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“Amore: definibile, indefinibile?

Indispensabile!”

Marco Barra
Enrica Locati
Spertino Giulia

INDICE

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Introduzione…………………………………………………………………pag.4
Cap 1: Definizione d’amore………………………………………..………..pag.6
Cap 2: Psicoanalisi e amore………………………………………………....pag.9
2.1 psicopatologia dell’amore…………………………………………...pag.14
Cap 3: L’amore nel ciclo di vita………………………………………...…pag. 16
3.1 quando nasce l’amore…………………………………………….…pag. 16
3.2 amore infantile……………………………………………………...pag. 19
3.3 amore nell’adolescenza……………………………………………..pag. 21
3.4 amore nell’anziano……………………………………………….…pag. 23
Cap 4: Dall’attaccamento nell’infanzia all’amore di coppia……………...pag. 26
4.1 la formazione della coppia………………………………………….pag. 32
4.2 compiti di sviluppo………………………………………………….pag. 38
Cap 5: I modelli di intervento su base psicoanalitica……………………...pag. 40
5.1 i diversi modelli…………………………………………………….pag. 43
5.2 esempi di terapie espressive in ambito familiare…………………...pag. 44
5.2.1 modello Object Relations Family Therapy di David e Jill S.
Scharff......pag. 44
5.2.2 modello di S.
Ruszczynski………………………………………………………………
….pag.46
5.2.3 Modello di Norsa-
Zavattini………………………………………………..
…………….pag. 48
5.3 modelli
supportavi……………………………………………………………………
………….pag. 52

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Conclusione…………………………………………………………………………
………………………..…pag. 56
Bibliografia……………………………………………………………………………
………………………….pag. 58

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INTRODUZIONE

L’intento di questo lavoro è quello di cercare di spiegare l’atteggiamento


dell’amore di coppia, o meglio cercare di provare a dare una definizione,
partendo dal punto di vista psicologico, di quello che l’amore verso il partner
può rappresentare per una persona e come tale atteggiamento venga espresso.

La difficoltà maggiore nel dare questa spiegazione riguarda probabilmente la


varietà di modi nel provare, sentire, desiderare un amore: una per ogni singola
persona che si cimenta nell’esperienza di questo particolare ed affascinante
sentimento. Infatti, si parte dal presupposto che, salvo rarissime eccezioni, tutti
gli esseri umani abbiano avuto, durante l’intero percorso della loro vita,
un’esperienza d’amore: amore ricambiato, amore desiderato, amore non avuto,
amore passionale o frustrante, amore rassicurante, tenero o sfuggente. L’incontro
amoroso si presenta attraverso svariate modalità, proprio perché diverse sono le
personalità umane che interagiscono, diverse sono le culture che si presentano
sullo sfondo e diversi sono i valori presenti all’interno. Ogni esperienza d’amore
è, quindi, un momento individuale, unico, personalizzato, appunto, poco
definibile in natura rispetto alle sue origini, ai suoi significati ed alle sue
conseguenze; la sua difficoltà e complessità nel’essere analizzato consiste
proprio nel fatto che viene vissuto da ogni essere umano in maniera diversa.

L’amore diventa, quindi, indispensabile nel momento in cui gli uomini vivono
insieme ed è proprio questo che lo rende un argomento così tanto affascinante
anche se rimane oggi una forza psichica sconosciuta, come il suo carattere e la
sua origine.

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All’interno di questo lavoro si è provato ad aprire le porte dell’amore, a tentare
di darne una definizione, analizzandolo in tutte le sue diverse forme, nei diversi
periodi del ciclo di vita, di scoprirne le dinamiche anche nel caso di “amore
disfunzionale”, analizzando (nel cap 5) le diverse terapie possibili per
intervenire.

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CAP 1
DEFINIZIONE DELL'AMORE

Appare importante evidenziare differenti definizioni del termine “amore” prese a


prestito da alcuni dizionari consultati.
• Il dizionario della lingua italiano (Garzanti, 2004) con il termine amore
intende: 1) sentimento affettivo vivo, trasporto dell'anima verso una
persona o una cosa; profonda tenerezza, devozione; 2) sentimento di
istinto naturale che lega due persone di sesso diverso; passione; 3) in senso
spirituale, aspirazione dell'uomo al bene, a Dio; Dio stesso; impulso che
spinge l'uomo verso la bellezza sensibile e da questa lo fa ascendere verso
il mondo ideale, verso il bene assoluto, in riferimento al pensiero filosofico
di Platone; 4) carità verso il prossimo, volontà di fare il bene a tutti, anche
ai nemici; 5) desiderio di ottenere, di possedere una cosa; attaccamento ad
una cosa; 6) ciò che è oggetto d'amore, predilezione.
• Umberto Galimberti, nel suo dizionario di psicologia, definisce l'amore “il
rapporto duale che ha alla base uno scambio emotivo di diversa intensità e
durata, promosso dal bisogno fisiologico della soddisfazione sessuale e del
bisogno psicologico dello scambio affettivo”.
Ovidio invece parla dell'amore come un vero e proprio “comportamento
sessuale”, in cui l'uomo conquista si il cuore della donna, ma per ottenere la sua
intimità. Così come per Freud (1977) dove l'amore è puro desiderio dell'unione
sessuale. Inoltre Ovidio ammette che l'amore non è sempre idillio, ma spesso è
pena e sofferenza.
Nel medioevo e nel romanticismo la ricerca avveniva sempre verso l'unità
assoluta degli amanti, verso un'unione che generi un solo e perfetto essere;

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mentre a cominciare dal IX secolo nella relazione amorosa si riacquista da parte
di entrambi i membri della coppia, la propria individualizzazione, ottenendo
l'autonomia e un ruolo preciso determinando la realizzazione della coppia
attraverso un'opera attiva. L'amore, diviene, come sostiene Fromm in L'arte di
amare, “un sentimento attivo, non passivo; è una conquista, non una resa […]
amore è soprattutto dare e non ricevere”. Anche Jung intende l'amore, “nel senso
della concupiscenzia, la più infallibile dimensione dinamica che porta l'inconscio
alla luce” sempre Fromm afferma che : “l'amore è un potere attivo dell'uomo; un
potere che annulla le pareti che lo separano dai suoi simili, che gli fa superare il
senso dell'isolamento e di separazione, e tuttavia gli permette di essere se stesso
e di conservare la propria integrità. Sembra un paradosso, ma nell'amore due
esseri diventano uno, e tuttavia restano due”.
Dunque, l'unione matura tra due persone avviene nel momento in cui si mantiene
la propria integrità personale, la propria individualità; solo così è possibile dare
all'altro e ricevere dall'altro. L'amore, come una “predisposizione o una tendenza
del carattere che determina la relazione di una persona con il modello della sua
totalità e non con un particolare oggetto d'amore”. Sempre Fromm sottolinea che
l'amore vero può essere raggiunto solo attraverso l'ottenimento di determinate
caratteristiche come: la premura, che indica un interesse attivo verso l'altra
persona; la responsabilità, con la quale si permette di ottenere un
soddisfacimento di tutti i bisogni espressi dall'amato; il rispetto, che consente di
vedere l'altro come realmente è; infine la conoscenza, che permette l'espressione
nella vera individualità della persona che si ha accanto.
Attraverso questo percorso lungo e faticoso è possibile generare l'essenza
dell'amore, unica ed inequivocabile, e proprio per merito di queste due persone,
l'amato e l'amante, che ne consentono la sua realizzazione.

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Sternberg prova a dare una definizione dell'amore sempre considerando le
continue evoluzioni e trasformazioni di questo “atteggiamento” dettate dal suo
inevitabile rapporto con il mondo esterno e con un sociale che lo rappresenta,
evidenziando tre componenti:
1. l'impegno; l'insieme di conoscenze, affetti e comportamenti che
evidenziano la motivazione e la volontà dell'individuo a proseguire un
determinato rapporto.
2. L'intimità; il processo che porta all'avvicinamento e all'esplorazione delle
affinità e delle differenze tra due persone e che determina l'espressione
delle emozioni, della confidenza, della fiducia e della complicità.
3. La coesione; il grado di condivisione e di vicinanza presenti all'interno del
rapporto.
Già agli albori della cultura occidentale Aristotele affermava che l'uomo è un
animale sociale, ha bisogno delle interazioni sociali per poter esprimere se stesso
a pieno; la vita di ciascun essere umano è legata alle altre persone e la qualità
delle relazioni con gli altri diviene fulcro centrale per la qualità emotiva della
vita. La società, dunque, diviene pregnante nella possibilità di generare l'amore
visto come fonte di espressione della conoscenza di sé, non è più possibile
cogliere i meccanismi psichici dell'amore scindendoli dal contesto ambientale in
cui il singolo individuo è inserito ed immerso; da qui partono altri autori:
Galimberti sostiene che l'amore inserito all'interno di uno spazio sociale
determinato è l'unico spazio che può permettere all'uomo di esprimere veramente
se stesso: “uomini e donne cercano nel tu il proprio io, e nella relazione non
tanto il rapporto con l'altro, quanto la possibilità di realizzare il proprio sé
profondo, che non trova più espressione in una società tecnicamente organizzata,
che declina l'identità di ciascuno di noi nella sua idoneità e funzionalità del
sistema di appartenenza”. E ancora “nella nostra epoca l'amore diventa

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indispensabile per la propria realizzazione come mai lo era stato prima, e al
tempo stesso impossibile perchè, nella relazione d'amore, ciò che si cerca non è
l'altro, ma, attraverso l'altro, la realizzazione di sè”.
L'esperienza d'amore è dunque, come evidenzia Carotenuto: “trasformatrice
perchè ci rende completi, integri; è esperienza riparatrice, in grado di far fronte
alle dolorose mutazioni subite nel corso della nostra vita affettiva”.

CAP 2

PSICOANALISI E AMORE

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Il primo a prendere in considerazione le forze psichiche che promuovono e
ostacolano lo sviluppo della capacità di amare fu Freud, il quale si avvicinò al
mistero dell’amore tramite la sessualità infantile. Egli delineò una teoria
dell’amore adulto: l’amore è reso possibile, dopo la pubertà, dalla fusione di due
correnti di libido. La prima, la corrente di tenerezza, risale all’infanzia e ai
prototipi genitali, la seconda, la corrente sensuale, ha la sua origine nella
pubertà. La mancata fusione delle due correnti in una sola esita nella nevrosi.
Freud considera tutte le difficoltà dell’amore come derivanti da un arresto
causato dal complesso edipico.

