na data significativa: dieci anni in un crescendo di ricordi, di esempi, di fatti, di preghiere, che non possono passare sotto silenzio perch hanno aiutato tutti noi a percepire la figura di P. Giuseppe, non ricordo passato, ma presenza viva. U Presenza forte, limpida, che tocca e risveglia la nostra fede; presenza che tiene viva la speranza della "sua" gente a Kalongo e che riaccende continuamente la nostra carit, s che diventano nostre le gioie e le sofferenze dellOspedale e della Missione, in un continuo condividere, nella preghiera, le fatiche dei missionari e della gente, sino a tradurre in concreta solidariet questa attenzione verso una realt dAfrica che, ormai, sentiamo come parte della nostra stessa comunit parrocchiale. Dieci anni da ricordare, per non dimenticare unintera esistenza fatta di semplicit, donazione, fede genuina. Tale stata la vita di P. Giuseppe: intrisa di santit che gi assaporiamo, in attesa che venga anche da tutta la Chiesa riconosciuta. E per questo abbiamo voluto, per loccasione, raccogliere lettere, ricordi, testimonianze. La forza della sua solida fede, della sua incrollabile speranza e dellinstancabile e trasparente carit, in questi dieci anni sono state il miracolo pi bello che abbiamo visto fiorire attorno a noi e sono, in sintesi, il messaggio forte e provocatorio di queste pagine, volute in suo ricordo. Ci auguriamo che questo messaggio possa diventare per tutti richiamo e invito a raccogliere la sua preziosa eredit, per continuare, sul suo esempio, a servire il fratello che soffre, irradiando attorno a noi il volto di Dio Amore. Forse P. Giuseppe non sar molto entusiasta di tutta questa attenzione nei suoi confronti. Gli chiediamo scusa: ma - diciamolo con sincerit - non lo facciamo per lui, che, nella beatitudine del Paradiso non abbisogna di nulla! per noi che facciamo tutto questo: per non dimenticare, ma soprattutto per imparare cosa significhi vivere da cristiani, affinch, nella terra ancora buona di Ronago - e della Chiesa tutta -, come allora spunt un fiore cos bello, possa oggi fiorire, grazie alla rugiada feconda del ricordo di P. Giuseppe, qualche altro fiore pronto a farsi prendere per mano dal Dio Amore al fine di portare ancora nel mondo, in Africa o altrove, il profumo contagioso del Vangelo. DON SERGIO - PARROCO DI RONAGO 2 PRIMA PARTE LA FIGURA DI PADRE GIUSEPPE adre Giuseppe Ambrosoli nacque a Ronago (CO) il 25 luglio 1923. Terminato il liceo, nel 1942, si iscrisse alla facolt di medicina e chirurgia presso lUniversit degli Studi di Milano. La seconda guerra mondiale lo costrinse ad interrompere gli studi, ma non gli imped di dare la sua collaborazione ad ebrei e perseguitati politici per farli riparare in Svizzera. P Alla fine della guerra riprese gli studi e nel 1949 si laure a pieni voti. Desideroso di dedicare tutto se stesso agli altri, decise di entrare tra i missionari comboniani. Rinunciando alla prosperosa industria familiare del Miele Ambrosoli, invest tutte le sue energie di medico e sacerdote negli ammalati e nei poveri africani. Part per lUganda allinizio del 1956. Fu assegnato alla missione di Kalongo, dove sorse e si svilupp un ospedale che ancora oggi tra i pi apprezzati del Paese. Con grande dedizione fond e diresse una scuola per ostetriche. I suoi 32 anni di vita missionaria furono caratterizzati da un grande amore per gli africani. Nessuno avrebbe mai immaginato che il 7 febbraio 1987, durante la guerra civile, sarebbe stato forzatamente allontanato dallospedale di Kalongo e avrebbe assistito allapparente distruzione del suo lungo e paziente lavoro. Provato fisicamente e moralmente da questi avvenimenti, il 27 marzo 1987 P. Ambrosoli moriva a Lira, pronunciando una frase che amava ripetere nei momenti pi difficili: "Ci che Dio vuole non mai troppo". Dal 1994 la sua salma riposa a Kalongo tra la sua gente. 3 LA FIGURA DI PADRE GIUSEPPE il segno del passaggio di Dio adre Giuseppe Ambrosoli una di quelle figure di missionario che hanno lasciato il segno. Il segno del passaggio di Dio. Tra le tantissime testimonianze, non ce n una che si discosti dal riconoscere la genuina santit di questo nostro confratello. P Perfino chi gli e vissuto accanto per 23 anni di seguito, come capitato al sacerdote e medico don Palmiro Donini, fermamente convinto dellesercizio eroico di alcune virt come la povert, la disponibilit, lo spirito di servizio, la fortezza, la carit, la purezza, lobbedienza...da parte di Padre Giuseppe. Il segreto di tanto successo nelle vie dello spirito sta sicuramente nella grazia di Dio prima di tutto, poi nel cuore della mamma, donna piissima, e nel suo sforzo costante di migliorarsi. Padre Giuseppe ha vissuto sul serio il suo sacerdozio e con spirito di servizio la sua professione. A questo proposito, riporto la testimonianza di Mons. Renato Corti, vicario generale della diocesi di Milano. Il Cristo di P. Ambrosoli. "Dobbiamo riconoscere che tutta lesistenza di padre Giuseppe stata un possibile segno di un Altro, di Dio-Amore. La vocazione e la missione della Chiesa consistono in questo: svelare il volto di Dio- amore. Le modalit fondamentali di questa operazione sono lincarnazione, la vita pubblica, la passione e la morte di Cristo. Il Verbo di Dio ci salva incarnandosi, facendosi uomo, abitando tra di noi, avvicinandosi a noi. E cosi svela il Dio- Amore. Padre Ambrosoli ha cominciato la sua missione ancora prima di andare in Africa, quando ha cominciato a capire il cristianesimo e quando ha cominciato a desiderare di mettersi a disposizione del Vangelo. I tanti anni trascorsi da Padre Ambrosoli in Africa stanno ad indicare quella importante modalit della missione-che lo rende simile a Ges nella vita pubblica. decisivo riconoscere che Cristo vive la missione nella passione e nella morte. Anche per Padre Ambrosoli la missione raggiunge il culmine quando gli e domandato di sacrificare tutto. La distruzione dellospedale non stata, per padre Ambrosoli, un problema, perch lavorava solo per Dio e per la sua gente. Il suo atteggiamento nei confronti di Dio stato espresso con le parole: Quello che Dio vuole non mai troppo. Se si aggiunge poi il riferimento al Comboni e al suo senso della croce, ai martiri dUganda di cui si era appena celebrato il primo centenario, siamo in pieno nellespressione pi viva della testimonianza. Padre Giuseppe e una testimonianza, un sentiero percorso, una dimostrazione che le Beatitudini sono possibili, tanto vero che egli le ha vissute. Vorrei dire ai giovani di non guardarsi allo specchio facendo di se stessi la misura, ma di specchiarsi in coloro che probabilmente hanno fatto un po di strada pi lunga o sono andati pi a fondo nel Vangelo per comprendere in quale maniera, come e dove Dio chiama." da un articolo di PADRE LORENZO GAIGA 4 PRIMA PARTE 27 marzo 1987. l 2 aprile 1987, alcuni giorni dopo la morte di Padre Giuseppe, Suor Caterina Marchetti scriveva: I "Penso che siate gi stati informati della morte di P. Ambrosoli, avvenuta dopo gli eventi dolorosi dei quali pensiamo lui stesso vi abbia fatto sapere. So che lui vi scriveva e voi gi conoscete la sua bont, il suo calore umano e la donazione e disponibilit completa per aiutare qualsiasi che si fosse presentato a lui. Sento il desiderio di salutarvi con la sua ultima preghiera, detta un minuto prima di morire: "Signore, sia fatta la Tua volont". Ecco la vita di padre Giuseppe in questa preghiera. La sua morte ci ha lasciati sconvolti e in un profondo dolore, non ho parole per descrivere la sua intensit. Il lasciare Kalongo in quel modo stato molto doloroso, ma la perdita di padre Giuseppe stata qualcosa di indescrivibile. In una sua ultima lettera del 25.3.87 diceva: "Mi sono ammalato all'improvviso ed una nefrite peggiore di quella dell'82. Sono addoloratissimo di non poter venire ad Angal a darvi una mano nella parte organizzativa. Devo partire per l'Italia e non so se mi lasceranno tornare. Da questo letto prego anche per voi e spero possiate andare avanti abbastanza bene; il Signore non mancher di assistervi nelle vostre difficolt e pregate anche per me". La partenza di padre Giuseppe non stata per l'Italia, ma per il Paradiso. Credo che padre Giuseppe abbia fatto la morte che desiderava e secondo la sua santit: distrutta l'opera da lui creata, via da casa, senza nessun dottore presente e con un dolore fisico in tutte le membra. Ma il seme dell'Amore, Bont e Perdono da lui seminato fiorir nel cuore del popolo Acholi, il quale non dimenticher mai Brugioli (Ambrosoli) cos con affetto lo chiamavano. Non vedete in questo un po' di Ges sulla croce, un po' di Comboni nostro fondatore? Vicino a lui ci sono state sempre le sorelle di Kalongo, Sr. Romilde sua infermiera, Sr. Annamaria e Sr. Silveria da lui conosciute e amate, con le quali aveva speso anni di attivit ospedaliera, partecipando le gioie e i dolori che tale opera richiedeva con il passare degli anni. Vicino a lui c'erano pure i confratelli e le consorelle della comunit di Lira. Nonostante il suo dolore, continuava a far coraggio a tutti. morto il 27.3.87, venerd, alle ore 13.55. Un quarto d'ora dopo arrivava l'elicottero per portarlo d'emergenza a Gulu. Ma il Signore stato pi svelto. L'assenza di un dottore al suo capezzale stata dovuta all'insicurezza della strada, dato lo stato di guerriglia del distretto dove si trovava. stato seguito via radio dal dottor Luciano Tacconi e dal dottor Corti, mentre suor Romilde eseguiva la terapia come dettata. Il 28 marzo in tutte le missioni stata celebrata una S. Messa e si pregato per lui. Chi non conosceva Padre Ambrosoli? Una folla immensa lo accompagnava alla sua ultima dimora; "un vero trionfo per Giuseppe" disse Fr. Tarcisio. stato sepolto nel cimitero di Ngeta Lira alle ore 15.30, il 28 marzo. Le ragazze studenti qui ad Angal, nel sapere della morte, sono scoppiate in grida di 5 LA FIGURA DI PADRE GIUSEPPE lamento, attirando l'attenzione della gente di Angal che si chiesta cosa stava succedendo, certamente qualche cosa di molto doloroso per tutti noi. Sembra che padre Giuseppe abbia vissuto, dopo la grande tragedia della distruzione di Kalongo, tanto tempo quanto stato sufficiente per trapiantare l'unico germoglio rimasto della pianta di Kalongo ad Angal. Questo germoglio la scuola ostetriche. In questa scuola rimane viva l'opera di padre Giuseppe e un giorno sar ripiantata a Kalongo da dove stata sradicata. Siamo qui da un mese e oggi sono arrivati i due camion da Lira, ma senza padre Ambrosoli. Potete immaginare il rinnovarsi del dolore. Noi continuiamo a sistemare i vari locali e ci rendiamo conto che i bisogni sono molti. Abbiamo il minimo indispensabile per portare avanti l'opera, sicure che la provvidenza ci aiuter e padre Giuseppe ci assister, sentiamo la sua presenza viva in mezzo a noi. Dopo aver messo in funzione l'ambiente, pensiamo di prendere un gruppo di nuove allieve, perch la scuola non muoia, ma continui, come era desiderio di padre Giuseppe. Preghiamo per padre Giuseppe e ricordiamoci a vicenda presso Ges, nostra forza; offriamo tutti insieme questo nostro grande dolore perch unito a quello di Ges crocifisso redima e salvi tante anime e doni la pace a questa terra. SUOR CATERINA MARCHETTI 6 PRIMA PARTE il ritorno al suo ospedale: Kalongo "Seppellitemi fra la gente che ho amato e per cui ho lavorato tutta la mia vita" Domenica, 10 aprile 1994 in dal mattino presto, Kalongo pronta ad accogliere tutti. Fra poco dovrebbero arrivare il vescovo di Gulu, Mons. Martino Luluga, e il Nunzio Apostolico. Mentre aspettiamo, padre Pazzaglia ci offre ulteriori testimonianze sull'attivit dell'ospedale di Kalongo, ma soprattutto sullo spirito evangelico con cui padre Giuseppe ne ha portato avanti l'attivit, insieme a tutti i suoi collaboratori, promuovendo lo spirito di accoglienza e di amore verso ciascun malato, creando obiettivi di lavoro e di promozione umana e professionale anche per la gente di qui. F Atterra il piccolo aereo con a bordo il Nunzio e il Vescovo. Si fa subito loro incontro padre Egidio e li accoglie a nome di tutta la comunit. Di l a poco arriveranno anche l'ambasciatore, le autorit militari, quelle politiche e governative, tra cui la signora Betty Begombe, ministro in carica per questa zona. Come osserva giustamente suor Caterina, dalla terra e dal cielo si sono mossi tutti per lui. E tutti convergono verso il grande prato antistante la chiesa, dove la bara stata posta. Le fa corona una folla immensa di gente: le due ali, riparate da una lunga tettoia di paglia, sono riservate agli ospiti e alle delegazioni rappresentative dei vari gruppi, compresi quelli che animeranno la S. Messa, mentre tutto il resto dello spazio pieno di gente semplice (cattolici, protestanti, musulmani) che per ben quattro ore se ne sta l, sotto il sole. Grappoli di bambini, per poter vedere, se ne stanno immobili sui rami degli alberi. Comincia la S. Messa, concelebrata all'aperto dal Vescovo, dal Nunzio e da tutti i Sacerdoti presenti, compreso il nostro parroco, don Sergio. All'omelia, il Vescovo: "La liturgia che celebriamo oggi una liturgia pasquale: Ges non pi fra i morti, ma vive! Vogliamo perci seppellire padre Ambrosoli con il pensiero di Cristo Risorto. Padre Giuseppe stato battezzato, andato a scuola, ha studiato. diventato medico per guarire i corpi, sacerdote per salvare le anime. Voi, anziani di Kalongo, sapete meglio di me quello che lui ha fatto per voi. Il suo lavoro, il suo servizio sono conosciuti in ogni parte d'Uganda e anche fuori dallUganda. Le capacit che aveva ricevuto dal Signore le ha messe a servizio di tutti, dei pi poveri, dei pi sofferenti. E l'ha fatto con grande umilt, senza orgoglio. Le ha semplicemente donate. Dobbiamo ringraziare il Signore per questo dono grandissimo che ci ha fatto. Un dono per noi, per la Diocesi, per l'Uganda intera. Un dono che ci ha aiutato in modo cos meraviglioso. Voi, gente di Kalongo, dovete esserne i testimoni. Ringrazio i suoi genitori, ringrazio Ronago - la gente e la parrocchia - che ha mandato il suo parroco, qui, oggi. Il loro figlio venuto in mezzo a noi e qui ha trovato la sua casa. Noi non lo dimenticheremo mai e vogliamo che rimanga qui, in mezzo a noi. Qui risorger nell'ultimo giorno. Ringrazio i Comboniani perch hanno fatto s che padre Giuseppe venisse qui. Il lavoro che lui ha cominciato non deve fermarsi, ma preghiamo affinch continui e vada avanti, non soltanto qui a Kalongo, ma in tutta la Diocesi. Ringrazio il Papa, per la testimonianza 7 LA FIGURA DI PADRE GIUSEPPE attraverso la presenza del Nunzio. Non pensate che sia davvero una cosa grande? Il suo testimone qui, per questo evento! Questo significa l'amore che il Papa ha per voi. Preghiamo per il Papa, preghiamo per l'Africa, perch Dio susciti tanta fede, la stessa fede con cui padre Ambrosoli venuto fra noi. Ringrazio padre Tocalli per essere qui a continuare l'opera di padre Giuseppe. Possa il suo lavoro portare tanti frutti, ma noi dobbiamo togliere le spine dal nostro campo, dobbiamo arare e preparare perch la semina trovi il terreno giusto". La S. Messa continua. Dopo la Comunione, un gruppo di donne da inizio alla tradizionale danza funebre acioli, la danza che viene tributata ai grandi, ai re. In tantissimi si uniscono al gruppo di donne, manifestando cos, nella pienezza e nel calore delle loro tradizioni, il proprio omaggio a padre Ambrosoli. Il corteo si avvia verso il cimitero. Per il primo tratto abbiamo avuto l'onore di portare sulle spalle le spoglie mortali di padre Giuseppe. Mai avrei immaginato di poter avere questa grazia e questo onore. Impossibile descrivere l'emozione di quel momento. Poi il feretro portato dai sacerdoti africani ed europei insieme. Al cimitero, tutti si sono stretti attorno alla tomba. Avevo portato da casa una manciata di terra, simbolo e presenza di tutto Ronago, dei suoi familiari, di tutti quelli che l'hanno conosciuto e amato. Padre Ambrogio ha spiegato in lingua acholi questo gesto, mentre la terra di Ronago scendeva accanto a padre Giuseppe. Un gesto che mi stato suggerito dal cuore, ma che laggi ha assunto un significato molto pi