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Pernety
Le favole
egizie
e greche
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Fratelli Melila Editori
LE FAVOLE
E G I Z I E E G R E C H E
SVEL ATE E RI PORTA TE AD UN UNI CO FONDA MENTO
CON LA SPI COAZIONE DEI GEROGLIUCI J ERATICI
E DELLA GUERRA DI TROIA
Traduzi one di GI ACOMO CATI NEL L A
LE FAVOLE ED I GEROGLIFICI DEGLI EGIZI
I NTRODUZI ONE
Secondo la testi moni anza di S. Cl emente Al essandri no (Stromat. 1. 6),
presso gli Egizii, Lutto aveva un'ari a di mistero. Le loro case, i l oro templ i ,
i loro arnesi , gli abi ti che indossavano tanto nell e ceri moni e del l oro culto,
quanto nell e pompe e nell e pubbl i che leste, ed i l oro stessi gesti erano dei
si mboli c rappresentazi oni di qualcosa di grande. Avevano atti nto questa
loro mani era dall e i struzi oni del pi grande uomo ch'abbi a gi ammai vissuto.
Questi fu anch'egl i Egizio, chi amato Tholh o Phtalh dai suoi compatri oti ,
Tatti dai Feni ci (Enscb. 1. 1, e. 7), ed Ermete Trimegista dai Greci . Parrebbe
che la Natura lo avesse prescel to per suo favori to, prodi gandogl i , di conse
guenza, tutte le qual i t necessari e per studi amel a e conoscerl a perfettamente;
Dio, per cosi di re, gli aveva infuso le arti e le scienze, all o scopo chegli n
istruisse il mondo i ntero.
Constatando, egli , che la supersti zi one sera i ntrodotta i n Egitto, al te
rando e materi al i zzando la purezza delle i dee che i l oro padri avevano
dato di Dio, pens di seri amente preveni re l 'i dol atri a, la qual e minacci ava
di penetrare pi an pi ano nel culto Di vino. Ma ebbe per la preci sa sensa
zione che non era opportuno scopri re i mi steri tanto subl i mi dell a Natura e
del suo Autore, ad un popol o cos poco capace d'apprezzarne la grandi osi t,
e tanto poco adatto all a conoscenza degli stessi mi steri . Persuaso che tosto
o l ardi il popol o l i vol gerebbe in abuso, ide d'i nventare dei si mboli tanto
sagaci e difficili ad essere compresi , che sol tanto i saggi o gl ingegni pi
acui i avrebbero potuto vedervi chi aro; mentre il popol o vol gare non vi
avrebbe trovato al tro che un soggetto dammi razi one. I ntanto, avendo deciso
di trasmettere all a posteri t l e sue i dee chi are e pure, non vol le abbandonarl e
a false i nterpetrazi oni e perci ne precis e fiss i l oro significati da comu
ni care a qual cuno. Per tal e scopo scelse un ri stretto numero di persone
che ri conobbe le pi adatte ad essere deposi tari e del suo segreto, c per
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sol tanto l i mi tatamente fra coloro che potevano aspi rare ni trono, Li stabil
Sacerdoti del Dio vi vente, dopo averl i ri uni ti , c li istru in tutte le scienze
ed arti , spi egando ad casi 1 significalo dei si mboli e dei geroglifici chegli
aveva i deati. L Autore Ebreo del libro di e reca il ti tol o: <r La Ca*a di Mcl-
chisdech n cosi scrive di Ermete: La casa di i 'onaan vide uscire dal suo
seno un uomo di Perfetta Saggezza chi amato /b/rb, o Ermete. Coiti li fu il
pri mo ini i stitui re le scuole, i nvent le l ettere c le scienze matemati che;
fece conoscere agli uomi ni Porriine dei tempi ; di ede l oro le leggi e fece
nol o i precetti dell a vita sori al e medi ante una vi ta dolce e grazi osa; c luma
ni t apprese da lui ti culto Divi no c tutto quanto poteva contri bui re a farl a
vi vere feli cemente n.
Nel numero di dette rii e scienze ve nera una chegli comuni co a questo
Sacerdozio otto condizi one rhe Parrebbero custodi ta con un i nviolabil e
segreto; e con gi uramento li obbl ig a non comuni carl a se non a coloro che
dopo lunga prova fossero stati riconosciuti degni di essere i loro successori:
artrite i Re proi bi rono di ri vel arl a sotto pena di morte. l nesParte era chi a
mata: Arte Sacerdotale, come ce ne i nforma Snl amas (de m rabi l . mundi),
Maometto Ben Al moscbaudi in Gel andi nus (1), I smael Sei ahi nsci a, e Gclal-
di nua slesso, l kandi parl a di Ermete nei seguenti termi ni (2): n Del tempo
d'A hraham viveva in Egitto Ermete o I drin secondo; che la pace sia su
di l ui ; e fu chi amato Tri meg sl o perch era Profeta, Re e Fi losofo. I nsegn
FArtc dei metal l i , PAl chi tni a, PAstroI ogia, la Magia, la scienza degli Spi
rili.** Pi tagora; Rentocl e (Empedocl e); Archel ao il Sacerdote; Socrate Ora
tore c Fi l osofo; Pl atone Autore pol iti co; ed Aristotil e il l ogi co, atti nsero la
l oro scienza dagli scri tti d'Ermete n, Eusebio d i di Sara espressamente, secondo
Mandane, ehErmetc istitu i Geroglifici , di r ri ordi n e svel ai Sacerdoti ;
che Manctone, Gran Sacerdote degli I doli, li spi eg in l ingua greca a 1olomeo
Fi l adel fo. Detti Geroglifici erano ri tenuti sacri, e li si custodivano nascosti
nei l uoghi pi segreti dei Templ i (3).
Il grande segreto che il Sacerdozio osserv, e le alte scienze chcsso profes
sava, lo fecero elevare nella consi derazi one c nel ri spetta di tutto FEgi tto, e
J i) Fuit autem Xacraua arila saettilo tals et magia i ntima: feejt a utero ope magia
mirabilia multa et magna. .. rt curri Nacraos fnisset morluua. successit filius eins Nathras.
luiucie sica?.pater artLs sacerdotalL* t peritus. I bisl Aegypt.
Fi dUu mortnus esset Nalhras. regnavit ptst cvitti frater e}QE Mesiam. luitqur
si>ut coeler peiitus arti* sacerdotali* et magiae I bid.
f_j) Ex scriptis M anethonia ^benni tae. qui tempore Ptolamuei j Fi A tchi-
sacerdtis idclcrum. quae sunt in A egvpto, oracel o doctus imaginam jac^ntiuru in terra
Syradica. sacra di al etto inser p tomi n. satri sqne l i ttrr s inscul ptorcm a T buyt prjmo
Herme te. quas i nterpreta tua usi post Catadysmum sacra dialecto in li nguaio ^rarcam
l i tteria hieroglyphic 3. et peauit ta in li bre A gathodattnon stoi ndus I bcrmes, pater Tal.
in adyti a teinpormn A egyptioftsm qua* prononci av t ipsi Philadelphia Regi s^undo
Ftolomaeo, qui i n libroa sotbioa, ita scr bi t: Regi magno Ftolomaeo- Easrh. in
Scuoto tui a.
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filtrato ria dii tante Li l uti l o peri odo nel qual e non chhe alcun cantano con
':lt il l ani eri , conio quando consenti la l iberta Tesserne avvici nato. LEgitto
venne sempre consi deral o cot t i il seminari o dell e scienze e dell e arti . Il
Sacerdozio ne faceva un mistero che acuiva maggi ormente la curiosit. Pi ta
gora (S. Clcin. Aless. L 1 Stremata) sempre bramoso dapprendere, consenti
perfi no di sottoporsi alle sofferenze della circonci si one, pur di far parte degli
iniziati . I n [Tetti era ben l usi nghiero per im uomo, trovarsi in stato di di sti n
zione dal connine, non per il possesso di un segreto l oggetl o del quale fosse
stato chi meri co, ma per la conoscenza di quell e scienze real i sti che, le quali
non si potevano apprendere se non attraverso l i niziazione, dato che non
venivano comuni cate se non nel fondo del Santuari o (J usti n. quaent. ad
orthadl e sol amente n coloro che li si ri tenevano degni, per la vastit del
loro ingegno e per la l oro probi t.
Ma come le pi sngge leggi trovano sempre (lei prevari catori , e le cose
meglio istitui te sono soggette a non permanere nell o stesso slato, cosi le figure
gerogli fiche, le qual i dovevano servire di fondamento i nvari abi l e sul quale
poggiare la vera Rel i gi one, e sostenerla nella compl eta sua purezza, furono
occasione derrore e decadenza per il popolo i gnorante. I l Sacerdozio ohhli-
gato al segreto per quanto concerneva alcune scienze, temette di violarl o
spi egando i Gerogl ifi ci atti nenti alta Reli gi one, dato che certamente suppose
di e nel popol o si sarebbero potuto trovare el ementi abbastanza chiaroveggenti
ila pensare che gli stessi geroglifici servivano velare al cuni altri misteri ,
c che infine questi altri misteri potevano anche essere iiiLiiili. Fu qui ndi
necessario, tal vol ta, adoperare il raggiro ed anche l inganno, ina poi queste
spiegazioni sti racchi ate ed al terate di ventarono un ahu^o. I Sacerdoti aggi un
sero alcuni si mbol i arbi trari ! a quel l i i nventati da Ermete; composero delle
favole che in seguito si mol ti pl i carono, e per tal modo, i nsensi bi l mente ci si
assuefece a consi derare quali Dei quell e rose stesse che veni vano presentate
al popol o al sempl i ce scopo di ricordargli l idea del solo ed unico Do vivente.
Nuli dove destare sorpresa ohe il popolo abbi a aero ito ci ecamente dell e
idee tanto bizzarre. Poco adusato a riflettere su quanto noti tende ad i ntac
care i propri interessi n al rischio della propri a vi ta, il popol o lascia a coloro
che hanno maggi ore agio la cura d pensare e di sl rui rl u. 1 Sacerdoti non gli
parl avano se non coti li nguaggio simboli co, ed il popol o prendeva tutto alla
l ettera. In un pri mo momento esso s ebbe le convenevoli idee che doveva
nutri re d Dio e dell a Natura, li verisim il mente da credere elio mol ti lo
conservarono per sempre. Gli Egizi e.he passavano per i pi spi ri tual i sti ed
i pi chi ari fra tutti gli uomi ni avrebbero potuto gi ammai abbandonarsi a
dell e assurdi t tanto grossolane ed a pueri l i t tanto ri dicol e quali quell e
file ad Cinsi fall ri finiscami ? Noti si de* prestar fede neppure a! racconto di
quei Greci che si recarono in Egitto per avere cognizione di quell e scienze
le quali non sapprendevano se non medi ante i geroglifici. Se i Sacerdoti non
svelarono loro compl etamente il segreto dell Vf ri e Sacerdotali, nul l ameno non
occul tarono l oro quanto ri guardava la Teologia e la Fisi ca. Orfeo si trasform.
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per cosi di re, in Egi zi ano, l 'i mpadron dell e l oro idee e ilei l oro ragi onamenti
a l ai punto, che glinni e le i dee racchiuse negli elessi, ei Fanno supporre
pi ad un l avoro dun Sacerdote Egizio che a quel l o dun Poeta Greco. Egli
fu il pri mo che trasport in Greci a le Favol e degli Egizi; ma non ammi ssi
bi l e che questuomo che Di odoro Siculo ri ti ene i l pi sapiente ilei Greci,
rare,mandabi l e per il sno genio e per le sue conoscenze, abbi a vol uto di vul
gare nell a sua patri a dette favole spacci andol e per real t. Gli altri Pncti :
Omero, Esiodo, avrebbero voluto, per del i berato proposi to, i ngannare i popul i
dando per stori e vere dei fall i molto controversi c degli attori che in effetti
gi ammai esi stettero?
Un di scepol o di venuto maestro, comunemente i mparti sce le propri e l e
zioni ed i struzi oni nell a stessa mani era c con lo stesso metodo come egli
stesso le ha ri cevute. Essi erano stali istruiti medi ante le favole, i geroglifici,
le all egori e e gli eni gmi , ed hanno perpetuato questuso. Si trattava di mi
steri, ed al l ora hanno seri ll o mi steri osamente. F. non era necessario neppure
avverti rne il l ettore, poi ch anche il meno perspi cace poteva accorgersene.
Si ponga sempl i cemente attenzi one ai titoli dell e opere d'Fumol po. di Mo
nandro, di Mel anzio, di Gi amhl i eo, d'Evnnl o, e di tanti altri che nei loro
scri tti sono pi eni di favole, e subi to ci si rester convinti chessi avevano i n
programma di nascondere i mi steri sotto il velo di quell e finzi oni, e che i
l oro scri tti ri nchi udono mol l e cose le quali non si scorgono a pri ma vista e
neppure ad una attenta l ettura.
Gi amhl i eo cos sespri me al pri nci pi o dell a sua opera: <r Gl i Scrittori Egi
ziani consi derando elle Mercuri o era stato l 'i nventore di tutto, attri bui rono a
questo Dio tul l e le l oro opere. Mercuri o presi ede olla saggezza ed al l 'el o
quenza; Pi tagora, Pl atone, Democri to, Eudossi n e molti altri ancora si re
carono in Egi tto per i struirsi frequentando i sapi enti Sacerdoti di quel paese.
I l i bri degli Assiri e degli Egiziani sono pi eni deil e di fferenti scienze di Mer
curi o, e le colonne te mrl tonn in mostra al pubbl i co. Esse abbondano d'una
profonda dottri na ;e Pi tagora e Pl atone vntti nsrro la l oro Fil osofia .
La di struzi one di molte citt, e la rovi na di quasi tutto l 'Egi tto fall a da
Camhi sc Re di Persi a, segn la di spersi one di moll i Sacerdoti nei vicini paesi
e nell a Greci a, E questi vi portarono le l oro scienze, ma senza dubbi o, con
ti nuarono ad i nsegnarl e in quell a mani era usi l al a in Egitto, vale a di re: mi
steriosamente. Non vol endo prodi garl e a l utti , essi le i nvi l upparono mag
gi ormente nell e oscuri t dell e favole o dei geroglifici , affinch il volgo, vedendo,
non vedesse ni ente; ed i ntendendo, non comprendessi- nul la. Tutti atti nsero
a questa sorgente, e mentre gli uni ne prel evarono l ncqua pura e netta, gli
al tri , per i quali essi l avevano i ntorbi di l a, vi raccolsero solo la mota.
Da questo ebbe ori gi ne quell a fonte dassurdi t le quali hanno i nondata la
terra per tanti secoli. Questi misteri nascosti sotto tanti i nvi l uppi , mal e com
presi, mal e spi egati , si diffusero in tutta la Greci a, e da qui , per tutta la terra.
Queste oscuri t nel seno dell e quali nacque l I dol atri a, andarono sempre pi
ottenebrandosi . La maggi ur parte dei Poeti , poro a gi orno di quanto formava
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lYascnzn di questi mi steri , esagerarono sulle favole Egizie, ed il mole fl'nc-
crrliEic si no all a venuta di Ges Cristo nostro Sal vatore, il qual e di si ngann
i popol i dagli errori nei quali queste favole li aveva gettati . Ermete aveva pre
visto tal e decadenza del cull o Divino, e gli errori dell e favole che lo avreb
bero sosti tuito (iti Ascl epio): Tempo verr, egli scri ve, nel qual e gli Egizi
parranno avere i nuti l mente adorato la Divinit con la convenevole pi et, ed
over i nvano osservalo il culto dell a stessa con tutto lo zelo e l'eBattczza do*
vill a... 0 Egitto, o Egitto, dell a tua Reli gione non resteranno che le favole; e
queste saranno i ncredi bi l i ai nostri di scendenti ; le pi etre incise t scol pil e sa
ranno i soli ni omini etili dell a tua piet , E certo che n Ermete e neppure
i Sarerdol i Egizi riconoscessero affatto la pl ural i t degli Dei. Si l eggano at
tentamente i libri dOrfca, parti col armente quell o ili Saturno, ite/ qual e
dell o di e questo Dio sparso in tutte le parl i che compongono l'I ili verso,
e che non stato generato: si rifletta n IT Asclepio di Ermete, sul l r parol a
di Parmeni de il Pi tagori co, sulle opere dell o stesso Pi tagora, e vi si troveranno
dappertutto dell e espressi oni !e quali mani festami il luro senti mento sulla
uni ci t dnn Dio pri nci pi o del tutto e senza pri nci pi o esso stc*co; e rhc lutti
gli altri Dei dei qual i fanno menzi one non sono clic di fferenti denomi nazi oni
sia dei suoi attri buti , e. sia dell e operazioni dell a Natura. Pasta il solo Gi am
bi co f i ) a convincerci con quanto disse dei misteri degli Egizi, al l orquando i
suoi di scepoli gli domandarono cosa ne pensasse elle fosso la pri ma causa ed
il pri mo pri nci pi o del tutto.
Dunque, Ermete e gli al tri Saggi unii presentarono ai popol i le figure delle
cose quali Dei se non al sempli ce scopo ili mani festare al volgo la presenza di
mi siilo ed uni co Di o in tutte le cose, poi ch colui che vede la saggezzn
(Dionigi renpiigila), la provvi denza e Tumore di Dio mani festato in questa
mondo, vede Dio stessa; poi ch tutte !e creature non sono chr specchi di r ri
flettono su noi i raggi delta Saggezza Divina. Su quanto affermiamo s pu
consul tare I opera di P. E. J ahl on-ki (Pantheon Apgvpl i nnji n* Era neo forte,
17*511nell a quale' questo Autore giustifica compl etamente gli Egizi dal l i dolatria
elio vi ene ad essi i mputal a.
i) Ego vero causam imprimi] tbi dicala, ob quam sacri et antiqui Acgvpliorum
seriptorrt de his varia Semerit et ins per birilli saecub sapitates non radem de bis ratione
l nquinlur Cum enim multa- in universo sict essentia e, ac smnl multila ri am inter se iM-
fcrant. mento tarum, et multa rum tradita sani principia habentta. ordine* di tirreni ri .
Mcmurol ipse tradit : g .goo voi um ini bua, ve! steut Ma netti Cm rrfert ja.ooo er in bis
perfette omnia demonstravit. Oporlet igitur de his omnibus ventateli] brevi ter lev.larare,
atquc prtmnm quod primo quaeritia Primus Deus ante ens et solus, pater est primi Dei,
quem gifinlt maiics io uni tati sua solitaria, atque id est supt-rmtelligibile, atque exrmplai
illins. quod dcttir sui pater, sui nius. unipater et Deus vere bonus; ille enim major et
primus. et iona omnium, et radix eorum quae prima mieli igun tur et intclliguut. scilicet
idea ni tu Ab hoc utique Linus Deus per se suffideas, sui pater, sui pri nters, li st enim
htc principiuin. Deus Dcctum, rniitas ex uno super esseotiam esseutiae prindpi uin. ab co
enim rase ut ia, propterea pater essentiae notnnatuT. I psa enim est ens iutchigibiliutn prin
cipili ui* tutte sum principia omnium antiquissima; quae Mercunus pinpoint tie I3iis Aethae-
rcs. ecc.
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Gl i Egizi cri i Greci non ri tennero sempre (tetti geroglifici quali puri
smboli elei l 'uni co c solo Dio; sol tanto i Sacerdoti , i Filosofi dell a Greci a ed i
Magi della Persi a cimservaronn la purezza di tale, concetto; ma Fi dea della
pl ural i t degli Dei ebbe tanto credi to presso il popol o, che i pri nri pi i della
saggezza e della Filosofia unii sempre ri uscirono a vi ncere la timi dezza dell a
dchofezza umana in colorii i he avrebbero potuto di si ngannare il popol o facen
dogli conoscere il suo errore. J Filosofi gi unsero perfi no ad approvare in pub
blico le assurdi t ti rile favole, ci rbe spinse un Sacerdote Egizio, compi an
gendo la pueri l e credul i t dei Greci , a di re: I Greci sono fanciull i e saranno
seni [ire fanciull i (Pl ato in Timaco).
Questa mani era d'espri mere Dio, i suoi attri buti , la Natura* suoi prii-
c pii c le giie operazi oni fu usala in tutta PAnl i cbi l ed in tutti i Paesi ; poi ch
si ri teneva che non fosse conveni ente divulgare al popol o dei misteri tanto alti
e tanto subl i mi . La natura del geroglifico e del si mbolo sta nel condurre alla
conoscenza dima rosa medi ante la rappresentazi one d'i ti ful tra tutto affatto
di versa. Pi tagora, secondo Pl utarco (de Lsid. el Osir.) fu tal mente preso da am
mi razi one, al l orquando vi de la mani era dell a eguale usavano i Sacerdoti Egizi
nel l insegnamento dell e sci enze, elle si propose di mi tarl i ; e vi riusc tanto
bene che le sue opere sono pi ene di voluti studi ati equivoci* e le sue sentenze
sono velate con raggiri ed espressi oni misteriosi ssime. Mose, se vogliamo ero
dere a Rai nham (I n cxordio Geneseos), scrisse i suoi l i bri in mani era eni gma
ti ca; <r Tul i o quanto contenuto nell a Legge degli Ebrei , dico questo Autore,
scritto in senso all egori co, o letterale, medi ante termi ni clic risul tano da
un qual che calcolo ari tmeti co, n da una qual che formazi one geometri ca dei
caratteri , mutati o transpnsti , oppure disposti armoni camente secondo il
loro valore. Tutto ci ri sul ta dall e forme dei caratteri , dall e l oro uni oni ,
dall e loro separazi oni , inflessioni, dalle loro i ncurvature o di ri tture, da ci rbe
loro manca r da ci che v'f di troppo, dall a loro grandezza u piccol ezza,
dall a loro apertura, eco, .
Sal omone consi derava t geroglifici, t proverbi t* gii eni gmi qual e degno
oggetto dello studi o d\ m nomo Saggio, c si possono vedere le lodi clic ne
eleva in tul l e I r sue opere : 11 Saggio appl i cher fProv. c. 1) all o filmilo
dell e parabol e, c si sforzer di nterpretare le? espressi oni , le sentenze e gli
enigmi degli anti chi Saggi. Egli penetrer nei raggiri e sottigli ezze delle pa
rabol e; di scuter i proverbi per scopri rvi quanto racchi udono di piti nascosto,
ccc. o.
Gli Egizi non sempre ^espri mevano con i geroglifici gl* eni gmi ; ina que
sto mezzo usavano quando si trattava di parl are di Do o di ci che vera di
pi segreto nell e operazi oni dell a Natura; Pii i geroglifici del Funo nun erano
sempre i gerogli fici del l 'al tra, Ermete invent la scri ttura degli Egizi ani ; ina
non si d'accordo sulla specie di carattere che dagiprima mise, in lisci; si *a solo
che ve nerano di quattro mani ere; la pri ma era quell a dei caratteri della
scri ttura volgare, unta a tutti , rd libata negli scarnili dell a vita sociale?.
I^i seconda non era in su se non fra i Saggi, ed i mpi egata per parl are dei
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misteri ilella Cal ura: la torna tira una mescol anza di caratteri e di m tubal i ;
p la quarta costitui va il carattere sacro, nol o solo ai Sacerdoti , i quali lo i mpi e
gavano nei loro trattal i sulla Divinil a e siigli attri buti dell a stcsaa. Non bi
sogna dunque confondi questi diversi modi dei qual i rii Egizi sj servivano
per l i bare e dar corpo ai loro pensi eri. Tal e mancanza di di stinzi one Ita dato
ori gi ne agli errori nei quali sono raduti gli Archeol ogi , i qual i , avendo in vi
sta (Iti -ulo tiggtiUu* spi egano l utti gli anti chi monumenti , conformemente a
quell oggetto Da questo sbaglio di metodo hanno ori gine le moltepli ci dis
sertazioni fatte dai diversi Autori clic non si trovano affatto daccordo I ra di
loro. Per ri uscirvi pcrfel t a meni e bi sognerebbe possedere dei model l i di tutti
questi di fferenti caratteri . Ci clic sarebbe stato scri tto dagli Anti chi con Pitu*
piego ili una dell e mani ere dei caratteri , sarebbe certamente spi egal o eia 11e cose
per le qual i noto che quel carattere lo s'i mpi egava, Se per esempi o si trat
tasse del pri mo da imi accetti hi lo, n pu essere ben certi che la deduzi one
ili quel l o scr tto ri guarderebbe lo scambio del vi vere Mietale, la storia ecc.;
se si irai tasse del secondo, le deduzi oni ri guarderebbero la Natura; e cos per
il quarto che mni crncrel i bc Dio, il suo culto, o le Favole. Con questa avver
tenza Muti ci si troverebbe nel caso di ri correre a congetture, e [negare un
anti co ti i ouumenl o coli cosa dell a quale lo stessei forma tutt'al tro oggetto. Ma
di tutto citi, di propri amente certo non et restano se noti le favule, cos come
aveva previsto Brui rl e nel l 'Ascl epi o d* Apul ei o c da noi precede ni emerito
citalo mi tale argomento.
QtiiiDiasi persona assennata di e voglia ri flettere in buona fede nulle assur
dit dell e favolo noli potrebbe esi mersi dal consi derare gli Dei qual i esseri
i mmagi nari , dato che lo Di vi nit Pagane atti nsero la loro ori gine da quell e
i nventate dagli Egizi. Ma Orlon <* gli altri clic trasportarono in Grecia dette
favole, le di vul garono alla maltiera e con quel sigiti ficaio (die avevano ap
presti in Egitto. Se iti ori gi ne le favole furono i mmagi nate all o enfio preci so
di spi egare si mbol i camente i processi dell a Natura, i suoi pri nci pi , i suoi
svi l uppi , le ut* produzi oni , ed nuche talvolta una qual che operazi one segreta
di un'A l l e clic i mi terebbe la Natura per conseguire lo stesso capo, sen-
z'ah'i i ua contraddi zi one, le stesse favole Greche (al meno le pi anti che e cio
quel l e eliti furono di vulgate ila Orfeo, Mrl ampo, Limi* Omero, Esiodo ecc.)
dovrebbero essere spi egate con quel l o stesso sigili fi catti e conformemente ab
l 'i ntenzi one dei loro Autori , i quali ebbero gli Egizii per modello. La
maggi or pari e deli e favole sono pervenute sino a noi ; si pu farne un'ana
lisi moll o ponderata* e vedere se alle volle non sfiorino un qual che parti
colare accenno che ? mascheri l'oggetto al qual e si mi ra, butte, le pueril i t
o li' aordi ta che ei colpi scono in queste favolo, danno la di mostrazi one che
il proposi to dei loro Autori unii era aliai lo quell o di parl arci dell a vera
Divi nit. Essi avevano atti nto nell e pere di Ermete, e frequentando i Sa
cerdoti Egizi, idee troppo pure e troppo elevate d Dici e dei suoi attri bui i ,
per [tarl arne poi i n mani era apparentemente tanto i ndecente e tal lio ri dicol a.
I nfatti , quando si tratta degli al ti misteri ili Di o. essi ite parl ano con clcva-
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terza di vorlrctti, ili ettiintenti c <]V|irt^ion, qual e si ronvi enr, - qui ndi
non si parl a pi d*incesti, adul i mi . parri ei d i eoe, Hi soglia perci ammettere
che qucsTul ti mo linguaggi o avevi) quale oggetto la Natura clTcsiu, alla ma-
n era degli Egizi ani , hanno personifical a anrl i e nei pri nci pi ] che la strusa
i mpi ega, e nell e sue operazi oni ; ci hanno rappresentato sbotto differenti
farre. i nvi l uppandol e sotto differenti veli , ina pur mi rando ed i ntendendo
una stessa uni r cosa. Fintino avuto Tattil it d'i ntrodurvi degli insegnamenti
di pol iti ca, di moral e, dei cenni generati di Fi si ca; od hanno talvolta preso
lo spunto da un fatto storico per formare le loro all egori e; ma tutti questi
coeflicenti sono sempl i cemente accidental i , ma non ne formavano n la base,
n Toggetto. I nvano qui ndi ci si sforzer per spi egare questi geroglifici
favolosi medi ante gli espedi enti clic vennero i mpi egati nell a l oro formazione.
Col oro che hanno creduto poterli) fare con la storta, sono stati costretti ad
ammettere la real t di questi Dei, Dee, Eroi ed Eroi ne, al meno quali Fle,
Regi ne e gente di cui si raccontano le azioni. Ma la difficolt di tutto ordi
nare secondo le regole di una sana cronologi a, presenta un ostacol o insor
montabi l e al toro l avoro: un l abi ri nto dal qual e non ri usci ranno mai a
l i berarsene. Ili tutti i tempi , Toggetto dell a storia fu quell o di presentare dei
model l i di vi rt da i mi tare, quali esempi per la formazione dei l inoni co
stumi ; in tal caso non da pensare che tal e era il proponi mento degli Autori
di queste favole le qual i sono pi ene di tante assurdi t ed accenni tanto l i cen
ziosi. otte ri sul tano molto pi adatte a corrompere i costumi , anzi cch a
formarl i . Qui ndi , al meno, sarebbe pure i nuti le di torturarsi il cervell o per
ri nveni rvi un senso moral e.
Probabilmente. i ntanto, si possono di stnguere quattro specie di i nterpre
tazi oni date a questi geroglifici tanto dagli Egi zi ani , quanto dai Greci e
dall e altre Nazi oni presso le qual i furono in uso. Gli i gnoranti , dei quali e
composta lo grande maggi oranza del popol o, prendevano alla l ettera la storia
degli Dei, come pure le favole che in conseguenza erano state i mmaginate ;
ed ecco In sorgente di quel l e supersti zi oni alle qual i il popol o incl ine. La
seconda classe era costitui ta da coloro i qual i , comprendendo bene elle quell e
stori e erano sempli ci finzioni, penetravano nel senso occulto e misterioso
delle favole e dei geroglfici , e ti spiegavano con le cause, effetti ed operazioni
dell a Natura. E dalo che ite avevano acquisita una conoscenza perfetta, me
di ante le istruzi oni ftcgrele che Tun l 'al tro si comuni cavano successivamente
serondo quell e eh'erano stale loro affidate da Ermete, eos toro operarono cose
veramente sorprendenti , mettendo in atto i soli mezzi della Natura, dell a
quale si pro poneva rm di m tame i processi per ottenere lo stesso scopo.
Quest* ri sul tal i sono quell i che formavano Toggello iteli.-I rte Siicerdofri/e;
quest'Arte sulla quale, medi ante gi uramento, sol ihl i gavano n custodire il
segreto, et! era loro vi etato, sotto pena di mori e, di di vulgare in alcun modo
ad altri che non giudicassero degni d'essere iniziati nel TOrdi nc Sacerdotal e,
dal qual e td traevano i Re. QueM'Arte non era al tro di e quel l a di fare una
cosa che potesse essere la sorgente della fortuna e delta felicit, vale a di re.
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la sorvolile il fi la salute* delle ricchezza r dell a conoscenza compl eta della
Natura, Onesto segreto tanl n raccomandato non poteva cerio avere altro og
getto, Ermete, i sti tuendo geroglfici , non aveva assol utamente in ani mo d'i n-
I rui l urre ri dotal ri a, e neppure di custodire segrete le idee che si dovevano
nutri re dell a Di vi ni t; anzi lo scopo propostosi era quel l o di far conoscere
Do qual e Dio Uni co, ed i mpedi re che il popol o ne adorasse al tri ; egli si
sforzo di farl o ri conoscere in ogni individuo facendo ri l evare in ciascuno i
segni dell a Saggezza Di vi na. Segli vel sotto l 'ombra dei geroglifici alcuni
subl i mi mi steri , ci non lo fece massi mamente per nasconder li al popol o,
bens perch fletti misteri non erano alla portata dell o stesso, t: non pol endol i
contenere nei l imi ti di una conoscenza prudente c saggia, lo stesso popolo
non avrebbe mancal o dabusare, prevari cando, dell e istruzioni che gli sareb
bero state el argi te a tal e ri guardo, I Sacerdoti erano soli ut quali questa
conoscenza veniva confidata dopo una prova di parecchi anni . Bisogna qui ndi
concl udere che questo segreto ebbe un altro oggetto. Parecchi Anti chi ci
(ialino ri feri to ehesso consisteva nell a conoscenza ili ci cherario stali Osiride,
I side, Oro e gli altri pretesi Dei ; e chera proi bi to sotto pena dell a perdi ta
dell a vita, di di re chcrauo stati degli uomini . Ma questi Autori erano ben certi
di quanto affermavano? Ed ammettendo che ci rl Fe^i di cono fosse vero, ci
non di ce clic questo segreto avrebbe per oggetto Dio, t misteri dell a Di vi nit, ed
il suo cul l o; dato che Ermete, il quale obbl ig i Sacerdoti al segreto, ben cono
sceva clic Osiri de, I si de ecc. non rranc alTallo degli Dei, e perci non li avrebbe
gi ammai i ndi cal i come tali a quei Sacerdoti stessi chegli avrebbe istruiti
dell a verit, mentre contemporaneamente avrebbe i ndotto il popol o in er
rore. Non si pu affatto supporre in un uomo cos grande, una eondotta
tanto ri provevol e e che non s'accorda in alenila guisa con i ri tratti che ci
hanno tramandati .
I! terzo senso del quale questi geroglifici erano suscetti bi li , fu quell o dell a
moral e o dell e regole di condona. Ed il quarto, i nfine, era propri amente
quel l o del l 'al ta Saggezza. Medi ante le pretese stori e degli Dei, si spiegava
ci clic vera d subl i me nell a Reli gione, in Dio e nel l Uni verso; ed questa
la fonte dall a qual e hanno atti nto tutti quell i ch hanno parl ato dell a Di vinit.
Essi non hit facevano un segreto per coloro che potevano comprenderl i . I
Filosofi Greci ne furono i struiti net contatto el i Vhbern con i Sacerdoti , e di
ci si hanno vali de prove in tutti le loro opere, l utti gli Autori ne conven
gono. e sarri va persi no a fare i ninni di rnl oro dai qual i questi Filosofi
ebbero lezinni. Eudossi o, dicasi, ebbe per maestro: Conofeo ili Menf : So
l one; Sorirhis di Sais; Pi tagora: Oennfeo dEl i opol i , ere. Ma sebbene non
mantennero nul l a di segreto, ai detti Fi losofi, per tul i o quanl o ri pi ar lava
la Divinit e la Filosofa tanto moral e che fisica, nul l a per comuni carono,
salvo rara eccezione, di qm:ll\-rf<? Sacerdotale dell a qual e innanzi abbia irt
futili cerino. Chi dice .-Irte, di ce una cosa prati ca. T.a conoscenza di Do
non uunrtc e neppure lo In conoscenza dell a moral e e ural i che quid la
dell a Filosofia. Gli anti chi Autori ci nformano ehK rmete insegn agli Egizi!
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FArtc dei melali ] e VAlchim ia. Il P. Ki rcl i er stesso riconosce sulle testi
moii tanze della Stori a e di tutta FA nti di i t che Ermete aveva velalo Parte
di fare Toro sotto le oscuri t degli enigmi e dei geroglifici, e di quell i stessi
geroglifici che servivano ad ostacol are al popol o la conoscenza dei misteri di
Di o e della Natura, et E* tanto accertato, dice questo Autore nel suo Gcdypus
Acgypliacus (L I I , p. 2), clic questi l ontani antenati possedevano Farl e di
fare loro, sia traendol o dall e altre materi e, sia med anl e la trasmutazi one
dei metall i , che colui il qual e ne dubi terebbe, o volesse negarl o, si mostre
rebbe perfettamente i gnorante di storia. I Sacerdoti , i Re ed i Capi di fa
miglia ne erano i soli istruiti . Quest*rie fu sempre custodita sotto il pi
compl eto segreto, e coloro di e ne erano possessori, mantennero sempre un
profondo si lenzio a tale ri guardo, nell a tema clic i l aboratori ed il santuari o
pi occulti dell a Natura, resi noti al popol o i gnorante, questo non alterasse
tale conoscenza, i mpi egandol a a detri mento e rovi na dell a Repubbl i ca. L in
gegnoso e prudente Ermete, prevedendo questo danno che minacci ava lo
Stato, ebbe dunque ragione doccul tare quesFArte di fare Foro soll o gli
stessi veli e le stesse oscuri t gerogl fiche dei quali s seni per occul tare al
popol o profano quell a parte dell a Filosofia che concerne Dio, gli Angeli e
]'Uni verso . I l P. K i rcl i er non all atto sospetto su tale argomento, poi ch
lia sempre combattuto la Pi etra Filosofale in tutte le circostanze nell e quali
ebbe occasi one di parl arne, Bisogna iti questo caso constatare che levi denza
e la forza dell a veri t gli abbi ano strappato tal e confessione; diversamente
sarebbe ben difficile trovarl o daecordo con s stesso. Nel la sua Prefazi one
sul l Al chi mi a degli Egizi ani , egli scrive: Qual che Ari starco mi si lever
contro per quanto io sto per di re su di unArte che mol ti ritengono odiosa,
i ngannatri ce, fatta di sofismi e pi ena desagerazi oni , mentre molti altri
l hanno nei convell o di una scienza che mani festa il pi alto grado dell a
Saggezza Divina ed umana. Sappi a per costui, ehessendomi proposto di
spiegare, qual e Edi po, tul to quanto gli Egizi hanno velato sotto i loro
geroglifici, debbo qui ndi trattare anche di questa scienza chesai avevano
nascosta sotto le stesse oscuri t dei s mboli . Citi non vuol di re che io Fap*
provi , o che da questa scienza si possa ri trarre al cuna util i t per quanLo
concerne l arte di fare Foro; ma perch tutta la ri spettabi l e Anti chi t ne
parl a e ce l ha trasmessa sotto il sigillo duna infinit di geroglifici c di
fi gure si mbol i che. Quello eli certo si che di tutte le arti c di tutte le
scienze clic sti mol ano la curiosit umana, ed alle qual i l 'uomo sinteressa,
non ne conosco nessunal tra di e sa stata combattuta con maggi or forza e che
pure sia stata meglio difesa . I l P. Ki rcli er, nel corso dell a sua opera ri porta
un gran numero di testi moni anze danti chi Autori , per provare che questa
scienza era nota agli Egizi; chErmete F insegn al Sacerdozio; ed era tanto
stimata i n quel paese chera un deli tto passibile di morte di vulgarl a ad altri
se non ai Sacerdoti , ai Re ed ai Filosofi Egizi.
Lo stesso Autore, mal grado tutte le testi moni anze concl ude col di re di e
gli Egizi non conoscevano affatto la Pi etra Filosofale, e di e i luro geroglifici
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non ne avevano per oggetto la prati ca iella stessa, E davvero sorprendente
che dopo essersi dato la pena di leggere gli Autori che ne trattano per spi e
gare medi arne gli scri tti di costoro il geroglifico Ermetico del qual e egli ne
da la fi gura, e che copi andol i per casi di re, parol a per parol a, conte per
dodi ci trattati del Cosmopol i ta, e FArcanum Hcrmcti cae Phi l osophi ae Opus
del d'Espagnel , ecc. il P, Ki rcl i er osi sostenere rito delta figura e gli altri
geroglifici non ri guardi no alFalto la Pi etra Fi l osofale, e dell a qual e, gli
Autori clic ho teste ci tato, nc tral i gno, come suol di rsi , ex professo. Ma
poi ch tutto quanto i ri tati Autori di cono, concerne preci samente la Pi etra
Fi l ofofal e, il P. K i reher ch*c tato costretto a servi rsi ilei l oro ragi onamenti ,
ha qui ndi dedotto ho questoggetto. GH Egizi , egli scrive, non avevano
affatto in vista la prati ca d questa pi etra; c se abbordano qual che argomento
sulla preparazi one dei metal l i , e svel ano i tesori pi segreti dei mi neral i ,
rni i ri o non i ntendevano ci elle gli Al chimisti anti chi e moderai i ntendono;
ma i ndicavano ima certa sostanza, del morirlo i nferi ore, analoga al Sole,
dol al a di vi rt eccellenti e di cosi sorprendenti propri et clic sono multo al
di sopra del Fi ntel l i genzn umana; vale a di re: una qui ntessenza nascosta in
lutti i misti, i mpregnal a della vi rt dell o Spi ri l o uni versal e del mondo, ohe
colui il quale, i spi rato da Dio ed i l l umi nato dall e sue Divine luci, trovasse
il mezzo destrarre, usandone di verrebbe esente da qualsiasi infermila
e condurrebbe una vita pi ena di felicit r di "oddi sfaziem . Olinoli non e
afTallo dell a Pi etra Fi losofali', chcssi parl avano, bens del l elisir^ del minile
in'acci ngo a di re .
Orbene, se questo che ri porti amo dal P, K i reher non preci samel i le la
Pi etra Fil osofale, unii so propri o, all ora, in che hi Messa consista. Se l'idea
chegli sVra formata non era conforme quell a elle cc ne danno gli Amori ,
tutto quanto ne scrive contro la stessa, non la ri guarda, Lo si pu gi udicare
l auto ila ci clic abbi amo detto sin qui. come ila quanto di remo in segui to.
Loggetto dei Filosofi Ermetici anti chi o moderi l i , fu sempre quell o di
estrarre da un certo soggetto, per vie natural i , questo eli si rc o quintessenza,
della quale parl a il P. K i reher ,e iTopei-are secondo le leggi dell a Natura,
in modo d separarl a dalli* parl i eterogenee i ndi r qual i i nvi l uppata, allo
scopo ili metterl a nel l o stato dagire senza alcun ostacolo, per l i berare i tre
regni dell a Natura dall e loro inferti lit, ci che non si pu negare possa
1***0rr possibile, dato che questo spi ri lo uni versal e essendo l 'ani ma della
Natura, e la baso di tirtti i mi sti , ad essi perfettamente analogo, come
In . per i suoi ci fri l i e le sue propri et, con il Sol e; ed perci clic i Filosofi
di cono che il Sol e silo padre, e la L una sua madre.
Non bisogna confondere Filosofi Ermeti ci o veri Al chi mi sti , cimi i sof
fi;! tori i quali cercano d fnr.e Foro tmmcdi otamenl e con le materi e di r im*
pi egano, mentre i pri mi cercano di fare una qui ntessenza la qual e possa
servi re di panacea uni versal e per guarire tul l e le i nfermi l a del corpo umano,
ed un cli si re per trasmutare i metall i i mperfetti in oro. E sono propri amente
questi i due oggetti che, secondo tutti gli Autori tanto anti chi che moderni .
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si proposero gli Egizi. E' questa l 'Arte Sacerdotal e dell a qual e ile facevano
mi si grande mistero, e elle i Fi losofi terranno sempre i nvi l uppata neHoscii-
ri l dei si mboli e dei geroglifici . Essi si contenteranno di di re con Hal ed
(eomtnent. in Hermet.): V' una essenza radical e, pri mordi al e, i nal terabi l e
i n tutti i misti e di e si trova in tul l e le cose ed ili ogni l uogo; felice colui
di e pu comprendere e scopri re questa segreta essenza, e l avorarl a come si
conviene. Henne te soggiunge anche che l 'acqua il segreto di questa cosa,
e clic t'acqua riceve il suo al i mento dagli uomi ni . Marci me* non lia difficolt
ad affermarci che Lutto ci che si trova al mondo costa pi caro di delta
acqua, dato che tutti la possiedono, mentre tutti ne hanno bisogno. Abuami l ,
parl ando di detta acqua, dice che la si trova in ogni l uogo, in pi anura, nelle
val l ate, sulle montagne, dal ricco e dal povero, dal robusto e dal debole.
Si mil e la parabol a di Ermete e dei Saggi ri guardarne la loro Pi etra, ch
mi 'aequa, uno spi nto umi do, la conoscenza del qual e Ermete ha nascosto
sollo le pi oscure figure si mbol i che difficilissime ad i nterpretare .
La materi a dall a qual e si estrae questa essenza, racchi ude un fuoco na
scosto ed imo spi ri tu umi do, c qui ndi non deve sembrarci strano che Ermete
ce l 'abbi a rappresentata sotto l 'embl ema geroglifico dOsiri de, il quale, se
condo il P. Ki rcl i er, vuol di re fuoco nascosto, e dI si de che presa per la
L una significa mia natura umi da. Diodoro Siculo conferma detta verit, ri fe
rendoci di e gli Egizi, i quali consi deravano Osiri de ed I si de qual i Dei, affer
mavano clic questi percorrono il mondo senza sosta, che nutrono e fanno
crescere l utto durante le I re stagioni del l 'anno: la Pri mavera, l 'Estate e
l 'I nverno, e che la natura ili questi Dei contri bui sce i nfi ni tamente alla gene
razi one degli ani mal i , poi ch l 'uno igneo e spi ri tual e, l 'al tra umi da c
fredda: che l 'ari a umilile ad eul raai bi , infine che tull i i corpi ne sono
generati , c che il Sol e e la Luna perfezionano la natura dell e cose. PiuLareo,
da parte sua, in I side ed Osi ri de, ci assicura che tutto (pianto i Creei ci
cal dano c ci spacci ano in i neri to ai Gi ganti , ai Ti tani , ai deli tti di Saturno
e degli altri Dei, del conihatti l li ento d'Apul l o con litone, dei viaggi di Bacco,
dell e ri cerche e viaggi di Cerere, tutto questo non differisce affatto, nel mi o
occul to significato, da quanto si racconta dOsiri de e d'i ri de; e che l utto
quanto stato i nventato di simil e con una tal (pial e l i beral i t nell e favole
di vul gate, dev'essere inteso nell a stessa mani era come ci che si osserva
nei sacri mi steri , per i quali sarebbe un del i tto svelarli al popol o.
Poi ch nell a Natura tutto generato dui cal do e dal l 'umi do, gli Egizi
di edero aLL'lltio il nome di Osiri de ed aLI 'altro quel l o d'I s de, e dissero elle
erano Tralci lo c sorel la, mari to e moglie. Li si consi derarono sempre per la
Natura stessa, come iti seguito vedremo.
Al l orquando non si vorr ri correre a dei cavilli , sar faci le scopri re ci
clic gli Egizi, i Greci , ecc. i ntendevano medi ante i l oro gerogli fici e le loro
favole. Essi le avevano cosi ingegnosamente i mmagi nate clic nascondevano
di versi i nsegnamenti sotto la stessa figurazione, rui ne pure i mpi egavano gero
glifici c si mboli di versi per la eoitmnieazi one d'i ma unica rosa: magari i
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itomi, le fi gure, ed il racconto stesso era vari ato, ma il fondo e l oggetto
non era affatto di fferente,
E' noto, e hasta scorrere le opere dei Filosofi Ermeti ci per notare u pri ma
vista che in ogni tempo, costoro non solo hanno seguito il metodo Egizio per
la trattazi one dell a Pi etra Fi l osofale, ma hanno i mpi egato gli stessi gerogli
fici e te medesi me favole, i n tutto od in parte, secondo la propri a mani era.
Gli Arabi hanno i mi tato pi da ri ci no gli Egizi dato che nell a l oro lingua
tradussero dal l 'Egi zi o, ri spettandone lo stile, mol ti trattati Ermeti ci ed altri
scritti. J .a prossi mi t del paese, e qui ndi il facile scainhi o fra le due Nazi oni
dei e avervi mol to contri bui to. Questa unani mi t didee, c questo uso i ni n-
terrntto da tanti secoli , costitui scono, se non una prova i nconfutabi l e, almeno
un presupposto che i geroglifici Egizi e le favole erano state i mmagi nate, te
nendo di mi ra la Grande Opera, e qui ndi i nventate onde i strui re sull a sua
teori a e sulla prati ca sol amente qual cuno, mentre per tema di eventual i
prevari cazi oni cd i nconveni enti che se ne temevano, lima e lal tra vennero
occul tate al popol o ed a tutti quell i gi udicati non degni ili conoscerle.
Qui ndi , non sono propri o io il pri mo chabbi a avuto l i dea di spiegare
delti gerogli fici e dette favole con i pri nci pi i , le operazi oni ed il ri sul tal o
dell a Grande Opera, chi amata altres Pi etra Fi l osofale c Medicina Aurea.
1.C si vedono sparse in tutte le opere le qual i trattano di questa Arte mi ste
riosa. Menni Chi mi ci hanno anche compi l ato dei trattati adottando, in
precedenza, questo stesso mio punto di vista. Fabri di Castel nandari di ede
all e stampe i n questul ti mo secolo, un saggio sulle fati che d'rcol e, con il
titolo i n F, reo le Fi l ocl i imi eo Giacomo Tol l e vol le abbracci are tutta la
favola in un opuscol o i nti tol al o: k Fortui ta n, Non deve desi are meraviglia
se tanto ri mo quanto l al tro di questi due Autnri unii sietto ri usciti perfetti
nei l oto proponi mento. Parrebbe elio il pri mo abbi a letto i Filosofi Ermetici,
ma molto superfi ci al mente, per non essersi messo in condi zi one di ti rarne
una giudiziosa concordanza, penetrando nei loro veri pri nci pi ]. Il secondo
i ntestardi to nell a Chi mi ca volgare, sc attenuto strettamente a quanto scritto
da Basili o Val enti no, chegli certamente non capi va, poi ch lo spiega quasi
sempre alla l ettera, sebbene secondo (lino Rorr cchi o (Prosperi . Ci um,
cetehr.), Rasiliu Val enti no sa urto degli Autori Ermeti ci fra i pi difficili a
comprendere, tanto a cagione dell e alterazioni i ntrodotte nei suoi trattati ;
quanto per il velo mol to spesso con il qual e cela gli enigmi , gli equivoci e
le figure gerogli fiche dei quali detti suoi trattal i sono i nfarciti .
Michel e Maj er li a scri tto numerose opere su questa materi a, e se ne pu
vedere l enumerazi one tipi Catalogo degli Autori Chi mi ci , Mctal lurgi.-ti e
Filosofi Ermeti ci eiie lAbate Fenget dn Fresttoy ha i nserito nella sua tori o
della Fi losofia Ermeti ca, D'Espagnct, fra le tante opere del Maj er, teneva
in buona consi derazi one il suo trattal o degli Embl emi poi ch rappre
sentano con molta chiarezza agii occhi di coloro che vedono cil i are, tutto
quanto la Grande Opera ha di pi segreto e ili pi occulto. I o ho l etto con
attenzi one parecchi trattati di Michel e Maj er, e ne ho trovato si grande
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ai uto che quel l o avente per ti tol o: Arcana Arcanissima, mi servito qual e
canevacci o a questa mi a opera, al meno per quanto riflette la atta di stri bu
zione, tinto clic poi non ho sempre seguito le i dee d questo Autore. Quando
il Maj er non voleva o non poteva spi egare alcuni dati dell a favola, all ora
i mbrogl i ava i suoi ragi onamenti o forse perch ci teneva a mantenere quel
segreto tanto vi vamente raccomandato ai Fil osofi, o che temeva d'essere
i ndiscreto, oppure che a tal e discrezione vi fosse astretto.
I Filosofi Ermeti ci i qual i hanno i mpi egato le all egori e dell a favola,
ri escono per lo meno tanto oscuri quanto la favola stessa, e questo per coloro
i qual i non sono Adepti ; poi ch nei loro scri tti non l 'hanno chi ari ta se non
per quanto bastasse a farei capi re che i mi steri nascosti nell a favola non
costitui vano mi stero per essi, a Ri eordal evi bene di ci, dice I l asil io Val en
ti no nel suo Trattato del Vi tri ol o: l avorate in mani era che Pari de possa
di fendere la bell a e nobi l e El ena, i mpedi te che la citt di Troi a nm sia
nuovamente devastata dai Greci : fate in modo che Pri amo c Menelao non
siculi pi in guerra n in pena; Ettore ed Achi ll e si metteranno subi to dac
cordo, essi non combatteranno pi per il sangue real e, ma avranno all ora
tuia Monarchi a che l averanno aneli e in pace a l utti i l oro di scendenti n.
Questo Autore i ntrodusse anche l utti i pri nci pal i I lei dell a favola nel suo
Ti al tatn del l e dodi ci Chi avi . Rai mondo I .nllo parl a sovente del l Egitto e
i h'I l 'El i npi a. L imo infine i mpi ega una favola, l 'al tro un'al l ra, ma sempre
all egorica mente.
Tul l e le spiegazioni ch'i o dar, sono prese da questi Autori , o forniate
sui l oro testi e sui l oro ragi onamenti , e saranno tanto natural i che sar ben
fucile concl udere che la Vera Chi mi ca fu la sorgente dell e favole, le quali
ne racchi udono tul l i i pri nc pi ! e le operazi oni , e elle invano ci si torl ura
per spi egarl e l uci damente eon altri mezzi Non m'i l l ndn che ili questo tutti
ne convengami ; ormai i nvalso l 'uso ili spi egare le Anti chi t medi ante la
stnri a e la i noral e, questuso prevalso e s accredi tato tal mente elle il pre
gi udizi o fa consi derare qualsiasi al tra spi egazione qual e vaneggi amento. I j c
si consi deri no da quel punto di vista che si vorr, poco i mporta. I o scrivo
per rol nro che vorranno l eggermi , per quell i elle non potrndn uscire dal
l abi ri nto nel qual e si trovano i ngolfati, seguendo i si stemi qui poco innanzi
accennal i , bramano trovare qui mi filo d" Vrianna, elio certamente qui ri nver
ranno; per coloro i qual i versati nell a l ettura assi dua dei Filosofi Ermetici
sono in grado di meglio dare un giudizio sano c di si nteressato. Vi troveranno
tutto quanto atto a fissare le toro idee vaghe ed i ndetermi nate sull a materi a
dell a Grande Opera e sulla mani era di l avorarla. I n quanto a col oro quali ,
accecati dal pregi udi zi o o per biasimevoli ragioni , prestano agli Egizi, ai
Pi tagora, ai Pl atone, ai Socrate ed agli altri grandi uomi ni dell e idee tanto
assurde qual i quel l e dell a pl ural i t degli Dei, li prego sol tanto di conci l iare
con (pinato senti mento il concetto del l alta Saggezza clic si ri scontra in lutti
i l oro scri tti e che, a ragi one, agli stessi si riconosce. Li inviterei ad mia
l ettura da fare con maggi ore seri et e grande ri de pinne dell e opere di quegli
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Amori por ri nveni rvi ci elle pri ma non avessero notato. Mi guardo bene
daH'ambi zi one d'attenere il pl auso di coloro che i gnorano del tutto In Fi l o
sofa Ermeti ca. Costoro non potrebbero gi udi care questa mi a opera se non
come un cicco gi udica i colori.
DEI GEROGL I FI CI DEGL I EGI ZI ANI
(J i ioado te favole Egizie le si prendano all a l ettera e le si spi egano rife
rendole alla Di vi nit, ni ente ri sul ta di pi bi zzarro, di pi ri di col o c stra
vagante. Gli Archeol ogi hanno comunemente seguito questo sistema nell e
loro spiegazioni dei monumenti che ci restano. Ammetto rhe detti monu
menti sono spesso una mani festazione dell a supersti zi one la qual e preval se
itel popol o in un tempo posteri ore a quel l o nel qual e Ermete i mmagi n i
gerogli fici ; ma per svel are ci che questi custodiscono doscuro, bisogna ne
cessari amente ri sal i re all a l oro i stituzione, cd essere al corrente dell e i nten
zioni di coloro clic [inventarono. N l e i dee che il popol o vi attacc, e
neppure quell e che ne avevano anche gli Autori Greci c L ati ni , sebbene
sapi enti ssi mi in al tre branche, debbono gui darci in questi casi. Se essi hanno
avuto mul atto sol amente con il popol o, non hanno potuto avere a tale ri
guardo clic i dee vol gari . Bi sognerebbe possedere la rcrtezza chessi fossero
stati i niziati nei mi steri dOsiri de, I side, ecc., ed i struiti da quei Sacerdoti
ai quali l 'ml el l i genza di delti geroglifici era stata confidala. Ermete, nel suo
di al ogo con Asclepio, ri pete parecchi e volle che Do non pu essere rappre
sentato da ali-uria figura, che non gli si pu dare un nome, poi ch essendo
uni co non ha bisogno d'un nome distinti vo; che non ha movi mento poich
dappertutto, clic infilici risso il suo propri o pri nci pi o e padre di s stesso.
I n ri a non sussiste nemmeno lombra chegli abbi a preteso d rappresentarl o
eoa figure, n di farl o adorare sotto i nomi d'Osi ri dc. I side, ecc.
Parecchi Anti chi , poco al corrente dei veri senti menti d'Erni ete e dei
Sai crdol i suoi successori, hanno dato moti vo a queste i dee errate, di chi a
rando che gli Egizi di cevano dell a Divinit ci che invece effetti vamente
di rrvano dell a Natura. Ermete, vol endo i strui re i Sacerdoti da lui prescelti ,
itt-eguava toro elie vi erano due pri nci pi ! dell e cose, l 'uno buono e l altro
catti vo; e se noi presti amo fede a Pl utarco, tutta la R-l i gi one Egizia era
fondala -ii tal e convello. Mol li altri Autori hanno rnurl uso mi ne Pl utarco
lini -i usa beili- anal i zzare ed approfondi re se all e vol te questo concetto non
fos-c fondato su un emi ro del popol o, e se i Sacerdoti i ncaricati di struire
1 popol o la pensavano cosi dell a Divinit o dei pri nei pi i dei mi sti ; l uno
pri nci pi o di vi ta, l al tro di morte. Su detto parere di Pl utarco appoggiato
ila altri Autori , gli Archeol ogi hanno azzardato le spi egazioni ili parecchi
i iti ni 111iit-ii I di e il tempo el ha conservati, r le adottarono in mancanza di
al tre piu verosi mi l i. F." ben vero clic molti Archeologi posseggono sufficiente
i lLcnvii uu- per confessare di e in molti casi essi congetturanti , e di e alcuni
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inmiiii:r(iti non possono sni darsi se non (l'azzardo. \eM'opera del [). dr
Monl faticon : l 'Anl i chi t spiegala il pri mo monumento che si presenta (pag.
2 del T- i l i pag. !2T], iiii. Ilio) ne fornisce mi esempi o del si stema usal o:
questo Dolio ri avverte che uri corso della sua opera se no i nemi l rami altri
tirili] stesso genere. E ppmr in del l o momi mento imn v' nul la di difficile;
a comprendere, e ve n pochi di e rappresel i ti no le rose pi al muli nilo.
Chi unque un poto versalo nella Sci enza Ermeti ca, l 'avrebbe i i i mprrsn a
pri ma l i sta, e non avrebbe avuto bisogno di ri correre ad Edi po o ad una
congettura per damo la spiegazione. So ne gi udi cher ronfrnntai i dn la spi c
gaziniit: elio D. de Morii faueoii no ba data, roti quell a ch'i o dar. Questo
momimeiiLn, scrivo il nostro Autore, e una pi etra sepol cral e, olle si chiamava
Arn* r elle A. Heremui l ei us Hermes ha fallo per sua mogli e, per lui, per
suoi figli* e per la posterit. Questo i nouti menl n rera noi reni ni didT seri-
zinne il suo ri tratto mentre sacrifica ai Mani . Dal l 'al tro lato dell a pi etra vi
stinti duo serpenti ritti sul l a loro coda, e messi di farcia Etnici ronl ro l 'al tro,
uno dei quali tiene mi uovo in bocca, e che l 'al tro sembra volergli togli ere n.
Il Fabrcti , al qual e apparteneva questo monumento aveva vol uto spi egare
questo si mbol o, ina poi ch non soddisfaceva il D. de Monti amol i , quegli lo
spi cca noi seguenti termi ni : n Pri ma di esporre la mi a congettura su questo
monumento, bisogna tener presente che a Roma e nel l 'I tal i a si trovano ima
qnni il i t di queste testi moni anze deil e supersti zi oni degli Egiziani* e clic
fumi l o adul i ate dai Romani . Onesta e del numero: una i mmagino il signi-
fnilo dell a quale non ]iu essere so non si mboli co. Gli anti ohi Egi/.ii ri co
noscevano mi pri ltoi piu buono il quale aveva Fatto il inondo, ed sai In
espri mevano si mbol i camente con un serpente clic tiene un novo in bocca,
o quest'uovo .significava il mondo creato. Onesto serpente, dunque, clic tiene
l 'uovo in borea star a rappresentare il pri nci pi o buono clic ha creato il
mondo e che lo sosti ene. Ma poi ch gli Egizi ammettevano due principi! :
Purm buono e l 'al tro cattivo, bi sogner dedurre elle l 'al tro serpe drizzato
sull a propri a coda ed opposto al pri mo, sar l 'i mmagi ne de! cattivo pri n
cipio clic vuol portar via il mondo alEal tro ,
Per mettere in grado il L ettore di gi udicare se la mia spi egazione sar
piu natural e di quell a del Montfaueon, d qui mia descri zione di delta
pretesa pi etra sepol crale. I due serpenti sono dri zzati sulla loro coda piegata
in cerchio, l 'i mo tiene Fi l avo fra i suoi denti , l 'al tro tiene la testa poggiata
nl di 'ti pra di quell a del pri mo, con la bocca mi poro aperta quasi volesse
morderl o e I ngl iergli l uovo. Tutti due hanno una eresia quasi quadral a.
Sul l 'al tro lato drl l a pi etra v la figura di un uomo in pi edi , con lutigli abito,
culi I r mani che ri svol tate sino al gomito, ed ha il bracci o dentro disteso rii e
reca in inano una specie di cerchio nel centro del qual e si vede (in al tro
piccol o cerchi etto, od un punto. Con la si ni stra mano solleva la sua veste
tenendol i) appoggial a sul l 'anca. I ntorno a questa figura sono scolpil e le *c-
guenti parol e: A . iorcnnuleiu* Hermes f e r ii coni tipi bene inerenti Jutitic
L. F. /.niinHe st7ir et suis poster eor n.
\*m necessario ri correre alla Reli gione ti rali Egi zi ani per spiegare
questo monumento. I due pri nci pi ! che Sacerdoti Egizi ammettevano, deb*
borni i ntendersi per i due pri nci pi , il buono ed il cattivo dell a Natura, e che
si trovano sempre mescolati nei misti poi ch concorrono alla composizione
degli stessi; cd perci ch'ersi dicevano che Osiri de e Ti fone erano fratelli ,
e che questul ti mo faceva sempre guerra al pri mo, Osiri de era il pri nci pi o
buono o l 'umore radi cal e, la base del misto c la parte pura ed omogenea;
Tifone era il pri nci pi o cattivo o le parti eterogenee, acci dental i , e quel
pri nci pi o di di struzi one e di morte mentre Osiri de lo era di vita e di
conservazione,
I due serpenti di questo monumento rappresentano i nvero due pri nri pi i ,
per i due pri nci pi ! che In Natura i mpi ega nell a produzi one degli i ndivi dui ,
e per anal og a vengono chi amati l 'uno maschi o c l 'al tro femmi na, simili in
ci ni due serpenti attorci gl i ati i ntorno al caduceo di Mercuri o, l uno maschio
e l 'al tro femmi na e che sono anche rappresental i ri volti l uno contro l alI r,
e I ra le due loro teste hawi una specie di globo alato che sembra vogliano
mordere. Le creste quadrate dei due serpi del monumento del quale par
l iamo, ai no un si mbolo degli cl ementi donde sono formati il macrocosmo ed
il microcosmo, e l uovo simboleggia il ri sul tato dri runi one di questi due
pri nci pi ! dell a Natura. Ma dato che nell a composizi one dei misti vi sono
pri nri pi i puri ed omogenei uni ti a pri nci pi ! i mpuri ed eterogenei , si verifica
mia specie d'i ni mi ci zi a tra di essi ; Lini puro tende sempre a vol er corrompere
il puro ed questa tendenza che la si vede espressa dal serpente che pare
vol er togli ere l uovo a quell o che ne in possesso. La di struzi one degli i ndi
vidui il ri sul tato di questa mutua lotta.
Ecco ci clic si pu dirti come spiegazione sulle general i di questa parte
del detto monumento. Ma il suo Artefice aveva senza dubbi o un concetto
meno sulle generali , anzi certo che voleva significare qual che cosa di par
ticolare. Cerchi amo, qui ndi , di raggruppare tutti gli el ementi si mboli ci del
monumento, e dai rapporti intercedenti tra di essi putrente) dedurne la i nten
zione parti col are.
Quegli che fece fare questo monumento si chi amava Herrcnul ei us Her
mes, od indossa una l unga veste come quell a dei Filosofi, ci clic molte in
grande evidenza con questo Herrcnul ei us era uno di quei Saggi iniziali nei
misteri Ermeti ci (ci rl tV ben designato dal suo soprannome d Frui rl e),
i qual i , come dissi i nnanzi , essendo istruiti di detti mi steri prendevano il
nome d'Adri s o Ermete. Egli tiene nella mano destra una specie di cerchi o,
che il Montfaucon ha scambi ato, senza dubbi o, per min patera o lazza, ed
in conseguenza di questo errore ha giudicato che Errenul ei us stava sacrifi
cando ai Mani. Detto cerchi o non una patera, ma la figura simboli ca
del l 'oro o del Sale terrestre od ermeti co, che anche i Chi mi ci volgari rappre
sentano ancora oggi in questa mani era. E a questa faccia del monumento
che bisogna ri portare in parti col are il geroglifico dei due serpenti r. del-
Tuovci rbe si trovano sull a faccia opposta, per farne mi tutto il ri sul tato del
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qual e consi ste i n questoro Filosofico che mostra Herremi l ei us. Ecco la spi e
gazione parti col are di questo monumento,
I dite serpenti sono i due pri nci pi i del l 'Arte Sacerdotal e od Ermeti ca,
l uno maschi o o fuoco, terra fissa e zolfo; l 'al tro femmi na, acqua vol ati le c
mercuri al e, i qual i entrambi concorrono alla formazi one e generazi one dell a
Pi etra Ermeti ca, che i Filosofi chi amano uovo e pi ccolo mondo, il qual e
composto dai quattro el ementi rappresentati dall e due creste quadrate, ma
dei qual i due sol tanto sono visitili! : la terra e lacqua. Si pu cos spiegare
l uovo del vaso, nel qual e l uovo si forma, medi ante la l otta del fisso e del
vol ati le, i qual i i nfine suni scono l un l 'al tro e formano un tutto fisso, chi a
mato Oro Fil osofico o Sole Ermeti co. E' propri o questo Oro che F.rrenuleius
mostra al lo spettatore qual e ri sul tato dell a sua Arte, i l pi gran numero dei
Fil osofi i quali hanno trattato di questa Scienza, hanno rappresentato i suoi
due pri nc pi ! sotto il si mbol o dei due serpenti . Si troveranno numerose prove
i n questa opera. L iscrizione di questo monumento cinsegna solo che Erre*
nul ci us ha fatto quest'oro qual e sorgente di sal ute e di ricchezze per se, per
la sua sposa che egli amava teucramente, per i suoi figli e per la sua posterit.
Ho ri portato questo esempi o per far vedere come sia faci le spi egare t
gerogli fici di al cuni monumenti Egizi, Greci, ecc., le quante vol te si ri porti no
all a Fi losofia Ermeti ca, poi ch senza i l umi dell a stessa essi permangono
i nintell i gibi l i ed i nspi egabi li . Non pretendo per affermare clic solo cosi si
possano spi egarl i tutti . I*er quanto la Filosofia Ermeti ca sta stato la sorgente,
la baso ed il fondamento dei geroglifici, pure bi sogna riconoscere chessa non
stata l 'oggetto di tutti i monumenti geroglifici clic ci restano. La maggi or
parte sono storici, o rappresentano alcuni tratti dell a favola spesso adattata
all a fantasi a ili colui che li ordi nava al l Arti sta, oppure a quell a dell o stesso
Arti sta, i qual i non essendo inizi al i ai mi steri degli Egizi!, dei Greci , dei
Fontani ecc., conservavano sol amente il fondo, secondo le l oro al terate e non
chi are conoscenze che ne avevano, mentre per il resto seguivano il propri o
gusto c la propri a i mmagi nazi one.
a . Pictoribus ntqur Poelis
Quidtibel tmdrmdi sem/ter fui! atiqttn polestas .
(Orazi o, Arte Poetica)
E Ci cerone, nel suo Trattato: ir de Natura Dcoriim di ce clic gli Dei ci
presentano le figure che l oro di edero i Pi ttori e gli Scul tori .
Ci ri mangono monumenti geroglifici dogui specie* ma quell i Egiziani,
ordi nari amente hanno per argomento fondamental e Osiri de, laide. Oro e
Tifone, con alcuni tratti dell a l oro storia favolosa. Di detti monumenti alcuni
sono alteral i perch eseguiti da Artisti i gnoranti , altri conservano la pri mi
tiva purezza inventi va dato che furono eseguiti o gui dati dai Filosofi o da
persone bene i strui te, ed anche presentemente abbi amo molti esempi di
questo genere. I nfatti , unu Scul tore plasma un gruppo di statue, ed un Pit-
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I ure di pi nge un quadro c l unlo ri mo elle tal l ro bu di un determi nato sog
getto: ina dato eh'essi figurano detto soggrlto i n mani era da farl o ri conoscere
a pri ma vi sta, qui ndi I taliano alla foggia del vestito, ed a tutto quanto
necessario per le figure c per l azi one; ora, quanti Arti sti vi sono i qual i vi
aggiungono dell e figure i nuti l i , n per di rl a nel gergo del l 'Arte: figure da
affittare n? E quanti al tri vi aggiungono degli ornamenti arl ti l rari , fantasi e:
conchi gl ie, fiori, tal vol ta degli ani mal i , de.lte rocce eco. Se anche gli Artisti
i struiti radono tal vol ta in questi difetti, che devesi pensare degli i gnoranti
i quali sovente non vantano neppure una buona mano n una fervi da i mma
gi nati va? E foll a i ntestardi rsi di voler spi egare tutte le loro produzi oni . Ma
vi sono da fare meno di ssertazioni piene di ri eerchc e d'erudi zi one sulle
i nezie e sulle cose di nessun interesse che si ri scontrano in molti luonti-
im-uti anti chi ?
Ormai stabi l i to che i gerogli fici ebbero ori gi ne i n Egi tto, e l 'opi ni one
pi diffusa ne consi dera Ermete quale i nventore, bench i pi anti chi Scri t
tori dell a stori a dEgitto nul la ci dicono dassnl ul amrnl e certo sul l ori gine
ilei caratteri del l a scri ttura e dell e scienze. Anche sui pri mi Re del mondo
non si trova nul l a di positivo e che non sia suscetti bi l e di contraddi zi one.
Alcuni Autori sono stati abbastanza poco assennal i per di re che i pri mi
uomini sono sorti ti dal l a terra come funghi , al tri hanno i mmagi nato che
gli unni ini erano stali formati in Egitto, natural mente congetturandol i come
sortiti dall a terra, nell o stesso modo come i topi che si vedono sorti re nu
merosi dall e spaccature del limo del Nilo dopo che il Sol e ne ha disseccata
l 'umi di t. Dtnduro Si culo, dopo aver percorso la maggi or parte del l 'Europa.
del l Asia e del l 'Egi tto, confessa di non aver potuto scopri re nul l a di certo
sui pri mi Re di l utti i detti paesi. Ci clic ci resta ili pi accertal o sono t
geroglifici Egizi per quanto ri guarda la scri ttura, ma per quanto concerne
i l oro He, non possedi amo che dell e favole. I .o stesso Di odoro Si culo riferisce
che i pri mi uomi ni hanno adorato il Sole e la Euna qual i Dei eterni , e che
hanno chi amato il Sol e: Osi ri de, e la l ama: I si de, ci che si adatta perfet
tamente alle i dee che si hanno del popolo dEgi tto, l cr noi che abbi amo
appreso con maggi ore certezza dal l a Santa Scri ttura qi tal ' luni co vero Di o
di tul l i gli al tri Dei , qual fu il pri mo uomo e la terra che abi t, commi
scri amo lo vani t degli Egizi ani che li spingeva a far ri sal i re la loro anti chi t,
c la genealogia dei l oro Re si no al di l di venti mi l a anni .
Non questo il concetto clic accettavano i Sapi enti d'Egi tto, poich
conoscevano moll o bene che non v se non un Di o uni co. Del resto, come
avrebbero potuto accordare l 'eterni t dDsiri de c d'I si dc enn la paterni t
di Saturno e di Vul cano, dei qual i , secondo l oro, Osi ri de rii I si de erano
figli? Questo prova evi dentemente che Di odoro era i strui to del l e sole idee
del volgo. Gli Egizi i ntendevano ben altro per questo figlio di Saturno; pos
sedi amo i nntmi rrrvol i i ndicazi oni che ci danno la di mostrazi one che in Egitto
si coltivava la scienza dell a Natura, che la Filosofia Ermeti ca vi era nul a c
prati cal a dal Sacerdozi o e dai pi anti chi Re. e non sussste ori nai alcun
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dubbi o che per comuni carl a ai Saggi loro successori, al t'i nsaputa del popolo,
abbi ano i nventali i geroglifici ri cavandol i dall e osservazioni fall e sugli ani
mal i ed anche sugli uomi ni , ecc., e che infine per spi egare ci di e signifi
cavano questi caratteri , i mmagi narono all egori e e favole, assunte da persone
fittizie e da pretese azioni dell e dette persone.
Parl eremo pi a l ungo di questi geroglifici nel prosi eguo di quest opera.
DEGL I DEI DEU/EGI TT O
Non da dubi tare che la pl ural i t degli Dei non sia stata ammessa dal
popol o dEgi l l o. T pi anti chi Stori ci ci assi curano di e anche i Greci e le
altre Nazi oni avevano adottato gli Dei degli Egizi, ma sotto di fferenti noini.
Erodoto annoverava dodici pri nci pal i Dei che i Greci avevano preso dagli
Egi ziani con gli stessi nomi, ed aggiunge di e questi ul ti mi popol i elevarono
i pri mi altari e templ i agli Dei . Ma non e mcn rerl o che per quanto fosse*
superstiziosa questa Nazi one, non si ri scontri no evi denti tracce dell a vera
Reli gi one. Una parte anche i mportante del l 'Egi tto, e cio la Tebai de, dice
Pl utarco, non conosceva affatto un Dio mortal e, brusi un Di o senza comi n-
ciamento ed i mmortal e che nell a lingua del paese si chiamava Cneph. e se
condo Strabono : Knupiis, Ci clic abbi amo ri portato di Ermete, di Giam-
blico ecc., prova ancora pi chi aramente che i misteri dedi Egizi non ave
vano punto per oggetto gli Dei come Dio, ed il l oro culto come culto della
Divi nit.
I si de rd Osiride sui quali si n perni a quasi l otta la Teologia Egizia erano,
sommando il parere dei diversi Autori , tutti gli Dei del paganesi mo. I si de,
secondo essi, era Cerere, Gi unone, la L una, la Terra, Mi nerva, Proserpi na,
Tel i , la madre degli Dei o Ci bel e, Venere. Di ana. Bell ona, Ecate, Raimui si a,
e !a stessa Natura: in una parol a, tutte le Dee. Ci ha dato moti vo a chi a
marl a rcMi ri oni ma r o la Dea dai mil le nomi . Nello stesso modo clic I side
la si prendeva per tutte le Dee, anche Osiri de lo si prendeva per tutti gli
Dei : alcuni dicono che Osiri de era Bacco, altri lo consi derano quale lo stesso
Serapi de, il Sol e. Pl utone. Gi ove, i nmone. Pane: altri ancora fanno tTO-
si ri de; Atti , Adone, Api , Ti tano, Apoll o, Febo, Mi tra, l Orrann, ere.
Le errate i ni erpetrazi oni dei geroglifici i nventati dai Filosofi e dai Sacci
doti, hanno dato luogo a questa mol ti tudi ne di Dei che Esiodo fa salire a
trentami l a. Trl megi sto, Gi ambl i co. Psetlo e mol l i altri , non ne hanno deter
mi nal o il numero, ma hanno detto che i cieli. Pari a e la terra ne erario
ri empi ti . Massimo rii Ti ro, parl audn iTOmcro, diceva che questo Poeta non
conosceva alcun angolo dell a terra che non avesse il pu Dio. La maggi or
parte dei Pagani ri tenevano anche di e la Di vi nit avesse i due sessi, e la
chi amavano Ermafrodi ta, ci che ha fatto di re a Val eri o Sorano:
a J u p it e r omnipotcns, Tfcgum, rcrumquc Deumque
Proppnitor, genitrxqite Deuin, Deus mws et omnia .
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I na tale confusi one tanto nei nomi che I ra gli stessi Dei , deve i ndurci a
ri tenere che quell i che li inventarono, non potevano avere i n vista se non
la Natura, te sue operazi oni e produzioni . E poi ch la Grande Opera uno
dei suoi pi mi rabi l i effetti , i pri mi che ne la scopri rono, consi derando la
sua materi a, la sua forma, i diversi mutamenti che sopravvengono durante
le operazi oni , i suoi sorprendenti effetti ; e che in tutto questo essa parte
cipava in qual che modo con le parti pri nci pal i del l 'Uni verso (come dice
Maj cr i n Arcana Arcaniss.) qual i il Sol e, la L una, le stell e, il fuoco, laria,
la terra e l 'acqua, ne presero motivo di darl e l utti questi nomi. Tutto ci
che si forma nell a Natura si compi e medi ante l azi one d due: l uno agente,
e l 'ni l ra pazi ente e che sono in analogia con il maschi o e In femmi na fra gli
ani mal i : il pri mo cal do, Becco, i gneo; In seconda fredda ed umi da. I Sacer
doti Egi ziani personi ficarono la materi a dell a l oro Arte Sacerdotal e, e chi a
marono Osi ri de, o fuoco occulto, il pri nci pi o atti vo che fa le funzioni di
maschi o, ed I -idc il pri nci pi o passivo che tien luogo di femmi na. Desi gna
rono l 'i mo eun il Sole a ragi one del pri nci pi o di cal ore e d! vita che questo
astro' di ffonde in tutta la Natura; e l al tro con la L una che la consi deravano
d natura fredda ed umil ia. Il fisso ed il vol ati le, il cal do e lumi do essendo
le parl i costitutive dei misti , con alcnne parti eterogenee che vi si trovano
sempre mischi ate e che sotto la causa dell a di struzi one degli i ndivi dui , essi vi
aggiunsero un terzo al qual e di edero il nome di Tifone, o cattivo pri nci pi o.
Mercuri o venne dato qual e consigli ere ad Osiri de ed a I si de, per soccorrerli
cu il ir le i mprese di Tifone, poi ch Mercuri o come il l egame ed il medi o
che riunisce il cal do ed il freddo, lumi do ed il secco; esso come il nodo
per mezzo del qual e si trovano uniti il sottil e e lo spesso, il puro c l i mpuro;
c che infine non si compi e punto una congiunzi one del Sole con la L una senza
rhe Mercuri o, vi ci no del Sole, vi sia presente. Osiri de ed I si de vennero
dunque consi derali come lo sposo e la sposa, il fratell o e la sorel la, figli di
Saturno, serondo gli uni , figli del Cicl o secondo al tri ; e Ti fone era ri tenuto
per l oro fratell o uteri no sol tanto, poich il l egamento dell e parli omogenee,
i nal terabi l i e radi cal i con le parti eterogenee, i mpure cd accidental i dei
misti , si compi e nell a stessa matri ce o nel l e vsceri dell a terra. Tutte le
cattive qual i t che si attri bui scono a Ti fone, ci scoprono perfctl amrute ci
che si proponevano di farci i ntendere medi ante il suo simbolo.
Questi quattro personaggi : Osiride, I side, Mercuri o e Ti fone, erano i
pri nci pal i cd i pi I mportanti presso gli Egiziani, e mentre i pri mi tre erano
consi derati quali Dei, Ti fone era sempl i cemente ri tenuto qual e sp ri to ma
li gno: ma bette inteso quali Dei deli a stessa natura d quell i dei qual i parl a
Krmetc ad Asclepio, vale a di re di quegli Dei fabbri cati arti sl tcamenl e dall a
matto clelliintuo. A questi quattro vaggiunsero Vul cano, i nventore del fuoco,
che Di ndoni fa [ladre di Saturno, dato clic il fuoco Filusofico c assol utamente
necessario nel l 'Opera Ermeti ca. Vi associarono anrhe Pal l ade, o la saggezza,
la prudenza e la destrezza nell a condotta del regime per le operazi oni . L D-
erano padre degli Dei, e Tel i loro madre vennero in seguito con 1 Ni l o,
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val e a di re l 'acqua, ad infine la Terra madre dogni cosa, poi ch, secondo
Orfeo, la terra c fornisce le ri cchezze. Furono infine ammessi : Saturno,
Giove, Venere, Apollo con altri Dei, cd Oro qual e figlio dI hi ri de c Fluide.
Non le cose sol tanto, ina Iir loro virili e propri et Fisiche di ventarono
degli Dei nello spi ri to del popol o, man mano che si procurava di di mo
strargli l 'eccel l enza. 5. Agosti no (de civ t. Dei, 4), L attanzi o, Eusebio e
molti altri Autori Cri stiani c Pagani c lo di cono in diverse occasioni; Ci
cerone (1. 2 de Nat. Deor.), Dionigi d'lScarnasse (l. 2 Anti q. Hom.) pensano
che la mol ti tudi ne degli Dei ilei Paganesimo trova la alla ori gi ne nel l e osser
vazi oni fatte dai Sapi enti sulle propri et del Ci el o, le essenze degli El ementi ,
le influenze degli Astri , le vi rt dei misti , reo. Essi supposero che non vi
fosse una pi anta, un ani mal e, un metal l o od i ma specificata pi etra sulla
terra che non avesse la sua Bi el l a, o il suo genio domi nante.
Oltre gli Dei chi? i nnanzi abbi amo dello e clic Ermi ni o chi ama i Grandi
Dei e che gli Egi ziani consi deravano quali Dei Celesti , secondo Di odoro:
a Essi avevano anche, scrive questo Autore, dei Genti, I quali furono uomi ni ,
ma che durante la loro vita eccelsero iti Saggezza e si rese ni raccomandabi l i
per i loro benefizi a favore del l 'umani t. Di cono che alcuni di essi furono
loro Re, e si chi amavano come gli Dei cel esti ; altri avevano nomi propri ,
LI Sol e, Saturno, lca, Giove chi amato Ani mone, Gi unone, Vul cano, Vesta
cd infine Mercuri o. 11 pri mo si chiamava Sole si mi l mente al l 'astro che
s'i l l umi na; ma parecchi loro Sacerdoti sostenevano clic fofte Vulcano l 'i n
ventore del fuoco, if che questa invenzione aveva i mpegnal o gli Eisizi a
farlu loro Ke. Lo stesso Autore aggiunge che dopo Vul cano regno Saturno
il (piale spos sua sorel l a Kea; che questi fu padre D'Osi ri dn, d'i ri de, di
Giove e di Gi unone; che questi due ul ti mi ottennero F itti pero del Mondo
per lu loro prudenza e per il loro valute.
Giove o Gi unone, prestando fede a Pl utarco, generarono cinque Dei
secondo i ci nque giorni i ntercal ari degli Egizi ani , e cio: Osiri de, I si de,
Tifone, Apol l o, e Venere. Osiri de fu soprannomi nato Dioniso, ed I si de:
Cerere. Quasi tul l i gli Autori convengono eh Osi ri de era fratell o c mari to
dI side. cos come Giove era fruiclla e mari to di Gi unone; ma Lattanzio e
Mi mmo Fel ice di cono nhe questo era figlio d"lai de, mentre Eusebio lo ilice
suo mari to, fratell o e figlio.
Se resta diflicitr conci l i are tutte queste qual i t e l utti questi titoli in una
stessa perdona, non c meno diffcile poter spi egare come, secondo gli Egi
ziani. Osiri de ed I side contrassero matri moni o nel veni re dell a loro madre,
e che I side ne venne fuori gravida <T Arucri , o l 'anti co Oro, ch consi derato
qual loro figlio. I n qual unque mani era la si possa i nterp tel are questa fin
zione, la stessa appari r sempre stravagante a chi unque unti la consi derer
con lumi dei Mi tologici, e quell i che vorranno spi egarl a stori camente,
polii i mmenl e o moral mente cu usi ate ranno di e la stessa non si conviene a
nessuno di questi si stemi , mentre quell o dell a Filosofa Ermeti ca la svi l uppa
molto chi aramente, cos come in seguito vedremo.
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Uli E pi i uni , srcantit la slessn Plutarco, raccontavano molte nltrr I one
che mantelle vano Iti tiSMt Ini cf*os-<riirit e di pueril i t; che Rea dopo aver
conosciuto nascosta niente Saturno, in seguita ebbe a che fare con il Sole,
indi con Mercurio, e che niisc .il mondo f bi ri dr. al momento dulia nascita
del qualr ^ud mia voce che di ue: - E' nato il Signore dogni ropa. * [/i n
domani nacque A mer, n Apollo od Oro il vecchio. Il terzo giorno Tifone il
ijUdlc non venne al mondo per li* ve ordi nari e, ma da una rottol a, di *ua
madri*, -frappata con violenza.
-ide apparve per la quarta e Nefle fu la qui nta.
( i errl i nr ^in di l ol l e pie-lr favole. Erodoto ri apprende ch'i oi de ed
ddri i l r erano zi Dei pi i i -pci tahi l del l 'Egi tto. e ch'era no (moral i in l utto
il parse, mentre mol ti al i l i non lo erano se non nei Nomi o parti col ari ci r
coscri zioni. Ci clic crea maggi ore imbarazzo ed oscuri t rl l a l oro Mori a, si
rl i r in tempi posteri ori a quell i nei quali questi Dei vennero i mmagi nati ,
dei Dotti, poro sl mi l i dell e intenzioni e dell e i dee di Mercuri o T ri mpel l o,
roti filer r<u io tali I lei come persone che una volta avevano i nvernato l 'E-
ai l l u con molta saggezza e prudenza, e per al cuni : piali Esseri i mmortal i
per la I oni Natura, qual i rivevan fondalo il mondo, ed ordi nata Li materi a
nell a forma di e conserva ancora oggi.
Questa di versit di jinreri fece perder ili vista foggel l di e aveva avuto
l 'i meni ore di del i e finzioni le quali daltrondjg le aveva tal mente sepol te
nel li' erri l a e nell e trnehre dei geroglifici, ch'erano ormai inintell i gibi l i
ed i mpi egabi l i nel loro vero li gnificato, c questo lo era per tul l i , meno di e
solo per quei Sacerdoti rhV rano i eenfi denti del snrrto del l ' Arte Sacerdo*
tale. Per quanto il popol o -ia credul a,puri? bisogna prospettargl i le cose in
mani era verosi mi l e; si trattava, qui ndi , a tale scopo d fabbri rare una stori a
concatenal a: e lo i fere; e ri o di r vi si i nsi nu di poro conforme a quanto
rnmunemrnk si verifi ca nell a Natura, costitu per il popol o un moti vo
*lani mi razione.
Quel l a stori a mitfrri ci sa, n per meglio di re questa fi nzi one, di vent. in
Pi l l i l o, il fondamento dell a Teologia Egiziana, la qual e la si trovava nascosta
sotto si mboli di queste lue Di vi ni l i , mentre i Filosofi rd i Sacerdoti ne
scorgevano piu grandi segreti dell a Natura. Per gli i gnoranti . 0?iri (l c era
il Sole o l 'Astro del gi orno, ed I i ddr: la L una; ma ) Sacerdoti li coxuidera-
vann quali due pri nci pi ] dell a Natura e i l el l 'Artr Ermeti ca; c le eti mologi e
dei nomi di queste due Dei t, concorrono a trarci in i nganno.
Alcuni, romc Pl utarco, pretendono di e Osiri de ignifrui Stufi ssi mo; altri
con Di odoro, Orapol l o, Eusrbi o, Marrubi o di cono che vagli a si gni ficare;
chi hn molli acrili: rttlui che veilr chiaro, e qui ndi Osi riile lo prendeva
per il Soli1, Ma i fi losofi vedevano m*l nome di quel l o Dio, il Sole terrestre,
il fuoco ascoso dell a Natura, il pri nci pi o igneo, fisso e radi cal e che tutto
ani ma. *fii r, per il vtd^me era IMnfiVii o la i .umi j ma per i Sacerdoti sim-
l udrggiava la estui Natura. tl princi pici materi al e e pati vo ili ogni rosa.
Ed perci di i 1 .Apu1.*iii fa parl are nei seguenti termi ni questa Dea: lo
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sono la Natura, madre ili tutta le cose, padrona degli El ementi , il eomincin-
mento dei secoli, la Sovrana degli Dei, la Regimi dei Mani , ece. Ma Ero
doto c'i nsegna che gli Egizi prendevano I si de anche por Cerere, e credevano
che Apol l o r Diana fossero suoi figli; ed aggiunge altres che Apoll o ed Oro,
Diana o Bollaste e Cerere non sono affatto di fiere riti dn I si de; ci che prova
che il segreto Sacerdotal e aveva in parli- trapel ato nel pillili licci, poich
mal grado ogni contraddi zi one apparente, tul i o ci si nota effetti vamente
nel 1*0pera Ermeti ca, ove la madre, il figlio, il fratell o e la sorella, lo sposo
e la posa sono ri uni ti nello stesso soggetto. Cos i Saccrdol i avevano i nven
tato l Arte di velare i loro misteri , sia rappresentando Osiri de conte un uomo
mortal e e del qual e ne raccontavano la sl una, sa di cendo che fosse non un
nomo mortal e, ma un astro elle colmava l utto l 'Uni verso, e l 'Egi ttn in par
ticolare. di tanti benefizi , medi ante la fecondi t e l ahhondanza ribresso pro
cura. Erano aili anche nel deviare (piriti clic supponendo qualcosa d mi ste
rioso cercavano di strui rsene e di penetrarvi . Dato che i pri nci pi i teori ci e
prati ci del l' Arte Sa rcrdotal e cui Ermetica potevano appl i carsi alla conoscenza
general e dell a Natura r dell e sue produzi oni , che quc^t'Arte si propone
qual e model l o. esri davano a questa gente curiosa l i di e lezioni di Fisi ca; e
mol ti Filosofi Greci atti nsero la loro Filosofia dn questa specie d'i struzi one.
STORI A D'OSI RI DE
Osiri de ed I ri de di ventati sposi msero ogni loro cura ne! procurare la
feli cita ai propri suddi ti . Dato che vivevano in una perfetta uni one, lavo
ravano di concerto, e ri occuparono ad i ngenti li re il loro popol o, nd inse
gnargli 1agri col tura, a dare le leggi cd a fargl i apprendere le arti necessarie
alla vita. I nsegnarono, fra l altro. Fuso degli utensil i e la meccani ca. la fab
bri cazi one dell e armi , la eol i hazi oni : dell a l i te r del Fnl i i o. i caratteri dell a
scri ttura dell a quale Mercuri o od Ermete o Thot ne li aveva istruiti, I si de
edific in nuore ilei propri geni tori Gi rne e Gi unone mi Tempi a cel ebre per
la sua turili1 c per la >iin magnifirenzn. Ne fece col mi re altri due piccoli
doro, uno in onore di Gi ove Celcs-tr e l 'al tro ch'era il piu piccolo, in onore
di Giovi* il terreMre, n de] Re suo padre, c che alcuni hanno chi amal o Am
moni'. Vul cano era abbastanza commendevol e per essere di menti cal o: ed
cldie perci anche lui il suo Tempi o superbo: ed ogni Dio. conti nua a ri fe
rirei Di odoru, ebbe il propri o 'lempi o, il propri o culto, il no Sacerdozio, i
propri sacrifizi. I side ed Ori ni l e htal i irono miche i propri suddi ti dell a ve
nerazione clic dovevano serbare per gli Dei, c dell a sti ma ehe dovevano
ivi1re per rol l i ni elio nvcii i uo i nventate le arti , o che I r avevano perfezionate.
Si ^iih-rn nella Tchai de operai di ogni specie di metall i , gli uni forgiavano
le armi per la cacea alle bestie, gli strumenti e gli utensil i adatti per la
coll razi one delle terre, e per le altre arti : degli Ora fi fabbri carono dei pi c
coli Templ i doro, e i i coll ocarono le stall ie degli Dei fatti rlcllo stesso mc-
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tallo. Gli Egizi pretendono andu1, aggiunge it nostro Autore, che Osiri de
onor ed ador parti col armente Ermete, qual e i nventore di moll e rose util i
nell a vita. E sui affermano elio fu Ermete elle per il pri mo mostr agli uomini
la mani era di tendere per iscritto i propri pensi eri , e di ri ordi nare cos te
propri e espressi oni onde ottenere un discorso concatenato, Ermete il lede i
nomi conveni enti a mol te cose, ed istitu le ceri moni e che si debbono os
servare nel culto di ogni Dio, Osserv, i nol tre, il corso degli astri, i nvent la
musi ca, i di fferenti eserci zi del corpo, l ari tmeti ca, la medi ci na, l arte dei
metal l i , la lira dall e tre corde; regol t tre toni dell a voce: l acuto preso
dal l Estate, il grave preso dai ri uverno, ed il medi o dall a Pri mavera. I nse
gn ai Greci la mani era di nterpretare le parti te, floride gli di edero il nome
dErmcl e che signi fica interprete. Dol retto, tull i quell i che sin dal tempo
dOsiri de fecero uso (lei caratteri sacri, rappresero da Mercuri o.
Osiri de avendo cos disposto tulli con saggezza, facendo fiorenti i tuoi
stati , concep il progetto rii rendere tutto ri J ni verMi parteci pe dello stessa
felicit. A tale scopo ri un una grande annata, unti per conqui stare it mondo
con la forza fi olle armi sebbene ini piega min la benevol enza e l 'umani t,
convinto di e civi l izzando gli uomi ni rd i nsegnando l oro In coltivazione tirila
terra, (impi ego degli ani mal i domesti ci, e tanti* altre case util i , ne avrebbe
ri meri tato mia gloria eterna.
Pri ma di parti re per la sua spedi zi one, regol tuli o nel propri o bearne.
Concesse la Eeggenzn ad I si de, e le mise a l ato qual e consi gli ere Mercuri o,
uni tamente ad Ercol e chegli costitu I ntendente dell e Provi nci e, Divise i ndi
il m o Reame in diversi governatorati . L a Feni ci a e le coste mari tti me rad*
dero in sorte a Bi ui ri r e: In Tibi a, l Eti opi a e qual che paese circonvici no ad
Anteo. I ndi parti c fu tanto fortunato nell a un spedi zi one che tutti paesi
nei quali and si sottomi sero alta suo autori t.
Osiride condusse seco suo fratell o clic i Greci chi amano Apollo, l 'i nven
tore del l all oro. Anobi c Macedone, figli dOsi ri de, ma di un valore ben di
verso, segui rono il toro padre; il pri mo recava un rane per insegna, laltro
un lupo. Da ci gli Egizi ani presero l'occasione per rappresentare lTnno con
una testa di rane, e l altro con una testa di l upo: e i Pavcrr mol to ri spetto e
venerazi one per questi ani mal i . Osiride si fece accompagnare anche ria Pane,
in onore del qual e gli Egizi edificarono in seguito una citt nell a Tehai de,
I la qual e di rdero il nome di Chcmnm o Citt rlei pi ne. Marouc c Tripto*
leruo fecero anel lo parte del segui to d'Osi ri de; l uno per insegnare ai popol i
la coltivazione dell a vite, l altro quell a del grano.
Osiri de dunque parti , e si ha cura di far ri saltare chegli ni antenne unat
tenzi one parti col are per il governo dell a propri a chi oma, si no al suo ritortili.
Prese il suo cammi no per l Eti opi a ove i ncontr dei Sati ri i capel l i dei qual i
scendevano loro sino Ha ci ntol a.. Poich gli pi aceva multo tanto In musica
che la danza, condusse seco un buon numero di tnustei , c si di sti nguaano in
parti col are nove gi ovaucttc sotto In direzione dApol l o, le quali i Greci chi a
mano le nove Muse, e di cevano elle Apollo nc era stato il loro maestro, c
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perci di edero a questo Dio ti nome, di nniHico, e d'i nventore deil a
musi ca.
I n quel tempo* ri feri scono gii Autori , il Ni l o al l a nascita del Fane-Sirio*
vale a di re, ni pri nci pi o dell a canicola, inond la maggi or parte ddFEpi l to,
ed in parti col are quel l a all a qual e presi edeva Prometeo. Questo saggio f*o-
vernntore spi nto dal dotare alla vi sta dell a desol azione del paese e dei situi
abitanti * per la di sperazi one voleva togliersi la vita, Ercol e venne fortima-
tHmente in suo soccorso e tanti si prodi g nei suoi musi gl i e con le sue opere
di e fece ri entrare il Ni l o nel suo letto. La rapi di t di questo fi ume c la
profondi t del l e sue acque gli fecero lare 1 nomo di Aquila.
I n quel frangente, Osi ri de trova vasi in Eti opi a, ove, vedendo clic il danno
di tal e nondazi one minacci ava anche l otta questa regione, fece elevare delle
di si l e sull e due pondi? del fiume, in modo che le acque fossero contenute nel
suo letto, mdl ameno pero dette di ghe lasci avano strari pare la sola quanti t
d'acqua occorrente a fecondare il terreno* Dal l Eti opi a, attraverso l 'Arabi a
arri v si no ai l imili estremi del l 'I ndi a ove edific parecchi e citt, ad una
delle quali di ede il nume di N y*ia, in ri cordo di quel l a nell a qual e egli era
stato all evato, c \ i pi anl l 'edera, l 'unico arbusto che si colti va in questo
duo ci tt. Attraverso moll i paesi dell 'Asia od indi approd in Europa pus*
sanilo FEU eri ponto. Passando per la Tracia* ucci se Licurgo* un i te barbaro
di e si opponeva al stio passaggio* e mise il vecchio Marni le su quel tTono*
Mise il propri o figlici Macedone sul trono dell a Macedoni a, ed invi Tri tto-
tcmn ni di'All ira per i nsegnarvi Fagri col tnra. Osiri de lasci dappertutto segni
evidenti dei suo hend zi ; rondu^r vii nomi ni , all ora compl etamente sci*
vagi i . alle dolcezze fieli a societ civile, insegn a fondare citt e borgate,
e ri torn in Egitto attraversando il mar Posso, pi eno ili gloria, dopo aver
fall o devare nei l uoghi per i quali era passato, dell e col onne mnnumt'nti
sui quali erano scol pi l e le sue memorabi l i imprese. Questo grande Pri nci pe
abbandon il soggiorno degli nomi ni per andare a godere della compagni a
degli Dei. I side e Mercuri o gli decretarono gli onori , ed i sti tui rono miste
riose ceri moni e nd culto di r gli si doveva rendere, per dare una grande
idea dei potere dOsiridc,
Tal e la Moria dell a spedi zi one di questo preteso fi e d'Egi tto, secondo
quanto ne ri porta Dindon. Si culo clic ce la riferisce cosi come hi si spacci ava
nd paese. 11 genere di morte di e sub questo Pri nci pe non meno i n ter eie
sani *, e ne faremo menzi one qui in seguito, dupu di e avremo fatto qualche
consi derazi one sul l e pri nci pal i circostanze dell a sua vita.
Non deve destare sorpresa alcuna che ni sia supposto I vi ri de essere stato
reli giosi ssimo e pi eno di venerazi one per Vul cano e Mercuri o; egli per
quel l o che era, proveniva da quei ti Dei. Secondo il citato Autore, Vulcano
era uro avo* inventore del fuoco, ed il pri nci pal e agente dell a Natura, mentre
Osiri de era egli Icaso un fuoco ascoso. Ma d qual fuoco Vul cano ne era
supposto l i nventore? Si pensa che sia quell o dd qual e Di odnro ne parl a nei
seguenti termi ni ? a La folgore* avendo appi ccato il fuoco ad un al bero
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durati l o ri nverno, la fi amma ai comuni c agli al beri vicini* \ i deano accorse,
e temendosi ri scal dal o, ri creal o e ri ani mato dal cal ore, vi aggiunse nuovo
materi al e combusti bi l e, od avendol o mantenuto acceso con tal mezzo, fece
accorrere alici uomi ni onde essere testi moni di del l o fenomeno e del qual e
se ne vant come i nventore . Non creilo che ai adatti questo racconto di
D odoro. Poi ch questo fuoco al tro non se non quel l o dell e nostre curi ne
e clic era ben noto anche pri ma del Diluvio, Cai no ed Abel e l 'i mpi egarono
nei loro sacrifizi, Tubnl cai n ne fece uso nell a l avorazi one del ferro, del rame
e defili altri metal l i . Non si potrebbe affermare che D odoro u gli Egizi ani ,
parl ando di Vul cano avessero avuto di mira Caino od Abel e, i l a questo fuoco
del qual e ^attri bui sce l 'i nvenzi one a Vul cano, era dunque di fferente da
quell o dell e nostre furi ne, sebbene si consi deri comunemente Vul cano qual e
Di o dei Fabbri . Onesto fuoco, secondo le ilice d Ermete, era il fuoco del
qual e i Filosofi ite fanno un rosi grande mistero ; questo fuoco V i nvenzi one
del qual e, secondo Arl efi o. ri chi ede un uomo astuto, i ngegnoso e sapi ente
nell a Scienza dell a Natura, questo fuoco di r dev'essere ammi ni strato geo*
mel riccamente come cl avverte lo stesso Artefici ed il dEspagnet; cli banica-
menl e se vogl iamo prestar fede al Fi ataci ; e con peso c mi sura ri ferendoci
a Rai mondo Lull o. Ohm tal fuoco si pu ben di re dFc stato i nvental o, non
cosi di quell e delle' nostre cuci ne, il quale a l utti noto, e secondo tutte le
apparenze lo fu sin dal l 'i ni zi o del mondo. I l volgo dEgi tto, dal qual e D o
doro aveva senza nienti dubbi o atti nto ci che di reva di Vul cano, non cono
sceva altro fuoco se non il fuoco comune, e qui ndi non poteva parl are se
non di questo, T Sacerdoti , i Filosofi istruiti da Ermete conoscevano Fal l ro
fuoco il qual e il pri nci pal e agente del FArl e Sacerdotal e od Ermeti ca, ma
essi si guardavano bene di spiegarsi su tale oggetto, poi ch questo faceta
parte del segreto che era stalo l oro confidato. Vul cano era questo stesso
fuoco da essi personi fical o ed a cagione di ri o Vul cano ai trovava ad essere
l 'avo di Osiri de o del fuoco ascoso nella Pi etra ilei Fi losofi, che dEspagnel
chi ama: mi ni era di fuoco.
Per conci l i are tutte le contraddi zi oni apparenti degli Autori sul l a ge
nealogia dOsiri de, bisogna tenere ben presente ci di e si verifica nel l 'Opera
Ermeti ca, ed i notiti di e i Filosofi hanno dato iti ogni tempo ai di fferenti
stadii ed ai di versi colori pri nci pal i dell a materi a durani c il corso del i e
operazi oni . Questa i nal ena composta di una cosa lo qual e conti ene due
sostanze. Furia fissa, l 'al tra vol ati l e, od acqua e terra. E*$i hanno di l ani ato
l un maschi o, l al tra femmi na ; dal l imi one di queste due nasce una terza,
eli loro figlio il qual e non differisce ila sua padre e da sita madre ch'egl i
in racchi ude qual e sostanza radical e. La seconda opera s mil e alla pri ma.
Questa materi a messa nel vaso al fuoco Fil osofico chi amato Vul cano, a
come dicesi, i nventato da Vul cano, si dissolve, si putrefa c di venta nera per
l 'azi one di detto fuoco. Al l ora essa i) Saturno dei Fil osofi od Ermeti co,
il qual e di conseguenza di venta figlio d Vul cano, come lo chi ama Di udoro.
Questo color nero scompare, ed il bi anco ed il rosso successi vamente ne
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prendono il posto; In materi a si fissa e forma la pi etra d fuoco di I tasi [io
Val enti no, la mi ni era ili i noro del dEspagnet, il jlinra asco*o eimbolcggialo
da Osiride. I tero dunque Osiri de figlio di Saturno. Nmi meno fucile spi egare
il concetto di coloro elle lo fanno figlio di Gi ove, ed ceco come; quando il
col or nero svanisce, la materi a passa per il grigio pri ma d'arri vare al bi anco,
cd i Filosofi hanno dato i! nome di Giono detto color gri gio. Se si riflette
un poco seri amente su quanto vado dicendo non si rester i mbarazzati u
vi sar difficolt nel concepi re come I side ed Osiri de possano essere fratell o
e sorella, mari to e mogli e, fipti di Saturno, figli di Vul cano, figli di Gi ove,
come pure Osiri de ha potuto essere padre d i si de, dato clic Osiri de essendo
il fuoco asenso tirila materi a, e**o clic d [u forma, la consi stenza e la fissit
tdiVssa in seguito acqui sta. I n poche parol e: i ntendevano per I side od Osi
ri de tanto la sostanza vol ati le c la fssa dell a materi a del l Opera, quanto il
colore bi anco e rosso e li essa assume nel l e operazi oni .
Queste [negazioni , dir qual cuno, non saccordano afFatto con la favola
che fn Vul cano figlio di Gi ove e di Gi unone, e clip per conseguenza non
potrebbe essere [ladre di Saturno. Ma io ri spondo a questa obbi ezi one con
l 'affermare clic tal i contraddi zi oni sono apparenti e si rester convinti di
ci dall a l ettura del capi tol o che ri guarda Vul cano in parti col are, ed al
qual e rinvio il L ettore, per ri prendere ora il di scorso su Orri de e sulla
sua spedi zi one.
Dal sempl i ce racconto di questa stori a, non vi nr afFatto un uomo as
sennato che non la riconosca pur una fi nzi one. Formul are il progetto dan
dare a conqui stare tutta la terra, e ri uni re per ci una armata composta
duomini e donne, di sati ri , d musi ci e danzatri ci , mettersi in testa di n
segnare agli uomini quanto costoro gi conoscevano, tutto questo gi di per
ee stesso non troppo bene concertato. Ma supporre clic un fe con unarmata
d questo genere abbi a percorso l Africa. l Asia, l Europa sino ai l oro limi ti ,
e che non abbia tral asci ato dal visi tare nessun l uogo, secondo questa iscri
zi one: Som- il figlio pri mogeni to di Saturno, sorti l o da un ramo i ll ustre
e da un sangue generoso; cugino del gi orno, non v l uogo ilei qual e io non
sia stato, ed ho l i beramente sparso i miei benefici su tutto il genere umano.
(D odoro) z>.
Senza ri l evare il falso ed il ri dicolo di una tali* storia, basta sottoporla
ad un unirlo appena versato nell a l ettura ilei Fi losofi Ermeti ci perch subito
a pri ma vista costui deci da ri f e evi dentemente un s mbol o. Ma poi ch ili:li]io
supporre eliti mol ti L ettori litui hanno presente tul l e le operazi oni di que-
st'Ari e, perni maccingo a passare in rassegna tul l e le pri nci pal i circostanze
di que=ta storia.
I side ed Osiri de sono, come abbi amo detto, Vagolile cd il pazi ente ut uno
stesso soggetto. Osiri de parte per la sua spedi zi one, e di ri ge 1 ano cammi no
dappri ma attraverso l Eti opi a, per perveni re al mar Rosso il qual e bagna
l 'Egi tto ed anche l Eti opi a. Questo non era il percorso pi breve, sebbene
il cammi no che gli necessita tenere nell e operazi oni dell a Grande Opera,
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nell a qual e il rol i tr nero ed il rosso ne nono i due estremi . Lo negrezza si
mani festa i nnanzi l uti a) pri nci pi o dell e operazi oni si mbol eggi ate dal viag
gili dOiiiride nell e I ndi e; pendi o aia oli dEspagnrt, Rai mondo Luil o, F-
lalete ecc. alili ialiti fal l o all usi one a questo viaggi o d'Osi ri de, oppure a quell o
di l iaeeo, sia per al tre ragi oni , ci dicono che non si pu ri uscire nel l 'Opera
se non si percorrono le I ndi e. Necessita dunque passare dappri ma in Eti opi a,
vale a di re: vedere il color nero, il quale la [torta e la eh ave del l 'Arte
Ermeti ca, n Queste cose sono creal e nell a nostra terra d'Eti opi a, dice il
Fi ume!, e Ral s; i mbi ancate il vostro corvo, se voi vol ete farl o con il Nilo
d'Egi tto, esso, dopo davere attraversal o l 'Eti opi a, prender un colore bi an
castro; i ndi conducendol o nei segreti dell a Persi a con ci e con questo, il
color rosso si mani fester Laie qual e quel l o del papavero nel deserto .
Osiri de stando in Eti opi a feee elevare dell e di ghe non per i mpedi re lo
strari pamento del Ni l o ma solo pei preservare il paese da una i nondazi one
ilei astatri ee; e ci perch l 'acqua di detto fiume assol utamente necessaria
per rendere ferti l e il paese. A tal e ri guardo il d'Espagnct scri ve: u I! mo
vi mento di questo secondo circolo (dell a circolazione degli el ementi che si
compi e dorante la sol uzione e la negrezza) parti col armente al pri nci pi o dell a
sua ri vol uzi one dev'essere l ento, per teina che i piccoli corvi non si trovino
i nondal i e sommersi nel l oro ni do, e che il mondo nascente non sia di strutto
dal di luvi o a. Questo circolo deve di stri bui re l 'acqua sul terreno, con peso,
mi sura c proporzi one geometri ca; qui ndi bi sogna el evare le di ghe, sia per
far ri entrare il fiume nel propri o letto, come feee rcol e nel terri tori o di
Prometeo, sia [ter i mpedi rgl i d'i nondarl o, come feee Osi ri de i n Eti opi a.
(.Autore del l a fiuta stori a d'Osi ri de non Ila tral asci ato ni ente di ci
ch'era necessario, per dace gerogli fi camente una idea tanto di ci elle com
pone rOpern, quanto dell e operazi oni ri chi este e dei segni di mostrati vi . E'
da ri l evare dappri ma che durante il soggi orno i l'Oai i ide in Eti opi a, il Nilo
strari p, e che questo Pri nci pe fece elevare dell e di ghe per garenti rc il
pac-e dai danni che Fi uondazi one avrebbe cagi onal o. Questo Autore, con
ci, ha vul ulo i ndi care la resol uzi ouc dell a materi a in acqua, anal ogamente
all o strari pamento del Ni lo in Egitto, nel terri tori o del qual e era Re o
Governatore: Prometeo. L 'Arti sta dell a Grande Opera deve fare attenzi one a
che PEti opi a non fosse muto i nondata, mentre il Governatorato di Prometeo
lo sia. Questo perche la pari e dell a materi a terrestre che si putrefa ed anne
ri sce all eggia sull a di ssol uzione, mentre la parte fissa di e racchi ude il i noro
i nnato, quel fuoco che Prometeo rub al cielo per darl o agli uomi ni , resta
nel fondo del vaso e si trova sommersa. Le attenzi oni che l 'Arti sta, si mbo
l eggiato da Ercol e, deve avere ili questa occasi one sono bene espresse dal
d'Espaguet nel suo cau. B9 c clic testual mente trascri vo: a [.egea moliti huius
circuii mot ut lente ef tolti ali cl cfertirrat, ni' pnree e fjitndat, ne /ri i ina tu lo a
mel i sma catini, et ttquis ni trulli', gnis insiliti. operi.* arcltitcctus kebescat,
atti elioni evi in gii ni nr: ni a lte rnis ri ci bus ciiius el ponti ai frmni j l renl ur. quo
nirlttr ftat digestio. ac il li I tu li ut sieri et ituniidi temfwr anicntum; indisntit-
bl fii rni m utriusque cnllipatio fin i or i mpi l i cj( nperis; propterra f i l l i ut
tantum i rri gami adjicias. quantum assaltilo ile j r r c r i t . quo restaurano corro-
bnramia ilepcrilitarum virium tnntum restitut, quantum evacuatili debli-
taniln absTulcrit .
^pi r^l i crrni D. ci clic devrai i ntendere per i l al i ri . nel capi tol a di Bacco,
al l i bro 3.; ed i n quel l o d'Orral r: quanto concerne la ri noma d'Osi r de.
I>c nove Muse o \ i nf r, "d i murici clic (anno parte del corteggili di Osiri de
si mboleggi ano le parti vol ati li o le nove \qui l e cite Seni or n[lerma <ieno ri
chieste ron la pari e fissa si mboleggi ata con Apol l o. Ne ri parl eremo pi di ste
samente nel rapi tol o di Perseo, nel qual e spi egheremo la loro genealogia e
le loro azi oni .
Tri pl ol ritto presi ede all a semina delle bi ade, ed c i ncari cato da O-ri de
d'i strui re i popol i su tutto quanto concerne 1"Agri col tura. Nel le opere che
trati ara ili H'Arl c Ermeti ca non si ri scontrano cos frequentemente al tre al
legorie quanto qi ipl l r i lell A i ncul tura. Parl ano ronl i nnamenl c del grano,
dell a cerni l a elle occorre farne, della terra ove bi sogna semi narl o, e del
metodo da tenere. Si vedranno degli esempi nel quarto l i bro ove parl e
remo dell a educazi one di Tri ptol cmo i mparti tagl i da fl crcre, Rai mondo bul l o,
Hipl co v molti altri Filosofi riiiuinoilfl la loro acqua mercuri al e: l'ino brtneo
f rin** rfiijo.
i Vr i pianl o I Vi ri i l f rnnoMjcjtr a fondu la prudenza r I r rapati l a d'l i de
di i nvernare i propri Stati duranti* i! tempo dell a stia spedizi one* puro le
lasei a luto Mrrcnri u qual e romi ci i ere; r la presenza d un tal e corwalierc
era agni ni a mmi e necessaria prrrl i r Mercuri o il mercuri o dei Filosofi
senza del qual e non si pu far nul la nr al tomi nei a mentri, n h nel mezzo ne alla
fine drl TOpcra: clic d'acrnrdo fon Ercol e, ri o l 'A rti ca, costituito
Covrrnatnre generale di ll iltn l 'i tnppm, deve di ri gere, i ndur r e r fare lutto.
Il ni rreuri n il pri ni 'i pal r ni ente i nteri ore del l 'Opera. eo cal do rd umi do:
ifiwt!vr. putrefa e di spone alla smprai i ti nc: e E Artista l 'aerntr esteri ore.
Ci lo m trova spi l l al o dri iadi al imoni e. i n tul i o il corso di quel l a opera,
e parti eoi armeni e nel capitoli ! d Merrnri o. al terzo l i bro, e nel qui nto ove
I raMcrcfilo dell e fati che d'rcol e.
Se si esami nano ri m e ura Ititi! li' parti col ari t dell a spinili zio lie d Drflp,
si ti-dr chi aramente rl i r noti un siilo ilei dettagli sfugge al suo pro|HMla
i l rti hrrnl amrnl e vnluto. persi no Ir stesse rrri mnni r ilei riditi rrsu ad Osiri de,
i stitui te. (l i mi , da I ri de ul ulata dai (unai^li d'K rmel e. Si .irebbe ri masti pi
nel vero iil lril uiei idu questa 1Uni one oliatilo ad Ermete, dato di e le appa
renze concorrono a farri ri tenerr rl i f fo^e propri o Erniel*' ri nvenl ore della
slori a d'1si di- ed Osi ri de, e del cull o misteri oso clic loro si rendeva in Kgitlu.
Ma (punie l 'uti l i t di tale mi stero se *i trattasse di raiTfinliii r una storia
real e, <d'i sti tiiire dell e ceri moni e [irr tramandarne il ri cordo? Il sempli ce
racconto dei fall i , di-ile feste, dei tri onfi , sarebbero stali pi di e liaslevoli
per i mmortal are l 'uno e l 'al tra. Sarebbe tato moll o pdn natural e trnmati*
darne il ri cordo medi ante dell e rappresentazi oni prese dal fondamento della
- 66 -
cosa Dato che si voleva che tul i o il popol o ne fosse i strui to, necr..aitava
mettere tul i o alla sua portal a, e non i nventare i gerogli fici dei quali i eoli
Sarrrdoti ne avrebbero pwwduto la chiave. Ed al l ora bisogna concl udere che
i|liccio mistero doveva far upporre un qual che segreto nascosto Mttu i gero*
glfici. e che non lo si nvfliiva se non agli inizi ati , od a coloro olir li ai
ri tenevano degni d essere inizi ati nel l 1Arte Sacerdotal e.
Le due opere che sono l'oggetto di que#t*Arte s o d o comprese; la pri ma,
nella spedi zi one dOsiri dc, r la seconda nell a morte ed apoteosi del l o -lesso.
Con la pri ma ti Li la Pi etra, con la seconda si Torma rEl i si rc. Osiri de, nel
suo vi aggio perronne l 'Eti opi a, poi I r I ndi e, i ndi FEuropa e ri torno in Egitto
dal Mar Russo per godere dell a gloria clic 'era conqui stata, ma vi trov
la mori e. Tiril o questo come se si di rrsse: nella pri ma opera, la materi a
pj**a dappri ma per il color nero, ili seguilo per i vari col or : il gri gio, il
bi anco ed i nfine il rosso rl ic costituisce la perfezione dell a pri ma opera, e
qnrl l a dell a Pi etra o Zolfo dei Filosofi. I vari del ti colori sono stati resi
pili apri l a moni e e pi chi aramente indicali dai L eopardi c dall e Tigri che
In Favol a suppone aver accorri pugnati Bacco nel suo viaggio si mil e a quell o
d'I l si ri de; poi ch tutti convengono clic Osiri de e Bacco non sono sr non
due si mboli dima stessa rosa.
La seconda opera mol to bene rappresentata con i! genere di morte che
milfi Osiri de, e dagli onori elle gli si rendono. A questo ri guardo, ascolti amo
Di ndoni ; egli di re che in anti chi scri ni segreti dei Sacerdoti che vivevano
al tempo d'CLiri dc, s scoperto che questo Pri nci pe regnava con giustizi a
ed equi t MillEgi tto; e di r suo fratell o chi amato Ti fone, soggetto empi o e
H rl l rnl o. l a^a^i n e lo tagl i in 26 pezzi che di stri bu tra i tuoi complici
per aggravarne la colpa e renderl i a & pi u l egali, all o scopa di averli per
i nseparabi l i di fensori e coadi utori nell a sua usurpazi one. Che I si de sorella
e -|mj s d'Osi ri de, per vendi care la morte di ?uo mari to, chi am in ano
aiuto il propri o figlio Oro; che uccise in un romhatl i mento Ti fone ed i suoi
compi te, e qui ndi , uni tamente a suo figlio c s m s'i mpadron del l a corona.
I j battagl i a si volse l ungo un fi ume in quell a parte del l 'Arabi a ove si tuata
la citt che prese il nomi- dAnl cs, dopo che Errol r al tempo d'Otdri de vi
aveva nrci -o un Pri nci pe ti ranno che portava il nome di detta citt. I side
adendo ri trovato le membra sparse del corpo del suo sposo, le ri un con
cura: ma avendo re reato i nuti l mente alcune parl i , di queste ne consacr la
rappn-^i i i ar une. v da ci l 'uso del Fallo che di vent tanto cel ebrr nelle
ceri moni e religione degli Egtzti Da ogni membro I si de fanno una compl eta
figura umana i mpi egando, in aggi unta, aramati e cera. I ndi ri un i Sacerdoti
del l 'Egi tto ed affid a ciascuno di rsui, i n parti col are, ima di queste in
mel odi a, a^i eumudo ciascuno clic veniva a possedere L i ni ero corpo dOsi-
ri de: raccomandandol i espressamente di gi ammai svel are a rhicchcAiua clic
i ncedevano tanto tesoro, c qui ndi di rendergl i c fargli rendere il cull o a
gli onori che aveva l oro presenti i . Allo scopo d'i mpegnnrl i pi si curamente
r--a accord ai detti Sacerdoti la terza parte dei campi colti vati dcl L Egi tto.
- 67
Si a che i Sacerdoti f ose ero convinti dei meri ti d'Osi ri de ( sempre Dioduro
che parl a) sia clic questi benefzi ricevuti da I side li avessero i mpegnati ,
fecero tutto quanto essa aveva l oro raccomandato, e ciascuno di essi, ancora
oggi si vanta d'essere il possessore della tomba dOsiri de. Essi onorano gli
ani mal i che si n dal pri nci pi o erano stati consacral i a questo Pri nci pe; e
quando questi ani mal i muoi ono, i Sacerdoti ri nnovano (pici pi anto ed il l utto
che si ebbe il morto Osi ri de. Gli sacri ficano i Tori sacri e dei qual i Putto
porta il nome d Api , l al trn quell o di Mnevift; il pri mo era custodito a
Menti, il secondo ad El i opol i : e l otto il popol o venera questi animali
quali Dei.
I side, secondo In tradi zi one dei Sacerdoti, dopo la morte del suo sposo
gi ur di non pi ri mari tarsi , e mantenne la parol a, c regn tanto gloriosa
mente che nessuno di quell i che cinse la corona dopo di essa riuscito a
superarl a. Dopo la sua morte le si decretarono gli onori degli Dei. e in
sepol ta a Ment nell a foresta di Vul cano, ove s mostra ancora la sua tomba.
Molti, aggiunge Di odoro, pensano che i corpi di questi Dei non si trovano
nei l uoghi che al popol o, si fa credere che vi sti eno. ma che invece sono
stati deposti sulle montagne d Egitto e d'Eti opi a, vi ci no al l I sola clic ha
nome: he porte del Nilo, perch trovasi il campo consacrato a questi Dei.
Alcuni monumenti corroborano questa opi ni one: i n detta I sol a si vede un
Mausoleo edificato i n onore dOsiride, e quoti di anamente i Sacerdoti di
questo luogo ri empi ono di l atte trecentosessanta unte e cummeti i oratio il
l utto dell a mori e di detto I te e delta Regina, invocandol i con Iitoli di Di o
e Dea: ed per questo ch' i ni hi l o a qualsiasi estraneo di sbarcare in questa
I sola. Gl i abi tanti d Tebe che passa per la pi anti ea citt d'Egi tto, consi
derano come il pi grande gi uramento quel l o cbessi fanno: per Osiride che
abi ta nell e nnhi ; e pretendono d'essere in possesso ili tutti i pezzi del corpo
di questo Re, e clic furono ri uni ti da I side. Essi computano pi di dieci mi l a
anni , alcuni di cono circa venl i l rcmi l a, dal regno d'Osi ri de c d'i si dc, sino
a quel l o dAl essandro il Macedone, il quale edific i n Egitto una citt che
porta il silo nome.
Pl utarco c'i nsegna i n qual e mani era Ti fone tolse la vita ad Osiride.
Tifone, dtcegli. avendol o i nvitalo ad un superi lo festino, dopo il pasto pro
pose ni convitati di mi surarsi in un cofano di squi si ta fattura, promettendo
di regal arl o a chi megl i o lo =i addicesse per statura, \ sua vol ta, Osi ri de
csscndovisi adagi ato, t congi ural i s'al zarono dall a l anda. (I l lusero il cofano
e lo I mi tarono nel Nilo.
I side i nformata dell a line tragica del suo sposo, -i mise d' i upcgun alla
ri ecrrn del mi o corpo, ed avendo appreso elle trovava! nell a feni ci a nascosto
sotto un tamari sco, ove i flutti ['avevano gettatu, si reco suhi l n alla Corte di
R hln, nell a qual e si coll oc al servizio dAstnrl e, per ava-re maggiore agio
per la stia ri cerca. I nfi ne ne lo ri nvenne ed elev s alti l amenti che il figlio
del Re di Rifilo t ic mor per il rammari co; ci che colp tal mente 1 Re suo
padre, che permi se ad I si de di prendere quel corpo e portarsel o in Egitto.
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Ti fone i nformato del funebre corteo di tua cognata, 'i mpadron del cofano,
l 'apri , mise i n pezzi il corpo d'Osi ri de e ne fece sparpagl i are le membra
in di fferenti l ocal it del l 'Egi tto. I si de ri un con cura queste sparse membra,
le ri ncl i iuse i n una bara, e consacr le rappresentazi oni di quel l e parti che
non le era ri uscito di trovare. I nfine dopo aver sparso mol l e l agri me, fece
i nterrare la bara ad Abi do, ci tt si tual a ad occi dente del Ni l o. Che se poi
gli Anti chi pi azzano la tomba d'Osi ri de in al tri l uoghi , ci va dovuto al l 'avere
I side [atl u edifi care una tomba per ciascun brano del corpo del suo sposo, e
nel luogo stesso nel qual e usa lo as'cva ri nvenuto.
Ho ri portato questo passo da Fl ui amo per di mostrare che i n fondo gli
Autori sono concordi , sebbene differiscano fra loro nei dettagl i . I l posto di
servente occupal o da I si de presse il Re di B blo potrebbe aver dato l uogo ad
ugual e orrupazi one che rifcrisccsi tenuta da Cerere presso il padre d Triplo*
I onio ad Ricusi, poi ch b convi ene che I si de e Cerere sono una stessa persona.
Confessi amol o i n buona Tede: quand'anche la Santa Scri ttura e gli Storici
nuli et convncessero dell a falsit del computo cronologi co degli Egizi ani , il
resto di questa stori a possiede forse unari a di verosi mi gl i anza? Pu mai
essere che una Regina tanto ill ustre quanta I si de fosse andata a mettersi al
servizi o d'uu Re suo vi ci na? Che il figlio di questo Re muoi a dal di spi acere
li vederl a l amentare sul corpo del perduto suo sposo? Che infine essa lo
ri trova -uttu un tamari sco e lo ri porta in Egitto, ecc.? Si mil i stori e non me
ritimi) neppure una smenti ta, la l oro assurdi t tanto evi dente che c da sor
prendersi come Pl utarco si sia degnal o d'accogl i erl a e (Tacercel a trasmessa,
ed aurora pi strano si che dotti Autori la confermi no. Ma se le circostanze
Iella morte di Osi ri de c ci che ile segue le si prendono nel senso all egori co
lell'Artr Sacerdotal e, al l ora le assurdi t scompai ono, poi ch al contrari o
danno luogo all a conoscenza di grandissi me veri t, ed eccone la prova me
di ante la sempli ce esposi zione di quanta arrade nel Tuperazi one dcl l 'El i si re.
Questa seconda operazi one essendo si mile al l a pri ma, la sua chi ave ne
la soluzione dell a materi a, o i mbol i amente l a di vi -i one d'Osi ri de in pezzi.
Il eofano nel qual e questo Pri nci pe Viene ri nrhi uso il vaso Eil osoti ro
sigill ato ermeti camente. Ti fone e d i suoi compl i ci u b o gli agenti del l a dUso-
l uzi onr. e ne vedremo il perch, in seguito, nel l a stori a d Ti fone, lai di sper
si one dell e membra del corpo di Osiri de, la vol ati l i zzazi one del l 'Oro Fi l o
sfica, r la ri uni one del l e lesse i ndica la fissazione, l a si compi e per le cure
d'I si dr. o la Terra, la qual e come una cal ami ta, al di re dei fi l osofi , atti ra a
le parl i vol ati l i zzal e; al l ora l*ide con il concorso di -no fiiHin Oro combatte
Ti fone, lo Decide, c regna gl ori osamente: infine s ri uni sre a) suo caro sposo
nell a medesi ma tornila, ri oc n di r: elle In materi a di ssol ta -i cnaiiguta e si
fssa nell o slesso vaso, poi ch un assioma dei Fi losofi: 'tintili rnrpara t'M
emigri hi fin ipiritas.
I l i o figlia d'I I si ri de c d'I si dr da tull i gli Autori ni nni l o per essere lo
sten clic Apollo. ed anche nol o elle \pol l o ucci se 1 serpente Pi tone a
colpi d freeee: e Pi l one non e si' non lanagramma di Ti fone. Ma que-l o
fi1)
Apol l o devisi i ntenderl o del Sol e o Oro Filosofico. il qual e la causa dell a
coaugul azi one e dell a fissazione. Ci sar spi egato pi dettagl i atamente nel
terzo l i bro di questopera al rapi tol o dApollo.
Osi ri de infine fu annoverato fra gli Dei da I si de sua sposa e da Mercuri o,
il qual e i stitu le ceri moni e del suo culto. A tate ri guardo hisogna fare due
precise osservazi oni : I ) che gli Dei alla di gnit dei qual i venne elevalo Osiri de,
non potevano essere se non gli Dei fabbri cati dal l a mano degli uomi ni , vale
a di re: gli Dei Chi mi ci od Ermeti ci . Mercuri o Tri megi sto. in Asel epio, lo
afferma posi ti vamente, e gi i nnanzi lo ci tammo. 2) Che Mercuri o ugual
mente il nome del Mercuri o dei Fi losofi, e dErmcte Tri megi sto. L 'i mo c
l 'al tro hanno l avorato con I si de alla deifieazionc dOsi ri de: e cio a di re,
il Fil osofico agendo nel vaso di concerto con I si de, ed il Filosofo gui dandone
esteri ormente le operazi oni : e questo ha fatto dare al l 'uno ed al l 'al tro il ttol o
di Consi gl iere dI side, la qual e non i ntraprendeva al runeh senza [l essi.
Qui ndi fu Tri megi sto che determi n il culto ({Osiri de e ne istitu le ceri moni e
misteri ose, qual i si mbol i ed all egori e permanenti tanto dell a materi a (pianto
dell e operazi oni del l Arte Ermeti ca o Sacerdotal e: come in seguilo vedremo.
STORI A DTSI DE
Quando si conosce la genealoga dOsiri dc, si sa anche quel l a d'I si de suh
sposa, i nquantoch questa era sua sorella. Comunemente si ri ti ene che questa
Dea era 1 si mbolo dell a L una, cos come Osi ri de era quel l o del Sol e; ma la
si riteneva anche come si mbolo dell a Natura in generale, e per la Terra, se
condo Macrobi o. Partendo da tal e concetto, dice questo Autore, la si rappre
sentava avente il corpo tutto coperto di mammel l e. Apul eio ronconi con
Macrobi o, e ne fa il Bcgnente ri tratto: Una chi oma l unga e folla radeva
ondeggi ante sul suo collo di vi no: aveva sul capo una corona vari amente hello
nell a forma c per i fiori dell a qual e era ornata. Sul davanti , nel mezzo, spi c
cava una specie di globo, qnasi i n forma di specchi o, il qual e proi ettava una
luce bri l l ante argentea come quell a dell a L una. A destra ed a si nistra di
detto gl obo stavano due ondeggianti vi pere quasi ad i ncastrarl o e sostenerlo;
e dall a base dell a corona venivan fuori dell e spi ghe di grano. Una veste di
finissimo lino la copri va compl etamente, ed era mol to bri l l ante sia per il
suo estrema candore, sia per il suo giallo zafferanato, ed infine per un rol or
di fuoco tanto v vido, che i miei occhi ne erano abbagl i al i . Una zi marra
ri marchevol e per la sua pi fonda negrezza, l e passava dallo spal la sinistra
al disotto del bracci o deBtro, e cadendo con mol te pi eghe le scendeva sino ai
pi edi , ed era bordata con fiocchi e svari ati fiori, c di ssemi nata di stelle per
tutto il tessuto. Nel mezzo, fra le stelle, stava la L una con i suoi raggi simili
a fi amme. La Dea aveva un si sl ro nell a mano destra, e con il movi mento clic
gli comuni cava, dava un suono acuto, ma gradevol i ssi mo; con la sinistra
sorreggeva un vaso doro l ansa del qual e era formata da un aspi de, il (pial e
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ri zzal a la lesta in al ti tudi ne minacei osa; la cal zatura olle rivestivo i suoi
pi edi esal anti ['ambrosi a, era fatta di un tessuto del l a pal i na dell a vi ttori a.
Questa grande Dea, la dolcezza del l alito dell a qual e sorpassa tutti i profumi
del l 'Arabi a feli ce, si degn parl armi in questi termi ni : I o sono l a Natura
madre dell e eose, padrona degli el ementi : il comi nei amento dei secoli, la
sovrana degli Dei, la Regina dei Mani , la pri ma dell e nature celesti , la faccia
uni forme degli Dei e del l e Dee; son io ebe governo la subl i mi t l umi nosa dei
cieli, i venti sal utari dei mori , il l ugubre si lenzio degl 'i nferi . La mia uni ca
di vi ni t onorata in tutto l Un verso, tua sotto di fferenti forme, sotto diversi
nomi , e con di fferenti ceri moni e. I Fri gi pri mi geni ! del l umani t mi chi amano
In Fe-si nontii i ua madre degli Dei, gli Ateniesi : Mi nerva Cecropi ea; quel l i di
Ci pro: Venere l altea; quell i di Creta: Di ana Di cl i nna; i Si cil i ani ebe parl ano
tre l ngue: [roserpi ua Sti gi n; gli El eusi ni ; l 'aul i ca Dea; al tri : Gi unone; al tri ;
[fel l ona; al cuni : Ecal e; al tri : Rumnusi a. Ma gli Egizi che sono i struiti del
lanti ca dottri na, m'onorano con ceri moni e che mi sono propri e e conve
ni enti , e mi chi amano con il m o vero nome: [a Regi na I si de n.
I side va consi derata come pri nci pi o generale dell a Natura, e come pri n
cipi o materi al e del l 'Arte Ermeti ca,
I l ri tratto di I si de che abbi amo ri portal o da Apul ei o un'al l egori a del
l 'Opera, all egori a pal pabi l e pel coloro elle hanno l etto attentamente gli
Autori che trattano deli a stessa. I nfatti , la corona di questa Dea ed color
dell e sue vesti i ndi cano tutto in generale ed in parti col are. I si de era consi
derata qual e la L una, la Terra e la Natura. La sua corona formal a da un
gl obo bri l l ante come la L una, l amumzi a mani festamente a l utti . I due serpi
che Astengono detto gl obo sono gii stessi di quel l i dei qual i abbi amo par
lato nei capi tolo pri mo di questo l i bro, dando la spi egazione del monumento
d'Errci i i dei us Ermete. Il globo anche la stessa cosa del l uovo dell o stesso
monumento. Le due spi ghe ebe u sortono i ndi cano che la materi a del l 'Arte
Ermeti ca la stessa di quel l a rhe l a Natura i mpi ega per far vegetare tutto
nel l 'Uni versa. I colori che sopravvengono a questa materi a durante le ope
razi oni non sono forse espressamente indicate daH'ei i nni erazi one di quell i
delle vest dTsi dc? Una zi marra o lungo abi to che colpi sce per la i ntensi t
del suo nero, palla nigerrima splctulesccns atro ni tore, covre tal mente il
corpo il 'I si de da l asciar i ntravedere soltanto in alto un'alLra veste di finis
simo lino ch' bi anca dappri ma, i ndi color giallo di zafferano e poi del co~
loro rii fuoco. M ni t it o l a r hysso tenui peri el i o, nane albo candore lucilia,
mine crocco flore lu te a , nane roseo rubare flammea. Apul ei o, senza dubbi o,
avei a copial o questa descri zione da qualche Fi losofo, poi ch i Filosofi s'e-
sprimorio l utti nell a stessa mani era su tal e argomento. Essi chi amano il
col or nero, il nero pi nero del nero stesso: n i g r u m , ni gro, uigrius. Omero
concerie un abi to si mi l e a Tel i , al l orquando questa si di spone ad andare a
sol l eci tare i favori e la protezi one di Giove per il propri o figlio Achill e
(I l i ade, 1. 24, v. 93); e questo Poeta dice che non v'era al mondo mi ahbi
gl i aui ruto pi nero di quel l o indossato da Tel i . I l col or bi anco succede al
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nero, quel l o di zafferano al bi anco, cd i! rosso a quel l o di zafferano, preci
samente come dice Ap nleio. Si pu consul tare su ci, il trattato del l 'Opera
che qui precede questo mi o scri tto, II dEspagnet (Are. Remi . Phi l . opus
can. fri) parti col armente concordi a questa descri zione d'Apul ei o, e chi ama
i detti quattro col or : i mezzi di mostrativi del l Opera. Pare rhc Apuleio
abbi a vol uto di rci che tutti questi colori si ori gi nano l uno dal l al tro : clic il
bi anco contenuto nel nero, il gial lo nel Linneo ed il rosso nel gi al l o: ed
perci che il nero copre gli al tri . Mi si potrebbe obbi ettare che forse questa
veste nera il si mbol o dell a notte, e che ci sufficientemente evidente per
il crescente l unare che si trova al centro fra le stell e dall e qual i il tessuto
di ssemi nato; ma faccio osservare che gli altri ornamenti ed attri buti non
convengono affatto per una tal e i nterpretazi one. Non dobbi amo meravigl i arci
che sulla veste dTside si trovi un ercsrente, dato che la Dea la si considerava
qual e L una; ma poi ch la notte i mpedi sce d di sti nguere i colori degli og
getti . .Apuleio avrebbe dettn mal e a proposi to che i quattro rol nri , dell a
veste dI si de. si di sti nguevano ed emanavano, ciascuno parti col armente, un
cos i ntenso spl endore chegli ne ri mase abbagl i ato. Del resto questo Autore
non fa alcun accenno n all a notte n alla L una, ma esclusivamente ad I side
qual e pri nci pi o di tutto ci che la Natura produce, compi to che non s'addi ce
all a L una cel este, ma esclusivamente alla L una Fi losofica, i nfatti nell a Luna
cel este non si nota che il solo color bi anco, e non lo zafferanato n il
rosso.
Lo spi ghe di grano ci danno la comprova clic tanto Cerere quanto I side
costitui vano uno stesso si mbol o; il sistro ed il vaso o secchi el l o sono le due cose
riel iipste per l Opera, vale a di rr : il la tto n i Filosofil o e (acqua mercuri al e;
perch il si stro era comunemente uno strumento di rame e le vergitene che
10 attraversavano erano anello di rame e tal vol ta di ferro. I Greci i nventarono
poi la invola di Ercol e che cuccia gli uccelli dal I ngo Sti nl al i de facendo del
rumnre con uno strumento di rame. Limo c l 'al tro d questi strumenti
debbono avere la stessa spi egazi one, e ne parl eremo nell e fati che drcole
al qui nto l i bro.
Ordi nari amente I si de la si rappresentava non solo con un si stro. ma anche
con un secchio od ni tro vaso in mano o deposto vi ci no od essa, e ci per
mettrre in evidenza ehessa non poteva far ni ente senza del l acqua Micrcii-
ri nl e. o quel merrnri o cdic le era Mulo dato per consigli ere. Essa la terra ori
11 la tto n i' dei Filosofi; ma il l attone nul l a pu ila per se stesso, di cono essi,
se non viene puri ficato e bi anchi to medi ante l azoto u l 'aeqi ta mercuri al e.
Pei la stessa ragi one I side spessissimo era rapprrsentata eoo una brocca sulla
testa. Sovente anche con un coni o dahboudai i za in mano, per simboleggiare
in generale la Natura (dii- l utto fornisce ulibondanteniei iLc. ed in parti col are,
poi : la sorgente dell a Felicit, dell a salute e dell e ri cchezze, tutte rose rhc si
trovano ncHi l pcrn Ermeti ca. Nei monumenti Grcr la si vede talvolta av
vol ta da una serpe, oppure accompagnal a da tal e retti l e, perch il serpe era
il si mhnln del l Esenl api o. Di o della Medi ci na, e di questa gli Egizi ne ;it-
7:
tri bu vi no l 'i nvenzi one ad iride. Ma noi abbi amo pi valli le ragioni ili non
ri tenerl a qual e i nven tri e e ti rila Medi ci na, sebbene come la slessa materi a
dell a Medi ci na Fi l osofi ra, od uni versal e, che i Sacerdoti Egizi i mpi egavano
per guari r ogni specie ili mal atti e, senza che il popol o runos esse come n
con che, dato di e la mani era di lare questo ri medi o ero contenuta nei l ibri
dErmete, che i soli Sacerdoti avevano il di ri tto di l eggere, ed erano soli
di e li potevano capi re perdi*: l utto era velato soli*) le tenebre ilei geroglifici ,
Tri megi sto stesso ci di ce, in Ascl epio, che I si de non fu l 'i nventri ce dell a
Medi ci na, ma di e Pinvo-ntore ne fu l'avo ili Asclepio, cio Ermete del qual e
egli portava il nome.
Qui ndi non bisogna credere a Dindorn* e neppure all a tradi zi one volgare
dEgitto, secondo la qual e egli riferisce, che non sol tanto I si de i nvent molti
ri medi per la cura dell e mal atti e, che contri bu i nfi ni tamente alla perfezione
dell a Medi ci na, i na che trov anche un ri medi o capace di procurare l ira
mortal i t, e del qual e se ne Bervi per suo figlio Oro, al l orquando questi fu
ucciso dai Ti tani , e io rose in dTetti i mmortal e. Si devo conveni r meco che
l utto ci si deve spi egare al l egori camente, e clic secondo la spi egazione rhc
ci fornisce l Arte Ermeti ca, I side contri bu moll o ali a perfezione dell a Me
di ci na. dato di fessa era la materi a dall a qual e si faceva il pi u ec,rel enl e
ri medi o che si trovi nell a Natura, Ma non sarebbe tal e se I si de fosse sola,
perch necessita assol utamente diV&sa sia mari tata con Osi ri de, poi ch i
due pri nci pi ! debbono essere ri uni ti in un sol tutto, cos come al comincia-
mento del TOpera essi formavano uno stesso soggetto, nel qual e orano conte
nute duo sostanze: L una maschi o c l altra femmi na.
TI viaggio dI si de nell a Feni ci a per andare a cercare il corpo del suo
sposo, li* l agri me di e versa pri ma di trovarl o, Enl horo sotto il qual e lo trov
nascosto, tutto ci detto seguendo l Arto Sacerdotal e. I n cl rLti, Osiride
essendo morto gettato a mare, vale a di re, sommerso nel {"acqua mercuri al e,
u mare dei Fil osofi; I ri de vorftfl dell e l agri me, poi ch la materi a cli 'c ancora
votati le rappresentata da I si de eleva sotto forma di vapori , si con*
den*a, v ri cade in gocce. Questa tenera sposa rercp con i nqui etudi ne suo
mari to, ron pi anti e gemi l i, e non [n ri trovarl o se non *ottn un tamari sco;
d perch la parte vol ati le non si riunisce con la fi ^a se non quando so-
pra\vi ene la bi anchezza: all ora il i t kso nel qual e Osi ri de r nascosto sotto
il tamari sco, [miche i fiori di quest'al bero sono bl andi i e le -ne radi ci sono
rosse. Questtilt inin col ore anche pi preci samente i ndi cato dal nome stesso
dell a Feni ci a, di e der da da rpnvjt : rosso, il colore del l a porpora.
I ri de -opravvi sse a -no mari to, e dopo aver regner gl ori o-amei i l e. fu
messo nel novero degli I l ei. Mercuri o decise I sm cul to, come aveva stabil i to
quell o d'Osi ri dr, Poi ch nell a seconda operazi one chi amal a seconda opera,
o seconda di sposi zi one da Mori ano: la L una dei Filosofi n la loro Diana, o
la materi a al bi anco si mboleggi ata pure da I side appare i m'aUra volta dopi
la sol uzione o Sa morti ' d'Ori ri dc. per quel l o clic la ri trova Tiie^a nel rango
degli Dei ; ma degli Dei Fi losofici , poi ch es-a la l oro Diana o la l ama.
73
una dell e pri nri oai i Dee del l 'Egi tto; fi coniprende hojw perch s
questa ilei fi razi one a Mercurio*
Alcuni Autori insi stono nel ri tenere storielle questi: allegorie* r qui ndi
Osiri de eri I si de personaggi rea I meni e vissuti . Ri copi qui limi iscrizione
ri portal a ila Di odoro e che riflette Osiri de:
n I o 41no il figlio pri mogeni to di Saturno, uscito da un ramo il lustre e ila
un generoso sangue, pri vo affililo di seme. Non vi alcun luogo dove io non
sa stato, fi o vi si tato tull e Se Nazi oni [ter i nsegnare ad esse tutto ci di di e
fono stato l 'i nventore n.
Non credo che si possa attri bui re a nessun Re dEgitto tutto ci che reca
questa i scrizione. Parti eoi armenti : n generazione svnztt seme, mentre anche
questul ti mo all egori co processo lo si trova nel l Opera Ermeti ca, ove si n
tende per Saturno il color nero rial quale nascono il bi anco od I<iHo, ed il
rosso od Osi ri de; il pri mo chi amato Luna, c il secondo Sole od Apollo.
Cosi unii resta meno difficoltoso, ed anzi pi uttosto impossi bil e poter
appl i care ad una Regina In seguente I scrizione trascri tta da mia culmi na di
J dde, e ri [toriata dall o stesso Di ndoni :
ir lo I side, sono la Regina di questo paesi* dEgitto, ed ho avuto Mercuri o
per Pri mo Mi ni stro. Nessuno potr revocare le Leggi ch'i o ho fatte, n i m
pedi re ri edi zi one di ci che ho ordi nato.
9 Sono la figlia pri mogeni ta ili Saturno, il pi giovane degli Dei.
ff Sono sorella e nposa d'Osiri de,
ir Sono la madre del Re Oro.
a Sono la pri ma i nventri ce del l Agricoli uro.
*r Sono il Cane bri l l ante fra gli Astri .
La citt di Rubaste c stata edificata in mio onore.
Ral l egrati o Egi tto, che in'I iai nutri ta d .
Ma se la si i nterpreta ri ferendol a alla materi a del l 'Arte Sacerdotal e, con
frontando queste espressi oni con quell e dei Filosofi Ermeti ci , le si ri scontre
ranno tal mente conformi che si sar obbl igati di conveni re che l 'Autore di
questa I scri zi one ha tenuto di mira Io stesso oggetto dei Fi losofi. Diodoro af
ferma che al suo tempo non si poteva leggere pi di quanto ne Ita ri portato,
perch il tempo ne aveva cancel l ato il resto. Ed aggiunge che non neppure
possibile ottenere al cun chi ari mento al ri guardo, dappoi ch i Sacerdoti cu
stodiscono i nvi ol abi l mente il segreto su ci eh stato l oro confidato, prefe
rendo megl i o che la verit eia i gnorata dal popol o, anzi ch correre il ri schio
di subi re le pene ini poste a coloro che di vul gherebbero questi segreti. Ma
rifacci amoci la domanda: quali erano dunque questi segreti cos fortemente
raccomandati ? Coloro che uni tamente a Ci cerone affermano di e consi steva
nel non palesare che Osiri de era stato un uomo, hanno ben ponderato tinello
che di cono? I^a pretesa condotta tenuta da I side nei confronti dei Sacerdoti ,
da s sola era atta a tradi re questo segreto, c quel l a dei Sacerdoti verso il
popol o lo scopriva ancora maggi ormente. Macch! mi ut vorr far credere
che Osiri de tinti fu mai un uomo, e mi si mostra la sua tomba? Temendo
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Oli* he eli" io noti dubi ti (iella sua morte, c come se non si volesse rl i ' o la
(rida di virila, si i nol i i pHcanu deli e tombe? Ogni Sacerdote mi afferma che
ne J] possessore? Con fessi amo si nceramente che questo segreto sarchi l e mal
Bmrerl i i to. Ma qual e ti licersi l , dopo tul i o, di quel l o segreto i nviol abil e a
ri guardo dell a tomba dmi Re ardentemente amato dai suoi suddi ti ? Quale
i ntendile per occul tare fa Lombo dOsi ri dc? Se s dresse eli"Ermete avesse
roti? i Ita l o ad I side db i rru tare la tomba de! mari i o, onde evi tare al popolo
una urea situi e _d* i dol atri a, pui eb egli prevedeva che il grandi* amore rl ie il
[iopolo aveva concepi to per Osiri de, i cagi one dei benefizi che ne aveva rice-
\ ni i. avrebbe potuto rtiuilurJ o ad adorarl o per ri conoscenza; questa cori-si
derazione sarebbe stata conformi: alle idee che dobbi amo avere dell a vera
piet di Ermete. Ma I side lungi datinoceli I l are questa tondi a, ma facendone
mia per ogni brandel l o del corpo d Tisi ri de e deci sa a persuadere che ognuna
di dette tombe custodiva [Muter corpo del suo sposo, questo non sarebbe,
al contrari o, come mol ti pl i care la pietra dell o scandal o e di-l l i nci ampo ? I.a
Sarita Scri ttura cMnaegun che GiuMi lenti e ben altra condotta verso d*!srae-
liti , alla morte di Mose, per i mpedi re, senza dubbi o, che gli Ebrei imitassero
gli Egi ziani i n questo genere dMdol airia.
Perci non si faceva un segreto dell a tomba d'Os ri de onde occul tare al
popol o la pretesa umani t ili questo Dio; ma se si proi bi va, sotto la mi nac
cia di pene rigorose, di di re che I side e il suo sposo rrano stali degli nomi ni ,
si perche rfFel l i vai nrnte essi unii lo furono affatto. Quel l a proi bi zi one la
qual e non concordava per nul l a con I3 pubbl i ca di mostrazi one dell a loro
tomba, avrebbe dovuto far slip pur re un qual che mi stero nascosto sotto questa
evi dente contraddi zi ne, cd anche il gran segreto che osservavano i Sacer
doti , avi ebbe dovuto susci tare hi curiosit. Ma il popol o non pensa di fon
dare scrupol osamente le cose, um le prende tal qual e le si propi nano senza
bell e esami narl e. E del resto quaF il segreto che possa avere un rapporto
con i ma tomba e con quanto questa ri nchi ude? Guardi amo le rose dal iato
all egori co; leggi amo i Fil osofi e vi troveremo menzi onate al tre tombe del
pari misteriose. Basili o Val enti no, nel suo et Ordi nnl e j >, i mpi ega questa al
legoria due o tre vol te: Norton, nella 12. Chi ave, scrive clic bisogna far
mori re il I te e seppel l i rl o. Rai mondo Lull o, Fl amcl , il Trevi sano, Aristeo
nell a Turba, e mol ti altri 'espri mono pre*sa poca nei medesi mi termi ni ;
itiii l utti occul tano con grande cura la tomba a ci chVssa racchi ude, vale a
di re: il vaso e la materi a che vi contenuta. Il Trevi sano dice che il Re
si lingua nel l acqua {li una font aita; che quest'acqua egli ama moll i ssi mo, e
di e in- amato, perch egli ne t. sortito, nell a stessa vi muore, e ehessa gli
wr>e di tomba. Troppo l ungo sarebbe il ri portare tutte le all egorie degli
Autori , le quali provami a coloro che non si lasci ano accecare dal pregi udi
zio. clic questo segreto era quell o do IT Ai T*- .Sacerdotale, tanto fortemente rac
comandato a tutti gli Adepti .
1 Sacerdoti i struiti da Ermete, qui ndi , avevano ben altro scopo anzich
<1nello ilella Stori a, con la qual e non possono ammetterei tul l e le di fferenti
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quali ficazioni di madre e figlio, di sposo e sposa, di [mi ri l o e sorella, di
padre e figlia che si trovano nell a leggenda d'Ori r de c Viride al traverso le
vari anti dell a stessa; Tornire invece tali di fferenti quati f razioni eonveugono
molto bene al FOpcra Erni rti cs, quando si prende a consi derare runi ca sua
materi a sotto i di versi aspetti . Si rifletta un poco su ai roni tratti di delta
l eggenda. Perch I side raccogli e e ri unisce tul l e le membra del eorpo dO-
ri ri de, eccettual e le parti natural i ? Perch dopo hi mori e del suo sposo essa
gi ura di iti a i ri mari tarsi ? Perch essa si fa i nterrare nell a foresta di Vul cano?
Quali sono queste parti natural i se noti le terrestri nere e feculenti della
materi a Fi losofica nell e quali essa s formal a, e dove ha preso nascita, e che
bi sogna ri gettare come inni ili, e con le quali essa non pu ri uni rsi , dato che
le sono eterogenee. Se I si de qui ndi inani iene il gi uramento, si e che dopo la
sol uzione perfetta, desi gnata dall a mori e, essa non pu affatto, medi ante al*
cuti artifici o, essere separata da Osiride, I n seguito vedremo il perch si ilice
che essa venne i numata nell a foresta di Vul cano. I ntanto si sappi a che la
i numazi one Filosofica la fissazione, vale a di re il ri torno dell e parti volu
til i e la l oro riunione* con le parl i fisse ed ignee dall e quali erano state se
parate; ed e perci che si dice che I side ed Osiri de sono ni poti di Vul cano,
Da quanto abbi amo detto si ncira desta sorpresa che si sia supposto che
Osi ri de od I side avevano in grande venerazi one Vul cano e Mercuri o? S ri
tiene M ommo qual e i nventore dell e Arti e dei caratteri geroglifici , poi ch
Ermrl e li ha in veni ali a ri guardo ilei mercuri o Fi losofico. Fi l i ha insegnato
la Rcttori va, Fstrmi omi a, la Geometri a, l 'Ari tmeti ca e la Musica, ner mo
strare la mani era come parl are del l Opera, degli astri che vi sono cautel i mi ,
dell e proporzi oni , dei pesi e dell e misure che nerr-ssila osservare prr i mi tare
la Natura. Fi n ha fatto di re a R ni ninnilo Fi l il o: Fa Natura racchi ude in s
stessa la Filosofia e la scienza del l e sette arti l i beral i : (,fcM conti ene tutte le
forme geometri che e l e l oro proporzi oni ; compl eta tutte le cose medi ante il
calcolo ari tmeti co, con Vegnngliaiizu dini numero prestahi l i to. e medi ante una
conoscenza ragi onata e rrl tori ca porta Fi ntcl l etto dal l o stato di potenza m atlnn.
