Caesar van Everdingen, Natura morta con Busto di Venere, 1665 - Olio su tela, Mauritshuis, L’Aia

giornale per studenti, insegnanti ed altri esseri pensanti

2€
d ic . - g en.
2009/2010
A n n o III n. 4
memoria
l‘arcobaleno

editoriale
2

L
a Repubblica italiana riconosce il
ggiorno 27 gennaio,
g data dell’abbattimento
dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Me-
moria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico),
le leggi
gg razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, glig italiani che
hanno subììto la deportazione, la prigionia,
g la morte, nonché coloro che, anche in
campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto
g di sterminio, ed a rischio della
propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
g E’ l’articolo 1 della legge
20 luglio
g 2000 n° 211 che istituisce la giornata g della memoria. Come per le più ggra-
vi malattie, anche per i totalitarismi esistono efficaci mezzi profilattici: si chiamano
informazione, interesse, senso critico, partecipazione, memoria. Ma il senso di un nu-
mero del giornale
g dedicato interamente alla memoria non si esaurisce nella, pur assolu-
ta e inderogabile,
g necessità di non dimenticare le più immani tragedie g del secolo scorso.
I Greci dell’età arcaica fecero della memoria una dea, la chiamarono Mnemosine e la de-
signarono
g come madre delle nove muse, concepite assieme a Zeus. Il poeta è l’uomo della
memoria, ricorda il passato e prefigura g il futuro. La letteratura e la poesia, figlie g esse stesse
del ricordo, si sono nutrite di memoria in ogni g epoca e regione.
g Riaffiorano alla nostra me-
moria di studenti le pagine g in cui Ulisse o Enea raccontano le loro appassionanti vicende;
oppure quelle, altrettanto indimenticabili, in cui Dante lascia che Paolo e Francesca, Fari-
nata, Ulisse, Ugolino,
g Pier delle Vigne, g Pia dei Tolomei e tante altre figure, g si abbandonino
all’umanissima dolcezza e sofferenza del ricordo. E, per restare nelle aule scolastiche, come
non ricordare Leopardi? Lui, il poeta delle ricordanze, è senza dubbio il più ggrande evo-
catore di immagini, g fissate in un passato nel quale, molto facilmente, i giovani g riescono
a specchiarsi. Il motivo lo spiega p g egli g stesso nello Zibaldone: Il passato, a ricordarsene,
è più
i bello del presente,come
p il futuro
f a immaginarlo.
g Perchéé? Perché il solo presente ha la sua
vera forma
f nella concezione umana; è la sola immagine g del vero; e tutto il vero è brutto.
Fuori dalla dimensione poetica, nell’economia prosaica della forza, il passato
lo scrive chi ha il potere nel presente. E allora si tenta di riscrivere la sto-
ria, provando a negare g l’Olocausto, come da decenni provano a fare i
cosiddetti storici negazionisti.
g Oppure, dato che erano giovani,
forti e sono morti, mettendo sullo stesso piano chi è morto
per la libertà di tutti e chi è morto per la supremazia di
una razza o per il dominio di un duce. Ricor-
dare è resistere, ricordare è esistere.

Tobia Ravà, Memoria del futuro, Memoria universale – 2007

$IJ
JMMVNJOB
Quando mi guardi
i miei occhi sono chiavi,
il muro ha segreti,
il mio timore parole, poesie.
Solo tu fai della mia
memoria
una viaggiatrice affascinata,
un fuoco incessante.

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Al di là di sei fiumi e tre catene di montagne sorge Zora, città che chi l’ha vista una
volta non può più dimenticare. Ma non perché essa lasci come altre città memorabili
un’immagine fuor del comune nei ricordi. Zora ha la proprietà di restare nella memoria
punto per punto, nella successione delle vie, e delle case lungo le vie, e delle porte e delle
finestre nelle case, pur non mostrando in esse bellezze o rarità particolari. Il suo segreto
è il modo in cui la vista scorre su figure che si succedono come in una partitura musicale
nella quale non si può cambiare o spostare nessuna nota. L’uomo che sa a memoria com’è
fatta Zora, la notte quando non può dormire immagina di camminare per le sue vie e
ricorda l’ordine in cui si succedono l’orologio di rame, la tenda a strisce del barbiere, lo
zampillo dai nove schizzi, la torre di vetro dell’astronomo, l’edicola del venditore di co-
comeri, la statua dell’eremita e del leone, il bagno turco, il caffè all’angolo, la traversa che
va al porto. Questa città che non si cancella dalla mente è come un’armatura o reticolo
nelle cui caselle ognuno può disporre le cose che vuole ricordare: nomi di uomini illustri,
virtù, numeri, classificazioni vegetali e minerali, date di battaglie, costellazioni, parti del
discorso. Tra ogni nozione e ogni punto dell’itinerario potrà stabilire un nesso d’affinità 3
o di contrasto che serva da richiamo istantaneo alla memoria. Cosicché gli
uomini più sapienti del mondo sono quelli che sanno a mente Zora.
Ma inutilmente mi sono messo in viaggio per visitare la città: obbligata poesia e
a restare immobile e uguale a se stessa per essere meglio ricordata, Zora
languì,
g , si disfece e scomparve.
p La Terra l’ha dimenticata.
racconto
[
[

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
La scomparsa
o p della memoria
senza
memoria
e le sue conseguenze
4 ferenza per qualunque immagine di
di Graziella Priulla
I
l distacco crescente dalla politica
e dalla sfera pubblica costituisce
un punto centrale della riflessio-
ne contemporanea sulla condizione
Thomas Todd, Inna
ggiovanile. Mentre l’ideale democra-
tico sarebbe quello di una comunità
di individui consapevoli e politica-
mente attivi, molti dei nostri ragazzi
g ormai da tempo segnalano.
tendono a sentirsi orgogliosi di ciò
per cui noi avremmo provato vergo- g
ggna: vivere nell’epoca post-ideologica
pare identificarsi col mostrare indif-
‘politica buona’.
La lontananza dalle istituzioni è il
primo dato che colpisce, in misura
inimmaginabile
g per una generazione
g loro vita. Levolvere del sistema di
come la mia: è da ricordare, tuttavia,
che la maggioranza
gg della popolazione
dei sistemi occidentali nutre senti-
menti di apatia e di disinteresse nei
confronti delle procedure democra-
tiche, come le ricerche politologiche
g monarchia, la Costituzione, la legge
C’è tuttavia una signifi
g cativa differen-
za: se per le ggenerazioni precedenti si
tratta di delusione e disincanto, per
i più ggiovani l’estraneità non si basaa
su alcuna esperienza negativa,
g non si
fonda su alcun ragionamento
g pessi-
mistico. Semplicemente non c’è mai
stato posto per questo ambito, nellaa
valori verso le sfere della socialità ri-
stretta e della vita privata era ggià ma-
turo quando sono nati. Non ne hanno
conosciuto un altro. Già il mainstream
della politica come cosa sporca eraa
patrimonio diffuso del senso comu-
ne. Loro non erano ancora alle ele-
mentari neglig anni di Tangentopoli,
g e
infatti nella loro memoria non ne è
rimasta traccia.
In un simile contesto non ci si può
stupire se la memoria storica è de-
stinata a svanire. Il passato è tutto
allineato su una sola linea, definibile
come ciò che non è ppiù (e allora a che
serve?). Senza queste coordinate, è
inevitabile che il presente si appiatti-
sca sulla biografi
g a individuale.
Dai dati di lettura dei giornali
g sap-
piamo che lo stesso diritto all’infor-
mazione - a suo tempo conquistato
a così caro prezzo e ggiunto a questi
ragazzi
g senza alcuno sforzo - pare
loro superfluo, assorbito nell’indiffe-
renza. Gli avvenimenti del mondo e
dell’Italia e le ragioni
g che li fondano
si rivelano al contempo insopportabi-
li e incomprensibili, in un’indistintaa
successione di immagini g irrilevanti.
Democristiani? socialisti? comuni-
sti? Riferimenti sfocati o muti, perr
la loro esperienza. Da sempre riten-
ggono l’occuparsi della cosa pubblicaa
appannaggio
gg di una categoria
g che de-
finiscono ‘i politici’: ggeneralizzazione
che usano comunemente, conden-
sandovi un po’ di separatezza, un po’
di disprezzo.
La storia recente del paese è per i più
terra ignota.
g Quando arrivano alle ggio-
vani orecchie distratte, le sue vicende
risultano monche, decontestualizzate
tessere di un puzzle impossibile e inu-
tile da ricomporre.
p Alla maggioranza
gg a
dei miei studenti (universitari, e per p r
di più iscritti a Scienze politiche) ri-
sulta difficile datare anche approssi-
mativamente eventi come la Libera-
zione (“da che?”), il referendum sullaa
gg
sul divorzio, la nascita del centro-si-
nistra, il rapimento e l’assassinio di
Aldo Moro, gli anni di piombo e il
terrorismo. Fatti collocati in un gge- ce e perché sono inseriti in reti sociali cose non era apprezzato e le agenzie
g
nerico passato, vaghi g per molti, senza organizzative
g e valoriali. Quando non di socializzazione - i partiti, i sinda-
nessuna eco per moltissimi. dispongono
g di questo codice, quan- cati, la scuola pubblica, spesso la fa-
La guerra
g fredda era quella che si do mancano reti che li includano, o miglia
g - si adoperavano per combat-
combatteva nei paesi del nord. Mao si estraniano o scelgono
g le soluzioni terlo, per prevenire il malessere o per
fforse è il diminutivo di Maometto. più ovvie: la politica personale, le pa- canalizzarlo, per far esprimere le sue
Non sono battute, ma risposte vere, role d’ordine più semplici, i richiami ragioni.
g Invece, al presente, disincan-
serie, agli
g esami. populistici. to ed estraneità non solo sono diven-
Ormai abbiamo deciso di dare per Per la formazione degli g orientamen- tate le pulsioni prevalenti, ma è sta-
scontato che la storia del dopoguerra
g ti politici è cruciale il periodo che va to lasciato loro un spazio tale, sono
sia terreno vergine
g (“a scuola ci fer- dai 15 ai 25 anni: è la fase della socia- state così abilmente alimentate, che
mavamo alla prima gguerra mondiale” lizzazione nel corso della quale si co- hanno acquisito un dichiarato valore
- e adesso le ore di storia sono state struisce l’appartenenza sociale. Nel positivo, nella nota spirale che si au-
ulteriormente ridotte): non hanno nuovo millennio questa coorte appa- toalimenta.
mai sentito nominare De Gasperi o re ripiegata
g su se stessa, alla ricerca di Parlare di battaglia
g perduta è facile:
Togliatti; molti collocano il fascismo un’identità cui sembra impedita una individualisti insofferenti di regole,
g
“tanto tempo fa. ”Quanto?” “Un se- maturazione signifi
g cativa. votati a un consumismo irriflesso …
colo, forse due”. Anche a casa non ne Non riescono, perché mancano loro Ma saranno classe dirigente,
g rappre-
hanno parlato mai. il contesto, i riferimenti, gli strumen- sentano il risicato futuro di questo
D’altronde ben pochi sanno dire chi
ha governato
g “prima di Berlusconi”,
che costituisce la loro unica compe-
tenza diretta ed è comunemente rite-
nuto spartiacque e svolta rispetto a un
passato “di sinistra” (l’idea che “prima”
ci fossero stati sempre al governo
g “i
comunisti” è passata con incredibile
facilità, e mi guardano diffidenti - “ma
lei è di parte” – quando, per dimostra-
re che non è vero, azzardo una storia
del potere nel dopoguerra).
g
Le parole stesse della politica intrec-
ciano una rete di territori sconosciu-
ti, in cui hanno paura di perdersi.
Un piccolo episodio. Qualche mese
fa il trentunenne Tommy, y ascoltando
una popolare trasmissione di Radio
DeeJay, y non trovandosi d’accordo
con quanto detto dal conduttore, Fa-
bio Volo, ha pensato bene di scriver-
ggli: “Comunista! Comunista! Comu-
nista!”. Volo, perplesso, lo ha contat-
tato, domandandogli g cosa intendesse
per “comunista”, visto che non c’en-
trava niente col tema della trasmis-
sione. Tommyy ha cercato di ggiustifi-
carsi: “Ma gguarda...sinceramente ...
comunista è come dire interista!... è
un insulto, così ... la definizione della
parola, esatta, non la so”. Dato che il Francesca Woodman, foto da House series, 1976
radioascoltatore divagava,
g Volo lo ha
riportato alla domanda iniziale: “Ma
cosa vuol dire essere comunista?”. ti, i criteri, a vedere un nesso tra la paese di vecchi!
Risposta: “Mah... votare... c’è anco- vita e la politica. Persuasi di essere In ggioco non sono l’inno di Mameli, il
ra Cossutta?”. Volo ha invitato il suo deboli e indifesi in un mondo com- tricolore che torna a sventolare. Il de-
interlocutore a riflettere: “Tommy, y plesso, immersi in scenari complessi- ficit parte dall’ignoranza
g civile. Una ri-
hai 31 anni, non puoi farti dire dagli g vi di insicurezze, demandano ad altri cerca condotta per conto dell’Istituto
altri cosa devi pensare. Bisogna g che la ggestione della loro esistenza. Cattaneo su seimila maturandi italiani
tu pensi le cose che dici; puoi anche Tutto intorno a loro, da che hanno - dieci anni fa - rilevava che oltre laa 5
dirmi ‘comunista’, ma devi almeno l’uso di ragione,
g ha fatto capire
p che metà dei giovani,
g che magari avrebbe-
sapere cosa signifi
g ca!”. le macrodimensioni (ciò che è collet- ro preso all’esame 58 o 60, non sapevaa
Sono segni
g di un complessivo smot- tivo, ciò che è ppubblico, ciò che è so- rispondere alla domanda: “quali sono
tamento dell’ambiente simbolico: ciale) nascondono insidie e inganni,
g i rami del Parlamento?”. Figuriamoci
g
chi è stato nutrito fin da bambino a sono pericolose e ostili. Meglio rifu- con che occhi sgranati
g leggono
ggg di “bi-
Nutella e circensi la fa registrare con ggiarsi nel proprio orticello. cameralismo perfetto”, o di “presiden-
maggiore
gg evidenza. Anche in passato la vita democrati- zialismo alla francese”.
La politica è un codice, e per giunta
g ca contava un numero consistente di Ma votano.
complesso. I cittadini partecipano ignari,
g di delusi, di scontenti, di in- Un popolo sovrano che di politica non saa
perché qualcuno li socializza al codi- differenti. Allora però questo stato di e non vuol sapere nulla, che sovrano è?

