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Intervista a Roberto Marchesini, studioso di scienze


biologiche.
Scritto da Roberto Marchesini e Adriano Amati

Il concetto di post-umano ridimensiona il concetto di antropocentrismo e introduce l'idea di ibridazione dell'uomo


con l'eterospecifico.
a cura di Adriano Amati
L'uomo di domani porta con s un retaggio umanistico che le nuove scoperte della scienza e della tecnologia sono destinate a sovvertire. Sullo
sfondo di questo fenomeno resta l'ombra del dubbio rapporto che egli ha con la propria animalit e con il resto del
mondo animale, che ancora lo interroga sulle ragioni di una convivenza conflittuale difficile da interpretare. Ne parliamo
con Roberto Marchesini, studioso di scienze biologiche e di epistemologia, nonch direttore dei "Quaderni di bioetica" e
membro del consiglio direttivo della Societ Italiana di Scienze Comportamentali Applicate.

FIGURA 3.1 - Sotto

Non sarebbe pi corretto definire "l'alterit" come la parte inafferrabile del s (umano) - cio come questione
aperta e irrisolvibile di ogni singolo individuo - e usare invece il termine "diversit" nel rapporto uomo-animale?
In altre parole: alterit come questione tra s e s di ciascun uomo, diversit come rapporto tra entit differenti

un vecchio modello di
telefono cellulare,
entrato nelluso a met
degli anni 90 e oggi
fenomeno di massa. In
questo caso la
tecnologia non
compensa delle
carenze ma, al
contrario, crea dei
bisogni. Mentre prima
dellintroduzione di
questo strumento non
se ne sentiva alcun
bisogno, oggi si
percepisce come un
senso di nudit per
coloro che sono
abituati ad utilizzarlo e
non lo portano con s.

tra loro.
"Il punto centrale riguarda il modo di considerare l'identit umana: se la riteniamo un'entit autarchica autofondata e in
evoluzione solipsistica, tale per cui effettivamente si possa riscontrare una purezza nei predicati, oppure se riteniamo
l'identit umana una dimensione che trascende l'uomo come specie - come entit filogenetica - e i cui fondamenti
ontologici non coincidono con l'essere umano. La filosofia postumanistica, da me presentata in libri come Post human
(Bollati Boringhieri, 2002) e Il tramonto dell'uomo (Dedalo, 2009), propende per questa seconda ipotesi, rigettando
l'idea di un esclusivo dialogo interno all'uomo nella definizione identitaria. Seguendo tale paradigma il non umano, sia
esso di natura teriomorfa o tecnomorfa, solo all'origine esterno all'identit umana - un interlocutore qualificabile
come "diversit" - essendo poi pienamente introiettato nella dimensione umana. Il concetto di alterit animale si riferisce
perci a quelle coordinate antropo-poietiche non umane che declinano l'uomo per farlo diventare umano".