grande, soprattutto agli occhi della gente semplice. La bara viene calata nella fossa e un canto dolcissimo si leva:"Dio faccia riposare la tua anima per sempre nella pace". Anche qui, impossibile parlarne. Una fiumana di gente si poi diretta verso l'ospedale, dove la statua di padre Giuseppe stata benedetta. La statua collocata nel cortile dell'ospedale, davanti alla sala operatoria e alla maternit, cos che tutti, ammalati e medici, suore e sacerdoti, allieve e infermiere lo incontrino nel loro andirivieni quotidiano: lui guarda a loro, loro guardano a lui, per trame forza ed esempio. Ci siamo poi ritrovati tutti sul sagrato, dove stata pronunciata una serie di discorsi che hanno messo in luce le grandi doti umane, cristiane e professionali di padre Giuseppe. Lui, cos umile e schivo, stato commemorato dalle diverse autorit ecclesiastiche e governative; lui che avrebbe teneramente disapprovato tutti questi onori, lui che ora appartiene a Dio, a Kalongo, ma anche alla Chiesa e al mondo intero stato infine commemorato anche da noi, che abbiamo capito l, fino in fondo, il messaggio e l'eredit di questo nostro concittadino. ANNA BALATTI 8 SECONDA PARTE PADRE GIUSEPPE CI PARLA e lettere che pubblichiamo ci sono state date spontaneamente dalle persone di Ronago e dintorni alle quali padre Giuseppe le aveva scritte. L Le lettere di padre Giuseppe sono belle. Tra le righe balzano fuori tutte le sue doti: concretezza e precisione, semplicit, dedizione ai suoi impegni, gratitudine verso tutti, anche per le piccole cose, e soprattutto amore a Dio e fiducia in Lui, docilit alla sua volont cos da essere sempre aperto alla speranza e pieno di amore e attenzione per ogni persona. Seguono alcune circolari, cio quei resoconti periodici che padre Giuseppe ciclostilava e mandava a tutti gli amici sostenitori dell'ospedale di Kalongo. Questi documenti riguardano gli anni dal 1969 fino al 1987, anno dell'evacuazione di Kalongo e della morte di padre Giuseppe a Lira. 9 PADRE GIUSEPPE CI PARLA lettere a Renzo Corti L'amicizia tra Renzo Corti e Giuseppe Ambrosoli inizia da ragazzi, si consolida in giovent nell'Azione Cattolica, continua fino al 1987 quando, a due mesi di distanza, Dio chiama entrambi in Paradiso. Le prime due lettere sono di Giuseppe ancora studente. Milano, 11 febbraio '43 arissimo Renzo, vengo oggi a te con questo mio scritto dopo un po' di tempo che non ti scrivo. Finalmente l'altra domenica a Ronago ho visto tuo padre di ritorno dalla Germania e sono stato molto contento di starci un po' assieme e udire le ultime novit dell'estero. C Penso con piacere che ora che arrivato tuo padre presto vedremo anche te a Ronago, perch spero che una licenza, anche se breve, non te la negheranno. Avremo cos modo di stare un po' assieme. Caro Renzo, devi perdonarmi se per l'avvenire non potr scriverti molto e qualche volta mi limiter a semplici cartoline, perch ora devo cominciare a mettermi a studiare seriamente perch fino ad ora non ho ancora fatto niente e gli esami si avvicinano con il loro incubo strano. Io ti ricorder sempre lo stesso, anzi di pi, al Signore: la mia migliore possibilit che ho per giovarti. Ora termino. Ricevi intanto il mio affettuoso saluto in Cristo. Giuseppe Alla fine del '43 Giuseppe, per sfuggire ai tedeschi che sospettavano il suo aiuto agli ebrei, si rifugia in Svizzera e viene mandato dalle autorit elvetiche in un campo vicino a Zurigo. Uititron, 27 gennaio '44 arissimo Renzo, alla "Casa d'Italia" a Lugano ho ricevuto la tua carissima lettera. Allora ero in un campo, bello, in Lugano ed ero addetto alla cucina. Ci per risolvere il problema del vitto, poich era molto magra, sono riuscito ad andare in cucina. Ed eravamo l in tre cuochi militari svizzeri (ma delle nostre parti)... C Vi era molto da lavorare, ma mangiavamo in un modo meraviglioso, come tu neppure ti immagini. Avevo sempre in mente di risponderti, ma quasi mi mancava il tempo. Un giorno mi giunto l'ordine del mio trasferimento e sono stato mandato qui a pochi chilometri da Zurigo. Ci ho messo qualche giorno prima di sistemarmi e poi, quando avrei dovuto scriverti, ho cominciato ad avere un grande pensiero. E sai a cosa pensavo? Calcolavo tutti i pro ed i contro che favorivano ed ostacolavano il mio ritorno in patria. E ci ho pensato veramente tanto e finalmente sono venuto nella determinazione che il mio ritorno necessario. Cos ho fatto gi domanda a Berna di essere rimpatriato, intanto che pensavo a queste cose, non mi stato possibile scriverti. Oggi con grande piacere ho ricevuto la tua 10 SECONDA PARTE lettere a Renzo Corti graditissima lettera che dopo un lungo giro giunta qui. Sono contento che tu stai bene e felice che abbia potuto vedere i tuoi genitori. Ti ringrazio delle belle parole che mi dici, soprattutto del tuo incoraggiamento spirituale che mi ha fatto tanto bene. Caro Renzo, proprio vero che nel dolore, nei momenti di sconforto si sente il valore della nostra Fede. Quando tutto ci abbandona, quando tutti i nostri ideali umani e materiali cadono, quando precipitano tutte le nostre speranze ed illusioni, quando in conclusione ci sentiamo soli, soli: allora unica la nostra fede ci conforta, ci sta vicina facendoci comprendere che tutto avviene per volont di Dio, facendoci sentire, anche nel dolore, tutta la gioia di fare la volont del Padre. Il primo giorno che sono venuto qui, ho proprio constatato di persona questa consolante verit. Siamo giunti con le pi belle speranze, siamo venuti qui in un pomeriggio piovoso in un campo che costituito da baracche sepolte in una pineta dove non spunta n tramonta il sole, dove vi una grande umidit. Caro Renzo, mi sono sentito crollare il morale, venire un grande nodo alla gola ed allora la mia Fede alta e forte accanto a me mi ha salvato. Sono ormai passati quindici giorni ed ora mi trovo bene, anche se la pineta toglie il sole e da umidit, non importa. La vita in baracca non poi del tutto brutta, anzi finisce poi col piacere. Il tempo vola perch quasi tutto il giorno ci fanno fare mestieri interni al campo, come tagliar legna, pulizia, pelar patate ecc. Solo dopo cena (che alle cinque e mezza) siamo completamente liberi. Ma spero quanto prima di poter tornare a casa. Ti saluter tanto i tuoi cari. Caro Renzo, prega per me perch ho bisogno tanta luce divina. Stammi sempre tanto bene e allegro. Ti lascio abbracciandoti fraternamente in Cristo. Fortis in Fide! Aff. Giuseppe Giuseppe diventa medico e missionario, Renzo si sposa, ha la sua famiglia e fa l'elettricista. L'amicizia continua. Kalongo, 30 agosto 70 arissimo Renzo, finalmente arrivata da qualche settimana la spedizione partita in marzo da Ronago. In una cassa ho trovato la batteria per quella lampada che mi avevi regalato. Ti ringrazio sinceramente. Questa lampada mi serve per studiare una mezz'ora in media ogni sera. Il nostro gruppo elettrogeno si ferma alle 10.20 circa. Avevo sempre usato una lampada a petrolio, mettendomici il pi vicino possibile. l'unico tempo che ho per C studiare qualche argomento, di solito di chirurgia o maternit. Quindi ti ringrazio ancora sinceramente per il regalo. Ti spero bene con la tua famigliola. Spero anche tua mamma bene, nonostante il passare degli anni. Credo che i ricordi pi belli, di giovent, siano ancora quelli dei nostri ritrovi, attivit, gite ecc. dell'A.C. (Azione Cattolica). Cos ogni tanto vi rivedo un po' tutti. Ti prego di salutarmi un po' tutti i vecchi amici, specie Evaristo, Egidio, Bruno, Cechino, Arnoldo ecc. Abbiamo perso il nostro Don Carlo Porlezza, parroco di Ronago, morto nel 1966; ndr), per sono certo che Don Matteo far molto bene e punter anche in profondit, (salutamelo tanto). Qui si 11 PADRE GIUSEPPE CI PARLA va avanti tra tanto lavoro, cos il tempo vola. Non sappiamo cosa il Buon Dio riservi per queste missioni. Tutta l'Africa in fermento (e le infiltrazioni di Pechino e Mosca sono tremende, puntando direttamente ai governi). Qui, lontano dai centri, abbiamo la buona gente che ci segue e lentamente sta formandosi ad una tradizione cristiana. Anche a te chiedo un ricordo nella preghiera. Salutami tanto tua mamma, moglie e figlio. Tanti auguri di Bene. Tuo aff. P. Giuseppe La corrispondenza continua fino al 1987. In gennaio Renzo scrive l'ultima lettera all'amico missionario, ma non ne completa l'indirizzo perch muore improvvisamente. Padre Giuseppe lo viene subito a sapere e l11 febbraio, prima dellesodo, scrive ai familiari. Kalongo, 11 febbraio '87 ent.ma Sig.ra Corti, Carissima mamma Giulia e carissimo Carlo, ho avuto la settimana scorsa, completamente inattesa, la dolorosa notizia della morte di Renzo. Ne sono tanto addolorato.. G Ieri ho celebrato la S. Messa a suo suffragio e continuer a pregare per lui e per voi. Ero legato a Renzo da forte amicizia che risale ancora ai tempi di quando eravamo ragazzi e mamma Giulia sa come io ero spesso per casa, allora quando c'erano anche la zia Carlotta ed il papa Carlin. Abbiamo lavorato poi molti anni assieme nell'Azione Cattolica. Andavamo assieme alle tre giorni diocesane, alle riunioni, a Como ecc. Non ho nessun dubbio che il Signore gli ha dato la meritata ricompensa. Egli nella luce e gioia di Dio in attesa dei suoi cari. A noi di seguire i suoi esempi di fedelt al dovere e vita cristiana. Prego per lui e soffro con voi. Spero che sia arrivata la mia lettera natalizia. Qui purtroppo la situazione molto difficile. Siamo in piena guerra civile, proprio nella nostra zona. Ora per di pi stiamo facendo i bagagli per l'ordine militare di spostarci, come ospedale, a Lira. Ma un guaio enorme. Ma ci mettiamo nelle mani della Provvidenza e viviamo alla giornata. Vi chiedo tanto di pregare per noi. Vi lascio tutto con l'affetto che avevo e che ho per Renzo. Aff. P. Giuseppe 12 SECONDA PARTE lettere all'Angioletto Merlo Natale 1972 ille grazie per la lettera del 20 ottobre. Qui tiriamo avanti, sperando che il Buon Dio ci aiuti a continuare. E le medicine sono ancora a Ronago, ma speriamo che arrivino presto. Cercher di mandare la pelle di pitone. M Un carissimo augurio a tutti, anche ai clienti del Barbiere della mutua! aff. P. Giuseppe Ambrosoli L'Angioletto un ronaghese da tredici anni in Paradiso. Lavorava all'Ambrosoli e, nel tempo libero, oltre a fare il barbiere, ordinava e impacchettava il materiale per i containers destinati all'ospedale di Kalongo. P. Giuseppe aveva sempre una grande attenzione e gratitudine verso il "barbiere della mutua" o "di gran classe" come affettuosamente lo Settembre 1977 (dopo un soggiorno in Italia) aro Angioletto, per mantenere la promessa ti mando due righe, le prime che scrivo da Kalongo. Sono arrivato qui gioved mattina con ottimo viaggio. In aereo come essere in corriera ed al mattino alle 7.40 ero gi sulle rive del Lago Vittoria, perch la pista dell'aeroporto proprio in riva al grande lago (grande come un mare). Questa mattina, come ti avevo promesso, ho celebrato la S. Messa per i tuoi cari defunti e anche per quelli C della tua Maria. Qui ho trovato il solito lavoro. Siamo ancora in stagione di piogge e fa pi fresco che a Ronago. L'altro ieri ho cominciato subito con un'urgenza chirurgica con una donna che ha ricevuto una cornata da un torello. Questa mattina ho fatto in fretta a fare un taglio cesareo perch avevo la S. Messa delle 10.30 e sono arrivato in tempo. Caro Angioletto, grazie per tutto quello che fai, per le nostre spedizioni, anche a nome di tutti i nostri malati. Tanti saluti alla tua Maria, Sandro, figlio. Tuo aff.mo P. Giuseppe Nel novembre del '78, insieme agli auguri, anche l'attenzione per l'amico perch abbia cura della sua salute: ingrazia tanto la tua Maria per la sua gentile lettera del 4 marzo, che ancora qui sul mio tavolo. R Grazie mille per il lavoro che hai fatto anche quest'anno. Fai per solo quando stai bene e te ne senti la voglia. Poi aspetta che venga la primavera, perch il freddo di quella stanza ti fa male. 13 PADRE GIUSEPPE CI PARLA Nel 1982 l'Angioletto gi ammalato. Quando muore, padre Giuseppe scrive alla moglie Maria. ara Sig.ra Maria, mio fratello Francesco mi ha mandato la triste notizia della morte di suo marito. Poi mi sono ammalato ed la quarta settimana che sono a letto per una nefrite. Sto per gi bene e comincio ad alzarmi un po' nella stanza. Cos l'altro ieri ho potuto celebrare la S. Messa a suffragio dell'Angioletto. Prego per lui ed anche per lei e tutti i loro cari. Il Signore l'aiuti in questo momento doloroso. Partecipo col cuore al suo dolore, anche col mio dolore, per l'amicizia che mi legava a lui e per tutto il lavoro che aveva fatto per preparare le spedizioni dei medicinali per Kalongo. Non C so nessun particolare della sua morte, ma spero che non abbia sofferto tanto. Ora lo deve pensare nella luce di Dio, mentre aspetta "la mia Maria". Quindi coraggio e prendiamo tutto dalle mani di Dio. La prego di estendere a suo figlio e tutti i suoi cari la mia sincera partecipazione al suo e loro dolore. P. Giuseppe Ambrosoli lettere a due giovani di Ronago Enrico ed Enrica si sposarono nel settembre Idei 1973 Kalongo, 6 settembre 73 arissimi, le vostre partecipazioni mi sono giunte quando non ero pi in tempo a scrivervi. Cos lo faccio ora, con pi calma, approfittando di un sabato pomeriggio. Spero che vi sarete sposati in questo periodo... Vi sono vicino spiritualmente, con la mia povera preghiera, C certo che il Buon Dio vi aiuter ad andare avanti sereni e costruttori nella vostra nuova famiglia. Vogliatevi bene, come "compagni di viaggio", senza perdere di vista la grande meta. La Madonna vi accompagni col suo sguardo materno. Avete da seguire gli esempi veramente grandi di un vostro Pap e di una vostra Mamma che vi benedicono dal Cielo. Siate degni di loro! Vi lascio entrambi col mio fraterno sincero augurio e sacerdotale benedizione. Aff.mo P. Giuseppe 14 SECONDA PARTE lettere a due giovani di Ronago Nel 1975 Enrico si laurea in medicina. P. Giuseppe risponde alla sua lettera, donandogli tutta la sua esperienza e indicandogli un cammino di seria professionalit. Kalongo Hospital, 27 dicembre 75 arissimo Enrico, ho ricevuto oggi la tua graditissima lettera e l'ho appena letta. Ti voglio scrivere subito intanto che ho un po' di tempo di sabato sera. Complimenti per avere fatto non solo la laurea, ma anche l'esame di stato. Capisco la tua perplessit sulle tue possibilit e capacit pratiche come medico, ora che hai appena finito. Anch'io ho avuto la stessa impressione appena laureato. Poi per la cosa cambia. Piano piano ci si fa un po' di pratica e si acquista una certa disinvoltura. Col farsi un po' l'occhio clinico e nel rivedere casi simili ad altri visti precedentemente, ci si sa pi in fretta inquadrare verso una direzione diagnostica e terapeutica. Resta sempre un margine di casi mai visti o di emergenze difficili. In questi casi, da voi facile mandare il malato all'ospedale o chiedere il parere di uno pi anziano. E poi non pensare che gli altri sappiano tutto. Anzi, quelli che ti sembrano i pi sicuri sono quelli che poi a volte cascano in sbaglioni tremendi. Io credo che dobbiamo andare avanti riconoscendo i nostri limiti, cercando di studiare qualcosa tutti i giorni, mettendo tutta la cura che possiamo per i nostri malati e pregando lo Spirito Santo che ci illumini al momento opportuno. Pi che paura, cerca di essere sereno. Non ti illudere di guarire tutti i malati, soprattutto "primum non C nuocere" e poi avanti con serenit. Se non facciamo cos, finiamo a farci venire delle psicosi e poi non siamo pi utili a nessuno. Io penso che probabilmente tu sei gi incanalato nel tuo lavoro cio hai gi un posto dove lavorare, magari come assistente in ospedale ecc. Se hai una inclinazione particolare e puoi assecondarla iscrivendoti a quella specialit ottima cosa, perch domani chi avr una specialit potr andare avanti. Altrimenti ti vedrai magari soffiare il posto da altri magari meno bravi. Non avere fretta di metterti in proprio, vedendo la possibilit di un buon guadagno subito. Ti troveresti subito una buona posizione, ma poi non la migliori pi e soprattutto non progredirai pi nella scienza medica perch ti