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
memoria e
cervello
6 mine memoria, compiamo una
di Rosario Coco*
“U
no – pruno, due – bue,
tre – re, quattro – gatto,
cinque – propinque, sei
– pigmei,
g sette – saette, otto – ot-
tentotto, nove – piove, dieci – ceci”
questa filastrocca, che ricorda quel-
le ascoltate nei ggiochi dei bambini,
in realtà non è altro che un sistema
mnemonico popolare, che sfrutta
una tecnica per ricordare una se-
quenza di dieci parole, nell’ordine
appropriato.
E’ solo una delle tantissime tecniche
...
Alexander Sterzel, Senza titolo (part.)
utilizzate per mantenere in allena-
mento la memoria, considerata, a
ragione, il fulcro della nostra capa-
p Ma il terzo contenitore come riceve
cità di conoscere (o, ancora meglio,
g le informazioni?
di riconoscere). Se volessimo utiliz-
zare una definizione mediandola dal
mondo dell’informatica, potremmo
dire che la memoria è la capacità
di acquisire, elaborare e rievocare
un’informazione.
In realtà, quando utilizziamo il ter-
semplificazione linguistica, poiché
si dovrebbe, più correttamente, par-
lare di memorie, ognuna
g delle quali
rappresenta una serie di sistemi in-
terconnessi complessi, con scopi e
comportamenti molto diversi.
A sostegno
g di quanto detto, ci soc-
corrono ggli studi di fisiologia,
g che
dimostrano come tutte le informa-
zioni da noi acquisite vengono
g im-
magazzinate
g in tre depositi differen-
ti da cui vengono di volta in volta
richiamate.
Alla luce di queste acquisizioni di-
stinguiamo:
• una memoria sensoriale-im-
mediata a che utilizza i cinque sensi
TU SEI QUELL
(udito, tatto, ggusto, vista, olfatto) e
permette di conservare le informa-
p
zioni pper un tempo brevissimo (po-
chi secondi).
• una memoria a breve termine
che conserva p per un tempop p poco ppiù
lungo
g (qualche minuto) le informa-
zioni ricevute dalla memoria senso-
riale, dopo averle elaborate.
• una memoria a lungo g termine
dove vengono
g conservate per anni o
decenni alcune informazioni, elabo-
rate in modo ancora più complesso e
trasformate in ricordi stabili.
Per essere ancora più chiari, sfor-
ziamoci di considerare questi tre
depositi come dei contenitori co-
municanti fra loro: possiamo, allora,
affermare che la memoria sensoriale
- immediata trattiene per pochi atti-
mi le informazioni provenienti dagli g
organi
g di senso, eliminandone circa
il 75%. Del rimanente 25%, soltanto
poco meno dell’1% viene trasmesso
e conservato nella memoria a breve
termine (primaria), che è il deposito
più limitato dell’encefalo.
E’ ovvio che la suddetta schematizza-
zione serva a rendere più facilmente
comprensibili
p una serie di pprocessi
molto più complessi e che coinvol-
ggono varie zone dell’encefalo.
Tutto il meccanismo della memoriaa
si articola intorno al sistema lim-
bico (gruppo
g di strutture cerebrali
che formano i margini g interni dellaa
corteccia cerebrale). Esso rappresen-
ta la zona del cervello che gesti-
sce le emozioni. Di questo sistemaa
fa parte l’ippocampo ed è proprio
questa parte del sistema che sele-
ziona le informazioni da trasfe-
rire nel terzo contenitore, ovvero laa
memoria a lungog termine (secondaria).
Perché succede questo? Per com-
prendere questo fenomeno bisogna g a
ricordare che tutte le componenti
del sistema limbico hanno il com-
pito di regolare
g i comportamenti re-
lativi ai bisogni
g primari, esssenzia-
li per la sopravvivenza dell’individuo
e della specie: il mangiare,
g il bere, il
procurarsi cibo, le relazioni sessua-
li, ed anche, per una specie evolutaa
come l’uomo, la capacità di interpre-
tare i segnali
g provenienti dagli altri e
dall’ambiente.
A questo punto è facile compren-
dere perché la memoria risentaa
notevolmente delle emozioni siaa
positive sia negative,
g che tendono
ad influenzare l’apprendimento.
Questo ci spiega, ad esempio, per-
ché, se si prova insofferenza perr
una materia scolastica, sarà scarsa laa
possibilità di apprenderla, mentre,
di contro, un approccio positivo riu-
scirà a stimolare il ritmo di trasfe-
rimento nella memoria secondaria.
E’ da rilevare, inoltre, che un atteg-
giamento positivo può nascere spon-
taneamente, ma p può anche essere
notevolmente incrementato (come
succede talora p per alcuni studenti
più volenterosi!), cercando e trovan-
do delle motivazioni e, soprattutto,
stimolando l’auto-motivazione.
Per completare la comprensione dei
meccanismi della memoria, è impor-
tante sapere che non esistono zone
del cervello dove vengonog memo-
rizzati singoli
g dati, come in un disco
fisso di un computer, ma che ogni g
informazione viene distribuita attra-
verso un intero complesso di cellule
della memoria. Pertanto, succederàà
che,, se si richiama alla memoria un
 dato, può essere sufficiente presen- riferire, ad esempio, che una donna
tare una ppiccola pparte del modello di età superiore ai 65 anni presenta
(una associazione) per ottenere il difficoltà nel ricordare quello che
modello nella sua interezza. è successo, o i nomi delle persone

Andrew Polushkin, Reconstruction of Memory (part.)

La complessità, peraltro solo accen-
nata, dei sistemi fisiologici
g coinvolti
nei meccanismi della memoria ci fa
comprendere, pertanto, come anche
i più banali disturbi della memoria
possano rappresentare un segnale
g di
allarme per un possibile danno cere-
brale.
La perdita parziale o totale della me-
moria va sotto il nome di amnesia.
Diverse sono le cause che pos-
sono provocare una perdita, to-
tale o parziale, della memoria.
Fra le cause naturali che abitual-
mente determinano questo evento,
va sicuramente annoverato l’invec-
chiamento.
A tal proposito però occorre ricorda-
re come Cicerone sostenesse che ggli
anziani ricordano ciò che interessa e
che perdono la memoria solo se non
la esercitano. Opinione più o meno
condivisa dai ggeriatri moderni che
definiscono questa condizione con
il termine di “amnesia senile be-
che normalmente frequenta o an-
che i nomi delle cose che utilizza
comunemente, può indurre a ipo-
tizzare una fase iniziale di malattia
di Alzheimer.
Oltre l’invecchiamento, anche l’alco-
lismo (che sta diventando un proble-
ma sempre p piùp concreto in ambito
ggiovanile) ed altre encefalopatie tos-
siche e carenziali possono causare
severi disturbi della memoria.
Si può intervenire sulla perdita di
memoria? A parte l’intervento far-
macologico,
g qualcosa può essere fat-
to in fase di prevenzione; è impor-
tante, ad esempio, il mantenimento
di un’attività intellettuale che possa
favorire un costante impegno,
g anche
in età avanzata; altrettanto impor-
tante è mantenere degli g stili di vita
adeguati:
g l’attività fisica, bere in ma-
niera moderata, evitare il fumo (an-
che se per un certo periodo sembra-
va p
potesse p proteggere
gg dall’insorgen-
g
za della demenza!), seguire una dieta

LO CHE
nigna”:
g le cose importanti vengono
g
ricordate e, in realtà, si dimenticano
RICORDI...
corretta. Garantire un adeguatog
porto gglucidico al cervello, mangiare
g
ap- che stiamo vivendo, dando così un
valore a tutto ciò che ci circonda,,
n

i dettagli
g ma non l’insieme. Ad enfa-
tizzare l’importanza della memoria
nell’invecchiamento, Norberto Bob-
bio afferma che:
“Il mondo dei vecchi, di tutti i vec-
chi, è il mondo della memoria. Si dice,
alla fine, tu sei quello che hai pensa-
to, amato, compiuto. Aggiungerei tu
sei quello che ricordi”.
Tuttavia, il malfunzionamento della
memoria nella persona anziana - che
potremmo definire “non normale”,
ma “nella norma” - può subire una
velocizzazione considerevole ed un
tangibile
g aggravamento
gg a seguito
g di
particolari condizioni patologiche.
p g
È ciò che accade in alcune malattie
degenerative (malattia di Alzhei-
mer, malattia di Parkinson, depres-p
sione, demenze vascolari, ecc.) o in
seguito
g ad alcuni eventi patologici g
che p provocano specifici danni a li-
vello cerebrale (ictus, trauma crani-
co, ecc.).
Pertanto, diventa importante per
i medici riconoscere quelle situa-
zioni iniziali, apparentemente sfu-
mate,, di scarso significato.
g Sentirsi
molta frutta e tanta verdura come
fonte di antiossidanti, che proteg- g ne; riesce a farci conoscere la nostraa
ggono contro il deterioramento e le
malattie legate
g all’invecchiamento.
Grassi entro certi limiti (sotto il 30%
delle calorie totali) per mantenere
un ggiusto peso, evitando il rischio di
malattie come diabete ed iperten-
sione, che possono favorire la per-
dita di memoria. Per la formazione
di acetilcolina, neurotrasmettitore
coinvolto nei meccanismi della me-
moria, utilizzare alimenti quali tuor-
lo d’uovo, soia e legumi
g in ggenere.
Utilizzare pproteine daglig alimenti di
origine
g animale (carne, p pesce, uova,
latte e derivati) che sono anche fonti
di vitamina B12.
Ma non si può concludere un ra-
ggionamento sulla memoria senza
comprenderne il significato
g emo-
zionale, che va ben oltre l’aspetto
fisio-patologico:
g infatti, la memo-
ria rappresenta un filo sottile che
lega
g tutte le nostre azioni, le nostre
sensazioni, i nostri sentimenti e le
nostre emozioni. Ci permette di
collegare
g i fatti accaduti con ciò
dalle cose, agli
g ambienti, alle perso--
identità, dando un senso logicog allaa
nostra vita psichica, aglig eventi ed d
alla nostra storia personale. Ci per--
mette la comprensione di tutto ciò ò
che ci circonda ed interagisce
g con n
noi; di collegare
g il nostro tempo e
il nostro spazio, di comprenderee
l’attimo presente come una logica g a
evoluzione del nostro passato ed è,,
in definitiva, una premessa neces--
saria del nostro futuro. Senza laa
memoria è come se tutto diventassee
un incomprensibile ggroviglio
g di no--
zioni senza alcuna possibilità di un n
senso logico
g e si perdesse progres-
g - 7
sivamente la capacità di svolgere g e
le più comuni attività quotidiane..
Non ci sarebbe più nessuna possi--
bilità di interagire
g con ggli altri, non n
riuscendo più a distinguere tra per--
sone conosciute o sconosciute, traa
quelle che per noi hanno una ggran--
de importanza e quelle che invecee
non hanno alcun significato.
*medico ggeriatra

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
memoria
e arte
8 è sempre più immediato ed incisivo
di Stefania Lucia Zammataro
L
a memoria è ciò che ci concede
di possedere per sempre quello
che il tempo ci ha tolto.
L’arte è la forma linguistica attraverso
cui il pensiero, quindi la memoria, si
concretizza e prende forma attraver-
so immagini.
E’ stata la pittura, prima che la foto-
ggrafia “impressionasse” in un foto-
ggramma un’immagine da ricordare,
LOPERA DARTE COME SP
a fermare nel tempo volti e cose. I
ggeneri iconografici del ritratto e del
soggetto storico nascono dall’esi-
ggenza di tramandare e diffondere de-
terminati valori. L’immagine, roman-
tica, passionale o violenta, con la sua
capacità di suscitare emozioni pro-
fonde, sottolinea e rafforza la parola.
Francisco Goya, La fucilazione del 3 di maggio, 1808
Museo del Prado, Madrid
Nel medioevo, la struttura stessa del-
la chiesa, per il popolo analfabeta che
non poteva comprendere la messa in
latino, diventava un libro di pietra ri-
coperto da bassorilievi raffiguranti i
fatti della Bibbia. All’immagine scul-
torea e pittorica (pensiamo ai graffiti
preistorici), prima ancora che alla pa-
rola scritta, è stato affidato il compito
di far ricordare. Il linguaggio iconico
del linguaggio scritto ed ha una va-
lenza pedagogica maggiore.
Qualche esempio? Due opere subli-
mi: La fucilazione del 3 maggio di
Goya e Guernica di Picasso. Il fatto
storico sociale è preciso, freddo, cru-
do. Entrambi gli artisti si affidano al
linguaggio cromatico per suscitare
nello spettatore sgomento e orrore.
Il modo è soggettivo: colore caldo
e violento per Goya, tetro bianco e
nero per Picasso. Il colore e la parola
sono strumenti limitati, le loro com-
binazioni sono invece infinite, come
infinite sono le suggestioni produci-
bili. La capacità di produrre opere
altamente comunicative dipende
ende dal-
l’ampiezza del bagaglio mnemonico
moni e
culturale di colui che ne costruisce
i la
struttura.
Nel momento in cui lo spettatore si
pone di fronte ad un’opera
un’op altamente
comunicativa, osserva, riflette, ricor-
da. Il meccanismo della memoria si
attiva in un duplice senso: memoriz-
za il fatto rappresentato e contempo-
raneamente arricchisce concetti giàà
impressi nella memoria.
Il pedagogista Piaget spiegava il mec-
canismo di arricchimento continuo
dei concetti già costituiti nella me-
moria, con i termini di assimilazione
e accomodamento, meccanismi essen-
ziali per l’apprendimento, quindi, perr
l’adattamento all’ambiente e per laa
sopravvivenza.
Tutto il sapere di un popolo dipende
dalla memoria. Nel momento in cui
un gruppo umano elabora una formaa
di scrittura, crea la sua possibilità di
tramandare un numero di informa-
zioni maggiori rispetto al sistema di
trasmissione orale. La memoria col- l
lettiva di un popolo, da cui deriva laa
propria mentalità, è la sintesi
intes delle
esperienze tramandate e delle con-
suetudini di vita ad esse correlate. Laa
storia
sto a è memoria, anche se memo-
ria selezionata. Ognuno di noi sa di
essere esistito e di esistere grazie allaa
memoria.
Il concetto di memoria è legato al
concetto di tempo. La memoria ren-
de il tempo relativo: un evento può,
per la sua peculiarità, rimanere per
sempre nella nostra memoria e per
sempre esistere.
Il concetto di memoria è anche le-
gato al concetto d’inconscio. Nell’in-
conscio si formano immagini mentali
profondamente impresse nella nostraa
memoria, che agiscono e ci condizio-
nano a nostra insaputa. Nella corrente
artistica del Surrealismo, l’inconscio
assume i contorni del mondo onirico.
L’apparente “irragionevolezza” del
mondo do ppoetico di De Chirico, è l’ir-
ragionevolezza
onevolezza del mondo onirico. Il
quadro, per l’artista
ta surrealista, è un
no
spazio entro il quale l’uomo esprime
prim
la suaa libertà, oltrepassando le strut-
ture ben definite del mondo reale.
Con la poetica surrealista si crea unaa
frattura tra arte e società, tra mondo
esteriore e mondo interiore, tra fan-
tasia e realtà.
Il surrealismo trae spunto dalla psica-
nalisi pper una ricerca sulle origini
g del
 Pablo Picasso, Guernica, 1937 - Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid
pensiero e delle ideologie dell’uomo, primari, piatti, la linea è scultorea, la gruppo surrealista; è l’affermazionee
basata sempre sul dialettico confron-
n luce
l è immateriale; anche le ombre di valori soggettivi, unici, che valoriz--
to tra memoria storica e individualle. so
sono marcate, ma non rispondono a zano l’uomo nella sua autenticità. È
La memoria è conoscenza, base per nessuna logica di chiaroscuro; nes- una rivolta sociale che non si consu--
la formazione della coscienza. L’uo- suna luce le produce, servono solo a ma nelle piazze gracidanti di slogan n

