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I TBNTATIVI DI UNA TEOLOGIA

(CRISTIANA)
DELL'ANTICO TESTAMENTO
E. Cortese

Prima di dare inizio alla introduttiva discussione dei tentativi moderni d'una
TAT (Teologia dell'Al), che presentiamo sommarimente partendo ancora
da von Rad, data I'importanza della sua operal, conviene domandarsi cos'b
una TAT o meglio ancora: che cosa non d una TAT. Ci sono tanti tipi di studio teologico e biblico, che non sono una TAT. Tutti sanno che la Teologia
dogmatica non b una TAT; non solo perch6 la prima studia i dogmi e non
la Bibbia, ma anche perch6, pur rifacendosi anche alla Bibbia, si basava e
un po'continua a basarsi su una sua antica sintesi e su un relativo schema
(teologia, antropologia, soteriologia...), che oggi non pub pii ritenersi sufficientemente scientifico, come base d'una TAL
Ma neppure i lavori di Teologia biblica2 sono automaticamente una
TAT. Non lo sono i dizionari biblici, nd le monografie su singoli temi e i
tentativi di ricavare messaggi biblici particolari dalla Bibbia. Una TAI ha
il compito di dare una sintesi organica di tutto il messaggio biblico.
Non ogni studio della Bibbia, del resto, b TAT. Una Storia dell'AT non
d per cid stesso una TAT, anche se i singoli temi teologici vi vengono indicati e anche se, a volte, i confini tra l'una e I'altra possono confondersi.
Il caso pii discusso, oggi, b l'opera di R. Albertz: nonostante il titolo3 e la
metodologia scelta, d considerata da tutti pii una TAT che una Storia. Certe
istanze "storiche" oggi sono alla base di ogni studio, dogmatico o biblico.
Oggi d difficile che chi studia un tema biblico o anche dogmatico non cerchi di tentarne la storia: le origini, gli sviluppi e le formulazioni finali.
Neanche le numerose Introduzioni all'Al si possono considerare una
TAT, se non altro perch6 dividono lo studio biblico per libri e categorie
(per noi cattolici solitamente: storici, sapienziali e profetici) e presentano
tante altre questioni che una TAI deve quasi sempre presupporre, ma non

l. Ci basiamo su J. Jeremias, "Neuere Entwiirfe zu einer Theologie des Alten Testament",


VF 48 (2003) 29-58. Ivi le ulteriori indicazioni bibliografiche.
2. Si veda la relativa voce, di M. Nobile, in G. Barbaglio et alii (ed.), Nuovo Dizionario di
Tbologia, Cinisello Balsamo (MD 2002, 1674-1691.
3. R. Albertz, Religionsgeschichte Israels in alttestamentlicher Zeit (GNl

8ll

e2), Gcittingen

1992.

LA 56 (2006) 9-28

il

10

E. CORTESE

trattare, per non ingrossare troppo la sua materia.


commentari e dei lavori esegetici.

Lo

stesso va detto dei

Rassegna, problematiche, bilanci

In fondo la rassegna su cui ci basiamo dice tutto questo citando il grosso


lavoro (pid di 700 pagine) di J. Barr, The Concept of Biblical Theology. An
Old Testament Perspective (London 1999), che, pur rivendicando la necessitd del metodo storico-critico anche per la TAT, la vuole ben distinta dalla
Storia d'Israele. Cib, anche se Jeremias preferisce indugiare su una sua
suddivisione in cinque modelli: dogmatico (Koehler), sintetico (Eichrodt),
concentrato sulla rivelazione cristiana (Vriezen), basato sulla storia della
tradizione (von Rad) ed infine quello basato sul canone cristiano (Childs),
rinviando alla fine il dilemma: teologia o storia.
In realtd le diversific azioni indicate da Jeremias e la crisi in cui d caduta
o d stata fatta cadere la TAT di von Rad credo siano costituite soprattutto
dalla decretata fine della teoria documentaria del Pent, su cui egli si era in
gran parte basato. Se quei documenti ci sono e vanno datati come si faceva
prima, ai secoli X-J, IX-E, VII-D e VI-P, d giusto basare una TAT specialmente sulle tappe teologiche costituite da quei documenti, i quali erano
stati prima studiati debitamente da lui e da M. Noth nei loro commentari al
Pent, proprio in quella collana dove Albertz ha pubblicato poi la sua TAT,
che ora li rifiuta. Certo la TAT di von Rad ha delle lacune che oggi vanno
colmate, nei punti indicati da Jeremias, che riguardano le ipotesi sulla storia
e teologia d'Israele a monte dei documenti (il"credo storico" di Deut 26 e
I'amfizionia delle 12 tribi) e specialmente il modo di considerare la teologia sapienziale, punto successivamente modificato ed ampliato dallo stesso

autore in una specifica monografia. Ritengo inoltre che sia da rivedere in


particolare la divisione generale tra libri della Rivelazione di Dio e libri di
risposta dell'uomo (li, nella risposta dell'uomo, egli mise indebitamente i
sapienziali e i salmi) e quella di natura e storia (lode a Dio per la natura e
lode per la storia), due ambiti da lui troppo separati.
Ma B soprattutto urgente ormai una revisione della teoria documentariaa.
Oggi, comunque, si dovrd essere pii modesti nel descrivere i lineamenti
4. Da me tentata meglio, ora, ne Le tradizioni storiche d'Israele. Da MosA a Esdra,Bologna 2001. La tenuta della teoria documentaria, nonostante le nuove mode, d testimoniata
autorevolmente dalla nuova edizione francese della Bibbia di Gerusalemme, pubblicata nel
1998, che sostanzialmente mantiene la vecchia posizione sui documenti del Pent, chiamati,
ma come prima. tradizioni.

