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Distribuito senza scopo di lucro

Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

Carissimi fratelli e sorelle, abbiamo concluso la quaresima. Per la nostra comunit


stato veramente un momento forte a
livello celebrativo, con il momento settimanale della Via Crucis, vissuta anche per
le vie del nostro paese, con grande partecipazione ed entusiasmo da parte dei membri delle nostre parrocchie. I momenti di
adorazione e il meraviglioso itinerario
svolto nelle strade della rappresentazione
sacra della Passione, morte e risurrezione
del Signore che ha visto partecipare tutto
il paese nella commozione e nel proposito
di essere migliori, di compiere un cammino di conversione per poter dire insieme
allApostolo Paolo il mio vivere Cristo.
Grande affluenza anche alle confessioni
che ci hanno preparato, nella settimana
santa, a vivere pi pienamente e meno
indegnamente la Pasqua del Signore. La
domenica delle Palme e la Settimana Santa, specialmente il Triduo Pasquale, centro
dellAnno Liturgico, dellanno della vita
della Chiesa, stato il momento pi forte
per la nostra vita di fede che si deve tradurre in vita vissuta e offerta per la gloria
di Dio, il bene dei fratelli e la nostra santificazione. Non mancata lattenzione ai
poveri della nostra comunit parrocchiale
e la vicinanza agli anziani e ammalati, visitati, come sempre si soliti fare, portando
loro la consolazione della Parola di Dio e
lEucaristia. Meditare ogni anno questo
Mistero dAmore, di Dio che, fattosi uomo, muore in Croce per noi, portando con
Se i nostri peccati e donandoci la salvezza
nella Risurrezione, infonde nel nostro animo tanta speranza e consolazione.
(SEGUE)

n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

Dalla Croce alla Luce

Anna Maria Ettori

A Lanciano, una cittadina in provincia di Chieti, conservata la reliquia del corpo eucaristico di Cristo, trasformatosi
in carne durante la celebrazione della santa messa di Natale. La storia narra di un sacerdote che, durante lelevazione, colto da un forte dubbio, neg la presenza di Ges eucaristia nellostia e nel vino. Proprio in quel momento lostia nelle sue mani si trasform in un pezzo di carne sanguinante e il vino nel calice divenne sangue. Dopo molti
esami approfonditi, il pezzo di carne si rivel essere parte
di un cuore umano: pi specificatamente il ventricolo sinistro, la parte pi profonda del cuore.
con questa storia che stata introdotta la
Rappresentazione della Passione, morte e resurrezione
vivente di Ges, svoltasi il 29 Marzo e il 1 Aprile nello scenario della villa comunale e del monte di San Vito, con la
speranza che questa iniziativa avrebbe toccato la parte pi
profonda del cuore di ogni partecipante. E cos stato.
La piazza della villa comunale ha fatto da sfondo alla riproduzione dellultima cena, scena curata nei minimi dettagli e
che ha visto come protagonisti Ges e i dodici apostoli. La
lavanda dei piedi, il pane spezzato e condiviso tra i dodici,
la consapevolezza che quei gesti sarebbero stati la fine e
linizio di un grande mistero, hanno dato vita alle sacre
scritture. Tra scale e viali, la folla ha assistito in un clima
che sembrava riportare nel cenacolo, insieme a Ges.
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Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

Editoriale

Ogni anno riviviamo questo passaggio:


passaggio dalla morte alla vita! Sta a noi
cercare di far si che questo passaggio sia
concreto nella nostra quotidianit, che
questo passaggio sia concreto nel nostro
agire e nel nostro vivere. Chiediamo allora
al Signore che ci faccia uomini e donne
nuovi, risorti con Lui dal peccato, grazie
alla misericordia del Padre. Appare, evidentemente provvidenziale, che il Santo
Padre Francesco abbia deciso di annunciare un Anno tutto dedicato alla Misericordia del Padre: un Giubileo che, se gi ordinariamente, per sua natura, legato al
perdono dei peccati e delle colpe, ci vuole
far meditare e sperimentare ancor pi profondamente lAmore misericordioso di
Dio per noi. E proprio da questo Amore
misericordioso di Dio vogliamo partire e
ripartire per crescere nella nostra Fede e
vivere con Lui, in Lui e per Lui. E la domenica dopo Pasqua celebriamo proprio la
festa della Divina Misericordia, fortemente
voluta dal Papa San Giovanni Paolo II:
tante le occasioni, dunque, che ci spingono a tener presente questo meraviglioso
Amore per noi. La gioia dellannuncio:
Cristo Risorto non possiamo tenerla
per noi: come i Testimoni della Risurrezione diffusero nel mondo intero il racconto di questo salvifico prodigio, anche
noi siamo chiamati a testimoniare con le
parole e le opere la Risurrezione di Cristo
al mondo intero. E non serve andare lontano, basta iniziare dalla nostra famiglia,
dai nostri amici, dai nostri colleghi, dalla
nostra comunit di San Vito Romano.
Colgo la gradita occasione di porgere, unitamente ai sacerdoti, miei collaboratori, e
ai seminaristi, a tutti voi Sanvitesi il mio
augurio pi sincero, per una Santa Pasqua.
Affidiamo al Signore tutte le nostre intenzioni e chiediamo la Sua Benedizione.

