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Tema, autori, disegni sperimentali ed interpretazione con riferimento ai riferimenti teorici degli autori

PROCESSI COGNITIVI e STRATEGIE PER DARE SENSO AL MONDO SOCIALE


L'area di studio identificata come conoscenza sociale quella attualmente pi sviluppata in psicologia sociale ed ha avuto il suo inizio alla fine degli
anni 50, influenzato dalla psicologia cognitiva basata sulla metafora della mente come elaboratore di informazioni. Alla fine degli anno 80 c' stata
una eccessiva focalizzazione su processi cognitivi chiamati "freddi" (cold cognitions), mentre negli ultimi anni invece ci si spostati verso lo studio di
come gli scopi, i desideri e i sentimenti danno senso al mondo sociale, definiti "caldi" (hot cognitions).
Il continuum dello sforzo cognitivo: i due poli
Il continuum dello sforzo cognitivo parte dal presupposto che le persone possano applicare dei processi cognitivi di due tipi, sulla traccia del
modello a due vie sulla persuasione di Cacioppo e Petty. Il modello prevede che i processi possano essere collocati lungo un continuum, dove da
una parte del polo vi sono quelli che richiedono poco sforzo e si verificano quasi senza la consapevolezza della persona, quasi automatici, in cui gli
schemi cognitivi che gi esistono si impongono sulla nuova informazione, mentre al polo opposto ci sono processi che richiedono uno sforzo
cognitivo dato dal considerare sia le informazioni stimolo sia da una valutazione accurata. I primi sono definiti processi top-down, dall'alto verso il
basso e guidati dalle teorie, cio le strutture cognitive del soggetto (alte, teoria) danno un senso agli elementi informativi e agli oggetti percepiti
(basso) e sono rapidi e con poco sforzo cognitivo, mentre i secondi sono definiti bottom-up, cio basso-alto e guidati dai dati, e indicano che
l'attivit cognitiva parte da una nuova informazione (bassa) ed arriva a produrre una nuova struttura cognitiva, richiedendo uno sforzo elevato
cognitivo. Nella vita quotidiana i diversi episodi possono essere collocati da una parte o dall'altra del continuum in base a fattori personali Stili
cognitivi), temporanei (motivazione) o situazionali (ambiente). Secondo molti psicologi sociali l'essere umano flessibile e in grado di operare sia in
modo automatico che consapevole, anche se in condizioni quotidiane una persona si orienta prevalentemente verso processi top-down cio verso
il polo dello sforzo minimo seguendo, in qualche modo, quello che le teorie prevedono: le persone spesso ritengono di vedere la "realt" come essa
realmente, ovvero il realismo ingenuo.

PROCESSI AUTOMATICI E PROCESSI CONTROLLATI.


Parlando di processi inconsapevoli non si intende la prospettiva psicoanalitica, ma piuttosto quei processi di tipo automatico che possono divenire
consapevoli e quindi sottoposti al controllo cosciente. A partire dalle distinzioni gi indicate nel 1866 da Helmholtz e riprese da Shiffrin e Schneider
nel 1977 possibile fare delle descrizioni:
I processi automatici sono quelli che si verificano al di fuori della consapevolezza della persona e che si attivano senza intenzione, sono
particolarmente efficienti e sfuggono dal controllo dell'individuo.
I processi controllati richiedono un certo sforzo e tempo e quindi risultano essere meno efficienti, vengono attivati intenzionalmente e
consapevolmente dalla persona che pu dunque controllarli; possono per essere disturbati sia da fattori personali come una scarsa motivazione o
un sovraccarico cognitivo, sia da situazioni come il rumore o la pressione temporale. Molti processi di conoscenza sociale derivano dall'interazione
di questi due processi.
Wegner (1994) studi l'attivit di soppressione dei pensieri indesiderati che sono tipici della vita quotidiana, come ad esempio non pensare al cibo
mentre si a dieta. In maniera paradossale egli arriv a postulare come a volte lo sforzo di ridurre i pensieri indesiderati in realt ne rafforzano
l'attivazione, poich per respingerli bisogna prima ricordarli.
Secondo Wagner ci sono due processi: la ricerca dei pensieri da evitare che si realizza tramite un processo automatico che richiede poco sforzo, e la
ricerca di pensieri sostitutivi che possano agire come dei distrattori e si realizza mediante il processo di controllo che richiede un certo sforzo
cognitivo. In caso di normale disponibilit di risorse cognitive la persona pu far uso di entrambi i processi, ma nei momenti in cui prevale la
stanchezza o mentre siamo impegnati in altri compiti, il processo automatico continuerebbe nella sua attivit mentre quella di controllo verrebbe
disturbata o inibita, il cui risultato sarebbe quello di una iperaccessibilit proprio nei confronti di quei pensieri che si voleva evitare. Lo stesso
Wegner assieme a Erber (1992) confermarono questa teoria con un esperimento in cui a dei partecipanti veniva chiesto di concentrarsi su alcune
parole, come ad esempio macchina oppure di evitare di pensare ad esse. Dopo di che veniva presentata una lista di parole da leggere, e che
potevano attivare la parola bersaglio, come ad esempio carrozzeria, volante ...) oppure essere neutre (lampada, cuscino...) e indicare quello che
veniva in mente. I partecipanti veniva dato un tempo brevissimo per rispondere cio erano in una condizione di pressione temporale, per la prima
parte della lista, mentre per la rimanente il tempo era pi lungo. I risultati mostrarono che nella condizione di evitamento veniva dato un numero
superiore di risposta associate alla parola bersaglio nella condizione di pressione temporale, confermando che in condizioni di ridotta capacit
cognitiva l'accessibilit alla parola che si voleva inibire in realt tende paradossalmente ad aumentare.
L'influenza dei PROCESSI AUTOMATICI nella vita di tutti i giorni
E' stato dimostrato che esiste automaticit sia nei sentimenti che nel pensiero e sia nell'individuare scopi e intenzioni. Nella nostra esperienza
quotidiana le molte azioni che realizziamo possono essere imputabili ad uno dei due processi: automatici o controllati. Ad esempio nel guidare nel
traffico mentre faccio altre cose come pensare a come risolvere un problema, e in cui non mi rendo contro delle attivit motorie che faccio, cio
accelerare, frenare, ecc. che ho realizzato per larga parte con comportamenti automatici. Sono state fatte tante ricerche sperimentali sull'influenza
di processi automatici nella manifestazione di scopi e intenzioni riflesse nel comportamento, come quelli riguardanti l'effetto derivante dal priming
di tipo semantico.
Una ricerca sull'influenza del priming sul comportamento stata condotta da Carver e soci nel 1983, dove ai soggetti venivano presentate una serie
di parole prime (a cui il soggetto non prestava attenzione) su uno schermo e successivamente prendere una decisione rispetto alle parole che
comparivano di seguito (su cui il soggetto prestava attenzione). Nellesperimento, le parole prime appartenevano allarea dellostilit oppure
allarea della neutralit, ed evocavano quel tipo di concetto. Terminato il primo compito, in un altro contesto, i soggetti dovevano improvvisarsi
insegnanti e punire con scosse elettriche un falso allievo (un collaboratore dello sperimentatore che dava intenzionalmente risposte sbagliate)
quando commetteva un errore. Linsegnante era convinto di dare delle punizioni particolarmente dolorose inviando shock elettrici di intensit
crescente. La variabile dipendente lintensit dello shock elettrico inviato per punire lallievo che sbaglia. I risultati furono che nella condizione
prime di controllo (neutro) i soggetti inviavano shock elettrici di intensit fino a 2,24, mentre invece i soggetti che avevano subito un priming basato
su concetti di ostilit inviavano shock fino al 3,31. Pur non essendoci consapevolezza nei soggetti, si realizzava proprio la relazione tra parole prime e
comportamento ostile.
Nel 1996 Bargh e collaboratori hanno fatto una ricerca sul priming semantico in relazione alle modalit di interruzione al dialogo dello
sperimentatore. Dopo essere stati sottoposti a un prime semantico, i soggetti dovevano completare delle frasi usando delle parole che avevano a
che fare con gentile o con rudezza o neutre rispetto al comportamento. Successivamente i soggetti venivano condotti in un altro laboratorio e
veniva detto loro che avrebbero dovuto aspettare che lo sperimentatore terminasse di parlare con un collega, il quale ovviamente non smetteva. La

variabile dipendente il numero di interruzioni da parte dei soggetti che si intrufolano nella situazione di dialogo per fare presente che ci sono
anche loro. I risultati hanno mostrato che con l'attivazione del prime che riguarda il concetto della durezza, i soggetti interrompono pi
frequentemente il colloquio dello sperimentatore, al contrario da quelli che avevano ricevuto parole prime che riguardavano la gentilezza. Sono
comportamenti di cui le persone non sono consapevoli, ma che sono l'evidente risultato del priming semantico realizzato precedentemente.
Un ulteriore esperimento di Bargh e collaboratori intendeva verificare la relazione del priming con la velocit di comportamento in cui i soggetti
venivano sottoposti a una serie di frasi che avevano a che fare con il concetto di vecchio o di giovane, e come si sarebbero comportati coloro che
subivano un priming basato sul concetto di
vecchiaia, rispetto a coloro che hanno ricevuto concetti di neutralit. Lo sperimentatore poi analizzava la velocit di deambulazione alluscita del
laboratorio dopo aver effettuato lesperimento.
I risultati mostrarono che chi aveva ricevuto il priming basato sul concetto di vecchiaia, era anche pi lento ad attraversare il corridoio e quindi
impiegava anche pi tempo rispetto alle altre persone, mostrando, di fatto, l'influenza del priming iniziale con l'attivit del camminare.
Questi sono esempi ci dicono che ci sono sia i comportamenti sui quali non riusciamo ad esercitare un controllo di tipo strategico, sia che a volte
lesito delle nostre decisioni invece il risultato di meccanismi automatici.
Cosa si intende per processo automatico e che RUOLO hanno nel giudizio sociale
Gilbert (1991-1993) riprendendo la tesi fornita da Spinoza e contrariamente a Cartesio, sostiene che le persone tendono inizialmente a ritenere
come vero tutto ci che vedono e che sentono per poi verificarne la veridicit ed eventualmente apportare delle correzioni, un fenomeno gi
descritto anche dall'euristica dell'ancoraggio e aggiustamento. Secondo Gilbert ci sono tre fasi: la prima riguarda l'accettazione di tipo automatico e
non richiede sforzo, mentre le successive due, denominate verifica ed eventuale rifiuto, sono di tipo controllato e quindi richiedono sia sforzo che
tempo. Seguendo questa tesi si riesce bene a comprendere il perch sia la correzione che il rifiuto possano essere insufficienti o anche assenti. Il
meccanismo del vedo e quindi vero ha una grande utilit nel quotidiano perch per esempio ci permette di riconoscere il palo che vediamo come
vedo e quindi riuscire ad evitarlo.
Gilbert, Tafarodi e Malone (1993) chiesero a dei partecipanti di leggere su uno schermo dei rapporti di crimini e di stabilire per ognino di essi gli
anni di reclusione; veniva detto loro che i rapporti contenevano notizie false e che erano evidenziate in rosso, anche se in realt venivano distribuite
a met gruppo informazioni false che facevano sembrare il crimine pi grave, mentre all'altra met ne riducevano la gravit. Inoltre a met gruppo
veniva detto di premere un pulsante non appena sullo schermo appariva il numero 5, e quindi una divisione di compito che avrebbe prodotto un
affaticamento cognitivo. I risultati mostrarono che in assenza di affaticamento cognitivo sia le affermazioni false aggravanti che quelle attenuanti
non presentavano significative differenze (7-6 anni reclusione), mentre nella condizione di affaticamento cognitivo le affermazioni false aggravanti
si mostrarono decisamente pi salienti (6 e 11 anni di reclusione).
I processi automatici si attivano in maniera pi immediata e forniscono con poco sforzo la prima risposta che eventualmente verr corretta tramite
dei processi di controllo che invece richiedono pi tempo e pi sforzo cognitivo. Tipicamente le persone utilizzano i processi cognitivi controllati in
presenza di nuove informazioni che risultano incongruenti rispetto ai processi che guidano quelli automatici, oppure quando c' l'interesse della
persona per i risultati del giudizio espresso (outcome dependency), oppure ancora quando c' la percezione di dover rendere conto del giudizio
espresso (accountability).
Il ruoli che riguardano il processo automatico sono di vario tipo e vanno dagli stereotipi, cio da formulazione di giudizi come esiti di attivit
realizzata in maniera inconsapevole su una persona sulla base della consapevolezza che essa appartiene a un determinato gruppo sociale e che
grazie alle nostre esperienze passate ci fanno dedurre che quella persona di conseguenza ne possieda sia i tratti che i comportamenti, all'effetto
della mera esposizione dove uno stimolo pi volte presentato verr giudicato anche pi positivamente in una sorta di ascesa nella scala di
valutazione, dalla consapevolezza degli stimoli ma non degli effetti dove uno stimolo ci appare pi o meno gradevole in relazione agli stimoli
ambientali, fino al sovraccarico cognitivo che si realizza in base alla velocit di presentazione e alla quantit dell'informazione, nonch alla pressione
temporale e alla presenza in contemporanea di un altro compito.
I fattori motivazionali ed affettivi: le attivit cognitive calde
La dissonanza cognitiva
Leon Festinger, allievo di Lewin, propose una delle teorie pi famose (1957), quella della dissonanza cognitiva, secondo la quale se una persona
viene indotta a comportarsi in maniera contraria al proprio atteggiamento e se crede di farlo in totale libert, esse stessa sperimenter una
tensione cognitiva generato proprio dalla discrepanza tra comportamento ed atteggiamento, e per ovviare a questo stato spiacevole tender a
modificare il proprio atteggiamento e potrebbe finire col pensare che forse non era cos contraria alla posizione presa.
In un esperimento condotto da Festinger e Carlsmith (1959) dei soggetti dovevano partecipare a delle prove di abilit motoria che erano studiate
per essere noiose e prive di interesse. Dopo di che veniva chiesto loro se volevano collaborare con lo sperimentatore il cui compito era di dire a un
successivo soggetto che la prova era interessante e stimolante la cui ricompensa per met gruppo era di un dollaro e per l'altro 20 dollari. Dopo di
che passavano da un collega che fingeva di essere estraneo alla ricerca, il quale poneva loro la domanda cruciale sulla valutazione negativa o
positiva dell'attivit motoria che avevano eseguito. I risultati mostrarono che colori i quali ricevevano un dollaro, quindi sperimentavano la
dissonanza cognitiva, pur di giustificare la menzogna manifestarono il cambiamento in direzione dell'atteggiamento, mentre i soggetti che
ricevettero 20 dollari, ritenevano il compenso come una giustificazione di per s sufficiente e quindi non avevano nessuna motivazione nel
cambiare.
Per dimostrare che il cambiamento prodotto era determinato da fattori motivazionali, Zanna e Cooper (1974) sostennero che era necessario
soddisfare due condizioni: la prima che la persona deve sperimentare uno stato di attivazione, e la seconda che deve riconoscere il conflitto come
determinato dal comportamento in frizione con l'atteggiamento. Rifecero l'esperimento di Festinger aggiungendo la variante di somministrare una
pillola placebo in cui a met gruppo ne veniva detta la verit, mentre all'altro che poteva produrre uno stato di attivazione il cui riflesso portava a
far percepire la pillola come la responsabile della tensione del proprio comportamento controattitudinale, e di conseguenza non avrebbero
modificato il proprio comportamento. Il risultato conferm questa ipotesi.
Secondo Claude Steele (1988) invece, le persone sperimentano la dissonanza cognitiva perch sono messi in una condizione di minaccia alla propria
immagine, dovuto proprio al comportamento controattitudinale, e che quindi come soluzione veniva modificato il proprio comportamento per
riaffermare la propria identit di persona corretta. La sua ipotesi era che in assenza di minaccia e quindi di soddisfacimento della riaffermazione di
s, non si sarebbe verificata la dissonanza cognitiva. Per confermare la sua teoria, Steele e Liu (1983) fecero una ricerca con studenti interessati alla
politica e all'economia con la caratteristica di essere noti per la loro posizione di forte contrariet all'aumento delle tasse universitarie, il cui
compito era appositamente quello di scrivere invece un testo a favore di un forte aumento, capace quindi di attivare in loro la dissonanza cognitiva.
Prima di scrivere il testo dovevano rispondere ad un altro questionario che riguardava in una caso l'economia e nell'altro la politica. Il risultato fu
che per il semplice fatto di compilare il questionario corrispondente ai propri interessi i soggetti non modificarono il loro atteggiamento, perch la
compilazione stessa sarebbe stata una modalit per riaffermare la propria identit e dunque soddisfare la motivazione all'affermazione di s.

In una ricerca effettuata in Nord America in cui i partecipanti mostrarono un pregiudizio negativo ritenendo una donna ebrea meno competente di
una italiana, il fatto di poter far affermare i propri aspetti positivi inibivano tale pregiudizio.
I meccanismi grazie ai quali l'influenza si realizza suggerisce due possibilit: la prima vede la motivazione come orientamento di recupero mnestico
grazie al quale verrebbero richiamati esclusivamente dei contenuti verso la conclusione desiderata, mentre nel secondo caso la motivazione
sarebbe fonte di stimolo per creare teroie casuali coerenti con la conclusione desiderata.
Le persone tenderebbero a costruire questo tipo di teorie distorte maggiormente quando le persone hanno appena sperimentato un fallimento e
quindi sentono il bisogno di riparare la propria immagine. Questi processi vengono impiegati nella sola condizione in cui sono in grado di giustificare
le conclusioni alle quali giungono.
Influenze motivazionali non direzionali
La recente ricerca considera l'influenza esercitata sui processi cognitivi da motivazioni pi generali quali la motivazione all'accuratezza, oppure da
motivazioni verso il raggiungimento di una conoscenza definita quale la motivazione alla chiusura cognitiva. Sono motivazioni che non spingono in
una direzione ma che sono in grado di determinare la quantit e la qualit dell'attivit cognitiva.
Le prime ricerche sulla motivazione all'accuratezza sono state condotte da Phillips Tetlock (1985), che riprendendo la prospettiva interazionista
simbolica, affermava che gli esperimenti non mettevano i soggetti nelle stesse condizioni della vita quotidiana, e che l'individuo sempre
consapevole del fatto che ci che dice pu essere contestato. Secondo tetlock la probabilit di commettere errori o distorsioni dipende dalla
percezione di dover rendere conto, che innescherebbe un bisogno di accuratezza per non far lievitare il timore di formulare dei giudizi non validi,
cio la paura dell'invalidit. Pi basso percepito l'obbligo e minore saranno gli errori (bassa accountability), pi alto e pi saranno probabili (alta
accountability). Le persone in questi casi tendono a fornire giudizi pi complessi e articolati.
Tetlock e Kim (1987) fecero una ricerca in cui veniva chiesto a dei partecipanti di formulare dei giudizi sulla personalit di alcuni soggetti a partire
dalle loro risposte su un questionario comporto da 16 domande. A met veniva detto che dovevano poi discutere e giustificare i loro giudizi (alta
accountability) mentre all'altra met veniva detto che sarebbero rimasti anonimi (bassa). Inoltre dovevano prevedere come avrebbero risposto per
ulteriori 16 domande. I risultati ammisero che i giudizi formulati dai partecipanti alla prima condizione oltre a fare un uso maggiore di attributi per
descrivere ciascun individuo, erano in grado di formulare delle previsioni pi accurate dimostrando cos che l'elaborazione pi accurata
dell'informazione aveva favorito il miglior svolgimento.
Secondo Kruglanski la motivazione alla chiusura corrisponde al doppio desideri delle persone di avere una risposta chiusura e di mostrare la loro
avversit nei confronti dell'ambiguit. La motivazione danza su un continuum che prevede un polo di minima motivazione alla chiusura e un
opposto di massima motivazione. Se elevato il bisogno di chiusura, le persone danno segni di impazienza, impulsivit e formulano i giudizi
mostrando una rigidit di pensiero e sono riluttanti ad accettare punti di visti differenti dai loro; invece se sussiste una motivazione ad evitare una
precoce chiusura le persone mostrano incertezza nell'impegnarsi per raggiungere una posizione definita sospendendo il giudizio e cercando di
produrre velocemente altre opzioni alternative. La motivazione alla chiusura pu essere indotta dalle caratteristiche del contesto come
affaticamento, rumore, pressione temporale etc... oppure pu essere una caratteristica disposizionale dell'individuo.
La motivazione alla chiusura pu portare con s due tendenze: la tendenza all'urgenza che consiste nell'afferrare la prima soluzione che
consentirebbe la chiusura del processo cognitivo, oppure la tendenza alla permanenza che consiste nel non modificare le decisione prese in
precedenza e congelare le posizioni gi raggiunte.
Gli stati d'animo e la relazione con i processi cognitivi
Se si induce uno stato d'animo positivo questo si rifletter sui giudizi che risulteranno quindi pi positivi rispetto ad una induzione negativa o
neutra. L'effetto delle manipolazioni stato riscontrato in una grande variet di giudizi. L'influenza sui giudizi degli stati d'animo pu essere spiegata
in due modi: la prima in cui si ipotizza che possa facilitare il recupero del materiale memorizzato con coerenza affettiva, e la seconda che possa
essere utilizzato come fonte di informazione. Nel primo caso lo stato d'animo innesca il fenomeno di priming nel processo di recupero delle
informazioni cosicch una persona si sente felice in quanto si sarebbero stati attivati elementi cognitivi associati con tale stato affettivo: se al
momento della valutazione lo stato d'animo positivo sar pi facile accedere agli elementi positivi, congruenti con lo stato affettivo e per effetto
della euristica della disponibilit questo porter a ritenere che gli elementi positivi siano pi frequenti degli altri e orienteranno verso una
formulazione globale pi positiva. Stesso discorso quando valutiamo noi stessi in cui il giudizio globale sar influenzato dallo stato d'animo in cui ci si
trova in quel determinato momento.
Nel secondo caso le persone usano gli stati d'animo come fonte diretta di informazione per dare un giudizio, come descrivere un dolce in un certo
contesto, con una certa persona etc... Per esempio gli spot pubblicitari non hanno lo scopo di migliorare il nostro stato d'animo, ma piuttosto che lo
usiamo per valutarne i prodotti pubblicizzati. L'erronea attribuzione dello stato d'animo verso l'oggetto si verifica solamente nella condizione in cui
non c' consapevolezza della vera causa del proprio stato d'animo. In questo senso Schwarz e Clore (1983) hanno condotto delle ricerche sugli
effetti delle condizioni atmosferiche. Venivano contattati via telefono dei soggetti in giorni sia di cattivo che tempo buono e venivano fatte loro
delle domande sulla loro felicit in generale: in linea con quanto detto le persone contattate nei giorni di sole risultarono quelle pi felici sia al
momento della giornata, ma anche a livello pi globale. Creando una nuova condizione, ovvero chiedere esplicitamente come era il tempo in quel
momento avrebbe dovuto portare i soggetti alla consapevolezza che il loro stato d'animo era influenzato dal tempo: difatti le persone contattate
nel giorno di sole erano quelle che si dichiaravano pi felici, ma era scomparsa invece la felicit globale.
Nel 1995 Forgas ha proposto il modello dell'infusione dell'affetto, che puntualizzava che l'influenza degli stati d'animo erano pressoch nulli sia nei
casi in cui il giudizio poteva essere espresso recuperando una valutazione gi data in passato, sia quando il giudizio fortemente influenzato da
motivazioni e scopi direzionali che dovrebbero sovrastare l'influenza dello stato d'animo.
Quando le persone usano dei processi di tipo euristico, gli stati d'animo sono utilizzati come fonti dirette di informazione e la relativa positivit o
negativit viene attribuita all'oggetto, mentre per i processi pi impegnativi e complessi il processo di recupero sarebbe influenzato dal processo di
priming.

Il continuum basato sul potenziale di inibizione


Ci sono strumenti che consentono di registrare le risposte delle persone di tipo implicito, legati all'inconscio,e di tipo esplicito pi consci e
controllabili, e di cui possibile analizzarne il grado di controllo da parte della persona in base alla risposta che viene data. Il Modello del
continuum del potenziale di inibizione mette in relazione i processi automatici con quelli strategici e tra misure di tipo implicito ed esplicito. Per
registrare le risposte degli individui ci si basa su una scala di strumenti utilizzati ad esempio nel caso di somministrazione di questionari, in cui si
passa da risposte deliberate e quindi esplicite e consapevoli a risposte man mano pi implicite e meno consapevoli: ad esempio in una scala che da
facile e difficile vede rispettivamente il razzismo vecchia maniera, le nuove scale di razzismo moderno, scale di pregiudizio latente, seduta di
distanza fino ad arrivare al bias di tipo linguistico e al contatto oculare.
Si passa da risposte deliberate esplicite e consapevoli a risposte sempre meno deliberate meno esplicite meno consapevoli: per esempio linibizione
nel caso di un razzista prima maniera sar molto facile perch se io non voglio manifestare il mio pregiudizio sar sempre in grado di censurare le

mie risposte, mentre per le misure di tipo indiretto, risulter sempre pi difficile poter inibire le mie risposte perch ci stiamo spostando da processi
controllati a processi sempre pi di tipo automatico.
Ci sono stati vari esperimenti sul continuum, come ad esempio il Chi ha detto che cosa, in cui presentare alla persona delle affermazioni prodotte
da membri sia dellingroup che delloutgroup. In un tavolo di discussione tra bianchi e neri se una persona che ha una forte componente di
pregiudizio, sar portato ad aumentare il numero di errori entro la razza e a diminuire il numero di errori tra le razze, quindi se ci saranno degli
errori da attribuire, questi errori saranno
prevalentemente allinterno degli stessi gruppi: se faccio un errore nellattribuire una frase a un nero lattribuir ad un altro nero, se faccio un
errore nellattribuire una frase a un bianco lattribuir ad un altro bianco.
Nel Compito della persona famosa viene chiesto a un gruppo di italiani del nord e del sud di riconoscere degli esemplari di persone famose che
tipicamente sono settentrionali o meridionali. Se ci sono casi in cui meridionali e settentrionali si percepiscono come appartenenti a due gruppi
diversi, quello che succede cheognuno bravo nellindividuare degli esemplari positivi del proprio gruppo (una persona famosa ammirevole
piacevole ecc...) con tempi di latenza molto bassi. Se invece una persona appartiene a un gruppo ma ha delle condotte di tipo negativo, pi
difficilmente si riuscir a riconoscerla come appartenente al medesimo gruppo: i risultati sono speculari per quanto riguarda il gruppo opposto.
In una ricerca sul Priming semantico i partecipanti bianchi e neri dovevano giudicare parole di tipo positivo e negativo dopo essere stati sottoposti
allo stimolo prime rappresentato da un volto di un nero e di un bianco. Il risultato ha messo in risalto che i volti di un nero attivano nel partecipante
bianco parole pi facilmente parole tipo negativo, mentre impiegano pi tempo e maggior difficolt nel caso in cui la parola positiva sia preceduta
dal volto di un nero. I partecipanti neri, a loro volta, realizzano una prestazione che speculare rispetto a quella dei partecipanti bianchi: hanno una
velocit alta nel riconoscere un termine di tipo negativo quando preceduto dal volto di un bianco.
In ultima analisi i processi automatici influenzano in larga parte la nostra condotta, i nostri giudizi, e le nostre scelte anche sulla base di
meccanismi per i quali noi non abbiamo consapevolezza. E' possibile dunque asserire che qualche volta siamo convinti di agire sulla base di scelte di
tipo razionale, mentre in realt le nostre scelte sono frutto di processi i cui prodromi sono per noi inconsapevoli.
PROCESSI DI ELABORAZIONE dell'informazione sociale
Bertlett (1932) fece degli studi sulla memoria a partire da un approccio non classico ma usando il metodo della riproduzione ripetuta: ai
partecipanti veniva presentato un brano estratto da un racconto popolare indiano, che dovevano leggerlo due volte e riprodurlo dopo 15 minuti la
prima volta, eppoi altre in occasioni successive. L'autore analizz i risultati in chiave qualitativa esaminando le trasformazioni che il brano subiva
nelle differenti riproduzioni. e mise in luce alcuni punti: le riproduzioni accurate di un individuo sono l'eccezione e non la regola e possiedono una
struttura che persiste nel tempo; quelle a lunga distanza sono soggette a maggiori elaborazioni e l'inserimento di elementi estranei; viene fato uso
di inferenze; emergono dettagli che si uniformano agli interessi di chi legge, e infine, nomi, frasi, eventi comuni vengono modificati in direzione di
conformismo verso il contesto sociale di apaprtenenza del soggetto che sta leggendo. Le sue ricerche sono importanti perch compare per la prima
volta il concetto di schema e vengono evidenziate sia il carattere ricostruttivo della memoria, sia una prima indicazione relativa a quella che
l'origine culturale degli schemi.
Cosa un concetto
Il concetto una rappresentazione mentale soggettiva di una categoria dentro la quale c' tutto quello che sappiamo sulla medesima categoria
associati grazie ad una similarit parziale, ivi compresi i propri membri. I concetti non sono solamente riferiti a soggetti, oggetti e a situazioni, ma
piuttosto a come noi crediamo che essi siano. Essendo quasi sempre delle rappresentazioni soggettive, in cui il grado di soggettivit aumenta
passando da oggetti materiali (mela, tavolo)a persone (avocato, giovane) o situazioni sociali. Sono le teorie che abbiamo del mondo che ci guidano
nella scelta dei concetti e delle categorie che ci sembrano pi salienti. Gli psicologi sociali preferiscono usare tipicamente il termine schemi,
indispensabili per poter dare un senso alla mole di stimoli nei quali siamo immersi.
Cosa uno schema, definizione
Lo schema, che rappresenta sia oggetti che eventi, una struttura di conoscenza astratta, le cui interconnesse informazioni risiedono nella
memoria a lungo termine, e ne rappresenta le propriet generali, tralasciandone i dettagli poco importanti o irrilevanti in maniera tale da
evidenziarne le caratteristiche salienti. Grazie allo schema, tipicamente identificato con un'etichetta linguistica, possiamo da una parte poter
ordinare oggetti o eventi in categorie generali, mentre dall'altra possiamo riconoscere in maniera precisa gli elementi che essa stessa contiene
mediante proprio la codifica di quei tratti essenziali che la caratterizza... Un automobile la riconoscer come tale anche se dovesse avere le ruote
gialle e i vetri azzurri. Quando un fenomeno si ripresenta con una certa frequenza, viene codificato in termini astratti, cio ne vengono estratti i
tratti essenziali i quali ne diventano la caratteristica dello schema. Esempio, di una scatola posso riconoscerne i tratti di oggetto, di rigidit, di
qualcosa che contiene etc..., cos come per un terrorista i tratti salienti saranno la pericolosit, l'essere armato ed essere incontrollabile.
Il RUOLO DEGLI SCHEMI NELL'INTERAZIONE SOCIALE il concetto di attivazione degli stessi, Le funzioni degli schemi
Il fatto il percepire un oggetto, una persona o un comportamento consiste nel vedere un insieme di stimoli sensoriali, un esemplare di una
categoria. Non noi vediamo una sfera, una superficie irregolare, il colore arancione ma vediamo un arancia, cio l'insieme di queste percezioni, in
maniera indipendente dalla dimensione, dell'intensit del colore etc... Questa classificazione, tipicamente automatica, presenta la sua utilit nel
poter trattare oggetti in parti diverse, allo stesso modo (sbuccio tutte le arance nello stesso modo) e di avere una conoscenza generale della
categoria in modo da dare senso alle singole parti, agli esemplari (so, che le arancia possono essere spremute); inoltre possiamo andare oltre
l'informazione data e addentrarci nel campo delle inferenze, ovvero pensare che l'oggetto sia succoso, o avere la polpa gialla o rossa senza neppure
aprirlo o assaggiarlo. Grazie alla classificazione possibile concentrarsi sulle informazioni salienti, dirigere l'attenzione sull'elemento rilevante per
quella categoria il che semplifica e rende veloce ed efficace l'attivit cognitiva.
Gli schemi influenzano sia il processo di memoria in fase di archiviazione, che in fase di recupero dell'informazione e di conseguenza
l'interpretazione dipender da ci che dell'evento ricorderemo: evidente che il pianto pu suscitare differenti interpretazioni se siamo a un
funerale o se siamo a un matrimonio, ovvero dolore e felicit. L'evento sar archiviato assieme al significato che gli stato attribuito, ma con il
tempo verr separato da altre immagini osservate inizialmente, nel senso che ricorderemo che Tizio era commosso al matrimonio anche se non ne
ricordiamo pi i dettagli. La comunicazione riguarda il fatto che gli schemi sono strutture socialmente condivise nella maniera in cui noi e gli altri
siamo in grado di usare gli stessi schemi, che possono essere astratti (amore, giustizia) visive (indico un bambino) oppure azioni (camminare,
leggere).
Le aspettative legate agli schemi trascinano l'attenzione in direzione degli elementi congruenti o incongruenti con le medesime aspettative,
piuttosto che su elementi neutri (sempre rispetto a tali aspettative). La focalizzazione su elementi congruenti con l'aspettativa permette una
maggiore frequenza di memorizzazione. Secondo Stangor e McMillan (1992) se le persone hanno una motivazione, e la piena capacit, tale da
consentire l'utilizzo di processi cognitivi accurati ed impegnativi, le informazioni incongruenti vengono maggiormente ricordate rispetto a quelle
neutre o congruenti, mentre quando la motivazione assente, o non ci sono capacit necessarie, sono le informazioni congruenti ad essere
ricordate meglio. Gli schemi creano delle aspettative capaci sia di guidare al recupero delle informazioni memorizzate, sia nella fase iniziale di

codifica della nuova informazione. Pyszczynski e colleghi (1987) hanno letto a dei partecipanti una lista di comportamenti negativi e positivi di una
persona bersaglio e successivamente veniva fatto leggere anche una autodescrizione che a met gruppo corrispondeva all'essere arrogante e
presuntuosa, e all'altra met modesta e rispettosa. I risultati hanno confermato che in entranbe le condizioni i comportamenti che venivano
ricordati con maggiore frequenza erano proprio quelli congruenti suggeriti dallo schema dell'autodescrizione.
Gli schemi riescono anche a influenzare il modo in cui vengono interpretati i ricordi, o addirittura farci evocare cose che non abbiamo mai fatto: un
ritardo seguito da un regalo pu essere visto come segno di attenzione, diversamente se precedentemente abbiamo tradito la persona, diverr un
sinonimo di senso di colpa. In un esperimento Lotus e Palmer (1974) hanno dimostrato come gli schemi producano falsi ricordi: a due gruppi di
persone veniva fatto vedere il medesimo filmato relativo ad un incidente automobilistico e fatto loro una domanda che presentava una piccolissima
variazione: a un gruppo veniva chiesto "A quale velocit procedevano i veicoli che sono andati a sbattere l'uno contro l'altro?", mentre al resto la
domanda era "A quale velocit procedevano i veicoli quando sono venuti in contatto?". Questa lieve differenziazione semantica ha prodotto che nel
primo caso la media delle risposte era di 66 km orari, mentre nel secondo caso era circa 50 km orari. Questa ricerca, come molte altre, esplicitano
che schemi attivati anche in maniera inconsapevole durante il momento della rievocazione, possono portare alla costruzione di testimonianze che
non si limitano a distorcere gli eventi, ma in alcuni casi li creano.
In conclusione: gli schemi possono influenzare il modo con cui noi interpretiamo, filtriamo e memorizziamo la nuova informazione, mostrandosi
come elementi costruttivi di base del pensiero umano.
Inconvenienti che derivano dall'utilizzi degli schemi, effetti collaterali
Se da un lato vero che gli schemi sono uno strumento indispensabile che permette di far fronte a una grande mole di informazioni in maniera
rapida e relativamente senza sforzo, dall'altra parte essi stessi possono portare alla formulazione di convinzioni, decisioni, giudizi su altre persone
che possono risultare inadeguate e potenzialmente dannose. Il primo aspetto dato dalla perseveranza degli schemi, cio da un notevole
attaccamento delle persone verso i propri schemi mentali considerandoli sempre validi e in presenza di informazioni che invece li contraddicono la
risposta quella di forzare ed adattare gli stimoli nuovi all'interno di categorie gi esistenti. Un esperimento di Bruner e Postman (1949) prevedeva
di far identificare a dei soggetti una serie di carte da gioco per un tempo brevissimo in cui, mischiate, c'erano carte anomale, come ad esempio il 4
di picche era rosso oppure il 2 di cuori era nero. Dopo diverse presentazioni, in cui veniva sempre pi aumentato il tempo di esposizioni, i soggetti
dovevano riconoscere le carte. L'aspetto interessante era proprio la perseveranza con cui le carte anomale venivano identificate come normali
senza incertezza o perplessit: ad esempio il 2 di cuori nero veniva adeguato in una categoria preesistente come 2 di cuori o 2 di picche. Solo
aumentando il tempo i soggetti cominciavano a notare qualcosa che non andava anche se non ne scorgevano la motivazione. Gli schemi
influenzavano la percezione. A partire da questo esperimento Kuhn (1962) sostenne che gli schemi usino gli stessi meccanismi difensivi facendo
riferimento ai paradigmi dominanti rivolgendosi alla conoscenza scientifica; ci si rassegna a cambiare i propri paradigmi (schemi) solamente dopo
una prolungata esposizione ad una realt esterna che non vi si adatta, come nel caso delle rivoluzioni scientifiche.
Molti studi hanno evidenziato come gli schemi possano produrre delle distorsioni influenzando sia ci che vediamo, che ricordiamo e sia il modo
con cui ci comportiamo, in una tendenza alla conferma degli schemi, come creare aspettative e vedere quelle cose previste dallo schema e non
vedere quelle non previste.
Una influenza famosa quella della profezia che si autoavvera, oppure nella strategia di verifica positiva o nella correlazione illusoria.
L'effetto della Correlazione illusoria evidenzia come un gruppo minoritario riceva una valutazione pi negativa rispetto a quello maggioritario
nonostante le azioni possiedano lo stesso grado di positivit o negativit (cambia solo la variabile numerica) e il cui risultato mostra come sia
sufficiente far parte di una minoranza per vedere sovrastimata la rilevanza delle proprie azioni da parte della maggioranza. Questo fenomeno varia
in base alla motivazione. Se il giudizio viene dato dagli stessi membri del gruppo di minoranza la correlazione illusoria tende a scomparire. Un
esperimento analogo con omosessuali ed eterosessuali ha confermato questo fenomeno evidenziando inoltre che la correlazione sulla scia di
processi motivazionali debba essere fatta a posteriori per poter essere corretta dalla minoranza. Il fenomeno della correlazione non universale ma
deve prevedere un gruppo di dominanza.
Da un punto di vista clinico Loren e Jean Chapman (1969) hanno studiato la correlazione illusoria usando il famoso testi di Rorschach (tavolette con
macchie di inchiostro in cui riconoscere figure), a partire dall'ipotese che certe caratteristiche di personalit abbiano una certa tendenza a vedere
determinate figure, in particolare tra determinate risposte e omosessualit. Le correlazioni empiriche dicono che i soggetti omosessuali vedono, pi
degli eterosessuali, figure mostruose e pi ambigue met umane e met animali. Le due sperimentatrici presentarono a dei partecipanti le tavole di
Rorschach con le risposte date da alcuni soggetti diversi dei quali c'era una breve descrizione: alcune erano correlate con l'omosessualit, altre
erroneamente ritenute associate e altre ancora erano neutre. Il compito era stimare quale risposta era associata con ciascuna descrizione. Il
risultato fu che i soggetti riferirono di aver rilevato una correlazione tra le risposte erroneamente associate all'omosessualit e le persone descritte
come tali, evidenziando che drammaticamente molto di ci che noi impariamo dall'esperienza riflette le precedenti teorie della realt piuttosto che
sulla reale natura della realt.
Impressione e realt
Come le impressioni plasmano la realt e resistono alle controprove
Le prime cose che scopriamo di una persona, cio derivanti dal processo on-line, rappresentano un'ancora su cui agganciare altre informazioni che
pian piano veniamo ad apprendere di una persona. Le nuove informazioni possono essere congruenti o incongruenti: le prime rafforzano la prima
impressione, mentre le seconde fanno innescare dei processi di attribuzione tale per cui viene cercata una spiegazione, ovvero una difesa contro un
eventuale cambiamento, che cerchi di mantenere inalterata l'immagine iniziale, cio coerenza e organicit. L'informazione iniziale modificabile
esclusivamente quando i processi distribuzionali sono incapaci di riconciliare l'impressione iniziale con le nuove informazioni incongruenti.
La codifica in memoria, cio lo spostamento dalla working memory alla memoria a lungo termine, passa attraverso strutture schematiche: ad
esempio nell'incontrare una persona si attiveranno immediatamente i meccanismi on-line che genereranno una prima impressione che verr
eventualmente arricchita di nuove indicazioni, mentre le incongruenze verranno riconciliate grazie ai meccanismi attribuzionali, e infine l'immagine
della persona verr trasportata nella memoria a lungo termine, ovvero ci sar un'immagine che ci permetter di riconoscere in futuro la persona
stessa. Nell'atto di codifica e utilizzando uno stereotipo, ad esempio l'impressione iniziale di Tizio e lo stereotipo dell'avvocato, tutto ci che
coerente con il suddetto stereotipo verr trasferito anch'esso nella memoria a lungo termine, e in questo atto verranno trascurate invece le
informazioni che con lo stereotipo non sono coerenti. Nel momento in cui devo recuperare l'immagine di Tizio, le informazioni che non riescono ad
essere rievocate vengono compensate con informazioni generiche su come gli avvocati sono: questo accade quando non riesco a distinguere quale
caratteristica apparteneva al solo Tizio con quella attribuitegli dallo stereotipo dell'avvocato. Per poterlo diversificare rispetto alla categoria in cui
incluso, necessito di informazioni dettagliate che lo possano distinguere come un avvocato atipico. E' un processo molto difficile perch le
informazioni incongruenti che lo renderebbero atipico devono contrastare il processo di riconciliazione della prima impressione.
La profezia che si autoavvera
Abbiamo constatato che il comportamento di un soggetto si orienter sulla base della prima impressione che di una persona si formato; questa
impressione pu essere sia corretta, sia sbagliata, ma in ogni caso non c' altra scelta che comportarci nei sui confronti in maniera coerente, cio

come si immagina che la medesima persona debba essere. LA conseguenza pi diretta il fenomeno chiamato come Profezia che si autoavvera o
che si autoadempie: cio si tende a sollecitare quel comportamento che risulta essere coerente con l'impressione che di quella persona si formati,
si cerca quell'impressione che possa confermare lo schema attivato. Per esempio se io penso a Maria come una persona divertente, mi verrebbe
spontaneamente di chiederle di raccontare una barzelletta o un aneddoto che fa ridere, e cos facendo, di fatto, non faccio altro che produrre il
comportamento atteso confermando la mia stessa impressione che su Maria mi ero fatto.
Le nostre prime impressioni a un certo punto diventano realt: non la realt che produce delle impressioni, ma le nostre impressioni influiscono
sulla realt, e fanno in modo che la realt si conformi alle nostre impressioni.
In ogni posto dove c interazione tra persone, noi possiamo assistere al fenomeno della profezia che si autoavvera, come esemplificati in
esperimenti qui spiegati e svolti rispettivamente a scuola, nell'ambiente di lavoro, in quello sanitario e nella ricerca.
Effetto pigmalione: Degli alunni sia di elevata sia di svantaggiata condizione socioeconomica, venivano indirizzati a tre corsi di studio differenti:
rapido, medio e lenta, la cui selezione venne fatta sulla base di criteri intellettivi, anche se si era gi evidenziato che nelle classi lente era prevalente
la percentuale di alunni provenienti da classi svantaggiate.
Rosenthal (1968)somministr agli alunni un test di intelligenza e comunic agli insegnanti coloro i qual si collocavano nella fascia del 20% di QI pi
elevato. Il test era somministrato realmente, ma gli allievi furono sorteggiati a caso.
Dopo 6 mesi, 1 anno e due anni risomministr il test e not un marcato aumento proprio per quegli alunni che gli insegnanti ritenevano pi
intelligenti , ha portato ad un aumento del QI negli alunni inizialmente classiifcati come pi intelligenti. Questo leffetto pigmalione, leffetto della
profezia che si autoavvera. Gli insegnanti si erano comportati con questi alunni, anche inconsapevolmente, in maniera diversa, dando loro pi
fiducia e facendoli sentire pi importanti, producendo di fatto un aumento reale del QI in alunni che inizialmente partivano da una base analoga.
Effetto Hawthorne: A degli psicologi venne chiesto di condurre indagini per capire quali fossero le migliori condizioni psicologiche degli operai di
questa ditta, in modo tale da aumentare il livello di produttivit. Vennero variate le condizioni di lavoro nei vari reparti, e per ognuna di queste
corrispondeva un altrettanta variazione. Il fatto che gli operai fossero a conoscenza di essere sotto osservazione, ne diventavano anche i
responsabili della variazione di produzione: ad esempio si era visto che il livello aumentava sia in condizioni di aumento che di diminuzione della
luce.
Effetto placebo: I pazienti tendono a rispondere a quelle che pensano siano le aspettative del medico. Fish, Cole e colleghi (1964) addestrarono un
gruppo di medici a svolgere due ruoli e quindi anche due diversi atteggiamenti: il primo di orientamento verso la cura (fiducia nei confronti del
farmaco), il secondo orientato alla ricerca (si diceva che era un test). Assumendo lo stesso farmaco ed avendo la medesima gravit di sintomi, i
pazienti dei due gruppi reagirono differentemente: quelli orientati alla cura trovarono una riduzione significativa dei sintomi magiore rispetto agli
altri.
Ratti intelligenti: In questo esperimento di Rosenthl e Fode (1963) chiamarono degli studenti a collaborare sui meccanismi di apprendimenti dei
ratti nel percorrere un labirinto, comunicando loro che erano di due tipi: normali e geneticamente resi pi intelligenti. I ratti ritenuti pi intelligenti
furono pi veloci degli altri proprio per il fatto che gli studenti li trattavano implicitamente in maniera differente.
Un esperimento simile prevedeva tra tipi di topi: non operati, operati con asportazione di una parte di corteccia cerebrale, e operati ma senza
asportazione (quindi falsi operati). Agli studenti veniva detto che i tipo potevano essere operati o no, celando la categoria dei falsi operati. Si
osserv che sia i ratti operati sul serio e quelli simulati avevano prestazioni uguali; i ratti ritenuti deficitari, si comportarono come se lo fossero
realmente, poich i collaboratori avevano aspettative pi basse nei confronti dei ratti operati, proprio per il fatto che erano operati. Quindi
indipendentemente dalle reali condizioni fisiche del topo, i topi si conformavano alle aspettative dei collaboratori dello sperimentatore.
Ricerche simili le hanno condotte anche Bargh, Chen e Burrows (1966) dimostrando come lo stesso stereotipo sui afroamericani, e la relativa
ostilit, possa essere attivato anche dalla semplice presentazione subliminale di un volto. Tramite un noiosissimo compito sull'individuare il giusto
numero di cerchi che apparivano su un monitor, i partecipanti tutti non afroamericani, venivano sottoposti a una presentazione subliminale di una
foto che veniva mostrata a una met di soggetti di origine afroamericana, mentre e all'altra di origine europea. Dopo ben 130 prove a causa di un
fittizio errore si diceva ai partecipanti che era necessario rifare il compito, sotto l'occhio di una telecamera che avrebbe registrato i comportamenti
in seguito analizzati da sperimentatori che non erano al corrente dello scopo della ricerca. Le persone esposte ai volti dei afroamericani avevano
evidenziato una reazione significativamente pi ostile.
Nell'interazione sociale gli schemi servono alla comprensione e alla memorizzazione (sia archiviazione che recupero) dell'informazione che si trova
all'esterno da noi, alla comunicazione intesa come struttura condivisa socialmente in modo tale che possibile spartire le stesse esperienze in
relazione al grado in cui possibile usare gli stessi, e presenta tuttavia anche alcuni effetti collaterali: lo schema causa una minore attenzione verso
l'oggetto (o evento) rappresentato poich si smette di analizzare il contesto e quindi si hanno perdite di informazioni; gli schemi sono conservatori,
cio quelle informazioni che sono incoerenti con lo schema vengono perse se non sono fortemente evidenti e quindi l'informazione viene disattesa,
mentre quando coerente viene ricordata e notata; le persone inoltre mostrano un certo attaccamento agli schemi tale per cui tendono a
mantenerli anche in presenza di elementi che li contraddicono.
Tutti gli schemi possiedono uno stato di attivazione e per ogni oggetto (o evento) e ne possiamo dare differenti interpretazioni, anche per una
stessa persona, come ad esempio possibile interpretare il vigile urbano come un uomo, come un italiano del nord, come un europeo etc... quindi
in base alla classificazione ne interpreter il comportamento. L'attivazione la modalit con cui vengono selezionati i concetti da usare. Le persone
possiedono tanti piccoli concetti a cui sono agganciate delle cariche, ovvero lo stato di attivazione. Migliore lo stato e pi elevata sar la
probabilit di essere impiegata per l'elaborazione dell'informazioni in ingresso, quindi la codifica segue la priorit della maggiore probabilit in quel
momento specifico.
L'attivazione avviene congiuntamente sia per gli aspetti dello stimolo, del contesto e dalle caratteristiche dell'osservatore: nel primo caso le
caratteristiche dello stimolo pongono una prima limitazione degli schemi applicabili, come ad esempio, nella nostra cultura una persona con un
gonna molto probabilmente una donna, nel secondo caso una persona che indossa un cappello in una folla che ne sprovvista, render
l'informazione pi saliente. Nel secondo caso il contesto costituito sia da elementi presenti in un determinato momento in base alla salienza nella
percezione degli altri e di noi stessi, che percepiti prima di trovarsi di fronte allo stimolo, quando le esperienze precedenti tramite priming possono
accrescere l'accessibilit a uno schema. Nel terzo caso le caratteristiche dell'osservatore possono determinare l'accessibilit cronica quando si
ripresentano sempre gli stessi schemi tipicamente usati per descrivere se stessi e che sono costantemente pi accessibili di altri, o una semplice
accessibilit situazionale; l'attivazione motivata motivata da scopi, ad esempio quando abbiamo molta fame, noteremo attorno a noi con
maggiore probabilit ristoranti e bar, oppure come bisogno di difendere se stessi.
Struttura degli schemi
Il punto di vista classico trova la sua radice in ambito filosofico e corrobora il fatto che i concetti sono definiti da un insieme di attributi necessari e
sufficienti, ad esempio il concetto di professore in s contiene gli attributi necessari e sufficienti per definire un professore. Wittgenstein (1953)
propone una prospettiva probabilistica secondo la quale i concetti sono organizzati attorno a degli attributi che sono tipici ma che non li definiscono
in maniera rigida e i cui confini non sono chiaramente distinti ma confusi: l'appartenenza di un elemento a una categoria determinato dal numero
di elementi che di quella categoria sono tipici, ovvero pi sono gli elementi tipici posseduti e pi probabile che l'elemento appartiene proprio a