La scoperta del narcisismo ha aperto il secondo periodo delle scoperte freudiane


sull’amore. Le relazione umane sembrano rispondere a precise esigenze
“narcisistiche” di mantenimento di un equilibrio interno . Al riguardo sono
ravvisabili posizioni teoriche differenziate. Il concetto di narcisismo permette di
distinguere due forme d’amore: un tipo di amore verso se stesso narcisistica) e
quello che una persona nutre verso un uomo o una donna (anaclitica). Le due
correnti sono indissolubilmente legate poichè amare l’altro ed essere da esso
corrisposti determina un innalzamento dell’autostima di origine narcisistica.
Grazie agli studi sul narcisismo Freud ha evidenziato l’aspetto
dell’idealizzazione, intesa nel riconoscimento che l’oggetto viene trattato alla
stregua dell’Io. Talora l’oggetto serve proprio a sostituire un non raggiunto
ideale dell’Io: l’oggetto viene amato a causa delle perfezioni cui si è mirato per il
proprio Io e che adesso, per via indiretta, ci si procura per soddisfare il proprio
narcisismo (Freud Psicologia delle masse e analisi dell’Io 1921).
L’idealizzazione è una componente essenziale della capacità di amare, chi è
capace di idealizzare è capace di stabilire un transfert positivo.

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Ricapitolando, per Freud l’amore rompe la barriera tra il sè e l’oggetto, tra la
libido narcisistica e la libido oggettuale; esso fa rivivere i sentimenti e gli stati
arcaici dell’Io che erano attivi durante la fase simbiotica.

Oltre al narcisismo inteso come amore per il Sè, esiste un’altra forma chiamata
amore oggettuale narcisistico che è fondamentalmente uno pseudo-amore. Si
tratta di un amore attribuito ad un oggetto che è unicamente un’estensione
narcisistica del Sè; l’ammirazione dell’oggetto da parte degli altri diventa
ammirazione per se stessi. Se le caratteristiche desiderate dell’oggetto
svaniscono, anche l’amore finisce, perchè in realtà non era veramente presente.

Un aspetto importante della scelta oggettuale è il fatto che l’individuo esamina


gli oggetti con cui viene in contatto per valutarne le risposte inconsce
complementari. Successivamente ogni membro della coppia cercherà di imporre
una relazione di ruolo intrapsichica all’altro: ognuno assegna un ruolo a se stesso
e un ruolo complementare all’altro. Nel corso di una relazione d’amore è
possibile osservare in ognuno dei due partner la formazione di un aspetto del Sè
complementare all’oggetto, cioè quell’aspetto della rappresentazione del Sè che
si adatta con la rappresentazione dell’oggetto. E’ quest’aspetto del Sè che entra
nel legame d’amore con l’altro; possiamo così parlare di un aspetto dell’oggetto
complementare al Sè caratterizzato da una combinazione dinamica grazie alla
quale alcuni aspetti della rappresentazione del Sè vengono reciprocamente situati
nell’altro, per mezzo dei meccanismi di identificazione e proiezione.

È possibile una distinzione fra la visione classica proposta da Freud a proposito


della scelta del partner secondo una modalità narcisistica o di “rispecchiamento”
(non riconoscere l’alterità dell’altro) e una modalità di scelta “per appoggio”
che indicherebbe un uso più maturo e consapevole della distinzione sé-altro.

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Gli autori della scuola Kleiniana (relazione madre-bambino=prototipo delle
relazioni successive) hanno ipotizzato che gli individui non solo hanno sempre
bisogno di un contenitore per potergli affidare la propria “posizione respinta”,
ma che sia anche necessario l’idoneità di tale contenitore ( che esso sia in grado
di accogliere questa proiezione). Questi aspetti permettono la comprensione
della necessità che anche gli adulti hanno di costruire relazioni che rispondano
all’esigenza di continuità e stabilità (non disperdere parti di sé proiettate
all’esterno / garanzia di un ritorno).

Esiste effettivamente la possibilità di amare l’oggetto per le sue effettive qualità


o è sempre presente una componente narcisistica? Siamo in grado di riconoscere
le caratteristiche del partner operando una corretta individuazione dei nostri
sentimenti (capacità di tracciare linee di differenziazione all’interno di sé e
rispetto ai sentimenti degli altri)?

1)Le scelte non sono sempre e necessariamente narcisistiche o patologiche; un


certo margine di momentanea confusione tra sé e l’oggetto deve essere
considerato normale ed è alla base di fenomeni quali l’empatia o
l’Identificazione per risonanza (Sandler, Joffe).

2)Comunque, i valori emozionali che costituiscono l’amore non sono attribuibili


esclusivamente al proprio Sé od agli oggetti esterni, ma anche agli “oggetti
interni”che possiamo amare quanto gli oggetti del mondo esterno o
simultaneamente amarli ed odiarli in modo ambivalente.

3)Nell’analizzare le relazioni umane va anche considerato l’aspetto difensivo


(l’altro può diventare il mezzo per negare la propria realtà psichica). Di
conseguenza nell’analisi delle relazioni di coppia è indispensabile tener conto
contemporaneamente di un punto di vista intrapsichico e di un’ottica
interazionale.

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In conclusione, ciò connota una descrizione di dinamiche psichiche complesse,
in cui l’uso dell’oggetto reale è mediato, condizionato, indotto dall’esigenza di
gestire l’angoscia, ma anche dall’esteriorizzazione di rappresentazioni interne di
sé e dei propri oggetti, nonché dalla necessità di prevedere una coerenza del
proprio Sé.

Secondo il parere di O. Kernberg (1995), per innamorarsi e restare innamorati


devono essere portati a termine due compiti evolutivi:

1) la capacità di stabilire una relazione oggettuale totale,


2) la capacità di un pieno godimento sessuale nel contesto di una relazione
oggettuale totale, comprendente una identificazione sessuale
complementare.
Il primo compito richiede il superamento della primitiva dissociazione delle
rappresentazioni del Sè e dell’oggetto così che vengano instaurate l’identità
dell’Io e la capacità di relazioni oggettuali totali, anzichè parziali. Il secondo
compito richiede di aver superato con successo i conflitti edipici e i connessi
divieti inconsci di una relazione sessuale completa.

Sempre secondo il punto di vista di Kernberg, per aver normali relazioni


d’amore occorre avere sviluppato:

1) la capacità di ampliare e approfondire l’esperienza del rapporto sessuale e


dell’orgasmo con un erotismo sessuale derivato dall’integrazione
dell’aggressività e della bisessualità,

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2) una relazione oggettuale profonda, che comprenda una trasmutazione
delle pulsioni e dei conflitti pregenitali sotto forma di tenerezza,
sollecitudine e gratitudine.
3) La spersonificazione, l’astrazione e la maturazione del Super-io, così che
la moralità infantile venga trasformata in valori etici adulti e in un senso di
responsabilità e di impegno morale che rafforza la reciproca dedizione
affettiva nei membri della coppia.
L’amore vero e proprio è invece, secondo l’autore Sternberg, una perfetta sintesi
di tre fattori: emotivo (intimità), motivazionale (passione) e cognitivo (impegno).
Dal modo di combinarsi delle tre nascono varie forme d’amore (es. simpatia,
infatuazione, amore vuoto, ecc...).

L’amore ha poi una sua dinamica che si sviluppa in alcune fasi:

1) incontro
2) attrazione
3) dipendenza
4) innamoramento
5) amore

2.1 PSICOPATOLOGIA DELL’AMORE

Akhtar evidenzia cinque categorie dell’amore romantico:

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1) Incapacità di innamorarsi: è secondo l’autore la più grave forma di
psicopatologia della vita amorosa. Le persone che ne soffrono non sono in
grado di provare un senso di intimità e fiducia profondo, non hanno una
reale empatia, mancano di pensiero simbolico e non riescono ad
idealizzare l’altro. A livello diagnostico questi individui spesso
presentano tratti schizoidi, paranoidi o sadomasochistici, o rientrano fra i
cosidetti narcisisti maligni. La relazione amorosa spesso è creata per
gestire il terrore dell’abbandono; l’invidia verso l’oggetto che dà/riceve
amore è tale che, per paura di distruggerlo, l’individuo si disattiva a
livello affettivo e sessuale.
2) Incapacità di rimanere innamorati: questi soggetti si innamorano
continuamente, sono capaci di creare legami, di seguire il desiderio e
conquistare l’oggetto d’amore, ma dopo poco il loro entusiasmo comincia
a calare. Sentono che non gli basta più, e non trovando una causa interna
cominciano a criticare il partner, fino ad arrivare alla conclusione della
relazione. Sono stati rilevati quattro punti alla base di questo tipo di
comportamento: A) il fallimento nell’individuazione dell’oggetto
“trasformazionale”; B) l’ansia relativa alla fusione con l’oggetto; C)
l’attivazione di una rabbia primitiva quando l’oggetto amato fallisce
nell’accontentare tutte le promesse percepite dall’individuo; D)
l’acquisizione da parte dell’oggetto di caratteristiche incestuose (evento
che può innescarsi nel momento della nascita del primo figlio).
3) Innamorarsi della persona sbagliata: di solito di una persona inadeguata
o irraggiungibile (es. perchè già sposata o troppo vecchia o
consanguinea). Tutti questi esempi, inconsciamente, richiamano e si
sostituiscono all’oggetto edipico, riattivando il conflitto e la scissione pre-
edipica tra seno buono e seno cattivo.

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4) Incapacità di disinnamorarsi e portare a termine una relazione: questa
incapacità va letta come un rifiuto di accettare che l’altro non sia più
innamorato e abbia posto fine alla relazione. In circostanza normali infatti,
quando uno dei due partner della coppia non è più innamorato, anche
l’innamoramento dell’altro tende a decrescere, proprio grazie al legame
inscindibile tra amore anaclitico e narcisistico. Tuttavia, in soggetti con
strutture nevrotiche o borderline, la tendenza è opposta: si assiste ad una
intensificazione del desiderio verso chi non è più innamorato. Sembra che
questa non accettazione della fine di un amore sia una difesa estrema nei
confronti della rabbia enorme che l’abbandono e il rifiuto provocano. Le
persone che restano innamorate per anni dopo che le relazioni sono finite
soffrono di una mancanza di costanza oggettuale, delegano la loro
autostima ad all’oggetto esterno, non tollerano le frustrazioni e le negano.
5) Incapacità/impossibilità di sentirsi amati: anche la capacità di sentirsi
amati ha dei prerequisiti strutturali fondamentali come la costanza del Sè
e il raggiungimento del narcisismo secondario, la capacità di essere umili,
di riconoscere il valore degli altri e quindi tollerare l’invidia ecc... Molti
narcisisti, paranoidi magari sono amati, ma non possono sentirsi amati
perchè nell’altro rischierebbero di vedere il riflesso di loro stessi. A volte
l’incapacità di sentirsi amati è accompagnata da una atteggiamento di
rifiuto o distruzione delle possibili relazioni che si creano: es. nel
narcisismo maligno. Queste persone distruggono ogni tipo d’amore che
viene loro fornito con un freddo atteggiamento di superiorità; disprezzano
l’amore e idealizzano l’odio, identificandosi totalmente con gli aspetti
aggressivo-distruttivi e gli oggetti interni cattivi. Tutto ciò è una difesa
contro gli oggetti buoni, che premono per la dipendenza e l’attaccamento
agli altri e alle relazioni.