San Vito Romano, 05.04.2015, Santa


Pasqua
Don Carmelo Salis,
parroco

n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

I personaggi si sono poi spostati nella parte superiore della


villa, dove ha preso vita la scena dellorto degli ulivi seguita
Anna Maria Ettori dallarresto di Ges e dal
giudizio dinanzi a Caifa e
agli altri membri del sinedrio. Scenografie e interpretazioni hanno trasformato San Vito nei luoghi
di un tempo, grazie ad un
gioco di luci e di ombre
che sembrava invitare la
platea a pregare per le
ultime ore di vita di Ges.
Il susseguirsi degli eventi
noto ai nostri lettori: dalla sentenza di Pilato alla rimessa in
libert di Barabba, passando alla flagellazione per mano dei
centurioni e delle guardie. Quello che merita di essere messo in risalto la bravura e limpegno dei vari interpreti che
hanno saputo fronteggiare delle parti cos importanti. Vedere i nostri compaesani nelle vesti di Ges e degli altri personaggi, ha dimostrato quanti siano i talenti riposti in ognuno e quanti i cuori disposti a mettersi al servizio. Tra i momenti pi suggestivi la via del calvario sicuramente uno di
questi: le tre cadute di Ges, La Veronica e laiuto del Cireneo rappresentano le cadute di ognuno, i pesi dellumanit,
ma allo stesso tempo la spinta a rialzarsi, la mano sempre
tesa di chi abbiamo accanto.
Dalla croce alla Luce. Questa la frase posta su uninsegna
allentrata della villa che conduce al monte di San Vito, un
perfetto Golgota alla cui sommit spiccavano le tre croci
con i due ladroni e Ges al centro. Questa la riproduzione di
una delle scene pi commoventi e forti di sempre: il pianto
di Maria e delle pie donne, lagonia e la morte di Ges.
Quando ormai tutto sembrava concluso e si era pronti a
dirigersi verso la Chiesa di San Vito per ascoltare le parole
conclusive del parroco, ecco che la rappresentazione ha
preso di nuovo vita. Una porta, quella della Chiesa, chiusa
da un muro, il muro del sepolcro, simbolo di tutti i nostri
muri, di tutte le nostre difficolt. Ges a romperlo e ad
uscire vittorioso donando alla platea un messaggio importante: la Sua Resurrezione. La Speranza. Quella vera. Il cammino dalla villa al monte di San Vito stato proprio questo:
un grande messaggio di Speranza, una scalata verso il Bene.
La rappresentazione della Passione vivente di Ges stato
un evento che rimarr nelle menti e nei cuori di tutti e s, ha
toccato veramente la parte pi profonda del cuore di ognuno.
La redazione
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Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

Parole di Vita
Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?. La tomba
del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto, e gli angeli
suoi testimoni, il sudario e le sue vesti. Cristo, mia speranza, risorto: precede i suoi in Galilea. Cos termina la
sequenza che precede il Vangelo di oggi, Pasqua di Resurrezione. Il sole ancora non sorge e Maria, la Maddalena va
al sepolcro a trovare il corpo del suo Ges. Ma un Imprevisto la sorprende: la pietra rimossa dal sepolcro e Ges
non c'. Allora Maria corre, va di fretta, quella fretta che
sa di meraviglia e paura insieme : Hanno portato via il
Signore e non sappiamo dove l'abbiano posto. Con queste parole irrompe nella giornata di Simon Pietro e di Giovanni che trascinati dagli stessi sentimenti della Maddalena corrono anche loro al sepolcro. Il Sepolcro vuoto: ci sono solo le bende distese e il sudario
piegato. Davanti all'evidenza come si fa a non credere? l'evidenza di un Imprevisto: la Resurrezione. un Imprevisto perch umanamente qualcosa di inspiegabile. Ges veramente risorto, Ges ha vinto la morte, l'ha vinta per ridare a noi la vita, per farci essere come Lui, per
farci risorgere con Lui. Giovanni e Pietro vedono e credono, non dubitano, neanche un istante.
La paura e la meraviglia si trasformano in fede, in entusiasmo, in testimonianza. Maria Maddalena, Giovanni, Pietro sono i primi testimoni, sono i primi fedeli. Impariamo da loro a credere,
all'istante. Impariamo da loro a credere a quell' Imprevisto che accade nella nostra vita e la rende un capolavoro. Domandiamo a loro un aumento di fede, quella fede che ci fa dire quotidianamente nella nostra vita: S, ne siamo certi: Cristo davvero risorto!
Francesca Micocci

"Pace a voi!" questa l'esclamazione e il dono che risuona per ben tre volte nel Vangelo di questa domenica. Il Signore risorto, ma sceglie di mostrarsi di nuovo ai suoi discepoli perch conosce i loro cuori e vuole donargli ancora qualcosa: LA PACE. Soltanto accogliendo lo Spirito
Santo questi fratelli, che hanno condiviso la loro vita con Ges, potranno donare al mondo la
gioia e la speranza della fede! Non tutti per scelgono di accettare l'amore di Ges, un po come fa Tommaso, assente "la sera di quel giorno. La paura di rischiare e di metterci in gioco nella nostra vita, non ci rende sereni e fa allontanare sempre di pi quella fede nell'unica persona
che potr realmente salvarci da ogni inquietudine, tormento o rimorso...insomma dal peccato e
dai nostri continui dubbi e smarrimenti. L'invito del Vangelo chiaro: riconoscere Ges come
"Mio Signore e mio Dio!". Pur non toccandolo con mano, la bellezza che avremo una ricompensa anche stavolta: "Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!". credendo che
avremo la vita.
Marta Iacovacci

Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

Spesso difficile comprendere il modo in cui Dio opera nelle nostre vite. Nel Vangelo di Luca i due discepoli, di ritorno da Emmaus, riferiscono agli altri ci che
gli accaduto lungo la via e come hanno riconosciuto
Ges nello spezzare il pane. indicativo il modo in cui
Ges apparve loro, cos inaspettatamente, in un luogo
qualsiasi, senza preavvisi; infatti, nonostante Egli fosse
in carne ed ossa, i discepoli non lo riconobbero. Anche
noi non sappiamo come si presenta Dio nelle nostre
vite e come opera lungo il nostro cammino, ma siamo
certi che Egli c e che attraverso segni pi o meno
evidenti ci invita a fare delle scelte, ci ammonisce o ci incoraggia. Ges una presenza costante ma
sempre nelle nostre mani la libert di scegliere se accogliere la Sua presenza e ridisegnare la nostra
strada secondo la Sua volont. Come per i discepoli, la maggior parte delle volte, Ges che viene incontro a noi e noi non lo riconosciamo, lo allontaniamo o siamo troppo impegnati a percorrere la strada che ci siamo prefissati per accorgerci della Sua presenza. Cos proseguiamo per il cammino che riteniamo giusto per la nostra vita e spesso inciampiamo, a volte cadiamo bruscamente, allora Dio ci rincorre, ci aiuta ad alzarci, con noi come nessunaltro anche se non siamo in grado di accorgercene e
siamo increduli. Nel Vangelo, infatti, Egli dice: Perch siete turbati, e perch sorgono dubbi nel vostro
cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha
carne e ossa come vedete che io ho. I discepoli pensavano di vederlo solo in spirito, sono dubbiosi,
ma Lui li salva dallincredulit dei loro occhi e dalla schiavit del loro cuore e li manda a predicare a
tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati. Ges risorto ha vinto i limiti umani, Egli con
ognuno di noi in ogni momento della nostra storia e possiamo toccare con mano i Suoi doni. Egli ci
vuole far comprendere che la Sua presenza non astratta, non solo nella nostra mente ma visibile,
reale, ed viva.

Eleonora Cenci
E forse uno dei vangeli pi famosi, Cristo che si paragona al buon pastore . Giovanni ci riporta quelle parole di Ges secondo le quali noi siamo un gregge, siamo il gregge di Dio. Il padre ci conosce e ci ama uno a uno.
Un pastore non solo conosce ciascuna delle sue pecore, ma le cura, le nutre, le ama.
Dio per non solo un pastore, Dio il pastore buono, il pastore che ci d anche la vita. Dio
non sar mai come il mercenario che appena vede il lupo scappa lasciando le pecore da sole,
Dio, allarrivo del lupo resta con noi, ci protegge, Dio l in prima linea a difenderci e ad
affrontare il lupo.
Il Padre ci conosce, di noi conosce ogni particolare. Lui ci ha creati e lo ha fatto in s. Siamo le
pecore di un Buon Pastore, siamo miracoli di Dio.
Il Vangelo di questa domenica manda un forte messaggio. Come pecore di Dio dobbiamo formare un solo e unico gregge, che ascolta e ama il proprio pastore. E come gregge dobbiamo
stare uniti, amarci e rispettarci gli uni gli altri. Cosicch se una pecora dovesse smarrire la strada noi saremo insieme al nostro Buon Pastore a cercarla e a ricondurla nel gregge di Dio.
Lucia Testa
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Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

