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Alessandra Facchi

Diritti delle donne e diritti umani: un percorso tra eguaglianza e


autonomia personale
Premessa
Per quasi due secoli leguaglianza nei diritti, in altri termini laccesso delle donne ai diritti
fondamentali in condizioni di parit con gli uomini, stata il principale obiettivo della teoria e dei
movimenti femministi.
Negli ultimi decenni del Novecento invece gran parte della teoria femminista ha elaborato
profonde critiche ai diritti sia per i loro presupposti teorici sia, e di conseguenza, per la loro
inadeguatezza a tradurre gli interessi, i valori, la cultura delle donne.
Nel femminismo internazionale si svolto ed ancora in corso un intenso dibattito
sullopportunit e sulle potenzialit dei diritti umani come strumenti per migliorare la condizione
delle donne nel mondo.
Lattenzione tuttavia rivolta ancor pi che allapplicazione dei diritti umani alle donne,
alla costruzione e alla tutela di diritti umani delle donne.
Womens rights are human rights (La Dichiarazione di Pechino adottata in conclusione della IV Conferenza mondiale
di delle Nazioni Unite sulle donne si impegna, tra laltro a Ensure the full implementation of the human rights of women and of the girl child as an
inalienable, integral and indivisible part of all human rights and fundamental freedoms),

questaffermazione, diffusasi a partire

dalla Dichiarazione di Pechino, allapparenza ovvia, invece lapprodo di un lungo percorso


segnato dalla diversit dei diritti delle donne rispetto ai diritti delluomo.
Una diversit, e dunque una specificit, che caratterizza le origini dei diritti delle donne, i
loro sviluppi storici, le loro attuali configurazioni e tutele: Human rights have not been womens
rights, not in theory or in reality, not legally or socially, not domestically or internationally.

(.

MacKinnon, Rape, Genocide and Womens Human Rights, in Harvard Womens Law Journal)

Al di l delle molteplici configurazioni e delle tutele concrete che i diritti delle donne
possono assumere nelle diverse parti del mondo, nella riflessione teorica si pone il problema di
quanto e come i fondamenti teorici dei diritti delluomo siano rilevanti per i diritti delle donne.
Nelle pagine che seguono propongo una ricostruzione sintetica delle relazioni tra donne e
diritti tracciando un percorso che ruota attorno a due nozioni centrali nella fondazione antropologica
e filosofica dei diritti delluomo: lidea di autonomia individuale e il principio di eguaglianza.
Queste due nozioni hanno assunto un ruolo fondamentale anche negli sviluppi del rapporto
tra donne e diritti, rivelando a pi riprese, pur in differenti formulazioni, la loro intima connessione.

1. Lesclusione
La storia dei diritti delle donne molto pi breve di quella dei diritti delluomo, soprattutto
da molto meno tempo, circa un secolo, che le donne hanno cominciato a potersi occupare dei loro
diritti.
Per tutto il lungo periodo della teorizzazione e della positivizzazione dei diritti delluomo e
del cittadino, laccesso delle donne ai diritti fortemente limitato, quando non del tutto precluso.
Il titolare di diritti in primo luogo un soggetto razionale: la fondazione universalistica dei
diritti si incentra sulla ragione come elemento comune a tutti gli uomini.
La formazione dellidea di diritti soggettivi avviene nellambito del giusnaturalismo
moderno e della sua ricerca di fondamento non pi nella rivelazione, ma nella ragione umana.
Dalla ragione discendono i diritti che luomo ha per natura e nella ragione risiede la sua
capacit di esercitarli.
La ragione va di pari passo con lautonomia individuale: sia la tradizione giuridica del diritto
soggettivo sia quella filosofica dei diritti naturali delluomo si fondano sulla concezione moderna
della persona come individuo con un valore etico autonomo che si pone come interlocutore del
potere politico.
Il contratto sociale la manifestazione per eccellenza dell'autonomia individuale, esso
presuppone un individuo libero, razionale e responsabile, capace di giudicare il bene e il male per s
e capace di vincolarsi, di assumere un impegno e mantenerlo.
Lidea di autonomia si ripropone poi nel Settecento come astrazione della persona da vincoli
comunitari e collettivistici.
Il nuovo ordine sociale che sar sancito simbolicamente dalla Dichiarazione del 1789-
fondato sull'individuo autonomo, lavoratore e proprietario, sulle sue capacit di affermazione
economica e sociale.
Il titolare di diritti viene a coincidere con il soggetto fisico, un soggetto psicologicamente
liberato che non ha pi bisogno di rannicchiarsi allinterno di protettivi assetti comunitari.
Il titolare di diritti dunque un soggetto autonomo: individuo solo ripiegato su se stesso,
come dir Marx.
Ed un soggetto proprietario. Vita, libert e propriet non sono soltanto la triade originaria
dei diritti naturali delluomo, ma si fondano su una comune visione del rapporto del soggetto con i
propri beni, di cui signore e dunque di cui pu liberamente disporre.
Gi nel XVI secolo la nozione di propriet, dominium, esprime in vari autori il rapporto di
disposizione esclusiva che ha la persona dei propri beni.9

