco,
ad accettare latto di contrizione in rappre-
sentanza di 46 organizzazioni musulmane,
cera Mohammed Hamdan, capo del Consi-
glio islamico norvegese, e numerosi mem-
bri del governo. E stato Hamdan a perdo-
nare il giornalista e a dichiarare che da
quel momento era sotto la sua protezione,
come se fosse lui e non il ministero dellIn-
terno di Oslo il garante della sicurezza dei
norvegesi.
Lintegrazione e la dittatura secolare. Se-
condo un sondaggio pubblicato domenica
dal Telegraph, quattro su dieci musulmani
inGranBretagna vogliono che la legge cora-
nica entri in vigore in parti del paese. Gli
esperti non sono sorpresi. Patrick Sookhdeo
direttoredegli studi islamistici delluniver-
sit di Londra, ed ex musulmano egli stesso,
che diversi anni fa aveva avvertito la pros-
sima ondata dellislamradicale inInghilter-
ra comprender attentati suicidi dice che
nei prossimi dieci anni la comunit si iso-
ler ancora di pi. Per molti suoi leader
qui da noi, il fatto che in Inghilterra le vi-
gnettenonsianostatepubblicaterappresen-
ta una chiara vittoria degli attentati del 7 lu-
glio. Taiji Mustafa, portavoce di Hitzb ut
Tahir, un movimento che il premier T ony
Blair intendeva mettere al bando dopo le
stragi, scettico sul sondaggio del T ele-
graph, perch la sharia dice al Foglio
funziona soltanto quando tutta la societ la
applica interamente. Ma Harris Bokhari
dellaMuslimAssociationof Britain, unafor-
mazione esclusa dalla tavola rotonda post 7
luglioperchtropporadicale spiegache
giusto permettere ai britannici di sottomet-
tersi alla sharia. Integrazione dice al Fo-
glio nonpuvoler diredittaturasecolare.
Diplomazia incendiaria. Lambasciatrice
egiziana in Danimarca, Mona Omar Attia,
stata ritirata due giorni fa e sar spedita in
Sudafrica. Non ci sono spiegazioni ufficiali,
ma la ragione chiara. Il governo del Cairo
vuole arrivare in fretta alla fine del solleva-
mento islamista che ha preso a pretesto le
vignette danesi, e chiudere la parentesi del-
le violenze religiose. Insieme col regno sau-
dita, lEgitto il partner darea pi costante
per gli Stati Uniti, e non un caso che le
piazze dei due paesi arabi siano state di
gran lunga le pi sobrie nelle manifestazio-
ni, molto pi di quella londinese. Persino
lopposizione in mano soprattutto ai Fra-
telli musulmani in cerca di legittimazione
ha interesse a mettere a freno le proteste e
riportare le cose alla calma precedente.
Neutralizzare lambasciatrice Attia un
passodovuto. E statalei loscorso3 febbraio
un venerd di preghiera, nel mezzo della
crisi dopo un incontro di scuse tra il gover-
no danese e gli ambasciatori dei paesi isla-
mici, a dire che la risposta del primo mini-
stro, Anders Fogh Rasmussen, era insuffi-
ciente e che il suo paese dovrebbe fare di
pi per placare lintero mondo islamico.
Nessuno al mondo disse pu far crede-
re di non poter intervenire sui suoi media.
ANNO XI NUMERO 44 - PAG I IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006
La forza
Israele congela i fondi a Hamas,
lOnu lo critica, lEuropa anche.
Il Jihad islamico fuori dal governo
L
ultima finestra di opportunit prima
delle sanzioni si aperta ieri a Mosca
con ambizioni modeste, ma a T eheran c
motivo di ritenere che la partita non sia
perdutaei suoi emissari continuanoimper-
turbabili a dettare condizioni. In visita a
Bruxelles per incontrareil capodelladiplo-
mazia dellUnione europea, Javier Solana,
e i rappresentanti della troika europea, il
ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr
Mottaki, ha criticato la mancanza di dispo-
nibilitdegli europei, messoinguardiadal-
luso punitivo del Consiglio di sicurezza e
confermato che lIran non receder di un
millimetro dai suoi criteri per il compro-
messo. Tanta sicurezza da parte di Mottaki
del resto giustificata dallAgenzia atomi-
ca: perch rassegnarsi a una pur parziale
capitolazioneriguardoal congelamentodel-
le attivit di arricchimento delluranio,
quando i paladini dellappeasement sono
pronti a riconoscere le ragioni dellorgoglio
iraniano? Perch cedere ai poco convinti
aut aut russi, quando il premio Nobel
MohammedElBaradei insistenellassicura-
re garanzie di sicurezza allIran, sminuisce
lintransigenza transatlantica e fa sapere,
attraverso la solita gola profonda, che al-
lo studio lipotesi di un progetto pilota per
larricchimento su piccola scala nella cen-
traleiranianadi Natanz? Per ladirigenzadi
Teheran i segnali che arrivano da V ienna
sono promettenti, rappresentano ha detto
il ministro Mottaki un passo avanti verso
laccettazione dellarricchimento dellura-
nio in Iran. Forte di questo autorevole
avallo, il ministro Mottaki ha chiarito che
anche in caso di accordo con i russi conti-
nueremo con la cooperazione dal punto in
cui siamo adesso, ossia lo sviluppo della ri-
cercacontinuer. AMoscail capodellade-
legazione iraniana, Ali Hosseinitash, ha
confermato: non c alcun legame tra la
proposta russa e una moratoria sullarric-
chimento delluranio. Galvanizzati da El-
Baradei e dal tempismo dei partner cinesi
nel rinnovare linteresse per i giacimenti di
Yadavaran proprio nel pieno della minac-
cia-sanzioni, lIran sfugge allisolamento e
trova conferme alla sua strategia.
Lundicesima ora degli iraniani
Non so come finir ma non sar facile
aveva detto alla vigilia dei colloqui con gli
iraniani il ministro degli Esteri, Sergej La-
vrov. E finita con lIran che fa le pulci alla
propostarussaeMoscaprontaatuttopur di
dimostraredi aver fattoil possibileper por-
tareacasail risultato. Sonotrei desideri di
Teheran: far partecipare i propri scienziati
alle attivit nelle centrali russe, continuare
a condurre in Iran operazioni di arricchi-
mento su piccola scala per scopi di ricerca
e coinvolgere paesi terzi, in primo luogo gli
alleati cinesi, nelleventuale joint venture.
In merito alla prima richiesta i russi sono
per ora restii a concessioni frettolose, ri-
guardo alla terza sono possibilisti ma evasi-
vi. Alla seconda questione i russi hanno fi-
nora detto no di concerto con la troika ue
e Washington ma ElBaradei ha rimescola-
tolecarteenondaescluderecheloabbia
fatto con la benedizione del Cremino. Se-
condo Anton Khlopkov , vicedirettore del
think tank Pir, in fondo la Russia e i part-
ner europei potrebbero anche accettare
chelIranporti avanti laconversionedellu-
ranio a patto che poi venga tracciata una li-
nearossaper larricchimento. Unaposizio-
ne avvalorata dalle promesse del ministro
degli Esteri, Lavrov. Quandolafiduciadel-
la comunit internazionale sar ristabilita,
bisogner tornare alla questione del diritto
per lIran di portare avanti la ricerca nu-
cleare a scopo pacifico.
Secondo fonti iraniane Mosca avrebbe
garantito a Teheran che, superata lattuale
fase di sospetto della comunit internazio-
nale, il Cremlinosi adopererper far accet-
tare larricchimento in Iran. C chi crede,
come Leonid Ivachov dellIstituto geopoliti-
corusso, chelIranvadarassicurato: Temo-
no che da un momento allaltro noi smette-
remo di fornire combustibile per la centra-
le di Bushehr. Dobbiamo fornire garanzie
sufficienti. Non ancora il momento degli
ultimatum. E scoccata lundicesima ora,
ma Teheran non mai a corto di avvocati
difensori. Altre finestre di opportunit at-
tendono lIran. Il prossimo banco di prova
delle intenzioni russe sar gioved a Tehe-
ran, con la missione del capo dellagenzia
atomica russa Rosatom, Sergei Kirienko.
Tatiana Boutourline
La farsa
ElBaradei sminuisce lintrasigenza
europea sul nucleare. Teheran a
Mosca fa le pulci alla proposta russa
LA RABBIA E LIMBROGLIO
Il gruppodi islamisti anti Gheddafi che andatoalezione dabinLaden
ghanistan negli anni Ottanta. Dopo la scon-
fittadellArmatarossa, granpartedei super-
stiti torn in patria, cominciando a predica-
re la rivolta contro il regime socialista di
Gheddafi. I veterani pifidati seguironolal-
lora sconosciuto Osama bin Laden, che li
aveva finanziati durante il jihad contro i so-
vietici dal suo esilio in Sudan. I reduci del-
lAfghanistansi affidarono alla rete dei Fra-
telli musulmani eagli insegnamenti di Hizbt
ut Tahir, movimento fondamentalista che
trov base a Londra e Manchester. La Gran
BretagnaerainfuriataconGheddafi acausa
del Boeing dellaPanAmfattosaltareinaria
dai suoi agenti segreti nei cieli di Lockerbie,
nel 1988. Nel 1995, conlappoggiofinanziario
di bin Laden e le armi provenienti dal Su-
dan, i veterani dellAfghanistanfondaronoil
Gruppo islamico combattente libico, che vo-
leva rovesciare il Colonnello. Osama si era
impegnato a pagare 50 mila dollari per ogni
militanteuccisodamartire. Grazieallaco-
stola pi moderata, radicata in Inghilter-
ra, i ribelli islamici ottennero quantomeno
il beneplacitodei servizi inglesi. Alcunefon-
ti parlano di finanziamenti per far fuori
Gheddafi. Nel settembre del 1995 scontri
sanguinosi esploseroproprioaBengasi eun
anno dopo i radicali islamici tentarono di
uccidere Gheddafi. Ci riprovarono nel 1998:
il Colonnello, ferito, si salv grazie al sacri-
ficio di molte delle sue famose amazzoni, le
guardiedel corpodonne. Gheddafi nonesit
a usare laviazione per snidare i ribelli na-
scosti fra le montagne del nord e alla fine
degli anni Novanta la rivolta fondamentali-
sta era stata soppressa nel sangue.
I resti del Gruppo armato libico scelsero
di seguirebinLadennellavventuraafghana.