quella categoria. Secondo recenti studi molti concetti contengono elementi di conoscenza circa relazioni causali che influenzano i processi di
categorizzazione: a partire da questo punto di vista si parla dei concetti come basati sulla teoria laddove la relazione tra un concetto e un esempio
di esso simile a quella tra teoria e dati. Esiste anche una classificazione di tipo gerarchico in cui prevedere livelli di categoria, ad esempio, una
categoria sovraordinata prevede "persone emotivamente instabili", come categorie intermedie le persone "fobiche" e come categorie di basso
livello le persone "claustrofobiche". Le teorie pi recenti, scavalcando le altre, postulano l'esistenza di reti associative che vengono rappresentate
come dei frammenti di una vera rete, in cui i nodi corrispondono ai concetti mentre i fili sono i vari legami tra essi stessi: ad esempio il termine
aggressivit potrebbe attivare differenti concetti annessi come violenza, armi, uomini, immigrati etc... che diverrebbero pi accessibili. Alcuni autori
ipotizzano che le reti associative possano esercitare sia un'influenza inibitoria che si attivazione.
Gli stati affettivi possono influenzare il tipo di strategia cognitiva. Un umore positivo ci sta informando che la situazione gradevole e senza
problemi e dunque da una parte non occorre analizzarla molto accuratamente e dall'altra non c' nessuna motivazione a fare altre attivit che
potrebbero sporcare o distruggere il buonumore. Al contrario un umore cattivo ci sta dicendo che ci sono dei problemi che devono essere analizzati
attentamente e che si ben disposti a praticare altre attivit che possano distrarci.
Da dove vengono i ruoli: il ruolo della cultura
A partire dalla prospettiva evoluzionistica e da quella socio-culturale di Vigotskij si cercato di analizzare se esistono schemi, motivazioni e scopi
usati universalmente. Le ricerche fino ad oggi hanno portato a delle distinzioni.
Nei paesi occidentali prevale una visione della persona indipendente e unica con la tendenza di attribuire all'individuo una notevole libert sulle
proprie scelte vitali e di conseguenza anche ad attribuirgli le responsabilit delle proprie azioni indipendentemente che siano negative o positive.
I paesi orientali evidenziano un'immagine della persona caratterizzata dai legami di interdipendenza e ancorata alla rete delle relazioni sociali in cui
le responsabilit individuali necessariamente sono collegate sempre al contesto sociale e dunque l'individuo ritenuto meno responsabile delle
proprie azioni e dei loro risultati.
Una ricerca condotta da Hofstede (1980) con l'ausilio di 80.000 questionari sui dipendenti dell'IBM al fine di comprenderne i fattori motivazionali,
evidenzi interessanti differenze: i dipendenti nordamericani e australiani sostenevano la sfida personale, la libert individuale e il riconoscimento
del valore personale, ritenute invece di poco conto dei dipendenti del Guatemala o della Corea del Sud. Inoltre nel massimo individualismo
troviamo Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna, mentre gli ultimi posti sono occupati da Panama, Ecuador e Guatemala.
Le ricerche sulle differenze tra culture individualiste e collettiviste forniscono un evidente esempio del fatto che schemi, motivi e scopi derivino, in
differenti gradazioni, dal contesto culturale in cui le persone vivono, corroborando l'idea che vengano acquisite durante il corso della
socializzazione.
Il ragionamento euristico
Le persone non sempre cercano la soluzione ottimale ma spesso si accontentano di trovare delle soluzioni rapide e poso dispendiose per
raggiungere i loro scopi. Tipicamente un individuo usa le proprie capacit e le proprie conoscenze per risolvere i problemi e in generale utilizza due
differenti strategie: compie un'analisi sistematica di possibilit (algoritmo) che consente di avere delle risposte accurate ed efficienti ma comporta
anche un grosso dispendio di risorse, oppure si affida alle euristiche, cio a un approccio ai problemi facendo ricorso all'intuito e allo stato
temporaneo delle circostanze con l'obiettivo di generare una nuova conoscenza. Si tratta di vere scorciatoie cognitive. In generale ci si accorge di
usare le euristiche nel momento in cui esse falliscono e portano quindi a un risultato inatteso. I primi contributi si devono a Simon (1957) che
sostenne che le persone operano in maniera limitata da un punto di vista razionale e che in realt si accontentino di soluzioni abbastanza buone per
i loro problemi. Il termine euristiche stato introdotto da Kahneman e Tversky nel 1973 e ne hanno illustrato le principali euristiche.
Le euristiche nel giudizio sociale
Nell'attivit quotidiana gli individui utilizzano spesso vari tipi di euristica in differenti momenti e occasioni:
Euristica della rappresentativit: riguarda il ritenere che le informazioni ritenute tipiche influenzino il giudizio pi di quelle che non sono tipiche. Se
devo decidere se un individuo un avvocato o un ingegnere e sapendo che una persona loquace, dinamica, amante dell'arte, e chi osserva ritiene
queste caratteristiche come tipiche della categoria avvocati, questo far propender ad interpretare il soggetto come un avvocato, come ben
evidenziato in un esperimento di Kahneman e Tversky i cui risultati mostrarono che le persone tendono ad ignorare le informazioni sui bassi tassi di
frequenza e non tenere conto delle probabilit a priori di ottenere un certo risultato.
Euristica della disponibilit: la facilit con cui le informazioni vengono recuperate dalla memoria vengono usate come indice di frequenza. Ad
esempio se un taxista in un aeroporto noter una persona con aria smarrita che si guarda intorno con delle valigie a carico, propender per vedere
quella persona come un potenziale cliente; inoltre da come vestito potr anche dedurre come poterci comunicare. Se precedentemente avr
portato in giro turisti americani avr attivato lo schema dell'americano. Kahneman e Tversky ricordano che le persone giudicano la frequenza sulla
base della facilit di immaginare esempi e quindi sulla disponibilit di essi. Negli esperimenti di Gerbner stata messa in evidenza come gli eventi
che ricevono maggiore attenzione dai mass media vengano considerati pi frequenti, come nel caso degli incidenti aerei e di come l'esposizione ai
programmi violenti aumenti la sovrastima della reale frequenza di crimini violenti. Questa euristica riguarda anche se stessi, come stato esplicitato
dagli studi di Schwartz e colleghi in cui le persone che in un semplice compito in cui ricordare solo 6 episodi di assertivit personale, si consideri pi
assertivo di chi, pi difficilmente ne avrebbe dovuto ricordarne 12.
Euristica del riferimento al s: questa euristica parte dal fatto che le informazioni che riguardano noi stessi sono pi facilmente accessibili, allora
sovente utilizziamo noi stesso come veri e propri standard di giudizio, e quindi ogni giudizio verr emesso a partire da avere noi come riferimento,
ad esempio pi buono o cattivo rispetto a noi.
Euristica dell'ancoraggio e dell'aggiustamento: le persone tendono ad ancorare i propri giudizi a punti di riferimento di tipo arbitrario, anche a
livello interpersonale. Nella vita quotidiana spesso un'affermazione iniziale, soprattutto se espressa da una persona competente, viene usata come
punto di partenza ed esercita una certa influenza tale per cui i successivi giudizi non si spostano pi di tanto da esso. Spesso per ci si ancora a
giudizi arbitrari che possono essere slegati dall'argomenti stesso di discussione come ben evidenziato da Wilson (1995) attraverso un esperimento
in cui degli studenti dovevano scrivere parole o numeri e successivamente stimare la frequenza di persone che si sarebbero ammalate di tumore. I
sui risultati resero ben conto che chi aveva copiato numeri prevedevano pi del doppio dei casi dei soggetti che avevano copiato semplicemente
delle parole.
Euristica della simulazione: Molti eventi ci spingono a immaginare dei risultati diversi da quelli che si sono in realt verificati, come ad esempio
perdere l'autobus sotto il naso potrebbe portare a pensare che non bisognava fermarsi a salutare un amico... Questo tipo di ragionamento
chiamato ragionamento controfattuale, e pu avere risvolti sia negativi che positivi: immaginare svolgimenti pi positivi dell'evento reale
(ragionamento controfattuale verso l'alto) far peggiore lo stato emotivo, mentre immaginare eventi pi negativi dell'evento reale (verso il basso)
porter a un miglioramento dello stato emotivo. Nel primo caso un esempio classico quello di due persone che prendono lo stesso taxi per andare
insieme all'aeroporto il cui volo parte nello stesso momento, ma che a causa traffico arrivano con 30 minuti di ritardo; nel caso in cui a Tizio l'aereo
partito puntuale non ci saranno grosse ripercussioni emotive, mentre se a Caio l'aereo partito da qualche istante poich anch'esso era in ritardo,

egli avr pi rimproverarsi da farsi, come il fatto di aver dovuto dire al taxista di andare pi veloce. Nel secondo caso il fatto di essere scampati da
un incidente in autobus proprio perch mi son fermato a salutare un amico mi far pensare di essere fortunato. In una ricerca di Medvec e colleghi
hanno studiato le reazioni emotive di atleti che durante le olimpiadi vinsero la medaglia d'argento oppure quella di bronzo: vennero fatti valutare
da studenti all'oscuro delle finalit dell'esperimento tramite videoregistrazioni. I risultati furono che i vincitori delle medaglie di bronzo risultarono
pi felici di colo che vinsero l'argenti proprio per il ragionamento controfattuale verso in basso per i primi e verso l'alto per i secondi che erano
rammaricati nell'immaginare uno svolgimento differente che avrebbe potuto portarli alla medaglia d'oro. Inoltre il ragionamento controfattuale
negativo aiuta a preparare un'azione a futuro ed individuare i fattori che hanno prodotto l'evento e indurre a comportarsi diversamente, come
nell'esempio sopra, prendere il taxi un'ora prima in modo tale da prevedere il traffico e non perdere nuovamente l'aereo.
Paradosso della percezione di persone
David Rosenhan fece un esperimenti in cui i propri studenti venivano inviati in 12 strutture ospedaliere raccontando la loro vita senza censure
tranne che per tre piccole bugie che riguardavano il vero nome, la professione e che sentivano delle voci (ovvero un sintomo della schizofrenia). I
medici, che erano ovviamente all'oscuro di tutto, non riuscirono a capire che non fossero dei veri pazienti, mentre un terzo dei pazienti ebbero
dubbi sulla loro condizione. La psicologia giuridica ha due diverse posizioni e due relative conseguenze in merito: da un parte gli psichiatri
asserivano che la malattia mentale era riconoscibile attraverso l'analisi dei sintomi, tale per cui non essere in grado di intendere e volere portava a
una immunit rispetto ad eventuali punizioni giuridiche, e dall'altro gli psicologi che affermavano che non era possibile trovare dei confini cos netti
per discriminare una malattia mentale dalla sanit mentale e quindi con problemi a livello legale.
Caratteristiche fondamentali
In ogni caso l'esperimento mostr che il sistema con cui le persone basano la loro percezione sulle altre persone non affatto uno specchio fedele
della realt, ma anzi una piccola bugia poteva metterla in scacco e pu dare differenti risultati in base alle condizioni ambientali e alle strutture
psicologiche.
Questo accade poich la percezione sociale governata da una serie di pensieri che sono efficienti ma imprecisi: il loro compito raccogliere le
informazioni che provengono dall'ambiente sociale, e da questa interazione la mente equipollente a un sistema di elaborazione delle
informazioni. Parliamo di un sistema che flessibile poich in grado di valutare qualunque essere umano, efficace nell'adeguare il proprio
comportamento e fornire un risultato attendibile anche in condizioni di scarse informazioni, lavora sia a livello parzialmente consapevole sia con
alcuni processi automatici che crescono grazie alla ripetizione di routine, e c' maggiore affidamento nell'uso di stereotipi che consentono di
stimare velocemente le caratteristiche personali dei membri che appartengono a un gruppo sociale diverso dal nostro.
Il RUOLO DELLE ASPETTATIVE nella percezione sociale
Le persone oltre ai dati sensoriali, utilizzano le esperienze depositate in memoria da cui attingere informazioni; in questo modo possibile costruire
un quadro di riferimento piuttosto ricco in cui collocare le nuove informazioni. Quello che osserviamo ha un senso proprio sulla base di quanto gi
sappiamo.
La prima fonte di informazione data dall'associazione fra caratteristiche psicologiche, la teoria implicita di personalit cio il concatenamento,
l'associazione tra quelle caratteristiche psicologiche che frequentemente vengono registrate come congiunte: ad esempio se esiste un collegamento
tra le parole generoso-onesto, sar facile ritenere che una persona onesta sar anche generosa e viceversa. Da una parte c' l'indubbio vantaggio di
facilitare la valutazione, ma dall'altra l'utilizzo di teorie implicite di personalit possono portare alla sovra-generalizzazione in cui vengono attribuite
caratteristiche non possedute dalle persona, cio non detto che una persona onesta sia anche generosa. Le persone utilizzano spesso nel
quotidiano questa teoria in cui prevedono anche assunzioni sulla covarianza tra tratti, cio se penso a Tizio come a una persona gentile, altrettanto
mi aspetto che sia anche generoso e paziente. La seconda fonte data dall'includere uno stimolo entro una categoria sociale, come quando si
scopre una persona essere un musicista a cui automaticamente associare le caratteristiche stereotipiche della categoria del musicista, quindi
creativo, geniale, originale etc... Ogni individuo nell'atto di socializzare raggruppa delle informazioni in sistemi omogenei, in categorie sociali che
nella memoria diventano schemi contenenti tutte le informazioni tipiche sui comportamenti tipici di quella categoria. Anche in questo caso il rischio
dell'errore di sovra-generalizzazione dietro l'angolo.
In conclusione le informazioni in memoria che vengono attivate funzionano come delle aspettative: ci si aspetta di verificare quelle informazioni che
fanno parte dello schema. L'aspettativa influenzata da caratteristiche stereotipiche rispetto alla persona o al gruppo che abbiamo registrato in
memoria. Quando l'attenzione va verso caratteristiche congruenti queste verranno notate e ricordate, ma non pu andare altrove e quindi non pu
prendersi carico di quelle incongruenti.
Ricerche sull'ACCURATEZZA
Grazie all'accuratezza possibile arrivare a conoscere le altre persone, la cui valutazione riguarda sia i gruppi e le popolazioni che i singoli individui.
Per poterne studiare il livello con cui le persone stimano le caratteristiche e i comportamenti delle altre persone necessario confrontare i giudizi di
frequenza generalmente appoggiandosi all'approccio oggettivo che si fonda proprio sull'assunto di ottenere una misura indipendente di una realt
oggettiva.
Accuratezza delle stime relative alle caratteristiche di gruppi o categorie di persone
Nisbett e Kunda (1985), sottoposero alcuni studenti dell'universit del Michigan a temi diversi (mcDonalds, il film star war etc...) per poi chiedere
una stima personale sia riguardo la loro opinione, sia immaginando, per ogni singolo argomento, come le opinioni di altri 100 studenti si fossero
distribuite su una scala a 5 livelli (a partire dall'1 = non mi piace affatto, fino ad arrivare al 5 = mi piace molto). In questo modo possibile non solo
ottenere le stime sulla distribuzione delle opinioni degli studenti, ma anche ottenere le distribuzioni effettive, calcolabili dalle risposte. I risultati,
valutati in coefficienti di correlazione, furono piuttosto accurati, difatti le medie differivano rispetto a quelle reali di solo mezzo punto; tuttavia
l'accuratezza si rivel maggiormente nei confronti di quegli studenti che conoscevano meglio e verso i quali erano influenzati poich erano membri
del proprio gruppo.
Judd, Ryan e Park (1991) fecero una ricerca analoga su studenti di ingegneria e di economia e commercio, chiedendo loro di fornire una stima sulla
caratteristiche disposizionali proprio tra studenti di economia e ingegneria. Vennero usati tratti di personalit per met tipici dello stereotipo
dell'ingegnere, quindi analitico e riservato, e per l'altra met tipici di chi lavora nel commercio, quindi estroverso e impulsivo. I risultati
evidenziarono che nello stimare caratteristiche personali di un gruppo diverso dal nostro con del quale conosciamo poco si fa affidamento sulle
definizioni legate allo stereotipo (gli studenti di ingegneria ritenevano che quelli di economia fossero pi estroversi ed impulsivi di quanto realmente
fossero), e inoltre si percepirono i membri dl gruppo esterno come pi simili tra loro di quanto realmente non fossero: quest'ultimo viene chiamato
Effetto di percezione di omogeneit dell'eso-gruppo.
Il falso consenso

Il falso consenso consiste nel credere che le proprie idee, i propri atteggiamenti e le proprie scelte siano quelle pi diffusi e pi comuni. In una
ricerca di Ross, Green e House (1977) all'interno dell'universit di stanford, chiesero a degli studenti di se fossero disposti ad andare in giro per il
campus con un cartello con scritto "pentiti" in cambio di crediti formativi. Specificarono inoltre che anche in caso di dinego avrebbero ottenuto lo
stesso i crediti promessi ma che avrebbero perso l'opportunit di farsi un'interessante esperienza. Chiesero agli studenti, indipendentemente dalla
loro adesione o meno, di stimare la percentuale di coloro che avrebbero accettato il compito. Risultati: gli studenti mostrati dagli studenti erano
state influenzate dalle scelte personali, infatti coloro che accettarono (circa il 50%) pensarono che avessero accettato il 63% dei loro colleghi, e
altrettanto chi pensava non avessero accettato stimarono una percentuale del 23%.
Il falso consenso un fenomeno tale per cui viene sovrastimata la diffusione di scelte, opinioni etc... analoghi ai propri, e di conseguenza nella
relativa sottostima rispetto ai comportamenti differenti dal nostro.
Questa tendenza dovuta a diversi fattori, tra cui la propensione di attingere stime dalle nostre opinioni in caso di scarse informazioni, al ricordare
pi facilmente scelte simili alle nostre che porta all'euristica della disponibilit, e al bisogno di convalidare le nostre scelte perch ci fanno sentire
meglio (se gli altri scelgono come noi lo stesso telefonino allora vuol dire che abbiamo fatto una buona scelta, se hanno ottenuto un basso volto in
un esame, allora l'esame era davvero difficile per tutti)
L'ignoranza pluralistica
L'ignoranza pluralistica consiste nel ritenere che siamo gli unici che hanno fatto, pernsato e desiderato una determinata cosa. Per Allport, che
introdusse questo termine, questo fenomeno descrive la situazione in cui la maggior part dei membri di un gruppo pensa che una norma sia ormai
superata ma che invece ciascuno ritiene che tutti gli altri pensano che sia ancora del tutto appropriata. Quindi il comportamento pubblico delle
persone non riflette affatto le proprie convinzioni personali e nelle situazioni pubbliche ci si adegua alla norma vigente favorendone il conformismo,
mentre in privato, o lontani dal gruppo, tale norma non viene rispettata.
Matza (1964) studiando giovani delinquenti, scopr che durante le interviste individuali ognuno manifestava un certo disagio rispetto al proprio
comportamento antisociale, ma che nessuno voleva farlo conoscere agli altri, poich sarebbe stato percepito come un segno di debolezza. In pratica
ognuno dei delinquenti reputano che gli altri si comportino in maniera coerente con la norma del gruppo perch ne hanno una convinzione interna,
mentre il loro medesimo comportamento determinato dalla paura di non essere accettati o mostrarsi ridicoli nei confronti del gruppo cui si
appartiene. L'ignoranza pluralistica si verifica quando, nonostante si consapevoli di come la situazione esterna influisca nei nostri comportamenti,
si creda che non agisca nella stessa maniera per gli altri membri, e quindi si crede che gli altri agiscano spinti da una convinzione interna.
Prentice e Miller (1993) hanno condotto una ricerca all'interno dell'universit di Princetown in cui vige una norma che riguarda un grande consumo
di alcol nelle interazioni sociali, che da una parte viene esplicitata agli iscritti al primo anno, e dall'altra c' la consapevolezza che molti incidenti,
anche mortali, sono proprio derivanti dal consumo di alcol. I ricercatori chiesero, all'inizio dell'anno, alle matricole se si trovassero a loro agio con
questa abitudine, e quanto invece lo sarebbero gli altri studenti dell'universit. I risultati indicarono che tutti gli studenti si percepivano a disagio,
ma in maniera mediamente maggiore di quanto stimarono per gli altri studenti. I ricercatori, dove aver lasciato i partecipanti per mesi immersi nella
vita sociale del campus, decisero di ricontattarli e notarono che nei confronti delle studentesse l'ignoranza pluralistica si era mantenuta se non
accentuata, mentre gli studenti si dichiaravano molto pi a loro agio: si era prodotta quindi una interiorizzazione di questo fenomeno.
L'accuratezza rispetto ai singoli individui
Quando parliamo di altre persone tendiamo ad usare prevalentemente aggettivi che riguardano la loro personalit. Studiare l'accuratezza significa
fare dei confronti tra una persona comune e una misura oggettiva: non si pu pensare che una caratteristica di personalit sia equiparabile alla
misurazione di una caratteristica fisica come il peso o l'altezza.
Teorie ingenue di personalit
Le persone ingenue si formano un'idea degli altri a partire dall'uso dei tratti di personalit, e sarebbe un'abitudine ragionevole se l'assunto fosse che
i comportamenti sono qualcosa di stabile a livello temporale e consistenti nelle situazioni, cio una persona sar intelligente oggi come lo sar
domani e lo dimostrer in differenti situazioni. Le prime ricerche furono effettuate alla fine degli anni venti da Hartshorne e May dall'osservazione
di bambini di una scuola elementare nelle situazioni differenti in cui la situazione offriva l'occasione di ingannare, mentire e rubare. I risultati hanno
constatato che in situazioni identiche ma occasioni diverse la stabilit era elevata ( correlazione .70) cio il bambino come rubava un oggetto oggi lo
faceva probabilmente anche nei giorni a seguire, mentre il comportamento dei bambini in differenti situazioni evidenziava una ridotta stabilit (.23)
cio un bambino che non rubava poteva mentire. Anche Newcomb ha rilevato la poca stabilit del comportamento (.14) attraverso uno studio sulla
stabilit di 9 diversi tratti legati all'estroversione (chiacchierone, curioso...).
Le teorie ingenue di personalit impiegate nella vita quotidiana per ottenere conoscenze sugli altri, da una parte tendono a sottovalutare la
variabilit del comportamento delle persone che deriva dai fattori situazionali, e dall'altra prevedono anche delle assunzioni in merito alla
covariazione tra i tratti, cio se penso che una persona sia gentile mi aspetto che sia coerente con il medesimo tratto anche in differenti occasioni,
quindi generoso e paziente: i tratti pare agiscano quindi come dei veri e propri schemi.
Le teorie implicite di personalit sono largamente condivise all'interno di uno stesso ambito storico e culturale, come ad esempio il fatto di
condividere la stessa percezione riguardo la stabilit di alcuni tratti di personalit. Studi accurati di Hoffman e colleghi (1986) hanno messo in luce
che esistono differenti etichette nelle diverse culture ricche di significato e usate per indicare i tipi di persone. Nelle culture occidentali ad esempio
nel termine "temperamento artistico" vengono attribuiti altri significati come l'essere creativi o 'l'essere persone poco convenzionali e cos via; le
stesse parole in Cina invece non rendono la medesima idea di persona, ma ve ne saranno altre, come per esempio il termine shi gu per indicare
persone che danno importanza alle cose concrete e alla propria famiglia. A partire dal presupposto degli autori che ipotizzavano il fatto che gli
schemi potessero influenzare la formazione di impressioni nei soggetti di differenti culture, crearono delle storie con cui descrivere il
comportamento di una persona con un temperamento artistico oppure shi gu, e li sottoposero e partecipanti cinesi e inglesi in tre condizioni: un
gruppo di inglesi leggevano le storie in inglese, un gruppo cinese il lingua cinese, e un gruppo cinese che leggevano le storie in inglese. Alla fine tutti
i soggetti scrivevano le impressioni che si erano formati sulle persone delle storie. I risultati furono: il primo gruppo ebbero 1.5 di tratti coerenti con
il tratto artistico e lo 0,4 con quello shi gu, il secondo gruppo erano coerenti con lo shi gu per l'1,3 e lo 0,7 per il tratto artistico, mentre il terzo
gruppo la cui lettura in inglese avrebbe dovuto evocare lo schema del temperamento artistico nonostante l'origine culturale, mostr aggiunsero 0,7
per i tratti artistici e 0,4 per quelli shi gu, indicando che gli schemi che vengono condivisi all'interno di una cultura sono in qualche modo iscritti
nella lingua.
Le ricerche sulla FORMAZIONE DELLE IMPRESSIONI INTEGRATE, e sulla attribuzione causale: L'APPROCCIO LOGICO
Molte ricerche si appoggiano all'approccio logico con riferimento ad Asch, Gilbert ed Heider che puntano a rispondere alla domanda in che modo le
persone comuni costruiscono le conoscenze relative alle altre persone.
Modello di ricerca sulla personologia ingenua) di Solomon Asch

A partire da una prospettiva tipicamente gestaltista, Asch affermava che i singoli elementi di una figura si integrano tra loro seguendo il principio
della buona forma: nel percepire una persona, la figura corrisponde all'immagine delle caratteristiche della medesima persona. In questo modello
l'interazione tra i vari tratti e i diversi elementi informativi, danno luogo a una configurazione in cui alcuni elementi assumono una posizione
centrale e tendono a modificare l'interpretazione degli altri elementi: in un suo esperimento era risultato, ad esempio che l'intelligenza in una
persona dotata di calore umano viene letta come saggezza, al contrario di una priva di calore che verr interpretata come astuzia. A partire da pochi
dati essenziali, si costituisce un nucleo a cui si agganciano altre informazioni sia ambientali, sia quelle che arrivano dalle inferenze, il cui risultato
costituito da un unico percetto in cui non pi possibile distinguere i singoli elementi che lo hanno generato. Asch comunque non chiarisce il
processo cognitivi di queste impressioni integrate. Asch organizz un esperimento in cui dei soggetti dovevano leggere una lista di tratti e fornire
successivamente una descrizione della persona. Il risultato dimostrava che tutte le persone erano in grado di formarsi un'impressione complessa di
una persona proprio a partire dai singoli tratti ed era un compito svolto velocemente e in qualche modo definibile come naturale; i soggetti non si
limitavano all'uso esclusivo dei tratti, ma completavano l'operazione di descrizione grazie al'uso di inferenze per produrre una personalit ricca e
complessa. In un altro esperimento in cui venivano presentate due liste di aggettivi che differivano solo per l'ordine di presentazione, egli concluse
che l'informazione che precede, influenza il significato attribuita a quella che segue.
LA FORMAZIONE DI INFORMAZIONI COMPLESSE
Modelli configurazionali e modelli algebrici di formazione di impressione di personalit
Ci si chiede se invertendo l'ordine dei fattori possa cambiare il giudizio che formuliamo di una persona. Da questa prospettiva emergono due
distinte teorie e dunque due approcci diversi di percezione sociale.
Modello CONFIGURAZIONALE (SI) di Solomon Asch 1974
A partire da una prospettiva tipicamente gestaltista, Asch affermava che i singoli elementi di una figura si integrano tra loro seguendo il principio
della buona forma: nel percepire una persona, la figura corrisponde all'immagine delle caratteristiche della medesima persona. In questo modello
l'interazione tra i vari tratti e i diversi elementi informativi, danno luogo a una configurazione in cui alcuni elementi assumono una posizione
centrale e tendono a modificare l'interpretazione degli altri elementi: in un suo esperimento era risultato, ad esempio che l'intelligenza in una
persona dotata di calore umano viene letta come saggezza, al contrario di una priva di calore che verr interpretata come astuzia. A partire da pochi
dati essenziali, si costituisce un nucleo a cui si agganciano altre informazioni sia ambientali, sia quelle che arrivano dalle inferenze, il cui risultato
costituito da un unico percetto in cui non pi possibile distinguere i singoli elementi che lo hanno generato. Asch comunque non chiarisce il
processo cognitivi di queste impressioni integrate. Asch organizz un esperimento in cui dei soggetti dovevano leggere una lista di tratti e fornire
successivamente una descrizione della persona. Il risultato dimostrava che tutte le persone erano in grado di formarsi un'impressione complessa di
una persona proprio a partire dai singoli tratti ed era un compito svolto velocemente e in qualche modo definibile come naturale; i soggetti non si
limitavano all'uso esclusivo dei tratti, ma completavano l'operazione di descrizione grazie al'uso di inferenze per produrre una personalit ricca e
complessa. In un altro esperimento in cui venivano presentate due liste di aggettivi che differivano solo per l'ordine di presentazione, egli concluse
che l'informazione che precede, influenza il significato attribuita a quella che segue.
Il modello ALGEBRICO (NO - information integration theory) di Norman Anderson 1981
Un modello differente da quello proposto da Asch viene formulato per primo da Anderson nel 1981, il cui approccio era legato alla teoria della
psicofisica. Per questo autore la percezione sociale altro non sarebbe che un'integrazione algebrica dei singoli elementi di informazione, cio
l'impressione di personalit che una persona offre corrisponde esattamente alla somma del valore che deriva proprio da quei tratti e che noi
riconosciamo in essa.
In questo modello ci sono due caratteristiche fondamentali:
La prospettiva funzionale fornisce un valore di rappresentazione e parte dal presupposto che i pensieri e le azioni hanno uno scopo e ci che
abbiamo in mente guida la percezione nella formazione della percezione sociale. L'interazione con una persona riceve un valore traducibile in
numeri, in peso algebrico, a seconda sia di come ci si pone nei confronti dell'altro, sia rispetto alle caratteristiche che la persona ci rivela di s. Non
si parla pi di fusione come con Ash, ma di addizione.
L'algebra cognitiva un processo di integrazione di informazioni disponibili che sono descrivibili come calcoli e operazioni algebriche, da cui
possibile ottenere un valore finale che costituir il giudizio formulato sulla persona. L'algebra cognitiva porta ad un'analisi dei valori. Buona parte
dei nostri giudizi sono collocabili all'interno di un continuum bipolare di tipo approccio-evitamento, come ad esempio buono-cattivo, cio pi una
persona si avvicina a un polo di evitamento pi avr una connotazione negativa. Ogni tratto riceve anche una valutazione non modificabile,
intendendo con questo non che ogni tratto possieda sempre il medesimo significato, ma che sono proprio gli scopi della persona a determinarne il
valore. La variante cruciale si basa sul giudizio che viene fatto sul valore del singolo tratto, da parte dei soggetti, espresso prima che gli stessi
vengano usati per descrivere la persona. Il giudizio sar quindi la media ponderata dei singoli tratti attribuiti a questa persona. Allora modificare
l'ordine degli addendi non modifica il risultato finale (intelligente + tirchio + affettuoso = affettuoso + tirchio + intelligente). Il processo di interazioni
delle informazioni non un processo cosciente ma avviene in modalit automatica.
Confronto dei due modelli di Asch e Anderson
Il modello configurazionale di Asch viene formulato a partire da una prospettiva tipicamente gestaltista, in cui i singoli elementi di una figura si
integrano tra di loro seguendo il principio della buona forma: l'interazione tra i vari tratti e i diversi elementi informativi danno luogo a una
configurazione che fa emergere le caratteristiche centrali della personalit di una persona centrali delineando un nucleo attorno al quale vengono
agganciate altre informazioni sia ambientali che di derivazione inferenziale, e il cui risultato costituito da un unico percetto da cui non pi
possibile distinguere i singoli elementi che lo hanno generato. Il risultato di un esperimento in cui dei soggetti dovevano leggere una lista di tratti e
fornire una descrizione della persona, ha confermato che ogni soggetto era riuscito a formarsi velocemente un'impressione complessa di una
persona a partire proprio dai singoli tratti.
Il modello descritto da Anderson, legato alla teoria della psicofisica, descrive la percezione sociale come l'integrazione algebrica dei singoli elementi
di informazione retta da due caratteristiche: la prima la prospettiva funzionale che fornisce un valore di rappresentazione, e la seconda L'algebra
cognitiva, che invece, porta ad un'analisi dei valori. Non si parla pi di fusione come con Ash, ma di addizione. L'interazione con una persona riceve
un valore traducibile in peso algebrico, a seconda sia di come ci si pone nei confronti dell'altro, sia rispetto alle caratteristiche che la persona ci
rivela di s, e da cui si ottiene un valore finale che costituir il giudizio formulato sulla persona. Lo scopo della persona determina il valore dei tratti,
il cui giudizio finale corrisponder alla media ponderata dei singoli tratti attribuiti a questa persona. E' un processo che avviene in modalit
automatica. E' stato dimostrato che questi due modelli non siano empiricamente confrontabili in maniera diretta ma hanno stimolato modelli pi
recenti che si basano sul fatto che la mente umana possa far funzionare le due modalit perlomeno in alcuni parametri, come ad esempio nel
modello del continuum di Fiscke e Neuberg.

Il modello del CONTINUUM di Fiske e Nueberg anni 90


Questi due autori hanno ipotizzato che il modello di Asch e Anderson potessero corrispondere ai due poli del continuum di un processo cognitivo
per la formazione di impressioni: il modello configurazionale (Asch) evidenziava il bisogno di arrivare velocemente a una soluzione, mentre il
modello algebrico puntava ad esaminare accuratamente le informazioni e quindi pi tempo disponibile. Il modello del continuum prevede che la
modalit di valutazione e di formazione del giudizio, possa essere descritta lungo un continuum, ai cui due estremi si posizionano da una parte
l'utilizzo esclusivo di informazioni categoriali pi veloce e senza sforzo cognitivo, e dall'altra l'integrazione di informazioni individuali che richiede
una maggiore attenzione alle caratteristiche specifiche). Ci sono tre parametri che condizionano il modello: la disponibilit di attenzione, cio la
quantit di risorse di cui disponiamo in quel preciso momento, la motivazione all'accuratezza data dal grado di motivazione nell'ottenere
un'informazione accurata, e la quantit di informazione, cio la quantit che la persona ci offre. Ovviamente maggiore saranno le risorse, la
motivazione e la quantit di informazioni e pi l'elaborazione risulter meno veloce e pi dettagliata, e viceversa.
I due autori, quindi, prevedevano che l'anticipazione di uno stato di interdipendenza potesse spingere il soggetto in una elaborazione pi
dettagliata, come di fatto venne dimostrato con un esperimento nel 1987 in cui degli studenti, divisi in due gruppi, dovevano interagire con un
paziente schizofrenico di nome Frank. A met gruppo veniva comunicato che c'era in palio un premio per la migliore interazione tra studente e
paziente, mentre all'altra met che l'assegnazione era individuale, ovvero di non-interdipendenza. A tutti veniva dato un fascicolo che riguardava la
descrizione del paziente. Nel giudicare Frank veniva valutato sia il rating di piacevolezza che il tempo di lettura del fascicolo (pi leggevano e pi
mostravano interesse). I risultati mostrarono che nella situazione di dipendenza Frank veniva giudicato pi positivamente e i soggetti passavano pi
tempo a leggere il fascicolo, rispetto alla condizione di non interdipendenza.
Il modello basato sul RICORDO DI ESEMPLARI
Questo modello prevede tre assunti: il primo riguarda la memoria come contenitore di rappresentazioni specifiche di esemplari che possono essere
rivitalizzati, interrogati e utilizzati per compiere una formulazione di giudizio anche senza che il soggetto ne sia consapevole; questo possibile
perch ognuno conserva in memoria delle tracce pi o meno ricche, pi o meno vivide di tutte le persone che abbiamo incontrati. La traccia si
chiama esemplare in memoria. Il secondo assunto parte dal presupposto che il giudizio che esprimiamo su un esemplare dipenda dalla somiglianza
con lo stimolo target, che non si basa su una caratteristica fisica fissa, ma contestuale: valuto le persone in anticipo per il fatto che assomigliano a
persone che ho conosciuto in passato. Il terzo assunto dice che i soggetti (esemplari in memoria) che richiamo alla memoria per poter valutare chi
ho di fronte vengono richiamati in abse alle caratteristiche di somiglianza. Per esempio se io conosco tre persone, Sergio, Paolo e Anna con i quali ho
avuto in passato delle esperienze, il giudizio che formuler risentir della somiglianza con Sergio poich con lui ho pi caratteristiche in comune
rispetto agli altri due, in quanto questi esemplari sono stati memorizzati non solo come un lista di caratteristiche (veste scuro, giuda con prudenza
etc..) ma a ciascuno di essi stato ancorato anche un giudizio.
Il parametro fondamentale del modello dato dalla somiglianza con esemplari gi conosciuti in passato, tale per cui formulo un giudizio su una
persona. Nell'esperimento di Lewicki del 1986, con il pretesto di compilare dei questionari di personalit, dei soggetti venivano divisi in due gruppi:
nel primo venivano trattati in maniera cordiale, nel secondo gruppo, quello sperimentale, venivano trattati male e lo sperimentatore era sgarbato.
Dopo la compilazione dovevano riconsegnare i questionari a uno dei due collaboratori che era libero (in realt lo erano entrambi) che erano ben
differenti tra di loro. Il risultato fu che i soggetti del gruppo sperimentale preferivano riconsegnare il questionario all'assistente che non era simile
allo sperimentatore; quindi colui che era vestito, pettinato come lo sperimentatore sgarbato riceveva una considerazione implicita negativa sulla
base della somiglianza con lo sperimentatore.

Le PERSONE COME VENGONO INTERPRETATE in base al loro comportamento


L'approccio allo studio della personologia ingenua: analisi ingenua e attribuzione casuale
Fritz Heider (1958) suggeriva che le persone comuni usano la logica e le regole per dare senso alla propria condotta e a quella degli altri e ne
costituiscono una psicologia ingenua, chiamata attribuzione causale grazie al quale si individuano le cause delle azioni e degli eventi osservati.
L'attribuzione permette di assegnare agli oggetti, alle persone e agli eventi sia delle caratteristiche durevoli, sia le qualit che di essi si reputano
tipiche, cio le caratteristiche disposizionali riscontrabili in noi stessi, gli altri e nell'ambiente.
Questo tipo di meccanismo descrive come la mente cerchi sempre di capire che cosa succede alla persona osservata, quali sono i suoi scopi, i suoi
pensieri e cos via. Il motivo fondamentale capace di innescare i processi di attribuzione causale la percezione di incongruenze, cio se le cose
vanno nella maniera che ci si aspetta, non c' alcuna necessit di approfondire, mentre di fronte a un comportamento inatteso e/o che non ci
aspettavamo, cercheremo di scoprirne le cause e le motivazioni. L'analisi ingenua parte dall'osservazione che ogni azione produce un effetto o un
risultato che a sua volta dipende da forze personali oppure ambientali legate da una relazione additiva, cio un effetto dato alle sole forze
ambientali se quelle personali sono a zero e viceversa.
Le forze personali sono costituite da due componenti unite tra di loro da una relazione moltiplicativa intendendo che all'assenza di una delle due,
le forze personali sono pari a zero: la prima il potere, riferito alle abilit e alle competenze di una persona (intelligenza, fiducia in se stessa...) e
anche a quello che una persona possiede (per mettere in atto l'azione), mentre la seconda il tentare cio la spinta motivazionale distinta in
intenzione e sforzo: ci che si intende fare e l'energia fisica e psicologica per poterlo farlo.
Le forze ambientali sono gli ostacoli che si possono presentare come difficolt logiche o materiali, oppure come fattori sociali. Le persone
s'imbattono nella vita quotidiana in proibizioni o norme che riducono le possibilit di azione della persona, e queste sono definite come forza
ambientali internalizzate poich si configurano come dei doveri.
Per Heider fondamentale distinguere fra causazione non-personale che esterna e situazionale, e causazione personale che risulta essere
autentica quando l'effetto deriva solamente da un'azione intenzionale diretta a provocalo, o che viene percepito come tale e quindi il locus causale
interno all'attore: diversamente la causazione non-autentica, ed assimilabile a quella di causazione non-personale. Heider parla anche di
egocentrismo nell'attribuzione nell'esprimere quella tendenza che fa ritenere il proprio modo di pensare ed agire in un determinato momento
come fosse una norma da adottare nei giudizi di azioni altrui.
Il processo di attribuzione avviene in due fasi: la prima consiste nello stabilire quale fattore pu essere riferita un'azione osservata (causaleesterno, indipendente dalle sua intenzioni, interna al soggetto...). Se l'azione del soggetto ha una causazione esterna si avranno informazioni di
causa-effetto che legano quel particolare stimolo a quella particolare azione, mentre se si tratta esclusivamente di una causazione personale
autentica si procede alla seconda fase. Questa permette l'identificazione delle caratteristiche personali che hanno determinato l'azione stessa.
L'osservatore ha una base solida per comprendere e prevedere il significato della persona osservata dando struttura e significato al mondo sociale.
Cosa l'attribuzione causale
L'essere umano tende a correlare, legare tra loro gli eventi attraverso relazioni di causa-effetto che dipendono sia da fattori ambientali, come ad
esempio ostacoli, che da forze personali composte da potere (abilit e competenza) e dal tentare (motivazione, sforzo e intenzione). Questo tipo di
meccanismo descrive come la mente cerchi sempre di capire che cosa succede alla persona osservata, quali sono i suoi scopi, i suoi pensieri e cos

via. Il motivo fondamentale capace di innescare i processi di attribuzione causale la percezione di incongruenze, dove se le cose vanno nella
maniera che ci si aspetta non viene avvertita alcuna necessit di approfondire, mentre di fronte a un comportamento inatteso e/o che non ci
aspettavamo, cercheremo di scoprirne le cause e le motivazioni (un dirigente che gode di una certa professionalit che si infila le dita nel naso).
Questo processo lo rivolgiamo anche nei confronti di noi stessi, poich ci aspettiamo delle cose da noi piuttosto che altre e quindi ogni evento
inatteso susciter la voglia di capirne le motivazioni.
Locus della causalit
Il locus pu essere interno quando la spiegazione di ci che avvenuto viene ricondotto a motivazioni o abilit della persona che pratica l'azione,
ovvero l'attore sociale (per Heider si parla di autenticit solo se l'effetto di un'azione intenzionale), mentre esterno quando le attribuzioni sono
delegate a spiegazioni circostanziali. Nel primo caso l'osservazione dipende da qualche fattore interno della persona che ha agito, nel secondo da
qualche fattore ambientale o cause esterne.
In base al locus che viene impiegato per spiegare un comportamento, corrispondono vari livelli di responsabilit riconosciute all'attore sociale:
associazione, causa, intenzionalit e giustificazione.
Associazione: l'attore non ha fatto nulla per impedire un evento ma anzi ne rimane un osservatore passivo: per esempio se di fronte a uno scippo
rimaniamo immobili, siamo responsabili per associazione .
Causa: l'evento prodotto dall'attore in maniera accidentale; in questi casi tipicamente la responsabilit viene delegata e attribuita ad altri fattori,
quindi la responsabilit sar limitata poich assente qualunque intenzione: ad esempio un incidente in macchina verr indennizzato dal terreno
scivoloso, dalla nebbia etc...
Intenzionalit: l'attore ha agito intenzionalmente nell'azione, il comportamento voluto, come tirare uno schiaffo.
Giustificazione: l'evento stato dato come risposta a specifiche circostanze, come ad esempio quando una persona uccide un assassino per
legittima difesa e viene giustificata nel suo comportamento.
Modello DELL'INFERENZA CORRISPONDENTE di Jones e Davis
Secondo questi autori sono proprio le caratteristiche disposizionali degli altri che forniscono quegli elementi necessari alla rappresentazione stabile
e significativa del nostro mondo sociale: il processo attributivo dato dal risalire al comportamento e agli oggetti osservabili in una persona, fino
alle eventuali intenzioni, e a partire da queste alle disposizioni personali che quindi le sottendono. L'attribuzioni viene divisa in 2 fasi di processo: la
prima data dal riconoscimento del carattere intenzionale dell'azione che viene osservata (che dipende dalla certezza che la persona conosca gli
effetti della sua intenzione e che ne possegga le capacit necessarie per dar luogo all'azione), e la seconda dall'inferenza proprio delle
caratteristiche disposizionali dell'attore stesso. E' necessario accertarsi che l'attore nel momento dell'azione si trovi in condizioni di libera scelta che
si percepisca nella medesima condizione: sotto costrizione, come una norma o una inibizione, non possibile che l'attore sia intenzionale: il
processo di attribuzione evidente soprattutto nei casi in cui l'azione osservata si discosta de quelle che sono le aspettative della persona stessa,
come caratteristico nei comportamenti devianti le convenzioni e le norme sociali.
Il processo di vera inferenza si instaura confrontando gli effetti potenziali dell'azione scelta dalla persona, con quello delle altre azioni disponibili
per non messi in atto dall'individuo stesso in quella specifica condizione: in questo modo si isolano gli effetti comuni e caratteristici solo dell'azione
che sono privi di significato. Sono gli effetti non comuni e quindi specifici per ogni azione che permettono di poter inferire la vera disposizione
dell'attore e che l'elemento indispensabile per la corretta attribuzione. Inoltre bisogna tener conto del principio della desiderabilit sociale, cio
quell'effetto che l'attore potrebbe perseguire per avere un effetto socialmente desiderabile.
Si possono avere 4 diverse condizioni di inferenza: una condizione di ambiguit banale (effetti non comuni alti ed elevata desiderabilit di essi),
ambiguit interessante (effetti non comuni pochi e desiderabilit bassa), chiarezza banale (effetti non comuni pochi o uno e desiderabilit elevata),
condizione ottimale di alta corrispondenza (pochi o solo un effetto comune e bassa desiderabilit): una solida attribuzione delle caratteristiche della
persona osservata data solo quando c' un basso numero di effetti non comuni e una bassa desiderabilit di tali effetti.
La rilevanza edonica indica il significato che una certa azione ha in termini di sostegno o di attacco ai valori dell'osservatore. Il concetto di
personalismo implica quello di rilevanza edonica ed riferito alla percezione di chi osserva, che l'azione intenzionalmente volta a favorirlo o
danneggiarlo.
Inferenze corrispondenti
Le persone generalmente, sulla base dei comportamenti che osservano nelle altre persone e in base alle caratteristiche dei contesti, tendono a
produrre delle inferenze sul grado di responsabilit dell'attore e sulle sue disposizioni ritenute stabili. Questa modalit permette di poter anticipare
i probabili comportamenti di un individuo in analoghe circostanze, e quindi affidarci a aspettative ritenute affidabili. Risulta cruciale comprendere
quali siano queste informazioni da cui trarre inferenze corrispondenti: La prima data dagli Effetti non comuni quando il comportamento la
risultante di una scelta, la valutazione fornisce informazioni sulle preferenze, i gusti e le caratteristiche della medesima persona che ha effettuato la
scelta (se scelgo una casa con giardino mi porter a pensare che sia una amante della natura. In secondo luogo c' la Desiderabilit sociale, il
grado di approvazione di un comportamento allinterno di un sistema culturale, quindi un comportamento non desiderabile fornisce molte pi
informazioni rispetto al comportamento, le disposizioni etc... di una persona piuttosto che una condotta desiderabile. Terzo i Ruoli sociali che
confermano che l'essere conformati al proprio ruolo non specifica nulla delle disposizioni interne di una persona, ma anzi sono conferme attese: ci
dice molto di pi chi dal ruolo si discosta e non si conforma.
Ad esempio un vigile che d informazioni a un turista non ci dice che il vigile una persona gentile, perch nel suo ruolo dare informazioni, ma
sarebbe interpretato diversamente se fosse stato un impiegato di banca.
In un esperimento met soggetti erano sottoposti all'ascolto di una storiella in cui un tenente, per spostare un cannone, chiedeva una mano a un
sottoposto (sergente) o una persona di grado superiore (colonnello), mentre all'altra met veniva narrata la stessa storia ma con i ruoli invertiti e
veniva infine chiesta ai due gruppi quale persona era stata pi gentile: i risultati mostrarono che nella stragrande maggioranza dei casi il colonnello
veniva valutato pi gentile del sergente poich era essendo sottoposto era previsto dal suo ruolo e non viceversa. Ci che conferma unaspettativa
(culturale o di ruolo) poco diagnostico, poco utile ai fini della ricerca di una spiegazione; ci che contraddice unaspettativa lo molto di pi.
Il modello ANOVA di Kelley
Kelley il primo a dare conto del processo di attribuzione come processo cognitivo dal basso verso l'alto, dalle informazioni fino a inferire le cause.
Secondo l'autore il processo di attribuzione si distribuisce su tre variabili: le persone la cui azione pu essere osservata, le entit-stimolo che
caratterizzano la situazione di osservazione, i tempi e le modalit tra le persone e le entit-stimolo. Il modello ANOVA esige la ripetizione delle
osservazioni per poter stabilire le modalit attraverso le quali queste tre componenti covariano tra loro. Secondo Kelly ci sono delle informazioni
indispensabili per questo processo: il consenso, la consistenza e la specificit: il consenso l'informazione, la tendenza di altre persone nel fare la
stessa azione nei confronti dello stimolo, e quindi tanto pi alta e tanto pi la risposta sar generalizzata; la consistenza quell'informazione, o la
tendenza, della persona che viene osservata nel compiere la stessa azione (o risposta) verso uno stimolo-entit in differenti occasioni e con diverse
modalit di rapporto, quindi quanto pi alta tanto pi la risposta dell'attore risulter generalizzata; la specificit l'informazione, o la tendenza,

dell'azione (risposta) nei confronti proprio di quell'entit-stimolo e in quelle diverse rispetto a quella presa in esame, e quindi pi alta e mano la
risposta sar generalizzata. Queste informazioni vengono raccolte e analizzate e danno luogo a una configurazione che, in base alla presenza di
questi criteri, determinerebbero quale locus causale pi probabile in quel determinato caso e il suo relativo grado di stabilit (locus esterno = allo
stimolo, circostanze, locus interno = la persona-attore, locus interattivo = attore/stimolo o attore/circostanze).
Differenza attore-osservatore
Un comportamento specifico non ha sempre lo stesso significato. Nelle interazioni sociali le persone utilizzano le euristiche, delle scorciatoie
cognitive per semplificare il problema e concentrarsi sul problem solving. Questo pu portare a degli errori, grazie ai quali gli psicologici sono riusciti
a ricostruire i meccanismi di pensiero che generalmente sono coinvolti nelle interazioni sociali.
Secondo Ichheiser la tendenza a sopravvalutare nel comportamento degli altri la cause personali rispetto a quelle ambientali non un errore
commesso dalle persone poco colte, quanto piuttosto una inevitabile conseguenza del sistema ideologico del 19 secolo, fondato sull'assunzione
che il successo )o insuccesso) sociale dipenda prevalentemente dalle capacit personali di ognuno. I fattori culturali sono dunque alla base degli
errori disposizionali mentre la diffusione deriva da fatto che i fattori situazionali sono scarsamente visibili per la persona: per esempio non
possibile sapere cosa fa una persona quando l'osservatore non presente o se la sua stessa presenza non influenzi la persona osservata. I fattori
situazionali non fisicamente presenti sono quelli pi influenti secondo Ichheiser a tal punto che li defin Catene sociali invisibili, o prigioni invisibili.
Secondo questo autore non possibile evitare la formazione di inferenze disposizionali poich si verificano in automatico, ma possibile solamente
cercare di correggerle.
L'errore fondamentale di attribuzione di Ross (1977), consiste nell'attribuire il comportamento di un'altra persona (attore) a partire dalla nostra
osservazione, alle caratteristiche che sono proprie della medesima persona, cio la caratteristica disposizionali personale, piuttosto che da fattori
esterni e situazionali. E' una tendenza sistematica che ci riporta all'euristica di giudizio in cui tendiamo a dare all'attore le responsabilit. Ristagna
quindi la convinzione che il successo o l'insuccesso sociale di ognuno dipenda fondamentalmente dalla proprie capacit personali. Quando invece si
valuta il proprio comportamento prevalgono caratteristiche situazionali, circostanze ambientali. Gunter Bierbrauer nel 1979 cerc di eliminare la
sottostima derivante dell'errore fondamentale di attribuzione, a partire dal presumere che le persone cattive facciano cose cattive e quelle buone
azioni buone, e chiese di rivisitare, ad alcuni studenti, una vivida ricostruzione dell'esperimento di Milgram o di rivestire il ruolo dell'insegnante
obbediente. L'autore concluse che la maggior parte delle persone continua a credere che le qualit interne rivelino la persona: quindi le persone
buone si comportano bene e quelle cattive, di conseguenza, male.
Un paradigma di ricerca quello dell'accordo forzato, inizialmente usato da Jones e Davis nella loro inferenza corrispondente. Viene fatto leggere a
dei soggetti un testo con un argomento a favore o contrario a una determinata questione (l'uso della droga) attribuito a un ipotetico partecipante di
una ricerca precedente: vengono comunicate le condizioni, che venivano fatte variare in base a un grado di libert, in cui il soggetto ha scritto il
testo e successivamente viene chiesto ai soggetti di valutare il vero atteggiamento dell'autore stesso. Nella condizione di accordo forzato, cio
senza la libert di scelta, viene comunicato che il soggetto stato oggetto di qualche costrizione indipendentemente dal suo atteggiamento, cio si
crea una situazione che porterebbe il partecipante a percepire chiaramente l'assenza di libert, e quindi secondo la teoria dell'inferenza
corrispondente, chi osserva dovrebbe astenersi dal fare inferenze sugli atteggiamenti dello stesso. Ma si visto che anche in queste condizioni le
inferenze venivano attivate dagli osservatori, la cui spiegazione data sia da Heider che Ichheiser, che la persona pi saliente dei fattori
situazionali.
Quattrone (1982) fornisce una visione cognitiva differente, cio le persone adotterebbero l'euristica di ancoraggio e aggiustamento: questa
euristica non implica che l'ancoraggio necessariamente debba verificarsi nei termini di distribuzione causale, ma che sia possibile anche il verificarsi
di situazioni che inducono una ancoraggio su caratteristiche situazionali. Inoltre per Quattrone un ruolo importante lo gioca il contesto
"occidentale" , dove le assunzioni culturali condivise predispongono il soggetto ad ancorare l'atto alla persona piuttosto che alla situazione. Le
ricerche della Miller postulano che vi siano Ragioni disposizionali connesse a tratti, motivi dell'attore, e Ragioni contestuali connesse a regolazioni
normative, influenza di altre persone e cos via. I suoi esperimenti indicano che per i comportamenti indesiderabili i soggetti nordamericani
fornivano il doppio delle ragioni disposizionali, rispetto agli indiani, che a loro volta fornivano il doppio delle ragioni contestuali rispetto agli
americani. Questa visione rende conto del fatto che l'errore fondamentale non sia un errore quanto piuttosto una distorsione prodotta dall'uso di
schemi tipici del contesto culturale di riferimento. L'errore fondamentale sembra comparire maggiormente nelle culture che hanno una visione
individualista, come i paesi occidentali, e ridotte nei contesti dove prevale una visione collettivista.
Tramite l'euristica di giudizio tendiamo a dare la responsabilit all'attore, e di conseguenza il successo o l'insuccesso sociale dipende
prevalentemente delle sue capacit personali. Nella valutazione del proprio comportamento, al contrario, vengono usate maggiormente le
circostanze ambientali.
Il Self serving bias una distorsione sistematica del pensiero derivato dall'applicazione di quelle euristiche che si prefiggono lo scopo di
salvaguardare la propria autostima: le disposizioni interne servono per attribuire i meriti del successo (spiegazioni disposizionali), mentre
disposizioni esterne per non attribuirci gli insuccessi (spiegazioni situazionali). I successi derivano da spiegazioni disposizionali, mentre gli insuccessi
sono attribuiti a spiegazioni situazionali, ovvero la differenza tra attore e osservatore.
La formazione di impressioni integrate... Il PROCESSO SEQUENZIALE nella percezione sociale
Per Asch lo scopo degli esperimenti era quello di scoprire quale fosse il processo tramite il quale le persone si formano delle impressioni di
personalit di altre persone a partire da frammenti di informazioni. In ognuno dei 10 esperimenti veniva manipolata una caratteristica dalla lista di
tratti e usata come informazione stimolo con lo scopo di osservare le impressioni che i partecipanti si formavano. I risultati davano conto del
risultato finale, del prodotto che diventava una impressione integrata, ma non spiegava quali fossero i processi cognitivi usati dalle persone per
giungere al prodotto finale, ma dimostrava la validit della tesi gestaltista: l'intero pi della somma delle su parti. Grazie a lui oggi possibile
formulare delle leggi che sintetizzano le relazioni che uniscono da una parte le caratteristiche dello stimolo, le liste di tratti, e dall'altra le risposte
che i partecipanti fornivano, cio le impressioni di personalit.
Oggi la modalit prevalente si basa su una sequenza di operazioni con caratteristiche determinate che possono essere rappresentate mediante un
diagramma di flusso, simile a quello per costruire i calcolatori elettronici.
Il modello di Gilbert cerca di costruire un modello di sequenza cognitiva a partire dall'integrare sia le aree di ricerca dell'attribuzione e formazione
delle impressioni, sia modelli avanzati per l'attribuzione causale, in modo tale da spiegare come i processi automatici e controllati interagiscano tra
loro per dare senso alle altre persone e quindi a ci che fanno. In questo modello si ispira sia a Quattrone (processo a due stadi) che a Uleman e
colleghi e Ichheiser (inferire disposizioni automatiche). Il modello prevede 4 fasi disposte in sequenza: Identificazione dell'atto o categorizzazione
(La persona cosa ha fatto?), l'inferenza di disposizioni stabili della persona, o caratterizzazione (le disposizioni implicate nell'azione),
l'aggiustamento sulla base dei fattori situazionali o correzione, e la formazione dell'impressione integrata sulla base delle diverse disposizioni
inferite.