Nella teoria politica inglese del Seicento si consolida la teorizzazione dell'individuo


proprietario della propria persona, libert, capacit e beni, attraverso le quali realizzer la propria
vita.
Un soggetto che nelle Dichiarazioni di fine Settecento sar posto di fronte ad una legge
eguale per tutti, espressione della sparizione dellordine corporativo, comunitario e gerarchico
medievale e dellaffermazione dellindividuo proprietario di s e delle proprie fortune.
NellOttocento linsieme dei caratteri assunti come tipici del soggetto titolare di diritti civili,
diritti di libert e propriet, si va via via identificando, anche nel diritto positivo, con la nozione di
autonomia individuale, che assume nuove valenze.
Minori, incapaci di intendere e volere sono esclusi dalla gestione dei propri diritti, ma il
soggetto autonomo pu disporre dei propri beni, del proprio corpo, delle proprie libert.
Soggetto autonomo e soggetto proprietario si sovrappongono: avevano diritti di partecipare
alla determinazione della Legge solo i proprietari, in quanto uomini liberi e generalmente dotati di
un certo grado di istruzione.
Autonomia, ragione, propriet, responsabilit sono dunque i caratteri tipici del soggetto
titolare di diritti civili e politici. Questo soggetto maschio.
La donna non razionale: noto come alle donne sia stata per secoli negata la ragione,
proprio quel carattere comune a tutti gli uomini da cui si fanno discendere i diritti.
La donna essere istintivo, affettivo, irrazionale; apprezzata e temuta proprio per questi suoi
caratteri di differenza rispetto alluomo.
L'essere dotato di ragione per eccellenza l'individuo di sesso maschile, mentre si assume
che nelle donne prevalga l'emotivit, il sentimento, caratteri inadatti alle decisioni economiche e
politiche, allassunzione di responsabilit pubbliche, ai rapporti contrattuali, alle professioni
giuridiche.
L'esclusione delle donne dalla sfera pubblica stata a lungo giustificata in base alla loro
"naturale" diversit, che ne determinava la propensione per determinate attivit e l'inattitudine verso
altre.
La donna non autonoma, dipende da altri soggetti: mariti, padri, fratelli, figli.
Una dipendenza che innanzitutto morale e culturale. Le donne non possono decidere
perch non giudicano con la propria testa e comunque meglio non lo facciano: alle donne
preclusa listruzione o meglio riservata unistruzione adeguata ai loro futuri compiti di moglie,
madre, padrona di casa.
La dipendenza della donna anche materiale e economica: luomo che entra nel mercato
del lavoro e guadagna.

Alla donna riservato il lavoro domestico, la cura dei familiari e della casa, leducazione dei
figli, lassistenza degli anziani, i rapporti sociali: tutte attivit non remunerate, non considerate
propriamente lavoro e il cui riconoscimento di valore lasciato alla discrezionalit degli uomini
che la circondano.
La differenza di ruoli assegna agli uomini la sfera pubblica e alle donne la sfera privata.
Mentre le Dichiarazioni settecentesche parlano di uomini e cittadini lasciando indeterminata
la possibilit di includervi le donne e le cittadine, nel secolo successivo lattuazione dei diritti
attraverso norme giuridiche comprende disposizioni esplicite di esclusione delle donne.
Se ad un livello astratto si poteva mantenere unapparente neutralit e universalit dei diritti,
nel momento in cui da diritti dell'uomo diventano diritti del cittadino, da diritti naturali diventano
diritti positivi diventa anche necessario formalizzare quali possono essere le categorie titolari.
Nel XIX secolo si inizia a delineare una nozione di cittadinanza come frontiera di
esclusione: solo le persone che hanno determinati requisiti sono titolari di un complesso di diritti, e
corrispondenti doveri, nei confronti dello Stato sovrano.
Nella categoria dei diritti civili si consolida la sovrapposizione tra libert e propriet e la
confusione tra diritti fondamentali e patrimoniali.
Una sovrapposizione ripetutamente confermata

nella teoria

politica

liberale anche

attraverso la teorizzazione di una sfera di sovranit/libert individuale, basta ricordare John Stuart
Mill: su stesso, sul suo corpo e sulla sua mente lindividuo sovrano.
I diritti diventano dunque i custodi dello spazio di autodeterminazione e sovranit
dellindividuo adulto e capace, di quello spazio in cui ciascuno sa e pu decidere il proprio bene.
Soggetto autonomo e soggetto proprietario si sovrappongono ma le donne non possono
esserlo, sia perch prive di razionalit, sia perch economicamente dipendenti dagli uomini.
Una dipendenza a cui non possono sottrarsi dal momento che loro preclusa listruzione e
laccesso ai lavori remunerati.
Nel Codice civile italiano del 1865 le mogli non hanno libert di movimento, poich devono
accompagnare il marito dove egli decide di risiedere (art. 131), hanno minori poteri riguardo ai figli: la
potest "patria". Anche i loro diritti di propriet sono fortemente limitati, in quanto non possono "donare,

La famiglia, soggetto collettivo, viene costruito come unentit autonoma, un soggetto


individualizzato a cui si attribuiscono interessi e diritti propri.
Cos in nome della famiglia per lungo tempo ( e spesso tuttoggi ) si legittimata la
discriminazione e la compressione dei diritti delle donne, in quanto mogli, in quanto madri.
Per almeno due secoli movimenti e teorie femministe sono essenzialmente rivolti a
conquistare i diritti di cittadinanza, a rimuovere quelle norme che escludono le donne, ad essere
trattate come gli uomini.