I volantini del movimentoanti Gheddafi, che
propagandavano di abbattere il Colonnello,
bollato come apostata, sono stati trovati nei
campi di addestramento di al Qaida alle
portedi Kabul. Sullosfondoceranoil deser-
to libico e le palme, assieme agli ultimi mo-
delli di mitragliatori. Ibn Sheik al Libi era
un libico responsabile del grande campo di
addestramento afghano di Khalden. Abu
Anas al Libi eracoinvoltonel 1998 nellapia-
nificazionedegli attentati di al Qaidacontro
le ambasciate americane in Kenia e T anza-
nia. Combattal fiancodi al Zarqawi inIraq,
primadi essereuccisonellottobre2004. Nel
maggio dello scorso anno fu arrestato dai
servizi di Islamabad, in collaborazione con
la Cia, Faraj al Libi, numero tre di al Qaida.
Indicato come il responsabile dei falliti at-
tentati al presidente pachistano, Pervez Mu-
sharraf, si nascondeva sul confine afghano,
esi fregiavadel nomedi battagliail libico.
Il timore dei fondamentalisti convinse
Gheddafi adistanziarsi dai terroristi palesti-
nesi cheavevaappoggiatoeaunirsi allocci-
dentenel combattereal Qaida. Gli Stati Uni-
ti inserirono, soltanto due anni fa, il Gruppo
combattente libico nella lista nera del di-
partimento di stato. In Gran Bretagna la fa-
zione pi moderata del movimento non ope-
ra pi alla luce del sole, ma ancora attiva.
Il vecchio asse con i Fratelli musulmani
stato rinsaldato e non tutte le cellule del
gruppoarmatosonostatesmantellate. Per le
strade di Bengasi protestano i giovani scon-
tenti e senza lavoro delle moschee. Nellas-
salto al consolato italiano portavano attorno
alla testa la fascia verde dellislam, che in-
neggia al martirio in nome di Allah.
Fausto Biloslavo
S
econdo fonti diplomatiche italiane, gli
scontri a Bengasi, in Libia, non si sono
fermati. La maglietta dellex ministro della
Lega, RobertoCalderoli, diventasemprepi
quel che gi sembrava: un pretesto. Il mini-
strodegli Esteri, GianfrancoFini, hadichia-
rato che le violenze di Bengasi riguardano
anche il tentativo in atto di destabilizzare il
regime di Gheddafi. I saccheggi e gli scon-
tri al consolato italiano in Cirenaica sono
lultimaespressionedi unasituazioneesplo-
siva, fomentata dai Fratelli musulmani del
vicino Egitto e dal Gruppo islamico combat-
tente libico, che fa parte di al Qaida.
La rinascita politica dei Fratelli musul-
mani in Egitto si riflette sui paesi vicini, co-
me la Libia, unita da un confine poroso e
difficile da controllare. Seif el Islam, il fi-
glio-delfino politico del colonnello Ghedda-
fi, ha sottolineato che almeno quattro delle
undici persone uccise venerd a Bengasi
eranoegiziani epalestinesi. I pericoli fonda-
mentalisti per il regime di Gheddafi sono,
per, ben pi recenti e hanno avuto inizio
con i circa 500 volontari della guerra santa
che andarono a combattere i sovietici in Af-
Hirsi Ali sappella ai dissidenti dellislam e rivendica il diritto di offendere
le aziende danesi hanno subito per colpa
del boicottaggio. La libert di parola non si
ottiene gratis. Vale la pena spendere qual-
che milione di euro per difenderla ().
La condanna di Rushdie
Qualevantaggiohaportatolapubblicazio-
ne delle vignette? Ecco: ha dimostrato che
esisteunadiffusapauratraautori, registi, vi-
gnettisti e giornalisti che vorrebbero descri-
vere, analizzare o criticare gli aspetti intol-
leranti dellislam che si sono diffusi a mac-
chia dolio in tutta lEuropa. Ha rivelato la
presenza in Europa di una significativa mi-
noranza che non comprende e che non di-
spostaadaccettarei principi ei meccanismi
della democrazia liberale. Queste persone,
molte delle quali hanno la cittadinanza eu-
ropea, hanno fatto numerosi proclami in fa-
vore della censura, del boicottaggio, della
violenza e di leggi per proibire lislamofo-
bia. Levignettehannodimostratochevi so-
no paesi pronti a violare le regole della di-
plomaziaper ragioni di opportunitpolitica.
Governi dispotici emalvagi comequellodel-
lArabia Saudita inscenano falsi movimenti
popolari per boicottare il latte e lo yogurt
danesi, mentre cercano di reprimere senza
piet qualsiasi movimento popolare che ri-
chiedail dirittodi voto. Oggi sonoqui per di-
fendere il diritto di offendere, nel rispetto
dei limiti imposti dalla legge. Perch Berli-
no? Perch proprio io?
Berlino una citt con una storia caratte-
rizzata da numerose sfide ideologiche sfer-
rate contro la societ aperta. Questa la
cittdoveunmurohatenutouninteropopo-
lo chiuso dentro i confini dello stato comu-
nista(). Qui i dissidenti fuggiti dallest han-
nopotutoscrivereromanzi, girarefilm, dise-
gnare vignette e usare la propria creativit
per convincere una parte del mondo occi-
dentale che il comunismo era tuttaltra cosa
che il paradiso sulla terra. () Quella batta-
gliastatavinta. Oggi lasocietapertami-
nacciatadallislamismofondatodaMaomet-
to, un uomo vissuto nel settimo secolo della
nostra era e considerato un profeta. Molti
musulmani sono persone del tutto pacifiche
enienteaffattofanatiche. Per quel chemi ri-
guarda, hanno tutto il diritto di essere fede-
li alle proprie convinzioni. Ma allinterno
dellislam c un movimento estremista che
rifiuta le libert democratiche e vuole di-
struggerle. Gli islamisti cercanodi convince-
re gli altri musulmani che il loro stile di vi-
ta il pi giusto. Ma quando cercano di
esporre i difetti negli insegnamenti di Mao-
metto gli oppositori dellislamismo sono ac-
cusati di essereoffensivi, blasfemi, irrespon-
sabili o addirittura islamofobi e razzisti. ()
Si tratta di un conflitto di idee che trascen-
de i confini e le razze.
Perch io? Sono una dissidente, come i
berlinesi che abitavano nella parte orienta-
le della citt e che fuggirono in occidente.
Anchio sono fuggita inoccidente. Sono nata
inSomaliaesonocresciutainArabiaSaudi-
ta e inKenya. Per molto tempo sono rimasta
fedele ai principi guida stabiliti dal profeta.
Come le migliaia di persone che hanno di-
mostrato contro le vignette danesi, ritenevo
che Maometto fosse perfetto, la sola fonte e,
anzi, il solo criterio di giudizio fra il bene e
il male. Nel 1989, quando condann a morte
Salman Rushdie per avere offeso il profeta,
ritenni che Khomeini avesse fatto bene. Ora
non pi. Penso che il profeta abbia sbaglia-
to nel porre se stesso e le proprie idee al di
sopradi ogni critica. Pensocheil profetaab-
bia sbagliato nel subordinare le donne agli
uomini. Penso che il profeta abbia sbagliato
nel decretarechegli omosessuali devonoes-
sereuccisi. Il profetahasbagliatoadireche
gli apostati devono essere uccisi, che le
adulteredevonoesserelapidateechelema-
ni dei ladri devono essere tagliate. Ha sba-
gliato a dire che coloro che muoiono per la
causa di Allah saranno ricompensati con il
paradiso. Ha sbagliato a dire che una so-
ciet giusta poteva essere costruita soltanto
a partire dalle sue idee. Il profeta ha detto e
fatto cose molto buone. Ha incoraggiato gli
altri alla carit. Ma bisogna riconoscere che
era anche irrispettoso e insensibile nei con-
fronti di colorochenoneranodaccordocon
lui. Pensochesiagiustogirarefilmepubbli-
care vignette critiche su Maometto ().
Non bisogna sottomettersi
Non intendo offendere il sentimento reli-
gioso, ma neppure sottomettermi alla tiran-
nia. Esigere che le persone che non accetta-
no gli insegnamenti di Maometto si astenga-
no dal raffigurarlo non una richiesta di ri-
spetto, ma un ordine di sottomissione. Non
sono lunica dissidente dellislam. Qui in oc-
cidente ci sono molte persone come me. ()
Altre sono a Teheran, Doha, Riad, Amman,
Il Cairo, Khartum, Mogadiscio, Lahore e Ka-
bul. () Ci rifiutiamo di lasciarci trascinare
in una frenesia di violenza collettiva. Come
numero siamo ancora troppo pochi e troppo
dispersi per costitutire alcunch di colletti-
vo. () Gli avversari useranno la forza per
chiuderci labocca. Ricorrerannoaogni tipo
di manipolazioni e diranno di essere stati
mortalmente offesi. Diranno che noi siamo
deboli di mente e che non bisogna prender-
ci sul serio. Anche i difensori del comuni-
smo hanno usato questi metodi. Berlino la
citt dellottimismo: qui il comunismo fal-
lito e il muro stato abbattuto. () Sono ot-
timista e confido che un giorno sar abbat-
tuto anche quel muro virtuale che separa i
sostenitori della libert da coloro che soc-
combono alla seduzione e alla apparente si-
curezza delle idee totalitaristiche.
(traduzione di Aldo Piccato)
Pubblichiamo il discorso che la depu-
tata olandese, Ayaan Hirsi Ali, lamica-
collega del regista assassinato Theo van
Gogh, ha tenuto il 9 febbraio a Berlino.
S
ono qui per difendere il diritto di offen-
dere. Sono convinta che quella vulnera-
bile impresa chiamata democrazia non pos-
sa essere realizzata senza la libert de-
spressione, in particolare sui media. I gior-
nalisti occidentali nonpossono rinunciare a
questa libert, che in altre aree del pianeta
negata. Il Jyllands Postenhafattounascel-
tagiustapubblicandolevignettesuMaomet-
to ed stato altrettanto giusto ripubblicarle
su altri giornali di tutta Europa.