Il primo passo quindi dato dall'identificazione dello stimolo per essere poi categorizzato ed inserito in uno schema; le persone osservano i
movimenti, i suoni delle altre persone e in generale preferiscono dare un nome alle azioni in base agli scopi e alle intenzioni dell'attore: ad esempio
dall'apparenza fisico posso dedurne un comportamento.
E' un compito delicato perch una persona mette in atto tanti comportamenti: ad esempio se Tizio, responsabile del settore A, ottiene un
importante risultato e intende comunicarlo a Caio responsabile del settore B di una stessa azienda, da una parte potrebbe rallegrarlo perch il
successo riguarderebbe tutta l'organizzazione, ma potrebbe anche irritarlo perch potrebbe essere valutato come un atto competitivo. Secondo
Jones e Davis bisogna anche tenere conto della desiderabilit sociale proprio per escludere una interpretazione come intenzionale e irritante.
Recenti autori hanno messo in campo una spiegazione basata sull'accessibilit degli schemi secondo la quale si tende a dare significato in base agli
schemi che si usano con pi frequenza, che risultano essere i pi accessibili e che avverrebbe in modo automatico: se Caio possiede uno schema
competitivo cronicamente pi accessibile, avr alte probabilit di vedere un atto competitivo di Tizio.
Il secondo stadio quello della caratterizzazione dello stimolo in cui vengono inferite le caratteristiche disposizionali che elicitano il
comportamento osservato, cio viene data una spiegazione a ci che si vede, ad esempio da un comportamento ne traiamo una atteggiamento.
Uleman e colleghi hanno concluso che quando le persone leggono delle descrizioni di comportamento di altre persone formulano in maniera
automatica delle inferenze sulle loro caratteristiche disposizionali. Una loro ricerca ha coinvolto degli studenti per la soluzione di compiti di
matematica, le cui prove erano intervallate da delle frasi che solo apparentemente servivano come elemento divisorio, ma che in realt erano
costruite in modo da suggerire implicitamente un tratto (Tizio prima di entrare dal dentista continuava a tamburellare con il piede a terra, cio era
nervoso e teso). In seguito veniva chiesto loro di ricordare le frasi in tre differenti condizioni: dopo essere stati esposti ai tratti, dopo essere stati
esposti a frasi semanticamente connesse, senza alcun suggerimento. Sulla base della specificit della codifica (gli eventi che vengono codificati allo
stesso momento possono essere anche dei facilitatori dei ricordi stessi, da Tulving e Thomson) i tratti avrebbero dovuto influenzare le risposte, cosa
che avvenne effettivamente non solo rispetto alla situazione di controllo senza suggerimenti, ma anche nei confronti alla situazione con
suggerimenti associati semanticamente. Non essendo nelle frasi, i tratti avevano empiricamente influenzato i partecipanti nel compiere inferenze
disposizionali.
Il terzo stadio data dalla eventuale correzione della prima impressione che segue l'analisi della situazione dove vengono modificate le conclusioni
fino ad allora raggiunte, cio una correzione delle inferenze disposizionali. Secondo Gilbert e colleghi l'inferenza avviene in un primo momento in
maniera automatica, e su si essa successivamente possibile compiere una correzione, confermando la logica di Quattrone e la sua l'attribuzione
all'euristica dell'ancoraggio e aggiustamento (le persone operano una inferenza in modo immediato per le disposizioni interne e se hanno il tempo e
le capacit, esaminano il ruolo dei fattori situazionali e se necessario correggono l'iniziale attribuzione disposizionale).
A conferma di quanto la correzione sia complessa, Gilbert divise in due gruppi delle persone e li sottopose alla visione di un filmato in cui osservare
un individuo che scriveva e leggeva a voce alta un testo contro-attitudinale contenenti affermazioni opposte alle sue. Il primo gruppo non aveva
distrazioni ed quindi piena disponibilit di risorse cognitive, mentre al secondo veniva contemporaneamente fatto fare un compito interferente che
sottraeva attenzione. Poi veniva chiesto quale fosse il reale atteggiamento della persona. Il primo gruppo portava a termine l'intero processo
sequenziale (categorizzando, caratterizzando e correggendo) ritenendo che la persona aveva avuto un atteggiamento contrario a ci che aveva
letto, mentre il secondo gruppo non arrivava a compiere l'intero iter ma si fermava ai due processi automatici non riuscendo a praticare la
correzione e quindi non dando la giusta soluzione al compito.
Da un punto evolutivo la correzione pu avvenire solo nella fase che Piaget indicava come quella del pensiero logico-formale: il modello
sequenziale dunque corrisponde a una ipotesi di tipo evolutivo, dimostrato anche dal fatto che solo i bambini pi maturi riuscivano ad effettuare la
correzione.
Le prime due operazioni avvengono in maniera automatica ed eseguite senza alcuno sforzo, mentre la terza richiede uno sforzo cognitivo per
portare a termine la correzione, poich richiede una analisi per effettuare l'eventuale correzione. Se le risorse sono scarse la correzione non sar
possibile e ci si fermer alle prime due fasi (alla prima impressione) e di conseguenza la valutazione sar esattamente quella iniziale. Questo accade
quando l'attenzione suddivisa in vari compiti e quando le risorse sono distribuite su pi operazioni, ovvero essere impegnati con qualcos'altro
significa fermarsi alla prima impressione.
Krull (1993) ha ipotizzato che le persone formulino in maniera automatica e senza sforzo le inferenze sugli altri oppure sulla situazione, a partire dai
loro obiettivi conoscitivi: nei casi in cui importante avere un'impressione di una persona (viaggiare o lavorare insieme) le inferenze automatiche
riguarderebbe appunto la persona, mentre se l'interesse dato dall'importanza della situazione scatterebbero le deduzioni situazionali sul
comportamento delle persone (devo scegliere un film al cinema e osservo la reazione delle persone che escono da una sala, ridono?). Krull ed
Erikson (1995) hanno dimostrato con un esperimento questa teoria. Veniva mostrato a dei partecipanti, un filmato in cui una donna si comportava
in modo ansioso mentre parlava con uno sconosciuto: a met partecipanti veniva detto che la donna era calma di natura, ovvero ansiosa di natura
all'altra met. Tutti erano tenuti a dare una valutazione su quanto gli argomenti discussi fossero ansiogeni: coloro i quali credevano che la donna
fosse ansiosa considerarono gli argomenti molto meno ansiogeni rispetto all'altra met, ma se durante la prova gli stessi partecipanti dovevano
contemporaneamente svolgere un compito di riconoscimento di suoni (ridotta capacit cognitiva), la valutazione degli argomenti non risultava
diversa rispetto all'altro gruppo.
Lo stadio della formazione di impressioni integrate la quarta fase, e riguarda il modello configurazionale di Asch e quello algebrico di Anderson, e
ultimamente anche quello del continuum di Fiske e Neuberg.

Percezione di individui isolati di gruppi e categorie sociali


Formazione delle impressioni di personalit di singoli individui
Nel processo di formazione delle impressioni il postulato fondamentale dato dall'assunzione del fatto che le personalit delle persone siano una
unit caratterizzata da una elevata coerenza. Questo sorretto da 4 principi.
Principio 1. La persona che percepisce, in base a quello che osserva, tenta di dedurre le propriet disposizionali che costituiscono il nucleo della
personalit di un individuo: un processo, detto effetto primacy, che si basa sulla elaborazione on-line, cio non appena le informazioni risultano
disponibili vengono immediatamente integrate con quello che gi conosciamo di questa specifica persona; si costruiscono nella working memory e
sono proprio queste prime impressioni a costituire il modello di riferimento a cui si aggregano tutte le informazioni. La persona quindi si costituisce
in forma preponderante dalle prima informazioni disponibili, mentre con quelle successive si aggiungono solo lievi aggiustamenti.
Principio 2. La persona che percepisce si aspetta una forte coerenza sia tra i comportamenti di una persona, sia tra le sue medesime caratteristiche
di personalit: si dice coerenza diacronica quando il comportamento riflette i tratti di personalit della persona, mentre si tratta di coerenza
sincronica quando ci si aspetta che gli altri comportamenti siano congruenti con quella caratteristica.
Principio 3. La persona che percepisce tende a crearsi un'impressione organica rispetto alla persona che si trova di fronte e lei. Zandy e Gerard
(1974) realizzarono un esperimento in cui a tre gruppi di soggetti venivano fatte identiche descrizioni di un individuo, tranne che per la destinazione
futura universitaria, che poteva essere psicologia, chimica o musica. Dopo essere stati ricontattati dopo molto tempo veniva chiesto loro cosa si
ricordassero del ragazzo: le descrizioni furono differenti a seconda del destino, denunciando come le informazioni disponibili orientino verso
un'immagine coerente.

Principio 4. Quando sono presenti delle informazioni discordanti, si attivano dei processo con l'obiettivo di ristabilire la coerenza nell'impressione
globale, da cui derivano tre conseguenze rispetto all'informazione: tentativo di fornire una spiegazione alla stessa incongruenza, un'analisi pi
dettagliata e un miglior ricordo.
Stereotipi di gruppi sociali nella percezione
Il postulato base per la percezione di gruppi che la persona che percepisce non si aspetta che i membri di un gruppo abbiamo un grado di
coerenza come quello che si attendono dai tratti di personalit di un individuo, e questo costituisce un indice di come anche le procedure mentali
sottendano una diversificazione percettiva, quindi pur essendo un analogo processo di percezione sociale, laver a che fare con individui e laver a
che fare con gruppi porta a risultati diversi.
Il metodo di analisi per i principi che seguiranno lo stesso per tutti, ovvero vengono date delle informazioni dicendo che le medesime descrivono
un gruppo o un individuo, e successivamente chiediamo a dei soggetti di formarsi una impressione di un gruppo o di un individuo; se vengono
evidenziate delle differenze, allora risulter che con molta probabilit che i processi mentali coinvolti in entrambi i processi sono differenziati.
Principio 1. propriet disposizionali. Gli esperimenti di correlazione illusoria comportano che vengano date una serie di informazioni, sia negative
che positive, relative a due gruppi di cui uno molto pi numeroso dell'altro, ma la cui proporzione di notizie negative totali risulti assolutamente
identica. Per il gruppo di minoranza le stesse informazioni negative avranno maggior salienza proprio come conseguenza di questo effetto. Questo
esperimento stato traslato anche nei confronti degli individui in cui si osservato che l'effetto di correlazione illusoria si inverte: infatti se nella
valutazione dei gruppi si nota una sovrastima in senso negativo verso i gruppi minoritari, quando ci si riferisce a due individui (stessa proporzione),
ci che osserviamo una sottostima dei comportamenti negativi negli individui.
Si fa una controprova usando un esperimento nato per gli individui e si applica ai gruppi, ovvero un compito classico partendo dai tratti: Il risultato
che si ottiene un effetto recency per i gruppi e un effetto primacy per gli individui.
L'effetto primacy vincolato alla formazione di impressioni di personalit a partire dalla modalit on-line, che non coinvolge la memoria a lungo
termine, e risulta essere una integrazione delle informazioni disponibili tale per cui le prime ricevute sono quelle determinanti nel configurare
l'informazione globale.
L'effetto recency il contrario, vale a dire che le ultime informazioni sono quelle pi salienti della formazione dell'impressione collettiva di un
gruppo, che non avviene on-line ma comporta il ricorso alle strutture che risiedono nella memoria a lungo termine.
Quindi le stesse liste di tratti e le stesse informazioni riferite a individui o gruppi vengono riferite a gruppi si ha un effetto recency, ovvero a un
individuo l'effetto quello di primacy.
Principio 2. coerenza attesa. Vengono fatte leggere delle brevi storielle identiche di comportamenti a due gruppi di soggetti, a cui successivamente
si doveva far seguire una valutazione dell'impressione del protagonista. Met gruppo veniva informato che il protagonista era sempre lo stesso,
mentre all'altra met che si trattava di differenti persone ma appartenenti allo stesso gruppo. I risultati mostrarono che nelle storie imputate a un
solo protagonista venivano valutate come pi simili diversamente verso le persone diverse dello stesso gruppo. Il grado di similarit determinava la
valutazione, tale per cui la coerenza attesa per una persona risultava superiore rispetto a quella di un gruppo.
Principio 3. impressione organica. Riguarda un compito di memoria, cio vengono date delle informazioni alle persone e poi si chiede loro di
rievocarle liberamente senza essere sottoposti a domande specifiche, intervallate da compiti interferenti (per svuotare la working memory) e il cui
riferimento pu indirizzarsi verso un gruppo o un individuo. I risultati indicavano che per l'individuo si verifica maggior ricordo. I tratti di un
individuo o di un gruppo tendono ad essere ricordati a blocchi, e questo fenomeno pi marcato nella condizione individuo rispetto a quella
gruppo; inoltre il miglior ricordo delle caratteristiche dell'individuo determinato, nella fase di codifica in memoria, di una struttura organica
coerente, sistematica, che orienta sia il ricordo che il recupero dalla memoria di queste all'informazione in maniera pi massiccia rispetto al ricordo
delle caratteristiche del gruppo.
Principio 4. informazioni discordanti. Nella percezione di persone si visto che quando si incontrano informazioni discordanti rispetto
all'informazione iniziale, si attivano tre conseguenze, ovvero un'analisi pi dettagliata, tentativi di spiegazione e un miglio ricordo.
Esperimento 1 (analisi di profondit): un soggetto legge una ad una delle descrizioni che potevano essere riferite sia a gruppi che individui, e quando
ne comprende le caratteristiche passa a quella successiva premendo un bottone. Il tempo di lettura per ciascuna informazione veniva misurato. Il
risultato evidenziava che se l'informazione veniva valutata come incongruente, il soggetto trascorreva pi tempo nella lettura prima di premere il
pulsante, e questo valeva indipendentemente se fosse gruppo o individuo.
Esperimento 2: analogo al precedente ma stavolta i soggetti dovevano completare delle brevi frasi che terminavano con dei puntini di sospensione.
Il risultato ha mostrato che si innescano dei comportamenti di tipo attribuzionale, cio venivano completate le frasi inventando una spiegazione per
l'informazione ritenuta incongruente, e questo fenomeno era pi spiccato a favore dell'individuo.
La conclusione che i processi mentali coinvolti nelle rappresentazioni cognitive che si formano per gli individui e per i gruppi sono diversificate.
Entitativit
E' una parola che non esiste nel vocabolario ed una traduzione del vocabolo inglese entitatibity che Campbell coni negli anni '50. Con questo
termine si intende il grado con cui ogni gruppo viene interpretato come una unit. E' possibile prevedere un continuum ai cui poli colocare da una
parte i gruppi molto entitativi come ad esempio i monaci residenti in una stessa abbazia, e dall'altra semplici aggregati di persone, come le persone
in attesa dell'autobus. Gli individui hanno molto in comune con i gruppi che possiedono una forte entitativit, come ad esempio coerenza interna,
somiglianza interna... mentre, al contrario, nei gruppi che presentano una bassa entitativit i destini sono indipendenti. Nonostante la ricerca sia
ancora agli inizi, lecito aspettarsi che a livello di percezione i gruppi ad elevata entitativit si riconoscano cognitivamente come gli individui e in
modo diverso da chi possiede una bassa corrispondenza. E' possibile asserire che l'entitativit sia una variabile in grado di descrivere come variano i
processi sociali, in cui pi un gruppo essenziale e quindi pi entitativo, pi viene trattato come singolo individuo e viceversa.
Le conseguenze dell'appartenenza a gruppi discriminati
La minaccia indotta dallo stereotipo
Quando uno stereotipo negativo del proprio gruppo anche applicabile a se stessi in una data situazione o contesto, questa verr sperimentata con
una sensazione di minaccia indotta dalla paura di confermare le credenza negativa: quindi per il fenomeno della profezia che si autoavvera il fatto
di appartenere ad un gruppo ritenuto deficitario, negativo, discriminato pu rendere possibile che gli altri si rivolgano a noi stessi proprio nella
modalit da sollecitare la manifestazione di comportamenti coerenti proprio con le aspettative che ripongono nei nostri confronti, ovvero il rischio
forte di confermare lo stereotipo grazie a noi stessi.
Un classico esperimento che conferma la minaccia stato organizzato da Steele e Aronson (1995) in cui diedero un test di abilit verbali tramite
parole, distribuite sia a bianchi e sia a neri, e che poteva essere presentato con due differenti modalit: un test era descritto come un compito di
problem solving, mentre l'altro riguardava la valutazione del grado di intelligenza. A partire dal fatto che lo stereotipo dei neri li presenta come
meno dotati intellettivamente rispetto ai bianchi, i risultati che seguirono mostrarono proprio la minaccia indotta dallo stereotipo: infatti, i neri che
compilano il test di intelligenza rischiano di confermare lo stereotipo negativo e quindi le aspettative dei bianchi nei loro confronti, e quindi vivono
in uno stato di minaccia.

Nello stereotipo della donna presente l'essere scarse in matematica, e quindi se viene loro presentato un compito di matematica e le induciamo in
uno stato di minaccia, lo steso compito presenta prestazioni pi basse che in condizioni normali. Anche per gli anziani e gli individui con uno stato
socioeconomico svantaggiato che hanno uno stereotipo legati all'essere meno dotati intellettualmente, in caso di minaccia la loro prestazione cala
vistosamente proprio nei compiti che hanno a che fare con l'intelligenza.
Il lato emotivo. Le conseguenze emotive dellappartenenza ad un gruppo stigmatizzato, contrariamente al senso
comune, non sono negative in quanto i fallimenti possono essere imputati al fatto di essere stati
discriminati. Se l'effetto di minaccia porta ad un calo di prestazioni, sul lato emotivo le cose vanno in un modo diverso contrariamente al senso
comune. In un esperimento condotto da Testa, Crocker e Major (1988) delle donne dovevano presentare un tema a un giudice di sesso maschile
che esplicitamente mostrava di avere forti pregiudizi di genere, oppure non averne. Dopo di che veniva dato un test per misurare l'autostima. I
risultati mostrarono una scarsa valutazione dell'autostima dovuta al fatto di immaginarsi se a giudicarle fosse stato il giudice che non aveva
pregiudizi, ovvero se le donne pensano che la valutazione scarsa provenga da un giudice pregiudiziale non hanno cali di autostima. Un giudice senza
pregiudizi fa calare lautostima perch il fallimento pu essere imputabile solo a loro stesse, una minaccia alla propria autostima. Mentre se la
scarsa valutazione proviene da un giudice con pregiudizi, non minaccia lautostima perch la donna pu giustificarsi e quindi attribuire a cause
esterne, in modo tale da mantenere salda lautostima.

capitolo sul s
Il S come oggetto di conoscenza
La percezione della parte di mondo che dentro di noi la si esperisce nei momento in cui sinceramente ci domandiamo, ad esempio, chi sono io?,
cosa sto provando in questo momento? Allora necessario capire cosa il s.
Il s l'insieme dei sentimenti e dei pensieri che ci dicono come noi pensiamo di essere, ci da la forma entro cui noi crediamo di essere; tutte le
azioni quotidiane si fondano proprio dalla risposta che definisce come riteniamo di essere, ad esempio in situazioni difficoltose siamo consapevoli
che andremo incontro a rischi anche pericolosi e a disagi, oppure pensare che ci sia un obiettivo interno pi forte tale per cui si ridimensionano e si
superano.
Metodi del S
Esiste il s come conoscitore, come la parte del s che vede la persona come capace di compiere azioni, e quindi agisce, che riguarda l'elaborazione
delle informazioni di se stesso, produce conoscenza ed la componente dell'Io attiva e che nell'agire consapevole delle percezioni interne ed
esterne. Il s si propone come oggetto di conoscenza ed la componente del me nella prospettiva di essere l'oggetto delle propria consapevolezza.
Sia James che Mead condividevano questo aspetto duplice del s, soggetto (conoscitore) e oggetto, e ne riconoscevano una struttura dinamica, in
mutamento in base sia alle situazioni, ai momenti che alla consapevolezza dell'essere umano stesso.
James e la divisione del s
Per William James il s riguarda tutti aspetti affettivi ed emozionali: il me quindi costituito da tutti quegli elementi con i quali una persona
sviluppa una identificazione emotiva e il Me di un uomo tutto ci che egli pu chiamare Suo" il cui confine quasi indistinguibile, ed divisibile in
tre parti, ma strettamente connessi nella vita quotidiana.
Il me materiale comprende come vedo le parti del mio corpo e i suoi prolungamenti come ad esempio le protesi, come vedo gli oggetti attorno a
me, i vestiti, le mie propriet e in generale tutte quelle cose cui sento mi appartengono ivi compresi i propri genitori, le proprie propriet come la
casa, come l'orologio che quotidianamente indosso e che diventa una sorta di prolungamento di me stesso.
Il me sociale (che fu una grande innovazione) riguarda le immagini di come mi percepisco nelle interazioni con gli altri, dal come gli altri mi
percepiscono nei differenti contesti e come io mi percepisco in quel gruppo, come nell'ambito lavorativo, a scuola, con gli amici etc... quindi come
siamo riconosciuti dagli altri. Esistono tanti me sociali quante sono le opinioni che i gruppi nutrono su di noi e su cui noi possiamo fare
riferimento: quindi io avr un me sociale come lavoratore, come familiare, come amico, e cos via
Il me spirituale quella parte impalpabile che riguarda le mie motivazioni, i tratti psicologici, le mie disposizioni e i miei valori, lessere interno o
soggettivo di un uomo, le disposizioni psichiche.
A partire dal fatto che James percepisce il pensiero come una corrente che si muove a varie velocit e che il pensiero stesso "sensibilmente
continuo", il s oggettivo percepito come qualcosa di assolutamente non stabile poich varia con il variare delle condizioni intorno e dentro di
me, come quando cambiano le relazioni e il rapporto con gli oggetti materiali etc... Secondo James il livello di autostima determinato da ci con
cui ci si identifica, quindi se un individuo si percepisce, ad esempio, un cuoco la sua valutazione si baser proprio su questo elemento e non
sull'essere calciatore o sull'essere pianista.
Mead e la dimensione del gioco
George Herbert Mead, psicologo, filosofo riconosciuto come uno dei padri fondatori della psicologia sociale, intendeva lo sviluppo s come
qualcosa di legato indissolubilmente all'interazione sociale, e quindi legato alla capacit di usare simboli e in particolar modo il linguaggio: il
bambino sviluppa il suo s grazie al gioco che gli consentir di mettersi nei ruoli degli altri e in tal modo comincer a vedere se stesso dal punto di
vista degli altri, per poi essere consapevole di se stesso a partire dal guardare il suo stesso comportamento grazie all'introduzione di regole del
gioco, per poi completare il suo percorso di sviluppo del s quando diventa capace di osservarsi dal punto di vista della societ pi in generale, in
quello che Mead chiamava l'Altro generalizzato.
Il s come STRUTTURA SCHEMATICA
La ricercatrice americana Hazel Markus a partire dal definire il s come una struttura schematica, postulava come questa stessa potesse
influenzare la capacit di elaborazione delle informazioni delle persone e lo dimostro con un esperimento. L'autrice riusc a formulare dei
questionari con i quali suddividere le persone in tre gruppi in base a come essi stessi si definivano: dipendente, indipendente e aschematico. Nel
primo gruppo si sistemavano le persone che si definivano come tolleranti, compiacenti e tutto ci che equivalesse al sentirsi legato agli altri, nel
secondo gruppo si collocavano coloro che esperivano individualismo e assertivit raccolte nell'indipendenza, e infine nell'ultimo gruppo si
inserivano tutti coloro i quali non si riconoscevano in nessuna delle precedenti categorie. Di conseguenza, una persona che si percepiva come
tollerante nei confronti degli altri, si sarebbe inserita nel gruppo dipendente, cio come un individuo che si sentiva legato agli altri. La Markus
present successivamente ai tre gruppi una serie di parole a cui i soggetti dovevano rispondere in un tempo brevissimo, e dire se la parola letta gli
corrispondeva oppure no. I risultati mostrarono che le persone appartenenti al gruppo indipendente erano meno influenzabili e usavan, molto pi
degli altri, le parole che avevano a che fare con il concetto di indipendenza, e attivavano ricordi personali per sostenerne la valutazione. Anche nei
termini dei tempi di latenza, di fronte ad aggettivi indipendenti le persone appartenenti al gruppo dipendente impiegavano molto tempo rispetto ai
soggetti indipendenti che rispondevano molto velocemente nei confronti di un tratto che li descriveva. La conclusione che effettivamente questi
risultati caldeggiano la prospettiva della Markus poich lo schema di noi stessi una struttura in grado di facilitare o rendere difficile l'elaborazione
di informazioni in ingresso.
Per l'autrice il fatto di avere uno schema per una data dimensione corrisponde appunto nel sentirsi percepiti in quella medesima dimensione, e che
questa maggiore esperienza equivalesse alla differenziazione di quelle informazioni che non riguardava se stessi.
Quanti s ci caratterizzano o siamo formati
Esiste una sorta di continuit, grazie al quale ognuno si sente identico a se stesso, e nonostante il flusso degli eventi si continua a rimanere se stessi
in maniera stabile. Ma altrettanto vero che capitano situazioni in cui ci si sente non se stessi, come esperire che qualcosa cambiato, come
quando guardo le foto di molto tempo fa, i cambiamenti fisici...).
Il s operante, cos come il s fenomenico e il s spontaneo sono diversi schemi che non sono sempre attivati contemporaneamente: il s che
diventa operante, lo in quel momento per quelle determinate esigenze. Questa prospettiva permette la coesistenza di differenti informazioni che
riguardano noi stessi, anche quelle incoerenti e rende conto del fatto che le persone si descrivono diverse in differenti occasioni.
In un esperimento McGuyer chiedeva alle persone "chi sei?" e prendendo come variabile dipendente la prima risposta data per descriversi. Un
ragazzo nero si pu descrivere come ragazzo oppure come nero, e si evidenziato che la modalit di risposta varia in base ai contesti: se lo stesso
ragazzo si trova in mezzo ai neri, risponder ragazzo, diversamente in mezzo ai bianchi dir nero. Questo mostra in maniera lampante che esiste una

differenza su come le persone vogliono descrivere se stesse, e lo fanno confrontandosi e differenziandosi in relazione alla situazione in cui si
trovano; quindi a seconda dei contesti, una componente del s diventa operante.
Fluttuazione del s
In un esperimento realizzato da Markus e Nurius, venne a studenti degli universitari di immaginare di trovarsi in biblioteca e di ascoltare una
conversazione da cui si aprono tre differenti prospettive: la prima che la persona ascolta una conversazione in cui si sente citata poich coloro che
stanno parlando stanno organizzando una festa ma si accorgono che tu non sei invitato e cercano di recuperare dicendo che bisogna invitarti. In
questo caso la persona inizialmente pensa che per errore non stata invitata ma alla fine si sente desiderata. Nella seconda situazione la scena la
stessa tranne il fatto che non viene invitata la persona che ascolta perch una persona che non piace. Qui tipicamente c la situazione della
persona che si sente rifiutata. Mentre nella terza scena, di controllo, la persona non tirata in ballo nella conversazione. La variabile dipendente la
valutazione che la persona che ascolta fa di se stessa e che deve emettere sul suo futuro, sulle sue prospettive e se si sente desiderata. I risultato
hanno messo in mostra che la persona che si sente rifiutata ha una valutazione di se stessa molto pi negativa rispetto a quella che si sentita
prima dimenticata, poi recuperata e infine accettata. Queste ipotesi raccontano il ruolo degli schemi di s operanti in quel momento.
La complessit del s
La Linville ipotizzava che le persone che hanno un s particolarmente semplice e poco articolato, in caso di pericolo o difficolt, porterebbe il
sistema del s in uno stato di scacco e che quindi la persona avrebbe avuto una valutazione negativa di s, contrariamente a chi possiede un s
complesso e ben articolato, la cui situazione di crisi colpirebbe solo una parte o dei componenti e non l'intera struttura. Da questo presupposto
port avanti un esperimento in cui osserv analizz che le persone possono dare due descrizione per descrivere i tratti di personalit: organizzare
un'unico contenitore in cui una persona si sente descritta dai tratti collegati tra loro, oppure organizzare pi contenitori, in cui una persona si sente
descritta solo da alcuni tratti. In seguito, in base alla minore o maggiore complessit degli schemi del s, diede un compito di ragionamento in cui
veniva valutato l'umore che caratterizza le persone dopo aver ricevuto un feedback sia positivo che negativo. I risultati mostrarono che le persone
con una bassa complessit sono felici dopo un successo e particolarmente infelici dopo un insuccesso, mentre le persone con alta complessit si
mostrano pi equilibrate, nel senso che non si montano la testa dopo un seccesso, ma neppure si avviliscono dopo un insuccesso.
Un'altra caratteristica dell'organizzazione delle conoscenze del s data dalla relazione tra gli aspetti negativi e positivi del s, che possono essere
separati e organizzati in aree separate e omogenee, il cui fenomeno chiamato compartimentalizzazione, oppure essere presenti all'interno di un
insieme ma distinti per settori. La compartimentalizzazione porta dei vantaggi per le esperienze positive, poich le persone sono pi felici, ma
presenta degli svantaggi per le esperienze negative perch non si riesce a mettere attenzione ai fattori positivi. In generale una organizzazione pi
complessa e costituita da pi parti distinte sembra possa garantire una maggiore stabilit affettiva.
Il s il Confronto sociale
Le persone in base alla situazione in cui si trovano possono avere voglia di confrontarsi oppure possono avere delle difficolt nel farlo, ma in ogni
caso per conoscere se stessi necessario il confronto con il mondo sociale
Festinger elabor la Teoria del confronto sociale, in cui prevedere le prestazioni delle persone su una motivazione che dice che le persone tendono
a farsi dare delle indicazioni sulla accuratezza ed affidabilit delle proprie opinioni e sulla sicurezza delle proprie abilit Questo il caso in cui ci si
apre al confronto. Ad esempio degli studenti sotto esame si mettono in contatto per condividere le tensioni, le idee, gli appunti ma anche cercare
un momento di conforto. Le persone infatti tendono a confrontarsi maggiormente con chi possiede le proprie opinioni, poich si sentono molto pi
confortate. Le persone tendono a confrontarsi con l'alto (upward social comparison) con i superiori o per imparare, mentre tendono al confronto
con il basso nei casi di difficolt o di pericolo poich sempre preferibile un confronto che difenda la nostra immagine.
La ricercatrice Shelley Taylor ha condotto delle ricerche sulla percezione del s tra le persone malate terminali, di cancro, che ha prodotto
interessanti e allo stesso tempo inquietanti risultati. Le persone malate cercano il confronto consciamente con chi si trova in una posizione di salute
peggiore della loro, in un approccio verso il basso, in modo tale da garantirsi un'immagine di s pi positiva.
Il funzionamento dello schema del s dato dall'influenza sull'elaborazione delle informazioni e dalla unicit e pluralit del s.
Autoconsapevolezza
L'autoconsapevolezza, non riguarda il s astratto, ma piuttosto la coscienza di una attivit specifica. Possiamo avere consapevolezza in maniera
indiretta nel senso che passa attraverso la consapevolezza delle attivit nelle quali siamo impegnati e degli stati affettivi che proviamo: Se il fuoco
attentivo diretto su aspetti interni e privati parleremo consapevolezza privata, se riguarda aspetti esterni e legata a come gli altri ci osservano o
ascoltano allora parleremo di consapevolezza pubblica: l'autoconsapevolezza privata pu portare a una intensificazione degli atti affettivi (se siamo
felici la felicit verr accentuata),rendere chiara la conoscenza del s (riferimenti accurati) e indurre una maggiore aderenza agli standard personali
di comportamento (coerenza con le nostre idee), mentre quella pubblica pu indurre preoccupazione per la valutazione (preoccupazione su come
gli altri ci guardano), far perdere temporaneamente l'autostima (quello che faccio non appare cos come vorrei) e comporta maggiore aderenza con
gli standard sociali di comportamento (cambiare linguaggio se veniamo osservati o registrati).
Secondo Fenigstein e colleghi che hanno sviluppato uno scala di misurazione per valutarne la relativa stabilit, hanno concluso che le due
consapevolezze sono tra loro indipendenti (ad esempio esistono persone che possiedono elevata consapevolezza privata e ridotta bassa pubblica).
La condizione di autoconsapevolezza pu portare le persone a una condizione di evitamento dalla stessa, per esempio attraverso il consumo di
alcol (che ostacola l'attivit cognitiva complessa) soprattutto dopo un grande fallimento, oppure tramite l'uso di tecniche di controllo
dell'attenzione (in modo tale da concentrarsi su stimoli concreti e decostruendo e riducendo al minimo il s), oppure ancora attraverso
l'alimentazione compulsiva (evito di pensare a me mettendo attenzione al cibo), tramite tecniche di respirazione (focalizzare l'attenzione sul
respisro per distoglierla da se stessi) oppure essere in situazioni patologiche come la depressione. Se queste modalit non riescono ad attuarsi le
persone possono cercare nel suicidio la soluzione a un'insostenibile autoconsapevolezza.
Secondo Greenberg e Pyszcynski proprio l'incapacit delle persone di uscire dalla condizione di autoconsapevolezza negativa che le renderebbe
depresse che di fatto ne prolungherebbero la condizione di malessere.
Il s oggetto di conoscenza e valutazione
Per indicare l'insieme delle conoscenze che le persone hanno delle proprie caratteristiche personali (biondo, alto), dei propri ruoli sociali
(insegnante, marito) o della propria appartenenza sociale (italiano, uomo) viene utilizzato il termine Teoria del s. Quando la valutazione riguarda la
componente rivolta a se stessi si parla di autostima. Ci sono diverse fonti di conoscenza che influenzano la produzione della conoscenza di s.
Le FONTI della conoscenza del s
La cultura ove le persone vivono pone una limitazione alla conoscenza del s, anzi la cultura stessa a fornire dei modelli tra cui gli individui
possono scegliere. Se nel Medioevo l'identit delle persone possedevano degli attributi stabili (et, genere), nelle culture moderne occidentali lo
spazio di azione delle persone aumentato, il che indica chiaramente che il s soggetto a mutamenti storico-culturali.

Zurcher usando il test delle venti affermazioni, ha evidenziato come le risposte fornite dagli studenti degli anni 50-inizio 60 erano diverse da quelli
degli anni 70, e che potessero derivare da 4 fattori: descrizioni fisiche senza interazioni sociali (sono una donna, sono bionda), descrizioni sociali
(sono un marocchino, sono uno studente), descrizioni in termini di attributi (sono intelligente, sono timido), oppure da descrizioni globali, che non
rientrano nelle altre categorie (sono un essere umano). Quindi negli anni 50 prevalevano descrizioni sociali, mentre gli anni 70 videro una grande
attribuzione mediante attributi, dunque una tendenza pi individualista.
Cos come le culture collettiviste vede le pratiche educative tendono a sviluppare obbedienza, cooperazione, dipendenza, quelle a stampo
individualista sono volte alla promozione di fattori legati all'indipendenza, all'autonomia e al successo personale. Ovviamente anche all'interno di
una medesima cultura si possono avere differenti pratiche educative, come quelle differenziate rivolte a bambini e bambine per esempio.
La cultura e le pratiche educative da essa influenzate forniscono i binari su cui poggiare l'elaborazione delle conoscenze sul proprio sulle persone
stesse (teoria del s), al cui interno ci sono 3 elementi di conoscenza sul s: introspezione, osservazione dei propri comportamenti e interazione
sociale.
L'INTROSPEZIONE
L'introspezione quel processo con il quale le persone guardano al loro interno volti a conoscere i loro pensieri, i propri sentimenti e le proprie
motivazioni. In questa attivit le persone non si adoperano molto, poich in primo luogo il fatto di focalizzare l'attenzione su di s potrebbe avere
conseguenze negative, e in secondo luogo l'introspezione stessa non uno strumento cos potente ed accurato come invece si ritiene essere. Le
persone di fatto sono consapevoli del risultato finale, ma non di come il processo dei loro pensieri si sia sviluppato.
Wilson, Laser e Stone mostrarono, attraverso un esperimento, che le persone seguono teorie ingenue riguardo i fattori che possono influenzare
l'umore, ma senza averlo direttamente provato: chiesero a degli studenti di tenere un diario per 5 settimane su cui annotare i loro stati d'animo
assieme a delle variabili, e di riferire, a fine periodo se avessero osservato qualche relazione tra stato d'animo e le medesime variabili considerate.
La risposta affermativa fu associata all'influenza sia del tempo che del sonno, anche se questi dati non emersero da nessuna indagine statistica.
Anche Nisbett e Wilson, corroborarono questo risultato: chiesero a delle persone di valutare due calze in realt identiche e poste una accanto
all'altra, e di indicare quale fosse la migliore. Le persone sistematicamente indicarono quella di destra, mostrando di essere state influenzate
inconsapevolmente proprio da dalla posizione, cio proprio da quel fattore che non faceva parte del loro repertorio di teorie causali.
Gli stessi autori, in maniera inversa, mostrarono che le persone possono essere influenzate nei loro giudizi da dati non riscontrabili: i partecipanti
dovevano seguire un film sia in una condizione con un rumore sottofondo sia in assenza. Seppur la valutazione complessiva sulla qualit era
pressoch analoga, coloro i quali videro il film nella prima condizione riferirono di essere stati influenzati dal rumore. Questo potrebbe accadere
perch i partecipanti riferiscono ci che si aspettano sia in base a teorie ingenue e fallaci, sia da un effetto di distorsione del giudizio simile a quella
dell'euristica di ancoraggio e aggiustamento.
OSSERVARE il nostro comportamento
CONOSCERE GLI STATI INTERNI
Per Bem le persone traggono dall'osservazione del proprio comportamento parecchie informazioni sui propri stati interni e, seguendo la Teoria
dell'autopercezione, da questi dati possibile compiere inferenze, esattamente come si farebbero osservando il comportamento delle altre
persone; se le condizioni esterne riescono a spiegare il comportamento tale da giustificarlo, allora le persone non fanno inferenze sugli stati interni
propri, come sostenuto analogamente da Jones e Davis nonch Kelley. Secondo Bem questo processo maggiormente probabile quando gli stati
interni sono deboli o ambigui.
Diverse ricerche hanno corroborato la capacit di inferire stati interni a partire dall'osservazione del proprio comportamento, come ad esempio
nelle ricerche di Olsen che divideva i partecipanti in tre gruppi i quali dovevano leggere delle barzellette e ascoltare delle risate in sottofondo a cui
seguivano diverse spiegazioni: nel primo gruppo veniva detto che erano contagiose e inducevano a ridere, nel secondo veniva che non producevano
effetti, mentre al terzo gruppo che riducevano la tendenza a ridere. Olsen verific in maniera indiretta lasciando da soli i partecipanti con la
possibilit di poter rileggere le stesse barzellette e ne veniva registrato il tempo di lettura: l'idea era che pi i partecipanti impegnavano il tempo
nella rilettura, e pi si erano divertiti durante la prima lettura. I partecipanti del primo gruppo attribuirono le risate all'influenza esterna e non al
fatto che erano di per s divertenti le barzellette, mentre nei rimanenti due gruppi (influenza neutra e negativa) i partecipanti attribuirono le
proprie risate proprio al leggere le barzellette. I risultati infatti videro i soggetto del primo gruppo soffermarsi alla rilettura solo per 55 secondi,
contro gli 88 secondi del secondo gruppo e i 118 secondi del terzo.
CONOSCERE LE MOTIVAZIONI
Le diverse attivit che compie una persona possono essere motivate da una libera scelta e dal piacere di farle dette di motivazione intrinseca,
oppure possono avere un valore strumentale che la attivit stessa svolge per altri scopi, detta motivazione estrinseca. Un ragazzo pu avere piacere
ad andare in giro in bicicletta e spendere molto del suo tempo libero in questa attivit. La madre pensando che sia una attivit salutare, decide di
aumentare la sua frequenza, premiandolo ogni volta che va in bici. Il ragazzo si trova a lungo andare nella condizione di capire se va in bici per
piacere (intrinseca) o per il premio (estrinseca), il che potrebbe portarlo a perdere il piacere di andare in bici. Questo effetto conosciuto come
effetto di ipergiustificazione, cio introdurre un premio per incrementare la frequenza di un'attivit.
In un esperimento di Greene e colleghi venivano osservati per 13 giorni degli alunni di 4 e 5 elementare il cui scopo era osservare per quanto
tempo ogni bambino giocava con ciascuno dei giochi. Dopo di che veniva introdotto un premio per l'impegno nel gioco e si not che i ragazzi
aumentarono il loro impegno nei giochi matematici. Ma una volta levata la ricompensa non solo i ragazzi smisero di impegnarsi, ma addirittura il
tempo impiegato diminu fino al di sotto del tempo impiegato durante la sola osservazione. Ovviamente le ricompense possono diventare positive
nei casi in cui non vi sia alcuna motivazione intrinseca iniziale (far leggere i bambini che non leggono).
Le ricompense possono essere date per il semplice svolgimento dell'attivit (ricompense dipendenti dal compito), o per la qualit della prestazione
della stessa (ricompense dipendenti dalla prestazione): le ricompense dipendenti dalle prestazioni tendono ad aumentare le prestazioni, e possono
anche annullare l'effetto della ipergiustificazione nel caso in cui i soggetti siano ben consci e consapevoli di esso. Hennessey e colleghi studiarono
un modo per immunizzare dei bambini dagli effetti negativi della ipergiustificazione attraverso due fasi: nella prima di faceva vedere un video in cui
i bambini che ricevevano la ricompensa erano anche ben consapevoli di avere piacere sia nell'essere premiati, sia di provare gusto nell'attivit che
stavano svolgendo; nella seconda fase veniva chiesto ai bambini di inventare delle storie creative a partire da delle foto a cui met veniva detto che
era in vista una ricompensa, mentre alla rimanente met non veniva detto nulla in merito. I risultati mostrarono che le storie inventate dai bambini
non esposti al film immunizzante erano pi creativi se non erano premiati rispetto a quelli che non lo erano, mentre i bambini che erano stati
esposti al film immunizzante risultarono pi creativi nella condizione della ricompensa, che in quella senza.
Il S in azione
La funzione principale del S quella esecutiva, prendere decisioni, dare inizio all'azione nonch controllare e modificare i pensieri, le emozioni e la
condotta. La comprensione dei fattori emotivi richiede un processo in sequenza, come ad esempio il fatto di provare una certa eccitazione

fisiologica attiva da una parte dei meccanismi fisiologici, e dall'altra il bisogno di ricercare un'etichetta con cui definire la stessa eccitazione, per
descrivere il particolare vissuto di tipo emotivo.
TEORIA BIFATTORIALE DELLE EMOZIONI
Secondo Schachter e Singer possibile conoscere le emozioni a partire dell'osservazione del comportamento e lo hanno sostenuto per primi con la
Teoria bifattoriale delle emozioni. Secondo gli autori esiste un processo cognitivo che permette di fare delle inferenze sullo stato emotivo a partire
dall'analisi delle reazioni corporee, e ne hanno individuato una estesa gamma di "cambiamenti corporei", organizzati in pattern, in etichette, ai quali
viene associata l'emozione che in qualche modo danno senso e significato all'emozione provata. Quindi lo stato di arusal qualcosa da spiegare
anche con l'emozione, prima avvertiamo l'eccitazione poi ne cerchiamo un significato a partire dalle informazioni dalla situazione in cui ci troviamo;
nella vita quotidiana tali stati di attivazione non vengono interpretati ma vissuti. Per studiare e dimostrare che esiste un processo interpretativo
necessario creare una situazione anomala in cui lo stato di attivazione e l'emozione non corrispondano. L'idea era capire se producendo
artificialmente uno stato di attivazione che tipo di emozione si sarebbe vissuta. Da questo principio i due autori hanno ingegnosamente creato delle
ricerche, di cui il pi noto quello in cui dei partecipanti vengono coinvolti in una ricerca sugli effetti di una vitamina sulle capacit visive (Suproxin)
che veniva iniettata e che nella met dei casi era adrenalina ovvero placebo soggetti venivano divisi in tre gruppi: al primo venivano fornite le
informazioni veritiere sull'effetto (tremore alle mani, batticuore), al secondo gruppo venivano date informazioni non-veritiere (prurito,
stordimento) mentre all'ultimo gruppo non veniva detto nulla. Agli stessi soggetti veniva spiegato che il tempo di attivazione era di mezz'ora; poi
venivano condotti in una stanza con un collega dello sperimentatore che veniva presentato come fosse un altro partecipante: con una met dei
soggetti di ciascun gruppo il complice si comportava in maniera euforica, mentre con l'altra met era aggressivo. La variabile dipendente era data
dal tipo e dall'intensit dell'emozione durante la mezz'ora con il complice, sia chiedendo loro di fornire tramite una scala a 5 punti una descrizione
delle loro emozioni in termini euforia-aggressivit, sia osservando e categorizzando i comportamenti dei partecipanti. I risultati hanno dimostrato
che i partecipanti che avevano ricevuto un'informazione veritiera e che quindi potevano formarsi uno schema di spiegazione del loro stato di
attivazione, erano poco influenzati dal comportamento del complice, mentre gli altri due gruppi a cui mancava uno schema interpretativo esterno e
plausibile del loro stato di attivazione, tendevano nettamente ad interpretare la stessa emozione del complice. I due autori conclusero che
l'esperienza emotiva si manifesta quando le persone non riescono a spiegare lo stato di attivazione che stanno provando e quindi non possiedono
cause plausibili per una spiegazione.
Secondo Dutton ed Aron proprio a partire dall'arusal che le persone interpretano il vissuto emotivo e lo hanno confermato con un esperimento in
cui hanno coinvolto dei maschi ad attraversare un ponte traballante su un canyon. In questo contesto si configura un'intensa attivazione fisiologica
grazie alla componente della paura, quindi battito cardiaco accelerato, frequenza respiratoria in aumento etc... Successivamente i maschi si
trovavano davanti una ragazza affascinante che chiedeva loro di compilare un falso questionario sulle bellezze della natura, e chiedendo di
ricontattarla in caso di interesse. L'approccio avveniva subito dopo l'attraversamento del ponte (arusal molto attivo) oppure dopo che il
partecipante aveva riposato (basso arusal). La variabile dipendente era data dal numero di contatti telefonici tentati. I risultati evidenziarono che in
occasione di un'arusal intenso mentre si intergiva con la ragazza, i partecipanti attribuivano plausibilmente l'attivazione al grado di piacere che essi
avevano di fronte ella ragazza.
Il S RISPECCHIATO, sociale o le valutazioni riflesse
L'idea che noi abbiamo nel credere che gli altri ci vedano come noi stessi ci vediamo, stata espressa sia da Cooper con l'idea di un S rispecchiato,
da James con il suo S sociale, e nelle pi redenti indicazioni come una valutazione riflessa. Sharauger e colleghi hanno cercato di misurarne la
validit di tali teorie e hanno riscontrato che il modo in cui le stesse persone vedono se stesse in realt corrisponde ben poco a come gli altri ci
vedono. I motivi possono essere dovuto sia dal fatto che la comunicazione non viene sempre espressa in maniera diretta, ad esempio a causa delle
regole della buona educazione, oppure dal fatto che le persone possono avere delle distorsioni nei messaggi che gli altri mandano, oppure ancora
che non esistano delle procedure ritenute valide ed efficaci. In una ricerca Gergen ha fatto intervistare dei soggetti da un'attraente collaboratrice la
quale per met soggetti doveva avere un comportamento positivo e quindi mostrare segni di approvazione (fare si con il capo, annuire) quando la
persona si valutava positivamente, ovvero segni di disapprovazione se la valutazione era negativa, mentre con l'altra met aveva comportamenti
neutri, a cui seguiva una autovalutazione 20 minuti dopo finita l'intervista. Vennero confrontate da una parte le affermazioni positive durante
l'intervista e dall'altra le autovalutazioni espresse. I risultati mostrarono che coloro i quali erano stati trattati pi positivamente dall'intervistatrice
avevano espresso pi valutazioni positive che tendevano ad aumentare sia durante l'intervista, sia anche nella fase successiva. In conclusione i
partecipanti accettavano il punto di vista positivo della collaboratrice.
Conoscenza di S
appartenenza a gruppi sociali
Le prime fonti di conoscenza del s che riguarda i gruppi sono quelli in cui il bambino fin da piccolo pu appartenere, come la famiglia, il gruppo
religioso o sportivo, mentre da adulto i gruppi vengono scelti in base ai valori personali. Il fatto di appartenere o meno a un gruppo molto
importante perch una persona si descrive anche nei termini dei gruppi sociali in cui si riconosce e costituendone, di fatto, una parte del proprio S
e contribuisce all'autostima. Da questa prospettiva si fonda la Teoria dell'identit sociale di Tajfel e Turner, secondo la quale le persone
interagiscono in termini di identit personale sulla base dell'appartenenza o meno a un gruppo specifico, ovvero in termini di identit sociale come
membri di gruppi o categorie sociali, con il fine di ottenere una valutazione il pi possibile positiva del proprio s la cui conseguenza quella di
allontanare e danneggiare l'eso-gruppo e favorire il proprio.
Appartenenza a gruppi stigmatizzati
Il termine stigma deriva dal greco la cui traduzione quella di un marchio inciso o bruciato sulla pelle che additava una persona da evitare e
disprezzare. Goffman lo us invece come un attributo legato a una forte svalutazione e a una identit sociale negativa. Egli riconosceva tre tipi
differenti di stigmatizzazione che si basavano: su attributi trasmessi da generazione a generazione (gruppi etnici o religiosi), su deformit corporee
sia ereditarie (handicap) o meno (obesit), e su caratteristiche sia di personalit che comportamentale (omosessuali, criminali, tossicodipendenti).
Molti autori, tra cui Allport, hanno sostenuto che l'essere vittima dello stigma porti anche a una interiorizzazione dell'immagine negativa del
proprio gruppo che a sua volta danneggia la personalit stessa dell'individuo. La letteratura contemporanea invece la definisce come una minaccia
situazionale in cui le persone stigmatizzate, alla pari delle altre minacce al S, adottino delle strategie di coping uguali a quelle dei gruppi non
stigmatizzati e non ritenendo necessario l'esistenza di una qualsivoglia interiorizzazione o processo psicologico specifico. Molte ricerche confermano
che chi appartiene a un gruppo stigmatizzato ne sia ben consapevole fin dalla tenera et, e in generale fin dall'adolescenza, e quindi c' la presa di
coscienza delle connotazione negative da parte degli altri che ne colpiscono l'autostima: donne, omosessuali, minoranze etniche, persone obese e
persone mentalmente ritardate.
I problemi si possono raggruppare in due distinte categorie: ambiguit attributiva e minaccia dello stereotipo.
La ambiguit attributiva

