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G|us5Pp5 5An9AG_|0 Q EMANUELE BARGELLINI O ENZO


BIANCHI O LORENZO DE LORENZI O RINALDO FABRIS O
FRANCO FESTORAZZI O GIUSEPPE GHIBERTI O MAURICE GILBERT O JEAN GRIBOMONT O BRUNO MARN I CARLO M.
MARTIN! I PIETRO MELON! O ROSARIO PIUS MERENDINO O
SALVATORE ALBERTO PANIMOLLE O JACQUELINE DES RO
CHEWES O ORTENSIO DA SPINETOU O AGOSTINO TRAPE O

UGO VANNI O STEFANO VIRGULIN

SOMMARIO

iitoriale .......................................................... .. pa
!

-'
L escatologia

1
23-

nell ' AT e nel giudaismo ................ ..

Il giorno del Signore (E. Bianchi) ............... ..


La gioia piena dopo la morte nel salmo 16
(G.-F. Ravasi) ........................................ ..

Io sono il Primo e In ;m1U1im0s siete voi

i miei testimoni (Is 44,6b.8). Note sull'esca-

tologia deuteroisaiana (R.P. Merendino) ...... ..


4-

La speranza nella risurrezione in Dn 12,1-3 e


2Mac 7 (A. Bonora) ................................. ..

6..

La visita di Dio secondo il libro della


Sapienza (J. P. Prvost) ............................ ..
Da questo mondo al mondo che viene (olam
ha-ze, olam ha-ba) secondo la tradizione
ebraica (J. des Rochetres) ......................... ..

7-

La vita futura negli apocri (S. Virgulin) ...... . .

5-

II - Uescatologia nel NT ..................................... _.


1 - La venuta del Regno (Mc 1,14-15) (K. Stock)
2 - La parusia del Cristo e dell'anticristo nelle

lettere ai Tessalonicesi (E. Ghini) ............... ..


3 - Vivere con Cristo dopo la mortc (2Cor 5,1-10;
Fil 1,23) (R. Penna) ................................. -4 - Vivere nell'attesa del Signorc (Lc 12,35-48)
(J. Dupont) ............................................ ..

5 - Il discorso escatologico di Marco 13 (G.


Barbaglio) ............................................. ..
6 - Il giudizio finale sul sen/izio ai fratelli (Mt
25,31-46): punto focale del discorso escatologico (L. Di Pinto) .................................... ..

7 - L'escatologia nel quarto vangelo (S.A. Panimolle) ................................................... ..


8 - La citt futura, la Gerusalemme celeste (Eb
13,14; 12,22) (A. Vanhoye) ...... ....... ...... ..
9 - Ve11i. Sgnore Gesl (Ap 22,20) (U- Vanni) ........................................................ ..

5
9

di Cristo. Ci che trattiene la parusia Papostasia che non viene. Chi


trattiene l`uomo iniquo che non si rivela (cf. Galizzi M., Una chiesa
giovane. Le due lettere di Paolo ai tessalonicesi, Torino 1973, 61-63; Id-.
Le due lettere ai tessalonicest', in Il messaggio della salvezza 7, Torino
1976, 113-114.
Cullmann O., Ch/ol el le wlnps, 117; Id., L8 Chd'dCI' SCfldIOI0g-

que..., 58.
1 Nessuna attenuazione dunque della responsabilit umana: al
contrario una chiara sottolineatura che ogni agente esterno malece
diventa micidiale soltanto quando trova dentro l'uomo compiacenze
volute e amate (Barbaglio G., Le lettere dt' Paolo, 1, 169).
" Non tutto luce, gioia, vita nel nostro mondo. C' spazio. c

ampio, per il tenebroso, il disumano, il mortifero... La terra non aiuolz


per figli dei fiori, ma campo di lotta e di scontro a sangue tra forza:
contrarie, quelle luminose e le tenebrose (ivi, 166).
12 La dinamica del mistero delfiniquit espresso con forza singola-

re, nell'ambito del pensiero moderno, dell'analitica esistenzialc ci


Heidegger. L'esame fcnomenologico dell'esistere nell'inautenticit dell:
banalit quotidiana ha qui la sua matrice pi remota.
13 Bernardo, De Div., serm. 73, PL 183, 695B.

