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LESSICO E SEMANTICA

CAPITOLO I. CHE COS' LA SEMANTICA?


1.1 Il problema del significato
La semantica il settore della linguistica che si occupa del significato, cio l'informazione
trasmessa da/il contenuto associato a un'espressione linguistica.
Ogden e Richards (1923): propongono un modello triangolare che mette in relazione tre
elementi: simbolo (A), pensiero (B) e referente (C). Un'espressione linguistica (A) si
riferisce ad un'entit extralinguistica (C) tramite la mediazione di un concetto (B).
Tre approcci contemporanei alla semantica: cognitivista (il significato il concetto al quale
un'espressione linguistica legata nella nostra mente), referenzialista (il significato
scaturisce dalla relazione tra le espressioni linguistiche e la realt extralinguistica a cui si
riferiscono) e strutturalista (il significato un'entit linguistica che si crea nel momento in
cui la lingua d forma a un pensiero altrimenti amorfo e non strutturato).
1.2 Approcci alla semantica
La prima grande distinzione all'interno della semantica fra semantica filosofica e
semantica linguistica, cio fra teorie filosofiche e teorie linguistiche del significato.
1.2.1 La semantica referenziale

Filosofia analitica del linguaggio: concepisce la filosofia non come costruzione di ampie
sintesi teoriche ma come indagine minuziose basata su un'impostazione il pi possibile
oggettiva dei problemi filosofici.
L'elemento che pi caratterizza le teorie semantiche analitiche il loro referenzialismo: al
centro dell'interesse della semantica filosofica c' la relazione che si instaura tra il
linguaggio e il mondo extralinguistico al quale esso si riferisce.
Il referenzialismo legato all'assunto teorico fondamentale della semantica referenziale: il
significato non inteso come un concetto o costrutto mentale, ma come qualcosa di
oggettivo che nasce dalla relazione tra il linguaggio e la realt.
Una concezione puramente referenziale del significato pone molti problemi e appare
difficile sostenere che il significato si esaurisca nelle capacit linguistiche di denotare: se
cos fosse non potremmo cogliere alcuna differenza fra Dante Alighieri, l'autore del
Convivio, l'autore della Divina Commedia e sapremmo quale significato assegnare alla
parola unicorno.
La nozione di riferimento resta prioritaria per la semantica referenziale, perch da essa che
dipende la possibilit di interrogarsi sulla veridicit del linguaggio. L'importanza assegnata
al concetto di verit ha fatto s che la semantica referenziale sia chiamata anche semantica
vero-condizionale. Secondo questo approccio l'obbiettivo fondamentale di una teoria
semantica deve essere elaborare una teoria della verit che descriva le regole tramite le quale
le espressione di un linguaggio si connettono in modo vero o falso al mando al quale fanno
riferimento.
Mentre la semantica linguistica si occupa di descrivere i significati delle parole, la semantica
referenziale interessata a descrivere il modo in cui si forma l'interpretazione di frasi
complesse a partire dalle espressioni che le costituiscono (approccio formale).

1.2.2 La semantica strutturale

Il termine semantica entra nella linguistica moderna nel 1883 grazie Michel Breal, che lo
conia dal greco semano, indicare. Alla sua fondazione essa ha come obiettivo principale lo
studio diacronico del significato, cio l'analisi dei tipi di mutamento semantico che
subiscono ne parole nel corso della storia di una lingua o nel passaggio da una lingua
all'altra e delle cause di tali mutamenti.
Ferdinand De Saussure (1857-1913), Corso di linguistica generale (1916): il significato
un'entit puramente linguistica, cio qualcosa che non nasce dal rinvio a un elemento

esterno al linguaggio (gli oggetti o i concetti), ma che si crea all'interno del sistema
linguistico nel momento in cui la lingua organizza un pensiero di per s non strutturato.
Saussure sostiene che non vi sia alcuna corrispondenza fra nomi e cose: gli oggetti non
hanno alcun ruolo nella genesi dei segni linguistici, che sono il prodotto dell'associazione di
concetto/significato e immagine acustica /significante.
Principio dell'arbitrariet: il legame, cio il segno linguistico, che unisce il significante al
significato arbitrario.
Il ruolo caratteristico della lingua di fronte al pensiero non creare un mezzo fisico
materiale per l'espressione delle idee, ma servire da intermediario tra pensiero e suono in
condizioni tali che la loro unione sbocchi necessariamente in delimitazioni reciproche di
unit.
Ciascuna lingua crea il proprio repertorio di significati articolando arbitrariamente la massa
amorfa del pensiero.