mancher il tempo di studiare. Mi pare che mi sono lasciato prendere dalla foga di dirti qualcosa e ti ho fatto una predica. Non prenderla come tale, ma solo come consigli buttati a caso da un tuo fratello maggiore. In ogni modo, ti auguro di trovare presto la tua strada e di essere missionario nel tuo lavoro. Pensando soprattutto prima all'ammalato. Non riesce a me di fare sempre questo, per importante che ci tendiamo con un certo sforzo e che non ci lasciamo prendere in primo piano dall'aspetto economico. Allora addio missione medica e ne va di mezzo la vita di tanti malati. (...) Ho visto quest'anno un paio di volte suor Amelia; sta bene e lavora molto. Spero che presto potr venire anche lei un po' in vacanza a Ronago. A te e a tutti di casa il mio pi caro augurio di bene per l'anno prossimo. Ti assicuro la mia povera preghiera mentre alla vostra pure mi raccomando. Aff.mo P. Giuseppe 15 PADRE GIUSEPPE CI PARLA lettera alle ragazze di II ^ e III ^ media di Ronago 1978: grazie alla sensibilizzazione di una mamma catechista, le ragazze di seconda e terza media scrivono a padre Giuseppe. Ecco la sua risposta. Kalongo, 26 dicembre 78 arissime della II e III media, mille grazie per la vostra lettera del 26.10 e 7.12.78. Il pensiero che voi vi interessiate dei vostri missionari lontani, mi commuove. Quindi doppiamente grazie. Credo che anche suor Amelia sar molto contenta del vostro interessamento. Noi siamo a circa 350 Km di distanza e non ci vediamo mai; saranno forse due o tre anni. Lei poi lavora in una trib molto pi arretrata della mia, dove sono ancora agli inizi di tutto. Qui invece c' gi un po' di progresso e vi sono persone istruite. Uno dei nostri ragazzi, che era in scuola media quando venni io a Kalongo, proprio qui accanto alla missione, ora professore di universit a Kampala. Mi chiedete se la gente ha capito il messaggio portato dai missionari. Io direi di s. Ma non si pu pretendere che la religione diventi subito radicata, come da noi dopo duemila anni. Ci vuole il passare delle generazioni, il formarsi di una tradizione. Non pensate che nei nostri paesi abbia fatto diverso. Guardate quante superstizioni ci sono ancora da noi, retaggio del paganesimo prima di duemila anni fa. Per un fatto che il messaggio qui stato accolto e C continua a spandersi come una macchia d'olio. In questa zona i cattolici sono tra il 40 e 50%, vi sono pure molti protestanti ed ancora un buon numero di pagani che a poco alla volta si decidono per una religione. Anche il cambiamento della vita avviene, ma lentamente ed logico che sia cos. Quello che portiamo noi tutto contrario alle loro tradizioni. Gli stessi ammalati, prima di venire all'ospedale, provano la medicina e i sortilegi dello stregone. E qui poi molti arrivano doppiamente ammalati, perch anche intossicati dalla medicina locale. Quanti bambini, che guarirebbero con la cura della malattia originale, muoiono in ospedale per l'intossicazione avuta dalla medicina locale. Ma non dobbiamo meravigliarci di nulla ed aspettare che i cambiamenti progrediscano poco alla volta. Sarebbe troppo bello e non lo meriteremmo di cambiare tutto in un colpo. L'importante andare avanti con costanza, seminando la buona parola e facendo il proprio dovere. Non importa se i frutti altri li raccoglier: questi verranno senz'altro e tante anime si salveranno. Ecco perch vi sono tanto grato se voi pregate per noi, perch i cuori la grazia di Dio che li cambia e noi siamo solo dei servi inutili ( l'ha detto Ges nel Vangelo). Per ora chiudo. Vi faccio tanti auguri per il prossimo anno: che sia un anno di grazia e di bene per tutti voi. Vi assicuro anche la mia povera preghiera. Aff.mo P. Giuseppe Ambrosoli. 16 SECONDA PARTE lettere ai familiari Nel 1977 muore la signora Palmira, mamma di padre Giuseppe. Egli a Kalongo e subito si unisce ai suoi fratelli e sorelle con tutto il suo affetto, il suo dolore, la sua fede. Kalongo, 25 novembre 77 arissimi fratelli e sorelle, ho ricevuto il telegramma il 17 pomeriggio, proprio quando meno me lo aspettavo, perch Don Donnini aveva visto la mamma la settimana prima e mi aveva detto di averla trovata abbastanza bene. Cos sono rimasto in un certo qual modo ancor pi addolorato. Il giorno seguente, dovevo essere a Gulu e cos dalla casa Corti ho potuto telefonare a Francesco e sentire degli ultimi giorni della Mamma. In un certo senso contento che non abbia sofferto particolarmente, ma il dolore per la Mamma sempre un gran dolore, anche se in et avanzata, e convinti che tutti prima o C poi dobbiamo morire. Vi sono molto vicino spiritualmente in questo periodo. Io prego per la Mamma, ma la penso nella luce di Dio assieme al Pap, ad Uli e Nicky, dove aspettano anche noi per riunire un giorno la famiglia. Penso anzi che la Mamma ci protegga dal Cielo e mi gi capitato di invocarla una sera, al ritorno da Gulu, in una strada che per le piogge era diventata un mare di fango. Peccato che anche Sandro per combinazione sia stato assente in Cile, cos eravate a casa appena in cinque, ma in sostanza noi tutti vicini e tutti presenti. La Mamma era centro di unione di tutti noi. Ora che non pi a casa, cerchiamo di sentirci ancora uniti, come sempre nel comune affetto dei nostri cari Genitori. Pure lontano, sentitemi molto vicino a voi in questa triste occasione, che deve servirci per ad unirci ancora di pi. Vi lascio con un affettuoso abbraccio. Vostro aff.mo P. Giuseppe. Nel maggio 1978, P. Giuseppe invia una lunga lettera ai suoi familiari. Si legge come si svolgeva la sua vita in missione: ogni momento vissuto pienamente e con consapevolezza, cos c' il tempo per il lavoro e la preghiera, per l'aggiornamento e la corrispondenza, e "riposo", anche. Kalongo, 19 maggio 78 a un po' di tempo il lavoro possibile, mentre nei mesi precedenti era veramente troppo. Siamo sempre impegnati, ma si vive. Adesso poi abbiamo anche il venerd che D festa, fissato dal nostro Presidente perch i musulmani possano avere la loro giornata di preghiera. C' il vantaggio che al venerd, pur guardando un po' i malati, abbiamo un buon tempo libero, per c' l'inconveniente di dover concentrare tutto il lavoro, specie la chirurgia, dal marted al gioved ed arriviamo al gioved sera veramente stanchi. Siamo l'unico Stato al mondo con due giorni e mezzo di festa alla settimana. A met aprile andai a Gulu a prendere la dott.ssa Calzia di Genova. Cos si presa subito il reparto di pediatria e noi ci siamo sentiti un po' sollevati. 17 PADRE GIUSEPPE CI PARLA Dr. Donnini ora sempre in giro a curare i suoi malati di lebbra, nei posti pi disparati, dove visita 50-100 malati sotto una pianta per andare a rifugiarsi alla sera in qualche missione e poi ricominciare il giorno dopo. Poi torna a passare con noi il week-end. Cos si rifa un po'. Verso il 20 aprile sono andato a Kampala ad un meeting. Dovevo andare poi a Gulu per gli annuali esercizi spirituali, mi sono fermato due giorni ad Aber, ospite del P. Tocalli, medico, di Morbegno. Cos ho fatto riposo ed ho scritto un po' di lettere... Al sabato 29 aprile sono tornato a casa per riprendere il solito lavoro. Ora devo terminare, ma vi sono sempre vicino col pensiero, anche se la corrispondenza piuttosto povera, da parte mia. Vi lascio con un caro abbraccio. Aff.mo P. Giuseppe Aprile 1986: la situazione nel nord Uganda difficilissima a causa della guerra. Padre Giuseppe ne consapevole, ma nello stesso tempo impegna tutte le sue forze per la vita, fa progetti che danno speranza a tutti. Lira, 13 aprile '86 arissimo Francesco e Tutti, il 4 aprile, con la macchina che tornava da Kampala, abbiamo finalmente ricevuto la posta, dopo ottanta giorni in cui non abbiamo potuto n ricevere n spedire. Ho cos ricevuto le tue lettere del 9.1 e 10.3 ed altre lettere da casa. Mi spiace che voi siate stati in pensiero per me. Io non ho mai avuto alcun pericolo. Questo era per gli altri, tutti quelli che in ospedale non erano della trib Acholi. stata una guerra sofferta. Abbiamo avuto momenti di emergenza e forte tensione. Verso la fine siamo riusciti a mettere sette persone in ospedale col mitra giorno e notte per difendere i non-acholi e l'ospedale stesso dai ladri e cos siamo stati pi C in pace. Non bastando la guerra, abbiamo avuto, appena dopo la liberazione, nella zona terribili incursioni di Karimojong, che hanno seminato terrore e morte nella popolazione, rubando animali e tutto ci che trovavano di rubabile. L'ospedale straripava di gente rifugiata e ne risultato che tanta gente ha perso tutto. Nel loro ritorno, i Karimojong sono passati vicino a Kalongo (luned di Pasqua). I nuovi soldati hanno ingaggiato battaglia con loro, sono riusciti a riprendere del bestiame e ne hanno uccisi parecchi. La gente comincia ora a tirare un po' il fiato ed a pensare a coltivare, ma a tanti hanno rubato anche le zappe. Come vedete, quest'anno c' stato parecchio movimento. Ora speriamo di avere un po' di pace. Scrivo da Lira; sono venuto qui per una settimana per un po' di relax, dopo tanta tensione. Gioved 18 torno a Kalongo ed insister che anche altri prendano qualche giorno di relax, dopo tanta tensione. Da parte mia, vi sono molto vicino con la preghiera. Vi lascio con un forte abbraccio. P. Giuseppe. 18 SECONDA PARTE lettere a Suor Augusta Della Noce Suor Augusta era infermiera all'ospedale Sant'Anna di Como, caposala al settimo piano. Attualmente a Milano 25 novembre 79 ev. suor Augusta, perdoni se rispondo solo ora alla sua lettera di Pasqua (che arriv poi in luglio a causa della guerra). Le mando la circolare con le notizie di Kalongo. R La prego di farla leggere alle suore ed infermiere che si interessano a raccogliere materiale e medicine. Qui intanto andiamo avanti e speriamo che il Buon Dio ci aiuti a continuare. Vedo che anche da voi le difficolt non mancano. Dobbiamo stare sempre col cuore diritto a Dio e la possibilit di fare del bene allora c' sempre. A lei, alla sua superiora, a tutte le sue consorelle un pensiero riconoscente e tanti auguri natalizi nella preghiera. Dev.mo P. Giuseppe Ambrosoli 26 dicembre '81 ev. suor Augusta, non so proprio come chiedere scusa per tanto silenzio. da tanti mesi che le dovevo scrivere... Ho qui ancora la sua lettera del 15.3.81. Mille grazie per quanto mi scrive. Sono certo che lei continua a sacrificarsi per Kalongo. Le garze (quelle che lei lava e ci impacca) sono preziosissime e ci servono molto. Non so se ancora all'ultimo piano, dai pazienti privati. Spero che il lavoro le dia un po' di soddisfazione. Io penso che qualunque lavoro si faccia, se si fa con amore e dedizione, oltre ad essere meritorio, vi si trovano sempre delle soddisfazioni. Il lavoro qui va avanti abbastanza bene. Alle difficolt ci si abitua. Il cielo ancora R pieno di nubi, ma al momento siamo calmi. Io continuo il mio cammino nello studio e misera ricerca di avvicinarmi un po' al De Foucauld. Misera perch lui troppo in alto ed io sono un povero peccatore. Mi pare solo di pregare un po' di pi e di essere pi contento quando c' un piccolo sacrificio da portare. Lei preghi perch nonostante il mio tirare indietro, la grazia di Dio riesca a fare qualcosa in questo pezzo di sughero. Spero che la sua comunit vada avanti, soprattutto nello spirito. Io sono loro vicino con la mia povera preghiera. Tanti auguri di Buon Natale e Nuovo Anno. Ges sia sempre vicino a loro, presente a loro, continuamente. Dev.mo P. Giuseppe Ambrosoli 19 PADRE GIUSEPPE ci PARLA 24 febbraio '84 (...) Per Natale ero a letto ammalato. Poteva venire un'altra nefrite, invece, grazie a Dio, tutto si risolto per il meglio. Ma stato ugualmente un Bel Natale, basta che uno si convinca che fare la volont di Dio, predicando o stando a letto, esattamente la stessa cosa. Ora sto di nuovo bene e mi sento in forma, salvo che vedo che i reni funzionano poco, perch alla sera, anche avendo fatto poco, sono parecchio stanco. Sarei per gi molto contento di poter andare avanti cos. In questo mese infatti ho tirato avanti io il reparto chirurgico, perch il chirurgo veneziano andato ad aiutare un altro ospedale, dove c'era un solo medico e che non fa chirurgia. (...) Vi sono tanto vicino con la mia povera preghiera. Anche alla vostra raccomando questo ospedale e noi tutti. Ges ci aiuti ad essere sempre generosi e a dare a Lui non quello che vogliamo noi, ma quello che Lui vuoi prenderci. Dev. P. Giuseppe 20 gennaio '85 ev. suor Augusta, arrivato qui il signor Cavalieri e con tanto piacere ho avuto notizie sue, di Como ed anche dei lettini che sono stati spediti. Mi ha portato anche il porta aghi per il quale ringrazio tanto. Cos mi arrivata una ventata di Como e di casa. Sento che lei ha fatto tanto e oltre ai letti ha ottenuto i porta bottiglie flebo ed un piano inclinato per trazioni gamba, che ci sar prezioso. Abbiamo cominciato un anno nuovo, "un R anno da vivere con un amore nuovo per Lui". In questo senso le faccio tanti auguri. Lui ci aiuti a realizzare un anno cos. Quindi preghiamo insieme per questo scopo. Il Natale passato calmo e bene. Sto facendo delle belle sciatalgie. In dicembre una mi venuta e mi passata in pochi giorni. Ora tornata e stenta ad andarsene. Almeno cos c' qualcosa da offrire. Ringrazi la sua superiora, le Consorelle per il loro aiuto. A tutte chiedo una preghiera. Ancora grazie di tutto. La Madonna la benedica. P. Giuseppe Ambrosoli Suor Augusta viene trasferita in provincia di Benevento. Padre Giuseppe, con grande delicatezza e umanit, vuole sostenerla in questo nuovo ambiente. 27 novembre '85 ev. suor Augusta, (...) Ho pensato a lei in questo periodo, perch so che nella sua nuova "missione". Prego per lei, perch tutti gli inizi hanno le loro difficolt. Coraggio per sempre. Se lavoriamo per il Signore non c' mai nulla di R male. Tutto pu servire a gloria sua e bene nostro. Ricordo con riconoscenza tutto il bene che ha fatto per Kalongo, cominciando dall'assistenza che ha avuto per me, da quando ero suo paziente al Sant'Anna. Anche lei preghi e faccia pregare per noi, per l'Uganda, perch qui la situazione tutt'altro che rosea. Ges le sia vicino e le faccia sentire la gioia di lavorare solo per Lui. questo l'augurio che le faccio assieme alla mia povera preghiera. Dev.mo P. Giuseppe Ambrosoli 20 SECONDA PARTE lettere a Suor Augusta Della Noce In calce alla circolare inviata a tutti gli amici, nell'anno "il pi difficile in trent'anni a Kalongo" scrive di suo pugno per l'ultima volta a suor Augusta: 25 novembre '86 ede quanti guai abbiamo avuto! E non ne siamo ancora fuori. Chieda anche alle sue suore di pregare tanto per noi. A loro tutte auguro ogni bene. Ges Bambino la benedica. V P. Giuseppe Ambrosoli lettere al GAM GAM. la sigla del Gruppo Appoggio Missionario di Ronago, nato nel 1970 proprio per essere vicini, come comunit, spiritualmente ed economicamente, ai missionari locali: suor Amelia Ghielmetti e Padre Giuseppe Ambrosoli. Kalongo, 18 maggio '82 arissimi del GAM, perdonate se non vi scrivo mai. So da mio fratello Francesco che tra la fine dello scorso anno e l'inizio di quest'anno gli avete versato 150.000 e un milione per Kalongo. C Non ho parole per ringraziarvi di questo grande aiuto. Vi ringrazio anche del pensiero costante che avete per i vostri missionari. Veramente siamo pochi, solo due, e c' un proverbio agricolo che dice che quando il raccolto misero cattiva anche la qualit. Questo purtroppo vero nel mio caso. E spero che Sr. Amelia non me ne avr a male, perch lei fa l'eccezione, mentre io faccio la regola. Son certo che andate avanti a trovarvi ogni tanto per una preghiera per i missionari e ve ne ringrazio di cuore. Questa la cosa pi importante. Abbiamo gran bisogno che il Signore della messe ci aiuti specialmente in questo periodo. L'Uganda sta attraversando un periodo critico di assestamento, un periodo di dopo- guerra. E tutte le guerre favoriscono le vendette, la delinquenza, la malavita. La grande ferita della guerra del '79 stata qui la coscienza di tutti. una ferita che non si rimargina da sola e per la quale ci vuole molto tempo. Quindi voi pregate e questo sar il pi grande aiuto che potete darci. Termino assicurandovi che anch'io