PAZIO DELLA MEMORIA

mo crea così il suo libero pensiero.
Nei quadri di De Chirico la memoria
prende forma di immagini sognanti,
remote, individuali, che cercano di
liberarsi da secoli di sovrastrutture,
convenzioni e inibizioni sociali, per
ritrovare l’uomo nella sua autenti-
cità. Dato che il sogno occupa nella
vita dell’uomo una porzione di tem-
po importante, nel sogno l’uomo vive
una vita parallela dove il tempo e lo
spazio sono relativi, in cui soddisfa
pienamente i suoi desideri reinter-
pretando le esperienze vissute duran-
te lo stato di veglia.
La surrealtà à è un luogo in cui gli
elementi razionali della veglia, tro-
vano un punto d’incontro con gli
elementi contraddittori del sogno.
Nei quadri di De Chirico si mesco-
lano elementi architettonici apparte-
nenti ad epoche storiche differenti,
ne
remote
emote e recenti.
rece Statue solitarie,
architetture fantastiche e impossi-
bili, colonnee greche, torri medievali,
portici rinascimentali, ciminiere dii
fabbriche moderne. Ogni elemento
architettonico sembra vivere di vita
propria, ogni funzionalità razionale è
ribaltata, come è ribaltata ogni logica
relazione dimensionale. I colori sono
creare suggestioni psicologiche. Lo di protesta, ma che opera in sordina,,
spazio è inabitato
ato e inabitabile, è ric- con strumenti silenziosi, che costrin--
co di simboli: è lo sp
spazio della memo- gono lo spettatore a introiettarsi nell
ria più profonda, quella dell’inconscio quadro come dentro ad uno specchio,,
di Freud e della psicanalisi. Il tempo e a riconoscersi in quelle immaginii
è, insieme, eterno e immutabile. Ra- oniriche dissacratorie, proprio dellaa
ramente l’uomo è presente:
resen un treno vergognosa falsità e ipocrisia di lui,
che passa in lontananza,
nza una
u bambina il buon pensante borghese che li staa
che gioca in primo piano. osservando.
La componente classica presente
nelle sue opere non è storicismo,
icism ma
la trasposizione della nostrastra antica
tradizione in una dimensione meta-
fisica a senza tempo, in cui la nostra
memoria storica, la nostra cultura, a, ri-
vivono in una dimensione psicologica
ogica
scevra da canoni, in cui il pensiero
fluttua libero e reinventa la storia.
Nella dimensione dell’inconscio ogni
relazione è logica, plausibile. Gli
oggetti, gli uomini, si liberano della 9
funzione logica e del ruolo che li le-
gano alla realtà; tutto viene ribaltato:
dimensione, materiale, funzione, per
assumere di vovolta in volta significa-
ti nuovi, soggettivi, liberi dal con-
trollo sociale
le che li ha prod
prodotti, dal
buon senso, dalla morale le bborghese.
È un sentimento di autentica ribel-
lione sociale quello che alberga nelle Giorgio De Chirico,
opere
p di De Chirico e dei p pittori del Le Muse inquietanti, 1918

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
storia della musica in p particolare, ggenerazione di sbagliato? g

senza storia
del costume e della società in gge- Non abbiamo memoria
nerale, non dell’intera storia di un storica? Devo credere ad
popolo.
p p E dire che di ggrandi cose Hobsbawm quando q dice
ne sono successe nel 1991:
99 la gguerra che la maggior ggg parte dei gio- g
del Golfo, la fine dell’Apartheid,
p lo vani è cresciuta in una sorta
scioglimento
g dell’URSS, ggli agguati
gg di ppresente ppermanente, nel
memoria della banda della Uno bianca… Forse
ero troppo
pp p piccola… pproviamo con
qquale manca ogni
organico
g
g rapporto
con il passato
p
pp
storico
dei tempi qualcosa di più vicino…. Una cosa
q
che mi colp pì molto fu l’elezione di
del tempo p in cui essi vivono?
Cerchiamo su internet, di
10 Dannyy Mendez a miss Italia. Era
forse la p
prima donna nera che avessi
solito si trova tutto… ma-
ggari ad una certa età cam-
di Eleonora Spadaro mai visto. Che anno era? Controllia- bia il tipo p di memoria…
mo su Wikipedia…1996.
p 99 Ed ecco che Leggendo
gg q
qua e là capisco
p
l’ho fatto di nuovo. Evento epocale,
p che nei soggetti gg anziani
s’intende, ma sempre di costume e viene compromessa la me-
moria recente e resta atti-
va quella remota. A q quan-

I
eri sera mio nonno mi to pare è un fattore biolo-
raccontava di q quella ggico: ppiù si invecchia, p più
volta che col carretto, si perdono
p neuroni e così
con alcuni parenti, andò diminuiscono il p peso del
a trovare uno zio appena pp cervello ed il numero dei
tornato dalla campagna p g dendriti, ovvero i collega- g
d’Africa e trasferito in una menti tra un neurone ed
caserma a Siracusa. Era il un altro. In p poche p parole,
1935, lui aveva dieci anni mio nonno non ricorda
e oggi, che ne ha quasi quello che ha mangiato
q g
ottantacinque,q ancora ri- ieri a p
pranzo, ma di sicuro
corda q quella lunghissima
g ricorda q quello che ha fat-
notte di viaggio,
gg i racconti to nel maggiog g del ’32.
dello zio sull’Africa, l’orec- Ma non è q questo il p pun-
chio di Dionisio e la fonte to. Qui si p parla di un
Aretusea, che q quel giorno
g problema sociale: non
vide p proprio
p p
per la p prima nasciamo senza esperien- p
volta. Provo a p pensare za, qqualcuno ce la lascia
quale mio ricordo dell’in-
q in eredità. Forse questo
fanzia p possa compararsi
p lascito è così vasto e ric-
ad un evento storico di co che non lo si sa ggesti-
quella p
q portata, ma l’unico re, non si sa q qual è il suo
che mi viene in mente è la posto designato;
p g si relegag
morte di Freddie Mercury, y in soffitta p perché sembra
avvenuta nel 1991. Avevo un marchingegno g g stra-
cinque
q anni e me ne ricor- no e non si capisce p bene
do bene, p perché mia ma- a cosa serva. Mi hanno
dre era una ggrande fan dei sempre insegnato che le
una memoria

Queen e q quel ggiorno era cose p preziose si tengo- g

veramente dispiaciuta
p p
per
l’accaduto. Cerco q qualche
altro evento, ma nella mia
mente riaffiorano solo
eventi storici che vanno
dal compimento
p dei miei
dodici anni in poi, quando
ormai ero in cammino ver-
so il flagello
g della pubertà,
p dove vivo, si comp pì p
incredibilmente vicina ma
paradossalmente lontana
p cento immigrati
dall’infanzia.
Perché mio nonno ricor-
da momenti che hanno
segnato
g la storia dell’Ita-
lia e del mondo e io solo
la morte di un cantante
inglese?
g Per carità, non
voglio
g sminuire l’impor-
p Non credo di esser la sola a non ri-
tanza e le ripercussioni
p cordare fatti di risonanza gglobale
che ha avuto la p prematu-
ra scomparsap di Freddie
Mercury, y ma ggli strascichi
della morte di q quest’uo-
mo hanno riguardato la
no bene, si rispolverano
continuamente p per non
far pperder loro la lucen-
società si tratta. E anche il 1996 p pro- tezza, che non vanno dimenticate
pone fatti di rilevanza storica non
p dove capita,
p ma custodite. Qual è
comuni, come la visita di Castro in la causa di q questo scempio? p
Vaticano. Addirittura, a Portopalo p Forse i mezzi di comunicazio-
di Capo
p Passero, a 40 kilometri da ne rendono la storia un p piatto del
proprio
p quell’an-
q ggiorno che non viene riportato p nel
no la “Strageg di Natale”, q quasi tre- menu, da “mangiare” g solo oggigg per
p
g morti, la ppiù ggrande poi cancellarlo dalla lavagnetta
p g p
per
tragedia
g del Mediterraneo dei nostri riscriverne un altro il giorno g dopo?
p
tempi,
p e io non ne sapevop nulla fino È forse il metodo di insegnamento g
aqqualche tempo p fa! La domanda di- scolastico, che impediscep di collega-
g
venta un mantra nella mia mente, re gli
g eventi e li presenta
p ai ragazzi
adesso voglio
g p proprio
p sapere
p p
perché come fossero situazioni a sé stanti,
la storia ha fatto così ppoco parte del- indipendenti
p e radicalmente scisse
la mia vita di bambina. da tutto il resto, come se non ci fos-
sero cause e conseguenze, g ma solo
“fatti”? Non so esattamente il per- p
della mia infanzia. Credo sia come ché, ho solo prove p indiziarie e ipo- p
un virus che impedisce
p di immagaz-
g tesi da verificare. Ma oggi gg mi sento
zinare la storia nelle nostre testoli- artefice della storia e testimone al
ne come q qualcosa da ricordare in tempo stesso, e di questo q mi ricor-
un prossimo futuro. Cos’ha la mia derò di sicuro per tutta la vita.
A
cianciana
nnidati nel cuore dell’entro-
terra. Siamo chi fummo. Chi
ricordiamo di essere stati.
Vite ingoiate.
Zingari e rumeni e albanesi e
musulmani. Italiani e siciliani prima.
Pronti a desiderare, sognare e persino
rubare cieli altrui. Un esercito di
uomini che lascia la propria casa,
abbandona il proprio nome, per terre
assai lontane. Una lunga marcia da
non dimenticare, ora che l’Italia sta
vivendo al contrario quel percorso:
da paese di emigranti a nazione di
immigrati.
E allora il teatro sceglie di aiutare a
ricordare il dimenticato e così tre
giovani attori siracusani, Angelo Abela,
Eugenio Vaccaro e Marco Pisano della
Compagnia Esiba Teatro con il loro
spettacolo Ciancianaa portano alla luce
un pezzo di storia caduto nell’oblio,
raccontano una Sicilia primitiva in cui
di Giorgia Landolfo
pane, lavoro, strade e fognature erano
un lusso per pochi. La drammaturgia,
curata da Milena Viscardi, liberamente
ispirata al romanzo-inchiesta Terra di
rapinaa di Giuliana Saladino è la contro
storia dell’isola, una partitura narrativa dei nuovi cammini della speranza con un addio che è un grido di dolore, di
polifonica capace di accogliere stralci le valigie di cartone. E quello stesso generazioni costrette a lasciare casa,
di testi burocratici della legge Gullo, sole sulla pelle e negli occhi. patria e famiglia per una possibilità
pezzi giornalistici degli anni ‘40, poesie Le lotte contadine furono un momento di vita. Un tempo che sembra ormai
di Ignazio Buttitta, canzoni popolari della storia in cui la modernità civile lontano anni luce, quasi risucchiato dal
di Rosa Balistrieri, testimonianze degli in Sicilia si giocò le sue carte, come silenzio e che torna ad essere rievocato
anziani dell’entroterra agrigentino altrove le aveva giocate, ma perse. dal talento di tre giovani attori
e frammenti lirici dei poeti arabi Ciancianaa mette in scena così tra capaci di commuovere e divertire,
di Sicilia, per raccontare il grande commozione e brio, trovate comiche tenendo gli spettatori incollati alla
movimento delle lotte contadine, le e spunti lirici, un itinerario comune scena. Passione comune, il teatro per
speranze infrante, il sudore e la fame, a molti italiani. Nascere al sud, figli questi giovani attori siracusani, nata
la possibilità di scelta, comunque di contadini, a spaccarsi le schiene negli anni inquieti dell’adolescenza,
esistente seppur offuscata, tra legalità sulle zolle sempre uguali, vivere la raccolta e riunita insieme nel 2004
e crimine. Un’esistenza sempre in fame e la miseria, essere obbligati con la nascita di Esiba Teatro all’interno
bilico fra una terra madre che in un ad andare via, a cercare riscatto dell’associazione Esiba Arte che sceglie
certo senso respinge ed una matrigna e un futuro migliore lì su al nord. di affrontare attraverso il linguaggio
che mai accoglie davvero. A Cianciana, Dove gli zingari, cinquant’anni fa teatrale temi storici, sociali, attuali.
paese mai raggiunto dalle lotte e più, eravamo noi. Guardare loro In scena allora si impone l’impegno. Si
contadine, non c’era ricchezza, ma una è come guardarci nello specchio di vede tornare il teatro alla sua originaria
miseria antica, tramandata da padre in ieri e dell’altro ieri. Eppure spesso funzione di critica politica e sociale. E si
figlio insieme al patrimonio genetico e siamo inclini a dimenticare. Presto e assiste ad uno spettacolo che si rischia
accettata con fatalistica rassegnazione. volentieri, come se periodicamente di ricordare, perché si fa strumento,
Così Giuseppe Di Maria, ragazzo di ci contagiasse un’amnesia collettiva, contro la rimozione e l’oblio, di un
Cianciana, frantumate le speranze di pronta a cancellare realtà storiche utili futuro che per essere progettato ha
un imminente cambiamento, rapisce il per costruire il futuro. Ma senza la bisogno di voltarsi indietro e recuperare
figlio di un barone, colpisce l’universo memoria non saremmo né sapremmo un passato che appartiene a tutti noi. 11
dei padroni pur di avere ciò che gli chi siamo.
spetta di diritto e finisce per trovarsi
cucito addosso il ruolo del criminale.
La memoria: ovvero l’io o il noi.
Possiamo pure immaginarla come
memoria e
Erano gli anni della massiccia
immigrazione dal sud, anni in cui
un serbatoio, più o meno capiente,
provvisto di un tubo di deflusso dal
teatro
i contadini aspettavano la riforma regime variabile, a seconda dell’età.
agraria, gli zolfatai scontavano la loro In Cianciana convergono la memoria
condanna nell’inferno delle terre altrui collettiva e il passato recente,
e il popolo piangeva l’esodo dei suoi risuonano mille voci che da brusio si
figli. Erano gli anni dei treni del sole e trasformano nel rumore assordante di

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
razioni di uomini e donne. le organizzazioni dei cosiddetti fascii
T h l h f i ili i d i l i e dicono che il
-
-
-
e
memoria d
-

civile o
-

12 i
-
i

LA MEMORIA
DELLA STORIA
LA S T O R I A
DELLA MEMORIA
C
,
o
-
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N ,
c à
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s
si o
n a
è, essenzialmente, memoria dell’uma- l’individualismo e dell’indolenza, so- loro dichiarata nemica e naturale allea-
nità. prattutto nella dimensione sociale ta del ceto padronale, fautrice dellaa
Già i classici, con Cicerone, sostene- e collettiva, non senza un qualche conservazione dell’iniquo assetto
vvano che la memoria è custode di tutte le fondamento attribuito ai siciliani, sociale storicamente imposto dai la-
cose e a questo assioma onnicompren- e si confrontino in una prospettiva tifondisti agrari. Ma significa, anche,
sivo si collega un’acquisizione molto storica. Si fa molta fatica ad immagi- gratificare con il ricordo riconoscen-
più recente proposta dallo scrittore nare che questa terra è stata capace, te i milioni di siciliani ai quali non fu
Forster che concretizza il concetto dalla fine dell’800 fino ad arrivare agli sottratta la vita, ma la speranza. Tutti
principale sostenendo che se non ri- anni successivi al secondo conflitto quegli uomini e quelle donne ai qua-
cordiamo non possiamo comprendere. mondiale, di esprimere movimenti li, dopo avere assistito al soffocamento
Forse in un’affermazione del genere di rivendicazione sociale di dimen- nel sangue delle speranze che con le
sta il senso prospettico della storia sioni impressionanti. Le stime, as- loro lotte avevano acceso, non rima-
che è memoria di quello che è stato in solutamente affidabili sul piano della se altro che la strada dell’emigrazione
un divenire dinamico che ha deciso, e verifica storica, parlano di centinaia che, a più riprese, interessò milioni
continua a decidere,, i destini di ggene- di migliaia
g di partecipanti
p p attivi nel- di siciliani,, determinando,, di fatto,, laa

