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Bacchin
"NEOCLASSICI"
Risposta ad un critico
C. Scilironi,
1980, e "Coerenza
verino",
2.
"Coerenza
sintattica
e insignificanza
semantica
nel pensiero
Coerenza
, cit., p. 278.
di Emanuele
Se-
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dell'essere tutt'altro
che ovvia:
Metaruici
"classici",
"neoclassici" e "oeteroparmenidei"
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semantema imprescindibile, n ritengo che esso non abbia significato (come ritengono i neopositivisti ai quali Berti ed io veniamo
da Scilironi incautamente assimilati'P], o che semantema sarebbe?
Ma che un semantema sia imprescindibile non dice se non questo:
esso imprescindibile come semanterna; ed appunto come semantema che lo tratto, ossia per il "significato" nel quale mi riferisco a ci che . Ci che (o l'essente, l'ente) viene inteso nella semantizzazione,
che poi lo stesso "parlare", se e solo se il
pensiero che la usa non si identifica con essa.
Questo intendere usa del semantema "essere" per dire che la semantizzazione (ancora una volta, pi semplicemente e pi efficacemente il "dire") concerne solo ci che pu incontraddittoriamente venire sernantizzato. Ebbene, proprio perch semantizzare riferire ad altro - come i "neoclassci" e Severino giustamente ripetono - diciamo che sernantizzare anche l'essere impossibile (e la parola "essere" dice questa impossibilit). I due semantemi "essere" e "pensare" non possono venire incontraddittoriarnente riferiti ad altro da essi (l'altro, infatti, deve essere ed essere pensato), dunque non possono venire semantizzati se non per ci che
con essi si indica e che non si identifica con essi o ci che si indica non viene indicato affatto.
Scilironi per scrive:
il concetto di essere [ ...] quel concetto trascendentale
che esprime la
totalit semantica, la cui differenziazione
data solo da ci che al di
l dell'essere, ovvero dal nulla; che, proprio perch non , un concetto idealel4
Qui, anche lasciando correre le imprecisioni come "concetto dell'essere" e le inutili sostituzioni linguistiche come "totalit sernantica", mi basta svolgere il suo discorso: se la differenziazione del
"concetto di essere" data solo (e da che altro se no?) da ci che
al di l dell'essere, ossia dal nulla, che sarebbe "concetto ideale",
tutta la 'differenza del "concetto di essere" da ogni (altro) concetto resta, comunque, "ideale" e nel senso che Scilironi d a questa
parola, quello di non essere reale, di non essere semplicemente.
13. "Coerenza...", cit., p. 264.
14. Ibidem,
Metafisici
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sposta a questa domanda: significare - o semantizzare - fondamentalmente opporsi di positivo e negativo. Non abbiamo mai preteso di opporci a questa risposta, mentre la manteniamo nel suo
luogo originario, che appunto il significare, il dire. E, mantenendola nel suo luogo originario, dimostriamo che la domanda "che
cosa l'essere?" contraddittoria. E' contraddittoria perch come domanda ("che cosa ?") non pu disgiungere lo "" da se
stessa e come domanda intorno allo "" lo disgiunge da se stessa,
riducendolo a pensato su cui si domanda.
Qui si snodano due importantissimi rilievi. Il primo concerne
l'impossibilit di asserire qualcosa dell' essere ("l'essere ", "l'essere la totalit semantica", "l'essere sintesi dell'essere e delle
determinazioni dell'essere" e cosi via) senza che questo asserire
non si ponga come risposta - lo si sappia o no, lo si voglia o no,
lo si voglia o no sapere - ad una domanda sottesa, la quale domanda in questo caso contraddittoria:
"che cosa l'essere?".
Proprio perch ogni asserto intorno all'essere presuppone l'asserto "l'essere ", tale asserto viene considerato dai "neoclassici" e
da Severino in discutibile , mentre esso, come asserto, risposta ad
una domanda e, come asserto "l'essere ", risposta ad una domanda contraddittoria, questa: "l'essere o non ?".