1.2.3 La semantica cognitiva

La linguistica cognitiva deve il proprio nome all'assunto di fondo che la caratterizza, cio
l'idea che vi sia una relazione imprescindibile tra il linguaggio e altri aspetti della cognizione
umana. In questo approccio il linguaggio non visto come un'entit autonoma o un sistema
autosufficiente e governato da principi di funzionamento propri, ma come una facolt
mentale le cui caratteristiche sono legate indissolubilmente al complessivo funzionamento
della mente umana.
La linguistica cognitiva ritiene che i fenomeni linguistici non siano analizzabili restando
all'interno del linguaggio: sia le caratteristiche delle lingue, sia la capacit di usare il
linguaggio possono essere descritte solo in relazione alle altre facolt cognitive.
Ipotesi della non-autonomia della lingua: la comprensione del linguaggio richiede dunque
uno sforamento verso l'extralinguistico e la linguistica non pu fare a meno di servirsi dei
dati provenienti da altre discipline (psicologia).
La semantica cognitiva intende il significato non come un fenomeno linguistico ma come il
risultato di un processo cognitivo, come l'esito di una concettualizzazione. Per i moderati, il
piano linguistico mantiene comunque una sua specificit nel realizzare certi e non altri
contenuti concettuali e non c' una corrispondenza uno a uno tra significati e concetti. Per i
radicali, i significati delle parole non sono altro che pezzi del sistema concettuale associati,
nella nostra memoria, a una veste fonologica e grammaticale, sicch studiare la semantica
coincide con lo studiare la psicologia. In tutti i casi, comunque, si assume che i significati
delle parole abbiano sempre una controparte concettuale, cio che dietro i significati
linguistici vi siano dei contenuti mentali e che l'analisi semantica sia inseparabile dall'analisi
dei processi con cui questi contenuti si costruiscono.
Rispetto alla semantica strutturale: la prospettiva capovolta. Mentre la semantica
strutturale ritiene che il piano linguistico sia totalmente autonomo da quello concettuale e
prioritario rispetto a esso, la semantica cognitiva ritiene che i significati linguistici siano una
delle forme in cui si manifesta un pensiero che esiste ed strutturato gi prima della sua
espressione linguistica.
Rispetto alla semantica referenziale: la semantica referenziale considera il significato
un'entit oggettiva, indipendente dagli stati mentali dei parlanti e che si definisce in base ala
relazione con una realt extra-linguistica altrettanto oggettiva. Viceversa la semantica
cognitiva ritiene che il significato sia un costrutto mentale e che la nozione di verit non
abbia un ruolo centrale nella semantica.
Le strutture cognitive traggono il loro fondamento dal complesso dell'esperienza degli esseri
umani e in particolare dall'esperienza corporea, fisico-percettiva. Non vi quindi
separazione fra mente e corpo. Il fatto stesso di avere un corpo, e quindi essere capaci di
movimento, d luogo ad una serie di schemi concettuali basilari (parte-tutto, su-gi, davantiindietro).

CAPITOLO II. TIPI DI SIGNIFICATO


2.1 Significato e senso
Nel linguaggio corrente senso e significato sono usati come sinonimi per indicare il
contenuto di un'espressione, mentre nel linguaggio tecnico indicano entit diverse.
2.1.1 Sinn e Bedeutung

La moderna distinzione risale a Frege che nel 1892 introdusse i termini di Sinn e Bedeutung
per indicare senso e significato.
Il punto di partenza di Frege risolvere un apparente paradosso: qual la differenza fra
Dante Dante (A=A) e Dante l'autore della Divina Commedia (A=B)? La prima frase
una tautologia, mentre la seconda ha un contenuto informativo. Questa la differenza tra
senso e significato.
Il significato (Bedeutung) di un segno linguistico dunque l'oggetto che quel segno disegna.
Il senso (Sinn) il modo in cui quella particolare entit ci si presenta o il modo in cui la
pensiamo e che ci consente di individuarla.
Per Frege il senso qualcosa di oggettivo, che non va confuso con la concezione soggettiva
che ciascuno di noi pu avere di una certa entit, cio una rappresentazione (Vorstellung).
Esempio: quando guardiamo un pianeta con un cannocchiale abbiamo tre elementi: il
pianeta, cio l'oggetto, che corrisponde al referente e dunque al significato/Bedeutung;
l'immagine che si produce sulla retina dell'osservatore, che qualcosa di soggettivo e che
corrisponde alla rappresentazione/Vorstellung; l'immagine che si produce sulla lente del
telescopio, che un dato oggettivo che chiunque pu guardare allo stesso modo in cui lo
guardano gli altri, e che corrisponde al senso/Sinn.

2.1.2 Estensione e intensione; denotazione e connotazione

La distinzione introdotta da Frege fra senso e significato per molti versi simile a quella
introdotta dal filosofo tedesco Leibniz fra intensione ed estensione dei concetti e quella
introdotta dal filosofo inglese Mill tra connotazione e connotazione.
Estensione: l'insieme delle entit cui applicabile un'espressione.
Intensione: l'insieme delle propriet che individuano quell'entit.
Esempio: presa la parola gatto, l'estensione data dalla classe delle entit alle quali la parola
applicabile (gatti), mentre l'intensione data dalle propriet essenziali per qualificare
un'entit come il gatto (felino, domestico...).
Denotazione: l'insieme degli oggetti che esso indica.
Connotazione: l'informazione concettuale che esso esprime.
Esempio: presa la parola virtuoso, la denotazione costituita dall'insieme delle persone
virtuose, mentre la connotazione la propriet dell'essere virtuoso che attribuiamo a queste
persone.
2.1.3 Senso e significato nella semantica linguistica
Nella semantica linguistica la distinzione tra significato e senso usata in un'accezione
diversa da quella fregeana, per esprimere la differenza tra il contenuto che un segno possiede
all'interna del sistema linguistico e il contenuto che quel segno esprime quando usato in un
particolare contesto comunicativo.
Saussure: distinzione fra langue e parole.
La langue ci che i parlanti sanno, cio l'insieme dei segni e delle regole che costituiscono
il codice linguistico e la cui conoscenza ci permette di produrre messaggi in una lingua.
La parole ci che i parlanti fanno, cio l'atto linguistico individuale e concerto, la
realizzazione di un messaggio in un una lingua da parte di un particolare parlante in un
particolare contesto.
I linguisti chiamano significato il contenuto che un segno linguistico ha nella langue e
chiamano senso il contenuto che il segno veicola in uno specifico atto di parole. In altre
parole, il senso il concretizzarsi del significato in un particolare contesto.
Esempio: ci sono due finestre aperte pu essere un semplice constatazione, oppure l'invito

di un fumatore che abbia acceso una sigaretta in una stanza a non lamentarsi oppure un
lamento di una persona infreddolita. Dunque, una stessa frase, con lo stesso significato, pu
assumere nell'uso concreto sensi anche molto diversi a seconda del contesto.
Polisemia: La maggior parte delle parole di una lingua non ha un solo significato ma ha un
significato articolato in pi accezioni, cio in quelle che possiamo definire famiglie di sensi.
Esempio: presa la parola banco. Pu significare il banco del macellaio, il banco di scuola,
banco di nebbia, banco di pesci...

