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Da "Il Fuoco dei filosofi" di Raphael


di Raphael
A questo punto possiamo chiederci: l'aspirante filosofo alla realizzazione, in che modo
intende l'unit dell'essere, di brahman, di Dio? I nomi hanno poca importanza, importante
invece capire ci che i nomi sottintendono;l'essere, Dio, brahman, ecc., non possono essere
molteplici; pi iddii si escluderebbero a vicenda. N, possiamo ammettere che tra l'essere e
lo stesso mondo possa esserci dualit assoluta. Parlare di mondo e di Dio significa sempre
riportare il tutto all'unit divina, per cui tra Dio e l'ente, qualunque esso sia, non v' alcuna
distanza e dicotomia. Dire ancora che una cosa Dio e un'altra l'ente, o i suoi prodotti,
significa proporre una dualit assoluta inaccettabile: l'uno deve pur derivare dall'altro;
inoltre, il vivente, perch effetto, non pu non avere la natura della sua causa, e ci esclude
la diversit e l'opposizione.
Non si hanno effetti che non siano potenzialmente nella causa. Il ghiaccio non che acqua
condensata. L'aspirante Filosofo, dunque, pur proclamando l'unit dell'essere, pu ritrovarsi
nel piano pratico a vivere la molteplicit e la differenziazione, spesso anche l'opposizione, la
contrapposizione inconscia.
Ma che cosa si vede nell'altro per contrapporsi e creare una dualit conflittuale? Posto
quanto sopra, dovremo per avanzare una considerazione: se guardiamo il problema con
l'occhio empirico dovremo anche riconoscere che i molti esistono, la differenziazione sembra
essere un'evidenza alla nostra percezione, per cui tale considerazione va a contraddire
quanto abbiamo affermato sull'unit dell'essere. Insomma, ci troviamo con un problema
abbastanza difficile e bisogner meditare per poterlo risolvere; alla nostra ragione esso non
pu non sembrare anomalo e contraddittorio: da una parte affermiamo l'unit, dall'altra
supponiamo anche la dualit-molteplicit.
Il problema dell'uno e dei molti stato posto per primo da Platone, ma anche le Upanisad
l'hanno proposto, anzi alcuni sutra della Mandukya
Upanisad sembrerebbero offrire qualche filo conduttore al nostro discorso. La spiegazione
circa la nascita questa: il S considerato
esistente, sotto forma di anime individuali, alla stregua dello spazio-etere esistente nelle
brocche; quindi il S esiste nella forma delle cose composte proprio come lo spazio-etere
esiste nelle brocche, ecc.
Con l'etere confinato entro le brocche, ecc., si fonde completamente quando avviene la
disintegrazione delle brocche, ecc. (nell'etere illimitato), cos i jiva si fondono nell'atman.
(Gaudapada, Mandukyakarika).
Dalla meditazione di questi sutra possiamo ricavare una sequenza di indicazioni che
potremmo esporre nel modo seguente:
1. Abbiamo l'etere e abbiamo le brocche o i vasi.
2. Che cos' l'etere e che cosa sono i vasi.
3. Che cosa possono rappresentare i vasi nei confronti dell'etere.
4. Etere e vasi sono una dualit assoluta?
5. Quale pu essere il loro giusto rapporto?