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CAP 3
L’AMORE NEL CICLO DI VITA

3.1 QUANDO NASCE L'AMORE


La caratteristica forse più evidente dell'amore è in relazione alla sua nascita, al
suo avvento che si presenta come qualcosa di inevitabile ed improvviso, legato
ad un attimo, ad uno sguardo, ad un momento particolare che molti definiscono
“colpo di fulmine”, oppure ad una iniziale, anche se poco chiara, percezione
dell'altro che risulterà significativa. Ma prima di capire cosa succede con
l'avvento dell'amore è forse prioritario comprendere cosa precede il sorgere
dell'amore, in altre parole: chi si innamora? Perchè ci si innamora? E soprattutto
cosa vuol dire innamorarsi? La prima domanda permette di dare una risposta
molto facile, poiché ogni persona, uomo o donna, può innamorarsi, può “cadere
nell'amore”; la seconda e la terza domanda non consentono una risposta
altrettanto facile, in quanto non esiste uno schema per così dire generale su come
innamorarsi e, quindi, non è possibile definire quali emozioni e sentimenti si
devono provare, in quale ordine e in quale intensità. Come una persona ama
dipende dalla sua storia, dalle sue debolezze, dal suo equilibrio psicologico, ma
anche dall'educazione che ha ricevuto, dall'ambiente che lo circonda, dalla
cultura e probabilmente da quelli che sono i suoi bisogni d'amore in quel
determinato momento della sua vita. L'amore non è innato e primario, è un
esperienza che si acquista nella vita individuale successiva; non è un istinto, ma
il prodotto dell'esperienza che l'individuo affronta a cominciare dal momento in
cui ci si stacca o ci si differenzia dal gruppo sociale e si acquisisce coscienza
della propria individualità come persona.

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L'amore è, dunque, un qualcosa che nasce dentro di noi, si sviluppa in noi, ed è
influenzato da tutti questi aspetti, non è certamente un impulso improvviso che
scoppia e di cui non si ha il controllo come invece molti tendono a credere. Si
dice che nel momento dell'innamoramento tutto si trasformi in un crescente di
passioni primitive e pulsioni incontrollabili. Ma se così fosse potremmo pensare
che l'amore sia qualcosa di meramente pericoloso, di cui preoccuparsi e da cui
tenersi lontano, quasi come una malattia infettiva da evitare con molta cautela.
Ritornando alla seconda domanda che ci siamo posti all'inizio del paragrafo,
possiamo dire che ci si innamora per scoprire e provare questa forza?
Probabilmente sì, questo potrebbe essere una delle tante motivazioni che portano
una persona a provare e a desiderare amore. L'amore rende soddisfatti di se
stessi, nel modo più completo ed eccitante, rende sicuri, ma soprattutto fa sentire
importante e desiderabile una persona: tutte caratteristiche sicuramente
importantissime per il benessere psicofisico di un essere umano. Ecco, quindi,
perchè ci si innamora, perchè l'amore ci fa stare bene e ci fa sentire bene verso
noi stessi e verso il mondo che ci circonda. Purtroppo non è sempre così, infatti
come in tutti i normali cicli delle cose che per trovare la loro energia oscillano
come un pendolo, così vale anche per l'amore. Si è detto che ci fa sentire belli,
affascinati ed intelligenti.., e questo è vero, ma allo stesso tempo ci fa provare
anche la paura di non poter più essere così tanto belli, affascinati, intelligenti. In
altre parole, nel momento in cui si è raggiunto uno stato di benessere arriva la
consapevolezza che questo stato possa essere nuovamente perduto e questo ci
mette in allerta. Si comincia a pensare che l'altro, il partner, non possa più
accontentarsi delle nostre caratteristiche e di quello che fino a quel momento
siamo stati in grado di offrirgli. Subentra la paura di perdere tutto quello che si è
riusciti a costruire e nasce una sensazione di disagio e scontento verso tutto e
tutti; per poi ritrovare nuove conferme ed approvazioni nell'esperienza amorosa.
Questo andamento ciclico perdura per tutta la durata dell'amore. Il concetto

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riprende quello di giusta opposizione di anima/animus presente in ciascun
individuo descritto nella psicologia junghiana: una correlazione perfetta tra
coscienza della realtà interiore e di quella esterna. In questo modo animus e
anima agiscono sulla psiche come forze aventi un potere autonomo, me
determinano il completo sviluppo della personalità attraverso l'assimilazione
nelle coscienza dell'animus e dell'anima, elementi maschili e femminili
riconosciuti e differenziati. Come per l'amore si parla di un processo dinamico di
unione e integrazione progressiva che non fa che portare alla sintesi di un lavoro
evolutivo e trasformativo.

3.2 L’AMORE INFANTILE

Le espressioni dell’amore iniziano sorprendente presto. Il più fondamentale


linguaggio fisico dell’amore viene appreso fin dal quarto o quinto mese di vita.
Ciò può essere illustrato dal confronto tra il comportamento motorio d’amore dei
neonati e alcuni aspetti di tale comportamento negli adulti. L’elenco dei
comportamenti manifesti attraverso i quali si riconoscono gli adulti nella fase di
innamoramento è composto principalmente dai seguenti aspetti: guardarsi negli
occhi a lungo senza parlare; mantenere una vicinanza molto stretta, con i corpi
vicini e parti del corpo molto in contatto; alterazioni nelle espressioni vocali
ecc... Nell’infanzia vediamo che la stessa serie di comportamenti vengono
realizzati con la madre o con un’altra persona importante per il bambino.

A partire dai due mesi e mezzo, quando cioè sono in grado di intraprendere uno
sguardo fisso reciproco, i neonati (e le loro madri) possono passare anche più di
un minuto incantati in un silenzioso sguardo reciproco. Anche il linguaggio
occupa un proprio registro speciale: quando i genitori parlano ai bambini, o
quando gli amanti si parlano l’un l’altro, violano le norme del linguaggio.

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Enfatizzano la musicalità rispetto alle parole, contano su una più ampia gamma
di vocalizzazioni non verbali, e alterano la pronuncia stabilita delle parole. Entra
inoltre in gioco un distinto registro di diverse espressioni del volto.

Gli amanti si muovono in sincronia l’un con l’altro secondo modelli coreografici
fatti di avvicinamenti e allontanamenti; i genitori e i bambini eseguono insieme i
movimenti sulla base dello stesso modello. I bambini sviluppano poi molto
precocemente anche le azioni e i gesti che si osservano negli amanti, come
abbracciare e baciare. Oltre a tutto ciò, anche la passione, intesa come flusso
temporale di eccitazione, è presente (un giorno poi verrà riempita di contenuti
sessuali e sensuali). L’inizio di questo tipo di linguaggio è molto precoce, può
variare per tempo, intensità e frequenza a seconda della personalità e
dell’educazione del bambino.

Verso la fine del primo anno di vita i bambini sviluppano la capacità


dell’intersoggettività: il bambino comprende l’esistenza di una sua identità
psichica oltre che fisica, caratteristica importante dell’amore.

Verso la fine del secondo anno di vita emerge poi una terza nuova capacità che
può costituire una condizione e uno strumento per l’innamoramento: la
partecipazione dei significati. Genitore e bambino devono negoziare i significati
all’interno di uno spazio transazionale, così come gli amanti devono decifrare i
significati e i comportamenti dei loro innamorati.

Un’altra delle esperienze che caratterizzano l’amore è l’attenzione esclusiva per


una particolare persona, esperienza anch’essa presente nell’infanzia. Durante il
primo anno di vita i sentimenti di intimità, sicurezza e attaccamento vengono
progressivamente indirizzati verso la figura della madre, verso la quale i bambini
mostrano una forma di preoccupazione per la sua assenza.

L’esperienza di innamoramento ha dunque una complessa storia evolutiva


precoce.
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3.3 L’AMORE DELL’ADOLESCENTE

Il processo psicologico che sottende il raggiungimento di una sessualità adulta,


genitale, è un periodo di elaborazione psichica molto delicato. Questo processo
ha il suo esordio in pubertà e viene elaborato a vari livelli per tutta la durata
dell’adolescenza trovando una sua sistematizzazione nel giovane adulto. I divieti
e i tabù superegoici sono molto forti, i fantasmi punitivi inconsci scatenano forti
angosce nell’adolescente, la sessualità è un campo di battaglia in vengono
rievocati i fantasmi della prima infanzia. Il piacere è concepito in modo più
completo, è spogliato dal narcisimo delle altre fasi ed è volto all’amore verso gli
altri.

Secondo Freud compito dell’adolescenza è il raggiungimento di una sessualità


genitale attraverso l’abbandono dei primi oggetti d’amore infantile (i genitori
interiorizzati): questo abbandono può avvenire solo attraverso una ripetizione
delle dinamiche inconsce relative a queste prime relazioni. Tale ripetizione è
fondamentale per la rielaborazione dei conflitti psichici e il conseguente
rimodellamento dell’apparato psichico.

Autori successivi hanno sottolineato come la riattivazione del complesso di


Edipo in pubertà trascini con sè e riattivi fissazioni legate a tutti i precedenti
stadi di sviluppo, sollecitando una riedizione di conflitti non solo relativi alla
stadio fallico, bensì anche alle fasi pregenitali. Questa riattivazione produce
un’estrema instabilità nel ragazzo/a: non viene coinvolta solo la sessualità, ma
anche le identificazioni dell’Io, quindi la personalità, i divieti del Super-Io, le
immagini ideali dell’Ideale dell’Io. L’adolescente infatti, nello stesso momento
in cui riorganizza la propria vita affettiva, a causa dei continui tentativi di
liberarsi dalla dipendenza dei genitori, ha difficoltà a comprendere e controllare
le istanze sessuali e la realtà circostante. Egli perciò coltiva intensamente le

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amicizie fino ad idealizzarle. Oltre a tutto ciò, l’adolescente deve fare i conti con
la maturazione degli organi sessuali e quindi con una potenzialità di agire la
spinta libidico incestuosa. Egli deve rigettare violentemente questo desiderio e
allontanarsi dall’oggetto; questa violenza dei rigetti si può notare nella
modificazione dei rapporti con i genitori. La libido viene deviata dalle figure
parentali al gruppo dei pari: l’oggetto d’amore viene cercato fuori casa.

L’amore, spesso confuso con l’innamoramento, in questo periodo riveste un


significato particolare: è un valore assoluto ed è un cogliere nella persona amata
soltanto qualità (di qui le continue delusioni).

La fase più coinvolgente, e a volte stravolgente, dell’amore è proprio


l’innamoramento ed è identificabile, per le sue caratteristiche, alla stessa
adolescenza; è una trasgressione e una frattura con il passato, per chi è
innamorato solo il presente è importante. Attraverso l’amore invece, un
individuo, avendo riacquistato l’equilibrio psicologico ed avendo costruito nello
stesso tempo la sintesi dei tre fattori, riesce a scorgere nella persona amata non
solo qualità, ma anche difetti e ad accettarla per quello che è nella realtà.