vi ricordo nella mia povera preghiera. Vi mando la mia benedizione, anche se di povero prete. Vostro aff.mo P. Giuseppe 21 PADRE GIUSEPPE ci PARLA L'anno seguente, il 1983, padre Giuseppe a Ronago e, per esaudire una richiesta, scrive al GAM ci che ha nel cuore. arissimi del GAM, sono a casa per un breve periodo. Dovendo il ciclostilato del GAM uscire a giorni, mi hanno chiesto di rivolgervi un pensiero. C Comincio col ringraziarvi per quello che fate per i vostri missionari, soprattutto per i vostri incontri di preghiera. Abbiamo tanto bisogno di aiuto di Dio, pi che di mezzi materiali. I missionari che vanno ad annunciare il Vangelo e piantare la Chiesa, sentono oggi pi che mai la provvisoriet della loro permanenza nei paesi in cui lavorano. Basta una ragione politica, l'adesione ad una ideologia atea o semplicemente l'improvviso e irragionevole gesto di un dittatore per trovarsi a fare le valigie in poche ore. Questo non riduce n infiacchisce il lavoro dei missionari, che anzi proprio per questo sentono il bisogno di intensificare ed affrettare l'evangelizzazione e capiscono meglio l'importanza di lavorare cercando solo la gloria di Dio, senza attaccarsi a persone, cose o a posizioni di favore. Per tutto questo per occorre fortemente la loro e nostra costante preghiera. Solo Dio, datore di ogni bene, pu compiere il miracolo di far continuare e fecondare il loro apostolato in terra di Missione. Per la cronaca: a Kalongo in questi ultimi anni il lavoro andato avanti abbastanza regolarmente. L'ospedale ha lavorato a pieno ritmo, la sua zona di influenza e fiducia si andata estendendo. Nonostante la crisi economica del paese, grazie a Dio le medicine essenziali non ci sono mai mancate. Speriamo che anche l'influenza spirituale dell'ospedale missionario non venga mai meno. Non mancano le quotidiane difficolt ed acuta la necessit di medici (al momento solo tre, con 280 posti letto ed un ambulatorio per esterni molto affollato), ma si lavora in un clima abbastanza sereno e di fiducia nell'aiuto di Dio. Termino ringraziandovi ancora ed assicurando che quello che fate in preghiera e opere per i vostri missionari e le nostre missioni non a fondo perso: dall'Africa c' un ritorno di grazia a voi, di rimbalzo, via satellite divino ed eterno, una restituzione naturale, ma centuplicata, come fu promesso dal Signore Ges. La Madonna, Regina Africae, vi benedica! Vostro P. Giuseppe Ambrosoli 22 SECONDA PARTE lettera a Don Antonio Nel 1986, a causa della guerra, la missione bloccata per quasi tre mesi. Appena possibile, in aprile scrive ai familiari, agli amici e al nostro Parroco di allora, Don Antonio Fraquelli. Kalongo, 15 aprile '86 arissimo Don Antonio, (...) ora pare che tutto sia finito, ma c' tanta sofferenza e miseria intorno a noi. l'esercito della nostra trib che ha perso. Prima avevano il comando del paese (ingiusto!), ora hanno perso tutto. Abbiamo avuto tanti feriti da curare in questi mesi. Ora speriamo di riprendere un lavoro regolare, ma abbiamo tanto bisogno dall'alto e chiedo a te ed alla parrocchia uno speciale ricordo nella preghiera. C Ho avuto la notizia della morte di Don Carlo Ghielmetti. Si dovrebbe dire che andato in Paradiso colle scarpe. Credo che Ronago e Ponte Chiasso abbiano un nuovo protettore. Spero che tu sia stato bene in questi primi mesi dell'anno, periodo di intenso lavoro pastorale. La Pasqua conclude un periodo forte. Noi a Pasqua eravamo completamente "per aria" tra l'occupazione dei nuovi militari e le incursioni Karimojong. La gente, che era sbattuta di qua e di l, ha ugualmente partecipato in massa alla festa religiosa. In quei giorni, a ondate l'ospedale si riempiva di gente che veniva a rifugiarsi. Ad ogni modo siamo vivi e ne ringraziamo il Signore. Questo dovrebbe farci pensare alla fragilit della nostra vita e quanto dobbiamo stare uniti al Signore e lavorare per lui, il che l'unica cosa che conta! Con questo pensiero ti lascio fraternamente. P. Giuseppe Ambrosoli 23 PADRE GIUSEPPE ci PARLA lettera ad Angelo Bedetti Angelo Bedetti di Albiolo, un amico di giovent, del Cenacolo, catechista in parrocchia. Kalongo, 2 luglio '85 arissimo Angelo, perdonami se rispondo solo ora al tuo scritto di Natale. Mille grazie per il tuo fraterno pensiero. Mi parli di acciacchi. Dobbiamo andare avanti dando gloria a Dio anche con i nostri acciacchi. Io ho i reni che funzionano poco, dopo la nefrite di tre anni fa. Riesco per ancora a lavorare discretamente. Sar nel mese di settembre a Ronago per fare un po' di esami sulla funzionalit renale e vedere quello che mi permetteranno di fare. Spero anche di vederti. Intanto teniamoci uniti nella preghiera. Ti prego di salutarmi tanto Felice e tutti gli altri vecchi amici. La Madonna benedica te con i tuoi ragazzi di catechismo. C Aff.mo P. Giuseppe L'anno seguente, pur in mezzo alla guerra, non perde la speranza nella Pace che solo Dio pu concedere. Kalongo, 4 marzo '86 (...) Qui siamo in piena guerra da quasi due mesi. Il fronte sta venendo dalle nostre parti, ma qui siamo cos fuori mano che speriamo non verranno a combattere. Ad ogni modo, abbiamo tanti soldati feriti in ospedale. Abbiamo tempi molto duri. Speriamo che il Buon Dio ci aiuti ad avere presto la pace. A te e ai tuoi ragazzi chiedo di pregare per questa povera Uganda travagliata. Si avvicina la Pasqua. A te, (anche a Felice e ai vecchi amici) e a tutti i tuoi ragazzi faccio tanti auguri. Ges Risorto vi benedica e vi aiuti nella vostra strada. Con molto affetto, P. Giuseppe Per la S. Pasqua: (...) Ieri sono finalmente arrivati i "liberatori". Ora speriamo nella pace. 24 SECONDA PARTE lettera a Elisabetta Bernasconi Pastori Padre Giuseppe le rivolge un pensiero riconoscente, sempre ricordando quello che lei ha fatto per lui nel periodo della malattia, nel 1982 e la mette al corrente di come va la salute. Kalongo, 8 settembre '84 arissima Elisabetta, da tempo che pensavo di scriverle e rispondere alla sua lettera del 2.12.83. Mi perdoni il tanto ritardo. Grazie per quello che mi ha scritto allora. Ma se ha tanto incenso, non lo usi per me, ma lo porti in chiesa, a gloria di Dio! (...) Io sono qui ormai da poco pi di un anno. Sto bene, senza essere brillante. Posso per fare meno di una volta. Ogni tanto mi salta addosso qualche male e devo fare qualche giorno a letto. Considero per una grande C grazia gi il fatto di poter essere qui e tenere le redini di questo ospedaletto, con tutti i suoi problemi. Per il mangiare, la suora della cucina ha molta attenzione per me. Mi manda 1a minestra senza sale, poi sempre un po' di patate bollite, a ci aggiungo io un po' di cipolla cruda per darci un po' di sapore. Prendo un pezzetto di carne a mezzogiorno ed un uovo pi o meno sodo alla sera. Cos le ho detto tutto il mio men. Grazie della torta che mi avrebbe volentieri mandato e io la gradisco come se l'avessi gi ricevuta. Spero anche Angelo bene. Me lo saluti tanto. Quando lei si ricorda, le chiedo una preghiera per me e Kalongo. Anch'io le assicuro di pregare per lei. Aff.mo P. Giuseppe lettera a Serafino Serafino Cavalieri un falegname di Prestino. Questa breve lettera una delle ultime scritte da Kalongo, occupata gi dai militari. arissimi Serafino e Pietro, ho appena sentito alla radio che arriverete fra due giorni a Kampala. C Sono tanto contento di sapervi presto vicini a Gulu. Quest'anno per non ci potremo vedere. Noi siamo praticamente bloccati qui dalla guerriglia. Spero che abbiate ricevuto la mia lettera natalizia. Se no, dovreste trovarla da leggere a Lacor. Vi spero bene, voi e le vostre famiglie. Teniamoci uniti nella preghiera. Con affetto. Vostro P. Giuseppe Ambrosoli 25 PADRE GIUSEPPE ci PARLA corrispondenze con Suor Matilde Suor Matilde era assegnata al reparto di traumatologia. Continua, dopo la partenza di Suor Augusta, i rapporti con l'ospedale di Kalongo a nome delle suore e delle infermiere dell'ospedale di Sant'Anna a Como. A lei P. Giuseppe spedisce le circolari con le notizie di Kalongo nell'86 e 87, e pur nell'emergenza della guerra aggiunge d suo pugno ci che pu interessarla, chiedendo con insistenza di pregare. 25 novembre '86 lla la Madre Superiora e a tutte le suore. Abbiamo tanto bisogno delle vostre preghiere. Vi auguro ogni bene nell'amore di Ges Bambino. A 20 dicembre 1986 l Dott. Carlo Marino tornato portandoci la sua gradita lettera. Mille grazie. Ringrazio in particolare per il loro aiuto di raccolta. I 20 dicembre 1986 bbiamo ottenuto ospitalit per la scuola convitto all'ospedale missionario di Angal nel nord- ovest dell'Uganda. Cercheremo di mandare avanti questa scuola nell'attesa di tornare a Kalongo! A lei, alla Madre Superiora, a tutte chiedo di pregare tanto per noi. Con riconoscenza. A P. Giuseppe Ambrosoli 26 SECONDA PARTE lettere circolari Ogni anno, per gli auguri di buon Natale, Giuseppe scriveva una lettera circolare che mandava a tutti gli amici e sostenitori, con le notizie riguardanti l'andamento dell'ospedale, le necessit piccole e grandi e, negli ultimi anni, la difficile e tragica situazione politica e militare. Fa eccezione la lettera circolare del luglio 1980, scritta dopo un periodo di carestia, che caus nell'Uganda fame e morte. 20 luglio '80 arissimi, sono gi passati dieci giorni dal mio ritorno a Kalongo. Penso a tutto quello che avete fatto per me e vi ringrazio di cuore. Qui c' molta pi calma, ma non certo il pensiero di riposarsi, perch c' il lavoro che incalza. Al momento siamo praticamente in due medici, ancora per una settimana, poi saremo almeno in tre. C Ho trovato una situazione molto pesante di fame e di colera. Qui si aspettano i raccolti fra qualche settimana, e quindi la situazione si risolver. Ma intanto si accentuata in modo tragico. Gente sparuta, che sta in piedi a malapena e che arriva alla missione chiedendo qualcosa da mangiare. Quando arrivai, il nostro camion era fermo per un guasto alla frizione: ma a Kampala mi avevano dato i pezzi da cambiare (non nuovi). Cos hanno subito rimesso a posto il motore e questa settimana il camion ha fatto tre viaggi a Gulu a prendere farina ed un po' di olio. Cos oggi si sono potuti distribuire pi di 100 quintali di farina di granoturco nella zona dove la fame pi terribile. Ma abbiamo intorno a noi, nel giro di 30 km, una popolazione di 30.000 abitanti. A Gulu arrivata tanta farina, ma non hanno i mezzi di trasporto per mandarla qui e nelle zone vicine a noi, perch c' un'area vasta di 100.000 persone negli Acioli con gran fame. In tutto il Karamoja poi, muoiono di fame. L dovrebbero arrivare aiuti per altra via, ma siamo poco al corrente. Mercoled scorso sono stato a 30 km da qua a vedere i bambini e ne ho portati a casa 35 con la Land Rover. Ma avrei potuto portarne pi di cento. Le loro coste potrebbero servire da corde di violino. Faceva impressione vedere le mamme che supplicavano di portarli via, perch sanno che qui diamo loro da mangiare ed in un po' di tempo ritornano a parvenze umane. Di questi bambini ne abbiamo portati a scaglioni 200. Vorremmo cercare di fare dei turni per riportarli a casa loro in condizioni di poter resistere ancora qualche settimana e cos prendiamo gli altri pi brutti. Certo che una cosa molto penosa. E vederli con che avidit prendono i primi pasti di polenta. Su tutto questo quadro gi triste imperversa il colera. Qui sono state distribuite in un paio di giorni circa 200.000 capsule di tetraciclina, ed il male si quasi fermato, per poi riprendere con pi calma, ma inesorabile. Abbiamo adibito un repartino di 20 letti con una tela cerata sulla rete metallica ed un lenzuolo sopra l'ammalato. Li ho visti arrivare con un filo di vita, disidratati al massimo, con gli occhi infossati che pare vogliano uscire dietro la testa. Basta mettere un ago in una vena e gettare dentro un litro di acqua e sali a gran velocit, e si vede il polso tornare e la vita riprendere. Poi, cura con tetraciclina ed in tre giorni molti sono gi in grado di lasciare l'ospedale. Su 150 di questi ricoverati, ne 27 PADRE GIUSEPPE ci PARLA abbiamo persi tre, morti proprio mentre entravano, e tre per complicazioni. Ieri una donna morta lungo la strada e ci hanno portato il suo bambino di quattro mesi da tenere qua. Vari casi si sentono di malati morti nei loro villaggi. Moltissimi malati arrivano in ospedale per diarrea, che in questo caso sarebbe una forma frusta di colera. Le epidemie di colera tendono ad esaurirsi da sole. Speriamo che il buon Dio aiuti questa nostra gente ad uscire fuori da una prova cos pesante. In verit bisogna dire che le organizzazioni mondiali stanno lavorando per questa emergenza. Il difficile fare arrivare il cibo sul posto. A Kampala un italiano della CEE mi aveva assicurato di mandare un camion con 90 quintali di biscotti-gallette, prodotti 15 anni fa in Olanda, ma ancora buoni. Purtroppo questo camion non ancora arrivato, ma ci sar molto utile. Cos pure io penso che questo il momento per noi di essere il pi utile possibile a questa nostra gente, cos provata. P. Giuseppe Ambrosoli. Le circolari dell'84 e 85 ci mostrano i molteplici aspetti della vita dell'ospedale di Kalongo, a cui P. Giuseppe doveva pensare oltre alla cura dei malati: l'avvicendamento dei medici, gli apparecchi e il materiale sanitario, i lavori per l'ampliamento dell'ospedale, i rapporti con le autorit e gli organismi 25 novembre '84 ospedale di Kalongo, senza tanto rumore, ha fatto un altro anno di cammino, lavorando per queste nostre popolazioni africane del nord Uganda. Molti hanno trovato qui la salute, molti sono tornati alle loro capanne migliorati nella loro malattia, alcuni purtroppo sono morti in ospedale, nonostante le cure: tutti per vorremmo che avessero lasciato l'ospedale con il ricordo della nostra fraterna comprensione e simpatia e ... amore. questo il lato umano, tanto importante ovunque, ma soprattutto in un ospedale missionario. Purtroppo dobbiamo riconoscere i nostri limiti e le nostre mancanze anche in questo campo. L ... In marzo abbiamo ricevuto due containers con materiale ospedaliero e medicine. Altri due containers sono arrivati in settembre dopo ben sei mesi di viaggio e tante difficolt, qui, per lo sdoganamento. Cos parecchio materiale e medicine raccolte a casa mia sono gi in uso. Un altro container in viaggio e ci porta, tra l'altro, un apparecchio radiologico portatile, amplificatore di brillanza, che ci stato ceduto di seconda mano dall'ospedale San Paolo di Milano. Ci sar di notevole aiuto in sala operatoria, soprattutto per la chirurgia ortopedica. Durante quest'anno i lavori per costruzioni sono andati un po' a rilento. Il reparto bambini malnutriti gi a buon punto e potr entrare in funzione a gennaio. Siamo in difficolt per trovare cemento ed altri materiali di prima necessit per le costruzioni, impianti idrici, ecc. Gli impianti elettrici, invece, ci sono stati completamente rinnovati e messi in ordine dal signor Mario Mazzoleni di Ardesie (BG), che venuto qui a lavorare tre volte per un mese e ci ha procurato molto materiale elettrico. ... Io ringrazio il buon Dio di aver potuto fare anche quest'anno la mia parte di lavoro, sia pure ridotta, a causa della insufficienza renale. Cerco di mantenermi nei giusti limiti, mentre considero gi una grande grazia il poter essere ancora in missione e fare qualcosa per questi nostri ammalati. A tutti i miei migliori auguri di buon Natale, assicurandovi della mia preghiera, perch il Signore benedica voi, le vostre famiglie ed il vostro lavoro. Aff.mo P. Giuseppe. 