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I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELL'ANTICO TESTAMENTO

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primitivi dei documenti, ma non si potri ignorare almeno la teologia della


loro redazione primitiva (la Rr*E di Wellhausen), che non d posteriore alla
fine del secolo VIII, appena dopo la distruzione dl regno del Nord, e che,
comunque, lascia chiaramente intravedere la loro anteriore esistenza.
Chi non riesce in questa revisione della teoria finisce per rifiutarla in
un modo o nell'altro, come si fa oggi. Ora le nuove TAT che Jeremias
discute e giustamente respinge o sono dei tentativi di costruire una TAT
negando i classici documenti (o datandoli all'epoca postesilica), com'b il
caso di Childs5, di Rendtorff e di KaiserT, oppure sono dei tentativi un po'
ingenui di aggirare il problema, come fa Brueggemann8, basandosi su altre
fonti della religione d'Israele ricostruite partendo specialmente dai salmi,
che perd quanto a datazione sono ancora piD problematici, o facendo leva
su altri dati o istituzioni bibliche.

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Jeremias non ha tale pretesa, fatto com'd con I'occhio puntato sulla letteratura di lingua anglo-tedesca. Noi dovremmo almeno aggiungere la TAT
di Nobile, del 1998'g. Qui vogliamo piuttosto, messo in discussione il ventaglio di schieramenti proposto da Jeremias, esaminare I'opera di Albertz,
che egli sposta alla fine della rassegna, col pretesto che si tratta piuttosto

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della disputa: "TAT o Storia della religione d'Israele?".


Nonostante le intenzioni del suo autore e del titolo che le ha dato, in
realth l'opera di Albertz d un tentativo di far partire ugualmente la TAT
dalla stessa epoca da cui la faceva partire von Rad. Solo che Albertz sembra
cacciare dalla porta la teoria documentaria, ma poi la fa rientrare talvolta
dalla finestra, come quando descrive la religione dell'Israele del Nord1o o
parla d'una teologia gerosolimitana del secolo X basata sul tempio, sup-

5. B.S. Childs, Old Testament Theology in a Canonical Context, London 1985, 36-40.
6. R. Rendtorff, Thectlogie des Alten Tbstaments. Ein kanonischer Entwurf. l: Kanonische
Grundlegung, Neukirchen - Vluyn 1999,40-41.
7. O. Kaiser, Der Gott des Alten Tbstaments: Wesen und Wirken. Theologie des Alten Testaments. l: Grundle gun g, Gtittingen 1993, 42-46.
8. W. Brueggemann, Theology of the Old Testament. Testimony, Dispute, Advocacy, Minneapolis MN 1997, 47-50.

9. M. Nobile, Teologia dell'Antico Testamento (Logos 8/1), Leumann (To) 1998, che, a p.
33, presenta anche quella di J. Vermeylen, Le Dieu de la promesse et le Dieu de I'alliance

(LD

126), Paris 1986, ma ignora completamente quella di Albertz.

10. Albertz, Religionsgeschichte Israels, 213-226, dove si basa su brani di Es che di fatto
sono E, oltre che su un lRe 17-72, che viene considerato antico e non esilico, come invece
egli suppone altrove, attribuendolo all'Opera dtr, per lui esilica o postesilica.

l2

E. CORTESE

ponendo tacitamente che essa sia accompagnata da quella delle antiche


tradizioni pre-monarchiche, custodite dal sacerdote Ebiatar, le quali non
possono essere che Jrr.
Perd il punto pii debole della TAT di Albertz risale ad una non convincente applicazione dell'analisi sociologica della religione (di Lanczkowski),
fatta a suo tempo nello studio sulla pieti personale o famigliare d'Israeler2, distinta ed esageratamente contrapposta a quella ufficiale e statale.
Egli ha creato tre contenitori della religione d'Israele: la pieti personale
e famigliare, la religione locale e quella ufficiale, monarchica, mettendo
arbitrariamente nella prima molte cose che andrebbero nelle altre e contrapponendola indebitamente soprattutto alla terza.Ma la quantiti di gruppi
e gruppetti, ortodossi ed eterodossi, in una societd b innumerevole, se si
vuol fare questo tipo di analisi. In quella di Albertz, comunque, finiscono
tutte assieme nel primo contenitore la religione dei patriarchi (Gen 12-36),

le lamentazioni individuali dei salmi e quei riti che i profeti, soprattutto


Geremia, denunciano come idolatria. Il tutto riceve delle etichette problematiche, come quella di "teologia sovversiva", contraria all'autoriti, che
pud andar bene per la religiositi combattuta da Geremia, ma d inaccettabile per quella patriarcale, che, se d sovversivar3, lo d in senso opposto:
non contro I'autoriti d'Israele, ma contro i Cananei o I'Egitto. Ne nascono
degli equivoci per 1o meno curiosi, come quello sui nemici, che, nei salmi
indicati, stando ad Albertz, dovrebbero essere le autoritd statali, anzichd i
nemici del regno menzionati nei salmi regali.
La confusione pii perniciosa tra monoteismo ufficiale, quello del terzo
contenitore, e politeismo (supposto) famigliare e popolare, b quella che si
connette o favorisce I'ipotesi oggi diventata dominante: e ciob che Israele
era inizialmente politeista, come i Cananei contemporanei, ed d diventato
monoteista pienamente solo dopo I'esilio. L'argomento merita una trattazione particolare, ma prima facciamo notare quanto sia stata deleteria la
confusione di Albertz a proposito della religione dei Patriarchi, come mostrano le due monografle da lui o seguite o ispirate, quelle di Vorliinder e di
Kdckertra, le quali credono di dover distruggere completamente il famoso

1. Albertz, Religions

ge

schichte Israels, l59ss.