La prima ondata del femminismo dunque strettamente legata al raggiungimento


delleguaglianza di fronte alla legge, cio di quelleguaglianza espressa gi nella Dichiarazione dei
diritti delluomo e del cittadino del 1789, secondo la quale le differenze, come appartenenze
collettive, non esistono per il diritto che deve disporre gli stessi trattamenti per tutti i cittadini.
Per conquistare leguaglianza giuridica le donne reclamano di essere considerate eguali per
natura, nel senso di pari valore e capacit,19 di accedere ad uno status di razionalit e responsabilit,
indipendenza.
In altri termini per essere trattate da eguali devono assumere i tratti ideal-tipici
dellindividuo titolare di diritti civili.
Gi nella Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, del 1791, Olympe de
Gouges rivendica la donna come persona responsabile e eguale all'uomo con parit di diritti, ma
anche di doveri: l'identico contributo alle spese pubbliche, l'identica soggezione ai rigori della legge
penale.
Lobiettivo fondamentale della prima fase del femminismo stato la costituzione delle
donne come soggetti autonomi, responsabili, proprietarie di s, a piena capacit decisionale sul
proprio corpo, sulla propria vita, sui propri beni e la loro sottrazione a soggetti familiari e
istituzionali che volevano dire quale fosse il loro interesse: padri, mariti, legislatori, preti, ecc.

2. Laccesso ai diritti di cittadinanza


Mentre il titolare dei diritti di prima generazione per eccellenza lindividuo isolato e
autonomo, i diritti economico sociali nascono e si affermano come diritti della persona con bisogni
da soddisfare, considerata per la sua appartenenza ad un gruppo sociale.
Diritti della persona socialmente situata, membro delle formazione sociali ove si svolge la
sua personalit ( art. 2 Cost. it.).
I diritti di seconda generazione vengono organicamente inseriti nelle Costituzioni nazionali e
negli Atti internazionali che seguono la seconda guerra mondiale.
Le loro prime manifestazioni si rintracciano per in una serie di misure adottate da governi
europei nellOttocento volte a sostenere le componenti pi povere ( e numerose) delle popolazioni
nazionali, a tutelare i lavoratori salariati e le loro famiglie nelle situazioni di malattia e invalidit, ad
assicurare garanzie minime per i lavoratori nei confronti dei datori di lavoro.
Le donne, insieme ai bambini, ai malati, agli anziani sono tra le prime beneficiarie di queste
misure proprio in quanto soggetti non autonomi, deboli, non cittadine a pieno titolo.

La connessione tra autonomia e diritti si manifesta dunque in senso contrario rispetto ai


diritti civili: le donne vi accedono dal momento in cui il titolare diventa destinatario, da
soggetto autonomo diventa soggetto bisognoso.
La conquista da parte delle donne di uno status di autonomia e eguaglianza nei diritti dovr
aspettare, nei paesi occidentali, la prima met o - in vari casi- la seconda met del Novecento, e
avverr in concomitanza con il processo di internazionalizzazione.
Si sovrappongono cos due percorsi di universalizzazione: titolari di diritti umani diventano,
sulla carta, tutte le persone nel mondo.
Carte costituzionali, Dichiarazioni e Convenzioni internazionali proclamano la piena
titolarit di diritti fondamentali per uomini e donne e con modalit via via pi precise prevedono
clausole antidiscriminatorie, cio il divieto per soggetti pubblici e privati di porre in essere
discriminazioni fondate su caratteri come la razza, la lingua, il sesso, le opinioni politiche, ecc.
Le donne dunque possono eleggere rappresentanti e essere elette e godono, almeno sulla
carta, di tutti i diritti civili e politici, a parit di condizioni con gli uomini.
La soddisfazione dura poco: il raggiungimento dell'eguaglianza giuridica infatti poco dopo
seguito dalla constatazione della sua insufficienza, delle difficolt di accesso effettivo ai diritti e
della radicate e diffuse discriminazioni di fatto rispetto agli uomini.
Le donne subiscono maggiori violenze in casa e fuori, sono curate meno, hanno un tasso
d'istruzione inferiore, maggiori difficolt di accesso ai lavori pi qualificati e alle cariche pubbliche,
spesso a parit di lavoro hanno una retribuzione inferiore e spesso hanno un doppio lavoro, in casa
e fuori. Inizia ad apparire come le riforme fondate sulleguaglianza nei diritti, soprattutto nel campo
del diritto di famiglia e del lavoro, potessero produrre, proprio perch basate su una concezione di
identit di trattamento, anche effetti negativi, in quanto non tenevano conto delle effettive
condizioni di vita delle donne, delle risorse economiche di cui disponevano, dei condizionamenti
culturali di cui risentivano, dei rapporti di potere e della divisione del lavoro allinterno della
famiglia.
Dalla fine degli anni sessanta si dispiega lincruenta rivoluzione delle donne che si
accompagna alla cosiddetta seconda ondata del femminismo.
Nei movimenti femminili si affaccia una nuova percezione: leguaglianza giuridica non
basta, la discriminazione e loppressione sono radicate nella societ.
Appare evidente la necessit di andare oltre leguaglianza formale sia con un impegno attivo
contro le discriminazioni, sia con un ripensamento del diritto e delle istituzioni a partire dal punto di
vista delle donne.

