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La bottega di

Spinalba.

Nelle piccole comunit con laria si respira anche


la tradizione, in maniera inconsapevole, e a pieni
polmoni. Anche i ragazzi sembrano presi soltanto
dai loro giochi e dalle beghe della loro et; ma
intanto catturano brandelli di conversazione e
modi di dire che sanno di antico. Sembrano
distratti, ma in realt registrano e memorizzano
cose che
riaffiorano successivamente, in
momenti impensati.
Da adolescente mi era capitato di sentire gente
anziana accennare a una puteche di Spinalba.
Espressione usata sempre come riferimento a un
commercio da quattro soldi; una botteguccia da
strapazzo. Qualche volta avevo chiesto un
chiarimento, ed avevo avuto spiegazioni vaghe.
Si trattava di un negozietto minuscolo, che
intorno ai primi anni del novecento, una vedova
di poche risorse, teneva in un bugigattolo, nella
zona vecchia del paese. E qui esercitava un
piccolo commercio di povere cose: qualche
sporta di verdura di stagione, pomodori;
cartocciate di semi vari: ceci abbrustoliti e
conditi con olio e sale; semi di zucca ( le
luvine) anchessi tostati; carrube (le
sciuscelle), chiochie ed altre cose semplici. Le
sciuscelle ad esempio, erano un sostituto

naturale della caramella; non roba da cavalli. I


ragazzi di tanto in tanto ne sgranocchiavano
qualcuna con gusto, dopo averla acquistata per
poche lire.
Quella espressione era diventata proverbiale ma
aveva una circolazione limitata. Pochi ancora la
ricordavano e la usavano di tanto in tanto, quando
cera da svilire qualcosa.
Daltronde piccoli negozi del genere, sono
rimasti in auge ancora per anni; come una specie
di economia del vicolo. Al tempo della mia
adolescenza ancora ne funzionavano diversi, che
permettevano di vivacchiare ad un paio di
famiglie. Cera quello di Carluccio in posizione
strategica sul trivio al centro del paese vecchio.
Laltro tenuto da una anziana e burbera paesana ,
conosciuta come La Bazzoffa, nel tratto finale
del
corso. Bello il nomignolo curioso di
significato incerto: meriterebbe uno studio.
Erano il punto di approvvigionamento per i
consumi poveri dellepoca. Un poco di verdura
ma soprattutto cartocci di semi di zucca o di ceci
abbrustoliti con olio e sale. Costavano intorno
alle 5 lire e tenevano piacevolmente occupate le
mandibole dei ragazzi in anticipo sul chewing
gum - per un ora buona.

Qualcuno le chiamava, scherzosamente , i


stupefacent. Mi diceva un mio coetaneo:
- Iems a cumpr i stupefacent !
Si comprava da Carluccio un cartoccio di semi
abbruscati e si faceva la spola per il vecchio
corso rosicchiando e discutendo animatamente.
Piccoli commerci rimasti in uso ancora per tutti
gli anni 60. Era ancora possibile vedere in quegli
anni, certi banchetti che esponevano paccottiglia
varia: pettini , assortimento di bottoni, aghi ,
nastri ed altre cianfrusaglie. Erano spesso
oggetto di ironia e di qualche presa in giro.
Ricordo un buontempone un sarto noto per il
corrosivo sarcasmo - che si fermava con qualche
amico davanti ad uno di questi banchi e
commentava:
- Quanto ci sar qui ,di capitale ? Sette o
ottocento lire di roba? Non pu andare avanti .
Salvemij ! Se ci tassiamo di dieci a testa lo
salviamo !
Il tempo che galantuomo ha poi ricompensato
giustamente questi pionieri del commercio
ambulante. Con gli anni hanno messo insieme
piccoli patrimoni che hanno permesso alla

discendenza, di accedere a una condizione sociale


di rispetto.
Ma tornando a Spinalba, sono felicemente
incappato recentemente in una sorpresa, che mi
ha costretto a riesumare questi ricordi. E
ritornata alla luce, dalle nebbie degli anni andati,
una notizia scritta ed una bella immagine della
Bottega di Spinalba.
E riaffiorata miracolosamente nella massa di
dati , immagini e suoni che fluttua oramai sulla
superficie del pianeta in forma digitale. Nei primi
anni del 900 un artista inglese, pittore, fotografo,
ed appassionato di arte antica visit le rovine di
San Clemente. Viaggi dalla costa verso linterno
con una tradotta dellepoca, insieme a una
compagnia di reclute dirette verso un campo di
addestramento, e popolani con le ceste per il
mercato. Nella relazione della visita dedica una
parte del resoconto anche al paese poco distante.
E qui ricompare Spinalba; in un ritratto in piedi
sulla porta del negozio; tra la congerie di derrate
esposte in una mirabile confusione affascinante.