12. R. Albertz, Perstinliche Frdmmigkeit und offizielle Religion. Religionsinterner Pluralismus in Israel und Babylon, Stuttgart 1978.
13. Si vedano le pp. 150-157 della Religionsgeschichte Israels.

14. H. Vorliinder, Mein Gott. Die Vorstellungen vom persdnlichen Gott im Alten Orient
und im Alten Testament (AOAT 23), Neukirchen - Vluyn 1975; M. Kcickert, Vcitergott und
Vcit e m e rh e i s s uingen (FRLANT I 42), G<ittingen I 98 8.

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studio di A. Alt sulla religione dei Padri. Le numerose critiche al primo


lavoro di Albertz, e a coloro che l'hanno seguito radicalmente, I'hanno
costretto a dei distinguo, riscontrabili gii nella sua Religionsgeschichte,
dove ammette la grande diversiti della religione patriarcale rispetto a quella
combattuta da Geremia, e ancor piD in successivi studi, dove afferma che
non si devono usare le categorie solite, monoteismo - politeismo, nel giudicare la religione dell'Israele preesilicols. E ora il pluralismo della religione
famigliare, che prima equivaleva a politeismo, b diventato "monolatria famigliare" nell'ultima raccolta dei suoi studir6. Ciod ogni famiglia avrebbe
un suo dio, inteso praticamente come unico in quella forma che solitamente
chiamiamo appunto "monoteismo pratico". Il che non b molto lontano da
quello che diceva il tanto bistrattato Alt. Tale religione patriarcale non va
assolutamente distinta e contrapposta a quella ufficiale, n6 nella sua lontana
realtd premonarchica, n6 nella forma in cui la teologia ufficiale, monarchica, l'ha poi assunta, presentandola come fase introduttiva allo Jahwismo
mosaico. Per ricondurre la religione dei Padri a quest'ultimo non c'd bisogno di aspettare il tardo postesilio, come fa AlbertztT.
Se ci fosse pii spazio si potrebbe allungare il discorso sulla religione patriarcale di Gen 12-36, facendo notare come lo studio negativo di
Kdckert ha il pregio di farci constatare, contro le intenzioni dell'autore,
che la teologia di quei capitoli non b per niente dtr, ma anteriore all'Odtr
e percid niente affatto riducibile alla tesi di Blum, abbracciata ciecamente
da Albertzt8, che in Gen non abbiamo JE, ma solo una composizione dtr
(KD) che comprende tutto, da Gen a 2Re, d parallela a quella sacerdotale
(KP) ed d, come questa, postesilica.
Esserci dilungati nella discussione dell'opera di Albertz, ha paradossalmente lo scopo di farla debitamente apprezzare. Essa costituisce un superamento dell'empasse in cui sono rimasti bloccati, dopo la crisi della Teoria
Documentaria, tutti i tentativi di TAT sopra menzionati. Ed b questa, mi

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15. Nel suo "Der Ort des Monotheismus in der israelitischen Religionsgeschichte", in W
Dietrich - M.A. Klopfenstein (ed.), Ein Gott allein? JHWH-Verehrung und biblischer Monotheismus im Kontext der israelitischen und altorientalischen Religionsgeschichte (OBO
139), Freiburg (Schweiz) - G<ittingen 1994,'l'l-96.
16. Nel suo "JHWH allein! Israels Weg zum Monotheismus und dessen theolgische Bedeutung", in ld., Geschichte und Theologie. Studien 7ur Exegese des Alten Testaments und zur
Religionsgeschichte Israels (BZAW 326), (ed. L Kottsieper et alii), Berlin 2003, 359-382.
17. Dalla p. 555 in poi della sua Religionsgeschichte Israels. Tra 1'altro, nel contenitore
della pieti famigliare andrebbero messi molti altri gruppi sociali, non tutti sovversivi ed
eterodossi, come si suppone erroneamente che fossero le famiglie, citando Ger 44.
18. Si veda Albertz, Religionsgeschichte

Israels,5l.

T4

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pare, la ragione nascosta per cui la sua TAT si d affermata assai pii che gli
altri tentativi. Cid significa, come bilancio finale, che, con gli aggiornamenti di un Albertz corretto come sopra, la TAT di von Rad costituisce ancora
la base indispensabile per ogni tentativo attuale di una TAT.
Forse perd, bisogna anche dire che il dilemma oggi imbarazzante: storia
o teologia d'Israele, sulle cui innumerevoli dispute Jeremias parla a conclusione del suo discorso, in realti d quello tra ammissione o rifiuto della
possibilitd di fare una TAI storica. E alla base di questo dilemma ci sono
le questioni che ora affrontiamo: quelle metodologiche.