Le nuove prospettive legate allaffermazione dello Stato sociale che dominano in termini
generali il dibattito pubblico si rispecchiano nei movimenti e nel pensiero femminile.
La visione sostanziale delleguaglianza si declina con riferimento alla differenza
femminile e alle diseguaglianze e discriminazioni che ne derivano, legittimando lintervento dello
Stato per riequilibrare i rapporti, ridistribuire le risorse, attenuare gli svantaggi.
Nellambito dei diritti positivi si inaugura una stagione di riforme dirette a introdurre in tutti
i campi la parit dichiarata nelle Costituzioni.
I movimenti femminili si mobilitano per grandi battaglie come quella sul divorzio o
sullaborto, sulla parit in famiglia e sulle pari opportunit sul lavoro.
Negli anni ottanta si diffondono nei paesi europei anche varie forme di sostegno alla
presenza femminile in ambito pubblico, soprattutto per favorirne la partecipazione politica: azioni
positive e quote, misure molto discusse anche allinterno del pensiero femminile.
Per le donne la rivendicazione dellautodeterminazione sul proprio corpo e sul proprio
destino si dispiega in relazione alla sessualit e alla maternit, fondandosi sulle possibilit aperte
dalle nuove tecniche che ne permettono un esercizio consapevole: contraccezione e interruzione di
gravidanza.
La nozione di genere riferita alla costruzione culturale del femminile e del maschile si
affianca a quello di sesso, ricondotta alla dimensione biologica della differenza.
Su questa base si avviano i Gender Studies.
Come per leguaglianza anche per lautonomia si oltrepassa la dichiarazione formale: non
sufficiente essere dichiarate autonome per esserlo.
In generale la concezione di autonomia personale inizia ad essere messa in relazione con
lambiente di appartenenza.
Nel femminismo degli ultimi decenni del Novecento, nella teoria come nei movimenti
sociali, emerge una particolare attenzione alla specificit delle singole situazioni, ai vincoli concreti,
alle differenze tra donne.
Ci si confronta con la realt di soggetto situato non solo dal punto di vista del genere: il
punto di vista della donna bianca, di classe media, eterosessuale, laica o di religione cristiana viene
radicalmente messo in discussione dal femminismo nero e dal femminismo lesbico.
Lesistenza di differenze interne al movimento delle donne, di persone con storie, valori e
esigenze diversi non riconducibili a modelli univoci ha posto di fronte alla necessit di non creare
un soggetto-donna falsamente universale e neutrale, riproducendo cos la distorsione rimproverata
alla cultura maschile.

Evitare unattitudine assimilatoria vuol dire dunque non ignorare le differenze di classe, di
cultura, di razza, di religione tra le donne e non assumere un unico punto di vista delle donne.

3. Dai diritti umani ai diritti delle donne


3.1. Lallontanamento dal diritto e la decostruzione dei diritti
La fase pi recente nel rapporto tra donne e diritti anche quella pi complessa, diversificata
e problematica.
Essa riflette una svolta nel pensiero femminile che recepisce le istanze del femminismo della
differenza e degli studi di genere, cio di un insieme di teorie e movimenti che approfondiscono e
rivendicano il valore della specificit femminile, rifiutando lassimilazione ai modelli maschili.
Il diritto fino alla seconda met del Novecento era considerato un territorio maschile, la
prima ondata del femminismo laveva espropriato guadagnando laccesso alle professioni giuridiche
e ottenendo riforme negli ordinamenti giuridici nazionali.
Molte esponenti della teoria femminista della seconda ondata hanno invece riproposto
lestraneit femminile allambito giuridico, sottolineandone alcuni caratteri fondamentali legati ad
una visione maschile dei rapporti sociali e ad una gestione maschile del potere.
Cos mentre il femminismo delleguaglianza si era sviluppato attraverso movimenti sociali,
caratterizzandosi per le conquiste politiche e giuridiche, quello che potremmo chiamare
femminismo della differenza si caratterizzato per un diffuso ritiro dalla scena pubblica e dal
confronto politico, e da un parallelo sviluppo della riflessione teorica, concentrata sulla costruzione
di una cultura femminile.
A partire dagli anni ottanta la mobilitazione collettiva delle donne si riduce notevolmente
mentre si incrementa la diversificazione interna al pensiero femminista, al punto che diventa molto
difficile parlare di femminismo tout court e ci si interroga sulla stessa definizione di
femminismo.
Nella teoria femminista anglosassone prendono forma tre principali approcci: quello liberale
che si richiama ai concetti della tradizione politico-giuridica liberale e enfatizza la scelta
individuale, quello culturale che si rivolge allapprofondimento dellessere donna e si sviluppa
intorno alle attivit di cura, quello radicale che si concentra sui processi di controllo e oppressione e
sugli strumenti per eliminarli.
La critica alla pretesa universalit dei diritti viene declinata non pi soltanto dal punto di
vista delle differenze culturali ma anche da quello della differenza di genere.
Nella letteratura femminista si rielabora una critica fondamentale ai diritti, cio quella di
essere stati presentati come espressione di un soggetto universale, lUomo, senza razza, n sesso,

ceto sociale, essendo in realt espressione di un individuo preciso: uomo, bianco, di classe media,
proprietario.
I diritti non sarebbero dunque n universali n neutrali, ma diritti di soggetti particolari,
dunque non soltanto inadeguati a tradurre i valori, gli interessi, gli stili di vita di persone diverse ma
anche potenzialmente dannosi.
La costruzione teorica dei diritti viene considerata come esito politico di una logica sessuata,
rispondente ad un punto di vista maschile e fondata sullesclusione e sulla soggezione delle donne.
Le idee di eguaglianza giuridica e di autonomia individuale vengono, in questa fase,
radicalmente messe in discussione.
Leguaglianza che si traduce in identit di trattamento inadeguata perch - ignorando le
differenze esistenti - si traduce in discriminazioni di fatto.
Una norma/normalit costruita su determinati modelli necessariamente sar penalizzante per
persone ad essi estranee: le donne hanno maggiori difficolt rispetto agli uomini a partecipare e
vincere in un gioco di cui non hanno contribuito a fissare le regole.
Ma ha anche effetti assimilatori: diritti e politiche fondate sullidentit di trattamento
spingono le persone ad adottare valori, comportamenti, pratiche istituzionalizzate, stili di vita
caratteristici del gruppo dominante.
Nellambito della teoria giuridica femminista anglosassone si consolida la divisione tra chi
sostiene l Equal Treatment e chi sostiene lo Special Treatment.
Da un lato coloro che, mantenendosi nella tradizione liberale, credono che anche alle donne
vada estesa fino in fondo la logica dei diritti, il corrispondente modello di responsabilit
individuale, e in generale sostengono che le donne debbano essere trattate nello stesso modo degli
uomini.
Daltro lato coloro che sottolineano linadeguatezza strutturale proprio di quella logica, ne
rigettano lestensione alle donne e sostengono la necessit di trattamenti diversi, speciali.
Un buon esempio delle due posizioni la divergenza tra Carmel Shalev e Carol Pateman sul
problema degli effetti giuridici dellaccordo di surrogazione di maternit.
Shalev, liberale, sostiene che dallautonomia della donna consegue responsabilit e inderogabilit
verso gli impegni assunti, Pateman, radicale, rifiuta lapplicazione del modello contrattualista.
Per Shalev ogni riconoscimento di specialit a questa situazione e dunque di deroga alla
responsabilit contrattuale della madre gestante riporterebbe la donna ad uno status di debolezza e
dipendenza.
Per Pateman la particolarit della situazione non permette di assimilare la madre gestante ad
un soggetto astratto, n il suo impegno ad un qualunque impegno di natura patrimoniale.