28 SECONDA PARTE lettere e circolari 25 novembre '85 arissimo Serafino, siamo partiti all'inizio dell'anno con molti programmi e molte speranze. Ora siamo alla fine di questi dodici mesi e rileviamo una volta ancora come i progetti umani patiscano il gioco di avvenimenti imprevedibili. Cos stato per i programmi di lavoro e sviluppo dell'ospedale di Kalongo. C In luglio cominciata l'emergenza politico- militare che ha portato alla caduta del governo di Obote. stato un mese di incertezze, tensioni, impossibilit di muoversi a causa delle strade pericolose o bloccate. Ci stata di notevole aiuto la radio interna tra i nostri ospedali, la Procura dei Comboniani e l'Ambasciata Italiana di Kampala. Questi impianti radio sono stati realizzati dal governo italiano dopo l'esperienza della guerra di liberazione da Amin del 1979. In agosto sembrava che tutto potesse riprendere per il meglio, ma i partigiani che occupano una buona parte del sud-ovest dell'Uganda non hanno accettato la nuova situazione, volendo anche loro avere parte attiva nel nuovo governo. I primi tentativi di trattative sono falliti. Ora stanno discutendo, ma non c' ancora un accordo e non sappiamo a quali conclusioni approderanno. Abbiamo cos avuto un periodo di incertezze con alcuni fatti di guerriglia al sud e un paese praticamente paralizzato. Sentiamo il dovere di dare il nostro apporto perch il paese che ci ospita approdi alla pace; non vediamo contributo migliore che chiederne l'intervento al Buon Dio. Di conseguenza abbiamo avuto un lungo periodo con mancanza quasi assoluta di malati che vengono da lontano. Molta chirurgia di guerra per soldati feriti. Anche il lavoro fuori dall'ospedale ha subito forti rallentamenti. Abbiamo potuto fare solo due giri completi di 29 PADRE GIUSEPPE ci PARLA vaccinazioni invece di tre. L'assistenza ambulatoriale che prestiamo ad Alekan (70 km da Kalongo, vicino al Sudan), zona completamente priva di assistenza sanitaria, ha subito varie interruzioni. Nonostante queste difficolt, l'attivit sempre continuata. Per quella edilizia: degli 11 appartamenti per 20 infermiere qualificate, 5 sono finiti ed abitati; gli altri 6 sono gi in fase di avanzata costruzione. Ha dovuto invece segnare il passo la costruzione del reparto bambini malnutriti. Per lungo tempo infatti il cemento era introvabile; alla fine si dovuto ricorrere a quello molto pi costoso proveniente da 1400 km (Mombasa, Kenya). Tuttavia questo piccolo reparto stato realizzato temporaneamente nella corsia gi adibita al morbillo. Questa, con 10 lettini, era praticamente chiusa dato che le vaccinazioni a tappeto nella zona avevano ridotto quasi a zero l'incidenza della malattia che in passato era la prima causa di mortalit infantile. Per quanto riguarda le attrezzature, abbiamo ricevuto in febbraio due apparecchi produttori di ossigeno. Ci resta ancora il problema di poter immagazzinare questo prezioso gas per usarlo nelle ore (circa 18 al giorno) in cui non abbiamo la corrente elettrica. Ci sono grosse difficolt tecniche, ma spero che ci venga incontro la Vestal Chimica Italiana di Trieste. arrivato anche l'apparecchio radiologico con televisore che ha gi permesso di eseguire con immediato controllo operazioni ortopediche e riduzioni di fratture. Da maggio in funzione il secondo anemometro (misuratore del vento), per studiare la possibilit di sfruttare questa energia per corrente elettrica. Occorrono dodici mesi per una valutazione globale corretta. Nel corso dell'anno sono arrivati tre container con quasi 100 quintali di carico ognuno. Anche se non tutta merc per Kalongo, sono ogni volta un forte apporto di materiale, medicine, ecc. per l'ospedale. Nei primi quattro mesi dell'anno sono partiti, a fine del loro contratto, i Dott. Bl, Cosulich e Squillaci. Sono arrivati per uguale contratto i Dott. Carlo Marino (ortopedico), Giuliano Rizzardini e Romano Linguerri con le loro mogli. I medici invece che sono venuti a dare un aiuto per un mese circa sono stati pochi a causa della situazione politica del Paese. Io ho potuto fare un periodo in Italia, da met agosto a fine ottobre. Mi sono sottoposto a vari esami sulla funzionalit renale. Ne risultata una insufficienza moderata, non peggiorata, che dovrebbe permettermi di continuare a lavorare, purch con discrezione. Non sono invece riuscito a contattare tutte quelle persone che desideravo e dovevo, perch il tempo mi sfuggito di mano rapidamente. Ho potuto in ogni modo risolvere problemi e combinare acquisti per l'ospedale, trovando anche aiuti economici da amici e conoscenti. Gli altri medici, Dott. don Donini, Dott. Tacconi, Dott. Angelucci; le Suore Comboniane (di cui una da poco arrivata, messicana, dentista), le Suore ugandesi ed il personale infermieristico continuano il loro lavoro con la dedizione di sempre. Vorremmo che questo ospedale fosse il centro dove i malati possano ricuperare salute fisica, trovare un pensiero cristiano e serenit spirituale. Ci sta molto a cuore pure la ripresa morale ed economica del Paese: ma queste sono imprese che sfuggono alle nostre possibilit; pertanto chiediamo la vostra collaborazione di richiesta al Buon Dio. Anche a nome dei nostri ammalati e di tutto il personale, ringrazio tutti coloro che hanno cooperato a raccogliere materiale ed aiuti per l'ospedale. A tutti inviamo il nostro pi sincero augurio di buon Natale: Ges che rinnova la sua venuta in mezzo a noi, ci faccia accogliere i suoi desideri di bene e ci aiuti a realizzarli. Fraternamente, P. Giuseppe. 30 SECONDA PARTE esodo da Kalongo 20 febbraio '87 stata chiusa la missione di Kalongo dopo 53 anni di lavoro missionario di evangelizzazione, di promozione umana a tutti i livelli, in particolare in campo educativo, sanitario e nella preparazione di ostetriche qualificate.
Fu questo l'epilogo di lotte politiche e sociali
che hanno travagliato il nord Uganda e tutto il Paese dal luglio 1985, quando le truppe di Tito Okello occupavano la capitale. Il suo governo durava solo sei mesi, fino al 27.1.86, quando l'esercito di Resistenza Nazionale (N.R.A.) con a capo Museveni, attuale presidente, conquistava il potere e dava inizio a questa nuova pagina della storia d'Uganda. A Kalongo le truppe N.R.A. arrivarono alla vigilia di Pasqua 1986, accolte dalla popolazione con timore e speranza. Noi continuavamo a mantenerci neutrali e a garantire aiuto sanitario umano a tutti, secondo lo spirito missionario. All'inizio la loro presenza ed i loro rapporti con il popolo Acioli sembravano dimostrare che un cammino assieme era possibile al di sopra del tribalismo. Invece, nei mesi seguenti, focolai di guerriglia cominciavano a sorgere qua e l nella nostra zona. Il 28 agosto le truppe N.R.A. lasciavano Kalongo. Il giorno dopo arrivavano i guerriglieri, ai quali pure per due mesi abbiamo dato il nostro servizio con lo stesso spirito e la stessa disponibilit di sempre. stato questo un periodo difficile per tutti noi, perch avevamo il fronte nella vicina Patongo: molti erano i feriti che arrivavano, molte le voci allarmanti, molta la tensione e l'incertezza. Il 21 ottobre 1986, alla notizia che il fronte di Patongo era crollato e che le truppe N.R.A. stavano ritornando, in pochi minuti, pazienti e civili hanno lasciato l'ospedale e il villaggio, rifugiandosi nella savana. Il giorno seguente dette truppe entravano di nuovo a Kalongo. Abbiamo subito notato come il loro atteggiamento nei nostri confronti fosse cambiato. Appena arrivati ci hanno tolto la radio trasmittente. In seguito, diverse sono state le accuse spesso infondate ed assurde rivolteci, due le minuziose perquisizioni in ospedale e in tutte le nostre case, costante il disturbo ai pazienti dell'ospedale e la presenza armata dei soldati nelle corsie. Nonostante il clima di tensione, il nostro atteggiamento sempre stato improntato alla ricerca di un dialogo. Il 7.2.87 alle ore 18.00 tutti noi europei venivamo invitati a presentarci entro sette minuti ad un incontro con il comandante di brigata. In poche parole ci ha detto che dovevamo lasciare Kalongo e trasferirci a Lira portando via tutto il possibile. Per qualche minuto nessuno di noi riuscito a trovare parole. Ancora increduli, ci siamo ritrovati qualche minuto dopo per la messa vespertina del sabato. Alla preghiera dei fedeli c' stato un unico grido: "Signore aumenta in noi la fede, donaci forza per compiere la tua volont, proteggi il nostro popolo, donaci la pace". La notte stessa abbiamo cominciato a preparare i nostri bagagli. Luned 9.2.87 partiva un primo convoglio di quattro camion, due suore, un padre ed il Dott. Tacconi e famiglia. Dopo cinque ore di strada a passo d'uomo veniva l'ordine di rientrare a Kalongo: i guerriglieri si erano appostati nel villaggio di Patongo per impedire che il convoglio proseguisse per la sua strada. L'ordine di evacuazione per non veniva cambiato e ci invitavano a continuare i preparativi. Per quattro giorni siamo rimasti con il dubbio di quale sarebbe stato il nostro destino. Volevano che preparassimo specialmente cibo e medicinali, che, se lasciati in loco, avrebbero aiutato i guerriglieri. Il 13.2.87 alle 4.00 del mattino arrivavano 31 PADRE GIUSEPPE ci PARLA sedici camion ed un battaglione di soldati. Ci veniva ordinato di caricare immediatamente quanto avevamo preparato, poich subito dopo saremmo partiti. Abbiamo lavorato ininterrottamente fino alle 3.00 pomeridiane in mezzo ad una confusione indescrivibile, tra le lacrime e la profonda tristezza nel vedere il preludio di quella che poteva essere la distruzione di Kalongo. Verso le 15.00 sulla strada che da Kalongo porta a Patongo cominciava a formarsi una lunga fila di automezzi pronti a partire (34 autovetture e camion, 1500 tra soldati e civili). Mentre il convoglio lungo due km incominciava a muoversi, alle nostre spalle vedevamo salire una colonna di fumo nero; erano sacchi di miglio e granoturco, fagioli, ecc., comperati in vista della fame e rimasti l per mancanza di mezzi di trasporto, che bruciavano nei magazzini e contenitori. E cos pure le medicine rimaste. Era l'ultima "operazione" dei soldati prima di lasciare Kalongo. Lentamente, a singhiozzo, la carovana a serpente si snodava sulle difficili strade della savana. In noi c'era il nodo alla gola insieme alla tensione e paura per eventuali imboscate da parte dei guerriglieri. Questa tensione era accresciuta dal fatto che le nostre macchine erano alternate ai camion militari carichi di soldati e dalle sparatorie che qua e l venivano fatte dai soldati stessi con lo scopo di spaventare i guerriglieri. Saremmo poi venuti a sapere che un forte gruppo di questi, appostati a Patongo, non avevano attaccato il convoglio per non fare del male a noi. Dopo dieci ore arrivammo a Patongo; si sperava di poter fare una breve sosta per dissetarci, ma questo ci fu negato. I Padri di Patongo, che dovevano aggregarsi al nostro convoglio, venivano lasciati nella loro missione: sarebbero partiti il giorno dopo. Alle 3.30 del mattino, sotto il cielo illuminato dalla luna piena, mentre eravamo fermi a causa di un camion carico di donne e bambini che rischiava di rovesciarsi, ci furono degli spari verso di noi dalla savana. Nell'infernale rumore della risposta difensiva, molti di noi si sono buttati a terra sperando di salvarsi e di potersi rialzare. Un soldato veniva colpito per sbaglio da un suo compagno e moriva in pochi minuti. Dopo circa mezz'ora, ancora impauriti, ricominciavamo a muoverci. Venivamo a sapere che sotto a un camion una donna, che aveva gi incominciato il suo travaglio a Kalongo, partoriva una bella bambina che veniva chiamata "Caterina Convoglio". Vita e morte continuavano anche in questo viaggio. Dopo ventuno ore di polvere, sete, angoscia, paura e tanta stanchezza, finalmente arrivavamo a Lira. Non era per ancora finita: dovevamo preoccuparci di recuperare i camion con medicine e materiale, che qualche soldato aveva tentato di dirottare, dovevamo preoccuparci degli ammalati che avevamo portato con noi, pensare a scaricare e riordinare tutto. Quello che ci consolava e ci aiutava a continuare era il vedere la grande bont e carit di tutti nell'accoglierci ed aiutarci. Dopo una notte di riposo, il mattino veniva dedicato a degli incontri per decidere il futuro di ognuno di noi. Molti missionari venivano rimpatriati per qualche mese di vacanza, alcuni di noi venivano invece mandati ad aiutare in altre missioni ed ospedali. Per il momento il nostro problema prioritario di poter continuare la scuola ostetriche, per non interrompere i corsi. Pensiamo di trasferirla in un ospedale missionario che ci ospiti, probabilmente Angal, nel nord-ovest dell'Uganda (West Nile). Preghiamo e speriamo che la pace torni presto in Uganda, perch solo cos il popolo ugandese trover la sua libert di vita ed il benessere fisico e morale cui ha diritto. P. Giuseppe. 32 SECONDA PARTE fax all'A.V.S.I. (organismo di aiuto di Cesena) P. Giuseppe alla fine di febbraio riesce a sistemare ad Angal la scuola ostetriche e ne da notizia con un fax agli organismi che aiutavano l'ospedale. l'ultimo viaggio in terra d'Africa prima di ritornare in aereo e poi in camion a Lira. l'estrema "fatica" di P. Giuseppe che permette alla scuola ostetriche di continuare, anche oggi, la promozione umana e sociale della donna africana. tt.ne: Sig. Dall'Ara. Grazie per telefonata di ieri. Angal Hospital (West Nile, Distretto Nebi, 100 km a sud di Arua) ospita temporaneamente la scuola ostetriche di Kalongo, che mantiene la sua identit e continua i corsi regolari. Questo trasferimento riconosciuto dal Ministry of Realth. Ci A stato offerto il centro catechistico non ancora ultimato. Mancano: impianto luce, mobilio (tavoli, sedie, ecc.), recinzione con rete metallica e accessori vari. Il personale insegnante deve seguire la scuola: comprende il medico (io) due suore e due ostetriche. Le studenti sono ora 42. Presumo che il costo di mantenimento delle studenti e personale (46 persone) sia di Lit. 1.500 a testa. Occorrer anche materiale didattico. Le spese di trasferimento dell'ospedale da Kalongo a Lira e della scuola da Lira a Kampala ed Angal sono rilevanti. Si aggirano a circa Lit. 1.500.000. Segue lettera. Ringrazio e saluto. P. G. Ambrosoli. 33 PADRE GIUSEPPE ci PARLA "testimoni della Resurrezione di Ges" Nel 1983 a Pasqua P. Giuseppe fu tra noi, a Ronago. All'omelia ci ha "donato" questa riflessione che spiega la sua vita di fede S. Pasqua 1983 due fatti pi importanti su cui si impernia la nostra religione sono la passione di Ges e la sua resurrezione. Due fatti che sono cos collegati per cui uno non pu stare senza l'altro. Ges ha dato la sua vita per noi e attraverso la sua morte arrivato alla resurrezione. I Una delle tante applicazioni pratiche che possiamo fare questa: se vogliamo risorgere con Cristo dobbiamo prima morire con Lui, cio accettare le nostre sofferenze, i dispiaceri, le malattie, le incomprensioni: in una parola, la croce. Dobbiamo portare la nostra croce dietro a Ges, accanto a Lui ed allora saremo sicuri che con Lui divideremo la gioia di risorgere ad una vita nuova, la vita di Dio. Quante volte ci sentiamo stanchi per le troppe contrariet, sofferenze ecc.; la croce ci sembra troppo pesante, ci pare che Ges ci chieda troppo e vorremmo voltargli le spalle e lasciarlo solo nella sua via del Calvario. il momento di fissare il nostro sguardo su Ges in croce, nella sofferenza fisica e spirituale, la pi grande che si possa pensare. Allora vedremo che la nostra croce diventa piccola cosa in confronto alla sua e per di pi con la differenza che noi siamo la causa di molte delle nostre croci, mentre Lui invece ha sofferto tutto solamente per noi, per pagare per i nostri peccati. Proprio nella Sua morte ha vinto la morte e ci ha ottenuto la vita. La Pasqua ci porta ad essere felici con Ges, anche qui, nonostante le croci. La resurrezione di Ges il punto fondamentale della nostra fede. Gli Apostoli lo avevano capito pienamente e la loro predicazione era imperniata sulla resurrezione di Ges. Possiamo dire che non hanno predicato altro. Hanno battuto sul punto che loro erano i testimoni della resurrezione e l'accettare la loro testimonianza significava diventare seguaci di Ges. Anche la nostra fede deve rifarsi alla testimonianza degli Apostoli, che ci stata trasmessa integralmente dalla Tradizione cristiana. A nostra volta la nostra vita, con l'esempio di una gioiosit serena, perch viviamo uniti a Ges e sicuri di risorgere con Lui, deve diventare una testimonianza vivente della resurrezione di Ges. Se hanno fatto cos gli Apostoli, devono fare cos anche i missionari: portare l'annuncio della resurrezione con la testimonianza che, non potendo essere diretta, deve essere quella della loro vita, che ne dimostra tutta la fede. Proprio anche la gente pi semplice ha bisogno di una testimonianza viva per credere. Una nostra Pasqua quindi, se vuole essere anche missionaria, non pu tralasciare una preghiera particolare, perch Ges aiuti i suoi missionari ad essere veramente dei testimoni della Sua resurrezione. Ricordo la Pasqua del 1979. Ero andato al mattino a dire la S. Messa a Wol, un villaggio a 20 km da Kalongo. La gente era ancora spaventata, perch la sera del mercoled santo i soldati di Amin erano passati, in ritirata, ed avevano sparato raffiche di mitra vicino alle loro capanne. Tutta la gente era scappata a rifugiarsi nella savana per quella notte. Ora i cattolici venivano alla messa sentendo il bisogno che la fede nella resurrezione di Ges li sostenesse in tutte le situazioni, anche le pi difficili. 