CENNO BIBLIOGRAFICO
COMMENTARI (per comodit dei lettori citiamo solo i commenta-

ri pubblicati in italiano): K. Staab, Brescia 1961; F. Amiot, Roma 1964:


P. Rossano, Torino-Roma 1965; H.A. Egenolf, Roma 1966; I-I. Schrmann, Roma 1968; M. Galizzi, Torino 1963; H. Schlier, Brescia 1976; G.
Barbaglio, Roma 1980.

STUDI (interventi su opere in collaborazione, saggi, monografie):


Cerfaux L., Le Christ dans la thologie de saint Paul, Paris 21954:
Cullmann O. , Le charactre eschatologique du devoir missionnaire et de la
conscience apostolique de saint Paul. tude sur le noctxov (wv) de 2Ts
2,6-7, in Des sources de l'vangile la formation dela thologie chrtienne.
Neuchtel 1969. 51-75; Id.. Christ et le temps, Neuchtel-Paris 21957:

Feuillet A., Le ravissement final des justes et la double perspectiva


eschatologique (rsurrection glorieuse et vie avec le Christ aprs la mortl
dans la Premire ptre aux Thessaloniciens, in RThom 72 (1972), 533559; Ghiberti G., Parusia, in NDT, Alba 1977, 1121-1131; Oepke A..
rtagovoa..., in GLNT 9 (1974), 839-878; Pullez T., L'attesa di Cristo
nella prima lettera ai Tessalonicesi, in Parole di Vita 2 (1981), 17-28.

3
VIVERE CON CRISTO DOPO LA MORTE

(zcr 5,1-10; Fil 1,23)

RoMANo PENNA

Cosa avviene per un cristiano dopo la morte? Questo


-'errogativo che nostro, ricevette gi una risposta da s.
J --910: in termini non certo matematici, ma comunque di
-rzinosa certezza. Come per l'apostolo, cos anche per noi

speranza non attesa dubbiosa o angosciata di un futuro


-riguo, ma semplicemente desiderio ardente di una
-Jcicante comunione con il Signore, che si prepara
1-.'1`impegno dell'oggi.

I due testi paolini che prendiamo ora in esame


ppartengono a due lettere certamente assai diverse, non
;-alo quanto allo stile, ma anche e prima di tutto quanto ai
-'nomenti biografici dell'apostolo Paolo. La 2Cor proviene
da un'esperienza di conitto con la comunit corinzia e

ricorre spesso a toni polemici. Invece Fil riette esperienze di viva consonanza con la comunit filippese e v1
risuona non di rado il tema della gioia.

A) SOFFERENZA E SPERANZA
Tuttavia i precisi passi, che qui cinteressano, presenta-

no delle affinit non trascurabili, che li legano insieme e

permettono di considerarli unitamente nel segno della loro


tematica specifica. Queste affinit sono fondamentalmente quattro.
1. L'Es1ERIENzA DELLA so1=FERENzA

Innanzitutto i loro rispettivi contesti sono ugualmente


caratterizzati dal tema o meglio dall'esperienza della
sofferenza. Paolo non tratta Pargomento in modo astratto

e distaccato, bens sulla base del fatto che egli stesso vive
tribolazioni e prove varie in prima persona: parlando del
dolore, egli parla anche di s; e perci si capisce subito che
il tema della speranza, che vi ntimamente connesso, da

una parte assume una marcata connotazione di contrasto.


mentre da11'altra offre una dimensione dr rara rmmediatezza 7 di testimonianza vissuta e quindi di credibilit. In 2Cor

la pericope 5,1-10 giunge al termine di tutta una sezione,


che si apriva gi in 4,7 con le significative parole:
Abbiamo questo tesoro (cio: la luce del vangelo e l'incarico
della diakona apostolica) in vasi d`argilla, perch la Sovrabbon-

dante potenza (che esso dispiega) risulti derivante da Dio e non


da nOi.

La felice immagine dei vasi argillosi allude appunto


alla flgilil dcll'apostolo, csposto alle mille difficolt del

suo ministero, come subito continua il testo (cf. pi


avanti). Il riferimento a11'ampio contesto della vita
apostolica e alle sue peculiarit enumerate nella stessa

lettera 12,10: Infermt, oltraggi, necessit, persecuzioni.


angosce.
Invece il c. 1 di Fil suppone Fesperienza del carcere

(vv. 7.12.17: le mie catene; cf. 4,22b), da cui Paolo

scrive la lettera; in essa anche se rr reno rninore, emergeno qua e l i termini di necessit (2,25), <<tristezza
(2,27), esser povero, aver fame, essere nel bisogno
4,12), la mia tribolazione (4,14). Certo, in prigione egli
non faceva vita comoda. A ci si aggiunge la situazione

-.1 ' incertezza circa la conclusione del suo periodo di deten-

zione: non
alla sua durata,
. quanto
.
., ma quanto al suo esrto
nale (lrberazione o condanna.).

