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vini e vitigni

della campania
t remila anni di storia
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vini e vitigni
della campania
t remila anni di storia
prefazione di N icolas Belfrage
attilio scienza maurizio boselli
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Redazione
Roberto Spadea
A rt director
Enrica DAguanno
G rafica
Matilde Lepore
In copertina
Viticoltura nellisola dIschia.
Archivio Casa DAmbra, Ischia
Stam pato in Italia
2003 by Prismi srl
Agripromos, Azienda Speciale
della Camera di Commercio di Napoli
Via S. A spreno 2 - 80133 N apoli - Italia
Tel. + 39 081/7607112
Fax + 39 081/5527688
Riproduzione autorizzata citando la fonte
C oordinam ento editoriale
Giampaolo Romano
C ollaborazioni
Maria Aponte, Michele Atonna
Giuseppina Mauro
Referenze fotografiche
Casa DAmbra, Ischia: pp. 116, 123
Cantine Grotta del Sole, Quarto: p. 106
Sersica - Regione Campania: pp. 78, 80
Movimento del Turismo del Vino: p. 62
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Som m ario
Presentazioni
7 Gaetano Cola
9 Marcello De Simone
11 Attilio Scienza
13 Prefazione
Nicolas Belfrage
15 Per una storia della viticoltura cam pana
Attilio Scienza
61 G li am bienti cam pani
Maurizio Boselli
75 Schede am pelografiche
113 La viticoltura della provincia di N apolii
125 I vini D O C
139 Le aziende
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LA zienda A griprom os, della C am era di C om m ercio di N apoli, ha ritenuto pubblicare
in questo volum e, i risultati di uno studio sulla storia e le caratteristiche della
viticoltura cam pana, intendendo fornire un esauriente quadro dinsiem e sullo stato
dellintera filiera quale contributo significativo al dibattito in corso sulle prospettive del
settore.
Tali tem i, di forte stim olo, vengono offerti com e occasione di aperta discussione a tutti
gli operatori e a quanti, a vario titolo, interessati alle caratteristiche di una produzione
quanto m ai ricca sia dal punto di vista varietale, che tecnico colturale, in
considerazione della notevole variabilit am bientale della regione cam pana.
Il com parto vitivinicolo costituisce una realt com plessa ed eterogenea, in cui
num erose forze e m eccanism i influenzano e determ inano com portam enti e risultati.
Il rilancio dellintero settore da attribuire alla profonda m odifica che ha subito
nellultim o decennio, il prodotto vino nel vissuto e nelle abitudini alim entari dei
consum atori, trasform andosi da alim ento di base a bene voluttuario
dellalim entazione.
La conseguenza che, di fronte ad una dim inuzione com plessiva della quantit di
vino consum ato e ad una contestuale crescita nel consum o dei vini di pregio in genere
e dei vini D O C , il m ercato si orientato verso una produzione dei vini di qualit. Tale
evoluzione ha aperto im portanti prospettive per quelle aree produttive, com e la
C am pania, che possono vantare un prim ato in am bito com unitario, per la storia delle
proprie produzioni e per la ricchezza del patrim onio am pelografico, in grado di
assicurare originalit ai vini prodotti.
I punti di forza che em ergono potranno, certam ente, contribuire ad orientare le
strategie di intervento da parte dei soggetti pubblici chiam ati a sostenere lo sviluppo
delle im prese vitivinicole cam pane, tenendo conto delle loro singole specificit
dim ensionali e di m ercato.
M i particolarm ente gradito ringraziare i professori A ttilio Scienza e M aurizio Boselli
per lalto livello dei contributi scientifici forniti e il presidente M arcello D e Sim one ed i
C onsiglieri tutti dellA zienda speciale che hanno sostenuto liniziativa. Il m io pi vivo
ringraziam ento va, in particolare, alle im prese vitivinicole della provincia di N apoli che,
fornendo preziose inform azioni, hanno dato corso alla realizzazione di un cos
pregevole lavoro.
Gaetano Cola
Presidente della C am era di C om m ercio di N apoli
Presentazione
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Il volum e Vini e vitigni della Campania, tremila anni di storia, evidenzia due
caratteristiche peculiari della viticoltura cam pana: una tradizione storica dalle radici
pi volte m illenarie e la presenza di un patrim onio am pelografico straordinario
costituito da num erosi vitigni dalle potenzialit produttive spesso inesplorate.
A ttraverso il sapiente ricorso a strum enti m ultidisciplinari, la ricostruzione storica
proposta dal professor Scienza, ripercorre un itinerario riconducibile di volta in volta a
fonti docum entarie e storiche m a anche letterarie, archeologiche e finanche a ricerche
genetiche. N e em erge, cos, una visione dinsiem e del ricchissim o patrim onio
am pelografico regionale, dispiegato attraverso trem ila anni di storia in una com plessa
stratificazione di popoli e di culture m ateriali, il cui succedersi ha lasciato tracce
durevoli sullo stesso paesaggio agrario locale, basti pensare alle spettacolari alberate
di A sprinio che fra N apoli ed A versa ripropongono, ancora oggi, form e di allevam ento
della vite risalenti direttam ente allepoca etrusca.
I capitoli del volum e curati dal professor Boselli ci introducono ai num erosi vitigni
autoctoni cam pani, alle loro interessanti potenzialit produttive ed alla loro part i c o l a re
funzione che quella di poter garantire una m igliore ed efficace integrazione
am bientale con il territorio, salvaguardandone la biodiversit. In capitoli di grande
i n t e resse per produttori e tecnici, Boselli passa poi in rassegna le tecniche colturali,
dallim pianto della vite fino alla vendem m ia, off rendo una descrizione degli am bienti di
p roduzione, delle caratteristiche geom orfologiche, pedologiche e clim atiche di tutte le
pi produttive aree vinicole cam pane, in cui sottolinea i vitigni apolidi e m igliorativi
( C h a rd o n n a y, Pinot, Cabernet-sauvignon ecc.) sono stati in genere utilizzati pochissim o
ed introdotti solo di fronte a pressanti m otivazioni econom iche ed enologiche.
C oncludono il volum e una breve analisi circa le caratteristiche della viticoltura
napoletana ed una serie di schede conoscitive sui vini D O C e sulle aziende produttrici
della provincia di N apoli.
C on la pubblicazione di questo volum e, di cui ne viene proposta una edizione anche
in lingua inglese, A griprom os, A zienda speciale della C am era di C om m ercio di N apoli
il cui obiettivo sostenere lo sviluppo e linnovazione delle attivit agroindustriali nella
provincia di N apoli, ha inteso offrire un contributo, certam ente non esaustivo, alla
conoscenza della realt vitivinicola regionale e locale. Il volum e destinato
innanzitutto alle aziende vitivinicole cam pane che cos possono disporre, di uno
strum ento conoscitivo che aiuti a leggere levoluzione della viticoltura sul proprio
territorio, contribuendo a definire una com une identit culturale dei produttori ed
evidenziando, infine, le potenzialit e le peculiarit di un patrim onio am pelografico
certam ente di grande interesse e di sicuro avvenire nel panoram a enologico m ondiale.
Il volum e poi diretto al pi am pio pubblico di specialisti del vino quali enologi,
giornalisti di settore, studiosi, m a anche ristoratori e, in genere, a tutti coloro che del
vino ne fanno un m estiere m a soprattutto una passione e per i quali, sia in Italia che
allestero, la conoscenza della realt vitivinicola della C am pania stata troppo spesso
insufficiente anche per la scarsa disponibilit di letteratura scientifica e di
approfondim enti storico-culturali.
Marcello De Simone
Presidente di A griprom os, A zienda speciale della C am era di C om m ercio di N apoli
Presentazione
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Il paese intorno al cratere, com e era chiam ata la C am pania nel II sec. a.C . da Polibio,
era in realt unentit geografico-culturale tuttaltro che om ogenea. Il sostrato storico
si m anifesta ancora oggi in segni che, sebbene siano sem pre pi labili, m antengono
il loro valore di limesculturali a testim onianza di radici m olto lontane ed eterogenee.
Tra le m ille anim e di questa terra, due in particolare non si sono m ai fuse. A d oriente,
dietro il profilo sinuoso della costa, annidata tra gli orm ai rari boschi di m acchia ed i
canneti dim enticati dalle bonifiche e dalle regim azioni dei fium i, c ancora lanim a
etrusca dove la terra nasconde ancora tracce profonde di quel popolo m isterioso, nei
toponim i, nei nom i etnici, nei cibi, nel m odo di coltivare la vite in form e di allevam ento
insolite per lam biente m editerraneo, nelle variet derivate dalla dom esticazione della
vite selvatica autoctona. A ttorno al golfo, invece, alle pendice del Vesuvio, aleggia
lanim a greca, retaggio di popoli lontani, fieri guerrieri, indom iti naviganti ed astuti
m ercanti ai quali lEuropa occidentale deve la scoperta del vino e la diffusione di m olti
vitigni ancora oggi coltivati nelle regioni pi fam ose del continente. La grande storia
della viticultura cam pana, quella dei G reci, degli Etruschi, degli O sci e dei Sanniti in
definitiva il risultato di tante piccole storie, di un arcipelago di com unit, di valli,
m em orie, risonanze, isole culturali, borghi lontani che si sono form ate dalla
stratificazione di esperienze e popoli che via via la grande storia, quella delle guerre ,
dei trattati, delle corti, espelleva dai luoghi di grande transito, dai porti e dalle citt dei
c o m m e rci e respingeva sulle m ontagne, allinterno della regione cam pana. E, nelle zone
pi lontane, gli espulsi dalla storia trovavano rifugio e risorse per vivere, conserv a v a n o
e coltivavano gli innum erevoli vitigni che erano giunti da lontano o che i loro avi avevano
dom esticato nei boschi pi sperd u t i .
A queste popolazioni che hanno conservato intatte nei riti im m utabili della potatura,
della vendem m ia, della vinificazione e nella perpetuazione delle variet prim igenie le pi
antiche tradizioni eroiche dellO riente, dedicato questo libro affinch le nuove
generazioni possano continuare a difendere la loro identit di fronte alle subdole
espulsioni della storia di oggi, per re s i s t e re alla standardizzazione che porta il nom e di
g l o b a l i z z a z i o n e .
I vini di una terra non sono m erci m a racconti di vita.
Esprim ono le colline e le pianure da cui hanno tratto origine, narrano le storie di
uom ini che li hanno, generazione dopo generazione, creati. Raccontano la terra che li
produce in m odo pi esauriente di qualsiasi libro di storia o di una guida turistica: berli
vuol dire diventare parte di quella terra.
Lim m aginario m itologico coniuga il luogo fisico con lo spazio sim bolico, dove il nom e
del vino e del luogo divengono veicoli per richiam are alla m ente altre im m agini. Basti
pensare al potere evocativo di C hio, lisola dove luom o piant la prim a vite o di Taso, il
vino-m edicina di Esculapio, o di Erea, luogo dellA rcadia dove il vino eccita gli uom ini e
rende fertili le donne.
Pom pei, citt consacrata ad Ercole, Venere e Bacco, fu nel tem po del suo m assim o
splendore, poco prim a della sua distruzione, la capitale del vino del m ondo allora
conosciuto. Le vigne lussureggianti che lam bivano le ville rustiche ed i dolia delle celle
vinarie, colm i di vino, erano alla base della ricchezza dei Vettii e delle fortune di
Trim alcione, le anfore pom peiane attraversavano la G allia da N arbonne a Bordeaux, gli
Presentazione
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affreschi della C asa dei D ioscuri, degli A m orini e della Villa dei M isteri celebravano
com e in nessuna parte dellO ccidente i trionfi di Bacco. Il D ioniso Botrys della C asa del
C entenario con il suo corpo-grappolo testim onia della C am pania di Strabone, la
centralit del vino nella vita dei suoi abitanti e leccellenza della sua qualit.
M a la vera originalit di questa viticoltura non solo nelle sue origini, m a in una sorta
di sintesi che oggi viene chiam ata fusion. Q uesta parola uno dei term ini ricorrenti
nel lessico del consum o. Probabilm ente stata la m usica il settore dove ha preso
origine, m a certo che orm ai ha contagiato in crescendo m olte aree m erceologiche,
com e lalim entazione, labbigliam ento, lauto, larredam ento. Fusion la
com penetrazione di prodotti, di stilem i, di linguaggi che hanno provenienze m olto
diverse. Rappresenta qualcosa di pi di una sem plice coesistenza: il dissolversi di
elem enti espressivi, di culture, zone geografiche, periodi storici in un nuovo contesto.
M a cosa c a m onte di tutto ci? Il sincretism o e leclettism o. certam ente un
fenom eno non nuovo. O ra com e nel passato, il consum atore eclettico quello che si
m uove con disinvoltura com binando stili diversi. Sincretico perch riesce a fonderli in
m odo arm onico, realizzando una seduttiva sintesi.
E cosa oggi la viticultura cam pana se non un patchwork, una delle m etafore pi
significative dellenologia del futuro, dove tante tessere di provenienza diversa si
fondono insiem e per generare una realt nuova, perfetta sintesi tra terroir irripetibili,
vitigni antichi, uom ini dalle prospettive rinascim entali e tecniche enologiche raffinate.
M a qualcosa ancora m anca, e questo qualcosa non da poco.
M anca la consapevolezza della propria forza che si potr esprim ere in questa
viticoltura solo con una vera politica delle alleanze tra produttori: le form e anche
m oderne per realizzarle sono note e collaudate.
Lauspicio che i contenuti di queste pagine possano suscitare nei produttori cam pani
un m aggior spirito di corpo, e che lorgoglio dellappartenenza ad una terra cos ricca
di storia e di risorse naturali faccia superare localism i e chiusure aziendali.
Attilio Scienza
U niversit degli Studi di M ilano
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Prefazione
13 Q uando m i viene chiesto di parlare dei vini italiani o quando presenzio ad una
degustazione, di solito apro il discorso ponendo una dom anda: cos che ci
affascina nel vino?
O gni volta la risposta affonda le sue radici in argom entazioni com e: la difficolt di
identificare un vino, la sua variabilit che dipende dal luogo dorigine, dal terreno,
dal clim a ed il m icroclim a, dallannata e le possibili com binazioni sem brano
inesauribili. In unepoca in cui grande enfasi sem bra essere posta nella
standardizzazione, nella riduzione della m olteplicit dei fattori di vita
allappiattim ento, alla "razionalizzazione", il vino continua nel corso degli anni
e attraverso una tradizione ricca e variegata a rappresentare diversit, m istero,
quellaspetto della vita lo si chiam i spiritualit, m etafisica, panteism o o
sem plicem ente ignoto che ci fa intendere laltra parte del nostro esistere che
non pu essere valutata da categorie: il nostro tesoro pi prezioso e, al tem po
stesso, la nostra caratteristica pi um ana. Q uando le diverse variet di m ele, o
pesche o di chicchi di caff o di alberi o di fiori offerti dalla natura sono stati
sacrificati alla frenetica industrializzazione o alla burocrazia delle istituzioni o alle
m ultinazionali e adeguate alle strategie di un m ercato globale, quando la stessa
vinificazione paradossalm ente proprio nel m om ento del suo m aggiore splendore
stata "internazionalizzata" attraverso la tecnologia o attraverso luso
universale di tipi sim ili di quercia o grazie a critiche giornalistiche eccessivam ente
influenti anche se fortem ente tendenziose, le basi sottostanti allinfinita diversit
dei vini sem brano sostenere la diga contro la pressione delloceano.
E qual laspetto fondam entale di questa diversit? Senza alcun dubbio il frutto
da cui il vino deriva: luva. E quale paese in questepoca di crescente
globalizzazione dei vitigni classici francesi ha la m aggiore diffusione di vitigni
tipici, e, in gran parte, lim itati ad aree geografiche ristrette? Senza alcun dubbio
lItalia seguita probabilm ente, se si esclude la Francia, dal Portogallo. E quale
regione italiana conserva la m aggior panoplia dei vitigni? U na prim a candidata
indubbiam ente la C am pania, che il professor Scienza, nel suo prezioso contributo
a questo libro, definisce il "paradigm a della viticoltura italiana".
Q uesta unopera destinata ad eruditi di certo non indirizzata ad un profano
di interesse ancora pi am pio per gli appassionati di quanto possa lasciar
supporre il suo tem a in apparenza circoscritto. Lam pelografia cam pana , in
effetti, un paradigm a della viticoltura giacch, m entre la sua notevole diversit
pu essere uguagliata da quella di altre regioni si pensi al Piem onte, alla Sicilia,
alla Sardegna, alla Puglia , le sue origini sono pi facilm ente rinvenibili
nellantichit rispetto a quelle di ogni altra area. Il professor Scienza, nel suo
capitolo sulla storia della viticoltura cam pana, tratta questo aspetto in m odo
m olto affascinante, annotando, per esem pio, che:
"Lesistenza di m olte variet di vite era testim oniata da Virgilio (G . II, 103),
quando afferm ava che queste erano num erose com e la sabbia del deserto libico,
e da D em ocrito, che si vantava di essere il solo a conoscere tutti i vitigni greci".
Lautore registra finanche unantica lagnanza sim ile a quella che ho citato in
precedenza, sottolineando che:
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14 "C olum ella (III, 2) si dichiarava peraltro incapace di elencarli tutti, m a ... si
lam entava della crescente riduzione di variabilit in quanto m olte variet descritte
da C atone non erano pi presenti nei vigneti dei suoi tem pi".
Il capitolo del professor Boselli, nel quale sono descritti i terroir, i terreni e le
condizioni clim atiche delle province cam pane, non m eno prezioso ed
interessante in questo libro, non solo per la sua descrizione delle variet di viti
oggi presenti, m a anche quando ci evidenzia quelle variet che perderem o o che
abbiam o gi perso e per i suoi riferim enti alle "variet di vitigni m inori".
"Secondo quanto riportato da Ferraioli (1878) le variet del salernitano
am m ontavano a circa settanta (il corsivo m io) di cui le principali erano: O livella,
M oscadellona, Biscuttella, Bordeaux " Et cetera.
Bisogna am m ettere continua Ferraioli (secondo Boselli) che m olti di questi vini
sono penalizzati da una bassa produttivit, o da un livello di acidit cos alto da
non poter aver alcun uso com m erciale, anche se ne esistono variet ancor in un
num ero sbalorditivo che com prende:
"lulivella, la m angiacone, la biscuttella, la tem pestiva, la palom bina, tra le nere,
la bianca zita, la m arrocchella tra le bianche e la fum arola tra le rosse".
Q uasi tutti vitigni al giorno doggi di poca o nessuna im portanza com m erciale.
Forse il paragrafo del capitolo trattato dal professor Boselli che suscita una
m aggiore attesa questo:
"U na grande possibilit per il rilancio della viticoltura in m olte aree cam pane
offerta dalla significativa presenza di vitigni autoctoni di m odesta diffusione, m a
in alcuni casi di interessanti caratteristiche viticole ed enologiche. Il D ipartim ento
di A rboricoltura, Botanica e Patologia Vegetale dellU niversit di N apoli detiene a
questo proposito una collezione di 42 variet di vite m inori sulle quali vengono
com piuti studi am pelografici, per lidentificazione e la caratterizzazione, viticoli,
per conoscerne le attitudini produttive e qualitative, enologici e sensoriali, per
valutarne le potenzialit nella trasform azione".
Tutto questo d speranza a quanti si m ostrano preoccupati dalla tendenza alla
riduzione dellam pelografia m ondiale: in corso di svolgim ento non solo
allU niversit di N apoli m a anche a M ilano dal professor Scienza, a Firenze, a Pisa,
a Bologna e in m olti altri atenei un lavoro im portante per identificare quelle
barbatelle di Vitis vinifera in grado di valorizzare o alm eno conservare la ricchezza
della naturale biodiversit am pelografica del nostro m ondo m oderno.
Il m essaggio fondam entale di questopera, quindi, basato su una visione
ottim istica del settore enologico dovuta anche al lavoro che si sta svolgendo, ed io
ne consiglio vivam ente la lettura a tutti coloro che am ano il vino nelle sue infinite
diversit.
Nicolas Belfrage
G iornalista, M aster of W ine ed autore del volum e Brunello to Zibibbo
the W ines of Tuscany, C entral and Southern ItalyFaber & Faber 2001,
M itchell Beazley 2003
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Per una storia della viticoltura campana
Attilio Scienza
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Premessa
Lo studio di un tem a com plesso com e quello che coinvolge gli
aspetti fondam entali della produzione e del com m ercio del vino
in C am pania deve fare ricorso, oltre che alle com petenze inter-
disciplinari proprie della linguistica, della letteratura, della ar-
cheologia e dellarcheobotanica, anche ad un approccio quanti-
tativo della storia (Furet, 1981), che, se appare riduttivo perch
affronta soprattutto problem atiche econom iche, ha per il m e-
rito di collegare i cam biam enti nelle m odalit di produzione o di
consum o del vino con le cause di natura sociale, politica o cli-
m atica che le hanno determ inate.
La storia sociale, com anche chiam ato lo studio quantitativo, si
rivela part i c o l a rm ente efficace, rispetto alla storiografia classica,
nella scom posizione analitica della realt, per i vari livelli di descri-
zione che possono essere aff rontati sia con i m etodi delle scienze
sociali, della geografia, della storia econom ica che attraverso una
revisione sostanziale della periodizzazione tradizionale.
Q uesto consente una ricostruzione dei vari fenom eni storici, non
solo senza una scansione cronologica, m a soprattutto attraverso
esem plificazioni capaci di m ettere in collegam ento le dinam iche
varietali e le scelte colturali con le vicende econom iche.
La storia viticola di un territorio com e quello cam pano, anche se
r i s t retto ed apparentem ente om ogeneo, in realt la som m ato-
ria di tante storie, piccole e grandi, che nel corso dei secoli si so-
no stratificate in una tettonica spesso di difficile interpre t a z i o n e .
A rendere pi criptico il significato di alcuni aspetti della viti-
enologia attuale con i fenom eni culturali che li hanno generati,
vi la non coincidenza dei confini geografici con i limes cultu-
rali, lesistenza di un territorio con facies culturali di origine
m olto diversa, che si sono nel tem po profondam ente fram m i-
ste, la diversa scansione degli eventi della storia socio-politica ri-
spetto alle vicende viti-enologiche.