La difficolt nel dare a se stessi una spiegazione non ambigua rispetto a come reagiscono gli altri nei loro confronti costituisce una ambiguit
attributiva. Secondo gli studi di Major e Crocker le persone che appartengono a un gruppo stigmatizzato nelle situazioni in cui vengono giudicate da
altri, posso presentare un disorientamento rispetto alla causa dei risultati che ottengono. I risultati negativi, ad esempio sul posto di lavoro, possono
essere attribuiti sia alle proprie capacit insufficienti ma anche da una distorsione prodotta dal pregiudizio. Nei risultati positivi possibile che si
verifichi sia una reazione sopravvalutata (ce l'ho fatta malgrado mi giudicano), sia sottovalutata (la valutazione positiva perch sono stati
compassionevoli o per nascondere i pregiudizi).
Crocker e colleghi hanno fatto un esperimento sullo sviluppo dell'amicizia, coinvolgendo studenti bianchi e afroamericani, facendoli accomodare in
una stanza e dicendo loro che falsamente dietro a uno specchio unidirezionale c'era un bianco dello stesso sesso: a met veniva detto che c'era una
tenda che impediva all'altro di vederlo (non era possibile l'identificazione della razza), mentre all'altra met si diceva che il bianco poteva. Veniva
fatta una misurazione dell'autostima e compilare un modulo in cui elencare i punti di forza e quelli deboli da consegnare al bianco in modo tale che
egli stesso potesse decidere se diventare amici o meno. Una volta tornato il responso veniva fatto compilare una altro modulo sulle reazioni legate
alle risposte ricevute, e un secondo test sull'autostima. I risultati furono: gli studenti afroamericani che avevano ritenuto che il bianco non potesse
identificarli avevano una diminuzione dell'autostima se il feedback era negativo, e un incremento se positivo, mentre gli studenti afroamericani
cosci di essere osservati pensavano che il pregiudizio avesse condizionato sia in negativo che in positivo l'esito del feedback e mantennero una
autostima pressoch uguale; i bianchi invece non mostrarono particolari differenze nelle due condizioni. In conclusione le persone stigmatizzate
possono difendersi dagli attacchi alla loro autostima svalutando le reazioni in quanto espressione di un pregiudizio, ma pagano il fatto che svalutano
anche le valutazioni positive, cio quelle che aiutano nell'incremento dell'autostima.
In generale l'ambiguit attributiva rende conto nelle persone stigmatizzate sia della riduzione dell'autostima delle di coloro che ricevono un aiuto
non voluto da parte di persone non stigmatizzate, e ne riduce la motivazione perch difficile far connettere i risultati che si ottengono con le
proprie capacit e le proprie azioni.
La minaccia da stereotipo
Claude Steele ha coniato l'etichetta Minaccia da stereotipo per indicare quella condizione in cui le persone esperiscono il timore che il loro
comportamento possa confermare lo stereotipo negativo del proprio gruppo. Ad esempio in un contesto pubblico alzare la mano per chiedere la
parola sempre un'azione sottoposta al giudizio degli altri, ma se a farlo sono le persone pressate dallo stereotipo, l'errore non denuncer solo una
svalutazione personale, ma includer anche l'inferiorit del gruppo di appartenenza. Quando si attiva la minaccia da stereotipo questa produce
delle prestazioni inferiori. In un test di abilit linguistica promosso da Steele e colleghi, venivano coinvolti soggetti afroamericani e bianchi: a met
soggetti veniva detto che il test riguardava l'abilit da cui ne sarebbe uscito un feedback che riguardava i loro punti di forza e e di debolezza, di fatto
attivando la minaccia da stereotipo, mentre all'altra met veniva detto che era un semplice test di ricerca. I risultati evidenziarono che nella
condizione in cui la prova veniva considerata come elementi di abilit, gli afroamericani risposero esattamente in maniera significativa minore
rispetto ai bianchi (4,5 contro 10,3), mentre in quella di controllo i valori si equivalevano (8,3 contro 8,5). Per sincerarsi che questo risultato era la
conseguenza della Minaccia da stereotipo, gli stessi autori fecero un secondo studio in cui dopo aver avvisato i partecipanti che si trattava di una
prova di abilit o un semplice test, chiedevano loro di completare delle parole a partire da dei frammenti, la cui ricostruzione poteva portare a
parole legate allo stereotipo ovvero neutre e che c''era un gruppo di controllo a cui non veniva detto nulla precedentemente. Il numero dei
completamenti di parole stereotipate era la prova dell'attivazione dello stereotipo. I risultati mostrarono che gli afroamericani che si aspettavano di
essere coinvolti nella prova di abilit mostrarono un numero superiore di completamento legato allo stereotipo rispetto agli altri partecipanti.
Spencer, Queen e Steele hanno fatto all'interno dell'universit del Michigan , degli esperimenti sulle donne, e sullo stereotipo che subiscono, cio
di essere inferiori nell'abilit matematica rispetto agli uomini. Prima dell'inizio della prova, met donne venivano informate che soggetti maschili e
femminili ottengono risultati differenti (senza indicare la direzione ritenuta assodata!) e met che tale prova non comportava differenze (gruppo di
controllo). I risultati mostrarono che ci fu un impatto molto forte dello stereotipo: le prestazioni delle studentesse nella prima condizione si
rivelarono inferiori non solo a quelle degli studenti, ma anche rispetto a quelle del gruppo di controllo.
Gli effetti negativi dello stigma sono da considerare situazionali e non cronici, e le persone possono usare differenti strategie per contrastare
l'effetto negativo.
Processo di acquisizione dell'identit etnica
Secondo Phinney esisterebbero tre stadi per l'acquisizione di una identit etnica:
Il primo detto dell'identit etnica non considerata e corrisponde alle persone che non si sono focalizzate sulla propria identit etnica e che quindi
possono aver assorbito quegli aspetti negativi legati allo stereotipo sul proprio gruppo etnico da parte della cultura dominante;
Il secondo chiamato ricerca dell'identit etnica, in cui i soggetti hanno sperimentato qualcosa che li ha portati al rivedere la loro propria origine
etnica (vittime di pregiudizio), oppure che si trovano in una fase di ricerca della propria identit personale (adolescenza) e che possono sviluppare
un'identit oppositiva sulle caratteristiche tipiche rispetto al gruppo dominante;
Il terzo, detto dell'identit etnica acquisita, riguarda quei soggetti che hanno acquisito una comprensione della propria identit etnica
accompagnate da una valutazione positiva che permette loro di accettare gli aspetti positivi della cultura dominante e di respingere quelli
oppressivi. Il raggiungimento di questo stadio comporta dei grandi vantaggi in termini di salute mentale e di accrescimento della propria autostima
e del proprio concetto di S.
Conoscere noi stessi attraverso il confronto sociale
Un classico procedimento tramite il quale le persone possono ottenere delle informazioni su loro stesse che in realt molto pi frequente di
quanto non si pensi, dato dalla teoria del confronto sociale di Festinger. Secondo questo autore le persone per poter avere una accurata
valutazione delle proprie forse e debolezze, delle proprie abilit e opinioni attuano un confronto con le altre persone in mancanza di riferimenti a
misure oggettive. Per conoscere l'altezza possibile usare oggettivamente un metro, ma avere un valore riguardo la mia aggressivit non mi dir
nulla di significativo e risulter fine a se stesso. Gli esiti del confronto sociale saranno diversi e dipenderanno dalle persone con le quali ci si
confronta. Una studentessa che prende "buono" in geometria, si sentir pi o meno soddisfatta se si confronter con i migliori della classe (ottimo,
eccellente) o con le peggiori (sufficiente, insufficiente). Le scelte che operiamo sono funzionali allo scopo che si intende perseguire: per avere
un'informazione accurata ci si confronta con persone simili, per avere un rinforzo positivo e un accrescimento della propria immagine si cercher un
confronto verso il basso (downward), mentre per puntare a delle mete pi elevate si adotta un confronto verso l'alto (upward).
Gli schemi del S
Per la Markus quando si parla di conoscenza di S bisogna far riferimento all'esistenza di pi schemi di S i quali costituiscono la Teoria del S.
Secondo l'autrice le persone quando devono descriversi in termini, ad esempio aggettivi o nomi (intelligente, attivo) si differenziano da una parte
per l'intensit dei termini con i quali ritengono di essere caratterizzati, dall'altra in base all'importanza che danno ai diversi tratti per descrivere se
stesse: per i tratti pi importanti le persone hanno un numero ricco di credenze e ricordi. Una persona che si definisce sincera avr molti ricordi
specifici su tale caratteristica (gli ho detto quello che pensavo), delle convinzioni generale nei modi di reagire dove in gioco la sincerit, delle

classificazioni (nella media, troppo sincera): Per la Markus questa persone viene definita come schematica per la sincerit, in grado di influenzare
l'elaborazioni delle informazioni relative sia agli altri che a se stesse. In tal senso impost un esperimento sull'indipendenza in cui defin come
schematiche le persone che si collocavano all'estremo negativo ovvero negativo della scala, quindi per niente indipendenti o molto indipendenti, e
come non schematiche tutti coloro che l'indipendenza non un valore importante e quindi gravitanti attorno alla media della scala. La Markus
appur che le persone schematiche sono pi rapide ad esprimere una valutazione su quella specifica dimensione, riescono a dare pi episodi
personali a sostegno delle loro valutazioni e sono meno influenzabili anche in presenza di contraddizioni sulle autovalutazioni. Il sintesi le persone
che sono schematiche in una campo ne diventano anche degli esperti e riescono a differenziare l'elaborazione di informazioni non relative a se
stesse. Un'altra ricerca sulla mascolinit ha messo in luce che le persone schematiche riescono a identificare segmenti pi ampi rispetto alle attivit
ritenute mascoline, e di passare con facilit da segmenti ridoti a quelli pi ampi.
S operativo
I diversi S non sono sempre contemporaneamente attivi, ma ognuno ne consapevole sono in una porzione ridotta in una particolare situazione,
in quello che viene chiamato S operativo. Questa organizzazione permette la coesistenza di molte informazioni, anche in contraddizione tra loro e
rende conto del fatto che le persone possano descriversi in maniere differenti. Secondo McGuire la struttura sociale nella quale si trova un persona
possa far emergere elementi diversi, come ad esempio una ragazza si definir ragazza se si trover in mezzo ai ragazzi e bionda se in mezzo a brune;
lo stesso dicasi per i membri di etnie diverse che tendono a far rilevare la caratteristica distintiva.
Organizzazione del S rispetto alla conoscenza
Esistono delle differenze individuali rispetto alla complessit delle conoscenze del S: ad esempio Luca uno studente e si sente principalmente tale
in tutti i campi del suo agire ma sempre legati alla sua identit di studente, (relazioni con la famiglia, con gli amici, nel suo tempo libero), mentre
Marco si sente studente ma basa la sua definizione del S anche ad altri aspetti della sua vita che ritiene altrettanto importanti. Patricia Linville
definirebbe Luca come una persona che possiede una organizzazione semplice della conoscenza del S poich i diversi aspetti della medesima
conoscenza sono strettamente legati tra di loro, mentre Marco possiederebbe una organizzazione complessa delle conoscenze del S per il fatto
che i suoi aspetti del S sono largamente indipendenti. Questa differenzazione porta a delle conseguenze rilevanti rispetto agli eventi negativi: le
persone con una organizzazione complessa sono avvantaggiate nel senso che riuscirebbero a circoscrivere tale evento, mentre le persone come
Luca subirebbero le conseguenze nella sua intera organizzazione. In questo senso un insuccesso in campo professionale potrebbe contagiare anche
la vita privata di una persona nel secondo caso, ma non nel primo. Negli eventi positivi le persone con una semplice organizzazione tendono ad
avere reazioni pi generalizzate e intense, rispetto a quelle pi contenute dell'organizzazione complessa, e quindi si sentiranno pi felici, ma devono
pagare il fatto che si sentiranno molto pi infelici e avranno cambi di umore molto pi bruschi.
Secondo Showers esiste una relazione tra eventi positivi e negativi del S: possono essere organizzati in aree omogenee e separate (gli elementi
positivi tutti da un lato e quelli negativi dall'altro), oppure essere presenti ma in distinti settori differenti (nel S lavorativo possono coesistere
aspetti negativi e positivi assieme). Nel primo caso l'autore parla di compartimentalizzazione, cio l'attenzione si focalizza su elementi che hanno la
stessa uguaglianza, e questo porterebbe dei vantaggi in caso di esperienze positive perch proprio la focalizzazione si indirizzerebbe
prevalentemente sugli aspetti positivi del S, ma anche degli svantaggi per le esperienze negative per la difficolt di non focalizzare
fondamentalmente solo i fattori negativi. In conclusione avere una organizzazione pi complessa pu garantire una maggiore stabilit affettiva.
Secondo Higgins le persone non solamente pensano a se stessi in termini di come sono e come gli altri ci vedono, ma cono consci del fatto che
altrettanto sanno come vorrebbero essere e come dovrebbero essere. La sua teoria del S quindi prevede il S ideale cio come vorremmo essere e
il S dovuto, cio come dovremmo essere: questi due S costituirebbero le Guide del S che le persone confronterebbero con il S reale: in questa
maniera sorgerebbero delle discrepanze, che porterebbero allo sperimentare sensazioni emotive negative specifiche.
Markus e Nurius corroborano una visione a futuro del S, quindi un S possibile che le persone sarebbero in grado di distinguere tra un S futuro
probabile, cio quello che probabilmente diventeremo, un S futuro desiderato, cio quello che vorremmo diventare, e infine un S futuro temuto,
cio quello che abbiamo paura di diventare e quindi non vorremmo mai divenire. Queste fasi sarebbe particolarmente accentuate durante i vari
cambi del S che avvengono nella vita, come ad esempio durante l'adolescenza.
Il concetto di AUTOSTIMA
Le persone, oltre ad attribuirsi delle caratteristiche, cercano di difendere e di incrementare la propria autostima, cio quel costrutto formato sia dai
sentimenti che definiscono il S, sia dalle valutazioni che associamo ad essi. Secondo Baumeister l'autostima un aspetto valutativo della coscienza
riflessiva, secondo Kunda come un senso globale del nostro valore complessivo, mentre per Eagly e Chaiken come un atteggiamento particolare che
si esprime in valutazione rispetto al S. Si tratta di un'attivit tipicamente inconsapevole.
Perch preferiamo una ALTA AUTOSTIMA
Ci sono fondamentalmente 4 motivi: il primo che aiutano a ridurre il timore della morte, il secondo che si supportati a livello affettivo nel
fronteggiare situazioni negative (come intu Steele nella sua Teoria dell'autoaffermazione), il terzo perch si in grado di generare uno stato
affettivo positivo, ovvero negativo per chi ha una bassa autostima, e infine perch ci rimanda il livello di gradimento ed accettazione degli altri,
come sosteneva Baumeister con la teoria del sociometro.
Secondo Campbell e colleghi ci sono delle differenze anche nel campo delle attivit cognitive ed emotive.
A livello cognitivo le persone con una autostima elevata possiedono una conoscenza di S pi approfondita e in particolare: attribuiscono punteggi
estremi su scale valutative (molto-niente) e si sentono sicure delle loro autovalutazioni e impiegano meno tempo per fornirle, hanno pi coerenza e
stabilit nelle autovalutazioni e infine attribuiscono a loro stessi i risultati positivi e a fattori esterni quelli negativi.
Nel ramo affettivo, grazie a uno studio longitudinale su eventi quotidiani, si arrivati alla conclusione che avere un basso livello di autostima
corrisponde a maggiore variabilit nell'umore e ad esperire maggiormente stati negativi. In generale diversi livelli di autostima portano nelle
persone reazioni differenti anche in situazioni piuttosto simili.
Le motivazioni date da Campbell e colleghi si strutturano sul fatto che chi possiede bassa autostima ha anche una idea del proprio S confusa e
sono quindi pi influenzabili rispetto agli eventi (pi persuasibili per effetto della plasticit comportamentale di Brockner), mentre coloro che hanno
una elevata autostima hanno una idea del S stabile e positiva e quindi sanno come proteggersi dalle implicazioni negative che tendono a
interpretare a loro vantaggio.
A livello strategico chi ha una elevata autostima riesce a massimizzare i guadagni e ad affrontare obiettivi difficili con i rischi che gli stessi
comportano pur di incrementare l'autostima e l'immagine personale, mentre chi possiede una bassa autostima tender a scegliere obiettivi facili da
raggiungere in modo da evitare perdite e fallimenti e quindi a ridurre al minimo il rischio per il timore di non farcela.
Paulhus ha elaborato la dissimulazione consapevole delle risposte per addurre ai motivi per i quali associamo la nostra immagine a tratti positivi.
Se rivolto ad altri: presentiamo la nostra immagine per poterla valorizzare maggiormente anche rispetto a quanto non sia per noi, una sorta di
ostentazione di presentazione; se rivolta a noi stessi: produciamo delle risposte sistematicamente positive in modo tale da convincere noi stessi
della loro veridicit, mentre di fatto sono tendenziosamente favorevoli, una sorta di autoinganno per inconsapevole.

Nella scala di Rosemberg (Esteem scale) riguarda le possibili ambiguit, composta sa 10 semplici item, e la persona consapevole di quanto viene
a lei richiesto nel dichiarare quanto un determinato item la rappresenta. I pericoli delle misure esplicite sono rappresentati dal fatto che esse stesse
possono essere usate come una strategia di consapevole autopresentazione, e quindi non possibile stabilire quanto il grado di discrepanza sia
associata a una strategia di tipo consapevole oppure inconsapevole. L'ambiguit dei risultati un problema presente: secondo James le persone con
una elevata e genuina autostima dovrebbero sopportare bene un feedback negativo, tuttavia ci sono persone che invece risultano sensibili alle
valutazioni negative, perch necessitano di approvazione dopo un insuccesso: l'autostima predetta in realt era ostentata, cio conteneva una
componente difensiva e non era una genuina e reale autostima.
Autostima nelle INTERAZIONI SOCIALI
E' stata comprovata da studi anche una relazione tra autostima e violenza, cio tra coloro i quali hanno una elevata idea positiva di se stessi e
incontrano qualcuno con idee differenti dalla loro, spesso adottano una condotta violenta. Per altri autori questo vero solo se l'autostima si
elevata ma instabile tale per cui c' il forte timore di attacchi esterni ritenuti temibili che scatenano reazioni di violenza.
Sandra Murrey e colleghi hanno studiato i livelli di autostima attraverso le relazioni di tipo romantico quando persone si sentono vulnerabili e
minacciate: chi possiede una elevata autostima e percepisce un discredito del loro valore, tende a rifugiarsi nella relazione valorizzando il proprio
partner ivi compresa la relazione di coppia, mentre chi ha una autostima bassa portato a pensare che anche il partner ha perso interesse nei suoi
confronti e per proteggersi da ulteriori svalutazioni tende a ridurre la valutazione positiva del partner attirando parasdossalmente il risultato
temuto, prendendo preventivamente le distanze aumentando il rischio di allontanare il partner.
L'autostima si concretizza nel valore negativo o positivo che una persona attribuisce in generale a se stessa: per i valori negativi decresce, mentre
per quelli positivi aumenta.
La tecnica del self-report consiste nel valutarsi con una serie di tratti che in qualche modo ci contraddistinguono e associarvi il grado positivo o
negativo, oppure rispondere a delle domande attraverso l'affermazione di opinioni che corrispondono agli stessi stati che le persona usano quando
ragionano rispetto alla propria autostima. Il problema di validit delle misure riflette la maniera con cui le persone che hanno un'elevata autostima
tendano ad accrescerla in maniera tendenziosa in modo da confermare le proprie aspettative.
FONTI DELL'AUTOSTIMA
La conoscenza del S altro non che il risultato di un'attenta e profonda analisi delle informazioni che provengono da varie fonti: l'autoriflessione,
l'introspezione, l'osservazione del proprio comportamento, il confronto con gli altri e il riflesso sociale.
MANTENIMENTO della propria autostima nel confronto sociale (confronto con gli altri) e riflesso sociale
Tesser ha proposto un modello teorico che rendesse conto del fatto che esistono differenti legami tra l'autostima e le relazioni interpersonali: il
modello del mantenimento dell'autostima grazie al quale possibile integrare due processi importanti, quello del confronto e quello del riflesso
sociale. L'aspetto rilevante della teoria del confronto sociale, corroborando quindi la proposta di Festinger, dato dal fatto che se le persone vicine
a noi che ottengono un risultato migliore del nostro, suscitano un confronto che produce un abbassamento della nostra autostima: se in uno stesso
compito un nostro amico prende un volto pi alto del nostro ci sentiremo meno bravi di lui. Il secondo processo si fonda sul fatto che noi esperiamo
un certo orgoglio e quindi un innalzamento della nostra autostima quando le persone vicine a noi ottengono un bel risultato; di fatto questo accade
perch percepiamo quelle persone come parte del nostro S, quindi confutando l'idea di James. Cialdini ha chiamato questo processo come godere
di gloria riflessa quando i successi o gli insuccessi delle persone vicine a noi, o che fanno parte del nostro S, diminuiscono o aumentano la nostra
autostima, ovvero il riflesso sociale.
Secondo Tesser per poter integrare i due processi nel suo modello, necessario l'individuazione di due fattori determinanti per adottare l'uno o
l'altro processo. Il primo la rilevanza del settore di attivit nel quale si verifica il successo o l'insuccesso di una persona vicina: se quel settore
importante per il proprio S, allora la persona attuer probabilmente un processo di confronto sociale, ovvero se non interessante si sposter
verso il processo di riflesso. Il secondo il grado di sicurezza che una persona possiede sulle abilit in uno specifico settore: se non ci sono le
condizioni di conoscere il proprio livello di sicurezza la persona si orienta nel migliorare quella conoscenza applicando il confronto sociale, ovvero se
sono sicure (sia alto che basso) le persone non ritengono importante un confronto ma preferiscono usare il processo di riflesso che risulta essere
meno faticoso.
MOTIVAZIONI che guidano i processi di costruzione della conoscenza del S
Le persone cercano di avere una conoscenza di S piuttosto accurata, stabile e positiva e si fanno perci guidare da 3 motivi fondamentali: bisogno
di accuratezza (essere certi delle proprie capacit) bisogno di stabilit (conferma e mantenimento della rappresentazione del S) e bisogno di
accrescimento del S (rendere il pi possibile positivo la rappresentazione del S).
Motivazione alla COERENZA
Le persone in generale hanno una predilezione per le esperienze di tipo familiare, prevedibili e stabili; nelle loro scelte si orientano verso situazioni
gi note e acquisite e tentano di evitare le situazioni incerte e incoerenti; quindi la spinta verso una coerenza che deriva dall'avere un concetto del
S dal contorno preciso. Gli individui cercano la coerenza tramite delle strategie di azione che possano confermare le proprie convinzioni riguardo al
S e di allontanarsi da quelle interazioni sociali che ne possano costituire una contraddizione. Di conseguenza tenter di trovare un ambito di
confronto in cui posso confermare l'immagine che ho di me stesso, evitando quelle che possono essere in grado di inficiare la concezione che ho di
me stesso.
In un esperimento condotto da Swann e Read veniva somministrato ai partecipanti un questionario sulla dominanza-sottomissione in cui scegliere
quelli con i punteggi pi polarizzati sia verso la dipendenza che verso l'indipendenza per poi farli partecipare a una fase di gioco con un falso
compagno di situazione (colalboratore), il quale emetteva dei commenti da cui emergeva coerenza o incoerenza con il tipo di punteggio ottenuto:
una persona dipendente si trover a interagire con un compagno che conosce il risultato. Poi venivano convocati per riverificare il loro
comportamento (variabile dipendente). I risultati furono che i soggetti che ottengono un commento coerente con le loro concezioni non
modificano il loro comportamento, mentre se ne ricevono uno che li contraddice reagiscono accentuando le loro caratteristiche comportamentali.
In un esperimento di Maler veniva chiesto a delle persone prima di dichiararsi introverse o estroverse, e poi di interagire con altri a livello
comunicativo. Dopo una settimana veniva chiesto loro di stimare il tempo con cui avevano parlato. I risultati mostrarono che coloro che si erano
definiti estroversi sovrastimavano in maniera sistematica il tempo, mentre chi si era definito introverso avevano un tendenza alla sottostima del
tempo destinato a parlare.
Motivo di ACCRESCIMENTO
Le persone mostrano un bisogno forte che le motivi costantemente sia nei processi di interazione della loro condotta, sia in quelli di interazione con
gli altri, ad una tendenza chiamata dell'autoaccrescimento, cio la necessit di elaborare dei sentimenti positivi rispetto al S e quindi di
salvaguardare, difendere e aumentare l'autostima. Difatti le persone riescono ad elaborare pi facilmente e rapidamente i tratti di personalit

positivi, ricordandoli meglio; inoltre preferiscono ricordare di pi i successi e giustificano il loro contributo pi importante nella realizzazione di
qualche successo. Se dovessimo chiedere separatamente a moglie e marito di descrivere il loro contributo nella gestione familiare sia di tipo
materiale (buttare spazzatura) che immateriale (sforzi per andare d'accordo) tramite una scala da 1 a 10, la somma non darebbe 100 poich ognuno
risulter pi convinto di impegnarsi maggiormente di quanto gli venga riconosciuto dal partner. Per i tratti negativi, invece, essi sostengono di
dividerli con altri.
La tendenza all'autoaccrescimento trova la sua realizzazione nella condivisione delle situazioni di insuccesso o negative, e nel considerare invece
come specifiche i tratti che mi connotano a livello positivo. Chiedendo di giudicare il grado di semplice piacevolezza le lettere dell'alfabeto, lo
psicologo Buiten arriv a dimostrare che le persone tendono a valutare pi positivamente proprio quelle lettere che compongono il proprio nome e
cognome. Esiste una tendenza sistematica nel considerare pi positivi gli aspetti di successo e come meno probabili quelli di insuccesso.
L'autoacccrescimento una tendenza particolarmente forte nelle persone ansiose, come testimoniato dalla verifica empirica di Frey. Venne chiesto
a delle persone, precedentemente classificate come ansiose o non ansiose, di fare una stima della propria intelligenza per poi partecipare a un
ingannevole gioco che avrebbe sottostimato o sopravvalutato il feedback della prestazione. Le persone potevano scegliere o meno di usare
informazioni per discreditare l'uso del QI. Risultati: le persone non ansiose non modificano le loro strategie comportamentali indipendentemente
dal feedback riportando valori uguali (1.8) a differenza degli ansiosi che chiedono una maggiore quantit di strumenti per mettere in crisi lo
strumento (2,3 se peggiore feedback, oppure 1,3 se migliore). Sono questi ultimi che utilizzano delle strategie comportamentali in base alla crisi
della loro autostima. L'accrescimento ha un forte valore adattivo poich le persone si mantengono sane, si prendono cura degli altri, si impegnano
nel sociale grazie al fatto che convivono con un'immagine positiva di loro stessi che danno origine a delle conseguenze positive in termini di umore e
interazione, anche se questa immagine non corrisponde esattamente al vero.
Come difesa le persone hanno la tendenza a preferire informazioni che discreditano le fonti di feedback negativo nei contri confronti e in caso di
minaccia o disagio preferiscono i confronti con il basso.
Per programmare e poter prevedere con efficacia le azioni future, le persone devono conoscere con accuratezza le proprie capacit. Secondo Trope
le persone si orientano verso quelle prove che possono fornire maggiori informazioni circa le loro possibilit, ovvero informazioni maggiormente
accurate.
Per poter mantenere un livello elevato di autostima, le persone tendono a costruire quello che Taylor e Brown chiamavano illusioni positive, cio
quel processo mediante il quale gli individui credono di avere delle capacit che invece non possiedono, o le hanno solo in parte, quindi avere delle
credenze su se stessi che non sono necessariamente veritiere. Il fatto che le persone non cadano in errori derivanti da queste edulcorate credenze
lo si deve a due fattori: il primo che le illusioni positive in realt non sono cos discostanti dalla verit e vengono adottare per avere una immagine
un pochino pi migliore di come sono, e in secondo luogo perch quando devono prendere delle decisioni importanti riescano a disattivarne gli
effetti.
Esistono delle vere e proprie strategie di autoinganno o delle distorsioni, in cui le persone sono convinte davvero delle loro idee su se stesse e che
non sono il frutto di strategie atte a convincere gli altri del proprio valore.
Dalle ricerche di Baumeister sulle ricerche sul tema dell'attribuzione causale, si evinto che le persone hanno la tendenza a interpretare i propri
successi in chiave personale e gli insuccessi in termini di fattori ambientali, anche nel caso in cui la propria condotta sia moralmente discutibile.
Inoltre gli individui sono bravi a individuare quelli che possono essere i punti deboli dell'evidenza empirica che le discredita, ma non sono cos acuti
verso l'evidenza favorevole: facile discutere il risultato di un test negativo negandone la validit piuttosto che manifestare dubbi sulla validit del
medesimo test se questo porta a un risultato positivo. Anche nei confronti degli stereotipi il bisogno di accrescimento del S pu sia inibire
l'attivazione dello stesso stereotipo, sia poter svalutare le critiche attribuendole ai pregiudizi delle persone che le emettono.
Le persone in generale usano un processo di recupero del materiale depositato in memoria in maniera selettiva in funzione del contesto che ne
richiede l'evocazione. In una ricerca di Murray e Holmes, i soggetti erano delle coppie a cui veniva detto in met dei casi che la presenza di conflitto
nella relazione di coppia era una cosa buona (condizione sperimentale), mentre al'altra met (controllo) si chiedeva di descrivere se vi fossero dei
momenti di conflitto. I risultati hanno mostrato che il numero dei conflitti nelle coppie sperimentali era significativamente superiore.
Le persone spesso considerano i propri tratti positivi come qualcosa di relativamente unico e rari (nessuno come me sempre cos puntuale)
mentre considerano i tratti negativi come qualcosa di comune.
Fronteggiare strategie con ESITI NEGATIVI del confronto sociale ovvero riflesso sociale
Per ridurre l'impatto negativo per l'autostima in caso di eventi negativi derivanti dal confronto sociale le persone attuano tre tipi differenti di
strategie: la prima concerne l'esagerare l'abilit della persone che ha ottenuto un punteggio superiore al nostro ( eccezionalmente bravo), la
seconda riguarda la ricerca di confronto verso il basso, cio con persone che hanno capacit inferiori alle nostre, mentre la terza prevede il
modificare la salienza dell'attivit nella quale i risultati della persona vicina sono superiori dei propri, in maniera da incrementare la possibilit di
utilizzare il processo di riflesso sociale positivo per l'autostima. Per ovviare alle conseguenze negative.
Il bisogno di STABILIT nella conoscenza del S
Le strategie di autoinganno possono anche essere usate come espediente per il mantenimento di un'autostima elevata, cio che soddisfino il
bisogno di una stabilit della conoscenza del S confermando la propria immagine.
Swann e colleghi si sono interessati al tema della stabilit e ne hanno confermato il valore di forte motivazione alla conferma del proprio S, che
possibile ritrovare in 4 condizioni in cui si manifestano: nella preferenze verso feedback coerenti con la propria conoscenza del S sia esso negativo
che positivo, nella modalit verso un un'azione che confermi tale conoscenza, nella ricerca di persone che ne confermino la propria immagine, e nel
ricordare meglio i feedback che sono coerenti con tale immagine.
Alcune ricerche hanno mostrato che se le persone aventi una bassa autostima vanno incontro a problemi di salute nel fronteggiare problemi
positivi, le persone con elevata autostima presentano gli stessi problemi con episodi negativi. Questi risultati indicherebbero che il bisogno di
stabilit sia prioritario rispetto a quello dell'accrescimento di S. In particolare persone con una bassa autostima gli episodi positivi danno luogo a
una reazione affettiva sul piano affettivo (sono contento di aver ricevuto un complimento), ma reazione negativa legata sul piano cognitivo il cui
risultato mette in crisi ci che si pensa di S (i miei scopi). La reazione positiva viene associata a un processo di tipo automatico, mentre quella
cognitiva a un processo di tipo controllato e quindi pi dispendioso e lento. In un processo di feedback positivo sarebbero ipotizzati tre passaggi
sequenziali: una valutazione affettiva in cui prevarrebbe il bisogno di accrescimento del S, una valutazione cognitiva controllata in cui prevarrebbe
il bisogno di conferma dell'immagine di S, e una fase in cui il conflitto tra stabilit e accrescimento (gli eventi percepiti come positivi contraddicono
la visione negativa di S) viene superata in base al cambiamento dell'immagine di S grazie allo stesso processo che di tipo positivo. Quindi la
reazione pi immediata quella di provare e manifestare un piacere e successivamente, se c' tempo e motivazione, segue una interpretazione su
tale valutazione in modo da difendere il stabilit della propria conoscenza del S.
Il bisogno di accrescimento e della stabilit agiscono in modo da bilanciarsi tra di loro, l'uno con l'altro e una rottura a questo equilibrio pu portare
a forme patologiche rispettivamente di delirio di grandezza o la depressione cronica.
Il bisogno di CONTROLLO

Le persone sembra che desiderino il controllo almeno tanto quanto desiderano un'autostima elevata, a tal punto che la percezione ne costituisca
una misura necessaria al benessere. Secondo la teoria della reattanza quando le persone sperimentano la sensazione di essere private del controllo
della situazione e della libert di scelta, esercitano una resistenza per cercare di riaffermarne invece la propria capacit, a cui segue spesso una
reazione aggressiva nei confronti di chiunque ne costituisca una minaccia.
Eventi che minacciano il S
Esistono nel quotidiano una serie di situazioni che dobbiamo fronteggiare e che sono minacciosi per il nostro S, come ad esempio le incongruenze,
i fallimenti, ma anche i fattori di stress e quindi qualcosa di esterno a noi, oppure la nostra condotta etc... Una situazione quella quando
avvertiamo venire meno della nostra capacit di controllo, ossia l'efficacia nel verificare in che modo sappiamo controllare la situazione. Questa
situazione (non avere controllo) potrebbe portare a situazioni negative, ovvero in una sorta di incapacit legate alla depressione. La depressione
clinica sembra essere l'esito di questa incontrollabilit.
La teoria dell'impotenza appresa proposta da Seligman, ipotizza che le persone, sulla base di esperienze pregresse di impotenza (quando non
fanno nulla per evitare un fastidio o un dolore), si creino una sorta di aspettativa di incapacit di poter controllare personalmente gli eventi. Queste
persone sono convinte che non esista alcuna relazione tra quello che loro fanno e quello che da tale azione ottengono, ma che piuttosto sia frutto
dalle loro caratteristiche personali.
Un esperimento di Hiroto ha dimostrato un effetto analogo: degli studenti sono stati divisi in due gruppi sottoposti a un forte rumore, di cui il primo
gruppo (controllato) ne poteva far cessare gli effetti premendo 4 volte un pulsante, mentre non vi era nessuna possibilit per il secondo (gruppo
sperimentale); a un terzo gruppo non veniva somministrato rumore. Tutti i soggetti venivano sottoposti alla medesima prova che consisteva nel
sentire un forte rumore che poteva essere interrotto semplicemente abbassando una levetta. I risultati furono che il gruppo sperimentale non fece
nulla per interrompere il rumore subendone passivamente gli effetti, a differenza degli altri due che immediatamente spostarono la levetta.
Secondo Seligman e colleghi l'impotenza appresa porterebbe le persone a sviluppare una condizione di spiegazione causale verso i propri risultati
denominato stile attributivo depressivo, con cui rendere conto degli insuccessi in chiave di caratteristiche personali stabili e globali (non ce la faccio
perch non sono intelligente), e dei successi come situazionali e instabili (sono riuscito perch mi hanno aiutato). E' una spiegazione cognitiva della
depressione psichica.
In ultima analisi una moderata sopravvalutazione rispetto alla capacit di controllo porterebbe agli stessi risultati di una sopravvalutazione del
proprio valore complessivo, cio maggiore capacit di reagire allo stress e di mantenere uno stato di benessere psicologico. Le persone tipicamente
cercano di salvaguardare la loro immagine tale per cui in caso di successo si fa una attribuzione interna, ovvero in caso si insuccesso si ricorre ad una
attribuzione esterna. Il depresso invece usa una strategia che in qualche modo distruttiva (sono io la causa dei miei insuccessi e non posso farci
nulla).
Secondo Rotten esistono persone definite interne, le quali ritengono che il controllo dei risultati, sia essi siano negativi o positivi, sia interno alla
persona e che quindi posseggano la capacit di poter controllare il proprio comportamento, e persone definite esterne che invece ritengono che il
controllo dipenda da fattori esterni a loro, delegandone di fatto la responsabilit, come il caso o la fortuna, come anche la societ, persone potenti
e dunque a forze impersonali.
Rotten stesso ha elaborato uno strumento che stato largamente utilizzato, con il quale possibile stabilire e distinguere le persone in base alla
prevalenza ad essere interne o esterne, chiamato locus of control. In generale la percezione di avere un maggior controllo viene associata a un
generale benessere personale.
Secondo Greenberg e Pyszcynski proprio l'incapacit delle persone di uscire dalla condizione di autoconsapevolezza negativa che le renderebbe
depresse che di fatto ne prolungherebbero la condizione di malessere.
Come DIFENDERCI da eventi minacciosi
Possiamo farlo con interventi focalizzati sull'emozione in maniera tale da sfuggire alla minaccia per evitare l'autoconsapevolezza, oppure possiamo
ignorare la minaccia (realizzare condotte a rischio nel tentativo di cancellare le conseguenze) oppure minimizzare la minaccia stessa (accentuando i
fattori positivi o ignorare quelli negativi).
Possiamo anche farlo con interventi focalizzati sul problema attraverso la reinterpretazione dei fatti come suggerito da Pyszcynski secondo cui
esse dipendono dalle conseguenze che possono derivare, oppure assumere il controllo del problema come stato reso evidente da Langer e Rodin.
In una ricerca dei due autori realizzata in una casa di cura, gli anziani erano trattati in maniera tale da essere il bala degli obblighi e dei comandi
degli istruttori e infermieri oppure anche da anziani che venivano fatti partecipare attivamente alle decisioni riguardanti la loro vita quotidiana. Le
persone che avevano capacit di controllo erano anche quelle che a distanza di tempo mostravano un numero inferiore di tumori e con condizioni
migliori di salute. Da questa ricerca si anche visto che essere informati sulle proprie condizioni di salute porta a non sentirsi responsabili delle
cause ma piuttosto del decorso che aiuta nel percorso di guarigione.
Possiamo anche crearci degli impedimenti: possiamo rendere difficile o impedirci volontariamente di reggiungere un obiettivo a causa della nostra
convinzione di non poterlo raggiungere. E' un comportamento auto-lesionistico in cui faccio di tutto per avere un insuccesso.
Berglas e Jones hanno fatto partecipare delle persone nel risolvere un problema che appariva molto difficile e potevano aiutarsi con un farmaco
che aumentava il loro rendimento cognitivo, oppure un farmaco che avrebbe interferito con lo stesso rendimento. I risultati mostrarono che nel
caso di una forte preoccupazione di un insuccesso venivano scelti i farmaci inibitori in maniera tale da poter attribuire al farmaco l'esito
dell'insuccesso.
Le emozioni del S
Le persone sono spesso preoccupate di cosa gli altri pensano di loro, di come si vestono, dei risultato che ottengono manifestando delle emozioni
che sono strettamente legate all'impressione che gli altri si fanno di noi. Queste emozioni vengono definite emozioni riflessive basate
sull'assunzione del ruolo dell'altro, ovvero emozioni autocoscienti, che si differiscono da quelle primarie, come la rabbia e la gioia, perch si in
presenza di quell'autoconsapevolezza che permette di osservare e valutare se stessi dal punto di vista degli altri. Queste emozioni sono l'orgoglio, il
senso di colpa, la vergogna e l'imbarazzo e tutte ricoprono una funzione molto importante, quella di essere dei segnali di condotta sociale. Ma
mentre l'orgoglio segnala che la condotta apprezzata e approvata dagli altri e non richiede modificazioni, le altre tre emozioni, con differenti
sfumature, ci informano che qualcosa non va e che necessario operare una correzione.
Il senso di colpa un'emozione negativa che riguarda delle azioni specifiche e spesso intenzionali della persona e ne implica una valutazione
rispetto a degli standard morali, religiosi, etici che la persone stessa ha interiorizzato. Il senso di colpa in grado di stimolare l'individuo verso un
comportamento prosociale, soprattutto nei confronti delle persone che sono pi vicine a noi.
La vergogna invece riguarda l'aspetto intero del S della persona, e quindi il giudizio di tipo globale e non specifico a una situazione. Secondo
Ausbel la vergogna si prova quando si consapevoli di aver ricevuto una svalutazione da parte del gruppo. La vergogna sebbene possa essere
provocata da violazioni morali, non ne necessariamente implicata e potrebbe derivare da semplici comportamenti non funzionali. Chi la prova non
ritiene di poter migliorare la situazione e non ha come conseguenza la stimolazione verso un'azione prosociale, ma anzi si tende a un ritiro dalla vita

sociale, una sorta di fuga, di nascondimento che in alcuni casi pu sfociare in rabbia o manifestazioni violente. Secondo Kitayama e Matsumoto
queste ultime reazioni sono particolarmente caratteristiche soprattutto nelle culture individualiste ed occidentali.
L'imbarazzo viene spesso confuso con la vergogna ma invece, come sostengono Shott e Modigliani, rappresenta una reazione rispetto a una
specifica perdita che pu anche essere ritenuta grave, ma comunque temporanea e legata a un preciso aspetto, quindi non totalizzante come per la
vergogna. L'imbarazzo pare sia attivata fortemente dal fatto che vi sia la presenza di altri che osservano il comportamento delle medesima persona
in un contesto specifico.
L'AUTOREGOLAZIONE o STRATEGIE DI AUTOPRESENTAZIONE
Le prime indagini empiriche sull'autoregolamentazione sono state svolte da Mischel e colleghi (Marshmallow test) sullo sviluppo dei bambini e nel
valutarne la capacit di ritardare la gratificazione, cio di riuscire a rinunciare a un piccolo premio in previsione di uno pi importante a lungo
termine. Le ricerche riportarono che i bambini che erano riusciti nell'intento a 4-5 anni, dopo circa dieci anni erano gli stessi che avevano ottenuto i
migliori risultati scolastici e un maggior benessere.
Nei processi di autocontrollo un contributo importante lo hanno portato Carver e Scheider, riprendendo la prospettiva cybernetica della teoria
dell'autoconsapevolezza di Wicklund e Duval, la cui idea centrale era quella dell'esistenza di un circuito di controllo chiamato TOTE (test-operation
test-exit) che si articola in 4 fasi: alla prima corrisponde al confronto che l'individuo fa della propria prestazione con uno standard di riferimento
(primo test): se riscontra una discrepanza passa alla fase successiva che quella di modificare il proprio comportamento proprio per adeguarsi allo
standard. Nella terza fase si effettua un secondo controllo con lo standard e viene verificato se la discrepanza precedente sia eliminata che, in caso
affermativo, permette l'uscita dal circuito. L'uscita pu quindi verificarsi sia dopo la prima verifica che dopo un numero imprecisato di tentativi di
correzione e verifica. Nell'idea degli autori esiste anche una gerarchia dei circuiti di controllo dove ciascun circuito inserito in un circuito sovraordinato e che ne possiede uno sotto-ordinato, tale per cui al sorgere di un problema ci si sposta verso i livelli inferiori per indagare sull'origine del
conflitto. C' da specificare che in questo modello vengono considerate sia la possibilit di riduzione della discrepanza tra prestazione reale e quella
prevista, sia quella di incrementarne la discrepanza per allontanarsi da uno standard negativo.
La teoria di Higgins e la teorie del S: oppure la discrepanza tra S reale e S ideale
Secondo la teoria del S, Higgins asseriva che in base ai contesti e alle norme prevalenti le persone non solo pensano a se stessi in termini di come
sono e di come gli altri le vedono, ma sarebbero altrettanto consapevoli del fatto che sanno come vorrebbero essere (S ideale) e come dovrebbero
essere (S dovuto) cio sono consci di quegli standard che configurano le Guide del S con i quali confrontare e valutare il proprio S reale. Se una
persona si rende conto di una discrepanza tra il S reale e il S ideale, cio essere consapevole di non essere realmente come vorrebbe essere,
sperimenterebbe uno stato negativo associato a un livello basso di attivazione, come ad esempio tristezza e depressione (vorrei essere intonato ma
anche se impegno non ci riesco); se invece la persona esperisce una discrepanza tra S reale con il S dovuto, quindi una consapevolezza di non
essere come realmente dovrebbe essere, sar orientata verso una alta attivazione di emozioni negative come l'ansia e il senso di colpa (non voglio
imparare a suonare uno strumento ma i miei genitori credono che sia molto importante). Le persone quindi operano dei confronti, delle
comparazioni che danno luogo a possibili situazioni felici o tristi e se non si riesce a ridurre la discrepanza, a seconda del confronto, ne derivano
differenti vissuti di tipo emotivo diversi.
I fattori situazionali e personali, secondo Higgins, calamitano la focalizzazione verso un tipo di guida del S, trascinando con se la piena
consapevolezza di una discrepanza con il proprio S reale. Questo processo influenza anche gli scopi di una persona rendendoli prioritari: se
l'attenzione si dirige verso il S ideale (come vorrei essere) allora risulteranno pi salienti i possibili risultati positivi e conseguentemente dirigeremo
la condotta nel raggiungere tale risultato (se voglio andare a una festa elegante e voglio essere il pi distinto e signorile cercher un modo per
esserlo), se invece l'attenzione si focalizza sul S dovuto (come dovrei essere) la salienza verso i possibili risultati negativi e la condotta viene
orientata nel cercare di evitare tali risultati (se sono invitato alla stessa festa eviter di andarci in pantaloncini corti per timore di essere giudicato
male).
Le idee di Higgins sono state di importante applicazione nell'area di psicologia della personalit verso lo studio della focalizzazione cronica
dell'attenzione su una guida del S e la relativa probabilit di provare depressione ovvero ansia.
Verifica empirica: degli studenti dovevano creare una lista di attributi per descrivere i vari S usando la stessa lista di parole, le cui coppie
antagoniste ne avrebbero costituito il grado di incoerenza nella rappresentazione del S. Dopo un mese risposero a due scale: depressione e ansia. I
risultati mostrarono che gli studenti che avevano coerenza tra il S affettivo e S dovuto vivevano bene la situazione, mentre coloro che ne
esperivano uno stato di incoerenza, conseguirono un alto punteggio di ansia, mentre lo stato di depressione era correlato tra il S affettivo e S
ideale.
L'autostima importante per analizzare le reazioni degli individui riguardi ai successi ovvero insuccessi, e nasce dai confronti con le diverse e
possibili versioni del S e dalle eventuali discrepanze. E' quindi una sorta di interfaccia tra ci che sta dentro di noi con quello che sta fuori di noi,
mondo interno ed esterno.
La presentazione di S o autopresentazione
Le persone da sempre esprimono il desiderio di poter gestire quella che la propria immagine di S e quindi l'impressione nei confronti degli altri e
questa una caratteristica pervasiva e importante dell'interazione sociale. Negli ultimi anni si cercato di integrare quelli che sono i processi
automatici con gli stati interni di una persona per comprenderne l'influenza reciproca. Si arrivati a due finalit, ovvero di due tipi,
dell'autopresentazione: strumentale o strategia e espressiva.
L'autopresentazione strategica si attiva quando si ritiene che l'altra persona possegga il potere di rifiutare o concedere qualcosa e quindi una
autopresentazione strumentale allo scopo, in cui si vuole fare una certa impressione verso l'altro. Tipicamente la persona non mostra la sua identit
di S ma proietta piuttosto quella che ritiene pi opportuna per influenzare l'altro. Esistono vari stili: ingraziamento quando si cerca di compiacere,
di mostrarsi gentili ed elogiativi, autopromozione quando si mostrano le proprie competenze e capacit, intimidazione quando si vuol fare credere
di avere il potere di danneggiare l'altro, supplica quando si fa percepire all'altro la propria condizione di bisogno e dipendenza, e infine quando si
vuole essere un esempio morale.
L'autopresentazione espressiva si attiva per cercare di vedere confermata la propria immagine di S, la quale si ritiene sia valutata in maniera
positiva dalle persone a cui viene indirizzata la autopresentazione: ad esempio mi presenter come un alunno modello se so che l'insegnate
preferisce questo tipo di alunni. Secondo Schlenker le persone si autopresentano facendo per ben attenzione di rimanere nei limiti della
plausibilit, cio di evitare di correre il rischio di non vedere confermata la propria immagine poich risulta essere presentata troppo
esageratamente positiva. La plausibilit dipende sia dalle informazioni che il pubblico ha indipendentemente da noi, sia quelle che pu ottenere:
quindi il grado di positivit deve essere sempre limitato alla funzione del rischio di disconferme della propria identit del S che possono derivare sia
da come noi ci presentiamo, che dalle informazioni delle nostre presentazioni passate che il pubblico pu o gi conosce.
Non sempre l'autopresentazione dell'identit viene ritenuta positiva dalle altre persone, come ad esempio il comportamento provocatorio degli
adolescenti nei confronti dei genitori, il cui scopo quello di rendere esplicita la loro indipendenza che sentono in qualche modo minacciata, anche
se non ne viene spesso approvata dai genitori stessi, oppure nei casi in cui si evince la reattanza come reazione alla minaccia della propria libert.