34 TERZA PARTE CI PARLANO DI PADRE GIUSEPPE Ronago lo ricorda cos Il ricordo di P. Giuseppe, nel commosso e vivace racconto di Cherubina Galli, classe 1915, spazia dagli anni dell'infanzia a quelli oltre la morte. io fratello Olivio del '23, quindi coscritto di P. Giuseppe e giocavano spesso insieme. Per questo ho dei ricordi anche della sua fanciullezza. Era un ragazzo semplice, che amava unirsi alla compagnia dei suoi coetanei e che cercava di familiarizzare con tutti. Portava le caramelle, perch gli altri lo accettassero come uno di loro e non lo escludessero solo per il fatto che era di famiglia benestante. Era sempre ordinato e pulito, ma vestiva in modo molto semplice. M Circa otto anni fa, Olivio ha dovuto essere operato al cuore. L'intervento era uno di quelli a rischio altissimo e le probabilit di successo erano molto ridotte. Mi sono allora privata della "mia" fotografia di P. Giuseppe e l'ho data a mia cognata, raccomandandole di metterla sotto il guanciale di Olivio. Subito egli sent come una specie di sollievo morale ed affront sereno l'operazione, superandola bene malgrado le nere previsioni. Quando P. Giuseppe tornava dalla missione, la Irma, donna di servizio, rientrava solitamente per un breve periodo a casa sua, vicino a Udine. In quei giorni la sostituivo io. Mi ricordo che P. Giuseppe si arrangiava da solo a prepararsi la colazione, per non farmi perdere tempo. Mi diceva: "Tu pensa alla mamma, che qui mi arrangio io". Appena finito, ritirava la sua tazza e ripuliva la tavola. Metteva le stoviglie nel lavello, lasciando scorrere un po' d'acqua per risparmiare fatica a chi doveva lavarle. Per me stare a contatto con P. Giuseppe era come essere in Paradiso. Aveva una grande umilt in tutto quello che faceva. Cercava di risparmiarmi lavoro per mandarmi a casa pi presto dalle mie bambine. Io abitavo al Serafino e lui si preoccupava per il lungo tratto di strada solitaria che dovevo percorrere. Gli rispondevo che non avevo paura perch mi sembrava che lui stesso mi accompagnasse. Ed era vero, perch sentivo la sua vicinanza e io, la Cherubina- Serafina-Teresina come lui scherzosamente mi chiamava, non mi sono mai sentita sola sul sentiero verso casa. Al mattino, quando si alzava mi diceva: "Non entrare a fare niente nella mia camera: ci penso io". E infatti: metteva persino "a mollo" la biancheria personale o addirittura la lavava e la stendeva, perch gli sembrava che fosse umiliante, per la donna di servizio, dovergliela lavare. Ogni volta che tornava dalla missione mi mandava a chiamare. Sono stata a trovarlo anche quando era ammalato, portandogli un pacchetto di biscotti. Lui non li voleva "perch non me li merito" ma, alla fine, per farmi contenta mi disse che li avrebbe mangiati volentieri con il t. Anch'io, quattro anni fa, quando sono 35 Ci PARLANO DI PADRE GIUSEPPE caduta durante la camminata del GAM fratturandomi bacino e costole, ho pensato a lui e l'ho pregato. Ed stato sicuramente il suo aiuto a darmi la forza di guarire bene e presto. Mi ha aiutato a camminare... come sul sentiero del Serafino. Ronago, 8 febbraio'97 Le parole di Maria, classe 1921, rispecchiano frammenti di vita che, seppur rapidamente, ci aiutano a riflettere sui piccoli, grandi passi che P. Giuseppe ha compiuto per giungere al suo ideale. iuseppe voleva bene ai poveri. Malgrado la sua posizione sociale era desideroso di avvicinarsi alle famiglie pi povere, di aiutare i contadini, di condividere la vita dei semplici. Era molto attento ai disagi del prossimo e alle situazioni di bisogno. Aveva saputo della situazione della G signora Giulia Corti, il cui marito era sotto le armi e che quindi doveva portare avanti da sola la casa, l'orto ed il piccolo campicello. Inoltre, doveva accudire alla cognata Carlotta, inferma. Ecco che allora arrivava lui, a mietere il frumento e a zappare le patate. La sua cotta era grigiastra e consunta. Le scarpe coi buchi (perch quelle nuove le aveva regalate) si erano viste solo quando si era prostrato davanti all'altare per l'ordinazione sacerdotale. Un fatto molto significativo quello del suo "patto segreto" con il Santino Bernaschina di Faloppio, operaio Ambrosoli e barbiere ufficiale della famiglia. Forse proprio per il fatto di averlo conosciuto pi da vicino, Giuseppe era arrivato ad uno strano accordo con lui. A quel tempo, Giuseppe aveva gi conseguito la laurea in medicina, ma proseguiva indefesso i suoi studi per conoscere le malattie tropicali. La sua mamma non vedeva di buon grado che egli si alzasse di mattino presto per studiare, perch avrebbe preferito lasciarlo riposare un po' di pi. Ecco allora a quale accorgimento era ricorso lui: si era legato una corda al piede, lasciandone penzolare il capo dalla finestra della sua camera. Il Santino, che arrivava per il turno delle 5.00 alla mattina, senza farsi accorgere da nessuno dava uno strattone alla corda. Lui entrava in fabbrica e Giuseppe, all'insaputa di tutti, si alzava per studiare. La Maria Ambrosina e io eravamo a quei tempi addette alla pulizia della chiesa. Ogni volta che ci andavamo, lo trovavamo l, in ginocchio, da solo, a fare la Via Crucis. Quando si rialzava, ripuliva accuratamente i pantaloni, per non creare lavoro in pi alle persone di servizio. Un altro piccolo particolare quello che mi ha riferito la sua stessa mamma. P. Giuseppe, giovane missionario, si era tagliato la barba perch, quando visitava i bambini, faceva loro il solletico. Ronago, 26 gennaio '97 36 TREZA PARTE Ronago lo ricorda cos Dalla testimonianza di Bruno Quadranti, classe 1923, emerge in prevalenza il ritratto giovanile di P. Giuseppe. Un ritratto partecipe e anche molto concreto, ma soprattutto ricco di quei risvolti che l'amicizia riesce sempre a cogliere. iuseppe non vedeva il male, era sempre fiducioso e contento. Anche se veniva da una famiglia in vista, non lo faceva pesare. Era come uno di noi. G Negli anni '40, a suo padre venne proposto, da parte delle autorit, il titolo di conte. Da persona riservata qual'era, in quell'occasione scort nel suo giardino gli emissari della Prefettura, che erano venuti a notificargli la notizia e, indicando loro un ragazzo (Giuseppe) tutto intento a "regolare" i conigli, giustific il suo diniego con una semplice frase: "Vi sembra che quel ragazzo sia il figlio di un conte?". Giuseppe non fece il militare perch gi due suoi fratelli erano sotto le armi. L'8 settembre 1943 lui era in Svizzera e la Repubblica di Sal richiam quelli del 1923 con la minaccia che, se non si fossero presentati, avrebbero deportato i loro genitori. Giuseppe torn immediatamente, pensando per che lo avrebbero fatto uscire dal confine di Novazzano. Invece, il passaggio avvenne in una localit fra Ponte Tresa e Luino, da una specie di cunicolo sotterraneo. Proprio nei pressi dell'uscita c'era la caserma della Milizia e Giuseppe venne preso, insieme ad un altro giovane di Albiolo, Mattiroli. Proprio quest'ultimo, dal convoglio in partenza per Fossoli (centro di smistamento per la successiva deportazione in Germania) riusc a vergare un biglietto: "Avvertite la mia mamma che io e l'amico Giuseppe stiamo andando in Germania". Una ragazza raccolse il messaggio e in bicicletta lo port fino ad Albiolo. Subito si mobilit Carlo Ambrosoli, intervenendo presso il comando tedesco e precipitandosi a Fossoli, dove riusc a riprendere suo fratello Giuseppe. Mattiroli purtroppo era gi stato fatto partire per la Germania e non ne avrebbe pi fatto ritorno. Per salvare suo padre e sua madre dalla deportazione, Giuseppe si arruol e venne destinato alla Sanit. Il 26 aprile 1945 fece ritorno a casa. Era religiosissimo, ma semplice, non fanatico. Molto cordiale, sempre pronto a dare una mano. Un uomo profondamente buono e caritatevole. Noi coetanei siamo rimasti colpiti dalla sua scelta: un figlio di industriali, un medico che aveva davanti a s una brillante carriera, sceglieva la via del servizio totale. Ma avevamo comunque intuito che il suo obiettivo, il suo ideale di vita era gi dentro di lui, da sempre. Negli anni 50-60, in occasione di qualche suo rientro da Kalongo si pronunci cos: "Laggi sono all'et della pietra, ecco perch necessario andare a vivere in mezzo a loro. Non sufficiente mandare le offerte, bisogna proprio condividere la loro vita e donare la propria esperienza. Non puoi limitarti ad annunciare il Vangelo quando non hanno di che sfamarsi e come curarsi. Gli Acioli sono di animo buono e se tu gli insegni, ti seguono e ti ascoltano." L'idea del Comboni: salvare l'Africa con l'Africa. Da Ronago intanto, partiva tutto il materiale di cui Kalongo aveva bisogno. Anche l'ondulato, anche le lamiere, anche i pezzi pi strani che P. Giuseppe chiedeva per far nascere il suo ospedale, dal niente. Anche noi coscritti lo chiamavamo Padre Giuseppe, ma lui si scherniva: "Ma va, siamo della stessa et. Giuseppe va bene, e datemi del tu". 37 Ci PARLANO DI PADRE GIUSEPPE Medico e missionario. Grande in tutte e due le cose. Suo padre, di idee liberali, ha sempre rispettato le scelte dei figli e, anche nel caso di Giuseppe, si pronunci con un "Non discuto la tua scelta, basta per che tu la segua fino in fondo". Sua madre era una donna di saldissimi principi religiosi e di grandissima fede. Io fui assunto in Ditta Ambrosoli nel 1937 e nel '38 venni assegnato all'ufficio. Mi ricordo che le paghe degli operai venivano sempre distribuite alla presenza della signora Palmira che intendeva con questo sottolineare la dignit del lavoro e valorizzare l'operato dei dipendenti. Per suo desiderio, alle 15.00 del Venerd Santo, bisognava fermare il lavoro per dare spazio a una meditazione. La vocazione di Giuseppe era come gi connaturata in lui e cresceva insieme a lui, ma non ce l'ha mai fatta pesare. Noi pensavamo alla "morosa" e lui era responsabile dell'Azione Cattolica. Scherzava, parlava, rideva, ma quando arrivava ad esprimere un giudizio, era molto profondo. Dopo la guerra gli venne proposto di entrare in politica, perch era un giovane promettente. Lui rifiut, accettando solo - perch ne fu quasi costretto - di fare il vice Sindaco per un breve periodo. Ma lui non era un politico. Il suo mondo era gi altrove, molto oltre. Non disdegnava per le discussioni e il confronto con gli amici, e ne aveva tanti anche fuori paese: Evaristo Corti, Casimiro Scacchi, le famiglie Peduzzi e Roncoroni di Olgiate. Dopo la malattia renale che l'aveva colpito, il suo amico Dott. Teruzzi gli aveva detto: "Tu, tornando in Africa, rischi la vita". Ne ebbe questa risposta: "La mia casa laggi, non pi qui". 38 TERZA PARTE Ronago lo ricorda cos La sua santit se l' guadagnata sul campo. Dalla vita poteva avere tutto, ma lui ha scelto il Tutto. Il 27 marzo 1987 ero in ufficio e, quel telex dall'Uganda, l'ho visto arrivare. Subito ho chiamato il signor Paolo ed insieme abbiamo letto il messaggio man mano che le parole scorrevano sul foglio: "Si comunica che oggi il caro Padre Giuseppe ha cessato di vivere...". Colui per il quale aveva vissuto, l'aveva ripreso con s. Ronago, 7 febbraio '97 Ancora un coetaneo, Francesco Grisoni, ci offre la bellissima immagine di un'amicizia profonda. Spontanea fin dai tempi della scuola, complice nei giochi e nei piccoli impegni, solidale in tempo di guerra, presente nei momenti importanti. Sempre nutrita, anche solo attraverso le lettere. Con l'ultima di esse, P. Giuseppe ritorner a Francesco quegli attimi che entrambi non hanno mai dimenticato. ravamo compagni di classe ai tempi delle elementari. Malgrado il mio carattere piuttosto riservato, abbiamo sempre "legato". Giuseppe veniva abitualmente a casa mia e spesso si fermava a cena da noi, condividendo polenta e latte. Talvolta ci trovavamo a casa sua, andavamo in giardino e l giocavamo fino a tardi. La sua mamma era molto attenta a che non sudasse troppo o non si esponesse a pericoli. E Il mio papa aveva un asino che, a seconda delle circostanze, attaccava al carretto o al calessino. L'asino aveva un nome singolare. Si chiamava "maestro" ed facile immaginare chi glielo avesse affibbiato. Giuseppe, naturalmente, e senz'altro con l'intento di riscattare la condizione umile di questo animale, capovolgendone completamente il senso che generalmente gli veniva attribuito. L'amore per gli animali sempre stata una sua caratteristica. Entrambi condividevamo la passione per i conigli. Nel giardino di casa sua c'era un bellissimo allevamento, con elementi anche di razza pregiata. Io lo aiutavo ad accudirli e, quando lui doveva assentarsi per periodi di studio, me ne affidava la cura. Quand'era gi studente di medicina e succedeva che qualche coniglio morisse, faceva personalmente l'autopsia, per capire, per scoprire, per poter poi curare. Era una persona di assoluta semplicit e di grande umilt. Quando Chiara ed io ci siamo sposati, l'abbiamo chiamato ad essere testimone alle nostre nozze. Lui ha accettato, non senza esprimere per con un imprevedibile e disarmante " un incarico molto importante. Ne sar degno?" tutta la ricchezza della sua anima. capitato che un paio di volte l'abbiamo trattenuto a cena, scusandoci se il men era troppo semplice. Lui condivideva tutto con gioia, come ai tempi della polenta e latte. A scuola cercava di aiutare un po' tutti. Amava confondersi con i compagni, con tutti gli altri, con semplicit e naturalezza. I suoi amici non li ha mai dimenticati, anche quand'era soldato in Germania. Un giorno mi sono visto arrivare un pacco e quale fu la mia sorpresa nel vederne il contenuto: era pieno di sigarette, (di quelle che gli passavano al campo militare e che lui metteva da parte, anche per i suoi camerati). Preziosissima merce di scambio per pane e beni di prima necessit in tempo di guerra. Chiss quanto ne avrebbe avuto bisogno anche lui per poterci barattare un po' di cibo in pi. Ma me le aveva spedite perch sapeva che anche a noi avrebbero potuto essere utili. E fu cos, 39 Ci PARLANO DI PADRE GIUSEPPE perch le sue sigarette, in quei tempi difficilissimi, si trasformarono anche per noi e per gli amici in pane e cure sanitarie. Non si mai espresso esplicitamente sulla sua vocazione. La nostra amicizia era fatta di poche parole, per si capiva che lui aveva un qualcosa in pi. Da Kalongo ha continuato a scrivermi con regolarit. Nel dicembre 1986 ricevetti la sua ultima lettera, con accluse alcune foto della nostra giovinezza: quella sul calessino trainato dal "maestro", quella in barca con don Carlo Porlezza, quella dei coscritti, quella della prima messa con a fianco don Costantino e don Carlo Ghielmetti. Me le ritornava adesso, accompagnandole con una piccolissima frase in fondo alla lettera: "Ho trovato una vecchia foto". Aggiungeva la sua benedizione per le nostre famiglie e il nostro lavoro, insieme agli auguri di Natale. Il suo ultimo quaggi. Ronago, 8 febbraio '97 Antonietta Somaini, classe 1932. Ha potuto e saputo "cogliere" i momenti pi alti e pi intensi nella vita di P. Giuseppe. Quelli del colloquio con Dio. o ricordo giovane studente, . quando tornava dall'universit alle 2.00 o alle 3.00 del pomeriggio: andava in chiesa, accendeva le candele e don Carlo Porlezza gli dava la Comunione (e a quei tempi bisognava essere digiuni dalla mezzanotte). L Sempre, prima di inginocchiarsi, estraeva un fazzoletto che metteva sotto le ginocchia, una sua delicatezza