Ripercorriamo la storia di questa vicen-
da. Lautore di un libro per bambini sul pro-
fetaMaomettononriuscivaatrovareunillu-
stratore, perchtutti si autocensuravanoper
paura di subire la violenta vendetta dei mu-
sulmani, secondo i quali nessuno ha il per-
messo di raffigurare il profeta. I giornalisti
del Jyllands Postendeciserodi indagarepi
a fondo, ritenendo giustamente che una si-
mile autocensura aveva conseguenze di
grande portata per la democrazia. Come
giornalisti, avevano il dovere di pubblicare
le vignette su Maometto. () Sono convinta
che il primo ministro danese Anders Fogh
Rasmussenabbia agito giustamente quando
ha rifiutato di incontrare i rappresentanti
dei regimi tirannici che gli chiedevano di li-
mitare la libert di stampa. () E un esem-
pio per gli altri leader europei. Vorrei che il
mioprimoministroavesselostessofegatodi
Rasmussen. Vergogna a tutte le aziende eu-
ropee confiliali inmedio oriente che hanno
detto non siamo danesi e non vendiamo
prodotti danesi. Questa pura codardia. Il
cioccolato della Nestl non avr pi lo stes-
so gusto, vero? Gli stati membri dellUnione
europea dovrebbero risarcire il danno che
Prodi e il Colonnello, storia di un idillio fatto di sdoganamenti e telefonate
impegnarsi per iscritto ad accettare le re-
gole del processo di Barcellona: inserire la
Libia nel solco Euro-mediterraneo lidea
del presidente della Commissione per por-
tare prosperit economica e stabilit politi-
ca in tutta la regione. Non ho intenzione di
chiedere lautorizzazione a nessuno, ag-
giunge Prodi. Pochi giorni dopo, i ministri
degli Esteri, divisi tra sarcastici e sdegnati,
bocciano allunisono le aperture alla Libia.
Nonostantelabacchettataufficiale, Prodi
continua a preparare il primo incontro uffi-
ciale previsto al vertice euroafricano del
Cairo, nellaprile 2000. A poche ore dallini-
zio della riunione, Gheddafi accoglie Prodi
nellasuatenda: Accettiamosenzacondizio-
ni i principi su cui si basa la Conferenza Eu-
ro-mediterranea. Sbrigativamente Prodi
commentaentusiastaquestopassodecisivo
per il dialogo non soltanto con lEuropa ma
con tutto loccidente. Ma costretto a
unimbarazzante marcia indietro quando il
Colonnello, sul palco del vertice, ringrazia
cos ladisponibilitprodiana: Lasciateci in
pace perch le nostre idee e la nostra cultu-
ra differiscono dalla vostra. La democrazia?
Non ne abbiamo bisogno. Loccidente? Non
pu obbligare lAfrica del nord a parlare
con lEuropa attraverso il processo di Bar-
cellona. LUnione europea? Non pu detta-
re condizioni. Il portoghese Antonio Guter-
res, presidente di turno dellUe, dice che,
dopo questo vertice, lattitudine dellEuro-
pa non sar mai pi la stessa.
Quando la Libia eletta alla presidenza
della Commissione diritti umani dellOnu,
gli Stati Uniti protestano, lUesi limitaafra-
si di circostanza. Per Prodi ogni occasione
buona per parlare con il Colonnello, come
nel giugno2003, quandodiscutonoalungo
su come bloccare il traffico di esseri uma-
ni. Nei mesi successivi continuano gli sbar-
chi dei clandestini provenienti dalla Libia,
cos come le telefonate di auguri in occasio-
ne di feste cristiane e musulmane. I ricor-
renti viaggi a Tripoli del capo gabinetto del
presidentedellaCommissione, StefanoMan-
servisi, alimentano la speranza di accoglie-
re il colonnello a Bruxelles. Fino al 27 apri-
le del 2004, quando la visita storica pu
aver luogo: Gheddafi gi stato sdoganato
da altri Tony Blair e Silvio Berlusconi so-
no i primi a recarsi a Tripoli dopo al rinun-
cia alle armi di distruzione di massa ma
per Prodi comunque un grande giorno.
Nei palazzi della Commissione gli conce-
dono tutto: dalle regole protocollari il lea-
der libicoaccompagnatodallesueamazzo-
ni-guardie del corpo al menu del pranzo
ufficiale niente vino fino alla museruola
dei media niente domande. Voglio espri-
mere la mia gratitudine al mio fratello Pro-
di, il commento di Gheddafi al termine
dellincontro. Un altro gesto di gratitudine
arrivadieci giorni dopo: sei medici bulgari
accusati da Gheddafi di aver iniettato il vi-
rus Hiv a426 bambini sumandatodellaCia
o del Mossad sono condannati a morte. E
il processo di Barcellona, cui il Colonnello
doveva aderire grazie allo storico incontro
conProdi? Aoggi, la Libia ancora osserva-
tore esterno.
Bruxelles. Alla testa della Commissione
europea, Romano Prodi ha avuto una sola
grande ossessione di politica estera: sdoga-
nare Gheddafi. Sorride un anonimo diplo-
maticoeuropeo, commentandolaletteracon
cui Prodi, su Repubblica, ha elencato le
gravi colpe di Berlusconi sui fatti di Ben-
gasi. Sembra unautocritica, ironizza il di-
plomatico. Nei suoi cinque anni da presi-
dente dellesecutivo europeo, Prodi ha fatto
di tutto per restituire una verginit interna-
zionale al suo amico Colonnello: telefonate
(come anche nel weekend passato), inviti,
emissari, promesse, incontri.
Lidillio ha inizio, con una serie di telefo-
nate amichevoli, poche settimane dopo lin-
sediamento ufficiale di Prodi a Bruxelles.
Le relazioni con la Libia sono congelate per
il caso Lockerbie, il suo terrorismo di stato
e i tentativi di destabilizzare il continente
africano. MaProdi, nei primi giorni del 2000,
lancia a Gheddafi un inaspettato e inspera-
toinvito nellacapitaleeuropea. LUenon
pone condizioni a Tripoli spiega eccetto
IL FOGLIO quotidiano
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ISSN 1128 - 6164
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S
empre pi spesso assolti i colpevoli e
condannati gli innocenti. I tempi del
processo penale biblici. Regna la prescri-
zione. Quale rimedio? Sicuramente, se le
cose non vanno bene, c un sistema di nor-
me che pu e deve essere cambiato per ac-
celerare i tempi del processo penale, ma
deve esserci anche una maggiore resposa-
bilizzazione da parte di chi i processi li ce-
lebra. La riforma dellordinamento giudi-
ziario un significativo passo in avanti per
avere una magistratura pi preparata e
professionale, meno soggetta a errori giu-
diziari, meno politicizzata. Sicuramente
non bisogna lasciare listituto della pre-
scrizione in mano ai giudici, ma fermare-
stando lobbligatoriet dellazione penale,
dovrebbe essere il Parlamento a indicare i
reati che devono essere perseguiti in via
prioritaria in quanto particolarmente of-
fensivi per i cittadini. La pubblicazione de-
gli atti dindagine. Le intercettazioni. Il
processo sui media. Una patologia da ri-
muovere. Come? Bisogna intervenire sulla
spettacolarizzazione della giustizia e sui
processi celebrati sui giornali e non nelle
aule dei tribunali, accertando le responsa-
bilit e sanzionando chi non rispetta le
norme. In questo senso si dovrebbero pen-
sare a delle sanzioni, non solo per i gior-
nalisti, ma anche per i responsabili degli
atti di indagine, come polizia giudiziaria,
cancellieri e magistrati, e in genere tutti
coloro che hanno accesso agli atti di inda-
gine e che si rendono responsabili di tra-
smettere tali atti agli organi di stampa. Un
numero sterminato di reati. Contenuti nel
codice penale, leggi e leggine. Ununica pe-
na. Il carcere. Ce un futuro diverso? La si-
tuazione non proprio quella descritta
perch nel nostro ordinamento peniten-
ziario c la previsione di norme alternati-
ve alla detenzione; si tratterebbe come nel
progetto di riforma Nordio di inserirle,
semmai, nel Codice Penale come possibili
scelte allinizio da parte del magistrato che
commina la sentenza di condanna.
Il carcere deve restare come extrema
ratio e come sanzione penale necessaria
per chi commette reati particolarmente
gravi e per tutti coloro che sono pericolosi
socialmente.
Magistratura autoreferenziale
Occorre, inoltre, proseguire nellopera
di depenalizzazione per tutte quelle fatti-
specie delittuose che sono retaggio tante
volte di uno stato illiberale. Penso ai reati
di opinione, dove occorre terminare liter
gi intrapreso, o a quei reati che per as-
senza di offensivit sarebbe pi efficace
punire con una sanzione diversa da quel-
la penale. Giudici e avvocati, non godono
pi di nessuna stima. Il termine Giustizia
ormai un miraggio. Come recuperare la
fiducia persa? Effettivamente assistiamo
oggi a un modo di amministrare la giusti-
zia sempre pi lontano dal comune senti-
re della gente, nonostante che nelle aule
italiane ci sia scritto che La giustizia
amministrata in nome del popolo. Sen-
tenze shock, rimessa in libert di perico-
losi criminali, un garantismo sempre pi a
favore di chi i reati li commette rispetto a
chi i reati li subisce.
La Lega Nord ha due soluzioni:
Primo. Porre rimedio allautoreferen-
zialit della magistratura attraverso la
previsione di un organismo esterno al Csm
che si occupi di sanzionare i comporta-
menti illeciti dei magistrati. Perch non
possibile che oggi controllori e controllati
si identifichino nella stessa categoria. E
stato fatto un referendum sulla responsa-
bilit civile dei magistrati. Che fine ha fat-
to? Secondo. Elezione diretta da parte del
popolo dei pubblici ministeri. Un magi-
strato della pubblica accusa espressione
del territorio e quindi pi vicino ai citta-
dini. Il carcere. Luogo che non rieduca.
Umilia. Le celle scoppiano. Una tragedia
dal continuo peggioramento. Che fare ?
Continuare nella strada intrapresa dal
ministro Castelli: costruire nuovi peniten-
ziari, pi moderni e con circuiti differen-
ziati per lesecuzione della pena. Unat-
tenzione dovr essere necessariamente
data alla triste situazione dei detenuti in
attesa di giudizio, prevedendo strutture di-
verse dal carcere e che comunque adem-
piano alle finalit della misura cautelare,
per non minare il principio della sicurez-
za dei cittadini. Attuare accordi bilaterali
per far scontare ai detenuti extracomuni-
tari la pena a casa propria. In questo sen-
so penso che si debbano intensificare e
migliorare gli accordi con i paesi balcani
e quelli nordafricani. Si rende inoltre ne-
cessario applicare la Bossi-Fini, che con-
sente di convertire le pene fino a 2 anni
con lespulsione, e studiare anche la pos-
sibilit di estendere fino a tre anni tale li-
mite di pena. Infine si deve pensare al la-
voro come forma per i detenuti di ottene-
re un regime penitenziario diverso.
Il dramma delle detenute con figli di et
inferiore ai tre anni. Che fare? Linteresse
dei bambini prioritario; occorre pensare
a strutture protette idonee alternative al
carcere attraverso il doveroso coinvolgi-
mento degli enti locali.