Fede e scienza
Un secondo punto da chiarire infatti b quello del metodo scientifico che oggi
si deve usare in una TAT. L indicazione fondamentale d data dal Documento
della Pontificia Commissione Biblica "L'interpretazione della Bibbia nella
Chiesa", del 1993, dove b ribadita la prioriti e la necessiti del metodo storico-critico nell'analisi letteraria della Bibbia, rispetto ad altri metodi (retorico, narrativo, semiotico) e ad approcci di vario tipo, basati sulla Tradizione
(quello canonico, quello del giudaismo e quello della cosiddettaWirkungsgeschichte) o su alcune scienze umane (sociologia, antropologia culturale,
psicologia e psicanalisi) o tendenze attuali (liberazionista, femminista).
Ciononostante, in molti centri di studi biblici anche cattolici il metodo
storico critico non d affatto preso in considerazione. Una delle ragioni credo
sia il perdurare dell'influsso esegetico di Barth e di Bultmann. La famosa
teologia dialettica del primo era un prezioso tentativo protestante di difendere l'esegesi dallo scetticismo totale raggiunto dalla stessa teologia protestante liberale nell'esegesi scientifica della Bibbia. Un tentativo, quello di Barth,
piD apprezzabile di quello del fideismo dei tempi del Concilio Vaticano I, ma
sempre piuttosto rinunciatario. Quanto alla cosiddetta demitolo gizzazione
proposta da Bultmann, d nota a tutti la reazione sorta nello stesso ambito
dell'esegesi protestante (Kiisemann). Oggi tra i due estremi, costituiti, da
una parte, dal fideismo e dal fondamentalismo e, dall'altra, dallo scetticismo totale sulla storiciti della Bibbia e sul metodo storico-critico, non si b
ancora trovato un equilibrio sicuro. E possiamo dire che la crisi della Teoria
Documentaria vista sopra non ne favorisce il raggiungimento.
Le indicazioni del Magistero e della stessaTeologia, specialmente quella
cattolica, dovrebbero aiutare ad affrontare il problema con pit ottimismo. La
fiducia nella ragione ci vuole anche nel fare una TAT che eviti i due estremi
indicati. E, significativo che la Chiesa, a meth del secolo XIX abbia difeso le

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capaciti, pur limitate, della ragione contro il fideismo, nel Concilio Vaticano I, e che ora, alla fine del XX, dopo i fallimenti della ragione illuminata,
nell'epoca postmoderna combatta lo scetticismo della stessa mentalitd scientifica e della "ragione debole" nella "Fides et Ratio", del 1998.
Non d il caso di ricordare i principi esposti gid nella "Divino Afflante
Spiritu" di Pio XII, sviluppati ed applicati nel Concilio Vaticano II e ribaditi
nel documento del 1993 sopra citato, sul come si debba e si possa affrontare
in maniera scientifica l'analisi della Bibbia. Come in ogni altra scienza c'd
la possibiliti d'un accordo con la fede. Ed d un luogo comune che questa
venga distrutta dalla scienza. Tra gli scienziati ce ne sono tanti che credono
in Dio e tanti che sono cristiani. E vero che tuono e fulmine oggi non sono
pii fenomeni basilari nelle religioni, ma contemplare le stelle alla luce delI'astronomia moderna non credo che porti all'ateismo! Ci sono dei medici
che esaminano scientificamente i miracoli di Lourdes o delle cause dei santi
arrivando a dei risultati positivi, anche se continuano ad esserci medici
atei.

E non ci si pud trincerare dietro I'affermazione che cid che conta E esaminare un testo letterario. Il testo biblico, come ogni testo letterario, rinvia
ad una realth e ad una storia e, inteso nel modo giusto, l'attesta. Sappiamo
e crediamo che Dio si rivela con fatti e con parole (Concilio Vaticano II).
La Bibbia ci rinvia a questa rivelazione. Evitando i due estremi del fideismo
e dello scetticismo, f interpretazione scientifica e il metodo storico-critico
devono portare l'esegesi biblica alla realtd storica della rivelazione e non
solo al testo letterario o alle teologie che esso contiene. Devono spingerci a
intravedere "la storia della salvezza".Ed d significativo che, per lo scetticismo oggi serpeggiante, tanti diventino reticenti su questa espressione e, di
conseguenza, sulla prospettiva storica della TAT di von Rad. Bisogna notare
che non tutte le riserve contro tale prospettiva vengono dal confronto con la
eventuale TAT dei nostri fratelli Ebrei, della quale dovremo pure occuparci.
Ma ora dobbiamo ribadire che una TAI cristiana o ebraica deve analizzare
scientificamente la Bibbia, descrivere i messaggi teologici che vi si sono
depositati nelle varie tappe storiche e risalire per quel che d possibile alla
rivelazione divina con fatti e parole che il testo nella sua storia riflette.

Monoteismo o politeismo iniziale


Solitamente ci si accontenta di parlare dei metodi scientifici dell'esegesi,
anche piD ampiamente di quel che abbiamo fatto noi, per mettere valide
basi ad una TAT. Ma d per lo meno altrettanto importante parlare del pro-

16

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blema di Dio. Non riguarda solo la filosofia o la teologia dogmatica. La