Già Freud aveva parlato dell’innamoramento come di un periodo in cui


temporaneamente l’individuo in cui temporaneamente l’individuo va incontro a
un fenomeno di scissione dell’Io che porterebbe l’innamorato a proiettare
sull’altro aspetti di sé idealizzati (l’ideale dell’Io) sospendendo
contemporaneamente uno spirito critico; egli ritiene che comunque, in seguito,il
rapporto subirebbe una trasformazione ricomponendosi in una visione più
integrata e funzionale (anche per la coppia) di sé separato dall’altro (esame di
realtà).

Al presupposto che la relazione con l’altro è parte integrante del senso di identità
del singolo va aggiunto che la costruzione di una rappresentazione di sé, oltre

22
che dell’altro e delle caratteristiche salienti della relazione, può avvenire solo
attraverso l’esperienza dello sforzo di “aggiustamento reciproco”.

La trasformazione di una fase di innamoramento in una fase di amore duraturo


non sarebbe solo una un’esigenza sociale sociale o biologica (compiti evolutivi
della coppia: procreazione e allevamento dei figli) ma può essere vista come una
delle modalità possibili di garantire ai partner un miglior sfruttamento delle
risorse affettive all’interno di scambi possano permettere l’uso dell’altro per le
diverse necessità psicologiche di ciascuno.

In tale ottica, la problematica dell’alterità va considerata anche dalla prospettiva


della rappresentazione dell’altro come estraneo in relazione a tutti i momenti di
non incontro, così come i momenti di intesa vanno letti come costruzione di un
“Senso del Noi” espressione di un sentimento di reciprocità condivisa.

3.4 L’AMORE DELL’ANZIANO

E’ probabile che la capacità di amare permanga, potenzialmente immutata,


nell’essere umano fino al termine della vita ed che la natura dell’amore non
cambi a seconda che ad amare sia un giovane o una persona anziana. L’anziano
può essere più saggio, o avere un saldo sentimento della propria identità e del
proprio valore, o anche aver fatto i conti con il proprio passato e avere accettato
il proprio declino; ma l’amore, con la sua carica innovatrice, può infondere
nuova linfa vitale ed una forza dirompente all’interno di un equilibrio dinamico.
Tuttavia quest’aspetto può a volte non dimostrarsi così positivo, causando la
rimessa in discussione di tutto l’equilibrio per spostarlo verso l’uno o l’altro
polo: verso la rinuncia ed un definitivo annullamento di sè, o verso una
esaltazione, talora irrealistica, della volontà di vita e di potenza.

23
A differenza dell’amore di un bambino o di in adolescente, quello di una persona
anziana non ha futuro cui rinviare la piena realizzazione dei suoi desideri;
tuttavia l’imminenza della morte conferisce all’amore di questa fase del ciclo
vitale il carattere di un’esperienza estrema. L’anziano da un lato si sente
sessualmente inadeguato, non ha più nè salute nè bellezza, e spesso è ormai
privo anche del prestigio sociale e del potere economico; dall’altro ha una lunga
storia evolutiva alle spalle. L’anziano, sotto questo punto di vista, non sarà mai
inferiore ai più giovani, e di questo egli ne ha una precisa consapevolezza, è
forte di tutto ciò che ha appreso su di sè e sul mondo nel corso della vita. Può
persino sentire che la sua capacità di amare non è meno intensa rispetto a quella
di un giovane e che, anzi, egli potrebbe offrire alla sua amata assai più di quanto
non potesse darle in passato o di quanto possano darle altri sessualmente più
dotati di lui. Questo sentimento soggettivo di potenza spirituale, contrapposta
all’impotenza e al decadimento fisico, può trovare riscontro obiettivo in un
autentico carisma cui molte donne non sono affatto insensibili.

In questa fase della vita concetti come “avanti” e “indietro” non assumono lo
stesso significato che hanno nell’infanzia. L’annichilimento del sè, il dissolversi
dell’identità evocano un’angoscia che non si riferisce tanto all’eventualità di un
ritorno ad un remoto passato, quanto all’evento contenuto nel futuro prossimo.
Passato e futuro coincidono in un punto, quello in cui il cerchio si chiude. In
questa prospettiva il raggiungimento del piacere, in qualsiasi modo e costo, può
rappresentare l’estremo baluardo contro l’angoscia di morte, l’ultima battaglia di
Eros contro Thanatos.

24
CAP 4
DALL'ATTACCAMENTO NELL'INFANZIA ALL'AMORE DI COPPIA

L'interesse per le relazioni di attaccamento negli adulti ha avuto inizio nella


prima metà degli anni '70 grazie alle ricerche sul lutto condotte su individui
adulti ( Bowlby, Parkes, Separation and loss within the family, 1970 ) e a quelle
sulla separazione coniugale ( Weiss, The esperience of emotional and social
isolation, 1973 ). In anni più recenti, questi studi sono stati ampliati fino ad
includere i rapporti di coppia, a partire da un affermazione di Bowlby secondo la
quale la formazione di un legame di attaccamento equivale all'innamoramento,

25
“molte della più intense emozioni umane sorgono durante la formazione, il
mantenimento, la distruzione e il rinnovarsi di legami affettivi. […] a livello di
esperienza soggettiva la formazione di un legame viene descritta come
innamorarsi, mantenere un legame come amare qualcuno, e perdere il partner
come soffrire per la perdita di qualcuno” (Bowlby J., Attaccamento e perdita,
1969). La teoria dell'attaccamento di Bowlby rivoluzionò il modo di concepire
sia il legame che si stabilisce tra la madre e il bambino, sia il suo disgregarsi in
situazioni di separazione, deprivazione e perdita. La più importante conclusione
bowlbyniana fu che per crescere mentalmente sano il bambino deve vivere una
relazione affettuosa, intima e continua con la madre in cui possa trovare sia
soddisfazione che piacere; inoltre una particolare importanza viene attribuita al
ruolo della rete sociale e delle condizioni economiche come fattori condizionanti
lo sviluppo di un'adeguata relazione madre-bambino. Bowlby definisce il
comportamento di attaccamento come il comportamento finalizzato ad assicurare
la vicinanza ad una figura d'attaccamento con la funzione adattiva di proteggere
il piccolo dal pericolo; sottolinea inoltre che l'attaccamento ha una motivazione
propria e che non deriva assolutamente dai sistemi che favoriscono
l'accoppiamento e la nutrizione. I bambini in grado di spostarsi autonomamente
utilizzano la figura d'attaccamento come base sicura per l'esplorazione
dell'ambiente e come riparo sicuro in cui tornare per rassicurarsi. La capacità che
la figura d'attaccamento ha di svolgere questi ruoli dipende dalla qualità
dell'interazione sociale, in particolar modo dalla sensibilità della figura
d'attaccamento stessa ai segnali del bambino. Sia i sistemi di fuga che quelli di
attaccamento sono sistemi comportamentali che hanno il fine di ridurre lo stato
di disagio e di promuovere quello di benessere; la funzione generale di tali
sistemi è di mantenere un organismo in una precisa relazione con il suo
ambiente. Bowlby sostiene che gli esseri umani, anziché essere motivati dalla
scomparsa di uno stimolo, come suggeriva Freud, tendono a mantenere un

26
equilibrio dinamico tra i comportamenti che preservano la condizione di
familiarità, quelli che riducono lo stato di tensione e i comportamenti antitetici
che hanno come fine l'esplorazione e la ricerca di informazioni.
Lo stesso Bowlby commenta: “ quando l'interazione tra i due membri di una
coppia funziona bene, ogni membro manifesta intenso piacere per la compagnia
dell'altro, e specialmente per le manifestazioni di affetto dell'altro. Viceversa,
quando l'interazione dà luogo ad un conflitto persistente, ogni parte tende a
manifestare in qualunque occasione intensa angoscia o infelicità, specialmente
quando l'altro è rifiutante. […] La vicinanza e lo scambio affettuoso sono
valutati e sentiti come piacevoli da entrambi, mentre la distanza e le espressioni
di rifiuto sono valutate e sentite come spiacevoli o dolorose da entrambi”.
(Bowlby J., Attaccamento e perdita, 1969).
Il rapporto di coppia rappresenta una delle espressioni più significative
dell'attaccamento in età adulta; in effetti esistono differenze rilevanti tra
l'attaccamento adulto e quello dei bambini. In primo luogo gli attaccamenti dei
bambini sono tipicamente complementari; vale a dire che la figura di
attaccamento offre cure ma non ne riceve, mentre il bambino ricerca ma non
offre sicurezza. Al contrario, l'attaccamento adulto è tipicamente reciproco:
entrambi i partner danno e ricevono protezione. Una seconda differenza consiste
nel fatto che nell'età adulta la figura di attaccamento è un pari e spesso anche un
partner sessuale. La forma più tipica di attaccamento adulto implica quindi
l'integrazione di tre diversi sistemi comportamentali: l'attaccamento, il fornire e
il ricevere cure, accoppiamento sessuale. Un ultimo punto di differenza consiste
nel fatto che durante l'età adulta il sistema di esplorazione non viene controllato
con facilità dal sistema di attaccamento, come avviene invece durante l'infanzia.
Inoltre va sottolineata l'ipotesi di Bowlby sulle possibili differenze individuali
nei confronti dell'attaccamento, queste vengono mantenute nel tempo attraverso

27
rappresentazioni mentali o modelli operativi interni di se stessi e della figura di
attaccamento. Questi modelli consistono in sistemi organizzati di credenze e di
aspettative, molti dei quali agiscono al di fuori del controllo cosciente, in grado
di modellare la percezione sociale e permettono all'individuo di prevedere il
comportamento del partner in una particolare relazione. I modelli operativi si
possono definire sicuri quando un individuo prevede che il partner sarà
disponibile e percepisce se stesso come meritevole ed efficace nelle situazioni
che richiedono conforto o sostegno. Al contrario, gli individui con modelli
operativi insicuri prevedono un rifiuto o risposte inconsistenti da parte di chi si
prende cura di loro e possiedono un modello di sé caratterizzato da previsioni di
scarsa efficacia e di basso merito. Una volta formati, i modelli operativi
svolgono la funzione euristica di guidare le azioni e di programmare un
comportamento adeguato ogni volta che viene attivato il sistema di
attaccamento. Nei momenti in cui si verificano cambiamenti drastici, quali la
formazione o la rottura di una relazione adulta di attaccamento, i modelli
operativi interni devono modificarsi per incorporare nuove informazioni su sé e
sull'altro. Bowlby descrisse questi processi di accomodamento parlando di
revisione o di “aggiornamento” dei modelli operativi interni. Gli individui si
differenziano rispetto alla misura in cui i loro modelli sono aperti alla revisione e
all'aggiornamento. Quando gli individui acquisiscono nuove informazioni su sé e
l'altro, i modelli rimangono sufficientemente accurati. Diversamente, quando le
informazioni sui cambiamenti nelle circostanze o nelle figure di attaccamento
vengono scartate o ignorate, i modelli diventano imprecisi. Solo i modelli che
risultano sufficientemente accurati genereranno un comportamento adattivo nelle
relazioni e consentiranno al partner di avere aspettative più aderenti alla realtà
per ciascun comportamento dell'altro. Sulla base della teoria dell'attaccamento è
stata svolta una ricerca (Hazan, Shaver, Romantic love conceptualized as an
attachment process, 1987) che ha permesso di verificare l'ipotesi iniziale la