2.1.4 La vaghezza semantica

Vaghezza (o indeterminatezza semantica): la capacit dei significati linguistici di estendere


i propri confini a seconda delle necessit espressive dei parlanti. In altri termini si tratta della
propriet dei segni linguistici di avere un significato non precisamente definito, bens aperto
e variabile. Un'espressione vaga quando impossibile determinare in tutti i casi se essa si
applichi o meno a un referente.
La vaghezza non va confusa con la genericit o l'imprecisione del significato, ad esempio in
parole come libert o amore. Vaghi sono termini come calvo (esistono uomini con pochi
capelli che non sappiamo se definire calvi o meno) o mucchio (tre grani di riso non fanno un
mucchio, ma non sappiamo quanti grani servano per farne uno).
Somiglianza di famiglia: nozione introdotta da Wittgenstein per indicare quelle particolari
espressioni che, non identiche, hanno alcuni tratti che le rendono simili.
2.2 Tipi di significato

2.2.1 Significato denotativo e significato connotativo

Significato denotativo (o descrittivo o referenziale o cognitivo): si intende il contenuto che


un segno oggettivamente esprime o descrive. In altre parole, il suo significato neutro.
Significato connotativo: si intendono i contenuti non oggettivi che un segno pu trasmettere,
l'insieme dei valori affettivi e simbolici che pu suscitare o evocare.
Esempio: presa la parola madre. Il significato denotativo genitore di sesso femminile,
mentre quello connotativo l'insieme dei contenuti emotivi ed affettivi che associamo a
questa parola, come affetto, protezione...
Il significato connotativo non fisso e pu variare sia nel corso del tempo, sia, in sincronia,
da un individuo all'altro.
Il significato connotativo si divide in significato affettivo/emotivo/evocativo (gatto-micio) e
in significato espressivo/stilistico (cavallo-destriero).

2.2 Significato linguistico e significato sociale

Significato linguistico: si intende il significato che un'espressione ha in quanto appartiene a


una lingua, a prescindere da altri valori e funzioni che pu assumere nell'uso concreto.
Significato sociale: si intende il valore che un'espressione pu assumere, al di l del suo
contenuto strettamente linguistico, quando usata come strumento di relazione tra i parlanti
e dunque diviene portatrice di valori legati alla dimensione sociale della comunicazione
linguistica.
Esempio: presa la parola buongiorno. Dal punto di vista strettamente linguistico significa
auguro una buona giornata, mentre dal punto di vista sociale esprime l'intenzione di
stabilire un'interazione con la persona a cui ci si riferisce.

2.2.3 Significato letterale e significato non letterale

Gran parte degli studiosi di semantica fa coincidere il significato linguistico o


proposizionale con il significato letterale, considerando i significati non letterali come
significati aggiuntivi che un'espressione pu acquisire in contesti particolari.
Metafora: si verifica quando un parola un'espressione sono usate, in riferimento a un'entit
o a un concetto inverso da quello che propriamente denotano, per esprimere una sorta di
somiglianza o di analogia tra le due entit o i due concetti.
Esempio: Ada un fulmine, Ada un coniglio.
Metonimia: si verifica quando una parola assume un significato aggiuntivo in virt di una
relazione tradizionalmente definita di contiguit con l'entit o il concetto che essa designa in

senso letterale.
Esempio: Leggere Proust, bere una bottiglia.
Espressione ironiche: espressione in cui il significato letterale della frase opposto a ci che
con essa si vuole intendere.
Esempio: Bella giornata oggi (in riferimento a una giornata piovosa)
Espressione idiomatica: locuzioni fisse e dotate di un significato figurato.
Esempio: Vuotare il sacco, tirare i remi in barca.
Significato composizionale: nelle metafore, nelle metonimie, nelle espressioni ironiche e
nelle espressioni idiomatiche il significato dell'espressione non coincide con quello che
possiamo assegnarle in base alla conoscenza delle parole e della grammatica della lingua,
cio il significato linguistico/proposizionale.

2.2.4 Significato lessicale e significato grammaticale

Significato lessicale: hanno significato lessicale quelle parole che esprimono entit o
concetti (nomi, verbi...).
Significato grammaticale (o funzionale): hanno significato grammaticale quelle parole che
esprimono relazioni grammaticali o indicano funzioni grammaticale (congiunzioni,
articoli...).
2.3 Significato ed enciclopedia
Dizionario: l'insieme delle conoscenze strettamente linguistiche che costituiscono il
significato delle parole.
Esempio: presa la parola toro. Bovino, maschio, adulto.
Enciclopedia: l'insieme delle conoscenze extra-linguistiche relative a ci che esse indicano.
Esempio: presa la parola toro. robusto, reagisce se vede rosso.