Il rapporto tra uomo e animale pone inevitabilmente la questione dell'evoluzione naturale (come l'ha intesa
Darwin). Se siamo "animali intelligenti", non sulle diverse caratteristiche delle rispettive intelligenze - e solo su
queste - che dovremmo ragionare?
"Ci sono almeno due modi di considerare Darwin e il darwinismo. Il primo riguarda il pensiero biologico che trova nel
naturalista inglese il suo Galileo Galilei, vale a dire l'iniziatore di un grande progetto di ricerca che non si limita alle sue
opere, in primis al saggio L'origine delle specie, ma che continua solo per fare un esempio nel grande dibattito tra
Richard Dawkins e Stephen J. Gould. Questa ricerca interessata soprattutto a comprendere il fenomeno evoluzionistico
e a trovare i grandi fattori causali che lo caratterizzano. Il secondo concerne le conseguenze filosofiche del darwinismo,
non esplicitate da Darwin, ma gi sottolineate da un grande commentatore di tale pensiero, mi riferisco a Ernst Mayr. Se
evitiamo la mera applicazione del darwinismo alle scienze umane, come in sociologia o in antropologia - spesso lo si
fatto producendo aberrazioni quali l'eugenetica - e viceversa riflettiamo filosoficamente sul nucleo instabile del pensiero darwiniano, ci troviamo
di fronte ad alcune conseguenze a mio avviso molto interessanti: 1) che la diversit non pu essere ricondotta all'interno di una metrica, per cui
ogni comparazione dovrebbe limitarsi a capire le differenze come modelli specifici di correlazione al mondo; 2) che la questione uomo-animale
cos come usualmente posta non abbia fondamento perch il secondo termine assimila il primo e il discrimine si basa su un bias prospettico,
come il termine barbaro. Orbene in questa logica l'universo intellettivo un continente ancora tutto da esplorare da parte dell'uomo e questo ci
porta da una parte a essere umili, dall'altra a sognare come Ulisse o con la trepidazione degli Argonauti nella Noosfera".
La zooantropologia suggerisce anzitutto una domanda: il piacere di vivere con un animale (cavallo, cane o gatto che sia) scaturisce da un
richiamo ancestrale alla nostra animalit primordiale, da ragioni funzionali e opportunistiche (lavoro, compagnia, terapia, ecc.), dal
bisogno di alleviare la nostra solitudine, o da tutte queste cose insieme?
" difficile per me ragionare intorno a un'animalit primordiale, concetto che implica l'esistenza di una condizione animale oppositiva all'umano
o regressiva rispetto ai predicati umani. Quello che ho cercato di mettere in discussione nel mio lavoro proprio l'infondatezza di tale
presupposto, per cui le coordinate indiziarie di ancestralit le lascio a Cesare Lombroso. Incontrare il prossimo eterospecifico posizionarsi nel
proprio presente, si fonda sul presente di ciascuno di noi, ovvero sull'intera dimensione identitaria che ci porta a usare un computer, a dialogare
attraverso un collegamento remoto, a rivivere il passato attraverso un videotape. L'esistere, quale gravitazione in un qui e ora, significa
affacciarsi sul mondo e interscambiare informazioni - e con questo non intendo solo un algido lavoro informativo ma un modo complessivo di