A memoria della escursione, oltre alle annotazioni


e disegni delle rovine della Badia, linglese inser
nel libro, anche questa fotografia. Il viaggiatore in
questione Frederick Hamilton Jackson(18481923) e racconta:
Lalba spunt mentre risalivamo la valle del
Pescara; arrivammo a Torre de Passeri che era
giorno pieno, ed i popolani erano gi in faccende.
Sotto la guida di un anziano arrancammo lungo
una strada fangosa, fino a raggiungere la Badia; e
mentre noi osservavamo lesterno, la nostra guida
torn indietro per la chiave. Era stato costruito un
ponte temporaneo per passare il fiume, e per
lattraversamento cera un pedaggio da pagare, in
cima alla discesa. Quando la donna che aveva
riscosso il pedaggio vide che tornavamo indietro
senza attraversare. ci restitu il denaro ! Dopo
qualche tempo luomo ritorn accompagnato dal
signor Calore.... Il villaggio presenta un sacco
di aspetti pittoreschi e particolari, come ad
esempio negozi caratteristici in cui esposto tutto
in vendita in una confusione mirabile, fontane a

cui le donne vanno per l'acqua, in una teoria


continua, con o senza bambini, fabbricatori di
maccheroni, ecc . Ma ha lo svantaggio di non
avere una locanda dove un Inglese potesse
mangiare, e ci siamo dovuti contentare di caff e
biscotti, comprati in negozio dove si vendevano
cartoline e prodotti coloniali, insieme a numerosi
bicchierini di un liquido sospetto che era molto
richiesto.
Il resoconto termina con un accenno al povero e
pittoresco ambiente del paese e con una breve
descrizione del negozietto dove, in condizioni
precarie e poco igieniche, erano riusciti a
rimediare il necessario per rifocillarsi. Tanto
caratteristico dovette sembrare allinglese il
negozio con la sua confusione, che decise di
prendere una bella fotografia della mercanzia
esposta con la padrona sulluscio. Sicch tra le
foto e schizzi delle architetture di San Clemente,
si trova anche questa che , per quanto mi
riguarda, non meno interessante delle rovine
secolari.

Questa immagine riporta indietro nel tempo. A


quando le botteghe di ogni tipo, tenevano una
abbondanza di mercanzia sulla strada. Le norme
igieniche erano a quei tempi, di l da venire. Per
i bottegai, la prima operazione della mattina,
consisteva nel liberare lingresso, spostando sulla
strada una serie di panchetti e barilotti.
Quando mi sono imbattuto nella foto, ho messo
subito da parte linteresse storico culturale per
una full immersion ( insieme a mia moglie)
nellinventario di quella abbondanza di vecchie e
care cianfrusaglie. Un piacere unico per una
persona della mia et - ritrovare quelle vecchie
conoscenze. Una resta di aglio, un quarto di
pancetta, un prosciutto ed un capolombo. Un
osso di prosciutto scarnificato. Una collana di
salsicce di fegato. A terra , insieme a vari sacchi
di granaglie, anche il caratteristico barilotto
delle saraghe. L elenco potrebbe continuare e
lascio ai compaesani di una certa et, il piacere di
completare la ricognizione. Ci sono , ad esempio,
strani oggetti che sembrano bamboline di

terracotta, appese sulle porte, insieme ad altro di


difficile identificazione. Poi ad un certo punto,la
sorpresa finale.
Sulla porta si nota una scritta solo parzialmente
coperta. Con laiuto di una lente la scritta rivela
chiaramente il nome della padrona : Spinalba
Cappola. La quale Spinalba, in posa sull
ingresso, guarda incuriosita linglese che la sta
immortalando, con la monumentale macchina
fotografica del tempo. Si presenta come una
simpatica donnetta nel costume dellepoca, con lo
sguardo sveglio e dallaspetto gradevole. In
compagnia di una ragazzo che probabilmente
suo figlio.