TAT b anch'essa, dopo tutto, una teo-logia, una scienza di Dio.
E quanto sia importante il discorso che vogliamo fare lo si capird subito
dopo aver riferito sulle ipotesi circa l'origine del monoteismo ebraico, che,
come abbiamo gid detto, oggi si ritiene per lo pii un derivato del politeismo
cananeo. A chi leggesse l'ampia rassegna degli autori sul problema del monoteismo d'Israele di Gnusere, resta I'impressione che gli opposti schieramenti,
quello della derivazione tardiva del monoteismo ebraico dal politeismo cananeo e quello d'un monoteismo antico e in contrapposizione al primo, abbiano
la stessa forza e consistenza. Ma sembra che dopo quella rassegna prevalga,
almeno in Italia, la prima opinione, che occorre descrivere.
Si d gid cominciato a parlarne a proposito del pensiero di Albertz. Seguendo I'opinione, oggi assai diffusa, che Israele sia nato in Palestina e
non venuto da fuori (Gottwald), lo si suppone di matrice Cananea, e percid
politeista, e si cerca quindi di spiegare come sia arrivato al monoteismo. In
Europa uno dei maggiori paladini della tesi b B. Lang, anche se la sua tesi
sembra presentata talvolta in maniera piD moderata, ciob ammettendo almeno la possibilitd d'un monoteismo pratico gid in epoca mosaica, ad analogia
di quello egiziano di Amenofis IV, e riconoscendo comunque che questo
inizia in Israele con Elia e poi con Osea2o. Lang dice che Isaia e Michea,
al Sud, sono ancora lontani da queste problematiche; li tale monoteismo
giungerebbe dal Nord. Comunque in Israele le cose continuano ad essere
confuse: ci sarebbe un "duo-teismo"2r e la sopravvivenza del politeismo.
Il monoteismo del Pent b postesilico, cosa ormai ovvia per Lang e
per i nemici della Teoria Documentaria, e percib I'AT non vale come dimostrazione d'un monoteismo israelitico preesilico. Nell'Odtr, poi, anche

19. R.C. Gnuse, No other Gods. Emergent Monotheism in Israel (JSOT SS 241), Sheffield
t99'7.

20. Cosi Lang, nella voce "Monotheismus" del suo dizionario biblico (NBL, I, Znrich
1995,834-843). Non conosco il suo recente lavoro (B. Lang, Jahweh der bibliche Gott.
Ein Portrtit, Mtinchen 2002) presentato e criticato da F. Harlenstein, "Religionsgeshichte
Israels. Ein Uberblick tiber die Forschung seit 1990", VF 48 (2003) 2-28, ma egli appare ben
pii radicale nei suoi studi: "Der monarchische Monotheismus und die Konstellation zweier
Gotter im Friihjudentum. Ein neuer Versuch iiber Menschensohn, Sophia und Christologie",
del 1994, nella citata raccolta Ein Gott allein?, e ora "Die Jahwe-allein-Bewegung. Neue Erwiigungen tiber die Anfiinge des biblischen Monoteismus", del 2003, in una raccolta curata
da M. Oeming - K. Schmid, Der eine Gott und die Gdtter (NlhANT 82), che presenteremo.
Anche M. Weippert d stato determinante nella creazione di questo gruppo di autori: si veda
la raccolta dei suoi stldi: JHWH und die anderen Gtittern. Studien zur Religionsgeschichte
des antiken Israel in ihrem syrisch-paleistinischen Kontext (FAT l8), Ti.ibingen 1997.
21. Lang, nella citata voce del NBL, 838.

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prescindendo dall'ipotesi gid vista (Blum), che essa sia una continuazione
della supposta parte dtr del Pent, si noterebbero ampie tracce di politeismo,
la cui presenza, pet lo meno in coesistenza col monoteismo, non pud essere
negata neanche da noi, che siamo per un monoteismo israelitico originale.
Solo che quelli dell'altro schieramento dicono che il monoteismo ufficiale
dell'Odtr d opera postesilica della redazione dtr, la quale vi maschera il
politeismo reale del materiale elaborato. Per non dilungarci troppo, uno
dei loro argomenti principali d la frequente comparsa di Ashera (talvolta

confusa da essi con Istar22) nell'Odtr, argomento che d stato enfatizzato


la scoperta archeologica di flgure ed iscrizioni nel Sud
di Giuda (specialmente a Kuntillat-Afrud; figure da qualcuno interpretate
effoneamente in modo piuttosto esilarante) risalenti al secolo VIII a.C., su
"JHWH e la sua ashsra". Se anteriormente, secondo la maggioranza delle
attestazioni bibliche, non si poteva negare che ashera era semplicemente
un palo sacro, eco di culti della fertiliti non sempre depravati e comuni a
tutto l'AO, dopo quella scoperta ha prevalso l'opinione che si tratti davvero
della dea madre, in consonanza con la letteratura ugaritica, che la presenta
indubbiamente come sposa di El (mentre quella di Baal b Astarte).
In America e ormai dovunque, sul nostro argomento, si b affermato M.
Smith23. Egli, senza cadere nelle esagerazioni di Lang e dopo la prima presa
di posizione, piuttosto orientata verso l'origine cananea e percid politeista
della religione d'Israele, sembra che sia ora pii oscillante. Nel suo secondo
lavoro tiene conto d'un jahwismo indipendente, venuto dal Sud. Nel Nord
parla d'una religione di El con caratteristiche in qualche modo monoteistiche o per 1o meno non identiche a quelle della religione di Ugarit. Con lui
notiamo che nella stele di Merneptah Israele e i Cananei sono presentati
come due entitd etniche ben distinte; e questo alla flne del XIII secolo2a!
recentemente per

Sheffield

IL Zurich
Gon.

re ben
zveier
I{eue Ercurata
si veda

22. Elenco dei testi e ampia discussione del problema in P. Merlo, In dea Ashratum, Atiratu,
Ashera. Un contributo alla religione semitica del Nord, Roma 1998, dove manca I'inquadratura letteraria concernente I'Odtr. Un trattamento conciso e molto autorevole d ora il cap.
7' ("Monol6trie ou polyth6isme: Yahwdh et son ash6ra") del libro di A. Lemaire, Naissance
du Monothdisme. Point de vue d'un historien, Paris 2003. Un esempio di confusione tra
'ashera (con spirito dolce) e 'ishtar (con spirito aspro) o Astarte in Albertz, Religionsgeschichte Israels,329.
23. Accanto al suo The Early History of God. Yahweh and the other Deities in Ancient Israel,
del 1990, gid alla 2a ed.: Oxford 2002, c'i: The Origin of Biblical Monotheism, Oxford 2001,
scritto tenendo conto delle critiche subite dopo la prima opera. Per le ragioni che vedremo,
non sono molto d'accordo con la sua voglia di mettersi in ascolto di Marx, Freud e Nietzsche nelf interpretare la religione d'Israele e neanche quella di Ugarit (p. 20)!
24. The Early History of God,6-7.