6. L'etere pu sussistere senza vasi e i vasi senza etere?


L'Upanisad ci suggerisce che in ogni vaso-brocca esiste un'entit chiamata etere, quindi
Spirito, Anima, atman, nous; come prima si
accennava, i termini contano poco. Inoltre, il testo evidenzia un fatto molto importante, vale
a dire che l'etere di un vaso della stessa natura dell'etere fuori dal vaso. Ci implica che
l'etere di una brocca identico all'etere delle altre brocche, oltre a essere indistinguibile
dall'etere universale che trascende sia l'etere nel vaso sia lo stesso vaso.
In altri termini, l'Upanisad ci fa capire che v' una sola realt etere che pervade i molteplici
vasi dal momento che, come sopra abbiamo potuto notare, l'etere entro il vaso della stessa
natura di quello fuori del vaso. Secondo la visione delle Upanisad, possiamo considerare la
brocca una finestra tramite cui l'etere manifestato, o individuato, percepisce un sistema di
vita. Ci significa che questo etere si serve di un vaso quale strumento, mediante cui opera
in un contesto esistenziale; cos, ancora, nei confronti dell'etere, il vaso costituisce un
semplice oggetto, un fattore accidentale di servizio.
Procediamo oltre e accertiamoci se i due aspetti, etere e vaso, sono una dualit. Un vasocorpo sempre un effetto, appartiene al mondo del divenire e del contingente; un vasocorpo, qualunque esso sia, nasce ha la sua parabola vitale e poi declina e si risolve nella sua
essenza o sostanza elementare.
Se un effetto non pu essere una ipseit, quindi deve avere una causa: tutto ci che
determinato; e quale potrebbe essere questo principio? Nel nostro contesto espositivo ci
rimane solo l'etere, non abbiamo altri elementi o dati, per cui dobbiamo necessariamente
ammettere che il vaso-corpo nasce dall'etere stesso. Dal nulla, dobbiamo riconoscere, nulla
nasce. E come fa a nascere dall'etere? L'aiuto ci viene dallo svolgimento del nostro sogno
notturno. Si, proprio il nostro sogno, quello che facciamo tutte le notti (per quanto sogniamo
anche di giorno; non diciamo spesso: ho coronato il mio sogno? Ma ci, per il momento, non
rappresenta lo scopo della presente nota).
Prendiamo, dunque, quest'analogia e domandiamoci: chi chi crea il sogno?
Possiamo rispondere: la nostra mente, la quale infatti ha la capacit possibilit di
manifestare-proiettare il soggetto sognante e anche l'oggetto di sogno fino al punto da
esprimere ci che essa stessa ha creato. Il sogno, volendo meditare a fondo, un evento
straordinario perch ci fa capire tante cose. La mente crea gli eventi e, secondo i casi, con
essi entra in rapporto di sofferenza, felicit o indifferenza; pu sembrare strano, ma la gioia
o la sofferenza, come i personaggi buoni o cattivi, li crea la mente, siamo noi gli artefici del
tutto; eppure in tale molteplicit di eventi, persone, cose, ecc., esiste l'unit che la mente,
perch questa senz'altro una; di mente non ne abbiamo due o tre. Possiamo ancora dire
che se la mente una, il suo oggetto molteplice.
Se ci atteniamo a questa analogia, dobbiamo concludere che l'etere-jiva crea il vaso-corpo e
in esso si incorpora, ovviamente con una parte di s. Nella Bhagavadgita v' un sutra che
dice: "Un eterno frammento di Me, apparso come anima vivente nel mondo dei mortali...
(Bhagavadgita)". Inoltre, si afferma che l'intero vaso universale nato dal Mahat, il Grande,
l'Intelligenza universale, per cui l'Essere, e solo Lui, pu dire: l'universo non altro che il Mio
sogno: Plotino, soprattutto nella quarta Enneade, espone il principio che il mondo sensibile (il
Quaggi) un prodotto dell'Anima, perci possiamo da Quaggi risalire al mondo
intelligibile, l dove la vera patria dell'Anima.
La parola frammento del sutra non si deve intendere nel senso che l'essere si scinde creando
una frattura in se stesso; l'evento non altro che uno specificarsi, l'irradiare un semplice
aspetto, un riflesso dell'essere universale, non essendo esso una quantit, ma pura essenza
priva di estensione. L'Essere-Uno e i molti non sono che due facce della stessa moneta,
bench i molti siano dipendenti dall'Uno. In ogni atomo, in ogni molecola, in ogni cellula di