Carolina Lussana
responsabile giustizia Lega Nord
Pisapia (Prc)
La reclusione non rieducativa,
spesso solo umiliante. Servono
amnistia e pene alternative
Lussana (Lega)
I pubblici ministeri vanno eletti
dai cittadini, il Csm va controllato
(e sanzionato) da un organo esterno
D
alle indicazioni programmatiche dei
partiti che si contendono il governo
del Paese ci si aspettava forse un grado di
concretezza e di specificit superiori a
quelli di semplici richiami a postulati e
propositi dallincerta definizione.
Garanzie separate dai formalismi nel
processo penale? Nessuno lo contesta. Ma
quali sono le une e quali gli altri? Per lo
pi dipendono dalla stessa norma, che ta-
lora assicura una ineludibile tutela e ta-
laltra pu risolversi in un inutile intral-
cio. Come distinguere? Indicare la mta
non equivale, evidentemente, a tracciare
la via; anzi, pu preludere a rischiose
semplificazioni.
Lo sdegno per labuso delle intercetta-
zioni sacrosanto; eppure, molti dei guai
che affliggono la materia dipendono solo
dal cattivo uso delle norme gi presenti
nellordinamento. In primo luogo, dalla
desuetudine che ha colpito la speciale
udienza prevista dal codice di procedura
penale per la selezione delle intercetta-
zioni rilevanti, allesito della quale pos-
sibile procedere alla distruzione di quel-
le inutili alle indagini. Un maggior rigore
processuale nel garantire questa udienza
negletta (ecco una garanzia vera, non ab-
bastanza tutelata) costituirebbe forse un
passo in avanti pi efficace di molti pro-
clami. Quanto alla tutela della segretezza
delle indagini, altro tema nevralgico, si
tratta di un cruccio ricorrente nel nostro
Paese (destinato a riacutizzarsi in forma
spasmodica, com ovvio, quando lindagi-
ne, per qualche speciale ragione, scot-
ta). Lallora ministro della giustizia on.
Martelli istitu (qualche era glaciale fa)
una commissione che partor uno schema
di riforma per verit sensato ed equili-
brato; ma non se ne fece di nulla, per la
fiera opposizione dei giornalisti che vide-
ro messa in pericolo la libert di stampa.
La questione ruota, in definitiva, intorno
al segreto professionale riconosciuto ai
giornalisti per la tutela della fonte delle
loro informazioni.
Siamo disposti a metterne in discussio-
ne i limiti e le condizioni?
Un catalogo da rivedere
Il ricorso alla pena carceraria deve ispi-
rarsi al criterio dellextrema ratio: una
frase che si ritrova in tutti i manuali di di-
ritto penale, non senza ragione, evidente-
mente. Ma siamo sicuri che lattuazione di
questo criterio si risolva con levocazione
delle pene alternative (nel codice penale)
e delle misure alternative (nellordina-
mento penitenziario)? A seguire le stati-
stiche non pare proprio che allingresso
delle sanzioni sostitutive (nel 1981) e alla
dilatazione delle misure alternative (con
la legge Gozzini del 1986) abbia corrispo-
sto un decremento del numero di detenu-
ti. Anzi, esso andato progressivamente
crescendo. Nel complesso, il controllo
sociale coercitivo (in tutte le sue forme)
che si esteso e dilatato. Per ridurre la-
rea penitenziaria, occorre in realt rive-
dere il catalogo dei reati per i quali oggi
comunque indefettibile (o altamente fre-
quente) il ricorso alla pena detentiva: in-
cidere cio sui processi di criminalizza-
zione primaria, tenendo conto ovvio
dei reati che alimentano davvero il carce-
re (la depenalizzazione di reati inattuali a
basso indice di commissione, pu restitui-
re dignit al sistema, ma non allarga le
celle). A quali reati siamo disposti a ri-
nunciare?
Lunghezza dei processi: una malattia
cronica che ha molte cause e, a quanto pa-
re, pochi rimedi. Incidere sullobbligato-
riet dellazione penale, per evitare il di-
spendio di energie processuali nel perse-
guire fatti bagatellari o poco pi? Ottimo
proposito: lobbligatoriet dellazione pe-
nale un feticcio alle cui virt salvifiche
nessuno crede pi, dato che non tutti i
reati si possono di fatto perseguire, e non
tutti con la stessa sollecitudine e tempe-
stivit. Chi dovrebbe stabilire le priorit?
Il Parlamento? Ma cos il problema non
risolto: solo spostato. Il Parlamento par-
la in via generale ed astratta: non ha da-
vanti i casi della vita, ma solo categorie
normative di riferimento. Le scelte si fan-
no invece sui casi della vita: quella tale
truffa, quel tale infortunio sul lavoro, quel
tale furto. Alla fine, sar il pubblico mini-
stero a dover scegliere: secondo quali cri-
teri di massima e con quali controlli? Que-
sto il punto. Un pubblico ministero elet-
tivo? Per lAmerica dobbiamo francamen-
te ancora attrezzarci: nella condizione at-
tuale, lidea suscita un certo sgomento.
Sottrarre la prescrizione al potere discre-
zionale del giudice? Per verit ci ha gi
pensato le recente legge ex Cirielli, ma
con tali contorcimenti e tali storture da
esigere un rapido intervento di ortopedia
legislativa. Abrogare semplicemente la
legge? Per la parte relativa alla recidiva,
non si pu che convenire. In ogni caso le
questioni chessa affronta (recidiva e pre-
scrizione) sono questioni vere nel senso
che esigono davvero un intervento rifor-
matore. Lassetto precedente, su cui la leg-
ge intervenuta, non era certo lideale: al
contrario. Perci, ogni proposito abrogati-
vo deve, per essere ragionevole, accompa-
gnarsi allindicazione di quali strade si in-
tendano percorrere nella disciplina di
due istituti nevralgici.
Tullio Padovani
RADIO CARCERE
A Messina tra gli scarafaggi sono le gocce lunico rimedio
Casa Circondariale Gazzi di Messina, via
Consolare Valeria, 2 tel. 090 228111, e-mail:
cc.messina@giustizia.it. Il direttore della
struttura Calogero T essitore. Costruita ai
primi del 900. La
capienza regola-
mentare di 278
detenuti. La capienza effettiva di 433 dete-
nuti. 388 sono uomini, 43 sono donne. T ra
queste 26 sono condannate in via definitiva
mentre 19 sono in attesa di giudizio. I dete-
nuti dispongono di due turni di ore daria: il
primo dalle 9 alle 11, il secondo dalle 13 alle
15. Lo staff composto da un direttore e due
vice direttori. La polizia penitenziaria arriva
a 270 unit. Gli educatori sono 4. Allinterno
del personale ospedaliero ci sono 4 medici, 20
infermieri, 2 psicologi, uno psichiatra e un
criminologo. Listituto ha strutturalmente
spazi angusti, una struttura obsoleta, un in-
dice di pesante sovraffollamento. Le celle che
ospitano le detenute sono in condizioni di
manutenzione pessima, e dispongono dietro
le grate delle gelosie di vetro. Le brande sono
arrugginite. In generale la struttura versa in
pessime condizioni: i tetti sono affetti da umi-
dit, i cancelli sono molto arrugginiti e le
condizioni igieniche precarie.
S
ono uscita da venti giorni dal carcere
di Messina dove ho trascorso otto me-
si. Appena arrivata nel carcere di Messi-
na sono stata messa nelle celle dellalta
sicurezza. Si tratta di una decina di celle
che sono tutte uguali.
Quando si aperta la porta della mia
cella, ho visto una scena bruttissima, a cui
non mi sono mai abituata.
Una piccola cella con dentro 6 brande
e chiaramente 6 donne detenute. I muri
erano tutti neri per la sporcizia, pieni di
crepe e di muffa. Un barlume di luce en-
trava da una finestrella di legno, che an-
tica e lo vedi. Fuori dalla finestrella un la-
stra di vetro impediva lingresso di luce e
aria. A sinistra cera un bagnetto, tanto
piccolo da ospitare solo la tazza. Di bid
neanche lombra. Cera solo un piccolo la-
vandino, che accanto ai letti, dove noi
donne detenute lavavamo tutto: piatti, ve-
stiti e corpi. La cella era piccola, saranno
stati 7 mq. T anto piccola che dovevamo
mettere i letti attaccati uno vicino allal-
tro. Noi vivevamo ammassate. Restavamo
chiuse in quella celletta per 21 ore al gior-
no. Senza poter lavorare, senza poter da-
re un senso a quel nostro tempo. Per noi
cera solo la televisione.
E per fortuna che cera. Senza la Tv sa-
remmo morte. Perch oltre alla televisio-
ne nel carcere di Messina non c nulla. Il
mangiare era uno schifo e sempre lo stes-
so. La sensazione era di essere trattate co-
me galline a cui dai sempre lo stesso man-
gime. A pranzo pasta al sugo e a cena mi-
nestrina al brodo. Cos per mesi e mesi.
Lunica novit c stata alla vigilia di Na-
tale. Ci hanno dato la mortadella con lin-
salata. Spesso eravamo invase da scara-
faggi volanti. Blatte di 3, 4 cm che si mi-
schiavano a noi in quella piccola cella.
Entravano in continuazione dal bagno o
dalla porta della cella, camminavano sul-
le lenzuola, ci venivano addosso. Per noi
era un incubo. Abbiamo chiesto una di-
sinfestazione ma dal carcere ci hanno ri-
sposto: e a che serve? Loro la chiamano
alta sicurezza, ma per noi era solo altra
schifezza.
Dopo 5 mesi passati in quella cella, mi
hanno trasferito nelle celle per le dete-
nute comuni. Nel carcere di Messina le
celle della sezione comuni sono molto
piccole. La classica cella un metro per un
metro. Celle piccole e buie. C infatti una
sola finestrella che ha una fitta rete me-
tallica che non fa entrare la luce. Noi vi-
vevamo nelloscurit. Eravamo in due de-
tenute l dentro. Nella cella c un letto a
castello, un piccolo tavolino e un lavandi-
no. Il bagno un buco con solo la tazza. E
uguale a quello delle celle dellalta sicu-
rezza se non per il fatto che senza porta.
C solo un piccolo cancelletto che divide
il bagno dalla cella. Siccome quel cesset-
to senza porta vicino allingresso della
cella, praticamente facevano i nostri bi-
sogni in bella vista del corridoio del car-
cere. Noi non avevamo scelta. Per andare
in bagno ci dovevamo imbarazzare, vergo-
gnare. Senza parlare della puzza di fogna
che esce dal bagno. Accadeva soprattutto
di notte, quando il blindo della cella, cio
la porta di ferro, chiusa.