per non essere di peso. Mi ha sempre colpito il suo modo di pregare che, nel raccoglimento, esprimeva tutta la sua vita interiore. Un episodio che mi ha fatto molto riflettere avvenne in occasione del suo rientro in Italia per essere operato di ernia al disco: era sera, subito dopo il turno di lavoro, verso le 18.00. Mi sentivo stanca e mi sono seduta nell'ultimo banco. Dall'altra parte sento entrare una persona, capisco che si inginocchia. Dopo circa un quarto d'ora - non sentendo il pi piccolo rumore - guardo e... vedo P. Giuseppe inginocchiato in profondo raccoglimento. Sapevo che era tornato dall'ospedale lo stesso pomeriggio e che aveva il tronco dritto perch ingessato. Per me fu come una folgorazione: ho sentito tutta la mia pochezza davanti al suo grande amore per Ges, un amore che lo spingeva a tanto sacrificio. Un esempio che valso molto pi di una predica, un modo di pregare che trascina e coinvolge. Era innamorato di Dio e del prossimo, per era anche un tipo allegro, sempre pronto alla battuta scherzosa. So per certo, perch lui stesso me l'ha 40 TERZA PARTE Ronago lo ricorda cos detto, che da quando stato ordinato sacerdote non ha pi assaggiato una caramella. Me ne sono chiesta il perch e sono giunta a questa conclusione: era il suo "fioretto" per sottolineare il distacco da tutto ci che aveva deciso di lasciare, il suo modo di dare un taglio netto fra la vita a cui aveva rinunciato e quella che aveva scelto. Ronago, 8 febbraio '97 Dalle parole di Celestina, classe 1925, affiora tutta la riconoscenza per un piccolo gesto, delicatamente e ripetutamente offerto. i mio padre Antonio, detto Talin, era alle dipendenze della famiglia Ambrosoli, come uomo tuttofare e noi figli siamo nati e cresciuti l. G Quando il vecchio stabile adiacente alla fabbrica fu demolito, ci siamo trasferiti nel piccolo appartamentino sottostante i nuovi uffici della Ditta. Eravamo l come custodi e, quando qualcuno doveva passare con la macchina, cercavamo di essere pronti ad aprire e chiudere il cancello. P. Giuseppe non voleva assolutamente che ci scomodassimo per lui. Se cercavamo di prevenirlo, ci sarebbe rimasto male. Non voleva crearci disturbo. Riusciva perfino ad eluderci, gi quand'era un giovanotto e aveva la moto per i suoi spostamenti di Azione Cattolica. Spingeva la moto fuori dal cancello, richiudeva e solo allora accendeva il motore. Cos anche quando rientrava, specialmente se era tardi, per non svegliare nessuno. Anche dopo, che aveva la macchina, ci ha sempre raccomandato di non stare a disturbarci. Al cancello ci avrebbe pensato lui. Ronago, 26 febbraio '97 41 Ci PARLANO DI PADRE GIUSEPPE I ricordi di Sandro Merlo, classe 1941, sono legati all'ospedale, alla malattia, alla sofferenza. Il "terreno" a cui P. Giuseppe ha dedicato la sua vita. el luglio 1972 venni ricoverato all'ospedale S. Anna per una colica renale e l rimasi per venti giorni. Proprio in quel periodo P. Giuseppe, durante una delle sue famose "vacanze" da Kalongo, frequentava regolarmente il reparto di ortopedia (diretto mi pare dal Prof. Fiorani) per acquisire tecniche e metodologie di cura in questo campo. Tutte le volte, prima di andare a casa, passava a vedere come stavo dicendomi: "Va che i tuoi colleghi in ditta ti aspettano di ritorno presto, Merlett". Si interessava del mio stato di salute e, poich non mi era stato ancora detto niente di preciso, si era recato lui stesso da una diplomata del reparto per saperne di pi. Conoscendolo, non avr certamente "imposto dall'alto" la sua posizione di chirurgo, primario e guida di un intero ospedale e il suo abito sacerdotale, cos dimesso, non gli avr certamente accattivato le simpatie dell'infermiera. Sta di fatto che lei deve averlo preso per una persona del tutto incompetente in materia, accennandogli solo bruscamente che dai miei esami risultava qualcosa di scuro e che comunque la cosa non lo riguardava. poi venuta a lamentarsi da me per il fatto che "mi facevo raccomandare dai preti" e, a quel punto, le ho chiarito chi fosse e cosa riuscisse a fare "quel" prete. P. Giuseppe dal canto suo non ne ha neanche parlato, preoccupandosi solo di rassicurarmi sul mio stato di salute. Al mio accenno all'incidente con l'infermiera, ha subito "smontato" tutto con un sorriso. N Negli ultimi giorni di quella mia degenza stato l ricoverato, in pediatria, anche mio figlio Tiziano, idrocefalo, di sedici mesi, ma non hanno potuto risolvere il suo problema. Ci hanno mandati al Policlinico di Milano dove, dopo averlo visitato, il Dott. Cabrini mi disse che era necessario un intervento, delicato e difficile, che poteva essere effettuato solo l a Milano o Bologna. Chiesi consiglio a P. Giuseppe il quale mi rispose: "In Africa no, non sarebbe nemmeno pensabile, ma qui, in Italia, con l'esperienza e le tecniche che ci sono, ci sono anche buone probabilit di successo. Del resto, se non lo fai operare, non ha speranza. Devi tentare, se vuoi salvarlo". Sulla base di queste sue parole mia moglie e io prendemmo quella decisione per cui, ancora oggi, ogni giorno, dobbiamo ringraziarlo. Tiziano fu operato a Milano e, solo verso gli otto anni, si rese necessario un secondo intervento per rimuovere un'ostruzione che si era formata con la crescita. Oggi ha 26 anni, deve sottoporsi a dei controlli periodici, ma sta bene. Nel 1982, P. Giuseppe era a casa per la sua malattia renale. Io affiancavo mio zio Angioletto nella sua attivit di barbiere. Avrebbe avuto tutti i motivi per convocarmi a casa sua quando doveva tagliare i capelli. Ma, per non creare disturbo n in casa n a me, veniva lui in bottega, approfittando magari del fatto di essere per un'altra volta riuscito ad andare in chiesa a celebrare la Messa perch si sentiva un po' meglio e... allora, dato che era gi per strada... Ronago, 26 febbraio '97 Ha sempre voluto bene ai bambini, a tutti i bambini, in Africa li ha in braccio e qui, per mano. Sentiamo Onorino Balatti Pintonello, 1932. 42 TERZA PARTE Ronago lo ricorda cos o lavorato per vent'anni in Ditta Ambrosoli. Mi ricordo che P. Giuseppe era sempre cordiale e gentile con noi operai. H Durante i suoi rientri dalla missione, era sempre circondato da bambini e ragazzi. Erano i primi anni '70, quando i miei due figli Luca e Francesco facevano i chierichetti e lo incontravano a messa. P. Giuseppe trovava il modo di coinvolgerli, insieme ai loro amici: il Paolo Gandola, l'Eligio Lupis, ecc. All'uscita di scuola o nel tempo libero andavano gi in Ditta, da lui, per aiutarlo a confezionare le medicine da mandare a Kalongo. Mi ricordo anche della sua disponibilit e competenza come medico, quel giorno del 1972, quando lo "bloccai" in sacrestia per mio figlio Lorenzo, che aveva un serio problema alle unghie delle mani, poi felicemente risolto. Ronago, 27 febbraio 97 Elisabetta Bemasconi-Pastori. Il grazie bellissimo che le nasce dal cuore per aver potuto accudire P. Giuseppe durante la malattia, ci dice gi tutto. evo dire che ero molto preoccupata quando, a fine 1982, mi chiesero di dare una mano in casa perch doveva arrivare P. Giuseppe dall'Uganda ed era molto malato. Pensavo di non essere all'altezza di accudire ad un personaggio cos speciale, come lo giudicavo io per averlo visto in altre occasioni. Ma tutto si appian in pochi giorni. Non gi perch io fossi alla sua altezza, ma era lui cos alla mano da farmi sentire a mio agio: tutto andava sempre D bene, anche il cibo che doveva sapere di poco, senza sale per via della sua insufficienza renale. Anzi, diceva che era buonissimo. Mi diceva sempre "Basta, basta", facevo sempre troppo, per lui. Quante volte al giorno mi diceva "Grazie" per ogni cosa che gli facessi! E non solo, trovava anche il modo di darmi una mano, specialmente quando qualche persona che era venuta a trovarlo si fermava anche a pranzo. Dopo che gli ospiti erano ripartiti, lui mi aiutava ad asciugare i piatti, quasi scusandosi per il lavoro supplementare. Per comodit, la sua camera era al primo piano, ma mi accorgevo che lui ogni tanto "spariva" al piano di sopra, nella sua cameretta da giovanotto, dove c'era il suo inginocchiatoio... rimasto a casa nove mesi, fino al luglio 1983 e lo stato dei suoi reni non era certamente risolto, per ha voluto ripartire lo stesso per la sua missione. Nel 1985 rientrato di nuovo per controlli e cure sanitarie, fermandosi giusto il tempo necessario, circa un paio di mesi. In quell'occasione, so che era pronto per lui un abito nuovo e anche un paio di scarpe, acquistate nel negozio del Sergio Bagatt. Ma, al momento di ripartire, ha voluto indossare il vestito che aveva quand'era arrivato e... per quanto riguarda le scarpe, naturalmente quelle vecchie, che mi aveva raccomandato di far riparare. L'Andrea Talett aveva senz'altro fatto un buon lavoro, ma non fu certamente quello il motivo per cui P. Giuseppe lasci Ronago indossando i suoi vecchi indumenti. Pareva che il solo pensiero di ritornare a Kalongo gli mettesse le ali ai piedi, anche se sapeva benissimo di non illudere neanche se stesso. "Laggi 43 Ci PARLANO DI PADRE GIUSEPPE hanno bisogno. Vuoi dire che la prossima volta che torner a casa sar per fare la dialisi". Ma non pi tornato. Carissimo P. Giuseppe, devo ringraziarla per avermi dato l'opportunit e la grazia di viverle accanto, per aver potuto apprezzare la sua infinita bont, cos semplice eppure cos grande. Ronago, 25 febbraio '97 Dopo aver appreso telefonicamente dalla Cherubina quanto ci apprestavamo a fare per commemorare il decimo anniversario della morte di P. Giuseppe, la signora Irma Domenis, di 83 anni, residente a Bassano del Grappa, ci ha scritto la sua testimonianza. Ecco i brani pi significativi della sua lettera del 6 febbraio 1997. on molto piacere sentii la tua lunga telefonata con la bella notizia su P. Giuseppe. Sono molto contenta che lo fanno santo. Sarebbero tantissime cose da dire, ma difficile descriverle. Era sempre felice e contento. Sembrava gi un santo che camminava per la casa. La sua amata mamma, signora Palmira, diceva che P. Giuseppe andr, anche con gli scarponi, in paradiso. Ci raccontava, a noi in cucina, anche le barzellette per tenerci allegre. Era molto umile e non ci dava soggezione, tutto gli andava bene, anzi pi che bene, diceva sempre. Si alzava per primo da tavola, poi sparecchiava e ci portava la mela pi grossa. Io sono orgogliosissima di essere stata per trent'anni nella sua famiglia, dove tutti mi volevano e mi vogliono ancora bene. C 44 TERZA PARTE il ricordo di un amico onobbi Giuseppe negli anni 39-43; avevo allora 14-18 anni, ero iscritto all'Azione Cattolica ed ero responsabile nella conduzione delle sezioni giovanili maschili della mia parrocchia. Organizzavo, con l'aiuto di altri giovani, le adunanze, le presiedevo e ne animavo le diverse iniziative esterne. Allora non c'era l'oratorio per cui ci si arrangiava in chiesa, in sacrestia, presso qualche casa privata o , come mi capitato, in mezzo a qualche prato, a fare lezione di catechismo (dottrina, si diceva allora). Non c'erano campi da gioco ( ad eccezione di quello comunale riservato ai balilla e agli avanguardisti). Io nacqui da padre contadino che, per sbarcare il lunario, aveva assunto l'incarico di custode giardiniere in una villa del paese. Si viveva con poco, anche se dignitosamente, e la mentalit che andai acquisendo era quella di sottomissione al padrone. Tutto questo l'ho detto per far capire l'ambiente di allora e anche per far capire cosa sia stato per me l'incontro con Giuseppe. Io ero il figlio del servitore degli A..(i nostri padroni), Giuseppe invece era il figlio dell'industriale Ambrosoli, quello delle caramelle, di Ronago e il nostro accostamento non mi permetteva di dargli del tu. C Per sua scelta, l'apostolato tra i ragazzi e i giovani, di Azione Cattolica o no, ebbe una priorit assoluta. Lasciate le comodit della casa paterna, percorreva tutta la zona, spingendosi fino a Saltrio (allora pieve di Uggiate) per parlare di Ges e dei valori religiosi a tutti i ragazzi che incontrava. Spesso le sue visite e i suoi incontri finivano in partite al pallone o in intrattenimenti vari. Arrivava su una moto Guzzi 500 e creava subito un alone di curiosit tra i vari ragazzi che, attirati dalla novit (allora le moto erano molto rare) accorrevano numerosi. Poi l'adunanza: Giuseppe non era un grande oratore, parlava semplice, un po' arruffato, per le sue parole erano sempre ben .ascoltate. La sua ansiet di bene e di far conoscere Ges lo spingeva ad andare sempre pi spesso dove poteva incontrare dei ragazzi. Penso oggi che era lo stesso spirito che lo avrebbe portato, in anni futuri, tra i pi derelitti e bisognosi dell'Africa. Questi ragazzi li trovava a Caversaccio, Bizzarone, Concagno: quando arrivava, per tutti era sempre una festa. Nel tempo, essendo impegnato negli studi mi preg di sostituirlo: lo feci, per soggezione a lui (non era possibile dirgli di no). In bicicletta ( non avevo altri mezzi) percorsi le sue stesse strade e cos mi capitava di incontrarlo. Capitava anche di trovarci assieme nello stesso posto e allora vedevi i ragazzi andargli incontro festosamente, lasciando me in disparte, con non malcelato disappunto. Ma tra noi si era formata un'amicizia vera, sicura e sincera, anche se lo scambio di esperienze si limitava ai progressi della nostra sezione aspiranti. L'unica volta che entrai a casa sua fu sei mesi prima che morisse e una sola volta lui venne a casa mia, per una fugace visita a mio figlio Carlo, studente comboniano. Quando nel 1943 si form la Repubblica Sociale Italiana, egli, studente in medicina, si arruol nella Divisione Monterosa d'Italia. Dicono i suoi commilitoni che lui lavasse spesso le gavette dei suoi compagni, lui, studente in medicina... ma la sua modestia, la sua disponibilit non potevano non permetterglielo. Nel 1946 don Silvio Riva istituisce, nell'ambito dell'Azione Cattolica, 45 Ci PARLANO DI PADRE GIUSEPPE il Cenacolo, un gruppo di giovani con lo scopo di animare di pi l'organizzazione. Vi aderiamo una ventina come inizio, tra questi anche Giuseppe. Laureatosi in medicina, ecco la grande scelta: sar missionario e sar medico chirurgo missionario. Portare Cristo alle anime attraverso la cura dei corpi e realizzare il suo sogno tra i pi derelitti e diseredati. E il suo sogno, attraverso l'opera persuasiva di don Silvio, si fa realt. Entra nell'ordine dei Comboniani, studia e si specializza, a Londra, in malattie tropicali. Nel frattempo io mi sono sposato e, tra i figli che il Signore mi ha donato, Carlo ha scelto di diventare missionario comboniano come padre Giuseppe. Si sono incontrati pi volte, ma di sicuro un filo conduttore invisibile collega certe scelte. Pensandoci: mio figlio Carlo nasce il 9 dicembre 1955; padre Giuseppe viene ordinato sacerdote il 17 dicembre 1955... come non ci pu essere un filo conduttore? Durante il noviziato, lo incontrai pi volte a Venegono, scambiando con lui ricordi ed esperienze. Lo trovai sempre sereno, sempre deciso nella sua scelta, schivo, sempre, ad elogi e costatazioni per lui ovvie e inutili. Ritorn dall'Uganda anni dopo, per un'operazione di ernia al disco. Si ricover al S. Anna, in camera comune, rifiutando la privata, come desideravano i familiari. Mia moglie con Carlo andarono a trovarlo: rimasero colpiti dalla sua serenit. Congedandosi, augur a Carlo di ritrovarlo presto in Africa. Quando nell'86 venne a casa per curare la nefrite, andai pi volte a trovarlo. Lo implorai di rimanere in Italia, dicendogli che qui un ammalato trova sempre un ospedale per le cure, in Uganda invece non cos. Mi rispose che chi comanda Quello lass e in Lui egli poneva la sua fiducia. Cos ripart e sei mesi dopo mio figlio Carlo mi telefona da Thiene che padre Giuseppe morto. In quel momento ho avuto l'impressione che fosse venuto a mancare qualcuno che cominciai a pensare come santo. Sei anni dopo, il 23 marzo 1993, arrivavo con mia moglie a Lusaka, nello Zambia. Andavamo a trovare nostro figlio; era la prima volta che vedevamo l'Africa. L'impatto stato sconvolgente. Appena ho visto l'ambiente ho detto a mio figlio:" Carlo, ma chi te lo fa fare di rimanere qui?". Quattro