t8

E. CORTESE

Anche ammettendo che il gruppo portatore del jahwismo si sia inserito


dopo, con il suo caratteristico e radicale esclusivismo, il terreno era giiL
abbastanza preparato. La miscela non era semplicemente tra monoteismo
jahwista e politeismo cananeo; il secondo elemento era gid vicino al primo.
E, comunque, questo aveva in se una straordinaria forza vincente.
Questa forza straordinaria si rivela nei nomi propri teoforici biblici,
eccetto per quelli di localitb, dove evidentemente Israele si adegua. I nomi
divini con cui sono composti i nomi di persona sono praticamente solo El
e, almeno a partire dai tempi di Davide, JHWH. Non ci sono nomi di dee,
che pure incontriamo nei nomi teoforici dei popoli contemporanei e anche
chi cerca di minimizzare questo argomento deve riconoscere che non ci
sono echi del supposto sincretismo nell'onomastica ebraica25.
Percid, nella speranza di interpretare bene gli argomenti principali degli
autori contrari all'ipotesi del politeismo israelitico iniziale26 e sintetizzandone le conclusioni, credo si debba partire dalla documentazione archeologica sui shosu di JFIWH e sul passaggio tra la cultura del Tardo Bronzo
e del Ferro I, coi relativi insediamenti, trovati soprattutto al centro della
Palestina e anche in Transgiordania, e che si possa continuare a ritenere che
ashera d il palo sacro (solo se b nome di un oggetto e non nome proprio
esso pud avere nell'iscrizione di Kuntillat-Afrud il suffisso "sua"), oggetto di culto2T adottato come compromesso tra il nucleo mosaico e l'Israele

Cosi Albertz, nella sua Religionsgeschichte Israels,l48: "Klar distingirte Gcitterpersrihnlichkeiten, wie sie vom Synkretismus vorauszusetzen wdren, fehlen auf der Familienebene
'?5

offenbar gerade".
26. Ricordiamo anzitutto Ch. Frevel, Aschera und der Ausschliesslichkeitsanspruch YIIWHs.

Beitriige zu literarischen, religionsgeschichtlichen und ikonographischen Aspekten der


Ascheradiskusslon (BBB 9411-2), Winheim 1995, e naturalmente il recente libro di Lemaire,
citato poco sopra. Ma anche il citato lavoro di Merlo, fatto sotto la guida dello scomparso
Gelio e con la consulenza di professori dell'Universiti di Roma (P. Xella), b molto cauto
nell'applicare all'ashera biblica 1e categorie di Ugarit. Valutazioni differenti ed opposte, sia
sul problema specifico e sia sulle origini del jahwismo in generale, sono state opportunamente fornite nell'apposito Colloquio svizzero del 1993, di cui abbiamo gii citato I'ormai
famosa raccolta a cura di Dietrich - Klopfenstein , Ein Gott allein? , dove si dd spazio anche
a Lemaire e Mettinger.
suo Naissence du Monothdisme, p. 7 5, ci fa osservare che nel I o millennio
nome proprio di Ashera dal mondo semitico occidentale, da solo o come nome
teoforico, e resta come nome comune indicante i santuari. A tale testimonianza corrisponde,
stando ad Hartenstein (v. nota 21), p. 17, quella di O. Keel - Ch. Uehlinger, Giittinnen und
Gotter und Gottessymbole. Neue Erkenntnisse zur Religionsgeschichte Kanaans und Israels
aufgrund bislang unerschlossenen ikonographischen Quellen (QD l9l), Freiburg 2001, ora
alla 5a ed. (dopo quella del 1992), e quella di K. Koch, voce "Baal/Baalat" nel nuovo RGGa,
I, Tiibingen 1998, 1038-1039: e questo non solo nella Bibbia ma nei reperti archeologici.
27

. Lemaire, nel

scompare

il

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELL'ANTICO TESTAMENTO

I si sia inserito
lerr.no era gii
Ea monoteismo
Yicino al primo.
Lcente.

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h

nel

l'

millennio

t9

pre-jahwista, che l'aveva in adozione e continud ad usarlo nei culti locali.


