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Il percorso di alleggerimento, di

asportazione, di continua riduzione


della fisicit, e non solo, che oggi
marginalizza ci che in passato era
considerato essenziale, preferendo
concentrarsi sulle superfci comuni-
cative degli edifici, sembra essere uno
dei passaggi obbligati dell'architettu-
ra contemporanea.
Una temporalit breve connota la
nostra epoca, dove sembra definitiva-
mente scomparso tutto ci che po-
trebbe essere condiviso e ritenuto tal-
mente importante da richiedere una
lunga durata. L'archilettura contem-
poranea diventata sempre pi epi-
dermica, mediatica, leggera, imper-
manente, effimera. Questo enorme
balzo in avanti avvenuto grazie alla
tecnologia che stata in grado di con-
dizionare la maggior parte degli
aspetti che ruotano intorno all'arti-
sticit del fare architettonico. Il libro
individua alcune chiavi di lettura che
hanno motivato questo processo di
riduzione, con lo scopo di meglio
comprendere quale edifcio lasciamo
alle spalle e quale ci attende nel pi -os-
si mo futuro.
Pietro Zennaro, architetto perltvio-
nato in fi l osofi a, professore assonni
presso l'Universit luav di Vene/la.
Insegna anche al Politecnico di Milu-
no, Facolt di Architettura e Socirlii,
sede di Mantova, e all'Uni versila i l i
Ferrara, Facolt di Architettimi
(dottorato di ricerca), e ha inseminilo
presso alcune universit straniar.
Tra i fondatori, vice direttore e mem-
bro del comitato direttivo del Corso
di Diploma Universitario in Disegno
Industriale (ora Facolt di Design e
Arti) dello luav. Membro dell'Aie
(Associazione Internazionale del Co-
lore). Svolge ricerche nel settore del-
l'innovazione e dell'espressivit cro-
matica dei materiali e delle tecnolo-
gie per il design e l'architettura. I In
scritto pi di cento pubblicazioni (li-
bri, saggi, articoli, rapporti di ricer-
ca, ecc.) nazionali e internazionali.
Per FrancoAngeli ha scritto La qua-
lit rarefatta (2000).
Pietro Zennaro
Architettura senza
Micro esegesi della riduzione
negli edifici contemporanei
I SB N 978-88-568-06K-4
Ricerche di tecnologia dell'architettura
RICERCHE DI TECNOLOGIA DELL'ARCHITETTURA
Pietro Zennaro
Architettura senza
Micro esegesi della riduzione
negli edifici contemporanei
Prefazione di Vittorio Manfron
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possono consultare il nostro sito Internet: www.francoangeli,ite iscriversi nella home page
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Ricerche di tecnologia dell'architettura
FRANCOANGELI
Indice
Architecture for Building:
le nuove sfide per la tecnologia dell'architettura
Prefazione di Vittorio Manfron
Introduzione
Pag- 7
15
Ristampa
Copyright C 2009 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, I tal y.
Anno
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200920102011 201 2201 3201 4201 5 201 6201 7201 8201 9
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Stampa: Tipomonza, via Merano 18, Milano.
1. Costruire per l'eternit
1.1. Il committente e il progettista
1.2. L' edi f i ci o
1.3. Il muro
2. Il tempo finalizzato del costruire
2.1. II tempo posseduto
2.2. Il tempo localizzato
2.3. Il superamento del tempo
2.4. Il tempo dimenticato
3. Lo spazio tecnologico
3.1. La percezione dello spazio
3.2. Lo spazio ingabbiato
3.3. Lo spazio della costruzione
3.4. Lo spazio del nomade
3.5. Lo spazio dell'i stantanei t
4. "Cosa successo? nata l'era della macchina"
4.1. Il mi to della macchina
4.2. Il macchi ni smo
4.3. La macchi na da abitare
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4.4. La casa una macchina
4.5. La casa prodotta industrialmente
5. I luoghi della funzione e della forma
5.1. L' edificio non una macchina
5.2. La funzione
5.3. La forma
5.4. T I rivestimento
6. Architettura effimera
6.1. Regole effimere
6.2. T rasferimento effimero
6.3. Memoria effimera
6.4. I nformazione effimera
6.5. Abitare effimero
Conclusioni
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Architecture for Building: le nuove sfide per la tec-
nologia dell'architettura
Prefazione di Vittorio Manfron
Mentre leggo le bozze di questo lavoro di Pietro Zennaro la radio-
lina trasmette notizie sulla crisi Mosca-Kiev, crisi che pu compro-
mettere la regolarit delle forniture di gas all' Europa Occidentale: mi
domando che possibilit avr di installare stufe a legna e di trovarla
poi sul mercato, per non essere costretto a passare l'inverno indos-
sando cappotto, berretto e guanti anche a casa.
La crisi finanziaria globale, generata da liberisti che non hanno
sufficientemente studiato i principi dell'etica weberiana1 e che, dagli
anni '80 del secolo scorso, ci hanno rintronato, gridando (non solo
loro) meno Stalo pi mercato, mette in dubbio la prospettiva di uno
sviluppo economico e sociale lineare della comunit mondiale nel
quale "domani sar migliore di oggi che meglio di ieri" e ci ricorda
la teoria topologica delle catastrofi che individua nel l e perturbazioni,
nelle crisi, il motore dei cambiamenti: cambiamenti che non necessa-
riamente possono portare a migliori assetti sociali, economici e politici.
I n tempi non sospetti (2001) Ulrich Bech2 ci segnalava che il mer-
cato globale costituisce una forma di irresponsabilit organizzata.
Per conto suo Jos van Gennip (2005) sottolineava che la mancanza di
una qualche forma di governo transnazionale dell'economia rende la
questione della gestione del rischio estremamente attuale: sar una
nuova democrazia cosmopolita ad aiutarci a pilotare le crisi di una
comunit del rischio nella quale esistono piccoli gruppi che genera-
no rischi e ne traggono un utile mentre un gran numero di persone si
1 Max Weber riconduceva lo spirito del capitalismo al l ' imperat ivo di fare quotidianamente il
proprio dovere nell' orticello del Signore (Max Weber, L'etica protestante e lo spnto del
capitalismo. Sansoni, Firenze, 1945).
2 Ul rich Beck, World Global Risk Society, Blackwell Publishers Ltd, Oxford, 2001.
trovano d fatto esposte a rischi senza trame alcun beneficio?3.
Gi nel 1570 Tiziano Vecellio, di fronte alla crisi generata dalla
conclusione del Concilio di Trento (1563), che aveva sancito la spac-
catura della Cristianit, metteva in epigrafe al suo tricipite L'allego-
ria del tempo governato dalla prudenza il motto Ex praeterito, pra-
esens pmdenter agii, ni futura actione deturpet, segnalando che per
governare il futuro necessaria prudenza4. A proposito di questo
quadro, Manfredo Tafuri ci segnala che Tiziano vi rappresenta un
tempo circolare e non pi lineare. Viene qui a mente, con Thomas
Stearns Eliot, che non cesseremo di esplorare/ e alla fine dell'e-
splorazione/ saremo al punto di partenza/ sapremo il luogo per la
prima volta .
In tempi pi recenti, Ridley Scott, regista di Biade Runner1, uno
dei migliori film di fantascienza degli anni '80 del secolo scorso, ci
ha descritto una Los Angeles del futuro nella quale i grattacieli sono
stati abbandonati dagli uomini come carcasse in un cimitero di auto-
mobili, l'acqua piovana entra liberamente dalle coperture, i muri so-
no anneriti dalla muffa e gli impianti non funzionano pi (l'unico
impianto attivo l'ascensore)8. Una citt nella quale le uniche strut-
ture sociali funzionanti, al di fuori delle industrie totalmente robotiz-
zate e delle multinazionali produttrici di replicanti, sono il Corpo di
Polizia Municipale e i Suk commerciali.
II Global Scenario Group prospetta che le regole del libero mer-
3 Jos van Gennip, "Implicazioni Politiche della societ del rischio", NATO Report 059 ESC
05 ,22aprile 2005.
4 Tiziano operava in ambiente veneziano e il tricipite rappresenta anche una riflessione sulla
crisi della Serenissima non pi capitale dei traffici marittimi che, dopo le scoperte dell'A-
merica e della Rotta delle Indie, recapitavano ormai principalmente a Lisbona.
Manfredo Tafuri, Le forme del tempo Venezia e la modernit, Grafiche Veneziane, Vene-
zia, 1994,
6 La citazione tratta da Utile Gdding, uno dei Four Quartets di Thomas Stearns Eliot
(Garzanti, 1963).
11 film, tratto dal romanzo di Philip K. Dick, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?,
atiualizza gli scenari del film muto Metropoli^ di Fritz Lang (1927), che rappresentava gli
operai confinati nei ghetti del sottosuolo e del tutto invisibili alle classi sociali pi elevate.
Sorprende la similitudine con la descrizione dei nuovi quartieri operai della Lione di Tony
Garnier e douard Herriol, sindaco della citt per oltre cinquant anni, descrizione fatta nel
1925 da Joseph Roth, allora giovane corrispondente della Frankfurter Zeitung: la porcella-
na si crepa... i canali si intasano... dai soffitti gocciola acqua... i muri anneriscono... la
malta si sgretola (Le citta bianche, Adelphi, Milano, 1968).
0 Paul Raskin (et al.), Creai iransition, Stockholm Evironment Intitute, Boston, 2002.
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cato, in mancanza di governo dello stesso, porteranno a una ulteriore
divaricazione tra nazioni ricche e povere10 e, all'interno delle stesse,
tra ceti sociali ricchi e poveri. Si mette cos in dubbio la prospettiva
di un futuro di sviluppo e progresso che, a partire dalla Rivoluzione
industriale e fino a una decina d'anni fa, era stata sostanzialmente
condivisa nelle nazioni industrializzate (e non solo in queste), di con-
seguenza si mette in dubbio anche la sopravvivenza delle attuali for-
me di governo democratico che, fortunatamente, una fetta consistente
di Nazioni conosce.
Qui a Venezia si chiusa da poco Architecture Beyond Building,
la undicesima Mostra Internazionale di Architettura. La canonica
passeggiata all' interno dei l unghi capannoni delle Corderie dell'Ar-
senale induce a chiedersi quanto e perch la ricerca sull'architettura
si sia allontanata dai fondamenti del Movimento Moderno, cosa sia
rimasto dell' etica che ha ispirato scuole come la Bauhaus e, non ul-
timo, come mai le opere esposte ci prefigurino, rare sono le eccezio-
ni, un fut uro di magnif che sorti e progressive" del tutto estraneo
alle attuali condizioni globali.
La stessa passeggiata fa anche riflettere su come l'uso combinato
di organizzazioni del processo produttivo Company Wide Quality
Management, anche definito Tota! Quality Management (Tqm) ,
connessioni Wori Wide Web, tecniche di Cad-Cam ' e, infine, mate-
riali Hi-Tech consenta ormai di "dire meraviglie"14, al motto prome-
teico "possiamo fare tutto", e ponendo una domanda irrisolta: perch
lo facciamo?
Una buona palestra di questa tendenza possono essere considerate
le recenti Olimpiadi di Pechino. Le immagini delle due icone di Pe-
chino 2008, il Water Cube e i l Bird's Nest, hanno riempito gli
'" Uno degli scenari possibili che nel 2050 solo il 5% della popolazione mondiale control-
ler il 95% delle risorse globali. Attualmente le percentuali sono stimate rispettivamenle nel
20% e 80%.
1 !La citazione viene da La Ginestra di Giacomo Leopardi.
12 II Tqm (Tota! Quality Management) rappresenta la pi evoluta tecnica di direzione azien-
dale basata su: 1 - soddisfazione del cliente; 2 - miglioramento continuo; 3 - coinvolgimento
attivo di t ut t i ; 4 - visione dei processi (Tito Conti, Piero De Risi, Mannaie della qualit, I I
Sole 24 Ore, Milano, 2001).
Si tratta d software integrati per l' uso di Computer- A ided Design e Computer-A idea" Ma-
n!/uctiirinx che el i mi nano il problema del l ' i nt erfacci a e della compat ibilit a fra le due attivit
di progettazione e di csecu/ione.
La citazione viene d al l a seconda d el l e /:/<x/c Duineai di Rai ncr Mari a Rilkc.
schermi televisivi di tutto il globo e hanno, appunto, detto meravi-
glie, tentando cos di farci dimenticare questioni rilevanti come quel-
la del rispetto dei diritti umani.
Gli operatori del settore si sono per posti da subito altre domande:
quanto costano, come si manterranno in esercizio e quanto dureranno
questi edifici? La cattiva notizia che le analisi Generalized Cost
(GC)15 sulle tecnologie costruttive adottate e le analisi Sustainable
Building Assessment Method (SBAM)16 sulle ricadute sull' ambiente
di una costruzione nel suo Extended Life Cycle (ELC)17 fanno classi-
ficare le due icone fra le macchine molto costose pi che fra gli edi-
fici. Per questi ultimi, infatti, la lunghezza del ciclo di vita, la massi-
mizzazione della sostenibilit e la minimizzazione del costo genera-
lizzato esteso all' intero ciclo sono requisiti fondamentali.
Quanti anni dureranno queste cattedrali del XXI secolo quando le
cattedrali gotiche sono in esercizio da quasi mille anni? Quanti Water
Cube si dovranno demolire e costruire nuovamente per coprire l'arco
di un millennio? Quanto coster tutto ci? Cosa sar fra vent'anni
delle migliaia di bolle pneumatiche, tutte rigorosamente di forme e
dimensioni diverse, che costituiscono la doppia pelle del Water Cube
e che sono tenute continuamente in pressione da compressori mecca-
nici? Qual la frequenza dei cicli di sostituzione? Quale l' operativit
e i costi di queste inevitabili sostituzioni?
L'architetto lavora per il Principe: Michelangelo lavorava per Giu-
lio I I come Tony Garnier lavorava per Edouard Herriot. Entre deux
guerres, la Bauhaus aveva eletto a Principe la Societ e i suoi biso-
gni, mentre la Carta di Atene, che Le Corbusier aveva distribuito in
forma clandestina nella Parigi occupata dai Nazisti, ci parla del di ri t -
to dell' uomo ad abitare, lavorare, divertirsi e circolare in condizioni
Generalized Cost una tecnica di valutazone del costo di una costruzione dal momento
della sua ideazione a quello della demolizione e riciclo al l a fine te\\*Extended Life Cycle
(vedi sotto).
Sustainable Building Assessment Method: una tecnica di valutazione della sostenibilit
di una costruzione, mediante il computo delle risorse naturali necessarie neWExtended Life
Cycle dell' edificio (vedi sotto). Anche in questo caso si va dal momento dell' ideazione a
quel l o della demolizione e riciclo (vedi sopra).
17 Extended Life Cycle: per un prodotto industriale si parla di anni o di decenni, per le co-
struzioni, si pensi alle citt storiche europee, si pu parlare di secoli. Un ELC maggiore con-
sente di spalmare in pi anni i costi d costruzione, demolizione e riciclo, l ' uso di materiali e
gli i mpat t i ambi ent al i , di mi nuendo in questa maniera l' incidenza annuale dell'ELC e for-
nendo mi gl i or i prestazioni di sostenibilit.
IO
ottimali: una citt radiosa.
Nuove parole chiave sono entrate in campo da allora: ambiente,
cambiamenti climatici, sostenibilit, societ multietnica, equit socia-
le. Con un, tempo circolare,- ricordi amo Tiziano e Eliot, la crisi dei
mutui per la casa americani ci costringe al confronto con questioni
che, almeno nei Paesi industrializzati, si davano per sostanzialmente
risoltei^povert e sussidiane]^ A loro volta, i flussi migratori ci co-7
stringono"i confronto con accoglienza, tolleranza, integrazione.
C' quindi ancora molto da fare per la ricerca sull'architettura. Nel
nostro Paese e non solo in questo, stanno tornando all' attenzione de-
gli operatori le ricerche sul Social Housing e sul Low Cosi Hou-
1 8 . * -
sing , questioni ormai da vent' anni accantonate, ancora una volta al
grido meno Stato pi mercato. L'abbandono delle politiche dei Piani
per l ' edi l i zi a residenziale pubblica e dei finanziamenti statali all'edi-
lizia sovvenzionata e convenzionata e il conseguente passaggio delle
consegne al mercato, hanno portato a risultati disastrasi sia dal punto
di vista della qualit urbana ed edilizia che da quello sociale e ripro-.
pongono ora al nostro Paese il "Problema della casa" che la delega al
mercato non ha saputo risolvere.
Walter Gropius affermava (1953) nostra attuale responsabilit
sembra essere quella di determinare quali tratti della nostra vasta ci-
vilt industriale rappresentino i valori migliori e pi durevoli, che
pertanto meritino di essere coltivati s da formare il nucleo di una
tradizione nuova19: questa , appunto, la questione.
A proposito allora delle nuove tendenze, molte sono le aggettiva-
zioni del sostantivo "architettura" che il libro di Pietro Zennaro ana-
lizza per richiamarle alla nostra attenzione: effimero, epidermico,
mediatico, impermanente, impersistente, leggero, trasparente, velo-
ce, istantaneo: aggettivazioni tutte che ci riportano airArchitecture
BeyondBuilding della Mostra di Venezia.
Ritornando ora alla questione di una "architecturefor building", si
prospettano due frontiere per la ricerca tecnologica: studio, sviluppo
I N La differenza fra i due termini, pi che al l e tecnologie adottate per la costruzione, va ri-
condotta ai soggetti promotori del processo edili/io da i ndi vi duar si negli Enti pubbl i ci per il
Social Housing e nell' investitore privato per il Low Cost Housing.
19 La citazione viene da una conferenza tenuta da Gropius a\r/llinois Instante ofTegnoogy
in occasione del suo set t ant esi mo compl eanno (Wal t er Gropius, Architettura Integrata, II
v, Mi l ano, 1963).
e applicazione di nuove tecnologie da una parte e(nuwi_bispgni da
assolvere, con un uso sostenibile delle risorse, dall'altra. Anzich
uno schieramento per una delle due squadre in campo, i valori mi-
gliori e pi durevoli che meritino di essere conservati sembrano es-
sere quelli che ci consentono di assolvere ai nuovi bisogni, imple-
mentando a questo fine le tradizionali liste dei requisiti, per risponde-
re alle nuove esigenze, sfruttando appieno le potenzialit delle nuove
tecnologie di processo e di prodotto.
Quindi una nuova frontiera di ricerca per gli studi di Tecnologia
dell' architettura: esplorare non solo le questioni della progettazione
attenta e della buona costruzione, dell'uso corretto dei materiali e
delle tecnologie, ma pure operare previsioni in sede di progetto su
cosa succeder nell' intero ciclo di vita dell' immobile, valutandone
il Life Cycle Assessment (LCA)20 con l' obiettivo di minimizzare
VExtended Life Cycle Cosi (ELCC)21.
Si parlato di Social Housing e di Low Cast Housing, tutto questo
con i problemi che sono stati posti all'attenzione generale dai som-
movimenti delle Banlieues parigine, ma che sono presenti anche nel
nostro Paese se si pensa al degrado sociale che affligge interi quartie-
ri di edilizia economica e sociale di molte grandi citt italiane e non
solo del sud. Si ripongono cos all'attenzione i temi e le ricerche che
il Gruppo di coordinamento nazionale Produzione Edilizia del CNR
ha svolto, sostanzialmente fino a tutti gli anni '80, a supporto delle
20 Life Cycle Assessment: la vantazione a ciclo di vita fa ormai parte degli apparati normati-
vi (ISO 14040/1/2/3, COM2001/68CE, COM2003/302/CE, EMAS 761/2001/CE e Ecolabel
1980/2000/CE ) messi a punto per una politica integrata dei prodotti. Si noti che questa tec-
nica di valutazione dei carichi ambientali e degli impatti potenziali applicabile a tutte le at-
tivit umane. Nel nostro mestiere si parla di LCA del processo edilizio e del prodotto edili-
zio. La metodologia si basa, implementandola con le questioni della sostenibilit, sulle pro-
cedure ELCC(vedi sotto).
21 Extended Life Cycle Cosi: si tratta di una versione aggiornata del Generalzed Cosi (vedi
nota 15). Questa procedura di stima dei costi viene generalmente condotta attraverso la Life
Cycle Cast Analyss (LCCA): una procedura di valutazione dei costi (compresi quelli am-
bientali e ecologici) che necessario sostenere nell' ELC (vedi nota 17). Vi sono varie ver-
sioni dell' ELCC, a seconda dell'operatore interessato alla valutazione (societ, finanziatore,
costruttore, produttore, progettista, proprietario, utente...). Nella formulazione pi generale
vi sono compresi i costi sopportati per le attivit di ideazione, finanziamento, progettazione,
costruzione, uso, manutenzione, riuso, restauro, ristrutturazione, dismissione, demolizione e
riciclo (Vittorio Manfron, "A BriefAbout Extended Life Cycle Cosf\n Atti del Convegno Bri-
xiaForum Strategie d architettura per la sostenibilit, Brescia, Febbraio 2005, DVD, IUAV
2005.
12
politiche nazionali per la casa.
Quello dell' edilizia a basso costo stato uno dei f iloni pi impor-
tanti degli studi in architettura, almeno a far data dalla Rivoluzione
industriale. Con la ricostruzione post-bellica, che aveva cambiato la
dimensione de! fabbisogno (ancora la crisi come motore del cambia-
mento), l'accelerazione dell' innovazione edilizia aveva radicalmente
cambiato il comparto. Ora siamo di fronte a un'altra crisi: un nuovo?'
"Problema della casa", da coniugarsi con il "Problema della citt e
del territorio", e che richiede nuove organizzazioni produttive, nuove
tecnologie di processo e di prodotto e nuovi materiali.
In questo nuovo contesto la riduzione dei costi delle costruzioni
appare uno degli obiettivi desiderabili anche in un Paese, come il no-
stro, in cui la casa in propriet molto diffusa, che si trova tuttavia a
fare i conti con le nuove povert e con movimenti migratori, ai di l
di lutto necessari per le attivit produttive nazionali. Se non si vuole
che i nuovi bisogni siano soddisfatti con ghetti, roulotte o baraccopo-
li, sar opportuno ricominciare da capo.
Nella sua vasta analisi, Pietro Zennaro richiama al suo dovere
ritorno sapens sapiensfaber e invita a diffidare, ricordiamo nuova-
mente Tiziano e Eliot, di una cieca fiducia nella storia, che corri-
sponde a una sottomissione dell' architetto quando si fa solo homo
A/ / H T, demandando ad al t r i le r i f l essi oni sul l a Societ e la regia del l a
Politica, dimenticando l'insegnamento di Gropius sui valori che me-
ri t i no di essere conservati, e trascurando, con Weber, di fare quoti-
dianamente il proprio dovere nell'orticello del Signore.
13
Introduzione
Roland Barthcs, nel suo saggio La camera chiara, def in "imma-
ginario generalizzato" tutto ci che le societ consumano in termini
di immagini, e non pi di credenze. Questo immaginario sembra oggi
iippartenerci a pieno titolo. Il mondo globalizzato odierno sembra a-
l imentarsi quasi esclusivamente di immagini e di immaginazione.
Questa evidenza risulta particolarmente stimol ante per colui che si
interessa di architettura e/o di design. Tuttavia, a causa della eccessi-
va sovraesposizione del tema, ogni discorso intavolato su tale argo-
mento potrebbe sembrare tautologico, persino obsoleto, a volte tedio-
so. D' altronde intorno al l ' immagine ruotano una serie di luoghi co-
mu n i che forse andrebbero sf atati, o quantomeno riportati al l ' interno
di un alveo meno sorprendente.
Inoltre vi pi di qual cuno, anche di mestiere, che malgrado le
innumerevol i realizzazioni trova ancora il tempo di scagliarsi contro
lo mol tepl ici conf igurazioni dell' architettura contemporanea, resa
possibil e solo grazie ad una tecnologia che consente ormai di ottene-
re qua l un que risultato a un costo accettabile. Si accusano le nuove
costruzioni di esasperare l'aspetto comunicativo, immaginif ico, sho-
cki/ / a nt e, stupef acente rispetto al l e f unzioni di ut i l i t dei manuf atti.
connaturato con l' architettura il f atto di dover rappresentare la
propria contemporaneit.. Rappresentare il proprio tempo signif ica
f agocitare tutte le pul sioni e tradurle con i modi, i mezzi e gli stru-
me n t i del presente. Nell'epoca in cui l ' immagine gioca un ruolo im-
portante ci signif ica imporre al l ' architettura contemporanea di com-
piere alcune scelte, anche dolorose. Una di queste potrebbe essere
i | i i cl l a di costringerla a mettere in disparte al cuni presunti doveri per
dedicarsi escl usivamente a l l ' i mma gi ne. Le sintesi non sempre sono
1 5
praticabili. Forse la triade vitruviana potrebbe dover lasciar sul cam-
po qualche sua frazione, oppure essere definitivamente superata.
Da qualche tempo molte realizzazioni emblematiche ci hanno fat-
to digerire, non senza ribellioni, questa novit. Alcuni manufatti han-
no interpretato il contemporaneo portando alle estreme conseguenze
quel l i che si ritenevano aspetti imprescindibili dell'architettura. Ma
in un'epoca di eccessi, peraltro anticipati agli i ni zi del secolo scorso,
la meraviglia non dovrebbe pi appartenerci. Pertanto, se la tecnolo-
gia di cui disponiamo, continuando a perseguire il suo scopo che
quello del l ' aut o perfezionamento, consente di realizzare ci che sem-
brava utopico fino a poco tempo fa perch osteggiarla? La materia-
lizzazione dei sogni potrebbe costituire un desiderio legittimo
dell'uomo, anche se a causa della tecnica egli sta rischiando di dive-
nire sempre pi mero materiale da requisizione.
Perseguendo sia i sogni, sia il suo compito artistico l'architettura
si gi prodotta in realizzazioni emblematiche che rispondono al
contemporaneo. Tra le molteplici proposte balza in assoluta evidenza
la volont di riduzione, nonch i variegati analoghi risvolti ed effetti
dell'asportazione. Al cuni edifici sono divenuti dei contenitori tal-
mente leggeri da riuscire a dissolvere le loro pareti in una nuvola di
vapore (es. Blur Bui l di ng di Diller & Scofidio, 2002). Altri sembrano
privi di pareti, esaltando la trasparenza (es. le opere dei SANAA,
Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa). Altri ancora sembrano dei tele-
visori che trasmettono immagini a scala urbana (es. Nasdaq Market
Site a NY).
L' architettura cos come sempre stata intesa sembra essere defi-
nitivamente scomparsa e la tecnologia sembra aver dato un valido
apporto alla sua messa in disparte. Molteplici sono i motivi del_cam-
biamento che hanno condotto all' attuale stato di cose, e non sembra
nemmeno che sia un processo recente e tantomeno destinato ad arre-
starsi. Al cuni segnali di tale mutazione sono leggibili lungo tutta la
storia del costruire. _La__tecnologia che ha reso possibili le magnifche
costruzioni apparentemente imperiture, che sono durate secoli, alcu-
ne persine mi l l enni , stata la stessa che lentamente, ma inesorabil-
mente, ha permesso di alleggerire, di assottigliare, di rendere sempre
pi effimere le architetture. In buona parte si trattato di un adegua-
mento alle mutazioni che nel frattempo si sono succedute,,
I I percorso di alleggerimento, di asportazione, di continua ridu-
1 6
zione della fisicit degli edifci, ma non solo di questa, che oggi mar-
ginalizza ci che in passato era considerato essenziale, preferendo
concentrarsi a tutto vantaggio del l a superficie comunicativa, non
sembra essere stato n continuo, n uniforme. Lungo tutto il cammi-
no evolutivo non sembrano leggibili nemmeno soluzioni di continui-
t definite e determinanti il cambiamento. stato un costante incede-
re, a volte zigzagante e frammentario, che ha vissuto alcuni momenti
in cui vi sono state grandi accelerazioni connesse con un mare di lie-
vi fluttuazioni e di stagnazioni.
Lo scritto insegue questa sorta di percorso a zig zag, per frammen-
ti, alla ricerca di al cuni segnali, motivi, cause che ci hanno traghetta-
to in questa nostra epoca. Un'epoca assai di ffci l e, almeno per noi
che la viviamo, perch capace di mettere in crisi indistintamente tutte
le certezze del passato. Ma non solo, la crisi costituisce la condizione
naturale, il condimento quotidiano di questa epoca. Potremmo essere
sufficientemente attrezzati per combattere le criticit, ma un velocis-
simo susseguirsi di incertezza, indecisione, instabilit, incompletez-
za, effimero viene quotidianamente sbattuto in faccia con brutalit a
ogni soggetto che fa parte di questa societ. Ci addolcito da una
sorta di liberazione dalla fatica e dal malessere fisiologico per mezzo
del dilagare della tecnologia e dell' informazione.
Questi sono alcuni aspetti che hanno guidato la ricerca dei motivi
che stanno alla base della contemporaneit. Lo si fatto per mezzo
degli strumenti offerti dalla lettura del prodotto di architettura, nel
senso che i'opera d'arte architettura servita da leit-motiv per i ndi vi -
duare dove i materiali, la tecnica, le tecnologie sono stati coinvolti
nel processo di sviluppo e costituzione del l ' at t ual e societ.
L' i ndagi ne ha riguardatoi sei aspettij corrispondenti al numero dei
capi t ol i , che si ritengono determinati per sintetizzare alcuni passaggi
i mpresci ndi bi l i nel fare edificatorio. Sono quel l i che in qualche modo
coinvolgono la riduzione, la contrazione, l'asportazione, l' elimina-
/ione, la leggerezza, l' impermanenza, l'effimero nei manufatti.
Se l'jdea di architettura, ancora tenacemente radicata in molti
soggetti, coincide con lajunga durata vi sar un motivo per cui tale
luogo comune ha trovato modo di consolidarsi. Tale motivo stato
det er mi nant e per la nascita dell'idea di costruzione imperitura, per
l ' uso di mat eri al i estratti direttamente dal l a natura e di tecniche fun-
zi ona l i ;i realizzare manufat t i capaci di sfidare ogni limite temporale.
1 7
4. * Costruire per l'eternit necessita anche di qualcosa o di qualcuno
da celebrare. Perci l' architettura che sfida il tempo pu reggersi in
piedi solo se presente un sistema di valori in qualche modo condi-
viso. Tale presupposto, con il fluire delle epoche, si via via sempre
pi affievolito fino a incrinarsi notevolmente in epoca recente, forse
per effetto della globalizzazione e dell' imposizione di un unico si-
stema politico ed economico.
Nell'epoca del dominio della natura e della condivisione di valori
il tempo che dirime ogni questione. La finitezza umana scatena una
impari lotta contro il tempo. Questo considerato un tiranno da
combattere, da eliminare, o quantomeno da controllare. Le costruzio-
ni riportano di questa affaccendata gara marchiando il territorio con
ogni opera capace di andare oltre la finitezza umana. La citt, la me-
^tropoli, il luogo densamente abitato, sono spazi dove il tempo mani-
festa in maniera pi eclatante il suo potere. Tuttavia, la sua parvenza
di fenomeno lineare unidirezionale comporta prese di posizione che
diventano sempre pi inattuali. L' avvento della teorizzazione quadri-
dimensionale lega imprescindibilmente il tempo allo spazio, passan-
do da una concezione deterministica a una probabilistica. Lo spazio
sempre stato disgiunto dal tempo. Tale assunto costituiva il fonda-
mento su cui poggiava l' architettura greco-romana e buona parte di
quella che venuta dopo. Riunire i parametri spazio-temporali in un
punico i ndi vi si bi l e stato determinante per la configurazione degli
spazi abitati del l a contemporaneit.
3,v Lo spazio, considerato argomento pri nci pe di ogni fare architetto-
nico, dovendo necessariamente confrontarsi con il tempo, si vede co-
stretto a i ndi vi duare una mediazione, necessita di riorganizzarsi.
Al l ' i nt erno di tale mutazione diventa sempre pi secondario, perden-
do per strada la sua importanza. L'uso degli spazi da parte di una so-
ciet che fatica sempre pi a riconoscersi in una spazialit condizio-
nata, relegata fra le mura delle architetture, muta le sue esigenze. Ta-
le cambiamento richiede architetture meno vincolanti e immobili. E
il nomadismo che prende il sopravvento sul l a stanzialit. Lo spazio
del nomade perfettamente congruente con lo sposalizio spazio-
temporale. I materiali e le tecnologie si adeguano al nuovo modo di
edificare utilizzando strumenti e metodi che sono figli di una grande
seduzione: il macchinismo.
4, * L'epoca di esaltazione della macchina ha visto il confluire intorno
1 S
all' argomento di una folta schiera di intellettuali di ogni ambiente
culturale. La promessa di liberazione dalla fatica fisica, che atavica-
mente attanagliava ogni operatore, diventa la fascinazione che stimo-
la a rivedere da capo a fondo ogni antica concezione. Costruire per
l'eternit non ha pi molto senso. Servono edifici macchina, che dia-
no soddisfazione a una serie di domande analizzate e organizzate
meccanicamente. L'utilizzatore non pi un individuo, bens un in-
granaggio che fa funzionare gli spazi organizzati come se fossero
f unzi onal i alla produzione di abitazione. Cio l'atto di abitare costi-
tuisce la funzione, l' unica per cui l' edificio realizzato, soprattutto
industrialmente.
La funzione di un edificio, tuttavia, non sembra essere propria-
mente analoga al funzionamento di una macchina. Entrano in partita
clementi che poco o nul l a hanno a che fare con gli ingranaggi. Anzi,
terminato il fascino del loro movimento e della loro estetica questi
vengono debitamente occultati sotto uno schermo o una protezione.
La carrozzeria nasconde il motore delle automobili. La ripetizione e
la reiterazione, che era sembrata magnifica, si trasferisce in breve
tempo nel suo alveo, quel l o della monotonia e del l ' abi t udi ne. Sono
al t ri aspetti che ora possono rappresentare la societ contemporanea.
E lo spazio bidimensionale che sovrasta tutti gli al t r i . Su di questo
prendono corpo i sogni, le i mmagi na/ i oni , l' onirico che il quot i di ano
non pu generare. Pertanto la costruzione attribuisce sempre pi im-
portanza alla superficie, al l ' ul t i mo l i mi ne comunicativo. Qui si com-
pi ono grandi investimenti. La pelle dell' edifcio il luogo dove si
concentra l'attenzione del progetto e del consumo. La nuova realt
ri chi ede maggiore intrattenimento e ogni cosa deve durare solo il
tempo della fruizione istantanea, ci che avviene comunemente su
schermi bidimensionali.
Scomparse le ideologie e tutti i presupposti del costruire per
l ' cl crni t non rimane che tentare di capire l' attuale contesto per rap-
presentarlo. La tecnologia in tutto questo sembra avere un ruolo stra-
Icgico, condizionante per moltissimi aspetti del l a vita degli i ndi vi dui .
L'effmero, leggero, trasparente, veloce, istantaneo, riconvertibile e
rosi via sono alcuni degli aspetti che governano la quotidianit di
mol t i soggetti. L'architettura, in quanto arte della rappresentazione
( M i a contemporaneit, costretta a confrontarsi con questi aspetti
che non pu def i ni r e di s ci pl i nar ment e, perch priva degli strumenti
i 9
per poterlo fare. costretta a servirsi di innovazioni da trasferimento
tecnologico e della trasversalit dei saperi. In questa evoluzione
l' architettura corre il grave rischio di divenire marginale, nel senso
che la tecnologia sembra dirimere le questioni. Gli strumenti che essa
offre per la ricerca culturale sono gi drammaticamente non solo pre-
codifcati, ma effimeri, destinati al superamento istantaneo. Ci
comporta il fatto che l'architettura (e non solo) pu avere un senso
solo se anch'essa diventa effmera, capace di inseguire il cambia-
mento che governa le cose in modo che nulla cambi.
In tutto questo risulta assai di ffi ci l e capire cosa ci aspetta nel pros-
simo fiaturo che gi tende a costituire il nostro presente. L'eccesiva
vicinanza con il nostro tempo rischia di produrre un'eccessiva de-
formazione dei segnali che probabilmente sono gi palesi ma di dif-
ficile lettura. Un dato di fatto, per, condiziona ogni ragionamento
affrontatole nella materializzazione dell' architettura. Si tratta di con-
tinuare a mantenere insieme .architettura e tecnologia,.perch sono
i nsci ndi bi l i , anche se sembrerebbe pi semplice e attuale saltare sul
carro del vincitore, cio della tecnologia.
1. Costruire per l'eternit
Un -tempo-si pensava che gli edifici fossero costruiti per durare in
eterno, cos come era assai comune supporre che gli stessi dovessero
mantenersi in buona efficienza funzionale per un lasso di tempo tal-
mente elevato da essere assimilabile all'eternit. Un simile pensiero
poteva riguardare perlomeno le costruzioni di pubblica ut i l i t o di
particolare pregio. Era ragionevole immaginare che l'esistenza dei
manufat t i traesse la propria ragion d'essere nella volont di poter co-
sl i l ui r e il prolungamento terreno del l a vita del committente o
ilcll' ideatore. Costoro nut ri vano una sottile ambizione di riuscire a
celebrare la consapevolezza di garantirsi un posto certo nell'aldil, o
magari nel l a storia, intesa come surrogato di eternit.
Senza dubbi o le architetture si collocavano all' interno dell' elenco
t i r i l e opere umane dotate di maggiore durata. Con il pretesto di jden-
1 1 T irare un luogo a cui attribuire connotazioni di particolare sacralit
e ivi dare protezione a qual che di vi ni t si utilizzavano i materiali pi
l i mi - v o l i in natura, estratti da questa, lavorati e trasportati nei luoghi
dell'edificazione. Cos intere col l i ne e montagne furono demolite e
collocate altrove, configurandole secondo vari stilemi, oppure furono
t l a l c in pasto al fuoco per ottenere materiali da costruzione; intere fo-
i i -sl c furono abbattute dalle accette e dalle seghe, tronchi e rami bru-
c i a l i , segati, piallati, scolpiti, inchiodati per dare soddisfazione al de-
. u k ' t i o di eternit di qualcuno. Una considerevole porzione di natura
i- sempre stata sottoposta a ogni tipo di trasformazione e manipola-
tone per offrire quella parte materiale funzionale alla soddisfazione
I. I r u ma n o desiderio di immortalit.
20 21
1.1. Il committente e il progettista
I I divino ha origine da un gran rifiuto. L'uomo ha sempre temuto e
rifiutato la morte come cessazione della sua esistenza. Tale rifiuto
talmente radicato nel pensiero comune che si cercato di adottare
ogni espediente per consolidarlo.
L'uomo non cessa di esistere dopo la morte e quindi continua ad essere og-
getto di cure. I l morto continua a partecipare alla vita, anche nella spartizione
dei pasti con i viventi. [. . . ] Gli uomini seppellivano i loro morti il pi vicino
possibile ai loro luoghi di abitazione: dentro i loro abris rocciosi (La Ferrasie)
e, pi tardi, sotto il pavimento delle loro capanne (Hassuna, in Mesopotamia, e
Merimde, in Egitto) .
Quando l'uomo si rende conto di non essere solo una specie tra le
tante, ma capace di comprendere le leggi naturali e di sottometterle
a proprio vantaggio, inizia anche a distinguere gli elementi naturali, a
isolarli e simboleggiarli. Nascono cos le divinit che personificano
la natura.
introdotto il concetto di aldil, di un altro mondo raggiungibile
transitando attraverso la morte. I n un certo senso data continuit a
una esistenza che si rifiuta di essere costretta all'interno di un arco
temporale delimitato. Prende quindi sempre pi corpo e si rafforza
l'idea collettiva di sopravvalutazione della soggettivit. Ogni singolo
es_sere irnperitnm, vivr in eterno. La tomba diventa cos la nuova
casa che accoglier il defunto per l'eternit. L'architettura in pietra
sorse dall'immutabile convinzione che la vita nell'aldil fosse la di-
retta continuazione dell'esistenza terrena, con tutte le sue feste ricor-
T
renti e le sue attivit quotidiane .
Riuscire a immaginare un tempo infinito, a costruirvi intorno tutte
l e sovrast rul l ure per gi ust i l l car l o, per pot erlo anche solo i mmagi nar e,
essendo totalmente al di fuori di ogni comprensibilit raziocinante, in
q uant o astra/ . ione impropria rispetto alla finitezza degli esseri, un
balzo nel vuoto che necessita di consolidarsi mediante tutta una serie
di realizzazioni che rendano comprensibile Pincomprensibile, visibi-
le l'invisibile. Queste realizzazioni devono superare il limite della
ragione e della durata delle cose materiali, poich ci che inf init o
non pu mai essere presente nella sua totalit nel nostro pensiero .
Ma come andare materialmente oltre il tempo, oltre lo spazio, al di l
di ci che non si pu fare e nemmeno pensare? Forse tentando di
M oprire e superare i limiti e le barriere che la natura stessa impone.
Sono cos inizialmente individuat i gli anfratti in cui trovano posto
i canopi, invasi e le urne cinerarie dove collocare lo stretto necessario
per il viatico, ma sono anche ideate le superbe tombe costruite per ol-
i i epassare ogni epoca, orgogliose architetture di tali dimensioni e
possanza da stupire ancora oggi. I n esse non solo palese la volont
di sfida.all'eterno dLcui sLp.aria.va, bens leggibile il tentativo del
.1U.O superamento.
Se dunque l'universo l'effetto d'un atto e questo l'effetto d'un Essere,
d' un bisogno, d' un pensiero, d' una scienza e d' una potenza propri di
quest'essere, soltanto coll'atto puoi raggiungere il gran disegno e proport
l'imitazione di ci che ha fatto tutte le cose. E come mettersi, cos, nel modo
pi naturale, all'istesso posto d'I ddio4.
L'agire diventa gi di perjt divino e colui che lo compie si tra-
..l'orma toni cow/*/Jn_mia_diy_init.
Nel l ' al di l hanno dimora anche gli dei, tutte quelle entit che pos-
. OMO solo essere immaginate, dotate di poteri sovrannaturali, che su-
perano appunto i confini della natura. Come potrebbe essere questo
l,uo^o non visibile, sovrannaturale, di approdo di tutti coloro che
1 1 visit ano attraverso la morte? Andava, perci, risolto questo pro-
blema. L'immagine della divinit , i luoghi della sua presenza e la sua
.lessa casa come possono essere rappresentati? Tutte le tradizioni re-
l i gi ose si sono sempre poste il problema se sia possibile fornire im-
i n . i i ' i n i del divino e come si possa rappresentare materialmente qual-
i-osa che sta al di l del l a immaginazione e della "fantasia" umana.
D i l at t i , sia che il divino venga visto come dio personale, sia che lo si
i nl cnda come entit assoluta impersonale, l'immagine prodotta
daN' uomo, pur al massimo delle sue capacit espressive, non potr
mai avvicinarsi alla resa reale di qua 1 cosarne, per definizione, oltre
ogni l i mi t e e quindi oltre ogni parola e al di l di ogni figura. A dire
il vero la religione greco-romana non esit mai a rappresentare le
Sigfried Gedion, L'elenio presente: le origini dell'arte, Milano, Feltrinelli, 1 965,pp. 499-500.
Sigfried Gicdion, op. cit, p. 303.
22
I ' . m i n / f i l i n i , Breve storia dell'infinito, Adelphi, Mil ano, 1 980, p. 1 3.
I 1 ; i i 1 1 Val ry, Eupalino o dell'architettura, Biblioteca dell'immagine, Pordenone 1 988, p. 1 07.
23
diverse divinit. Esse, raffigurate in di pi nt i e statue, divennero delle
presenze abituali [...]. La rappresentazione della di vi ni t , nella c ul t u-
ra sia greca che romana, venne per sempre pensata su un piano arti-
stico in totale continuit con la rappresentazione naturalistica del rea-
le5. Non fu cos per altre religioni non naturalistiche che seguirono.
Si consideri, ad esempio, l'arte buddista. Fino agli inizi dell'era
cristiana essa raffigur il Buddha ricorrendo quasi esclusivamente ai
simboli che ricordavano la sua vita o la sua persona: l' albero sotto il
qua l e realizz il Risveglio; la ruota della Dottrina; il trono
dell' insegnamento; la pianta del piede come orma della disciplina; lo
stupa (reliquiario) come segno del Ni rvana raggiunto. Questa impo-
stazione rigorosamente anic onic a venne superata a partire dal II sec.
d.C., considerando la "buddhit" s i nesp ri mi b i l e in linea di princi-
pio, perch oltre ogni espressione definita, ma di fatto rappresenta-
bile se ci si attiene ad una semplice avvertenza: quella per cui ogni
raf f igurazione soltanto inadeguata, non impossibile. In altri termini:
ogni effgie del Buddha va presa come mezzo provvisorio e relativo
utile per alludere, non per descrivere compiutamente la realt assoluta.
Analogamente, notevoli furono le discussioni intorno alla mede-
sima tematica, vale a dire sulla rappresentazione del di vi no, che ci si
pose all'epoca del Cristianesimo, delle origini: come era possibile
rappresentare la triade di vi na : Padre, Figlio e Spirito? Il rigido divie-
to ebraico, per il quale il di vi no esprimibile solo con la parola, rigo-
rosamente iconoclastico, costitu per il cristianesimo delle origini una
barriera insormontabile. Violare il veto ebraico, consentendo la rap-
presentazione per i mma gi ni , poteva condurre a confondersi con la re-
ligione greco-romana in opposizione a l l a qu a l e il cristianesimo in-
tendeva porsi. La tentazione idolatrica da una parte e la negazione
dell' immagine da l l ' a l t ra non apparivano quesiti di poco conto.