Cappola un cognome molto diffuso in quel di


TdP, e qualcuno forse sar in grado di ricostruire
le parentele. Ho avuto notizia , al riguardo, che
un Cappola ultimamente ha messo insieme un
libro fotografico, intitolato appunto I Cappola
interamente dedicato a questa famiglia. Spero di
avergli fornito un pezzo di pregio. Ma sono sicuro
comunque che a tutti ed in particolare a gente
delle mia et far piacere ritrovare questa
scheggia di piccolo mondo antico. Del tempo in
cui mio nonno ed altri contadini , attraversavano
il paese con il somaro per arrampicarsi sulle coste
di Ciappino e Pietrapizzuta, mentre altri nonni pi
furbi , come Spinalba, li aspettavano sulla porta
del negozio

L.d.m. Gennaio 2013

Marie u pazz.
Questa foto pu essere considerata esemplare di
come vanno le cose del mondo. Una verit antica
e sancita da numerose sentenze ricorda che:
Nemo mortalium omnibus horis sapit.
Nessun mortale saggio a tutte le ore, dice Plinio
il Vecchio. Un grano di pazzia si accompagna a
tutte le occasioni della vita, anche a quelle che
vogliono apparire pi austere. Loccasione
ricordata dalla foto, non fa eccezione.
E la visita di un personaggio importante che mise
in fermento tutto il circondario. Le espressioni e
gli atteggiamenti sono eloquenti; la deferenza
scritta sulla faccia di tutti. Siamo nel 1963 e
lallora capo del governo, lonorevole Amintore
Fanfani, per un caso non fortuito si trov a
passare dalle nostre parti. Era il periodo in cui si
progettavano le autostrade abruzzesi e cera
grande agitazione, tra la Maiella ed il Gran Sasso.
Il corteggio composto dal fior fiore della
politica moderata dellepoca. Manca, ovviamente,
tutto il cot di sinistra.
Le fisionomie sono improntate a grande seriet;
ma una di esse nasconde dietro le apparenze, il

baco della follia. Infiltrata tra i notabili, cerca di


non dare nellocchio. Potrebbe anche passare un
capo corrente impegnato nelle dispute per il
controllo degli affari. Dispute nelle quali la follia
ha sempre giocato un ruolo importante. Le cose
del mondo vanno in questo modo insegna
Erasmo.
Il nostro personaggio la seconda figura da
sinistra; con la coppola , parzialmente coperto
dalla figura in primo piano. E Marie u pazze.
Uno
strambo
soggetto
che
allepoca
movimentava e divertiva la vita del paese: una
specie di giullare.

Marie nghe la coppole.

Era conosciuto con il nome di Mario u pazze;


ma in realt, era soltanto afflitto da stranezze che
non mancavano di un certo metodo, come si suole
dire. Oggi sarebbe passato semplicemente per
una personalit disturbata.
Aveva due grandi passioni: la principale era di
tenere informata la comunit: far circolare le
notizie dinteresse comune. Il criterio, con il

quale Mario decideva quali fossero le notizie


importanti, era per tutto suo personale.
Confondeva spesso cose di rilievo con
pettegolezzi da strapazzo.
Era costantemente alle costole dei notabili e
raccattava ogni indiscrezione che a suo
giudizio - poteva sembrare interessante.
Orecchiava, spiava e selezionava, fino a quando
non riusciva ad arraffare qualcosa. A quel punto
imboccava a passo di carica il vecchio corso
paesano. Vociava e strombazzava a dritta e a
manca quello che aveva saputo, e di cui in giro si
parlava a bassa voce . Salutava rumorosamente
chiunque gli si parava davanti e lo chiamava a
commentare e a sghignazzare con lui. La gente
ascoltava divertita; ma cercava di tenersi alla
larga da quella specie di tromba del giudizio.
L altra grande passione di Mario erano le bande
musicali: in quegli anni lelemento di grande
richiamo nelle feste di paese; in particolare in
quelle del patrono che si tenevano ai primi di
Settembre. In quelle occasioni si assoldavano
imponenti complessi pugliesi composti di un
robusto organico. Il suono degli ottoni, e i colpi
della grancassa lo mandavano in visibilio. Le