Erro come Mercuri o fu Fi nl erprete di l utto e serv da consi gli ere ad I side,
la qual e nul l a poteva fare iejiiin rii Mercuri o il qual e e la base delTOpern e
qui ndi senza di esso nul la ri pu fare. Ma abbandonando i! senso Ermeti co,
non ri pu poi ragione*nli tirnte attri bui re a Mercuri o od Frmel e Fi nv enzimi e
ili tutto, perch si che le arl i erano note gi pri ma del Di l uvio, c dopo il
Diluvio la Torre ili Rabide ne una ri prova.
Fi de, secondo Di odnro, fece fan? dei templ i tull i d'oro th'iuhrn mirtei in
onore di Giove c degli altri Dei. Ma in qual luogo del mondo ed in qual sc
rolli fa stori a ri riferisce che se in* -ia el evato ini tempi o ri mi l e? Alai Foro
delle mi ni ere fu tanto comune come lo e oggi d, eppure mal grado questa ab
bondanza qiinV il popol o clFabhi n potuto soddi sfare tale cosi ni /i one? Clip
alle vol te non ri si a voluti di re eh e tali Templ i erano dell a s!es*n natura
degli Dei di r ospi tavano? E non forse ila credere che con tali Templ i ci
si ri feri va ai Templ i e il agli Dei Ermeti ci , vale a di re: alla materi a a uri fi ra
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rd ai rol nri drl FOpcra t'.hTflidr in effetti fond flato H i V m la materi a
Mesa? Per questa stessa raginne si dine che I side aveva i n "rande consi dera
zione pii Artisti orafi , e degli altri metall i . E i a era ima Dea doro: la Venere
aurea di tutta l 'Asta.
Per quanto ri guarda !a Cronol ogia degli Egzi, l a itfi&sa ugual mente mi
steriosa, Non parrebbero daccordo fra di l oro, non che non lo si eno effet
ti vamente, ma perch l 'hanno vol uta nascondere ed irnhrn "di ari a per de
l i berato proposi to, c non perch, come pretendono pii i gnoranti , vol evano
stabi l i re Ertemi l del mondo. E faci le che un pri mi ti vo errore trovi ilei
segnaci. T/nno dice che bastano quattro giorni per compi ere POpera, Pati r
assi cura che nr occorre tm anno, qucl attro: un anno e mezzo, questi sta
bili sce un tempo di tre anni , un altro spi nge il lasso di tempo a selle anni,
rd un altro ancora lo eleva a dieci anni ; ed a senti rl i parl are tanto di versa
mente, non si ha l i mpressi one che siano tul l i Fra l oro contrari ? Mn colui
di e bene conosce il fatto suo. dice il Maj cr, di e sapr bene come trovarl i
concordi . Si faccia sol tanto attenzi one che Piino parla duna operazi one,
l altro tratta del l al tra; di e in certe circostanze eli anni dei Fil osofi si ri du
cono a mesi, e secondo il Fi l atel e: i mesi in setti mane e l e setti mane in
gi orni. ree. che i Fil osofi coni pul a no i "torni tal vol ta alla mani era volgare,
tal vol ta all a mani era l oro propri a: che vi sono quattro stagioni nel l 'annata
comune e quattro ndPannata Fi losofica: clic d sono tre operazi oni per f l i r
tare a fine l Opera c cio: l operazi one della Pi etra o dell o Zolfo, quell a
mI l Fl i drr., e la Mol ti pl i cazi one; di e queste tre hanno ei a-cuna le l oro sta
gioni ognuna dell e quali costituisce un anno, e di e le tre ri uni te formano
anche un anno il qual e finisce con Pai ituntio poi ch c il tempo di raccogl-re
i frutti e podere dell e propri e fati che.
STORI A DI ORO
Parecchi Autori hanno confuso TTorn od Oro roti .Ar por rate : ma in non
di scuter qui del l e ragioni di ti hanno potuto determi nare tale rni ifu-i nnc.
1,'idea piti accredi tal a si dte Oro era figlio d'Osi ri de e dl si dc. e Pnl ti i no
degli Dei d'Egi tto ma tal e posto non gli vcnEi i assegnato per ri feri mento
ni suo meri to, sebbene qual e proredura per 1 ur culli, e d perche effet
ti vamente appare l ul ti mo fra "b Dei Chimici essendo Toro Erme ti ro, qui ndi
il ri sul tato finale del POprra. F.' per questo Oro od Apol l o che Osiri de i n
traprese un cosi l ungo viaggio e sopport tanti lavori e fatiche, Oro e il
tesoro dei Fi losofi, dei Sacerdoti e dei Tir d'Egi tto; il tiglio Fi losofico nato
da I si de ed Osiri de, o se pi pi ace, Apol l o nato da Di me e da [.atomi.
Ala alcuni Autori , suhh l ettera, hanno consi derato Apol l o, Od ri de ed I side
qual i figli di Giove a di Gi unone, c qui ndi Apollo non pu essere figlio di
I si de rd Osiri de. Altri Aul ori dicono anrl i e che il Sole fu il pri mo Re d E-
gi lto. gli segui Vul cano, indi Saturno ed infine Osiri de rd Oro. Tutto ci.
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l u riconosco, potrebbe causare uu certe i mbarazzo e preseli la re dell e diffi
colt i nsormontabi l i in un sistema stori co; ma per tpianto riflette lOpera
Ermeti ca queste difficolt scompai ono. E questo e ancora lina ri prova clic
esclusivamente l 'Opera Ermeti ca costituiva l oggetto ili tutte queste finzioni.
L 'agente eil il pazi ente, nel l Opera, essendo omogenei , si riuniscono per
produrre un terzo simil e ad essi e di e procede dai due; il Sole e la Luna ne
sotto il [ladre e la madre, cosi dice Emi di -, e lo stesso ri petono gii altri
Filosofi venuti dopo di lui. Questi appel l ativi ili Sole e Eolia dati a parecchi e
cose, orinili il un equivoco che d l occasi one a tol te i j [ l este difficolt; da
questa sorgente elle sono pul l ul al e l ol l e le quali fi che d padre, madre, figlio,
figlia, avo. fratel l o, sorel la, zio, sposo e sposa, e tanti al tri si mil i nomi , i
(piali concorrono ad i nformare le volgari i nterpretazi oni di pretesi inrestui
ed adulteri ! tanto sovente ri petuti nell e auti ehe Favul e. Bi sognerebbe essere
Fil osofo Ermeti co, o Sacerdote Egizio per poter di stri care tutto ci; ma Ar-
pocral e raccomanda il segreto, e non da sperare elle lo stesso possa essere
vi ol ato con il [liti piccolo chi ari mento. Gi clic si pu concl udere dall a buona
fede c dal l iii gcnuil , uti/i cchc dall a indiscrezi one, di qual che Adepto, si
che la materi a del l 'Opera il pri nci pi a radi cal e di tutto, ma che parti col ar
mente e il pri nci pi o atti vo e furiuah- dell oro; ed perci che del l a materi a
di venta oro Filosofico medi ante le operazioni del l Opera, operazioni i mi tate
da quell e dell a .Natura. Questa materi a si forma nel l e visceri della terra,
c vi portata dal l acqua dell e piogge le qual i sono ani mate dall o spi ri to
uni versal e sparso nel l ari a, e questo spi ri to atti ra la sua fecondit dall e
influenze del Sole c del l a L una, che con tal mezzo di ventano il padre c la
madre di detta materi a. Ea terra e la matri ce nell a qual e questa semenza
deposi tata, e qui ndi ne sua nutri ce. Loro che se tic forma c il Sole terre
stre. Questo materi a o il soggetto del l Oli era composta di due sostanze,
l 'una fissa, l al tra vol ati l e: la pri ma ignea ed atti va, la seconda umi da e
passiva, ed alle qual i bc dato t nomi di Cielo e Terra; Saturno e Rea, Osiri de
ed I si de, Giove e Gi unone; ed il pri nci pi o igneo o fuoco d' natura che vi
ri nchi uso stato chi amato Vul cano. Prometeo, Vesta, ecc. Per tal modo,
Vul cano e Vesta che si mboleggi ano il fuoeo dell a parte umi da e vol ati le, sono
propri amente padre e madre d Saturno si mi l mente come il ciclo e la terra;
poi ch i numi di questi Dei non si danno esclusivamente alla materi a ancora
cruda cd i ndigesla consi derata avanti la preparazi one che le d lArtista di
concerto. con la .Natura; ma tali numi vengono anche i mpi egati durante la
preparazi one e le operazi oni che ne seguono. Tutte le vol te che questa ma
teria (venia nera, essa il Saturno Fi losofico, figlio di Vul cano e di Vesta,
che sono essi stessi figli del Sole, per le ragioni dette i nnanzi . Quando dopo
il nero, la materi a di venta gri gi a: Giove; di venta bi anca ed in tal caso
L una, I si de, Di ana; ed al l orquando perviene al color rosso: Apol l o, Febo,
il Sole, Osiri de. Dunque Giove figlio di Saturno, ed I side cd Osiri de sono
figli di Giove. Ma dato elle il colur grigio non un colore pri nci pal e del*
l Oprru, la maggi or parte dei Filosofi unii lo menzi onano, e [lassano di col [io
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dal nero al bi anco, qui ndi I si de ed Osiri de vengono ravvicinati a Saturno*
c natural mente di ventano t suoi figli pri mogeni ti , ron forni emente alle I scri
zioni che abbi amo innanzi ri portate. I side ed Osi ri de sono adunque fratell o
e sorel la, sia che li ai ri tenga quali pri nci pi ! dcl TOpera, sia che li si consideri
come figli di Saturno o di Giove. I side In si ri trova anche come madre dO-
eiri de poi ch il color rosso nabcc dal bi anco. Mn si domander, come: sono
sposo e sposa? Se s pone attenzi one a tutto quanto abbi amo detto, si con
stater elle lo sono sotto tutti i punti di vista dai (piali li si voglia consi
derare, mn pili apertamente lo sono nella produzi one del Sol e Filosofico
chi amato Oro, Apol l o, o zolfo dei Saggi , e di e formal o da due sostanze:
fissa e vol ati le, ri uni te in un tul i o fisso, chi amato Oro.
Quando ut fa astrazi one dall a preparazi one o pri ma operazi one, (e questo
ti* quasi costante presso i Fil oso fi che comi nci ano i l oro l rottati del l 1Arte
Sacerdotal e od Ermeti ca, dal l a seconda operazi one) dato che l oro Filosofico
e gi Fatto e che bi sogna i mpi egarl o qual e base dell a seconda operazione,
allora il Sol e si trova pri mo Rf dEgitto, esso conti ene il Fuoco di natura
nel suo scilo: e questo fuoco agendo sulle materi e, produce la putrefazi one
e la negrezza; ed ecco nuovamente Vul cano figlio del Sol e i: Saturno figlio
di Vul cano. I side ed Osiri de verranno ili arguito, ed infine Oro per In ri mi ione
d suo padre e di sua madre.
E* qui ndi a questa seconda operazione che bisogna appl i care questo modo
di di re dei Fi losofi: occorre maritare / madre con fJ figlio n vale a dire
di r dopo la pri ma codone lo si deve mischi are con la materi a cruda dall a
quale sorti to, e cuocerl o nuovamente sino a quando fi eno ri uni ti r non
facciano che uno. Durante quel l a operazi one la materi a cruda dissolve e
putrefa la materi a di geri ta: hi madre ohe ucci de suo figlio, e lo Ttirltr nel
propri o ventre per ri nascere e resusci tare. Durante questa di ssol uzione
Ti tani ucci dono Oro, i* sua madre indi lo ri porta dall a morti ' a nuova vita.
Allora il figlio, t upi u affezionato verso la madre di quanto questa non lo
era stato verso di l ui , di cono i Filosofi, fa mori re la madre e regna in sua
vere. Ci vale a di re: che i! fisso o Oro, fissa il votati le od I si de clic lo
aveva volai Uzzato; perch ucci dere, l egare, chi udere, i numare, congelare,
mangul arc, n fissare sono termi ni si noni mi nel linguaggi o dei Filosofi; cos
come: dare la vita, resusci tare, apri re, sl egare, e vi aggi are significano la
stessa cosa di vol ati li zzare.
I si de rd Osiri de Mino reputati qui ndi a giusto titol o i pri nci pal i Dei del-
TEgi l l o con Oro che in effetti regna da ul ti mo poi ch esso simholci iil ia il
ri sul tato di tutta FArte Sacerdotal e. Ed questo, forse, che da qual cuno
lo ha fatto confondere con Arpocrate Dio ilei segreto, dato che Foglietto di
tal e secreto al tro non era che Oro, il (piale si aveva ragione di chi amarl o
anche il Sole od Apollo poi ch il Sol r o l 'Apol l o dei FiluNofi. Se 'iti Ar
cheologi avessero studi ato la Filosofia Ermeti ca, non si sarebbero trovali
i mbarazzal i per trovare la ragione rhe spingeva gli Egizi a rappresentare
Oro sotto la figura rj'uri fanci ul l o, e spesso, in fasce. Essi avrebbero i mparato
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di e Oru n it fanci ull o Fil osofico nato ila laide e dii Osiri de, o dall a donna
bi anca c dal l 'ti omo rosso; cd perci che sovente lo si vede, sui monumenl i
fra le bracci a d'I si de che Io al l atta.
Queste spi egazioni servi ranno da l ume ni Mitologi per penetrare nel
l oscuri t dell e Favol e le qual i fanno menzi one di adul tcri i , dincestui i ra
padre c figlia come quel l o di Ci ntro con Mi rra; come si racconta anche d
Edi po; di fratell o con la sorel la come per dove e Gi unone, ecc. E cosi pure
i parri ci di ed i matri ci di ccc., non saranno pi consi derati se non quali
all egori e intel li gi bil i e svelale, c mai pi qual i real i alti che [aiuto orrore
al 'umani t, e che non dovrebbero affatto trovar posto nell a Stori a. I seguaci
dell a Filosofia Ermeti ca vi troveranno come bisogna i ntendere i testi secondo
gli Adepti , u Cel ebral e le nozze, mettete lo sposo e la sposa nel l etto nuzi al e;
spandete su di essi una cel este rugi ada; la sposa concepi r un figlio eh'essa
al l atter; questo figlio quando sar divenuto grande, vi ncer i suoi nemici,
c sar coronato con u:i Di adema rosso . a Veni te, figli dell a Saggezza, dice
F.rmete (nei sette capi toli ) e rall egri amoci ormai , la morte vi nta, nostro
figlio di ventato Re, indossa un abito rosso, la ti nta del qual e stata forni ta
dal fuoco . L n mostro di sperde le mie membra( dice Bel i no nel l a Turba)
dopo averl e sbranate, ma mia madre le ri unisce e le ri compone. I o sono la
Tace dei miei e mani festo in cammi no la luce di mio padre Saturno . a Confesso
la verit, dice l 'Autore del Grande Segreto, sono un grande peccatore. Ilo
costume di corteggiare e sol l azzarmi eoo m a madre che i nha portato nei
sito seno; io l abhrarcl o con amore ed essa concepisce e mol ti pl i ca il numero
dei miei figli, essa aumenta i mi ei si mil i, secondo ci che ilice Ermete; mio
[ladre il Sol e, e mia madre la Luna . a Bisogna, di re Rai mondo Lullo
(nel 1. codicill o), che la madre la quale aveva generato un figlio, venga ri n
chi usa nel ventre di questo figlio, c che tic sia perci , a sua vol ta, generata .
Se Osi ri de si l 'anta il tn)3 eccel lenza supcri ore a quell a ili tutti gli altri
uomi ni , perche stato generato da un padre senza seme, il figlio Filosofico
possiede la stessa prerogati va, c sua madre mal grado il snn concepi mento c
lo sgravo resta sempre vergine secondo la seguente testi moni anza di d Espa-
gnel. nel suo can. 58: Prendete, di cegli, ima vergi ne al ata, gravida dell a
semenza spi ri tual e del pri mo maschi o, e clic mal grado la propri a gravidanza,
ronseri a mi l l ameno i ntatta la gl oria dell a sita vergi ni t .
Non la finirci pi se volessi ri produrre tull i i testi dei Filosofi clic hanno
tilt evidente e pal pabi l e rapporto con i dettagli dell a storia leggendaria
d"Osiride, dI si de ed Oro. Ma questi qui ri feri ti Bono sufficienti per coloro
che vomi ti no prendersi la pena di confrontarl i e di farne l appl i cazi one.
STORI A DI TI FONE
i ndoro fa nascete Ti fone dui Ti tani . Pl utarco lo di re (rateil o dOeiride
e d I si de: alcuni altri avanzano che nacque dall a ferra al l orquando Gi u
none, i rri tato, la batt eoi pi ede, e he per il ti more ch'ebbe d Giove lo fece
ri fugi are in Egitto, dove non potendo sopportare il cal do di quel cli ma, si
preci pi t in un lago nel qual e per. Esi odo ce ne fa un ri tratto veramente
spaventevole, e che Apol l odnro parrebbe abbi a eopi ato. La Terra, essi di cono,
i rri tata e furente dal perche Giove aveva ful mi nato i Ti tani , si congiunse
con il Tartaro c partor Ti fone. Qneslu mostro spaventevol e possedeva una
statura ed una forza supcri ore a tutti gli al tri ri uni ti i nsi eme. La sua altezza
era I nntu enorme clic sorpassava te piti alte montagne, e la sua testa toccava
gli astri. Le sue bracci a distese andavano dal l 'ori ente al l 'occi dente, e dall e
sue mun usci vano cento draghi furiosi che dardeggi avano conti nuamente la
l oro l ingua tri pui i tuta. I nnumerevol i vi pere sorti vano dal l e sue gambe c dall e
sue coscio, e ri pieguntlsi con variate spi re stri sciavano l ungo tul i o il suo
corpo con si bi li tanto orr bi l i che sbal ordi vano i pi ti i ntrepi di . l,a sua bocca
esalava fiamme, i suoi occhi erano dei carboni ardenti , ed aveva una voce
pi terri bi l e ile] tuono, tal vol ta muggiva cumc un toro, tahi l tra ruggiva come
un leone, c qual che vol ta abbai ava come un cane. Tutta la pari e supcri ore
del suo corpo era coperto d'i rsute fienile, e la i nferi ore Lo era di squame.
Tal e era questo Ti fone tcmi li i le a gli stessi Dei, e clic us l anci are contro il
Cielo i maci gni e le montagne, emettendo url i orri bi l i e per i qual i gli Pei
ne furono tal mente spaventati che ri tenendosi di non ri manere pi con sicu
rezza in Cielo, si misero ili salvo in Egitto, e si misero al sicuro da IT i nsegui
mento di questo mostro, occul tandosi sotto le forme dei diversi animali .
S' tentato di spi egare mural mente, stori camente e fi si camente l utto quantu
gli auti rbi Autori ci di reno di Tifane, f.e appl i cazi oni che se tic son fatte,
sono state tal vol ta molto feli ci ; ma non mai stato possibile ai Mitologi di
spi egarne tutta i nteramente la favola con lo stesso si stema. Il suo matri moni o
con Echi dna, lo rese padre d diversi mostri degni del l a l oro ori gine, tali:
la Gorgona, il Cerbero, l 'I dra di I berna, la Sfinge, l 'Aqui l a che di voral a il
fegato drUiii feli re Prometeo, i Droghi custodi del Tosou d'oro e quell o
del Gi ardi no dell e Esperi di , ecc. T Mitologi per cavarsi dal l 'I mbarazzo nel
qual e li gettava questa favola clic per essi di ventava uno dei pi osenri misteri
dell a Mitologia, si sono affrettati a dire elle i Greci ed i f-ali ni. i gnorando
l 'ori gi ne di questa favola, ['hanno maggi ormente abbui ata vol endol a traspor
tare, seconda il l oro cusl umc, dall a storia dEgitto nell a loro, basandosi
sul l e tradi zi oni ch'essi avevano apprese nel l oro contatto con gli Egiziani
ne fecero, di Tifone, un mostro orri bi l e e stravagante clic la gelosa Gi unone
aveva fatto sorti re da terra per vendicarsi di LaLuna sua ri val e.
Fra 1 tanti di versi modi d'i ntcrpctrazi one d questa Favola come dobbi amo
concl udere? Sar bene attenerci esclusivamente a quei tratti nei qual i gli
Stori ci , i Poeti ed i Mitologi si trovano tutti d'accordo, oppure prospettano
l eggere vari anti , 1 Poeti ed i Mitologi, daccordo, ri feri scono che Tifone
venne preci pi tato nell e profondi t deUEl na, ma gli Anti chi che non li,inno
desi gnal o quel vul cano qual e sua tomba, ci hanno invece i ndicato altri l uoghi
caratteri sti camente di natura solforosa e noli per il sotterraneo loro fuoco.
ty -
qual i nell a Campani a: o nell e vi ci nanze del Vesuvio (come riferi sce D odoro)
o nei campi Fl cgei (secondo Stratone), n (fierolido Fnugii ma) in un luogo
del l Asia dove tal vol ta sorte dali a terra del Pacqua, e tal al tra del fuoco, fu
breve, in tutte le montagne cd al tri posti ove si ri scontrano forti esalazi oni
sul furee. Gli Egizi infine raccontano che Tifone era stal o ful mi nato od era
peri to in un turbi ne di fuoco.
Cerchi amo di ri awi ci nare tutto ci con alcune ci rcostanze dell a vita di
Ti fone, ed a meno che non si vogliano chi udere del i beratamente gli occhi
all a l uce, ai sar costretti ail ammettere che tutta la fltori3 di questo preteso
Mostro sempl i cemente 'j nall egorin, la qual e Fa parte di quell a che i Sa
cerdoti Egizi, o l o stesso Ermete aveva i nventato per vel are l Arte Sacer
dotal e, i Poeti e gli Stori ci Greci e Lati ni ci hanno conservato, nell e loro
pi assurde favole, le tradi zi oni dcl PEgi tl o. ed a queste tradi zi oni origi*
nari e che necessita ottenerci . Esse cinsegnano che Tifone* era fratell o dO-
si r de, rh'egl i persegui t sino al punto ili farl o mori re nell a mani era gi
nota; che poi egli venne vi nto da I side con l 'ai uto di Oro; e che infine peri
nel fuoco. Gli Storici ri feri scono anche che gli Egizii abomi navano il Mare,
chessi consi deravano come lo stesso Tifone, e lo chi amavano: schi uma n
.Wit'fl di Tifane* e con tale appel l ati vo i ndicavano il sal e mari no. Pi tagora,
i strui to dagli Egizi, diceva che il Mare era uno l agri ma ili Saturno. I j i
ragi one di e ne davano si era che, secondo essi il mare era un pri nci pi o
di corruzi one poi ch il Nilo, che procurava l oro tanti bencficii, mescolandosi
col mare si al tera dall a sua purezza. Qnentc tradi zi oni ri dicono anrora che
Tifone fece peri re Oro preci pi tandol o nel Marc, e che I si de lo risuscit
dopo averl o ri pescato.
Abbi amo detto che Osiri de era il pri nci pi o igneo, buono e generati vo che
la Natura i mpi ega nell a formazi one dei misti , e che I si de nc era l umi do
radi cal e, e non bisogna confondere l uno con l altro, poi ch differiscono fra
di essi come ti fumo c la fiamma, la luce e lari a, lo zolfo ed il mercuri o.
L umore radi cal e nei misti la sede cd il nutri mento del cal ore i nnato, a
fuoco natural e e cel este, e di venta come il l egame che Puni sce con il corpo
el ementare; e questa vi rt ignea come la forma r l anima del misto. Perci
questo vi rt ignea compi e lufficio di maschi o, mentre Tumore radicale* in
quanto cli e umi do, espl ica la funzione di femmi na; casi, qui ndi , sono fiorar
fratell o e sorella e la toro uni one costituisce la base del misto. Ma questi
misti non sono composti dal solo umore radi cal e, perche nell a l oro forma
zione si aggregano dell e porti i mpure c terrestri , e dette i mpuri t mate
ri al i e terrestri sono il pri nci pi o delta l oro corruzi one, a cagione del l oro
zolfo combust bi l e, acre e corrosi vo che agisce i ncessantemente sull o zolfo
puro ed i ncombust bi l e. Questi due zolfi, o fuochi sono dunque due fratell i ,
ma fratel l i nemi ci , c s ha occasione di constatare che l 'i mpuro vince 1 puro,
dall a di struzi one quoti di ana degli i ndi vi dui . Questi sono i due pri nci pi )
buoni c cattivi dei quali abbi amo detto nei capi tol i pri mo e secondo di
questo l i bro.
- 82 -
Ci posto, min difficile concepi re il perch di Ti fone se ne faceva un
mostro orri bi l e, sempre pronto a fare il mal e, e che ebbe snel le l 'audaci a di
muover guerra agli Dei. I metall i abbondano in questo zolfo i mpuro e com
bust bi l e ebe li rode volgendol i in ruggi ne, ognuno nel l a sua specie. Gli Dei
avevano dato i l oro nomi ai metal l i , ed perci di e Erodoto (i n Euterpe)
dice elle dappri ma gli Egizi avevano ntto grandi Dei, cio a di rci i sette
metal l i , pi il pri nci pi o dai qual i questi sono composti . Ti fone era nato
dall a terra, i na dal l a terra greve, dato che questa il pri nci pi o dell a corru
zione. Qui ndi Ti fone fu la causa delta morte dOsi ri de. poi ch la corruzi one
si compi e medi ante la sol uzione di e abbi amo di gi spi egata parl ando dell a
morte di detto Osi ri de. Ij* penne che coprivano la parte superi ore del corpo
di Ti fone, e la sua altezza clic faceva toccare le nubi all a sua testa, i ndi cano
la sua vol ati li t, c la sua subl i mazi one in vapori . Le sue cosce e le sue gambe
ri coperte di squame, ed i serpi che ne sortono da ogni lato sono il si mbolo
dell a sua acquosi t corrompente e pul refal l ri ce. I l fuoco di e getta dal l a horca
denota la sua adusti bi l i t corrosi va, e desi gna la sua pretesa fratel l anza con
Osiri de dato che questi un fuoco ascoso natural e e vivificante, e lal tro .
un fuoco ti ranni co e di strutti vo. Per questa ragi one dEspagnet Io chi ama
il ti ranno della jYartirn, ed il jral ririda del fuoco natural e, c ci sadatta
perfettamente a Ti fone, T serpi , per i Filosofi, rappresentano il geroglifico
ordi nari o dell a di ssol uzione e dell a putrefazi one; cos si riconosce che Ti
fone non di fferisce punto dal serpente Pi tone, ucci so da Apol l o. E anche
noto che Apol l o ed ti ro erano consi derati per I o stesso Dio,
Questo Mostro non fu contento d'aver fatto mori re suo fratell o Osiride,
ma preci pi t nel mare anche il ni pote Oro, dopo d'essersone i mpadroni to
con il soccorso di ma Regina dEti opi a, Non si poteva pi chi aramente
desi gnare la ri sol uzi one in acqua del l Oro od Apol l o Fi losofico, che di cen
dol o preci pi tato nel mare; mentre la negrezza che la caratteri sti ca dell a
soluzione perfetta e dell a putrefazi one chi amata morte dagli Adepti , c si m
bol eggi ata da questa Regi na del l Eti opi a. Orbene, questa materi a corrotta
e putrefatta preci samente quell a schi uma, o saliva di Tifone, nell a qua'c
Osiri de venne preci pi tato e sommerso. Essa veramente una l agri ma d
Saturno, dato che il col or nero 1 Saturno Fi l osof ro. I si de, infine, risuscit
Oro. vale a di re: che l 'Apol l o Fi losofico, dopo di essere stato dissolto, putre
fatto e di venuto nero, pass dall a negrezza alla bi anchezza, e questa, nell o
stile F.rmetieo, la ai chi ama resurrezi one r vi ta. TI padre e la madre all ora
si ri uni rono i nsi eme per combattere Tifone, il qual e si mboleggi a la corru
zione. e dopo averl o vi nto essi regnarono gl ori osamente, e dappri ma In madre
o I side, cio In bi anchezza, e dopo di essa: Ora suo figlio, cio il color
rosso. Senza ri correre a tante spi egazioni , sol amente le supposte tombe di
Ti fone ci Tanno comprendere qual ern il concetto che sadombrava so>lo la
rappresentazi one di questo Mostro, padre di tanti al tri , e dei qual i spi eghe
remo nei rapi tol i che li concernono. Alcuni di cono che Ti fone si gcLt In
lina >,ilmie nell a qual e peri ; altri che fu ful mi nato da Giove e che peri nel
X3
fimrtj. Questi due generi ili uni rle sono l i ni di fferenti . e soli) [terii In lllimiva
Ermeti ca p il Vi accordare simil e co ritraili li zi ime ; Ti fone effell vilmente vi pr-
risee medi nnte l 'acqua ed il fuoco rnii lentporaii eaiiieril e : perch Taeqiin T i-
losofira, u il mestruo feti do, od il mare dei Filosofi, il qual e al tro non 5c
non l 'aeqnu stessa formata dall a dissoluzione dell a materi a, anche ima
pal ude, poi ch essendo ri nchi use nel caso timi ha alcun conni. Questacqua
un vero fuoco, dirotto quasi unani memente i Fil osofi, poi ch essa agisce
eoli maggi or forza ed atti vit d quanto non faccia il fuoco el ementare. !
Chimici bruci ano col fuoco, c noj bruci amo con /'acqua di cono Raimondo
Fi lil o e Ri pl co, c quest'ul ti mo aggiunge: a Ln nastra acqua un fu n a i clic
bruci a e tormenta i corpi molto pi (tei fuoco (IcH'infrmn , Quando si dice
che Giove lo ful mi n, ci vunl di re che il color grigio od il Gi ove dei
Filosofi il pri mo Di o chi mi ca il quale tri onfa ilei Ti tani , cio esce vi tto
rioso dall a negrezza c dall a corruzi one. Al l ora il fuoco natural e dell a Pi etra
comi ncia a domi nare. Oro accorre in ai uto ili sua madre, r Tifone resta
vi nto. Basta confrontare la stori a, o megl io la Tavola di Pi l one con questa
di Tifone, per vedere chi aramente clic le spiegazioni che sto dando espri
mono la vera i ntenzione ili colui che ha i nventate queste all egori e. I n effetti
il serpente Pi tone nasce nell a mola eil il l imo, e fi fone nacque dall a terra;
1 pri mo per nel sangue stesso rlic lo vide nascere dopo aver combattuto
contro Apol l o; il secami mori , dicesi, ili uno stagno o pantano dopo aver
fall o guerra agli Dei, e parti col armente ad Oro il qual e lo stesso che
Apol l o, e dal qual e fu vi nto, l i ra questi Tulli non ri ehi edono alcuna spi e
gazi one.
ARPOCRATE
Tutti gli Autori sono enneordi nel ri tenere Arpocrate qual e Dio del
.silenzio, ed anche vero ehi- su tutti i monumenti ov' rappresentato questo
D o e in al ti tudi ne ili portare 1 dito sull a bocca per i ndi care, come afferma
Pl utarco, clic gli uomi ni che conoscono gii Dei, e uri templ i ilei quali Arpo-
eral e era coll ocal o, non dovevano parl ano- ti -merari aui enlc. L 'al ti tudi ne dello
speciale suo gesto, lo fa di sti nguere da tutti gli altri Dei del l 'Egi tto, e con
i quali egli sovente lui qual che rapporto per i si mboli che lo accompagnano.
Per tal e comunanza di siniholi molti Amori lo hanno confuso con Oro,
e 'hui i o del l o figlio d'I si dr e d'O-iridi*. I n tutti i templ i dI si de e di Sera-
pide si vedeva un al i l o idolo recante 1 di to sulla bocca, e quest' dol o
senza dubbi o quel l o stesso del qual e parl a S. Agostino (de Civ. dei, I. Ili,
e. fi) ri ferendo ilo Varrone, il qual e diceva di e in Egitto vigeva una legge elle
proi bi va, pena la vi ta, di di re che questi Dei erano siali uomi ni . Quel l 'i dol o
non poteva essere altri che Arpocrate, e che Ausoni o chi ama Si galeone
fi .li) voli 0170111Vi1li 5FOIg. .
Avendo confuso Oro con Arpocrate ei si trovati nell a nereili! di di re
che l 'uno e l 'al tro erann si mboli del Sol e; eli a lire il vero, ci ehe ha
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maggi ormente favorito questo errore sono state al cune figurazioni ili Arpo-
crsti: ornate rii raggi, o assise sul loto, o recanti un arco eil una faretra o
turcasso. Ma in questo caso bi sognava ammettere che gli Egizi] avessero una
idea ben di fferente da quel l a dei Greci a ri guardo dell a discrezione del Sole.
Se presso gli Egizi! Arpocrate era il Dio del Silenzio e contemporaneamente
anelli il si mbolo del Sole, questo non poteva verificarsi presso i Greci , in-
quantoch Apol l o non seppe custodire il segreto del l 'adul l cri a di Marte e
Venere. Ma essi avevano entrambi le stesso concetto su Arpocrate, e Io
consi deravano i oni e il Dio del segreto di e si custodisce con il silenzio, e clic
con la ri vel azi one svanisce. Per conseguenza Arpocrate non era il si mbolo
del Sol e; ina i gerogli fici clic si annettevano all a sua figurazione avevano solo
un rapporto si mbol i co con il Sol e, vale a di re: il Sole Fi losofico del qual e
auebe Oro u era un geroglifico.
Gli Autori che cinsegnano elle Arpocrate era figlio d'I si dt e d'Osi ri dc,
di cono il vero, poi ch essi lo avevano appreso dai Sacerdoti del l Egitto,
sol tanto ohe questi Autori prendevano tal e generazi one nel senso natural e,
mentre i Sacerdoti Fil osofi In di chi aravano nel suo significato allegori co.
Ma ci sorprende e meravi gl i a che detti Autori abbi ano preso alla l ettera
tante cose elle ci ri feri scono degli Egizi i. mentre tutti . Greci e Latini erano
convinti clic quei Sacerdoti i mpi egavano sempre del misteri oso nell e loro
parol e, nei loro gesti, nel l e l oro azi oni , nell e l oro stori e e figurazioni e clic
qui ndi tuttn ci veniva consi derato come si mbol i co; si cch la testi moni anza
di questi Autori , sono per se stesse condannevoli . I nostri Mitologi ed Ar
cheol ogi avrebbero dovuto porre attenzi one a ci. I l segreto del qual e Arpo
crate era il Dio, in veri t era il segreto inteso e che si deve custodi re su l utto
quanto ci vi ene confidato. Ma gli attri buti d'Arpocratc cindicaii n {'oggetto in
parti col are del segreto del qual e trattai asi presso il Sacerdozio Egzio. I si de.
Osiri de, Oro, o megl i o ci ehessi rappresentavano si mbol i camente, formavano
l oggetto di questo parti eol are segreto. Essi nc furono la materi a, ne forni rono
il soggetto e lo fecero nascere, si cch questo segreto riceveva la sua esi stenza
da essi, c qui ndi si poteva di re ehi Arpocrate era figlio dI si dc ed Osiride.
I l Cupcr, nel suo Trattato su Arpocrate, ha preteso di di mostrare che si
deve consi derare questo Di o come una stessa persona ron Oro. Ma perch,
al l ora, gli Anti chi li di sti nguevano? Forche gi ammai Oro fu consi deral o qual e
Dio del si l enzi o? E perch su nessun monumento non In si vede rappresental o
nell a i denti ca mani era e con i medesi mi si mbol i ? Da parte mia noto una
soia rassomi gli anza ed quel l a di vederli figurati fanci ull i , ma con In diffe
renza che Oro quasi sempre i n fasce, o sulle gi nocchi a d'I si dv clic lo
al l atta, mentre che Arpocrate spesso mi gi ovanotto, le quante volte non lo
si rappresenta sotto l aspetto dmi uomo gi fatto.
Il gufo, il cane, il serpente non furono mai simboli concessi ad Oro, e
tutto quanto potrebbero avere in comune, si ri duce ai raggi messi i ntorno
alla testa d'Arpucrnl e ed al corno dai di ottdnnza: ma anche vero che mai
si trova Arpocrate radi ante senza che vi sia l aggi unta di un al tro simbolo.
Checch tip sia. il serpente, il gufo ed il rane sono simboli elle convengono
perfettamente al Di o del secreto, e per nul l a ad Osiri de consi deralo per
il Sole. I l gufo era l uccell o di Mi nerva, Dea dell a Sapi enza: il serpente fu
sempre un si mbolo di prudenza, ed il cane un si mbol o di fedel t. Lascio
al L ettore di farne l appl i cazi one.
Gl i altri si mbol i conressi ad Arpocrate, i ndi cavano l oggetto stesso del
segreto che raccomandava mettendo il di to sulla boera, vale a di re: l 'oro o
sole Ermeti co, medi ante il fiore di Loto sul qual e tal vol ta seduto, o che
reca sull a testa, dai raggi dai qual i ci rcondato, ed infine dal corno dab
bondanza che reca; poi ch il ri sul tato dell a Grande Opera od El i si re Fi l o
sofico il vero corno d Amnl lea. essendo In sorgente del l e ricchezze e della
salute.
PI ntareo ha ragi one di di re ehi- Arpnerote era si tual o aH'pnl ral a dei templ i
per avvisare quel l i che avevano conoscenza degli Dei , di non parl arne teme
rari amente; qui ndi ci non ri guardava il popol o il quale prendeva alla
l ettera ci che degli Dei si raccontava, e che perci i gnorava di che si trat
tasse. I Sacerdoti tenevano sempre sotto gli orchi il Di o del sil enzio per
ri cordarsi tutta la circospezi one che bi sognava avere onde evi tare di di vul
gare il segreto ch'era stato loro confidato. Del resto vi erano astretti sotto
pena dell a vi ta, c certamente la prudenza giustifi cava questa legge. L 'Egi tto
avrebbe cdi-so gravi danni se le altre Nazi oni Fossero state i nformate con
ccrtrzza che i Sacerdoti Egizi possedevano il segreto di farr l 'oro c di guarire
tutte le mal atti e ebe affliggono il corpo umano; e certamente avrehhe dovuto
sostenere dell e guerre sangui nose. Mai la pace avrebbe concessa la sua gioia.
Gli stessi Sacerdoti sarebbero stati esposti alla perdi ta dell a vita per comando
dei Re di vul gando il segreto, ed avrebbero corno ugual ri schio da parte di
quel l i del popol o ni qual i si fossero rifiutati di comuni carl o di etro le pres
sioni insistenti dei ri chi edenti . Si presenti vano anche le conseguenze d'una
si mil e di vul gazi one, le qual i sarebbero state estremamente dol orose per l o
Stato. Sarebbe venuto a maneare il senso dell a subordi nazi one, quel l o sociale
ed ogni concetto di ordi ne sarebbe stato sovvertito. Queste ben ponderate
ragi oni eserci tarono sempre tal e i nfluenza sui Filosofi Ermeti ci chr special
mente gli Anti chi non hanno nemmeno vol uto di chi arare qual e era l oggetto
dell e l oro all egori e c dell e favole chessi i nventavano. Possedi amo, i nfatti,
una quanti t di trattati nei quali la Grande Opera descri tta eni gmati camente
ed al l egori camente, e schhene dette opere corrano per le mani di tutti , pure
soli Filosofi Ermeti ci vi leggono dentro gli ascosi i nsegnamenti degli Autori ,
mentre l utti gli nitri non hanno idea nemmeno di supporl i . Perci tanti
Sal mazi hanno consumato tutta la loro erudi zi one per farvi dei commentari
che non soddi sfano le persone assennate, poi ch queste vedono bene che
tutte l e spi egazioni che ne dannn sono sti racchi ate; ed in uguale concetto
occorre tenere tutti quegli Anti chi Autori che ci hanno ri feri to sul culto
degli Dei del i Egi tto, poi ch ce ne parl ano secondo il concetto volgare del
popol o il qual e non conosceva la verit. Ed anche quell i che come Erodoto
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c Di odoro Si culo, i qual i s'erano i ntrattenuti ad i nterrogarne _i Sacerdoti ,
e di e ne [ariano ili conformiti dell e ri sposte ottenute, non ci forni scono
punto un maggi ore chi ari mento. 1 Sacerdoti li avevano i ngarbugl i ati come
usavano fare con il volgo, e si racconta che un Sacerdote Egizio chi amal o
L eone us ugual e comportamento anche verso Al essandro, il qual e voleva
farsi spi egare la Rel i gi one dEgitto. Egli ri spose che gli Dei che il popol o
adorava erano stati anti chi ssi mi Re dcUEgi l l o, mortal i come l utti gii al tri
uomi ni . Al essandro credette quanto gli fu detto, e ne scrisse a sua madre
Ol i mpi a raccomandandol e per di bruci are la l ettera, allineile il popol o dell a
Greci a, il qual e adorava gli stessi Dei, non ne venisse a conoscenza, i n modo
clic il ti more i ncul catogli da detti Dei lo mantenesse nel l 'ordi ne c nell a
suba rdi nazi one.
Col oro che avevano compi l al e le leggi per la successione al trono, per
tul l e le ragioni che abbi amo dedotte, avevano avuto la saggia precauzi one
d'ovvi are a tutti gl i nconveni enti degli eventual i previ sti di sordi ni , ordi nando
che i Re fossero prescel ti di fra i Sacerdoti , i qual i non comuni cavano il
segreto se non ai propri figli, o ad altri Sacerdoti come l oro, od a di i ne*
sarchile stato gi udi cato degno dopo una l unga prova. Perci anche a tai c
ri guardo consi gli avano d'i mpedi re l entrata degli strani eri nel l 'Egi tto, di
vieto che dur per lungo tempo; e per quei strani eri che vi penetravano sia
con affronti, sia mettendone in rischio la vita li sp ngevano ad uscirne.
Psamui rti ro I n il pri mo Re che permise il contatto dei propri suddi ti ron gli
strani eri , e da quel tempo al cuni Greci desi derosi di strui rsi si trasferi rono
in Egitto, dove, avendo subi to le prove ri chi este furono inizi al i nei misteri
d'I si de, r che poi li trapi antarono nell a l oro patri a sotto il velo dell e favole
e dell e all egori e i mi tate da quell e degli Egizi . Fecero lo stesso al cuni Sa
cerdoti Egizi qual i all a testa di parecchi e coloni e andarono a stabil irsi
I nori del propri o paese; ma tutti custodirono scrupol osamente il segreto
rh'era stato l oro confidalo, e senza al terarne l 'oggetto, vari arono le storie
sotto le qual i lo velavano. Da ci provengano tutte le favole dell a Greci a e
degli al tri l uoghi , e questo di mostreremo nei capi tol i che seguono.
Il segreto fu costantemente lappannaggi o del Savio, e Sal omone ci nse
gna elle non si deve ri vel are la Saggezza a col oro che ne potrebbero fare
cattivo uso, o che noti si cno capaci di custodirl a con prudenza c di screzione.
I nfatti nei suoi Proverbi leggesi :
Prov. c. 10, v. I V: Sapiente.! abscoiuiunt scientiam.
Prov. c. 12, v. 23: Homo v e n u t i t i celai seientiam.
Prov. e. 25, v. 2: Secretum cxtrnneo ne m e l a .
Prov. e. 22, v. 10: Qui re cetili mystcra ambulai fraiirtulettler.
Prov. c. 25, v. 2: Cloriti Dei est rei are t r i b u n i , et gloria Regimi inve
stigare sernionein.
E" perci che tutti gli Aul i ti l i ne parl ano attraverso eni gmi , parabol e,
Minhidi e geroglifici, e elle infitte i soli Saggi i pn$?titui rapi re qual che rosa.
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A Mi 131
Di odoro Siculo dico di e Aiutili fu lino (li quel l i che a eco ni paglia ri mo
Osiri de l i di a sua spedi zi one olle I ndi e; di e era figlio dello stesso Osiri de,
e clic qual e abbi gl i amento di guerra portava una pell e di cane, e elle, secondo
l 'i nterpretazi one del l Ab n te l ani er, era Capi tano dell e Guardi e d detto
Pri nci pe, Il pri mo di questi Autori riferisce clic ci avevo appreso in Egitto,
e dice il vero; ma il secondo ha torto d'accusare li Mi tologi a Greca dri ver
confuso: ti Anobi con Mercuri o Tri mrgi sto... eco* . (adoro clic trasporta*
rono la Mitologia degli Egizi presso i Greci, come: Museo, Orfeo, Mel ampo,
Eui nol po, Omero, ere,, non sal l ontai urono per nul la dall e i dre degli Egizi ,
n inai confusero Anobi con Trini egDto, ino con un al tro Mercuri o del lutto
i gnoto al l Abate l ani er, al meno nel senso elle detti promul gatori dell a Mi
tologi a ne avevano. La poca conoscenza clic si possedeva di questo Mercurio
il quale accompagn eTell iva mente Osiri de nel sin viaggio ha dato ori gine
ad errati i nlerpetrnzioi i i di e la maggior parte degli Autori hanno di acci al e
su Anobi , e qui ndi stf tali testi monianze non possibile stabi l i re le idee e
fondare i propri gi udizi . Il Padre K i rrhcr fra quell i che ba confuso, molto
mal e a proposi to, e con quel tono deci si vo che gli abi tual e, Mercuri o
Tri iti esisto con Amtbi , ir di e s falsamente persuaso di e gli Egiziani lo
rappresentavano con la ignra d'Auul u. Ma egli stato ceri muni te tratto in
errore dal l e spiegazioni dei geroglfici Egizi, lasciateci da Orapol l o, il quale
dice che il cane era il si mbol o tPiin Mi ni stro, d uri Consi gl iere, d'i ni Segre
tari o di Stalo, P i i i i Profeta, duri Sapi ente, ere. Anche Pl utarco pu nvcr
contri bui to a far cadere in errore i nostri Mitologi, con l aver dato a questo
Dio il nome di Erm-Ami hi . che significa Mei euri n-Anubt, Apul ei o pertanto
avrebbe potuto ti rarl i i hdPerrore se avessero fatto riflessione alla descri zione
clic ne fa in questi termi ni : Aiutili li nterprete degli Dei del Cieto e di
quell i di rli 'i nferno, I l a la faccia talvolta nera, tnlaltrn ti nta doro. Tiene
crei l a la sua gran lesta ili rane, recando nell a si ni stra i nano un caduceo, e
nell a dri tta una pali na v ri de, clic parrebbe agili . UnAnti chi t di e il
Tohsard ci lin conservata, c ri prodotta nuche dal K i rchrr e dal Montfaucon,
conformi* Pi su'i zi onc dedicata da im Gran Sacerdote chi amal o Dia, ci mstra
chi aramente ci che gli Egizi intendevano per Anobi , Questo Di a dedica
questo geroglifico gii Poi m ir il i : IV ni r(iVj|*oi, e dichiari! che questi Dei,
cio Serapi de od Osi ri de, 0| t ed A nubi sono gli Dei introni tlt'F Egitto.
cio parteci panti all o stesso Irnut, in Egitto. Con questa i scrizi one Di a mnslra
ili essere molto pi profondo nel l a conoscenza della natura ili questi Dei e
dell a l oro genealogia, di quanto non lo furono mol l i Autori Greci c Latini,
c non lo sono ancora oggi i Mi tologi. La fratel l anza d questi tre Dei i J nnn-
l isrc Ir rnudameuiri rii tul l e li* loro spi egazioni , c contraddi ce audi e Pl ntareu,
il <1nai e credo elio A nubi era figlio di Nello, la qual e *e i h* sgrav, secondo
liti, i nnanzi tempo, a cagione del terrore chVsi a ebbe di suo mari to Ti fone,
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e clic questo A nubi anfora giovanissimo, di ede ad I si de sua zia, la pri ma
nuova dell a morte dOsi ri de; e dell a parentel a non concorda neppure con
[limito ci dice Di odoro il qual e riti ene Aiutili figlio d'Osi r de. Ma sr i nostri
Mitologi penetrassero nell e idee d'I si a, vedrebbero subi to che queste con
traddi zi oni non sono clic apparenti e elio questi tre Autori parl ano in real t
di mi solo ed uni co soggetto sebbene sespri mono di fferentemente. Diodoro
e Pl utarco ri portano le tradi zi oni Egiziane la] qual i le avevano apprese e
senza sapere ci che significavano, mentre I sia era i strui to nei mi steri che
esse raeel l i uderano, Se ne gi udi cher dall a seguente spiegazione.
Due Mercuri erano noti in Egitto, l 'uno chi amal o Tri megi sl o c fu l 'i n
ventore dei gerogli fici degli Dei Egizi, cio degli Dei fabbri cati dagli uomi ni ,
e che formavano l oggetto del l Arte Sacerdotal e: l al tro Mercuri o, chi amato
Anobi , che era uno di tal i Dei , in argomento dei quali delti geroglifici
furono i nvental i . Entrambi questi Mercuri vennero concessi qual i consigli eri
ad I si de; Tri megi sl o per il governo esterno, ed Armili per il gnverno i nterno.
Ma come mai ci pu essere, si obhi el l er, dato elle Di odoro ri dice che
Anobi accompagn Osi ri de nell a sua spedi zi one? Ecco in clic modo, coll le
del uci dazi oni che maccingo a forni te, tali contraddi zi oni apparenti sac-
rnrdano, e ei faranno vedere che Aiutili figlio e nel l o stesso tempo anche
fratell o dOsiri de.
Abbi amo detto che Osi ri de ed I siite erano il si mbolo dell a materi a del
l Arte Ermeti ca, clic l uno rappresentava il fuoco dell a Natura, il pri nci pi o
igneo e generati vo, il maschi o e l agente; mentre 1-dc si gni ficala luntore
radi cal e, la terra o la matri ce e la sede del detto fuoco, il pri nci pi o passivo
o la femmi na; ma che tutti due formavano un uni co soggetto composto da
dette due sostanze. Osi ri de era lo stesso che Serapi de mi Vtnon ed Ani mane
rappresentato con una lesta di Ari ele e con le corna del l Ari ete, perch
questo ani mal e, secondo gli Autori citati rial Padre Ki rcl i cr. di una natura
cal da ed umi da. Si rappresentava I side avente una testa di Toro, perch la
si consi derava qual e L una, dell a qual e il crescente c figuralo dall e corna di
questo ani mal e che anche pedante e terrestre. Nel l Antico di Roissard si
trova Attuili coll ocal o tra Serapi de od Api . per far comprendere eli esso
composto di due, o che dai line ne provi ene: qui ndi figlio dNi de eri Osi
ri de, e spiego come. Questa materi a del l Arte Sacerdotal e messa nel vaso
si di ssolve in acqua mercuri al e, ed qnrstarfj ua elle forma il Mercuri o
Filosofico od Armili . Pl utarco ilice che sebbene gi ovani ssimo questi fu il
pri mo che annunzi ari I side la morie di Osi ri de, poi ch qnesi o Mei-eurjn
non appare se non dopo la dissoinziotie e la putrefazi one desi gnata con la
morte dOciride. E dato clic Tifniie e Nrfte sono i pri itcipi i dell a di struzi one
e le rame di detta di ssol uzione, perci ehc si ilice clic Anobi sa figlio ili
licito mostro e dell a mogli e dell o stesso. Ecco dunque Amili! figlio in real t
d Isiile ed Osiri de e ila essi nato generati vamente : ma anche Ti fone Nel le
sono suo ladre e sua tinnire, ma soltanto quali cause occasionali. Rai mondo
Tuli o nel suo a Vaile mccuiii n afferma tal e concetto quando scri ve: Mio
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figliti, il nostro fanci ul l o ila dnc padri e due madri . Questa acqua chi amata
acqua dell a Saggezza poi ch tutta oro ed argento, ed iti essa risiede lo
spi ri to dell a qui ntessenza il qual e fa tutto, c senza di essa non si pu far
ni ente . Questo fuoco, questa terra e quest'acqua che si trovano in questa
medesi ma materi a del l 'Opera, sono fratell i cosi come lo sono gli el ementi
fra d eBsi, ecco perch I sia li chi ama: Oro! firl/pni , ed aggiunge che sono
dei si ntrani del l 'Egi tto, cio Dei ugual mente venerati dagli Egizi ani , c par
teci panti all o stesso trono ed agli stessi onori ; e questo lo dice per farei
i ntendere che tre sono uao, e che significano tutti e tre la stessa cosa, sch-
bene abbi ano nomi di versi. Questa uni t o questi tre pr nci pi ! i quali s'nni -
scono per fare un tutto, chi aramente ed evi dentemente rappresentata dal
tri angol o che si vede su detto monumento.
Avendo detto ci ch' Auiihi. facile i ndovi nare come egli pot accompa
gnare Osiri de nel suo viaggio, poi ch il Mercuri o Fil osofico sempre nel
vaso, esso passa dal nero n l Eti opi a, al bi anco, eco,, come lo si visto
nell o svi l uppo compl eto del suo processo, ne) capi tol o di Osi ri de. Per quanto
ri guarda hi testa d catte che si concede ad Anobi , abbi amo gi visto clic gli
Egizi consi deravano il cane qual e si mbolo dun Mi ni stro di Stato, c questa
all egori a ben s'adatta al Mercuri o dei Fi losofi, poi ch esso che conduce
l utto lo svi l uppo i nteri ore del l Opera. TI sol o caduceo bastevol e per farcelo
ri conoscere per Mercuri o; c la sua Faccia tal vol ta nera e tal al tra aurata,
che Apul eio gli concede, non c'i ndi ca chi aramente colori del l Opera? I!
testo di Rai mondo L ul l o da noi ri portato, ci fa conoscere rhe Osiri de, I si de
ed Anubi , o Serapi de, Api ed Anobi sono racchiusi in uno stesso soggetto,
poi ch Osi ri de si mbolo del Sole, ed I side si mbol o dell a L una si trovano
entrambi nel l acqua mercuri al e, perch i Filosofi chi amano i ndil Terentcmeote
Sol e o oro il loro zolfo perfetto al rosso, e L una od argento la l oro materi a
fissata al bi anco. I l coccodril l o, ani mal e anfibi o, sul qual e I si a ha fatto met
tere Anuhi i n pi edi , ndi ca che Mercuri o od il Dio Anubi composto o nasce
dall a terra e dal l acqua, e perch non si cada in errore, I sia lo ha fall o
accompagnare dai si mboli di i ma haci ncl l a sacri ficale e da una patera, che
sono vasi nei qual i si mette l 'acqua od altri l i qui di .
La bal l a che Padre K i rcber non ha spi egato, c che il Monl faucon prende
per un cuscino legato, confessando che ne i gnora Fuso, signi fica il commerci o
che si fa con il mezzo del l oro, il si mbolo del qual e u il globo clic Anobi
reca nell a mano destra. I l gl obo Io si vede spesso rappresental o nei geroglfici
Egizi, dato che l oggetto degli stessi era l Arte .Sacerdotal e. Al l orquando
detto gl obo uni to ad una croce, vale a si gnificare che l 'oro composto di
quattro cl ementi tanto Lene combi nati che non si di struggono affatto l 'un
l 'al tro. Al l orquando il gl obo alato, si mboleggi a l 'oro che occorre vol ati li z
zare per perveni re a dargli la viriti trasmutal ri ce. L n gl obo ci rcondato da
un serpe, od un serpe posato sul globo, un s mbol o dell a putrefazi one dall a
qual e esso deve passare pri ma di essere vol ati li zzalo. Tal vol ta si vede un
gl ubo alato dal qual e pende un serpe, ed in tal caso designa la putrefazi one
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e la vol ati li zzazi one che ne tegue. Ma bisogna i ntendermi , poi ch io parlo
del l 'oro Fi losofico, o Sole Ermeti co, e ri tengo opportuno fare questa osser
vazione perche temo che un qualche soffiatore non trovi recensi one di cer
care nell e acque forti od altri simili dissolventi , il mezzo di di sti l l are Toro
comune, e non abbi a a credere daver raggiunto lo scopo quando arri ver a
farli pacare insi eme nel reci pi ente.
CANOPO
I Mitologi hanno azzardato parecchi e congetture fisiche, astronomi che e
moral i a ri guardo dei Canopi , e fra queste ve ne sono ili quell e abbastanza
ingegnose; ma anel lo con queste non si ri usciti nd avere un maggiore
chi ari mento su questo Dio, poi ch ognuno ha svol to l 'al l egori a da quel punto
di vista che maggi ormente aveva colpi to la sua i mmagi nati va, e nll ameno
nessuno riuscito a toccare lo scopo che sacrano proposto gli Egizi con l 'in-
\ di zi one e le rappresentazi oni de! Dio Canopo. Se essi avessero segui to il
mio al l enta, non avrebbero avuto bisogno di mettere a cosi dura prova il
propri o i ntel l etto per i ndovi nare ci clic poteva si gnificare questo Dio boc
cale. Fra bastevol e serti pii rem ente la ri si a, e non avrebbero sciupato il loro
tempri in vane sottigliezze. Si mo-tri un Canopo ad un Filosofo Ermeti co, ed
anche -e costui non avesse mai inteso parl are del Canopo d'Egi tto e neppure
dei gerogli fici dei quali Bonn coperti , non esi ter a di re ci che esso ; poich
vi riconoscerli una rappresenta zinne simboli ca di tutto quanto necessario
airo,, era dei Saggi. I n effetti questo Dio non forse rappresentato sui monu
menti Egizi sotto la forma di un vaso sormontato da una lesta d'uomo o
di donna, sempre con una cuffia, e detta ruffia fermata da una benda, presso
a poco come la capsul a d'i ma botti gl ia che serve ad i mpedi re al l i qui do di
stentare o devaporarsi ? C'c propri o bisogno d'essere un Edi po per i ndovi
nare una cosa di e si mani festa da per c tessa? Un Canopo non ni tro che
la rappresentazi one del vaso nel quale si i mmette la materi a del EArtc Sacer
dotal e; ii collo del vaso desi gnato da quel l o dell a figura umana, hi testa e
la cuffia di niostra la mani era come detto vaso devessere si gi ll ato o chiuso,
ed i geroglifici di e coprono la sua superficie, annunzi ano agli spettatori le
cose di e questo vaso conti ene, c i differenti cambi amenti di forma* le diverge
colorazi oni ed i di fferenti modi di essere dell a materi a. 11 d'Espagnet, nel
- i n canone 113, scri ve: il vaso dell *Arte devenscr*- di forma l ombi cui
ovale, avente, un collo di mi pal mo o pi , e l 'entrata ne sar stretta. I Fi l o
sofi nc hanno fal l o un mi stero, e gli hanno dato nomi di versi. L* li a uno chi a
mato: cucurbi ta, o vaso cieco, poi ch gli si chi ude rocchi o col sigillo Er
rori irci. per i mpedire, di e nul la d'estraneo vi si ini i nducesse, r che gli spi ri l i
non se ne evapori no .
I Mito bigi mal e n proposi to fi sono formata hi persuasi one di e il Dio
Canopo era uui cnni enl e il geroglifico di-Uel cni cnto del l 'acqua. Si mil i rrei-
01
pi enti rhe recano piccoli fori o hanno dell e mammel l e dall e quali l 'acqua
Unisce, sono stali fall i ad i mi tazi one dei Canopi , ma non per rappresentare
sempl i cemente Pel ente nto del Pacqua, bcrtsi per i ndi care clic l 'acqua mercu
ri al e dei Fil osofi contenuta nei Canopi, e il pri nci pi o umi do r frroml atore
dell a Natura. E' di quesCarqna rhe si parl ava, al l orquando si d&r a Pl u
tarco che Canopo era stato il pi lota del vascel lo d'Osi ri de; poi rli l 'acqua
mercuri al e conduce e governa tutto quanto si svolge nci ri nl erno del vaso.
I .a morsi catura diin serpe, dal qual e Canopo venne col pi to, rara Henna ta
pul rrfszi one del mercuri o, e la morte rhe ne segui i ndica la fi Mui onc di
questa sostanza vol ati le. Tutto questo r molto l ume l ignificato dai geroglifici
dei Canopi , Siccome per la mavi ma parte li lin gi spi egati nei precedenti
capi tol i , il L ettore potr Fani ri corso. I n quanto agli ani mal i , ne parl eremo
in seguito.
Ad mia dell e i mboccature del Nilo era si tual a una citt chr traeva il
mi o nome da Canopo, e nell a qual r questo Di o aveva un tempi o superbo.
S. Cl emente Al essandri no (Strnm. I. fi) dice rhe in detta ci tt vi era una
Accademi a dell e Scienze chera la pi cel ebre di tutto PEgi tl n: \i si i nse
gnava Teol ogi a Egizia, r le L ettere geroglifiche, e vi .'iniziavano i Sacerdoti
ai Serri misteri , e che non cal eva ni tro luogo ove li ni piegavano roti
irmgginre attenzi one cd esattezza, cd per tale ragione clic i Grrri tallio
sprn la Frequentavano. Senza dubhi n, dando le i struzi oni sul Di o Canopo,
si trovavano nell a necessit di spi egare nell o stesso tempo tutti i misteri
velati stilla l 'ombra dei geroglifici rhe copri vano la siinerficic del si mulacro
d qur<ln Di o. mentre rhe mj l c altre citt nell e qiiHli s adoravano Osiri de
rd bi l i e, ree., ci si l i mi tava a fare sol tanto la stori a del Dio e dell a Dea che
vi erano parti col armente venerati .
Ecco i pri nci pal i Ori del l 'Edi tto, nei qual i si cnmprrndnnn tutti gli altri .
Erodal o nomi na andi r Pane mi ne il pi anti co di l utti gli Dei d questo
pari e, e di re rbc i n l ingua Egizia lo f ) chi amava Vcrufes. Di odoro ci assi cura
rh*rs*n era temi l o in si grande venerazi one in Egi tto, di r la -un tatua era
rol l nral a in l utti templ i : e rbc fu uno di quel l i che aemmpagnarono Osiri de
nell a sua spedi zi one alle I ndi r. Ma finirlii* questo Di o non i ndica altra cosa
all infuori del pri nci pi o generati vo di l utto, e qui ndi I o si confonde con
l Ui ri i b. ti f i l i aggi unger parol a a quanto gi delti. Nel la terza elione qual
cosa di remo sul conto di Serap de. Verni ero concedi gli onori del culto a
Saturno, Vi dranu. Ci ve. Mercuri o, Ercol e, ree. r ilei quali tratteremo nei
libri elle seguono e nei rjiiali -pi egheremo la Mitologia dei Greci.
DEGLI ANIMALI VENERATI IN EGI TTO
E DELLE PI ANTE GEROGLI FI CHE
DEI. BUE API
Tutti gli Starici die parlano dell'Esilio, [anno menzione del Bue arto.
Diodoro Siculo (I. ), c. I ) rosi scrive: a In aggiunta a quanto alitiamo riferito
del culto degli animali va ricordalo le attenzioni e le cure di r gli Egiziani
hanno per il Toro sacro che chiamano Api. Allorquando detto Bue morto,
e dopo magnificamente seppellito, alcuni Sacerdoti, a ci incaricati, si met
tono in cerca d'un altro simile, cd allora cessa il dulure del popolo quando
quest'allro Toro viene trovato. I Sacerdoti ai quali viene affidala tale ricerca
conducono il nuovo animale alla citt del Nilo, ove lo nutriscono per qua
ranta giorni. Indi lo imbarcano in una nave coperta, e nella quale gli -tato
preparato un adatto ambiente doro, e dopo averlo condotto a Ment con
lutti gli onori dovuti ad un Dio, lo mettono nel tempio di V'ulcano. Durante
tutto questo tempo solamente le danne hanno il permesso di vedere questo
Bue. ed esse si mettono in piedi, davanti allanimale, ma in una maniera
mollo indecente. E' solo durante questo tempo ch'esse possono lederlo .
Strabono dice che questo Bue devessere nero, con una sola chiazza bianca
della (orma di un crescente lunare sulla fronte o su uno dei lati. Plinio
scrisse: a flos ab Aegypttis numinis vice cultus Apis i uraiur, ac enndicanti
macula in ilcxtro falere, ac cornibus lunae cretccntis imignibui, naifmn sub
li gita fiabe! fjiicni ranffiarani a p pel Inni. lune Bareni cerili citar n finis fran-
sactis, mersum in saccnotum fonte eneraul; interim Iticin aliittn tpti.ni sub'
stifuant gjinesifiiri, dance mediani derasis capitibus In geni, inventili ileilu-
ciuir a sacerdotibui lemphm' (1. 8, c. 46) . Erodoto parlando d'Api, che
i Greci chiamano Epafo, dice elle dev'essere eoncepilo dalla folgore, deve
essere tutto nero, con una chiazza quadrata sulla fronte, la figura d'tin'aquila
sul dorso, quella d'un scarabeo al palalo, ed il duplico pelo alla coda. Pimi-
poDo Mela in merito al concepimento dApi, concorda con Erodoto ed
anche ron Eliano. a 1 Greci, scrive quest'ultimo, lo chiamano Epafo, e
pretendono di'esso tiri la sua origine da Io l Argiva, figlia dInaco; ma
gli Egizii negano ci, e danno la prova del falso con l assicurare che l Epafo
dei Greci venuto molti secoli dopo del loro Api. Gli Egizi lo riguardano
come un gran Dio concepito da una vacca mediante un colpo di folgore o. Si
nutriva detto Toro durante il periodo di quattro anni, allo scorrere dei quali
con grande solennit lo si conduceva alla foute dei Sacerdoti, nella quale lo
si faceva annegare, per poi seppellirlo in una magnifica tomba.
Parecchi Autori fanno cenno di superbi Palazzi e magnifici appartamenti
nei quali, a Ment, si custodiva il Toro sacro. Sono note le cure clic i Sacer
doti avevano per il suo mantenimento, come pure la venerazione che il
popolo ne aveva. Diotloro ci dice che al suo tempo il culto di questo Bue
era ancora in vigore, -ebbene questo cullo risalisse ad una remota antichit.
Ne abbiamo una comi cova nei Vitello doro che gl'israeliti fohhricarono nel
deserto. Questo popolo usciva dallEgitto ed aveva portato seco la tendenza
allidolatria Egiziana. Erano scorsi molti secoli da Mose a Diodoro che,
secondo quando egli stesso ci afferma, viveva al tempo di Giulio Cesare, e
visit l'Egitto sotto il regno di Tolomeo Aulete circa 55 anni prima della
nascila di Ges Cristo.
Allepoca del viaggio di questo Autore, gli Egiziani, mollo probabil
mente, ignoravano la vera origine del culto eb'essi rendevano ad Api, poich
il loro modo di vedere molto discorde su tale argomento. Gli uni, dice
Diodoro, pensano ehessi adorano questo Bue perch lanima di Osiride,
dopo la sua morte, pass nel corpo di detto animale, e da questo : nei suoi
successori. Altri raccontano che un -erto Api riuni le membra sparse di
Osiride ucciso da Tifone, le mise in un Bue di legno, coperto coti la pelle
bianca dun Bue, e che per questa ragione alla citt si d il nome di Htisi-
ride. Questo Storico ci riferisce questi sentimenti del popolo, ma nel contempo
dichiara che i Sacerdoti possedevano unaltra tradizione segreta, custodita
anche in iscritto. Le ragioni che Diodoro deduce secondo gli Egiziani, del
culto chessi rendevano agli animali, son parse a lui stesso favolose, ed in
effetti esse sono tanto poco verosimili che ho creduto doverle passare sotto
silenzio. Non da meravigliare che tanto il popolo Egiziano, come pure
Diodoro, non abbiano conosciuto il vero, poir.h i Sacerdoti obbligati jd un
inviolabile segreto su tale argomento, serano ben guardati di mentri' iti
luce. Quelle errate ragioni furono quelle che buttarono tanto ridicolo sul
culto che gli Egiziani tributavano agli animali. In tutti i tempi riguardati
come i pi savi, i pi istruiti, i pi industriosi fra gli uomini, la [unte stessi
alla quale i Greci e le altre Nazioni attinsero tutta la loro Filosofia c j luro
Saggezza, come mai gli Egiziani si sarebbero abbandonati a cosi grandi assur
dit? Pitagora, Democrito, Plutone, Socrate, ecc. senza dubbio conoscevano
bene che sotlo quelle errate ragioni si celava un qualche mistero, clic il
popolo ignorava, ma del qunle i Sacerdoti nc erano pcrfrllaniciilc consci .
Quel culto degli animali era di per s stesso talmente puerile clic non si
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pu ammellrr abbia potuto affacciarsi allo spirilo d'un cos "rande uomo
qualer Ermete Trimegislo che lo aveva inventato, le quante volte non
avesse avuto dei punti di vista molto profondi, e chegli "udir non oppor
tuno di manifestare agli altri, ma' di confidarli esclusivamente ai Sarerduti.
pensando daltronde ehe glinsegnamenti che simpartivano al popolo rirea
la conoscenza del vero Dio, a perpetuarne il mito, erano bastevoli perch
il popolo non radesse nellidolatria. Marche, malgrado i quotidiani insegna
menti che 'impartiscono aitila vera Religione e del rullo religioso eoi il
quale li s accompagnano, quanti popoli non vintrodurono delle supersti
zioni? Non credo, dice l'Abate ftanier, che vi fu mai una Religione al mondo
esente da tale rimprovero se si volesse tener rnnto solamente delle pratiche
popolari le quali spesso sono delle superstizioni poro giuslilrnliili ed oscure
Il segreto confidalo ai Sarerdoti dEgitto non aveva dunque per oggetto se
non il rullo del vero Dio. ed il culto degli animali era correlativo a questo se
creto. I ntimiditi dalla pena di morte, e consci daltronde delle funeste con
seguenze ehe ne sarebbero derivale dalla divulgazione del detto segreta,
essi lo custodivano inviolnhilmcnte. Il popolo, ignorando Ir vere cause di
questo preteso culto drgli animali, non poteva fornire elle frivole ragioni
congetturali e favolose. Le ragioni vere oerorrrva poterle apprendere da
coloro cherano Stati iniziali, ma costoro non le comunicavano. Gli Storici
clic non erano degli iniziali, si sono trovati nello stesso caso di Dindoro.
Attraverso le nubi che avvolgevano queste tradizioni favolose, traspariva
soltanto un qualche tenue raggio di lare ehe i Sacerdoti ed i Filosofi ave
vano lasciato sfuggire. Lo stesso Qrapollo non ha seguito ehe le idee popolari
nella interpretazione ehegli ha dato dei geroglifiri Egiziani. Quindi non
bisogna attenersi alle spiegazioni ehe ri forniscono questi Autori, poich
ben noto eliessi non erano nel novero degli iniziati, e perei i Sacerdoti
non averano loro eomunirato il segreto. Sar quindi opportuno esaminare
soltanto il semplice racconta cltessi ri fanno delle cose, e vedere se vi
un mezzo di trovare un fondo sul quale tutto quanto possa svolgersi, un og
getto per II quale sia gli animali considerati prr s stessi, sin le cerimonie
del preteso loro rullo, tendano e possano riferirsi in tutto, almeno alla loro
primitiva invenzione. Questo fondamento o questa base alla quale ho fatto
cenno la Filosofia Ermetica; e Voggctlo di questo culto non altro ehe la
materia richiesta dellArte Sacerdotale, ed i colori ehe ad essa sopravven
gono durante le operazioni, ehe nella maggior parte sono indicali con la na
tura degli animali, e dalle cerimonie ehe si osservavano nel loro rullo. Allo
tropo di convincere coloro ehe potrebbero aneora essere dubbiosi, esami
niamo qualche particolarit.
Occorreva un Toro nero, recante una chiazza bianca sulla fronte o ad uno
dei lati del corpo; questa macchia bianca doveva avere la forma dun cre
scente lunare secondo alcuni Autori; questo Toro doveva attrite essere stato
concepito mediante l'azione della folgore. Non si poteva designare meglio la
materia dell'arte elle per tutte queste caratteristiche. Con riguardo al con-
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cc|iimcnlo Annoilo (Epist.) dice espressamente eli'esso 'inizia Ira la folgore
ed il tuono, e cos ne scrive nel suo testo: a Jam ostendam vobis fidcliter
locum ubi lapidem nostrum to/letis. Ite secrete et morose cum magno si-
lentia, et accedile posteriora mundi, et audielis lonitrum sonantem, sen-
tietis lantani stantem, et videbilis grandinem et plurinm cadentem, et haec
est ras i/o firn desideralis . I l nero e la caratteristica iiiduliitahilc della vera
mali-ria. come unanimemente lo aderniano tutti i Filosofi Ermetici, poich
il color nero il cominciamento e la chiave dell'Opera. I.a chiazza hianca in
(urina di crescente era il geroglifico del colur bianco che succede al nero,
c clic i Filosofi hanno chiamato Luna. Con questi due colori il Toro veniva
ad a ere mi i ferimento coti il Sole c con la Luna ch'Ermete nella sua Ta
vola ili Smeraldo dice che sono il padre e la madre della materia dell'Opera.
Porfirio (r/c abstinentia conferma questa idea dicendo che gli Egizi avevano
consacrato il Toro Api al Sole cd alla Lima, poich questo ne portava i ca
ratteri nei colori bianco e nero, e per la macchia a (orma di scarabeo che
recala sulla lingua. Pi particolarmente Api era il simbolo della Luna,
lauto a cagione delle sue corna che figurano un crescente, come pure perch
dato che la Luna uon si mostra sempre con la sua pienezza, ma con uua parte
in ombra indicata dal nero, e l'altra parte bianca, chiara e risplendente,
caratlerizzatu dalla marchia bianca sulla fronte del Rite Api, c dalla detta
forma di crescente.
(,)ue-!c ragioni erano ben sufficienti per far scegliere, a preferenza di altri
animali, un simile Toro quale carattere geroglifico, eppure i Sacerdoti ne
conoscevano delle altre ancora ed il concetto fondamentale dal quale tali
ragioni scaturivano ben le giustificava. Il Sole produce questa materia, la
Luna la genera, c la terra la matrice nella quale essa si nutre, essa che
re la fornisce, come tutte le altre cose necessarie alla vita, ed il Bue l'ani
male pi utile all'uomo, per la sua forza, per la docilit e per il suo lavoro
ucH'agricultura della quale i Filosofi impiegano eostantemente l al
legoria per esprimere le operazioni dellArte Ermetica. E* per questa ra
gione clic gli Egizi dicevano allegoricamente che Iside ed Osiride avevano
inventalo lagricoltura, e di questi Dei nc facevano i simboli del Sole e della
Luna. Osiride cd Iside non erano male designati dal Bue, anche secondo le
idee clic alcuni Autori attribuiscono agli Egiziani, a tale riguardo. Osiride
significa fuoco ascoso, il fuoco che tutto anima nella Natura, e che il prin
cipio della generazione e della vita di tutti i misti. Secondo la testimonianza
di Mx-iicfi ((/<cultu Aeg\i>t.) gli Egizi pensavano che il genio e l'anima del
mondo abitavano nel Bue, che tutti i segni o caratteri distintivi di Api
erano anelli- gli stessi caratteri simbolici della Natura; e secondo quanto ci
riferi-ie Eusebio, gli Egizi aflermavano di riscontrare nel Bue molte pro
priet -olaii, sicch essi ritenevano di non potere meglio simboleggiare Osi
ride od il Sole, che mediante detto animale.
Si obbicttcr: ma se vero che i Sacerdoti Egizi non pretendevano di
djie al pupulo il Bue Vpi quale un Dio, a che decretarne il cullo cd istituirne
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delle cerimonie? rispondo: che il culto non era affatto un culto di latria o
una vera adorazione, ma semplicemente relativo, e delle cerimonie tal quali
quelle che sono in uso nelle pubbliche feste, oppure del genere di quelle
per le quali sincensa col turibolo un personaggio vivente, oppure se ne
spandono i profumi intorno a ritratti di morti, giacenti nelle tombe. E* una
pura etichetta di venerazione per il loro rango o per la loro memoria, senza
pretesa di render loro quegli onori che vanno devoluti esclusivamente alla
Divinit. I Sacerdoti avevano altre ragioni per agire cosi. Invasi da gratitu
dine verso il Creatore, per una grazia cosi speciale quale quella della cono
scenza dellArte Sacerdotale, essi si sentivano obbligati non solo a dovergli
rendere delle azioni di grazie in particolare, ma vote ano anche che il po
polo s'unisse a quelle rese dal Sacerdozio poich dello popolo ne era par
tecipe, sebbene a propria insaputa, attraverso i vantaggi clic ne traeva dalle
produzioni dellArte Ermetica.
Di conseguenza, al popolo, clic sempre si lascia guidare dai sensi, gli
si prospettava l animale pi utile e pi necessario, ma allo scopo dindurlo
a volgere la sua mente al Creatore, e rivolgersi a I.ui. dandogli loccasione
di riflettere sui benefici clic il Dio vero ri elargisce. Ma il popolo non poteva
avere una netta visuale di Dio. Completamente preso ed affaccendato dalle
cose terrene, al detto popolo occorreva un simulacro tangibile che gli ricor
dasse costantemente la Divinit, c particolarmente in airone epoche quali i
giorni di festa e le pompe per le dette istituite. E questo il concetto che si
deve avere, a tale riguardo, sulla condotta dei Sacerdoti Egizi; perch io
ritengo, d'accordo con Padre Kircber e con molti altri sapienti, che questi
Sacerdoti i quali furono i maestri dei detti Filosofi, ai quali la posterit ha
consacrato il nome di Suggi per eccellenza, erano individuii troppo di senno
per credere alla lettera le favole d'Osiride, Iside, Oro, Tifone ecc. e rendere
un culto cos stravagante agli animali o ad altri simboli della Divinit. Le
stesse testimonianze dErmete Trimegisto, di Ciamblico sui misteri degli
Egizi, ci che ne dicono: Plotino nel suo terzo libro delle Ipostasi, Ero
doto, Diodoro Siculo, Plutarco, ecc. sono pi che sufficienti per stabilire
lidea che dobbiam farcene. Diffidiamo degli Autori Greci c Latini i quali
non erano sempre abbastanza bene edotti dei misteri degli Egizi, il cui Sa
cerdozio ad essi occultavano cosi come ai profani.
Altra ragione si : che il segreto dellArte Sacerdotale e-*cndo di na
tura tale da non poter essere comunicato senza prima aver messo a prova la
discrezione e la prudenza di coloro che ci si proponeva d'iniziare, i giovani
neofiti nel Sacerdozio, e che vi si disponevano attraverso una preparazione di
studi, tenendo sempre innanzi alla propria vista detti geroglifici, sentivano
risvegliarsi la loro curiosit, e per tal modo si trovavano spinti alla ricerca
di ci clic detti geroglifici potevano significare. Questi novizi passavano sette
anni nel ricevere tali insegnamenti e ad esercitarsi su ci che detti animali
simboleggiavano, allo scopo di conoscere perfettamente la teoria prima dac
cingersi alla pratica.
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Bisognava anche aver riguardo al popolo che non lo si voleva informore
del contenuto vero o della baBe del mistero, e quindi era necessario impie
gare delle finte spiegazioni le quali avessero una certaria di verosimiglianza,
e questo perch gli si fosse potuto impedire almeno di supporre il vero fondo
della rosa. Senza questa sagace accortezza i Sacerdoti non avrebbero potuto
custodire tranquillamente un segreto del quale il popolo ne avrrbbe sen
tilo tutto il profitto. Le idee di Religione che questo popolo vi annesse in
seguito, diventarono anche un freno eh'esso stesso mise alla propria curio
sit. I l fuoco mantenuto perpetuamente acceso nel tempio di Vulcano avrebbe
ben potuto stimolare la sua ricerca; ma le simulate spiegazioni, le allegoriche
favole che si divulgavano su tale argomento sviavano latlenzinne dal suo
vero oggetto.
Dunque, la materia dell'Arte Filosofica era designata dn Osiride ed Iside,
e dri quali il simbolo geroglifico era il Toro, nel quale, gli Egizi dicevano
che le anime di questi Dei, erano passate dopo la loro morte, e ci faceva
dare a questo Toro il nome di Serapide, e li portava u rendergli gli stessi
onori che si tributavano ad Osiride ed Iside.
T Greci che erano stati istruiti dagli Egizi, simboleggiavano anchessi la
materia Filosofica con uno o pi Tori, come Io si vede nella favola del Mi
notauro rinchiuso nel Labirinto di Creta, e vinto poi da Teseo merc laiuto
del filo dArianna; nella favola dei Buoi chErcole invol a Gerione; i Buoi
dAngia; i Buoi del Sole i quali pascolavano in Sicilia; quelli che Mer
curio rub; i Tori che Giasone >fu obbligato daggiogare per la conquista del
Toson doro, e molti altri come si possono vedere nelle Favole. Tutti questi
Buoi non erano bianchi e neri come doveva essere Api, poich quelli di
Gerione erano rossi; ma occorre osservare che il bianco e nero che si succe
dono nelle operazioni dellOpera, non sono i due soli colori che sopravven
gono alla materia, ch anche il color rosso segue al bianco, sicch coloro che
hanno inventato queste favole hanno tenuto presente tali differenti circo
stanze. Le vele della nave di Teseo erano nere anche dopo chebbe vinto
il Minotauro, e quelle della nave dUlisse lo erano anche allorquando parti
per ricondurre Criseide a suo padre, ma dopo, nel ritorno prese delle vele
bianche poich le due circostanze erano ben differenti, come vedremo nplle
storie che li riguardano.
Api doveva essere un Toro giovane, sano, ardito; ed perci che i Filosofi
dicono che necessita scegliere ed impiegare la materia fresca, novella e nella
pienezza del suo vigore, e non impiegatela affatto se essa non fresca e
cruda ci dice Aimone nella sua Epistola. D Bue Api veniva mantenuto in
vita per quattro anni nel tempio di Vulcano, e dopo questo tempo lo si faceva
annegare nella fonte dei Sacerdoti, e poi se ne cercava un altro simile da
sostituire; ci vale a significare che la prima opera essendosi compiuta nel
fornello Filosofico, occorreva cominciarne la seconda simile alla prima, cosi
come ce lo insegna Moriano nella sua opera; a Intervista con il Re Calid b.
D fornello segreto dei Filosofi il tempio di Vulcano, nel quale era il fuoco
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che lo si manteneva perpetuamente acceso, per indicare che il fuoco Filo
sofico devessere per lai modo alimentato senza alcuna interruzione; e per
questa ragione i Filosofi hanno data il nome di Atkanor al loro fornello segreto.
Si conosce hene che Vulcano non significa altro che il fuoco. Se questo fuoco
per un istante venisse a spegnersi, e la materia ne risenta il mnimo freddo,
tulli i Filosofi affermano concordi che l'Opera sarebbe perduta; e ci pi
chiaramente detto dal Filatele, Baimondo Tallo ed Arnaldo di Villanova,
quali portano l'esempio della chioccia che cova: se le uova si raffreddassero
per un solo istante, il pulcino perir, fa* quattro stagioni dei Filosofi, ed
quattro colori principali elle debbono apparire in ciascuna opera, sono in
dicali dai quattro anni durante i quali si tiene in vita il Bne Api; questi
quattro anni considerati puranco net significato naturale, si riferiscono anche
od un'altra rosa, ma allorch i Filosofi parlano del tempo che dura ciascuna
rfiiftiMiaiii' (o composto Filosofico) per servirmi del termine adoperato da
Monaliti, ne parlano con tanto mistero come usano per tatto il resto, e
quindi non hanno voluto spiegarci perch si annega il Toro nel quinto anno.
Forniremo una qualche delucidazione su tale argomento, quando tratteremo
dei giuochi c delle feste degli Antichi, nel quarto libro di quest'opera.
Come il Toro era il simbolo del Caos Filosofico, similmente anche gli
altri animali simboleggiavano le differenti qualit della materia, come a
dire: la 6iia fissit, volatilit, pesantezza, la Bua virt risolutiva, divorante,
gli svariali suoi calori in relazione ai differenti progressi dell'Opera, le sue
propriet relative agli elementi ed alla natura dei delti animali. Il popolo
vedendo questi animali scolpili o dipinti ed accompagnanti Osiride, Iside,
Tifone ed Oro, in sulle prime cominci ad avere per detti animali un tal
quale rispetto per riflesso di quella devozione ch'essi nutrivano per i pretesi
Dei, ai quali gli animali snccompagnavano. Questa specie di rispetto si for>
tifii sempre pi nel loro animo, col passare del tempo, per tal modo su
bentr la superstizione, e quindi si credette clic questi animali meritassero
un culto particolare cosi come Api aveva il suo. Non vi furono cori pi delle
difficolt, e non si trov stravagante di adorare un Ariele, cosi come si ren
deva un cullo ad un Bue; il Leone valeva beile l'Ariete, e cos anche il
Leone ebbe il suo cullo e cos per gli altri animali, secondo il capriccio del
popolo. Le superstizioni covano di soppiatto, c mettono radici talmente pro
fonde che riesce quasi impossibile poi poterle sradicare e distruggerle. I
Sacerdoti spessissimo non tic vengono a conoscenza se non quando il rimedio
sarebbe capare d'inasprire il male. Il progresso (anche dell'errore) segue
il suo corso, e si rafforza sempre pi. I successori d'Ermete potevano ben
disingannare il popolo d'Egitto da tali errori; c forse senza alcun dubbio
lo trillavano; ne abbiamo una prova nella risposta che il Grande Sacerdote
diede nd Alessandro, e negli insegnamenti ch'essi impartirono ai Greci rd
alle altre Nazioni clic si recarono in Egitto per prendere lezioni: ma era
pur necessario a questi Sacerdoti usare la massima circospezione c prudenza,
poiehi- diriiigannando il popolo perch si ricredesse, correvano il rischio di
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svelare il loro segreto. Se per esempio, spiegando ia spedizione dOsiride,
essi avessero dichiarato che non dovevasi intenderla per una spedizione in
realt; e che i pretesi insegnamenti che impartivano alle diverse Nazioni
soli a maniera di coltivare le terre, di seminarle, e della raccolta dei frutti,
lutto ci dovevasi intendere per la coltivazione di un campo hen differente
da quello delle terre comuni, si sarebbe loro chiesto qual'era questo campo?
I n tal caso, senza violare il loro segreto, avrebbero potuto rispondere che
detto campo era la terra fogliata dei Filosofi, nella.quale gli Adepti dicono
che bisogna seminare il loro oro? Basilio Valentino ne ha fatto l'emblema
della sua ottava chiave. Essi si sarebbero trovati in seguito nella necessit
d dire ci che intendevano per la detta terra fogliata. Perci anche i Greci
osavano tali metafore parlando di Cerere, Trptolemo, Dioniso, ecc.
Questo errore del popolo a riguardo degli animali lo trasport insensi
bilmente a quei culti ridicoli die si rimproverano agli Egiziani. L'ignoranza
fece prendere il simbolo per la realt, e cos di superstizione in superstizione,
derrore in errore, il male and aggravandosi, ed infett tutto; ogni citt
colse loccasione di scegliersi un Dio conforme alla sua fantasia, ne prese
il nome, come se qualche Dio sotto forma dellanimale prescelto ne fosse
stato il sno fondatore. Allora si vide Bubaste cos nomala dal Bue; Leontopoli
dal Leone; Licapoli dal Lnpo, ecc. Strabone parlando del culto che gli
Egiziani rendevano agli animali, dice che i Saiti ed i Tebani adoravano par
ticolarmente il Bue; Latopolitan il Lato ch' nn pesce del Nilo: i Licopoli-
tani il Lupo; gli Ermopolitani il Cinocefalo; i Babilonesi la Balena. Quelli
di Tebe adoravano anche l'Aquila; gli abitanti di Mendes il Caprone e la
Capra; gli Atribiti il Topo ed il Bagno. Parleremo solo di alcuni di queBti
animali, come il Cane, il Lupo, il Gatto, il Caprone, lIcneumone, il Cinoce
falo, il Coccodrillo, l Aquila, lo Sparviero e lI bis: e da questi si potr giu
dirare degli altri.
DEL CANE E DEL LUPO
Questo animale era consacrato a Mercurio a cagione della sua fedelt,
della sua vigilanza e dello sua arrorlezza. Esso era aneltc il carattere geroglifico
di questo Dio, il quale era perci rappresentalo con la testa di cane e lo si
chiamava Anubi, il che ha fatto dire a Virgilio:
a Omnigenumquc Detrai monsira et latrotar Anubis .
Orapotio ci d ona ragione per la quale gii Egiziani prendevano il Cane
per simbolo di Mercurio, e ci riferisce che questo animale guarda fissamente
i simulacri degli Dei, cosa che gli altri animali non fanno; e che il Cane
per gli Egiziani il geroglifico dun Segretario o. Ministro. Per quanto questa
prima ragione sembri non avere un rapporto visibile e palpabile con l Arte
Sacerdotale, anche vero che i Filosofi Ermetici non si esprimerebbero
molto diversamente nel loro stile enigmatico. Concordi affermano che il loro
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Mereiaio il solo che possa agire sui loro metalli ai quali essi danno i
nomi degli Dei o dei Pianeti; che il loro Mercurio un'Aquila che guarda
il Sole fissamente senza batter ciglia e senza resfarne abbagliata; danno al
loro Mercurio il nome di Cane di Cornacene, e Cane cTArmenia. Altre ra-'
gioni riportammo nel capitolo d'Annhi.
H Lnpo avendo molta rassomiglianza con il Cane, dato che, per cos dire,
nn Cane selvaggio, non da meravigliare ch'abbia partecipato agli stessi
onori come quelli tributati al Cane. I noltre il Lnpo aveva nn qnalche rife
rimento con Osiride, poich gli Egiziani pensavano che Osiride avesse preso
la forma di Lnpo per accorrere in soccorso d'Iside e dGro contro Tifone.
Qnesta favola parrebbe ridicola a volerla ritenere storica, ma non Io affatto
nel senso Filosofico, poich i Filosofi Ermetici sotto il nome di Lupo, celano
la loro materia perfezionata ad nn certo grado. Basilio Valentino, nella prima
delle sue 12 Chiavi, dice che occorre prendere un Lnpo rapace ed affamato
che corre nel deserto in cerca contnuamente di che divorare. Chi vorr mettere
attenzione a quanto abbiamo detto nel capitolo d'Osiride, e del combatti
mento dIside contro Tifone, vedr Eacilmente l'analogia che sussiste tra
Osiride ed il Lupo in certe circostanze dell'Opera, ed il perch gli Egizi
divulgavano questa finzione Basta a metterci sulla giusta via, l'osservare che
I Lnpo era consacrato ad Apollo, e ci fece dare a questo Dio il nome di
Apollo Lid o. La Favola diceva anche, secondo quanto ne riportano alcnni
Autori, che Latona per sfuggire alle persecuzioni ed agli effetti della gelosia
di Giunone, s'era trasformata in una Lupa, e, sotto tale forma, aveva messo
al mondo Apollo. E' noto che Osiride ed Oro erano i geroglifici Apollo,
ci che va inteso nel senso del Sole od oro Filosofico, a II nostro Lupo,
scrive Rafis nella sna Epistola, si trova in Oriente, ed il nostro Cane in
Occidente. Essi si mordono l un l'altro, diventano arrabbiati e si uccdono.
Dalla loro corruzione si forma un veleno che in seguito si trasmuta in te
riaca a. L'anonimo Autore delle Rime Alleninone dice cos; a II Filosofo
Alessandro ci riferisce che nn Lnpo ed un Cane sono stati allevati in questa
argilla, ed entrambi hanno cmune origine. Questa origine precisata nella
finzione della spedizione d'Osiride, e nella quale detto che questo Principe
vi si fece accompagnare dai suoi due figli: Anubi sotto forma di Cane, e
Macedone sotto quella di Lupo. Questi due animali dunque rappresentano
geroglificamente due cose evenienti da uno stesso soggetto o da una stessa
sostanza, e delle quali tuna pi trattabile, mentre l'altra pi feroce.
Iside secondo l'iscrizione della sua colonna, confessa chessa quel Cane
brillante fra gli Astri, e che noi chiamiamo: la Cancola.
DEL GATTO OD AELURUS
li Gatto era in grande venerazione presso gli Egiziani, poich era con
sacrato ad Iside. Ordinariamente questo animale veniva rappresentato sulla
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parte superiore del Bistro, strumento rhe lo si vede quasi sempre in mano
a questa Dea. Quando nn Gatto moriva, gli Egiziani lo imbalsamavano, e
con nn gran corteo funebre lo portavano nella citt di Bnbaate, nella quale
laide era in special modo riverita. Sarebbe stato strano che il Gatto non
avesse avuto gli stessi onori che molti altri animali ricevevano da nn popolo
il quale aveva compialo uno studio tanto minuzioso e particolareggiato sulla
natura delle cose e sui rapporti che mantengono o sembrano avere fra di
esse. Dato che Iside il simbolo della Luna, potevasi scegliere un animale
che meglio potesse rapportarsi a questo Astro dato ch' volgarmente notorio
che la pupilla degli occhi del Gatto segue le differenti fasi della Luna tanto
crescente che calante? Gli occhi di questo animale hrillano h1 buio come
nella notte brillano le Stelle del firmamento. Alcuni Autori hanno tentato
penino di persuaderci che la femmina del Gatto mettesse alla luce in un
anno tanti piccoli quanti sono i giorni di im mese lemure. Questi tratti di
rassomiglianza diedero occasione, senza dubbio, a credere che la Luna o
Diana sera occultata sotto la forma duna Gatta, allorquando si mise in
salvo riparando in Egitto assieme con gli altri Dei, per sfuggire alle perse
cuzioni di Tifone. Fefe soror Phaebi, come dice Ovidio nel 1. 5 delle Me
tamorfosi.
Tutti questi tratti di rassomiglianza erano pi che sufficienti per deter
minare gli Egizi ad adottare il Gatto per simbolo della Luna celeste, ma
Sacerdoti i quali possedevano un concetto trascendentale, specificavano que
sto simbolo mediante attributi, il senso misterioso dei quali era noto escln-
sivamente ad essi. Questo Dio Gatto rappresentato, su diversi monumenti,
talvolta avente un ststro in una mano, e recante, come Iside, un vaso ansato
nellaltra; talaltra la s vede seduta, e reca una croce legata ad un cerchio.
Si sa che la croce presso gli Egizi era il simbolo dei quattro clementi. Per
gli altri attributi li abbiamo spiegati nel capitolo diBide.
DEL LEONE
Questanimale occupava uno dei primi posti nel rullo elle gli Egiziani
rendevano agli animali. II I-eone era consideralo come il Re degli animali a
cagione della sua forza, del suo coraggio, e delle altre sue qualit di molto
superiori a quelle delle altre bestie. Il trono di Oro era sostenuto dai leeoni.
Elano dice che gl) Egizi consociarono i Leoni a Vulcano perch questo ani
male di natura ardente e piena di fuoco. Lidea che ci d Ebano di Vul
cano, conferma quella data da noi: a Eos ideo Vulcano consccraul, ( est
airtem Vulcaniti nihil aliud, niii ignea quaedam salii subterranei virtus, et
julgure elucescens) quod sint natura e vehementer ignita, atque ideo exte-
riorem ignem, ob interiori! vehementiam aegerrime intuentur . Questa in
terpretazione di Ebano dimostra abbastanza chiaramente qualera l'idea dei
Sacerdoti dEgitto, nel consacrare il Leone a Vulcano. Tutte le altre spiega
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zioni chio potrei ulteriormente fornire, si riporterebbero perfettamente a
questa, poich abbiamo gi detto che Vulcano era il fuoco Filosofico. I l
Leone stato adottato da quasi tutti i Filosofi per un simbolo dellArte Er
metica. Non v' altro animale che sia mentovato tanto frequentemente nelle
opere che trattano dellArte Sacerdotale, ma sempre nel senso rivelatoci da
Eliauo. Avremo occasione in seguito di riparlarne spesso, ed perci superfluo
dilungarci oltre su tale argomento.
DEL CAPRONE
Tutte le Nazioni sono concordi nel considerare il Caprone quale simbolo
della fecondit, analogo a quello di Pane ch'era il simbolo del principio
fecondante della Natura, vale a dire, il fuoco innato, principio di vita e della
generazione. Per questa ragione gli Egizi avevano consacrato il Caprone ad
Osiride. Eusebio, nella sua De praep. Ev. 1. 2, c. 1, ci riporta un geroglifico
Egiziano e ci riferisce le idee che quel popolo ne aveva, secondo l interpre
tazione chegli ne d ; ma facendo attenzione alla descrizione che ci fa di detto
geroglifico, seguendo il nostro sistema si deve penetrare il significato ascoso
rhe i Sacerdoti vi annettevano, a Quando vogliono simboleggiare la fecondit
della Primavera, e labbondanza della quale questa stagione ne la sorgente,
essi rappresentano un fanciullo seduto sn un caprone e rivolto verso Mercurio o.
Per io, di arcordo con i Sacerdoti vi vedrei piuttosto l analogia del Scie con
Mercurio, e la fecondit, della quale la materia dei Filosofi il principio in
tutti gli esseri; questa materia spirito universale corporificato, principio
di vegetazione, il quale diventa olio nell'ulivo, vino nell'uva, gomma, resina
negli alberi, ece. Se il Sole con il suo calore un principio di vegetazione,
ci si compie perch esso eccita il fuoco assopito nei semi, nei quali il fuoco
innato permane quasi come stremenzito sino a quando non sia risvegliato
ed animato da un agente esteriore. Ci si verifica anche nelle operazioni
dellArte Ermetica, nella quale il Mercnrio Filosofico lavora con la sua azione
sulla materia fissa, in dove questo fnoco innato trovasi come fosse impri
gionato; il Mercurio Filosofico d sviluppo a detto fuoco innato liberandolo
dai legami e lo mette in istato dagire per condurre l Opera alla perfezione.
Ci simboleggia il fanciullo seduto sul Caprone e con la faccia rivolta verso
Mercurio. Osiride, simboleggiando questo fuoco innato, non differisce da Pane,
c perci il Caprone era consacrato ad entrambi questi Dei, e per la stessa
ragione era uno degli attributi di Bacco.
DELLICHNEUMON 0 TOPO DI FARAONE
E DEL COCCODRILLO
LIcneumone veniva considerato come il nemico giurato del Coccodrillo,
ma non potendo vincere con la forza il suo nemico, dato ehesso una specie
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di Ratto, impiegava in ci ]a sua sagacia. Quando il Coccodrillo donne, l Icneu
mone gli sinsinna, diceai, nella gola spalancata, discende nelle visceri e li
rode. Qualcosa d presso a poco simile si verfica nelle operazioni dell'Opera.
Dapprima il fisso parrebbe una parte di quusi nessun valore, o per meglio dire
il fuoco chesso fisso rinchiude pare non abbia alcuna forza; e per molto
tempo sembra dominato dal volatile, ma a misura cbesso si sviluppa, vi si
Insinua in modo tale che infine prende il sopravvento ed uccide la parte
volatile, vale a dire la rende fissa come lui. Abbiamo gi detto del Cocco
drillo nel capitolo dAnubi, ma aggiungeremo qui qualche parola.
I l Coccodrillo era un geroglifico naturale della materia Filosofica composta
dacqua e di terra, quali elementi sono simboleggiati dalia natura anfibia di
questo animale; perci lo si trova spesso che accompagna le figurazioni dO-
siride e dIside. Eusebio riferisce che gli Egizi rappresentavano il Sole quale
Pilota in una nave trascinata da un Coccodrillo per significare il movimento
del Sole nellumido; piuttosto pei essere pi precisi tale geroglifico significava
che la materia dellArte Ermetica il principio o la base delloro o Sole
Filosofino; l acqua nella quale nuota il Coccodrillo questo Mercurio o della
materia ridotta in acqua; la nave simboleggia il vaso della Natura nel quale
il Sole o il principio igneo e solforoso analogicamente funziona quale Pilota,
poich esso che conduce l Opera mediante la su b azione snllumido o
mercurio. D Coccodrillo era anche il geroglifico dellEgiUo stesso, e special
mente del Basso Egitto quale regione maremmana.
DEL CINOCEFALO
Tra geroglifici Egizi nessun altro tanto frequentemente rappresentalo
come il Cinocefalo, dato chera propriamente la figura d'Anubi o di Mercurio;
perch questanimale ha il corpo quasi simile a quello delluomo e la testa
rimile a quella del cane. S. Agostino nel 1. 2 della Citt di Dio, cap. 14, ne fa
menzione e Tommaso di Valois avanza che 5. Agostino intendeva parlarci
di Mercnrio o d'Ermctc Egizio accomando al Cinocefalo. Isidoro afferma
ch'Ermete aveva una testa d cane, e Virgilio, Ovidio, Properzio, Prudenzio,
A miniano Io chiamano abbaiatore. Gii Egizi avevano rilevato parecchi rap
porti fra il Cinocefala ed il Sole e la Luna, e perci essi lo adoperavano
sovente qnale simbolo d questi due Astri, stando a quanto ce ne riferisce
Orapollo. Questo animale orinava una volta ogni ora del giorno e delia
notte nel tempo degli equinozi. Diventava triste e malinconico durante i primi
due o tre giorni della Luna, che in quel breve periodo si nasconde alla nostra
vista, e la piangeva come se la Lana ci fosse stata rapita. Gli Egiziani cre
dendo anche che il Cinocefalo aveva indicato ad Iside il corpo dOsiride eh'essa
cercava, mettevano spesso questo animale in compagnia di questo Dio e di
questa Dea. Ma tutte queste ragioni sono semplicemente allegoriche, il vero
di tnllo ci si che il Cinocefalo era il geroglifico d Mercurio e del Mercurio
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Filosofico, 9 quale deve sempre accompagnare Iside in qualit di sno Mi
nistro, poich come dicemmo nei capitoli di dette Deit, senza il mercurio
Iside ed Osiride nulla possono {are nellOpera. Ermete o Mercurio il Filosofo
avendo dato occasione con U proprio nome di confonderlo con il mercurio
Filosofico, e del quale lo si suppone linventore, non da meravigliare che
gli Egiziani e gli Autori che non ne erano edotti, abbiano confuso la cosa
inventata con il suo inventore, dato che portavano lo stesso nome, e che
anche abbiano scambiato 0 geroglifico delluno con quello dellaltro. Allor
quando il Cinocefalo rappresentato con il caduceo, con qualche vaso, op
pure con un crescente lunare, o con un fiore di loto, o con qualcosa dac
quatico o volatile, in tal caso il geroglifico del mercurio dei Filosofi; mar
quando lo si vede con una canna, od un rotolo di scritture, allora rappre
senta l Ermete che lo si vuole inventore della scrittura r delle scienze, oppure
il Segretario e Consigliere dIside. Lidea di prendere questo animale quale
simbolo d'Ermete, nata dalla credenza che gli Egiziani avevano rlie il
Cinocefalo, di natura, sapesse scrivere le lettere in uso nellEgitto, tanto
vero che allorquando si portava un Cinocefalo ai Sacerdoti, per farlo allevare. -
e nutrirlo assieme agli altri animali nel Tempio, gli presentavano un pezzo
di canna o di giunco atto a tracciare i caratteri della scrittura, con dellin
chiostro e del papiro per vedere se detto animale era della razza di quelli
che conoscevano la scrittura, e che sapevano scrvere. Orapollo fa menzione
di tale usanza nel 14. capitolo del primo libro della sua interpretazione dei
Geroglifici Egizi, e dice che per tale ragione il Cinocefalo era consacrato
ad Ermete.
DELLARIETE
Dato che si riteneva la natura dellAriete come calda ed umida, e quindi
rispondente perfettamente a quella del mercurio Filosofico, gli Egiziani non
tralasciarono dallannoverare questo animale fra i principali loro geroglifici.
Essi divulgarono poi la favola della fuga degli Dei in Egitto, dove Giove dia*
sero che sera nascosto sotto la forma dun Ariete, e di conseguenza avendo
rappresentato questo Dio con la testa di detto animale, gli diedero il nome
d.-fmun o Ammano.
a Duxque gregis, dixit, fit Jupiter. iinde recarvi* .
Nunc quoque formatU3 Lybis est cum comibus Amman s.
(Ovidio, Metamorfosi. I. 5)
Tutte le altre favole che gli Antichi hanno divulgate su tale soggetto, non
meritano di essere accolte. Una fra tntte sar sufficiente per far vedere che
effettivamente esse furono inventate per indicare il mercurio dei Filosofi.
Bacco, dicesi, trovandosi nella Libia con la sua armata si trov estremamente
tribolato dalla sete ed invoc Giove per avere un ainto contro un male rosi
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incubante. Giove gli apparve sotto la (arma d'nn Ariele e lo guida attraversa
il deserto ad una fontana ove Bacco si disset, ed in quel luogo, in memoria
di questo avvenimento, venne edificalo un Tempio in onore di Giove, sotto
il nome di Giove Amatone, e questo Dio venne rappresentato con una testa
di Ariele. Ci che conferma il mio modo di vedere, si che questa animale
era un simbolo d Mercurio, come ne informa Pausatila in Corinto. L'Ariete
apparve a Bacco nella Libia, dappoich la Libia significa una pietra donde
sgorga dellacqua, da ),iti> che deriva da che significa: io distillo; cd
il mercurio, la natura del quale calda ed umida, non si forma che mediante
la risoluzione in acqua della materia Filosofica, aCercate, dire il Cosmo
polita, una materia dalla quale possiate tirare un'acqua che possa dissolvere
'oro senza violenza e senza corrosione, ma naturalmente. Quest'acqua il
nostro mercurio che noi tiriamo per mezzo della nostra calamita (fr. aimant)
che risiede nel ventre dellAriete. Erodoto riferisce che Giove apparve ad
Ercole sotto la stessa forma, ed per questo clic lAriete venne consacrato
al padre degli Dei e degli uomini che lo si rappresenta con una testa dAriete.
Qnesta favore che Giove accord alle insistenti preghiere di Ercole, caratte
rizza precisamente il violento desiderio che hanno tutti gli Artisti Ermrtiri
di vedere il Giove Filosofico, il quale non pu mostrarsi che nella Libia, ci
vaie a dire; quando la materia passata per la dissoluzione, poich solo allora
essi ottengono quel mercurio per il quale hanno tanto sospiralo. Nel quinto
libro noi forniremo le prove come Ercole, tanto in Egitto quanto nella Grecia,
fu consideralo sempre come il simbolo dell'Artista o Filosofo Ermetico,
L'allegoria della fontana stata impiegata da molti Adepti, ma in particolare
dal Trevisano, e da bramo Giudeo, nelle fignre geroglifiche riportale da
Nicola Finnici. Torneremo a parlare dellAriete allorquando spiegheremo la
favola del Tason doro. L'Ariete era uno vittima clic lo si sacrificava a quasi
tutti gii Dei, poich il Mercurio, dei quale questo animale ne era il imholo,
li accompagna tutti nelle operazioni dell'Arte Sacerdotale; ma si diceva pure
che Mercurio per quanto Messaggero degli Dei, lo era pi specialmente di
Giove, e particolarmente per i messaggi gal; mentre I ride io era per gli
affari tristi, per le guerre, i combattimenti, ecc. La ragione di ci ben
naturale per un Filosofo, il quale conosce che per I ride devesi intendere
i vari color dell'arcobaleno, i quali si manifestano sulla materia durante la
dissoluzione della materia stessa nel qual tempo avviene il rombali mento
del fisso con ) volatile.
DELLAQUILA E DELLO SPARVIERO
Questi due uccelli, per la loro natura hanno parecchie caratteristiche
comuni; l'uno c l'altro sono forti, arditi, intraprendenti; di temperamento
caldo, igneo, bollente; c le ragioni che, secondo Oro, avevano determinalo
gli Egizi ad inserire io Sparviero fra i loro geroglifici, confrontavano heuis-
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siili con quelli' rlu' liim:iu deciso i Filosofi ad adottare il nome di questo uc-
eello |ier la loro materia pervenuta ad un eerto rado di perfezione cd in
dove essa arquista tuta inneit la quale ne eostituisee la particolare caratteri-
stira, voglio dire nllnii unndo la materia e' trasmutata in zolfo Filosofico,
od in tale suo stato elio Raimondo t.ullo la chiam : il nostro S fair fiero,
n la prima materia fissa dei due grandi luminari.
I.*Aquila il Re degli uccelli; ed consacrato a Giove, perch fu di fe
lice presagio per questo Dio. ullorquaiito ehbc a combattere contro suo padre
Saturno, e che I' Vqttila forni le armi allo stesso Giove nella vittoriosa lotta
che questo Dio sostenne contro i Titani, ecc. I l carro di Giove tirato do due
Aquile: c le figurazioni di Giove sono quasi sempre accompagnale da questo
uccello. Anche ad avere una limitata lettura delle opere dei Filosofi Erme
tici. pur nolo il concetto di coloro che hanno inventato dette fiuzioui. Tutti
chiamano Aquila il loro mercurio, n la parte volatile della materia. E* il
nome pi comunemente da essi usato in ogni tempo. Gli Adepti di tutte le
Nazioni sono concordi in ci: e per tulli loro il Leone simboleggia la parte
lissu. e 1* Vqtiiln In parte volnlile. F.-si non parlano se non delle lotte fra que
sti due animali: ed quindi superfluo riportarne i lesti, poich reputo rivol
germi a persone che li abbiano almeno letti.
Si supposto con ragione clic l'Aquila fu di buon augurio a Giove, poich
la materia si volatilizza nel moment nel quale Giove riporta la vittoria su
Sai urli, vale a dire allorch il color grigio subentra al nero. LAquila, per
In sica ragione, fornisce le armi a questo Di nella lolla contro i Titani
e ne forniremo le prove nel terzo libro al capitolo di Giove. Per lo stesso
lulivo si afferma clic il carro di questo Dio sia tirato da due Aquile.
Ma perch si rappresentava Osiride oli tuia tosta di Sparviero? Per coloro
clic hanno messo attenzione a tutto quanto abbiamo detto ili questo Dio,
facilmente l'indovineranno. I.o Sparviero un uccello che affronta tutti gli
altri, e li divora, e li trasforma nella propria natura, assimilandoli con la
digestione e formandone sua sostanza. Osiride un principio igneo e fisso,
il quale fissa le parti volatili della materia simboleggiate dagli uccelli. I l
lesti>di Raimondo Lullo, da tue citato, fornisce la prova della verit della
mia interpretazione. Ho dello anche che Osiride simboleggiava: l'oro, il
Sole, lo zolfo dei Filosofi, ed anche lo Sparviero il simbolo del Sole. Omero
lo chiama il Messaggero di Apollo, quando racconta nell'Odissea che Tele
maro in procinto di ritornare ad Itaca scorse uno Sparviero che divorava una
colomba, dal che egli congettur clic avrebbe vinto i suoi rivali. Gli Egizi
fornivano parecchie ragioni per giustificare il culto reso a quest'uccello e
fra le altre, che esso era venuto a Tebe da ignota regione, e ri aveva recato
per i Sacerdoti un libro scritto in lettere rosse, e nel quale erano contenute
tulle le cerimonie del loro culto religioso.
Non credo che vi sia qualcuno il quale noti veda quanto sia favoloso un
tale racconto, ma bisogner anche ammettere che non sia stato inventato
senza uua ragione. Certamente si ohbietter che i Sacerdoti divulgavano una
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cimile favola per incutere maggior rispetto al popolo, facendogli credere che
un qualche Dio aveva inviato detto nccello con quel preciso mandato. Ma in
tal caso, i Sacerdoti si sarebbero trovati in contraddirtene con loro stessi,
poich dichiaravano contemporaneamente al popolo che Ermete ed Iside
erano stati gl'inventori e gl'istitutori del colto c delle cerimonie che erano
osservate. Si sarebbe quindi verificato effettivamente una contraddizione,
per per i Sacerdoti che ne conoscevano il fondamento, cos non era e lutto
concordava perfettamente. I nfatti, il preteso libro era scritto con lettere rosse
poich il Magistero Filosofico, l'Elisir perfetto dellArte Sacerdotale,-o l A
pollo dei Filosofi rosso, e d'un rosso simile al papavero campestre. Le
cerimonie del loro culto vi erano anche codificale, poich costituivano unal
legoria delle operazioni e di tutto quanto si svolge dal comincili mento del
l Opera sino alla sua perfezione, dnranle il qua) tempo lo Sparviero appare;
ed ecco perch si diceva che qnesl'ticcello aveva apportato detto libro. Co
testa la finzione ; ma Ermete dallaltro canta aveva istituito dette cerimonie,
ed aveva stabilito anche un Sacerdozio al quale aveva confidato il sno segreto
per farlo osservare, e ci costituisce il vero. Tn questa istituzione Iside c'en
trava perch effettivamente vi aveva preso buona parte, essendone l'oggetto,
c come materia vi aveva dato luogo. Gli Scribi del Tempio, a detta di Diodoro
portavano un copricapo rosso con unaia di Sparviero, e ci si spiega per le
ragioni innanzi dette.
Sembra che vi sia un'altra contraddizione in ci che vengo dicendo, in
conformit pertanto a quello che dicevano gli Egiziani. Osiride ed Oro non
erano la medesima persona, poich l uno era il padre e l altro il figlio. Si
conviene intanto nel ritenere che l'uno e laltro era il simbolo del Sole o
dApollo. Orbene, io domando ai Mitologi come mai, seguendo i loro diffe
renti sistemi, essi potranno risolvere questa difficolt. Due persone differenti,
due I te elle hanno regnato successivamente, anzi fra la loro epoca di regno
vi fu quella nella quale regn Iside, come mai - possono essere ritenute per
una medesima persona? Anche lo storia favolosa del regno del Sole in Egitto,
non ci dice elle il Sole fibbia regnato dne volte. La storia ci apprende che
Osiride mori a cagione della perfidia e dello stratagemma delittuoso di
Tifone, ma essa non ci dice die Osiride risuscit. Nullamo Osiride era lo
stesso elio il Sole, Oro lo stesso che Apollo, ed il Sole non differisce da
Apollo. Quindi non vedo in qual modo i nostri Mitologi potrebbero cavarsi
fuori da tale labirinto. Ci che prova invece ben chiaramente la verit del
mio sistema, si c che seguendolo, si costretti a riconoscere che gli Egizi
non potevano combinare questa storia in nessun'altra diversa maniera senza
allontanarsi dalla verit, e voglio dire, senza cambiare lordine di ci che
accade successivamente nello sviluppo dellOpera. In effetti vi sono due ope
razioni, o se si vuole dne Opere che s seguono immediatamente. Nella prima,
dice dEspagnet, nel suo Can. 121, si crea lo zolfo, e nella seconda si fa
l Elisire. Lo zolfo l oro vivo dei Filosofi, il loro Sole o Osiride. Nella
seconda Opera necessita far morire Osiride mediante la dissoluzione e la
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putrefazione, dopo di che regna laide o la Luna, vale a dire il color hinnco
chiamato Luna dai Filosofi. Questo colore scompare per dar posto al giallo
rad eranato e in tal punto laide che muore ed lavvento del regno di Oro
o l Apollo dellArte Ermetica. E inutile dilungarsi su tale argomento che
abbiamo abbastanza lungamente spiegato tanto nel Trattato dellArte, romc
pure nei capitoli di qnesto libro, nei quali abbiamo parlata di queste Ufili.
DELLIBIS
Erodoto riferisce che in Egitto vi sano due specie d'ibis: l una tutta nera
che lolla contro i serpenti alati impedendo loro l enlrata nel paese, allor
quando iu primavera vengono a stuoli dallArabia, ed un'altra specie ch
nera e bianca. Ed questa seconda specie bianco e nera che si prende quale
simbolo dIside. Erodoto non afferma di aver visto con i propri ocrlii questi.
serpenti alati, ma dei monticelli o cumuli di scheletri di serpenti. Quindi
egli ci riferisce che detti rettili sono alati solo per sentito dire. Nel fallo,
parebbe che la cosa non fosse reale per quanto riflette detta circostanza: ma
se trattasi di una allegoria tale circostanza sarebbe giustificata. Elinno, Plu
tarco, Orapollo, Abenefi, Platone, Cicerone, Pomponio Mela, Diodoro Siculo
e tanti altri Autori parlano dellIbis, e riferiscono i rapporti di quest'animale
con la Luna e con Mercurio, sicch inutile fornire altre prove.
I grandi servigi che questuccella rendeva a tutto l Egitto, sia uccidendo
i serpenti dei quali abbiamo detto, sia rompendo le uova dei coccodrilli,
erano ben adatti per determinare gli Egiziani a rendergli quegli stessi onori
ebe tributavano agli altri animali. Ma ben altre ragioni essi avevano per
inserirlo nel novero dei loro geroglifici. Mercurio scappando innanzi a Tifone
prese la forma dun I bis: quindi, secando interpreta Abenefi, sotto tale forma
Ermete vegliava alla conservazione degli Egiziani e li istruiva in tutte le
scienze. Essi rilevavano anche nel suo colore, nel suo temperamento e nelle
sue azioni molte analogie con la Luqa, della quale Iside ite era il simbolo.
Ecco perch essi davano a questa Dea una testa dibis, e perch contempo
raneamente detta testa d'ibis era anche consacrala a Mercurio. Perch no-
tavas tra Iside e Mercurio una cos grande analogia, ed un rapporto tanto
intimo, che non li separavano quasi mai; perci s supponeva chErmete
era il Consigliere di questa Principessa, e chentrambi agissero sempre dac
cordo: ci a giusta ragione, poich la Luna ed il Mercurio Filosofico, in
alcuni casi sono una medesima cosa, ed i Filosofi li nominano indifferente
mente l un per l altro, a Colui che dicesse che la Luna dei Filosofi o, ci che
lo stesso, il loro Mercurio il Mercurio volgare, vorrebbe ingannare con
conoscenza di causa, dice d'Espaguel nei Canoni 24 e 44, oppure inganne
rebbe se stesso. Quelli che stabiliscono per materia della pietra lo zolfo ed
il mercurio, intendono l oro e largento volgare per lo zolfo, ma per il mer
curio intendono ia Luna dei Filosofi a.
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A cagione dei colori bianco e nero lIbis aveva con la Luna quella stessa
analogia che vigeva per il Bne Api, e per qnesto, tale uccello diventava il
simbolo della materia dell'Arte Sacerdotale. LIbis tutto nero che assaliva
ed uccdeva i serpi alati, indica la lotta che si svolge fra le parti della materia
durante la dissoluzione; e la morte di detti serpi significa la putrefazione che
segue alla dissoluzione, e durante detta putrefazione la materia diventa nera.
A tale riguardo il Flamel ha fnto la lotta fra due Draghi dei quali l uno
alato e l'altro senz'ali, e dalla quale lotta ne risulta poi il mercurio. Altri
Autori hanno adoperato allegorie simili. Compiutasi la putrefazione la ma*
feria diventa in parte nera, ed in parte bianca, e durante questo stato si
frma il mercurio, ed questa la seconda specie dibis, e di cui Mercurio ne
assunse la forma.
Queste sono le ragioni semplici e naturali che i Sacerdoti Egizi posse*
devano a giustifica della introduzione degli animali nel loro culto sotto par
venza di Religione, e nei loro geroglifici. Essi inventarono altres una quantit
daltre figure quali quelle che si vedono sulle Piramidi e sugli altri monu
menti dEgitto. Ma tutti quei caratteri o simboli avevano certamente un
rapporto pi o meno stretto in attinenza ai misteri dellArte Ermetica. Sar
vano ogni pi sviluppato commento per spiegare tali geroglifici, le quante
volte non si segua il senso della Chimica Filosofica. Tutte le volte che per
base delle spiegazioni non si avranno Vulcano e Mercurio, ci si trover sempre
di fronte a delle difficolt insormontabili, e quandanche a forza di torturare
il proprio cervello si riesca a cavarne delle spiegazioni che abbiano la veste
di una tal quale verosimiglianza, ed in questo imitando Plutarco, Diodoro e
gli altri Greci antichi e moderni, pure si dovr constatare che dette spiega
zioni girano al largo della cosa in bc, che sono stiracchiate, e che non sod
disfano affatto. Si terr sempre innanzi agli occhi Arpocrate col dito sulle
labbra, il quale ci ammonir sempre che tutto questo culto, queste cerimonie,
questi geroglifici nascondono dei misteri, che non permesso a tutti di ap
profondire, che bisognava meditarli nel silenzio, che il popolo non ne era
edotto, e che non venivano svelati neppure a quelli che i Sacerdoti erano
persuasi fossero stati spinti, a recarsi in Egitto, dalla semplice curiosit.
E gli Storici fan parte di questa categoria di curiosi, e quindi non bisogna
prestar maggior fede alle interpretazioni che ci danno, di quanto non se ne
debba prestare alle interpetrazioni fomite dal volgo Egiziano, il quale ren*
deva gli onori del colto agli animali perch gli era stato detto che gli Dei
ne avevano assunti gli aspetti:
r Huc quoque ter ri gena m venisse Typhoea narrai.
Et se mentiti: superos celasse figuris.
Duxqtie gregis, dixit, fit Jupiter, linde recurvis
Nunc quoque formatili Libys est eum comibus Ammon,
Delius in corvo est, proles Semelcia capro,
Fele soror Phoebi, nivea Saturnia vacca,
Pisce Venus latuit, Cyllenius Ibidis alis.
(Ovidio, Metani. 1. 5)
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DEL LOTO E DELLA FAVA DEGITTO
D Loto una specie di giglio che cresce in abbondanza dopo linondazione
del Nilo. Gli Egiziani, dopo averlo tagliato, lo facevano seccare al Sole, e da
una parte di detta pianta, che assomiglia al papavero, ne facevano del pane.
La sua radice tonda, della grossezza dun pomo, ed gustosissima a
mangiare.
Erodoto riferisce che il frutto del Loto rassomiglia a quello della lenticchia
ed tanto gradevole al gusto quanto quello della palma. I Lotofagi, cos
chiamati perch da detta pianta ne ricavavano tutto il loro nutrimeuto, ne
facevano anche del vino. Gli Egizi, come ci riferisce Plutarco, dipingevano
il Sole sorgente da un fiore di Loto, non perch credevano che fosse nato
in tal modo, ma perch essi amano rappresentare allegoricamente la massima
parte delle cose.
Sui monumenti Egiziani si vedono rappresentati soltanto il frutto ed il
fiore del Loto; ma anche la foglia ebbe un posto tra i geroglifici poich per
la sua forma rotonda c per le sue fibre le quali da un piccolo cerchio centrale
sirradiano in ogni direzione come i raggi in una circonferenza, essa rap
presenta in qualche modo il Sole. I l fiore aperto presenta presso a poco lo
stesso aspetto. Ma di tutte le altre parti della pianta, questo fiore quello
che si riscontra pi frequentemente sulla testa dIside, dOsiride e degli
stessi Sacerdoti clicrano preposti al culto di queste Divinit. Gli Egizi
credevano che il Loto aveva un rapporto con il Sole, dato che al sorgere
di questAstro il suo fiore si sollevava alla superficie dellacqua, mentre al
tramonto vi si sommergeva, ma non era questo solo che ne lo aveva fatto
consacrare. Se gli Archeologi avessero potuto distinguere, o se almeno aves
sero avuto l attenzione desaminare qualera il colore dei fiori che si mette
vano sulla testa dOsiride, e di quelli che si mettevano su quella d'Iside,
avrebbero certamente notato che il fiore incarnato della fava dEgitto non
lo si riscontra giammai su quella dIside lattributo della quale Dea era esclu
sivamente il fiore bianco del Loto, mentre quello incarnato della fava d'Egitto
era lo specifico attributo dOsiride.
La completa rassomiglianza di queste due piante ha impedito di supporre
che un mistero regolava la loro scelta, e di rilevare delta differenza.
Glinventori dei geroglifici non ne prescelsero nessuno che non avesse un
rapporto con la cosa significata. Plutarco lo ha intravisto nel colore del
frutto di queste piante delle quali stiamo dicendo, frutto che ha la forma
duna coppa da ciborio, e donde prendeva il suo nome presso i Greci.
Vedendo un fanciullo rappresentato seduto su questo frutto, Plutarco ha
detto che detto fanciullo simboleggiava il crepuscolo, con rapporto alla ras
somiglianza del colore di questo bel momento del giorno con quello di
questo frutto. Quindi era ben opportuno di fare attenzione anche ai colori
di questi attributi per poterne dare delle spiegazioni giuste, e conformi alle
- I H -
idee di coloro che detti attributi istituirono. Sin qui abbiamo notato che il
color giallo ed il rosso erano particolari di Oro ed Osiride, mentre il color
bianco Io era dI side; e ci perch i due primi sono i colori del Sole, ed il
bianco quello della Luna, cos pure nel sistema Ermetico. E dunque vero
simile che gli Egizi impiegarono il Loto e la Fava d'Egitto nei loro geroglifici
a causa dei differenti loro colori, diversamente, dato che per tutto il resto
erano piante del tutto simili, una di esse sarebbe stata sufficiente nell'impiego
analogico. La massima parte di quei vasi che sulla coppa recano un fan
ciullo seduto, rappresentano il frutto del Loto.
DELLA COLOCASIA
La Colocasia orni specie di Arum o di piede di bue, che cresce nei
luoghi acquatici. Ha foglie grandi, nervose al disotto, legate a dei peduncoli
lunghi e grossi, il suo fiore &del genere di quelli del pi di bue, fatti a forma
doreeebie dasino o di cartoccio nel quale trovasi il frutto composto di diverse
bacche rosse, disposte a nio di grappolo lungo una specie di pestello che
seleva dal fondo del fiore. Gli Arabi ne commerciano su vasta scala la sua
radice che buona da mangiare.
Si ritrova questo fiore emblematizzato sulla testa di molte Divinit, ma
pi sovente su quella dArpocrate; non perch questo fiore sia, come alcuni
ritengono, il simbolo della fecondit, ma perch il color rosso dei suoi frutti
simboleggiava l Oro Ermetico, e con il quale Arpocrate spesso veniva con
fuso. dato che qnesto Dio del Silenzio fu inventato per ammonire il silenzio
che si doveva mantenere a riguardo del detto Oro.
DELLA PERSEA
E* un albero che cresce nei dintorni del gran Cairo. Le sue foglie sono
molto simili a quelle del lauro, ma pi grandi. I l suo frutto ha l apparenza
d'una pera e rinchiude un nocciuolo che ha il sapore della castagna. La
bellezza di quest'albero sempre verde, la rassomiglianza della sua foglia ad
una lingua umana, e la forma di cuore che ha il suo nocciuolo, l avevano
falla consacrare al Dio del Silenzio e sulla testa del quale la si trovava con
maggiore frequenza clic su quella di nessnnaltra Divinit. I l frutto lo si
trova riprodotto talvolta intero talaltra spaccato per farne vedere la man
dorla. ma sempre per simboleggiare die necessita saper raffrenare la lingua,
c custodire nel cuore il segreto dei misteri dIside, d'Osiride e delle altre
Divinit auree dellEgitto. Ed per questa ragione che lo si trova sulla
testa dArpocrate radiante, oppure poggiato su un crescente.
- 1 1 2 -
DELLA MUSA OD AMUSA
Alcuni Botanici e parecchi Storici l'hanno qualificata un albero sebbene
questa pianta non abbia rami. D suo tronco, ordinariamente grosso quanto
la coscia dun uomo, spugnoso ed ricoperto da parecchie scorze o lamine
scagliose disposte a squame le une sulle altre, le sue foglie sono larghe,
ottuse, e la loro lunghezza sorpassa talvolta sette code. Queste foglie sono
attaccate al fusto mediante una costa grossa e larga che risiede nel centro
di tutta la sua lunghezza; alla sommit del fusto nascono dei fiori rossi o
giallastri. I frutti che ne derivano sono di gradevole sapore, e molto rasso
migliano ad un popone giallo. La sua radice sviluppata, grossa, nera al
difuori e bianca al didentro e carnosa. Facendo delle incisioni sulla radice
vien fuori un succo bianco che poi diventa rosso.
Molti Archeologi vedono nella sola bellezza di questa pianta la ragione
capace daver determinato gli Egizi a consacrarla alle Divinit locali della
contrada nella quale detta pianta cresceva in maggior abbondanza; ma poich
da ricordare che presso questo popolo tutto era mistero, dato eh'esso la
impiegava fra i suoi geroglifici, bisogna ammettere scnzalcun dubbio che a
questa pianta vi si annetteva una qualche particolare idea, che la si deduceva
da una qualche analogia riscontrata tra questa pianta e dette Divinit. I
pennacchi dOsiride e dei Sacerdoti, quelli dIside nei quali talvolta si tro
vano delle foglie di Musa, il frutto sezionato che si mostra fra le due foglie
che formano il pennacchio, ed infine Iside che offre il fusto fiorito di detta
pianta al suo sposo, sono tutte cose che la Tavola Isiaca ci sottopone ripetu
tamente ai nostri occhi; e perci, si potr mai ammettere che la sola bellezza
di detta pianta ne sia il motivo? Non forse pi naturale pensare che un
popolo tanto misterioso lo facesse avendo di mira nn'altro obbietto? Poteva
darsi che l sotto si nascondesse un mistero, ed effettivamente vi era; ma
un mistero facilissimo a svelare per colui che abbia fatto delle riflessioni
bu quanto abbiamo detto, e vi vedr facilmente nella descrizione di questa
pianta i quattro colori principali della Grande Opera.
D nero si trova nella radice, cos come il color nero la radice, la base
o la chiave dell'Opera; se si asporta detta scorza nera, si scopre il bianco, ed
anche la polpa del frutto di quest'ultimo colore; i fiori che Iside presenta
ad Osiride sono gialli e rossi, e la peluria del frutto dorata. La Luna dei
Filosofi la materia pervenuta al bianco; i colori giallo zafferanato ed il
rosso, i quali succedono al bianco, sono il Sole o l Osiride dell'Arte, e perci
si ha ragione di rappresentare Iside nello atteggiamento doffrire un fiore
rosso ad Osiride. Infine, ai pu constatare che tutti gli attributi di Osiride
partecipano in tutto od iu parte del color rosso o del giallo o del colore dello
zafferano, mentre quelli dIside del nero o del bianco presi separatamente,
oppure mischiati, e questo perch i monumenti Egizi ci rappresentano que
ste Divinit, a seconda dei diversi stati nei quali si trova la materia dell'Opera
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dorante il corso delle operazioni. Si possono, quindi, trovare degli Osiride
di tutti i colori; ma allora necessario fare attenzione agli attributi che
l accompagnano. Se l'Autore del monumento era al corrente dei misteri
dEgitto, ed abbia voluto rappresentarci Osiride nella sua gloria, in tal
caso gli avr fornito degli attributi di color rosso od almeno di color di
zafferano; in una rappresentazione della spedizione di questo Dio alle Indie,
gli attributi saranno variegati di diversi colori, e ci similmente simboleg
giato dalle tigri e dai leopardi che accompagnavano Bacco; se si vuole
rappresentare Osiride in Etiopia, o morto, i colori impiegati saranno o il
nero od il violetto; ma giammai vi si trover del bianco puro privo della
mescolanza con altri colori, cos come, non si trover mai una Iside con un
attributo puramente rosso. Sarebbe augurabile quando si rinviene un qualche
antico monumento colorato, di raccomandare allo Stampatore di riprodurlo
in tutti i dettagli che vi si riscontrano, oppure che colui che ne fornisce la
descrizione al pubblico, abbia l attenzione dindicarne esattamente i colori.
L'esattezza della riproduzione di detti monumenti ha grandi conseguenze
specialmente in riguardo agli attributi.
I Greci ed i Romani i quali ritenevano come barbaro tutto quanto non
aveva avuto origine sotto il cielo di Roma o di Atene, eccettuavano gli Egizi
da una.tanto ingiusta imputazione, ed i migliori loro Autori, lungi dallimi-
tare Giovenale, Virgilio, Marziale e sopratutto Luciano, i quali sciorinavano
i pi acnti motteggi contro le superstizioni degli Egiziani, li colmavano di
elogi per la loro civilt e per il loro sapere. Detti Autori riconoscevano che
i loro grandi uomini vi avevano attinto .tutte le pi belle conoscenze delle
pioli dipoi ornarono le proprie opere. Se in modo assoluto non si pu giu
stificare il popolo dEgitto circa le assurdit ed il ridicolo del culto che ren
deva agli animali, non dobbiamo per attribuire ai Sacerdoti ed ai Sapienti
di quel paese gli eccessi dei piali la loro Saggezza e le loro conoscenze ne li
rendeva incapaci. Le tradizioni si materializzano e quindi soscurano a misura
che sallontanano dalla loro sorgente. I geroglifici tanto numerosi possono es
sere stati interpretati, in prosieguo di tempo, da persone le quali erano poco
o per nullaffatto istruiti del loro vero significato. Gli Autori che quindi li
hanno attinti da piest fonte impura non hanno potuto convogliarla sino a
noi diversamente da come la ricevettero, e forse ancora maggiormente alte
rata. Parrebbe altres che Erodoto, Diodoro Siculo, Plutarco, ed altri ancora
cerchino di scusare gli Egizi, apportando delle ragioni verosimili per il culto
che rendevano agli animali. Detti Autori riferiscono che gli Egizi adoravano
in detti animali la Divinit gli attributi della quale si manifestavano in ogni
animale, cos come il Sole si manifesta in una goccia dacqua colpita dai raggi
dello stesso. Del resto ben certo che ogni culto non un culto religioso, ed
ancor meno una vera adorazione; ed anche tutto ci che trova posto nei
Templi, sebbene esposto quale oggetto di pubblica venerazione, non seleva
al rango degli Dei. Perci gli Storici hanno potuto ingannarsi ed errare nei
racconti chhanno fatto degli Dei dEgitto, anche per quanto riflette il culto
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popolare, e quindi, a pi forte ragione per tatto quanto rigoardava il culto
praticato dai Sacerdoti e dai Filosofi, e dei quali gli Storici ne ignoravano
i misteri.
lai scrittura simbolica nota sotto il nome di geroglifica, non impediva n
si opponeva al progetto che gli Egizi avevano formulato di tramandare le
toro conoscenze alla posterit, ma delti geroglifici furono nn mistero sin dal
momento della loro istituzione, e continuano ad esserlo, e lo garanno ancora
sempre per lutti coloro che temeranno di spiegarli con altri sistemi che non
sia quello da me proposto ed adottalo. H proponimento degli inventori di detti
geroglifici non era quello di volgarizzarne i misteriosi sensi, ma incidendoli
sui loro monumenti, essi hanno agito alla maniera dei Filosofi Ermetici, I
quali non scrivono una qualche cosa se non per essere intesi da coloro che
conoscono la loro scienza, oppure per dare una luce attutita o velata, per
cos dire, in una oscurit cosi profonda, nella quale anche quelli che pos
seggono una vista acutissima non riescono a percepirla senza uno sforzo nella
ricerca, e dopo profonda meditazione.
La maggior parte delle antichit Egiziane sono quindi di natura tale da
non lusingarci di poterle illustrare perfettamente. Tutte le spiegazioni che si
vorranno tentare di dare per riportarle sul piano storico, si ridurranno a
delle congetture, dato che tutte risentono di quell'ambiente di mistero che
incomheva sull'Egitto; ed allorquando si vogliono basare ragionamenti storici
sul concatenamento dei falli, si trova che il primo anello della catena che
li lega, fa capo ad una favola. Quindi ben logico che necessita far ricorso
a dette favole, considerandole come tali, e di conseguenza sforzarsi di pene
trarne il vero significato ch'esse ascondono. Quando si trova un sistema che
le sviluppa naturalmente, bisogna prenderlo per guida; ma tutti quelli che
si sono adottati sinora sono stati riconosciuti insufficienti da lutti gli Autori
i quali hanno scrtto sulle Antichit. Vi si rincontrano ad ogni passo delle
difficolt e degli ostacoli che non si riesce a superare; e quindi detti sistemi
non costituiscono per noi quei filo d'Arianna clic effettivamente ci serva per
sortirne da questo labirinto; c quindi sono da abbandonarsi. Mentre, seguendo
la via della Filosofia Ermetica, e Indiandola suffirirntemente sino al punto
di mettersi nella condizione di farne delle giuste applicazioni, sono ben pochi
quei geroglifici che non si riesca a spiegare. Cos unii c si trover costretti
nd ammellerr come fatti storici quelli che sono puramente favolosi, c di
rgrliiirc du delti fatti quelle circostanze clic particolarmente li caratterizaano,
soltu il pretesto che delti dettagli vi sono stali eliciti per alilicllirr la narra
zione cil accrescerne il meraviglioso.
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DELLE ALLEGORIE CHE HANNO UN PI EVIDENTE
RAPPORTO CON LARTE ERMETICA
Nessun altro paese fu mai cos fertile nella produzione delle favole quanto
la Grecia. Non le bastarono tutte quelle importate dall'Egitto, e ne invent
un numero infinito di altre. Gli Egiziani, propriamente, riconoscevano per
propri Dei solamente Osiride, Iside ed Oro; ma i Greci ne moltiplicarono i
nomi, e di conseguenza furono indotti necessariamente a moltiplicare anche
le finzioni storiche. Da ci derivarono dodici Dei principali: Giove, Nettuno,
Marte, Mercurio, Vulcano, Apollo, Giunone, Vesta, Cerere, Venere, Diana e
Minerva, quindi sei maschi e sei femmine. Solo queste dodici Divinit cherano
considerate quali grandi Dei venivano rappresentati con statue doro. In
seguito se ne immaginarono degli altri ai quali si diede il nome di Semidei,
che non erano noti al tempo dErodoto, o per lo meno non se ne parla sotto
la detta qualifica. Le figure di questi Semidei erano scolpite in legno o in
pietra od in terracotta. Lo stesso Erodoto ci riferisce che gli Egizi per i
primi suggerirono i detti dodici nomi, e che i Greci li accolsero dagli Egizi.
I primi Greci che si recarono in Egitto, furono, secondo Diodoro Siculo:
Orfeo, Museo, Melampo, e gli altri che abbiamo menzionato nel libro pre
cedente. Costoro vi attinsero i principii della Filosofia e delle altre scienze,
e le trasportarono in Grecia, ove le insegnarono con quello stesso metodo
mediante il quale essi stessi le avevano apprese, c cio sotto il velo delle
allegorie e delle Favole. Orfeo ne form il soggetto dei suoi I nni agli Dei,
e delle sue Orgie; e che queste solenni celebrazioni tirino la loro origine
dallEgitto, ci concordemente ammesso tanto dagli Storici quanto dai
Mitologi e dagli Archeologi, e perci non occorrono ulteriori prove. Orfeo
introdusse nel culto di Dionisio le medesime cerimonie che si osservavano nel
culto dOsiride; e le cerimonie che si tributavano a Cerere erano simili a
quelle che si facevano in onore dIside. Questo Poeta, per il primo, parl
delle pene degli empii, dei Campi Elisi, ed inoltre fece nascere l uso delle
- 116 -
statue. Egli finse che Mercurio era destinato a condurre le anime dei defunti,
e divent fedele imitatore degli Egizi in una infinit di altre finzioni.
Allorquando i Greci videro che Psammetico proteggeva gli stranieri, sic*
chi essi avrebbero potuto viaggiare in Egitto senza rischio della propria vita
n della propria libert, molti vi si recarono; alcuni spinti da curiosit
per visitare le meraviglie che sul conto dellEgitto si raccontavano, altri per
il desiderio distruirsi. Orfeo, Museo, Lino, Melampo ed Omero vi andarono
successivamente f e questi cinque con Esiodo furono i propagatori delle Fa
vole nella Grecia, mediante i Poemi pieni di allegoriche finzioni, chessi
scrissero c divulgarono. E* senza dubbio da ritenere che questi grandi uomini
non avrebbero adottato e divulgato cosi serenamente tante apparenti assur
dit, le quante volte non vi avessero almeno supposto un significato ascoso,
ragionevole, ed un oggetto reale inviluppato in quelle oscurit. Ebbero essi
il proponimento d'ingannare il popolo mediante derisione e maliziosamente?
E se invece pensavano seriamente (die quei personaggi delle Favole erano
degli Dei chessi quindi avrebbero dovuto rappresentare quali modelli di
perfezione e di condotta, come mai attribuirono a detti Dei degli adulteri!,
degli incestai, dei parricidi, ed altri delitti di varie specie? I l tono con il
quale ne parla Omero sufficiente per farci comprendere quali erano le idee
chegli nutriva a tale riguardo. Quindi molto pi probabile ch'essi pro
spettavano dette finzioni quali simboli ed allegorie, e che vollero rendere
pi animate personificando e deificando gli effetti della Natura. Di conse
guenza essi assegnarono un particolare ufficio ad ognuno di detti personaggi
deificati, ma serbarono l Impero di tutto l'Universo esclusivamente ad un
solo Unico Vero Dio. Orfeo, a tale soggetto, ne spiega molto chiaramente,
dicendo che tutti sono la stessa unica cosa compresa sotto nomi diversi. Ecco
comegli s'esprime: a II Messaggero interprete Cillenio ha valore per tutti.
Le Ninfe sono l'acqua; Cerere i grani; Vulcano il fuoco; Nettuno il mare;
Marte la guerra; Venere la pace; Temide la giustizia; Apollo dardeggiente
le sue frecce lo stesso del Sole radiante, tanto se questo Apollo viene con
siderato come agente da lungi o da presso, quanto come Indovino, Augure o
quale il Dio d'Epidauro, il quale guarisce le malattie. Tutte queste cose
sono esclusivamente una medesima cosa, sebbene abbiano parecchi nomi d .
Ermesianace dice che Plutone, Persefone, Cerere, Venere e gli Amori, i
Tritoni, Nerea, Teli, Nettuno, Mercurio, Giunone, Vulcano, Giove, Pane,
Diana e Febo sono nomi diversi dello stesso unico Dio.
Per tal modo, tutte le provvidenze della Natura, nelle allegorie di detti
Poeti diventarono degli Dei, per tutti sottoposti allUnico Dio Supremo,
cos come avevano appreso dagli Egizi. Ma questi differenti attributi della
Natura riguardavano pertanto alcuni particolari effetti, cherano ignoti al
Pogiolo, ma conosciuti soltanto dai Filosofi.
Se alcune di dette finzioni ebbero per oggetto l Universo in generale, non
si potrebbe negare che la maggior parte abbiano avuto una applicazione
particolare, ed alcune vi sono cosi specialmente indicate che non ci si pu
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sbagliare. Sar sufficiente passare in rassegna le principali, per mettersi in
condizione di poter giudicare delle altre. I n primo luogo, dunque, parler
della spedizione del Toson doro: dei pomi doro del giardino delle Esperidi,
e di qnalchaltra che pi chiaramente manifestano che l intenzione degli
Autori di dette finzioni era 'invilupparvi i misteri dellArte Ermetica.
Orfeo il primo che abbia fatto menzione della spedizione del Toson
doro: se si vogliono ammettere le opere dOrfeo come appartenenti
a questo primo dei Poeti Greci; ma io non entro in questa disquisi
zione dei Dotti, che dette opere sieno vere o supposte, poco mi riguarda,
mi basta che provengano da una penna antichissima, sapiente, e consape
vole dei misteri Egizi e Greci. Ed a tale riguardo S. Giustino, Lattanzio e
S. Clemente Alessandrino parlano dOrfeo come dnn I niziato.
Questo Poeta ha dato a questa finzione un tal quale sviluppo storico
che ha tratto in inganno persino gli stessi Mitologi moderni, malgrado la
impossibilit da porte degli stessi di concordarne le circostanze. Essi hanno
preferito di abortire nel loro tentativo di spiegazione storica piuttosto che
riconoscervi il senso occnlto e misterioso che detta finzione prospetta; e
che Orfeo stesso Io ha manifestato abbastanza evidentemente, poich nel
corso di detta sua allegoria, cita altre sue opere, quali: Trattato delle pic
cole pietre, e a L antro di Mercurio quale sorgente di tut t i i beni .
E agevole capire di quale Mercurio Orfeo intende parlare, dato che lo
presenta come facente parte delloggetto che si propose Giasone nella con
quista del Toton doro.
STORIA DELLA CONQUISTA DEL TOSON DORO
Sono pochi gli Autori antichi che non parlano di questa famosa conquista.
Per dare nna giusta idea di questa allegoria bisognerebbe prendere la cosa
dallorigine, spiegare come questo preteso Toson doro fu portato neDa Col-
chide, e fare tutta la storia dAtamante d'ino, di Nefele, dEUe e di Frisso,
di Learco e di Melicerte; ma poich avremo occasione di parlarne nel quarto
libro quando spiegheremo i Giuochi Istmici, ora ci addentreremo soltanto
nei dettagli di questa spedizione, secondo quanto ce ne riferiscono Orfeo ed
Apollonio.
Giasone ebbe per padre Esone. per avo Crete, Eolo per bisavolo, e Giove
per trisavolo. Sua madre fu Polimede, figlia di Autolico, altri dicono. Aleimede;
ma secondo il mio sistema i due nomi sadattano lo stesso al contenuto della
favola. Tiro figlia di Salmoneo, allevata da Creteo, fratello del padre, piac
que a Nettuno dal quale ebbe Nelea e Pelia; ma dopo spos Io zio Creteo
da] quale ebbe tre figli: Esone. Fere ed Amitaone. Creteo edific la citt
di Iolco, e ne fece la capitale dei suoi Stati, e morendo lasci la corona ad
Esone. Pelia, al quale Creteo non aveva lasciato alcuna eredit, dato che
non gli era figlio, mediante intrighi riusc a detronizzare Esone. Giasone
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nacque durante tale avvenimento, e la sua venuta al mondo provoc gelosia
ed inquietitodine nellanimo di Fella, il quale di conseguenza cerc tutti i
mezzi di farlo perire. Ma poich tanto Esone quanto sua moglie Polimede
rii li ero sentore dei malvagi propositi dellusnrpatore Pelia, affrettarono a
mettere in salvo il piccolo Giasone, il quale allora si chiamava ancora Dio
mede, e lo portarono nell'antro d Chirone, figlio di Saturno e della Ninfa
Fibra, il quale abitava sul monte Fellone, e glielo affidarono perch lo edu
casse. Questo Centauro Chirone era ritenuto come l uomo pi Sapiente e pi
abile del suo tempo. Giasone vi apprese la Medicina e le Arti utili alla vita.
Questo giovane Principe divenuto grande introdusse nella Corte di folco,
dopo aver eseguito punto per punto tulio ci che lOracolo gli aveva prescrtto
di compiere. Pelia non ebbe dubbio che Giasone si sarebbe ben presto acqui
stalo il favore del Popolo e dei Grandi. La gelosia gli si accrebbe, e maturando
nel suo animo un apparente onesto pretesto che avesse potuto consentirgli
d disfarsene di Giasone, gli propose la conquista del Toson doro, convinto,
clic Giasone non avrebbe rifiutato unoccasione cos favorevole per acqui
stare la gloria. Ma Pelia che ne conosceva tutti i rischi deUirapresa, rite
neva che Giasone vi sarebbe certamente perito. Anche Giasone aveva previsto
tulli i pericoli ai quali andava incontro, ma la proposta nnllameno lo allet
tata, ed il suo deciso coraggio non gli permise di non accoglierla.
Perci egli dispose ogni cosa a tale scopo, e seguendo suggerimenti d
Pulitole, fece costruire un vascello al quale vi mise un albero ricavato da uua
delle querce parlanti della foresta d Dodona. Questo vascello venne chia
malo: il Naviglio Argo; e gli Autori non sono affatto daccordo sul motivo
elle gli fere dare tal nome. Apollonio, Diodoro Siculo, Servio ed alcuni altri
pretendono che questo nome gli fn imposto perch fu Argo a fame il pro
getta; ma anche su questo Argo variano le designazioni, poich alcuni lo
intendono per quello stesso che Giunone mise a guardia dio, c che era figlio
(l'Arestorc; ina Mcziriac vuole cito iu Apollonio di Rodi si legga figlio
l/e/fre, e non figlio i f Arestore. Senza entrare nei dettagli dei differenti
Hindi ili vedere a riguardo della denominazione di questo vascello, dir
litania che fu costruito con legno proveniente dal Monte-Pelione. secondo
la versione pi accettala dagli Antichi. Tolomeo Efesto, riferendosi a Fazio,
dice che F.rrole stesso ne fu il costruttore. Circa la forma di questo naviglio
gli Autori suno discordi. Gli uni dicono chera lungo, altri chera tondo;
quelli affermano clic recavo venticinque remi da ciascun lato, questi altri che
ne recava trenta; ma in generale si conviene nellaniincltere clic la sua forma
unii era affatto quella dun vascello cannine. Orfeo ed i pi antichi Autori
nulla ei lasciarono detto in merito alla forma di detta nave; e perci tutto
quanto u stalo ditto ili seguilo fondato su sempliei congetture.
Tulle le eireustaiize di questa pretesa spedizione offrono delle contraddi
zioni. \ " divario sii ehi ne fu il Capo, e sul numero di coloro che lo accom
pagnarono. Alcuni assicurano die dapprima venne si-elio per Capo: rcole,
e elle Giasone non lo divellile se non dopo rli'ErroI r fosse stalo abbandonalo
nella Troade, dov'egli era disceso per niellerai alla ricerca dile. Altri af
facciano la pretesa che Ercole non partecip affatto a tale impresa, mentre
idea comune die fece parte degli Argonauti. I n qnanlo al numero di co
storo nnlla ai pu stabilire di certo, dalo che alcuni Autori ci danno i nomi,
mentre altri non ne fanno cenno. Ordinariamente se ne contano cinquanta,
ma lutti dorigine divina. Gli uni figli di Nettuno, altri figli di Mercurio, di
Marte, di Bacco, di Giove.
Allorquando tutto In pronto pel viaggio, la schiera degli Eroi s'imbarc,
e poich il vento soffiava favorevole, si spieg la vela; ed il primo luogo di
sbarco fa Lenirlo, e ci per renderai favorevole Vulcano. Le donne di que-
tIsola, avendo, dicesi, mancato di rispetto a Venere, questa Dea per pu
nirle fece emanare dai loro corpi nn lezzo insopportabile che le rese disgu
stevoli agli nomini dellIsola. Le Lemneane stizzite complottarono fra di
esse ed assassinarono tutti gli nomini mentre questi dormivano. La sola
Ipsifile conserv la vita a suo padre Toa ch'era il Re dellIsola. Giasone
s'acqnist le buone grazie d'Ipsifile dalla quale ebbe due figli.
Nelluscire da Lemno gli Argonauti dovettero sostenere un sanguinoso
combattimento da parte dei Tirrenii, ed in tale mischia tulli questi Eroi fu
rono feriti, eccettuato Glauco - il quale scomparve e venne annoverato fra
gli Dei del mare. Di 11 girarono verso lAsia, ed abbordarono a Marcia, a
Cius, a Gyzico, in I beria: si fermarono poi nella Bebricia che, al dire di
Servio, era l'antico nome della Bitinia. Qui vi regnava Amico il quale aveva
costume di sfidare alla lotta del Cesto coloro che penetravano nei suoi Stati.
Fallace accett la sfida e lo fece perire sotto suoi colpi. I nostri viaggiatori,
dopo ci, arrivarono presso le Sirti della Libia, donde si va in Egitto. I pe
rigli die bisognava affrontare nella traversata di queste Sirti, fecero decidere
Giasone ed i suoi compagni di preferire di portare il naviglio sulle loro spalle
durante dodici giorni attraverso il deserto Lbico, dopo di detto tempo,
avendo ritrovato il mare, lo rimisero in acqua. Fecero anche visita a Fineo,
Principe cieco, continuamente tormentato dalle Arpe, dalle qnali venne
liberato da Calai Zete, figli di Borea, che avevano le ali. Fineo indovino
e pi chiaroveggente con gli ocelli dello spirito, in luogo di quelli del corpo,
indic loro la via che dovevano mantenere. Bisogna, disse loro, abbordare
primieramente alle Isole Cianec (che alcuni hanno chiamate Symplegadi,
vale a dire scogli che fra di essi si cozzano). Queste Isole emettono molto
fnoco; ma voi eviterete il percolo lanciandovi nna colomba. Da l passerete
nella Bitinia e lascerete da lato l Isola Tiniade. Vedrete Mariandino, Ache
i-osa, la citt d'Enele, Caromhimo, Almo, I ride, Temescira, la Cappadocia,
i Calibi, ed infine arriverete al fiume Fasi che bagna la terra Circea, e d l
nella Cochide ove trovasi il Toson doro. Durante il viaggio gli Argonauti
perdettero il loro Pilota Tifi, ed al posto di costui misero Anceo.
Tetti gli Argonauti, alfine, sbarcarono sulle terre di Ecte, figlio del Sole
e Re di Coleo, il quale fece loro ottima accoglienza. Ma poich egli era estre
mamente geloso del tesoro che custodiva, quando Giasone gli si present e
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l'infonn dello scopo della sua spedizione, Eete fece mostra di accoglie
benevolmente la richiesta, ma gli enumer dettagliatamente tutti gli osta
coli che si frapponevano al suo desiderio. Quindi prescrisse a Giasone delle
condizioni tanto dure da deciderlo a desistere dalla sua impresa. Ma Giunone
la quale aveva molto a caro Giasone, si mise daccordo con Minerva perch
Medea s'innamorasse di questo giovane Principe, allo scopo che mediante
l'arte degli incantamenti, nella quale Medea era perfettamente istruita, que
sta Principessa garantissi Giasone dai pericoli ai quali andava ad esporsi.