Le fonti
Le testim onianze alle quali si fa ricorso per ricostruire le vicende
storiche relative al vino ed alla viticoltura sono quelle tradizionali:
1) le fonti letterarie ed epigrafiche rappresentate dalle opere
enciclopediche e le prim e bucoliche, testi non specialistici che
riportano notizie che si riferiscono a periodi m olto distanti ed a
culture eterogenee (m adrepatria greca, m ondo m agno-greco,
area latina) e quindi riportano o notizie di seconda o terza m a-
no o si riferiscono in genere a periodi tardivi, dopo la seconda
guerra punica ed al periodo del latifondo rom ano;
2) i ritrovamenti dellarcheologia rurale che forniscono infor-
m azioni attendibili sulle tecniche di coltivazioni e di pro d u z i o n e
del vino. In part i c o l a re un posto significativo occupato dagli s t ru -
menti ed utensili utilizzati per la lavorazione del terreno dei vigneti
(zappe, bidenti), per la potatura secca e verde e la pre p a r a z i o n e
dei sostegni in legno (falcetti e coltelli), per la vendem m ia (falcetti,
coltelli, roncole, cesti di vim ini e di legno). I num erosi stru m e n t i
p rovenienti dalla casa di M enandroa Pom pei m ostrano chiara-
m ente che le fogge degli strum enti sono riconducibili alla con-
fluenza delle tradizioni greche, etrusche ed italiche.
N um erose sono inoltre le evidenze archeologiche relative alla
trasformazione delluva in vino. In particolare i pigiatoi di pietra
o palm enti (calcatorium) e la parte fissa anchessa di pietra, del-
la leva o della vite dei torchi. A nche nelle citt m agnogreche so-
no stati identificati quartieri dedicati alla produzione e conser-
vazione del vino e fattorie dislocate nelle chorai la cui attivit
prevalente era la produzione del vino, da destinare non alla sus-
sistenza del nucleo fam iliare, m a alla vendita.
La docum entazione fornita dalle attrezzature e locali per la vi-
nificazione, dai recipienti, dalla m onetazione con raffigurazioni
dionisiache o enoiche.
In m olte abitazioni rurali della cam pagna circostante Pom pei,
sono stati inoltre trovati i recipienti di ferm entazione e di con-
servazione del vino, spesso interrati, i pithoi di terracotta. N el
periodo precedente leruzione del Vesuvio le fattorie presenta-
vano una organizzazione di locali destinati alle varie operazioni
di vinificazione e di conservazione, com plessa ed articolata, ge-
neralm ente attorno ad un cortile centrale.
Le anfore rappresentano in questo contesto ed in quello relati-
vo al com m ercio del vino, un prezioso strum ento di conoscenza
soprattutto per risalire alle zone di produzione, alla cronologia,
al tipo di contenuto ed ai m ercati. Q ueste inform azioni vengo-
no tratte dai tim bri, dallepigrafia, dai m ateriali usati, dalla da-
tazione, dalle citt di produzione e dalle form e.
Vanderm ersch (1994) identifica in 6 le tipologie principali di an-
fore prodotte in M agna G recia a partire dalla fine del V sec.
a.C . Q ueste tipologie sono indicate con le sigle M G S (M agna
G recia e/o Sicilia) num erate da I a VI. D i queste, la M G S II e la
M G S VI sono state prodotte dalla m et del V sec. alla fine del III
sec. a.C . nei territori com presi o vicini alla C am pania.
In particolare la m aggior attivit di produzione si riscontra a
partire dal III sec. a.C . e si nota una notevole som iglianza tra la
M G S I e quella corinzia, le pi diffuse delle anfore non locali. A
partire dal IV sec. a.C ., inoltre, com e testim oniano le anfore da
M G S III a M G S VI, si afferm a sem pre di pi uno sviluppo auto-
Per una storia della viticoltura campana
Attilio Scienza
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nom o di anfore nella M agna G recia nei confronti di altre produ-
zioni greche (SC H ED A 1. Le anfore, p. 39).
3) i reperti paleobotanici, costituiti da resti di vinaccioli e di
tralci di vite, ritrovati in num erose localit dellItalia m eridionale
(M etaponto, C ilento, Valle del Bussento ed altre), attestano la
presenza soprattutto di Vitis v. sativa nei confronti della Vitis v.
silvestris e di una arboricoltura intensiva fino dal IV-III sec. a.C .,
dove i resti di vite rappresentano circa il 30% dei cam pioni ve-
getali recuperati (G iuglierini, 1996). I prim i reperti com unque
sono databili fin dal II m illennio.
singolare a questo proposito il com portam ento, nellItalia m e-
ridionale, della C am pania, nella quale vicino allapporto geneti-
co e culturale m inoico-m iceneo si erano sviluppate esperienze lo-
cali precedenti che avevano portato a selezionare e diff o n d e re
variet di vite dalle form e spontanee e che nel corso dei secoli,
sebbene in continua contrazione, ancora sopravvivono.
Che la vite fosse fin dagli inizi della creazione della c h o r a u n a
specie diffusa, testim oniato sia dalla m onetazione pi antica,
quella di Naxos, con la figurazione del grappolo duva (fig. 1).
4 ) I m p o rtanti sono anche gli apporti della paleontologia linguisti -
c am a g n o g reca e siciliota, com e dim ostrano alcuni term ini viticoli
di chiara derivazione greca ancora in uso nella Calabria ionica:
carrazzu = palo per vite, da charax
funam boli = tralcio da potare, da fullampelon
ordine = filare di vite, da ordinon
donaci = canna per vite, da donax. D atabili intorno al IV-III sec.
a.C . sono inoltre alcune testim onianze, provenienti dagli archivi
di Zenone, di trasporto via m are da parte di Egiziani e Babilone-
si di talee di vite del vitigno Kapneios, anche in quantit eleva-
te, provenienti dalla C ilicia e da A lessandria con lo scopo di dif-
fonderlo nel M editerraneo occidentale. D altra parte la
propagazione agam ica in viticoltura era nota fin dai tem pi del-
lO dissea e m enzionata dagli agronom i latini (C olum ella, De
Agr. I, 3-6, De vitiario faciendo).
U naltra fonte, sebbene tem poralm ente m olto lontana rispetto
alle fonti latine, quella rappresentata dal lessico medioevale,
strum ento di inform azione che pu essere om ologato ad una
enciclopedia, propedeutico rispetto alle opere specialistiche.
I pi im portanti lessici m edievali che trattano anche di aspetti
della produzione delluva sono il Papias Vocabulista del sec. XI,
le Magnae Derivationes di U guccione da Pisa della fine del sec.
XII ed i Catholicon di G iovanni Babbi della II m et del sec. XIII.
Riguardo al term ine vitis, esso viene interpretato dai lessicografi
dal punto di vista etim ologico, storico, tipologico ed allegorico.
Relativam ente alle variet coltivate interessante notare com e
rispetto ai georgici (Virgilio ed Isidoro) i com m entatori m edioe-
vali, oltre ad un etim o consolidato che voleva il nom e dei vitigni
in gran parte derivato dai luoghi dorigine, soprattutto greci, e
dalle caratteristiche m orfologiche della pianta, aggiungono
quelli derivati dalla trasform azione enologica delluva (merum,
1. Alcuni esempi di monetazione magno-
greca con raffigurazioni di grappoli duva o
di soggetti legati allimmaginario enoico.
1. Litra di N axos, 400 a.C. (x 3)
2. Litra di Katan, 420 a.C. (x 3)
3 e 4. Statere di Serdaioi,480 a.C. (x 2,5)
5. Tetradrachm e di Naxos, 430-420 a.C.
(grandezza naturale)
1 2
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roseum,limpidum, etc.) o delle sostanze che a questi vengono
addizionati per scopi m edici o delle m odalit di conservazione,
ad es. com e vini cotti (A ndreolli, 1994).
Le origini: ab oriente lux
Risalgono alla fine del III m illennio (2.300 a.C .) i prim i docu-
m enti sulla coltivazione della vite e la produzione di vino, prove-
nienti da Ebla (Tel M ordikh). I ritrovam enti di superficie nella
cantina di G odin Tepe, nellIran occidentale, dim ostrano che il
vino era prodotto nel vicino O riente fin dalla m et del III m illen-
nio. D a questo periodo le voci uva, uve essiccate, vino,
sono sem pre pi num erose nei testi cuneiform i m esopotam ici
(M c G overn, M ichel, 1995).
A lcuni secoli pi tardi (1.800 a.C .) analoghe citazioni com paio-
no nei testi di A lalah e M ari. D urante i secoli XIV e XIII num ero-
se sono le citazioni letterarie provenienti dalle citt-stato cana-
nee (beviamo un calice di vino, nella coppa doro il sangue
della vite).
La ricca iconografia m esopotam ica ed egizia illustra i diversi
aspetti della vendem m ia, della vinificazione ed il consum o di vi-
no, m ettendo in evidenza il carattere elitario e rituale di questo
consum o.
La citazione pi antica di com m ercio del vino via m are (m et
del II m illennio a.C .) vede protagoniste le citt-stato cananee
attraverso il porto di U garit, com e testim onia la form a delle an-
fore cananee, foggiate per facilitare il trasporto m arittim o.
U naltra antica cultura dedita alla coltivazione delluva da vino
fu quella m icenea, alla quale si attribuisce il prim o grande m ovi-
m ento com m erciale verso lO ccidente.
La docum entazione iconografica (il cratere di Enkom i) e lettera-
ria (le num erose attestazioni nellO dissea), cos com e quella ar-
cheologica (i ritrovam enti di ceram ica m icenea) dim ostrano la
frequentazione delle veloci navi m icenee e del trasporto del vi-
no (O d. IX 151-171, O d. IX, 194-213), nellultim o quarto del
sec. XII a.C., delle coste italiane dellAdriatico, Ti rreno e della Sicilia.
Il II m illennio si conclude in O riente con un grave collasso delle
citt-stato chiam ato dagli storici la crisi del 1.200. N essuna
regione rim ane im m une da distruzioni ed incendi ed il prospero
com m ercio delle anfore cananee si conclude dram m aticam ente.
Il com m ercio del vino riprende con i Fenici e coincide con la ri-
presa dellattivit m ercantile della citt di Tiro (IX-VIII sec. a.C .).
Le anfore fenice, m olto sim ili a quelle cananee, sono sem pre
presenti nei ritrovam enti archeologici m arini occidentali.
D al naufragio di una nave fenicia sulle coste di A cri (Israele), ri-
trovam ento m olto im portante nella sua unicit, le anfore ritro-
vate erano ricoperte allinterno di resina ed i vinaccioli presenti
erano riconducibili ad una variet sim ile alle attuali uve da tavo-
la turche o greche (G uerre ro Ayuso, 1995).
Tra la fine del II m illennio e linizio del successivo, dopo la guer-
ra contro Troia, lintera G recia ebbe a soff r i re profondi cam bia-
m enti. N e deriv un generale im poverim ento, dal quale si ebbe
un lento risveglio solo nel corso del IX sec. a.C ., anche grazie ai
f requenti contatti che i G reci stabilirono in quel periodo con le
coste dellA sia M inore, della Siria e con le regioni caucasiche
sul M ar N ero. Lattivit com m erciale, iniziata nel m are Egeo, si
svilupp successivam ente nel m are Ionio e nel m are Ti rre n o ,
m olto spesso sulle rotte e verso gli stanziam enti dei Fenici in
O c c i d e n t e .
Seguendo un cam m ino cronologico, alla prim a colonizzazione
fenicia, peraltro poco nota ed a un com m ercio del vino legato
ad utilizzi elitari e religiosi, segue una fase di espansione com -
m erciale greca dei secoli VII e VI a.C ., con vini provenienti so-
prattutto dalla costa asiatica, da Sam o e da Focea. Si diffonde
in O ccidente, m ediato anche dagli Etruschi, il m ito del vino, co-
m e testim oniano di quellepoca i num erosi ritrovam enti dikylix,
coppe destinate al consum o del vino, nei sim posi dedicati so-
prattutto a D ioniso (SC H ED A 2. I vasi da vino nel periodo magno-
greco ed etrusco nel Mediterraneo, p. 39).
La produzione e luso del vino nel M ezzogiorno peninsulare ed
in Sicilia, sono docum entati fin dallet tardo m inoica e m ice-
nea, anche se la cronologia della grande colonizzazione greca
in O ccidente, alla quale si deve la diffusione del m ito del vino, si
pu circoscrivere tra i sec. VIII e VI a.C . (fig. 2)
C i consent loro di acquisire inform azioni fondam entali sulla
presenza di m aterie prim e (ferro soprattutto), in quelle regioni e
sulla disponibilit di terre fertili.
D alla prim a m et del VII sec. a.C . prende cos form a il fenom e-
no storico che viene definito della colonizzazione greca.
La cronologia delle tappe di questa conquista pro g ressiva delloc-
cidente da parte dei G reci si pu com unque circ o s c r i v e re nellar-
co di circa 200 anni, tra il 750 a.C . ed il 540 a.C., date pre s u n t e ,
rispettivam ente, della fondazione di Cum a e di Elea.
La rotta di U lisse pare disegnare la m appa archeologica dei siti
dei ritrovam enti euboici sulle rotte dellO ccidente. probabile
che gli Euboici, diretti nei m ari di Italia e di Sicilia si siano im pa-
droniti della saga di U lisse ed abbiano im posto alla leggenda
dellO disseo le m edesim e tappe della loro esplorazione dellO c-
cidente.
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Il m ito degli eroi di Troia e dei nostoi (viaggi di ritorno) si colloca
cos in una dim ensione storica, nei viaggi dei coloni greci verso
occidente, dove i fondatori (oikistes) delle nuove colonie erano
considerati dei sem idei capaci con le loro doti di esorcizzare la
paura dellignoto. La distribuzione spaziale degli skyphoi euboi-
ci (vaso con sem icerchi concentrici pendenti disposti sotto il lab-
bro) rappresenta uno strum ento efficace per la conoscenza del-
la circolazione eubea in Italia m eridionale.
Partendo da C orcira, dove docum entata una arcaica presenza
di Euboici, cos possibile ricostruire il loro percorso cronologi-
co, tra m ercatura e pirateria, nel basso Tirreno, fino a N apoli,
dai ritrovam enti archeologici. Ebbene, anche la rotta di U lisse,
ripercorre lo stesso percorso delle tappe della colonizzazione
greca (M anfredi, 1992).
A gli Euboici la tradizione attribuisce la fondazione delle colonie
pi antiche (Pitecusa, C um a e N axos).
C he i poem i om erici fossero conosciuti dai prim i coloni euboici
di Pitecusa e che fossero utilizzati per percorrere le rotte del
basso Tirreno, lo dim ostra anche liscrizione sulla coppa detta
di N estore, la pi antica in assoluto del m ondo greco, ritrova-
ta ad Ischia in una tom ba dellVIII sec. a.C ., la cui descrizione
riportata nel cap. XI, versi 632-637, dellIliade: SC H ED A 3. La
coppa di nestore a Pithekoussai (lisola dIschia), p. 42.
Linizio, alm eno letterario, della storia viticola della C am pania e
dellO ccidente m editerraneo in genere, racchiuso nel canto IX
dellO dissea, dove dalla descrizione dellisola dei C iclopi e della
ubriacatura di Polifem o si com prende che fin da allora nel M e-
diterraneo erano presenti due viticolture: quella posta nella sua
parte orientale, che produceva vini forti e scuri, quale era ap -
punto il vino di Ism aro (Tracia), regalato ad U lisse da M arone,
sacerdote di A pollo, vino che fa ubriacare Polifem o perch a
questi vini alcoolici non era abituato ed unaltra rappresentata
dallisola dei C iclopi che nulla piantano con le m ani, n ara-
no, tutto cresce per loro senza sem ina n aratura: e grano, e
orzo, e viti producono vino dai grossi grappoli, e la pioggia di
Zeus li rigonfia. (O dissea, IX, 108-11) e che configura netta-
m ente le caratteristiche delluva selvatica, sottoposta ad una
coltivazione prim itiva o nulla.
La descrizione di O m ero non per solo un docum ento im por-
tante per com prendere com e si diffuso nel M editerraneo occi-
dentale il m ito del vino e la coltivazione successiva dei vitigni
greci ed il ruolo che hanno avuto le saghe degli eroi fondatori e
dei viaggi di ritorno nella colonizzazione greca del M editerra-
neo, m a assum e il valore di una m etafora, quella della coesi-
stenza, talvolta della contrapposizione, di due m odelli di viticol-
tura sopravvissuti fino ad ora, non solo in C am pania, m a in
m olte zone dItalia, espressione di culture m olto diverse, che
hanno utilizzato vitigni e form e di allevam ento ben distinti, per
ottenere vini ancora oggi facilm ente distinguibili.
Sulla scia della nave di U lisse, altri navigatori m icenei e fenici e
poi i prim i coloni greci diffonderanno con i pregiati vitigni
orientali, tecniche di potatura e di allevam ento della vite note
solo nel C aucaso e nellA sia M inore (Sereni, 1981).
Si pu im m aginare che il testo om erico rifletta la produzione di
un vino, nei luoghi citati nellepos dellO dissea, sul litorale tirre-
nico (G olfo di N apoli), isole Eolie e Sicilia nord-orientale. In ef-
fetti, una parte della Lucania e della Puglia era gi chiam ata
terra del vino o m eglio terra dei pali di vite (enotria) e ci
dim ostra che la produzione del vino in queste zone era prece-
dente alla fondazione delle citt protagoniste dei nostoi.
Infatti la vite era presente nellItalia m eridionale prim a dellarri-
vo dei G reci in form e di coltivazione cosiddette antropofile, so-
prattutto nei luoghi di civilt villanoviana e di espansione etru-
sca (Forni, 1999) e m olto probabilm ente era il frutto della
dom esticazione delle viti selvatiche, spontanee nei boschi plani-
ziali o il risultato di contatti sporadici con le popolazioni della
costa orientale dellA driatico e dello Ionio. Solo ai G reci, prim a
con m odalit di diffusione di tipo culturale (con gli emporia) e
poi di tipo dem ico (con le citt-stato), spetta il grande m erito di
aver trasform ato il vino da sem plice prodotto alim entare a m er-
ce di scam bio e di aver legato il vino al culto di un dio protetto-
re della viticoltura, D ioniso, che com e dice Euripide in dono
al misero / offre, non meno che al beato, il gaudio / del vino
ove ogni dolore annegasi. Q uesto culto greco per D ioniso fu
m ediato prim a dagli Etruschi e pi tardi ereditato dai Rom ani
che trasform arono il nom e in Libero (Loufir in osco) e quindi in
Bacco.
Il culto m istico di D ioniso-Bacco acquista am pia popolarit nellIta-
lia m eridionale solo dopo la II guerra punica (Va n d e rm ersch, l.c.).
I vini pi fam osi allora erano prodotti con il vitigno Byblinos,
proveniente dallEgeo orientale, che dava origine al vino om oni-
m o in diverse localit della Sicilia (Siracusa, G ela) ed Aminaios
in C am pania (Vanderm ersch, l.c.). A ltri vini celebri erano pro-
dotti a Lagara (il Lagaritanos, dolce e delicato, raccom andato
in m edicina) sulle colline di C apo Spulico, non lontano dalla cit-
t di G rum ento, il Thourinos della zona del C rati, il Murgenti -
num, vitigno originario di M organtina in Sicilia, diffusosi succes-
sivam ente in C am pania. U na citazione particolare m erita il vino
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2. Le rotte della navigazione fenicia e
punica in Occidente (a), focese (b) secondo
Kimmig (1983) e gli itinerari di vino italico
( E t ruria, Lazio e Campania) verso le Gallie (c)
21
a
b
c
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Capnios, vitigno alla base del vino om onim o di qualit, noto fin
dal IV-III sec. a.C . ed introdotto dalla G recia a Sibari.
La Campania preromana: frontiere regionali
e confini culturali
Lodierna entit regionale appare costituita, in base alle origini,
da tre parti: la C am pania propriam ente detta, il Sannio sud-oc-
cidentale e la Lucania nord-occidentale.
Il popolo dei C am pani, quasi avanguardia dei pi tardi Sanni-
ti, pu essere considerato com e un gruppo etnico, espressione
della fusione di popoli che vi abitavano, con altri provenienti da
altrove verso il V sec. a.C ., e pi che ad una nozione geografica
di C am pania essi vanno ricondotti ad abitanti della regione at-
t o rno al cratere (Polibio, II sec. a.C.). Q uesta si articolava in A gro
F a l e rno a nord del Vo l t u rno, la fascia costiera dei golfi con le citt
m arittim e di D i c e a rc h i a, C um a, N e a p o l i s, la piana di Nola a sud
ed attorno a C apua ed infine C a l e se Teano a nord (fig. 3).
Le fonti, peraltro m olto fram m entarie e spesso poco attendibili,
fanno intravedere un quadro etnico di et protostorica, frutto
di un processo di stratificazione culturale, che, partendo da an-
tichi popoli, forse gli A usoni e gli A pici, di cui parla A ntioco di
Siracusa alla fine del V sec. a.C . di origine indoeuropea e di lin-
gua affine al latino, attraverso popolazioni parlanti losco (C am -
pani e Sanniti), giunge agli Etruschi e ai G reci.
C um a e Pitecusa sono dunque le pi antiche colonie calcidesi in
Italia m eridionale. Le loro attivit prevalenti riguardavano la la-
vorazione del ferro che proveniva dallisola etrusca di Elba e la
fabbricazione di recipienti ceram ici dai quali prese nom e lisola.
A ccanto ai coloni calcidesi vissero fam iglie di origine e cultura
sem itica, provenienti dallA sia M inore, com e docum entano i re-
cipienti ceram ici ed i graffiti alfabetici.
singolare lo sviluppo delle vicende legate ai rapporti tra colo-
nie greche in C am pania ed Etruschi, caratterizzati pi che dai
connotati di un conflitto etnico o politico, da una com penetra-
zione anche culturale, che per ha sem pre m antenuto ben visi-
bile illimestra N apoli, colonia greca, e le zone circostanti di cul-
tura etrusca (C erchiai, 1995).
La colonia di Pitecusa, nellisola dIschia, testa di ponte della pe-
netrazione dei G reci calcidesi ed eretriesi verso la terraferm a,
attorno al 770 a.C . era stata per la verit oggetto di frequenta-
zioni m icenee pi precoci, interessate non solo alla ricchezza
della viticoltura, m a alla lavorazione dei m etalli preziosi oltre
che del ferro. Pitecusa non una colonia greca, m a un em porio
com m erciale sulle rotte euboiche che dalla costa siriaca di A l
M ina attraverso C orf e lo stretto di M essina portavano al
paese del cratere. C um a piuttosto, fondata nel 740 a.C .,
una tipica colonia a carattere agricolo. A nche Neapolis, citt
passata sotto il controllo ateniese verso la fine del V sec., ha i
connotati di un luogo privilegiato di com m erci agricoli dellen-
troterra cum ano e cam pano.