1. IL DESIDERIO DEL COMPIMENTO


In secondo luogo, ambedue i passi paolini rivelano una
.omponente esplicita di tensione verso un compimento
escatologico personale. In 2Cor 5,2 leggiamo:
Perci sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci
della nostra abitazione celeste;

e in Fil 1,23:
Ho desiderio di essere sciolto (da questa vita) per essere con
CISIO.

Questo elemento di ardente desiderio non certamente senza legami con la situazione di sofferenza, che in
entrambi i casi fa da contorno, anzi da sostrato delle

espressioni paoline. Si direbbe addirittura che tale eviden


te dimensione di speranza scaturisce in manrera
natural e
`
dalla condizione di prova e di difficolt, cos come da un
terreno di putrido concime pu spuntare un prnfrrmafrmnro fiore. Quasr la speranza si esprime in termini inversamente proporzionali alle sofferenze sperimentate. Non
c h e 1' ap ostolo subisca passivamente 11 dolore e tantomeno
lo reputi inutile e sterile (che anzi, tanto in 2Cor 4,12

quanto in Fil 2,17 messo in primo piano l'aspetto della


sua fecondit in rapporto ai cristiani). Piuttosto si npete e

si verifica nel caso di Paolo una


costante
_
.
..della
. stona
di
bblica, secondo cui le esperienze di umrhazrone,

sconfitta o comunque di limite, proprie del popolo d'Israele, tutt'altro che portare allo scoramento o peggio all'abban d on o di Dio , riattizzano o addirittura provocano una

grande tensione verso di lui. E questa si esprime non solo


come volont di comunione attuale, mstica, quanto

soprattutto sotto forma di desiderio di una unione futura,


finale e definitiva. Non per nulla le grandi speranze
dIsraele hanno preso la forma del messianismo, di cui una
componente essenziale che non ci sar pi la morte, n
lutto, l lamento, n affanno (Ap 21,6).
3. IL vALoRE DELLA VITA PRESENTE

In terzo luogo, in entrambe le pagine paoline s'impone


un importante e per certi aspetti sorprendente giudizio sul
valore della vita presente. Cos in 2Cor 5,9:
Perci ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da
esso, di essere a lui graditi.

E in Fil 1,20:
Came sempre, nene ora Cristo sara glorificato nel mio corpo.
sia che ro viva sia che io muoia.

Tanto in un passo che nell'altro ricorre l'identica


particella disgiuntiva correlativa sia...sia riferita, anche
se con vocaboli diversi, alla vita e alla morte. Ci esprime
certamente un atteggiamento di superiore (e direi stoical
indifferenza di fronte a queste due realt, che sono le piu
&l1tCh p0SSbl. In 2COI' (4,R-10; 6,8-10) come anche

in bil (4,11-12) Paolo ricorre all'uso, cos tipico del suo


epistolario, di varie antitesi, le quali non vanno ridotte 2
puro mezzo stilistico, poich manifestano una sua precisa
forma mentis. Tuttavia occorre rilevare nel sia...sia-
dei nostri due testi una componente di forte realismo.
voglio dire di totale disponibilit a vivere oggi. L'apostolo
non dominato da alcuna irrefrenabile voglia di morte.

Egli non un autolesionista (nonostante 2Cor 1,8b), n


cerca la fuga. A1 contrario, il contesto immediato dei
nostri due passi insiste persino sull'opportunit di una vita
prolungata di Paolo per un incessante impegno apostolico
a favore dei suoi cristiani:

136

Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo.(2Cor 520);

d'altra parte, pi necessano per vor che io rimanga nella


carne...per essere d`aiuto a voi tutti (Fil 1.24.25)-

Del resto, il proposito di essere a lui graditi (2Cor


5,9) mostra chiaramente che in cima ai pensieri di Paolo
c' ben di pi della semplice preoccupazione inerente
all'a1ternativa, per altri tragica, di vita-morte.
4. LA DIMENSIONE CRISTOLOGICA