costruire costanti correlazioni col mondo. Anche il vedere nel rapporto un utilizzo (animale strumento) o una compensazione
(antropomorfizzazione) l'esito di una visione antropocentrica che nega il dialogo con l'eterospecifico perch isola l'uomo nel solo rapporto con
s stesso".
Il mito letterario della fusione tra uomo e animale risponde al citato richiamo ancestrale o si configura come il tentativo di esorcizzare
l'atavica paura della "bestia selvaggia", dell'imperscrutabile nonumano?
"La maggiore difficolt uscire da queste cornici culturali che, come i brainframes richiamati da Derrick De Kerkove, impediscono di leggere il
rapporto con l'eterospecifico in un'ottica che non sia quella del Mister Hyde di Stevenson, de La bte humaine di Zola, del Lord of flies di
Golding, di Heart of Darkness di Conrad, ossia dell'eterospecifico come sinonimo della ferinit quale sponda di regressione. Pi che di un'atavica
paura penso si tratti di una cornice culturale che, tratteggiata gi nei postsocratici, ha trovato poi terreno fertile nell'umanesimo, sino a costruire
un paradigma interpretativo al darwinismo. Nella visione postumanistica gli eterospecifici non rappresentano l'ancestrale brutale e selvaggio
bens la sponda ispirativa della musica, della danza, della cosmesi, della moda e della tecnologia (vedi il mio Fondamenti di zooantropologia Perdisa, 2005). Pi che di una fusione parlerei di un'accoglienza di predicati, ove il farsi animale ricorda in qualche misura l'idea sciamanica di
acquisire nuove dimensioni esistenziali attraverso l'alterit, non di regredire in una fantomatica propria bestialit".
Le nuove tecnologie, informatica innanzi tutto, e poi gli studi sulla robotica e sull'intelligenza artificiale, in altre parole gli strumenti che
affiancheranno sempre pi l'attivit del pensiero umano, possiamo considerarle delle "protesi" destinate a compensare le nostre
carenze, o semplici utensili che solo la nostra intelligenza sapr gestire?
"La tecnologia non compensa delle carenze ma, al contrario, crea dei bisogni. L'esempio che abbiamo sotto gli occhi
quello del telefono cellulare: la mia generazione sa bene che un tempo se ne faceva benissimo a meno, ma se ora manca
ci si sente nudi. La filosofia postumanista non legge la tecnologia in senso strumentale ma come partner in grado di far
emergere nuovi predicati. Ecco allora che comprendiamo il concetto di "Out of Controll" di Kevin Kelly, un paradigma
per la lettura dell'evento tecnopoietico ma soprattutto una conseguenza che oggi non resta confinata alla fantascienza e
all'immaginario di Blade Runner o di Matrix. Certo, l'algoritmo genetico rappresenta la perspicuit di questa evenienza,
FIGURA 3.2 - Sopra ma qualunque tecnologia ha in filigrana delle emergenze che sono al di fuori del controllo umano. Quando l'essere
limmagine
umano si ibrida con una nuova tecnologia non supplisce a una carenza n potenzia un predicato, bens fa emergere dei
emblematica di una
nuovi predicati. In questo la gestione totale una mera chimera".
bambina che regge il
globo terrestre. La
L'uomo da sempre ha imposto le sue regole alle specie "inferiori", natura compresa, considerando la propria
specie umana ha ormai intelligenza come "naturalmente" dominante. Secondo gli studi da Lei effettuati, e considerando gli effetti della
superato i 7 miliardi di conoscenza conseguita su animali e ambiente, ci saranno significativi cambiamenti in futuro o l'uomo non
individui. Occorre,
rinuncer mai al dominio esclusivo sull'intero pianeta?
forse, rivedere il
"Non sono troppo d'accordo su questa mitopoiesi del cammino dell'uomo, mi pare pi l'esito di una lettura sciovinistica
paradigma
oppure della solita lamentazione ambientalista o addirittura new age. Come ha sostenuto Mayr nel suo monumentale
umanistico
"Storia del pensiero biologico", con Darwin decade l'idea aristotelica di "scala naturale", per cui continuare a insistere
accogliendo le sue
con parametri quali superiore/inferiore mi pare perlomeno un anacronismo. L'uomo una specie che, con i suoi 7
importanti conquiste di miliardi di viventi e il suo regime energivoro, rischia di mandare tutto a carte quarantotto; e sar proprio lui il primo, se

singolarit esistenziale
e di piano diacronico
del divenire, ma
evitando le strettoie
dellantropocentrismo,
che non ci consentono
di capire la
tecnoscienza e il
sapere, quale
coniugazione col
mondo.
Lantropocentrismo
culturale diviene anche
specico: si distruggono
biodiversit e scenari
ecologici in funzione
del vivere umano.

pur non il solo, a pagarne le conseguenze. Penso che oggi si debba rivedere il paradigma umanistico, accogliendo le sue
importanti conquiste di singolarit esistenziale e di piano diacronico del divenire, ma evitando le strettoie
dell'antropocentrismo, che non ci consentono di capire la tecnoscienza e il sapere, quale coniugazione col mondo (e non
dominio sul mondo). E considerando gli effetti sull'uomo che la distruzione della biodiversit comporta, non solo sul
piano ecologico".
Come interpreta, dal punto di vista zooantropologico, la clonazione degli animali e la futuribile produzione
artificiale di cellule umane (si parla del 2020...)? Sul piano puramente tecnico, si potr arrivare a una effettiva
fusione tra uomo e animale? (vedi il film "La mosca")
"La tentazione di leggere la tecnoscienza come una sorta di luna park di possibilit sempre forte, ma c' una differenza
tra fantascienza e scienza, come dimostra la storia: negli anni '60 pensavamo al duemila come a un mondo solcato da
astronavi a uso domestico e nessuno viceversa si immaginava la rivoluzione digitalica. Per questo penso che si debba
mantenere una certa riserva circa le proiezioni mirabolanti basate sul presente. Detto questo, ritengo molto pi probabile
una maggiore attenzione verso gli intimi funzionamenti del vivente, e prassi pi rispettose di questi - una medicina pi
molecolare, principi terapeutici mirati -, piuttosto che sconvolgimenti da prometeismo scatenato. La scienza,
contrariamente a quanto si crede, ha sempre agito come emendatore dell'antropocentrismo, come intuito da Gaston
Bachelard, piuttosto che assecondare i sogni o gli incubi dell'essere umano".