I nfatti Medea fu presa da un amorevole interesse per Giasone, gli infuse
sempre maggior coraggio, gli promise, prr quanto da essa potesse dipendere,
ogni aiuto, a condizione per clic le giurasse la sua fede.
D Tosou d'oro era sospeso nella foresta di Marte, in un recinto murato,
e non vi si poteva entrare se non da una sola porta la quale era custodita
da un orribile Drago, figlio di Tifone e d'Echidna. Giasone doveva aggio
gare due Tori, regalo di Vulcano, i quali avevano i piedi e le corna di rame
e gettavano turbini di fuoco c fiamme dalla bocca e dalle narici; attaccarli
ad un aratro e farli arare il campo di Marte, e seminarvi i denti del Drago
che occorreva aver prima ucciso. Dai denti, cos seminali, del Drago dove
vano sortire degli nomini armati che necessitava sterminare sino all'ultimo,
e tale vittoria conseguiva lo ricompensa del Toson d'oro.
Giasone impar da Medea quattro espedienti per la buona riuscita della
pericolosa prova. Essa gli forn un unguento con il quale s'unse il corpo,
onde preservarlo contro il veleno del Drago c dal fuoco dei Tori. Il secondo
era una composizione sonnifera che avrebbe assopito il Drago, appena
Giasone gliel'avrebbe buttata nella gola. Il terzo: un'acqua limpida per
estinguere il fuoco dei Tori; il quarto infine era costituito da una medaglia
sulla quale eranb incisi il Sole e la Luna.
Lindomani, munito di tutto ci, Giasone si presenta innanzi al Drago, gli
butta in gola la composizione incarnata; allora il mostro s'assopiscc, sad
dormenta, diventa gonfio e poi crepa. Giasone gli taglia la testa e se asporta
i denti. Appena compiuto ci gli b slanciano contro i Tori vomitanti una
pioggia di fuoco, ma Giasone garantisce la propria incolumit spandendo la
sua acqua limpida. I Tori s'ammansiscono immediatamente, ed allora Gia
sone li mette sotto il giogo, ara il campo, e gemina i denti dei Drago. Su
bito ne vede sortire dei .combattenti, ma seguendo in tutto i buoni consigli
di Medea, egli se ne discosta, e gitta loro una pietra, la quale li fa montare
in furore, ed in questo stato rivolgono le armi gli uni contro gli altri, e si
uccidono lutti scambievolmente. Giasone, ormai liberato da tutti i percoli,
corre, s'impadronisce del Toson d'oro e riede vittorioso al suo naviglio, e
parte con Medea, per tornare in patria.
Questo il riassunto della narrazione d'Orfeo, e n quella dApollonio
di Bodi, e neppure quella clic ce ne fa Valerio Fiacco differiscono da quella
dOrfeo; in parecchi Autori antichi vi sono aggiunte altre circostanze che
per inutile riferire. Coloro che hanno ietto gli Autori, hanno appreso che
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Medea nel mettersi in salvo con Giasone, massacr il proprio fratello Absirto,
lo tagli in pezzi, e ne sparse le membra lungo il cammino per ritardare i
passi di suo padre o di coloro che la inseguissero; indi arrivata nella resi
denza di Giasone, essa ringiovan Esone padre del suo amante, e comp molli
altri prodigi. Avranno anche letto che Frisso attravers lEUesponto a ca
vallo d'un Ariete, ed arrivato a Coleo sacrific detto Ariete a Mercurio, e
ne sospese il Tosone, dorato da questo Dio, nella foresta di Marte; e che in
fine, di tutti quelli che tentarono dimpadronirsene, Giasone fu il solo al
quale Medea prest il suo aiuto, e senza del quale non sarebbe di certo
riuscito.
Prendendo in esame questa pretesa storia, la si pu mai considerare
. come vera, le quante volte narra un avvenimento che sembra essere stato
immaginato allo scopo di divertire i ragazzi? Potranno mai persuadersi le
persone assennate che si sia costruito una nave con delle querce parlanti;
che dai denti dtin Drago, seminati in un campo arato vengan fuori subito
degli uomini armati i quali, per una pietra buttata loro, succidono tutti
scambievolmente? e come ammettere ed accettare tutti i dettagli e le cir
costanze, nessuna esclusa, di questa spedizione, se a prima vista sono da con
siderarsi vere puerilit? E ve n forse una sola circostanza che effettiva
mente sfugga alla caratteristica della Favola? E di pi, duna Favola anche
abbastanza mal concertata, ed anche mollo sciocca, le quante volte non la
si osservi da un punto di vista allegorico? Ed attenendosi a tale congettura,
parecchi hanno considerato questa storia come una allegoria riferentesi alle
miniere che si supponevano esistenti nella Colchide; e con ci si sono appros
simati al vero; ma maggiormente lo sono quelli che lhanno interpretata
quale allegoria di un libro di pergamena il quale custodiva, nel suo scritto,
la maniera di fabbricare loro. Ma qual quelluomo che per un tale oggetto
avrebbe voluto esporsi ai rischi che Giasone super? Quale utilit avrebbero
potuto apportar loro i consigli di Medea, i suoi unguenti, la sua acqua, i
suoi farmachi incantati; la sua medaglia del Sole e della Luna; ma poi an
cora: quali rapporti avevano i Buoi vomitanti fuoco, il Drago guardiano
della soglia, gli uomini armati che sortono dalla terra, tutto ci, dico, con
un libro scritto su cartapecora, o l oro che si raccoglie, con delle pelli di
Peeore? E sarebbe stato necessario che Giasone (che significa Medico) fosse
stato allevato per questo sotto la disciplina di Chirone? Ma di pi: quale
relazione avrebbe tutto ci, con il ringiovanimento dEsone compiuto da
Medea dopo tale conquista?
E dunque evidente che si deve ritenere il racconto della conquista del
Toson d'oro quale un'allegoria. Esaminiamo qualche particolare. Chi fu
Giasone? Ed il suo nome, leducazione ricevuta, e le stesse sue azioni ce lo
dicono sufficientemente. Il suo nome significa Medico, inn rot>inni; : guari
gione. Lo si mise sotto gl'insegnamenti di Chirone, lo stesso che prese cura
anche delledncazione drcole e dAchille, due Eroi dei quali luno si di
mostr invincibile alla guerra di Troia, e l altro nel liberare la terra dai
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mostri che l'iniettavano. Anzi Giasone ebbe due maestri: durone e Medea.
I l primo gl'impart le prime istruzioni e la teoria, la seconda io guid nella
pratica con gli assidui suoi consigli. Priva dei loro aiuti un Artista non po
trebbe mai riuscire, e cadrebbe derrore in errore. Tatto quanto specifica
tamente ci dicono a tale riguardo tanto il Trevisano quanto Dionigi Zachaire,
farebbe perdere ad un Artista la speranza di pervenire al compimento della
pratica di questArte, se nel contempo essi non ci fornissero gli avvertimenti
opportuni onde evitare gli errori.
Giasone era della razza degli Dei. Ma come mai egli ha potato essere
allevato da Chirone se Saturno, padre del Centauro, e Fillira suo madre
non sono mai esistiti in persona? Si dice che Medea sposa di Giasone era
nipote del Sole e dellOceano, e figlia dEele irate ilo di Posile e di Circe
l'incantatrice. Dichiariamo che tale parentela era perfettamente adatta a
Giasone, per tutte le circostanze degli avvenimenti della sua vita. Per Ini
tulio Ita del divino, anche gli stessi compagni dei suo viaggio.
Vi souo ben altre cose da osservare in questa finzione. Secondo alcuni,
il Naviglio Argo fu costruito sol Monte-Pelion, con le qnercc vaticinanti
della foresta di Dodona, od almeno se ne impieg uno sia quale albero
come anche per la poppa o per la prua. Pallade o la Saggezza presiedette
alla sua costruzione. Orfeo ne fu designato per Pilota, unitamente a Tifi e
ad Aneeo, almeno come riferiscono alcuni Autori. Gli Argonauti recarono
sulle loro spalle questo Naviglio durante dodici giorni attraverso il deserto
della Libia. Giasone essendosi ricoverata nel Naviglio Argo, il quale per
vetust si disfaceva, fu schiacciato dai pezzi che caddero e vi peri sotto quei
rottami. I l Naviglio venne poi messo fra gli Astri e form una costellazione.
Tutte queste cose indicano evidentemente che Orfeo ne fu il costruttore
ed il Pilota; vale a dire che questa Poeta ai confessa Autore di questa fin
zione, e che colloc il Naviglio fra gli Astri per meglio conservarne la me
moria alla posterit. E 'egli lo govern mediante il suono della sua tira,
ci detto per far intendere che ne compose la storia in versi che si canta
vano. Egli la costru seguendo i consigli di Pallade, perch Minerva o Pallade
era ritenuta la Dea delle Scienze, e che a nulla vale, come si suoi dire,
di mettersi in testa di voler rimare infischiandosi di Minerva. La quercia che
venne impiegata nella costruzione di questo Naviglio ugnale a quella contro
la quale Cadmo uccise il serpente che aveva divorato i compagni di questo
Eroe: quella quercia vuota ai piedi della quale era piantato il roselo
d'bramo Giudeo, e del quale il Flamel nella sua a Spiegazione dei Gero
glifici d , cos ne scrive: a Al quinto foglio, vi si vedeva un bel roseto fiorito
nel mezzo dun bel giardino, poggiato contro una quercia ruota', ai piedi
della quale gorgogliava una fontana di bianchissima acqua, che andava a
perdersi negli abissi . Anche il Trevisano, nella quarta parte della sua
Pltifos. des Me tour, parla di detta quercia: a Una notte avvenne che mentre
stavo studiando perch l'indomani dovevo conferire: trovai una piccola fon
tanella, bella e eli ara, tutta circondala da nn< bella pietra. E questa pietra
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era oltre una vecchia querra vuota. Ecco la fontana di Cadmo, e la quercia
vuota contro la quale egli trafisse il Drago . Pure il dEapagnet nel Canone
114 del suo Trattato, parla di questa quercia vuota. Da ci si vede che il
tronco di questa quercia debba necessariamente essere vuoto, ed ci che gli
ha fatto dare il nome di Vascello. Si anche finto che Tifi ne fosse uno
dei Piloti; sol perch il fuoco quello che conduce l Opera, e che T re( vale
/umum excito, infiammo. Gli si diede per aggiunto anche Anceo, e ci per
precisare che il fuoco devessere come qnello della chioccia che cova, cosi
come ne dicono i Filosofi; poich Anceo deriva da dyxa, che vale uinae.
Ed ora seguiamo Giasone nella sua spedizione. Egli sbarca primiera*
mente a Lemmo, ma perch? Per rendersi, dicesi. Vulcano propizio. Quale
rapporto e quale relazione ha il Dio del fuoco con Nettuno Dio del mare?
Se il Poeta avesse voluto farci intendere che il racconto chegli ci riferiva
era effettivamente una spedizione marittima, non sarebbe caduto in un errore
cos grossolano. Non pn sussistere alcun dubbio ch'egli ignorasse che in
ti.1 caso era al Dio delle acque che necessitava rivolgersi. Ma nel senso alle*
gotico di questa pretesa storia, era ben necessario, invece, rendersi propizio
Vulcano poich il fuoco assolutamente richiesto: ma quale fuoco? Un
fuoco di corruzione e di putrefazione. Gli Argonauti ne riconobbero gli ef
fetti a lemmo ove trovarono delle donne le quali esalavano un odore puzzo
lente ed insopportabile. Uguale quello della materia Filosofica, quando
caduta in putrefazione. Ogni putrefazione essendo occasionata mediante l 'u
midit cd il fuoco interno, il quale agisce su di essa, non la si poteva meglio
simboleggiare che con-le donne, le quali nel gergo Ermetico, ne sono ordi
nariamente il simbolo. Morianb dice rhe l odore della materia simile a
qnello dei cadaveri, e qualche Filosofo, in questo stato della materia l ha
chiamata: Asta foetida. TI massacro compiuto dalle donne, dei loro mariti,
simholeggia la dissoluzione del (isso mediante l azione del volatile, il quale
volatile viene dordinario designato con le donne. La volatilizzazione anche
pi particolarmente indicata in questa circostanza del viaggio degli Argo
nauti, c cio dal nome del padre dIpsifilc. Toas, che proviene da Bone, celer,
e finnm, celcriter moveo. Ed anche dal nome della figlia Ipsifile che significa:
ama le altitudini, ci che anche sndatla alla parte volatile della materia che
s'innalza sino all'entrata od alla bocca del vaso, sigillata e chiusa come una
porta murala e ben serrata.
Gli Argonauti si davano piaceri nellisola di Vulcano, e pareva avessero
dimenticato lo scopo del loro viaggio, ma Ercole li risvegli da tale assopi
mento e li indusse ad abbandonarne il soggiorno. Appena serano allontanati
dalla riva, i Tirrenii diedero loro un sanguinoso combattimento, nel quale
tutti restarono feriti, e Glauco scomparve. Ci simboleggia la lotta del vola
tile. con il fisso, alla quale succede la negrezza ch stata preceduta dal color
blu. .Cos Apollonio seguita al verso 922:
a line profunda nigri pelagi remis transmiserunt
Ut hac Thracum tellurem. Iute contrariam
Haberent superius imbrum .
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E poich i Filosofi donno anche i nomi di notte e tenebre a questa ne*
grezza, lo stesso Antore continua:
a ............................. A t sole eommodum
Occaso devenerunt ad procurrentem peninsulam .
Gli Argonauti avendo abbordato in una certa Isola, innalzarono un Altare
di piccole pietre in onore della madre degli Dei o Cibele Dindinlene, vale
a dire: la Terra. Tizio e Mercurio che da soli avevano aiutato e favorito
i nostri Eroi, J ion forano dimenticati; e ci non senza ragione. Quando la
materia comincia a fissarsi, si trasmuta in terra, la quale diventa la madre
degli Dei Ermetici. Nello stato di negrezza, Saturno il primo di tatti. Ci
bele o Rea sua sposa, questa prima terra Filosofica, la quale diventa madre
di Giove o del color grgio che detta terra assume. Tizio era quel celebre
Gigante, figlio di Giove e della Ninfa Elare, la quale Giove nascose nella
terra per sottrarla alla gelosia di Giunone. Omero dice che Tizio era anche
figlio della Terra:
a Et Tityum vidi, terree gloriosae filium,
Prostratum in solo .
(Odiss. L. I l , v. 575).
Poich il volarne della terra Filosofica aumenta sempre a misura che
l acqua si coagula e si fissa, i Poeti hanno finto che questo Tizio andava
crescendo sempre pi sino a raggiungere una enorme grandezza. Si vuole che
questo Gigante tent d'attentare all'onore di Latona madre d'ApoIIo e di
Diana, i quali lo uccisero a colpi di frecce. E ci vale a dire che questa terra
Filosofica la quale non ancora assolutamente fissata, simboleggiata da
Latona, diventa fissa allorquando la bianchezza, chiamata Diana o la Luna
dei Filosofi, ed il rosso, vale a dire Apollo, compaiono. In quanto agli onori
resi a Mercurio, ne nota la ragione, dato chesso uno dei principali
agenti dell'Opera. Apollonio ammette soltanto questi tre come i soli protet
tori e guide degli Argonauti, ed effettivamente in questo stato dell'Opera
non concorrono che queste tre cose: la Terra, il figlio di questa Terra, c
l acqua o Mercurio.
Dopo che i nostri Eroi percorsero le coste della piccola Misia e della
Troade, fecero sosta nella Bebricia, dove Polluce uccise Amico il quale
l'aveva sfidato alla lotta del Cesto; ci vale a dire: che la materia cominci
a fissarsi dopo la sua volatilizzazione, simboleggiata dalla lotta. Essa ancora
meglio designata con le Arpie le quali avevano le mani adunche e le ali di
rame, e che furono scacciate da Calai e Zete figli di Borea; perch i Filosofi
danno il nome di rame o lattone alla loro materia in tale stato: Dealbate
lutanem, dice Moriano, et rumpite librai, ne corda vestra disrumpantur .
Gli Argonauti avendo abbandonato la Bebricia, abbordarono il paese nel
quale Fineo figlio d'Agenore, indovino e cieco, era molestato senza tregua
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dalle dette Arpie, le quali gli involavano le vivande e glinfettavano quelle
che gli lasciavano. Volatilizzare vale involare. Calai, che il nome duna
pietra, e Zete scacciarono dette Arpie e le confinarono nell'Isola Piote, nome
che significa: che fluttua o che nuota, e ci detto perch la materia, coau-
gulandosi, (orma unIsola galleggiante, come quella di Deio, nella quale
Latona si sgrav di Diana. I due figli di Borea sono espressi da Basilio Valen
tino, nella sua Chiave 6., in questi termini: a Due venti debbono allora sof
fiare sulla materia, luno chiamato Volturno o vento d'Oriente, e laltro
Noto o vento di Mezzogiorno. E questi venti debbono soffiare senza alcuna
sesta e sino a quando laria non sia diventata acqua; allora abbiate fiducia,
c contateci che lo spirituale diventer corporale, vale a dire che le parti
volatili si fisseranno . Tutti i nomi dati alle Arpie esprimono, secondo
Brochart, qualcosa di lolatilc e di tenebroso: Occipete = che vola; Ceieno
oscurit, nube; AeUo tempesta. Esse erano figlie di Nettuno e della Terra;
cio della terra e della qua mercuriale dei Filosofi. Si vogliono le Arpie sorelle
d'iride, e ci a ragie :ie, poich I ride non altro che larcobaleno, i colori
del quale appaiono sulla materia dopo la sua putrefazione e quando comincia
a volatilizzarsi.
Secondo Apollonio, Fineo era figlio dAgenore, e soggiornava sulla costa
di fronte alla Bitinia: ed era cieco, e ci stato aggiunto per caratterizzare
la negrezza, chiamata notte e tenebre, poich per un cieco sempre notte.
Le Arpie non presero a tormentarlo se non dopo che Nettuno gli tolse la
vista, e ci vale a dire: dopo che lacqua mercuriale ebbe occasionato la
putrefazione. Questi mostri, simboli delle parti volatili della materia, ebbero
perci le oli e figura di donne per mettere in evidenza la loro leggerezza,
poich secondo un Antico:
a Quid levius fumo? Flamen. Quid flamine? l'entus.
Quid vento? Muiier. Quid mulier? Nihil o.
Quando si dice che Fineo era un indovino un'allegora perch, dato che
la negrezza la chiave dellOpera, essa annunzia la buona riuscita all'Ar
tista, il quale conoscendo la teora del resto delle operazioni, prevede tutto
quanto accadr in seguito.
Per convincere il Lettore della giustezza e della verit delle spiegazioni
che sto fornendo, baster ch'egli si decida a confrontare quanto ha scritto
il Flamel su tale soggetto, e constater che dette Arpie sono equipollenti ai
Draghi alati, linfezione e la putredine che producono alle vivande di Fineo,
ed infine la loro fuga. I l Lettore potr anche confrontare con quanto ne
descrve Virgilio ed Ovidio in merito a dette Arpie, e dovr concludere che
il nome di Draghi conviene perfettamente alle stesse.
a La cagione perch dipingo questi due spermi in forma di Draghi, dice
Flamel, si perch la loro puzza grande come quella dei Draghi, e le
esalazioni che sinnalzano nel matraccio sono dense, nere, blu, giallastre, cos
come i colori che partecipano alla pittura che presento di questi Draghi: la
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fona dei quali, e dei loro corpi dissolti talmente velenosa, che veramente
non v affatto al mondo un pi grande veleno. Esso capace con la sua
fona e la sua puzza di far morire ed uccidere qualsiasi cosa vivente. I l Pi.
losofo non percepisce mai tale puzza, tranne che non infranga i suoi vasi;
ma soltanto egli la ritiene tale mediante la vista ed i cambiamenti dei colori
che provengono dalla putredine delle sue confezioni.
a Contemporaneamente la materia si dissolve, si corrompe, annerisce e
concepisce per generare; poich ogni corninone generazione, e ci si deve
sempre bramare tale negrezza. Essa altres la vela nera con la quale 0
Naviglio di Teseo ritorn vittorioso da Creta, e che fn causa della morte
del padre di questo Eroe; ed necessario che il padre muoia, affinch dalle
reneri di questa Fenice, ne rinasca nn altro, e che il figlio sia Re.
a E hen certo che colui il quale non vede questa negrezza al comincia*
mento delle sue operazioni durante i giorni della Pietra, qualunque altro
colore egli veda, vien meno completamente al Magistero, e non potr pi
portarlo a termine con simile caos. Perch, dato che non compie il preciso
voluto lavoro, non riesce affatto ad ottenere la putrefazione, mentre se non
si putrefa, venendo a mancare la corruzione nulla si genera: ed in verit
brutalmente ti dico che quandanche tu lavorassi sulle vere materie, se al
l inizio, dopo aver messe le confezioni nelluovo Filosofico, qualche tempo
dopo che il fuoco le ha stimolate, tu non vedi quella lesta di corvo nera iTun
nero nerissimo, necessario che tu ricominci. Quindi coloro i quali non
avranno questo presagio essenziale, si ritirino subito delle operazioni, affin
ch evitino una sicura perdita... Qualche tempo do|to lacqua comincia a
perdere la 9na fluidit e subito si coangula diventando come pece nerissima,
ed infine diventa corpo e terra, che gli Ermetici hanno chiamata terra fetida
e puzzolente. Perch allora, a causa della perfetta putrefazione, la quale
del tutto naturale come qualunque altra, detta terra puzzolente ed emana
nn odore simile al tanfo dei sepolcri riempiti di putredine c d'ossa ancora
coperti da umori naturali. Questa terra era stata chiamata da Ermete la terra
delle foglie, nullameno il suo proprio e vero nome lattone rhe dopo deves
sere imbiancato. Gli antichi Sapienti Cabalisti l hanno descritta nelle meta
morfosi sotto differenti storie, e fra le altre, sotto quella dpi serpe di Marte
che aveva divorato i compagni di Cadmo, e rhe questi lo uccise trafiggendolo
con la propria lancia contro unn quercia vuota. Poni ben attenzione n que
sta quercia i .
Non si pu quindi avere un pi felice presagio nei primi quaranta siorni
allinfuori di questo negrezza simboleggiata nel cieco Fineo, vale a dire: la
materia che nella prima Opera aveva acquistato il color rosso, e tanto splen
dore e chiarezza da meritare il nome di Fenice ed anche quello di Sole, nel
rominciamento della seconda Opera la si ritrova oscurila, ecclissata. e senza
I ure; e ci non poteva essere meglio espresso che con la cecit di Fineo.
Dicesi che costni aveva rirevulo da Apollo il dono della profezia, e ci perch
lo stesso Fineo l Apollo dei Filosofi nella prima Opera o prima prepa
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razione. Flamel tesso afferma positivamente che, ci che ho ora riportato
qui innanzi, si riferisce alla seconda Opera: a Ti rappresento qui due corpi,
uno di maschio e l'altro di donna, per insegnarti che in questa seconda
operazione tu bai veramente, ma non ancora perfettamente, due nature
congiunte e maritate: la mascolina e la femminina, o piuttosto i quattro
elementi .
Orfeo, o l'inventore di questo racconto del viaggio degli Argonauti, co
noscendo a fondo il magistero dell'Opera, non gli fu difficile di far dire da
Fineo la rotta che dovevano mantenere, e quanto occorreva fare in seguito;
rosi il saggio e prudente Pilota Orfeo li guid al suono della sua celia, e
sugger agli Eroi quanto occorreva fare per premunirsi contro i rischi che
li minacciavano: le Sirti, le Sirene, Scilla e Cariddi, le Rocce Ciaiicc, c
tutti gli altri scogli. Gli scogli Cianei sono due ammassi di rocce all'entrata
del Ponto Eusino, e di forma irregolare e dei quali una parte dal lato
dell'Asia, e l altra dalla parte dell'Europa, c fra di essi, secondo Strabone.
intercede uno spazio di venti stadi!. Gli Antichi dicevano che queste rocce
erano mobili e che si riunivano per stritolare le navi, e questo fece dare ad
esse il nome di Sympegadi il quale significa: che si cozzano fra di esse.
Questi due scogli avevano di che stupire i nostri Eroi; la descrizione che
loro ne aveva fatta Fineo, sarebbe stata atta ad intimidirli, se nel contempo
non avesse loro insegnato come avrebbero potuto cavarsela. Ed il mezzo
consisteva nel lasciar andare una colomba in volo verso gli scogli, e se questa
fosse andata al di l degli stessi, allora gli Argonauti avrebbero potuto per
seguire la loro rotta, caso contrario bisognava decidersi di ritornarsene
iudietro.
Nessuna qualunque grande lode compenserebbe l'inventore di questa alle
goria per tutta quellattenzione che ebbe di non omettere sia pure una sola
circostanza importante fra quelle che si verificano durante il processo delle
operazioni. Allorquando il color nero comincia a rischiararsi, la materia
si riveste duna tinta blu cupa, la quale partecipa del nero e del bleu; questi
due colori sebbene distinti, nonpertanto visti da una certa distanza sembrano
fondersi nella tinta violetto. Per questo il Flamel dice: a Ho fatto dipingere
il ranqio, nel quale sono le due figure, azzurrato e bleu, per mostrare che la
materia comincia ad uscire dalla negrezza nerissima. Poich l'azzurrato e
bleu una delle prime colorazioni die ci lascia vedere l'oscura donna, vale
a dire: .l'umidit che cede un poco al calore ed alla secchezza... Quando
la secchezza dominer, tutto sar bianco . Ed in questa descrizione si pos
sono vedere le rocce f.ianee, |K>ich noto che il nome delle stesse: Kuvf io;,
o Kvdvn^. vuol dire un colore bleu nerastro, (it. cianotico). Prima di attra
versarle occorreva farle attraversare da una colomba; c questo significa vola
tilizzare la materia; dato che l unico mezzo e senza del quale non v'
possibilit di riuscita.
Al di l delle rocce Cianee i nostri Eroi dovevano lasciare sulla destra la
Bilinia, forcare soltanto l Isola Tirea ed abbordare presso i Mariandini. E
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Fineo li informa che le tombe dei Paflagoni ani quali aveva una volta re
gnato Pelops, e dal quale ai vantano di diacendere, non si trovavano lontane
da quel aito. Ed aveva ragione di ci dire, poich la materia allora abbandona
la negrezza ch simboleggiata da Pelops: da Sf i n; = niger e ^ = oculus.
E' proprio da questo color nero che procede la putrefazione che i Filosofi
hanno preso loccasione, dice il Flamel, di fare le loro allegorie delle tombe
e darne il nome. Al lato opposto verso l Orsa maggiore selevava nel mare
una montagna chiamata Caranbim, aldisopra della quale Aquilone scatenava
le sue tempeste.
- Abramo Giudeo ha impiegato questo simbolo per significare la stessa cosa ;
10 si trova nelle sue figure geroglifiche riportate dal Flamel: a All'altro canto
del quarto foglio, era disegnalo un'bel fiore sulla cima duna montagna altis
sima, che l'Aquilone percoteva rudemente. Detto fiore aveva il fusto bleu, la
corolla bianca e rossa, e le foglie rilucevano come loro, ed intorno a detto
fiore, i Draghi ed i Grifoni Aquiloniani nidificavano ed avevano dimora .
Non lungi di li, il fiumicello I ride fa scorrere le sue acque argentate, dice*
Apollonio, e va a gettarsi nel mare. Dopo aver passato l imboccatura del Tei-
modone, le terre dei Calibi i quali sono tutti artigiani del ferro, ed il promon
torio di Giove Ospitalieri, scenderete in una Isola disabitata, dalla quale scac
cierete tutti gli uccelli che in gran numero vi si trovano. Troverete un Tempio
che le Amazzoni Otrera ed Antiope hanno fatto costruire in onore di Marte
ed a ricordo della loro impresa. Non lo dimenticate, ve ne scongiuro, perch
dalla parte del mare vi si presenter una cosa dinestimabile valore. Dall'altro
lato abitano i Filiri, pi sopra i Macrom, indi i Bizeri, e finalmente arriverete
nella Colchide. Passerete per il territorio Citaico, il quale sestende sino alla
montagna dAmaranto, indi attraverso le terre che bagna il Fasi, e dalla foce
del quale scorgerete il palazzo dEete e la foresta di Marte nella quale
sospeso il Toson doro.
Ecco il completo itinerario che Fineo prescrisse agli Argonauti, e bisogna
riconoscere che nel vero quando assicura gli Eroi di nulla aver dimenticato.
Dopo il color nero viene il grigio ,al quale succede il bianco o l argento, detto
Luna dai Filosofi ci che Fineo l indica con le acque argentee del piccolo
fiume I ride, e ne mette in evidenza la qualit ignea indicando il fiume Ter-
modone. Dopo il bianco appare il color ruggine d ferro, e che i Filosofi
chiamano Marte, e che Fineo allegorizza con la dimora dei Calibi artigiani del
ferro, e con l Isola ed il Tempio di Marte innalzato dalle Amazzoni Otrera ed
Antiope, vale a dire: dallazione delle parti volatili sul fisso, e che la si deve
riconoscere dal termine spedizione che precedette. Necessitava scacciare da
questisola tutti gli uccelli, vale a dire: che bisogna fissare tutto ci ch
volatile, perch quando la materia ha acquistato il color ruggine essa asso
lutamente fissa e non le manca che di fortificarsi in colore ed perci che
Fineo dice che gli Argonauti attraverseranno il territorio Citaico, che vale
11colore del fiore di melograno, il quale conduce al Monte-Amaranto. F* noto
che il fiore damaranto di colore porpora, e che una specie di semprevivo.
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ed questo il colore che indica la perfezione della Pietra o Zollo dei Filosofi.
Tutto questo processo dei colori detto in poche parole dal dEspagnet nel
suo Canone 53: a Si deve cercare e necessariamente trovare tre sorta di bel
lissimi fiori nel giardino dei Saggi. Le violette, i gigli e gli amaranti sem
previvi dal color di porpora. Le violette si trovano allentrata; ed il fiume
dorato che le bagna fa assumere alle stesse un colore di zaffiro; l industria ed
il lavoro fanno in seguilo trovare il giglio, al quale lentamente sucrede l ama
ranto . E queste poche righe non compendiano forse il completo viaggio degli
Argonauti? Cosaltro restava ad essi da fare? Bisognava solo chentrassero
nel fiume Fasi il quale significa: che porta l oro. Ed in effetti vi entrarono, ed
i figli di Frisso accolsero molto bene i nostri Eroi; e Giasone venne condotto
ad Eete figlio del Sole, il quale aveva sposato la figlia dellOceano, e dalla
quale aveva avuto Medea. Ci posto, il figlio del Sole dunque il possessore
di questo tesoro, e la nipote fornisce i mezzi di conquistarlo; vale a dire: che
la preparazione perfetta dei prncipi! materiali dellOpera ultimata, e che
l Artista pervenuto alla generazione del figlio del Sole dei Filosofi. Ma vi
sono tre lavori per ultimare lOpera nella sua interezza; il primo rappre
sentato dal viaggio degli Argonauti verso la Colchide, il secondo da ci che
Giasone fece per impadronirsi del Toson doro, ed il terzo dal ritorno in patria.
Ci siamo diffusi abbastanza sul primo e dal quanto detto ci si pu formare
una idea degli altri, e per i quali perci saremo pi brevi.
Una quantit dostacoli e di percoli s'affacciano sul cammino di Giasone.
Un Drago della grandezza dun naviglio fornito di cinquanta remi, il guar
diano del Toson doro, u bispgna vincerlo; ma e chi oserebbe accingersi a
ci senza la proiezione di Pallade e larte di Medea? E questo il Drago del
quale tanti Filosofi ne parlano, e del quale basta riportare nnn qualche cita
zione: a Necessita, dice Raimondo Lullo (Tlior. eh. 6). estrarre da queste
tre cose, il gran Drago, il quale il cominciamento radicale e principale del
l alterazione permanente . E pi oltre, al Cap. 10: Per questa ragione bi
sogna dire allegoricamente che questo gran Drago sortito dai quattro ele
menti . Al Cap. 9: a TI gran Drago rettificato in questo liquore . Cap. 52:
a II Drago abita in tutte le cose, vale a dire: il fuoco nel quale la nostra
Pietra aerea. Questa propriet si trova 'i n tutti gli individui del mondo.
Cap. 54: I l fuoco contro natura rinchiuso nel mestruo fetido, il quale
trasmuta la nostra Pietra in un certo Drago velenoso, vigoroso e vorace, che
ingravida la sua propria madre .
Questo Drago, essendo un fuoco, secondo lespressione usala dal Lullo,
non deve quindi destar sorpresa clic si sia fiuto che quello a guardia del To
son doro ne buttasse dalla bocca e dalle narici. Non si poteva riuscire ad uc
ciderlo se non gli si fosse gettata nella gola una composizione narcotica e
sonnifera; e ci significa che non si pu pervenire alla putrefazione della ma
teria fissata, se non con il concorso e l azione dellacqua mercuriale, la quale
sembra estinguerla dissolvendola. Solo con questo mezzo possibile cavargli
i denti, allegora questa che si riferisce alla semenza dell'oro Filosofico, e che
deve poi essere seminata.
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Poich ciascuna operazione la ripetizione di quella precedente in quanto
a ci che si manifesta nel suo progresso, riesce facile spiegare l'una quando ri
possiede la perfetta intelligenza dellaltra. Questa qui comincia dunque come
la precedente: con la putrefazione; il genere di morte di questo Drago, e gli
accidenti che l'accompagnano sono espressi cos da Arnaldo di Villanovu nel
suo Testamento, al Canone 50: a Lapis Philosophorum de terra scaturicns,
in igne pcrficitur; exaltatur limpidissimae (lipide potu satiatus; sopitur et ad
p >:iis horis duodecim undique visibiliter tumescit. Deinde in fu m o aeris me
ditici iter, caiidi decoquitur, quo usque in pulverem redigi, et fit aptus contri
lioni. Quibus peractis lac rirgineum exprimitur ex purissimis ejus partibus;
qiwd protinus in ovum Philosophorum positum tandiu ab igne variatur, (Inni
cani t-dures cessent in candore fixo; et tandem purpureo diademate infoili
iiHoncUir n. Anche dEspagnet dice che non si pu venirne a capo del Drago
Filorofiro se non lo si bagna nellacqua; ed questa l acqua limpida che
Medea diede a Giasone.
Ma non basta l aver ucciso il Drago; si presentano anche dei Tori vomitanti
fuoco, c bisogna domarli con lo stesso mezzo, ed aggiogarli. Nel capitolo ili
Api ho spiegato molto chiaramente ci che deveri intendere per i Tori, e cio:
la vera materia primordiale dellOpera, ed con questi animali che occorre
lavorare il campo Filosofico, e gettarvi la semenza preparata e conveniente.
Giasone us lo stesso stratagemma per vincere il Drago ed i Tori; ma il mezzi
piu efficace e principale da lui impiegato, fu quello d'essersi munito della
medaglia del Sole e della Luna. Possedendo tale pentacolo si sicuri della
riuscita; ed nelle operazioni precedenti che lo si trova, tanto vero che niente
pi frequentemente menzionato dai Filosofi di quanto citino detti due
luminari.
Appena i denti del Drago vengono sotterrati che ne sortono degli uomini
armali i quali succidono scambievolmente. Ci vuol dire: che subito che la
semenza aurifica messa sulla terra, le nature fisse e volatili agiscono luna
sullaltra, e si produce una fermentazione occasionata dalla materia fissata
in Pietra; la lotta sinizia, i vapori salgono e discendono, sino a quando
tutto si precipita, e ne risulti una sostanza fissa e permanente il possesso
della quale procura quello del Toson doro. Virgilio, nel I I delle Georgiche,
cos ne parla dei Tori:
a Haec loca non Tauri spirantes naribus igneni
Invertere, salis immanis dentibus hydri,
Nec galeis, densisque virum, seges horruit hastis .
Gli uni dicono clic questo -Tosone era bianco, altri chera color di por*
poro; ma la Favola cinsegna chera stato indoralo da Mercurio prima di
essere sospeso nella foresta di Marte. Per conseguenza questo Tosone era
passato dal color bianco al giallo, indi al color ruggine ed infine al color di
porpora. Mercurio l aveva dorato, poich il color citrino ch intermedio
tra il bianco cd il ruggine, un effetto del mercurio.
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E' opportuno far rilevare ite Medea ed Arianna, Iuna e l'altra nipoti
del Sole, forniscono a Teseo ed a Giasone i mezzi per vincere i mostri contro
i quali essi vogliono combattere. La rassomiglianza che si riscontra eviden
temente fra le spedizioni di questi dne Principi, d la prova certa che queste
dne allegorie furono adattate sn nn unico oggetto. Essi simbarcarono tutti e
due con alcuni compagni; Teseo arrivato a destinazione trova un mostro da
dover combattere: il Minotauro; Giasone, anche lui deve vincere dei Tori;
Teseo per arrivare al Minotauro obbligato di passare da tutte le giravolte
dnn labirinto, e sempre col pericolo di lasciarvi la vita; Giasone deve per
correre una rotta non meno difficile attraverso scogli e nemici. Arianna vien
presa d'amore per Teseo, e contro gl'interessi del proprio padre, fornisce a
Teseo i mezzi per sortire vittorioso dai rischi ai quali va ad esporsi; e Medea
si ritrova nello stesso caso, ed in una circostanza simile essa procura a Gia
sone tutto quanto gli occorre per vincere; Arianna abbandona buo padre e la
sua patria e se ne fogge con Teseo, il quale poi l abbandona nellIsola di
Nasso, per sposare Fedra dalla quale ebbe Ippolito e Demofoonte, dopo aver
avuto Enopione e Strafilo da Arianna, come riferiscono alcuni Autori. Anche
Medea si mette in salvo scappandosene con Giasone il quale dopo aver avuto
da essa due figli, l abbandon per prendere Creusa; e questi figli tanto di
Giasone che di Teseo perirono lutti miseramente; Teseo poi mor precipitato
dallalto duna rupe nel more; e Giasone schiacciato sotto i rottami del
Naviglio Argo. Medea abbandonata da Giasone sposi Egeo, ed Arianna spos
Bacco. Concludendo, ben evidente che queste due finzioni non sono che
una stessa cosa spiegata mediante allegorie nelle quali variano le circostanze
al semplice scopo di ammanire due differenti racconti. Se i Mitologi volessero
prendersi la pena di riflettere suDe rassomiglianze qui innanzi da noi denun
ciate, stenterebbero poi forse a veder giusto, e continuerebbero a darsi tanto
fastidio per riferire ad una base storica ci che palpabilmente una pura
finzione? Ma non sono solamente le dne dette favole che abbiano fra di esse
un rapporto cos immediato; quella di Cadmo non meno somigliante a
quella di Giasone. Lo stesso Drago da uccidere, gli stessi denti da seminare,
gu stessi uomini armati che nascono e s'uccidono scambievolmente. Nel
l'ima un Toro che Cadmo insegue, in questa Giasone che combatte i Tori.
I n fine, se si volessero raffrontare tutte le Favole antiche, si constaterebbe
senza difficolt che io ho ragione di ridurle tutte ad uno Btesso principio,
perch in realt non parlano allegoricamente che dun solo ed unico obhietto.
RITORNO DEGLI ARGONAUTI
Maggiore discordia regna fra gli Autori in merito alla rotta che mantennero
gli Argonauti per il loro ritorno in Grecia, di quanto fra essi non si riscontri
sulle circostanze di questa spedizione; e questo perch non competenza dei
semplici Storici o Poeti i quali ignorano la Filosofia Ermetica, descrivere ci
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che accade dorante il progresso delle operazioni dell'Arte. E perci si rinven
gono in detti Autori adattamenti di natura geografica la quale nulla ha da
vedere con l'allegoria che intesse il racconto del preteso viaggio.
Ma Orfeo che sapeva il Catto suo, fa percorrere agli Argonauti le coste
Orientali dellAsia, traversare il Bosforo Cimmeriano, le Paludi Meo ti di, indi
uno stretto che non mai esistito ed attraverso il quale, dopo nove giorni,
sboccano nell'Oceano settentrionale; di l arrivano allIsola Penceste nota al
Pilota Anceo; indi a quella di Circe, ed in seguito dalle Colonne d'rcole
rientrarono nel Mediterraneo, costeggiarono la Sicilia, evitarono Scilla e Ca
rili di con il soccorso di Teli la quale sinteress alla salvezza di Paleo suo
marito; abbordarono al paese dei Feaci, dopo essere stati salvati dal rischio
delle Sirene mediante l eloqnenza dOrfeo; di B furono sbattati sulle Sirt
d'Africa, dalle quali li salv nn Tritone mediante un tripode. Infine guada
gnarono il Capo Malta, ed indi approdarono nella Tessalia.
Con questo itinerario parrebbe che Orfeo abbia volato dichiarare aperta
mente che la relazione era puramente finta, e ci per la mancanza d vero
simiglianza che vi ai riscontra; eppure Apollonio di Rodi ha di molto superati)
Orfeo su tale inconveniente. Secondo Ini, gli Argonauti essendosi ricordati che
Fineo aveva loro raccomandato di ritornarsene in Grecia seguendo una rotta
differente da quella tenuta nel recarsi nella Colchide, e che questa rotta era
stata assegnata dai Sacerdoti d Tebe in Egitto, entrarono in un gran fiume,
ma che pai venne loro a mancare. Allora furono obbligati di portare sulle
spalle il loro vascello durante dodici giorni, in capo ai quali ritrovarono il
mare, e mentre Absirto fratello di Medea l inseguiva, e del quale se ne di
sfecero facendolo a pezzi. A ci la quercia di Dodona pronunci un oracolo
con il quale prediceva a Giasone che non Bar ebbe ritornato in patria prima
che non si fosse sottoposto alla cerimonia despiazione per detto omicidio.
Di conseguenza gli Argonauti presero la rotta per Eea, dove Circe sorella del
Re d Coco e zia di Medea soggiornava. Questa esegu tutte le cerimonie di rito
per (espiazione, indi li rimand.
La toro navigazione fu felicissima per qualche tempo, ma poi vennero ri
gettati sulle Sirti dAXrica, dalle quali si salvarono a gran pena, ed alle condi
zioni riferite da Orfeo.
E* evidente he queste relazioni sono assolutamente false. 5i cerca scusare
questi Autori con le manchevolezze di conoscenze geografiche e di naviga
zione le quali non ancora erano perfette in quei tempi. Ma questi errori sono
tanto grossolani e palpabili che anche i Mitologi i quali ammettono la veridi
cit di questa spedizione non hanno potuto astenersi dal dichiarare he era
il olmo dell'ignoranza ed una puerile finzione fatta semplicemente per osten
tare quanto al tempo di quelli Autori si conosceva sui Popoli che abitavano
quelle lontane contrade.
Per conto mio, d'accordo con Apollonio, dico che la rotta seguita dagli Ar
gonauti precisamente quella ch'era stata indicata dai Sacerdoti d'Egitto.
Ci dice molto chiaramente che tutto una pura finzione ed una relazione al
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legorica d ci che accade durante le operazioni dell'Arte Sacerdotale od
Ermetica. Proprio da questi stessi Sacerdoti, Orfeo, Apollonio e molti altri
avevano appreso la rotta che necessita seguire per pervenire alla fine che ci
si propone nella pratica di quest*Arte. Gli errori contro la Geografia, quindi,
non sono errori da incolpare a questi due Poeti, se non quando di questa
allegoria se ne vuoi faro nna storia vera c reale, mentre tenuta nel campo
allegorico tutto vi convenientemente adatto. Nel viaggio dandata nella
Colchide, in effetti, tutto disposto secondo la bisogna: prima Lemno, dopo
le Cianee, ndi il resto; ma Fineo aveva ragione di prescrivere analtra rotta
per il ritorno, poich loperazione simboleggiata da questo ritorno dovendo
essere simile allaltra simboleggiala dal viaggio a Coleo, non avrebbe rincon
trato una Lemno alluscita dal Fasi, e neppure le rocce Cianee. Sarebbe stato
come invertire l ordine di ci che deve verificarsi in questa seconda opera
zione. La dissoluzione della materia, il color nero che deve seguirne, e la
putrefazione, essendo stale simbuleggiate da Lemno e dal fetido odore ch'ema
navano le donne di questa Isola, al viaggio d ritorno si sarebbero trovate alla
fine dell'Opera, mentre devono apparire sin dal cominciamenlo, dato che ne
costituiscono la chiave. Fu quindi necessario immaginare un'altra allegora,
anche a rischio d'allontanarsi dal vero per quanto riflette la Geografia. Nel
viaggio di ritorno, detta dissoluzione stata simholeggata dalluccisione di
Absirto, e dallo spezzettamento delle sue membra; ed anche con il regalo
ch'Euripilo fece a Giasone; vale a dire ui. pugno di terra, che cadde nel
l'acqua; e nella quale avendolo visto Medea di dissolversi predisse molle cose
favorevoli agli Argonauti. Questa'terra quella dei Filosofi, ia quale formata
dallacqua; e per la riuscita occorre ridurla nella sua prima materia eh'
l acqua; ed per questo che si finge che un figlio di Nettuno ne avesse fatto
il regalo, e che questo Euripilo era stato dato in custodia ad Eufemo figlio
dello stesso Nettuno e di Mecionia od Ori figlia del fiume Eurola; altri gli
danno per madre Europa figlia del famoso Tizio. Apollonio di Rodi ed Igino
vantano molto Enfemo per la sua leggerezza nella corsa la quale era tale che
correndo sul more appena appena si bagnava piedi. Pausatila gli riconosce
una grande abilit nei guidare un carro. Apollonio ne aveva tanta considera-
razione da onorarlo con gli stessi epiteti che Omero concede ad Achille nel
l Iliade; e non per caso si riscontra (pii che Achille era figlio del fiume Eurota,
vale a dire: dellacqua. La prova che questi dnc Poeti avevano Io stesau con
cetto di questi .Eroi, si che Apollonio fa intervenire anche Teli per salvare
gli Argonauti dagli scogli di Scilla e di Cariddi, data la presenza di suu marito
Pelea fra gli Argonauti.
I l modo con il quale Apollonio racconta l'incidente del pugno di terra
regalato da Euripilo a Giasone, prova chiaramente a coloro che hanno letto
con attenzione le precedenti spiegazioni, che esso una pura allegoria di ci
che accade nellOpera da dopo la dissoluzione della materia sino a che essa
ritorna terra ed assume il color bianco. Gli Argonauti mentre stanno nella
Isola dAnaf, una delle Sporadi, vicina a quella di Tera, Eufemo si risovviene
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d'iin sogno rh'egli aveva avuto la notte dopo l'abboccamento del Tritone, e
d'Euripilo che gli aveva affidato il pugno di terra, d lo raccont a Giasone
ed agli altri Argonauti. Egli in sogno aveva visto che teneva la zolla d terra
nelle sue braccia, e vedeva colare dal suo seno, su detta terra, osa quantit
di gocce di latte, le quali gocce a misura che stemperavano la terra, facevano
a questa assumere lentamente la forma duua fanciulla molto attraente. Egli
se ne era invaghito appena gli apparve perfetta, e non aveva avuto alcuna
difficolt a Tarla acconsentire a ci ch'egli voleva; ma si era pentito subito
d'on commercio ch'egli credeva incestuoso. La fanciulla lo aveva rassicu
rato dicendogli chegli non era suo padre, sebbene era figlia del Trtone e
della Libia, e che un giorno diverrebbe la nutrice dei snoi figli. Aveva
aggiunto che dimorerebbe nelle vicinanze dell'Isola d'Anaf, e sarebbe ap
parsa sulla superficie delle acque, quando ne sarebbe stato il momento op
portuno. Per mettere il Lettore al corrente, basta ricordargli ci che innanzi
abbiamo detto dellIsola galleggiante, di quella di Deio dove Latona si
sgrav di Diana. Quando si nasce che la materia comincia a volatilizzarsi
dopo la sua dissoluzione, si convinti del perch si dii ch'Eufemo era tanto
leggiero nella corsa, che quasi non si bagnava i piedi correndo solle ncque.
E* opportuno rilevare che il Tripode che Giasone regal al Tritone era
di rame e lo colloc nel Tempio dello stesso. Prospetto questa osservazione
per dimostrare come tutte preste circostanze s'accordino tanto bene con le
operazioni dellArte Ermetica, allorquando le stesse iena pervenute al punto
del quale stiamo dicendo; poich i Filosofi danno anche il nome di rame
alla loro materia in questo stato, dicendo: imbianchile i l fattone.
Le Dee del Mare ed i Geni! che Apollonio fa apparire agli Argonauti,
simboleggiano le parli acquose e volatili che si sublimano. E poich il Na
viglio Argo altro non che la materia la quale nuota dentro o sul mare dei
Filosofi, e cio: la loro acqua mercuriale, non resta difficile per essi di por
tare il loro vascello e conformarsi nello stesso tempo agli ordini ricevuti di
seguire le tracce di questo cavallo alato che vola tanto velo quanto l no
cello pi leggero. Per un altro raffronto fra queste favole, c si ricordi che
anche un Eroe fece regalo a Minerva dun antico vaso di rame. Diodoro
Siculo che parla anche del Tripode, dice che questa recava una iscrizione
ili caratteri antichissimi.
Gli Autori raccontano molte altre cose del ritorno degli Argonauti, ma
dopo le spiegazioni da me fornite, ritengo superfluo riportarle, mentre mi
limiter a dire poche parole su ci che accadde dopo che Giasone rimpatri.
Tutti convengono che Medea arrivala nella patria del suo amante, vi
ringiovan Esone, dopo averlo tagliato a pezzi, e fatto cuocere. Eschilo dice
lo stesso delle nutrici di Racco. E la stessa avventura si racconta di Dioniso
e d'Osiride. I Filosofi Ermetici concordano con detti Autori, poich altri-
buiscona alla loro Medicina la propriet di ringiovanire; ma accorti a non
prenderli alla lettera, per non cadere in errore.
Balgus, nella Turba, c'insegna qual' questo Vecchio: a Prendete, egli
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dice, l'albero bianco, edificategli ima casa tonda, tenebrosa e circondata di
rugiada. Mettete dentro assieme a questo albero nn Vecchio di cento anni, e
chiudete esattamente la casa in maniera che n la pioggia n il vento vi
possano penetrare. Lasciateveli per ottanta giorni. Vi dico in verit che
questo Vecchio non cesser dal mangiare il frutto dell'albero sino a quando
non sia ringiovanito. Quanto mirabile la Natura, poich trasforma l anima
di questo Vecchio in un corpo giovane e vigoroso, e f s che 0 padre di
venga figlio! Benedetto Dio nostro Creatore, s
Queste ultime parole spiegano la condotta di Medea nei riguardi di Pelia,
e riferita da Ovidio e da Pausatila, e cio: Medea per gabbare le figlie di
Pelia, dopo aver ringiovanito Esone, prese un vecchio Ariete che tagli
in pezzi, lo batto in un calderone, lo fece cuocere, e ne lo ritir trasformato
in un giovane Agnello..Le figlie di Pelia, convinte che lo stesso si sarebbe
verificato al proprio padre, lo dissezionarono e lo buttarono in una caldaia
dacqua bollente, nella quale si consum talmente che non ne rimase alcuna
parte da poter essere atta ad essere inumata. Medea, dopo questo
colpo di testa mont sul suo cario tirato da due Draghi alati, e sinvol per
l aria. E qui ritroviamo i due Draghi alati di Nicola Flamel, vale a dire: le
parti volatili. Perci questa fuga di Medea viene preceduta daDa morte di
Pelia, per simboleggiare la dissoluzione e la negrezza da irqX; = fango,
mola, o irf).g = nero.
Dalle spiegazioni da me fomite debbo ritenere che il Lettore sia bene in
grado di giudicare se tali favole possano comportare un adattamento sto
rico, mentre tutti gli elementi delle Btesse- trovano la loro rispondenza alle
gorica nell'Arte Sacerdotale od Ermetica.
STORIA DELLA RACCOLTA DEI POMI DORO
DAL GIARDINO DELLE ESPERIDI
Dopo la storia della conquista del Toson doro, non v ne altra che
meglio convenga al nostro soggetto come quella della spedizione di Ercole
per venire in possesso di questi famosi frutti, che sono noti ad un numero
cos limitato di persone, che perfino gli Autori che ne hanno parlato non
sono daccordo neppure sul loro vero nome. Gli antichi Poeti hanno dato
libero corso alla loro fantasia su tale soggetto, e gli Storici che ne hanno
parlato dopo gli inventori delle favole hanno cercato invano il luogo overa
situato il Giardino, il nome e la natura di detti frutti, sicch sono tutti in
disaccordo fra di loro. Ma come avrebbero potuto dirci qualcosa di positivo
su un fatto che mai esistette? E quindi inutile fare delle dissertazioni su
tali false interpretazioni che bisogna considerare come idee vuote e chime
riche della maggioranza dei Mitologi i quali hanno voluto riportare le favole
ad una inesistente realt storica.
I primi Poeti Greci istruiti dagli Egizi, presero da questi i soggetti dei propri
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Poemi, travestendoli alla Greca, secondo il genio della propria lingua e
della propria Nazione. Compresi della grandezza delloggetto che avevano
di mira, ma che non volevano svelare al Popolo, decisero di trattarlo sotto
il velo delle allegorie, perch il meraviglioso prospettato dalle stesse ecci
tasse lammirazione e la sorpresa, spesso senza alcun riguardo per il vero
simile, e questo poi, anche perch la gente assennata nn scambiasse per
storia reale ci chera ana para finzione, ma che nello stesso tempo presen
tissero che quelle allegorie si riferivano a qualcosa di reale.
Quindi le sole antichissime favole Greche, qneDe che si basano sulle alle
gorie Egizie e Fenicie sono pure, e suscettibili dessere spiegate con il mio
sistema; e perci rientrano in questa categoria quasi tutte le favole dOrfeo,
dOmero e dei pi antichi Poeti, perch affermo ch'esse nascondono un inse
gnamento ermetico jeratico sotto il velo della genealogia e delle azioni
degli Dei, delle Dee o della loro discendenza.
Quando si vuoi ridurre la favola delle Esperidi ad un fatto storico, non
si sa a che attenersi per determinare qualcosa di preciso. Ogni Storico
avanza la sua idea, che ritiene preferibile a quella degli altri; sebbene poi
manchi, nella sua, una prova irrefutabile; e sono quindi divisi da opinioni
tanto diverse che non si sa a quale appigliarsi. Erodoto il pi antico degli
Storici, ed anche il pi completo conoscitore di tntte le favole, non fa cenno
di qnella delle Esperidi, e ci, senza alcun dubbio, perch la considerava una
pura finzione.
Vediamo, adunque, ci che i Poeti hanno detto di questo celebre Giar
dino. I l luogo che abitavano le Esperidi era un Giardino nel qnale vi si
trovava tutto quanto di pi bello possiede la Natura. Loro vi brillava da
ogni parte; era il soggiorno delle delizie e delle Fate. Quelle che lo abitavano
cantavano mirabilmente bene. Amovano dassumere tutte le forme e destare
sorprese negli spettatori con le subite metamorfosi. Secondo Apollonio, gli
Argonauti si recarono a visitare le Esperidi, scongiurandole dindicar loro
una qualche sorgente dacqua, poich ne erano spinti da grande sete. Ma
in luogo di rispondere, esse si mutarono allistante in terra e polvere:
Tal 8alijia xvig xal yia xivuuv
Eoavpvio; fyvovro xaravrSi*.
Apollon. v. 1408
Orfeo il quale era al corrente di tale prodigio, non si sconcert, ma scon
giur nuovamente queste figlie dellOceano, e raddoppi le sue preghiere.
Esse le ascoltarono favorevolmente, ma prima di esaudirle, si metamorfiz-
zorono dapprima in erbe le qnali crescevano a poco a poco da detta terra.
Dette piante sinnalzarono insensibilmente, vi si formarono dei rami e delle
foglie, in maniera che ad un dato momento Espera divent Pioppo, Eriteia
un Olmo, ed Egla divent un Salice. Gli altri Argonauti presi da stupore per
questo spettacolo, non sapevano che pensare n cosa fare, nel mentre Egla
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sotto la sua forma d'albero li rassicur, dicendo che fortunatamente per essi
un uomo intrepido nella vigilia era venuto, e senza alcun rispetto verso di
esse aveva ucciso il Drago ch'era a guardia dei frutti d'oro e sera salvato
portando Beco delti frutti delle Dee. Che costui aveva lo sguardo fiero, fiso
noma dura, coperto da una pelle di Leone, armato d'una clava, e d'un arco
e delle frecce delle quali s'era servito per uccidere il mostruoso Drago.
Anche costui ardeva dalla sete e non sapeva dove trovare l'acqua; ma final
mente sia per industria, sia per ispirazione, egli batt col piede la terra e ne
fece scaturire una sorgente abbondante, dalla quale bevve a lunghi sorsi.
Gli Argonauti essendosi accorti che durante il suo discorso Egla aveva fatto
un gesto con la mano, gesto che pareva loro indicare la sorgente dellacqua
scaturita dalla terra, vi corsero e vi si dissetarono, rendendo grazie ad Ercole
che aveva reso un s grande servizio ai suoi compagni, sebbene non fosse pre
sente fra di essi.
I Poeti dopo averne fatto delle incantatrici di queste figlie dAtlante,
non rimaneva loro che farne delle Divinit; gli Antichi, forse, non ne ebbero
l'idea, per Virgilio (nel 1. 4. dellEnefe, v. 483-490) vi ha supplito .Infatti
questo Poeta concede ad esse un Tempio ed una Sacerdotessa la quale
veramente temibile a causa dellimpero sovrano chessa esercita su tutta la
Natura. E' proprio questa la Sacerdotessa che a guardia dei ramoscelli
sacri, che somministra al Drago il cibo intriso di miele e di soporiferi papa
veri, che comanda alle tetre afflizioni, che arresta i fiumi nel loro corso, che
fa sviare dal loro corso gli astri, e fa apparire le ombre dei morti.
Si vuole che Giunone, nel suo sponsalizio con Giove, port in dote degli
alberi che producevano detti frutti d'oro, e dei quali questo Dio ne rimase
veramente incantato, e poich li teneva molto cari, cerc il mezzo di met
terli al sicuro dalla cupidigia di coloro che li avrebbero desiderati; perci
li affid alle cure delle Ninfe Esperidi, le quali fecero circondare con un
muro il sito ove detti alberi erano piantati, e misero un Drago a custodia
della porla d'entrata di detto recinto.
Ordinariamente si ammettono tre Ninfe Esperidi, figlie d'Espero fratello
d'Atlante, ed i loro nomi sono: Egla, Aretusa ed Es pere tusa. Alcuni Poeti
ne aggiungono una quarta che Espera, altri una quinta: Eriteia; ed infine
una sesta: Vesta.
Tralascio tutte le ipotetiche spiegazioni avanzate dagli Storici e dai Mito
logi, ed entro in argomento applicando il mio sistema.
Temide aveva predetto ad Atlante che giorno verrebbe nel quale un
figlio di Giove avrebbe involato detti Pomi: questa impresa fu tentata da
parecchi, ma era riservato ad Ercole il riuscirvi. Ignorando ov'era situato
detto Giardino, Ercole decise d'andare a consultare quattro Ninfe di Giove
e di Temide, le quali abitavano in un antro. Esse lo indirizzarono a Nereo,
che a sua volta lo indirizz a Prometeo, il quale, secondo alcuni Autori, gli
disse d'incaricare Atlante della ricerca di detti frutti, mentregli avrebbe
sostenuto il Cielo sulle proprie spalle sino al ritorno di Atlante; ma secondo
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altri Autori: Ercole, avendo preso consiglio da Prometeo, pot recarsi dritto
al Giardino, uccise il Drago, s'impossess dei pomi, e li rec ad Euristeo,
secondo il comando che ne aveva ricevuto. Quindi qui si tratta di scoprire il
nocciolo ascoso sotto tale inviluppo, perci non bisogna prendere le parole
alla lettera, n confondere questi Pomi del Giardino delle Esperidi con
quelli dei quali parla Virgilio nelle sue Egioche:
a Aurea mala decem misi, cras altera mittnm.
I pomi dei quali qui si tratta crescono su gli alberi che Giunone port in
dote, alle sue nozze con Giove. Sono dei frutti doro clic producono semi
d'oro, alberi le cui foglie ed i cui rami sono di questo stesso metallo; gli
stesoi rami dei quali Virgilio fa menzione nel sesto libro deirEfieide, in
quegli termini:
Accipe quae paragonila prius, latei arbore opaca
Aureus et faliis, et lento vimine ramus,
Junoni injerne dictus tacer.
.....................................primo avulso non deficit alter
Aureus, et simili frondescil virgo metallo .
Ovidio dice lo stesso dei Pomi del Giardino delle Esperidi. E' quindi
ovvio ricorrere ai limoni, alle arancia, alle cotogna, ecc., come si sono
sbizzarriti altri Autori, per avere una spiegazione semplice e naturale di
questa favola la quale, come molte altre, fu imitata dalle Favole Egizie.
Il Monte Atlante celebre ancora oggid per i minerali dei quali abbonda
e dai quali si forma l'oro; e quindi non deve meravigliare che vi abbiano
situato il Giardino delle Esperidi. Per la medesima ragione s detto che
Mercurio era figlio di Maia, unu delle figlie dAtlante: perch il Mercurio
dei Filosofi si compone di detta materia primitiva delloro, ed perci che
Mrrcurio venne chiamato: Atlantiade.
La cima del Monte Atlante quasi sempre coperta dalle nubi, in maniera
che non la si scorge, e quindi sembra che la sua vetta selevi sino al Cielo;
ora occorreva dellaltro per personificarlo e fingere che sosteneva il Cielo
sulle sue spalle? A ci aggiungete che l'Egitto e l Africa godono dun Cielo
sereno, e che non v altro luogo pi propizio allosservazione degli Astri,
e particolarmente il Monte Atlante a cagione della sua grande elevazione.
Il Monte Atlante comprendo quasi tutto il gruppo montagnoso lungo le
roste Occidentali dellAfrica, ed allo stesso modo come dicesi: il Monte
Tauro, le Alpi, il Monte dOro, i Pirenei ere. per indicare una catena di
montagna e non una sola 'montagna; quindi i piccoli monti adiacenti ai
Monti Atlante ed Espero, sembrano nascere da questi, quasi loro figli, e
perci si chiamano Atlantidi. I l Majer s sbagliato, nello spiegare questa fa
vola. quando riferisce che delti monti si chiamavano Esperidi, e che li si
dicrvano guardiani dei Pomi doro, poich la materia propria a formare
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l oro, si trova su queste piccole montagne. Non sarebbe (dato in errore, se
avesse fatto attenzione a che il Mercurio dei Filoqpfi, figlio di Maia, una
delle Esperidi, non nasce affatto sa queste montagne, sebbene nel vaso del
l'Arte Sacerdotale ed Ermetica. Cos i tre nomi delle Esperidi sono stati
dati ad esse perch simboleggiano le tre principali cose che si presentano
nella materia dellOpera prima che diventi propriamente Oro Filosofico.
Espera figlia dEspero, o la fine del giorno, e per conseguenza: la notte o
la negrezza. Esperetnsa od Espertusa, ha preso il nome dalla materia che si
volatilizza durante e dopo detta negrezza, da: ionrpo; = diei finia, e da:
Bina = mpetu feror. Egla simboleggia la bianchezza che segue alla negrezza,
da: siyii) = Splendor, fulgor, poich la materia essendo pervenuta al
hianro, brillante, ed ha molto folgore.
Apollonio di Rodi, nei nomi che egli d alle Esperidi ha considerato
soltanto i tre rolori principali dellOpera: il nero sotto il nome dEspera, il
bianco sotto quello dEgla, ed il rosso sotto quello dEritea che viene da:
qf vBiik rubor: e pare abbia volato ci indicare pi particolarmente
con le metamorfosi delle Esperidi compiute su loro stesse. Da Ninfe si tra
mutarono in terra e polvere alla vista degli Argonauti. Ermete, nella Tavola
di Smeraldo, dire che la lorza o potenza della materia dellOpera completa
s'essa viene convertita in terra. Tulli i Filosofi Ermetici assicurano che mai
sotterr buona riuscita se non si muta lacqua in terra. Apollonio menziona
ima seconda metamorfosi: da detta terra sortirono tre piante, dicegli, e
ciascuna Esperide si trov lentamente mutata in un albero, che era adatto
alla natura di ciascheduna. Questi alberi son di quelli che meglio crescono
nei luoghi umidi; il pioppo, il salice e l olmo. I l primo, o pioppo nero,
quello del quale prese la figura Espera poich essa simboleggia il color
nero. LAutore della Favola della discesa drcole allinferno, ha anche lui
finto che questo Eroe vi trov un pioppo le foglie del quale erano nere da
un lato, e bianrhe dallaltra faccia, e ci per. far intendere che il color
bianco succede al nero. Apollonio ha simboleggiato tale bianchezza con
Egla mutata in salice, perch le foglie di questalbero sono lanuginose e
biancastre. EriIeia che simboleggia il color rosso della Pietra dei Filosofi
non poteva certo essere meglio indicata che dallOlmo, il legno del quale
allorch ancora verde ha un colore giallastro che si muta in un colore
rossastro a misura che si secca. Lo stesso accade nelle operazioni dellOpera,
dove il citrino succede al bianco, ed il rosso al citrino, secondo la testimo
nianza di Ermete Trimegisto. Infine, coloro che hanno annoverato Vesta
fra le Esperidi, hanno avuto riguardo alla propriet ignea dellacqua mer
curiale dei Filosofi, i quali hanno detto: noi laviamo con il fuoco, e bruciamo
con l'acqua, a II nostro fuoco umido, dice Ripleo nelle sue 12 Porte, o il
fuoco permanente della nostra ucqua, brucia con maggiore attivit e forza
del fuoco ordinario, poich esso dissolve e calcina l oro, ci che il fuoco
ordinario non potrebbe fare n.
Le Pleiadi, figlie dAtlante, annunciano il tempo piovoso nel corso ordi-
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nano delle stagioni, e le Pleiadi Filosofiche sono in effetti i vapori che
s'elevano dalla materia, si condensano all'alto del vaso, e ricadono in pioggia,
e che i Filosofi chiamano rapi da di maggio o di Primavera, poich essa ai
manifesta dopo la putrefarion- e la dissolozione della materia, chessi chia
mano il loro Inverno. Una di queste Pleiadi: Electra, moglie di Dardano,
al tempo della presa di Troia, si nascose e non pi comparve, dice la Favola;
ma non che in effetti ana di queste Pleiadi celesti sia realmente scomparsa
un poco prima dell'assedio di Troia, 1 quale avvenimento non essendo sto
rico, ma puramente allegorico e favoloso, non ebbe mai luogo; ma perch
una parte di detta pioggia o rugiada Filosofica si muta in terra; ci che vale
la scomparsa ed il non pi riapparire sotto la forma gi nota. Questa la
terra dalla quale ebbe allegorica origine la citt di Troia, poich: quando
era ancora sotto forma d'acqna, essa era madre di Dardano fondatore del
l'I mpero Troiano. I l tempo stesso nel qnale l'acqua s cambia in terra, il
tempo dell'assedio; ma ci spiegheremo pi estesamente nel sesto Libro. Si
osservi, intanto, che questa terra designata con il nome stesso d'Elettra,
poich i Filosofi la chiamano il loro Sole, quando diventata fissa, e facendola
derivare da H'Axrwp = Sale. Parecchi Autori Ermetici, fra i quali Alberto
il Grande e Paracelso, danno il nome d'Electra alla materia dell'Opera.
II d'Espagnet, nel suo Canone 52, afferma che l'entrata al Giardino dei
Filosofi guardata dal Drago delle Esperidi. Ci eh' evidente si che questo
Drago era figlio di Tifone e d'Echidna, e per conseguenza fratello dellaltro
che slava a guardia del Toson dOro; fratello anche di quello che divor i
compagni di Cadmo; di quellaltro che custodiva i buoi di Gerione, del Cer
bero, della Sfinge, della Chimera e di tanti altri mostri, dei quali parleremo
a tempo ed a luogo. Ebbene, tutti questi avvenimenti si sono svolli in paesi
ben diversi, ed in tempi ben lontani gli uni dagli altri; ora, come mai gl'in
ventori di queste finzioni avrebbero potuto mettersi d'accordo, e fingere pre*
essamente la stessa cosa mediante simili circostanze, le quante volte non aves
sero avuto in vista lo stesso oggetto? Questa sola ragione avrebbe dovuto ri
chiamare l'attenzione dei Mitologi per accordarsi sulle loro spiegazioni. Per
conoscere la natura di queBli mostri occorreva conoscere quella del loro comune
padre. Ma se si prende a considerare Tifone quale un Principe dell'Egitto,
lo si viene a disconoscere quale padre di delti mostri, e quindi ai poi co
stretti a dichiarare ebe tutto una finzione. Basterebbe leggere la Teogonia
d'Esiodo per restarne convinti, poich la genealogia ch'egli .ci fornisce di
Tifone, dEchidna e della loro prole non suscettibile dalcona spiegazione
' storica, neppure verosimile.
Mentre, secondo la spiegazione Filosofica Ermetica, Tifone lo si considera
quale uno spirilo attivo, violento, solforoso, igneo, dissolvente, sotto forma
d'un vento impetuoso ed avvelenato che tutto distrugge. I n Echidna s rico
nosce un'acqua corrotta, mista ad una terra nera, puzzolente, sotto il ritratto
di una Ninfa dagli occhi neri. Da tali genitori non poteva aversi generazione
diversa da quella dei mostri, e dei mostri della stessa loro natura, vale a
- 14] -
dire: un'I dra di Lenta generata in una palude; dei Draghi vomitanti fuoco,
dato che sono di natura ignea simile a quella di Tifone; infine la peste e la
distruzione dei luoghi eh'essi abitano, per significare la loro virt dissolvente,
resolutiva, e la putrefazione che ne una conseguenza.
E' da ci che i Filosofi Ermetici in accordo con i Poeti, rii'essi ben rapivano,
hanno ricavalo le loro allegorie: e quindi abbiamo: il Drago Babilonese del
Flamel, i due Draghi dello stesso Autore, dei quali luno alalo, come quello
di Cadmo, del Toson d'Oro, delle Esperidi, ere. E' pure il Drago di Basilio
Valentino e di tanti altri che sarebbe troppo lungo voler enumerare.
Alcuni Chimici hanno creduto di vedere questi Draghi nelle parti arse
nicali dei minerali, e di conseguenza li hanno considerati come la materia
della Pietra dei Filosofi. Filalete ne ha indotti parecchi in questa idea
perch a tale soggetto egli scrive nel suo: a Introitili apertus ad occlmum
Rpgis palatium u nel capitolo: a de imestigatione Magisterii nel quale egli
parrebbe designare chiaramente l antimonio; ma Artefio, Sincsio, e molti
altri Filosofi si limitano a dire che questa materia un antimonio solo perch
ne ha le propriet, i Essi hanno cura davvertire che l arsenico, i vitrioli,
gli atramenti, i boraci, gli allumi, il nitro, i sali, i grandi, i medii ed i bassi
minerali, ed i metalli isolali, dice il Trevisano nella sua a Filosofia dei Me
talli a, non sono per nullaffatto la materia per il Magistero s.
Non si possono vedere descrizioni o pitture a pi vivaci tinte di quella
che Apollonio ci fa dellagonia del Drago delle Esperidi. -a Lado, dicegli,
questo serpente che sino a ieri custodiva i Pomi di oro, e del quale le Ninfe
Esperidi prendevano s grande 'cura, questo mostro, trafitto dagli strali dr
cole steso ai piedi dellalbero: l estremit della sua coda si muove ancora;
ma il resto del suo corpo giace senza movimento e senza vita. Le mosche
6uniscono a sciami sul suo nero cadavere, per succhiare il sangue corrotto
delle sue piaghe, ed il fiele amaro dell'I dra di Lenta, nel quale le frecce
erano state intinte. Le Esperidi, desolate da questo triste spettacolo, appog
giano nelle loro mani il loro viso coperto da un velo bianco giallastro, e
piangono emettendo grida lamentevoli b.
Se la descrizione dApollonio per la bellezza del quadro che ne fa, piace
ai profani, logico che massimamente deve soddisfare un Filosofo Ermetico
il quale vi scorge, come in uno specchio, ci che accade nel vaso della sua
Arte durante e dopo la putrefazione della materia. Ancora ieri questo Lado,
questo serpente terrestre yftvio; 5<pict che custodiva i Pomi doro, e che
le Ninfe alimentavano, steso morto trafitto dalle frecce. Non forse come
se si dicesse: Questa massa terrestre e fissa, tanto difficile a dissolvere, e che
per tale ragione, custodiva tenacemente e con cura la semenza aurifica od il
frutto doro chessa racchiudeva, oggi si trova dissolta merc lazione delle
pani volatili. L estremit della sua coda si muove ancora, ma il restante
del suo corpo giace senza movimento e senza vita; le mosche suniscono a
sciami su] suo nero cadavere, per succhiare il sangue corrotto delle sue piaghe;
ed anche ci vale a dire: poco importa che la dissoluzione non sia perfetta.
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ma la putrefazione e la negrezza digi appaiono; le parti volatili circolano
in gran numero, e volatilizzano con esse le parti fisse dissolte. Le Ninfe de
solate piangono e si lamentano avendo la testa coperta con un velo bianco
giallastro: quindi, la dissoluzione fatta; dette parti acquose, volatilizzate,
ricadono in gocce come lagrime, e la bianchezza comincia a manifestarsi.
I l ritratto ed il potere che Virgilio concede alla Sacerdotessa delle Espe
ridi, ci preconizzano precisamente le propriet del mercurio dei Filosofi.
E' ben questo^mercurio che nutrisce il Drago Filosofico; esso che fa retro
gradare gli Astri, vale a dire: che dissolve i metalli e li riduce alla loro
primiera materia. E1 esso che fa sortire i morti dalle loro tombe, e cio:
dopo aver fatto cadere i metalli in putrefazione, chiamata morte, li risuscita
facendoli passare dal color nero al bianco chiamato vita: oppure volatiliz
zandone il fisso, poich la fissit uno stato di morte nel linguaggio dei
Filosofi, mentre la volatilit uno stato di vita.
Ma seguiamo questa favola in tutte queste circostanze. Ercole va a con
sultare le Ninfe di Giove e di Temide, le quali soggiornavano in un antro
sulle rive del fiume Eridano. oggi noto sotto il nome di Po in I talia, "Eptc TSo;
vuol dire: lotta, agitazione. Al cominciomento dellOpera le parti acquose
mercuriali eccitano una fermentazione, e per conseguenza una lotta; ed ecco
cosi spiegata l allegoria delle Ninfe del fiume Eridano. Queste Ninfe erano
quattro per simboleggiare i quattro elementi, dei quali i Filosofi dicono che
la loro materia ne come la sintesi quintessenziata dalla Natura, secondo i
suoi pesi, le sue misure e le sue proporzioni che l Artista od Ercole deve
prendere per modello. E perci che queste Ninfe son dette di Giove e di
Temide. Tutti i Filosofi unanimemente affermano che l Artista deve con
sultare la Natura ed imitarne le operazioni se vuole ottenere il successo in
quelle dellArte Ermetica, ed assicurano che senza seguire tal metodo si la
vorerebbe invano. A tale riguardo il Cosmopolita cos sesprime: a Uenique
notile vobis res adeo subtiles imaginari, de quibus natura nihi l scit; sed mo
nete, monete inquam in eia naturae simptici; quia in simplicitate rem citius
palpare, quam eandem in subtilitate ridere poteritis . Geber ed altri dicono
che chi ignora la Natura ed i suoi processi non perverr giammai al fine
propostosi, tranne che Dio, od un amico non gli riveli il tutto. Sebbene
Basilio Valentino dica: a La nostra materia vile ed abietta, e lOpera che
la si conduce solamente mediante il regime del fuoco, facile a fare... Ttt
non hai bisogno di altre istruzioni per sapere governare il tuo fuoco e costruire
il tuo fornello, come colili che ha la farina non tarda certo a trovare un forno,
e n resta molto imbarazzalo per far cuocere il pane . Il Cosmopolita ci dice
pure clic quando i Filosofi accertano che l Opera facile, essi avrebbero
dovuto aggiungere: per coloro che la sanno. E Pontana ri riferisce chegli ha
sbagliato pi di duecento volte sebbene avesse lavorato sulla vera materia, e
ci perch ignorava il fuoco dei Filosofi. Quindi l imbarazzo sta 1) di trovare
questa materia, ed su questo che Ercole si reca a consultare le Ninfe, le
quali lo rinviano a Nereo che il pi antico degli Dei secondo Orfeo, figlio
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della Terra e dellAcqua, o dell'Oceano e di Teti; quello stesso che predisse
a Paride la rovina di Troia, e die fa padre di Teti madre dAchille. Omero
10 chiama: il Vegliardo, ed il suo nome significa: umido. Ed ecco quindi in
ri i simboleggiato questa materia tanto comune, tanto vile, e cosi disprezzata.
Quando Ercole gli si presentava, non poteva riconoscerlo, e n ottenere
quanto da lui desiderava sapere, poich ogni volta lo trovava sotto nuova
forma; ma infine lo riconobbe e con tonte sollecitazioni lo press, che l ob
blig a dichiarargli il tutto. Queste metamorfosi sono suggerite dalla natura
stessa di questa materia che Basilio Valentino, Aimone, e molti altri accer
tano non avere alcuna forma determinata, perch suscettibile di tutte le
forme; che diventa olio nella noce e nellolivo, vino nelluva, amaro nel
l'assenzio, dolce nello zucchero, veleno in un soggetto, teriaca nellaltro.
Ercole vedeva Nereo rotto tutte queste forme differenti; ma non era sotto
queste forme chegli \aleva vederlo; e perci tanto fece che infine lo scopri
Botto la desiderata forma la quale nulla presenta n di grazioso n di speci
ficato, cos com la materia dei Filosofi. E quindi necessario daver ricorso
a Nereo; ma poich non sufficiente l aver trovato la materia vera e fami
gliare dellOpera per pervenire al compimento della btessa, Nereo indirizza
Ercole a Prometeo, il quale aveva rubato il fuoco del Cielo per distribuirlo
agli uomini, e ci vale a dire, al fuoco Filosofico, che dona la vita a questa
materia, e senza del quale niente si potrebbe fare. Prometeo fu sempre con
sideralo come il Titano igneo, amico dell'Oceano. Egli aveva un Altare co
mune con Pallade e Vulcano, perch il tuo nome significa: prefiggente,
giiulizioso. E questo anche adatto a Pallade Dea della Sapienza e della
Prudenza; ed il fuoco di Prometeo era'lo stesso che Vulcano. Con ci s
anche voluto dare risalto alla prudenza ed allabilit che occorre aUArtista
per dare a questo fuoco il regime conveniente.
Questo giudizioso Titano spinse Giove a detronizzare suo padre Saturno.
Giove segu il consiglio di Prometeo, e vi riusc. Ma con tutto ci Giove si
ritenne in dovere di punirlo per il fuoco rubalo da Prometeo, e lo condann
ad essere legalo ad una roccia del Monte Tauro, e ad avere perpetuamente
strappato a brandelli il fegato da un Avvoltoio, in maniera che il fegato gli
rinascesse a misura che l'Avvoltoio lo divorasse. Mercurio venne incaricato
della esecuzione di tale pena, ed il supplizio di Prometeo dur sino a quando
Ercole per riconoscenza uccise IAwolloio, o lAquila secondo alcuni, e lo
liber. Ma dato die questa favola costituisce un episodio, e che la si trova
spiegata in altro capitolo di questopera, qui ne diremo brevemente. Pro
meteo, o il fuoco Filosofico, quello che opera tutte le variazioni dei colori
rhe la materia assume successivamente nel vaso. Saturno il primo cio il
color nero, Giove il grigio che gli succede. E dunque per il consiglio e
l'aiuto di Prometeo che Giove detronizza suo padre. Ma questo Titano ruba
11 fuoco del Cielo e ne punito. Questo fuoco rubato quello che innato
nella materia; e questa ne stata impregnata come per attrazione; e detto
fuoco stato infuso dal Sole e dalla Luna suoi genitori, secondo ne dice
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Ermete nella Tavola di Smeraldo: a pater ejus est Sol, et mater ejut Luna
perci gli stato dato il nome di fuoco celeste. Prometeo, poi, viene legato
ad una roccia: ma ci non (orse come se si dicesse: che questo fuoco si
concentra, s'attacca olla materia che comincia a coangularsi in Pietra dopo
il color grigio, e che questo si compie mediante l'operaoione del mercurio
dei Filosofi? La parte volatile la quale agisce continuamente sulla parte
ignea e fissata, per cosi dire, poteva essere meglio designata se non con una
. Aquila od un Avvoltoio, e detto fuoco concentrato allegoricamente col fegato?
Questi uccelli sono carnivori e voraci; ed il fegato, per co ai dire, la sede
del fuoco naturale negli animali. Dunque il volatile agisce sino a quando
l'Artista, del quale Ercole ne il simbolo, non abbia ucciso detta Aquila, vale
a dire: fissato il volatile.
Questi colori che si succedono sono gli Dei ed i Metalli dei Filosofi i quali
hanno dato a questi i nomi dei sette Pianeti. I l primo fra i principali il
nero, il piombo dei Saggi, o Saturno. D grigio che viene dopo riferito a
Giove, e ne porta il nome. H colore della coda del Pavone a Mercurio, il
bianco alla Luna, il giallo a Venere, il rossastro a Marte, ed il porporino al
Sole; ed i Filosofi hanno pure chiamato regno il tempo nel quale dura ciascun
colore. Questi sono i metalli dei Filosofi, e non quelli volgari, ai quali i Chi
mici hanno dato gli stessi nomi.
Ercole avendo visto e preso consiglio da Nereo e da Prometeo non pi
preoccupato per riuscire; va diritto pel cammino del Giardino delle Esperidi,
ed istruito di ci che deve fare, si sente in dovere deseguire la sua impresa.
Appena vi perviene, un Drago mostruoso si presenta allentrata; ma egli lo
combatte, l uccide, e questo animale cade in putrefazione nella maniera come
ho innanzi riferito. N l allusione sarebbe stata esatta le quante volte questo
mostro non fosse stato ucciso allentrata; la negrezza seguita dalla corruzione,
proprio la chiave dellOpera, come afferma Sinesio: a Quando la nostra ma
teria Ile comincia a non pi salire n discendere; ed assume la costituzione
della sostanza fumosa, e si putrefa, diventa tenebrosa, ed in tale stato la si
chiama roba nera, o testa di corvo.
......Ci fa si che non vi sono se non due elementi formali nella nostra
Pietra, e cio: la terra e l acqua; ma la terra contiene nella sua sostanza
la virt e secchezza del fuoco; c l acqua comprende l aria con la sua umi
dit...... Considerate che la negrezza il segno della putrefazione (che noi
chiamiamo Saturno), e che il cominciamento della dissoluzione il segno
della congiunzione delle dne materie......Ora, figlio mio, avete gi, per grazia
di Dio, un elemento della nostra Pietra, che la testa nera, la testa di corvo,
che il fondamento e la chiave di tutto il Magistero, e senza di che non
riuscirete giammai . Morianb sesprime nello stesso senso: a Sappiate ormai,
o magnifico Re, che in questo Magistero niente viene animato, niente nasce, e
niente cresce se non dopo la negrezza e la putrefazione, e dopo aver subito
una mutua lotta dell'alterazione e del mutamento. Ci ha fatto dire ai Saggi
che tutta la forza del Magistero si sviluppa dopo la putredine .
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Nicola Flamel che ha adottato l allegoria del Drago, dice anche: a Allo
stesso tempo la materia si dissolve, si corrompe, annerisce, e concepisce per
generare, poich ogni corruzione generazione, e ci si deve sempre augurare
tale negrezza...... Certo che chi non vede tale negrezza durante i primi giorni
della Pietra, qualunque altro colore egli veda, vien meno completamente al
Magistero, e non lo pq pi perfezionare con tale caos; perch se non putrefa
affatto, vuol dire che non lavora bene . Basilio Valentino ne parla nelle sue
dodici Chiavi. Gli Antichi avendo osservato che la dissoluzione si faceva
mediante l umidit e la putrefazione, ed essendo il nero il loro Saturno, ave
vano costume di mettere un Tritone sul Tempio di questo figlio del Cielo e
della Terra; ed noto che Tritone aveva un rapporto immediato con Nereo.
Majer, nel suo Arcana Arcanissima, 1. 2, ci assicura che le prime monete
furono coniate sotto gli auspici di Saturno, e recavano per impronte: una
pecora ed una nave, ci faceva allusione al Toson dOro ed al naviglio Argo.
Gli Autori i quali hanno preteso che Ercole non adoper alcuna violenza
per asportare i Pomi doro, ma che li ricevette dalle mani dAtlante, senza
dubbio non hanno fatto attenzione che la Favola dice positivamente che per
venirne in possesso necessitava uccidere lo spaventevole Drago che era a guar
dia dellentrata del Giardino. Ercole us violenza uccidendo il Drago, nel
senso e nella maniera che dicemmo; ma si pu anche dire che i Pomi li
ricevette dalle mani d'Atlante, dato che questo preteso Re della Mauritania
non significa altra cosa se non la roccia nella quale egli fu metamorfizzato,
vale a dire: la roccia o Pietra dei Filosofi, dalla quale si forma loro dei
Saggi, e che alcuni Filosofi hanno chiamato: il frutto del Sole o Pomi doro.
Ma quale ragione ha assistito i Filosofi antichi e moderni nel fingere questi
Pomi di oro? Questa idea sorge naturalmente in chi sa che i filoni delle mi
niere si sviluppano sotterra presso a poco come le radici degli alberi. Le
sostanze solforose e mercuriali rincontrandosi nei pori e nelle vene della terra
e delle rocce, si coagulano per formare i minerali ed i metalli, cos come la
terra, e l acqua impregnata di differenti sali fissi e volatili, concorrono allo
sviluppo dei germi ed alla crescita dei vegetali. Quindi questa allegoria degli
alberi metallici stata presa dalla natura stessa delle cose.
Quasi tutti i Filosofi Ermetici hanno parlato di questi alberi minerali.
Gli uni si sono espressi in un modo, altri in un altro; per tutti concorrono
allo stesso scopo, a II granello fisso, dice Flamel, come il pomo, ed il mer
curio ne l albero; quindi non bisogna separare il frutto dallalbero prima
della sua maturazione, poich esso non potrebbe poi pervenire a maturazione
per mancanza di nutrimento...... Necessita perci trapiantare l albero, senza
togliergli il suo frutto, in una terra fertile, grassa e pi nobile, la quale fornir
maggiore alimento al frutto in un giorno, di quanto la prima terra non gliene
avrebbe fornito in cento anni, a cagione della continua agitazione dei venti.
Laltra terra, quella del trapianto essendo pi vicina al Sole, perpetuamente
riscaldata dai suoi raggi, ed abbeverata continuatamente dalla rugiada, fa ve
getare e crescere abbondantemente l albero piantato nel giardino Filosofico .
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Per quanto sia evidente il rapporto di quest'allegora del Flamel con quella
del Giardino delle Esperidi, pure quella del Cosmopolita, nella sua a Parabola s
ancora pi precisa, a Nettuno, dicegli, mi condusse in una pratera, in
mezzo alla quale trovavasi un Giardino nel quale erano piantati diversi al
beri ammirevolissimi. Fra gli altri me ne mostr sette i quali avevano i loro
nomi particolari, e me ne fece notare due, fra i sette, molto pi belli e pi
sviluppati. Uno portava frutti che brillavano come il Sole, e le sue foglie
erano come l'oro. L 'altro produceva frutti duna bianchezza che vince quella
del giglio, e le sue foglie rassomigliavano al pi fino argento. Nettuno chiam
il primo: Albero solare, e l'altro: albero lunare . Un altro Autore ha inti
tolato il suo Trattato su questa materia: Arbor Solaris; e lo si trova stampato
nel sesto Tomo del a Teatro Chimico .
Dopo tante e cos evidenti e palpabili prove, mai possibile mantenere
anrora la persuasione che queste allegorie antiche e moderne non abbiano
lo stesso oggetto? E se in effetti esse non avevano comune l'oggetto, come mai
possibile che i Filosofi Ermetici, avendole adoperate per spiegare le loro
operazioni e la materia del Magistero, le si ritrovino poi fra di esse cos con
formi? Si ohhictter. forse: che non sono i Poeti che hanno attinto le loro
favole dai Filosofi, bens questi ultimi presero le loro allegore nelle favole
dei Poeti. Ma se le cose stassero cos, e che i Poeti non abbiano avuto in
vista se non la storia antica o la morale, come mai lo sviluppo successivo di
tutte le circostanze delle azioni riferite dai Poeti, e le circostanze di tutte
quasi le Favole si trovano atte e precisamente proprie a spiegare allegorica
mente ci che si verfica successivamente neUe operazioni dell'Opera? E
come mai si verifica che si pu spiegare l uno mediante l'altra? Si che le
antichissime favole Egizie e Greche sono tutte allegorie dell'Arte Sacerdotale
od Ermetica.
E anche bene tener presente che Orfeo e gli antichi Poeti non si sono
proposto di descrivere allegoricamente lo sviluppo completo dell'Opera in
ciascuna favola, e parecchi Filosofi Ermetici non hanno quindi descritto se
non quella parte che maggiormente li aveva colpiti. L'uno allude semplice
mente all'opera dello zolfo, l altro alle operazioni dell'elisire, un terzo non
ha parlato che esclusivamente della moltiplicazione. Talvolta per imbrogliare,
questi ultimi hanno deliberatamente confuse le operazioni delle dne opere.
Gin li rende inintelligibili a coloro che non sanno fare questa distinzione;
ed cos che si trovano le apparenti contraddizioni nelle loro opere, con
frontandole. Per esempio: un Filosofo Ermetico, parlando delle materie che
entrano nella composizione dell'elisire, dice che ne occorrono parecchie;
mentre colui che ci parla della composizione dello zolfo, assicura che ne
basta una. Eppure hanno ragione Intti e due; e per accordarli basterebbe
faee attenzione cli'essi non parlano della medesima circostanza dell'Opera.
Intanto, ci che contribuisce a confermare l idea d'una contraddizione, si
che la descrizione delle operazioni sovente la stessa da parte dentrambi;
ma anrhe in questo hanno ragione, poich Morano, unitamente a molti altri
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Filosofi, ci assicura che la seconda opera ch'egli chiama disposizione, in
quanto alle operazioni del tutto simile alla prima.
Anche le favole vanno giudicate alla stessa stregua. Le fatiche d'rcole
prese separatamente non alludono a tutti i lavori dellOpera; ma la con
quista del Toson d'oro la rinchiude nella interezza. E perci che in questa
finaione si vedono riapparire reiteratamente dei fatti diversi in se stessi solo
in riguardo ai luoghi ed alle azioni, ma che invece presi nel senso allegorico
significano la stessa cosa. I luoghi per i quali era del tutto naturale che ri
passassero gli Argonauti per ritornare in patria, non essendo pi concordanti
per esprimere ci che Orfeo aveva di mira, questo Poeta ne ha dovuto fin
gere degli altri che non sono mai esistiti, ed ha finto che gli Argonauti ave
vano attraversato luoghi noti ma che era impossibile incontrare sulla loro
rotta. Questo rilievo bene tenerlo presente per le altre allegorie, cos come
vedremo appresso.
La propriet che Alida aveva ottenuto da Bacco di mutare in oro tutto ci
che avrebbe toccato, non altro se non una allegoria della proiezione o
trasmutazione dei metalli in oro. Larte ci fornisce ogni giorno nel regno
vegetale esempi di trasmutazione che prova la possibilit di quella dei me
talli. Non vediamo, forse, che una piccola gemma presa su un albero colti
vato, ed innestata su di uno selvatico porta poi dei frutti simili a quelli del
l albero che ha fornito l innesto? Perch, allora, l arte non vi riuscirebbe
nel regno minerale fornendo la gemma metallica al selvatico della Natura e
lavorando con essa? La Natura impiega un anno intero per far produrre ad
un melo le foglie, i fiori e le frutta. Ma se ai primi di Dicembre in prece
denza delle gelate, si taglia da un melo un piccolo ramo fruttifero, e facen
dolo pescare nellacqua lo ai pone in una stufa, si vedr ehe in pochi giorni
detto ramo spunter foglie e fiori. Ed i Filosofi come procedono? Essi pren
dono un ramo del loro melo Ermetico, lo mettono nella loro acqua, indi in
un luogo moderatamente caldo: questo ramo d loro fiori e frutti nel suo
tempo. Ci prova che la Natura aiutata dallarte abbrevia la durata delle sue
ordinarie operazioni. Ogni regno della Natura ha i suoi processi, ma quelli
che la Natura mette in uso per luno giustifica quelli dellaltro, dato ehessa
agisce sempre mediante una via semplice e diritta; e quindi l arte deve imi
tarla: ma simpiegano differenti mezzi quando si tratta di pervenire a scopi
differenti.
La favola delle Esperidi una prova che il Filosofo Ermetico deve con
sultare la Natura prima di operare, e che ne imiti i processi nelle proprie
operazioni se, come Ercole, vuole riuscire a carpire i Pomi doro. E da no
tare che in questo Giardino venne colto il pomo, prima semenza della guerra
di Troia. E Venere ne raccolse ancbessa quelli che poi regal ad Ippomene
onde fermare Atalanta nella sua corsa.
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STORIA DATALANTA
La favola d'Atalanta talmente legata con quella del Giardino delle Espe
ridi, eh'essa assolutamente ne dipende, poich Venere vi colse i pomi che
diede poi ad Ippomene. Ovidio, certamente aveva appreso da qualche an
tico Poeta che Venere aveva colti questi pomi nel campo Damasio dellIsola
di Cipro. Linventore di questa circostanza ha fatto allusione alleffetto di
questi pomi, poich il nome del campo nel quale si suppone chessi crescano,
significa: vincere, domare, dafiapeieu = subigo, domo, qualit che posseg
gono i Pomi doro del Giardino Filosofico; ci ch assunto dalla natura
stessa della cosa, come qui appresso vedremo.
Si hanno varianti in merito ai genitori di questa Eroina Atalanta: alcuni
la dicono figlia di J aso, e gli altri figlia di Sceneo Re dArcadia. Alcuni
Autori hanno anche supposto unaltra Atalanta, figlia di Menalione, che
dicono essere stata tanto leggera nella corsa, che nessun uomo, per quanto
vigoroso egli fosse, non poteva raggiungerla. LAbate Banier sembra distin
guerla da quella che assistette alla caccia del cinghiale di Celidonia; ma i
Poeti comunemente la ritengono figlia di Sceneo Re di Sciro. Essa era ver
gine e d'una bellezza veramente sorprendente. Aveva deciso di conservare
la propria verginit poich, avendo consultato l Oracolo per sapere se doveva
maritarsi, nebbe risposta ch'essa non doveva legarsi con uno sposo, ma
che nonpertanto non avrebbe potuto evitarlo. La sua bellezza le attir
molti amanti, ma essa li allontanava tutti imponendo delle condizioni
durissime a coloro che pretendevano sposarla. E cos proponeva loro di di
sputare una gara alla corsa, a condizione chessi corressero disarmati, chessa
li avrebbe inseguiti con un giavellotto, e quelli chessa avrebbe raggiunti
prima d'essere arrivati al traguardo, li trafiggerebbe con detta arma; ma il
primo che sarebbe arrivato senza essere stato da essa raggiunto prima del
traguardo sarebbe stato il suo sposo. Molti si cimentarono, ma vi perirono.
Ippomene pronipote del Dio delle Acque, fu colpito anchegli dal noto va
lore, e dalla bellezza di Atalanta, e non rimase per nullaffatto scoraggiato
dalla disgraziata fine degli altri corteggiatori di questa valorosa giovane.
Egli invoc Venere, e ne ottenne tre pomi doro; e munito di questi si
present per correre con Atalanta alle stesse condizioni degli altri. Ma come
Atalanta lo sorpassava, secondo il convenuto, Ippomene sempre correndo
lasci destramente cadere a terra i tre pomi a qualche distanza l un dall'altro
ed Atalanta essendosi fermata a raccoglierli, egli mantenne un vantaggio
per il quale giunse primo al traguardo. Questo stratagemma avendolo reso
vincitore, egli spos questa Principessa. Dato che Atalanta amava molto la
caccia, spesso si dava a questo esercizio; ed un giorno nel quale vi si era
molto affaticata fu assalita da una violenta sete in prossimit del Tempio
dEsculapio, ed allora, dice la favola, essa percosse una roccia e ne fece zam
pillare una polla di fresca acqua, alla quale si disset. Ma in seguito avendo
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profanato con Ippomene un Tempio di Cibele, Ippomene venne metamorfz-
zato in Leone, ed Atalanta in Leonessa.
Ala!anta ha Sceneo per padre, ad una pianta che cresce nelle paludi, da:
motvo; b j snau; era vergine e d'nna bellezza sorprendente, e tanto leggera
nella corsa che allo stesso Ippomene parve corresse tanto veloce quanto nna
freccia od un uccello.
Lacqua mercuriale dei Filosofi possiede tutte queste qualit; una ver
gine alala, estremamente bella, ne scrive il dEspagnet sei Canone 58:
a Recipe Firgiiim alatam, aprirne fotoni et munrfalam... tincfae puniceo
colore germe prodent. d ed inoltre nata dall'acqua pantanosa del mare, o
dal Iago Filosofico. Essa ha gote vermiglie, e si trova uscita dal sangue reale,
cosi come Ovidio qi presenta Atalanta:
a Inque pucllari corpus candore, ruborem
Traxerat a.
Niente di pi volatile di questacqua mercuriale, e quindi non affatto
sorprendente chessa sorpassi lutti gli Amanti nella corsa; ed perci che
i Filosofi le danno anche i nomi di: frecce e duccelli. Ed proprio con tali
frecce che Apollo uccise il serpente Pitone; sono queste le frecce che Diana
impiegava alla caccia, e che Ercole adoperava nei combattimenti che dov
sostenere contro taluni mostri. Questa stessa ragione assistette la finzione che
Atalanta uccideva servendosi dei giavellotti, e non di una picca, quelli che
correvano innanzi ad essa. Ippomene fn l unico che la vinse, non solo perch
egli era un discendente del Dio delle acque, e di conseguenza era della stessa
razza di Atalanta; ma si serv anche dei pomi d'oro del Giardino delle Espe
ridi, pomi che altro non sono se non l oro o la materia dei Filosofi fissata e
fissaliva. Soltanto quest'oro capace di fissare il mercurio dei Saggi coagulan
dolo e trasmutandolo in terra. Atalanta corre, ed anche Ippomene corre a ca
gione di essa, poich una condizione senza della quale egli non potrebhe spo
sarla. Ed effettivamente assolutamente richiesto nellOpera clic il fisso sia
primieramente volatilizzalo, prima di fissare il volatile; c l'unione dei due
non pu per conseguenza farsi prima di questa successione Hi oparazioni;
ed perci che s' finto che Ippomene avesse lasciato cadere suoi pomi da
distanza in distanza.
Infine Atalanta innamoratasi dei suo vincitore, lo sposa, e vivano insieme
in buon accordo; anzi diventano persino inseparabili: ma si danno alla
caccia, e ci vale a dire; che do|>o che la parte volatile riunito ron la fissa,
il matrimonio fatto; quel tale famoso maritaggio del quale parlano lutti
i Filosofi nei loro Trattati. Ma dato che la materia allora non assolutamente
fissa, si suppone che Atalanta ed Ippomene continuino ancora a dedicarsi
allo caccia. La sete dalla quale Atalanta viene assalita la stessa di quella
dalla quale ardevano Ercole e gli Argonauti nelle vicinanze de! Giardino
delle Esperidi; ed il preteso Tempio dEsculapto non ne differisce dal detto
- I SO -
Giardino che semplicemente per il nome. Ercole nello stesso frangente fece
pullulare, come Alalanta, una polla d'acqua riva da una pietra, ma ci va
inteso nel Benso e nella maniera dei Filosofi, per i quali la pietra s cambia
in acqua. Perch, come dice Sisesia, nell'Opera dei Filosofi, tutta la nostra
Arte consiste nel saper cavare l'acqna dalla Pietra o dalla nostra terra, e
rimettere detta acqua in terra. Ripleo s'esprime presso a poco negli stessi
termini: a La nostra Arte produce l acqua dalla terra e l'olio dalla roccia
pi dura a Se voi non cambiale la nostra pietra in acqua, come dice Ermete
nel suo settimo capitolo, e la nostra acqua in pietra, non riuscirete giam
mai. a Ecco la fontana del Trevisano, e l'acqua vira dei Saggi. Sinesio
aveva riconosciuto nell'Opera una Atalanla ed un Ippomene, quando scrive:
a Per, se credono di capirmi senza conoscere la natura degli elementi e
delle cose create, e senza possedere una esatta nozione del nostro ricco me
tallo, s sbaglieranno e lavoreranno inutilmente. Ma se conoscono le na
ture che fuggono, e quelle che seguono, potranno, per grazia di Dio, perve*
lire ove tendono i loro desideri! u. Michele Majer ha scritto un Trattato
d'emblemi Ermetici che Ita intitolato: Atalanla /spesi .
Quegli Antichi Autori che hanno detto che Ippomene era figlio di Marte,
in fondo, non sono in contrasto con gli altri che lo dicono disceso da Nettuno,
poich il Marte Filosofico si forma dalla terra che proviene dall'acqua dei
Saggi, quali la chiamano: il loro mare. Questa materia fissa propriamente
il Ilio delle Acque; da essa composta l'Isola di Deio, che Nettuno, dicesi,
fiss per favorire l'asilo, cd il parto di Lalona, la quale mise al mondo
Apollo e Diano, vale a dire: la Pietra al bianco e la Pietra al rosso, le quali
sono la Luna ed il Sole dei Filosofi, e che non differiscono punto da Alalanta
mutala in Leonessa, e da Ippomene met amor filza to in Leone. Sono entrambi
di natura ignea, e forza capace a divorare i metalli imperfetti che sono rap
presentali dagli animali pi deboli, e quindi a trasformarli nella loro propria
sostanza, come fa la polvere di proiezione al bianco ed al rosso, che trasmuta
i basai metalli in argento ed in ora, secondo la sua qualit. I l Tempio di
Cibele dove venne consumala la profanazione che cagion la metamorfosi,
il vaso Filosofico nel quale c la lena dei Saggi, madre degli Dei Chimici.
Sebbene Apollodoro abbia seguito una tradizione un poco diversa da
quella che noi abbiamo riferita, nullameno il fondo lo stesso, cd anche
facilmente spiegabile. Secondo questo Autore Atalanla sin dalla nascita venne
esposta in un luogo deserto, e trovata e quindi allevata da dei cacciatori;
ci che la rese molto amante della caccia. Essa prese parie a quella del mo
struoso cinghiale di Calidonia, ed in seguilo alle gare cd ai giuochi istituiti
in onore di Pelia, nei quali essa lott contro Peleo riportandone il premio.
Ritrov dopo i propri genitori, i quali la spingevano a maritarsi, ed essa
vi .lecouaent ma alla condizione di sposare colui che l'avrebbe vinta nella
cni>a. cos come gi dicemmo.
Il deserto dove Atalanla viene es|stii lo stesso luogo dove si trova la
materia dei Filosofi, figlia della Luna, come dice Ermete nella Tavola di
ISI
Smeraldo: in depopulatis tetris invenitur. Sol est ejus pater, et mater Luna,
cosi come Atalante aveva per madre Menalione, che parrebbe derivare da
|iqvr) = Luna, e da li)(ov seges. I cacciatori che la trovarono sono gli
Artisti, ai quali Raimondo Lullo, in dtta circostanza d il nome di cacciatori:
a Cum venatus fueris eam (materiam) a terra noli ponere in ea aquam, aut
pulverem, aut aliam quamcumque rem . L'Artista ne prende cura, la mette
nel vaso, e le d l'inclinazione alla caccia, vale a dire: la dispone alla vola- -
tilizzazione. Quando fu in et di sostenere la fatica, c gi bene esercitata,
si trov presente alla racria del-Cinghiale Calidonio, vale a dire: alla lotta
che si manifesta tra il volatile ed il fisso, nella quale il primo agisce sul
secondo, e Io soverchia, perci dicesi che Alalanta per la prima fer con una
freccia il fiero animale, e fu cosi causa della cattura dello stesso, ed perci
che ne le aggiudicarono la testa e la pelle del cinghiale. A tale lotta segue la
dissoluzione e la negrezza, rappresentate dai combattimenti istituiti in onore
di Pelia, come li esamineremo nel quarto libro. Infine, dopo aver riportalo
il premio contro Peleo, Atalanta ritrov i propri genitori, vale a dire: dopo
che il color nero scomparso, la materia comincia a fissarsi, ed a diventare
la Luna ed il Sole dei Filosofi, i quali sono effettivamente padri e madri
della loro materia. Tutto il resto stato spiegato innanzi.
LA CERVA DALLE CORNA DORO
Una Cerva dalle corna d'oro (mentre la Cerva non ne possiede affatto)
e dai piedi di rame manifestamente una favola.
Questa Cerva era consacrata a Diana, ed abitava il Monte Menalo. Era
vietato che la cacciassero i cani, o che ci si potesse usare l'arco; necessitava
catturarla nella corsa, in piena vita, e senza alcun spargimento del suo san
gue. Euristeo comand ad Ercole d'apportarglicla. Ercole le tenne dietro
senza riposo un intero anno, e finalmente l'acciuff nella foresta dArtemisia
consacrata a Diana, mentre la Cerva era sul punto d'attraversare il fiume
Ladone.
La Cerva fra gli animali pi veloci nella corsa e nessun uomo potrebbe
lusingarsi di raggiungerla; ma questa della quale parliamo, possedeva delle
corna d'oro ed i piedi di rame, sicch era meno lesta, e per conseguenza era
pi facile prenderla; eppure malgrado ci ci voleva un Ercole per acciuffarla.
In qualunque altra circostanza colui che si sarebbe proposto di catturare una
Cerva consacrata a Diana nel bosco di questa Dea, avrebbe infallibilmente
scatenato l'indignazione della sorella dApollo, che estremamente gelosa
di ci che le appartiene, e quindi punisce severamente quelli che le mancano
il dovuto ossequio. Ma in questa circostanza Diana pare abbia agito dac
cordo con Alcide, per fornire argomento alle fatiche di questo Eroe. I l leone
Nemeo, il cinghiale d'Erimanlo ne sono le prove. Ercole il quale lanciava le
frecce contro lo stesso Sole, poteva poi temere il corruccio di Diana? Ma
- IS2
per quanto temerario egli si fosse, egli ch'era al mondo per porgarlo dai
mostri e dai malfattori che ne lo infettavano, avrebbe egli osato lottare con
gli Dei, se li avesse considerati come reali, ed invece non avesse conosciuto
che detti Dei erano di natura tale da poter essere impunemente attaccati
dagli nomini? I l coraggioso Nettuno, Plutone, Vulcano, Giunone, tutti questi
Dei tentano di nuocergli, e creargli degli ostacoli, ma egli se la cava. Tali
sono gli Dei fabbricati dallArte Ermetica, essi procurano stenti all'Artista,
ma se questi li "incalza a colpi di frecce o di clava, egli ottiene lo scopo di
farne ci che si propone. Nellinseguimento di questa Cerva, Ercole non
adopera per tali armi; ma l oro stesso del quale son fatte le corna di que-
st'onimale, ed i piedi di rame che la Cerva possiede, sono coefficienti che
favoriscono ad Ercole la sua impresa. Questo in effetti quel che occorre
nell'Arte chimica, nella quale la parte volatile simboleggiata dalla corsa della
Cerva, volatile a tal punto, che nulla occorre allinfuori duna materia fissa
come l'oro per fissarla. LAutore del Rosario ha usato figurativamente delle
espressioni che significano la stessa cosa, quando ha detto: a L'argento vivo
volatile non serve a niente, se non viene mortificato con il suo corpo; questo
corpo della natura del Sole . Un antico Filosofo Tedesco, dice: a Due
animali sono nella nostra foresta, l'uno vivo, leggero, vigilante, bello, grande
e robusto, ed un Cervo, laltro il Liocorno .
Basilio Valentino in una allegoria sul Magistero dei Saggi s'esprime cos:
a Un asino essendo stato interrato, s' corrotto e putrefatto; e ne venuto
fuori un cervo avente le corna d'oro ed i piedi di bronzo belli e bianchi;
poich la cosa della quale la testa rossa, gli occhi neri ed i piedi bianchi
costituisce il Magistero . I Filosofi parlano spesso del lattone che occorre
imbiancare. Questo lattone o la materia pervenuta al nero mediante la putre
fazione la base dell'Opera. Imbiancate il lattone, e stracciate i vostri libri,
dice Mariano; l azoto et il lattone vi bastano. Quindi stato finto con ragione
che questa Cerva aveva i piedi di bronzo. Dello stesso bronzo o rame erano
fatti quei vasi antichi che alcuni Eroi della favola offrirono a Minerva, cos
pure il Tripode che gli Argonauti regalarono ad Apollo; ed anche lo stru
mento col rumore del quale Ercole scacci gli uccelli dal lago Stimfalo,
come pure la torre nella quale fu rinchiusa Danae, ecc.
I n questa favola tutto ha un rapporto immediato con Diana. La Cerva
le consacrata, ed abita sul monte Menalo, o pietra della Luna, da: pqvT)
= luna, e da l.ng = lapis; venne catturata nella foresta Artemisia che si
gnifica pure Diana. La Luna e Diana sono la stessa cosa, ed i Filosofi chia
mano Luna la parte volatile o mercuriale della loro materia. I nfatti il d'Espa-
gnet, nel suo Canone 44, dice: a Lunam Philosopkorum si ve eorum mercu-
rium, qui mercurium vulgarem dixerit, aul sciens fallii, aut ipse fallitur .
Essi chiamano pure Diana la loro materia pervenuta al bianco: a Viderunt
illam sine veste Dianam hisce elapsis annis ( sciens loquor) multi et supremae
et infimae sortis homines cos dice il Cosmopolita nella Prefazione dei suoi
dodici Trattati. E' allora che la Cerva si lascia prendere; vale a dire: la
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materia da volatile che era diventa fusa. I l fiume Lsdone fu il termine della
sua corsa, poich dopo la lunga circolazione, cio le reiterate operazioni
della Grande Opera, la materia ai precipita al fondo del vaso nellacqua
mercuriale, ove il volatile ed il fisso ai riuniscono. Questa fissazione sim
boleggiata dalla consegna della Cerva che Ercole fa ad Euristeo, perch
Euristeo deriva da: Ep; = latita, amplila, e da <rrnui =sfo, manco. Come
pure s fatto Ei vocTOfvt| = firmiler, alena, o polena, da E&gc fatui e da
aSvoc = robur. In tal curo, dunque, come se si dicesse: l'Arlisli dopo
aver lavorato a fissare la materia lunare dorante il tempo richiesto, che
quello dun anno, riusc a farne la Diana dei Filosofi, cio portarla a] bianco,
ed in seguito le diede l ultimo grado di fissit simboleggiata da Euristeo.
Ma la durata don anno, non deve intenderai per un anno astronomico vol
gare, sebbene dun anno Filosofico, e del quale le stagioni non sono allatto
le stagioni volgari. Ci che ne sia, ho gi spiegato nel Trattato Ermetico
che si trova al principio di questa mia Opera, ed anche nel Dizionario che
B1* serve da Indice.
Ogni cosa ha un tempo fsso c determinato per pervenire alla perfezione.
La Natura agisce lungamente, e per quanto l Arte possa abbreviare le sue
operazioni, per essa non riuscirebbe se ne precipitasse di troppo il processo.
Mediante nn calore dolce ma pi vivo di quello della Natura, si pu prema
turare un fiore od un frutto; ma nn calore violento brucerebbe la pianta
prima che la stessa potesse produrre ci che se ne attendeva. Il dEspagnet,
nel suo Canone 35, afferma che all'Artista necessita pi pazienza c tempo
anzicch lavoro e dispendio. Anche Hipleo afferma, daccordo in ci con
molti altri Anto ri, che occorre un anno per pervenire alla perfezione della
pietra al bianco, o Diana dei Filosofi, e che questo Autore chiama: calce,
a Ci occorre un anno, dicegli, perch la nostra calce diventi sottile, fissa,
e prenda un colore permanente d. Zachaire e la maggioranza dei Filosofi
dicono che occorrono 90 giorni ed altrettante notti per spingere l Opera al
rosso, dopo il vero bianco, e che per pervenire al bianco ne occorrono 375
giorni, ci che fa un anno intero, ed al quale il Trevisano vi aggiunge altri
7 giorni.
MIDA
I Poeti raccontano che Mida era nn Re della Frigia che Orfeo aveva ini
ziato nel segreto delle Orgie. Un giorno, mentre Bacco vagava in quella
regione, Sileno ano padre adottivo sallontan da lui, ed essendosi fermato
vicino ad una fontana di vino in un giardino di Mida, ove crescevano anche
spontaneamente le pi belle rose del mondo. Sileno se ne inebri e sad
dorm. Mida se ne accorse, e conoscendo in quale inquictitndine l assenza di
Sileno avrebbe gettato Bacco figlio di Semele, prese Sileno, lo adorn di
ghirlande d'ogni specie, e dopo avergli fatto l'accoglienza pi graziosa che
gli fu possibile, lo accompagn a Bacco. Questi rimase incantato nel rivedere
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il suo padre nutricatore, e volendo riconoscere tale favore fattogli da Mida,
promise a questi 'accordargli ci che avrebbe chiesto. Mida chiese che tutto
ci che avrebbe toccato si mutasse in oro; ci che gli venne concesso. Ma una
tale propriet essendogli diventata onerosa, poich le vivande che gli servi
vano per nutrirsi si convertivano in oro appena le toccava, e quindi fu sul
punto di morire di fame, perci si rivolse allo stesso Dio per essere liberato
da quella prerogativa tanto incomoda. Bacco acconsenti a questa seconda
sua richiesta, ma glimpose che a tale effetto fosse andato a lavare le sne
mani nel fiume Peltolo. Mida v'and e comunic alle acque di detto fiume
la fatale virt della quale egli si sbarazzava.
Quando si conosce ci che si verifica nell'Opera Ermetica, quando si
lavora alla produzione deU'elisire, la favola d Mida lo rappresenta come
in tino specchio. Occorre ricordarsi che quando Osiride, Dioniso o Bacco
dei Filosofi si forma, si fa una terra. Questa terra Bacco che lo si finge che
visiti la Frigia, a cagione della sua virt ignea, bruciante e secca, perch
rfp^iu vuol dire: terra torrida et arida, da q-pi-ymtorreo, arefario. S
suppone che Mida vi regni; ma per indicare chiaramente ci che si deve
intendere per questo preteso Re, Io si dice figlio di Cibele o della Terra, la
stessa che la si riteneva madre degli Dei, ma beninteso degli Dei Filosofico-
Ermelici. Cos Bacco accompagnato dalle sue Baccanti e dai suoi Satiri,
dei quali Sileno ne il Capo perch egli stesso un Satiro, abbandona la
Traria per indirizzare il proprio cammino verso il Paltolo il quale scende
lai Monte Tmolo; tutto ci e precisamente come se si dicesse: il Bacco
Filusofieo. o lo zolfo, dopo d'essere stato dissolto e volatilizzata, tende alla
coagulazione: patii ! 16oijxi| : Tracia, ili rii a da = curro, oppure da
PnfHi tumultuando clamo, ci che designa in ogni raso ima agitazione
violenta, lai quale quella della materia fissa mentre si volatilizza dopo la
propria dir-oluziiute. N ili cello si poteva meglio esprimere la coagula'
zinne elle eoli il uolllr di Pallido, inquanloi-li esso deriva da .toxr;, .Tftxri
= compnetui, compiuga = riunire, legare, rnngiungere l'ano allaltro. Me
diante tale timone s forma questa terra Frigia, o ignea ed arida, sulla quale
regna Mida. Allora ci che era volatile viene fermato dal fisso, e questo fisso
la detta terra, ed abbiamo perci, allegoricamente. Sileno sul territorio di
Mida. lai fontana presso la quale questo Satiro si riposa, l'acqua mercu
riale. Si finge che Mida facesse andare a vino detta fontana alla quale Sileno
bevve con eccesso, perch quest'acqua mercuriale, che il Trevisano anche
ehiiiiua fontana, e Raimondo Lullo chiama vino, diveula rossa a misura che
della terra diventa pi fissa, fi sonno di Sileno corrisponde al ripago delia
parte volatile, e le ghirlande di fiori con le quali Mida lo cinse sono i diffe
renti colori dai quali passa la materia prima di arrivare alla fissazione. Lo
Orgie che Sileno e Mida celebrano insieme prima di raggiungere Bacco, si
riferiscano agli ultimi giorni clic precedono la perfetta fissazione In quale
pui lit riessa fine dell'Opera. Si potrebbe anche credere die questa fine del
l'Opera la si sia minta esprimi ri- con il limili- di Dioniso dato a Baci-n: poii-li
155 -
detto appellativo lo hi potrebbe far derivare da Ahi? e vnirmi = m eta = cio
il Dio ch' la fine od il termine.
Bacco resta incantato nel rivedere il ano padre n litri calore, e ricompensa
Mida concedendogli il potere di mutare in oro tatto ci che questi avrebbe
toccato. Orbene questo Dio non poteva dare ci ch'esso stesso non avesse
posseduto, e perci Bacco va considerato tm Dio aurifico, che pu trasmutare
s stesso, e comunicare ad altri lo stesso potere di convertire tutto in oro, o
per lo meno tutto ci ch trasmatobile. Quando i Poeti ci dicono che nelle
mani di Mida tatto diventava oro, persino le pietanze che dovevano servirgli
per cibarsene, bisogna necessariamente riconoscere che latto ci va inteso
allegoricamente. Mida avendo condotto Sileno a Bacco, vale a dire: la terra
Frigia avendo fissato nna parte del volatile, tutto diventato fisso, e per
conseguenza diventalo la Pietra trasmuta tri ce dei Filosofi. Perci Mida ri
ceve da Bacco il potere trasmntatorio, ch'egli gi possedeva limitatamente
all'argento, ma per quanto da estenderlo all'oro tale potere non avrebbe
potuta riceverlo se non da Bacco, poich questo Dio vale la Pietra al rosso
dei Filosofi, la quale la sola che possa (ainvertire in oro i metalli imperfetti.
Questo ha distesamente spiegato nel primo libro, parlando d'Osiride, il quale
tulli ormai convengono nel ritenere essere lo stesso di Dioniso o Bacco.
E opportuno anche ricordami che ho pnre spiegato che i Satiri e le
Baccanti simboleggiano le parti volatili della materia, le quali circolano nel
vaso. Questa la ragione che ha fatto dire agli inventori di queste finzioni,
che Sileno era anchegli un Satiro figlio d'ana Ninfa o dell'Acqua, e ch'era
il padre degli altri Satiri, perch non si poteva, a quel che pare, meglio
indicare la materia dell'Arte Ermetica, se non con il ritratto che ci hanno
fatto di quel buon uomo Sileno. I l suo aspetto grossolano, pesante, rustico, e
fatto e messo 11, quasi apposta per essere messo in ridicolo, atto a suscitare
le risa dei fanciulli, nullameno nascondeva allegoricamente nna qualche cosa
di molto eccellente, poich con il suo simbolo ci si voluto dare l'idea d
un Filosofo provetto. Lo stesso accade per la materia del Magistero, disprez
zata da tutti, lasciata cadere sotto piedi, talvolta servendo anche di trastallo
ai giovanetti, come dicono i Filosofi, essa non ha niente che attiri l'attenzione.
La si trova dappertutto come le Ninfe, nei prati, i campi, gli alberi, le mon
tagne, le vallate, i giardini: tatti la vedono, e tatti la spregiano a cagione
della sua apparenza vile, ed anche perch tanto cornane che il povero pu
possederne quanto il ricco, e senza che alcuno vi si opponga, e ci senza
impiego di danaro per acquistarla.
Occorre, qnindi, imitare Mida e fare una hitona accoglienza a questo Si
leno, che i Filosofi dicono figlio della Luna c del Sole, e che la Terra gli
nutrice. Dato che ri.qvi) significa la Lana si pu benissimo far derivare
Sileno da Selene per il semplice mutamento della e in , cos come avviene
che da J.jnrt: si fa lira, da siiwu = plico, da Apro; = a r i a , ed in tanti simili
altri casi. Gli J onii mutano sovente f In t, e dicono fcriotin; per iqiforiog
= liomcilicui fam iliari! i quindi non v da sorprendersi del mutamento
fonetico verificatosi per il nome di Sileno.
- 1 5 6 -
Poich detta materia il principio dell'oro, si ha ragione di considerare
Sileno quale padre nutricatore dun Dio aurifico. Detta materia lo stesso
nettare od ambrosia degli Dei, e come Sileno figlia di Ninfa, anzi Ninfa
essa stessa; poich unacqua, ma unacqna, dicono i Filosofi, che non bagna
le mani. La terra secca, arida ed ignea, ch simboleggiata da Mida, beve
avidamente questacqna, e nella mescolanza che se ne forma, sopravvengono
i differenti colori. E questa l'allegoria della buona accoglienza che Mida fa
a Sileno, e le ghirlande di fiori con le quali lo cinge. Invece di prospettarci
Sileno per nn gran Filosofo, sarebbe stato preferibile, e si sarebbe meglio
penetrato lo spirito dell'inventore di questa finzione, se si fosse detto che
Sileno era atto a formare dei Filosofi, dato che questo Satiro vale la materia
stessa sulla quale studiano e lavorano i Filosofi Ermetici. E se Virgilio
aEglog. 6n fa studiare e ragionare i Filosofi sui prineipii del mondo, sulla
sua formazione e quella degli esseri che lo compongono, si perch, senza
dnbbio, a prestar fede ai discepoli d'Ermete, questa materia la stessa dalla
qnale tutto creato nel mondo. E un rimanente della massa primiera ed
informe che costitu il principio di tutto. Ed il dEspagnet, nel Canone 49
della sna Physica Restituta, cos ne scrive: a Antiquae illius massae confusile,
seu materiae primae specimen aliquod nobis natura reliquit in aqua sicca
non madeficiente, quae ex terree vomicis, aut etiam lacubus scaturiens, mul
ti pi ici rerum semine praegnans effluii, tolti calore elioni levissimo volatilis;
ex qua cum suo masculo copulata qui intrinseca elemento eruere, et ingeniose
separare ac iterum conjungere noveri!, pretiosissimum naturae et artis arca
num, imo coelestis essentiae compendium adeptum se jacet 9. Questa materia
il pi prezioso dono della Natura, una sintesi della quintessenza celeste.
Eliano, di conseguenza, affermava che sebbene Sileno non fosse nel novero
degli Dei, nullameno era di una natura superiore a quella delluomo; ci
che potrebbe anche interpetrarsi che Sileno va considerato come un essere
immaginario cos come gli Dei della favola, e come anche le Ninfe, che
Esiodo fa madri di tutti i Satiri.
Infine Mida si disfa dellincomodo potere di mutare tutto in oro, comuni
candolo al fiume Pattolo lavandosi, in quello, le mani. E questo precisamente
accade alla Pietra dei Filosofi allorch si tratta di moltiplicamela. I n tal
caso si obbligati di metterla nell'acqua mercuriale, nella quale il Re del
paese, dice il Trevisano, -deve bagnarsi. L egli si toglie l abito di drappo
di fino oro. E questa fontana, in seguito, concede ai fratelli del Re questabito
e la sua carne sanguigna c vermiglia, perch diventino simili al Re. Questac
qua mercuriale veramente un'acqua pattola, poich deve in parte coagu
larsi e diventare oro Filosofico.
DELLET DORO
Tutto quanto gli Autori ci hanno trasmesso circa questo tempo favoloso,
mette in grave imbarazzo i Mitologi prospettando insormontabili difficolt
- 157
quando vogliono trattarne l'argomento su basi storiche. E sebbene unanime
mente concordano nell'attribuire l et d'oro al regno di Saturno, quando poi
si tratta di dover determinare il luogo dove questo Dio ha regnato, l'epoca
di questo regno, e le ragioni che determinarono a chiamare detto regno: il
Secolo (Toro, allora non sanno pi che pesci pigliare! E questo logico poich
il Secolo d'oro una allegoria. Infatti, degli Antichi Poeti: Omero, Orfeo,
Lino, ecc. nessuno ci afferma ed assicura di aver visto e constatato di persona
ci che a tale riguardo ci riferiscono, ma le loro descrizioni sano bens il
parto deila loro immaginativa poetica. Quella che cc ne fa Ovidio di questo
Seoolo d'oro piuttosto un ritratto d'un Paradiso terrestre e dei suoi abita*
tori, anzicch d'un tempo posteriore al Diluvio c duna terra soggetta alle
imitazioni delle stagioni, a Allora si osservavano, dice detto Poeta, le regole
della buona fede e della giustizia, senza esservi astretto dalle leggi. Non
era la tema che faceva cosi agire gli uomini: le pene ed i supplizi non erano
ancora noti. I n questo secolo felice, non era affatto necessario incidere sol
bronzo le minacciose leggi, le quali furono necessarie soltanto dopo allor
quando servirono ad infrenare la licenza. I n quel tempo non v'erano cri
minali che tremassero alla presenza dei loro Giudici; la sicurezza nella quale
si viveva non era affatto l'effetto di quell'autorit che promana dalle leggi.
Gii alberi divelti alle foreste non venivano impiegati quale fasciame per
trasportare gli uomini verso lidi ignoti: luomo abitava esclusivamente il
luogo dov'era nato, n si serviva di navi per esporsi al furore deile onde.
Le ritta, prive di mura e di fossati, costituivano un asilo sicuro; n si cono
scevano ancora: le trombe, gii elmi e le spade, ed il soldato era inutile per
assicurare al cittadino una vita dolce e tranquilla. La terra senza essere rotta
dall'aratro, forniva ogni specie d frulla, e gli abitanti soddisfatti degli ali
menti ch'essa produceva senza essere coltivata, si nutrivano di fruiti selvatici
e di ghiande che cadevano dalle querce. La Primavera regnava lutto l'arino:
i dolci zefiri animavano con il loro tepore i fiori che nascevano dalla terra,
e le messi si succedevano senza bisogno n di lavorare la terra n di seminare.
Da ogni parte si vedevano scorrere ruscelli di latte di nettare; ed il miele
sortiva abbondante dal cavo delle querce e degli altri alberi s.
Ora, voler ammettere, con Ovidio, un tempo nel quale gli uomini abbiano
vissuto nella maniera chegli ci riferisce, lo stesso che pascersi di chimere
e di fandonie.
Ma quali ragioni possano aver avuto gli Antichi per attribuire al regno
di Saturno, la esistenza di un secolo doro? Eppure, secondo si racconta di
Saturno, non vi fu mai regno pi insozzato da tanti vizi; le guerre, la
carneficina, i delitti di ogni specie ne inondarono la terra sotto quel regno.
Saturno sali al trono dopo aver scacciato e mutilato suo padre. E Giove cosa
fece di pi perch non venisse riconosciuto coi nome d'et doro il suo regno?
Eppure Giove tratt suo padre Saturno in verit precisamente c nella stessa
maniera di come Saturno aveva trattato il proprio padre. Giove era un adul
tero, un omicida, un incestuoso, ecc., ma Saturno era (orse migliare? Non
- 158
aveva dunque sposato sua sorella Rea? Non ebbe Filtra per concubina, e
questa senza contare le altre? Ma si vide mai un Re pi inumano di questo,
che divora i propri figli? E vero che non divor anche Giove, ma ci va
dovuto alla buona fede, poich gli si present un ciottolo, lo inger, ma non
potendo poi digerirlo, lo ricacci. Questa pietra, secondo Esiodo, fu deposta
sul Monte Elicona per servire di monumento agli uomini. Bel monumento,
bene adatto a memorare il ricordo di un secolo doro!
Eppure, n Saturno, n Giove, n altri Dei simili, hanno giammai re
gnato, perch per poter regnare bisogna essere uomini, mentre tutti questi
Dei dei quali parliamo non esistettero mai se non nello spirito deglinventori
di queste favole, che poi la maggior parte dei popoli ritennero storie reali,
perch cos intese, restavano lusingati nel loro amor proprio, daver avuto
un Dio quale capostipite degli antichissimi loro Re. Ci posto, occorre tro
vare altre ragioni le quali abbiano valso a dare al regno di Saturno il nome
di secolo o det doro. Di queste ragioni io ne trovo parecchie nellArte
Ermetica, nella quale questi Filosofi chiamano regno di Saturno il tempo
che dura la negrezza, dato chessi chiamano Saturno questa negrezza stessa;
e ci vale a dire: quando la materia Ermetica messa nel vaso diventata
come la pece fusa. Dato anche che tale negrezza, come dicono essi, la
porta, l'entrata e la chiave dellOpera, essa rappresenta Giano che. per
conseguenza, regna assieme a Saturno. Ci si chiesto, e ne cerchiamo aurora
la ragione per la quale sapriva la porta del Tempio di Giano allorquando
si dichiarava la guerra, e la si chiudeva allavvento della Pace. Ma per un
Filosofo Ermetico la ragione ne facile, ed eccola: I.a negrezza una suc
cessione della dissoluzione; la dissoluzione la chiave e la porta dell'Opera.
Questa non pu farsi se non mediante la guerra che sorge tra il fisso ed il
volatile, e mediante le lotte che tra di essi si svolgono. Essendo Giano questa
porta, era del tutto naturale che saprisse quella del Tempio che gli era
consacrato per annunziare la guerra dichiarata; e sino a tanto che la guerra
durava la porta ne rimaneva aperta, e la si chiudeva aHavYcnto della Pare,
poich tale guerra del fisso e del volatile dnra sino ' a clic la materia sia
diventata assolutamente tutta fissa. Allora si fa la Pace. E per questo che
la Turba dice: a fac pacem inter inimicai, et opus compieium est n. I Filo
sofi hanno adoperato figurativamente: aprire, slepare. per dire: dissolvere,
fermare, lepare. Macrobio dice che gli Antirlii prendevano Giano per il Sole,
ma rio va inteso nel senso del Sole Filosofico, ed una delle ragioni che
fere chiamare il suo regno: Secolo d'oro.
Durante la negrezza della quale abbiamo parlalo, o il regno di Saturno,
lanima delloro, serondo i Filosofi, si rougiiinge col mercurio, ed in conse
guenza essi chiamano questo Saturno: la tomba ilei Re. o del Sole. F, allora
clic cominciti il regno degli Dei, dato che Saturno tu* consideralo il padre,
sicch in riletti l'et doro, poich questa materia diventata nera conitene
in essa il principio aurifico, c loro dei Filosofi. I /Arlista quindi viene a
trovarsi nelle condizioni dei sudditi di Giano e di Saturilo, che sin du quando
- 159-
comparsa la negrezza egli fuori imbarazzo ed inquietitudine. Sino a quel
momento egli aveva lavorato senza tregua e sempre incerto della riuscita,
forse aveva errato per boschi, foreste e montagne, vale a dire, lavorato su
differenti materie poco adatte a questArte; forse aveva anche errato pi di
duecento volte lavorando, come il Pontano, sulla vera materia. Ma da questo
momento egli gode d'und gioia, e prova soddisfazione ed ottiene vera
tranquillit poich vede fondate le sue speranze su solida base. G questo,
non si direbbe quindi unet veramente doro, nel senso di quella riferitaci
da Ovidio, e nella quale l uomo vivrebbe contento, con piena soddisfazione
del cuore e dello spirito?
LE PIOGGE DORO
I Poeti hanno spesso parlato di piogge doro, ed alcuni Autori Pagani
hanno anche avuto la debolezza di riferirci come verit che a Rodi cadde
una pioggia doro allorquando il Sole vi giacque con Venere. Eppure, ci
asserito dai Poeti pu anche essere perdonato; ma che poi Strabone ci
venga a dire che piovve oro a Rodi, quando Minerva nacque dal cervello
di Giove, questa non gliela si pu far passare. Che in realt si sieno verificate
talvolta delle piogge di pietre, di voluto sangue, dinsetti ed anche di ranoc
chi, ci detto nella Fisica, e non qui il caso di spiegare le cause di
questi fenomeni; ma per quanto alla realt duna pioggia doro, si ha voglia
daccertare, ma ritengo che nessuno sia tonto credenzone di prestarvi fede
senza averla vista. Quindi bisogna considerare queste storie quali allegorie.
I n effetti si pu chiamare pioggia do r o , una pioggia che produrrebbe del
l oro, od una materia adatta a farne, cos come quando 0 Popolo comune
mente dice: piove vino, allorquando cade una pioggia attesa perch inaffi
l uva e ne faccia ingrossare i grappoli. Orbene, proprio ci che si verifica
mediante la circolazione della materia Filosofica nel vaso dove rinchiusa.
Detta materia si dissolve, ed essendosi elevata in vapori al sommo del vaso,
vi si condensa, e ricade in pioggia sulla parte che risiede al fondo. Ed
per questo che i Filosofi talvolta hanno dato il nome di acqua di nube alla
loro acqua mercuriale. Essi hanno anche chiamato Venere questa parte
volatile, e Sole la materia fissa. Niente pi comune di questi nomi nelle
loro opere, a La nostra Luna, dice Filatele, la quale nella nostra Opera
esplica la funzione di femmina, della discendenza di Saturno, ed perci
che alcuni nostri Autori desiderosi l hanno chiamata: Venere . D'Espagnet
ha parlato spesso di questacqua mercuriale sotto il nome di Luna e di Ve
nere, ed ha perfettamente espresso questo congiungimento del Sole e di Ve
nere nel suo Canone 27 : a La generazione dei figli forma l oggetto e lo scopo
del legittimo matrimonio. Ma perch i figli nascano sani robusti e vigorosi,
necessario che i due sposi medesimamente Io siano, dato che una semenza
pura e netta produce una generazione che le assomiglia. Quindi, cos devono
- 160 -
essere 1Sole e la Luna prima d'entrare nel letto nuziale. Allora ai consumer
il matrimonio, e da questo congiungimento nascer un Re polente, del quale
il Sole ne sar il padre, e la Luna la madre n. Questo Autore dice anche
che la Luna dei Filosofi i l loro Mercurio al quale hanno dato parecchi
nomi, e tra i quali: terra sottile, acqua di vita, acqua ardente e permanente,
acqua doro e dargento, ed inline di Venere Ermafrodita.
Ecco come sesprime questAutore nel suo Canone 46: Variis nominibua
mercurius Me Phi/osophorum enundatur; moda (erro, modo aqua diversa
ratione dieitur, lum etiam quia ex utraque nufuralifcr constatur. Ea est terra
subtilis, alba sulfurea, in quo elemento figuntur, et aurum Pkilosopharum
seminatur. I Ha esc aqua vitae, sire ardens, aqua pcrmanens, aqua limpidis
sima, aqua aurei et argenti nuncupata. Hie vero mercurius, quia saura in se
kabet sulfur, quad artificio multiplicatur, sulfur argenti etri vocali meruil.
Denique substantia illa pretiosissima est Venus prisco rum hermaphradita
utroque sexu pollens s. Orbene, il solo epiteto di Venere Ermafrodita spiega
abbastanza chiaramente di qual natura e sostanza sia formala questa pretesa*
Dea, e l idea che ce ne dobbiamo fare, poich il nome dErmafrodilo, se
condo tutte le apparenze, sialo composto da B om : = Mercurius, e da
Aqo; = Spuma, come se si dicesse: spuma di Mercurio. Ed certo per
questo che la Favola dice Ermafrodito figlio di Mercurio e di Venere. Si
finto che il congiungimento del Sole e di Venere accadde a Rodi, poich
l unione del Sole e del Mercurio Filosofico non si fa che quando la materia
comincia a diventar rossa, ci ch indicalo dal nome di detta Isola, il quale
derisa da $fiov = rosa. La materia fissa o l oro Filosofico, il quale dopo
essersi volatilizzato ricade allora in forma di pioggia, ha dunque preso con
ragione il nome di pioggia doro; e senza questa pioggia il fanciullo Er
metico non si formerebbe.
Una simile pioggia si verific allorquando Pallade nacque dal cervello
di Giove, e ci per la medesima ragione, perch Giove non avrebbe potuto
partorirla, se Vulcano, od il fuoco Filosofico non gli avesse fatto un servizio
da levatrice. Se in tale occasione si considera Pallade come la Dea delle
Scienze c dello Studio, con riguardo all'Arte Ermetica, s potrebbe' dire
che vano sarebbe il possedere la teoria meglio ragionata, c la materia stessa
del Magistero chiamata Vergine, figlia dei Mare, o dell'Acqua, o di Nettuno,
o delia palude Tritonica, che giammai si riuscir a fare l Opera se non
simpiega l'aiuto di Vulcano o del fuoco Filosofico. Di conseguenza, alcuni
Poeti hanno finto che Pallade avendo resistito vigorosamente a Vulcano, il
qnale voleva violentarla, poich il seme di Vulcano era caduto in terra, ne
nacque un mostro clic ebbe nome Erittoiiio, avente figura umana dalla testa
sino alia cintola, e quella di Drago in tutta la parte inferiore. Questo Eri!-
Ionio i) risultato delle operazioni degli Artisti ignoranti, i quali mellouo
mano all'Opera senza conoscerne i principii. e vogliono lavorare malgrado
Minerva; e cosi producono dei mostri anche con il concorso di Vulcano.
A riguardo di Erittonio, la Favola dice che Minerva vedendo questo fan-
- 161 -
ciullo chera nato avente la parte inferiore del kuo corpo in forma di serpe,
ne lo affid alle care d'Aglaura, figlia di Cecrops. e la quale rontro il divieto
di Minerva, ebbe la curiosit di guardare nel resto nel quale Erittonio stava
rinchiuso, e ne fu punita con una passione di gelosia contro la sua sorella
chera l amante di Mercurio. Sicch un giorno, essa, volendo impedire a
questo Dio dentrare nella camera ove stava la sua sorella Enea, Mercurio
la colp col caduceo, e la mut in roccia.
Ed anche questa parte della Favola mostra abbastanza ch tutta un'alle
goria che ha riferimento allArte Ermetica, anche per la presenza di Pallade,
Vulcano e Mercurio che in detta Arte sono richiesti. Pallade la scienza
dell'Arte, e la prudenza per la conduzione del regime del fuoco e delle ope
razioni: in secondo luogo il fuoco Filosofico, o Vulcano; indi il Mercurio dei
Saggi. Se lArtista anima e spinge troppo questo fuoco, allora Vulcano
che vuol violentare Pallade, la quale i Filosofi hanno preso sovente quale
simholo della loro materia. Malgrado la resistenza di questa Vergine, pure
Vulcano agisce sempre sulla materia dei Filosofi, e la dissolve. Questa disso
luzione non pu effettuarsi che mediante tale specie di lotta tra la materia
Filosofica, chiamata Vergine, come abbiamo fornito le prove in altre occa
sioni, ed il fuoco. Ma quale ne poi il risultato? Un mostro che chiamasi
Erittonio perch questo nome stesso designa la cosa, vale a dire: la contesa
e la terra. Non deve meravigliare che questo sia un mostro, e basta ricor
dare tutti gli altri della Favola: Cerbero. lI dra di Lenta, i diversi Draghi,
ecc. e che tutti significano la stessa cosa che Erittonio, vale a dire: la disso
luzione e la putrefazione, che n ragione si dice figlio di Vulcano e della
T-'-ra, dato che detta putrefazione quella della stessa terra Filosofica, ed
un effetto di Vulcano, o del fuoco dei Saggi.
Dunque, ben la semenza di Vulcano che produce Erittonio. E se si dice
che Aglaura fn incaricata da Minerva di prenderne cura, ma col divieto che
essa guardasse ci che il cesto conteneva, si comprende subito che una simile
condizione imposta, era impossibile fosse rispettata, e quindi non pu essere
stata inventata che in vista duna allegoria, cos come la metamorfosi poi
d'Aglaura in roccia. Ed in effetti tutto ci una pura allusione al processo
dellOpera Ermetica. Aglaura significa: chiarore, splendore, ed i Filosofi
chiamano con questo nome la loro materia pervenuta al bianco a misura
rhessa abbandona la negrezza; e questo intervallo dal hianco al nero il
tempo della educazione dErittonio. E se Mercurio la mut in roccia, ci
delta perch la materia stessa si coagula, e diventa pietra allorquando per
viene a tale stato di splendente bianchezza; ed perci che in tale stato i
Filer!) la chiamano: Pietra al bianco. Luna, ecc.
Poich il Mercurio l agente principale, lui che produce questa meta
morfosi. Si suppone questo Dio amante di Ersea, sorella di Aglaura, perch
E'pwi significa: la rugiada, e che il Mercurio Filosofico circola allora nel
vaso, e ricade come una rugiada.
Da unaltra pioggia doro nacque un Eroe, ma un Eroe molto pi famoso
- 162-
d'Erillonio. Danae fu rinchiusa in una torre di bronzo da suo padre Acriaio,
poich questi aveva appreso dallOracolo, che il figlio che sarebbe nato
da sua figlia, lo avrebbe privalo della corona e della vita; perci Acrisio non
volle prendere in considerazione nessuna proposta di matrimonio per essa.
Giove fu preso damore per questa bella prigioniera. La torre era ben chiusa
e ben custodita; ma lamore Ingegnoso. Giove abituato alle metamorfosi,
si trasform in pioggia doro, e con questo mezzo sintrodusse nei seno di
Danae, la quale- da tale visita concep Perseo:
a Perseo quem pluvio Danae conceperni auro s.
(Ovidio, Metam. 1. 6)
Questo figlio di Giove divenuto grande, fra le altre imprese, tagli la
testa a Medusa, c se ne serv per pietrificare tutto ci a che la presentava.
Dalle gocce di sangue che sgorgarono dalla piaga di Medusa, nacque Crisaore,
padre di Gcrionc, che alcuni dicono con tre corpi, ed altri con tre teste.
La spiegazione di questa favola sar facile per chi vorr ricordare quelle
da noi gi date delle altre piogge doro. Si comprende facilmente che Danae
e la Torre Bono la materia ed il bromo dei Filosofi chessi chiamano: rame,
fattone; che la pioggia doro sono le gocce dacqua doro, o la rugiada aurifica
che salgono nella circolazione, e ricadono sulla terra che trovasi sul fondo
del vaso. Si potrebbe anche ammettere con i Mitologi, che Giove sia preso
per laria; ma qui bisogna intenderlo invece per il color grigio chiamato
Giove, poich la pioggia doro si manifesta durante il tempo che la materia
passa dal color nero al grigio. Perseo il frutto che nasce da questa circo-
laziont. Dalle gocce del sangue di Medusa nacque Crisaore, e da questi:
Gerione. Ci vuol dire che: dallacqua rossa dei Filosofi che Pitagora, come
molti altri Adepti, e che Raimondo Lullo con Ripleo chiama: nino rosso,
nasce l oro o lo zolfo Filosofico. Del resto ben noto che Crisaore deriva
dal greco: xqi<0 ourum. Quest'oro dissolto nella sua propria acqua rossa
come il sangue, produce l'ElBre o Gerione, con tre corpi o tre teste, poich
esso composto dalla esatta combinazione dei tre principii: zolfo, sale e
mercurio. Spiegher pi diffusamente questa Favola nel capitolo di Perseo.
- 163 -
LA GENEALOGIA DEGLI DEI
Dicemmo innanzi che le finzioni dei Greci provengono, per la maggior
parte, dall'Egitto e dalla Fenicia; e sa ci non sorge dubbio per le (ormali
testimonianze dei pi antichi Autori. Le favole eroso il fondamento della
Religione: e le stesse introdussero il gran numero degli Dei che sostituirono
al posto del Vero ed Unico Dio. Ci posto, i Greci nell'apprcndere la Reli
gione degli Egizi, apprendevano nello stesso tempo le loro favole. E' hen
certo, per esempio, che il callo di Bacco era calcata su quello dOsirde,
come dice l Abate Banier, e come in parecchi rincontri la aveva dello Dio
doro. Le rappresentazioni oscene del loro Ermete c del loro Priapo, non
erano le stesse del Fallo degli Egizi? Cerere e Cibele le stesse che Iside? I l
Mercurio dei Latini, lErmete dei Greci, il Tentai dei Galli, differiscono
forse dal Tfaot o Taut dell'Egitto? Perci se nelle Favole si riscontrano
differenze di nomi e di circostanze, ci va ascritto alla tendenza marcala che
i Greci avevano per le finzioni, e daltro canto volendo insinuare la loro
primogenitura su gli altri antichi popoli, cambiarono nomi ed avventure nelle
dette Favole, per eludere che le avevano. Invece, attinte dalla Religione dun
altro Popolo. Questa la causa perch presso i Greci, le Favole Egizie le
si rinvengono cosi trasformate e si riscontra una grande differenza tra ci che
Erodoto, Dodoro Siculo e Plutarco ci dicono dIsidc ed Osiride, con la
tradizione scritta del Sacerdozio Egizio; c clic i Poeti raccontano di Cerere,
di Cibele, di Diana, di Bacco 8 (lAdone, in umilier ila farei credere che
non siano le medesime Divinit,
Invece, tutte le Favole sono state inventale per un unico oggetto, e se
quelle dei Greci differiscono da quelle Egizie siilo per la veste ed l nomi,
quando si riesce a spiegare queste ultime, la spiegazione di quelle non pu
essere differente. Infatti, se i viaggi di Bacco sono gli stessi di quelli dOsi-
ride, quando ai conosce il signifieato simbolico di quelli del preteso Re del
l Egitto, si sa bene a elle alli-neisi per quelli che si riferiscono a Bacco.
Omero ed Esiodo si possono ritenere come i padri delle Favole perch ne
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le ordinarono e le divulgarono con officiente costanza, per essi non ne
furono gl'inventori: l'idolatria era pi antica d questi due Poeti. Orfeo,
Melampo, ecc. ne avevano riempito te loro opere; ma anche noto che
questi Poeti, ed altri ancora, come Omero, avevano attinto queste finzioni
in Egitto e nella Fenicia.
I Cristiani in rapporto alla loro Religione, rifintano queste favole come
false e mendaci; e gli Starici ed i Mitologi cercano invano di adattarle alla
Storia ed alla Morale, e tutti non pensano neppure lontanamente che queste
Favole possano avere un allegorico oggetto. Ci mi spinge a prendere in
esame questa teogonia per dimostrare la mia affermazione.
Le Favole ci sono stale tramandate dagli scritti che ci restano di parecchi
antichi Autori: Esiodo nella Teogonia, Ovidio nelle sue Metamorfosi, ed
anche Igino e molti altri ne hanno trattato diffusamente. Omero parla di
questa genealogia degli Dei sotto l'allegoria duna catena d'oro alla quale
s'erano sospesi lutti gli Dei per scacciare Giove dal Cielo, e dice che peto
i loro sforzi riuscirono vani. La maggior porte dei Pagani consideravano
Giove come il pi grande fra gli Dei; ma dato che non dicevano che avesse
avuto origine da s stesso, perci esamineremo quali erano i suoi genitori
ed antenati.
DEL CIELO E DELLA. TERRA
Gli Autori delle genealogie degli Dei possedevano conoscenze molto con
fuse sulla vera origine del Mondo; anzi si polrebhe dire che l'ignoravano
assolutamente. Affidandosi al lume della propria ragione, si sono sperduti
nelle loro vane speculazioni, di che S. Paolo li rimprovera, e di conseguenza
si sono formati idee differenti sia di Dio che deU'Universo. Cicerone che rac
colse tutte queste idee nel suo Libro della Natura degli Dei, ce ne fa vedere
egli stesso la poca solidit. ,
Alcuni hanno intravisto un essere indipendente dalla materia, una intel
ligenza infinita ed eterna la quale concede al Mondo il movimento, che gli
ha dato forma e lo conserva nel suo stato di essere; ma essi hanno anche
supposto la materia coeterna a questa intelligenza. Aristotile ed i Peripatetici
parrebbe abbiano nutrito questo concetto. Platone ed i suoi Seguaci ricono
scono un Dio eterno, quale causa efficiente di tutto quanto esiste, e l Universo
quale effetto di questa causa, prodotto da questo Dia quando lo volle, ma
non da ogni eternit come Dio stesso. Altri con Epicuro, hanno pensato
che il Mondo B'era formato mediante il concorso fortuito duna infinit di
Atomi i quali dopo aver per molto tempo turbigliouato nel vuoto, si sareb
bero riuniti o coagulati cos come il burro od il formaggio si forma dal
latte, ma senza dirci quale stata od ha potuto essere l'origine di questi
Atomi.
Talete, Eraclito ed Esiodo hanno considerato lacqua come la primiera
materia delle cose, ed in ci essi si troverebbero d'accordo con la Genesi
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Mosaica, se avessero aggiunto che il caos o l'abisso non esisteva da per s
tesso, ma che nna suprema intelligenza eterna gli aveva dato l essere, la
forma e lordine che noi vi vediamo.
La creazione dellUniverso s fatta nelle pi fitte tenebre perch potes
simo vedere come le cose vi si sono svolte. E tempo perso il ragionarne,
e voler immaginare dei sistemi; tutti coloro che si sono dedicati ad escogi
tare dei sistemi, magari tenendo conto di quel poco che Mos ci riferisce,
non sono riusciti a darci un risultato soddisfacente, anzi talvolta son cascati
nel ridicolo. Lascio ai Fisici il vagliare quei sistemi, per parte mia far
solamente osservare che il Creatore di tutto ci che esiste, non essendo
abbastanza conosciuto dagli antichi Filosofi, questi non hanno forse studiato
la natura degli Dei se non in apporto alle cose sensibili, delle quali essi
cercavano conoscerne lorigine e la formazione, ed in luogo di sottomettere
la Fisica alla Teologia, essi fondarono la loro Teologia sulla Fisica.
Queste idee si formarono da conseguenze male intese, ma attinte ila quei
principi! filosofici che i Greci erano andati a studiare presso gli Egizi. Tarn,
secondo la testimonianza di Filone di Bihln, Traduttore di Sanconiatone,
aveva scritto la storia degli antichi Dei; ma di quegli Dei dei quali abbiamo
parlato nel primo libro, e lo stesso Filone dichiara che gli Autori che segui
rono al secolo di Taut, considerarono quella storia come un contesto di
allegorie.
Abbiamo gi fornito la prova che Taut o Mercurio Trimcgisto non rico
nosceva che un unico Dio, e s'egli ha parlato e scritto di alcuni altri Dei. non
credeva, n voleva che si credesse che cotesti fossero stati uomini in realt e
mortali, cherano stati deificati in seguito, poich era assolutamente vietato,
pena la vita, di dire ch'erano esistiti sotto spoglie umane; e ci non perch
fossero stati effettivamente uomini, ma per le ragioni diffusamente da noi
dedotte quando abbiamo spiegato le idee dei Sacerdoti. Egizi a riguardo
dIside ed Osiride. Perci, tutte le testimonianze degli Autori che tentano
provarci che gli Dei erano stati uomini veramente, provano unicamente che
detti Autori non conoscevano il segreto dei Sacerdoti Egizi, e che presero
alla lettera tutto quello che costituiva semplice allegoria.
I Filosofi ed i Poeti sovente si sono beffeggiati di questi Dei; niente di
pi indegno e di pi offensivo della maniera con la quale ne parlano. Ne
fanno dei mostri, ce ne rappresentano dei tondi, quadrati, triangolari, zoppi
e ciechi; parlano in maniera buffonesca degli amori dAnnbi con la Luna:
dicono che Diana fu sferzata; fanno percuotere gli Dei e li fanno ferire dagli
uomini; li fanno scappare in Egitto, ove sono obbligati per nascondersi, a
metamorfizzorsi in animali. Apollo piange Esculapio. Cibele Ati: luno scac
ciato dal Cielo, obbligato a custodire il gregge; l'altro, ridotto a lavorare
quale muratore, gli manca l'autorit per farsi pagare: l'uno Musico, l'altro
Fabbro, l'altra Levatrice. I n una parola s'attribuiscono ad essi attivit
indegne, e le quali saddicono pi ad una comicit teatrale anzierh alla
maest degli Dei.
166
EH in effetti si |>II trovare altra di pi indecente della parte che Omero
fa loro rappresentare nelle sue Opere? Ma se anche'questi Dei fossero stali
dei Re, od anche defili Eroi, ne avrebbe parlato con s poco rispetto? E
Luciano, nei suoi Dialoghi, non si prende giuoco degli Dei? Giovenale dice
clic i soli ragazzi credevano agli Dei.
