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9-03-2015 11:43
Anche la Storia, intesa quale narrazione degli eventi, soggetta (come
tutto lo scibile umano) a riletture che ne mostrano crepe e sfocature
nell'interpretazione del documenti.
Anche la Storia, al pari di tutte le vicende intellettuali, dev'essere
rivisitata per colmare lacune, oppure per correggere errori derivanti da
quelle crepe e sfocature. E soprattutto per interpretare certi eventi alla
luce di nuovi documenti comparsi, o di diverse, originali letture di quelli
esistenti.
Anche la Storia, come ogni altro fatto che inerisce alla cultura,
qualcosa di pubblico ammesso a revisione.
Anzi si potrebbe aggiungere che tale revisione sovente obbligatoria al
pari di quella delle autovetture, e non per spirito che si suole dire
revisionistico, ma per l'elementare esigenza di far circolare opinioni non
infondate, balorde o addirittura inventate (come dimostreremo pi
avanti).
Soltanto menti gloriosamente autoritarie possono definire provocatore
chi presenta nuovi documenti che sconvolgono le narrazioni accreditate.
A me capitato pubblicando il Diario inedito di Aurelio Bertola,
importante soprattutto per il periodo che va dall'11 ottobre 1796 al 15
gennaio 1797.
Antonio Piromalli aveva sostenuto che per quel periodo i documenti
sono scarsi. Con il mio lavoro dimostravo il contrario, i documenti
c'erano, e da tempo, e del tutto dimenticati o ignorati, nella Biblioteca
civica di Rimini.
Piromalli mi gratific con il termine di provocatore in un giornaletto
laziale mezzo o del tutto massonico, informato da una spia locale, che
era una collega di redazione al settimanale il Ponte di Rimini, molto
ossequiosa e rispettosa dei cosiddetti galatei mondani. Grazie ai quali
pot avviare alla carriera giornalistica la figlia.
Ma se una rondine non fa primavera, una spiata e la conseguente
pubblica offesa non possono cancellare il dato oggettivo dell'esistenza di
quel Diario. Sul quale nessun illustre studioso mai aveva voluto
gettare il suo pregiatissimo sguardo, dato il formato molto ridotto delle
pagine bertoliane custodite a Rimini.
L'etichetta di provocatore mi aggrada assai, perch non mi piacciono i
servitori inginocchiati davanti a qualsiasi tipo di potere, n sono devoto
ai portavoce silenti, costretti ad ubbidir tacendo ed usi a tradir operando.
Proviamo a rileggere quattro notizie "dimenticate" dagli storici pi
recenti.
La
La
La
La
Benno (il padre) muore nel 1061. Nel 1061 avviene pure la fondazione,
da parte di Pier Damiani, del monastero intitolato a san Gregorio e posto
nel territorio riminese, in localit detta Morciano.
Ma c' qualcosa d'altro che nel volume non si cita: Benno dato da Pier
Damiani per ucciso nel corso di una guerra: lui, per merito del quale
fior la pace, fu forse vittima di una lotta sulla cui origine possono
essere avanzate soltanto alcune ipotesi connesse al ruolo politico svolto
dallo stesso Benno.
Per chiarire le cose, ripubblico un mio articolo del 1983, facendolo
precedere da un riassunto apparso sul Corriere Romagna il 26 aprile
2007.
Da essi appare evidente che la figura di Pietro Pennone neppure questa
volta ha ricevuto il risalto che merita nella storia "civile" e della Chiesa
riminese.
Nel mio articolo del 1983, riprendevo quanto nel 1965 Scevola Mariotti
suggeriva, interpretando in modo nuovo il carme XCIX di Pier Damiani,
al v. 12 edito come "per quem pax viguit, bellica sors perimit", anzich
"bellica sors periit", per cui abbiamo: "la guerra uccise colui per merito
del quale fior la pace", anzich "per lui fior la pace, la guerra cess".
Scevola Mariotti aggiungeva: "Quindi, a quanto pare, Bennone fu ucciso
in un fatto di guerra". Questo testo di Scevola Mariotti stato da me
citato nella nota 70 di p. 99 della "Storia di Rimino" di Antonio Bianchi
(Rimini, 1997).
Di Benno ho parlato pure nel 2010 in un articolo pubblicato sul "Ponte"
di Rimini il 24 febbraio, intitolato "Le carte segrete di Scolca", in cui si
legge:
Pier Damiani molto citato e poco letto. Nel 1069 Pietro Bennone gli
dona vasti possedimenti (poi passati a Scolca) per l'abbazia di San
Gregorio in Conca di Morciano da lui fondata nel 1061. Bennone figlio
di Benno, grande feudatario e uomo politico di Rimini. Pier Damiani
compiange la morte di Benno (1061) in un carme, definendolo "padre
della Patria, luce dell'Italia".
Il "padre della Patria" o della citt (come scrissi su "il Ponte" del
12.06.1983), il rappresentante della vita municipale che doveva
vegliare alla difesa del Comune sotto il dominio della Chiesa. Una figura
ben distinta dal conte, delegato pontificio od imperiale. Uomo giusto e
pio, severo con gli oppositori ma dolce con gli indifesi, Benno dato da
Pier Damiani per ucciso nel corso di una "guerra": "lui, per merito del
quale fior la pace".
La morte di Benno una pagina (chiss perch) trascurata dagli storici
ufficiali, ma capace di illuminare fondamentali vicende cittadine dei
"secoli bui".
2. Rimini 1220
Uno Statuto sulla aggregazione dei forastieri (L. Tonini, Storia di
Rimini, III, pp. 24-27) del 1220 reca: exceptam[us] et[iam] et
angariales hac abitatores nostroru[m] civiu[m] q[ui] modo s[un]t [ve]l
in antea er[un]t.
Nella appena ricordata edizione della Storia di Rimino dalle origini al
1832 di Antonio Bianchi (p. 103, nota 74) abbiamo proposto
d'interpretare quell'exceptamus etiam non come il classico ed
eccettuiamo (Tonini, III, p. 25, riassume: Eccettuati), ma come:
Per eccezione accogliamo anche.
Il verbo excipio classicamente significa anche cogliere, accogliere al
pari di accipio, per cui si leggono le formule aliquem benigne
excipere (T. Livio) e bene excipere (Cicerone). Il Du Cange reca un
hospitio excipere che rende con accogliere.
C' poi da osservare l'aspetto formale o stilistico dello Statuto del
1220. I documenti giuridici sono articolati in catene di elementi, quando
impongono. L'articolazione logica diversa nell'elenco minuzioso degli
obblighi; tra parentesi (come in questo caso del 1220) pu esserci
soltanto non l'eccezione (tranne), ma la comprensione (cos pure
per).
Di questo aspetto formale troviamo conferma in un documento (Tonini,
III, CIV, p. 553) della stessa epoca, ovvero del 1255, che conferma gli
antichi privilegi tranne un certo canone annuo. Tale conferma in un
paragrafo del tutto separato da quello in cui ci sono gli obblighi imposti a
Rimini
La stessa struttura logico-stilistica osserviamo negli Statuti del 1334
(Tonini, III, p. 27) per la Rubrica 109 del Libro II sulla francazione
de' servi.
Ritorniamo al testo del 1220. Quel compresi che proponiamo al posto
dell'eccettuati che leggiamo in Tonini, si comprende meglio con
quanto avviene a Bologna nella seconda met del XIII secolo, quando
c' un'affrancazione collettiva dei servi (1257), come leggiamo nel
saggio di Gina Fasoli, Profilo storico dall'VIII al XV secolo, in Storia
della Emilia Romagna, I, Bologna 1975, p. 385.