2 Aprile 2005-2 Aprile 2015: 10 anni di memoria


La chiesa gremita di gente, per la
maggior parte genuflessa. Mani
giunte, rosari sgranati, occhi chiusi.
il 2 Aprile 2005 e a San Vito, come
nel resto dItalia e di parte del mondo, si prega, col cuore in attesa. I
ricordi sono quelli di una bambina
di 11 anni che ha saltato la cena per
andare nella Chiesa di Santa Maria
e vegliare, come le aveva spiegato la mamma. La tensione si pu
quasi toccare con mano, la speranza sentire nei sospiri della gente.
Le condizioni di salute di Giovanni Paolo II si sono aggravate durante la notte, ma i fedeli di
tutto il mondo sono certi che ce la far, che superer anche questa. la forza della fede,
che va oltre le scoperte scientifiche, i referti medici e le innovazioni tecnologiche. Le Ave
Maria si rincorrono, interrotte solo dai Padre Nostro e i Gloria. Niente parole inutili, nessun
chiacchiericcio. Solo preghiera. E la chiesa si fa Chiesa. Tutte le preoccupazioni, le liti, la
stanchezza passano in secondo piano, per riunire i cuori nella speranza della guarigione.
Ma alle 21.45 circa la terribile notizia: il Papa tornato alla casa del Padre.
Silenzio. Nessuno ha il coraggio di parlare. Nellincredulit generale le prime lacrime cominciano a scorrere sul viso di qualcuno, la tristezza, il dolore, la paura si fanno lentamente
spazio nelle menti. E una domanda prima di tutte affiora: perch? Per quanto si possano
usare logica e razionalit, non si riesce mai a farsi una ragione della morte. Dopo le ore di
veglia, i chilometri percorsi dai pellegrini per raggiungere piazza San Pietro e pregare con e
per il Papa, non si comprende perch la morte. Che senso ha la preghiera se la morte poi
ha sempre lultima parola? E linterrogativo legittimo. Quante volte si prega, si spera in
qualcosa e puntualmente se ne verifica unaltra, triste e dolorosa? Sembra quasi che a volte Dio se ne rimanga l a guardare, impassibile, senza far niente.
Ma le risposte arrivano, ora come dieci anni fa. Nei giorni successivi alla morte di Giovanni
Paolo II Roma diventata il centro delluniverso: tre milioni di persone provenienti dai pi
disparati paesi del mondo si sono messe in viaggio per un ultimo saluto al Papa della pace,
dellamore, della fede e della piet. Ed ecco la risposta: tra quei tre milioni molti sono
ebrei, protestanti, musulmani, atei. La fede, quella vera, unisce, non divide. E s, forse Dio
rimasto a guardare. Per godersi lo spettacolo di ci che lAmore, il Suo, attraverso le parole
e i gesti di un uomo, riuscito a fare.
La morte mai avr lultima parola, c sempre un disegno pi grande, un progetto di felicit
a lungo termine di cui godere a tempo debito.
Sofia Testa
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Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

Il Nostro uno sport che con-vince perch educa

La Squadra Parrocchiale nasce come attivit della pastorale dello sport e tempo libero
Lo sport ha le sue radici nel gioco, che lattivit per eccellenza dei bambini, attraverso la
quale imparano e crescono. Nel gioco prevale la spontaneit, la creativit, il piacere fine a
se stesso; nello sport subentrano obiettivi pi mirati e tecnici finalizzati ad un miglioramento di prestazioni, nonch alla vittoria. Il ragazzo dovrebbe fare lo sport come gioco,
con la spensieratezza e il divertimento propri della sua et e nello stesso tempo sviluppare quelle abilit e capacit psico-fisiche che gli permettano di far emergere le sue doti atletiche. Lo sport permette di apprendere e potenziare qualit personali utili nella vita:
imparare a resistere alla fatica fisica, allo sforzo e al dolore, fortificando il corpo e stimolando le difese naturali;
imparare a conoscere il proprio corpo e le sue potenzialit;
imparare a stare con gli altri, a comunicare, a condividere idee ed emozioni;
imparare a collaborare con gli altri, uscendo dal proprio egocentrismo;
imparare il senso delle regole e della disciplina;
imparare il senso della giustizia, della lealt, del rispetto dellaltro (soprattutto di chi
nellaltra squadra);
vivere esperienze emozionali molto forti: lansia per una gara importante; la paura di
non farcela, la soddisfazione per una buona prestazione, la sorpresa della vittoria o della
sconfitta, la rabbia e la frustrazione per non essere riusciti cos come si desiderava, la delusione e la tristezza per un mancato risultato o per un comportamento scorretto proprio
o degli altri, limbarazzo e la vergogna per un errore, lorgoglio di aver superato un presunto limite e tante altre ancore;
imparare a controllare la propria impulsivit;
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Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

imparare ad ascoltare e a seguire le


indicazioni degli educatori;
imparare a pensare, a ragionare e a
creare idee per risolvere i problemi.
Grande Esempio per me e chi mi collabora Don Bosco con il Suo Sistema
Preventivo: leducazione cosa di cuore e anche lallenatore - se vuole educare i ragazzi attraverso lo sport e allo
sport deve considerare che ogni ragazzo prima di tutto una persona che va
accolta, amata, incoraggiata e valorizzata nella sua unicit, originalit e preziosit perch in
ciascuno c un punto accessibile al bene che va riconosciuto ed su questo che si deve
far leva. Chi vuol essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Su questo principio si
basa lautorevolezza e lautenticit dellallenatore, testimonial di valori forti e vitali. In questo modo lattivit sportiva pu davvero concorrere alla promozione della persona e alla
prevenzione del disagio e della sofferenza esistenziale, offrendo ai ragazzi opportunit previamente organizzate e finalizzate per sviluppare le potenzialit insite in ciascuno. Il sistema preventivo perch non lasciato al caso ma guidato dalla ragione, dalla religione,
dallamorevolezza e da una fiducia smisurata nella preziosit di ognuno.
Di seguito riporto alcune espressioni dei ragazzi:
In questa squadra ho trovato spirito di amicizia e non competizione, fare bene le cose semplici di noi ragazzi e farle diventare speciali grazie al cammino formativo (Niccol)
Mi diverto e sto bene con tutti, sto crescendo. (Gabriele Mastrogiacomo)
Questa squadra speciale, inizialmente presa da me sottogamba, in seguito ne sono rimasto entusiasta. E stata creata per far divertire i ragazzi , farli stare insieme e soprattutto
non esistono i pi forti e i pi deboli ma tutti siamo protagonisti.
(Samuele Giustiniani)
La squadra ci trasmette speranza, unit
e fraternit, ci stiamo educando a stare
insieme ed amarci. (Samuele Trinchieri)
Si vive il senso vero dellamicizia.
(Fabio Paoliani)
Gerardo Diglio
Gianni Giustiniani
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Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

n. 5

Semi di parole...