Pertanto, molli antichi FlosoR e Poeti riconoscevano un Dio unico, una
intelligenza suprema dalla quale tutto dipendeva, che tulio governava: ma
comecch pochi erano coloro i quali aver ano sufficientemente riflettuto per
la conoscenza del vero Dio. onde formai sene una idea giusta, non trovando
altro di pi perfetto del Ciclo e della Terra, naturalmente ne li considera
rono quali primi Dei. Di conseguenza, poi, immaginarono che laria ed il
cielo, il mare e la Ierra, i fiumi, le montagne, le fontane, venti dovevano
essere fra di loro parenti od alleati, od almeno contemporanei, od anche,
ci ch'era pi credibile: tutti fratelli e sorelle gemelli. Ma dato che il Sole
e la Luna erano i due oggetti pi belli e che massimamente colpiscono i
nostri occhi, questi due Astri diventarono gli Dei di quasi tutti i Popoli. A
prestar fede agli antichi, il Sole era l Osiride degli Egiziani, l Ammone dei
Libici, il Saturno dei Cartaginesi, lAdone dei Fenici, il Bal o Belo degli
Assiri, il Molorh degli Ammoniti, il Dioniso o 'Urti tal degli Arabi, il Mitra
dei Persiani, il Beleo dei Galli. Apollo, Bacco, Libero o Dioniso, erano la
stessa rosa del Sole presso i Greci; e Macrobio (Sal. 1. I , c. 10) ne fornisce
le prove che non lasciano possibilit di replica.
La Luna, similmente, era Iside in Egitto, Astarle nella Fenicia, Alilat
presso gli Arabi. Mililta presso i Persiani; Artemide, Diana, Dictinna, ecc.
presso Greci. nellIsola di Creta, in quella di Dolo, ed altrove. Macrobio
giunge persino a dirci clic lutti gli Di del Paganesimo debbono rapportarsi,
cosi come pflellcntenle riportavano la loro origine, al Sole ed alla Luna.
Poi si convenne che il Sole e la Luna dovevano la loro origine a qualcuno
pi antico di essi, e di conseguenza renne a stabilirei ima successione genea
logica. nella quale il Cielo e la Terra costituirono la prima radice.
Erano, che nella Lingua Greca significa il Ciclo, spos Titea o la Terra,
sua -orella. e ne ebbe parecchi figli. Ed ecco il Cielo e la Terra riconosciuti
come sorgente donde sgorgarono gli Dei. E perci son questi e la loro razza
che ci accingiamo a passare in rassegna, imitando Esiodo il quale scrisse:
n.Sa/refe nafae jovit, i/al rero amai/em cantilenata. Celebrate quoque im-
mortafium rii linoni genti t seta per existen! iuta. Qui tellure prognati sunl, et
Copto stellalo n.
frano e Titea ebbero per figli: Titano, Oceano, Iperinnc, Giapelo, Sa
turila. Rea, Temi, ed altri cir Esiodo riporta. Da Saturno c Rea nacquero:
Girne, Giunone, Nettuno, Glauca e Plutone; da Saturno e Filtra : il Centauro
Chiroue. A seguilo d'una operazione cruenta che Giove lece a Saturno,
nacque 1 enere. Da Giunone sola, senza alcun concorso di seme, venne fuori
Lhe. Da Giove c da Meli, die questo Dio aveva inghiottita, venne fuori Pai-
lade. Giove ebbe da sua sorella Giunone: Vulcano e Marte; mentre da
- 167
Lo tona ebbe: Apollo e Diana; da Maia: Mercurio; da Semele: Dioniso o
Bacco; da Coronide: Esculapio; da Danae: Perseo; da Aicmena: Ercole;
da Leda: Castore, Polluce, Elena e Clitesneatra; da Europa: Minosse e Ra
da manto; da Antiope: Anfione e Zeto; i Polisci da Talia; e Proserpina da
Cerere.
Esaminiamo cos'era Saturno, allo scopo di avere una qualche conoscenza
del padre mediante questo suo figlio.
STORIA DI SATURNO
Saturno In l'ultimo ed il pi cattivo dei figli del Cielo e della Terra.
Gli Antichi per adattarsi ai procedimenti che la Natura impiega nella
generazione, si trovarono nella necessit di personificare le due parti che
compongono l Universo; e dato che ogni generazione suppone un accoppia
mento del maschio e della lemmina degli esseri animati, o dell'agente e de]
paziente nei non animati, si diede a Saturno, supposto animalo ed intelli
gente, un padre ed una madre delia stessa specie.
Quindi, semplicemente in apparenza che supponendo il Cielo cb sulle
nostre teste, e la Terra sulla quale camminiamo, quali padre e madre di
Saturno, Esiodo ed altri abbiano preteso farci credere che il Cielo e la Terra
si siano accoppiali alia maniera degli esseri animati; mentre in effetti questa
unione va intesa quale funzione dagente e paziente, e cio quale forma e
materia; e perci: il Cielo facente funzione di maschio, e la Terra l'ufiicio
di femmina; il primo come agente che imprime la forma, la seconda come
paziente e fornente la materia. Non bisogna dunque immaginarsi che gli An
tichi abbiano delirato a tal ponto da prestare in realt al Cielo ed alla Terra
degli organi atti alla generazione degli individui animati.
Urano, padre di Saturno, dice Esiodo nella sua Teogonia, avendo get
tato t Titani suoi figli, avvinti e legali nel Tartaro, eh' il luogo pi tenebroso
dellI nferno, fu per questo che Titea indignata per la infelice sorte dei propri
figli, sollecit gli altri Titani dapprestare degli agguati al suo marito, mentre
essa forniva Saturno, il pi giovane dei suoi figli, di quella famosa falce di
diamante con la quale questo mutil poi suo padre.
Supponendo Urano e Titea figli del Caos, come lo ritennero gli Antichi,
non il caso di considerarli quali persone reali in carne ed ossa, e quindi
questa pretesa mutilazione d'Urano, di conseguenza, non pu essersi verifi
cata poich non pu essere accettata in un senso saturale. Se Urano e Titea
ri considerano per il Ciclo e la Terra, cosa avrebbero generato se non un
altro Cielo ed unaltra Terra, dato che opti individuo genera suo simile
nella propria specie? Quindi Saturno, Rea ed i loro figli avrebbero dovuto
essere tanti nuovi Cieli o tante novelle Terre. Ma i Mitologi non hanno fatto
questa riflessione. Essi di Saturno ne hanno fatto il Tempo, di Teti una
- 168~
Deit marina, di Temi la Dea della Giustizia, di Cerere la Dea delle biade,
di Titano, Giapeto, ecc. non so che altro.
Anticamente Saturno lo si rappresentava sotto la figuro dun vecchio pai*
lido, e curvo sotto il peso degli anni, con una falce in mano, e quali attributi:
un drago che si mordeva la coda, e da l altra mano un bimbo chegli por
tava alla sua bocca spalancata, quasi volesse divorarlo. La sua testa era co
perta da una specie di casco, ed i suoi abiti erano sporchi e stracciati, e la
sua testa nuda e quasi calva. Gli si mettevano accanto i suoi quattro figli:
Giove in atto di mutilare bu o padre, e Venere che nasceva da tale mutilazione.
Saturno, sebbene il pi giovane dei figli d'Urano, simpadron del Regno che
per diritto di progenitore spettava a Titano, ed i figli di costui sopposero
invano alla nascente potenza del loro zio, perch tutto dovette sottostare ad
essa; ma Titano ed i suoi non tralasciarono dal combattere ad oltranza sino
a piando non si tratt nna pace, le condizioni della piale recavano che Sa
turno avrebbe fatto morire tutti i figli maschi che gli sarebbero nati da Rea
sua sposa e sua sorella. Saturno, scrupoloso ed ossequiente ai patti stabiliti,
divorava egli stesso i propri figli man mano che gli nascevano; e Giove
avrebbe trovato la stessa fine, se Rea non avesse usato lo stratagemma con i l
piale sottrarlo alla voracia figlicida di suo padre. Rea present a suo marito
un ciottolo infasciato di panni, e Saturno senza esaminarlo Iinghiott sup
ponendo che fosse Giove.
Rea, avendo per tal modo ingannato il suo sposo, mise Giove a balia
presso i Coribanti, confidando a questi l educazione del bimbo, sino a quando
non fosse pervenuto ad una et atta a regnare. Anche Nettuno e Plutone
furono salvati mediante qualche altra astuzia. I n seguito. Saturno divenne
sensibile alle vaghezze di Fillira figlia dellOceano, e vistosi sorpreso sul
fatto da Ops, egli subito si metamorfizz in cavallo: ed ecco perch Fil
lira mise al mondo Chirone, il pi giusto ed il pi prudente dei Centauri,
ed al piale venne affidata leducazione di Ercole, piella di Giasone, di Achil
le, ecc. Giove poi us verso Saturno quella spietata condotta ed azione che
Saturno aveva nsato contro Crono, od il Cielo suo padre.
Saturno mutilato e detronizzato, fuggendo dal Cielo, b ritir in I talia,
ove si nascose; ed perci, dicesi, che lI talia prese il nome di Lalium da
laterc = nascondersi, cos come Virgilio ne scrive nel 1. 8 deHEnei</e. In
verit desta sorpresa che una cos piccola parte della Terra abbia potuto con
tenere e nascondere il figlio duu padre cosi vasto ed esteso qiial'r il Cielo!
Saturno era uno dei principali Dei dell'Egitto, come pur Rea sua sposa.
Al coni Autori hanno anche detto ch'egli fu padre d'I side ed Osiride. Ero
doto e dopo di lui molti Storici, c piasi tutti i Mitologi concordano nell'af-
fermare che i Greci attinsero dagli Egizi il culto degli Dei. Del resto ormai
fondalo che il culto di Saturno era stabilito in Egitto prima che i Fenici de
cidessero di condurre loro colonie in Grecia. Ed cos anche certo, come ne
assicura Erodoto, che gli Egizi non hanno preso a prestilo dai Greci n il
Saturno, n Giove.
- 169 -
Del reato, tutto quello elle i Greci raccontavano del loro Saturno, s'adatta
benissimo al Saturno degli Egizi, e anche Cerere, figlia di Saturno serondo i
Greci, non diflerisce da laide. Vesta, altra figlia di Saturno, era anche una
Dea dellEgitto. Tifone, infine, che tante pene ed imbarazzi procur agli
Dei Saturno, Giove, ecc. era un Titano, ed un Titano Egiziano, come Pro
meteo figlio di Giapcto, e nipote di Saturno, poich Osiride lo costitu Go
vernatore duna parte dei suoi Stati durante il viaggio ch'egli fece alle Indie.
Parecchi hanno interpretato Saturno per il tempo, a cagione del suo nome
Chronos. Esso unico, dicesi, e parrebbe generato, o combinato e misurato
mediante il movimento dei Cieli; e questa figliazione unica ha fatto supporre
che avesse mutilato suo padre. Ci si fonda ancora su questo concetto perch li
tempo divora tutto, e ci che si compie nel tempo va considerato quali suoi
figli, e se il tempo risparmia una qualche cosa, tuli 'al pi sono i ciottoli e le
pietre pi dure: ed per questo che si finge ch'egli vomiti il ciottolo che
aveva inghiottito, credendo d'aver divorato Giove. Tempus etlax rerum, dice
Orazio.
Tale la spiegazione di alcuni altri Mitologi, appoggiata dalla testimo
nianza dello stesso Cicerone che nella sua Natura degli Dei, fa discutere due
Filosofi, uno dei quali dice che Saturno governava il corso del tempo e delle
stagioni.
Bisogna confessare che questa spiegazione non mal trovata: disgrazia
tamente per, essa zoppica in qualche punto c non tiene conto di parecchie
circostanze di questa favola. Ora, che il Cielo aia padre di Saturno, passi;
ma che la Terra sia sua madre, ci non quadra per niente affatto bene.
Avrebbe dunque la Terra concepito il Tempo? E quale vantaggio ne viene
alla Terra per quanto riflette la sua produzione? E quale vantaggio anche dal
Cielo?A menocch non vi si consideri il corso ed il movimento dei Pianeti
e degli Astri. Per parte mia avrei immaginato piuttosto il Sole, anzicch
Saturno, quale padre del tempo; intanto lo si ritiene come nipote di questo
primo degli Dei. Sul corso del Sole si regolano il giorno e la notte, lanno,
l Estate, (Inverno e le altre stagioni. Avrei anche considerato Saturno come
lo stesso Tempo, ma non lo avrei considerato figlio del Cielo.
Ma per quale ragione in effetti devesi rappresentare il Tempo sotto
l'aspetto dun Vecchio pallido, languente, curvo sotto il peso dei suoi anni,
e per conseguenza pesante e tardo, mentre poi in realt il Tempo vola pi
veloce del vento, che nulla lo uguaglia nella sua celerit, questo Tempo che
giammai non invecchia, e che si rinnovella ad ogni istante? Si dice che il
drago o serpe che si pone in mano a Saturno, significhi lanno e le sue rivo
luzioni, perch detto serpe si morde la coda; ma a me pare che detto serpe
rappresenterebbe meglio il simbolo della giovinezza, poich il serpe sembra
ringiovanire ogni qual volta cambia la pelle, mentre un anno quando pas
sato, non torna pi. Inoltre, non vedo alcuna differenza tra questo serpe e
quelli che si danno a Mercurio, ad Esculapio, c quelli che erano costituiti
quali custodi del Toson doro, o del Giardino delle Esperidi. Come mai
170-
adunque, il serpe sarebbe li il simbolo della rivoluzione annuale, qui quello
della roncordia e della riunione dei contrari, l quello della Medicina, e
qui quello della prudenza e dello vigilanza?
Per trovare il vero igniticatu di questo serpe, necessita ricercarlo presso
gli Egizi i quali furono i padri dei simboli e dei Geroglifici. Orapollo ci ri
ferisce che questi Popoli volendo rappresentare geroglificamente la nascila
delle cose, la. loro risoluzione nella stessa materia, e gli stessi principi dai
quali esse sono fatte, prospettavano un serpente che divora la propria coda.
Lo stesso Autore dice che per simboleggiare l Eternit, gli Egizi dipinge
vano il Sole e la Luna, oppure un Basilisco che gli Egiziani chiamavano
Urea, poich essi consideravano questi Astri come eterni, e detto animale
come immortale. Dice ancora, che Iside era il simbolo dellanno, come
ugualmente la palma, ma in nessun suo scritto ci dice che il serpe che si
morde la coda fosse il simbolo dellanno, fi padre Kircher pare abbia vo
luto generalizzare l'idea dOrapnllo, dicendo che gli Egiziani, volendo rap-'
presentare il Mando, figuravano un serpe mordenlesi la coda, quasi avessero
voluto significare che lutto ci che net mondo si forma, tende lentamente a
dissolvei si nella sua primiera materia, e ci secondo lassioma: in id remi
t i m tir ex qua sumus. Egli riporla in trslimonianza il parere dEusehio, il
quale parlando della natura del serpe, secondo il concetto che u avevano i
Fenici, dire: xui f I; iuerov <vJ.vf t ui >atoi.vodzfimi II ladre Kircher s'ap
prossima anche al concetto clic Filosofi Ermetici annettono alla figura ed al
nome ilei serpe, quando afferma che gli Egizi ne facevann il simbolo dei
quattro elementi, perch i Filosofi prendono il serpe, talvolta quale smbolo
della materia del Magistero, rii'essi dicono sia il compendio dei quattro ele
menti, talaltra per detta materia terrestre ridotta in acqua, ed infine per il
loro zolfo o terra ignea, che chiamano: miniera del fuoco celeste, e ricetta
colo nel quale abbonda questa virt ignea rlte proibire tutto nel mondo.
Questa materia, elle essi dieono composta dei quattro elementi, deve risol
versi nei suoi primieri principi!, vale a dire in acqua, ed mediante la sua
azione clic i corpi sono ridotti nella loro primiera materia. Se volete sapere
qualc la nostra materia, essi dicono, cercate quella nella quale lutto si ri
solve, perch le cose ritornano sempre ai loro principi, e sono composte di
ci in cui esse si risolvono. Il Trevisano spiega questa resoluziouc. ed avverte
clic noli bisogna immaginarsi clic i Filosofi intendano parlare dei quattro ele
menti sotto il nome di primiera materia, oppure di primieri principi!; seb
bene bisogna intendere i principi secondari a principiati dei corpi, e cio:
lacqua mercuriale.
I Filosofi hanno spesso adottato il serpe od il Drago, per simbolo
della loro materia. Nicola Finnici ben preciso a lalc riguardo, e Majer ne
ha fatto, nella sua Alatanta /igieni , il quattordicesima emblema, con
i seguenti versi:
o Dira jamoi potypos docul sua rodere crura;
Humanaque Itamines se nutritile dape.
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Denle draco condoni dum mordel el ingerii alvo,
Magna parte sui fit cibui ipse libi.
li le domandili eril ferro, fame, carcere, donec
Se voret el r evo mal, te neeet el parlai, d
Quindi i Discepoli dErmele hanno Regnilo le idee del laro Maestro sul
geroglifico del serpe, e ne hanno fornito: Cadmo, Saturno, Mercurio, Escu
lapio, ecc. Hanno detto che Apollo aveva ucciso il serpente Pitone, per dire
che l oro Filosofico aveva fissato la loro materia volatile. Da Pitone ne hanno
fatto l anagramma Tifone, e gli hanno attribuito per figli tutti i Draghi ed
mostri dei quali si racconta nelle Favole. 1 Filosofi pi moderni si sono con
formati agli antichi, e per il serpe che si morde la coda, intendono propria
mente il loro zolfo, come cinsegnano molti di loro, e particolarmente Rai
mondo Lullo, nel soo Codic. c. 32, ore scrive: a Figlia mo, questo lo zolfo
o la biscia che divora la sua coda, il leone ruggente, la Bpada tagliente, che
taglia, mortifica e dissolve tutto, d E l'Autore del Rosario: a Si dice che il
Drago divora la sua coda allorquando la parte volatile, velenosa, ed umida,
sembra consumarsi, perch la volatilit del serpe dipende molto dalla sua
coda. Anche d'Espagnct menziona questo serpente in questi termini: a In
ambabus bis posterioribui meni in je/pjum draco, et caudam suam devo
rando totum se exhaurit, ac tandem in lapidem convertilur. a
I n quanto al serpe semplicemente consideralo in se stesso, i Filosofi ne
hanno dato il loro nome alla loro acqua mercuriale, poich comunemente
dicesi che le acque, scorrendo, serpeggiano; e che le onde imitano le fles
sioni che il serpe fa rampando. Del resto, nella seconda operazione del Ma
gistero, il serpente Filosofico, mediante la propria tesis, comincia a dissol'
versi dalla coda; e qui la lesta simboleggia il sno primiero principio.
Queste spiegazioni non sono il frullo della mia fantasia, e basta aver fatto
una hreve lettura delle opere dei Filosofi per esserne convnto, a Considerate
attentamente questi due Draghi, dice 1 Flamel, perch costituiscono i veri
principi! della Filosofia che i Saggi non hanno osato mostrare e chiamare
chiaramente ai loro figli propri. Quello che figura sotto, senza ali, c il fisso
o maschio, quello che gli sta sopra, con le ali, il volatile o la femmina nera
ed oscura, c che prender il dominio durante parecchi mesi. I l primo chia
mato zolfo, o meglio: calidt e siccit; ed il secando, argento vivo o frigi
dit e umidir. Essi sono il Sole e la Lnna della sorgente mercuriale, ed ori
gine solforosa, che mediante il fuoco continuo sornano dabbigliamenti re
gali, per vincere ogni cosa metallica, solida, dura e forte, allorquando
saranno uniti insieme, e poi mutati in quintessenza. Sono questi serpenti e
draghi, che gli antichi Egizi huno pillalo in cerchio, mordendosi la coda,
per dire cherano sortiti dalla medesima cosa, e chessa sola era sufficiente a
s stessa, e che nel suo contorno e circolazione essa b perfezionava. Sono
questi i Draghi che gli antichi Poeti hanno messo a guardia, senza mai dor
mire, dei Pomi doro dei giardini delle Vergini Esperidi. Sono quelli sui
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quali Giasone, nell'avventura del Toson d'oro, vers il succo preparato dalla
bella Medea: dei quali i libri dei Filosofi ne son pieni, poich non v ninno
che non ne abbia scritto, dopo il verdico Ermete Trimegisto, Orfeo, Pita
gora, Artefio, Moriano e gli altri sino a me. s
I l ritratto di Saturno che ci fa Basilio Valentino, nella sua Fref. delle 12
Chiavi, conviene molto bene con quello della Favola: a Io, Saturno, il pi
elevato dei Pianeti del Firmamento, confesso e protesto innanzi a voi, miei
Signori, che sono il pi vile ed il meno considerato fra di voi; ho un corpo
infermo e corruttibile, di color nero, soggetto a molte afflizioni ed a tutte le
vicissitudini di questa valle di miseria. Pertanto, son proprio io che testi
monio di lutti voi; non ho fissa dimora e volandomene porto via tutto ci
che trovo di simile a me. Rigetto la colpa delia mia miseria sulla incostanza
di Mercurio, che con la sua negligenza e la poca attenzione, mha cagionato
lutti questi malanni, d Un Autore anonimo, nel 12. cap. della Phitos. Occ.,
parlando della generazione di Saturno, scrve: a Esso soggetto a molti vizi,
per il difetto della sua nutrice, zoppo, ma di natura dolce, facile, saggio,
prudente, ed anche cos scaltro ch il vincitore di lutto, eccettuato di due.
La sua cattiva digestione lo rende pallido, infermo, curro, egli porta la falco
poich prova gli altri. Gli si d un serpe, perch li rnnorella e li ringio
vanisce, per cos dire, rinnovellando s stesso, b
Abbiamo detto ehe la maggior parte degli Antichi ritennero Saturno
quale simbolo del Tempo, come ne riferisce anche Cicerone nella: Natura
degli Ilei. Ora io credo che la causa di questo errore va dovuto alla iassomi
glianza di due parole greche, poich si dice chcli'smi: sia la stesso che finivo;
lem pus. Ma se si fosse messo attenzione agli altri nomi che i Greci davano
a questo Dio, si sarcbhc riconosciuto clic Koi'mi; poteva non significare il
Tempo, in quanto l appcllalivo d n.ii,-, che Filone di Biblo. interprete di
Sanconialone, d a Saturno, secondo la testimonianza dEusebio, I. 1. zimini
puirzfv , non ha alcun rapporto con il Tempo. FJ .ov riiv r.u Kimvn; vs11 l-
rvi.ov, ecc. dice questo Autore. Si sa clic 17:': vuol dire: limo, fango e rhe
esso deriva da i),u; = palus, dal quale si pu aver derivalo ugualmente
ch il nome di Saturno; ed allora Koiivn; potrebbe derivare HaKpiivu. ic che
t Dorici dicevano per Kpi|vi] foni; perch i Greci cambiavano spessissimo
l o in o: potrebbe darsi che derivasse anche da ICnuvv; fans scaturiens,
che stato derivato anche da Kmjvi|, ed in tal cassi si sarebbe detto Kniivu;
per sincope di Kpni'vii;. E questa etimologia pare tanto pi naturale in
quanto la maggior parte degli Antichi erano concordi con i Filosofi Ermetici
nellammettere lacqua quale primiero principio, oppure il caos che consi
deravano quale una mota od un limo dal quale lutto era sortito. Alcuni hanno
anche detto che l'Oceano o l'acqua era il pi antico ed il padre degli Dei.
Altri hanno detto che Oceano era soltanto fratello di Saturno, e ci certa
mente perch l'acqua c la mola si trovano sempre insieme; e quindi lacqua
in tal caso sarebbe l'Oceano, ed il limo Saturno, rio clic sarebbe indicato
dal suo nome: !7.o; .
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I Filosofi Ermetici hanno sempre avuto questo concetto del loro Saturno,
poich hanno dato questo nome al loro caos o materia dissolta, e ridotta in
un fango nero che hanno chiamato piombo dei Saggi. Ma poich questi nomi
di piombo e di Saturno avrebbero potuto indurre in errore i Chimici, Ripleo,
nella sua: Philorii, cap. 20, li mette in guardia scrivendo: a La nostra radice
rinchiusa in una cosa vile, dispreizata, ed alla quale l'apparenza non con*
cede alcun pregio: (ed in effetti v cosa pi spregevole del fango?) ma state
accorti a non sbagliarvi sul nostro Saturno. Il piombo, credete a me, sar
sempre piombo a.
Tale lo vera idea che dobbiamo avere di Saturno, di questo Dio coperto
di cenci, o di vesti sporche ed a brandelli, poich la materia del Magistero,
in tale stoto di dissoluzione e di negrezza, un oggetto vile, spregiato come
il fango, che si presenta alla vista sotto apparenza di sozzura, e quindi pi
adatto a farlo rigettare e cadere ai piedi, anzicch lusingare la nostra atten
zione. I Filosofi sempre vigili a non esprimersi se non mediante enigmi od
allegorie, hanno parlato di questa materia, talvolta in generale, talaltra in
particolare, e l'hanno chiamata: Saturnia vegetale, razza di Saturno; e ne
hanno parloto trattando dello stato di confusione e di caos, come della ma
teria dalla quale si form detto caos e detto fango. A tale riguardo, Raimondo
Lullo scrive: a Essa appare ai nostri ocehi sotto veste sporca, puzzolente, schi
fosa e velenosa . Mentre l Autore del Saeculum aureum redivivum, dice:
a II latte ed il miele colano dalle sue mammelle. Lodore delle sue vesti, per
il Saggio come quello dei profumi del Libano, ed i folli lhanno in nrroie
ed abominazione .
E' propriamente questa dissoluzione, chiamata dai Filosofi: riduzione dei
corpi nella loro primiera materia, che ha fatto dare gli attributi del serpe e
della falce per Simboli a Saturno; e se fingesi che questo Dio aveva divorato
i propri figli, si perch essendo Saturno il primo principio dei metalli, e
la loro primiera materia, egli solo ha la propriet e la virt di dissolverli
radicalmente e mutarli nella sua propria natura. Ecco perch Avicenna,
concorde con altri Filosofi, dice: a Non riuscirete mai, se non ridurrete i
metalli (filosofici) nella loro primiera materia .
Di tutti i figli che Saturno divor non se ne nominano sino a Giove, e
similmente i Filosofi non ne nominano alcuno sino alla negrezza o loro
Saturno. Prima che appaia detta negrezza, essi chiamano caos la loro materia.
<r Essa , dice Sinesio, il nodo ed il legame di tutti gli elementi chcssa
contiene in s, dato chessa lo spirito che nutrisce c vivifica tutte le cose, e
mediante il quale la Natura agisce nell'Universo . Questa materia, dice un
Anonimo, il seme del Cielo e della Terra, primo principio radicale di tutti
gli esseri corporali. Saturno il pi giovane dei figli del Cielo e della Terra,
e nnllameno egli regna a danno di Titano, suo fratello primogenito, ma egli
non ottiene la Corona senza guerre e combattimenti, perch la dissoluzione
non pu farai senza una fermentazione. I Titani figli della Terra, sono le
parti della terra filosofica, che si combattono prima della putrefazione; da
- 174
questa putrefazione nasce la negrezza chiamata Saturno: e poich questa
negrezza anche chiamata Tartaro, a cagione del movimento e dell agitarsi
delle parti della materia mentressa in tale stato, si finto che Saturno
avesse precipitato i Titani nel Tartaro, il quale deriva da rupdnno = turbo,
commoveo.
Dunque, il regno di Saturno dura tanto quanto la negrezza; e durante
tale processo egli sembra che tutto divori, persino il ciottolo che gli si pre
senta al posto- di Giove, dato che tutto viene dissolto: ma il ciottolo ben
duro a digerire, ed appena si sar fatto bere a Saturno un certo liquore che
la favola non nomina, e cio, dopo che le parti acquose e volatili avranno
cominciato a montare allalto del vaso in forma di vapori; e dopo essersi
questi condensali in acqua, ricadranno sulla materia terrestre e nera chia
mata Saturno e gli daranno a bere nel senso che Virgilio esprime:
a Claudtc jam rivos pucr, sai prato biberunt .
Ove, come quando si dice che la rugiada e la pioggia abbeverano la terra:
allora Saturno render il ciottolo che aveva inghiottito; come la materia dei
Filosofi, chera terra prima dessere ridotta in acqua mediante la dissolu
zione, ricomincer ad apparire, subito che il color grigio cominccr a ma
nifestarsi. Allora Giove, che non altro se non questo color grigio, c per
conseguenza figlio di Saturno e di Rea dato che egli formato dnlla negrezza
che viene lavata dalla pioggia della quale stiamo parlando. Questa pioggia
perfettamente designata da Rea, il cui nome deriva da >>>= flun, fundo.
Ed allora Giove detronizzer suo padre, cio: il color grigio succeder al
nero. I quattro figli di Saturno e di Rea sono completi in questa occasione:
Giove il color grigio; Giunone questi vapori od umidit dell'aria rin
chiusa nel vaso; Nettuno lacqua mercuriale od il mare filosofico, derivato
dalla putrefazione; Plutone od il Dio delle ricchezze, la terra stessa che
trovasi in fondo al vaso: ci che ha fatto dire agli antichi Poeti, che lI n
ferno o Regno di Plutone era al fondo della Terra. Giove e Giunone, per
conseguenza, si trovano pi elevati, ed occupano il Cielo, dato che il color
grigio si manifesta sulla superficie della materia che galleggia; ed questo
il Cielo dei Filosofi, dove vedremo che sono tutti gli Dei; Nettuno o lacqua
si trova al disotto, ed infine Plutone la terra ch al fondo dellacqua.
Questa terra racchiude il principio aurifico; essa fissa, ed essa che forma
la base della Pietra Filosofale, sorgente di ricchezze. Quindi si ha ragione
di chiamare Plutone: il Dio delle ricchezze; e se a Mercurio si concede
lepiteto di dator bonorum, perch il mercurio filosofiro lagente dellO
pera, ed quello che perfeziona la Pietra. I n quanto a Chirone il Centauro,
altro figlio di Saturno e Fillira ne parler a suo luogo.
Tutti i Filosofi discepoli dErmete hanno continuato a considerare Sa
turno, non come erroneamente dipoi venne volgarmente ritenuto quale sim
bolo del Tempo, sebbene secondo il concetto originario Egizio, e perci
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affermano che necessario che Saturno combatta suo fratcUo iTtg&o ^er jp
padroni) del-Trono, e questo dicono perch- conoscono che il ft cd il.
isolatile boba fratelli, ohe questalliaio iella fliginltunne riporta la vittoria
.. f resta padrone; in modo ohe Giove, sub figlio, il solo die possa detroniz
zarlo, per le ragioni che assistevano Esiodo nel dire che la pietra inghiottita
e rigettata da Saturno, fu depositata sul Monte Elicona, dove le Muse hanno
soggiorno, perch nou ignorano questi Filosofi che il Monte Elicona non
altra cosa se non qnesta terra galleggiante, in forma di monte, ed il quale
pu essere indiffereulemenle chiamato Monte Elicona o Monte Nero, da
ii.ut; niger. Detto monte lo si pn dire veramente l'abitazione delle
Mose, poich su di esso che vagano le parti volatili, che nel primo libro
abbiamo detto essere simboleggiate dalle Muse, e come avremo occasione di
.dimostrare ancora in seguilo. Del resto proprio questa celebre pietra depo
sitata sai Monte Elite r.a quella che ha fornito materia ai Poemi d'Orfeo,
d'Omero, e di tanti altri. Ecco perch questo monte ha avuto differenti nomi
secondo i differenti steli nei quali viene a trovarsi detta pietra, e le variazioni
dei colori che la stessa manifesta durante il processo dell'Opera. Allorquando
traspira o trasuda, vale a dire, che allorch avente la forma del cappello
che s'eleva sul mosto o sugo d'uva nel tino, forma una specie di monticello,
e che lacqua mercuriale eli' al disotto trasuda attraverso, per elevarsi in
vapori e ricadere in rugiada o pioggia, le si dato il nome di Monte Ida,
da ifiuj = sudore; dopo di che, quando diventa bianco, hello e brillante,
in questo stato il monte coperto di neve del quale parla Omero nel I. I,
v. 420 della sua I liade! e cio il Monte Olimpo sul quale abitano gli Dei.
Talvolta l'Isola galleggiante dove Latona inette al mondo Febo e Diana,
tale altra Nisa circondala dalle acque e dove Bacco fn allevalo: qui i
l'Isola ili Rodi sulla quale cade una pioggia d'oro alla nascita di Minerva,
l l'Isola di Creta, ecc.
1 Filosofi Ermetici rappresentarono Saturno nelle loro figure simboliche,
similmente agli Antichi, e cio sotto l'aspetto d'un Vecchio che tiene una
falce e le ali. Nicola Flamel nelle sue figure geroglifiche c ha conservate
quelle d'Altmino Giudeo, c nella prima di queste si vede un giovane, o
Mercurio, clic ha le ali ai talloni ed mi caduceo; cd un Vecchio che gli va
incontro ad ali spiegate, con una falce in mano, quusi come volesse tagliargli
i piedi.
Nel libro precedente parlammo del regno di Saturno in Italia a proposito
del Secolo d'oro. Ci resterebbe di parlate del culto di questo Dio e delle feste
istituite in suo onore. Ne tratteremo appunto nel libro che segue c nei capi
toli delle frstc. giochi c lotte istituite in onore degli Dei e degli Eroi.
STORIA DI GIOVE
Se mi assillasse 1 proposito di spiegare tutta la Mitologia, questo sarebbe
il luogo di parlare di Titano, Giapeto, Teli, (Cerere, Tomi c gli altri figli
176
del Cielo e della Terra : ma nc parler incidentalmente come mi si presenter
l'occasione, e perci li lascio da parte anche per non rompere la continuit
della catena aurea, e perci imprendo a diro di Giove.
Attenendosi alla storia di Giove secondo la versione pi comunemente
accettala, tanto a considerarlo come un Dio Egzio, quanto come nn Dio
Greco, presso a poco la stessa cosa, poich tanto l uno che laltro, secondo
quasi tutta l Antichit, erano figli di Saturno e di Rea, e nipoti del Ciclo e
della Terra. Nel capitolo precedente abbiamo parlato del patto intervenuto
Ira Titano e Saturno, e per rispettare il quale, Saturno divorava i propri figli
c dicemmo anche dello stratagemma del ciottolo che Rea fece ingoiare a suo
marito in sostituzione di Giove suo figlio. Rea lece trasportare Giove nel
l'Isola di Creta, e lo affid ai Dattili per nutrirlo ed allevarlo. Le Ninfe che
ne presero cura si chiamavano: Ida cd Adrastca, ed erano anche nomate:
Afefine. Alcuni dicono che Giove fu allattalo da una capra, e die anche le
api furono sue nutrici: ma sebbene gli Autori variano di molto su questi
dettagli, pure lutti concordano nel riferire che fu allevato dai Coribanti d
Creta, i quali fingendo di compiere i loro rituali sacrifici al suono di parecchi
strumenti, o tome altri pretendano: danzando e battendo i loro scudi con le
loro lance, producevano un forte rumore perch non si potessero percepire
le grida del piccolo Giove.
Quando Giove divenne grande. Titano lo venne a sapere, e supponendo
che Saturno lo avesse ingannalo e violate le condizioni stabilite dalla pace,
con l aver allevato nn figlio maschio, ne inform i suoi, dichiar nuova
guerra a Saturno, simpadrotii d lui e di Opi, e li mise in prigione. Ciovo
accorse in difesa di suo padre, attacc i Titani, li sconfisse e rese la libert
a Saturno. Questi, poco riconoscente, lese degli agguati a Giove il quale per
consiglio di Mcti, fece sorbire a suo padre una pozione che gli fece vomitare
primieramente la pietra che aveva ingoialo, indi tutti i figli che aveva divo
rato. Plutone e Nettuno sunirouo a Giove, il quale dichiar guerra a Sa
turno, se ne impadron, e lo tratt precisamente nella stessa maniera che
Saturno aveva trattalo il proprio padre Urano, usando la medesima (alee.
Indi lo precipit unitamente ni Titani in fonilo al Tartaro, c gett la falco
nellIsola di Drcpano, e le parti mutilate nel Mare, e dalle quali nacque
Venere.
Gli altri Dei s'unirono a Giove nella guerra contro Titani e contro
Saturno. Plutone, Netluiio, Ercole, Vulcano, Diana, Apollo, Minerva e lo
stesso Bacco lo aiutarono a riportare la completa vittoria. Anzi Racco vi
rimase malconcio al punto che fu fatto a pezzi; ma fortunatamente Pallade
lo trov in questo stato, con il cuore che palpitava ancora, ed allora lo port
immediatamente a Giove che-subito lo guar.
Apollo, avendo indossato nn manto di porpora, cant questa vittoria sulla
sua cetra. Giove, preso da riconoscenza per Vesta, la quale gli aveva procu
rato l'I mpero, l'invit a chiedergli tutto ci che voleva; c Vesta scelse la
verginit e le primizie dei sacrifizi. In seguito i Giganti mossero guerra a
177
Giove per detronizzarlo; ma nuovamente aiutato dagli altri Dei, Giove li
vinse, li folgor e rinchiuse i pi feroci sotto il Monte Etna. E' bene tener
presente che Mercurio mentre non prese parte alla guerra contro i Titani,
nella lotta contro i Giganti fu uno dei pi ardenti combattenti.
Gli Antichi rappresentavano Giove in differenti maniere; ma pi comu
nemente sotto l aspetto dun uomo maestoso, barbuto, seduto sn di un trono,
con la folgore nella destra mano, e nellaltra una Vittoria, ai suoi piedi gli
mettevano unaquila con le ali spiegate che rapisce Ganimede; inoltre la
parte superiore del Dio era nuda, mentre la parte inferiore era coperta.
Pausania ci riporta la descrizione della famosa statua di Giove Olimpio:
a Questo Dio rappresentato sul trono, egli scolpito in oro ed avorio ed
ha sulla testa una corona che imita le foglie dulivo. Nella dritta mano reca
una Vittoria anchessa scolpita davorio e d'oro, ed ornata di nastri e coro
nata; nella sinistra Giove ha uno scettro luccicante fatto di tutti i metalli.
Unaquila sta alla sommit di detto scettro. La calzatura ed il peplo sono
anche doro: sul peplo sono rappresenate tutte le specie danimali, tutte le
variet dei fiori e particolarmente i gigli. I l trono splende tutto d'oro e di
pietre preziose; l avorio c lebano vi si alternano con gradevole impiego .
Giamblico, nei suoi Misteri, riferisce che gli Egizi dipingevano Giove seduto
sul loto. I Libici lo rappresentavano sotto la forma di un ariete, oppure
recante sulla fronte le corna di questo animale, e lo chiamavano Amatone,
perch la Libia, dove il Tempio di questo Dio fu innalzato, era piena di
arena. Questa rappresentazione la giustificano col riferire che quando Giove
per timore dei Giganti abbandon il Cielo, venne tra i montoni c le pecore
in Egitto ove venne ritrovato; altri dicono che in tale frangente Giove per
non essere riconosciuto si metamorfizz in ariete.
Gli Antichi, sebbene il culto di Giove presso di essi fu il pi solenne ed
il pi diffuso, pure ebhcro idee cos disparate sul conto di questo Dio che
sarebbe difficile dedurne un concetto fisso e chiaro. Si pu soltanto concludere
che lo consideravano non come un Dio che avesse esistito sotto spoglie
umane, malgrado che i Cretesi si vantavano di custodirne la tomba, talch
Callimaco chiama i Cretesi: menzogneri, poich Giove vive sempre ed da
per ogni dove.
Alcuni, come Orazio, vedevano in Giove lemblema dell'aria: a Jacet
sub Jote frgido a; e Teocrito nella sua quarta Egioca: a Jupiter et quando-
que pluit, quandoque sereniti . Virgilio parla di Giove designandolo col
nome di Etere:
a Tum Pater omnipotens faecundis imbribus Aether
Conjugis in gremium laetac desrendit, et omnes
Magnus alil magno commistus carpare foclus .
(Georg. 1. 2)
Anche Cicerone, rifacendosi ad Euripide, dice che l Etere devessere con
siderato come il pi grande degli Dei. Anassagora dichiarava clic questa parte
- 178 -
dell'Universo era completamente ignea e piena di fnoco, e che ai spandeva
ad animare tutta la Natura. Platone, collocando solo Vesta nel vestibolo degli
Dei, considera Giove per il Sole. Eppure, quando s voluto' considerare
Giove quale Dio. allora se n fatto il padre degli Dei e degli uomini, Q
principio e la fine dogni cosa, quello che governa e conserva tutta la Natura,
secondo la sua propria volont, cos come canta Orfeo nel suo I nno:
a J tipi ter omnipotens est primus, et ultimus idem.
Jupiter est caput, et medium; jovis omnia munus.
Jupiter est fundamentum humi, ac stelantis Olympi.
Jupiter et mas est, et nescia foemina mortis.
Spirititi est cunctis. validi vis Jupiter ignis
Et pelagi radix. Sol. Luna est Jupiter ipse
Omnipotens rex est. Res omnis Jupiter ortus,
Nam simul occubuit, rursum extuit omnia laeto
Corde suo e sacro consultar lumine rebus n.
Perci fu chiamato talvolta Giove Olimpico o Celeste, c talaltra Giove
infernale, e ci Io si riscontra tanto in Omero che in Virgilio; anzi un
Antico Poeta scrisse anche che Giove, Plutone, il Sole e Bacco erano tilt*
tuna cosa.
Nullameno tutta PAntichit concorde nel ritenere Giove figlio di Sa
turno e di Rea; ma ci ch veramente straordinario, si che la maggior
parte dei Mitologi ritengono Saturno figlio del Ciclo e di Vesta, che la
Terra, secondo loro, similmente a Cibele, Ops, Rea e Cerere; ci posto Rea,
per conseguenza, sarebbe la madre di s stessa, e sua propria figlia, ed in
tal raso sarebbe madre, moglie e sorella di Saturno. Cerere chebbe Pro-
terpina da Giove sarebbe diventata stia moglie pur essendo sua madre e
sorella. Tutto ci ben difficile mettere daccordo su una base di realt, e
quindi occorre pensare ad una spiegazione allegorica che ci pu essere
fornita esclusivamente dalla Chimica Ermetica, nella quale il padre, la ma
dre. il figlio, la figlia, lo sposo e la sposa, il fratello e la sorella in effetti sono
la -lesa cosa, presa per sotto differenti punti di vista. Ma pcrrhc. si obbiet-
ter, inventare un eos gran numero di favole su Giove e sugli altri? Solo per
presentare la stessa cosa sotto diversi aspetti. 1 Filosofi Ermetici hanno
compilato una prodigiosa quantit di Libri in questo stile. Tutte le loro
allegorie hanno per fine le stesse operazioni della Grande Opera, nullameno
differiscono tra di esse secondo le idee e la fantasia di coloro clic le hanno
inventate. Un Medico Ito preso la sua allegoria dalla Medicina, un Astro
nomo dall'Astronomia, ere. ma poich la Pietra Filosofale, secondo la Ta
vola di Smeraldo di Ermete, possiede tutte le propriet delle cose superiori
ed inferiori, e non v forza che le resista, i suoi Discepoli hanno inventato
le favole che possano esprimere ed indicare lutto ci.
Perci Giove, in conseguenza, ri stato tramandato quale Padre degli
Dei e degli Uomini, qualificato Onnipotente; ed Esiodo, quasi tutte le volte
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che lo nomina, gli concede il soprannome di a Largiior honorum o, quasi
fosse la sorgente ed il dispensalo]- dei beni e delle ricchezze. Non bisogna
credere, come pensano alcuni Mitologi, che la pretesa crudelt di Saturno
verso i propri figli gli abbia fatto perdere la qualifica di padre degli Dei,
mentre sua moglie Rea o Cibale stata chiamata la madre degli Dei e la
Gran Madre, ed era onorata come tale da tutto il Paganesimo. La vera ragione
per la quale Cibele ha conservalo questo litulo, si che la Terra Filosofica,
dalla quale sono sortiti Saturno e gli altri Dei, propriamente la base e la
sostanza di questi Dei. E* opportuno rilevare che sebbene spesso si sia con
fuso, e fatto una medesima cosa di Rea e di Cibele, non ostante ci il nome
di Madre degli Dei non mai stato dato a Rea specificatamente come Rea,
bens esclusivamente quale Cibele, poich parrebbe che si sia fatto derivare
il nome di Cibele da: Ki<f}q caput, e da Xttg *= lapis, come se si volesse
designare: la primiera, la pi importante o la pi antica, e la madre pietra.
Gli altri nomi conferiti a questa Madre degli Dei, sono stali presi anche dai
dilTerenti stati nei quali si trova delta Pietra o terra, o materia dell'Opera
durante il cominciamento delle operazioni. Cos, intanto che terra primiera
a materia dellOpera messa nel vaso al cominciamento dell'Opera stessa,
venne chiamala Terra, Cibele, Madre degli Dei e sposa del Ciclo, poich
mill'allro compare allora nel vaso, allinfuori di questa terra con Paria che
vi rinchiusa. Ma quando questa terra si dissolve, allora prende il nome di
Rea, moglie di Saturno, e ci da: $f i = ftto, e da che la negrezza chiamata
Saturno si manifesta durante la dissoluzione. In seguito la si chiamala
Cerere, e la si detta figlia di Saturno e sorella di Giove, dappoich questa
stessa terra dissolta in acqua, ridiventa (erra nel tempo che il color grigio o
Giove appare: c dato che questa stessa terra o Cerere diventa bianca, s
finto che Giove e Cerere avevano generato Proserpina. E' anche mollo ve
rosimile che il nome di Cerere sia stato composto dal Greco ri | ed I;.\ k
che l uno c laltro significano terra. Anche Vussio ammette questa etimo
logia, dicendo che gli Antichi mutavano spesso il G. in C. Vairone e Cice
rone, conscguentemente, hanno pensato clic Cerere derivasse da: gerere, e
dopo d essi Arnohio scrive: a Eandem liane (terroni) olii quoti lalutarinm
seminimi frugoni gemi, Cereri-m esse pronunciane u. Ma Esieliio conferma
il mio concetto, quando dice: a Axrni ziti i l .i i ;, sui E'M.i|, ziti ITumi,
zn1Hi. ziti Aiijiijrijo t| lmi Ci supporre che Cerere derivi dal Greco; ma
checch ne sia tutti sanno che per Cerere s'intendeva la terra, e tale concetto
conforme a quello clic ne hanno i Filosofi Ermetici, poich la loro acqua
diventata terra, quella che chiamami terra fogliata, nella quale dicono
occorre seminare il gratto Filosofico, c cio il loro ni,
Di questa terra clic occorre insemenzare, ne riparleremo trattando dei
Misteri Eleusini.
Un quarto nome dato alia Terra, era Ops, clic propriamente la si chiamava
la Dea delle ricchezze, e con ragione, poich questa Terra Filosofica la hase
della Pietra Filosofale, la quale la vera sorgente delle ricchezze.
180
Gli Antichi ed i Moderni, non supponendo le ragioni che giustificavano t
diversi nomi della Madre degli Dei, li hanno adoperati indifferentemente; ma
Orfeo che conosceva il mistero, ne fece la precisa distinzione nei tre I nni
dedicati: alla Madre degli Dei, a Rea, ed alla Terra; e similmente fece
Omero. La Terra, sposa del Cielo, la madre, Rea sua figlia, e Cerere
sua nipote;e tale pure la genealogia della terra dei Filosofi.
Distinguendo queste tre Dee, cos come fecero i pi antichi Poeti, Giove
si trova ad essere, in effetti, figlio di Rea, e fratello di Cerere. I l suono
rumoroso degli strumenti di bronzo dei Coribanti, onde coprire le grida del
piccolo Giove, perch non fossero distinti da Saturno, una allusione del
nome di bronzo o lattone, che i Discepoli d'Ermete danno alla loro materia
quando ancora tra il color nero ed il grigio. E ben questo il bronzo del
quale si parla in tutte le Opere Ermetiche, e cio il lattone che necessita
imbianchire, per poi stracciare tutti i libri diventati inutili. Questo bronzo
propriamente la significazione delle parole Cymbalum e Tym panum, con
riferimento alla materia di detti strumenti, che poi Natale Conti chiama:
tinnientia instrumenta.
Ed al rumore di questi strumenti che le Api sciamano vicino a Giove; e
presentemente si segue questuso per ricondurre allalveare uno sciame che
vuole abbandonarlo. Si percuotono delle caldaie, delle padelle o paioli, ecc.
Ercole impieg gli stessi strumenti per scacciare quegli uccelli che devastavano
il lago Stinfalo, ed il numero dei quali, e la grandezza loro prodigiosa per
la vastit delle loro ali, intercettavano la luce del Sole.
Le Ninfe Adroatea ed Ida nutrirono Giove, e si vuole che anche le Api
saggiunsero ad esse. Queste due Ninfe erano figlie delle Melisse, cio delle
mosche che ci danno il miele, e lo fecero allattare da Amaltea. Abbiamo
detto che quando appare il color grigio o Giove Filosofico, le parti volatili
della materia dissolta si sublimano, e salgono abbondantemente allalto del
vaso sotto forma di vapori, e dove poi si condensano come si verifica nella
Chimica volgare, e dopo aver circolato, ricadono su questa terra grigia che
galleggia sullacqua mercuriale. Le due Ninfe simboleggiano con i loro nomi
stessi questa materia acquosa, volatile, poich I da deriva da l 'fio; = sutlor,
ed Adrastea da n completivo e Sonni = fugio. Se le si dicono figlie delle Me
lisse o mosche che ci danno il miele, non forse perch queste parti volatili
volteggiano al disopra del'Giove dei Filosofi cos come uno sciame di api
intorno ad un alveare? Queste parti volatili nutrono, dunque, questa terra
grigia, ricadendo su questa, cos come nna rugiada o la pioggia umetta la
terra, e la nutre imbevendola. E molto attendibile che lequivoco al quale
si presta la parola greca d? -, che ha il doppio significato di capra e di
tempesta, abbia fatto fingere, o meglio abbia cagionato Terrore di coloro
che hanno detto che la capra Amaltea aveva allattato Giove: perch la vola
tilizzazione si fa impetuosamente similmente alla caduta in pioggia di dette
parti volatili, sicch si ha una vera tempesta; ed noto che i* deriva da
dioooi = ru, cum mpetu feror. Questa stessa idea di tempesta annessa al
- 181 -
latto che detta terra o Giove Filosofico comincia a diventare ignea, ha certa*
mente contribuito a dare a Giove la folgore quale attributo, poich le tem
peste sono accompagnate da lampi, fulmini e tuoni. Parrebbe che Omero
abbia voluto affermarci tale concetto in diversi punti della sua Iliade ove
parla del Monte I da che ci dice essere il soggiorno di Giove; e ci riferisce
che questo Monte irrorato da fontane e coperto dalle nubi che Giove fa
innalzare con i tuoni. Omero, nel suo 14 libro, v. 341-350, ci spiega la natura
di dette nubi cherano doro simili a quelle che producono le pioggie d'oro.
Tali Bono le nubi che Giove eccita sul Monte Ida, o monte del sudore; tali
la pioggia e la rugiada che vi cadono; tali sono anche queste parti volatili che
vagano, salgono e discendono ad imitazione delle Api, e sembrano andare in
cerca di che nutrire il piccolo Giove nella sua culla. Tale anche il latte
dAmaltea, lo stesso latte con il quale Giunone nutr Mercurio, e quello
stesso del quale Platone fa menzione nella Turba, e che i Filosofi chiamano:
Latte di Vergine, quello infine, del quale il dEspagnet parla in questi ter
mini: <r L'abluzione cinsegna ad imbiancare il corvo, ed a far nascere Giove
da Saturno; ci che si fa mediante la volatilizzazione del corpo, o la meta
morfosi del corpo in spirito. La riduzione o la caduta in pioggia del corpo
volatilizzato, rende alla Pietra la sua anima, e la nutrisce con un latte di
rugiada e spirituale, sino a che essa abbia acquisito una forza perfetta...
Dopo che l acqua ha fatto sette rivoluzioni, o circolato per Bette cerchi, le
succede l aria, e compie altrettante circolazioni c rivoluzioni, sino a quando
sia fissato in basso, e dopo daver scacciato Saturno dal Trono, Giove prende
le redini dellImpero. E con questo avvento che il fanciullo filosofico si
forma e si nutre, ed infine verr alla luce con un viso bianco e bello come
quello della Luna .
Queste parole del dEspagnet sono tanto appropriate al soggetto che sto
trattando, che paiono suggerite da questo Filosofo, proprio per spiegare la
voluta educazione di Giove.
Giove, prima di deironizzare suo padre, ne prese la difesa contro i Ti
tani, e li vinse; ma infine vedendo che Saturno aveva divorato i suoi fratelli,
e che anche a lui tendeva degli agguati, gli fece inghiottire un beveraggio
che glieli fece rigettare. Allora Plutone e Nettuno sunirono a Giove contro
il loro padre; e Giove, avendolo mutilato, Io precipit nel Tartaro unita
mente ai Titani che avevano appoggiato Saturno. Tutto ci il d-Espagnet
ha sintetizzato dicendo: Donec figatur deorsum, et Saturno expulso, Jpiter
insignia et regni maderamen suscipiat . E precedentemente parlando delle
parti da mutilare sotto il nome daccidenti eterogenei, aveva detto: superflua
sunt externa accidentia, quae fusca Saturni sphaera rulilanlem jovem obnu
bilatiit. Emergentem ergo Saturni livorem separa, donec purpureum jovis sidus
tibi arrideat .
E dunque per mezzo della separazione di queste parti che hanno servito
olla generazione di Giove, clic questo figlio di Saturno sale sul Trono; dette
parti sono quelle stesse d'Osiridc e che Iside non ritrov.
- 182-
Per i Titani bisogna intendere la lessa cosa di Tifone e suoi compagni,
che Oro figlio d'Osiride, vinse. Basta l i ne un parallelo per esserne convinti
delia identit della significazione. Osiride, padre d'Oro, fu perseguitato da
Tifone, suo fratello, il quale valeva detronizzarlo e regnare in sua vece.
Saturno fu combattuto da Titano, suo fratello, per lo Btesso motivo. Tifone
con z suoi congiurati simpadronirono dOsiride, e lo rinchiusero in un cofano.
Saturno fu preso dai Titani, e rinchiuso in prigione. Oro combatt Tifone, e
lo fece perire unitamente ai suoi complici. Giove prese pure la- difesa d
Saturno, e dopo aver debellata i Titani, li precipit nel Tartaro. Tifone, il
pi temibile dei Giganti, voleva detronizzare anche Oro; ma venne fulminato
e sotterralo sotto il Monte Vesuvio o Etna. Encelado che gli stessi Mitologi
confondono spesso con Tifone, fu anchegli fulminato e sotterralo sotto la
stessa montagna. Come si vede, se sussiste qualche leggera variante fra queste
due finzioni, ci dovuto a che l'ima stato imitata dallaltra, ma rivestita
alla greca.
Dopo tale vittoria, Giove regn in pace. Tutti gli Dei e le Dee vi presero
parte: come pure lo stesso Ercole, figlio d'Alcmena, il qnale atterr a colp
d frecce, parecchie volle il terrbile Alcioneo. Apollo accec l occhio sinistro
al Gigante Eldilo, ed Ercole l occhio destro. Mercurio avendo preso il casco
di Plutone, uccise I ppolito; e Bacco messo in pezzi durante il combattimento,
ebbe la fortuna dessere ritrovato da Pallade.
Apollo cant. Bulla sua lira, questa vittoria, vestito di color di porpora.
Se questo dettaglio non allegorico, non concepisco la ragione per la quale
ei si spinti a mettere in evidenza precisamente il colore di questo abbiglia
mento di Apollo. Non s certo voluto alludere al Sole celeste, poich esso non
color di porpora. L'Autore di questa allegoria fa dunque allusione ad un
altro Apollo, ed io non ne conosco altro vestito di questo colore, se non lA
pollo. od il sole, o loro dei Filosofi Ermetici. Ed era ben naturale fingere che
cauta questa vittoria clic significa la fine dell'Opera, ed il risultato dei lavori
Ermetici, sicch egli annunzia che tutte le difficolt che sopponevano alla
perfezione dell'Opera, sono stale sormontate: perci il solo clic cant tale
vittoria, sebbene tulli gli altri Dei ne la presenziarono. I principati fra questi
furono: Ercole o lArtista, Mercurio o il Mercurio dei Filosofi, Vulcano e
Vesta o il fuoco. Pallade o la prudenza e la scienza per condurre le operazioni;
Diana, sorella dApollo, od il color bianco il quale deve apparire prima de!
rosso, e che perci simbolicamente ha fatto dire che Diana aveva servito da
levatrice a sua madre I.alona nel mettere al mondo Apollo: infine il Dio
Marte od il color ruggine, il quale serre da intermediario e di passaggio dal
bianco al purpureo.
Vesta non essendo altra cosa se non il fuoco, e poich la riuscita dellOpera
dipeude dal regime del fuoco Filosofica, a buona ragione s finto clic questa
Dea procur la Corona a Giove: e se essa scelse la verginit quale ricompensa,
lo fu perch il fuoco senza macchia, ed ci che di pi puro vi sia al mando.
Da ci facile constatare che per quaulo riguarda Vesta, lauto presso gli Egizi
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quanto presso i Greci, questa Dea costituiva un puro geroglifico; ma i Ro
mani ne fecero un punto di Religione. Essi istituirono delle Vergini chiamate
Vestali, le quali dovevano custodire la loro verginit e mantenere un fuoco
perpetuo. Erano punite con la morte se si fossero lasciate corrompere, o se
per loro negligenza il fuoco venisse a spegnersi.
Lo stratagemma che Giove impieg per godere di Giunone, ed il matri
monio che ne segni, sarebbe un racconto per allettare dei fanciulli, se Io si
volesse prendere alla lettera: ma cos non se lo si guarda dal suo vero pitulo
di vista e cio per la cosa alla quale esso allude. D cuculo depone le sue
uova nel nido degli altri uccelli, e questi covano queste uova, e nutriscono i
piccoli cuculi che ne schiudono; quando poi diventano grandi essi divorano
quelle che li hanno covati e nutriti. Ora, sarebbe ben ridicolo supporre uua
tale ingratitudine fra gli Dei e le Dee: ma in una allegoria si pu fingere tutto
ci che si vuole, le quante volte quello che vi sinserisce conviene perfetta
mente alloggetto che si ha di mira. E questa allegoria conforme a tutte
quelle dei Filosofi adoperate in simili casi. Raimondo Lullo Besprime in questi
termini: a II nostro argento vivo causa della sua propria morte, poich si
uccide da se stesso, e nel contempo uccide suo padre e sua madre, cavando
loro l anima dal corpo, e ne beve tutta la loro umidit t>. Basilio Valentino,
nella sua 12. Chiave, ci presenta lallegora di un Cavaliere che prende il
sangue di suo padre e di sua madre. Michele Majer, nei suoi emblemi, rappre
senta un rospo il quale succhia la mammella duna donna, sua madre, e le d
la morte mediante il suo veleno.
Inoltre, Giove era fratello di Giunone, ed il matrimonio filosofico non pu
farsi se non tra fratello e sorlla, secondo ne testimonia Aristco, nella Turba,
che scrve: a Signor Re, per quanto siate Re, ed il vostro paese sia ben fertile,
nullameno usate cattivi regimi in questo paese; perch voi congiungete i
maschi con i maschi, e sapete che i maschi non generano da soli, perch ogni
generazione prodotta dal maschio e dalla femina: e quando i maschi si con
giungono con le donne, allora la Natura fruisce nella sua natura. Come
dunque, quando congiungete le nature con le indebitamente estranee, e non
come le si appartiene, sperate di generare qualche frutto? Ed il Re disse:
qual la cosa conveniente a congiungere? Gli risposi: conducetemi vostro
figlio Gabertino e sua sorella Beva. Ed il Re disse com che tu sai che il nome
di sua sorella Beya? Ritengo che tu sia un Mago. Gli dissi: la scienza e l'arte
di generare ci hanno insegnato che il nome di sua sorella Beya. E per quanto
essa sia femmina, lo migliora perch essa in lui. Ed il Re disse: perch tu
la vuoi? Gli risposi: perch non pu farsi vera generazione senza di essa, n
alcun albero si pu moltiplicare. Allora egli ci mand la detta sorella chera
bella e bianca, tenera e delicata. Ed io dissi: congiunger Gabertino con
Beya .
Qui sarebbe il luogo adatto di spiegare come Giove ed i suoi due fratelli
Nettuno e Plutone si divisero tra di loro l Impero del Mondo. E tralasciando
il vano lavoro degli Storiografi e Mitologi, bene tener conto solo di quanto
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ne tramandarono solamente Esiodo ed Omero a tale riguardo. Torno ad affer
mare che queste tre Deit vanno considerate ermeticamente, e perci nella
divisione dell'Impero del Mondo ben natnrale che Giove in effetti ne 3
dominante ed il pi elevato, poich occupa il cielo filosofico. Nettuno vien
dopo, e domina sul mare od acqua mercuriale, la terra che galleggia, in dove
Giove segue le minime impressioni dei movimenti di detta acqua; ci che a
buon diritto ha fatto dare a Nettuno 3 nome di: quassator terme. Queste
impressioni si'comunicano anche molto facilmente alla terra che trovasi sul
fondo del vaso, ed alla quale abbiamo precedentemente dato, conformemente
ai Filosofi, 3 nome di Plutone. Perci non deve destare sorpresa che Omero
finga che questo Dio degli I nferni risenta con spavento gli scuotimenti della
Terra che Nettuno provoca. Orbene, se spiegazioni cos semplici come queste
non soddisfano uno spirito esente da prevenzioni, non so pi se sia opportuno
cercarne delle altre.
Ma perch la sua convinzione sia completa, facciamo alcune riflessioni sulla
maniera come gli Antichi rappresentavano Giove. Sembra che quegli che
fece quel Giove Olimpico sul suo trono, e del quale ne parla Pausania, ha
voluto mettere innanzi ai nostri occhi tutto quanto si svolge nel processo
dell'Opera. Perch questo trono brilla tutto d'oro e di pietre preziose? Ed
fatto d'ebano e d'avorio? Perch Giove stesso e la Vittoria sono fatti sn
idi'essi davorio e d'oro? Perch il suo scettro composto dalla riunione di
tutti i metalli? Perch, infine, Giove rappresentato con la parte superiore
del suo corpo nuda, mentre la parte inferiore coperta da un mantello sul
quale sono dipinte ogni sorta danimali e di fiori?
Che 3 Lettore si prenda la pena di confrontare questa descrizione con
tutto ci che sino ad ora abbiamo detto dell'Opera, e non avr difficolt a
riconoscere neU'ebano, l avorio e loro, i tre colori principali che sopravven
gono alla materia durante le operazioni del Magistero; vale a dire: il nero,
eh la chiave dellOpera, ed ecco perch questo colore dominava nel trono
di Giove; U bianco rappresentalo dallavorio, ed il rosso od oro filosofico,
rappresentato dalloro. Gli altri colori meno permanenti, i quali si manife*
stano separatamente ed intermediariamente, sono simboleggiati dai differenti
animali e dai vari colori dei diversi fiori pittati sul mantello. A colpo docchio,
l'insieme formava nel contempo una specie d'arco baleno, che designava
l'unione dei colori, che i-Filosofi chiamano: la coda di pavone. E dato che
questiride Ermetica appare nel tempo che il Giove dei Saggi comincia a
mostrarsi, si ebbe cura di marcare questa variet di colori, con gli animali
ed i fiori dipinti sul suo manto, e che non gli copriva, di conseguenza, se non
la parte inferiore. La parte supcriore del corpo venne rappresentata nuda
perch il color grigio o Giove si manifesta dapprima alla superficie, nel men
tre che il basso o il disotto ancora nero, vale a dire coperto dal mantello
colorato come la coda di pavone. La vittoria davorio e doro indica quella
che il corpo fisso ha riportata sul volatile, U quale gli aveva mosso guerra
dissolvendolo, putrefacendolo mediante la negrezza, e volatizzandolo. La co-
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rolla d'ulivo la corona della pace, la quale designa la riunione del fisso e del
volatile in un sol corpo fisso, in modo die diventano inseparabili; perci
Giove, dopo la vittoria sui Giganti, non ebbe pi alcun nemico da combattere,
e regn perpetuamente in pace. Ma niente comprova meglio il mio sistema
d'interpretazione, quanto lo scettro di Giove fatto dalla unione di tulli i me
talli, e sormontato da un'aquila. La volatilizzazione che ai effettua della parte
fiumi od aurifica, poteva essere meglio e pi precisamente indicata se non
dallaqnila che rapisce Ganimede, per servire da Coppiere a Giove? Dato che
occorre tener presente che detta volatilizzazione inizia dal momento nel quale
comincia a regnare il color pigio. Dette parti volatilizzate ed aurifiche, le
quali ricadono sotto forma di rugiada o di pioggia dorata sulla terra, o crema
pigia, la quale galleggia, non sono forse ben espresse dal nettare e dall'am
brosia che Ganimede versava a Giove? E ci perch l'acqua mercuriale
volatile della stessa natura dell'oro filosofico volatilizzato, e per conse
guenza queste due cose sono immortali, cosi come l'oro incorruttibile.
L'una dunque rappresenta il nettare a la bevanda, e laltra: lambrosia od
il cibo immortale degli Dei. Si scelse l'aquila fra i tanti uccelli, sia a cagione
della sua superiorit su gli altri volatili, sia anche per la sun forza e voracit
poich distrugge, mangia, dissolve e trasforma nella propria sua sostanza
lutto ci chessa divora. Si vuole anche ch'essa sia unica fra tulli gli animali
che possa guardare fissamente il Sole senza sentirsi costretta ad abbassar te
palpebre, e ci forse alludendo a) mercurio dei Filosofi il quale l'unico
volatile elle possa intaccare l oro, aver presa su d esso, e dissolverlo radi
calmente. '
l a scettro di Giove il simbolo dei metalli filosofici ai quali alludono i
metalli volgari, con i quali lo scettro composto. Detti metalli vi si trovano
riuniti, ma distiniti l uno dall'altro, cosi come i colori delia materir si mani
festano tutti successivamente, per produrre una cosa sola, o lo scettro di
Giove, seguo distintivo della Regalit c del suo Impero. Rincresce che Puu-
sania non abbia aggiunto alla sua descrizione l'ordine secondo il quale si
seguivano detti metalli nella formazione delio scettro, ma io sono convinto
che vi si vedevano messi nella stesso ardine successivo dei colori dell'Opera;
vale a dire: il piombo, o Saturno, od il color nero nella parte bassa dello
scettro; poi Io stagno, o Giove, od il color grigio; indi largento, o la I.una,
od il color bianco; dopo di questo il rame, o Venere, od il colore giallo
rossastro e zafferanato; il ferro, o Marte, od il color ruggine veniva certa
mente dopo; ed infine l oro, od il Sole, o il color porpora. Tutto il seguito
della descrizione saccorda molto bene al mio sistema perch la mia spiega
zione non sia fondata. Del resto lo scettro di Giove Olimpico non era la sola
cosa che gli Antichi facevano con nn elettro composto di tutti i metalli. Gli
Egizi rappresentavano Serapide nella stessa maniera, c vi aggiungevano an
che del legno nero, come quello che sadoperava per il trono di Giove Olim
pico. Tutti gli Archeologi sanno che per Serapide, s'intendeva Giove, <- ci
a ragione; poich il bue Api, dopo la sua morte, prendeva il nome di Sera-
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pide, cos come il color grigio o Giove appare dopo il color nero, al qoale i
Disrrpol dErmete hanno molto spesso dato il nome d: morte, sepolcro,
distruzione, ed hanno inventalo delle allegorie conseguenti a tali appellativi,
cosi come lo si vede nelle opere del Flamel, di Basilio Valentino, di Tomaso
\orllion e di tanti altri.
Infine, per concludere questo capitolo, sottopongo al Lettore ci che
Ariefio, nella sua Arte secret., scrive dei colori, affinch egli possa control
lare se l'applicazione da me latta, sia giusta, a Per ci che n' dei colori,
colui die non conosce la negrezza, non sapr imbianchire, perch la negrezza
1 coniinciamento della bianchezza, ed la caratteristica della putrefazione
c dellalterazione, ed allorquando appare una testimonianza che il corpo
gi penetrato.CL_ntortificalo. Ecco come la cosa si svolge. Nella pntrefnidnne
che si compie nella nostra acqua, appare primieramente una negrezza che
rassomiglia ad un brodo grosso sul quale sia stato buttato molto pepe, ed in
segnilo questo liquore si rapprende diventando come una terra nera, indi
insensibilmente va imbianchendosi continuandone la cottura; ci proviene
dal che t'anima del corpo galleggia sull'acqua come una crema, la quale
diventata bianca, gli spiriti 'uniscono tanto tenacemente da non potere pi
sfuggirsene, avendo perduto la loro volatilit. E perci che per tutta lOpera
non v' che da bianchire il fazione, e lasciar da parte tutti i libri onde non
rimanere imbarazzati dalle loro letture e dalle immaginative contenute negli
stessi, e da lavori inutili e dispendiosi: perch questa bianchezza la pietra
perfetta al bianco, ed un corpo nobilissimo per la necessit alla quale serve,
e cio di convertire i metalli imperfetti in purissimo argento, essendo una
tintura d'una bianchezza esuberantissima, la quale li rifa e li perfeziona,
e clic possiede una lucentezza brillante la quale, unita ai corpi dei metalli
imperfetti, vi si stabilizza per sempre senza poterne essere pi separata.
uTu devi quindi fermarti qui a considerare che gli spirili non sono af
fatto rrsi fissi se limi uri rutor bianco, il quale di rouseguenza il pi
nobile del colori che lo hanno preceduto, color bianco che bisogna augu
rarsi che appaia, dato clt'esso, in qualche modo, ed in parte, il compi
mento di tutta l'Opera: poich la nostra terra si putrefa primieramente
nella negrezza, indi s purga elevandosi e sublimandosi, e dopo ch' dissec
cala. la negrezza scompare, ed allora essa diventa bianca, e per tal modo
la dominazione umida e tenebrosa della femmina o dellacqua finisce. E
allora che il nuovo corpo risuscita trasparente, bianco ed immortale, vitto
rioso di tulli i suoi nemiei. E nello stesso modo che il calore agendo sul
l'umido, produce la negrezza od il primo colore principale che si manifesta,
lo stesso calore continuando la sua azione ed agendo sul secco, produce
anche la bianchezza, la quale la seconda colorazione principale ileUOpera.
Ed infine il calore agendo ancora sul secco, produce il color aranciato, ed
in seguito il rossastro, cli' il terzo ed ultimo colore del Magistero perfetto >,
Questo testo di Artefio ci mostra ebbramente perch s'immolavano a Giove
le capre, le pecore ed i lori bianchi. Questi differenti colori spiegano nel
- 187 ~
contempo le divene metamorfoai di Giove, e che un antico Poeta ha riunito
nei dne seguenti versi:
a Fit laurus, cygnus, satyruique, aurumque ob amoretti
Europae, Laedes. Antiopae, Danaes b.
GIUNONE
Nei due capitoli precedenti abbiamo detto qualche cosa di Giunone; ma
nna cosi grande Dea merita davvero un completo svolgimento della sua storia,
poich il suo matrimonio con Giove, suo fratello, la rese una delle pi grandi
Divinit del Paganesimo. Essa era figlia di Saturno e di Rea, e sorella gemella
di Giove. I Greci la chiamavano Hera o Megalea, la Padrona, la Grande.
Omero cinsegna chessa fu nutrita ed allevata da Oceano e da Teli, sua
moglie; altri dicono da Eubea, Ponimna ed Aerea, figlie del fiume Aste-
rione; altri infine pretendono che le Ore presiedettero olla sua educazione.
Omero la dice nata ad Argo; ma gli abitanti di Samo disputavano detto
onore a quelli di Argo; ed perci che la si appellava indifferentemente:
la Samica e l Argolica; per, dato chessa era sorella gemella di Giove, do
vette necessariamente nascere nello stesso luogo di nascita di questo suo
fratello.
Qhc sIo fratello che l aveva amata sin dalla prima giovinezza, sent ac
crescersi lamore con l et, e pensando al modo come goderne di essa, si mut
in cuculo, come dicemmo,'soddisfece la . propria passione, ed indi la spos
solennemente. Ne ebbe un figlio chiamato Marte, e secondo Apollodoro:
Ebe, Illitia cd Argeo. Esiodo sii d quattro figli: Ebe, Venere, Lucina e
Vulcano; altri vaggiungono Tifone; e Luciano, nei suoi Dialoghi, dice che
Giunone fu madre di Vulcano concepito senza contatto di uomo. Questi
Mitologi hanno anche trattato allegoricamente queste generazioni, ed hanno
finto che Giunone divenne madre di Ebe per aver mangiato delle lattughe;
di Marte, toccando un fiore; e di Tifone, facendo sortire dalla terra dei
vapori chessa raccolse nel suo Beno.
Giove e Giunone non fornirono lesempio duna dolce unione, e d'un
matrimonio pacifico, poich quasi continuamente erano liti e lotte fra di
loro. Giove era molto dedito alle donne, ed inoltre non subiva pazientemente
i gelosi rimproveri di Giunone, sicch la maltrattava in tutte le maniere
sino al punto di sospenderla in aria per le braccia mediante una catena
doro e legandole ad ogni piede un'incudine. Gli Dei ne rimasero indignati,
e fecero tutto il possibile per liberarla; ma non vi riuscirono. Lisimaco
Alessandrino riferisce che nelle vicinanze di Argo cravi una fontana chiamata
Canato, nella quale si bagnava una volta lanno Giunone, per ricuperarvi
ogni volta la sua verginit.
Giunone aveva al suo seguito quattordici Ninfe, ma fra queste la sua
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preferita era I ride. Giunone venne anche ritenuta quale Dea delle ricchezze;-
e le promesse che fece a Paride, onde deciderlo a che costui la preferisse
nel suo giudizio, allorquando essa gli si present unitamente a Pallade ed a
Venere, ne costituiscono valida prova.
Tra gli uccelli, il pavone era particolarmente consacrato a Giunone, a
cagione certamente, dicono alcuni Mitologi, che questa Dea lo scelse prefe
ribilmente per mettere sulle penne della sua coda gli occhi dArgo, dopo
che costui venne ucciso da Mercurio. Anche il papero era uno degli uccelli
sacri a Giunone, c fra i quadrupedi la vacca bianca, e ci certamente perch
presso gli Egizi la vacca era il simbolo geroglifico di Giunone.
Comunemente Giunone veniva rappresentata seduta, vestita, con un velo
che talvolta le copriva la testa ma non il volto, e con uno scettro in mano;
ma l'attributo dello scettro molto raro, mentre pi sovente reca una specie
di pungolo; come pure la si vede recante una patera. Ma generalmente le
immagini di Giunone non tanto facilmente si distnguono da quelle delle
altre Dee. I) pavone e la patera sono i suoi specifici attributi, cosi come
laquila ne quello di Giove: perch tutti gli altri dipendono comunemente
dal capriccio dellArtista o di colui che ha ordinato il lavoro.
Le spiegazioni da me date di parecchi dettagli della storia di Giove, sve
lano una parte di quella di Giunone; e quando si conosce ci rhera questo
Dio, sindovina facilmente ci che poteva essere sua sorella gemella. Dei
Mitologi, quelli che hanno pensato che il nome Hera di questa Dea, era una
semplice trasposizione di lettere della parola ter, e che per conseguenza
Giunone e laria erano una stessa cosa; quelli, dico, si sono maggiormente
avvicinati al vero. Orfeo, nel suo Inno a Giunone, facilita tale ioterprrlra-
zione, cosi come Virgilio nel IV dell'Eneide quando dice che Giunone susci
tasse la grandine e la folgore.
Ma coloro che, secondo Omero, presero cura delleducazione di Giunone,
indicano quale aria devesi intendere per questa Dea: e cio: Oceano e Tcti,
vale a dire: lacqua. Le tre Ninfe che altri vi sostituiscono, significano la
stessa cosa, poich le dicono figlie del fiume Asterionc, ed inoltre con i loro
nomi dette Ninfe designano pi particolarmente detta arqua dato il nome
del loro padre; del resto noto che Oceano c Teli erano considerati quali Dei.
Dunque, poich Giunone sorella gemella di Giove, non ha potuto nascere
se non nello stesso tempo.' Quindi, dato che l aria che si trova nel vaso al
disopra della materia dissolta, si riempie di vapori che se nelevano, durante
il tempo nel quale il Giove filosofico si forma, era ben naturale di personi
ficare anche delta umidit vaporosa ed aerea; dunque a della umidit vola
tile e sempre in movimento, sospesa nullameno allalto del vaso, e come pog
giala sulla terra che galleggia l'acqua mercuriale; che s giudicato opportuno
di dare il nome di Hera, o sorella di Giove.
Parecchi Mitologi anche considerando la storia di Giunone quale allegoria
della Fisica, non hanno mai considerato questa Dea quale l aria presa per
s stessa, bens per l umidit sparsa nella stessa. Oceano od il mare dei
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Filosofi con Teli sono dunque veramente quelli che presero cura dell'edu
cazione di Giunone, poich fornirono di che sostentarla, con le parti vola
tili che se ne sublimarono. D nome della Ninfa Aerea, che deriva da <Txpo;
summus, excelsua, indica che Granone trovavasi in un luogo elevato.
Giove e Giunone nati insieme e stando sempre vicino l'uno all'altro, non
desta sorpresa che il fratello abbia amato la sorella dalla prima giovinezza.
Data la loro situazione nel vaso, erano come inseparabili; questa tendenza
si accrebbe in modo cos accentuato che infine decisero di sposarsi. I Filosofi
parlano spesso di matrimonio tra fratello e sorella, il Re e la Regina, il Sole
e la Luna, ecc.
Le discordie che sorgono da questa unione, sono dovute alla gelosia di
Citinone. E come mai, in effetti, essa non sarebbe stata suscettibile di una
tale folle passione? Giove si trovava continuamente tra la sua sposa ed alcune
Ninfe; vale a dire, tri i vapori umidi dellaria rinchiusa nellalto del vaso,
e l'acqua mercuriale sitila quale galleggiava, ed anche le parti pi pure che
selevavano dal fondo del vaso per unirglisi. Spiegheremo quanto riflette
queste Amanti di Giove, parlando dei figli. Ma le andate, i ritorni di questa
sposa gelosa non simboleggiano abbastanza bene i differenti movimenti della
detta vaporizzazione?
Giove stanco dei suoi rimbrotti, la sospese in aria, nella maniera che
dicemmo. L'oro filosofico volatilizzato costituiva la catena che manteneva
sospesa questa Dea. Invano gli altri Dei vollero metterla in libert, non vi
riuscirono, perch questa catena doro volatilizzato, si svolge senza interru
zione sino a che venga a riunirsi a Giove, con detta umidit. Allora si fa la
pace tra il fisso ed il volatile, cio tra Giove e Giunone. Le incudini eh'essa
aveva ai piedi, sono il vero simbolo del fisso a riguardo del loro enorme
peso, che li rende stabili e fissi nella situazione nella quale li ai mettono.
Si suppose naturalmente che quel peso delle incudini tirava Giunone verso
la terra, onde designare la virt calamitatrice della parte fissa, che attira a
s la parte volatile, e con la quale, infine, si unisce.
Lisimaco Alessandrino e Pausonia ci riferiscono che il ricupero della ver
ginit di Giunone nella fontana Canaio, costituiva un segreto che non veniva
svelato se non esclusivamente a coloro che venivano iniziati ai misteri.
Orbene, questo segreto era quello di questa vergine filosofica, questa vergine
alata o volatile, la quale, secondo l'espressione di molti Filosofi, conserva la
sua verginit malgrado la 9ua gravidanza, allorquando ben lavata. A tale
riguardo il dEspagnet, nel suo canone- 58, scrive: a Recipe lirginem atutam,
optime tolam et mundatam semine spirituali primi masculi impraegnalam.
intemeratae virginitatis gloria remanente gravidam o.
Giunone, sebbene vergine, ebbe parecchi figli, fra i quali qualcuno non
ebbe Giove per padre. La nascita di Tifone si spiega da s stessa, poich non
era certo possibile che i vapori che s'elevano dalla terra filosofica, non fos
sero accolti nel seno di quelli che gi volteggiano nel sommo del vaso. Degli
altri ne parleremo in opportuno luogo.
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Gi ni nata perch Giunone era ritenuta quale Dea delle ricchezze. La
catena d'oro alla quale venne sospesa, il fuoco filosofico o solfo ch'esse
gener do Giove, Cuna e l'altro sono la sorgente di queste ricchezze: e le
quattordici Ninfe le quali accompagnano questa Dea, simboleggiano i mezzi
ch'essa impiega per pervenire a questo scopo, vale a dire: le parti volatili
acquose, sublimate sette volte in ciascuna delle due operazioni. Se I ride
la Ninfa favorita, lo per la stessa ragione che fece dare la preferenza al
pavone, per mettere sulla sua coda gli occhi d'Argo, e che i colori dell'ar
cobaleno sono ben pi manifesti e meglio distinti nell'Opera, che non lo
siano le altre parti volatili.
Infine, si possono vedere Giove e Giunone in Osiride ed Iside, dato che
gli Egzi li dicevano ugualmente figli di Saturno. Giove sotto il detto color
grigio, ini fuoco nascosto, cosi come una scintilla sotto la cenere; lui che
come Osiride, anima tutto nell'Opera, e d la vita a quell'amore clic tutto
produce per suo mezzo. E da lui che nasce Vulcano, o la miniera del fuoco
celeste, che ha fallo dire che questo Dio zoppo forgiava le armi e le suppel
lettili di Giove e degli altri Dei. La natura acquosa di Giunone indicata
dalla patera che le si conferisce quale attributo, come pure dal pavone,
poich i colori variati della sua coda, manifestandosi sulla materia, provano
che la stessa si dispone alle volatilizzazione, e ch digi dissolta; e ci an
nunzia la comparsa o presenza di Giunone.
PLUTONE E LINFERNO DEI POETI
L'idea dellInferno nata in Egitto, e ci sulla testimonianza di Diodoro
Siculo, che nel L. I , c. 36, scrisse: a Orfeo port dall'Egitto in Grecia la
completa favola dellI nferno. I supplizi dei ratlivi nel Tartaro, il soggiorno
dei beali nei Campi Elisi, ed altre simili idee, sono evidentemente attinte
dai funerali degli Egiziani. Mercurio, conduttore delie anime presso i Greci,
reno la riproduzione d'un uomo al quale, anticamente, si consegnava l
corpo d'un Api morto, perch lo consegnasse a sua volta, ad altro individuo
che lo riceveva avendo una maschera con tre teste, come quella di Cerbero.
Orfeo avendo propalato questa pratica in Grecia, Omero ne us nella sua
Odissea dicendo:
a Con il tuo caduceo, alle rive tlei metti fiumi,
Mercurio aveva condotto le ombre degli Eroi n.
Il termine anticamente che Dtodoro adoprra, potrebbe far supporre con
ragione che non era un uso del suo tempo, ma che egli avesse appreso e
raccontalo tutto ci clic ne dice, sulla fede d'una tradizione popolare, ed
alla quale non bisogna annettere molta importanza.
Ma, come sempre, dobbiamo attingere l idea del favoloso Inferno dai
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Padri delle Favole. Pu darsi che Orfeo abbia preso lo spunto dai funerali
degli Egiziani, per formare la sua allegora dellI nferno, e compone la sua
favola secondo il gusto dei Filosofi i quali, come lui, hanno composte le
loro sui sepolcri e sulle tombe; testimoni Nicola Flamel, Basilio Valentino,
e tanti altri; ma questo l'abbia concepito senza lo scopo di riferirsi a fune
rali veri, sebbene ai finti ed allegorici quali quelli della Grande Opera.
Dato chegli aveva attinto in Egitto il concetto della immortalit dell'anima,
pu darsi ch'abbia voluto dare sfogo alla propria immaginativa sullo stato
nel quale la stessa sarebbe venuta a trovarsi dopo la morte. Ma nulla ci
vieta dammettere clic l'idea che Omero e la maggior parte dei Poeti ci
danno del soggiorno di Plutone, non sadatti benissimo a ci che si verifica
nelle operazioni della Grande Opera. Vi si riscontra perfettamente la dif
ferenza degli stati della materia, come si vedr quando spiegheremo la di
scesa dEnea allI nferno. -
Non bisogna separare l idea del Regno d Plutone da quella dellInferno,
del Tartaro e dei Campi Elisi. Le tenebre tristi e nere toccarono in sorte
a Plutone nella divisione che i tre fratelli fecero deHUniverso. Ma quali
erano queste tenebre? Ce lo fa conoscere lo stesso Omero nella sua Iliade,
L. 8, v. 13 e seguenti; ed anche nella sua Odissea. E un luogo tenebroso,
un abisso profondo, nascosto sotto terra, circondato dalle paludi limacciose
del Cocilo c del fiume Flegetone. La descrizione che ce ne fanno i Poeti,
presentano ai nostri occhi spettacoli tristi, orribili e spaventevoli. E bisogna
attraversare tutto ci per arrivare al Regno di Plutone, ove non vi si perviene
se non vi si condotti da una Sibilla.
Si ammette, ormai, clic queste descrizioni sono delle pure finzioni, e
quindi s riconosce che anche il Regno di Plutone favolosa. Vediamo
intanto quale rapporto pu avere Plutone con la Filosofia Ermetica.
Un antico Poeta lasci scritto che per Giove, s'inlcndeva anche Plutone,
il Sole e Dioniso:
a Jupiter est idem, Pfui o, Sol et Dionysus a.
Se Plutone ulta sles-a cosa coll Giove, In storia di questi essendo un'alle
goria chimica, pure quella di Plutone non pu mancare dallessere simile;
tua la differenza consister che quella che riflette Plutone fa allusione a
qualch'allra parte dellOpera, e perci s finto che Plutone era figlio di
Saturno p di Rea.
Stralicile dice che Plutone era il Dio delle ricchezze. Giunone, sua so
rella. tic rra la Dea: e Giove stesso ne era considerato quale il distributore.
Ma tulio ci inette li evidenza l ntimo rapporto clic avevano insieme. Fin
litui gli Dei, Plutone il solo che sia rimasto celibe, poich la sua grande
deformit lo faceva schivare da tutte le Dee. Nullameno egli rapi Prosci pina,
e la fug Ilei suo carro al quale erano attaccali ilei cavalli neri, sino al fiume
Geninro, c di li nel suo Regno, cosi come lo si pu leggere uelPopera che
Claudiana scrisse sii tale ratto. I l loro era la sua vittima; c generalmente
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tane le vittime che 'immolarono alle Divinit I nfernali, erano nere, e gli
desai Sacerdoti che campivano il sacrificio, dorante la cerimonia vestivano
di nero, come ce ne informa Apollonio di Rodi. Strabono riferisce (die nelle
rive del fiume Ceralo, dove si celebravano le feste dette Pont Borie, selevava
nn altare comune a Plutone e Pallade, e ci per una ragione misteriosa e
segreta, che non volevas punto divulgare al popolo. Questo Dio spesso, in
luogo dello scettro, portava delle chiavi.
Questo attributo distintivo che trovasi nei monumenti che rappresentano
Plutone, dato l idea che ci si d del tenebroso Impero, non poteva certo
meglio simboleggiarci la terra filosofica nascosta sotto il eoior nero, e chia
mata: Lo chiave dell'Opera, poich esso ai manifesta sin dal cominciamento.
Questa terra che si trova i [ondo del vaso, quella che tocc in sorte
nella divisione dellUniverso, a Plutone, il quale in conseguenza fu chia
mato il Dio delle ricchezze, perch detta terra la miniera dellOro Filo
sofico, del fuoco della Natura, e del fuoco celeste. Ci ha fatto dire che
Plutone soggiornava sui monti Pirenei che gli antichi ritenevano fertili di
miniere doro e dargento. Inoltre, lo stesso nome di Pirenei esprimeva
perfettamente lidea dei fuoco prezioso delia terra filosofica, poich parrebhe
derivare da = (gius, e da atvui laudo. Delta qualit ignea di Plutone
gli fece innalzare un altare comune con Pallade per la stessa ragine che
questa Dea ne aveva anche uno comune con Vulcano e Prometeo.
Stabilito nell'I nferno, cio la parte inferiore del vaso, Plutone era di
sprezzato quasi dalle Dee le quali soggiornavano in compagnia di Giove
nella parte superiore del vaso. Si vide quindi nella necessit di rapire Pro
serpina, nel modo che spiegher nel libro seguente. H sito del Regno di
questo Dio fece fingere che Egli si precipit con Proserpisa in {ondo ad un
lago, e ci perch detta terra filosofica dopo essersi sublimata alla super
ficie dellacqua mercuriale, in effetti si precipita al fondo donde sera ele
vata, ed allorquando pervenuta al color bianco indicato dal nome d Per*
sefone o Proserpina. I l toro era consacrato a Fintone per la stessa ragione
che il toro Api lo era ad Osiride, poich il nome di questi significa: un fuoco
ascoso, e Plutone ne la miniera. Si vedr cosa bisogna intendere per Cer*
beni e per gli altri mostri dellInferno, nel capitolo della discesa drcole
in questo soggiorno tenebroso, t nelle spiegazioni che forniremo d quella
dEnea alla fine del sesto libro.
NETTUNO
Gli Antichi ed i Moderni sono ugualmente divsi in merito all'idea che
si deve avere di Nettuno. La maggioranza io considera come un Essere
Fisico od una Divinit naturale che designa lacqua sulla quale presiedeva.
I Filosofi Stoici ammisero che questo Dio era unintelligenza diffusa nel
Mare, cosi come Cerere era quella delia Terra: ma Cicerone confessa chegli
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non concepiva, anzi nemmeno riusciva a congetturare ci che poteva essere
detta intelligenza. Se prestiamo fede ad Erodoto, i Greci non ricevettero
affatto questo Dio dagli Egizii i quali lo ignoravano, ed anche dopo che lo
annoverarono fra i loro Dei, non gli resero alcun culto. Ma secondo lo stesso
Erodoto, i Libi l'ebbero sempre in grande venerazione.
Nettuno, figlio di Saturno e di Rea, ebbe per moglie Anfitrite, figlia del
l'Oceano e di Dori, e dalla quale e dalle sue concubine, ebbe numerosa
prole. Libia gli diede: Fenice, Pirene ed Io, e per questultima alcuni la
dicono figlia del fiume Inaco; ed questa l Io clic Giove godette ascoso in
una nube. Giunone li sorprese quasi sul fatto, e Giove per sottrarre la sua
Amante al geloso furore di Giunone, mut Io in una vacca bianca. Giunone
la mise sotto la sorveglianza dArgo per spiarne la sua condotta, e dopo che
Mercurio uccise Argo, Giunone le mand un Tafano che talmente torment
I o, che si mise a percorrere mari e terre, sino a quando arrivata infine sulle
sponde del Nilo, essa riprese la sua primitiva forma, e secondo i Greci, vi
fu adorata dagli Egizi sotto il nome d'Iside. Perci Iside recava le corna di
vacca sulta testa, e quindi talvolta la si chiamava la Luna, e talaltra la
Terra. Del resto, la vacca era anche il geroglifico d'I side, cos come il loro
era quello d'Osiride.
Nettuno unitamente ad Apollo e Vulcano costruirono le mura di Troia.
Laomedonte ebe li aveva ingaggiati, avendo rifiutalo di pagare a Nettuno il
salario che era stato convenuto, questo Dio devast i campi e la Citt, e
mand un mostro per divorare Esionc, figlia del detto Re. Questa finzione
sar da me spiegata nella storia delle fatiche drcole.
Lo scettro di Nettuno era un tridente. Questo Dio era portato su una
conca marina tirata da quattro cavalli o da quattro vitelli marini. 1 suoi
occhi erano blu, e le sue vesti dello stesso colore, come pure i suoi capelli.
Gli s'immolavano dei tori.
LOracolo gli aveva decretato questa vittima,, perch dicest che i Persiani
avendo lasciato molli buoi a Corcira, un toro riedendo dalla pastura, si
diresse verso il Mare emettendo spaventevoli muggiti. Il Vaccaro gli tenne
dietro, e vi scorse una prodigiosa quantit di tonni. Egli ne fece avvertire
i Coreiresi i quali si sentirono in dovere di pescarli, ma inutilmente. Allora
i Corciresi consultarono l'Oracolo su tale caso, e l'Oracolo ordin loro (lim
molare un toro a Nettuno. Essi io fecero, ed allora catturarono i tonni.
Cosi racconta Pausarne in Paride.
Altri Mitologi pretendono che immolavasi il toro a Nettuno, chiamando
tale vittima pvxqu'i; a cagione del rumore del Mare clic rassomiglia al mug
gito dei tori. Lo si chiamava anche t ucqo; eppure w(irii; , e le feste che si
celebravano in suo onore: luvotiu.
Si attribnirano a Nettuno terremoti ed i maremoti, e le ragioni ne le
spiegai nel captolo di Giove; ma oltre ad Omero ed Esiodo, anche Erodoto,
1. 7, c. 129, lo chiama ferme quassator.
Si raccontano parecchie avventure galanti sul conto di Nettuno, e per
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riuscire nei suoi amori, spesso ti melamorfizz, seguendo l'esempio di Giove,
suo fratello. Amene nel suo bellissimo ricamo che esegu in presenza di Mi
nerva, vi disegn la storia di tulle queste trasformazioni. Anfitrite sua moglie
gli diede Trtone; dalla Ninfa Fenice ebbe Proteo. Sotto la forma del fiume
Knipo, Nettuno corteggi Ifimedia moglie del Gigante Aloeo, e ne ebbe
Efialle ed Olo, sotto la forma dun ariete, egli sedusse Bisalte; sotto quella
d'un loro, ebbe commercio con una delle figlie dEoo; sotto quella duccello,
cbhe un'avventura con Medusa; prese la forma dun delfino per godere di
Melante; ed iufinc quella di cavallo per trarre in inganno Cerere.
Tritone divenne il Trombettiere ed il Sonatore di flauto di Nettuno. Esso
ebbe una figlia chiamala Trilla, Sacerdotessa di Minerva. Questa Trilla
avendo avuto commercio con Marte, divenne madre di Menalippo. Trtone
concorse efficacemente alla vittorie che Giove riport sui Giganti. Costoro,
sorpresi d sentire inaspettatamente il suono del corno marino che Trtone
faceva echeggiare, immediatamente presero la fuga. I Poeti hanno finto dhe
Tritone aveva figura umana nella parte superiore del suo corpo, e la forma
d'un delfino dalla cintura in gi; che le due gambe formavano una coda
forcuta, rialzata a mo' di crescente lunare. Le sue spalle erano color di por
pora. I Romani mettevano un Trtone al sommo del tempio di Saturno.
Ho parlalo parecchie volte di Nettuno, e a visto perch la si diceva
figlio di Saturno e di Rea. Egli propriamente l acqua od il mare filosofico
il quale risulta dalla dissoluzione della materia. E quindi ragionevole con
siderarlo come il padre dei fiumi, il Principe del Mare, ed il Signore delle
onde. Per la sua natura liquida e fluida, e per la sua facilit di mettersi in
movimento, esso provoca gli scuotimenti tanto della terra che trovasi nel
fondo del vaso, quanto di quella clic gli galleggia. Il vigore e la leggerezza
con i quali corrono i cavalli, hanno indotto i Poeti a fingere che il suo carro
era tiralo da quattro dei delti animali, ed allo scopo d'indicare la volatilit
di quc-sl "acqua, hanno supposto che delti cavalli corressero anche sut flutti
del Mare, e elle questo Dio era sempre accompagnalo da Tritoni c Nereidi,
le quali non sono altro elle le parti acquose, da vq; = humidus. Avendo
osservato che delta acqua filosofica aveva un colore tendente al blu, per la qual
ragione la si disse acqua celeste, i Poeti Filosofi hanno fnto che Nettuno
nova i capelli gli occhi ed il vestimento blu. La sua leggerezza, malgrado
il suo peso, vale a dire la sua volatilit, malgrado la sua densit, fece dire a
Rea che s'era sgravala d'un puledro, e diede lo spinti alla sua metamorfosi
in cavallo, allorch volle ingannare Cerere o la terra filosofica; poich si
hi allusione alla leggerezza del cavallo durante la sua rorsa, malgrado la
pesatile massa del suo eorpu. Per la stessa ragione s' finto il suo cambia
mento in ueeello. E' noto ci che simboleggia il toro, ed una spiegazione
spesso ripetuta annoierebbe.
In quanto a Tritone, la sua forma c la sua nascila indicano abbastanza
eh'esso ci clic risulta dall'acqua filosofica; la sua coda forcuta a forma di
crescente lunare, designa la terra filosofica bianca, o la. Luna dei Filosofi,
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ed il color porpora delle sue spalle indica il colore che sopravviene alla
materia dopo 3 color bianco. Se si dice che Tritone fu causa della vittoria
che Giove riport ani Giganti, lo si simboleggia perch questo Dio non
tranquillo n pacifico possessore del suo. Trono, se non dopo che la materia
pervenuta al bianco, e che comincia a cessare d'essere volatile.
I n alcuni tempi delle operazioni, a misura che l Opera si perfeziona,
l acqua dei FUosofi diventa rossa, in tal caso sorge lallegoria che Nettuno
si congiunge alla Ninfa Fenice, cos detta da <poivi pur pura, punicea* color.
Proteo nasce da questa unione, questo Proteo le metamorfosi perpetue del
quale sono 3 vero simbolo delle trasmutazioni che i Filosofi affermano so
pravvengano alla materia del Magistero. E certo per questa ragione che
l Autore degli limi attribuiti ad Orfeo, diceva che Proteo era 3 principio di
tutti i misti:
a Gestantem clave* pelaci te maxime Prolheu
Prisce loco, a quo naturae primordio primum
Edita sant, forma* in multa* vertere notti
Materiam sacram pruderli, venerabilis, atque
Concia sciens, quae sint, fuerinl, ventura trahuntur. n
Omero si spiega nello stesso senso nel quarto libro dellOdissea:
Concussi! cervice jubas leo factus, et inde
Fit draco terribilis, moda sua, modo pardalis ingens,
Alticoma aul arbori nane frigida defluii onda,
Nunc ignis crepitai, s
Tutte queste metamorfosi delle quali parla Omero, si adattano benissimo
alla materia dei Filosofi, poich questi Discepoli dErmete le hanno dato
gli stessi nomi che il Poeta concede a Proteo, poich essi hanno fatto allu
sione, tanto ai differenti colori chessa assume, quanto ai diversi cambia
menti che adotta nel corso delle operazioni.
Essa chiamata leone, quando pervenuta al rosso neUa prima opera;
drago, nella putrefazione della seconda; porco o corpo immondo, a ragione
del suo odore puzzolente durante la dissoluzione; leopardo, tigre, coda di
pavone, quando si riveste dei colori delliride; albero solare o lunare,
quando passa al bianco od al rosso; acqua perch lo , ed infine fuoco,
quando zolfo o fissata.
Ili pianto alle propriet che Orfeo attribuisce a Proteo e cio d'essere il
principio di tutto, di possedere le Oliavi del Mare, e di manifestarsi in tutti
i misti della Natura, similmente della loro materia ne dicono i Filosofi.
Ecco come sesprime il Cosmopolita: a Questacqua poi nota a molte per
sone, cd ha un nome proprio? Saturno mi rispose ad alta voce: pochi la co
noscono, ma tutti la vedono e l amano. Essa ha parecchi nomi, ma queUo
di r meglio le conviene, : l'acqua del nostro mare, acipia di vita ehe non
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bagna affatto le mani. Gli domandai se della acqua producesse qualche cosa.
Hi replic: mite le cose si creano da essa, vivono di essa ed in essa. E* 3
principio di tutto; e si mescola con tutto. Voi che domandale a Dio il dono
della Pietra Filosofale, dice l'Autore delle Rime Germaniche, astenetevi
dal cercarla nelle erbe, gli animali, lo zolfo, il mercurio ed i minerali; il
vetriolo, l'allume, 3 sale non valgono niente per ci; il piombo, lo stagno,
il rame, il ferro non sono affatto buoni; lo stesso oro e l argento a nulla
servono per il Magistero; ma prendete Hyle, od il caos, o la primiera materia
principio di tutto, e che si specifica in tutto, d
Un altro Autore anonimo afferma che questa materia non ha forma de
terminata, ma suscettibile di tutte le forme; il Proteo degli Antichi, che
come dice Virgilio:
a Omnia transformai tese in miracola rerum. i
(Georg. 4.)
Fjmh lo spirito universale del Mondo, una sostanza umida, sottile, un
vapore vschioso, che per non umetta le mani; da essa proviene la rosa, 3
tulipano, l'oro e gli altri metalli, ed in generale tutti i misti. Essa produce
il vino nella vigna, l olio nell'oliveta, il purgativo nel rabarbaro, l'astrin
gente nel melograno, il veleno neU'uno ed il controveleno nell'altro, ed
infine, secondo Basilio Valentino, essa ogni cosa in ogni cosa.
Mi resta da parlare dun altro figlio d Saturno, ma non nato da Rea.
Ed Chirone il Centauro che Apollonio di Rodi dice esser figlio di Fillira:
Ad mare descendit monlis de parte suprema
Chiron Philiyridas .
Ed Ovidio:
a Et Saturali* equo geminom Chirona creavit d .
La Favola tramanda che Chirone, figlio di Saturno spos Cariclo figlia d'A-
polo o, secondo altri, dellOceano, che gli diede una figlia chiamata Ociroe.
Chirone, come lutti i Centauri aveva la figura umana nella parte superiore
del corpo, e la forma d un cavallo in tutta la parte inferiore. Nacque cosi
fatto perch mentre Saturno era con Fillira, Rea li sorprese, ed allora subi
tamente Saturno si metamorfizz in cavallo per non essere riconosciuto. Chi
rone divenne abilissimo nella Medicina; Diana gl'insegn l'arte della caccia,
ed inoltre era un perfetto intenditore della Musica. La conoscenza di queste
scienze gli procurarono dessere preposto all'educazione di Giasone, dE*
sctilapio, d'rcole e di Achille. Un giorno maneggiava, senza tutta la precau
zione necessaria, una freccia dAlcide, avvelenata con il veleno dell'idra di
Lercia ; detta freccia gli cadde sui piede, ed il dolore che prov dalla ferita
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fa coai rivo che BuUistanle chiese Giove il permesso di morirne. Tale
mn richiesta venne accolta da Giove, il quale lo colloc fra le Costellazioni.
Si pu giudicare di ci che significa Chirone, tanto da usa padre, dalla
sna nascita, dalla sua figura e dalla sua apoteosi, ed anche dai discepoli che
egli ehhe. Nato da un Dio favoloso ed Ermetico, poteva non appartenere a
quest'Arte? Sposa anche una figlia del Sole, e da questo matrimonio ha
un'altra figlia il nome della quale significo unacqua che scorre con rapidit,
e ci per indicare la soluzione della materia aurifica in acqua.
VENERE
Venere, madre dell'Amore, secondo Esiodo, nacque dalla spuma del Mare
e dalle parti mutilate di Cielo, e perci i Greci la chiamavano A ^ai i n)
Omero la dice figlia di Giove e di Dione. L'idea pi comune eh'essa nacque
dalla spuma del Marc. Lo Zefiro la trasport, in una conca marina, nell'Isola
di Cipro, donde essa prese l'appellativo di Ciprigna, e di l a Citer. Sul suo
cammino nascevano i fiori; ed accompagnata sempre da Cupido suo figlio,
dai Giuochi, e dalle Risa; ed essa infine fa la gioia e la felicit degli Dei e
degli uomini. Una idea cos graziosa rendeva gradevoli le descrizioni che i
Poeti facevano a gara di questa Dea. Nulla uguagliava la sua hellezza. I Pit
tori e gli Scultori s'impadronirono di tale idea, ed usarono tutta la loro arte
per rappresentarla come ci che vi era di pi amabile nel Mondo, a Mirale
questa Venere, opera del capace Aprile, dice Antipatro di Sidone; constatate
in che modo questo eccellente Maestro ha perfettamente espresso questacqua
spumosa che gocciola dalle sue mani e dai suoi capelli, senza nulla nascondere
delle sue grazie: tanto che Pallade appena lebbe vista, cos parl a Giunone:
Cediamo, cediamo, o Gianone, a questa Dea nascente, lutto il pregio della
bellezza! . Paride conferm questo giudizio aggiudicando l'aureo pomo a
Venere, e dalla quale egli ne ebbe in ricompensa Elena, la pi bella
delie donne.
maggior numero dei Greci e dei Romani consider Venere come la
Dea dell'amore e della volutt. Perci ebbe una quantit di Templi, e donne
lascive e debosciate che servivano negli stessi; ed il cullo che vi si praticava
era riempito di cerimonie conformi a queste idee.
Platone, nel suo Convito, ammetteva due Veneri; l unn figlia del Cielo,
c l'altra figlia di Giove. La prima, dice questo Filosofo, quell'antico Ve
nere, figlia del Cielo, della quale non si conosce la madre, e che chiamiamo
Venere Celeste; e quest'altra Venere pi recente, figlia di Giove e di Dione,
e che chiamiamo la Venere volgare. A queste due hiogna attribuire tutto
quanto gli Autori Greci c Latini dicono delle diverse Veneri, c delle quali
parlano sotto nomi diversi. Anche il cullo devoluto olle diverse Veneri non
era io stesso. Polemo afferma nel suo scritto: Ad Timaeum, clic quello
praticato dagli Ateniesi era purissimo: a Athcnicnsrs barn ni rorvm fp.ier-
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rondarli ni studiosi, et in sacrificiis Deorum faciendis diligentes ac pii ftepka-
iia sacra faciunt Mnemosynae. Musis. Aurorae, Soli, Lunae, Nynphis, Ve
neri coelesti.
Dai diversi Autori, Venere considerata talvolta quale una donna debo
sciata. talaltra quale Dea; una volta come Pianeta, unaltra volta la consi
derano quale una passione. Ma le espressioni dei Poeti sono sempre figurate.
Ma Venere una Dea benefica e tanto favorevole alla corruzione del cuore
umano, almeno per la maggioranza, che non era facile trovare chi le dichia
rasse guerra; sicch lo stesso Marte, questo Dio del sangue e delle stragi,
vide svanire tutta la sua ferocia alla presenza di Venere. Era ignominioso
riverire Marte quale Deit, dato che sembrava compiacersi della distruzione
dell'iimanit; mentre era naturale accordare gli onori della Divinit a Ve
nere la cui specifica occupazione quella della perpetuazione del genere
umano. Per questa ragione Marte fu considerato come Dio della Guerra,
e Venere come la Dea della pace.
Gli Egizi e la maggior parte degli antichi Greci non ritenevano Venere
quale Dea del libertinaggio e della volutt, ma quale nipote di Saturno, ed
avente per sorella la Verit nascosta in fondo ad un antro. E* ben vero che
alcuni parlavano di questa Dea come di una donna d'eccellente bellezza. I
libertini che non compresero il vero significato che gli Autori annettevano
a tale finzione, la considerarono esclusivamente quale adatta ad eccitare il
fuoco impuro del libertinaggio; e poich ignoravano la Verit, sorella di
Venere, accordarono a Venere un culto licenzioso. Diodoro Siculo il quale
aveva raccolto, per quanto possibile, le tradizioni Egizie, parlando degli
Dei d'Egitto dice che, secondo alcuni, Cronos fu padre di Giove e di Giunone,
Giove ebbe per figli: Osiride, Iside, Tifone, Apollo e Afrodite o Venere.
Ma i Discepoli dErmele certamente meglio istruiti dellidea che il loro
Maestro annetteva ai finti Dei dell'Egitto, non hanno considerato Venere
come la volutt o lappetito animale atto a perpetuare la specie; non hanno
nemmeno tenuto presente il Pianeta chiamato Venere o Lucifero, che appare
al mattino prima del levar de! Sole, o la sera prima del tramonto del
luminare del mondo; n ammisero la possibilit di farla nascere dalle parti
mutilate di Cielo e dalla schiuma del Mare, n la ritennero figlia di Giove.
Michele Majer dice che gli Antichi intendevano per Venere una materia
senza della quale non si pu fare la Grande Opera, ed infatti la maggior
parte dei Filosofi pare mantengano tale concetto. Flamel cita le seguenti
parole di Democrito: a Ingemmate le spalle ed il seno della Dea di Paio,
ed essa diventer pi bella, ed abbandoner il suo color verde per assumere
il colore dorato. Allorquando Paride vide questa Dea in tale stato, la prefer
a Giunone ed a Palladc. Cosa Venere, si domanda questo Autore? Venere
come un uomo ha un corpo ed una anima : bisogna spogliarla del suo corpo
materiale e graveolente per ottenerne lo spirito tingente, e renderla cos
adatta a ci che se ne vuol fare n.
Filalete riguardava Venere come uno dei principali ingredienti che en-
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trono a far parte nella composizione del Magistero. A tale riguardo il d'E-
spagnet cita i seguenti versi del VI libro dellEneide:
..................................... Latet arbore opaca
Aurea* et foliis, et lento vimine ramu*
Juno ni inferirne dictus sacer; hunc regii omnis
Lucia, et obcuris claudunl convallibus umbrae. '
Viit ea fatta eroi geminae cum forte columbae
Ipsa sub ora viri ooelo venere volantes
E t viridi sedere solo: tum maxima* Heros
Maternas agnoscit aves b.
Questo Filosofo, al quale Olao Borriechio dice: che gli amatori della
Chimica Ermetica debbono sentirsi tanto obbligati, prende Venere sempre
nel suo significato Filosofico: a Occorre, dic'egli, una fatica drcole per la
preparazione o sublimazione filosofica del mercurio, tanto vero che senza
laiuto dAlcide, Giasone non avrebbe giammai intrapreso la sua spedizione.
Lentrata custodita da animali cornuti, i quali allontanano coloro che se
ne approssimano temerariamente. Le insegne di Diana e le colombe di Ve
nere sono le sole capaci dammansire la loro ferocia... Questacqua unac
qua di vita, unacqua permanente, limpidissima, chiamata acqua doro e
dargento... Questa sostanza infine preziosissima la Venere Ermafrodita
degli Antichi, avente l uno e l altro sesso, vale a dire: Io zolfo ed il mer
curio... I l giardino delle Esperidi custodito da uno spaventevole drago;
sin dallentrata si presenta una fontana dacqua chiarissima, che sgorga
da sette sorgenti, e che si spande dappertutto. Fatevi bere il drago per il
numero magico tre volte sette, sino a quando diventato ebbro, esso si dispogli
del suo rivestimento sporco e sudicio. Ma a tale effetto necessita che vi ren
diate propizie: Venere porta-luce, e Diana la Cornuta b.
Quando i Filosofi hanno fatto allusione ai colori che si manifestano nel
l Opera, ed ai quali hanno riferito i nomi dei Pianeti, il nome di Venere
servito loro per designare il giallo zafferanato. Tenendo ci presente, Canaco
di Sicione, a quanto ne riferisce Eratostene, fece una Venere doro e da
vorio, avente un papavero in una mano, ed un melograno nellaltra. La
Venere Filosofica, dopo la bianchezza diventa giallastra come la buccia del
melograno, ed infine rossa come i grani del detto frutto, o come il fiore del
papavero. A questo bisogna riportare anche le parole dIsimindrio, nel suo
Codice di Verit: a D nostro zolfo rosso si manifesta, quando il calore
del fuoco passa le nubi e si congiunge con i raggi del Sole e della Luna.
Venere allora ha gi vinto Saturno e Giove . Brimello dice pure: a Perver
ranno diversi colori alla nostra Venere; il primo giorno zafferano; il secondo
quale ruggine; il terzo come papavero del deserto; il quarto come sangue
molto bruciato .
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I l termine bronza che gli Adepti hanno sovente osato per designare la
loro materia, prima della bianchezza, ha mollo contribuito ad ingannare
soffiatori ed anche i Chimici volgari i quali hanno ritenuto il rame quale la
Venere dei Filosofi. Mentre, ci che ben chiaramente ci manifesta l'idea
che gli Antichi annettevano alla loro Venere, si non solo i suoi adulterai
con Mercurio e Marte, ma specialmente il suo matrimonio con Vulcano.
Questultimo essendo il fuoco filosofico, come l abbiamo provato, e ne
daremo altre prove, 'deve destar sorpresa che aia stato maritalo con la ma
teria dei Filosofi? Se Vulcano sorprese questa Dea con il Dio della guerra,
questallegoria significa che il color ruggine di ferro sembra essere talmente
unito con il color entrino e zafferanato chiamato Venere, che non li si distin
guono se non dopo che il rosso perviene al massimo della sua vivacit.
Allora Marte e Venere s trovano presi nella rete di Vulcano, ed il Sole che
li vede, li svela; perch il color rosso precisamente il Sole Filosofico. Com
pleteremo la storia di Venere a misura che soggetti ce ne daranno l occasione.
PAL1.ADE
Giove dapprima aveva sposato Meli; ma dopo che questa Dea fece prendere
a Saturno una bevanda che gli fece vomitare il ciottolo ed figli che aveva
divorati, Giove, a ana volta, inghiott qnesta sna prima moglie figlia dellO
ceano, sebbene essa fosse gravida. Appena compiuto questa bella azione,
Giove si sent femmina senza cessare dessere Dio. Bisognava sgravarsi, ma
non pot farlo senza l ainto di Vulcano, il quale gli serv da levatrice. Questo
Dio del fuoco gli assest rudemente un colpo di scure sulla testa, e subito dalla
ferita venne fuori una giovane e bella ragazza armata dal capo ai piedi. Ecco
adunque Pallide nata senza madre dal cervello di Giove. Omero chiama Pa-
lade: Alalcomenia, perch gli Alalcomeni pretendevano che questa Dea fosse
nata nella loro Citt. Anche Slrahone della stessa idea, ed anzi, nel quattor
dicesimo libro della sua Geografa riferisce che quando Minerva nacque dal
cervello di Giove, cadde una pioggia doro a Rodi.
Parecchi hanno creduto che Palade e Minerva fossero due persone diffe
renti, ma Callimaco assicura il contrario, ed aggiunge che Giove, ano padre,
consente a tutto ci ehessa -vuole:
a Annuit bis dictis Pattai, quodqae annuii iIta
Perfidiar. Nalae Jupiter hoc tributi
pse Mnervae uni, quac sunt patria omnia ferre d .
(bino sui bagni di Palade)
Erodoto la dice figlia di Nettano e del lago Tritone, secondo i Libi! i quali
aggiungevano che questa giovane sera poi data a Giove. Per comunemente
s conviene che Pallade e Minerva sono la stessa, figlia d Giove: e ci che
- 201 -
prova la sua anzianit si che presso gli Egizi essa era ritenuta moglie d
Vulcano, il pi antico cd il primo di tutti i loro Dei. Gli Autori della Mitologia
Greca, avevano indubbiamente conservato questa idea che avevano attinto
in Egitto, ed ecco perch consacravano un altare comune a Vulcano cd a
Pallade. Lo stesso nome Ogga che Minerva aveva in Egitto, per ci rhr ne
riferisce Euforone in Stefano di Bisanzio, ed Esichio il quale anche lui la
chiama Onka, sembra indicarne la ragione, se prestiamo fede a Gerardo Vas
aio, il quale spiegando la storia di Tifone, dice che Og, dal quale s' potuto
derivare Ogga, significa: uasil, ustu/aet.
Checch ne sia, ti fu una Minerva onorala a 5ais in Egitto, molto prima
di Cecrops, il quale ne port il cullo in Grecia. I Greci, in seguilo, ni: cam
biarono la storia, ci che permise asserire a quelli di Alifra in Arcadia, che
Minerva era nata cd era stala allevata nella loro citt.
Pallade, Minerva ed Atena, presso i Greci erano una stessa Divinit, ma
soltanto riguardavano propriamente Minerva quale Dea delle Arti e delle
Scienze, e Pallade quale Dea della guerra. Essa serh sempre la propria
verginit. Rese cieco Tiresia perch ardi mirarla nuda mentre la Dea ha-
gnavasi nella fontana d'Ippocrenc: n Vulcano riusc ad indurla a soddisfare
la passione che nutriva per essa. Pallade uccise il mostro Egieide, figlio della
Terra, il quale vomitava gran fuoco, ed aveva hruciato le foreste dal Tauro
alla Libia, devastando >ul sua cammino la fenicia e l'Egitto.
Pallade aveva a Sais un magnifico lempio, del (piale Erodoto, nel 2. libro,
ce ne fornisce la descrizione. Le feste che si celebravano in onore di Pallade
in Grecia, si chiamavano Paiuitnnpp. I .giuochi e gli esercizi puhhlici che
accompagnavano questa festa, erano la corsa a piedi, con fiaccole e torce
accese, come nelle feste di Vulcano e di Prometeo. Altri giuochi vi sintro
dussero in seguito.
Tutti gli Antichi hanno preso Pallade per la Saggezza e la Prudenza,
poich nata dal cervello di Giove, e dato che. il cervello ritenuto quale la
sede del giudizio, e senza del quale non si riesce a nulla, specie poi ili argo
menti spinosi anche se meno difficoltosi di quello della Grande Opera che
per tale ragione viene chiamata: il Magistero dei Saggi. Quindi, essendo il
segreto dei segreti, e che Dio rivela solamente a coloro che vuol favorire,
ogni divulgazione costituirebbe una profanazione. Occorre possedere la Sag
gezza di Pallade, per conoscerlo c custodirlo. Salomone, ronseguentemenlc.
nel c. 19 dcirEeclesiasle, scrisse: Il sapiente studier la Saggezza degli
Antichi, e s'eserciter nelle Profezie. Conserver scrupolosamente i discorsi
degli uomini di rinomanza, e penetrer le sottigliezze delle parabole. No
scoprir il loro senso ascoso, e s'eserciter a svelare ci che racchiudono i
proverbi. L'uomo prudente c Saggio non divulga adatto il segreto della
Scienza o. (Frov. c. 10-12).
1 Filosofi Ermetici hanno a cuore questo consiglio di Salomone, cd
perci che hanno velato il loro segreto sotto le allegorie, gli enigmi, le
favole ed i geroglifici. Essi hanno assunto per loro guida la Dea Pallade c
- 202 -
g o h fatti un dovere di seguire le istruzioni della stessa. E' per questo che
la Favola finge che questa Dea favor sempre Ercole ed Ulisse in tutte le loro
imprese, come vedremo in appresso.
Si fnge che questa Dea accec Tiresia, perch questi ebbe la temerariet
Hi ammirarla nuda nel bagno, cosi come per la slessa ragione si vuole che
Diana metamorfzz Atteone in cervo; ma ci un'allusione che serve a
mettere ili guardia gli Artisti Ermetici dessere discreti, prudenti, e pi
circospetti di detti due temerarii, se vogliono evitare simili disgrazie.
Narra la Favola che Giunone avendo appreso la nascita di Pallade me*
diaule lo straordinario parto di Giove, divent furiosa, e tra le esecrazioni
che profferiva, batt col piede fortemente la terra, la quale subito produsse
Tifone, padre di tanti mostri. Apollo, in seguito, invit questa Dea ad un
pasto che dava Giove, Essa vintervenne, ed avendo mangialo delle lattughe
selvatiche, da sterile ch'cssa era, divent feconda, e mise al mondo Ebe,
che talvolta serv da bere a Giove. Perci Ebe divent sorella di Marte e di
Vulcano, ed in seguito sposa di Ercole dopo la morte di questo Eroe.
MARTE ED ARMONIA
Marte, Dio della guerra, da Omero e dagli altri Poeti ritenuto figlio
di Giove e di Giunone; ed anche Esiodo lo considera ugualmente. Esclu
sivamente i Poeti Latini propalarono la favola che Giunone piccata che
Giove uvesse messo a] mondo Minerva, senza il suo concorso, aveva concepito
Marte col semplice toccamento, in una prateria, di un fiore clic Flora le
aveva mostrato. -
' ' In tutta la storia di Marte non si vedono se non combattimenti rd adul
teri!. Quello che questo Dio commise ron Venere, celebre in tutti i Poemi.
Venere, la pi bella delle Dee, essendo stala maritala a Vulcano, il pi
deforme degli Dei, ed operaio per giunta, presto ne prov disgusto, e quindi
prodig i suoi favori a Marte. Vulcano, avendoli sorpresi, li strinse in un
legame impercettibile, dopo che il Sole li aveva denunciati.
I Mitologi mettono Marte nel numero dei dodici grandi Dei dellEgitto.
Il Poeti re lo dipingono sempre pieno di calida bile, ed assalito da un furore
omicida: ma per gli Antichi questo Dio era il simbolo di una tal quale
virt ignea, ed una qualit inalterabile dei misti, e quindi rapace di resi
stere agli attacchi del fuoco pi violento. Se dunque si mette la Venere dei
Filosofi ron questo Marte in un letto o vaso adatto a tale effetto, e li si legano
con una catena invisibile, vale a dire: aerea simile a quella clic abbiamo
descritta nel rapitolo di Venere, ite nascer una bellissima fanciulla, chia
mata: Armonia, dice Michele Majer nel suo 3. libro dellArcana Arcanissima,
|H<rclic essa sar composta armonicamente, vale a dire: perfetta in pesi e
misura filosofica.
203
Esiodo, al v. 932 della sua Teogonia, dice che Armonia nacque da questo
adulterio, e cos sesprime:
a . . . . Marti Clypeos atque arma secanti
Alma Venu3 peperii pallorem, unaque timorem.
Qui dare terga virum armatas jitssere phalmgaa
l a bello Iritti: quam Cadmiti diurte, at inde
Harmoniani peperii Afoni Cytherea decorem b .
Diadoro Siculo dice che Armonia figlia di Giove e d'Eletlra, una delle
figlie dAtlante.
I Poeti hanno molto cantato la bellezza di Armonia, e gli Antichi la
consideravano quale una Divinit tutelare. Essa spos Cadmo, figlio d'Age-
nore, I te della Fenicia. Giove che aveva combinato questo matrimonio, assi
stette alle nozze, e vinvit tutti gli Dei e le Dee, che fecero dei regali alla
sposa. Cerere le regal del frumento, Mercurio una lira, Pallade una collana,
una veste ed un flauto; la collana era un capolavoro di Vulcano. Apollo son
la sua lira durante le nozze. La fine di questo matrimonio non ebbe tutto lo
splendore dellinizio. Dopo molte traversie, Cadmo ed Armonia furono cam
biati in draghi. Alcuni Autori hanno avanzato lipotesi che il serpente che
divor i compagni d Cadmo, era anche figlio di Venere e di Marte.
Da ci si constata che la fine di tutti questi Dei, Dee ed Eroi, risponde
benissimo alla loro origine; ci che gli Autori d queste finzioni hanno
immaginato e divulgato, affinch le s riguardassero come favole, e non come
veritiere storie.
Armonia la materia che risolta dalle prime operazioni dellOpera, c
che occorre maritare con Cadmo (dal quale prese nome la Cadmia). Allora
tutti gli Dei Ermetici si trovano alle loro nozze con i loro regali; Apollo
vi suona la lira, come quando cant la vittoria che Giove aveva riportato
sui Giganti. Cadmo ed Armonia sono infine melamorfosixzat in un serpo,
ed anche in basilisco; perch il risnltato dellOpera incorporato con il suo
simile, acquista la virt attribuito al basilisco, come lo dicono i Filosofi.
Lautore del Posario, sesprime cos: a Quando mavrete estratto in parte
dalla mia natura, e mia moglie in porle dalla sua, e che avendoci riuniti, ci
farete morire, noi risusciteremo in ua sol corpo, per non pi morire, e
faremo cose mirabili d. Ripleo poi, parlando deU&isire Filosofico, il quale,
come vediamo, composto di Cadmo ed Armonia, o del marito e della
moglie, dice: a Ne risulta un tutto che per l'Arto diventa una Pietra celeste,
la virt gnea della quale cos forte che noi la chiamiamo il nostro drago,
il nostro hasilisco, il nostro Elisire di gran pregio; poich come il basilisco
uccide con la sola vista, similmente il nostro Elisire uccide il mercurio crudo
tu un batter di cglia, appena ch'esso viene gettato sullo stesso. Esso tinge
anche tutti i corpi duna tintura perfetta del Sole e della Luna. Il nostro
olio, dice io stesso Autore, si fa dal matrimonio del secondo e del terzo me-
- 204-
strilo, e noi lo riduciamo alla natura del basilisco d . Ed il Majer, anche lui
dice: a Come il basilisco sorte da un novo, e dardeggiando i suoi sgaordi
visuali avvelenati, appesta ed uccide gli esseri viventi, similmente anche la
nostra tintura s produce dalluovo filosofico, e per la sua virt coagula
mediante il pi leggero contatto tntto quanto i metalli contengono di mer
curio. Essa rende stupido detto mercurio. Io uccide fissandolo, e lo spoglia
del suo solfo combustibile s.
Si pu vedere qualcosa di pi preciso? Non vi mancano se non i nomi
di Cadmo e dArmonia, i quali sono lo sposo e la sposa del testo citato. E*
bene osservare anche che Morte aveva un tempio celebre a Lemno, sog
giorno di Vulcano.
I l lupo, il cane, il gallo e l'avvoltoio erano consacrati al Dio della guerra :
il lupo e ravvoltolo a cagione della loro voracia, dicono i Mitologi, ed il
cane con il gallo per la loro vigilanza. Ma costoro avrebbero colpito nel
segno se si fossero riferiti a quelle ragioni da noi esposte nel primo libro
quando abbiamo parlato di Anobi e di Ma cedo; vale a dire perch gli ani-'
mali sono stati presi sempre per simboli degl'ingredienti del Magistero dei
Filosofi. Io sono un lupo rapace ed affamato, si dichiara Basilio Valentino,
nella sua 1. Chiave. Io sono il cane di Corascene e la cagna d'Armenia, si
dichiara Avicenna nel a De re rceta >. Io sono il gallo e voi la gallina, dice
il Sole alla Lana, nel a Consilinm , voi nulla potete fare senza di me, ed
io nulla senza di voi. Io sono l'avvoltoio che grida continuamente dall'alto
della montagna, si dichiara Ermete, nei Sette Capitoli.
VULCANO
Nel primo libro abbiamo parlato di questo Dio spiegando gli Dei del
l'Egitto. Diremo ora di Vulcano nella concezione Greca. Secondo Esiodo,
Vulcano era figlio di Giunone:
a Falcami m pepe rii J una amjuncla in amore d.
Alcuni Autori hanno preteso chessa lo avesse concepito senza contatto
d'uomo; ma Omero lo dice positivamente figlio d Giove e di Giunone, che
per la sna deformit fu scacciato dal Cielo, donde cadde nell'Isola di Lemno:
t Afe quoque de coda pede jec Jupiter olim
Cantra iilum auxilium misero, ut mii /erre partirei.
A l t ega rum coda, Phaeboque cadente ferebar;
i n Lemmum ut cecidi nix est vis itila rdieta.
(Diade, 1. 1)
- 2 0 S -
Ia>stesso Poeta, in altra occasione, fa parlare Giunone come se essa stessa
avesse scacciato Vulcano dallOlimpo:
a //e nieui natus Claudus Vulcaniti ego ipsa
Ilune peperi, manibus capiens et in aequora jeci.
Filia max ce pii Nerei Thetis alma marini,
Cvrmanasque ari Ut, quibus hunc portavit alentlum s.
(Inno ad Apollo)
Vulcano, da parte sua, non dimentic tale affronto, e per vendicarsene
fece una sedia d'oro avente un congegno nascosto che imprigionava coloro
che vi si sedevano, e senza che avessero possibilit di liberarsene. Me fece
un regalo a sua madre la quale vi si trov presa appena vi si sedette; e di
ci ne parla Platone nel 2. libro della Repubblica.
Alcuni Autori ci danno Vulcano per l'inventore del fuoco, ed altri senza
fondate ragioni dicono che Vulcano fu Prometeo. Secondo Erodoto, presso
gli Egizi! era il pi antico degli Dei, mentre presso i Greci era il meno
rispettato. Lo si considerava come il padre dei Fabbri e come Fabbro egli
stesso, ch fabbricava le folgori a Giove, e le armi agli Dei. Fabbric un cane
di bronzo, che dopo averlo animato, regal a Giove. Giove lo diede ad
Europa, Europa a Procri, c questa a Cefalo suo sposo; infine Giove lo mut
in pietra. Giove ordin a Vulcano di fabbricare il vaso di Pandora, per
essere regalato agli uomini in_ sostituzione del fuoco che Prometeo aveva
rubato al Cielo. Questo Dio zoppo chiese a Giove, Minerva in sposa, c
questo quale ricompensa per le armi fabbricategli, e per gli altri servizi
clic gli aveva resi: ma Minerva fu sempre sorda alle sue richieste, e ribelle
alla sua corte insistente.
A Vulcano gli era consacrato il leone a cagione della natura ignea di
detto animale. Bronle, Steropc e Piracmone erano i compagni di questo Dio
nel lavoro della forgia. Esiodo li dice tutti e tre figli del Cielo e della Terra;
ma altri li fanno figli di Nettuno e d'Anfitrite. Virgilio li menziona nel
l'ottavo libro dcHEneide.
Ardalo c Broteo furono figli di Vulcano. U primo fece la Sala o Tempio
delle Muse a Tresene; e Broteo divent lo zimbello degli uomini a causa
della sua deformit, e si butt nel fuoco per non sopravvivere alla sua onta.
Oltre, a Venere, Vulcano ebbe per seconda moglie Aglaia, una delle
Grazie, il nome della quale significa: splendore, bellezza; e che secondo
Esiodo, era figlia di Giove e dEurinome.
Vulcano stalo considerato generalmente come il Dio del fuoco; alcuni
Antichi Mitologi lo ritenevano quale il fuoco della Natura; ma per il volgo
che vede c prova comunemente il fuoco delle fucine e delle cucine, fu per
questo fuoco che, erroneamente, ritenne il Dio Vulcano; e ci anche perche
questo volgo ignorava il fuoco della Natura; inoltre, a tale errore contri
206
buirono le storie allegoriche che i Poeti propalavano snl conto di questo
Dio, e le cerimonie simboliche che susavano nel suo culto.
Presso gli Egizi, Vulcano era il pi antico ed il pi grande degli Dei,
poich il fuoco il principio attivo di tutte le generazioni. Tutte le cerimo
nie del loro culto essendo state istituite per fare allusione allArte segreta
Sacerdotale: ed essendo il fuoco il solo e principale agente operativo di
qustArte, esso ebbe il tempio pi superbo a Menti sotto il nome di Opas,
e lo consideravano quale il loro protettore. Ma i Greci i quali misero pi
attenzione alla bellezza dellOpera, anziccli alloperaio, non tennero Vul
cano in quella considerazione nella quale lo tennero gli Egizii. Colpiti dal
l abbondanza dello zolfo che forniva lIsola di Lemno, e considerando lo
zolfo come il princpio o la materia del fuoco, essi finsero che Vulcano risie
deva in detta Isola, e per la stessa ragione i Romani, invece, fissarono le
fucine di questo Dio sotto l Etna.
Leducazione apprestata a Vulcano dalle Ncrcidi indica abbastanza chia
ramente qualera la natura di questo fuoco e lorigine di questo Dio; ma il
volgo abituato a prendere le allegorie per verit, senza bene esaminarne le
circostanze e rendersene buon conto, prese alla lettera quanto gli si raccon
tava. Eppure era facile notare a prima vista clic il fuoco comune non poteva
certo essere stato allevato dall'acqua la quale lo soffoca e lo estingue, sebbene
a dire il vero l acqua, in qualche modo, lalimento del fuoco.
Gli Egizii avevano quindi di mira il fuoco filosofico, e questo fuoco di
diverse specie secondo i Discepoli dErmetc. Arlefio quegli clic ne parla
pi diffusamente, e che meglio lo designa, a II nostro fuoco, dice questAu
tore, minerale, uguale, continuo, e non sevapora affatto, se non viene
molto fortemente eccitato; esso partecipa dello zolfo; ed preso da non
altra cosa se non dalla materia; esso distrugge tutto, dissolve, congela e
calcina, ed occorre dellartificio per trovarlo c Tarlo, c non costa nulla, o
almeno pochissimo. Di pi esso umido, vaporoso, digerente, alterante,
penetrante, sottile, aereo, non violento, incomburenle, o che non brucia
affatto, avviluppante, contenente, unico. Esso anche la fontana d'acqua
viva che circonda e racchiude il luogo dove si bagnano il Re e la Regina.
Questo fuoco umido quanto basta in tutta l Opera, al cominciamento, allo
sviluppo ed alla fine, poich tutta lArte consiste in questo fuoco. Vi sono
anche: un fuoco naturale, un fuoco contro natura, cd un fuoco innaturale
ed il quale non brucia affatto; ed infine per complemento vi sono: un fuoco
caldo, secco, umido c freddo . Lo stesso Autore distingue i tre primi in:
fuoco di lampada, fuoco di ceneri, e fuoco naturale dellacqua filosofica.
Questultimo il fuoco contro natura, il quale necessario in tutto il corso
dellOpera, mentre, dicegli, gli altri due non sono necessari che in certi
tempi. Ripleo, nelle sue 12 Porte, dopo lenumerazione dei suddetti fuochi,
cos conclude: n Fate dunque un fuoco nel vostro vaso d vetro, il quale
brucia pi efficacemente del fuoco elementare .
Raimondo Lullo, Flamel, Gui di Montanor, dEspagnct e tutti i Filosofi,
- 207 -
'esprimono presso a poco nella stessa maniera, sebbene meno chiaramente.
DEspagnet raccomanda di fuggire il fuoco elementare o delle nostre cu
cine, come il tiranno della Natura, e lo chiama fratricida. Altri dicono che
1Artista non si scotti giammai le dita, e non si imbratti punto le mani di
carbone e di fuliggine. Da ci opportuno dedurre che coloro i quali scam
biano il loro danaro in carbone, non debbono aspettarsi che cenere e fumo,
e non sperare alcunaltra trasmutazione. Questi Soffiatori non conoscono Vul
cano od il fuoco filosofico.
Se Vulcano il fuoco Ermetico necessario nel corso dellOpera, od al
meno in dati momenti, dobbiamo darci ragione del perch la Favola suppone
che questo Dio fu scacciato dal Cielo e nutrito dalle Nereidi. Ci non sar
difficile ad indovinare, per quegli che avr letto con attenzione quanto
sinora abbiam detto del cielo, della terra e del mare dei Filosofi. Si ve
dranno quali sono le ermi degli Dei e le folgori di Giove che Vulcano fab
bric. La separazione del puro dallimpuro, che si compie per suo mezzo,
annunzia molto cliiar-nente la vittoria che gli Dei riportarono sui Titani.
Questo preteso fabbro il solo che possa avere l incarico di fare lo scettro
di Giove, il tridente di Nettuno, lo scudo di Marte, come pure la collana
dArmonia, ed il cane di bronzo di Procri che doveva essere mutato in pietra,
poich questo Vulcano l agente principale della seconda opera, ed egli
solo capace di portare il bronzo filosofico alla perfezione della Pietra
dei Saggi.
La fissit della materia dell'Opera in questo stato, ha dato luogo alla
finzione della sedia doro che Vulcano regal a Giunone: perch una sedia
essendo fatta per il riposo, era naturale fingere che Giunone, la quale ab
biamo detto essere un vapore volatile, fosse venuta a riposarsi allorquando
detto vapore s fissato nelloro o, vai quanto dire: la materia fissa dei
Filosofi. Vulcano ginoc questo tiro a sua madre per vendicarsi del perch
essa lo aveva scacciato dal Cielo, donde and a cadere nellIsola di Lemno.
La terra ignea dei Saggi, dopo daver occupato la parte superiore del vaso,
volatilizzandosi con il vapore che pocanzi abbiamo detto, cade al fondo,
dove forma una specie disola in mezzo al Mare. E da questa specie d'isola
che la terra dei Filosofi agisce e fa sentire la sua forza a tutto il resto della
materia, tanto acquosa che terrestre. Ed in questo stesso luogo che Broteo,
figlio di Vulcano, si precipit.
I semplici nomi dei compagni di questo Dio, indicano la qualit solfo
rosa ed ignea della materia, dato chessi significano: la folgore, il tuono ed
il fuoco. Ma Vulcano ebbe un secondo figlio chiamato Ardalo, il (piale fece
il Tempio delle Muse; poich il fuoco filosofico agendo sulla materia, la
volatilizza in vapori che ricadono come una pioggia. Ed allora Ardalo che
fahhrica il Tempio delle Muse, dato che il suo nome deriva dapSto = irrigo,
e clic le Muse stesse sono le parti acquose e volatili. Infine, Be si dice che
Vulcano zoppo perch il simbolo del fuoco, il quale non basta da solo.
- 208 -
AFOLLO
Erodoto riferisce che gli Esizi pretendevano che Apollo e la beila Diana
erano figli d'Osiride e d'Iside, e che Latona ne fu semplicemente la natrice.
Costei era annoverata fra gli otto grandi Dei dEgitto. Cerere, dicesi, le
affid suo figlio Apollo, per custodirlo e sottrarlo agli agguati di Tifone il
quale desiderava di farlo perire. Latona lo nascose sn di nna isola galleg
giante, che prescelse a tale bisogna. Ma i Greci dicevano che Apollo e Diana
erano figli di Giove e di Latona. .
Cicerone e molti Mitologi ammettono l'esistenza di quattro differenti
Apollo, ma tali distinzioni sono inutili perch, come dice Vossio, questo Dio
semplicemente un personaggio metaforico e l'idea che simboleggia cbhe
culla in Egitto. I nfatti evidente che ci che dicono i Greci, dellIsola di
Deio ove nacque Apollo, una copia, di quanto ci riferisce Erodoto, che gli
Egizi raccontavano dellIsola di Chemmis dove Latona aveva nascosto Oro.
Tanto ri i vero che mentre i Greci dicevano che l'Isola di Deio era galleg
giante prima della nascita d'Apollo e di Diana, gli Egizii avevano detto lo
stesso dell'Isola di Chemmis. Erodoto, al qnale venne fatto questo racconto,
lo consider come nna favola, inquantocch per quanta attenzione egli mise
nellosservare detta isola, non ebhe mai occasione di vederla fluttuare. I
Greci aggiungevano che Nettuno, con un colpo d tridente aveva fatto salire
dal fondo del mare l Isola di Deio, indi laveva fissata e stabilizzata per
assicurare a Latona, perseguitata da Giunone, nn luogo dove sgravarsi. Ma
tutto ci, non forse una riproduzione fedele di quanto gli Egizi racconta
vano delle persecuzioni di Tifone contro Iside, la quale per sottrarre il figlio
ano alla crudelt del suo cognato, ne affid l'educazione a Latona la quale lo
nascose nellIsola di Chemmis?
E quindi inutile ammettere parecchi Apollo, che, per noi, la spiegazione
di questo Dio quella che abbiamo data parlando di Oro che l Apollo
Egizio. A voler spiegare l Apollo dei Greci, bene attenersi alla Teogonia
d'Esiodo:
a A i Phoebum peperii, peprrit Latona Dtanam
Coelicalum Regi magno conjuncta tonanti .
Per occorre riconoscere che gli Antichi nulla ci hanno lasciato di certo
e di determinato su Apollo od il Sole e sa Diana o la Luna. Li consideravano
una sola cosa? Od intendevano la stessa cosa per il Sole ed Apollo? Li
presero per i due grandi Luminari, oppure quali Eroi della Terra? E' certo
che ne parlano indifferentemente e nulla di deciso noi troviamo.
Cicerone conta cinque Soli; ma come mai non vedere che tatto ci pura
finzione dei Poeti, inquantocch costoro hanno dato Io stesso nome alla stessa
cosa, ma li hanno variati a seconda delle circostanze dei luoghi, delle persone
e delle azioni chessi introducevano sulla scena? Non forse evidente che il
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Sole figlio di Vulcano, lo stesso che Oro, sebbene i loro nomi Bieno diffe
renti? Perci i quattro Apollo ed i cinque Soli di Cicerone non sono se non
uno stesso personaggio metaforico e favoloso, e nati da altri personaggi simil
mente allegorici, quali: Vulcano, Osiride, Iside, Giove e Latona, ecc.
Quando s' trattato del Sole quale Sole, gli Antichi l'hanno chiamato:
occhio del mondo, cuore del Cielo, Re dei Pianeti, lampada della Terra,
face del giorno, sorgente della vita, padre della luce; ma quando s trattalo
d'Apollo, era un Dio che eccelleva nelle belle Arti; quali la Poesia, la Mu
sica, l'eloquenza, e sovratutto la Medicina; anzi si affermava che ne fosse
stato l inventore.
Fra i Pagani sarebbe stato nn delitto degno di pena il non considerare
. quali Dei il Sole e la Luna. Anassagora, a rischio della propria vita, fu il
primo che tent combattere tale errore sostituendo un altro errore poich
afferm che il Sole non era se non una pietra infiammata. Ma alcuni asser*
scono che Anassagora disse cos per burlarsi della superstizione del volgo, ma
che nel contempo questo Filosofo parlava allegoricamente per farsi capire
soltanto dai Filosofi Ermetici. In effetti egli voleva alludere, con la sua pietra
infiammata, alla pietra rossa ardente ch il Sole Filosofico, e del quale
dEspagnet, nel suo Canone 123, cos ne porla: onde nulla omettere, da
parte nostra, gli studiosi amanti della Filosofia sappiano che da questo primo
zolfo se ne genera un secondo che pu moltiplicarsi all'infinito. Che il Saggio
ch'ebbe la felicit di trovare la miniera eterna di questo fuoco celeste, la
custodisca e la conservi con tutta la cura possibile . Lo stesso Autore, aveva
detto nel Canone 80: al l fuoco innato,della nostra Pietra, l'Archea della
Natura (e cio l agente universale, e particolare a ciascun individuo; ci che
mette tutta la Natura in movimento, dispone i germi ed i semi di tutti gli
esseri sublunari a produrre ed a moltiplicare le loro specie) il figlio ed i
Vicario del Sole, esso muove, digerisce e perfeziona tutto, purch venga messo
in libert . Quasi tutti i Discepoli d'Ermete danno alla loro Pietra ignea
il nome di Sole, e quando nella dissoluzione della seconda opera, la malrria
diventa nera, la chiamano: sole tenebroso oppure ecclisse di sole. Raimondo
Lullo ne parla spesso nelle sue Opere, ma qui riporto soltanto quanto ne
scrve nel suo 13. Esperimento: a Fate putrefare il corpo del sole durante
tredici giorni, in capo ai quali la dissoluzione diventer nera come l in
chiostro: ma il suo interno sar rosso come un rubino o come una pietra
di granato orientale. Prendete allora questo sole tenebroso, ed offuscato
dagli abbracci di sua sorella o di sua madre, e ponetelo in una cucurbita
col suo capitello, chiudendo con cura Ir giunture, ecc.
Spesso s confuso Apollo con il Sole, c Diana con la Lima; per nel
l antica Mitologia vi si faceva distinzione; ci che dimostra che anticamente
si sapeva fare la differenza tra il Sole celeste ed il Sole filosofico. Coloro i
quali ignoravano l oggetto di questantira Mitologia, sono stati la causa di
tutte le variazioni, che a tale riguardo, si riscontrano negli Autori, k bene
rilevare che l Apollo ed il Sole filosofico essendo una stessa cosa, le differenti
- 210 -
opinioni defili Autori possono conciliarsi tenendo per presente la distinzione
necessaria del Sole celeste dallApollo della Mitologia. E questo realmente
fa Omero in parecchi luoghi dei suoi due Poemi.
Ma qual possa essere questo Apollo, la Favola ce lo presenta quale padre
di parerrhi figli avuti da diverse donne. Da Calliope ebbe: Orfeo, Imeneo
e Chinilo: da Avalli ebbe Delfo: da Criorle: Corono: da Tersicore: I.ino;
da Coronide: Esculapio; e molli altri, lenumerazione dei quali sarebbe
molto lunga.
Si dice che Apollo viene dagli Iperborei a Delfo, che i Poeti chiamano
ombelico tirilo Terra, poich fingono clic Giove volendo trovarne la localit
mediana, fere partire contemporaneamente unaquila verso l'Oriente ed
un'altra verso l'Orridente, le quali mantenendo la medesima velocit di volo,
si rinrnntrarono a Delfo: e quindi per questo fatto gli venne consacrata
un'aquila doro. E' facile vedere che questa storia non solo favolosa, ma
non avrrhhe alcuna utilit se non la si considera allegoricamente. Ed c in
questo senso che i Filosofi Ermetici si sono espressi d'accordo con l'Autore
del consiglio attinto dalle Epistole dAristotile: a Vi sono due principali
pietre dell'Arte, l ima bianca, e l altra rossa dima natura ammirabile. Tj
bianca comincia ad apparire sulla superficie delle acque al tramonto del Sole,
e si nasconde sino alla met della notte, indi discende sino al fondo. La rossa,
invere, fa il contrario: comincia a salire verso la superficie al levar del Sole
sino a mezzod, ed in seguito si precipita al fondo . Platone, nella Turba,
dice: a Onesto vivifica quello, e questi urcide quello, e tutti e due essendo
riuniti persistono nella loro riunione. Ne appare un rossore orientale, un
rossore sanguigno. I l nostro uomo vecchio, ed il nostro drago giovane e
mangia la propria coda con la sua propria testa, e la testa e la coda sono
anima e spirito. L'anima e lo spirilo sono creati da lui: l tino viene da
Oriente, e cio il giovane, ed il vecchio viene da occidente. Un uccello me
ridionale e veloce straripa il cuore da un grande animale dOrienle, dice
Basilio Valentino, e dopo averlo strappato, lo divora. Esso concede cos
le ali allanimale dOriente, per modo che diventano simili; perche occorre
levare la pelle di leone allanimale d'Oriente. e elle le sue ali scompaiano,
ed entrambi entrino nel gran mare salato, e ne sortano una seconda volta,
aventi pari bellezza .
Michele Majer, di queste due aquile inviate da Giove, ne ha fatto il 46.
dei suoi Emblemi Chimici, annotandolo con i seguenti versi: -
nJipiler Delphi a Aquilas miaisse pemellas
Fornir otl pana nccitluosqtic piagosi
Dunt nietlium explorarr locum desidcrat urbis;
( Fama ut habet) Delphns hae rrtiirrc simili.
I s( illar la pitica bini sunt, iiruis ab ortu
Alter ab occasu, qui bene conrcniunt .
211
Quindi queste due aquile debbono interpretarsi per le pietre bianche e
rosse dei Filosofi Ermetici, vale a dire: della materia pervenuta al bianco
e che i Discepoli d'Ermete chiamano oro bianco volatile, e della materia al
rosso chiamata oro vivo.
Pertanto si dice che Giove invi queste aquile, perch il color grigio
precede il bianco ed il rosso. E se dicesi che una vol verso Oriente e l'altra
verso Occidente, si perch il color bianco in effetti l Oriente o la nascila
del Sole Ermetico, ed il rosso il suo Occidente. Questa similitudine stata
adottata inquantocch il Sole allalba diffonde una luce biancastra sulla Tena,
mentre al tramonto ne diffonde una rossastra.
Le due aquile alla fine del veloce loro volo si rincontrano a Delfo, che,
secondo Macrobio, ha preso il suo nome dal greco Delphos tol ta, poich il
Magistero essendo finito, il bianco ed il rosso formano il color unico di por
pora, il quale costituisce il Sole Filosofico. E qui bene tener presente anche
che la Citt di Delfo era consacrata al Sole, e ci certamente per allegoria,
alludendo al Sole dei Discepoli dErmete.
I Saggi della Grecia consacrarono un tripode doro ad Apollo. I l ginepro
ed il lauro erano i suoi alberi favoriti, e tutti i suoi abbigliamenti erano doro.
Gli si immolavano buoi ed agnelli. Lo si riteneva inventore della Musica,
della Medicina e dellarte di tirar le frecce. Lo b rappresentava giovane con
i capelli lunghi. Gli Antichi gli collocavano sulla mano destra le Grazie, ed
un arco e delle frecce nella sinistra. Fu soprannominato Pizio, perch aveva
ucciso a colpi di frecce il serpente Pitone, il nome del quale deriva da jn'-8u>
= puttefodo, poich si fingeva che questo serpente era nato dal fango e dal
limo, e che essendo stato ucciso da Apollo, il calore del Sole lo fece corrom
pere e cadere in putrefazione.
La ragione ne che Apollo un Dio doro, caldo, igneo, il fuoco del
quale ha la propriet di far cadere i corpi in putrefazione. Le Grazie che
recava in mano erano un segno geroglifico dei beni graziosi: la salute e le
ricchezze chegli procura. Larco e le frecce indicavano la guarigione delle
malattie le quali anticamente erano rappresentate sotto l emblema dei mo
stri e dei draghi.
II bue che simmolava ad Apollo, cos come ad Oro, sta a simboleggiare
la materia dalla quale i Filosofi compongono la loro medicina solare. I l tri
pode doro l allegoria dei tre principii: zolfo, sale e mercurio, i quali me
diante le operazioni si riducono in una sola cosa, la quale trova la sua base
sui detti tre principii come su tre piedi.
Per la stessa ragione Apollo risiedeva sul Monte Parnaso, composto da
tre montagne, o per meglio dire da una montagna con tre cime, e che i
Poeti avevano costume di chiamare semplicemente il duplice Monte, allu
dendo solamente alle cime: Elicona e Parnaso.
-212-
ORFEO
II poeta Orfeo, figlio d*Apollo, padre della Poesia ha compiuto cose in
credibili: faceva muovere le montagne, chiamava a e i pi feroci animali, e
li addomesticava; fermava il corso dei fiumi, gli uccelli in pieno loro volo;
guidava le Navi, e tutto ci col semplice suono della sua lira. Se si considera
Orfeo solamente quale Poeta, in tal caso egli ha fatto tutte queste cose nel
senso come va inteso che guid il Naviglio Argo, vale a dire: eh'essendo
stato l'inventore ed il narratore di dette finzioni, le ha finte e raccontate
secondo una direttiva di sua libera scelta; ma se si considera Orfeo quale
figlio dApollo, in tal caso non lo stesso Orfeo il Poeta. L'Orfeo figlio dA
pollo il simbolo degli effetti del Sole stesso, U quale dalla stessa causa, e
cio dal suo fuoco e dal suo calore, produce effetti contrari, indurendo una
cosa e rammollendone un'altra, come dice Virgilio:
a Limua ut hic dureacit, et haec ut cera liquescit d .
(Egloc. 8)
Ed questo che si verifica nelle operazioni del Magistero Ermetico: la
materia secca si volge in acqua, c da acqua ridiventa terra.
n suono della lira dOrfeo il simbolo dell'armonia della sua Poesia, e
perci le Opere dei Poeti sono il suono o l'effetto della lira dApollo.
Orfeo fu il primo a recare in Grecia la Religione degli Egizii, ed egli
stesso dichiara che fu il primo a parlare degli Dei, dei delitti e delle pene,
e di parecchi rimedi per le malattie. Ma la Medicina della quale fa cenno
devesi intendere la Medicina solare, poich tutti i libri di Fisica che ci re
stano sotto il suo nome, mirano esclusivamente a questo scopo; e tali sono i
suoi Trattati della generazione degli elementi, della forza dell'amore e della
simpatia fra le cose naturali, delle pietre preziose, e parecchi altri scritti su
differenti soggetti velati sotto metafore ed allegorie. Anzi, a tale riguardo, nel
suo libro delle pietre preziose v' una specie di sommario di tutte le sue idee,
nel luogo ove ci descrive l'antro di Mercurio quale sorgente e centro di tutti
i beni. Ci fa anche comprendere ch'egli era istruito di molti segreti della
Natura; e perci alcuni Antichi hanno pensato che Orfeo non solo era ver
satissimo nella scienza degli Auguri e della Magia, ma ch'egli fosse un Mago
Egizio. Ma non sera detto lo stesso del Filosofo Democrito il quale aveva
attinto la sua scienza presso gli Egizi? Vuoisi che questo Filosofo conoscesse
il linguaggio degli uccelli, come Apollonio di Tiana, e nei snoi scritti ci rife
risce che il sangue di parecchi uccelli chegli nomina, agitato e lavorato, pro
ducesse un serpente, e che colui che avrebbe mangiato questo serpente, ca
pirebbe anche il linguaggio degli altri volatili.
E ben certo che gli Antichi erano creduloni, e prendevano tutto alla let
tera, e non supponevano nemmeno lontanamente di dubitare delle cose pi
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assurde. Lo stesso Cicerone, a quanto pare, aveva tale abitudine: per egli
non possedeva di Democrito quell'alto ronretto die altri serbavano, quando
scrisse di questo Filosofo: che nessuno aveva mentito con ntaiore audacia,
a Nullum vintiti majori autfioritale, maiora memaria protali!. n Tpnocrate
la pensava ben diversamente: epli ammir la Sappczza di Democrito, e so
leva dire che le parole di questo Filosofo erano auree. Anche Platone si di
lettava moltissimo nella lettura delle opere di Demoerito. Ci dimostra che
questi grandi uomini comprendevano le allegorie di questo Filosofo, mentre
Cicerone non le supponeva nemmeno.