d
desertifi cazione sociale della Sicilia.
Ma fare memoria nel senso dinami-
co prima richiamato significa anche
aprire una prospettiva di cambiamen-
to delle attuali condizioni di vita della
Sicilia che, pur non essendo più terra
di latifondo e avendo inevitabilmen-
te mutato la propria identità sociolo-
ggica, mantiene un assetto profonda-
mente ingiusto. Le vecchie e le nuove
povertà s’intersecano e mentre i gio-
vvani, in forme talvolta diverse, hanno
ripreso, da tempo e massicciamente,
ad emigrare, il sistema politico-affa-
ristico e mafioso continua intanto a
tessere le sue trame e a dettare le sue
leggi nella società e nelle istituzioni.
Ma ancora, fare memoria, significa ac-
cendere speranze a partire dalle espe-
rienze del passato, che ci raccontano
di una Sicilia capace di rappresenta-
re un centro universale di cultura e
d’integrazione tra popoli diversi per
provenienza, interessi, convinzioni
sociali e credo religioso.
Quindi, una terra e il suo popolo che
hanno nel loro DNA la potenzia-
le capacità di resistere alla diffusa e
devastante tendenza all’affermazione
di relazioni umane e sociali basate su
egoismi e forme aggiornate di preva-
ricazione. Nel solco antico di questo
retaggio positivo dovrebbe essere
possibile ripensare, in senso auten-
ticamente libero e democratico, l’as-
setto socio-economico della Siciliaa
ed un sistema condiviso di valori. Un
orizzonte civile entro il quale non do-
vrebbe esserci spazio, tra l’altro, per
egoismi e indifferenza verso gli “ulti-
mi” del mondo in una terra che, pur-
troppo, conosce bene il dolore che
sta dietro l’emigrazione. Cosa c’entraa
con una visione prepotente e bellige-
rante della storia, una terra, come laa
Sicilia, che negli anni ‘80 ha saputo
rivelare la sua vocazione pacifista ed
internazionalista, dando vita ad un
imponente movimento di resistenzaa
all’installazione di devastanti arma-
menti, segni di una distruttiva cultura
di guerra? Cosa c’entra il nostro pa-
trimonio ideale, maturato in decenni
di emigrazione, con i lager, ipocrita-
mente chiamati Centri di Permanenza
Temporanea, oggi perfino superati dai
Centri di Identificazione ed Espulsione??
In una tragica escalation di barbarie,
gli attuali respingimentii hanno trasfor-
mato i nostri mari in immensi cimi-
teri per i disperati dei nostri giorni.
Adesso questi nuovi migranti non
hanno diritto nemmeno alle dolorose
umiliazioni toccate ai nostri emigra-
ti in tutte le Ellis Islands presenti nei
Paesi, spesso ostili, dove furono co-
stretti ad andare per guadagnare du-
ramente il riscatto dei loro figli. Per
molti di loro non ci sarà nemmeno
un’accoglienza dura e ostile, ma solo
il rifiuto totale di applicazione dei
principi minimi di solidarietà da par-
te di società incapaci di comprendere
che non riconoscere l’umanità degli
altri significa negare la propria.
Eppure, in questi tempi bui in cui
laa memoria sembra non interessi più
nessuno o, nella migliore delle ipote-
si, sembra sia considerata un retaggio
di un passato di avanguardie mino-
ritarie, ormai dimenticato, forse c’è
ancora spazio per credere in un’uma- 13
nità artefice del bene comune, anche
attraverso un impegno collettivo e
creativo. In questo senso, possiamo
sperare che anche ai nostri giorni ab-
biano ancora un senso le convinzioni
di Giambattista Vico che sostenevaa
che “la speranza e il coraggio di pochii
lasciano tracce indelebili” e che “la fan-
tasia altro non è che memoria o dilatata
o composta”
p .
l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
memoria
popolare
14
di VIncenza Iannelli
A
nche nell’antica Roma, come
oggi,
gg c’era chi si meritava
di essere ricordato e chi no,
c’erano imperatori, ggenerali, po-
litici, amati o odiati, rispettati o
disprezzati, adorati come fossero
divinità o damnati, ossia perfino
LA MEMO ORIA A ROVESCIO
O
tra damnaatio e finta apotheosis
cancellati dalla memoria.
La damnatio memoriae era una pratica
in uso nell’antica Roma che consiste-
va nel cancellare dai documenti, dalle
iscrizioni, dall’arredo urbano il nome
di quei cittadini che avevano mostra-
to, con il loro operato, di essere ne-
mici della città e del senato. Alcuni
imperatori, come Caligola
g e Nerone,
ne furono colpiti a causa della loro
condotta efferata.
In età repubblicana, a Roma, tale
sanzione - generalmente prescritta
Ner
dal Senato - faceva parte delle pene
che potevano essere inflitte ad una
maiestas e prevedeva la abolitio nomi-
nis: il praenomen del condannato non
si sarebbe tramandato in seno alla fa-
miglia,
g e sarebbe stato cancellato da
tutte le iscrizioni. Inoltre, comporta-
va l’abbattimento di statue e monu-
menti onorari e lo sfregio dei ritratti
presenti sulle monete.
A volte, la pena, in caso di voto po-
sitivo del Senato, era seguita
g dalla
rescissio actorum, ossia dalla completa
distruzione di tutte le opere realizza-
te dal condannato nell’esercizio della
propria carica, poiché era ritenuto un
pessimo cittadino. Se tale atto avve-
niva in vita, allora - dal punto di vista
ggiuridico - esso rappresentava una
vera e propria morte civile.
La morte civile consisteva nella pri-
vazione della capacità ggiuridicaa come
conseguenza di una condanna giudi-
ziale, nella generale
g perdita di tutti i
diritti civili e nel conseguente allon-
tanamento dalla società.
In età imperiale, la damnatio memoriae
ebbe un processo di degenerazione
g Caracalla si sbarazzò del fratello.
ggiungendo
g a colpire, anche dopo la
loro morte, persino la memoria degli
imperatori spodestati o uccisi.
Tra gli
g imperatori che subirono un’on-
ta simile ci fu, gguarda caso, Nerone
(54-68 d.C.), fautore, ad eccezione
dei primi cinque anni di regno,g di un
dispotismo tirannico, assertore di un
potere teocratico, sull’esempio delle
monarchie orientali, affetto da me-
ggalomania ggaloppante, atteggiamenti
gg
che lo resero inviso un po’ a tutti, alla
classe senatoriale, ai cristiani, ecc.
La sua discutibile condotta ed altre
motivazioni che assomigliano
g tanto
a certe credenze popolari, gli valsero
una meritata damnatio: papa Pasqua-
le II, agli
g inizi del XII secolo, inter-
ruppe la tradizione di portar fiori al
mausoleo dei Domizi-Enobarbi, ri-
tenuto la tomba di Nerone, fece ra-
dere al suolo il mausoleo e tagliare
g il
noce secolare piantato nelle adiacen-
ze della tomba. Al loro posto, venne
eretta una cappella: nucleo originario
g detta di Seneca il filosofo, il quale,
di quella che oggi,
ggg dopo varie trasfor-
mazioni e ampliamenti, è la basilica
di Santa Maria del Popolo, in Piazza
del Popolo a Roma.
Il tutto non solo per eliminare la me-
moria popolare di Nerone che, ad
oltre un millennio dalla morte, an-
cora sopravviveva, ma anche perché
il Papa, alquanto superstizioso, era
ossessionato dai corvi che volteggia-
gg
vano sul noce secolare. Egli g era ter-
rorizzato dall’idea che quei corvi fos-
sero demoni in attesa della reincar-
nazione dell’imperatore Nerone, da
secoli identificato come l’anticristo.
Anche l’imperatore
p Geta, della fa-
miglia
g dei Severi (193-235 d.C.), fu, in
questo caso, una vittima della damna-
tio.
Dipinto nel tondo della famiglia,g in-
sieme al padre Settimio Severo, alla
madre Giulia Domna e al fratello
maggiore
gg Caracalla, la sua faccia fu
cancellata a causa della damnatio me-
moriae ordinata da Caracalla, che lo
aveva fatto assassinare, e sostituita
dalle parole optimis fortissimisque prin-
cipibus.
I rapporti tra i due fratelli furono
sempre difficili e basati su rivalità
e ggelosie.
Quando Settimio Severo morì, Ca-
racalla e Geta furono proclamati in-
sieme imperatori ma, molto presto,
Dopo l’assassinio di Geta, Caracal-
la infangò
g la sua memoria ed ordinò
che, oltre alla sua faccia, come gi gà
detto, il suo nome fosse rimosso da
tutte le iscrizioni.
Il contrario della damnatio memo-
riae era l’apoteosi (latino: apotheo-
sis) o deificazione (latino: deifi ficatio)
che signifi
g cava “divinizzazione”, o,
più in ggenerale, “glorifi
g cazione”, di
solito intesa ad un livello divino o
semidivino.
Nell’antica Roma, questi termi-
ni si riferivano al processo con cui
un imperatore veniva riconosciuto
come divinità, solitamente dopo la
morte.
Ottaviano Augusto
g (27 a.C.-14 d.C),
dopo la sua morte venne divinizza-
to; l’imperatore della pax si meritò
questo onore.
Anche l’imperatore
p Claudio (41-
54.d.C) venne divinizzato ma non
fu altrettanto meritevole, almeno a
per vendicarsi di essere stato da lui
esiliato, dopo la morte dell’impera-
tore, scrisse un’ opera satirica, dal ti-
tolo fortemente emblematico: Apo- p
kolokyntosis
y (invece di Apotheosis)
divi Claudii o Ludus de morte Claudii,
che, tradotta, significa: “La zucchi-

ficazione dell’imperatore
p Claudio”
(intesa come deificazione di una
zucca o di uno zuccone, di uno
sciocco, qual era Claudio).
La nozione di apoteosi viene inte-
ramente parodiata: Claudio non va
nell’Olimpo e non viene assunto
tra ggli dei ma viene mandato negli
inferi dove diventa prima schiavo
del nipote Caligola,
g in seguito
g del
liberto Menandro ed affronta molte
vicissitudini umilianti.
Questa opera satirica non solo ir-
rideva il fatto che il notoriamente
ggoffo Claudio potesse essere una
divinità, ma rivelava una certa irri-
verenza nei confronti dell’idea del
culto del ggovernante, diffusa tra le
classi benestanti di Roma.
A seguire,
g un passaggio tratto dal-
l’Apokolokyntosis
’ , capp .5-6:
ve chiama Ercole, che aveva ggirato il
mondo in lungo g e in largog e doveva
conoscere tutti i popoli, e gli
g dice di
andar lui e veder di scoprire di che
razza fosse. Ercole, al primo veder-
lo, ne ebbe sgomento,
g accorgendosi
g nuta con lui, lasciando il proprio tem-
che ancora non aveva finito di avere
a che fare coi mostri. Appena si tro-
vò davanti quel ceffo di nuovo stam-
po, quel modo di camminare strano,
quella voce che non era di animale
terrestre, ma come quella dei mostri
marini, cavernosa e cincischiata,
ebbe paura che fosse venuta la sua
tredicesima fatica. Guardandolo poi
più attentamente, ci trovò una par-
venza di uomo. Allora ggli si avvicinò
e, cosa molto facile per un greculo,
lo apostrofò
f in ggreco:
“Chi, d’onde sei? dove mai a te sono
patria e famiglia?”
g ci corrono molte miglia”. g
Claudio si sente allargare
g il cuore,
che ci siano là dei classicisti, e spera
di trovare accoglienza
g per le sue sto-
rie. Allora, volendo indicare, con un
verso omerico anche lui, di essere
Cesare, rispose:
“L’aure da Troia ai Cìconi traspor-
tando m’han spinto”.
Più vero sarebbe stato il verso se-
guente, non meno omerico:
“Là per me la città fu distrutta, e
perduta coi suoi”.
g
VI
E l’avrebbe data a bere a Ercole, che
non è punto malizioso, se là non ci
fosse stata la Febbre, che sola era ve-
pio: tutti gli
g altri dèi erano rimasti a
Roma. “Costui, disse, ti racconta frot-
tole belle e buone. Te lo dico io, che
son vissuta tanti anni con lui: è nato
a Lione, ti presento un concittadino
di Planco. Ti ripeto, è nato a sedici
miglia da Vienna, è un Gallo di razza.
E così, da buon Gallo, si impadronì
di Roma. Costui ti ggarantisco che è
nato a Lione, proprio dove regn g ò tan-
ti anni Licino. Tu che hai battuto più
contrade d’un mulattiere di profes-
sione, devi conoscere quelli di Lione
e sapere che dallo Xanto al Rodano
A questo
punto Claudio piglia g fuoco e si sfo-
gga facendo più chiasso che può. Che
cosa dicesse, non lo capiva nessuno;
ma intanto lui voleva che mettessero
a morte la Febbre, con quel suo ggesto
della mano tremolante, abbastanza
ferma soltanto per il cenno con cui
mandava la gente
g al taglio
g della testa.
L’ordine di mozzarle il collo lo aveva
dato; ma si sarebbe detto che lì fosse-
ro tutti liberti suoi, tanto nessuno gli
dava retta.

V
Quel che successe poi sulla terra è
superfluo riferirlo. Lo sapete benis-
simo, e non c’è pericolo che esca di
mente quello che la ggioia popola-
re ha segnato
g bene nella memoria:
nessuno si dimentica della propria
felicità. Sentite piuttosto quello che
accadde in cielo: la conferma la tro-
verete nella mia fonte.
Annunciano a Giove l’arrivo di un 15
personaggio
gg di statura discreta, e
discretamente imbiancato: doveva
avere chi sa che brutte intenzioni,
perché tentennava continuamente
la testa e strascicava il piede destro.
Gli avevano domandato di che paese
fosse, e lui aveva borbottato qualco- Ton
sa con suoni inarticolati e indistin-
ti, ma la sua lingua non la capivano: con
non era né ggreco né romano, né di rim
aaltro
t oppaese co
conosciuto.
osc uto. Allora
o aGGio-
o

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno

La mee
memoria
irripetibile
16 o
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o

p p , p
D
urante una delle mie scorrerie
in Rete mi sono imbattuto in
un libro abbastanza singolare.
Pubblicato nel 1815, non si può certo
dire che sia un capolavoro, né per la
ggenialità del suo autore, Francesco
Cancellieri, né per l’argomento,
g una
dissertazione sulla dote umana della
memoria. In effetti, il mio interesse
per il Cancellieri, uno storico, biblio-
tecario ed erudito romano, vissuto tra
il 1751 ed il 1826, sta nell’interesse che
dimostra di provare per il tema della
memoria. Per essere più precisi, egli g commensali. Si dice che da questa
non discute propriamente di memo-
ria, ma parla degli
g uomini che ne sono
stati ggrandemente dotati oppure che
l’hanno persa, in una prospettiva mol-
to attenta ai risvolti pratici. Non a
caso, infatti, vi compaiono una ricca
bibliografi
g a sopra la memoria arti-
ficiale, quella che oggi gg chiamiamo
mnemotecnica, una sintesi di un nuo-
vo metodo, quello del sig. g Looke, pub-
blicato a Pesaro nel 1771, ed infine una
biblioteca degli scrittori del giuoco degli
scacchi.
Tra i primi autori della mnemotec-
nica, il Cancellieri annovera il poeta
ggreco Simonide. Costui, invitato a
cena con molti altri commensali in
casa del ricco Scopa, cantò dei versi
in sua lode, inserendovi, però, anche
lodi per i semidei Castore e Polluce.
Scopa, irritato, disse a Simonide che
del compenso pattuito ggli avrebbe pa-
ggato solo metà, consigliandogli
g g di farsi
dare l’altra metà dai Gemelli Dioscu-
ri. Poco dopo Simonide fu chiamato
-FMPHJP
EFMMB
NFNPSJB