La autopresentazione si pu presentare in contrasto con ci che il pubblico potrebbe approvare, come sostenuto dalla teoria del completamento
del S di Wicklund e Gollwitzer. I due autori ritenevano che quando le persone si trovano nella condizione di sperimentare una minaccia a una loro
parte importante del S, esse vengono stimolate a cercare una forma di riconoscimento proprio in quella stessa dimensione della propria identit. Il
concetto ben esplicitato da una ricerca degli stessi autori, in cui dei partecipanti maschili dovevano incontrare Debbie che preferiva persone sicure
e positive. Prima di questa presentazione i partecipanti dovevano compilare un questionario di personalit, a cui met veniva successivamente
detto che i risultati dicevano che non avrebbero avuto possibilit nell'area di studio che avevano scelto, di fatto minacciando una loro importante
dimensione dell'identit. I risultati confermarono che i soggetti che avevano ricevuto questa notizia si presentarono di fronte a Debbie non
seguendo quelle che potevano essere le sue aspettative, ma piuttosto riaffermarono quella parte di identit che per loro era importante. La
presentazione del S quindi pu essere influenzata da motivazioni contrastanti ma sono coerenti con i propri valori.
Secondo Snyder esistono persone che hanno pi motivazioni nel presentarsi adeguandosi in base alla specifiche situazioni, mentre altre
preferiscono rimanere coerenti con i loro stessi standard: nel primo caso una persona potrebbe pensare di essere un buon attore, mentre nel
secondo il pensiero potrebbe riguardare la difficolt ad uniformare il cambiamento in base a fattori situazionali. Snyder e colleghi hanno messo a
punto uno strumento in grado di misurare lo stile di presentazione chiamato automonitoraggio, da cui deriverebbero due autopresentazioni
differenti: la prima definita alto automonitoraggio e comprende quelle persone che cambiano la loro presentazione in base alle differenti
situazioni, mentre la seconda chiamata basso automonitoraggio e riguarda le persone che rimangono stabili nella loro presentazione.
Le persone con alto monitoraggio sono flessibili e capaci di dimenticare i loro tratti caratteristici se sono contrari alle richieste dell'ambiente. Le
strategie messe in atto sono varie: se la situazione richiede conformismo tendono ad adeguarsi alle opinioni del gruppo, mentre se viene richiesto
loro di formulare un giudizio diventano non conformisti. Sono persone abili nel cogliere le caratteristiche dell'ambiente e si impegnano a conoscere
altre persone e a valutare il contesto sociale, sanno ben adattare il loro comportamento in funzione delle differenti situazione, e nelle relazioni di
coppia danno maggior salienza all'aspetto fisico che alla personalit del partner.
Le persone con basso monitoraggio si percepiscono come persone non capaci, e come non motivate a modificare il loro comportamento espressivo,
cio non riescono a celare la manifestazione della loro espressione. Non riescono a nascondere un comportamento che non rispecchi lo stato
interno che stanno vivendo, sia essi siano momentanei o stabili. Le strategie messe in atto sono quelle di mantenere la loro opinione e
comportamento anche in quelle situazioni in cui potrebbe risultare costosa; preferiscono stare con le persone simili a loro.
L'autoconsapevolezza oggettiva
Il me pu diventare il fuoco dell'attenzione, e quindi possibile essere l'oggetto dei propri pensieri. In particolari occasioni le persone fanno un
confronto tra il S attuale e quelli che sono i propri standard interni, come nelle situazioni in cui ci rendiamo conto di noi stessi, per esempio quando
ci osserviamo allo specchio. Da questi confronti possono scaturire considerazioni su se stessi sia positive che negative. Tipicamente queste situazioni
evidenziano una discrepanza tra i due S che potrebbe comportare a una diminuzione dell'autostima. Quando i valori del S diventano salienti pi
probabile comportarsi in accordo con le norme sociali condivise. L'autoconsapevolezza pu essere ridotta tramite l'uso di sostanze varie: ad
esempio le persone che hanno un alto livello di consapevolezza sono quelli che bevono di pi dopo un fallimento, appunto per diminuire
l'autoconsapevolezza oggettiva.
Autoregolazione come processo che consuma energia
I processi di autoregolamentazione sono dei processi cognitivi che, in quanti tali richiedono e consumano energia poich richiedono un certo sforzo
e possono essere esercitati solo nella condizione in cui il soggetto possiede tali energie a disposizione, e che sia motivato all'utilizzo delle stesse.
Di questo avviso Baumeister e i suoi collaboratori che hanno proposto un modello teorico in cui inquadrare l'autoregolamentazione come
un'attivit che necessita di energia e che non sia semplicemente una abilit (skill). Le persone possiederebbero una certa energia per questo
processo, al cui esaurimento verrebbe meno la stessa capacit di autoregolarsi, fino al rinnovo della stessa energia: se consumo energia per un
processo di autocontrollo mi trover senza in un compito successivo; cos una studentessa che impiega la sua energia nell'evitare di uscire con gli
amici perch si trova sotto esame, probabilmente non riuscir a resistere a farsi uno spuntino pi tardi. Lo stesso autore ha sottoposto a verifica la
sua teoria in una ricerca sull'autocontrollo alimentare: invit degli studenti a prendere parte a una ricerca sulla degustazione di cibi a condizione di
saltare il pasto precedente, e una volta introdotti all'interno di una stanza dove si sentiva un forte odore di dolci appena sfornati, venivano fatti
sedere di fronte a due vassoi contenenti dolci ovvero ravanelli. In seguito venivano lasciati da soli per 5 minuti dopo aver detto a met di loro di non
toccare i dolci ma di assaggiare i rapanelli, mentre all'altra met che potevano mangiare i dolci ma non i rapanelli. Un terzo gruppo (controllo) non
veniva mostrato alcun cibo. Finita questa fase a tutti veniva chiesto di risolvere dei puzzle in realt non risolvibili, in cui veniva misurato il tempo di
permanenza nella risoluzione del compito. I risultati mostrarono, secondo la teoria dello sperimentatore, che il gruppo che aveva dovuto
controllarsi per non cedere alla tentazione di mangiare i dolci (che possedevano una riserva limitata di energia) dedicarono poco tempo al compito
(8 minuti), mentre i due rimanenti gruppi (assenza di tentazione) si impegnarono per circa 20 minuti.
Beaman ha notato che la presenza di uno specchio rende meno probabili i furti. Il suo esperimento prevedeva che dei bambini potessero entrare
nelle case e chiedere ai proprietari dei dolcetti, dei giochi etc... Una volta entrati i bambini venivano condotti in una stanza dove al centro del tavolo
c'era un cesto pieno di dolci; il proprietario si allontanava e i bambini si ritrovano da soli con la tentazione di rubare dei dolci. Venivano osservati nel
loro comportamento attraverso due modalit: nella prima sulla parete di fronte c'era un grande specchio, nella seconda era assente. In presenza
dello specchio i bambini compiono un numero significativamente inferiore di furti: i bambini equiparavano il S ideale (sono un bambino onesto)
con quello reale (io mi comporto da onesto e quindi non rubo).
LA DIFESA DEL S: strumenti e i rendiconti della CONDOTTA
Le persone nell'interazione sociale, tipicamente perseguono l'obiettivo di una coordinazione reciproca delle linee di condotta, reso possibile sia
dalle conoscenze e condivisioni che riguarda una definizione delle differenti situazioni, e sia dalla capacit di eseguire il proprio ruolo tenendo conto
anche di quello altrui, all'interno di una determinata cultura. E' necessario ricordarsi che le persone possono agire in maniera imprevedibile, che
supervisionano non solo la loro condotta ma anche quella degli altri per capire le conseguenze rispetto alla propria identit personale, e che le
interazioni si svolgono in un preciso contesto culturale che ben conscio nelle persone tale per cui tentano sempre di armonizzare con essa la
propria condotta. Se l'obiettivo di coordinazione non riesce per come ci si aspetta, si possono configurare delle situazioni nelle quali l'identit
personale pu essere minacciata (fare brutta figura, dare un'immagine negativa di S).
Le persone cercano di riparare o di ridurre le implicazioni negative compiendo azioni di allineamento, cio dei veri e propri tentativi verbali con i
quali rendere la propria condotta pi pertinente e desiderabile in termini culturali. Gli interazionisti simbolici fanno varie distinzioni, tra cui i discorsi
sui motivi e gli account o rendiconti.
I discorsi sui motivi sono degli scambi di tipo conversazionale che si attivano nel caso in cui una condotta, all'interno di una interazione, risulta poco
chiara o ambigua, quindi non facilmente comprensibile, tale per cui le persone tendono a fare e farsi domande per poter dare alla medesima
condotta sia un senso quando viene percepita come senza, sia che risulti strana mentre qualche momento prima appariva del tutto giustificata: se
una persona esce in bermuda mentre fuori nevica ci si chiede il perch, cos come una studentessa potrebbe ad un certo punto domandarsi sul
perch continui a studiare certe materie. Le risposte tipicamente contengono definizioni verbali di motivi, quindi si riferiscono ad intenzioni legate

alle azioni e alle conseguenze che si ipotizzano possano avere. I motivi sono affermazioni che riguardano una condotta e non sono delle motivazioni
che invece sono stati interni della persona.
Il primo autore che per capire il perch una persona agisca in un determinato modo necessario guardare al modo con cui la persona stessa parla di
scopi e intenzioni stato Mills. Egli introdusse il concetto di vocaboli di motivi per chiarire che la spiegazione di determinate condotte non siano da
tutti condivise ed accettate, ma anzi, egli riteneva che vi fossero differenti motivi per ambiti diversi, cos come per categorie o per periodi storici (ad
esempio in una riunione tra imprenditori potrebbe avere senso parlare di esubero dei lavoratori per aumentare dei profitti, ma non lo sarebbe se
usato in riunione con dei sindacalisti).
Secondo gli interazionisti simbolici le persone quotidianamente forniscono spiegazioni rispetto alla propria condotta solo in caso di condotte
problematiche nel qual caso il significato non chiaro, e che si riferiscono sempre a scopi e non a cause, e che l'adeguatezza di tipo sociale e non
logico.
Gli account o rendiconto tipicamente vengono forniti quando si in presenza di una sorta di violazione di regole, da attivit inattese oppure
sconvenienti. Secondo Scott e Lyman, a partire dalla teoria di Austin, formulano due distinti tipi di atteggiamenti nei confronti di un'azione che
viene messa in discussione (sia implicitamente che esplicitamente): le scuse e le giustificazioni, cio quelle forme di conversazione quotidiana che
vengono usate come espedienti o strumenti per raggiungere scopi socialmente desiderabili.
Tramite le scuse viene riconosciuto che un determinato atto sbagliato o indesiderabile, ma altrettanto si nega di esserne i personali responsabili,
e si dividono in 4 scuse: appello all'incidente (sono in ritardo perch un incidente ha bloccato il traffico), appello alla motivazione biologica (mi
sono dovuto fermare perch avevo troppa fame), appello all'insuccesso (non mi sono reso conto dell'ora) e infine il ricorso al capro espiatorio (mi
ha chiamato un amico proprio mentre stavo uscendo). Secondo gli autori le scuse servono per mitigare o ridurre la condotta messa in discussione,
oppure, seguendo Goffman, per lasciare inalterata una relazione positiva tra le persone e preservarne l'identit.
Tramite le giustificazioni viene riconosciuta la responsabilit ma viene negata che sia sbagliata o offensivo, in modo tale da neutralizzare un atto
oppure cercare di far sembrare le conseguenze come positive o non cos gravi come paiono. Anche qui ci sono 4 giustificazioni: la negazione del
danno (io sono in ritardo ma tanto tu stavi facendo altro), negoziazione della condizione della vittima (tu sei sempre in ritardo, quindi...), condanna
dei supervisori (ci sono colleghi che arrivano sempre in ritardo e non vengono mai puniti) e infine l'appello alla lealt nei confronti di un'altra
relazione (dovevo rispettare l'impegno con mio figlio).
Secondo Scott e Lyman i rendiconti possono essere accettati oppure respinti quando vengono reputati illegittimi (quando la gravit dell'azione
supera quella dell'account o inaccettabile) oppure irragionevoli (la dichiarazione considerata impossibile da normalizzare).
Infine gli autori definiscono 5 stili di discorso adeguato da cui dipende il successo del rendiconto: intimo, alias un codice ristretto condiviso solo da
coloro che hanno una relazione intima, casuale, cio un codice ristretto a una cerchia, tipo il gergo dei pari, di consultazione, tipico negli scambi di
informazioni tecniche, formale che riguarda non pi il rapporto uno a uno ma un pubblico esteso, come parlare in pubblico), e lo stile congelato,
che sarebbe una forma estrema usato in quelle interazioni che esulano da condizioni di non familiarit, come tra pilota e torre di controllo.
Il fenomeno del COMPLETAMENTO SIMBOLICO
Si tratta di un fenomeno che si attiva quando una persona desidera possedere una certa identit, senza averne per completato il percorso con il
quale ne viene garantito il conseguimento. Secondo Wicklund e Gollwitzer quando non si riusciti a raggiungere una specifica identit, ci tenta di
aumentare la probabilit di ostentare simboli attributivi e cos facendo si aumenta anche la distanza tra l'identit presente e quella auspicata. I
comportamenti verteranno in una sorta di auto-presentazione della propria identit sociale e personale ostentata in varie situazioni, come la scelta
del cibo al ristorante. Tramite uno studio sui boy-scout si visto che tanto pi bassa la posizione nella gerarchia e pi si fa ricorso a simboli tipici
degli stessi boy-scout. Una persona che si pienamente identificata e realizzata socialmente sa di appartenere a un gruppo e non ha bisogno di
ostentare alcunch poich sicuro della sua identit.
Un altro esperimento di Wicklund riguarda i produttori di vino tedeschi. Essi sono gli ultimi ad essere entrati nel gruppo e sono anche quelli che
ostentano maggiormente attraverso l'uso di etichette, che sono pi vistose e particolarmente colorate appunto per evidenziare che la produzione
delle loro cantine, mentre i produttori pi tradizionali usano etichette pi sobrie poich non hanno necessit di mostrare una identit professionale
e sociale.
L'attenzione che gli altri dedicano a noi
L'effetto Spot-light una caso sistematico di effetto di sovrastima: se chiediamo ad esempio, a una persona di descriversi come era vestito ieri, la
persona ci risponder, ma se poi dovessimo chiedere ancora quante altre persone incontrate potrebbero ricordarsi in che modo era vestita, ci
farebbe rendere conto dell'attenzione degli altri nei nostri confronti. In un qualche modo attiviamo un sorta di pensiero riguardante in che misura
sono stato osservato mentre mi trovavo in un contesto. Il dato che si ottiene un chiaro e sistematico affetto di sovrastima. E' una situazione in cui
possono manifestarsi fenomeni di tipo patologico, come ad esempio "mi sento osservato e valutato" oppure "temo per la mia indipendenza", ma
che in realt non un'osservazione reale e oggettiva, ma un pericolo percepito.
L'illusione di trasparenza
E' un fenomeno simile a quello dello spot-light ma speculare, cio si manifesta quando le persone sovrastimano in che modo gli altri capiscono
quello che le persone stanno provando o sentendo. L'illusione di trasparenza ci fa sentire di vetro per cos dire, e ci rende in qualche modo
trasparenti nelle nostre emozioni e pensieri.
In una verifica sperimentale il soggetto doveva bere 5 bibite di cui una disgustosa ma non doveva manifestare alcuna reazione per poi stimare
quante persone si fossero rese conto di quale bibita si era disgustato: le persone stimano 2 volte tanto la loro trasparenza nelle loro manifestazioni
emotive.
Il fenomeno si traduce anche nelle situazioni sociali: nella situazione ansiosa di parlare in pubblico, la persona stessa ha anche il timore che gli altri
che la ascoltano e osservano possano capire l'ansia che sta provando (circolo vizioso).
L'illusione si pu verificare anche nelle incomprensioni nelle situazioni impersonali: sufficiente provare a chiedere ad una persona di esprimere,
ad esempio, delle emozioni o dei sentimenti, e di chiedere alla stessa persona di fare una stima di quanti osservatori siano stati in grado di capire
effettivamente le emozioni. I risultati tipicamente mostrano una sovrastima. Se io sono convinto di avere espresso con chiarezza un mio stato
emotivo, finir per interpretare una non adeguata risposta dell'interlocutore come una sorta di disinteresse nei mie confronti. Io mi sono fatto
capire bene, ma tu non reagisci in maniera adeguata perch tu non hai interesse verso di me. In realt si tratta di una incapacit di codifica dei
segnali.
Processi di recupero del s nel passato: la MEMORIA AUTOBIOGRAFICA
La memoria autobiografica una ricerca di relazione di valori, competenze, prestazioni tra il passato e l'immagine di s al presente, individua le
tendenze temporali, trae delle inferenze rispetto lo sviluppo delle capacit e da una visione coerente di come percepiamo il mondo.
Il processo ricostruttivo pu seguire la Teoria della stabilit oppure la Teoria del cambiamento.

Se chiediamo a una persona di ricordarsi la propria posizione politica di 20 anni fa, spingiamo il soggetto a ricordare una rappresentazione di s che
lo collega al suo pensiero ideologico; quindi possibile che non si ricordi come era politicamente, ma probabile che si ricordi il proprio
orientamento politico come qualcosa di stabile e non mutato.
Se invece chiediamo a una persona di ricordarsi come era il suo corpo prima di aver intrapreso una dieta, essa stessa far un paragone tra due
rappresentazioni di s: quella del passato con quella del presente. Magari non si ricorda con precisione ma sicuramente adotter una teoria del
cambiamento in cui possa identificarsi come diversa da prima.
La spiegazione data dal fatto che il passato viene ricostruito a partire dal presente come punto di riferimento, e quindi la caratterizzazione sar
come qualcosa di simile o diverso in base alla teoria che viene messa in atto: rispetto al presente quindi risulter diversa se adotter la teoria del
cambiamento, ovvero simile se adotta quella della stabilit.
Gli errori del passato, gli ERRORI DEL RICORDO NEL S del passato
Quando si adotta la teoria della stabilit i cambiamenti sono rivolti verso una sottostima. Collin e colleghi hanno fatto delle interviste a degli
studenti sul loro consumo di tabacco e marijuana a distanza di un anno, con le stesse domande. L'idea era di dimostrare come la prestazione possa
influenzare la percezione del consumo allo stato presente. I consumatori moderati riuscivano a ricordarsi bene il consumo passato, mentre coloro i
quali ne erano forti consumatori avevano delle difficolt ad ammettere un loro peggioramento, tale per cui tendevano a ricordarsi come forti
fumatori anche nel passato, di fatto sottostimando e quindi edulcorando la modalit del consumo.
Una ricerca di McFarland e Ross sulla percezione interpersonale consisteva nel chiedere una valutazione, la stima, un giudizio tra due persone con
un legame affettivo (relazione tra amici, coppia). Dopo un anno venivano ricontattati e oltre a ricordarsi della valutazione precedente, dovevano
fornire anche un valutazione del partner. I soggetti a cui era corrisposto un miglioramento nel giudizio verso il partner tendevano a sovrastimare
anche la valutazione del ricordo, mentre coloro i quali avevano peggiorato il loro giudizio in quel tempo, tendevano anche a sottostimare la
positivit della relazione nella prima rievocazione. Quindi in tutti e due i casi si evidenziava una sistematica sottostima del cambiamento per
mantenere una teoria della stabilit.
Sulla posizione politica sono stati fatti degli studi ad opera di Katz e colleghi, i quali hanno confermato che le persone che avevano effettuato un
cambiamento nel loro orientamento, lo rinnegavano attraverso la ricostruzione di un'immagine del passato simile a quella del presente.
Le teorie del cambiamento riguardano un processo in cui le abilit, le competenze, le capacit vengono messe alla prova nel produrre modificazioni
positive, la cui necessit deriva dalla spinta di un ricordo del s passato che si impone sul s presente e viene manipolato seguendo la teoria del
cambiamento.
Ross e Conway hanno usato il paradigma del far partecipare un gruppo di persone a un processo di apprendimento attraverso un gruppo
sperimentale (che partecipava al programma) e uno di controllo, i cui soggetti venivano monitorati sulle conoscenze che possedevano al momento
di attivazione del programma. Il corso di apprendimento cui erano sottoposti prevedeva la realizzazione di obiettivi lungo tre settimana:
autovalutare il grado di abilit raggiunto nello studio, ricordarsi il grado di abilit come lo ricordavano all'inizio e fare una previsione sui voti alla
finali del semestre. L'obiettivo era capire quale fosse l'influenza di sapere di seguire un corso nel ricordare la competenze precedenti (l'inizio corso).
Venne adottata la teoria del cambiamento e il programma di apprendimento non port miglioramenti. I partecipanti ricordavano le loro capacit
iniziali come peggiori, cio tendevano a ricordare le prestazioni migliori di quanto non erano in realt. Venne quindi modificato il concetto di
prestazione della partenza grazie al fatto di avere consapevolezza della situazione attuale, in una sorta di ricostruzione tendenziosa del passato.
Il s nel futuro: i S possibili
Le persone confrontano il s con gli standard, cio con il s ideale e quindi come vorremmo essere, e il s dovuto, cio come dovremmo essere.
Questi due s corrispondono alle Guide del s. Attraverso il confronto le persone possono elaborare le discrepanze tra il s reale e le sue guide.
I s possibili sono quello che una persona pensa di se stesso riguardo al proprio futuro: il s probabile consiste nella proiezione di stati ipotetici, il s
desiderato che contempla la realizzazione degli obiettivi che una persona si era prefissata (adolescenti) e il s temuto che riguarda i timori sugli
sviluppi (pensionati). Il s possibile anche una rappresentazione rispetto alle aspettative dei altri che sono socialmente significativi per noi, come i
genitori nei confronti dei figli etc...
Secondo la Markus e Nurius quanto pi messa a fuoco la propria rappresentazione a futuro, tanto pi risulter chiaro sia l'obiettivo a cui tendere,
che i mezzi per raggiungerlo. La condizione che gli scopi siano proporzionati e ragionevoli, nel senso che un obiettivo troppo ambizioso pu
produrre anche dei risultati negativi perch non fattivamente raggiungibili, ed necessario focalizzarsi sul proprio s e non su quello di altri, tipo
voler essere come... Sempre la Markus in compagnia di Ruvolo, affermano che in base ai s possibili che vengono evocati, si modificano i toni di
umore e le nostre capacit di interazione. Grazie a un paradigma di ricerca, vennero coinvolte delle persone a cui venne fatto evocare un possibile
futuro che poteva essere di tre tipi: il primo era di immaginare se stesso come una persona che ha avuto un grande successo, il secondo si
immaginarsi fortunato per aver realizzato i propri obiettivi, e infine di immaginarsi fallito negli scopi nonostante un grande impegno.
Successivamente all'evocazione i partecipanti venivano sottoposti alla risoluzione di un compito non risolvibile, la cui variabile era data dalla
perseveranza dei tentativi fatti nella ricerca della soluzione: i risultati mostrarono che le persone a cui si era prospettato un futuro di successo
erano anche quelli che mettevano pi perseveranza e motivazione, mentre le persone che avevano evocato un insuccesso erano i primi a mollare il
colpo e quindi con mino perseveranza.
In conclusione le persone modificano i ricordi sulla base della teoria della stabilit o del cambiamento, e le prestazioni nel presente dipendono da
come ci immaginiamo nel futuro, cio dipendiamo dai nostri s nel futuro.

LE SCALE E LE MISURAZIONI DEGLI ATTEGGIAMENTI


Esistono due tipologie di tecniche di misurazione degli atteggiamenti: la prima la dimensione della fonte dell'osservazione, cio la persona che
osserva e registra, che pu essere sia il soggetto stesso, che il ricercatore o una terza persona, e la seconda la dimensione della consapevolezza
degli attori, in cui si distinguono le misure nella quali c' consapevolezza da parte dei soggetti nell'essere osservati e studiati, oppure tecniche in cui
non c' consapevolezza, quindi:
consapevole -> resoconti soggettivi -> osservazione visibile -> registrazione di comportamento pubblico
inconsapevole -> tracce -> osservazione nascosta -> registrazione di archivio.
I resoconti oggettivi sono tecniche di misurazione in cui il soggetto fornisce una testimonianza dei suoi pensieri, delle sue reazioni emotive, dei
comportamenti passati e futuri etc..., mentre le tracce sono dei segni lasciati in modo inconsapevole, ad esempio dimenticare in giro carte di
cioccolatini, mozziconi di sigarette etc... ma che non dicono poi molto dello stato interno della persona. Nell'osservazione visibile le persone sanno
bene di essere osservate, mentre nell'osservazione nascosta non lo sanno e si usano espedienti di varia natura, come ad esempio telecamere, vetri
unidirezionali etc... Le registrazioni di comportamento pubblico sono materiali che derivano appunto da comportamenti pubblici come i personaggi
politici o sportivi che partecipano a trasmissioni televisive che sanno essere del tutto pubbliche, mentre le registrazioni di archivio vengono
effettuate per altri motivi e sono sempre disponibili, come ad esempio le registrazioni di telefonate dei gestori telefonici, il cui dato interpretato
come una valutazione globale di un atteggiamento, ma non pu essere riferito a caratteristiche delle persone singole.
Le tecniche possono essere intrusive quando si interferisce nell'operazione di misura con il comportamento normale di una persona, ad esempio il
fatto di sentirsi osservato pu interferire nel modo di comportarsi e di agire rispetto al quotidiano, cosa non esistente per le tracce e le osservazioni
nascoste. Bisogna fare attenzione nella possibilit di accedere a contenuti diversi poich i resoconti soggettivi che derivano dalla misurazione di
una vasta gamma di variabili, non sono accurati ed efficaci in quanto possono essere il frutto di atteggiamenti automatici. In generale i resoconti
soggettivi sono meno onerosi in termini di risorse necessarie e di complessit, e in generale la convergenza di queste due valutazioni indipendenti ci
pu dare un dato pi stabile e meno edulcorato.
Nella consapevolezza della misurazioni si parla di avere misure dirette (come le scale, il differenziale semantico le stime di grandezza o intensit),
mentre quando non c' consapevolezza si parla di misure indirette.,
barbara.caldarini@elfo
Le scale di atteggiamento
Una scala composta da una serie di affermazioni che riguardano l'oggetto dell'atteggiamento: tipicamente le persone leggono delle affermazioni e
ne esprimono il loro grado di accordo o disaccordo, la cui risposta considerata un indicatore dell'atteggiamento. La logica che vi sottende :
risposte del soggetto = componente verbale, Cv = A + R, in cui A = atteggiamento e R = errore di misura: quindi in due affermazioni avremo
Cv1=A1+R1 e Cv2=A2+R2.
Si assume che ripetendo infinite volte al misura, gli errori casuali si annullino reciprocamente. Per costruire una scala il primo passaggio quello
dalla definizione concettuale a quella operativa, che nelle scale di atteggiamento corrispondono dalla definizione concettuale alle voci della scala,
cio le affermazioni che vengono anche chiamate items. Si individuano poi le dimensioni del concetto lungo cui costruire le scale mentre gli items si
formulano con le seguenti caratteristiche: devono riflettere accuratamente l'universo delle possibili affermazioni in riferimento all'atteggiamento,
devono essere ripetute in modo chiaro e semplice, devono essere formulate in modo da non indurre un tipo particolare di risposta (risposta
negativa o positiva), e infine devono discriminare con precisione le persone con differente atteggiamento
La scala ad intervalli equivalenti di Thurstone
Thurstone stato il primo a mettere a punto un metodo per la misura degli atteggiamenti che si articola in varie fasi:
I fase. Formulazione di un numero sufficientemente ampio (almeno 100) di affermazioni rilevanti per l'atteggiamento in questione, e selezionate in
modo tale da rappresentare tutte le diverse posizioni di atteggiamento, da quelle pi favorevoli a quelle pi sfavorevoli;
II fase. Reclutamento di un campione di almeno 300 persone alle quali viene chiesto di raggruppare gli item in 11 mucchietti (categorie), numerati
da 1 = affermazioni pi favorevoli fino ad arrivare a 11 = meno favorevoli con la possibilit di collocare le affermazioni neutre nel mucchietto 6;
III fase. Calcolo, per ogni voce, della media dei giudizi espressi dai 300 partecipanti, che diventa il valore scalare della voce, quindi si attribuisce ad
ogni item un valore scalare;
IV fase. Selezione degli item, cio delle iniziali 100 ne vengono scelti 20-30 eliminando gli item che presentano un basso accordo fra i valutatori;
V fase. Mantenimento, per ogni valore scalare, di uno stesso numero di item.
VI fase. Eliminazione degli item che risultano essere dotati di scarsa coerenza interna, dopo essere stati somministrati a un nuovo campione in cui
dovevano anch'essi esprimere accordo o disaccordo;
VII fase. Uso della scala, in cui le 20-30 affermazioni selezionate, disposte in senso casuale, vengono presentate a quei soggetti in cui si vuole
misurare l'atteggiamento, i quali indicheranno con quali item si sentono in accordo.
In questa scala l'affermazione viene scelta e accettata solo da persone che in qualche modo si collocano sulla stessa posizione nella dimensione
dell'atteggiamento. Il punteggio scalare attribuito a un soggetto dato dalla media, o dalla mediana, dei valori scalari degli item che lo stesso
soggetto ha scelto.
Questo metodo ormai in disuso perch molto oneroso in termini di tempo e di soggetti necessari; inoltre non possibile essere sicuri che i
valutatori non possano non influenzare con la loro opinione personale, l'operazione di attribuzione del punteggio scalare alle affermazioni: infatti
secondo la teoria del giudizio sociale le persone quando hanno un atteggiamento positivo o negativo estremo, possono operare una
interpretazione distorta delle stesse affermazioni, sia in termini di sottovalutazione che sopravvalutazione.
La scala sommativa di Likert e le sue applicazioni
Il metodo per la costruzione di scale di atteggiamenti messo a punto da Likert comprende le seguenti fasi:
a. Formulazione delle affermazioni, le quali devono essere pertinenti con l'atteggiamento che si intende misurare;
b. Presentazioni delle affermazioni, in cui i soggetti non devono necessariamente esprimere una posizione precisa ma leggere delle affermazioni e
per ciascuna indicare il grado di disaccordo ovvero accordo, attraverso una scala in cui il soggetto pu dire "sono completamente in disaccordo",
"parzialmente in accordo", n in accordo e n in disaccordo", "parzialmente d'accordo", "completamente d'accordo";
c. Si effettua il calcolo, prima la somma dei punteggi parziali e poi quello del punteggio totale, cio il punteggio che indica l'atteggiamento della
persona;
d. Analisi e selezione delle voci in cui vengono calcolati i coefficienti di correlazione tra ogni singola voce e il punteggio totale; un processo di
selezione in cui vengono mantenuti quegli item che evidenziano una elevata correlazione, e che risultano pi omogenei con l'insieme della scala e
che in definitiva contribuiscono in maniera consistente al punteggio finale.

Una tipica voce in questa scala formulata in modo che la parte dei soggetti che sono contrari sar in disaccordo, mentre quelli che sono orientati
positivamente potranno essere d'accordo anche se con diversa intensit (a differenza della scala di Thurstone in cui i soggetti saranno in accordo o
in disaccordo).
Gli item della scala di Likert sono detti monotonici indicando con questo che "viene mantenuto l'ordine", cio la probabilit di accettazione di una
voce della scala man mano che si passa da soggetti con posizione pi in basso (meno favorevoli) a soggetti con posizione pi in alto (i pi favorevoli)
sul continuum dell'atteggiamento, e che una volta raggiunto il valore massimo resta costante (diversamente da quelli non-monotonici della scala di
Thurstone, in cui il valore prima sale con l'accettazione per poi scendere).
Attualmente l'analisi degli item con la scala Likert viene impiegata quasi sempre nell'analisi fattoriale esplorativa, che consente di identificare
l'esistenza di una o pi dimensioni principali, a cui sottostanno le diverse voci. In questa maniera possibile controllare sia l'omogeneit degli item
di una scala, sia l'ammissibilit dell'attribuzione ai soggetti dei punteggi-somma. La scala Likert la scala che viene impiegata pi spesso nella
ricerca sugli atteggiamenti, soprattutto nella ricerca di base o che si svolge in ambito accademico.
La scala cumulativa di Guttman
Per la misurazione degli atteggiamenti Guttman si affida a una tecnica di interconnessione meglio spiegabile se facciamo riferimento alla
competenza matematica, come ad esempio riguardo le persone che hanno una bravura in matematica crescente, in cui i medesimi item vengono
ordinati in funzione della loro crescente difficolt. Per costruire una scala di Guttman bisogna costruire una matrice soggetti per stimoli, mettendo
in ogni cella 1 se la persona-riga sovraordinata allo stimolo-colonna, e 0 se non lo . Riprendendo l'esempio sopra citato, le persone brave in
matematica possono essere rappresentate in colonna dalle lettere maiuscole A, B, C e cos via, mentre vengono posizionati su una riga gli item di
difficolt crescente, come ad esempio i problemi matematici e contrassegnati da lettere minuscole come a, b, c e cos via. Ecco che risulta una
matrice. Una scala perfetta esiste se e solo se possibile riordinare le righe e le colonne in maniera tale da avere una distribuzione triangolare di
"1". In questa scala necessario calcolare un coefficiente di riproducibilit che dato da 1 meno P, dove P indica la proporzione di risposte che
devono essere cambiate per ottenere una matrice ordinata; una scala non buona se bisogna modificare pi del 10% delle risposte empiriche.
Questa scala usata spesso per misurare la componente comportamentale degli atteggiamenti, ed stata messa a punto da Bogardus per misurare
l'atteggiamento nei confronti di membri di gruppi etnici. Viene chiesto alle persone di scegliere "quali delle seguenti relazioni accetteresti un
membro di una comunit...." ad esempio marocchino: queste relazioni sono ordinate in questo caso da quella con maggior intimit (matrimonio,
amicizia personale, vivere nella stessa strada, averlo come collega di lavoro, accettarlo come cittadino, accettarlo come turista) fino ad arrivare
all'esclusione dal nostro paese anche come turista. Quindi l'atteggiamento nei confronti della persona, o del gruppo sociale, tanto pi positivo
quanto minore la distanza sociale (intimit) che il soggetto vuole mantenere nei confronti di individui che appartengono al citato gruppo etnico.
Dal punteggio totale possibile capire in quali item il soggetto ha dato risposte affermative, cosa non possibile per altre scale.
Differenziale semantico
Strumento messo a punto da Osgood, Suci e Tannenbaum per la misura del significato implicito dei termini, cio quei concetti che non sempre il
soggetto riesce ad esprimere. Ritenevano che il significato denotativo delle parole fosse invece chiaro ed evidente, e che ciascun termine avesse
anche una parte di significato implicito difficile da valutare e riconoscere. Per misurare il significato implicito o connotativo veniva chiesto alle
persone di valutare un determinato termine (tavolo, libro...) su una scala bipolare ancorate ad aggettivi opposti (buono/cattivo...). Il risultato
potrebbe essere rappresentato mediante un profilo grafico che collega tutti i punti nei quali il soggetto ha posto le crocette, oppure, se si tratta di
un gruppo, di collegare i punti che rappresentano invece le medie delle risposte espresse per ciascuna scala. Attraverso l'analisi fattoriale dei giudizi
espressi attraverso numerose scale, gli autori sono arrivati ad evidenziare che il significato implicito dei termini pu essere ricondotto a tre
fondamentali dimensioni:
- valutazione, i cui aggettivi tipici sono: buono/cattivo, bello/brutto, pulito/sporco, piacevole/spiacevole etc...
- potenza, i cui aggettivi invece sono: forte/debole, grande/piccolo, pesante/leggero etc..
- attivit, i cui aggettivi sono: attivo/passivo, rapido/lento, vivace/tardo.
La prima dimensione quella sicuramente pi importante ed quella che viene maggiormente impiegata. Attingendo dagli aggettivi tipici che
vengono classificati nella dimensione valutazione, si possono costruire dei differenziali semantici per valutare l'atteggiamento, ed una tecnica
abbastanza veloce (e ci ne spiega la diffusione nella ricerca applicata) per studiare l'atteggiamento nei confronti di oggetti diversi, ad esempio nella
misurazione di una stessa popolazione nei confronti di differenti prodotti, esigenza comune nei sondaggi e nelle ricerche di mercato.
Ad esempio per valutare uno smartphone possiamo chiedere alle persone di valutarlo su coppia utile/inutile, facile/difficile, divertente/noioso, in
cui una persona appone delle crocette sui numeri corrispondenti: poi si portano l medie in un grafico di cui otterremo due tracce distinte, uno sul
cellulare e l'altro, ad esempio, sui televisori.
Un ulteriore vantaggio dato al fatto che il ricercatore pu utilizzare scale gi utilizzate in ricerche precedenti e rivelatesi utili per concetti simili a
quelli che si vogliono studiare.
Misure di intensit
Sono state introdotte sulla base dell'analogia con le misurazioni psicofisiche, come ad esempio valutando l'intensit di luminosit di un oggetto nel
qual caso esiste una misura oggettiva dello stimolo; nel passaggio dal contesto degli stimoli psicofisici a quello degli atteggiamenti si perde la
possibilit di ancorare i giudizi che le persone danno in termini di giudizi oggettivi e quindi di poter comparare i giudizi. Thurstone voleva valutare la
seriet dei crimini attraverso una comparazione a coppie in cui scegliere quello ritenuto pi grave a cui seguiva un ordinamento rispetto alla gravit
percepita. Negli anni 60 si notato che la misura di intensit consente una valutazione su scla che riguarda una dimensione unica, una scala di
gravit, non pi di coppia. Oggi questa tecnica viene usata facendo una domanda unica, del tipo "qual il tuo atteggiamento verso gli
smartphone?" a cui possibile rispondere in 5 differenti modi, da molto critico a molto positivo facendo semplicemente una crocetta sulla risposta
desiderata. Vengono chiamate anche misure di intensit con item unico e vengono utilizzate soprattutto nei contesti applicati di ricerca sugli
atteggiamenti, e raramente nella ricerca di base; sono saltuariamente usati per sottoporre a verifica dei modelli o delle teorie del comportamento
pianificato.
Misure indirette
Sono misure che cercano di evitare la consapevolezza della persona e quindi usate raramente perch difficili da usare:
- Misure fisiologiche: Risposta galvanica della pelle (GSR) questo potenziale cambia la trasmissibilit della frequenza, come ad esempio per
misurare l'ansia, e quindi possibile inferirne un'attivazione affettiva. La Dilatazione della pupilla, usata solo in laboratorio per necessit di precisa
strumentazione, viene impiegata nella ricerca di base e talvolta nei contesti applicati, tipo quando si ricerca una valutazione di un atteggiamento
nei confronti di messaggi pubblicitari. In questi contesti possibile registrare la dilatazione della pupilla che indica maggiore attenzione o registrare
la risposta galvanica che indica attivazione emotiva. Il grande vantaggio rappresentato dal fatto di non poter essere controllato dal soggetto e
permetterne direttamente la vera reazione della persona.

- Osservazioni dirette di indicatori di comportamento: si osservano le persone che agiscono, il comportamento in uno spazio (lavoro) e si scrutano
per molti giorni le loro attivit, cercando di fare inferenze dai loro comportamenti. Richiede molto tempo e soprattutto non possibile prevedere
in anticipo le frequenza di comportamento di una persona, quando lo manifesteranno etc.., e quindi una tecnica molto dispendiosa.
- Tracce: una misura usata a volte a livello applicativo, come ad esempio trovare un mozzicone di sigaretta ci induce a pensare l'atteggiamento di
quella persona nei confronti del fumo, o quello che si trova nei rifiuti per inferire indirettamente quali sono i tipi di consumo. Si possono misurare le
frequenze ma rimane una tecnica dispendiosa.
I vantaggi sono quelli di evitare appunto la consapevolezza del soggetto, mentre gli svantaggi derivano proprop dal legame meno diretto tra gli
indicatori e gli atteggiamenti tale per cui necessario un tempo di osservazione che pu risultare anche molto lungo nella ricerca dei segni
dell'atteggiamento che si intende osservare.
Fedelt e validit nella misurazione degli atteggiamenti
Sono caratteristiche essenziali per una buona misurazione psicologica e sono spesso usate nelle ricerche di base e non per quelle applicate. E'
necessario anche ricordare che il punteggio sempre inficiato da errori:
Errori casuali: sono definiti in questo modo poich la ripetizione infinita porterebbero all'annullamento dell'errore stesso; riducono la fedelt
ovvero la stabilit dei punteggi in successive misurazioni poich i molto errori potrebbero dar luogo a variazioni molto elevate;
Errori sistematici: sono errori che non si annullano e che riducono la validit, cio la sicurezza che lo strumento misuri proprio ci che intende
misurare, ad esempio misurare in maniera lo stile di risposta e non l'atteggiamento ricercato.
Fedelt della misura: il metodo tipico quello della ripetizione della misura e della successiva correlazione tra due serie di punteggi, che se trascritti
in un piano cartesiano corrisponderebbero al punto di incrocio tra le ascisse e le ordinate, cio il valore della prima misurazione e quello della
seconda. Si parla di una buona correlazione quando a punteggi alti nella prima misurazione ne corrispondono alti anche nella seconda; pu essere
rappresentata da una retta (di regressione). Una buona ripetitivit quindi anche una buona fedelt. Si usano in genere varie tecniche:
- test-retest o metodo della somministrazione ripetuta: metodo di non facile applicazione; possibile avere una distribuzione non correlata, per
ragioni non imputabili allo strumento, ma perch le misure psicologiche non sono come quelle fisiche e inoltre l'atteggiamento pu essere
cambiato. In questo caso si verifica la ripetibilit.
- Metodo delle forme parallele: vengono costruite due forme dello stesso strumento con caratteristiche psicometriche simili, da sottoporre alle
persone nella medesima situazione per osservarne la relazione; se elevata allora lo strumento ha una buona fedelt. In questo caso i verifica
l'omogeneit. La difficolt legata alla costruzione di due strumenti paralleli.
- Divisione a met o half-split: Invece di costruire due strumenti simili si divide a met l'unica scala costruita mettendo gli item pari in una met e
quelli dispari nell'altra met. Si calcola il coefficiente di correlazione e se si presenta elevato allora esiste una buona fedelt. In questo caso si
verifica l'unidimensionalit.
Validit della misurazione
Il problema capire se le differenze ottenute derivino effettivamente dalla caratteristiche ch si vuole studiare.
- Le fonti di invalidit legate all'attore, cio alla persona che risponde al questionario, sono:
la consapevolezza dell'attore di essere osservato, che potrebbe produrre reazioni non in termini del vero atteggiamento quanto piuttosto di una
identit che si vuole proiettare, oppure alla modificazione di ci che viene misurato, per esempio nel re-test l'atteggiemento potrebbe essere
modificato per effetto della prima misura, oppure ancora alla tendenza nel rispondere in modo sistematico, cio ci possono essere delle persone
che si collocano sempre in una posizione di neutralit e di incertezza, oppure tendono a dare risposte esterne.
- Le fonti di invalidit legate al ricercatore, cio legato al numero delle persone deputate alla raccolta dei dati (differenze tra operatori per
esempio), oppure il ricercatore pu cambiare, come strumento di misura, cio porre il questionario in modo diverso in fasi diverse, il che potrebbe
influenzare le risposte e dar luogo a punteggi edulcorati.
Verifica della validit
- validit di contenuto: si basa sul giudizio di altri per avere delle conferme;
- validit concorrente: confronto dello strumento con uno preesistente di validit nota. Sorgono due problemi: il primo che poso economico
costruire un'altra scala se ne esiste gi una, e il secondo che se la scala vecchia potrebbe non essere pi adatta alla situazione contemporanea;
- validit predittiva: i punteggi della scala vengono relazionati con un criterio, ad esempio un comportamento prevedibile sulla base
dell'atteggiamento in cui viene misurato lo stesso nell'acquisto di un prodotto a cui segue, dopo una settimana, una telefonata per verificarne
l'acquisto o meno. Comunemente usato per la misura della validit;
- validit concettuale: vengono sottoposte a verifica delle ipotesi che derivano dalla teoria di riferimento (detta anche tecnica del contrasto tra
gruppi contrapposti); verifica la validit concettuale che viene confermata man mano che si va avanti nell'utilizzo dello strumento nelle successive
ricerche.

INFLUENZA SOCIALE
Nail e le 4 aree
Nail nel 1986 ha indicato le tipiche situazioni dell'influenza sociale grazie a una sistematizzazione che rendeva conto di esperimenti sul
conformismo. Secondo questo autore esiste un conformismo privato quando una persona si adegua alla maggioranza in modo privato, e un
conformismo pubblico che altro non quello che una persona dice nelle situazioni di gruppo. Egli richiamava l'attenzione sul fatto che i partecipanti
potessero aderire a 4 aree ben precise: conversione (conformarsi sia pubblicamente che privatamente), acquiescenza (conformarsi pubblicamente
ma non privatamente), anti-acquiescenza (conformarsi privatamente ma non pubblicamente) e indipendenza (nessuna conformazione). A parere
suo sia il successo che l'insuccesso potevano assumere vari significati: il successo pu avvenire ad esempio tramite il cambiamento di una opinione
(conversione) o da una acquiescenza opportunistica, mentre l'insuccesso potrebbe derivare sia da una vera indipendenza del soggetto che mantiene
le sue personali convinzioni, oppure da una forma di reattanza dove il soggetto non manifesta un cambio di opinioni avvenuto privatamente.
Sherif e la formazione delle norme di gruppo (effetto autocinetico)
Muzafer Sherif, considerato uno dei fondatori della psicologia sociale, studi la formazione spontanea di quelle norme verso le quali le persone si
attengono, anche nel caso in cui il gruppo viene sciolto. Condusse degli esperimenti classici legati al paradigma autocinetico sulla percezione di uno
stimolo ambiguo. Un soggetto veniva posto in una stanza oscura con un punto luminoso fermo che per effetto cinetico dopo qualche attimo
appariva in movimento fino a sparire; veniva chiesto di stimarne lo spostamento, la cui misurazione si assestava solo dopo aver eseguito varie
esposizioni. 2/3 giorni dopo l'esperimento veniva ripetuto per in compagnia di altre due persone complici la cui stima era volutamente errata, il
che portava in confusione il soggetto. Dopo varie ripetizioni il soggetto (cos come altri) cambi la propria stima per conformarsi a quella degli altri,
evidenziando una tipica norma di gruppo, che permaneva anche quando il soggetto veniva sottoposto di nuovo alla prova. Sherif arriv alla
conclusione che il risultato non dipendeva da una tendenza a compiacere gli altri, ma a una convergenza di opinioni, e che il giudizio veniva usato
come fonte di informazione in situazione di stimoli ambigui. Sherif mostr come il contatto con gli altri possa influenzare la percezione dei soggetti,
sulla loro suggestionabilit, creando una sorta di norma percettiva. Gli studi di Rohrer hanno confermato che i soggetti interiorizzano tali norme e
usarle nei propri giudizi individuali a tal punto che dopo una anno erano ancora vigenti.
Usando lo stesso paradigma di ricerca Jacobs e Campbell studiarono il processo di trasmissione delle norme e delle false credenze all'interno dei
gruppi; ogni ripetizione di prova prevedeva l'ingresso di un "nuovo" membro che sostituiva quello pi "anziano": in una prima prova un complice
forniva una stima gonfiata della distanza che il puntino percorreva per poi andarsene, poi in una seconda prova veniva sostituito con il vero
soggetto sperimentale che veniva, a sua volta, sostituito da altri soggetti. La stima iniziale gonfiata persisteva anche nelle rilevazioni dei veri soggetti
per cinque generazioni di partecipanti.
Questi risultati mostrano chiaramente che in situazioni di incertezza, di difficolt interpretativa ci lasciamo influenzare dagli altri, soprattutto se
questi si mostrano sicuri di loro stessi e che l'influenza permane anche in assenza di quelle persone che ci hanno influenzato.
Nella vita quotidiana gli effetti della suggestionabilit possono anche essere divertenti, come quando una persona sbadiglia e gli altri fanno lo
stesso. Totterdell e colleghi hanno asserito che essere circondati da persone felici, appunto per questo motivo, pu aiutare ad essere pi felici,
chiamando il fenomeno "legami di stati d'animo" e dove gli amici funzionano come un sistema sociale. Anche Chartrand e Bargh nell'effetto da loro
chiamato "effetto camaleonte" descrivono un comportamento involontario e automatico che si attiva per potersi "sincronizzare" su un
comportamento, come dondolare un piede in seguito allo stesso gesto eseguito da uno sperimentatore. Gli esperimenti dell'Olandese van Baaren
ha mostrato che seguire gli altri in una sorta di imitazione ci far diventare pi simpatici e degni di essere aiutati. Risultato per drammatici furono
rilevati da Phillips che conferm il comportamento suicidiario imitativo di quello che chiamo "l'effetto Werther", riferendosi al protagonista de "I
dolori del giovane Werther" di von Goethe.
Solomon Asch e l'influenza della maggioranza
Asch, i cui esprimenti sull'influenza della maggioranza costituiscono una vera pietra miliare, studi quali erano le condizioni che inducevano gli
individui a rimanere indipendenti o a cedere alle pressioni delle opinioni un gruppo, anche quando queste andavano in senso contrario ai fatti e
all'evidenza percettiva. In questa direzione cre una situazione di influenza sociale percettiva non ambigua (al contrario di Sherif) in modo tale che i
partecipanti non potessero avere alcun dubbio rispetto alla risposta giusta da dare. Il soggetto si sedeva attorno al tavolo dove c'erano gi 6-8
complici dello sperimentatore e veniva loro mostrato un cartone prima con una linea standard e in seguito un secondo cartone con tre linee di
differenti lunghezze, in cui i soggetti dovevano individuarne quella corrispondente. Dopo un paio di ripetizioni "normali" e aver collocato il soggetto
ingenuo a rispondere solo dopo i complici, questi cominciavano a rispondere in maniera palesemente errata ma concorde. Il risultato, senza il
concorso di premi o punizioni, fu che i soggetti spostavano il loro proprio giudizio in accordo con quello della maggioranza (37% risposte conformate
e il 76% almeno una volta si conform alla pressione del gruppo), mentre il gruppo di controllo (cio senza compici) davano risposte corrette al 99%.
Ripetendo l'esperimento spariva l'influenza e non vi era interiorizzazione.
Secondo Asch tutti i soggetti erano esposti a vari aspetti importanti: dovevano esprimere pubblicamente il loro giudizio percettivo (il compito era
chiaro), fino a che si trovava d'accordo con la maggioranza era sicuro delle sua valutazioni (conferma del gruppo) ma quando il gruppo formulava
giudizi opposti il soggetto si trovava esposto sia a una chiara evidenza percettiva che alla forza della risposta della maggioranza unanime, la
situazione era chiusa e non permetteva riferimenti esterni (ricorso alla esperienza) e infine il soggetto obbligato a prendere una decisione e dare
pubblica risposta.
Asch inoltre riconobbe alcune fasi della situazione dilemmatica: in primo luogo c'era la percezione di una difficolt resa evidente dal fatto che tutti si
rendevano conto della contraddizione tra la propria risposta e quella congiunta degli altri (tratta dal fatto che un giudizio percettivo su una
questione di fatto, che esiste una unica risposta esatta, che ognuno ha il medesimo obiettivo e la decisione unanime del gruppo deriva da posizioni
indipendenti tra i vari elementi che lo compongono). In secondo luogo si costituiva uno sforzo per ristabilire un equilibrio poich i partecipanti si
sentono confusi e perplessi; con il passare della prove il soggetto tende a localizzare la difficolt in se stesso per giustificare il proprio giudizio. Poi i
soggetti fanno dei tentativi per giungere a una soluzione formulando spiegazioni ipotetiche, e lo stato d'animo li spinge a concentrarsi sull'oggetto
del giudizio chiedendo di rivedere, ad esempio, i cartoni. Con il persistere del conflitto subentra il dubbio delle proprie capacit percettive anche tra
i soggetti pi indipendenti (in questa fase si rendono esplicite le differenze individuali e i pi indipendenti che cercano a fatica a riaffermare il
proprio giudizio) e infine il disagio si manifesta con forza il desiderio di essere d'accordo con la maggioranza e quindi non percepirsi strani e assurdi
di fronte a loro.
Asch defin due tipi di indipendenza: L'indipendenza con fiducia cui appartengono i soggetti che mostrano con il loro comportamento una grande
convinzione nonostante vivano il disagio della situazione, e l'indipendenza senza fiducia cui appartengono i soggetti che sono disposti a seppellire i
loro giudizi per accodarsi a quelli della maggioranza ritenendo necessario essere sinceri per rispetto dell'esperimento.
Asch deline anche una tipologia della sottomissione (oggi definito conformismo alla maggioranza) in tre forme: sottomissione dovute a
deformazione della percezione in cui i soggetti sono scarsamente consapevoli della pressione della maggioranza e dichiarano d'aver risposto
sinceramente secondo quanto vedevano; : sottomissione dovute a deformazione del giudizio in cui i soggetti si attribuiscono la divergenza di
giudizio a un proprio errore e quindi non si sentono obbligati ad essere sinceri per essere fedeli al compito assegnato; : sottomissione dovute a
deformazione dinamica in cui troviamo quei soggetti che non si pongono il problema della sincerit ma piuttosto da quello di non apparire diversi e

quindi non essere esclusi dal gruppo.