Alcuni studiosi hanno imparato a leggere la memoria genetica di un gorilla femmina e a decrittare il suo linguaggio mimico, altri hanno
studiato i comportamenti dei cani stabilendo l'utilit di istituire per loro la figura dello psicologo, per non parlare della ricerca sulla
comunicazione fra gli uccelli, dei quali si sono capiti i richiami essenziali. Il linguaggio animale un fatto scientifico di cui si conoscono i
termini, o si tratta di speculazioni che tentano ancora una volta di annullare la distanza tra specie diverse?
"L'etologia non ci ha regalato l'Anello di re Salomone ma ci ha fatto comprendere che l'universo degli animali fatto di
modi diversi per raggiungere universali esistenziali, come percepire il mondo, comunicare, gratificarsi, apprendere,
risolvere i problemi. Non si tratta di annullare la distanza tra le specie bens di riconoscerla. La differenza non piccola!
I sensi degli animali ci dicono che ogni specie percepisce una realt differente, per cui le propriet percettive delle specie
rappresentano fattori di differenza e non di uguaglianza. Ammettere una mente animale significa aggiungere un nuovo
FIGURA 4.3 - Sopra fattore di differenza (l'elaborazione dell'informazione) accanto alle altre funzioni che appalesano la differenza come gli
lincontro di due cani organi di locomozione, l'apparato gastroenterico, il sistema endocrino-immunitario. Nei saggi "Intelligenze plurime"
(Perdisa, 2008) e "Modelli cognitivi e comportamento animale" (Eva edizioni, 2011) ho sottolineato che possedere
domestici. Gli studi
etologici ci hanno fatto un'intelligenza non accresce la somiglianza tra le specie ma l'amplifica".
comprendere che
luniverso degli
animali fatto di modi L'IBRIDAZIONE UOMO-ANIMALE NELL'ARTE E NEL MITO
diversi per raggiungere
universali esistenziali, Il nostro rapporto con il mondo animale mediato dalle costruzioni culturali. Per molto tempo l'essere umano si sentito
sostanzialmente diverso dal restante mondo animale e ha concepito per se stesso un posto speciale nell'economia
come percepire il

