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L'estasi felice che pu venire da una tela dove l'artista riunisce

presente, passato e futuro


Solo il pittore vince la morte perch riesce a fermare il tempo
Un consiglio d'autore sul libro, la musica,
il film o il capolavoro da utilizzare come
talismani nella vita. Il dipinto capovolge
tutto, ferma la corsa del divenire. Fa che la danzatrice si libri in aria in eterno. La
storia, la logica, la geometria, la fisica non sanno ricondurre l'uomo alla natura come
un'opera d'arte

Che cosa la relazione fra l'uomo e il cosmo, fra l'io e la natura? Talmente importante
questa domandina perch ne dipende la fusione tra i due estremi, che alla fin fine l'estasi,
o sommo bene, la loro confusione inestricabile, in cui si avvincono e distruggono
trionfalmente a vicenda in un meraviglioso trionfo di morte e resurrezione. Ha tanti sinonimi
questa sintesi suprema, il sangue del Graal, il gioiello che largisce ogni desiderio: sorso di
paradiso, cibo soprannaturale. Ma gi il punto di partenza dubbio. Gi la definizione dei
due estremi lascia a desiderare!
Si crede di sapere che cosa sia l'uomo, eppure mai nessuno ha saputo individuare dove
incominci a essere e a stagliarsi. C' un colmo di pura bestialit, di istinti violenti che a
rigore sembrerebbe preumano, ma attenzione: faccia scatenata, lingua profferta, occhi di
bragia, voce raspante, fiato rovente, possono anche manifestarsi come purissima
spontaneit mistica, fedelissima ai sommi maestri, al Dioniso grecoromano cos effigiato nei
templi siriani, riprodotto quindi nel Medioevo come Uomo Verde o Natura nei templi
comacini e quindi germanico-inglesi o anche predicato da Meister Eckhart come
raggiungimento dello scatto schietto, della spontaneit impeccabile e rapita, purissimo
slancio. Questo l'ideale mistico pi puro, che non ha nulla a vedere con il gioco di
ragionamentini e di deduzionciucole che dividerebbero fatalmente uomo da belva.
Quand' che si precisa l'affiorare dell'uomo razionale, distinto dagli animali che gli
respirano accanto? Non dico tanto dagl'insetti mirabolanti, sapienti come le api, operosi
come le formicole, ingegneri geniali come le termiti, ma su su fino alle bestie pi cospicue
come dimensioni, ispirate e lunari come lupi e felini esperti nello stringere le pupille, a
catturare i filini di luminosit che accendono la notte pi fitta e illune, come i pesci che si
allineano sulle correnti magnetiche o gli uccelli altrettanto capaci, radar incarnati. Ma bando
agli organi di percezione negati all'uomo: chi abbia avuto una dimestichezza vera e sincera
con un gattuccio o un canino sa quanto sia pi profondo di quello umano medio il loro
sentire e avr accumulato con la semplice osservazione una torma di episodi significativi e
memorandi: sacrifici eroici e dedizioni commoventi, inconfutabili.
L'uomo semplicemente un corpo che crediamo di riconoscere come umano associato
all'abitudine di ragionare secondo le regole enunciate da Aristotele nella Logica? A parte
che buona parte degli uomini parsi tali sulla terra non ha ragionato logicamente e nemmeno
si preoccupata d'informarsi della logica e delle sue norme, ha avuto un corpo che ben di
rado ha presentato il profilo elegante delle figurine egizie, anzi spesso sparso di pelame
nerastro o aureo o rossiccio, inoltre ha divorato a caso ci che gli stato facile stroncare e
dissanguare, ripetendo magari che nel sangue dimora e si diffonde l'anima. Se poi
quest'uomo si picca di trascegliere secondo norme rivelate le cose o gli arti commestibili,
piomba in una sconfinata presunzione, si arrovella fino a disgustare da quando si complica
cos insensatamente l'esistenza.
In breve, che cos' l'uomo, l'io? L'aggregato a una nazione e comunit d'origine? Ora,
basta un'abitudine ai viaggi perch questo ente si disgreghi. Aggregazione, infatti, un
insistente, minuzioso ribadire, un picchetto fitto fitto di goccine, bastano itinerari devoti e

informati, al di fuori dei presupposti nazionali, adusati a versarsi in linguaggi diversi,