L'escamotage dell' incarnazione di Ges permise di trovare un com-
promesso bypassando il problema della non rappresentabilit del di-
vino, poich se la di vi ni t stessa aveva assunto sembianze umane ci
poteva costituire l ' a vva l l o alla rappresentabilit. noto che
l' immagine ha maggiore potere di c onvi nc i ment o nei confronti di
una popolazione analfabeta. Cos la questione del l ' i mma gi ne fu su-
5 Piergiuseppe Bernardi, / colori di Dio. L 'immagine cristiana fra Oriente e Occidente, Bru-
no Mondadori, Mi l a no, 2007, p. 10.
24
pcrata dopo lunghe disquisizioni che si risolsero, com' noto, attra-
verso le note raffigurazioni realizzate nei simboli e nelle effigi am-
piamente descritti nelle pagine dei libri di storia dell' arte. Nel i t a oi -
smo, invece, non ci sono divinit personificate, pur essendo vicino al
panteismo. Nel musulmanesimo la divinit non rappresentabile. In
questa religione risulta prevalente l'aspetto iconoclastico.
Come si pu rendere individuabile, identificabile, qualcosa di cos
trascendente, seppur con mezzi inadeguati? Senza riconoscimento
preciso di ci che rammenta la presenza di una forza superiore, presi
da l l e faccende quotidiane, l'eventuale esistenza di una presunta entit
onnipresente tende a scomparire, a essere dimenticata, a meno di i-
dentif ic arla con t a l uni avvenimenti naturali eccezionali. Tutto ci che
u vvi ene quotidianamente non ha nu l l a di superiore, tanto f amiliare,
seppur non sempre agevolmente spiegabile. Oppure, visto che la quo-
( i d i a n i t ri sul t a il luogo di maggiore frequentazione da parte di tutti,
p rop ri o l si annida il divino?
Tati ragionamenti devono aver occupato le menti di molti fra i
c ommittenti e i progettisti delle epoche passate, oltre ovviamente a
teologi, religiosi e artisti. Superata Vimpasse della raffigurazione dei-
l i - va ri e divinit, dei luoghi delle loro frequentazioni e della loro col-
loca/ione spaziale, nelle religioni di ogni tempo, escluse quel l e natu-
i i i l i s l e , sembra non ci siano mai stati grandi dubbi sul l a raffigurazio-
ne del l e costruzioni sacre. Ogni civilt ha cercato di cogliere questa
i nva si one per realizzare .imponenti architetture, le pi magnificenti,
l i - pi belle, le pi ricche, per identificarvi la dimora del sacro. Que-
'.la avrebbe dovuto essere un preziosissimo contenitore, laddove si
l onser va il motivo del l ' i ni zi o di ogni esistenza e di ogni fenomeno
v i s i b i l e e invisibile (analogo ragionamento pu essere condotto per le
di more del potere, divinizzato come quel l o di faraoni, di certi impe-
l a i o r i o molto pi terreno come nel caso di taluni ricchi o potenti).
1 "me pu, l'architettura, assumere configurazioni cos emblemati-
I'| K .'. di contenitore prezioso e frequentabile da parte di tutti i creden-
M: i c l i g i osi , potenti, sudditi, appartenenti a tutti i ceti sociali?
I , ' a r c hi t et t u r a ha assunto nel tempo una connotazione di rappre-
soli l a /i one: l ' edi f i c i o quasi letteralmente una teoria, qualcosa da
l ' i i a ul a re, una costruzione teatrale6, oltre che una delimitazione spa-
' I h- iTk - k de K crck hovc, L 'architettura deli "intelligenza. Testo & Immagine, Torino, 2001, p. 11.
25
ziale in cui si possono svolgere determinate funzioni, essere di qual-
che utilit. cresciuta organizzandosi prevalentemente su basi geo-
metriche, quindi soprattutto non figurative, seppure a volte non esenti
da qualche simbolismo. La geo-metria fondamentalmente una di-
sposizione raramente riscontrabile in natura e ha sempre fornito una
elegante scappatoia alle sofisticate e raffinate disquisizioni sulla rap-
presentabilit figurativa del divino. Originariamente la geo-metria,
che deriva da geos (terra) e metron (metro), era il sistema di misura-
zione della terra. Tale funzione come scienza della misurazione fu
ampiamente descritta da Isidoro di Sevilla e questa funzione in gene-
rale si conserv perlomeno fino a un secolo fa . Anche Vitruvio nel
primo libro ci spiega il valore della geometria rispetto all' architettura
e inoltre descrive gli strumenti che servono per costruire le figure g-
o
ometriche: compasso, regolo e squadra .
La raffigurazione delle divinit, laddove accettata, stata preva-
lentemente aggiunta sotto forma di sculture o di pitture, divenendo
solitamente una sovrastruttura inessenziale. L'architettura quasi
sempre riuscita a sovrastare le altre arti, cercando di fagocitarle a
scopo autoreferenziale. sufficiente rammentare ci che sostiene Vi-
truvio:
Architecti est scientia pluribus disciplinis et variis eruditionibus ornata,
cuius iudicio probantur ornnia quae ab ceteris artibus perf iciuntur opera.
Tutto ci stato possibile grazie alle capacit sinergiche messe in
campo da un desiderio che reclamava soddisfazione, il desiderio di
immortalit o di potenza, e dalle capacit interpretative, progettuali e
realizzative di molte competenze, di molti specialismi.
La sinergia messa insieme dalla committenza di ogni tempo, reli-
giosa o civile, con gli architetti, capimastri, costruttori, ha dato luogo
alle molteplici raf f igurazioni che conosciamo. Come gi velatamente
accennato, anche le architetture civili, gli edif ci in genere, hanno
sempre cercato di somigliare alle costruzioni religiose, almeno nei
primi tempi. Se la vita stessa vuole avere una dimensione eterna per-
ch non racchiudere lo svolgersi delle attivit intra moenia
1 Isidoro di Sevilla (560 ca- 636), Etymologiarum sive Origmum libri XX, 3. 10. 1- 3 (Patro-
logia Latina 82, col. 161).
8 Vitmvii de architectura libri decem, \. (circinique rcgulaeque usus) e 9. proocm. 3-8.
26
. i l l ' i nt er no di contenitori che emulano quelli dedicati al sacro?
Non sempre un ragionamento di questo tipo pu risultare accetta-
bile, poich moltissime, e forse pi frequenti, sono le soluzioni detta-
le dal mero bisogno, dall'emergenza, e quindi dalla messa insieme di
miserrime economie spese per potersi rifugiare dalle temperie e dai
pericoli del mondo esterno. Abitare stato in prima istanza un atto
t l i l ens i vo e protettivo fine a se stesso. Il carico di significati stato
introdotto allorquando si superata la necessit, e quindi ci si potu-
l i permettere livelli pi alti di significazione, sicuramente superiori
i i s pet t o al bisogno, oppure come atto scaramantico di attribuzione di
l i n i / i o n i diff cilmente razionalizzabili. Dal canto loro le religioni
l i ; mno tentato di giustificare l'esistenza terrena di ognuno prospet-
i. niilo, sempre sub condicione di comportamenti "virtuosi" obbligati
i l ; i imposizioni incontestabili9, un f uturo posi vitam in luoghi privi di
sofferenza, onirici. Com' noto, il sogno, anche sotto forma di incu-
bo, sempre migliore della realt. A sua volta la dimora pi povera
contiene in s il germe emulativo di contenitore dei sovrannaturale e
perci cerca di somigliare, nemmeno tanto velatamente, al tempio
pubblico, quello riconosciuto dalla comunit come sede deputata per
r acchiuder e il sacro. Cos, anche le abitazioni pi umili cercano di ri-
-.pccchiare in piccolo la dimora_ diy ina._ Non raro il caso della pre-
. < n/ a di immagini sacre o dei def unti all' interno dei vari luoghi delle
i l ' U n / i o n i , specie quelle pi umili, laddove la povert si aggrappa a
' | n : i l u n q u e credenza per dare qualche significato all'esistenza.
In passato, consciamente oppure no, pi o meno palesemente, se-
minio il tipo di manufatto, committente e architetto nutrono una
meno tanto recondita volont di sfida al dio di turno, un tentativo
i l i trasposizione, di elevazione allo stesso livello della divinit. Il solo
I , i l i o di poter immaginare di emularlo, di agire in tale direzione suf-
M . u - M i e per immedesimarsi nella natura divina. L' architettura, dun-
i| iic, sempre stata lo, strumento principe per proiettarsi di l del
i i i i i p o , per garantirsi l' immortalit. Il desiderio dell'uomo di so-
I M . u vivere attraverso le sue imprese, caratteristico della erezione dei-
l i l ' i mi n i d i , si ritrova in modo meno massiccio in ogni opera architet-
i M i l r i u s i gni f i c a non porre mai domande, accettare per dogma tutto ci che raz onal-
' n i ' incomprcnsibile.
27
tonica10. Il .committente di solito svolge la f unzione della divinit
per la quale si costruisce la dimora. Il costruttore, da parte sua, occu-
pando il posto fabbrile, emula l'essere immaginifico che ha compiuto
l'atto della creazione, diventando divinit egli stesso. Lo strettissimo
rapporto fra i due stato da sempre l ' unico legame capace di sfidare
l ' et er ni t . L' i dea/ i one di ma nu f a t t i cel at ami , stupefacenti di ogni e-
poca riuscita a conferire o confermare potenza e importanza al
committente, consentendogli spesso di entrare a far parte della storia.
Trascorso il periodo della deificazione dei potenti, la storia ha pre-
so il posto dell'eternit. Quando la tomba non pi la dimora per
l'aldil, considerando anche i templi e le chiese come casa di qualco-
sa o di qualcuno che non appartiene al mondo dei mortali, il nuovo
luogo esclusivo, privilegiato coincide con la storia, surrogato di un
novello tipo di eternit. Non tutti possono entrare a far parte della
storia. Solo ad alcuni eletti ci concesso, se riconosciuti all' interno
di un mondo in cui le distinzioni di classe sono pi raffinate e sottili.
Riuscire ad acquisire il diritto di entrare a far parte della storia signi-
fica penetrare in un ristretto Olimpo di privilegiati. La storia (o me-
glio le storie) sempre discriminatoria e comunque scritta dai vinci-
tori. Costoro possono non esserlo in eterno, anzi, quasi mai si rimane
\ i n c i l o r i per l u ngo t empo, si cu r ament e non i n et erno, ("osi anche l a
storia non mai identica, cambia con la sua interpretazione, con il
volere dei vincitori dell'ultimo minuto. Forse il revisionismo storico
fonda le sue radici su ragionamenti di questo tipo. Ma come la verit
sottoposta a interpretazione, cos ogni certezza fonda le sue radici
su terreni inconsistenti, a volte melmosi, comunque sempre instabili.
I monumenti della storia, proprio perch concentrato temporale di e-
ternit, sono soprattutto descritti a parole, anche se sottintendono la
necessit di permanere attraverso specifici manufatti, mediante archi-
tetture rappresentative. Tuttavia la parola non pesa mai quanto una
pietra, potendo essere agevolmente modificata dalla interpretazione.
D'altro canto solo qualche architettura cerca faticosamente di sfidare
il tempo, perch anche le pietre si sgretolano. Per contrastare l'azione
naturale di inesorabile distruzione dei manufatti umani si ricorre a
10 John Dewey, Arts as Experience, Mnton, Balch & C., New York, 1934 (trad. il. C. Ma l -
tese, a cura di, L 'arte come esperienza, La nuova I t alia, Firenze, 1951) in P. Panza, a cura
di, Estetica dell'architettura, G uer i ni , Milano, 1996, p. 79.
28
di restauro, cio di falsificazione, di interpretazione mediante
t na l c r i a l i e lavorazioni inattuali, cos come avviene per tutto ci che
transeunte.
Nell'epoca del dominio della storia il committente solitamente
u n principe e l'architetto un suddito fedele, seppur privilegiato
al l ' i nt erno del ventaglio di sudditanze. Nella nuova realt si modifica
t i nche il concetto di immortalit. L'eternit, in un certo senso, comin-
i ' i a : id accorciarsi.
1.2. L'edificio
I ,a ricerca di immortalit tanto agognata dagli antichi costruttori si
materializza attraverso l'impiego di tutto ci che la natura in grado
di f ornire. Per primi i materiali, che scelti sulla base della capacit di
M .isiere e perdurare nel tempo possono esprimere determinati signi-
i i ' . n i , oppure palesano livelli di predisposizione verso il subire tra-
sf ormaz ioni e lavorazioni che con l'andar del tempo diventano sem-
i - i . p i raffinate.
I diversi elementi degli edif ici si costruiscono con dif f erenti materiali (...).
I I numero di tali materiali assai cospicuo; ma si possono raggruppare in tre
classi:
quel l i che, in quanto duri, richiedono una lavorazione lunga e faticosa, e
I H TL- sono molto costosi;
quel l i pi teneri, quindi di pi facile lavorazione, e pertanto pi economici;
i nf i ne quel l i che servono solo a legare insieme gli al tri materiali.
I materiali del primo genere sono i graniti, i porfidi, i marmi e le pietre dure.
Ou el l i del secondo sono le pietre tenere, la pietra da costruzione, il mattone, la
k' H ola, l'ardesia e il legno.
Oi i L- l l i del terzo sono il gesso, la calce, la sabbia, il cemento, le varie malte che
risultano dalla loro unione, il ferro, il rame, il piombo".
I materiali scelti per dare l'idea di eternit dovrebbero essere in-
n. m/ i U i t t o duraturi. Di primo acchito tale affermazione potr sembra-
t i tautologica: un materiale che resiste nel tempo pi longevo, per
i-osi dire, di uno che dura meno. L'affermazione assume un senso
I r . i n Niaihis-Louis Durand, Prcis des lefons d'architecture donnes a l'Ecole Royale
/ ', < / ! / . < / ) ( / / < / / / ( , Par i s I 8 l 7 - I 8 l 9 ( t r a d il.. Lezioni di architettura, Clup, Milano, 1986, p. 33).
2V
compiuto allorquando si opera una distinzione tra i materiali dif f e-
renziandoli sulla base della loro durabilit "intrinseca" o di quella
"indotta". La distinzione, magari poco ortodossa rispetto alla lettera-
tura specialistica in materia12, appare necessaria per chiarire meglio il
passaggio. Essa consiste nel fatto che i materiali possono essere im-
piegati o cosi come si trovano in natura oppure ottenuti in seguito a
par t i col ar i t rasf ormazi oni e/o lavorazioni. La vita ut i l e dei materiali
dipende in pri ma battuta dalla loro capacit di durare, poi dall'uso^
dalla consunzione e da tutte le azioni naturali, o indotte dalle attivit
umane o ani mal i (f ondamentalmente anch'esse di derivazione natura-
le) a cui sono sottoposti (durabi l i t intrinseca). In un certo senso
Fazione entropica13 della natura cerca perennemente di livellare le
differenze interne di ogni sistema14 (nel caso in questione: l'edif icio
con i materiali che sono serviti per costruirlo). Tutti i comportamenti
contrari all' entropia contribuiscono alla durabilit del sistema stesso.
Pur tuttavia gli stessi materiali potrebbero essere sottoposti a periodi-
ca sostituzione (durabilit indotta), inducendo artificiosamente una
durabilit superiore rispetto a quel l a che ogni singolo materiale pu
produrre.
Esempi di queste posi/ioni sono l eggi bi l i in due culture diverse.
Nel la cujfarfl occidentale le tombe faraoniche, i templi, certi impo-
nent i manuf at t i sono stati concepiti per durare tendenzialmente in e-
terno, impiegando per la loro costruzione enormi quantit di materia-
le lapideo, sovente usato a spessore. Si persine f ormalizzata un' arte
particolare, la stereotomia, che si occupa del taglio dei materiali lapi-.
12 La Durabi l i t ... esprime... la capacit di mantenere, entro un arco di tempo definito, i ...
l i vel l i prestazionali al di sopra di una soglia critica in Roberto D Giulio, Qualit edilizia
programmata, Hoepli, Mi l ano, 1991, p. 17. Allo stato attuale la def i ni zi one di durabilit
del tipo di quella indicata, con sottili varianti Ira i vari aut ori . Non risultano ult eri ori suddi-
visioni del concetto di dur abi l i t che possano essere ragionevolmente u t i l i al discorso che
qui si introduce.
13 in ogni sistema isolato... l'entropia - o disordine - aumenter continuamente fino a
quando il sistema non avr i nf i ne raggiunto uno stato di massima entropia, noto anche come
"morte termica"; in questo stato ogni attivit sar cessata, l' i nt ero materiale essendo distri-
buito in modo uni f orme e alla stessa temperatura, in Fritj of Capra, The Turning Paini, New
York, 1982 (trad. it., Il punto di svolta, Feltrinelli, Milano, 1984, ed. 2005, p. 63).
14 La teoria dei sistemi guarda al mondo in f unzi one dell' interrelazione e
dell'interdipendenza di t ut t i i f enomeni, e in questo schema di rif erimento un tutto integrato
le cui propriet non possano essere ridotte a quelle delle sue parti designato come un si-
stema, in Fritj of Capra, op. ct., p. 39.
30
dei per l'impiego nelle architetture dopo averli disegnati . Intere
montagne sono state spostate dai luoghi di formazione naturale.
possibile leggere in certe architetture una imposizione artificiosa, una
regolarizzazione innaturale, una geometrizzazione della litosf era. Ta-
li edi f i ci , a causa della dif f icolt di spostamento dei conci e dello
spessore delle loro pareti non sono stati ideati per prevedere la sosti-
I u/ i one anche parziale di alcuna delle loro parti. La solidit, la di-
mensione, la collocazione dei blocchi rendono totalmente impratica-
bi l e anche solo immaginare non solo la rimozione e sostituzione di
Mi n i l e parti, ma persine l'accesso alle loro vicinanze. Prioritariamente
l ; i durata di tali edif ici qui ndi determinata dall'azione entropica, na-
t u r a l e o indotta. In ogni caso la durata delle costruzioni pu essere
iiipportabile alla dimensione e solidit dell'opera che, di norma, su-
| K - i ; i la vita di coloro che l'hanno costruita. Persine la fase di edif ica-
/ I O M C di certe architetture dura mol t o di pi della vita dei loro com-
mi l l en t i o progettisti. Emblematiche sono per esempio: la fabbrica di
SJ HI Pietro a Roma, che ha visto succedersi intorno alla sua costru-
/ i one varie generazioni, oppure la Sagrada Familia a Barcellona, che
i> t ut t ora in fase di realizzazione dal 1882. La taratura della durata di
queste opere pu essere stimata intorno ai mille anni, o forse pi?
Si - mbra proprio che nessuno dei costruttori di queste architetture si
M; I posto il problema del l i mi t e di durata, tanto lontana vedevano la
l i no fine, o forse l'hanno pensata in termini di perennit, paragonan-
do i loro manuf atti alle montagne da cui hanno tratto i materiali di
base. Questa durata appare i ni mmagi nabi l e, qui ndi contenente il
i - r i me dell'eternit16.
Nel l a . c ul t ur a d'oriente, invece, i templi scintoisti sono costruiti
mprc con materiali tratti dalla natura (legno e copertura vegetale),
i n . i s os t i t ui bi l i ciclicamente. Il santuario di Ise, ad esempio, viene ri-
I \irgomento di pri mari a importanza fino alla prima ri vol uzi one i ndust ri ale. Si pensi che
i l . i p i t o l o dedicato a tale arte, nel Trattato teorico e pratico dell'arte di edificare de\-
I - 1 t K - a i pa u n quarto del l ' i nt era opera.
n l i n a domanda verrebbe spontanea: poich la vita dell'uomo l i mi t at a, il concetto di eter-
n i i . i . rapportato a l l a vi t a di ognuno, coincide con quest ' ult i ma? Per essere obiettivi e razio-
i i . i l i I nr s e da considerare eterno tutto ci che supera anche di un attimo la nostra vita, cio
I . i n n i u i soggettiva dovrebbe essere circoscritta mediamente, secondo i dati statistici sul l a
i i . i mal i a degli abi t ant i dei paesi svi l uppat i , intorno agli ottanta o novant'anni. Quello che
avvi ene olt re t al e durat a non pi misurabile da noi stessi, ma da altri soggetti, qui ndi per
i mi i - i- ierno?
31
costruito ogni venti anni. Se ne erge uno identico al precedente, sul
medesimo luogo, al posto di quello smontato. Unico punto fermo il
pilastro principale (shin no mihashira] che durante le ricostruzioni
protetto da una capanna provvisoria di legno (oi-ya). L'azione entro-
pica naturale qui debellata dalla volont umana la quale ottiene
l'obiettivo della durata eterna attraverso una "durabilit indotta". In
un certo senso l'attivit umana, essendo fondamentalmente di tipo
anti entropico, o negentropico per dirla con Giuseppe Ciribini , si
garantisce un futuro condizionato solo dal limite dell'esistenza di
qualcuno che ripeta le azioni di smontaggio e ricostruzione. Questa
attivit parrebbe perenne, almeno fino a quando esister lo scintoi-
smo e qualcuno che lo pratichi. La sfida all'eternit qui non ricerca-
ta mediante i materiali, bens attuatajramite la^yolont^ notoria-
mente immateriale. Poco pu persine la forza della natura, che inve-
ce risuIta~ampTamente determinante nelle costruzioni occidentali.
Llarchitettura, come si pu facilmente intuire, sembra essere
un'arte non libera (unfreie kunst] in quanto legata alla propria "real-
t", mentre le altre arti "rappresentano" la realt18. Oltre a doversi
servire della natura per estrarre le sostanze ut i l i alla sua materializza-
zione, deve obbedire alle sue leggi, poi magari essere anche utile e
possibilmente "futile" (frmitas, utilitas, venustas di vitruviana me-
moria). L'intera massa dell'edificio, abbandonato alla sua originaria
tendenza, presenterebbe nient'altro che un cumulo il pi possibile
aderente alla terra: verso la quale incessante spinge la gravita (...),
mentre la solidit, anch'essa oggettivit della volont, le si oppo-
ne19. Sembra ovvio, quindi, che un edifcio solido sia capace di con-
trastare l'attrazione gravitazionale. I materiali che non resistono a
questa forza risultano inadatti alla costruzione. Anche questo appare
essere un banale luogo comune. Resistere alla forza di gravita non
significa solo contrastarla, ma fare in modo che non interferisca con
gli obiettivi che si vogliono raggiungere o addirittura che diventi mo-
tivo per la stabilit complessiva. Un edifcio in grado di stare in
piedi grazie al fatto che i materiali che trasmettono i carichi al terre-
no attraverso le fondazioni sono atti a resistere alle forze che li attra-
17 Cfr. Giuseppe C i r i b i n i , Introduzione alla tecnologa del design, FrancoAngeli , Mi l an o,
1979, p.20.
18 Luigi Grassi, Mario Pepe, Dizionario della critica d'arte, UTET, Torino, 1978, p. 51.
19 Arthur Schopenhauer, D;e Welt ah Wille und Vorstellung, Lei pzi g, 18 18 , (trad. it. // mon-
do come volont e rappresentazione, Latenza, Bari , 1928-1930) in P. Panza, op. cit., p. 62.
32
versano. Quindi grazie alla resistenza dei materiali che gli edifici
possono esistere, ma non solo. Per un insieme di leggi naturali le
strutture si possono sostenere anche grazie alla forma, alla loro di-
.posizione geometrica e alla configurazione che possono assumere.
Spesso, infatti, pi conveniente togliere materiale piuttosto che ag-
giungerlo. E nota la fragilit del mastodonte com' nota l'importanza
dell' inerzia provocata dalla distanza delle parti resistenti. Nel primo
cuso il l i mi t e posto dalla resistenza dei materiali mentre nel secon-
i l o l'inerzia, la geometria, la configurazione a produrre il risultato
desiderato.
Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.
Ma qual la pietra che sostiene il ponte? - chiede Kublai Kan.
M ponte non sostenuto da questa o quella pietra, - risponde Marco, - ma dalla
l i nea dell'arco che esse formano20.
E un modello passivo, quello che impera all'epoca del dominio
i l i - I l a natura e del desiderio di immortalit, dove si prediligono le i-
pcrstatiche e i sovradimensionamenti strutturali. Le architetture sono
I r I n i i t e anche "immobili", stanno in piedi grazie alla statica, al fatto
I n- non si possono muovere, devono essere inamovibili, ancorate e
(mi ni at e sul loro sedime, ipotizzato slabile anch'esso. Oggi sappiamo
he in natura non esiste nessuna struttura stalica. La stabilit deriva
i l . i equi l i br i che non sono mai stalici, bens dinamici, esattamente
I i nver so di quanto si sempre pensato: II pesante la radice del
oro; la quiete domina l'agitazione21. La fisica moderna, post-
f msleiniana, ci racconla proprio di quesla incessanle motilit di ogni
l ' - n k - , dalla pi piccola a quella macroscopica. Non esiste in natura
i l ' una sua frazione che non sia perennemente in movimento. Parlare
l i immobili, perci, un modo grossolano e semplicistico di indicare
< i n . l i c o s a che relativamenle mobile. Negli edifci, tale mobilit si
> - , | ) l i c a all'interno di l i mi t i comunemente accettati, per via della nota
I . l i n i / i o n e che riguarda l'elasticit dei materiali (tutti i materiali so-
no clastici).
L&firmitas, pertanto, non si adagia solo sulla contrapposizione, o
i - f i - nazi one delle regole della natura, ma si fonda su un sapere che
" h , i l o ( ' a l v i n o , U > citt invisibili, Mondadori , Milano, 1993, p. 83.
. * f
1 1 no T/ LI |, Tuo T Ching. Il libro della via e della virt, trad. it. 1973, dal francese 1953,
\ i l i I p l u . Mi l ano, p. 7 6 .
mette in campo ogni arguzia per configurare gli spazi dell' utilit. Ar-
guzia pur sempre di derivazione naturale.
Se i costruttori delle chiese gotiche risparmiavano i grossi blocchi di pietra e
usavano uno scheletro forte ma sottile, non gi perch fossero guidati da una
ideale immagine di leggerezza e di sveltezza, ma perch, nei luoghi e nei tempi
in cui l' architettura gotica sorse, la pietra era costosa e la mano d'opera a buon
mercato22.
Mediante l'osservazione dei fenomeni naturali e la loro emulazio-
ne si sono individuate moltissime soluzioni innovative. Ancora oggi
buona parte della scienza e della tecnologia trova nei fenomeni della
natura la lezione principale per alimentare l'evoluzione, o innovazio-
ne che dir si voglia.
Ogni edificio quindi, per sfidare il tempo, deve confrontarsi con la
forza di gravita che attrae ogni sua parte verso il basso. Per lottare
contro questa forza di attrazione, emulando quanto presente in natura
sotto forma di organismi vegetali, animali o minerali, l' uomo si a-
doperato per estrarrc le parti che ha ritenuto pi confacenti alla rea-
lizzazione dei suoi desideri. La pietra sempre stata un materiale
pregiatissimo, per la sua pesantezza, difficolt di estrazione, lavora-
zione, trasporto, oltre ad alcune pi o meno ovvie connotazioni este-
tiche e prestazionali, tanto pi ambita quanto pi rara, di diff cile re-
perimento e lavorazione. Poich la sua durata, normalmente, appare
pi longeva degli altri materiali stata presa a modello dell'eterno. E
la pietra, infatti, il materiale che simboleggia l' imperituro e l'eterno.
Perlomeno nelle culture occidentali la pietra stata sinonimo di eter-
nit, di durabilit, di stabilit, di inamovibilit. Come sembra che le
montagne resistano a ogni azione demolitrice, cos le nuove monta-
gne di pietra riorganizzate secondo il volere di qualcuno che le pla-
sma intorno a un pensiero progettuale dovrebbero resistere alle forze
"71
della natura .
Nell'epoca del desiderio di immortalit, vige un imperativo: do-
minare la natura. Nel l a interpretazione giudaico-cristiana del mondo,
ad esempio, stigmatizzata nel Genesi, si legge che Iddio, dopo aver
creato il mondo, ordina ad Adamo ed va: prolificate, moltiplicate-
22 Benedetto Croce, Problemi di estetica, Laterza, Bari, 1923, in P. Panza, op. cit, p. 82.
23 Cfr. Alfonso Acocella, Architettura di pietra, Lucense-Alinea, Firenze, 2004.
34
vi e riempite il mondo, assoggettatelo e dominate sopra i pesci de!
mare e su tutti gli uccelli del ciclo e sopra tutti gli animali che si
muovono sopra la terra24. questo asservimenlo, dominio, assog-
i H I l amento che ha giustificato la privatizzazione e trasformazione di
mol l i angoli della terra.
Dominare sul mondo significa indubbiamente essere dotati di un
l i ni er e divino, scppur di seconda mano, concesso da qualcuno che
i l mr ebbe occupare un livello pi elevato. Significa adattare alle ne-
- i l a o volont, o meglio ai desideri umani tutto ci che esiste. Si-
l ' i i i l c a palesemente piegare la natura perch sia utile all'uomo, utile
ur i senso di garantire la sua commoditas.
Va da s che le architetture, di conseguenza, non sono semplice-
ui ni t e costruzioni, insiemi di materiali collegati fra loro da una mi-
i i . u l o di gi unti , ordinati da schemi funzionali alla mera stabilit, ma
"no pensati per svolgere una funzione, per essere uti l i , appunto, ser-
\ - ; i qualcuno. La stessa parola "servire", fare da servo, ubbidire in
' ilo-missione, mettendosi a un l i vel l o inferiore, contiene in s una
inde di significati. L' uti l i t delle architetture deriva proprio da
i i u - i fati di co imperativo. Il mondo intero deve essere uti l e ai desideri
mi . u n e sotto-mettersi. Tanto pi le sue opere devono essergli sotto-
i ' " u\ e interpretazione si spinge persino a sostenere che la
M. n m; i sia predisposta a offrire i luoghi da colonizzare e configurare
n u l o i l bisogno o il desiderio di qualcuno. Vi sono luoghi in cui
l ' i n l i i ci l c costruire rispetto ad altri. La pianura, ad esempio, sicu-
i nl c di pi agevole colonizzazione rispetto alle montagne imper-
i - . i i deserti, ai laghi o ai mari, cos come i luoghi dai cl i mi mili so-
M i pr ef er i ti rispetto a tulli gl i altri.
i h' . ni manufatto esiste in quanlo utile. Ovviamente tale aspetto
iguarda solo la soddisfazione materiale, ma anche quella spiri-
n i t i r . U t i l i t fi si ca e metafsica, qui ndi , costituiscono l o scopo ultimo
l i " i > i i i prodotto nell' epoca del desiderio di immortalit. Se esiste un
liso nell' esistenza forse questo si annida proprio in questo. Ogni
i M i u h i o grande opera dell' uomo ha sempre uno scopo, una finalit.
A I H - I K ' se di pri mo acchilo talune cose sembra non siano di alcuna u-
. w , I. 2X . Vi sono varie versioni del passo nella traduzione italiana. Le parole in cor-
> M O midolle anche: soggiogatelo e abbiate potere, oppure soggiogatelo e dominate. La
i i n M. i-lic poi quel l a che pi interessa nel contesto dei discorsi che qui si stanno condu-
mi " mi n i n e ami ui K | i i e hi medesima.
35
tilit, lo assumono anche solo esistendo. La sola presenza significa
essere di qualche utilit. Questa pu essere intrinseca (palese), oppu-
re potenziale.
L'utilitas vitruviana, la utilia-commoda dell'Alberti, Vutile-
comodo del Palladio, la comodit del Milizia e del Rondelet, insom-
ma, le ut i l i t pi o meno giustificate storicamente forniscono
l' avvallo a questa propensione delle architetture a svolgere le funzio-
ni per le quali sono state edificate. S badi bene che qui si sta parlan-
do di un lungo periodo che arriva fin quasi ai giorni nostri, non di at-
tualit.
Quale rapporto potr avere la costruzione di un immobile dotato
di una sua utilit con il piacere o il dispiacere derivante dalia accetta-
zione delle sue configurazioni "estetiche" da parte di un singolo in-
dividuo o di una comunit? Ogni manufatto, in quanto tale, ha una
propria forma, colore, odore, ecc. . A queste caratteristiche si attri-
buiscono, a seconda della cultura locale e del periodo in cui l'opera
percepita, determinati "appellativi" riferiti ad aspetti spesso conside-
rati fiutili, proprio perch ritenuti di scarsa utilit pratica. La tettonica
riguarda la persistenza stabile, l' utilit fornisce giustificazione prati-
ca, ma \a"Venustas^ a cosa si riferisce? In prima istanza una attribu-
zione dif f cilmente misurabile. Sebbene in sua assenza qualunque
manufatto sia in grado di svolgere la propria funzione, a meno che
l'obiettivo non sia proprio l'aspetto estetico dell'artefatto, come nel l e
opere d'arte, nel caso delle costruzioni si potrebbe addirittura soste-
nere che la maggior parte di queste non tiene in minimo conto la
"bellezza".. Su questo termine, come su quello di "bruttezza", si sono
cimentati molti pensatori, tanto che vi una branca della filosofa
che si occupa di tali argomenti: l'estetica appunto. Un' affermazione
potrebbe venire in aiuto per capire la logica che ha dominato l'epoca
del desiderio di immortalit, cio che il brutto estetico non pu es-
sere definito se non come un indebito trionfo dell' utilitario sulla for-
25 Sovente vi stata una endemica e mal riposta fiducia nei confronti della sola forma. Per
questioni storiche che qui non si approfondiranno, certi operatori dell' architettura hanno
cercato di ignorare, o relegare in assoluto secondo piano, tutto ci che non aveva attinenza
con la sola forma, trascurando cos i colori, gli odori/profumi, i suoni/rumori, le vibrazio-
ni . . . In pratica non si sono mai interessati di sinestesia, limitando il loro interesse verso la
sola disposizione geometrico-formale.
36
a26. Significa dire che il bello esiste di l dell' utile, non ne ha bi-
;ogno, n di questo n di altri aspetti, quello che-Hegel chiamava il
iipplemento artistico aggiunto alla semplice costruzione, cio che
''architettura tutto ci che in una costruzione non mira
D' utilit27 . Tendenzialmente il bello vorrebbe essere un termine as-
oluto. Tuttavia, tutto ci che sta sopra e sotto la terra, sopra, sotto e
lenir il ciclo relativo, non esiste assolutezza n certezza alcuna.
Senza tale presupposto non vi sarebbe motivo plausibile per agitarsi
quotidianamente.
Pensando a molte opere architettoniche tale affermazione, che il
bollo esiste di l del l ' ut i l e, sembra ottenere pi di qualche conferma,
tanto risulta pertinente (oppure impertinente?). Per coloro che giusti-
ficano altri tipi di priorit, come quella statica o quella utilitaristica
ud esempio, non c' da discutere. Da qualche parte si sostiene persi-
n che una costruzione decisamente brutta potrebbe avere connota-
/ i oni di bellezza dal punto di vista strutturale o di utilit. Quante vol-
le questa posizione sostenuta dagli specialisti nei due campi del sa-
pere, pur non avendo costoro alcuna nozione in fatto di estetica, n
. i vendo ottenuto da alcuno l' avvallo a esprimersi in tal senso?
Eppure la def inizione che la bellezza si possa annidare di l di
questioni utilitarie non sufficiente per riuscire a convincere. Si po-
livbbe dire che bello tutto ci che provoca piacere. Ma il piacere
i h due ordini: soggettivo e intersoggettivo.
Il piacere soggettivo solitamente subordinato all'esperienza per-
di ognuno, ai condizionamenti che ha subito, mentre quello
intersoggettivo frutto di una serie di condizionamenti pubblici, co-
munement e accettati e spesso imposti.
IIgiacere, o diletto, che dir si voglia, trova le sue radici nel con-
cetto disgusto. E nel Seicento che tale concetto introdotto per desi-
Hiuire la facolt di discernere il bello dal brutto. Lo si ritrova inf atti
per la prima volta in questa accezione in Baltasar Gracin, un teorico
t l i - 1 concettualismo spagnolo della prima met del XVII sec. Il "gu-
' .liT oggi interpretabile come quel complesso di scelte che si com-
piono al l ' i nt erno della propria cultura, mediato e circoscritto nel suo
"E
1 .225
M/ O Paci, Relazioni e significati, Lampugnani Nigri, Milano, 1 966, in P. Panza, op. cit.,
g Wi l hel m Friedrich Hegel, The Philosophy affine Ari, cit. in Bernard Tschumi, Ar-
to. 225.
< " - ' > r g . . .
i ln! > -Unni e ingiunzione, Pcndragon, lologna, 2005, p, 56.
37
rapporto fra tradizione e contemporaneit. L'antica sentenza de
gustibus non est disputandum andrebbe rivisitata secondo un'ottica
relativista gi a suo tempo abbozzata da Theodor W. Adorno:
De gustibus est disputandum28.
Nell'epoca del dominio della natura e del desiderio di immortalit
il piacere estetico misurabile attraverso alcune regole: proporziona-
li, simmetriche, euritmiche, ecc. 11 bello dipende s dal piacere, ma lo
si ottiene applicando principi che si presume siano anch'essi di deri-
vazione naturale. Si crede che la natura contenga al suo interno alcu-
ne regole che ne determinano la "bellezza" o la "bruttezza".
Dall'esplorazione, dall' indagine di ci che appare in natura si in
grado di distinguere ci che buono da ci che cattivo, cos come
ci che giusto da ci che errato, quindi anche il bello dal brutto.
Le dicotomie sono imperanti perch di facile comprensione. Eppure
sembra chej Tpj i_ e_ si_ sta_ a c^ ^ ^ ^ vi pu esse-
re un cont i nuum clic unisce due opposti. Al t re volte si ha a che fare o
con la circolarit oppure con movimenti ad andamento non lineare e
spesso casuale. solo un eccesso di schematizzazione, una facilita-
zione gratuita che ha portato alla semplificazione, di cui fa parte an-
che la dicotomia.
Tale impostazione, tuttora ampiamente praticata, nasce con De-
scartes il quale, stigmatizzando con la famosa frase cogito ergo
sum l'impero della ragione sulla comprensione del mondo, determi-
na l' inclinazione dell'occidente a dare priorit al pensiero razionale
in fatto di interpretazione dei fenomeni naturali. Il mondo spiegato
come se fosse una gigantesca e complessa macchina, costituita da
molte parti variamente interrelate fra loro.
Secondo questa interpretazione la comprensione di ogni fenomeno
appare relativamente facile qualora si faccia ricorso a una scomposi-
zione per livelli di ordine via via pi semplificati. Questo atteggia-
mento favorevole a una lettura meccanicistica del mondo, zoppican-
do sempre pi, ci accompagna ancora oggi.
Theodor Wicsengrund Adorno, Minima moratia, K i n a u di , Torino, 1974, p. 71.
55
1.3. Il muro
Dove si colloca quel l a parte di manufatto che pi lo rappresenta e
che determina la volont di superamento di ogni limite temporale?
La fondazione risulta essere la parte pi duratura di un edificio, quel-
la che lascia traccia per i posteri. Qualche progettista si seriamente
impegnato nel cercare di progettare la fondazione proprio come se-
gno di una volont ben precisa di proiettare al di l della vita stessa
dell'edificio il calco della passata persistenza, sull'onda del fatto che
nelle scoperte archeologiche l' indizio della preesistenza di murature
sovente indicato da un reperto, da una traccia racchiusa nel terreno.
Tuttavia, sembra non esista altro elemento fisico pi importante
del mura! In questo si condensa tutta la volont, lo spirito, il deside-
rio del l a rappresenta/ione e della durata. il luogo dove ogni sforzo
material e o speso per consentire al l ' i nt era opera di diventare perenne,
sl~da punto di vista cul t ural e che materiale. Le menti, le esperienze,
le tradizioni si concentrano e si concertano tutte intorno a questo e-
lemento. Non v' cultura che non abbia dovuto fare i conti con
l'importanza del muro. Esso rappresenta il luogo fisico laddove la
delimitazione spaziale, prerogativa del possesso di uno spazio, di re-
cinzione, di separazione rispetto all'intorno, rende manifesta la po-
tenza di chi lo erge e di chi lo utilizza, funzionalmente o simbolica-
mente. Il muro contiene i segni del pensiero, della cultura di
un'epoca, della tradizione costruttivaj delle esperienze locali, del su-
dore e della fatica delle maestranze e della loro arguzia per contrasta-
re la natura che si ribella all'artificio. Il muro costituisce una grande
sfida che fa i conti con un bilancio tra desiderio, volont, piacere,
soddisfazione di qualcuno e l' immane fatica garante della sopravvi-
venza di mol t i . I l muro una sfida al tempo e alla natura.
Per ottenere tale risultato, tuttavia, non vi sono molti sentieri per-
corribili. Qualunque opera umana non nasce mai da sola, priva di una
fase preconizzante, che risulta essere un passaggio obbligato. ap-
punto la fase del progetto quella che determina la realizzazione suc-
cessiva o contemporanea al pensiero organizzante.
C ' osi progettare si gni f i ca costruire un i n si eme spaziale; ma n on u n i nsi eme
spazi ale qua lunque, perch l'i n si eme spazi ale per essere architettura deve ri-
spondere [ . . . ] a lle caratteri sti che di una "struttura"; non basta ci o che i vari
39
spazi soddisfino alle singole spicciole esigenze fu nzional i ma debbono anche
stabilire fra loro uno stretto legame strutturale, tale per di pi da esprimere e
comunicare all'osservatore i valori "morali" dell' istituzione per la quale sono
. ."!>
stati o saranno costruiti .
Un. insieme spaziale, dal punto di vista dell' architettura, oltre a
quanto gi detto, favorito dalla capacit di configurare spazi di vita
u mana, o per dirla con Giuseppe Davanzo, dall'essere una costru-
zione sorvegliata dello spazio30. Sorvegliare assume qui il significa-
to di controllare, gestire, organizzare. I n ogni edificio, a sorvegliare
lo spazio materialmente una suddivisione fisica che in senso lato
qui sar chiamata muro . Se ognLedificio altro non che una delimi-
tazione spaziale pl u rima variamente organizzata, la costruzione di
questa delimitazione pu esistere solo grazie alla materializzazione
della suddivisione, vale a dire mediata da sostanze differentemente
organizzate e sperimentate, poste in opera con lo scopo di realizzare
un desiderio progettato. I nsomma, il progetto compare a definire le
volont e a renderle praticabili.
1 1 periodo in cui si costruisce secondo le prerogative del fare per
l' immortalit basa la sua esistenza sulle stratificazioni. I l muro, che
sorveglia e gestisce lo spazio, non si colloca solo all' interno delle
dimensioni euclidee. Non si appropria solo di anonimi spazi prima
lasciati liberi e li gestisce, ma fonda le sue radici nell'intimo stesso
dell' evolu zione umana. Ju ng sintetizza bene questo aspetto.
Dobbiamo porci di fronte allo spaccato di un edificio e fornirne una spiega-
zione il piano superiore stato costruito nel XI X secolo, il pianterreno del
XVI secolo ed un esame pi minuzioso della costruzione mostra che essa sta-
ta innalzata su una torre del I I secolo. Nella cantina scopriamo le fondazioni ro-
mane e sotto la cantina si trova una grotta colmata, sul cui suolo si scoprono, nello
29 Ludovico Quaroni, Progettare un edifcio. Otto lezioni di architettura, Mazzetta, Mil ano,
1977, p. 147.
30 Cfr. Giuseppe Davanzo, Architettura degli interni, cicl ostil ato, Venezia, 1 996.
31 Per comodit di linguaggio, con la parola "muro", si intende genericamente qui ogni ele-
mento materiale, sia esso verticale, orizzontale o inclinato atto a separare ambiti spaziali
siano essi esterni, interni, o ambedue, cio si fanno coincidere le partizioni con le chiusure.
I n gergo tecnologico, che si basa sulle definizioni della norma UNI 8290, al l a visione della
qu ale si rimanda il lettore interessato, la suddivisione degli spazi definita: partizione se
collocata a suddivisione tra spazi interni o esterni, e chiusura se collocata tra spazi esterni
e intemi.
40
strato superiore, utensili di selce, e, negli strati pi profondi, resti di fauna glaciale32.
Se i l muro rappresenta la sintesi dei desideri e delle volont uma-
ne in fatto di abitazione, di appropriazione int ima di spazi, questi non
appartengono all'indefinito. Sin dal l ' inizio loissfaz]$> appare come il
risultato di stratificazioni successive di esperienze che sono profon-
damente radicate in ogni esistenza. Nel DNA sono registrati tutti i
segnali dell' evolu zione della nostra specie. Ogni componente di que-
sta specie porta con s i segni di una evoluzione che dura da moltis-
simo tempo. Una forma di du rabilit indotta ci accompagna trasfe-
rendo sulle generazioni successive le pulsioni di qu elle precedenti.
Forse in questo pu essere leggibile una sorta di immortalit, sicura-
mente inconscia. Cos il muro, condensato di mille desideri, con-
temporaneamente il contenitore e lo specchio di questa evoluzione
mil l enar ia. I l muro, pertanto, non costituisce solo una barriera fsica,
ma rappresenta soprattutto il trasferimento di una evoluzione che tro-
va il suo migl iore interprete nell'architettura.
Leonardo da Vinci consigliava ai pittori in difetto di ispirazione,
davant i al l a natura, di guardare con occhio sognatore le fessure di un
vecchio muro! . Ancora il mu ro fonte d'ispirazione. I l suo strato
l iminar e, cos come ogni sua parte in profondit, pu trasmettere
nu ovo impu l so al l a creativit. I paesaggi racchiusi nei singoli pori,
nelle lu ccicant i fniture cos come nelle sbrecciature, contengono ci
che il lavorio tra i l materiale, la tecnica e l'azione entropica riescono
a produrre nel loro abbraccio. L' immaginazione, frutto di condizio-
nament i singoli e di gruppo, mettendo insieme macchie, colori, gra-
nu l i , ombre e cos via, configura paesaggi, fisionomie, prospettive
inattese, seppur gi viste. I l muro esso stesso un dj vu, fa parte
della storia e dell'esperienza di ognuno. Nel fare architettonico em-
bl ema stesso della casa, della protezione, della sicurezza domestica,
del rifu gio per eccellenza. Appartiene al l a qu ot idianit e ormai nes-
su no lo vede pi. Come diceva Wal t er Bcnj amin, l ' ar chi t e t t u r a si co-
gl i e con distrazione, t ipica del fare abit u dinario che pervade ogni no-
slra esistenza.