Il conformismo si ottiene attraverso un processo di tipo percettivo (alterazione del giudizio) oppure attraverso uno di tipo affettivo ed emozionale.
Kelley nel 1952 fece degli studi rispetti ai gruppi di riferimento, cio quei gruppi verso i quali le persone si conformano e che prendono come
riferimento per valutare se stessi e il mondo. Questi gruppi non devono esclusivamente essere gruppi ai quali le persone appartengono, ma anche i
gruppi ai quali le persone vorrebbero appartenere o essere simili ad essi. Secondo Kelley questi gruppi da una parte svolgono una funziona
normativa ove vengono fissati i criteri, le credenze e i comportamenti appropriati che in caso di adeguamento o meno portano a delle punizioni,
mentre dall'altra svolgono una funzione di confronto sociale, intendendo il fissare punti di riferimento rispetto ai quali le persone possono valutare
sia se stessi che gli altri.
Perch ci si conforma?
Secondo Festinger esiste una costruzione sociale della realt dove noi ci facciamo delle mini teorie sul funzionamento del mondo, il cui scopo
quello di guidarci per fare azioni e di orientarci nel mondo. Quando queste non sono basate sulla realt ci affidiamo all'opinione degli altri per
confermare le nostre credenze. Festinger getta le basi dell'ottica funzionale e riteneva che l'essere conformi porta a tre vantaggi: facilitazione della
comunicazione e il conseguente raggiungimento dello scopo del gruppo, l'evitamento di esperienze di esclusione dal gruppo e quindi la protezione
di s, e la facilitazione del processo di confronto sociale con cui raggiungere una visione corretta della realt.
Deutsch e Gerard nel 1955 propongono, a partire dagli studi sui vantaggi del conformismo di Festinger, una teoria della dipendenza secondo la
quale i membri di un gruppo sono dipendenti l'uno dall'altro sia a livello cognitivo che sociale e dipendono anche dalle norme che il gruppo
medesimo difende. Secondo gli autori le ragioni dell'influenza si ritagliano due differenti aree denominate influenza normativa e influenza
informativa che nella vita reale spesso si presentano insieme. L'influenza normativa significa adeguarsi alla massa da una parte per il desiderio di
ottenere conseguenze positive (approvazione ed accettazione sociale), e dall'altra per evitare conseguenze negative (come la derisione,
l'isolamento e l'esclusione). Di conseguenza le risposte della persona diventano conformi alle aspettative e alle attese dei membri del gruppo. Gli
effetti prodotti da questa influenza sono cambiamenti finalizzati ad evitare il conflitto, una sorta di acquiescenza conformistica. Si ritiene che possa
spiegare gli studi di Asch. L'influenza informativa induce le persone ad accettare nel loro privato l'influenza degli altri poich vengono utilizzati i
giudizi delle altre persone per avere delle fonti veritiere di informazioni e prove della realt, spesso determinate da situazioni ambigue. Questa
influenza produrrebbe cambiamenti genuini e duraturi nella convinzioni delle persone. SI finisce per produrre una risposta sviluppando una sorta di
norma percettiva del gruppo.
In generale le persone sono inconsapevoli dell'influenza informativa sociale e non ne sentono la pressione, mentre invece sarebbero consapevoli di
subire pressioni e esperire conflitti nel caso di influenza normativa.
Secondo i due autori una volta resa pubblica una propria dichiarazione, la persona vi aderisce. Nessuno negli esperimenti svolti in questa ottica, ha
mostrato che quando un soggetto esprime in pubblico un giudizio e dopo aver sentito che gli altri hanno un parere contrario, non riconsiderano il
loro verdetto. Al massimo il giudizio cambier in una successiva situazione. E' difficile tornare indietro dopo aver messo la faccia e aver preso una
posizione.
Una nuova interpretazione degli anni 90 per voce di Turner, mette l'accento sull'importanza dell'identit sociale e dell'appartenenza al gruppo (i
partecipati vestivano i pensieri e le norme del gruppo), mentre secondo un esperimento condotto da Abraham su due gruppi universitari di
differenti facolt, l'opinione del gruppo pi numeroso prevaleva sull'altro.
Fattori di influenza che favoriscono il conformismo
Asch ha realizzati molti esperimenti con lo scopo di individuare quali fattori concorrono nel favorire il conformismo nei confronti della maggioranza.
Un primo fattore dato dalla Numerosit della maggioranza stessa, dove i risultati indicano che la massima influenza la si ottiene con 3-4 persone
e si mantiene costante con incrementi successivi numerici. Le dimensioni del gruppo sono importanti nelle situazioni in cui viene valutata una realt
sociale chiara e questo in stretta relazione con una influenza di tipo normativo generata dal prevalere della maggioranza chiara. Un secondo
fattore dato dall'Unanimit del gruppo, dove stato dimostrato che se all'interno della maggioranza viene fornita anche solo una risposta in
contrasto con il gruppo (o in accordo con il soggetto bersaglio), questa abbassa notevolmente l'influenza conformista. Chi rompe l'unanimit del
gruppo, ne sminuisce il potere. Infine stata rilevata l'importanza della Discrepanza tra le risposta individuale e quella della maggioranza; il
conformismo maggiore nei casi di maggior tolleranza nei confronti del soggetto bersaglio e quando la posizione della maggioranza ritenuta pi
credibile; una situazione con una evidenza maggiore dell'errore dei complici i soggetti ingenui non variavano la loro opinione.
Perrin e Spencer hanno ripetuto gli esperimenti di Asch sia in condizioni geografiche differenti, cio in l' Inghilterra, sia utilizzando persone
differenti, come studenti, disoccupati, minoranze etniche e pregiudicati a cui veniva fatto credere che la maggioranza potesse dare loro la libert
vigilata. Dopo aver valutato i risultato i due studiosi arrivarono a delle conclusioni importanti: gli studenti non si conformavano poich "vestivano"
altre regole basate su un clima di anticonformismo, mentre i disoccupati e i pregiudicati (con una media di errori 3,25 rispetto ai 4,4 di Asch) erano
pi malleabili al conformismo a causa della pressione della necessit. Infatti l'interdipendenza economica e il premio (libert) portano verso un
maggior conformismo; anche all'interno di culture il conformismo pi probabile quanto pi la societ possiede una cultura collettivista, in cui le
aspirazioni individuali sono minimizzati rispetto alle regole del gruppo sociale. Anche nel percorso evolutivo di una persona ci sono momenti in cui si
pi conformisti che in altri periodi, come nell'et dei 11-13 anni dove in effetti il gruppo molto importante.
Milgram e gli esprimenti sull'obbedienza
Gli studi di Milgram, prendendo spunto da Asch, sono esperimenti sul conformismo in cui importante la fonte, e testano il potere che deriva da
una autorit legittima e quello che succede quando questa pone richieste che entrano in collisione con la coscienza di chi le riceve. L'autore parte
dai fatti tragici della seconda guerra mondiale e di come le persone non militari avessero eseguito compiti terribili e condusse 21 versioni differenti
del suo paradigma. L'esperimento di Milgram consisteva nel reclutare,tramite un avviso sul giornale, individui a partecipare a uno studio su
memoria e apprendimento incoraggiato da un piccolo rimborso spese. Convocati individualmente in un elegante laboratorio, i soggetti ingenui
trovavano sia lo sperimentatore che un altro soggetto che in realt era un complice, un mite ragioniere di 47 anni. Il compito richiedeva che uno dei
due avesse il ruolo di insegnante o allievo estraendo un cartoncino da un cappello, ovviamente truccato, in modo tale che il soggetto ingenuo fosse
sempre l' insegnante. L'esperimento consisteva nel leggere una lista di parole associate che l'allievo doveva memorizzare e riconoscere in un
secondo tempo, e all'insegnante quello di punire gli errori (provocati apposta) commessi nell'apprendimento di tale lista trasmettendo una scarica
elettrica di intensit crescente. Ai partecipanti veniva mostrato un finto apparecchio che produceva shock elettrici in cui erano presenti una serie di
interruttori graduati da 15 a 450 volt, a cui erano associate delle etichette che ne riportavano l'intensit. Al soggetto veniva somministrata
l'intensit minima di 15 volt per fargli percepire il realismo della prova, mentre il complice veniva fatto accomodare e legare su una sedia in un'altra
stanza, ai cui polsi venivano messi gli elettrodi. Obiettivo di Milgram era quello di osservare fino a che punto l'insegnante avrebbe continuato a
somministrare le presunte scariche elettriche, anche in presenza della evidente manifestazione del complice di porre fine al dolore che provava.
Man mano che gli errori aumentavano aumentava l'intensit della scossa. L'insegnante sente il complice borbottare nelle scosse che variano da 75 a
105 volt, a gridare di dolore quando arrivano a 120, mentre a 150 sente che il complice urla di voler smettere e di non voler proseguire. Dopo 270
volt si avvertono urla angoscianti mentre dopo la scossa di 330 volt cala il silenzio. Lo sperimentatore incita i partecipanti con affermazioni di
crescente pressione, da "per favore continui" fino a "Lei non ha scelta, deve continuare". Dopo aver interrotto l'esperimento veniva detta la verit.
I risultato furono sorprendenti e allo stesso tempo agghiaccianti: il 65% dei soggetti arriv a somministrare la scossa a 450 volt e obbedirono al

comando di continuare la procedura per due volte. Tuttavia l'obbedienza non fu una passeggiata, anzi fu accompagnata da angoscia, tremori, risate
incontrollate, sudorazioni fino a delle vere crisi convulsive. Tutto questo suscit critiche di natura etica.
Cosa genera l'obbedienza? Milgram e lo studio sull'obbedienza all'autorit
Milgram nel 1963 sostenne che l'obbedienza dei partecipanti dipendesse da varie caratteristiche sperimentali: i soggetti sapevano della rispettabile
finalit dell'esperimento confermato dallo svolgimento in una universit prestigiosa, ne avevano accettato liberamente la scelta di partecipazione,
erano ignari del ruolo non assegnato casualmente e dall'esistenza di un complice, di tenere fede all'impegno preso, di trovarsi in una situazione
ambigua e che fino a 300 volt la vittima sembrava accettare le punizioni.
Milgram arriv ad attribuire l'aumento o alla diminuzione all'obbedienza a 4 fattori generativi che ne favorivano l'insorgenza aumentandone o
abbassandone la percentuale.
Prestigio. Cambiando universit da Yale a Bridgeport, e quindi abbassandone il prestigio, stata riscontrata una leggera flessione dell'obbedienza
(dal 65 al 48%), mentre sostituendo lo sperimentatore la riduzione era pi vistosa (circa il 20%) il che permette di dire che il prestigio della persone
pi rilevante del luogo.
La prossimit della vittima. In una serie di esperimenti veniva variato il livello di salienza della vittima in 4 condizioni sperimentali: la prima
condizione detta "vittima remota" e corrisponde al fatto che la vittima in un'altra stanza rispetto al partecipante e manifesta il suo dolore
attorno ai 300 volt; la seconda denominata "reazioni vocali di protesta" prevede che la vittima invii, anche con registrazioni, sequenze vocali di
dolore crescenti in relazione con le scariche elettriche; la terza detto di "prossimit" prevede che la vittima e il partecipante siano nella stessa stanza
seduti vicini; la quarta, la "prossimit di contatto" prevede che per essere punita la vittima metta la mano su una piastra metallica che trasmette la
scossa: quando la vittima si rifiuta di proseguire, il partecipante prende la mano della vittima e la rimette con forza sulla piastra. I risultato furono
che nel primo caso la percentuale del 65, nel secondo circa 62, mentre nella terza 40 e il contatto fisico si abbassa fino al 3o%. La riduzione data
dalla salienza e dalla prossimit.
Prossimit dello sperimentatore. La percentuale di obbedienza sembra influenzata dal posizionamento fisico dello sperimentatore: se non si trova
nella stanza ma per esempio impartisce ordini al telefono, la percentuale di obbedienza si riduce di poco pi del 20%. Tuttavia necessario che lo
sperimentatore sia valutato come un'autorit legittima, confermata dalle sperimentazioni sugli infermieri di Hofling (eseguivano gli ordini del
medico anche se detti al telefono, ma non quelli diretti di un sostituto per una esagerata somministrazione di farmaci), o dal "dolore rettale
dell'orecchio" di Cohen e Davis.
Struttura della situazione di influenza sociale. Grazie una serie di esperimenti che ricalcavano il paradigma dove per era prevista la figura di ben
tre insegnanti (di cui due complici) si sono analizzati importanti effetti sul'obbedienza: quando i presunti partecipanti si ribellavano, o si era in
presenza di dissidenti, la percentuale di obbedienza arrivava attorno al 10, confermando quindi anche gli studi di Asch sulla pressione della
maggioranza. La presenza, quindi, di un sostegno sociale permette di resistere alla pressione della maggioranza nel caso di Asch e a quella
dell'autorit nel caso di Milgram.
Secondo Milgram nelle relazioni gerarchiche esiste una forte potenzialit di obbedienza rilevata in termini di status inferiore che viene percepita
come un annullamento della responsabilit personale per la propria condotta, in quella che viene definita stato di agente, in cui chi si sente
inferiore si mette nelle mani del superiore percependosi come un oggetto all'interno di una struttura gerarchica che per avverte come legittima. In
questo senso Hamilton ha parlato di responsabilit di ruolo, intendendo che l'attribuzione della responsabilit avviene sulle aspettative relative al
ruolo dell'attore. Occupare ruoli subalterni significa orientarsi in modo prevalente verso l'obbedienza e di conseguenza la non attribuzione di
responsabilit personale. Questa sorta di giustificazione stata spesso invocata come paravento da parte delle persone accusate di atroci delitti o
gravi crimini di guerra.
Alcuni studi sulle sperimentazioni di Milgram suggeriscono che i soggetti ingenui obbediscono, rispetto a quelli che invece non lo fanno, per tre
motivi principali: sono persone caratterizzate da un pi elevato autoritarismo con sottomissione acritica rispetto alle autorit morali del gruppo,
tendono ad avere una maggiore fiducia interpersonale che le porta a fidarsi dello sperimentatore, e tendono ad avere un locus of control esterno.
Milgram e gli esperimenti sull'obbedienza riassunto
Prendendo spunto da Asch, Milgram condusse degli esperimenti sul conformismo in condizioni di ambiguit, in cui testare il potere che esercita
un'autorit legittima quando pone delle richieste che entrano in collisione con la coscienza di chi le riceve. L'esperimento consisteva nel reclutare
individualmente dei soggetti a partecipare a uno studio su memoria e apprendimento incoraggiato da un piccolo rimborso spese. I soggetti si
trovavano in una stanza con lo sperimentatore e un altro soggetto (complice). L'estrazione del ruolo di insegnante o allievo sembrava avvenisse a
caso, mentre in realt era truccato in modo tale che toccasse sempre al soggetto fare l'insegnante. Veniva mostrato un apparecchio che produceva
finti shock elettrici in cui erano presenti una serie di interruttori da 15 a 450 volt, e a ogni soggetto veniva somministrata una leggera scossa di 15
volt per accrescerne il realismo, mentre il complice veniva legato su una sedia in un'altra stanza. Obiettivo di Milgram era quello di osservare fino a
che punto il soggetto avrebbe continuato a somministrare le presunte scariche elettriche, anche in presenza di manifestazioni di dolore del
complice. Man mano che gli errori aumentavano aumentava l'intensit della scossa da 15 fino ad arrivare ai 450 volt mentre l'insegnante sentiva il
complice borbottare, gridare e urlare di dolore, mentre dopo i 330 volt calava il silenzio. Lo sperimentatore incitava i partecipanti con affermazioni
di crescente pressione, come ad esempio "Lei non ha scelta, deve continuare". I risultato furono sorprendenti e allo stesso tempo agghiaccianti: il
65% dei soggetti arriv a somministrare la scossa a 450 volt obbedendo al comando di continuare la procedura per due volte. La stessa
l'obbedienza non fu una passeggiata, ma fu accompagnata da angoscia, tremori, risate incontrollate, sudorazioni fino a delle vere crisi convulsive.
Milgram sostenne che l'obbedienza dipendesse da varie caratteristiche sperimentali: i soggetti avevano partecipato liberamente, erano ignari del
finto ruolo e dall'esistenza di un complice, dovevano tenere fede all'impegno preso, si trovavano in una situazione ambigua. Milgram arriv ad
attribuire l'aumento o alla diminuzione all'obbedienza a 4 fattori generativi: il prestigio, sia dell'universit che soprattutto dello sperimentatore, la
salienza della prossimit della vittima che poteva portare a un crollo delle percentuali, la Prossimit fisica dello sperimentatore se valutato come
un'autorit legittima (confermato dagli esperimenti sugli infermieri di Hofling, o sul dolore dell'orecchio di Cohen e Davis), e dalla struttura della
situazione di influenza sociale, dove la sola presenza di dissidenti faceva crollare la percentuale di obbedienza (come diceva Asch sulla pressione
della maggioranza).
In questo senso Hamilton ha parlato di responsabilit di ruolo, intendendo che l'attribuzione della responsabilit avviene sulle aspettative relative al
ruolo dell'attore. Occupare ruoli subalterni significa orientarsi in modo prevalente verso l'obbedienza e di conseguenza la non attribuzione di
responsabilit personale. Questa sorta di giustificazione stata spesso invocata come paravento da parte delle persone accusate di atroci delitti o
gravi crimini di guerra.
Alcuni studi sulle sperimentazioni di Milgram suggeriscono che i soggetti ingenui obbediscono per tre motivi principali: sono caratterizzati da un pi
elevato autoritarismo con sottomissione acritica rispetto alle autorit morali del gruppo, tendono ad avere una maggiore fiducia interpersonale che
le porta a fidarsi dello sperimentatore, e tendono ad avere un locus of control esterno.
Secondo Milton Rockeach gli individui hanno differenti approcci nei confronti dell'autorit: schematicamente, ci sono persone che riconoscono
l'autorit in modo critico e aperto considerandola come relativa a partire da una convinzione razionale, mentre altre che la riconoscono in modo

chiuso e acritico, identificandola come una cosa assoluta, data una volta per tutte sulla base di considerazioni emotive e irrazionali. Questo secondo
modo, per l'autore, caratteristico degli individui che hanno una mentalit chiusa o dogmatica.
Gunter Bierbrauer nel 1979 cerc di eliminare la sottostima derivante dell'errore fondamentale di attribuzione, cio la tendenza a interpretare le
azioni altrui come espressioni delle loro disposizioni piuttosto che originati dalla situazione in cui sono, secondo cui si presume che le persone
cattive facciano cose cattive e quelle buone azioni buone chiedendo di rivisitare, ad alcuni studenti, una vivida ricostruzione dell'esperimento di
Milgram o di rivestire il ruolo dell'insegnante obbediente. L'autore concluse che la maggior parte delle persone continua a credere che le qualit
interne rivelino la persona: quindi le persone buone si comportano bene e quelle cattive, di conseguenza, male.
La reazione nei confronti di membri devianti
Comportamento nei confronti di membri che non si conformano
Schacter partendo dalla prospettiva funzionalista sostenuta da Festinger, ipotizzava che i membri della maggioranza avrebbero tentato sia di
ricondurre i soggetti devianti a conformarsi, sia a manifestare atteggiamenti di ostilit e rifiuto nei loro confronti. L'esperimento di Shacter
consisteva nel riunite persone estranee in gruppi di 8-10 persone e farle discutere di una caso di delinquenza minorile nell'arco di 45 e di arrivare a
una conclusione rispetto al trattamento sia benevolo che duro, da sottoporre al delinquente chiamato Johnny Rocco. Prevedendo un atteggiamento
piuttosto benevolo, l'autore inser in ogni gruppo tre collaboratori che assumevano tre ruoli ben definiti che dovevano reggere per tutta la
discussione: il primo era il membro deviante il cui ruolo sosteneva la necessit del massimo della pena, il secondo era il membro volubile che
iniziava sostenendo la massima punizione fino a spostarsi alla posizione della maggioranza, e infine il membro modale che assumeva sempre la
posizione della maggioranza. I risultati conclusero che nei primi 35 minuti l'attenzione del gruppo era concentrata sul membro deviante per poi
essere ignorato negli ultimi 10 minuti. Inoltre quando l'autore chiede a ciascuno del gruppo chi volevano che rimanesse nel gruppo il soggetto
deviante ottenne il massimo del rifiuto. Secondo recenti studi il rifiuto o l'esclusione sono pi probabili quando i soggetti devianti sono al massimo
2.
Il rifiuto sociale la manifestazione pi estrema e pi forte dell'influenza normativa della maggioranza. Questo fa si che la paura del rifiuto possa
spingere gli adolescenti ad adottare condotte per loro a rischio che il gruppo assume e che considera come normali e positivi: maggiore
l'importanza che riveste il gruppo e maggiore sar il timore del rifiuto e di conseguenza maggiore sar anche la tendenza a conformarsi.
Fattori che influenzano (predicono o favoriscono) il conformismo
Tra le caratteristiche che influenzano il conformismo possiamo individuare tre categorie di fattori: situazionali, culturali e personali.
Situazionali
Un primo fattore dato dalla numerosit della maggioranza che esercita l'influenza: i risultati indicano che la massima percentuale di risposte di
influenza la si ottiene con 3-4 persone e si mantiene costante con incrementi successivi numerici. Le dimensioni del gruppo sono importanti nelle
situazioni in cui viene valutata una realt sociale chiara. A titolo di esempio si possono ricordare gli esperimenti del 1969 di Milgram a New York
dove il fatto di convincere a guardare in alto i passanti di una strada rimaneva ininfluente se a farlo erano 5 persone o pi. Latan rilev nel 1981
che l'influenza sociale esercitata dalle persone dipende dal numero delle stesse (teoria dell'impatto sociale) oltre che dalla forza e della vicinanza.
Wilder ha invece evidenziato come l'accordo di piccoli gruppi indipendenti rende una certa posizione pi credibile.
Un secondo fattore dato dall'Unanimit del gruppo, dove stato dimostrato che se all'interno della maggioranza viene fornita anche solo una
risposta in contrasto con il gruppo (o in accordo con il soggetto bersaglio), questa abbassa notevolmente l'influenza conformista. Chi rompe
l'unanimit del gruppo, ne sminuisce il potere. La ridotta unanimit della maggioranza riduce anche l'influenza normativa poich il soggetto non
percependosi pi da solo, avverte meno la pressione delle possibili reazioni negative del gruppo. E' pi facile opporsi a qualcosa se si riesce a
trovare qualcuno che si oppone con noi.
Un terzo fattore la coesione del gruppo, dove pi esso stesso coeso e pi ha potere sui suoi membri, vale a dire pi le persone si sentono
attratte dal proprio gruppo pi sono soggette alla loro influenza: una elevata coesione corrisponde a un pi probabile conformismo. La relazione tra
coesione e conformismo si fonda sul fatto che le persone accettano pi facilmente da una parte l'influenza delle persone che piacciono a loro, e
dall'altra che tutti tendiamo ad esercitare pressione proprio su quelle persone che ci piacciono per condividere opinioni e giudizi. Le persone
tendono ad allineare le proprie opinioni con quelle simili a loro. Temendo di essere rifiutati dagli altri membri di un gruppo di cui si prova simpatia,
oltre a non cercare di essere in disaccordo, viene anche pi facile accordare al gruppo un certo potere.
Un quarto fattore dato dalla rilevanza dell'argomento: nella situazione di vita quotidiana i membri di un gruppo discutono tra di loro vari
argomenti, e quanto pi importante e saliente un certo oggetto di conflitto, pi facile aspettarsi, come indicava Schacter, la pressione che la
maggioranza metter nei confronti del membro deviante.
Un quinto fattore dovuto al prestigio della maggioranza, cio le persone di status pi elevato tendono ad avere un impatto maggiore. Milgram
affermava che le persone di basso status accettavano pi prontamente gli ordini dello sperimentatore. L'insieme delle qualificazioni che possiede
una maggioranza (pi o meno esperti in un settore ad esempio) influenza l'efficacia della propria influenza.
Infine il sesto fattore deriva da quanto i soggetti sono soggetti di fronte alla pressione della maggioranza, a fornire una risposta pubblica o privata.
Il conformismo viene misurato proprio in base alla frequenza di tale risposta: difatti le persone tendono a conformarsi di pi quando devono esporsi
nel rispondere di fronte agli altri del gruppo, piuttosto che nel dare risposte private. Studi confermano che dare una risposta privata riduce
drasticamente la percentuale di risposte conformiste. Quando gli insegnasti chiedono pareri discordanti, decisamente pi facile dare risposte in
forma anonima piuttosto che alzare la mano per chiedere la parola.
Culturali
Il contesto culturale pu favorire, o meno, il conformismo nei confronti della maggioranza. Le differenze culturali tra norvegesi e francesi si
mostrarono coerenti agli occhi di Milgram in termini di cedimento di fronte alla pressione dalla maggioranza; difatti i suoi studi evidenziarono che le
tradizioni culturali di maggior apertura critica dei transalpini oscillavano tra il 34 e il 59%, mentre quelli pi conservatori degli scandinavi andavano
da 50 al 70%. Anche Bond e Smith hanno confermato che i valori culturali influenzano il conformismo, evidenziando come nelle culture collettiviste,
come la Cina, rispetto a quelle pi individualiste (come gli Stati Uniti) le persone tendono a cedere pi facilmente alla pressione della maggioranza.
Questo anche perch spesso nelle culture collettiviste il conformismo non viene valutato come qualcosa di negativo, ma anzi come segno di
tolleranza, autocontrollo e maturit. Ovviamente le culture possono cambiare, soprattutto tra epoche e periodi storici differenti, trascinando con
loro anche il fenomeno del conformismo.
Personali
Le persone sono diverse l'una dall'altra e quindi naturale attendersi che possano reagire diversamente a situazioni di influenza sociale. Esistono
delle variabili in grado di influenzare la tendenza a conformarsi:
Autoconsapevolezza privata e pubblica. Essere prevalentemente consapevoli degli aspetti privati della nostra immagine, cio la personale
consapevolezza privata, significa essere maggiormente attratti da quelli che sono gli standard personali, mentre se la nostra attenzione pi legata
agli aspetti della nostra immagine pubblica, cio consapevolezza pubblica, saremo pi preoccupati della valutazione degli altri e tenderemo ad
essere anche pi influenzati da standard sociali di comportamento. Una elevata autoconsapevolezza privata produrr una minore tendenza al

conformismo che una elevata pubblica.


Esigenza di autopresentazione. Un comportamento indipendente spesso fonte di preoccupazione per la maggioranza e l'individuo deve sempre
valutarne i rischi. La scelta di cedere alla pressione della maggioranza pi facile sia quando gli altri non sono presenti, che quando una tale
condotta potrebbe essere interpretata come intelligenza ed apertura mentale. Al contrario, ci sono pi resistenze quando sono presenti altre
persone della maggioranza, e quando l'atteggiamento della stessa maggioranza suggerisce che il cedimento verrebbe interpretato come una
debolezza o una resa.
Bisogno di individuazione.L'essere in disaccordo con gli altri pu soddisfare il bisogno di avere una identit unica. Snyder e Fromkin pensavano che
le persone si sentissero meglio nel percepirsi moderatamente uniche e volevano vedere come esse stesse agiscono per affermare la propria unicit:
in tal senso, in un esperimento del 1980 crearono le condizioni di accentuato o ridotto bisogno di accettazione, e divisero i soggetti in due parti: a
una met veniva detto che su dieci temi rilevanti, gli atteggiamenti erano simili a quello di altri diecimila studenti, mentre all'altra met si diceva
invece che erano diversi dagli altri studenti. I risultati, ottenuti dopo aver affrontato un successivo esperimento sul conformismo, confermarono che
coloro che erano indotti a credere di avere degli atteggiamenti simili alle altre migliaia di studenti (alto bisogno di accettazione) si conformavano in
maniera significativamente minore rispetto all'altra met dei partecipanti che erano indotti a credere di avere atteggiamenti diversi (basso bisogno
di accettazione). Coloro che erano stati deprivati del loro senso di unicit erano quindi quelli che con maggiore probabilit facevano valere la loro
individualit non conformandosi.
Desiderio di controllo. Secondo la teoria della reattanza i soggetti quando sentono minata la loro libert sperimentano uno stato di attivazione
motivazionale tale per cui si verifica una spinta per tentare di ristabilire la libert minacciata. Questo desiderio di controllo sulle proprie scelte pu
avere diverse intensit, come afferma Burger, e influenzarne la tendenza o meno alla sottomissione rispetto alla pressione della maggioranza: pi
forte il bisogno di controllo personale tanto minore sar il conformismo.
Secondo degli studi quando pi la consistenza, l'autonomia e indipendenza, e la flessibili sono salienti, pi probabile che la minoranza influenzi la
maggioranza. Le ricerche si sono focalizzate prevalentemente sull'efficacia della consistenza.
La maggioranza dovrebbe indurre a una comparazione tra i proprio giudizio con quello della minoranza, il cui confronto spinge ad osservare le
conseguenze del conflitto (disagio, paura) e a generare un acquiescenza pubblica. La minoranza invece metterebbero il fuoco attentivo nella ricerca
di informazioni che possono confermare la validit della tesi della maggioranza, e quando questo accade, l'effetto della minoranza sarebbe una
effettiva conversione. Il comportamento della minoranza da un punto di vista diacronico (che si sviluppa lungo il tempo) deve essere sia ripetuto in
modo sistematico che non contraddittorio, mentre da un punto di vista sincronico (che avviene nello stesso tempo) deve essere compatta
nell'espressione della propria posizione.
Teoria dell'impatto sociale di Bibb Latan
Latan attraverso i suoi esperimenti arriv a formulare nel 1981 la Teoria dell'impatto sociale, secondo la quale l'influenza sociale esercitata dalle
persone dipende dal numero stesso delle persone stesse, oltre che dalla loro forza e dalla vicinanza al bersaglio dell'influenza. Latan intendeva che
l'entit dell'influenza che le persone esercitano in una determinata situazione pu essere stimata in modo analogo a quella di un impatto fisico.
Secondo questo autore la probabilit con cui rispondiamo alla pressione sociale proviene dagli altri ed esprimibile in una formula che dice I = N x F
x V, dove N il numero di persone, F la forza ovvero il grado di importanza che attribuiamo al gruppo, e V la vicinanza al target, cio il grado di
vicinanza del gruppo nel tempo e nello spazio intesa sia fisicamente (le persone se presenti possono influenzarci maggiormente di quelle assenti) e
psicologicamente (siamo pi facilmente influenzabili dall'ingroup, cio gruppi ai quali apparteniamo o a cui facciamo riferimento, piuttosto che
dall'outgroup, cio da persone che non appartengono al nostro stesso gruppo) durante il tentativo di influenza. Secondo questa teoria il
conformismo sar tanto pi presente quanto pi aumentano sia la forza che l'immediatezza. La relazione tra il numero delle fonti di influenza ed
entit dell'impatto positiva, ma non lineare poich, come gi Asch aveva notato, l'impatto di una maggioranza di 4-5 persone non differisce in
maniera significativa con l'aumentare del numero (tipo 6-8 persone) ma tende a stabilizzarsi. La forza delle fonti maggiore quando lo status
elevato, la fonte pi esperta e quando possiede pi potere. Questa teoria conferma anche la teoria dell'equilibrio poich noi tendiamo ad essere
pi influenzabili da persone che fanno parte del nostro gruppo e che come conseguenza valutiamo positivamente, oppure quando facciamo parte di
un gruppo che non il nostro ma di cui ne vorremmo fare parte. In termini di previsione dell'impatto, l'influenza della maggioranza e quella della
minoranza sono prevedibili sulla base della stessa variabile, cio proprio sul numero delle persone che esercitano l'influenza.
La polarizzazione dei gruppi
In una discussione di gruppo difficile pensare che tutti i membri possano avere la medesima opinione: quando si riesce a generare un
compromesso la posizione del gruppo pi moderata rispetto alle posizione dei singoli individui e si verifica un effetto chiamato depolarizzazione;
quando invece ci si avvicina a una posizione pi estrema si verifica il processo di polarizzazione. Nel 1961 Stoner fece degli esperimenti sulle scelte
con diverse entit di rischio. Una tipica situazione era quella di un insegnate di nome Carol il cui sogno era quello di aprire un ristorante. Presentata
l'occasione Carol doveva sia rinunciare al suo lavoro di insegnate che investire tutti i suoi risparmi, ma se fosse andato tutto a buon fine lei avrebbe
finalmente realizzato il sogno della sua vita e fare buoni guadagni, mentre se si fosse rivelato un fallimento avr speso molto tempo, soldi e rimarr
senza lavoro. Ai soggetti veniva chiesto di fare una valutazione ovvero se accettare o meno attraverso delle stime come ad esempio "deve
accettare se la possibilit di successo di 1/10?", oppure 2/10 etc... I soggetti prima sceglievano singolarmente, poi erano invitati a discutere e dare
una risposta di gruppo. Il risultato fu che inizialmente si pens che le decisioni del gruppo si attivassero e di conseguenza si dirigessero pi in
direzione del rischio rispetto alle scelte individuali (assunse il nome di Spostamento verso il rischio), ma poi si arriv a definire che lo spostamento si
verificava verso la direzione inizialmente prevalente, non necessariamente quindi verso il rischio (si verificarono casi di polarizzazione senza rischio).
Si parla di polarizzazione delle decisioni del gruppo: se i membri tendono a prendere delle decisioni rischiose, il gruppo tender a prendere ancora
pi rischi, e viceversa. Recenti studi hanno confermato che la discussione di gruppo pu ampliare posizioni negative quanto positive: nel primo caso
il rafforzare la posizione porta verso la tendenza alla discriminazione, nel secondo aumenta la preoccupazione morale. La polarizzazione pu essere
ricondotta a due forme di influenza: la prima di tipo informativo che fa riferimento alla teoria degli argomenti persuasivi di Burstein e Vinoukur del
1977, in cui viene sottolineato il processo di persuasione reciproca, ovvero il gruppo si orienta nella direzione di atteggiamenti individuali prevalenti
e che nelle discussioni di gruppo vengono pi spesso ripetute argomentazioni in favore delle opinioni iniziali favorita dalla maggioranza, mentre la
seconda si affida ai processi normativi in cui i membri cercano di conformarsi alla norma del gruppo e che, non appena inizia la discussione,
comprendano sia quale la direzione della maggioranza, sia che se viene assunta una posizione pi estrema rispetto a quella favorita, la propria
immagine viene valorizzata dal gruppo.
Un modello che segue questo principio quello della teoria del confronto sociale, che riprende le teorie di Festinger e altri autori, e indica come la
polarizzazione sia un processo che porta i membri di un gruppo a spostarsi verso posizioni pi vicine al polo estremo che sarebbe pi valorizzato dei
membri poich ne rappresentano i valori sociali: le persone per guadagnare approvazione sociale tenderanno ad assumere posizioni pi accentuate
ed esagerate per dimostrare la loro totale adesione, in una sorta di autopromozione innescato dal confronto interpersonale e una rappresentazione
positiva di S. Si pu ipotizzare che i processi informativi possiedano maggio peso nella decisioni di tipo intellettuale, mentre quelli normativi
riguardano decisioni che riguardano le opinioni.

Non si tratta di direzioni alternative o di processi che si escludono a vicenda poich quando vengono trasferiti i risultati sperimentali alle situazioni
di vita reale, non si pu assumere che in un gruppo esista soltanto un tipo di influenza o normativa o informativa, per il semplice fatto che in
laboratorio non sempre viene riprodotta la complessit della rappresentazione reale.
Un'altra versione si basa sulla polarizzazione come differenzazione intergruppi. Wetherell nel 1897 partiva dall'assunto che questo fenomeno si
verifica quando emerge con forza l'aderenza dei singoli alle norme dell'ingroup tramite un adeguamento che li porta a difendere l'identit di gruppo
nonch mettendo enfasi sulle differenze rispetto ai valori legati all'outgroup.
La polarizzazione in generale si visto che non funziona in quei gruppi composti da persone che non si conoscono o che non hanno un leader, ma si
pu verificare in quelli ove si sia consolidato uno scambio relazionale.
Moscovici e l'influenza della minoranza
Negli anni 50 e 60 i lavori che riguardavano l'influenza sociale si erano focalizzati in maniera prevalente sul conformismo che poteva produrre la
maggioranza e che l'influenza stessa era prodotta solo dalla maggioranza in una sorta di fenomeno unidirezionale. Tra le critiche a questa visione,
soprattutto europei, uno dei personaggi pi influenti Serge Moscovici.
Serge Moscovici, interessato ai temi dei cambiamenti interni al gruppo, proponeva un approccio che lui stesso defin "genetico" e si focalizzava
sull'influenza delle minoranze e di come queste siano portatrici di innovazione. Nella sua prospettiva funzionalista l'influenza sociale vista come un
conflitto tra maggioranza e minoranza la cui risoluzione pu avvenire producendo conformit quando prevale la maggioranza, innovazione se
prevale la minoranza, e normalizzazione nel caos in cui c' un adeguamento reciproco che tipicamente d origine all'elaborazione di una norma.
Secondo Moscovici se il processo di conformismo fosse l'unico processo di persuasione a livello sociale la societ sarebbe dovuta essere connotata
da staticit, in realt i processi sociali sono processi di cambiamento costanti. E questa evoluzione principalmente dovuta alle minoranze, voci
dissidenti che inizialmente non vengono ascoltate ma che a poco a poco riescono a far sentire la loro voce e ad incidere sulla trasformazione sociale
(es. Galilei, Freud, Picasso). Le minoranze intese da Moscovici non sono puramente numeriche, ma sono attive o nomiche, (cio su minoranze
consce della loro posizione e su cui strutturano specifiche norme di condotta che portano a scopi coerenti). Per questo autore il potere
determinato prettamente dallo stile di comportamento che ne rende efficace l'influenza e che riguarda tre fattori: la consistenza ovvero la capacit
di mantenere un accordo unanime sulle proprie posizioni sia in differenti situazioni che in momenti diversi e quindi di rimanere coerenti al proprio
interno nel tempo assicurandosi allo stesso tempo che la maggioranza non la consideri come una parte dissidente da espellere (la minoranza
influenza proprio perch mette in crisi il consenso della maggioranza); la capacit di mostrarsi autonoma e indipendente nell'affermare la propria
posizione e, infine, la flessibilit, intesa come disponibilit nel negoziare compromessi con la maggioranza in maniera ragionevole. La prima
caratteristica quella che stata maggiormente sviluppata e studiata.
Per le sue ricerche Moscovici e collaboratori usarono quello che lui stesso defin come il Paradigma blu/verde che in qualche modo riformulava gli
esperimenti di Asch: tra i soggetti che partecipano all'esperimento uno su cinque o due su sette sono complici che ricoprono il ruolo di minoranza
attiva e gli altri, per dirla alla Asch, di maggioranza ignara. Il compito percettivo era di indicare il colore di una serie di diapositive che erano
rigorosamente blu. In una prima prova i complici dovevano affermare in modo consistente per met gruppo che le tutte le diapositive erano verdi
(minoranza consistente), mentre per l'altra met variavano casualmente la risposta sbagliata verde (minoranza inconsistente). I risultati
mostrarono che nella condizione di minoranza consistente la maggioranza ignara si accoda ai complici per l'8%, mentre nell'altra met del gruppo
rispondevano sbagliato l'1,25%, e nel gruppo di controllo l'errore era dello 0,25%. Quindi si evince che la minoranza coerente (o consistente)
influenza in maniera significativamente maggiore rispetto a quella incoerente. Confrontato con gli esprimenti di Asch che mostravano un 36% a
conformarsi questi risultati sembrano una magra consolazione ma in realt la forza del suo 8% era dato dal fatto che era stato ottenuto da una
minoranza deviante contro una maggioranza di doppie dimensioni.
In un secondo esperimento, dopo aver visto le diapositive, i soggetti dovevano guardare delle strisce di colore che andavano dal blu al verde e
dovevano determinarne la soglia di discriminazione. I risultati furono che i partecipanti che non erano stati influenzati tendevano a virare la soglia
pi al verde (cambiamento indiretto) cio vede il verde prima di quanto non avrebbe fatto se non avesse subito linfluenza minoritaria
(cambiamento sottile, forse inconsapevole, ma presente).
Secondo Eagly e Chaiken alla minoranza pi coerente vengono attribuite caratteristiche positive quali la sicurezza e la competenza e che questi
processi dipendono dal messaggio che trasmette la stessa minoranza che a sua volta determinerebbe la misura in cui i membri della maggioranza
tendono a ritenere che sia veridico. Pi la minoranza consistente tanto pi la maggioranza la ritiene veridica.
In un terzo esperimento condotto da Moscovici ed Elisabeth Lage, vennero messe a confronto una fonte maggioritaria con una minoritaria che a
livello manifesto (pubblico) dimostrarono che la fonte maggioritaria influenzava il 40%, mentre quella minoritaria il 10% (differenza qualitativa).
Nella meta analisi di Wood su circa 100 esperimenti, egli da una parte trova scarsa evidenza empirica sulla tesi di una differenza qualitativa tra
maggioranza e minoranza, ma dall'altra conferma che lo stile coerente della minoranza esercita un'indubbia azione favorevole all'influenza.
Un innovativo esperimento condotto da Moscovici e Personnaz, partiva dal fatto che dopo aver fissato un colore e spostando lo sguardo su uno
schermo bianco, appariva limmagine residua, il colore complementare, cio per il blu il giallo/arancio, mentre per il verde il rosso/viola. I
partecipanti dovevano fissare una diapositiva blu e subire linfluenza (maggioritaria o minoritaria) che diceva che era di colore verde. I risultati
furono che la fonte maggioritaria non provoc cambiamenti nella visione dellimmagine residua, mentre la fonte minoritaria provocava lo
spostamento verso il complementare rosso/viola (influenza profonda, anche se non consapevole). Dopo questi lavori l'autore ha affrontato anche
problemi non solamente percettivi, ma anche quello degli atteggiamenti, come il femminismo, l'omosessualit etc...
Secondo Moscovici una minoranza nella sua fase propositiva crea una condizione di incertezza nella maggioranza a tal punto che la porterebbe alla
condizione di cercare pi informazioni ed elaborarle in maniera pi approfondita.
Teoria della conversione di Moscovici
Secondo questo autore la minoranza opera attraverso modalit indirette. Con tempi ritardati, dove linfluenza non viene recepita immediatamente
dai soggetti e dove traspare una delle difficolt che ha la minoranza, cio la paura di essere etichettati come devianti; Modalit trasposta che
evidenzia come la minoranza abbia poco effetto su argomenti specifici ma invece molta su argomenti vicini (poco effetto sullinterruzione di
gravidanza ma linfluenza si traspone sullargomento contraccezione); Livello privato che dice che per registrare linfluenza occorre raccoglierla in
via privata; e infine il Modelling effect, cio l'influenza minoritaria non ha un effetto forte subito ma ha un effetto di modellamento del
comportamento.
A partire da queste considerazioni e sviluppando il suo pensiero Moscovici arrivato ad individuare una sorta di modello a due vie legate
all'influenza sociale: Da una parte vi sarebbe l'influenza della maggioranza che sarebbe prodotta da un processo di comparazione dove l'individuo
confronta la propria risposta con quella della maggioranza e mette a fuoco le eventuali conseguenze che tale conflitto potrebbe produrre provando
cos sensazioni di disagio e tensione che portano alla compiacenza (faccio come gli altri senza esserne realmente convinto)evidenziando una
adesione pubblica senza accettazione privata, mentre dall'altra parte l'influenza della minoranza sarebbe prodotta da un processo di convalida in cui
lattenzione si concentra sulloggetto tra il dibattito e la conversione privata non tanto sulla relazione con gli altri ma su che cosa effettivamente sta
dicendo la minoranza che provoca una conversione, che quindi destinata a persistere anche in assenza della fonte. Questo un effetto di persistenza
stato mutuato da Moscovici proprio dal linguaggio religioso perche parlando della teoria della conversione fa lesempio

della conversione di san Paolo poich quello che succede una vera e propria conversione quasi in termini religiosi. La teoria della conversione
quindi si fonda sul fatto che le due influenze operano in maniera differente. L'influenza della maggioranza si orienta nel produrre prevalentemente
un semplice fenomeno di acquiescenza pubblica, mentre l'influenza minoritaria produrrebbe un fenomeno di cambiamento delle convinzioni
private, una vera e propria conversione che si manifesta a livello latente ed indiretto. Dunque l'effetto della maggioranza sarebbe diretto,
manifesto, osservabile immediatamente dopo l'esposizione alla pressione della maggioranza stessa nonch rilevabile direttamente tramite lo
stimolo o al tema di discussione; l'effetto di minoranza indiretto, latente e non riguarda in
Secondo Eagly e Chaiken questo processo assimila il processo di comparazione a una elaborazione superficiale, periferica, euristica, mentre il
processo di convalida ha una connotazione accurata e sistematica e centrale. Queste due differenze sono anche state assimilate alla distinzione tra
influenza normativa ed informativa, rispettivamente per la maggioranza e la minoranza.
Nella meta analisi di Wood e Lundgreen su circa 100 esperimenti, questo autore da una parte trova scarsa evidenza empirica sulla tesi di una
differenza qualitativa tra maggioranza e minoranza poich la prima produce effetti anche in ambito privato e non solo limitato al pubblico, ma
dall'altra conferma che lo stile coerente della minoranza esercita un'indubbia azione favorevole all'influenza.
Secondo Kelman, La maggioranza porta ad acquiescenza (accettazione passiva), mentre a minoranza porta ad una interiorizzazione.

Confronto tra la teoria della conversione di Moscovici e il modello di probabilit di elaborazione di Cacioppo e Petty
L'aspetto in comune dato dal fatto che sono due teorie che si sono sviluppate pi o meno nello stesso momento storico, la fine degli anni 70, una
in Europa l'altra negli stati uniti, in maniera assolutamente indipendente come confermato dagli autori stessi. Entrambe propongono due processi:
un processo superficiale (periferico), e uno che richiede maggior sforzo cognitivo attenzione alloggetto generazione di argomentazioni rilevanti
(centrale). Quindi c un parallelismo tra queste due teorie che entrambe propongono due vie persuasive.
L'aspetto di diversit dato dal fatto che per Petty e Cacioppo le condizioni necessarie per il percorso centrale sono la motivazione e la capacit,
mentre per Moscovici il fattore critico il tipo di fonte (maggioritaria o minoritaria)
Fattori che facilitano o ostacolano linfluenza minoritaria
Tra i fattori che incidono maggiormente o ne ostacolano l'influenza troviamo la Coerenza, la Psicologizzazione, dove la minoranza sar influente se
non sar psicologizzata, mentre la minaccia dellinfluenza minoritaria costituita da problemi di tipo psicologico (invidia, senso di inferiorit ecc),
l'Interesse personale ove una minoranza pi influente quando non si batte per se stessa (una minoranza non gay che si batte per i gay pi
influente), lo Zeitgeist spirito dei tempi, laddove quando una minoranza dice qualcosa in accordo con levoluzione delle norme sociali ha pi
successo, e la Categorizzazione sociale, cio una minoranza appartenente allo stesso gruppo che deve influenzare (ingroup) esercita maggiore
influenza rispetto al dover influenzare appartenenti ad un altro gruppo (outgroup). Ci sono eccezioni. Minoranze rappresentative delloutgroup (es.
gay in un gruppo di gay) minoranze dissidenti delloutgroup (il nemino del mio nemico mio amico.

L'influenza delle minoranze


Tra le varie teorie troviamo quella di Charlan Nemeth (1985-87) il cui modello si concentra sulla capacit rispetto alla motivazione di elaborazione.
L'autrice parte dal presupposto che il disaccordo con una minoranza sia meno stressante rispetto a quello di una maggioranza, il che
corrisponderebbe a un livello medio dell'arousal (eccitazione) che faciliterebbe il rendimento cognitivo, al contrario di un livello elevato che
produrrebbe interferenza. La conseguenza ipotizzata sarebbe che una fonte minoritaria influisca in maniera positiva sulla capacit di elaborazione.
Ella propose una differenziazione piuttosto netta rispetto al tema della creativit e dell'innovazione: l'influenza maggioritaria stimolerebbe
l'attenzione verso le conseguenze di un eventuale dissenso con la maggioranza che favorirebbe un pensiero di tipo convergente, ovvero un pensiero
orientato a una rapida e unica soluzione di accettazione della posizione magioritaria, un processo euristico del tipo consenso-correttezza. Le
persone sarebbero concentrate sul messaggio senza considerare gli aspetti della situazione e si tender ad adottare ci che dice la maggioranza
indipendentemente dalla correttezza. L'influenza minoritaria, contrariamente, faciliterebbe una riflessione pi libera e stimolerebbe un pensiero
divergente, ovvero un pensiero dinamico che ricerca differenti e possibili soluzioni che vanno al di l del messaggio e del suo contenuto
orientandosi verso alternative che tendono ad essere corrette. Ecco spiegato il perch la minoranza stimola la creativit e migliora le prestazioni.
Molti compiti di problem solving hanno evidenziato che i soggetti influenzati dalla minoranza avevano un numero maggiore di soluzioni corrette ed
innovative rispetto a quelli sotto la pressione della maggioranza.
In un suo studio, l'autrice present ai soggetti delle sequenze di lettere tipo tDOGe chiedendo quale fosse la prima parola che percepivano nella
sequenza. I soggetti erano sottoposti ad un feedbeck sia di maggioranza (god-dog-dog-dog) che di minoranza (god-god-god-dog). Venivano
mostrate poi altre 10 sequenze chiedendo ai partecipanti di elencare le parole usando per tutte e 5 le lettere. I risultati furono che la maggioranza
usava la modalit inversa (God), mentre i soggetti della minoranza usavano tutte le modalit possibili (tOe, eGO, DOT). Secondo Nemeth dunque la
fonte minoritaria porta a considerare diversi aspetti, a cercare soluzioni varie ed averne un miglio ricordo, immaginare nuove strategie e migliorare
la performance, confermate da ricerche nel campo degli atteggiamenti e nell'utilizzo del brainstorming per la soluzione di problemi.
Sia la teoria di moscovici che quella di Nemeth ipotizzano processi di pensiero pi attivi in presenza dell'influenza minoritaria, ma se per il primo ci si
orienta verso una conversione privata, per la seconda esistono processi divergenti che sviluppano posizioni diverse che possono essere anche
diverse rispetto a quelle proposte dalla minoranza.
Un altro autore italiano, Volpato nel 1990, condusse esprimenti sul fatto che i soggetti esposti all'influenza della minoranza contribuiscano
positivamente alla produzione di soluzioni corrette e innovative. Egli chiese agli studenti di una scuola media superiore di valutare una proposta di
modifica degli esami di maturit e di formulare delle proposte alternative. I suoi risultati confermarono che quando gli studenti erano sotto
l'influenza minoritaria riuscivano a fornire un numero significativamente maggiore di proposte di modifica rispetta a chi subiva una influenza
maggioritaria.
Secondo Moscovici una minoranza nella sua fase propositiva crea una condizione di incertezza nella maggioranza a tal punto che la porterebbe alla
condizione di cercare pi informazioni ed elaborarle in maniera pi approfondita.
Questo punto evidente negli esperimenti di Deborah Gruenfeld datati 1995 all'interno del mondo delle sentenze della Corte Suprema degli USA.
L'autrice confut che la maggioranza si trova spesso nella condizione di considerare pi approfondite le questioni poste dalla minoranza
riconoscendone le regioni come ragionevoli entrambe le posizioni. Le sentenze che seguivano questo riconoscimento riflettevano livelli pi
elaborati di pensiero. Le decisioni prese dalla maggioranza possedevano maggiore complessit rispetto a quelle prese dall'unanimit.

Studio sul pensiero di gruppo di Janis


Il sociologo Irvin Janis per studiare i processi decisionali di gruppo utilizz il materiale di archivio relativoad alcune importanti descrizione prese
dagli Stati Uniti che si rivelarono un clamoroso errore che ebbe negativi risvolti sugli interessi americani, come l'attacco di Pearl Harbour, l'invasione
della Baia dei Porci cubana, la guerra in Vietnam e il lancio del Challenger. Per l'autore il denominatore comune era che si era verificata una
distorsione estrema del processo decisionale che chiamo Pensiero di gruppo o groupthink. Questo fenomeno si regge su alcune caratteristiche che
si sviluppano maggiormente quando il gruppo : coeso e quindi tende a rifiutare i membri dissenzienti poich una coesione elevata favorisce il
conformismo; la struttura del gruppo che isolato dai punti di vista dissidenti dal proprio creando un'assenza di comunicazione e di non avere
consulenze e pareri critici; lo stile del leader che rende esplicita la sua decisione il che rende arduo il contrasto di opinioni da parte di altri membri; il
vivere in condizioni stessanti (stress della decisione) il cui il gruppo non riesca a dire con sicurezza e sotto la pressione di decidere in tempi rapidi,
che cosa sia la cosa giusta, vivendo cos in una condizione di incertezza.
In conclusione quando un gruppo coeso, deve prendere rapidamente una decisione e nel farlo si sente stressato, la propensione quella di
ricercare il conformismo piuttosto che l'avere o l'ascoltare posizioni dissenzienti, e quindi il pensiero indipendente viene soffocato e razionalizzato.
Janis individu otto elementi che chiam sintomi del pensiero di gruppo (che indicava come una malattia) che appaiono quando ci si trova a far
fronte a situazioni di minaccia e si cerca di mantenere un clima positivo:
I primi due sintomi riguardano la sopravalutazione del gruppo e riguardano da una parte l'Illusione di invulnerabilit fatto di eccessivo ottimismo
che rende ciechi nei confronti del segnale di pericolo, e dall'altra la Credenza nella moralit del gruppo e di potersi cos dimenticare dei principi etici
e morali socialmente condivisi. Altri due sintomi che possono essere espressi dai membri di un gruppo riguardano la ristrettezza mentale, ovvero
una Razionalizzazione collettiva dove non viene dato credito ai vari punti di vista critici trovando giustificazioni collettive per rafforzare il consenso e
non sottoporlo a verifica, e dalla Stereotipizzazione dei gruppi esterni, valutati come troppo malvagi o troppo deboli. Infine gli altri 4 sintomi sono
degli indicatori verso l'uniformit e possono essere rivolti verso l'Autocensura che funge da espediente per soffocare i pensieri critici dei membri
dubbiosi ed evitarne la circolazione, l'Illusione di unanimit fondata sul meccanismo di falso consenso e forzando i dissidenti a stare in guardia pena
l'esclusione, la Pressione diretta sui dissenzienti che possono esprimere malcontento e indurli al conformismo, e l'Autosorveglianza dove alcuni
membri del gruppo possono diventare guardiani della mente ovvero proteggere gli altri da informazioni indesiderate che potrebbero minare la
fiducia o mettere in dubbio la moralit del gruppo, in modo da evitare che si percepisca una divergenza di opinioni all'interno del medesimo gruppo.
Viste le conseguenze drammatiche a cui si pu arrivare, Janis formul delle strategie di contrasto:
Limitare la ricerca prematura di consenso ed evitare l'isolamento del gruppo, facendo in modo che i partecipanti al gruppo possano sentirsi liberi di
esprimere i loro eventuali dubbi e contrastando la pressione alla conformit, stimolando l'autocritica, favorire uno scambio di opinioni e riducendo
al minimo l'intervento del leader;
Correggere le posizioni errate, riconoscendo la proprie limitazioni e fallacit e considerando gli elementi di forza dell'avversario, favorire in un certo
senso il dissenso ad esempio istituendo la figura dell'avvocato del diavolo.
Utilizzare tecniche di soluzione efficaci, che prevedano ricerche alternative e proporre soluzioni anche immaginabili tenendo sempre presente
un'attenta valutazione dei pro e dei contro di ciascuna ipotesi prima di formulare la decisione definitiva, magari contattando anche persone esperte
esterne al gruppo.
Le idee di Janis godono di grande popolarit anche perch riescono in qualche modo a rendere conto di errori politici e strategici altrimenti
apparentemente inspiegabili. A dire il vero sono tesi che non hanno ottenuto una certezze empirica e hanno sollevato qualche controversia. In
particolare negli studi di Tetlock e colleghi, da una parte viene confermato il verificarsi del pensiero del gruppo, ma dall'altra ci sono stati elementi
in contrasto con esso, ad esempio che la coesione del gruppo non risultano sempre correlati ai sintomi descritti da Janis. Franzoi sostiene che sia
possibile sostenere le tesi di Janis ma avverte anche sul fatto che anche probabile che il funzionamento possa non essere esattamente nel modo
previsto dall'autore.