Che la risposta suoni "l'essere e non pu non essere", "l' essere ,negazione della negazione dell'essere" non la sottrae all'essere risposta e, dunque, a quella dmanda. E quella domanda
(l'essere o non ?) appunto la struttura non vista dai "neoclassici", i quali non si accorgono che il "negativo", il "non" da loro
valorizzato appunto originariamente nell'alternativa che costituisce il domandare ( o non ? cos o altrimenti da cos?). Per
asserire, ossia per rispondere, "", " cosi" bisogna negare rispettivamente "non ", " altrimenti da cosi ", Allora il senso in cui
l'affermazione negazione della sua negazione quello stesso in
cui si pone la domanda, anzi trascrizione assertoria della struttura della domanda.
Che se poi i "neoclassici" volessero considerare "soggettiva" e
teoreticamente irrilevante la domanda - come hanno sempre mostrato di fare - dovrebbero coerentemente considerare "soggettiva" e teoreticamente irrilevante quella opposizione di positivo e di
negativo, ossia di "" e "non " - cosa che giustamente si rifiuta-
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no di fare.
Ci che allora si impone - ed parola cara a Severino - , dunque, che non vi pu essere affermazione immediata del Logo (nelle note forme "l'essere ", "l'essere appare", "l'essere si manifesta") perch non vi pu essere "affermazione" immediata: l'immediatezza dell'affermazione , piuttosto, la pretesa affermazione
dell'Imrnediatezza!", Qui "immediatezza" non ha, n pu avere,
il significato ristretto che le d Severino, perch ogni eventuale
"mediazione" o "negazione" sarebbe eo ipso immediata se venisse
pensata od oggettivata, sernantizzata nell'unica forma che di tutto,
anche del tutto o intero dice: "".
E mi basta che Severino dica "l'intero ", per sapere che quello
non l'intero, stante che lo "" comunque oggettivante nel senso proprio della parola, ossia "affermante" e affermante di contro
all'opposto in cui si trascrive la domanda " o non ?". E l'intero
- di certo - anche per Severino non pu domandare di se stesso se
sia O non sia. Dico anche per Severino, il quale parla di "autosignificazione", che vuoi dire "venire significato da se stesso", espressione con cui si pu intendere che l'intero non pu venire significato da altro (e siamo d' accordo), ma con la conseguenza che nessuna parola dice l'intero, ossia che il significare - e la struttura di
questo - non la struttura dell'intero, bensi dell'affermazione
con cui si dice l'impossibilit che l'intero non sia.
Lo "" di ci-che- non pu venire separato da ci che . Al di
l della pletorica esposizione della Struttura originaria (opera che
stupisce anche per la giovane et del suo autore, ma che, nei prestiti di linguaggio pseudomatematico, porta tutte le tracce della ingenuit giovanile) e al di l dell' enfasi delle opere pi recenti, questo il centro - se non l'unica idea - che muove il suo pensiero.
Ebbene, proprio questo - non altro - la scuola di M. Gentile fa
valere nei suoi confronti: che proprio questa separazione impossibile egli la subisce. La subisce perch essa gi avvenuta alle sue
spalle, affinch possa affermare - ossia negare la negazione di ci
che afferma - "l'essere ", "l'intero ", che sono altrettante risposte (meglio: varianti linguistiche di un'unica risposta) alla dornan17. G.R. Bacchia, L'immediato e la sua negazione, Perugia 1967, e Teoresi metafisica,
cit., p. 44.
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Metafisici
"classici",
"neoclassici'
e "ueteroparmenidei'
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Non capisco come riescano a stare insieme le due espressioni "tranne nel caso" e "la struttura di fondo non cambia" (la severiniana
"struttura originaria"), ma anche senza capire questo sono in grado di capire che se la "struttura di fondo" non cambia, ossia
quella stessa degli "enti", allora l'essere (o "totalit dell'essere")
19. "Coerenza
20. "Coerenza
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strutturalmente un ente.