1 1 Car i Gustav J ung , Le conditionnement terrestre de Carne, in Gaston Bachelard, La poti-
iiiu- < / < / '('/ ./ idre, 1 957, {trad. il., La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1 975, 1999, p. 27).
[l;ii-hd;ird, op.ci!,, p.167.
41
In ambito architettonico a poco servono le grandi idee se non c'
un oggettivo riscontro, cos come non pq gf Ernray'"npi
2. Il tempo finalizzato del costruire
34 nica che non sia "incarnata" nella t ecnol ogi a. Cos all'occhio so-
gnatore del desiderio e del pensiero progettuale pu rispondere solo
la^esa tangibile, la coslruibilit, la rcalizzabilit dell'apparato mura-
rio, simbolo stesso del f are solido e durevole, dell'agire discretamen-
te in senso protettivo. I materiali, le tecniche, le tecnologie che ruo-
tano intorno a q uesto elemento sanno di tradizione, se cos si pu an-
cora dire, sanno di q ualcosa che non ha bisogno di ulteriori evoluzio-
ni. In ef f etti, se si dovessero valutare i brevetti sulle murature mono-
litiche depositati negli ultimi 50 anni ci si rende conto che non sono
state apportate grandi innovazioni. Sembra che la muratura, cos co-
me l'abbiamo sempre pensata non riesca a f ornire ulteriori evoluzio-
ni. Si assiste a piccole variazioni, spesso impercettibili. Nella discor-
danza degli interessi che si manif esta in societ a imperio democrati-
co, ogni modif icazione non ha pi il sapore del cambiamento. Tutto
sembra tenacemente e costantemente stagnante, pur nella iridescenza
delle varianti. L'obbligo, o meglio la necessit imperiosa di cambiare
in continuazione, ci che troppo spesso indicato come innovazione,
altro non che una costante che f luttua su se slessa. E il nuovo volto
deirimmortalc che ha cambiato maschera. Bisogna cambiare per non
cambiare nulla35
34 Rossana Rateri, Trasformazioni tecnologiche dell 'architettura, Be-Ma, Milano, 1992,p. 14.
35 Per dirla con Gianni Vattimo, la novit [...] ci che permette che le cose vadano avanti
nello stesso modo (in La fine della modernit. Garzanti, Milano, 1991, ed. 1999, p. 15),
che riprende i ragionamenti di Arnold Gehlcn (in L 'uomo nell'era della tecnica. Sugar, Mi-
lano, 1967) e il pi noto eterno ritorno dell' uguale di Friedrich Wilhelm Nietzsche.
42
All'epoca del dominio della natura e del desiderio di immortalit
tutti gli.accadjrnenti ruotano intorno al tempo. il tempo che deter-
mina la scansione, il ritmo, la ripetizione, l'unicit o l' ineluttabilit
degli eventi; costituisce l' uni t di misura dell'esistenza. Su tale scia
si colloca l'architettura occidentale, la q uale af f onda le proprie radici
nella mitologia. Kronos, il tempo, padre di tutti gli dei, divora i pro-
pri f igli a mano a mano che q uesti vengono alla luce. Il tempo divora
ogni cosa, comprese le sue creature.
Per salvare l'architettura da q uesto f atale destino occorreva def inire uno
spazio che si ponesse f uori dal tempo. L'architettura greco-latina si poggiava su
q uesto f ondamento, prodotto dalla separazione dello spazio dal tempo1.
Perci l'architettura occidentale si consolida come presenza che
sf ida e transita intatta f ra le stagioni e la storia, cercando di rappre-
sentare l'eterno materiale.
Gi con Parmenide il tempo assume carattere problematico. Piato-
ne nel Timeo (37d) identif ica il tempo come immagine mobile
dell'eternit che procede secondo il numero. Anche Aristotele,
nella Fisica (219b) lo inq uadra come il numero del movimento se-
condo il prima e il poi; esso q uindi una misurazione direzionata
dell'eternit. La speculazione f ilosof ica moderna sul tempo nasce
con Aurelio Agostino il q uale af f erma di sapere e non sapere con-
temporaneamente cos'. Se nessuno me lo chiede, lo so. Se dovessi
spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so, cos si esprimeva nelle Con-
fessiones. Con l'avvento del cristianesimo il tempo diventa lineare e
1 Andrea Bran/ i , Modernit debole e diffusa, Skira, M i l a no , 2006, p.86.
43
delimitato, racchiuso tra un inizio e una f ine.
Fino alla definizione spazio temporale di Einstein esso stato in-
dagato in ogni suo recondito aspetto. Sul concetto di tempo sembra
sia gi stato detto tutto e di tutto, pur concordando con il fatto che il
j
tempo, come la mente, non conoscibile in quanto tale .
Ci non toglie che, in ambito architettonico, una sua lettura nel
contesto dell'espressivit dei materiali e delle tecnologie nell'epoca
contemporanea si renda comunque necessaria, per cui, malgrado le
ampie limitazioni a cui sar sottoposto il testo, si ritiene necessario
f ornire un percorso esplicativo, soprattutto per il lettore poco avvez-
zo ai cambi di scala interpretativi.
2.1. Il tempo posseduto
I I modo migliore per rappresentare e misurare il tempo sembra es-
sere sicuramente l'orologio. Forse la necessit di dotarsi di orologi
nasce all' interno dei monasteri, laddove bisognava suddividere il
tempo dei monaci tra preghiera e lavoro, sia di giorno che di notte. 11
rintocco della campana che ancora oggi risuona in molte citt e paesi
di fede cattolica un estemporaneo segnale rimasto di quell' antica
usanza di indicare (imporre?) ai fedeli l'uso del tempo.
Lewis Mumf ord attribuisce l' invenzione dell'orologio meccanico ai monaci
cristiani che dovevano pregare regolarmente per la salute eterna dell' anima.
L'orologio, dice Mumf ord3, "dissoci il tempo degli eventi umani e contribu a
dif f ondere la concezione di un mondo indipendente di sequenze misurabili ma-
tematicamente [. . . ] L'orologio, non la macchina a vapore, la macchina-chiave
dell'era industriale". La rigida organizzazione del tempo dei monasteri, che co-
stringeva i processi naturali in una "regola" rigida e "frammentata", si estese ai
luoghi di lavoro e poi a ogni aspetto della vita4.
La disponibilit, il "possesso" di tempo costituisce ancora oggi si-
2 George Kubler, The Shape ofTime, Vale University Press, New Haven, 1972 (tr. it., La
forma del tempo, Einaudi, Torino, 1976, p. 21).
3 Cf r. Lewis Mumf ord, Technics and Civilizafion, Harcourt Brace & Co., New York, 1934
(tr. it., Tecnica e cultura. I I Saggiatore, Milano, 1961, ed. 2005).
4 Kevin Lynch, What Time is ihis Piace?, MI T Press, Cambridge, 1972 (tr. it. , // tempo dello
spazio. I I Saggiatore, Milano, 1977, p. 153).
44
nonimo di potere e di ricchezza. // tempo denaro: il noto adagio
coniato da Benjamin Franklin sovente ripetuto in molteplici scenari
produttivi. I n un certo senso, il tempo cos inteso un tiranno da
combattere. Sull' onda di questo assunto si lottato indefessamente
per eliminarlo, o quantomeno per ridurlo il pi possibile. Da una par-
te possedere tempo un aspetto ritenuto positivo, sinonimo di dispo-
nibilit, di ricchezza, dall'altro, ambiguamente, si cerca di eliminarlo.
Molte societ si sono date un gran da fare per abolire il tempo, per-
ch il tempo sempre stato considerato, dal punto di vista del pos-
sesso, un elemento strategico.
Velocit e lentezza, per esempio, sono due concetti f ondamentali
che hanno inciso prof ondamente nel vivere quotidiano. Nelle vittorie
o nelle sconftte degli eserciti la velocit, quindi un tempo contratto,
ha apportato grandi vittorie, cos come l'attesa, anche snervante, in
altri casi stata strategica. Secondo Michel de Certeau, il possesso di
territori e la conseguente nascita dei conf ini sono sempre stati un
prodotto del proprio tempo. Chi arriva per primo in un territorio se ne
impossessa. Ancora oggi certe imprese spaziali o certe guerre sono
legate al possesso territoriale.
Ci valido anche dal punto di vista della conoscenza: chi arriva
per primo a occupare qualche spazio non ancora colonizzato dal sa-
pere altrui se ne appropria immediatamente. la gara per la conqui-
sta del primato che contribuisce all'espansione del conoscere, presu-
mibilmente5 ancora oggi strategica dal punto di vista dello sf rutta-
mento economico delle opere di pensiero. L'istituzione del brevetto e
del diritto d'autore sancisce questa logica. 11 possesso materiale non
riveste pi l'importanza di un tempo, spodestato dalla disponibilit
del conoscere e dal suo sf ruttamento. La conoscenza, d'altronde, si
alimenta in questo modo.
Normalmente, e f ortunatamente, questo tipo di "possedimento"
non mai duraturo, cambia spesso di mano. Vi sempre qualcuno
che cerca di "impadronirsi" della propriet di qualcun altro. Karl
Popper ha spiegato assai chiaramente questo tipo di meccanismo per
cui ogni scoperta scientif ica perennemente sottoposta a f alsif icabi-
l i t da parte di coloro che non l'hanno conquistata. Si potrebbe so-
li dubbio risulta obbligatorio per la situazione congiunturale del contesto economico, pro-
i hi ui vo c socioculturale contemporaneo del modello occidentale.
45
stenere che un processo assolutamente analogo a ci che successo
con i possedimenti terrieri delle epoche della "modernit pesante"6,
la ricerca di nuovi ambiti, pi redditizi, serviva per vincere la batta-
glia economica in un mondo di concorrenti. Questa , usualmente,
una prassi consolidata da lunghissimo tempo nelle scoperte e nelle
attivit scientifiche7.
La modernit pesante fu l'epoca della conquista territoriale. Rie-
o
chezza e potere erano saldamente radicati alla terra . Allo stesso
modo, nell'epoca della prima industrializzazione la fabbrica salda-
mente ancorata alla terra, racchiusa in fortezze produttive.
I l tempo standardizzato incaten il lavoro al suolo, mentre il gigantismo del-
le fabbriche, la pesantezza dei macchinari e, non meno importante, lo stesso la-
voro perpetuamente in ceppi 'Vincolarono'" il capitale. N i l capitale n il lavo-
ro potevano o desideravano muoversi9.
I ndubbiamente l'architettura , per sua vocazione storica, ancorata
al l a terra, al luogo dove realizzata, tanto da essere indicata come
bene immobile. Questa sua vocazione alla^stanzialit, al l 'immob il it ,
l i mi t a la sua evoluzione lungo t ut t o il tempo del suo lunghissimo per-
d.urare. Ogni edi f i ci o appare come un congelatore temporale, un si-
stema dotato di l i vel l i estremamente bassi di cambiamento, fino a ra-
sentare la totale i mmob i l i t se rapportato alla vita dei suoi costruttori,
f ruitori, occupanti, oppure quando un monumento eretto per sfidare
i secoli.
La tecnologia, a sua volta, si ampiamente al i ment at a di tempo,
di questo tempo vincolante, che impone la nascita di specializzazioni
dedite al l a sua meccanica suddivisione e frammentazione. Cos come
il lavoro parcellizzato, suddiviso in mi l l e attivit separate per "ri-
sparmiare tempo" e poi conf l uire all'interno di un prodotto finale,
cos il tempo produttivo rigidamente ingabbiato al l 'i nt erno del cal-
colo dei tempi e metodi. L'obiettivo finale sempre quello di lottare
contro la t i r anni a del tempo, cio contro la lentezza degli apparati
6 Cfr. Zygmunt Bauman, Liquid Modernity, Blackwell Publishers Ltd, Oxford, 2000 (tr. it.,
Modernit liquida, Laterza, Roma-Bari, 2003).
7 Cfr. Karl Popper, The Logic ofScientific Discovery, 1934, 1959, 1966, 1968 {tr. it., Logica
della scoperta scientifica, Einaudi. Torino, 1970).
8 Zygmunt Bauman, op. cit., p. 128.
'* Zygmunt Bauman, op. ci t . , p. 130.
46
produttivi e della mano d'opera per sfruttarne le f razioni di i nat t i vi t ,
improduttive. La lentezza, nuovo nemico dell'epoca della produzione
dei beni di consumo, costantemente osteggiata dalla tecnica e dalla
tecnologia. L'apparato produttivo non s pu permettere di attendere,
di sprecare ogni f razione di tempo che si frappone fra un desiderio e
la sua soddisfazione. Perch incontestabile
che noi inventiamo e usiamo gli apparecchi tecnici allo scopo [...] di ri durre
o rimuovere quegl i impediment i che si frappongono tra bisogno e soddisfazione
del bisogno, tra desiderio e realizzazione del desiderio10.
I l tempo col qual e si f anno i conti nell'epoca del dominio della na-
tura e dell'immortalit legato strettamente a questo aspetto....Biso-
gno o desiderio, vi s t i dal punto di vista temporale, sono coincidenti.
Richiedono comunque una soddisfazione che non appare mai subita-
nea. Passa sempre un lasso di tempo a riempire l'attesa, attesa che
non mai inerte, ma colma di faccende, di applicazione di soluzioni
f unzi onal i a dare soddisfazione ai desiderata. E un tempo assai osta-
tivo, che si confronta con i vi ncol i della natura, con la fisica, la mec-
canica, le macchine, le tecniche, la tecnologia che l'epoca capace di
mettere in campo. Per quanto breve possa essere, il tempo sempre
visto come un nemico da combattere, da restringere fino a f arlo
scomparire. Ci che necessita sempre durata, dura troppo. Ci che
richiede sempre tempo, richiede troppo tempo11.
Com' possib il e concil iare il fatto che certe opere devono durare
in eterno con questo fastidio per una durata sempre e comunque ec-
cessiva? Non vi un palese controsenso tra le due posizioni? Eppure
sono ambedue coincidenti nel pensiero della medesima epoca. Forse
il caso di svelare tale presunta ambiguit. Se da una parte il tempo
dovrebbe bloccarsi per mantenere inalterato ci che si edificato
perch non si degradi, permanga a memoria del l a grandezza dell' o-
perare umano, dall'altro si vorrebbe che il tempo non esistesse, si az-
zerasse nel l a fase del l a realizzazione, di conservazione, di immissio-
ne nel f uturo, emulo dell'eterno, dei manuf at t i. Presumibilmente so-
no due facce della stessa medaglia:, la lotta contro il tempo.
11 Gnt her Anders, Die Antiquiertheit des Menschen, Beck, Mnchen, 1956 (tr. it., L 'uomo
iiuiit/ttato, voi. 2, Bol l at i Boringhieri, Torino, 2005, pp. 312-313).
( i i n t he r Anders, op. cil., pp. 313-314.
47
Non forse contro il tempo che l' uomo contemporaneo si scaglia
quando frequenta gli ambienti del wellness, dlfttness, i centri di bel-
lezza, le cliniche di chirurgia estetica e cos via? Questa atavica paura
nella propria finitezza spinge l'essere umano a guerreggiare contro il
tempo, o meglio contro quelli che sono comunemente definiti gli "ef-
fetti del tempo", effetti collaterali come la malattia, la riduzione delle
prestazioni, la vecchiaia, la dipartita. Cos l'uomo ingaggia una im-
pari lotta contro il tempo per cercare di annientarlo tentando di rima-
nere eternamente giovane, da vivo con gli imbellettamenti e da morto
con la mummi fi cazi one.
Si da altres un gran da fare per produrre sempre pi velocemente,
per soddisfare i suoi desideri, nel numero maggiore possibile, non
importa se in termini qual i t at i vi oppure no, purch essi siano nume-
rosi12. Parallelamente corre l' obbligo di dimostrare al mondo, o an-
che solo a se stessi, il raggiunto status sociale. Questo lo si pu solo
ottenere o costruendo manufatti architettonici che perdurino nei seco-
li, oppure entrando a far parte del l ' Ol i mpo della storia.
Nel pri mo caso le architetture rappresentano una emblematica sin-
tesi di questa testarda lotta contro il tempo. Alle architetture oggi si
richiede che di vori no la prole del tempo, cos come Kronos faceva
con i propri f i gl i . Perci si scelgono materiali e tecnologie capaci di
accelerare i! processo costruttivo mantenendo inalterata, o quasi, la
prestazione di durata, nel senso che richiesta parit di durata ridu-
cendo sempre pi i tempi di costruzione.
I n questo settore vige ancora la ben nota equazione di Benj ami n
Franklin: tempo = denaro. Fortunatamente, ma potrebbe anche essere
11 caso, non richiesto contemporaneamente l ' i mpi ego dei materiali
e l'adozione delle tecniche del passato. Qui ndi , pur accettando una
leggera riduzione della durabilit, ci si attende un continuo e costante
contenimento dei tempi (costi) di costruzione grazie alle continue
evoluzioni tecnologiche.
La durabi l i t i ni zi a anch'essa a entrare in una partita di scambio.
Se pu essere monetizzata si pu pensare che in fondo, visti i ritmi
12 questo un argomento d origine nord americana che da mol t i anni contamina il mondo
dell' arte. Secondo i fautori di tale prassi si presume ehe la quant i t e la grande dimensione
siano in grado si superare la qualit. Moltissime opere ingombranti, pi di qualche volta dal
basso contenuto artistico, riescono a l arsi notare solo per via della loro dimensione gigante-
sca. Questo aspetto, ovviamente, ha contaminalo anche molte architetture contemporanee.
48
dei cambiamenti con i quali le societ del presente e del futuro pros-
simo stanno confrontandosi, un'adeguata riduzione della durabilit
dei manufatti produce una riduzione dei costi.
I l mito dell' eternit si appanna sempre pi in favore di una con-
temporaneit pi certa. Il cambiamento sta cancellando ogni certezza
passata. Le fami gl i e allargate, ad esempio, si sono definitivamente
dissolte. Mi t i e valori abbattuti e cancellati. L'appartenenza ha cam-
biato volto. La mondializzazione ha scombinato i localismi. Ritmi,
abitudini, certezze di qual unque tipo relegate nelle fantasie di epoche
trascorse.
I n questo contesto gli edifici durevoli sono un impedimento al
cambiamento, perci appare utile contenerne il numero. Insomma,
questi e mille altri motivi consigliano di trascurare la durata che si
approssima all' eterno in favore di un' estensione temporale circoscrit-
ta e magari prestabilita.
I l tempo definito, calcolato in base alle disponibilit finanziarie
messe in campo e al ritorno dell' investimento. I momenti di estasi di
fronte all' opera eclatante durano il tempo della distrazione, tra un
caff e uno sguardo al terminale. Come nell'editoria, laddove la
quant i t di l i br i prodotti supera il numero dei lettori di sponi bi l i a leg-
gerli, cos le nuove architetture si susseguono a un ritmo cos inces-
sante che nemmeno gli addetti e gli specialisti del settore riescono a
seguire il diagramma dei percorsi delle edificazioni. La fruizione de-
gli spazi si snoda secondo il ritmo della fretta, dell'incessante corsa;
moltissime azioni e frequentazioni devono essere consumate in poco
tempo. Non importa se le esperienze non si conducono mai a termi-
ne, perch la fretta sempre cattiva consigliera; importante agire
comunque frettolosamente.
La qualit segue queste accelerazioni perdendo qua e l i pezzi
della sua perfezione. I nutile la lente dell' attenzione per guardare.
sufficiente uno sguardo fugace. Questo non chiede perfezione, ma
colpi d'occhio, emergenze evidenti. La qualit, intesa come elevato
pregio e cura degli spazi e delle finiture non ha oggi alcun significa-
to, poich il tempo brucia questi aspetti privilegiando cose di mag-
giore impatto e di minor costo. Tutto ci ha una evidente conseguen-
za, seppur celata o volutamente ignorata: produce innegabili effetti
sul l a libert di coloro che debbono confrontarsi con questi risvolti del
tempo.
49
Nessuno si pone pi il problema della libert, anche quella dalla
schiavit del tempo. L'attuale societ ha preso coscienza di non esse-
re mai stata libera, perci accetta supinamente qualunque standard.
Prima il dominio della natura ha condizionato ogni agire in funzione
della sopravvivenza; poi il dominio degli stati, degli imperi, dei per-
sonaggi pi o meno deificati, hanno mantenuto le masse in schiavit
con la forza; quindi il dominio dello spirito da parte delle religioni si
sono imposte su qualunque impero, riscattando l'uomo dalla schiavi-
t fisica per obbligarlo, mediante la coercizione morale, a incasellarsi
nel regno di qualche di vi ni t ; i nfi ne la schi avi t del lavoro, che ha
reso tutti convinti che essere dotati di censo significa collocarsi
all'interno del mondo legalizzato, della possibilit di ottenere il be-
nessere qui e subito senza attendere gratificazioni posi mortem.
La libert sembra essere appannaggio di pochi, forse di nessuno.
Nessuno pienamente libero, semplicemente per il fatto di dover ob-
bedire a regole natural i per sopravvivere. Tempo e libert sembrano
viaggiare in parallelo, ambedue guardano solo avanti senza mai vol-
tarsi indietro. Quindi, perch lottare contro i mul i ni a vento quando il
risultato comunque il medesimo? Questo sembra essere uno dei
punt i di arrivo dell'attuale societ. Allora "avanti tutta", in direzione
dell' abbattimento della barriera del suono.JLa corsa veloce riduce gli
spazi, di qual unque tipo questi siano. L' uomo quasi riuscito a di-
ventare una divinit, una sua antica aspirazione. Oggi in grado di
essere ubiquo, grazie al l e protesi elettroniche e informatiche di cui si
dotato. La tecnologia venuta in suo aiuto, nel senso che non sta-
to il singolo a volerlo, ma la tecnica ormai incontrollata e incontrol-
l abi l e che padroneggia senza pi rivali il suo costante e perpetuo svi-
luppo e perfezionamento. Grazie alla tecnologia si possono fare cose
che sembravano improponibili persine in sogno: volare, confabulare
con persone sparse in ogni angolo della terra, dare comandi e vederli
eseguiti senza muovere un dito, comodamente seduti sulla poltrona,
quasi solo col pensiero, vedersi proiettati in una vita parallela priva
delle limitazioni della fisicit dove ogni ipotetica voglia subitanea-
mente realizzata. In passato solo una di vi ni t poteva avere si mi l i pre-
rogative. Ogni desiderio pu trovare ormai agevole soddisfazione,
purch non si parli di libert.
50
2.2. Il tempo localizzato
L'architettura manifesta da sempre una tendenza alla sua concen-
trazione, al suo r i uni r si tisicamente i nt orno a spa/i e tempi a elevata
condensazione. La citt costituisce l'esempio pi evidente di questo
fenomeno, risultato del l a compenetrazione dinamica, cio mai statica
o definitiva, di spazi e tempi diversi. La citt costituisce altres
l'ambito preferenziale dove si manifesta la cristallizzazione del tem-
po, dove quest' ultimo sembra essersi, congelato; moltlssimTTuogfii
urbani europei dotati di lunga storia danno al primo impatto questa
sensazione.
Mi chel de Certeau descrive la citt come prodotto generato dalla
interazione istituzionale capace di produrre mappe per pianificare gli
spazi urbani come un t ut t ' uno, percepibile come oggetto unitario. Il
fruitore degli spazi urbani, invece, malgrado la pianificazione delle
istituzioni, si sposta a livello stradale, costruendo mappe mai total-
mente sottoponibili a regole. Lo spostamento tattico del pedone, va-
gando secondo proprie mete quasi sempre in opposizione al layout
stradale, scardina la volont istituzionale di organizzare fin nel pro-
fondo la vita urbana. In questo modo le regole saltano, cos come o-
gni volont di regolare lo spazio, il tempo e la memoria che si adden-
sano intorno al concetto di citt.
E questo il luogo dove il presente pi agevolmente percepibile e
dove si rende pi evidente il modo in cui il presente stesso stato in-
terpretato dalle generazioni passate nella loro epoca, cristallizzandosi
sia nei manufatti che nei modi di uso degli spazi a elevata antropiz-
zazione. inoltre il luogo dove il passato cerca di proiettarsi nel fu-
turo, agevolando il ricordo o la dimenticanza, comunque interpretan-
do ci che avvenuto secondo gli strumenti e i modi del presente.
Pensare la vita al passato, al presente o al futuro significa pensarla con
L' irrealizzabile desiderio di ritrovare, di fermare o di inaugurare il tempo13.
Il fascino delle i nfi ni t e variazioni di ogni vicenda umana che si
rapporta con lo scorrere del tempo trova nella citt il suo punto pi
Mare Auge, Les tempx en ruines. Gallice, Paris, 2003 (tr. it.. Rovine e macerie, Bo l l a t i Bo-
r i n g h i c r i , Torino, 2004, pp. 67-68).
5 i
alto di espressione. Ogni riflessione sul tempo trova negli edifici del
passato un significativo aiuto nell' esplicazione dei fenomeni, e la cit-
t appare come un libro aperto sulla storia dei luoghi e dei suoi abi-
tanti, concordemente con Roland Barthes. La citt memoria fissata
nelle pietre e scolpita negli spazi. Il tempo appare dominato da que-
sta presenza del passato, ne condiziona l' evoluzione e sembra tentare
di impedirne lo sviluppo mediante la prosecuzione nel futuro.
Parallelamente il presente corrisponde a una sorta di istantanea
dell'intersecazione di sistemi temporali eterogenei, quelli che rendo-
no possibile la forma e il significato di quel fenomeno chiamato ap-
punt o citt, che si palesa nelle architetture, ma anche nei sistemi fun-
zionali, generatori dello spazio urbano e dei modi della sua fruizione,
cio quel l i definiti politicamente, socialmente, economicamente e co-
s via.
Ora per architettura della citt si possono intendere due aspetti diversi; nel
primo caso possibile assimilare la citt a un grande manufatto, un'opera di in-
gegneria e di architettura, pi o meno grande, pi o meno complessa, che cresce
nel tempo; nel secondo caso possiamo riferirci a degli intorni pi limitati
del l ' i nt era citt, a dei fatti urbani caratterizzati da una loro forma. Nel l ' uno e
nel l ' al t ro caso ci rendiamo conto che l' architettura non rappresenta che un a-
spetlo di una realt pi complessa...
L'architettura, tuttavia, parzializzazione di qualcosa di molto pi
grande e complesso, costituisce la materializzazione della rappresen-
tazione che si rinnovata lungo l'evolvere temporale. Ha congelato
gli accordi che ogni collettivit ha istituito mediante gli usi e le per-
cezioni i ndi vi dual i e collettive, rinnovandosi e modificandosi conti-
nuamente.
Il tempo futuro al l ' i nt er no di questo ragionamento si condensa in-
torno alla tensione verso il cambiamento che raramente pu essere
repentino. Non vi quasi mai soluzione di continuit tra passato e fu-
turo, poich ognuno vincola l'altro. Il futuro, nelle architetture del l a
citt, appare un fenomeno inarrestabile che si rende manifesto attra-
verso un progetto in cont inua modificazione. Non mai un progetto
definitivo, congelante una situazione, poich ogni circostanza varia
perennemente col modificarsi degli usi, costumi e aspirazioni della
14 Aldo Rossi, L 'architettura della citt, Clup, Mi l ano, 1978, p. 23.
52
popolazione che si sostituisce a quella precedente. Questa deve fare i
conti con una sorta di archivio storico dei manuf at t i che il trascorrere
temporale ha sedimentato, sovrapponendo, a volte proprio fisicamen-
te, un edificio a quello precedente, un'epoca sopra l' altra, stratifican-
do i vari passaggi.
Emblematica la citt di Roma, che costruita a strati sovrappo-
sti, nel l a quale sono chiaramente leggibili l'epoca romana, medioeva-
le, rinascimentale, barocca, fino al l a contemporanea, che affonda le
proprie radici, i pali di fondazione, dentro i locali degli antichi manu-
fatti.
Walter Benjamin sostiene che la citt altro non che il passato di-
venuto spa/io, cio tempo condensato in uno spazio. Come tale la
citt un data-base, una raccolta di documenti memorizzati nelle
pietre e negli spazi del tempo trascorso e delle modalit di vita espe-
rite dalle generazioni passate. Quindi non sembra essere altro che un
testo scrino in quat t r o d i me n s i o n i (spazio e tempo sono un t ut t ' uno
inscindibile) , mediante un linguaggio addirittura pi comprensibile
della scrittura, perci interrogabile da pi parti, da pi lingue, e tutte
le domande che si possono fare riguardano soprattutto il tempo tra-
scorso. Non v' dubbio che un' opera d'arte rappresenta sempre un
pezzo di divenire immobilizzato, o emanazione dei tempo passato15,
ma il dialogo che si pu instaurare con quest'opera sembra essere
fondamentale per prendere coscienza dell'identit del luogo dove es-
sa ha trovato espressione e ritrovare i presupposti che l ' hanno fatta
nascere.
Le morfologie che si ritrovano all' interno di ogni spazio urbano
sono costituite da una fisicit statica che si rapporta con i materiali da
costruzione. Sono questi, insieme alle intelligenze del progetto, inte-
so come processo organizzativo finalizzato, e delle tecnologie poste
in campo, che hanno dato origine alla realt urbana. Ogni presente
ur bano e scritto nel l e aggregazioni materiche delle architetture, le
qual i condizionano persine ogni altra espressione umana. Non vi pu
essere memoria storica senza la presenza fsica degli edifci. In essi,
nel l a loro immobil it , il tempo si rende palese attraverso i segni delle
opere che su di loro hanno trovato qualche desiderio o necessit da
soddisfare, oppure accadimenti involontari che hanno lasciato un se-
n George Kubl er, op. c i t . . p. 28.
53
gno indelebile. Le rovine, stranamente, hanno sempre qualcosa di
naturale16.
Ma cos come le azioni volontarie o involontarie si sedimentano
nel l a pietra, cos la volont di riesumare antiche, oniriche interpreta-
zioni storiche (o pseudo storiche) conduce non pochi archeologi e
addetti al restauro a far riemergere segni sepolti e incomprensibili per
l' uomo del XXI secolo. Pertanto ogni simbolo del passato viene letto
esclusivamente in t ermi ni estetici, di gradevolezza o meno, misurata
sulla sensibilit di una popolazione avvezza a usare codici di lettura
dell'intorno condizionati dal bombardamento quotidiano di immagi-
ni. Pertanto la percezione del tempo della memoria risulta falsato dal-
la contemporaneit. Nessuno oggi conosce pi, e tantomeno pratica, i
linguaggi interpretativi trascorsi e ogni tentativo nella direzione della
comprensione sembra essere sempre e comunque il risultato di una
esegesi, anch'essa a volte eccessivamente soggettiva.
L'eccessiva distanza, non solo temporale, ma culturale fra la me-
moria urbana e le costruzioni attuali si rende evidente nei mille e-
sempi che segnano il t erri t ori o delle nuove costruzioni. Misere stam-
berghe dei secoli passati sono re interpreta te alla guisa di palazzi son-
tuosi, caricate di orpel l i decorativi o di soluzioni lecnologiche, come
solo un perfetto ignorante del l a propria storia potrebbe fare. Sorge il
dubbio che sia l ' i nt era societ che, rifuggendo dalla propria contem-
poraneit, ravvisi nella libera interprctazione del passato un segno di
emancipazione da un presente divenuto sempre pi insostenibile e
condizionante. La comodit della copia, della mimesi, della ripeti-
zione degli antichi stilemi, pur conducendo con estrema faci l i t
al Fotte ni mento di soluzioni agevolmente accettabili da parte di una
popolazione di utenti privi degli st rument i cri t i ci e cul t ural i , sembra
costituire un depistaggio, o meglio una fuga dai confronti che il pre-
sente richiede. La facilit con la quale oggi sono reiterabili i materiali
della tradizione e la reinterpretazione delle antiche lavorazioni grazie
alla notevole di sponi bi l i t di potenza (intesa in termini di di sponi bi l i -
t di enormi energie a basso prezzo che fanno funzionare gli apparati
meccanici della produzione i ndust ri al e) agevola qual unque idea pro-
duttiva. La discriminante si materializza nella capacit del pensiero
di utilizzare intelligentemente quanto oggi disponibile da parte della
Mare Auge, op. cit. , p. 7 1.
54
industria manifatturiera.
Non sono solo gli architetti che si prestano a tale falsificazione
storica. Sembra che sia divenuta una necessit trasversale a ogni sa-
pere. La citt delle botteghe artigiane, ovviamente assai lontana dai
ricordi degli at t ual i abitanti, con il tanfo dei liquami e gli odori pun-
genti, il vociare insopportabile e la vita in comune sembra apparire
preferibile all'asettica vita trascorsa di fronte a qual che schermo,
i mmersi nel rumore costante delle automobili e nell' odore del l ' i n-
quinamento atmosferico contemporaneo.
Quali sono, allora, le strategie che si adottano nei confronti delle
scelte e delle decisioni di carattere architettonico e urbanistico? Si
presume che le politiche di trasformazione dei l uoghi urbanizzati do-
vrebbero elaborare piani finalizzati alla tutela e alla valorizxazione di
quanto pervenuto dal passato, strategie per ricordare o dimenticare.
Si dovrebbe cio saper gestire la memoria dei l uoghi che si ammi ni -
strano. Ma sulla base di quale conoscenza e capacit si potrebbe
compiere questa operazione di selezione? Ovviamente secondo la
sensibilit presente, sensi bi l i t di una generazione di amministratori e
progettisti messa in crisi (e messa in disparte) dal crollo delle ideolo-
gie che hanno guidato buona parte del secolo breve e sospinta dal
domi ni o del l ' uni ca ideologia rimasta in piedi (malferma), quel l a del
mercato.
Difatti, uno degli aspetti che connota ogni politica economica ri-
guarda la riduzione dei tempi. Conscguentemente le trasformazioni
urbane e i cambi ament i architettonici, oltre a diventare pi radicali
che in passato, sono assai pi rapidi e tempestivi. Ogni speculazione
non si pu permettere tempi l unghi , deve cogliere l' attimo, al t ri ment i
qual cun altro occupa lo spazio lasciato libero da ogni indecisione.
Ogni macchi na burocratizzata non possiede alcuno spiraglio in que-
sto gioco.
Com' noto le regole messe in essere da ogni organizzazione so-
ci al e (Stato, Regioni, Comuni, ecc.) sono prontamente aggirate da
chi unque abbia interessi economici. D' altronde non si pu non con-
veni re col fatto che ogni scelta architettonica o urbanistica, nel gioco
del l a di nami ca di demolizione o di costruzione, riflette i poteri, le i-
dee, le pulsioni che prevalgono nel l a societ attuale. Ogni citt costi-
t ui sce la si nt esi di tale stato di cose. Il processo di iscrizione nella
memoria urbana si rapporta perci, necessariamente, con la politica
che consente all' economia di esplicitarsi fsicamente.
A sua volta la direzione delle trasformazioni che consente a ogni
citt di accostarsi al presente e di proiettarsi nel futuro mantenendo la
memoria del passato dei luoghi. Il rapporto che ogni citt intrattiene
con il proprio passato non pare essere sempre facile. Il prevalere di
alcune idee o ideologie ha permesso evoluzioni laterali rispetto al
consolidamento delle radici storielle dei luoghi. Non sono poche le
citt che si sono evolute cambiando rotta rispetto alla loro storia, pre-
ferendo mutare, nascondere o cancellare lo spirito dei luoghi.
Il genius laci non pu essere necessariamente determinato dalla
fissit delle situazioni urbane, ma continua a variare sul l ' onda del
comportamento degli abitanti e delle opere che lasciano sul terreno.
Ne sa qualcosa colui che se n' andato a vivere altrove e che ritorna,
magari dopo qualche anno (in certi casi solo mesi), nei luoghi gi
vissuti in passato. Anche se tornato a casa e questa ne! frattempo
non stata manomessa essa si trasformata, diventata diversa ri-
spetto a quando la si lasciata. Lo scorrere del tempo non lascia solo
il segno sui manufat t i , ma soprattutto sugli esseri umani . La breve
durata biologica in rapporto ai ritmi del cambiamento delle architet-
ture simula un' accelerata modificazione di quest' ultime in un arco
temporale dipendente dalle esperienze e dall'et dei soggetti che e-
speriscono le varie situazioni.
Analoga condizione si verifica con i processi di edificazione e con
le strutture e i materiali che si utilizzano. Nel costruire solitamente si
fa riferimento a un ventaglio di invariabili, a cui fanno da corollario
un i nsi eme di cambi ament i . Questi ul t i mi rarissimamente sono stra-
tegici nel l ' i nsi eme delle pratiche edificatorie. Lo si pu rilevare nel
numero di innovazioni fondamentali che sono intervenute nel tempo.
Nel momento in cui si interviene al l ' i nt erno di una citt, laddove
l' addensarsi temporale rende evidente e condensa un ventaglio di so-
luzioni edificatorie che esplicitano l'evolvere storico dei processi co-
struttivi si ha la netta sensazione di avere a portata di mano il percor-
so evolutivo dei modi di edificare.
Dal manufatto tipico dell'epoca del l ' i mmort al i t , laddove la mate-
ria pesante e densa ha necessitato di esperienze analoghe a quelle co-
struite in epoche successive, modificando (poco) i materiali e (mol t o)
i modi di posa in opera, si perviene senza soluzione di cont i nui t
56
all' architettura contemporanea. Questa, avendo poco spazio a dispo-
sizione, sovente ottenuto mediante cesure incongrue all' interno del
tessuto urbano storico, s'incunea con il suo essere nel corpore vivo
preesistente, stabilendo una di f f ci l e integrazione con l'intorno.
Sembrano essere poche le architetture contemporanee capaci di
dialogare con il contesto senza violentarlo. Fortunatamente anche le
pi strane architetture riescono a far parte dei luoghi in cui sono state
collocate a forza, diventando dopo un arco di tempo pi o meno lun-
go, presenze insignificanti della quot i di ani t . Solo qualche turista, o
pi raramente qualche studioso, riuscir forse a rilevarle e attribuire
un gi udi zi o di merito.
Cos anche i materiali e le tecniche che sono servite per consegna-
re alla storia le parti di citt trasformano se stesse pur rimanendo i-
nalterate. II fenomeno di cambiamento dovuto al tempo non conosce
discriminazioni.
2.3. Il superamento del tempo
Nella realizzazione delle architetture sembra in via d'estinzione (o
forse gi scomparsa definitivamente) quel l a prassi che coinvolge i
vari soggetti tradizionalmente interessati alla soddisfazione dei biso-
gni o desideri legati all' abitare. Il fruitore, il committente che s co-
struisce la casa, l' utente generico, ad esempio, sono soggetti del pro-
cesso edilizio in via di sparizione. Forse esistono solo sulla carta. I
loro desideri sono configurati molto lontano dal mondo della edifica-
zione, sui palinsesti dei programmi televisivi, sugli schermi e sul
conformismo degli stili di vita omologati. Il committente, sia esso fu-
turo utente o solo investitore, obbedisce a regole che non sono sue.
Sul mercato si trovano ormai moltissime soluzioni gi preconfezio-
nate sia dal punto di vista del desiderio, sia da quello della sua soddi-
sfazione. Il tipo di desiderio ampiamente instillato dai mezzi di
comunicazione e dalle interferenze della socialit.
I prodotti che dovrebbero rendere libero l'uomo, liberarlo dalle fa-
tiche, sono diventati degli obblighi, dei must. Per indicare certi tipi di
automobile o un capo d' abbigliamento alla moda, si usa appunto la
parola must, obbligo. Analogamente la tipologia dell' abitazione e le
suppel l et t i l i che deve contenere appartengono a un panorama di ob-
57
blighi, quindi non ha pi senso chiedere la progettazione di un nuovo
manufatto, poich il mercato gi perfettamente in grado di rispon-
dere in anticipo alle esigenze del nuovo abitante. Solai con travi a vi-
sta in legno, tetto a falde, pure in legno, colori di moda che stridono
con quelli del passato e mille altre soluzioni conformi, sono al!' ordi-
ne del giorno nel l e realt dei campani l i .
Sfogliando molte delle riviste patinate di settore ci si accorge che
il clich sempre lo stesso: il medesimo progetto svolto in varianti
sfumate tra loro. Anche il progettista non si pone pi il problema di
cambiare, ma bens di sopravvivere. In un personale colloquio di
qualche anno fa con Henry Prouv ormai ottantenne, tenuto presso il
suo studio di Nancy, egli ebbe a dirmi che l'architettura che si sta
progettando oggi la si concepisce tant pour vivre, senza lo spirito
del l a ricerca e delle ideologie che hanno guidato le epoche preceden-
ti, e si rammaricava di questo, considerando l'architettura come l'arte
capace di essere la pi umana fra tutte le sue concorrenti.
Il tempo, quello che si frappone fra desiderio e soddisfazione, det-
ta non solo i ri t mi , ma anche l 'apati a del quotidiano. Tale la sua
presenza all'epoca del paradosso. Paradossale questa nostra epoca
perch da
un lato siamo i mpazi enti perch i mezzi e i percorsi "durano", cio ri chi e-
dono tempo. Dal l 'al tro per non sopportiamo di raggiungere effettivamente
[...] gli obi etti vi , dato che con questo indugio sembra che si sciupi il tempo che
potrebbe essere usato per compiere i percorsi17.
Tutto questo si rispecchia in maniera eclatante nelle architetture,
in quanto, dovendo rappresentare il proprio tempo, si limitano a por-
re in primo piano la sola pelle esterna. Come di venuto un obbligo il
fatto di dover a tutti i costi rimanere giovani, ricorrendo a qual unque
artifizio, dalla medi ci na alla chi rurgi a, ai belletti, cos l 'edi fi ci o deve
rappresentare l'emblema dell'eterno giovane. La sua pelle deve esse-
re sempre nuova, tesa, l uci da, colorata, luminescente, attiva. Nessun
segno del tempo deve comparire (impazienza della durata), ri chi e-
dendo un immediato intervento di imbellettamento (impazienza del
raggiungimento dell'obiettivo). La discesa in campo dei Piani del co-
Gunther Anders. op. cit., pp. 321 -322.
lore di molti "centri storici", cos come alcune opere di restauro di
edi fi ci anche non storici stanno svolgendo questa funzi one. Determi-
nate scelte materiche sulle pelli degli edifici simboleggiano questo
stato di cose.
II tempo della contemporaneit, contro quello del fare pesante,
connotato dal fatto che la parte litninare dei manufatti assume una
importanza di gran lunga superiore rispetto alla sostanziosit vigente
all'epoca del fare per l'immortalit. Il tempo si sta congelando, tanto
veloce e non rilevabile dai meccanismi biologici degli organi di
senso umani. Nelle societ a capitalismo avanzato la temporalit del
manufatto divenuta coi nci dente con la soddisfazione del desiderio,
raramente di un bisogno.
Come nella vita biologica si tende a ripudiare l'oscenit del l e con-
seguenze del fluire del tempo, determinate dal l 'i nvecchi amento e
dalla mal atti a, contro le quali si lotta mettendo in campo ogni mezzo,
cos nel l e costruzioni appare inaccettabile che i segni del tempo e
del l a consunzione si rendano eccessivamente palesi. Si moltiplicano
gli studi e le teorizzazioni su come contenere il degrado, la caduta af-
fdabilistica, la perdita di prestazioni nelle architetture. Questa lotta
contro la vecchiaia, cio contro gli inarrestabili effetti del fluire del
tempo, si fa sempre pi raffinata e mirata. un coerente contrasto
dell'osceno che spinge l ' umani t a ri pudi are i corpi decadenti e pu-
trefatti. La morte tollerata solo quando le ossa sono bianche: se gli
architetti non possono riuscire nella loro ricerca di popoli e case "sa-
1 \ie robusti, attivi e u t il i, et ici e f el ici" , possono al meno trovarsi a
proprio agio di fronte al l e bianche rovine del Partendone. Una vita
giovane e una morte decorosa, questa era la parola d'ordine
del l 'archi tettura19 fino a tutto il XX secolo.
In un certo senso .costituisce la comune lotta contro la morte, nel
momento in cui questa non contempla pi speranze e prospettive
nell'esistenza di qualche improbabile al di l , che estetizzando la real-
t cerca di uccidere la morte stessa, el i mi nando il tempo con i suoi
effetti nefasti. Il rifiuto del dolore e della morte continua a essere
un' at t i va occupazione umana. Incapace di superare l'uno e l'altra at-
'* Frase di Le Corbusier tratta da Vers une architecture.
''' Rcrnard Tschumi, Architecture and Disjuncton, The Mit Press, Cambridge, 1996 (tr. it.,
.irftttt'ttnni e di.^inn=it>in; Pendragon, Bologna, 2005, p. 60).
59
traverso la metafisica all'uomo non rimane che sopperire alla finitez-
za mediante la sublimazione estetica. Tale sublimazione si rende ma-
nifesta mediante la percezione: visiva e acustica.
L'epoca delle comunicazioni planetarie in tempo reale necessita
solo di finestre dalle quali guardare (o essere visti), voyeuristicamen-
te, un mondo fantastico, laddove l'architettura non pi fatta solo di
muri, ma anche di simulazioni tridimensionali. Suoni sintetici com-
pongono la colonna sonora della nuova realt virtuale.