CAPITOLO III. RAPPORTI SEMANTICI


3.1 La struttura semantica del lessico
Lessema: unit di base del lessico alla quale possiamo ricondurre le varie forme delle parole.
Saussure individua due tipi di rapporti cui vanno soggette tutte le unit linguistiche: i
rapporti sintagmatici e i rapporti associativi (o paradigmatici.
Rapporti sintagmatici: riguardano la successione lineare degli elementi linguistici lungo la
catena del discorso. Quando si realizza un messaggio linguistico ogni elemento del
messaggio si colloca in una posizione che ne esclude altri e acquisisce il suo valore in
relazione agli elementi che lo precedono e lo seguono. Sono, quindi, rapporti in praesentia,
cio riguardano due o pi elementi effettivamente presenti in un atto linguistico concreto.
Esempio: il gatto miagola. La parola gatto intrattiene un rapporto sintagmatico con le
parole il e miagola tale per cui non sarebbe possibile scrivere miagola gatto il.
Rapporti associativi: riguardano le associazioni mentali, basate su un legame morfologico o
semantico, che possono essere generate da uno o pi elementi del messaggio. Sono rapporti
in absentia, cio si manifestano non nella realizzazione linguistica ma nella memoria e nella
mente dei parlanti.
Esempio: presa la parola insegnamento. Vengono evocate parole come insegnante o
cambiamento.
3.2 Rapporti semantici paradigmatici
I rapporti paradigmatici comprendono tre grandi tipi di relazioni semantiche: le relazioni di
sinonimia (riguardano le somiglianze di significato), le relazioni di opposizione (si
instaurano tra lessemi di significato contrario) e le relazioni gerarchiche (riguardano lessemi
di significato pi generale e pi specifico)
3.2.1 La sinonimia

La sinonimia la relazione che si instaura tra lessemi diversi ma che hanno lo stesso
significato. Essa si definisce in termini di sostituibilit tra lessemi in un certo contesto.
Esempio: iniziare/cominciare, uccidere/ammazzare, testa/capo.

Sinonimia assoluta (o completa/perfetta): intercambiabilit di due lessemi in tutti i possibili


contesti. Esempio: tra/fra.
Geosinonimia: sinonimi che appartengono a variet geografiche diverse di una lingua.
Esempio: babbo/pap.
Quasi sinonimia (o parziale): non identit semantica ma somiglianza semantica tra lessemi
che condividono parte del loro contenuto semantico. Esempio: comprare/prendere.

3.2.2 Le relazioni di opposizione

Si ha una relazione di opposizione quando il significato di un lessema contrario a quello di


un altro.
Antonimia: sono antonimi due lessemi che indicano gli estremi di una scala che prevede
anche gradi intermedi. Esempio: caldo/freddo, alto/basso, buono/cattivo...
Complementariet: sono complementari due lessemi che sono uno la negazione dell'altro
senza gradazioni. Esempio: vivo/morto, maschio/femmina...
Inversione: sono inversi due lessemi che esprimono la stessa nozione da prospettive opposte
o che indicano due fasi o due protagonisti di uno stesso evento presentati da punti di vista
diversi ma simmetrici. Esempio: marito/moglie, dare/ricevere, comprare/vendere...
Incompatibilit: sono incompatibili due o pi lessemi che si escludo a vicenda all'interno di
un insieme che sia ciclico, seriale o gerarchico. Esempio: primavera/estate/autunno/inverno,
uno, due, tre...

3.2.3 La relazione gerarchica di iponimia/iperonimia

La relazione semantica di iponimia/iperonimia si instaura tra un lessema di significato pi


generale (iperonimo o sovraordinato o arcilessema) e uno o pi lessemi di significato pi
specifico (iponimi o subordinati). La relazione di iponimia definibile dal punto di vista
logico nei termini dell'inclusione in classi ed perci detta relazione un: un gatto un
animale.
Esempio: animale iperonimo di gatto, mucca, cane. Tulipano iponimo di fiore.
Non pensabile descrivere l'intero lessico tramite un'unica struttura gerarchica, poich non
esiste neanche per le singole classi di parole un lessema cos generico da essere iperonimo di
tutti gli altri.

3.2.4 La relazione parte tutto

La meronimia la relazione che intercorre tra un lessema che denota una parte e un lessema
che denota il tutto corrispondente. E' una relazione gerarchica che risponde alla relazione
parte di: il dito parte di una mano.
Esempio: dito/mano, braccio/corpo, tastiera/pianoforte.
La differenza tra iponimia e meronimia pu essere descritta in base alla propriet della
transitivit: mentre la iponimia sempre transitiva, la meronimia pu non esserlo.
3.3 I campi lessicali

3.3.1 Il concetto di campo lessicale

La teoria del campo lessicale ha alla base l'idea saussuriana che il significato di una parola
non definibile in s ma dipende dall'insieme delle relazioni che essa ha con le altre unit
del sistema, e in particolare dalle relazioni paradigmatiche che intrattiene con le parole che
esprimono delle idee vicine.
Un campo lessicale un insieme di lessemi che coprono una data area concettuale
delimitandosi a vicenda nel significato.
Esempio: il campo concettuale di rosso strutturato da lessemi come cremisi, scarlatto,
porpora...
Le parole che si collocano nello stesso campo lessicale possono rispondere anche ad altri tipi
di ordinamento, e anzi tipicamente proprio all'interno del campo che esse manifestano
rapporti semantici di affinit o contrasto.

3.3.2 Critiche alla teoria del campo

Anche coloro i quali non condividono le tesi della semantica strutturalista riconoscono alla
teoria del campo il merito di avere mostrato che il lessico non una semplice lista di parole,

ma un insieme organizzato, composto da sottoinsiemi a loro volta strutturati e interconnessi.


Il significato delle parole non pu essere analizzato considerandole singolarmente, ma solo
guardando alla struttura in cui si inseriscono e alla rete delle relazioni semantiche
intrattenute.
Critica: il limite maggiore della teoria del campo quello di lavorare su fasi linguistiche
antiche e sul lessico astratto, la cui analisi consente un certo grado di arbitrariet. Esempio:
ci si focalizzava su bellezza o sagacia e non su tavolo o rosso.
Critica: poca chiarezza della nozione stessa di campo lessicale, dovuta alla difficolt di
distinguere tra il piano linguistico e il piano concettuale.