I bambini rinchiusi con le madri
Anche nella sezione comune del carce-
re di Messina non cera nessuna rieduca-
zione. Noi stavamo sempre chiuse in cel-
la. Le due ore daria, che facevamo ogni
giorno, erano lunico nostro svago. Molte
donne nel carcere di Messina rinunciano
anche allora daria, perch il degrado l
talmente tanto che ti passa la voglia di fa-
re qualsiasi cosa. E questo forse il male
peggiore che ti pu prendere in carcere.
Lapatia. Un male che ti pu ammazzare.
Come stato per Giovanna, 39 anni, che il
23 dicembre si impiccata nel carcere di
Messina. Giovanna ha usato il copriletto
per ammazzarsi. Una parte legata intorno
al collo e laltra attaccata alla finestra del-
la cella. E salita sullultimo piano del let-
to a castello, si gettata gi e si rotta
losso del collo. Questa una delle tecni-
che per morire in carcere.
E cos ha fatto Giovanna. Era anche lei
in attesa di giudizio. Da giorni e giorni
chiedeva aiuto perch stava male. Non
reggeva il carcere, o meglio, quel carcere.
Aveva gi tentato il suicidio infilando la
testa dentro un sacchetto di plastica, ma
neanche quel gesto aveva meritato atten-
zione o preoccupazione. Per lei, per la sua
disperazione, la sola risposta sono state
un po di gocce per dormire. Il giorno che
Giovanna ha deciso di farla finita era sola
in cella. La sua compagna era allora da-
ria insieme a me. Lei aveva detto che non
le andava di uscire.
Quando siamo tornate labbiamo trova-
ta appesa alla finestra. Nel carcere di
Messina, lapatia e labbandono che han-
no ucciso Giovanna colpiscono tante don-
ne. Per loro lunica salvezza buttarsi nel-
la terapia: le gocce di tranquillanti. Cos
in carcere, senza accorgetene, diventi tos-
sicodipendente delle gocce.
Quella la droga legalizzata in carcere.
Vai dallo psicologo e lui ti d le gocce. Lo-
ro pensano che meglio che ti prendi la
terapia cos stai in cella zitta e buona e
non dai fastidio. Io stessa ho preso queste
gocce in carcere e adesso che sono fuori
ne sono diventata dipendente.
Questo quello che mi ha lasciato il
carcere. Di notte nel carcere di Messina si
sentono tante urla di donne che si dispe-
rano. Sono urla a cui cerchi di abituarti,
ma c un urlo che ti toglie il sonno e che
ti trascina con s.
E quello di un bambino che di notte
piange nel carcere di Messina. Lui uno
di quei bambini che sta in carcere insie-
me a sua madre. Pu sembrare incredibi-
le ma in un carcere come questo ci sono
anche dei bambini.
Sara, 26 anni
ABUSO DI TRANQUILLANTI, PER MOLTE DONNE SONO ORMAI UNA DROGA LEGALIZZATA. LAPATIA CI UCCIDE. LA TERAPIA PURE
I programmi di Rifondazione comunista e Lega al vaglio di Padovani
F
rancesco Mauro Iacoviello, in un arti-
colo pubblicato sulla pagina di Radio
Carcere del Foglio il 7 Febbraio, con gar-
bata ironia si cimentato in unimpresa
affascinante: cercare qualcosa di buo-
no nella proposta di legge di Gaetano Pe-
corella sulla riforma dellappello.
Le conclusioni non sono certo confor-
tanti, perch scrive Iacoviello alla fi-
ne in questo progetto di legge, di cose
buone se ne trovano ben poche. Ma
proprio cos? Anzitutto conforta il fatto
che un giurista della sua levatura sia
daccordo su una questione decisiva: e
cio che la legge non incostituzionale e
che non vi alcun contrasto con lart. 3
Cost. eliminandosi lappello del pubblico
ministero, n con lart 111 Cost. amplian-
do il limite del giudizio di Cassazione.
Ma anche nel merito Iacoviello dac-
cordo con lidea di eliminare lappello
del pubblico ministero. perch scrive:
Tu, pubblico ministero, hai avuto anni
per fare indagini, hai a disposizione Poli-
zia Giudiziaria, consulenti, intercettazio-
ni e quantaltro; se alla fine un Giudice ti
d torto, pazienza Un imputato non pu
essere imputato tutta le vita.
Ed allora cosa ragione di scandalo?
La risposta in due parole: aver trasfor-
mato la Cassazione in un Giudice di se-
condo appello se cos fosse, non si po-
trebbe dare torto allautore dello scritto,
sia perch la Corte di Cassazione e deve
restare un giudice di legittimit ( anche se
non soltanto, visto il ricorso straordina-
rio), sia perch, se gi vi un appello, sa-
rebbe sicuramente poco razionale preve-
derne un altro (anche se per 75 anni la
Cassazione si attribuita questo ruolo con
il c.d. travisamento del fatto. La realt,
per, che la legge, ora definitivamente
approvata ha s esteso larea del controllo
affidato alla Cassazione, sulle sentenze di
merito ma non ha fatto della Cassazione
un nuovo grado di appello. Anzi ha raffor-
zato il suo carattere di giudice della legit-
timit, demandato a verificare se la moti-
vazione della sentenza risponda o meno
alle prove acquisite nel corso del proce-
dimento. Cerco di spiegarmi: la norma,
prima della modifica, prevedeva che la
Cassazione vagliasse la razionalit della
motivazione soltanto alla luce di ci che
lestensore della sentenza avesse testual-
mente richiamato nella sentenza stessa.
Cos che, ci che non era nella sentenza,
anche se era negli atti del processo, non
esisteva.
Le prove ignorate
Faccio un esempio realmente accaduto:
la Corte dAssise dAppello aveva dato
credito a un teste che aveva dichiarato di
avere visto limputato sparare in posizio-
ne anteriore rispetto alla vittima. Perci
trovava una solida base il suo riconosci-
mento. Senonch la perizia autoptica di-
ceva con chiarezza che tutti i colpi erano
stati sparati alle spalle. La Cassazione,
poich la sentenza dava per certo gli spa-
ri nel petto, non ha potuto far altro che
confermare la condanna.
Non viene il dubbio che possa esservi
stato un errore giudiziario? Ed allora,
quale la vera novit? Il ricorrente pu
indicare specificatamente quali siano le
prove che il Giudice di merito ha ignora-
to bench potessero essere importanti o
che ha richiamato, ma che al confronto
con gli atti appaiono del tutto travisate.
Non , dunque, un riesame del fatto, ben-
s una critica della motivazione alla luce
di elementi decisivi perch la pronuncia
risponda a ci che il processo ha acquisi-
to a favore o contro limputato. Perch, a
differenza, di quanto scrive Francesco
Mauro Iacoviello, il nuovo ricorso in Cas-
sazione pu servire s allimputato, se una
prova a suo favore stata ignorata ma al-
trettanto pu essere utile al pubblico mi-
nistero, se ad essere ignorata stata la
prova dellaccusa. Forse per questo che
in un documento dellAnm-Movimento
per la giustizia posta la domanda, ri-
spetto al giudizio di Cassazione se in un
moderno sistema processuale la corretta
e uniforme applicazione della norma deb-
ba essere rimessa allinterpretazione
astratta, lasciando fuori dal sindacato di
legittimit il travisamento del fatto, o se,
non debba essere desunta in ogni caso
dalla valutazione del fatto, secondo le esi-
genze di accertamento e di regolamenta-
zione che da esso promanano.
Non si voluti arrivare a tanto, ma far
s che la motivazione rispecchi il com-
plesso delle prove, e non soltanto alcune
di esse, questo s lo si voluto. Ed giusto
che sia stato cos.
Gaetano Pecorella
presidente commissione Giustizia
Camera dei deputati
PecorellaspiegaperchlaCassazionenonsargiudicedi secondoappello
S
empre pi spesso assolti i colpevoli e
condannati gli innocenti. I tempi dei
processi sono biblici. Regna la prescrizio-
ne. Quale rimedio? Il rimedio un proget-
to organico di riforme che coniughi cele-
rit, efficienza e garanzie. Senza cedere ri-
spetto alla tutela delle garanzie processua-
li, occorre per distinguere, anche a livello
di sanzioni processuali, tra garanzie e for-
malismi. Le prime sono intoccabili, i for-
malismi invece determinano solo un allun-
gamento dei tempi processuali, favorendo i
colpevoli a scapito degli innocenti, senza
minimamente incidere sul rischio, sempre
incombente, di errori giudiziari. Bisogna
inoltre riflettere sullopportunit o meno di
continuare a celebrare i processi nei con-
fronti degli irreperibili: credo valga la pe-
na, su questo punto, di adeguarsi alla legi-
slazione di altri Paesi, ove i processi nei
confronti di imputati irreperibili sono so-
spesi, con automatica sospensione dei ter-
mini di prescrizione. Anche per quanto ri-
guarda la prescrizione e la delicata que-
stione delle notificazioni, bisogna trovare
un giusto equilibrio tra necessit proces-
suali e effettivit del diritto di difesa, che
non pu essere confuso con il diritto di
creare le condizioni per impedire che si
svolga un processo, quando evidentemente
ve ne sono i presupposti giuridici. La parit
tra accusa e difesa, soprattutto nella for-
mazione della prova, deve essere effettiva,
e non solo formale; cos come la terziet di
chi deve giudicare. La pubblicazione degli
atti di indagine. Le intercettazioni telefoni-
che. Il processo sui media. Una patologia
da rimuovere. Come? Gi oggi reato pub-
blicare atti coperti dal segreto e le inter-
cettazioni dovrebbero essere autorizzate
solo in presenza di gravi indizi e se as-
solutamente indispensabili per il prosegui-
mento delle indagini. Purtroppo un mezzo
di prova previsto come eccezionale di-
ventato la norma, con abusi non degni di
uno stato di diritto. Basti pensare alla di-
vulgazionedi atti nonpubblicabili: sonone-
cessarie sanzioni adeguate ed efficaci, in
quanto la libert di stampa non ha nulla a
che vedere con la libert di violare una leg-
ge o di diffamare. Dunque: indagini serie
per individuare chi ha violato il dovere di
riservatezza e sanzioni pecuniarie, propor-
zionali alla diffusione, non per i giornalisti,
ma per la propriet dei mezzi di comunica-
zione. La pubblicazione di atti coperti da
segreto, infatti, danneggia non solo le inda-
gini ma anche soggetti che nulla hanno a
che vedere con fatti illeciti.