Relazioni diadiche
L'influenza delle relazioni di tipo diadico mettono una duplice attenzione che da una parte si dirige sulla relazione che intercorre tra l'agente e il
bersaglio ovvero su chi esercita e chi subisce l'influenza, mentre dall'altra guarda i fattori specifici e le strategie che favoriscono l'acquiescenza del
bersaglio, ovvero un conformismo pubblico ma non privato.
I poteri dell'agente di French e Raven
Tra i diversi tipi di potere dell'agente due autori, John French e Bertram Raven, hanno sintetizzato il loro lavoro di ricerca in 6 basi di potere sociale,
6 tipi di risorse che l'agente pu usare per influenzare il bersaglio.
1. Il potere di ricompensa che si fonda sulla capacit da parte dell'agente di influenzare il bersaglio attraverso premi, vantaggi, negoziazioni, che
possono anche essere semplici sorrisi cos come ingenti somme di denaro, in modo tale da poterlo aiutare nel raggiungimento del suo obiettivo,
ovvero promettere qualcosa alla persona che si vuole influenzare.
2. il potere di coercizione che riguarda le possibilit dell'agente di costringere di far accettare al bersaglio le proprie richieste, tipicamente a livello
fisico, usando la minaccia di una punizione nel caso venissero disattese le medesime richieste. Questo potere funziona nel caso in cui le punizioni
sono effettivamente possibili, come ad esempio le classiche minacce di un genitore su un figlio che non studia minacciandolo di non farlo uscire con
gli amici.
3. il potere dell'esperienza, cio quando ci affidiamo ai consigli di persone pi esperte di noi, sia a livello professionale, come un medico, un
avvocato etcc, sia a livello amicale, come chiedere consigli di cuore all'amico fidato. Un esempio nel contesto occidentale sono i figli che riguardo
l'istruzione si rivolgono agli insegnanti anzich ai propri genitori.
4. il potere di riferimento, molto diffuso, si riferisce a quelle persone che noi ammiriamo e a cui vogliamo assomigliare; facciamo ci che fanno loro,
le imitiamo, facciamo ci che ci chiedono per il semplice fatto che ci piacciono e che vorremmo essere proprio come loro, come quando i bambini
pi piccoli emulano le azioni dei fratelli pi grandi . Raven differisce anche un potere di riferimento negativo quando le persone evitano di
comportarsi come le persone che loro stessi disprezzano e dai quali intendono prendere le distanze.
5. il potere legittimo, dove il bersaglio in maniera cosciente riconosce che l'influenza esercitata dall'agente legittima e quindi pu fare ordini o
prescrizioni. Questo deriva dall'assegnazione di potere che viene deciso all'interno di un gruppo all'agente, oppure che deriva da norme sociali,
come quando un vigile fa una multa per una violazione del codice stradale.
6. il potere informativo invece non dipende tanto dal come il bersaglio percepisce l'agente, quanto piuttosto dalle informazioni che il medesimo
agente trasmette ovvero una forma di influenza interpersonale.
Queste forme di potere possono essere distinte e classificate secondo l'influenza normativa o informativa: appartengono alla prima categoria il
potere di ricompensa, coercitivo e legittimo, e di conseguenza nella seconda categoria accorpiamo il potere dell'esperienza, di riferimento e
dell'informazione.
La persuasione, oppure come accrescere la compiacenza della persona bersaglio di Cialdini

Robert Cialdini, nel 1993, a partire dall'osservazione sistematica di quelle persone che hanno la capacit di indurre gli altri ad accettare le proprie
richieste (venditori, negoziatori, ricerca di adepti religiosi etc...), studi le tattiche pi efficaci in grado di produrre acquiescenza negli altri. Cialdini,
sotto falsa identit, lavor direttamente in quei settori dove venivano usate le medesime strategie e realizz un'indagine basata sull'osservazione
partecipante. Le principali sono:
- Cercare di piacere agli altri. Le persone cercano sempre di influenzare, e spesso anche di gestire, l'impressione che gli altri si fanno di noi, per
valorizzare l'immagine di noi stessi oltre che accrescere la capacit di ottenere dagli altri che facciano ci che noi vogliamo: come confermato dal
Potere di riferimento di French e Raven (tendiamo a fare ci che ci chiedono le persone che ci piacciono e alle quali vogliamo somigliare) , per
influenzare un'altra persona una della strategie quella di entrare nelle sue "grazie" e dunque di piacerle, ad esempio attraverso l'adulazione,
ovvero il lodarne le caratteristiche fisico o intellettuali, oppure con tecniche indirette come il sorridere e annuire mentre l'altro parla: in ultima
analisi adottare tutti quei comportamenti che possono infondere nell'altro uno stato d'animo positivo.
- Mettere il piede nella porta. E' una strategia persuasiva che fa leva sia sul bisogno di una persona di apparire coerente sia di rispettare gli impegni
presi. In pratica dopo aver risposto in maniera positiva ad una richiesta piccola (assaggiare un formaggio e riconoscerne la bont) risulta di seguito
molto difficile rifiutare la richiesta successiva anche che si presenta pi impegnativa (se ho detto che buono, allora devo acquistarne almeno una
confezione).
- Il colpo basso. Sfruttando il bisogno di coerenza delle persone, il colpo basso consiste in due fasi: nella prima si offre al bersaglio un prodotto a un
prezzo sicuramente vantaggioso e una volta che ha deciso di comperare scatta la seconda fase, ovvero ci si finge ignari del fatto che l'offerta non era
applicata su quale prodotto ma su un altro. Una maglietta scontata del 70% pu ingolosire un acquisto e nonostante poi in cassa lo sconto sia solo
del 20%, per il semplice bisogno di rimanere coerenti con la decisione di comperare il prodotto, alla fine si cede all'acquisto. Il colpo basso stato
anche confermato da una ricerca dello stesso Cialdini su studenti universitari a cui si chiedeva di partecipare a un esperimento. A una met veniva
detto subito che l'inizio era fissato alle sette di mattina, mentre agli altri l'orario veniva dichiarato solamente dopo che essi avevano accettato. Il
risultato fu che i secondi si presentarono in una percentuale elevata contro ai pochi della prima met.
- Far apparire difficile da ottenere. E' una strategia persuasiva che basa la sua ragion d'essere sul fatto che le persone tendono a valutare pi
positivamente un oggetto, se pensano che questo sia qualcosa di raro o difficile da reperire, come nelle relazioni tradizionali in cui le donne non
mostravano il loro l'interesse verso il corteggiamento proprio per farne salire la desiderabilit. Un'applicazione al mondo del lavoro arriva dagli studi
di Williams e colleghi. Essi diedero precise indicazioni a coloro che erano addetti alla selezione del personale di un'azienda, in maniera tale da far
apparire i candidati da una parte come persone che avevano ricevuto anche altre offerte di lavoro, mentre dell'altra nessuna, ovvero candidati
rispettivamente difficili e facili da ottenere. Inoltre i candidati avevano anche la caratteristica di avere elevate doti, ovvero basse, di qualificazione. I
risultati furono che i candidati difficili da ottenere furono considerati quelli pi desiderabili, anche se maggiormente quelli con alta qualificazione.
- Dare l'impressione che ci sia poco tempo. Si basa sempre sul principio precedente (le cose rare valgono di pi) ed usato moltissimo nel settore
commerciale, il cui esempio tipico quello delle offerte promozionali o degli sconti eccezionali in cui il potenziale acquirente sente la pressione e la
spinta di dover sfruttare il poco tempo dell'offerta.
- Farsi sbattere la porta in faccia. E' il contrario della strategia di "mettere il piede nella porta" e consiste nello sfruttare la norma di reciprocit
secondo la quale tutte le persone tendono a comportarsi con gli altri nella stessa maniera con cui gli altri si sono comportati con loro. L'agente parte
con una richiesta iniziale piuttosto elevata prevedendone il rifiuto per poi formularne di conseguenza una molto pi bassa e ragionevole, che
verrebbe interpretata dalla persona bersaglio come una concessione dell'agente nei suoi confronti che lo spingerebbe a comportarsi di
conseguenza ad accondiscendere alla seconda richiesta per reciprocit. In un altro esperimento condotto da Cialdini veniva chiesto a degli studenti
di occuparsi, per due ore al giorno e per due anni, di alcuni giovani delinquenti che produsse, come previsto, un generale rifiuto; alla seconda
richiesta in cui si chiedeva "semplicemente" di accompagnarli allo zoo, almeno il 50% accett. E' usata da quei venditori che non devono applicare
un prezzo fisso.
- Questo non tutto. Sempre sfruttando la norma della reciprocit, l'agente dopo aver completato la descrizione di un prodotto offre unitamente
anche un piccolo omaggio, un optional gratuito, come ad esempio regalare un oggetto se si supera una certa cifra, in modo tale che il bersaglio
interpreti l'offerta come un dono nei suoi confronti che tender a farlo contraccambiare con l'acquisto del prodotto offerto.
- Fornire delle ragioni. Questo principio si basa sul fatto che le persone bersaglio rispondano in maniera positiva se gli agenti forniscano anche una
giustificazione delle loro azioni, a condizione che queste appaiano ragionevoli e giuste, in modo tale che l'acquiescenza abbia un significato. Se una
persone dietro di noi in fila ci chiedesse di passare davanti senza alcuna giustificazione potrebbe andare incontro a un rifiuto; ma se invece
dichiarasse che deve tornare a casa per accudire una persona malata, allora pi probabile che riesca nel suo intento. Le richieste devono essere
considerate valide dal bersaglio: una giustificazione legata al fatto di andare a divertirsi con gli amici verrebbe rifiutata in generale, ma nel caso in
cui a cedere il posto sia un altro giovane con gli stessi valori, allora il favore verrebbe fatto.
In generale la condizione primaria determinata dallo stato d'animo della persona bersaglio, che porterebbe a tre principali facilitazioni: la prima
quella di favorire una maggiore disponibilit in diverse attivit, la seconda quella di stimolare pensieri e ricordi positivi che a loro volta
stimolerebbero un atteggiamento pi favorevole verso le richieste, e infine renderebbero meno probabile una elaborazione sistematica e critica
delle informazioni, il che porterebbe a un aumento delle probabilit di risposte positive.

Stereotipi e pregiudizi
Cosa sono gli stereotipi e quali modelli esistono
Gli stereotipi sono strutture cognitive (credenze e conoscenze) riferite a gruppi sociali il cui contenuto largamente condiviso all'interno di una
comunit.
Per primo il giornalista Lippmann utilizz questo termine nel 1922 usando l'espressione "immagini nella nostra testa", con la quale intendeva
un'immagine semplificata dell'aspetto e del comportamento di altre persone. Lippman us questo termine in riferimento al carattere rigido della
tavoletta sulla quale venivano composti i caratteri tipografici (stereotipo appunto) per indicare metaforicamente la struttura rigida che utilizziamo
per descrivere le categorie cui appartengono i gruppi sociali che abbiamo nella mente.
Secondo Eagly e Chaiken il pregiudizio una forma particolare di atteggiamento che indica la tendenza psicologica che viene espressa dalle persone
al fine di indicare persone che appartengono a un gruppo sociale percepito come qualcosa di diverso da noi. All'interno di un pregiudizio possibile
scorgere le credenze su un gruppo che costituirebbero lo stereotipo, quindi le condotte di vera e propria discriminazione. Per Gordon Allport lo
stereotipo una "credenza esagerata associata con una categoria". mentre per Kunda (2000) si tratta di struttura cognitiva che contiene la nostra
conoscenza, le nostre credenze e le aspettative circa un gruppo sociale.
La prima indagine empirica risale al 1933 ad opera di Kats e Braly nella quale venivano chiesti di descrivere dei tratti caratteristici di diversi gruppi
razziali da un campione di 100 studenti, con lo scopo di comprendere cosa nell'immagine statica descrivesse i gruppi o le categorie sociali.
La definizione attuale vede gli stereotipi come "strutture cognitive che contengono la nostra conoscenza, le nostre credenze e aspettative circa un
gruppo sociale". Quindi lo stereotipo costituito sia da delle conoscenze astratte sulle categorie (cosa fanno e come sono le donne) sia da individui
conosciuti che appartengono alla categoria (mia madre, mia figlia...).
Modelli cognitivi degli stereotipi
Gli stereotipi sono interpretati secondo differenti modelli cognitivi:
Associazioni fra etichette e tratti: modello semplice ma efficace, dove ad un'etichetta vengono associati i tratti (ad esempio l'italiano come persona
artistica, focosa etc...). Etichetta e tratto sono uniti da un legame di tipo associativo, semantico (attivato un nodo ne vengono attivati anche altri,
ovvero connessionismo).
Schemi: un insieme di conoscenze caratterizzate da legami interpretati (come ad esempio amico di, figlio di...) che ci guidano nelle nostre
interazioni sociali e permettono il recupero di informazioni della memoria a lungo termine.
Classi di esemplari noti: dalle esperienze che facciamo traiamo le caratteristiche pi comuni, ne individuiamo gli individui pi salienti, le
memorizziamo e le usiamo per individuare quelle esperienze simili che rientrano nella nostra categoria mentale.
Gli stereotipi sono considerati sia come un fenomeno individuale che collettivo: i primi risiedono nella testa delle persone, sono alla base
dell'elaborazione delle informazioni che provengono dal mondo sociale e possono influenzare il funzionamento della mente sia sugli esiti sul suo
stesso funzionamento che il relativo comportamento con gli altri; i secondi sono una base comune di conoscenza e possono essere veicolati tramite
le comunicazione linguistica, dalla cui diffusione si pu studiare sia la funzione sociale degli stereotipi che lo studio su come gli stessi influenzano le
norme sociali e di conseguenza i nostri comportamenti (non chiaro se sono gli stereotipi a modificare le norme o viceversa).
Origine degli stereotipi
Gli stereotipi non sono innati mn li acquisiamo tramite le nostre esperienze di relazioni e socializzazioni (compagni di scuola, famiglia etc..) per poi
diffonderli noi stessi quando entriamo in contatto con persone diverse.
La creazione degli stereotipi nella memoria lungo termine avviene in due modi: per esperienze dirette attraverso esperienze personali con membri
di gruppi discriminati, oppure per apprendimento sociale, tipo i mass media.
Esperienza diretta: non tutti i membri di un gruppo sono ugualmente salienti da un punto di vista percettivo, nel senso che i tratti dei membri pi
importanti riflettono l'immagine complessiva del gruppo.
Nel 1978 Rothbart e Coll hanno condotto un esperimento che ha mostrato come membri di un groppo possano influenzare l'immagine collettiva: ai
partecipanti vennero fornite informazioni sul 100 persone di cui 10 avevano avuto problemi con la legge. Se nel gruppo di controllo veniva detto che
avevano commesso piccoli reati minori, nel gruppo sperimentale si era specificato che si trattava di crimini violenti. La variabile dipendente era
costituita sia dall'immagine globale del gruppo di 100 persone, che la stima della % dei soggetti che avevano infranto la legge.
I risultati evidenziarono che il gruppo sperimentale stim una percentuale pi alta, di fatto peggiorata in virt della maggiore rappresentativit dei
soggetti che avevano commesso crimini pi violenti.
Un altro effetto quello della Correlazione illusoria, che evidenzia come un gruppo minoritario riceva una valutazione pi negativa rispetto a quello
maggioritario nonostante le azioni possiedano lo stesso grado di positivit o negativit (cambia solo la variabile numerica) e il cui risultato mostra
come sia sufficiente far parte di una minoranza per vedere sovrastimata la rilevanza delle proprie azioni da parte della maggioranza. Questo
fenomeno varia in base alla motivazione. Se il giudizio viene dato dagli stessi membri del gruppo di minoranza la correlazione illusoria tende a
scomparire. Un esperimento analogo con omosessuali ed eterosessuali ha confermato questo fenomeno evidenziando inoltre che la correlazione
sulla scia di processi motivazionali debba essere fatta a posteriori per poter essere corretta dalla minoranza. Il fenomeno della correlazione non
universale ma deve prevedere un gruppo di dominanza.
Ruoli sociali ed errore fondamentale di attribuzione: chi percepisce non prende in considerazione che le norme sociali influenzano il
comportamento del gruppo stereotipato quindi pensa che quei comportamenti siano tipici del gruppo e non siano solo un riflesso del ruolo sociale.
In tal modo il comportamento di una persona viene attribuito a caratteristiche specifiche in quella persona, trascurando le condizioni sociali nelle
quali la persona stata osservata (ad esempio dire rabbino a un ebreo perch si pensa che siano attaccati ai soldi e non dovuti a condizioni storiche)
Nel caso di apprendimento sociale le caratteristiche si apprendono per imitazione (tifosi), oppure attraverso meccanismi la cui funzione quella di
conquistare e mantenere l'identit sociale (barzellette, nomignoli), oppure grazie ai Mass media (esempio lo stereotipo seducente, casalinga della
donna nella pubblicit).
Come si STUDIANO gli stereotipi
Tipicamente gli stereotipi vengono misurati tramite l'uso di liste di aggettivi dei quali viene poi valutata la specificit per ogni categoria. E' possibile
farlo con misure esplicite o con priming semantico.
Misure esplicite
Il metodo pi semplice ed antico quello di chiedere una descrizione verbale delle caratteristiche di un gruppo o di una categoria sociale: in questo
modo il soggetto stesso dell'indagine che in maniera cosciente fornisce contenuti dello suo stereotipo. Per trasformare le descrizioni in indici
quantitativi si usano vari strumenti come liste di aggettivi o attribuzione di tratti di personalit.
Le liste di aggettivi: se la maggioranza dei soggetti afferma che una categoria ha un determinato tratto, allora vuol dire che reale che lo stesso

tratto caratteristico nell'immagine pubblica di questo gruppo sociale. Le frequenze di scelta e gli indici di concordanza vengono utilizzati per
definire i contorni dello stereotipo. (esempio omosessuali come estroversi) Maggiore l'accordo su un tratto, pi probabile che quel tratto sia un
effettivo descrittore di quello che lo stereotipo di quel gruppo sociale.
Una logica analoga guida l'impiego di ricerca basata sulla generazione di tratti su questionari standardizzati
Distribuzione di caratteristiche peculiari: sono inchieste in cui viene chiesto ai soggetti sia di individuare le caratteristiche descrittive di un gruppo,
sia di descrivere in modo questa rappresentata all'interno del gruppo.
Ryan, Park e Judd nel 1996 hanno postulato 3 rappresentazioni dello stereotipo: Una tendenza centrale (riguarda il grado di polarizzazione del
giudizio medio, ovvero quanto artistici sono gli italiani?), la valenza (inerente al grado in cui il giudizio del gruppo riguarda caratteristiche positive o
negative), e la dispersione (la variabilit della distribuzione di una caratteristica attorno al valore di tendenza centrale, esempio: la perversione dei
pedofili ha poca variabilit = tutti pedofili sono altamente perversi). Queste 3 caratteristiche caratterizzano lo stereotipo di ciascun gruppo sociale.
Problemi delle misure esplicite: questo modo di misurazione presenta alcuni problemi:
Desiderabilit sociale delle risposte: la tendenza a fornire risposte che sono socialmente desiderabili e che non urtano nessuno, e comportano, di
fatto, una descrizione molto pi positiva di quanto non sia in realt;
Effettiva possibilit di descrivere i processi del proprio pensiero: la persona dovrebbe staccarsi da se stessa, osservare il proprio pensiero e
descriverlo all'intervistatore. Autori come Niesbeth e Winston hanno messo in luce che le persone che fanno operazioni di questo genere, tendono
a raccontare le opinioni condivise e non i propri contenuti di pensiero;
Effetto sperimentatore: la tendenza a rispondere in modo tale da non scontentare lo sperimentatore (variante della desiderabilit sociale). Chi
sottoposto alle domande dell'intervistatore tende a conformarsi, e quindi a spingersi verso le aspettative dello sperimentatore.
Priming semantico
Il priming semantico si basa su due aspetti: il primo sulla presentazione di 2 parole in rapida successione per poi chiedere l'esecuzione di un
compito relativo alla parola presentata per prima con una modalit temporale rapidissima, e il secondo che un legame semantico comporta una
facilitazione nell'immissione delle risposte. In questi esperimenti le parole vengono presentate in successione intervallate da un tempo brevissimo
chiamato SOA. Se per esempio la seconda parola presentata "giallo" ed preceduta dalla parola sottosoglia "sole" che nella nostra memoria
semantica viene attivata in maniera associativa, la velocit di risposta sar minore per decidere se giallo un colore, piuttosto che verde un colore
se questo preceduto dalla parola sole che non possiede nessuna attivazione associativa di tipo semantico: sole attiva giallo ma non verde.
L'attivazione in memoria semantica agevolata se quel nodo gi stato attivato dalla parola prime.
Marcel 1983 era riuscito a capire che anche riducendo la permanenza del prime e del SOA a tempi brevissimi, ovvero sottosoglia, il fenomeno si
sarebbe verificato lo stesso. Sulla base di questo fenomeno possibile attivare in sottosoglia, gli stereotipi senza che i soggetti siano a conoscenza
dell'attivazione stessa, in maniera tale da poterne osservare il comportamento.
L'esperimento di Perdue e Gurtman (1990) riguarda la modalit di decisione negativa o positiva rispetto al target. Appaiono due parole in sequenza,
rispettivamente vecchio e demente, di cui la prima sottosoglia, in modo tale da preattivare una risposta pi rapida e legata agli aggettivi
tipicamente legati alla figura dell'anziano. Se a livello esplicito il giudizio sulle persone anziane generalmente positivo, per esempio indicandoli
come persone sagge, come figure di riferimento etc..., a livello di contenuti reali, ovvero dopo l'attivazione sottosoglia dello stereotipo, spesso si
scopre che questa parola legata a termini negativi. L'attivazione del prime semantico quindi ha portato alla luce aggettivi del tipo "demente" che
difficilmente sarebbero emersi in maniera consapevole.
Caricare in nodi stereotipici in modo tale da farli perdurare per un certo lasso di tempo era l'idea, sviluppata in tre fasi, degli sperimentatori Bargh e
Pietromonaco (1982). Nella prima fase si presentava ai partecipanti una lista di parole rapidissimamente, una ad una su uno schermo, contenenti
parole legate al concetto di aggressivit in differenti percentuali, ovvero all'80, al 20 allo 0 %. Agli occhi dei partecipanti apparivano come fossero
dei flash e il loro compito era semplicemente di dire in qualche parte dello schermo comparivano. Nella seconda fase leggevano una storia il cui
protagonista, Donald, aveva un comportamento ambiguo, cio si rifiutava di pagare l'affitto fino anche l'appartamento non fosse stato ridipinto, ma
che non veniva necessariamente descritto con un atteggiamento aggressivo. Nella terza fase i partecipanti venivano coinvolti nella valutazione della
personalit di Donald attraverso 12 scale, di cui 6 connesse al concetto di aggressivit e 6 no, e dove entrambe erano suddivise in 3 caratteristiche
positive e 3 negative. I risultati avevano mostrato come le persone a cui era stato preattivato il concetto di aggressivit giudicavano Donald
aggressivo sia per le caratteristiche negative che positive, mentre il giudizio non variava in tutte le scale che non avevano avuto a che fare con
l'aggressivit. Questo evidenziava in maniera lampante che era stato possibile preattivare il concetto di aggressivit.
Interferenza tra processi
La mente in grado di gestire in parallelo una certa serie di processi che possono andare in canali totalmente distinti, oppure possono avere una
certa interferenza tra di loro, per esempio in processi simili quando viene analizzata la stessa sorgente di informazione e quindi richiesta di
allocare in maniera ottimale la risorsa cognitiva.
Questo paradigma prevede che gli stimoli veicolino delle informazioni in realt ridondanti durante l'esecuzione di un compito, al fine di innescare un
processo automatico di elaborazione: da una parte ci sono processi iper-appresi tale per cui certe informazioni non possono essere n ignorate n
bloccate poich partono senza controllo, e dall'altra ci sono compiti da svolgere in maniera strategica, come formulare previsioni o giudizi, sotto
controllo cosciente. Il paradigma postula che modificando l'informazione che innesca il processo automatico, sia possibile stimare le risorse che
questo processo sottrae al compito strategico, poich entrambi i processi sono in competizione in quanto si basano sulla stessa quantit di risorse di
elaborazione.
Effetto Stroop
L'effetto Stroop si basa sul verificare in che colore scritta una parola facendo uso dell'informazione ridondante, ovvero la lettura del significato
della parola stessa sottrae risorse al compito di denominazione del colore per il semplice fatto che di fronte a una parola sia impossibile non
leggerla e ci ne influenza il compito strategico. Attraverso questo effetto possibile indagare sulla struttura e sul funzionamento degli stereotipi.
Un esempio dato dal colore della pelle. Pi una persona utilizza gli stereotipi per descrivere gruppi esterni, e pi questo medesimo processo
sottrae risorse al compito in competizione. Se dovessimo mostrare una foto di un nero sorridente a due soggetti in cui uno fa largo uso di stereotipi
e l'altro molto meno, e chiedessimo loro che tipo di espressione ha la persona nella foto, vedremmo due differenti velocit di risposta: la persona
che solita usare stereotipi nei processi di pensiero impiegher molte delle risorse sottratte dall'elaborazione automatica dello stereotipo che verr
innescata alla comparsa di un individuo di pelle scura e tarder la risposta, mentre il compito sar meno disturbato in chi fa poco uso di stereotipi
poich non "ingolfer" i propri processi di pensiero con l'automatizzazione del processo automatico di stereotipizzazione.
A cosa SERVONO gli stereotipi

Gli stereotipi possono certamente irrigidire le interazioni sociali, ma svolgono anche tutta una serie di funzioni molto importanti sia per la persona
che per il contesto sociale in cui l'individuo agisce. La persistenza e la salienza degli stereotipi possono avere due tipi di spiegazione: una pi
cognitiva e l'altra pi di ordine sociale.
Gli stereotipi come strumenti cognitivi
Quando dobbiamo pianificare incontri o gestire interazioni con le persone, soprattutto se le conosciamo poco, il fatto di sapere che appartengono a
una determinata categoria sociale ci potrebbe aiutare a capire con chi "abbiamo a che fare": lo stereotipo ha proprio la funzione di completare il
quadro delle informazioni di cui si ha bisogno per poter pianificare il nostro comportamento (compresi anche quelli negativi o non allineati con la
realt, conservati in memoria). La capacit dello stereotipo di essere un valido strumento per ottimizzare la distribuzione delle risorse stato
ampiamente comprovato.
Nell'esperimento di MacRae, Milne e Bodenhausen (1994) ai partecipanti veniva chiesto di svolgere due compiti in contemporanea a partire da sue
importanti assunti: il primo riguarda il fatto che le risorse sono variano nelle persone e sono in ogni caso limitate, e la seconda che se le stesse
risorse sono destinate a un compito non possono essere impiegate per un altro. I compiti riguardavano la formazione di impressione di personalit
dove da una parte veniva letto loro un brano tramite una cuffia ben sapendo che poi dovevano rispondere a domande in tema con l'ascolto, mentre
contemporaneamente apparivano su uno schermo una serie di tratti descrittivi di una persona. Nel gruppo sperimentale compariva anche
l'informazione stereotipata che la persona descritta era uno skinhead inglese, mentre nel gruppo di controllo il riferimento era omesso. Le variabili
erano sia il numero di tratti che venivano ricordati in maniera esatta e il numero di risposte corrette sul brano ascoltato. I risultati mostrarono che
solo nel gruppo sperimentale si riscontr una elevata performance sul ricordo dei tratti ricordati proprio perch lo stereotipo, in quanto schema,
era intervenuto sia nella fase di codifica delle informazioni prese dalla memoria a lungo termine, la cui rievocazione facilitata dalla associazione e
dal legame delle informazioni stesse. Si concluse che l'uso dello stereotipo aiuta il processo nmestico.
Processi AUTOMATICI di stereotipizzazione
Pi gli stereotipi vengono utilizzati e maggiormente il loro uso diviene automatico, ed questa la ragione per cui sono utilizzati in egual misura da
chi condivide e da chi apertamente li disapprova.
Patricia Devine nel 1989 ha realizzato una delle prime ricerche in cui stato evidenziata la possibilit di un'attivazione di tipo automatico di uno
stereotipo, quello degli afro-americani in particolar modo. Il suo presupposto che impossibile vivere in una societ senza conoscerne gli
stereotipi condivisi (barzellette, mass media...), e che lo stimolo associato allo stereotipo attivi il costrutto presente in memoria. Le persone che
hanno un elevato pregiudizio sono quelle che presentano una maggiore coerenza tra stereotipi ed opinioni personali.
L'esperimento consisteva nel chiedere ai partecipanti di fornire un'impressione su una persona sulla sola base di una descrizione composta da una
serie di azioni compiute e valutate in termini di maggiore o minore ostilit. Prima per gli stessi partecipanti erano sottoposti ad una lista di 100
parole presentate ognuna per non pi di 80 millisecondi, cio non individuabili dai soggetti che invece percepivano dei semplici fasci di luce. A una
met la lista esposta conteneva circa l'80% di parole legate allo stereotipo di afroamericano, ovvero pigro, ritmo, ghetto, negro etccc che non erano
collegate direttamente all'aggressivit, la quale caratteristica era invece riconosciuta come un tratto centrale dello stesso stereotipo. L'altra met
invece vedeva un'esposizione di parole connesse allo stereotipo solo per circa il 20%.
Inoltre la persona da descrivere tramite i tratti non era identificata in termini di etnia. I risultati della ricerca hanno confermato che coloro i quali
erano stati esposti alla lista con maggiore percentuale di parole stereotipate si era verificata un'attivazione dell'intero stereotipo ivi compreso
quello legato all'aggressivit, risultato evidente dal fatto che queste persone bersaglio si erano mostrate decisamente pi ostili rispetto all'altra lista
pi neutra, oltre che pi aggressive loro stesse. Quindi la ricerca dimostra che il modo in cui interpretiamo i comportamenti di un'altra persona pu
essere influenzato dallo stereotipo il quale pu insinuarsi senza che ce ne rendiamo conto.
Ricerche simili le hanno condotte anche Bargh, Chen e Burrows (1966) dimostrando come lo stesso stereotipo sui afroamericani, e la relativa
ostilit, possa essere attivato anche dalla semplice presentazione subliminale di un volto. Tramite un noiosissimo compito sull'individuare il giusto
numero di cerchi che apparivano su un monitor, i partecipanti tutti non afroamericani, venivano sottoposti a una presentazione subliminale di una
foto che veniva mostrata a una met di soggetti di origine afroamericana, mentre e all'altra di origine europea. Dopo ben 130 prove a causa di un
fittizio errore si diceva ai partecipanti che era necessario rifare il compito, sotto l'occhio di una telecamera che avrebbe registrato i comportamenti
in seguito analizzati da sperimentatori che non erano al corrente dello scopo della ricerca. Le persone esposte ai volti dei afroamericani avevano
evidenziato una reazione significativamente pi ostile.
Le ricerche della Devine hanno messo in evidenza come lo stereotipo automatico possa influenzare i processi cognitivi, mentre quelli di Bargh, Chen
e Burrows davano un lampante esempio di come tale attivazione influenzasse il comportamento.
Sempre Bargh e Chen hanno portato avanti un altro esperimento di gioco di coppia il cui scopo era quello di indovinare una lista di parole, dove
per un membro dei due era stato precedentemente sottoposto alla visione subliminale di foto di persone. A met coppie i ritratti erano di
afroamericani, all'altra met invece erano volti europei. Venivano poi registrati e valutato da sperimentatori all'oscuro della motivazione della
ricerca. Si ebbero due risultati: il primo che risultavano pi ostili coloro che erano stati esposti ai volti afroamericani, e secondo ne rimanevano
colpiti anche i loro partner nonostante non fossero stati esposti alle foto. In altre parole la semplice esposizione subliminale in grado di attivare
l'intero stereotipo che ha come tratto centrale l'aggressivit sia la persona influenzata dalla fotografia, sia il partner che era esposto solamente alla
condotta ostile del proprio compagno che lo porta a reagire in maniera ostile. Queste ricerche hanno destato molte preoccupazioni, soprattutto
per il fatto che sembrano sostenere l'inevitabilit dell'attivazione e dell'applicazione degli stereotipi, anche senza la consapevolezza della persona.
Possibilit di CONTROLLO del processo di stereotipizzazione
Il modello della Devine sul funzionamento degli stereotipi prevedeva un tipo di inibizione attivo dei contenuti del pensiero non desiderato, ripreso
da altri autori per comprendere come questo potesse avvenire e in quali condizioni.
Wegner (1992) introdusse il Concetto di monitor, cio la modalit di guardare nella memoria di lavoro con automatismo e ciclicit. Quando si
attiva uno stereotipo che non desiderato, si avvia un processo di tipo strategico che attiva dei distrattori (tieni la bocca chiusa, pensa ad altro
etc...) in modo tale da mettere in atto una serie di strategie che liberano la memoria per questi contenuti indesiderati. Ci sono due fasi distinte: la
prima quella del monitor di attivazione automatico e dunque non dispendioso, seguita dalla fase strategica di inibizione dei contenuti. La
mancanza di risorse cognitive pu rendere inefficace la fase di inibizione.
Un altro esperimento riguarda la compilazione di un questionario sul machismo condotto nel 1993, in cui i partecipanti venivano stimolati da
contenuti di tipo sessista durante il completamento di frasi tendenziose. Una parte, veniva istruita a non essere sessista, mentre all'altra non veniva
data nessuna istruzione in merito, ed inoltre ad alcuni erano lasciati 10 secondi (minor risorse) per rispondere mentre altri non erano sottoposti ad
alcuna restrizione temporale. I risultati hanno mostrato che chi possiede risorse adeguate e una motivazione nel bloccare gli stereotipi otteneva un
punteggio basso, ovvero non sessista e senza fretta, mentre chi usava il monitor per non essere sessista ma non aveva risorse (il tempo dato)
risultavano i pi sessisti. Quindi, una volta attivato lo stereotipo, questo viene utilizzato per forza nel caso in cui scarseggiano le risorse cognitive.
Per Devine e Monteith (1999) il tema della controllabilit degli stereotipi deve tenere conto di alcuni importanti fattori a partire da tre temporalit
differenti: successivamente all'attivazione per poter sostituire la risposta stereotipata con un'altra che sia basata sull'elaborazione pi accurata;

durante il corso dell'attivazione stessa in modo tale da provocarne un'interruzione e poter cos dare inizio a un processo controllato; prima
dell'attivazione tramite la prevenzione dell'attivazione stessa.
Il fatto di poter controllare o meno gli stereotipi si intreccia con il complesso tema della relazione tra processi automatici e quelli controllati.
Esistono tre modalit per riuscire ad evitare quelle informazioni che derivano dallo stereotipo attivato automaticamente: in primo luogo
necessaria la consapevolezza dell'attivazione dello stereotipo, in secondo luogo fondamentale avere disponibili delle risorse cognitive senza le
quali non si riesce nella sostituzione della risposta accurata su quella coerente con lo stereotipo, e infine deve sussistere una motivazione
sufficiente. In altri termini il risultato di un processo automatico pu essere inibito, a condizione di avere disponibilit di risorse e se il soggetto
motivato nel farlo.
La motivazione stimolata da fattori situazionali, come ad esempio la salienza di alcune norme sociali che riflettono la non appropriata
manifestazione di stereotipi nonch dei pregiudizi, oppure gli espliciti inviti nel non usare gli stereotipi, o ancora quelle condizioni che rendono
interdipendente la relazione con la persona che fa parte del gruppo stereotipato: queste condizioni accrescono la motivazione e inducono a una
risposta pi accurata. Inoltre i fattori situazionali tendono a far evitare la risposta allineata con uno stereotipo gi attivato anche in quelle persone
che nonostante lo condividano, non ne vogliono adottare un comportamento ritenuto indesiderabile o potenzialmente rischioso a livello sociale.
Per evitare uno stereotipo gi attivato si possono usare varie strategie: la ricerca di informazione aggiuntiva che permette di indagare su aspetti
specifici della persona sotto il tiro dello stereotipo (richiede per uno sforzo e tempo), sostituire direttamente la risposta coerente con lo stereotipo
con un'altra di tipo egualitario con la condizione che sia chiaramente individuabile, correzione della risposta fondata sullo stereotipo che dipende,
per, dall'essere consapevoli della distorsione che comporta lo stereotipo e ne riconosca direzione e intensit, e sopprimere i pensieri che dallo
stereotipo derivano con altrettanti con il rischio paradossale di aumentare l'accessibilit agli stessi pensieri stereotipati.
Sinclair nel 1998 ha evidenziato come i fattori motivazionali possano inibire l'attivazione degli stereotipi e lo ha fatto con un esperimento, i cui
partecipanti (tutti bianchi) ricevevano una valutazione delle lo prestazioni da un collaboratore afroamericano dello sperimentatore. I soggetti erano
divisi a met nel ricevere una valutazione che poteva essere 50% negativa o 50% positiva. Nel frattempo un altro gruppo di partecipanti osservava
un soggetto che riceveva la stima negativa o positiva da parte dell'afroamericano. In una seconda fase colori i quali avevano ricevuto la valutazione
erano portati a credere di essere impegnati in un compito di semplice completamento di parole a partire da frammenti che potevano contenere,
oppure no, dei termini connessi allo stereotipo legato allo stereotipo dell'afroamericano. Va da s che il numero dei completamenti connessi al
medesimo stereotipo rappresenti una misura della sua stessa attivazione. I risultati mostrarono che i partecipanti che avevano ricevuto una
valutazione positiva esibivano un numero significativamente inferiore rispetto a tutti gli altri partecipanti. Inoltre le confermate ipotesi dei
ricercatori portarono a concludere che ricevere una valutazione positiva portava a non avere l'interesse nello svalutare la fonte che lo aveva
valutato, ma piuttosto avrebbe avuto motivazioni per inibire l'attivazione dello stereotipo, contrariamente a chi, nella valutazione negativa, aveva
l'interesse di screditarne la fonte per evitare un impatto negativo sulla valutazione della propria stima e quindi di non ostacolarne l'attivazione.
Coloro che invece si erano limitati all'osservazione non avevano nessun interesse nel difendere o screditare la fonte e quindi non sussisteva nessuna
motivazione per impedire l'attivazione dello stereotipo.
Devine e Monteith (1999) hanno proposto un Modello di autoregolamentazione grazie al quale possibile possibile un controllo di tipo
automatico capace di agire a livello di interruzione o inibizione completa della stessa attivazione. Questo modello fa leva sul fatto che le risposte che
discendono dall'attivazione automatica dello stereotipo possano essere in grado di produrre danni all'immagine della persona. Ad esempio se in un
centro commerciale nordamericano una persona bianca vedendo una persona nera le si rivolga pensando che fosse una commessa e scoprendo che
non lo , commetterebbe una gaffe e di conseguenza sentirsi imbarazzata ( apparsa come una persona con pregiudizi e priva di tatto) o in colpa
(ha avuto un comportamento riprovevole in contrasto con i propri principi morali). In questo modo l'esperienza associata a qualcosa di sgradevole
risulter un espediente tale per cui prima di applicare di nuovo la stessa risposta ci "penser su due volte". Di fatto diverse ricerche dimostrano che
le persone (circa 80%) si rendano conto di reagire in base a pregiudizi valutati per come non giusti.
Un'altra caratteristica del modello dell'autoregolamentazione si fonda sul concetto che una persona che ha interiorizzato il senso ugualitario e fa
un'esperienza negativa utilizzando una risposta stereotipata, percepisce il senso di colpa come una punizione. In effetti Monteith e Walter (1998)
hanno evidenziato che le persone che hanno un basso pregiudizio esperiscono emozioni pi negative ed intense per le proprie risposte stereotipate
rispetto a chi ha un livello alto.
Questo modello si basa sul modello di autoregolamentazione di Gray secondo il quale una risposta discrepante rispetto ai propri standard in grado
di attivare il "sistema di inibizione comportamentale", detto BIS che porterebbe all'identificazione di quegli elementi che in un futuro potranno agire
come indicatori di rischio di punizione. Il Bis quindi produrrebbe un rallentamento del comportamento in atto, che consentirebbe da una parte
l'interruzione dell'attivazione dello stereotipo, e dall'altra stimolerebbe la produzione di una risposta accettabile per gli standard personali.
L'aspetto pi innovativo e interessante di questo modello proposto dai due autori conduce, grazie alla pratica fatta dall'interruzione quindi
dell'attivazione automatica dello stereotipo in quei contesti simili all'esperienza iniziale avuta, possa portare in una sorta di reazione naturale e
immediata che renderebbe automatico il processo di inibizione. Questo modello sarebbe anche facilmente applicabile nella vita quotidiana e non
richiederebbe, una volta consolidato, nessuno sforzo n l'utilizzo di particolari risorse cognitive.
Differenze individuali nell'attivazione automatica degli stereotipi
Devine ha sostenuto che non esistono differenze individuali rispetto all'influenza degli stereotipi nel senso che l'attivazione automatica per tutti.
Nelle sue ulteriori ricerche sempre sulle persone afroamericane, aveva cercato di suddividere i partecipanti in coloro che avevano una alto
pregiudizio con quelli che ne avevano uno basso o nullo, e per far ci aveva utilizzato una nuova scala di razzismo moderno in grado di captare
anche forme sottili di discriminazione razziale in cui non erano contenute affermazioni che in maniera diretta ed esplicita si riferivano a reazioni
ostili nei confronti degli afroamericani. Cos nel 1989 dopo aver distinto i partecipanti in base al livello di pregiudizio, li sottopose a due differenti
prove sotto l'effetto del priming: la prima avrebbe attivato una impressione di una persona con comportamenti ambigui e riconducibili nei termini
dell'ostilit e che quindi avrebbe permesso di rilevare in maniera automatica e indiretta l'attivazione dello stereotipo, mentre la seconda consisteva
nell'elencare tutti i pensieri che venivano in mente se si consideravano cittadini afroamericani, ovvero una prova esplicita di esibizione dello
stereotipo. I risultati avevano indicato che nella prima prova non emersero significative differenze tra i livelli di pregiudizi dei partecipanti e quindi si
era attivato lo stereotipo e il concetto centrale di ostilit indifferentemente in tutti i soggetti, mentre nella seconda prova i partecipanti che
avevano evidenziato un basso razzismo erano quelli che indicavano anche un basso e significativo minor numero di tratti negativi e un numero
maggiore di quelli positivi. Devine quindi concluse che l'attivazione automatica degli stereotipi prevalenti in una cultura riguardano
indipendentemente tutte le persone al di l se a livello cosciente condividono o meno lo stereotipo, e dove chi possiede un basso livello di
pregiudizio pu solamente controllare o inibire il manifestarsi dello stereotipo a condizione di essere cosciente della stesse manifestazione.
Russel Fazio, che contest i risultati della Devine per l'inadeguata scala di razzismo usata, us la gi sperimentata misurazione basata sulle reazioni
affettive automatiche per differenziare i livelli di pregiudizio, poich era empiricamente gi stato confermato come le reazioni affettive positive
rendessero pi veloce il riconoscimento di parole positive mentre reazioni affettive negative permettessero un pi rapido riconoscimento di parole
negative. Fazio us l'induzione della reazione affettiva tramite il metodo della sublimazione e ne misur, in termini di tempo, quanto la
presentazione sottostimolo di fotografie di afroamericani potesse ridurre o meno il riconoscimento di parole negative o positive rispetto a soggetti
in condizioni normali (senza stimoli subliminali): ovvero quanto maggiore pu essere l'effetto di facilitazione prodotto, altrettanto maggiore

risulterebbe la reazione affettiva negativa indotta dalla presentazione di fotografie di persone afroamericane. L'autore dopo aver osservato che tutti
i partecipanti bianchi si differenziavano tra di loro per l'ampiezza manifestata dall'avvenuto effetto di facilitazione (reazione affettiva negativa),
decise di dividere in due i soggetti, ovvero tra coloro che avevano manifestato una elevata facilitazione e quindi elevato pregiudizio, con quelli con
bassa facilitazione, e di sottoporli inizialmente alla compilazione di una scala di razzismo moderno, e successivamente a una serie di compiti grazie
ai quali si sarebbero potuti manifestare i pregiudizi. Uno di questi prevedeva l'interazione con un finto ricercatore afroamericano il cui
comportamento di ogni singolo partecipante sarebbe poi stato valutato in termini di atteggiamento amichevole e di reale interesse. I risultati
indicarono che coloro che avevano un elevato pregiudizio erano stati sia meno amichevoli che meno interessati rispetto a coloro che avevano un
basso pregiudizio. Di conseguenza la misura di pregiudizio basata sulla reazione affettiva automatica si era rivelata un misura in grado di poter
prevedere atteggiamenti legati all'espressione del medesimo pregiudizio, nonostante non si correlasse con la scala di razzismo moderno, giudicata
da Fazio e colleghi come una misurazione troppo esplicita e quindi inutilizzabile in contesti dove, ad esempio, l'espressione di pregiudizi era vista
come una forma scorretta.
Esperimenti sul sovraccarico cognitivo nell'attivazione automatica dello stereotipo
Una linea di ricerca si era interessata ai quei fattori che potevano sia ridurre l'inevitabilit dell'attivazione automatica degli stereotipi e sia, come
conseguenza, mostrare come anche la stessa attivazione producessero uno sforzo cognitivo.
Gilbert e Hixon nel 1991 studiarono gli effetti in condizioni di sovraccarico cognitivo. L'esperimento consisteva nel coinvolgere i partecipanti a
ricomporre parole i cui frammenti erano presentati mediante un filmato nel quale un'assistente asiatica o bianca tenevano in mano dei cartoncini
sui quali erano stampati i frammenti di parole. Met dei frammenti erano stati creati in modo tale sia da elicitare il completamento connesso allo
stereotipo di origine asiatica (come ad esempio la parola RI_E, rice = riso in inglese, oppure POLI_E, polite = educato), sia da permettere la
costruzione di vocaboli non connessi allo stesso stereotipo, e dove, di conseguenza, il numero di completamenti avrebbe rappresentato la misura
dell'attivazione dello stesso stereotipo, ovvero quanto la presenza dell'assistente asiatica o bianca potesse innescare lo stereotipo medesimo.
Mentre met dei soggetti dovevano affrontare questa prova, la met rimanente era impegnata in un compito di memorizzazione di un numero a
otto cifre durante il completamento delle parole, in modo tale da generare una condizione di sovraccarico cognitivo.
I risultati evidenziarono due importanti aspetti: da una parte come i partecipanti esposti all'assistente asiatica avessero realmente formulato un
numero maggiore di completamenti coerenti con il relativo stereotipo, mentre dall'altra gli stessi completamenti sotto il sovraccarico cognitivo non
erano variati in base all'appartenenza etnica dell'assistente. Inoltre Spencer e colleghi nel 1998 confermarono come il sovraccarico fosse in grado di
bloccare anche l'attivazione automatica dello stereotipo sulle persone afroamericane.
La conclusione di questi esperimenti ci portano a fare due considerazioni: la prima evidenzia come l'attivazione automatica degli stereotipi non sia
sempre e comunque inevitabile, ma anzi ci portano a vedere che debbano soddisfare alcune condizione che definiscono il medesimo processo
automatico, come ad esempio la non consapevolezza o la non intenzionalit, mentre la seconda denuncia come la messa in moto del medesimo
processo richieda realmente uno sforzo cognitivo e dove un eventuale sovraccarico ne possa bloccare l'attivazione.

La comunicazione NON verbale


Nella vita quotidiana abbiamo a disposizione varie modalit attraverso le quali basiamo le nostre impressioni, compiamo uno scambio dinamico di
informazioni, come l'espressione del volto, i gesti, la posizione del corpo, lo sguardo etc... che svolgono la funzione di esprimere le emozioni oppure
manifestare atteggiamenti ed esibire tratti della personalit.
Radice biologica
Il primo contributo arriva sicuramente dalla pubblicazione di Darwin nel 1872 L'espressione delle e mozioni nell'uomo e negli animali, dentro il quale
le emozioni vengono viste come veicoli degli stati emotivi come denominatore comune a tutte le culture e sviluppare per la loro importanza in
termini di sopravvivenza. La maggiore comunicazione porterebbe a un controllo del comportamento degli altri e quindi di sopravvivere.
Diverse ricerche hanno confermato che l'espressione del volto definita e riconosciuta anche in culture distanti tra loro, e corrispondenti a 6
emozioni di base: rabbia, paura, felicit, tristezza, sorpresa e disgusto. A dire il vero recenti ricerche ridimensionano questa visione asserendo che le
persone riconoscono le emozioni non solo dal volto ma anche dagli elementi che sono presenti nel contesto ove l'espressione stessa si manifesta:
una stessa espressione del volto pu avere differenti interpretazioni in base alla cultura nella quale viene espressa; come ad esempio il sorriso
vissuto come un segnale positivo nelle culture occidentali ma diversamente in alcune culture asiatiche.
Radice antropologica e sociologica
L'interesse degli antropologici indirizzata alla struttura della comunicazione non verbale tra individui di differenti culture. Nel 1941 Efron verific
le credenze comuni su ebrei ed italiani riguardo la loro maggiore capacit di gesticolare rispetto ai cittadini nordeuropei. Fece una ricerca in cui
confront italiani ed ebrei di New York che, da una parte vivevano a contatto con i membri tipicamente della propria cultura di origine (Little Italy o
Jewish Lower Est Side), e dall'altra con coloro che invece vivevano in differenti zone della citt. I risultati descrissero che esisteva una significativa
influenza nei gesti da parte sia della cultura che della lingua; coloro che vivevano nei tipici quartieri della cultura di origine gesticolavano di pi
rispetto a coloro che si erano assimilati nel tessuto sociale, e inoltre gesticolavano di pi mentre parlavano la loro lingua piuttosto che in inglese.
Una linea di ricerca importante fu quella condotta da Hall sull'uso della distanza personale che lui chiamo "la dimensione nascosta" (hidden
dimension). Riferendosi agli americani di classe media propose 4 distanze o zone spaziali:
La distanza minima (fino a 45 cm) caratterizzata dalle relazioni d'amore o di lotta, dagli sguardi ravvicinati, e dalla reciproca percezione degli odori.
La distanza personale (da 45 a 120 cm) contrassegnata da discussioni private che consente anche lo studio del volto ma non di quello del corpo.
La distanza sociale (da 120 a 360 cm) identificata come area in cui avvengono la maggior parte di discussioni diadiche che diventano via via pi
formali con l'aumentare della distanza.
La distanza pubblica (da 360 cm in poi) che consente da parte di terzi di osservare ed ascoltare l'interazione sociale e dove tipicamente si fa un
grande uso dei gesti.
Questa distinzione ha la caratteristica di essere applicata anche per effettuare confronti con differenti culture, come ad esempio tra Nord e Sud
d'Italia, dove la distanza che consente il contatto verrebbe mantenuta come "personale" al Nord e diversamente come "intima" al Sud.
Le abilit sociali non verbali focalizzano l'attenzione sulla comunicazione di emozioni e come tale l'abilit interagisce nell'ambito. Con il termine
"espressivit" si intende il grado di facilit con cui i sentimenti delle persone possono venir letti grazie ai comportamenti espressivi non verbali,
esibiti in situazioni dove non presente l'intenzione esplicita di non voler comunicare ad altri le proprie emozioni.
Trattando le radici sociologiche non si pu non nominare Mead che vedeva l'interazione sociale come una "conversazione di gesti" grazie ai quali le
persone potevano arrivare a capire sentimenti, i pensieri e le emozioni dell'altro e di conseguenza poter orientare il proprio comportamento.
Influenzato dall'interazionismo simbolico Goffman ha sviluppato un'analisi in cui gli elementi non verbali concorrono alla negoziazione sia delle
identit, sia nel definire le situazioni quotidiane di interazione.