Infine, un quarto elemento accomuna le due pagine


dell'espistolario paolino. Si tratta della loro dimensione
cristologica. In 2Cor essa fa da evidente contorno dei
primi vv. del c. 5:
Colui che ha risuscitato il Signore Ges risusciter anche noi con
Ges (4,14): tutti infatti dobbiamo compar-ire davanti al
rr-ihrmale ai Cristo (5,1o); 1'amore di Cristo ci spinge...; se uno
in Cristo, una creatura nuova (5,14.17).
Sono in catene per Cristo (v. 13); purch Cristo venga
annunciato (v. 18); Cristo sar glorificato nel mio corpo. sia che
io viva sia che io muoia (v. 20); per me il vivere Cristo (v.
21); desidero essere sciolto per essere con Cristo (v. 23);
perch il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre pi in

Cristo (v. 26).

Risulta chiarissimo che per Paolo la persona di Cristo fa


da trait-d'urtion e quindi cosrituisee la piattaforma comune
tra la vita presente e la futura. Per questa la speranza non va
mai disgiunta dalla fede, anzi ne un risvolto caratteristico
ed ineliminabile. Forse il commento migliore di ci che stiamo dicendo si trova in Rm 8,35 .38.39:
Chi ci separer dunque dall'amore di Cristo?...Io sono persuaso
che n morte n vita... potr mai separarci dall'amore di Dio in
Cristo Ges nostro Signore.

Ed ancora Rm 14,7-9:
Nessuno di noi infatti vive per se stesso e nessuno muore perse
stesso, perch se noi viviamo. viviamo per_il Signore; se noi moriamo, moriamo per 11 Signore. Sra che vivratno. S_1a Che m0r1am0

siamo dunque del Signore. Per questo infatti Cristo e morto ed e


tornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.
4 ns

Ancora una volta scopriamo che a1l'apostolo interessa


ben di pi che il semplice dilemma vita-morte: al disopra

di o 8 ni cosa conta la- comunione col Signore.


Con queste premesse, gi da sole assai illumi.
.
.
.

nant, passiamo allesame pi dettagliato dei due te-n


paolini.

B) DAL PROVVISORIO AL DEFINITIVO: 2Cor 5.1-10

Non il caso di riportare qui il passo per esteso: ci


accontentiamo di farvi frequente riferimento. Una precisaZIOHC
'
Va subito fatta , ed che questo brano fa parte, anzi
conclude una trattazione un poco pi vasta, iniziata in 4.
con 1'l tem a del contrasto fra i vasi di argilla (che
alludono all'esistenza terrena dell'apostolo) e il tesoro-

del vangelo da annunciare. Anzi, rifacendoci al passo di


4,6 (Dio...rifulse nei nostri cuori per far risp
' 1 en dere la
conoscenza della gloria di Dio che brilla sul volto di
`
Cristo), scopriamo che tutta la sezione
e` posta tra due
estremi dalla portata insieme cronologica e teologica. Da

'
'
chiaro
a lla
una pa rte , abbiamo un cenno discretamente
conversione di Paolo (appunto in 4,6), come inizio assoluto della sua esistenza cristiana e apostolica. Dall'altra, in
5,10 si conclude con un rimando al giudizio final e d avanti
al tribunale di Cristo, che costituisce l'appro'do ultimo di
' tenza terrena . Precisamente tra questi due poli
tutta l'esis
corre e trascorre la vita impegnata dell'ap0St0lO e dei SUO

collaboratori, la quale caratterizzata da molteplici soffe-

` l vono in un
renze, che a loro volta sostentano e si' riso
intenso atteggiamento di speranza. Leggamo infatti 4,1718:
Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura
una quantit smisurata ed eterna di gloria, perch noi non
fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili; le
cose visibil sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne.

Queste paro le , che introducono appunto il c. 5,


' xcheggiano in parte motivi de1l'apoca1ittica giudaica l e
- marte motivi della tradizione filosofica greca, platonica e
'_-ica.: Il loro senso perci oscilla tra una prospettiva
.aatologica in rapporto a ci che deve venire oltre la
-aria e una prospettiva spiritualistico-metafsica in rap-

~-rto a un semplice aldil delle cose materiali.