Un numero sterminato di reati. Conte-
nuti nel codice penale, leggi e leggine,
Ununica pena. Il Carcere. C un futuro di-
verso? Il carcere deve esere lextrema ra-
tio. Bisogna prevedere pene principali di-
verse dalla reclusione: detenzione domici-
liare, misure interdittive, lavori social-
mente utili o finalizzati al risarcimento del
danno. Con effetti positivi sulle condizioni
disumane degli istituti penitenziari e sulla
situazione dei Tribunali di sorveglianza,
che vedrebbero alleggerito il loro carico di
lavoro. Giudici e avvocati, non godono pi
di nessuna stima. Il termine Giustizia or-
mai un miraggio. Come recuperare la fidu-
cia persa? Sono convinto che sia possibile
dare al Paese una giustizia degna di questo
nome, solo se si ha come obiettivo linte-
resse collettivo. Indispensabili, a tal fine,
seri controlli di professionalit, per magi-
strati e per avvocati, accompagnati da co-
dici deontologici che, rendendo concreto il
principio di responsabilit, prevedano san-
zioni adeguate in caso di violazioni e/o er-
rori inescusabili.
Il carcere. Luogo che non rieduca. Umi-
lia. Le celle scoppiano. Una tragedia dal
continuo peggioramento. Che fare?
Le figlie delle detenute
Se lunica sanzione penale non sar pi
quella carceraria, molti problemi saranno,
se non risolti, quanto meno attenuati. Cos
potr essere applicata, nella sua interezza,
la legge Gozzini, creando le condizioni per
il reinserimento di un numero sempre
maggiore di detenuti. Diminuir la recidi-
va e, conseguentemente, il numero dei rea-
ti. E indispensabile aumentare lorganico
di educatori, assistenti sociali, psicologi e
magistrati di sorveglianza, cos come fon-
damentale azzerare la legge Cirielli e lin-
costituzionale legge sulla droga, approvata
nellultima settimana della legislatura.
Urgente un provvedimento di amnistia
e di indulto, che inciderebbe positivamente
sul carico giudiziario e sulle condizioni di
vita di chi detenuto e di chi opera e lavo-
ra in carcere. Deve, infine, essere ridotto il
quorum attualmente previsto per amnistia
e indulto, superiore perfino a quello neces-
sario per le modifiche costituzionali. Il
dramma delle detenute con figli di et infe-
riore ai tre anni. Che fare? Aggiornare e mi-
gliorare le leggi gi esistenti e, soprattutto,
creare le condizioni per la loro effettiva ap-
plicazione. Prevedendo, anche, quando non
vi sono altre alternative, strutture specifi-
che (tipo case-famiglia), ove i figli di dete-
nuti possano crescere senza dover scontare,
fin da piccoli, colpe che non sono loro.
Giuliano Pisapia
responsabile giustizia del Prc
A cura di Riccardo Arena
ALTRI HOTEL / 18
Radio Carcere esce ogni 15 giorni sul Foglio e
va inonda suRadio Radicale ogni marted alle 21
(e-mail: radiocarcere@radioradicale.it).
ANNO XI NUMERO 44 - PAG II IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006
CASI
Messina: Salvatore Caruso, di 67 anni ca-
de nelle docce del carcere e muore. E sci-
volato, forse.
LETTERE@RADIOCARCERE.IT
NON COME DICE IACOVELLO, LA CORTE VERIFICA LA LEGITTIMIT DELLE SENTENZE E SERVE SIA ALLIMPUTATO SIA ALLACCUSA
LA GIUSTIZIA IN PROGRAMMA - 1 LA GIUSTIZIA IN PROGRAMMA - 2
ALVEARMARCELO
Il Genoa dei tempi eroici compie nel 1923
una storica trasferta inSudAmerica. Ed a
Buenos Aires, contro il River Plate, che si
concretizza una fantasiosa beffa ai nostri
danni. Cinquantamila emigranti e figli di
emigranti attendono il grifone nello stadio.
Il clima di festa, il tifo impazza, la presen-
za del capo di stato argentino Marcelo de Al-
vear porta cons i cerimoniali delloccasio-
ne, codazzi, ambasciatori, fotografi e giorna-
listi. Il presidente pretende di dare il simbo-
lico calcio dinizio. Quanto accade viene de-
scrittodal terzinosinistrogenoanodellapar-
tita, Renzo De Vecchi: Alvear si era trasci-
nato dietro unnugolo di fotografi e di opera-
tori cinematografici i quali si erano piazzati
secondo le loro necessit e quindi erano an-
cora incampo conaltre autorit, quando gli
argentini, proseguendo nellazione avviata
dal sindaco (inrealt era il presidente, ndr)
la conclusero in rete senza che nessuno di
noi avesse toccato palla. La nostra condotta
era pi che logica: pensavamo che quella
nonpotesse essere che unazione accademi-
caechelapartitasarebbeeffettivamenteco-
minciata a campo sgomberato. Neanche a
parlarne. N larbitro n i dirigenti n gli av-
versari tennero conto delle nostre legittime
proteste e dovemmo rassegnarci a quellille-
gittimo svantaggio iniziale. Il matchfin 1-1,
per il pareggio di Santamaria al termine del
primo tempo. I rapporti tra Italia e Argenti-
na rimasero ottimi.
AMALFI JESO
La ricostruzione della squadra, dopo la
tragediadi Superga, piegail Torinoallalogi-
ca degli stranieri: a met strada tra i miglio-
ri e i peggiori si ferma il brasiliano Amalfi,
che purtroppo non rende per quello che le
sue doti tecniche gli consentirebbero. Il gio-
catore nonsi ambienta e resta unsolo anno,
1951-52, disputando 27 partite e segnando
due gol, tutti e due al Modena. Cos ne par-
ler, qualche anno dopo, il direttore di T ut-
tosport Giglio Panza: Ho visto arrivare e ri-
partire lartista Jesus Amalfi, che offriva, da
fermo, numeri strepitosi ma nonentrava nel
gioco quasi mai. Inparticolare Amalfi ri-
cordato per un esercizio da foca: riusciva a
tenereil palloneinequilibriosullatestasen-
za farlo cadere per venti minuti.
ANDRADEDASILVAJORGELUIS
Quando i tifosi della Roma lo vedono gio-
care, stagione 1988-89, lo soprannominano
er moviola, a causa della sua esasperante
lentezza. Andradeuntrentunennebrasilia-
no, acquistato dal Flamengo e con i piedi
buoni. Per entra subito in conflitto con lo
spogliatoio, comandato dalla mezzala Gian-
nini, chelovedecomeuninsidianel suoruo-
lo di leader del centrocampo. N lo pu sof-
frirelallenatoreNiels Liedholmche, pur es-
sendo inItalia il maggior teorico del passag-
giolateraleedellaragnatelaacentrocampo,
trova eccessivo un giocatore che si muove
con la velocit di un continente alla deriva:
La campagna acquisti? Abbiamo preso
quello che potevamo permetterci. E Andra-
de ce lhanno ceduto, dice desolato il mi-
ster. Alla fine il nuovo Falcao, come pre-
sentato dai giornali allarrivo, colleziona no-
vepresenze, quasi tuttesostituzioni apartita
iniziata, e un memorabile episodio: Coppa
Uefa, la Roma gioca in Germania contro la
DinamoDresda. Latemperaturapolareeil
campoghiacciato. I romani stannoperdendo
uno a zero. Magari finora mi sono sbaglia-
to, pensa Liedholm, e fa segno adAndrade
di scaldarsi. Er moviola entra, e dopo 120
secondi vede il pallone che rotola nella sua
direzione, si preparaallostop, matrascurail
fatto che uno stopsul ghiaccio non uguale
a uno stop sulla spiaggia di Rio. Liscia ed
unliscio da esibizione, conunvolo allindie-
tro che termina solo quando la schiena del
povero giocatore cozza in terra, mentre le
gambe finiscono allaria. Liedholmrichiede
il cambio. Siccome le disgrazie nonvengono
mai sole, conlui approda nella capitale Re-
nato. Nella fantasia della curva sudera: La
coppia piscarsa del mondo. (2. continua)
Antonello Capurso
Al Cav. piace lo schema quarta punta. Ce lo racconta Massaro
mi e underwear, pubbliche relazioni nel Mi-
lan. Mi piace ancora scendere incampo.
Cinquantagol innovestagioni al Milan. Ha
vinto, conil Milan, due Coppe Campioni, due
Supercoppe europee, tre supercoppe italia-
ne, quattro scudetti. Innazionale a dodici an-
ni di distanza. Mi sono sempre allenato.
Nel 1982 campione del Mondo nellItalia di
Bearzot. Ventanni, non gioc neanche una
partita. Quella coppa anche mia. Dodici
anni dopo. Di nuovo i mondiali. Di nuovo in
nazionale. La quarta punta si deve allenare.
Deveesserevigile. Devesaperesfruttareloc-
casione. Deveavereloccasione. Nonpusba-
gliare. Ce lo diceva il presidente. Usa 94.
Washington, 28 giugno. Terzapartitadelleeli-
minatorie. Per passare basta ungol. Unsolo
gol. Massaro la terza punta. Al di l, nonal
di qua. 0-0. Ora, Daniele. Entra lui perch
qualcunaltroesce. Maentra, al postodi Casi-
raghi. Gioca. Tre minuti, incampo. Lancio di
Albertini. Unattimo, lo sguardo al cielo. Pal-
la davanti. Campos, portiere del Messico, da-
vanti. Sfila il pallone. Interno destro. 1-0. Ve-
loce. Mi piace, amo la velocit. Capelli ne-
ri, pocobrizzolati. Cercolavelocit. Lacer-
cava nel calcio, lha trovata nel rally . Cinque
anni di campionati. Le ruote che sfilano sul
terreno. Poco attrito, le curve. Quasi testaco-
da. E una scuola, a me piace imparare. Il
ghiaccio, limprovvisazione. Ha corso con
Massimo Ceciri. Prima per provare. Poi per
vincere. Trevolte. LapibellavittoriaaMon-
za. La sua citt, la sua prima squadra, il suo
primo rally. Cinque campionati pieni, troppo
stressante. Ho altri progetti. Corre, ma non
sempre. Il 26 novembre al Motor Showdi Bo-
lognahagareggiato. Suunamonoposto, per la
prima volta. Nella stessa gara anche Valenti-
no Rossi. Per due anni, Daniele, nel campio-
nato del Ferrari Challenge. Ora ha smesso.