La valorizzazione dellautonomia del soggetto, dunque in questo caso della donna che si
assume la gravidanza, richiede di ricondurvi anche la possibilit di cambiare idea nel corso della
gravidanza, decidendo di essere madre non solo naturale ma anche sociale.
Equal treatment e Special treatment si traducono dunque non soltanto in differenti
concezioni del rapporto tra eguaglianza e diritto, ma anche in differenti concezioni dellautonomia
personale: gran parte del dibattito giuridico e politico femminista degli ultimi decenni del
Novecento ruota intorno a queste due nozioni.
In questa prospettiva la teoria femminista recepisce e rielabora una critica classica al
paradigma dei diritti, cio quella di essere fondati su una visione atomistica della societ, su una
concezione contrattuale dei rapporti sociali e su unantropologia individualista, tre modelli che non
corrispondono, almeno non esclusivamente, alla realt.
In primo luogo si fa valere lo scarto tra soggetto costruito e soggetto reale: lessere umano
(maschio e femmina) non , o almeno non sempre, in una condizione di razionalit, autonomia,
consapevolezza ma allopposto in una situazione di dipendenza, incertezza, bisogno.
Inoltre lautonomia per le donne considerata come una condizione non soltanto limitata da
fattori contingenti, ma costitutivamente irraggiungibile proprio perch costruita attraverso strumenti
concettuali e dispositivi giuridici che si fondano sulla sua negazione per le donne.
Alletica dei diritti, fondata sullautonomia dei soggetti, si affianca e si contrappone unetica
della cura, fondata sulla loro interdipendenza.
Lidea di unetica della cura ha, com noto, la sua origine negli studi della psicologa Carol Gilligan
(Nel volume In a Different Voice del 1982 Gilligan ricostruisce, sulla base di interviste a uomini e donne di varie et, la concezione della moralit e
le esperienze personali di conflitti e di scelte etiche. La particolare configurazione della morale femminile costituisce per Gilligan unattitudine da
difendere e sviluppare in una prospettiva etica che si realizzi ad integrazione o sostituzione di quella maschile.),

ed ha poi avuto ampi

sviluppi e rielaborazioni.
Secondo Gilligan si possono individuare due percorsi di ragionamento morale che emergono
con evidenza nei casi di conflitto: unetica della cura o della responsabilit, distinguibile da unetica
della giustizia o dei diritti.
Letica dei diritti si fonda sul concetto di eguaglianza e sullapplicazione di principi giusti,
mentre letica della responsabilit poggia sul riconoscimento della diversit dei bisogni delle
persone.
Per letica della cura il fondamento della responsabilit e delle pretese morali risiede nella
sofferenza soggettiva, mentre per letica dei diritti risiede nella violazione di una norma: mentre
letica della cura guarda al futuro, alla salvaguardia delle relazioni e pone lattenzione ai bisogni dei
soggetti coinvolti, letica dei diritti guarda al passato, allapplicazione di principi e norme a
prescindere dalle conseguenze sulle persone coinvolte.