Il popolo cam pano nasce quindi tra i calcidesi di C um a e gli
etruschi di C apua, attraverso un lento processo di crisi con il
grande rivolgim ento tra il 439 a.C . ed il 421 a.C . Esso rappre-
senta una rivoluzione culturale ed in parte sociale, con fenom e-
ni di assim ilazione, specie di m atrim onio, con gli appartenenti
alle civilt precedenti, gli O sci ed i Sanniti (SC H ED A 4. La vite nel -
la enclave etrusca di Capua e Pompei, p. 42).
In questo periodo prende corpo la presenza di Rom a a Neapolis
com e una grande riserva granaria.
Con la terza guerra sannitica si ebbe da parte di Rom a lannessio-
ne nel 290 a.C. del territorio m aleventano (Benevento), con la ri-
conquista di C apua e delle altre citt passate nel 211 a.C . ad An-
nibale; alle tradizionali attivit agricole si aggiungono lindustria
m e t a l l u rgica del ferro e delle suppellettili ceram iche che vengono
e s p o rtate in tutta Europa. Q uesto forte afflusso di capitali con-
sente ad alcune fam iglie cam pane di costituire le prim e com pa-
gnie m ercantili che si spingono ad oriente fino allisola di Delo.
M algrado sia m olto difficile datare la presenza della viticoltura
nel nostro Paese, il Torelli (1981) dal m odo di coltivare la vite in
Etruria a tralcio o a festone, detto anche nelle fonti latine amy -
naeum, che significa dei colli presso N apoli e perci collegato
alle euboiche C um a e Pitecusa, ipotizza che la diffusione della
viticoltura nel territorio continentale italiano parta, dal VIII-VII
sec. a.C ., dalla colonizzazione greca dellisola dIschia. per
m olto probabile, com e appare anche dalle indagini linguistiche,
che la viticoltura italiana preceda linsediam ento greco di Pitecu-
sa, m a certo che la diffusione della coltivazione della vite e del
m ito del vino vada ascritta a m erito degli antichi coloni euboici.
cos possibile ipotizzare lesistenza di una viticoltura cosiddetta
v i l l a n o v i a n a, localizzata soprattutto nellItalia centrale, che pre c e-
de quella legata alla creazione dellemporion di Pitecusa ed unal-
tra localizzata nellarea della civilt delle tombe a fossa, che pre-
senta nel suo m argine settentrionale una enclave etru s c a .
La Campania: paradigma della viticoltura italiana
I vigneti della M agna G recia in generale, e della C am pania in
particolare, si sono form ati in un tem po m olto lungo (circa 500
anni) durante i quali si sono diffusi alcuni vitigni com e le Ami -
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neeo il Biblino e le tecniche viti-enologiche di origine greca.
In epoca rom ana la concentrazione dei vigneti dlite in C am -
pania non ha eguali nel resto della penisola. Il segreto di questa
particolarit pu risiedere nel fatto che i popoli che abitavano la
parte settentrionale della M agna G recia, a differenza dei G reci,
non conoscevano la potatura della vite, m entre, com e anche ri-
corda Plinio il Vecchio (XIV, 119), tale pratica nel periodo reale
non era ancora nota ai rom ani. Lo conferm a Virgilio nel VII libro
dellEneide, quando, parlando del venerabile Sabino, re del pe-
riodo m itico precedente alla fondazione di Rom a, lo chiam a
piantatore di viti (viti sator) e lo descrive con in m ano la falce
potatoria, com e il pi nobile degli em blem i. Inoltre una legge
im posta da N um a im pediva di offrire agli dei vino proveniente
da viti non potate (imputatae vitis).
Q uesto dim ostra da un lato che il vino ottenuto da viti selvati-
che non era di qualit, m a anche che i latini com presi nelle aree
di civilizzazione greco-rom ana consideravano la tecnica della
potatura com e unespressione di progresso e di cultura. Rom a
si distingue in ogni caso nella storia della civilt del vino, per il
forte ritardo soprattutto nel com m ercio del vino, a partire dal II
3. Caratteristiche orografiche e geologiche
della Campania
23
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sec. a.C ., nei confronti di G reci e C am pani. A lla irradiazione
culturale m icenea, dunque, va attribuita la diffusione di vitigni
pregiati di origine orientale, delle form e di allevam ento a basso
ceppo e della potatura corta del M ezzogiorno dItalia prim a e di
quello francese, pi tardi. La diffusione di questa form a di alle-
vam ento nei confronti di quella rappresentata dalla vite allevata
su tutore vivo, con la potatura lunga e periodica, assum e un
preciso significato sem iologico in quanto identifica un limescul-
turale tra le zone a viticoltura di ispirazione greca e quella pa-
leo-ligure ed etrusca, rispettivam ente prevalenti in Italia m eri-
dionale e nellItalia centrale e padana.
G li Etruschi di C apua e i C alcidesi di C um a diedero vita ad una
frontiera nascosta tra le due culture, identificata fisicam ente
dal corso del Sele, testim oniata non solo dalle m odalit di colti-
vazione e dai vitigni utilizzati, m a anche dalle diverse tecniche
di sepoltura (inum azione i prim i ed incinerazione i secondi), alle
quali non era certam ente estraneo un uso rituale, sebbene pro-
fondam ente diverso, del vino (fig. 5).
Significativa a questo proposito la coincidenza tra larea di dif-
fusione dellallevam ento della vite a sostegno vivo (larbustum
gallicumdei georgici rom ani) con quello della m assim a espan-
sione etrusca, non solo nelle regioni dellItalia settentrionale,
m a anche in C am pania (fig. 4).
Singolare ed esem plificativo a questo proposito illimes cultu-
rale tra la Neapolis greca e lentroterra etrusco che abbraccia
larea della polis, rappresentato dal diverso m odo di coltivare la
vite. N ellagro di C apua, infatti, dalla prim a espansione etrusca
fino ai nostri giorni la vite m aritata al pioppo (la cosiddetta
coltivazione in arbusta) che con la sua im pronta decisiva al pae-
saggio agrario, crea una profonda dicotom ia nei confronti della
vite allevata a basso ceppo (coltivazione in vinea) attorno a N a-
poli. C he il sistem a di allevam ento della vite su tutori vivi fosse
un retaggio etrusco lo dim ostra anche la presenza nella lingua
di questo popolo m isterioso di un vocabolo, , che si-
gnifica appunto vite m aritata allalbero (Sereni, l.c.). A ppare
quindi verosim ile lestensione della m odalit di coltivazione del-
la vite, allorigine genetica del vitigno, prevalentem ente coltiva-
to nellA versano, lAsprinio, il cui nom e ha un valore sem antico
analogo a quello diCruet o Crovet crudetto, asprigno attri-
buito nei dialetti locali alle lam brusche piem ontesi.
A sostegno dellassociazione tutore vivo-lam brusco, vitigno
originato dalla dom esticazione delle viti selvatiche, non va sotto-
valutata lesistenza della pratica, nella zona di C aserta, della po-
tatura biennale (com e per le lam brusche m odenesi) e la pre s e n z a
quasi esclusiva per le regioni m eridionali del term ine c i a n f ru s c o,
c o n t i n u a t o re popolare del latino l a m b ru s c o. rim archevole che,
sebbene le due civilt, quella greca e quella etrusca, venute a
contatto, si siano profondam ente integrate dal punto di vista et-
nico e culturale, le loro due espressioni viticole rim angano incon-
tam inate fino ai nostri giorni (SC H ED A 5. Le alberate aversane ed i
sistemi di allevamento espansi della vite in Campania, p. 43).
Vicino a zone dove la diffusione delle due form e di allevam ento
avvenuta con una precisa dem arcazione, ve ne sono altre do-
ve i sistem i a basso ceppo sotto la spinta della colonizzazione
4. Sistemi di allevamento della vite in
Campania durante il periodo romano.
a. Vite potata corta alla greca secondo
Columella. Le viti si sostengono le une alle
altre per evitare che luva tocchi il suolo.
b. Alberata aversana di derivazione etrusca
c. Sistema a giogo da cui derivata la
pergola
24
a b c
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5. La Campania tra lVIII ed il V secolo a.C.
Le colonie greche sono localizzate
soprattutto nella regione attorno al
vulcano e circondate dai territori occupati
dagli Etruschi alle spalle dei monti Picentini
25
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 25
g reca hanno via via preso il posto della vite a form e espanse, co-
m e ad esem pio nella zona di produzione del C e c u b o, ai confini
settentrionali della Cam pania, dove la vite era in origine coltivata
in arbusta, m aritata cio al pioppo e che in et im periale il siste-
m a di allevam ento era esclusivam ente costituito dal basso ceppo.
Anche nei sistem i di allevam ento di origine asianico-m editerr a n e a ,
cosiddetti a palo secco, com unque necessario operare una di-
stinzione che era peraltro gi nota ed im portante ai tem pi dei prim i
g e o rgici latini e che rappresenta un indicatore dellirradiazione cul-
turale dei focesi di M arsiglia verso occidente.
necessario infatti, distinguere form e di allevam ento ad albere l l o
riferite al palo del tipo o i n o t ro n, da quelle sorrette dal sostegno
chiam ato c h a r a x.
Le prim e erano preesistenti allarrivo dei greci, le seconde, inve-
ce, portate dai coloni fondatori di M arsiglia segnano nellItalia
nord-occidentale con il loro valore sem antico, una frontiera na-
scosta verso oriente nei confronti delle form e di allevam ento a
sostegno vivo.
Il term ine c h a r a xinfatti, vernacolizzato nelle diverse parlate piem on-
tesi, liguri, venete, noto ancora oggi fino ai lim iti orientali del Ve n e-
to e dellEm ilia con il significato ancora attuale di palo per la vite.
Q uali fossero le differenze tra queste due tipologie di alberello
non possibile oggi saperlo. Forse esse dipendevano dal porta-
m ento vegetativo di vitigni che erano certam ente diversi nei
due am bienti e dal tipo di vino che veniva prodotto, arom atico
per luso del nardo e della lavanda a M arsiglia e nellItalia m eri-
dionale per lim piego delluva appassita.
per certo che il term ine charax era pochissim o diffuso nella
M agna G recia e lim itatam ente alla zona di Reggio C alabria do-
ve si erano insediati dei dori, m entre a Bova lo stesso paletto si
chiam ava passalioned i coloni erano invece achei.
Espressione della cultura paleoligure era invece lallevam ento
della vite su tutori vivi. G li etruschi sono considerati i continua-
tori di questa m odalit nellItalia centro-m eridionale anche se li-
m itatam ente alla costa tirrenica ed allenclave di C apua.
Lungo le direttrici dellespansione etrusca verso il m eridione pe-
r, le due tecniche di allevam ento della vite convivevano (com e
ad esem pio in et rom ana nella piana di Fondi ed a Terracina) e
lestensione delluna a svantaggio dellaltro era spesso la conse-
guenza di un m aggiore o m inore fabbisogno di vino. C os nella
zone di presenza rom ana pi antica era possibile riconoscere le
isole culturali etrusche anche solo per la coltivazione della vite
con sostegno vivo (ad A riccia il Tusculumnei colli A lbani era di
tradizione culturale etrusca).
A nche il significato di una parola etrusca ataison, con la quale
veniva designata la vite m aritata allalbero o vite ram picante,
riferibile alla radice ario-europe, che vuol dire girar su se stes-
so, avvolgersi (Sereni, l.c.).
Lespressione avvolgersi era anche associata a vitigni prove-
nienti da aree culturali m olto lontane, quelle caucasiche, dellA-
sia m inore o della Sicilia orientale quali il Biblino. Infatti il nom e
del vitigno, uno dei prim i ad essere acclim atati nella M agna
G recia, significa testualm ente vite che si attorciglia, o vite
che si aggrappa (Bailly, 1950) ed identifica una vite abitual-
m ente allevata su un tutore arboreo. G li agronom i greci del IV
sec. (Xen., Econ. XIX, 18) descrivevano i vigneti dellItalia m eri-
dionale com e costituiti da viti che si sostenevano a tutori vivi
quali pioppi e salici.
Q uesto dim ostra che la coltivazione della vite sugli alberi non
era una prerogativa esclusiva delle popolazioni dellItalia centra-
le o padana, m a era presente anche in localit m olto distanti da
queste. A nche oggi sulla costa georgiana del M ar N ero si alleva
la vite sulle piante. U n particolare curioso rappresentato dai
cesti di vim ini, im piegati per la raccolta delluva, la cui foggia
praticam ente la stessa di quella usata per le alberate aversane,
chiam ate fascine.
Q uesta singolare corrispondenza non pu essere spiegata con le
i m p robabili com uni radici culturali m a piuttosto con le m odalit
con le quali nei due am bienti sono state dom esticate le viti selvati-
che, portate in coltura dai boschi dove erano naturalm ente conso-
ciate alle piante arboree, m antenendo le stesse m odalit di svilup-
po e di naturale esuberanza vegetativa. Si pu ragionevolm ente
6. Delimitazione dellisola dIschia in
funzione delle tipologie delle forme di
allevamento. La parte orientale, quella
tratteggiata, presenta forme dallevamento
alte di tipo etrusco, mentre in quella
occidentale prevale la spalliera, detta
anche latina. Oltre a motivazioni culturali e
pedologiche, non sono estranei
condizionamenti climatici quali la piovosit
(DAmbra, comunicazione personale)
26
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 26
p e n s a re che i vitigni che erano coltivati nei luoghi dove erano dif-
fuse le form e di allevam ento che m aritavano i tutori vivi con le viti,
erano il risultato della dom esticazione di viti selvatiche autoctone e
non di origine orientale. Naturalm ente anche i vini che si otteneva-
no con queste uve avevano delle caratteristiche sensoriali peculiari,
ben diverse da quelle dei vini cosiddetti greci. Unaltra im por-
tante particolarit che distingueva queste variet da quelle im por-
tate era rappresentata dalla tecnica di m oltiplicazione, che per le
viti dom esticate in occidente era il sem e e per quelle orientali pi
f requentem ente la propaggine o la talea.
Per contro lalberello veniva adottato non solo in am bienti dove
le disponibilit idriche erano lim itate durante il periodo vegeta-
tivo, m a anche per consentire lespressione produttiva a vitigni
che necessitavano di una potatura m olto severa e che erano
destinati alla produzione di uve sovram ature, per vini alcolici,
dolci e arom atici.
com unque un luogo com une che va sfatato quello che solo
lalberello poteva produrre vini di qualit. N um erose sono le te-
stim onianze che contraddicono lespressione di Pirro, citato da
Plinio, relativa al gusto apro dei vini di A riccia perch ottenuti
da viti m aritate allalbero.
Polibio parla, infatti, delleccellente vino prodotto da viti m ari-
tate allalbero di C apua e C olum ella afferm ava che il vino pro-
dotto da viti senza sostegno era il pi tristo e aggiungeva Pli-
nio, addirittura ingrato.
Le alberate rappresentano allora un m etodo antichissim o di col-
tivazione della vite, che sebbene abbiano avuto nellItalia una
seconda patria, erano originarie della G recia (dove erano chia-
m ate anadendros) ed in Palestina dove erano usate nei pressi
delle abitazioni ed utilizzavano com e tutore soprattutto il fico. Il
m otivo principale dellam pia diffusione di questo sistem a dalle-
vam ento della vite era la sua abbondante produzione, spesso
non accom pagnata da altrettanta buona qualit del vino m a
anche una buona difesa dai danni del freddo, grandine ed
inondazioni e una discreta produzione di legno da ardere e di
fogliam e per lalim entazione del bestiam e, con la possibilit di
coltivare piante erbacee tra i filari. Per contro era necessario
m olto tem po per raggiungere una produzione di uva regolare
(in genere dopo il 9-10 anno dallim pianto), lom breggiam en-
to della vite rallentava la m aturazione delluva e la vite presen-
tava unelevata variabilit di produzione di uva di anno in anno
a causa della concorrenza delle radici. I costi di potatura e rac-
colta erano elevati.
I tutori arborei im piegati erano num erosi ed alcuni di questi era-
no a loro volta alberi da frutto, m a pi spesso avevano solo la
funzione di sostenere la vite o di dar foraggio per gli anim ali
dom estici o legno per lazienda. Il nom e generico pi frequen-
tem ente usato per indicare questi alberi a qualsiasi specie ap-
partenessero era rumputinus, antico term ine paleoligure, anche
se sono citati lOpolus (acero cam pestre), lAtinia (lolm o) ed il
Populus(il pioppo).
N on solo il territorio della terraferm a cam pana m a anche lisola
dIschia appare distinta dal punto di vista delle tipologie viticole,
sebbene in m odo m eno netto che nel lim es culturale tra la N ea-
polis greca e lentroterra etrusco, in due aree (fig. 6).
La prim a, grosso m odo quella orientale, delim itata da una linea
che parte dal C astiglione e giunge alla spiaggia dei M aronti, dai
connotati linguistici neolatini, che m anifesta ancora in alcuni vi-
gneti-relitto allinterno della piana di C am pagnano delle form e
dallevam ento m olto alte su tutori m orti di castagno. C erta-
m ente non estraneo a questo m odo di allevare la vite era la fre-
quentazione del m ondo etrusco, legata alla lavorazione del fer-
ro elbano (Bertoldi, 1958).
A d ovest di questa linea dove sono presenti anche sostrati les-
sicali del m editerraneo orientale e caucasico, precedenti a
quello greco, sebbene fortem ente rim aneggiati ed alterati, so-
no presenti form e di allevam ento riconducibili allalberello o
spalliera detta localm ente latina. Q uesta frontiera nascosta se-
gna anche la dem arcazione tra le zone geologicam ente pi
stabili, quelle di origine tettonica nelle quali sono riconoscibili
le popolazioni pi antiche ed i toponim i pi legati al vino (es.
M a ronti = grotte per la conservazione del vino deriva da un
lem m a pre a r i o , m a r a n/m a ro n), da quelle a vulcanism o attivo
popolate da tem pi pi recenti da popolazioni appunto etru-
sche e rom ane. Inoltre anche le caratteristiche clim atiche di
queste due parti dellisola non sono estranee ad una diversa
m odalit di coltivazione della vite. Infatti per il gioco dei venti
p revalenti ed il rilievo orografico del m onte Epom eo si cre a n o
due zone con piovosit m olto diversa: quella esposta ad est,
pi piovosa (m edia annuale 800-1.000 m m ), dove sono colti-
vate le viti a elevato sviluppo (anguillari o filari) m entre quella
occidentale m eno piovosa (m edia annuale700-750 m m ) con
viti a spalliera, localm ente chiam ate pancata o vigna (A . D A m -
bra, com unicazione personale).
N aturalm ente oggi im possibile risalire alle variet coltivate ori-
ginariam ente nelle due zone. D ei 50 e pi vitigni elencati dal
D A scia (1867) e dal M orgera (1890) non ne rim angono che
una decina presenti nellisola senza distinzione tra le due zone.
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01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 27
La viticoltura della Campania attraverso le testimonianze
dei georgici latini: la Campania felix
I vitigni ed i vini della Campania romana
Il m erito m aggiore degli studiosi rom ani di argom enti agricoli
rappresentato dalle loro descrizioni delle variet di vite coltivate
e delle caratteristiche organolettiche dei vini che da queste si
ottenevano.
N aturalm ente lattenzione dei georgici si concentrava sul luogo
di produzione, m a m ai viene trascurato il vitigno coltivato.
Lesistenza di m olte variet di vite era testim oniata da Virgilio
(Georg. II, 103) quando afferm ava che queste erano num erose
com e la sabbia del deserto libico, e da D em ocrito, che si vanta-
va di essere il solo a conoscere tutti i vitigni greci.
C olum ella (De Agr., III, 2) si dichiarava peraltro incapace di
elencarli tutti, m a, quasi a scusarsi, scriveva che i nom i di m olte
variet erano solo sinonim i attribuiti nei diversi luoghi di coltiva-
zione e Plinio (N.H., XIV, 5) si lam entava della crescente riduzio-
ne di variabilit in quanto m olte variet descritte da C atone
non erano pi presenti nei vigneti dei suoi tem pi.
La classificazione pi sem plice era quella che divideva le variet
in due grandi categorie:
le uve da tavola (ad mensam, ad edendum, cibariae,subur -
banae)
le uve da vino (ad bibendum, ad vindemias).
Le variet coltivate in epoca rom ana sul territorio che corrispon-
de oggi alla attuale C am pania, sono descritte e classificate nella
NaturalisHistoria(libro IV) di Plinio e nel De Agricoltura di C olu-
m ella (libro III).
I due autori danno un giudizio abbastanza univoco sulla qualit
dei vitigni coltivati in C am pania e li classificano in tre classi:
Variet di prim o m erito: sono i vitigni nobili che forniscono i
vini dei vigneti pi fam osi (Amineae e Nomentanae). Plinio al-
linterno di questo gruppo le suddivide in vitigni indigeni ed in
vitigni im portati.
Variet che uniscono una buona produttivit ad una discreta
qualit (Murgentinaminor, Argitis, Graecula).
Variet m olto produttive, m a di scarsa qualit (Scirpula,Hor -
conia).
Plinio, inoltre, nel suddividere i vitigni tra nobili ed ignobiles, di-
stingue tra questi ultim i una sottocategoria di variet che colti-
vate in am bienti vocati possono dare dei vini con possibilit di
invecchiam ento.
Elenca inoltre un gruppo di variet di interesse locale.
Tra le uve da tavola della C am pania latina si ricordano:
Bumastus (o Bumonna): Mennavacao Pis de vache
Venuncola (o Scripula, Sticula, Sircula o Surcula): uva per la
conservazione in vasi (ollae) e per la vendita. Era chiam ata an-
che Numisanaperch originaria della N um idia.
Pergulana: adatta ad essere coltivata a pergola.
Horconia: m olto produttiva, m a con uva di m odesta qualit.
La gran parte delle denom inazioni dei vitigni si form ata local-
m ente, spesso da nom i dialettali (es.Sopina). I term ini di origi-
ne greca, anche se num erosi, sono m olto m eno frequenti e si
riferiscono esclusivam ente a vitigni provenienti dalla G recia, m ai
coltivati prim a in Italia (es. Dactylis, Alopecis, etc.).
Q uando si parla di variet di vite coltivate in Italia circa 2.000
anni fa e si tenta di trarre dalle descrizioni dei georgici latini
delle indicazioni da utilizzare sia per la caratterizzazione am pe-
lografica che per uneventuale associazione ai vitigni coltivati
attualm ente, il tentativo non sortisce che risultati m odesti.
Innum erevoli studiosi, soprattutto a partire dal XVI secolo, sulla
scorta delle prim e descrizioni botaniche di m olte specie erbacee
ed arboree coltivate e via via fino alla m et del secolo XIX, du-
rante il quale si assiste ad un fiorire di opere am pelografiche in
tutta Europa, si cim entarono in questo confronto con gli stru-
m enti dellanalisi storico-letteraria e m orfologico-descrittiva
senza successo (tab. 1).