3.3.3 Campi lessicali e frames

Anche la semantica cognitiva ritiene che capire il significato di una parola comporti fare
riferimento alla struttura in cui essa si inserisce. La differenza che per la semantica
strutturale questa struttura (campo lessicale) ha un natura linguistica, cio costituita da
altre parole, mentre per la semantica cognitiva ha una natura concettuale.
Per individuare questo tipo di strutture concettuali sono state elaborate varie nozioni, tra cui
quella di frame (cornice, intelaiatura) e di script (sceneggiatura), schema, scena, scenario,
sfondo. Tutte queste nozioni indicano pacchetti di conoscenze che costituiscono, secondo
l'ipotesi cognitivista, lo sfondo indispensabile per interpretare una parola o un insieme di
parole.
Esempio: presa la parola luned. Per la prospettiva strutturalista: il significato si definisce in
base alla relazione puramente intra-linguistica che essa ha con altri lessemi appartenenti al
campo lessicale dei giorni della settimana, che formano un insieme ciclico governato dalla
relazione di incompatibilit, e che ha come arcilessema la parola settimana. Per la
prospettiva cognitivista: il significato fa riferimento alla cornice interpretativa (frame), che
include una serie di conoscenze extra-linguistiche relative alla struttura del nostro
calendario, alla distinzione che c' fra giorni festivi e feriali... In altre parole, la
comprensione del significato presuppone il riferimento a uno schema concettuale che
incorpora una serie di conoscenze convenzionalizzate, fondate da stereotipi di una
particolare cultura e sul modo in cui i membri di una comunit organizzano la loro
esperienza del mondo, e che costituiscono la cornice rispetto alla quale le espressioni
linguistiche acquistano un significato condivisibile dai parlati di quella cultura.
3.4 Rapporti lessicali sintagmatici
Rapporti sintagmatici: capacit di una parola di combinarsi con altre parole.
La buona formazione dal punto di vista sintattico non coincide con la sensatezza dal punto
di vista semantico. Esempio: Furia con verdi dormono senza idee colore.

3.4.1 Le collocazioni

Collocazioni: combinazioni di parole che si trovano regolarmente vicine sull'asse


sintagmatico, cio che tendono a cooccorere molto spesso. Esempio: leccare/lingua,
miagolare/gatto, biondo/capelli, rancido/burro.
Il termine collocazione per usato per indicare molti altri tipi di combinazioni di parole e
di espressioni linguistiche caratterizzate dal presentare un certo grado di fissit lessicale o i
cui componenti presentano qualche limite di distribuzione.
Primo caso: lessemi che tendono a cooccorrere solo con pochi altri pur avendo un significato
che non escluderebbe altre combinazioni. Esempio: errore madornale, lasso di tempo.
Secondo caso: combinazioni i cui componenti possono comparire liberamente anche in altre
espressioni, ma che, in quella combinazione, danno luogo a un'espressione lessicalmente
fissa o comunque molto tipica. Esempio: essere alla disperazione (e non essere all'angoscia),
fare paura (e non fare terrore), avere male a un piede (e non avere sofferenza a un piede).
Questi sono degli esempi di restrizioni di collocazione, cio dei limiti combinatori dovuti
non a motivi semantici o sintattici, ma alle convenzioni lessicali tipiche di una lingua.
3.4.2 Le restrizioni di selezione
Restrizioni di selezione: sono le propriet semantiche che un lessema deve presentare per

potersi combinare in modo sensato con un altro.


Esempio: questo pomodoro pari, il tavolo tossiva.
L'anomalia semantica nasce dall'attribuire certe propriet o comportamenti a entit che non
li possono avere, ottenendo come risultato espressioni che non sono tanto false, quanto prive
di senso. Ogni parola impone delle restrizioni al tipo di parole che possono combinarsi con
essa per non scadere nell'errore categoriale.
CAPITOLO IV. L'ANALISI COMPONENZIALE
4.1 La semantica componenziale e l'analisi in tratti semantici
L'analisi componenziale si basa sull'idea che il significato possa essere analizzato
scomponendo in un'unit pi piccole (componenti o tratti semantici).
4.2 Applicazioni dell'analisi componenziale
L'idea alla base dell'analisi componenziale che cos come ciascun suono pu essere
scomposto in tratti fonetici e pu essere descritto come una combinazione di tratti necessari
e sufficienti a distinguerlo da ogni altro, analogamente il significato di ciascuna parola pu
essere descritto come una combinazione di tratti semantici.
Esempio: uomo = UMANO+ADULTO+MASCHIO, donna = UMANO+ADULTO+FEMMINA,
uccidere = CAUSARE+DIVENTARE+NON VIVO. Ognuna delle parti in maiuscolo costituisce,
secondo l'approccio componenziale, un pezzo di significato dei lessemi considerati ed
detto marcatore. Da notare che nell'analisi l'ordina ha la sua importanza.
Binarismo: i tratti definitori di fonemi sono binari e le opposizioni trai fonemi dipendono
dalla presenza o assenza di un singolo tratto.
Marcatezza: si dice marcato il lessema che ha il tratto che manca all'altro o che ha un
significato pi ampio. Esempio: storia dell'uomo. Uomo marcato e non sostituibile con
donna perch storia della donna comprende solo le donne.
4.3 Problemi e limiti dell'analisi componenziali
4.3.1 La ricerca dei primitivi: atomicit e universalit dei tratti semantici

Primitivi semantici: i componenti basilari del significato al di sotto dei quali non vi sono
tratti ancora pi elementari. Il punto di partenza che i concetti siano composti da idee
semplici che si combinano per fare le idee complesse cos come le lettere dell'alfabeto, ma
delimitazione dell'insieme primitivi molto problematica.
Esempio: Io, tu, qualcuno, qualcosa, questo, dire, volere, sentire, diventare, sotto, lontano,
vicino, qui...