Inizialmente letica della cura stata vista come una componente tipica della morale
femminile e quella della giustizia della morale maschile, visione che stata poi superata dalla
constatazione che in entrambi i sessi sono presenti entrambe le attitudini.
Il fatto che i diritti si fondano su un presupposto non sempre riscontrabile nella realt,
lautonomia e la razionalit dei titolari non significa o almeno non per tutte che i diritti debbano
essere rigettati, ma solo che devono essere usati con cautela.
Elisabeth Wolgast esprime con grande chiarezza questa posizione. Essa considera la volont
e la rivendicazione, sulla scorta di Joel Feinberg, elementi essenziali dei diritti: "Il diritto mette il
detentore in una posizione assertivai diritti pongono gli aventi diritto al posto di guida".
Proprio perch autonomia, razionalit, rivendicazione sono caratteri fondativi dei diritti vi
sono alcune situazioni in cui i diritti sono sbagliati".
Soggetti non autonomi che spesso non hanno la capacit concreta, almeno in quella
specifica situazione, di dare un contenuto ai propri diritti e di farli valere.
Il caso pi evidente quello del malato nei confronti del medico o del personale sanitario
verso i quali si trova in un rapporto di dipendenza materiale e psicologica, e spesso anche di
incapacit cognitiva di comprendere le informazioni che lo riguardano.
In questo caso il titolare non soltanto non in grado di esercitare i suoi diritti, ma, secondo
Wolgast, il fatto di avergli riconosciuto dei diritti permette di non attuare altre forme di tutela pi
adeguate ai suoi bisogni.
In certe situazioni attribuire un diritto diventa un modo per evitare di attribuire
responsabilit a coloro che sono in posizione di forza e controllo.
In conclusione dunque i diritti vanno bene per alcuni rapporti, non per tutti: in situazioni
estranee all'antropologia e alla visione dei rapporti umani in base al quale stato formulato lo
strumento dei diritti non funziona e anzi pu essere dannoso.
3.2. La costruzione di diritti sessuati e le sfide del femminismo fuori dallOccidente
A partire dagli anni Novanta mentre continuano a svilupparsi i Gender studies, diminuisce
la diffidenza verso il diritto e i diritti.
La teoria femminista torna a rivolgersi a questioni che riguardano la vita, le discriminazioni
e le forme di oppressione femminile confrontandosi nel dibattito pubblico e cercando nuove
formulazione di norme e principi che traducano il punto di vista delle donne.
Nei paesi anglosassoni e scandinavi si consolidano approcci come la Womens law e la
Feminist Jurisprudence il cui presupposto che il diritto non costitutivamente maschile, dunque
sessista, ma lo solo in quanto stato formulato dagli uomini.

Catharine Mac Kinnon, giurista statunitense importante esponente del femminismo radicale,
una delle principali rappresentanti di quella parte della teoria giuridica femminista che adotta e
riformula principi e diritti della tradizione liberale per utilizzarli in battaglie politiche volte ad
eliminare comportamenti oppressivi e discriminatori per le donne.
MacKinnon considera la sessualit come lambito privilegiato di oppressione maschile che
accomuna, pur in forme diverse, tutte le donne nel mondo.
Il problema per il diritto non dunque se debba trattare le donne in modo identico o
differente rispetto agli uomini, ma piuttosto quello di evitare che costituisca uno strumento di
subordinazione e oppressione.
Lattenzione della riflessione femminista deve spostarsi dalla differenza alloppressione e
non pu abbandonare il dibattito pubblico, larena politica, lelaborazione giuridica.
Limpegno e gli scritti di MacKinnon per la legge contro le molestie sessuali sul luogo di
lavoro, per il divieto della pornografia che propone immagini di assoggettamento femminile e di
violenza sulle donne, per la qualificazione internazionale dello stupro etnico come genocidio, le sue
battaglie intellettuali per una ridefinizione del principio di eguaglianza che permetta di intervenire
su pratiche dannose per le donne, sono ormai ampiamente noti.
Anche letica della cura si dispiega sul piano delle politiche pubbliche: da descrizione di un
complesso di attivit e di una corrispondente attitudine morale individuale viene trasposta sul piano
normativo, proponendosi come il contenuto di riforme politiche e giuridiche.
In questa direzione si inserisce lelaborazione della filosofa nordamericana Joan Tronto che
si propone come uno strumento per affrontare i bisogni umani in una societ in cui la dipendenza
assunta come normalit, non vista come uno stigma negativo, ma come un carattere necessario e
universale delle relazioni umane.
Tronto parte dallanalisi dellimportanza che in tutte le societ assumono le attivit di cura e
al contempo della sua ineguale distribuzione e della sua svalutazione economica e culturale nelle
nostre societ, per arrivare ad una proposta politica mirante in primo luogo a rendere visibile e
conferire valore pubblico alle attivit di cura e a chi le presta, in secondo luogo a ridistribuirne il
carico su varie componenti della societ, uomini e donne.
Le persone non sono autonome e autosufficienti: la cura di per s unattivit che non si
svolge tra soggetti eguali e autonomi, ma implica situazioni di dipendenza e bisogno.
La cura comporta unattitudine paternalista/maternalista: il pericolo che chi riceve delle
cure perda la sua autonomia e il suo senso di indipendenza sempre implicito nel processo di cura.
Tuttavia ci non significa per Tronto rinunciare allautonomia della persona che rimane
lelemento centrale nella interpretazione e nella scelta dei bisogni da soddisfare.

Mentre nel femminismo teorico occidentale, in particolare in quello anglosassone, riemerge


in varie forme linteresse per la politica, il diritto e i diritti, in ambito internazionale, a partire dalla
Cedaw, si diffonde il dibattito sui diritti delle donne.
Un dibattito che non si confina nellambito delle istituzioni sovranazionali e delle ONG, ma
viene alimentato da rivendicazioni da parte di gruppi e movimenti femminili, dalla costruzione di
reti di donne, da una letteratura multidisciplinare che rivisita i diritti a partire da storie, culture e
religioni differenti.
Anche nella discussione interculturale svoltasi durante la conferenza di Pechino
lindividuazione dei diritti delle donne come diritti umani universali ha dovuto superare diversi
contrasti: ripetutamente, soprattutto con riferimento a pratiche tradizionali radicate, emersa la
distanza tra la visione dei diritti delle donne consolidata nella tradizione occidentale e
linterpretazione locale, comunitaria e religiosa, di quei diritti.
E comunque indiscusso che laffermazione dei diritti delle donne si debba tradurre in primo
luogo nella denuncia e nella ricerca di tutele reali contro quelle pratiche che cominciano con la
soppressione delle bambine prima della nascita o subito dopo, proseguono con lo sfruttamento, la
segregazione imposta, gli stupri e gli abusi sessuali, la disposizione forzata del loro corpo e della
loro vita e comprendono tutte le varie forme ancora molto diffuse nel mondo di oppressione,
violenza, discriminazione esercitate in casa, sul lavoro, nelle strade, in guerra e in pace, da amici e
da nemici, solo sulle persone di genere femminile.
Come ormai ampiamente constatato in tutto il mondo, comprese le nazioni occidentali, la
maggior parte delle violenze e discriminazioni contro le donne si verificano in ambito familiare e
comunitario.
La preoccupazione di tutelare le donne nei confronti dei gruppi di appartenenza si
presentata come unesigenza fondamentale in una prospettiva liberale non solo in contesti
tradizionali e patriarcali ma anche nelle societ multiculturali occidentali.
Laccusa lanciata dalla filosofa politica Susan Moller Okin secondo la quale lestremo
rispetto per le differenze mostrato dal femminismo ha prodotto molti danni alle donne nel
mondo ha rotto unalleanza tra femminismo e multiculturalismo che si era consolidata in nome
delle politiche della differenza e della critica alla neutralit dello Stato.
Se vero che lappartenenza al gruppo, alla famiglia, alla comunit sono sempre stati e sono
spesso tuttora fonte di violenza, oppressione, discriminazione per le donne, anche vero che
lappartenenza comprende una dimensione di adesione soggettiva e che spesso le due dimensioni
sono inestricabili.