Questi pretesi uccelli, dei quali Democrito intendeva il linpuagpio. altro
non sono se non le parti volatili dellOnrra Filosofica, che i Discepoli dEr-
mete indicano quasi sempre con i nomi di aquila, avvoltoio, od altri uccelli.
Come nure. per il serpente che nasce dal mescolamento del sanine di questi
volatili. bisogna intendere il drnvo o semente filosofico, e del quale tanto
snesso abbiamo narlato. Se rtoaleono mancia questo semente, intender in
dubbiamente il linguaggio deeli altri uccelli: perch colui clic ha avuto la
strazia di portare a termine il Magistero dei Saggi, e di farne uso, non ignora
ci ebo i verit-a ib-ra-'lc p .,f>r poip-.*c-,zq 1p differenti
'elle clic si succedono nel vaso Quando le parti della materin vi circolano.
Eg'i cine passo passo tutti i loro movimenti, e conosce il propresso del
l Opera attraverso i mutamenti che si verificano. Ci ha fatto dire a Rai
mondo Lullo, che il buon odore del Malizier attira sul tetto drll'ahitnzione
nella quale si compie l Opera, tutti sii urrelli delle vicinanze; e con questa
allegora epli indica la sublimazione filosofica, poich allora le parti volatili,
imbdeiaiate dalli uccelli, selevano alla parte superiore del vaso, e sem
brano accorrere da tutti i dintorni. 1 Trattati Ermetici sono zeppi di simili
allegore.
Orfeo ci racconta anche la sua pretesa discesa all'Inferno, ove visit
l'oscuro soggiorno di Plutone, per ricercarvi Euridice sua sposa, e chegli
amava perdutamente.
Euridice, fuggendo le persecuzioni amorose di Aristeo, figlio dApollo,
fu morsicata da nn serpe. La ferita divent mortale, e questamabile sposa
perd subito la vita. Orfeo disperato per tale perdita, prese In lira, e discese
nell'impero dei morti per trarne Euridice. Plntone si lasci commuovere, ed
Orfeo l avrebbe vista lina seconda volta nel soggiorno dei viventi, se la sua
curiosit amorosa non avesse anticipato i suoi sguardi facendogliela guardare
prima del termine assegnato: .
Caetera narravi, quae vidi, ut Taenara adiri,
Umbrosas Ditisque domos et tristitia retila
Confisus Cythara, uxorisqur roartus amore.
(Orfeo, Argonautica)
Virgilio menziona questo viaggio d'Orfeo nella 4. delle sue Georgiche;
cd Ovidio nel decimo delle sue Metamorfosi. Cicerone riferisce daver letto
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in un libro d'Aristotile, (ormai sperduto) che Urico e la sua Musa non esi
stettero mai.
Il lettore si ricordi di ci che ho detto della lira dOrfeo, e si ricordi
altres che questo Poeta era figlio d'Apollo, come Aristeo. Nella qualit di
Poeta, Orfeo c l'Artista clic racconta allegoricamente il processo del Magi
stero. In questa circostanza della morte di Euridice, stato necessario sup
porre un Aristeo figlio dApollo, ed innamorato della moglie d'Orfeo, dato
clic il figlio dini qualunque altro non vi converrebbe affatto.
Aristeo o l eccellente, il fortissimo, preso dal fascino dEuridice, la
quale lo sfugge, ina egli la rincorre sino a quando un serpe la morde al tallone,
ed a seguito di tale ferita essa muore. Orbene, questo Amante il simbolo
delloro filosofico, figlio d'Apollo; suo padre il Sole, e la Luna sua madre
dice Ermete nella Tavola di Smeraldo. Euridice lallegoria dellacqua mer
curiale volatile. I Filosofi chiamano luno il maschio, e l altra la femmina.
Sinesio ci assicura che colui il quale conosce quella che ugge, e quegli che
la rincorre, conosce gli agenti dellOpera. Quindi, Euridice la stessa cosa
della fontana del Trevisano. Signore, dice questo Filosofo, bell vero clic
questa fontana duna straordinaria virt, maggiore a quella di nessun altra
al mondo, ed tale solamente per il magnanimo Re del paese, ch'essa ben
conosce, e lui conosce essa, tanto che mai detto Re le passa da vicino, senza
ch'essa non lattiri a se. E subito dopo, lo stesso Autore, aggiunge: a Al
tura gli domandai se era amico di essa, c questa di lui. Mi rispose: la fontana
lo attira ad essa, e non lui la fontana.
E ci non vale i vezzi cd il fascino d'Euridice, e linseguimento dAri
steo? La parte volatile volatilizza il fisso sino a clic il drago filosofico lar
resta nella sua corsa; allora Euridice muore, vale a dire: clic la putrefazione
sopravviene, od il colore nero, i! quale simboleggiato dal triste soggiorno
di Plutone. Quindi lacqua volatile attira il fisso volatilizzandolo. I l Re del
paese del Trevisano l'oro, il figlio del Sole; ci che dimostra che il figlio
d'un qualunque altro non avrebbe poluto prestarsi convenientemente allal
legora. Orfeo chiama detta acqua mercuriale volatile la sua opra sposa o
moglie, dato chegli stesso era figlio d'Apollo, e che, come dice il Cosmopo
lita, nelle sue Parabole: a quest'acqua tirite luogo ili sposa a questo frutto
dell'albero solare, Auehessa figlia del Sole, poich cavala dai suoi (aggi
come dice lo stesso Autore, il quale aggiunge clic da quelli proviene il loro
rande amore. In loro conti.i ,lia cd il vivo desiderio di riunirsi.
Orfeo viaggia nel soggiorno di Plutone e racconta ci che ha visto. Egli
mobile ricondotto nel mondo dei viventi Euridice, se non si fosse sbaglialo
guardandola prima del momento stabilito. Ci vale quale avvenimento ah
l'Artista impaziente il quale s'uunoia della lungaggine dctlOpera. Tutti gli
Artisti dell'Opera amano perdutamente la Pietra, ed aspirano intensamente,
dopo, il fortunato momento nel quale la vedranno nel soggiorno dei viventi,
vale a dire: uscita dalla putrefazione, e rivestita dell'abito bianco, ch'c in
dice di gioia c della resurrezione. Ma questo loro amore spinto ad ultranza
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non permette loro dattendere il termine prescelto dalla Natura; ed allora
vogliono fonarla ad anticipare il lento corso delle sue operazioni, e per tu]
modo guastano tutto. Muriano dice che qualsiasi precipitazione viene isti
gata dal demonio; gli altri Filosofi raccomandano la pazienza. Ma Fautore
non ascolto ragioni n suggerimenti, a Necessita agire con moderazione, dice
Bai-ilio Valentino nella sua 10. Chiave, e tenere ci ben presente anche nella
fabbricazione del nostro elisire, al quale non gli si deve fare nessun torto dei
giorni destinati e fissati per la sua generazione, per paura clie il nostro fratto
colto anticipatamente, i pomi delle Esperidi non possano pervenire alla ma
turazione estremamente perfetta.., E perci che il diligente operatore degli
effetti meravigliosi dellArte e della Natura, deve guardarsi dal non asciarsi
trasportare da una dannosa curiosit, per timore che non raccolga niente, c
che i pomi non gli cadano dalle moni, s
La morte dOrfeo messo in pezzi dalle donne; le sparse membra, poi rac
colte e seppellite dalle Muse, debbono ricordare al Lettore l allegoria della
morte dOsiride, con tutte le sue circostanze e le spiegazioni da me date.
ESCULAPIO
I Greci hanno preso anche questo Dio dallEgitto e dalla Fenicia, perch
proprio in questi paesi che bisogna ricercare il vero Esculapio. Degli altri
('oculapi che gli Storiografi ammettono, noq il caso di parlarne: ma lEscu-
lapio dei Greci era comunemente ritenuto figlio dApolIo e della Ninfa Co
ronide figlia di Flegia. Laltra tradizione che gli d per madre Arsnoe non
sembra verisimile neppure a Pausania il quale gli d per nutrice Trigona.
Luciano, unitamente a molti altri, assicura chEscuIapio non nacque da Co
ronide, bens dalluovo duna cornacchia, il che .ha lo stesso significalo.
Onesta Ninfa Coronide, gravida di questo Dio della Medicina, fu uccisa
da una freccia scoccatale da Diana. La Ninfa fu indi deposta su di un rogo, e
Mercurio ebbe l incarico di cavare Esculapio dal seno di questa sfortunata.
Altri riferiscono che fu Febo stesso a compiere questa operazione.
Esculapio venne affidato nelle mani di Chirone, e consegui grande pro
fitto nella Medicina dalle lezioni impartitegli da questo celebre Maestro, ed
acquis conoscenze tanto eccelse in detta scienza, che risuscit Ippolito ch'era
stato divorato dai propri cavalli. Plutone indispettito do] perch Esculapio,
non contento di guarire gli ammalati, risuscitava anche i morti, mosse la
gnanza a Giove, dicendo che il suo impero ne veniva a scapitare, c che cor
reva il, rischio di diventare deserto. Giove, irritato, fulmin Esculapio.
Apollo indignato della morte di suo figlio, ne pianse, e per vendicarsene uc
cise i Ciclopi che avevano forgiato la folgore della quale Giove sV n servito.
Giove, per punirlo, Io scacci dal Cielo. Apollo, peregrinando sulla terra,
sinnamor di Giacinto, col quale giocando a piastrelle, disgraziatamente lo
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accise. Poi Apollo si rec da Laoniedonte dal quale si fece assumere quale
operaio a mercede per la costruzione delle mura di Troia.
Esculopio spos Epione, dalla quale ebbe Macaone e Podalirio; c tre fem
mine: Panacea, Iaso ed Igea. Orfeo per dice che Igea non era figlia, sebbene
moglie d'Esculapio.
I l pi celebre culto dEsculapio si praticava in Epidauro. I serpi cd i
draghi erano consacrati a questo Dio, il quale venne adorato anche otto la
figura di detti rettili. Su una medaglia coniata a Pergamo si vede Esculnpin
assieme con la Fortuna. Socrate, prima di morire, gli fece immolare un gallo;
ed a questo Dio si sacrificavano anche i corvi e le capre; e Pausania rife
risce che si allevavano delle bisce addomesticate nel suo Tempio ad Epi-
danro, e nel quale eravi una statua di sua madre Coronide.
Gli Antichi non avevano forse effettivamente buona ragione di ritenere
quale Dio della Medicina, la Medicina universale? E non era forse suffi
ciente indicarla, col dire Esculapio figlio dApollo e di Coronide, dato che
si conosce che questa medicina ha il principio delloro per materia, e non
pu prepararsi senza passare attraverso la putrefazione, od il color nero che .
i Filosofi Ermetici dogni tempo hanno chiamata :corvo, testa di corvo, e
ci sempre a cagione della negrezza che laccompagna? Quindi, sortire dalla
putrefazione o dal color nero vai quanto dire: nascere da Coronide, la quale
significa una cornacchia, ch una specie di corvo.
Ma un Dio non deve nascere nella stessa maniera degli uomini; e perci:
Diana uccide Coronide, e Mercurio o Febo estrae suo figlio dalle visceri di
questa madre sfortunata. I l mercurio Filosofico agisce sempre, e rende ad
Esculapio in questa occasione lo stesso servigio che aveva reso a Bacco. La
madre delluno muore sotto lo scroscio della folgore di Giove, la madre del
l altro perisce sotto i colpi di Diana, entrambi vengono al mondo mediante
l intervento di Mercurio, e dopo la morte delle loro madri. Moriano, nella
Bua Conversazione col Re Calid, delucida con due parole tutta questa alle
goria, e dice: a che la bianchezza od il Magistero al bianco, ci ch la medi
cina, nascosta od occultata nel ventre della negrezza: che non bisogna di
spregiare le ceneri (di Coronide), poich il diadema del Re vi celato.
La stessa ragione ha fatto dire che Flegia era padre di Coronide, dato che
ipliytii significa io brucio, e nessuno ignora che ogni cosa bruciata si riduce
in cenere.
Quelli i quali hanno preteso che proprio Apollo stesso aveva tenuto luogo
di levatrice a Coronide, hanno per tal modo alluso all'elisire perfetto al
rosso, vero figlio d'Apollo, anzi il vero Apollo dei Filosofi; e se si finge che
Diana uccise Coronide, si perch la cenere Ermetica non pu pervenire
al color rosso se non dopo essere stata fissata passando attraverso il color
bianco, o la Diana Ermetica o Filosofica, a Questa cenere molto rossa, ed
impalpabile per se stessa, dice Arnaldo di Villanova, si gonfia come una
pasta che fermenta, e mediante la calcinazione richiesta, vale a dire con
laiuto del mercurio, il quale brucia meglio del fuoco elementare, essa si
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separa da una terra nera sottilissima, che abbandona in fondo al vaso . Ed
facile farne l'applicazione. Del resto, Ermete lo aveva detto da lungo
tempo: a 11 figlio nostro regna gi vestito di rosso... I l nostro Re viene dal
fuoco . Trigona, nutrice d'Esculapio, cosi chiamala a cagione dei tre
principii: zolfo, sale e mercrio, dai quali composto lelisire, e dei quali
il fanciullo Filosofico si nutre sino alla sua perfezione.
Le resurrezioni compiute da Esculapio non sono meno allegoriche della
sua nascita, e se egli resuscit Ippolito, bisogna intenderlo nel senso dei
Filosofi, i quali personificano tutto. A tale riguardo, ascoltiamo quanto dice
Bouello nella Turba: a Questa natura dalla quale s tolta l'umidit, diventa
simile ad un morto; ed ba bisogno del fuoco sino a quando il suo corpo ed
il suo spirilo sieno convertili in terra, ed allora si ottiene una polvere simile
a quella delle tombe. Dio, in seguito, le rende il suo spirito e la sua anima,
e la guarisce da tutte le infermit. Bisogna dunque bruciare questa cosa
sino a che essa muoia e diventi cenere, ed atta a ricevere novellamente la
ua anima, il suo spirilo e la sua tintura . Si pu vedere ci che ho detto
in merito a tali resurrezioui, quando ho spiegalo quella dEsone, nel 2.
libro. Circa l'educazione d'Esculapio, fu la stessa di quella di Giasone.
Le figlie dEsculapio parteciparono agli stessi onori devoluti al loro pa
dre, ed ebbero statue presso i Greci ed i Romani. Ma la finzione della storia
di queste Divinit evidentissima semplicemente attraverso i loro nomi:
Panacea vuol dire la medicina che guarisce lutti i mali; Iaso vale guarigione;
ed Igiea: salute. Orbene, l Elisir Filosofica produce la medicina universale;
luso di questa concede la guarigione alla quale congiunta la salute. E cos
dicesi che i loro due fratelli erano dei medici perfetti.
Per quanto riguarda luovo di Cornacchia, dal quale si finge nc sort
Esculapio, Raimondo Lullo ce lo spiega in questi termini: a Dopo che sar
raffreddato, lArtista trover il nostro fanciullo arrotondato in [orma duovo,
ed egli lo ritirer e lo purificher . E nel suo Albero Filosofico, lo stesso
Autore scrive: a Quando questo colore bianco apparir, osso comincia a
formarsi in forma tonda, come la li;aa nel suo pieno . Il gallo era colisa*
oralo ad Esculapio, per la stessa ragione che lo era a Mercurio; il corvo a
cagione della sua madre Coronide, ed il serpente perch i Filosofi Ermetici
lo prendevano a simholo della loro materia, come lo si pu vedere In Flamel
ed in tanti altri.
Apollo ebbe molli altri figli; se poi lo si confonde col Sole, il loro numero
aumenta moltissimo. Ho gi parlato d'Ecte nel secondo libro, e far men-
zionc dAugia nel quinto, e tacer sulle allegorie degli altri poich le stesse
finzioni potranno trovare facili spiegazioni da quelle clic io riferisco. Per
Fetonte troppo celebre per palerei esimere dal dirne due parole. Non tutti
gli Autori sono concordi nel ritenerlo figlio del Sole. Parecchi, con Esiodo,
opinano che Fetonte ebbe Cefalo per padre, c per madre l'Aurora. Ma
lopinione pi accetta comunemente riteneva Fetonte figlio del Sole e di
Climene.
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Avendo avuto un alterco con Epolo, figlio di Giove, costui gli rinfacci
che non era figlio del Sole. Fetonte, piccalo, and a lagnarsene con Cliniene
sua madre, la quale gli consigli di recarsi dal Sole, e per prova, chiedergli
di concedergli la guida del suo carro. Avendo il Sole giuralo per lo Stige
elle avrebbe accolla la sua richiesta, lungi dal supporre che suo figlio sarebbe
sialo cosi temerario dal rivolgergliene una di tal fatta, gliel'accord, dopo
aver fallo lutti gli sforzi per dissuadernclo. Fetonte assolveva tanto mala
mente la guido, del carro del Sole, che 1 Ciclo e la Terra erano minacciati
da facile incendio. La Terra, allarmala, si rivolse a Giove, il quale abbatt
con un colpo di folgore il giovane Fetonte nel fiume Eridano, del quale, se
condo alcuni, ne dissecc le acque; ma secondo altri le mut in aro.
Parecchi Autori credono, come Vossio, che questa allegoria d'origine
Egizia. Fetonte, come Oro, simboleggia la parte fissa anrifica dei Filosofi
Egzii od Ermetici. Quando essa si volatilizza, questu materia completamente
ignea sembra fare insulto ad Epafo o l'aria, figlio di Giove. Quando il Giove
Filosofico si mostra, questa parte fissa e solare, dopo aver vagalo parecchio
tempo, s precipita al fondo del vaso dove trovasi lacqua mercuriale, nella
quale essa si fissa coatigtilaudosi, c la rende aurfica come essa stessa. Ecco
In poche parole la spiegazione della corsa di Fetonte, la sua caduta nel fiume
Eridano, ed il disseccamento delle sue acque.
DIANA
Secondo la Mitologia dei Greci, Diana sorella gemella dApollu, e lo
precedette venendo al mondo, e nacque da Lalona, e suo padre fu Giove,
rosi r'hisegiia Omero. Ma Erodoto ed Espililo, non sono d'accordo con Omero
a tale riguardo. Alcuni Autori hanno anche detto che gli Arcadi chiamali
l rascleni, cio: nati prima della Luna, esistevano prima di questo pianeta,
e che Prose le ne, figlio d'uu certo Oreomrne, regnava nellArcadia quando
Ercole combatteva contro i Giganti, tempo, dicono questi Autori, nel quale
la Luna si mostr per la prima volta.
Lalona fu madre a semplicemente la nutrire di Diana? Secondo me essa
fu Cuna e l'altra, e Diana la servi iu qualit di levatrice nello sgravo dA
pollo. Ma colpita, dice la Favola, per i dolori che Lalona soffriva durante
il parto, essa chiese a Giove di rimanere sempre vergine, e Poi tenne. Diana
venne soprannominala Lucina, o colei che presiede ai parti, similmente a
Giunone, ed anche questa sorella gemella nata prima ili Giove. Si fnto
cliesta molto dilcltavasl della coccia, e che ili ritorno dalla stessa depositasse
il suo arco e le sue frecce presso Apolla. Offesa dal perch Orione si vantava
di essere il pi abile cacciatore del mondo, lo trafisse con un colpo di freccia.
Orfeo, nel suo Inno a Diana, fra laltro Ita detto clic questa Dea era Erma
frodita. Sugli antichi Riuniimenli la si riconosce o per il crescente lunare
ch'ordiiiariaineutc reca sulla lesta, o dall'arco e dalle frecce che le mettono
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in mano, e dai cani che l'accompagnano. Essa sempre vestita di bianco, e
talvolta la si vede su un carro tirato da due cerve. La Diana d'Efeao era
rappresentata con gli attributi della Terra o Cibele, o la Natura stessa.
Latona veramente madre di Diana e dApollo: perche, secondo tutti i
Filosofi, il lattone il principio dal quale ai formano la Luna ed il Sole
Ermetico. I l nostro lattone, dice Moriano, non serve a niente se non im
bianchito. Majer ha formato undicesimo suo Emblema Chimico, da una
donna accompagnata da due figli, l'uno rappresentante il Sole, e l'altra la
Luna, ed un uomo il quale lava i neri capelli e le vesti di detta donna; ai
piedi di detta figura leggesi:
e Deal baie Latonam et rum pile libro a.
Sinesio indica espressamente ci ch' questo lattone quando, nell'Opera
dei Filosofi, scrive: a Figlio mio, per grazia di Dio possedete gi un elemento
della nostra Pietra, ch la testa nera, la testa del corvo, o l'ombra oscura,
sulla quale terra come sulla sua base tutto il reato del Magistero ha il suo
fondamento. Questo elemento terrestre e secco si chiama lattone, (leton),
toro, fecce nere, il nostro metallo . Ermete nello stesso senso aveva detto:
a L'Azoto ed il fuoco imbiancano il lattone, e ne tolgono la negrezza .
Infine tutti sono concordi nel dare il nome di lattone alla loro materia di
ventata nera; e del resto Lattone e Latona non possono significare che una
e medesima cosa, poich, secondo Omero nel suo 1. I nno ad Apollo, Latona
figlia di Saturno, ed il lattone ugualmente figlio del Saturno Filosofico.
Diana non poteva nascere se. non a Deio, dove Latona sera rifugiata
per sottrarsi agli attacchi del serpente Pitone. La sola etimologia dei nomi
spiega la cosa. Latona significa obfio, oscurit. Ora, vi niente di pi
oscuro e di pi nero del nero stesso? E questo per servirmi del modo di
dire dei Filosofi. Questo nero il lattone ovverosia la Latona della Favola.
Diana il color bianco, chiaro e brillante; e Deio deriva da Alp-O? = chiaro,
apparente, manifesto. Quindi si pu dire in tal caso, che il bianco nasce
dal nero, nel quale vi era occultato, e donde sembra uscirne. La Favola
prende anche cura di farci osservare che l'Isola di Deio era errante e som
mersa prima dei parti di Latona, e chindi fu emersa e resa fissa per ordine
di Nettuno. I n effetti, prima di questo sgravo, la Deio Ermetica sommersa,
poich, secondo Ripleo: a quando la terra sar agitata e s'oscurer, le mon
tagne saranno trasportate e sommerse nel fondo del mare . La fissazione
che si fa della materia volatile nel tempo della bianchezza, indica la fissa
zione dell'Isola di Deio.
Diana trafisse con una freccia Orione, figlio di Giove, di Nettuno e di
Mercurio, che diventato cieco si rec da Vulcano a Leknno per essere gua
rito. Vulcano ne ebbe piet, e avendolo fatto condurre al sole levante, Orione
ricuper la vista. Quale aiuto se non quello della Bua arte poteva concedere
Vulcano ad Orione? E qualera l arte di Vulcano? Non forse il fuoco
filosofico? Questo fuoco d al color bianco una tinta d'anrora o zafferanata,
la quale annuncia il sorgere del sole dei Filosofi, e nel contempo c'insegna
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mediante quale arte Orione fu guarito. Bisognava clic Diana lo trafiggesse
con una freccia, e l'arrestasse nella sua corsa, poich la parte volatile dev'ea-
sere fissata per pervenire a questo sole levante.
Orfeo parlava da vero discepolo dErmete, quando diceva che Diana era
Ermafrodita. Egli sapeva che il rossastro chiamato maschio, ascoso sotto
la bianchezza della materia, chiamata femmina, e che l'imo e l altra riuniti
in uno stesso soggetto, cos come i due sessi nello stesso individuo, formano
un composto Ermafrodito, il quale comincia ad apparire allorquando il
colore zafferanato si manifesta.
Malgrado tutto quanto s' potuto dire circa la passione nutrita da Diana
per Endimione, l opinione pi comunemente accetta si che questa Dea
conserv la propria verginit. Si finto intanto ch'essa concep dallaria e
figli la rugiada. Ma una Vergine si sgrava secondo l ordine della Natura, e
nullameno rimanendo vergine? La finzione sarebbe veramente ridicola se
non fosse puramente e semplicemente allegorica. I Filosofi hanno impiegato
la stessa allegoria per lo stesso soggetto, a Questa Pietra, dice Alfidio, abita
nellaria; essa esaltata nelle nubi; vive nei fiumi, e si riposa sul sommo
delle montagne. Sua madre vergine, e suo padre non ha mai conosciuto
donna? Prendete, dice dEspagnet, una vergine alata ben pura e ben pulita,
impregnata dalla semenza spirituale del primo maschio, la sua verginit
perdurando intatta, malgrado la sua gravidanza. (Con. 58) s. Secondo Ba
silio Valentino una vergine castissima, la quale non ha affatto conosciuto
l'uomo, e nonpertanto concepisce e partorisce.
Si pu forse disconoscere in Diana questa vergine alata del d'Espagnet?
Ed il Figlio Filosofico chessa concepisce nellaria, secondo il parlare dei
Discepoli dErmete, non forse questo vapore che seleva dalla Luna dei
Filosofi, e che ricade in forma di rugiada? E del quale il Cosmopolita ne
parla in questi termini: a Noi lo chiamiamo acqua del giorno e rugiada
della notte .
Infine, se Diana sorella gemella dApollo, e lo precede nella nascita,
si che la luna ed il sole filosofici nascono successivamente dallo stesso sog
getto, e la bianchezza deve assolutamente precedere il color rosso.
DALCUNI ALTRI FIGLI DI GIOVE
MERCURIO
Quasi tutti gli Antichi sono daccordo sui genitori di Mercurio. Egli
nacque da Giove e da Maia, figlia d'Atlante, sul monte Cilleno; sebbene
Pausania, dissentendo da Omero e da Virgilio, dice che questo Dio nacque sul
monte Conce, nelle vicinanze di Tanagra, e che indi fu lavato in un'acqua
convogliata da tre fontane. Altri dicono che fu allevato su una pianta di
porcellana (portulaca), poich egli grasso e pieno dumidit. Ed perci,
senza dubbio, che Raimondo Lullo parla di questa pianta come avente una
natura mercuriale, similmente alla grande lunaria, la malva, la celidonia e
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la marcorella. Alcuni Autori hanno anche preteso die i Cinesi sapevano
estrarre dalla portulaca o porcellana selvatica un vero mercurio gocciolante.
Subito che Mercurio fu nato, Giunone gli apprest la sua mammella; e
poich il latte ne scorreva in grande abbondanza, Mercurio ne lo lasci
cadere in parte, e questo latte sparso form la via lattea. Secondo altri, fu
Opi chebbe ordine di nutrire questo piccolo Dio c le occorse lo stesso inci
dente che si sarebbe veri Gioito a Giunone.
Mercurio venne considerato sempre quale il pi vigilante degli Dei. Egli
non dormiva n giorno n notte, c se dobbiamo prestar fede ad Omero, la
mattina stessa della sua nascita egli suon la lira, c la sera del giorno stesso
rub i buoi ad Apollo.
Tali finzioni possono racchiudere una qualche verit ascosa sotto il velo
dellallegoria e della Favola? Si tratta allora di cercare quale poteva essere
questa verit; ed io la trovo spiegata nei libri dei Filosofi Ermetici. Constato
che la materia della loro Arte e chiamala Mercurio, e ci chessi riferiscono
delle loro operazioni, una storia della rifa di Mercurio. Vediamo, dunque
se ci sar possibile dadattare ci che si dice del Mercurio della Favola, al
Mercurio Ermetico.
Maia, figlia d'Atlante, ed una delle Pleiadi, fu madre di Mercurio, e lo
mise al mondo su di una montagna, dato che il mercurio Filosofico nasce
sempre sulle alture. Ma bene osservare che Maia era anche uno dei nomi
di Cibele o la Terra, e che questo nome significa: madre, o nutrice, o avola.
Quindi non deve sorprenderci ch'essa fosse madre di Mercurio, od anche sua
nutrice, come dice Ermel nella sua Tavola di Smeraldo: a nutrix ejua est
terra . Cosi Cibele era considerata quale la Gran Madre degli Dei, dato che
Maia madre del mercurio Filosofico, c che da questo mercurio nascono
tutti gli Dei Ermetici. Mercurio, appena nato fu lavalo in unacqua con
vogliata da tre fontane; ed il mercurio Filosofico dev'essere purgato e lavato
tre volte nella sua propria acqua, la quale pure composta di tre; ci che
ha fatto dire a Majer: a andate a trovare la donna che lava i panni, e fate
come essa .
Questa liscivia, soggiunge lo stesso Autore, non deve farsi con lacqua
comune, sebbene con quella che si cangia in ghiaccio e neve sotto il segno
dellAquario. Forse per questo Virgilio ha detto che la montagna di Cillene
era ghiacciata: Gelido culmine.
In questa allegoria si ritrovano le tre abluzioni: la prima, scolandone la
liscivia; la seconda, lavandone i panni nellacqua, per detergere il grasso
che la liscivia ha distaccato; c la terza nellacqua pulita e hen chiara, per
avere i panni bianchi e senza macchie, a II mercurio dei Filosofi: dice
dEspagnct, nasce con due mende originali: la prima una terra immonda
e turpe che ha contratto nella sua generazione, c che s mischiato con lui
nel tempo della sua congelazione: l'altra tiene molto dell'iilropisia. E unac
qua cruda ed impura che s' annidata tra pelle e carne; il minimo calore la
fa evaporare. Ma occorre liberarlo da tale lebbra terrestre mediante un ba
gno timido, ed onohluzione naturale s.
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Giunone, poi, fornisce il suo latte a Mercurio; perch il mercurio essendo
purgato delle sue sozzure, si forma al disopra unacqua lattiginosa, la quale
ricade sul mercurio, rame per nutrirlo. I Mitologi prendono anchessi Giu
none per l'iimidit dell'aria.
Mercurio lo si rappresentava sotto laspetto dun bri giovane, con un
viso gaio, orchi vivari. ron le ali alla lesta ed ai piedi, avente talvolta una
catena doro, una estremit della quale era Irgata alle orecchie degli uomini
chegli conduceva da per ogni dove gli piaceva. Comunemente recava un
radurro, intorno al quale due serpenti; luno maschio e laltro femmina,
erano attorcigliali, Apollo glielo aveva donato in cambio della lira. Gli E
gizi davano a Mercurio una faccia in parte nera ed in parte dorata.
Il mercurio Ermetico ha le ali alla testa ed ai piedi, poich comple
tamente volatile, come largento vivo volgare il quale, secondo il Cosmopo
lita. u' il fratello bastardo. Questa volatilit ha indotto i Filosofi a para
gonare questo mercurio, talvolta ad un drago alato, talvolta agli uccelli,
ma pi comunemente agli uccelli di rapina, quali l aquila, lavvoltoio ecc.
c ci per mettere anche in evidenza la sua propriet resolutiva; e se lo hanno
chiamalo argento vivo e mercurio, per allusione al mercurio volgare.
Il gallo era un attributo di Mercurio a ragione del suo coraggio e della
sua vigilanza, e che cantando prima del levar del Sole, avverte gli uomini
eh tempo di mettersi al lavoro. La sua figura di uomo giovane indicava
la sua attivit.
I-a catena doro ppr mezzo della quale conduceva gli uomini a suo pia
cimento, non era, come suppongono i Mitologi, una allegoria della forza
clic leloquenza esercita sugli spiriti; ma perch il mercurio Ermetico es
sendo il principio delloro, e loro il uprbo delle Arti, del commercio, e
loggetto dellainbizione umana, esso li trascina in tutti i tentativi clic possono
condurre al possesso della ricchezza, per quanto spinosi e difficili uc siano i
sentieri da percorrere.
Attenendoci a quanto tramandatoci dai pi antichi Autori, dicemmo che
gli Egizi nulla facevano senza mistero. Quindi, se essi dipinsero il viso di
Mercurio met nero e met dorato, e spesso anche con gli occhi dargento,
ci. certamente lo fecero per simboleggiare i tre principali colori dellOpera
Ermetica; il nero, il bianco cil il rosso, i quali sopravvengono al mercurio
nelle operazioni di questArte, nella quale mercurio tutto, secondo la
espressione dei Filosofi: est in mercurio quiiIquid i/uacmnt Sapientes: in
co enini. rum co et per eum perficitur magisterium u.
Mercurio reca il caduceo intorno al quale sono attorcigliali due serpi:
luno maschio e laltro femminu, e ci quale simbolo delle due sostanze
mercuriali dell'Opera, l'ima fissa e laltra volatile; la prima calda e secca,
la seconda fredda ed umida, chiamate, dai Discepoli dErmete, serpenti,
draghi, fratello c sorella, sposo e sposa, agente e paziente, e con mille altri
nomi che significano la stessa cosa, ma che indicano sempre una sostanza
volatile e l altra fissa. Esse hanno, in apparenza, qualit contrarie; ma la
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verga doro regalata a Mercurio da Apollo, mette l accordo Ira qnesti ser
penti, e la pace fra i nemici, coai come dicono i Filosofi. Raimondo Lullo,
nella sna opera a De Quinta Estentia , ci descrive molto bene la natura di
di questi due serpenti, scrivendo: a Vi sono alcuni elementi i quali induri
scono, congelano e fissano, ed altri i quali vengono induriti, congelati e fis
sati. Quindi nella nostra Arte occorre osservare due cose. Si debbono com
porre due liquori contrari, estratti dalla natura dello stesso metallo: luno
il quale abbia la propriet di fissare, indurire e congelare; l altro il quale sia
volatile, molle e non fisso. Questultimo dev'essere indurito, congelato e
fissato dal primo; ed allora da questi due ne risulta una pietra congelata e
fissa, la quale anch'essa possiede la virt di congelare ci che non lo ,
d'indurire ci ch molle, di ammorbidire ci ch duro, e di fissare ci ch'
volatile .
Tali sono questi due serpi attorcigliati ed intrecciati l'un laltio; i due
draghi del Flamel: l uno alato, e l altro senzali; i due uccelli di Senior,
dei quali l'uno alato e laltro ne privo, e che si mordono la coda reci
procamente.
La natura ed il temperamento di Mercurio sono anche abbastanza chia
ramente indicati dalle qualit di colui che lo nutr. Vuoisi che Mercurio
fosse stato allevato da Vulcano; ma egli certo non serb riconoscenza per
le cure prodigategli da questo Mentore durante la sua educazione: figurarsi
che rub a Vulcano gli utensili che questo fabbro Divino adoperava nei suoi
lavori.
Ora, con una tendenza cos spiccata al furto, poteva Mercurio limitarsi
a quello compiuto ai danni di Vulcano? Quindi rub la cintura di Venere,
Io scettro di Giove, i buoi d'Admeto affidati alla custodia d'ApoIlo. Questi
volle vendicarsene, ma Mercurio per impedirlo gli rub anche l arco e le
frecce. Subito nato vinse Cupido alla lotta. Divenuto grande, ebbe l incarico
di molte mansioni: spazzava la sala di riunione degli Dei; preparava tutto
ci ch'era necessario; recava gli ordini di Giove e degli Dei. Correva giorno
e notte per condurre le anime dei morti a glinferi, e per riprenderle. Pre
siedeva alle assemblee; in una parola, non era mai in riposo. Fu l inventore
della lira, tendendo nove corde su un guscio di testuggine che rinvenne sul
bordo del Nilo, e per il primo precis i tre toni della Musico: il grave, il
medio e l acuto. Mut Batto in pietra di paragone, uccise con un colpo di
pietra Argo guardiano dio mutata in vacca. Strabone dice che diede le leggi
agli Egizi!, insegn la Filosofia e l Astronomia ai Sacerdoti di Tebe. Marco
Manilio assicura anche che Mercurio fu il primo a fondare la Religione
presso gli Egizi, ne istitu le cerimonie, ed insegn loro le cause di molti fe
nomeni naturali.
Che dobbiamo concludere da tutto quanto abbiamo riferito? Mercurio
rub gli utensili a Vulcano similmente a come un Allievo ruba larte al suo
Maestro, e cio quando sotto la guida di questi egli diventa abile quanto il
Maestro, se ne distacca ed esercita da solo il mestiere che ha appreso. Quindi
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Mercurio attinse gli insegnamenti nella scuola di Vulcano e fece propria la
attivit e le propriet dell'arte del suo Maestro. Segli invol l ornata cin
tura di Venere, e lo scettro di Giove, si chegli diventa luna e l altro nel
corso delle operazioni della Grande Opera. Lavorando senza tregua nel vaso
a purificare la materia di quest'Arte, egli allegoricamente spazza la sala delle
riunioni e la mette in condizione di ricevere gli Dei; vale a dire i differenti
colori chiamati: il nero, Saturno; il grigio, Giove; il citrino. Venere; il
bianco, la Luna; lo zafferanato o color ruggine, Marte; il purpureo, ii Sole
od Apollo, e cos degli altri che si riscontrano ad ogni pagina negli scritti
degli Adepti. I messaggi degli Dei che faceva giorno e notte l'allegoria
della sua circolazione nel vaso durante tutto il corso dellOpera. I toni della
Musica e laccordo degli strumenti dei quali vuoisi che Mercurio ne fu l in
ventore, indicano le proporzioni, i pesi e le misure, tanto delle materie che
entrano nella composizione del Magistero, quanto del modo di procedere
per i gradi del fuoco, che occorre governare clibatticamente, secondo il dE-
spagnet. Mettete nel nostro vaso una parte del nostro oro vivo e dieci parti
daria, dice il Cosmopolita: a l operazione consiste nel dissolvere la vostra
aria congelata con una decima parte del vostro oro. Prendete undici grani
della nostra terra, un grano del nostro oro, e due della nostra luna non della
luna volgare; mettete il tutto nel nostro vaso al nostro fuoco s. Da queste
proporzioni risulta un lutto armonico che ho gi spiegato parlando dAr
monia, figlia di Marte e Venere.
Lincarico che aveva Mercurio di condurre i morti nel soggiorno di Plu
tone, e di ritintimeli, altro non significa se non che la dissoluzione e la
coagulazione, la fissazione e la volatilizzazione della materia dellOpera.
Mercurio mut Batto in pietra di paragone, poich la Pietra Filosofale
la vera pietra di paragone, per conoscere e distinguere coloro i quali si
vantano di saper fare l'Opera, e che ci stordiscono con le loro chiacchiere,
che non saprebbero provare mediante una esperienza. Del resto, la pietra
di paragone serve a saggiare loro, ci che sadatta perfettamente alla finta
storia di Batto. Mercurio, dice la Favola, invol i buoi che Apollo custodiva,
e gli rub anche l arco e le frecce, indi sotto false spoglie si present u Batto
chiedendogli notizie dei buoi rubati. D travestimento di Mrcnrio l'al
legoria del mercurio Filosofico il quale prima volatile e scorrente, ora
fissato e mutato in polvere di proiezione; questa polvere oro,, e non par
rebbe avere la propriet di produrne: nullameno essa trasmuta in oro gli
altri metalli che racchiudono piccolissime particelle doro. Quando le si
sono trasmutate ci si rivolge a Batto, cio alla pietra di paragone, per cono
scere cosa sono diventati i metalli imperfetti ch'erano prima della loro tra
smutazione; e Batto, secondo Ovidio, risponde:
c Montibus, inquit erant: et erant sub montibus illis.
Risii Atlantiades, ecc.
(Metani. 1. 2)
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Essi erano primieramente sn queste montagne; e presentemente sono su
queste qui: erano piombo, stagno, mercurio, ed ora sono oro, argento.
Perch i Filosofi danno ai metalli il nome di montagna, secondo le seguenti
parole dArtefio: a Del resto la nostra acqua, che innanzi ho chiamata il
nostro aceto, l aceto delle montagne, vale a dire: del Sole e della Luna a.
Dopo la dissoluzione della materia e la putrefazione, questa materia dei
Filosofi assume tutti i colori i quali non scompaiono se non quando essa co
mincia a coagularsi in Pietra ed a fissarsi. Questo Mercurio che uccide Argo
con un colpo di pietra.
I Samolraci avevano avuto la loro Religione e le sue cerimonie dagli E
gizi, i quali alla loro volta lavevano ricevuta da Ermete Trimegisto. Gli
uni e gli altri avevano degli Dei chera loro proibito di nominare e per na
sconderli davano ad essi i nomi di Axioreus, Axiocersa, Axiocersus. II primo'
significava Cerere; il secondo Proserpina; ed il terzo Plutone. Ne avevano
ancora un quarto chiamato Casmilut, il quale non era altro che Mercurio,
secondo Dionisiodoro, citato da Natale Conti nel 1. S della sua Mitologia.
Questi nomi e la loro applicazione naturale, facevano, forse, parte del se
greto confidato al Sacerdozio, e del quale dicemmo nel primo libro.
Alcuni Antichi hanno chiamato Mercurio, il Dio dalle tre teste, riguar
dandolo quale Dio marino, Dio terrestre e Dio celeste; forse perch conobbe
Ecate dalla quale ebbe tre figlie, a prestar fede a Natal Conti.
Gli Ateniesi, il 13. giorno della Luna di Novembre, celebravano una fe
sta chiamata Chitra, nell'ultimo giorno delle Antisterie, ed in onore di Mer
curio terestre. Essi facevano una mescolanza dogni specie di semi comme
stibili e li facevano cuocere insieme in uno stesso vaso: ma era proibito man
giarne. Questo rito serviva esclusivamente per indicare che il Mercurio che si
voleva ricordare ed onorare, era il principio della vegetazione.
Lattanzio mette Mercurio col Cielo e Saturno come i tre che eccelsero in
Sapienza; in tal caso egli si riferiva a Mercurio Trimegisto, e non a quello
al quale Ercole consacr la sua dava dopo la disfatta dei Giganti; ed a
questultimo chera dedicato il quarto giorno della Luna dogni mese, e gli
simmolavano i vitelli. Si portava anche la sua statua con gli altri simboli
aacri, nelle cerimonie delle feste celebrale ad Eieusi.
Poich Mercurio era uno dei principali Dei significati dai Geroglifici
Egizi e dai Greci, dato che tutti quelli iniziati nei suoi misteri erano ob
bligati al segreto, non deve destar meraviglia che i profani si sicno ingannati
sul numero e sulla natura di questo Dio alalo. Ma la verit si che uno solo
il Mercurio al quale si possa riferire tutto quanto ce ne dice la Favola, e
questo Mercurio quello dei Filosofi Ermetici, ed al quale ben sadatta tutto
ci che 6nora abbiamo riferito. Ed era certo per affermare questo concetto
che lo si rappresentava con tre teste, per indicare i tre principii dai quali
composto, secondo l Autore del Rosario dei Filosofi, a La materia della
Pietra dei Filosofi, dicegli, unacqua; e ci bisogna intendere dun'acqua
presa da tre cose; poich non deve averne n di pi n di meno. Il Sole
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1 maschio, la Luna la femmina, e Mercurio lo sperma; ci che noliameno
fa un Mercurio . I Filosofi avendo riconosciuto che quest'acqua era un dia-
solvente di tutti i metalli, diedero a Mercurio il nome di iVonacnde, da
quello dima montagna dArcadia chiamata Nona era, dalle rocce della quale
distilla un'acqua che chiamasi Stige e che corrode tntd i vasi metallici.
Mercurio era considerato quale Dio celeste, terrestre e marino, poich
allorquando si sublima in vapori il mercurio occupa effettivamente il cielo
Filosofico; il mare dei Saggi la stessa acqua merco ri ale; ed infine la terra
Ermetica la quale si forma da questacqua che occupa il fondo del vaso.
Secondo il dire dei Filosofi esso composto di tre cose: dacqua, di terra e
dana quintessenza celeste, attiva, ignea, la quale vivifica gli altri due prin-
cipii, e fa nel mercurio lufficio degli strumenti ed utensili di Vulcano.
Dato che le lingue delle vittime le si consacravano a Mercurio, i Mitologi
hanno erroneamente immaginato che ci fosse attinente alleloquenza di'
questo Dio; mentre se avessero tenuto presente che tale rito faceva parte del
culto spettante a Mercurio, che dette cerimonie dovevano svolgersi ne! segreto
avrebbero concluso che la consacrazione per incenerimento delle lingue
non si riferiva alla pretesa eloquenza di questo Dio, sebbene per
ricordare ai Sacerdoti il segreto che erano obbligati di custodire.
Tale dunque questo Mercurio tanto celebre in tatti tempi e presso tutte
le Nazioni, e che dapprima ebbe origine presso i Geroglifici degli Egizi,
ed in seguito divenne il soggetto delle allegorie e delle finzioni dei Poeti.
Non CTedo possa meglio terminare questo capitolo, se non riportando ci
che ne dice Orfeo nella descrizione dell'antro di questo Dio:
a A t quemeumque t r i rum dut prudentia cordia
Mercurii ingredier sprluncnm, plurima ubi ille
Depositi! bona, stai quorum praegrandia acervi:
Ambabua valet kit. manibua ubi sumere et ista
Ferre domum : volpi hie aitare incommoda ronda t>.
Era la sorgente ed il magazzino di tutti i beni e di tutte le ricchezze;
ed ogni uomo saggio e prudente poteva attingerne a volont. Vi si trovava
anche il rimedio per tutti i mali.
Era necessario che Orfeo parlasse tanto chiaramente, per far aprire gli
occhi ai Mitologi e far vedere cosera questo Mercurio, il .quale nascondeva
nel guo antro il principio della salute e delle dovizie. Ma Orfeo, nel con
tempo ammonisce che per trovar d e venirne in possesso, necessita pru
denza e saggezza. E' poi tanto difficile indovinare di che natura possano es
sere questi beni, l'uso dei quali possono rendere un nomo esente da ogni
disagio? E si conosce altro allinfuori della Pietra dei Filosofi, ed a cui d
siano attribuite B m i l i propriet? l'antro i l vaso ove questa Pietra si fa, e
Mercurio la materia della quale i simboli sono stati variati con nomi e
figure di tori, arieti, cani, serpenti, draghi, aquile e duna infinit danimali;
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Botto i nomi di Tifone, Pitone, Echidna, Cerbero, Chimera, Sfinge, Idra,
Ecate, Gerione, e di quasi tutti gl'individui, poich essa ne il principio.
BACCO 0 DIONISO
Dioniso fu anchegli figlio di Giove, ed ebbe per madre Semele; fu Io
stesso che Osiride presso gli Egizi, e Bacco presso i Romani; e perci io lo
chiamer indifferentemente: Dioniso, Bacco o Osiride.
Semele, figlia di Cadmo ed Armonia, piacque a Giove che l annover fra
le. sue concubine. La gelosa Giunone ne rest indispettita, e per ottener lo
scopo di far provare a Semele gli effetti del suo corruccio, prese l'aspetto
di Beroe, nutrice di questa sua rivale, alla quale si rec a far visita sapendola
gi incinta, ed allo scopo di persuaderla di impegnare Giove, mediante il
giuramento per lo Stige, che avrebbe accordato ad essa, cio Semele, tutto
quanto costei gli avrebbe chiesto. E Semele, seguendo l'istigazione di Giu
none, chiese a Giove che tornasse a visitarla cinto di tutta la sua maest,
per provarle ch'egli era effettivamente il primo degli Dei. Giove le fece
promessa ed in effetti si rec da Semele cinto delle sue folgori e dei tuoni, i
quali ridussero in cenere il palazzo e la stessa Semele, cos come ne riferi
scono Euripide ed Ovidio. Mu non volendo Giove far perire con Semele il
figlio che questa recava nel seno, lo ritir dalle visceri della madre, e Io rin
chiuse nella propria coscia, sino a che il tempo stabilito per la nascita
regolare non fosse compiuto. Questo tratto di paterna bont ci viene rife
rito da Ovidio, sebbene questo Autore lo ritenga egli stesso favoloso. Orfeo,
nel suo Inno a Bacco, dice clic Dioniso era figlio di Giove e di Proserpina
la quale chiama Mimi? = nata dIside.
Vuoisi ch'ebbe il nome di Dioniso perch con le coma che port venendo
al mondo, for la coscia di Giove, o perch, come altri pretendono, Giove
rest zoppo per tutto il tempo che lo port nella coscia, od infine, a cagione
della pioggia che cadde quand'egli nacque.
Subito dopo la sua nascila, Mercurio Io trasport nella Citt di Nisa, ai
confini dellArabia e dellEgitto, per essere nutrito ed allevato dalle Niufe.
Altri dicono che subito che Semele mise al mondo Bacco, Cadmo la rinchiuse
con il figlio in uno scafo di legno in forma di barca, e l espose in bala dei
flutti del mare; e che tale scafo avendo abbordato in Laconia, alcuni pove
retti lo aprirono e vi trovarono Semele morta ed il figlio vivo e vegeto. Me
leagro sostiene che Giove non lo rinchiuse nella sua coscia, e che le Ninfe
Io tirarono dalle ceneri di sna madre, e presero cura della sua educazione.
Le J adi furono le sne nutrici, a prestar fede ad Apollodoro e ad Ovidio.
Orfeo per il primo disse che Dioniso era nato a Tebe, e ci senza dubbio , per
riconoscenza verso i Tebani, i quali gli fecero buona accoglienza allorch si
recava in Egitto, n minore accoglienza gli serbarono al suo ritorno. Perci
gli Egizi si beffavano dei Greci i quali pretendevano che Dioniso fosse nato
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in Grecia. Lo stesso Orfeo concedeva i doe sessi a Dioniso; poich nel suo
Inno a Misca cosi scrive:
a Femina mossile simui, gemina kuic natura o
Gli effetti della gelosia che Giunone aveva contro Semele s'estesero sino
al figlio di qceata sua rivale, e non vide di buon occhio che Giove ne lo
avesse trasportato al Cielo; ed Euripide c'informa che essa voleva scacciar-
nelo. Dioniso temendo il corruccio della Dea, si ritir per sfuggire alle sue
persecuzioni, ed essendosi riposato sotto un alhero, un serpente anfesihena,
e cio: con una testa ad ogni estremit, lo morsic alla gamba. Dioniso, es
sendosi tosto risvegliato, uccise il serpe con un sarmento d vite che trov a
portata di mano. Durante la sua fuga percorse gran parte del Mondo, e fece
cose sorprendenti a quanto Natale Conti ce ne riporta da Euripide. Faceva
sorgere dalia terra: il latte, il miele ed altri liquori gradevoli, divertendo
sene. Tagli una pianta di ferula, e ne fece sortire del vino: sbran in pezzi
una pecora, ne disperse le membra le quali si riunirono; la pecora risu
scit e si mise a pascolare come prima.
Gli Autori Greci che fanno questo Dio originario della Grecia non s'ac
cordano fra di loro nelle finzioni che hanno inventate a tale soggetto, ed
perci preferibile attenersi ad Erodoto, Plutarco e Diodoro i quali dicono
che Bacco era nato in Egitto, che venne allevato a Nisa, Citt dellArabia
Felice; e che lo stesso del famoso Osiride che fece la conquista delie Indie.
Effettivamente gli Egizi riconoscevano un Dioniso come i Greci, per per
quanto si proponessero lo stesso scopo nella loro allegora di Bacco, pure
raccontavano la storia di questo Dio ben differentemente.
Ammone, Re dnna parte della Libia, essi raccontano, avendo sposato la
figlia del Cielo, sorella di Saturno, si rec a visitare il paese vicino alle mon
tagne Ccratuiie, vincontr una bella ragazza chiamata Amallea: essa gli
piacque, c si ritrovarono; ne nacque un figlio bello e vigoroso che fu chia
mato Dioniso. Amallea venne proclamata Regina del paese, il quale per la
forma del suo contorno dava la figura del corno dnn bue; e fu chiamato il
corno delle Esperidi, ed a cagione delta sua fertilit in ogni specie di beni :
il corno d'Amaltea, dal greco i pa e &6u>= guarisco insieme guarisco nello
stesso tempo.
Ammone, per sottrarre Bacco alla gelosia della sua sposa, lo fece traspor
tare a Nisa, in una Isola formata dalle acque del fiume Tritone, e situata nei
pressi delle imboccature chiamate porte Nisee. Questo paese era il pi gra
devole del Mondo; limpide adque irroravano incantevoli praterie, abbondava
dogni specie di Dulia, e la vite vi cresceva spontanea. La temperatura del
laria vi era tanto salutare che tutti gli abitanti godevano d perfetta sanit
sino ad nnestrema vecchiaia. Le rive di questisola erano piantate dalberi
dalto fusto, e nelle sue valli vi si respirava unaria sempre fresca, dato che
i raggi del Sole appena appena vi penetravano. La gradevole verdura degli
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alberi e lo smalto perpetuo dei fiori rallegravano la vista, mentre l udito era
Bensa tregua accarezzato dal gorgheggio degli uccelli. I n una parola era un
paese da Fate, un paese incantato, ove niente mancava di tutto quanto po
teva contribuire alla perfetta soddisfazione dell'umanit.
Dioniso vi fu allevato dalle cure di Nisa, figlia di Aristeo, uomo saggio,
prudente ed istruito il quale si prese lincarico d'essere il suo Mentore. Pal
lade soprannominata Tritonica, perch era nata presso il fiume Tritone, ebbe
ordine di preservare Dioniso dalle insidie che potevano essergli tese dalla
matrigna.
Effettivamente Rea divent gelosa della gloria e della reputazione che
sacquist Dioniso sotto la guida di cosi abili Maestri, ed impieg tutto il suo
sapere per far ridondare su di lui almeno una parte degli effetti della stizza
dalla quale essa era spinta contro Ammone. Essa abbandon Ammone per
ritirarsi presso i Titani, ed in futuro soggiornarvi con Saturno, suo fratello.
Appena varriv, con sollecitazioni e minacce spinse Saturno a dichiarare
la guerra ad Ammone, il quale vedendosi in condizione di non poter resi
stere si ritir ad Ida dove spos Creta, figlia duno dei Cureti, che vi regnava.
I n seguito l'Isola prese il nome di Creta. Saturno si impadron del paese
dAmmone e riun una numerosa armata per impadronirsi anche di Nisa e
di Dioniso, ma la sua tirannia gli attir l'odio di tutti i nuovi suoi Sudditi.
Dioniso informato della fuga di suo padre, del disastro del suo paese, e
dei progetti di Saturno contro di lui, riun il maggior numero di gente che
gli fu possibile; vi si aggiunsero nn buon numero di Amazzoni, anche perch
doveva comandarle Pallade.
Le due armate vennero alle mani; Saturno vi fu ferito. I l coraggio ed il
valore di Dioniso fecero decidere la vittoria a suo favore; i Titani presero la
fuga. Dioniso l'insegu, li fece prigionieri sul territorio dAmmone, e in seguito
li liber dando loro libera scelta di passare sotto le sue bandiere o di ritirarsi:
essi scelsero passare sotto le insegne di Dioniso che considerarono quale loro
Dio tutelare.
Saturno vinto, ed inseguito da Dioniso, mise fuoco alla Citt e si mise in
solvo unitamente a Rea con il favore della notte; ma caddero tra le mani dei
loro inseguitori. A tale incontro Dioniso propose a Saturno e Rea di vivere
di poi da buoni parenti e buoni amici, e questi accettarono c mantennero la
parola; sicch Bolo i Titani risentirono gli effetti del suo corruccio dato che
gli si rivoltarono contro.
Vittorioso di tutti i suoi nemici, Dioniso cerc di rendersi ambito per i
suoi benefizi; egli percorse una gran parte del Mondo per propagarli fra gli
uomini; ma da buon Principe, lasci Mercurio Trimegislo presso la sua
sposa quale consigliere: concesse il Governo dellEgitto ad Ercole, e Pro*
meteo ebbe lIntendenza di tutti i suoi Stati. Arrivato sulle montagne del
lI ndia, elev due colonne nei pressi del fiume Gange, cos come fece Ercole
nella parte pi occidentale dellAfrica sulle rive dellOceano Atlantico:
a Arma eadem ambohus uni termini utrique columnae
- 230-
Questa spedizione dur tre anni dopo dei quali ritorn dalla Libia e dalla
Spagna, dopo aver fondato nelle I ndie la Citt di Npa.
Su questo racconto Egizia di tale leggendario viaggio, i Poeti Greci eser
citarono dipoi la loro fervida fantasia, e nei loro scritti Bacco riattila famoso
per aver iniziato la coltivazione della vile o per la fabhricazione del vino.
Attraverso gli scritti degli Antichi Autori, c' da chiedersi se alle volte
gli stessi non furono presi da una specie di follia per averci tramandato dei
dati futili mescolati a fatti sorprendenti e tanto poco verosimili da rientrare
piuttosto nella categoria dei sopii anzich n quella dei prodigi. A voler pre
star loro fede, Giunone colpi Bacco d'nn affetto furioso, ci che lo fece cor
rere da per ogni dove: i Cubali o Satiri, specie di demoni maligni, i Bac
canti ed i Sileni lo accompagnavano da per ogni dove con tamburi ed altri
strumenti rumorosi. I l suo carro era tirato da linci, tigri e pantere, come ee ne
riferisce Ovidio nei libri 3. e 4. delle Metamorfosi.
Inoltre, questo Poeta dice che Bacco conservava una eterna giovinezza,-
e ch'era U pi bello degli Dei. bacio dice che gli Antichi ritenevano che
Bacco era giovane e vecchio nello stesso tempo; Euripide lo chiamava
Bi'lli'popqov, quasi avesse un'aria eifemminata. E* perci che Bacco viene ordi
nariamente rappresentato giovane, senza barba, sebbene vi siano anche dei
Bacchi barbuti; e talvolta venga rappresentato n figura di Vecchio.
Bacco si ricopriva sempre con la pelle d'im leopardo, e portava un tirso
per scettro. La qnereia, l'edera, il vilucchio ed il fico gli erano consacrati:
la gazza o pica fra gli uccelli; la tigre, il leone, la pantera fra i quadrupedi,
ed il serpe o drago tra i rettili.Le donne che celebravano le sue feste si chia
mavano: Baccanti, Tiadi, Mimallanidi.
Durante i suoi viaggi, alcuni Pirati Tini avendolo incontrato in riva al
mare, volevano rapirlo con la fona, malgrado le proteste del Pilota; e se
condo quanto ne riferisce Omero in un Inno in onore di questo Do, Bacco
si maio in leone, dopo aver trasformato la barca ed i remi in serpenti. I ma
rmai terrorizzati vollero salvarsi,'egli li mut in delfini che si precipitarono
tutti nel Mare.
I Greci aggiunsero molte altre favole a quella del Bacco Egizio. A prestar
fede ad Orfeo, in un suo Inno, Bacco dormi tre anni presso Proserpina, ed
essendosi poi risvegliato alla fine di tal tempo, s mise a danzare con le Ninfe.
Attraverso tutte queste finzioni, si riconosce facilmente il Dioniso d'E
gitto, 1 quale, secondo Erodoto, lo stesso die Osiride: noi lo abbiamo gi
fallo rimarcare parlando di questo Do, ed in questo convengono miche i mo
derni Mitologi.
Si vede chiaramente che l'Ostride Egizio ucciso da Tifone e suoi complici,
ha riscontro in Bacco messo in pezzi Rei combattimento sostenuto contro i
Titani. E come bid riunisce le sparse membra del suo sposo, cos Pallade
rinvenendo il cuore ancora palpitante di Bacco, Io reca a Giove che gli rid
la piena salute. I n quanto alle feste istituite in onore di Becco, ne parleremo
net capitolo che segue.
- 231-
Questa, in breve, la storia di Bacco secondo gli Egizi ed i Greci. Ed ora
prendiamo in esame i passi pi importanti di questa finzione, per vedere i
rapporti che hanno con le operazioni della Filosofia Ermetica, seguendo i
termini impiegati precisamente dagli Autori che ne hanno fatto argomento
dei loro scritti, onde dare lucida prova che la Grande Opera resta il vero og
getto al quale gli Antichi hanno voluto alludere.
La nascita di Dioniso precisamente simile a quella d'Esculapio, il primo
figlio di Semele, ed il secondo di Coronide, e tutti e due significano presso a
poco la stessa cosa: l uno fu allevato da Chitone, l altro da Mercurio, e nu
triti dalle Ninfe, le I adi; vale a dire dalle parti acquose od acqua mercuriale
dei Filosofi. Rimando il Lettore allarticolo su Esculapio, onde evitare noiose
ripetizioni.
Bacco ebbe due madri: Semele e Giove, e secando Raimondo Lullo
(Theor. Testam. c. 16) il fanciullo Filosofico ha due padri e due madri,
perch, dicegli, stato cavato dal fuoco con molta cura e non potrebbe effet
tivamente morire. Giove port seco questo fuoco recandosi a visitare Semele,
questo fuoco dei Filosofi, del quale parla Ripleo nelle sue Dodici Porte,
fuoco che acceso nel vaso, brucia con maggior forza ed attivit del fuoco co
mune. Questo fuoco estrae lembrione dei Saggi dal ventre di sua madre, e
lo trasporta nella coscia di Giove sino alla sua maturit: allora questo fan
ciullo Filosofico, formato nel ventre di sua madre mediante la presenza di
Giove, ed allevato dalle cure di costui, viene alla luce con un viso bianco
come la Luna, e duna bellezza sorprendente, come ci afferma il DEspa-
gnet nel Can. 78 del suo Arcan. Hermet.
La descrizione dellIsola nella quale vien allevato il Bacco dei Filosofi,
sembra essere stata copiata da quella nella quale Aminone fece condurre
Dioniso, a Dopo aver percorso per molto tempo, dal polo Artico al polo An
tartico, dice il Cosmopolita nella sua a Parabola s fui trasportato, per vo
lont di Dio, sulla riva dini vasto mare. E mentre mi dilettavo a vedere le
Melusine di far carole e nuotare con le Ninfe, e mi lasciavo trasportare con
dolce abbandono dalle mie idee, fui sorpreso da dolce sonno, durante il
quale ebbi la seguente mirabile visione. Mi apparve inaspettatamente di
colpo Nettuno, questo venerabile Vecchio dai bianchi capelli, che sortiva
dal nostro mare, e che salutandomi nella maniera pi graziosa, mi condusse
in unIsola incantevole. Essa situata a Mezzogiorno, e vi si trova in abbon
danza-tutto quanto necessario alle comodit ed ai piaceri della vita. Ap
pena appena le si possono paragonare i Campi Elisi di Virgilio. Le coste di
quest'isola sono alberate da grandi cipressi e da bellissimi mirti e piante di
rosmarino: le praterie sono smaltate di fiori, le colline coperte di viti, di
ulivi e di cedri; i boschi pieni daranci e limoni; i viali sono bordati da lauri
e'melograni, all'ombra dei quali i viaggiatori si riposano: in una parola,
tutto quanto vha di gradevole al Mondo, vi riunito, d
Abbiamo detto abbastanza dei genitori e della nascita di Dioniso; pren
diamo ora in esame le sue azioni. Nutrito, allevato dalle Ninfe e le J adi,
- 232-
vale a dire con l acqua mercuriale volatile, che i Filosofi hanno chiamata
latte, il fanciullo cresce, vegeta, ee ne nutre e prende forza, come dice Artefio
nel suo trattato a Della pietra dei Filosofi . Avvicinate il rospo (la parte
fissa) alla mammella di sua madre, e lascialevelo sino a quando sia diventato
grande a forza di succhiarne il latte. Queste sono le parole d'nn Adepto che
Majer ha impiegate per fare il suo quinto Emblema Ermetico. E inutile
riportare una infinit di testi nei quali l'acqua mercuriale chiamata: latte,
latte verginale, e nutrimento del fanciullo. Pi duna volta abbiamo dimo
strato che le Ninfe e le J adi altro non sono che questacqua mercuriale vola
tile, e da ci facile arguire perch la Favola costituisce Mercurio per Tutore
e Precettore di Bacco, dopo che lo cav dalle ceneri di sua madre Semele.
Bacco uccise il serpente Anfesibena, come Apollo uccise Pitone; ma l'uno
e l altro di questi Dei sono la medesima cosa, come lo abbiamo provato ci
tando Erodoto, e quellantico Autore che lasci detto:
a Jupiter est idem Fiuto, sol et Dionisius. a
E da ritenere che l Anfesibeiia ed il serpente Pitone sono la stessa cosa:
e se si dice che Bacco lo uccise mediante un sarmento di vite, ed Apollo a
colpi di frecce, qui le frecce significano la parte volatile della materia, che
Raimondo Lullo, nel suo Trattato: a De quinta Essentia , ed in quasi tutte
le altre sue Opere, chiama vino bianco e vino rosso, secondo il grado di per
fezione acquisito, e secondo il colore bianco o rosso che sopravviene al mer
curio attraverso la cozione.
Questo serpente Anfesibena analogo anche ai due serpi del caduceo di
Mercurio, ai due serpi di Esculapio, ai due draghi del Flamel, l uno maschio
e l altro femmina, l uno alato e laltro no, che sono una stessa cosa del drago
Babilonese, od il drago delle Esperidi, o di quello chera a custodia del
Vello o Toson doro, ed anche dell'idra di Lenta, ecc. e che erano muniti
di parecchie teste.
Dioniso dicesi faceva scaturire dalla terra: il vino, l acqua e parecchi altri
liquori; orbene, la spiegazione di questo prodigio semplicissima. La materia
del Magistero composta di terra ed acqua: allorch essa si dissolve, dissecca,
si riduce in acqua; questacqua chiamata dai Filosofi talvolta latte, altre
volte vino, aceto, olio ecc.'a seconda del progresso che compie nel processo
dellOperazione. E cos acquistando dell'acidit la si chiama: aceto. Assume
un color bianco? Ed allora la si chiama: latte, latte verginale, vino bianco.
Quando perviene al rosso, allora il vino rosso; e tutti questi liquidi scatu
riscono dalla Terra, cio dalla terra Filosofica. E Dioniso li fa scaturire,
poich egli stesso la parte fissa di questa materia chiamata oro, Febo, ed
Apollo dei Saggi.
Bacco barbuto e senza barba, giovane e vecchio, maschio e femmina nel
contempo, tal per i Filosofi Ermetici, secondo questi termini d'Agmon,
tratti dal suo a Cod. Veritatis seu Turba s: a Egli senza barba, e nello stesso
tempo barbuto; ha le ali e vola; non ha ali e non vola: se lo chiamate acqua
- 233-
dite il vero; e ae dite che d o b acqua, avete ragione di ci affermare a
perch an composto ermafrodito, volatile e fisso, questo rappresenta 0
maschio, l altro la femmina; lutto ci gli ha fatto dare il nome di fiebis.
La storia del Dioniso Egizio muta da quella del Bacco Greco solo per i
nomi ma il contesto aguale ; ci prova che le due storie sono no medesima
finzione e non delle verit storiche.
Ma quale poteva essere l'oggetto di questa favola ed a quale cosa essa
faceva allusione? Ora facile scorgerlo dalle spiegazioni da noi fornite
ein'ora. Bla per ancora pi precisamente convincere il Lettore, riepiloghiamo
la storia di Dioniso.
Per la citt di Nisa fa dnopo intendere il vaso: detta citt ha porte strette
e chiose, ci che ollnde al collo ed al luto con il quale lo si sigilla : la bellezza
del paese, i fiori che vi nascooo sono i diversi colori che man mano assume
la materia; frutti squisiti che vi crescono, e la sana temperatura dell'aria
che consente di vivere sino ad estrema vecchiaia nell'abbondanza di lutto,
indicano la medicina universale e la polvere di proiezione; questa concede
le ricchezze, e l'altra la salute.
Aristeo aiutato dai consgli di Pallade, preposto alla cara delleducazione
di Dioniso, il prudente Artista che conduce le Operazioni dell'Opera con
lotta saggezza. Satnmo spintovi da Rea, sna sorella, muove guerra a Dioniso
che rimane vittorioso; e ci simboleggia la negrezza, seguita dalla dissoluzione
della materia, provocata dallacqua mercuriale indicata da Rea, perch da
sci) - fluo: le porti volatili le quali turbinano continuamente ne! vaso sono
le Amazzoni che gli procurano io vittoria; cosi dicesi che le Menadi, le Bac
canti che accompagnavano Bacco, e le Muse, con le Amazzoni che seguivano
Dioniso, cantavano sempre, danzavano ed erano sempre in moto; e questo
s'addice perfettamente alle parti volatili, le quali lavanda ininterrottamente
la materia, fanno scomparire la negrezza o Saturno, e manifestano la bian
chezza, segnacolo di vittoria, a Stale accorti, dice Sinesio, che questa terra
sar cosi lavata dalla sua negrezza mediante la cozione, poich essa si pa
rifica facilmente mediante le porti volatili della sua acqua, il che costituisce
la fine del Magistero a.
Saturno seu fogge durante la notte dopo aver appiccato il fuoco alla
Citt, vale a dire: il nero scomparendo ahbaniiooa la materia in color grigio
come la cenere, la quale il relquato degl'incendi. I Filosofi le hanno dato
fra altri nomi, in tal caso, anche quello di cenere, come ce ne attesta Moriano,
il quale dice: a Non disprezzate la cenere, perch il diadema del nostro Re
vi nascosto i . Non mi fermo a spiegare la spedizione di Dioniso nelle Indie,
e rinvio il lettore a quanto hn gi detto al capitolo d'Osiride. Basta far
rilevare che gli Autori i quali hanno creala questa finzione si sono atte
nuti ostentatamente parlando degli animali che seguono Bacco o tirano il
suo carro, di scegliere quelli la cui pelle variegata, quali geroglifici e
simboli dei diversi colori che contemporaneamente appaiono o si succedono
sulla materia: e tale variegazione posseggono le ti pi , le linci, le pantere ed
i leopardi.
- 234-
Dicesi che Bacco ebbe un figlio chiamato Statilo, il quale simbolo della
materia al rosso, e che i Filosofi hanno chiamata vino bianco allorquando
bianco lattiginosa, e vino rosso allorch mediante la cozione essa acquista
un colore di porpora. Statilo deriva dal greco <rraq>i'lT) vite. Statilo ebbe
una figlia chiamata Beo, e che Apollo non trov repellente. I l padre, accor
tosi della gravidanza di sua figlia, la rinchiuse in una cassa e la butt nel
Mare: i flutti portarono questa cassa ad Eubea; Reo vi si ritir in un antro
ove mise al mondo un figlio che chiam Anio, dal greco Avvstv /inire,
compiere. Anio ebbe poi tre figli dalla Ninla Dorippe: Eno, Spenno ed
Elaio, i quali furono metamorfizzati in piccioni, ed a loro volta trasmutavano
tutto ci che toccavano, e quando Io volevano, in vino, biade ed olio, se
condo l etimologia dei loro nomi.
Questa posterit di Bacco un puro simbolo dellElisire Filosofico, com
posto dApollo, Statilo e Reo; perch Becondo scrive dEspagnet nel suo
a Can. 124 vi entrano tre cose: l acqua metallica o mercurio dei Filosofi,
il fermento bianco o rosso, secondo l intenzione dellArtista, ed il second
zolfo; il tutto in pesi e misure richiesti. Lacqua metallica (fu gocciolo;
quest'acqua simpregna delloro dei Filosofi, simboleggiato da Apollo, e
Statilo il secondo zolfo, cos come Bacco ne il primo. Ci conforme*
mente a quanto scrive dEspagnet nei suoi Con. 134 e 135: Gli studiosi
seguaci della Filosofia sappiano che da questo primo zolfo se ne genera un
secondo, il quale pu essere moltiplicato aU'infinito .
Anio l Elisire medesimo che risulta dallunione dApollo e Reo: questa
sgrava in un antro, ci che vale a dire: nel vaso. I l matrimonio di Anio con
Dorippe, ed i tigli che ne vennero significano la moltiplicazione, la quale si
compie con due materie, c cio: l'Elisire e l acqua mercuriale, come dice
il d'Espagnet nei Can. 134 e 135: a Si moltiplica l'Elisire in tre modi; luno
di prendere un peso di detto Elisire, che lo si mescola con nove parti della
sua acqua; si mette il tutto in un vaso ben lutato, e lo si cuoce a lento fuoco,
ccc. d. I tre figli dAnio sono: il vino, il grano e l olio, dato che gli Asiatici
ritenevano che nulla loro mancasse quando possedevano queste tre cose, e
ci anche secondo la Santa Scrittura: a Dedisti laetitiam in corde meo: a
fructu frumenti, vini et atei sui multiplicati sunt. In pace in idipsum dormiam
et requiescam (Salmo 4). E queste seguenti parole di Geremia: a Et ve-
nient, et exultabunt in monte Sion, et confluent mi bona Domini, super fru
mento, et i-ino et oleo erilque anima eorum quasi hortus irriguus, et ultra
non esurient (Cap. 31, v. 12). Ci che caratterizza la polvere di proiezione,
la quale dona la salute e le ricchezze.
Pi dun Autore ha preso Dioniso per il Sole e Cerere per la Luna, cosi
Virgilio nel primo libro delle sue Georgiche: a Vos, o carissima mundi lu
mina! n ed Orfeo nei suoi I nni: a Sol carus Dionysium, quem cognomine
tlcunt . Ma bisogna tener conto che i Poeti si conformano ordinariamente
alla tradizione perpetuata ed al modo di pensare del volgare; poich se Dio
niso ed Osiride sono lo stesso, cos come noi l abbiamo sufficientemente pro-
- 235 -
vaio, e che Apollo e Diana sieno il Sole e la Luna, come mai ai potr dire
che Apollo figlio dOsiridc? D Sole sarebbe dunque figlio di s stesso?
I Poeti sono zeppi di simili assurdit, le quali provano molto chiaramente
che coloro che le hanno inventate non pretendevano certo di ammanircele
per vere istorie: e cosi essi aggiungono che Bacco dorm tre anni presso
Proserpina, chegli nacque con le corna, che fu mutato in leone, che mori
e risuscit, che Medea fece alle sue Nutrici lo stesso favore fatto al padre di
Giasone, e tante altre favole le quali non possono trovare una spiegazione
se non mediante la Filosofia Ermetica.
PERSEO
La storia di Perseo fra le pi oscure perch ricchissima di favole, ed
in parecchie sue porti davvero un enigma impenetrabile.
Acrise aveva una figlia unica chiamata Danae, ed avendo appreso dal
l Oracolo che un giorno suo nipote gli avrebbe tolto la Corona e la vita,
fece costruire una torre di bronzo nel suo Palazzo, e vi rinchiuse, sotto buona
guardia, Danae con la sua nutrice. Danae era bella, e Giove sensibile ai vezzi
della stessa, ide un espediente del tutto nuovo; si col nella torre sotto forma
di pioggia doro, si fece riconoscere, e rese Danae madre di Perseo.
Danae, sempre imprigionata, si sgrav e nutr il proprio figlio per tre
anni, senza che Acrise ne avesse avuto sentore; ma avendo infine scoperto
quanto era avvenuto, Acrise fece condurre la figlia innanzi allaltare di Giove,
e sul quale Danae dichiar chessa aveva concepito dal commercio che aveva
avuto con questo Dio. Acrise, incredulo, fece morire la Nutrice, e fece esporre
al Mare, tanto Danae quanto il piccolo Perseo, rinchiusi assieme in nna cassa
avente la forma di piccola barca, la quale dopo essere stata in balia dei venti
e dei flutti, and a sballottarsi sulle rive dellIsolelta di Serife, una delle
Cicladi; ivi Dicti, fratello del Re del paese, stava pescando, e tir detta
cassa nella sua rete. Allora Danae lo supplic di liberarla da quella prigione,
gli disse Tesser suo, e cos Dicti condusse seco la madre ed il figlio. Polidecte,
Re dellIsola, e nipote di Nettuno, voleva violentare Danae, ma la presenza
di Perseo costituiva un ostacolo, e perci egli obblig Perseo di andare a
procurargli la testa di Medusa, col pretesto che voleva darla in dote ad Ippo-
damiti, figlia dEnomao. Perseo si senti in dovere deseguire gli ordini di
Polidect; Pallade gli regal uno specchio, Mercurio gli diede una scimi
tarra, Plutone un casco ed un sacco, e le Ninfe dei talari alati: cos corredato
Perseo volava tanto veloce e leggero quanto il pensiero. Ed Esiodo nel suo
Scudo d'rcole b v : 215 e segg., ne fa una mirabile descrizione.
Medusa era figlia di Forco, ed era la pi giovane delle Gorgoni, le quali
uccidevano e pietrificavano gli uomini soltanto con il loro sguardo; i lorq
capelli erano irti serpi, ed avevano denti uncinati come quelli che servono
di difesa ai cinghiali; artigli di ferro ed ali doro. Questi mostri soggior-
- 236 -
navano ai confini deUI beria, in prosa imita del giardino delle Esperidi. Forco
aveva altre figlie, sorelle primogenite delle Gorgoni, e che neUinsieme pos
sedevano un solo occhio ed un sol dente del quale se ne servivano a turno:
esse erano chiamate Gree. Perseo inizi la sua impresa da queste; simpa
dron di questo dente e di detto occhio che tenne sino a quando le stesse
non si decisero ad indicargli le Ninfe dagli alati talari. Di l and presso
Medusa: ed avvicinandosi a questa si copr con lo scudo che aveva ricevuto
da Pallade unitamente allo specchio; mise il casco di Plutone, ed avendo
visto nello specchio la precisa situazione che Medusa aveva, con un sol colpo
le spicc la testa che porse a Pallade la quale gli aveva guidato il braccio.
Dal sangue che sgorg dalla piaga, nacque Pegaso, sul quale Perseo mont,
e volando attraverso la vasta distesa del cielo, ebbe occasione di provare la
virt della testa di Medusa prima di far ritomo presso Polidecte. Andro
meda, figlia di Cefeo e di Cassiopea, era stata esposta, legata ad una roccia
sulle rive del Mare d'Etiopia, per essere preda di un mostro marino, e ci
quale castigo perch sua madre aveva avuto la temerit di dire che la figlia
poteva gareggiare in bellezza con le Nereidi. Perseo mosso a compassione, e
preso damore, liber Andromeda, ed in seguito la spos. Qnesto Eroe si
rec indi nella Mauritania, ove mut Atlante, il quale lo aveva malamente
accolto (come dice Ovidio nel 1. 1. delle Metamorfosi), in quella montagna
che dallora porta il suo nome. Atlante ebbe una figlia, chiamata Mera, e
della quale ne parla Omero nel primo libro della suo Odissea. La Favo a
racconta (come riporta Ovidio nel 4. 1. delle Metamorfosi) che Atlante co
mandava alle Esperidi, e che Temi interrogata, gli rispose che un figlio d.
Giove gli avrebbe involato i pomi aureL ^ . Serife. dove fece
Perseo dopo questa.impreso poro felici guccesgl
perire Polidecte e sincammino potverto ^ ^ ^
di Perseo pervenne ad Acrise il quale f g Eroe avendo
ri - 7' P- ~ - - r -
vaiato date una prova manifest Per9eo avendo lanciato con forza
indisse una gara Atletica e d.flerent 6>f* ., q|,a|emor subito sul
U r w r i h . 2 * w r o te. a w * u OT'
campo, e cosi cmp* gua 6glia ed il deUa teiU
4 4* 4 . 1 7* s j ' s s ci, ii
i o . . 4 : 5 * 7 ! , ubro.
^ S SS:
vK i ssi i t Ss t x
ri. te1.1' * \Tz. a-, te 7 r';es'l I
* f T t e . b i v t e . r i i ' * 1. 6 . ) '*
V.
- 237 -
cala vomitava turbini di fiamme e fuoco. Esiodo la dice figlia di Tifone e
Echidna.
Alle altre circostanze di questa finzione, Teopompo aggiunge che Belle-
rofonle uccise la Chimera con una lancia, e non con le frecce, che la punta
di detta lancia era munita di piombo, e che il fuoco che vomitava il mostro,
avendo fuso questo piombo, allorch l Eroe la trafisse, questo piombo fuso
col negli intestini della Chimera e la fece morire. Confessiamo che un tale
stratagemma non pu essere venuto in mente ad un Autore chavrebbe iguo-
rato l oggetto duna simile finzione, e che non avrebbe osato porre nel corso
di questa storia un tale dettaglio, le quante volte si fosse attenuto ad una
verit storica.
Pegaso avendo battuto col piede il duplice monte del Parnaso, ne fece
sorgere una fontana che fu chiamata I ppocrene, alla quale Apollo, le Muse,
i Poeti ed i Letterati vanno ad abbeverarsi. Quest'acqua risveglia e rende fer
vida la loro fantasia; essa senza dubbio che rende le Muse tanto vivaci,
come ce le descrve Esiodo.
Tutte 1 finzioni dei Poeti sono attinte nella fontana del Parnaso, la quale
proviene da Pegaso che a sua volta nacque dal sangue di Medusa, e Medusa
da un mostro marino: essa fu uccisa da Perseo il quale era figlio di Giove
figlio di Saturno, e Saturno ebbe per padre il Cielo e per madre la Terra.
Lo stesso ne di Crisaore, padre di Gerone, i buoi color di porpora del
quale furono rubati da Ercole. Per tal modo tutte le favole fanno capo a
Saturno, quale loro principio, perch questo Saturno ch il primo degli
* <
s t s z t t : ri:1; ir -
quanto vi si riferisce. 818 U con 11Paaso e tutto
Un Filosofo Ermetico avrebbe in effetti
stanziata e pi propria ner prini(.re *n?8,na, "na fin2one P <*-
fT fideUe/ pera2oni de,,aGradeW * V Z T n 0 cbe accade aet
Filosofica della quale parla Maria nel l ! , 1 EI,cona la materia
prendete lerba cbe L ee sulle p i . " " era d Aro9>**"* scrive:
porla nel 8no ,r Sommario a. P ' n,onta* Ed il Flamel bea de
'e q u a r t o ^rLgLTriPa^ montai
forma fra due montagne, come l E^ V j luplce monte- H nostro eL
*! *>ala- ^ fLamTlTa^b? dCl,aFaVoIa diC8 ^
arebbe Inngo riportare, i <,1: in(H_ E,"blema: e cosi tanti altri c
mente, cbe la loro polvere utficTTs! " C.h,aran,ene ebbene allegri,
tagna. E da credere che il Monte E l i i na L - f ' 6 da e sn <
quanto precede, vale a dire da J P W ! * S ,,0,De
era consacrato ad Apollo. Colon, i mmU u ! *' \ ^ = P i er ei pr
provano ,1 mio sistema. . pi p ar i c o l ar m ^n T ^ * ^
1ETuig
circostanza de*
- 238 -
nella quale trattasi delle Muse o parti volatili, le quali si manifestano nel
tempo durante il quale la materia si riduce in polvere nera; ci chEsiodo
non ha dimenticato, come vedremo in seguito.
E l'altare di Giove che v' piazzato, non forse il figlio, di Saturno, il
Giove Filosofico, del .quale abbiamo parlato tanto spesso? E la fontana bina*
tra intorno alla quale danzano le Muse, forse altra cosa se non l acqua
mercuriale, alla quale Raimondo Lullo d il nome dacqua celeste, a cagione
del colore del cielo? Ci che vale Io stesso mercurio che Filatele chiama
cielo e che questAutore asserisce devessere sublimato sino a quando non
abbia acquistato un colore celeste, d che glidioti, dicegli, intendono fare
con il mercurio volgare. I l colore bluastro, dice Flamel nelle spiegazioni alle
sue figure, denota che la dissoluzione non ancora perfetta, oppure che Q
nero fa posto al grgio. E in questa fontana del Trevisano, che le Muse ba
gnano i loro corpi teneri e delicati, ed intorno alla quale esse danzano; per
ch le parti volatili, che allora salgono e scendono senza posa nel vaso, ri-_
cadono nella fontana per lavarsi e risortirne novellamente come se carolando
e danzando; ci chEsiodo esprime con i seguenti termini: a Ckoreas ducere
solent, et vehementer tripudiare pedibus . E per indicare che ci si verfica
nello spazio vuoto del vaso; egli scrive: a velatae sunt aere multo , e designa
anche la circostanza delloperazione quando la materia pervenuta al nero:
a noctu incedunt .
Ovidio, poi, finge che un tale chiamato Pi reneo invit le Muse ad entrare
in casa sua perch pioveva; che quindi, colpito e preso dalla loro bellezza,
concep l'idea di far loro violenza ed a tale scopo le imprigion; ma gli Dei
esaudendo le loro preghiere, diedero ad esse delle ali, servendosi delle quali
riuscirono a sfuggire dalle mani di Pireneo:
a .....................Claudit sua tecta Pyreneus
Vimque parai: quem nos sumptis effugimus alia.
(Metam. I. 5.)
Museo e parecchi Antichi dicevano che le Muse erano sorelle di Saturno
e figlie del Cielo; certo perch la materia dellOpera pervenuta al nero, il
Saturno di Filosofi: e se Esiodo le dice figlie di Giove e di Mnemosine, si
perch le parti volatili vagano nel vaso allorquando il Giove dei Filosofi ed
il color grgio succede al nero simboleggiato da Mnemosine: da pvrjpa = se
polcro, tomba.
Filalete e Nicola Fiume], fra gli altri, hanno impiegato l allegora delle
tombe per indicare detto colore: a Questa negrezza, dunque, insegna chia
ramente che in questa principiazione la materia comincia a purificarsi e
dissolversi in polvere pi minuta degli atomi del Sole, i quali si mutano in
acqua permanente; e tale dissoluzione chiamata dai Filosofi: morte, di
struzione, perdizione, dato che le nature cambiano di forma. Da ci ebbero
nascita tante allegorie sui morti, le tombe ed i sepolcri . Basilio Valentino
- 239 -
le ha impiegate nelle sue 4. e 8, Chiare, e nella prima operazione del suo
Azoto.
Ci posto, potevano gli Antichi dispensarsi dal (or presiedere Apollo al
coro delle Muse, dato che il sole Filosofico la porte fissa, ignea, principio
di fermentazione, di generazione, e la principale dell'Opera, alla quale in
fine le parti volatili tendono e si riuniscono come al loro centro?
Ritornando a Perseo, qnest'Allegora non ci si prospetta con maggiori
difficolt di altre simili : la torre nella quale Danae viene rinchiusa il
vaso; Danae la materia: Giove sotto torma di pioggia d'oro la rosea o
rugiada a ori fica dei Filosofi, cio la parte fissa, solare, e la quale si volatilizza
nel mentre la materia passa, dal nero al color grigio, e ricade sotto torma di
pioggia sulla materia che resta Bnl tondo.
Perseo nasce da questo congiungimento: perch, come dice l'Autore del
Rosario, i il matrimonio ed il concepimento si compiono nella putredine al
fondo del vaso, ed il parto si verifica in aria, vale a dire alla parte superiore .
G perci Acrise lo si dire nonno di Perseo: da dygeig = tommit, cairn ine.
Di conseguenza Senior scrive: a Come vediamo due raggi di sole piovere
sulla cenere morta, e che rivive similmente ad una terra arida allorquando
viene irrorata. Cos ivi il fratello e la sorella i quali si sono sposati mediante
la sagacia della preparazione; e dopo che la sorella ha concepito, essi se ne
volano, e vanno sullalto delle abitazioni delle montagne: ecco il Re del quale
abbiamo parlato, il quale stato generato in aria, e concepito nella terra .
Arnaldo di Viiianova cinsegna quale deve essere l educazione di Perseo,
a V' un tempo determinato perch essa (Danae) concepisca, si sgravi e nu
trisca il suo figlio. Parimenti quando la terra avr concepito, aspettate pa
zientemente il 9uo parto. Allorquando il figlio (Perseo) sar nato, nutritelo
in modo che cresca vigoroso ed abbastanza forte per combattere i mostri, s
ch'egli possa esporsi al fuoco senza tema di nocumento alcuno . I n tale
stato Perseo dicesi armato della scimitarra di Mercurio, delio Hcudo di Pal
lade, e del casco di Plutone. Egli potr esporsi ad attaccare Medusa, e dal
sangue che sgorgher dalla ferita far nascere Crisaorc, vale a dire: ehes
sendo diventalo polvere di proiezione, egli vincer gli zolfi impuri ed arse
nicali che infettano i metalli imperfetti, e li trasmuter in oro, dato che
Cri&aore deriva da xpua; * oro. Simboli di tali zolfi cattivi, velenosi e
mortali, sono le Gorgoni; che perci vengono anche rappresentale con forme
mostruose con i capelli irti di serpi, e con ali dorale, aventi la loro dimora
presso il giardino delle Esperidi.
LEDA, CASTORE. POLLUCE, ELENA E CLITENNE5TRA
Leda, moglie di Tindaro, Re di Sporta, fu amata da Giove. Questo Dio
trasformato in Cigno, ed inseguito da un'aquila, and a rifugiarsi fra le
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braccia di Leda, la quale in capo al nono mese si sgrav di dne nova, da
ano dei quali vennero fuori Polluce ed Elena, e' dall'altro Castore e Cliten-
nestra. H primo di queste nova fu la sorgente di tatti i pretesi mali chebbero
a provare i Troiani. Ma se Elena non esistita se non quale finzione e parto
di fantasia, cosa diverr la realt del suo rapimento? Cosa rester della
guerra di Troia? Se Elena un personaggio immaginario, Castore e Polluce
non possederanno certamente una esistenza in realt; ed avranno preso parte
per una finzione alla spedizione degli Argonauti, e Clitennestra non avr
mai subito la morte per mano di Oreste figlio di Agamennone. Si sopprima
similmente l aureo pomo della discordia, e verr a mancare la disputa fra
le Dee, e di conseguenza il ratto di Elena non avr luogo. Cos un pomo ed
un uovo sono stati la sorgente di mille mali; ma, dichiariamolo in tutta
buona fede, di mali tanto chimerici quanto la causa che li ha prodotti.
Alcuni Mitologi volendo dare una realt storica a questa finzione, hanno
preteso che Leda introdusse il suo Amante nel luogo pi elevato del suo
palazzo, che ordinariamente aveva forma ovale, e che per tale ragione detti
ambienti erano chiamati iiv dai Lacedemoni, e cos spiegano la finzione
delluovo. Ma per cogliere il ridicolo di tale congettura basta osservare che
la Favola non dice affatto che Leda sgrav in un uovo, sebbene: si sgrav
di un uovo. Ma tralasciamo per un momento quest'uovo e diciamo due
parole su Clitennestra.
Agamennone la spos, e ne ebbe Oreste; egli poi part per la guerra di
Troia, affidandola ad Egisto, suo cugino, e sotto la vigilanza di un Cantore.
Egisto essendosi fatto amare da Clitennestra, ebbe modo di disfarsi del troppo
vigilante guardiano. Clitennestra trov anche il mezzo di liberarsi di suo
marito al suo ritorno dalla guerra di Troia, ed anche Oreste sarebbe rimasto
vittima di tale intrigo le quante volte non avesse scelto il partito della fuga.
Oreste poi vendic la morte del padre e del nonno facendo perire di sua
mano Egisto e Clitennestra nel Tempio dApoIlo. Oreste ottenne l ossolu-
rione del suo delitto dallAreopago, nel quale i suffragi risultarono pari
tra l assoluzione e la condanna, ed elev un Altare a Minerva la quale con
il suo voto ruppe a suo favore queU'equilibrio dindecisione; indi per puri
ficarsi and ad abbeverarsi alla fonte Ippocrene. Ma il ricordo del compiuto
delitto lo perseguitava continuamente, fu preso da furore, ed avendo con
sultato l Oracolo per apprendere il mezzo onde liberarsene, ne ebbe in ri
sposta che doveva recarsi in Tauride, paese degli Sciti, per impadronirsi
della statua di Diana, condurre seco sua sorella Ifigenia, e bagnarsi in un
fiume composto dalle acque di sette sorgenti.
Durante questo viaggio. Oreste aveva conservato la propria capigliatura
in segno di duolo, e la tagli in Tauride deponendola in nn luogo che fu
chiamato Acem. Alcuni vogliono che tale operazione Oreste l avesse com
piuta presso una pietra snlla quale aera seduto lungo il fiume Giteo nella
Laronia, ed allorquando si sent liberato dal suo furore.
Di ritorno da tale viaggio, diede sua sorella Elettra in moglie al suo
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amico Pilade; e dopo aver ucciso Neottolemo, figlio d'Achille, spos Er-
mione, dalla quale ebbe Tisamense. Ebbe modo di conquistarsi le buone
grazie d'Erigone, figlia dEgisto e ne ebbe Pentile; infine mor a seguito
della morsicatura dun serpente.
Quando i Lacedemoni volevano metter fine ad una guerra che si svolgeva
per essi svantaggiosa contro gli abitanti di Tegea, consultarono l'Oracolo
il quale rispose che occorreva ricercare le ossa dOreste in un luogo dove
i venti soffiavano, dove si percuoteva, e lo strumento percussore veniva
respinto, ed infine dove sannidava la rovina e la distruzione degli uomini.
Lica interpret tale responso, per la fucina dun Operaio, nella quale il
mantice soffia, il martello percuote l incudine che lo respinge, e dove infine
si lavorano le armi per la distruzione dellumanit. Effettivamente vi si rin
vennero le ossa dOreste, che vennero inumate, conforme al comandamento
dellOracolo, nella tomba dAgamennone vicino al tempio delle Parche.
A voler prendere alla lettera tutte le circostanze di questa favola, quante
assurdit non ne emergono? eppure, riportata allallegoria donde presero
origine, tutti questi pretesi delitti della famiglia dOreste, e tutte le assur
dit svaniscono.
Spiegheremo ci che bisogna intendere per Agamennone, quando par
leremo della guerra di Troia.
Clitennestra, moglie dAgamennone, era figlia di Giove e di Leda, e non
di Tindaro e di Leda, sebbene nata nel palazzo di questultimo, e ci se
condo quanto ne riferisce Omero ed Apollonio; e questa circostanza fece
dare l appellativo di Tindaridi a Castore e Polluce, fratelli di Clitennestra.
Essi nacquero da due uova data la finzione della metamorfosi di Giove in
cigno. E questo similmente alla nascita dEsculapio sortito da un uovo de
posto da sua madre Coronide che vale una cornacchia.
Gli Autori della finzione dEsculapio e di quella di Leda, avevano pre
sente Io stesso preciso soggetto, e cio la materia dellOpera Ermetica, che
parecchi Filosofi hanno chiamata; uovo; e questo ha fatto dire al Flamel:
a il fornello l abitacolo e la casa del galletto . Ermete nel suo libro dei
sette Capitoli chiamato dal Flamel: i Sette Sigilli Egizi, dice che dalla ma
teria dellOpera, deve nascere un uovo, e da questuovo un uccello. Basilio
Valentino ha impiegala l nllegnria del cigno nelle sue 6. e 8. Chiave. Rai
mondo Lullo nel suo trattato Quinta essentia cinforma che il fanciullo
Filosofico sarrotonda in forma duovo nel vaso e come scrive Ripleo: a noi
chiamiamo uovo la nostra materia, poich come un uovo composto di tre
sostanze, e cio: il giallo, il bianco e la pellicola die linviluppa, escludendo
il guscio, similmente la nostra materia composta di tre: zolfo, sale e mer
curio. Da queste tre cose deve nascere luccello dErmete, o fanciullo Filoso
fico, somministrandogli un fuoco simile a quello della chioccia che cova .
Moscus, nella Turba, sesprime in maniera da non lasciare alcun dubbio
Bulla spiegazione della favola di Leda e di Coronide, a Vi dichiaro, dicegli,
che non si pu compiere alcuna operazione, se non con la nostra polvere
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bianca, stellata, lucente, e con la nostra pietra bianca; poich da questa
polvere che si ricavano i materiali adatti o formare l'uovo. Per i Filosofi
non hanno voluto dirci, se noti allegoricamente e con finzioni, quale sia
quest'uovo, o qual' l'uccello che lha generato; ma dapprima l uovo di
corvo (Coronide), indi quello del Cigno (Leda).
Ma perch Leda si sgrava di due uova? e perch da ciascun uovo sortono
due fanciulli; l'uno maschio e l'altro femmina? Si perch l'Autore di que
sta favola ha tenuto presente le due operazioni della Grande Opera c che
tanto netluna quanto nell'altra, il colore passa dal bianco al rossa; ed il
bianco viene designato con nomi femminili: Lnna, va, Diana, ecc. ed il
rosso : Apollo, Sole, Adamo, maschio, ecc. Filatele chiama cos colorazione
rossa il giallo dell'uovo, e colorazione bianca il bianco. Null'allro daltronde
tanto comune nei Trattati dei Filosofi Ermetici, quanto le allegorie di fra
tello e sorella gemelli, e quindi nati da! medesimo uovo, e perci Servilio
cosi s'esprime nella Turba: a Sappiate che la nostra materia un uovo.
D guscio ne il vaso, e contiene bianco e rosso (maschio e femmina). La
sciatelo covare a sua madre per sette settimane, o nove giorni, o tre giorni__
e verr fuori un galletto avente la cresta rossa, le penne bianche, ed i piedi
neri n. Questa dunque la materia di dette uova, e dei fanciulli che ne
sortono.
Clitennestra maritata ad Agamennone, e suo figlio Oreste diventa ma
tricida nello stesso Tempio dApoIlo, a porte tulle chiuse. Un misfatto cos
odioso, sarebbe stato meritevole dessere nascosto nelle tenebre dell'oidio,
anzicch tramandarlo alla posterit, le quante volte si fosse trattato d'un
fallo reale; ma fortunatamente esso puramente favoloso, e necessaria con
seguenza dell'allegoria che lo precede. Questo preteso delitto lo si ritrova
in quasi tutti i Trattati di Filosofia Ermetica; ove nulla pi comune
dellallegora d'un figlio che uccide la madre. Talvolta la madre che sop
prime suo figlio talaltra un figlio che uccide il padre; oppure un fratello
che divora sua sorella e la risuscita (come leggesi nella lettera d'Aristeo);
infine tante altre finzioni e metaforiche uccisioni, omicidi, parricidi, ecc.
cosi come si leggono nei differenti Trattati sulla Grande Opera, e simili a
quelli tramandati dalle Favole. Vi s leggono anche dincesti del padre con
la figlia, del figlio con la madre, del fratello con la sorella; c basta ricordare
quelli di Cinira, d'Edpo 'e di Giocaste, ecc.
Per essere ancora mcclio convinto deH'imniediato rapporto die quella fa-
sala d'Oreste ha con la confezione delia Pietra dei Saggi, basta tener conio
delle diverse circostanze e ben considerarle.
Perch Oreste uccide sua madre nel Tempio dApollo, e notate, a porte
cliiuac? Questo Tempio non precisamente il vaso ove si forma, risiede,
ihite quasi onorato ed adorato il Sole, lApollo Filosofico? Se l.i porta di
delio Tempio o vaso non fosse ben chiusa, sigillata, lutala, gli spiriti volatili
clic tendono d sfuggire, non agirebbero pi; Clitennestra se ne scapperebbe;
Oreste, o la parte fissa non potrebbe uccidere, vale a dire: fissare il volatile;
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la putrefazione chiamata: Decisione, morte, distruzione, sepolcro, tomba,
indicata dalia morte di Clitennestra, non si verificherebbe, e l'Opera reste
rebbe incompiuta od imperfetta.
Oreste non venne assolto dal suo delitto is non alla condizione d'andarsi
a lavare e purificare nell'acqua d'un Some, composto da sette sorgenti; d
che indica perfettamente il mercurio dei Saggi, poich come scrive il d'E-
spagnet, nel suo Are. Henn. Con. 52: a tosto che s pervenuto ad entrare
nel giardino delle Esperidi, alla porta si trova una fontana che dilaga in
tutto il giardino e che composta da sette sorgenti .
E' nolo che il volatile simholeggiato dalle femmine: perci quando la
Favola dice che Oreste riport sua sorella Ifigenia dalla Tauride, come
se si dicesse ehe la parte volatile vien riportata dalla parte ait del vaso,
dove circolava, nel fondo ore essa si fissa con la parte fissa simboleggiala da
Oreste, il forare e turbamento del quale non significano altro se non la
volatilizzazione; perch il fisso dev'essere volatilizzato prima di acquistare
una fissit permanente, secondo il precetto seguente dei Filosofi: a volatiliz
zate il fisso, e fissate il volatile . Ed perci che l Oracolo ordin ad Oreste
di recarsi al tempio di Diana, nquanlocch il color bianco, chiamato Diana
dai Filosofi, indica il cominciamento della fissit della materia del Ma
gistero.
I Mitologi tralasciano nna infinit di piccoli dettagli della Favola senza
alcuna spiegazione, sia perch non possono spiegarli, o perch li considerano
inutili perch privi dun nesso con la Storia o con la Morale. I n effetti come
spiegherebbero essi l'ostentazione degli Aptori nel far rilevare che Oreste
conserv la propria capigliatura, a simiglianza di come fece Osiride, dorante
un certa tempo? E perch Esiodo chiama Danae: la Ninfa dai bei capelli?
Se questo dettaglio non ha alcun valore in attinenza alla Storia ed alla Mo
rale, costituisce invece un insegnamento per la condotta delie operazioni
della Grande Opera. I capelli vanno riguardati come quasi una cosa super
flua; e la materia del Magistero parrebbe avere qualcosa d'inutite e di su
perfluo1: ma, il Geber, nella sua a Somma a, scrive: a la nostra Arte non
consiste nella pluralit delle cose; il nostro Magistero consiste in una sola
materia, alla quale nulla aggiungiamo d'estraneo, e nulla ne togliamo; ne
leviamo solamente il superfluo nella preparazione . Questo, per, il Filalete
lo spiega cos: a Tenete presente che questo termine di superfluo usato dal
Geber equivoco, perch in verit significa una cosa superflua, ma un su
perfluo utilissimo allOpera, e che intanto occorre levare in un certo tempo.
Ricordatevi bene di ci, poich un gran secreto .
Parecchi Filosofi hanno dato anche il nome di capelli a questa materia;
ci che ha indotto in errore molti Chimisti, i quali hanno preso i capelli
per la materia dell'Opera Ermetica. Questi capelli d'Oreste debbono essere
conservati durante il suo viaggio, vale a dire nino alla fissazione dOreste
volatilizzato, il quale non li taglier se non quando sar pervenuto alla pietra
Accia; vale a dire alla materia resa fissa come una pietra, la quale allora
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im rimedio per le infermit del corpo amano, come l indica l etimologia di
questo nome acem che deriva da dxo$ = rimedio. Per porre termine a
questo articolo su Oreste, mi limito a dire chegli era uno dei discendenti di
Pelops, al qnale gli Dei fecero il regalo d'un ariete dal vello doro.
EUROPA
Giove innamoratosi dEuropa, figlia dAgenore, Re -della Fenicia, ordin a
Mercurio dinvitarla ad andare a passeggiare sulla riva del Mare, ove questo
Dio essendosi metamorfizzato in bianco toro, la pose sul suo dorso, attravers
il Mare a nuoto, e depose Europa nellIsola di Creta. Dal commercio chebbe
con Giove, nacquero: Minosse, Radamanto e Sarpedone.
Ho gi sfiorato, passando, lallegora di Cadmo; la fondazione della Citt
di Tebe in Beozia, allorquando questo Eroe andava in cerca di sua sorella.
Minosse spos Pasife, figlia del Sole, sorella di Eete, e ne ebbe Arianna ed
il Minotauro, il quale venne rinchiuso nel labirinto di Dedalo, ed ucciso poi
da Teseo, mediante gli aiuti che gli forn Arianna.
Tutte le donne che le Favole riportano quali Amanti di Giove, hanno quasi
tutte nomi che nelle loro etimologie significano: duolo, tristezza, qualcosa di
tetro, doscuro, di fosco, come una tomba, una sepoltura, oblio, putrefazione,
marcedine, ecc. Ora, quale la ragione di questa tendenza, nel mentre tutti gli
Autori di queste finzioni ce le rappresentano tutte quali donne di grandissima
belt? Eppure il color nero non deve certo formare a ci ostacolo, poich nella
Santa Scrittura la sposa del Cantico dei Cantici dice: a Nigra sum, ted for
mosa a = Sono nera, ma sono bella. U nome d'Enropa ha un significato presso
a poco simile, se lo ri fa derivare da Rq; muffa, marcido, putredine; e
da (s; * succo, umore: come se si dicesse * succo guasto, ammuffito, pu
trefatto.
Non senza ragione che gli Autori di tali finzioni ne scelgano delle simili,
poich il Giove dei Filosofi agisce sempre sulla materia diventata nera, vale a
dire nello stato di putrefazione simboleggiato da queste donne. Ci che ne ri
sulta il fanciullo Filosofico, del quale si parla in tutti i Libri Ermetici.
Giove si muta in toro bianco, per rapire Europa mentre costei passeggia e
si diverte con le Ninfe sulla riva del Mare. Ma il colore del toro poteva essere
diverso dal bianco, le quante volte il bianco succedendo al nero sembra farlo
sparire e rapirlo? Questo toro, come nella favola d'Osiride, il simbolo della
materia fissa volatilizzata; esso rapisce Europa mentre questa piuoca con le sue
compagne; e (pienti giuochi significano lo stesso delle danze delle Muse, vale a
dire: la circolazione delle parti volatili ed acquose. Il Mare il mercurio, chia
mato Mare dalla maggioranza dei Filosofi, a Sono Dea di una grande bel
lezza, ed appartengo ad una grande gena, dice Basilio Valentino nel suo Sim
bolo nuovo. Sono nata dal nostro proprio mare, n E Io stesso Autore disegna un
mare in lontananza in quasi tutte le figure geroglifiche delle sue dodici Chiavi.
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Flamel chiama questo mercurio: a schiuma del mar rosso. n II Cosmopolita lo
chiama: a acqua del nostro mare. I Filosofi, dice dEspngnnt nel suo Can. 54,
posseggono il loro mare, nel quale nascono pesci le cui squame o scaglie bril
lano come l'argento.
Minosse spos Posile, figlia del Sole, vale '"<oeni luce o chiarore: perch
n? tutto, e qui; luce; ecco perch Minosse che figlio di Giu\e e (l'Eu
ropa, e quindi del color grigio e nero, sposa la figlia del Sole, cio la luce, sim
boleggiata dal color bianco. Da questo amplesso simbolico nasce il Minotauro,
il quale viene rinchiuso nel labirinto di Dedalo, allegoria la quale simboleggia
l'Imbarazzo e le Difficolt alle quali va incontro l Artista durante il core delle
Operazioni: ecco perch s derivato Dedalo da Aaioi.; Artista. Teen. il
pi giovane dei sette Ateniesi mandati a combattere il Minotauro, riusc a di
sfarsene mediante il sorcor>o d'Arvinna, chegli in seguito spos. I sud'lctti sette
Ateniesi altro non sono se non le sette imbibizioni dell'Opera, l'ultima delle
quali, o la pi giovane uccide il mostro, fissando la materia, e fissandosi si sposa
con essa. Se Teseo l'abbandona, e Bacco la prende per moglie, ci allude al
color rosso il quale succede al bianro, e Bacco, come spiegammo nel suo arti
colo, non altro se non la materia p>evenuta al rosso. Era ben necessario che il
filo d'Arianna fornito a Te-eo, fosse stato fabbricato da Dedalo, poich l'Arti
sta che conduce le operazioni; inoltre Dedalo era stalo alla scuola di Minerva.
I due figli d'Europa: Minosse e Radamanto, vennero assegnati Giudici di
coloro che Mercurio conduceva nel Regno di Plutone; dove essi condannavano
gli uni ai supplizi, ed inviavano gli altri ai Campi Elisi. La putrefazione della
materia nel vaso dei Filosofi chiamata morte, come abbiamo visto in cento
occasioni in questa nostra Opera. Questa putrefazione non pu farsi senza
laiuto del mercurio dei Saggi; ci che ha fatto dire anche a Virgilio, nel 1. 4.
dell'Emide, che gli uomini muoiono per mano di Mercurio.
I n questa putrefazione che costituisce il Regno di Plutone, Minosse e Rada-
manto sono stabiliti Giudici dei morti, ci vale a dire, che, compiendosi allora
una perfetta dissoluzione della materia, ed una separazione del puro dallim
puro, in tal caso il giudizio di Minosse o Radamanto si compie, sempre me
diante Mercurio che ne l esecutore. Le parti impure sono relegate al Tarlato,
ci che ha fatto dar loro il nome di terra dannata; e le parti pure vengono in
viate ai Campi Elisi, e sono glorificate, cosi come sesprime Basilio Valentino
nel suo a Azoto n e molti altri Filosofi.
ANTIOPE
La favola d*Antiope risale alla primiera antichit.
Omero, nell'Odissea, I. I I , v. 259 e segg., cos fa parlare Ulisse: a ... vidi
Antiope, figlia dAsopo, la quale si glorificava daver anche dormito fra le
braccia di Giove, e d'aver avuto due figli da questo Dio: Anfioue e Zelo, i quali
furono i primi a gettare le fondazioni della Citt di Tebe, ecc.
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Anfione ricev l'educazione da Mercurio, ed impar a sonare lauto perfetta
mente la lira, che mediante i dolci accordi della stessa, non solamente riusciva
ad ammansire la ferocia delle bestie selvagge ed a farsi seguire dalle stesse, ma
metteva anche in movimento le pietre, facendole disporre a suo piacimento.
S' detto lo stesso d'Apollo allorquando innalzava le mnra di Troia. Anche
Orfeo govern con il suono della Lira il naviglio Argo, e safferma che faceva
mnovere le rocce.
Si pu in buona fede cercare qualcosa di storico e di reale in favole tanto
puramente favole come queste? E tale tentativo non quasi un abasare della
credulit altrui, volendo spiegare tali finzioni diversamente che quali pure alle
gorie? Vediamo quale pu essere loggetto di queste dAntiope e di suo figlio
4nfione.
Alcuni la dicono figlia dei fiume Asopo, altri d'Adrop, altri ancora d'Atrop,
ed asseriscono che da detto fiume si forma un ruscello, una fontana, unacqua,
nn succo al quale danno il nome di: succo della Saturnia vegetabile. Questo
succo sispessisce, si coagula, diventa solido; ed questo che chiamasi Antiope,
da dvii ed Anv; = vale a dire, che non pi succo, s' coagulato, e non pi
fluido. Coloro anche che diedero Ntcleo per padre ad Antiope, non hanno tra
scuralo lo stesso oggetto, cio la coagulazione della materia Bollendo dalla pu
trefazione, durante la quale detta materia diventa nera, ed perci chiamata
notte, tenebre; perch da vi!; = notte, se n' derivato Nicteo: e da ei s con
stata che Antiope ha lo stesso carattere delle altre Amanti di Giove. La meta
morfosi di questo Dio in Satiro, spiegata nell'articolo su Bacco.
Quando si dice che Anfione venne affidato alla tutela di Mercurio, lo si dice
perch il mercurio Filosofico dirige tutto nellOpera; e la ferocia delle belve
chegli sapeva ammansire, pari a quella delle tigri, dei leoni e delle pantere
che seguivano Bacco nei suoi viaggi. Le pietre che venivano ad ordinarsi al
loro posto al suono della lira, sono le parti fisse volatilizzate delia pietra, e che
coagulandosi saggruppano le nne alle altre, e formano una mossa di tutte le
parti sparse qua e l.
Tal; furono I pi celebri figli clic Giove ebbe dalle diverse Ninfe od Amanti.
Ne ebbe una infinit di altri, le favole dei quali si riportano a quelle che ab
biamo gi spiegate. Tali furono i fratelli Paltcii che Giove ebbe da Talia;
Arco: da Calisto; Pelagio: da Nialie; Sarpcdone ed Argo: da Laodamia; Er
cole: da Alcmcnc, moglie 'Anfitrione; Deucalione: da lodamia; Britomarte:
da Carne, figlia dEubolo; Megera: dalla Ninfa Scitinidc; Elilia, padre d'En-
dimione: da Protogenia, e Menfi che spos Lidia; Arcesilao: da Toredia;
Cola ce: da Ora; Cime: da Cimo; Dardano da Elettra; J arhaso, Fiieo e Pi-
lumno: da Garomantidc; Proserpina: da Cerere; Taigeto: da Taigete; Saone:
da Savona, e moltissimi altri che molto lungo sarebbe l'enumerare. Un Poeta
ha sintetizzato le principali metamorfosi di questa Dio. nei seguenti versi:
Fit tatirtts. Cycnus. Salyrusque, aurqniquc ob amorem
Europee, Lavdea, Antiopae, Danacs. n
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Potrei -parlare anche delle numerase famiglie d Nettuno, dell'Oceano, dei
fiami e dei laghi, e sotto l'aspetto solo della loro semplice genealogia, ai ve
drebbe subito che le radici di quest'albero, o i primi anelli di questa catena,
sono costituiti dal Cielo e dalla Terra, e che Saturno ne il tronco. Se ne con
cluderebbe facilmente che le finte persane di queste favole, sono tutte allego
riche, e fanno allusione alla materia, ai colori, olle operazioni, ed infine
all'Artista stesso della Grande Opera. Basterebbe fare attenzione che in gene
rale tolto ci che nelle favole ha nome di danna, fanciulla o Ninfa pu essere
riportato all'acqua mercuriale volatile prima o dopo la sua fissazione; e tutto
ci che ha il carattere duomo deve intendersi per la parte fissa, la quale
s'unisce, lavora, si volatilizza con le parti volatili, ed infine ai fissa con queste;
che le asportazioni e rapimenti alludono alla volatilizzazione; i matrimoni e
accoppiamenti dei maschi con le femmine sono la riunione dello parti fisse con
le volatili; i risaltati di dette unioni sono i figli o fanciulli; la morte delle
donne significa ordinariamente la fissazione; quella degli uomini vale la disso
luzione del fisso. I l mercurio dei Filosofi spessissimo l'Eroe deU'allegoria;
ma in tal caso l Autore della favola ha avuto riguardo alle propriel d questo
mercurio Filosofico: alla sua virt risolutiva, alle sue parti volatili, ed infine
al suo principio coagulante, quando trattasi di fissazione mediante le Ope
razioni. I n tali cosi abbiamo un Teseo, un Perseo, un Ercole, un Giasone, ecc.
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FESTE, CERIMONIE, GARE E GIUOCHI
I STI TUI TI IN ONORE DEGLI DEI
Le feste che Orfeo introdusse in Grecia in onore di Bacco, sono note comu
nemente sotto il nome di Dionisiache dal nome di Dionisio e Dionigi.
La principale di dette feste si celebrava ogni tre anni, e perci chiamavasi:
Trieteria. Anche gli Egizi ne celebravano una ogni tre anni in onore di Osiride,
e per la stessa ragione, cio per commemorare il ritorno dalle I ndie. Questa
festa veniva celebrata dalle donne e dalle vergini, come sempre nei misteri
di Bacco. Le Vergini portavano dei tirsi, e correvano da forsennate a frotte,
come se prese da entusiasmo, unitamente alle donne scapigliate le quali dan
zando facevano delle contorsioni spaventevoli; e le si chiamavano Baccanti.
Orfeo aveva istituito questa festa sul modello di quella d'Osiride. Ma per*
che gl'istitutori di questa festa ne limitarono la celebrazione alle donne ed alle
Vergini? Per analogia al (alto che le Muse avevano accompagnato Osiride nel
suo viaggio. Abbiamo spiegato questo viaggio nel primo libro, ed abbiamo
scritto nel terzo libro cosa bisogna intendere per le Muse e le loro danze; e
quindi si vede la ragione vera delle danze delle Sacerdotesse di Bacco. Se in
seguito vi si mescol tanta indecenza ed infamia, che Licurgo, Diagonda e molti
altri promulgarono delle leggi per abolire le assemblee notturne, non bisogna
far risalire la colpa aglistitutori, sebbene alla tendenza che naturalmente
sembra possegga l uomo per la licenza ed il libertinaggio. .
Si diceva anche che Bacco aveva dormito per tre anni presso Proserpina,
e gli Egizi nutrivano Api nel tempio di Vulcano durante un uguale periodo di
tempo, dopo del quale lo si annegava.
Queste feste in onore di Bacco si chiamavano comunemente Orgie. Prima
che luso ne avesse moltiplicato le cerimonie, ci si contentava di portarvi in
processione un boccale di vino, un tralcio di vite o sarmento, un canestro cir
condato di serpi, chiamato cista mistyca, indi seguivano quelli che portavano
il Phallus. Chiudevano il corteo le Baccanti, i capelli delle quali erano frammi*
schiari a serpi. Volevasi che i boccali vuoti, deposti nel tempio di Bacco du-
- 249 -
rante il corso di queste feste, si ritrovavano alla fine riempiti di buon vino.
Mi limito a questa semplicit della primitiva celebrazione, senza entrare nei
dettagli delle altre cerimonie che vennero aggiunte in seguito.
Per intendere quale fu l intenzione degli I stitutori di queste feste, oc
corre ricordarsi che Osiride e Bacco erano uno stesso simbolo, ed in ci tutti
ne convengono. Le Orgie ebbero dunque origine in Egitto, e la loro istituzione
non va dovuta ad Iside, la quale come Osiride un personaggio simbolico;
sibbene ad Ermete Trimegislo, od a qualche altro Filosofo Egizio, il quale
ne attribu l'istituzione alla pretesa Iside, per dare maggior peso ed autorit
alla sua finzione.
Perch Iside non altro se non la Natura, non quindi un personaggio
in realt, ma la Natura personificata; e perci non affatto una Regina dellE
gitto. E se Iside non esistila sotto forma umana, evidente che anche Osiride
suo fratello e sposo, non esistito. Tifone anche, fratello dOsiride, non sar
il Sebone di Manetone. Ma Osiride, Iside e Tifone non restano se non perso
naggi creati dalla fantasia, per spiegare con una allegoria le Operazioni della
Natura o dunArte che impiega gli stessi principii ed imita le sue Operazioni
per pervenire allo stesso scopo.
Ritornando alle Orgie, le donne ne erano le principali attrici, poich
avevano accompagnato Osiride nei suoi viaggi; esse danzavano, saltavano,
eseguivano delle contorsioni, e ci per segnalare l'agitazione della parte
acquosa volatile nel vaso, indicata dalle donne; perch il sesso femminile
stato in ogni tempo riguardato come avente un temperamento umido, leggero,
volubile ed incostante. Luomo al contrario lo si suppone dun temperamento
pi secco, pi caldo, pi fiss; e questo ha fornito l occasione ai Filosofi di
designare con l uomo la materia fissa della Grande Opera, e con la donna la
volatile.
Alcune donne portavano il Phallus, cio la rappresentazione di quella
parte del corpo dOsiride, che Iside non pot riunire alle altre membra, dopo
la dispersione che Tifone ne fece. Questo Fallo, od organo virile, era il sim
bolo delle parti eterogenee, terrestri solforose e combustibili, le quali debbono
coagularsi in un tutto mediante l acqna mercuriale, simboleggiata da Iside.
H boccale pieno di vino indicava il vino Filosofico, od il mercurio pervenuto
al color rosso, e eh il principale agente dellOpera. La branca di sarmento
significa la materia dalla quale detto mercurio viene cavato od estratto. La
cesta misteriosa era il vaso nel quale si fanno le operazioni della Grande
Opera; la si chiama cesta misteriosa perch i Filosofi hanno sempre fatto e
continueranno sempre a fare un mistero della materia dellOpera Magna, e
del modo di procedere alle sue operazioni. La cesta era chiusa, per indicare
che il vaso era stato sigillato ermeticamente; e ci che conteneva era indicato
soltanto dalle serpi che la cingevano; ed bene ricordare che le serpi sono
sempre impiegate quale geroglifico della materia pervenuta alla putrefazione.
Ed a proposito di queste serpi accetto anche la spiegazione che ne d
l Abate Banier, vale a dire che questi rettili poich sembrano ringiovanire tutti
- 250 -
gli anni, mediante il cambiamento della loro pelle, indicavano il ringiova
nimento di Bacco; ma non. nel senso chegli intende, ma nel senso Ermetico.
E cio: che il Bacco Filosofico essendo pervenuto, nellOpera, alla putre
fazione, la qoale sembra come uno stato di vecchiaia e di morte, ringiovanisce
e risuscita, per cos dire, allorquando esce da questo stato. Ci che ha fatto
dire ad nn Filosofo Ermetico: a Bisogna spogliare l uomo vecchio, e rivestire
l'uomo nuovo n. E dEspagnet, nel suo Can. 50, parlando della preparazione
della materia: a La parte impura e terrestre si purga mediante il bagno umido
della natura ; e la parte acquosa eterogenea messa in seguito mediante il
fuoco dolce e benigno della generazione. Cos per mezzo di tre abluzioni e
purgazioni, il drago si spoglia delle antiche sue scaglie; esso abbandona la
vecchia pelle, e ringiovanisce rinnovellandosi a.
Una cesta simile a quella della quale stiamo trattando, tocc in sorte ad
Euripilo dopo la presa di Troia. Egli vi trov un piccolo Bacco doro; ci
che prova evidentemente ebe il mistero di detta cesta, era il simbolo del
secreto misterioso di fare loro, e del quale la storia della conquista di Troia
non se non una pura allegoria.
Con quanta cattiva ispirazione e con qual torto saccusano dunque glistitu
tori di queste feste di aver voluto propagandare la licenza e il libertinaggio?
Le Vergini le quali recavano queste ceste doro andavano con i fanciulli
dal tempio di Bacco a quello di Fallsde; prova evidente che l oggetto della
celebrazione di qneste feste era tuttaltro di quella del libertinaggio, poich
Pallade era la Dea della saggezza e della prudenza.Con il tempio di Pallade
nel contempo, sinsegnava che necessitava essere prudente, sapiente e saggio
per pervenire alia perfezione dellOpera Filosofica.
Poich Pallade che deve servir di guida a Bacco nei suoi viaggi; vale a
dire: lArtista deve sempre agire prudentemente nella condotta delle opera
zioni. Il viaggio cominci dallEtiopia e fini al Mar Bosso. I l color nero non
forse il cominciamento e la chiave dellOpera? ed il color rosso del mercurio
chiamato mare, quello stesso della Pietra la quale la fine dellOpera.
La festa delle Trietcric e gli abusi che vi ai introdussero, diedero occasione
destituirne altre dello stegso genere, ma con differenti nomi ed in differenti
luoghi. Le Dionisiache si celebravano in tutta la Grecia, e si dividevano in
grandi e piccole, antiche e nuove, e ciascuna aveva una qualche cerimonia die
le era particolare. Nelle Oscoforie, i fanciulli divisi a grappi portavano una
branca di sarmento in mano, , come nelle Trielerie, si recavano dal tempio
di Bacco a quello di Pallade, recitando alcune speciali preghiere; e queste
feste si celebravano ogni anno. Gli Ateniesi ne celebravano una chiamata
Lcnea al principio della primavera. Allora essi travasavano il vino, ricevevano
i tributi dagli stranieri, e si facevano delle sfide a chi avrebbe di pi bevuto,
cantando in onore di Bacco, quale autore della gioia e della libert. I n Atene
stessa si celebravano anche le Falloforie, che presero il loro nome dal Fallo
che lo si recava al sommo de! Tirso. Le Caneforie o feste delle ceste cadevano
alla fine dAprilc. Le giovinette Ateniesi che savvicinavano olla pubert, vi
- 251 ~
recavano delle ceste doro, e colme delle primizie delle (rutta che offrivano a
Bacco, Le Ambrosiane avevano luogo nel mese di Gennaio tempo nel quale il
vino veniva trasportato dalle campagne nella Citt, Questa festa venne intro
dotta anche presso i Romani che la chiamarono : Brumalia o Bromialta, da
Bramo o B romio, soprannome di Bacco. Anche le Ascolie si celebravano ad
Atene. Vi si gonfiavano daria degli otri, e depoatili a terra, vi si danzava sopra
gli stessi, talvolta con un piede e talvolta con laltro, premiando poi chi aveva
ballato con maggiore destrezza. Ed anche questa festa pass ai Romani, come
ne fa cenno Virgilio nel secondo libro delle Georgiche. S'immolava un caprio
a Bacco, perch questo animale guasta le viti, e si calpestava la sua pelle, dalla
quale si facevano gli otri. Gli Egizi immolavano un porco nelle feste chiamate
Dorpia, istituite in onore di Dionisio, come riferisce Erodoto in Euterpe,
scrivendo: a Gli Egizi uccidono un porco, ciascuno innanzi alla propria porta
e poi lo ridanno al Porcaro che lo aveva portato . Dionysio die lolemnitatis
Dorpiae, suem antfores singuli jugulantes reddunt subulco illi qui attulerat
ipsum suem.
Essi avevano altre feste in onore di Bacco, ma nelle quali non simmolava
affatto il porco, ma seseguivano presso a poco le stesse cerimonie che erano
celebrate in Grecia, come afferma il citato Autore: Aliam solemnitatem sine
suibus in honorem Dionysii agunt A egyptii, eodem prope rifu, quod Crucci,
al pr Phallis res alias ilii excogitarunt, imagines scilicet cubiti magnitudine,
quas circumferunt mulieres per agros cum virile membrum reiiquo cor por e
non multo minus nutet. Praecedit autem tibia, atque illae Dionysum sequun-
tur cantante! . .
La maggior parte delle Orgie si celebravano di notte, e perci vi si portavano
delle torcie accese. Coloro che le portavano si chiamavano: Daduchi, e la loro
funzione era quella delle pi onorevoli. Ed anche quella di portare la cista
mistica non lo era da meno. Gli antichi serbarono il pi assoluto silenzio
sul contenuto di detta cista, basandosi sul rispetto religioso che vietava di for
nire qualsiasi spiegazione. Ci dato, perch questo mistero su queste cisti
cherano il pi importante ornamento nella celebrazione della festa? Vuol dire
che dette feste furono istituite per alludere ad un qualche segreto che non si
voleva divulgare? E quale poteva essere questo segreto, se non quello che era
stato confidato al Sacerdozio Egizio, e dal quale dette feste ebbero la loro ori
gine? Queste feste erano state primieramente istituite in Egitto in onore di
Osiride, eh lo stesso di Dioniso, il quale trovasi a capo della genealogia
dorata, e questa istituzione tende unicamente a conservare alla posterit la me
moria del segreto della medicina aurea, che Dio aveva loro accordato. D
vino che vi si portava quale simbolo del vino Filosofico, fece si che il popolo
ritenne Dionisio quale inventore della fabricazione del vino volgare. E tale
errala interpretazione si diffuse, e da ci scaturirono tante feste istituite in
onore di Bacco. Ed anche nel Mondo Cristiano abbiamo ancora un esempio:
la festa di S. Martino, l'Epifania, il Carnevale. Alcuni Autori le riguardano
quali sopravvivenze del Paganesimo: ma poi certo ch'esse sieno state' isti-
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toite dallo stesso punto di vista delle Saturnali o Dionisiache? E la stessa
domanda bisogna rivolgersi per le feste Egiziane istituite posteriormente a
quelle delle quali stiamo trattando. Essi ignoravano, la maggior parte, Tinten,
sione che ne avevano avuto i primi Istitutori, quindi presero il simbolo per
la cosa simboleggiata, e questo errore li condusse ad annoverare nella classe
degli Dei, anche le cose pi futili; ci che ha fatto dire ad un Poeta:
a O Sanctae gentes, quibus kaec nascuntur in hortis numina
(Giovenale)
Lo stesso potrebbe dirsi dei Greci e dei Romani, poich gli uni e gli altri
accrebbero il numero degli Dei oltre quelli che avevano ricevuto dalla tradi
zione Egizia, ed i Romani deificarono finanche le malattie, come ad essi rim
provera Lattanzio, nel Inst. 1. I , scrivendo: a. Romani pro Diis habuerunt sua
mala, sdlicet rubiginem, pali arem et febrem a.
Merita di essere riferita l occasione che indusse a stabilire il culto d'E-
sculapio a Roma. I Romani afflitti dalla peste; consultarono i libri della Si-
bilia, per cercare la liberazione da tanto flagello. Vi trovarono che necessitava
recarsi ad Epidauro e cercare Esculapio e portarlo a Roma. Ed a tale riguardo
abbiamo le testimonianze di Tito Livio, Orosio, e Valerio Massimo. Furono
dunque mandati due Deputati ad Epidauro: quando vi arrivarono, vennero
condotti nel tempio dEsculapio, distante cinque miglia da Epidauro. Allora
un serpente apparve nelle strade della Citt, strisciando lentamente in sii e
in gi per tre giorni consecutivi, in capo ai quali esso si rec alla nave dei
Romani, e vi si alloggi da se stesso nella cabina duno degli Ambasciatori.
I Sacerdoti del tempio assicurarono ai Romani che Esculapio si mostrava agli
abitanti dEpidauro sotto quella forma, per qnanto raramente; ma quando
cosi si manifestava era sempre un fausto presagio per essi, e che cos si
sarebbe verificato a loro riguardo. I Romani molto soddisfatti ripresero la rotta
di Roma, ed allorquando la nave abbord ad Anzio, il serpente che sino a
quel momento era stato molto tianquillo a bordo, discese a terra, e and
a rifugiarsi in un tempio dEsculapio che non trovavasi molto lontano. Ivi
rest per tre giorni, dopo del qual tempo fece ritorno nella nave, la quale
avendo fatto vela, abbord nellIsoletta del Tevere; ivi il serpente ridtscese
e si nascose in un canneto. Da quel momento la peste cess. I Romani pen
sarono cliEsculapio aveva scelto detto luogo per sua dimora, e-vi costruirono
un tempio in suo onore.
Abbiamo spiegato abbastanza estesamente ci che devesi intendere per
Esculapio, e perch il serpente gli era consacrato. La settima figura dbramo
Ebreo, riportata da Flamel rappresenta un deserto nel quale trovansi parecchi
serpenti che strisciano, e tre sorgenti dacqua che vi scolano, poich il ser
pente il simbolo della materia della quale si compone Esculapio o la Medi
cina Aurea; ed perci che s finto che Panacea, J aso e Igea fossero sue fi
gliuole; perch la guarigione e la salute non si dicevano figlie dun Medico,
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bens figlie della Medicina, la quale non da salute;' ma ordina i rimedi cbe
la procurano.
Tutti questi Dei i quali sono stati immaginati presso i Greci ed i Romani,
non erano dorigiue di quelli Egizi, e quindi non deve destar sorpresa che
la loro genealogia, ed il loro cullo non serbino un ratto rapporto con i pi
antichi Dei. Gli abusi che poi si verificarono nelle festivit di questi, non ap
partengono, quindi, al mio studio. Si gridi dunque tanto che Io si possa contro
quelle infamie che il Senato di Roma fu obbligato di punire; le ai prospettino
sotto luce da provocare orrore, questo il compito dun Mitologo d'animo one
sto. E questo io l approvo, nullameno ritengo che meglio sarebbe deporle sotto
un oblio eterno, anzicch presentarle al Lettore magari con la bnona inten
zione di allontanarselo da quelle.
A quanto pare, per, la celebrazione delle feste delle Orgie, non ebbe
dapprima, e neppure per mollo tempo, nulla d'indecente e di condannabile,
poich sussistettero per interi secoli prima della soppressione die a Roma
se ne fece sotto il consolato di Quinto Marco Filippo e di Spurio Postumo
Albino; e da ci deve dedursi che il popolo ignorava il vero scopo ch'eransi
proposto glistitutori.
Dicono che Orfeo che per il primo le trasport dall'Egitto in Grecia, fu
morto da un colpo di folgore, perch aveva, per cosi dire, divulgato, mediante
le Orgie, il segreto che gl'iniziati Egizi gli avevano confidato. Se il fatto
fosse vero, sarebbe da credere che Dio lo abbia punito per aver introdotto
l'I dolatria.
CERERE
Le feste celebrate ad Alene in onore di Cerere e di Proserpina ebbero la
stessa origine, perch la Cerere dei Greci non differisce affatto dalilalde
Egzia, tanto che il culto dell'una uguale a quello dellaltra.
Bisogna per scortare la veridicit dei viaggi di Cerere od bide, poich
tale trasmigrazione favolosa, ma solo certo che il suo culto venne trapian
tato in Grecia e diffuso anche altrove; e questo ha fatto scrivere ad Erodoto che
le figlie di Danao vi portarono le Tcsmoforir ch' una delle principali feste
di Cerere. Quindi non ha torto lAutore della Cronaca dei marmi d'Arondel,
che ritiene favoloso 1 ratto di Proserpina e laffannosa ricerca che ne fece
Cerere, considerando tutto ci quale para allegoria.
Divesi che Triptolemo fu lIstitutore delle Tesmoforie. in riconoscenza
dclluisegnunicnto impartitogli sulla maniera di seminare e raccogliere le biade
ed i (rulli. La prima celebrazione venne fatta ad Eieusi, e dette Tesmoforie
vennero chiamate: Misteri Eleusini. E ci perch vuole la Favola che Cerere,
cercando sua figlia Proserpina, rapita da Plutone, arriv nella Citt dEleusi.
od and a far vbIs al Re del luogo, il quale aveva dato il nome alla Citt.
La sposa di dello Re. chiamata J one, erosi da poco sgravata dun figlio chiamato
Tripinlemu. e quindi cercava una Nutrice; Cerere vi si offri e fu accettala.
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Essa si mise subito ad assolvere il suo compito. Dittante il giorno lo nutriya
con un latte divino, e durante la notte lo deponeva nascosto sotto il fuoco.
Il Re not il progresso che durante la notte faceva Triptolemo, e prese ad
esaminare da che cosa ci poteva provenire, ed avendo sorpreso il maneggio
Hi Cerere, ne fu talmente colpito che non pot fare a meno demettere un grido.
Questo grido fece conoscere a Cerere che la sua manovra non era pi un segreto,
fu irritata; nella sua collera fece morire Elcusi, e diede a Triptolemo un
carro tirato da due draghi, per andare ad insegnare a tutta la terra l'arte
di seminare i grani.
Effettivamente questa favola non parrebbe suscettibile d'alcuna spiegazione
storica o morale; perch cosa significherebbe quel latte e quel fuoco con i
quali Cerere nutriva il figlio di J one? A cosa riferire quel carro tirato da
due draghi? Quindi a colpo docchio deve riconoscersi che questa Favola
ha tutta l aria duna allegoria Chimica.
E questo vero inquantoch: Triptolemo il fanciullo Filosofico, messo
al mondo da J one, vale a dire: dallacqua mercuriale, daviui = piovere, e donde
s anche fatto derivare J adi. Cerere diventa la Nutrice, poich, come dice
Ermete nella Tavola di Smeraldo, la terra la nutrice del fanciullo
Filosofico.
Michele Majer ne ha fatto il secondo dei suoi Emblemi, vi si vede che un
globo terrestre forma il corpo di una donna dalle spalle alle ginocchia: due
mammelle sortono da detto globo, e la destra della donna sostiene un fan
ciullo che succhia alla mammella dello stesso lato; e sopra Icggesi: a N u tr i i
p.jus est terra e sotto leggonsi i seguenti versi:
a Quid mirum, tenerne sapientum viscere proli
Si ferimus terram lacte nutrisse suo?
Parvula si tantas Hcroas bestia pavit,
Quanttis, cui nutrix tcrreus Orbis erit? .
D latte con il quale Cerere nutriva Triptolemo, quello che Giunone
diede a Mercurio, e che ho spiegato in parecchie occorrenze, e perci non
mi ripeto. Dir soltanto di Cerere, con Basilio Valentino:
a Sono Dea di una grande bellezza; latte e sangue sgorgano dalle mie mam
melle . Non v niente di straordinario a nutrire un bambino col latte;ma
coprirlo sotto la cenere, e metterlo nel fuoco durante la notte per dargli
forza e vigore, un espediente che non pu essere in uso se non in un
Popolo Salaraandrico: perci Triptolemo il simbolo della Salamandra dei
Filosofi, e la vera Fenice che rinasce dalle proprie ceneri. E questo il Tritio-
lemo che occorre accostumare al fuoco, perch poi, divenuto grande, possa
resistere ai pi vivi attacchi.
Solo tre cose in natura resistono al fuoco; loro, il vetro ed il Magistero
perfetto dei Filosofi: l ultimo come il secondo devono formarsi nel fuoco.
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l ano nel fuoco elementare, l altro nel fuoco Filosofico. E non pervengono alla
perfezione se non con la specie di nutrimento che ne assorbono. Pochi Au
tori parlano di ci. Arnaldo di Villanova, nel suo Rosar. 1. 2, c. 25, scrive:
a Quando il fanciullo sar nato, nutritelo sino a quando passa soffrire la
violenza del fuoco s, e Raimondo Lullo, Theor. Testam. c. 29, dice: Fate
in maniera che il vostro corpo simpregni nel fuoco; moltiplicate la sua com
bustione, ed esso vi dar una forte tintura . I l dEspagnet al Canone 78:
a Allorquando Saturno cede la condotta del bu o Reame a Giove, il nostro
fanciullo si trova completamente formato, e si manifesta con un viso bianco,
sereno e splendente come la Luna.... Il fuoco della natura, il quale completa
la funzione degli elementi, da occulto che era, si manifesta allorquando
eccitato dal fuoco esteriore. Allora lo zafferano tinge il giglio, ed il colore
si diffonde sulle gote del nostro bianco fanciullo, che per questo divenuto
robusto e vigoroso . Quindi il fuoco il vero nutrimento della Pietra dei
Saggi. Ma non da credere, come alcuni pensano, che il fuoco aumenti la pie
tra in larghezza, altezza e profondit, o che il fuoco sidentifichi con essa,
come accade al nutrimento che mangiano i bimbi: ma il fuoco nutre e ne
aumenta la sua virt, gli concede e manifesta il bu o color rosso nascosto nel
centro della bianchezza, allo stesso modo del nitro che da bianco che era,
diventa rosso al fuoco. Qnindi non sussiste dubbio che Triptolemo sia la Sala
mandra dei Filosofi, poich esso cresciuto sotto il fuoco; in tal caso 6 il fuoco
stesso, la terra, la calce e la semenza dei Saggi, la quale bisogna seminare nella
sua propria terra naturale.
Avicenna, nel suo De Lapide, c. 5, lo fa 'intendere con i seguenti termini :
a Non bisogna affatto raccogliere le semenze se non al tempo della mietitura.
I Filosofi hanno chiamata la nostra pietra: Salamandra; perch la nostra
pietra, come la Salamandra si nutre di fuoco, e vive e si perfeziona soltanto
nel fuoco s.
Era durante la notte che Cerere copriva sotto il fuoco Triptolemo. e
questo potrebbe naturalmente far credere che la Dea lo facesse di notte per
essere pi sicura che tale sua pratica segreta non venisse scoperta. Invece
non questa la ragione, mentre va considerato che durante la notte non dava
a poppare il latte a Triptolemo, e quindi occorreva supplire con un altro nu
trimento, e ci perch il sonno, immagine della morte, simpadroniva del
fanciullo durante la notte. Ce lo dice Bonellus, nella Turba: a La volont
di Dio che tutto ci che vive, deve morire. Ecco perch il misto, al quale
s tolta la sua umidit, diventa simile ad un morto, quando lo si abbandona
durante la notte. In tale stato questa natura ha bisogno del fuoco...... Dio,
con questo mezzo, gli rende il suo spirito e la sua anima liberala dalla sua
infermit, e cos detta natura si fortifica e si perfeziona. Occorre perci bru
ciarla senza alcun timore . Ed in effetti, qual rischio si corre, le quante volte
una Salamandra che si ristaura, si rinnova e risuscita nel fuoco? Il nero il
simbolo della notte, del dolore e della morte, e non si perviene alla luce se non
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con laiuto del fuoco: ed anche il Triptolemo Filosofico non pn pervenire al
bianco senza 0 soccorso del fuoco.
Quando diventa grande. Cerere fa morire suo padre, e d al bimbo da essa
allattato, un carro tirato da due draghi, perch vada ad insegnare a tutti gli
abitanti della terra l arte dellAgricoltura.
LAgricoltura un simbolo perfetto delle operazioni della Grande Opera;
perci i Filosofi ne hanno ricavato ima parte delle loro allegorie, ad imita
zione degli Antichi, i quali ci hanno tramandato le loro sotto l apparenza
di storia. Una prova evidente che dette pretese storie sono pure e semplici
allegorie, si che gli Autori delle Favole hanno riferito sempre la stessa
impresa dOsiride a Dioniso, Cerere e Triptolemo. I nfatti Osiride percorre
tutta la terra, per insegnare ai suoi abitanti l'arte di coltivare; Dioniso fece
lo stesso viaggio per lo stesso scopo, e cos Cerere e Triptolemo.
Ma perch tanti personaggi per insegnare in diversi tempi unarte che non
mai perita fra gli uomini, i quali anzi sono vivamente interessati a non
abolirla? Si dir che Osiride e Dioniso sono lo stesso personaggio sotto due
nomi diversi; ma per me anche Cerere e Triptolemo non si distinguono
se non a riguardo dei differenti stati della materia nelle operazioni. Abbiamo
gi spiegato questi viaggi e cosa bisogna intendere per le bestie feroci ed i
draghi attaccati ai carri di detti Dei, ed anche cosa intendere per arte di
seminare. Pertanto cintratterremo ancora su questarte di seminare ripor
tando come la pensano a tale riguardo i Filosofi Ermetici, poich una cosa
essenzialissima.
I l lavoratore possiede una terra che coltiva per seminare il suo grano;
ed il Filosofo ha la sua. a Seminate il vostro oro in ima terra bianca fogliata
dicono i Filosofi. Basilio Valentino ne ha fatto l Emblema della sua ottava
Chiave, e Michele Majer la sesta delle sue. I l grano non potrebbe germogliare
se prima non imputridisce nella terra, e noi abbiamo parlato spessissimo
della putrefazione delle materie Filosofiche, come la chiave dellOpera.
Quando il grano ha germogliato, gli occorre il calore per crescere, perch
niente pu nascere senza calore naturale. Due cose necessitano per lo svi
luppo delle piante: il calore e l umidit; come necessitano il latte ed il fuoco
al Triptolemo Filosofico, secondo quanto ce ne insegna Raimondo Lullo:
a Sappiate che niente nasce senza maschio e femmina, e nessun grano o
seme gremoglia e cresce senza umidit e calore. A questo dovete conformarvi
nella nostra Opera a. Quando il colmo sorge da terra, ha dapprima un colore
rosso violetto indi assume una tinta verde bluastra; quando il grano si forma
bianco come il latte, e quando poi matura vedeai la campagna tutta dorata.
Cos succede precisamente al grano o seme dei Filosofi.
I l Trevisano, nella sua Philosoph. dea Metaux, esclama: a Si tacciano
coloro i quali vogliono estrarre il loro mercurio da altra cosa che non sia il
nostro servitore rosso . E d'Espagnet, nel suo Can. 53, scrive: a si devono
trovare tre specie di bei fior nel giardino dei Saggi: le violette porpuree, i
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gigli bianchi e gialli, ed infine l'amaranto purpureo ed immortale. Le violette,
quali primaverili, vi ai presenteranno quasi allentrata, e poich saranno inaf
fiate continuamente ed abbondantemente da un'acqua doro, assumeranno
infine un colore brillantissimo di zaffiro. Astenetevi accortamente dall'affret-
torne la maturazione. I n seguito, con poca cura, succeder il giglio, indi il
fiorrancio, ed infine l'amaranto . Jodocua Greverus ha composto un parti
colare Trattato, nel quale fa un continuo raffronto col modo di coltivare
il grano Filosofico. Nulla pi aggiunger a quanto detto circa l'educazione di
Triptolemo, e solo quanto ne dice il Flomel: a Suo padre il Sole, e sua
madre la Luna; vale a dire: una sostanza calda ed una sostanza acquosa.
La Terra la sua Nutrice. Esso nutrito del suo proprio latte, vale a dire:
dallo sperma dal quale egli stato composto sin dal cominciamento. D parto
accade quando il fermento dell'anima s'aggiusta con il corpo o terra bian
chita. Non pu raggiungere la propria perfezione se non nutrito con il
latte e non prende vigore dal fuoco. E di lui che si dice nella Turba:
a Onorate il vostro Re che cresce dal fuoco n Museo riteneva Triptolemo
figlio dellOceano e della Terra, ci che sadatta perfettamente alla gene
razione del fanciullo Filosofico il quale si forma dalla lena e dallacqua mer
curiale dei Filosofi, che, parecchi fra questi, chiamano: Mare od Oceano.
Dato che Triptolemo un personaggio fnto, non ha potuto essere l I sti
tutore delle Tesmoforie, perci io mi attengo alla testimonianza di Erodoto,
il quale dice che furono le figlie di Danao a portarle d'Egitto e trapiantarle
in Grecia insegnandole alle donne Pelasgiche.
Le Tesmoforie erano chiamate Misteri, a cagione del segreto che si esigeva
da coloro che vi erano iniziati: ed Erodoto scrisse: a De Cereria quoque
initiotione, quam Graeci Thesmophoria vocant, a ferendis legibus, absit ut
eloquar, itisi quaterna sanc um est de illa dicere . I Misteri Eleusini erano
i pi sacri per i Pagani. La critica s esercitata non benevolmente contro
le ragioni del segreto, e s' detto e scritto della furberia dei Sacerdoti, che
non ai voleva far conoscere al Popolo l origine degli Dei, e che nel segreto si
compivano atti dei quali il Popolo ne avrebbe avuto orrore. Ma mai pos
sibile ammettere che l intenzione di colui che istitu questi misteri, fosse stata
quella di sospingere gl'iniziati sulla via della licenza e del libertinaggio,
dato che si esigeva una grande moderazione, ed anzi un'assoluta castit,
dai Misti e dalle donne che presiedevano alle solennit della Dea Cerere?
Del resto, non si son visti degli Autori accusare i Cristiani della primitiva
Chiesa di adorare una testa d'asino, ed anche di parecchie esecrabili infamie,
solo perch le loro assemblee si facevano in segreto, e quindi costituivano un
mistero per i Pagani? Le parole barbare di: Conx e om pax che iL Le CI ere
interpreta: accorti a non fare alcun male, e che il Sacerdote pronunziava
ad alta voce nel congedare l assemblea, ci forniscono una certa garanzia
che nelle stesse non si svolgeva nulla di disonesto n dindecente.
I Misteri Eleusini erano di due specie: i grandi ed i piccoli; e per essere
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inizialo nellano e nellaltro necessitava essere rapaci di saper custodire il
segreto. I piccoli misteri servivano di noviziato preliminare prima di essere
ammesso ai grandi misteri. I primi si celebravano ad Agra nelle viciname
dAtene; i grandi ad Eieusi. I l tempo della prova durava cinque anni du
rante il qnale periodo era richiesta la pi assoluta castit. Dopo aver subito
molle prove, si diventava Mino, o candidato Epopta, vale a dire che si pote
vano presenziare le cerimonie pi segrete; e per quanto si fosse Inizialo o
ricevuto Epopta, non si possedeva la totale e completa conoscenza; perch
i Sacerdoti ai riserbavano il segreto su molle cose.
La festa dell'iniziazione durava nove nomi. Ciascun clamo aveva le ne
particolari cerimonie; quelle del primo, secondo e terzo costituivano la pre
parazione. H quarto nn carro le cui ruote apparentemente senza raggi, e
quindi costruite a ma di tamburo, veniva tiralo da huoi ed era serenilo da
donne le quali gridavano: buon giorno. Madre di Dio. rem riti delle scalalo
o ceste nelle quali eranvi delle focacce, lana bianca, melagrane e papaveri.
La vista di dello corteo era permessa esclusivamente agli I niziati, mentre f
profani erano obbligati a ritirarsi anche dalle finestre durante il passacelo
di tale corteo. I l quinto giorno s'andava in giro camminando tutta la notte,
per imitare la ricerca che Cerere fece di Proserpina. sua figlia, dono che Plo
tone lehbe rapila. Il sesto giorno ai traslava da Eieusi ad Atene la statua di
un giovane uomo coronalo di mirto, e recante in mano una face. Saccompa
gnava questa statua, chiamata lacco, con alte grida di gioia c con danze. Il
settimo, ottavo e nono giorno erano impiegati, o ad iniziare coloro che nnn
lo erano stali, oppure in azioni d grazie, o di supplicazioni che si rivolgevano
a Cerere. lacco deriva da [i f p emettere afre arida-, per non questo
che si voleva significare con tale parola, quasi a scambievolmente eccitarsi
a gridare: ma quel grida voleva significare: ecco Bacco, perch Idxjro;
significa Bacco, o Inno a Bacco.
Tali erano questi grandi Misteri delia Grecia, ai quali, riporla la Favola,
che Ercole e Io stesso Eseulapio vollero essere iniziati. Anche le altre Nazioni,
ad imitazione dell'Egitto, ebbero i toro misteri chera proihito divulgare al
Popolo.
Lo spirito dell'uomo fatto in modo che pi le cose gli sono ignote, e
maggiormente solleticano la sua curiosit. Un Filosofo chiamato Numcnio.
avendo avuto occasione di prendere conoscenza e scoprire cos'erario i Misteri
Eleusini, ne puhblic la prima parte in iscritto. E Marrubio, nel suo a Sogno
di Scipione n. riferisce: a che questo Filosofo ne fu aspramente rimproverato
in sogno da Cerere e Proserpina, le quali gli si presentarono vestite da donne
di mala vita, in piedi sulla porta dun lupanare. Numcnio, sorpreso di vedere
queste Dee cosi equipaggiale, fece loro noto il suo stordimento. I,e Dee incol
lerite gli risposero chegli aveva loro ruhato le vesti di donne oneste, prosti
tuendole ad ogni viandante b.
Numenio non fu l unico curioso; una infinit daltre persone, molti Fi
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losofi, e parecchia genie onesta, hanno desiderato conoscere il fondo di questi
Misteri; ma pochi, se si eccettuano i Sacerdoti e gliniziali, hanno potuto
soddisfare la loro curiosit. Per noi, poi, che viviamo in epoca tanto lontana
da quelli, non possiamo farcene un conctto se non seguendo il proverbio;
a Ex Lingue aestnarur feo d, vale a dire che la conoscenza tramandataci duna
parte di detti Misteri, ce ne fa scoprire il tutto. Mediante i segni indoviniamo
la cosa significata, e dagli effetti risaliamo alla conoscenza della causa.
Eamolpo, figlio di Deope e di Triptolemo, fu, dicesi, il primo che parti
questi Misteri ad Atene, S visto nel primo libro elle gli Eumolpidi venivano
dai Sacerdoti Egizi, e che per conseguenza erano iniziati nel segreto chera
stato loro confidato. Perci furono essi gli Autori di questi Misteri di Cerere.
A tale riguardo, un argomento mollo convincente si che tulli i Sacerdoti
chiamali J erofanti, erano Eomolpidi, discendenti dEumolpo. Acesidoro dice
che la terra dEleusi fa dapprima abitata da stranieri, in seguilo dai Traci, i
quuti fornirono soldati ad Eumolpo, allora fendutile, per fare la guerra ad
Eretico.
Androzio ci riferisce chEumolpa ebbe un figlio dello slesso nome; da
questi nacque Antifemo, e da Antifemo : Museo il quale ebbe per figlio Eu
molpo, il quale istitu le cerimonie che ai dovevano svolgere nei Misteri Sacri,
dei quali egli stesso ne fu il J erolante. Sofocle ci dice la ragione per la quale
veniva concessa la preferenza agli Eumolpidi per presiedere al cullo di Cerere
ed alle cerimonie dei Misteri Eleusini. Si , dice egli, perch la lingua degli
Eumolpidi era una chiave d'orq.
IL RATTO DI PROSERPINA
Gii abitanti d'Eleusi mostravano ancora il punto nei quale Proserpina era
stala rapita da Plutone, c quello dove le loro donne avevano comincialo a can
tare gl'inni in onore di Cerere. E questo era vicino ad una pietra chiamata
agelasta, sulla quale, essi dicevano. Cerere s'era seduta, assorta nel dolore
che le causava la perdita della sua figliuola. Nello vicinanze di detta pietra
eravi un luogo chiamato Caliicoro. Perch questo preteso rapimento d Proser
pina non venisse considerato quale favola, gli Eleusini asserivano che esso s'era
realmente verificato presso di loro. 1siciliani dicevano parimenti del loro terri
torio per la medesima ragione. Ma gli Eleusini e i Siciliani consideravano quale
veritiera storta quello ch'era una favolosa allegoria, poich tanto Iside Egizia,
quanto la stessa Cerere, non ai recarono giammai ad Elcusi n in Sicilia, che
questa non ebbe mai una figlia di nome Proserpina; e che infine, checch se ne
dica, il suo ratto non altro che un'allegoria, non della coltura delle terre co
muni, sebbene dalla coltivazione del campo Filosofico. E del resto, se questa
storia fosse un'allegoria sul modo di seminare e raccogliere te biade, perch Be
ne sarebbe fatto un mistero, dato che anche l ultimo dei contadini lo conosceva
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perfettamente? E poi ammissibile die nel tempo fissato per il preteso regno
di Cerere nella Sicilia, e del suo arrivo nellAttica, non si sapesse coltivare la
terra per raccoglierne i frutti? La Santa Scrittnra ci prova il contrario. Ma
tralasciando qualsiasi dissertazione a tale riguardo, vediamo di renderci esatto
conto di cosa era Plutone, il rapitore di Proserpina; Proserpina stessa, e Ce
rere sua madre.
Quest'ultima aveva il suo ordinario soggiorno in un luogo delizioso della
Sicilia, chiamato Ernia, o gradevole fontana, e dove eranvi belle praterie ba
gnate da fontane dacqua viva: secondo Diodoro Siculo, le violette ed altri
fiori vi crescevano in abbondanza. Confrontiamo la descrizione che gli Autori
ci fanno del soggiorno di Cerere, con quella che ci fanno i Filosofi dellabi
tazione della loro Cerere Ermetica. Ne riferimmo una parte descrivendo Nisa,
dove fu allevato Bacco. Omero parla della Sicilia nei seguenti termini:
a Senza il lavoro del vomere, terna le cure della emina.