mondo, comunicare,
universale. Le stratificazioni culturali, i reciproci scambi tra visioni del mondo religiose, cosmologiche e filosofiche
gratificarsi,
hanno assegnato alla figura animale ruoli complessi dal punto di vista antropologico.
apprendere, risolvere i
Sebbene qui interessi una prospettiva soprattutto antropologica, biologica e filosofica nello studio
problemi. In taluni casi
dell'uomo, non sar inutile proporre una breve lettura della figura ibrida uomo-animale sul piano della
sono molte le affinit,
storia dell'arte. Il tetramorfo raffigurato qui a fianco (dal greco tetra, quattro, e morfos, forma)
in altri la cultura ha
l'immagine antropomorfica che unisce parti animali a quelle umane. Spesso la scelta delle parti animali
costruito barrieri di
motivata dal piano rituale (animali ritenuti sacri), oppure dalla forte valenza simbolica o astrologica. Il
distanza che oggi
rapporto uomo-animale e l'ibridazione delle forme consueta nel mito e nelle rappresentazioni letterarie
fatichiamo a
dello stesso. Basti citare il noto centauro, figura della mitologia greca, met uomo e met cavallo.
riconoscere.
In questo caso la componente animale ne suggerisce l'indole: il centauro infatti spesso rappresentato
Limmagine: con carattere irascibile e violento, dai modi rozzi e brutali. La componente animalesca, invece, indica la
predisposizione alla lussuria in un altro essere altrettanto noto della mitologia greca, spesso confuso con
Gustave
il centauro: il satiro. Si tratta di una figura mitica maschile che abita boschi e montagne. L'aspetto
Moreau,
(uomo-caprone) rappresenta la fertilit, la forza vitale della natura, connessa con il culto dionisiaco. Per
Edipo e la
Sfinge, 1864. tale motivo i satiri vengono rappresentati come esseri lascivi, spesso dediti al vino, intenti a danzare con
ninfe e a suonare il flauto. Talvolta hanno un vistoso fallo in erezione nelle rappresentazioni di arte
New York,
Metropolitan popolare greca e romana, probabilmente con funzione apotropaica e di protezione della fertilit.
Museum.
Indicazioni bibliografiche
Bellone E. I corpi e le cose. Un modello naturalistico della conoscenza. Mondadori, Milano. 2000
Calvo M., Ciotti F., Roncaglia G., Zela M.A. Internet 2000. Laterza, Roma-Bari. 2000
Carli E. (a cura di). Cervelli che parlano. Il dibattito su mente, coscienza e intelligenza artificiale. Paravia Bruno Mondadori Editori, Milano. 2000
Cavalli-Sforza L.L., Menozzi P., Piazza A. Storia e geografia dei geni umani. Adelphi, Milano. 1997
Damasio A.R. Emozione e coscienza. Adelphi, Milano. 2000
Kelly K. Out of control. Apogeo, Milano. 1996
Marchesini R. Lineamenti di zooantropologia. Edagricole-Calderini, Bologna. 2000
Marchesini R. Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza.
Bollati Boringhieri, Torino. 2002
Marchesini R. Fondamenti di zooantropologia. Perdisa, Ozzano nell'Emilia. 2005
Marchesini R. Il tramonto dell'uomo. 2009
Mayr E. Storia del pensiero biologico. Bollati Boringhieri, Torino. 1990

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Roberto Marchesini e Adriano Amati


Roberto Marchesini. Studioso di scienze biologiche e di epistemologia, scrittore e saggista. Gi presidente della
Societ Italiana di Scienze Comportamentali Applicate (SISCA) direttore della Scuola di Interazione Uomo-Animale
(SIUA). Ha insegnato Psicologia del Linguaggio e della Comunicazione presso l'Universit di Udine. Collabora con
diverse testate giornalistiche e riviste culturali. Ha realizzato numerosi articoli sul tema del post-umanismo e delle
scienze cognitive. Tra i libri pubblicati: Il concetto di soglia (1996), La fabbrica delle chimere. Biotecnologie applicate
agli animali (1999), Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza (2002), Intelligenze Plurime. Manuale di scienze cognitive animali (2008),
Il tramonto dell'uomo. La prospettiva post-umanista (2009).
Adriano Amati. Giornalista e scrittore, ha pubblicato libri di turismo e d'arte, ha diretto cinque testate mantovane, ha scritto articoli e saggi
collaborando con testate locali e nazionali. Per Paolini Editore di Mantova ha pubblicato Turista a Tebaide (1991) e Bertrand il matematico
(1994), per la Severgnini di Milano Dialoghi del namoro (1997), inoltre Domicilio Mantova (Editoriale La Cronaca di Mantova, 2003), Detto
tra noi (Prospecta Edizioni Mantova, 2005), I miei (Il Cartiglio Mantovano Mantova, 2006), per la casa editrice E.LUI di Reggiolo la raccolta
di poesie Una voglia di Sur (2008) e il romanzo L'iride azzurra (2010).

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