Le costruzioni identitarie, soprattutto le identit/ appartenenze incompatibili sono spesso


qualcosa di costruito dallesterno, etichette che non corrispondono alla percezione dei membri dei
gruppi, ma solo a minoranze enfatizzate strumentalmente.
La pluriappartenenza delle persone e la formazione di identit meticce, alimentate dai
fenomeni di globalizzazione, migrazione e transmigrazione, sono da tempo sottolineate dalla
letteratura sociologica.
Se, come ormai opinione diffusa, affinch i diritti delle donne diventino effettivamente
diritti umani: The real questions are: Who defines legitimate human rights issues and who decides
where the state should enter and for what purposes? , anche la conciliazione tra appartenenza di
genere e appartenenza religiosa e culturale non pu che essere affidata all interpretazione che le
donne interessate forniscono dei loro diritti e degli strumenti per difenderli.
Importanti contributi vengono dal pensiero femminile musulmano che si oppone alle
discriminazioni e alle violenze sulle donne legittimate da alcune versioni dellIslam, costruendo una
formulazione dei diritti delle donne che stia allinterno della religione, spesso attraverso una
rilettura dei testi sacri.
Un rilievo crescente sta assumendo anche il femminismo indigeno in America latina che ha
iniziato a creare reti trasnazionali di donne per riflettere e combattere contro forme di
discriminazione, violenza, oppressione che le toccano in quanto donne e in quanto indigene.
Lobiettivo quello di difendere sviluppare i loro diritti allinterno delle loro comunit,
tradizioni, movimenti, dunque prendendo alcuni elementi del femminismo occidentale e
rigettandone altri.

4. Frontiere attuali: soggetto situato e eguaglianza inclusiva


I diritti per essere effettivi, oltre che dichiarati e garantiti attraverso norme giuridiche devono
essere giustiziabili.
Realmente giustiziabili significa non solo avere canali istituzionali, ma anche le possibilit
concrete che sono materiali, culturali e morali, significa averne consapevolezza, significa credere
di avere dei diritti, sapere di poterli rivendicare, sapere che corrispondono a degli obblighi, propri
e altrui (La rivendicazione un elemento essenziale dei diritti. Joel Feinberg coglie appieno questaspetto quando scrive "it is claiming that
gives rights their special moral significance Having rights enables us to "stand up like men", to look others in the eye and to feel in some
fundamental way the equal of anyone", Feinberg J., The Nature and Value of Rights, in Rights, Justice and the Bounds of Liberty, Princeton U.P,
Princeton)

I diritti prima di essere norme giuridiche sono elementi culturali costituiti da insiemi di
credenze, valori, comportamenti, pratiche.

Si pu dire modelli di comportamento che corrispondono ad aspettative legittimate


socialmente e moralmente.
Se mancano del tutto questi modelli, se non c di una cultura dei diritti, difficile che le
norme che dispongono e garantiscono diritti possano essere effettive.
La forza dei diritti dipende non solo dal fatto che sono previsti in documenti internazionali,
ma anche dallesistenza di una cultura dei diritti.
A me pare difficile che i diritti umani possano attestarsi nel mondo negando i loro
presupposti teorici e antropologici, appare difficile che una cultura, ancor prima che una prassi dei
diritti, possa diffondersi senza fondarsi su una qualche idea di eguaglianza giuridica e di autonomia
del soggetto.
Ci riguarda in particolare i diritti delle donne: la possibilit di delega dellesercizio dei
propri diritti e di trattamento diseguale non possono che nuocere a soggetti con minor potere, quali
sono ancora le donne.
Se eguaglianza giuridica e autonomia personale sono due principi ineludibili in una
prospettiva di affermazione di diritti delle donne, la riflessione critica a cui sono state sottoposte
queste due nozioni da parte della teoria femminista, e non solo femminista, degli ultimi decenni ha
portato a delinearle in forme nuove.
Della tradizione femminista fa parte integrante, come si detto, la critica allidea del titolare
di diritti come soggetto autonomo, isolato, guidato essenzialmente da una razionalit economica a
cui si contrappone invece un soggetto con bisogni, dipendente, inserito in contesti relazionali,
determinato anche dalle emozioni.
Lapertura verso le differenze, la differenza di genere e le differenze tra donne poi, ha poi
indirizzato verso una nozione concreta di soggetto, radicata nelle specificit individuali: Women in
feminist theory are concrete; they are not abstract. Feminism does not assume but rather builds,
its women from women who socially exist.
La critica alla soggettivit astratta e la contestualizzazione del soggetto non hanno tuttavia
condotto alla svalutazione dell autonomia e della responsabilit della persona, ma ad una
riformulazione di queste nozioni nel senso di una maggiore attenzione ai vincoli concreti, agli
interessi in gioco e alla loro rappresentazione da parte dei soggetti coinvolti.
Quando si tratta di diritti fondamentali come quelli sul proprio corpo, sulla propria vita, sulla
propria salute la scelta della persona rimane il riferimento fondamentale, a cui, sia in una
prospettiva liberale come in una prospettiva femminista, non possibile individuare una supplenza
valida