Le cause di questi insuccessi sono m olteplici ed im putabili da un
lato alla scarsa attendibilit agli strum enti am pelografici di allo-
ra e dallaltro alla concezione georgica per la quale, essendo i
luoghi di coltivazione i m aggiori responsabili della variabilit
m orfologica dei vitigni (vitibus naturam loco mutant, ISID ., Ety-
m ol., 7,5) le descrizioni erano som m arie ed im precise.
A questo si aggiunge la com plessit della struttura genetica dei
vigneti antichi, fortem ente polivarietale. Basti pensare alle Ami -
nee, fam iglia varietale m olto num erosa che raccoglieva vitigni
dalle caratteristiche am pelografiche m olto diverse e dalle fre-
quenti om onim ie e sinonim ie che individuavano gli stessi vitigni
coltivati in localit anche m olto distanti. Le fonti utilizzate in
passato per risalire allorigine dei vitigni, soprattutto letterarie,
hanno riguardato la sem antica del nom e (toponim i relativi ai
luoghi di provenienza, antrotoponim i, dal nom e del viticoltore,
che li ha selezionati, dalle caratteristiche della pianta, del grap-
polo, del vino, ecc.) e le scarse descrizioni am pelografiche, so-
prattutto dei georgici latini. A nche il vocabolario dei nom i di vi-
tigno che com prende sostrati prelatini, italici e greci pu fornire
qualche aiuto, sebbene lim itato (H ohnerlein-Buchinger, 1996;
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Tabella 1
Probabili corrispondenze tra i vitigni descritti dai georgici latini ed alcuni vitigni coltivati attualmente
Vitigni coltivati in epoca romana Probabili vitigni attuali Le fonti
Aminee Greci di Posillipo Bacci, (1596)
Chasselas G ok, (1829)
Aminea lanata Pinot meunier O dart, (1854)
Riesling r. Ritter, (1817)
Aminea gemella Greco di Tufo Ferrante, (1927)
Riesling i. C osm o, Polsinelli (1960)
Apianae Moscati Bacci, (l.c.)
Bauhin, (1671)
M olon, (1906)
Albuelis Gaglioppa Rendella, (1529)
Elbling
Basilica Cocolubis
Picardant Bauhin, (l.c.)
Pergulana Uva Rota di Napoli Porta, (1584)
Biturica Cabernet Vinet, (1607)
Genouillet O dart, (l.c.), G alet (2000)
Gamay Bahuin, (l.c.)
Helvolae Pinot g.
Ribolla
Pretia Chasselas lacini
Allobrogicae Mondeuse Fregoni, 1991
Syrah
Nebbiolo D alm asso, (1937)
Alopecis Coda di Volpe Porta, (l.c.)
Conseminea Canaiolo
Helvenaciae Pinots
Oleaginao Tiburtina Olivetta o Olivella
Carbonica Cabernet o Carmenere
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Forni, l.c.). Recentem ente con le m oderne tecniche di chem io-
tassonom ia (analisi del polim orfism o di alcune proteine enzim a-
tiche e del profilo antocianico) e della biologia m olecolare (ana-
lisi del polim orfism o del D N A ) si sono aperte nuove prospettive
di ricerca m a necessario prelim inarm ente un cam biam ento
dellapproccio m etodologico tradizionale.
O gni tentativo di ricostruzione storica che ha il suo punto di
partenza in una realt docum entaria, deve tener conto di
tracce, indizi, testim onianze scritte, opere m ateriali, m appe
spesso in contrapposizione: quelle che M ichelone (1985) chia-
m a zone di brillanza sospetta e che possono essere risolte assu-
m endo uno statuto scientifico debole, secondo il paradigm a in -
diziario form ulato da G inzburg (1979).
Q uesto disarm onico intrico tra storia, scienza um ana e quella
naturale, com e afferm a Bartocci (1995) che rappresentato
dalle nostre attuali conoscenze sugli eventi che hanno portato
in O ccidente la vite ed il m odo per coltivarla, pu essere affron-
tato in m odo diacronico, partendo non dai fatti storici iniziali e
da questi attraverso un cam m ino cronologico giungere fino a
noi, m a da alcuni spunti attuali, per com piere un cam m ino a ri-
troso verso le origini.
Lopportunit viene appunto offerta dai risultati ancora prelim i-
nari dellanalisi del D N A nucleare di alcuni vitigni diffusi in Italia
m eridionale, confrontati con quelli ottenuti da alcuni vitigni col-
tivati nella M acedonia storica (G euna et al. 1997) e nel M edi-
terraneo orientale (Labra et al., 2002).
I vitigni citati dai vari georgici erano m olto diversi, anche se al-
cuni erano costantem ente presenti nelle loro opere ed andava-
no dai 411 di Plinio ai 58 di C olum ella, ai 27 di Isidoro, ai 23 di
M acrobio, ai 15 di Virgilio ed ai 7 di C atone e Florentinus.
La prim a ed unica referenza dellesistenza di vigneti nella regio-
ne del Vesuvio prim a di C olum ella, relativa alla rivolta di Spar-
taco e si riferisce alluso di tralci di vite (di viti allevate su tutori
vivi, m olto espanse o forse delle viti selvatiche) da parte dei ri-
voltosi per fuggire lungo una falesia del Vulcano, alle truppe di
C lodio G laber (Florus, II, 8,4)
Modalit della circolazione varietale nellItalia
meridionale (tab. 2)
Solo alcuni vitigni, i cui nom i sono stati da M acrobio ed Isidoro
introdotti nel lessico dellItalia m eridionale, sono stati descritti
da C olum ella perch m olto diffusi (com e Dactylis,Eugenia,Psi -
this), m entre altri che avevano una diffusione solo locale com e
Kapnios,Tharrupis,Bucaniates, coltivati solo a Thaurii (Turi), so-
no stati solo citati. M olto spesso, inoltre, per la superiorit della
tecnica viticola greca e la presenza capillare delle colonie della
M agna G recia, m olti vitigni greci si erano diffusi con nom i latini
(Bumastos,Eugenia) o per il com m ercio greco-etrusco ad Arre -
tium(A rezzo) in Etruria, vitigni com e lEtesiacao a M odena il vi-
tigno Steptiso Spionia.
Interessante il caso del vitigno Nomentana, per il quale attra-
verso i suoi sinonim i possibile valutare in successione cronolo-
gica non solo lorigine sem antica del nom e, m a anche le sue
caratteristiche am pelografiche ed enologiche.
Infatti Nomentanaha com e sinonim i Rubella. Elliana per il colo-
re dei suoi tralci, Foecinia per il sapore feccioso del suo vino,
Helvola per il colore grigio-giallo delle sue bacche.
In term ini generali si pu pensare che il nom e latino di un viti-
gno sia posteriore a quello greco (es. Basilisca in Baliscao Lepo -
rara in Lagea) e che la zona di coltivazione un altro elem ento
per capirne lorigine. Il vitigno Murgentina, coltivato in Sicilia,
portato a Pom pei, venne chiam ato Pompeiana.
Singolare lorigine del nom e Sirica o Siriaca, vitigno ancora
presente sebbene com e reliquia nella zona di Taurasi, citato la
Plinio (N.H. XIV, 41) ed Isidoro (Orig. XVII, 5, 28) che lo faceva-
no provenire dalla Siria ed appartenere alle Aminee. Recenti
analisi relative al polim orfism o del D N A hanno evidenziato una
certa analogia con alcuni vitigni atesini (Teroldego e Lagrein)
diffusi in Italia attraverso lemporion di Spina.
Per quanto riguarda la grande variabilit e fam a dei vini cam pa-
ni nel periodo rom ano, valutata dalla diffusione e frequenza dei
ritrovam enti di anfore, Tchernia (1988) cita 22 vini cam pani
contro i 18 del Lazio, i 9 dellEtruria, i 7 della Lucania, A bruzzo
e Tre Venezie, i 6 dellEm ilia, i 5 della Puglia ed U m bria ed i 3
delle M arche (fig. 7).
Plinio (N .H . XIV, 61-66) nel proporre una classificazione dei vini
italiani al tem po di A ugusto, basata sulla loro qualit e notorie-
t, afferm a che dei cinque m igliori il Falerno ed il Sorrentino so-
no rispettivam ente al 2 e 4 posto.
I vini pi fam osi della M agna G recia prendevano nom e o dalla
citt dove venivano prodotti o da vigneti ben delim itati sul pia-
no geografico (Tchernia, l.c.), com e ad es. Lagaritanos,Thouri -
nos, Mamertinos, Tauromenion e solo in pochi casi dai vitigni
da cui originavano, quali Byblinos e Kapneios (SC H ED A 6. La viti -
coltura del Sannio ed il vino Kapnios, p. 46).
Rari erano i vigneti specializzati, m olto spesso si trattava di una
viticoltura prom iscua dove la vite era coltivata assiem e a cereali,
fichi, olivi. Spesso le piante da frutto fungevano anche da tuto-
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Tabella 2
Caratteristiche ampelografiche, esigenze pedo-climatiche e attitudine enologica di alcuni vitigni coltivati in Campania durante
il periodo romano
Vitigni Caratteri Adattamento Qualit del vino Note
ampelografici al clima e terreno
Aminea maior o Scantiana
(dalle zone delle A cque
Scantiane)
Aminea minor
Aminea gemina maior
Aminea gemina minor
Aminea lanata
Aminea(forse la nigrao
syriacadi Plinio)
Apianao Apicius, la Psithia
per Plinio
Apiana nudis foliis
Apiana lanata
Nomentana minor o
Rubiliana o Foecinia
Graecule(originarie della
G recia)
Surrentina
Murgentina o Pompeiana
Holconia
Alopeci grappolo m olto
sviluppato che ricorda la
coda di volpe
vigorosa, foglie grandi,
acini grossi, soggetta a
colatura, poco produttiva
m eno vigorosa, bacche
piccole, fioritura precoce,
buona allegagione
grappoli doppi, m olto fert i l e
grappoli doppi, m olto
fertile, acini piccoli
a foglie a pagina inferiore
tom entosa, vigorosa,
soggetta a colatura e
m arcium e
sim ile alla Aminea gemina
maior, produttiva
precoce, sensibile ai
m arcium i
a foglie glabre
a foglie tom entose
a foglie quasi intere,
grappoli piccoli, acini a
buccia dura, fertile
grappoli piccoli, acini poco
resistenti
foglia palm ato-cordata a
3-5 lobi irregolarm ente
dentati, grappoli
com positi, com patti, conici
adatta a terreni forti e
freschi
preferiva esposizioni
favorevoli
preferiva terreni m agri
raccom andata per suoli
m agri e clim i freddi
resistente al freddo ed alla
um idit, m eno alla siccit
m olto esigente in clim a ed
in cure colturali
ottim a
ottim a
vino chiaro, m a alcoolico
tannico
vino leggero
vino di m odesta qualit
d i vini m igliori
i vini producevano m olto
deposito (foecinica) e
necessitano di m olti
travasi
vini pregiati
adatta alla coltivazione
sulle piante
coltivata sia sugli alberi
che a pergola (iugum)
coltivata soprattutto sul
Vesuvio e sulle colline di
Sorrento, soffre i venti di
scirocco
appartiene al gruppo delle
Graeculae
secondo Plinio al gruppo
delle Graeculae, vitigni di
origine greca,
appartengono le
Moreoticae, Psithiae,
Thasiae, Sopheortiae
la Praedulci uvadi
Florentino, adatta alla
coltivazione sulle piante
la variet pi riprodotta
nei dipinti di Pom pei, era
coltivata sulle falde del
Vesuvio
il suo nom e deriva dal
viticoltore Holconius
uva di pergola
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re alle viti assiem e a pioppo ed olm o. Infatti il nom e del vitigno
Byblinos (o Biblinium), uno dei prim i ad essere acclim atati nella
M agna G recia, era gi noto ad Esiodo che cos lo descrive:
possa avere lombra di una roccia ed il Biblino/ versa pure vino
scintillante stando allombra seduto/ da una fonte che scorra
sempre perenne e che sia pura, versa tre parti dacqua e la
quarta mettila di vino.
Il nom e del vino e del vitigno om onim o deriva dalla citt di Bi-
blo (lodierna Jubail) com e afferm a A teneo e per questa sua ori-
gine chiam ato anche fenicio. Era considerato uno dei m igliori
vini del M editerraneo orientale ed annoverato assiem e ad altri
vini fam osi quali quelli di Lesbo, C hio e Taso. C ita anche Ippide
di Reggio che nel ricordare il vino Biblino tra i pi noti della M a-
gna G recia e della Sicilia, lo chiam a con un altro nom e eileos o
vite che si attorciglia. Spesso il tutore era il fico anche se m olto
stim ato era il castagno.
Q uesto vitigno proveniente dal M editerraneo orientale, forse
dalla Tracia (Salviat, 1986) per m erito di Pollide venne chiam ato
in suo onore anche Pollia ed il vino dolce che se ne ricavava Pol-
lio. A rchestrato da G ela, poeta siciliano del IV secolo a.C ., con-
tem poraneo di A ristotele, parla di Biblino della Sicilia, vino dei
Fenici, com e di un grande vino da invecchiam ento: anche il vi-
no lodo, che si nasce in Biblia, citt vetusta di Fenicio vanto, e
lo com para al Lesbo che lui reputa il vino m igliore. A nche Teo-
crito citando le cam pagne di Turi e Sibari, ricorda il vitigno Bibli-
no ed il vino di qualit che se ne otteneva (dopo il quarto an-
no profum ato com e fosse appena uscito dalla pressa)
afferm ando che sim ile al vino di C os m a che questi non pu
invecchiare cos a lungo.
M agone di C artagine vissuto attorno al IV-III sec. a.C . e consi-
derato il prim o georgico, cita spesso il vitigno Biblinumed il vi-
no Biblino, afferm ando che un vitigno greco giunto in Sicilia
dopo il IV secolo con la trasform azione degli emporion in citt.
U naltra indicazione viene da Polibio, che segnalava a C apua un
vino eccellente, chiam ato con il nom e di unerba utilizzata per
assicurare la vite al tutore, il Lygeum spartium.
I vini prodotti entro il prom ontorio di Sorrento ed il Vesuvio go-
dettero di grande fam a soprattutto nel periodo dellim peratore
A ugusto.
I vitigni pi fam osi e pi nobili erano le Amineae, che produce-
vano rispettivam ente il vino Surrentinumsulle colline di Sorren-
to ed il vino Vesuvianumsulle pendici del Vesuvio. Plinio ritiene
che le uve Amineaesiano in assoluto le m igliori e le pone al pri-
m o posto tra le uve indigene italiane. Ritenendole autoctone,
sottolinea involontariam ente quanto fosse lontana nel tem po la
loro provenienza dalla Tessaglia. N e distingue cinque variet: la
germ ana m aggiore, la germ ana m inore, le gem elle grandi, le
gem elle piccole, la lanosa. A queste, C olum ella aggiunge un
sesto tipo, unAminea singola non dissim ile dalla gem ella gran-
de. D elle Am i n e a e Colum ella dice che dovunque siano, tranne in
un clima troppo rigido, superano tutte le altre viti per il sapore.
La valle del Sarno ed i territori attorno al vulcano erano piantati
con altri due vitigni, la Vennuncola o Numisiana, che dava un
vino robusto, m a non di particolare qualit ed era talvolta usata
com e uva da tavola e la Murgentina o Pompeiana, vitigno di
origine siciliana, sulla cui qualit i pareri erano discordi.
A ttorno a Pom pei vi era un vitigno, lHolconia, m olto produt-
tivo, il cui nom e derivava da una fam iglia im portante, gli Hol -
conii.
A i tem pi di G iulio C laudio, altri vini cam pani sono m enzionati
da Plinio, tra i quali ilTrebellicum, prodotto vicino a N apoli, il
Caulinumda C apua, il Trebulanumdal territorio om onim o ed il
Trifolium, del quale si persa la localit di produzione.
Si tratta di vini destinati ad un consum o popolare e che aveva-
no una notoriet solo locale.
In questo periodo la gerarchia degli am bienti italiani in funzione
della qualit dei vini che producevano era praticam ente com -
pleta e prevedeva vicino ai tre grandi vini noti fino dal II sec.
a.C . (Albano,Cecubo e Falerno) altri siti, quali le colline di N a-
poli, la penisola di Sorrento, i vigneti attorno alla baia di N apoli
e Setianel Lazio.
I grandi vini erano di norm a liquorosi, sim ili a quelli ottenuti per
aggiunta di m iele, sovente m aderizzati, che venivano prodotti
da uve raccolte sovram ature, lasciate sulla pianta anche fino al
m ese di novem bre (SC H ED A 7.Levoluzione delle tecniche di vini -
ficazione in Campania e le testimonianze di Pompei, p. 47).
Lo stesso Plinio (N. H. XIV, 69) parla del gradevole vino del San-
nio, il Trebula balliensis e leccellente vino di Beneventum dal fi-
ne arom a affum icato citato gi nel IV sec., quando ancora la
citt non aveva tale nom e (Platone C om ico, A teneo I), anche se
presum ibile che i Sanniti si dedicassero alla viticoltura, affian-
candola allallevam ento del bestiam e che era la loro principale
attivit, soprattutto con lafflusso di ricchezze nel Sannio dopo
le guerre puniche.
Verso il I sec. a.C . i vini vennero prodotti con uve m eno m ature
e Plinio (N. H. XXIII, 35) afferm ava che i vini pi sani sono
quelli della Campania, perch non m olto corposi ed in partico-
lare quelli di Sorrento, rinom ati per la loro leggerezza.
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7. Ricostruzione dellItalia vinicola attorno
al 100 a.C. I nomi in corsivo si riferiscono
alle citt moderne, quelli in tondo sono dei
vini
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D opo leruzione del Vesuvio del 79 d.C. i vigneti circostanti il vul-
cano non vennero pi reim piantati. Delle ville rustiche riattate do-
po levento, solo una m ostra il ripristino di un torc h i o .
Tra il I ed il II sec. assum ono nuova im portanza altre zone viticole
vicino a Napoli che producevano soprattutto il Tre b e l l i c u m, il Tr i f o -
lium ed il G a u r a n u mnei pressi di Pozzuoli (Plinio, N. H. XIV, 16).
Il Falerno conserva com unque im m utata la sua fam a di vino pi
fam oso del m ondo allora conosciuto ed il Sorrentino quello del
vino con le m aggiori attitudini allinvecchiam ento. D ata lesigui-
t del territorio che li produceva e la forte dom anda, erano i vi-
ni che venivano in quei tem pi pi frequentem ente falsificati
(G al., XIV, 77) (SC H ED A 8. Le Aminee, p. 48).
Leconomia ed i luoghi della viticoltura campana antica
La viticoltura attorno alla Neapolisrom ana era m olto ridotta per
la presenza di am pie zone acquitrinose. La struttura fondiaria
era costituita da piccole aziende con coltivazioni prom iscue,
quali la vite ed altre specie arboree, la cui produzione era desti-
nata quasi esclusivam ente alla soddisfazione dei bisogni locali.
Le uniche zone a coltivazione intensiva erano la valle del Sebe-
to, i territori a ridosso del Vesuvio, dove erano coltivate le Ami -
neae, da cui si ricavava un vino forte del tipo Trebellicume Ve -
suvianum (C atone, De Agr. VI, 4; Varrone, De re. r. I, 25;
C olum ella, De II, 2, 7; Virgilio, Georg. II 97; Plinio, N.H. XIV, 21),
ed il territorio sorrentino, dove la vite era coltivata su terrazze
(Quid nunc ruris opes pontoque novalia dicam intecta et madi -
das baccheo nectare rupes). Il vino di Sorrento, Surrentinum,
era un vino forte, m a non troppo ricco di corpo (tenuitas); il co-
lore era am brato chiaro.
Prodotto con lAminea minore, poteva essere bevuto dopo lun-
go invecchiam ento: alm eno 25 anni secondo A teneo (Tab. 3).
Le viti vesuviane erano in origine selvatiche (Plut. Nic. 9) e per
una selezione accurata si era arrivati a pregiate uve da vino
(Strab. G eog. V, 8; D .S. Bibl. LXVI, 21, 3), dalle quali si ricavava
il fam oso Vesuvianum.
A d Ercolano, invece, le viti erano di provenienza greca, com e le
Amineae (Plinio, N.H. XIV, 22), variet in epoca rom ana fam ose
per la loro attitudine ad essere coltivate su tutori vivi.
N el IV. III sec. in Italia m eridionale spesso coesistevano in coltura
in zone collinari viti selvatiche e viti coltivate (Yanuchevitch et
al., 1985). Tale consuetudine era diffusa tra gli italici ed in
espressioni produttive di tipo prom iscuo. Le viti a spalliera erano
invece presenti solo nei giardini delle ville.
Consumo e commercio del vino della Campania antica
Il consum o del vino fin dallet arcaica era soprattutto appan-
naggio delle citt costiere, ed era legato allim m aginario dioni-
siaco attraverso la celebrazione delle Anthesteries e dei Sympo -
sion. Pi tardi, verso il V-V sec. il vino perde il suo carattere
aristocratico- rituale per penetrare in tutte le classi sociali.
Il com m ercio del vino si realizza tra le citt costiere e lentroter-
ra, che spesso non ne produceva, e tra le citt dei litorali dellI-
talia m eridionale occupate da G reci, G reco-italici e Fenici.
La distribuzione dei tim bri delle anfore m ostra un com m ercio
sia tra le citt costiere dellItalia m eridionale che tra citt anche
m olto lontane tra loro com e M arsiglia o A tene.
La C am pania e le koin cam pano-laziali avevano un ruolo pre-
m inente nel com m ercio del vino nel m are Tirreno tra la fine del
IV sec. e linizio del III sec. In questo periodo la C am pania rap-
presenta la cerniera di tre m ondi e gioca un ruolo essenziale nel
M editerraneo occidentale nella diffusione di un aspetto fonda-
m entale delle vita greca, quello dellim m aginario del vino, al
quale i non greci pervengono con locchio (lim m agine dei con-
tenitori), il palato (il vino stesso) e lo spirito (dionisism o, sim po-
si) (SC H ED A 9.Il Falerno, p. 52).
Per i Rom ani, com e diceva Strabone (Geog. V, 4,3) i grandi vini
erano quelli cam pani e la fam a era in gran parte dovuta al vino
Falerno, che secondo Virgilio (Geog. II, 96) non aveva alcun vi-
no capace di rivaleggiare con lui.