Proprio perch, cosi, esso strutturalmente "ente", dal quale lo
"" inseparabile, Scilironi, anche pi scopertamente di Severino,
destina l'essere a negare il suo opposto per essere e ad essere per
poterlo negare, o non esso che lo nega. E proprio perch, cosi,
l'essere strutturalmente ente, gli sembra indiscutibile che esso,
dovendo negare, neghi il nulla come suo "altro".
Scilironi, per, non aveva cominciato con il dare per scontato
che l'essere non "ente", tanto da oppormi su questa base che esso bensi inoggettivabile, ma pensabile? Come pu ora dire che,
per l'essere e per l'ente la struttura di fondo la medesima? Qui
lo devo richiamare al suo autore, il quale, se dicesse che la struttura la medesima per l'uno e per l'altro (dunque "altri" tra loro),
con ci stesso riconoscerebbe una identit non originaria tra ente
(ci che ) e essere (lo ""), minando, con ci, la base stessa dci
proprio pensiero.
Comunque, per Severino, "il 'non essere' appartiene allo stesso
significato 'essere' "11, come Scilironi puntualmente ricorda'P. Bene, proprio per questo - concludo - il significato "essere" (o, meglio, l'essere nel semantema "essere") contraddittorio. E' contraddittorio nel senso che la negazione, insopprimibile dal significato "essere", originariamente nella domanda " o non ?",
la quale insorge perch " e non " impossibile, o non insorge affatt, ossia il suo stesso insorgere l'impossibilit di " e non ".
Cosi, quell'asserto di Severino - come ogni asserto - risposta
alla domanda " o non ?", " cosi o altrimenti da cosi?", e, dunque, intende che non possa insieme essere e non esserei ma ci che
esso asserisce , invece, che il "non " appartiene allo stesso "",
si che esso - e proprio come asserto - si contraddice.
In altre parole, quell'asserto di Severino insorge come asserto
per rispondere alla domanda sottesa "che cosa l'essere?" (la quale, come ho detto, presuppone l'asserto "l'essere ", che, a sua
volta, risposta alla domanda sottesa "l'essere o non ?"), ma
non risponde affatto: non risponde perch - lo veda o no Severi21. "Coerenza .,;" , cit., p. 263. Scilironi cita Stnltlura originaria, Brescia 1958, p. 84.
22. Sarebbe stato opportuno, per, che indugiasse sull'uso severiniano dci verbo "appartenere", uso che dice da solo il carattere "scolastico" dell'impianto deU'opera.
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ne bensi di pensare la contraddizione (o che la contraddizione "appare"), mentre ci che effettivamente pensabile ci che il semantema "contraddizione" indica e nel quale, per poterlo indicare, non si pu risolvere.
Cosi, lo "apparire della contraddizione" inseparabile dal sapere che "contraddizione"
altra parola per dire "impensabile"
e, quindi, pretendere di pensare la contraddizione tutt'uno con
il pretendere di separare l'inseparabile, di separare, cio, il pensiero dal pensiero.
A proposito di "inseparabili", per, deve venire portata qui
un'altra precisazione. V' una separazione dell'apparire dall'apparire che Severino vede. E' quella per la quale si ritiene di poter
dire - e sulla base dell' apparire - "questo non pi", invece di
dire correttamente "questo non appare pi", ed illazione indebita. Per spiegare a Bontadini e ad altri che questa separazione
impossibile, Severino ha faticato non poco e ancora continua a
faticare. Per dimostrarne l'impossibilit, egli ha coniato la formula
"qualcosa pu apparire solo se appare il suo apparire'P", che non
formula chiara, n sin tatticamente corretta, ma suscita l'entusiasmo di Scilironi. Non chiara, perch certamente non intende fare dell'apparire una cosa; non sin tatticamente corretta, perch
lo "appare" o ripete il significato di "apparire" di cui lo si dice o
lo contraddice; suscita l'entusiasmo di Scilironi, il quale ritiene
che on essa Severino abbia confutato incontrovertibilmente i suoi
critic'" .