Mi pare che questa indeterminatezza vada intesa nel
.-enso che Paolo pensa qui soprattutto a un'escatologia in-

,jviduale e non collettiva, cio ad un incontro col Signore


dopo la morte di ciascuno e non dopo la storia universale:
a un'escatologia cosiddetta intermedia e non a quella
ultima. Infatti significativa, in tutto il contesto, l'assenza

di due termini, che sarebbero stati assai chiaiificatori:


quello di parusa e quello di risurrezione. Evidentemente non questo l'on`zzonte che qui interessa a Paolo.

D`altronde altrettanto indicativo il mancato ricorso ad


un altro termine, che sarebbe pure stato ugualmente chiarificatore su un altro versante: quello di anima (psych).
Ci porta a ritenere che il futuro ultraterreno del1'indivi(1110 11011 VSO da PaOlO secondo le categoria platoniche

di una mera sopravvivenza spirituale; infatti alla dimensione corporea dell'uomo che egli fa ripetutamente riferimento, anche se si tratta sempre dell'attuale corpo storico

e sofferente, dal quale si auspica un distacco (cf. 5,6.8), e


non invece di quello risorto e pneumatico. Invece di parlare del corpo risorto, come fa ampiamente in 1Cor 15, Paolo qui utilizza tutta una serie di immagni: la tenda e la
casa, il vestito e la nudit, l'esilio e la patria. Il loro molti-

plicarsi e sovrapposti lascia intendere che l'apostolo sta


misurandosi con realt sfuggenti, da lui non sistematizzate. Il lnguaggio abbonda cl'1 a fferrnazioni figurate,. ma per

esprimere poche, fondamentali certezze, cio che questo

corpo destinato a morire-perire, ma che con la sua dissoluzione non viene meno l'esistenza personale del cristiano.

' alle seguenti' compo nenti.


Possiamo ridurre la pagina

1. LA PERMANENZA DELLA DIMENSIONE PERSONALE

Dopo la morte previsto il permanere di una dimensione personale, quindi anche corporea, diversa dall'attua-

le. In 5,1-2 si susseguono le locuzioni in questo senso:


dimora di Dio, casa non manufatta eterna nei cieli.
la nostra abitazione dal cielo, e poi anche il sopravestito. In quale senso interderle, se non in riferimento ad un

nuovo sma? Un significato alternativo potrebbe essere

semplicemente quello di oltretomba o aldil concepito


come un locus aliquis.3 Ma propiio Pimmagine del
vestito che ci porta a pensare a qualcosa di pi personale, a qualcosa di aderente in senso individuale, e non solo a
un qualche ambiente di soggiorno. Del resto, era credenza
dei farisei (dalle cui file proviene Paolo) che alla morte

l'anima passa ad un altro corpo."

2. LA PRos1>ErrivA DELLA MoRrE INDIVIDUALE


La prospettiva per non quella della risurrezione,
bens quella della morte individuale. Riassumendo, si pu
dire che il nostro testo si riferisce a una o pi di queste
possibilit: o interviene presto la parusa a segnare il

termine del1'attuale esperienza storica (in questo senso


vale il desiderio di essere sopravestiti senza rinunciare al
vestito attuale: 5,2-4); o con la propria morte gi si

sperimenta una nuova e stabile dimensione somatica;


oppurc tra la morte e la parusia si d uno stato intermedio,

che sta tra il provvisorio e il definitivo. In realt la seconda


e la terza alternativa si fondono insieme. L'immagine della
nudit in 5,3 sembra andare nel1'ultimo senso. Di essa

gli esegeti dnno tre interpretazioni. Prima: alcuni autori


protestanti vedono nella nudit un'allegoria della danna-

zione eterna. consistente appunto nel fatto che i reprobi


nellu1timo giorno non risusciteranno e non assumeranno
alcun rivestimento di corpo celeste; ma il testo non parla di

.iltimo giorno, e alcuni supposti paralleli giudaici non sono


rappresentativi. Seconda: la nudit sarebbe una separaziofie dal vestito che per il battezzato Cristo, cio si teme la

possibilit di essere svestiti di Cristo al momento della

ffxorte, infedeli a lui; ma in Paolo l'uomo senza Cristo non


e detto nudo, bens vecchio o nella carne. Terza:
nella nudit c' uneco dell'antropologia o almeno della
terminologa antropologica greca (= anima senza corpo).5

*Jon che Paolo assuma acriticamente il dualismo platonire; anzi, abbiamo detto che nel nostro testo non usa mai la
DHIOI3 8l1ITla. Per egli Calcola la possibilit di una

situazione post mortem, in cui, pur non essendo ancora


nella condizione escatologica di risorti, tuttavia si vive in
una qualche dimensione somatica anche se privi dell'attuale corpo storico.