28
quale sosteneva che l'amore nell'età adulta fosse simile al sentimento provocato
dal bambino per la madre, in particolare per quanto riguarda la ricerca e il
mantenimento della vicinanza fisica, la fiducia nella disponibilità continua del
partner, la richiesta di conforto rivolta al partner, così come il disagio provato a
causa di separazioni o minacce alla stabilità della relazione; inoltre si è supposto
che le differenze individuali nell'attaccamento adulto dovevano essere legate alle
differenti modalità con cui i soggetti ricordavano le relazioni di attaccamento
che avevano stabilito con i genitori durante l'infanzia.
Quindi, per concludere, nella teoria dell'attaccamento compare l'idea che lo
sviluppo sociale comporti la costruzione, la revisione, l'integrazione e
l'astrazione di modelli mentali, in più è compatibile l'idea che si possono
verificare cambiamenti grazie a nuove esperienze e informazioni, sebbene i
cambiamenti diventino più difficili quando i modelli o gli schemi abituali
vengano usati ripetutamente senza modificarsi. Al contrario la concezione
freudiana ritiene che l'irrazionalità dell'amore adulto indichi una regressione
all'infanzia o una fissazione a qualche stadio precedente di sviluppo
psicosessuale. L'approccio all'amore di coppia basato sulla teoria
dell'attaccamento prevede che l'amore sia un processo biologico oltre che
sociale, radicato nel sistema nervoso e deputato allo svolgimento di una o più
funzioni importanti.
Si possono delineare alcuni principi funzionali delle relazioni di coppia, i quali
evidenziati da Jurg Willi, si sono rilevati importanti ai fini del successo di una
terapia di coppia.
Si tratta del PRINCIPIO DI DELIMITAZIONE: una coppia che vuole
funzionare bene deve chiaramente definirsi sia verso l'esterno che verso l'interno,
inoltre deve trovare la sua posizione in un continuum tra la completa fusione e la

29
delimitazione rigida. L'ambito compreso tra questi due estremi permette un
funzionamento diadico normale.
Un secondo principio riguarda il COMPORTAMENTO DI DIFESA
PROGRESSIVO E REGRESSIVO: il rapporto intimo di coppia offre una vasta
gamma di possibili comportamenti progressivi e regressivi, infatti tale rapporto
si avvicina molto all'intimità genitore-bambino che caratterizza la prima
infanzia. Nessun rapporto consente una soddisfazione così completa dei bisogni
primari di totalità, appartenenza reciproca, sollecitudine, cura e attenzione,
protezione, sicurezza e dipendenza. In un rapporto di coppia sano, i partner
hanno il vantaggio di poter parzialmente progredire e regredire in una continua
oscillazione, facendo riferimento ad un comportamento compensante del partner
stesso. Il sapersi entrambi in funzione di aiuto aumenta il senso di sé,
l'autostima. La sensazione di potersi sostenere a vicenda trasmette ai partner un
alto grado di soddisfazione e conferisce una motivazione fondamentale alla
formazione diadica. La possibilità di regressione periodica è un presupposto
importante per la maturazione.
Infine, il terzo principio riguarda L'EQUILIBRIO DEL SENSO DEL VALORE
DI SE': in una relazione felice su entrambi i lati, i partner avvertono un senso
reciproco di equivalenza; con ciò si intende non solo la parità dei diritti nella
relazione diadica, bensì la parità del senso del valore di sé, dell'autostima che i
partner avvertono. La donna può sentirsi assolutamente alla pari con l'uomo,
anche se è solo il marito a fare una carriera professionale, a condizione che
venga riconosciuta ad entrambi i lati la sua funzione personale determinante di
guida e consigliera nell'ascesa del marito.
L'amore di coppia può essere visto sotto diverse sfumature:
• amore come fusione, in molti rapporti si possono verificare dei varie
propri comportamenti di fusione tra i due partner, fino alla perdita della

30
propria personalità, alla sensazione di estraneità sia verso il proprio sé che
verso l'ambiente esterno (spersonalizzazione, derealizzazione);
• amore come sollecitudine, cura e sostentamento reciproci, il rapporto può
essenzialmente sorreggersi sulla rappresentazione che l'uno, in veste di
“madre”, deve accudire l'altro, in quanto “bambino” bisognoso d'aiuto: i
due partner sono legati dall'accordo tacito per cui l'uno dovrebbe
manifestare una disponibilità inesauribile ad aiutare l'altro senza
pretendere alcun contraccambio, mentre l'altro, bisognoso di aiuto,
dovrebbe potersi risparmiare ogni ricorso alle proprie forze.
• Amore come conferma maschile, rivalità tra i partner della coppia per il
cosiddetto”ruolo maschile”, alla cui base ricadono le norme e i valori
socio-culturali presenti all'interno di una determinata società. Oggigiorno
gli stereotipi dei ruoli in base al sesso sono meno marcati, anche se risulta
ancora difficile preservare la regola dell'equivalenza.

4.1 LA FORMAZIONE DELLA COPPIA

La coppia è un sistema “aperto”, diverso dalla somma delle caratteristiche degli


individui che la compongono. Essa è composta da tre parti: Io, Tu, Noi.

La vita della coppia è strutturata in tre parti:

1. Scelta del partner;


2. Innamoramento;
3. Matrimonio (o convivenza)
La problematica dell’alterità va quindi considerata anche dalla prospettiva della
rappresentazione dell’altro come estraneo in relazione a tutti i momenti di non
incontro, così come i momenti di intesa vanno letti come costruzione di un
“Senso del Noi” espressione di un sentimento di reciprocità condivisa.

31
La scelta del partner

La scelta del partner è un processo interconnesso con la storia individuale e


familiare dell’individuo. In rapporto al primo oggetto d’amore ed al modello
genitoriale, essa viene effettuata per somiglianza (scelta complementare) o per
differenza (scelta per contrasto). Se il complesso edipico è stato ben elaborato
ciò aiuterà nella scelta; in caso contrario il partner scelto non sarà mai ritenuto
all’altezza del proprio genitore (identificazione con la coppia genitoriale).

L’innamoramento

L’innamoramento è il processo che consente la formazione, e in parte, il


mantenimento della coppia ed è caratterizzato prevalentemente
dall’idealizzazione totale di sé e del partner. Ci si innamora sempre
dell’immagine che l’altro ci rimanda di noi e dell’immagine che a lui
rimandiamo, ad esempio, se la donna si sente amata si sente anche più bella
(Cancrini e Harrison, 1991)

In questa fase i partner sottoscrivono un primo contratto (Malagoli Togliatti et


al., 2000), costituito da due parti, sul modello dell’iceberg: la parte emersa e la
parte sommersa. La parte emersa ha la funzione di contenimento e forza
unificante ed è costituita da norme esplicite ed accordi consapevoli. La parte
sommersa, invece, è costituita da vincoli non consapevoli di natura affettivo-
emotiva e si struttura su una forte idealizzazione di se stessi e dell’altro. Il
rapporto è caratterizzato dall’illusione e dalla passione sessuale, che sono
funzionali al determinarsi, nel tempo, di una relazione sintonica, stabile e
matura.

32
Se nella fase illusoria prevalgono i meccanismi proiettivi, questi possono dare
origine ad un nucleo problematico di difficile soluzione nelle fasi successive del
rapporto.

Le coppie considerate sane permettono una progressiva accettazione dell’altro


nella sua realtà, con un graduale disinvestimento illusionale e la formulazione di
un secondo contratto funzionale: passaggio dal momento dell’innamoramento
(“Tu sei perfetto/a per me”) all’amore (“Ti accetto per quello che sei, non per
come ti vorrei”).

Le coppie che non possono o non sanno affrontare questo cambiamento


cercheranno di modificare il partner attraverso rivendicazioni atte a mantenere
l’assetto del periodo illusorio. Potranno crearsi escalation simmetriche di
conflitto distruttivo, quando non addirittura sintomi psichici.

Se invece il contratto si può modificare, si passa dall’illusione alla disillusione,


che consente di percepire l’altro come persona autonoma, da conoscere e da
concepire al tempo stesso come oggetto e soggetto.

Una coppia potrà raggiungere la fase della disillusione grazie alla propria base
sicura, che dipende dalla qualità dei vissuti infantili degli individui e può
preparare ad un’adeguata rielaborazione coniugale della relazione.

Il matrimonio

La formazione dell’identità di coppia e la decisione di sposarsi sono funzionali


quando seguono (non anticipano, né sono contemporanee a) la formazione
dell’identità individuale e lo svincolo dalla famiglia di origine.

Solo con questo presupposto è possibile passare dall’innamoramento all’amore.

33
La trasformazione di una fase di innamoramento in una fase di amore duraturo
non sarebbe solo un’esigenza sociale o biologica (compiti evolutivi della coppia:
procreazione e allevamento dei figli), ma può essere vista come una delle
modalità possibili di garantire ai partner un miglior sfruttamento delle risorse
affettive all’interno di scambi che possano permettere l’uso dell’altro per le
diverse necessità psicologiche di ciascuno.

A questo proposito, Teruel ha sottolineato il tema del coniuge portatore che


agisce da contenitore di un oggetto interno dell’altro che questi “non sa” o “non
può” contenere. In tale prospettiva, le relazioni umane assumono sia una
funzione di contenimento o di integrazione di aspetti di sé, sia un significato di
scissione e di negazione di qualcosa di doloroso o disturbante; la relazione di
coppia, perciò, può permettere di diminuire l’esteriorizzazione di aspetti scissi o,
al contrario, può contribuire a mantenerla.

Si potrebbe ipotizzare, quindi, che vi possa essere una compensazione positiva


quando in una coppia l’impoverimento dell’Io dell’uno può essere coperto
dall’altro che agisce quegli elementi scissi. Ne consegue un non riconoscimento
dell’altro da sé posto nel coniuge e contemporaneamente la possibilità di
assicurarsi il controllo su tali aspetti.

In accordo con questo punto di vista, alcuni autori parlano del matrimonio come
una sorta di relazione terapeutica naturale, intendendolo come il campo delle
manifestazioni delle prime relazioni oggettuali irrisolte, dove si manifesta la
necessità di trovare un contenitore idoneo a quei nuclei non risolti in ognuno di
noi, quindi un uso dell’altro ai fini dell’autoregolazione interna.

