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dichiarato
che
il
miglior
modo
di
tradurre
consiste
nel
riproporre
le
stesse
frasi
e
le
loro
figure
di
parole
e
di
idee
con
vocaboli
consoni
ai
nostri
usi
.
3.
Si
d
spesso
per
scontato
che
il
fine
di
una
traduzione
sia
fare
in
modo
che
lopera
suoni
come
se
fosse
stata
scritta
nella
lingua
in
cui
la
si
traduce.
Se
poi
si
considera
che
la
traduzione
unattivit
non
soltanto
praticata
in
ogni
nazione,
ma
vincolata
a
tradizioni
nazionali,
in
alcuni
paesi
le
pressioni
per
cancellare
quanto
pi
possibile
i
segni
dellestraneit
sono
maggiori
che
in
altri.
La
prima
critica,
e
a
tuttoggi
forse
quella
definitiva,
allidea
propugnata
da
San
Gerolamo
secondo
cui
il
compito
del
traduttore
consisterebbe
nel
ricreare
completamente
unopera
in
modo
che
si
armonizzi
con
lo
spirito
della
nuova
lingua
venne
formulata
dal
teologo
protestante
tedesco
Friedrich
Schleiermacher
(1778-1834)
in
un
importante
saggio
scritto
nel
1813,
Sui
diversi
metodi
del
tradurre.
Quando
Schleiermacher
sostiene
che
la
perfetta
leggibilit
non
il
primario
criterio
di
giudizio
per
stabilire
il
valore
di
una
traduzione,
non
si
riferisce
a
tutte
le
traduzioni,
ma
soltanto
a
quelle
letterarie.
Per
Schleiermacher,
la
traduzione
che
molto
pi
di
un
semplice
servizio
reso
al
commercio,
o
al
mercato
una
complessa
necessit.
Esiste
un
valore
intrinseco
nel
far
conoscere,
superando
una
barriera
linguistica,
un
testo
essenziale:
un
valore
che
deriva
dalla
possibilit
di
entrare
in
contatto
con
lestraneit
stessa.
Per
Schleiermacher,
il
testo
letterario
non
mero
senso.
E,
in
primo
luogo,
la
lingua
in
cui
scritto.
E
ogni
individuo,
cos
come
possiede
una
propria
identit,
possiede
una
sola
lingua.
Quanto
alla
pratica
concreta,
Schleiermacher
sostiene
che
il
primo
dovere
di
un
traduttore
rimanere
il
pi
vicino
possibile
al
testo
originale,
nella
piena
consapevolezza
che
il
risultato
si
legger,
appunto,
come
una
traduzione.
Per
Gerolamo,
parlare
unaltra
lingua
non
significa
essere
una
persona
diversa.
Per
Schleiermacher,
invece,
parlare
unaltra
lingua
significa
diventare
inautentici.
Egli
non
intende
certo
negare
che
esista
la
capacit
di
parlare
e
scrivere
in
pi
di
una
lingua.
Ma
presuppone
che
ogni
individuo
abbia
una
lingua
materna,
e
che
la
sua
relazione
con
le
altre
lingue
in
cui
si
pu
parlare,
o
perfino
scrivere
poesia
o
filosofia,
non
sia
una
relazione
del
tutto
organica.
Dal
suo
punto
di
vista,
non
che
non
si
possano,
ma
che
non
si
devono
utilizzare
due
lingue
in
ugual
modo.
5.
Allinizio
del
XIX
secolo,
sembrava
progressista
sostenere
la
causa
delle
letterature
nazionali
e
della
peculiarit
delle
lingue
nazionali.
Il
prestigio
dello
stato-nazione
nel
XIX
secolo
fu
alimentato
dalla
consapevolezza
di
aver
prodotto
grandi
scrittori
nazionali,
che
in
paesi
come
la
Polonia
o
lUngheria,
ad
esempio,
furono
in
genere
poeti.
In
effetti,
lidea
di
nazione
assunse
una
connotazione
particolarmente
libertaria
proprio
in
quei
piccoli
paesi
europei
che,
pur
trovandosi
ancora
allinterno
di
un
sistema
imperiale,
cominciavano
ad
acquistare
lidentit
di
stati-nazione.
Linteresse
per
lautenticit
dellincarnazione
linguistica
della
letteratura
fu
una
delle
risposte
a
tali
nuove
idee,
e
diede
origine
a
movimenti
a
sostegno
delluso
letterario
dei
dialetti,
o
delle
cosiddette
lingue
regionali.
Una
diversa
risposta
allidea
di
identit
nazionale
fu
quella
formulata
da
Goethe,
forse
il
primo
a
elaborare
nella
prima
parte
del
XIX
secolo,
il
progetto
di
Letteratura
mondiale
(Weltliteratur).
La
sua
idea
di
letteratura
mondiale
ricorda
lidea
napoleonica
degli
Stati
Uniti
dEuropa,
dal
momento
che
per
mondo
Goethe
intendeva
lEuropa
e
i
paesi
neo-europei,
dove
era
gi
in
atto
un
intenso
traffico
letterario
attraverso
le
frontiere.
Nella
prospettiva
di
Goethe,
la
dignit
e
la
specificit
delle
lingue
nazionali
sono
del
tutto
compatibili
con
lidea
di
una
letteratura
mondiale,
ovvero
con
lidea
di
un
pubblico
mondiale
di
lettori
che
legge
i
libri
in
traduzione.
6.
Una
terza
riflessione
sul
progetto
e
i
doveri
del
traduttore
compare
nel
saggio
intitolato
Il
compito
del
traduttore
che
Walter
Benjamin
pubblic
nel
1923
come
prefazione
alla
sua
traduzione
dei
Tableaux
parisiens
di
Baudelaire.
Nel
rendere
in
tedesco
il
francese
di
Baudelaire,
afferma
Benjamin,
il
traduttore
non
obbligato
a
far
s
che
Baudelaire
suoni
come
se
avesse
scritto
in
tedesco.
Al
contrario,
suo
dovere
conservare
quella
sensazione
di
estraneit
che
il
lettore
tedesco
potrebbe
avvertire.
La
ragione
per
cui
Benjamin
preferisce
una
traduzione
che
riveli
tutta
la
propria
estraneit
molto
diversa
da
quella
avanzata
da
Schleiermacher.
Egli
non
desidera
promuovere
lautonomia
e
lintegrit
delle
singole
lingue.
La
sua
una
considerazione
metafisica,
che
deriva
da
unidea
della
natura
della
lingua,
secondo
la
quale
la
lingua
stessa
a
esigere
gli
sforzi
del
traduttore.
Ogni
lingua
parte
della
Lingua,
che
pi
grande
di
ogni
singola
lingua.
Ogni
opera
letteraria
individuale
parte
della
Letteratura,
che
pi
grande
della
letteratura
scritta
in
ogni
singola
lingua.