giorni dopo, il 27, ricorreva l'anniversario della morte di padre Giuseppe. L'abbiamo ricordato nella S. Messa celebrata da Carlo; l'abbiamo ricordato in Africa, nella sua terra, tra la sua gente che ha tanto amato. Egli sepolto nella sua Uganda, nella sua Kalongo, tra i suoi Acholi. Medico chirurgo, una famiglia solida e sicura, un ambiente di stima, un avvenire brillante, lascia tutto e va dove il Signore lo chiama e l realizzer la sua vita e concretizzer la sua santit. Si avverer cos il suo sogno di ragazzo: far conoscere Ges e farlo amare, dando tutto, anche la vita. E tutto questo l'ho capito dopo aver costatato che cos' l'Africa. FELICE CASTELLI (nato ad Albiolo il 13.3.1925, un amico del Cenacolo) 46 TERZA PARTE 1955-1980: ricordo dei 25 anni di sacerdozio adre Giuseppe a Ronago quando, nel 1980, ricorre il 25 anniversario della sua ordinazione sacerdotale. La nostra comunit aveva organizzato un triduo di preparazione alla S. Messa solenne di domenica 25 maggio 1980. La tre-sere prevedeva incontri con i sacerdoti ronaghesi don Costantino Stefanetti, don Albino Bernasconi e padre Giuseppe. "Abbiamo pregato e trepidato per padre Giuseppe soprattutto lo scorso anno, quando in Uganda era in corso la guerra. Ora siamo contenti di averlo un po' di tempo tra noi e vogliamo assicurarlo che gli saremo sempre vicini con la nostra preghiera ed il nostro aiuto " (dal giornalino parrocchiale). P Anche suor Amelia ha fatto pervenire una sua lettera proprio per questa occasione. "Voglio dirvi la mia unione in questo tempo in cui padre Giuseppe con voi. Sapete meglio di me che quest'anno ricorre il suo 25 di sacerdozio... ho sentito che in Parrocchia farete qualcosa per lui ed io non voglio essere assente. Se non altro, vi mando il mio sostegno e il mio contributo per tutto ci che vorrete fare, tramite il mio vivo ricordo nella preghiera per voi e per lui. Voi conoscete l'umilt di padre Giuseppe perci innanzitutto dovete organizzare una bella festa spirituale che riuscir tanto bene quanto pi sar la vostra partecipazione viva e sentita. Sono convinta che questo sar il regalo che gradir di pi. Poi, siccome sapete quanto si da e ami la sua gente, penso sia giusto che pensiate pure a loro. Sono certa avrete gi sentito dell'attuale situazione ugandese... vi chiedo tanta preghiera per padre Giuseppe e per tutti i missionari perch sappiano superare questi duri periodi con quella Fede che luce per loro e per coloro che avvicinano". Kacheliba, 11 maggio '80 47 Ci PARLANO DI PADRE GIUSEPPE uniti nello spirito della missione ella vita di ognuno di noi ci sono degli incontri che ci hanno segnato, o nel bene o nel male. Anche l'Evangelista Giovanni si ricorder per sempre quel pomeriggio in cui incontr Cristo e ne fu incantato. Vide Ges che passava e gli chiese: "Maestro, dove abiti? Vieni e vedi. Lo segu e pass quel pomeriggio in casa sua. Erano circa le quattro pomeridiane". (Gv 1,38). N Anch'io ricordo il pomeriggio del 1959 in cui incontrai la prima volta P. Giuseppe. Ero studente seminarista di seconda liceo a Carraia (Lucca) presso i padri Comboniani e quel giorno P. Giuseppe, di ritorno da Londra e in viaggio per l'Uganda, fece una breve visita al nostro Seminario. Con poche parole - era di fretta per prendere l'aereo a Pisa - ci tracci il quadro della sua vita di missionario medico in Uganda. Presenti al suo incontro eravamo 140 seminaristi delle tre classi di liceo, e alla fine del suo colloquio uno dei miei compagni gli chiese: "Senta, P. Giuseppe, se uno di noi volesse un giorno farsi medico come lei, che cosa ci suggerisce?". "Vi consiglio - disse - di finire gli studi di teologia e poi di chiedere il permesso ai Superiori di studiare medicina". Quelle parole entrarono nel mio cuore come un piccolo seme e sparirono fino al 1967. Durante il quarto anno di teologia a Verona, non so come, riaffiorarono e mi fecero pensare molto. Decisi di parlarne coi Superiori. Ci furono molte settimane di attesa e poi giunse la risposta: "Dopo l'ordinazione sacerdotale potrai studiare medicina". Ho saputo solo dopo vari anni che, durante quell'importante delibera dei superiori, fu appunto il gruppo dei Padri provenienti dall'Uganda, testimoni quotidiani del suo servizio di amore con i malati e del bene immenso che stava compiendo, che pesarono positivamente sulla decisione. Altri missionari invece erano del parere che un missionario debba essere o prete o medico, ma non vedevano assolutamente possibile conciliare queste due vocazioni cos totalizzanti. Dopo la laurea e un anno presso un ospedale a Londra, mi recai a Kalongo nel marzo 1976 e rimasi nove mesi assieme a P. Giuseppe per imparare da lui la chirurgia tropicale. Fu la base della nostra amicizia spirituale, che crebbe specialmente nei mesi della sua malattia. Imparai a conoscere la sua giovialit e mitezza, il suo abbandono a Dio e alla Vergine Maria, il suo spirito di preghiera. Alla sua morte, avvenuta il 27 marzo 1987, -nelle circostanze tragiche che ben conosciamo - fummo in tanti a pensare che anche per Kalongo Hospital era suonata la campana morte. E invece era solo una pausa che Dio concede alle opere dei suoi santi, prima di farle rifiorire. Ges morto abbandonato dai suoi sul Calvario, nel pi totale insuccesso esterno, inaugur questa legge divina: "Se il grano di frumento caduto in terra non muore, non porta frutto alcuno. Ma se muore porta molto frutto...". Quando nel maggio del 1989 i miei Superiori in Uganda mi dissero di andare a Kalongo per riaprirlo ebbi paura per le enormi difficolt che sapevo ci avrebbe 48 TERZA PARTE uniti nello spirito della missione implicato: insicurezza della guerriglia, mancanza di medici, mancanza di mezzi finanziari, assenza delle Suore Comboniane, assenza della Scuola di Ostetricia portata da P. Giuseppe al di l del Nilo a 300 km. Tentai di rifiutare. Poi intervenne P. Giuseppe con un fatto straordinario che qui non vi racconto... E cos dissi al mio Superiore: "Va bene. Ora accetto perch ho capito che P. Giuseppe sar sempre con me a Kalongo, nelle gioie e nei dolori, a portare avanti assieme quest'Opera frutto del suo amore e dell'amore di tanti figli e figlie di Daniele Comboni e di tantissimi benefattori". Mi commuovo sempre a ripensare alla gioia indescrivibile del popolo di Kalongo, a cui va il merito meraviglioso di aver salvato la Missione e l'Ospedale per ben due anni e mezzo contro gli attacchi dei "Ribelli" che volevano fare terra bruciata... Nella santa Messa il loro rappresentante disse: "Quando sentimmo che il nostro P. Giuseppe, il nostro medico di Dio, era morto a Lira, (una cittadina a 120 km) abbiamo pianto lacrime amare, sentendoci come abbandonati da Dio nella nostra sventura. Ma subito abbiamo sentito una forza nuova e cominciammo a pregare la Madonna di avere piet di noi. Oggi ricevendo te, P. Egidio, sacerdote e medico come il nostro caro P. Giuseppe, ci sembra di sognare e cantiamo di gioia e capiamo che Dio ama Kalongo pi di tutti gli altri Ospedali Missionari qui in Uganda, perch tu sei stato mandato da noi, ad essere un altro medico di Dio..." Concludo con questa preghiera che include me e tutti voi: Grazie o Signore per il tuo amore per noi tutti. Grazie per il dono della vita di P. Giuseppe fatto alla sua famiglia, alla nostra Congregazione, a Como e all'Uganda tutta. Fa che le sue parole del testamento scritte sulla sua tomba siano vissute anche da noi oggi l dove hai collocato ognuno di noi: "Dio amore e io sono il suo servo per i figli che soffrono. Amen". P. EGIDIO TOCALLI Missionario del Beato Daniele Comboni e Confratello di P. Giuseppe Regoledo di Cosio (SO), 16 febbraio '97 49 QUARTA PARTE UNA PRESENZA VIVA algrado la guerra e ci che successo, si pu dire che quasi un miracolo che l'ospedale di Kalongo sia rimasto parzialmente in piedi: la sala operatoria e tutte le altre attrezzature sono intatte. M Dopo tre anni salta fuori la speranza di vedere questo ospedale rinascere. I Comboniani, con P. Egidio Tocalli, pensano di riaprire all'inizio del 1990, gradualmente, dando tempo alla gente di riabituarsi. Prima la maternit, poi, con un paio di medici, fare le operazioni pi urgenti. Ci sono molte persone che forniscono aiuti. Noi a Ronago mandiamo dei containers con tanta roba, non solo per l'ospedale di Kalongo. Una buona parte va per la Scuola Ostetriche, fondata da nostro fratello e portata avanti da suor Caterina Marchetti. I governanti attuali dell'Uganda hanno riconosciuto che stato veramente un delitto la chiusura forzata dell'ospedale, che era un servizio per tutta la popolazione del nord. Io sono andato tre volte in Uganda: l'ultima volta, percorrendo la strada da Kampala a Kalongo (abitualmente occorreva una giornata di tempo) abbiamo incontrato dieci posti di blocco. Bastava una carretta in mezzo alla strada. Mio fratello frenava, diceva: "C' un posto di blocco". Noi eravamo sul chi va l, pensando: chiss cosa succede? Saltavano fuori gli ugandesi, 15 anni, col mitra, ci guardavano, leggevano sulla jeep: Kalongo Hospital e allora cominciavano a parlare nella loro lingua con mio fratello e a un certo momento si vedevano i loro visi aprirsi e andavano a chiamare la gente nascosta nella savana. La jeep veniva accerchiata da tutti perch avevano scoperto che il guidatore era P. Ambrosoli. Si ripartiva. Dopo sette o otto volte dissi: "Senti, falla un po' pi breve, altrimenti non arriviamo pi a Kalongo!" Ogni volta si mettevano a parlare per un quarto d'ora, poi noi chiedevamo a mio fratello: che cosa ti hanno raccontato? Rispondeva: "Sai, la mamma di quel ragazzo li mi ha raccontato che l'ho operata io, che stava bene... l'altro era lo zio, l'altro era il nonno che ancora in vita..." Era tutta gente che era passata, in tanti anni, nell'ospedale di Kalongo, meta di tanti per la sua efficienza, per l'attenzione e la cura che avevano. Ancora oggi noi siamo a disposizione per dare l'aiuto, in memoria di nostro fratello". PAOLO AMBROSOLI 50 QUARTA PARTE Kalongo oggi Dr. Ambrosoli memorial Hospital Finch P. Giuseppe visse, l'Ospedale era chiamato Kalongo Hospital. Nel momento di riaprirlo, nel 1989, fu naturale intitolarlo alla sua memoria. Anche la sua salma stata riportata nel cimitero di Kalongo (10 aprile 1994), accolta da un trionfo di gioia, di canti e danze tipiche della cultura africana. Oggi nell'Ospedale, di fronte alla sala operatoria - dove P. Ambrosoli pass gran parte del suo tempo - c' anche una statua di bronzo: ritrae P. Giuseppe mentre sorregge con tenerezza un bambino malato, salutato da un saggio africano che lo guarda con venerazione. Tra i reparti pi importanti dell'Ospedale ricordiamo: - il reparto di malnutrizione: la fame, dovuta a povert e a guerre, oltre che alle scarse piogge, colpisce ogni anno centinaia di bambini. Essi vengono raccolti in un reparto specializzato per cure intensive e dieta appropriata. - il reparto di maternit: ogni anno si registrano circa duemila parti. A motivo delle grandi distanze, la maggior parte delle mamme non riesce ancora a raggiungere l'Ospedale. E cos un numero elevato di esse muoiono a causa di emorragie e infezioni varie. Inoltre, da non dimenticare il reparto per i malati di AIDS; la pediatria e il sempre affollato dispensario. Campagna di vaccinazioni Oltre all'attivit "curativa" dentro l'ospedale, Kalongo promuove la medicina di base sul territorio, vasto quanto la Valtellina e abitato da circa 150.000 abitanti. Grazie a campagne capillari di vaccinazioni, sono state debellate epidemie di morbillo e meningite che hanno mietuto migliaia di vittime nel passato. 51 KALONGO OGGI E... DOMANI? la scuola di Ostetricia una scuola professionale della durata di tre anni. Fu voluta e fondata da P. Giuseppe nel 1967 con l'aiuto delle suore comboniane. Essa contribuisce in modo validissimo alla formazione ed elevazione della donna africana, assicurando una adeguata assistenza alle mamme africane, prima, durante e dopo il parto. Gi pi di seicento ragazze, provenienti da tutta l'Uganda, appartenenti per lo pi a famiglie povere, si sono diplomate a Kalongo. Tali ostetriche, oltre che assicurare il servizio dentro l'Ospedale, rendono possibile il servizio alle mamme nelle zone pi isolate e periferiche. Tre anni fa ricominciato anche il corso aggiuntivo di diciotto mesi per ostetriche capo- sala. ...e non solo: KALONGO .. - la missione (case dei Padri e delle Suore Comboniane), la chiesa, i laboratori e le officine.... - la "Ambrosoli Memorial School" gestita dalle Suore Africane e i loro bambini dalle divise gialle-blu... - infine il piccolo cimitero dove riposa e "veglia" la salma di Padre Giuseppe: sulla lapide della tomba vi sono scolpite le parole che lo hanno ispirato e sorretto in tutta la sua vita: "Dio Amore e io sono il suo servo per la gente che soffre". questo il messaggio che P. Giuseppe, il Medico di Dio, ci ha consegnato come il suo testamento pi prezioso. 52 QUARTA PARTE anche tu, insieme! gni anno spendiamo pi di 300.000.000 di lire per mandare avanti questo Ospedale dotato di 350 posti letto e della sua Scuola di Ostetricia con pi di 80 studenti divise in tre anni di corso... O Tutto questo con offerte che sono dono della Provvidenza... Anche quest'anno 1996 stato molto difficile a motivo dell'insicurezza delle strade: bande armate hanno continuato a creare imboscate e a mettere mine nella notte. Con tanta pazienza e fede in Dio, la vita dell'Ospedale continuata e di questo desidero ringraziare il Signore e P. Giuseppe, assieme a tutti voi. Trovare medici, Ugandesi e non, diventa sempre pi difficile proprio a causa dell'isolamento che si produce attorno a noi. Nei momenti di gioia e in quelli di dolore sono ormai abituato a fare la mia visita al Cimitero, presso la tomba di P. Giuseppe. La sua foto sorridente ispira fiducia. Ci guardiamo negli occhi, ci parliamo... A Lui - ormai felice con Dio - affido tutte le difficolt che mi pesano sul cuore, certissimo che poi lui trover una soluzione. Ogni giorno io affido a Dio tutti voi che ci sostenete con la preghiera e le vostre offerte. Grazie ancora per quanto ci avete donato e ci potrete ancora donare, per mantenere aperto questo Ospedale e questa Scuola di Ostetricia, che grazie al vostro dono, diventano anche "vostri". Vostro aff.mo P. Egidio Tocalli (lettera per il Natale 1996) 53 invito alla lettura 27 marzo 1987 - 27 marzo 1997: dieci anni di miracoli! pag. 2 1. LA FIGURA DI PADRE GIUSEPPE - il segno del passaggio di Dio pag. 4 - 27 marzo 1987 pag. 5 - il ritorno al suo ospedale: Kalongo pag. 7 2. PADRE GIUSEPPE CI PARLA - lettere a Renzo Corti pag. 10 - lettere all'Angioletto Merlo pag. 13 - lettere a due giovani di Ronago pag. 14 - lettere alle ragazze di II e III media pag. 16 - lettere ai familiari pag. 17 - lettere a suor Augusta Della Noce pag. 19 - lettere al G.A.M. pag. 21 - lettera a don Antonio pag. 23 - lettera ad Angelo Sedetti pag. 24 - lettera a Bernasconi Elisabetta Pastori pag. 25 - lettera a Serafino pag. 25 - corrispondenze con suor Matilde pag. 26 - lettere circolari pag. 27 - esodo da Kalongo pag. 31 - fax all'A.V.S.I. pag. 33 - "testimoni della resurrezione di Ges" pag. 34 3. CI PARLANO DI PADRE GIUSEPPE - Ronago lo ricorda cos pag. 35 - il ricordo di un amico pag. 45 - ricordo dei 25 anni di sacerdozio pag. 47 - uniti nello spirito della missione pag. 48 4. UNA PRESENZA VIVA - Kalongo oggi pag. 51 - Anche tu, insieme! pag. 53 La comunit parrocchiale di Ronago ringrazia tutti coloro che in forme diverse hanno collaborato rendendo possibile la realizzazione di queste pagine 54
PREGHIERE E MEDITAZIONI PER TUTTO L’ANNO - Con Orazioni e Strumenti di Catechesi a cura dell’autore: Note e commenti di Beppe Amico - Volume terzo: marzo - Con le preghiere e le devozioni a San Giuseppe e alcuni stralci della sua vita scritta dalla Serva di Dio Maria Cecilia Baij O.S.B.
PREGHIERE E MEDITAZIONI PER TUTTO L’ANNO - Con Orazioni e Strumenti di Catechesi a cura dell’autore: Note e commenti di Beppe Amico - Volume quarto: aprile - Con le preghiere e le devozioni alla Divina Misericordia e alcuni brani tratti dal Diario di Suor Faustina Kowalska