La terra fa sortire dalle sue ricche visceri
Tutt i i doni, prontamente bagnati dai Cieli.
(Odisi., 1. 9, v. 109).
Sicch questa residenza la si potrebbe equiparare a quella di Nisa, con le
praterie smaglianti per i pi belli fiori che rallegrano la vista e l'odorato;
e dove i frutti crescono in abbondanza perch il terreno bagnato da grade
voli fontane dacqua viva.
Ecco la descrizione che fa il Cosmopolita dellIsola dei Filosofi: ocQuest'i
sola situata verso il Mezzogiorno; incantevole, e fornisce all'uomo tutto
quanto necessario all'utile ed al piacere. I Campi Elisi descritti da Virgilio
possono appena appena sostenere il suo confronto. Tutte le rive di questa
Isola sono coperte di mirti, cipressi e rosmarino. Le praterie verdeggianti e
piene di fiori odorosi e di tutti i colori, presentano un colpo d'occhio gra
ziosissimo, e fanno respirare un'aria soavissima. Le colline sono adornate di
vigne, olivi e cedri; e le foreste sono costituite daranci e limoni. Le pubbliche
vie bordate di lauri e melagrani offrono ai viaggiatori la dolcezza della loro
ombra contro gli ardori del sole. Vi si trova infine tutto quanto si possa
desiderare. Allentrata del giardino dei Filosofi si presenta una fontana di
acqua viva, limpidissima, che si spande dappertutto, e lo bagna compieta-
mente. Vicino a detta fontana trovatisi delle violette le quali, bagnate ab
bondantemente dalle acque dorate dun fiume, assumono il colore del pi
bel zaffiro. Vi ai vedono in seguito, dei gigli ed amaranti .
Ecco Erma, dove sono le piacevoli fontane dacqua viva, dove B'ammirano
le praterie nelle quali spuntano le violette ed ogni specie di fiori. E in questo
luogo mirabile che Proserpina, andando a passeggio con le, sue compagne,
colse un fiore di narciso, allorquando Plutone la rapi per farla sua sposa, e
dividere con essa l I mpero deglinferi. Quale concetto ci si prospetta di Piu-
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tone? Tutti i nomi che gli hanno doto ispirano orrore, tristezza; e significano
tutti qualcosa di nero, d'oscuro; in una parole, ce Io rappresentano quale
il Re dell'Impero tenebroso della morte, e nonpertanto come il Dio delle
ricchezze. D suo nome A ties perdita, morte. I Fenici lo chiamavano Muth
= morte. I Latini: Stimatola, ed i Sabini: Soranus, parola che Ita un certo
rapporto con feretro, bara. Altri lo chiamarono: Orcus, Argus, Februus. Gli
si mettevano in mano, in luogo dello scettro, delle chiavi, e gli si offrivano
sacrifici di nere pecore. I Greci infine lo chiamarono Plutone, rio i tofro:
Dio delle ricchezze.
Come s'esprimono i Filosofi in merito a Plutone, dopo quella bella descri
zione del paese Filosofico? Necessita, essi dicono, rapire una Vergine bella,
pura e dalle gote vermiglie, e maritarla. Accoppiate la bella Reia con Ga
bellino: dopo la loro unione essi scenderanno nell'I mpero della morte. Non
vi si vedr che orrore e tenebre; la veste tenebrosa si manifester: il nostro
nomo con sua moglie saranno seppelliti nelle ombre della notte. Questa ne
grezza il segno della dissoluzione; e tale dissoluzione, dai Filosofi, chia
mata: morte, perdita, distruzione e perdizione. Perci s voluto far deri
vare Ade, uno dei nomi di Plutone, dalla parola Fenicia; Ed oppure Aiid
= perdita, distruzione.
Da ci tutte le allegorie sui morti, tombe e sepolcri. Alcuni lhanno chia
mata: putrefazione, corruzione, ombre, abisso, inferno.
Che cosa si pu richiedere di piu preciso? Tutte le circostanze di questo
preteso ratto collimano con queiie della dissoluzione dei Filosofi. Proserpina
coglie i fiori unitamente alle fanciulle del suo seguito. Plutone la vede, la ra
pisce e parte subito sul sno carro tirato da neri cavalli. Nella sua corsa incon
tra un Lago presso del quale stava la ninfa Cionca, che voleva fermare il
carro; ma Plutone, con un colpo dello scettro, sapre il cammino che conduce
aglinferi. La desolala Ninfa si strugge in pianto ed mutala in acqua. Cerere
la terra dei Filosofi, o la loro materia: Proserpina, sua figlia, la stessa
materia ancora volatile, ma pervenuta al bianco; e questa cc lo insegna il
suo nome: Ferefata, dal greco: (ptptu io porto, e da rpeo = brillo-, come
se dicesse: porto la luce, la quale succede al nero ch' simbolo della notte.
E detto nero cosi chiamato anche dai Filosofi, come lo si pu controllare
nelle loro Opere, e specialmente in quella del Filatele che ha per titolo: Emr
ratio Hethodica Iriuro Gebri, Medicinarum, pag. 48, ediz. Londra, 1640, nella
quale chiamasi la materia Filosofica diventata nera: negrezza della notte, la
stessa notte, le tenebre; e la materia che abbandonalo ha la negrezza: giorno,
luce.
Questa Ferefata Filosofica messa nel vaso con sua madre, per fare l'Eli-
sire, ai volatilizza e produce differenti colori. Quelle parti che si volatilizzano
con essa, sono le fanciulle del suo seguito: la Favola racconta ch'esse coglie
vano dei narcisi, perch il narciso on fiore bianco, sicch scomparendo detta
bianchezza, simbolicamente si dice che il narciso coito. Plutone la rapisce
- 262
in detto momento, e prende il cammino dellInferno. Prima che il nero ap
paia in questa seconda operazione, parecchi altri colori si succedono; il ce
leste o bluastro si manifesta; e diventano man matto pi empi, seguendo
una intensit o via che conduce al nero; ecco perch la Favola dice che Plu
tone arriv nei pressi di un lago e vincontr la Ninfa Cianea, cos detta dal
greco Kl'avo; bluastro. E lacqua mercuriale rinchiusa nel vaso, non
forse nn vero lago? Il rapitore di Proserpina non ha punto riguardo delle
preghiere della Ninfa Cianea, e con un colpo di scettro sapre un cammino
verso glinferi; e ci non allude alla materia diventata bluastra, la quale con
tinua ad intensificare la sua tinta sino a diventare nero? Allora la Ninfa si
strugge in pianto e si trova mutata in acqua, ci che vale a dire che la dis
soluzione della materia in acqua perfetta e la Ninfa Cianea scompare con il
colore blu.
Ed ecco Proserpina arrivata nello Impero tenebroso di Plutone, ove regna
con lui, e non ritorner a vedere sua madre se non in capo a sei mesi. Aspet
tando che il suo ritorno ci dia luogo a spiegarlo, seguiamo ora la madre nelle
sur ricerche.
Cerere, informata del ratto di sua figlia, la cerca per mare e per terra;
ed arriva infine nei pressi del lago della Ninfa Cianea; ma la Ninfa profusa
in pianto e mutata in acqua non pu darle nessuna notizia. Cerere vide per
il velo di sua figlia fluttuare sulle acque, e ne argu che il rapitore era di l
passato. Aretusa, Ninfa dtina fontana di tal nome, e le cui acque fluiscono
in prossimit dello Stige, conferm Cerere nella idea che aveva avuta, e volle
consolare questa madre afilitta, informandola che la figlia era diventata la
sposa del Dio deglinferi.
A tale nuova. Cerere sale sul carro, attraversa laria, e va a trovare Giove,
e reclama sua figlia, ch'era anche la sua. Giove consente che le sia resa,
purch non abbia essa gustato frutti che nascono neglinferi. Ma Ascalafo,
il solo che l aveva vista cogliere nn melograno, del quale ne aveva mangiato
tre chicchi, non ebbe la discrezine di tacere. Giove allora ordin che Pro
serpina dimorerebbe sei mesi con suo marito e sei mesi con sua madre.
Cerere, soddisfatta del giudizio di Giove, part ad Eieusi, ed arrivata nei
pressi di questa Citt, si sedette su una pietra per riposarsi, indi and a tro
vare Eieusi, padre di Triptolemo, ch'essa nutr ed al quale insegn l arte di
seminare e raccogliere le messi. Quindi non si parla pi di Proserpina, e la
Favola non dice neppure se Cerere labbia riveduta dopo di qursto suo viag
aio ad Elcusi.
Abbiamo detto di Cerere rinchiusa nel vaso unitamente a Ferefata sua
figlia; e che la madre la cerca per mare e per terra; ma rio allude allacqua
ed alla terra che trovatisi nel vaso. Quest'acqua forma il lago Ciaiieo, nel quale
Cerere vede fluttuare il velo di sua figlia, e ci vale a dire una limitata bian
chezza che comincia ad apparire a misura che il nero si rischiara, a Ho fatto
pittare un fondo azzurrato e blu, dice Flamel, per dimostrare che comincio
263 -
ad uscire dalla negrezza nerissima: perch l azzurrato ed il blu sono i primi
color che ci lasciano vedere l oscura donna, vale a dire l umidit che cede
un poco al calore ed alla secchezza... la donna ha un cerchio bianco in (orma
di rotolo intorno al suo corpo, per mostrarti che il nostro rebis comincer a
bianchirsi per tal modo, schiarendo primieramente alle estremit, tutto in
torno di questo cerchio bianco .
Ecco dunque il lago Cianeo, con il velo di Proserpina che Auttua sulle
acque. Cerere giudica che il rapitore sfuggito da questo lago, e la Ninfa
Aretusa l informa che sua figlia sposa del Dio deglinferi.
Stando a quello che ci ha insegnato Flamel, Cerere non poteva sbagliarsi.
Del resto il colore dellacqua un poco rossastra aranciata, tutto intorno alla
lisiera del cerchio, simboleggiato dalla Ninfa Aretusa, la conferma nel suo
giudizio. Perch, secondo Guido de Monte, nella: "Scala Filosofica, a il
segno che il nero comincia a scomparire, che il giorno seguir alla notte, e
che la prima bianchezza si manifesta, quando si vede un piccolo cerchio
capillare, vale a dire passante sulla testa, il quale apparir intorno alla
materia ai lati del vaso, avente i suoi bordi dun colore tendente allaran
ciato s.
I l nome della Ninfa indica molto bene detto colore poich Aretusa deriva
dal greco: A'ptis = Ferro, 0vu> * sono agitato. La volatilizzazione non si
compie che mediante l agitazione delle parti; e la dissoluzione del ferro
nellacqua d un colore aranciato. Si dice che le acque della fontana Aretusa
scorrono in vicinanza di quelle dello Stige, perch si suppone che lo Stige
sia uno dei fiumi dellInferno, simboleggiato dal color nero.
Cerere, dopo aver appreso quanta innanzi, sale sul suo corro, attraversa
l aria, e va a trovare Giove, e ci allegorico olla volatilizzazione della mate
ria che allora comincia a montare nello spazio del vaso occupato dallaria.
Cerere reclama sua figlia a Giove, che il colore che succede al nero. Al
grigio succede il bianco, che noi abbiamo detto essere Proserpina e Ferefata;
e questo ha permesso il dire chessa e: a figlia di Cerere e di Giove. Questo Dio
consente al ritorno di Persefone, a condizione ch'essa abbia serbata unesatta
astinenza dal momento chera discesa neglinferi; ma Ascalafo dichiar che
essa aveva mangiato tre chicchi di melagrana. Giove aveva ragione ed Asca
lafo era l unico che poteva accusare Proserpina; perch: dato che il color
rosso, indicato dai tre chicchi di melagrana, comincia a manifestarsi sul
bianco, il rosso non pu pi retrogradare, anzi si fortificher sempre pi.
Ma perch Ascalafo ne fu l'accusatore? Perch il rosso allinizio si manifesta
in una tinta aranciato, e che Ascalafo figlio di Marte, secondo quanto ce ne
dice Omero, ed il Marte dei Filosofi il cominciamento del colore rosso:
His imperabant Ascaphalus et Jaimenus filii Martis
Quo a pe perii Aatyoche in domo Actoris Azidae .
(Iliade, 1. 2, v. 112)
- 264-
Questi due versi comprovano il nostro asserto, perch Astioche era figlia
di Falente: da qxil; = chiaro, bianco, roccia ch'emerge nel mare. Ed A-
slioche mise al mondo Ascafalo nella casa di Attore Azido, vale a dire: sulla
preziosa riva, da Axr) = riva, e Aljto; = prezioso, stimabile, e significa
anche: di vile prezzo: ci che s'adatta perfettamente al Magistero dei Filosofi,
il quale se prezioso infinitamente per le sue propriet, la materia invece
della quale lo si compone di vile prezzo. Ascalafo indica col suo nome lo
stato della materia, inquantoch significa: duro al tatto = Anxdlo; d<prj.
Cerere, contenta, parte per Eieusi, e si riposa su una pietra chiamata
agelaste. E questo nome, non cinduce a scoprire l allegoria della terra Filo
sofica, la quale dopo essersi innalzata al sommo del vaso, volatizzandosi,
ricade al fondo ove essa si fissa, e si rafferma in un tutto, e ci simboleggiato
da agelaste, derivalo da AyrAu^u = riunire? Cerere, in seguito, va a visitare
il Re Eieusi, del quale essa nutre il figlio Triptolemo; visita che abbiamo gi
spiegata unitamente al resto della sua favolosa storia.
In quanto poi alla pietra clic si mostrava nei pressi di Callicore, a testi
monianza della venuta di Cerere nell'Attica, si sappia una volta per sempre,
che tali pietre sono costantemente simboli geroglifici della fissit della mate
ria. Tal quella che Saturno divor e rigett, e che fu deposta sul Monte
Elicona; quella con la quale Mercurio uccise Argo; quella che Cadmo butt
in mezzo agli uomini armati nati dai denti del drago e ch'egli aveva semi
nati; quella di Piritoo sulla quale si ripos durante la sua discesa a gl'inferi;
quella che Sisifo rotola incessantemente, ecc.
Ritorniamo alle Tesmoforie. Oltre alle cose gi dette che erano recate
dalle Vergini e dalle maritate, il gran J ero fante portava la rappresentazione
del Creatore; il Porta Flabello: quella del Sole; il Ministro dell'Altare:
quella della Luna, e l Araldo portava quella di Mercurio.
Esaminiamole ora partitameute.
I l quarto giorno della festa, i buoi trainavano per le vie un carro, le
ruote del quale erano fatte a ma di tamburo. Perch i buoi? Perch detta
forma di ruote? Si era perch il bue od il toro era il geroglifico della ma
teria dellArte presso gli Egizi, c che detta materia ridotta in mercurio,
conduce tutta lOpera. Le ruote erano fatte a mo di tamburo, perch simbo
leggiavano la forma del matraccio Filosofico che Flamel compara ad uno
scrittoio, a Questo vaso di terra, dicegli, fatto a forma di fornello, chia
mato dai Filosofi il triplice vaso; perch nel suo medio v un piano sul
quale trovasi una scodella piena di tiepide ceneri, nella quale posato l uovo
Filosofico che un matraccio di vetro che tu vedi dipinto sotto forma di
scrittoio, e che pieno di confezioni dellArte o. Queste ruote rappresen
tavano anche il fornello che devessere fatto in fonila di Torre; ed un tam
buro alzato sul suo piano assomiglia ad una Torre. Si tace ci che vera su
questo carro coperto, ma ci che recavano le donne che lo seguivano, ce
l indica abbastanza. Erano delle focacce, della lana bianca, delle melagrane
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e dei papaveri. I l carro era coperto, non tanto per nascondere ci che vera
dentro, quanto per indicare che il vaso doveva essere sigillato ermeticamente,
e quindi simboleggiare l oscurit o color nero che prende la materia, e perci
la luce non vi penetrava'da alcuna apertura. Al seguito del carro, ma non
dentro lo stesso, eranvi delle donne le quali recavano delle focacce di farina,
e della lana bianca per indicare cht il nero aveva preceduto il bianco, chesse
mostravano nelle loro ceste doro. Indi venivano quelle che recavano le mela
grane per simboleggiare la melagrana Filosofica che Proserpina aveva man
giata. Infine comparivano quelle con i papaveri, simbolo dellultimo colore
che succede alla materia, come ce ne insegna Pitagora, nella Turba: a Si
prendono tre parti di Kuliul nero (piombo Filosofico) indi latte bianco,
sale fiorito, marmo bianco, stagno, luna; e quattro parti di bronzo, ruggine
di ferro, zafferano, melagrano, sangue e papavero . E la Turba: a Sappiate
che la nostra Opera ha parecchi nomi, secondo i differenti stati che vogliamo
descrivere: magnesia Knhul, zolfo, gomma, latte, marmo, zafferano, ruggine,
sangue, papavero ed oro sublimalo, vivificato e moltiplicalo, tintura viva,
elisire e medicina . E Brimellus. sempre nella Turba : a Prendete la
materia che ognuno conosce, e toglietele la sua negrezza, indi rinforzatele
a tempo il suo fuoco, ed assumer diversi colori; il primo giorno: zafferano;
il secondo: come ruggine; il terzo: come papavero del deserto; il quarto:
come sangue molto bruciato; ed allora possedete tutto il segreto . Si proi
biva a qualsiasi profano di guardare il carro ed il suo corteggio, perch tutta
lOpera vi era simboleggiata geioglificamente, e si temeva che qualche pro
fano la intuisse.
I l quinto giamo si camminava tutta-la notte per le strade; e ci perch
avendo per cos dire insegnato, mediante la processione della vigilia, la
teoria dellOpera, l indomani sistruiva della pratica. Poich questa proces
sione notturna indicava pi chiaramente del carro coperto, ci che accade
mentre la materia attraversa la colorazione nera; ed il tempo nel quale
Cerere cercava Proserpina.
I l sesto si conduceva da Eieusi ad Atene, 'la statua dun giovanotto coro
nato di mirto, e recante ima face nella mano destra. Lo si chiamava J acco;
e lo si accompagnava con alle grida di gioia, e danze. Questo giovanotto era
il fanciullo Filosofico, il figlio di Semelc. Bacco stesso, il quale, secondo
Erodoto, governa gl'inferi unitamente a Cerere, poich l'uno la parte
fissa ignea della materia, e laltra la parte umida e volatile. Mentre nella
vigilia tutto si faceva nella oscurit della notte: l'indomani Bacco sembrava
nascere, e mentre lo b era considerato quasi come perduto nelle ceneri di
sua madre, sicch tutti erano in tristizia, ecco che appare con gli attributi
della vittoria riportata su gli orrori della tomba, e quindi porta la corona di
mirto, suscitando la gioia in tutti i cuori: ognuno s'affretta ad indicamelo
gridando: J acco, J acco, e cio: ecco Bacco , ecco Bacco.
La fiaccola che reca in mano, significa bene che ha scacciato le tenebre.
266
Le danze che sintrecciano dal suo seguito, simboleggiano la circolazione delle
l>arti volatili prima della loro fissazione.
Infine, le rappresentazioni del Creatore, che recava il grande J eroi ante,
indicava che Dio era l'Autore dogni rosa, e ehEgli stesso aveva messo nella
materia della Grande Opera, quella propriet ch'essa ha; e che Egli quale
Autore, s degnato di concedere la conoscenza di detta materia, e del modo
di lavorarla; quindi a Lui solo che bisogna renderne grazie; e non al Sole,
alla Luna e Mercurio, i quali sono semplicemente nomi dei diversi ingredienti
che compongono questa medicina. Abbiamo dimostrato che Osiride o il Sole
era presso gli Egizi il geroglifico della parte fissa; Iside o la Luna, quello
della parte volatile, e che Mercurio, da essi era stato supposto quale consi'
gliere di Iside, perch il mercurio Filosofico fa tutto, e senza di' esso non si
pu fare nulla. Il Sole auo padre, e la Luna sua madre, ed il mercurio
contiene l uno e laltra, dicono i Filosofi.
Al testo della favola di Proserpina i Poeti hanno aggiunto ch'essa aveva un
figlio che aveva forma di Toro, e che Giove per aver commercio con Proser
pina, sera metaraorfizzalo in Drago; ed i Poeti dicono anche che il Toro era
il padre di questo Drago, in modo eli'erano padre lun dellaltro; ci che
pare un paradosso dei pi spinti. Ed in effetti, come mai il figlio pu essere
padre del proprio padre? Faccio appello ai Mitologi perch mi forniscano
spiegazioni di un fatto tanto inaudito e che non trova adattamento al loro
sistema storico n morale. Eppure ci si verifica nella Grande Opera, e niente
tanto comune nei Trattati dei veri Filosofi, quanto questi apparenti para*
dossi. Nulla di inintelligibile in ci, e ci prova che coloro che ne sono
stati glinveutori, hanno voluto occultare qualcosa di segreto sotto unalle
goria difficilissima a spiegare.
Che Cerere abbia avuto Fercfata da Giove, suo padre o nonno, non vi
si oppone la natura; che Giove ebbe un figlio da Proserpina, anche qui non
v' nulla di straordinario: sono due lirismi attribuiti a Giove, al quale ne
sono stati supposti molti altri. Ma che per godere di Proserpina, egli
prenda la forma dun Drago, e che da tale unione ne nasca un Toro, padre
dello stesso Drago, non vedo altro mezzo per accordare tutto ci se non dire
con Ermete: Voi clic volete perfezionare lArte congiungete il figlio del
lAcqua. che Giove, con Buha cd avrete il segreto oreulto . E lAutore del
Rosario: a Nulla di meglio si pu fare al mondo, se non di maritarmi con mio
figlio. Unitemi dunque con mia madre, attaccatemi al suo seno, e badate di
non mc-colare con noi una qualche cosa destraneo, e continuate lOpera;
poich nulla sunisce pi intimamente delle cose della stessa natura. Mia
madre nilia generato ed io a mia volta genero essa. Essa comincia col pren
dere limpero su di me; ma io la dominer, poich divento il persecutore
Iella mia propria madre, prima che io abbia ricevuto le ali. Malgrado ci,
la natura parla sempre in essa, perch mi nutre, ha per me ogni cura, e mi
porta nel suo seno sino a quando raggiunga unet perfetta . ed il Flamel:
: 67
a Riponete il fanciullo nel ventre di sua madre che l'ha generato, ed allora
esso diventer il suo proprio padre a. Anche Raimondo Lullo: a Bisogna
inumare la madre nel ventre del figlio chessa ha generato, affinch il figlio
la generi a sua volta a.
S gi visto ci che devesi intendere per Draghi e Tori. Tutta la spie*
gazione di questa parentela consiste per conseguenza nel sapere che v una
unica materia nel Magistero, composta nullameno del volatile e del fisso. I
Draghi alati e la femmina indicano il volatile, ed il Drago 6enzali ed il Toro
indicano il fisso. I l mercurio Filosofico o dissolvente dei Filosofi si compone di
detta materia che i Filosofi affermano essere il principio dell'oro. L'oro dei
Saggi nasce da questa materia; la quale per conseguenza sua madre: nelle
operazioni dellOpera, bisogna mischiare il figlio con la madre; allora il
figlio, ch'era fisso e simboleggiato con il Drago senz'ali, fissa anche sua madre,
e da tale unione nasce un terzo figlio ch' il Toro. Ecco il Drago padre del
Toro. Si rifaccia l'unione di questo nuovo nato con la femmina, o parte vo
latile dalla quale stato tirato, in tal caso ne risulter il Drago senzali, il
quale diverr figlio di quello eh'esso ha generato; dappoich la materia cruda
chiamata Drago prima della sua preparazione, e cos pure nel tempo di
ogni disposizione ed operazione dellOpera.
Ci ha fatto dire ad Arisleo, nella Turba: a La pietra una madre che
concepisce suo figlio, e lo uccide e lo mette nel proprio ventre... dopo il figlio
uccide sua madre e la mette nel suo ventre, e la nutre... E' questo uno dei
pi grandi miracoli del quale si sia udito parlare, poich la madre genera il
figlio, ed il figlio genera la madre e la uccide a. Vale a dire, che l'oro si dissolve
nel dissolvente volatile dei Filosofi, dal quale tirato, ed in tal coso la madre
che uccide il proprio figlio. Quest'oro fissandosi, fissa con s sua madre, sicch
nel contempo la uccide, dato che da volatile ch'essa era, il figlio la genera
in fissit; e fissare il volatile, vale ucciderlo. Cos ecco tutto il muter di
questo paradosso, ormai scoperto.
Ma perch nelle processioni si portavano le raffigurazioni del Sole, della
Luna e di Mercurio? Ne abbiamo accennato innanzi, ma bene dime pi dif
fusamente. Coloro che per primi hanno voluto parlare allegoricamente della
medicina aurea, e della materia con la quale la si confeziona, hanno affermato
che detta materia era comunissima e nota a tutti; e perci siccome non v'
nulla al mondo di cos noto come il Sole e la Luna, ai quali gli Egizi davano il
nome di Osiride ed Iside, essi presero i detti pianeti quali simboli geroglifici
della materia della Grande Opera, dato anche che il color bianco della Luna
ed il giallo-rosso del Sole si adattano perfettamente ai colori che si succedono
nella materia durante le operazioni. Non si deve credere chessi li abbiano
presi per geroglifici delloro e dell'argento volgare, ci potrebb'csscre relati
vamente e subordinatamente. Bisogna impiegare cose note quali designazioni di
cose ignote, senza di che si sarebbero ignorati l'uno e l altra. In seguito vag
giunsero Mercurio quale ministro, perch il factotum dellOpera, ed il medio
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per mezzo del quale s'unsce la tintura del Sole e della Luna, come dicono i
Filosofi. D'altronde il Mercurio come il figlio della materia indicala col Sole
e la Luna, ci chha fatto dire ad Ermete: a 11Sole suo padre, e la Luna
sua madre a. L'immagine del aule Bmboleggiava quindi la forza attiva del
soggetto Filosofico, e la Luna la forza passiva, vale a dire: l agente e la pa
ziente, il maschio e la femmina tirati dalla stessa radice; due in numero, dif
ferenti soltanto per forma e qualit, ma dnna stessa natura e d'una stessa es
senza; come l uomo e la donna, dei quali l'uno nella generazione agente,
laltra paziente; l uno caldo e secco, laltra fredda ed umida. I l Mercurio
come io sperma dei due riuniti. Ed proprio in tal senso che tutti i Filosofi
ne hanno parlato, come lo si pu giudicare dalle citazioni che riportiamo:
a II Sole, dice l'Autore del Rosario, il maschio, e la Luna la femmina, e
Mercurio Io spenna; perch per attenere una generazione, necessita congiun*
gere il maschio con la femmina, e di pi ch'essi dieno la loro semenza . E
Raimondo Lullo: a Fate digerire egualmente la vostra Opera con stabilit e
costanza; e fate il vostro composto con le cose che vi devono entrare, e cio:
il Sole, la Luna ed il Mercurio . Ancora nel a Rosario o si legge : a Vi dichiaro
che il nostro Drago, il Mercurio, non pu morire se non con suo fratello e sua
sorella, con con uno solo di casi, ma con tutti e due: il fratello il Sole, e la
sorella la Luna .
Qnesto gergo dei Filosofi, ci mette sull'avviso di ci che dobbiamo pensare
di queste simbologie del Sole, della Luna e di Mercurio. Le citazioni dellAu
tore dei Rosario, qui da noi riportate, spiegano anche a coloro che conoscono
l Opera, come bisogna intendere la figliazione e la paternit reciproche del
Drago e del Toro.
ADONE E IL SUO CULTO
Adone fu il frutto dellincesto di Cinira con sua figlia Mirra; la quale si
rec a trovare suo padre durante la natte, condottavi dalla sua Nutrice. Cinira
avendo goduto Mirra, volle vedere questa belt che la Nutrice gli aveva tanto
vantata: egli riconobbe sua figlia, e preso da furore, voleva ucciderla; ma
Mirra, approfittando dell'oscurit della notte, si mise in salvo, e si ritir in
Arabia, ove mise al mondo Adone. Le Ninfe del vicinato lo raccolsero alla
Bua nascita, io nutrirono in un antro, ed ebbero cura della sua educazione.
Venere ne divenne tanto perdutamente innamorata, che Marte ingelosito,
spinse Diana a mandargli contro un cinghiale furioso che facesse la sua ven
detta. Adone, alla caccia, volle inseguire questo animale, il quale sentendosi
ferito, si rivolse contro l autore del suo male, e gli diede un cos violento
colpo allngnine, che Adone venne gettato a terra morente. Venere, vistolo
bagnalo nei suo sangue, vol in suo soccorso. Attraversando un roseto, venne
punta da una spina, ed il sangue che sgorg da quella ferita tinse in rosso le rose
che prima erano bianche. Venere continu nel suo accorrere, e fece tutto
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qnanto possibile per richiamare in vita il suo amante; ma non potendo riu
scirvi, Io mut in un fiore che alcuni chiamano : anemone, ma del quale Ovidio
indica semplicemente il color rosso, confrontandolo con quello del melograno.
Appena Adone comparve nel Regno di Proserpina, questa Dea venne presa
per lui dallo stesso ardore che Venere ancora conservava. Venere desolata per
tale perditi subita, domand a Giove il ritorno d'Adone sulla Terra; ma
Proserpina si rifiut di restituirlo. Allora Giove lasci alla Musa Calliope di
decidere su tale controversia, e la Musa, per accontentare le due Dee, sentenzi
che ne godrebbero alternativamente Tana e l'altra durante sei mesi.
Ed ecco che la Favola ci mette in presenza di un altro incestuo, e come al
solito, ad una pura finzione, che come incestuo in s, abbiamo spiegato in
pi di un capitolo. Quindi passiamo ora in esame tutte le circostanze di questa
Favola.
Che Mirra? Che Cinira?
Mirra deriva da pvpui = io colo, distillo ; e Cinira da: y.ivpopui
<=piangere, lamentarsi; donde s fatto xivpn strumento triste e melanco
nico. Mirra deve essere dunque considerato come significante: acqua, gomma
o qualsiasi sostanza liquida. E questo ha certo determinato l Autore di questa
Favolo, di fare allusione a Mirra o la mirra che dal greco poov = profumo,
derivato anchesso da ii O'd = io distillo. Ora, i Filosofi chiamano somma,
acqua, una parte del loro composto, e precisamente quella che deve generare
l Adone Filosofico che vai quanto dire il loro oro. Nella Turba, il Filosofo
scrive: a La nostra materia un uovo, nna gomma, un albero, unacqna .
Maria, nel suo Dialogo, ad Aros, scrive: Prendete la gomma bianca e la
gomma rossa, e unitele in un vero matrimonio . Ed I sindrio: Mescolate
l acqua con l acqua, e la gomma con la gomma a.
Mina, quindi, altro non significa che la gomma o acqua dei Saggi, i quali
la chiamano femmina e Regina di grande bellezza. La sua Nutrice o lacqua
mercuriale Filosofica la conduce a Cinira durante la notte, e l inccstuo si con
suma. Ecco la notte dei Filosofi, durante la quale essi dicono si compie la
congiunzione del loro maschio e della loro femmina. La tristezza e la melan
conia, indicata da Cinira, anche uno dei nomi che gli Adepti danno alla
loro materia pervenuta al nero. D Filatele dice: a Tenete presente che i nomi
dacqua solforosa, acqua velenosa, acqua odorosa ed aromatica, testa di corvo,
pece, melanconia, notte, strumento di tristezza, inferno, veste tenebrosa, ecc.
non sono che nomi differenti per significare la stessa cosa . In effetti, v
nulla di pi proprio della notte, dell'oscurit, del nero per generare la ma
linconia, per far nascere la tristezza? Perch Mirra detta figlia di Cinira o
dello strumento di tristezza e di malinconia? Si chessa lo era effettivamente,
essa vera stata concepita, come Proserpina. Essa era bella, bianca, brillante e
giovane, dato che la pietra al bianco possiede tutte queste qualit. Si tratta
di farne l elisire? Ed allora necessita che la Nutrice la conduca a bu o padre
Cinir, poich l acqua mercuriale l'agente della putrefazione, durante la
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quale Mirra ha commercio con ano padre nelloBcnrt della notte; e per
concepire Adone o l EIisire, bisogna necessariamente che la pietra U bianco,
nata dalla putrefazione, vi ripassi una seconda volta.
Si suppone che Cinira, avendo riconosciuto Mirra, mont in collera e vo
leva ucciderla; ma eh'essa approfitt delloscurit della notte per salvarsi nel
l Arabia petrea, e ci allo scopo di manifestare che la pietra passa dal nero
al bianco per fissarsi in pietra. Essendo la notte uno dei nomi che i Filosofi
hanno dato al nero della materia, era ben naturale di dire che Mirra fu mu
tata in albero, e mise in seguito al mondo Adone, poich la pietra al bianco
l albero Filosofico, chiamato dal Cosmopolita: albero lunare. I l frutto di que
stalbero Adone, o l oro Filosofico, che le Naiadi e le Ninfe raccolgono alla
sua nascita; ed in effetti egli nasce in mezzo allacqua mercuriale, che lo nutre
ed ha cura di lui sino alla sua perfezione.
Dicesi che a misura che Adone cresce, la sua bellezza saccresce sempre
pi; ma ci non forse allegorico al colore delloro Filosofico, il quale si for
tifica e diventa sempre pi brillante? Venere ne diventa perdutamente inna
morata e lo segue nei divertimenti chegli prende alla caccia; e nulla di pi
semplice di ci, che non era possibile che Venere non lamasse perdutamente
e non lo seguisse costantemente sino al disgraziato momento nel quale fu col
pito e mori. Ed eccone la ragione: la pietra passa dal colore bianco allo zaffe
ranato il quale chiamato Venere dai Filosofi; mentre tale colorazione dura,
si compie una circolazione nel vaso; e tale circolazione simboleggiata dalla
caccia nella quale Venere segue Adone. Allo zafferanato succede il color rug
gine che lo si chiama Marte; ed ecco il cinghiale che Marte geloso manda
contro Adone. E questi ne muore per la ferita, perch non resta niente di
volatile in lui. Venere, anche dopo la morte del suo Amante, conserva l a
more che ne nutriva, poich il color rosso che l Adone filosofico prende nella
sua fissazione, conserva sempre una parte del colore zafferanato che aveva
quando andava a caccia con Venere.
Le rose che il sangue di questa Dea tinse in rosso, mentre accorreva in boc*
corso del suo Amante, significano il rosso che succede al bianco passando per
la tinta di zafferanato, chiamata Venere, come innanzi dicemmo. Abramo
Ebreo, riportato dal Flamel, ha preso il roseto geroglifico di questa variazione
di colori; e Io stesso Flamel ci espone anche ci che bisogna intendere per la
discesa dAdone allI nferno, c dell'amore dal quale Proserpina si sente presa
per lui. Abbiamo dimostrato molto chiaramente che i Filosofi donno il nome
di: morte, sepolcro, inferno al color nero; non pertanto ecco ancora un passo
dellAutore innanzi citato, il quale servir di comprova alla spiegazione che
qui appresso daremo della morte dAdone e del suo ritorno a Venere, a T'ho
dunque fatto dipingere qui un corpo, unanima ed uno spirito tutti bianchi,
come se risuscitassero, per mostrarti che il Sole, la Luna e Mercurio sono risu
scitati in questa operazione; vale a dire sono fatti elementi dellaria, e bian
chiti: poich abbiamo gi chiamata morte la negrezza, continuando la meta
-271 -
fora, possiamo chiamare la bianchezza una vita, la quale non rede cbe con e
mediante la resurrezione a.
Adone, dopo essere stato colpito dal cinghiale di Marte, muore per la sua
ferita; e ci allegorico all'Imbibizione che si d alia materia per farla pas
sare dal colore aranciato al rosso papavero, mescolandovi nn poco dumidit
che vi provoca una passeggera colorazione nera, a I n questa operazione del
rubinamento, dice Flatnel, per quanto tu imbevi, non avrai guari nero, seb
bene violetto e bln, ed il colore della coda del pavone: perch la nostra pietra
cos trionfante in siccit, che incontanente che il tuo mercurio la tocchi, la
Natura godendosi della sua natura, si conginnge ad esso, e la beve avidamente,
e scomparendo il nero che procede dallntnidil, non pu mostrarsi che un
poco sotto quei color violetto e blu i .
Ecco dunque Adone disceso nell'Impero tenebroso di Proserpina; essa
ne diventa amorosa perch il nero sunisce a Ini. Venere lo reclama a Giove
il qnale prende Calliope quale arbitra della contesa fra le due Dee; c questa
Mnsa decide ch'esse ne godranno alternativamente durante sei mesi. I l color
grigio, chiamato Giove, succede sempre immediatamente al nero; ed ecco per
ch sia Cerere per riavere Proserpina, come Venere per riavere Adone, ecc. si
rivolgono a questo Dio. Ma perch Giove sceglie per arbitro la Mnsa Callope?
Ci perch Adone non pu essere reso a Venere, vale a dire: non pu ripren
dere il colore roBso aranciato, se non mediante l'imbibizione dellacqua mercu
riale che in tale stato vien chiamata vino rosso, tanto da Raimondo Lullo,
quanto da Ripleo ed altri Autori; e che Calliope proprio questacqua mercu
riale, poich il suo nome deriva da xalAc beilo, e da tino; = succo, umore;
come se s dicesse che il socco rosso od il bel succo, ha messo l'accordo nella
contesa fra le due Dee; ecco perch Flamcl l ha chiamalo: latte verginale so
lare.
L'alternativa nel godimento delle due Dee, simboleggia le diverse reitera
zioni dellOpera per la moltiplicazione, dato che ad ogni operazione la ma
teria deve ripassare per il nero, il grigio, il bianco, l aranciato, il color rug
gine ed il rosso cupo o colore del papavero.
Queste espressioni prese nel concetto delia natura delle cose, provarono
che Adone differisce soltanto di nome da Osiride, Bncco, ecc. e quindi non
da meravigliare che il suo culto stabilitosi nella Fenicia ed altrove, abbia
molta attinenza con quello dOsiride presso gli Egizi.
Sicch l'uno ci servir per spiegare l'altro, come ora vedremo.
Osiride, come pare Adone erano rappresentati sotto la figura dun Bue;
e la festa dAdone in Fenicia la si celebrava nella stessa epoca e con lo stesso
cerimoniale di quella d'Osiride in Egitto. Entrambi li s piangevano come morti
e poi succedeva la gioia considerandoli come resuscitati. E presso i Fenici,
Adone era il simbolo del Sole, cos come Osiride lo era per gli Egizi, sicch
nelle loro solennit si portano in processione gli stessi simboli.
Le Adoniadi duravano otto giorni, e cominciavano con un lutto generale
e pubbliche manifestazioni di dolore e dafflizioni fra pianti e gemiti di tatto
il popolo. NeUaltimo giorno della festa, la solennit mutava aspetto; la finta
tristezza cedeva il posto alla gioia chesplodeva con un trasporto veramente
straordinario. Luciano riferisce che gli Egizi affidavano al Mare un pam ere di
vimini che il vento trasportava sulle coste della Fenicia, dove le donne di
Biblo, dopo impaziente attesa, lo portavano con gran pompa nella Citt; e
per tal modo la festa terminava nella gioia.
La Siria comunic il culto dAdone alle sue limitrofe regioni. Nulla si pu
vedere di pi superbo della pompa di questa cerimonia ad Alessandria. Arsi-
noe, sorella e moglie di Tolomeo Filadelfo, vi portava essa atesaa la statua di
Adone, ed era accompagnata dalle donne di maggiore considerazione della
Citt, le quali recavano in mano cesie piene di focacce, scatole di profumi,
fiori ed ogni specie di frutta; altre chiudevano il corteo recando tappeti sui
quali erano ricamati due letti, uno in oro e l altro in argento, l uno per
Adone e l'altro per Venere; e sandava cos verso il Mare, od a qualche fon
tana, dove si gettavano i fiori, lo frutta e le piante che s'erano portate.
Secondo quanto ci riferisce Luciano, un fiume nelle vicinanze di Biblo, aveva
nome Adone, e le sue acque dicesi diventavano rosse durante la celebrazione
delle feste Adonie; e dicevasi anche che l acqua di detto fiume divent rossa
a cagione del sangue che sgorgava dalla ferita che vi fu lavata da Venere al
suo Amante.
La prima parte di detta solennit >i chiamava: Aipaviopc =periodo di
lutto; e la seconda: EiipEOt^, quando la tristezza si mutava in gioia.
Si vede chiaramente che questi pianti e questo lutto dei Fenici e dei Greci
in occasione della morte d'Adone, hanno un manifesto rapporto con le grida
ed i gemiti che da per ogni dove si facevano intendere nelle solennit delle
feste di Cerere, in quanto supponevasi che questa madre desolata andava in
cerca di sua figlia Proserpina. Gli Egizi affettavano anchessi una simile tri
stezza alla morte del bue Api. 11 lutto uelle solennit di Cerere durava sino
a quando non appariva in trionfo la statua di lacco, e per Api: sino a quando
non gli si era trovato un successore. Tanto nelluna che nellaltra festa i simboli
che si recavano in processione erano presso a poco uguali.
Abbiamo detto che la prima parte delle Adonie era chiamala Acpiiviopc,
ma perch? I pianti ed i gemiti si facevano a cagione della perdita dAdone
e del suo soggiorno nel Regno tenebroso di Proserpina; cos come li si face
vano nella solennit di Cerere ed in occasione del ratto di sua figlia, e del
soggiorno di questa nellI mpero nero ed oscuro di Plutone. Afj'uviop? viene
da ii privativo, e qaivui = fo luce, rischiaro, donde s fatto: aqpaivi): *
oscuro, occulto; ed infineAipuviap; come se si dicesse: La festa, la celebra
zione, del tempo delloscurit.
Se queste solennit hanno lo stesso soggetto, evidente e manifesto che tale
negrezza e tale oscurit non pu essere che quella del Regno di Plutone e di
Proserpina. Si tengano presenti le precedenti spiegazioni da noi fornite su
273
questo Regno di Plutone, e che con Plutone stesso sono unallegora della
negrezza che sopravviene alla materia Filosofica; e come ne fornimmo la prova,
lo stesso Adone ha uguale significalo circa la sua pretesa morte. Quindi dun
que costante che le cerimonie istituite in memoria di questa pretesa morte,
costituiscono unallegoria del tempo che dura tale negrezza della materia dei
Filosofi.
La seconda parte delle Adonie era chiamata Rpeai;, da : Eupiopco =
10 ritrovo; e tutti allora cadevano in un trasporto di viva gioia. Lo stesso si
verificava nelle cerimonie di Cerere, poich la presenza di J acco faceva gridare
con la gioia: ecco Bacco, ecco Bacco, come se lo si fosse ritrovato dopo averlo
perduto. Rimando il Lettore alle spiegazioni gi date a tale riguardo, perch
inutile ripetersi. Nullomeno bene fare osservare che non mancava duna
ragione il dirigere la processione verso il Mare, o ad una fontana per la
ricerca dAdone; poich gli Istitutori di queste cerimonie conoscevano benis
simo che non lo si poteva trovare se non ivi, vale a dire: nel mare dei Filo
sofi, o loro acqua mercuriale, chiamata anche fontana dal Trevisano e da parec
chi altri. Si disse anche che il fiume Adone diventava rosso durante la solennit
delle feste Adonie, e ci perch secondo quanto ne dicono gli Adepti, la loro
acqua mercuriale rossa nel tempo che il loro Adone riappare.
Adone dunque il sole Filosofico, il quale s'ecclissa con la negrezza, e
che ricompare e misura che l ecclisse svanisce. Esso maschio e femmina,
perch il Rebis dei Filosofi, ed sempre giovane come Bacco, come per questi
a suo luogo dicemmo. Infine lo stesso che Dioniso, Apollo ed Osiride i quali
non sono che differenti nomi del Sole Filosofico, e per niente affatto dellastro
che cillumina, e che non ci consente considerarlo anche allegoricamente quale
un Astro maschio e femmina. Consentir che i Greci l adorarono quale una
Divinit, dato che fecero morire Anassagora con il veleno, solo perch questo
Filosofo asser che il Sole non era un Dio, sebbene una pietra ardente ed
infiammata. Con ci, devesi ammettere che Orfeo o coloro che trapiantarono in
Grecia la Teogonia Egizia con le 6uc cerimonie, abbiano preteso di persuadere
11popolo della divinit del Sole? So bene anchio, come nessuno ignora, gli
abusi che infettarono le prische cerimonie portate presso i Greci, e non v
dubbio anche sugli errori popolari che si moltiplicarono in seguito, ma noi
qui studiamo la prisca istituzione che fu pura, e non ci che ne segu. Socrate
ci fece vedere che possedeva su gli Dei, concetti ben diversi da quelli del
Popolo. E' mai da credere che Platone e gli altri Saggi la pensavano come
il volgare?
LAMPADOFORIE
I Greci avevano una infinit daltre feste, fra le quali la solennit delle lam
pade, chiamata appunto Lampadoforia, ed istituita in onore di Vulcano, di
Minerva e di Prometeo. Nel capitolo di detti Dei, abbiamo visto chessi erano
Dei puramente chimici; e tali bisogna considerare le loro feste. Gli altari
eherano comuni a tutti tre, indicano sufficientemente che li si devono colui-
derare come una stessa cosa, o per lo meno aventi una grande affinit fra di loro.
Perch infine che cosa sintende per Vulcano, uno dei dodici grandi Dei dE
gitto? Non forse il fuoco o l'operaio che si serve del fuoco? E Prometeo
che era? Non rappresentato come l inventore di parecchie arti che si fanno
con il fuoco? e ci secondo le parole chEschilo mette in bocca a Prometeo:
a Che dir? Quante ignorate comodit non ho insegnate agli uomini? Chi
che prima di me aveva scoperto il ferro, l argento, l'oro, il rame ed il modo
di lavorarli? Nessuno potr vantarsene senza mentire. Sono io. Prometeo,
l inventore delle Arti . E fu proprio egli che rub una scintilla al fuoco ce
leste. per comunicarlo agli uomini: che mostr ad Ercole il cammino che biso
gnava seguire per arrivare al giardino delle Esperidi. Orfeo parla di Prometeo
come se fosse stato lo sposo di Rea. Espililo lo dire inventore della Medicina,
che guarisce tutte le malattie.
Ma a quale miscela di droghe, a quale mai composto s' attribuita la virt
di guarire tutte le malattie se non alla Medicina Aurea o Pietra Filosofale?
Doveva sussistere una ragione misteriosa, senza dubbio, per esigere un
Altare comune a queste tre Divinit, la stessa apparentemente che faceva osser
vare le stesse cerimonie delle lampade nelle loro solennit. Ma perch queste
lampade accese, se non per simboleggiare il fuoco del quale Vulcano c Pro
meteo ne erano i simboli? Ma questo fuoco poteva dunque mai essere quello
delle nostre forgie e delle cucine, certamente gi conosciuto prima di Vulcano
e di Prometeo, per quanto li si dica esserne gl'inventori?
Tale senza dubbio l origine di questo fuoco che i Greci ed i Romani
mantenevano perpetuamente in onore di Vesta: poich Vesta stata consi
derata talvolta per la terra, talaltra per il fuoco, ed anche per la Dea del fuoco
e la si voleva figlia di Saturno.
Vesta non la 9 rappresentava sotto alcuna immagine, perch il fuoco non
ha alcuna forma determinata. Ma il fuoco che concede forma a tutti gli esseri,
che li anima, li vivifica, e quindi non pu essere rappresentato che simbolica
mente. Ci si limitava perci a mantenere acceso perpetuamente un fuoco nel
Tempio di Vesta, e tale cura era affidata a giovinette Vergini che si chiamavano
Vestali; le quali erano passibili di morte se il fuoco si fosse estinto, e ci per
quella che ne fosse la negligente.
Da ci rilevasi quanto rispetto si aveva per il fuoco. E questo culto religioso
era stato originario d'Egitto, dove Vesta c Vulcano avevano grande venera
zione, come lo si pu considerare dal famoso Tempio di questo Dio, e nel quale
veniva nutrito Api. Figurarsi persino che era di fra i Sacerdoti di questo
Tempio che si sceglievano i Faraoni. I-e altre Nazioni lo consideravano come
lultimo degli Dei, dato che la Favola racconta chera zoppo ed era stato scac
ciato dal Cielo, mentre in Egitto esso era ritenuto uno degli Dei principali,
e ci perch gli Egizi per Vulcano intendevano il fuoco della natura, il
quale tutto anima, e chessi simboleggiavano mediante il fuoco volgare delle
nostre cucine, e da ci i Greci e le altre Nazioni caddero in errore prendendo
il simbolo per la cosa stessa. I fuochi o lampade accese e mantenute in Egitto,
diedero luogo olle solennit delle lampodoforie, ed ai fuochi che le Vestali
custodivano alimentandolo continuamente presso i Romani. Le intenzioni degli
I stitutori, se male interpretate, diventano sorgente di molti abusi.
E facile interpretare e spiegare le altre feste istituite in onore degli Dei,
almeno per quelle della prisca antichit ed istituzione; mentre per quanto
riflette i metaforici rami usciti dal prisco tronco, e che ne sono quindi
posteriori, come dicasi lo stesso delle favole le quali siano pure finzioni dei
Poeti che vollero farne loro passatempo, non entrano affatto nel piano che mi
sono proposto. Io mattengo alle origini delle cose, e non alle cattive errate
interpretazioni che persone ignoranti ne hanno date. Non si deve giudicare la
purezza della sorgente che alimenta un ruscello dal limo e dal fango che
imbrattano le acque del ruscello che scorre tanto a valle della sorgente.
La sorgente pu essere purissima, mentre i ruscelli che ne derivano
possono essere impuri e malsani a cagione delle immondizie e delle cattive
qualit delle terre delle quali le loro acque simpregnano durante il loro
corso.
Tale la differenza tra le prische Favole e quelle che vennero inventate
in seguito, come pure delle feste di primiera istituzione con le solennit nelle
quali sinsinuarono innumerevoli abusi.
GIUOCHI, GARE E LOTTE
La Religione aveva consacrato questo genere di spettacoli, quando li
adottarono i Romani, il Senato eman un Decreto che stabiliva che tutte le
feste del genere sarebbero state dedicate a qualche Divinit; ed era costume
offrire dei sacrifizi prima dincominciarle. I Greci ne possedevano quattro
principali, celebrate in epoche stabilite: Le Olimpiadi, le Pitiche, le Nemee
e le Tstraiche. Le prime dedicate a Giove, le seconde ad Apollo, le terze ad
Archemore figlio di Licurgo, e le quarte a Nettuno.
Le pi famose erano le Olimpiadi che si celebravano ogni quattro anni,
ed i Greci basarono la loro Cronologia sullintervallo del tempo che correva
tra una Olimpiade e l altra. I l premio che si dava ai vincitori era soltanto
una corona o di lauro, o dulivu, o di pioppo o di qualche pianta; talvolta
selevavano statue al vincitore, e per tutta la Grecia si cantava il suo trionfo.
D motivo della Religione non era il solo che aveva dato luogo allistituzione
di questi giuochi; una duplice politica vi ebbe parte. La giovent vi si formava
alla guerra, rendendosi atta alle spedizioni militari; e con tali esercizi, essa
diventava pi agile, meglio disposta, pi robusta, conquistando cosi una vigo
rosa salute. I noltre con tali esercitazioni e merc la solennit delle feste.
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si conservava e trama dava il ricordo allegorico d'un segreto noto ai Saggi
Filosofi, ma ignorato dal volgo. I popoli venivano animati a questi esercir!
dicendo loro che anche i pretesi Dei vi erano stati vincitori.
Questi giuochi erano di tre specie: gli Equestri o Curali, i quali consistevano
neDe corse a cavallo o sui carri, ed erano dedicati al Sole od a Nettuno; gli
Agonali e gli Ginnici, composti di combattimenti d'uomini, di donne, di
animali, ed erano consacrati a Morte ed a Diana; ed infine gli Scenici, i Poe
tici e quelli Musicali, che consistevano in tragedie, commedie, satire e danze,
ed erano dedicati a Venere, Apollo, Minerva e Bacco.
I quindici I stitutori di questi giuochi, e che Igino elenca nella sua 273.
Favola, sono quasi tutti Eroi Favolosi, come Perseo, Teseo, Ercole, gli Argo
nauti, ecc.
Ma dato che abbiamo provato abbastanza chiaramente che tutti questi
pretesi I stitutori erano personaggi finti per formarne favole allegoriche della
Filosofia Ermetica, si potrebbe presumere che i veri I stitutori ci sono ignoti.*
Forse l unico realmente noto i Danao, figlio di Belo, emigrato dallEgitto
in Grecia; perch, come ne daremo le prove nel 6. libro, Priamo, Achille.
Enea non sono esistiti quali personaggi in realt pi di Perseo e degli
Argonauti.
Mi si domander: Ma infine quale rapporto hanno questi giuochi con la
pretesa Pietra Filosofale? Dichiaro che le attitudini che si contraevano in
questi giuochi, per rendersi adatti agli esercizi militari, cosa ben diversa
da ci ch richiesto per la Medicina. La guerra cerca di distruggere gli
uomini, mentre la Medicina si occupa della loro conservazione. Ma s'ignora
poi che Minerva, Dea della saggezza e delle scienze, era nel contempo la Dea
della guerra e dei combattimenti? L arte militare dunque un cammino che
conduce alle scienze, oppure le scienze sono quelle che conducono allarte mili
tare? Ma quale incompatibilit tra il riposo e la tranquillit del gabinetto da
studio, con il trambusto delle armi ed il continuo fracasso dei combattimenti?
ApoDo, Presidente dell'Assemblea delle Muse, Inventore della Poesia e della
Medicina, non anche lui rappresentato come vincitore di Tifone? E non lo si
vede rappresentato con l arco c le frecce in mono? No, non fu certo senza ra
gione che si disse che Apollo fu il principale vincitore in quei giochi; che Zelo,
figlio dAquilone, e Calai suo fratello lo furono alla doppia corsa, Castore a
quella dello Stadio; Polluce alla lotta del Cesto; Telamone e Perseo al giuoco
della piastrella. Peleo alla lotta. Meleagro al combattimento del giavellotto;
Cigno, figlio di Marte, su Diodoto in un combattimento ad oltranza; Belle-
rofonte alla corsa del cavallo, ed Ercole infine in tutte le specie di giuochi e
di lotte.
E* basilare che se glistitutori di questi giuochi fossero stati dei Re o dei
Principi, i loro nomi sarebbero stati tramandati alla posterit. Sesamini
invece senza pregiudizio ci che diede occasione alla istituzione di questi giuo
chi, secondo quanto ce ne riferisce Igino e parecchi altri, e si vedr che Perseo
- 277
ne istitu alla morte di Polidetto ch'ebbe cura della 9ua educazione; Ercole
ne l celebrare ad Olimpia in onore di Pelops, del quale Cerere aveva mangiato
la spalla, quando Tantalo, padre di costui, lo serv agli Dei nel pasto che diede
loro; ed altri.infine per soggetti sempre ugualmente favolosi.
Al giuoco della piastrella Apollo uccise il giovane I acinto, e Perseo; suo
nonno Acrisio. Ercole vinse Anteo alla lotta. Apollo ed F.sculapio. sfrondo
Calieno, furono glinventori del combattimento con il giavellotto, il quale
consisteva nel lanciare una pietra od un giavellotto, o qualdi'altre eoa, con la
maggior destrezza e pi lontano che fosse possibile. Talvolta <on gli Dei che
istituiscono questi giochi, talaltra sono gli uomini. Gli Dei vi lottano, ne
escono vincitori; e lo stesso ditesi per gli uomini. Ma qra'i Dei, e quali
uomini? Esseri di pura immaginazione, e per conseguenza n Dei e neppure
uomini, come s potuto giudicare da quanto abbiamo detto sin qui.
E' quindi verosimile che questi giuochi vennero istituiti da aironi Solitari
ai quali stava a cuore pi il bene della loro patria anzicch la loro vanit. Non
forse sorprendente che in tutta lAntichit Pagana non si ritrovi nessuna
epoca od Era seguita da cronologia, prima delle Olimpiadi? Questo per
quanto riguarda i Greci, mentre gli Egizi ed una 'parte degli Asiatici
ebbero potenti Monarchie ed un sistema di religione stabilito sin
da secoli pi remoti. Gli Dei non erano affatto dorigine Greca, e la Grecia
li conobbe dalle Colonie Egizie e Fenicie che andarono a stabilirsi in Grecia.
Mprcern Trin*r"K,i'. od p^iri E^Vi 9oUc il sro nome, avevano composto la
storia della loro Religione molto temno prima che dette Colonie si dipartissero
dalla madre patria; ed noto in oual conto l Antichit teneva questi libri.
Dcvesi ritenere per certo che i Capi di queste Colonie condussero seco loro
qualche Sacerdote Egizio conoscitore della lingua chiamata Sacra, e nella qual
lingua detti libri erano scritti; e perci io sono persuaso che questi Sacerdoti
od alcuni dei loro successori da essi istruiti, furono i veri Istitutori delle
solennit, delle feste, delle cerimonie e dei giuochi dei quali ci stiamo intrat
tenendo. Si ricordi ci che abbiamo detto degli Eumolpidi, e si rester
convinti.
Non mi dispiace pensare che il tempo che precedette immediatamente
le Olimpiadi, lo si dica tempo degli Eroi; non perch gli Dei. le Dee. gli
Eroi .e le Eroine delle Favole abbiano veramente vissuto ed esistito in detto
tempo; ma perch fu il tempo nel quale realmente altri Eroi in rarne ed o*a
vissero, fu nella immaginazione di costoro che presero nascita gli Dei e gli
Eroi. E tali reali Eroi furono: Ermete, e molti altri Filosofi Egizi, Sacerdoti
e Re; e fra i Greci: Orfeo, Lino, Melainpo, Museo, Anfione, Eumolpo, ecr.
i quali furono gli Autori della Teogonia Egizia, dei Greci.
E impossibile determinare il tempo preciso nel quale cominciarono le
Olimpiadi. Ogni Olimpiade comprendeva quattro anni romplcti e si cele
brava nel cinquantesimo mese chiamato Parlenio od A|H>llonio. e ci secondo
il Commentatore di Pindaro.
27
Cominciava il giorno della luna piena, e vi si preparava con dei Baciifiai
e cerimonie. I giuochi duravano cinque giorni: ogni giorno era destinato
ad un gioco, ad una lotta che gli era propria. Ercole, secondo Isacius
e Pindaro, cominci questi giuochi in onore di Giove, dopo che
puni Augia, Re dellElide, figlio del Sole e d'Ifiboe, per non avergli
data la ricompensa promessagli per aver nettate le stalle dei buoi del detto
Re. Ercole consacr per le spese di questi giuochi tutto il bottino chaveva
fatto nell'Elide: determin egli stesso la lunghezza della corsa, e diede allo
Stadio Olimpico 600 piedi certamente misurali sul suo proprio piede poich
pur avendo lo Stadio ordinario ugual numero di piedi, quello Olimpionico era
pi lungo; ed a tale riguardo Plutarco fa rilevare che Pitagora aveva da ci
giudicato la grandezza del corpo dErrolc basandosi sulla proporzione esistente
tra il piede ed il resto del corpo.
E* inutile stare a dissertare sui diversi modi di vedere degli Autori sia circa
il tempo quanto in merito agli I stitutori dei giuochi Olimpici, e basta solo il
dire che tutti hanno un fondamento favoloso. Meglio sarebbe stato che i
Mitologi si fossero limitati ad attenersi aH'istiluzione d'Ifito, dato che tutti i
Vincitori nominati dagli Autori quali vincitori dei giuochi elle precedono
quello nel quale Corebo riport il premio, o son tutti Dei, o favolosi Eroi.
Ma chi era questo Ifito? Un Re od un Principe? Nessuno gli riconosce
queste qualit. Dicesi che Itilo si rec a consultare l'oracolo di Delfo sul
mezzo per far cessare le guerre intestine c la peste che desolavano la Grecia.
La Pizia rispose che il rinnovamento dei giochi Olimpici farebbe la salvezza
della sua Patria. Itilo dispose subito un sacrifizio ad Ercole per calmare questo
Dio, indi celebr i giuochi Olimpici. Questo Itilo, senza alcun dubbio, era un
semplice Solitario, raccomandabile per il suo sapere, ed anche, forse, valente
nel maneggio delle armi. Fra le tante ipolesi si vuole ch'Ercolc istitu le Olim
piadi in onore di Pelops, ci ch' pi verosimile che asserire che ne fu
Pelops l'Istitutore. Pelops non esistette giammai se non quale allegoria del
primo colore che sopravviene alla materia della Grande Opera, vale a dire il
nero, indicato dal nome stesso; poich Pelops viene da re; nero, e da
fini; = succo, umore, conte se si direte: succo nero. Non quindi sorpren
dente che un qualche Filosofo Artista della Grande Opera abbia istituito questi
giochi in memoria di Pelops, vale a dire in memoria della Grande Opera, il
color nero della quale, e cio lacqua mercuriale pervenuta al nero, costituisce li
cominciamento c la chiave, cos come s'esprimono lutti i Filosofi. Nel libro se
guente si vedr chErcolc quasi sempre il simbolo dell'Arti-ta, ma talvolta
anche del mercurio dei Saggi, c che compie tutta l'Opera.
Gli Autori dicono clic Apllo fu Vincitore alla corsa la prima volta che
i fecero questi giuochi Olimpici; vale a dire che questa pretesa prima volta
non fu una celchrazione in realt se non nell'idea del primo che propal questo
episodio, alludendo allegoricamente ai giuochi Olimpici, ma intendendo par
lare, invece, delle operazioni dell'Opera, in dove Apollo, il pi pesante degli
:7>
Dei, resta vincitore dello stesso Mercurio; poich l'Apollo dei Filosofi, od il
loro oro, arriva a fermare il Mercurio Filosofico, eh completamente volatile,
e gli d una fissit permanente. Ecco cos chiarita la metaforica vittoria di
ApoDo. Quindi, quando b dice che Apollo vinse Mercurio alla corsa, tale pro-
posirione resta equivoca, perch si potrebbe pensare che Apollo corse pi ve
loce di Mercurio, e che avendo toccato prima il traguardo, ne risult vincitore.
Niente di tutto ci: Apollo ben vero, corre al seguito di Mercurio, e con Mer
curio, perch il mercurio Filosofico rolatizza dapprima l oro dei Filosofi;
ma infine la fissit dApollo prende il sopravvento e fissa la volatilit di Mer
curio, in modo che diventando tutto fisso, il campo della lotta resta ad Apollo,
che per conseguenza vincitore. Un Artista Ermetico poteva spiegarsi
diversamente?
Ercole istituisce questi giuochi in memoria di Pelops; vale a dire: un
Filosofo Ermetico, sotto il nome drcole, li istitu per comporre un'allegoria
ricordevole della Grande Opera, della quale tutti i Filosofi ne trattano, ma
cominciano a parlarne solo dal momento nel quale la materia con la quale
si fa la Medicina Aurea, pervenuta al color nero, e rassomiglia, in tale stato,
alla pece nera fusa, o ad un succo nero, simboleggiato da Pelops.
Dopo il color nero, le lotte, le corse dei giuochi Olimpici siniziano nel
vaso dei Filosofi. Allora Ercole provoca tutti olla lotta, ma nessun umano osa
misurasi con lui. Giove travestito scende in lizza; Ercole osa impegnarsi di
resistergli: la lotta singaggia, e dura a lungo; ma Giove vedendo che la vittoria
era dubbia, decide di farsi riconoscere. Gli segue Marte aneliesso si manifesta.
Infine si presentano Apollo contro Mercurio, ed Apollo resta vincitore. Cos
si svolsero i pretesi giuochi Olimpici.
Pi d'ima volta abbiamo detto che la volatizzazione della materia della
Medicina Aurea si compie allorquando detta materia in una perfetta disso
luzione, ma tale dissoluzione non si compie se non quando la materia per
venuta al nero: allora le parti volteggiano qua e l nel vaso, circolandovi;
e son queste le corse e le lotte che durano sino a che la materia sia pervenuta
ad un grado di fissit capacq, di resistere ai pi vivi attacchi del fuoco. E noto
che il color grigio chiaro, chiamato Giove dai Filosofi, il primo che segue
subito al nero quindi questo color nero l abito che indoss quale travestimento
Giove; ma allorquando la negrezza scompare ecco Giove che si manifesta ad
Ercole, vale a dire: allArtista. Prima del colore rosso scuro, chiomato Sole
o Apollo, appare il color ruggine di ferro, chiamato Marte; ed allora questo
Dio della guerra che resta vincitore. Per in nltimo Apollo lo diventa di Mercu
rio, poich il Magistero finisce con la fissazione al rosso.
Si ha dunque valide ragioni per aver considerato queste pretese lotte
degli Dei ai giuochi Olimpici, quale una favola, o meglio unallegoria,
la spiegazione della quale pu esserci solo fornita dalla Filosofia Ermetica;
e ci tanto vero che secondo gli Autori, Ercole fu vincitore in tutte le specie
di lotte; e ci vale come il dire: lArtista od il Filosofo Ermetico ne vincitore
dato chabbia compiuta la Medicina Aurea.
- 280 -
I GIUOCHI PITI CI
Si pretende che i giuochi Pitici non sieno distituzione tanto antica quanto
i giuochi Olimpici; e nonpertanto alcuni Autori prospettano che li istitu
lo stesso Apollo dopo la vittoria da lui conseguita sul" serpente Pitone.
Ora, Apollo era almeno contemporaneo drcole, il quale riport su Mer
curio la vittoria alla corsa, la prima volta che detti giuochi furono celebrati.
Anch'io ritengo che i giuochi Pitici sono un poco di pi recente istituzione
degli Olimpici, poich questi furono istituiti in memoria di Pelops che simbo
leggia il principio dellOpera Filosofica-Chimica, mentre i Pitici vennero isti
tuiti in onore dApollo il quale ne simboleggia la fine e lo scopo. Checche
ne sia, questi giuochi sono stati istituiti in onore dApollo, ed in memoria
dell'uccisione da lui compiuta del serpente Pitone, nato dal fango lasciato
dopo il diluvio di Deucalione, lungo il fiume Cefiso, ai piedi del Monte Par
naso. Pausania attribuisce la loro istituzione a Diomede, il quale fece costruire
un Tempio, al suo ritorno da Troia, in onore dApollo, nel posto stesi o ove
si celebravano questi giuochi. Alcuni Autori hanno anche preteso che li si
celebravano a Delfo da molto tempo prima, e che fu proprio in questa stessa
Citt che Apollo aveva ucciso Pitone a colpi di frecce.
Alcuni hanno ritenuto Pitone per un brigante ucciso da un Principe di
Delfo oppure da un Sacerdote di Apollo, e che aveva nome anche Apollo; ma
sono stiracchiate congetture, perch Ovidio ci precisa che Pirone nacque dal
limo sotto forma di serpente ignoto, e capace dincutere terrore (Met. 1. I .,
fav. 8).
Tifone, detto Pitone per una semplice trasposizione di lettere, fu un serpe
che nacque dalla terra, nelle vicinanze de) fiume Cefiso, ai piedi del Monte
Parnaso, a seguito dun pugno che vi sferr Giunone. Abbiamo preceden
temente visto che Tifone fu padre d'una numerosa schiatta di serpi e di draghi,
quali: quello del Toson doro, quello che uccise Cadmo, e quello del Giardino
delle Esperidi. Lo stesso Tifone, dicesi, fratello dOsiride, e fu ucciso da Oro,
0 lApollo Egizio.
E quindi molto evidente che il Pitone della Grecia, ucciso a colpi di
frecce da Apollo, lo stesso del Tifone Egizio ucciso da Oro. Prego il Lettore
di ricordarsi ci che innanzi abbiamo detto su tale argomento, e perci non
mi ripeter. Soltanto si osserver che questo preteso serpente non prese il
nome di Pitone, se non dopo che venne ucciso e cadde in putrefazione poich
1Filosofi danno ordinariamente il nome di serpente e di drago alla loro ma
teria, allorquando in putrefazione.
Ho citato una infinit di testi dei Filosofi, a tale riguardo bene ricordarsi
anche di ci che ho detto del Monte Parnaso, ed allora si vedr perch Pitone
fu ucciso lungo il fiume che scorre a valle di detta montagna. Ovidio ci fa egli
stesso intendere ci che dobbiamo pensare della morte di Pitone, con la deaeri
281 -
none che ci ha lasciata. Questo Dio che porla l'arco e che sino allora s'rra
servito di quesl'anno solo contro i daini vigilanti ed i caprioli leggeri alla corsa,
tolse la vita a detto mostro, facendogli venir fuori il veleno da una ferita nera.
Ma quale dunque poteva essere questa ferita nera dalla quale sgorgava e
si spandeva il veleno d Pitone? Questo aggettivo c messo l senza una ragione?
Una ferita non nera: il sangue che ne scorre ordinariamente larrossa. Non
ai pu neppur pensare che tale aggettivo di nigra sia stato imposto dalla
necessit del verso, poich il termine di rubro, clic esprime il rosso d'una ferita
si presentava subito all'idea e sarehbe stato adatto alla cadenza e misura del
verso. Quindi Ovidio fu mosso da una speciale ragione a preferire lepiteto di
nigra; ed eccola:
Abbiamo detto cento e cento volte che la materia del Magistero in putre
fazione nera, quando cio i Filosofi dicono che il loro drago morto,
come abbiamo visto nel capitolo del Toson d'oro, ed in quelln del giardino
delle Esperidi; dunque in memoria di questa morte che Apollo istitu i
giuochi Pitici, cosi come rcole aveva istituiti i giuochi Olimpici in me
moria di Pelops, che significa la stessa cosa. Da questo agevole arguire
quante Favole tra di esse concordano, ed hanno tutte lo stesso oggetto, cos
come hanno avuto la stessa origine.
Le Isole Cicladi, chiamale cobi perch disposte in cerchio intorno all'Isnla
di Dclo, e dove in questa direvasi fosse nato Apollo, celebravano i giuochi
Pitici al principio della Primavera, ed era antiro uso cantare solamente il
pi hello fra glinni apportati in onore d'Apollo. In seguito vi s'introdussero
diversi strumenti musicali. La ricompensa clic si dava a colui che avea vinto
il premio, era una corona di lauro, perch quest'albero era consacralo ad
Apollo. Alcuni Autori dicono che ai vincitori si davano anche speciali pomi che
per non si specificano, ma cli'rrano anche ronsacrati a questo Dio della
Musica.
Questi giuochi Pitici, con l'nndar del tempo diventarono quasi simili a
quelli Olimpici: e mentre dapprima si celebravano ogni nove anni, e rio
dopo compiuto l ottavo, in seguito lo furono ogni cinque anni, o dopo spirato
il quarto anno, e servirono di Epoca agli abitanti di Drlfn e delle vicinanze.
Si diceva nhe i nove anni erano stati determinali dal numero delle nove Ninfe
che portarono dei presenti ad Apollo, dopo che questi ebbe liheralo il paese
dal serpente Pitone; e questo un riferimento anche alle nove aquile tiranti
delle frecce ad un punto circondalo da un eerchio, rb carati ere chimico del
l'oro, e che Senior ha adottato quale rmhlenia della Grande Opera.
La prima volta che si celebrarono questi giunchi, Castore si ebbe il premio
dello Stadio, Polluee quello del pugilato. Calai quello della corsa. Peleo quello
della piastrella, Talamone quello della lolla, rd Errle quello del panrra/io:
e tutti furono coronati di lauro. Pausatila invece riferisce che alla prima rap
presentazione ('risnlemo dell'Isola di Creta riport la vittoria, ni in seguilo
Tamiri figlio di Filammonc. Si disccrne chiaramente clic i notiti di questi
prelesi Atleti sono tutti inventati, come precedentemente dimostrammo: tanto
vero che il Crisotemo di Pausatila non per nulla differente da Ercole, sim
bolo dellArtista, poich Crisotemo significa: chi governa l oro, oppure chi
ne prende curo, da OF(iifirfivi>= comandare governare derivando da B/pt;
e da jstra; = oro. Ci detto, nnn desta alcuna sorpresa sentire che Crisolemo
abbia riportato la vittoria la prima volta che si celebrarono i giuochi Pitici,
dato che questa prima celebrazione il simbolo della Medicina Aurea attra
verso le sue operazioni, ed in memoria della quale detti giuochi furono
istituiti.
Si distingue poi il primo vincitore dal secondo, e che si chiamava Tarairi,
figlio di Filammone, come se si dicesse che la moltitudine riunita dei diversi
Paesi o Nazioni, aveva riportato il premio assegnato nella reale celebrazione
di questi giuochi. I nfatti, Tamiri la stesso che il di ivo = assemblea solenne;
e Filammone deriva da <r>'?.| razza, trib; ed dtidm = assembrare, riunire;
poich nelle operazioni della Grande Opera, l'Artista solo persegue la vittoria
del pancrazo o lotta, che riport Ercole in tutti i giuochi, e che lArtista
effettivamente riporta, vittoria che sostituisce la corona di lauro data in premio
alla moltitudine, e ch'era la ricompensa del vincitore dei giuochi, che della
vittoria dellArtista, ne sono l'allegoria.
Perch diccsi ch'Ercole o lartista fu il vincitore al pancrazo, ed anche in
tutte le lotte? Si perch la Medicina Aurea d a colui che la possiede le
ricchezze e la salute, e nelle quali consiste tutto l utile ed il gradevole della
vita; chessa la forza di tulle le forze, secondo l'espressione dErmete, e
panrrazio deriva da :wtv =tutto, e da xpnrr = forza.
Gli Inni che nei Pitici si cantavano in onore di Apollo, erano eseguiti in
memoria di quello che lo stesso Apollo aveva cantato quando Ciovc vinse i
Titani, e detronizz suo padre Saturno: e Tibullo nel secondo libro delle
sue Elegie, scrive che in quella occasione Apollo era vestito magnificamente.
S' visto nel terzo libro quale eoncollo ci si deve avere di questo preteso Dio,
e quindi ormai dobbiamo essere convinti clic Orfeo e gli altri Poeti non hanno
punto inteso parlarci del Sole che ci illumina, n di un qualche uomo che sia
realmente esistita; sebbene di un Apolla geroglifico o Sole Filosofico, e del
quale spessissimo abbiamo spiegalo la genealogia e le azioni.
Diciamo ancora due parale sulla morte del serpente Pilone,
l.a putrefazione di ques'to serpente ci che Ita dato origine al suo nome ed
a quello della Pizia.
Raimonda bullo, a tale riguardo, s'esprime cos,
E per questa ragione si deve dire allegoricamente che il gran drago
nato dai quattro elementi confusi: ma non bisogna intendere alla lettera, e
cio chesso terra, acqua, aria o fuoco; ma eh'esso una unica natura la
quale possiede la propriet dei quattro elementi . Questo drago non pu mo
rire se non attraverso la dissoluzione oppure quando il suo veleno scola dalla
ferita nera: Perch dice Mariano: tt Se il drago non cade in putrefazione e non
:s3-
annerisce, non si dissolver; e se non sar punto dissolto, non sar penetrato
dalla sua acqua; e se non sar penetrato dalla sua acqua, non vi si [ar n
congiunzione n unione d .
Questo drago fu ucciso alla base de) Monte Parnaso poich I* I poilo Filo
sofico risiede in alto con le Muse; vale a dire che la materia in putrefazione,
alando in fondo ai vaso, le parli volatiti che montano in alto, simboleggiate
dalle Muse, con le quali l'Apollo dei Filosofi si volatizza, ricadono sulla materia
ch' nel fondo per penetrarla e dissolverla. Queste parli "olatili sono chiamate
frecce, perch le frecce sembrano volare allorquando ,c si scoccano con un
arco e le ai usano per arrestare gli uccelli nel loro volo, e gli animali nella
loro corsa.
I GIUOCHI NEMEI
Lorigine d questi giuochi non meno favolosa di quella dei giuochi dei
quali abbiamo gi detto.
Dicesi che gli Argonauti che si recavano alla conquista del Vello dOro,
furono obbligati a fermarsi a Lemno, dove Giasone, prima di riprendere
la navigazione, lasci I pei fi le gravida ftun figlio del quale si sgrav qualche
tempo dopo. Appena questa Principessa partor, essendo caduta in odio alle
Dame del paese, per dicerie sparse contro di essa, decise di sfuggire in riva al
Mare, onde evitare il furore delle sue perseeutrict. In tale occasione venne
rapita dai Pirati i quali la vendettero a Licurgo, e che ne fece la nutrice
di suo figlio Archemore.
I Greci che si recavano alla spedizione di Tebe, attraversando il paese di
dello Principe, trovarono questa illustre nutrice sola con Archemore in un
bosco, ove la sete li aveva portati per trovarvi un rinfresco. Essi la pregarono
d'indicar loro qualche sorgente d'acqua; ci cltessa fece conducendoli essa
stessa, avendo deposlo il bimbo sull'erba, ina durante questa sua breve assenza,
il bimbo venne morsicato da un serpe, e mori subito, I Greci, afflitti per tale
funesta avventura, uccisero il serpe, e fecero superbi funerali a questo fanciullo,
ed istituirono dei giuochi in suo onore, e che furono chiamati .Nemei, dal nome
del Regno di Licurgo, o piuttosto da quello della fontana presso la quale
accadde tale disgrazia. Un'altra tradizione li attribuiva ad Ercole, il quale
li avrebbe istituiti dopo aver liberato la foresta di Nemea e le vicinanze,
dal leone che devastava il paese, e del quale Icone Ercole indoss la pelle
per tutta la sua vita.
Si svolgevano gli stessi esercizi degli altri giuochi; ma la ricompensa consi
steva in una corona d'Appio verde, perch questa pianta era considerata
funebre, ed i giuochi erano stati istituiti in memoria della morte d'Archemore.
La celebrazione di questi giuochi serviva quale Epoca agli Argivi ed agli
abitanti di quella parte dell'Arcadia nelle vicinanze della foresta Nemea.
Si sa che la spedizione degli Argonauti una pura allegoria, e conseguen
- 284-
temente la conoscenza che Giasone fece d'Ipsifile a Lemno, la gravidanza,
la fuga, e tutta la sua storia, lo del pari allegorico.
E evidente che Giasone l Artista, ed Ipsifile la materia cos chiamata
da Yqio? - altezza, e da ifd'io = amore, e ci sia perch la detta materia
la si raccoglie sulle altitudini, come affermano i Filosofi, sia perch la con
cezione del fanciullo Filosofico si sviluppa nellalto del vaso. A tale riguardo
nel libro 2., al C.ap I . citammo parecchi testi dei Filosofi.
I l parto d'Ipsifile quello Filosofico, e la fuga di detta Principessa, ed il
ratto subito simboleggiano la volatilizzazione della materia; il suo arrivo nel
Regno di Licurgo la perfezione del Magistero; Licurgo le d il figlio a nutrire,
e ci vale il cominciamento della seconda operazione o dellElsire; essa indica
una fontana ai Greci, voi quanto dire la fontana od acqua mercuriale dei Filo
sofi ! Archemore durante questo tempo viene morsicato da un serpe e ne muore,
e ci indica la putrefazione che attacca il figlio del Sole Filosofico; e la
morte simboleggia la dissoluzione e la negrezza.
Ecco dimostrato come l'oggetto per l istituzione dei giuochi Neniei lo
stesso di quello degli Olimpici e dei Pitici. Circa la morte del leone della fo
resta di Nemea, la spiegheremo nel libro seguente, nel quale parleremo delle
fatiche drcole.
I GIUOCHI ISTMICI
I giuochi Istmici non vantano una fondazione pi certa degli altri giuochi;
s'ignorano ugualmente chi li istitu e quale occasione li fece sorgere; tanto
che a voler riguardare ci che gli Autori ne scrssero, non ravvisiamo altro
che favole. Plutarco afferma che Teseo li istitu in onore di Nettuno, ad imi
tazione di quelli drcole che aveva istituiti in onore di Giove Olimpico, vale a
dire ad imitazione dei giuochi Olimpici. Altri li attribuiscono a Sisifo, figlio
d'Eolo e fratello dAtamas, in memoria della morte di Melicerto, e che la si
racconta nel seguente modo.
Atamas, Re degli Orcomeni, popoli della Beozia o di Tebe, ripudi la
moglie Nefele, dalla quale aveva avuto due fanciulli: Frisso ed Elle; per
sposare poi Ino, figlia di Cadmo, e dalla quale ebbe anche due figli: Learco
e Melicerto. Atamas sera deciso a ripudiare Nefele, perch Bacco lo aveva
reso folle. Ino tanto seppe dire presso Atamas, da indurlo a perseguitare i due
figli avuti da Nefele, sino al punto da costringere Frisso ed Elle a salvarsi tulli
e due su un ariete che aveva un vello doro. Giunone prese vendetta della
persecuzione rhIno aveva suscitata, e questa Dea agit di furore Atamas,
il quale s'immagin vedere Ino mutata in leonessa ed i suoi due figli in leon
celli. In tale stato daberrante furore Atamas afferr Learco chegli vedeva lion-
ccllo, e lo uccise scaraventandolo contro una roccia. Avendo ci visto. Ino
scapp recando seco suo figlio Melicerto, ed and a rifugiarsi sulla roccia
Moluria, donde si precipit nel mare con il figlio. Un delfino condusse il corpo
- 285 -
di Melicerto all'Istmo di Corinto, dove Sisifilo, (rateilo d'Ataraaa, gli rese
superbi funerali, ed istitu i giuochi Istimici in suo onore.
Il Poeta Archia dice che questi giuochi non vennero istituiti in onore di
Nettuno, sebbene di Pelemone; e ci perch la favola riferisce che Nettuno
avendo piet d'ino e di Melicerto, mut la madre in Nereide chiamandola
Leucotea, ed il figlio lo nom: Palemone.
Questi giuochi Istmici si svolgevano quasi con le stesse cerimonie e gli
stessi esercizi degli altri giuochi.
H Poeta che abbiamo citato esprme in questi quattro versi i quattro
giuochi , cosi tradotti in latino:
a Qualuor in Graecis certa mina, qualuor ilio
Sacra: duo luperia, sunt duo sacra v i n i
Sunt jovis haec, Phoebique, Palaemonis, Archemorique.
Proemia sunt olrae, Pinea, Mala Apium.
Questi giuochi si celebravano ogni cinque anni, ed i vincitori venivano
coronati con ramoscelli di pino, e tanto i Corinti, quanto gli abitanti detlI-
stmo li presero per epoca.
Ora, tutta questa storia battuta sul conio dellArte Ermetica, come quelle
che diedero origine agli altri giuochi. Vi si scorge l'origine del Vello doro,
e ci da solo sufficiente quale dimostrazione probativa; ma con gl'increduli
non bisogna essere avari nelle prove. Analizziamo dunque questa storia sinte
ticamente.
Nefele viene da Nffpfbi = nube, ch moglie di Atamas, figlio d'Eolo ch
il Dio del vento, e ci perch nell'aria rinchiusa nel vaso che selevano in vapori
le parti volatili della materia Filosofica.
Queste parti si riuniscono in gran numero in forma di nube; ed questo
il matrimonio dAtamas con Nefele, poich Atamas viene da n completivo e
0ap, derivato d dpu = insieme. Da detto matrimonio nacquero Frisso ed
Elle. Elle fuggendosene con suo fratello sullariete dal vello doro, cadde nel
mare e sanneg; Frisso fu trasportato nella Colchide.
La fermentazione delle parti volatili che si riuniscono in nube, genera un
movimento ed una agitazione nella materia che trovasi in fondo al vaso, dov'
la parte fissa aurifica della materia, vale a dire il vello doro, che anche si vola-
lizza, con la porte acquosa mercuriale, ci che viene simboleggiato dalla
nascita e la fuga di Frisso ed Elle, dato che Frisso viene da (fpl = agitazione,
mormorio dellonda.
Nella sua fuga Elle s'annega, dato che dette parti volatili precipitaci
nellacqua mercuriale eh' in fondo al vaso, chiamata Mare dai Filosofi; ci
ch ugualmente espresso da Elle, che deriva da Xo; = palude, acqua sta
gnante. La follia di Nefele eccitata da Bacco, denota la fermentazione della
materia mercuriale eccitata dalloro Filosofico, designato da Bacco, come nel
286 -
capitolo di questo Dio dicemmo. Atamas ripudia Nefele, e sposa Ino, dalla
quale ha due figli: Lcarco e Mclicerto. Ino il mercurio purificato mediante
la suLlimazione Filosofica, tanto vero che Ino viene da l vrui = purgare.
Da questo secondo matrimonio, quello cio delle parti purgate, purificate
e riunite, nacque Lcarco, vale a dire la riunione dei principii della Pietra
dei Filosufi, poich I cario viene da Aiv; = pietra, atticamente sc;, e da
A\v,| = principio; e questo contemporaneamente indica la ragione del perch
l'Autore della Favola ha finto che Atamas Fuccisc fracassandolo contro una
pietra, dato che a misura che le parti volntili si fissano, perdono il loro movi*
mento e la loro volatilit che sono l'indice della vita, come il riposo il sim
bolo della morte.
Ino, ci vedendo, si precipit nel Mare con suo figlio Melicerto dalla Roccia
Motoria; e ci vale come se si dicesse: che la parte terrestre purificata e
bianca, che contiene il frutto Filosofico, si precipita in fondo al vaso, e trovasi
sommersa dall'acqua mercuriale. Questo ha bene espresso Ripleo, gi da
noi citato in parecchie occasioni, dicendo: a quando la terra tremer, le
montagne precipiteranno in fondo al Mare; dum turbabitur terra transferentur
montes in cor Maris: ci chesprime il turbamento e l'agitazione d'ino, e la
sua sommersione nel Mare.
La terra Filosofica nuotava prima come unisola galleggiante, e ci signi
ficalo dalla roccia Moluria, da M o Af i o = andare qua e l, e da (V ie = roccia.
Nettuno colloc Ino nel numero delle Nereidi, e la chiam Leucolea che signi
fica bianca Dea, da A f i /. : = bianco, e B s n ; = Dio; e ci perch quando la
terra si precipita, essa bianca, e dato che rassomiglia ad una pappa, secondo
Filalete e parecchi Filosofi, Nettuno diede il nome di Palemone a Melicerto,
da Iliil.q. dal quale s (ormato Flul.qpdciov = minestra e Palemone.
La favola della nascita di Diana ed Apollo ce ne lo ricorda, poich dicesi
che lIsola di Deio era vagante sulle acque, e che Nettuno la fiss per favorire
Latona, e la spiegazione l abbiamo data nel terzo libro.
Un delfino trasport Melicerto allIstmo di Corinto, dove Sisifo gli tribut
solenni funerali, ed istitu i giunchi Istimici in sua memoria. I funerali sim
boleggiano l'operazione dellElisire, o la perfezione dell'Opera: perch Sisifo
era figlio dEolo, come Atamas, e l uno ci fa comprendere l'altro senza biso
gno dulteriori spiegazioni. .Se poi si vuole attribuire a Teseo l istituzione di
questi giuochi, il rupporlo con la Medicina Aurea non sar meno evidente,
come lo si pu controllare rileggendo quanto dicemmo di Teseo, nel capitolo
che lo riguarda.
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LE FATICHE DERCOLE
La reputazione drcole alata tanto universalmente diffusa, e le sue
grandi fatiche hanno sollevato tanto scalpore nel Mondo, che non v angolo
della terra ove non sia nolo rin dalla pi remota antichit. Egli venne
sempre considerato quale il pi grande degli Eroi, vincitore d mostri e di
tiranni. Quindi sarebbe assurdo ed anche di cattivo gusto combattere la realt
della sua esistenza, almeno nella immaginazione dei Filosofi, ed anche dei
Poeti che li imitarono. Si vuole chErcole sia esistito in carne ed ossa, e si
pretende anche che di Ercole ve ne furono parecchi; ed in d e arei d'accordo.
Anzi, dico di pi : ogni paese ha avuto il suo, ed anche pi duno. Ma infine
ch'Ercole sia stato Egizio, Fenicio, Ideano, Callo o Germanico, o di qualunque
altra nazione, qui trattasi di quello al quale si sono attribuite tutte le fatiche
delle quali io debbo parlare in questo libro.
Tutte le fatiche, vennero esplicate da parecchi Eroi aventi lo stesso nome,
e poi attribuite ad Ercole Tebano? Non lo credo affatto; e malgrado tutto,
converr nel ritenere che Ercole on soprannome od un attributo di tutti
coloro che hanno compiuto le azioni delle sue fatiche. Cosi, che lrcole Tirio
si chiamasse Tasio; il Fenicio: Defanao od Agenore; il Greco: Alceo od Al
cide; l Egizio, contemporaneo dOsiride, e Generale degli Eserciti: Osochore
o Chon; l'I ndiano; Dorsane; il Gallo: Ogmione, ere. poco importa. Qualunque
nome abbiano tutti gli Ercoli del mondo, non mancano per questo di essere
degli Ercoli, e tutti, checch si dica, erano figli d'Alcmena, come bentosto
vedremo. Ma quello ch' veramente sorprendente, ai che gli Storici ed i
Poeti hanno voluto annoverare tra le imprese d'un si grande eroe, e traman
darci con grandi elogi una quantit di azioni che anche un semplice Palafre
niere ordinariamente eseguisce. Ma che! scacciare gli uccelli da unIsola fa
cendo un gran rumore con dei painoli, nettare una stalla di buoi, portar via
delle cavalle, soffocare un uomo facendogli mancar la terra sotto, uccidere
un'aquila a colpi di frecce, ecc. son dunque questi atti tanto inauditi e straor
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dinari? In che cambiano di natura, solo per essere stati eseguiti da un Eroe?
Ed anche per quanto alla maggior parte delle fatiche drcole, sono tanto
poco verosimili, che un uomo di buon senso arrossirebbe a doverle considerare
come realt; eppure persone di spirito ed equilibrate, nullameno, ce ne
hanno tramandato il ricordo. Ora, ci deve indurci a pensare chesse avevano
di Ercole un concetto ben differente da quello che comunemente si ha. Quelle
consideravano Ercole Eroe favoloso, uscito dagli Dei della Favola, e quindi
non facevano difficolt nell'atlrihuirgli delle azioni le quali convengono ap
punto agli Dei della Favola. Perci lo stesso Ercole lo si suppose contempora
neamente in Egitto, Fenicia, Africa, India e Grecia. Orfeo, il pi antico dei
Poeti, Ermete Trimegisto, Omero e tanti altri raccontano le azioni di Ercole,
ma nessuno dessi si vanta dessere stato suo contemporaneo, o daver visto
le vestigio delle volute azioni di questo Eroe; ma si limitano semplicemente
a raccontarle : e Orfeo, Omero, questi Poeti che sono stati i Padri delle finzioni
e delle favole, meritano desser maggiormente creduti circa le azioni drcole,
pi di quanto non lo si debba a uuelie dei loro Dei? Non dobbiamo invece con
siderarle alla stessa stregua? Io afTermo che tutte sono pure e semplici allegorie,
dato che Orfeo fu il primo che attinse dagli Egizi tutte quelle degli Dei e degli
Eroi, che poi trapiant in Grecia, e ci afferma egli stesso al principio della
sua Argonautica. Eppure, Autori molto posteriori ad Orfeo ed Omero di
molti secoli, hanno avuto il grande sangue freddo di credere realt le Egizie
allegorie, ed affermare che gli Dei e gli Eroi hanno effettivamente regnato
in Egitto per un periodo di diciotlo a ventimila anni. Per convincersi della fal
sit di tale asserto basta analizzare la genealogia di detti Dei, e dei quali Oro.
secondo Erodoto (in Euterpe) fu lultimo: a Priores lamen his viris fuisse
Dos in Aegypto principes, una cum hominibus habitantes, et eorum semper
unum extitsse dominatorem; et postremum illic regnasse Horum Osiris filium,
quem Graeei A polline m nominarli. Tune, postquam Typhonem exlinxit re
gnasse in Aegypto postremum. Osiris autem, Craeca Lingua, est Dionysus o.
Dunque, se Oro lultimo degli Dei ch'abbia regnato in Egitto, come gli
Egizi avevano ragione di dire, poich Oro od Apollo la perfezione dell'O
pera Ermetica, cio l'Elisire perfetto al rosso, la sua genealogia non conta
molte generazioni. Oro era figlio dOsiride, e questi lo era di Saturno, e Sa
turno ebbe Celo od il Cielo per padre. E Celo di chi fu figlio? Cosi tutta la
catena degli Dei, secondo gli Egizi, consiste in Celo, quale radice dell'albero
donde sbocciarono successivamente: Saturno, Osiride ed Oro. Ecco gli Dei
che hanno regnato tante migliaia d'anni! Gli Egizi, effettivamente, non pote
vano annoverare un maggior numero, e ci tenuto riguardo alloggetto che
essi si proponevano in questi Dei allegorici, poich nellArte Ermetica non
sono pi di quattro, come continuamente abbiamo sinora constatato. Celo
la materia. Saturno il color nero, Iside il color bianco, ed Oro il color rosso;
vale a dire: la materia messa nel vaso Celo, il quale regna sino a che non
sopravviene il color nero o Saturno: Saturno allora regna sino all'appari-
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none del color bianco eh' Iside; infine il color rosso succede al bianco: ed
ecco il regno di Oro, il quale giustamente detto l ultimo, dato che il rosso
permanente e non muta pi. Cos ben chiara l allegoria di questi Dei.
Ercole era uno dei dodici Dei dellEgilto, come ce ne attesta Erodoto; e
quindi se il figlio d'Alcmena dorigine Egizia, non si azzardati affermare
che l Alceo Greco e l'rcole Egizio possono essere una stessa cosa, poich i
differenti nomi che si danno allo stesso soggetto, non mutano certo la sua
natura. Per, checch ne sia, secondo tutti gli Autori, egli il figlio dAle-
mena, ed Orfeo, nellArgonautira, c'informa che occorsero non meno di tre
notti e tre interi giorni per formare un cos granduomo. Ed Omero, nellInno
ad Ercole, conferma questo dettaglio del concepimento di detto Eroe.
Questi due Autori a me pare debbano preferirsi a coloro che lo dicono
figlio d'Anfitrione. Alcmena era gi incinta d'Anfitrione: ma essa volle, dicesi,
ingravidare di propria elezione, e Giove essendosi prestato ai suoi desideri,
riuni tre notti in una, e pass con essa tutto questo tempo.
E' evidente che i Poeti hanno voluto mettere qualcosa di straordinario
in questo concepimento drcole, allo scopo di farci intendere che questo
Eroe partecipava pi della Divinit che dell'umanit. Essi hanno sempre
mescolato il meraviglioso nella storia dei grandi uomini, onde suscitare cos
un certo rispetto, perci supposero Pallade nata dal cervello di Giove, per
segnalare la forza della Saggezza e la perspicacia del Genio.
Gli Egizi, primi inventori delle finzioni, non si preoccuparono gran die di
renderle conformi al corso ordinario della natura, n alle regole stabilite dai
costumi. Ecco perch vi si trovano tutti quei pretesi adulterii ed altri mostruosi
delitti che riempiono le loro favole, t le successive ricalcale sulle loro. Ne altri*
buiscono non solo agli uomini, ma anche agli Dei, e li propalano con elogio,
come se per tal modo avessero voluto indicarci che gli attori dei quali si
parlava non erano stati effettivamente n Dei e neppure uomini in carne ed
ossa, ma semplicemente personaggi simbolici, e che la specificazione dei nomi
che erano stati loro attribuiti, doveva servire esclusivamente alla immagina
zione mentale degli uomini. Ermete Trimeg9to, nel suo dialogo con Ascle
pio, ce lo inculca abbastanza, poich egli porla costantemente dun solo Dio
sovranamente buono, sovranamente saggio, e perfetto, dal quale tutto pro
cede, il quale ha creato e governa tutte le cose. E dopo averci parlato dei
differenti Dei, dice che questi furono fabbricati dagli uomini: aSic Deorum
fictor est homo n; indi aggiunge: a I nostri increduli Antenati essendo caduti
in errore a riguardo degli Dei, e non avendo messo la loro attenzione sulla re
ligione ed il culto del vero Dio, trovarono larte di farsi gli Dei d. Chiunque
legger con attenzione questopera di Ermete, vedr chiaramente che gli Egizi
non riconoscevano che un solo Dio eterno, senza principio n fine, e che il
nome di Dio eh'essi davano agli altri esseri, non devessere preso nello slesso
senso, sebbene quali Ministri dipendenti ed obbedienti agli ordini del sovrano
Creatore di questi stessi Ministri e di tutte le cose,
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I Poeti hanno finto che Ercole non era stato fatto tanto semplicemente
come il comune degli uomini; ch, per dare nn esatto concetto della forza
di questo Eroe, lo supposero figlio del pi grande degli Dei, e formato con
un lavoro ed un'attenzione conforme a quello che doveva diventare; e quindi
fu necessario falsare il corso ordinario della Natura nei suoi riguardi. I ndub
biamente i Poeti attinsero queste idee dagli Egizi, i quali, purch ai facessero
intendere, ed esprimessero ci che pensavano In un modo da farlo compren
dere, non si preoccupavano gran che se i mezzi die per ci impiegavano, erano
conformi o no al corso ordinario delle cose. I Greci furono pi scrupolosi in
materia: essi indicavano sovente le cose con i nomi che davano olle Btesse,
e noi lo abbiamo gi constatato in precedenza, mediante l'etimologia stessa
dei nomi. Quello d'Alceo ed Alcide lo ai pu annoverare tra questi; poich
deriva da A7s| = forza, possanza. Era ben necessario supporlo estremamente
forte e rohusto. per superare tutti i rischi, vincere tanti mostri, e venire a
capo di tutte le fatiche che gli si attribuiscono; quindi non bastava designarlo
come nn particolare qualunqne, ma occorreva supporre che venendo al mondo,
avesse portalo una forza corporale ed tm coraggio fuori dell'ordinario. Oc
correva dirlo figlio di genitori atti a generare nn cosi grande nomo; perci
lo si disse figlio d'nu Dio, e se non pi si di nna Dea per madre, ma ani
donna, tuttavia il nome di Alcmena indica abbastanza che non una donna
comune. Alcmena significa: la forza de) genio, la solidit del discernimento,
la grandezza danimo, infine, tatto ci che necessita 'per formare un perfetto
Filosofo: poich A 7| = forza; e Mf vo *=anima, impetuosit, ardore dello
spirito, forxa, coraggio. Tale anche dev'essere l'Artista della Medicina aurea,
e tale Io supposero coloro che gli diedero il nome allegorico di Alceo od
Ercole. Vedremo dalle spiegazioni su questo Eroe, che gli Antichi ordinaria
mente non lo consideravano differentemente, e dico ordinariamente perch
talvolta essi hanno addebitato ad Ercole od all'Artista gli effetti od opera
zioni del Mercurio Filosofico.
I Filosofi Ermetici sovente s'esprimono in quel senso, e dicono: mettete
questo, mettete quello, imbevete, seminate, roabate. triturate, ccc. come
9e lartista io facesse effettivamente per quanto la Natura stessa lo faccia ope
rando nel vaso mediante il mercurio, come ce l assicnra Sinesio, nellarte se
greta dei Filosofi, scrivendo: e Tenete presente che dissolvere, calcinare, tin
gere. imbiancare, imbevere, rinfrescare, bagnare, lavare, coagulare, fissare,
triturare, disseccare, mettere, togliere, sono tutti una sola medesima cosa,
e che tutte queste parole vogliono dire soltanto: cuocere la Natura fino a
quando diventi perfetta n. Ma cos che compie tutto ei? E* il Mercurio
Filosofico od acqua mercuriale, e ci secondo il seguente consglio dello Btesso
Autore: <r Figlio mio, vi dico di non fare alcun conto delle altre cose perch
esse sono vane, ma solo di quest'acqua mercuriale la quale brucia, imbianca,
dissolve e congela. E essa che putrefa e fa germinare n. Per tal modo l'Ar
tista ed il Mercurio lavorando di concerto alla perfezione della Medicina
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Aurea, i trattatisti della stessa mettono indifferentemente nel conto dell'uno
o dell'altra tutto quanto essi dicono con similitudine, allegoria o favolosamente
delle operazioni per mezzo delle quali la materia di questa medicina viene
lavorata, si purifica e si perfeziona.
La storia drcole stata architettata su quel piano; ecco perch gli si d
per fratello un certo Ificle; il quale non aveva chi potesse gareggiargli nella
leggerezza nella corsa, poich Esiodo ci afferma chegli camminava sulle acque
come sulla terra, e sulle spighe di biada senza farle piegare. Ificle fu pure uno
dei principali Eroi che accompagnarono Giasone alla conquista del Vello doro.
Queste caratteristiche della vita dI fide sadattano perfettamente al Mercurio
Filosofico, vale a dire: alla parte volatile della materia della Grande Opera.
Ercole nacque a Tebe di Beozia la quale fu edificata da Cadmo; e la ragione
per la quale costui l edific, e che esponemmo nel secondo libro, la stessa
che fa determinare la nascita di Ercole nella stessa citt.
Per dare una qualche verosimiglianza alla storia drcole, i Poeti hanno
finto che Giunone aveva concepito contro di lui un odio mortale sin da prima
che detto Eroe fosse venuto al mondo, e che per lenire tale odiosit essa
us uno stratagemma che Omero, nel 1. 19 dellI liade, cos racconta : a Un
giorno Ate, figlia di Giove, ingann da sola questo Dio, che lo si dice essere il
pi potente degli Dei e degli uomini. Giunone, per quanto sia una donna,
fece In stesso il giorno nel quale Alcmena doveva mettere al mondo la forza
Erculea nella Citt di Tebe. Giove, gloriandosi aveva detto a tutti gli Dei:
Ascoltatemi tutti, Dei e Dee, voglio mettervi a parte dun progetto che mi frulla
nella testa. Oggi la Dea che presiede ai parti, I litia, metter al mondo un uomo
che regner su tutti i suoi vicini, e quest'uomo sar del mio sangue. Giunone
la quale meditava di giuocargli un tiro, gli disse ; Voi ce ne imponete, ma non
manterrete la vostra promessa; giurateci dunque che il fanciullo che nascer
oggi, uscito dal vostro sangue, regner su tutti i suoi prossimi. Giove, lungi dal
supporre la soperchieria di Giunone, pronunzi un gran giuramento e glin*
colse male. Giunone discese prontamente dallOlimpo, e si rec ad Argo, ove
sapeva che la moglie di Stenelo, figlio di Perseo, era gravida a sette mesi
dun bimbo; e la fece sgravare prima del termine, mentre ritard il parto
d'Alcmena, fermando I litia. Giunone indi si rec da Giove e gli disse: ora
nato un uomo di nobile lignaggio, esso Euristeo, figlia di Stenelo, e nipote di
Perseo il quale era del vostro sangue, e di conseguenza merita di regnare
ad Argo. Giove rest molto afflitto da tale notizia, la collera gli strapp un
solenne giuramento, prendendo Ate per la sua bella capigliatura, e che poich
essa faceva del male a tutti, non ritornerebbe giammai a sedere nel Cielo
stellato. Infatti egli la prese, la fece piroettare con un giro di mano, la
precipit dal Cielo, e venne quaggi ad intrigarsi negli affari umani .
Ecco la pretesa sorgente del potere ehEuristeo ebbe per comandare ad
Ercole tutte le fatiche che questo Eroe fece in seguito. Giunone lo perseguit
sin dalla nascita, perch appena nato gli mond contro due grossi serpenti
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per farlo divorare. I fide ne ebbe paura, e gli fn di grande aiuto la sua legge*
rena per evitare il pericolo: ma Ercole li afferr e li mise in brani. Eumolpo
dice che Giunone aveva, in verit, un grande odio contro Ercole; ma che
Pallade U guari cos perfettamente da tale passione, da indurU persino ad
allattare Ercole con il proprio- latte, cosa che lo rese immortale : che Ercole
succhiando con troppa forza ed avidit la mammella di Giunone, la quantit
superflua che ne tir si spandette e form la via lattea. Altri riportano questo
fatto come accaduto a Mercurio, e lo abbiamo visto nel capitolo che riguarda
tale Dio.
Alcide, con l et, metteva in evidenza le grandi disposizioni chegli aveva;
e la sua forza ed il suo coraggio si manifestarono in tutte le occasioni ; e quindi
allo scopo dottenere buoni frutti da tali ammirabili semenze, si prese ogni
cura possibile della sua educazione. Impar da Tenter, Pastore Scilo, l'Arte
del tiro con lorco; altri dicono da Radamanto, da Tesliade, da Eurito. Lino,
figlio d'Apollo, lo istru nelle lettere; Eumolpo gl'insegn la Musica; Arpalico,
la lotta e le altre arti affini; Anfitrione, l arte di montare a cavallo; Castore,
la maniera di combattere con le ormi, e Chirone infine, il pi Saggio e sapiente
degli uomini nell'Astronomia e nella Medicina, ne lo istru, come aveva fatto
ad Esculapio e ad altri Eroi .
Sicch Ercole ebbe otto Maestri per le arti e le scienze. Era di troppo per
un uomo alla formazione del quale Giove aveva concorso con tutte le sue forze
durante il tempo di tre notti e tre. giorni? Perci non deve meravigliare che
divent un grande uomo; era figlio d'un Dio; aveva tutte le disposizioni possi
bili ed immaginabili, e dei Maestri perfetti, ciascuno nella sua specialit.
Se facciamo attenzione alla radice donde Ercole 6ort, troviamo che Giove,
suo padre, uno dei principali Dei della Genealogia Aurea, e della quale ab
biamo trattato nel terzo libro. D figlio tiene del padre, e deve quindi rasso
migliargli in qualche cosa. Tale il padre, tale il figlio, ma sotto diversi
punti di vista. Luno il principale agente interno, l'altro l agente esterno
o lArtista, o meglio le sue proprie operazioni. Tutti i Filosofi richiedono
nellArtista un criterio solido, uno spirito vivo e penetrativo, un grande corag
gio ed una paziente costanza; e queste sono le qualit che sattribuiscono
ad Alcide. La Saggezza, la vigora e la scienza sono dell'essenza di Pallade;
e sono richieste nel Filosofo, ed ecco perch si dice che questa Dea aveva in
dotto la pace di Giunone con Ercole; ne abbiamo parlato nel capitolo di Gi-
sone, e ne riparleremo nel capitolo seguente a proposito d'Ulisse: perch
questi tre Eroi sono propriamente il simbolo dellArtista. Aurelio Augurello
dello stesso parere:
a .................Ditea ubi pectine eburno
Aurea perpetuo depectunt veliera Nymphae.
Quae prima Heroum pubet rate sancta petivit,
Nec timuit tantos per fluctua quoerere summit
- 293 -
Tum Dubiia ditem sub J osane et H arcui e Cotchon,
Alter inauratimi noto de vertice peltem,
Principium velut bstendit quod sumere possis :
Alter omu quantam subeas, quantumque luborem
Impentas crossata circa muleta, et rude pontlus
Edocuit. Neque enim quem debes sumere magnum
Invertisse adeo est, habilem sed reddere massoni
Hoc opus, hic labor est, hic exercentur inanes
Artificum curae: variis hic denique nugii
Sese ipsos, aliosque simul fntstranlur inertes
(Chrysop. I. 2)
Non dubito che parecchie persone non si decidaoo ad ammettere ehef
fettivamente Bussite un vero rapporto tra ia storia di questi Eroi e la Chimica.
Questi Eroi si son resi celebri per fatti d'arme e grandi azioni; erano dei
Prncipi, ma la Favola non [a alcun accenno atta Chimica a loro riguardo.
QuestArte anche disprezzata, e viene esercitala da persone comuni;
e coloro che la posseggono non sono raccomandabili se non per qualche
scoperta utile alla societ. La maggior parte dei Chimisti sono dei bugiardi
e dei furbi; e parlo dei Soffiatori o cercatori della Pietra Filosofale, i quali
dopo aver mandato in fumo i loro beni, cercano di rifarsi a spese della
credulit altrui, e richiedono dell'oro per fabbricare l'oro. In ci sodo ben
d'accordo, ma qui trattasi di una Chimica molto pi nobile, e che i Re
non sdegnarono desercitare. Non quella che insegna a distillare l'acqua rosa,
lo spirito d'assenzio, ad estrarre i sali dalie piante calcinate, in una parola:
a distruggere misti che la Natura ha formati; sebbene quella che si propone
di seguire passo passo la Natura, d'imitare le sue operazioni, e di fare un
rimedio il quale possa guarire tutte le infermit di questa stessa Natura nei
tre regni che la compongono, e di portare tutti gl'individui all'ultimo grado
di perfezione del quale sieno capaci. Lo stesso vaie per le perfezioni richieste
nell'Artista, e che la maggior parte di coloro che s danno a questa scienza
non posseggono: perch secondo Geber, non possibile riuscirvi le quante
volte non si possegga un corpo sano e completo in tutte le sue parti, un corpo
robusto e vigoroso, una mente colta, un genio acuto, ed una conoscenza dei
principi della Natura. Anche Arnaldo di Vitlanova cos s'esprime a tale
riguardo: a Tre cose sono richieste nell'Artista, e cio, un genio acuto e
sapiente, un corpo al quale nulla manchi per operare, e poi ricchezze e
libri d. E Raimondo Lidio: u Vi dico, figlio mio, che tre cose sono richieste
nell'Artista; un giudizio sano ed una mente penetrativa, naturale, diritta e
senza obliquit, libera da ogni pregiudizio; l'operazione della mano; le
ricchezze per sopperire alle spese, e dei libri per studiare .
Quindi non fuori luogo che Giasone ed Ercole li si suppongono aver
- 294 -
avuta una cos completa educazione, e ehe s finto un cerio CHirone, il pi
aggio ed il pi sapiente del suo tempo, quale Precettore delluno e dellaltro.
In quanto alle difficolt che incontrano, e che impediscono alla maggior
parte di coloro che vi si applicano di pervenire alla conoscenza di questa
della scienza, rimandoci Lettore ai Trattati scritti da Teobado d'Agelandia,
Pico della Mirandola, e Riccardo Inglese. I l Trattalo del primo ha per titolo:
<de rfi/J ind(aliui Chemiae quello del secondo: a de Aura a; e quello
del terzo: a Carrectio /atuorum o. Li si trovano nella: a Biiiotheca Chemiea
curiosa tUangefi u. E' opportuno che on Ercole Chimico sappia queste cose
prima d'inlruprendere le fatiche dell'rcole della Favola e die ci accingiamo
a spiegare.
Nel terzo libro, cd anche in questa, abbiamo visto ch'Ercole appartiene alla
Genealogia Aurea degli Dei, e nel primo dicemmo che questo Eroe fu conlem'
poraneo d'Osiride, il quale ne lo stabili Governatore dell'Egitto durante.
I tempo nel quale si rec nelle Indie; che Ercole argin, durante il suo gover
natorato, l'inondazione del Nilo, e che ebhe per suoi colleglli: Busiride, Anteo,
Prometeo e Mercurio. Si racconta che diede la morte ai due primi a cagione
delia loro tirannia. Per conseguenza si suppone ch'Ercole viveva presso u poco
all'epoca di Saturno, di Giove, d'Osiride, e degli altri Dei. E' anche evidente
che i Greci con il loro Ercole non intendevano affatto un Ercole differente
da quello Egizio, poich lo dicono discepolo del Centauro Chirone, e dato che
Chirone era figlio di Saturno c di Fillira. Quindi, se questo Ercole lo stesso
di quello che accompagn Giasone alla conquista dei Vello d'oro, questo
Eroe ha dovuto vivere lunghissimo tempo, poich, secondo il calcolo degli
Egizi, sarebbero trascorsi: parecchie migliaia di anni dal regno d'Osiride alla
stessa nascita di Giasone. Perci, della realt della cosa, devesi giudicare
attraverso questa palpabile assurdit; dei resto dobbiamo anche giudicare
Ercole dai suoi Colleglli: Mercurio, Prometeo, c dai compagni di Giasone e
dei quali gi dicemmo. E dai Maestri ch'ebbe Ercole, si presume qual fosse il
Discepolo. Egli apprese, .dicesi, l arte d tirare le frecce, la Poesia, la Musica,
la lolla, il modo di guidare i carri i di montare a cavallo, lAstronomia e larte
di combattere con le armi. I suoi Maestri furono: Radamanto, Lino, Eumolpo,
Arpalico, Autolico, Anfitrione, Castore e Chirone, e queste istruzioni lo msero
in grado di venire a capo di tutte le fatiche che gli si attribuiscono. E queste
fatirhe furono la conseguenza dell'odio di Giunone, ia quale con il suo strata
gemma, sottomise Ercole agli ordini dEuristeo.
IL LEONE NEMEO
La prima fatica che Aleide intraprese, fu di andare ad uccidere uii grosso
leone che soggiornava nella foresta di Nemea sul Monte Cterone.
Uccidere un leone un'azione che pu campiere anche un uomo cuuiuue;
- 295 -
ina ad Ercole era riserbato di uccidere quello Nemeo, perch questa belva era,
per la nobilt della nascita, di molto superiore alle altre della sua razza. Al
cuni lo dicono disceso dal disco della Luna, altri, fra i quali Crisermo, dicono
che Giunone volendo nuocere, inquietare, suscitare imbarazzi, difficolt e pene
ad Ercole, attir magicamente la Luna nellodio contro detto Eroe, e che perci
la Luna riemp una cista di saliva e schiuma, e da questa escrezione nacque
questo leone. I ride lo accolse fra le sue braccia e lo port sul Monte Ofelta,
ove, nella stessa giornata detto leone, divor il Pastore Apesampto, secondo
quanto ce ne riferisce Demodoco in a Rebus cracIrne t>. Detto leone era
invulnerabile;'ma Ercole sebbene diciottenne, si rec ad affrontarlo, gli scocc
una quantit di frecce che per non riuscirono a penetrare nel vivo dell'ani
male. Allora l Eroe prese una clava ben ferrata e con la quale l accopp;
indi, dopo averlo scorticato della pelle, e ch'egli sempre port sulle sue spalle
fino a quando visse, servendosi esclusivamente delle proprie mani lo sbran
riducendo in pezzi tale mostro.
Un simile racconto ben l'azione dun giovane Eroe, ed avrebbe meritato
d'essere tramandato ai posteri, le quante volte fosse stato conforme alla realt
storica in tutte le sue concomitanze: ma chi quello che non vi scorger l alle
goria od un segno geroglifico di una qualche cosa che l Autore della Favola
ha voluto occultare? Costui sar certamente un credulone o poco chiaro
veggente, oppure un testardo del sistema storico o morale.
In effetti il leone invulnerabile, disceso dallorbita della Luna, oppure
nato dalla sua saliva, non pu,certo essere supposto reale, quindi bisogna
ammettere ebe sia allegorico: e cos Io . E un leone puramente chimico,
quasi invulnerabile, e nato dalla saliva della Luna. Ci si rester convinti dai
testi ebe citeremo dei Filosofi Ermetici. Nei libri precedenti abbiamo fornito
sufficienti prove che il nome di leone uno di quelli che gli Adepti danno alla
loro materia, ma per non obbligare il Lettore a richiamare alla mente ci
di cui forse si sovviene in ordine generale, senta qui rosa ne dice Moriano:
a Prendete il concime bianco, il Leone verde, l almagra rossa e limmon
dizia del morto.... I l leone verde il vetro e l almagra il lattone a LAutore
del Rosario dice: a Noi scopriamo dapprima il nostro leone verde e la nostra
vera materia, e di qual colore essa . La si chiama anche adrop, azot oppure
dueneck verde a. Cos Ripleo, nelle sue 12 Porte: a Nessun corpo impuro
entra nella composizione della nostra Opera, ma soltanto quello che
i Filosofi' chiamano comunemente: Leone verde u. LAutore del Consiglio
sul Matrimonio del Sole e della Luna, ci fa conoscere che questo leone di
natura lunare; e dice che cos come il leone. Re ed il pi forte degli Ani
mali, diventa fiacco e debole per linfermit della carne, similmente il nostro
leone sindebolisce e diventa infermo per la sua natura ed il suo temperamento
Lunare. Da queste citazioni si vede che il leone spesso preso dagli Artisti
per il soggetto o la materia dellArte: e poich lultimo Autore dice che
questo leone un sole inferiore il quale ha una natura lunare; ed ecco perch
la Favola lo dice essere disceso dal disco della Luna.
- 296 -
N minore sorpresa deve destare che la Favola dica che questo leone aia nato
dalla saliva della Luna; ma vi debbono sussistere delle ragioni per dire d,
che secondo le apparenze, hanno indotto i Filosofi ad adottare simili espres
sioni a tale soggetto.
Un Amore Anonimo scrive in un trattato che ha per titolo: a Aurora
consurgeru s: a Alcuni Filosofi hanno latto consistere tutto il segreto dellArte
nel soggetto, o La materia, e gli hanno dato diversi nomi adatti aUeccellenza
della sua natura, come lo si vede nella Turba, nella quale alcuni prendendo
motivo dal luogo, lhanno chiamalo: gomma, sputo della Luna .
Quindi questo Autore ci (a osservare che l appellativo di sputo od espet
torato della Luna stato dato alla materia dei Filosofi a causa del luogo,
senza dubbio, ove essa si ritrova; e per conseguenza parrebbe abbia riguardo
con il leone generato dalla schiuma nel luogo della Luna: perch lo sputo e
la schiuma sono la stessa cosa. Questa denominazione data alla materia la
si trova in parecchi luoghi della Turba dei Filosofi, chiamata anche Codice
della Verit. Astrato vi dice: a Quegli che desidera pervenire alla Verit
mediante la perfezione dellOpera, deve prendere l umore del Sole e l esper
forato della Luna d Pitagora : a Tenete presente, voi che componete questa
assemblea, che lo zolfo, la calce, l alliime, il Kuhul, e lo sputo della Luna,
altro non sono se non l'acqua di zolfo e lacqua ardente d. Ed Anastrato: Vi
dico il vero: niente pi eccellente della sabbia rossa del mare, e dello
sputo delta Luna il quale si congiunge con la luce del Sole e vi si congela d.
Anche Belila: a Alcuni hanno chiamata questacqua: sputo della Luna, altri:
cuore del Sole d.
Questi testi mostrano a sufficienza in qual senso il Leone Nemeo nacque
dallo sputo della Luna: non v che da combinare insieme ci che i Filosofi
intendono per il Leone e per sputo. E anche detto che le frecce drcole non
potettero ferire questo Leone, e che lEroe fu obbligato di ricorrere alla sua
propria clava; poich le parti volatili rappresentate dalle trecce, non bastano
ad uccidere, o far cadere in putrefazione la materia fissa; e per designare con
chiarezza qualera detta sua clava, la Favola dice chErcole, dopo daverla
adoperata, la consacr a Mercurio, e ci perch il Mercurio Filosofico che
completa tutto.
Ercole dopo aver ucciso detto Leone, gli tolse la pelle: e cosi bisogna fare
nellOpera, vale a dire : che bisogna purificare la materia, sino a tanto che ci
ch'era occulto diventi manifesto: Fac occultum manifestum, dicono i Filosofi,
e Basilio Valentino cosi esprime nelle sue 12 Chiavi: a Occorre spogliare
l animale dOriente della sua pelle di leone, indi tagliargli le ali che metter
fuori, e precipitarlo poi nel grande Oceano salato, perch risorga pi bello
di quanto non lo era d. Si racconta anche che appena questo Leone nacque.
I ride lo raccolse fra le sue braccia, e lo port sul Monte Ofelte; e ci allude
ai colori dellI ride che allora appaiono sulla materia, e che le parti volatiliz
zate suniscono alla parte fissa accumulandosi; dato che Ofelte deriva da
'pOiUuv = ammassare, riunire, assembrare od accumulare.
- 297 -
LE FIGLIE DI TESPIO
La notizia della vittoria riportata sa detto Leone essendo pervenuta allorec
chio del Re della Beozia, questi pens che ottima cosa sarebbe stato guada
gnarsi l amicizia drcole con qualsiasi mezzo: a tale scopo gl'invi le sue
cinquanta figlie vergini nella speranza d'avere, mediante tale espediente,
una prole dEroi che rassomigliassero al padre. Ercole accett l offerta di
Tespio, ed ebbe sufficiente vigoria per godere di tutte nello spazio di una
sola notte. Alcuni hanno annoverato questa azione Ira le pi dure ed affa
ticanti imprese di questo Eroe, e lhanno riferita quale tredicesima, in
questi termini:
a Tertius hinc decimua labor est durissimus, una
Quinquaginta simili stupravi! nocte puellas o.
I l fatto molto straordinario per essere vero; ed io ritengo che nessun
Autore possa giustificarne la realt. Teofrasto forse lunico che faccia men
zione (l'un fatto quasi simile, perch parlando duna pianta, racconta che un
Indiano essendosene cibato divent un Ercole, ma dopo soggiacque e mor.
Quindi questa storia ha tutta lapparenza duna allegoria la quale non pu
avere altro riferimento se non alla Grande Opera, nella quale le parti acquose
volatili spno prese per vergini donzelle, e la parte fissa per il maschio, cos
come sinora lo abbiamo constatato cento volte.
A tale riguardo Arnaldo di Villanova dice: a Allorquando la terra o la
parte fissa avr bevuto, e riunito in s cinquanta parti dacqua, voi la subli
merete a forte fuoco u. Anche Raimondo Lullo ne parla similmente nel suo
Codicillo e specificatamente nel 53. paragrafo intitolato: Partus vero terree.
Molti altri Filosofi usano lo stesso linguaggio, e sempre in maniera da dare
ad intendere che la materia fissa ci ch'essi chiamano maschio, e la parte
acquosa volatile ci ch'essi chiamano femmina.
Quello che deve confermarci in questa idea, si che la favola riporta che
dette cinquanta donzelle concepirono tutte, e ciascuna mise al mondo un
figlio maschio; e ci perch il risultato del concepimento filosofico la nascita
della Pietra fissa chiamata maschio. Si riferisce anche con ragione cherano
figlie di Tespio, dato che la materia comincia a volatilizzarsi dopo la negrezza
la quale simboleggiata dalla morte del Leone Nemeo. Ed il presagio pi
fausto per la riuscita dellOpera, secondo il dire dei Filosofi; e questo benis
simo indicato da Tespio, il qual nome deriva da 0 i u i ; = oracolo, presagio,
profezia. Ed forse per questo che le Muse furono chiamate Tespiadi. ed esse
sono certamente le stesse figlie di Tespio, dato che significano la stessa cosa,
come si pu verificare nel capitolo che le riguarda.
Ercole ebbe parecchi figli da Megara, figlia di Creonte Re di Tebe, come
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pure nc ebbe da altre concubine. Ma tutta questa progenie deve riportarsi alla
stessa di quella avuta dalle figlie di Tespio; poich la stessa cosa presentata
gotto un aspetto divergo; ed anche perch dicesi eh'Ercole divenne iurioso,
e fece perire tutti i suoi figli nel fuoco. Parlando delle Baccanti e di Oreste,
abbiamo detto che questo furore allegorico all'agitazione della materia,
provocata dalla fermentazione, la quale ne volatizzu le parti, e le fa perire
col fuoco, ed questo che vale la fissazione per mezzo del fuoco dei Filosofi.
L'IDRA DI LERNA
Dopo questa ardua impresa, Alcide si rec da Euristeo mettendosi ai suoi
ordini. Questi lo mand ad esterminare lI dra, questo mostro a sette leste e che
soggiornava nelle paludi di Lerna, e ch'era stato nutrito ed allevato nei pressi
della fontana Amimona. Questo mostro quando gli si tagliava una testa glie
ne rinascevano due; ma J olao figlio dIficlo, che accompagnava Ercole, bru
ciava col fuoco la ferita subito ehErcole ne tagliava una, onde evitare che dal
sangue che ne sgorgava ne rinascessero delle nuove teste. Apollodoro e poi
Euripide nella sua Tragedia intitolata J one, dice che la falce della quale si
servi Alcide per recidere le teste dell'I dra, era doro.
E' vano cercare di riportare ad una qualunque realt una favola tanto ma*
nifestamente allegorica; ma basterebbe fare attenzione al semplice significato
dei nomi i quali adombrano la spiegazione di questa favola. I dra deriva da
"yba/Q = acqua, e dal quale derivano: P&pu e upo; = Idra, serpente acquatico:
che lo stesso del serpente Pitone; ed abbiamo gi dimostrato sufficientemente
ed in molte occasioni che i Filosofi hanno dato il nome di serpente alla loro
acqua mercuriale; e quindi il serpente dei Filosofi un serpente acquatico,
un'I dra.
QuestI dra fu allevata vicino, o nella Fontana Amimona, poich quest'ac
qua mercuriale di una forza estrema, e che Apipiov vuol dire : bravo, vigi*
lante, forte e coraggioso. Abitava le paludi di Lerna, e ci allegoricamente
perch l acqua mercuriale una vera palude piena di limo; e la parola Lerna
indica chiaramente il vaso nel quale detta- acqua racchiusa, poich i.apva
in Greco significa: un vaso, unurna di vetro o di pietra fonda ed atta a conte
nere un liquido. Haled, nella Turba, adopera l allegoria della palude nei
seguenti termini: a Ci che nasce dalla terra metallica nera, il principio
universale dell'Arte: cuocetelo dunque al fuoco, indi allo sterco del cavallo
durante 7, 14, 21 giorni, e diventer un Drago, il quale divorer le sue ali.
Mettetelo in un vaso ben suggellato, nel fondo del forno: quando sar bruciato,
asportategli il cervello che mescolerete con laceto e con l orina di fanciullo.
Che dipoi viva nella palude, e vi si putrefaccia d .
Ercole non sarebbe mai riuscito ad uccidere questo serpente, vale a dire:
a fissare detta acqua mercuriale, le quante volte J olao, figlio dIficio, non
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fo avesse aiutata applicando il fuoco sulle ferite, poich la morte di que
st'acqua mercuriale, costituita dalla sua fissazione, la quale si compie me
diante il fuoco filosofico, e la conseguente unione sua con la parte fissata la
quale chiamata: Pietra; perch J olao un composto di l q sola, e di
l i a; = pietra; come se i dicesse: pietra unica. Ma perch lo si dice figlio
d'Ificlo? Perch Ificlo per la sorprendente sua volatilit il vero simbolo del
Mercurio dei Filosofi, e dal quale detta Pietra o joiao formalo. Ad ogni testa
ehErcole tagliava ne rinascevano altre, ed anche ci allude alla volatizzazione
della materia, volatizzazione che alcuni dicono si rinnovelli sette volte, ed
altri nove volte, prima di una fissazione perfetta; ed questo ch' simbo
leggiato dal numero delle teste didra.
Ercole le tagli con una falce doro: ma questa falce, poteva essere daltro
metallo, dato che la parte fissa alla quale si riunisce la parte volatile per
fissarsi in un tutto, costituisce ci che chiamasi Oro filosofico?
LA CERVA DAI PIEDI DI BRONZO
Euristeo non concesse riposo ad Ercole: subito dopo che questa Eroe
uccise l Idra, gli comand dandare ad inseguire una cerva dai piedi di bronzo,
e che, contrariamente allordinario, aveva le coma, e cosa pi sorprendente,
dette corna erano doro. La si diceva velocissima nella corsa, mentre posse
dendo piedi di bronzo io ne dedurrei attribuendole una corsa pi pesante.
A tener presente le corna doro di questo animale, necessita persuadervi che
anche questa storia unallegoria cos come ho spiegata in precedenza, e
perci non mi ripeto.
I CENTAURI VINTI
Ercole, dopo aver portato ad Euristeo la cerva dai piedi d bronzo, si rec
a combattere i Centauri, nati dal commercio diasione con la nube che Giove
gli aveva fatto presentare sotto la forma ed in luogo di Giunone. Questi mostri
met uomini e met cavalli commettevano grandi rapine; ma Ercole li stermin
tulli, dato che lo provocarono mentre l Eroe beveva una coppa da Folo.
Ha gi spiegato ci die bisogna intendere per i Centauri, quando ho parlato
dei Satiri, dei Sileni e delle Tigri che seguivano Bacco. Quindi mi resta
soltanto da spiegare perch la Favola dice che Ercole distrusse i Centauri, i
quali l'avevano provocato mcnlr'egli trovavasi da Folo. Si che le parti ete
rogenee rappresentale dai Centauri, vi separano dalla materia omogenea nel
tempo nel quale i variati colori si manifestano Bulla materia; e ci simboleg
giato da Folo che deriva da ipli; ~ screziatura, pelle variegata. Basii- Va
lentino, nelle sue 12 Chiavi, e precisamente nella nona, cosi sesprime: a Da
Saturno, vale a dire dalla materia in dissoluzione e putrefazione, spuntano
- 3 0 0 -
molti colori: il nero, il grigio, il giallo, il rosso ed altre sfornature di questi:
similmente la materia dei Filosofi deve assumere e cambiare molti coViri
prima che sia purificata e pervenga alla desiderata perfezione n.
In quanto al Centauro Chitone, il quale insegn l'Astronomia ad Ercole,
esso non ebbe la medesima origine degli altri, e lo abbiamo spiegato gi pre
cedentemente. Mi si domander quale utilit ricavava Ercole dalla cono
scenza dellAstronomia; e rispondo che gli era indispensabile la conoscenza
di quel Cielo che un giorno avrebbe dovuto sostenere in sostituzione d*Atlante;
ma questo Cielo era il Cielo Filosofico, e del quale noi parleremo parlando
d'Atlante e delle sue figliuole. Occorreva che Alcide conoscesse i Pianeti
terrestri, dei quali egli doveva farne uso, e questi Pianeti non sono certo il
piombo, lo stagno, il ferro, l'oro, il mercurio, il rame e l argento, ai quali i
Chimisti hanno dato rispettivamente il nome di Saturno, Giove, Marte, il Sole,
Mercurio, Venere e Luna; sebbene i metalli filosofici o colori che si seguono
sulla materia durante le operazioni dellOpera.
IL CINGHIALE DERIMANTO
Euristeo diede un nuovo incarico ad Ercole. Un furioso cinghiale devastava
la foresta dErimanto; cd Euristeo mand Ercole non per ucciderlo, ma per
catturarlo e portarglielo vivo, cos come aveva fatto per la cerva dai piedi di
bronzo. Questo cinghiale era stato mandato da Diana, per danneggiare i campi
di Focide. Labbondante nevicata cadutavi, costrinse questo animale a ri
fugiarsi in un piccolo giardino nel quale Ercole lo sorprese, quindi Io leg
e lo port ad Euristeo.
Il luogo della nascita di detto cinghiale, ne svela la sua natura. Erimanto
una montagna dArcadia, come Cillene montagna dello stesso paese, e sulla
quale nacque Mercurio, quindi sussiste una stretta parentela fra di esse, poich
il mercurio filosofico ed il cinghiale dErimanto sono una stessa cosa. Questo
cinghiale era stato mandato da Diana, ed il mercurio chiamato /una, e questo
ha fatto dire al dEspagnet: a Chi dicesse che la luna dei Filosofi, ed il loro
mercurio, il Mercurio volgare, o vuole trarre in inganno, oppure singanna
egli stesso, a .
Il tempo e la circostanza che diedero loccasione ad Ercole d'impadro
nirsi del cinghiale, mostrano precisamente il tempo nel quale il mercurio
filosofico quasi inerte: allorquando la neve era caduta in abbondanza,
vale a dire: quando la materia pervenuta al bianco. Non detto ch'Ercole
uccise il cinghiale, ma semplicemente che lo leg, e ci dato che allora il
mercurio non tutto fissato, e che agisce ancora, non dissolvendo o danneg
giando come faceva prima, ma lavorando insensibilmente alla perfezione della
materia. Ecco perch la Favola dice che questo cinghiale era spossato, e si
lasci sorprendere e legare, per essere portato ad Euristeo; come se si dicesse
-301-
rhp I Artista allorquando Ita condotto le operazioni dell'Opera sino al plinto
nel quale la materia diventa bianca come la neve, il mercurio cominria alluri!
a diventare acqua permanente e filma, e questo simboleggiata da EurLlen clic
nel suo valore etimologico significa: ben affermato, stabile, fisso. Perch la
ragione per la quale Euristeo ha il diritto di comandare nd Ercole, si che
il pieno oggetto dell'Artista quello di lavorare per pervenire alla iiciziouc
del mercurio. Euristeo quindi comanda ad Ercole nel senso che comuiiriiienle
difesi che gli affari comandano gli uomini, nna professione comanda colui
che la -reit.
Si ra-conta anche che i denti di questo cinghiale furono per mollissimi)
tempo conservati nel Tempio dApGUo, poich le parli attive della materia
del Magistero Filosofico, sono i principi dell'Apollo o Sole dei Filosofi
Dato chEurisleo e il simbolo della stessa fissit, era ben necessario ch'egli
fosse detta figlio di Slenelo, il quale vuol significare la forza del calore del
sole, poich Stendo un composto di of)vo = /orzo, ed H /.i] cafn'c.- del
iole; poich il sole o l'oro filosofico una miniera di fuoco celeste, sei-indo
queste parole del d'Espagnel: a L'Artista saggio che sar venuto a capo di riti-
lenire questa miniera di fuoco celeste, deve custodirla preziosa meni.-. In
quanto alla forza, Ermete nella sua Tavola di Smeraldo, cinsegna qual sin,
in questi termini: a Esso sale dalla terra al cielo, e ridisccnde dal cielo in
terra: assomma la potenza, la virt e l'efficacia delle cose inferiori e superiori.
Per suo mezzo voi otterrete la gloria di tutto: esso telesma la forza pi forte
di tutte le forze, >> .
Ma perch si suppone elle questo cinghiale abili su una 'montagna ' Nc
esponemmo pi d'una volta la ragione che avvaloreremo citando ancora altri
lesti dei Filosofi. Calid, nel cap. 10: a Andate, o figlio mio, sulle montagne
delle Indie, penetrale nelle loro caverne, e raccoglietevi le pietre onorate dai
Filosofi, a E Resino dice: a II nostro rebis nasce su due montagne le quali -i
trovano a destra ed a sinistra, montatevi, e vi rinverrete la nostra Pietra.
Moriono dice lo stesso, e Maria, nella sua Lettera ad Aros: a Prendete l'erba
bianca, chiara, onorata, la quale cresce suite piccole montagne.
Questa la ragione per la quale la Favola finge elle Ercole ha domalo,
uccso o catturato tante belve sulle montagne. La materia, secondo Arnaldo
d Villanova, si gonfia nel vaso, e si forma in montagna; ed anzi il vaso stesso
spesso chiamato con tal nome.
ERCOLE NETTA LA STALLA D'AUGIA
Non certo d buon guato presentar Ercole trasformalo in Palafreniere,
e darcelo per un grande uomo ed Eroe, perch nett una stalla. E' vero
ch'egli intraprende da solo di fare in un giorno quanto cento uomini assieme
non avrebbero fatto: ma un atto di tal genere, anche se fosse stato realmente
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compiuto, meritava davvero dessere consacrato fra le azioni dun Eroe, e
tramandato ai posteri? Nettare una stalla nella quale tremila buoi avevano
accumulalo lo sterco per molto tempo, non era punto un'azione clic conve
uisse al genero del Re Creonte, all'erede naturale del Regno di Micene; ma
solo emerge la difficolt, e solo a detta difficolt bisogna mettere attenzione.
Augia, Re dell'Elide, e figlio del Sole, aveva una stalla nella quale si
ricoveravano tremila buoi. Euristeo che non concedeva tregua ad Ercole, gli
ordin di togliere tutto lo-stallatico in un giorno; ed Ercole obbed. Si rec
quindi da Augia e convennero che Ercole avrebbe avuto in compenso la decima
parte degli animali clic costituivano la mandra, le quante volte avesse ese
guito in un sol giorno tale lavoro; ci di'Ercole esegui precisamente, ma Augia
si rifiut di eseguire la promessa pattuita. Pausania riferisce che durante
questa fatica. Ercole, aiutato da Minerva, fu costretto a lottare contro Plutone,
il quale voleva punirlo per aver portato via dall'Inferno il cane Cerbero; e che
Ercole feri Plutone. Ma tutto questo semplicemente allegorico.
Augia, dicesi, era figlio del Sole, poich Avy'1, dal quale s derivato
Augia, significa: Luce, splendore, e la luce e lo splendore della luce sono un
effetto del Sole. Aggiungete che Augia era anche Re di Elide, da E"Xq = calore
del Sole; e gi spiegammo nel capitolo precedente cosa bisogna intendere
con ci. Augia possedeva tremila buoi in una stalla, ed Ercole prese impegno
di nettarla in un giorno; ma logico formarsi il sano criterio clic questi buoi,
il loro stallatico, non sono cose reali; che neppure Plutone fu mai realmente
in Elide: c questa la verit che fa duopo accettare. Infatti, parlammo ili
parecchie occasioni dei favolosi buoi d'Apollo, il quale perci fu detto Pa
store; e nel capitolo di Mercurio abbiamo visto che questo Dio alato gliene
ub alcuni; c quindi io ritengo che Augia, figlio del Sole o dApollo, u ere
dit dei simili dal paterno patrimonio. Spiegammo abbastanza cosa bisogna
intendere per i buoi, tanto nei capitolo dApollo e di Mercurio, quanto in
quello di Api; e perci non ci resta che spiegare solamente dello stallatico di
questi buoi; perch per quanto riguarda la stalla, si vede chiaramente che
(li-nola propriamente il vaso Ermetico.
Tutti i Filosofi parlano della materia della Grande Opera o della Me
dicina Aurea, come duua materia estremamente vile, disprezzata, c spesso
mischiale con le escrezioni; e dicono persino che la si rinviene sul letame
poich possiede sozzure e supei fluita, dalle quali necessita purgarla. Quindi
non affatto strano chEuristeo abbia imposto un simile lavoro ad Eicolc
che poi lArtista. I testi dei Filosofi ce lo provano meglio di qualsiasi ra
gionamento.
Moriano dice: I Saggi nostri predecessori dicono che se trovale nell'i/n-
iunndizia la materia che cercate, dovete raccoglierla; ma se non la scoprile,
astenetevi dallo spendere il vostro danaro, per comprarla, perch ogni ma
teria che sacquista con grande costo, falsa e non serve alla nostra Opera.
Avicenna, in De Anima, scrive: u Nei libri che ha scritto Aristotile sulle
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pietre, dice che ve ne sono due neiriminoiKfizHi: Cuna ha buon odore, l'altra
cattivo, entrambe deprezzate e d poco valore agli occhi degli uomini, ma
te fossero note le loro virt e la loro propriet, sarebbero tenute in gran
conio; ma poich le si ignorano, le s dispreizano, o le si lasciano ncU'iin-
inindizia, e nei posti puzzolenti; ma chi saprebbe farne l'anione, troverebbe
il Magistero, n Graziano, citalo da Zaccaria, dice lo stesso come Moriauo:
a Se la trovate nell'immondizia, e vi piaccia, raccoglietela, i L'Autore ilei
Rosario cita Merculino, il quale dice: i Trovasi una pietra occulta e nascosta
in una fontana. Essa vite, dispregiata, ballala neU'iiumondizia e coperta di
sozzura, d Arnaldo di Villanova: a E b u sacquista a vii prezzo, anzi non
costa niente, u Bernardo Trevisano: a Questa materia sta innanzi e sotto gli
occhi d tutti, ma il mondo non la conosce perch vien disprezzata e buttala
ai piedi, a E Moriauo: a Prima della sua confezione e della sua perfetta pre
parazione, essa ha un odore pazzolente e fetido; ma dopo preparata, ne ha
uno buono... Il suo odore cattivo ed assomiglia a quello delle sepolture, n
Calid: a Detta pietra vile, nera, puzzolente, e non la si compera assoluta
mente. s
Ma per provare ancora pi chiaramente la ragione che l'Autore della Favola
ha avuto nel paragonarla allimmondizia o letame, e farne la sua allegoria,
leggiamo ci che ne scrive Aimone nella: Lettera sitile Pietre dei Filosofi :
a Questa pietra che desiderate, quella che la simpiega nella coltivazione
delle terre e che serve a fertilizzarle, d
Tutto quanto innanzi abbastanza per torci comprendere cosa sia questo
stallatico dei buoi d'Augia, e,eh'Ercole dov asportare: ma per rendere pi
chiara la metafora, diremo che questo letame deve essere considerato per la
materia in putrefazione, la quale ben saddice al letame Hlesso, Del resto, ci
indicato da Plutone, il quale combatte Ercole, e resta ferito da una freccia;
questo perch, come vedemmo nel capitolo di Plutone, l'Impero tenebroso
di questo Dio simboleggia il color nero che sopravviene alla materia in putre
fazione; e si dice poi che Plutone si ritir dopo essere stato ferito dalla freccia,
perch il color nero scompare a misura che la materia si vointizza.
Sicch il lavoro dell'Artista consiste nel separare il puro dalTimpuro, e
purificare la materia dalle sue parti eterogenee, facendola passare per la
putrefazione; allora le sozzure e l'Immondizia infetteranno il vaso simboleg
giato dalla stalla; e lutto questo lavoro ai compir in un sol giorno; non perch
la materia resti un sol giorno nera e putrefatta, tanto vero che i tremila buoi
avevano soggiornato pi di un giorno nella stalla d'Augia; ma perch la disso
luzione essendo perfetta e completa, non occorre pi di un giorno perch la
materia cominci a manifestare il piccolo cerchio bianco, del quale parlammo
nell'articolo del ratto di Proserpina. Allorquando i] bianco appare, la putre
fazione cessa; e di conseguenza non v' pi letame.
Ercole aveva convenuto con Augia, che questi gli avrebbe dato in ricom
pensa la decima parte della mandra, perch, secondo il Cosmopolita, bisogna
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che la (ortnna sia molto favorevole allArtista perch questi possa averne pi
di dieci parti, a Erant quidem multi qui partim tentabanl illue aquam fonti
per canale deducete, partirti etiam ex variis rebus eliciebanl; ed fruslaneu
eroi attentanti labor...... et si habebatur, inutili tamen fu t i , et venenota,
aiti e radii tali vel luna, quod pauci praestare potuerunt; et qui in hoc
perficiendo fortunata habuil propiliam, nunquam ultra decem parte potuit
attrahere a. Orbene, questacqua, della quale parla il Cosmopolita, deve
estrorsi dai raggi del sole, e felice quell'Artista che pu averne dieci parti.
Perci Ercole chiese ad Augia la decima parte della mandra, cio dei buoi
che questo figlio del Sole aveva ereditato da suo padre. Ma perch detto che
Augia rifiut di darli ad Ercole e li mantenne per s? Perch Augia, come
abbiamo detto, significa splendore, luce; e questo si conviene alla materia
pervenuta al bianco dopo il nero, dato che la materia al bianco chiamata:
luce, splendore del sole; e ci provato dai testi dei Filosofi che abbiamo
citato. Quindi allorquando il colore bianco, simbolo di nettezza, compare
sulla materia, la stalla dAugia nettata; Augia trattiene per s la decima
parte della mandra clic aveva promesso ad Ercole, e ci perch l'operazione
si continua, e non ancora tempo che l Artista gioisca delle sue fatiche.
Ercole ^degnato devasta tutto il paese dAugia; e questo perch facendo l'Eli-
sire, si compie una nuova dissoluzione, una fermentazione. Lo stesso Augia,
assalito da Ercole che gli d la morte, allude alla putrefazione che segue alla
fermentazione. Ercole consacra le spoglie di Augia alla celebrazione dei giuo
chi Olimpici, i quali furono istituiti in memoria di questa ultima operazione
che completa la perfezione dell'Opera o Medicina Aurea.
ERCOLE SCACCIA GLI UCCELLI STINFALIDI
Ercole era adatto-a tutto: dopo aver ucciso un leone a colpi-di clava, cattu
rata una cerva in corsa, tagliate le teste dellidra di Lenta, legato il cignale
d'Erimanto, nettata la stalla dei buoi d'Augia, Euristeo non fu ancor pago, e
dopo aver messo alla prova la forza ed il coraggio dAlcide, volle mettere alla
prova anche la sagacia di costui.
Uccelli mostruosi abitavano il lago Stintale, e desolavano l Arcadia; era
necessario o sterminarli, oppure scacciarli da quella regione. Le frecce non
avevano alcuna efficacia contro di essi, e non solo erano inutili le frecce, ma
non si poteva farne uso. Quindi, di quali armi potevasi servire contro degli
uccelli le cui unghie uncinate erano di ferro? Anzi, alruni Autori riferiscono
anche che il loro becco e le loro ali erano dello stesso metallo. Perci quale
efficacia avrebbero avuto le frecce su tali uccelli corazzati? Ma nulla sbalordiva
il nostro Eroe, e ci che non poteva eseguire in un dato modo, ne escogitava
un altro, tanto vero che allorquando per il leone Nemeo vide che le frecce
non erano valide, us la clava. Ma poteva ora servirsi della clava contro
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gli uccelli, dato che questi animali non si lasciano neppure avvicinare? Per
Ercole fervido nel trovare degli espedienti. Dato che aveva avuto in dono da
Pallade una specie di timpano di bronzo, inventato e fabbricato dal Dio
Vulcano: era uno strumento di rame che alcuni hanno chiamato crotalo, adatto
a produrre un gran rumore;- Ercole decide d'usarlo, ed a forza del grande
baccano, stordisce talmente detti uccelli, che questi se ne fuggono e vanno
a posarsi definitivamente nellIsola dArezia, secondo quanto ne riferiscono:
Pisandro di Camira, e Selenco nelle loro miscellanee.
Apollonio cosi ce lo conferma:
a Sed eque ut ArcaJiam peliti vis Berculis arca
Ploidas inde lacu Volucres Stym phalidas uffa
Pellere n potnit: namque hoc ego lumine vidi,
Ast idem ut manibns crotalum pulsavit in alta
Existens specula prospectans, protinus Mae
Cum clamore procul linquenles littus ierunt.
(Argonaut., I. 2).
Vi sono poche allegorie favolose le quali mettano, sotto gli occhi del
Filosofo Ermetico, con maggiore chiarezza, il fondamento della sua Arte, e
ci che si verifica in certe circostanze delle sue operazioni; e ci constateremo
attraverso le testimonianze dei detti Filosofi, i quali conoscevano benissimo
di quale natura era il crotalo fabbricato da Vulcano, e quali erano gli uccelli
del lago Stinfalo. Detto crotalo il lattone o rame filosofico prodotto dal fuoco
dei Filosofi, e di conseguenza lo si dice fabbricato da Vulcano. Questo rame
fissa le parti volatili e scacciandole dallalto del vaso nel mezzo del lago od
acqua mercuriale, nel quale trovasi lisola chiamata Aretia, o della stabilit,
da Aper) = forza, coraggio, fermezza, stabilit, oppure da A'pq; = ferro a
cagione della durezza del ferro; poich le parti volatili simboleggiate dagli
uccelli, vanno a riunirsi alle parti fisse, ammassate in forma disola nel mezzo
del lago filosofico.
La natura di questi uccelli indicata dal nome stesso di Ploydi dato ad
essi da Apollonio, poich Ploydi significa: che nuota sulle acque, da siiiio
= navigare e fiutp = acqua. E questo accade alle porti volatili, mentre circo
lano al disopra dellacqua mercuriale, prima che il rame od il crotalo dei Fi
losofi le abbia fissate. Sentiamo come sesprime a tale riguardo l anonimo
Autore del a Consiglio sul matrimonio del Sole e della Luna eh' daccordo
con quanto Costanzo scrisse nella a Turba : a Mettetevi alla ricerca soltanto
di due argenti vivi; luno fisso nel rame, e laltro volatile nel mercurio, d I n
vidas, anche nella a Turba : Questo zolfo, vale a dire largento vivo.
Ita costume di volteggiare e sfuggirsene; esso si sublima come un vapore. Oc
corre quindi arrestarlo mediante un argento vivo dello stesso genere; e cio
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occorre arrestarne la sfuggita, ed assicurargli una rientrata nel nostro rame, u
Eschimidio: a Vi dico il vero, non esiste altra tintura vera di fissit, se non nel
nostro rame, Senior, nel suo Trattato, cosi scrive: a Vi sono due uccelli
omogenei, o della stessa natura, l'uno maschio che non pu volare, e ci
perch il fuoco non ha alcuna presa sa di esso; l altro la nostra aquila,
ed femmina ed ha le ali: questa soltanto pu esaltare l altro, corrompendolo
onde fissarsi seco lui. Raimondo Lullo: a E' con una acqua di questa specie
(o il nostro rame) che noi fissiamo gli uccelli che volano nell'aria. La virt
della nostra Pietra compie tutto ci. d
Ma perch i Filosofi dicono che il loro rame a bronco ha il potere di
fissare? Archimio, nel suo a Codice di Verit a, cinsegna che la Venere
filosofica la messaggera del Sole, e gli fa avere la Signoria che Marte gli
appresta: ci vale a dire, che la materia cominciando a fissarsi, assume il
colore citrino zafferanato che i filosofi chiamano rame; il color ruggine di ferro
gli succede ed questo che chiamano Marte, ed infine gli segue il color rosso
porpora o di papavero, colore questo che chiamano il loro oro, il loro Apollo,
il loro Sole. E quindi evidente che l'Autore della Favola ha tenuto di mira
questa successione dei colori, e tutto induce a credere che il suo cmlalo di
rame il colore zafferanato, l'Isola di Aretia il color raggine di ferro, dato
che, secondo quanto dicemmo, Aretia deriva da A'pit, = ferro.
Per tal modo, Ercole o l'Artista, aiutato da Vulcano, e sotto la guida di
PalloHe, pu dare la caccia con il crotalo agii uccelli Ploidi i quali volteggiano
sai Iago o lacqua limacciosa del lago Stinfalide, vale a dire sullacqua mer
curiale e fangosa rinchiusa nel mio, il quale di vetro, infine il becco, le
unghie e le ali di questi pretesi uccelli, erano, dicesi, di ferro, come s' dello
che le Arpie li avevano doro; c ci indica la loro natura metallica.
IL TORO FURIOSO DELLISOLA DI CRETA
Parecchi Autori hanno confuso questo loro con il Minotauro; ed Apoliodoro
dice ch'esso era lo stesso di quello che rap Europa. Nettuno irritato invi
detto toro, il quale buttava fuoco dalle narici, per devastare l Isola di Creta.
Eurisleo mand Ercole per liberare detta sola da questo loro, catturarlo e
portarglielo. Ercole, sempre pronto ad obbedire, specie poi quando si tratta
di una qualche azione nella quale il pericolo da affrontare poteva accrescere
la sua gloria, part ailislanle, perch egli era infaticabile, tanto che Ovidio
(Metani. I. 9, fav. 3) gli fa dire: Ego sum indejessus agendo.
Ercole arriva nellIsola, ai mette in cerca per scovare lanimale, l'affronta,
se ne impadronisce, lo lega e lo porta ad Eurisleo. La Favola dice che Euri-
ateo alla vista di questo toro che Ercole gii port, and a nascondersi in una
specie di botte di rame. Ci allegorico, ed il Lettore ricordi ci che ab
biamo detto circa la natura tanto di questo rame, come pure d'Euristeo, e tenga
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anche presente quanto dicemmo di altro simile toro nel capitolo del Vello
dOro. Solamente occorre osservare che detto toro era stato inviato da Nettuno,
e che questo preteso Dio, che comunemente lo si spiega per il Mare, va inteso
per il Mare dei Filosofi, o per la loro acqua mercuriale.
DIOMEDE DIVORATO DAI SUOI CAVALLI
Finora Ercole aveva messo in evidenza la sua forza, il suo coraggio e la sua
abilit e sagacia; ma ora occorre.che si armi di un poco dinumanit. Euristeo
10 manda nella Tracia perch s'impadronisca di Diomede, il quale ne era
11 Re, e gli rechi i cavalli dello stesso. Questo Re, di certo pi inumano di
quanto non fossero feroci i suoi cavalli, li nutriva con la carne degli stranieri
che capitavano nel suo paese.
Ercole non us alcun rispetto per questo figlio di Marte; simpadron di Dio*
mede e lo diede in pasto ai suoi propri cavalli, uccise alcuni di questi ani
mali, e condusse poi il resto del branco ad Euristeo. Eppure Ercole avrebbe
dovuto avere un qualche riguardo, dico io, per il Dio chegli rappresentava,
dato che il suo coraggio, la sua forza, la sua intrepidezza e le altre qualit
guerriere lo rendevano un secondo Marte. Per Ercole non aveva ricevuto
queste qualit da detto Dio, e quindi non gli era obbligato. Del resto Dio
mede era nipote di Giunone, e questa Dea aveva perseguitato il nostro Eroe.
Ercole era obbligalo verso Pallade, la quale l aiutava con i suoi consigli, e
verso Vulcano che gli forniva le armi chegli adoperava; ed anche verso Mer
curio, il figlio del quale era stato suo Precettore; perci egli innalz un altare
a Pallade, la quale lo aveva comune con Vulcano, e consacr la sua clava a
Mercurio.