Maogni tantoentro. Rientro. LaMaserati lo
ha contattato per il campionato europeo. Mi
piace la velocit. Mi piace scendere in cam-
po. Nello sport. Nonsolo, dice. Gli piace il
campo. La pista. Il campo da calcio. Amo il
golf. Ela velocit? Avolte si deve rallenta-
re. Serve il catenaccio. Ci si deve difende-
re. Le punte, la velocit, le offensive. Non
sempresonolamiglior difesa. Bisognacono-
scersi. Senza aver fretta. Ha provato conil
golf. Rilassa.
Sindaco? Ungiorno ci voglio provare
E il presidente dei calciatori golfisti. Con
lui Zola, Vialli, Shevchenko, VanBasten. Or-
ganizza i derby congli amici interisti. Fa be-
neficenza. Lultimoderby 120.000 euroraccol-
ti. Contro lInter. Sempre secondi, anche nel
golf, ride. Al Milanper nove anni. Il Cav lo
conosco bene. Lo voleva offensivo. Gli pia-
cevo. A lui piacciono le punte. Il tridente,
magari un quadridente. Casini, Berlusconi,
Fini. Van Basten, Simone, Serena. Massaro.
Letta. Io segnavo. Da quarta punta. Il pub-
blico mi amava. Nella Fossa dei Leoni, stri-
scioni: Massaro sindaco. Applaudiva rin-
graziava. Non pensavo al futuro. Entravo e
giocavo. Ora s. Mi piacciono le relazioni
pubbliche. E uno dei responsabili delle pu-
blic relations del Milan. Il golf, il rally, il cal-
cio, il Milan. Il campo. Mi piace la politica.
Lasegue, gli piace. Introppi si pestanoi pie-
di. Inattacco nonpuoi pestarti i piedi. T an-
te punte. Troppe, serve il catenaccio. Qual-
che problema, inpolitica. Acentro-campo.
Sorride. Per attaccare devi conoscere bene
lavversario. Lui li studia, gli avversari. Mi
piace ancora imparare. Gli piace ancora il
campo. Il calcio, il rally . La politica. Me
lhanno proposto. Nella sua Monza. Ho co-
minciato tutto qui. Il calcio, il rally . La Fos-
sa: Massaro sindaco. Lui ci ride, non trop-
po. So attaccare, so difendere. Sa come gio-
care. So quando entrare. Sindaco. Ci pen-
so. Nella sua Monza. Un giorno, ci voglio
provare. Massaro sindaco. E presto. Ci so-
no altre punte. Lui aspetta, al di l. Sul filo.
Pronto a entrare.
Claudio Cerasa
S
egnava anche quando nongiocava. Vince-
va anche se gli altri perdevano. Gli altri
perdevano. Lui entrava e segnava. Defilato.
Partendol, sul filodel fuorigioco. Sul filodel
fallo laterale. Pial di l che al di qua, a vol-
te. Pipanchina, che campo. Al di l, appun-
to. Partivadafuori, entrava, giocava, segnava.
Duepunte, avoltetre. Avoltequattro. Si de-
veattaccare. Nel calcio. Servonopunte, ser-
viva spettacolo. Incampo. Dobbiamo esse-
re offensivi, gli diceva il Cav. Cera Van Ba-
sten, cera Virdis, cera Simone, cera Galde-
risi, ceraSerena, ceraPapin, ceraSavicevic.
Cera, soprattutto, Daniele Massaro.
Dieci anni fa, ultima stagione al Milan.
Come dieci anni?. Dieci anni. Ci volevano
molto spregiudicati. Tre punte, a volte quat-
tro. Incampo, nonsolo inquello sportivo. Si
gioca, a me piace attaccare. Piaceva anche al
presidente. Nonha smesso. Lui ama attacca-
re. In campo. In uno stadio. In Parlamento.
Comunque incampo. E spettacolo. Nel cal-
cio chi attacca vince. Nel calcio, appunto.
Ma nontutti i campi sono uguali a quelli del
calcio. Sempre punte sono. Ma nonsempre
lamiglior difesalattacco. Li guardavanel-
lo spogliatoio. Ci guardava. Ci veniva a tro-
vare. Volevaattaccanti. Volevapunte. Anche
quattro. Sicuramente tre. In politica per
meglio difendersi, dice al Foglio Daniele
Massaro. Meglio il catenaccio. Quello allita-
liana. Ma le punte sono tre, ora. La quarta
c. Si scalda. E allenata. Forse la voterei,
solo perch quarta punta. Ma non entra.
Noncomeil calcio. Servespettacolo. Far-
si trovarepronti. Esseresemprel. Stareal di
l per essere pronti a scendere. Incampo, al
di qua. Bisogna conoscere i propri limiti.
Ha anche il patentino di terza categoria Mas-
saro. Potrei allenare. Anche in serie A. Ma
ho altro, ora. Rally, golf, unagenzia di viag-
gi, azionistadi maggioranzadellaIRGEpigia-
ANNO XI NUMERO 44 - PAG III IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 21 FEBBRAIO 2006
Scelte infelici
Lassist del presidente argentino,
il numero della foca e
la coppia pi scarsa del mondo
Cesena. La stabilit di governo vive in
Romagna, per la precisione a Cesena, ses-
santasei anni di vita calcistica il prossimo
21 aprile e appena quattro presidenti nel-
la sua storia. Non solo: il calcio anche co-
me affare di famiglia, visto che gli ultimi
tre numeri uno bianconeri fanno parte
dello stesso clan. Lunico esterno il con-
te Alberto Rognoni, grande uomo di sport
e pap di Ettore (signore del pallone a
Mediaset e assurto a non gradita fama do-
po il bonolisiano affondo a Er penom-
bra). Un punto di riferimento a livello
nazionale: fonda il Guerin Sportivo, pone
le basi per la nascita della Lega Calcio e
inventa il format del Processo tante
estati fa a Cesenatico in un capanno per
la pesca, non immaginando il caravanser-
raglio televisivo in cui si sarebbe trasfor-
mato oggi, tra super moviole e super po-
lemiche.
Un inevitabile punto di riferimento an-
che a livello locale il conte quando, in
quel lontano 1940, raccoglie le forze cese-
nati per dar vita a una nuova societ, in-
sieme con Arnaldo Pantani, un ex gioca-
tore, e con Renato Piraccini, ex dirigente
della Renato Serra, club defunto quattro
anni prima. Rognoni diviene naturali-
ter il primo presidente, fino alle dimis-
sioni nel 1959 per consegnare la squadra
occhio al cognome ad Antonio Manuz-
zi, non soltanto sindaco della citt ma an-
che consuocero di Dino. Colui che, nel
1964, eredita la societ dal conte, nel frat-
tempo diventato commissario straordina-
rio. Manuzzi luomo che fa conoscere Ce-
sena in Italia e in Europa: la prima pro-
mozione in serie A nel 1973, il sesto posto
nel 1976 e la Coppa Uefa nella stagione
successiva. Una storia che dura fino al
1980, quando subentra Edmeo Lugaresi:
continuit di parentela (Dino Manuzzi
suo zio) e di lavoro (entrambi esportano
frutta). Il commendatore non solo manda
merci in giro per il mondo, ne importa an-
che sotto forma di calciatori. Sceglie il
primo straniero della storia bianconera, il
baffuto austriaco Walter Schachner, vola-
te irresistibili verso la porta e reti altret-
tanto irresistibilmente divorate. La gestio-
ne di Edmeo si prolunga tra alti e bassi fi-
no al 2002, quando la volta di Giorgio, il
figlio. Un passaggio di consegne che si
concretizza con la squadra rotolata in C1.
A Lugaresi junior si deve un ritorno al-
la tradizione, utile per sopravvivere e per
tornare a fare risultati: Abbiamo recupe-
rato la nostra dimensione di provinciale
da combattimento sottolinea orgoglioso
senza perdere di vista i risultati, che na-
scono dal settore giovanile: duecentoven-
ti bambini tesserati e trentatr societ
della zona collegate. Il risultato sono no-
ve giocatori in pianta stabile in prima
squadra. Per un bilancio annuale di set-
te milioni e mezzo tutto compreso, dallin-
gaggio pi consistente (il portiere Luigi
Turci) allultimo dei magazzinieri: settan-
taquattro persone che valgono lo stipen-
dio di una star media in serie A. E con
due punti di forza alla base di una squa-
dra che ha ritrovato il piacere del gioco e
dellalta classifica in B.
Eravamo imborghesiti
Dobbiamo molto al nostro allenatore,
Fabrizio Castori ammette Lugaresi Ci
ha fatto ritrovare la nostra realt, erava-
mo imborghesiti. Un tecnico talmente
apprezzato da far s che la squalifica di
due anni per la rissa di Lumezzane nella
finale promozione in C1 (pena per cui ha
appena ricevuto la grazia) non diventasse
un peso, ma un legame ancor pi stretto.
E se Fabrizio Castori il primo elemento,
il secondo resta la famiglia. La conti-
nuit di gestione un grande vantaggio
per le nostre strategie, soltanto cos pos-
siamo prendere un bambino di nove anni
e seguirlo passo dopo passo. Mollare? Ci
sono stati momenti duri, ma i Lugaresi e i
Manuzzi (Michele, cugino di Giorgio, vi-
cepresidente, ndr) sono famiglie nate per
il calcio. Non ne potremmo fare a meno,
come Cesena non pu fare a meno di noi.