4.3.2 La natura dei tratti semantici

I tratti dei lessemi che per il loro significato generico possono funzionare da descrittori di
tutti i lessemi di cui sono iperonimi. Esempio: atto, qualit, persona, oggetto, strumento,
sostanza.
Secondo l'ipotesi concettualista i tratti hanno uno statuto psicologico, cio sono concetti
presenti nella nostra mente e variamente lessicalizzati nelle diverse lingue (linguistica
generativa).
Secondo l'ipotesi metalinguistica i tratti sono costrutti teorici appartenente al metalinguaggio
con cui si descrivono i significati, l'esistenza dei quali postulata dal linguista per descrivere
i rapporti semantici tra i lessemi (linguistica strutturalista).
In mancanza di una definizione precisa dei tratti semantici, l'analisi componenziale non
aggiunge alla comprensione del significato pi di quanto farebbe una semplice traduzione di
una lingua.

4.3.3 I tratti semantici come condizioni necessarie e sufficienti

L'analisi componenziale pone un notevole problema teorico legato alla concezione stessa del
significato che essa presuppone. Le semantiche componenziali si basano infatti sull'assunto
che il significato sia descrivibile da una lista di tratti che lo definiscono in modo necessario e
sufficiente, cio da un insieme limitato di tratti, ciascuno dei quali indispensabile per
definire quel significato. Bisogna per stabile esattamente quali informazioni stabiliscano il
significato di una parola.

Esempio: quel ragazzo un leone. Il tratto UMANO di ragazzo confligge con il tratto UMANO
di leone e quindi la classificazione non pu che essere quella di anomalia semantica.
CAPITOLO V. LA SEMANTICA DEI PROTOTIPI
5.1 Dalla teoria categoriale alla teoria dei prototipi
La teoria dei prototipi una teoria della categorizzazione, cio riguarda i processi con cui si
formano le categorie che sono alla base di tutta la nostra attivit cognitiva.
La categorizzazione l'attivit con cui raggruppiamo le entit in classi o categorie. Esempio:
compiamo una categorizzazione quando diciamo che un certo animale un gatto o che un
certo oggetto rosso. Nel fare ci identifichiamo quell'animale e quel colore come membri
rispettivamente delle categorie gatto e rosso, in cui rientrano entit in parte diverse, ma che
condividono caratteristiche tali da renderle pi simili tra loro di quanto non siano rispetto a
entit come cani o oggetti verdi.

5.1.1 La teoria classica e i suoi critici

Una categoria definita da un insieme di propriet necessarie e sufficienti che


corrispondono alle propriet essenziali. Dei suoi membri.
Le categorie sono discrete, cio hanno confini netti e ben definiti, tali che si pu sempre
stabilire con certezza se un'entit appartiene a una categoria.
Le categorie sono internamente non strutturate, nel senso che i loro membri sono tra loro
tutti equivalenti.
Critiche: 1) Non ogni categoria definita da un insieme chiuso di propriet necessarie e
sufficienti, poich spesso i membri di una categoria non condividono un insieme definito di
propriet essenziali, ma una rete di somiglianze parziali; 2) Molte categorie hanno confini
vaghi e non nettamente definiti, e i loro membri si distribuiscono in continuum che include
casi in cui l'appartenenza categoriale sicura e casi in cui confusa; 3) Le categorie sono
internamente strutturare, nel senso che includono membri pi tipici di altri.

5.1.2 La teoria dei prototipi di Rosch

Prima ipotesi: fattori non linguistici abbiano un ruolo cruciale nella creazione e
nell'organizzazione delle categorie.
Seconda ipotesi: le categorie siano organizzate intorno a un centro informativo costituito dal
loro esempio migliore (prototipo della categoria).
Descrizione: sull'asse orizzontale abbiamo varie categorie dello stesso livello (sedie,
tavoli...), ciascuna delle quali inclusa in una categoria superordinata (mobili) e include
categorie subordinate (sedie a dondolo, sedia da cucina...); al vertice della gerarchia
avremmo la categoria pi inclusiva possibile (entit, pensiero), mentre al livello pi basso ci
sono, pi che categorie, esemplati unici (la sedia di Ugo).
La tesi di Rosch che sia sull'asse verticale che sull'asse orizzontale esista una zona pi
importante dal punto di vista sia cognitivo che linguistico. Sull'asse verticale questa zona
costituita da categorie intermedie (sedia, tavolo...).
Le categorie devono rispondere a un principio di economia cognitiva che consiste nel fornire
il massimo di informazione con il minimo sforzo. Prototipo e livello basico sarebbero quelle
zone in cui questo principio di categorizzazione funziona meglio.
Esempio: al livello sedie troviamo entit che condividono una propriet tipica, lo usi per
sederti, che assente nelle categorie di pari livello (tavoli e telefoni non servono per
sedersi) e che dunque ben discriminativa delle sedie.
Il prototipo l'esemplare che condivide pi propriet con gli altri membri della sua categoria
e meno propriet con i membri di altre categorie.
Esempio: il passero vola, ha le piume, oviparo, ha un becco dunque ha tutte le propriet
degli uccelli. E' pi prototipico come uccello del pinguino.
5.2 La teoria dei prototipi applicata alla semantica