L'architettura, quella materiale, ancora una volta riassume in s
quel condensato di aspirazioni che da sempre accompagna ogni evo-
luzione. La sua temporaneit, il suo essere sempre giovane, inattac-
cabile dal degrado, perennemente rinvigorita da soluzioni che ne
modificano la pelle, l'aspetto visibile e tangibile dei manufatti, rap-
presenta una emblematica via di scampo alla finitezza umana. La sin-
tesi della giovinezza consiste nel perenne, agile e veloce cambiamen-
to superficiale che non concede credito alla sostanza, ma all'apparire,
al sembrare sempre giovane, appunto.
2.4. Il tempo dimenticato
Lo storico Pierre Nora sostiene che ci sono siti della memoria
perch nell'ambiente in cui viviamo non c' pi memoria, vale a di-
re che vi sono vari fenomeni legati alla memoria, conseguenti a un
coacervo di fattori recenti che hanno modificato il rapporto con il
tempo della storia. Da una parte si consolida un effetto accumulazio-
ne, legato al sensazione della perdita e che responsabile della esa-
gerazione della funzione della memoria, dell'ipertrofia delle istitu-
zioni e degli strumenti di memoria: musei, archivi, biblioteche, colle-
zioni, quantificazione delle scorte, banche dati, cronologie, ecc.
Dall' altra si assiste al divario tra un avvenire imprevedibile e un pas-
sato reso oscuro dall'autonomia del presente che si presenta gi sto-
ricizzato. Il_passato non pi una garanzia per il futuro. E questa la
ragione principale di promozione della memoria, considerata come
un agente dinamico e una promessa di continuit. Una volta vi era
una sorta di solidariet fra passato e futuro, in cui il presente costitui-
va il trait d'union fra i due. Oggi, mancando tale anello di congiun-
60
zione, vi., una sorta di solidariet fra presente e memoria20.
Secondo Paul Virilio, invece, esiste una sorta di amnesia contem-
poranea derivata dal fatto che l'ordine del tempo stato soppiantato
da quello della velocit. La velocit, come si diceva pi sopra, un
Jempo contratto, condensatosi intorno a un avvenimento fugace. Una
simile lettura in grado di cambiare radicalmente il punto di vista
della storia. Se il tempo scompare se ne vanno anche tutti gli aspetti
che si basano sulla sua esistenza, memoria compresa. Pertanto nella
societ contemporanea, dominata dalla velocit degli accadimenti,
non vi pi spazio nemmeno per la memoria.
Troppi accadimenti del passato si sono rivelati essere una ango-
sciosa persistenza con la quale non possibile, non si vuole, oppure
non consigliabile fare i conti. Le nuove generazioni non si sentono
pi eredi dell'operato dei loro padri. Questi stessi sono un fardello,
un peso personale e sociale del quale si cerca di fare a meno, tranne
quando possono essere di qualche utilit. L'accelerazione dovuta
all'incremento esponenziale dei ritmi evolutivi non consente di attri-
buire spazi improduttivi, non direzionati ai futuro.
L' impossibilit di rintracciare un passato condiviso e condivisibile
rende invisibile il passato, perlomeno quello dotato da qualche mar-
gine di attendibilit veritiera, oppure si preferisce renderlo conforme
a una visione che sia di qualche utilit per proiettarsi sempre al di l.
La memoria sociale sembra essere assediata dalla difficolt di rap-
portarsi linearmente con tutto ci che stato. Solo qualche sprazzo
qua e l sembra plausibile, e qui ndi accettabile. Il passato, incapace
di insegnare, o perlomeno di lasciare la minima traccia nelle faccen-
de legate all'attuale contesto contemporaneo, diventa un trastullo per
pochi eletti, al pari di altri interessi spiccioli.
Il passato, quindi, ha una forte probabilit di diventare un mero
simulacro. Autore f renziale, sta diventando sempre pi un fantasma
da citazione, ma da non ricordare. In uno scenario connotato da una
elevata volatilit, contraddistinto dalla iperbolica diffusione di im-
magini che si rimescolano continuamente, il passato sembra non ave-
re pi alcun futuro. Il diffuso sentimento di sradicamento percepito
nel l a societ tardo-capitalistica sta organizzando variegate forme di
' " ( Tr . l' icrre Nora, "L'avnement mondial de la mmoire", in www. eurozi nc. com, 1 9 apri l e
20(12.
6 1
spettacolarizzazione della memoria dif f use negli spazi urbani di tutto
i l mondo.
L'artista Paolo Buroni, per esempio, proietta immagini e docu-
menti storici sulle pareti di edif ici, contemporanei o del passato, a-
dottando una forma di spettacolarizzazione dell' architettura e del l a
storia. Un binomio inscindibile, quello della storia e dell' architettura,
che f acilmente sintetizzabile in immagini. Il fascino che esercita ta-
le meccanismo di disneylandizzazione della realt realizzato attraver-
so la memoria va a chiudere def initivamente lo spazio stesso della
memoria. Questa diventa parte integrante di uno spettacolo totaliz-
zante che si sovrappone alle architetture facendole diventare delle
semplici superf ici di deposito temporaneo di i mmagi ni f uggevoli, al-
la stessa stregua del loro rilevamento distratto nella quotidianit. Il
passato, cos, diventa un mero collage di immagini che si materializ-
zano su quanto c' di pi artif icialmente duraturo, le costruzioni ap-
punto. Il passato e la sua immagine diventano dei tutto irrilevanti ri-
spetto alla materialit dei luoghi.
A sponsorizzare questo tipo di spettacolarizzazione concorrono at-
tivamente le pol i t i che che si occupano della spazializzazione della
memoria: norme di pi ani f i cazi one, criteri di zonizzazione, promozio-
ne pu bbl i ci t ari a, regolazione di flussi di traffico, di denaro, di perso-
ne, e molti altri ambiti dell' organizzazione degli aspetti antropizzati
danno luogo ad una vera e propria politica della memoria. Persine al-
cune forze politiche, non solo nazi onal i , si prestano e f anno largo uso
di approcci che esaltano la memoria, ovviamente intesa esclusiva-
mente secondo il loro pensiero. La memoria, cio, costituisce un ar-
gomento trasversale estremamente utile proprio quando ha perso o-
gni significato e ogni prospettiva. Ci consente la perdita def initiva
del fondamento stesso della memoria, cio la sua utilit.
62
3. Lo spazio tecnologico
All'epoca del dominio della natura e del desiderio di immortalit
tutti gli accadimenti avvengono all' interno di ambiti spaziali. Lo spa-
zio il luogo, il contenitore di ogni staticit e motilit dei corpi f i si ci
e metaf isici.
L' idea comune che abbiamo di spazio risale a Newton. Lo spazio
lo possiamo pensare come una tavola su l l a quale avvengono tutti i
fatti del mondo . E di f f i ci l e pensare allo spazio come a una entit,
priva di relazione con gli oggetti in essa contenuti. Da Aristotele si-
no a Cartesio, lo spazio stato descritto come relazione e non come
entit. Ovvero, non esiste lo spazio, se non vi sono gli oggetti. Lo
spazio una relazione di contiguit fra gli oggetti2.
Questa relativit sublimata nel momento in cui si rapporta con le
architetture. Qui lo spazio indef inito acquista signif icato, tutto rac-
chi u so nel l a coercizione del l e barriere f isiche e concettuali. In questo
ambi t o culturale lo spazio giocato all'interno della matericit dei
mu r i , compreso fra la sostanza che riempie i due limini perif erici, ma
anche quello privo di fisicit e raccolto fra i molteplici confini ma-
teriali che lo delimitano, cio qu el l o che def inisce lo spazio abitabile.
In questo magnif ico gioco fra materiale e immateriale si configu-
rano i signif icati di un fare architettonico millenario, che oggi non
pi cos certo di volersi confermare e consolidare. Nuove e radicali
spinte mettono in risalto una spazialit altra rispetto a quella che ha
governato la storia dell' architettura e della sua realizzazione.
1 farlo Rovelli, Che cos' il tempo? Che cos' lo spazio?, Di Renzo Editore, Roma, 2004, p. 1 3.
;farlo Rov el l i , op. c i t . . p. 29.
63
3.1. La percezione dello spazio
Tra i concetti primitivi, quelli dei quali si tende a non dare alcuna
definizione poich bagaglio formatosi naturalmente nella mente di
ogni essere umano vedendo e toccando gli oggetti che lo circondano,
vi indubbiamente lo spazio. Inteso nel senso comune, secondo la
normale intuizione del mondo reale, lo spazio soprattutto connotato
dall'essere un'estensione illimitata in ogni direzione, all'interno della
quale sono collocati i corpi materiali e dove avvengono i fenomeni
f isici.
Lo spazio, quello dell' esperienza quotidiana di ognuno, cono-
sciuto secondo i termini della geometria euclidea. E cos per spazio
assumiamo sempre l'estensione in lunghezza, larghezza e profondi-
t3. Cos si esprime Cartesio, il quale, per, non si ferma a tale con-
siderazione, ritenendola solo un punto di partenza. Suppone che vi
sia una distinzione fra spazio interno e spazio esterno:
E quello interno senz'altro che lo spazio; invece quello esterno pu essere
assunto come la superf icie che avvolge la cosa-nel-luogo .
Egli considera spazio ci che racchiuso all' interno di manuf atti
vuoti, escludendo ovviamente la materia, quel pieno che configura la
delimitazione fra dentro e fuori. Per lo spazio non pi tale quando
avvolge le cose dall' esterno, quell'estensione priva di finitezza, illi-
mitata, che contiene e perimetra ogni l imine materiale. La definisce
come una "superfcie che avvolge". Precisa inoltre che, quando lo
spazio non racchiuso/concluso, si deve considerare la "cosa-nel-
luogo", immobile, in una situazione che consenta di collocarla f isi-
camente. Perch? Quale sar il dubbio che lo ha spinto a porre questa
distinzione fra dentro e fuori? Eppure lo spazio sempre Io stesso.
Forse perch sembra pi f acile comprendere uno spazio racchiuso,
cogliendone e controllandone la finitezza rispetto a uno spazio inf ini-
to che non ammette misurazioni esatte? Di quest'ultimo trascura la
parte indeterminata, privilegiando la periferia delle cose finite, degli
' Rene Descartes, "Estensione e movimento", 1644, tratto da Principiaphilosophiae e riporr
tato in Albert Einstein, Relativit: esposizione divulgativa e scritti classici su Spazio Geo-
metria Fisica, Bollati Boringhieri, Torino, 1974, p. 149.
4 Rene Descartes, ibidem.
64
oggetti, dei manuf atti, di ci che palesemente visibile e tangibile.
Probabilmente Cartesio, preferendo non dedicarsi a disquisizioni
sul l ' inf inito (poich questa attribuzione di infinito appannaggio
della sola divinit e non ammissibile pensare che qualcuno possa
comprenderlo appieno) si sbarazza del problema, sostenendo che lo
spazio non delimitato all' interno di un volume non spazio. Ancora
una volta egli si concentra sulle cose, non sull'estensione. Non servi-
rebbero grandi ragionamenti per giungere a una conclusione diversa.
Eppure il primo precetto logico riportato nel suo Discorso sul meto-
do per ben dirigere la propria ragione e per cercare la verit nelle
scienze consiglia di evitare accuratamente la precipitazione e la
prevenzione. Evidentemente ogni tentativo di dare spiegazione in
forma semplice a un concetto cos subdolo non appare essere que-
stione di poco conto.
Riflessioni intorno a questo tema risalgono senza dubbio al mo-
mento in cui sorta la necessit di attribuire un nome, di chiamare
"spazio" un certo tipo di estensione allorquando questa rilevata dai
sensi. Questa ipotesi sembra immediatamente verificata se si pensa
al l o spazio come prodotto della percezione.
Lo spazio null' altro se non la forma di tutte le apparenze dei sensi ester-
ni, cio la condizione soggettiva - l ' unica sotto la quale ci sia possibile
un' intuiz ione esterna - della sensibilit6.
Ogni essere dotato di meccanismi di percezione della realt ha e-
sperienze spaziali, esperienze che per non sono mai identiche per
ogni singol o soggetto. La realt percepita in maniera diversa da
persona a persona. Non esiste una realt uguale per tutti, ma nemme-
no per gruppi, anche se sono possibili alcune grossolane classifica-
zioni. La realt, cos com' rilevata, pare essere (?)7 un aspetto stret-
tamente soggettivo. La valutazione percettiva dello spazio apre un
Rene Descartes, Discours de la mthode pour bien conduire sa raion et chercher la vrit
l it ui. * l es sciences, 1637(trad. it.. Discorso sul met odo, Mursia, Milano, 1972).
" I mmanuel Kant, Crit ica delia ragione pura, Riga, 1781, 1787, ed. Adelphi, Mi l ano, 1995,
l > l > X 2-83.
Si preferisce usare il condizionale poich convinzione di chi scrive che non vi sia nulla d
insol uto in tutto ci che attiene il pensiero materiale, concordando appieno con quanto af-
f cmiii Friedrich Wi l hel m Nietzsche: tutto ci che assoluto appartiene alla patologia, in
ti < H l del bene e del male, Adelphi, Milano, 1984, p. 82.
65
discorso sulla consistenza del mondo materiale.
Se, come sembra, ogni essere umano percepisce gli oggetti che
entrano in relazione con i suoi sensi attraverso la loro periferia allora
il mondo percettivamente costituito da un insieme di perimetri, li-
mini, barriere che delimitano lo spazio libero da quello occupato da
materia. L'interno della materia come se fosse una scatola nera in-
visibile e intangibile. La parte piena, in quanto non percepibile, un
luogo misterioso, sconosciuto, terribile, piacevole o indifferente, a
seconda della esperienza che ognuno ne fa.
Una zolletta di zucchero percepita come un parallelepipedo dalla
superficie cristallina, ma dolce e rassicurante se la si mette in bocca.
Meno rassicurante un ci l i ndr o di uranio o un panetto di esplosivo al
plastico, conoscendo a priori le loro potenzialit distruttive. Un sam-
pietrino pu persine essere un oggetto insignificante se ammassato o
posto a lastricare una strada e colto distrattamente, ma costituisce un
oggetto contundente, un' arma impropria allorquando adoperato nel
lancio in aria in situazioni di sommossa.
Gli edifici appaiono sotto forma di superfici (opache, trasparenti,
colorate, ruvide, lisce, calde, fredde, dolci, salate, rumorose, silenzio-
se...). La loro consistenza materiale non appare mai, se si esclude la
fase costruttiva, e nemmeno in questa si pu vedere o toccare la parte
interna, intima dei semilavorati, dei materiali monolitici, delle parti
incluse all'interno dei prodotti. E la periferia che esprime ogni manu-
fatto, il suo essere palese. Tutto ci che sta all'interno spazio occu-
pato, non visibile, forse di una qualche ut i l i t come supporto
al l ' ul t i ma barriera che si rende manifesta. La materia dell' immagi-
ne il colore, la materia della (. . . ) costruzione il colore, soltanto il
colore; il resto, cemento o mattoni o ferro che sia, soltanto la mate-
ria del supporto8. E cos' tsicamente il colore se non l ' ul t i ma bar-
riera visibile della materia, quella magnifica illusione ottica che da
vita ai corpi sotto la luce?
L' uomo essere superficiale, nel senso che con gl i strumenti natu-
rali di cui dotato pu solo rapportarsi con l'esteriorit delle cose,
con le loro superfici appunto. Di queste egli coglie i colori, quando vi
luce, gli odori, la forma, i suoni o rumori, il gusto, quelle rare volte
che gli capita di farlo (i bambini in tenera et, per esempio, approc-
8 Gi ul i o Carlo Argan, L 'arte moderna 1770-1970, Sansoni, Firenze, 1979, p. 268.
66
ciano la conoscenza del mondo attraverso la bocca). Insomma, gli
spazi degli edifici, interni o esterni, sono percepiti attraverso la peri-
feria, il colore dell' ultimo strato di tinteggiatura, della pelle del mat-
tone, della specie lignea e cos via. Lo spazio quindi quello del i mi -
tato da quel l ' ul t i mo sottilissimo velo che costituisce ogni essere o
cosa materiale. Non ha alcuna importanza che si sia all'interno o
all' esterno di un luogo. Determinante la possibilit di percepire
qualche perimetro. Lo spazio, quindi, dovrebbe essere quella esten-
sione, misurabile oppure no, delimitata da superfici percepibili me-
diante i sensi. Tutto ci che pieno, essendo occupato, spazio oc-
cluso, nascosto, e qui ndi risulta non percepibile, se non mediante
1 ""impiego di strumentazioni relativamente sofisticate (strumenti a
raggi X, ultravioletti, infrasuoni, ecc.), e comunque non appartiene
pi al l a sfera della libera spazialit.
La distinzione cartesiana tra spazio interno e superfcie esterna
solo una delle tantissime preoccupazioni, forse nemmeno fra le pi
significative dal punto di vista della cognizione spaziale. Tuttavia
non appare sempre agevole comprendere e spiegare concetti poco
t angi bi l i , non materiali. Se ci allontaniamo dalla condizione sogget-
t i va [. . . ] la rappresentazione dello spazio non significa allora nulla9.
D' altronde il fatto di ipotizzare un'estensione illimitata, fosse solo
monodimensionale, non pu che rientrare nella sfera della elabora-
zione puramente intellettuale. La finitezza umana non in grado di
comprendere il limite, la mancanza di un confine, l ' i nt ermi nabi l e,
senza fine, poich la limitatezza fisica condiziona con elevata proba-
bi l i t anche l'elaborazione e la comprensione intellettuale.
Da parte sua Newton cerca di fornire una sua spiegazione del fe-
nomeno spaziale introducendo ul t eri ori i ndi zi :
Lo spazio assoluto, per sua natura, senza al cun rapporto con alcunch di e-
sterno, rimane sempre uguale e immobile. Lo spazio relativo una dimensione
mobile o misura degli spazi assoluti, che i nostri sensi det ermi nano in base alla
sua posizione rispetto ai corpi, ed comunemente preso per uno spazio immo-
bile1 " .
L' i mmobi l i t assoluta, come ipotizzata dal grande pensatore, pu
Immanuel Kanl, op. c i t ., p. X 3 .
I s aac Newt on, "Spa/io, materia e l'orza", op. c i l ., p. 179.
67
essere solo rilevata in termini macroscopici, di visib ilit miope, di
sguardo da lontano. Indubbiamente all'epoca risultava assai arduo
ipotizzare l'inesistenza della quiete assoluta. Lo spazio non pu
quindi che essere immutabile, statico, al cui interno tutto si colloca
e/o si muove. la geometria a stabilire i confini di un ragionamento
di questo tipo.
3.2. Lo spazio ingabbiato
La geometria ci insegna che tre dimensioni bastano a definire la forma di
qualsiasi solido e la collocazione relativa degli oggetti in qualsiasi momento da-
to. Se bisogna prendere in considerazione mutamenti di forma e di collocazio-
ne, alle tre dimensioni spaziali va aggiunta la dimensione temporale .
Lo spazio appare dunque quel luogo immutabile laddove gli og-
getti sono disposti relativamente; se questi si muovono, lo spazio da
solo sembra insufficiente per spiegare sia il posizionamento, sia ci
che accade. La dimensione che lo completa appunto il tempo. Poi-
ch pare che in natura non esista nul l a di assolutamente immobile, le
dimensioni strettamente necessarie a dare spiegazione alla posizione
dei corpi solidi sono quattro: tre spaziali e una temporale. Oltre que-
ste dimensioni, lo spazio-tempo12 si pu estendere solo per costru-
zione intellettuale13.
Lo spazio euclideo, che si struttura all'interno delle tre dimensioni
(base, altezza, profondit), rappresenta il principio della certezza a-
settica. Ogni oggetto ha una posizione che rilevabile con precisio-
ne, compreso all' interno di una gabbia tridimensionale. difficile
contestare questo assunto, per cui non sono ammesse interpretazioni,
valutazoni soggettive. Il mondo tutto governato da regole che si
gestiscono con precisione matematica, una macchina costituita da
moltissimi ingranaggi e da oggetti separati. Questa concezione ridut-
I ' Rudolf Arnheim, Ari and Visual Perception: a Psychology of th Creative eye, th Re-
gents of th University of California, 1954, 1974 (tr. it., Arte e percezione visiva, Feltrinelli.
Milano, 1997, p. 187).
12 Cfr. Albert Einstein, op. cit.
I I Esistono molte ricerche che si spingono oltre !e quattro dimensioni, definendo la quinta, la
sesta e cos via, come dimensioni di tipo metafsico, oppure come elaborazione matematica
generabile attraverso costruzioni algoritmiche: per esempio matrici a n dimensioni.
68
tiva, il modello meccanicistico dell'universo, ha origine con la famo-
sa frase di Descartes, cogito ergo sum, che ha spinto l'uomo occi-
dentale a identificare la propria identit con la mente razionale.
Newton complet l'opera cartesiana fornendo la giustificazione ma-
tematica alla verit della ragione.
Ancora oggi se ne subiscono le conseguenze, basta vedere come
procede la ricerca scientifica in genere. Ogni fenomeno naturale
debitamente sezionato, ridotto in parti sempre pi piccole, quasi a
volerne penetrare l' anima. Numero, pondere et mensura, sancisce
Galileo, nel suo intento di voler ricondurre la natura a una interpreta-
zione basata sul calcolo e sulla sperimentazione scientifica. Secondo
lui nessuna realt materiale pu sfuggire all' ineluttabilit del calcolo
scientifico. Per, se da una parte si continua a suddividere in parti
sempre pi semplici, dall'altra ogni tentativo di riunione di tali parti
per ottenere una sintesi combinatoria simile a quella da cui si partiti
contiene in s il germe del fallimento.
In ogni scienza (compresa l'architettura, o volendo essere pi pre-
cisi la tecnologia che consente la sua realizzazione) si continua im-
perterriti a sposare la logica meccanicistica, ponendo in secondo pia-
no gli effetti sistemici e la relativit di ogni condizione, scordandosi
che le teorie scientifiche non potranno mai fornire una descrizione
completa e definitiva della realt. Esse saranno sempre approssima-
zioni alla vera natura delle cose14.
Anche la prospettiva una rappresentazione dello spazio, una
evoluzione di quello euclideo, avendo come elementi basilari le me-
desime grandezze: larghezza, altezza e profondit. Ma, pur essendo
la percezione spaziale pi praticata nella realt quotidiana, quella
pi diffcilmente riconducibile a regole agevolmente utilizzabili in
rappresentazioni bidimensionali, come per esempio quella del dise-
gno, della pittura, della fotografa, del film, del video, e cos via. Alla
resa dei conti lo spazio prospettico pi ostico della rappresentazio-
ne isometrica, poco riconducibile a regole dotate di immediatezza,
anche se l'occhio predisposto a vedere rappresentare il paralleli-
smo mediante linee convergenti15. La prospettiva, in particolare
14 Fritjof Capra, The Turnng Point, Bantam books, New York, 1 982 (tr. it., // punto di svol-
ta, Feltrinelli, Milano, 2005, p. 43).
1 s Rut l ol f Arnhei m, op. cit., p. 2 1 8.
69
quella centrale, preferita universalmente dai matematici, dagli ar-
chitetti, dagli ingegneri, qualora si richieda una rappresentazione non
ambigua dei solidi geometrici .
Ma la prospettiva centrale, sul piano simbolico, possedendo un u-
nico centro, corrisponde a una concezione gerarchica della realt.
Non a caso introdotta e si sviluppa in un determinato periodo stori-
co, allorquando si deve celebrare la grandezza di qualche principe,
unico modello al quale la verit si deve conformare. Emblematiche
sono le costruzioni del periodo in cui la prospettiva teorizzata. Tut-
te le infilate di pilastri, le mura, le partizioni sono confluenti in un
centro, orientando e obbligando il verso della lettura spaziale.
La maggior parte della nostra esperienza basata sulla comprensione spa-
ziale - nello spazio navighiamo, socializziamo, da esso traiamo metafore per
concetti pi astratti1 7 .
Al primo colpo d' occhio sembra che lo spazio sia pi comprensi-
bile del tempo, poich non necessita di strumenti per essere visualiz-
zato: la sola vista sembra essere sufficiente, anche se tutti gli altri
sensi, in modo meno evidente, partecipano alla sua rilevazione. Il
mondo talmente pieno di cose che la presenza spaziale compare in
mille varianti. La sua rappresentazione avviene attraverso il rapporto
che si instaura fra i corpi fisici. La distanza che separa ognuno di
questi, la loro contiguit o lontananza, rende edotto chiunque di quel-
la quantit che li separa. Questo spazio non materiale, cos come
non lo il tempo.
La presenza dello spazio assume significato come multi-
direzionalit (sopra, sotto, avanti, indietro, di lato, dentro, fuori...).
Parallelamente il tempo mono-direzionato: volto all' infinito. La
valutazione dello spazio avviene per distanza: vicino, lontano, corto,
lungo, stretto, largo. Analogamente il tempo, con le sue cadenze, ri-
levabile tramite una distanza: prima, dopo. Direzione e distanza con-
notano, perci, sia Io spazio, sia il tempo.
Di per se io spa/ i o non esi st e, cos cci me il t empo. A mbedue r i en-
trano nel l a sfera di quegli aspetti necessari a dare un senso alla realt
l!l Rudolf Arnheim, bidem.
17 Peter Anders, cit . in Derrick de Kerckhove, L 'architettura dell'intelligenza, Testo & Im-
magine, Torino, 2001, p. 55.
70

sensibile. Sono semplicemente giustificazioni strumentali per spiega-


re e comprendere la realt. Forse, come dice Paul Virilio, lo spazio
ci che impedisce che ogni cosa sia (contemporaneamente, n.d.a.)
nello stesso posto .
Gaston Bachelard sostiene che lo spazio, nei suoi mi l l e alveoli,
racchiude e comprime il tempo: lo spazio serve a questo scopo19.
Ribaltando l'asserto forse la questione pi intuibile: il tempo dilata
lo_spazio. L'esplosione del Big Bang, l'espansione dell'universo, lo
sviluppo delle catene molecolari e biologiche, la crescita degli orga-
nismi, sono tutti esempi del fatto che col passare del tempo, con la
crescita si occupa pi spazio. Cos lo spazio riesce a trattenere il
tempo, pur senza possibilit di controllo su di esso. Ogni spazio, poi-
ch un condensato di distanza fra oggetti e avvenimenti, contiene
dentro di s le cause e gli effetti di ci che si compiuto al suo inter-
no. In questo senso comprime il tempo, lo fa proprio. Si potrebbe an-
che dire che lo spazio possiede il tempo. II fatto che gli avvenimenti
non sono qualcosa di statico, di immobile, ma avvengono durante un
^determinato periodo, un certo tempo, precisa che lo spazio da solo,
lenza oggetti, senza avvenimenti e soprattutto senza tempo non ha
Icun senso. Ci palesemente rilevabile quando ci si deve confron-
are con le architetture.
(Un edificio, che a grandi linee pu essere interpretato come una
suddivisione spaziale, necessita di tempo per essere edificato, uti-
lizzato per un indeterminato lasso di tempo, serve del tempo persino
nel caso si desideri demolirlo. Qualcuno potrebbe sostenere che que-
sta una notazione banale, tautologica. Si pu concordare con costui,
per dentro ognuna delle singole fasi, magari qui distinte in pochi
momenti salienti per semplificare il discorso, sono inoculati signifi-
cati che non risultano del tutto banali.
Si dimentica con troppa faci l i t che, ancor prima di costruire un insieme di
tecniche atto a fornirci riparo dalle intemperie, l' architettura uno st rumenl o di
misurazione, una somma di saperi in grado di organizzare il tempo e lo spazio
delle societ, consentendoci di misurarci con l' ambiente naturale20.
Pau l Virilio, L'espace critque, Bourgos, Paris, 1984 (tr. it. , Lo spazio critico. Dedal o,
M i i r i . 1998, p. 15).
(ast on Bachel ard, La potique de l'espace, Presses Universitaires de France, Paris, 1957
( t r . I t . . La poetica dello spazio. Dedal o, Bari, 1999, p. 36).
' " l ' i mi Vi r i l i o, op. cit. . p. 19.
71
In questa accezione l'architettura si condensa ancora una volta in-
torno allo spazio, alla sua misurazione e alla rappresentazione, per-
,ch per organizzare il tempo e lo spazio di una societ pare necessa-
|rio adottare un linguaggio, esprimibile attraverso gli strumenti del
;omunicare. Pur non ritenendo pertinente in questa sede soffermarsi
' sul linguaggio, argomento gi ampiamente dibattuto in moltissime al-
tre sedi21, si ritiene che, per quanto riguarda invece gli strumenti, no-
tevoli e assai interessanti sono stati e sono tuttora i cambiamenti ai
quali non ancora stata data adeguata interprelazione.
3.3. Lo spazio della costruzione
Gli strumenti della comunicazione in architettura ruotano tutti in-
torno ai materiali, alle tecniche e alle tecnologie disponibili. Pur sa-
pendo che nella storia, cos come in ogni agire umano, non esistono
compartimenti stagni, ogni epoca si rappresentata con i modi e gli
strumenti, non solo materiali o immateriali, disponibili nel momento
in cui gli avvenimenti si avverano. Fino a tutto il periodo della "mo-
dernit pesante", per dirla con Bauman, i materiali utilizzati sono
fondamentalmente quelli surrogati dalla natura, nel senso che la natu-
ra fornisce la materia prima, impiegata cos com' o sottoposta a
specifiche trasformazioni e lavorazioni. Evidentemente tale aspetto
ha fatto s che ne sia derivata un'espressivit in un certo senso analo-
ga a quella della natura. Difficilmente si riescono a ottenere effetti
diversi da quelli che la natura stessa propone. Si potrebbe sostenere
senza pena di smentita che ogni manifestazione rilevabile attraverso i
sensi non pu che essere naturale.
Se i materiali principalmente utilizzati sono lapidei, lignei, metal-
lici, vetrosi, la terra stessa, cruda o cotta ed eventualmente poi rico-
perti o rivestiti da altre sostanze o dipinture, l'effetto percettivo che
si ottiene surrogato dalla natura. Le stesse tinteggiature, i pigmenti,
le pitture, le vernici, traggono origine da alcune lavorazioni di mine-
rali, vegetali, parti di animali debitamente trattati. Le tecniche impie-
21 La sterminata documentazione storiografica in tema di architettura e tutte le interpretazio-
ni compositive, pur nella loro necessaria parzialit, costituiscono un bagaglio culturale di in-
dubbia mole e completezza, con le quali peraltro qui non si intende minimamente entrare in
merito e tanto meno in competizione.
72
gale sono espressamente adattate al materiale da lavorare, traendo
anch'esse origine da processi di tipo naturale. Fino a tutto il periodo
della "modernit pesante" la natura determina ogni risultato, fornen-
do la base per la rappresentazione, tanto che fu per molto tempo pre-
sa a modello da imitare. Va da s che la rappresentazione spaziale
gestibile attraverso i materiali che la natura mette a disposizione ri-
spondono anche alle differenti necessit o pulsioni che ogni societ,
esprime. Le societ che si affidano alla natura per rappresentarsi
hanno solitamente alcuni aspetti in comune tra loro. Nella maggior
parte dei casi sono societ basate sulla stanzialit.
Le popolazioni stanziali basano la loro esistenza sulla difesa del
territorio, poich da esso traggono il motivo della loro sopravviven-
za, cibo, acqua, clima e condizioni ambientali adeguate. Le costru-
zioni, di conseguenza, debbono essere robuste, per difendersi dalle
incursioni di coloro che intendono appropriarsi delle derrate alimen-
tari e dei beni mobil i. Spesso, per incrementare la capacit difensiva
le popolazioni si aggregano riunendosi in luoghi privilegiati dal pun-
to di vista difensivo. Altre volte si costruiscono possenti mura intor-
no all'agglomerato cos venutosi a creare, mura dall'aspetto possi-
bilmente fiero, che incute timore, a vlte configurate e studiate appo-
sitamente come tecnica di difesa. Innumerevoli sono in Europa i casi
di citt fortificate, il cui elenco occuperebbe da solo moltissimo spa-
zio. Talvolta l' impcrviet del sito contribuisce a migliorare notevol-
mente l'aspetto difensivo. In questi casi il materiale da costruzione
estratto direttamente dalla rupe, dalla terra, da tutto ci che non ri-
chiede spostamenti difficoltosi. Quando il sito in pianura, invece, si
estrae l' argilla direttamente sul posto e la si cuoce, per ottenere il la-
terizio, oppure si raccolgono i sassi dai fiumi e si utilizzano in manie-
ra adeguata. Ogni materiale utile al raggiungimento dello scopo di-
fensivo estratto dalla natura senza bisogno di particolari e onerosi
trasporti o processi di lavorazione sempre stato utilizzato, generan-
do luoghi adeguatamente inseriti nel contesto in cui sono nati.
sempre la natura a configurare i l imit i e le possibilit edificatorie,
detta le regole di base per rappresentare attraverso i manufatti quel
tipo di societ.
Diverso, dal punto di vista insediativo, ma non espressivo, il ca-
so degli imperi. La Roma imperiale, per esempio, fa abbondante ri-
corso al l a produzione, si potrebbe dire quasi industrializzata, di un
73
modello scultoreo e costruttivo che ripropone in ogni territorio sotto-
posto al suo dominio. Utilizza tecniche edificatorie che oggi si direb-
bero da produzione seriale. Adotta l'uso del laterizio generalizzato e
del conglomerato cementizio, una statuaria insuperata dal punto di
vista quantitativo, facendo pragmaticamente ricorso ai materiali, alle
tecniche e alla manodopera locali. Gli stilemi sono sempre gli stessi,
cos come i simboli. La gestione sociale ruota tutta intorno a precisi
luoghi pubblici (l'arena, le terme, il tempio, ecc.). Il suo potere e la
sua presenza sono tali da rendere partecipe della grandezza imperiale
anche colui che si trova in terre lontanissime. L'immagine della po-
tenza romana affidata all'architettura. Forse questo ricorso alle co-
struzioni per manifestare il proprio potere proviene in parte dalle ci-
vi l t che l'hanno preceduta. Anche in seguito l'architettura sar rite-
nuta di importanza strategica, ma indubbiamente la sterminata pro-
duzione della Roma imperiale non sar pi eguagliata, perlomeno a
livello quantitativo. comunque la natura a fornire e dettare le rego-
le perch tale ideale si materializzi.
Che sia una societ espansionista, oppure semplicemente stanzia-
le, modificatesi le condizioni di difesa e di attacco con l'evoluzione
delle armi, la societ pesante si appoggiata costantemente alla natu-
ra, considerandola come la madre, l'origine di ogni configurazione
spaziale ed espressiva. In noti movimenti artistici dell'Otto e Nove-
cento ci si ritrova ancora a ricercare il bello attraverso la natura. For-
se persino oggi, celata dietro rappresentazioni dinamiche, laddove il
tempo e lo spazio non sono pi riconoscibili come prima, la natura
tenta disperatamente di farsi ancora notare.
Di norma, nelle costruzioni, gli spazi della rappresentazione sono
alquanto diversi da quelli della quotidianit , dell'abitare. Se il primo
si proietta solitamente verso l'esterno, verso le masse, discriminando
le parti interne secondo la loro funzione, certamente pi privata, la
seconda tutta introversa, tesa a rendere comodo, utile e gradevole lo
scorrere delle faccende ripetute della quotidianit , del l ' i nt i mi t . Lo
spazio che delimita, separa, isola la zona pubblica da quella privata
sempre stato inteso dal punto di vista della protezione. L'interno
un'area protetta da tutto ci che avviene esternamente. Il privato
considerato uno spazio dei valori dell'intimit e la casa costituisce il
luogo privilegiato da questo punto di vista.
74
La casa infatti il nostro angolo di mondo, [...] il nostro primo universo.
Essa davvero un cosmo, nella prima accezione del termine22.
Lo spazio pubblico, invece, il luogo della lotta per la sopravvi-
venza, della sopraffazione, della celebrazione di qualcun altro o di
qualcos'altro. La delimitazione fra i due spazi talmente netta che
cercare di riunire insieme i due ambiti sembra impresa talmente raf-
finata da richiedere impostazioni diverse rispetto a quella utilizzabile
per le costruzioni dalle separazioni nette, opache, pesanti. In alcune
popolazioni arabe la casa ancora costituita da un muro completa-
mente cieco dotato di una sola porta, al cui interno si sviluppano le
stanze dell'abitazione. Addirittura le partizioni interne accettano gra-
di diversi di accessibilit . Il cuore, la parte pi intima, costituito
dal l a stanza da letto della (delle) concubina (e). Ma non serve andare
cos lontano, seppure ormai cos vicino alla realt europea, per vede-
re che le abitazioni dei popoli di religione cattolica suddividono tsi-
camente le loro abitazioni in zone giorno e notte, le seconde solita-
mente riservate ai membri del nucleo familiare.
Insomma, lo spazio del pubblico e del privato raccoglie al cuni de-
sideri e li configura gestendone i percorsi, prima, e le rappresenta-
zioni, poi. Persino nelle fmiture leggibile la separazione tra zone
pubbl i che e private. Dovrebbe essere noto, difatti, che si tende 3433-
vimentare con materiali "caldi" (legno, moquette, ecc.) la zona priva-
ta e con materiali freddi e robusti (marmi, piastrelle, ecc.) la zona
pubblica. Ogni scelta dei materiali, e non solo di quelli di finltura,
laddove il pensiero costruttivo riporta del l a presenza di l i vel l i cul tu-
rali non banali e di una determinata storia, non mai indifferente.
Vi sono materiali che per loro natura sono pi resistenti agli agenti
atmosferici rispetto ad altri, e qui ndi sono stati scelti per essere im-
piegati all'esterno delle architetture. Questi, diversificatamente per
ogni luogo costruito, hanno seguito una evoluzione e una selezione
durata moltissimo tempo. Le tecniche di lavorazione e di posa in o-
pera si sono pian piano evolute fino a perfezionarsi talmente tanto da
non lasciar adito a ulteriori possibilit di perfezionamento. Analoga-
mente i materiali destinati alla realizzazione di opere interne, non
dovendo rispondere a condizioni ambientali eccessivamente dannose,
( usi mi Bi i c h e h t r d , op. c i t . . p. 32.
75
sono stati individuati fra quelli che meglio rispondevano alla vita de-
gli interni. Per esempio, la continua pulizia delle superfici richiede
che i materiali da impiegare siano in grado di non strisciarsi, consu-
marsi o deteriorarsi sotto l'azione degli strumenti e dei materiali da
pulizia (stracci, scope, saponi, liquidi, ecc.). Alcune superfici devono
essere predisposte alla ripetuta azione di lucidatura, effettuata con
prodotti generici o specifici (cera, olio, pietra e polvere di pomice,
sapone, ecc.).
La lotta quotidiana che avviene all'interno degli spazi, non solo
domestici, perpetrata soprattutto contro la polvere. Sembra essere
questa la peggiore nemica da sconfiggere, quindi i materiali che si u-
tilizzano negli interni sono prevalentemente confacenti con tale sorta
di battaglia persa. La polvere il trascorrere, il proseguire: qualco-
sa permane, il permanere stesso, mai uguale, sempre diverso .
Nell' evoluzione delle epoche anche la polvere ha dovuto subire dei
cambiamenti, che hanno ovviamente influito sulla scelta dei mate-
riali, sia di quelli da costruzione, sia di quelli da pulizia. da sup-
porre che tale rapporto sia stato biunivoco. successo che
l ' i ndust ri a
trasformava la natura in polvere. Dalle miniere alle falegnamerie, dalle ac-
ciaierie alle tipografie, creava sempre nuove polveri man mano che trasformava
i materiali che la terra metteva a sua disposizione. Con aratri d'acciaio e trattori
a gasolio, con draghe e scavatrici, s' impadron del suolo. Le produzioni e i con-
sumi di quel periodo sono registrati dalla polvere aceumulatasi sui fondali ma-
rini, intrappolata dai ghiacci polari e sospesa ai limiti estremi dell'atmosfera.
(E in contemporanea, paradossalmente, n.d.a.) la societ industriale che dif-
fondeva la polvere mise anche in piedi un arsenale di strumenti e prodotti chi-
mici destinati alla pulizia dei corpi, delle case e delle citt .
Ovviamente la scelta dei materiali da costruzione non solo detta-
ta da questo aspetto della lotta contro la polvere, ma configurata
seguendo l'evolvere dei bisogni, prima, e dei desideri, poi, non di-
sdegnando di lasciarsi condizionare dalle mode e dalle tendenze. A
volte la necessit a obbligare alcune scelte materiche. Il sovrapporsi
di alcune situazioni contingenti, come nel caso di alcuni elementi
23 Elio Grazioli, La polvere nell'arte, Bruno Mondadori, Milano, 2004, p.73.
24 Joseph Anthony Amato, Dust, University Press of California, Berkeley, 2000 (tr. it.,
Polvere, G arz anti , Mi l ano, p. 76).
76
strutturali, condiziona la libert obbligando i costruttori a rimanere
all'interno di un ventaglio di soluzioni limitato.
3.4. Lo spazio del nomade
Si gi detto che ogni edificio condensa nel suo esistere una se-
ne di aspirazioni umane, aspirazioni che si sono evolute durante
tutto il periodo di trasformazione da uomo nomade a stanziale. Si
pu presumere che il nomade ricerchi soprattutto un riparo tempo-
raneo, ipotesi riscontrabile nelle popolazioni tuttora dedite al no-
madismo. Emblema di questa temporaneit una forma archetipa:
la tenda. Questo spazio provvisorio, mobile, espandibile, lo si
chiami con tutti i nomi di sponi bi l i che indicano l'abitare tempora-
neo, condensa lo spirito di colui che vive nel tempo. La tenda rac-
chiude una spazialit precaria, :
un accumulo di esistenza, di vita condotta nel quotidiano. Lo "spazio" della
tenda non ha una identit netta, delineata e univoca; in esso si assommano le
memorie dei luoghi visitati, nessuna, per, riesce ad essere preponderante. La
tenda serba dunque qualcosa del deserto, della foresta, del villaggio,
dell' altipiano, dei litorali; nessuno di tali luoghi, posseduto, tuttavia, compiu-
tamente: nessuno d essi effettivamente abitalo25.
Come la tenda in grado di condensare in s lo spazio della quo-
tidianit, cos lo sospende quando ripiegata. In questo caso il.te.ni-
po, quello del trasferimento da luogo a luogo, dello spostamento,
trattiene lo spazio. Quando la tenda viene riaperta lo spazio torna a
scandire il tempo in un luogo diverso dal precedente. Pertanto, que-
sto trattenere e delocalizzare, caratteristi e i della tenda, costituiscono
due aspetti tra i pi interessanti della tenda.
Sospendere il tempo di una tenda comporta un vissuto compiuto
tutto esternamente, viaggiando, cio spostandosi continuamente. E lo
spostamento a guidare una sorta di ritorno dell' uguale, allorquando la
tenda torner a scandire i ritmi di una stanzialit a scadenza. Di volta
in volta il ripetersi dei gesti nel riporre e organizzare gli oggetti della
quotidianit, nell'asportare il rivestimento tessile, nel ripiegarlo per
( 'osare De Sessa, Capire lo spazio architettonico. Offi ci na, Roma, 1990, p. 268.
77
contenere al massimo i l volume occupato, nello smontare la struttura
e ridurla a dimensioni maneggevoli, e poi daccapo, in senso inverso,
riconfigurare lo stesso spazio ridistribuendo le medesime suppellettili
e tornare a vivere questo spazio che non vuole mai essere definitivo
costituisce il processo rituale del nomadismo.
Il nomade si trova costretto a comportamenti e a una gestualit
che gli sono propri. Pur nella coercizione del ripetere incessantemen-
te, la reiterazione dei gesti una delle poche certezze che rimangono
al nomade. Tale gestualit sovente amplificata per imprimere gran-
de importanza alle azioni del vivere, dalle pi semplici e quotidiane a
quelle dei momenti ritenuti importanti, solitamente durante scambi
sociali.
Il rapporto con le cose che si porta appresso costituisce una parte
essenziale della sua vita. Questo rapporto fa un uso parsimonioso
dello spazio durante il viaggio. Gli oggetti, d' altro canto, sono ingi-
gantiti allorquando si trovano a rapportarsi con lo spazio della tenda.
Vi una sorta di espansione, qualificazione delle suppel l ettil i rara-
mente riscontrabile nella spazialit del l e popolazioni stanziali.
Questo spazio altres indefinito, non funzionalizzato, suddiviso
rigidamente da separazioni fsiche. Oggi lo si definirebbe "polifun-
zionale". Consente qual unque attivit, seppure nella tradizionale ri-
petizione dei gesti, appositamente organizzati ritualmente: le sens
de la communaut ncessite raccomplissement de rites (...) Ce qui
compie pour les rituels et qui les rends pertinents, c'est que l'on
considre les effets sociaux comme le rsultat des actes prescrits26.
Lo spazio della tenda non mai intimo completamente, non lo si
pu possedere fino in fondo. Il rapporto con l'esterno labile.
L'introdursi non richiede particolare fatica; persine l'effrazione a-
gevole. I nsomma, lo spazio del nomadismo sembra avere poco a che
fare con la difesa. Esso semplicemente un posizionamento tempo-
raneo, un abitare transitorio, che non intende stabilire legami forti
con i luoghi che frequenta. Il viaggio, cio il connubio fra spazio e
tempo, l'assenza di vincoli stabili, il cambiamento, la diversit,
l'evoluzione, il nuovo, l' innovazione, il futuro, appaiono assai pi in-
26 Pascal Boyer, Et l'homme crea les dienx, Gallimard, Paris, 2001, p. 379 ( I I senso della
comunit necessita l'adempimento di ri t i ( . . . ) Ci che conta per i ritual i e che li rende pert i -
nenti, che si considerano gli effetti sociali come il risultato degli atti prescritti, trad. mi a).