VUP
EFM
UBMF
FE
JM
mV DPVU
MFOU
TD
fuori dalla casa, dove ggli avevano det-
to che lo aspettavano due ggiovani, ma
non trovò nessuno. Intanto la sala da
pranzo era crollata, schiacciando tut-
ti i convitati, così miseramente che i
loro corpi non erano più riconoscibili.
Simonide, salvato dal suo amore per
Castore e Polluce -erano infatti pro-
prio loro i due ggiovani, autori di un
così atroce scherzetto- riuscì, ggrazie
alla sua prodigiosa
g memoria, a iden-
tificare le informi spoglie,
g ricostruen-
do esattamente la disposizione dei
circostanza trasse l’insegnamento
g che
non c’è nulla che ggiovi alla memoria
più dell’ordine. Nel libro si raccon-
ta, ancora, sulle orme di Seneca, che
un ambasciatore di Pirro, un certo
Cinea, il ggiorno dopo il suo arrivo a
Roma, avesse imparato a memoria il
nome di tutti i senatori. E se fin qui
le lodi sono per le doti naturali, non
mancano esempi, riportati dal Can-
cellieri, di memorie d’elefante “pro-
curate con varie efficaci bevande”,
come quelle dei re Ciro e Mitridate.
Secondo Ammiano Marcellino il pri-
mo ggiunse a numerare ad uno ad uno
tutti i soldati dei suoi numerosi eser-
citi, mentre il secondo, a dir di Valerio
Massimo, aveva imparato le lingue g di
ventidue Nazioni a lui soggette.
gg
Dagli
g esempi finora riportati si capisce
che, per il nostro erudito, la memoria,
quando viene utilmente applicata, è
un importante strumento di eserci-
zio di potere. Pico della Mirandola,
in ggrado di ripetere parola per paro-
la, in ordine naturale o inverso, inte-
re pagine
g di un libro appena sentito
leggere, gli appare probabilmente un
caso meno interessante. Più intriganti
g monia collecta, et illustrata,
sono i casi di bambini dotati di me-
moria prodigiosa,
g come il caso di un
certo Jacopo Martino, nato a Budrio
nel 1639, forse perché vi si adombra
una possessione diabolica. A propo-
sito dei ragazzi,
g il Nostro rileva che,
crescendo, spesso le straordinarie ca-
pacità vengono
g meno, “confermando
in tal modo l’osservazione da altri ggià
fatta, che comunemente i Fanciulli,
i quali troppo presto cominciano a
dar pruova di straordinario ingegno,
g g
o sono da immatura morte rapiti, o
col crescere deglig anni divengon
g qua-
si stupidi, ed insensati, come se fosse
quello uno sforzo, che la Natura non n
può sostener lungamente”.
g Rassicura--
ta in questo modo la quasi totalità deii
nostri ggiovani lettori, segnaleremo
g o
loro che il Cancellieri, tra centinaia dii
figgure del passato, annovera un caso o
esemplare di memoria e di erudizio--
ne a lui contemporaneo, dimostran--
do di avere un fiuto da scopritore dii
talenti. Eccone la descrizione: Perr
mezzo del cultissimo Sig. g Marchese Carlo o
Teodoro Antici, i che mi onora della suaa
pregevolissima
g amicizia, è pervenuto nel--
le mie mani un nitidissimo Ms. intitolato,
Porphyriiy De Vita Plotini, et Or--
dine Librorum ejus j Commenta--
rius g graece, et latine, ex versionee
Marsilii Ficini emendata. Graeca a
emendavit, et Latina emendavitt
Jacobus Leopardi 1814. Questo suoo
Nipote, e che è Primogenito
g dell’ornatiss.
Sig. Conte Monaldo Leopardii, senzaa
avere avuto Maestro alcuno di Lin--
gua Greca,
g a ha ultimato in Recanati,
sua Patria, questo egregio
g g lavoro, a’ 31 dii
Agosto
g dello scorso anno 1814, in ettà di solii
anni sedici, mesi due, e ggiorni due. Egli
g inn
capo a sei mesi l’avea recato dal ggreco inn
Italiano, col Libro di Esichio Milesio o
de Viris doctrina claris, s di cui abbia--
mo la versione Latina di Adriano Giu--
nio (…) Ma avendo considerato, che le il--
lustrazioni, delle quali voleva arricchirlo,
sarebbero state quasi inutili in italiano,
ridusse l’opera in latino. Poi in poco piùi dii
un mese, compose un’altra Opera dde Vitis,
et Scriptis Rhetorum quorundam, m
alla quale aggiunse
gg alcuni Opuscoli greco
g o
latini illustrati. Ora si occupa intorno add
un’altra Opera più g intitolata Frag-
i lunga, g-
menta Patrum secundi Saeculi, ett
Veterum Auctorum de illis testi--
a chee
conterrà
r le Vite de’ Padri istessi, compostee
da’ passi di antichi Autori, recati tutti inn
latino, con nuova versione, ed i fframmentii
delle loro Opere perdute con osservazionii
critiche, collocate a’ loro luoghi,
g e sparsee
per tutta l’Opera. Quali progressi
g non do--
vranno aspettarsi in etàt più
i matura da unn
Giovine di merito sì straordinario?
Per chi volesse scaricare il libro, l’indirizzo è:
http://books.google.it/books?id=KP0QAQA A
AIAAJ&printsec
di Antonio Squeo
17
prodigi e
memoria
l‘arcobaleno
l‘arcobaleno

18

,gORRORE NON PUÛ ESSERE DESCRITTO ,E PAROLE NON

BASTANO
%NEANCHEPUÛESISTEREUNGRIDOCOSÖACUTODASQUAR
CIARELORROREDELLOSTERMINIO
$EILAGERNAZISTIDEIGUALGSTALINIANIDELLEFOIBETITINE
DEI GENOCIDI CAMBOGIANI RUANDESI SERBI BOSNIACI
CROATIDELLASISTEMATICAELIMINAZIONEDEGLIOPPOSITORI
NELLEDITTATUREENELLEhDEMOCRAZIEv
0UÛ ESSERE SOLO UN URLO MUTO CHE COLPISCE I CUORI
ANCORACAPACIDIUMANITÌ
,ASCIAMOCHEPARLINOQUESTEIMMAGINISPERANDOCHE
AFFIORINOSEMPREALLANOSTRACOSCIENZA
#HENONANNEGHINONELGRANDEOCEANODELLERAPPRE
SENTAZIONIEDELCONSUMODOVETRAUNOSHOWEDUNO
SPONSORILMALEÒNORMALEELgORROREDIVENTABANALE

OCCHIALI

FORNICREMATORI
CAPELLI

19

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno

I MINATORI
I DI FAVARA
disegno di Guglielmo Manenti

musica
20

NON C’ENTRANO NIENTE

(con il ballo del qua qua)
L’
altro giorno, con la scusa di controllare se tutto fosse in disordine, se le tribù di topi stessero tutte bene,
se la polvere e le ragnatele avessero bisogno di qualcosa, ho pensato che forse era il caso di dare un’occhia-
ta in soffitta. Tra le cianfrusaglie ho trovato un carrettino siciliano tutto solo che mi guardava con un’aria
triste. Mi ha fatto tenerezza: così l’ho preso e l’ho portato a casa. Là, almeno, avrebbe trovato qualcuno con cui
parlare.
Il carrettino era completo di lucine intermittenti e di un carillon che suonava un tralallallero allegro che sem-
brava uno jingle di Paperissima. Solo che il motivo che aveva subito questo trattamento non c’entrava niente
con il ballo del qua-qua spacciato per tarantella. Era una canzone antica, cantata dai minatori di Favara, un canto
intriso di dolore, di disperazione per la vita che sfugge, di morte e che invece, per uno strano destino, è diventata
la marcetta che tutti conosciamo.
Da qua si potrebbe partire per parlare della memoria che è una cosa importante, non solo in musica. Importante
perché – come ripete sempre la mia felce, quella che sta in cucina sulla mensola - senza radici le ali non crescono;
e bisogna che queste radici sprofondino in una terra ricca, nutrita e nutriente.
Poi ho anche pensato che ognuno di noi ha la casa piena di memorie. Dischi, foto, cartoline, oggetti: tutto
conservato per chissà chi e per chissà quando. Così ogni tanto uno dà una sfogliata all’album dei ricordi, si vede
com’era e si rassicura del fatto di esistere; o, perlomeno, di essere già esistito.
Per non farla tanta lunga, siccome ho tirato in ballo la storia del motivetto del carillon, arrivati a questo punto,
dovrei anche raccontarla. E dire anche di quale canzone si tratta.
La cosa è iniziata l’altro giorno ancora, quando, dopo aver piazzato il carrettino in casa, mi sento bussare ad
p
una spalla: è la felce che p
pretende un duro confronto con il sottoscritto causa mancato rifornimento acqua. q In
la pianta si è tranquillizzata e ha attaccato bottone con la solita tiritera che tirano fuori tutte le piante, quando
non sanno più cosa dire: cioè quella cosa su ali, radici, ecc. Ho iniziato subito a sbadigliare pesantemente, che i
discorsi intelligenti mi fanno venire il sonno.
- Io l’ho già sentita questa storia – si è intromessa la micia. Non era il titolo di un album dei Gang del ’91,
“Le Radici e le Ali”?
- Non ricordo, ma se è per questo è anche il titolo dell’ultimo disco di Eros Ramazzotti: “Ali e Radici”. Lo
avete ascoltato? – ho detto tutto contento.
Nella stanza è sceso un silenzio che si poteva tagliare col coltello. La micia e la felce si sono scambiate un’occhia-
ta d’intesa, hanno sospirato e, poiché sono persone per bene, hanno fatto finta di niente.
- Storia vecchia, sì: ma mai compresa - ha replicato la gatta.
- Gentile amico: prenda, ad esempio, il carrettino siciliano con carillon che suona “Vitti na crozza” che lei
ha piazzato in casa come oggetto d’arredamento – ha iniziato la felce che, siccome ama le buone manie-
re, mi dà sempre del lei.
- Lasci stare il carrettino che è un ricordo di mia zia, quella che al ritorno dai suoi viaggi portava sempre
come souvenirs gondole, torri di Pisa, colossei – l’ho interrotta subito.
- Vero: tutte rigorosamente di plastica e tutte con le lucine. Per non parlare poi dei quadretti con scritto
”a quel paese andai, a te pensai e questo ricordo ti portai”, con i quali riempiva le case dei parenti – ha
aggiunto perfida la gatta.
- Comunque, il carrettino si può sempre riciclare come regalo di Natale per quelli dell’Arcobaleno. Tanto
quelli si bevono tutto: gatte che parlano e felci che filosofeggiano comprese – ho tagliato corto io.
- Beh, diciamo che tra lucine e carillon, è un oggetto che potrebbe anche definirsi “pittoresco” – ha detto
la felce, con tono conciliante.
- “Il visitatore cadde morto, colpito dal pittoresco”, diceva Jacob – ha insistito sogghignando la gatta, che
non è un tipo molto accomodante.
Io, tanto per cambiare, me ne sono uscito con la solita sparata che non c’entra niente. Colpa della memoria as-
sociativa, come direbbe la mia felce, che è un’appassionata di neuroscienze e psicologia cognitiva.
- Jacob chi, quello del film Twilight?
- No, quello si chiama Jacob Black ed è un licantropo. Il Jacob che dico io è Max Jacob, il poeta – ha repli-
cato la gatta.
- Non è che ci sia poi tutta questa differenza, tra lupi mannari e poeti. Entrambi, appena vedono la luna,
incominciano a farneticare - ho detto io, sbuffando.
Nel frattempo la discussione si era accesa. La felce teneva banco su “Vitti na crozza”, che dice che aveva letto
la vera storia della canzone in un libro. Solo che si ricordava la copertina, che dice era bellissima; rammentava
vagamente il titolo, che era una cosa tipo la musica è proprio scema, o troppo stupida; ma, assolutamente, non
aveva presente chi fosse l’autore.
- Pazienza, - ho detto io – sopravviveremo lo stesso. Sai quanto ce ne frega di chi scrive libri: tutta gente
che non ne ha mai letto uno. O leggi, o scrivi: non puoi fare due cose contemporaneamente.
La micia mi ha guardato inorridita. Io non ci ho fatto caso; anzi ho pensato che questa cosa delle felci che leg-
gono libri e delle gatte che citano i poeti francesi è una storia che va bene per un cartone animato, non certo per
un articolo su memoria e musica.
- Signori, per piacere, ritorniamo a noi - ha fatto la felce con pazienza. - Veda, caro amico, “Vitti na crozza”
è il perfetto esempio per spiegare quello che le stavo dicendo poco fa: se si dimenticano le radici, la pianta
muore. Una canzone con un testo che più tragico non si può, dove si parla di un corpo mangiato dai vermi,
ridotta ad un carillon per carrettini siciliani e con un tralallallero appiccicato addosso che grida vendetta.
L’hanno fatta diventare un canto da gita fuoriporta, hanno cambiato le parole, la musica, c’è stato perfino
chi ne ha rivendicata la paternità. Nessuno ricorda più di cosa parlasse questa canzone; e quando si perde la
memoria delle cose, tutto è possibile: cambiare il senso, i fatti, il ricordo, la storia stessa. Chi non sa ricordare
il passato è condannato a ripeterlo, diceva Santayana.
- Santayana chi, quello di Samba Pa Ti? – ho chiesto io, sempre vittima della memoria associativa.
- No, quello si chiama Carlos Santana e suona latin rock – ha detto la micia infastidita da queste mie asso-
ciazioni che vengono fuori sempre a sproposito.
- Questo Santayana si chiamava Georges – ha precisato la felce. - Ha presente il realismo magico? 21
- Credo di averne sentito parlare in qualche sala d’aspetto… oppure ho visto il film? Forse il film, ma non
ricordo bene – ho annaspato cercando di darmi un tono.
- Lascia perdere – ha tagliato corto la gatta. - Considerato questi tuoi vuoti di memoria, mi sa che dovresti
fare qualcosa per tenerla in allenamento. C’è un libro scritto da un dottore algerino, un certo Agostino. Si
chiama “Le confessioni”, una specie di diario a luci rosse, perlomeno nella prima parte. Poi il tipo diventa
buono e lo fanno pure santo. La solita storia di sesso e redenzione. Comunque, al capitolo dieci ci sono delle
tecniche mnemoniche che potrebbero servirti.
- Scusate se m’intrometto – ha detto la felce. - Ma, invece di perdere tempo con questi manuali new-age
perché, amico mio, come esercizio per la memoria non prova a fare qualcosa d’utile? Ad esempio, ricordarsi
di innaffiarmi?