Influenza della comunicazione non verbale


Nelle ricerche di De Paulo e Friedman (1998) si visto che le differenze individuali rispetto alla capacit di interpretare segnali non verbali non solo
esistono, ma possibile pure effettuare una misurazione con strumenti appositi, di cui quello pi usato il PONS, seppur riguardi solo livelli medioalti di competenza. Le donne, ad esempio, rispetto agli uomini pare posseggano maggiori capacit nel riconoscimenti di espressioni del volto
spontanee, ma meno accurate per quelle artefatte o ingannevoli.
In uno studio di Buck nel 1976, sono state somministrate delle diapositive a dei soggetti in grado di suscitare delle reazioni emotive e
contemporaneamente venivano registrati, a loro insaputa, anche i loro volti con delle videoregistrazioni, la cui espressivit veniva valutata sia da
altri che da autovalutazioni. Tipicamente le ricerche hanno evidenziato che l'espressivit uno stile personale relativamente stabile, spesso
correlata con l'estroversione, la dominanza e l'impulsivit. Inoltre l'espressivit rappresenta un'abilit sociale che trascina con se importanti
conseguenze sociali, poich quanto pi una persona espressiva, tanto pi viene percepita in modo pi positivo nel corso dell'interazione, viene
considerata pi attraente e piace di pi e infine cattura pi facilmente l'attenzione.
Per quello che riguarda in quale misura i segnali non verbali possono essere controllati, non ci sono studi ben precisi ma attualmente l'interazione
sociale richiede sia la capacit di esprimere le proprie emozioni, sia di regolarle rispetto alle norme vigenti all'interno della cultura in cui i soggetti
sono inseriti, in cui anche prestabilito il come e il quando tali emozioni possono essere espresse.
Secondo Leary (1995) in base alle diverse situazioni, le persone possono avere differenti livelli di consapevolezza rispetto a che tipo di impressione
si fanno gli altri di loro, a partire da una condizione di "totale dimenticanza dell'impressione", passando dal "controllo preattenzionale" e dal
"Controllo consapevole", fino ad arrivare a una "totale concentrazione" sulle impressioni suscitate negli altri. Se vero che nella vita quotidiana
raro avere un livello di totale focalizzazione sulle impressioni prodotte negli altri (attori, colloqui di lavoro) altrettanto vero che sono molto comuni
i livelli in cui la consapevolezza intermedia, e questo fatto influenza la comunicazione non verbale, in una modalit tale per cui non ne siamo
tipicamente consapevoli n come attori e n come osservatori. La variabilit dei segnali data dalla relazione tra chi le riceve e chi le attua, e
possono essere distinte in differenti gruppi di segnali non verbali:
Quelli che vengono emessi nei confronti di persone esperte o di individui che hanno uno status lavorativo superiore, sono differenti da quelli emessi
nei confronti dei pari o verso inesperti; quelli presenti nelle relazioni intime sono diversi da quelle di amicizie casuali o di quelle di incontri con
sconosciuti; quelli emessi da giudici sono variabili in funzione sia dell'et che dal livello di istruzione dei giurati; quelli che trasmettono il calore
affettivo degli insegnati dipendono dalla sofistificazione cognitiva e linguistica dei loro stesi allievi.
In ultima analisi i segnali non verbali subiscono l'influenza che derivano da come vengono gestite le impressioni, soprattutto se esse stesse derivano
da situazioni dove saliente la loro importanza: se dobbiamo chiedere un aiuto tendiamo ad imitarne i gesti e a dirigere con pi frequenza lo
sguardo nei suoi occhi oltre a sorridere di pi. Inoltre il controllo incrementa con l'et ed maggiore quando la motivazione moderata.
I segnali non verbali aiutano a scoprire chi mente
Le ricerche non hanno ancora individuato il segnale perfetto per individuare chi mente, tuttavia esistono degli indicatori che puntualizzano maggiori
probabilit, come ad esempio sia lo sbattere che avere le pupille dilatate, avere un tono di voce pi alto, esibire una contraddittoriet tra segnali di
diversi canali (guardo negli occhi ma mi allontano dall'interlocutore) oppure essere pi esitante nel parlare. Tipicamente un sorriso "vero" presenta
delle arricciature attorno agli occhi che quello "falso" non possiede, poich i muscoli attorno agli occhi sono difficili da controllare.
Tuttavia la semplice osservazione dell'espressione del volto non sufficiente a riconoscere chi mente.
Pare sia pi facile poter identificare una comunicazione menzoniera quando chi giudica ne conosce le motivazioni, come se se le aspettasse, oppure
quando chi sta fingendo ha una forte motivazione tale per cui finge in maniera esagerata. Bisogna concludere dicendo che diverse persone possono
mentire in maniera differente, con uno stile diverso.
Gli indicatori della comunicazione non verbale possono influenza le persone verso cui sono rivolti?
Le ricerche mostrano che non solo possibile, ma addirittura inevitabile. Si possono osservare due livelli: il primo in cui l'influenza reciproca del
comportamento non verbale in una situazione di interazione o semplice co-presenza, e la seconda rispetto al ruolo di mediazione dei segnali non
verbali capaci di influenzare le opinioni, i comportamenti e le prestazioni delle persone bersaglio.
Nel primo livello troviamo coloro che seguono una prospettiva evoluzionistica, in cui l'imitazione reciproca e il contagio dei segnali altro non
sarebbero che il risultato di un adattamento filogenetico ricolto alla comunicazione degli stati affettivi e motivazionali.
Secondo De Paulo e Freidman (1998) esiste un principio di reciprocit attraverso il quale a segnali non verbali si risponde con segnali altrettanto
non verbali e non con parole, le cui ragioni sarebbero le seguenti:
I segnali non verbali veicolano le informazioni socio-emotive in maniera pi facile ed altrettanto pi comodo rispondere con segnali non verbali;
possiedono una base biologica che fa si che essi siano di natura automatica; lo sviluppo del linguaggio avviene dopo aver appreso la necessaria
coordinazione della comunicazione non verbale; la comunicazione non verbale crea minore imbarazzo perch pu essere negata (dire un no spesso
fonte di disagio).
Diverse ricerche hanno indicato che anche la sola presenza di un'altra persona influenza il comportamento non verbale, portando a una sorta di
imitazione reciproca o di effetto specchio. Nei casi di vera interazione possibile osservare una progressiva convergenza nello stile della
comunicazione, ad esempio usando una uguale frequenza di sorrisi, velocit e volume della stessa comunicazione.
La mancanza di coordinazione la si osserva, invece, solo nei casi di malattia quali l'autismo, la schizofrenia e la depressione.
Nel secondo livello si tratta della trasmissione di aspettative che si hanno durante l'interazione con persone che appartengono alle categorie
associate a uno stereotipo negativo, ovvero la spirale negativa che dell'attivazione automatica dello stereotipo, conduce a produrre proprio nella
persona bersaglio quello stesso comportamento negativo previsto dallo stereotipo in questione.
Word, Zanna e Cooper nel 1974 hanno realizzato due indagini in successione: la prima con lo scopo di studiare come lo stereotipo possa influenzare
la comunicazione non verbale, mentre il secondo l'effetto di due tipi di comunicazione non verbale visti nel primo esperimento.
Il primo esperimento prevedeva che i partecipanti, tutti di razza bianca, dovevano simulare una situazione di intervista di selezione, sia con una
persona bianca sia con una persona afroamericana, e di cui ignorassero che le persone intervistate erano in realt dei collaboratori allenati
specificamente per rispondere in maniera standard. I risultati hanno rivelato che quando la persona afroamericana era a colloquio, gli intervistatori
oltre a mantenere una maggiore distanza fisica, facevano pi errori di linguaggio e cercavano di terminare prima l'intervista.
Nel secondo esperimento i collaboratori conducevano le interviste adottando i due stili apparsi nel primo esperimento, ovvero quello brusco e
distante dedicato alla persona afroamericana, oppure quello riservato al bianco. I veri partecipanti (sempre tutti bianchi) si trovavano nel ruolo di
coloro i quali devono affrontare un colloquio di lavoro e in maniera del tutto casuale, venivano sottoposti a uno dei due stili di trattamento. Due
valutatori, all'oscuro delle condizioni sperimentali, guardavano le relative videoregistrazioni con l'attenzione solo sul comportamento degli
intervistati con il fine di dare loro un punteggio di competenza. I risultati mostrarono che i soggetti che avevano subito il trattamento "da
afroamericano" venivano significativamente valutati meno competenti rispetto agli altri soggetti.
L'importanza di questa indagine sta nel fatto che stato dimostrato che il trattamento normalmente riservato alle persone come gli afroamericani,
quindi discriminate, possa indurre anche in persone bianche, quindi discriminanti, un comportamento che viene stimato come minore competente.

Le preoccupanti implicazioni sono confermate e attutite dalle ricerche di Chen e Bargh (1997) che mettono in risalto come effetti analoghi possano
essere prodotti quando l'attivazione dello stereotipo avviene in modo automatico. Sono ricerche che rendono chiaro il fenomeno della profezia
autoverificantesi.
Il futuro della personologia ingenua
La maggior parte delle ricerche nel campo della personologia ingenua segue il paradigma di ricerca di Asch, cio vengono usate quelle informazioni
verbali che si rivolgono alla persona bersaglio della quale i partecipanti si formano una impressione, ma sempre all'interno del contesto della
situazione di laboratorio e quindi lontano dalle situazioni della vita quotidiana.
David Kelly (1994) nel suo Modello delle relazioni sociali, sostiene la necessit di usare i modelli che si appoggiano sulla differenza tra la percezione
di persone con gli oggetti inanimati. Per questo autore la percezione di oggetti unilaterale mentre quello della persone non lo (Tizio si fa
un'impressione di una sedia, ma la sedia non fa altrettanto su Tizio); le persone sono consapevoli del fatto che gli altri si formano un'idea di loro, e
cercano di conseguenza di immaginare e di influenzare l'impressione che gli altri si fanno; l'immagine di S ha un ruolo ben importante che
ovviamente non presente negli oggetti inanimati; le persone sono indubbiamente pi mutevoli degli oggetti fisici, specialmente in funzione della
persona con la quale si trovano.
Secondo questo autore il metodo tradizionale ha il difetto di ridurre la percezione delle persone ad un semplice processo unidirezionale, con
considerando le impressioni che le persone formano tra loro durante un'interazione. In questo senso Kelly ha elaborato un sistema statistico che
rendesse conto dei diversi aspetti che concorrono alla formazione di impressioni nella vita quotidiana.
Il modello delle interazioni sociali consente di compiere varie misurazioni: la percezione che ciascuno ha dell'altro (il modo in cui Tizio giudica Caio
e viceversa); la percezione che ciascuno ha di se stesso (come Tizio e Caio si valutano in termini di amichevolezza ad esempio); la metapercezione
(come ciascuno ritiene di essere valutato); la misura oggettiva delle due persone (l'amichevolezza giudicata indipendentemente da pi osservatori
esterni.
Con questo modello si possono raccogliere misurazioni sia pere gruppi che per diadi e consentono di rispondere a complessi interrogativi in parte
trascurati nella letteratura della personologia ingenua.
A cosa servono gli stereotipi? Categorizzazione sociale e pregiudizi
Allport affermava che il pregiudizio come il pensar male degli altri senza una ragione sufficiente, un'antipatia basata su una generalizzazione
sbagliata e inflessibile," una "credenza esagerata associata con una categoria", mentre per Kunda (2000) si tratta di struttura cognitiva che contiene
la nostra conoscenza, le nostre credenze e le aspettative circa un gruppo sociale. Il pregiudizio, rispetto allo stereotipo, viene connotato in maniera
pi temperata, meno negativa ed soprattutto valutativo e quindi non strettamente automatico.
Lo stesso Gordon Allport ha delineato i processi socio-cognitivi alla base degli stereotipi, cio i processi di categorizzazione e di generalizzazione. La
categorizzazione sociale l'inserimento di un individuo in una classe caratterizzata da una serie di tratti, mentre la generalizzazione il processo
che riconoscendo in un individuo tipico alcuni tratti, ne estende l'appartenenza all'intero gruppo a cui questo afferisce. Categorizzazione: mi basta
vedere un immigrato, che non conosco, per completare la mia impressione con tutti i tratti che rappresentano gli immigrati. Generalizzazione: vedo
un cinese che ha un certo atteggiamento, sapendo di altri atteggiamenti affini a questo che appartengono ai cinesi, penso che tutti i cinesi abbiano il
tale atteggiamento.
Una caratteristica degli stereotipi che mettono ordine dove non ce n', e il loro utilizzo influenza la qualit delle interazioni con il mondo sociale,
attraverso il sistematizzare, catalogare e incasellare tutte le informazioni che arrivano dal mondo, come riordinare una stanza. Questo processo ha
delle conseguenze importanti perch la struttura delle categorie si sovrappone alla percezione del mondo e gli conferisce una forma che non la
forma che ha il mondo, ma bens la forma che corrisponde alla struttura delle nostre categorie.
Tajfel e Wilkes nel 1963 si occuparono di un esperimento su come l'uso delle categorie usate per mettere un ordine si sovrappone e influenza la
variazione fisica. A dei partecipanti, il cui compito era quello di stimare una valutazione di grandezza, vennero presentate delle barre di dimensione
crescente e lineare, di cui le prime 4 erano contrassegnate con la lettera A e le rimanenti con la B, e in seguito presentate in ordine casuale. I
risultati mostrarono una discontinuit percettiva proprio in corrispondenza del passaggio tra le due etichette, cio sia le 4 barre A che le barre B
venivano viste come simili tra loro. Questo esperimento mette in luce che quello che noi percepiamo, in realt, il risultato della combinazione tra
la stimolazione che ci arriva dal mondo esterno e il nostro sistema di categorie, a cui si aggiungono dei meccanismi di tipo motivazionale innescati
dal fatto che ognuno di noi , comunque e sempre, parte delle categorie che utilizza per organizzare ilo mondo sociale. Noi quindi possiamo dare
forme alternative al mondo sociale a partire dal meccanismo della motivazione attraverso il mantenimento di un'immagine positiva di s.
Come gli stereotipi influenzano la valutazione delle altre persone e le loro condotte
Gli stereotipi e la loro applicazione possono influenzare la nostra impressione nei confronti di altre persone e del loro modo di comportarsi sia
condizionandone il significato, sia inducendo una bassa o addirittura una nulla considerazione. Le ricerche confermano che in presenza di un
comportamento ambiguo, da parte di una persona nei confronti della quale viene fatto aderire uno stereotipo negativo, lo stesso comportamento
viene interpretato da altre persone come qualcosa di negativo: basti pensare al nostro pensiero nel vedere una persona che cerca di aprire un
lucchetto se questa ben vestita e bianca oppure se un immigrato mal vestito.
Lo stereotipo ha la capacit di influenzare anche in che modo spieghiamo un dato comportamento, cio facendo attribuzioni interne o esterne,
ovvero a caratteristiche legate all'attore oppure a fattori situazionali.
Secondo Hamilton (1979) nei processi di attribuzione, i comportamenti allineati allo stereotipo (ovvero prevedibili proprio in base ad esso) vengono
tipicamente attribuiti alle caratteristiche proprie del soggetto bersaglio e di conseguenza visti come interni, mentre in maniera opposta, i
comportamenti contradditori sono attribuiti a fattori esterni al soggetto medesimo, riuscendo, in tal modo, ad evitare il confronto tra le strutture
stereotipate di conoscenza e quei dati espliciti che invece non le confermano.
Anche nelle ricerche di Taylor e Jaggi nel 1974 si evincono gli stessi principi: in una ricerca in cui soggetti Indu dovevano valutare e giudicare le
caratteristiche di Indu e Musulmani tramite l'uso di una serie tratti di personalit, avevano attribuito i comportamenti, desiderabili attuati da un
Indu come stabili e interni mentre quelli indesiderabili dovuti a caratteristiche situazionali e quindi esterne, mentre nella valutazione dei
comportamenti di un musulmano quelli desiderabili erano attribuiti a cause esterne e quelli indesiderabili invece a caratteristiche interne e stabili
dell'attore stesso.
Pettigrew (1979) sostiene che un comportamento positivo di membri di un gruppo diverso risulta inconsistente e sotto un'eventuale percezione
stereotipata negativa del gruppo stesso: l'osservatore nonostante la palese positivit del comportamento, compie un'operazione di distorsione sul
processo di attribuzione tale per cui lo percepisce sotto l'effetto di caratteristiche esterne.
Deaux e collaboratori hanno messo a fuoco gli effetti degli stereotipi sul genere, ovvero maschile e femminile, sulle attribuzioni di successo. In linea
con la tendenza dello stereotipo ai maschi vengono attribuite caratteristiche interne e stabili ai successi ottenuti (abilit e competenza), mentre agli
insuccessi cause esterne e instabili come la sfortuna, o anche stabili come una grande difficolt di un compito; in parallelo vedono i successi delle
femmine come caratteristiche instabili ed esterne (delegate alla fortuna o al caso), oppure interne (sforzo).
In sintesi gli stereotipi hanno capacit di influenzare le valutazioni che vengono formulate verso persone appartenenti a diverse categorie

spingendoci ad assumere differenti criteri per giudicarne le prestazioni, mentre in generale, si poco o per nulla consapevoli di utilizzare degli
standard diversi nel pesare le prestazioni di quelle persone che appartengono a categorie stereotipate, come uomini e donne.
Biernat e Manis (1994) si posero l'obiettivo di capire come uno stereotipo in realt influenzasse la valutazione di prestazioni; in tal senso chiesero ai
partecipanti di valutare un articolo di un giornale dividendo in due i soggetti: da una parte veniva passata l'informazione che era opera di una
giornalista, mentre dall'altra l'autore era un giornalista. Inoltre a met soggetti veniva chiesta una valutazione su una scala oggettiva in termini di
lettere dalla A alle E, mentre all'altra parte si chiedeva un giudizio soggettivo ancorato ad aggettivi in cui estremi andavano da terribile ad
eccellente. In questa ricerca gli sperimentatori usarono tre differenti articoli suddivisi in un tema maschile, uno femminile e uno neutro, in modo
tale che i partecipanti avessero casualmente a che fare con una delle dodici versioni del materiale e questionario, come ad esempio valutare un
articolo su un tema femminile scritto dal giornalista e collocarlo nella scala con lettere. I risultati si conformarono le aspettative (ad esempio la
giornalista era brava se l'articolo riguardava il tema femminile, meno brava se il tema era sul tema maschile e ugualmente brava se il tema era
neutro) se queste riguardavano una valutazione oggettiva su una scala ancorata a lettere, mentre non lo era quando la valutazione veniva espressa
su una scala che riguardava gli aggettivi. Di conseguenza nella valutazione soggettiva lo stereotipo non aveva mostrato segni di influenza poich sia
la giornalista che il giornalista avevano ricevuto una uguale valutazione indipendentemente dal tema dell'articolo. Gli autori spiegarono questa
particolarit concettualizzando che nella valutazioni soggettive possibile, in maniera inconsapevole, usare criteri comparativi diversi, tale per cui,
per rimanere nell'esempio, la valutazione di una nuova macchina sportiva redatta da un uomo meritevole di una A, potrebbe essere definita come
buono se dovesse essere scritto invece da una donna, che dunque lo potrebbe valutare con una B, ovvero una A per un uomo che scrive qualcosa
sul tema maschile, corrisponderebbe a una B per una donna che scrive sullo stesso tema, visto e considerato che non ci si aspetta che lei sia una
esperta in quel settore.
Le aspettative di ruolo sono importanti a tal punto che sono state evidenziate anche giuridicamente per episodi di responsabilit. Un esempio sono i
giudizi forniti per uno stupro, basati sulla concezione tradizionale in cui la donna debba essere circoscritta e limitata al ruolo di brava moglie,
nonostante possa possedere un lavoro che la rende indipendente: colei che rimane chiusa tra casa e chiesa, che si prende cura dei figli ed esegue le
mansioni da casalinga, cio tutte quelle condizioni che escludono qualsiasi rischio di stupro. Da qui l'ipotesi che una eventuale violenza possa essere
vissuta come qualcosa di cercato oppure di meritato dalla donna-vittima, maggiormente se si accetta la stessa concezione. Il ruolo attivato dallo
stereotipo tradizionale definisce il ruolo subordinato della donna rispetto all'uomo e dunque fornisce anche tutte le specifiche ipotesi che
trascinano con s sia la selezione delle informazioni che i giudizi espressi. La ricerca ha evidenziato che c' una tendenza significativa a valutare lo
stupro come meno gravoso per la donna-vittima, che sia da imputare a lei medesima la corresponsabilit dell'evento, e a richiedere ulteriori
informazioni sia sulla sua reputazione morale che un suo presunto comportamento situazionale di provocazione.
I lavori di Locksley (1980) hanno portato a ritenere che gli stereotipi si attivino solo quando non sono disponibili atre informazioni sui casi specifici,
ovvero la presenza dell'informazione situazionale si impone sullo stereotipo e ne neutralizza gli effetti. In linea con questa teoria anche Krueger e
Rothbart (1988) hanno osservato che l'informazione relativa a uno specifico caso sembra prevalere sullo stereotipo nel caso in cui siamo in
presenza di una forte informazione e di conseguenza, di un debole stereotipo.
Attualmente sono in vigore due modelli: Modello seriale e Modello parallelo.
I modelli seriali sono proposti da due modelli simili tra loro: il modello del continuum di Fiske e Neuberg e quello di Brewer e il suo modello a due
vie. In questo modello i processi cognitivi sono definibili seriali poich possono corrispondere sia a uno sviluppo dal basso verso l'alto in cui il
processo si basa sull'integrazione di elementi dell'informazione specifica, sia dall'alto verso il basso appoggiandosi su categorie ovvero gli stereotipi,
i quali iniziano per primi, spesso in maniera automatica. Ma nei casi di maggiore disponibilit cognitiva, e in presenza di particolari motivazioni o
scopi, le persone si impegnano in un ulteriore processo che a partire dall'informazione del caso specifico, porterebbe a una correzione
dell'impressione iniziale.
Quattrone (1982) aveva gi proposto nel suo modello, chiamato dell'ancoraggio e dell'aggiustamento, che il giudizio iniziale, oltre ad essere
automatico e dunque non richiedente sforzi, derivasse da uno stereotipo e che, sulla base delle informazioni relative allo specifico caso e solo in
presenza di capacit e motivazione, era fattibile una correzione.
Il modello parallelo proposto da Kunda e Thagard (1996) prevede che l'utilizzo dei due tipi di informazione avvenga in contemporanea e che si
influenzino l'un l'altro. Le diverse conferme che arrivano da diverse ricerche, rilevano che nel caso in cui le informazioni dello stereotipo non
vengano integrate con quelle relative allo specifico caso, esse stesse posseggano un'influenza pi sottile e indiretta sia nell'interpretazione della
specificit dell'informazione, sia sulle aspettative che le persone formulano rispetto agli atteggiamenti futuri dell'individuo bersaglio. Ad esempio a
partire degli stereotipi di una donna casalinga o di un operaio edile e messi all'interno di una stessa situazione di scortesia subita, cio nell'essere
insultati da una vicina e rispondere senza avere atteggiamenti aggressivi, in una valutazione di previsione del futuro delle loro personalit in cui
agisce lo stereotipo, pi probabile ritenere come probabile che l'operaio venga coinvolto in una rissa al bar e che faccia commenti pesanti sulle
donne o esibisca altri comportamenti in linea con lo stereotipo.
Interazione NEI gruppi cooperazione o conflitto
Interazione nei gruppi e gli studi in laboratorio
Gli studi degli psicologi sociali si sono indirizzati verso le situazioni a motivazione mista ovvero quelle situazioni in cui i soggetto hanno sia delle
buone ragioni per cooperare tra loro che per battere l'altro cercando di massimizzarne il proprio vantaggio.
Uno dei primi studi a opera di Deutch e Krauss (1960) tramite una procedura chiamata il gioco dei trasportatori in cui due partecipanti, nella
gestione di una compagnia di trasporti, possono fare pi o meno punti in base ai percorsi differenti che conducono in sede. Possono usare entrambi
strade differenti pi lunghe che per fanno perdere punti, oppure usare una strada comune che, percorsa alternativamente e in direzione opposta,
permette di guadagnare dei punti ma che entrambi possono decidere di bloccare con un cancello. I giocatori ripetono varie volte il percorso. I
risultati hanno mostrato come i partecipanti adottassero raramente la strategia cooperativa pi vantaggiosa e a maggioranza preferivano la
strategia competitiva.
Un'altra situazione sperimentale conosciuta con il nome di dilemma del prigioniero, dove all'interno di una simulazione, due partecipanti si
trovavano in stanze separate in un carcere per aver commesso un crimine. La polizia dichiarava di non avere prove della loro colpevolezza e i
soggetti potevano scegliere tra due alternative: la prima era quella che nessuno dei due confessasse a cui non seguiva una condanna ma solo una
pena minima, mentre nella seconda potevano confessare ed essere condannati ma per il confessore il giudice prometteva di chiederne
l'assoluzione. I partecipanti ripetono varie volte il gioco e il risultato finale conferma che nella maggior parte dei casi prevale una strategia
competitiva anche se non quella pi vantaggiosa.
La spiegazione dei risultati data da vari fattori: la struttura di ricompense, orientamenti personali e comunicazione.
La struttura di ricompense pu essere di tipo competitivo in cui il guadagno di una persona corrisponde alla perdita dell'altra (detta relazione di
interdipendenza competitiva), cio se si vogliono ottenere ricompense necessario competere, oppure pu essere di tipo cooperativo
(interdipendenza cooperativa) quando il successo di un individuo dipende da quello degli altri, oppure infine di tipo individualistico quando i risultati
che possono ottenere i membri sono reciprocamente indipendenti.
Le persone possono affrontare le situazioni sulla base di un proprio orientamento personale che pu essere cooperativo quando si cerca di rendere
pi elevato il guadagno comune, competitivo se l'obiettivo guadagnare pi degli altri (batterli), oppure individualistico per poter ottenere un

maggiore guadagno personale. I diversi tipi di orientamento possono derivare sia dal tipo della relazione, sia dalle norme vigenti in cui tale relazione
si sviluppa. I fattori culturali confermano, ad esempio, una maggiore competitivit dei bambini nordamericani rispetto a quelli messicani, cos come
quelli che vivono nei contesti urbani piuttosto che rurali, riprendendo il concetto di cultura collettivista o individualista.
Nelle ricerche si visto che se viene proposta la possibilit di comunicare, la cooperazione tende a crescere, anche se in alcune situazioni pu far
nascere o innescare conflitti, come ad esempio fare critiche distruttive che possono suscitare irritazione e voglia di rivincita.
I dilemmi sociali
I dilemmi sociali sono interazioni connesso con la realt, in cui l'interesse immediato del singolo in contrasto con l'obiettivo a lungo termine del
gruppo. Un esempio efficace dimostrato in situazioni tipo quella proposta da Glance e Huberman, dove un gruppo di amici si trova ad ordinare in
un ristorante dopo aver condiviso che il conto verr suddiviso in parti uguali. Da una parte scatta l'idea di prendere qualcosa di costoso che
verrebbe ammortizzato nel totale, dall'altra il timore che se tutti pensassero come lui alla fine il conto sarebbe salato per tutti. Nella vita sociale ci
sono varie situazioni in cui il singolo trae sempre vantaggio da una scelta non cooperativa indipendentemente dagli altri, oppure compie una scelta
non cooperativa che sempre pi dannosa per gli altri, oppure il danno totale per gli altri dettata da una scelta non cooperativa del singolo
sempre maggiore del vantaggio del singolo.
I dilemmi sociali si possono dividere in due categorie:
Le trappole collettive nelle quali i comportamenti vantaggiosi per le persone producono un danno per il gruppo (e anche per l'individuo) se
vengono messi in atto da un numero sufficiente di persone, come ad esempio la tragedia dei pascoli comuni, dove i pastori di un villaggio fanno
crescere il numero dei capi dei loro greggi fino al punto di esaurire lo spazio comune.
I recinti collettivi nei quali i risultati negativi per il gruppo (e individuo) avvengono quando un numero sufficiente di individui evita comportamenti
costosi per l'individuo, come ad esempio quando si trae beneficio da un servizio pubblico e un numero significativo di persone decide di non pagare
la corrispondente tassa, la cui conseguenza non cooperativa dei singoli pu portare all'abolizione del servizio per tutti.
In ultima analisi nelle situazioni di dilemma sociale i fattori che sono di particolare interesse riguardano la numerosit del gruppo (le scelte non
cooperative sono pi frequenti ma anche meno dannose), il tipo di relazione che esiste tra i gruppi (una scarsa identificazione dei membri
porteranno a fare scelte non cooperative), le norme del gruppo e la loro visibilit (sia nel senso di norme generali che favoriscono la cooperazione,
sia nel senso di norme relative alla specifica area comportamentale).
L'interazione FRA gruppi
Tajfel sviluppando la concezione di Sherif immagina che le differenti interazioni umane si possano collocare su un continuum che prevede da una
parte un estremo di un comportamento interpersonale (l'interazione esclusivamente data dalle specifiche caratteristiche personali) mentre
dall'altra il comportamento intergruppi (l'interazione data esclusivamente in quanto membri di gruppi diversi). Inoltre questo autore ha distinto le
situazioni di interazione intergruppi da quelle di interazione interpersonale, cio la presenza di almeno due categorie sociali facilmente distinguibili
(professori e studenti), una variabilit ridotta sia di atteggiamenti che comportamenti all'interno di uno stesso gruppo (scarsa variet degli
atteggiamenti degli studenti e anche degli insegnanti) e infine una ridotta variabilit di atteggiamenti e comportamenti di un individuo nei confronti
degli altri membri del gruppo (uno studente si comporta similmente come un insegnante), il cui criterio sociale dato dall'uniformit dei
comportamenti dei diversi individui che ne farebbe presupporre l'agire in base all'appartenenza o meno a un gruppo. L'autore conclude, in accordo
con Sherif, che le relazioni tra i gruppi siano date dalle relazioni tra individui, in base all'identit sociale degli individui e non in base alla propria
identit personale.
La riduzione del pregiudizio, Cosa avviene con i rappresentanti dei gruppi soggetti a pregiudizio?
L'idea che la tensione tra differenti gruppi possa essere ridotta grazie al contatto fra i membri di due gruppi una delle strategie che vengono
utilizzate per ridurre il pregiudizio. Allport (1954) segnalava che il semplice contatto possa essere la bacchetta magica che fa dissolvere pregiudizi e
conflitti, ma anzi in alcuni casi diventa il responsabile della maggiore salienza della minaccia rappresentata dall'altro gruppo. L'ipotesi del contatto
ha postulato una serie di condizioni che rendono in contatto efficace. Per Allport il contatto fra differenti gruppi pu produrre effetti positivi se
vengono rispettate alcune caratteristiche; deve sussistere in primo luogo un esplicito sostegno sociale ed istituzionale per contribuire a creare
nuove norme, in secondo luogo deve essere garantita l'opportunit, per entrambi i due gruppi, di sviluppare relazioni interpersonali significative in
modo tale sia da suscitare reazioni affettive positive, dare maggiori affinit tra i differenti membri e dispensare informazioni che contraddicono lo
stereotipo, in terzo luogo puntare a un'uguaglianza di status poich una buona fetta di stereotipi negativi contengono credenze sulle capacit
inferiori dei membri di minor status, e infine la presenza di uno scopo sovraordinato che richiede la cooperazione di membri dei diversi gruppi
seguita per da un risultato positivo, come confermato da studi empirici di Sherif.
Durante gli anni 80 diversi autori hanno proposto delle nuove interpretazioni in cui il contatto viene visto come una strategia atta a modificare i
processi cognitivi intergruppi, proponendo alcune condizioni in grado di influenzare il tipo di categorizzazione di S che reso saliente dalla
decategorizzazione (riduzione della salienza per favorire le interazioni a livello personale), dalla ricategorizzazione (spostamento dell'attenzione su
una categoria sovraordinata creando uno scopo comune, come evidenziato da Sherf nella Caverna dei ladri) e da un incremento della salienza di
dimensioni di categorizzazione incrociata (una differenzazione di due gruppi di uguale importanza che riduce i fenomeni di favoritismo e
discriminazione tra individui che hanno almeno un'appartenenza categoriale in comune. Ma la cosa pi importante che il contatto deve essere
piacevole (altrimenti tende a regredire). In una ricerca protestanti ed ebrei, hanno fallito gli obiettivi della ricerca perch non vi era piacevolezza
Il conflitto realistico - la caverna dei ladri, superare le condizioni competitive
Partendo dall'ipotesi del contatto di Allport, sherif sperimenta come le condizioni competitive possano essere superate. Sherif e i suoi colleghi
fecero un esperimento chiamato La caverna dei ladri realizzato in un campeggio estivo per ragazzi senza che questi fossero informati della natura
sperimentale. La prima settimana i due gruppi casuali occuparono differenti aree del campeggio e non vennero avvisati dell'esistenza dell'altro
gruppo e furono occupati con varie attivit sportive e di gioco. I ricercatori avevano l'idea di generare una condizione di conflitto tra i gruppi, ma
vennero anticipati proprio dai ragazzi non appena questi scoprirono l'esistenza di un altro gruppo e di gareggiare con esso. Dopo una serie di gare la
relazione tra i gruppi and deteriorandosi e dalle aggressioni verbali (insulti, nomignoli) si arriv all'ostilit aperta (distruzione di bandiere) che si
associava allo sviluppo di stereotipi negativi verso l'eso-gruppo. I ricercatori notarono invece una maggiore solidariet e collaborazione all'interno di
ciascun gruppo. Nella fase successiva l'esperimento prevedeva una riduzione del conflitto tramite l'introduzione di scopi sovraordinati, cio
mettere i gruppi di fronte a una situazione problematica la cui soluzione era data dall'unione delle forze dei due gruppi: infatti venne detto ai ragazzi
che il camion delle provviste era guasto ed era necessario collaborare per rimetterlo in sesto. I ricercatori ne valutarono gli effetti sia tramite
tecniche di osservazione che mediante questionari redatti dagli stessi partecipanti. Sherif afferm che il fatto di introdurre uno scopo sovraordinato
era risultato efficace per ribaltare una situazione di frizione tra i due gruppi poich erano stati capaci di cooperare per raggiungere insieme allo
scopo e che la medesima cooperazione aveva ridotto sia gli stereotipi sia i sentimenti negativi verso l'altro gruppo. In conclusione, si evidenziato
che il conflitto causato da una situazione di competizione nella quale i gruppi desiderano una stessa risorsa limitata ma che solo un gruppo pu
avere, e che la riduzione pu avvenire tramite uno scopo sovraordinato che infonde nei due gruppi la necessit di collaborare per raggiungere lo

stesso obiettivo.
Campbell chiam la teoria del conflitto quella frizione fra gruppi che viene causata dalla competizione per risorse limitate e dove la stessa relazione
conflittuale ha lo scopo di ottenere le risorse desiderate per il proprio gruppo ed evitare che invece possano essere sottratte dal un gruppo esterno.
Questa spiegazione stata applicata per spiegare ad esempio le ribellioni, le rivalit tra trib africane etc...
Differenzazione categoriale e favoritismo endo gruppo
Rabbie e Horwitz (1969) ne tentativo di definire le condizioni minime perch si sviluppi un conflitto tra gruppi, fecero un esperimento con alunni
olandesi che non si conoscevano, seguendo alcune condizioni sperimentali: da una parte venivano divisi in due categorie diverse (categorizzazione)
mentre nelle altre condizioni veniva introdotto un destino comune, come l'assegnazione a due gruppi, uno blu e uno verde, a cui successivamente
veniva detto loro di fare delle prove di percezione individuale senza per interagire con gli altri. Ai soggetti semplicemente "categorizzati" venivano
dati solo i questionari, mentre ai soggetti nella condizione di destino comune veniva promesso un premio per solamente assegnato ai membri di
uno dei due gruppi. I ricercatori volevano indurre la condizione di desiderio comune tramite tre condizioni di scelta del gruppo: scelta casualmente,
scelta fatta arbitrariamente dallo sperimentatore, oppure determinata dal voto dei partecipanti. In questo modo l'essere stati assegnati a un gruppo
significava avere la possibilit di ricevere il regalo desiderato, e quindi essere accumunati da una stessa sorte. Infine veniva chiesto a tutti i
partecipanti di valutare sia i membri del proprio gruppo, sia quelli dell'altro gruppo e sia l'atmosfera dei due gruppi. I risultati rilevarono un
fenomeno di evidente favoritismo nelle condizioni di destino comune sia da parte del gruppo che aveva ottenuto il premio, sia da quello che non lo
aveva ricevuto, confermando quindi l'effetto del destino comune.
Tajfel asseriva che la semplice assegnazione in una categoria di per s potesse originare il conflitto tra gruppi, anche in assenza di competizione o di
un destino comune. Secondo la sua teoria, nella relazione tra gruppi, i fenomeni di favoritismo e discriminazione sono un processo cognitivo
normale, cio una modalit in cui si tende ad utilizzare categorie o concetti per costruire una rappresentazione del mondo sociale e fisico, un
processo che lui chiam di differenzazione categoriale. Tajfel e la sua scuola sostengono che nonostante sia possibile collocare in differenti
categorie i gruppi di persone, noi tentiamo di usare una distinzione "sommaria" tra i membri del nostro gruppo con un quelli di un'altro, un "noi" e
un "loro". E questa distinzione di per s sarebbe sufficiente a stimolare il favoritismo per l'ingroup e la discriminazione verso l'outgroup. Sempre
questo autore sottopose le sue ipotesi a una procedura sperimentale meglio conosciuta come "paradigma del gruppo minimale". In pratica i
partecipanti reclutati per uno studio sui processi di decisione, venivano assegnati in modo casuale a uno dei due gruppi, ma veniva fatto credere
loro che l'assegnazione derivasse invece dalla similarit rispetto a della opinioni che loro stessi esprimevano sui pittori Klee e Kandiskij. I soggetti,
oltre a non sapere chi erano i soggetti assegnati ai due gruppi e a non interagire mai faccia a faccia, dovevano eseguire un compito di assegnazione
di ricompense monetarie, evitando l'assegnazione personale in modo da escludere un interesse personale. I risultati ha messo in evidenza che il
70% circa dei soggetti fece delle assegnazioni che favorivano il membro del proprio gruppo piuttosto che a quello dell'altro, cio la semplice
assegnazione a qualcosa di estemporaneo crea "l'appartenenza". Nel paradigma del gruppo dei minimi le persone per soddisfare il bisogno di
affermare un'identit sociale positiva tendono a valorizzare positivamente il proprio gruppo proprio grazie al confronto sociale. Di conseguenza il
favoritismo ingroup serve per migliorare la propria autostima e "giustifica" il bisogno di competizione.
Teoria dell'identit sociale di Tajfel
La spiegazione iniziale di Tajfel nota come Teoria dell'identit sociale che si base su tre assunzioni: in primo luogo le persone, grazie alla
categorizzazione, possono distinguere facilmente membri dell'ingroup con quelli dell'outgroup, in secondo luogo gran parte dell'identit sociale
deriva dall'appartenenza a gruppi e categorie, e infine le persone possiedono una motivazione tale da mantenere un'identit sociale positiva. La
teoria di Tajfel, quindi, assume l'esistenza di una relazione causale fra il bisogno di difendere la propria autostima e favoritismo per l'ingroup e
quindi suggerisce indirettamente che la funzione principale che il gruppo svolge per l'individuo sia quella di fornire un'identit sociale. Anche gli
stereotipi assolvono spesso alla funzione di giustificare uno stato di disuguaglianza e contribuiscono anche a farlo perdurare nel tempo: le persone
tendono a favorire se stesse caldeggiando quindi le persone del gruppo di cui il soggetto stesso fa parte. Dove esistono delle disuguaglianze esplicite
e palesi gli stereotipi possono anche essere costruiti in modo tale da mantenerle. Una maggioranza potente mantiene le distanze dalla minoranza
ritenuta minacciosa costruendo un sistema di stereotipi in funzione del mantenimento del proprio status.
La credenza in un mondo giusto, quella credenza diffusa tale per cui "il mondo in cui viviamo governato, tutto sommato, da regole di giustizia",
oppure " il mondo cos e quindi c' una buona ragione di essere cos". In questo modo si viene a creare una relazione implicita tra quello che la
persona si merita con quello che gli accade. Quindi se una persona riceva un trattamento sgradito lecito poter inferire che deve aver fato qualcosa
di sbagliato, ovvero si attribuisce alla vittima la responsabilit di essere vittima.
Su questa concezione Lerner e Simmons hanno fatto nel 1966 un esperimento i cui partecipanti assistevano ad una seduta in cui venivano
somministrate delle scosse elettriche a una donna. Al termine veniva chiesto ai soggetti di valutare la donna attraverso una scheda standardizzata.
Nel gruppo di controllo veniva fornita una spiegazione per le scosse (esperimento per il dolore), mentre al gruppo sperimentale non vi erano
indicazioni. I risultato confermarono che la descrizione pi negativa della donna si aveva nel gruppo sperimentale, poich essi avevano inferito che
ci fosse stata una buona motivazione per erogare le scosse alla donna. La mancanza di spiegazioni ha permesso ai soggetti del gruppo sperimentale
di farsi guidare dalla credenza del mondo giusto, tale per cui se riceveva delle scosse, questa donna aveva fatto qualcosa per meritarsele.
La teoria della categorizzazione del s, e l'Ipotesi dalla motivazione a ridurre l'incertezza soggettiva
La teoria dell'identit sociale stata oggetto sia di revisione che di critiche. Uno degli sviluppi La teoria della categorizzazione del s e l'Ipotesi
dalla motivazione a ridurre l'incertezza soggettiva.
La teoria della categorizzazione del s evidenzia come le persone possano categorizzare se stesse e gli altri a livello di astrazione: ad un alta
astrazione corrisponde il fatto che siamo tutti umani, a quella media che siamo membri di un gruppo, quella minima che ci riteniamo unici rispetto
al gruppo. La categorizzazione a livello intermedio produrrebbe un processo di depersonalizzazione ovvero una sempre maggiore somiglianza tra i
propri pensieri, emozioni e comportamenti personali con quelli ritenuti tipici del gruppo di cui si fa parte, cio una assimilazione del S al prototipo
del gruppo. Il processo di depersonalizzazione corrisponde al passaggio dalla maggiore salienza dell'identit personale alla maggiore salienza
dell'identit sociale. Questa teoria si differenzia da quella dell'identit sociale in quanto riduce il peso della motivazione della difesa e attribuisce
maggiore importanza al processo cognitivo del S.
Il paradigma del gruppo minimale stato reinterpretata da Hogg (2000) che ha posto l'accento sul bisogno di ridurre l'incertezza e di avere una
chiara rappresentazione del mondo e quindi del posto che le stesse persone occupano. Secondo questo autore la riduzione dell'incertezza configura
un potente fattore motivazionale che permette di evitare o ridurre l'incertezza che riguarda la conoscenza del S, grazie al confronto sociale (come
diceva Festinger). Allora il fatto che le persone entrano a far parte di un gruppo e la relativa identificazione con lo stesso, diventa un mezzo efficace
per ridurre l'incertezza, come confermano alcune ricerche che hanno mostrato la scomparsa del favoritismo se viene introdotta una fase di
familiarizzazione. Tuttavia sono emerse almeno due zone in cui il fenomeno del favoritismo in situazioni di gruppo minimale non si verifica o si
riscontra solo in minima parte: la prima limitazione riguarda quelle situazioni in cui viene richiesta l'attribuzione di penalit o di stimoli negativi
(testimoniata dagli esperimenti di Hewstone e colleghi nel chiedere a dei partecipanti di sottrarre una somma di denaro sia all'ingroup che

all'outgroup), la seconda invece riflette le sensazioni nel quale tra i due gruppi esiste una differenziazione di status (non si verifica con membri di
gruppo di status inferiore).
Distribuzione asimmetrica di STATUS di potere tra gruppi
L'influenza dello status di potere, dopo 42 ricerche, ha mostrato che i membri dei gruppi ai quali stato assegnato uno status elevato tendono a
favorire il misura maggiore il proprio gruppo, emerse poich la differenziazione di status viene considerata come immutabile o meno. Secondo
Tajfel e Turner (1986) la percezione di immutabilit dipende dalla facilit con la quale si pensa di poter passare da un gruppo ad un'altro
(permeabilit dei confini del gruppo), dalla stabilit attribuita alle differenze di status e dalla legittimit che viene riconosciuta alle differenze di
status. Dagli studi apparso un favoritismo maggiore quando lo status quo a favore dei membri del gruppo di status elevato viene minacciato,
mentre nella medesima condizione, i membri di gruppi di basso status sembrano indebolire i legami con il proprio gruppo e tentare di spostarsi
verso un gruppo di status elevato.
Nell'esperimento complesso di simulazione economica di Chet Insko e colleghi, sono stati creati tre gruppi produttivi che potevano comunicare tra
loro ed eleggere un rappresentante, con il compito di produrre e vendere figure di carta tipo origami, il cui pagamento era relativo al numero di
insiemi di 4 figure e maggiormente pagato se erano diverse tra loro. L'obiettivo era esaminare l'impatto tra un semplice potere economico e un
potere economico e coercitivo e veniva detto a tutti che i membri del gruppo B erano i pi abili a dare soluzioni. Nella condizione di solo potere
economico unicamente il gruppo B aveva pi potere e poteva produrre due oggetti, barche e cappelli, mentre il gruppo A poteva produrre solo
uccelli e il gruppo C solo scatole. Nella condizione di potere economico e coercitivo il gruppo B poteva anche confiscare dagli altri qualsiasi prodotto
desiderassero. I risultati evidenziarono che nella condizione di solo potere economico i tre gruppi mostrarono una elevata produttivit che si
tradusse ovviamente in un guadagno maggiore per il gruppo B, mentre nella condizione di coercizione la produzione e il relativo guadagno si
abbass sia al gruppo B (grazie al potere di confisca) che agli altri due in maniera pi significativa poich manifestarono delle reazioni al loro
sfruttamento, ad esempio organizzando scioperi. L'asimmetria nel favoritismo perso l'endo-gruppo pu essere favorevole all'ineguaglianza sociale.
Quali sono i processi cognitivi alla base dello stereotipo?
Processi di categorizzazione e di generalizzazione: categorizzazione sociale l'inserimento di un individuo in una classe caratterizzata da una serie di
tratti, mentre la generalizzazione il processo che riconoscendo in un individuo tipico alcuni tratti, viene estesa l'appartenenza di questi tratti
all'intero gruppo a cui questo afferisce. Es. categorizzazione: mi basta vedere un immigrato, che non conosco, per completare la mia impressione
con tutti i tratti che rappresentano gli immigrati. Generalizzazione: vedo un cinese che ha un certo atteggiamento, sapendo di altri atteggiamenti
affini a questo che appartengono ai cinesi, penso che tutti i cinesi abbiano il tale atteggiamento.
Gli stereotipi come strumento di comunicazione
Quando parliamo e quando ci esprimiamo, cos come quando valutiamo o abbiamo un determinato comportamento, noi utilizziamo ampiamente
degli stereotipi, cio dei punti di riferimento per trasmettere delle impressioni, dei giudizi. Lo stereotipo genera delle aspettative rispetto a dei
comportamenti, ai ruoli e agli atteggiamenti su persone che conosciamo poco, e trasmettere in modo sintetico una serie di informazioni legate
proprio allo stereotipo. Poich lo stesso stereotipo in parte sanzionato, si evidenzia una dissociazione di comportamento: a un livello esplicito una
disapprovazione e a livello implicito fiducia.
In un esperimento dei soggetti dovevano stimare una serie di puntini che apparivano su uno schermo, sul quale compariva una scritta attribuita a
Marco che conteneva un riferimento esplicito ad uno stereotipo, oppure no. Poi compariva una schermata con una serie di puntini e si chiedeva ai
partecipanti di stimarli senza per avere il tempo necessario per farlo. La schermata era inoltre accompagnata da una indicazione che diceva che
Marco (o il soggetto che aveva risposto prima) aveva stimato un certo numero. Le variabili dipendenti erano sia la stima dei punti che il giudizio di
affidabilit della fonte. I risultati mostrarono che la fonte stereotipica era quella pi influente per la valutazione dei puntini e mostrava anche una
correlazione inversa tra l'influenza della fonte e il giudizio esplicito di attendibilit: i soggetti si erano fatti influenzare di pi proprio dalla persona
(Marco) che usava gli stereotipi. LA fonte che viene esplicitamente giudicata come la meno affidabile proprio la fonte che influenza il
comportamento in maniera pi saliente.
La conclusione ci dice che quando qualcuno si rivolge a noi comunicando con degli stereotipi, nonostante possiamo disapprovare, in realt la nostra
mente in maniera del tutto automatica lavora in modo tale da utilizzare queste informazioni; dove sono pi marcatamente negative, pi avverso
diventa il pregiudizio verso un gruppo esterno e dunque pi ripongo fiducia nella persona che fa uno esplicito di stereotipi.

ATTEGGIAMENTI:
Tendenza psicologica che viene espressa valutando una particolare entit con unqualche grado di favore o sfavore (Eagly e Chaiken 1993).
TRE COMPONENTI
cognitiva----affettiva---comportamentale
STRUTT.INTRA-ATTITUDINALE
continuum--due dimens. Judd e kulik
Teoria giudizio sociale
Modello aspettativa-valore
Coerenza-ambivalenza
STRUTT.INTER-ATTITUDINALE
teoria dell'equilibrio cognitivo e Benn. College
Analisi ideologica- organizzazione gerarchica
FUNZIONI DEGLI ATTEGGIAMENTI
strumentale
espressiva
adattamento sociale
Ego-difensiva (Adorno 1950 personalit autoritaria)
FORMAZIONE E CAMBIAMENTO
PROCESSI AFFETTIVI E MOTIVAZIONALI
CONDIZIONAMENTO CLASSICO (Staats) di primo e secondo ordine
Tasmer e primet Cacioppo (1992)
Olandese e svedese (Staats e Staats 1958)
CONDIZIONAMENTO OPERANTE
Hildum e Brown (1957) telefonate agli studenti (bene, uhm)
MERA ESPOSIZIONE
INFLUENZE DEI PROCESSI AFFETTIVI E MOTIVAZIONALI SUI PROCESSI COGNITIVI
Hovland (anni 50) atteggiamenti si stabilizzano se conseguenze positive
appello alla paura
INFLUENZA DEL COMPORTAMENTO SULL'ATTEGGIAMENTO
Role playing Janis e king (1 oratore 2 uditori)
Dissonanza cognitiva Festinger (1957) 1 dollaro o 20.
I PROCESSI DI ATTRIBUZIONE CAUSALE
Mod. ANOVA Kelley (consenso-consistenza-specificit)
TEORIA DEL GIUDIZIO SOCIALE
rifiuto-indifferenza accettazione e coinvolgimento dell'io
distorsione percettiva (assimilazione, contrasto es del peso)
I MODELLI ASPETTATIVA VALORE
per rendere efficace modificare in positivo le aspettative peggiori (esempio del politico)
PARADIGMA DI MC GUIRE
(esposizione,attenzione,comprensione,accettazione,ritenzione,comportamento, in termini probabilistici 1x1x1)
MODELLO DELLA RISPOSTA COGNITIVA (Greenwald 1968)
produzione attiva di pensieri: pensiero positivo= probabile persuasione pensiero negativo no
distrazione riduce risp cognitive-attenzione e coinvolgimento le aumentadimostrazione con misure fisiologiche
SCHEMA A DUE VIE-- COGNITIVA VS EURISTICA
Teoria della probabilit di elaborazione (Petty e Cacioppo)
elaborazione centrale (qualit/importanza degli argomenti)
elaborazione periferica (esperienza della fonte)
Elaborazione euristico-sistematica (Chaiken)
elaborazione possibile attraverso le due vie ma anche usando tutte e due contemporaneamente
PROCESSI CHE OSTACOLANO IL CAMBIAMENTO
CONGELAMENTO E SCONGELAMENTO (KRUGLANSKI 1996)
ATTEGGIAMENTI COME SCHEMI
maggiore attenzione verso oggetti per i quali abbiamo attegg positivo
distorsione attenzione e giudizio verso oggetti per i quali abbiamo atteg negativo
influenza su memorizzazione e ricordo da parte dell'atteggiamento
TEORIA DELL'IMMUNIZZAZIONE MCGUIRE(1964)
Virus= messaggi persuasivi che contrastano con atteggiamenti di 1 persona
Immunizzazione= viene ottenuta esponendo la pers a forme indebolite del virus
TEORIA DELLA REATTANZA (BREHM ANNI 60/70)
attivazione motivazionale se si avverte minaccia alla libert=reattanza
la comunicaz persuasiv pu portare a riaffermaz propri atteggiam (reattanza) o assunzione attegg ancora + distanti (boomerang)
RELAZIONE TRA ATTEGGIAMENTO E COMPORTAMENTO

Atteggiamento esercita un'azione causale sul comportamento=ipotesi forma forteatteggiamento e comportamento correlati= ipotesi forma debole
Il primo studio, sulla coppia di cinesi in viaggio (La Piere 1934)= comportamento diverso da atteggiamento
TEORIA DELL'AZIONE RAGIONATA (Fishbein e Ajzen 1974)
distinguere atteggiamento verso un comportamento da atteggiamento verso un oggetto
Il soggetto che mette in atto un comportamento:
- valuta costi e benefici= credenze e valutazione delle conseguenze formano atteggiam verso il comportamento
- valuta le conseguenze sociali= credenze su approvazione o no di altri, motivazione a compiacere aspettative di altri formano norme soggettive
- formula un'intenzione che realizza liberamente= che produce comportamento
Teoria del comportamento pianificato (Ajzen 1991):
aggiunge alla teoria dell'azione ragionata il fattore del controllo comportamentale percepito (sentirsi in grado)
LE CARATTERISTICHE DELL'ATTEGGIAMENTO VERSO UN OGGETTO E L'INFLUENZA SUL COMPORTAMENTO
linea di ricerca minoritaria
Il legame A-C pi forte con atteggiamenti pi accessibili e pi forti.
Fazio ha introdotto un modello integrativo, il MODE
motivazione alta decisioni accuratebassa motivazione= comportamento basato sull'atteggiamento pi accessibile verso l'oggetto
MISURA DEGLI ATTEGGIAMENTI
Tecniche: fonte dell'osservazione; consapevolezza degli attori
Fonte= soggetto---soggetto consapevole abbiamo resoconti soggettivi se non lo abbiamo tracce
Fonte=ricercatore---osservazione visibile o nascosta
Fonte= altri---dati d'archivio, registrazione comportamenti pubblici
Caratteristiche varie tecniche: intrusivit, accesso a diversi contenuti, onerosit ed efficienza
MISURE DIRETTE ED INDIRETTE
DIRETTE
Scale di atteggiamento obiettivo: assegnare al sogg una posizione su continuumCV= A+R Scale di: Thurnstone (1928), Likert (1932), Guttman (1944)
Il differenziale semantico= misura del significato implicito
Misure di intensit
INDIRETTE
Misure fisiologiche (dilatazione pupille- risp galvanica pelle)
Tracce
FEDELTA' E VALIDITA'

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