78
teressanti di un presente scolpito nella pietra che fugge senza solu-
zione di continuit nell' immobilit delle costruzioni.
L'oggetto tenda, che di sostanza ne ha veramente poca in termini
di spessore e di materiale, rilevata prioritariamente nella sua parte
liminare, limine sublimato. La sua forma leggibile come conse-
guenza della disposizione di una struttura, interna o esterna, e da un
rivestimento. Questo rivestimento quasi sempre attraversabile dalla
luce del sole o dal chiarore lunare.
Lo spazio delimitato dalla tenda quindi un continuum tra interno
ed esterno, nel senso che la tenda "prende a prestito" temporanea-
mente uno spazio libero, lo rende funzionale, lo suddivide, se ne ap-
propria temporaneamente. A causa della precariet della situazione,
non si ha n un vero interno, n un esterno stabile. Il vento stesso in
grado di deformarne la configurazione.
Malgrado ci, di l del materiale impiegato, si ha sempre una in-
tegrazione tra il contesto preesistente e la nuova installazione; la ten-
da del luogo precedente la stessa di quella della nuova installazio-
ne. Cambiano le condizioni al contorno, ma l'essenza non muta se
non seguendo lo scandire del tempo all'interno di una spazialit ripe-
tuta e secondo la radicale mutazione delle condizioni esterne. Co-
munque si instaura sempre un reciproco scambio di informazione tra
il posto che si lasciato e quello dove ci si temporaneamente posi-
zionati.
Dal punto di vista cromatico tutto sembra avvenire sotto forma di
riflessi luminosi o contrasti cromatici, per dirla con Johannes I tten.
Cambiate le condizioni luminose mutano di conseguenza i rapporti
spaziali. La tenda sempre la stessa pur essendo radicalmente diver-
sa da prima, perlomeno dal punto di vista percettivo, che poi quello
che interessa enormemente l'architettura. I l viaggio, molto di pi del-
la stanzialit, organizza sia lo spazio che il tempo, delocalizza por-
tando con s il cambiamento. La diversit dei luoghi capace di
cambiare anche ci che sembra immutabile. Il viaggio del nomade si
porta appresso ogni volta un risultato diverso, pur essendo gli ingre-
di ent i sempre gli stessi.
3.5. Lo spazio dell'istantaneit
Lo ^pazj>, cos come concepito oggi, una metafora27, divenu-
to uno strumento del pensiero che si plasma e si adatta alle nuove
condizioni di vita dell' uomo contemporaneo. La parola spazio
si applica indifferentemente a una estensione, a una distanza fra due cose o
due punti (si lascia uno "spazio" di due metri fra ogni palo di un recinto) o a
una grandezza temporale ("nello spazio di una settimana"). Esso dunque emi-
nentemente astratto ed significativo che oggi se ne faccia un uso sistematico,
sebbene poco differenziato28.
Lo spazio, che ha definitivamente perso la sua egemonia in fun-
zione esplicativa della realt, si dilata e si contrae, muta continua-
mente insieme al tempo che lo completa. All'epoca degli spostamenti
con mezzi animali lo spazio era misurato in giornate di cammino per
recarsi da un luogo all' altro. Oggi il medesimo spazio risulta contrat-
to. Il tempo necessario per effettuare gli spostamenti fisici con i mez-
zi della contemporaneit sono decisamente pi veloci, riducendo in-
sieme alla durata anche lo spazio. Questo si contratto non dal punto
di vista della sua misurazione, ma da quello della distanza temporale
necessaria per recarsi da un luogo all' altro. Si dice, infatti, che il
mondo si "ristretto".
. Vi un eccesso di spazio e contemporaneamente un suo adden-
samento. L'eccesso di spazio nasce nel momento in cui per raggiun-
gere una meta occorre percorrere territori che risultano solo
d' impaccio, rallentano lo spostamento. Tra un punto di partenza e
uno d arrivo la distanza sempre e comunque troppo lunga, sempre
d' impedimento alle attivit. Vi troppo spazio nel mezzo che di o-
stacolo all' istantaneit. Non esiste volo tra un punto A e un punto
B, diciamo tra New York e Parigi, che non sia considerato, per prin-
cipio, troppo lungo29. L'addensamento temporale, dal canto suo,
appare essere un cambiamento di scala delle attivit che necessitano
di spazio per essere compiute.
27 Cfr. Peter Anders, op cit., p. 55.
2* Mare Auge, Non-iieux, Seuil, Paris, 1992 (tr. it., Nonluoghi, Eluthera, Milano, 1993, p.
77).
2< > Gnther Anders, Die Antqiertheit dea Menschen, Beck, Munchcn, 1956 (tr. it. L'uomo >
antitfuato, voi. 2, Bol l a t i Bori nghi eri , Tori no, 2005, p. 3 1 3 ) .
80
Viviamo nell' era dei mutamenti di scala, in relazione alla conquista spazia-
le, certo, ma anche sulla Terra: i mezzi di trasporto rapido pongono le capitali a
qualche ora di distanza al massimo l' una dall' altra. Nell' intimit delle nostre
dimore, infine, immagini di tutti i tipi, diffuse dai satelliti, captate da antenne
poste anche sui tetti del pi lontano villaggio, ci danno una visione istantanea di
avvenimenti in atto all' altro capo del pianeta3".
Il tempo necessario per trasportare informazioni, che una volta
avveniva tramite lettera, quindi mediante spostamento di materia,
oggi quasi annul l ato poich si trasferiscono bit, segnali quasi im-
materiali, di durata istantanea, che trascinano nel loro tragitto
ranmillamcnto spaziale1' . ormai familiare assistere alle battaglie,
alle guerre in diretta, seduti comodamente sulla poltrona del quoti-
diano. Sono scene asettiche, virulente solo dal punto di vista
dell' immagine e qualche volta del suono, ma sempre prive dell' odore
della distruzione, degli schizzi di sangue, del dolore e della paura
vissuti in prima persona. Lo spazio annullato dall' affollamento di
immagini e suoni. Gli avvenimenti e i luoghi si mischiano attraverso
Io zapping. E fin troppo facile passare dal l a morte a una vacanza tro-
picale, passando attraverso Vom di un tempio buddista.
A sua volta la Rete consente di accedere a una infinit di notizie le
pi disparate fra loro in qual unque luogo siano state introdotte. Tutto
l, a portata di click, indifferente e onnipresente. Lo spazio non
pi, ha perso ogni significato, rimasto un antico ricordo. L'uomo
contemporaneo scandisce i ritmi delle sue comunicazioni sulle fre-
quenze del nanosecondo, addivenendo a una condizione che rasenta
l ' ubiquit, prerogativa che solo possibile immaginare e che fino a
ieri era di competenza delle sole divinit.
Tuttavia, il nuovo abitante svolge la propria vita all' interno di per-
corsi segnati dalla compartecipazione di spazi fruiti da una miriade di
persone, in luoghi dalle caratteristiche labili dal punto di vista della
fruibilit personale, poco domestici, spesso ostil i, quel l i che in una
parola Mare Auge chiama nonluoghi. Questi sono anche i luoghi lad-
dove avviene un addensamento informazionale, se cos si pu chia-
mare la pubblicit, la rechine, Vadvert sing, il condizionamento
11 Mare Auge, op. c i t . , pp. 33-34.
31 Cfr. Ni c hol as Ncgropontc, Bcing Digital, Knopf, New York, 1995 (trad. i t.. Essere digi-
tati, Sperl i n g & Ku pf er. Mi l a n o, 1995).
81
commerciale che si propaga con tutti i mezzi, dai pi palesi fino a
quelli subliminali. Non necessario, infatti, che un messaggio sia di-
rettamente propagandato, poich l' emulazione sociale in grado di
compiere un'azione di convincimento sicuramente pi incisiva di
qual unque esperienza non mediata. sufficiente rilevare le recenti
mode nell' acquisto di automobili cosiddette Van e i Suv, perfetta-
mente inutili e dispendiose dal punto di vista energetico, oppure
l'acquisto di vestiario griffato, che di stagione in stagione trova nuovi
adepti e poli d'attrazione.
Analoga situazione si riscontra nelle recenti tendenze costruttive
dei manuf at t i edili. , Sia prendendo sempre pi piede l a moda del l e
costruzioni orientate al l a bioarchitetlura, "ecologiche", "sosteniljili",
che impiegano materiali e semilavorati di un certo tipo, supposti me-
no inquinanti di quelli usati comunemente, oppure quel l e basate sul
Feng Sfin, che si richiamano a presunti principi di incidenza fisiolo-
gica dovuti all' orientamento, di origine orientale. Non sufficiente
capire che la terra polarizzata e orientarsi in un verso o nell'altro
questione del tutto naturale: pi la giustificazione esotica e pi af-
fascina. Qualche tempo fa, sull' onda della cura del corpo, ogni abita-
zione doveva essere dotata di vasca a idromassaggio e di palestre
personali.
L' uomo contemporaneo si sposta in automobile, corre su nastri
d'asfalto che hanno pavimentato gli spazi dei suoi movimenti, si
concentra in grandi centri commerciali, laddove svolge il rito preci-
puo della sua civilt (l'acquisto, il mercimonio), occupa il suo spazio
produttivo e si istruisce fuori di casa. Fuori di casa consuma, di soli-
to, i suoi pasti principali, conduce la sua vita di relazione in luoghi
pubbl i ci . Insemina, l ' uomo contemporaneo organizza il proprio.iem-
po e le proprie attivit in maniera nomadica. Non lo si pu pi consi-
derare stanziale, poich non trae dal luogo dove abita alcun motivo di
sopravvivenza. Spesso tale luogo ostativo alla vita serena, soprat-
tutto se collocato all' interno di un alveare multi residenziale. Ha bi-
sogno di spostarsi in continuazione, da un posto all'altro, per fare ci
che i suoi antenati svolgevano all' interno di coordinate geografiche
ben precise. Lo spazio della contemporaneit uno spazio dinamico,
mai uguale, in continua, costante fibrillazione. Questo spazio cambia
e fluttua costantemente, a causa del sovraffollamento di avvenimenti,
di mutazioni e adattamenti contingenti.
82
Questo modo di essere del nomade contemporaneo richiede che
gli edi f i ci del l e sue frequentazioni si adattino ai nuovi stili di vita.
L'architettura, in quanto arte che dovrebbe rappresentare il proprio
tempo, cogliendo questi cambiamenti nei modi di abitare ha configu-
rato i recenti edifici in modo da adattarsi a questa realt. Quali sono
questi cambiamenti?
Se il nuovo abitante un nomade utile dotarlo di costruzioni che
si ispirino all'archetipo della tenda. Quindi non pi edif ci monofun-
zionali, pesanti, immobili, suddivisi in modo rigido, chiusi in se stes-
si, opachi verso l'esterno e fra stanza e stanza. Ecco perch gli edif ci
della contemporaneit attribuiscono grande importanza e in maniera
evidente alla pelle degli edifici, la quale spesso sottile, trasparente,
semiopaca, ma quasi mai densa e pesante come prima. Le nuove pelli
degli edifici sono sostenute da una struttura spesso palese, come nella
tenda tradizionale, a volte appositamente esibita. L'attuale anche
definita "epoca tecnologica" o del dominio della tecnica. L'epoca
tecnologica ha reso quel particolare suo ingranaggio chiamato uomo
molto pi nomade rispetto a prima. E non si tratta solo di un nomadi-
smo fisico, ma soprattutto virtuale.
Perci gli involucri edilizi, oltre ad essere sottili, leggeri (o dare
l'idea di essere leggeri), non statici, agevolmente modificabili, e cos
via, devono manifestare l'onnipresenza e l'onnipotenza della tecnica
ricoprendosi di segnali comunicativi, di materiali innovativi, inattac-
cabili dal degrado, di soluzioni inusuali, ecc. Persino la forma
dell'architettura, capace di superare l'impasse della non rappresenta-
bilit del divino, costretta ad adeguarsi al nuovo impero. Abbando-
nate le forme della geometria classica si espongono dccostruzioni,
fluidismi, figurazioni che necessitano della interpretazione e tradu-
zione mediante tecnologie sofisticate per essere anche solo realizzate.
Difatti, qualora sia richiesta la rcalizzabilit materiale di un pensiero
che non pi immaginabile a priori si costretti a far ricorso a tec-
nologie informatiche, a simulazioni algoritmiche, alla realt virtuale.
Le nuove forme, per riuscire a essere comprese dai loro ideatori,
debbono essere preconizzate, magari predeterminate in miniatura
mediante plastici, maquettes esplicative di un prodotto/processo non
pi controllabile appieno dal pensiero umano.
Lo spazio di queste architetture in un certo senso si autodetermina,
provocato da algoritmi matematici, da effetti casuali, da regole im-
83
praticabili con gli strumenti tradizionali del progettare e del costruire.
Si assiste a un ribaltamento delle priorit fra tecnica e progetto. Se
nel processo classico di progettazione l'idea, il pensiero,
Torganizzazione e la gestione dei saperi a dominare la tecnica, da
quella della rappresentazione fino alla realizzazione, oggi la tecni-
ca, attraverso i suoi strumenti, a imporre la generazione spaziale e la
materializzazione. Attraverso gli strumenti dell'informatica, della
modellazione solida, della produzione di configurazioni difficilmente
controllabili con gli strumenti classici del mestiere la tecnologia de-
termina quali sono le possibili soluzioni formali. La scelta cadr su
quelle gestibili da strumenti che saranno in grado di rendere edifica-
bilc ci che gi come prodotto in scala garantisce la realizzabilit. Lo
spazio dell'architettura, cos, ha cambiato luogo, diventato succube
della tecnica: si trasferito all' interno delle macchine.
1
4. "Cosa successo? nato /'era della macchina"*
fI '
!
r T -
X
T7>
, .
Intorno agli anni Venti del XX secolo Le Corbusier lancia il motto
La maison est une machine a habiter, sintesi dell'entusiasmo degli
intellettuali, e specificamente degli architetti, per il nuovo macchini-
smo derivante dallo sviluppo industriale.
Questa fascinazione, coagulatasi intorno a un tema cos circoscrit-
to, il risultato del convergere di alcune congiunture e della consa-
pevolezza di molti intellettuali d'allora di essere attori del compi-
mento di un cambiamento epocale. La velocit, la precisione e la
moltiplicazione sono solo alcuni dei corollari pi tangibili di tutto ci
che la macchina capace di proporre realmente e oniricamente alla
nuova societ.
Quella che deriva dall'era della macchina e che prende il soprav-
vento sulla precedente sembra essere una nuova etica, ma soprattut-
to una nuova estetica . Secondo il parere di Georg Simmel la sedu-
zione esercitata soprattutto dal fascino estetico che in grado di
esercitare (...) la macchina. L'assoluta funzionalit e sicurezza dei
movimenti, la riduzione al minimo delle resistenze e degli attriti,
l'ingranaggio armonico dei componenti pi minuti e di quelli pi
grandi: tutto ci conferisce alla macchina, anche a una considerazio-
ne superficiale, una bellezza caratteristica .
84
1 Le Corbusier, Arte decorativa e design, Latenza, Bari, 1 973, p. XXXI I I .
* Che talune azioni meccaniche, collisione, trazione, caduta, oscillazione, possano essere
hcl l c dipende non solo dalla forma del moto, ma anche dalla natura degli oggetti e dal grado
del l a loro velocit in Karl Rosenkranz, Aesthetik des Hsslichen, Verlag der Gebriider
lornlrager, Konigsbcrg, 1 853 (trad. it. Estetica del brutto, Olivares, Milano, 1 994, p. 35).
(ieorg Simmel, "Die Herrschaft der Technik", in Phitosophie des Geldes, Duncker &
Mi mi Mol , Leipzig, 1 900 (trad. it. "Il dominio della tecnica", in Thomas Maldonado, a cura
i l i , ' / i -* nit'ii e cultura. F el t r i ndl i , Mi l ano, 1 979, p. 43).
85
Uera della macchina capace di spazzar via in maniera violenta
quel lento operare scandito dai ritmi biologici, di rendere obsoleta
l' aspirazione alla perfezione tipica del fare artigiano pilotato dal l o
strumento manuale, di violare e uccidere la sacralit del l ' unico,
delF/Hc et nunc, di cancellare ogni sovrastruttura formale inessenzia-
le4, di rendere scientifica l'arte5, in favore della massificazione di ci
che fino a quel momento era stato appannaggio di pochi.
Uno degli aspetti pi s i gni f i cat i vi del l a tecnica moderna sta nel fatto che il
suo perfezionamento rende possibile riprodurre sempre pi a buon mercato, ma
fedelmente, le opere dell' arte figurat iva e con 'queste tutti i manufatti replicabili
in modo da renderne pi accessibile a t ut t i il godimento6.
I congegni che agevolano la trasmissione a distanza della infor-
mazione e del sapere nonch la loro capillare distribuzione riescono
in prima istanza a spostare, e in molti casi ad allargare, F accessibili-
t al l a conoscenza. La dctenzione della notizia e della cultura, da
sempre dotazione strategica della classe dominante e di cerehie ri-
strette, diventa merc facil ment e riproducibile e resa gratuita^) ven-
duta a un prezzo popolare a chiunque la voglia, sappia o debba ap-
prezzare . Cos, la gratificazione culturale8 passa di mano, da un ceto
sociale a un altro, poich anch' essa dipende ora dalla f aci l i t della ri-
pr oduci bi l i t meccanica,. E decisamente una situazione epocale, quel-
la derivata dalla caduta della testolatria, poich
Era in effetti questa la sit uazione nel XI X secolo: l ' invenzione della stampa
e l' introduzione dell' obbligo scolastico fecero s che tutti sapessero leggere.
Nacque una coscienza storica generale, che comprendeva anche gli strati social i
che prima vivevano in modo magico - i cont adi ni -, i qual i cos si proletarizza-
rono e cominciarono a vivere in modo storico. Ci avvenne grazie ai testi a
buon mercato; libri, giornali, volantini, ogni sorta di testo divent a buon mercato9.
4 Cfr. Adolf Loos, Ornamento e delitto, Vienna, I 90 K .
Vi un intero filone artistico che approfondir addi r i t t ur a un approccio matematico; e ir.,
ad es., Max Bill, "The Mathematica! Approach in Contemporary Art", in Stradare, serie I I I ,
n.2, Bussum, Holland.
'' K ar l Rosenkranz, op. cit., p. 152 (corsivo mio).
7 Cfr. Marshal l McLuhan, Understandng media, The new american library; New York,
1964 (trad. it. Gli strumenti del comunicare. I l Saggiatore, Milano, 1967).
8 L'atto culturale consiste nel l ' ut i l i zzazi one del bene materiale sostiene Werner Sombari
nel suo "Tecnica e cultura", in Thomas Maldonado, op. cit., p. 142.
g Vi l m Flusser, Per una filosofia della fotografa, Bruno Mondadori, Mil ano, 2006, p. 17.
86
I n questo modo, semplicemente replicando e distribuendo, la
macchina riesce a cambiare il rapporto di valore tra gli oggetti, mate-
riali o immateriali, cancellando a ogni giro d' ingranaggio l' unicit e
la rarit, di conseguenza l' auraticit e la preziosit delle cose. I l pas-
saggio dal manufatto artigianale al prodotto industriale segna la di-
stinzione, rispettivamente, tra valore di scambio e valore d'uso . La
produzione immediatamente consumo, il consumo immediata-
mente produzione. (...) Di conseguenza ogni merc, ogni oggetto di-
venta allora qualcosa di molto complesso, colmo di sottigliezze me-
tafsiche, o addirittura di arguzie tecnologiche .
4.1. Il mito della macchina
Con tutta evidenza il mito della macchina non una esclusiva le-
corbusieriana, bench da questo propagandata con una verve e una
convinzione senza pari. Questa grande fede nel macchinismo, nelle
sue prassi, metodi e strumenti aveva ottenuto l' appoggio di una folta
schiera di esponenti del mondo del progetto, cos come aveva coagu-
lato intorno a s buona parte del mondo culturale, artistico e, ovvia-
mente, quel l o produttivo dell'epoca.
Non v' dubbio, qui ndi , che il tema della macchina e le sue impl i-
cazioni artistiche, culturali e produttive abbia occupato buona parte
del l e pul sioni innovat ive e delle ricerche degli operatori nei rispettivi
settori.
Vittorio Gregotti, al l ineandosi con alcune discussioni che riguar-
davano il tema della tecnica che videro la luce sul finire del XX e
Fi ni zi o del XXI secolo, nel suo libro Architettura, tecnica, finalit
scrive:
L'arte delle avanguardie introietta il tema del l a macchina in forme assai di-
verse: ironiche e di radicale messa in questione per i dadaisti, politicamente ot-
l imist iche e pedagogiche per il Bauhaus ( . . . ) .
"' C' I r . Massimo Cacciati, "Loos - Wicn", in Francesco Amendolagine, Massimo Cacciari,
Oikdx da Loos a Wittgenstem, Officina, Roma, I 975.
' ' K i i r l Mar x, Per la critica dell 'economiapalifica, Editori Ri uni t i , Roma, 1969 (risi, anasta-
I k' i i l l 3) , p. 179; // Capitale, Editori Ri uni t i , Roma, 1975 (rist. anastatica 1993), l ibro I , p.
103
87
Per i futuristi (...) il movimento ad aprire l'arte ad una costante condizio-
ne di instabilit creativa (...) Per i puristi la chiarezza matematica e geometri-
ca della macchina che viene presa a modello figurativo, mentre per i costruttivi-
sti la macchina (...) strumento etico e produttivo per la costruzione di una
nuova societ12.
Marcel Duchamp se ne occupa ripetutamentc: si interessa di Ma-
chines clibataires, dipinge il Macinino da caf f (1911), il Macina-
cacao (1914), realizza Le grand verre (1915, 1923). I disegni, i
progetti, i dipinti, il quadro finale non sono che una serie di tracce
che restituiscono il processo di fabbricazione - la macchina produt-
trice del senso ha in primo luogo il senso di mostrarsi essa stessa in
quanto macchina13. Francis Picabia compie una meccanicistica sa-
tira sull'arte, come la definisce Reyner Banham, e il terzo di questo
gruppo (riuniti intorno al periodico di Picabia "397 "), Man Ray, for-
nisce una propria interpretazionc del tema prima mediante alcuni
quadri, collage, readymade, e successivamente attraverso le sue ra~
yograje (fotografie solarizzate), che abbisognano gi in partenza di
un materiale fotosensibile, di un processo fotografico, per potersi ma-
terializzare. Nella foto (...) l'informazione giace liberamente sulla
superfcie e pu essere facilmente trasferita a un'altra superficie. (...)
Detiene il potere non chi possiede la fotografia, ma chi ha generato
l'informazione che si trova su di essa .
La fede nel macchinismo trova convinti assertori nel mondo arti-
stico, soprattutto nel movimento purista. Bench un certo numero di
artisti a Parigi intorno al 1922 ostentassero generiche tendenze puri-
ste, gli autentici puristi erano solo due, Amede Ozenfant e Charles
Edouard Jeanneret15, quest'ultimo noto pi tardi col nome di Le
Corbusier. Costoro dichiaravano che: La meccanizzazione ha sot-
tratto alle nostre mani qualsiasi lavoro di esattezza e di qualit e Io ha
delegato alla macchina. La nostra situazione appare quindi pi chia-
ramente: da un punto, la conoscenza tecnica spetta alla tecnologia,
mentre dall'altro la questione plastica rimane al punto di prima (...).
La meccanizzazione, avendo risolto il problema della tecnologia,
|: Vittorio Gregotti, Architettura, tecnica, f inalit, Laterza, Bari, 2002, pp. 28-29.
M Jean-Christophe Bailly, Marcel Duchamp, Jaca Book, Milano, 1986, p. 25.
14 Vilm Flusser, op. cit, 2006, p. 67.
15 Reyner Banham, Architettura della prima et della macchina, Calderini, Bologna, 1970,
p. 225.
lascia quello dell'arte intatto. Rifiutarsi di riconoscere il passo che
stato compiuto, significa intralciare il progresso dell'arte verso i fini
che le sono propri16. Separazione, quindi, fra estetica e tecnologia,
sostengono i puristi citati da Reyner Banham nella sua celebre opera
L'architettura nella prima et della macchina, in contrasto col fatto
che le due tematiche, non solo nell'epoca della meccanizzazione, al-
meno in linea teorica, non potrebbero mai viaggiare disgiunte l'una
dall'altra, soprattutto nella fase delia materializzazione. Nel momen-
to della produzione, e ancora di pi in quello della ri-produzione, e-
stetica e tecnologia sono un tutt'uno. Consapevole di questo , inve-
ce, Walter Benjamin il quale ne) suo celeberrimo saggio sulla cadu-
ta dell'aura riconosce l'integrazione del momento soggettivo
all'interno del meccanismo di razionaiizzazione dovuta alla ripeti-
zione del prodotto.
Questo fatto, della ripetizione del prodotto, fa confluire anche il
manufatto edilizio all'interno della pi ampia logica del macchini-
smo. Infatti, se in prima istanza si potrebbe pensare che il settore del-
le costruzioni ha poco a che fare con le macchine, se si escludono al-
cuni apparati tecnici, come gli impianti di ascensione, idraulici, di
condizionamento ambientale e poco altro, la produzione ripetuta di
parti sembra integrare anche l'architettura dentro il pi ampio conte-
nitore del macchinismo.
A conferma di questa tesi sufficiente ricordare l'apologi della
macchina per opera dei futuristi nel panorama italiano, convinti fau-
tori del progresso meccanico e tecnologico. Essi colgono nel mac-
chinismo l'occasione per l'uomo di vivere meglio, con ritmi pi ve-
loci, tipici della frenesia e del turbinio metropolitano, ostile alla tra-
dizione e all'idillio campestre. Tra costoro si distinguono con una
propria indiscussa personalit gli architetti Antonio Sant'Elia (che ci
ha lasciato una quantit di disegni di architetture), Virgilio Marchi,
Mario Chiattone, il poeta Filippo Tommaso Marinetti (ideatore, fon-
datore e sponsor del movimento nato il 20 febbraio 1909 in seguito
alla pubblicazione di un articolo sul quotidiano francese Le Figaro),
"' I puristi nella ri v i s t a L 'Esprit Nouveau, in Reyner Banham, Architettura della prima et
i/,'//,i macchina, Cal deri ni , Bologna, 1970, pp. 228-229.
' ' t ' I r. Walter Benjamin, "Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzerbar-
kcit", in Schrf ten, Surkamp, Frankfurt am Main, 1955 (trad. it. L 'opera d'arte nell'epoca
tlla sua riproducibilit tecnica, liinaudi, Torino, 1966).
89
lo scrittore Massimo Bontempelli e gli artisti: Giacomo Balla, Um-
berto Boccioni, Ardengo Soffici, Carlo Carr, Gino Severini, Enrico
Prampolini, Fortunato Depero, Gerardo Dottori, Anton Giulio Bra-
gaglia (fotografo) e molti altri.
Emblematica appare la posizione di Sant' Elia sull' architettura.
Egli auspica per la citt una dimensione verticale, una rete di arterie
per il traffico veicolare dinamica e posizionata su pi l i vel l i . Precorre
i tempi con la posizione espressa nel suo manifesto L'architettura fu-
turista del 1914 dove afferma: Le case dureranno meno di noi. Ogni
generazione dovr fabbricarsi la sua citt. I nfat t i , oggigiorno capita
sempre pi di frequente che si compiano ampie opere di recupero, ri-
strutturazione, riqualificazione, adeguamento, modificazione piani-
volumetrica, cambiamenti di ogni genere sul patrimonio edilizio co-
struito o che addirittura si preferisca abbattere certi edifici nel mo-
mento in cui i loro impianti si rendono obsoleti, specie quando il co-
sto per la riqualificazione supera quello della ricostruzione, tornando
a edificare un nuovo manufatto sullo stesso sedime. Altrettanto signi-
ficativo il fatto che ricordi alle nuove generazioni di rappresentare
la propria epoca attraverso l' architettura del l e citt, polo di attrazione
e di condensazione delle pulsioni di ogni societ.
Nel mondo del balletto Oskar Schlemmer, Alexander Exeter, Fer-
nand Lger e Marcel L'Herbier, per citarne alcuni, mettono in scena,
realizzano costumi e scenografie incentrate sul macchinismo.
Guillaume Apollinaire, a sua volta, si dichiara in favore di una po-
esia machine.
Fotografa e film, d'altro canto, sono le due nuove arti meccaniche
che contengono gi negli strumenti del loro operare, la macchina fo-
tografica e la cinepresa, appunto, l'essenza meccanica del loro esiste-
re. A questo proposito Las/lo Moholy-Nagy, chiamato da Gropius a
insegnare al Bauhaus, partecipa attivamente al dibattito. Nel 1919
vivevo a Vi enna - racconta Laszlo - sperduto tra i conformisti de-
pressi del dopoguerra. Poich venivo da una fattoria del centro agri-
colo ungherese, la pomposit barocca della capitale austriaca mi af-
fascinava assai meno del l a tecnologia altamente sviluppata della
Germania industriale. Mi recai qui ndi a Berlino. Molte delle mie o-
pere di quel periodo mostrano l' influenza che esercit su di me il
"paesaggio" industriale di questa citt. In esse non si trova una proie-
zione della realt, vista con occhi "fotografici", ma si vedono piutto-
90
sto nuove strutture, costruite secondo la mia versione personale della
1 8
tecnologia della macchina costituita da varie parti staccate .
Memorabile , d'altro canto, il film Tempi moderni (1936), magi-
stralmente interpretato da Charlie Chaplin, laddove si paventa l' alie-
nazione del lavoro provocata dai ri t mi accelerati della macchina e
della produzione i ndust ri al e, a sua volta anticipato dall'emblematico
film Metropolis (1926) diretto da Fritz Lang.
Da una parte vi l'arte che interpreta la tematica della macchina
secondo proprie finalit, una interrogazione intorno alla verit del
presente, dal l ' al t ra vi la realt produttiva che si interseca e si fonde
con gli operatori dell' arte fornendo a questi la strumentazione sia te-
orica, sia materiale e pratica, per realizzare le loro opere.
Questo tema non quindi limitato esclusivamente al mondo cultu-
rale e artistico, ma coinvolge appieno la produzione e sovente da
questa istigato e alimentato. Scriveva Manfredo Tafuri, nel suo Pro-
getto e utopia, che non bisogna sottovalutare la domanda rivolta a-
gli intellettuali da parte del capitale pi avanzato negli anni '20-'30.
Rathenau e Ford avanzano esplicitamente le loro richieste. Noi -
scrive Henry Ford - abbiamo bisogno di artisti che tengano conto
delle esigenze del sistema industriale, di maestri che I o conoscano.
Di uomini capaci di trasformare la massa informe in una totalit sana
ed armonica"19. Questa domanda, raccolta prontamente da parte di
alcuni progettisti, otterr risposta con la nascita e lo sviluppo del di-
segno del prodotto industrialo/ industriai design).
Tuttavia, il favore nei confronti della macchina non ha solo avuto
un ampio seguito, ma anche pi di qualche detrattore. Tra costoro
rimangono indimenticabili per le loro radicali posizioni antimacchi-
niste: John Ruskin (si rammenta il suo saggio Seven Lamps ofArch-
tecture) e Wi l l i am Morris, uomi ni che erano ancora legati al fascino
ottocentesco per le arti manual i , per l' espressivit soggettiva.
Nella prima grande epoca della meccanizzazione, in cui le macchine si so-
stituivano allo sfruttamento della fatica umana, Carlyle e i preraffaelliti pro-
mulgarono la dottrina del Lavoro come mistica comunione sociale e videro mi -
lionari quali Ruskin e Morris sgobbare come facchini per ragioni estetiche .
' * l. as/lo Moholy-Nagy, Pittura, fotografia, film, Mattano, Torino, 1975, p. 76.
'* ' Manf r edo Tafuri, Progetto e utopia, Laterza, Bari, 1973, p. 63.
' ' Marchi i l i McLuhan, op. e i t . , p. 50.
91
D'altronde il dibattito sul macchinismo frutto dell' evoluzione
delle Arts and Crafts e dell'Ari Nouveau (Jugendstil, Modern Style,
Liberty, Ecole de Nancy, Deutscher Werkbund, Secessione viennese,
Wiener e Deutsche Werksttte...). All'interno di tali movimenti fu
spesso aspro il dibattito tra conservatori dell'artigianato e i fautori
dei nuovi mezzi di produzione. sufficiente rammentare la diatriba,
scoppiata durante il VII congresso del Werkbund (associazione tra
produttori, commercianti e artisti) apertosi a Colonia il 3 l ugl i o 1914,
tra Muthesius e Van De Velde. In quella sede l' allora presidente
Hermann Muthesius consegn ai partecipanti una sintesi della sua re-
lazione articolata in 10 punti (i decaloghi sono spesso una monotona
costante nella cultura occidentale). Egli si schier palesemente per la
riproducibilit meccanica tipizzata, tesi aspramente contestata, attra-
verso un documento costituito da altrettanti punti, da Henry Van De
Velde maggiormente orientato per la libert creativa scevra da vinco-
li e qui ndi meno agevolmente ri-producibile meccanicamente.
4.2. Il macchinismo
II macchinismo non certamente un concetto nato durante la pri-
ma rivoluzione i ndustri ale e men che meno posteriormente21. Per
giungere al periodo di cui ci si occupa in questa sede utile prendere
in considerazione taluni aspetti precedenti che ne hanno determinato
l'evoluzione.
Una serie di fattori ha interagito col grande sviluppo della prima
et della macchina, per primo il problema dei materiali. Le preceden-
ti macchine erano da sempre realizzate in legno e manifestavano li-
vel l i elevati di i naffi dabi l i t (assai affascinanti ci appaiono oggi, per
esempio, le molteplici macchine inventate da Leonardo da Vinci. Es-
se erano tutte ideate utilizzando ampiamente materiali lignei).
Gli attriti provocati negli assemblaggi dallo sfregamento tra gli
ingranaggi provocava un' usura precoce delle parti. Ci induceva una
palese irregolarit di movimento che si traduceva in una marcia di-
scontinua del meccanismo, sottoposto a frequenti rotture e facile de-
21 Cfr. Bertrand Gille, Histoire des techniques, Gallimard, Paris, 1978 (trad. it. Storia delle
tecniche, Editori Ri uni t i , Roma, 1985).
92
terioramento. Di conseguenza non era permesso sottoporre gli ingra-
naggi a sforzi continui n eccessivi.
Ora, non sarebbe stato difficile pensare alla sostituzione del legno
con qualche metallo, ma la qualit reperibile, in particolare quella
delle leghe., ferrose, era tale da non consentire agevoli lavorazioni a
causa dell'eccessiva fragilit, duttilit, difficolt di assemblaggio
mediante saldatura (le unioni potevano avvenire solo alla forgia o per
chiodatura), elevata irregolarit e scarsa sagomabilit.
E solo grazie ai progressi della siderurgia ottenuti mediante la so-
stituzione negli altiforni del carbone naturale con il coke22 prima, e
71
alla introduzione dei convertitori poi, che fu possibile l'adozione
dell'acciaio per costruire macchine. Si ottenne cos un materiale pi
omogeneo, pi resistente e in quantit adeguate allo sviluppo che si
stava compiendo.
Essendo, inoltre, la lavorazione del metallo pi difficoltosa rispet-
to a quella del legno sar necessario attendere la messa a punto delle
macchine ut ensi l i per realizzare i meccanismi sempre pi complessi
delle automazioni.
Per funzionare la macchina richiede precisione e riduzione di ogni
sovrastruttura, diversamente da quanto avviene nelle incertezze t i pi -
che del prodotto artigiano.
Nella bottega artigiana il lavoro organizzato come in una famiglia con
ritmi e metodi modellati sulle esigenze, Tumore e il carattere del maestro e del-
le persone che lo circondano. Se la bottega artigiana una famiglia la fabbrica
una caserma nella quale, con stile e ritmo militare, le i ndi vi dual i t sono annul -
late, il tempo scandito con rigidezza e tutti devono obbedire ad un codice di
comportamento pensato in funzione del processo produttivo svolto. Come in
caserma gli ordi ni sono chiari, i compiti semplici e circoscritti.,_-proibita ogni
iniziativa personale e i ritmi sono affidati al cronometro24.
In un certo senso il funzionamento della macchina garantito solo
se vi essenzialit tra i suoi ingranaggi, tempestiva, ferrea e schema-
22 La sostituzione del carbone naturale con il carbon coke, avvenuta incidentalmente, provo-
ca una modificazione nell' industria siderurgica che consentir al l a fami gl i a Darby, nella
prima met del 1700, di realizzare la produzione di acciaio in altiforni
" Henry Bessemer, attraverso una lunga serie d esperimenti, riusc a brevettare il suo con-
ver t i t or e il 5 dicembre 1855.
J < 4 (i i l bert o Corretti, " Dalla Great Exhi bi t i on alla qual i t totale" , in Egidio Mucci, a cura di,
/ VS/ K / T 2000, FrancoAngeli , Mi l ano, 1994, p. 68.
93
tica organizzazione, capace di trasportare i movimenti da una parte
al l ' al tra del meccanismo. La dfaillance di uno solo degli elementi
che compongono l' insieme pu mettere in crisi l'intero sistema.
La sola organizzazione , a sua volta, assolutamente improduttiva.
Solo la sinergia tra il materiale che costituisce l'ingranaggio, la for-
ma dello stesso e la distribuzione spaziale finalizzata pu consentire
il trasferimento dell' energia meccanica da un luogo all' altro nello
spazio e perci utile all'ottenimento del risultato previsto.
Solo nel momento in cui il livello raggiunto dallo sviluppo indu-
striale lascer presagire e praticare percorsi di meccanizzazione e di
automazione sufficienti a immaginare un avvenire di insperata libert
dai vincoli del l a fatica fsica, da sempre limite e forza della soprav-
vivenza umana, si scatener l' interesse dei produttori prima e del
mondo intel l ettual e poi per la produzione meccanica.
I l fascino di alcuni mezzi di trasporto come l'aeroplano, 1 ' auto-
mobile e i piroscafi costituiranno quella base onirica capace di inte-
ragire con l ' i mmagi nari o collettivo agevolando il compimento di
quel definitivo passaggio dal mondo della lentezza naturale a quello
dell' accelerazione artificiale, carico di aspettative che vanno ben ol-
tre le reali possibilit che la meccanica consente.
4.3. La macchina da abitare
Nel settore delle costruzioni si affacciano al cuni personaggi che
propongono un nuovo modo di progettare, edificare, abitare. Sono
coloro che Nikol aus Pevsner i ndi vi dua come i "Pioners of modern
design" e Reyner Banham descrive al l ' i nt erno del suo "Theory and
design in th first machine age'\a anche alcuni industriali i l l umi -
nati, ricercatori applicati, brevettatori. Tra costoro molti personaggi
occupano un posto di spicco, ma colui che pi di altri, attraverso una
intensa attivit operativa e pubblicistica, sposa e propaganda cieca-
mente le tesi del macchinismo in architettura senza dubbio Le Cor-
busier.
Egli ne fa una questione etica (in Verso una architettura sostiene
infatti: Nella sensibilit meccanica c' una sensibilit morale25), di
5 Le Corbusier, op. cit., p. 100.
principio, che lo porta in pi di qual che occasione a dispensare pro-
clami: // faut agir cantre l'ancienne maison qui msusait de
l'espace. Il faut (...)onsiflrer la maison comme une machine a ha-
hiter ou comme un outil . I l verbo "fauf\, torna ripetuta-
mente a evidenziare il fatto che terminata un'epoca e che per entra-
re nella nuova richiesto un approccio diverso rispetto al passato,
forse persine violento. Un atteggiamento indul gente non guasta nel
valutare il linguaggio, che risente molto della stagione delle guerre
guerreggiate e della gergalit del periodo, tanto vero che buona par-
te dei manifesti artistici che vengono alla luce in quel tempo ricalca
analoghi approcci linguistici e modi di dire.
Ci premesso, di l da questo aspetto che nell' ambito del discorso
diventa marginale, per gli architetti che sposano la causa macchinista
vi di fondo la necessit di trovare nuovi sbocchi al fare tradizionale,
i ndi vi duando un diverso approccio alla soluzione della problematica
di pensare, progettare, realizzare e usare l'architettura.
Nul l a di pi coerente che tentare d'instaurare, nell' era della mec-
canizzazione e dell' industrializzazione, un rapporto, un legame di
qualche tipo con coloro che sono stati i promotori della nuova era e
che risultano esserne i legittimi eredi: gli industriali.
Et mai (...), je dclare uvee certitude que l'architecture et l'urbanisme mo-
dernes ont l'intre! capitai, pour raliser leur vritable destine qui est
d'quiper la civilisation machiniste, a lier partie avec la grande industrie21.
Se i model l i da prendere come riferimento per la realizzazione
della civilt della macchina sono, secondo Le Corbusier, oltre agli
oggetti della quotidianit prodotti industrialmente, anche "la limou-
sine, il piroscafo e l'aeroplano", non c' da stupirsi che anche le co-
struzioni debbano, in qualche modo, collocarsi all' interno del nuovo
paesaggio dell'epoca macchinista. I nfatti, C'est la grande industrie
26 Le Corbusier & P. Jeanneret, Oeuvre Complte 19W-1929, Les Editions d'Architecture,
/urich, 1 970, p. 45 (Bisogna agire contro la casa di una volta che usava male lo spazio. Bi-
sogna ( . . . ) considerare la casa come una macchina da abitare o come un utensile, trad.
mia).
21 Le Corbusier & P. Jeanneret, Oeuvre Complte 1929-1934, Les Editions d' Architecture,
/uri ch, 1 970, p. 1 I O (lo dichiaro con certezza che l' architettura e l ' urbanistica hanno l ' i n-
teresse capitale, per realizzare il loro vero destino che di equipaggiare la civilizzazione
macchinista, di legarsi con la grande i ndust ri a. . . , trad. mia).
95
qui doit fabriquer les logis .
Non pi possibile pensare alla costruzione edilizia come un in-
sieme di attivit artigianali che si servono dei soliti materiali della
tradizione e posti in opera utilizzando le tecniche del passato. Sembra
necessaria una svolta anche nei materiali, processi, e metodi adottati
dalla produzione perch l ' i ndust ri a, potente come una forza natura-
le, irrompente come un fiume che scorre verso il suo destino, tende
sempre pi a trasformare i materiali grezzi che la natura offre, e a
produrre quelli che si chiamano "nuovi materiali". Essi sono moltis-
simi, cemento e calce, ferro profilato, ceramica, materiali isolanti,
tubature, minuterie e condotti impermeabili, eccetera eccetera29.
Corbu non il solo a collegare il cambiamento con la necessit di
impiegare nuovi materiali. Anche Ludwig Hilberseimer, ad esempio,
si dichiara concorde:
ci mancano ancora i materiali nuovi, anche se molta gente si sta occupando
di questo problema. (...) Il nuovo materiale non deve essere inteso come surro-
gato dei materiali edi l i oggi in uso. Esattamente al contrario: esso deve rappre-
sentare un progresso, la sua resa deve essere migliore di quella dei materiali o-
dierni. Anche la stessa tecnica costruttiva dovr essere impostata in modo com-
pletamente nuovo3".
E pi avanti indica una strada che pu condurre alla soluzione del
problema:
Bisogner qui ndi cercare dei materiali, che siano leggeri, che abbiano un
basso coefficiente di condut t i vi t , che si prestino ad una produzione i ndust ri al e
e, ai f i ni di una maggiore semplificazione, che non richiedano intonaco. In-
somma un materiale resistente al l e intemperie, solido e al tempo stesso leggero,
che offra un buon isolamento termico e acustico '.
Con tutte le debite riserve dovute al fatto che le odierne architettu-
re, dovendo rappresentare la nostra contemporaneit cercano di esse-
re notevolmente diverse da quel l e che popolavano i discorsi, i proget-
28 Le Corbusier & P. Jeanneret, Oeuvre Complte 1929-1934, op. cit., p. 114 { la grande
industria che deve fabbricare le case, trad. mia).
:<( Le Corbusier, Verso una Architettura, op. cit., p. 189.
-10 Ludwi g Hilberseimer, Groszstadt Architektur, Hoffman, Stuttgart, 1927 (trad. i t . , Grosz-
stadi Architektur. L 'architettura della grande citt, Clean, Napoli, 1982, p. 25).
31 Ludwig Hilberseimer, ibidem.
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ti e le realizzazioni dell'epoca macchinista, non v' dubbio che que-
ste considerazioni sono, a dir poco, anticipatrici e i l l umi nant i . Se una
distinzione va fatta fra le affermazioni dei due personaggi test men-
zionati essa consiste nel fatto che Corbu pi propenso all'idea di
costruzioni interamente industrializzate, come se fossero un vero e
proprio prodotto industriale da realizzare in fabbrica, mentre Hilber-
seimer appare pi indirizzato verso la produzione industriale dei ma-
teriali, componenti, semilavorati e quant'altro possa tornare utile a
metodi edificatori surrogati dalla tradizione: il montaggio di parti di-
screte in maniera analoga a come si sempre edificato.
Con buona approssimazione significa stabilire che ogni qualvolta
si manifesta un cambiamento, sia esso epocale oppure no, dal punto
di vista della cultura materiale compare in parallelo la necessit di
modificare, pi o meno radicalmente la situazione pregressa soprat-
tutto in termini formali, materici, processuali, tecnici e logici (cio
tecnologici32).
Perlomeno nella situazione corrente questa necessit di cambia-
mento, di rinnovamento continuo, fa parte della nostra quotidianit.
Gi ora, nella societ dei consumi, il rinnovamento continuo (...) fisiolo-
gicamente richiesto per la pura e semplice sopravvivenza del sistema; la novit
non ha nul l a di "rivoluzionario" e sconvolgente, ci che permette che le cose
vadano avanti nello stesso modo. C' una specie di "immobilit" di fondo del
mondo tecnico33.