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
L A’, NELLA TERR A
DE LLE ILLUSIONI
memoria e ... e delle delusioni
rivoluzione
22
di A. L. D.
P
er qualunque essere adulto e
pensante, e tanto più per un’ n in-
segnante
g ancorché ex, memoria
è sinonimo di diffi fficoltà: come trasmet-
tere qualcosa di altissimo valore a
persone che non glieneg danno alcuno?
E cioè le generazioni
g successive? Il
problema non è certo nuovissimo ma
sembra che, oggi, sia diventato dram-
matico.
Talvolta non si tratta tanto di memo-
ria ma di testimonianza, non tanto e
non solo sui nudi fatti, che si possono
trovare su qualunque libro di storia,
ma su come quei fatti furono vissuti dai
ggiovani di allora. Forse, così, possono
assumere la forma di vita vissuta, can-
cellando distanza ed estraneità. Così,
provo e per un periodo particolar-
mente denso.
Sono una di quelle persone fortunate
che hanno un’ n ottima memoria.
Mi sono sempre chiesta che cosa fos-
se, in realtà, la memoria.
Immagino
g la mia come uno schedario
formato da un numero indefinibile di
cassettini, tutti dotati di un pulsante.
Appena sfiorato, un cassettino si apre
Foto 1
Esecuzione di un guerrigliero comunista per strada a Saigon
durante la Guerra del Vietnam. Foto di Eddie Adams/Associated Press
ed ….. ecco quello che cercavo, qua-
lunque cosa sia, completo di partico-
lari e di immagini.
g
Non so perché, ma la mia mente fun-
ziona per opposizione ed i cassettini
si aprono prevalentemente su questa
modalità, che ho imparato a nascon-
dere: non sembra politically correct
contrapporsi sempre.
Sembra che il passato, ad esempio,
provochi in tutti, eccetto me, senti-
menti di rimpianto. Anche e soprat-
tutto in chi non ne ha memoria: tra i
miei studenti, che continuavano negli
anni, ottusamente, a dirmi che ‘‘un tem-
po si stava meglio’.
g Ho sempre chiesto
in quale periodo storico si collocasse
questo ‘meglio
‘ ’’, senza mai avere una ri-
sposta precisa..
Così, cominciavo a fare degli g esempi.
Lasciavo che i cassettini si aprissero a
caso, un po’ alla rinfusa, senza un or-
dine preciso, seguendo
g l’estro del mo-
mento e le loro reazioni. Incredule,
nella maggior
gg parte dei casi, dato che
l’informazione sulla storia recente ha
sempre
p brillato per p l’assenza tra giova-
ni (e meno giovani).
g ggiovane, non avevo ancora capito il cu-
Beh, durante la guerrag e l’immediato
dopoguerra
g certo no.
Negli
g anni Sessanta, quando nei quar-
tieri popolari i bambini andavano scal-
zi e non si sognavano
g neanche di an-
dare a scuola? Alla fine degli anni Ses-
santa, quando in Italia cominciarono a
scoppiare le bombe? Piazza Fontana,
Piazza della Loggia,
ragazza
g
gg l’Italicus? Ero unaa
ma ricordo il mio sconcerto
e quello del mio contesto. Avevamo
sempre pensato che le bombe potes-
sero esplodere in altri Paesi, che si
trattasse di cose lontane da noi, quasi
mitiche, da libri. E invece qui da noi? E
poi cominciò lo stillicidio delle mor-
ti, delle esecuzioni mirate. Le notizie
erano inquietanti, le fotografig e di quei
corpi riversi, di quelle strisce di sangue
g
avevano dell’incredibile. Sembrava un
brutto sognog da cui non riuscivamo a
svegliarci.
g
E l’esterno non era da meno. Il sogno g
del Cile, l’idea che si potesse coniuga- g
re giustizia
g sociale, diminuzione delle
insopportabili disparità socio-econo-
miche con la democrazia. E la bruta-
le fine del sogno, la morte di Allende,
quell’uomo così normale, così ragionevo-
g Non riuscivo a
le che incarnava il sogno.
capire come i cileni potessero mani-
festare contro di lui. Come la sinistraa
cilena potesse osteggiarlo
gg tanto. Ero
pio dissolvi delle sinistre. E la sfronta-
tezza del potere, rappresentato in quel
caso dall’appoggio
gg dato dall’aviazione
americana al golpe
g cileno. E le esecu-
zioni, gli
g omicidi, i missing. g
E poi il Vietnam, la Cecoslovacchia,
Berlino. Si parlava di guerra
g atomica,
di fine dell’umanità. Si parlava d’inver-
no nucleare, della sopravvivenza solo
degli
g insetti che avrebbero ereditato
la Terra. Si parlava di una guerra
g che
poteva scoppiare per errore e che sa-
rebbe andata avanti senza che nessu-
no potesse fermarla. C’erano dei film
‘The dayy after’, ‘l’ultima spiaggia’
gg che
rappresentavano la fine del mondo,
anzi dell’umanità. Perché i tempi dellaa
Terra sono ben altri ed è solo l’uma-
nità che rischia di auto-distruggersi.
gg
Gaia si darebbe una scrollatina e con-
tinuerebbe con altre modalità, con
altre forme di vita, senza questi fasti-
diosi e presuntuosi, ma in definitivaa
irrilevanti, omuncoli.
Ricordo la mia gioiag quando comin-
ciarono a Parigi g gli
g incontri per por-
re fine all’orribile guerra
g del Vietnam,
con l’infinita serie d’orrori, le gabbie
g
di tigre,
g Mai Lai, il dramma di una ge- g
nerazione distrutta sia in Vietnam siaa
negli
g States.
Ed il mio sconforto quando la discus-
sione interminabile doveva decide-
r
re….. la forma del tavolo.
Gli incontri di Parigi g non portarono
un ggranché, a parte l’eleganza di Ma-
u ggione’, lasciandomi incredula. E l’Iran
dame Bin.
La guerra
L g in Vietnam finì, in realtà, per
lla pressione dell’opinione pubblica in-
terna ed internazionale contraria alla
gguerra. Ma ci vollero così tanti anni! Si
lleggeva gg di giovani
g vietnamiti che non
conoscevano altro che la guerra g che
andava avanti ormai da…. sempre, per
lloro. Prima i giapponesi,
g poi i francesi
ed infine gli g americani, in un intermi-
nabile susseguirsi.
n g
E quali uomini tornano a casa dalla
gguerra?
Guardate la foto 1, guardate
g l’uomo a
sinistra che sorride! Saranno norma-
lli, dopo? Si può tornare normali dopo
aver ucciso un uomo in modo così sbri-
ggativo? Ma non è un uomo, è un ne-
m
mico! Sono io che non posso capire!
E, per equilibrio, gguardate la foto 2, è
Mai Lai, opera di giovani americani.
M mondo! Com’
Cosa avranno raccontato questi giova- g
nni americani, tornando a casa? Ma che
erano solo musi ggialli, no?
E la rivoluzione iraniana, con i suoi
freddi bollettini: sentivo la notizia del
ggiorno ‘oggi
gg mille morti’ (mitragliava-
g ggio di così poteva andare! E che dire
no la folla con gli
n g elicotteri e la folla
continuava a raccogliersi
g con disu-
mano coraggio)
m gg e le dichiarazioni di
Khomeini, dalla sua tranquilla Parigi,
K fosse comuni.
“non possono ucciderci tutti”. UC-
CIDERCI! Ricordo anche le analisi
dei giornali, che leggevo avidamente,
L‘Espresso, Europeo, Panorama. No,
l’Iran è un Paese ormai secolarizzato,
con una classe media forte ed accul-
turata, non potrà diventare un Paese
teocratico. Ok, non può accadere. E
poi lo Shah che scappa dicendo ‘Mi
p la Cambogia diventò teatro di una
Foto 2
a Mai Lai durante la Guerra del Vietnam il 16 marzo 1968 furono
massacrati 347 civili inermi, principalmente vecchi, donne, bambini
rimpiangerete’
g ed io che rido di lui. E
qualcuno accanto a me che dice ‘ha ra-
che diventa una Repubblica islamica, in
cui il potere politico è sottoposto al-
l’autorità religiosa,
g cioè al dispotismo
degli ayatollah.
y Ed in cui si instaura
una ggiustizia islamica, basata su processi
senza avvocato difensore che durano
dieci minuti, seguiti g dall’esecuzione
immediata!! E le donne sono costrette
al chador ed i pasdaran la fanno da pa-
droni per le strade, arrestando e fru-
stando quelle che disobbediscono o
mostrano un ciuffo di capelli. Perché
si sa, la donna è il diavolo! E sono pas-
sati 30 anni ed è ancora così!
E intanto il Vietnam, dopo la libera-
zione, è diventato un Paese così libero
che, a migliaia,
g i vietnamiti diventano
boat people, cioè persone che, pur
di scappare, finiscono in massa nelle
bocche dei pescicani. Che schifo di
m è possibile che cambi
solo in peggio? gg E fu lì che cominciai
ad odiare la frase che così spesso sen-
tivo sulla bocca dei miei compagni/e g vranità Limitata ebbe subito il suo
‘Tanto, peggiogg di così non può andare’.
Ognig ggiorno mi accorgevo g che sì, peg-
g (foto 3)? Io sì.
della disgraziata
g Cambogiag nelle mani
dei Khmer rouges? g Non hanno ancora
finito, a decenni di distanza, di trovare
Ah, spero che Nixon bruci in un infer-
no che temo non esista! La Cambogia g ri magistrati.
era un tranquillo paese rurale prima
che gli
g aerei americani cominciassero
a bombardarlo alla ricerca dei covi di
vietcongg che non esistevano. Ma tur-
bare un equilibrio, imparai allora, può
portare conseguenze
g terribili. Perché
g
guerriglia
g senza p pietà, che si concluse
con la sconfitta dei governativi
g (il re
era ovviamente in salvo in Occidente)
e con la vittoria di quei guerriglieri
g g
che si rifacevano alla tradizione Kh-
mer e che volevano riportare il Paese
al passato. Gli stranieri, soprattutto
ggiornalisti, furono tutti espulsi dal
Paese che si riempì di campi di riedu-
cazione e fosse comuni poco dopo.
Però c’era anche qualcosa di bello: in
Cecoslovacchia scoppiò la Primavera
di Praga.
g Che meraviglia, g un sociali-
smo dal volto umano, il massimo. Che
l’orrido sistema dell’Est europeo po-
tesse diventare accettabile? Dubcek
ci credeva. Che il socialismo reale, in
realtà un capitalismo di stato, potes-
se evolvere in un sistema più umano?
‘Ma la nostra non è vera democrazia,’
mi rispondevano i compagni/e. g E allo-
ra tanto vale avere una sana dittatura,
ancorché del proletariato, che poi a
me sembrava SUL proletariato. Ma io
ero la solita sporca borgheseg deviata.
Durò ben poco e la Teoria della So-
spazio.
p Qualcuno ricorda Jan Palach
Ma torniamo in Italia dove, dopo
bombe e massacri vari, infuriava la
Teoria degli g Opposti Estremismi,
che accogliemmo
g come un n’ennesima
provocazione delle reazionarie forze
dell’ordine in accordo con i reaziona-
g Molto dopo dovemmo
ammettere che era vera! Allora scop-
piavano bombe qua e là dal lato nero e
dall’altro giudici,
g giornalisti e manager
erano oggetto
gg d’affettuose cure sotto
forma di pallottole. Le Brigate g Rosse
imperversavano con i loro deliranti
messaggi,
gg in cui parlavano di SIM,
Stato Imperialista delle Multinaziona-
li assieme ad una serie d’altre sigleg mi-
ste che avevano scelto la lotta arma-
ta. Facevo politica attiva, allora, ed i
miei compagni/compagne
g g trovavano
che le BR avessero un certo fascino.
Ah, una bella rivoluzione che mandas-
se tutto sottosopra! Che distruggesse gg
ogni
g equilibrio, che cambiasse tutto il
mondo marcio in cui vivevamo. Dove-
vamo forse morire democristiani? Tanto
gg di così non poteva andare! Possi-
peggio
bile che i miei compagni g della sinistra
non imparassero NIENTE? Il Viet-
nam, la Cambogia, g l’Iran, la Cecoslo-
vacchia non avevano forse dimostrato 23
il contrario? Non avevo voglia g di liti-
gare con gente
g che già
g mi considerava
una sporca borghese
g e non parlavo del
mio orrore all’idea che i militanti stu-
diassero il soggetto
gg e preparassero quel-
la che per me era un n’esecuzione. Mi ha
sempre fatto schifo anche l’idea a della
pena di morte.
Pensavo: “dormono la sera prima, pri-
ma di andare a sparare ad un uomo
inconsapevole e soprattutto disarma-
l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
24
t radicalmente diversa, nonostante tut-
r to. Oggi
m di essere strutturalmente considerata
ri, si fa per dire? Pensavo alla conver-
sazione tra un comunista ed un ebreo
libertario in un lager g nazista, da un
libro di E.M. Remarque, autore che
mi ha accompagnato negli anni più
teen, oggi
gg purtroppo sparito. L’ebreo
dice all’altro ‘se usciamo fuori di qui,
TU metterai ME in un altro tipo di
lager’
g ‘È probabile’, risponde l’altro
freddamente.’ I combattenti che aveva-
no scelto la lotta armata mi facevano
tutti orrore. Anche se c’era un’ n inne-
ggabile differenza tra terrorismo di de-
stra e di sinistra: i neri sparavano nel
mucchio, volevano il più alto numero
di vittime, i rossi facevano uccisioni
mirate. Insomma il numero di vittime
era minore. Non che questo cambias-
se molto. Diciamo che la quantità di
dolore provocata nei familiari era mi-
nore. Ricordo un bellissimo manifesto
del mio partito di allora, che non c’è
più, Democrazia Proletaria. Era tutto
ggrigio,
g con solo il rosso del sangue g su
un corpo in divisa, riverso, e sotto la
scritta:
Sparano alle divise, ma dentro la
divisa c’è un uomo.
Sparano alla democrazia, spara-
no a TE!
Era orribile vivere con il terrorismo, i
cui unici risultati erano il varo di leggi
gg
sempre più repressive, di un numero
di morti sempre maggiore.gg Perché
non è che le forze dell’ordine restasse-
ro indietro! Chi si ricorda di Annama-
ria Mantini, una donna che fu uccisa
dalla polizia che sparò attraverso la por-
ta d’ingresso
’ g ? Di Georgiana
g Masi forse
qualcuno si ricorda. Ma io ricordo an-
che un articolo di Panorama in cui si
elencavano tutti i morti per un errore
delle forze dell’ordine, per un colpo
sparato per sbaglio.
g Dalle armi dei po-
liziotti, in quel periodo, le pallottole
andavano a spasso assai di frequente.
Lunica memoria che non mi dia i
L’
brividi è il periodo del femminismo.
Foto 3, Jan Palach
Ah, quello sì che fu un bel periodo!
Perfino il mio animo scettico si com-
mosse, di fronte ad una rivoluzione
culturale così profonda! Stavamo
cambiando il mondo, cambiandolo ra-
dicalmente e soprattutto in modo non
violento. Non ho imparato molto nella
mia ormai lunga g vita, ma una cosa sì: le
rivoluzioni violente portano solo altra
violenza e distruggono
gg i propri figli.
g Sì, lo so, la rivoluzione femminista
E sfociano nelle dittature. Guardate
la rivoluzione francese, russa, cubana.
Non mi viene in mente UNA rivolu-
zione che non abbia avuto un prezzo
di sangue
g a dir poco eccessivo. Per
non parlare di quella che allora passò
in Occidente come una rivoluzione
incruenta e poi, molto più tardi, ne
scoprimmo i prezzi: la Rivoluzione
Culturale Cinese.
Ah, sono decisamente contraria alle
rivoluzioni, credo SOLO alla lenta
evoluzione. Quando c’è, perché non
è mica detto. Ci sono anche le dege- g ta di aver partecipato e penso davvero
nerazioni della storia, le involuzioni.
Ogni riferimento all’Italia d’oggi è…..
puramente causale!
Ma alla rivoluzione femminista crede-
vo, e credo ancora, in parte.
Le ragazze
g d’oggi
gg non possono nean-
che immaginare
g l’importanza di una
Franca Viola. E della sua famiglia. g una donna è stata candidata alla pre-
Qualcuno ricorderà che fu rapita e
violentata da uno sporco figuro g che
non voleva accettare un rifiuto. Era
un mafioso e la sua virilità fu offesa da
un diniego.
g Così, seguendo
g un costu-
me secolare, la rapì, pensando di ob-
bligarla ad accettarlo. Era sempre stato
così. C’era un’
n orribile legge
gg in base alla
quale il matrimonio cancellava ogni g forse stare meglio?
reato per tutti i rei, anche i complici.
Ma Franca Viola, appoggiatagg dalla fa-
miglia,
g rifiutò il matrimonio riparatore
e tutti gli
g schifosi autori del rapimen-
to furono condannati. La famiglia di
Franca fu costretta ad emigrare, g ma la
Sicilia non fu più la stessa. Ed anche
l’Italia, in cui cominciò un’ n evoluzione
culturale che portò all’abolizione delle
norme più ripugnanti,
g il delitto d’ono-
re, il matrimonio che assolve dai reati,
la patria potestà, e poi all’elaborazione
di un nuovo diritto di famiglia g che
poneva finalmente sullo stesso piano
i due coniugi. g
Per una decente legge gg sulla violenza
sessuale, che NON considerasse più
lo stupro un reato contro la morale ma
contro la persona, ci vollero molti anni
ancora e molte manifestazioni.
Le ggiovani d’oggi, che dichiarano con
orgoglio
g g ‘io non sono femminista’,
non sanno quanto ci devono! Perché
l’immagine
g di se stesse è comunque
gg nessuna ragazza
g accetterebbe
inferiore o almeno lo spero. Eppure
Proudhon ha fatto dei calcoli precisi
che arrivano alla conclusione che, per
equivalere un uomo, ci volessero tre
donne e sette ottavi o giù g di lì. Anche
la mia memoria arrotonda le frazioni.
Ricordo però questa serie di libretti
del Movimento Femminista, ‘Ridiamo
su….’ E le ridicole affermazioni sull’al-
tra metà del cielo di Proudhon, Hegel
ecc. Grandi uomini, certo, ma….
non ha avuto un totale successo, ha
solo modifi ficato il mondo. Certo non
era questa realtà quella per cui ci bat-
tevamo! Per non deprimermi troppo
evito di guardare
g la Tv ma le immaginig
dei giornali
g non posso evitarle. E mi
viene in mente la campagna che pro-
vammo a fare: ‘questo manifesto off ffen-
de le donne’. Oggi,gg pressoché TUTTI
i manifesti offendono le donne che,
ahiloro, NON si offendono più. Ed è
questo il dramma.
Nonostante tutto, però, sono conten-
che tante cose siano cambiate. Allora
sentivo le alunne che dicevano ‘no,
non mi farei operare da un chirurgo g
donna, no, non è possibile, non vorrei
che una donna diventasse Presidente
della Repubblica.’
Oggi,
gg nel Paese gguida dell’Occidente,
sidenza. Sì, non ha vinto, però anche
la candidatura è una specie di rivolu-
zione. Culturale e non violenta come
ho sempre voluto che fosse.
E quindi, non tutto è stato negativo g
anche se temo che sia sempre la sto-
ria del bicchiere mezzo pieno. D’altra
parte, il bicchiere mezzo vuoto ci fa
g
A parte l’Italia, in cui lo squallore do-
mina sovrano, mi sembra che il mon-
do non sia poi peggiorato.
gg E, data la mia
idea base, forse è il massimo che si
possa sperare.
 so e il miglioramento della società. i luoghi e gli ambienti del racconto,,
Veicola verità che in quegli anni molti i tempi e i temi della vicenda e deii
intellettuali, e Leonardo Sciascia fra suoi personaggi. Qui, infatti, l’ariaa
questi, non sono disposti ad accetta- di euforia e di libertà che si respiraa
re. Per Bassani, invece, polemico nei alle soglie del boom economico e chee
confronti della “lagna neorealista” e fa da sfondo a una visita alla necro--
l
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progres-
g limita solo a comunicare in anticipo
p