5.2.1 Prototipo e significato lessicale

In una delle interpretazioni pi diffuse della teorie di Rosch il prototipo coincide con

l'esempio migliore o l'esemplare pi rappresentativo di una categoria. Ma concepita in


questo modo la nozione di prototipo non pu essere applicata direttamente alla semantica
lessicale: i significati delle parole non coincidono con i prototipi.
Esempio: uccello non significa passero, mobile non significa sedia.
Vari studiosi hanno proposto di modificare la nozione di prototipo, intendendolo non come
un esempio concreto ma come un'entit astratta, costituita da un insieme di propriet tipiche.
Il prototipo non sarebbe un'entit concreta, ma un costrutto mentale astratto, uno schema
concettuale che riunisce le propriet tipiche di una categoria e funge da punto di riferimento
per rappresentare il significato della parola che la indica.
Concepire il prototipo come costrutto mentale consente di trascurare quelle propriet che
non rientrano nella rappresentazione semantica delle parole pur essendo presenti negli
esemplari concreti. Esempio: un uccello reale ha un sesso, ma questa distinzione non rientra
nella nostra rappresentazione.
Problema: possibile che l'effetto cognitivo della prototipicit (il fatto che quando pensiamo
agli uccelli abbiano abbiamo in mente passeri e non pinguini), non abbia nulla a che fare col
significato di uccello, che corrisponderebbe a un insieme di propriet astratte?
Problema: se si elimina il riferimento agli esemplari concreti, da dove hanno origine le
propriet tipiche di una categoria?
5.2.2 Prototipicit e vaghezza
Come sono organizzate le propriet di una categoria e in che modo le loro relazioni consento
di rappresentare il significato?
Semantiche componenziali classiche: tutti i membri della categoria condividono in egual
misura le propriet definitorie della categoria, e di conseguenza i significati delle parole
sono definiti da liste di tratti necessari e sufficienti.
Modello prototipico: la situazione complessa perch le propriet tipiche non sono intese
come condizioni necessarie e sufficienti, ma come tratti rispetto ai quali certe entit sono
giudicate simili e che non sono necessariamente condivisi da tutti. La semantica lessicale
rende trova, nella teoria dei prototipi, un modello capace di esprimere la propriet pi
saliente dei significati linguistici, la loro vaghezza.
Il fatto che le categorie abbiano una struttura per cui alcuni membri sono pi rappresentativi
di altri non implica che abbiano confini vaghi. L'effetto prototipo si manifesta anche in
categorie non vaghe: 3 un miglior esempio di numero dispari rispetto a 23.
L'esistenza di propriet necessarie non implica che i confini categoriali siano netti.
Rappresentativit categoriale e appartenenza categoriale non coincidono: una categoria pu
essere organizzata in modo prototipico, cio includere esempi pi o meno rappresentativi, e
tuttavia essere vaga.
5.2.3 La struttura delle categorie lessicali

Polisemia referenziale (o categorie monosemiche/monocentriche): parole che rinviano a tipi


diversi di referente, ma resta unitaria dal punto di vista semantico, cio ha un centro
semantico).
Esempio: presa la parola uccello. Rimanda a una serie di referenti diversi che non ne
costituiscono sensi differenti.
Polisemia semantica (o categorie polisemiche/monocentriche): parole che hanno pi
accezioni, non hanno un unico centro semantico e non sono semanticamente unitarie.
Esempio: presa la parola scuola. Rimanda a una serie di sensi diversi (edificio scolastico e
corrente di pensiero).
Ci sono poi categorie che non rientrano esattamente in nessuno dei due casi, come dispari.
Una categoria prototipica ha le seguenti caratteristiche: 1) un confine sfumato; 2) prevede
gradi di rappresentativit (include membri pi o meno rappresentativi); 3) non c' un
insieme di propriet condivise da tutti i membri della categoria; 4) presenta polisemia
referenziale ma semanticamente univoca o unitaria.

Rapporto col modello delle somiglianze di famiglia di Wittgenstein: ci che accomuna la


teoria dei prototipi e quella delle somiglianze di famiglia, e le distingue dalla teoria classica,
che entrambe non assumono l'esistenza di propriet necessarie e sufficienti. Ci che divide
la teoria dei prototipi e quella delle somiglianze di famiglia che nella teoria dei prototipi il
legame tra i membri di una categoria dato dalla condivisione di almeno una delle propriet
tipiche.
5.3 Problemi aperti della semantica dei prototipi
Imprecisione della nozione di prototipo.
Limiti della nozione di prototipo come strumento per descrivere i significati linguistici
Selezione delle propriet tipiche: come stabilire quali tratti entrano nella rappresentazione
semantica di una parola? Nella semantica dei prototipi, almeno a livello teorico, richiesto
che la rappresentazione sia formata da un insieme di tratti necessari e sufficienti.
Riduzionismo concettuale, ossia si appiattisce la dimensione linguistica sulla dimensione
cognitiva: diventa difficile sia descrivere adeguatamente i meccanismi linguistici che
governano la realizzazione di certi processi cognitivi, sia cogliere l'esistenza delle ricadute e
retroazioni cognitive di quei meccanismi.

Capitolo VI. La composizione del lessico


6.1 Lessico, vocabolario e dizionari
Il lessico sta alla langue (al sistema linguistico), come il vocabolario sta alla parole (uso
della lingua).
Il lessico formato dalle unit astratte (i lessemi) che il sistema linguistico mette a
disposizione dei parlanti, mentre il vocabolario formato dalle unit (i vocaboli)
effettivamente usate nel discorso.
Vocabolario: l'insieme dei vocaboli usati da un singolo parlante o da un gruppo di parlanti.
Lessico: l'insieme di tutti i vocabolari che formano la massa delle parole effettivamente
esistenti e attestate nei testi e nei discorsi realizzati in una lingua. E' dunque un insieme
aperto e infinitamente pi ampio di qualsiasi vocabolario, sia perch include anche i lessemi
potenziali, sia perch un'entit sociale e collettiva che esiste per la comunit linguistica nel
suo insieme ma non per i singoli parlanti.
Ciascuna unit lessicale registrate in un dizionario chiamata lemma (o entrata), l'insieme
detto lemmario e l'opera con cui si registra una parola come lemma la lemmatizzazione.
Lessicografia: l'attivit di progettazione e realizzazione dei dizionari, e pi in generale la
disciplina che ha per oggetto i principi e le tecniche per registrare e descrivere i vocaboli di
una lingua.
Lessicologia: il settore della linguistica che si occupa dello studio generale del lessico, cio
della forma, della storia, del significato e dell'uso dei lessemi che formano il sistema
lessicale.
6.2 La classificazione delle parole
6.2.1 Le parti del discorso

L'esistenza di classi di parole il fondamento stesso della grammatica.