Questa sorta di ambiguit strutturale che connota la nostra ci vi l t
ha le sue radici proprio nel periodo macchinista. Ambedue sono con-
notate dal fatto che si instaurato l' obbligo fisiologico del di nami -
smo perenne, del cambiamento costante, dell' innovazione obbligata,
della mutazione perpetua per mantenere assolutamente statico, im-
12 Forse non mai un eccesso di zelo rammentare il senso di tecno-logia, o di tecnico e logi-
co. Nell' antichit la tecnica apparteneva alle arti meccaniche o servili. La prima parola T-
chne deriva da hxis no che significa: esser padrone e disporre della propria mente, Piato-
ne, Cranio, 40 0 b; 414 b-c., cio costituisce l' arte del ragionamento, della razionalit; perci
tchne l'arte del ragionamento orientato al fare, mentre logos Parte del dire, raccontare,
spiegare. Secondo alcune rel i gi oni il logos corrisponde alla parola divina, cio l'essenza che
si manifesta solo attraverso la parola. La tecnologia dovrebbe qui ndi essere quell' arte che sa
applicare la scienza, in termini culturali , di esplicitazione, di chiarimento, dimostrando e de-
scrivendo l'essenza materiale dei risultati teorici della scienza stessa.
11 Gi anni Vatlimo, La fine della modernit, Garzanti, Mi l ano, 1999, p. 15.
moto, costante e stabile, oltre che sempre pi labile, il modello di ci-
vilt tecno-scientifica. Tuttavia, questa logica del superamento, del l a
novit che invecchia, essendo sempre pi repentinamente sostituita
da una "novit pi nuova", da una specie di innovazione istantanea,,
secondo un inarrestabile processo continuo che pu scoraggiare ogni
creativit sembra proporre un' unica via di scampo: Poltrepassamen-
to, il tuffo nei territori lasciati liberi dalla storia e dal presente. Gi i
segni di questa "stanchezza" sono fin troppo leggibili nel comporta-
mento ni chi l i sta delle nuove generazioni .
Ma questo discorso non certamente compreso e digerito da Le
Corbusier. Egli intende stabilire una linea di demarcazione bea netta
con il passato, dal quale trae, da buon europeo, la linfa vitale per pro-
seguire nel cambiamento, o meglio nell'adeguamento del mondo ma-
teriale alle nuove esigenze espresse da un' epoca chiaramente indivi-
duabile. L'uomo ottocentesco aveva assunto gli stili del passato per
stilizzare il proprio ambiente e le proprie opere, scegliendoli in ma-
niera arbitraria35, mentre l'uomo d' i ni zi o novecento si agita nella ri-
cerca degli stili che rappresentino lo spirito della macchina, del mo-
vimento dinamico, del fare riproducibile, della distribuzione e
dell' eguaglianza.
Qui ndi , agli albori del XX secolo l'argomento pi palese, di age-
vole individuazione, di maggior rottura rispetto al passato sicura-
mente la macchina. Accettando un parallelismo sarebbe come dire
che agli albori del XXI secolo il motivo maggiormente diversificante
rispetto al periodo precedente (in maniera peraltro fin quasi di l del-
la tautologia) consiste nell'affermazione che questa l'epoca della
multimedialit, delle comunicazioni, della telematica, dell1 informa-
tica, di internet.
Sta di fatto che il macchinismo (come oggi la mediaticit) riusci-
to a polarizzare l'attenzione della cultura di quel momento che ne
rimasta affascinata, tanto da interpretare, forse in qualche caso persi-
ne ingenuamente, la funzione dell'abitare come una mera attivit
meccanica. Emblematica, ad esempio, rimasta l'esperienza compiu-
ta nel 1928 da Alexander Klein nella progettazione di alloggi minimi
34 Cfr. Umberto Galimbert, L 'ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Mi l a-
no, 2007.
33 Ganni Vattimo, op. cit, p.173.
98
(Existenzminmum) per le case popolari, ma non solo questa, se si
pensa ai quartieri sperimentali del periodo, in particolare quelli tede-
schi (Siemensstadt, Dammerstock, ecc.). La cas_a__e l'abitare sono
qui ndi argomenti di estrema attualit in tutta l' Europa e il Movimen-
to Moderno il rappresentante privilegiato della nuova architettura,
anche se Intorno al 1930 l'ambiente francese si presenta particolar-
mente sordo alle idee dei movimento moderno36. Il caso Le Corbu-
sier pi unico che raro e il suo linguaggio, volto a convincere
l' uomo della strada, da fastidio a pi di un critico, anche illumina-
j - j
to...>y . Malgrado questo suo atteggiamento propagandistico colui
che pi di altri sintetizza Io spirito di quella epoca nel mondo del co-
struire. Ma come possibile, cosa significa trasformare un bene im-
mobile, come la casa, in qualcosa di dinamico, mobile, meccanico?
Due sono le possibili interpretazioni che lo stesso Corbu fa di-
scendere dalla sua affermazione: La maison est une machine a habi-
ter. La prima considera l'abitazione al l a stessa stregua di una mac-
china, mentre la seconda maggiormente indirizzata a proporre la
produzione industriale della casa.
4.4. La casa una macchina
Nella prima interpretazione la casa intesa alla stessa stregua di
un meccanismo, che garantisce l' abitare attraverso Io svolgimento di
una serie di funzioni: un riparo contro il caldo, il freddo, la pioggia,
i ladri, gli indiscreti. Un ricettacolo di luce e di sole, un certo numero
di,stanze destinate alla cucina, al lavoro, al l a vita intima38. Questa
interpretazione porta a compiere un parallelo fra l'abitazione e i pro-
dotti i ndustri al i adibiti al trasporto di persone, come le gi citate au-
tomobili, le navi, gli aerei. In altri termini - sentenzia Le Corbusier
- una casa come un' automobile, concepita e disposta come un omni-
bus o una cabina di nave. . . Bisogna considerare una casa come una
macchina da abitare o come un utensile39.
Giorgio Piccinato, L 'architettura contemporanea in Francia, Cappelli, Rocca San Ca-
sciano, 1965, p. 88.
17 Giorgio Piccinato, op. cit., p. 33.
"s Le Corbusier, op. cit., p. 89.
''' I e Corbusier, op. cit., p. 200.
Questo modo di considerare la funzione dell'abitare visto come
un insieme di fredde operazioni meccaniche compiute utilizzando le
prestazioni garantite, in maniera variamente diversificata, da un al-
trettanto freddo organismo abitativo. Questo costituito da determi-
nati materiali, organizzati secondo una preordinata disposizione, da
impianti che governano i flussi delle sostanze liquide, solide o aeri-
formi, dotato di parti statiche o mobili. La sua disposizione interna
regolata in conformit a determinate fun/ ioni da svolgere, organiz-
za i flussi degli utenti, contiene gli arredi e le suppellettili. I l mede-
simo edificio protegge dalle intemperie e da tutti i pericoli che pos-
sono giungere dall'esterno: una specie di "gabbia di Faraday" contro
i fulmini e le saette che provengono da un ostile mondo esterno.
La funzione dell'abitare, non solo secondo Le Corbusier, consiste
nel freddo atto meccanico che consente a un abitante qualunque di
trovare soddisfatti i propri bisogni (o desideri), individuati, catalogati
e ordinati per poter essere adeguatamente presi in considerazione uno
per uno. Un'operazione cartesiana insomma, un freddo calcolo scien-
tifico. I n questo caso forse una certa diffidenza potrebbe non essere
disdicevole.
Quando Cartesio all' inizio del Seicento pass in rassegna il mondo della fi-
losofia, rimase sbigottito per la confusione delle lingue e incominci a battersi
per ridurre la filosofia a una forma matematica precisa. Questo sforzo per giun-
gere a una precisione irrilevante serv solo per escludere dalla filosofa quasi
tutti i problemi filosofici, e il grande regno della filosofa venne ben presto
spezzettato in quella vasta gamma di scienze e specialismi non comunicanti che
vediamo oggi40.
Nel settore tecnologico come quello legato al mondo dell'architettura
e delle costruzioni edilizie la fredda elencazione tassonomica, la tra-
duzione dei bisogni degli utenti in esigenze, requisiti e prestazioni,
peraltro codificata a suo tempo da Gerard Blachre , uomo cresciuto
negli anni del macchinismo, e l'esplosione degli iper-specialismi non
comunicanti fra loro appaiono argomenti tuttora irrisolti, di scottante
attualit e in pi di qualche caso privi di ragionevole soluzione.
40 Marshall McLuhan, op. c i t . , p. 172.
41 Cfr. Gerard Blachre, Savoir btir, Eyrolles, Paris, 1966 (trad. it. Saper costruire, Hoepli,
Milano, 1971).
100
I n questo senso si pu sostenere che tale interpretazione dell' abi-
tare una macchina sembra (drammaticamente) permanere ancora og-
gi nella mente e nei modi di fare di molti operatori del settore. So-
vente si mettono in campo riserve dovute al tipo di costruzione a cui
si fa riferimento, all'epoca di sua edificazione, a eventuali successive
modificazioni, riserve che si rendono assai contingenti quando si
rammentano i radicali cambiamenti intervenuti per esempio:
nei bisogni dei nuovi utenti ed alla difficolt anche solo di elen-
carli;
- nei diversi stili di vita, difficilmente paragonabili con quelli
dell' inizio del secolo scorso;
- nel tipo di comunicazione adottata, totalmente differente da quel-
la in uso nelle epoche precedenti;
- nelle diversit materiali ed immateriali, manifeste e non, rispetto
al secolo delle ideologie.
Tuttavia, rimane ancora irrisolto il limite di fondo all'interpreta-
zione corbusieriana di considerare la casa come una macchina da abi-
tare: quella dovuta al significato stesso di abitare.
La nostra casa, la nostra abitazione, deve essere funzionale, co-
moda, gradevole, sicura, duratura, affidabile, dotata di ogni comfort.
L'abitare raccoglie nello spazio deU'intrieur gli oggetti e le voci
della memoria, sostiene Cacciari43. La connotazione di rifugio, di
luogo dove ritrovare se stessi o una socialit di base, come quella de-
terminata dal gruppo (familiare, clan, ecc.), sempre stata uno degli
ambiti qualificanti l'abitare. Ma ci si rapporta inderogabilmente con
il fatto che La costruzione di un riparo contro l'inclemenza del tem-
po e le insidie delle belve feroci e dei nemici - la costruzione della
casa - una delle forme pi originarie... (della) volont di salvez-
za . La salvezza citata da Severino ha un significato molto terreno,
cio il superamento del dolore e della morte. Per cercare di raggiun-
gere tale superamento l'uomo ha sempre pi perfezionato i suoi ap-
parati scientifici, e tecnologici. Nel fare questo, molto probabilmente,
ha perso di vista il significato profondo dell'abitare.
I l fondamento tecnologico dell'oggetto essenziale, mentre il fondamento psicologico e
sociologico dei bisogni e dei comportamenti inessenziale, Jean Baudrillard, Le systme des
vh/ets, Gallimard, Paris, 1968 (trad. it. // sistema degli oggetti, Bompani, Milano, 2007, p. 7).
41 Massimo Cacciari, op. cit., p. 30.
44 Emanuele Severino, Tecnica e architettura. Cortina, Milano, 2003, p. 87.
101
Noi cerchiamo di riflettere sull'essenza dell'abitare. 11 passo successivo su
questa via dovrebbe essere la domanda: che ne dell'abitare nella nostra epoca
preoccupante? (...) La vera crisi dell'abitare consiste nel fatto che i mortali so-
no sempre ancora in cerca dell'essenza dell'abitare, che essi devono anzitutto
imparare ad abitare. Non pu darsi che la sradicatezza dell' uomo consista nel
fatto che l'uomo non rifletta ancora per niente sulla autentica crisi dell'abitare
riconoscendola come la crisi?45
I l quesito heideggeriano ancora oggi di estrema attuali t e il
macchinismo ha senz'altro fornito un motivo valido per indagare e
ragionare intorno a questa problematica, problematica che invece di
chiudersi si aperta ancora di pi con i cambiamenti intervenuti nella
societ attuale e con l'apparire di nuove emergenze.
Basta solo considerare in senso antropologico la confusione delle
varie culture dovuta alla notevole migrazione, materiale e culturale,
di popolazioni verso le civilt a capitalismo maturo, agli interscambi
planetari compiuti in tempo reale attraverso l'uso di una neolingua,
una specie di slang di radice inglese, alla contaminazione diffusa de-
gli usi e costumi di ogni angolo della terra, al quotidiano rapportarsi
con i nonluoghi e cos via. Questo enorme "cantiere di sopravviven-
ze", come le definisce Vattimo, esprime forme di abitazione spesso
notevolmente diverse da quelle che noi, gente d'occidente, cono-
sciamo o siamo disposti ad accettare, oppure a praticare.
L'occidentalizzazione accaduta anzitutto a livello di estensione
del dominio politico e soprattutto della diffusione dei modelli cultu-
rali46, compreso quello dell'abitare, quasi sempre imposta e perci
quasi mai accettata, certamente osteggiata praticando una specie di
neghittosit. I l modello di vita occidentale che si sta espandendo a
macchia d' olio sull' intero pianeta, basato ancora sull' impero della
macchina, sta distribuendo problemi dai quali sar di ffi ci l e uscirne,
perlomeno a breve termine. La crisi energetica, l'eccesso di inquina-
mento, il riscaldamento del pianeta, le montagne di ri fi ut i prodotti
dal modello consumista, per citare solo gli aspetti pi palesi, stanno
orientando le economie verso i settori delle emergenze. I l modello
emergenziale rende economicamente di pi di quel l o pianificato, so-
45 Martin Heidegger, Vortrage und Aufslze, Neske, Pfulli ngen, 1954 (trad. t. Saggi e dis-
corsi, Mursia, Milano, 1976, p. 108).
46 Gianni Valtimo, op. ct., p. 160.
102
prattutto se quest'ultimo non ha pi a disposizione archi temporali
adeguati per organizzare e programmare il futuro.
Tuttavia, se considerare la casa alla stessa stregua di una macchina
apre un ventaglio di ragionamenti del tipo di quelli che sono stati ap-
pena accennati qui sopra, il fatto che essa possa essere prodotta a
macchina ci pone di fronte agli effetti che un simile approccio ha a-
vuto nella configurazione del mondo materiale e nella sua evoluzione
tuttora in atto.
4.5. La casa prodotta industrialmente
Se la stessa abitazione da assimilare a una macchina, essa deve
essere concepita come un prodotto industriale, replicabile e realizza-
bile mediante procedimenti industrializzati. Caratteristica prioritaria
del prodotto industriale la sua esecuzione seriale, attraverso mede-
sime sequenze operative. La casa, perci, potrebbe essere realizzata:
interamente da una industria;
mediante alcune parti costruite industrialmente;
da un insieme di componenti, semilavorati, ecc. prefabbricati o
industrializzati.
L'abitazione pu quindi essere prodotta totalmente in serie, oppu-
re alcune sue parti possono essere pre-fabbricate industrialmente.
La grande industria deve occuparsi della costruzione e produrre in
serie gli elementi della casa. Occorre creare lo spirito della produzio-
ne in serie, I o spirito di costruire case in serie, lo spirito di abitare ca-
se in serie, lo spirito di concepire case in serie47.
Naturalmente questo nuovo approccio richiede di adeguare il pen-
siero progettuale attraverso l' i ndi vi duazi one dello standard e del tipo
(la casa in serie necessita dello studio attento di tutti gli oggetti del-
la casa e della ricerca dello standard, del tipo48). Notevole fu il di-
battito sulla tipizzazione, sullo standard. Ad esempio il primo punto
delle 10 tesi esposte da Hermann Muthesius al gi citato VI I con-
gresso del Werkbund tenutosi a Colonia nel 1914 esplicita che:
L'architettura, e con lei tutto il campo d'azione del Werkbund, ten-
de alla tipizzazione; soltanto con questo mezzo pu riacquistare quel
47 Le Corbusier, op. cit., p. 187.
14 Le Corbusier, op. cit., p. 223.
103
significato generale che le era proprio in tempi di armonia cultura-
le 9. Queste tesi, com' noto, furono ferocemente osteggiate da
Henry Van De Velde.
Da parte sua anche Hilberseimer abbraccia la tesi del tipo e dello
standard, rendendosi conto che: L'industrializzazione presuppone in
questo campo una rigorosa tipizzazione di tutte le uni t costruttive e
una standardizzazione delle finiture5 . Insomma, produrre indu-
strialmente le abitazioni presuppone di dover affrontare la ripetitivit
delle azioni e dei risultati. Ci comporta il fatto di ottimizzare il pro-
cesso da ogni punto di vista, sia esso di ideazione, di fabbricazione o
di montaggio. Un eventuale errore compiuto in fase progettuale, tra-
sferito nel momento esecutivo tende a replicarsi, qualora non imme-
diatamente corretto, per i l numero di pezzi prodotti, aspetto certa-
mente non trascurabile.
Ve anche la necessit, come gi accennato, di adottare materiali
adeguati alle nuove sfide, per realizzare i nuovi edifci, e non solo
questi.
I primi effetti dell' evoluzi one i ndust ri ale nell' edi li zi a si manifestano in que-
sta tappa primordiale: la sostituzione dei mat eri ali nat urali con i materiali artifi-
ci ali , dei materiali eterogenei e di scut i bi li con i materiali art i f i ci ali omogenei e
provati in verifiche di laboratorio e prodotti con elementi stabiliti. Il materiale
artificiale deve sostituire il materiale naturale, variabile all' i nfi ni t o51 .
La diretta conseguenza di considerare la casa come un prodotto
i ndust ri ale innesca all'istante una serie di conseguenze: essa va ri-
pensata dal punto di vista degli standard, dei tipi, dei materiali da a-
dottare, della loro localizzazione e grado di fi ni t ura, dei processi fab-
bricativi e di montaggio delle parti, dell'uso dell' i nsi eme. Una casa
prodotta industrialmente tende a fornire prestazioni diverse da quelle
realizzate in maniera artigianale e di conseguenza la frui zi one delle
parti a volte pu non essere compatibile con i modi di abitare prece-
denti. L'abitante solitamente non adegua i suoi stili di vita alle carat-
teristiche del manufatto edilizio, bens a fattori legati alla socialit e
4 Hermann Muthesius, in Der Werkbund-Gedanke in der germanischer Lndern, Diede-
richs, Jena, 1914 (trad. it. C. Colombo, a cura di, "Werkbund 1914. Cronache dal congresso
di Colonia", in Dezine, IUAV, Venezia, 2002, p. 14).
5(1 Ludwi g Hilberseimer, op. cit. p. 25.
Le Corbusier, op. cit., p. 192.
104
all'abitudine, solitamente estranei al manufatto, o al li mi t e da questo
solo agevolati o contrastati.
Ma quando le scelte tipologiche e dimensionali raggiungono scale
troppo diverse rispetto a quelle umane forse possono veramente i nci -
dere sul comportamento degli abitanti. Emblematica fu l'edilizia pia-
nificata dei paesi socialisti. Il gigantismo degli interventi, la prefab-
bricazione pesante, le scelte tipologico-spaziali, la ripetizione dello
stesso modello e la concentrazione di grandi masse di popolazione
all'i nt erno di edi fi ci di quelle dimensioni hanno dato la misura di
quanto pu succedere nell'adattamento umano alla costruzione.
D'altronde non serve andare molto lontano. Molte esperienze nazio-
nali, come il quartiere Zen, il Gallaratese, il Corviale, il Biscione, e
tutte le realizzazioni diventate note per motivi di cronaca e che in
qualche maniera si sono ispirate alle unite d'habitation di LC, con il
loro degrado fisico e sociale riportano forse di questo aspetto. Sicu-
ramente si tratta del conflui re di scelte concorrenti al degrado, come
il fatto di concentrare ceti sociali particolari all'interno di questi luo-
ghi. Non solo colpa dell' archi t et t ura, ma questa in qualche modo ha
agevolato la formazione e il consolidamento di tale stato di cose.
Oggi, nelle architetture di minore densit abitativa, forse solo la
localizzazione o l'orientamento possono incidere nel plasmare lo sti-
le di vita, cio quando per esempio ci si deve difendere dai rumori
provenienti dall'esterno dell'abitazione o da un orientamento che
impone protezioni e difese particolari come l'uso di condizionatori,
di tende, di disertare ceni locali in favore di quelli con li velli di qua-
lit ambientale mi gli ori . Questi argomenti, uniti a molti altri che si
potrebbero intavolare, distinguono una costruzione di tipo tradiziona-
le da quelle di stretta derivazione dai pri nci pi del macchinismo.
Questo nuovo modo di considerare la realt, frutto del dilagare del
prodotto i ndust ri ale, ha inciso pesantemente nella maniera di valutare
la probabile evoluzione successiva.
Afferma Le Corbusier:
La nostra vita moderna ha creato questi oggetti: il suo vestito, la sua penna,
la sua macchina per scrivere, il suo apparecchio telefonico, i suoi ammi revoli
mobili d' uf f i ci o, i cri st alli Saint-Gobain e le sue vali gi e "Innovation", il rasoio
Gillette e la pipa inglese, la bombetta e la limousine, il piroscafo e l'aeroplano52.
Le Corbusier, op. cit., p. 73.
105
I n effetti, egli ci suggerisce che un'epoca , in un certo q ual modo,
figlia dei suoi oggetti e dei modi di otten erli, adottarli, impiegarli o
usarli. A un diverso paesaggio generato dall'in troduzion e di n uovi
oggetti dovrebbe corrispondere un n uovo modo di costruire e abitare,
perci una n uova architettura.
Dappertutto si vedono macchine che servono a produrre qualcosa e che la
producon o in modo ammirevole, puro; la macchina che noi abitiamo una vec-
chi a carrozza pien a di tubercolosi".
L'entusiasmo di Le Corbusier per l'epoca industriale della quale si
s e n t i va at t i vame n t e par t e ci pe c os t i t u i s c e , e vi d e n t e me n t e , u n a c on d i -
zione di spirito aperta al pi ampio paesaggio generato dalla rivolu-
zione introdotta dall'avven to della macchina. Emblematico i l fatto
che egli consideri la casa della sua epoca come una carrozza, una
macchi n a estemporanea, in adatta alle n uove esigenze.
Questa fase del macchin ismo, comin ciata all' in circa dopo il pri mo
decen n io del XX secolo, frutto di un a riduzion e dimensionale delle
macchin e e di una loro nuova, capillare, di st ri buzi on e in ambiti e
l uoghi prima impen sabili. Godeste diven gon o f r u i b i l i n on pi solo
produttivamen te, al l ' i n t ern o del gigan tismo dei luoghi del l ' i n dust r i a,
ma n el l ' uman i zzazi on e delle di men si on i , in un a fase prossemica pi
adatta al rapporto col corpo uman o, a diretto contatto con la vita quo-
t i di an a (macchin a da cucire, ven tilatore, aspirapolvere, radio, telefo-
no ecc.).
I n fatti, il n uovo rapporto degl i oggetti con il corpo uman o aveva
con vin to Le Corbusier ad accompagnare l'idea di macchin a al con-
cetto di misura umana (che sfocer poi nel modular) e di igiene (la
casa come machine a bonheur). I nsister per l un go tempo n el l e sue
proposte per la maison standard, la maison type, la maison Citrohan
(In altre parole una casa che rassomiglia al l ' aut omobi l e dice lo
stesso Corbu), la maison en srie (construire en srie des machines
a habiter afferma), la maison outil, cio la casa uten sile, a dimo-
strazione della sua grande con vin zion e che il macchin ismo poteva
essere preso a modello e costituire una del l e mi gl i ori soluzion i al
problema dell'abitazion e, concepita e intesa proprio come una delle
tante macchine.
Le Corbusier, op. cit., p. 233.
106
Tuttavia, questa presa di posizion e apre un n uovo pan orama al
progetto. Pensare le architetture come delle macchin e capaci di fun -
zionare per un periodo delimitato ( comun emen te accettato che un
motore non duri in eterno) sign ifica anche decretarne la morte pro-
grammata, far s che "la vecchia carrozza piena di tubercolosi" di-
ven ti tale in un arco di tempo delimitato, e magari prestabilito. Signi-
fica in staurare un ciclo che lega la forma di un man ufatto alla sua
fun zion e e q ui n di in cidere profon damen te sui comportamenti di colui
che utilizza il bene, ma anche sul comportamento di chi percepisce la
nuova architettura.
E necessario uscire dal ciclo che lega le architetture al l e fun zi on i
per cui sono state ideate e farle vivere nel futuro, con n otazion e tipica
degli i mmobi l i che sono capaci di perdurare attraverso i secoli, biso-
gna pensare i progetto in maniera diversa. Ogni edificio deve poter
cambiare seguendo i tempi, le epoche, le mode, i n uovi bisogni. Ma
questo presuppone il progetto di parti fisse, i mmut abi l i , durevoli, e di
altre che possano con tin uamen te variare. Emblematiche sono le solu-
zion i Citrohan o Dom-in o.
Quan do affron ter la tematica dell'emergenza postbellica si e-
sprimer coerentemente in questi termini:
impossibile aspettare la len ta collaborazione degli sforzi successivi dello
sterratore, muratore, carpentiere, falegn ame, con ciatetti, i draul i co (...) le case
devono sorgere in un pezzo solo, fatte a macchi n a da ut en s i l i meccan ici in una
fabbrica, mon tate come Ford mon ta un ' aut omobi l e su un n astro mobile.
Nel frattempo l ' avi azi on e stava compien do prodigi di produzion e in serie.
Un aeroplan o una piccola casa che vola e resiste al l a bufera.
E n elle fabbriche aeron autiche che i soldati-architetti han n o deciso di co-
struire le loro case; essi decisero di costruire questa casa come un aeroplan o
con gli stessi metodi strutturali, armatura leggera, legamenti in metallo, suppor-
t i t ubol ari 5 4 .
Questo suo appoggio in con dizion ato alla fun zion e liberatrice della
macchin a, propagandato attraverso i suoi scritti e i suoi discorsi, in-
fl uen zer buon a parte di coloro che in qualche modo avran n o a che
fare, direttamen te o in direttamen te con l u i . Lascer un 'eredit cul t u-
rale assai di f f i ci l e da scardin are, malgrado le profon de evoluzion i so-
54 Le Corbusier citato in Reyner Banham, Architettura della prima et della macchina, Cal-
d er i ni , Bologna, 1970, pp. 245-246.
107
ci al i , pol i t i che, ideologiche, tecniche che nel frattempo sono interve-
nut e (cos come sar ancora pi difficoltoso accantonare le inevitabili
prese di posizione errate, che sembra cont i nui no a produrre danni tra
i suoi emul i mediante i loro atteggiamenti culturali e le loro opere).
L'attenzione per la macchina non va letta, quindi, solo dal punto
di vista ottimistico, della liberazione del l a fatica fisica, oppure solo
da quel l o etico o politico, oppure solo cul t ural ment e, ma vanno prese
in carico anche le aspettative di un mondo produttivo degli anni che
stanno fra la fine del XIX secolo ed il 1968, anno in cui si terr la
grande mostra al Museo d'Arte Moderna di New York intitolata: The
machine,
La macchi na ha soprattutto affascinato il mondo cul t ural e al punto
da coagulare intorno a s l'interesse di mol t i i nt el l et t ual i , interesse
che malgrado il pessimismo dovuto al l a crisi economica del 1929,
rimarr inalterato almeno fino a quando crol l eranno le i l l usi oni salvi-
fi che di un certo tipo di i ndust ri al esi mo.
II 1968 non coincide davvero con la chiusura del l ' i nt eresse cultu-
rale per il macchi ni smo. In particolare nel settore del l ' archi t et t ura
questa tematica trover ancora qual cuno che gli dar una boccata
d'ossigeno per farl a sopravvivere finch la sua estetica sar de f i ni t i -
vamente soppiantata da nuove e pi mani fest e seduzioni.
wf i
5 . 1 luoghi della funzione e della forma
y
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V
t
' - \ -
1
fa
L'epoca dell'esaltazione della macchina lascia dietro di s un in-
sieme di conseguenze che carpiscono l'attenzione di quant i operano
al l ' i nt erno del mondo del progetto e della cul t ura materiale in genere.
Oltre a svolgere la funzi one per ia quale costruita la macchina
necessita prioritariamente di funzionare. Tale scopo deve essere vin-
colante per l'ideazione, configurazione e operativit del meccanismo.
Perdono senso tutte quel l e opere, tipiche dei periodi precedenti, che
mettono insieme una variet di si gni fi cat i spesso non pratici, funzio-
nali all'esecuzione di qualcosa.
la tecnica che domina la scena e tutto ci che non le ruot a intor-
no non propriamente interessante, per non dire inutile. Se il mecca-
nismo non esteticamente gradevole lo si nasconde dietro scatole
debitamente configurate per dare l'idea del l a perfezione, della bel-
lezza scultorea che contiene al suo interno un' a ni ma potente, capace
di generare si gni fi cat i che vanno oltre i movi ment i produttivi degli
ingranaggi.
Il rivestimento, i nfat t i , di vent a una nuova maschera che convive a
stretto contatto con ogni meccanismo, che lo avvolge e lo protegge
da sguardi indiscreti e contemporaneamente cautela l ' ut i l i z/al ore da
manomissioni pericolose. Il carter (e la carrozzeria nel sellore delle
auto-mobili), a sua volta agevola l'accettazione del l ' i dea di prodotto
e lo sviluppo del suo mercato. L'oggetto di serie, conseguenza del
nuovo modo di produrre, cancel l ando le abi l i t artigiane, favorisce la
realizzazione dell'identico, spesso di qualit inferiore rispetto
aH ' wm' cwm. La tecnica, sovrana di tali cambiamenti, determina un
nuovo modo di concepire e di vivere il mondo.
109
5.1. L'edificio non una macchina
La macchina intesa come un apparato costituito da un insieme di
componenti tra loro interconnessi, di cui almeno uno mobile, in gra-
do di compiere un lavoro con una forza diversa da quella umana .
anche da intendere come macchina ogni apparecchio utilizzato per
aumentare una forza, cambiarne la direzione, o per modificare la ve-
locit con cui un lavoro eseguito. Solo producendo moto o vincen-
do una resistenza le macchine compiono un lavoro.
Ogni macchina non altro che una combinazione o modificazione
di macchine semplici, cio quelle mosse da una sola forza. Queste
sono: leva, piano inclinato, cuneo, vite, puleggia e Tasse della ruota.
A loro volta i motori sono da considerare come convertitori di ener-
gia. Lo scopo delle macchine complesse consiste nell' eseguire un la-
voro trasformando i movimenti e l' energia.
Questa concisa definizione di macchina si rende necessaria per
onorare un approccio tendenzialmente orientato a far chiarezza e per
tentare di individuare cosa rimasto, le conseguenze, cio quale
stata l'eredit consegnata alle successive generazioni dal periodo di
esaltazione del l a macchina. Expliquer, c'est trouver un contexte qui
rende un phnomne moins surprenant et davcmtage conforme a
i'orare generai des choses . Il contesto da indagare sicuramente
quel l o dell' architettura e pi precisamente la sua materializzazione,
quel l a che si estrinseca attraverso le scelte tecnologichc. Ancora, si-
li DPR del 24 l ugl i o 1996, n.459, Regolamento per l ' at t uazi one delle Direttive
89/392/CEE, 9I/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il ri avvi ci nament o delle le-
gislazioni degli Stati membri relative alle macchine, al l ' ar t i , comma a), stabilisce che per
macchina si debba intendere:
I) un insieme di pezzi o di organi, di cui al meno uno mobile, collegati tra loro, anche me-
di ant e at t uat ori , con c i r c ui t i di comando e di potenza o al t ri sistemi di collegamento, connes-
si solidalmente per una applicazione ben det ermi nat a, segnatamente per la trasformazione, il
trattamento, lo spostamento o il condi zi onament o di materiali;
2) un i nsi eme di macchine e di apparecchi che, per raggiungere un risultato detcrminato, so-
no disposti e comandati in modo da avere un funzi onament o solidale;
3) un' attrezzatura i nt ercambi abi l e che modilca la funzione di una macchina, commercializ-
zata per essere montata su una macchina o su una serie di macchine diverse o su un trattore
dall' operatore stesso, nei l i mi t i in cui tale attrezzatura non sia un pezzo di ricambio o un u-
tensile.
~ Pascal Boyer, Et i'homme crea les dieux, Gal l i mar d, Paris, 2006, p.27 (Spiegare significa
trovare un contesto che rende un fenomeno meno sorprendente e pi conforme al l ' ordi ne
generale delle cose, trad. mia).
no
gnifca non essere presi da repentini, facili entusiasmi della meravi-
glia di fronte al sorprendente , nel caso specifico dal fenomeno del
macchinismo, ma riportare il contesto all' interno di un ordine delle
cose cos come si evolvono dentro i loro spazi di pertinenza.
Lo sforzo di chiarezza, o quantomeno di visione in lontananza, si
rende necessario soprattutto per le conseguenze che un fenomeno co-
s ampio e coagulante ha comportato nei confronti dei posteri. Pu
essere interessante, cio, cercare di capire quella ossessione, vaga
ma tenace, di un mondo-macchina, di una macchina universale che
ancora oggi, magari in maniera sotterranea, zavorra il pensiero di
qual che intellettuale innamorato del periodo dell' esaltazione della
macchi na.
Difatti sono rintracciabili alcune problematiche, alcune dfaillan-
ces per il modo in cui la generazione di architetti, e non solo di que-
sti, ha vissuto il periodo di esaltazione della macchina. Una genera-
zione che, presa da un entusiasmo senza pari nella storia per un mon-
do meno faticoso e in genere meno ostile nonch pregno di enormi
potenzialit, ha abbracciato e sponsorizzato l' ideologia della domi-
nazione tecnica probabilmente senza rendersi conto appieno dei ri-
svolti, non sempre positivi, che ne sarebbero nati successivamente.
Uno degli aspetti che sembra essere comune fra le macchine in
genere e gli edifici riguarda la funzione, o meglio il funzionamento.
Lo scopo essenziale di ogni macchina, cos come di qual unque moto-
re, consiste nel raggiungere un unico obiettivo: funzionare. Il motivo
prevalente del suo esistere si estrinseca attraverso la funzi one per la
quale stata ideata e costruita: l' obiettivo coincide con la funzi one.
Dalla macchi na pi semplice a quel l a pi complessa questa regola
non risulta mai contraddetta, n prospetta cedimenti. Potranno esser-
vi casi di maggiore o mi nore efficienza, ma sempre la macchina tra-
sforma, sposta, distribuisce, produce un lavoro^. Perci di una mac-
china si pu stabilire quanto funziona, valutando la sua efficienza
3 Entusiasmi che nella contemporaneit sono i ndi r i zzat i verso i mi l l e gaiigets che la cultura
dello stupore e della fascinazione espl i ci t a attraverso le tecnologie dei nuovi, e meno nuovi ,
media.
4 Jean Baudrillard, Le systme des objets, Gallimard, Paris, 1968 (tr. i t . , // sistema degli og-
getti, Bompiani, Milano, 2007, p.150).
' ut i l e rammentare che in termini energetici tutte le macchi ne complesse producono un bi-
lancio negativo, nel senso che per funzionare, nel l a trasformazione da materia a energia o
viceversa, una parte di materia o di energia non produttiva, sprecata negli attriti, in calore, ecc.
all' interno di un ventaglio di casi relativamente prevedibili, che van-
no dal pieno funzionamento fino al l a totale inoperativit, passando
attraverso una serie di fasi intermedie in qualche modo ipotizzatali e
sovente quant i f cabi l i . Ogni parte della macchina essenziale. La
rottura di una soia di queste pu inficiare, in tutto o in parte, il fun-
zionamento.
Un edificio, nel suo complesso, non appare essere propriamente
una macchina, poich non in grado di trasformare, spostare, distri-
buire, produrre un lavoro. Sicuramente alcune sue parti sono o pos-
sono essere intese come delle macchine, ma la finalizzazione di que-
ste, nel contribuire al funzionamento dell' intero manufatto architet-
tonico, non confluisce a fare del manufatto edilizio una macchina.
Solitamente t al i parti sono persine totalmente i nl nfl uent i nello svol-
gimento del l a funzione abitativa, a meno che non si abbia a che fare
con certi, e percentualmente pochi, edifici in cui sono gli impianti a
garantire la vi vi bi l i t dei luoghi6.
Anche l'edificio costruito per raggiungere uno o pi obiettivi,
per poter funzionare, ma la sua funzione, dell' intero organismo o del-
le sue parti, appartiene ad un l i vel l o diverso rispetto a quel l o delle
macchine. A meno che non si decida di attribuire al l a parola funzio-
namento anche la capacit di dare risposta, in termini posi t i vi , ad al-
cune richieste di tipo non meccanico, l ' edi fi ci o non funziona, non
funziona mai, proprio perche non una macchina. Sicuramente le
parti meccaniche che contiene dovrebbero funzionare.
Le funzi oni di un edificio, per, sono spesso di tipo utilitaristico,
di utilitas, di utilia-commoda, di ut i l e, di comodo, ampiamente de-
scritto nei trattati di architettura. Peraltro, all' architettura sono richie-
ste anche altre prestazioni, a volte molto pi importanti rispetto alta
mera fruizione utile dei suoi spazi, comprendendo connotazioni arti-
stiche e di rappresentativit solitamente lontane da qual unque neces-
sit funzionale o di funzionamento che dir si voglia. Forse andrebbe
definita pi chiaramente una linea di demarcazione fra le parole: fun-
zionamento e funzione. Oppure andrebbero i ndi vi duat i i motivi che
^ Drammatica eredit dell' epoca del macchi ni smo. Drammatica perch il consumo energeti-
co ri chi est o per rendere f unz i ona l i tali spazi racchiusi necessita di uno spreco i nsost eni bi l e
per le risorse terrestri. Basterebbe adottare tecnologie, materiali e conoscenze derivate da se-
coli di esperienza nelle costruzioni, esperienza andata in turno sotto la spinta di logiche mer-
cant i l i di breve termine che hanno usato il macchinismo per giustificare le loro speculazioni.
112
fanno coincidere il senso delle due parole all' interno di un ambito di
significati specifico del mondo del costruire edifici. In questo caso
sembra qui pertinente un' ulteriore precisazione.
5.2. La funzione
Stabilito che la macchina pare essere un apparato che ha come o-
biettivo prioritario quello di funzionare, oltre a quello di eseguire il
lavoro per cui stata ideata e realizzata, essa pu svolgere una o pi
funzioni, coincidenti con lo scopo per cui stata costruita. Una pial-
latrice, ad esempio, svolge la funzione di piallare, cos come una fre-
satrice quel l a di fresare, o il trapano quel l a di forare e cos via. Vi
sono poi macchine che condensano una moltitudine di funzi oni e di
movimenti, come ad esempio i robot, e altre che possono avere attri-
buzioni non propriamente meccaniche, come nel caso del computer o
delle macchine che elaborano (cio spostano e combinano fra loro)
un i nsi eme di segnali elettrici (o ottici, sonori, idraulici, ecc.). Queste
macchine sembrano essere capaci di svolgere funzioni analoghe a
quelle segnatamente prerogativa del pensiero umano. In effetti, sono
semplicemente degli apparati che si basano sulla combinazione di
segnali fondati per la maggior parte sull' algebra di Boole e organiz-
zati secondo algoritmi.
Si pu ipotizzare di estendere, mediante una sorta di si mi l i t udi ne,
a qualcos' altro la capacit di funzionare. Nello specifico mondo delle
costruzioni edi l i zi e o architettoniche consentito sostenere che un
edif cio funziona?
I dogmi funzionalisti e le tendenze puritane del movimento moderno sono
stati spesso attaccati. (...) Comunque (. . . ) l'idea che l' architettura possa esiste-
re senza giustificazioni morali piuttosto che funzi onal i o di responsabilit, sta-
ta considerata disdicevole7.
Non si intende qui criticare il modello funzionalista, bens guar-
darlo da lontano, per il trascorrere del tempo che ha sopito certi at-
teggiamenti dogmatici (considerando razionalmente ogni dogma co-
7 Bernard Tschumi , Archtecture and Disjunction, The MI T Press, Cambridge, 1996 (tr. i t . ,
Architettura e disgiunzione, Pendragon, Bologna, 2005, pp. 67-68).
113
me torpore della ragione), per tentare di riportare il fenomeno
all' interno di un alveo che non abbia nul l a di sorprendente.
Le funzioni delle costruzioni edilizie passano per essere di utilit
abitativa, di contenimento di qualche attivit produttiva, di protezio-
ne, di salubrit e cos via, un riparo contro il caldo, il freddo, la
o
pioggia, i ladri, gli indiscreti , come diceva Corbu. Si tratta, in real-
t, di contenitori dotati di l i vel l i di complessit e di complicazione
variabili secondo la funzione cui sono destinati e delle soluzioni tec-
nologiche adottate. A volte sono meri contenitori spaziali, laddove la
funzione variabile secondo l'utilizzazione pi o meno temporanea
che ne vien fatta9.
L'esistenza di un' architettura legata alla rappresentativit, al l a
provocazione di emozioni, alla raffigurazione della sua contempora-
neit, per essere opera d'arte. Le opere d'arte, inoltre, non sono mai
destinate "a piacere," non si propongono mai di raggiungere un risul-
tato estetico, bens di trasmettere un' idea, un'emozione, una reazio-
ne10. Lo scopo dell' architettura, quindi, pare non coincidere sempre
con quello delle costruzioni edil iz ie.
La prima contiene in nuce f unz ioni non prettamente ut il it arist iche,
appannaggio invece di quelle edilizie, ma essendo sempre ambedue
costruite adottando le medesime tecnologie, o perlomeno molto simi-
li, si deve convenire che l ' archit et t urapu svolgere funz ioni ut il it ar i-
stiche mentre al l ' edil iz ia solitamente preclusa la funzione artistica.
Spingere sull'acceleratore, per usare un termine macchinistico, per
obbligare l' architettura a diventare ut il e dal punto di vista della utile-
commoda di antica memoria o secondo i dettami modernisti, non
sembra essere proprio essenziale per ottenere un risultato artistico.
Nel complesso, la parte tecnica di un organismo edilizio non co-
s esplicitamente legata al funzionamento di una macchina, bens alla
finalizzazione delle sue parti alla reciproca inferenza con l' obiettivo
di racchiudere, delimitare, configurare degli spazi statici, privi di vita
propria, in cui l'energia rimane allo stato in cui si trova. Solo
8 Le Corbusier, op. cit., p. 89. Da notare che egli mette sul l o stesso piano, presupponendo un
tipo di societ dove esste la privatizzazione del mondo, la ovvia funzione protettiva contro
le intemperie con la difesa da ladri e indiscreti, considerati anch'essi come fl agel l i nat ur al i .
Cfr. Bernard Tschumi, op. cit.
10 Arturo Schwarz, Man Ray.The Rigour qflmaginaton, Thames and Hudson Ltd, London,
1977 (tr. it., Man Ray. Il rigore de ti'immaginazione, Feltrinell, Milano, 1977, p. 133).
114
l'entropia consente una tendenza alla disorganizzazione dell' intero
insieme. L'azione anti entropica compiuta dall' uomo quella che de-
termina in prima battuta la realizzazione del manufatto e successiva-
mente quella derivata dall'occupazione degli spazi cos ottenuti.
Gli spazi inerti dell' architettura possono assumere senso e significato
attraverso lo svolgere delle attivit, o inattivit, al loro interno o nella
periferia esterna.
I l passaggio dalla fase materiale a quella di significato avviene
mediante questo connubio del fare materiale prima e dell' utilizzare, o
non utilizzare dopo. Il senso di attribuire una funzione, partendo da
un bisogno di significazione, si trasforma in un manufatto mediante
la tecnologia, la quale racchiude in s il pensiero, la realizzabilit e il
comportamento della frazione materiale del prodotto architettura.
5.3. La forma
Nel 1953 un ex allievo del Bauhaus, Max Bi l l , appena nominato
rettore della Hochschule t ur Gestaltung di Ul m dichiara gli obiettivi
programmatici della scuola. Nell'occasione del suo insediamento usa
una frase ad effetto che diverr poi un famoso slogan: contribuire,
dal cucchiaio alla citt, all' edificazione di una nuova cultura". Dal
cucchiaio alla citt, dall'oggetto pi familiare fino alla complessit
urbana il progetto, inteso inizial ment e in senso artistico, avrebbe do-
vuto contribuire allo sviluppo di una nuova cultura. Consideriamo
l'arte come il grado espressivo pi alto della vita e tendiamo a confi-
gurare la vita come un'opera d'arte12. Questo il presupposto es-
senziale della nuova epoca: estetizzare ogni artefatto, lottare contro
il brutto con l ' ausil io del bello13. Notoriamente il medesimo obietti-
vo era eredit sia del Bauhaus, sia del precedente Weimarer Kunst-
I nstitution di Van de Velde.
Abbellire il mondo sempre stato un desiderio nemmeno tanto re-
condito di ogni artista, perlomeno di coloro che assumono il brutto
Max Bil l , in Herber Li ndi nger , a cura di, Hochschulefr Gesalttmg Ulm, Die Maral der
Gegentstnde, Ernst & Sohn, Berlin, 1987 (tr. it., La scuola di Ulm, Costa & Nolan, Geno-
va, 1988,p. 11) .
Max Bi l l , op. cit., p.19.