Secondo Sandler tale dinamica potrebbe essere estesa alle relazioni di coppia,
nelle quali ogni membro può cercare di imporre, consciamente o
inconsciamente, una relazione di ruolo intrapsichica al partner assegnando un

34
ruolo a sé e uno complementare all’altro. L’attualizzazione della relazione di
ruolo può portare sia all’accettazione, sia al rifiuto del ruolo stesso (in entrambi i
casi in modo sostanzialmente inconscio). In ognuno dei partner è possibile
osservare la formazione di un aspetto del Sé complementare all’oggetto, ossia
quell’aspetto della rappresentazione del Sé che si adatta con la rappresentazione
dell’oggetto.

Alla luce di queste considerazioni, si potrebbe presupporre che la vita di coppia


oscilli tra un livello di complementarietà inconscia, caratterizzato da
un’integrazione ottimale e da un arricchimento reciproco, e un livello di
collusione, ossia di misconoscimento, evacuazione e controllo reciproco di
aspetti aggressivi o di esasperata accentuazione di idealizzazioni.

Tale punto di vista sulle dinamiche di coppia mette in luce il gioco delle
identificazioni proiettive incrociate.

L’attaccamento negli adulti (o in una coppia) sembra dipendere dal gioco della
reciproca interazione tra i vari modelli operativi interni dei due partner. Le
ricerche psicoanalitiche offrono molteplici contributi al riguardo in cui viene
messo in evidenza come l’instaurare dentro di sé una coppia genitoriale buona,
che fornirà il modello interno di una “relazione genitale” creativa e procreativa,
non sia legato solo al timore di castrazione, ma anche all’amore e alle tendenze
riparative che fanno desiderare di reintegrare i genitori. Perciò è di centrale
importanza come è stato introiettato il legame di coppia, ossia le
rappresentazioni presenti relative alla qualità della relazione parentale.

La relazione di coppia può essere quindi intesa come quello spazio a due in cui
viene dispiegata la coppia rappresentata (come modello operativo interno di
coppia di cui ognuno è portatore e che segnala lo schema inconscio che orienta

35
le attese sull’essere insieme e a cui viene affidata una porzione rilevante della
vita affettiva).

Si potrebbe ipotizzare che un duraturo legame in una coppia adulta appartenga a


un processo di “accomodamento”, iniziato nell’infanzia, della rappresentazione
interna della coppia in un modo sempre meno irrealistico e sempre più in grado
di cogliere differenziazioni.

Risulta interessante precisare come il processo di svincolo progressivo dalla


dipendenza idealizzata dalle figure genitoriali “reali” comporti non solo un
reinvestimento verso altri modelli adulti, ma anche un parallelo reinvestimento
delle rappresentazioni interne della coppia genitoriale interna e del Sé.

Il modello interno della relazione della coppia parentale sarà facilitante o


ostacolante la capacità di instaurare i rapporti futuri di coppia, affettivamente
significativi e duraturi, nel senso che essi saranno usati per confermare o
smentire le attese interne.

Nonostante possano avvenire cambiamenti della rappresentazione della relazione


della coppia parentale nella direzione di un maggior realismo, può permanere
una discrepanza tra la relazione di coppia e le fantasie sulla coppia.

Inoltre, sulla relazione di coppia possono essere “scaricate” molte delle


“patologie della vita quotidiana” e non pochi aspetti patologici che una volta,
all’interno del modello one-body psychology di Freud, erano letti in termini di
problemi individuali.

Nella lettura dei legami di coppia è necessario tener conto di varie dimensioni
che non vanno tra loro confuse:

 Il tema dell’altro da me, le difficoltà di re introiezione: tema dell’ “uso


dell’altro” o dell’altro come “estensione narcisistica del Sé” nei termini di

36
un affido di un aspetto complementare del soggetto, oppure di aspetti
cattivi o idealizzati;
 Il tema del compagno d’interazione interno, rappresentazione della
relazione con l’altro nei termini delle fantasie e attese connesse al “Senso
del Noi”;
 Il tema della coppia interna, la qualità della relazione affettiva del legame
di coppia come insieme (derivante dall’interiorizzazione del legame della
coppia parentale e delle fantasia su di esso).
Tali aspetti sono complementari e strettamente connessi tra loro, come diversi
livelli dell’esperienza interna e delle aspettative di legame con gli altri. Sono,
infatti, elementi dei modelli operativi interni di relazione di cui il soggetto è
portatore.

4.2 Compiti di sviluppo

Il singolo nella coppia, la coppia in sè e la famiglia devono affrontare, nel corso


del loro ciclo di vita, eventi critici, che possono essere normativi (prevedibili) o
paranormativi (non del tutto prevedibili, anche se frequenti). Questi eventi
presentano dei compiti di sviluppo che comportano una riorganizzazione
evolutiva oppure una destrutturazione del sistema, se non si è in grado di
superare i compiti di sviluppo.

In particolare, i compiti di sviluppo che deve affrontare la coppia, in questa fase


di formazione, riguardano, in senso orizzontale, i processi di adattamento alla
vita in comune e, in senso verticale, gli adempimenti nei confronti delle famiglie
di origine, mantenendo un equilibrio tra nuova e precedente realtà.

I processi di adattamento alla vita di coppia prevedono forme di negoziazione


rispetto alle funzioni, ai ruoli, alle regole e agli spazi interni alla coppia. In tale

37
contesto, la coppia può trovare difficile la gestione dei conflitti, che possono
essere costruttivi o distruttivi. Se si possiede una base sicura si può riproporre
nella coppia la fiducia, che è stata data nella famiglia di origine. Una risoluzione
dei conflitti si ha quando i partner riescono a metacomunicare; è, inoltre, molto
importante l’ascolto dell’altro per mantenere coesa la coppia.

La rinegoziazione dei rapporti con le famiglie d’origine comporta, in un certo


senso, la fusione di due culture diverse in una sola. La coppia deve essere
diversa da entrambe le famiglie d’origine ed essere consapevole di quali aspetti
di esse valga la pena conservare. La potenzialità di un individuo di creare una
nuova coppia è basata sullo svincolo dalla propria famiglia d’origine, evento per
lo più interno e che consiste in una buona individuazione e separazione. Ciò
genererà, anche nelle famiglie d’origine, la necessità di ridefinire nuove distanze
per mantenere confini chiari e permeabili.

CAP 5

MODELLI DI INTERVENTO SU BASE PSICOANALITICA

38
In questo capitolo vogliamo presentare i modelli di intervento in ambito
familiare che condividono una base psicoanalitica.

Innanzitutto, è bene sottolineare come tutti questi modelli considerino


l’individualità, la soggettività, le esperienze di vita del soggetto, l’individuo
come persona intera, la conditio sine qua non per la comprensione dell’individuo
stesso, anche all’interno della complessa struttura familiare.

Nonostante la varietà dei modelli psicoanalitici proposti è possibile condividere


l’idea che le diverse teorie siano accumunate da alcuni concetti fondamentali:
l’esistenza dell’inconscio, il conflitto e le difese.

Attualmente, rispetto alla tematica degli interventi in ambito familiare è


possibile individuare due tipologie di lavori:

1. modelli di interpretazione e di intervento sul funzionamento di coppia,


familiare, della relazione genitori-figli, che, però, sono utilizzati nell’ottica
di una migliore comprensione delle dinamiche intrapsichiche
dell’individuo e quindi all’interno di un orientamento rivolto prettamente
all’individualità;

2. lavori che si rivolgono alla realtà dell’intervento, alla famiglia, alla coppia,
alla relazione genitore-figlio, in cui si ipotizza che l’individuo abbia
modalità specifiche di agire che influenzano la relazione con gli altri
membri della famiglia, e a loro volta queste interazioni modifichino il
funzionamento individuale. L’intervento, quindi, non si rivolge solo
all’individuo, ma alla famiglia nel suo insieme, o a un suo sottosistema.

39
Uno dei soggetti fondamentali a cui può essere diretto l’intervento familiare è la
relazione genitore-figlio.

Le prime relazioni genitore-figlio sono state prese in considerazione già nella


concettualizzazione freudiana del complesso edipico.

Fin dalle prime evoluzioni, alcune correnti hanno iniziato in seguito a spostare
l’attenzione da una visione dell’uomo che cerca una sua soddisfazione personale
(secondo la tradizionale struttura mentale isolata) ad una visione in cui hanno un
ruolo fondamentale le rappresentazioni interne e le aspettative relative al porsi in
relazione con gli altri (Fairbairn, Klein, Bion, Winnicott e Bowlby).

Si fa spazio, quindi, una visione in cui la mente si sviluppa in continui


adattamenti, dell’individuo verso gli altri e degli altri verso l’individuo.

L’individuo è continuamente chiamato a riposizionarsi in relazione agli altri di


fronte a compiti evolutivi che cambiano nel corso del ciclo di vita: l’uomo
diventa agente attivo in un sistema diadico di rappresentazioni e stati interni.

Nonostante questo spostamento nell’interpretazione del funzionamento mentale


verso l’importanza della relazione prevale, tuttavia, l’interesse per l’intervento
individuale, fatta eccezione per due ambiti particolari: gli interventi della prima
infanzia e il lavoro con la coppia genitoriale.

Un altro soggetto a cui può essere rivolto questo tipo di intervento è certamente
la relazione di coppia.

Il filone a cui maggiormente facciamo riferimento si è sviluppato e ha acquisito


rilievo in Inghilterra verso gli anni Sessanta. In altri paesi europei e negli Stati

40
Uniti questo approccio è largamente impiegato e viene attualmente considerato
una modalità valida di intervento.

In Italia, di particolare rilievo il modello proposto da Norsa e Zavattini (1997). A


Zavattini dobbiamo anche riconoscere il merito di cercare di diffondere in Italia
l’importanza di una terapia della coppia su base psicoanalitica.

In Inghilterra, la tradizione dalla terapia con la coppia coniugale è ormai


consolidata. L’eredità proviene dai teorici delle relazioni oggettuali (Fairbairn,
Klein) che hanno influenzato notevolmente tutti gli studi successivi delle
relazioni di coppia. La teoria delle relazioni oggettuali viene ancora considerata
la più utile per fornire la base per la comprensione del rapporto di coppia in
ambito psicoanalitico, questo per due ragioni fondamentali: a) perché sembra più
adatta all’ampliamento delle relazioni di coppia e/o familiari; b) per le tipologie
di meccanismi di difesa che la teoria delle relazioni oggettuali privilegia:
scissione, proiezione ed identificazione proiettiva.

Tuttavia, è a Henry Dicks (1967) che si deve una concezione precisa della teoria
e della tecnica nell’ambito dell’intervento con le coppie. L’Autore considera il
matrimonio, o una relazione affettiva di lunga durata e significativa, come una
sorta di relazione terapeutica naturale, da intendersi come campo di
manifestazione delle relazioni oggettuali irrisolte. Questa posizione ha portato
successivi autori a proporre un modello di funzionamento a base psicoanalitica
sia della coppia che dell’intera famiglia.

5.1 I diversi modelli

I modelli che presentiamo come esempi di intervento su base psicoanalitica con


la coppia e con la famiglia quelli di Ruszczynski, come esponente della scuola

41
inglese, quello degli Scharff per gli Stati Uniti e quello di Zavattini e
collaboratori per la realtà italiana.