incomparabili e subito l'aggregazione originaria tremola, smarrisce la sua forza adesiva,
evapora. Ricordo Giuseppe Tucci, maceratese informato come pochissimi del suo angolino
italo-latino, per dotato di una capacit d'assimilazione incomparabile per le lingue remote:
si trasfer in Bengala e in Tibet, si assimil come pochi al buddhismo tibetano, s'impratich
dell'archeologia locale e fu accettato come buddhista dal Dalai Lama. Ma quando torn in
Italia e si trov sposato a un'italiana cattolica, si diede per un normale cattolico.
Ci si vuole domandare come mai? Come mai gioc in ultimo sul presupposto che si
sempre plurali e che un investimento raramente radicale e ancor pi di rado comporta
una rinuncia. Sta di fatto che nella sua vita tradusse testi tibetani e sanscriti in un armonico,
dottissimo, leopardiano idioma italiano e furono tutte versioni che partivano da
un'assimilazione perfetta.
Forse che se il primo termine della sintesi, l'io o l'uomo si sgrana e si effonde nell'aria, il
cosmo viceversa rester immobile? Che cosa intendiamo per cosmo, intanto? Le tante
dimensioni da cui composto o le stringhe che lo costituiscono? Le formule riassuntive fra
big bang e universo?
Negli Stati Uniti e in Inghilterra, un po' meno in Francia e in Germania, una trafila di
scienziati ha descritto il cosmo quale si presentato durante il presente secolo alla loro
comunanza, da Jeans a Penrose il loro numero si via via accresciuto e talvolta sono
pervenuti a volumetti piani e persuasivi come The Artful Universe del 1995, di John Barrow.
Di fatto la fisica presenta nella sua sintesi pi stretta la realt che ci avvolge tutt'intorno,
nella misura in cui la matematica lo pu formulare. Ma fino a che punto questa riduzione
fisica esauriente e riassuntiva? Fino a qual punto sar una proiezione della mente
calcolante? Fino a che grado esprime ci che si addensa sulla nostra pelle, s'imprime sulla
capacit percettiva, sul tatto la cui espressione pi ardua la vista, oltre che sulla
sensazione vibratoria che s'annida nell'orecchio? O forse esprime soprattutto il
funzionamento della mente e le sue regole, una proiezione dell'uomo piuttosto che del
mondo percepito. Rivela la mente e le sue regole di manifestazione, la percezione e il
percipiente, non il percepito. Ci conduce al centro della mente o alle approssimazioni
massime che ci possiamo consentire.
Comunque sar pur sempre possibile che l'uomo colga la realt pur veridica con la pi
trepida sensibilit, con la pi attenta vibratilit. Chi sar colui che testimonia meglio di
questa vibrazione sensibile?
Credo il pittore, il quale si accorge che tutto scorre verso il nulla e la morte, ma decide
viceversa di invertire la tendenza, di capovolgerne il movimento suicida. Nota che ogni
paesaggio inganna, inconsistente ma anzi trascorre senza pausa, attrae con s nella
morte. Invece di farsi trascinare da esso, verso la sua mta predestinata, il pittore
capovolge tutto, arresta la corsa al nulla, capovolge il movimento mortale, lo stringe
sull'istante in cui si presenta, inverte il processo naturale, ferma il divenire, lo stringe
sull'istante in cui si rivela. Lo tramuta da ente in essere. Da partecipazione a infinito. Fa che
la danzatrice si libri a mezz'aria in eterno, costringe il paesaggio a fermarsi sul volgere
dell'istante: su quel momentaneo trascoloro, sul gioco di riflessi presenti in quell'attimo.
Cos perviene a riavvolgere il tutto su se stesso, facendo slittare il presente e attuale
nell'infinito che ne forma la premessa e causa, svia la partecipazione nell'eterno, nel blocco
di ogni divenire, mostra la percezione di per se stessa come essenza intemporale come chi
fermasse una pellicola di film e ci illustrasse le istantanee di cui fatta, come fa il pittore
che coi suoi pennelli illustra che cosa di fatto guardiamo, se guardiamo. Le singole civilt gli
porgeranno ciascuna i suoi metodi specifici: la bizantina e la russa le squadrature d'icona;
l'ottocentesca le macchie di colore, il rapporto molteplice, innumerevole di rapporti esatti fra
gradi di luminosit che tramano le superifici; la rinascimentale il gioco di prospettiva.
Guardare l'opera di un grande pittore del passato l'elisir degli elisir.