Max Bi l l , ibidem.
i 15
come antagonista del bello e che propendono per la supremazia di
quest'ultimo. In particolare, chi si occupato di arti applicate colui
che pi di altri ha cercato di rendere praticabile e distribuita tale aspi-
razione. Emblematico in questo senso quanto sostiene William
Morris: Lo scopo di applicare l'arte agli articoli utilitari duplice;
in primo luogo, per aggiungere bellezza al risultato del lavoro uma-
no, che potrebbe altrimenti essere brutto; ed in secondo luogo per da-
re gioia al lavoro stesso, che altrimenti sarebbe spiacevole e disgu-
stoso1 . Ma l'architettura, in quanto arte servile, allorquando condi-
zionata da componenti di utilit e praticit, anch'essa un'arte appli-
cata? Anch'essa si pone obiettivi estetizzanti, di volont di abbelli-
mento dei luoghi?
La distinzione di Tommaso d' Aquino che operava la separazione
fra arti liberali, quelle inerenti i l ragionamento, e servili, quelle eser-
citate mediante il corpo, andrebbe proprio in questa direzione. L'ar-
chitettura, proprio perch realizzata materialmente, essenzialmente
per via manuale, sicuramente servile. Questa sua connotazione
persino duplice, nel senso che oltre a essere materiale serve, subal-
terna a qualcosa o a qualcuno. Forse di ordine superiore rispetto al-
le altre arti, nel senso che dalla derivazione greca della parola archi-
tettura (architektonia) denota superiorit, preminenza, eccellenza del-
la costruzione, ma ci non dice nul l a intorno al fatto che comunque
utilitaria, serva di qualcuno o di qualcosa.
In quanto arte15 usa strumenti estetici, strumenti che concernono
marginalmente il bello o il brutto, perch ambedue facce della stessa
medaglia, tra loro intimamente connessi tanto da non poter esistere
distintamente. Si serve dei suoi specifici e precipui strumenti estetici
che sono strettamente reiati con la materialit, con la tecnologia. Non
esiste architettura disgiunta dalla tecnologia, poich quest' ultima
l'arte della sintesi materiale di un pensiero creativo.
E un prodotto tecnologico che ha dimensioni diverse rispetto agli
oggetti d' uso comune, che al pari di altri manufatti contenitori di at-
14 Wi l l i am Morris, in Lu i g i Grassi, Mario Pepe, Dizionario della critica d'arte, UTET, To-
nno, 1978, p. 48.
Arte tutto ci che gli uomi ni chiamano arte. Questa non , come qualcuno potrebbe
credere, una semplice battuta d'entrata, ma, piuttosto, forse, Tunica definizione accettabile e
verificabile del concetto di arte, incipit del libro di Dino Formaggio, Arte, Isedi, Milano,
1973,p. 9.
116
tivit umane risolve la sua configurazione secondo l'impiego che se
ne dovrebbe fare. Se un aereo o una nave servono a trasportare per-
sone e merci volando o navigando, una pentola a cuocere del cibo, un
coltello a tagliare, una matita per disegnare e cos via, ognuno di essi
ha proprie connotazioni formali e una dignit che nulla hanno da in-
vidiare a una costruzione. Dove pu stare questa presunta preminen-
za, superiorit? Forse nella lunghissima storia che accompagna il co-
struire? Taluni arnesi da taglio, per esempio, o i contenitori di argilla
quasi certamente hanno anticipato le costruzioni. forse la comples-
sit, che li distingue da tutti gli altri prodotti umani? Certe macchine
(meccaniche, idrauliche, elettroniche...) sicuramente sono costituite
da un numero di parti decisamente pi numeroso di quelle che com-
pongono un edifcio.
Proseguendo su questa strada diffcilmente si riesce a venirne a
capo. Con tutta probabilit non esistono graduatorie: forse ogni ma-
nufatto umano ha pari dignit. Ognuno di essi frutto di pensiero, di
storia, di uso, di forma, di significato. Perch, allora, attribuire pi
importanza a un prodotto materiale rispetto a un altro? Quale potreb-
be essere lo scopo di stilare una graduatoria se non la atavica volont
di sopraffazione del pi forte, del pi grande, del manifesto rispetto a
tutto ci che non si palesa esplicitamente? Oppure vi sono fondati
motivi per attribuire all'architettura una preminenza che le spetta di
diritto? forse il suo antico retaggio descritto nel primo capitolo ri-
guardante il contenitore del divino che costituisce la discriminante?
Nel caso delle costruzioni forse la parte discriminante si pu ri-
cercare nella necessit umana di proteggersi. Abitare per l'uomo
uno degli aspetti dei quali sente maggiormente la necessit. Perci
egli considera i luoghi costruiti come determinanti per il suo benesse-
re psicofsico, condizione che altri manuf atti non gli possono garanti-
re, o riescono magari a produrre solo parzialmente. L' edificio do-
vrebbe assumere configurazioni che richiamano la sicurezza, il luogo
che agisce nell' intcriore, laddove la protezione tale per cui non ser-
ve pi lottare contro un mondo ostile. Forse proprio questo agire in-
tcriore di quel particolare luogo chiamato casa determinante in que-
sta presunta supremazia. Anthony Wilder in un bellissimo saggio a-
nalizza i motivi della generazione del perturbante nell'architettura
come pretesto per meditare sullo straniamente sociale e individuale,
117
dell'alienazione, del l ' esi l i o, della condizione dei senzatetto16.
L' architettura, in tutti questi aspetti, ha una responsabilit che non
rapportabile con tutti gli altri manufatti o prodotti che dir si voglia.
Tale responsabilit si confronta anche, oltre a queste sue funzioni te-
st sommariamente citate, anche con la stessa necessit, o volont, di
estetizzazione dei luoghi. In questo caso nessun altro oggetto in
grado di contribuire, in un senso o nell' altro, a generare bellezza o
bruttezza. La dimensione, la permanenza, la percezione da parte di
molti soggetti e una quantit di altri fattori contribuiscono a respon-
sabilizzare l' architettura pi del l e altre arti ( l ungi dal pensare che ci
abbia anche il pi vago riferimento a questioni etiche).
Lo slogan di Max B i l l , per, riporterebbe all' equivalenza delle ar-
ti, a ogni scala, perch anche il pi piccolo oggetto capace (forse
meglio dire era capace) di completare le carenze fisiopsicologiche e
sociali dell' uomo, oppure di riempire gli spazi di significazione. Ci
che rende dense di significato le case in cui si vissuto da bambini,
che rende pregnante il loro ricordo, chiaramente questa struttura
complessa d' i nter i or i t ove gli oggetti spiegano di fronte ai nostri oc-
chi i contorni di una configurazione simbolica chiamata casa17. Di
ogni oggetto per, sia esso grande o piccolo, un cucchiaio o una co-
struzione, si coglie solo il l i mi ne, la configurazione esteriore. L'in-
terno solo immaginato, o quasi sempre r i sul ta persino poco interes-
sante.
E la f or ma esteriore degli oggetti che decreta la loro esistenza. In-
dubbi ament e non vi parte materiale che non sia definita da un e-
sterno, che non abbia una pelle, un di fuori, un ultimo strato palesan-
te. Lo stretto connubio tra fonila, materia e significato determina il
senso e il nome attribuito agli oggetti. Perch, allora, si continua a
semplificare il gioco formalizzante nel solo bi nomi o forma-funzione?
Questo ennesimo teorema razionalista indirizzava verso una del l e
tante semplificazioni: la forma segue la funzione. Giocando con i
ter mi ni succede spesso che sia la funzione a determinare la forma e
non viceversa. Si assistito, ad esempio, al condizionamento della
forma generato dalla tecnologia, altre volte stata la forma configu-
"' Anlhony Wi l d e r , The Architectural Uncanny. Essays in th Modern Unhomely, The M1T
Press, Cambridge, 1993 (tr. it., II perturbante dell'architettura. Saggi sul disagio nell'et
contemporanea, E i naud , Milano, 2006, p. VI I ) .
17 Jean B au d r i l l ar d , op. ci t. , p. 20.
118
rata a produrre alcune f unzi oni . In questo senso sia la forma sia la
funzione viaggiano su binari molto lontani fra loro e qualche volta si
possono anche incrociare, per ritornare ognuno a viaggiare per conto
proprio. Ma la storia dell' architettura sembra non andare in questa di-
rezione.
Sarebbe utile non scordare che ogni dicotomia, ogni separazione
netta fra due entit, potrebbe essere completamente priva di senso e
che il ricorso a tale metodo di semplificazione si rapporti con una ec-
cessiva riduzione frutto di neghittosit mentale ( o di slogan): nella
realt non sembrano esistere di vi si oni nette, ma continuit pi o me-
no evidenti, relativit. Solo la necessit teorica, che si palesa in de-
terminate e rare condizioni, richiede di ipotizzare che si possano in-
1 \epolaritmarcatamentediverse .
Limitatamente al l ' ambi to architettonico il lettore pu facilmente
immaginare quant i e quali ragionamenti si possono condurre intorno
alla tematica della forma e al l a funzione. Accade ancora oggi che
qual cuno si scandalizzi additando come formalista qualcun altro,
come se attribuire una forma senza che questa necessariamente debba
avere una funzione sia un atteggiamento disdicevole, assolutamente
da evitare. Eppure, laddove il materiale, la tecnica, la tecnologia, il
pensiero, anche quel l o pi neghittoso o negligente ( persino quel l o
nefasto), possono esercitare la capacit di rendere materiale qualcosa
significa che ci si pu realizzare, si pu generare un oggetto, un
manufatto, un prodotto, un'opera tangibile.
Se qualcosa esiste in potenza ha anche il diritto di esistere in ma-
teria? In questo ragionamento talune cautele non guastano, soprattut-
to laddove il nocumento derivante da tale materializzazione pu ri-
sultare inaccettabile ( tuttavia non appare chiarito chi si possa arroga-
re il diritto di decidere, s ul l a base di quale delega?). Non va dimenti-
cato, tuttavia, che la storia occidentale pregna di s i mi l i esperienze e
la storia attuale sembra non aver intrapreso orientamenti diversi ri-
1S Succede troppo spesso che si ricorra alla dicotomia. Per esempio: cal do e freddo, dimenti-
cando che in mezzo c' tutto un mondo tiepido; chiaro e scuro, che tralascia il grigiore; alto
e basso, che di menti ca tutti q u e l l i che sono nel mezzo; leggero e pesante, quando tra i due vi
sono u n' i nf i ni t di passaggi; pieno e vuoto, quando rarissimamente ci si trova in loro pre-
senza, a causa del l a relativit. Con buona pace di tutti ogni realt non mai fatta di assoluto,
ma di relativo. La dicotomia, q u i n d i , pu essere intesa come un gioco di eccessiva semplifi-
cazione, che viaggia assai lontano dal l a realt e che dovrebbe essere usato con pi cautela.
119
spetto al passato. La recente imposizione armata della democrazia
presso alcuni popoli sembra essere assolutamente congruente con
questo tipo di storia.
Intorno a tale tematica, della forma, come possibile, in un perio-
do come quello in cui stiamo vivendo che vede la "babelizzazione"
di qualunque linguaggio, prendere una qual unque posizione? Quando
ogni posizione sempre incerta, insicura, insignificante, impropria,
ha ancora senso operare con distacco dal mondo guardando altrove
rispetto al presente, rinchiudersi in una turris eburnea con atteggia-
mento snobistico richiamandosi a regole ormai desuete? Il discorso
sulla forma ancora attuale, oppure l'estetizzazione uscita dai bina-
ri delle regole grammaticali ritenute eterne e si avventurata in un
nuovo percorso, un fuoripista sconosciuto che si mostra solo a vista
d'occhio diretto? Il tema di sicuro interesse e comunque privo di ri-
sposta certa. Il movimento che secondo la curva del progresso tec-
nico, sembra animare tutto il sistema, non impedisce al sistema stes-
so di essere fsso e statico su se stesso. Tutto si muove, tutto cambia
a vista d'occhio, tutto si trasforma, eppure tutto resta immobile19.
"Tutto resta immobile": nel pianeta dell'incertezza e della insicu-
rezza almeno questo rincuora, nel senso che qualche riferimento esi-
ste ancora. Ci consente di partire molte volte dallo stesso punto,
compiere viaggi avventurosi nell'i ncogni t o e ritornare all'origine per
riprendersi, congelare e/o congedare l'esperienza, qui ndi ripartire
daccapo. La nemesi storica dell'evoluzione, dell'innovazione, del
cambiamento si consolida nel l ' i mmobi l i t della trasformazione.
Sembra quasi un controsenso, ma tutta la storia occidentale scritta a
memoria di ci. Il cambiamento sembra essere solo superficiale.
La forma di ogni oggetto qui ndi il risultato di un viaggio del
pensiero configurante prodotto dalla necessit, dal bisogno, dalla vo-
lont, o dal piacere di qualcuno per dare soddisfazione a un deside-
rio. Non va scordato che il progetto anche il modo con cui tentia-
mo di mettere in atto la soddisfazione di un nostro desiderio20. Ma
se la forma, in particolare quella esteriore, costituisce il palesamento
degli oggetti, tutto ci che la riguarda, cio la superficie, la superfi-
cialit in senso lato, costituisce il nocciolo del pensiero espresso me-
Jean Baudrillard, op. cit., p. 198.
Vittorio Gregotti, // territorio dell'architettura. Pel trine! li, Milano, 1972, p.
120
diante qualunque forma. La produzione di una forma materialmente
percepibile concentra la propria manifestazione attraverso il suo ul-
timo velo palesante, che funge da interfaccia tra ci che nascosto
sotto di esso e il mondo esterno, tra ci che si rende manifesto e i
sensi di coloro che sono in grado di percepirne la presenza.
La produzione del sofisticato decide come manifestarsi attraverso
le epidermidi. la stessa cosa che succede con i corpi umani. La fi-
siologia, la biologia interiore, gli organi, quanto fa vivere ogni indi-
viduo palesato all'esterno da una pelle che sola capace di comu-
nicare l'et del soggetto, il suo stato di salute, i moti dell'anima e tut-
te le manifestazioni esperite quotidianamente. Tutto ci che rende
vivo o morto tale organismo non direttamente visibile.
La "pelle" la superfcie di relazione con il mondo esteriore, es-
sendo quello interiore lasciato alPinterpretazione immaginativa. Ana-
logamente ogni prodotto umano suddiviso da un interno, tanto sco-
nosciuto quanto complesso e complicato il sistema e quanto lon-
tano dalle esperienze dirette, e da un velo esteriore che si rende pale-
se. L'utilit di qualunque manufatto passa in prima battuta attraverso
l'esplicitazione delle caratteristiche della sua parte esterna: colore,
forma, movimento, odore, suono, ecc.
Consci di tale fatto gli operatori delle arti applicate si sono dedica-
ti a rifinire con particolare cura l'esterno degli oggetti. Qualora questi
fossero stati costituiti da ingranaggi, da parti in movimento, da ele-
menti pericolosi e cos via, si rendeva necessaria la realizzazione di
protezioni. Protezioni attive o passive, ma anche qualificazione este-
tica di parti poco gradite alla vista. Fu cos che prese sempre pi pie-
de la prassi di nascondere, dividendo le parti funzionali da quelle
formali.
5.4. Il rivestimento
In ogni organismo vivente le parti interne sono debitamente protette,
nascoste a ogni sguardo, schermate contro l'eventuale ostilit e perico-
losit del mondo esterno. Forse questa considerazione deve essere stata
sufficientemente convincente per superare la visione della bellezza del
movimento degli ingranaggi, nascondendoli allo sguardo e a qualunque
accesso diretto per privilegiare una forma esteriore sovrastrutturata.
121
fuor di dubbio che negli organismi viventi la f unzione delle su-
per f ici esterne essenziale. Costituisce, oltre alla ovvia f unzione pro-
tettiva, lo strato di palesamento e di interrelazione con tutti i sistemi
di ordine superiore, o inferiore, che entrano a contatto diretto o i ndi -
retto con l'organismo. Si tratta di una interfaccia21 di vitale impor-
tanza. Questa superfcie diventa lo spazio laddove si concentrano le
pulsioni interne e q u el l e pr ovenienti dal mondo esterno trasforman-
dosi in q uel par ticolar e luogo fisico, quel li mi ne laddove s'incrociano
e si relazionano i segnali e i messaggi di sistemi diversi. q ui ndi un
luogo fondamentale di concentrazione di significati.
I l fatto di nascondere alla vista, al tatto, al gusto, all'odorato e a
volte anche al l ' u di t o tutto ci che sta dietro un rivestimento, un car-
ter, una carrozzeria comporta alcune conseguenze. La prima, sicura-
mente quella pi oggettiva, r iguar da il fatto che l'apposizione di un
guscio rende pi difficoltoso, finanche impossibile l'accesso alle par-
ti da questo protette, isolate o delimitate che dir si voglia. Tale inac-
cessibilit aggiunge una nuova struttura a quella protetta. Schermare
e isolare le parti mobili, o immobili, che retro stanno pu renderle
i ndi f f er ent i rispetto al loro scopo e alla loro apparenza, perci modi-
f icar ne il signif icato.
forse questo secondo aspetto il pi importante nella definizione
del senso di una si mi le operazione. Non pi la bellezza del l a mac-
china, dei suoi ingranaggi, della sua potenza a destare mer aviglia, ma
il loro mascheramento, occultamento. 11 piacere estetico derivante
dalla precedente epoca di esaltazione della macchina cambia luogo.
Da un interno connotato dal movimento e dalla produzione di moto,
calore, energia ecc. si passa alla q u al i f i caz i o ne superficiale, agli ef-
fetti di colore, forma, tessitura, ruvidezza, morbidezza, riflesso e cos
di seguito, a tutte le prerogative e prestazioni specifiche della pelle, o
meglio del l ' u l t i mo strato l i mi nar e percepito.
Ora le viscere non sembrano essere pi cos attraenti come pote-
vano esserlo allor quando si guadagnata la capacit di muoversi sul-
l'interfaccia non un oggetto, ma uno spazio in cui s articola l' inter azione tra corpo
umano, utensile (artefatto, inteso sia come ar tef atto oggettualc sia come artefatto comunica-
tivo) e scopo dell' azi one. (...) L' inter f accia trasforma la semplice esistenza fisica (Vorhan-
denheit), nel senso di Heidegger, in di sp o ni bi l i t (Zuhandenheit). Gui Bonsiepe, Dall'og-
getto all'interfaccia, F el t r i nel l i , Mi l ano, 1995, p. 20.
122
la terra, navigare o volare, costruire oggetti attraverso macchine. Un
ingranaggio che ruota e si innesta con altr i suoi si mi l i e con le altre
parti di una macchina in movimento non affascina pi, diventa persi-
no monotono. la medesima r ipetizione conti nua dello stesso mo-
vimento che non provoca pi emozioni, anzi annoia.
Ci che agisce e fa funzionare va q ui ndi meticolosamente celato
dietro una nuova forma, una scatola dalle mille facce, capace di mi-
metizzare e innescare un processo onirico di immaginazione persine
lontano dalla f unzione del prodotto stesso. A essa delegato il com-
pito di rappresentare e conferire un senso, quando non anche una
f unzione, a tutto ci che sta sotto e all' i nter o insieme. La pelle ester-
na di queste scatole contenitrici di macchine, circuiti, assemblaggi
vari la sola dotata di senso. La maschera ha preso il posto
dlVnterieur, dell'essenza (nel senso di dasein heideggeriano).
Nessuno nel l a q u o t i di ani t se stesso. Ci che egli , e il modo in
cui lo , non lo nessuno: nessuno, eppure tutti insieme, senza che
22
nessuno sia se stesso .
Come si pu facilmente immaginare la maschera sempre stata
dotata di un notevole fascino. Si potrebbe sostenere che l' uomo stes-
so non pu esistere privo di maschere, il cui scopo pu essere di cela-
re la propria identit, per diventare un' altr a persona, solitamente per
sfuggire alla propria personalit, per caratterizzare un personaggio,
oppure per captare la forza soprannaturale degli spir iti e appropriar-
sene, come mezzo di comunicazione tra gli uomi ni e la divinit e per
mi l l e altri motivi. L'artefatto maschera, questo r ivestimento del viso,
ma anche dell' inter o corpo attraverso il vestito, lo str umento di fal-
sificazione della realt, del l a sua trasmutazione. I vestiti altro non
sono che la caricatura del corpo. I o ti vedo nudo. Ho il dono di vede-
re, attraverso l' indumento, lo splendore del corpo, ed in questo mo-
do, penso, che i santi vedono le anime. un supplizio, quando i corpi
sono brutti; ma quando sono belli , un suppl i z i o diverso23.
Come l ' uomo di f f ci l ment e r i nu nci a alla maschera cos tutte le sue
opere non possono essere pr ive di mascheramento, essendo questo
aspetto connaturato persine con l'esistenza biologica. Le guance ar-
22 Martin Heidegger, Der Begriffder Zeit, Marburg, 1924 (tr. it., // cancello di tempo, Adel-
phi , Milano, 2004, p. 33).
" * Margueri te Yourcenar, Le Temps, ce grand sculpteur, Gal l i mar d, Paris, 1983 (tr. it., //
Tempo, grande scultore, E i na u di , Torino, 1994, p. 15).
123
rossate in et puberale, ad esempio, sono un chiaro sintomo dei fuga-
ci innamoramenti di molte fanci ul l e e ragazzi. Ai fini della sopravvi-
venza numerosissimi animali modificano la livrea: il camaleonte
modifica la sua pelle per mimetizzarsi e nascondersi da un predatore
confondendosi cromaticamente nello sfondo ambientale oppure imi-
tando animali, esseri viventi o loro parti al fine di incutere timore per
la loro nota pericolosit o per non essere individuati; il pavone mette
in mostra la sua coda variopinta per attirare la femmina; la zebra ha
la livrea rigata per confondere il predatore quando riunita in bran-
co; altre manifestazioni epidermiche o di livrea fondamentali rileva-
bili in natura riguardano appunto il mimetismo, il dimorfismo sessua-
le, la segnalazione e l'emulazione.
La parte funzi onal e di ogni organismo umano celata dietro un
rivestimento, un abito, una pelle che lo riveste interamente e che na-
sconde la maggior parte degli organi che lo fanno vivere. Ma tale ri-
vestimento non statico, immoto nel tempo. L'apparenza esterna, a
sua volta, muta di attimo in attimo, grazie al continuo rinnovarsi del-
le cellule. Il trascorrere del tempo e gli affronti ambientali, a loro
volta, fanno s che ognuno di noi non sia mai lo stesso essere, perlo-
meno esteriormente, bens un organismo in continua e costante mu-
tazione. Ognuno di noi non mai se stesso, ma un soggetto dipen-
dente dalla legge del di veni re (nonch transeunte...). La mutazione
costante sembra essere la condizione ineluttabile di ogni esistenza.
Non sembra esserci altro luogo diverso da una superficie dove
questo aspetto del cambiamento sia pi visibile. Essendo lo spazio
dove si concentrano i segnali provenienti dall' interno dei sistemi (o
degli organismi) e di que l l i derivanti dall'esterno, nonch la esten-
sione delegata al confluire del passaggio interfacciale fra i vari ordini
di sistemi, essa superficie divenuta il polo d'attrazione per chi un-
que operi nel mondo del progetto di manufatti percepibili.
Tale considerazione val i da soprattutto nel mondo del design e
dell' architettura, in tutte le loro sfaccettature. In queste due discipline
si assistito a un radicale cambiamento di prospettiva: sono cambiati
tutti, indistintamente, i presupposti che hanno accompagnato la loro
storia. Al cuni di questi sono stati accennati nei capitoli precedenti.
Tuttavia, se nel design e nelle discipline affi ni che operano nella
configurazione dei manufatti dotati di funzionalit, la definizione
delle superfici si andata via via specializzando, fino a definire per-
124
sino gli aspetti cul t ural i e tecnologici del loro operare dando la stura
alla nascita di specialismi ben delimitati e definiti (es. carrozzeria au-
tomobilistica), nell' architettura ci avvenuto in maniera decisamen-
te diversa.
I presupposti che stanno alla base della definizione formale delle
superfici di oggetti d'uso seguono regole che sono andate circoscri-
vendosi nel tempo. Da una fase iniziale definibile come quella che
poneva maggiore attenzione alla funzione dell'oggetto, alla sua fun-
zionalit, efficienza, agevole uso da parte dell'utilizzatore, ergono-
mia, prossemica, ecc., attraverso una serie di passaggi si pervenuti
a privilegiare a volte la forma (persine indifferente rispetto alla fun-
zione dell'oggetto racchiuso), a volte la funzione (a volte usata come
pretesto per realizzare una forma), a volte il significato.
Sembra che non vi sia, difatti, alcun sistema materiale che non
contenga e trasporti nel suo esistere qualche significato. Per ogni si-
stema materiale, di per s totalmente indifferente ai sensi, significati,
funzioni attribuitegli nel rapportarsi con l'umano, assume interesse e
potenzialit solo nel confronto con qualcosa che gli esterno. Si po-
trebbe tranquillamente sostenere che solo nel rapporto con i signifi-
cati at t ri bui t i dal l ' uomo ogni artefatto assume importanza e interesse.
Il senso di tutte le azioni configuranti si sempre costituito basandosi
sul fatto che magari lontanamente ogni oggetto trasportava nella sua
forma, funzione, uso, matericit, colore, tessitura, ecc., qualche signi-
ficato. Ci stato vero fintante che la fatica, fisica o mentale, separa-
tamente o insieme, confluivano nella realizzazione di un prodotto.
Da quando, grazie all' impiego di determinate macchine e stru-
mentazioni informatiche, sono diventate praticabili esperienze mani-
fatturiere capaci di generare oggetti di qual unque foggia, a un costo
sufficientemente trascurabile, si assistito al proliferare di oggetti to-
talmente privi di significato. La facilit di ideazione e di realizzazio-
ne che connota l'epoca attuale sembra aver introdotto nel mondo de-
gli operatori del design, non di tutti ovviamente, una sorta di indiffe-
renza nei confronti del senso e del significato del loro operare. Le re-
gole che stavano alla base dell'estetizzazione del mondo non sem-
brano pi risiedere nella competenza professionale, nella storia, nella
evoluzione di un mestiere, bens nella esperienza sperimentale di so-
l uzi oni di superficie indifferenti rispetto alla cultura che ha fondato il
loro esistere.
125
Forse la contemporaneit vive un momento cos critico da non a-
ver pi bisogno dell'uomo per rappresentarsi, ma usa i prodotti della
tecnica che simulano l'intelligenza per materializzarsi? Si sta forse
assistendo a un ribaltamento fra tecnica e progetto, nel senso che la
prima, liberatasi ormai dei vincoli della critica capace di progettare
e di eseguire, utilizzando i veri detentori del pensiero a diventare
semplici strumenti in mano sua? Un pensiero cos negativo, al limite
dell'estremizzazione non sembra essere privo di fondamento. La fre-
quentazione del mondo degli operatori del progetto lascia presuppor-
re un futuro i cui segnali t angi bi l i gi da qual che tempo si trovano
abbondantemente sugli scaffali dei negozi. Moltissimi prodotti sono
privi di significato, ma esteticamente gradevoli. La loro configura-
zione tale per cui non li si pu odiare, volerli eli mi nare, ma stimo-
lano il loro acquisto. La forma superficiale che li connota talmente
attrattiva che provocano un sottile piacere anche solo nel passargli
vicino, pur essendo perfettamente i nut i l i dal punt o di vista della loro
funzi onal i t . La funzione non nemmeno pi un pretesto per
l'esistenza, bens costituisce un surplus. Tali oggetti sono delle bana-
lissime sculture dalle forme accattivanti. Il senso della loro esistenza
prettamente di tipo commerciale, economico. noto da tempo che
una fetta del mercato costituita da acquirenti dotati di un sufficiente
grado di complessi che abbisogna di oggetti per dare un senso alla lo-
ro esistenza. La comunicazione attraverso i filtri garantiti dalla socie-
t dell'informazione, dalle finestre informatiche e dal voyeurismo
quotidiano hanno diradato e l i mi t at o sempre pi il contatto diretto fra
soggetti. La comunicazione avviene per buona parte mediante i co-
siddetti strumenti del l a comunicazione. Ci comporta il fatto che
l'interlocutore non pi una persona in carne ed ossa, bens uno
strumento, un oggetto. I rapporti privilegiati sono qui ndi pi frequen-
ti con gli oggetti che con gli esseri umani, con la socialit diretta.
Perci qual unque oggetto diventa un interlocutore, di l della sua
funzione.
Se questo i l rapporto con gli oggetti e con la loro configurazione
sembrerebbe evidente che l'architettura non pu continuare a so-
pravvivere come se ci non esistesse, come se gli spazi configurati
continuassero ad avere gli stessi significati di sempre. Il cambiamen-
to radicale che si manifestato sugli oggetti produce conseguenze sui
contenitori architettonici. Cos come ogni epoca crea i suoi oggetti,
126
come ricordava a suo tempo Corbu24, cos ogni periodo storico assi-
ste a rappresentazioni architettoniche congruenti con il proprio tem-
po. Quelle che cercano di adeguarsi al l a contemporaneit si esplici-
tano interpretando il loro ruolo all'interno di una serie di peculiarit
che si discostano abbastanza dal passato. In alcuni casi divergono co-
s radicalmente dalle esperienze del passato da non essere nemmeno
pi assimilabili ad architetture, o quantomeno surrogano forme, con-
tenuti e specificit proprie di altri settori.
Le funzioni si trovano nello spessore dei muri, giocano nelle in-
terfacce. Lo spazio non pi un contenitore, ci che dalle pareti si
libera, non quasi pi contingente , Come si pu notare il cam-
biamento sembra essere assai profondo, radicato gi nel linguaggio.
Sembra rendersi sempre pi impellente una rivisitazione dei fonda-
menti di sci pl i nari , per adeguarli al l e nuove richieste derivanti da tutti
i soggetti che si confrontano con l'architettura. Il rischio che gi at-
tuale consiste nell'incomprensibilit, nell'uso di linguaggi circoscritti
a gruppi di interesse. sotto gli occhi di tutti che coloro che si occu-
pano di restauro parlano una lingua diversa da coloro che praticano la
domotica, la bioedilizia, la media architettura e tutte le varie declina-
zi oni di ognuna, e fra l' una e l'altra vi sono sempre diversit tali da
rendere assolutamente impreciso il linguaggio fra loro. Senza contare
poi le innumerevoli mode o tendenze che di stagione in stagione
condiscono molte delle pagine delle riviste patinate di settore, a di-
mostrazione che il cambiamento necessario, seppure non sempre
utile.
Insomma, l'architettura del contesto attuale talmente diversa da
t ut t e quelle che l ' hanno preceduta da essere, in molti casi, irricono-
scibile. Lo diventata a causa della modificazione degli aspetti eso-
geni e da quelli endogeni. A volte stata fautrice del cambiamento e
sovente ha dovuto subirlo. Nel contesto contemporaneo non ha
nemmeno pi senso chiedersi chi sia stato a provocare la mutazione,
poich la complessit dei fattori in gioco rende superflua una do-
manda in tal senso. Forse risulta pi interessante prendere atto che
questa la situazione in cui si tutti immersi e tentare di capire il
24 Cfr. Le Corbusier, Verso una Architettura, op. cit.
25 Jean Nouvel in Derrick de Kerckhove, L'architettura deli 'intelligenza. Testo & Immagi-
ne, Torino, 2001, p. 52.
727
contesto in cui si sta operando. Ogni ragionamento che rimane aperto
riguarda la presa di coscienza della contemporaneit, una volta che le
ideologie, tutte indistintamente, sono diventate prive della l i nf a vitale
che le alimentava. L'architettura, cos, se vuole sopravvivere mante-
nendo in qualche maniera la sua essenza non pu fare altro che ade-
guarsi al contemporaneo per renderlo meno sorprendente di quello
che vorrebbe far sembrare.
6. Architettura effimera
1
: .^
'
:
* -

A- T
' /Jj-C-, '
'
Crollate le ideologie, scomparso ogni simbolo che sia talmente
importante da essere celebrato per l'eternit, cambiati i modi di vve-
re e i luoghi dove spendere la propria esistenza non sembra essere
rimasto pi nulla che abbia acquisito il diritto di essere imperituro. Si
sono dovute mettere in disparte, quando non letteralmente dismesse,
le architetture della celebrazione poich sembra che abbiano perso il
senso del loro esistere. A queste si sono sostituite costruzioni f ugaci,
ef f imere, che rappresentano un tempo in cui nulla ha una durata su-
periore all' istante o alla distrazione, in un certo senso equivalenti. La
continua variazione dei parametri che stanno alla base del costruire e
della percezione e interpretazione dei manuf atti architettonici, co-
stretta a non avere il tempo per stabilizzarsi, o rallentare il suo ritmo,
sostituisce se stessa a se stessa. L'obsolescenza il parametro che
misura la durata delle cose. Per non entrare in questa partita sorge la
necessit di lottare continuamente contro se stessi e contro l'entropia
che la natura ha generosamente distribuito ovunque, in ogni luogo
antropizzato e non.
La teoria dell' entropia (. . . ) non si occupa della probabilit di successione in
una serie di elementi, bens della distribuzione generale dei tipi di elementi in
una disposizione data. Quanto pi lontana tale distribuzione da una distribu-
zione casuale, tanto minore sar l' entropia e pi alto il l i vel l o di ordine1.
Scendono in campo una serie di stratagemmi per condizionare il
128
Rudolf Arnheim, Entropy and Art. An Essay on dsorder and order, Regentsof th Univer-
si ty of Cali f orni a (tr. it., Entropia e arte. Saggio sul disordine e l'ordine, Einaudi, Torino,
2001, p. 28).
129
contesto in cui tutto ci avviene. L'architettura, nella sua manifesta-
zione fsica, rappresenta uno dei livelli pi alti della sfida del fare
umano al mondo intero e a se stessa. Questa sfida ha raggiunto in e-
poca contemporanea il livello pi alto di contraddizione e di rappre-
sentazione mai raggiunto. La tecnologia, che condiziona abbondan-
temente la produzione architettonica, soffre di una sorta di delirio di
potenza. Questa sua condizione egemone indebolisce ogni possibilit
di recupero del pensiero che si trova a doversi confrontare con situa-
zioni del tutto inattese, mai prima esperite.
6.1. Regole effimere
Effmero tutto ci che connotato da una breve durata, labilit,
caducit. Cos recitano i dizionari. Effmero, per quanto possibile
interpretare, ci che concerne una temporalit corta. Ma di quale
misura, di quale ordine di grandezza la brevit che determina
l'effmero? Per dare una mano alla confusione che si fatta imme-
diatamente strada si pu aggiungere un altro tassello:
se confrontiamo cinque mi nuti di Ludwig van Beethoven con cinque mi nut i
del movimento della terra quest' ul ti mo prosegue uniformemente durante quei
cinque mi nut i , mentre nei cinque mi nut i di Beethoven si hanno rallentamenti e
accelerazioni, dei ritorni al l ' i ndi etro e delle anticipazioni di temi che compari-
ranno successivamente. Si tratta dunque di un tempo indipendente dal tempo
esterno, che non potrebbe essere nemmeno concepito da organismi meno evolu-
ti (. . . ) cosicch, leggere la storia dell' universo come storia di un tempo auto-
nomo o di autonomia crescente del tempo una delle tentazioni pi interessanti
della scienza contemporanea".
Per altre vie Borges perviene ad analoga considerazione , che cio
possono coesistere tempi diversi, non solo in termini di misura, az-
zardando persine il crollo della monodirezionalit. Questo non aiuta
minimamente a dirimere la questione, anzi. Non v' dubbio che la
difficolt di stabilire quando un tempo breve e quando non lo
rende da una parte ancora pi complessa la risposta riguardante
l' effimero e dall' altra riapre i termini di un vincolo atavico col quale
2 llya Prigogine, La nascita del tempo, Bompiani, Mi l ano, I988, p. 24.
5 Cfr. Jorge Luis Borges, Ora/, Editori R i uni t i , Roma, 1981, p. 68.
i30
l' uomo ha sempre dovuto fare i conti. Durata e direzione temporale,
cos come appena sopra accennate, si troverebbero a collidere con le
primigenie considerazioni aristoteliche4, giocando ruoli indipendenti.
Ci si potrebbe persino trovare in presenza di archi temporali, relativi
a fenomeni analoghi, diversi fra loro.
Un'apertura del tutto inattesa proprio nell' ambito del fenomeno
pi difficilmente controllabile. Esso diventa inaspettatamente foriero
di prospettive e potenzialit illimitate, prima di tutto per ci che at-
tiene il tempo, ma di conseguenza, secondo la teorizzazione di Ein-
stein, in caduta su qualunque questione spaziale. Laddove introdot-
ta una variazione temporale si ha una conseguente mutazione dei pa-
rametri spaziali. Tutto ci conduce inevitabilmente in una direzione,
o meglio in infinite direzioni, quelle della continua apertura di pro-
spettive, in un territorio privo di ogni configurazione stabile, dove
ogni interpretazione contemporaneamente veritiera e fallace.
La nostra contemporaneit, pienamente immersa in questo mara-
sma, viaggia perennemente lungo canali multi direzionati dei quali
non si conoscono i limiti, nemmeno quel l i pi prossimi. Contempo-
raneo colui che,riceve in pieno viso il fascio di tenebra che provie-
ne dal suo tempo . Nell'epoca contemporanea sembra che siano
scomparsi tutti indistintamente i punti fermi, le certezze che hanno
guidato chi ci ha preceduto nella configurazione del mondo che ab-
biamo ereditato.
Alcune parole chiave come: mutazione, cambiamento, variazione,
l i qui do, impersistente, effimero e molte altre che negano ogni certez-
za stabile sono da qualche tempo entrate nel linguaggio corrente, a
conferma delle ipotesi che sottendono il filo del ragionamento sul
nostro tempo. Se questa la condizione del vivere nella contempora-
neit, per tutti i discorsi fin qui portati avanti, non sembra consiglia-
bile mettere in disparte questioni che diventano progressivamente
sempre pi contingenti, soprattutto per il fatto che incidono pesante-
mente sul fare architettonico attuale, sulla sua materializzazione, filo
conduttore e motivo del presente scritto.
Vivere in epoche dotate di un bagaglio di regole consolidatesi
lungo un lasso di tempo sufficiente per conferire alcune certezze ha
4 Cfr. Aristotele, Fisica, 219b.
Giorgio Agambcn, Che cos' il contemporaneo?. Not t et empo, Roma, 2008, p. 15 .
m
generato un insieme di procedure comportamentali che hanno fornito
un certo grado di sicurezza. Solitamente le regole hanno la funzione
di attribuire significato ai comportamenti. Le ritualit, che discendo-
no dall'applicazione delle regole, sono a loro volta un segno di ap-
partenenza che impongono contegni da esperire negli spazi della so-
cialit. Nella maggior parte dei casi i partecipanti si adeguano senza
sapere come e perch corre l'obbligo di rispettare certe regole piutto-
sto che altre.
Questa prassi, dell'adeguarsi supinamente senza sapere le motiva-
zioni che sottendono i comportamenti, divenuta una costante epo-
cale che, vi sono buone ragioni per ritenerlo, non risparmia certa-
mente il settore dell' architettura, delie costruzioni e del suo indotto.
Per chiarire l'argomento sufficiente riportare un esempio, surrogato
da un altro settore, valido per tutti. Quando si prendono le medicine
per guarire da una malattia, per buona parte della popolazione si trat-
ta di compiere un atto di fiducia, di totale sottomissione rispetto al l e
prescrizioni di un medico e/o farmacista. Non si conoscono n i
componenti la medicina n i metodi per produria, e tanto meno dove
agisce, cosa innesca all' interno del nostro organismo. Questo atto di
fiducia delega a terzi una delle questioni ritenute fra le pi importanti
da molti soggetti: la qualit della salute, e quindi della vita. Cio si
delega a un soggetto terzo la gestione di una parte ritenuta strategica
per una buona esistenza, diventando da soggetti a semplici oggetti di
cura. L'artista Damien Hirst si interessato dell'argomento chieden-
dosi come mai la gente si fida del farmacista per curarsi e non
dell'arte come medicina.
Come nascono gli armadiett delle medicine?
Credo di averli visti dal farmacista. Parlavo molto del mio lavoro con mia
madre, cercavo di spiegarle cosa facevo. una persona dalla mentalit aperta,
ma non riusciva proprio a capire. "A che cosa serve?". Non c'era verso di spie-
garglielo. Ero con lei dal farmacista, si stava facendo fare una ricetta e si fidava
completamente di qualcosa di cui non sapeva niente. Negli armadietti delle me-
dicine non ci sono bottigliette, sono impacchettate, come sculture formali, per-
fettamente organizzate. Dal farmacista mia madre guardava la stessa cosa che
facevo io e ci credeva ciecamente, mentre quando le vedeva in una gal l eri a
d'arte no. Secondo me era la stessa cosa, sapevo come stavano le cose e pensa-
vo: "Ah, se solo potessi fare un' arte che faccia lo stesso effetto", finch non ho
132
deciso di farlo direttamente. Mi sempre piaciuta l' idea che l'arte possa curare
le persone6.
Accettare, consapevolmente o inconsapevolmente, cose scono-
sciute appartiene al salto nel buio che la suddivisione dei saperi riu-
scita a imporre alle societ, non dato sapere se scientemente o arta-
tamente. L'operazione cartesiana di frazionamento del sapere ha pro-
dotto il risultato della sostituzione nell'acccttazione fideistica. Se un
tempo era necessario credere a determinate imposizioni per far parte
della societ, oggi necessario credere nella scienza per motivi pro-
babilmente analoghi. La differenza sta nel fatto che forse il cambia-
mento dei fattori non produce necessariamente lo stesso risultato. La
farmacia, per dirla con Hirst, non una galleria d'arte. Il trasferimen-
to dei saperi e delle competenze non sempre garantisce congruit di
risultato, ma soprattutto non facilmente accettato.
6.2. Trasferimento effimero
Un approccio al mondo delle costruzioni di questo tipo potrebbe
apparire di difficile comprensione, magari tendenzioso, che nasconde
chiss qual i sotterfugi o stratagemmi, proprio laddove vi una diffu-
sa tendenza all'esaltazione della pratica del trasferimento tecnologi-
co. Una certa cautela non sarebbe disdicevole e magari pi utile di
quanto non sia dato pensare, in particolare quando un settore che non
ha grande conoscenza di un altro, cerca di surrogare da quest' ultimo
conoscenze e tecnologie delle qual i possiede solo nozioni superficia-
li. fuor di dubbio che la mera ripetizione, magari ottenuta mediante
sforzi superiori a quelli strettamente necessari, non ha molto senso;
in particolare non ha senso quando basta surrogare conoscenze, ma-
teriali e tecnologie di settori diversi. Ma il trasferimento richiede
anch'esso una dose di conoscenze che a volte non sono cos agevol-
mente disponibili in settori altri rispetto a dove si sviluppata la ri-
cerca o l'applicazione originaria. Cio si conosce il contesto di arri-
vo, ma assai poco quello di partenza. Cos trasferire non una sem-
6 Damien Hirst, Gordon Burn, On th Way to Work, Faber and Faber, London, 2001 (tr. il.,
Manuale per giovani artisti. L 'arte raccontata da Damien Hirst, Postmedia, Milano, 2004, p. 22).
133
plice azione meccanica, ma presuppone una dotazione dijmginalit e
di ricerca della soluzione pi consona al risultato che si vorrebbe ot-
tenere, conoscendo assai bene non solo il settore dove si vuole intro-
durre la novit, ma anche e non sommariamente quello da dove si in-
tende trasferire quel particolare qualcosa che pare utile alla soluzione
di determinate problematiche. Il risultato che si raggiunge sembre-
rebbe in ogni modo effmero, di breve durata, per il fatto che ogni
trasferimento costituisce esattamente uno dei modi, di quelle prassi
gi descritte nella conquista dei territori lasciati liberi7, che stimolano
il superamento.
Nel momento in cui le regole comportamentali saltano, a causa
dell' instaurarsi di nuovi e inaspettati fattori, le prime a non essere pi
frequentate sono proprio le ri tual i t. sufficiente porre attenzione al
fatto che tutti i modi di fare legati alla "buona creanza", per esempio,
sono oggi soppiantati dalla volgarit e dalla scortesia distribuita a
piene mani su ogni livello sociale, o che il rito dell' adorazione del l e
vetrine dei negozi ha preso i! posto della visita domenicale alla pa-
rentela. Ma forse l'aspetto che oggi non pu passare inosservato e
che ha un notevole impatto sul l a ri tual i t riguarda il mul ti cul tural i -
smo che preoccupa alcuni paesi a capitalismo maturo. Il confluire in
un medesimo territorio di culture diverse, ognuna portatrice di pro-
prie storie, tradizioni, riti e miti8, produce gli effetti magistralmente
descritti nel l e opere di Claude Lvi-Strauss. Egli, compiuti i cento
anni , giunge al l a conclusione che ogni progresso una coalizione tra
forze diverse che cercano una sintesi senza abbandonare la propria
diversit. In fondo concordava con il Mahatma Gandhi:
Non voglio che !a mia casa sia cinta da un muro su tutti i l ati e le mie fine-
stre sbarrate. Voglio che le cul tur e di tutte le terre circolino nella mia casa con
la massima libert. Ma mi ri fi uto di lasciarmi dominare da una sola di queste9.
una sorta di emergenza, reale o fittizia, che sta coinvolgendo al-
cune realt contemporanee occidentali sotto la spinta del l a pressione
delle migrazioni di popolazioni e dell' allargamento dei mercati. Ma
anche quello che si pu riscontrare in ambito architettonico, nella sua
7 Cfr. capitolo 2, // tempo posseduto.
s Cfr. Roland Barthes, Miti d'oggi, Ei naudi , Torino, 1974.
'' Mahatma Ga ndhi , in Jererny R i f k i n , L 'era dell 'accesso, Mondadori, Mi l a n o, 2000, p. 345.
134
costruzione e materializzazione. Le diversit sono contemporanea-
mente un dato positivo di crescita, essenziali per stimolare il cam-
biamento, ma innescano inderogabilmente anche dfaillances pi o
meno evidenti che si materializzano a breve, medio o lungo termine.