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

SACRIFICIO
Dal latino SACRUM sacro e FICIUM che sta per FACERE, fare: rendere sacro, fare sacre le
cose. La parola trova le sue origini nei riti sacrificali nei quali, per ottenere benefici, si immolavano animali a Dio. Si rinunciava, per cos dire, a qualcosa di proprio per offrilo a Dio. Con il
tempo, quindi, la parola divenuta quasi sinonimo di rinuncia, assumendo una connotazione
non del tutto positiva. Tale concetto, pur essendo molto presente, non per lunico significato
contenuto nella parola. Sacrificare, ancor prima di rinunciare, significa fare sacre le cose. La
rinuncia, per cos dire, una conseguenza del sacrificio, ma non per questo la parola deve assumere un significato negativo. Rinunciare al proprio tempo, rinunciare un po a se stessi significa
donarsi. Essere disposti a fare spazio allaltro dimostrandogli quanto sia importante per noi.
Ecco quindi che sacrificio vuol dire donare importanza a quanto abbiamo, celebrare la sacralit
di tutte le cose. Dare loro il valore che contengono. Renderle, per lappunto, sacre.
Adriana Rossi

Cera una volta...


Cera un tempo in cui i contadini di San Vito Romano si recavano ai loro campi alzandosi la mattina
di buonora, prima che sorgesse il sole, tutti a piedi o con muli e cavalli, perch non cerano, come
adesso, le automobili e le ampie strade per accedere alle campagne, ma soltanto dei tracciati, delle
stradine di comunicazione che attraversavano i terreni, chiamate vie mulattiere. Su questi percorsi
era tutto un andirivieni di persone ed animali da soma da mattina a sera.
Al tramonto, dopo una giornata di pesante lavoro, ogni contadino riportava a casa ci che serviva:
chi la legna, chi la frutta, la verdura o altre cose utili alla famiglia. Lungo la via del ritorno, stanchi del
lungo cammino, avevano dei punti di riferimento dove riposare e dire una preghiera, per poi riprendere la strada fino a casa.
Con lavvento del boom economico e del benessere, tutti hanno cominciato a creare strade daccesso nelle campagne, con il conseguente abbandono delle vecchie vie mulattiere e cos anche di
quei vecchi punti di sosta e riposo, lasciati a se stessi in stato dabbandono. Questi luoghi di ritrovo
sono situati lungo le strade intorno al paese: sono cappellette con allinterno raffigurate immagini
sacre. Al momento avrebbero bisogno urgente di una sistemazione, dato il loro stato di decadimento.
Spero che il racconto serva a far comprendere che abbiamo un patrimonio appartenente alle nostre
origini ed a stimolare i Sanvitesi a creare un gruppo di volontari per il ripristino di queste caratteristiche cappelline, molto utili in passato. Occorrerebbe, dunque, manodopera, un gruppo di coordinamento lavori, una raccolta fondi per lacquisto di materiali. Sperando altres nella collaborazione da
parte del comune per il disbrigo delle pratiche burocratiche necessarie allattuazione degli interventi. In questo momento di crisi in cui stiamo perdendo le nostre caratteristiche culturali, le nostre
connotazioni storico-geografiche in nome della globalizzazione, sarebbe bello pensare, seppure nel
rispetto delle altre culture, ad una collaborazione per il ripristino di ci che ci accomuna nelle radici.
Per partecipare a questa iniziativa, contattare i numeri 3337481363 e 069571643

Giovanni Carrarini
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Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