Le parole che appartengono alla stessa classe prevedono lo stesso tipo di modificazione
morfologica, diversa da quella prevista da parole appartenenti ad altre classi.
Sottocategorizzazione: l'operazione con cui si distinguono in una categoria sottoclassi di
parole come nome, verbo, aggettivo.
I tratti di sottocategorizzazione stretta specificano con quali elementi pu combinarsi la
parola.

6.2.2 Parole piene e parole vuote

Parole piene: parole che hanno un contenuto lessicale vero e proprio (significato lessicale),
come nomi e verbi.
Parole vuote: parole che hanno un significato grammaticale o funzionale, cio servono ad

esprimere relazioni grammaticali, come articoli e preposizioni.


La distinzione tra parole piene e parole vuote coincide in larga misura con la distinzione tra
classi aperte e classi chiuse, cio tra classi che ammettono un numero illimitato e
un'aggiunta illimitati di elementi e classi che ammettono un numero fisso di elementi.

6.2.3 I lessemi complessi

Lessemi complessi: lessemi formati da pi parole.


Esempio: macchina da scrivere (nomi), a buon mercato (aggettivi), fare il punto (verbi), a
bruciapelo (avverbi), dal momento che (congiunzioni), a causa di (preposizioni) e grazie al
cielo (interiezioni).
Uno dei criteri per definire i lessemi complessi che sia possibile assegnare la locuzione a
una classe lessicale, cio che essa abbia la distribuzione di un lessema.
6.3 La stratificazione del lessico
Il lessico di una lingua non una massa omogenea, ma un insieme eterogeneo nel quale si
possono distinguere strati di parole diverse per origine, frequenza e ambito d'uso.

6.3.1 Stratificazioni etimologiche

L'etimologia il settore della lingua che studia le forme che una parola ha avuto nel corso
del tempo, consente di distinguere nel lessico di una lingua strati di vocaboli di diversa
origine e formazione.
Tradizione diretta: parole arrivate in italiano direttamente dal latino parlato. Esempio: fiume.
Tradizione indiretta: parole entrate di peso in italiano in epoche successive, quando il latino
aveva smesso di essere una lingua parlata ma continuava a essere, come lingua scritta delle
persone colte, un serbatoio da cui attingere parole. Esempio: fluviale.
Prestiti: lessemi che l'italiano ha acquisito dalle lingue pi diverse. Possono essere adattati
(se la parola ha subito una serie di mutamenti formali per adattarsi alla lingua d'arrivo, come
beef-steack > bistecca), non adattati (se la parola presa nella forma originaria e rimasta
tale, come playboy), di necessit (se il la parola serve a introdurre un concetto o un oggetto
nuovo, come caff) e di lusso (se la parola straniera si affianca ad una gi esistente, come
maquillage per trucco).
Formazioni endogene: le parole create tramite i meccanismi di formazione delle parole
propri della lingua, come la derivazione (lavorare+tore > lavoratore) e la composizione
(capo+treno > capotreno).
Calchi: parole straniere copiate o tradurre attraverso la derivazione o la composizione, come
skyscraper = sky + scraper > gratta + cielo > grattacielo (calco traduzione ), parole gi
esistenti che assumono il significato di una parola straniera, come realize = rendersi conto >
realizzare = attuare e rendersi conto.

6.3.2 Stratificazioni statistiche e di uso

La conoscenza lessicale varia soprattuto a seconda del grado di istruzione, ma anche della
professione e della provenienza geografica.
Vocabolario fondamentale: 2.000 vocaboli di massima frequenza. Esempio: ma, cio, bello,
casa...
Vocabolario di alto uso: 3.000 vocaboli note a chiunque abbia un livello medio di istruzione.
Esempio: accrescere, malgrado...
Vocabolario di alta disponibilit: 2.000 vocaboli poco frequenti nel parlato e soprattuto nello
scritto, ma che risultano presenti nel lessico mentale di gran parte dei parlanti perch
indicano oggetti e azioni legati alla vita quotidiana. Esempio: alluce, pantofola, pizzicare.
Vocabolario di base: unione di vocabolario fondamentale, di alto uso e di alta disponibilit.
Vocabolario comune: 45.000 vocaboli noti a chiunque abbia un'istruzione medio-superiore
indipendentemente dalla professione che svolge e dalla sua provenienza geografica.
Esempio: bacheca, cadavere, abboccare, ecologico, nientemeno, qualora.
Vocabolario corrente: l'insieme, formato dall'unione di vocabolario di base e vocabolario
comune, delle parole, pi o meno note, caratterizzate dal fatto di circolare al di fuori di

ambiti d'uso specializzati.


Regionalismi: parole non necessariamente di origine dialettale ma che hanno diffusione
all'interno di una variet regionale di italiano. Esempio: abbottarsi per rimpinzarsi,
bacherozzo per scarafaggio, capare per scegliere.
Vocabolario di uso letterario: parole presenti nei testi della tradizione letteraria italiana ma
non usati nemmeno nello scritto. Esempio: amist per amicizia, comburere per bruciare.
Vocabolario settoriale: parole il cui uso circoscritto a un ambito specialistico. Esempio:
premorienza ai giuristi, entelechia ai filosofia, atriftaloide ai matematici.
Vocabolari obsoleti: parole che non hanno pi diffusione nella lingua n parlata n scritta e
tuttavia sono registrati nei dizionari a testimonianza della loro passata esistenza. Esempio
ablepsia per cecit, carbolo per fenolo.
Hapax: parole di cui documentato un solo esempio. Esempio: gioventudine, acerbitate.

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