feste erano le uniche occasioni nelle quali poteva


soddisfare questa passione.
Si era attribuito il ruolo del mazziere. Un
mazziere alla buona; senza alamari, senza
uniforme e senza mazza; ma non per questo meno
spettacolare. Le strade erano pi volte il giorno
percorse dalla banda, e Mario aveva un gran da
fare; la precedeva sempre impettito e solenne. In
quei giorni viveva in simbiosi con la banda:
diventava uno di loro; marciava a passo di
parata, raggiante di piacere. La sua faccia
esprimeva un godimento fisico e si esibiva in una
variante del passo delloca. Aveva degli enormi
piedi piatti che sollevava a fatica; e marciando li
lanciava energicamente all'infuori.
Alla fine dei festeggiamenti tornava al trantran di
tutti i giorni. Cio alla raccolta e smistamento
delle notizie.
Quando non era in giro a
starnazzare, si metteva ossequioso alle costole di
qualcuno : sindaco, parroco , medico condotto,
farmacista che fosse; chiunque poteva essere
fonte di notizie. Aveva per le autorit una speciale
deferenza, e copriva dinsulti tutti quelli che, a
torto o a ragione, riteneva non abbastanza
rispettosi. I suoi bersagli erano, ovviamente, tutti
i soggetti in odore di comunismo.

Tuttavia era una figura simpatica. Se fosse vissuto


ai giorni nostri, sarebbe stato considerato con
maggiore rispetto, grazie alle tante cose dette e
scritte in difesa dei matti. E forse avrebbe anche
adottato la recente canzone napoletana, che ha
contribuito non poco, al recupero di dignit della
categoria:
I so' pazz, I so' pazz
e vogl'essere chi vogl'io
scite fore d'a casa mia.
Il suo apparire suscitava anche simpatia;
nonostante il baccano, e il continuo agitare delle
braccia: non aveva mai fatto male a una mosca.
Laneddotica paesana raccontava che era stato in
America in giovent; ma era stato rispedito in
patria quasi subita. Non appena gli Americani si
erano resi conto di aver fatto pessimo acquisto.
Accertata la sua incapacit di essere impiegato in
qualcosa di utile, lo avevano rispedito in Italia. E
perch non gli venisse l'idea di tornare negli USA
gli avevano anche concesso piccola pensione, il
godimento della quale era subordinato alla
condizione che non mettese pi piede negli USA.

Cos viveva insieme alla madre di questa piccola


rendita e allietava le giornate in paese.
Si raccontava anche che era stato sposato; ma la
convivenza con la moglie era finita presto, per via
delle continue e rumorose baruffe che finivano
con i piatti sulla strada, e mettevano a rumore
mezzo paese.
Negli ultimi anni ebbe la sventura di incappare in
un incidente, che gli rovin il piacere di marciare
in testa alla banda, per il resto dei suoi giorni.
Accadde al passaggio a livello, nei pressi della
sua abitazione. Un incidente che poteva accadere
soltanto in quei tempi; quando i treni erano
considerati confidenzialmente, poco pi che
giocattoli. I treni in manovra sostavano a lungo
anche sul passaggio. In una di queste occasioni,
per attraversare volle salire e scendere alla svelta
dallaltra parte. Imprudenze del genere erano
pratica corrente allepoca. Sfortunatamente il
treno ripart. Colto alla sprovvista, pens di
aspettare larresto alla stazione poco distante.
Quando si accorse che il treno acquistava velocit
e proseguiva, tent di saltare a volo. Fini con una
gamba sotto le ruote e gli fu amputato un piede.

Si riprese dalla disgrazia alla svelta senza perdersi


coraggio. Forn una bella prova di stoicismo.
Quando certi amici lo andarono a trovare in
ospedale, dapprima si sciolse in lacrime, ma quasi
subito riacquist il buon umore.
Indicando la caviglia fasciata, afferm: - Tanto
era pieno di calli!
Se in fondo a qualche tiretto ingiallisce una
vecchia foto con la banda preceduta da Marie u
pazz; spero venga riesumata e pubblicata sul web
insieme ad altre vecchie memorie. Sarebbe la
migliore rievocazione dei festeggiamenti solenni
che si facevano nel secondo dopoguerra.
Lintermezzo della Cavalleria Rusticana o
limmagine di Mario in testa alla Banda, sono
cose che rievocano quelle occasioni pi di ogni
altra. Ancor pi delle processioni e absit iniura
verbi delle immagini di S. Antonino.
ludinic torrese

U trattore.