La testimonianza del mese

Mi stato chiesto di raccontare il mio viaggio in Colombia, nella missione Madre Letizia e, dopo
averci pensato un po, ho deciso di accettare perch credo che le cose belle vadano condivise.
Non so se nei giorni che ho trascorso a Ocaa ho fatto esperienza di missione, ma sicuramente ho
fatto esperienza di Dio. Quello che ho visto, provato, vissuto non sarebbe possibile se non fosse
opera di Dio, se non ci fosse Lui a vegliare sulle suore che ogni giorno devono affrontare mille
difficolt, ma lo fanno sempre con il sorriso; se non ci fosse Lui a vegliare sui bambini ospiti della
missione, che vengono da situazioni di sofferenza, ma che trasmettono la gioia di vivere; se non ci
fosse Lui a ispirare tanti amici e benefattori a sostenere con il loro aiuto materiale e con la loro
vicinanza i progetti che nascono per aiutare i bambini ad avere una vita serena; se non ci fosse la
Sua Provvidenza. Tante persone che ho incontrato in questi giorni mi hanno chiesto cosa ho fatto
in missione e quando rispondo che ho fatto molto poco, mi guardano sorpresi. Ho messo a disposizione il mio tempo, ho giocato con i bambini, li ho ascoltati, mi sono persa nei loro abbracci. Ma
quello che ho ricevuto stato molto di pi e sicuramente migliore di qualunque cosa potessi desiderare. Ho ricevuto tanto da parte di tutti, dalle suore che mi hanno accolta e fatta sentire a casa
dal primo momento; dai bambini che hanno abbattuto ogni mia paura semplicemente con un sorriso o un abbraccio; dalle persone che ho incontrato e che mi hanno trattata come una di loro. E
soprattutto ho vissuto l amore di Ges per i pi piccoli, per chi si affida, per me. Ho avuto la possibilit di passare tanto tempo in compagnia di Ges Eucaristia, nella cappella che il centro della
missione, dove iniziano e finiscono le giornate e dove spesso si passa anche solo per un breve momento. Sembra strano ma a volte bisogna fare migliaia di chilometri per apprezzare quello che
abbiamo a portata di mano ogni giorno! In quella cappella ho trovato lamore e la pazienza per
avvicinare i bambini che danno tutto ma anche vogliono tutto, da sola non ce lavrei fatta. In quella cappella c la forza della missione.
Uno dei momenti pi belli e che ricordo con pi nostalgia il rosario che i bambini e le suore recitano ogni sera davanti allEucaristia: c confusione, si salta qualche Ave Maria, ma senti che Ges
l, presente e vivo. Uno dei momenti pi difficile stato dover accompagnare una ragazza alla
stazione dei pullman, perch aveva deciso di tornare a casa, anche se laspettava una situazione
difficile. Ma amare anche rispettare le decisioni degli altri e lasciare andare.
La missione Madre Letizia si trova a Ocaa, una citt a nord della Colombia. Le Suore Figlie di
Nostra Signora dellEucaristia accolgono bambini e bambine che vengono abbandonati o portati
in missione dagli stessi genitori che non possono tenerli per mancanza di lavoro o perch fuggono
da zone dove c la guerriglia. In missione trovano persone che li amano, la possibilit di studiare
e avere un futuro migliore, ma soprattutto una casa che sar sempre la loro casa, anche quando
prenderanno il volo. Ci sono bambine piccole come Yureini o Sail che frequentano lasilo nido, e ci
sono ragazze che frequentano luniversit. La maggior parte dei bambini e delle ragazze va a
scuola la mattina, quindi il pomeriggio si sta insieme e ho potuto avvicinare molti di loro. Vorrei
poterli nominare tutti, perch tutti sono speciali e hanno lasciato un segno in me, ma sarebbe un
elenco molto lungo, al momento ci sono pi di cinquanta bambini in missione. Come in ogni famiglia, ognuno ha il proprio compito e questo fondamentale perch non sia il caos a regnare.
Lasciare Ocaa e tornare a casa stato difficile, e credo che una parte di me sia rimasta l, in attesa che vada a recuperarla. Ringrazio tutte le persone che mi hanno sostenuta e accompagnata
con la loro preghiera. Ma soprattutto ringrazio Dio per il dono immenso che mi ha fatto facendomi vivere questa esperienza e mettendomi accanto persone speciali che mi hanno trasmesso il
Suo Amore.

La testimonianza del mese

Annarita Gentilezza
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Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

Lo spunto culturale del mese

Ci che inferno non

Linferno non diavoli e forconi. Non fiamme e


torture. Non fuoco e dannati. Linferno il gelo
totale che non lascia penetrare lamore. E niente
brucia pi di questo.
Linferno pura sottrazione, togliere tutta la
vita e tutto lamore da dentro le cose. Cos scrive
Alessandro DAvenia, giovane scrittore e autore di
Ci che inferno non , un libro che tocca le corde
pi profonde sin dalle prime righe.
1993. Palermo, lo scenario su cui si apre il romanzo. Ed in questa citt si snodano vie che portano in
quartieri infernali, come Brancaccio, dove imperversa la mafia e la malavita.
Vivere a Brancaccio significa fare i conti con la
dittatura del pizzo; soprusi e minacce per chi non ci
sta. La vita sarebbe ancora pi amara per i bambini, se non ci fosse Don Pino Puglisi, umile servo di
Dio, ma anche grande uomo e professore. E gi.
Perch Don Pino non si occupa solo di togliere i
ragazzi del suo quartiere dalla strada, ma insegna
anche religione al liceo Vittorio Emanuele II. Si era
presentato con una scatola di cartone. Laveva
messa al centro dellaula e aveva chiesto cosa ci
fosse dentro. Nessuno aveva azzeccato la risposta.
Poi era saltato sulla scatola e laveva sfondata.
<<Non c niente. Ci sono io. Che sono un rompiscatole.>>
Federico uno dei suoi studenti. Amante della
letteratura, delle parole. Mi piace cercare le parole giuste. Le parole e il loro suono mi salvano. []
Con le parole metto lncora a tutte le cose che se
ne vanno alla deriva nel mare che dentro il cuore, le ormeggio nel porto della testa. Solo cos
smettono di sbattere tra loro, di arenarsi, di spaccarsi. Lestate alle porte. Lo aspetta una vacanza
studio ad Oxford. Cosa desiderare di pi a diciassette anni? Eppure, in mezzo a queste certezze che
la sua vita da liceale ignaro del mondo reale gli
offre, ci sono giorni in cui il vuoto morde il petto e
il nulla logora le viscere. Non gli manca nulla, ma
non veramente felice. Poi un giorno, una