(Laccento posto sullautonomia e sulla volont del titolare rimanda ad una concezione del diritto come scelta-volont ( will-choice

theories) classicamente contrapposta a quella del diritto come interesse (interest theories). A me pare che i diritti delle donne per potersi realizzare
debbano essere orientati pi verso le prime che verso le seconde,).

L autonomia del titolare di diritti non va dunque intesa come un fattore decontestualizzato:
la lettura femminista ha rivolto lattenzione ai processi che costruiscono lautonomia e ai fattori che
la ostacolano, proponendone nozioni complesse, attente alle influenze delle relazioni sociali e
culturali .
Dal punto di vista politico-giuridico questa riconsiderazione dellidea di autonomia
personale comporta la predisposizione di procedure di verifica della volont dei soggetti implicati,
di sostegno alla sua formazione e allelaborazione di una scelta consapevole, di una scelta il pi
possibile libera da costrizioni esterne e indesiderate, materiali e morali.
Si traduce quindi in maggiori garanzie di diritti di autodeterminazione, di libert personale,
di disposizione del proprio corpo, del proprio presente e futuro.
Garanzie che non possono derivare solo da divieti e minacce di punizioni, dunque da un uso
del diritto repressivo ma devono tradursi anche in sostegni e possibilit, dunque da un uso
promozionale del diritto, che comprenda laccesso effettivo ai principali diritti economico-sociali.
Per tutelare i diritti di questo soggetto non sufficiente neppure una visione di eguaglianza
sostanziale che si limiti a porre rimedio alle differenze, intese come fattori negativi produttori di
diseguaglianze.
La riflessione femminista si infatti rivolta alla ricerca di una nuova nozione di eguaglianza
fondata sulle differenze tra le persone, che ne prenda in carico le appartenenze, almeno quelle
essenziali per il loro benessere come le appartenenze di genere, cultura, religione.
Uneguaglianza che non si traduce in trattamenti speciali che possono richiedere deroghe
alleguaglianza formale, attribuendo vantaggi agli svantaggiati, ma in trattamenti differenziati che si
fondano su una visione pluralista della societ, dove non esiste un modello dominante di valori e
pratiche considerato come normale, rispetto al quale gli altri sono speciali.
Una versione delleguaglianza che in ultima analisi appare come il vero contenuto di
uneffettiva eguaglianza di fronte alla legge.
In concreto ci pu significare, ad esempio, che diritti sociali come lassistenza sanitaria,
lorganizzazione del lavoro e listruzione non siano pi pensati e attuati come neutrali rispetto al
genere, alla religione, alla cultura dei soggetti; pu tradursi nella sanzione di un comportamento
percepito come lesivo da un punto di vista particolare ( come nel caso delle molestie sessuali sul
luogo di lavoro o dei discorsi razzisti) ma pu anche significare che lo stesso comportamento possa
avere un diverso trattamento giuridico in relazione a caratteristiche di gruppo - assunte come
rilevanti - di chi lo compie. (dei diritti economici e sociali quello in cui sono pi richieste forme di attuazione differenziate
in ragione dei destinatari, che si confrontino con differenti visioni del corpo, della famiglia, del lavoro e del ruolo della donna nella societ, dei
rapporti tra individuo e gruppo, della religione ecc. Per essere effettivi, per essere eguali, questi diritti, basti pensare al diritto alla salute o
allistruzione, non possono ignorare le differenze di genere e cultura, religione.)

Nei percorsi dei diritti delle donne si possono dunque evidenziare tre fondamentali
prospettive in cui considerare il rapporto tra eguaglianza normativa e appartenenze rilevanti.
La prima quella classica delleguaglianza formale, che si traduce in identit di trattamento
e implica lindifferenza del diritto verso le differenze.
La seconda, che quella comunemente detta delleguaglianza sostanziale, considera le
differenze, economiche, sociali, naturali, dal punto di vista delle diseguaglianze che esse producono
e dunque come svantaggi che vanno cancellati o almeno attenuati.
Una terza visione -che si pu chiamare eguaglianza inclusiva - implica che le differenze di
gruppo non siano pi ignorate come nelleguaglianza formale n considerate per le loro
conseguenze negative come nelleguaglianza sostanziale, ma siano considerate come caratteri
positivi o comunque giuridicamente rilevanti.
Queste tre concezioni del rapporto tra eguaglianza normativa e differenze fattuali, le norme e
le politiche che ne derivano, non vanno considerate alternative, ma piuttosto complementari: tutte e
tre devono confluire nella costruzione e nellapplicazione di diritti fondamentali e nella
realizzazione di un giusto trattamento del caso individuale.
Una concezione ampia delleguaglianza delle opportunit le comprende tutte e tre. La loro
integrazione, in luogo della loro contrapposizione, costituisce un obiettivo centrale nella
formulazione e nella garanzia di diritti umani a partire dal punto di vista delle donne.

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