Tale palo sacro pub essere presente anche nel tempio, almeno fino a quando e nella misura in cui il monoteismo pratico non d arrivato a posizioni
pii radicali e alla centralizzazione del culto di Ezechia e di Giosia. Se si
deve riconoscere che il monoteismo b diventato anche "teorico" solo dopo
I'esilio, soprattutto per merito del Dt-Isaia, non si deve negare un radicale
rifiuto di altri dei molto tempo prima. Tale radicalismo nell'antico monoteismo jahwista non si potrebbe negare, anche prima di Elia, se si ammettesse
almeno I'antichitd dei documenti del Pent e dei molti precetti sul non avere
altri dei (nel doppio decalogo e negli antichi Codici legislativi: dell'Alleanza e Dtr), risalendo poi piD facilmente all'epoca premonarchica, con von
Rad e Noth. Invece gli attuali numerosi nemici della Teoria Documentaria
possono solo, pii o meno legittimamente, rifarsi alla lotta di Elia contro
Baal nel secolo IX e ad Osea in quello successivo. Ma a loro si fa notare
ormai da pii parti che un tale atteggiamento monoteistico non pud essere
spuntato come i funghi e che Osea lo sostiene rifacendosi ad un JHWH che
si b creato il suo popolo fin dall'Egitto28.
A queste critiche aggiungiamo infine che una lettura cosi sospettosa
dell'Odtr, preesilica o meno (e, per chi data il Pent ancora in epoca preesilica, in testi come Gen 28 e 35, sull'incontro di Giacobbe con Dio a Betel),
fraintende e confonde anzitutto le critiche dtr, che sono di due tipi ben
distinti: una d sostanzialmente la difesa della centralizzazione del culto, cui
contravvengono sia il Sud che il Nord, senza per questo essere politeisti.
L'altra d la critica ad Acab e Gezabele, per I'introduzione del culto di Baal,
e qui abbiamo il politeismo cananeo. Questa piD grave accusa si rivolge
anche al Sud, da quando Atalia, figlia di Acab e Gezabele, diviene regina
del Sud. Percid contro Acab scoppia la rivolta di Jehu; e contro Atalia c'd
il colpo di stato che mette sul trono Joas, superstite della strage di discendenti davidici fatta dalla regina. Contro il politeismo pagano dunque non ci
sono solo le critiche dtr, ma delle vere rivoluzioni. In aggiunta possiamo far
notare a questi "maestri del sospetto" che se i testi da loro cosi sommariamente esaminati dimostrano davvero che la religione d'Israele d politeista
ed essi sono postesilici, allora bisogna dire che Israele era politeista anche
nel postesilio e rinviare la data dell'affermazione del monoteismo a qualche
secolo ancora posteriore.

SOIO O r'Orrl DOITI

lSnza

r-orrisponde,

fia- Goninnen und


Emns und Israels
Dkreiburg 2001, ora
f al nuovo RGGa,
ryrti ar.-heologici.

18. Mi limito a ricordare le critiche di Hartenstein a Lang nell'articolo citato (v. nota 20),
p. 7-8, dove, citando pure, com'd d'obbligo anche qui, Keel - Uehlinger, Grittinnen und
Giirter und Gottessymbole, si rifd al nostro Albertz e alle innegabili connessioni della sua
Religiottsgeschichte Israels con la TAL

20

E. CORTESE

Oggi, almeno fuori d'Italia, sembra che si torni a posizioni piD moderate2e. E si potrebbe dire che dove ci si ostina nella linea filo-politeista la
insostenibilitd della tesi emerge per una specie di reductio ad absurdum
cui portano la propria posizione, contro le loro intenzioni, i suoi stessi
difensori. Cib vale, a quanto sembra, di un incontro tenuto recentemente
all'universitb di Heidelberg, dove la scelta dei relatori tradisce gii le intenzioni3o.

che il
pentalogo
che
nella
forma
in
realtb
un
e
sua
originale
era
esidecalogo era
lico. Il comandamento di non avere altri dei si spiegherebbe con una scelta
sporadica di Jahweh, fatta gib da Giosia tra tante diviniti, ma per scopi
militari, come quella tra giocatori di football in panchina, a seconda della
partita e dei suoi vari momenti. Visto da un'altra affine angolatura, e ciod
in Deut, tale comandamento d dichiarato assolutamente tardivo in un altro
studio3r, alla faccia dei paralleli assiri ivi citati. Partendo da tale data, i vari
passi, uno successivo all'altro a cascata, sono evidentemente postesilici,
compresi i testi di Es e dello stesso Os, che ne dipenderebbero.
Ma fin dall'inizio della raccolta32 si vuol enfatizzare il rifiuto delle categorie monoteismo-politeismo, non nel senso moderato che vedremo, ma,
a quanto pare, per dire che ogni politeismo d monoteismo e viceversa, togliendo le basi per qualunque discussione sensata sull'argomento. Il tutto
rifacendosi alla dottrina sulle religioni delle scuole universitarie laiche italiane (Pettazzoni e Brelich). L'argomentazione biblica ricavata dalla lettura
sospettosa dei testi, della quale abbiamo parlato, d svolta proprio partendo

Li lo studio di Lang, che abbiamo gid citato, vuole dimostrare

29. Oltre alle critiche fatte da Hartenstein, alle stesse effimere sfumature di Lang, nella voce
del dizionario sopra citata, e ai ripensamenti di Albertz visti all'inizio, si pud vedere ora la
medesima voce "Monotheismus" di H.P. Miiller nel nuovo RGG4, V Ti.ibingen 2OO2: egli
afferma che c'b monolatria (o monoteismo pratico) in Israele fin dalle guerre sante e che
anche I'antica religione di El, il Dio dei Padri, d monolatrica.
30. Gli studi sono pubblicati in M. Oeming - K. Schmid (ed.), Der eine Gott und die Gdtter. Polytheismus und Monotheismus im antiken lsrael (AThANT 82),Znrich 2003. Nella
dozzina di autori, i seguaci della linea contraria sembrano solo Frevel e lrvine, dei quali il
primo appare pii sul banco degli imputati che sul podio del conferenziere.
31. E. Aurelius, "Die fremden Gdtter im Deuteronomium", jvi, 145-169. Lo studio di Lang,

"Die Jahwe-allein-Bewegung", d alle pp. 97-l

10.