Tutti gli autori che si occupano di intervento familiare su base psicoanalitica


evidenziano l’importanza di alcuni principi fondamentali: gli affetti, la
riflessione e l’insight, la relazione terapeutica nei suoi aspetti transferali e
controtransferali, visti come fattori curativi del trattamento e reinterpretati
relativamente alla specificità del contesto familiare. Inoltre, come si verifica
anche nel trattamento individuale, questi fattori possono assumere pesi diversi a
seconda che ci si ponga maggiormente verso il polo espressivo o verso il polo
supportivo.

Tutti gli autori di stampo psicoanalitico ipotizzano che una componente della
psicopatologia familiare sia da attribuire a bisogni inconsci e meccanismi di
difesa, che influenzano la relazione attuale con gli altri membri della famiglia.

Lo strumento principale utilizzato in terapia è il colloquio come nella seduta


individuale, anche se l’unità è diadica o di sistema, a seconda che ci si rivolga
alla coppia o alla famiglia. Il momento diagnostico è separato e precede la fase
di trattamento.

Le finalità del trattamento sono precisate alla fine del processo diagnostico; la
conclusione del trattamento è stabilità in comunanza tra terapeuta e famiglia.

Scopo del trattamento è accogliere la sofferenza all’interno della relazione, senza


concentrare l’attenzione solo sull’aspetto sintomatico o solo sull’analisi del
malfunzionamento delle dinamiche relazionali: si tiene, quindi, conto
dell’influenza sia del singolo membro che delle relazioni, dei significati consci e
inconsci e delle modalità relazionali utilizzate che si sono costituite all’interno
della famiglia.

42
Nello specifico ci si propone di aiutare le famiglie a condividere ed esprimere
emozioni e stati affettivi, a vivere, tollerare ed elaborare le situazioni conflittuali,
a giungere ad un uso elastico e adattivo dei meccanismi difensivi. Si promuove
lo sviluppo di una buona capacità di riflessione e di insight rispetto a come e
perché certe cose succedano all’interno della famiglia e/o della coppia.

La frequenza di solito è settimanale e la durata è quella classica di un colloquio


individuale (45-50 minuti). Di solito si tratta di terapie a lungo termine, con
durata non prefissabile a priori.

5.2 Esempi di modelli di terapie espressive in ambito familiare

5.2.1Modello Object Relations Family Therapy di David e Jill S. Scharff

Il concetto base, che guida la teorizzazione degli autori, è che gli individui
nascono con una tendenza fondamentale alla relazione e che i meccanismi di
proiezione, scissione, introiezione e identificazione proiettiva guidano non solo
lo sviluppo individuale, ma anche le relazioni familiari e le difficoltà che
insorgono in esse.

Secondo gli autori non è possibile riferirsi alla famiglia solo come ad un insieme
di individui, essa è un insieme di relazioni unico per ciascuna famiglia. La
famiglia è studiata nell’ottica del ciclo di vita, dalla costituzione della coppia alla
famiglia con figli adulti.

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Secondo gli autori la capacità di instaurare relazioni intime e relazioni familiari
d’affetto, si basa oltre che sulle relazioni oggettuali, anche sulla costituzione di
uno spazio transizionale e una particolare modalità di holding (secondo la
teorizzazione di Winnicott), derivanti dalla qualità delle prime interazioni con la
figura materna, che influenzano profondamente la relazione di coppia adulta. Il
punto di partenza è l’ipotesi che la relazione madre-bambino si sviluppi da una
partnership fisica (la simbiosi intrauterina) ad una partnership mente-corpo
(Winnicott, 1971).

A partire da quest’ipotesi, gli Scharff introducono così tre fondamentali processi


utili per la comprensione della dinamica familiare, che hanno origine nello
spazio transizionale tra madre e bambino:

• Relazionarsi: madre e bambino partecipano ad un processo di


comunicazione intima, di relazionarsi con e prendere dentro l’esperienza
reciproca di mutua identificazione.
• Holding centrato: insieme delle attività fisiche e psicologiche messe in
atto dalla madre per l’instaurarsi della relazione (handling).
• Holding contestuale: il fornire il contesto generale fisico e mentale
affinché si verifichi la relazione, dove ha un ruolo fondamentale anche la
figura paterna.

Gli autori evidenziano come raramente una famiglia si presenta come bisognosa
di aiuto nella sua totalità, tuttavia si richiede per alcune sedute la presenza
dell’intera famiglia, giustificando che essa costituisce il contesto relazionale del
soggetto/i in trattamento (ovviamente senza obbligo di partecipazione).

Nel processo diagnostico si tiene conto della fase evolutiva in cui si situa
l’interazione familiare, si valutano le risorse e le debolezze della famiglia e la

44
sua capacità di affrontare la frustrazione e l’angoscia, nonché di lavorare
attraverso l’utilizzazione del transfert e controtransfert.

Lo scopo è espandere le capacità di mettere in atto la funzione di holding; si


tenta di comprendere le relazioni oggettuali inconsce.

Secondo gli Scharff la terapia familiare non deve avere un setting fisso ed
autoritario. Generalmente, le sedie sono disposte circolarmente con al centro un
tavolino per i bambini.

Gli autori ritengono importante distinguere un transfert contestuale da un


transfert focalizzato. Il transfert contestuale si rivolge al terapeuta come fornitore
di un ambiente che sostiene (holding) le angosce dell’intera famiglia e precede il
costituirsi del transfert focalizzato. Si tratta dello spazio che il terapeuta crea
affinché la famiglia possa maturare e svilupparsi, acquisire una nuova forza
psicologica.

5.2.2 Modello di S. Ruszczynski


La dinamica centrale di tutte le relazioni di coppia è caratterizzata dalla costante
tensione relativa al bisogno, da un lato, di un’individualità legittima, dall’altro,
di una relazione intima. Tali esigenze si intrecciano continuamente e, a volte,
possono entrare in conflitto.

La capacità di separatezza e intimità viene interpretata dall’autore in termini


kleiniani tenendo conto dell’angoscia e dei meccanismi di difesa, che modellano
la natura delle relazioni oggettuali a livello conscio e inconscio.

Ruszczynski sostiene come sia la preoccupazione per l’altro a determinare il


desiderio di intimità, preoccupazione che deriverebbe proprio dalla posizione
depressiva delineata da Melanie Klein.

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Se un adeguato desiderio di intimità può essere ricondotto alla preoccupazione
per l’altro, un bisogno eccessivo può denunciare una modalità intrusiva di
controllo dell’altro, sotto il segno dell’identificazione proiettiva. L’intimità
ricercata in questo tipo di coppie prevede una forte adesione dell’uno all’altro,
altro che assume il ruolo di portatore di parti del Sé del partner, altro che diventa
estensione narcisistica del primo.

Per l’autore ogni relazione di coppia è il prodotto condiviso di identificazioni


proiettive e introiettive; la coppia sana è quella che presenta flessibilità delle
strutture difensive.

Due sarebbero le tipologie di coppie. Nella prima rientrano quelle che


manifestano uno stile schizo-paranoide, con angosce persecutorie, difese rigide,
dove la capacità di pensare è limitata e sostituita dal ricorso all’azione. La
seconda categoria, invece, è costituita da coppie con un tipo di relazione più
evoluto, con uno stile depressivo, vi è una maggiore consapevolezza sia degli
aspetti buoni sia degli aspetti cattivi dell’altro, sono presenti angosce di perdita o
danneggiamento, difese più ossessive e capacità di ambivalenza e tolleranza.

Secondo l’autore esistono alcune relazioni che possono beneficiare del modello
da lui proposto, mentre per altre esso è inadeguato.

Il trattamento è efficace quando nella coppia è presente un movimento verso la


posizione depressiva, che permette un certo grado di tolleranza alla separatezza.
In questo caso, l’interpretazione sarà centrata sull’interazione della coppia e,
grazie ad un processo di autoconoscenza, i partner potranno essere aiutati a
ridurre i meccanismi proiettivi, permettendo alla coppia di sviluppare le capacità
di intimità più che di intrusività.

Nel caso di un membro della coppia con diagnosi narcisistica o borderline è più
idonea una psicoterapia individuale intensiva.

46
Il processo di intervento proposto prevede una prima fase di consultazione e in
seguito la terapia, che utilizza come strumento il colloquio clinico, durante il
quale si indagano soprattutto la natura dell’angoscia, i meccanismi di difesa, il
tipo di relazione oggettuale. La cadenza delle sedute è settimanale, della durata
di circa un’ora ciascuna, in genere la durata totale non supera i due anni.

Compito fondamentale di questo modello terapeutico consiste nell’analisi e


nell’interpretazione delle dinamiche inconsce per permettere l’insight e lo
sviluppo di una maggiore conoscenza di sé all’interno della relazione di coppia.

5.2.3 Modello di Norsa-Zavattini

Questo modello risulta, in Italia, il più elaborato ed appartiene a quel filone di


interventi che ha iniziato a svilupparsi e ha acquisito sempre più importanza in
Inghilterra verso gli anni Sessanta.

I filoni teorici principali a cui fa riferimento questo modello sono:

• I meccanismi di difesa: uso del rapporto con l’altro in modo difensivo, con
i meccanismi di proiezione e identificazione proiettiva. Partendo da Anna
Freud con la nozione di esternalizzazione inizia a delinearsi, accanto ai
meccanismi di difesa di livello intrapsichico, una modalità specifica di
utilizzare il rapporto con l’altro in ottica difensiva. Ciò che avviene nel
mondo interno, spesso, affinché possa essere accettato, ed eventualmente
rielaborato, deve essere “trasformato in esterno” (Freud et al., 1965).
Appare così il concetto di proiezione, così come più tardi la Klein (1954)
rinominerà l’esternalizzazione, che consente di eliminare parti non
riconoscibili del Sé ed attribuirle al mondo esterno. Secondo l’ottica
classica (in particolare Fairbairn), in seguito al meccanismo difensivo di

47
scissione (che fa sì che l’individuo separi i propri oggetti interni in buoni e
cattivi) i contenuti mentali inaccettabili vengono ricondotti all’altro. Un
ulteriore meccanismo cardine del rapporto di coppia è l’identificazione
proiettiva, termine coniato dalla Klein (1954), secondo cui il soggetto su
cui vengono proiettati gli oggetti interni “cattivi” accoglie tali contenuti ed
inizia a comportarsi conformemente alle aspettative del partner. Vengono
a crearsi, quindi, interazioni dinamiche circolari in cui risulta sempre più
difficile distinguere il mondo interno dell’uno da quello dell’altro.