Plinio (N. H., XIV, 21) legava la qualit di questo vino alle Ami -
neae (principatus datur Amineis), che, a causa della loro ori-
gine orientale, anche in epoca m edievale facevano denom inare
i vini di questa zona com e vini greci.
Al tem po di Plinio il m ondo rom ano conosceva 185 tipologie diver-
se di vino, con prevalenza dei vini rossi. ai vini venivano anche ag-
giunte sostanze arom atizzanti (resine, erbe) o dolcificanti (m iele).
I vini pi fam osi erano quelli liquorosi, ottenuti da uve sovram a-
ture o appassite. A designare la qualit dei vini si utilizzavano la
denom inazione relativa allorigine geografica e lannata di pro-
duzione.
Frequenti erano anche le frodi soprattutto a carico dei vini pi
fam osi com e il Falerno o il C ecubo.
Dalla viticoltura dei secoli bui allarrivo delle malattie
americane
Se allim pero rom ano spetta il m erito di aver diffuso la vite nel-
lEuropa continentale ed atlantica, ad un suo im peratore, D om i-
ziano, attribuita la prim a legge restrittiva sulla coltivazione
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Tabella 3
Vitigni e zone di coltivazione dei principali vini campani in epoca romana (Giulierini, 1997 mod.)
Vino Caratteristiche Vitigno Citt-area Fonti letterarie
A nadendrites
C aucinum
Falernus
Sorrentinum
Vino del M onte M assico
Vino del M onte G auro
(attuale M onte Barbaro)
Vino dellA ger Statanus
Vino di C ales
Vino del Vesuvio
Vino della Silva Scantiana
Vino di Vennuncula o
Surcula
Vino di Pom pei
Vino di H orconia-H olconia
Vino di Liternum
Vino di Trebellicum
C aulinum
Trebulanum
Trifolium
U lbanum
variet di Falernus
vino rosso (dolce) e bianco
(secco). Invecchiam ento
consigliato: 15 anni. U sato
anche in m edicina
vino bianco di m edia
qualit, leggero, usato
anche in m edicina. Bevibile
dopo 25 anni perch
troppo secco
vino rude e oltrem odo
arom atico
vino forte, corposo e
oleoso
vino sim ile al Falerno, m a
pi leggero
vino leggero e tollerabile
vino bianco. N e esistevano
due variet: Besubion e
Besbion.
vino bianco
il vino ricavato con tali uve
acquisiva forza se posto in
anfore di Sorrento
vino buono se invecchiato
al m assim o 10 anni
vino di forza m oderata,
gradevole per il gusto e
buono per lo stom aco
vino non ricercato, di lenta
m aturazione
vino bianco leggero,
bevibile a partire da 5 anni
forse Aglianico
vitigno di alta collina
Viti difficili da trapiantare:
uva di gusto sgradevole
Amineaearbustive
(gemina minor)
Caulentina
Amineae(gemina minor),
a grappoli gem elli e piccoli
acini. Soffrono il vento
australe
viti A m ineae
Vennunculao Surcula,
bisognosa di un tutore,
i cui grappoli si conservano
bene nei vasi
Murgentina-Pompeiana.
A m a i terreni grassi e
soleggiati
Horconia-Holconia
C apua
A ger Falernus
A ger Falernus
Sorrento
A nord di Sinuessa
Pendici del M onte G auro
vicino Pozzuoli e Baia
A ger Statanus
C ales, vicino allA ger
Falernus
area lim itrofa alla silva
Scantiana
Pom pei
Varie zone della C am pania
Liternum
vicino N apoli
Pozzuoli?
Trebula
vicino a C um a e al M onte
G auro
C um a
M arziale(Epig. III, 58,7)
Polibio (Hist. XXXIV, 11,1)
Plinio (N.H. XIV, 61)
Virgilio (G. II, 143)
C olum ella (De Agr. III, 8,5)
M arziale (Ep. I, 26,8)
Strabone (Georg. V, 48)
Plinio (N. H. XIV, 65)
Strabone (Georg. V, 48)
M arziale (Ep. IV, 44)
Plinio (H.N. XIV, 22)
Colum ella (De Agr. III, 2,10)
Plinio (H.N. XIV, 35,70)
Polibio (XXXIV, 11,1)
A teneo (Deipn.. I, 267)
Plinio (N.H. XIV, 69)
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della vite al di fuori dei confini dItalia, com plici un eccesso di
produzione di vino nei territori occupati da Rom a ed una care-
stia di frum ento.
M a questo fu solo linizio della grande crisi dellagricoltura e vi-
ticoltura rom ana che dal II sec d. C . andr aggravandosi fino al
tracollo dellIm pero rom ano dO ccidente.
La crisi della viticoltura diviene inarrestabile quando alla piccola
propriet si sostituisce il latifondo assenteista dei grandi pro-
prietari, i quali ricorsero allaffitto per garantirsi un reddito sicu-
ro, sebbene m odesto, m a che privilegiava la coltivazione dei ce-
reali a quella della vite, pi rischiosa e m aggiorm ente esigente
di m ano dopera.
Il fenom eno divenne particolarm ente grave in C am pania nel
corso del III e IV sec. a causa dello spopolam ento progressivo
delle cam pagne al quale contribuirono le guerre e le pestilenze.
Si cerc di porre un rim edio alla m ancanza di m anodopera im -
portando dal nord m igliaia di prigionieri di guerra. U n altro fat-
tore di decadenza fu il trasferim ento delle linee di traffico dalla
C am pania verso altri porti pi settentrionali.
La rinascita della viticoltura m edioevale coincide con lespansio-
ne del C ristianesim o e con il nuovo sim bolism o che legava il vi-
no al sacrificio della M essa.
Per contrastare lestirpazione dei vigneti (15.000 ettari si erano
im paludati e 130.000 ettari vennero cancellati dai ruoli dellim -
posta fondiaria), Teodosio II stabil la condanna a m orte per
quanti spiantavano le viti.
A lloccupazione dei Visigoti nel 410 e dei G oti nel 553, che re-
sero insicure le cam pagne, segu linvasione dei Longobardi gui-
dati da Zattone, che nel 571 fondarono a Benevento il regno
della Langobardia minor e svilupparono lagricoltura introdu-
cendo nuove colture quali il gelso, la robbia (per la produzione
di un colorante rosso), il riso (nella valle del Sarno) e diedero
nuovo im pulso alla viticoltura, anche con la diffusione di alcuni
vitigni di origine pannonica.
Le num erose testim onianze di et ostrogota ricavabili dalle let-
tere di C assiodoro e quelle longobarde presenti nelleditto di
Rotari del 643 indicano il vigneto m edioevale chiuso da broli e
clausure, spesso allinterno delle m ura cittadine o dei conventi
del suburbio.
Singolare in questo periodo lespansione della viticoltura ver-
so lEuropa settentrionale, fino allInghilterra, sia per esigenze
religiose che per il m anifestarsi di una fase clim atica favorevole.
A questa diffusione generalizzata nella Respublica Christiana,
corrisponde una progressiva contrazione della vite nelle zone
m editerranee dove si stava espandendo la religione dellIslam
(Pini, 1988).
La viticoltura torn ad essere unattivit econom ica im portante
nellet carolingia, durante la quale la vite oltre ad essere nuo-
vam ente coltivata in aperta cam pagna, divenne la protagonista
delle num erose opere di disboscam ento e bonifica operate da-
gli ordini m onastici, benedettini in primis.
La diffusione della regola benedettina appunto nel X sec. con
linstaurarsi di nuovi rapporti tra propriet e contadini, quali la
concessione di fondi ad meliorandumed i contratti di pastinato
(la m essa a coltura di terre incolte), oltre alla m odalit di divisio-
ne del vino proveniente dai nuovi im pianti, tra i coloni e la pro-
priet, favor la diffusione della viticoltura in C am pania, che
passa, secondo il Lizier (1902), da un rapporto tra vite e piante
arboree di 1 a 1 nel 950 al 3,25 a 1 nel 1100.
Tra i vini cam pani m eridionali, oltre ai vini greci e vini latini si ri-
corda il Masniagueri o Mangiagueri, il cui nom e deriva dallo-
m onim o vitigno, Mangiaguerra.
A d una viticoltura ecclesiastica si affianc una viticoltura laica e
signorile, che vide nella produzione del vino una sicura fonte di
reddito, alla quale segu una viticoltura borghese, espressione di
un consum o di vino generalizzato in et basso m edioevale.
La viticoltura ed il vino diventarono centrali nelleconom ia agri-
cola di quei tem pi, com e testim oniano le leggi e gli statuti em a-
nati in difesa e per la diffusione della vite, nelle norm e di tra-
sporto e vendita del vino, nelle date dinizio della vendem m ia.
U na rigida norm ativa dalla quale traspare la preoccupazione
delle classi dirigenti delle citt di disporre di elevate quantit di
vino, che certo non brillano per la qualit.
Si ricordano in questo periodo anche i contratti di pastinato, sti-
pulati dalla C hiesa di S. M assim o di Salerno tra il X e lXI sec.,
che prevedevano lobbligo di conferim ento del vino da parte
dei coloni in appositi centri di raccolta, i cellaria(M artin, 1987).
A nalogam ente ad altre parti dItalia e dEuropa, la viticoltura
cam pana assum e nel M edioevo dim ensioni m ai raggiunte in
precedenza.
A llorigine del fenom eno le stesse cause che portano un po
dovunque alla diffusione di questa coltura, anche su terreni ad
essa non particolarm ente adatti, quali il carattere sacrale del vi-
no, il suo im piego nella m edicina ed infine una fonte di calorie
e di evasione a basso costo (Vitolo, 1988).
Il risveglio della viticoltura coincise con la fine della guerra gre-
co-gotica e con loccupazione longobarda ed facilm ente do-
cum entato dal ruolo che la coltivazione della vite assum e nei
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contratti agrari pattuiti tra proprietario e coltivatore in quanto
la quota annuale di vino che il proprietario richiedeva al conces-
sionario del fondo era di circa il 50% della produzione.
Talvolta il vino veniva prelevato direttam ente dal palm ento, in
altri casi era conservato presso il fondo in appositi organeis a vi -
no forniti dal proprietario.
N el sec. XII con la fondazione del convento di M ontevergine,
prendendo le m osse dalla riform a dei C ertosini di C luny, auspi-
ce anche lo sviluppo com m erciale della Repubblica di A m alfi e
dei due Principati di C itra ed U ltra, vengono vitate m olte terre
incolte, soprattutto sul versante tirrenico (fig. 8).
N el 1294 scoppia la cosiddetta guerra del vino tra i produtto-
ri delle colline salernitane e quelli della vicina pianura di Sanse-
verino, a causa della concorrenza sleale che questi ultim i face-
vano ai prim i (Sinno, 1954) e nel 1328 unanaloga rivolta
popolare scuote Salerno a causa del vino a basso prezzo di
A m alfi, Ischia e del C ilento che arrivava a Salerno via m are e
che veniva preferito ai vini locali.
Tale situazione dur fino alla riform a dei pedaggi di re Ferrante
del 1466 (D el Treppo, 1985). La precisa docum entazione due-
cento-trecentesca suggerisce lim m agine di citt m edievali asse-
diate da un denso reticolo di vigne che determ ina m utam enti
non secondari nel paesaggio, non solo del suburbio, m a anche
di zone centrali della citt. G li alti livelli di densit urbana e la
notevole propensione al consum o stim olarono una produzione
di vino da parte dei contadini, notevolm ente superiore al con-
sum o fam iliare.
In effetti il problem a pi grande di quei tem pi era rappresenta-
to dai tentativi delle varie com unit di im pedire lingresso in cit-
t dei vini forestieri (i vina forensia).
La situazione cam bia con la recessione dem ografica conseguen-
te alla diffusione della peste nera in Italia del 1348 ed alla co-
siddetta rivoluzione dei noli che portano allabbandono di
m olti vigneti posti in zone m arginali, non solo per le caratteristi-
che qualitative, m a soprattutto per la distanza dai m ercati. La
viticoltura per contro si intensifica allora in alcune zone vocate
quali il M onferrato, la Liguria, lO ltrep, la Toscana e la zona dei
C astelli rom ani, che producevano vini pi conservabili a causa
del loro elevato grado alcoolico.
In m odo particolare vengono favoriti i vini greci provenienti da
Posillipo e Resina ed i vini latini della zona di Salerno e dellisola
dIschia, che conquistano quote crescenti di m ercato inglese e
francese, anche per m erito dei com m ercianti genovesi, facendo
concorrenza alle Malvasie di Cipro, Creta e del Peloponneso,
oggetto degli interessi veneziani nellEuropa settentrionale : (SC H E-
D A 10. Fiano (o Latino Bianco), p. 53; SC H ED A 11. Greco (o Gre -
co di Tufo), p. 54; SC H ED A 12. Aglianico, p. 54.
N apoli era inoltre il porto pi im portante nel periodo m edioeva-
le per lesportazione di vino verso lItalia settentrionale e larea
aragonese-balearica, in parte prodotto in C am pania e C alabria,
m a anche proveniente dal M editerraneo orientale (C ipro, M o-
rea, C ostantinopoli).
Il successo di questi vini era talm ente grande che a Firenze i vini
greci, le Malvasie e le rom anie (i vini di M orea) potevano essere
venduti solo dai G recaioli, i produttori cam pani di vini cosiddetti
greci.
Solo verso la fine del XIV secolo a causa del crescente espansio-
nism o m usulm ano verso il M editerraneo orientale, la produzio-
ne di questi vini dolci ed alcoolici si sposta nelle regioni del
Roussillon, del Levante spagnolo e del Portogallo, utilizzando in
gran parte com e vitigno il Grenache, da cui derivava un vino
detto Vernazzao Vernaccia.
Linizio dellet m oderna vede una contrazione dei consum i indivi-
duali di vino, che aveva raggiunto punte elevate (fino a 2 l/die),
accom pagnata per da un m iglioram ento della qualit e dalla pre-
senza sul m ercato di m olte variet di vino, com e testim oniano le
t a r i ffe daziarie di allora ed i m anuali di cucina (SC H E D A 13. Vino e
salute nel Medioevo e nel Cinquecento campano, p. 56; SC H E D A
14. Vini latini e greci nella Campania rinascimentale, p. 56).
La fam a dei vini cam pani testim oniata nel Rinascim ento dagli
scritti di Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo III Farnese, do-
ve sono elencati e giudicati 53 vini italiani dei quali ben 18 sono
cam pani. Tra questi, Lancerio cita il Greco di Som m a, alcoolico
e possente, il vino di C entola, delicato bere destate, di Sa-
lerno, rossi e cerasuoli, lAsprinio, dissetante destate.
Sul finire del 500 viene pubblicata a Rom a la Storia dei vini
dItalia dellarchiatra A ndrea Bacci, dove i vini cam pani sono
presi a riferim ento per valutare la qualit di altri vini italiani, co-
m e il vino delle C inque Terre paragonato al Centuli, o il vino
della Corva em iliano classificato com e un Mangiaguerra na-
poletano. In particolare il Bacci loda i vini dei dintorni di N apoli
(il Greco, il Torre del Greco, il Latino, il Lacrima) e quelli di Saler-
no, poco potenti m a arm onici.
D opo la crisi del 1600 (la rivolta antispagnola di N apoli, la peste
del 1656 e lo spostam ento dei com m erci dal M editerraneo al-
lA tlantico com e conseguenza della scoperta dellA m erica), la
ripresa della viticoltura del 1700 anche testim oniata dalla co-
struzione dei grandi torchi com e quelli del C onvento dei Padri
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Liguorini a C iaroni di M ercato San Severino e presso la C ertosa
di Padula.
N el sec. XVIII la viticoltura cam pana subisce un nuovo declino a
seguito di alcune concause negative, quali la m oda dei vini
francesi e greci, la rifeudalizzazione del Regno di N apoli, lele-
vata pressione fiscale im posta dalla Spagna, il com m ercio dei vi-
ni in m ano ai G enovesi che privilegiavano i vini del M id france-
se e della C atalogna.
L800 vede larrivo delle cosiddette m alattie am ericane (oidio,
p e ronospora, fillossera), m a anche la fondazione della Scuola di
Viticoltura ed Enologia di Avellino, fattore di grande im port a n z a
per la rinascita di tutta la viticoltura m eridionale del prim o 900.
La lentezza con la quale il contagio della fillossera distrugge la
viticoltura cam pana rispetto a quanto stava avvenendo in Fran-
cia e nellItalia settentrionale, provoca un im provviso increm en-
to della dom anda di vino cam pano. N el 1913 la C am pania la
regione dItalia con la m aggiore produzione di vino (6,7 m ilioni
di ettolitri). Tale situazione dur a lungo: infatti pass dai 1,5
m ilioni di hl del 1910 ai 4.0 m ilioni di ettolitri e 220.000 ettari
di vigneto (52.000 ha in coltura specializzata) nel 1932. C i fa-
ceva della C am pania la prim a regione viticola della Penisola.
Alla grande quantit corrispondeva un adeguato livello qualitativo.
Infatti nella seconda m et dell800, m entre gli Stati Rom ani
producevano circa 9 m ilioni di ettolitri con un valore pari a 80
m ilioni di lire, la C am pania, con 5 m ilioni di hl offriva un con-
trovalore di 100 m ilioni di lire.
M a i nuovi im pianti, m algrado i pressanti inviti degli organism i
tecnici, non vennero ricostruiti su piede am ericano e subirono
quindi gli attacchi della fillossera, m entre le altre regioni viticole
e u ropee stavano com pletando il rinnovo della loro viticoltura. Ci
p rovoc, unitam ente alle conseguenze della II guerra m ondiale e
lo spopolam ento delle cam pagne, una forte contrazione della vi-
ticoltura regionale. M a le radici della crisi erano pi lontane. M al-
grado i grandi pro g ressi nelle conoscenze soprattutto della chim i-
ca e dellenologia, diffusi dalla ricca m anualistica ottocentesca e
del prim o novecento ed il crescente im piego di attre z z a t u re m ec-
caniche nella vinificazione, la qualit dei vini cam pani e m eridio-
nali in genere non m igliora di pari passo a quella dei vini francesi,
in quanto il punto di partenza era in Italia m olto basso.
Il problem a di fondo era rappresentato soprattutto dalle carat-
teristiche strutturali della viti-enologia cam pana, costituita da
pochissim e industrie enologiche e da m olti viticoltori che vinifi-
cavano piccole quantit di uva con tecniche m olto prim itive ed
inadeguate a produrre un vino stabile, destinato ad un m ercato
m olto pi am pio, spesso di dim ensioni europee ed orm ai m olto
esigente.
Veniva allora preconizzata in un im portante convegno tenutosi
a C onegliano nel 1902 la separazione del lavoro del viticoltore
da quello dellindustriale e del com m erciante, ad im itazione di
ci che avvenuto in Francia e che stato il prim o fattore della
fortuna dellenologia francese.
8. Alcuni aspetti della coltivazione della
vite nel Medioevo (propagazione per
margotta, vendemmia, potatura) tratti
rispettivamente dalle miniature del
manoscritto D e Rerum N aturis di Rabano
Mauro, dellVIII sec. (Biblioteca del
Monastero di Montecassino) e da un
Martirologio del 1180 (Archivio Capitolare,
Cremona). Spesso come appare dalla
miniatura centrale nello stesso vigneto
erano presenti viti allevate a spalliera
assieme a viti su tutori vivi
38
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 38
1. Le anfore (da: amphi-phorein = a
due anse, da portare da due lati)
Erano i recipienti in terracotta, talvolta di
bronzo, per la conservazione ed il tra-
sporto del vino e dellolio, fin dalla m et
del II m illennio a.C ., dopo aver soppian-
tato le pelli di capra o di m aiale (otri).
C om e contenitore per lacqua veniva de-
nom inato hydria o kalpis ed aveva una
terza ansa verticale allaltezza del collo.
A nfora ed idria si distinguevano dal cra-
tere per avere unim boccatura dal dia-
m etro pi piccolo di quello della pancia.
Le anfore a pancia pi o m eno assotti-
gliata e term inante a punta erano prati-
cam ente gli unici contenitori im piegati
nel trasporto m arino, infilate nella sabbia
nella stiva delle navi.
Rappresentano uneccezionale testim o-
nianza delle econom ie produttive e di
consum o dei vari Paesi, delle m odalit
degli scam bi, dei luoghi di fabbricazione
e delle rotte com m erciali.
Le inform azioni che si possono ricavare
dallo studio delle anfore e le caratteristi-
che strutturali delle stesse che vengono
a questo scopo im piegate, sono:
1. i luoghi di produzione dellanfora ri-
portati sullanfora stessa, soprattutto per
quelle di origine greca e m agno-greca,
dalle rappresentazioni pittoriche, dalla
foggia, dai m ateriali di fabbricazione.
Spesso i luoghi di produzione delle anfo -
re coincidevano con il fundusche produ-
ceva le derrate alim entari;
2. la forma che cam biava da luogo a
luogo di produzione e nel corso del tem -
po, per adattarla alle m utate esigenze di
trasporto;
3. la cronologia, valutabile dalla form a
dellanfora e dai tim bri, era correlabile ai
cam biam enti politici ed econom ici data-
bili con facilit;
4 . i t i m b r i che riportano i nom i greci, lati-
ni ed oschi, etc., dei proprietari o dei luo-
ghi di produzione del vino (fig. 10).
5. il contenuto, non sem pre facile da
determ inare (resti di vino, di parti di
grappolo, di pece, di resina, di olio, m ie-
le, salse di pesce, olive, etc.).
6. le imitazioni che spesso venivano dif-
fuse per com m erciare un vino di valore
inferiore a quello che di solito quelle an-
fore trasportavano. A tale proposito si ri-
corda lim itazione che i m ercanti etruschi
facevano delle anfore di C hio, im itate
cos bene che solo recentem ente stata
scoperta la contraffazione attraverso le-
sam e cristallografico delle argille usate
per la loro fabbricazione.
I luoghi di ritrovam ento delle anfore so-
no di norm a rappresentati dai relitti di
navi affondate in vicinanza delle coste,
m a non m ancano quelle di provenienza
funeraria (di norm a le pi integre) e
quelle im piegate in drenaggi di zone pa-
ludose, com e successo in alcune locali-
t del delta del Po. (Q uilici G igli, 1987).
La classificazione viene fatta in base alla
provenienza geografica, com e ad es. le
Corinto di tipo A , B, C tra di loro diverse
per largilla usata nellim pasto e per la
loro form a, le ioniche ed ionico-m arsi-
gliesi, sim ili alle anfore Corinto di tipo B,
m a pi antiche, le anfore chiote, che tra-
sportavano uno dei vini pi rinom ati del-
lantichit ed erano riconoscibili per il
collo fortem ente rigonfio, le anfore m a-
gno-greche e/o siciliote (M G S I-VI, Van-
derm ersch, l.c.) ritrovate soprattutto nel-
lItalia m eridionale (fig. 9).