3. L'oPERA DELLO S1>iRtro


In tutto ci ha una funzione determinante 10 Spirito

(Pneuma), come leggiamo in 5,5: Ora, chi ci ha fatti per

questo destino Dio, dandoci la caparra dello Spirito. Il


Pneuma non solo una realt mstica, valida unicamente
per il presente. Esso per natura dinamico, e dice
tensione verso un compimento futuro, come anche suggen`sce il concetto di caparra. Assai vicini al nostro passo
sono i testi di Rm 8,11 (e 8,23); Ef 1,14 (e 4,30). Lo Spirito

secondo Paolo una potenza divina di vita. Ci che gi


oggi e stato iniziato in Cristo e nello Spirito, tutt'altro che
a morire, destinato a crescere, ad affermarsi, a fiorire e a
maturare in pienezza. Tale la nuova creatura di cui
Paolo scrive poco dopo in 2Cor 5,17. Ne risulta che
Pimmortalit sottintesa nella nostra pagina fondata pi
sulla grazia che sulla natura. Il punto di vista di Paolo non

filosofico ma teologico: ci che conta Pimmortalit


della vita nuova in Cristo e nello Spirito. E questa che non
pu morire e che quindi stabilisce una continuit tra il

__ ___,

_-,;

.lllcl.I(lI`.)

lll]

cristiano e destinato a permanere. In questo senso egli


piu forte della morte, e cos anche la sua opera nel
battezzato (cf. 1,21-22).
4. LA coMUN1oNE coN IL SiGNoRE
Infine, bisogna cogliere un importante elemento perSOrlalStCO Dopo la morte non si tratta solo di una nuova

condizione antropologica chiusa in se stessa, ma, ben di


piu,
" d'1 una comunione col Signore . E questo concetto
viene espresso non tanto da 5,10, dove emerge il tema di

un confronto giudiziale, quanto piuttosto nei vv. 6-8


(traduz. CEI):
Cos, dunque, siamo sempre pieni di fiducia sapendo che finch

abitiamo nel corpo siamo in esilio_ lontano dal Signore, carnminiamo nella fede e non ancora in visione . Siamo pieni di fiducia e

preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore.

Si notino le tre espressioni: lontano dal Signore, in


V

isione r presso il Signore. Con esse si' pa l esa 1 o

struggente desiderio dell'apostolo di saldare questa comunione in modo definitivo e irrevocabile, come anche
leggiamo in Fil 1,23.
C) PARTIRE CON UNA META PRECISA: Fil 1,23

Bisogna subito osservare che il contesto tematico non


uello
di una trattazione di escatologia, ma la preoccupafl

zione pastorale e persino affettiva del legame di Paolo con


. .
.
_
di

i fili PP esi. Egli li ringrazia per la loro preghiera, capace

ottenergli l'elargizione dello Spirito di Gesu Cristo (v.

19)'9 nei vv. 21-26 mette a confronto la morte e la vita,


davanti alle quali egli si trova, incerto quale possa essere
1'esito della sua prigiona. In qualunque caso l'apostolo

profondamente sereno.

Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il
desiderio di essere sciolto (da questa vita) per essere con Cristo, il
che sarebbe assai meglio: d`altra parte, piii necessario per voi
che io iimanga nella carne (vv. 23-24).

Distinguiamo due momenti.


1. LA PARTENZA Di PAoLo
L'immagine dello scioglimento richiama la prassi navale del levare l'ncora o quella nomadica del levare la
tenda: in un caso come nellaltro il significato semplice-

mente quello di partire. Tuttavia Paolo non dice quale


sia il terminas a quo, cio il punto di partenza (l'espressione dal corpo, presente nella traduzione CEI, in realt
un'aggiunta indebita; probabilmente essa motivata dalla

locuzione seguente rimanere nella carne: ma va notato


che questa specificazione fatta appunto in rapporto al
rimanere non al partire). L'apostolo, infatti, e qui totalmente assorbito dal terminus ad quem, cio dal punto di
arrivo del suo possibile viaggio. E questo suona: Essere
con Cristo. Quasi Paolo non vede altro. E solo in questo
senso per lui il morire un guadagno (1,21). Gi Socrate
riteneva la morte un bene e anche <<guadagno. 6 Ma per

l'apostolo si tratta di guadagnare Cristo e di essere


trOVatO in lui (Fil 3,83), 0 meglio di portare definitiva-

mente a compimento il guadagno ottenuto con la


giustificazione per grazia (cf. 3,9), poich:
Quello che poteva essere per me un guadagno, l'ho considerato
'
una perdita a motivo di Cristo...,
pe r il q uale ho lasciato perdere

tutte queste cose e le considero come spazzatura (3,7-8).