Cos si esorcizza la morte incombente, si interrompe il passaggio del tempo, si spezza la


caduta nell'abisso del nulla, nella fine mortuaria che attende tutto al suo varco. A questo
punto, se l'esorcismo riesce, alla morte si toglie il suo carattere definitorio, supremo, si
ribaltati fuori di tempo-spazio. Elevati, infatti all'istante perfetto nel quale di fatto sempre ci
aggiriamo, nel quale si smarrisce di fatto ogni nostro progetto, sempre che si avverta che la
storia sempre un'illusione, nella quale per errore immaginiamo che si svolgano i nostri atti
sociali. Di fatto, spiegava Nietzsche, la storia non ci fornisce esempi e modelli, ci suscita
soltanto inganni, plateali, smaccate menzogne.
I sommi eroi sono morti e ne evochiamo malamente un modello, che sarebbe valido
tutt'oggi, in circostanze incomparabili, nelle quali dovremmo muoverci semmai con
originalit e con inventiva. La storia confonde la nostra azione, la presenta in maniere
incongrue, le stringe entro progetti confusi e astratti, ci tarpa e acceca ripetendoci
menzogne di antenati, presentandoci le loro fantasticherie come realt vigenti e in tal modo
ci rinserra nel loro sepolcro, ci vieta la vita nostra, che deve sempre farsi strada nel buio,
nella novit, nel bisogno oscuro.
Voler tenere distinti la mente umana e il cosmo il pi grave degli errori, ne nascono
gl'infiniti vagabondaggi inconsulti del pensare. In realt c' uno stato d'animo che risulta
dall'esercizio inflessibile della logica e dallo slancio d'amore tutt'insieme, l'estasi unitiva in
cui ogni questione immaginabile si discioglie, sottratta alla morte e al corso del tempo, al
sepolcro dello spazio. Estasi la rivelazione della pienezza, della fusione tra la mente e il
cosmo, sia che il cosmo si riduca alla sua definizione strettamente fisica, sia che si
identifichi con ci che percepiamo come paesaggio o visione celeste, sia che si creda al
sistema percettivo umano o che si allarghi invece al modo di avvertire la realt di insetti e
mammiferi, di pesci e volatili.
Nell'estasi si coglie l'essenza della realt mentre finch ci si attiene alla pura mente o al
puramente percepito ci si aggira tra fantasmi e nebbiacce, intralciamo la vista e l'udito, ci
vietiamo perfino la percezione della verit.
L'estasi disperde il nuvolo, netta l'orizzonte, lancia l'attenzione all'ultimo lembo del visibile,
sostituisce il possibile all'attuato, concede di scorgere l'essere infinito. Questo allargamento
la somma liberazione, la pi eccelsa verit, la medicina suprema, il fine dei fini, l'ultimo
orizzonte. l'ideale ind della liberazione, ma anche quello buddhista del nirvana, che
vale come spegnimento, estinzione, meta d'ogni religione che voglia guidare all'ultimo
termine, d'ogni filosofia che si proponga di giungere al centro dei centri, esaurendo la serie
delle questioni vane, sfatando per davvero gl'inganni possibili, sgombrando il cammino.
L'estasi l'esistenza ripulita da tutti i desideri, innalzata al di sopra dei bisogni possibili,
identificata col mero essere.
Ci si occupa di geometria e ci s'illude di vivere entro il raggio della scienza geometrica, ma
si trascura di meditare il punto di partenza del ragionamento geometrico. Il primo passo
quello risolutivo, offre la chiave suprema: la superficie, che la geometria studia in essenza e
preliminarmente, l'addizione di linee parallele, che a loro volta sono addizione di punti. Ma
il punto non occupa spazio, esce dall'assenza di spazio come la cuspide d'una lama e
incide lo spazio, ne delimita il riferimento fondamentale, il luogo-non-luogo da dove si parte
per calcolare le figure geometriche. Il punto che non nello spazio regge ogni costruzione
spaziale, forma la loro scaturigine e la loro causa ultima. La loro pi intima verit. L'essenza
invisibile che la permea. Ogni superficie spaziale si spiega a partire dall'assenza di spazio.
Il punto corrisponde all'essere puro, le costruzioni che merc i punti si combinano nello
spazio esistono nella misura in cui si parta dal nulla. Tempo e spazio sono infatti non cose
materiali, ma categorie mentali, che si ottengono merc inganni e alterazioni dei sensi.
La scienza dello spazio puro si imposta a partire da una fiaba che sta fuori dallo spazio, da
una definizione che ignora la realt tangibile, il tessuto delle figure geometriche s'intreccia a

partire dall'inesistente, la concretezza tangibile poggia su una dichiarazione che si definisce


insussistente nello spazio. Quel nulla senza spazio, puntiforme, quell'incisione istantanea
del nulla sulla superficie in movimento dello spazio-tempo, sulla triade imprendibile di
passato, presente, futuro. Nessuno di questi tre termini risulta afferrabile, salvo nel mondo
capovolto del pittore.
di ELEMIRE ZOLLA
Mercoled, 18 Agosto 1999
Cultura

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