Gennaio 2013Il tratturo.

La tradizione ancestrale della pastorizia ancora


ravvisabile nel territorio del nostro centro,anche
se le tracce sono ,oramai, appena percettibili. E'
quello che resta del vecchio tratturo. Era uno dei
tre principali tratturi che attraversano lAbruzzo,
come raccontano le rare pubblicazioni che
ripercorrono le vicissitudini di questi antichi
corridoi. Quello che dallAquila, passando per
Alanno, Bucchianico, Larino, raggiungeva la
Puglia.
Questo ramo scavalca lAppennino in un tratto
relativamente agevole; ad una quota modesta.
Nella zona di Rocca Tagliata, prossima alle gole
di Tremonti. Attraversa il territorio di comuni
pedemontani e scende davanti alla millenaria
abbazia di San Clemente, che fungeva, ab
immemore, da riferimento ai pastori erranti
dallAppennino al Tavoliere.
Una vecchia carta del regno di Napoli del 18021806 che circola sul WEB questo tracciato
messo in evidenza ed un commento informa che
fin dal VI secolo era attraversato dalle greggi.

Negli ultimi cinquantanni ha subito una


trasformazione notevole. Il tratturo che ricorda a
generazione nata intorno al 1940 non esiste pi
da tempo. Un boccone alla volta, stato
fagocitato da forme di appropriazione pi o
meno lecite. I pochi brandelli rimasti non
rendono lidea dell'aspetto imponente di un
tempo; quando ancora il vate
regionale lo
definiva
un'erbal fiume silente.
Era un ampio prato che scendeva dalla collina di
Castiglione verso la Badia. Davanti ad essa si
allargava come un fiume alla foce, occupava lo
tutto spazio dal Pescara a destra, fino a un
vecchio nucleo di case con la fontana, dalla parte
opposta.

La transumanza non era del tutto scomparsa a


quei tempi, anche se ridotta a passaggi sporadici.
Ai ragazzi che giocavano a pallone sul prato,
capitava, di tanto in tanto , di assistere con
stupore all'improvvisa ricomparsa della pastorizia
atavica. Un gregge faceva la sua apparizione in
cima alla collina, preceduto da un tintinnio di
campanacci che diventava sempre pi distinto.
Anchio da ragazzo ho assistito spesso a questo
insolito spettacolo. Il gregge, dal crinale scendeva
pigramente, seguito da pastori che lanciavano
richiami gutturali
ai cani che abbaiavano,
correndo intorno alle pecore.
Fischi, latrati, belati che si facevano sempre pi
vicini. Alla fine gli ovini facevano una pacifica
invasione di campo. Le squadre dovevano
interrompere il gioco. I ragazzi trafelati
recuperavano il pallone di fortuna che usavano
allora, e si facevano da parte. Assistevano
meravigliati al passaggio del gregge, che
sciamava verso LAdriatico selvaggio. Per quel
giorno la partita finiva tra sberleffi e risate. Non
poteva essere ripresa perch le pecore lasciavano
sullerba un tappeto di palline nere: il campo era
diventato impraticabile.

Limprovvisa ricomparsa di questo Abruzzo


atavico, era motivo di stupore. Pi tardi a scuola
i maestri ci parlavano della Transumanza e
dellAbruzzo tradizionale. E qui ovviamente,
cadeva a proposito la nota poesia sui pastori di
Dannunzio, che tutti conoscevamo a memoria.
La sua notoriet andata crescendo negli anni, al
punto che potrebbe essere considerata una
specie di inno regionale Abruzzese. Prima o poi
un nuovo F.P. Tosti lo metter in musica.
Il tratturo terminava davanti alla facciata della
Badia. Era un ampio pratone, che solo negli anni
a seguire, sarebbe stato occupato dalle varie
costruzioni. Solo un gruppeto case, quelle pi
vecchie facevano da cornice alla ampia distesa di
sonante terreno erboso, da secoli incolto e battuto
soltanto dalle scorrerie dei ragazzi e dagli zoccoli
degli animali.
Il tratturo inoltre, era annualmente ancora teatro
di un altro avvenimento residuo delle tradizioni
arcaiche. Zoccoli pi robusti scorrazzavano sul
suo tappeto erboso. Succedeva nel mese di
Maggio. Il giorno 24, in occasione di una antica
fiera del bestiame. Un avvenimento che in antico
doveva richiamare grande afflusso di gente, ma
che era gi ridotta, ai miei tempi, a cosa di poco