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
Corporation, per acquisire il dato
aggiornato relativo ai fallimenti ban-
cari negli Stati Uniti a partire dal 1°
ottobre 2000.
Vi si legge che nei primi otto mesi
del 2009 i fallimenti bancari erano
già 84, contro 26 dell’intero 2008, di
cui 22 nel secondo semestre, e solo 3
nell’intero 2007, mentre nel 2006 e
nel 2005 non se ne sono verificati e
26 nella restante parte del periodo con-
siderato se ne sono registrati solo 24,
di cui 11 nel 2002.
Nel terzo quadrimestre del 2009 laa
morìa degli istituti di credito è con-
tinuata di gran lena, registrando unaa
notevole accelerazione, tanto che
alla data del 20 novembre se ne era-
no aggiunti altri 41, per un totale di
125, compreso il fallimento del Cit
Group, quinto per importanza nellaa
storia degli Stati Uniti.
Per strano che possa sembrare, questi
eventi non sembrano aver suscitato
alcun particolare interesse né volontàà
di approfondimento nelle loro moti-
vazioni ed implicazioni, quasi si trat-
di Francesco Mancini

"OLLESPECULATIVEECRISIFINANZIARIE
TRAIMPASSEDELLAMEMORIA
ECOAZIONEARIPETERE
… generalmente la memoria, quando non quasi all’unanimità economisti, gior- tasse di una bazzecola o la cosa fosse
ssia aiutata, è oggi tanto debole che si cono- nalisti economici e governanti, essa si semplicemente sfuggita di mente.
ssce il passato poco meglio del futuro … sarebbe trasferita all’economia reale, Oltre alla memoria a breve termine,
ossia ai ricavi e profitti delle imprese nell’occasione ha fatto difetto anche

C
osì si esprimeva il grande eco- di produzione ed ai livelli di occupa- quella remota, in particolare per ciò
nomista britannico Keynes nel zione degli impianti e della mano- che si riferisce alla grande crisi del
dicembre del 1921, riferendosi dopera e non riguarderebbe più gli 1929.
alle fluttuazioni dell’opinione pubbli- aspetti finanziari. Anche in quella occasione, l’anno
ca ed alla manipolazione della stessa Può darsi che dopo la crisi concla- successivo al crac della borsa di Wall
da parte degli uomini politici. mata del fondo sovrano del Dubai, Street, il 1930, fu caratterizzato daa
A distanza di tanti anni, non si può con ovvie conseguenze negative sulle una certa ripresa dell’economia, men-
certo dire che la situazione sia cam- borse ed i sistemi bancari di tutto il tre il crollo del sistema bancario e fi-
biata, se non forse in peggio. mondo, la smettano con la loro tiri- nanziario degli Stati Uniti si verificò
Particolarmente labile appare, poi, tera priva di fondamento. nell’inverno del 1933, più di quattro
la memoria in materia di speculazio- Comunque, già prima del crac della anni dopo l’inizio della crisi.
ni, bolle e crisi finanziarie, tanto che Dubai World, non c’era motivo al- Lo ricorda l’economista studioso del-
non solo gli eventi più remoti vengo- cuno di affermare che ciò che veniva le crisi finanziarie Hyman Minsky, in
no rimossi, ma anche quelli recenti, a definita la fase finanziaria della crisi un saggio del 1963 intitolato signifi-
prescindere dalla loro gravità. fosse stata definitivamente superata cativamente Potrebbe ripetersi?, con
La pesante crisi economico-finanzia- e che fossero in atto un deciso rallen- ovvio riferimento alla grande depres-
ria, ufficialmente iniziata nel terzo tamento della crisi dell’economia ed sione avviatasi nel 1929, fornendone
trimestre del 2007, anche se ne erano un inizio di timida ripresa dei livelli una descrizione e spiegazione nei ter-
stati avvertiti i prodromi già all’inizio produttivi. mini seguenti:
di quello stesso anno, è poi deflagra- Tale posizione, infatti, appare stu- Questa implosione fu il risultato finale dii
ta a settembre 2008, con la crisi della pefacente perfino ad una verifica un processo deflazionistico cumulativo ill
banca d’affari Lehman Brothers, ed è superficiale dei dati di realtà, men- cui inizio può essere identificato per co-
tuttora in corso. tre basta consultare il sito www.fdic. moditàt con il crollo del mercato dei titolii
Attualmente,, hanno affermato finora gov della Federal Deposit
A p Insurance alla fine del 1929.
9 9 Q Questo pprocesso defl
fla-
z
zionistico prese la forma di una massiccia degli Stati Uniti e del mondo intero titoli del debito pubblico, dei deriva-
iinadempienza dei contratti da parte sia era profondamente mutato, a segui- ti, del petrolio, dell’oro, delle materie
ddelle unittà finanziarie che di quelle non to del cosiddetto Nixon shock del 15 prime e così via.
finanziarie, nonché di una brusca caduta agosto 1971, ossia della sospensione Paradossalmente, sono proprio i go-
ddel reddito e dei prezzi. della convertibilità del dollaro in oro, verni e le autorità monetarie a forni-
In quell’occasione, alla causa di fon- da allora non più ripristinata. re, prestandole a tassi irrisori, le ri-
do individuata da Minsky, si aggiun- In pratica, da quel momento in poi, sorse finanziarie necessarie a porre in
se l’elemento scatenante costituito nel sistema monetario internazio- atto operazioni che spesso si insiste
dall’immobilismo e dall’impotenza nale, la moneta ha cessato di essere a non voler definire speculative, ben-
derivanti dai contrasti fra il presiden- una merce, forse per sempre, ed è ché provochino rilevanti aumenti dei
te uscente Hoover ed il subentrante stato eliminato ogni residuo vincolo prezzi pur in presenza di drastici cali
Roosevelt, nella fase di passaggio dei o limite all’emissione di banconote della domanda reale.
poteri dall’uno all’altro.
p e titoli del debito pubblico da parte Sarebbe scorretto ed ingiusto nella
Il saggio di Minsky traeva spunto da delle autorità monetarie e governa- fase attuale attribuire il riprodursi
un brusco calo dei titoli verificatosi
u tive statunitensi. delle bolle all’avidità ed alla credulità
nella primavera del 1962, cosa che al-
n Ciò ha reso, nello stesso tempo, più delle persone comuni, ossia a lavora-
ll’epoca costituiva un evento ancora facile ogni manipolazione e manovra tori, pensionati e piccoli investitori,
piuttosto raro.
p monetaria da parte delle autorità sta- né sarebbe giusto riesumare i moniti
Nel 1982 Minsky pubblicò, col me-
N tunitensi, ma anche più fragile e vul- classici, per cui coloro che non sanno
desimo titolo, una ampia trattazione nerabile il sistema monetario inter- ricordare il passato sono condannati
sullo stesso tema, comprensiva del nazionale, ormai soggetto al costante a ripeterlo.
saggio originario, in cui rammentava pericolo di rigetto del dollaro, oltre Più che di perdita della memoria del-
che, a partire dal 1966, le oscillazioni che delle altre monete, da parte del la crisi, nella fase attuale dei sistemi
e gli andamenti ciclici dell’economia, pubblico. economici appare opportuno parlare
specie nei suoi aspetti finanziari e In altri termini, il valore e l’affidabilità di coazione a ripetere.
vvalutari, erano andati infittendosi ed delle monete dipende ora unicamente Dovrebbe essere chiaro, infatti, che
approfondendosi: dalla credibilità delle autorità mone- gli uomini d’affari e della finanza non
Nonostante questa turbolenza, l’economia
N tarie e governative e dal livello di fidu- rinunciano da soli né sono in grado di
hha continuato ad andare bene, dal momen- cia nelle loro scelte e strategie. autolimitarsi nella ricerca del più alto
tto che non vi è stata alcuna depressione Ad un anno dall’inizio della crisi in profitto ad ogni costo, e il modo più
ggrave. L’insuccesso ha riguardato invece atto, le imprese affaristiche e finan- facile ed efficace per ottenerlo consi-
lla stabilittà del livello dei prezzi, i tassi di ziarie hanno sostanzialmente ripreso ste nella creazione di valori monetari
ddisoccupazione e il «miglioramento» per- le pratiche che la originarono, con e prodotti finanziari dal nulla o usan-
ccepito del tenore materiale di vita. Sono la creazione sistematica di bolle nei do mezzi altrui.
sstati questi i fallimenti che hanno spiana- mercati azionari, obbligazionari e dei L’unica maniera per ostacolare real-
tto la strada al rigetto da parte di Reagan
ddel sistema esistente di istituzioni e di in-
t
terventi.
Minsky svolse una analisi fortemente
M
critica della politica reaganiana di co-
siddetta deregulation e di ridimensio-
namento del ruolo dei poteri pubblici
n
nell’economia, ma, forse perché essa
n
era ancora troppo blanda rispetto a
quelle attuate dai successivi presi-
denti, non intravide rischi di ritorno
della depressione:
Un’economia in cui il settore pubblico spen-
dde per assicurare la formazione di capitale
ppiuttosto che per sostenere il consumo è in
ggrado di avvicinarsi a una condizione di
pprogresso tranquillo piiù di quanto non
ssia possibile con le nostre attuali politiche
disegno di M. C. Escher

eeconomiche. Cosìì, sebbene l’esteso settore 27

ppubblico assicuri virtualmente che non si
ppossa verificare di nuovo una grande de-
ppressione, il recupero di un progresso tran-
qquillo dipende da una ristrutturazione del
ssettore pubblico che accresca lo sviluppo
ddelle risorse. Se da una parte è necessaria
uuna riforma radicale, dall’altra la strada
ddi Reagan non è purtroppo quella giusta
pper arrivarci.
Nel frattempo
N p l’assetto monetario

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
mente la creazione di bolle, valori e
prodotti finanziari, con l’ingiusto e
intrinsecamente fraudolento trasferi-
mento di ricchezza che essa comporta,
consiste nell’assoggettare gli interessi
delle attività affaristiche e finanziarie
alle esigenze delle attività produttive.
Ciò si realizza con la stretta regola-
mentazione e limitazione delle attività
degli uomini d’affari, del credito e del-
28 la finanza, anche a rischio della drasti-
ca flessione dei livelli di profitto.
Del resto, già gli economisti classici
parlavano di tendenza secolare alla
caduta del tasso di profitto in corri-
spondenza dell’aumento dei livelli di
ricchezza e di benessere delle nazioni.
Non a caso, Adam Smith, considerato
il padre fondatore dell’economia poli-
tica, nella sua opera La ricchezza delle
nazioni, oltre a manifestare la più to-
tale diffidenza verso le società finan-
ziarie, ammoniva a non fidarsi degli
uomini d’affari e delle loro proposte:
… il saggio di profitto non aumenta, come
la rendita e i salari, con la prosperità
t né si
t . Al con-
riduce con il declino della società
trario,, esso è naturalmente basso
nei paesi
p ricchi ed elevato nei pae- p
si ppoveri,, ed è sempre p pi più elevato
nei ppaesi che stanno andando pi pi ù
rapidamente
p in rovina. L’interesse di
questa terza classe non ha quindi la stessa
relazione con l’interesse generale della so-
cietà
t di quello delle altre due.
… l’interesse dell’uomo d’affari in qual-
siasi particolare branca del commercio o
dell’industria, è sempre in qualche aspetto
differente e persino opposto a quello dell
pubblico.
… La proposta di ogni nuova legge o re-
golamentazione commerciale proveniente
da questa classe dovrebbe sempre essere
ascoltata con grande cautela e non dovreb-
be mai essere adottata prima di lungo e at-
tento esame, cioè considerata non soltanto
con la più
i scrupolosa ma con la più i sospet-
tosa attenzione. Essa viene da una classe
di persone il cui interesse non coincide maii
esattamente con quello del pubblico, la
quale ha generalmente interesse a ingan-
nare e persino a opprimere il pubblico, e
la quale di fatto, in molte occasioni l’ha
ingannato e oppresso.