proposta inattesa di Don Pino lo catapulter in una


dimensione di contraddizioni: non la Palermo
bene, ma la Palermo dellinfanzia negata, della
spensieratezza rubata, delle violenze subite in segreto. Brancaccio non solo questo. anche il luogo dove la speranza si annida, cresce e si nutre dei
gesti damore di Don Pino, di Lucia, una ragazza dal
cuore grande, di Federico e di quanti provano a
cambiare anni di sopraffazioni nel piccolo.
Il romanzo offre un piccolo spaccato dellopera di
Don Pino, uno splendido ritratto di un uomo di fede, dipinto nel suo coraggio, ma anche nelle sue
piccole fragilit. Un uomo che ha provato a spezzare un mondo dilaniato dallignoranza e dalla crudelt, calato in una realt difficile, che vive la sua
missione fino in fondo, amando anche in punto di
morte: come dimenticare il prete che seppe sorridere davanti al suo assassino?
Questo stato Don Pino Puglisi, uno che rompe le
scatole in cui ti nascondi, le scatole in cui ti ingabbiano, le scatole dei luoghi comuni, le scatole delle
parole vuote, le scatole che separano un uomo da
un altro uomo. Colui che ha saputo riconoscere
tra le brutture ci che inferno non .

Giada Cianfriglia, Michela Colaneri,


Sara Testa
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Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

La rubrica musicale
Dio morto Francesco Guccini

Ho visto la gente della mia et andare via,


una politica che solo far carriera,
lungo le strade che non portano mai a niente. CerIl perbenismo interessato,
care il sogno che conduce alla pazzia,
la dignit fatta di vuoto,
nella ricerca di qualcosa che non trovano
lipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col
nel mondo che hanno gi.
torto,
Dentro le notti che dal vino son bagnate,
un Dio che morto.
dentro le stanza da pastiglie trasformare,
Nei campi di sterminio
lungo le nuvole di fumo, nel mondo
Dio morto
fatto di citt
Con i miti della razza
essere pronti ad ingoiare
Dio morto
la nostra stanca civilt
Con gli odi di partito
un Dio che morto.
Dio morto.
ai bordi delle strade
Ma penso che questa mia generazione
Dio morto
preparata a un mondo nuovo
nelle auto prese a rate
e a una speranza appena nata,
Dio morto
ad un futuro che ha gi in mano,
nei miti dellestate
a una rivolta senza armi,
Dio morto.
perch noi tutti ormai sappiamo che
Mi han detto che questa mia generazione
se Dio muore per tre giorni e poi risorge.
ormai non crede
In ci che noi crediamo
in ci che spesso han mascherato con la fede, nei
Dio risorto.
miti eterni della patria e delleroe,
In ci che noi vogliamo
perch venuto ormai il momento di negare tutto
Dio risorto
ci che falsit:
Nel mondo che faremo
le fedi fatte di abitudine e paura,
Dio risorto.
Nietzsche, Guccini, Nomadi: a voi Dio morto. Morto?
Ho visto
gente che ha ucciso, represso, sepolto Dio con le sua falsit,
malvagit, perversit, nella mente e nel cuore.
Mhan detto
che una generazione nella corruzione, nellindigenza, nella meschinit.
Credenti in Dio denaro, discepoli di falsi miti e falsi dei.
Io penso
che c unaltra generazione. Forte, pronta, capace.
capace di affrontare un mondo nuovo, unidea, un credo.
una speranza appena nata, che d fiducia
che d coraggio, che d forza.
Una speranza che in fondo non muore mai
e anche se muore solo apparenza perch basta una piccola scossa,
un alito di vento e rinasce in noi. Risorge in noi.
Dire speranza dire Dio, perch Dio amore, vita, speranza vera.
Vito Sallusti

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Giornale Parrocchiale di San Vito Romano

La poesia...
n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

Pasqua

Valore di un sorriso

Il tocco del campanile


Annuncia Ges risorto
Che tra noi presente
a festa imbandito il desco.
Nel mezzo primeggia lulivo
In memoria del bagliore divino
LAgnello il prediletto cibo
In segno di armonia e di pace.
Oggi presente vivo
La Pasqua nellaria
Primeggi negli animi vivi.
Tenendo i cuori uniti
Il tocco del campanile lontano
Porta il rintocco del vento
Annuncia Ges redento
Mario Liparoti

Donare un sorriso
rende felice il cuore,
arricchisce chi lo riceve
senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante
ma il suo ricordo rimane a lungo.
Nessuno cos ricco
Da poterne fare a meno
N cos povero da non poterlo donare.
Il sorriso crea gioia in famiglia
D sostegno nel lavoro
Ed segno tangibile di amicizia.
Un sorriso dona sollievo a chi stanco
Rinnova il coraggio nelle prove
E nella tristezza medicina.
E se poi incontri chi non te lo offre
Sii generoso e porgigli il tuo:
Nessuno ha tanto bisogno di un sorriso
Come colui che non sa darlo.

Lo sapevi che...

P. Faber

La parola PASQUA deriva dallaramaico *PASHA che significa passaggio, perch la Pasqua
ebraica era stata istituita per commemorare luscita degli ebrei dallEgitto.