Diomede era figlio di Marte e quindi apparteneva alla Genealogia aurea
degli Dei; possedeva dei cavalli furiosi; Ercole lo prese e lo diede in pasto
a detti suoi destrieri. I Filosofi hanno dato alla loro materia tutti i nomi
immaginabili, dato chessa il principio di tutto; e quindi le hanno dato
anche quello di cavallo, allegoricamente, tanto vero che P I i u b b , nella sua
a Epistola n l ha adoperata; a La copertura del cavallo, dice questAutore,
il nostro mantello bianco, ed il nostro cavalla un leone forte e furioso
coperto dal detto mantello. Questo cavallo o leone la noBtra materia; il
mantello il color bianco che le si manifesta. Ecco spiegato cosa sono i
feroci cavalli di Diomede, figlio di Marte, vale a dire della Pietra pervenuta
al rosso di papavero; poich questo colore segue immediatamente a quello
color ruggine, che i Filosofi chiamano Marte.
Quando si dice ch'Ercole o l Artista prende Diomede e lo fa mangiare dai
suoi propri cavalli, ci allude alloperazione dellElisire, nella quale occorre
che la materia ripassi pei la putrefazione; in tal caso Ercole uccide una parte
di detti cavalli, e ne reca il rimanente ad Euristeo; e ci perch una parte
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della materia volatile resta volatile, e l'altra condotta ad Euristeo, cio alla
fissit. La ferocia e lardore di questi cavalli alludono allattivit e penetra*
rione del mercurio; e Diomede mangiato dai suoi propri cavalli simboleggia
la dissolurione del corpo fisico dei Filosofi.
Quindi la Favola dice che fu divorato dai suoi cavalli, poich il dissol
vente ed il corpo dissolubile sono della stessa natura, e nascono dalla stessa
radice. Perch, come dice il Filalete: a nessunacqua riesce a dissolvere le
specie metalliche, le quante volte essa non sia della stessa natura, e non sia
suscettibile della stessa materia e della stessa forma. Ecco perch l'acqua
che non della stessa specie dei corpi che deve dissolvere, non li dissolve affatto
il'una dissolurione reale e naturale. Occorre quindi che lacqua sia loro simile
per poterli aprire, dissolverli, esaltarli e moltiplicarli, a
GERIONE UCCISO DA ERCOLE CHE GLI PORTA VIA I SUOI BUOI
Euristeo non si content dessere in possesso del pi bel toro dellisola di
Creta, il toro vomitante fiamme, ma bramoso di tutto, si rivolse ad Ercole
per appagare il suo desiderio. Gerione, uomo mostruoso perch aveva tre
teste o tre corpi (figlio di Crisaore, secondo Esiodo, e nato costui dal sangue
di Medusa) possedeva un branco di buoi di color porpora; questa mandra
era guardata da un cane a due teste, da un drago che ne aveva sette, e da
un vaccaio chiamato Eritione. Euristeo volle avere questi buoi, e comand ad
Ercole dondare a prenderglieli. I n vista di tanti mostri, a chiunque tale im
presa si sarebbe presentata difficile meno che ad Ercole il quale aveva superato
altri rischi; del resto bisognava obbedire. Quindi Ercole parte, uccide Gerione
ed i guardiani della mandra, e porta i buoi ad Euristeo.
Su questa Favola s' sbizzarrita la fantasia dei Mitologi: alcuni hanno
visto in Gerione un Generale, altri un Principe regnante, chi dice sullEpiro,
altri sulla Spagna. Nulla di tutto ci; Gerione non fu Re di Spaghi e nem
meno dell'Epiro, ma lo era dellincantevole paese dove imperava Cerere,
c dove fn rapita Persefone; lo era di Nisa, quello stesso paese nel quale
fu allevalo Bacco, paese del quale demmo la descrizione nei rapitoli clic
trattano gli Dei. Ed proprio a Nisa che regnava Gerione, ed in quel bel
parse pascolava i suoi buoi dal color di porpora, custoditi dal rane Orlro
a due teste e dal Drago che ne aveva sette. Gerione l'Elisire dei Filosofi,
pervenuto al color rosso papavero, e che i Filosofi chiamano Re, dato chesso
il loro oro. Si dice che Gerione aveva tre corpi, quasi fosse composto di tre
principii: sale, zolfo e mercurio. Daltronde, i suoi tre corpi che poi
costituiscono un solo uomo, il colore dei suoi buoi, i guardiani del suo branco,
danno l evidente certezza che questa storia una pura e semplice allegoria.
I l suo cane a due teste della stessa razza del Cerbero il quale ne aveva tre;
il Drago che ne aveva sette, era ancheaso figlio di Tifone e dEchidna, e
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quindi si sa bene cosa pensare di esso. Ma perch non mi si faccia l accusa di
fare asserzioni gratuite, vediamo quali prove ci forniscono i Filosofi con alle*
gorie approssimative. Ermete dice: a Ho visto tre teste, vale a dire: tre spiriti,
tutti nati dallo stesso padre, poich esse non compongono che uno, una stessa
cosa: e sono dello stesso genere e della stessa razza; l una nel fuoco, laltra
nell'aria, e la terza nellacqua; e queste sono lo zolfo, il sale ed il mercurio .
Homuel su Senior ha detto anche: a La nostra acqua di vita tripla, sebbene
essa non faccia che uno, nel quale sano compresi: laria, il fuoco e l'acqua.
Questacqua ha unanima che la si chiama oro ed acqua divina. I l padre loro
La riunito queste tre teste, perch esse sono omogenee .
Si collocato il regno di Gerione nella Spagna, per quella stessa ragione
per la quale vi si colloc anche il Giardino delle Esperidi. Un Filosofo anonimo
citato dal Mayer (nel suo: a Arcana arcanis. p. 233) ha perfettamente com
preso l idea dellAutore di questa favola, quando ha scritto: a Per grazia di
Dio, il padre ed il figlio risiedono in uno stesso soggetto, e regnano in un
regno magnifico. Fra le due loro teste, saffaccia quella di un vecchio venera
bile, notevole per il suo mantello color rosso di sangue .
Infine, esistono davvero in natura e si son mai visti dei buoi color porpora,
c dei buoi i quali, secondo la Favola, mangiavano coloro che dormivano nella
loro stalla? Dei buoi di tale specie, non sono forse precisamente unallegoria
della materia dissolvente dei Filosofi, la quale dissolve ci che si mette nel vaso
con essa? e non sono questi buoi della stessa natura dei cavalli di Diomede?
I parenti di Gerione ci fanno intendere ci che se ne deve pensare. Crisaore
suo padre, deriva da Xytvat = oro; e sua madre Calliroe significa: acqua
beila e gocciolatile, da m u ; = bello, e da f>o) = colo; poich la circostanza
che l Autore di questa Favola ha tenuto di mira, quella dell'Elisire al rosso,
nel quale il dissolvente od acqua mercuriale costituito da unacqua colante
che ne il principio e la madre, e che dopo aver dissolto loro filosofico simbo
leggiato da Crisaore, suniscono insieme, e da questo accoppiamento nasce
Gerione. H colore dello zolfo, od oro dei Filosofi, quello dei buoi, e questi
buoi sono la stessa cosa che il dissolvente, il quale mangia i suoi ospiti.
Per poter appropriarsi di detti buoi, Ercole fu obbligato duccidere Gerione,
il cane Ortro, il Drago, ed Eritione che ne aveva cura; e ci vale a dire che
per pervenire alla fissazione, simboleggiata, come abbiamo visto, da Euristeo,
necessitava uccidere o far putrefare assieme le materie che compongono lEli-
sire. H cane a due teste il composto del corpo dissolubile e del dissolvente;
il drago a sette teste allude alle sette circolazioni che vanno eseguite prima
che il composto divenga fisso. Eritione detto essere il Pastore perch il suo
nome deriva da lpvf.iv = guardare, difendere.
Ma non era tutto Tessersi impossessato di detti buoi, bisognava condurli ad
Euristeo. Ercole quindi doveva percorrere un lungo cammino, andando in
contro a mille ostacoli che sopponevano al raggiungimento della mta. Egli
port prima questi buoi in unIsola dellOceano, chiamata Gadira, a Tariessa,
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e ci vale come se si dicesse di unIsola fluttuante fatta poi a terra ferma,
poich Cadira deriva da : yaia = terra, e da fisveca = venire e andare.
listai cosa s' visto dellIsola di Deio. Si colloca questisola nellOceano o
nel mare, dato che il mercurio filosofico nel quale fluttua l Isola dei Filosoli,
si chiama pure mare, dagli Adepti.
L1BIO ED ALEBIONE
( ammin facendo, un tale I.ibio, fratello d'Alebione, volle impedire ad Er-
role di condurre oltre i buoi: perci Ercole lo uccise; ci che allegorico alla
fissazione della parte volatile del composto filosofico. Questa volatilizzazione la
quale non pu esplicarsi senza agitazione della materia, espressa dai due
nomi di Libio ed Alebione, perch Libio deriva da 1e(P<ii = distillare, o
i/.Pv; = vento che fa piovere; ed era fratello dAlebione, poich tal nome
deriva da di.dopai = errare, vagabondare, e dal quale s' fatto: n).i| = errare,
e da pio; * vita, come se si dicesse, che mena una vita errante; e cos la
Favola lo dice figlio di Nettuno; che vale a dire: del mare dei Filosofi.
IL GIGANTE ALCIONEO
Arrivando allIstmo di Corinto, Ercole dovette lottare contro il Gigante
Alcioneo, il quale sera armato d'una pietra di straordinaria grandezza, e che
aveva pescala nel Mar Rosso; egli la lanci contro Ercole, col proposito di
ghiacciarlo; ma il nostro Eroe scans il colpo con la sua clava, indi uccise il
Gigante.
Basta il semplice nome d'Alcioneo, ed il luogo ove raccolse la pietra,
per farci capire ci che lAutore di questa Favola ha voluto dirci: e cio, che
la Pietra Filosofale si forma dallacqua rossa mercuriale che il Flamcl chiama
Mar Rosso. Alcioneo, poi, deriva da Alxi| = forza; da Pio = piovere; e da
vcos = terra novellamente lavorata; sicch come se si dicesse: terra forte
ricavata dallacqua e nuovamente semenzata.
Ercole luccise, vale a dire: tolse a detta terra la sua volatilit; indi gett
la pietra nel mare, poich questa terra essendo fissata, si precipita al fondo
dellacqua mercuriale.
ERIGE, FIGLIO DI VENERE E DI BUTA
Un tale Erice, figlio di Venere e di Buta ebbe anche lui desiderio dimpadro*
nirsi dei buoi che Ercole conduceva; ma Ercole lo tratt a dovere come aveva
fatto con gli altri. Ed anche questa Favola la si spiega similmente alle altre,
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poich Enee significa: ritardo, ed essendo figlio di Buia, il quale deriva da
puB? = abisso, fondo dell'acqua, e di Venere, egli non pu significare se non :
iuta in sieri a nata dallacqua filosofica. E cosi anche la sua morte denota la sun
fissazione.
Ercole, dopo tutte queste traversie, port infine il branco dei buoi ad Eu-
risteo, e ci allude che pervenne alla perfeziono della Medicina Aurea, in
memoria della quale innalz due colonne ai confini dcllI beria, per indicare
l Elisire al bianco, e l Elisire al rosso. Una di queste colonne s chiamava
Calpcn, e l'altra Aliba, e segnavano la fine delle sue fatiche, ed il conse
guente suo riposo; e ci perch Colpe significa; bello e glorioso riposo, da
sdiai; = belio, buono, glorioso, e di smini fi ture, cessare. A liba poi,
deriva da: di i ; = abbati anso; e da jlatvcu fermare, fissare, conaoitilari'-
e perci come se si dicesse; che dopo aver compiuto lOpera, se ne ha ab
bastanza per godere una tranquillit ferma e stabile.
Ma in questa impresa contro Gerione, Ercole dov sormontare altri ostacoli.
Allorquando parti di Grecia per tale impresa, un giorno si sent talmente
stracco dal caldo e dall'ardore del Sole, che sentendosi infastidito da questo
ostro, tese l arco per scoccare una freccia contro questo Dio. Apollo rimase
stordito da tanta temerariet, ma nello stesso tempo ammirando il coraggio
e la grandezza danimo drcole, gli regal una grande coppa doro. Ferecidc,
nel libro 3. della sua storia, riferisce che di questa grande coppa Ercole se
ne servi come di una gondola, per attraversare l'Oceano; e che trovandosi in
mare, t flutti facevano ballare casi fortemente detta specie di gondola, che
Ercole irritato, scocc una freccia anche contro l Oceano, il quale b senti in
dovere di calmarsi, dandogli, per tal modo, soddisfazione.
E* chiaro che questa freccia tirala contro il Sole, significa la volatilizza
zione delloro filosofico, dato che le frecce d'rcole, di Mercurio, di Diana,
sono sempre il simbolo della volatilit del dissolvente, od acqua mercuriale.
Perci il Sole gli regal una coppa doro in ricompensa della sua grandezza
danimo, vale a dire; che il coraggio e la costanza dellArtista si trovano
impensati dalloro dei Filosofi il quale costituisce il compimento del Magi
stero; per mezzo del quale l'Artista passa l'Oceano, per pervenire al branco
dei buoi di Gerione; e durante queslo tragiilo egli tira una freccia contro lo
Oceano agitato, e lOceano si calma.
Tutto ci per porre in evidenza che l'acqua mercuriale sagita sin dal
cominciomento dell'operazione delIElisre, si volalizza, e che in seguito cessa
la sua Agitazione a poco a poco, allurquando la materia comincia a diventare
nera. Allora Ercole entra sulle terre di Gerione, e comincia a lottare per
togliergli ) suoi bnoi.
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ERCOLE COMBATTE LE AMAZZONI, E SIMPOSSESSA DELLA CINTURA
DELLA LORO REGINA MENA LIPPE
Dopo aver combattuto i mostri, Ercole va ad esercitare il proprio coraggio
contro le donne. E da credere che Euristeo non essendo riuscito a disfarsi
d'rcole, esponendolo a perire nei rischi ai quali lo mand incontro, e dai
quali questo Eroe nera sortito sempre con gloria, volle adottare un altro mezzo
per snervare il suo coraggio. Sapeva bene chErcole non era certo nemico del
bel sesso, e che non avrebbe sollevato molte difficolt dobbedire ai suoi ordini,
le quante volte si fosse trattato di andare contro le donne che erano reputate
coraggiose e valorose.
Del resto, non trattavasi dandare a nettare una stalla, n di correre un anno
intiero perseguendo una cerva, e neppure d dare a divorare un uomo ai suoi
propri cavalli, od impossessarsi di una mandr di buoi; ma semplicemente di
impossessarsi della cintura d'una Regina, e duna cintura di molto superiore
a qualsiasi altra, per il suo intrinseco valore e per la sua bellezza. Alcide
part su un vascello, associandosi Teseo in questa impresa. Passando per la
Bebricia, Migdone ed Amico suo fratello vollero opporsi al passaggio di questi
Eroi, i quali dopo averli fatti morire, devastarono tutto il paese, che diedero
in regalo a Lieo figlio di Dcifilo, e che avevano condotto con loro.
Ercole, infine, arrivato in presenza delle Amazzoni le combatt, ne uccise
una parte, e mise le altre in fuga; cattur I ppolita o Antiope, chegli regal
a Teseo, e Menalippe pel suo riscatto consegn ad Ercole la famosa cintura
che l Eroe port ad Euristeo.
Occorre giudicare delle Amazzoni come dicemmo delle Muse, delle Baccanti,
e delle donne guerriere le quali accompagnarono Osiride e Bacco nelle loro
spedizioni: le une e le altre sono un simbolo delle parti volatili della materia
della Grande Opera. I nomi di Procella, Protoe ed Eribea che si danno alle
Amazzoni messe in fuga da Ercole, ci dicono chiaramente il loro significato.
I nfatti Procella venne cosi chiamata per la sua grande rapidit; Protoe per la
sua grande agilit, dato che deriva da .i q = innanzi, e da Oo; - sollecito,
pronto; e cos Eribea, da (pi; disputa, e da (lodo) combattimento, oppure
(Jori = lotta; e ci perch nulla hawi di piu presto e di pi agile delle parti
volatili, le quali allorquando si mescolano nellalto del vaso, sembra che si
combattano. E sono propriamente queste che la Favola dice essere state messe
in fuga da Ercole. Le altre invece che cattur, erano: Menalippe la loro
Regina, Antiope od I ppolita, Celene ecc. Dire che le cattur, vai dire che le
fiss, ed per questa ragione che la Favola le dice compagne di Febo e di
Diana, dato che la materia dei Filosofi pervenuta al color bianco, chiamata
Diana, ed al color rosso chiamato Febo, fissa e non sfugge pi; e ci
espresso con il nome di queste Amazzoni, poich Antiope deriva da dvt =
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cambiamento, e da iiid; = succo, umore, sicch come se si dicesse che non
pi liquido, ma solido e congelato, poich occorre che la materia, dopo
d'essersi dissolta, si congeli e si coaguli, per pervenire al bianco ed alla
fissazione, e ci secondo il precetto di tutti i Filosofi : solve et coagula u
ed anche ci che dice Calid: a Quando ho visto l'acqua coagularsi da per s
stessa, ho riconosciuto la verit della scienza e dellArte Ermetica s.
Menalippe detta Regina delle Amazzoni, e d per il suo riscatto la sua
cintura ornata di pietre preziose, e questo perch Menalippe anche la Regina
dei Filosofi, e la loro Diana, dato che ha preso il suo nome da Mev) = Luna e
da l.inoq grasso, obeso, vale a dire: Luna nel suo pieno, o la materia filosofica
al bianco perfetto. La cintura chp d ad Ercole quale prezzo del suo riscatto,
un cerchio dai mescolati colori: bianco, rosso ed altre sfumature, che si
manifestano intorno alla materia bianca nel tempo nel quale comincia a passare
dal bianco al rosso.
Questo cerchio entra nello stesso simbolismo che gi spiegammo parlando
del velo di Proserpina. Ercole rec detta cintura ad Euristeo, vale a dire
chegli continua l Opera e la porta alla perfezione.
ESIONE ESPOSTA AD UN MOSTRO MARINO, E LIBERATA DA ERCOLE
Gli Autori non sono concordi sul tempo nel quale Ercole comp questa im
presa. Alcuni pretendono che, l Eroe la comp mentre si recava a combattere
le Amazzoni; altri dicono che si verific dopo aver vinto le Amazzoni; altri
ancora affermano che Ercole venne abbandonato dagli Argonauti nella Troade
poich sbarc dalla nave Argo per andare alla ricerca del giovane Ila, il quale
sera sperduto recandosi ad attingere lacqua, e che in tale frangente Alcide
fece echeggiare per tutta la riva il nome del suo favorito, ci che afferma
anche Virgilio:
a His adjungit Uylam nautae quo fonte relictum
Clamassent, ut littus Hyla, Hyla omne sonaret
(Egloga VI.)
La favola specifica che I la era andato ad attingere acqua, e che o era Btato
divorato da qualche belva, o era annegato in qualche fiume, sicch Ercole, non
vedendolo riedere pi, lo ricerc inutilmente. Orbene la parola Ile deriva da
CXq = che non significa soltanto: legna, foresta, sibbene anche materia con la
quale si fa una qualche cosa; e questo ha indotto un buon numero di Filosofi
ad adottare il termine yle o hyle, per designare in generale la materia della
Medicina Aurea, e precisamente di quella materia chessi impiegano e della
quale non hanno mai voluto dire il vero suo nome.
Quindi proprio queBla materia che adoperano gli Adepti, che lAutore
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della Favola allegorizza con il giovane I la: perci area ragione di dire che
Ercole lo amava teneramente, dato che in detta materia i Filosofi depongono
lutto il loro affetto. Ila era aceso ad attingere l'acqua, poich la materia la
si mette nel vaso onde (aria dissolvere in acqua. I la, inoltre, dello giovane,
poich la materia che si fa. scendere nel raso dev'essere fresca e nuova, perch
se vecchia di nascita u di raccolta, non ha pi alcun valore, e ci afferma
anche Alinone nella Epistola, scrivendo a non accipa eam rsi recentem a.
Ila s'anneg o fu divorato da qualche belva, ed Ercole non pot ritrovarlo,
perch la materia che prima era Bolida, uon pi tale allorquando dissolta
in acqua, che la sua forma sparisce, e la sua solidit svanisce; sicch l'Artista
non scorgendola pi nello stalo chi. aveva prima della sua dissoluzione, pu
ben dire allegoricamente cli'essa annegata, oppure che qualche belva ha
divorato I la, poich secondo quanto fin qui abbiamo detto, i Filosofi adoprano
comunemente l'allegoria dei draghi, o delle belve, che divorano gli uomini,
e sempre per designare la soluzione, o della materia per s stessa, oppure del
loro oro mediante l'azione del loro mercurio.
Non deve meravigliarci che l Autore di questa Favola abbia supposto che
Ercole fece echeggiare la riva del nome del suo caro Ila, che non pi vedeva.
Solo non bisogna credere che questt grida fossero dei lamenti, perch, invece,
erano grida di gioia, di meraviglia, e precisamente come quelli clic il Trevi,
sano afferma d'aver emesso allorquando vide che il suo libro dai fogli doro era
dissolto, ed era scomparsa nella lontana; e parimenti le grida dei Cosmopolita
(nella Parabola) allorch vide il fruito dell'albero solare fuso e scomparso nel
lacqua dove Nettuno l aveva messo.
Allora Alcide part per Troia, ed incontr Estone, figlia di Laomedonte,
esposta per essere divorata da un mostro marino, allo scopo di calmare Nettuno
il quale era irritato contro il padre di questa donzella il quale non aveva ricom
pensato detto Dio per il servigio che questi gli aveva reso nell'edifcarc le mura
di Troia. Ercole si offerse di liberarla dietro compenso d'un attacco di bei ca
valli, mirabili per la loro velocit nella corsa, e tanto leggieri che, al dire dei
Poeti, galoppavano sulle acque. Alcide comp questa impresa; ma Laomedonte
non avendo mantenuto la promessa. Ercole l'uccise, fece sposare Estone a
Telamone, e diede la corona di Laomedonte a Podarcc suo figlio, a seguito
d'una preghiera fattagli dalla Principessa, che la riscatt, e per questo fu
chiomato Priamo.
La spiegazione di questa Favola la si pu avere facendo un parallelo con
quella d'Andromeda, esposta anch'essa ad un mostro marino, e liberata da
Perseo, poich in fondo costituiscono lo stesso soggetto. Nettuno devastava la
Troade perch era irritalo contro Laomedonte; mentre le Nereidi Deit marine,
devastavano lEtiopia perch irritale contro Cassiopea, madre d'Andromeda.
Si consulta l'Oracolo per come far cessare queste desolazioni; c si ottiene
uguale responso nell'un caso e nellaltro: Cassiopea deve esporre la sua figliuola
ad un mostro marino inviato dalle Nereidi; Laomedonte deve esporre la sua
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ad un ugnai mostro invialo da Nettuno; consiglio dell'Oracolo die viene ese
guilo per l'una e l'altra. Arriva Perseo elle libera Andromeda; come ai presenti
Ercole e libera Esone. Perseo poi uccide Fineo e sposa Andromeda; simil
mente Ercole uccide Laomedonle c concede Estone in sposa a Telamone.
Dato che la Favola d'Esione un seguito di quella d'ila, riprendiamo
questa l dove labbiamo iusciala.
Ahiamo detto che Ila divoralo od annegato il simbolo della materia filo
sofica ili dissoluzione, o dissolta in acqua. Il tempo di detta dissoluzione, e della
putrefazione che ne segue, quello che ha fornito ai Filosofi il materiale
per tutte le allegorie che souo siale fatte sui draghi ed i mostri, sui serpenti,
i buoi ed i cavalli clic divorano gli uomini. Non v favola, finora piesa in
esame, che non ci abbia fornito un esempio di tal genere, sebbene variato
secondo l idea dell'Autore. S' dovuto constatare che tutte queste Favole non
variano affatto per quanto costituisce il loro fondo, e che tutte insegnati una
riessa cosa. Se volessimo darci la pena di riflettere e riavvicinare le diflerenti
circostanze di ciascuna, si potrebbe ricavarne una sola storia, nella quale le
circostanze si manterrebbero identiche, per quanto riferite differentemente.
Un Autore la direbbe svoltasi in un luogo ed attribuendo l'azione ad un per
sonaggio, l'altro la riferirebbe come accaduta altrove, e compiuta da un
altro; intanto, per, luno avrebbe detto delle circostanze che l'altro avrebbe
omesso : ed questo che si pu constatare nella Favola che stiamo spiegando.
Ad un dato punto non si fa' pi parola dila, lo si lascia sommerso, c
l'Autore trasporta di colpo Ercole a Troia, senza dirci quale commino ha
percorso il nostro Eroe, n ci che ha fatto durante il suo viaggio. S' recato
a Troia per mare? cosi molto probabile, perch il Lettore avr rilevato che
non v quasi Favola nella quale non si sia parlato di mare, riva o ruscello
0 fontana o lago. N poteva essere diversamente dato che il mare o l'acqua
mercuriale dei Filosofi il teatro delle loro operazioni, e ne il toro agente
principale. Ed precisamente questa acqua che il vero Nettuno, padre d'una
razza tanto numerosa, da questo preteso Dio che emanano tulli i delti mostri.
1draghi, quelli del Vello d'oro, del Giardino delle Esperidi; Medusa, le Gor
goni, le Arpie, ecc.
Sono, poi, le parti volatili, dissolventi, quelle alle quali s' dato il nome
di donne che danzano, ^intano, e partoriscono tanti Eroi; nonch i cavalli
alati, ed i buoi furiosi. E sono detti cavalli tanto leggieri nella loro corsa, che
galoppano sulle acque, che furono promessi ad Ercole da Laomedonle, in
ricompensa, s'cgli fosse riuscito a liberare Esionc. Ercole vi riusci felice
mente, ma Laomedonle non volle mantenere la promessa. Ora, questa man
cala parola bisogna intenderla nel senso uguale a quella similmente non man
tenuta da Augia verso di Ercole, il quale uccise l'uno e I altio per la stessa
ragione.
Infine Ercole abbandona Ila annegato, o, come s'esprme la Favola, rapilo
dalle Ninfe, e va a trovare il figlio dilo. Era ben opportuno supporre Laome-
- 316-
donte essere 6glio dilo, perch I la essendo annegato e dissolto in acqua, questa
acqua mercuriale s'ispessisce, sintorbida e forma propriamente Ilo o: I Xl;
= un pantano, dal quale a poco a poco nasce Laomedonte, vale a dire: la
Pietra dei Filosofi o la pietra che comanda o che regna, da l i o; = pietra, e
M8o> = io comando o regno.
Fra tutte le figlie di sangue reale, proposte per essere esposte al mostro
marino, la sorte scelse Esione. Quindi essa venne effettivamente esposta, ma
Ercole la liber; e ci vale a dire che, nella seconda operazione la materia
essendo in via di dissoluzione, od esposta all'azione del mercurio filosofico,
simboleggiato, questo, dal mostro marino, detta materia volatizzandosi seleva
nellalto del vaso, e perci pare essersi sottratta ai denti micidiali del mostro.
A questa liberazione, vale a dire : alla volatilizzazione della materia, succede
il matrimonio dEsione con Telamone; il quale matrimonio allude precisa
mente a quello filosofico del fissa con il volatile, i quali si uniscono formando,
una sola materia, dopo di che Ercole, dietro preghiera dEsione, concede la
corona di Laomedonte a Podarce, il quale fu poi chiamato Priamo, perch era
stato riscattato, vale a dire : volatilizzato dal fondo del vaso dovera trattenuto:
Podarce deriva da no; = piede, e da dpxev = soccorrere, come se si di
cesse: soccorrere un uomo dai piedi legati. Priamo deriva da npfupcit = riscat
tare.
La corona di Laomedonte la corona dei Re dei Filosofi, concessa a suo
figlio, vale a dire allElisire uscente dalla putrefazione nella quale era trat
tenuto come chiavo ed in prigione: ed perci che lo si chiamato Priamo
dopo che n stato liberato.
ANTEO SOFFOCATO DA ERCOLE
Dalla Frigia, Alcide si rec in Libia, ove incontr un Gigante chiamato
Anteo, figlio di Nettuno e della Terra: il quale era di grandezza prodigiosa
e duna forza straordinaria; abitava le montagne ed i luoghi rocciosi e sfidava
lutti i passanti alla lotta, e li soffocava quando avevano la disgrazia di cadere
nelle sue mani. Ercole accolse la sfida dAnteo: e s'azzuffarono. Ercole lo ab
batt pi di una volta per terra, e credeva daverlo ucciso, ma tutte le volte
che Anteo toccava la Terra sua madre, il Gigante attingeva nuove forze, e ri
cominciava la lotta con maggior vigore. Ercole lo not bene, ed avendolo sol
levato, invece di abbatterlo per terra, come aveva fatto prima, lo tenne sulle
sue braccia in alto, e lo strinse tanto fortemente che lo soffoc.
I l nome di Anteo significa precisamente: ucciso nell'aria, poich esso
deriva da A'vto = sursuni, e da Oeiv = immolare, oppure da 6u>
= punire, far perire. Le Favole spesso fingono Alcide vincitore nella lotta,
ora bene chiarire la ragione. La lotta un combattimento tra due uomini
e A si svolge in un corpo a corpo, e ciascuno fa ogni sforzo per abbattere
- 317 -
l avversario: ma per riuscire in ci, ordinariamente necessita far perdere
terra allavversario, poich venendo a mancare il punto dappoggio, pi fa*
cite rovesciarlo. Non neppure da supporre che l Autore di questa Favola
abbia voluto darci l idea di una lotta veramente svoltasi tra Ercole e Anteo.
Quest'ultimo , dato la sua grandezza e la sua enorme corpulenza, avrebbe
schiacciato Ercole semplicemente sotto il suo piede; perch vero che Ercole
lo si suppone estremamente forte e vigoroso, ma non certo della stessa taglia
dAnteo, tantoch si vuole chErcole sarebbe arrivato ad abbracciare sem
plicemente le gambe dAnteo. Ed in tal caso come avrebbe potuto il nostro
Eroe sollevare da terra una massa cos enorme, e per di pi sostenerla e soffo
carla in aria? Quindi bisogna far ricorso all'allegoria, la quale ci spiega tutte
le lotte nelle quali Ercole fu vincitore.
Anteo figlio di Nettuno e della Terra, vale a dire dellacqua e della terra
filosofica, e che sono il padre e la madre del Magistero o della Pietra dei Filo
sofi. Questa Pietra o questo Anteo sfida alla lotta gli stranieri, e schiaccia
contro le rocce chegli abita tutti coloro che ardiscono di misurarsi con lui;
poich tutto ci che non punto della sua natura, gli estraneo e non ha affatto
presa su di lui: la sua natura tanto fissa che neppure il fuoco riesce a volati
lizzarla; tutto ci che si possa mescolare con essa di eterogeneo, si perde,
e si polverizza senza effetto. Solo Ercole o l Artista, al quale si attribuiscono
comunemente gli effetti del mercurio filosofico, esplica una presa su di essa;
e poich questo mercurio almeno cos vigoroso quanto la pietra, allorquando
si tratta di fare lElisire, il Filatele dice che nella preparazione perfetta della
pietra, occorre che si verifichi una lotta tra essi, vale a dire: che questa pietra
cos fissa devessere volatilizzala e sollevata dal fondo del vaso; perch pi
vi resterebbe e maggiormente diventerebbe fissa, e quindi acquisterebbe nuove
forze sino a tanto che stesse in terra, sua madre.
Ercole non sarebbe riuscito mai ad uccidere Anteo, le quante volte non
lo avesse sollevato da terra, poich la materia dellElisire non potr mai
cadere in putrefazione, se precedentemente non viene volatilizzata in tutte
le sue parli, e quindi le necessita una dissoluzione perfetta: ma tanto che
la parte fissa e terrestre volatilizzata, Anteo non attinge pi forza da sua
madre, e quindi soccombe sotto gli sforzi drcole. E* a tale riguardo che i
Filosofi dicono: Volatilizzate il fuso, e fissate indi il volatile.
BUSIRIDE UCCISO DA ERCOLE
Nel primo libro abbiamo visto che Osiride prima di partire per le Indie,
affid il Governo della Fenicia e delle Coste Marittime dei suoi Stati a Busiride,
e quello dellEtiopia e della Libia ad Anteo. La Favola ci fa conoscere che
questo Anteo fu soffocato da Ercole nella maniera come abbiamo pocanzi
318
detto; e ci dice che dopo, anche Busiride spir sotto i colpi del nostro Eroe,
dappoich Alcide dalla Libia si trasfer nell'Egitto appositamente.
Dicesi che detto Bnsiridc era figlio di Nettuno e di Lianaase, e la sua cru
delt lo spingeva a sorprendere lutti gli stranieri che capitavano nel suo paese,
per impadronirsene ed immolarli a Giove. Ercole, volendo vendicare l'inu
manit di un nemico tanto terribile, si rec in Egitto. Busiride gli tese delle
imboscate, alle quali Ercole riusc a sfuggire; quindi sorprese lo stesso Bu
siride con Anfidamaso suo figlio, ministro della patema crudelt, e ti sacri
fic entrambi a Giove su quella stessa ara sulla quale essi usavano sacrificare gli
altri.
Questa una Favola del lutto semplice poich riguardu il Bolo comincia-
mento dell'Opera, e cio sino a quando appare il color grigio, chiamalo Giove.
Busiride era figlio di Nettuno, e conseguentemente era fratello di Anteo,
perci uscito o nato dallacqua. Per questo a' detto che Osiride lo costitu
Governatore delle Coste Marittime dei suoi Stati. Per quanto in merito alla sua
crudelt, occorre spiegarla similmente nello stesso senso di quella di Dio
mede, d'Anlco, e della ferocia delle belve delle quali gi dicemmo.
La differenza che la Favola reca, si che Diomede faceva mangiare ai
suoi cavalli gii stranieri che cadevuno nelle sue mani, mentre Busiride li
sacrificava a Giove; ma il fondo lo stesso, poich gli effetti e le conseguenze
di questa pretesa crudelt sono sempre la morte degli stranieri, il che vaie
a dire la putrefazione o la dissoluzione della materia. E' dello che Busiride li
immolava a Giove, perch il color grigio, chiamalo Giove dai Filosofi, segue
immediatamente il color nero il quale si manifesta durante la putrefazione.
Ercole fece subire la stessa sorte a Busiride e suo figlio; il che vuol dire che
l'acqua mercuriale o dissolvente filosofico, simboleggialo dai due auzidelli,
si putrefanno anche con la materia ch'essi dissolvono, ed assieme passano dal
color nero al grigio. Una prova evidente che tale concetto assistette l'Autore
della Favola, si che egli dice Busiride figlio di Lianaase, o della disso
luzione, da /.voi; ed ava , con le quali si compone anche la parola analisi,
la quale significa la stessa cosa.
PROMETEO LIBERATO
Ercole era amico di Prometeo da parecchi secoli poich vivevano as
sieme sin dal tempo d'Osiride. Ercole aveva la Sovrintendenza generale di
tutto l'Egitto, mentre Prometeo ne governava solo una parte. In uno stra
ripamento il Nilo devast questa parte, e Prometeo fu talmente preso dal do
tare, che si sarebbe suicidato per il dispiacere, se Ercole non fosse andato in
suo aiuto e noti avesse trovalo il mezzo di contenere tale straripamento con
le dighe che elev. Ma se Prometeo sopravvisse a questo dolore, ci gli fece
condurre una vita piena d triboli e di sacrifici.
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Prometeo rub il fuoco del Gelo, e lo rec sulla terra, onde farne parte
agli uomini. Giove decise di vendicarsene, e mand Mercurio ad impossessarsi
di Prometeo, con l'ordine di legarlo sai Monte Caucaso, dove un'Aipiila,
figlia di Tifone cd Echidna, doveva divorargli eternamente il fegato, perch
poi durante la notte gliene rinascesse tanto, secondo Esiodo, per quanto
durante il giorno l'Aquila gliene aveva divorato. Lo stesso Autore non fissa
affatto la durata di detto supplizio, ma altri antichi lo limitano a trentamila
anni.
Ercole, sebbene fosse figlio di Giove, non pot vedere senza piet il buo
amico esposto ad una simile tortura, e perci, anche a rischio dattirare sul
suo capo la disgrazia del terribile Dio suo padre, si sent in dovere di liberare
Prometeo; quindi si rec sul Monte Caucaso, uccise l'Aquila e lo liber dalle
catene che lo tenevano legalo.
Non fu certamente soltanto l'amicizia clic determin quest'azione di Er
cole: Prometeo gli aveva reso un segnalato servigio, allorquando Ercole and
a consultarlo prima d'intraprendere l'avventura del Giardino delle Esperidi.
Ercole, in quel frangente, segu i consigli datigli da Prometeo, e se ne trov
bene. Parrebbe, dunque, chegli non abbia dimenticalo tale beneficio ricevuto,
c che quindi la riconoscenza ebbe buona parte nellandare a liberarlo; ed in
fine, anche se altri molivi ne lo spinsero, l'interessante si che vi riusc.
La parentela di Prometeo c: fa intendere ci ch'egli era: aveva avuto
per padre Giapeto, figlio del Cielo, e fratello di Saturno; sua madre si chia
mava CUmene, figlia dellOceano. In parecchie circostanze bo spiegalo ci
che gli Antichi Autori delle Favole, intendevano per Saturno; e quindi ci che
per conseguenza facile dedurre sul significalo di Giapeto suo fratello; il
quale deriva da I u i v u = dissolvere, rammollire, versare, e da nsrdu = apri
re, sviluppare; poich nella putrefazione, dove la materia diventata nera,
e chiamala Saturno dai Filosofi, la materia s'apre, si sviluppa, si dissolve; ed
perci che Climene, figlia dell'Oceano, chiamata sua moglie, poich ie parti
volatili elevano dallOceano o mare filosofico, e sono una delle principali
cause efficienti della dissoluzione. Queste parti volatili, o l acqua mercuriale
sono ta madre di Prometeo, il quale lo zolfo filosofico, o la Pietra dei Fi
losofi.
E* detto che Osiride gli affid il Governo dell'Egitto, sotto la dipendenza
di Ercole, poich l'Artista, simboleggiato da Ercole, governa e conduce le
operazioni dellOpera. Uno Blraripamento desol tutta la parte dell'Egitto
sulla quale comandava Prometeo; e ci vuol significare: la Pietra perfetta dei
Filosofi, la quale si trova sommersa net fondo dei vaso. Ercole si rec a consul
tare Prometeo prima dandare ad impossessarsi dei pomi aurei del Giardino
delie Esperidi, e ci pei eh: prima di pervenire alla fine dell'Opera, ed al
perfetto Elisire, occorre necessariamente fare c servirsi della Pietra del Ma
gistero simboleggiata da Prometeo.
Il fuoco del Cielo che viene rapito da Prometeo, precisamente questa
- 320-
Pietra tutta ignea, una vera miniera dei fuoco celeste, secondo queste parole
del d'Espagnet, nel suo Can. 122: a Questo solfo filosofico i na terra sotti
lissima, estremamente calda e secca, nel ventre della quale il fuoco d natura,
abbondantemente moltiplicalo, si trova nascosto... Lo si chiama perci padre
e semenza mai colino... Che il saggio Artista ch stato fortunato di venire in
possesso di questa miniera del fuoco celeste, abbia cura di conservarla con il
massimo interesse, u Lo stesso d'Espagnet, in precedenza nel suo can. 121, a
veva scritto: i Vi sotto due operazioni nell'Opera: quella mediante la quale
si fa lo zolfo o la Pietra, c quella che fa lElisire o la perfezione dell'Opera, d
Con questo devesi intendere allorquando non la ai vuole moltiplicare. Me
diante la prima si ottiene Prometeo ed il fuoco celeste ch'egli rub con l aiuto
d Minerva; e con la secunda, l'Artista s'impossessa dei pomi aurei del Giar
dino delle Esperidi, nel modo che spiegammo nel capitolo che specificata
mente dedicammo.
Giove, per punire Prometeo del suo furto. Io condann ad essere legato
sul monte Caucaso, e ve lo fece incatenare da Mercurio, oppure lo leg di
sua mano, ci che indifferente, poich il mercurio filosofico che forma
il Prometeo e lo lega a detta montagna di Gloria, e se lo si vuole, a Giove;
dato che la pietra comincia a fissarsi ed a diventare pietra immediatamente
dopo che il colore grigia, chiamala Giove, si mostra. I l tempo del supplizio di
Prometeo non era determinato; in effetti l'Artista pu limitarsi ad ottenere
lo zolfo Filosofico se non vuol fare l'Elisire, cio conquistare il Vello doro
ed i pomi aurei del Giardino delle Esperidi: ma se lo vuole questo Elisire,
occorre ch'egli imprenda lu liberazione d Prometeo; e quindi deve uccidere
l Aquila che gli divora il fegato. Quest'Aquila l'acqua mercuriale volatile;
ma come ucciderla? a colpi di frecce. Nel libro seguente vedremo di che
natura s o d o queste frecce d'rcole.
Si dice che lAquila gli divorava il fegato senza mai ristare, e che glie ne
rinasceva tanto per quanto essa no divorava; e ci perch se non si fa l Elisire,
la Pietra una volta fissata resterebbe eternamente al fondo del vaso in mezzo
a] mercurio, senza esserne dissolta, per quanto detto mercurio sia duna at
tivit, e pu dirsi anche duna voracit cosi estrema, che i Filosofi hanno adot
talo quale suo geroglifico e gli hanno dato il nome di drago, lupo, cane,
e di altre belve feroci. Questa idea sorta anche giocando sullequivoco di
due parole greche: .Vet o; = aquila, ed A*V|fo; 3 insaziabile.
S' finto elle Prometeo fosse stato legato sul monte Caucaso, perch la
roccia allude alla Pietra filosofica; ed il nome d Caucaso: la sua qualit e la
stima che devesi fame, poich Caucaso deriva da Kai<xdp|iui = glorificarsi,
rallegrarsi; quindi come se si dicesse ch'egli fu legato sul monte di gloria e
di piacere. Per la stessa ragione i Filosofi gli hanno dato il nome d pietra
onorata, pietra glorificata, ecc. Parr strano die riferendomi a Prometeo, io
chiamo il Monte Caucaso un monte di piacere, ma ci non deve sorprendere,
se si fa attenzione che il Caucaso filosofico una vera sorgente d gioia e di
piacere per l Artista, che vi pervenuto.
-321-
Orbene, tutta questa allegoria di Prometeo non faa niente di triste, dor
rendo e d ributtante; ma i Filosofi ne fanno sovente d tali. Le stesse fatiche
di Ercole ci presentano mostri e furori: ed Alcide pare si sia conquistato la
reputazione del pi grande Eroe, per alti di barbarie e d'inumanit; e poi
le storie di Diomede e di Busiride sono prove non equivoche. Bla sono tutte
storie allegoriche nelle quali idee semplici sono appositamente inviluppate e
nascoste da veli che servono a garantirne la conoscenza contro gl'indegni e
quelli inclini a soddisfare tutte le loro sregolate passioni.
-Ma questa storia di Prometeo non ha nulla che possa condurre a srego
latezze; e se si pone attenzione che l'Aquila era figlia di Tifone e d'Echidna,
si vedr agevolmente ci ch'essa significa. Questaquila quella di cui Basilio
Valentino, nella sua 12. Chiave, cos scrive: a Un uccello leggero meridio
nale strappa il cuore dal petto della bestia feroce ed ignea delfOriente. n
COMBATTIMENTO DERCOLE CON ACHELOO
La Favola ci presenta Acheloo sotto diversi aspetti: primieramente come
un Re dell'Etolia, e secondo Alceo: figlio dellOceano e della Terra; e poi
come un fiume che scarichi le sue acque nel Mare, nei pressi delle Isole Echi
nudi. Gli uni lo dicono figlio del Sole e della Terra, altri: d Teli e della Terra.
Checche ne sia, Acheloo aveva chiesto in moglie Deianira, la quale era ri
chiesta anche da Ercole. A tale riguardo s'accese fra di essi vivace disputa,
ed Acheloo per difendersi contro la forza ed il vigore di Ercole, credette bene
di assumere la forma di un toro e slanciarglisi contro eoa tutta impetuosit;
e ci fece. Ma Ercole, luugi da esserne intimorito, lo prese per le coma e glie
le strapp. Acheloo cedette, ma volendo riavere le proprie corna, le richiese
ad Ercole, ed Acheloo in cambio diede all'Eroe il corno dAmaltea.
Gli antichi paragonavano sovente i fiumi, te rive, il Mare, ed anche ogni
ammasso dacque, ai tori, e ci sia a cagione della loro impetuosit, sia a causa
del rumore che producono le acque, allorquando scorrono impetuosamente,
dato che questo rumore ha una certa somiglianza al muggito di un toro.
Secondo Sofocle, Acheloo non si mut soltanto in toro, ma prima di questa
metamorfosi sera mutato iu drago, in seguito riprese forma umana. Ovidio,
nelle sue Metamorfosi, 1. 8, parlando di Proteo, dice che Acheloo talvolta
un giovane leone, talaltra un cignale, poi un serpente, un toro, una pietra, un
albero, infine: fiume e fuoco. Quindi bene giudicare Acheloo come Proteo;
luno e l altro avevano il potere di mutare di forme a loro volont.
Questa Favola tra te pi semplici da spiegare: Acheloo era un fiume, e
per conseguenza era acqua. Alcuni hanno detto che Acheloo era Re dEtola,
ma questo titolo non cambia affatto d natura, la quale a cagione della sua
propriet volatile e dissolvente, lh-i fatta chiamare aquila dai Filosofi. Acheloo
vuole avere Deianira, figlia di Oeneo, Re dello stesso Paese, essa gli era stata
promessa, ed anche fidanzata.
- 322-
E qui abbiamo due Re d'Elolia contemporaneamente; e di buon accordo
tra di loro, poich l'uno promette in matrimoni eua figlia alTatro. E ci d
spiega perch: Acheloo l'acqua mercuriale semplice del comnci amento
dellOpera, Oeneo l'acqua mercuriale della seconda operazione, ed perci
che gli stato dato il nome di Oeneo, da o v o = vino. Anche Raimondo
Lullo chiama quest'acqua della seconda operazione: vino, in tutti i suoi
scritti, e Ripleo spesso lo imita.
Acheloo vuole avere in moglie sua figlia, ed Oeneo gliel'ha gi fidanzata,
perch nelloperazione dell'Elisir, sunisce la figlia d'Oeneo con l'acqua
mercuriale. Ercole si presenta e vuole togliergliela; vale a dire che l'Artista
vuole ottenere il risultalo dellOpera. Di conseguenza si suppone una lotta
Ira il mercurio e l'Artista: ed Acheloo, vedendo che non pu resistere ad
Ercole, si muta in serpente; ma Ercole aveudo vinto lI dra di Lenta, la quale
in niente differiva da Acheloo serpente, ne venne a capo, con le stesse armi.
Allora Acheloo si mut subitamente in toro, anzi un toro furioso come quello
dellIsola di Creta; Ercole lo affront e gli strapp le corna, vale a dire gli .
tolse ci che gli serviva di difesa. Ma qual la difesa del mercurio filosofico?
La sua volatilit, che ad esso si toglie fissandolo.
Acheloo non potette sostenere l'onta d'essere stato vinto, e perci ai pre
cipit nell'acqua per scomparire, e le Naiadi riempirono il suo corno dogni
specie di fiori c frutta, in modo che divent un corno dahbondanza. Ho gi
detto che la materia fissata ai precipita in fondo al vago. I l significalo delle
Naiadi noto, cos come si sa clic lElisire perfetto, o Pietra Filosofale il
vero corno d'Amaltea, o la sorgente di tutti i beni.
IL CENTAURO NESSO TRAFITTO DA UNA FRECCIA DA ERCOLE
Ercole, avendo vinto Acheloo, non ebbe pi competitori. Portava seco
Deianira allorquando venne fermalo sul suo cammino dalle acque straripate
ed impetuose d'un fiume. Non sapendo come attraversarle, ricorse al Centaoro
Nesso, il quale conosceva i guadi, e lo preg di far passare Deianira allaltra
sponda. Nesso acconsenti, prese Deianira sul proprio dorso, e la port al
l'altra sponda; ma neHatlraversare il fiume, rest impressionalo dalla belt
di Deianira, a tal punto da essere trascinalo a volerle usar violenza, appena
deposlala sulla riva. Deianira si mise a gridare; Ercole la intese, e dubitando
del progetto di Nesso, gli scocc una freccia avvelenata con il veleno dellI dra
di Le ma, e lo uccise. Nesso morendo regal la Bua camicia, intinta del suo
sangue, a Deianira, la quale ne fece luso che in seguito vedremo.
Parlammo gi di questo Centauro in occasione di Giunone mutata in nube,
perch egli nacque da Iasione e da delta nube. Il suo nome esprime ci ch'egli
era, vale a dire: il mercurio al rosso porpora, poich Nqao^, significa: una
veste bordala di porpora; e ci indica il tempo quando il colore rosso co-
- 323 -
ninna a manifestarsi sulla materia, tempo nel quale Ercole gli scocca ina
freccia, dopo che Nesso ha traversato il fiume, e ci vale a dire: dopo che
l acqua mercuriale non pn pi volatilizsarlo, e trascinarlo mediante l impe*
tuosit dei suoi flutti. Si dice che Ercole lo uccise, perch allora la materia
fissa. Nesso regal la sua camicia intinta nel proprio sangue a Deianira la
quale il simbolo della materia al bianco, e che riceve il color rosso mediante
l azione del mercurio filosofico.
Deianira, servendosi di Lica, mand ad Ercole detta camicia allo scopo di
riconquistare l amore di Alcide, poich essa supponeva chErcole l avesse
abbandonata per amare J ole, figlia d'Eurito. Ercole la indoss; ma in luogo
desser preso da amore, venne preso da furore: I n tale stato uccise Lica, e
fece altro che riferiremo, quando parleremo della sua morte.
Lica domestico, che porta la camicia di Nesso, il mercnro filosofico. I
Filosofi, e tra questi il Trevisano, a questo mercurio gli danno il nome di
servitore rosso, e Basilio Valentino, e parecchi altri, lo chiamano lupo, a
cagione della sua voracit e della sua propriet risolutiva; ci che saddice
perfettamente a Lica, il cui nome deriva da liiis = dissolvere, e da gcu
= fondere, spandere.
Si dice che Deianira divenne gelosa di J ole, perch questa J ole significa
il color ruggine che prende il posto del bianco: da I'? = ruggine dei me
talli, e da lti godere', ed perci che s' supposto chesaa avesse soppi Mi-
tata Deianira.
Si anche finto J ole, figlia d'Eurito, perch questo nome deriva da Ept;
= nutrimento, corruzione, e ette la ruggine deriva dalla corruzione. Deianira
succise con la clava del suo Amante; vale a dire: che la materia volatile,
rappresentata da Deianira, fu allora fissata dalla parte fissa: Lica fu mutato
in roccia per la stessa ragione.
MORTE DI CACO
Non v da dire gran che sulla morte di Caco, dopo le spiegazioni che
abbiamo dato sin qui dello morte di quelli che perirono per mano drcole.
Caco detto figlio di Vulcano, e che era un brigante, un ladro, un pessimo
soggetto, e ci implicito nel significato del suo nome, ammenocch non lo si
faccia derivare da Koite = bruciare, o da Kvuiv scintilla, la quale sprizza
quando si batte un ferro arroventato; in questo caso egli sar propriamente
figlio di Vulcano; e come il fuoco devasta e distrugge tutto, lo si personifi
cato in Caco, ladro e brigante.
Ercole, secondo la Favola, lo sottomise alla ragione; vale a dire, che
lArtista d al fuoco un regime conveniente, impedendogli di guastare il
lavoro. A tale riguardo il d'Espagnet, nel suo Canone 21, cos ne parla:
I l fuoco un tiranno ed un distruttore; guardatevente bene, fuggite questo
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fratricida che ri minaccia dun pericolo evidente in tolto il progresso della
Opera.
Ovidio dice che Caco aveva ire teste, e ballava fuoco dalla bocca e dalle
narici. La spiegazione di ci la si pu vedere nel capitolo di Gerione, in
quello di Vulcano, ed in ci che abbiamo detto del drago del Vello d'oro,
e di quello del Giardino delle Esperidi, ecc.
LIBERAZIONE D'ALCESTE
Medea avendo persuaso le figlie di Pelia di tagliarlo a pezzi, e di farlo
bollire in un caldaio onde ringiovanirlo, Pelia non risorse. Alceete, nna
delle figlie di questo infelice, si rifugi presso la Corte d'Admeto, per sfug
gire allira d'Acaste, suo fratello, che la ricercava per vendicare la morte
del loro padre. Acaste la reclam ad Admeto, l quale essendosi innamorato
dAlceste, non volle renderla: ma Acastc essendosi impossessato d'Admeto,
ne devast anche il suo regno; ed allora Alceste s'offr al vincitore suo fra
tello quale prezzo del riscatta de! suo Amante; la sua offerta venne accolta,
e quindi venne poi immolata. Admeto preg Ercole onde riaverla: questo
eroe affront la Morte la quale se nera impadronita, lott con essa, la vinse,
la leg con delle catene di diamanti, e le fece promettere d rendere alla bella
Alceste la luce del giorno.
Per dare la precisa e pi chiara spiegazione di questa Favola, ritengo
opportuno tradurre in lingua volgare francese il significato dei nomi delle
persone ebe vi agiscono, ed in tal coso, la Favola parla cos: B Mare unico
ebbe per figlia l Agitazione ed il Movimento. Nettuno ne divenne innamo'
rato; essa acconsenti ai desideri di costui, divent incinta e si sgrav, sulla
riva dellacqua agitata e minacciosa, di due fanciulli gemelli; e cio: il Nero
livido, ed il Crudele. Questi, scacciato da suo fratello, si ritir nel Mezza,
il quale nuota, cio galleggia, e vi spos la Giovinezza, dalla quale ebbe dodici
figli tutti uccisi da Ercole, eccetto uno, allorquando questi dodici figli di Gio
vinezza accorsero in soccorso del Brillante e luminoso, il quale era in lotta
con Ercole, perch il Brillante aveva rifiatato a questo Eroe la ricompensa
promessa, quando l Eroe-nett le sue stalle. La Giovinezza spos, in segnilo,
it Forte, suo zio, e dal quale ebbe tre figli. Morto il Forte, gli successe il
Nero livido, e fu costui che mand Giasone olla conquista del Vello d'oro.
Giasone ricondusse seco Medea, la quale persuase le figlie del Nero di ridarlo
n pezzi, e di farlo bollire in un caldaio: esse lo fecero, ma il Nero, loro
padre, lungi dal ringiovanire, rest morto. La Forza, una delle sue figlie, si
salv presso colui che non era stato ancora vinto, e questi se ne innamor,
e non volle renderla al piccolo Vascello leggero, suo fratello, che l aveva
reclamata. Questi, urtato per il rifiuto, devast il paese dell'Amante della
Forza, il quale essendo stato catturato, glie la lasci; il fratello immol la
sorella, ed Ercole la liber.
- 325 -
beco ora la stessa Favola con i testuali nomi greci:
Salmonea ebbe una figlia chiamata Tiro; Nettuno se ne innamor, e la
sua corte non fu vana, perch Tiro rimase incinta, e si sgrav sulla rivu del
fiume Enippeo, di due gemelli: Pelia e Neleo. Questi, scacciato da suo fratello,
si ritir a Messene e vi spos Clori, dalla quale ebbe dodici figli, tutti uccisi
da Ercole, eccettuato uno. e ci allorquando essi accorsero in aiuto dAugia
contro Ercole. Clori spos in seguilo Creleo suo zio, e ne ebbe tre figli. Morto
Creteo, spos Pelia, il quale mand Giasone alla conquista del Vello doro.
Giasone, al suo ritorno, port seco Medea, la quale persuase le figlie di Pelia
di tagliarlo in pezzi e di farlo bollire in un caldaio, promettendo loro che
per tal mezzo il padre loro ne sortirebbe ringiovanito. Esse misero in atto
questo consiglio, ma Pelia non pi risuscit. Alceste, una delle sue figlie, si
rifugi presso Admeto, il quale se u innamor. Acaste, suo fratello, la per.
seguit onde vendicare la morte del padre, e perci la reclam ad Admeto, il
quale si rifiut di consegnargliela, ecc.
Su questa genealogia dAlecite, che il Lettore si ricordi le spiegazioni
delle differenti Favole gi tratlnte, e che le confronti, e vi trover uno sgravo
effettuato sulla riva dun fiume; ma di qual fanciullo? Di color nero. Vi si
trova la morte di coloro che accorsero in aiuto d'Augia, ed ormai si conosce
ci che bisogna intendere per la storia di costui. Giasone, nipote del preteso
Pelia, basta da solo per insegnarci a spiegare le due storie: quella di suo
fratello Esone, e laltra di tuo zio Pelia.
Ma potevasi meglio esprimere la dissoluzione della materia, che suppo
nendola tagliata in pezzi? In qual tempo da chi? Precisamente nel tempo
del nero simboleggiato da Pelia e dalle sue figlie, vale a dire dalle parti
volatili che se ne elevano. Pelia permane morto nel caldaio, dato che non
sarebbe pi stato Pelia le quante volte non fosse restata nero: ma egli ha
un figlio che vuole vendicarne la morte; questo figlio perseguita Alceste, e
devasta il paese dAdmeto. Il fratello delle parti volatili, allora volatiliz
zato con queste; ma vi uu principio fisso, e questo principio, fino a tanto
ch volatile, devasta il paese che non era stato ancora soggiogato, vale a dire :
che non era stalo ancora volatilizzato, e quindi egli lo volatizza. Tolo che
il fisso prende il suo dominio, si mette in possesso di Alceste, la trasporla
seco e limmola, vale a dire: chegli la riporta in fondo al vaso, d'onde s'era
salvata volatilizzandosi. Ivi la immola confondendola con la materia in pu-
ticfazione, chiamata morte.
Ed in fondo al vaso essa vi resta sino a quando Ercole, aiutato dal soccorso
dA pollo, combatte la Morte, poich la parte fissa aurifica, ch lApollo dei
Filosofi, opera di concerto con lArtista, per far sortire la materia dalla pu
trefazione, e toglierla dalle braccia della Morte, vale a dire: farla passare
dal color nero al color grigio. E allora che Ercole la lega con dcl'e catene
di diamanti, e le fu promettere di ridare ad Alceste la luee del giorno: poich
la superficie della materia allora disseminata di piccole parti brillanti,
che alcuni Filosofi hanno chiamato: occhi di pesci, ed altri: diamanti.
- 326-
La luce del giorno, o la vita alla quale Alceste viene ridata, il color
bianco che succede al grigio; e ci perch il bianco chiamato: luce, giorno,
vita, come constatammo in differenti testi filosofici, da noi citati, nelle Favole
precedenti. La Morte non se ne spossess se non in quel momento, poich,
secondo Filatele, e parecchi altri Filosofi, la putrefazione dura sino aUap-
parizione della bianchezza.
Ecco la semplificazione ed il vero di questa Favola.
TESEO LIBERATO DALL'INFERNO
Euristeo non concesse alcuna tregua ad Ercole sempre in un crescendo
di gelosia per la gloria che questo Eroe conquistava superando le grandi
imprese, pens di ordinargliene una nella quale egli potesse fallire. Perci
gli ordin dandare allInferno, e di recargli Cerbero. Ercole non se Io lece
dire due volte, e la difficolt di tale impresa serv di stimolo a rinvigorire il
suo coraggio; del resto egli sapeva che il suo amico Teseo vi era trattenuto,
ed egli era ben conteuto di riportamela seco.
Ma prima dintraprendere questa impresa, ritenne opportuno propiziarsi
gli Dei, ed a tale scopo elev un aliare per ciascuno dessi, c cio: uno a
Giove, uno a Nettuno, uno a Giunone, a Pallide, a Mercurio, ad Apollo,
alle Grazie, a Bacco, a Diana, ad Allea, a Saturno ed a Rea; indi si rec nel-
lElofia, dove bevve lacqua duna fontana che egli chiam Lete, poich le
sue acque avevano la virt di far dimenticare tutto quanto sera visto e fatto
prima di berla.
Avendo compiuto sacrifizi agli Dei, Ercole si senti in dovere deseguire
la sua impresa, ed entr nellantro di Tenaro; pass l Acheronle c gli altri
fiumi dellInferno e saffacci infine alla porta del soggiorno di Plutone, ove
trov Cerbero, questo drago dalle tre leste di cane, il resto del corpo del
quale rassomigliava ad un drago: esso era figlio di Tifone e dEchiilua; e
poich era il guardiano della soglia di questo regno tenebroso, volte impe
dire ad Ercole di penetrarvi.
La sua figura mostruosa non scosse affatto Ercole; il quale combatt il
drago, lo leg con catene, ed indi procedette nel suo cammino. Trov infine
Teseo ed il suo compagno Pirltoo, i quali vi erano trattenuti entrambi per
aver voluto rapire Proserpina. Alcide chiese il rilascio di questi due amici
cil il loro ritorno nel soggiorno dei viventi; ma Aidoneo non volle consen
tire a quello di Piritoo, poich questi era disceso allTaferno di suo pieno
gradimento. Perci egli lasci Piritoo seduto sulla pietra dove l aveva trovato,
e port seco Teseo, e nello sl.'sso tempo condusse Cerbero ad Euristeo At
traversando lAcheronte, vi trov un pioppo bianco, vi tagli un virgulto e
se ne fece una corona.
Cosa devesi pensare di Teseo? Il solo suo nome lo indica perlcttamente,
337
puich esso deriva da 0ifc = servitore, domestico, ed il nome ohe i Filosofi
hanno dato spessissimo al loro Mercurio. D Trevisano, nella sua a Filosofia
dei Metalli lo chiama: il nostro servitore rosso; il Filatele e molti altri
10 chiamano: il nostro servitore fuggitivo, a causa della sua volatilit. La
Favola lo indica ben chiaramente, dicendolo figlio di Nettuno, dato eh'
OHacqua mercuriale. La Favola stessa dice anche che Teseo si pmpuse per
modello: Ercole; e ci perch il mercurio agisce di concerto con l 'Artista,
per questa ragione che vuoisi che Teseo accompagn Ercole quando costui
and a combattere le Amazzoni, e che Alcide gli cedette I ppolita quale ri
compensa.
Si segna Teseo passo passo nelle sue imprese, e le si confrontino con
quelle di Ercole, e le si troveranno del lutto simili. Teseo precipit nellac
qua Scirone, il quale vi precipitava i passeggeri, vale a dire: che la materia
divenuta fissa come la pietra, viene precipitata in fondo al Mare dei Filo
sofi dallazione del mercurio; poich: oxlpo; significa del concio, della pietra.
Anche Ercole precipit ugualmente la pietra dAlicioneo; e fece pare man
giare Diomede dai propri cavalli, dato che questi aveva fatto subire la stessa
morte agli stranieri che capitavano nel suo paese. Teseo soffoc Cercionc;
Ercole soffoc Anteo. Teseo uccise Pelipemone, soprannominato Smis, che
vuol dire: male, perdita, dannai ed Ercole accise Basride. Teseo diede lo
morte ad un ladro chiamato Peritele, figlio di Vulcano; ed Ercole tolse la
vita ad un brigante chiamato Caco, figlio di Vulcano. Teseo combatt contro
i Centauri, come aveva fatto Ercole. Teseo rap Arianna, ed Ercole rap
Drianira. Entrambi questi Eroi' sterminarono i briganti, e purgarono diversi
Paesi dai mostri che li infestavano. Ebbero ugualmente diverse amanti che
abbandonarono l'ima dopo l altra. Alcuni Autori riferiscono che Teseo rap
la bella Flena, sorella di Castore e Polluce, e figlia di Tindaro.
Riprendendo in esame il cammino compialo da Ercole nella sua discesa
all'Inferno, osservo che quando ri conosce che cosa il Drago del Giardino
dcllr Esperidi, quello del Vello doro, come pure: l'Aquila che_ divorava
11fegato d Prometeo, il leone Nemeo, ccc. e tutti fra loro fratelli e sorelle,
perch tutti egualmente figli di Tifone e dEchidna, si conosce subito ci
eli'era Cerbero, od il cane tricefalo guardiano della soglia del palazzo tene
broso di Plutone, o, se lo si vuole, dAidoneo, il quale significa la stessa cosa,
dato die deriva da Ai&qs il quale un soprannome di Plutouc. e die signi
fica lI nferno; a menocch non lo si voglia far derivare d.i: A (6<uv
= bruciante, caustico; ed in questo caso significher la dissoluzione che si
compie della materia filosofica durante il tempo che dura il color nero,
chiamato Inferno dogli Adepti.
Il Cerbero era un Drago rinchiuso in un antro net quale hawi una sola
apertura, poich detto antro allude al vaso filosofico. Cerbero il guardiano
delia soglia dellI nferno, perch onde pervenire al color nero, colare questo
clic costituisce lentrata o la chiave dellOpera, occorre necessariamente che
- 328 -
la materia ai dissolva. Perci dicesi che Cerbero custodiva Peni rata degli
Inferi, rosi come il Drago delle Esperidi era detto guardiano della porta ili
quel Giardino, nel quale crescevano i pomi aurei; similmente j quell'altro
Drogo che custodiva la porta del recinto nel quale era sospeso il Vello d'oro.
In tutte le Favole si rileva che questi mostri sono sempre a custodia o
guardia delle porte. Flamel ne ha messo due invece di uno, perch ha voluto
significare la lotta del fisso con il volstile. Nelle altre Favole s fiato che
Ercole aveva ucciso questi Draghi; mentre in questa Favola ci ai limita a dire
chegli leg il Cerbero per recarlo ad Eurisleo; ma l'uno e l altro modo di
dire significano la stessa cosa, poich legare od uccidere sono termini meta
forici sinonimi, dei quali i Filosofi se ne sono serviti indifferentemente per
indicare la fissit. Nortbon nel suo Trattato il quale ha per titolo: Crede mii,
adopera sovente l termine legare nel significato anzidetto. LAutore Anonimo
del Colo - Cemciu, Arnaldo di ViUanova, e motti altri, lo hanno adoperata
similmente. Ercole, effettivamente, non avrebbe potuto recare Cerbero ad
Euristeo, se non lo avesse legato, od ucciso, nel senso filosofico; e ne ho spie
gato la ragione, quando ho detto ci ch'era Eurisleo, ed il cignale d'Erimnnlo.
Dopo aver legato il Cerbero, Ercole prosegui nel suo cammino, ed incontr
Teseo e Piritoo; e la Favola dice che liber e condusse seco Teseo, mentre
abbandon Piritoo seduto su quella stessa pietra come lo aveva trovato.
Piritoo detto, a giusta ragione, figlie diasione, perch Piritoo significa:
tentativo inutile, e che Issione tent inutilmente di avere commercio con
Giunone. Ora, lo stesso risultato vano si ebbe Piritoo, allorquando volle
rapire Proserpina. Quando Piritoo accompagn Teseo, il quale rapi Elena,
la sorte decse del possesso d questo a favore di Teseo, e Piritoo rimase a
mani vuole. Allora Teseo gli promise aiutarlo quell'altro volta ch'egli s
fosse deciso ad altra simile impresa di rapire quelotra qualsiasi donna gli
piacesse. E Teseo mantenne la promessa a riguardo di Proserpina, ma Piritoo
non vi riusc, sebbene accompagnato da Teseo, e questi sarebbe rimasto allo
Inferno con Ini, se Ercole non vi si fosse recato a liberarlo.
Ed ecco qui prospettato il vero contrasto e la differenza che sussiste tra un
cercatore della Pietra Filosofalo ed un vero Filosofo Ermetico. Piritoo il
ritratto del primo, ed Ercole lo del secondo. Issione, che la Favola dice,
molto a proposito, figlio di Flegia, derivalo da epigee = bruciare, non riusc
ad abbracciare che una nube; e ci allude ai soffiatori i quali non ottengono
che forno, il quale assomiglia ad una nuvola, quale risultato delle loro ope
razioni. I l soffiatore, considerato della gena diasione, compie cos degli inu
tili tentativi, per quanto talvolta egli lavori sulla materia richiesta; e ci per
ch non basta avere Teseo per compagno; ma necessita avere anche Ercole
con s.
Pontono, nell su a Epistola, confessa dessere stato per moltissimo tempo
un vero Piritoo, e che err almeno per duecento volte, pur lavorando sulla
materia dovuta, e ci perch ignorava il fuoco filosofico, del quale infine
- 329 -
ebbe conoscenza attraverso la lettura e lo studio del Trattato dArtefio. Se
si brucia la materia, si diventer simile ad Iasione, figlio di Flegia, e non
rester altro che stringere de] fnmo; oppure si diventer un Piritoo ottenendo
il risultato di una massa informe r solida come un pietra, e ci si arrester
B, come Piritoo vi rest su quella dove Ercole lo trov seduto.
Non poi lo stesso per il vero Artica: quando egB lavora, unti opera, stilla
vera materia, sa ricondurre Teseo al soggiorno dei viventi; vale a dire che
sa fare sortire la materia dal nero, e farla passare al bianco, dopo aver legato
Cerbero. Questo ci che la Favola ha voluto designare dicendo ch'Ercole ai
fece una corona di fogUe di pioppo bianco; perch le foglie di questo albero
sono bianche al disopra, e nere al disotto; e questo costituisce un vero carat
teristico simbolo della materia filosofica, la. superficie della quale comincia
imbiancare, allorquando il disotto ancora nero.
Ercole rec poi 0 Cerbero ad Enristeo, cos come gli aveva prima portato
il fratello di questo mostro, e cio il leone Nemeo, ed anche i greggi di
Gerione.
Per i Lavoratori ignoranti, ben s'applicano i seguenti versi di Virgilio:
a ..............Facilis descensus Averni:
Noctes atque dics potei atri /attua ditis,
Sed revocare graduai superasque evadere ad auras,
Hoc opus, hic labor est; pauci quos aequus amavit
Jupiter aut ardens evexit ad aethera virtus
(Eneide, L VI)
Si pu scoprire qual la vera materia dei Filosofi, i quali l hanno nascosta
sotto svariati nomi, le quante volte si ponga acuta attenzione alle qualit
che le attribuiscono. Perci l Artista il quale aspira al possesso della Scienza
Ermetica, devessere molto accorto ai difierenti significati di questi nomi
creati o scelti apposta per generare equivoci, e che i Filosofi adoperano nei
loro scritti. D dEspagnet, (nel suo Canone 15.) dice che spessissimo i Filosofi
sesprimono in maniera da dare ad intendere il contrario di ci chessi pen
sano, e questo, non con il deliberato proposito di falsificare o tradire la verit,
ma semplicemente per confonderla ed occultarla. Ma ci chessi massima
mente si sono applicati a nascondere, si precisamente quel ramoscello doro
del quale Enea ebbe bisogno per poter discendere neglinferi, quel ramoscello:
a .................Quem tegit omnis
Lucus, et obscuris claudunt convallibus umbrae:
... pse volens facilisque sequetur
Si te fata vocant; aliter non viribus ullis
Vincere, nec duro poteris convellere ferro.
(Virgilio, Eneide, I. VI.)
- 330-
E lo stesso Virgilio, poco dopo della prima citazione da noi qui riportata,
porla dei termini involuti, difficoltosi, e degli equivoci, cosi :
i Talibua ex adito dictis Cumaea Sibylla
Horrendas eanit 'ambages, antraque remagit,
Obicuris vera invoivens. o
Si segua con accorta e sagace attenzione la descrizione che ci fa questo
Poeta della discesa dEnea agInferi, e la ai confronti con tutto quanto
abbiamo detto sin qui, e si constater un rapporto perfetto. Virgilio vi mette
sotto gii occhi tutti i finti personaggi delle Favole che abbiamo spiegate, e
li fa incontrare durante il cammino dEnea, secondo il posto che tali perso-
paggi tengono nelle favolose allegorie del processo dell'Opera; e ci lo si
constater nel Sesto Libro di questo mio scritto.
Non basta conoscere la materia, ma bisogna anche sapere come operarla; ,
ed a ci necessita un Alcide e non un Piriloo, tanto vero: che Giasone non
avrebbe osato intraprendere lo conquista del Vello d'oro, se non avesse avuto
precisamente la compagnia di Ercole; cosi come benissimo ha scritto Augu--
relio:
a Alter inauratala noto de vertice pellem
Principium velul ostendit, quod sumere possis;
Alter situi quantum sueas.
(Chrysop. 1. 2)
Parrebbe che Virgilio abbia voluto indicare la qualit naturale della terra
dei Filosofi, ed il modo di coltivarla scrivendo:
a Pingue solunt primis extempio a mensibus anni
Fortes invertatn T auri ............................................
........................... 7unc zephvro putris se gteba resotvit.
(Georgiche, 1. 1.)
Applico questi versi al concetto innanzi annunciato, solo perch in tal
senso li ha precedentemente applicati il dEspagnet, il quale era un Filosofo
ben in grado di applicarli a proposito.
Ed ara qui faccio punto per tutto quantaitro riguarda Ercole, passando
sotto silenzio una infinita di altre fatiche che gli si attribuiscono, poich
gara agevole di spiegarle tenendo conto di tutto quanto spiegato in merito alle
fatiche qui riportate. Nelle stesse abbiamo visto il ritratto al naturale dellAr
tista; la costanza e la fermezza di spirito ch'egli deve avere, la pazienza nelle
operazioni, ed il lavoro che deve compiere. Questo, non un segreto di trascu
rabili conseguenze, quello che si ricerca, e merita quindi davvero ogni pena
e fatica per conquistarlo, li Trevisano lo ha cercato dall'et di diciannove
- 331 -
anni alno al suo sessnntadneaimo anno. Raimondo Lolla non lo avrebbe
mai credalo vero, se Arnaldo di Villanova non glielo avesse provato con l'espe-
riensa, allorch si vide ridotto con le spalle al muro senza poter rispondere
olle argomentazioni sottili ed alle g aste e sapienti obbiezioni del Lnllo. Avi
cenna confessa daver adoperato pi olio a studiare la notte per apprendere
queslArte, di quanto vino gli altri non abbiano bevuto. Egli riporta tre
argomenti per provarne l'esistenza, e dei quali 1'ultiino il seguente: a Se
io personalmente non vedessi e non toccassi l oro e l argento filosofico, direi
che il Magistero dei Filosofi falsa; ma poich lo vedo, io credo e so eh'esso
vero e reale. Comprendete, dice Calid, la virt, il valore del Magistero,
e la grazia che Dio ha concesso elorgendovene la conoscenza, ed operate.
Dio non ve l accorda per la vostra vanit, U vostro spirito o per la vostra
sottigliezza; Egli ne favorisce quelli che a Lui sano graditi. Lavorate, operate
per la Sua Gloria, adorate il Creatore che vi accorda una cosi grande grazia a.
- 332 -
SPIEGAZIONE DELLE ALLEGORIE
DELLA STORIA DELLA GUERRA DI TROIA
STORIA DELLA GUERRA DI TROIA, E DELLA PRESA DI DETTA CITTA
Da molti secoli s considerata questa finzione come lavrenimento pi.
celebre dellantichit. I due pi famosi Poeti, Omero e Virgilio, lhanno
cantata con tutta larte della quale ne erano capaci, e ci non vuol dir poco:
il primo ne ha fatto l oggetto della sua I liade e della sua Odissea; il secondo
ne ha immaginata la continuazione che fornisce materia allammirabile sua
opera dellEneide.
I l gran numero di citt, che si dice esser state edificate dai Troiani, che
sfuggirono e sopravvissero alla rovina della loro patria; l esistenza reale di
dette citt, ed una infinit di fatti riportati dai detti Poeti, sembrano provare
tanto solidamente la realt di questo avvenimento, che non si oserebbe mettersi
nella condizione di volgerlo in dubbio, e con pi forte ragione non si oserebbe,
meno ancora, tentare di confutarlo. Virgilio, come benissimo dice lAbbate
Banier, ha descritta nel secondo libro della sua Eneide, la presa di questa
citt, in modo tale che leggendola ci si trova trasportati in Troia si riconoscono
persino le vie ed i principali Palazzi, senza tema di errare.
Numerosi altri Autori, Quinto Calabro, Coluto, Trifiodoro, Darete Frigio,
Tito Livio, Dionigi dAlicarnasso, ne hanno scritto; Dicty di Creta arriva
persino ad affermare chegli vi era presente. Come non credere a tali testi
monianze?
Malgrado tutte queste prove, questa storia ha unapparenza talmente
favolosa e rassomiglia tantissimo ad una storia inventata a bella posta, che non
ci si pu esimere dal dubitarne quando si esaminino attentamente tutte le
circostanze. Omero il primo che ne abbia parlato; tutti coloro che ne trat
tano, Storici o Poeti, pare l abbiano copiato nel soggetto principale, mentre
per la porte accessoria ognuno ha lavorato di propria fantasia. Dicty di Creta
e Darete il Frigio, hanno voglia di dire ch'essi furono spettatori della presa
di Troia, nessuno vuol crederli sulla loro parola. In ogni modo, in mancanza
di gravi conseguenze, si pu credere o no alla realt di questo racconto, io
lascio libero il lettore di pensarla come creder dopo le prove che io fornir
per provare che detto racconto una pura e semplice allegoria.
- 335 -
PRIMA PROVA CONTRO LA REALT DI QUESTA STORIA
DELLORIGINE DI TROIA
Dardano viene ritenuto quale fondatore del regno di Troia, ma non si
possiede alcuna prova della sua esistenza. Si elenca la sua genealogia e s'af-
fenna che spos la figlia del Re ScaDiandro, dalla quale ebbe Erittonio, che
successe a Dardano, Tros venne poi, e successe ad Erittonio; Tros ebbe per
figlio Do, e questi: Laomedonte. Fu durante il regno di questultimo che
Apollo e Nettuno vennero banditi dal cielo da Giove, per aver voluto, d'ac
cordo con gli altri Dei e Dee, legare Giove. Essi si ripararono presso Laome
donte, verso il quale assunsero l'impegno, dietro compenso, dinnalsare le
mura di Troia. Riferiscono alcuni che le pietre s'ammucchiavano e si dispo
nevano automaticamente al suono della lira d'Apollo. Altri prospettano, con
Omero, che fu Nettuno ad innalzarle, mentre Apollo custodiva le greggi di'
Laomedonte. Ovidio segue la prima corrente (a).
Virgilio dice che furono edificate da Vulcano (b). La Favola aggiunge che
Laomedonte neg a Nettuno la ricompensa convenuta, e che, avendo rispet
tato Apollo, quale Nume, e disprezzato Nettuno, questi, irritato, se ne vendic
mandando un mostro marino che devast il paese.
Ecco dunque tre fondatori di Troia, e tre fondatori favolosi, vale a dire
tre Dei, Apollo, Nettuno e Vulcano i quali non sono mai esistiti n quali Dei
n quali uomini. NuUameno si pu attribuire la fondazione della citt di
Troia a ciascuno dessi singolarmente, e dire contemporaneamente che quefti
tre Dei vi hanno lavorato, poich essi sono richiesti tutti e tre per la perle
zinne dellopera ermetica, secondo quanto abbiamo visto sinora: Vulcano
il fuoco filosofico, Nettuno l'acqua mercuriale volatile ed Apollo la parte
fissa, o l'oro dei Filosofi. Non affatto sorprendente che sia stato detto che
le pietre s'ordinavano automaticamente al suono della lira dApollo. Era
stato detto ehOrfeo faceva muovere le pietre e gli alberi al suono dello stesso
strumento, e che aveva condotto il naviglio Argo con lo stesso mezzo. Si
visto innanzi che le parti che compongono il Magistero dei Saggi si riuniscono
da per loro per ordinarsi e riunirsi in una massa fissa chiamata Apollo, o
Sole filosofico, poich la parte fissa come una calamita, che attira le parti
volatili, per fissarle con essa e formarne un tutto fisso chiamato pietrai ed
ci che costituisce la pretesa citt di Troia, la quale ne il simbolo. Per la
(a)
(b)
lli o n aspide*, p r ma t a q se tur ribus a ltts
Moenia Phoobeae s t r u t t a canoro lyrao
Epist. Paridis
... A n non v u t e r u n t moenia qu on dam
Vulcani lubr icata manti considero in i g n e s t
Eneide, L. 9.
-336 -
stessa ragione ai dice che fu edificata sotto Q regno di Laomedonte e che i detti
Dei lavorarono per lui, poich l'oggetto delle operazioni filosofiche i Laome
donte stesso, che significa: a la pietra che comanda a e che ha una grande
potenza, da Xdog = pietra e da pSco = io comando.
Questo preteso comando e questa potenza hanno fatto dare a Laomedonte
il titolo di Re.
Se ci si vuole attenere alla genealogia dei pretesi Re di Troia, i quali
hanno preceduto Laomedonte, si trover precisamente nei loro nomi nna
conferma ch'essa nna semplice allegoria del magistero filosofico, perch
Dardano che si ritiene per il primo fondatore ed Q primo Re della Dar
li ania, che indi prese il nome di Troia, significa: essere in riposo, dormire, da
apBdva) = dormire, ripotarsi; poich la materia dopo essere stata messa
nel vaso al principio dell'Opera, resta per molto tempo come assopita e senza
movimento; ci che ha indotto i Filosofi a dare al tempo durante il quale
essa resta in tale stato, il nome diiwemo, dato che la natura sembra torpida
ed assopita durante questa stagione. In questa prima.operazione, scrive Fila
tele (a), che noi chiamiamo l'inverno, la materia come morta, il mercurio
si mortifica, la negrezza si manifesta. Ma appena s'inizia la fermentazione
ed a dissolversi, Erittonio nasce da Dardano, poich Erittonio vuol dire:
dissolto, fatto in pezzi, da Qelxto = io rompo, io spezzo. La materia ridotta
in pezzi, in via di dissoluzione, significata da Tros, figlio e successore di
Erittonio ; poich secondo Enstrazio, ntpoKijiD deriva da rsipai abbat
tere, triturare, e rgtuai; da litrosca. Questa materia, venendo dissolta, di
venta come mota o fango, ed allora Do succede a suo padre Tros, poich
HIV? vuol dire limo, sozzura; ci che ha dato motivo ai Filosofi di chiamare:
fango, letame la loro materia in questo stato di putrefazione. Ilo fa padre
di Laomedonte ed sotto il suo regno che Apollo edific le mura di Troia,
dato che la materia comincia a fissarsi e diventar pietra dei Filosofi, allor
quando esce dalla putrefazione.
Ecco la vera origine di Troia, ecco quali sono stati i suoi Re ed i suoi
fondatori. Ci che ai pu dire di vero, si che una citt uguale a quella di
Troia, cosi come ci si presenta all'epoca della sua distruzione, sarebbe do
vuto esser molto celebre anche prima della sua caduta, ma di essa non si ha
alcuna menzione prima del viaggio che comp Ercole per andare a liberare
Esione figlia di Laomedonte. Come avrebbe potuto verificarsi che una citt
fosse diventata cos popolosa e tanto celebre in cosi poco tempo, e che la
sua rovina sarebbe successa immediatamente alla sua nascita? Sarebbe stato
possibile riunire tanta gente capace di resistere a tutte le forze riunite della
Grecia? Quand'anche si fossero riunite tutte le popolazioni della Frigia, le
stesse non avrebbero potuto resistere neppure per sei mesi, figurarsi poi
per dieci anni contro unarmata cos formidabile e tanto pi numerosa.
( a) Enar r ai . Met h. p. n>.
- 3 37
TUTTI GLI ASSEDIANTI ED I DIFENSORI DELLA CITTA DI TROIA
SONO ESSERI FAVOLOSI
Bisognerebbe, in questo captolo, passare in rassegna tutti questi Eroi dei
quali Omero riporla i nomi e le loro meraviglioso gesta, celebrate altres da
Virgilio e dagli altri Autori ; occorrerebbe esaminare da vicino ed attenta
mente le loro genealogie; ma per controllarne il fondamento favoloso, basta
riportarsi alla radice del loro albero genealogico. Non ve n uno solo die
non vanti la sua origine da Giove, da Nettuno o da altra Deit. Achille, fra
tutti il pi famoso, era figlio di Peleo e della Dea Teli. Peleo ebbe per
padre Eaco, e per madre la Ninfa Endeia. Eaco era figlio di Giove e d
Egina. Teli, secondo Esiodo (a), era figlia dei Cielo e della Terra; Omero (b)
la dice figlia di Nereo chi* u sua volta era figlio dell'Oceano, Giove se ne
innamor, ma avendo appreso da Prometeo, conforme un oracolo di Temi,
che il figlio che sarebbe nato da Teli sarebbe diventato pi polente del padre,
Giove decise darla in moglie a Peleo. Teli dai piedi d'argento, figlia del
vecchio Marino (c) rimase dispiaciuta, secondo lo stesso Autore (d), che
Giove lavesse dispreizata sino al punto di farle sposare na mortale. Essa co
munic le proprie dispiacente a Vulcano il quale nutriva un grande trasporto
per Teli in riconoscenza della huona accoglienza che questa gli aveva fatto,
ricoverandolo, allorch questo Dio fu scacciato dallOlimpo.
Omero, infine, ne parla sempre come di una Dea e tutto quanto ne riferisce,
specie nel ventiquattresimo libro dellIliade, conforme a quanto si verifica
nelle operazioni del magistero. Egli introduce (e) Apollo che reca le sue
doglianze a Giove perch Achille s impadronito dei cadavere di Ettore e
si rifiuta di renderlo. Giunone gli risponde: Ettore Ila succhialo i l latte duna
donna mortale, e Achille figlio d'ana Dea; avendo nutrita ed allevata io
stessa sua madre, l ho maritata a Peleo, uomo mortale, ma molto caro a
gli Dei. Tutti, per onorarlo, assistettero alle sue nozze, e voi stesso, perfido,
vinterveniste al pari degli altri. Apollo rispose: Achille ne talmente fiero e
glorioso, che non sensibile n olia piet c neppure alla vergogna. Voi siete
lutti mallevadori di questo fiero e superbo Achille che ha smesso ogni com
passione ed ogni pudore. Dopo aver tolta la vita al nobile e generoso Ettore,
ne ha legato il cadavere al suo carro e lo trascina intorno alla tomba del suo
amica Patroclo, invece di lasciarlo alia sua cara sposa, a suo padre Priamo,
alla madre, ai suoi figli ed al suo popolo, i quali tutti vorrebbero avere almeno
(a) Theogon.
(b) Hymn. in Apalinem
(c) Omero, Iliade. L, I., v, 538.
(d| Omero. Ilade, L. XVIII, v , 118 e seg.
(1 Iliade, L, XXIV, v . 40 c Sg*
- 338 -
la consolazione di rivederne la morta spoglia. Giove prese la parola e disse:
a Giunone, non ve l abbiate a male; di tolti gli abitanti dilio, Ettore fu il
pi caro agli Dei. Non dignitoso per Achille, l aver portato via segretamente
il carpo di Ettore. Teli, madre dAchille, non abbandona suo figlio neppure
per un istante e non lo lascia n giorno n notte, ma se qualcuno vuole andare
a chiamarla per farla venire qui, io le parler e le dir che Achille renda il
il corpo di Ettore a Priamo il quale ne pagher il riscatto .
a Subitamente I ride part e discese sul fondo mare le acque del quale
divennero fortunose. Essa rintracci Teti in una caverna, seduta fra altre Dee
marine, e dove piangeva il destino di suo figlio che doveva perire, lungi dalla
patria, in Troia la pietrosa. Teti, alzatevi, essa le disse, Giove vi vuole e
desidera parlarvi. Teti, di rimando: Cosa vuole da me questo gran Dio? Io
non oso pi frequentare gl'immortali: il mio cnore straziato dal dolore ed
il mio spirito pieno di mestizia. Nondimeno io vandr, poich egli me
l ordina. Detto ci, questa Dea ch la pi augusta fra tutte, prese un velo
nero, e non esisteva altro abbigliamento pi nero del suo, in tutto il mondo.
Part preceduta da I ride, ed il mare le inviluppava, appena toccata la riva
sinvolarono rapide in cielo ove trovarono Saturno e gli altri Dei seduti in
torno a costui. Teti and a sedersi accanto a Giove, e Giunone le offr una be
vanda dorata in un bel vaso, rivolgendole qualche paiola di conforto. Teti
bevve e le rese il recipiente, o
a Giove, padre degli Dei e degli uomini, prese, in seguito, la parola e
disse: Dea Teti, voi siete salita aUOlimpo quantunque rattristata e so bene
che avete una pena che vaffligge. Sono sensibile al vostro dolore ma sappiate
il perch vi ho mandata a chiamare. Da nove giorni gli Dei immortali sono
discordi in merito al corpo di Ettore ed alla condotta d'Achille, il distrut
tore di citt. Alcuni sostengono che il cadavere di Ettore gli debba essere
involato segretamente; ma per quel rispetto che ho per voi, e per queU'ami-
cizia che sempre vi manterr, voglio lasciare ad Achille il merito della resti
tuzione. Andate dunque subito, recatevi prontamente presso vostro figlio, e
ditegli che gli Dei immortali, ed io pi degli altri, siamo indignati contro
di lui, perch continua a detenere il corpo di Ettore nel suo vascello nero,
rifiutandosi di renderlo pure avendo avuto proposte di riscattamelo. Se an
cora custodisce un poco di rispetto per me, chegli lo restituisca. Ora man
der I ride a Priamo per dirgli che si rechi personalmente alle navi dei Greci
per fare la richiesta del riscatto, e porti seco le ofTerte che sieno gradite ad
Achille, a
a Teti dai piedi dargento, obbed; discese velocemente dallOlimpo e
pervenuta alla tenda del figlio, lo trov rinchiuso nella stessa, mentre pian
geva dirottamente fra i suoi compagni che stavano preparando da mangiare.
Avevano perci ucciso una grassa pecora dal vello bellissimo ed abbondante.
Teti si sedette al lato d'Achille, rabbonendolo con le carezze, indi gli disse:
Sino a quando, figlio mio, abbandonerete il vostro cuore al dispiacere
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che vi consuma sino al ponto di non voler prendere n nutrimento alcuno e
neppure sonno? Sono vostra madre, e non dubitate chio non avessi il pi
gran piacere di vedervi ammogliato, ma il Destino vi minaccia una morte
violenta e subitanea. Ascoltatemi dunque; vengo a parlarvi da parte di
Giove: egli m'ha detto di dichiararvi che gli Dei immortali sono molto ir
ritati contro di voi, perch non volete consentire al riscatto del corpo di
Ettore che conservate nel vostro vascello nero. Credetemi, rendete questo
corpo ed accettate la taglia, s
Achille si lasci convincere dalle preghiere di sua madre, e rispose che
appena in possesso della taglia, avrebbe reso il corpo di Ettore. I ride, dal
canto suo esegui subito l'ambasciata ed indusse Priamo a recarsi da Achille,
con le offerte, accompagnato da un solo Araldo d'armi. Ecuba fece tntto il
possibile per distogliere Priamo dal recarvicisi, ma lungi dal prestarle ascolto,
Priamo ne la rimprover. Prese seco le offerte consistenti in dodici vesti bel
lissime, dodici magnifici tappeti, dodici tuniche e dieci talenti doro abbon
danti. Cos b mise in cammino, e Giove vedendolo per via, disse a Mercurio
suo figlio: Mercurio, voi che siete pi compiacente di qualunque altro nel
rendere servigio ai mortali, andate adunque, conducete il vecchio Priamo alle
navi dei Greci, ma fatelo in modo che nessuno lo veda o se ne accorga prima
che entri nella tenda del figlio di Peleo. Allora Mercurio mise i suoi talari
d'ambrosia e doro che lo trasportano sul mare e sulla terra come il vento,
e non dimentic di prendere anche il suo caduceo. Avendo assunto l aspetto
di un bel giovane di regale fisonoma, si diresse a Troia e trov Priamo e colui
che lo accompagnava. Costoro restarono sorpresi d'incontrarlo e furono assa
liti da timore, ma Mercurio li rassicur'e disse loro: Dove andate cos
durante il silenzio della notte? Non temete di cadere nelle mani dei Greci
vostri nemici? Se qualcuno dessi vi nota con i doni che recate, come, voi
che non siete giovane e che siete accompagnato da altro vecchio, potreste
difendervi se vi assalissero? In quanto a me, siate tranquillo, vengo per difen
dervi e non per forvi ingiuria, poich vi riguardo come mio padre. Ben vedo
dal voBtro aspetto e dalle vostre parole, rispose Priamo, che qualche Dio
prende cura di me, poich vi hanno mandato per accompagnarmi. Fatemi
il piacere, bel giovane, di dirmi: chi siete e chi sono i vostri parenti?
Sono domestico dAchille, rispose Mercurio, e qui venni con lui nella Btessa
nave, sono un Mirmidone e mio padre si chioma Polittore, ricchissimo e
quasi della stessa et vostra; ha altri sei figli ed io sono il settimo (a), e fra
noialtri fratelli abbiamo tirato a sorte chi dovesse accompagnare Achille e
la sorte design proprio me. Priamo linterrog Bullo stato attuale del corpo
di Ettore, e Mercurio gli forni cosi buoni ragguagli che Priamo gli offri in
regalo una bella coppa, e lo preg di guidarlo. Mercurio rifiut l offerta, ma
si dichiar pronto ad accompagnarlo sempre per mare e per terra, anche sino
(a) H setti mo dei metal l i .
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ad Argo; e aitando sul carro di Priamo, 'impadron delle redini dei cavalli
e li guid. Cosi arrivarono alla Torre dei vascelli. Le sentinelle stavano pran
zando, e Mercurio che addome quelli che vegliano, e veglia quelli che dor
mono, li immerse in un sonno profondo: apri le porte ed introdusse Priamo
con il carico delle sue offerte. Arrivarono alla innalzata tenda di Achille
che i Mirmidoni gli avevano fatta di legno di abete coperta di giunchi ta
gliati nella prateria e circondata da una palizzata; la porta era chiusa con
una grossa trave dabete e tre Greci nerano a guardia poich vi erano tre
recinti. Achille, in quel momento, si trovava solo. Mercurio, autore degli
agi della vita, apr la porta al vecchio, e lo fece passare con le offerte. Indi
gli disse: Io sono Mercurio, Dio immortale, inviato da Giove per guidarvi ed
accompagnarvi: non entrer con voi e perci me ne ritorno, perch non
converrebbe ch'io appaia alla presenza di Achille e ch'egli 'accorgesse che
un Dio immortale favorisca talmente n uomo. Per quanto vi riguarda, en
trate, abbracciate le ginocchia dAchille e pregatelo di rendervi vostro figlio. .
Ci detto, Mercurio s'invol allOlimpo.
Priamo discese dal carro lasciandovi Ideo che lo aveva accompagnato.
Entrato nella tenda di Achille, gli si butt alle ginocchia e lo preg di resti-
tuirgli il corpo di Ettore. Dopo lunga discussione, Achille accett i doni del
riscatto e gli rese Ettore. Stabilirono anche una tregua di dodici giorni. Con
l'aiuto di Mercurio, Priamo trasport il corpo di Ettore sul suo carro e lo
condusse a Troia ove lo consegn nelle mani dei cittadini i quali ne onorarono
la spoglia con il seguente funerale (a): a Durante nove giorni ammassarono
i materiali, il decimo, fra il pianto generale, innalzarono il corpo di Ettore
sul rogo e vi appiccarono il fuoco. L'indomani il popolo si riun intorno al
rogo e spensero il fuoco col vino nero: i fratelli ed i compagni di Ettore
riunirono le sue ossa bianche, e versando copiose lagrime, le rinchiusero in
unurna d'oro che avvolsero con un tappeto di color porpora, s
Da quanto abbiamo sopra riportalo, facile dedurre che Omero, Autore
della storia di questa guerra, non pretendeva parlare di Teti se non quale
Dea, e non come di una donna qualunque, conseguentemente, costei era per
lui, come deve esserlo per noi, una entit puramente favolosa. Perci egli
ci dice che Teti era figlia di Nereo, Dio marino, da Nqp;, sicch Nereo
significa un luogo cavo ed umido, ed il vaso filosofico nn vuoto nel quale
nasce Teti, la stessa che i Poeti Greci intendono per la terra (b), ed i Latini
per il mare, dato che il suo nome significa nutrice (1). Giunone si vanta d'a~
verla allattata, allevata e maritata a Peleo; ci vale per la terra filosofica, si
gnificata da Teti, la quale, dopo aver dimorato per un certo tempo nel vaso,
sposa la negrezza, vale a dire che diventa nera, poich Peleo viene da xtXbq:
(a) Ibid., v. 78} e segg.
(b) Diade. L. XIV.
(t) Tetta in italiano vale mammella. K. d. T.
- 341 -
nero. Da questo matrimonio nacquero Piritoo, ovvero chi sorte dal fuoco sano
e salvo, poich il fuoco della materia dei Filosofi resiste agli attacchi del fuoco
pi violento. In seguito costui prese nome Achille, il Gero e superbo guerriero
che sfidava tutti i Capitani dei Greci e dei Troiani; e poteva ci fare perche
gli era invulnerabile a causa di quanto segue: divenne amante di Briseide,
cio del riposo, dato che Briseide viene da : io riposo, poich il mer
curio filosofico cerca di essere fissalo.
Quanto ci accingiamo a qui riportare, dall'ultimo libro dellIliade, pro
ver chiaramente a coloro che hanno letto libri dei Filosofi, che Omero non
teneva presente se non la Grande Opera, poich le sue esposizioni collimano
con quelle dei Filosofi ed egli similmente si esprime, dando precisamente la
descrizione delle fasi dell'operazione dell'elisire che il compimento dell'O
pera, cos comegli ne fa la fine del suo Poema. Ricordiamocene qualche
passo, tanto, non ci allontaniamo dal nostro soggetto.
Giove invia I ride a Teli, ed I ride discende sul nero mare: ecco il mare
filosofico, o la materia in dissoluzione pervenuta al nero. Iride trova Teli,
o la terra filosofica, seduta in una caverna, vale a dire nel vaso filosofica. Iride
simboleggia diversi colori che si manifestano contemporaneamente al pro
cesso di fermentazione e dissoluzione. Teti piange, ed la materia che si
muta in acqua. Dopo aver udito l'oggetto della missione d'iride, Teti indossa
nn velo nero e degli abiti pi neri di quant'altri al mondo. I Filosofi chia
mano il nero che sopravviene alla materia, nero pi nero del nero stesso:
nig'um, nigrius nigro. Ho gi citato numerasi lesti di Filosofi a tale riguardo,
e non li ripeter.
Teli sali airOlimpo ed Iride la precedeva, ed entrambe erano inviluppale
dal more. Ci indica tinizio della sublimazione della materia: questo mare
l acqua mercuriale al disopra della quale emerge la terra come un'isola.
Tale era quella di Creta ove nacque Giove, quella di Deio dove Febo e Diana
vennero al mondo. Arrivano alla presenza di Giove, e Teti incontra Saturno,
che il Saturno filosofico del quale spesso abbiamo parlato. Essa fa la sua ap
parizione con un abito di duolo ed unaria di tristezza, poich il nero simbo
leggia il duolo e la tristezza. Giove le dice di recarsi dal figlio Achille ed in
durlo a rendere a Priamo il corpo di Ettore. Essa vi si reca, e nel frattempo
I ride va a trovare Priamo, per deciderlo ad andare alla tenda dAchille,
in sola compagnia di Ideo. La materia, prima di abbandonare la sua negrezza,
riassume i diversi colori cherano apparsi prima. Teli convince suo figlio.
Priamo si mette in cammino accompagnato da Ideo, cio il sudore, da TSo;-
sudore, perch la materia, dissolvendosi, pare che sudi. Priamo incontra Mer
curio che prende a dirigere il carro, poich c il Mercurio filosofico che dirige
l'Opera, da lui c per suo mezzo che le operazioni si compiono. Mette i suoi
talari perch volatile, e gli stessi lo portano nell'uria come il vento: Ermete
lo aveva detto (a): il vento lo porta seco, l aria lka portato nel suo ventre.
(a) Tavola di Smeraldo.
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Mercurio risveglia coloro che dormono, ed addorm; quelli die vegliano,
perch volatuza il fisso e fissa il volatile. Apre le porte ed introduce Priamo
con i suoi doni, perch il dissolvente universale, e dissolvere, anche in lin
guaggio chimico vale: aprire. Egli lascia Priamo il quale entra ad abbraccia
le ginocchia di Achille: il fisso si riunisce al fisso, ed il dissolvente ancora
volatile. Priamo offre i suoi doni che consistono in tappeti, stoffe ed oro:
cio i differenti colori passeggeri che si manifestano; l oro egli stesso, o
l'oro filosofico. Achille gli restituisce il corpo di Ettore avviluppato in due
degli stessi tappeti, i due pi belli che sono i due colori principali: il bianco
ed il rosso. Priamo se ne ritorna a Troia con il corpo di suo figlio, e Mercurio
che ('attendeva, riprende a condurre il carro per la ragione da noi innanzi
dichiarala. Rientrano in Troia e seleva un rogo sul quale si brucia il corpo di
Ettore dal quale si raccolgono le ossa bianche: ecco il color bianco o l'oro
bianco dei Filosofi. 1 Troiani le mcllonu in un'urna d'oro che coprano con
un tappeto color porpora: ci significa il compimento dell'elisir, o la materia
pervenuta all'ultima fissit, dal colore amaranto o dei papaveri campestri,
come dicono i Filosofi.
Questa spiegazione sarebbe pi che sufficiente per persuadere un uomo
scevro da preconcetti, basta aprir bene gli occhi per constatarne la veridicit
e semplicit. Ma la gente che ha delle prevenzioni richiede pi di una prova
per potersi convincere, e noi ci accingiamo a darle. Non basta l'aver dimo
stralo che Teli un personaggio allegorico, ma occorre dimostrare clic anche
Peleo e gli altri, lo sono ugualmente.
Pelea fu, dicesi, figlio d'Eaco e della Niufa Endeis (a), figlia d durone,
Come polrebb'essere che Eaco avesse sposato la figlia di Chirone, dato che
quest'ultimo fu figlio di Saturno e nella Ninfa Fillira, e nacque senza dubbio
prima che Giove avesse mutilato Saturno? A voler ammettere che lutti questi
personaggi fossero realmente esistiti, non si potrebbe poi negare che dalla
nascita di Chirone sino ad Euco sarebbero trascorsi parecchi secoli: in tal
coso la figlia del Centauro doveva essere decrepita. Ma dato che suo padre
un essere immaginario, la huq figlia lo ugualmente, come pure anche Eaco,
che lo si dice figlio di Giove e della Ninfa Egina, e che Giove per godere
l'amplesso di questa Ninfa fu obbligalo di trasformarsi in fuoco. La Favola
racconta anche che Sisifo, avendo notalo la frequenza di Giove presso Egina,
ne inform Asopo, padre della Ninfa. Giove, allora, per sottrarla all'ira del
padre, la trasform in una Isola elle porta il nome della stessa Ninfa. Biso
gnerebbe, adunque, ammettere ch'Egina avesse partorito Euco dopo essere
stata trasformata in una isola, ci che sarebbe assolutamente ridicolo affer
mare se vuoisi ritenere lutto ci un fatto storico; ma se, al contrario, lo si
guarda allegoricamente, in tal caso non pi sorprendente dei mito delia
nascita d'Adone avvenuta dopo la metamorfosi di Myria, sua madre, nell'al
bero che ha tal nome..
(a) Secondo Pausania c lo Scoliaste di Pindaro e d'Apollodoro.
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E' bene tener presente che tolti gli Eroi dei quali abbiamo fallo menzione
inora, e tatti gli altri che menrionemno, non solo sono tutti della discen-
denaa di Dei immaginari e chimerici, ma hanno ancora questo di comune:
(die la loro genealogia sempre composta di Ninfe, figlie dell'Oceano o di
qualche fiume. Questo genealogie non risalgono mai al di l di quattro o
cinque generazioni e quasi tulle fanno capo a Saturno, figlio del Cielo e della
Terra. Lo si pu controllare nelle colonne che seguono, e nelle quali ai tro
veranno quelle degli Eroi Greci e quelle dei Capi dei Troiani.
Paride ed Ettore
Priuio o Podirce
Laotaedenie
no
Tri
Eri t tu a lo
! rduo
Giove, Elettra fu sua multe ed
era figlia dell'Oceano c d Tct
Sieda nacque da Leda, moglie
di Tifi dar, ma dallad al torio
t b ' c u i conme con Giure tra
tic rinato io Cigno, Leda ai
grav eoa tempo rancameli te di
due nova, da mio Dietro no Pol
luce ed Eleoa. e dall'altro Ca
l l o e dittonesti-a.
Agamennone e Menelao
Atreo o Tyeste
Pciopa
Tantalo, figlio deila Ninfa Piote
Giove
Sa tomo
Meninone
Tiutae e l'Aurora
LaomcdOnle
Ilo
l i t i
E nitori io
Bardano
Giove ed Elettra
Sa tono
Fallacia
Menu io
Atto
Nettano
Patroclo
Mescila
Gi peto
Il Cielo e la terra
(secando Esiodo)
Achilie
Pelea e I r t i
Fare
Giove ed Egina
Saturno
Aiace, figlio d'Oileo, uno degli
Argonauti.
Aiace, figlio di Telamone
Eaco
Giove ed Egina
Saturno
Diomede
Tldeo
Ocoeo
Poitco, a Tabe
{I l i adi , L. 14. V. l i 5),
Uliiec
Lame
Acri ir*
Palamede
Xauplin
Militino e A mi mone
Saturno
EuripjJo
Telefo
Ercole
Giove e Alctnena
Saturno
l.aoc Grinte
Fi amo
1j'>m*tJonlc
Ilo
Ttoi
EniUioia
Bardana
Giove ed Elettra
Sa torno
P(dfilai
Irtele
Anfitrione
Alee a
Pn u i
Gioie e Danae
Saturno
Flloiteie
Peano 0 Apollo
Giove
Saturno
f int are
X t l w Cleri
Nettano Tiro
Salano
Idomenea
Deucalione
Promeieo
Glapeto e CI imene
Il Ciclo e U Terra
f Esiodo)
Idiuneneo
Dea tal ione
Minoue
Giure ed Europa
Saturno
(Omero. H Utdr )
- 344 -
Questi sono i principali Ira i Greci e Troiani, e laccio di Ascalafo e Gal-
meno entrambi figli di Marie ed Astiochea; Demofoonte figlio di Teseo;
Eurialo figlio di Mesticheo; Teucro di Telamone; Schedio e Epiotropio figli di
Ifito: Agapenore del Pilota Anceo: Tespio, Tosa, Tlepolemo, Eumelo, Poli-
pele e tanti altri figli di Argonauti, o che si dice avessero preso parte a
quella spedizione per la conquista del Toson d'oro, poich non deve meravi
gliare il trovarli presenti nelle due imprese poich Pana e l'altra sono nnn
allegoria di un unico soggetto.
Non vha difficolt a dimostrare il testo favoloso, anche attraverso la genea
logia delle donne che furono madri di questi Eroi. Elettra, madre di Car
dano, era figlia dell'Oceano e di Teti. Aurora, madre di Meninone, ebbe Tea
per madre ed Iperione per padre. Asopo, figlio dell'Oceano e di Teli, fu
padre della Ninfa Egina. Climene, avola di Menezio, era anch'essa figlia
dell'Oceano. Circe, che Ulisse conobbe nei suoi viaggi, era figlia del Sole,
Teli era una Dea; Enea fu figlio di Venere, e cosi per gli altri. E' dunque
assurdo voler concedere realt a personaggi tonto favolosi come costoro.
Ma altra prova da ritenere almeno convincente la si dedace dai nomi che
portano i Troiani, gli Etiopi e quelli delle altre nazioni che si suppongono
siano accorsi in aiuto di Priamo. Bisogna ammettere che la lingua dei Frigi
e quella degli Etiopi erano ben differenti da quella dei Greci; ed allora, come
si spiega il fatto che tutti i nomi dei Troiani e dei loro alleati si ritrovano
greci e d'origine greca? Iai ragione che Omero, autore di quest'allegoria,
era Greco. Gli sarebbe stato facile riportare i nomi originari degli Eroi
Etiopi e Frigi dalla loro stessa lingua, poich Omero aveva soggiornalo a
lungo in quelle nazioni, ed era perci in grado d poterne riportare almeno
qualcuno, ed allora, qual' la ragione perch non lo ha fatto? Perch, senza
dubbio, deliberatamente non volle aggiungere anche quest'altra verosimi
glianza alla sua finzione ch'egli non pensava di dare come una realt. E' ben
strano che gli Storici ed i Mitologi che gli han succeduto, non abbiano mai
fatta questa considerazione. Omero stesso ci dice che l'armata dei Troiani
era composta di uomini di diverse nazioni e di diversi linguaggi, e che fra
di loro non s'intendevano:
Nec enim omnium erat una votu/eraxio, nec una vox
Sed lingua mista eroi, e muil nempe locit convocati
/werant.
(Diade, 3, v. 437).
Bisogna necessariamente convenire che Omero ha sostituito con nomi
greci quelli propri dei Troiani e degli Etiopi che Meninone aveva condotti in
soccorso di Priamo. Ma quale ragione avrebbe avuto per fare ci? Se un
Poeta Francese s decidesse a compilare la storia del famoso assedio di Praga
mantenuto dagli Austraci, e gloriosamente difeso dai Francesi dopo l'oh-
- 345 -
biindouo della Baviera, e che desse Dorai francesi agli assediatili ed agli as
se dia li, questo semplice fatto sarebbe sufficiente ai Lettori per far nascere il
dubbio sulla realt di tale assedio, e non si presterebbe fede alcuna ad un
simile lavoro sino a quando uno Storico non lo rettificasse.
Ma che ne sarebbe se, per di pi, il Poeta che per il primo avesse tra
mandata questa impresa, facesse discendere tulli gli Ufficiali Generali, e gli
altri, da Mar-Lusina, da Garganlua, da Orlando Furioso, da Roberto il Diavolo,
da Fierobraccio, da Oliviero compagno dOrlando, da Giovanni di Parigi, o
da qualche altro personaggio che non sono mai esistili se non nei romanzi?
Anche se si indicassero precisamente le citt viciniori, le borgate, i fiumi, lu
bicazione del campo, la specificazione giornaliera dellattivit degli asse
dienti, magari riportando i nomi delle sentinelle, si potrebbe, perci, prestarvi
fede? E se gli Storici posteriori attingessero le loro narrative, di tale im
presa, dal racconto tramandato dal Poeta, od anche da una qualche tradizione
orale derivata dalla finzione dello stesso Poeta, acquisterebbe, tuLLo ci, mag
gior credito di realt? Orbene, cos stanno le cose, per quanto riguarda la
guerra di Troia, e lassedio ebe ne mantennero i Greci. Erodoto, che Cice
rone (a) chiama il Padre della Storia, Erodoto, ch'era un originario dellAsia
Minore, ove trovasi Troia, ci parla di questa guerra seguendo Omero e la
tradizione orale di qualche Sacerdote Egizio. Anchegli dubita della realt di
questo avvenimento, e dice (b): Si presti fede, se si vuote, ad Omero ed ni
versi Cyprci. Per quanto mi riguarda, allorch ho voluto informarmi se i
fatti straordinari, paco verosimili, e quasi chimerici, che i Greci raccontano di
essersi svolli a Troia, erano vari. Frasi che dimostrano chiaramente la poca
fede chegli annettesse a questa storia, e che riporta quale riferimento tradizio
nale. Erodoto, intanto, si sforza di provarne la falsit, ed a tale riguardo
scrisse (c): a Io congetturo che Elena non fu mai a Troia, perch se vi fosse
stata, quando i Greci andarono a reclamarla, i Troiani, certamente, l avreb
bero resa, persuadendo Alessandro, con le buone o con la forza, di renderla.
Dato che Priamo ed i suoi congiunti non sarebbero stati cos insensati da far
riversare sui loro figli c cittadini tutti i mali dai quali erano minacciati, solo
per far piacere ad Alessandro e conservargli il godimento di Elena. Ed anche
ad ammettere che cos si fossero decisi allinizio di questa pretesa guerra,
bisogna pensare che quando Priamo avesse visto due o tre dei propri figli
morti, combattendo contro i Greci, ed a voler prestar fede a quanto ite ri
feriscono i Poeti, Priamo stesso mantenne per concubina Elena, sicch l a
vrebbe certamente ridala si Greci per salvarsi da tanti mali.
Erodoto riporta altre ragioni che si possono leggere nella sua opera nella
quale afferma altres che la lingua Frgia era assolutamente diversa dalle al
ta) De Legibus.
(b) I n Euterpe, e, nS.
(c) Ibidem, c. no.
~ 346 -
tre, ed a tale riguardo riferisce (a) che prima del regno di Psammelico in
Egitto, gli Egiziani si vautavano d'essere esistiti per i primi nel mondo. Sotto
il regno di questo Faraone, questo quesito venne rimesso in discussione, ma
fu risolto a favore dei Frigi a ragione dell'esito della seguente prova. Psam-
melico non possedendo alcun mezzo per risolvere questo quesito, decise di
prendere due neonati figli doscura gente, e li diede a nutrire ed allevare ad un
pastore, con ^ordine dassisterli con le massime cure possibili, ma di cu
stodirli in remote solitarie caverne, di farli allattare dalle capre, e facen
dogli assoluto divieto di pronunziare una qualsiasi parola che i piccoli potes
sero udire; affinch, sviluppandosi gli organi degli stessi e pervenissero alla
et della parola, egli avesse potuto sapere a quale lingua appartenesse la
prima parola che i fanciulli avrebbero pronunziala. Lordine venne eseguito:
e quando i due bimbi pervennero all'et di due anni, il Pastore, aprendo la
porta del luogo ove erano ricoverati, li vide tendere le mani e pronunciare
distintamente beccos. I l pastore per quella volta non fece motto, ma vedendo
che ogni volta chentrava i bimbi ripetevano la stessa parola, ne rifer al Fa
raone il quale se li fece portare alla sua presenza ed avendo inteso, con le
proprie orecchie, pronunziare beccos, sinform a quale linguaggio potesse ap
partenere tale parola. Si seppe che nella lingua Frigia beccos significava pane,
ed allora gli Egizi consentirono ai Frigi la gloria dessere pi antichi di loro
elessi.
Poich la lingua Frigia era tonto differente dalla Egizia e dalla Greca,
come si spiega che tutti i Troiani ed i loro alleati Etiopi, Traci, ecc. abbiano
avuto tutti nomi Greci? La ragione ne molto' semplice, ed cherauo nati
da genitori Greci, vale a dire, dalla immaginativa dei Poeti e Scrittori di
Grecia che hanno parlato della presa di Troia.
Cosa veramente straordinaria nelle conseguenze di questa pretesa guerra,
si che tutti gli Eroi, delluna c l'altra parte, sono scomparsi con la citt
di Troia, quasi fossero stati travolti sotto le sue rovine, ad eccezione di qual
cuno. Erodoto (b) riferisce che Omero visse circa centosessanta anni dopo la
guerra di Troia, ed Omero non ci dice affatto daver conosciuto o visto uno
solo dei successori dei tanti Re alleati contro Priamo. Possibile che in 160
anni la generazione di questi grandi uomini s sia estinta a tal punto che
Omero, vivendo nello stesso paese, non abbia mai incontrato alcun superstite?
Egli ci parla, vero, di Pirro figlio dAchille, di Telemaco figlio dUlbse, e di
qualche altro, ma non fa parola dei loro discendenti: ci che ne dicono gli al
tri Autori poco attendibile in rispetto alla realt, ch'essi stessi tanno crollare,
uttraverso la variet delle versioni che riportano. I l Lettore, in effetti, viene
a trovarsi in uno stato dassoluta incertezza attraverso tutte le varianti che si
riscontrano sin dai pi antichi scrittori. In tal caso, cosa si deve concludere?
(si I .ibro I t.
(b) In vita Homcri.
- 347
Che mancava ad esai il riferimento di una data fissa e reale, l esistenza di ino*
munenti, un qualsiasi ricordo preciso e concreto sul quale basare il loro
racconto. Ognuno trovava sia nella narrazione di Omero quant'anche nella
tradizione (che senza dubbio sera formata) tanta difficolt e cos poca attendi*
bilit che ciascuno tent adattare il proprio racconto con l'aggiunta di quegli
clementi che, a suo giudizio, ritenne adatti a concedere, a questa finzione
poetica di Omero, una parvenza storica. E mai possibile ammettere, diceva
Dioni: Crisostomo in una delle sue Arringhe, che i Greci ritornando vinci*
tori e trionfnti nelle loro terre, venissero accolti cos mole che alcuni peri
rono assassinati, mentre la maggior porte dessi, scacciati ignominiosamente,
furono, dicesi, costretti dandarsi a stabilire in straniere contrade? Com pos
sibile che si sia verificato il caso che i Troiani, vinti e soggiogati, in luogo
di ritirarsi nelle diverse contrade dell'Asia ove contavano amici ed alleati,
avrebbero attraversato il mare, costeggiando la Grecia, per andare a fon
dare delle Citt e dei Reami in I talia, e per di pi qualcuno come Eletto
ti sarebbe stabilito proprio in Grecia? Quest'Autore conclude col constatare
la rjancanza assoluta di qualsiasi attendibilit e quindi la opportunit di dover
abbandonare questa tradizione volgare.
E* necessario, quindi, ammettere e ritenere che questi pretesi Eroi dei due
eserciti furono della stessa natura dei compagni di Cadmo, e che perirono nello
stesso modo con il quale furono generati, e cio che la fantasia dei Poeti clic
servi loro di culla, la stessa serv anche di tomba.
ORIGINE DI QUESTA GUERRA
Rifacciamoci all'origine di questa guerra, e prendiamola ab avo secondo
l espressione dOrazio, anche perch, io effetti, un uovo ne fu il primo prin
cipio, ed un pomo vi diede l'occasione. Giove, innamoratosi di Leda, mo
glie di Tindaro, si trasform in cigno, godette di Leda che mise al mondo
due ova: da uno uscirono Polluce ed Elena, dall'altro Castore e Clitenneatra.
Elena spos Menelao c Clitenneatra divenne moglie di Agamennone. Questo
per quanto riguarda l'uovo: vediamo ora per il pomo.
Giove, invaghitosi deila belt della Dea Teti, avendo saputo da Prometeo,
che secondo un oracolo di Temide, il figlio che sarebbe nato da questa Dea,
sarebbe stato pi potente del padre, decise di maritarla a Peleo, figlio d'Eaco,
figlio dello stesso Giove e di Egina. Teti rest molto dispiaciuta nel vedere che
la si dava in spdsa ad un mortale, ma Giove cos volle e le convenne ubbidire.
Giove stesso invit tutti gli Dei alla cerimonia ed al pranzo di queste nozze,
allo scopo di celebrazione grandiosa, e solo la Discordia venne dimenti
cata nello invito, o deliberatamente esclusa. Questa Dea, per vendicarsi di tale
spregevole esclusione subita, si rec segretamente alle nozze, e fece cadere
in mezzo al convegno un pomo doro recante la seguente scritta: alla pi bella.
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Nessuna, fra tutte le Dee, mancava dallavunzare la propria pretesa, ma sia
perch meno suscettibili, sia per deferenza verso Giunone, Minerva e Venere,
abbandonarono le loro pretese a favore di queste tre. Occorreva aggiudicare
il pomo ad una delle tre. Ognuno degli Dei, valutando bene 1imboraxso nel
quale sarebbe venuto a trovarsi chi, fra di loro, sarebbe stato prescelto per tale
giudisio, non volle accollarsi la soluzione di un affare cosi delicato, Giove
stesso non credette dover decidete tra la moglie, la figlia e Venere, e perdi
le fece accompagnare da Mercurio ad un Pastore chiamato Alessandro, che
custodiva le greggi sul monte Ida. Questo Pastore prese in seguito il nome di
Paride ed era figlio di Priamo Re di Troia. Le tre Dee si presentarono al Pastore
in quella maniera che ritennero la pi adatta singolarmente per mettere in
evidenza la propria belt.
Esse gli rivolsero dapprima delle promesse le pi lusinghiere, ciascuna
per proprio conto. Giunone gli offr scettri e corone. Minerva la virt e le pi
belle conoscenze, e Venere la pi bella donna che vivesse in temi. Esse con
sentirono anche alle condizioni che a primo aspetto potevano allarmare il loro
pudore, ma che Paride simpose per poter dare il suo giudizio con conoscenza
di causa. Finalmente sia che l'attrattiva di una corona avesse poco presa sullo
animo di Paride sia che la virt lattirasse meno dei vezzi duna bella dolina,
aggiudic il pomo a Venere, che in effetti era considerata la pi bella.
E' facile intuire che Giunoue e Minerva non restarono soddisfatte di questa
decisione e giurarono vendetta contro il loro Giudice, contro di Priamo padre
suo, e contro la citt di Troia della quale venne decisa la perdita che
in seguito venne compiuta. Paride lasci sfogare il loro risentimento, e non
pens ad altro se non alla realizzazione della promessa di Venere. Questa Dea
non tard a fletterla in atto. Fece sorgere a Paride loccasione dondare in
Grecia e lo condusse a Sparla da Menelao che ivi regnava, e fece in modo
che la di lui sposa Elena, la pi bella donna del suo tempo, divenne sensibile
alle profferte di Paride che la rap: questo ratto fu la causa della guerra e
della rovina di Troia.
Tutti gli Dei presero partito in questa guerra e combatterono gli uni contro
gli altri. Giove a seguito della intercessione di Teli, protesse per buona pezza
i Troiani, per vendicare Achille dallingiuria che gli aveva fatta Agamennone
togliendogli la sua cara Briseide. Arriv al punto che manifestamente minacci
del suo risentimento tatti glimmortali che favorivano i Greci; ma infine decise
riunire in assemblea sullOlimpo, tutti gli Dei e le Dee, eccettuato l Oceano.
Vintervennero tutti, sinanche le Nude delle foreste, dei fiumi e delle praterie;
lo stesso Nettuno abbandon il fondo del mare per assistervi (a). Giove parl
dicendo che lasciava ognuno libero dandare a combattere pr e contro i Tro
iani. Giunone, Minerva, Nettuno. Mercurio autore degli agi della vita, e Vul
cano si diressero alle navi dei Greci. Marte, Apollo, Diana, Latona, Xanto e
(a) Iliade. L. XX, v. 3.
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Venere ei recarono presso i Troiani (a). Ognuno incoraggiava i buoi ad alta
voce, Giove fece cadere la folgore, Netluno provoc un terremoto che gener
lo apavento ed il terrore nella citt di Troia, e mise una certa confusione fra
le stesse navi dei Greci per i quali egli parteggiava. Le scosse furono cosi
terribili che il Monte - Ida traball sulle sue fondamenta. Lo stesso Plutone
trem di panra nel fondo dell'inferno, temendo che la volta del suo tenebroso
palazzo non gli cadesse sulla testa, e salt dal suo trono emettendo un gran
grido (b). Apollo con le sue frecce doro combatt contro Nettuno, Minerva
ehbe Marte e Venere contro di essa: Giunone attacc Diana, e Mercurio I ntona.
Xanlo cos chiamato dagli Dei e Scamandro dagli uomini, teneva lesta a Vul
cano. Cos combatterono gli Dei contro gli Dei ed Achille contro Ettore.
Adunque, un uovo ed un pomo furono l origine della spedizione dei Greci
e la causa della rovina di Troia. Se questo non si ammette e si suppone che
sieno semplicemente favolosi, in tal caso, cade l ipotesi completa della spedi
zione dei Greci. Poich se non si ammette l'esistenza di questuovo, Elena la
bellissima fra le danne, degna ricompensa di Paride, non sarebbe affatto
esistita, dato ebe la ai ritiene uscita da qnestnovo, figlia di Giove trasformatosi
in cigno, e nutrita di latte di gallina o di gallo. E se il pomo della discordia
fosse una favola, che ne sarebbe stato di Achille nato dal matrimonio di Peieo
con la Dea Teli? Non vi sarebbe stala alcuna gara di bellezza tra Giunone,
Minerva e Venere. Se non fosse nata contesa fra di loro, Paride non avrebbe
potnto esserne il giudice. Venere non avrebbe conquistato questo chimerico
pomo, e non avrebbe promessa Elena in ricompensa. Se Elena non fosse mai
esistita, come mai Paride avrebbe potuto divenirne il rapitore? come mai Mene
lao avrebbe potuto decidere tutta la Grecia a sposare la sua causa per vendicare
tingiuria subita e ritornare in possesso duna moglie mai esistita?
Per di pi, se non ammettiamo l'esistenza reale cd effettiva di Nettuno,
Apollo e Vulcano i quali fondarono ed innalzarono Troia, di Giove che rap
Ganimede, di Telamone che spos Esiona figlia di Laomedonte, di Giunone,
Pallade e Venere le quali accesero il fuoco della guerra, di Pelco, Teli e la
Dea Discordia: quali ragioni resterebbero ai Greci per muover guerra ai Tro
iani? ed a quale citt avrebbero potuto condurre l'assedio? e se Ilio non fosse
esistita, ove avrebbe regnato Priamo? cosa pensare delle lunghe e penose pere
grinazioni dEnea e di Ulisse, per l uno a causa della collera e del corruccio
di Giunone, e per l altro a causa della vendetta di Venere? I l sogno d.Ecuba
non meno favoloso della nascita di Paride e della sua educazione. Ecuba,
si racconta, essendo gravida, ebbe un sogno funesto: sogn di avere nel seno
ima fiaccola che un giorno avrebbe ridotto in cenere tutto l Impero dei
Troiani. Consultato loracolo rispose che il figlio che questa Principessa avrebbe
dato al mondo sarebbe stato la causa della desolazione del Regno di Priamo.
(a) Iliade. L. XX, v. 33.
(b) Iliade, L. XX. v. 36.
- 350
Quando la Regina si sgrav, il neonato venne lasciato esposto sul Monte I da,
ove, (ortunalamente per lui, alcuni Pastori lo rinvennero e lo nutrirono. Ales
sandro (questo il nome ch'ebbe dapprima) lattosi adulto, sinnamor di
una bella Pastorella chiamata Ocnona, figlia del fiume Cedreno, e tra le braccia
della quale Paride Beppe moriif sul Monte Ida, dopo essere stalo ferito
innanzi alla citt d'ilio.
Esaminiamo se questa favola non ha un riferimento pi attinente alla Filo
sofia Ermetica, anzicch alla Storia, e ti giudicher da tale raffronto se tutto
quanto vi ai riferisce piuttosto una allegoria anzicch un fatto realmente
accaduto. Ecuba essendo gravida sogna di portare in seno una fiaccola che
servir a ridurre in cenere e causare la rovina di Troia. Abbiamo gi spessis
simo riferito che i Filosofi Ermetici chiamano fuoco, fiaccola, miniera di
fuoco il loro zolfo filosofico, ed a tale riguardo abbiamo citato il trattato Ermeti
co di d'Espagnel, quello del Filatele sulle tre specie di medicamenti del
Geber. Abbiamo fornito le prove com'essi danno il nome di donna alla loro
acqua mercuriale, parlano di concepimento e di parto, che chiamano madre
quest'acqua cosi come intendono la loro materia, e chiamano figlio lo zolfo
filosofico che ite viene prodotto. A tale soggetto si pu confrontare Moriano
e si constater che tutta la storia di Paride vi si adatta perfettamente.
Ecuba lacqua mercuriale o la materia che la produce, e Paride lo
zolfo filosofico chessa racchiude nel suo seno, e che dopo esser venuto in luce
viene esposto sul Monte Ida. Questo monte chiamato Ida come se si dicesse
monte che suda, da ISo; - sudore, perch appaiono sempre delle gocce dac
qua al disopra, quasi che questa montagna filosofica sudi. Perci i Filosofi
hanno detto: rinchiudetelo in una camera rotonda, trasparente e calda a Sin
ch sudi e sia guarito dall'idropisia; e d ci ne parla la Turba, Avicenna e
parecchi altri Filosofi.
Paride, divenuto adulto sul Monte Ida, sinnammora dOenone, figlia del
fiume Cedreno e ci vale come se in italiano si dicesse: Paride, essendo stato
molto tempo sul Monte che suda, divent innamoralo dell'acqua vinosa,
o del colore del vino, figlia del fiume chiamato it sudore ardente. Basta ricor
dare che nelle precedenti spiegazioni delle altre favole, abbiamo detto che
l'acqua mercuriale diventa rossa come il vino allorquando il magistero, o zolfo
filosofico, in via di perfezione; e che Raimondo Lullo, Riplco, in conse
guenza, le diedero il nome di vino. Oenonc, o quest'acqua mercuriale in
effetti figlia di Cedreno o del vino sudore poich essa non diventa rossa se non
a misura che it monte del sudore filosofico sudi e diventi rosso. Ora Ocnone
deriva da Oivo; = vino, e Cedreno da Krtu = io ardo, e Tpii; = sudore.
Paride mori tra le braccia d'Oenone a seguito delle ferite riportate all'assedio
d'Ilione: vale a dire che lo zolfo filosofico essendo stato dissolto durante l o
perazione dell'elisire, e della quale operazione l'assedio di Troia ne l alle
goria, venne infine fissato nell'acqua mercuriale color del vino; poich, secondo
Moriano, la seconda operazione una ripetizione della prima. Le ferite
- 351 -
di Paride stanno a designare la dissoluzione, mentre lo stato della materia e
deU'elisire in putrefazione indicato da llione che deriva da ttu? = feccia,
/piarne, lim o.
FATALIT* LEGATE ALLA CITTA DI TROIA
Tanto nellarmata dei Greci quanto in quella dei Troiani sussisteva l in
tima convinzione che la caduta di 1 roa non avrebbe potuto verificarsi se non
si fossero realizzati alcuni falli dai quali dipendevano le sorti di quella citt.
Omero non li elenca specificandoli, ma Ovidio, Licofrone ed altri scrittori anti
chi ce li hanno indicati; del resto si possono dedurre da quanto Omero stesso
ha scritto in diversi punti episodici della sua Opera, cos allorquando de*
scrive ci che occorse fare per andare a cercare Filottete a Lenrno, Pirro a
Scilo, tutta la sorveglianza attentissima che i Greci mantenevano per evitare
che i cavalli di Reso bevessero l'acqua dello Xanto, ed i pericoli che dovet
tero superare per impadronirsi del Palladio.
Queste fatalit erano state vaticinate da Calcas allorquando Agamennone
e gli altri Capi dei Greci si recarono a consultarlo sulla riuscita della spedi
zione che avevano progettata contro la citt di Troia. Caicas rispose ch'essi
non avrebbero potuto espugnare giammai quella citt se Achille e suo figlio
Neottolemo non vi avessero preso parte: 2. che bisognava possedere le frecce
di Ercole, che questo Eroe, prima di morire, aveva regalate a Filottete: 3. im
possessarsi del Palladio custodito gelosamente dai Troiani nel tempio di Minerva
costituiva un'altra condizione imprescindibile: 4. che una delle ossa di Pelopa
doveva necessariamente essere portata a Troia prima dellassedio: 5. che
bisognava asportare le ceneri di Laomedonle: 6. che si vigilasse attentamente
onde evitare che i cavalli di Reso bevessero l acqua delio Xanto. Dagli scritti
dOmero si possono dedurre altre fatalit, come ad esempio: ottenere la morte
di Troilo, figlio di Priamo, perch potesse verificarsi la caduta della citt,
ed ancora, che il destino di Troia era talmente legato ad Ettore, che giammai la
citt sarebbe caduta sino a quando questa Eroe starebbe in vita. Si infine
parlalo di una settima fatalit, quella che Telefe, figlio drcole e d Augea,
fosse invitato e consentisse a combattere in anione dei Greci.
E' ben certo che un uomo di buon senso al quale si vadano a raccontare
simili cose, le riguarderebbe come favole e tali le riterrebbe effettivamente;
perch quale rapporto pu sussistere tra cose cos diverse e cos estranee allo
scopo che si proponevano i Greci, e cio lassedio e la rovina dei Troiani? Per
qual modo poteva servire un osso di Pelops ai Greci, e quale nocumento poteva
apportare ai difensori d'I tione? Allorquando si vorr considerare Achilie come
Eroe, coraggioso, battagliero e clic con la sua capacit nell'arte della guerra si
renda molto ntiie all'armata della quale egli fa porte, da ammettere, e v' mo
tivo di ritenerlo necessario; ma non cos se questa necessita la si vorr basare
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ni fatto chi Apollo e Nettuno impiegati da Laomedonte a fondare la citt
di Troia, abbiano pregato Eneo di aiutarli in tale lavoro (a) con il preciso
scopo che l opera di un mortale unendosi a quella degli Dei, la citt, che l esu
tale coadiuvazione di lavoro da parte di uomo mortale, sarebbe stata impren
dibile, a seguilo di tale intervento avrebbe mutalo il ano destino in citt
espugnabile, e che per conseguenza necessitava che un discendente di Esco
che aveva contribuito ad innalzarla, contribuisse con la propria opera ad
abbatterla. Ma non sarebbe pi naturale supporre che il nipote di colui che
avevo contribuito alla costruzione di questa citt, sopponesse con tutte le
sue forze alla distruzione della stessa? A meno che in questo racconto non
si nasconda una qualche allegoria... Ci che hanno scritto i Poeti va conside
ralo sotto l'aspetto di semplici finzioni, poich manca di opti attendibile vero
simiglianza. Analizziamo queste fatalit ognuna particolarmente.
Pi uma Fat al it
ACHILLE E Sl'ft FIGLIO PIRRO SONO NECESSARI
PER LA PRESA DI TROIA
Si finge che Achille fosse figlio di Peteo e di Teli. Sebbene avessimo gi
spiegalo ci che la Favola ha voluto darci ad intendere con tale genealoga,
ora cade a proposito l'occBBionr per riparlarne onde darne una prova pi
completa. Peieo viene da .t f U ; = nero, bruno, ivido-, o da fango,
limo. Teli presa per l'acqua. Isaco dice che Pelea, per consiglio di suo pa
dre, ebbe commercio con Teli allorch attraverso le diverse forme eh'essa
assumeva per sfuggire alle voglie di Peieo, assunse quella di un pesce noto
sotto 11 nome di seppia. Ecco cos venir fuori Achille quale figlio del nero
Fango e dell'Acqua. E* nolo che la seppia spruzza un liquido nero che in
torbida l'acqua che la circonda e la muta, per cos dire, in inchiostro. Tutto
ci conviene perfettamente alle circostanze del concepimento del fanciullo
filosofico che dicemmo farsi secondo i Filosofi, allorch la materia, messa nei
vaso, pervenuta ad uno stalo simile a quello del nero fango o della pece nera
fusa. Per la stessa ragione la Favola dice che le nozze di Peieo e di Teli
furono celebrate su] Monte Pelion in Tessaglia.
Achille, appena nato, per divenir capace nelle dure imprese e divenire
immortale, venne dalla madre allevato alla maniera speciale che costituiva un
metodo esclusivo di Cerere e Teli, Questa Io celava ogni notte nel fuoco per
fargli consumare tutto quanto aveva d mortale e corruttibile e durante il
giorno Fungeva dambrosia. Questo metodo le riusc solo con Achille, tutti gli
(a) V. Scoliaste di Pindaro sulla 3. Olimpiade.
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altri figli, invece, morirono, ed ecco perch costai ebbe il nome di Pyritoo
che significa salvato dal fuoco, o vivente nel f o o t s . Peleo, avendo voluto in
gerirsi dell'educazione di Achille, Teli l abbandon e si ritir presso le Ne-
reidi. In segnilo Achille venne messo tra le mani di Olirono per essere
istruito nella Medicina e nelle-Arti.
Poich Achille aveva appreso da sua madre Teti che sarebbe perito nella
guerra di Troia, allorch egli venne a conoscenza dello scoppio di tale confia- -
grazone, si affrett a rifugiarsi presso Licomede per sfuggire al suo crudele de
stino travestendosi con abiti femminili, e dorante tale soggiorno ebbe commer
cio con Deidamia dalla quale ebbe Pyrro. I Greci, saputo dal vaticinio di
Calcante la necessit della presenza di Achille fra le loro schiere, diedero ad
Ulisse lincarico di ritrovarlo. E dopo Innghe reiterate ricerche minuziose
TJHsse riusc a scovarlo e lo indusse a raggiungere gli altri Capi dell'annata
dei Greci. Questa ricerca da patte dUlisse, e coronata da felice esito costi
tuisce una volenterosa attivit che grandemente lo onora.
Bisogna considerare Ulisse quale simbolo dellArtista prudente ed abile
nella sua arte, o quale agente esteriore che indirizza l Opera. Achille ne
l'agente interiore e senza del quale impossibile pervenire allo scopo che
il Filosofo si propone. Abbiamo parlato precedentemente nel quinto libro,
delle qualit richieste nellArtista, si ricordi ci che abbiamo dello a tale
riguardo, e si faccia attenzione a ci che ci accngiamo a riportare dal Geber
per poter riconoscere il ritratto dUlisse conforme la sua natura, a Chi non
possiede un largo genio ed uno spirilo sottile adatto a penetrare nei segreti pi
riposti della Natura, a scoprire i principi! chesaa impiega e l'artificio del
quale essa usa nelle sue operazioni per pervenire alla perfezione dei misti
e degli individui, non scoprir giammai la semplice e vera radice della nostra
preziosa scienza, i Tali sono i termini che adopera Geber (a) il quale dopo
aver enumerale le manchevolezze dello spirito le quali escludono la possibilit
di conquistare questa scienza, e tali sono: lo spirito tardo e privo dintelli
genza, l ignoranza, la credulit temeraria che ne una conseguenza, linco
stanza, la preoccupazione degli affari che ci assillano, lavarizia, la negli
genza, l'ambizione e la pocu attitudine alla scienza, conclude, infine, nel set
timo capitolo, con un epilogo ne! quale si riconosce Ulisse come in uno
specchio. Concludiamo adunque rive questo Autore, che l'Artista di
questa opera devessere versato nella scienza della Filosofia naturale, e deve
esserne edotto alla perfezione, caso contrario qualunque sia lo spirito e le doli
che possegga non potr mai ottenere usa realizzazione... Necessita che l'Ar
tista invochi il concorso di una profonda meditazione della Natura, ed un
genio sottile ed industrioso. N la sola ectenia, n il solo genio sono sufficienti,
ma debbono concorrervi assieme poich si prestano mutuo aiuto. Deve pos
sedere una volont costante, evitando di seguire ora una cosa ed ora unaltra,
(a) Summa perfect, part. I , c. j
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dato che la nostra arte non consiste affatto nella molteplicit delle cose.
Non v' die unn pietra, nna medicina, nn magistero. Devessere paziente
nell'attesa affinch non abbandoni a met l'opera iniziata, non richiesto
che sia svelto e neppure troppo ansioso, nel qnal caso la lungaggine del tempo
dellopera lo annoierebbe. Sappia, infine, che la conoscenza di questurte di
pende dalla divina potenza rhe la elargisce ai meritevoli; e mai la comunica
agli avari, agli ambiziosi, ed a coloro che cercano solo di saziare le loro
smodate passioni, perch Dio fonte di giustizia cosi come fonte di bont.
Ovidio, nelle sue Metamorfosi (a) mette Ulisse cd Aiace che si contendono
le armi di Achille. Ognuno dei due enumera i diritti che vanta sul possesso delle
stesse sia per le belle imprese compiute, sia per i servigi resi ai Greci. Leg
gendo l Iliade dOmero si vede chiaramente che Ulisse uguaglia Aiace nella bra
vura e nel coraggio, ma Ovidio descrive Aiace che mette sotto gli occhi del
competitore, quale trionfo, il proprio scudo tutto crivellato dai colpi di lanci
e giavellotti nemici, mentre rinfaccia ad Ulisse che il suo scudo ancora
intero in tutte le sue parti. Bench Aiace rivolgesse la sua arringa a guer
rieri che non ignoravano affatto il sno valore e che naturalmente sarebbero
stati disposti a concedere la preferenza ad un cos grande Eroe, nullameno
essi aggiudicarono le armi ad Ulisse a seguito delle ragioni da costui esposte
e che furono le seguenti: 1. - era stato capace di scovare e scoprire Achille
sebbene travestito da donna, e condurlo allarmata dei Greci; 2. - Aveva vinto
Telefe e l aveva guarito della ferita; 3. aveva conquistate le citt dApollo;
4. - che era stato la causa della morte di Ettore perch questi era caduto
per le mani dAchille; 5. - che aveva deciso Agamennone a sacrificare Ifigenia
per il pubblico bene; 6. - che malgrado il rischio che correva di condursi alla
presenza di Priamo per reclamare Elena, egli vi si era recato senza alcun
timore, in compagnia di Menelao: 7. che i Greci, annoiati dalle lungaggini
e dalle fatiche dellassedio, avendo deciso dabbandonarlo e ritirarsi, era stato
lui con le sue esortazioni e rimostranze a deciderli a rimanere e perseverare:
che aveva teso degli agguati ai Troiani, ed aveva messo il campo dei Greci al
riparo delle offensive di costoro merc la costruzione di un solido muro di
circonvallazione; che merc i suoi consigli ed i suoi espedienti l'abbondanza
era stata sempre mantenuta neU'armata. Sono stato io, egli esclamava, che ho
sorpreso Dolone. io stesso sono penetrato sin nella tenda di Reso e gli ho
tolto la vita. Ha forse Aiace attraversate le sentinelle nell'orrore della notte,
penetrato non solamente nella citt, ma sin nelle stesse fortezze ed in mezzo
al ferro ed al fuoco, rapito il Palladio? Si, sono io che per qneslimpresa
ho conquistata la citt poich solo rosi lho messa in condizione desser presa.
Sono stalo io a condurre Filottete al campo con le frecce drcole, ed con
l'aiuto di queste che noi abbiamo vinto.
Se si pone attenzione alle spiegazioni delle diverse favole date precedente-
(a) Libro XIII.
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mente, si constater facilmente che tutti quei fatti sui quali Ulisse basa i suoi
diritti per il possesso delle armi d'Achille, sono precisamente allegorie delle
operazioni del magistero dei Saggi. Esaminiamone qualcuna. Abbiamo detto
che Achille il simbolo del fuoco del mercurio filosofico. La Favola dice
che Achille era figlio di Peleo e di Teli, vale a dire della mota nera. La
mota composta di terra cd acqua, ed il mercurio dei Filosofi sestrae da
questi due elementi. Secondo d'F.spagnel (a) lo si chiama talvolta terra,
talaltra acqua preso sotto diversi aspetti, dice questo Autore, poich natu
ralmente composto di questi due elementi, u Per indicare lo stato di questa
terra filosofica o del soggetto sul quale operano i Filosofi, allorquando deve
produrre il mercurio, .iEsprgnel cita i seguenti versi di Virgilio che esprimono
benissimo la dissoluzione e la putrefazione di questa materia, significata allora
per Peleo, poich come ad una mota nera alla quale tutti i Filosofi la com
parano
a Pingue solum primis extemplo a mensibus anni
Fortes inverlant tauri.................
Tunc zephro putrii se gleba resnlvit. a
(Gergie. I.)
Quando Achille nacque, Teli l'allev con lo stesso sistema che Cerere
aveva impiegalo per Trittolemo. durante la notte lo metteva nel fuoco, e
durante il giorno Pungeva dambrosia. Non ripeter quanto gi scrissi nel
capitolo di Cerere, il Lettore pu ricercarlo.
Achille, divenuto adulto, si ritir presso Licomede dove sinnammor di
Deidamia dalla quale ebbe un figlio chiamato Pirro. I l mercurio pervenuto
al tempo nel quale comincia a fissarsi, abbandona, per cosi dire, la casa
patema e materna passando dal color nero al bianco.
I n questo stato si ritira presso Licomede, perch si cambia iti una specie di
terra che i Filosofi chiamano: oro bianco, sole bianco, pietra che comanda
e che governa, e ci espresso da Licomede che viene da .Vinco: = sole, e da
p6(i> = io comando, prendo cura. E per questo che Licomede detto padre
di Deidamia perch la parte fissa, in questo stato, ha una virt atta a fissare la
parte volatile, dicono i Filosofi chessa ha una virt calamitala che attira a
s la parte volatile, fissarla e formare cos, dei due, un corpo solo. E nolo che
il mercurio volatile. Lamore che Achille, simbolo di dello mercurio, nutre
per Deidamia, lemblema di questa virt calamitala e reciprocamente at
traente che determina la riunione dellima e dellaltro sicch il volatile di
venta, infine, fisso. Questo processo non lo si poteva esprimere pi felicemente
se non eon il nome di Deidamia die significa una cosa che ne fissa unaltra.
(a) Arcan, herm Philos, opus. cai.. 46.
- 356
o che l'arresta nella sua corsa : da Beo) io corro, e da updta = soggiogare,
fermare o fissare.
Deidamia diede ad Achille un figlio che di giusta ragione ebbe nome Pirro,
perch dall'unione del fisso e del volitile si forma lo solfo filosofico che
un vero fuoco o una pietra ignea, che d*Espagnet chiama miniera di fuoco cele
ste, ed il Filatele: fuoco di natura. Alfidio dice che quando colui che fugge
viene fermalo nella sua corsa da colui che lo perseguita, la corsa dei due
finisce, essi si riuniscono c non formano che uno il quale diventa rosso e
fuoco. Omero designa questa volatilit del fuoco mercuriale ripetendo spesso
che Achille ha il piede leggero ed estremamente veloce nella corsa: itBa;
(ro; nfiapnqi . Questo Poeta l'inculca ancor meglio (a) allorquando dice che
Achille ordin ad Automedonte d'approntare il suo carro per l'amico Patroclo
e di metter sotto i due cavalli Xaiileio e Balio, la velocit della corsa dei,
quali uguagliava quella del vento; Harpuia Podarge li aveva generali da Zefiro
allorquando essa passeggiava sui bordi dell'Oceano, e quel che pi monta,
questi cavalli erano immortali (b).
Ulisse, avendo deciso Achille dunirsi ai Greci, costui riun i Mirmidoni suoi
sudditi e ai mise alla loro testa con Menestio figlio del fiume Sperchio, Dio e
figlio di Giove e della bella Polidoro (c), con Eudoro figlio di Mercurio, chia
mato in questa circostanza xdxijk o il pacifico (ibid. v. 185); ma Eudoro, di
venuto adulto, divent celebre per la sua grande leggerezza nella corsa. Pi-
soudro fu il terzo Capo dei Mirmidoni: Omero (ibid. v. 194) riferisce che
costui era il pi prode dopo Achille. Il vecchio Fenice fu il quarto, ed Alci-
medonte, figlio di Laerzio, fu il quinto.
Malo Pirro, o lo zolfo filosofico perfetto, occon-e che l'Artista proceda alla
seconda operazione che i Filosofi chiamano la seconda opera o l'elisire. E* que
sto eliaire, o il procedimento che necessita seguire per ottenerlo, che Omero ha
tenuto di mira nella sua Iliade.
La prima fatalit legata a Troia era che Achille, e dopo di lui suo figlio
Pirro, dovevano necessariamente essere presenti nel campo dei Greci perch
potesse verificarsi la caduta di questa citt. E la ragione ne che l'elisire non
pu farsi senza del mercurio filosofico che ne l'agente capitale. Questa seconda
operazione, secondo Moriamo (d), ana ripetizione della prima riguardo al
regime ed ai segni apparenti, o a ci che s'elabora nel vaso, in rapporto ai
colori che si succedono. In conseguenza. Omero dice che Achille riun i Mir
midoni e sunl agli altri Greci. Desta sorpresa che Omero inizi la sua Iliade
con la collera dAchille, c clic lAbate Banier considera quale un puro inci
dente. Ma questo Poeta, per perseguire lo scopo propostosi, con poteva asso-
fa] Iliade. L. XVI, v. 14}.
(t>) Iliade. L. XVII, v. 444.
(e) Iliade. L. XVI, v. 173.
fd) Entra tiro do Rei Calld et de Uoren.
357
latamente cominciare ic modo diverso, coso contrario avrebbe capovolto
l ordine delle cose: egli suppone la prima operazione perfetta, o loro filosofico
che precedentemente dissi chiamarsi zolfo; poi, d colpo, passa a riferirci la
disputa tra Agamennone ed Achille e chegli fa originare dalla richiesta che
Cryseo, Sacerdote d'Apollo, fa di sua figlia Cryseidc: nolo che XQ'); vuol
dire 1oro, e vintrodusse Apollo per designare loro filosofico, Agamennone ri
fiuta, dcesi, di restituire Cryseidc, che assicura esser vergine c che prefe
risce a Clitennestra sua moglie. Anche i Filosofi gli danno il nome di vergine.
Prendete, dice dEspagnet (a), una vergine aiata, ben nitida e purissima
dalle gote tinte di color porpora (b). Finalmente Agamennone cede alle c-
sortazioni di Ulisse e restituisce Cryseide, ma protesta ad Achille chegli
9apr rivalersene togliendogli Briseide che Achille amava perdutamente. A-
gamennonc rilasci Cryseide nelle mani del saggio Ulisse, vale a dire dellAr
tista, perch la riportasse a suo padre Cryseo. Ulisse fu costituito capo della
deputazione e fece salire Cryseidc in una nave, vale a dire che la mise nel vaso
filosofico. Appena clic Ulisse pani, Agamennone mand a rilevare con la forza
Briseide (c). Cl'nviati trovarono Achille seduto salto la tenda del suo va
scello nero, intu egli l oggetto per il quale erano recali da lui ed ordin a)
suo amico Patroclo di condurre fuori della tenda Briseide e di consegnarla
aglinviati perch la consegnassero ad Agamennone. Patroclo esegu le istruzioni
avute ed Achille, vedendo partire Briseide, scoppi in pianto guardando il
mare nero, c lamentandosi conTeli sua madre, dellingiuria fattagli da Aga
mennone. Questa intese i lamenti del figlio sin nel fondo del mare bianco,
ove allora trovavasi in compagnia del vecchio suo padre Nereo, e pronta
mente emerse dal fondo come una nube. Achille racconta alia madre come,
a seguito della rovina di Tehc, nella divisione del bottino, Agamennone
aveva avuto Cryseide e lui Briseide; che poi Agamennone, obbligato di
rilasciare al padre Cryseidc, perch Apollo, irritato, aveva mandato la pe
ste nel campo dei Greci, aveva voluto vendicarsi contro di lui facendogli
togliere con la forza la cara Briseide. Teli, piangendo, cos gli rispose: a Ma
perch, figlio mio, ti misi al mondo c ti allevai con tanta cura? Tu sei il
pi infelice degli uomini perch mi nolo il destino fatale che ti minaccia
di prossima morte. Vada subito a trovare Giove nell'Olimpo pieno dt neve.
c far di tutto porrh'epli assecondi ! tuoi desideri. I ntanto, tu resta nella tua
nave astenendoti da qualsiasi combattimento ed alimenta il tuo sdegno contro
i Greci. Giove fu ieri in Etiopia ove partecip ad un banchetto unitamente
a tutti gli altri Dei. d Ci detto sinvol. Nel contempo Ulisse con Cryseidc ab-
fa) Can. $8.
(b) E' bene rimarcare che anche Omero dice che Cryseide aveva le belle gote vermiglie
v. Iliade, L. I-, v. 31J .
(c) Iliade. L. I ., v. 324 e stg.
358
bordarono a Crise, citta d Apollo t avendo gettato l'ancora, riconsegn Cryseide
a suo padre Criseo il quale elev i suoi prieghi ad Apollo dall'arco d'argento,
perch si mostrasse ormai benigno verso i Greci. L'indomani lllisse apparec
chi le bianche vele, ed avendo Apollo mandato un vento umido favorevole,
ritorn felicemente al campo dei Greci.
Sarebbe sufficiente aver letto anche molto superficialmente i libri dei
Filosofi Ermetici per riconoscere in quanto riportato ora, con le stesse pre
cise parole d'Omero, gli stessi modi di dire e tutto quanto accade nel vaso
dopo che gl'ingredienti che compongono l'elisire cominciano a dissolversi
ed a cadere in putrefazione sino a che la materia sia pervenuta al bianco. Lo
si pu raffrontare a quanto riportiamo qui dal dEspagnet (a): a I mezzi, o
segni dimostrativi sono i colori che appaiono successivamente e che fanno
vedere all'Artista i cambiamenti che s'effettuano nella materia, ed il progresso
dell'Opera. Se ne contano tre principali, i quali sono come i sintomi critici ai
quali occorre mettere molta attenzione: qualcuno ne aggiunge un quarto.
I l primo colore nero e gli si dato il nome di testa di corvo a cagione della
sua intensa negrezza. Quando comincia ad annerire segno che il fuoco della
natura inizia la sua azione, e quando il nero perfetto indica che gli elementi
sono insieme commisti e che la dissoluzione terminata; allora il grano cade
in putrefazione e si corrompe quando dev'essere atto e pronto alla gene
razione. I l color bianco succede al nero, lo zolfo bianco allora nel suo
primo grado di perfezione: una pietra che la si chiama benedetta, una
terra bianca fogliata nella quale i Filosofi seminano il loro oro. II terzo colore
il citrino, che prodotto dal passaggio del color bianco al rosso, come
una tinta media partecipante de: due colori, come l'aurora dal color di zaf
ferano e che ci annunzia la levata del sole. 11quarto infine il rosso, o colore
del sangue, che si ottiene dal bianco esclusivamente per mezzo del fuoco. Dato
che la perfetta bianchezza Baltera facilmente, essa passa rapida, ma il' rosso
intenso del sole dura sempre perch perfeziona lopera dello zolfo che i Filo
sofi chiamano : sperma mascolino, fuoco della pietra, corona reale, oro e figlio
del Sole.