.FNPSJB di Dario D’Angelo

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supplemento a Sicilia Libertaria N° 290 - dicembre 2009. Direttore responsabile: Giuseppe Gurrieri.
l‘arcobaleno Registrazione
g Tribunale di Ragusa
g n° 1 del 1987.
9 7 Fip.
p - Progetto
g ggrafico Marina La Farina.
Il “Comitato di reLazione” si riunisce periodicamente. Chiunque, condividendo i princìpi antifascisti, antirazzisti ed antisessisti propri
di q
questo ggiornale, p
può proporsi
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cibo e
classici
latini

l‘arcobaleno
l‘arcobaleno
memoria
resistente
30
di Claudio Longhitano e
Domenico Stimolo
(dell’A.N.P.I. Catania)
L’
Associazione Nazio-
nale Partigiani d’Italia
(A.N.P.I.) è stata costituita
a Roma nel 1944, quando ancora il
Nord Italia era sotto l’occupazione
nazifascista, dai partigiani
g che aveva-
M EMORIA E
no partecipato alla Resistenza nelle
regioni del centro. Dopo la libera-
zione di tutto il territorio nazionale,
l’Associazione si è estesa in tutto il
Paese, anche al sud, dove gli episodi
di resistenza sono stati sporadici, ma
dalle cui regioni provenivano molti
dei partigiani che avevano fatto parte
delle formazioni del centro-nord e al-
l’estero (Jugoslavia, Albania, Grecia,
Francia). Il 5 aprile del 1945, l’A.N.P.I.
è stata costituita in Ente Morale. I
suoi scopi statutari sono, tra gli altri:
vvalorizzare il contributo effettivo por-
tato alla causa della libertà dall’azio-
ne dei partigiani e degli antifascisti,
glorificare i Caduti e perpetuarne la
memoria; promuovere studi intesi a
mettere in rilievo l’importanza della
guerra partigiana; battersi affinché i
principi informatori della Resistenza
divengano elementi essenziali nella
formazione delle giovani generazioni;
concorrere alla piena attuazione del-
la Costituzione Italiana, frutto della
Guerra di Liberazione, in assoluta fe-
deltà allo spirito che ne ha dettato gli
articoli.
Uno degli scopi dell’A.N.P.I., quindi,
è quello della conservazione della
memoria storica a dell’antifascismo
e della Resistenza nel nostro Paese.
Viene, pertanto, spontaneo ad un
giovane porsi questa domanda ap-
parentemente semplice: che cos’è la
memoria storica? E’ importante per
le giovani generazioni la sua conser-
vazione?
L
La Resistenza è stato quell’evento ir-
ripetibile nella storia d’Italia in segui-
to al quale, grazie all’apporto di tutte
le classi sociali e al sacrificio di tanti
giovani, uomini e donne che immo-
larono il bene più prezioso: la vita, è
stato possibile liberare il nostro Pae-
se dall’occupazione nazifascista che
tanti lutti, rovine e barbarie aveva
causato. Con lo scatenamento della
guerra, la più devastante e distruttiva
della storia umana, l’invasione della
stragrande parte degli stati europei;
con l’avvelenamento delle coscien-
ze e la pratica del più bieco furore
razzista..... avevano predicato e per-
seguito, con lo sterminio, la “razza
eletta” che doveva schiavizzare l’inte-
ra umanità. Per riscattare, sul piano
etico e sostanziale, gli efferati atti di
negazione della libertà e della dignitàà
umana sistematicamente operati con
la violenza prima della conquista del
potere e durante la ventennale ditta-
tura fascista. Non solo. Grazie alle
lotte della Resistenza è stata creata laa
Costituzione repubblicana, che
per la prima volta dall’Unità d’Italiaa
ci ha permesso di godere di un regi-
me libero e democratico.
La Resistenza merita il costante im-
pegno di tutti per comprendere e
mantenere vivo il ricordo di quellaa
indomita gioventù
g che ne fu il nerbo.
È più che mai necessario e doveroso,
oggi, tenere alto e forte il vessillo del-
la memoria di fronte alla rinnovataa
offensiva del ggoverno più reaziona-
IBERTA’
rio che la storia repubblicana ricordi.
Mai come in questi ultimi anni stiamo
assistendo al tentativo sistematico di
cancellare la memoria storica dellaa
Resistenza e delle sue conquiste, che
viene effettuato in tanti modi, nei
mass media, nella scuola con la mo-
difica dei testi scolastici, attraverso
l’uso politico della storia, in parti-
colar modo equiparando i partigiani
che hanno lottato per la libertà con
i nazifascisti che hanno lottato per il
trionfo della loro ideologia di morte e
di sopraffazione. Quando espressioni

come «sotto il fascismo non si stava
poi così male», «i partigiani erano as-
p dei Diritti dell’Uomo” dopo le im-
sassini e terroristi», «i fascisti della
Repubblica di Salò avevano dei valori
e credevano nella patria» diventano
sempre più ricorrenti (chi non le ha
mai sentite pronunciare in televisio-
m no liberi ed eguali in dignità e diritti”.
ne, o a volte in famiglia o peggio da
n Ciò non è, purtroppo, per tantissimi
qualche insegnante?), allora si com-
prende che l’obiettivo è quello di
p piti dagli egoismi sfruttatori dei paesi
cancellare le radici antifasciste della
nostra repubblica.
n dalla fame, da regimi vessatori e dal-
Proprio i partigiani riscattarono la
P le sempre più pressanti devastazioni
Patria e l’onore civile, con la Lotta
P ambientali.
di Liberazione, totalmente sven-
dute ai nazisti invasori. Non è certo
““un caso” che l’A.N.P.I. nel suo stesso
stemma fondativo si fregi del trico-
l ; nato nell’epopea
lore p p risorgimentale,
g ,
simbolo, di indipendenza, giustizia Memoria e Libertà. Questo è il
ed unità. ruolo e l’impegno dell’A.N.P.I., oggi,
Mai come ora sembra esserci bisogno in Italia. Memoria, fonte di insegna-
di un richiamo forte a queste radici mento, dando il giusto riconosci-
democratiche e dunque resistenziali mento e la necessaria valorizzazione
dell’Italia. Ecco, quindi, che la me- ai patrioti, ai martiri partigiani che
moria storica della Resistenza e del- si batterono per la Liberazione. Li-
l’antifascismo deve essere intesa non bertà, per salvaguardare e difende-
come nostalgico reducismo, ma come re, sempre, la nostra democrazia e
coscienza critica capace di garantire e realizzare una società realmente più
di promuovere quelle mete di libertà, equa e solidale.
di democrazia e di progresso sociale Anche l’A.N.P.I. di Catania è impe-
che costituirono il tema di fondo e gnata a conservare la memoria dei ca-
l’aspirazione più autentica della Lot- tanesi che diedero il loro contributo
ta di Liberazione. Ecco, quindi, che durante la Lotta di Liberazione.
se possiamo concepire la Resistenza Chiunque può rivolgersi per informa-
anche come sanzione della conquista zioni presso l’indirizzo di posta elet-
irrevocabile di un’estensione di dirit- tronica anpicatania@yahoo.it.
ti che il fascismo aveva negato e vio-
lentemente repressi, allora possiamo
affermare che la conservazione della
memoria storica assume per il futuro
delle giovani generazioni una impor-
tanza fondamentale.
La Memoria a di ieri si raccorda stret-
tamente con la realtà dell’oggi. Attra-
versato da tante rilevanti contraddi-
zioni e spinte interessate e devianti
che vorrebbero strutturalmente mo-
dificare i principi fondativi della no-
stra Repubblica democratica, sanciti,
dopo gli orrori del fascismo, dalla
Costituzione italiana:
ripudio della guerra, libertà di espressione,
nei rapporti sociali e nelle rappresentazio-
ni politiche; diritti umanitari, solidarietà,
accoglienza, multiculturalità e “fratellan-
za” tra gli esseri umani; diritto al lavoro,
all’equa retribuzione, a dignitose condi-
zioni di vita, alla giustizia; diritti e do-
veri comuni di civile cittadinanza e delle
pubbliche strutture istituzionali; diritto
alla salute, all’istruzione, alla casa......
Sono questi valori fondamentali di
tutti, dell’umanità, come specificati
dalla “Dichiarazione Universale
mane tragedie determinate dai nazi-
fascisti con la 2° guerra mondiale.
Nel suo preludio la Dichiarazione
proclama: “tutti gli esseri umani nasco-
concittadini del nostro mondo. Col- 31
ricchi; attraversati da guerre;lacerati
Riflettere, quindi, ed impegnarsi.
Partecipando attivamente alla vita
sociale, per svolgere una reale funzio-
ne di cittadino democratico. Tutti, a
partire dai giovani.
p g
l‘arcobaleno
l‘arcobaleno

32

Oświęcim (Auschwitz), Particolare della recinzione elettrificata del campo - foto di Antonio Squeo
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rare le informazioni in entrata , che avamposti isolati nell affrontare un ri
vverranno successivamente depositate
p levante problema
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cinema
C A UNA VOLTA LA
C’ERA
E
e memoria
C’E’
- quando
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ANCORA
ando il cinema
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era più lungimirante de
34
di Lorenzo Catania
Q
uando il film di Pietro Germi
“In nome della legge”
gg appar-
ve sugli
g schermi nel lontano
1949, da noi non c’era la televisione,
nelle case degli
g italiani la lettura dei
ggiornali e dei libri non era un’abitu-
dine diffusa e pochissimi conosceva-
no la parola mafia. Allora il cinema
era una finestra sul mondo e spesso
raccontava meglio
g della letteratura e
del teatro la società italiana e i suoi
cambiamenti in corso. Attraverso
film non esenti da approssimazioni,
ingenuità
g e contraddizioni, il cinema
ci faceva capire chi siamo e da dove
vveniamo. Ci rivelava problemi e real-
tà che magari molti non sentivano vi-
“La mafia – ha dichiarato Maria Fal-
cone, sorella del ggiudice Giovanni uc-
ciso in un tratto dell’autostrada Punta
Raisi-Palermo – non sapevamo cosa
fosse. Lunica volta che ne parlammo
in famiglia
g ricordo che fu in coinci-
denza con l’uscita del film ‘In nome
della legge’.
gg Ma anche in quel caso si
rivelò un discorso su un problema che
non sentivamo vicino a noi”. Girato
a Sciacca (Ag) g e dintorni neglig anni
che registrano
g l’assassinio del sinda-
calista Accursio Miragliag e le imprese
del bandito Salvatore Giuliano, “In
nome della legge”gg racconta l’espe-
rienza di un giovane
g pretore mandato
nel paesino
p siciliano di Capodarso
p a
OGGI
G
della politica
politic -
I
ggli intrallazzi di un potente latifon-
dista e la mafia locale aglig ordini di
massaro Turi Passalacqua.
A differenza di certe fiction di oggi gg
dedicate alla mafia, mosse da un im-
perativo innanzitutto spettacolare
e che si concludono spesso con una
specie di onore delle armi tra il de-
tective che dà la caccia e il boss di
turno abile a sfuggire
gg alla ggiustizia,
“In nome della legge
gg ” è un’opera dal-
la struttura narrativa originale,
g ani-
mata da forte impegno,
g anticipatrice
del cinema “civile” che si svilupperà
in Italia negli
g anni ’60.
Nel film di Germi, infatti, il ricono-
scimento reciproco tra il capomafia
massaro Turi Passalacqua
q e il p pretore
Guido Schiavi (che anni dopo ispirerà
certe pagine
g del romanzo di Leonar-
do Sciascia “Il ggiorno della civetta”,
dove si fronteggiano il mafioso don
Mariano Arena e il capitano
p dei cara-
binieri Bellodi, fedele alle istituzioni)
è funzionale alla rappresentazione di
due personalità forti che esprimono
punti di vista e valori di riferimento
assai diversi. Uno, il capomafia, appa-
rentemente uomo giusto
g e leale, pa-
ternalista, in realtà inflessibile e abi-
tuato a praticare la violenza. Laltro,
il rappresentante della legge,
gg uomo
solo e determinato a raddrizzare le
storture e le ingiustizie
g di una società
spietata con i deboli e a fare preva-
lere i poteri dello stato senza i quali
non c’è vera democrazia.
Il confronto che si delinea fra questi
due personaggi gg è abilmente utiliz-
zato dal regista
g p
per vanificare le ra-
g
M
gioni del mafioso e fare emergere e
poi mettere in risalto l’intransigenza
etico-civile del pretore che, oppo-
g a
nendosi a un borghesiag e a un ceto
latifondista corrotti e ambigui g così
come all’arroganza
g della mafia e ai
suoi riti anacronistici e selvaggi,
gg cer-
ca di restituire dignità,
g diritti civili e
fiducia a un popolo da secoli abituato
a vivere nella condizione del suddito.
Lo sprona a un esame di coscienza, a
conoscere la realtà e a combattere
per non abbandonarsi all’indifferen-
za, all’omertà e allo scetticismo. Uti-
lizzando il cinema come mezzo per
svolgere,
g fra l’altro, una funzione di
direzione etica e di coscienza criti-
ca della società, Germi dialogava g a
con il pubblico e la classe dirigenteg
del Paese. Denunciava le ambiguità g à
che ggravavano sulla Repubblica ita-
liana appena nata e la fragilità
g dellaa
nostra democrazia, messe in risalto
dalla figura del giovane magistrato,
che spesso si muove come un eroe
solitario sullo sfondo della campa-
ggna siciliana fotografata
g in manieraa
stupenda da Leonida Barboni.
Oggi,
gg a sessant’anni di distanza e no-
nostante i numerosi film di denunciaa
sul fenomeno mafioso, la mafia, al-
l’epoca ancora contadina e limitataa
solo ad alcune parti della Sicilia, faa
sentire la sua presenza invasiva in
diverse regioni
g italiane, perché, igno-
g
rando glig interessi collettivi, il clien-
telismo di massa e i comportamenti
illegali
g proposti dall’alto si sono dif-
fusi nella società come modelli di
vita, frustrando il diritto di molti a
un “altro” stato, a un altro modo di
stare al mondo.
C
om’è noto, in Italia da un tren- paziente e di questa noi siamo fatti::
p

Paul Klee, Angelus Novus 1920

tennio si tende a trascurare, dove la paz p -
per indifferenza, arroganza,
p struzione è i
ignoranza
g o altro, l’insegnamento.
g inorgoglirci
g g ,
Forse a molti sembra che l’esperien- dovremmo e
za altrui debba sminuire l’ego, g ossia spalle
p di giga
gg -
l’ingigantita
gg p
percezione che molti rienza uman -
hanno di sé e che porta p tanti, troppi,
pp zione all’esp p
a pensare
p che tutto il mondo esista L’Etica dovr i
solo perché
p si possa approfittare bru- pensiero, att
p -
talmente d’ogni g cosa. tiva del “far ,
Ma nell’epocap della tecnica vendu- preludio al f
p
ta al p profitto, ggli uomini forzano la La miglior
g p -
natura, incuranti delle conseguenze. g di la conosc o
Per sottolineare i rischi che compor- p erano p prepo
p
ta il conferimento dei poteri p è utile, Oggi
gg la scu :
nel rispetto
p della memoria, ritorna- strategie
g p per -
re alla mitologia g ggreca, che tanto ha re il senso p pe e
dato anche in Sicilia. sui cittadini o
Epimeteo,
p colui che riflette dopo, p per omologa
p g
aveva donato agli g animali, trascuran- La memori o
do glig umani, alcuni poteri p diversi e apparire
pp sem -
specializzati,
p ma Prometeo, colui che giornati,, ma - di Vincenzo Milone*
riflette prima
p ed è amico degli g uomi- ti”), vogliam -
ni, ( una delle interpretazioni
p del mito rire “a tutti a m di di denti,,
sostiene che li avesse,, infatti,, plasmati
p mercificazio a i sere””
con la creta e resi simili agli g dei) cerca la nostra im i b li al--
di rimediare, sottraendo dalla casa di fermino a g - t è im--
Atena uno scrigno g in cui sono riposte p ci semplicem
p ” p ata.
memoria e intelligenza g e donandole e dimentica o S mo dii
agli
g uomini. Zeus, irritato, punisce
p gli il mezzo vi , “ ere o
uomini togliendo
g loro il fuoco. il p
pittore si a c
Prometeo riportap il fuoco agli
g umani, collezione d a M posi--
p
ma Zeus lo p punisce e fa costruire nel- dipingere,
p g p - z a l’in--
la fucina di Vulcano una catena per p cisticament i f divisaa
legarlo
g ad una rupe p nel freddo Cau- eccita solo p n r
caso, dove un’aquila q ogni
g ggiorno gli g per la donna
p i N sca--
rode il fegato,
g che si riforma durante vivere di rel - t età e
la notte. Tremila anni dopo, p Eracle ticci. Il coll e q bile”,,
libera Prometeo. Se continueremo a della collezi a c anzee
perdere la memoria, a noi umani non
p fruizione agg a c sano o
basteranno tremila anni p per liberarci finalità dell a f entee
dalle torture che l’uso dissennato del- conservazio a i enzaa
la tecnica, governata
g solo dal profit- a disposizio
p - d nchee
to, p produce. no fruire. I , n assa--
Per utilizzare la tecnica in modo ra- che nascon n t ossi--
ggionevole non si può p prescindere
p dal- cassaforte, v , b
l’esperienza, che è una costruzione amplifi
p care o P quan--
q
detentore d n d puree
p
hanno e dell , p sarioo
nega
g la frui . v capi-
p-
Ma se una c a r ,pperr
cosa è “aver e o artiree
o Essere). Pe o c conn
che tutti d - una ritrovata capacità
u p direzionale chee
te rinunziare a tutto, pproprio
p p perchèè cci permetta
p di riprendere
p in mano il ti--
non tutti siamo come San Francesco,, mone e ritrovare la rotta.
m
si dovrebbe, come suggerisce
g
gg Kant,
fruire di ciò che possediamo
p ma sem- *Vincenzo Milone ha pubblicato
p re--
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p pronti, q
quindi capaci,
p centemente: “Architettura e Tempo.
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a rinunciare a ciò che abbiamo in caso olandese nell’età contemporanea”..
qualsiasi momento, di saperne fare a (vimilo@tiscali.it) 35

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