Non , per, la separazione dell'apparire dall'apparire confutata da Severino che - a differenza di altri critici - ho mai contestato, ma un'altra, quella di cui sto parlando e che Severino non
vede. Essa pi radicale e, quindi, pi fatale: la separazione tra
il cosiddetto "apparire della contraddizione" e il riconoscimento
in atto che "contraddizione" parola che dice tutto e solo ci che
dice la ,parola "impensabile". Ebbene, nello spazio fittt'zio che si
venuto a creare con questa separazione si colloca la pretesa di pensare anche la contraddizione, anche il "nulla" e, quindi, si colloca
tu tta l' ap oretica severiniana della Stru aura originaria.
23. "Coerenza
24. "Coerenza
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"ueteroparmenidei"
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L'argomento con cui Severino ha creduto di potermi "liquidare" ( la parola), ossia che quel "limite" appunto il nulla28, era
eccentrico rispetto al mio discorso quanto lo appunto il pensare
di cui parlano i "neoclassici" dal pensare per il quale la nostra
scuola parla di "metafisica classica" e segna, anzi, l'effettiva distanza tra le due scuole. Che come dire che quello non un argomento, ma l'imposizione di uno statuto linguistico sul senso di un
discorso che si pretende di confutare.
Il senso, infatti, in cui i "neoclassici" dicono che l'essere viene
pensato quello stesso in cui dicono - esplicitamente con Severino - che si pensa anche il nulla e, dunque, essi non vedono la contraddizione della "semantizzazione dell' essere". Il senso in cui noi
diciamo che l'essere non pu venire pensato che, per pensarlo semantizzandolo, bisogna pensare anche il non essere, ma - ed ecco
il punto decisivo - per pensare il non essere o la contraddizione
bisogna separare l'inseparabile, ossia bisogna separare il pensiero
dal riconoscimento che "contraddizione" (o non essere) altra parola 'per dire "impensabile", appunto separare il pensiero dal pensiero.
Ed ancora questo che sinteticamente indicavo con l'espressione "residuo gnoseologistico", espressione che Scilironi - ma evidentemente non solo lui - considera del tutto impropria per connotare la posizione di Severino'": Devo precisare intanto che non
ho mai detto che Severino ed i "neoclassici" ritengono di essere
"gnoseologisti" e, pertanto, non ha senso oppormi che intendono
di non esserlo o che ritengono di avere superato, con l'identit
semantizzata di pensiero ed essere, ogni alterit nel "rapporto"
del pensiero con l'essere.
Se per gnoseologismo, per, si intende correttamente e fondamentalmente ogni posizione per la quale "pensabile" non equivale
a "intelligibile", per una posizione come quella che discuto in cui
viene considerato pensabile anche il non-intelligibile, appunto il
"nulla", quell'espressione appropriata. Anzi, di pi, il modo in
28. Essenza del nihilismo, cit., p. 147. La superficialit con la quale Severino, allora astro in ascesa, ha considerato le mie osservazioni mi ha dissuaso dal continuare a
discu tere con lui.
29. "Coerenza ...", cit., pp. 264265. Ontologia ... , cito, p. 52.
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M~tafisici "classici",
"neoclassici", e "ueteroparmenidei''
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<.1
,.