materia vivono nascoste e operano, senza che altri se ne rendano conto, l'onniscienza
dell'eterno e l'onnipotenza dell'infinito. (Teilhard de Chardin).
[...]
Inoltre, l'apparente molteplicit non nata nel tempo sotto l'impulso di una progettazione,
programmazione o deliberazione dell'Essere-Uno,
come fa l'ente umano che, per eseguire un'opera, deve prima volere, poi ideare, infine
materializzare. Nell'essere atemporale non v' un prima e un poi, n un pensare
discriminante per esprimere la molteplicit degli enti, ne quindi uno scopo prefissato.
Quando si dice (come si legge in alcuni testi): L'Essere pens e i molti emersero, quel pens
pu essere fonte di equivoci poich viene rapportato alla dimensione umana; gi nel sogno
noi abbiamo l'immediatezza dell'ente e dell'esistere dei dati proiettati, ovvero del soggetto e
dell'oggetto; possiamo sostenere semplicemente che l'Essere Uno atto puro nell'eterno
presente.
Proponiamo la questione da un'altra angolazione: i vasi-corpi sono dei composti (secondo
l'Upanisad citata), per il composto, qualunque esso sia, presuppone il semplice, o dal vaso
all'etere, si scopre l'unit dell'essere. E poich le anime particolari (jiva-psiche) sono della
stessa natura dell'Essere Universale, in quanto suo irraggiamento, compito di tutti gli
insegnamenti tradizionali quello di risvegliare la consapevolezza animica all'identit con
quello, o di riportare il riflesso coscenziale alla sua Fonte.
Ecco il riassunto della tesi: le anime derivano da una sola e queste molte anime, derivate da
una sola, come l'intelligenza, sono divise e indivisi;l'Anima che sussiste l'unica parola
dell'intelligenza e da essa derivano parole particolari e immateriali, come lass (mondo
intelligibile). (Plotino, Enneadi).
Dunque, non si pu parlare di dualit assoluta, come non si pu dire che il soggetto e
l'oggetto di sogno sono dualit, nascendo essi dalla
medesima matrice che la mente, come la molteplicit universale nasce dalla stessa e unica
matrice divina. Comunque, una dualit apparente potrebbe anche sussistere qualora, per
esempio, nel sogno la mente dimenticasse che il soggetto e l'oggetto sono suoi prodotti,
oppure, il che lo stesso, si identificasse con il sogno duale fino al punto da oscurare se
stessa. L'etere entro il vaso, per il suo libero arbitrio, pu concepirsi totalmente vaso tanto
da dimenticare d'essere etere e, nello stesso tempo, creatore del vaso.
Per, pur sempre una dualit apparente; diremo che una dualit prodotta dall'ignoranza
(avidya). Si ripropone, come si pu notare, il mito di Narciso o l'oblio di s della dottrina
platonica. Notiamo che cos non c' pi un giusto rapporto tra causa ed effetto, tra etere e
vaso; i valori vengono successivamente alterati e capovolti: un corretto rapporto tra
sognatore e sogno avviene quando il sognatore riconosce prima di tutto la sua natura, poi la
natura del sogno e quella del sognato (e la vidya, conoscenza tradizionale, cerca proprio di
scoprire la natura profonda dell'essere pi che quella del fenomeno); solo allora pu rendersi
conto della sua totale possibilit creativa di poter manifestare sogni notturni o diurni
confacenti alla sua volont o, addirittura di non sognare, essendo il sogno dipendente da lui,
non lui dal sogno: l'effetto dipende dalla causa e non viceversa, abbiamo visto. Quindi, egli
pu risolvere qualunque sogno che ha potuto proiettare perch suo e di nessun altro. Da
quanto abbiamo esposto, possiamo concludere che esiste un solo etere onnipervadente (...)
e molteplici vasi, di fogge, qualit e grandezze diverse; cos, se guardiamo con l'occhio del
vaso, perch identificarsi con esso, vediamo molteplicit, con tutte le conseguenze che ne
derivano; se guardiamo con l'occhio dell'etere osserviamo l'unit, e solo l'unit, sia con gli
eteri entro i vasi, sia con l'etere trascendente o fuori dei vasi.

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