Sandro Bocchio
Cesena felix
Quattro presidenti in 66 anni. E la
stabilit di governo il segreto della
provinciale da combattimento
UN FOGLIN SPORTIVO
Sciatori scappati dalle Olimpiadi respirano polvere di mare in Abruzzo
contro corrente se nelle settimane dei fasti
olimpici nelle Alpi piemontesi loro festeg-
giano luscita del primo libro-guida intera-
mente dedicato alla neve degli altopiani
maggiori dAbruzzo (la zona di Roccaraso,
provincia di LAquila). Si chiama Polvere
di mare (Orbita editore, 15 euro, il riferi-
mento al mare si spiega perch la neve mi-
gliore per il fuori-pista, quella che gli ame-
ricani chiamanopowder, inItaliasi trovaso-
lo l e i veri esperti giurano di saper distin-
guere quando arriva grazie a perturbazioni
di provenienzaadriaticaotirrenica), lohan-
no scritto e riempito di cartine con 54 itine-
rari fuori-pista e di fotografie due romani
appassionati di freeride che si chiamano
Gianfranco Rotili e Giulio V erdecchia. Si
parla della zona e della sua storia, compre-
so lepisodio di Roccaraso-Kaputt quando
lesercito nazista in ritirata fece minare le
case storiche del centro del paese pare per
fare un dispetto alla famiglia Savoia che
aveva scelto Roccaraso come montagna de-
lezione. Guai a sbagliare le definizioni. Una
cosa lo sci-alpinismo, che prevede di scen-
dere un po dovunque ma soprattutto pre-
scrive di salire con le proprie forze e il solo
aiuto delle pelli di foca e unaltra cosa il
freeride, disciplina che tra laltro riesce an-
cheaportarefinalmentelapaceelarmonia
tra la trib degli sciatori e quella degli
snowboardisti: fuori-pistamainsalitacon-
sente luso di funivie e skilift. Tra i faggi dei
boschi abruzzesi c il suo mondo ideale:
niente rami bassi rischiosi per lo sciatore,
spazio sufficiente tra un tronco e laltro e un
fondopiatto. Altracosaancoralosci estre-
mo, riservato a pochissimi e molto molto pe-
ricoloso. Roccaraso e le sue montagne si
candidano a paradiso del freeride, alla cac-
cia degli sciatori che con le discipline olim-
pichenonhannoquasi pinienteachefare.
Roccaraso. Dalle Olimpiadi sono scappa-
ti gli sciatori. Quelli proprio appassionati,
che in montagna ci vanno davvero, ormai
stanno fuggendo dalle piste modello olimpi-
co, levigate, piatte, larghe, dove si corre co-
me matti. Le piste dove anche il medio scia-
tore pu tentare traiettorie (e velocit) alla
Rocca e dove magari si rischia anche qual-
che sgradevole tamponamento. Di questo
iniziodi fugacollettivadallepistebattutese
ne sono accorti i produttori di materiale per
lo sci e i pubblicitari che allo sci ricorrono
per ambientare foto o filmati commerciali:
non si vedono pi le vecchie immagini con-
cepite per catturare simil-Thoeni o simil-
Stenmark o simil-Tomba o comunque gene-
rici consumatori di prodotti con un appeal
sportivo, ma si vedono quasi sempre sciato-
ri immersi in nuvole di neve fresca. Sono i
nuovi sciatori. A proposito di Olimpiadi tra
lantagonismo (no global) e lagonismo (atle-
ti e tifosi) hanno scelto il non agonismo.
Scendono gi nel silenzio dei boschi e della
neve intatta e la gara a chi arriva ultimo,
perch si goduto di pi la discesa.
Sembra che lo fanno apposta ad andare
Tutti pazzi per Toni, ma Pazzini sereno. Far da spalla unarte pura
ta. Perch il mestiere di unattaccante fare
gol e se nonriesce a farne finisce per sentir-
si uno sbagliato. Finisce per sentirsi dire:
Devetrovareil gol per sbloccarsi. Poi, per,
ci sono quelli alla Pazzini che se il compagno
segnapidi lorosonocontenti lostesso: pi
divertente di quanto si immagini stare di
spalle alla porta e giocare per la squadra. E
bello perch calcio. La spalla pidiffici-
le da marcare del goleador. Per fermarlo non
basta non fargli fare gol. Uno come Filippo
Inzaghi lo annulli se riesci a nonfarlo tirare
inporta: si deprimeesbagliatutto. Unocome
Trezeguet lo umili se lo tieni fuori dallarea.
Uno come Pazzini nonha la porta fissa negli
occhi, vedeil campo, vedelospazio, vaincon-
tro al pallone, lo tocca di prima e riparte.
Nonti cambia una partita, ma ti pu far vin-
cere ugualmente. Giampaolo nonha inventa-
to ungenere: cresciuto guardando altri fru-
strati felici. Uno era Giuseppe Signori che ai
tempi del Foggia lavorava per nome e conto
di Francesco Baiano. Il calcio ricorda soltan-
toil goleador dellaLazioedel Bologna, quel-
lodi venti gol acampionato. MaprimaBeppe
era uno da dietro le quinte: inserie Amassi-
mo 11 gol e 14 inserie B. Conlui, grazie a lui,
il compagno Ciccio di Zemanlandia fece 16
gol inA. Prima di Signori, la spalla lha fatta
anche Roberto Bettega, che era uno da gol,
maconAnastasi decisedi mettersi aservizio.
Unpo come Ciccio Graziani: conPulici si in-
vertivano i ruoli, conPaolo Rossi no: Grazia-
ni il nazionale si metteva lanima in pace e
giocava per Pablito. Andava incontro al pal-
lone, si portavail difensoreeRossi restavain
areaconil marcatoreebasta. Tiro, gol. Ciccio
lha fatto anche dopo, conRoberto Pruzzo.
La spalla e il bomber . Poi ci sono quelli
che non si ricordano in molti. Gerd Muller
aveva uncompagno di squadra anonimo, uno
fatto apposta per lui: si chiamava BerndHol-
zenbein e non passer alla storia del calcio.
Ha vinto un mondiale, in casa nel 1974. Hol-
zenbeinsi armava di pazienza ogni partita e
lasciava il palcoscenico a Gerd. Inquel mon-
dialenonfeceneancheungol. Segnaronotut-
ti: Overath, Cullmann, Bonhof, Hoeness.
Bernd no. Per era felice, sempre. Lo fu an-
che dopo, mentre il compagno picelebre, il
miglior goleador della Germania divent un
alcolizzato. I giocatori alla Holzenbein sono
la fortuna di unallenatore. Eugenio Fascetti
ne sempre stato convinto: ha sempre messo
incampo uncalciatore cos. Allora ha trova-
to limpossibile. Ha trovato KennethAnders-
sonche nel 96 fula pertica alla quale uncal-
ciatore semi-sconosciuto come Igor Protti si
aggrapp per scalare la classifica dei marca-
tori. Alla fine inuna squadra retrocessa fece
24 gol. Capocannoniere. Lancio lungo, Ken-
neth si portava con s il difensore centrale,
toccava la palla di testa e la metteva sul pie-
de di Protti. Cos ha fatto anche Julio Cruz ai
tempi del Bologna: fondamentale eppure
oscuro. Oggi lo guardi in panchina e sorride
anche lui, poi entra e segna. Oppure entra e
fa segnare. Se non hai lincubo, il calcio ti
sorride quasi sempre. E bello essere il
bomber, ma essere la spalla qualcosa di
pi. Di superiore. Pazzini e quelli come lui
sono quelli che arrivano negli spogliatoi e
trovano un compagno ad aspettarli per sen-
tirsi dire grazie.
Beppe Di Corrado
G
iampaolo Pazzini unragazzo sereno. Si
vede: corre ad abbracciare Luca T oni e
sorride sempre. E un attaccante, per. E
quello che dovrebbe essere abbracciato per-
ch segna e fa vincere. Giampaolo appartie-
ne a una categoria precisa: il frustrato felice.
Toni segna a valanga, lui no. Sorride, per.
Perch una spalla, in senso teatrale-cine-
matografico. E lappoggio, il perno attorno al
quale il compagno gira per prendersi la glo-
ria. Gol, gol, gol, gol. EGiampaolodietroarin-
correrlo per fargli i complimenti. Non lo ve-
de nessuno perch una rete che si gonfia fa
dimenticaredieci personeeneesaltaunaso-
la. Tutto il resto diventa undettaglio insigni-
ficante: Pazzini s portato ingiro per il cam-
po un difensore, ha aperto la strada a Luca,
gli ha fatto la sponda, gli ha passato la palla
giusta. Ha fatto il lavoro sporco. La spalla nel
calcio come il direttore della fotografia in
unfilm: crea la luce giusta per far fare bella
figura al protagonista. Lo fa e si sente bene.
La spalla pu essere uncentrocampista o un
difensore e le cose restano nella loro dimen-
sione naturale. E diverso quando una pun-
Francesco T otti
merita la maglia e
la leadership dellI-
talia ai mondiali di calcio in Germania
molto pi di quanto il Palazzo del calcio
meriti dessere rappresentato da France-
sco Totti. Adesso che la sua presenza a
rischio; adesso che la fantasmagorica rina-
scenza della Roma incontra il pi dissen-
nato degli ostacoli; adesso che quella brut-
ta frattura restituisce al capitano la di-
mensione di patrimonio nazionale; il ca-
so di far notare una minuzia decisiva: pro-
tetti da una ragione indiscutibile, avevano
messo Totti alla gogna per uno sputo agli
europei, gli avevano e gli hanno dato del
ragazzone un po piagnone ed eternamen-
te immaturo, sospeso tra il glamour di un
matrimonio in diretta satellitare e il pitto-
resco duna romanit inestirpabile. Gli di-
cevano bravo ma non lo hanno mai protet-
to, non hanno ascoltato il suo allarme sul-
la mostruosa quantit di botte che stava
subendo. E cos, allucinati dalle polemi-
che sui rigori dati o non dati alla Juve, gli
amministratori del pallone riscoprono tar-
divamente che un tesoro di cristallo fa no-
tizia solo quando finisce in pezzi.
ULTIMO STADIO
di Alessandro Giuli
Scampia, triste ed
insanguinato rione
della cintura napole-
tana. Guaglione era uno stupendo cane cor-
so, unmolosso. Pesavaalmeno60 kg. Pidel
grande cancello in ferro, era lui il grande
protettore della famiglia Maddaloni e di
quellangusto scantinato-palestra dove i
bambini potevanosorridereimparandolar-
tedelloJudo. Guaglionemortoenonpotr
assistere allimminente inaugurazione del
nuovo tatami di 400 metri quadrati di V ia
della Resistenza. Una struttura ariosa con
sullo sfondo, poco lontano, il cemento cupo
delle Vele, tanto per ricordare dove sia-
mo. E unsogno che si realizza. Gi 300 bam-
bini la frequentano. I pi, gratis: figli di di-
soccupati, orfani La Famiglia Maddaloni
la piprestigiosa dello Judo italiano. Cu-
riosamente il segno di Olimpia nel suo
DNA. Pap Giovanni, allenatore, del 56
(anno dei Giochi di Melbourne), Pino meda-
gliadoroaSidney, il figliopivecchio, del
76 (Montreal), Laura, Campione dItalia
dell80 (Mosca), Marco, il pi piccolo, due
volte Campione dEuropa Under 23, nato
nell84 (Los Angeles). Coincidenzedellavita.
Nonc piGuaglione, ma a vigilare sutut-
ti, piccoli ecampioni, MacisteeAchille, due
superbi alani. Vigilantes senza paura.
ULTIMO SALTO
di Giacomo Crosa
BIDONARIO - 2

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