Vi anche una classificazione proposta
da D ressel, studioso tedesco della fine
800, che denom inava le diverse tipolo-
gie di anfore con il suo nom e seguito da
un num ero com preso tra 1 e 43. La nu-
m ero 1 era lanfora sim bolo dellespan-
sionism o rom ano in Europa.
Vicino alle anfore da trasporto soprattut-
to m arino, vi erano anche anfore a fon-
do piatto dette kadoi, usate per conte-
nere il vino durante i banchetti e ritrovate
spesso nei corredi funerari, sia a crem a-
zione che ad incinerazione.
D alle rappresentazioni pittoriche riporta-
te sulle anfore, peraltro abbastanza rare,
si possono avere anche delle indicazioni
preziose sul consum o di alcune tipologie
di vino allora diffuse. A d esem pio, nel
M useo di W rzburg conservata unan-
fora a figure nere che riporta D ioniso
con in m ano un kantharos, invece che,
com e ci si sarebbe aspettato, un kylix,
sim bolo del vino greco.
Poich il kantharos era un vaso sim bolo
dellespansionism o etrusco, il fatto che
D ioniso si sia im padronito del vaso poto-
rio etrusco sancisce la superiorit del vi-
no greco su quello etrusco.
2. I vasi da vino nel periodo magno-
greco ed etrusco nel Mediterraneo
(figg. 11, 12)
D ato il carattere ideologico-religioso del
consum o del vino nel m ondo classico, il
s e rvizio sim posiaco, costituito dalla cera-
m ica attica e da vasellam e bronzeo etru-
sco, era destinato esclusivam ente per la
p reparazione e consum o del vino duran-
te il banchetto. La ricchezza dei re p e rt i
antichi relativi ai vari recipienti per il vi-
no in gran parte dovuta ai ritro v a m e n-
ti di queste suppellettili nelle tom be m a-
schili com e indicatori di s t a t u s s o c i a l e .
A p p a re part i c o l a rm ente interessante in
alcune tom be lassociazione anfora-cra-
t e re -k y l i x.
C r a t e re (dal greco k e r a n n y m i = m escolare )
Recipienti sim ili ai dinoi, m a capaci di so -
stenersi da soli, senza cio il supporto, i
crateri, spesso di considerevoli dim ensio-
ni, erano usati per m escolare in presenza
39
Schede
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 39
dei com m ensali il vino con lacqua. Era
fabbricato in m ateriali diversi (bronzo o
terracotta) e la form a era m olto varia
(sferoide, a cam pana rovesciata, a cali-
ce). I pi diffusi erano il cratere a colon -
netteo kelebe, tipico del V sec. a.C ., con
anse verticali aderenti allorlo del vaso ed
il cratere a campana o a calice, con le
anse oblique che aderiscono alla parte
inferiore del vaso ed a volute, quando le
anse si ritorcono sopra lorlo.
Stmnos
Vaso da convivio sim ile al cratere ed al-
lanfora di form a ovoide con due anse
Pelke
una specie di anfora, rigonfia verso la
base ed assottigliata in alto, usata nelle
cerim onie
Psykter
Vaso dalla form a insolita, in quanto pos-
siede una base ristretta e la parte alta al-
largata. Serviva per tenere il vino fresco,
in quanto veniva posto dentro un reci-
piente pi grande ripieno di neve o acqua
f re d d a .
O i n o c h e
D eriva dalla olpe greca (o ciati o kya -
thoi), detta anche caraffa classica. Era
usata per attingere vino dalle anfore e
versarlo nelle coppe. Il corpo era ovoida-
le ed il collo cilindrico o svasato, term i-
nava in un orlo trilobo al quale era posta
una sola ansa esile ed alta.
P h i a l eo P a t e r a
Era una coppa larga e schiacciata priva di
piede, quasi com e un piatto dal quale il
vino veniva off e rto agli dei nelle cerim o-
nie sacre, spargendolo al suolo o versan-
dolo sul fuoco dellaltare. Era di norm a
una lam ina di bronzo o argento, talora
ricca di ornam enti a sbalzo o incisi. Ta l v o l-
ta era provvisto di un rigonfiam ento ad
om belico per inserirvi il dito indice.
Kntharos
Era una tazza profonda, tronco-conica, su
un piede pi o m eno alto, m unito di anse,
che sorm ontano di m olto lorlo del vaso.
Skyphos
Vaso m olto sim ile al bicchiere m oderno,
dalla form a tronco-conica, privo di pie-
de, con due anse allaltezza dellorlo.
U na variante dello skyphos era il masts
(da m am m ella), dotato di un capezzolo
al posto del piede
9. Alcune tipologie di anfore da vino del
Mediterraneo (Tchernia, 1986,
Vandermersch, 1994).
a. cananea, del 18 sec. a.C.
b. punica (dal 300 al 200 a.C.)
c. etrusca (dal 650 al 480 a.C.)
d. gallica (dal 180 al 160 a.C.)
e. greco-marsigliese
f. africana
g. greco-italica
h. di Falerno (simile alla Dressel 1)
i. Dressel 2-4 di Pompei
l. greca di Pompei
Le anfore greco-italiche sono prodotte
nella regione del Vesuvio e Filicudi. Un
sottotipo di queste, detto Campano A,
compare dopo la II guerra punica e viene
utilizzato per il trasporto di vino nellalto
Tirreno. Le anfore Dressel 2-4, anchesse
prodotte nella regione del Vesuvio,
riportano frequentemente liscrizione di
Vesuvium o Surrentinum
40
a
g h i l
b c d e f
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 40
10. Alcuni timbri di anfore ed i relativi
luoghi di ritrovamento in diverse localit
della Magna Grecia (Vandermersch, 1994).
a. ; b. ; c. ;
d. TR.LOISIO
41
a
c
d b
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 41
Kylix (da cui il latino calix, calice)
Era il pi com une dei recipienti per bere.
A form a di coppa a piatto pi am pio che
profondo, term inava con un piede circo-
lare espanso. Le due anse laterali non
sorm ontavano lorlo della coppa. Fam o-
so il kylix di Exekias del 540-530 a.C .
che raffigura D ioniso assalito dai pirati
tirreni e che racchiude un profondo si-
gnificato sim bolico.
3. La coppa di Nestore a Pithekous -
sai (lisola dIschia)
La fortuna dellisola, per Strabone, era
soprattutto dovuta alla fertilit dei suoi
suoli (eukarpia), soprattutto in funzione
della produzione di vino, com e anche af-
ferm ano Plinio (N.H. XXXI 5, 9) e Stazio
(SilvaeIII, 5, 104).
N ella antica storia del M editerraneo, gli
Euboici di A l-M ina e di Pithekoussai rap-
presentano il trait dunion tra O riente ed
O ccidente ed quindi presum ibile che
lemporion (luogo deputato ai com m er-
ci) prim a e la apoikia (colonia vera e pro-
pria) dopo, abbiano avuto un ruolo di
prim o piano nella diffusione del m ito del
vino, dei vitigni e delle tecniche connes-
se alla coltivazione della vite non solo
nellisola dIschia, m a nella C am pania e
nel basso Tirreno.
G li s k y p h o i, vasi per bere con sem icer-
chi concentrici pendenti, dipinti sotto il
l a b b ro, danno unindicazione abbastan-
za com pleta della cronologia dellesplo-
razione euboica, prim a nel M editerr a-
neo orientale, con C ipro com e base di
p a rtenza per lA sia M inore e quindi in
Sicilia ed a Ischia, dove tra il 775 ed il
760 a.C . gli Euboici stabilirono un vin-
colo indissolubile tra le vecchie civilt
orientali e le pi giovani culture dellO c-
c i d e n t e .
La presenza assiem e a dei cocci di corre-
do di una oinochoe (brocca per vino),
non bruciata e di alcuni crateri (vasi usati
per m ischiare acqua e vino, prim a del-
lofferta) testim oniano il ruolo del vino
nel rituale funerario.
Il corpo del defunto era crem ato e la pira
fum ante veniva estinta virtualm ente con
il vino, usato anche per lofferta, com e
viene descritto nellIliade (XXIII, 250) per
la crem azione di Patroclo.
La coppa di N estore un vaso per be-
re o kotyle im portato da Rodi e deposto
nella tom ba a crem azione di un bam bi-
no di circa 10 anni.
Tra la fabbricazione e la deposizione, la
kotyle fu arricchita di tre righe di iscrizio -
ne m etrica incise sulla parete esterna
nellalfabeto di C alcide in Eubea: di N e-
store la coppa buona a bersi, m a chi
beve da questa coppa subito sar preso
dal desiderio di am ore per A frodite dalla
bella corona (fig. 13).
Il ritrovam ento avvenuto nella necropoli
di San M ontano ad opera di Buchner nel
1952 eccezionale in quanto, essendo
questa kotyle databile attorno al 730
a.C ., fa di questa iscrizione m etrica il pi
antico esem pio di scrittura greca postm i-
cenea ed il prim o fram m ento noto di
poesia dei tem pi di O m ero. evidente,
infatti, il riferim ento allXI canto dellO -
dissea, dove si parla di N estore e della
splendida coppa in cui leroe bevve ci
che aveva versato la fedele Ecom ede.
C i dim ostra che i poem i om erici erano
gi profondam ente radicati nella co-
scienza dei prim i coloni euboici sbarcati
a Pithekoussai e tra questi vi erano per-
sone di alto livello culturale e sociale.
Q uesto consente anche di riafferm are
lesistenza di una stretta correlazione tra
colonizzazione euboica ed am bientazio-
ne occidentale della geografia dellO dis-
sea (M anfredi, l.c.).
4. La vite nella enclave etrusca di Ca-
pua e Pompei
La com posizione etnica di Pom pei nel II
sec. a.C . presenta dal punto di vista della
storia del vino cam pano caratteristiche
m olto particolari.
Il D ay (1932) afferm a che, vicino a dei
gentilizi osci, i produttori di vino erano in
gran parte sannitici, com e indicano i no-
m i delle fam iglie dei Popidii,Sittii,Lucre -
tii,Marii, etc. Su 49 fam iglie che produ-
cevano vino solo 10 erano di origine
greca o etrusca.
La struttura produttiva era costituita da
una rete di villae ru s t i c a e di m edie di-
m ensioni (circa 100 iugeri), in gran part e
coltivate a vigneto. C i presupponeva le-
sistenza di m anodopera servile in grande
copia, com e testim oniano gli e rg a s t u l a
ed i cubicula p resenti nelle ville ro m a n e .
Le notizie sui nom i delle fam iglie e dei
fondi coltivati sono ricavabili dai graffiti
di anfore vinarie (fundus Mamianus, f.
Badianus,f. Tiburtianus, etc.). I nom i dei
proprietari erano scritti sulle anfore al
genitivo, m entre negli altri casi si tratta-
va di nom i di m ercanti stranieri e di vini
provenienti dallEgeo.
G li scavi rivelano lesistenza diOenopolia
annessi alle villae, gestiti da schiavi o li-
berti. I nom i di questi ultim i sono talvolta
presenti sulle anfore.
Q uesto aspetto non trascurabile nella
com prensione della viticoltura dallora,
in quanto, com e accennava anche Plinio
(N .H . XIV, 40), lo sviluppo della viticoltu-
ra cam pana avvenne soprattutto in se-
guito alla introduzione di nuovi m etodi
di coltura da parte di alcuni liberti di ori-
gine orientale.
Tc h e rnia (l.c.) d una descrizione analitica
dei vini di Pom pei, citt collocata al cen-
t ro di un territorio intensam ente vitato.
Lespansione etrusca verso sud, oltre il
42
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 42
Lazio, iniziata verso il VII sec. a.C ., segn
un forte progresso nella viticoltura delle
pianure ai piedi del Vesuvio, sia per laf-
flusso di com m ercianti che di agricoltori.
D ella prosperit portata dagli Etruschi ne
d un saggio lo stratega Polibio, nella
sua Storia U niversale.
C apua fu la pi im portante citt com -
m erciale etrusca della C am pania ed il Fa-
lerno, il vino prodotto sul suo territorio,
era il pi fam oso presso i Rom ani.
I n o l t re il num ero elevato dit a b e rn a e ( 1 1 8
c o n t ro le 14 di O stia) sottolinea il fort e
consum o sul posto, non solo del vino lo-
cale, m a anche dei vini dim port a z i o n e ,
com e dim ostrano le iscrizioni sulle anfore .
Legata allindustria enologica era la pro-
duzione di ceram ica, part i c o l a rm ente svi-
luppata nellisola dIschia. Vicino a con-
trappesi da telaio, fram m enti di tegole ed
em brici, vasellam e verniciato e non, di
uso com une, frequenti sono i ritro v a-
m enti di bolli figulini di anfore, dai quali
si possono ricavare inform azioni sulla loro
origine. Vicino a nom i greci, ve ne sono
di origine osca. Inoltre sono presenti bolli
di anfore rodie e greche oltre che spa-
gnole. Q uesti ultim i appartenenti non ad
a n f o re da vino, m a da m iele, pro d o t t o
questo connesso in quel periodo alla pro-
duzione del vino.
Tra i ritrovam enti archeologici di Ercola-
no relativi al vino, appare significativa la
taberna vinaria della C asa di N ettuno ed
A nfitrite, un vinis stabulum del fondo di
Innio Teofilo e Tetteio Severo, il probabile
prezzo di un quantitativo im precisato di
vino in un graffito della C asa di A rgo,
uniscrizione di nom i di produttori su an-
fore vinarie.
Q uesto consente di afferm are che Erco-
lano com e Neapolis e Pom pei fossero
citt dove la produzione vinicola era rea-
lizzata da piccoli produttori che avevano
fatto dellattivit agricola non solo una
fonte di reddito, m a di investim ento e
che il vino prodotto non fosse al centro
di com m erci di am pio respiro, m a consu-
m ato sul posto.
5. Le alberate aversane ed i sistemi
di allevamento espansi della vite in
Campania
I sistem i dallevam ento espansi di origine
11. Vasi da vino del periodo magno-greco
ed etrusco utilizzati nei simposi e nelle
cerimonie religiose.
a. Cratere a colonnette (kelebe) ed a
campana o a calice; b. H ydria; c. Pelike;
d. Psykter
43
a
b c d
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 43
44 etrusca, adottati per il vitigno Asprinio,
espressione di una viticoltura prom iscua,
sem brano essere stati in passato conso-
ciati alla coltura della canapa.
Laltezza m edia delle alberate di 10. 15
m . ed i tutori sono pi spesso i pioppi,
raram ente quelli m orti, di castagno. Lal-
berata attualm ente diffusa in una zona
delim itata dalle tre provincie di N apoli,
Benevento e C aserta. Q uesto paesaggio
della C am pania ha sem pre colpito i viag -
giatori del Grand Tour settecentesco.
Scrive A ubert de Linsolos nei suoi Sou -
venirs dItalie: i ram i della vite in-
trecciati ai grandi alberi allorlo della car-
reggiata, danno lidea di tanti archi
trionfali di verzura, preparati per il pas-
saggio di un potente m onarca.
Q ueste alberate prendono il nom e da
una localit della provincia di C asert a ,
denom inata appunto Aversa, antico
c e n t ro etrusco, nei cui dintorni sono an-
cora m olto diffuse. In questa zona della
C am pania il tutore adottato per la vite
r a p p resentato principalm ente dal piop-
po e grazie a questo gigante le alberate
raggiungono la straordinaria altezza an-
che di 14-15 m . I pioppi sono disposti in
filari con distanze sulla fila variabili a se-
conda del territorio, m a vanno da 8-10
m a 14-15 m .
Le distanze sulla fila aum entano passan-
do dallentroterra napoletano alla zona
di A versa. Le viti, norm alm ente franche
di piede, sono presenti in gruppi di 2-5
per pioppo, addossate al tronco di que-
sto e sostenute tram ite legature al fusto
del pioppo.
I pioppi portano da 2-3 a 4 branche, la-
sciate crescere liberam ente e m olto al-
lungate che si lasciano con poche fronde
con la potatura autunnale. La vite si ap-
poggia alle branche del tutore e sale per
tutta la sua altezza, si espande lateral-
m ente lungo la linea del filare fino a toc-
care i tralci delle viti vicine, a cui a volte
pu essere attaccata. Fra un pioppo e
laltro possono esservi degli alti pali a cui
sono appoggiati i tralci delle viti che for-
m ano il festone.
Il pioppo viene potato annualm ente e si
asportano i ram i spuntati sulle branche
lasciandone solo 1-2 in cim a. La vite in-
vece si pota ogni due anni: nellanno
della cosiddetta pota vengono aspor-
tati i tralci pendenti, si abbassano e si le-
gano quelli che si sono arram picati nel-
lanno precedente, si accorciano i tralci
dellannata.
Tra gli altri sistem i di allevam ento espansi
cam pani, quello delle pergole avelline-
si diffuso nelle province di A vellino,
Benevento ed in parte in quelle di N apoli
e Salerno. Localm ente si parla di ten-
necchie o tesole dove le viti allevate in
gruppi di 2-5 (fosse o poste) sono dispo-
ste in ordine sparso a distanze che varia-
no dai due agli otto m etri.
Il sostegno (m orto) costituito dal co-
siddetto spallantrone, alto palo (4-5
m ) generalm ente di castagno che nella
sua parte superiore porta dei m ozzico-
ni di ram i ai quali vengono legati altri
ram i (frasche) che perm ettono lag-
gancio dei germ ogli, e il rinnovo del
c o rdone. Le viti vengono im palcate a
due m etri di altezza per form a re un
c o rdone orizzontale a potatura m ista.
Si tratta di un cordone stabile che vie-
ne direttam ente legato al cordone pro-
veniente dalla vite vicina o, se tro p p o
c o rto, tram ite un ram o di castagno o
di pioppo.
U n altro sistem a quello salernitano
che utilizza sem pre gli spallantroni; la vi-
te im palcata a 2 m etri di altezza in m o-
do da form are un reticolo pi o m eno
fitto. Le viti sono disposte a gruppi; i cor-
doni intrecciati a due a due o isolati ven-
gono in seguito tirati orizzontalm ente o
leggerm ente inclinati e legati ai capi del-
le viti opposte.
N el sistem a di Pannarano in provincia di
Benevento, i gruppi di viti sono disposti
in quadrato con lati di tre m etri: ogni vi-
te sostenuta da uno spallantrone e
provvista di cordone orizzontale rinnova-
bile ogni anno, m entre i tralci di viti op-
poste sono legati tra di loro.
R i g u a rdo alle variet usate dagli Etru s c h i ,
i re p e rti archeologici m ostrano lesistenza
di vitigni indigeni, utilizzati dalle popola-
zioni locali prim a dellavvento etrusco e
quasi certam ente quelli portati dalla G re-
cia, m ale si sare b b e ro adattati alla pota-
tura lunga e periodica delle alberate. I vi-
n ie t ruschi di queste zone della C am p a n i a ,
o l t re che di altre localit che si aff a c c i a n o
sul Ti rreno erano oggetto di esport a z i o n e
verso la G allia m eridionale e la C atalo-
gna, com e dim ostrano i ritrovam enti del-
le caratteristiche anfore etrusche a part i re
dal VII sec. fino allinizio del V, epoca nel-
la quale le coste m eridionali della Francia
v e n n e ro invase dalle anfore greche di
M a r s i g l i a .
Le anfore etrusche erano alte circa un m e-
t ro, con una form a stretta ed allungata,
della capacit di circa 25 litri, prive di ba-
sam ento e con due anse a m odi m anici.
Il vino era aggiunto di pece (vinum pica -
t u m) per consentirne la durata.
La presenza di viti allevate con i sistem i
espansi non si lim ita al casertano, allavel-
linese e al beneventino, m a riscontrabile
nella zona dei M onti Lattari, sebbene lal-
tezza delle piante sia m inore (circa 4 m ),
ed a Nola (5-6 m ). N ella zona dei Cam pi
F l e g rei e nellisola di Procida la vite alle-
vata con il sistem a puteolano, con tu-
tori m orti di castagno alti 6-8 m .
A nche nellisola dIschia, accanto a zone
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 44
12. Vasi da vino del periodo magnogreco
ed etrusco utilizzzati nei simposi e nelle
cerimonie religiose.
a. O inochoe; b. Kntharos; c. Skyphos;
d. Kylix
45
a
b
c
d
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 45
dove la vite allevata a spalliera bassa,
sono presenti ancora, sebbene in m isura
sem pre pi lim itata, vigneti con tutori vi-
vi e m orti di castagno alti fino a 4-6 m .
6. La viticoltura del Sannio ed il vino
Kapnios
Benevento ha rappresentato fin dallepo-
ca dei Sanniti un nodo stradale tra i pi
im portanti dellItalia M eridionale. D a Be-
nevento partono strade in tutte le dire-
zioni: attraverso lo spartiacque dellIrpi-
nia fino alla Puglia e nella direzione
opposta lungo la vallata del Sabbato,
verso A vellino. La strada settentrionale
del Sannio divenne in epoca rom ana la
Via A ppia e la Via Traiana.
In epoca precedente alla grande coloniz-
zazione greca, che diede grande im por-
tanza agli approdi m arini, assunsero un
ruolo significativo nei rapporti tra m on-
do greco ed italiota le cosidette vie tra -
sversali com e, ad es., la m ulattiera de-
scritta da Strabone, che faceva capo a
Benevento ed attraverso la quale passa-
va il traffico del grano apulo.
Pur essendo i Sanniti un popolo di
montani atque agrestes, attraverso le
calles, i sentieri della transum anza, ven-
gono a contatto con il m ondo del vino
apulo ed abruzzese e portano nel Sannio
i vitigni greci, dellEpiro in particolare.
Si suppone infatti che lespansione della
M agna G recia verso il Sannio non parta
dalla C am pania, m a dalle colonie puglie-
si di Sibari (Lepore, 1989) o m etapontine
di Siris (la rom ana Eraclea).
G li scrittori antichi parlano di vini grade-
voli (la Trebula balliensis di Plinio, N.H.,
XIV, 65); leccellente vino di Beneventum
dal lieve arom a affum icato m enzionato
gi nel IV sec. a.C . (Platone C om ico in
Ateneo I), anche se lam biente del San-
nio, prevalentem ente m ontano, con val-
late poco estese, favorisce lallevam ento
del bestiam e ovino. M a la qualit di que-
sto vino non per solo legato al vitigno
di cui si ignora, peraltro, il nom e, m a alla
particolare tecnica enologica a cui era
sottoposto, che non era condivisa da Pli-
nio (N.H. XIV, 6, 68) che afferm ava che i
vini cos conciati perdevano tutto il loro
gusto originario.