La commistione, l' introduzione di novit, dell' esotico collocato al-
trove rispetto al suo luogo naturale mantiene sempre e comunque
l'aspetto di Giano bifronte (o quadrifronte in alcuni casi, protettore
delle partenze e dei ritorni). A ci va aggiunta una mutazione assolu-
tamente rilevante nel modo di comunicare. La babelizzazione dei lin-
guaggi, oltre che delle storie, delle origini, delle tradizioni e di mi l l e
altri fattori che il sovrapporsi di culture sta producendo agevola ine-
vitabilmente la scomparsa della necessit di celebrare qualcosa di
condiviso. La diversit solitamente non portatrice di "meltingpoF,
di aggregazione, bens si esplicita prioritariamente come una "salad
bowl", sola vicinanza, spesso conflittuale .
In nessun periodo storico la comunit degli uomi ni stata omogenea ma
sempre accaduto che le differenze fossero reciprocamente organizzate in senso
piramidale. (. . . ) Al contrario, in una democrazia convivono gruppi sociali di-
somogenei e contrapposti che tendono a sovrapporsi per frammenti cul t ur al i ,
ideologici e qui ndi fi gurati vi , determinando cos la forma di un enorme caleido-
scopio in conti nuo movimento, in cui ciascun gruppo esprime e svi l uppa propri
e di fferenti val ori ".
Tutto ci al quale si potrebbe attribuire una grande importanza e
che potrebbe essere condiviso sembra essere cos definitivamente
scomparso. La sola frammentazione tiene insieme le mille differenze.
Non sono pi le religioni, perch nello stesso territorio ve ne sono
molte e fra loro spesso incompatibili. Non vi pi lo stato, perch
nel gioco fra locale e globale, nell'aggregazione economica e produt-
tiva le nazi oni , laddove si sono consolidate, sono divenute solo un
impaccio allo sviluppo, un centro di costo. Persino il mercato e
l' economia, per i qual i la maggior parte degli sconvolgimenti di cui
si sta accennando si sono attivati, non risultano essere pi cos de-
terminanti. Sembra riconoscibile una pl ural i t di interessi di gruppi
eterogenei fra loro, pubblici o privati che siano. Insomma un confl ui -
Cfr. Giampaolo Fabris, Nuove identit Nuovi consumi, II Sole 24 Ore, Milano, 2006.
Fulvio Leoni, L'architettura delia simultaneit, Mel temi , Roma, 2001, p. 24.
135
re di motivi che hanno promosso la configurazione della nostra con-
temporaneit sono riusciti a produrre la garanzia della incertezza e
dell'insicurezza.
Nell'epoca in cui non vi pi nulla di cos importante da celebra-
re appare evidente che scompare, trascinata nel vortice della tempo-
raneit breve, la necessit di realizzare opere cos importanti e dura-
ture da rimanere come segno imperituro per la posterit. L' architet-
tura che realizza manufatti capaci di sfidare l'eternit sembra aver
perso, strada facendo, ogni dotazione di senso. Le si sostituita una
nuova forma di esistenza, breve, a volte brevissima, accompagnata
da un rovesciamento dei processi. Alcune architetture sono talmente
effmere che serve pi tempo per progettarle rispetto a quello in cui
rimangono edificate.
6.3. Memoria effmera
Nel pensiero collettivo ogni edificio, quando appartiene ancora al-
la sfera del desiderio, solitamente immaginato come qualcosa che
detiene inconfutabilmente una lunga durata. Persine le costruzioni
temporanee contengono in nuce una sorta di solidit, di stabilit, di
matericit certamente non effimera. Buona parte della popolazione
ritiene che un edifcio debba durare per lungo tempo, che sia destina-
to a rimanere per i posteri e di conseguenza lo immagina, e quando
pu lo realizza, con metodi, materiali e strumenti funzionali alla per-
sistenza, solidit, tettonicit, grevit che sinonimo di una durata
giustapposta all' effmero. Per molti possedere un simile manufatto
costituisce un punto fermo, quantomeno un investimento duraturo,
quando non valevole per tutta la vita, da lasciare in eredit ai figli. A
riscontro di tale affermazione vi il fatto che per acquistare un al-
loggio sembra essere divenuto assai comune indebitarsi per lungo
tempo, persine al limite della speranza di vita, e delle proprie capaci-
t finanziarie.
Questo atteggiamento ha condotto alla propriet immobiliare ca-
pillarmente distribuita12. Tale fenomeno, che per la sua dimensione
Tra le varie fonti che forniscono dati sulla propriet immobiliare degli italiani si evince un
dato emblematico: le case di propriet di residenti in I t alia sembra aggirarsi attualmente in-
136
non pu certamente essere trascurato, incide pesantemente sulla evo-
luzione della popolazione, sulla cultura dei luoghi, sulla capacit di
migrazione verso i poli produttivi o di interesse e su moltissimi a-
spetti che riguardano l'evoluzione di un popolo. In parallelo un simi-
le modello congela o fa regredire l'evoluzione tecnologica riguardan-
te il costruire, relegandola a declinarsi secondo l'immaginario di
soggetti che sono sufficientemente lontani dalla realt del loro tem-
po. Il modello delle costruzioni di una popolazione iperstanziale fil-
trato da una visione onirica degli esempi del passato, scimmiottati sia
nelle forme che nelle tecnologie.
Sorge quindi un dubbio: si potrebbe immaginare che il recupero di
molti materiali da costruzione, tecniche edificatorie, processi produt-
tivi legati alla sostenibilit, biocompatibilit, ecologia e loro emuli
siano parte di questo processo di recupero della memoria? Si tratta
per caso di un recupero storico, ovviamente reinterpretato secondo
prospettive e necessit che nulla hanno a che vedere con il tempo in
cui certi modi di costruire erano praticati?
Il ricorso massiccio a concetti desueti lascerebbe intendere che vi
sia una necessit impellente di fare una repentina marcia indietro ri-
spetto alle mete raggiunte. L'emergenza ambientale potrebbe essere
un argomento sufficientemente importante per interrompere una stra-
da che porta diritto a una catastrofe. Ma chi, tra gli interlocutori con-
temporanei, cos convinto di negare l'evoluzione di qualche centi-
naio d' anni senza gettare al vento conquiste che non sarebbero mai
state raggiunte se tale evoluzione non avesse mai visto la luce? Non
serve nemmeno una grande immaginazione n pare necessario com-
piere ricerche scientifiche approfondite per capire che il modello
produttivo preindustriale conteneva i germi di una migliore compati-
bi l i t a ambientale rispetto al periodo successivo.
Ci non implica necessariamente il ritorno a quel modello. Le
conquiste effettuate nel frattempo, proprio perch hanno approfondi-
to alcuni aspetti strategici, sono capaci di rivedere molte delle moti-
vazioni legate a una evoluzione sostenibile. Forse un certo grado di
ragionevolezza, e non di consapevolezza1 , pu essere di estrema uti-
torno a una media dell' 80 % circa.
13 Non si conviene con l'uso della parola consapevolezza, abusata in qualche ambiente cul-
turale, perche la consapevolezza contiene in nuce un atteggiamento ideologico, antiscientifi-
co, grazie al quale argomenti importanti diventano di moda, trattati solo superficialmente.
137
lit per predisporre gli strumenti utili alla ricerca e intrapresa di per-
corsi alternativi. Tali percorsi non possono essere quel l i della memo-
ria, specie in architettura, legati al recupero di tecnologie estempora-
nee tutte da reinventare perch nessuno pi in grado di ricordarle, e
la loro interpretazione effettuata traendo le informazioni a l i vel l o bi-
bliografico portano diritto al fraintendimento, airerrore (tale termine
odiando). Vi gi stato pi di qualcuno che in termini culturali e
formali ha gi percorso una strada di questo tipo, culminata e in un
certo senso terminata con la mostra "Strada Novissima" tenutasi
presso la Prima Mostra Internazionale di Architettura della Bi ennal e
di Venezia nel 1980 . I danni di tale ricerca, trasferiti nel mondo del
quotidiano e della speculazione edilizia, sono ancora drammatica-
mente attuali e visibili nelle infinite realizzazioni pseudo postmoder-
ne che riempiono il territorio e l ' i mmagi nari o di molta gente.
Forse qualcuno non si rammenta pi del fatto che certe coltivazio-
ni estensive del passato e t al uni commerci cambiarono la geografia
produttiva per via dell'eccesso di domanda di determinati beni di o-
rigine naturale. L' i mpi ego massiccio dei prodotti chimici in agricol-
tura stato richiesto dalla volont di sfruttare al massimo le coltiva-
zi oni , passando sopra a tutto ci che aveva attinenza con le questioni
ri guardant i il rispetto della natura.
Sorge anche il dubbio che l'eccessivo interesse che molti settori
contemporanei stanno dimostrando nei confronti di non ben definite
produzioni ecologiche, o biocompatibili che dir si voglia, sembra es-
sere solo uno dei tanti aspetti dello svi l uppo del commercio, che ri-
sponde cos alla concorrenza spieiata a cui sottoposto quotidiana-
mente. Secondo il modello di svi l uppo capitalistico l'apertura di una
nuova offerta toglie ossigeno alla fetta di mercato precedente.
L' ul t i ma arrivata, come nella migliore tradizione, cerca di trasfor-
marsi in monopolio. Vendere natura sembra essere diventato assai
pi facile che piazzare un manufatto i ndust ri al e, oltre che pi conve-
niente, anche se questo comporta ri mmi ssi one nel mercato di pro-
dotti che di naturale non hanno proprio nul l a a che vedere.
Forse rientra in questa logica anche il commercio di prodotti che
toccano la bilancia energetica. L'esempio pi eclatante, in questo
Cfr. AA. VV. , La presenza del passato. Prima mostra internazionale di architettura, La
Biennale di Venezia, Venezia, 1980.
138
momento storico (ma ovviamente non il solo), riguarda la spieiata
pubblicizzazione e sponsorizzazione statale dei pannelli fotovoltaici
in edilizia. Con il fatto di voler risparmiare alcuni tipi di risorse per
produrre energia si inquina molto di pi rispetto a prima, vincolando
il presente a consumare molta energia per realizzarli e il futuro nel
doversi far carico del loro smaltimento. Ma l'impressione dell'uomo
della strada quella che grazie ai raggi del sole produce energia qua-
si gratuita, che per gi unt a sembra non inquinare. Per nessuno si pre-
occupa di mettere al corrente quel signore che ogni trasformazione di
energia prevede sempre una perdita, cio che serve pi energia per
produrre e smaltire un pannello fotovoltaico rispetto all'energa che
questo sar in-grado di generare durante tutta la sua vita ut i l e.
Per quanto affascinante e magari poetico possa essere, non sembra
nemmeno plausibile il ritorno alle costruzioni in terra cruda o in le-
gno, perch materiali divenuti ormai i nat t ual i , sia dal punto d vista
cul t ural e, sia da quello produttivo. Si ritiene che nelFaffrontare taluni
argomenti un certo pragmatismo sia doveroso, soprattutto per non es-
sere presi per sprovveduti. Un ritorno al passato, che pur affascina e
trascina schiere di adepti, non mai stato storicamente un atteggia-
mento seriamente praticabile. Eventualmente stato appannaggio so-
lo di alcune lites pi o meno nostalgiche.
Forse sfugge agli innamorati della natura che essa intrinseca-
mente effimera. Ha necessit di esserlo per lasciare spazio al suo rin-
novamento, per garantirsi la perenne giovinezza. La strada pi sem-
plice per esserlo consiste nel l ' el i mi nar e il vecchio, l' usurato, il de-
crepito cercando di obbligare la riproduzione e agevolando la scom-
parsa. Per farlo mette in atto tutti i meccanismi di cui si pu dotare,
da quel l i pi delicati a quelli pi cruenti. In ambito naturale una ec-
cessiva durata sarebbe troppo costosa, insostenibile, per l'inadeguato
sovrapporsi di generazioni. Pertanto l'effimero appartiene a pieno ti-
tolo ai fenomeni naturali. La natura non pu che essere effimera, .ca-
pace, per, di rigenerarsi e riconvertirsi. Non vi morale alcuna nei
fenomeni naturali, tutto terribilmente finalizzato.
Se tale contesto quello in cui avvengono tutte le esplicitazioni
dell'architettura, ed estensivamente di tutti i manufatti, per traslato
ogni azione neg-entropica umana destinata ad essere effimera. La
dimensione di questa quant i t di effimero data dal l ' uni t di misura.
Se la vita di una farfalla ci pu sembrare breve e quella di un elefante
139
lunga solo per il fatto che l'ordine di grandezza, l' unit di misura
stabilita da un essere umano, dalla sua persistenza media in vita. Per-
tanto le architetture, pur tutte effimere, possono essere eterne in rap-
porto alla durata di una vita umana. Perlomeno cos sembra essere
stato finch successo qualcosa che ha modificato il modo di misu-
rare, calibrato soprattutto sull' uso, sulla rendita e sulla contempora-
neit degli edifici.
6.4. Informazione effimera
Per colui che avvezzo alla stanzialit, alla certezza dei punti di
riferimento, alla conduzione di una vita spesa dentro un castello di
abitudine, la costrizione al confronto quotidiano con la modificazione
e la perdita di parti del suo mondo deve essere una enorme sofferen-
za. Veder crollare le proprie esperienze sotto la coercizione del cam-
biamento innescato da qualche novit che costantemente si auto elide
potrebbe diventare persino drammatico, dramma che si produce per
la perdita di significato, di senso dell'esistenza stessa. Le esperienze
sono rumori che solo nella dimensione di ci che abituale acquista-
no significato15. Tuttavia non vi luogo sulla terra che non si lasci
modificare in continuazione, e nel momento storico attuale tale a-
spetto sembra essere assai pi palese che in passato.
Nel passato i paesaggi erano progettati per essere abbracciati con uno
sguardo da punt i di vista pr i vi l egi at i (. . . ) e, se non progettati, permettevano
comunque di racchiudere una veduta (. . . ) insiemi coerenti di oggetti. (. . . ) 11 pa-
esaggio metropolitano (attuale, n.d.a.) non offre neppure sequenze (...), va at-
traversato lungo diversi canali - tangenziali, sopraelevate, ascensori panoramici
- per farsene una ragione, per afferrarne facce successive, discontinue. (...)
Velocit e distrazione condizionano la percezione quotidiana16 .
La citt, la metropoli e i luoghi antropizzati sembrano essere dive-
nuti gli spazi privilegiati del cambiamento, dove la contemporaneit
dipana i suoi percorsi in maniera pi eclatante. Il senso della con-
temporaneit tutto racchiuso nel cambiamento, nel continuo variare
1 5 Vilm Flusser, La cultura dei media, Bruno Mondadori, Milano, 2004, p. 172.
16 Claudia Cassatella, Iperpaesagg, Testo & Immagine, Torino, 2001, p. 26.
140
della diversit. Le stesse identiche cose non sono mai se stesse, co-
strette a rapportarsi con un intorno che condiziona e si auto condizio-
na. Il processo di adattamento dell' individuo, per natura, non pu es-
sere immediato e tantomeno automatico. La sensazione di inadegua-
tezza, di spaesamento che la novit ingenera si trasferisce nelle so-
matizzazioni tipiche dell' individuo contemporaneo. La sofferenza
che accompagna i grandi sconvolgimenti del contemporaneo si rende
evidente nei modelli sociali, linguistici, psichici e persino biologici
degli i ndi vi dui che faticano a capire le motivazioni e gli adattamenti
necessari per riuscire a sopravvivere in questo nuovo contesto.
Un certo grado di colpevolezza per questo stato di cose va ricono-
sciuto anche all'architettura. Questa stata garante, per moltissimi
secoli, dell'invarianza, del lento incedere che si appoggia su fonda-
menti quasi immutabili. Una processione di simili ha costituito le ba-
si su cui ogni edificio assomigliava all'altro. Se non proprio dal pun-
to di vista formale, per via della committenza e della progettazione17,
la similitudine era realizzata dai materiali e dalle tecniche in uso. Fu-
rono i materiali e le lavorazioni a determinare o permettere sia le va-
rianti, sia le invarianti. Anche l' avvento di nuovi materiali ha sempre
condizionato le configurazioni, e non viceversa. Al limite l'arguzia
del desiderio o del bisogno ha agevolato alcune scoperte. La possibi-
lit tecnologica ha concesso o negato ogni tipo di espressivit. Il pro-
getto ha sempre costituito il fattore strategico, un modo per ottenere
alcune soluzioni. L'aspetto culturale, generato in seguito alla confi-
gurazione materiale dell'opera d'arte architettonica, sempre stato
insito, invece, nell'insieme edificato. La distinzione sulla quale non
vi possono essere dubbi riguarda solo il fatto che Un'opera d'arte
I R
non chiede un significato; lo contiene . Ma quale significato con-
tengono le architetture della contemporaneit?
La nuova architettura comunicazione, media, e la concretezza della citt
deve andare a farsi benedire. (. . . ) La vocazione dell' architettura oggi quella
di smaterializzare le citt, di sottrarle alla carne quotidiana di pietre e abitanti e
di trasformarle in cristalli liquidi' 1 * .
Cf r. capitolo 1 , Costruire per l'eternit.
18 Rudolf Arnhem, op. cit. , p. 77.
1 Franco La Cecia, Contro l'architettura, Bollati Boringhieri, Torino, 2008, p,l 10.
141
Uno degli aspetti che pi balza agli occhi riguarda la "morte" del
tempo, il suo superamento, il suo essere sempre pi effimero. Il tem-
po con il quale ogni soggetto contemporaneo si deve confrontare pa-
re non essere pi lineare, n scandito uniformemente e tantomeno
monodirezionato. L' ambiente tecno comunicativo di una societ che
fa della fibrillazione il suo naturale spazio di percorrenza non neces-
sita in assoluto di cose immobili, statiche, pesanti. Esattamente
all' opposto desidera prodursi in tutto ci che varia incessantemente,
senza soluzione di continuit e con ri t mi esponenziali.
Al l ' i nt er no di una societ che privilegia la comunicazione globale
istantanea, il panorama che la connota non pu che adeguarsi al suo
tempo storico. Per dare giustificazione alla propria epoca, e non ca-
dere nel ridicolo che pervade l'ignorante societ arricchita la quale
surroga dal passato gli st i l emi formali delle costruzioni , 1' architet-
tura contemporanea continua, come ha sempre fatto, a ricercare i mo-
tivi fondanti della sua esistenza. Lo fa in un costante stato critico,
nell' incertezza e nel l ' i nsi curezza, scontrandosi quotidianamente con
la necessit di trovare i motivi della sua essenza, per i ndi vi duare tutti
quei segnali che istituiscono il contemporaneo. Proprio per questo,
lontana dagli stili che sarebbero una comodissima struttura per acqui-
sire un certo consenso, si esplicita in i nnumerevol i soluzioni, a volte
fra loro contrapposte. Ci sembrerebbe dovuto sia a questioni di or-
di ne generale che particolare.
Le questioni di ordine generale riguardano principalmente pro-
blematiche esterne al l a di sci pl i na, ma che sono essenziali per capire
cosa si dovrebbe rappresentare in quest'epoca. Nel l o scorrere quoti-
diano delle faccende sono i mmancabi l i aspetti che di rado sono per-
cepiti.
La contemporaneit immersa nei rumori di fondo. Non vi mo-
mento del giorno e della notte che non sia attraversato dal frastuono
degli apparati meccanici, elettrici ed elettronici2 1 . Paral l el ament e lo
scenario del quot i di ano attraversato dagli odori t i pi ci di un mondo
20 La considerazione potr sembrare pesante, ma sufficiente rammentare ci che avviene
nella realizzazione di t ul l i quei centri commerciali, outlet e casupole fnto posi moderno che
tappezzano il territorio nazionale. Evidentemente sono l a dimostrare che l' estetica della
popolazione non coincide con quella dell' architettura, perlomeno di quel l a di cui qui si sta
trattando.
21 Cfr. Gillo Dorfles, Horror pieni. La (in)civilt del rumore, Castelvecchi, Roma, 2008.
142
che mescola l' artificiale al naturale; bisogna proprio cercarli quei
luoghi dove l'odore di stallatico puro prevalente, poich anche que-
sto eccessivo, provocato dagli allevamenti intensivi. I colori, a loro
volta, si rendono percepibili solo attraverso una cortina d' aria e di
condizioni ambientali sufficientemente inquinate, dove la polluzione
sottile modifica la densit dell'aria e la trasmissione luminosa. In-
somma, la natura sembra ormai definitivamente artificializzata, do-
vendo rispondere a logiche sufficientemente diverse rispetto a quelle
che l' immaginario onirico di ognuno ritiene veritiero.
In parallelo un eccesso di segnali, messaggi, simboli e quanf altro
viene sbattuto in faccia ad ogni spettatore, costringendolo a compiere
operazioni di scelta istantanea ottenute stocasticamente, piuttosto che
scientemente o razionalmente. Nasce cos la necessit di interpretare
il contesto con un approccio e con strumenti nuovi. L'interpretazione
avviene soprattutto mediante la lettura di immagini, che ha di gran
lunga superato la vecchia elitaria scrittura segnica, per secoli detenu-
ta dalla minoranza al potere, e gli strumenti sono divenuti i nuovi
1")
media. Le immagini sono superfici . I nuovi media, strumenti
tecnologici che agevolano la trasmissione, a loro volta hanno com-
piuto il trasferimento del l ' umano a una sfera che gi da tempo preoc-
cupa non pochi pensatori23.
1 nuovi media, cos come attualmente sono trasmessi, trasformano le imma-
gi ni in modelli di comportamento e gli uomini in oggetti; ma potrebbero anche
essere distribuiti secondo diverse modalit di collegamento e trasformare le
immagini in vettori di significato, e gli uomini in cooperanti progettatori di si-
gnificato24.
1 jiuQvi media non sono pi unilaterali, monodirezionati, ma in-
staurano una sorta di cortocircuito informazionale. Sono mezzi po-
tenti, come tutti quelli che la tecnica ha distribuito a piene mani a
ogni strato della popolazione. Con pochissima fatica si possono spo-
stare montagne intere, cos che non viene percepito il senso delle a-
22 Vi l m Flusser, op. cit., p.79.
23 Poich l' argomento particolarmente ampio si ritiene di consigliare un unico riferimento
all' interno del quale si citano varie fonti che si occupano dell' umano nella contemporaneit.
Cfr. Umberto Galimbert, Psiche e Techne. L 'uomo nel! 'et della tecnica, Fel t ri nel l i , Mi l a-
no, 1999.
24 Vilm Flusser, op. cit., p.86.
143
zi oni , la loro dimensione. Tutto sembra semplice, facile, anche il la-
voro pi faticoso. Gli strumenti ipertecnologici sono intrinsecamente
eccessivi, incapaci di rendere edotto Futilizzatore di quello che real-
mente sta facendo. Hanno reso ogni vita densa di aspetti ludici, o
perlomeno lo si lascia intendere, ma contemporaneamente sempre
pi effmera, priva di fondamenti stabi li n di futuro certo. Il basso
l i vel l o di visione critica che sottilmente pervade ormai una buona
parte di ogni settore culturale, sufficientemente ipnotizzato dalle me-
raviglie lecnologiche, gioca un ruolo non i ndi fferente nella accctta-
zione dei cambi amenti . Questi avvengono. Sono confezionati sempre
altrove. Sembra che non vi sia modo di interferire, di mettersi di tra-
verso o perlomeno di manifestare posizioni diverse. Una sorta di ne-
ghittosit lascia che le cose accadano.
Se questi sono al cuni degli aspetti che costituiscono i fattori eso-
geni, all' i nterno della di sci pl i na essi sono abbondantemente fagocita-
ti e trasferiti nel fare. Le questioni particolari ruotano prevalentemen-
te intorno ad una serie di aspetti ri t enut i condi vi si bi li . Se questa una
societ che pri vi legi a le i mmagi ni , nel senso che sono segnali impor-
tanti , va da s che con queste bisogna fare i conti. Le immagini si
materi ali zzano pri ori tari amente su delle superfici. L'epoca contem-
poranea sembra essere quella che pri vi l egi a la superfi ci ali t rispetto a
tutto ci che possiede sostanza, peso, volume.
Gli edifici sono presentati come spettacoli, non come luoghi in cui siano
domi nant i comfort, comuni cazi one, interazione sociale, salute o altre conside-
razioni psicologiche. La bellezza nell' arte e nel l ' archi t et t ura occidentale un
oggetto di visione, i gnorando t ut t i gli al t ri sensi, o consi derandol i come elemen-
ti secondari'5.
In architettura da qualche tempo il tema della superficie partico-
larmente dibattuto. L' attenzione ri volta da molti progettisti alla pelle
dell' edi fci o sembra essere doverosamente si gni fi cati va. Lo sia dal
punto di vista culturale e artistico, di luogo fisico laddove si concen-
trano maggiormente i si gni fi cati architettonici e arti sti ci , ma lo an-
che per l' ambi to strettamente tecnologico.
Derrick de Kerckhove, L'architettura dell 'intelligenza, Testo & Immagine, Torino, 2001, p. 11.
144
6.5. Abitare effimero
La centralit dell'aspetto tecnologico nella determinazione del si-
gnificato appare essere decisiva quando si consolida un particolare
approccio al modo di costruire. Nel momento in cui il fare massiccio
si rivela essere una prassi eccessivamente onerosa, che spreca mate-
ri ali , energie e pensiero a fronte di forti vi ncoli comunicativi si fa
strada un nuovo approccio all' edificare. L' ottimizzazione delle risor-^
s.e e delle prestazioni sono gli argomenti che sembrano pilotare il
cambiamento. Da una parte il costo 6 dei materiali e delle loro lavo-
razioni e dall' altra una domanda di qual i t crescente27 riescono, in
tempi e modi diversi, a far nascere ed espandere sempre di pi la co-
struzione stratificata. Questa ha ricevuto una notevole spinta in se-
guito al l ' aument o dei costi dell' energia, i ni zi ato gi con la crisi del
1974. Da allora l' i ntroduzi one di normative che imponevano la ridu-
zione dei consumi di materiale combustibile ha agevolato la realizza-
zione di pareti esterne stratificate. L'ottimizzazione prestazionale
delle singole parti degli edi fci , ottenuta mediante la formazione di
pareti multistrato, conduce al consolidarsi della logica che di st i ngue
fra struttura e rivestimento, peraltro anche nella separazione dei
compiti fra gli specialisti che intervengono sia nella fase di ideazione
sia del l e maestranze che partecipano alla realizzazione.
Nell' archi tettura contemporanea, se si escludono casi particolari le-
gati al l a poetica del progettista o a questioni normative, da tempo
di venuta prassi comune realizzare la struttura indipendente dal rive-
stimento o dalle partizioni che si realizzeranno. La pianificazione del
processo edificatorio, defi ni ti vamente assimilato a qualunque produ-
zione i ndustri ale, si organi/za lungo percorsi predeterminati al fine di
ottenere i risultati voluti nei termini e ai costi predefi ni ti . La realizza-
zione di pareti stratificate, ideate, prodotte e poste in opera per ri-
2(1 Quando si parla di costo si i ntende in termi ni estensi vi , abbracciando non solo gli aspetti
monetari, ma anche quel l i politici, sociali, culturali , di sostenibilit ambientale e cos via.
Esistono materi ali che producono conseguenze pol i t i che (es. petrolio, gas, di amant i . . . ), so-
ci ali (es. l'estrazione mi nerari a del l e materie prime che servono anche in edilizia), cul t ur al i
(es. elaborazione e archiviazione dei dati su supporti fisici o i nformati ci ) e cosi di seguito.
27 Questa domanda di qualit contiene al suo interno anche la mutazione dello stile di vita e
le ripercussioni che questa produce, a sua volta indotta da t ut t i i cambi amenti pol i t i ci , sociali
ed economici che i ni nterrottamente si modi fi cano nel tempo.
145
spendere al l ' ot t i mi zzazi one fra costi, prestazioni e durate, rispondo-
no a precisi calcoli.
Gli edi fi ci cos assistono a una evidente moltiplicazione dei loro
elementi costitutivi, sottoposti all' azione combinata della richiesta di
presta^ionj_f4nzifnali sempre pi sofisticate e di soluzioni in grado
di soddisfarle. Dalla descritta scissione tra struttura e suddivisione
spaziale si pervenuti, per fasi successive, alla moltiplicazione fun-
zionale degli strati. Gli involucri) sono divenuti il risultato della_so-
vragposizipne di molteplici rjiani^ciascuno dedicato a mediare il rap-
porto tra interno ed esterno in termini ambientali ( cl i mat i ci e acusti-
ci), energetici, di resistenza all' usura, di comunicazione, e cos via.
Ma questo modo di intendere la costruzione instaura nel l ' archi t et t ura
contemporanea un diffuso conflitto fra produzione e rappresentazio-
ne. Le logiche della ottimizzazione delle prestazioni e delle priorit
del calcolo e della tecnologia si trovano spesso a collidere con le
questioni del l a rappresentazione, con il fare pi intrinsecamente arti-
stico dell' architettura. L'impasse che la recente produzione architet-
tonica si trova a dover di ri mere non sembra essere proprio indolore.
Da una parte si tratta di cJiinaj;e_j^j^p.^ijTOn^^ al
domi ni o del calcolo e del perfezionamento f i ne a se stesso, e
dal l ' al t ra di cercare una via di fuga, superando in ogni modo possibi-
le la coercizione, pur con la coscienza che [ferchitetturj proprio per
il fatto che legata inscindibilmente alla materia assai pi di altre ar-
ti, non sembra essere decisamente libera (con Eduard von Hartmann:
unfreie kunst}.
Si gi assistito alla morte della forma, alla sua def i ni t i va sepoltu-
ra attraverso tutte le configurazioni casuali generate dal l e regole non
codificate. Sono ormai datate, secondo la misura del tempo nel l a
contemporaneit, molte delle architetture decostruite, casuali, fluide,
organiche, deformate e deformi, prive di regola geometrica identifi-
cabile. Contemporaneamente si sgombrato il campo dal l a significa-
zione degli spazi e dei contenuti, spostando l' attenzione verso la peri-
feri a, sul l e epi der mi di , esaltando la priorit della superficie sul l a
forma. La leggerezza, fsica o simulata, approdata a simbolo del l a
societ, nel l e sue esplicitazioni materiche o i mmat eri al i . I parametri
che giocano un ruolo decisivo partecipano al l ' uni sono al l e trasparen-
ze, traslucenze, riflessioni, opacit simulate di questo mondo che
ammicca sempre pi palesemente all' effimero.
146
Si tratta di un effmero che riguarda il modo di essere di ogni uo-
mo di questo tempo. Egli prevalentemente un nomade, non solo
perch viaggia nel vero senso del termine molto di pi dei suoi ante-
nati, ma perch non appartiene a nessun luogo. La sua esistenza so-
litria e priva di punti fermi, perennemente delocalizzato. I nonluo-
ghi del l a surmodernit sono gli spazi che pi utilizza. Lo spazio del
nonluogo non crea n identit singola, n relazione, ma sol i t udi ne e
similitudine2 8 . Non possiede, perch tutto ci con cui entra in con-
tatto diventa obsoleto in un baleno. Ogni possedimento un impac-
cio al cambiamento, al rapido adattamento alle condizioni che velo-
cemente si sostituiscono l ' una al l ' al t ra. Ecco perch il suo costruire
non pu che essere impermanente. Se il cambiamento sempre pi
veloce necessario adeguarsi nel pi breve tempo possibile, trovarsi
nelle condi zi oni di riuscire a seguire ogni novit lasciando sul terreno
la minore quantit di macene. Egli deve perci costruire leggero,
modificabile, veloce, ma contemporaneamente eclatante, ri l evabi l e
come eccesso, stupefacente, percepibile dalla pi ampia platea di
spettatori.
Nascondersi fra le maglie del l ' i nvi si bi l i t del l ' uomo qualunque, o
meglio delP wwwo senza qualit di musiiiana memoria (o senza
quantit di Andrea Branzi30), non sembra essere questione apparte-
nente all' epoca contemporanea. Solo .apparendo si acqui si sce i l di r i t -
to di esistere. So si \ i s l i dal numer o pi e l e v a l o possi bi l e di spet t a-
tori si acquisisce il dirtto_di_essee. Pertanto l'immagine sembra es-
sere la sola capace di dirimere_ ogni. .Questione, in grado di determina-
re l'esistenza in vita o meno di ognuno. Apparendo si esiste, altri-
ment i non si nessuno, nemmeno degni di un fugace sguardo. La
grande fortuna dei Reality Show, di Second Life, di YouTube, di Fa-
cehook e di tutti i loro emul i costituisce la palese dimostrazione che
la porce/ i one del mondo fisico, nella sua banal i t quot i di ana, con le
sue pene e felicit passeggere non detiene alcun senso, nessun signi-
ficato degno di essere vissuto. Ma se ]a medesima quot i di ani t viene
trasferita nel pianeta dei voyeur informatici, neJ mondo dei bit e degli
algoritmi, giocata tutta sulle superfici elettroniche, la_cosa_cambja_ra-
2S Cfr. Mare Auge, Non-!ieux, op. cit., p. 95.
29 Cfr. Robert Musi], Der Manti ohne Eigenschaften, Rowohlt, Berlin, 1930 (tr. it., L'uomo
senza qualit, Ei naudi , Torino, 1957-1972).
30 Cfr. Andrea Branzi, Modernit debole e diffusa, Skira, Milano, 2006, p. 28.
147
ducalmente. La finestra su questo mondo, chiamata appunto window
nel l a neolingua globale, garantisce della
sono. proiettati sul l e supcrfici degli schermi.
Persine il costruire, l'edificare, il progettare non pu che adeguar-
si a questa nuova tendenza. La continua espansione globale della rete
Internet non fa che moltiplicare e rendere distribuita l' informazione e
un certo tipo di conoscenza a ogni fascia della popolazione, analo-
gamente a ci che era avvenuto a suo tempo con l'avvento della
stampa .
Internet diventato il cantiere ideale per chi interessato a costruire nel
territorio delle informazioni (. . . ) Chi guarda una rappresentazione architettoni-
ca su computer non sar in grado di capire se si tratta di edifici esistenti nella
realt o se si tratta invece di proposte progettuali, a meno che non conosca
l ' edi f ci o e la cit t rappresentate32.
D'altronde un edificio virt ual e costa assai meno di uno al vero. 1
costi di costruzione su Internet sono senz'altro molto inferiori rispet-
to alla realt33. Quindi la simulazione computerizzata, oltre ad esse-
re un economico, agevole e ingombrante strumento di progettazione,
capace di condizionare pesantemente la generazione di forme, geo-
metriche o casuali, e di conseguenza la progettazione architettonica,
costituisce ormai una parte essenziale del paesaggio immaginario o
reale. In un certo senso l ' archit et t ura dell' informazione costringe
l ' archit et t ura materiale a esserle subalterna. Sembra che non siano
esclusivamente i costi ad agevolare la propensione alla simulazione
delle architetture, bens la radicale mutazione degli utenti. Persine
l'uomo della strada, incapace di leggere i disegni tecnici, ma persine
le prospettive o le maquettes, strumenti principe nel l a comunicazione
del progetto alla committenza per secoli, richiede espressamente
all' architetto la simulazione computerizzata. Questa sorta di analfa-
betismo nel l a lettura dei disegni e del l e forme deriva dal fatto che il
nuovo medioevo richiede espressamente un aj^c^tjrjo_dijmguaggio,
basato sulle immagini (come succedeva appunto nel medioevo).
31 Cfr. capitolo 4, "Cosa successo? naia l'era de/la macchina".
" Gerhard Schmitt, Information Architecture, Testo &Immagine, Torino, 1998, p. 73.
33 Gerhard Schmitt, op. cit., p. 75.
148
1 messaggi al fanumeri ci e iconici cominciano a svincolarsi dai loro suppor-
ti materiali, in particolare dalla carta, per trasmigrare nel campo elettromagneti-
co. (...) Ci avr conseguenze rilevanti per la cul t ura di domani. La cultura
un dispositivo per la creazione, la trasmissione e lo stoccaggio di informazio-
ni34.
La cultura contemporanea produce, trasmette e immagazzina in-
formazioni in modo non materico, molto diverso rispetto al passato.
Quest o dat o sembra c os t i t u i r e un pu n t o di svol t a ne l l a f a t t i b i l i t
dell' architettura contemporanea, nella sua fase materiale e cul t ural e.
In altri termini l'elettromagnetismo, alimentandosi di variazione con-
tinua e istantanea, incide inesorabilmente su tutti gli ambiti che ne
fanno uso, compresa l' architettura. A questa in particolare sembra sia
stato riservato un futuro sempre meno solido e durevole: effimero
appunto.
34 Vi l m Flusser, op. c i t . , p. 5 1 .
149
Conclusioni
Una parola echeggiava fra i discorsi di coloro che si occupavano
di arte: creativit. Intuizione, ispirazione e simili erano il condimento
di molti dei loro discorsi. I loro occhi possedevano una strana luce,
come se fossero degli esseri sovrumani, sicuramente bizzarri e poco
capiti dalla popolazione, la quale li aveva etichettati come artisti. 11
marchio di artista si addiceva a colui che per qualche strano motivo
non si adeguava alle regole che tutti condividevano. Per dalle loro
mani uscivano delle cose cos belle che era il caso di accettarli cos
comperano, un errore della natura, un'eccezione. Forse erano creature
diaboliche.
La prerogativa divina del creare, trasferitasi nelle mani delF/ zomo
sapiens sapiens faber, dilagata, rompendo tutti gli argini. Oggi
chi unque in grado di creare, poich di questo si tratta, di estrarre da
un presunto nulla, dall'inesistenza, un risultato tangibile, o perlome-
no percepibile. Non sembra pi necessaria la dotazione di una buona
capacit manuale connessa con altrettanta conoscenza della materia
di cui ci si occupa. Qualcuno, non si sa dove e quando (ma ci non
ha la minima importanza per quanto suddetto a riguardo delle consi-
derazioni di Hirst), ha compiuto un'adeguata sintesi. La fiducia in
costui, o costoro la pi cieca mai esistita nella storia. Nessun mo-
narca avrebbe potuto immaginare una si mi l e generale sottomissione.
Ma questo non importa, nel senso che i vantaggi sembrano essere su-
periori alle presunte coercizioni. E quindi doveroso che il pragmati-
smo regni sovrano. Basta essere provvisti di un computer, un colle-
gamento al World Wide Web, e il gioco fatto. Si ha a disposizione,
a un tocco di click, la pi grande biblioteca mai esistita. Il suo conte-
nuto sar certamente veritiero, anche se qualcuno ha contribuito di
1 5 1
proposito a immettere alcune informazioni fasulle. D'altronde prima
d'ora la carta stampata ha spianato il campo al dubbio e fatto diveni-
re veritiera pi di qualche inesattezza. Pare qui ndi un atteggiamento
ragionevole adeguarsi pensando che percentualmente la maggior par-
te delle informazioni corretta.
Sono disponibili i programmi per computer per eseguire qual un-
que operazione si desideri. Se il computer collegato con delle mac-
chine a controllo numerico si capaci, praticamente senza fatica, ma
soprattutto senza immaginare fino in fondo cosa realmente si sta fa-
cendo, di materializzare ci che si creato per via simulata. La crea-
zione vera e propria qui ndi a portata di mano di chi unque. In altri
t ermi ni le macchine di cui si oggi dotati costituiscono la sintesi di
processi di elaborazione compi ut i altrove, da specialismi assai lonta-
ni da quelli con i qual i si sta operando.
Le costruzioni di questo periodo sono il risultato dell' applicazione
di processi governati per la maggior parte da queste macchine e da
questi presupposti. Non necessitano pi di creativit vera, quella ac-
cennata pocanzi, ma di quel l a derivante da una nuova sorta di schia-
vit. Si superata la schiavit del lavoro. A liberarci da questa ar-
rivata quel l a del gioco. Il gioco, liberando dal lavoro, occupa le men-
ti dei suoi adepti a tempo pieno. Questo nuovo gioco non finalizza-
to e non si vince nul l a; si partecipa soltanto. Le nuove generazioni
cominciano fin da giovani a passare la maggior parte del l a giornata
davanti alle nuove finestre, perdendo la cognizione del tempo. Occu-
pare le giornate davanti agli schermi non concede spazio alla fatica
fisica, di solito lo si fa in ambienti ben riscaldati o climatizzati, sgra-
nocchiando qualcosa. Il corpo divenuto quasi prevalentemente un
organismo in cui gli occhi, a volte gli orecchi, e le dita (al massimo
una mano), sono gli organi umani essenziali per esistere nel nuovo
pianeta.
Progettare e costruire, in questo contesto, si relaziona direttamente
con metodi e processi assai lontani dalla tradizione. Soprattutto per il
fatto che l'oggetto dell' ideazione prima e della realizzazione dopo
pu essere compiuto in assenza, o quasi, delle conoscenze un tempo
necessarie per praticare il mestiere e l'arte dell' architettura. Una so-
ciet dell' informazione non ha tempo per stabilire una cont i nui t cul-
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turale n fervide fondamenta morali1. Questa societ dell' informa-
zione si trova nella condizione di dover ampliare i propri orizzonti,
come avvenuto per tutte le storie precedenti, trovando di fronte a s
molti ostacoli, il pi imponente dei quali proprio l'architettura.
Lungo moltissimi secoli le costruzioni si sono moltiplicate, sovrap-
poste, integrate, compenetrate, producendo agglomerati, citt, metro-
poli e tutte le manifestazioni dell'antropizzazione che hanno plasma-
to fisicamente ogni territorio. Tali edifici oggi sono barriere che si
contrappongono all'espansione della nuova cultura. L'avvenire di
questa societ dell'informazione non promette
un rigido mondo-macchina dove la forma segue la funzione e tutto obbedi-
sce al buon senso, ma un mondo dove la forma non riesce nemmeno a trovarla,
una funzione, e tantomeno a seguirla. E una giungla digitale, un mondo le cui
istituzioni brulicano di fiori e insetti, bufere e infestazioni, fecondit algale,
morte improvvisa e rapida putrefazione. un mondo che scarseggia in cultura,
civilt, senso della storia, ma anche abbonda di immaginazione, inventiva e cri-
si di identit2.
Nul l a di nuovo rispetto a quanto gi visto e descritto. La contem-
poraneit gi tutto questo. il problema che attanaglia chi opera
nel mondo dell' architettura. Come si fa a rappresentare questo diso-
rientamento, questo diluvio di insicurezza, incertezza, indetermina-
zione? Quale pu essere il livello di sostenibilit da ritenere accetta-
bile nella rappresentazione di un simile contemporaneo? Costruire
insostenibile per definizione, perch va a intaccare equilibri naturali
generando artificialmente uno squilibrio che la natura stessa, con i
suoi tempi, prima o poi riporter a pi miti consigli. Costruire legge-
ro, veloce, impermanente, privilegiando le superfci pare essere gi
un buon passo avanti. Molte archistar, come qualcuno chiama gli ar-
chitetti di grido, ma non solo loro, si sono gi preoccupate di rendere
attuali simili soluzioni. Forse serve un ulteriore sforzo, che non sem-
bra essere quello gi esperito di far diventare i manufatti degli enor-
mi schermi urbani, degli edifci mediatici, o Media Building che dir
si voglia. Questa pu essere una delle tante risposte possibili, forse
quel l a pi adeguata ai tempi, ma gi obsoleta. Nell'epoca dell' iper
1 Bruce Sterling, Tomorrow now, Mondadori, Milano, 2004, p. 46.
2 Bruce St erl i ng, op. ci t., p. 52.
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tachia, del l ' effi mero, tutto tremendamente gi superato, persine
prima della sua apparizione.
Anche l'esaltazione delle problematiche energetiche sembra un ri-
paro emergenziale privo di un reale futuro. La societ dell' informa-
zione necessita di grandi quantit di energia. In qualche modo dovr
procurarsela. Non certamente con azioni sparagnine che risolver i
suoi problemi. Probabilmente la soluzione non solo tecnologica.
Certo, senza il fare tecnico l'uomo non sarebbe sopravvissuto3, ma
sempre stato dotato di una grande capacit previsionale, di antici-
pazione, quella che i greci attribuivano a Prometeo. Probabilmente
sar il pensiero indagatorio dell' arte che i ndi vi duer le strade percor-
r i bi l i o far emergere i veri problemi. Allo stato attuale non si scor-
gono molti spiragli. Le previsioni e le anticipazioni sembrano tutte
ancora eccessivamente inattuali.
La tecnologia, nel suo momento di dominio incontrastato, conti-
nua a perseguire il suo perfezionamento, condizionando qual unque
arte. All' architettura sembra aver destinato una strada prioritaria,
quella di ridurre sempre pi la sua durata, e quindi la fisicit, privile-
giando le superfici. Un di l uvi o di proposte tecnologiche costipa le ri-
viste patinate di settore e pi di qualche libro si profuso nel loro e-
logio. Non possibile stabilire se a torto o a ragione. L'eccessiva vi-
cinanza con i fenomeni deforma quasi sempre la visione, ingranden-
do sovente solo gli aspetti marginali.
Tuttavia la tecnologia che concerne il fare edificatorio di sci pl i na
particolarmente ingombrante, che non mai stata capace di starsene
in disparte, ma ha voluto contribuire, condizionando sempre pesan-
temente, l'espressivit artistica dei manufat t i architettonici. La sua
non innocenza viaggia di pari passo con il pensiero progettante. Am-
bedue sono a t ut t i gli effetti un unico soggetto, e qual unque separa-
zione, soprattutto in questo momento storico, sembra essere inesora-
bi l ment e fuori luogo.
3 Umberto Galimberti, Psiche e Techne. L 'uomo nell'et della tecnica, Feltrinelli, Milano,
1999, p. 7 1 5 .
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