conto. Un centinaio di persone, tra contadini


commercianti, mercanteggiavano intorno a
qualche branco di maialetti, e varie coppie di buoi
dalle lunate corna1. Non mancavano i somari e
soprattutto dei cavalli; il nobile animale che
ancora aveva ammiratori ed appassionati nelle
fasce popolari. Questi rappresentavano lelemento
spettacolare, che coloriva e vivacizzava
lavvenimento, ed incuriosivano i ragazzi. I cavali
richiamavano la presenza degli zingari, dediti per
tradizione al loro commercio. Erano numerosi e si
riconoscevano dallabbigliamento insolito, il
colorito da levantini e dalla strana parlata. La
tradizione paesana consigliava di stare in guardia
e diffidare di loro. Si sapeva che erano maestri
nellarte di imbrogliare il prossimo. Capaci si
diceva - di trasformare in un focoso purosangue,
un ronzino gi con un piede nel macello. I loro
raggiri ai danni dei contadini erano diventati
proverbiali. Nello spiazzo centrale esibivano i
loro esuberanti cavallini come sulla pista di un
circo. Li facevano caracollare e galoppare ed
impennare, ed intorno si formava un cerchio di
curiosi ammirati.
1

Secondo la poetica espressione di Carducci, riferita alle


ampie corna dei buoi.

Dopo il 1950, quando le attivit economiche


ripresero lena, durante il periodo che va sotto il
nome della ricostruzione, al tratturo antico furono
inferti gli ultimi colpi. Si lavor alla ricostruzione
di un ponte, ed allampliamento del tracciato di
una strada provinciale. Non appena gli escavatori
rudimentali di allora cominciarono a grattare il
terreno, riaffiorarono resti e suppellettili dei
secoli trascorsi. Terra sulla quale generazioni
numerose si erano succedute nei millenni,
conservava quasi a fior di terra resti affascinanti
delle epoche trascorse.
Ricordo la ricomparsa di una tomba di epoca
Longobarda. Lo
scheletro del guerriero
contornato dalla armatura e spadone e ricco
corredo funebre, tutto corroso dal tempo. I lavori
furono sospesi: intervennero le sopraintendenze e
si procedette al recupero. Intanto la tomba rest
esposta alla vista per pi di un giorno. Un
pellegrinaggio si assiepava intorno ai resti del
sepolcreto tornato alla luce.
Una senso di rispettosa meraviglia si leggeva
nella espressione dei visitatori. Guerrieri bardati
come nei film storici avevano calcato il nostro
tratturo e magari combattuto con lo spadone due

mani, sul terreno dove eravamo abituati a vedere


solo pacifiche greggi, e scorribande di ragazzi.
Circolano ancora numerose foto che ricordano
quei pomeriggi estivi trascorsi in interminabili
partite di pallone, au trattore, come si diceva.
Erano incontri che iniziavano
nel primo
pomeriggio e terminavano al tramonto.
Si
rientrava smunti e stracchi di uno sfinimento che
ancora ricordo molto volentieri. Un piacere per
definire il quale , oserei scomodare Dante, per
affermare che intender non lo pu, chi non lo
prova.
Il pallone era il pezzo pi importante del
pomeriggio. Era in genere fornito da qualche
ragazzo la cui famiglia poteva concedersi questo
lusso. E per questo aveva diritto a ruoli e riguardi
particolari durante il gioco. Si doveva evitare di
farlo arrabbiare perch sarebbe scattato il
richiamo immediato del pallone dal campo.

A ricordo di uno di questi pomeriggi, propongo


una
foto
ricomparsa
recentemente
ed
inaspettatamente, nella quale insieme ad altri

coetanei sono stato ripreso io stesso , intorno al


1959. Suggerisco ai frequentatori del gruppo il
Tratturo, come tema di ricerca. Chi vuole inserire
qualche altra foto mi pu contattare-

Da sinistra verso destra: Sergio Furlone, Ludinic


Torrese, Giovanni Sanrocco, Carlo di Leonardo,
Torre Valpescara, C' un ragazzo impallato da
Carlo, e sfortunatamente non riconoscibile.

l. de melis ludinic torrese


Maggio 2013.

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