Ritorniamo all'I liade d'Omero e vediamo se ci ch'egli dice conforme
a quanto cinsegna d'Espagnet, che mi limito a citare per non moltiplicare
i riferimenti nei cosi non necessari; riporter citazioni di diversi Autori a com
prova delle mie spiegazioni.
Abbiamo s-isto innanzi che Achille, simbolo del fuoco del mercurio, era
il principale agente dell'opera filosofica, ed abbiamo seguita la sua vita sino
alla nascita di Pirro presso Licomede. Omero ha tralascialo tutto questo e
comincia col supporlo amoroso di Briseide, vale a dire in riposo e nello stato
nel quale il mercurio si trova dopo che la sua volatilit stala arrestata nella
sua corsa da Deidamia. E questo ch'egli fa dire ad Achille nelle lamentele
(a) Can. &t.
- 359 -
che porge a Telt sua madre. Dopo la rovina di Tebe, lamenta questo Eroe,
Agamennone ebbe nella divisione del bottino Cryseidc, ed a me i Greci diedero
Briseide. E noto che Tebe fu la fine del commino di Cadmo, ed anche l
che -Achille trov Briseide la quale, come dicemmo, significa : dormire, ri
posarsi. Si tratta di fare la seconda opera simile alla prima, ed Omero, perci,
suppone che le materie aieno gi nel vaso e quindi l operazione gi cominciata,
vale a dire eh in atto la fermentazione della materia. Questa fermentazione
produce un movimento nella materia, che minaccia il mercurio, od AchiUe,
di togliergli il riposo, o Briseide. A questa fermentazione succede la disso
luzione e la putrefazione causata dalloro filosofico, o Apollo, ed la peste che
Apollo manda nel campo dei Greci. Alla peste segue la morte dei Greci, cio
la negrezza chiamata morie dai Filosofi. I n questo stalo il volatile domina sul
fisso, e questa peste non cesser se non quando Cryseide sar ridata a suo
padre, vale a dire quando la materia sar passata dal color nero al bianco,
che l oro bianco, dei Filosofi. Che significato pu avere il viaggio di Giove
e degli altri Dei in Etiopia ed il loro ritorno nellOlimpo pieno di neve, allin-
fuori di denotare il nero della materia ed il passaggio della stessa dal nero
al bianco? 1 pianti di Teti e dAchille non esprimono, forse, che la materia
si dissolve in acqua? Tutto ci indica e compendia il viaggio dUlisse, ed an
cora meglio ci che si verific nel campo dei Greci sino al suo ritorno.
Racconta Omero che appena Cryseide si mise in cammino sotto la guida
dUlisse, cio a dire messa nel vaso filosofico dallArtista, Agamennone mand
a rilevare Briseide nella tenda d'Achille; ecco la fermentazione che comin
cia. I messi arrivarono al suo vascello nero, e lo trovarono seduto, ma irritatis
simo; ci significa la putrefazione e la negrezza indicata anche dai Mirmidoni,
ai quali Omero finge che Achille li comandava. La Fnvola ci fornisce da se
stessa gli elementi atti ad intendere il significato di Mirmidoni, facendoci
sapere che questi erano nati dalle formiche, e ci perch le formiche sono nere,
e che quando sono tutte riunite nel loro formicaio, viste cos aggruppate,
danno una giusta idea della materia nel suo stato di negrezza. La stessa ragione
ha fatto dire che Peleo padre d'Achille regnava in Ftia sui Mirmidoni, perch
Peleo vuol dire mota nera, letame, e Ftia : corruzione da <p0io = corrompere.
Gli altri Capi che comandavano i Mirmidoni sotto gli ordini dAchille, con la
semplice etimologia dei loro nomi indicano tutto ci che accade durante la
opera. Menestio indica il riposo nel quale trovasi dapprima la materia, e la
qualit della materia stessa, poich il suo nome formato da pvo = attendere
in riposo, e uria = piccola pietra, o da orato = esser fisso ed immobile. B
secondo si chiamava Eudoro da enfilo = dormire, ed Omero, di conseguenza,
dice chera figlio di Mercurio il Pacifico, ma aggiunge altres che quando costui
divenne adulto, si rese celebre per la sua leggerezza nella corsa, e ci allo scopo
di farci intendere la volatilizzazione della materia fissa. 11terzo era Pisandro
o colui che versa da bere, che innaffia, da aito - io innaffio (dal quale si fa
derivare jieipos = prato, luogo innaffiato) e dvfiqpos = letto, cima; poich
- 360
la materia volatilizzandosi sale alla sommit del vaso sotto forma di vapore,
e ricade in seguito sulla materia, sotto forma di pioggia o di rugiada. Omero
dice chera il pi valoroso, dopo dAchille, fra tutti i Mirmidn!, e ci lo dice
con ragione poich senza questa rugiada la terra filosofica non produce niente,
allo stesso modo che un terreno costantemente arido non sarebbe atto a far
germinare il grano: la terra il ricettacolo delle sementi, e la pioggia ne la
nutrice. Il quarto era Fenice, vale a dire la stessa pietra dei Filosofi pervenuta
al color rosso; ed i Filosofi le danno il nome di fenice non solo perch nell'eli-
sire rinasce dalle sue ceneri, ma anche a cagione del suo colore rosso di por*
pora, poich Fenice viene da (polvi; = rosso, colore del sangue. E l uccello
favoloso di tal nome che lo si dice rosso per la detta ragione, e che nessuno
al mondo pu vantarsi daverne visto alcuno daltra specie; per tal modo
gli Egizi facevan correre la fama che questo uccello venisse nella citt del
Sole, per fare il suo nido e rinascere dalle proprie ceneri. D quinto era Alci*
medonte, o colui che comanda alla (orza stessa, vale a dire la pietra perfetta.
Ermete le d lo stesso nome nella Tavola di Smeraldo, e dice ch la (orza che
supera ogni forza tosto cli fissala in terra. Ma ritorniamo ad Ulisse.
Uno di fatti pi ammirevoli della sita vita laver saputo scoprire Achille
travestilo sotto abiti donneschi ed averlo deciso a riunirsi ai Greci per parteci
pare alla rovina di Troia. Quale rapporto, si chieder, pu avere questo tra
vestimento dAchille con la Grande Opera? I l fatto non forse del tutto sem
plice e naturale? Un giovane vuole nascondersi per non andare ad una guerra
nella quale gli era stato predetto che sarebbe perito: non adunque un espe
diente che per il suo proposito di volersi salvare, poteva ben riuscirgli? Ma si
considera bene che in ogni rincontro che si riferisce ad Achille ci si forniscono
clementi atti a formarci un esatto criterio sul conto di questo Eroe, criterio
che non pu essere quello chegli sia un poltrone? I l travestimento eseguito
avrebbe potuto essere sufficiente per farlo disprezzare dai Greci, ben lungi
dal farlo considerare meritevole di una superiorit su tutti gli altri. In effetti,
quale concetto noi ci formeremo d'un giovane, figlio dun Re o dun Principe o
dun gran Signore, il quale, durante il tempo nel quale i soldati sa&se(iibrajl0
e si mettono in movimento per recarsi a combattere mettesse in esecuzione la
trovata di travestirsi da donna e confondersi tra le ancelle del seguito di una
Principessa per sfuggire al pericolo die lo sovrasta? Per quanta buona idea si
fosse nutrita sino a quel momento, del suo coraggio e della sua bravura, questo
alto solo non lo farebbe cadere per sempre nel pi grande disprezzo? Nulla si
verifica di tutto ci, Achille, al contrario, riscuote ogni stima e considerazione
ed riguardato come il pi yaloroso fra tutti i Greci. Quale la ragione di tale
contrasto? Ebbene, si ricordino le spiegazioni da noi fomite sinora e la ragione
risalter evidente. Abbiamo provato che in parecchi casi i Filosofi prendevano
il sesso femminile per simbolo dell'acqua mercuriale volatile, e la Favola ce ne
parla sotto i nomi di Muse, Baccanti, Ninfe, Naiadi e Ncreidi. Ed precisa
mente questa la ragione per la quale si dice che Achille si nascose sotto fem
- 361
mineo abbigliamento, poich il mercurio dei Filosofi non propriamente mer
curio se non quando acqua; e non che Achille senta snervare il suo coraggio
sotto tale travestimento, ma ne diviene pi attivo; necessario ch'egli passi
per questo stato onde diventare atto all'Opera, e senza di che non saprebbe
penetrare i corpi solidi e volatilizzarli.
Si ha ragione di ritenere questa scoperta d'Uiisse come una delle pi belle
azioni, poich, secondo tutti i Filosofi Ermetici, la dissoluzione della materia
in acqua mercuriale la chiave dell'Opera. Cercate, dice il Cosmopolita,
una materia dalla quale possiate fare unacqua, ma unacqua penetrante, attiva,
e che possa per dissolvere l'oro senza tumulto, senza corrosione, con un pro
cesso dissolutivo naturale; se possedete quest'acqua, possedete un tesoro mille
vlte pi prezioso di tutto l'oro del mondo, e con la quale potrete far tatto,
e senza della quale non potrete far niente. Perci con Achille i Greci tutto
potevano contro la citt di Troia, e senza di lui non potevano far niente. E'
detto ch'egli doveva perirvi, e vi peri effettivamente: e ci poich, per perfezio
nare l opera bisogna fissare il mercurio filosofico e fare in modo che la parte
volatile faccia una stessa cosa con la parte fissa. Qucstultima rappresentata
dai Troiani i quali per questa ragione sono sempre chiamati Domatori di ca
valli, o sono qualificati con epiteti che significano qualcosa di pesante, di
fisso e di adatto ad arrestare ci ch in movimento. Lo stesso Ettore da
Omero (a) paragonato ad una roccia. I Greci, al contrario, c tutto ci che ad
essi ha pertinenza, sono rappresentati sempre come attivi ed in movimento,
tanto vero che di tutti i Capi dei Greci, Omero dice che non vera chi poteva
uguagliarli nella leggerezza della corsa, nellabilit nel tiro dellarco e nel lan
cio del giavellotto; i loro cavalli sono leggeri come il vento, i giumenti di
Feretiade (b) vanno cosi veloci quale volo duccelli, Apollo stesso li aveva
allevati nel soggiorno delle Muse. Infine, tutto ci che serve a designare il vola
tile attribuito ai Greci, c tutto ci ch proprio a denotare il fisso attribuito
ai Troiani.
Da ci che abbiamo detto si vede chiaramente e ci si rende ragione del
perche L procura dAchille era necessaria per la presa di Troia e della fin
zione dEaco, suo ava, daver aiutato Apollo e Nettuno nella fondazione di
questa citt, perch Eaco significa propriamente la terra, da afu = terra,
cio la materia con la quale si fa lopera: questa materia messa nel vaso, b
corrompe, ed ecco il regno di Ftia, sul quale governa Peleo, vale a dire la
negrezza ch un effetto della corruzione. Questa dissoluzione o putrefazione
produce il mercurio filosofico, e per conseguenza: Achille nasce da Peleo. Lo
zolfo dei Filosofi essendo perfetto. Troia fondata: ma da chi? da Eneo,
Nettuno ed Apollo perch lo zolfo stato fatto d'acqua e di terra. Questa terra
essendo il principio delloro filosofico, o dApollo, non deve destar sorpresa
(a) Iliade, L. XIII. v. I J 7
(b) Iliade, L. I I .. v. 763.
- 362 -
che questo Dio v'obbia concorso, dato che la propriet fissativo di questa
terra quella che forma la fissit di questo zolfo. Ma per il compimento
dellopera non sufficiente avere questo zolfo, cio la citt di Troia edi
ficata, ma occorre distruggere questa citt, ed questo che forma il soggetto
dell'I liade nella quale si vede che dopo la morte d'Achille si va a cercare il
figlio Pirro ancora giovanissimo, perch secondo la fatalit necessitava che fra
i Greci fosse presente qualcnno della stirpe dEaco. Ma perch ci? E' che
alla fissazione del mercurio simboleggiata dalla morte dAchille, succede
Pirro o la pietra ignea, come innanzi vedemmo. Questa fissazione indicata
dal nome di colui che uccise Achille, cio Paride, perch Paride viene da
sof e Tu>= /isso, faccio sedere o, se si vuole, da aapiqpi = svigorire, rendo
languido.
La seconda ragione d'Ulisse per giustificare i suoi diritti sulle armi dAchille,
che prese e rovin le citt dApollo, ci che vale a dire che egli ha fatta
lopera e la pietra e quindi il risultato gli spetta, poich senza le armi di
Achille, e cio senza lazione penetrante, dissolvente e volatilizzante del mer
curio non avrebbe potuto ottenere lo scopo di spingere l elisire alla perfe
zione.
Seconda Fa t a ut
SENZA LE FRECCE DI ERCOLE, TROIA NON POTEVA ESSER PRESA
Ercole, morendo sul Monte Oeta, regal le sue frecce a Filottete, obbli
gandolo con giuramento a non palesare ad alcuni il luogo nel quale giaceva
il suo corpo n quello di tutte le cose di sua pertinenza in vita. Allorquando
i Greci intrapresero la guerra di Troia, consultarono l oracolo di Delfo sull'esito
della stessa, e venne loro vaticinato che la citta non avrebbe potuto mai esser
presa le quante volte essi non fossero riusciti a venire in possesso delle frecce
drcole. Ulisse scopri che il possessore delle stesse era Filottete, si rec a
trovarlo e le richiese. Filottete non disse verbo a tale riguardo, solo rispose
che non poteva dargli alcuna notizia, ma Ulisse non contento di questa risposta,
insistette sino al punto che Filottete, messo come suol dirsi di spalle al muro,
si limit ad indicare con il piede, il luogo overano nascoste. Altri raccontano
che Ulisse convinse Filottete di raggiungere i Greci e di portarle con s. Nel
recarsi a Troia, i Greci l'abbandonarono inumanamente a Lemno a cagione
d'una ulcera che gli si era formata a seguito duna morsicatura dun serpe (a)
subita mentre a Cryse andava in cerca per rintracciare un'ara dApollo sulla
quale Ercole, in altri tempi, aveva sacrificato e dove i Greci dovevano com
piere un sacrificio, secondo l'Oracolo, prima di recarsi a cingere Troia di
(a) Iliade. !.. II., v. 723.
363
aagedio; oppure, come altri pretendono, quest'ulcera gli si era formata da
una ferita prodottagli da una delle frecce d'rcole, ch'egli aveva lasciata cadere
sul suo piede. Queste frecce intinte nel sangue dell'I dra di Lema, eran diven
tate avvelenate. Ulisse venne invialo una seconda volta a Filottete. sebbene si
fossero lasciali urinici fra loro dato che Ulisse era stato uno di quelli che
aveva sostenuto il parere di abbandonarlo in quellsola a causa dellulcera.
Malgrado ci Ulisse riusc a condurlo sero allassedio. E chi in effetti avrebbe
potuto resistere ad Ulisse, questo capitano scaltro ed astuto e che veniva a
capo di ogni intrapresa?
La Favola ci fa nolo eli* Filotlete fu un celebre Eroe compagno d'rcole,
come Teseo entrambi per la ragione che, secando Omero (a), erano perfetti nel
tiro dellarco. In conseguenza i Cleri giudicarono Filottete degno di succe
dere ad Achille e di vendicare questo Eroe; ci che Filottete assolse uccidendo
Paride. Senza dubbio, questa valenta clic Omero gli suppone, determin
Ercole a farnelo l'ereilr delle sue frecce e per quella stessa ragione per la
quale averra consacrala la sua clava a Mercurio: con I r frecce egli colpiva
mostri da lontano. Sono anche queste le due armi necessarie allArtista della
Grande Opera: il volatile per incidere, aprire, ammollire, dissolvere e pene
trare i corpi solidi; ed il fsso per arrestare il volatile e fissarlo. Quindi non
per nulla sorprendente che si ritenevano le frecce d'rcole come assola
tamente necessarie per la presa di Troia. Si faccia attenzione alle circostanze
nelle quali si suppone che Filoliete ne abbia fatto uso, e si controller che
esse non adombrano alcun diverso significato oltre quello da noi attribuito.
La prima volta chegli volle usarle, una di dette frecce gli cadde sul piede
produrendogli un'ulcera tanto puzzolente che Ulisse del parere dabban
donare Filottete a Lenino, soggiorno di Vulcano, luogo del primo approdo
degli Argonauti: ci che indica chiaramente il principio dellOpera. La pu
trefazione che sopravviene alla materia nel vaso s compie per lazione del
volatile sul fisso determinandone la dissoluzione, ed proprio l'evaporazione
del volatile che ci fa sentire il fetore delle cose putrefatte. Queste frecce, sim
bolo del volatile, sono dunque la vera causa dellulcera di Filottete. Suol dirsi
che costui fu abbandonata a Lemnci poich sino a quando Achille visse, cio
che il mercurio non fu tutto fissato, si poteva fare a meno di Filottete, ma
subito dopo la morte dAchille, necessitava assolutamente ricorrere alle frecce
drcole, ed questo il perch Ulisse ehbe l incarico di andare a ritrovare
Filottete e condurlo al campo dei Greci. Da ci si desume anche la cagione
per la quale Ulisse viene annoveralo ira coloro che presero parte alla spedizione
degli Argonauti. Le frecce servono ad uccidere da lungi gli uccelli a gli ani
mali che non si osa o non si possono avvicinare. Si suppone altres che Apollo
e Diana possedevano un arco e le frecce; il primo se ne servi per uccidere
il serpente Filone, laltra per far morire Orione. Fu con un colpo di freccia
(a) Iliade. L. I I ., v. 718.
364 -
che Apollo uccise Patroclo. Del significalo delle frecce d'rcole ne abbiamo
scritto abbastanza nella spiegazione delle sue fatiche.
T ehza Fat al it
NECESSITAVA INVOLARE IL PALLADIO
Non si sa propriamente a chi prestar fede per quanto concerne questo Pal
ladio: comunemente, seguendo Apollodoro (a), si dice ch'era una statua di
Minerva, alta tre cubili, che teneva un pilo nella mano destra, ed una co
nocchia ed un fuso nella mano sinistra, ch'era una specie d'automa che si
moveva da se stessa; si raccontava ancora che quando Ilo ebbe finito di edificare
Itione nel posto stesso ove un bue, di differenti colori ch'egli avevo seguito,
s'era fermalo, preg gli Dei di concedergli un segno manifesto che gli facesse
conoscere che la costruzione della citt fosse loro gradita; ed a seguito di
tale preghiera questa statua cadde dal cielo ricino ad Ilo, e che avendo con
sultato l'Oracolo su tale avvenimento, gli fu risposto che la citt di Troia
non sarebbe mai stala espugnata fino a quando, nella stessa, si sarebbe con
servata questa statua. 11 pi comune parere che la stessa venne involata da
Ulisse, il quale si sarebbe servilo di un qualche stratagemma per essersi in
trodotto di notte nella cittadella, oppure secondo Corione (b), per una intesa
intervenuta tra lui ed Elmo, figlio di Priamo. Ma questo Autore pretende
che fu Diomede solo a rubare il Palladio, ma ci in contrasto con quello che
Ovidio fa dire ad Ulisse stesso nel discorso da questi tenuto ai Greci e che
abbiamo gi riportalo. Ovidio dice pure (c) che questo Palladio piovve dal
cielo nella cittadella d'Dio, c che consultato Apollo, rispose che il regno di
Troia sarebbe durato sino a quando detto Palladio vi sarebbe stata custodito.
I Troiani, gdnnque, esercitavano una vigilanza particolare per mantenere
qilesto pegno prezioso, ed i Greci a loro volta, facevano tutto quanto il pos
sibile per rubarlo. Questa l'idea che ci consentono di formarci gli Antichi
Scrittori Pagani, ed anche quelli Cristiani, poich Arnobio (d), S. Clemente
Alessandrino (e) e Giulia Finnico (f) parlano di questo Palladio pome formato
dalle ossa di PelopB.
E' veramente sorprendente clic si siena accettate per vere delle cose cobi
assurde senza neppure prendersi la pena di pensare alla possibilit che una
statua piovesse dal cielo e maggiuimente alla realt dell'esistenza della stessa.
(a) Libro 3.
(b) Nar . J ,
(1) De Fastis. L VI.
( d) Adv. Geni . . L. I V.
(e) Stroas.. L. VI.
(Q De enor proa. relig.
365
Come mai, i Mitologi oggid che sembrano diventati tolti Pirroniani in ri
guardo a tante cose almeno versimili, e che ci tengono ad essere considerati
quali persone incapaci dammettere alcunch non sottoposto al giudizio della
critica pi severa, come mai non immaginano alcun dubbio su altre cose che
recano l impronta di pura favola?
E adunque bastevole che solo perch nn dato racconto sia stato traman
dato dagli antichi Autori, non debba essere permesso affacciare alcun dubbio
e neppure sorga l'idea di sottoporlo ad acuto esame? Checch ne sia di questo
Palladio, evidente che il cielo dond caduto, altro non se non il cervello
'Omero; da questi, secondo Eliano (a), che tutti i Poeti hanno attinto
quasi tutto quello chhanno scritto, ed a ragione un Pittore chiamalo Cala
tone una volte dipinse Omero vomitante in mezzo ad un numeroso gruppo
di Poeti i quali utilizzavano questi conati Omero, il quale propriamente
la sorgente che ha dato origine a tutti questi ruscelletti di favole e di super
stizioni che hanno inondato poi la Creda e le altre Nazioni. Il concetto die
dobbiamo formarci di questo Palladio, come pure delle differenti opinioni
manifestate a tale riguardo dai diversi Autori, si che non mai esistito.
Una cosa mai esistita, non manca mai dal dare origine a diverse opinioni allor
quando si tratter di contestarne l esislenza, comera fatta, il luogo overa
tenuta, e che cosa ne fn della stessa. Cos troviamo Autori (b) che ci assicurano
che questo Palladio non venne involato dai Greci, ma che Enea, essendosene
impadronito, lo port in I talia assieme ai suoi Dei Penali, e che i Greci ave
vano rubato solo una copia fatta ad imitazione delloriginale. Ovidio (e) non
vuole precisarci questo dettaglio controverso, per ci riferisce che ai suoi
tempi questo Palladio era custodito a Roma nel Tempio di Vesta, e lo stesso
dice Tito Livio (d). Questo Palladio era riguardato a Roma cos come era
stato ritenuto dai Troiani in rapporto alla loro citt. Di Palladio se ne contano
sino a tre: il primo quello dIlt), il secondo quello di Laviniani ed il terzo
quello dAlba della quale Ascauio passava per fondatore. Tullio Ostilio di
strusse questultima citt che veniva chiamata La madre di Roma. Virgilio
non condivide lopimone di Dionigi dAIicarnasso, poich con chiare parole
scrive che i Greci rubarono il Palladio
Coesi summae custodtbu arcei
Corripuere sacram efjigieni, manibusque cruenti
Vrginea ausi dicae conlingere vitto.
Eneide, Libro I I .
Solino (e) ha voluto accordare le diverse versioni dicendo che Diomede
port questo Palladio in I talia e ne fece un regalo ad Enea.
(a) Libro XIII, c. J J .
(b) Dionigi d'Alicamasso, Antiq. Rom., L. II.
(e) De Faatis, L. VI.
(d) De sec. Bello Panico.
(e) L. I I I ., c. 3.
rt
- 366 -
Cosa pensare, allora, di questa pretesa statua e come orizzonterai tra
opinioni diverse che si contraddicono? Che ognuno ha adattato il racconto
alle proprie idee e per quello scopo che si proponeva di raggiungere attra
verso lo stesso, e che poich la scaturigine di tolte le diverse opinioni trovasi
negli scritti dOmero negli stessi che dobbiamo attingere Ili originale idea.
Ma che ne pensava Omero? Lo si pu giudicare dalie spiegazioni da noi fornite
su lutto il resto. D Palladio era una rappresentazione di Pallade, ed nolo
che questa Dea denotava il genio, il discernimento e le conoscenze delle scienze
e delle arti. Senza timore d'errare, si pu adunque dedurre che Omero, con
il Palladio, ha voluto indicare che senza la scienza, il genio e la conoscenza
delle leggi della Natura, un Artista non passa pervenire al compimento della
Opera, e di qui la finzione che Ulisse l'avesse rubato, perch Ulisse il simbolo
dell'Artista. I n tutta la allegora della conquista di Troia, egli rappresentato
come un uomo dotato d'tmo spirito penetrativo, di vasta genialit, prudente
e capace di venire a capo di qnalsiasi impresa. Secondo Geber (a), ne
cessario che lArtista possegga tutte le doti dUlisse, che conosca la Natura
e sappia svelare i processi e le materie che la stessa impiega, e che pensi
non potr contare sulla riuscita della sua ricerca senza la favorevole assi
stenza di Minerva. Resta quindi dimostrata la inutilit delie dissertazioni
sulla esistenza o meno di questa statua di Pallade ed ancora pi se piovve
dal cielo od era opera degli nomini. Quello che certo si che la Saggezza e
la conoscenza delle scienze e delle arti sono un dono del Padre delle I ntelli
genze, dal quale ogni bene procede, ed perci che Omero e gli altri Autori
con lui dicono che il Palladio era disceso dal Cielo.
Quar t a Fat al i t
UN OSSO DI PELOPS ERA NECESSARIO PER LA PRESA DI TROIA
Le tre fatalit delle quali abbiamo parlato sinora potevano, forse ragione
volmente avere un qualche rapporto con l'assedio della citta di Troia: un
valente e coraggioso guerriero come Achille non un elemento che abbia
poca importanza; anche le frecce occorrevano perch erano le armi che si
adoperavano in quel tempo; magari non era indispensabile che fossero stale
proprio quelle appartenute ad Ercole, ma in ogni modo anche queste erano
frecce. Si pu anche ammettere che l'idea dei Greci e dei Troiani circa la
protezione accordata da una Divinit abbia un fondamento nelle loro credenze;
ma die l'osso dun uomo morto da molto tempo, di un uomo che non era rite
nuto n un Dio e neppure un Eroe lo si annoveri fra queste fatalit, mi spinge
a domandare ai nostri Mitologi quali rapporti essi possono trovarvi.
(a) Stimma perfcct. part. !.. c. S. v. 7.
- 367 -
Per me, Be dovessi seguire il loro sistema, dovrei essere obbligato a
riconoscere che tolta ci non trova alcuna buse ragionevole. Quale valore pote
vano esplicare le ossa d'nn uomo morto contro una citt nella quale tante
migliaia duomini viventi trascorrevano la loro esistenza fra dolori e penose
fatiche? In una parola, quale rapporto sussiste tra Pelops e la citt di Troia?
Figlio di quel Tantalo che In Favola ci rappresenta tormentato senza tregua
nellInferno, col timore dessere schiaccialo ad ogni istante sotto un macigno
sospeso sulla sua lesta, e nellimposishilit di here e di mangiare di qnanto lo
circonda, Pelops non aveva affatto contribuito, come Esco, alla fondazione di
Ilio, e quindi non pn essere affacciala neppnre questa ragione per motivare la
necessit deila sua presenza, rosi come gli Antirhi deducevano la ragione
della presenza di Achille. Si narra che Tantalo era figlio di Giove e della Ninfa
Pioti, e che in occasione di una visita fattagli dagli Di credette di offrir loro
quanto di pi caro egli possedesse perci uccise e cucin suo figlio Pelops che
present a tavola quale pietanza. Gli Dei riconobbero di che questo cibo era
composto, e ci anzicch indurli a benevolenza, grandemente li indign; solo
Cerere perch trovavasi sotto la nreoecupazione del rapimento della sua figlia
Persefone non mise attenzione alla pietanza ehe le si presentava e quindi ne
distacc una spalla e la mangi. Gli Dei ebbero piet dell'infelice ragazzo ed
avendo riuniti i pezzi delle sue sparse membra in un caldaio, gli ridonarono
la vita attraverso una nuova coltura. Ma poich la spalla mangiata da Cerere,
mancava, la supplirono con una d'avorio; ci che permise a Licofrone di dire
che Pelops era ringiovanito due volte.
Ecco il delitto commesso dh Tantalo che Omero (a) riferisce essere stalo
punito con una sete e fame perpetua che non pu estinguere sebbene stia
immerso nell'acqua sino al mento, poich quando tenta abbassarsi per bevente,
quest'acqua sfugge ed abbassa il suo livello, ed allorquando vuol cogliere le
diverse frulla che pendono alla portata delle sue mani, un vento si scatena
che le allontana da lui. Ovidio riferisce negli stessi termini questo supplizio di
Tantalo, ma lo attribuisce Hll'indiscrezione commessa avendo divulgalo fra gli
uomini i segreti ehe gli Dei gli avevano confidati:
Quaerit nqnat in nquit, et poma fu/faca captai
Tanta!ut; hoc Uli garrufo lingua rfedif.
Pelops spos fppodamia figlia d'Enomao Re dell'Elide, dopo che vinse
questo Re nella corsa del carro. Questo Principe, spaventato dalla rispo
sta di un oracolo che gli aveva predetto ehe sarebbe Btalo ucciso dal futuro
suo genero, aveva deciso di non maritare sua figlia e per allontanare coloro che
avrebbero desiderato chiederla in {sposa proponeva loro una condizione molto
pericolosa: l'avrebbe data in moglie a quel pretendente che sarebbe riuscito a
(a) Odissea, L . I I .. v. j St.
368
sorpassarlo nella corsa, ed inoltre aggiungeva che avrebbe ucciso tutti coloro
che sarebbero stati vinti da lui in tale prova. LAmante doveva correre per
il primo ed Enomao doveva rincorrerlo con la spada alla mano, e. se lo raggiun
geva gli passava la spada attraverso il corpo. Gi tredici concorrenti erano ca
duti sotto il suo braccio, e gli altri avevano preferito rinunziare alla richiesta
avanzata anricch correre tal grave rischio; Enomao aveva fatto voto dinnalzare
un Tempio, formato con i teschi di quelli da lui uccisi, in onore di Marte.
Pelops non fu per nulla intimidito dalle condizioni imposte da Enomao, ma
per essere piti sicuro delle sua felice riuscita, si cattiv la cooperazione di
Mirtillo cocchiere dEnomao e (elio di Mercurio, e l'impegn, dietro promessa
di ricompensa a segare in due il carro del Re e di riunire le due parti in modo
da non accorgersene. Mirtillo esegu l'intesa avuta sicch il carro, essendosi
rotto durante la corsa, Enomao cadde e si ruppe il collo. Pelops, avendo per tal
modo ottenuta la vittoria, spos Ippodamia e pun Mirtillo per il vile tradi
mento compiuto ai danni del suo padrone, buttandolo in mare. I n seguito, fu
Vulcano che concesse a Pelops l'espiazione di questo crimine.
Se ci si d la peno di confrontare questa pretesa storia alle antiche altre
storie con le quali vi sia un certo rappurta, si vedr chiaramente eh' una
pura e semplice finzione. Pelops, $>racconta, ringiovanito dagli Dei dopo
essere stato ucciso e collo in un calderone: similmente Io era stato Bacco dalle
Ninfe, ed Esone da Medea. Il pasto di Tantalo non meno favoloso ed
io penso che non uno solo dei Mitologi voglia difenderne la sua realt.
S accusa Tantalo d'aver divulgata il segreto degli Dei. Quale poteva es
sere questo segreto? Il preteso pasto e le vivande servile l indichereb
bero chiaramente anche 9e non si fosse aggiunto che Cerere ne mangi.
Si ricordi ci che abbiamo detto dei Misteri Eleusini tanto celebri
presso gli Egizi ed i Greci, e si sapr in che consisteva questo segreto.. Tutto
in questa storia concorre n fornirci la precisa idea che trattasi d pura e semplice
allegoria, come quella d'Oairide e d'Isidc la stessa che Cerere, come quella di
Bacco o Dioniso, c quella d'Esone t Medea, e quindi anche questa di Pelops
occorre spiegarla nello stesso senso. Cos, non manca la ragione del perch
dicesi che Pelops venne amato da Nettuno e che questo Dio gli regal il carro
ed i cavalli con i quali vinse Enomao, dato che lacqua mercuriale volatile
dei Filosofi spesso chiamata Nettuno. D'altronde Vulcano che lo si trova
menzionato in questa storia quale espiatore del crimine di Pelops, ci d una
comprova evidente che tutta questa storia un'allegoria della Grande Opera.
Questa opinione non c mia soltanto, che anche G. Pico delia Mirandola (a)
espresse la stessa opinione, ed anzi dice (b) che molti pensano che le ricchezze
di Tantalo provenivano dalla Chimica, che era in possesso del modo di fabbri
care l'oro scrtta su cartapecora, e che Pelops ed i suoi figli con tal mezzo aliar-
(a) L. n.. c. 1. de Auro.
(b) L. I li-, c. i, de Auro.
- 36
garono il loro impera. Non da meravigliarsi, allora, se Tiesle abbia cercata
tutti i mezzi davere o d'impadranirai con la forza d questo preteso agnello
che conteneva questo segreto e chera stato dato in custodia ad Atreo suo fra
tello primogenito, ci che in seguilo fu la causa di tutte le tragiche gesta delle
quali ci parlano gli Autori. I Poeti, Cicerone, Seneca e molti altri ne hanno
fatto menzione, scrive il nostro Amore, ma non ce l faanno trasmesso se non
sotto l oscoro velo dellallegoria. Lo stesso concetto bisogna, formarsi dell'asso
di Pelops che si racconta fosse d'una grandezza enorme. Questallegoria stata
certo creata sul fatto che le ossa costituiscono la parte pi fissa del corpo
umano, e che occorre una materia fissa nell'opera, perch lo deve essere o
divenirlo sufficientemente attraverso le operazioni, alta a fissare anche il mer
curio che per la sua volatilit sorpassa tutto. E' noto altres che i Greci
adorarono la terra sotto il nome di Gps e che la riguardavano anche come
la Dea delle ricchezze. Si vede facilmente che il nome di Pelops composto
da Opa e Pelai che gi spiegammo in precedenti occasioni. Ora, che per l O'
pera occorra una terra fissa, ce lo affermano tutti i Filosofi; e l Autore anonimo
del consiglio sulle nozze del Sale c della Lana, cita anche le seguenti parole
di Graziano, le quali hanno un immediato rapporto con l'allegoria dell'osso
di Pelops: a La luce, dice, ha origine dal fuoco sparso nell'aria del vaso;
dall'osso del morto si produce la calce fissa e disseccando l'umidit di questa
s'ottiene la cenere. E' di questa cenere che para Aziratus nella Turba allor
quando dice che questu cenere c preziosa! d Anche Menano ne parla ugual
mente (a) e raccomanda di non avere in dispregio questa cenere perch nella
stessa si nasconde il diadema dici Re. E queBta la cenere che ha costituito la
quinta fatalit di Troia, e che ci accingiamo ora a spiegare.
Qu i n t a F a t a l i t
PER POTER CONQUISTARE LA OTTA ERA NECESSARIO PRIMA RU
BARE LE CENERI DI LAOMEDONTE CHE ERANO SOTTERRATE
ALLA PORTA SCEA.
Laomedonte aveva fondate le mura di Troia, a dir meglio erano Btati Net
tuno ed Apollo ad elevarle sotto i sooi ordini; ed anche Vulcano vi aveva
contribuito. Questo Re, avendo rifiatato agli Dei la ricompensa che aveva
loro promessa, Nettuno, piccato dal rifiuto, mand un mostro marino a de
vastare il paese, e l'ira di questo Dio non potette essere calmata se non a costo
del sacrifizio d'Esione che Laomedonte fu costretto ad esporre per essere di
vorata da questo mostra. Ercole la liher da questo pericolo ed uccise Lao-
medonle. I Troiani conservavano le ceneri di questo Re alla porta Scea. Nel
(a) E ati eti en du Rei Coild.
- 370
libro precedente abbiamo spiegata questa Favola ma nnlla dicemmo delle
ceneri di Laomedonte e delle quali necessita spiegare quanto occorre per
una giusta opinione delle stesse.
E ben difficile concepire che occorra profanare la tomba di un Re ed in
volarne le ceneri, quale condizione asgolutamente richiesta, e senza della quale
non possa essere conquistata una citt. Se questa tomba avesse costituito
una fortezza sita magari solamente sul viale che conducesse allentrata della
citt, dovrei convenire nellassoluta necessit di doversene impadronire, ma
nulla di simile situazione risulta dalla Favola. E daltronde perch rubarne
le ceneri? a che potevano servire? Se ne d lincarico ad Ulisse che lo esegue;
ma perch si sceglie proprio Ulisse anzicch qualche altro? Ma chi segue il
mio sistema di ermeneutica ne intuisce Bubito la ragione. Nella disamina della
precedente fatalit abbiamo visto che necessitavano delle ossa e che da queste
ossa si ricavava della cenere. Le ossa e la cenere sono due nomi allegorici di
due cose richieste per il magistero dell'Opera. Gli Autori Ermetici ne parlano
in ogni occasione: i II corpo dal quale stata tolta l umidit, dice Bonellus
(a), rassomiglia a quello di un morto, ed allora ha bisogno dellaiuto del fuoco
sino a quando con il suo spirito venga cambiato in terra, ed in tale stato esso
simile alle ceneri di un cadavere nella sua tomba. Bruciate dunque questa
cosa senza alcun timore, sino a che divenga cenere, ed una cenere propria a
ricevere il suo spirito, la sua anima e la sua tintura. D nostro lattone ha,
come l uomo, uno spirito td un corpo. Quando Dio li avr purificati e pur
gati dalle loro infermit. Egli li glorificher. Ed io vi dico, figli della Saggezza,
che se voi governerete bene questa cenere, essa diventer glorificata e voi ot
terrete ci che desiderate. Tutti gli altri Filosofi Ermetici sesprimono nello
stesso modo, anche Basilio Valentino ha impiegato le ossa dei morti e le
loro ceneri nella stessa allegoria.
Sono adunque indispensabili le ceneri per fare la Medicina Aurea, ma pro
priamente le ceneri dun particolare soggetto e cio le ceneri di Laomedonte,
vale a dire di colui che ha fondata la citt di Troia e che ha perduto la vita
a causa della stessa. Si deve conoscere cosa significa perdere la vita nel senso
dei Filosofi Ermetici. Questa la sorte serbata a Laomedonte come pure ai di
scendenti dEaco; entrambi avevano lavorato alla costruzione di Troia ed
entrambi dovevano contribuire alla distruzione della stessa. E' perch gli Autori
Ermetici dichiararono spesso che la fine dellOpera rende testimonianza del
suo inizio, e che la si finisce con ci che s impiegato per cominciare. Vedete
ed esaminate, dice Basilio Valentino (b), ci che vi proponete di fare e cercate
ci che vi possa condurre perch la fine deve corrispondere allinizio. Non
prendete, allora, una materia combustibile poich vi proponete di fame una che
non lo sia affatto, n cercate la vostra materia tra i vegetali i quali dopo bru-
(a) La Torba.
(b) Prefazione delle sue dodici Chiavi.
- 3 7 1 -
dati vi lasciano una cenere morta ed inutile. Ricordatevi che lOpera ai co-
minria con tuia, cosa e la ai finisce per mesco di un'altra, ma questa cosa ne
contiene due, lima volatile e l altra fissa. Queste due debbono infine riunirai
in nn tutto fisso che non tema affatto gli attacchi del fuoco.
StSTA Fa t a l i t
NECESSITAVA IMPEDIRE Al CAVALLI DI RESO DI ABBEVERARSI
ALLE ACQUE DEL FIUME XANTO, ANZI, DI RUBARLI PRIMA rR F
AVESSERO POTUTO FARLO (a).
In qualunque modo si voglia considerare questa fatalit essa presenta asso
lutamente un aspetto ridicolo, anche dal lato storico. E da credere che i Greci,
prima dintraprendere lassedio di Troia, erano perfettamente informati di
tutte queste fatalit, vale a dire di tutte le condizioni richieste perch questa
citt fosse presa; quindi non affatto verosimile l'idea dellAbate Banier
che lo stesso Ulisse avrebbe sparsa la voce di questa fatalit per indirizzare
i Greci ad efficacemente impedire il soccorso di Reso alla citt assediata. Man
cherebbe lo scopo a ci, perch per la conquista di una citt assediata, ognuno
sa che necessita vietare l entrala dei soccorsi nella stessa. Del resto questa fa
talit non reca che era necessario d'impedire a Reso ed alle sue schiere den~
trare in Troia; ma anche necessitava uccidere Reso, e rubare i suoi cavalli prima
che questi avessero bevuto l acqua dello Xanto. Se b raccontassero oggi simili
cose ci sarebbe da ridere sul naso di colui che le dicesse, e senza dubbio
anche i Greci avrebbero fatto lo stessa verso Ulisse se costui si fosse appigliato
ad uno stratagemma cos puerile per rianimare il depresso coraggio dei Greci.
Occorre, allora, considerare la cosa da un altro punto di vista e rilevare
con Omero (b) che Reso fu 1ultimo arrivato fra coloro che accorsero in aiuto
di Troia: era figlio dEiouco, e Re delia Tracia: che i suoi cavalli erano
grandi, belli, pi bianchi delia neve e veloci come il vento. Dopo che Dio
mede uccise Reso e dodici altri Traci senza die alcuno se ne fosse accorto,
Ulisse raccolse le spoglie d Reso e seco condusse questi famosi cavalli. E bene
anche osservare che lo Xanto era un fiume della Troade e le cui acque ave
vano la reputazione di colorare in giallo-rossastro gli animali che vi si ab
beveravano.
(&1) Ardnttti/jufl avariti equns in caiira, priu&qudm
Fabula gustasseni Troia, Xantumqu bibiutfiif.
(b) Iliade, L X., v. 434.
Eneide. L. v. 47*.
- 372 -
I n questa fatalit, come negli scritti di Omero, tutto perfettamente di
sposto e combinato, e nulla pu cadere gotto il ridicolo le quante volte le cose
vengano considerate nel senso allegorico nel quale vennero composte e sono
state dette. Reso accorre verso la fine dellassedio, e non doveva affatto arrivare'
prima. I suoi cavalli erano bianchi, e questo colore ne la prova, poich
il colore bianco indira nella materia il principio della fissit, e non si manifesta
se non verso la fine dellOpera. I Filosofi avvertono gli Artisti daver cura
di non farsi tirare in inganno, e fare in modo che i colori si succedano in or
dine: che il nero apparisca per il primo, indi il bianco, poi il citrino ed infine
il rosso; perch se i colori non si susseguono in quest'ordine una prova che
s' forzalo il fuoco e che tutto guastato. II colore del papavero campestre
si affaccia alla materia, dice il Trevisano (a) quando si forza troppo il fuoco,
ed allora si manifesta il rosso in luogo del nero. Isacco Olandese dice che il
colore mattone al cominciamenlo dellOpera, la rende inutile. Ma allorquando
essa si manifesta sul punto della perfezione, la materia prende il color giallo-
che in seguito diventa rossa ed infine color porpora. Circa il color giallo, Cerus
dice nella Turba: Cuccete con attenzione la vostra materia sino a quando
essa assuma un bel colore di zafferano: G Borates: Cuocete e stemperate il'
lattone con la sua acqua sino a quando diventi del colore di zafferano dorato.
Questo color giallo allorquando si manifesti nel cominciamenlo dellO
pera prima del color bianco indica una mancanza nel regime ed un difetto
nelle operazioni e quindi l Artista deve fare grande attenzione a che i ca
valli di Reso non bevano l acqua dello Xanto, vale a dire: che il giallo non
apparisca prima del bianco. Questo ha voluto indicarci Omero poich dice che
i cavalli erano hianchi ed Ulisse li rub prima che avessero bevuto, perch
av0? vuol dire giallo-, e quando ci riferisce che detti cavalli erano veloci
come il vento, ha in mente indicarci Io stato del mercurio ch' ancora vo
latile. Ecco la ragione perch Omero cindica che Reso con i suoi Traci ven
nero per ultimi fra coloro che si erano rerati in soccorso di Troia. Meninone,
che lo si suppone Re d'Etiopia, accorse per il primo, perch il colore nero in
dicato dallEtiopia, compai e per primo. Pandoro, figlio di Lycaone, condusse
seco i Zelei che bevono l'acqua nera deltEsepo ed abitano ai piedi del Monte
I da (b). Si sa che la dissoluzione della materia si compie durante la ne
grezza, e che i Filosofi hanno dato sovente il nome di lupo alla loro materia,
ed abbiamo citato gi parecchi testi di Filosofi a tale riguardo. Non c da
meravigliarsi, adunque, se Omero suppone un Pandoro rampollo d'una genia
di lupi, che comandi dei sedicenti bevitori dacqua nera. Forse da ci deriva
il nome di Pendar =>furfante, che volgarmente s'impiega per indicare uno
scellerato, brutale e cattivo. Vennero in seguito Adrasto ed Anfio entrambi
figli di Merops il Percose (?) o il riscatto (redento?), che comandavano gli
(a) Fillsof. dei Metalli.
(b) I l i ade. L . I I . . v. 824 e seg.
373
Adrastei e gli Apefici, e tutto ci non come se Omero avesse detto: Dopo il
color nero apparve il variopinto che i Filosofi chiamano coda d i pavone? Con
gli Apefici vennero quelli di Perco. di Sesto e d'Abydo comandati da Asio il
lotoso, il fangoso, pieno di limo, da A "ai? = limo, mola, poich dopo la
dissoluzione la materia dei Filosofi rassomiglia alla mota. Dopo i Percoaiani,
Ippoloo: o il cavallo che corre velocissimo, condusse i Pelasgi: o coloro che
toccano alla lena, da jiXok; = presso e da Ttj = terra, come se Omero avesse
voluto dire che la terra, o la mateiia fissa dei Filosofi si volatilizzasse.
Tatto ci e abbastanza per provare che Omero non diceva senza precisa
ragione che Reso accorse per ultimo in aiuto dei Troiani ed inoltre seguendo
l'enumerazione ch'egli fa tanto dei Greci che dei Troiani, si ritroverebbero
tutti segni dimostrativi od i colori che si manifestano sulla materia, ma per
ci fare occorrerebbe scrivere un commentario completo di tutta l'I liade ma
ci non mio proposito. Dai diversi possi dell'opera d'Omero da me spiegati
sinora si pu giudicare di tutto il resto. I n che modo, come, i partigiani della
realt dell'assedio di Troia potranno spiegare l'azione di Ulisse e d Dio
mede i quali da soli decidano di penetrare nellaccampamento dei Traci, e
dopo essere riusciti a penetrarvi uccisero moltissimi nemici e lo stesso Reso,
tornandosene al proprio accampamento recando i cavalli di detto Re, e tutto
questo senza che alcuno Be ne fosse accorto. Omero s'esprime in questi ter
mini (a): a Diomede non si lasci piegare dalle preghiere di Dolane: gli
spacc la testa con un colpo di spada, e dopo avergli tolto il casco guemito di
pelle di faina, e la pelle di lupo che lo copriva, e l'arco risplendente e la
lunga picca, Ulisse lutto ci riun nelle sue mani ed elevandoli in aria li offr
a Minerva dicendo: Rallegratevi o Dea del colpo di mano che andiamo a com
piere, e che lofferta che io vi rivalgo sia gradita ai vostri occhi, poich voi
siete la prima fra glimmortali nhitalori dellOlimpo, che noi invochiamo.
Guidateci, ve ne prego, alle tende dei Traci, li ove sono custoditi i loro cavalli.
Ci detto depose le dette spoglie di Dolone su un Tamarisco e con canne e vir
gulti ivi datlorno raccolti form un segno evidente da rintracciare al loro
ritorno per non sperdersi nell'oscurit della notte. Camminando entrambi
attraverso le armi ed il nero sangue dei feriti, arrivarono bentosto alle prime
tende dei Traci che trovarono immersi in profondo sonno, e le loro armi
composte su tre file erano dappresso ed ognuno aveva due cavalli. Reso dor
miva in mezzo ad essi ed aveva anch'egli i suoi cavalli vicino. Ulisse lo scorse
per prima e disse a Diomede: Diomede, ecco l'uomo ed i cavalli che Dolane ci
ha cos ben descritti. Andiamo, coraggio, fatevi animo, necessario cfae
non restiate qui ozioso con le vostre armi, scostate i cavalli e uccidete gli uo
mini, ed io so quello che devo fame dei cavalli. Minerva allora risvegli il
coraggio di Diomede, ed avendjgl inculcata gran forza, questi uccideva a
destra ed a manca colpendo con la sua spada; ruscelli di sangue arrossavano
(a) Iliade, L. X,. v. 153 e sey.
- 374
la terra ed i tristi gemiti dei feriti si facevano sentire, era simile ad un leone
che si slanci in meno ad un gregge mal custodito. Ne uccise dodici, ad a
misura chegli li uccideva, il prudente Ulisse li trascinava per i piedi met
tendoli da parte affinch nel condurre poi i cavalli questi trovassero la via
libera e non fossero spaventati di camminare sui cadaveri poich non ne
erano ancora abituati. I l figlio di Tideo, essendosi infine avvicinato al He,
lo uccise, e fu il tredicesimo che Diomede uccise. I l figlio d'Oeneo gli pro
cur un cattivo "sogno quella rio tir- per consiglio di Minerva. Mentre Diomede
era a tanto occupato, Ulisse liber i cavalli e li guid poscia con le loro barda
ture colpendoli con il suo arco (poich aveva dimenticato di prendere la
frusta) e li allontan dal campo, indi fischi per avvertire Diomede: ma questi
non ludiva perch meditava se asportare il carro, dove erano le armi del Re,
dopo averne tolto il timone, od uccidere ancora altri Traci. Ma Minerva avvici
nandosi gli disse: Figlio del coraggioso Tideo, pensate eh' tempo di rie
dere alle vostre navi, c' da temere che un altro Dio non risvegli qualche
Troiano e non vi obblighi a prendere la fuga. Egli riconobbe la voce delta Dea
ed avendo montato uno dei cavalli che Ulisse colpiva col suo arco, ritorna
rono alle navi, a
Io chiedo sapere se una tate impresa merita credito, s possibile che
s'uccidono dodici uomini in mezzo ad un migliaio di altri quand'anche ad
dormiti, senza che alcuno dessi Bene accorga. E' mai credibile che per quanto
profondo fosse il sonno nel quale erano immersi, i gemiti dei feriti non riu
scissero ad interromperlo, e che non si risvegliasse neppure uno solo? Ma dav
vero, non una sentinella, non un pasto avanzato? Si trascinano corpi di morti
e feriti nello spazio tra i dormenti, si fanno passare i cavalli senza sollevare
nn rumore capace di risvegliare qualcuno? Un nomo si avventura in un
gruppo d persone come un leone e colpir di punta e taglio c nessuno si
sveglier? Bisogna proprio attendere che Io stesso Apollo si decida a gridare
nelle orecchie di Ippocoonc, cugino di Reso, coricalo a questi vicino, per
risvegliarlo e spingerlo a suonare l'allarme. Per me dico con Omero che Mi
nerva ha eseguilo questo colpo c ch'essa ha presieduto a questa azione come a
tutte quelle dUliesc. Omero non avrebbe cos male disposto gli clementi di
nn racconto segl avesse voluto ammanntrcclo per un fallo realmente acca
duto, ma dandocelo invece quale racconto allegorico, esso naturale. LAr
tista della Medicina Aurea lavora d'accordo con il mercurio filosofico e le loro
azioni sono in comunanza. Lo stato della materia al nero rappresenta la natte
ed il sonno, il massacro di Reso e dei Traci significa la dissoluzione, e lo
stesso significato vale per la morte di Dolone. Gli si toglie il casco coperto da
una pelle di faina, e gli si tolse anche la pelle di lupo rhegli portava av
volta intorno al corpo, c ci Biiubulicaoicnle perch queste due pelli sono di
color bruno che indica una attenuazione del colar nero. Ulisse le espose su un
tamarisco, e la scelta che Omero (a di questo albero indica chiaramente che
egli pone la massimo attenzione nei designare le cose con esattezza. Il tamarisco
- 375 -
un albero di media altezza, la sua scorza ruvida, grigia allesterno e ros
sastra al d dentro, e biancastra fra questi due colori, ed i suoi fiori sono bian
chi e porporini. Dato ci, non come se il Poeta avesse dello : al calore nero
e alla dissoluzione designata dalla morte di Dolone, succede il color bruno,
a questo 11grigio, indi il bianco, ed infine il rosso? A chi Ulisse poteva me
glio consacrare le spoglie di Dolouc, se non a Minerva poich essa la Dea della
Saggezza e delle Scienze?
Alfine, Ulisse e Diomede pervengono al campo dei Traci, e dopo il massacro
che ne compiono, conducono seco laro i cavalli bianchi di Reso: ecco la
volatilizzazione della materia che si compie dopo la putrefazione, ed alla quale
volatilizzazione si manifesta il colore bianco. Diomede incerto se trafugare
anche il corro del Re e le armi che verano nello stesso, ma Minerva lo decide
a partire senza questa preda. Perch? per la semplice ragione che il carro
era d'argento e le armi che v'erano dentro erano d'oro (a). Diomede non
poteva quindi portarle, non perch fossero troppo pesanti, ma perch la
materia pervenuta alla bianchezza chiamata luna o argento dai Filosofi,
allora fissa e non volatile; ed a maggior ragione allorquando la materia ha
preso il color rosso cll' simbolo dell'oro filosofico. Le armi erano nel cirro dato
che la rossezza nascosta nell'intemo della bianchezza, conformemente a quan
to insegnano tulli gli Autori Ermetici, a Allarrivo di Giove o del colore
grigio, dice d'Espagnel (b), il fanciullo filosofico formalo. Egli si nutrisce
nella matrice e viene infine alla luce con un viso bianco e brillante come la
Luna. 11 fuoco esteriore, supplendo quello della Natura, compie l'ufficio
degli elementi. Ci che era nascosto si manifesta; lo zafferano d il suo colore
al giglio, e la rossezza si spande infine*sulle gole del fanciullo diventalo pi
robusto, n Dopo aver involato i cavalli, Ulisse e Diomede ritornano al campo
dei Greci, e ci per significare che la materia essendosi elevala nellalto del
vaso volatilizzandosi, ricade nel fondo, donde era partita.
Cos bisogna intendere i cavalli di Reso che occorreva involare prima che
avessero bevuto l'acqua dello Xanto, e ci, come abbiamo esaminato, occor
reva farlo dato che la muleria pervenuta al giallo ed al colore dello zafferano
non avrebbe potuta essere volatilizzata, condizione per assolutamente richie
sta per la perfezione dell'Opera, perfezione dellOpera che allegoricamente
Omero designa con la presa di Troia.
A queste fatalit 'aggiunsero quelle della morte di Troilo e d Ettore i
quali perdettero la vita sotto i colp del valoroso Achille. E' noto il signi
ficato del due nomi: Tros ed Ho dei quali composto il nome di Troilo ed
superfluo ritornarci sopra. Basta pensare che la dissoluzione e la pntrefazione
della materia, designate da questo stesso nome, tanto l'ima che l'altra sono
assolutamente richieste per la riuscita dell'Opera; e quindi si comprende
(a) I tdd.. v. 438.
(b) C on. 78,
- 3 7 6 -
il perch riguardava#! la morte di Trailo come nnn condizione richiesta per
la presa di Troia. La morte di Ettore non aveva minore importanza per la ca
duta della citt tanto pi che questi dera il pi valido difensore. Egli vide
Achille andargli incontro, simile a Marte, con un portamento terribile, mi
naccioso, e sfavillante come il fuoco, od il Sole levante, dice Omero (a). Subito
che lo vide, Ettore si spavent, e malgrado il cuore ed il coraggio del quale
aveva sempre dato prova sino a qnel momento, a malgrado delle esortazioni
che aveva rivolle a se stesso per esaltare il suo coraggio non pot sostenere la
presenza dAchille ed attenderlo a pi fermo. I l timore s'impadron di Ini
e prese a fuggire. Achille dal pi veloce lo segui con la stessa rapidit con
la quale un uccello da preda piomba addosso ad una colomba spaventata.
Ettore scappava a gran forza e velocemente, ma Achille l'insegui con maggiore
rapidit e cosi arrivarono alle due sorgenti dello Scamandro, ricche di gorghi e
di svolte, e delle quali lnna calda ed esala vapori, e l altra sempre conge
lata anche in piena estate. Essi passarono oltre ed Achille non Tavrebbe forse
raggiunto se Apollo non si fosse parato dinanzi ad Ettore trasfondendogli
coraggio. Ed anche Minerva esseudoglisi presentata sotto le forme di suo fra
tello Deifobo, Ettore si arrest e lece fronte ad Achille il quale men un
colpo di lancia che Ettore scans, menando alla sua volta un colpo della sua
lancia con tanta violenza che la stessa cadde in pezzi ai piedi dello scudo
dAchille con il quale questi aveva paralo il colpo. Ettore, rimasto privo di
lancia, mise mano alla spada e si scagli contro Achille che lo prevenne di
rigendogli un colpo di lancia alla clavicola, atterrandolo. Ettore, morendo,
gli predisse che Paride, aiutato da Apollo, gli avrebbe tolto la vita.
Non occorre una lunga riflessione per capire che la fuga di Ettore e Fin-
seguimento'dAchille significano la volatilizzazione della materia. Alfidio da
me gi citato a tale soggetto, dice: che allorch colui che inscgue arresta colui
che fugge, se ne rende padrone. Achille ed Ettore arrivano alle due sor
genti dello Scamandro, lima calda e liquida, laltra congelata, vale a dire
l'acqua e la terra congelata che se (ormata dalla stessa acqua. Non s'arrestano
questi eroi, ma percorrono giri c rigiri significando con ci che la materia
sale e ridiscende parecchie volle prima di fissarsi. Cosi Ettore non si ferm
se non dopo che Apollo gli parl, perch la materia volatile non si fissa se
non quando essa si riunisce con il fisso. Allora succede la singolare tenzone
nella quale Ettore soccombe, e predice ad Achille la morte sotto i colpi di Pa
ride ed Apollo, per quella stessa ragione per la quale lo stesso Dio fu caiisu
della morte di Patroclo e di Ettore.
Telefe, infine, figlio d'rcole e dAugea era assolutamente necessario per
la presa di Troia. Nel libro precedente abbiamo detto che Ercole era il sim
bolo dellArtista. Augea ignifina splendore, scintillio, luce, ed noto che
i Filosofi danno questi nomi alla materia fissata al bianco per contrasto con il
(a) Iliadi, L. XXII.. v. 1 3 1 -
- 377 -
nero ch'essi chiamano notte e tenebre. Telefe significa che luce e brilla da
lontano ed perci che lo si dice figlio della Luce. Necessariamente, quindi,
doveva essere presente alla presa di Troia poich questa non poteva verificarsi
se la materia non venga fissata.
Tali erano le fatalit della citt di Troia, e tale il senso che va attribuito
alle stesse, unico senso che aia valido e da ritenere. Sono [avole o piuttosto
allegorie le quali considerate nel campo storico non risulterebbero che sem
plicemente ridicole ed i seguaci del sistema storico ben lo sanno, tanto vero
che ai astengono da nna doverosa spiegazione. Esse informano la piena attivit
d'Uliase, come Ovidio fa dire a questo stesso eroe nel discorso che fa nella
disputa deUassegaazione delle acni) dAchille. I nfatti fu Ulisse che scov
Achille travestito da donna decidendolo ad unire le sue armi a quelle dei
Greci; guid Filottete al campo portandosi le frecce d'rcole; invol il Pal
ladio; port l osso di Pelops; rub i cavalli di Reso e, secondo lui, fu causa
della morte dEttor e di Trailo, dato che questi due figli di Priamo caddero
sotto le armi d'Achille. Infine convinse Telefe ad unirsi ai Greci contro i
Troiani, sebbene costui fosse gi alleato di questi ultimi ed avrebbe dovuto
mantenersi nemico dei Greci perch costoro gli avevano gi dato battaglia
nella quale rimase ferito. V giusta ragione di dire chera alleato dei Troia
ni, poich la natura di Telefe o della pietra al bianco l ndica chiaramente
dato chessa di natura fissa come la pietra al rosso od elisir simboleggiato dai
Troiani. Omero stesso c'insegna che bisogna formarsi un unico concetto tanto
dUlisse quanto di Ercole dato che fa dire ad Ulisse (a) raccontando la sua
discesa allInferno: a Ercole mi riconobbe a prima vista e mi disse: Abile e
coraggioso figlio d Laerte, o Ulisse, voi clic conoscete tante cose, ahim, povero
uomo come me, voi mi rassomigliate: dovete affrontare molle pene ed imprese
simili a quelle da me subite quando vivevo sulla terra. Io era figlio di Giove,
e malgrado tale mia qualit ho dovuto palirr molti mali: ero obbligato ad ob
bedire agii ordini del pi cattivo degli uomini c che non tralasciava dal co
mandarmi a quanto di pi duro e difficile. Credette che la pi difficile e pe
ricolosa fatica ebe avesse potuto impormi si fosse quella di venire qui a pren
dere Cerbero. Io mi venni e lo portai va dallInferno sotto la guida di Mi
nerva e di Mercurio, n Queste guide di Ercole meritano grande considera
zione poich sono le stesse che conducono Ulisse nelle sue opere. Minerva gii
sempre a lato. Ed entrambi questi Eroi si mantennero riconoscenti a Minerva
ed a Mercurio. Ercole consacr la sua clava a Mercurio, ed Ulisse offri a Mi
nerva le spoglie di Dolone avendo cura di dichiarare a questa Dea chegli
la preferiva fra tutti gli abitanti dellOlimpo, c chera l'unica alla quale
rivolgeva tale offerta. Minerva chiama anche Ulisse (b): il pi sagace, il pi
scaltro ed il pi attivo degli uomini: a Essa gli disse, ma non parliamone delle
(a) Odissea. L. I I ., v. 6:; e scg.
(b) Odissea. L. XIII.. v. 192 e seg.
- 378 -
astuzie e della sagacia, ne conosciamo abbastanza del pori poich non avete al '
cuno che vi uguagli nei consigli e nelleloquenza, cos come lo sono io fra gli
altri Dei. Non riconoscete, quindi, in me Minerva, la figlia di Giove, quella
stessa che con piacere vi ha guidata ovunque ed aiutato in tutte le vostre
imprese? (a) . Questa testimonianza non contraddetta dalle azioni di Ulisse,
che lo si riscontra sempre uomo saggio, prudente, chevita ogni leggerezza e che
infine a tutto riesce. Cos eia Ercole che nulla intraprese senza venirne a capo.
Tale o deve essere il Filosofo Ermetico che d principio alle fatiche drcole
od alle azioni dL'lisse, vale a dire la Grande Opera o Medicina Aurea. Invano
sar per lui il proposito desecuzione segli non posseder tutte le qualit di
questi Eroi, invano saffaticher al lavoro se non conosce la materia con la
quale fu fondata Troia e se iguora la radice dellalbero genealogico dAchille.
I Filosofi l hanno dissimulata sotto una quantit di nomi differenti e bisogna
possedere proprio l acume ed il genio dUlisse per poterla riconoscere, ed
questa quantit straordinaria di nomi che, secondo Moriano (b) induce in errore
lutti coloro che saccingono a riconoscerla. Pitagora nella Turba dice che la
scienza dellArte Ermetica consiste nel trovare una materia, a ridurla in ac
qua ed a riunire quest'acqua con il corpo dellargento vivo e della magnesia.
Cercate, dice il Cosmopolita, una materia dalla quale possiate fare unacqua
che dissolva l'oro naturalmente e radicalmente. Se l avete trovata voi possedete
ci che moltissimi cercano e pochissimi riescono a trovare, e voi possedete
il pi prezioso tesoro della terra.
Tali sono pressapoco simili le indicazioni che gli Autori Ermetici ci forni
scono di questa materia, e bisognerebbe essere piu che Edipo per poterla indo
vinare attraverso ci che ne dicono. Senza dubbio una cosa comunissima
e quasi a tutti nota, dato chcssi ne fanno un cos gran mistero e fanno tutto
il possibile di dissimularla e non farla riconoscere. Senza ulcun dubbio, anche
le operazioni sono piacevolmente facili poich il Cosmopolita ed altri Autori
assicurano che le si possono descrivere non in poche pagine, ma in poche righe
ed anche, volendo, in poche parole. Ed proprio per questa cosa che pu
essere comunicata con poche parole che Omero ha trovato nel suo genio tanta
facondia da ampliarla sino al punto da farne tutto il contesto della sua Iliade.
Questa opinione viene condivisa tlal Cosmopolita il quale dice che colui che
conosce la Grande Opera in possesso di tanta conoscenza da poter comporre
una infinit di volumi. Quindi, con l'assedio di Troia e la riduzione di que
sta citt in cenere. Omero non ha avuto altro di mira e non ha descritto
allegoricamente se non il modo di rinchiudere Paride ed Elena, vale a dire
la materia nel vaso, e indicarci ci che accade durante le operazioni. Egli
suppone un uomo ed una donna poich questa materia in parte fissa ed in
parte volatile, in parte agente ed in parte paziente. Questo vaso il tempio di
fa) Iliade. L. X.. v 278 e Odissea. I# X I l i .. v 300.
(b) Eiitrctirii du lini Caliti.
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Apollo Timbrici dove Achille Fu ucciso da Paride. Questo appellativo di
Apollo gli deriva dallavere questa pianta od arboscello chiamato Timbro,
dei rami coperti di molto ruvida lanugine del colore di porpora, e s' vieto
precedentemente che questa colorazione il segno della perFe'la fissazione
della materia. Allora la citt di Troia presa c la maggior parte degli Eroi
che ri hanno assistito si ritirano in paesi stranieri come 'ecco Enea, Diomede,
Antenore e lami altri, ove vanno a fondare dei Regni. Questa dispersione
indica l effetto della polvere di proiezione, che ha la propriet di fondare dei
Regni e formare dei Re, vale a dire di trasmutare i diversi metalli in oro il
quale chiamalo il Re dei metalli. Il Trevisani! (a) ha usala questa allegora
in tal senso, e Basilio Valentino (li) ha fatto lo stesso. Ed in effetti, se si con
sidera l oro come il Re dei metalli, non ben detto il fondare nuovi regni in
lantani paesi per indicare la trasmularione in oro Hi altri metalli che hanno la
pi lontana affinit con l oro stesso?
Paride, Elena ed Achille sono, dunque, i tre principali Eroi dellIliade,
seguono Ettore e Pirro. Ulisse, propriamente, il consigliere dei Greci, vali
a dire colui che guida le operazioni. Achille lagente interiore ed il fuoco
innato della materia il quale durante un certo tempo resta addormito e come
assopito. Indi si sveglia ed agisce. Egli (Achille) infine ucciso da Paride,
questuomo effeminato ai quale gli ci rinfaccia sempre la sua svogliatezza e
la sua fiacchezza, ma che pertanto di volta in volta da prova di un grande
coraggio. Pirro dai capelli rossi succede a suo padre Achille e rovina la citt
di Troia. Questo colore rosso dei capelli di Pirro non indicato senza la sua
ragione: perch Omero ben sapeva che la citt di Troia caduta, cio che
lOpera completa allorquando l Elisire Ita acquistato il color rosso. La natura
ignea dAchille ha determinalo il Poeta a presentare questo Eroe come prode,
coraggioso, infiammato e quasi sempre irato. Lagilit del fuoco gli ha fatto
dare gli epiteti di nas, tix;, ahupxq; : e la sua analogia con il fuoco ha
fatto dire clic Vulcano fabbric il suo scudo. Perci gli fu dato il nome di
Pirisoo poich questo fuoco vive col fuoco stesso senzesserne consumato.
Dopo chegli ebbe ucciso Ettore, il pi valoroso dei Troiani, il corpo di Ettore
fu riscattalo con ugual peso doro, ed allorquando Achille venne ucciso da
Paride, i Greci ne riscattarono il cadavere allo stesso prezzo. Ma questi Eroi
essendo doro e discendenti di Dei aurifici, potevano eaaere riscattati diversa'
mente? E cosi, di conseguenza, si finge che le loro ossa furono deposte in urne
doro e coperte di stoffa del color di porpora. Quella dAchille era stala regalata
a Teli da Bacco, e la storia di Bau ce ne fornisce la ragione: perch fu questo
Dio doro che accord a Mida la propriet di trasmutare in oro tutto ci che
toccava. Achille, dopo la sua morte, spos Medea nei Campi Elisi; noto che
Medea possedeva il segreto di ringiovanire i vecchi e di guarire le malatte:
(a) Filosofia dei Metalli.
(b) A uto dei Filosofi.
- 380 -
non si poteva, quindi, fingere un matrimonio pi adatto, poich lAchille dei
Filosofi possiede uguali prerogative, tanto vero che stando in vita, con la
stessa ruggine delle sue anni aveva guarito la ferita fatta a Telefe da quelle
stesse armi.
Si riconoscerebbe Pirro in una infinit di testi dei Filosofi Ermetici, ma
a tale riguardo mi limiter a ritare solo Raimondo Lullo: a La natura di
questa testa rossa , dieeali (a), una sostanza sottilissima e leggiera, la sua
complessione calda, secca e penetrante, v Quest'Autore, con il solo, a quel
che pare, che abbia tenuto presente nelle sue allegore, gli avvenimenti del
l'assedio di Troia. Basilio Valentino fa segnatamente menzione di Paride,
Eletta, Ettore ed Achille nella sua descrizione del vetriolo. Parecchi Autori
si formarono, di questa guerra, la stessa ideo mia e ne hanno parlato con pari
discernimento.
Non potendo sostenere che l'I liade d'Omero non parli d'altro che del
Magistero Ermetico; questo poema un'allegoria simile all'Odissea, ma una
allegora intessuta in porte per spiegare i segreti fisici della Natura, ed in
parte per lasciare ai posteri un insegnamento di politica. E* senza dubbio
sotto quest'ultimo lato che Alessandro l'aveva in tanto pregio da portai
sempre seco questo poema d'Omero e che conservava sotto il proprio cuscino
durante la notte. Ed a dire il vere si sarebbe mai manifestata l'idea di rite
nere le opere d Omero come la pi bella produzione dello spirito umano
se si fossero accolte per reali tante puerilit ch'egli riporta, gii adulteri!, le uc
cisioni. le ruberie e le altre scelleratezze ch'egli attribuisce agli Dei ed alle
Dee? Egli ne parla in maniera pi alla a farceli disprezzare anzicch in
cuterci rispetto. I discorsi che fa loro tenere, i rimproveri ingiuriosi che loro
mette in bocca, e tante altre cose, palesano chiaramente il suo proposito di
parlare allegoricamente, poich non si pu ammettere che un grand'uomo di tal
bitta abbia usato quel linguaggio verso gli Dei della sua reale credenza e fede.
Egli ben pensava che le persone di spirito avrebbero saputo estrarre il frutto
dalla noce, e visti i tesori sotto il veto che li copriva.
E* quindi opportuno intravedere nelle opere d'Omero almeno quattro a
spetti: un senso geroglifico od allegorico che vela i pi grandi segreti della Fi
sica e della Natura. I soli Filosofi naturalisti e quelli che sono n giorno della
Scienza Ermetica per mezzo di una teoria meditatissima, oppure praticanti,
sono gli unici in condizione di comprenderlo; ed ammirano in queste opere
mille cose che li colpiscono e .le suscitano l'ammirazione, mentre gli altri
passano inosservati e non ne restano per nulla toccati. I Politicanti vi trovano
ammirabili regole di condotta per i Re, i Principi, i Magistrati, ed anche
per le persone (Fogni condizione. I Poeti vi notano un genio fecondo, una
sorprendente inventiva per le finzioni, le favole e tutto ci che concerne gli Dei
e gii Eroi; per essi una sorgente inesauribile. Gli Oratori, infine, ammirano
(a) Test. Theor.. c. Si.
- 381-
la nobile semplicit dei suoi discorsi e la naturalezza delle sue espressioni.
Pu darsi davvero che Omero abbia incluso qualche elemento storico nella
sua I liade e nella sua Odissea, ma lo avr fatto al seuiplice scopo di dare una
tal quale maggiore verosimiglianza alle sue allegorie, come ancora oggi usano
fare la maggior parte degli scrittori dei romanzi. Il vero affogalo sotto tante
finzioni e talmente dissimulalo che non possibile districarlo. Ammesso il
caso dell'esistenza di Troia qualche secolo prima dOmero, si potr dire che
le rovine della stessa gli abbiano fornito lo spunto allorditura del canovaccio
della sua allegoria, ma da ci esula il dover ammettere cbe tulio il rac
conto che ci tramanda sia vero. Dionigi Zachaire che visse nel sedicesimo se
colo, scrisse come Omero un ipotetico assedio di una citt della quale, in
verit, egli non fa nome e ne parla come se si trattasse d'un avvenimento
realmente accaduto, ma lo differenza che si riscontra tra questi due Autori
si che il francese avverte che parla allegoricamente, mentre il Greco lascia
indovinarlo dalla intuizione e perspicacia del lettore.
Da tutto quanto detto sinora, si deve adunque concludere che l'I liade di
Omero racchiude poco o niente di verit storiche, bens molte allegorie. Sup
poniamo per un momento, con Erodoto (a), che Omero visse circa centoses-
santanni dopo la cadala di Troia, nel qnal caso non sopravviveva nessuno
degli attori e neppure della prima e forse seconda discendenza poich nolo che
secondo il corso ordinario della Natura in centosessant'onni si succedono al
meno quattro generazioni.
E ci toglie la probabilit che Omero abbia potuto apprendere con ogni
certezza i fatti che ci racconta, ed in ispecie, poi, i dettagli circostanziati delle
azioni di ogni capitano. Non parlo poi delle diverse andate e venute degli Dei
e dello Dee, delle folgori lanciate da Giove, del terremoto suscitalo da Net
tuno ed alla scossa del quale lo stesso Plutone fn preso da terrore sul suo Irono
infernale, e tralascio le diverse tenzoni che fra di loro sostennero glimmor
tali. Tutti convengono che questi latti sono semplici finzioni poetiche, ma non
tutti si formano lo stesso concetto delle azioni d'Aiace, dAgamennone, di Me
nelao, di Diomede, di Meninone, di Ettore, di Paride, dAchille, di Patroclo
ecc. Che significano queste pietre che questi Eroi si lanciano combattendo,
forse che guerrieri di tal fatta si sarebbero battuti come farebbero oggi dei mo
nelli, in luogo di far uso delle loto anni? Ettore uccise Epigeo con un colpo d
pietra (b). Quando Patroclo vide venirgli contro Ettore, prese il suo giavellotto
con la- mano sinistra, c nellaltra una pietra bianca con la quale colp alla
fronte Cebrione, cocchiere d'Ettore, e lo fece cadere a terra (c). Aiace percosse
cos Ettore con un colpo di pietra che gli lanci sul petto, e questa pietra era
di quello che ai trovavano sulla riva e che servivano ad attraccare le navi (d).
(a) Io vita Homeri.
(b) Diade. L. XVI., v. $77.
(c) Iliade, L. XVI., v. 734.
(d) Ilade, L. XIV., v. 410.
-382 -
Ettore con un colpo simile aveva atterrato Tenero (a): e questi sono esempi
nei quali uno solo dei combattenti ne usa gettare contro l altro; ma non v
dubbio che ad Aiace ed Ettore piacesse questo modo di combattere. Dopo essersi
battuti a colpi di giavellotti, si presero a colpi di pietre, ma quali pietre? non
erano certo ciottoli che si potessero lanciare agevolmente, ma eran pietre che
procuravano lo stesso effetto duna mola di mulino lanciata dallalto (b). Dio
mede robusto almeno quanto Aincc, voleva schiacciare Enea sotto una pietra
tanto grossa e-pesante che dne uomini non sarebbero stati capaci di sollevare;
il figlio di Tideo la sollev da solo, e la lanci anche con tanta facilit che
and a cadere sullanca dEnea, e lo avrebbe abbattuto se Venere, sua madre,
non fosse accorsa in suo aiuto (c).
Dobbiamo credere ad Omero sulla sua parola? c la immaginazione in tal
caso non si riporta alla lettura delle imprese di Pantagruel negli scritti di
Rabelais (d), il quale per semplice passatempo sollev da solo su quattro pilastri
una roccia di circa dodici tese quadrale? Bisognerebbe credere ciecamente
sulla buona fede del Poeta dato che non cita alcuna fonte a garenzia di quanto
ci dice; ma da supporre e ritenere che tali fonti gli mancavano, poich anche
se ve ne fosse stata qualcuna non soddisfacente ed anche male scritta della
storia dun assedio cos famoso. Omero ne avrebbe trascritto un qualche fram
mento a comprova di quanto veniva dicendo; in ogni modo di queste fonti pre
cedenti ad Omero, ne avrebbe fatto un cenno qualunque altro Autore. Si
quindi ragionevolmente costretti a convenire che Omero ha tutto attinto dalla
propria immaginativa perch anche nd ammettere l esistenza di una tradi
zione orale, questa veramente avrebbe potuto tramandare il ricordo di una
qualche importante azione dei Capitani delle due armate, ma non assoluta
mente una serie di dettagli tanto rircostanziati come li troviamo nelle opere
di questo Poeta. Riconosco che in Omerc si riscontrano alcune verit: i
luoghi dei quali si parla sono esistiti almeno in parte, ma ri sono anche delle
impossibilit di rendersi esatto conto di alcuni.
Circa la realt della citt e dei luoghi che sono riportati in Omero oltre a
tener presente che la maggior parte di essi non vennero ritrovati n da Stra
ttone e neppure da altri Geografi, anche per quelli per i quali si possa provare
nna esistenza anteriore allo stesso Omero, ci non proverebbe altro se non
che la finzione stata adattata alla loro situazione e si supposero fonda
tori e Re immaginari, imitando in ci gli Egiziani i quali si vantavano
daver avuto gli Dei per loro Re sino ad Oro, figlio dIside e d'Osiride. Ab
biamo gi precedentemente citato Diodoro Siculo il quale cinforma che gli
antirhi Poeti quali Melampo, Omero, Orfeo, eco. imponevano ai luoghi dei
(a) Iliade, L. VITI., v. 317.
(b) Iliade, L. VII., v. 263.
(c) Diade. L. V.. v. 3.
(d) Libro I I .. c. 3.
- 383 -
nomi conformi alia loro dottrina, quindi da dedurre che i nominati luoghi
(die in seguilo non vennero ritrovati parte erano sortiti dall'immaginativa e
gli altri pi numerosi dal detto sistema di adattamento alle dottrine sposate
dagli scrittori. Del resto una prova convincente la si ha nelle etimologie da
me fornite, le quali confermano il dire di Diodoro, dato che le stesse quadrano
perfettamente con la dottrina che io ritengo aver data origine allIliade.
Si dia Omero a spiegare ad un Filosofo Ermetico che ha studiata la Natura
e che conosca la teoria e la pratica della sua Arte, oppure a qualcuno il
quale, come me, abbia compiuto un lungo studio delle loro opere con il
proposito almeno di impadronirsi della fraseologia delle loro allegorie, di
mettere in chiaro il loro stile enigmatico, di svelare i loro geroglifici, di con
statare se i loro scritti e la loro Arte ha un obbietto reale, se questa scienza
meriti di essere tanto dispregiala come lo attualmente, ed infine di dare
attraverso lo sviluppo del loro ragionamento e per mezzo della concordanza
delle loro espressioni una spiegazione su una scienza tanto oscura, ed io sono
convinto che costoro, nei loro commenti, non si troveranno, infine, affatto di'
scordi gli uni dagli altri; essi spiegheranno la stessa cosa tutti con lo stesso
oggetto e nello stesso modo. Sono state proprio le applicazioni ripetale chessi
fanno ai diversi brani della Favola alla loro materia ed alle loro operazioni
che mi hanno fatto nascere l'idea di scrivere questo lavoro. Ho constatato
il loro accordo in queste applicazioni ed ho rilevalo con piacere che possede
vano lutti gli stessi prncipi.
Di tanti Autori che hanno scritto sulla Filosofia Ermetica non ne ho tro
valo uno solo contrario ad un altru, e parlo di quelli ritenuti depositari di
questa Scienza, che degli altri non affatto il caso di tenerne conio. Se alle
volle parrebbe si contraddicano, ci va dovuto al loro stile enigmatico sicch
il Lettore spiega di una operazione ci che l'Autore indica d'unaltra. L'uno
parrebbe dica s dove l'altro dice no, ma ci dovuto ai diversi punti di vista
dai quali esaminano una cosa. Questo chiama acqua ci clic quello chiama
terra perch la loro materia composta d'entrambe, e diventa necessariamente
acqua c terra.
Infine, per concludere quanto ci resta a dire dellI liade, si passino in se
rio esame gli Eroi c le circostanze e propriamente risalter un Ulisse che con
la sua prudenza, i suoi diligigli, i suoi discorsi e spesso le proprie azioni
governa lutto, dirige tutto, incaricalo di tutto. Istruito delle fatalit d Troia,
ovverosia delle condizioni assolutamente necessarie senza ottemperare alle quali
non sarebbe stato possibile addivenire alla presa di detta citt, egli le esegue
oppure mette i Greci in stato di eseguirle. Ci ch'egli compie da solo costitui
sce precisamente la diligenza e la pratica dellArtista. Ci che i Greci ed i
Troiani compiono analogico a ci che si compie nel vaso filosofico per
mezzo del soccorso dellArte c della Natura; Ulisse, infine, dispone tutto, ap
presta le rose ed Greci agiscono quand'egli li ha messi in condizione di ese
guirle. Dopo di lui viene Achille quale agente interiore e senza del quale la
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Natura non agirebbe affatto nel vaso poich egli ne il principale ministro
e<J per ano mezzo che la materia ai dissolve, si putrefa e perviene al nero.
Perci Omero ha cura di dirci che Achille sera ritirato nel suo vascello nero.
Eanalo, Menesteo, Tosa, Idomeneo, Podaree, Euri pilo. Proto, Cretone, Orfi-
loco e la maggior parte dei Greci avevano condotte navi nere. Protesilao,
che si suppone essere stato ucciso per il primo, rinchiuso e seppellito nella
terra nera. Infine Ulisse il solo del quale Omero ci dice che la prora della
sua nave era rssa, e che prese una nave nera per ricondurre Crseide a Criseo,
padre della stessa, e vi mise le vele bianche nel suo viaggio di ritorno. Uno
degli altri Eroi di qnesto componimento allegorico Pirro o Neattolemo e
si gi visto il perch. Infine Paride colui contro il quale i Greci combattono
per riavere Elena che l oggetto di tanti disagi e di tante fatiche. Gli altri At
tori sono stati aggiunti per ornamento e per maggiormente corredare lo svi
luppo della finzione: Agamennone qoale capo principale, Aiace quale valo
roso guerriero, e Diomede come compagno d'Ulisse; gli altri son serviti a com
pletare gl'incidenti che occorse creare per concedere una certa verosimiglianza
a tutta la finzione, per lo qnal cosa sono menzionati anche luoghi della
Grecia, della Frigia, della Tracia, eec.
Che Troia, dunque, sa o non esistita, che sia o no stata distrutta, resta sta
bilito in verit che l'I liade Omero ha l'aria di una para finzione e deresi giu
dicarla alla stregua delle fatiche drcole e delle favole che riguardano gli
Dei e gli Eroi. Non bisogna giudicare della realt del fatto solo perch gli An
ton posteriori ad Omero ce ne parlano, ma occorre tener presente eh'essi vis
sero molti secoli dopo dOmero e che pur avendo miti attinto dallo stesso,
malgrado ci sono tra loro discordi. Alcuni hanno voluto modificare in Omero
ci che non sono riusciti a spiegarsi, altri lo hanno contraddetto senza tener
presente che ci facendo contribuivano ad accrescere l incertezza di tutto il
racconto. Se ci riportiamo alla testimonianza d Erodoto, la guerra di Troia
risalterebbe falsa, perch Elena per la quale si suppone che fosse stata com
battuta, era allora custodita presso Proteo, Re dellEgitto. Eppure Cicerone ri
teneva Erodoto quale padre della storia non solo per la sua antichit ma
anche per il testo della sua opera e per il modo al quale si era attenuto nello
scriverla.
Presteremo maggior fede agli altri Scrittori Pagani i quali ammettevano
le favole pi ridicole per delle verit? Costoro che hanno copiato unicamente
Orfeo, Lino, Melampo, Museo, Omero ed Esiodo, ma da dove hanno attinto
questi ultimi, ci che ci hanno tramandato? E noto che fu l'Egitto la sor
gente di tutte le favole. Gli Egiziani si vantavano daverle apprese da Iside,
Iside da Mercurio, e Mercurio da Vulcano.
Ma infine se si vuole sostenere per testardaggine che sotto il velo di queste
favole si nascondono delle verit storiche, mi si conceda, almeno, che queste
storie hanno fornito lo spunto alla formazione di allegorie, ed ancor pi ad al
legorie di dottrine le pi occulte e le pi segrete. Paracelso, Fernet e tanti
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altri l hanno latto ed questo che rende i loro scritti mintelltgibili quasi a
tatti. Nei sistemi di coloro i quali hanno voluto spiegare le tavole storicamente
s'incontrano difficolt insormontabili chessi stessi dichiarano d non poter di
stricare n risolvere. Nel mio sistema non se ne incontra alcuna; tutto com
pleto, tatto semplice, tatto naturale. Almeno una presunzione che
dimostra il ano vantaggio su tutte le altre e che deve tener luogo di prova
verso le persone in buona fede ed esenti da preconcetti, ci che costituisce U
solo vero.
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DISCESA DENEA ALLINFERNO
Tatti conoscono che sebbene l Eneiie di Virgilio sia senza alcun dubbio
il pi bel poema latino che possediamo, tuttavia esso un imitazione di
Omero e quindi non deve destare alcuna meraviglia s'io (accio seguire alla
interpretazione dellI liade (1) quella su di un brano dellEneide. Virgilio ha
segnilo le sue idee, ha dato largo sviluppo olla sua immaginativa, ma non
s allontanato dal canovaccio intessuto da Omero e Io ha presentato quale sua
propria fattura per il modo com'egli Io ha trattato. Non pretendo, con ci,
attribuire a Virgilio, forse, la perfetta e completa conoscenza della Filosofia
Ermetica, ma senza alcun dubbio egli aveva attinto da altre fonti ci che ne
dice, oppure bisogna ammettere che qualche idea ne possedesse per aver inteso
qualera l oggelto dellI liade e dell'Odissea che precisamente ritenne come
allegorie della Medicina Aurea. Virgilio ha devoto trovarsi, forse, nella mede*
sima situazione di molti Studiosi quali attraverso uno studio assiduo e ponde
rato degli Autori Ermetici acquistano delle idee vere, sebbene indeterminate,
della materia e delle operazioni di questArte ma non mettono mano alla
Opera in mancanza di qualche amico che indichi loro qual precisamente
questa materia e che stabilisca loro le indeterminazioni per il comincinmento
e la prosecuzione del lavoro richiesto per la riuscita (2). Non deve quindi
(i) E* qui fi ram di mettere in evidenza che la stessa parola e I liade stata
ritenntn presso parecchi Autori nel significato di: fine e termine di una cosa. I l Cosmopolita
l'ha osta in tal senso. >I t a e d a m , egli dice nel sdo primo trattato, generoso naturo
i t m p e r ag i i usque in i p s un Mudimi. hoc a l t . t e r m i n u m u l t i m u m p o i t e a e e a a t .
(a) Ho spiegato tritio In qDesti dodici Trattati, dice lo stesso Cosmopolita nel sno Epi
logo. ed ho riportate tette lo ragioni e le piove naturali affinch D lettore, temendo Dio e
desideroso di quest'Arte, possa pi facilmente comprendere tutto ci che con l alato di Dio.
io ho visto ed ho fatto con le mie proprie mani seno alcuna frode n sofijticarione. Non
possibile pervenire alla fine di questArte senza una profonda ccnosceaxa della Natola,
amenocch Dio. per un inveire singolare, non si degni rivelarlo, o che un amico di cuore non
ne sveli questo segreto.
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destarci sorpresa alcuna se Virgilio ha inserito nella suo Eneide qualche passo
allegorico in attinenza a quanto innanzi. E tale in particolare quello della
discesa di Enea all'inferno. DEspagnet (a), Augnrello(b), Filatete(c) e parec
chi altri Filosofi hanno adoperato le stesse espressioni di Virgilio applicandole
molto felicemente nei trattati da loro composti sulla Grande Opera. Quindi
non posso supporre che queste idee di Virgilio non abbiano un fondamento
ermetico, in ogni modo mi atterr alle applicazioni che ne hanno fatto i
suddetti Filosofi, nelle spiegazioni che dar alla narrazione di questo Poeta.
Enea essendo sbarcato a Cuma (d), indirizz il suo cammino verso il
tempio dApollo e l antro della terrificante Sibilla che questo Dio ispira ed
alla quale svela lavvenire. Lentrata di questo tempio era decorata da una
rappresentazione della fuga di Dedalo che portava le ali che sera fabbricate
e che dipoi consacr ad Apollo, in onore del quale egli aveva eretto detto
tempio. Vi si vedeva anche raffigurato il labirinto che Dedalo costru a Creta
per rinchiudere il Minotauro, le tribolazioni e le fatiche che bisognava affron
tare per vincere questo mostro e per uscire da detto labirinto allorquando
ci si era una volta introdotti: il filo che Arianna regal a Teseo per tale
scopo (3).
Queste rappresentazioni colpiscono Enea il quale si ferma a contemplarle,
(a) Aicanom Henn. PhUosophlae opus
( b) Chrytopaeia.
(c) I n t r o i t i l i a p e r t i t i .
(d) Eneide, L . V I ., v. 2 e seg.
(3) Le decorazioni di questo Tempio sono notevoli e quindi riniti di strano che ab
biano attirata l attenzione dEnca. Un Artista non saprebbe mai sufficientemente ponderare
su una impresa simile a quella della Grande Opera allo scopo di venirne a capo, come
Zacboira (e), di unultima conclusione che non trovi contraddizione alcuna ira gli Autori. Non
solo le operazioni ed il regime sono un vero labirinto dal quale difficile tirarsi Inori,
ma gii scritti dei Filosofi ne formano un altro ancora pi imbarazzante. La Grande Opera fi
facilissima a voler prestar fede agli Autori che ne trattano e qualcuno fi arrivato perniilo
ad assicurare che non sarebbe altro se non un sollazzo da donne ed un gioco da ragazzi,
mi 1 Cosmopolita fa osservare che quando dicono che fi opera agevole, ci va inteso per
coloro che lo sanno. Altri hanno assicurato che tale facilit riguarda solo le operazioni che
seguono la preparazione del mercurio. D'Espagnet fi di questa opinione, poichfi scrive (f):
Occorre una fatica d'rcole per la sublimazione del mercurio o sua prima preparar se.
Perchfi sensa di Alcide. Giasone non avrebbe mai intrapresa la spedizione della conquista
del Toson doro, o Angurello (g) a tale riguardo s'esprime nei seguenti termini:
A l t e r inau r atam noto de v er tic e pettem
P r i nc ipium v e l a i o t t e n d i ! , q u e i t v m e r t f i n s i u :
A l t e r onus q u a n t u m s u beot.
Confronta la favola del Mmotanro e di Teseo da me spiegata.
(e) Opuscolo.
(f) Con. 42.
(g) Chrytofi.
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ma la Sacerdotessa lo avverte che il tempo non gli consentiva di godersi la
vista di quelle Sgore. Egli s'avvi allora verso l'antro nel quale la Sibilla dava
i suoi oracoli ed appena arrivato egli la vide gi in preda a quel furore che in
tali circostanze soleva agitarla. I Troiani che accompagnavano Enea furano
presi dal terrore e Io stesso Enea trem a tal vista e rivolse, dal profondo del
soo cuore, la sua preghiera ad Apollo, ricordandogli la particolare prote
zione da Ini concessa in favore dei Troiani, e pregandolo insistentemente di
continuar!a. Per riconoscenza promise di elevare dne templi di marmo, l'uso
in suo onore e l altro in onore di Diana (4), subito dopo chegli s fosse sta
bilito in I talia unitamente ai suoi compagni di viaggio. S'impegn altres di
istituire le feste di Febo e di farle celebrare con ogni possbile magnificenza.
Si rivolse poi alla Sacerdotessa pregandola di non scrivere gli oracoli salle
foglie volanti, per timore che il vento non le sparpagliasse s che poi non pa
tease raccoglierle.
Alfine la Sibilla parl e predisse ad Enea tutte le difficolt alle quali andava
incontro, e gli ostacoli che avrebbe dovuto superare tanto nella continuazione
del 800 viaggio quanto per potersi stabilire in Italia (5). Ma essa l'esort a
non perderai di coraggio ed a prendere motivo da queste difficolt per maggior
mente perseverare nel suo proponimento.
I suoi oracoli erano (6) pertanto pieni d1ambiguit, d equivoci, ed il
(t) Apollo e Diana essendo le dne principali deit della Filosofia Ermetica, vale a dire:
la materia fissata al bianca ed al rosso. 6 a giusta ragione che Enea promette alle stesse
d'elevare i tempi], TI malizio iodica co* la sua durezza la fissiti della materia, e lo stabi
lirsi d'Enea in I talia designa fl termine dei lavori dellArtista o il compimento dell'Opera.
(3) Le difficolt che s'incontrano per pervenire a questa fisti rione non sono di lieve en
tit. poich molti Than tentato e tentano, ma sema riuscirvi. Possiamo giudicarne da quanto
ci dice il Poetano (a) che ha sbagliato pi d duecento volte, par avendo lavorato per molto
tempo eolia vera materia, poich ignorava il fuoco richiesto. Si possono leggero elencate
queste difficolt nel trattato scritto da Thibaolt de Hogelande.
(6) Questa maniera d spiegarsi con termini ambigui ed equvoci precisamente quella
di tutti i Filosofi, ed ci che rende questa scienza tanto difficile ad apprendere dalle opere
che trattano della stessa. Ecco come V esprime d'Espagnet a tale riguarda fb): Chi aizza
la verit e desidera apprendere questa scienza scelga pochi Autori fra quelli ben noti per
capacit. Consideri sospetto tutto quanto gli sembri tacile capire specialmente nei nomi
Hi ton delle cose e nei segreto delle operazioni- La verit nascosta sotto densissimi
veli, perch i Filosofi non dicono una grande verit se non quando usano un linguaggio
oscuro. Sussiste un artificio ed una specie di stiperchteria in quei passi ove parrebbe s'e
sprimano con maggiore ingenuit u Lj vte*so Amore (c) ci dice ancora :i a ! Filosofi hanno U
sistema d'esprimersi con termini ambigui ed equivoci, e spesso ci danno la sensazione che
c&dzno in contraddizione. Se essi spiegano i loro misteri in tale maniera, ci non fanno allo
scopo d'alterare o distruggere la verit, ma semplicemente per occultarla sotto questi sigili
e renderla meno evidente. Perci i loro scritti sano zeppi di termini sinonimi, omonimi e
(a) E fdst
(b) C u. 9.
(c) Caa. 13.
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comprenderli non era facile, poich essa inviluppava il vero con oscuri veli
e quasi impenetrabili.
Enea rispose alla Sibilla daver previsto tutto quanto gli poteva capitare, e
che avendo tutto ponderato, era disposto a tutto. Ma poich, egli soggiunse,
si assicura che qui l'entrata del tenebroso I mpero di Plutone, io bramerei
ardentemente di vedere mio padre Anchise, quegli che gi salvai dalle fiamme
attraverso la pioggia dei dardi diretta contro di noi; quegli che malgrado la
debolezza derivatagli dalla sua et ha avuto il coraggio daffrontare gli stessi
miei perigli e (Tacconilagnarmi in tutte le fatiche da me sopportate. Egli
stesso mha raccomandato di venire a trovarvi e di chiedervi questa grazia.
Siatemi propizia, o Voi, che Ecate, senza dubbio, ha preposta a tale prerogativa.
Venne concesso ad Orfeo per andare a cercare la sua cara sposa; Castore e
Polluce vanno e vengono alternativamente tutti i giorni; Teseo vi discese per
rapire Proserpina, ed Ercole per seco condurre Cerbero; essi erano tutti figli
di Dei, ma anchio lo sono.
La Sibilla gli rispose: Figlio dAnchise e di Dei, agevole discendere allo
I nferno, la porta di questo luogo oscuro c aperta giorno e notte (a) ma la
difficolt nel ritornarne e risalire al soggiorno dei viventi (7) Sono pochi
coloro che possano farlo. Occorre esser figlio degli Dei, essersi reso, attraverso
la pratica duna sublime virt, simile a glTmmortali, o aver meritato, almeno,
la protezione di Giove fonte immutabile di equit. I n mezzo a questo luogo
che possono traici in inganno. Usano anche spiegarsi per mezzo di figura geroglifiche zeppe
d'enigmi ed anche si servono di tavole e di simboli. Basta leggera questi Autori per
riconoscere la giustezza di qnesto rilievo fatto da) d'Espagnet. Per quanto riflette le
favole d'Orfeo, di Teseo e di Elena le spiegammo nei precedenti libri.
(a) Diade. L. VI., v. 136.
(7) La Sibilla ha ragione di dire che lentrata di qnesto luogo aperta giorno e notte,
perch i Filosofi affermano che in ogni tempo e da per ogni dove si pu compire l Opera.
Ma non il tntto quello d'entrarvi, ma occorre essere a giorno delle operazioni, saper fare
l'estrazione del mercurio ed indovinare di qual mercurio parlano i Filosofi. Ed proprio
a ci che d'Espagnet applica le parole della Sibilla : <1P auc i quos aequus. ecc. Perch
come scrive lo stesso Autore: c Per impedire di distinguere qual' il mercurio del quale
parlano i Filosofi ed occultarlo nelle pi fitte tenebre, essi ne hanno parlato come se ve
ne fossero di diverse specie, e l'hanno chiamato Murario in tutti gli stati dell'Opera dove
presente, ed in ogni operazione. Dopo la prima preparazione lo chiamano il loro Mer
curio e Mercurio sublimato; nella seconda, ch'essi chiamano la prima, poich gli Autori
non i mni' mai cenno di questa prima, essi chiamano questo Mercurio, Mercurio dei corpi
o Mercurio dei Filosofi, poich allora il Sole vi rincrudito, il tutto diventa caos, il loro
Rebis, il loro tutto poich tutto quantr necessario all'Opera vi si trova. Talvolta hanno
dato anche il nome di Mercurio al loro elisile o medicina tingente ed assolutamente fisso,
sebbene il nome di Mercurio s'addica propriamente ad una sostanza volatile.
Bisogna davvero esser figlio degli Dei per cavarsi d'imbarazzo ed eseguire esattamente
gl'insegnamenti della Sibilla se si vuole attraversare due volte il lago dello Stige e vedere
due volte U soggiorno del Tartaro, vale a dire fare la preparazione della pietra e dello
zolfo ed indi l'elisiie. I n ciascuna operazione si vede una volta il nero Stige ed il tenebroso
Tartaro cio a dire: la materia al nero.
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solivi vaste foreste circondate dal acro Codio. Ma poich mostrate un cos
vivo desiderio di passare due volte il lago Stige e vedere due volte il soggiorno
tenebroso del Tartaro, voglio assecondarvi. Ascoltate adunque le istruzioni
che dovrete eseguire per la riuscita e tenete bene a mente ci che sto per
dirvi.
Un folto albero nasconde sotto le numerose sue foglie, un flessibile ramo
scello dallo stelo e dalle foglie dforo. Esso consacrato a Pro se rp ina. Non v'
foresta ,boschetto o vallata alberata ove non lo si trovi (8).
(8) Quest'albero lo stesso di quello al quale era sospeso 0 Tosco d'oro, U me
desima allegora di quella Apiegata nel 2. libro. Ma la difficolt di riconoscere questo
ramoscello, poich i Filosofi, dice dEapagnct (a) hanno messo an'attenriona tutta par
ticolare ad occultare questo ramoscelli d'oro pi d qualsiasi altra cosa, e quindi pu
nasci re a strapparlo solo colai, aggiunge lo stesso Autore seguendo le parole della Sibilla,
che
Afafemav ignoti! ave*.
. , . E t gaminaa cum forte coiumbae
Ipsa sub ora i/in coeh venere volante*.
Non deve meravigliare che i Filosofi ai preoccupino a nascondere questo ramoscello
d'oro perch io stesso innanzi agli occhi di tutti (b). ai trova dappertutto, tatti ne usano
e che da essi tutto ne proviene. E* coto ai giovani ed ai vecchi, scrive l'Autore del
Trattato u Gloria Mundi e Io si trova sei campi, le forcale, le montagne e le vallate.
Lo si dispreiza perch troppo comune. N la forza e neppure il ferro sono richieste per
avellerlo, solo La scienza dell'Opera. Questo ramo la stessa cosa delia pianta chiamata
Moy che Mercurio regal ad Ulisse per liberarsi dalle mani di Circe (c).
Sic utique toquutus Mercurio? praebuit remedium
Ex terra e v u t s u e t mihi naturarti e j v t monst ravit,
Radice quidem nigrvm erat, atti autem rimile flre;
E t Moy ips um troiane pi i ; d i f f i d i e ver o effossu
VirU u t i q u e mortahbu?.
Da ci si pu constatare che Omero e Virgilio sono d'accordo, solo che il primo indica
pi precisamente la cosa poich definisce il colore della radice e del fiore. Gli antichi Autori
che ben sapevano che Omero scrveva allegoricamente, non s sono affatto occupati di ri
cercare questa pianta fra le altre, poich ebbero l'idea che Omero, con quella volesse Signi
ficare L'ero dizione e l'cloqucpza. A tale riguardo si pu confrontare E ostai io, fol. 397, Lin. 8,
Teocrito, I dytl. 9, v. J J . Hanno voluto dimostrarlo attraverso la lingua ebraica nella quale
molti ( osano che Omero conoscesse perfettamente come pure le cerimonie del culto Ebraico.
Filostrato caldeggia questa opinion (d). Confrontate anche Forio nella sua Biblioth.,
Col. 482. Duport., Gnomolog. Home rie Noel lo Comi, Mythol., L. VI/, c. 6, Antholog..
fol. i o j . Plinio il Naturalista ha creduto che questa pianta, fosse il Cynocefalo. io latino:
a Antmhinum ed in francese muifte de veau n (e). L 'Emeri nel suo Dizionairo delle
Piante, opina che il Moly sia una specie d'aglio ch'egli descrive sotto la voce Moly, Tolomeo
(a) Con. 35.
(b) Cosmopolita. Epilcg. e in Enigm.
(e) Odissea, L. X.. v. 302 t seg.
(d) In Herocis, fol. 637,
(e) !.. XXV, c. 4 e L. XXX.
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Non si Borebbe capaci di penetrare in questo luogo sotterraneo senza prima
aver raccolto questo ramo che reca i frolli doro. E l'offerta che Proserpina
comanda le ai offra. Lo si trova sempre: poich appena lo si strappato subito
ne spanta un altro dello stesso metallo. Vedete, cercatelo attentamente, e
quando l avrete trovato, coglietelo, lo avellerete senza difficolt, e se il destino
vi favorevole essa si staccher da se stesso, ma se vi contrario qualsiasi
vostro sforzo riescila inutile ? non v forza n ferro che possa venirne a capo.
Tenete da compiere ancora una cosa. Ignorate senza dnbbio che il cadavere
d'tin vostro amico infetta tutta la flotta; andate ad inumarlo, e per espiazione
sacrificate delle bestie nere: questo il cominci amen to (9); in seguito potrete
vedere i boschi Stigi e questi Regni inaccessibili ai viventi.
Efestione ne para anche. L. IV>( coltat. ctim Scholiis Lycophion, v. 679. Si pu confrontare
su tale argomento anche Massimo d Tiro, paiagr. ig, ma nessuno ha colpito nel segno.
Effettivamente Omero parlava allegoricamente, na alludeva ai color che sopravvengono
alla materia della Grande Opera durante le operazioni. La radice di questa pianta nera
perch i Filosofi chiamano radice e chiave dell'Opera il color nero che ai man per
primo. 11color bianco che succede al nero, soco i fiori di questa pianta e le rose bianche
d'bramo Giudeo, e di Nicola FlameL il giglio di d'Espagnet e di tanti altri, il narciso
che colse Proserpina quando fu rapita da Plutone, eco. Da ci si comprende perch ogni
forza o ferro sa inutile per svellere questa pianta.
(9) Proserpina esige che le si offra questo ramoscello doro, e non possibile presentarsi
ad essa mancando dello stesso. Ma prima di coglierlo d'uopo inumare colui che fu co
stantemente in compagnia di Ettore sino olla morte di Costui, e che Tritone aveva fatto
perire tra le rocce del mare. Ci vale a dire che bisogna mettere nel vaso il mercurio fissato
in pietra ne] mare fi! sufico, e continan il regime dellOpera, allora la materia si disporr
alla putrefazione ed all* inuma zi od e filosofica, come avrebbero fatto i compagni d'Eoea per il
corpo di Miseno, dato che ad essi Enea lasci 1*incarico dei funerali mentri egli va in cerca
del ramoscello doro. Che cosa bisogna intendere per morte o funerale ne parlammo a suffi
cienza nei precedenti capitoli. Virgilio che non voleva dare per vera questa storia, ma
semplicemente come un'allegoria, ha cura d prevenircene una volta per sempre scrivendo (a):
>Si credere dignum est. a
Dunque solo dopo 1*inumazione di Miseno che Enea poteva vedere il lago dello Stage
ed il tenebroso impero di Plutone; ed datante i funerali, mentre i Troiani piangono sul
corpo del defunto, che circondano la legnaia di nero fogliame (b), che lavano ed ungono il
cadavere, proprio durante queste operazioni che Enea scopre il ramoscello tanto desi
derato. sotto la guida di due colombe.
Moriano (c) in parecchie occasioni parla di questo oerpo inietto e puzzolente che oc
corre inumare e ch'egli chiama V i t n m o n d u t a del morto. Filalete impiega le stesse parole
nel suo Trattato; *de vara confcdtonc lapida *>, pag. 48, e dice che il grasso, il -piombo,
l'olio di Saturno,' la magnesia nera, il veleno igneo, le tenebre, il Tartaro, la terra nera,
il letame, il velo nero, lo sprito fetido, l'immondizia del morto, il mestruo pazzolente,
sonu tutti termini sinonimi che non significano che la stessa cosa, cio a dire; la materia
pervenuta ai nero.
I n merito alle colombe dEspagnet ha usata la stessa allegoria, e dice (d): che l'en-
<a) v. 173.
(b) v. 3.
(c) Entre ties du Hoi Calid.
(d) C u . 43 e 33.
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Enea se ne ritorn tatto cogitabondo accompagnato dal suo amico fedele
Acale. Trovarono sulla riva il cadavere di Miseno, figlio di Eolo, che Tritone
aveva fallo annegare precipitandolo attraverso le rocce del mare (se ci
credibile). Dovettero allora eseguire gli ordini della Sibilla, e perci ai reca
rono in una vecchia foresta e raccolsero la legna da servire per il rogo. Nel
contempo Enea con occhio acuto, attraverso la foresta, cercava scoprire il
ramoscello d'oro del quale la Sibilla gli aveva parlato.
Nel frattempo egli scorse due colombe (a) die ai diressero volando 11
sua volta, e si-posarono sui verdeggiante tappeto. Le riconobbe per gli uccelli
consacrati alla madre sua, e con il cuore pieno di gioia si rivolse alle' stesse
con tali parole: Siatemi di guida, e dirigete i miei passi verso il sito della
foresta ove cresce questo ramoscello doro. E Voi, o Dea madre mia, non mi
abbandonate nella incertezza nella quale mi trovo.
Ci detto inizi i suoi possi osservando con grande attenzione 1segni die
le colombe gli fornivano e la direzione die prendevano.
Esse presero il volo e sallontanarono tanto da poterle appena scorgere, ma
arrivale allentrata del puzzolente Inferno se ne allontanarono prontamente
ed andarono a posarsi, comera desiderio di Enea, sul duplice albero i rami dd
quale hanno il brillante colore dell'oro.
Enea, avendo scorto il ramoscello tanto desiderato lo svelse con ardore
e lo port nell'antro della Sibilla. Raggiunse indi i suoi compagni occupati
a preparare i funerali di Miseno. Corineo ne raccolse le ossa e le chiuse in ima
tra la dd Giardino delie Esperidi custodita da bestie feroci le quali possono essere amman
site solo con gli attributi di Diana e con le colombe di Venere- a Anche Flalete ha parlato
pi d'una volta di queste colombe nel suo Trattato: u introitai apertia ad occhimi Regi!
palatium. a Senio di esse, scrive questo Autore, aon possbile entrarvi. Si faccia attenuane
al significato drgli attributi di Diana e ai vedr che non affatto pi facile di penetrare
nel soggiorno di Proserpina sema il loto soccorso, di quanto non lo fosse stato prendere
la citt di Troia senra il soccorso delle frecce d'rcole: perci che le colombe vennero
ad Enea in volando, e volando andarono a posarsi sotto il tronco divaricato dellalbero
che nasconde il ramoscello d'oro. Il Cosmopolita scrive di questalbero (b) nei seguenti
termini : <Fui condotto da Nettuno in una prateria ove eravi nn giardino nel quale si
trovavano molti alberi degni di attemionr e perfettamente belli. Fra questi si mostravano
doe pi grandi, pi alti degli altri, usciti dalla stessa radice, e l'ano portava frutti bril
lanti come U sole e le sue faglie erari d'oro, l'altro produceva frutti bianchi come il giglio
e le sa t foglie eran d'argento. Nettuno chiam 1'tmo l'altero solare, e l'altro l'albero lunare, a
Quando le colombe arrivarono vicine ad Eaea. si posarono sul tappeto erboso: cio la
prateria del Cosmopolita. S'alluntanaioru. dall'entrata del puuolente Inferno perch la
materia si volatiliiia duranti la pntre'aiiaae. Andarono a posarsi sotto l'albero solare, vale
a dire che la voatriaiione cessa da! momento che le parti volatili si fissano io una materia
che i Filosofi chiamano Oro.
(a) v. i$o.
(b) Enigme.
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urna di bronzo (10). Enea gli innalz una tomba, indi s rec dalla Sibilla per
conformarsi ai consigli che questa gli aveva suggeriti. D suo antro era elevato,
pietroso, custodito da un lago nero e circondato da una oscura foresta. Gli
uccelli non potrebbero sorvolarlo impunemente (11) poich un vapore nero
e puzzolente esala dallapertura, seleva sino alla convessit del cielo, e li fa
cadere dentro.
Enea sacrific in seguito quattro tori neri (a) invocando Ecate, la potest
della quale sestende dal Cielo allInferno. Fece offerta duna pecora nera alla
Terra sua sorella, ed immol infine una vacca sterile a Proserpina, e termin
con dei sacrifizi a Plutone.
La Sibilla entr in questa apertura terrificante (b), ed Enea la segui con
posso fermo. Camminavano entrambi in ima oscurit simile a quella che sul
finire del giorno non consente pi la distinzione dei colori dei diversi oggetti.
Allentrata di questo luogo si trovano le inquietitudini, gli affanni, le malattie,
(io) Virgilio con dice affatto che le t-ssa di Miseno furono messe in nna orsa doro, n4
d'argento, cori come Omero aveva detto per quelle di Ettore e di Patroclo, ma parla di
un nrna di bronzo, e questo particolare ha la sua ragione. Gli stati nei quali si trova la ma
teria sono tre e ben distinti l'uno dall'altro. Quello rappresentato da Miseno il primo
dei tre, proprio il tempo nel quale la materia i in putrefazione, ed allora che i Filosofi
la chiamano bromo, lattone che occorre imbianchire. Imbiancate 9 lattone e stiacciate i
vostri libri che son diventati allora per voi natili, dice Moriano (c). I Sapienti in questa
Arte l hanno chiamata in questo stato chilo, piombo. Saturno, e talvolta, ramo o bromo,
a cagione del color nero e della sua impurit dalla quale occorre purgarla (d). a Con questo
mezzo, dice Ripleo (recapitolazione del suo Trattato), ottenete uno solfo nero, indi bianco,
citrino ed infine 10390 ricavato da una sola stessa materia dei metalli, ci che ha latto dire
ai Filosofi: a Cuoce te adunque questo bronzo, aggiunge Filalete dopo aver citato questo
piav, di Ripleo, cuocete questo bronzo e toglietegli la sua negrezza imbibendolo e bagnandolo
di rosea sino a tanto ch'imbiar.chisca. Il nostro bronzo, dice Giovanni Dastin, si cuoca
dapprima e diventa nero, ed allora propriamente U nostro lattone che occorre imbiancare.
Ecco l ania di bronzo nella quale furono rinchiuse le ossa di Miseno. Quelle di Patroclo
furano rinchiuse in un'urna dargento, e quelle di Ettore in un'urna d'oro, poich l una si
gnifica il color bianco della materia chiamata argento o oro bianco allorquando in questo
stato, e l'altra indicava il color rosso chiamato oro.
(ir) Gli uccelli non potevano passare volando snllapertura dell'antro che serve d'entrata
all'Inferno senza cadervi, poich la materia che si volatilizza, significata dagli uccelli, ricade
nel fondo del vaso dopo di essere salita sino al sommo dello stesso. Lo spazio che trovasi
libero tra la materia e detta sommit chiamasi Cielo dai Filosofi i quali chiamano parimenti
Cielo la materia che si colora La negrezza che sopravviene alla materia non poteva essere
meglio designata se non con i sacrifici e le immolazioni d'animali neri che Enea fa ad Ecate
all Notte ed a Plutone.
(a) v. 243,
(b) v. 270.
(c) Entretien du Roi Calid.
(d) Filatele, Op. cit., pag. 43.
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la morte, U sonno ed sogni. Vi incontrano diversi mostri quali i Centauri (12)
le Scilla dalle due forme, Briareo, l'I dra di Lenta, la Chimera, le Gorgoni,
le Arpie, e le Ombre dal triplice corpo.
, Tale la via che conduce al fiume Acheronte, pieno del limo dello Stige
e della sabbio del Cocito, Caronte, l orribile Caronte il guardiano di queste
acque; dalla barba semibianca, sudicia arraffata, con uno straccio di tela
sporca che gli serve per coprirai, incaricato di passare all'altra riva le ombre
che gii si presentano.
Una moltitudine innumerevole di ombre (a) errano e circolano sol bordo
del fiume e pregano insistentemente Caronte di traghettarle. Egli respinge
brutalmente tutte quelle i cui corpi non ebbero ancora inumazione, ma
infine, dopo un datu tempo li prende nella sua barca (13).
La Sibilla ed Enea (b) continuarono il toro cammino e 'avvicinarono allo
(12) Virgilio qui raggruppa sotto un scio ponto di vista tutto quanto le Favole racchiu
dono di laido, d'orrbile e di spaventevole, s direbbe che avesse il proponimento d'inse
gnarci che latte le differenti Favole mirino ad ano scopo solo e sono la allegorie di n*
sola cosa, e che invano ci si affanna a spiegarle differentemente. Ci collima con lo scopo che
mi sono proposto in questa mia Opera, nella quale (atte le mie spiegazioni tendono a quanto
innanzi. Si ricontino quelle da me date sinora e si vedr che ho spiegato tutti questi diversi
mostri in un solo modo e cio quello della dissoluzione che s compie mentre la materia
nera; le mie prove sono ricavate dalle Opere dei Filosofi e le ho spiegate secondo le circo
stanze, e ai pu confrontarle. Ma Virgilio segue passo passo ci che ai verifica durante
lOpera guidandoci lentamente. Dai mostri egli passa al fiume Acheronte completamente li
maccioso, ci che forma, il fango od il letamo filosofico; e le sabbie del Cocito indicano le
particelle della materia che riunite compongono la pietra. Da quelli passa a Caronte, e dal
ritratto che ce ue fa possibile rum sconoscere il colore d'un grigio sporco che succede
immediatamente al nero? Questa barba grigia da vecchio mal pettinata, questi stiacci di
tela sporca che lo ricoprono sono un simbolo tra i pi facili ad intendere. L'incarico ch'egli
ha, quello di solamente far passare le ombre al di l del nero e limaccioso Acheronte. ndica
perfettamente che son s pu passare d*3 color nero al bianco scasa I'intermediario grigio.
L'rebo che in padre di Caronte, e la Notte sua madre, ci fanno ancora meglio comprendere
quale egli era.
(a) v. 305 e seg.
(13) Sarebbe stato ben di&dic esprimere la volatilizzazione della materia durante o
dopo la putrefazione, con una allegoria pi espressiva di quella delle ombre erranti e
circolanti ani bordo dello Stige, c la casa s spiega da s. Ma perch Caropte s rifiutava
d traghettare quelle i cui corpi erano insepolti? La ragione molto semplice. Sino a
quando le parti volatili errano e circolano nell'alto del vaso al disopra del Lago filosofico,
non sono ancora riunite alia .erra dei Filosofi che passa dal color nero al grigio significato da
Caronte, questa terra naviga come un'isola fluttuante ed ha fornita l'occasione di simboleg
giare la barca. Quando queste porti volatili, a capo d'un tempo, si sano riunite a detta
terra, il tempo fissato per errare finito, perci ritornano donde sono partite e passano
con le altre. Virgilio ha perfettamente bea tspresso ci che bisogna intendere per inumazione,
vale a dire questa riunione delle part volatili circolanti, con quelle che si trovano in fondo
al vaso e dalle quali serano distaccate. <*Sedibus hunc rjor ante san, et cond sepulcro a
dice Virgilio, v, S33. parlando di Miseso, e v. 337, parlando delle ombre:
ftec ripas datur ftorrendas, nec rauca ftuenla
Transportara prius, guani sedibui osta quitrunt.
(b) v. 384.
- 395 -
Stige. Caronte avendoli acorti dalla aua barca, rivolse queste parole ad Enea;
Chiunque siate o voi che vi presentate armato sulla riva di questo fiume,
parlate, che venite a fare qui? Ritiratevi, questo soggiorno quello delle
ombre, della notte e del sonno. Mi vietato daccogliere i viventi nella mia
barca, e sono pentitissimo daver gi accolti Ercole, Teseo e Piritoo per
quanto fossero figli di Dei ed Eroi di straordinario valore. I l primo ebbe la
audacia di legare Cerbero, guardiano del Tartaro, e portarlo seco, gli altri
due ebbero la temerit di voler rapire Proserpina. La Sibilla vedendo
incollerirsi gli disse: calmatevi, cessate di scalmanarvi, noi non veniamo con
lo scopo di commettere alcuna violenza. Che il guardiano nel suo antro abbai
eternamente, se ci gli accomoda, e che Proserpina dimori tranquilla aino a
quando le piacer alla porta di Plutone, noi non ci opporremo. Enea un
Eroe raccomandabile per la sua piet, egli qui venuto spinto dal solo de
siderio di rivedere 6uo padre. Se un proponimento cosi santo non ha per voi
alcun valore, dovete per riconoscere questo ramoscello d'oro. Enea subita-
niente lo tir fuori al disopra del suo abito sotto del quale lo teneva nascosto.
Alla rista di detto ramoscello Caronte si rabbon, e dopo averlo ammirato
a lungo, condusse la sua barca alla riva sulla quale stava Enea. Allontan
le ombre ed avendo imbarcato Enea e la Sibilla, li trasport allaltra
riva del fiume limaccioso. L a, trova il Cerbero dalle tre gole, lo spa
ventevole abbaiare del quale echeggia per tutto il regno di Plutone.
Appena scorse Enea, eresse i serpi che gli cingono il collo, ma la Sibilla l ad
dorment gettandogli nella spalancala gola un composto soporifero fatto di
miele ed altri ingredienti (14), chegli inghiott aridamente risentendone
subito gli effetti. I nfatti Cerbero si sdrai lungo per terra e la mole del suo
corpo riempiva tutto l antro. Enea sbarc subito e conquist l entrata.
Subito dopo avere attraversalo un breve tratto intese i pianti e le grida
dei bimbi che la morte crudele aveva strappati dal seno delle loro madri, i
gemiti di coloro die ingiustamente furono condannati a morte, ognuno oc
cupa il suo posto determinato in attesa di subire l interrogatorio di Minosse.
Dopo di questi ultimi sono coloro i quali si son dati la morte da s stessi an
noiati della vita, ma della quale oggi vorrebbero godere anche se venissero
sottoposti ai pi duri lavori ed alla pi squallida miseria. Ve n una quantit
sporsi in giro e che piangono amare lagrime: gli Amanti e le Amanti cui i tra-
(14) E mutile ripetere qui rie che abbiamo detto nel II. Libro, a riguardo della ceni po
sizione che Medea diede a Giasone per assopire il Drago guardiano del Toson d'oro. Il
Lettore vede chiaramente che sono due allegorie del tutto simili e quindi vanno intese
e spiegate nello stesso modo, ci che costituisce una nuova prova a giustificazione della mia
opinione su questa discesa d'Enea all"Inferno. Il Drago a guardia del Giardino delle Espe
ridi,* vi ha uno stretto rapporto: Cerbero era fratello dei due, nato anch'esso da Tifone e da
Echidna. L'Idra di Le ma. il serpente Pitone, la Sfinge, la Chimera, erano figli degli stessi
genitori di Cerbero. Questa parentela spiega ci che erano e quale idea bisogna formarsi sul
loro conto.
396 -
vagli e le preoccupo* io ni diedero morte, Fedra, Procri, Enfile, Evadile, Pa-
aife, Liodomia, Ceneo e Didone. Appena Enea scorse questultima, le ai avvi
cin e le parl; ma le scuse dell'Eroe non la impressionarono eh gli volse
il dorso, e di corea and a raggiungere suo marito Sicheo che la ripagava
di pari amore e cercava consolarla della sua afflizione.
Di qui Enea pass per i luoghi occupati da colora che s'crano creato un
nome attraverso le loro imprese militari. I l primo che si present alla sua vista
fu Tideo, indi Partenopeo e Adrasto. Vide in seguito fra gli altri Troiani
morti durante la guerra di Troia: Glauco, Medonte, Te re ilo co, Antenore, Po-
libete, favorito di Cerere, ed Ideo, cocchiere di Priamo. La maggior parte
dei Greci che videro Enea indossante le brilauti armi furono assaliti dal
timore, ed alcuni fuggirono mentre altri si misero a gridare. Vide Deifobo
figlio di Priamo, e nel guardarlo non pot rattenere un sospiro poich gli
sembr orrendamente mutilalo delle orecchie, del naso e delle mani (15).
Si misero insieme a parlare, ma la Sibilla temendo che 11discorso andasse
per le lunghe, avvert Enea che l'aurora cominciava a spuntare e che il tempo
stabilir per simili operazioni passava. Enea, essa gli disse, ecco che la notte
va a finire e noi perdiamo il tempo nel pianto.
(15) Questa enumerai Ione del ombn* che vide Enea, sembra sia sta hi mesa 11 quale
ornamento e per rendere il racconto pi ioteinsaole, mentre non cosi per quanto con
cerne la descrizione del Tartaro. Tiritene, la crudele esecutrice dei supplici al quali gli
Dei condannavano i criminali ed i criminali stessi sono designati dai loro supplizi. Vi si
vedono i Titani Oto ed Efinlte, questi due enormi Giganta dei quali paria Omero nel Libro II,
dell'Odissea: Sal moneo. Tizio, i Lapiti, lesione, 10 figlio Pritoo ed il suo amico Teseo,
Regia, ecc. Vuoisi anche che Virgilio ha voluto alludere a persone viventi ce] suo tempo,
designando j delitti dei quali La voce pubblica li accasava e che parlava di costoro sotto
nomi presi a prestito dalla Favola. Coi* Virgilio non dice affatto che Enea vi fu, ma che la
Sibilla gli raccont ci che vi era. b descrizione che questo Poeta fa del Tartaro pare
fatta con il proponimento di designare i soffiatori e cercatori della pietra filosofale che la
vorano senza base e passano tutta la 'oro vita ir estenuanti lavori dai quali ricavano solo
malattie e miseria. Dicemmo gi che Piritoo nn era il simbolo. Gli altri Io sono in aodo
ancora piu determinato. Iasione che non abbracci se non una nube legato od una ruota
che gira eternamente per darci ad intendere che i soffiatori del loro lavoro raccolgono solo
vapori e nubi delle materie che Impiegano e ch una genia condannata ad un lavoro perpetua
mente infruttuoso. Sisifo rotola un pesante macigno e ai sforza di portarlo al sommo di
ma montagai. e quando crede di essere arrivato al punto d poterlo piazzare, il macigno gli
sfugge dalle roani, ricade alla base della montagna ov'egii ai reca a riprenderlo per ricami n-
cLare io stesso lavoro senza alcun fruir. Questo A il vero ritratto dei soffiatori in buona
lede che lavorano giorno e notte sella speranza di riuscire, poich alludono d'essere sulla
giusta via. ma dopo tante fatiche, quando arrivano al punto che s'attendevano con tanta
ansia, o i loro vasi si rompono o qnaleh'altro accidente sopravviene e si ritrovano allo
stesso punto d partenza, ma non ri scoraggiano affatto cella speranza di meglio riuscire
un'altra volta. Le Danai di che attingono senza posa l'acqua che loro cade, dato che il vaso
A forato, rappresentano perfettamente coloro I quali attingono costantemente celle proprie
na-K ed in quelle altrui i danari che sperperane- senz'altro possesso all'infuori dei vari nei
quali questi danari svaniscono e ri perdono.
397 -
E' qui il ponto dove il cammino (16) ai biforca, l'ano porta alle mura del
palazzo d Plutone ed ai Campi Elisi, e l altro eh' a sinistra conduce al Tar
taro. Enea, volgendo gli occhi, immantinenti scorse grandi muraglie costruite
sulla montagna alla sna sinistra, circondate da un fiume rapidissima di fiamme
che chiamasi Flegetone, e che fa un gran fracasso a cagione del cozzo dei
ciottoli che rotola. Di faccia eravi una grande e vasta porta ai due lati della
quale s'innalzavano colonne di diamanti che gli stessi abitatori del cielo non
saprebbero intagliare col ferro; una torre di ferro sinnalca al cielo, e Tisifone
ne custodiva l'entrata giorno e notte.
La vecchia Sacerdotessa 'Apollo disse ad Enea: ormai tempo di con
tinuare il nostro cammino e di compiere l opera da noi intrapresa, gi io vedo
le mura della dimora dei Ciclopi, e le porte del palazzo fatto a volte dove dob
biamo depositare il ramoscello d'oro. Camminarono adunque, ed arrivati a
queste porte, Enea si lav il corpo, e conficc il suo ramoscello al limitare della
stessa. Avendo ci eseguito, essi passarono in quei luoghi fortunati ove si re
spira un'aria soave e dove la beatitudine ha stabilito la sua dimora.
Si vedevano i Troiani (a) che si sono sacrificati per la loro Patria, i Sa
cerdoti dApollo che hanno vissuto reiigiosamente, e che hanno parlato di que
sto Dio nella maniera pi conveniente; quelli che hanno inventate o coltivate
le arti, e coloro che si son resi benemeriti attraverso le loro buone azioni (17);
(16} Il cammino die conduce al Tartaro quella che prendono coloro dei quali ho
detto poc'anzi, quella che conduce ai Campi Elisi 6 seguito da Enea, e da tatti i Filosofi
Ermetici. I primi incontrano sin dall'entrata Ti sifone e le Furie e pervengono ad un'aria
impestata, un soggiorno pesante e tenebroso, attraverso un lavoro penoso senza al con ri
saltato. I secondi, al contrario, sicuri del fatto Ioni, dato che sono guidati dalla Sibilla,
sin dall'inizio vedono le moia a la porta de1 Palazzo del Dio delta ricchezze, e tutto ci che
la natura ha d pi bello si presenta al oro occhi. Si ricordi a tale riguardo ci che ho scritto
del soggiorno di Bacco a Nisa e di Proseiplna in Sicilia: Sono una descrizione dei Camp
Elisi sotto altra foggia.
Si pu compiangere con Enea la sarte infelice di coloro che privi della guida della
Sacerdotessa d ApoUo, prendono il nammo del Tartaro, ma non bisogna seguirli e ceppare
perdere il tempo ad osservarli: meglio vale continuare la propria via e deporre Del dovuto
luogo 1 ramoscello d'oro.
D*aurora cominciava-a spuntare quando intravidero le mura del Palazzo, ci vale a dire
che il color nero simboleggiato dall* notte, cominciava a dar luogo al color bianco chia
mato luce e giorno dai Filosofi. Essi proseguirono ed essendo arrivati alla porta, Enea vi
deposo il ramoscello doro poich la materia in questo stato di bianchezza Imperfetta, co
mincia a fissarsi ed a diventare per conseguenza oro dei Filosofi. Perci detto che Enea
conficc il suo ramoscello al limitare della porta, poich la porta ndica l'entrata di una
casa come questo color bianco imperfetto un segno del cornine lamento della fissazione.
(a) v. 6 i .
(17) Entrarono indi in questo luogo di delizie, di gioia e di soddisfazioni, ove tutti
gli abitanti portano un diadema bianco Ecco fl progresso insensibile dell'Opera, ecco le
diverse sfumature dei colori che ai succedono. S' visto il nero rappresentato dalla notte,
l'oscurit deltantio della Sibilla, dalle acque nere dd fiumi dell'Inferno, e la distinzione
-398 -
tatti portano la fronte cinta di bianche bende ed an diadema dello stesso co
lore. La Sibilla rivolse loro queste parole, indirizzandole particolarmente a
Museo (18): Diteci, o anime beate, diteci, o illustre Museo, ove troveremo
An else? I n qual posto di questi luoghi abitualmente soggiorna? L'ardente-
desiderio di rivederlo ci ha spinti quaggi facendoci attraversare i grandi
fiumi dellI nferno. Noi non abbiamo dei posti fissati, rispose Museo, tatti
abitiamo ugualmente queste rive amene, queste praterie verdeggianti e conti
nuamente inaffiate: ma se voi lo volete, salite sn questo rialzo di terra e pas
seremo dall'altra parte.
Museo, salito con essi, fece loro notare queste luminose campagne lo splen
dore delle quali abbaglia la vista. Discesero indi dall'altra parte, e videro An-
chise che seguiva attentamente con gli occhi le ombre Troiane e quelle altre
che dovevano andare ad aggiungersi a gl'immortali.
Egli rievocava nel suo spirito, senza alcun dubbio, coloro che gli apparte
nevano per il legame del sangue, il loro stato, i loro costumi e le loro azioni.
I n quel mentre vide Encauche gli veniva incontro, e lagrime di gioia bagnarono
le sue guance, e tendendogli le braccia disse: Ecco che finalmente siete ve
nuto, e l'amore paterno vi ha fatto vincere le difficolt di un viaggio cos
arduo: io vi vedo, vi parlo, ed ho contati i quarti dore nellimpaziente at
tesa di rivedervi, e la mia speranza non stata vana. Quante terre, quanti mari
avete percorsi! quanti percoli e rschi avete subiti! o quante ansie ebbi per
cagion vostra! Temetti moltissimo che la Libia non rovinasse definitivamente
il vostro progetto (19).
della materia dai mostri che abitano le rive di detti fiumi: Q color grigio rappresentato dalla
barba di Caronte e dai sudici suoi stracci che lo ricoprono; il bianco un poco pi svi
luppato dalla luce che spande l'auroni. e lo scorgere del Palazzo. Ecco infine il bianco perfetto
manifestato dalle bende bianche e dal diadema degli abitatori dei Campi Elisi.
(18) Ma perch la Sibilla rivolse la parola a Museo in particolare? Perch Museo passa
per urto di quelli che avevano attinto in Egitto la conoscenza della genealogia aurea degli
Dei. e che forse per il primo trasporte questa Teogonia nella Grecia. Museo aveva parlato
di Apollo, o dell oro filosofico, nel modo che conveniva parlarne, aveva inoltre coltivata
l'arte che insegna a farlo ed a parlarne. Non quindi senza ragione il fingere che la
Sibilla si rivolga a lui per chiedergli di trovare d ch Enea cercava.
(iq) La Libia trovasi ili'occaso dell'Egitto, una regione dell'Africa che anticamente
ebbe i nomi d'Olimpia. Oceania, Corifea, Esperia, Ortigia. Etiopia, Cirene, Ofiusa. Andiise
aveva ragione che temeva per Enea a riguardo della Libia, poich il regime pi difficile
dell'Opera , secondo tutti i Filosofi, quello che bisogna tenere di vista per pervenire al
color nero e per sortirne, perch il nero la chiave dell'Opera, ed il primo colore solido
che deve sopravvenire alla materia, erso il segno della dissoluzione e della corruzione
che deve necessariamente precedere qualsiasi generazione. Se si attizza troppo il fuoco, i
Filosofi dicono che il color rosso apparir prima del nero, nel qual caso si consumer i finti,
e l'attesa sar frustrata. Mettete adunque ogni attenzione, dicono essi, al regime del fuoco.
Cucete la vostra materia sino a quando diventi nera, poich questo colare caratterizza la
dissoluzione e la putrefazione, e quando vi sarete pervenuti, continuate ad aver cura di
bianchire il vostro lattone (a), e quando sar bianco, rallegratevi allora, perch il tempo
delle pene passato: Dentiate iatonem. et rampile libros.
(a) Filatele. Enarrai., Method., p. fio.
- 399 -
Enea gli rispose: Dopo che la morte ci aveva separati, la tristezza sera
impadronita del cuor mio, voi eravate sempre presente al mio spirito, e l ar
dente desiderio di rivedervi mi ha condotto qui. Ho lasciata la mia flotta sulle
rive del Tirreno e non abbiate alcuna preoccupazione in merito Ila stessa:
permettetemi che vi abbracci, non mi negate questa soddisfazione. Cosi espri
mendo la sua gioia versava abbondanti lagrime; distese tre volte le braccia per
stringerlo al suo seno, e tre volte l ombra dAnchise, simile allimmagine di
un sogno, svan dalle sue mani.
Durante questa conversazione. Enea vide al loro lato un boschetto piantato
in una vallata solitaria; era un luogo tranquillo per i suoi abitatori, ed il
fiume Lete la circondava da ogai parte.
Una moltitudine di ombre di tutte le Nazioni volteggiavano tuttintorao
e rassomigliavano ad uno sciami* dapi che in una bella giornata destate in
gruppo si diriga a volteggiare intorno ai gigli ed ai fiori che ornano un
prato (20). Enea, incantato da questo spettacolo, domand che specie di
(io) Questa affettazione di Virgilio d: citare prima i gigli, che sono fiori estremamente
bianchi ma poco comuni nei piati, sembra non aver nitro scopo se nm quello di confermare
l'idea della materia pervenuta al bianco ch'egli aveva precedentemente simboleggiato con
le bianche bende che cingono la fronte degli abitatori dei Campi Elisi. Si direbbe nmdm
che non ha spinta la descrizione dell'Opra oltre certi limiti se non avesse aggiunto che
altri fiori decorano il prato. Per quanto variati sieno nell'insieme questi fiori, si sa che cia
scuno, preso in particolari comunemente o bianco, o giallo, o rosso, od ha tonalit di
questi colori. Virgilio aveva designato Q bianco particolarmente con il giglio, contentan
dosi di parlare degli altri due colori in generale, completando cosi il progredire dell'O
pera sino al rosso. La risposta che Anchi se d ad Enea ne la riprova. Questo spirito igneo
spano nella materia precisamente quello che i Filosofi Ermetici dicono essere loro
magistero perfetto ed al quale hanno dato il come di Microcosmo o piccolo mondo, come
quasi an compendio di tutto quanto .1 Macrocosmo ha di perfetto. E*, dicono essi, U principio
di tutto, per suo mezzo che tutto creato: esso produce il vino nella vite, l'alio nel
l'ulivo, la farina nel grano, il seme nelle piante, il colore nei fiori, il gusto negli alimenti;
il principio radicale e vivificante dei misti e di tutti i corpi; lo spirito universale corpo-
rificato e che si specifica secondo le differenti specie degli individui dei tre regni della
natura. Il magistero, dice d'Espagnet. * una miniera di fuoco celeste. E* bene tener presente
che Virgilio, a tale riguardo, ha avuto cura di distinguere gli astri terrestri dai celesti,
allo scopo che il Lettore non li confonda, ed perci che li ha chiamati Titanici, poich
noto che i Titani erano figli della Terra. Oli astri sono i metalli ai quali la Chimica ha dato
i nomi dei Pianeti. Virgilio aggiunge -he questo fuoco 6 dorigine celeste, poich secondo
Ermete (a) il Sole suo padre c la Luna sua madre. Tutti i Filosofi Ermetici dicono ci
egualmente. Si riempirebbe un volume di sole citazioni a tale riguardo, ed io ne riportai
parecchie nel cono di questa mia opera. Allorquando il magistero ha finalmente acquisito
la sua perfezione, allora esso questo fuoco concentrato, questo spirito igneo della natura
il quale ha propriet di correggere le imperfezioni dei corpi, di purificarli da ci che hanno
l'impuro, di rianimare il loro vigore e di produrre tutti gli effetti die i Filosofi gli attribui
scono. Infine una medicina dello spirito, poich essa rende il suo possessore esente da tutto
(a) Tavola d) smeraldo.
400 -
fiume era quello che circondava detto luogo, ed inoltre la ragione della pre
senta di tale moltitudine di ombre sparse sulle rive del dello fiume, ed An-
chise ne lo istru con queste parole: Sin dalla Principiatane un tal quale
spirito gneo fu infuso nel Gela, la Terra, il Mare, la Luna e gli Astri Titanici
o terrestri; questo spirito d loro la vita e li conserva; in segnilo, nn'anima
sparsa in tutto il corpo d movimento alla massa. Da quello son venule tutte
le specie duomini, di quadrupedi, dnceelli e di pesci; questo spirito igneo
il principio del loro vigore; la sua origine celeste e vien loro comunicato per
messo dei semi che li hanno prodotti. I ndi Anchine li condusse in messo alla
moltitudine dombre che avevan visto, ed essendo salilo su una piccola ele
vatone per meglio osservare tutta questa folla e passarla in rivista uno dopo
l altro, indic ad Enea tutti quelli che in I talia dovevano in seguito di tempo,
discendere da lui e sostenere la gloria del nome Troiano.
le passioni davariiia. dambi rione, d invidia, d gelosa ed altra che tiranneggiano sena
posa il cuora umano. In effetti, possedendo la sorgente delle ricche* re e della salute, cosa
al pud desiderare d pi al mondo? Non vi sarebbe motivo daspirare agli onori se questi
apportarselo miseria. Non si ha invidia dei beni e della fortuna degli altri quando ri pos
seggono i meni d ogni soddisfsrione e poterne far parte nrrrbn agli altri. 1 Filosofi hanno
dunque ragione di dira che la Scienes Ermetica fa il patrimonio degli uomini prudenti,
saggi, pietosi e timorosi di Dio, e che se non erano tali quando Dio permise toro che ne ve
nissero in possesso, lo sono diventati in seguito.
401-
INDICE
403 -
I NDI CE
Avvertenza dcH'K ditorc...........................................................................................pag. 5
Dichiarazione del Tradu i i ore............................................................................... pag. 7
Prefazione del l 'A ti torc.......................................................................................... pag. 9
Discorso preliminare............................................................................................pag. 13
Le Favole cd i Geroglifici degli E g i z i ..........................................................pag. 37
Introduzione, p. 37 - Dei geroglifici degli Egiziani, p. 51 - Degli Dei
dell'Egitto, p. 56 - Storia dOsiride, p. 60 - Storia d'Iside, p. 70 - Storta di
Oro. p. 77 Storia di Tifone, p. 80 - Arpocrate, p. 84 Anubi, p. 87 - Catiopo,
p. 91
Animali venerati in Egitto e piante geroglifiche..................................... pag. 93
Del bue Api, p. 93 Del cane e del lupo, p. 100 - Del gatto od aelurns, p.
101 - Del leone, p. 102 - Del caprone, p. 103 - Dcll'ichneumon e de]
coccodrillo, p. 103 - Del cinocefalo, p. 104 - Ddl'aricie, p. 105 Aquila e
Sparviero, p. 106 - I.'ibis, p. 109 - Lto e fava d'Egitto, p. I l i - Colocafia;
Cerer, p. 112 - Della Musa, p. 11 3
Delle allegore che hanno un pi evidente rapporto con l'Arte Erm. pag. 116
Storia della conquista del Tosun d'oro, p. 118 - Kitorno degli Argonauti, p.
I 32 - Storia della raccolta dei pomi aurei dal giardino delle Esperidi, p. 136-
Storia d'Atalanta, p. 149 l.a cerva dalle corna doro, p. 152-Mida,p. 154-
Delt'el d'oro, p. 157 - I.e pioggie doro, p. 160
- 404 -
La Genealogia degli Dei...........................................................................-pag. 164
Del Ciclo e della Terra, p. 165 - Saturno, p. 168 - Giove, p. 176 - Giunone,
p. 184 - Plutone e l'inferno dei Poeti, p. 191 - Nettuno, p. 193 - Venere, p.
198 - Palladi:, p. 201 - Marte ed Armonia, p. 203 - Vulcano, p. 205 - Apollo,
p. 209 - Orfeo, p. 21 3 - Ksculapio, p. 216 - Diana, p. 219 - Alcuni altri figli
di Giove: Mercurio, p. 221 - Racco o Dioniso, p. 228 - Perseo, p. 236 - Leda,
Castore, Polluce, Piena e Clitennestra, p. 240 - Europa, p. 245 - Antiope,
p. 246.
Feste, Cerimonie, Gare c Giuochi istituiti in onore degli Dei . . pag. 249
Cerere, p. 254 - Il ratto di Proserpina, p. 260 - Adone ed il suo culto, p.
269 - I ampaduforie, p. 274 - Giuochi, gare e lotte, p. 276 - i giuuchi Pitici, p.
281-1 giuuchi Nemei, p. 284 - I giuuchi Istmici. p. 285
Le fatiche d'E rcol e.................................................................................pag. 288
Il leone Nemco, p. 295 - Le figlie di l'espio, p. 298 - L'Idra di l.erna, p.
299 - l a cerva dai piedi di brun/.o-, I centauri vinti, p. 300 - Il cinghiale
d'Krimaniu, p 301 - Ercole netta la stalla d'Augia, p. 302 - Ercole scacciagli
uccelli stinfalidi, p. 305 - Il toro furiuso dell'isola di Creta, p. 307 Diomede
divorato dai suui cavalli, p. 308 - Gerione ucciso da Ercole che gl'invola i buoi,
p. 309 - l.ibiu ed Alcbiune; il gigante Alcioneo; Eri ce figlio di Venere e di
Ruta, p. 311 - Ercole combatte le Amazzoni e s'impossessa della citicura della
loro Regina Menalippe, p. 313 - Estone liberata da Ercole, p. 314- Anteo
soffocato da Ercole, p. 317 Uccisione di Rusiride, pag. 318-Prometeo
liberato, p. 319 - Combattimento d'rcole con Achcloo, p. 322 - Il centauro
Nesso trafitto da una freccia di Ercole, p. 323 - Morte di Caco, p. 324 -
Liberazione dAlccste, p. 325 - Teseo liberato dall'Inferno, p. 327
Spiegazione delle allegorie della guerra di Troia.................................pag. 335
Storia della guerra di Troia e della presa di detta Citt, p. 335 - Origine di
Troia, p. 336 - Assediami e difensori di Troia sono tutti esseri favolosi, p. 338
Origine di questa guerra, p. 348 - Fatalit legate alla citt di Troia, p. 352 -
Achille e suo figlio Pirro sono necessari per la presa di Troia, p. 353 - Senza le
frecce d'rcole Troia non poteva esser presa, p. 363 - Necessitava involare il
Palladio, p. 365 - Un osso di Pelopsera necessario per la presa di Troia, 367 -
Era necessario rubare le ceneri di l^omcdonte prima di poter conquistare
Troia, p. 370 Impedire ai cavalli di Reso d'abbeverarsi al fiume Xanto, p.
372
Discesa dEnca al l 'I nferno.................................................................................pag. 387
I n d i c e...................................................................................................................pag. 403
Indice anal i ti co................................................................................................. pag. 407
- 405 -
INDICE ANALITICO
- 4 0 7 -
I N DI C E A N A L I T I C O
A
Aretusa ninfa
263
Argo naviglio
119; 124; 135
Accm pietra 244
Aristeo
215; 234
Achille, sua simbolica genealogia 35 3
Armonia
203;204
Achille, suo significato 356;380
Arpie
125; 126
Acqua ch fuoco
83
Arte sacerdotale
44
Acqua dei Filosofi
196; 316; 362
Artista Ermetico
293;294
Acqua mercuriale o pioggia d'oro 160 Atamas
285
Adoniadi feste
272
Aie
292
Adrastea ninfa 181
Athanor
99
Agelasra pierra
260; 265
Atlante
146
Agl aura
162
Augia
303
Agricoltura allegoria 257
Alberi metallici: dote di Giunone 139; 146
g
Alceo od Alcide
291
Al ceste
325
Baccanti
249
Alcimedonte
357
Bacco
156
Alcioneo
311
Basilisco
204
AIcmcna
291
Batto
225
AI eb ione
311
Bellerofonte
237
Amaltea
229
Brlseide
342
Ambrosia e Nettare
186
Amimona fontana
299
Aminone o Serapide
89,106
c
Andromeda
237
Anfesibena serpe
233
Caduceo
223
Anfione
247
Calliope musa
272
Animali e loro culto
99 Calliroe
310
Anio
2 35 Canato fontana 190
Anteo
317 Cane di Corsacene
101
Antiope amazzone
313
Canopo, suo emblema
91
Api (materia dell'arte) Caronte
395
suo concepimento secondo Aimone 96 Caucaso monte
321
Archca
210;287 Cavallo
308; 316
Ardalo
208 Cenere, la
371
Aretia isola
306
Cerbero
396
409 -
Cerere 180
Chimera 237
Chinine centauro 119:197:293
Chitra, festa Ateniese 226
Cianca ninfa 262
Cibele 180
Cielo e Terra, genitori di Saturno 168
Cista mistica 2S0;252
Clava d'rcole 297
Coccodrillo 90, 104
Colonne d'rcole 312
Colori dell'Opera 187;373
Como d'Acheloo o dAmalcea 323
Coronide 216
Crisaore 310
Crotalo - 306
C U P I D O
D
Danae 163;236;240
Dardano 337
Dedalo 246
Dei chimici
69
Dei di Samotracia 226
Deianira
322;323
Deidamia 356
Delfo, ombelico della terra 211
Deio e Chemmis isole 209;220
Denti del drago 130
Diana Ermafrodita 222
Dio unico adorato dagli Egizi 41 ; 97: 290
Dio unico dei Greci 117
Dissoluzione del corpo fisico
dei Filosofi 309
Dorippe ninfa c suoi figli 235
Draghi (v. anche Serpi) 172;329
Drago 130; 141; 142
E
Eaco
362
Ecuba 350;351
Elicona 176:238
Enomao 368
Epafo 93
Eritronio 161
Eritronio, figlio di Dardano 337
Esculapio, figlie d 218
Esculapio, suo culto a Roma 253
Esione 315
Esone
Esperidi, loro metamorfosi e
135
racconto d'Egla 137;138
Eudoro 360
Eufemo ed il suo sogno 134; 135
Eumolpo 260
Euridice 214
Euripide regala un pugno di terra
a Giasone 134
Euristco -,
e r o s' r
154; 302
F
Farefata 262
Favole greche 43
Favole e loro ermeneutica
Favole, loro comune oggetto
248
ed orgine 282
Fenice, capiuno dei Mirmidoni 361
Fetonte 218
Folo 300
Fri sso ed Elle 285
Fuoco filosofico 207;321
G
Gadira sola
311
Gallo il 223
Gerione 309
Giano ed il suo Tempio 159
Giapcto 320
- 4)0-
Giasone, sua vittoria sul Drago
L
e sui Tori 121
Giasone e Teseo: parallelo 132 Laomedonte 317;337
Giove, simbolo d'un elemento 22240 Latte di vergine 182
Giove, sua statua 178
Lattone 153;220
Giove dellinno Orfico 179 Lemno, isola di Vulcano 120
Giove, figli di 247
Leone disceso dalla Luna 296
Giove, metamorfosi di 247
Lerna palude 299
Giudizio di Paride 349
Lian asse 319
Globo, suo simbolismo 90
Libia 106
Gotgoni 240
Libio 311
Gree 237 Lica 324
Licomede 356
I Luna, simbologia Filosofica 269
Ida ninfa 181
Ida monte 176;351
M
Ideo 342
(fiele 292
Magistero dell'Opera simboleggiato
Ila, favorito d'rcole 314 dalla rotta seguita dagli Argonauti 128
Ile od Hyle 173;197
Mare
342
llione 352 Materia dell'Arte Sacerdotale 57-, 98; 156;
Ho, padre di Laomedonte 317;337 157-, 174; 226; 303; 315; 379
Immondizia, materia dell'Arte 303;304 Maceria,sua personificazione simboleggiata
Incestui simbolici ermetici
79; 80 dall'aquila e dal Leone
107
Innesto o trapianto filosofico 148 Materia, suo comportamento
Ino 285 nellOpera 63; 251; 325; 326
Io 194 Matrimonio Filosofico 184
lppocrene fontana 238:241
Medea 121
Ippomene 149
Medea ed Arianna, parallelo 132
Ipsifile 284
Medusa 236
Iside, suo ritratto e sua Menalippe, regina Amazzoni 314
significazione 70; 71 Menestio 360
Iside: iscrizione d' 74 Mercurio Filosofico 69; 161; 269;280
isole emergenti dal mare 342 291; 301; 343
Issione, figlio di Elegia 329 Metalli Filosofici 145;186
Mida 148
J
Minerva 277
Minotauro 246
J adi 232 Mirra
269
J alao
300
Misteri Eleusini 258-, 259
4M -
Moly erba 391
Muse 239
N
Nereo 144; 341
Nero 342
Nesso centauro 323
Nisa 229, 234; 309
Nona era montagna 227
Numenio, il sogno di 259
O
Oeneo 323
Oenona 351
Ofelte monte - 297
Ogga per Minerva 202
Olimpiadi 278; 279
Opera, suo progresso 359
Ops ISO
Orgie 249
Oro Filosofico e sua simbolica
genealogia 77; 78
Osiride ed Iside, significati 59
Osiride, spedizione di, e suoi compagni 61
Osiride viaggio, simbolo dell'operazione 64
Osiride, mone e suo significato 69
Osiride iscrizione d 73
P
Pane - Mendes 92
Paride, sua morte 351
Paride, significato 363
Pasife 246
Pattolo fiume 155
Pegaso 237
Peleo 341
Pelops 279; 368; 369
Perseo 163
Pietra Filosofale e suo processo 131 ; 221
Pietra, suo geroglifico
265
Pietra, le due
212
Pioppo bianco, silo simbolismo 330
Piritoo
327-, 329; 341
Pirro, figlio dAchille
357
Pisandro
360
Pleiadi
141
Ploydi
306
Podarce - Priamo
317
Politicete
236
Pomo della discordia
348
Porcellana o Portulaca
221
Prometeo
144; 275
Proteo 196; 322
Q
Quercia cava 123
R
Rebis 133-134; 302
Reo, figlia di Stafilo 235
Reso 372
S
Salamandra dei Filosofi 255
Saturnia vegetabile 247
Saturno Filosofico 173
Saturno fons scaturiens
173
Scettro di Giove 186
Scironc 328
Scrittura Egizia 42
Segreto e sua necessit 86-87; 202; 369
Scmele 228
Serapide 186
Serpe che si morde la coda 171
Serpe, simbolo dei quattro elementi 171
Serpi due o la Materia 52-53
412 -
Sileno
154 Tritone
Sole Filosofico
210; 269;274 Tros
Sparviero ed il libro scritto
in rossol07-108
Scafilo
235
U
Stendo
302
Ulisse
T Uovo
Uovo di Hlena
Tamarisco
376 Ureus
Tantalo
368
Telefc
378
V
Terra dei Filosofi
331
Teseo
327
Vaso Filosofico
Tespio
Teti
298
Venere Filosofica
337
Verit, sorella di Venere
Tifi, pilota nave Argo
124
VcSTl
Tifone, simbolo del fuoco
83
Vitello d'oro
Timbrio - Apollo
380
Tresia
203
Vulcano, simbolo del fuoco
Tizio
125
Tomba, suo simbolismo
75;239
X
Tori
131;265;322
Tracia
155 Xanto
Triererie feste
249
Trigona
218
Z
Tripode
212
Triptolemo
254
Zolfo Filosofico
t i t / Ja '/ /
195
337
354; 378-379
53; 242
348
171
543
199-200
.199
183; 275
94
53: 275-276
373
321;351
413 -
Finito di stampare
nel mese di Ottobre 1987
dalla Sagdos, Officine Grafiche e Legatora
Brughero - Milano

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