La denom inazione greca di
(Kapnios), affum icato, dal quale in latino
vinum fumo inveteratum (Plinio, N.H.
XXIII, 40), si applicava peraltro ad altri vi-
ni prodotti nel m ondo greco, non solo
della m adrepatria (Epiro), m a anche delle
colonie. Basti pensare ai vini del narbo-
nese prodotti secondo Plinio (N.H., XIV,
43) con un vitigno m olto rustico, la car -
bunica, rim asti nella tradizione francese
fino la M edioevo com e vins enfum.
Sulla tecnica enologica che era alla base
della produzione di questo vino i pareri
non sono concordi.
Lipotesi pi condivisa quella che vede
nellappassim ento delluva al sole la cau-
sa del sapore affum icato. In effetti Plinio
segnalava che in C am pania lappassi-
m ento delluva era una pratica m olto
diffusa e di origine greca. La C am pania,
inoltre, ebbe ruolo m olto im portante
nella diffusione della tecnica nelle colo-
nie greche del M editerraneo nord-occi-
dentale (es. N arbonne, M arsiglia). I vini
affum icati hanno per anche unaltra
origine e cio nella affum icatura del vino
che veniva fatto in un apposito locale
posto sopra la cucina detto fumarium
(C olum ella, De Agr., 1, 6; M arziale, Ep.
XIII, 123, 2; III, 82, 23).
Q uesta fum igazione di m osti e vini fu tra
le pratiche che M arsiglia irradi soprat-
tutto verso occidente e che rim asero in
auge a G enova ed in Liguria, in genere,
fino al M edioevo.
Vi sono per altre interpretazioni che
m eritano di essere ricordate, anche per-
ch aprono prospettive di ricerca m olto
interessanti sullorigine delle variet.
Tra queste si ricorda il sapore di affum i-
cato che conferivano le galle di quercia
tostate usate com e conservanti del vino
in epoca rom ana, o perch luva in pian-
ta veniva ricoperta con polvere di carbo-
ne per farla m aturare m eglio (il carbun -
colo di C olum ella). Si chiam avano fum osi
anche i vini m olto alcolici o prodotti in
parte con m osti cotti che conferivano un
sapore di tostato, o perch i vini conser-
vati in dolii ricoperti di pece assum evano
da questi un particolare sapore. Q uesta
ultim a ipotesi ci consente di estendere
lorigine del sapore di affum icato da una
pratica enologica ad un particolare vi-
tigno.
Infatti la vite picata, che conferiva al vino
un sapore di pece, tipico del vino pucino
per i latini, pictatumper i G reci, sem bra
essere per alcuni la vite allobrogica, dalla
quale sarebbero poi derivati lo Syrah e la
Mondeuse, vitigni del Rodano, m entre
da altri quali il Terrano, (o la Cagninao il
Refosco dIstria), i Rom ani traevano,
sem bra, il vino pucino, prodotto ap-
punto in Istria (fig. 14).
M a la m olto probabile identit tra il sa-
pore di pece ed il gusto di goudron (ca-
tram e), che hanno alcuni vini da lungo
invecchiam ento, ci consente, com plice
lantico percorso dal M editerraneo al-
lA tlantico, da N arbonne allA quitania, di
ipotizzare un rapporto tra i vitigni dellE-
piro, la kapnios ampelos citata da Teo-
frasto, la corrispondente vitis carbunica
coltivata nel Beneventano, la cui attuale
identit ancora ignota, ed i Carbonet o
Cabernet bordolesi.
U na fonte letteraria attendibile, quella di
C olum ella, conferm a questo legam e tra la
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01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:08 Pagina 46
costa orientale dellA driatico ed il Bord o-
lese, perch secondo lAutore la vite B a l i -
s c a, conosciuta in A quitania com e B i t u r i -
c a, proveniva da Durazzo (D y rr a c h i o n) ,
citt dellEpiro fam osa per i suoi vini.
A ncora oggi il Cabernet sauvignon
chiam ato in vernacolo Bidureo Vidure.
U nipotesi davvero affascinante, che de-
ve essere per verificata con il ritrova-
m ento in Epiro, in C am pania e nel Bor-
dolese dei vitigni corrispondenti.
M a il term ine capnea era anche riferito
in area culturale calabrese ad una varie-
t di vite che produceva bacche bianche
e nere, com e diceva il Barrio (1979),
luva capnia m ezza tra bianco ed il
n e ro. Per il Pugliese (1849) questa uva
era m olto apprezzata verso la fine del-
lottocento e veniva chiam ata ru g g i a o
ruzza o ru g g i n e per il colore quasi perla-
c e o - ro s a .
7. Evoluzione delle tecniche di vinifi-
cazione in Campania e le testimo-
nianze di Pompei
Bench sia difficile risalire alle caratteri-
stiche com positive delle m ateria prim a
ed alle operazioni fondam entali im piega-
te nellantichit nella vinificazione, so-
prattutto per la m ancanza di descrizioni
attendibili, da parte degli storici, di at-
trezzature e dei processi, le testim onian-
ze archeologiche consentono di risalire
alle caratteristiche salienti dei vini pro-
dotti, attraverso lanalisi di quanto ri-
m asto nei locali delle ville rustiche adibiti
alla vinificazione. Pom pei a questo pro-
posito ha dato testim onianze preziose
attraverso i locali per la vinificazone delle
ville della Pisanella, di Boscoreale e della
villa detta dei M isteri. I vini prodotti
nel passato, si pu arguire, erano di pre-
ferenza di colore chiaro, di sapore non
troppo tannico o aspro.
13. Ricostruzione grafica delliscrizione
metrica della coppa di Nestore (ultimo
quarto VIII sec. a.C.), Lacco Ameno, Museo
Archeologico (Buchner-Russo, 1955)
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Luva veniva pigiata in recipienti bassi,
detti palmenti di pietra o di m uratura o
pisti o le navie di legno, leggerm ente in -
clinati verso contenitori di terracotta, i
pithoi e dolia della capacit di 10-11 H l,
adatti alla ferm entazione, spesso interra-
ti e resi im perm eabili da resina o catram e
(fig. 17).
Il vino ottenuto dalla pigiatura era consi-
derato di prim a qualit, m entre quello
che si otteneva dallesaurim ento della vi-
naccia vergine, com prim endola con un
sacco di tela o con un torchio, era di
qualit inferiore ed era usato per dare
colore al prim o vino.
In seguito i G reci intro d u s s e ro il torc h i o
a leva con il quale si pressava dire t t a-
m ente luva disposta a strati sotto la le-
va (fig. 15).
La pigiatura avveniva spesso anche nel
vigneto nei palm enti (calcatorium roma -
no) retaggio della colonizzazione greca
dellItalia m eridionale. In C am pania sono
ancora riconoscibili alcuni palm enti del
700-800 nel beneventano e le tracce di
pi antichi palm enti m agno-greci nelli-
sola di Ischia (fig. 16).
Spesso erano ricavati da m assi isolati, di
m ateriali facilm ente lavorabili com e le
arenarie, posti nelle vicinanze del vigne-
to o di una strada. D i norm a era costitui-
to da due vasche com unicanti tra loro
per m ezzo di un foro o di una fessura.
La vasca superiore di dim ensioni m ag-
giori di quella inferiore era di form a ret-
tangolare, m entre quella inferiore era se-
m icircolare o ellittica e presentava nel
centro una depressione che serviva a rac-
cogliere il m osto. A lla vendem m ia, luva
veniva pigiata nella vasca superiore con i
piedi, dove rim aneva per 24-48 ore. D o-
po questo tem po il m osto veniva fatto
defluire dal foro nella vasca inferiore. Le
vinacce erano quindi am m assate alla pa-
rete superiore della prim a vasca e pressa-
te con un torchio la cui m adre vite, collo-
cata fuori dalla vasca, azionava una pe-
sante trave di legno che prem eva sulle
vinacce vergini. A l m osto fiore veniva ag-
giunto prim a della ferm entazione, il ri-
sultato della torchiatura delle vinacce
vergini. Era invece tenuto separato il tor-
chiato ottenuto dalle vinacce ferm entate
che non poteva essere usato, com e af-
fernava Plinio, per le libagioni religiose.
M eno docum entata era la vinificazione
in rosso, che utilizzava, com e cita anche
Pier de C rescenzi (1495), uve nere, rosse
e bianche e che dava luogo a vini detti
rispettivam ente nigrum, rubeum ed au -
reum.
C on i vini da torchio detti stretti e con le
vinacce sia vergini che ferm entate si pro-
ducevano i vinelli o acquaticci, m olto dif-
fusi tra i ceti contadini nel M edioevo. N el
tardo M edioevo com inciano a com parire
delle opere m anualistiche indirizzate a
quella categoria di proprietari terrieri che
vivevano in citt, nelle quali erano de-
scritte le tecniche di produzione dei vini,
dei vinelli, dei m osti cotti, dei vini dolci,
dei vini graticulati (i m igliori, prodotti
con la graticulao pistarola, che consenti-
va la diraspatura delle uve), i vini profu-
m ati (attraverso laggiunta di spezie, er-
be, frutta) ed i vini frizzanti.
D opo il periodo della ferm entazione, che
durava anche 6 m esi, il vino era conser-
vato nella cella vinaria e nella apotheca,
locale posto nella parte alta della casa, in
recipienti chiam ati serie (cap. 180 l), cadi
(cap. 40 l) ed anfore(cap. 26 l) ed in pri-
m avera dopo il travaso era venduto. Il
m aggior problem a qualitativo era dovu-
to alla acidit volatile, causata da una
inadeguata chiusura dei contenitori, che
veniva corretta con laggiunta di trem en-
tina, resina, argilla ed erbe arom atiche.
Plinio, riferendosi ai vini cam pani, diceva
che questi si conservano fuori terra affin-
ch sentano leffetto degli eventi clim ati-
ci (.. sub diu in cadis verberari sole,luna,
imbre, ventis.)
Interessanti ed originali sono due tecni-
che di vinificazione diffuse nel 700 ed
800 soprattutto in Irpinia.
Vicino alla tradizionale ferm entazione
con m acerazione delluva nera in tini o
palm enti, che dava origine a vini tannici
e colorati, vi era una tecnica detta acina -
ta, che consisteva nel cuocere delluva
diraspata o nellappassirla in forno, per
poi aggiungerla in proporzione del 10-
20% alluva in ferm entazione.
N ella zona di SantA ngelo dei Longobar-
di, com e riferisce Vitagliano (1991) si
usava un sistem a di vinificazione m olto
sim ile alla attuale m acerazione carboni-
ca, che dava origine a vini pi pronti e
m orbidi.
8. Le Aminee
Le Aminee sono certam ente i vitigni con
il m aggior num ero di citazioni nelle ope-
re georgiche, e rappresentano un caso di
studio m olto interessante sia per le im -
plicazioni di carattere sem antico che am -
pelografico.
U n aspetto m olto com plesso e tuttaltro
che chiarito quello relativo allorigine
del loro nom e.
C om e spesso accaduto per m olte va-
riet di vite, anche per le Aminee il no-
m e derivava dal luogo di origine della
variet.
N el caso specifico, gli A m inei erano un
popolo di origine pelasgica venuto dalla
Tessaglia ad occupare la parte settentrio-
nale del golfo poseidonico.
Il nom e Falernus va corretto in Salernus
e questo perch allora il nom e Falernus
non era conosciuto e perch le viti di Fa-
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lerno erano considerate diverse dalle viti
Aminee(M urolo, 1985).
Recenti scavi nella necropoli di Ponteca-
gnano consentono ora di identificare in
questa localit, lantica citt di A m inea,
successivam ente chiam ata Picentia o
Peucetia.
Q uesti riscontri conferm ano quindi che i
Tessali si erano stanziati in quel tratto di
territorio, che sar poi Salernum, tra C ri-
m isa e Sibari.
M acrobio (Satur. III, 16) conferm a questa
ipotesi archeologica cos com e A ristotele
precisa che sono stati gli A m inei a porta-
re queste variet in Italia. Per Isidoro, in-
vece, il nom e deriva da sine minio,
id est sine rubore, cio uve quasi senza
colore.
Il Fiore (1743) afferm a che le viti Ami -
nee, pur Falerne, produttrici di vino
grande e prezioso, e qual si conviene alle
cene deglA ugustaliIl vino addunque
di quella vigna, vino Falerno, era di gran-
de stim a in quei tem pi, per disposizione
del testatore doveva serbarsi alluso de-
glA ugustali Petelini, per sol quando si
banchettava in pubblica dim ostranza.
Largom ento offre spunto di riflessione e
pone linterrogativo intorno alla m igra-
zione degli A m inei, che avevano intro-
dotto in Italia le viti Aminee, e dove si
erano stabiliti.
Si pu ipotizzare che la vite Aminea, fa-
m osa allepoca per qualit e robustezza
era quasi certam ente coltivata nella pia-
na dellantica Sibari. Le origini di questo
vitigno fanno pensare alla citt di A m i-
nea non si sa se nel Piceno o in agro Fa-
lerno o nella pi vicina Peucezia (Puglia).
M a bench i repertori di geografia antica
siano discordanti sulla ubicazione di que-
sta citt essa era sicuram ente centro di
produzione di vini pregiati. LAminea era
gi coltivata in Tessaglia e da qui pass
14. Stampigliature di anfore con la
provenienza e la tipologia del vino.
a. Anfora di Dressel 43 contenente vino di
Creta (C RET), Lion, 1987
b. Anfora Gallica 4 contenente vino
vecchio con pece (PIC ATum VETus), Lion,
Marichal, 1978
c. Anfora Gallica 4 contenente vino
vecchio di Bziers dal vitigno A m ineo
(A M IN eum BA ETerrense VETus), Lion,
Marichal, l.c.
49
a
b
c
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in Italia. Vale la pena di ricordare che Fi-
lottete, m itico fondatore di Petelia, era
tessalo e non si pu escludere che il viti-
gno, allepoca della conquista rom ana,
fosse gi stato introdotto nei territori
della M agna G recia. Secondo A ristotele
era stata la popolazione degli A m inei
che aveva portato, dalla Tessaglia in Ita-
lia, le viti che da essa avevano preso la
denom inazione, m a lautore non chiari-
sce dove questo popolo si fosse stanzia-
to. Solo M acrobio vi accenna in questi
term ini: analogam ente le specie duva:
Aminea dal nom e della zona, poich
gli A m inei abitarono dove ora c Faler-
no (Saturnali, III, 20,7) dove il nom e Fa-
lerno va corretto in Salerno. Q uesta noti-
zia, m olto sintetica e generica, ha
consolidato la tradizione secondo cui lo
stanziam ento dei Tessali A m inei va ricer-
cato in C am pania.
Lipotesi di una popolazione detta degli
A m inei, stanziata tra Sibari e C rotone,
nella zona dellantica Petelia, stata ulti-
m am ente ripresa in considerazione da ri-
cercatori che hanno ritenuto probabile
questa possibilit. Se questa ipotesi risul-
tasse vera, com e am piam ente prova e
ferm am ente sostiene il Vanderm ersch
(l.c.), dim ostrerebbe che il vitigno dellu-
va detta Aminea, con m olta probabilit,
si trovava in questa regione e in questa
zona gi prim a che venisse coltivato nel-
la vigna di M agno M egonio, perch por-
tato in C alabria direttam ente dagli A m i-
nei. A ltre fonti testim oniano che la fascia
di territorio che va da Strongoli a Faler-
na, era una zona coltivata con queste
uve anche successivam ente allepoca ro-
m ana e fino a tem pi piuttosto recenti.
C onsiderando il fatto che a volte i terreni
assum evano il nom e dei vitigni che vi ve-
nivano piantati si pu credere che le fa-
m ose uve Aminee, dette anche Falerne,
erano coltivate in poderi che prendevano
questo stesso nom e. Il Pacichelli (1703)
conclude la descrizione di C astiglione
(M arittim o), che produceva vini di som-
ma perfezione, con queste parole: C a-
stiglione h sotto di se unaltra buona
Terra che per la bont desuoi vini ha
tratto il nom e dallantico Falerno. Si ri-
ferisce ovviam ente alla zona calabrese
dellodierna Falerna il cui terreno era evi-
dentem ente coltivato con viti Aminee,
altrim enti dette, Falerne. il caso di sot-
tolineare che il territorio corrisponde al-
linsediam ento della citt greca Tem esa e
che dunque queste viti potevano essere
gi da tem po in questarea.
Riguardo alle variet delle viti Aminee ri-
sulta interessante un particolare riferito
da C olum ella che precisa: la vera Ami -
nea grande si riconosce per labbon-
danza dei tralci e per la grandezza delle
foglie, dei grappoli e degli acini. Q uan-
do nel 1526 lA lberti, trovandosi in C ala-
bria nella zona dellA ngitola, scrive da-
ver visto pampini delle viti lunghi circa
un braccio lascia supporre daver visto
appunto la vera grande Aminea cos co-
m e descritta da C olum ella. bene ri-
cordare che la zona dellA ngitola relati-
vam ente vicina a Falerna. Q uesto indica,
se lipotesi giusta, che, nel C inquecen-
to, una zona della C alabria era ancora
coltivata con questo vitigno.
Si pu anche notare che se i Tessali Am i-
nei erano in realt Pelasgi, Tessali A m inei
voleva dire Etruschi, per la nota tradizione
che attribuiva agli Etruschi unorigine pe-
lasgica e una provenienza dalla Te s s a g l i a .
In conclusione vini e viti A m i n e e d e n o m i-
nate da un gentilizio etrusco e connesse
a l l a g ro picentino, occupato dagli Etru-
schi e dom inato dalletrusca Pontecagna-
no, sono di origine etrusca e testim oni
del ruolo giocato dalla viticoltura etru s c a .
Pontecagnano m ostra influenze etru s c h e
fin dal IX-VIII secolo ed esibisce iscrizioni
e t rusche dalla fine del VII fino allultim o
q u a rto del IV secolo. La viticoltura etru-
sca razionalm ente sviluppata a part i re
dallultim o trentennio del VII secolo e
nella Cam pania m eridionale, a dire t t o
contatto con larea am inea, la viticoltura
si sviluppata nel periodo dellegem onia
e t rusca sullarea, tra VI eV secolo lascian-
do traccia di s nellarea sorrentina, a No-
cera, nella valle del Sarn o .
La vite Aminea si trovava coltivata in
C am pania nellarea tra Sorrento e il Ve-
suvio, nellarea collinare attorno a N ea-
polis, nellarea cum ana con la variet
detta Scantiana, una Aminea minor, se-
condo Varrone. La connessione con lin-
fluenza etrusca data dalla tecnica di
coltivazione. U no studio fondam entale
di Sereni (1981), ha dim ostrato da un la-
to la connessione tra viticoltura etrusca e
coltivazione arbustiva della vite, ossia vi-
te m aritata con albero, e dallaltro il le-
gam e della coltura della vite su palo, la
vite jugata, alla coltivazione greca in area
m assaliota e m agno-greca.
Le fonti antiche precisano che la vite
Aminea va norm alm ente sullalbero. N el-
lager Campanusin particolare essa ar-
bustiva e m aritata al pioppo. N ellarea
capuana il vino anadendrites e quindi
prodotto da viti m aritate ad albero. A
C um a, la Amineaera coltivata ancora su
albero. D unque vite etrusca coltivata al
m odo etrusco.
Q uesta solida connessione tra viticoltura
cam pana e tecnica di coltura etrusca tol-
lerava due eccezioni: sul m onte G auro,
anticam ente cum ano, la vite calventina
era coltivata parte su albero, parte su
palo, nellarea sorrentino-vesuviana, la
Aminea gemina minor era norm alm ente
coltivata su albero, m a poteva trovarsi
50
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1 5 . P robabile evoluzione del torchio per uva
a. torchio egiziano a torsione (affresco
della tomba di Beni Hassan, Rosellini,
1832)
b. torchio greco a bilancere del VI-IV sec.
a.C. (vaso della collezione Brauignan/
Vickers Hellas, Monaco, 1982.
c. torchio romano a leva detto di Catone
secondo Drachmann, considerato
unevoluzione del cosiddetto torchio a
pietratorcia in uso ad Ischia.
d. torchio romano a vite detto di Catone
in uso anche a Pompei (Troost, 1989)
51
a
b
c
d
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anche su palo. M arginalm ente, dunque,
com e gi si visto a proposito della no-
m enclatura delle viti cam pane, sopravvi-
veva ancora in piena et rom ana traccia
della viticoltura greca, di m atrice cum a-
na e neapolitana.
Sotto il nom e generico di Aminee sono
per com prese entit genetiche m olto
d i ff e renziate (Colum ella, De Agr. III): la
m i n o re ha una fioritura precoce, adatta
alle alberate e sopporta m eglio piogge e
venti. Per Catone (De Agr. VI) questa
A m i n e a deve essere allevata in posizioni
ben esposte. La m a g g i o re allega m eno,
specialm ente se allevata in filare e deve
e s s e re coltivata in terreni fert i l i .
H a num erosi sinonim i, quali Murgentina,
Apicia, Lucana e si riconosce per i tralci
abbondanti, per le dim ensioni delle fo-
glie e dei grappoli. Il vino pi sapido di
quello della A. minore.
Le Aminee cosiddette gemelle produco-
no grappoli doppi e producono un vino
pi aspro, m a di lunga conservazione. La
pi piccola delle due pi nota in quan-
to alla base dei fam osi vini del Vesuvio
e di Sorrento. A parte la caratteristica di
avere i grappoli doppi m olto sim ile alla
Aminea minore.
LAminea lanata cos chiam ata perch
non ha solo la pagina inferiore della fo-
glia tom entosa. m a tutto il germ oglio
bianco per la lanuggine che lo ricopre.
la pi debole, luva va facilm ente sog-
getta a m arcium e, m a fornisce un buon
vino. nota anche una particolare Ami -
nea, sim ile alla maggiore, m olto produt-
tiva, m a il cui vino di m odesta qualit.
M eno im portante sono altre due Aminee
nere, rispettivam ente chiam ate Siriaca o
Siricache sem bra avere analogie con lA -
glianico e presum ibilm ente prende il no-
m e da Sirio (Eraclea) e Spagnola.
Plinio conferm a lattitudine delle Aminee
in genere a produrre un ottim o vino, dal
sapore aspro, m a dal lungo invecchia-
m ento, atte ad essere coltivate sugli al-
beri o con altre form e espanse, com e le
pergole (in pergulis).
Im portante anche la constatazione del
Palladio (De Agr., III), lultim o dei georgi-
ci latini, per il quale, m algrado i luoghi di
coltivazione abbiano un ruolo rilevante
sulle m anifestazioni produttive delle viti,
le Aminee riescono a produrre un buon
vino, in luoghi m olto diversi, preferendo
com unque le posizioni calde a quelle
fredde ed i terreni ricchi a quelli m agri.