Mttafisic,
"classici",
"neoclassici" e "ueteroparmenidei'
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parire dell'eterno"
a colpire la fantasia, la quale, a sua discolpa,
non pretende di essere rigorosa - Severino intende, come si sa, assicurare l'autentica interpretazione
dell'esperienza, ossia che questa attesta che qualcosa appare e scompare, di contro alla interpretazione scorretta, che egli, complicando non poco il discorso, denomina "alienata", ossia nascere e morire dell'ente.
on mi occorre discutere qui la legittimit di tale ricorso, anche
se va osservato che, all'apparire di qualcosa, non si dice immediatamente che essa "appare", ma che essa "" e si passa ad esplicitare
il suo apparire ad una condizione: che essa si mostri diversa da come "", ossia in ci che denominiamo esperienza dell'errore, ed
in cui, per riconoscere l'errore, si discute appunto lo apparire della
cosa e, ancora per riconoscere l'errore, l'esperienza, che lo riconosce e, quindi, discute l'apparire, non pu essere erronea, n coincidere con l'apparire. Ci che, invece, va qui sottolineato che ogni
"interpretazione"
dell' esperienza - corretta o fallace che essa sia ancora "esperienza", nel senso che vi appartiene di diritto. E vi
appartiene addirittura come costitutiva dell'esperienza
di cui intende valere come "interpretazione"
legittima.
Ora, il senso in cui ogni "interpretazione"
dell'esperienza
intende valere come autentica "esperienza" accredita bensi l'impossibilit di scindere l'esperienza interpretata dalla sua interpretazione, ma questa stessa impossibilit non eccede in alcun modo l'ambito dell'esperienza stessa. Che come dire questo: rispetto alla
metafisica nel senso che ho indicato sopra, ogni interpretazione
dell'esperienza e, quindi, l'esperienza interpretata, ancora "fisica".
Cosi, una metafisica che crolli perch l'interpretazione
dell'esperienza sulla quale essa poggiava fallace non "metafisica" nel
senso proprio, ma prolungamento
di quella interpretazione.
Nei
confronti di metafisiche cosi concepite l'ermeneutica ha, infatti, il
gioco facile. Ed gioco che consiste nello riappropriarsi di quelle
meta fisiche, che sono gi sue di diritto. Con la metafisica "neoclassica" - che di certo non intende cedere all'ermeneutica - il gioco
facile di Severino, ma con questa differenza: che, questa volta,
Severino ad essere suo di diritto. Non solo, infatti, egli non mette in questione la semantizzazione "neoclassica", ma poggia interamente su di essa. E, dunque, ne dipende non solo geneticamen-
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,j
GIORNALE
di METAFISICA
Nuova Serie
INDICE GENERALE
DELL'ANNO
VI (1984)
Fascicolo
Giovanni Romano BACCHIN
A proposito
di metafisici "classici", "neoclassici"
e di "veteroparmenidei ", Risposta ad un critico.
.
Angelo CRESCINI
La prospettiva
epistemologica
di Francesco Barone
_
.
Romeo CRIPPA
L'uomo tra immortalit
e futura.
Klaus DUSING
Identitt und Widerspruch. Untersuchungen
ZUr Entwicklungsgeschichte
der Dialektik Hegels
_
.
Enrico GARULLI
II problema della dialettica e la
filosofia ermeneutica
'.'
_ ..
Maria GIORDANO
Per una critica del modello di
razionalit scientifica della pedagogia
.
Nunzio INCARDONA
L'''ontodologie''
di Claude
Bruaire
_
.
Marco IV ALDO
La struttura della filosofia fichtiana. Analisi della Wissenschaftslehre 1804
.
. Jean-Luc MARION
Descartes et l'onto-thologie
..
Pietro PALUMBO
La storia della metafisica in Gilson e in Heidegger
.
Luigi PAREYSON
Dal personalismo
esistenziale
ali 'antologia della libert
.
Xabier PIKAZA
Amor Ruibal y et pensamiento
cristiano espaol del siglo XX
.
Daniele ROLANDO
Faith and Repentance.
Giustificazione per fede e ragionevolezza
della fede in
Locke
_
.
Pagine
411-430
1-2
1-2
223-234
51-58
315-358
1-2
59-92
1-2
201-222
397-410
3
1-2
359-396
3-50
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165-200
283-314
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93-140
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