Si vede chiaramente che la vita intera di Paolo


contrassegnata dalla comunione col suo Signore:
Vivo, ma non piii io, poich vive in me Cristo, e vivendo ora
nella carne, vivo nella fede al glio di Dio, che mi ha amato e ha
dato se stesso per me (Gal 2,20).

Se la vita cos improntata, la morte non pu essere

che un proseguimento della medesima condizione, poich


Cristo colui che ha vinto la morte e non muore pi; la
morte non ha pi potere su di lui (Rm 6,9). Egli

diventato il Signore dei morti e dei vivi (Rm 14,9).


Per il cristiano, quindi, la vita in Cristo si trasforma
in vita con Cristo. Non si pu non ricordare lTs 4,17:
Saremo sempre con il Signore,- e 1Cor 1,9: Fedele
Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione (koinna) del figlio suo Gesu Cristo, Signore nostro. Paolo

sviluppa tutto un linguaggio teologico incentrato sulla


preposizione con e sul suo valore pers0naliStiCO ed
escatologico.
Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui
(Rm 6,8). Vivremo con lui per la potenza di Dio (2Cor 13,4).

Sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui
(1Ts 5,10). La vostra vita nascosta con Cristo in Dio. Quando
si manifester Cristo, vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria (Col 3,3-4).

2. LA coMUNioNE EscAroLoo1cA coN Ciusro


Occorre per fare una precisazione importante. Gli
ultimi sei testi appena citati si riferiscono a una comunione conseguente la venuta finale di Cristo, posteriore alla
sua parusa, quindi a una comunione escatologica nel
senso tecnico del termine.

Invece, il testo di Fil 1,23, che con quelli condivide la


stessa affermazione circa la comunione col Signore, se ne
distacca circa il momento d'inizio della comunione stessa.

Tutto il contesto dominato dalla prospettiva della morte

individuale di Paolo, non della sua risurrezione e tanto


meno dell'escatologia universale. In 1,20 l'apostolo
netto: Cristo sar glorificato nel mio corpo, sia che io
viva, sia che io muoia. Il discorso perci limitato al suo

caso personale. Uimmediatezza di una comunione subito


dopo la morte chiaramente implicata appunto in 1,23,
IM

che possiamo semplicemente tradurre cos, senza alcuna


forzatura: Desidero partire per essere con Cristo. Non

c' la minima allusione a soste intermedie, che distanzino


nel tempo l'arrivo presso Cristo. Direi che si tratta di un

viaggio diretto, anzi direttissimo. Solo questo spiega il


desiderio intenso di Paolo. Certo, avremmo voluto

saperne di pi su questa condizione post mortem. Ma con


ogni probabilit lo stesso apostolo non era in grado di
dettagliare ulteriormente. Egli ci ha detto tutto quello che
sapeva in base alla propria fede e alla propria speranza. Ed
essere con Cristo non poco; in un certo senso tutto:

specialmente se Cristo gi stato tutto in questa vita.


Si ricordi il bellissimo verso di una poesia di Cesare
Pavese: Verr la morte e avr i tuoi occhi. Per Paolo e
per il cristiano, sono gli occhi di Cristo.

1 Cf. 4Esd 7,16; Ap. Bar. 15,8; 48,50; 51,12.


2 Cf. Platone, Fed. 79a; Seneca, Ep. 58,27.

3 Seneca, Ep. 36,16.


^ Cf. Giuseppe Flavio, Guerra giudaica II 163.
5 Cf. Platone, Gorg. 523e, 524d; Crat. 403b; Filone Al., Virt. 76.

Platone, Apol. 400, e. Cf. ivi, 42a: Ma ecco che l'ora di andare:
io a morire e voi a vivere. Chi di noi due vada verso il meglio oscuro a
tutti fuorch a Dio.

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