• Il tema dell’uso dell’altro: la capacità individuale di accettare la realtà


psichica dell’Altro e contenerla. Gli autori sostengono che questo sia il
concetto cardine della teoria di interventi di coppia. Partendo dalla
concezione classica, in cui l’altro viene visto come l’oggetto della scarica
libidica, si passa alla metafora contenuto/contenitore di Bion, ovvero la
capacità individuale di accettare la realtà psichica dell’altro. Questa
visione evolve con Teruel (1966) e la sua concettualizzazione del “coniuge
portatore”: il partner assorbe e contiene i lati oscuri dell’altro. Tale
concezione, ripresa da Dicks con il concetto di matrimonio come relazione
terapeutica naturale, ovvero il campo delle prime relazioni oggettuali
irrisolte, ha gettato le basi per tutti gli sviluppi successivi.

• La coppia genitoriale interna: l’interiorizzazione del rapporto di coppia dei


genitori, si tratta di costruzioni che contribuiscono all’emergere di
aspettative nei confronti delle relazioni attuali e che determineranno la
qualità delle stesse. La rappresentazione della coppia genitoriale interna è
la risultante sia delle interazioni reali tra i genitori, che delle fantasie
dell’individuo su di esse. Quanto più questi due aspetti saranno

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incongruenti, tanto più sarà difficile per il soggetto crearsi aspettative
realistiche nei confronti dei propri rapporti di coppia.

• Teoria del modello: i meccanismi di difesa sono visti come consuete


modalità di regolare le proprie emozioni. Gli autori sostengono che
ognuno di noi ha meccanismi tipici per risolvere le proprie problematiche
emotive attraverso il rapporto di coppia. Da un lato, alcuni tendono ad
attribuire agli altri i lati oscuri di se stessi, dall’altro, viceversa, si
accolgono le problematiche dell’altro. Secondo Norsa e Zavattini, però, è
necessario sottolineare la dimensione intersoggettiva di tali difese, in
particolare dell’identificazione proiettiva. In questo modello, infatti, si
parla di “identificazioni proiettive incrociate”, che riguardano
vicendevolmente colui che attualizza il meccanismo difensivo e colui che
lo accoglie. Inoltre, l’affido reciproco, ovvero la possibilità dei coniugi di
usarsi a vicenda, immettendo nell’altro parti del Sé, se da un lato in alcune
coppie può avere la funzione di riparare adeguatamente il proprio mondo
interno, dall’altro diviene co-creare una relazione distorta, talvolta troppo
compiacente. Tali configurazioni difensive si estrinsecano all’interno della
relazione nel “tema dell’uso dell’altro”. Esiste infatti una sorta di
“coinvolgimento” nella formazione della coppia che, a seconda delle
circostanze e soprattutto della personalità dei partner, può consentire di
progredire nei propri compiti evolutivi o comunque di autoregolarsi, anche
se troppo spesso in maniera patologica. L’ingaggio di coppia ha,
comunque, sempre una valenza difensiva, l’altro viene sempre usato per
sfuggire dal proprio mondo interno, e, soprattutto, non è mai casuale. In
sintesi, secondo gli autori le relazioni si dipanano lungo un continuum che

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dalla polarità di complementarietà inconscia arriva alla polarità di
collusione.

Norsa e Zavattini distinguono chiaramente la coppia sana e/o funzionante da


quella patologica e/o disfunzionale proprio attraverso il “tema dell’uso
dell’altro”, che se talvolta conduce a relazioni disfunzionali, spesso può favorire
una relazione perfettamente soddisfacente.

La situazione di patologia si delinea quando, a seguito della proiezione degli


aspetti inaccettabili del Sé, al partner non è concessa la possibilità di
reintroiettare i propri contenuti mentali.

Ogni coppia sana presenta una sorta di sintonizzazione affettiva; una relazione di
coppia può essere la sede di una rielaborazione inconsapevole del proprio
vissuto interno, ma anche il luogo dove esteriorizzare dinamiche persecutorie
senza poter fruire di introiezioni positive.

Il trattamento risulta utile quanto più la motivazione sottostante la richiesta di


aiuto è profonda e implica la richiesta di decollusione e di reintegrazione degli
aspetti scissi del Sé affidati all’altro.

5.2 Modelli supportavi

Gli interventi descritti finora possono essere definiti terapie espressive. In


ambito familiare esistono anche modelli di intervento chiamati terapie
supportive.

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Le terapie espressive conducono il paziente ad una ristrutturazione della
personalità e a una soluzione più adeguata dei conflitti, cambiando il mondo
delle rappresentazioni oggettuali e del Sé operando nel “profondo”; le terapie
supportive si propongono di accompagnare il soggetto in un percorso che sta
compiendo. Gli interventi dello psicologo restano molto vicini alla
consapevolezza e rinviano alla situazione attuale del soggetto, fornendo un
supporto emotivo al paziente e viene anche rinforzata l’alleanza terapeutica.

La differenziazione tra terapie espressive e terapie supportive implica specificità


nell’uso dell’interpretazione, del transfert e del controtransfert (le terapie
espressive richiedono al terapeuta un training psicoanalitico personale).

L’intervento di sostegno viene applicato generalmente nell’ambito della terapia


individuale, ma può essere facilmente esteso al campo familiare e a quello di
coppia.

Le terapie supportive su base psicoanalitica nell’ambito dell’intervento familiare


condividono alcuni principi teorici e di teoria della tecnica delle terapie
espressive:

1. Condividono l’ipotesi che la famiglia o i suoi sottoinsiemi costituiscono un


oggetto di studio peculiare in cui la totalità è diversa dalla somma delle
singole parti, quindi prendono in considerazione anche la singolarità di
ogni membro.
2. Condividono i seguenti concetti di base della teoria psicoanalitica:
• la persona è considerata nella sua interezza e non solo come espressione di
un sintomo;
• si ipotizza l’influenza di aspetti sia consci che inconsci sulla modalità di
relazionarsi e di rappresentarsi le relazioni;

51
• fanno riferimento alle relazioni iniziali genitori-bambino, al significato
dell’adolescenza, alla transizione alla genitorialità come processo di
sviluppo intrapsichico;
• si ipotizza che le relazioni passate siano ancora presenti nel mondo interno
dei singoli membri della famiglia;
• si dà importanza al ruolo del padre.

1. Quanto alla teoria della tecnica, viene condivisa la centralità di alcuni


principi psicoanalitici fondamentali: l’importanza data agli affetti, l’insight
e la riflessione, la dinamica transfert-controtransfert come fattori
terapeutici.

2. Lo scopo generale della terapia familiare è:


• accogliere la sofferenza all’interno di un contesto relazionale, tenendo
conto delle modalità relazionali all’interno della famiglia;
• aiutare le famiglie a risolvere i problemi che le hanno portate al
trattamento;
• aiutare ciascuno a dare un nome ai sentimenti che prova, riconoscerli ed
esserne consapevole;
• aiutare a produrre connessioni tra pensieri ed emozioni;
• accrescere la capacità di autoriflessione;
• fornire alla famiglia l’opportunità di azioni concrete e comuni.

Le terapie supportive, nell’ambito dell’intervento familiare, si differenziano per


alcuni aspetti:
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• Nelle teorie supportive si tiene presente la realtà e il contesto ambientale in
cui la famiglia è inserita.
• L’attenzione è rivolta ad una diagnosi delle parti sane e funzionanti.
• Viene data importanza all’hic et nunc.
• Il terapeuta si avvicina alla famiglia con comprensione e empatia.
• Il terapeuta enfatizza la possibilità di lavorare insieme con l’intera
famiglia, un suo sottosistema e i diversi componenti
• L’inconscio è molto presente, ma il terapeuta comunica esclusivamente
quanto gli sembra possa comprendere a livello consapevole, non si lavora
per una risoluzione dei conflitti inconsci.
• Si tratta di un processo di autoconoscenza.
• Una prima parte osservativa ha lo scopo di creare l’alleanza di carattere
diagnostico in un clima di sperimentazione reciproca.
• Viene data molta attenzione agli affetti consapevoli che vengono espressi
nella relazione.
• Verbalizzazioni e chiarificazioni sono la modalità di base nel lavoro con le
famiglie.
• Le interpretazioni sono usate solo in momenti di stallo.
• Il terapeuta contiene la complessità delle relazioni e dei bisogni.
• Il terapeuta presenta la strategia maggiormente adattiva, che comunque
deve essere negoziata dalla famiglia o dalla coppia.
• Il terapeuta incrementa le capacità di coping.
• Il terapeuta è consapevole degli aspetti transferali o controtransferali, ma
non sempre li interpreta con connessioni legate al passato dei soggetti.
• Gli interventi del terapeuta aiutano la riflessione e non sostituiscono la
famiglia.
• Il terapeuta diventa un Io ausiliario per il funzionamento della famiglia.
53
• Si pone attenzione alla capacità della famiglia di accettare un intervento
più supportivo che interpretativo.

CONCLUSIONE

Per concludere non si può far altro che affermare che il nostro modo di amare
non è eterno ed assoluto, ma cambia e cresce, come cambiamo, maturiamo e
cresciamo noi. L’esperienza o la mancanza di esperienza può permettere ad un
sentimento amoroso di essere completamente differenti dall’altro. A nessuno di
noi è mai stato detto come amare, cosa fare per dimostrare all’altro il proprio
amore. L’amore è un sentimento e come tale segue un inconscio, un non-
conscio, in qualcosa che è dentro di noi ma è a noi sconosciuto.

L’amore è energia, forza; tutto si può dire sull’amore tranne che sia qualcosa di
passivo o di apatico, anche la fase terminale dell’amore o, per certi versi, anche
l’assenza di amore è energia ed è un’attività.

Il frutto di un amore, la nascita di un figlio, come anche del sodalizio dell’amore


amore, come il matrimonio, comportano il più grande cambiamento e
stravolgimento nella vita di una coppia. Come si sa i cambiamenti, anche i più
belli ed entusiasmatici, portano una buona dose di stress, di energia pura che
viene liberata e che smuovono la brutta staticità della vita e della sua routine.

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Inoltre, l’amore non si consuma in un istante per poi terminare e ripresentarsi
successivamente, l’amore dura nel tempo, è una continua energia fatta di alti e
bassi, di momenti belli e di momenti brutti, ma sicuramente di attività mentale e
fisica continua. E’ un magma fluido che continua la sua discesa nella bocca del
vulcano, spesso non si vede perché la vitalità la si sente dentro, a livello
emotivo, a livelli più profondi; altre volte si dimostra nella sua interezza
attraverso una vera e propria esplosione, manifestazione di eventi e
comportamenti.

L’amore è anche tristezza, è anche non coinvolgimento, non condivisione. La


conseguenza dell’amore non ricambiato è un sano e violento odio, l’oggetto
d’amore viene odiato perché non accetta di essere amato da me.

Tutto, quindi, viene accettato in una situazione amorosa, tanto affetto e


desiderio, quanto odio e rassegnazione; ma l’unico sentimento che non è parte
dell’amore e che è la conseguenza di un non amore assoluto è sicuramente
l’indifferenza. Il “tu per me non esisti” non permette di creare nessun tipo di
energia, non smuove nulla dentro il mondo interno di una persona. E’ uno stato
di inconsapevolezza della presenza dell’altro che non permette nessun confronto
o incontro con l’altro, lo stato apatico per l’altro.

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