C olum ella (De Agr., III, 2) piant uno iu-
gero di vigna a pergolato con le Ami -
neae per la loro fecondit, dalle quali
raccoglieva per ogni pianta in m edia cir-
ca 50 litri di vino.
D i notevole interesse, com e si gi scrit-
to in altra parte, sono i tentativi esperiti,
sebbene con risultati m odesti, da num e-
rosi am pelografi, fin dal 1600, per dare
una identit m oderna alle diverse A m i -
n e e.
G i il Bacci (l.c.) era dellopinione che il
vino greco fosse prodotto da uve Ami -
nee, cos com e il Ferrante (1927) soste-
neva che ilGreco di Tufo potesse identi-
ficarsi con una delle Amineegemelle.
C osm o e Polsinelli (1960) riconoscono
una certa identit con il Riesling italico.
Per altri am pelografi (G asparrini, 1845,
Viala, Ve rm o rel, 1909) lA m i n e a m u rg e n -
t i n a era identificabile con il B a r b a ro u x
p rovenzale o il B a r b a rossa v e s u v i a n o .
A l gruppo delle Aminee pu appartene-
re anche lAglianico, sia perch parteci-
pava alla produzione del fam osissim o Fa-
lerno, sia perch la sua distribuzione
geografica si identificava con quella delle
Aminee ed ancora perch era chiam ato
anadentrite, antica denom inazione delle
Aminee.
9. Il Falerno
In uno scritto del XVII sec. dello studioso
di letteratura tedesca Kaspar von Stiler
(1691) al vocabolo generico di vino e vi -
no nobile viene associato il term ine di
Falernum vinum generosum, a testim o-
nianza della notoriet che questo vino
della Rom a antica godeva in G erm ania.
In verit questo vino era m olto fam oso
anche presso i Rom ani, com e testim o-
niano le frequentissim e citazioni nelle
opere di M arziale (27), O razio (15) e Pli-
nio, nella sua Storia N aturale si dilunga
m olto sulle viti Falerne che prendono il
loro nom e dallagro di Falerno (XIV,
4,38) e lo storico precisa che quel terri-
torio che va dal ponte Campano (sulla
via A ppia a 20 km da C apua) sulla sini -
stra in direzione di Urbana, colonia fon -
data da Silla e recentemente annessa a
Capua(XIV, 8,62).
Il vino era prodotto secondo Plinio e C a-
tullo con una sola variet di vite. Le ca-
ratteristiche salienti del vino ricavabili da-
gli scritti, soprattutto di O razio, erano
s e v e ru s ( d e n s o ) , f o rt i s ( f o rte), a rdens ( a r-
dente). Q uestultim o term ine si riferisce
p robabilm ente allelevato tenore alcoolico.
C on linvecchiam ento queste caratteristi-
che divenivano pi m arcate e com pariva
un tipico sapore am aro, che veniva m iti-
gato dallaggiunta di m iele di Hymettos
(A ttica).
Q uesta preparazione non era solo un m o-
do per addolcire il Falerno, soprattutto
quello del M assico, m a aveva un significato
sim bolico rappresentato dallunione della
f o rza latina con la dolcezza greca. Ta l v o l t a ,
com e riferisce M acrobio, si m escolava Fa-
l e rno con il vino dellisola di Chio.
O razio riferisce anche dellaggiunta di ac-
qua al Falerno per m itigare (t e m p e r a re) il
f o rte sapore. M arziale cita anche lutilizzo
della neve che, sebbene diluisse il vino,
52
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:09 Pagina 52
non ne riduceva il colore, essendo questo
m olto intenso (n i g e r) .
Un anno leggendario per la qualit del Fa-
l e rno fu il 121 a.C., com e ricordava M ar-
ziale, riferendo i com m enti del console
O p i n i u s.
Della m itica longevit di questo vino si ha
una testim onianza nel S a t y r i c o n q u a n d o
Trim alcione parla di un Falerno di 100 an-
ni. Forse alla base di questa durata nel
tem po vi era lautoarricchim ento in alcool,
che il vino subiva nel corso degli anni nelle
a n f o re di argilla, che erano perm eabili al-
lacqua, a causa delle m inori dim ensioni
della m olecola, m a non allalcool.
Il Falerno stato uno dei quattro grandi
vini con C hio, C ecubo ed A lbano, che
C esare offr al popolo per i suoi trionfi, e
la scelta cadde sul Falerno non solo per
la sua notoriet, m a perch considerato
un vino straniero e quindi testim oniava
la m unificenza del donatore.
Spesso confuso con il M assico, che in-
globava anche un altro vino, lo Stata -
num, com e testim onia il ritrovam ento di
D ressel presso C astro Pretorio di unan-
fora che riporta liscrizione dipinta di
FAL(ernum) MAS(sicum) con la data con-
solare di 102, presentava tre sottodeno-
m inazioni, il F a l e rno p ropriam ente detto, il
G a u r a n u med il F a u s t i a n u m. Esisteva an-
che una distinzione per tipologia: a u s t e -
ru m(un poastringente), d u l c ee t e n u e.
I term ini pi im piegati per definire il co-
lore (nigro et fusco Falerno) si riferivano
di norm a a Falerni m olto vecchi, dolci,
m aderizzati e bruni per let.
N ellAger Falernus, suddiviso in tre sotto-
zone, secondo Brutus erano 160 i viticol-
tori che producevano vini di grande in-
vecchiam ento, che per non portavano
tutti il nom e di Falerno.
La fortuna com m erciale del Falerno, m a
anche di altre due vini fam osi, lA lbano
ed il C ecubo, verso il 130-120 a.C . era
legata al fatto che attorno a C um a, Poz-
zuoli, C apo M iseno e Form ia erano nu-
m erose le ville m arittim e e che in tali ville
si consum avano questi vini in quanto
m olto vicine alle zone di produzione.
10. Fiano (o Latino bianco)
In passato si pensava fosse la corruzione
del nom e Apianus (da ape).
Le Apiane, vitigni descritti da C olum ella
e Plinio, erano considerate uva dal sapo-
re m oscato (Bacci, l.c.; Sachs, 1661; N i-
cosia, 1735; Estienne, 1570).
Q uesta interpretazione non pi accet-
tata, sia perch non sono le api, m a le
vespe ad essere attratte dalle uve precoci
e dolci sia perch il term ine m oscato non
pu essere attribuito alle uve visitate dal-
le m osche, m a per il loro odore di m u-
schio (M urolo, l.c.). Per questo m otivo se-
condo Alessio (1976) il term ine Fiano n o n
d e r i v e rebbe da A p i s, m a da A p p i a n o, va-
riet di m ela che prende il nom e da un ta-
le A ppio (Plinio, N . H . X V, 49) o da un to-
ponim o che indicava un castello alla
periferia di Avellino dal nom e di Appia da
cui Appiano, vino di Appia, divenuto pi
t a rdi Alpiano o Fiano (Carlucci, 1890).
Sem bra che le A p i a n esiano state le prim e
uve portate dai coloni pelasgici ed in part i-
c o l a re, secondo Strabone (G e o g. VII, 334),
dal Peloponneso o isola di Pelope, la gran-
de penisola che oggi si chiam a M areci e
prim a si chiam ava Apia o Pelasgia.
In effetti il Fiano m olto diverso dal
punto di vista am pelografico dai Mo -
scati.
Le prim e notizie del Fiano non sono pre-
cedenti al XII sec., anche se il sinonim o
16. Disegno di un palmento ricavato da
un masso erratico dove, per le sue
dimensioni considerevoli, sono stati scavati
alcuni locali adibiti alla vinificazione
(cellaio) ed alla conservazione del vino. Il
piano di pigiatura (palmento) antistante
le aperture dei locali. (Roccia dei palmenti
in localit Falanga ad Ischia). Disegno di C.
DAmbra (scala 1: 100)
53
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:09 Pagina 53
di Latino autorizza pensare ad una sua
coltivazione precedente.
Federico II di Svevia lo cita tra i vini da
acquistare in C am pania e langioino C ar-
lo II lo fa piantare in Puglia. Le citazioni
ottocentesche si riferiscono soprattutto
al Fiano coltivato in Puglia, con i sinoni-
m i di Minutolo,Fiore Mendillo, oltre che
di Latino b. Q uesto Fiano pugliese da
ritenersi per variet distinta sia per ca-
ratteristiche am pelografiche che per la-
rom a m oscato delluva.
1 1 . G reco (o Greco di Tu f o )
A m olte uve stato dato il nom e di
G re c o.
Plinio riporta una sinonim ia tra luva di
M o rg a n z i o coltivata presso Leontini ed un
G re c op o rtato da Sorrento in Cam pania.
C upani (1695) descrive alcune variet di
Greco (di Palermo, bianca e ad acino
oblungo, Grecari ad acino grosso, carno-
so, Greco di Napoli di sapore arom atico,
usato per fare i vini a Lipari).
Targioni Tozzetti (1856) fornisce unae-
lencazione pi ricca di Greci (bianco o
Trebbiano di Spagna, Greco lungo mag -
giore, Greco piccolo, Moscadello, etc.).
Sem m ola (1848) descrive un Greco del
Vesuvio e di Somma, che chiam a anche
Latino b. (Fiano), cos com e il M endola
(1868) parla di un Greco di Napoli o di
Somma. D altra parte il nom e di Greco
venne dato erroneam ente anche ad altre
uve che avevano nom i diversi, com e ad
es. Greco b. o Biancone al Trebbiano
verde, allAleatico, al Bianchetto, allEr -
baluce, etc.
Esistono Greci bianchi, neri e rossi.
Grechetto: affine al Greco delle M arche,
dove m aggiorm ente diffuso. Talvolta
confuso con lUva della Madonna ed il
Trebbiano montanaro.
Greco di Tufo: il Greco del Vesuvio o
Latino che C olum ella chiam ava Aminea
gemella, sim ile allAsprinio.
N el 1592 Porta definisce le due Aminee
gemelle rispettivam ente la Grecula mi -
nor e Grecula maior e Plinio afferm ava
che il vino di queste Aminee era un po-
co duro, m a che si conservava m olto be-
ne e m igliorava invecchiando.
N el 1549 Sante Lancerio, bottigliere di
Papa Paolo III Farnese, scriveva che il vi-
no G reco proveniva dai C om uni di Som -
m a, Posillipo, Ischia, Torre e N ola. Il m i-
gliore era quello di Som m a.
M oltissim e sono le descrizioni del vitigno
(Sem m ola, l.c.; G oethe, 1887; D i Rova-
senda, 1877; M as., Pulliat, 1874; Portes,
Ruyssen, 1886; Pulliat, 1888; Ferrante,
l.c., etc.): G rappolo piccolo cilindrico
gem ino, giallo clorato con acini sferici
piccoli, con buccia punteggiata
D alm asso (1961) ha accertato una certa
som iglianza con il Riesling italico con il
quale condivide m olti caratteri del grap-
polo e della foglia.
Recenti ricerche condotte con m arc a t o r i
m olecolari SSR e A FLP presso lIstituto
Agrario di S. M ichele allA dige hanno evi-
denziato una notevole affinit genetica tra
G reco di Tufo ed Asprinio (G rando, c.p.).
12. Aglianico
Il Porta (1592), riferendo quanto C olu-
m ella e Plinio scrivevano sulle Helvolae,
concludeva afferm ando che le viti Hella -
niche sono le Helvolae degli antichi. D i
queste una ha uve rosso-granata. Il na-
poletano C olum ella (1806), om onim o
del celebre georgico latino di origine
spagnola, parlando delle uve della C am -
pania, tra le altre cita la Glianica, detta
anticam ente ellanica o ellenica, venuta
forse dallEubea, oggi N egroponte. Il G a-
sparrini (l.c.) ed il Bruni (1845) chiam ano
la Glianicao Aglianico anche Prugnolo o
Greco nero ed afferm ano che con que-
sto vitigno si fa sul m onte di Procida un
vino chiam ato Lacrima nero.
N on va neppure rifiutata lipotesi di G ra-
nata (1883), allievo di G asparrini (l.c.),
che sostiene lorigine del vitigno Agliani -
co dalla G recia e dallEubea in particola-
re, m a portato dai Fenici, i prim i abitatori
di Napoli e per questo chiam ato A g l i a n i c o
con il significato di greco o gre c i z z a n t e .
Secondo il C arlucci (1896), autorevole
studioso di viticoltura m eridionale, il ter-
m ine una corruzione di Hellanico o El -
lenico.
Il Rohlf (1956) tende per ad escludere
tale derivazione ed a rapportarlo al lati-
no Iuliaticus (lugliatico), uva che m atura
in luglio. Tale opinione per senzaltro
da scartare, essendo il vitigno tra i pi
tardivi a m aturare.
N on sem bra neppure probabile lidenti-
t, anche se solo lessicale, tra Aleatico
ed Aglianico, sostenuta dallA lessio (l.c.),
sebbene nellantica G recia esistesse un
vino chiam ato Leaticos.
A nche se m olti nom i di vitigni derivano
dai luoghi dorigine (com e g re c o, a m i n e a,
a p i a r i a, etc.), da scart a re la derivazione
di E l e a t i c o da E l e a - Ve l i a, lultim a colonia
fondata dai greci in territorio italico, in
quanto il term ine e l l e n i c o non m ai stato
im piegato dai georgici rom ani per desi-
g n a re un tipo di vino o un vitigno.
Pi plausibili sem brano essere due recen-
ti ipotesi sostenute da M urolo (l.c.), r a p-
p resentate, la prim a, dallassonanza G a u -
ranico-Glianico, giustificabile anche dal
punto di vista etim ologico dalla assenza
della a iniziale, che com e aggettivo
dialettale viene incorporato nel sostanti-
vo italianizzato.
Il Gauranum-Gauranicumera un tipo di
Falerno com e Plinio riferiva: Falerno
secundum, Gauranis tertium nobilitatis
54
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:09 Pagina 54
17. Recipenti per la fermentazione e
conservazione del vino.
a. Sezione di un dolia (cella vinaria della
Pisanella); b. Supporto per dolia in una
cantina assira. Modalit di stivaggio di
anfore e dolia in una nave vinaria romana;
c. Dolia; d. Anfore
55
a b
c d
01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:09 Pagina 55
locum statuit ed in A teneo si trova
che il Gaurano poco abbondante, ec-
cellente, tonico e denso, il pi untuoso
dei vini prenestinici e tiburtini.
C he il vino Aglianico sia per queste ca-
ratteristiche il continuatore dellantico
Gaurano o Guarinico, lo afferm a anche
D alm asso (1937).
Vi per una seconda ipotesi.
A ndrea Bacci (l.c.) riferendosi allAgliani -
co scriveva: cos chiamato da una
parte per distinguerlo dal Lacrima dal -
laltra per riferimento al genere duva
non molto nera, piena di succo rossiccio
ed un po denso e suggerisce al M u-
rolo (l.c.) una interpretazione dotta.
Q uanto scrive il Bacci (l.c.) porta al term i-
ne greco aglaos(chiaro) ed aglaia (splen-
dore), da cui Aglianico, vino rubino e
splendente. Il term ine Aglianico, quindi,
o passato dallantichit com e corruzio-
ne di Gaurano. Gauranico, riaffiorando
com e g l i a n i c o o g l i a n i c a, ancora oggi usa-
to in m olti paesi irpini o lucani o stato
coniato per i caratteri distintivi rispetto al
L a c r i m a ed al M a n g i a g u e rr a, che il vino
evidenziava in m aniera spiccata.
G uadagno (1996, 1997) rifiuta lipotesi
che lAglianico sia un vitigno di deriva-
zione greca e ne propone invece unori-
gine locale, nellAger Falernus sia per le-
levata acidit delluva, tipica delle variet
derivate da viti selvatiche, che per la for-
m a di allevam ento con tutore vivo (so-
prattutto salice), espressione della viticol-
tura etrusca dellenclave di C apua e di
N ola. Per questa caratteristica era chia-
m ato anadendrite. A conferm a di ci le
num erose analisi condotte sul D N A nu-
cleare di Aglianico attraverso lim piego
di m arcatori m olecolari SSR e A FLP han-
no dim ostrato lelevata distanza genetica
da num erosi vitigni di origine greca
(Scienza et all., in litteris). N el XVI secolo
si citano le viti latine aglianiche e le ar -
bustate et vitata di vite latina et glianica.
Lantica form a glianica risalirebbe invece
allo spagnolo llano-piano/pianura e quin-
di il valore etim ologico sarebbe uva del
piano.
13. Vino e salute nel Medioevo e nel
Cinquecento campano
Lim piego del vino com e farm aco noto
fin dallantichit: num erose sono le cita-
zioni nella Bibbia (nel Libro dei Proverbi,
nellEcclesiaste) e nel N uovo Testam ento
(San Paolo, nella Prim a Lettera a Tim o-
teo).
C elso e G aleno lo consigliavano per chi
soffriva di m ale allo stom aco e contro la
debilitazione.
I m aggiori m aestri della Scuola Salernita-
na com pilarono unopera in versi che sa-
rebbe passata alla storia con il nom e di
Flos medicinaeo Regimen sanitatis.
Tra le num erose citazioni del vino ripor-
tate nellopera si ricordano:
Dum saltant atavi patet excellentia vi -
ni (quando ballano i vecchi segno che
il vino eccellente)
At bene dilutum, saliens moderamine
sumptum (e bene diluito, scintillante e
bevuto con m oderazione).
N el Trecento si scrisse addirittura un trat-
tato sul vino com e m edicina.
Fondam entale il com m ento che il M at-
tioli, m edico senese, fa dellopera di D io-
scoride, m edico m ilitare greco, vissuto a
Rom a tra il I ed il II sec. della nostra era,
relativo agli effetti benefici dei singoli vi-
ni italiani sulla salute.
Il Falerno di gran lunga il vino, soprat-
tutto quando vecchio, che ha le m ag-
giori virt salutari, cos com e il Sorrenti-
no, m entre il C ecubo di difficile
digestione.
Spesso, inoltre, ai vini venivano aggiunti
estratti vegetali o parti di piante ed era-
no cos usati per particolari patologie.
C urioso era il vino delloro spento,
preparato appunto spegnendo una lam i-
na doro, portata al calore rosso, nel vino
ed usato nelle m alattie della m ente e per
il conforto dei lebbrosi.
Il m edico rom ano C astore D urante nel
suo Herbario nuovo, stam pato nel 1585,
elogia le propriet terapeutiche delluva
e del vino e parla anche di distillazione
del vino e delluso m oderato dellacqua-
vite per curare alcune m alattie, quali le-
pilessia e le vertigini. Il napoletano A l-
fonso Ferri, m edico di Papa Paolo III
Farnese pubblica a Rom a nel 1537 uno-
pera sulle virt terapeutiche dei vini.
14. Vini latini e greci nella Campania
rinascimentale
La distinzione dei vini cam pani e greci era
di epoca longobarda e si riferiva ai vini
p rodotti dai latini, abitanti nella pianu-
ra cam pana, m entre i vini greci pro v e-
nivano dalla fascia costiera e vesuviana
sotto il dom inio dellim peratore di Co-
stantinopoli. Non m arginale era anche il
m odo di allevare le viti: quelle latine ad
arbustum e quelle greche ad vinea.
Sante Lancerio, noto bottigliere di Paolo
III Farnese, riferiva che et da sapore
che generalm ente in tra li m ercanti e m a-
rinai tutti li vini si dom andono l a t i n i, ec-
cetto g re c o, M a n g i a g u e rr a, C o r s o e R o s -
s e s e. Il vino latino picciolo et grosso. Il
Bacci descrive i vini latini com e pro d o t t i
delle zone vicino al m are (To rre, Ischia, li-
torale tirrenico), non m olto alcoolici,
spesso am abili o dolci, poco astringenti,
non adatti ad essere conservati durante
lestate. Tra i vini greci, invece, prim eggia
il G re c o di Som m a, di Posillipo pi
piccolo assai del precedente (forse
lantico A m i n e o per il Bacci), quello di
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01 Viticolture (def.) 4-04-2003 15:09 Pagina 56
Nola ottenuto dalluva Coda di cavallo
( m a t roso, opilativo, grasso).
I vini am inei o greci avevano una grande
fam a anche fuori dei confini della C am -
pania, com e gli eredi della tradizione
classica che vedeva nei vini cam pani lo-
rigine tessala. N ei fram m enti di una taz-
za di vino ritrovata nei Vosgi francesi era
scritto non vogliam o pi vini resinati
m a vini am inei, cio i vini cam pani. Era-
no vini di corpo, ottenuti spesso da uve
sovram ature, allantica m aniera greca.
I vini latini, m eno pregiati, erano cos de-
nom inati forse anche perch venivano
esportati in prim avera, prim a dei caldi
estivi che non sopportavano, nel Lazio.
15. Lerosione genetica nella viticol-
tura campana
La C am pania rappresenta uno dei centri
secondari di variabilit viticola pi im por-
tanti dItalia.
N on solo le testim onianze di storici latini
danno conto di questa ricchezza, m a an-
che in tem pi pi recenti gli scritti di alcu-
ni studiosi riportano le descrizioni di
m olte variet, purtroppo la gran parte
delle quali irrim ediabilm ente persa.
Il Sem m ola (l.c.) e lA rcuri (1887) descri-
vono rispettivam ente 112 e 140 vitigni,
m e n t re il Froio (1878) per la Te rra di La-
v o ro in provincia di C aserta riporta 129
variet. La grande erosione genetica
nella viticoltura cam pana ha, com e per
a l t re zone viticole italiane, radici m olto
lontane m a probabilm ente a diff e re n z a
delle regioni settentrionali dove pre v a-
lenti sono state le cause di origine cli-
m atica e dem ografica, per la C am pania
un ruolo decisivo stato giocato dal-
l a rrivo delle m alattie cosiddette am eri-
cane, oidio e peronospora verso la fine
dellottocento e dal tardivo im piego dei
p o rtinnesti am ericani tolleranti la fillos-
sera, avvenuto attorno agli anni tre n t a ,
che non ha perm esso una ricostru z i o n e
della viticoltura con m ateriale autocto-
no, m a con barbatelle innestate di ori-
gine extraregionale e con variet quin-
di, non cam pane.
Recentem ente M anzo e M onaco (2001),
al term ine di un lungo e prezioso lavoro di
raccolta e catalogazione hanno individua-
to 44 vitigni antichi che attraverso una va-
lutazione agronom ico-enologica potranno
in futuro essere reinseriti nella piattaform a
am pelografica delle diverse zone viticole
cam pane e restituiti cos alla cultura eno-
logica cam pana contem poranea.
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