Il giorno di Pasquetta ricorre il luned successivo alla Domenica di Pasqua ed detto luned
dellAngelo: Ges risorto appare per la prima volta ai due discepoli che si dirigevano verso il
villaggio di Emmaus. per questo che tale giorno viene di solito festeggiato con una gita fuori
porta.

Il pesce, simbolo del 1 Aprile, giorno del cosiddetto Pesce dAprile, simbolo con il quale in
molte raffigurazioni viene rappresentato Ges. Dallacrostico del greco pesce, ICTUS, infatti,
deriva proprio il nome di Ges. Il greco ICTUS sta per: IesusChristosTheuUiosSoter
che significa Ges Cristo Figlio di Dio Salvatore.

Il 25 Aprile viene celebrata la festa di San Marco, patrono della citt di Venezia. Si dice che
durante la cerimonia di consacrazione della Basilica al Santo, avvenuta il 25 Aprile 1094, si
svolte un triduo di penitenza, digiuno e preghiere, per ottenere il ritrovamento delle reliquie
dellEvangelista che erano state trafugate. Dopo la Santa Messa in suo onore, il marmo di rivestimento di un pilastro della navata destra si spezz e comparve la cassetta contenete le
reliquie. Il simbolo dellEvangelista costituito da un leone alato. San Marco patrono dei
notai, degli scrivani, dei vetrai, dei pittori su vetro e degli ottici.
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n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

I PassaTenda

CRUCIUOVO

Un carabiniere di Catania a Pasqua entra in un negozio di alimentari e fa: -Scusi vorrei una
colomba pe favuri!
E il negoziante: -Motta?
- E che me la vuole dare viva?

- Ma colomba maschile o
femminile?
- Maschile! Si chiama Pasquale!

- Qual il colmo per un idraulico? Non capire un tubo.


-Qual il colmo per un altoparlante? Sentirsi male.
- Qual il colmo per un dentista? Essere incisivo.
- Qual il colmo per un dispettoso? Non ve lo dico!

Lo schiacciamo ma non gli facciamo male. Cos?


Un pisolino!

Aurora Trinchieri

(Marianna Carrarini)

ORIZZONTALI
1. La colomba il suo simbolo 6. La fine dellulivo 7. In
quello di cioccolata c la sorpresa 8. Su quello di San Vito
c la chiesadi San Vito 11. Suonano a festa la mattina di
Pasqua 12. Quella cipollina si usa in cucina 15. Il cuore
della ricerca 17. Doppie in fuoco 18. Donare il proprio
cuore a qualcuno.

VERTICALI
1. Devota 2. In mezzo alla fava 3. Quella che si mangia a
Pasqua non vola 4. Il giorno del Signore 5. Liber gli ebrei
dalla schiavit in Egitto 8. e separ le acque delRosso
9. Carponi allo specchiosenza dispari 10. Lultima fetta
di pizza lievita 11. Quello Pasquale si accende durante la
veglia 12. I giorni che trascorsero tra la morte e la risurrezione di Ges 16. Vero senza estremi
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n. 5

5 Aprile 2015, Santa Pasqua

LA LETTERA
Pizza di Pasqua

700 gr di farina
4 uova
30 gr di lievito di birra
Scorza grattugiata di un limone
kg di zucchero
Anice q.b.
1 bicchiere di sambuca
di latte
bicchiere dolio
Un pizzico di sale

Sciogliere il lievito nel latte tiepido.


Sbattere le uova con lo zucchero e
aggiungere la farina un poco alla
volta. Aggiungere, mescolando il
lievito sciolto, lanice, la scorza
grattugiata di un limone, lolio, il
sale e la sambuca. Mettere il composto in una teglia imburrata. Lasciare lievitare e Infornare a 180
per 30/45 minuti.

Eliminate da ogni parola una lettera in modo da ottenere altre


parole di senso compiuto. Le lettere eliminate, scritte nelle caselline grigie, formeranno un messaggio.

REBUS

Scacchione

2 Kg di farina
4 uova
Una scorza di limone
grattato
2 dadi di lievito di birra
1 bicchiere di olio
Anice q.b.
1 bicchiere di olio
Una vaniglia
6 hg di zucchero
1 litro di latte

Una volta ottenuto un composto


omogeneo realizzare la forma la
forma del cosiddetto scacchione,
tipico dolce pasquale sanvitese:
uno strano animale a sei zampe e
una coda. Spennellare il tutto con
un uovo e lasciare, allaltezza
delladdome dellanimale, una cavit nella quale poter inserire un
uovo sodo.

Catechesi

Avvisi

Catechesi, preghiere di guarigione e liberazione con Dario Gritti


nei giorni 28 e 29 Aprile presso Chiesa di Santa Maria de Arce.

Riffa parrocchiale

Il giorno 26 Aprile, dopo la messa delle 10.30, verranno estratti


i numeri della riffa parrocchiale presso la Chiesa di Santa Maria
de Arce.
Per informazioni o curiosit relative al
giornalino possibile contattare:
Adriana Rossi cell. 3345811927
(mail: adrianarossisvr@gmail.com)
Marzia Nini cell. 3934339613
Michela Colaneri cell. 3665465573
(mail: mikela.colaneri@gmail.com)

Giulia Luzzi

SOLUZIONE REBUS: Felice Pasqua

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