32. G. Ahn, "Monotheismus und Polytheismus als religionswissenschaftliche Kategorien?",


in Oeming - Schmid (ed.), Der eine Gott und die Giitter, l-10, e K. Schmid, "Differenzierungen und Konzeptualisierungen der Einheit Gottes in der Religions- und Literturgeschichte Israels", ivi,7l-38: si vedano le pp. 16ss. Qui si riconosce pure che la pretesa vittoria
dell'ipotesi del politeismo originale d stata determinata anche dall'affossamento della Teoria
Documentaria.

I TENTAIIVI DI UNA TEoLoGIA (CRISTIANA) DELL'ANTICo TESTAMENTo

tirni

piD mode-

flo-politeista la

b ad absurdum

li. i suoi stessi


b recentemente
[isce gid le inI

hostrare che il
liginale era esib con una scelta
E, ma per scopi
ie seconda della

folatura. e ciob

ifivo in un altro
I tale data. i vari

Ete

postesilici,

ftero.
I rifiuto delle ca-

vedremo, ma,

c viceversa, to-

21

dal presupposto che tutti i testi sono tardivi ed arriva alla frana che abbiamo appena segnalato, al punto da parlare di "post-politeismo" (Knauf) o
di monoteismo pratico "passeggero" (Lang) postesilico, perch6 in effetti ci
sono abbondanti prove archeologiche di politeismo anche ad Elefantina e,
nel tardo postesilio, in monete samaritane33.

Quanto all'antica lotta (monoteistica)

di Elia, se ne occupa

M.

Kockert3a, che, dopo aver smontato il racconto del sacrificio del Carmelo
in molti pezzi, riduce il nucleo storico della figura del profeta a ben poco
e, naturalmente, dichiara totalmente postesilico il nostro racconto. Qui, se
non prima, si raggiunge I'impressione che incontri del genere siano come
delle partite a Bowling, dove lo scopo dei giocatori b quello di buttar gii
ciascuno pii birilli che pud. Ed d interessante che s'inizi col proposito
di "incensare"3s i gloriosi professori precedentemente insediati ad Heidelberg, primo fra tutti von Rad, la cui incensata b in realti una vera e propria esecuzione capitale, che, per usare l'immagine del bowlin_g, fa cadere
poi tanti altri birilli36
.-,tt.\

Teologiaeateismo

t'=

r.

t*

.i

.on,

':

Eunento. Il tutto
sitarie laiche itarraa dalla lettura

A questo punto b necessario fare ulteriori e pii importanti chiarificazioni


metodologiche, oltre a quelle precedenti sul metodo storico-critico e sul
politeismo. Tra le altre, quella sul valore del nostro schema politeismo-

poprio

monoteismo, schema che b frutto della nostra mentalitd filosofica, antica o


moderna3T. Un'altra chiarificazione andrebbe fatta sul valore della nostra
percezione della realtd, dopo I'avvento del soggettivismo e dell'idealismo,
a partire dal "cogito ergo sum" di Cartesio. Ma alla fine la piD importante
chiarificazione per una valida TAT diventa quella riguardo all'esistenza di
Dio, trattata diversamente dagli atei e dai credenti. Come dicevamo,la cosa

partendo

adi Lang. nella voce


,

ri

prro vedere ora la

Taingen 2002: egli


b

grrre

sante e che

Giit- &tn und dieNella

t ZtuL-h 1003.

c l.cr ine. dei quali il

rircD-

Lo srudio di Lang,

ffche

33. E.A. Knauf, "Ist die Erste Bibel monotheistisch?", in Oeming - Schmid (ed.), Der eine Gott
und die Gritter,39-48; si veda p. 46; per Lang, nel gii citato "Die Jahwe-allein-Bewegung", si
vedano le pp. 100-101. Le supposte prove archeologiche del politeismo giudaico sono trattate
da H. Niehr, "Gotterbilder und Bilderverbot", ivi,22'l-247, alle pp. 242-243.
34. "Eiia. Literarische und religionsgeschichtliche Probleme in
35.

Kategorien?",

ftid. "Differenzie; rJ LitenurgeschiL b pretesa vittoria


rcnro della Teoria

Ivi, ll2

lKon

17-18", ivi,111-144.

(Weihrauch streuen).

36. Ivi, ll2-113, per von Rad. Ma confessiamo il piacere un po'maligno, di veder condannati dopo von Rad, anche il nostro Albefiz, Weippert, il patrocinatore delf ipotesi politeista
difesa nel Colloquio, e lo stesso Rendtorff, che C stato uno dei pii celebrati demolitori della
nostra Teoria Documentaria.

37. Si veda F. Stolz, Eiffihrung in den biblischen Monotheismus, Darmstadt 1996.

22

E. CORTESE

il diritto degli
atei a pensarla a modo loro. Non so se un ateo pud arrogarsi il diritto di
essere teologo. Pud anche essere utile per un credente discutere su Dio e
sul Dio della Bibbia con un ateo. Ma se il credente si sceglie l'ateo come
suo professore nelle questioni della TAT e della religione israelitica non
arriverh mai alla conclusione che Dio esiste, che si b rivelato a Israele e che
Israele se ne d accorto. Concluderd sempre che Dio e la rivelazione divina
se li b inventati Israele.
Anche nel giudicare il politeismo cananeo l'ateo non d il professore piD
adatto. Perchd gli stessi Cananei percepivano I'esistenza di Dio e non erano
atei. Facevano confusioni sulla sua natura. La Bibbia parla raramente degli
atei, condannandoli; perch6 allora ce n'erano pochi. Moltiplica invece le
invettive contro i politeisti, perch6 ce n'erano tanti. Ma non si confonda
quantitA e qualiti delle condanne. Quanto all'ateismo, se per noi credenti
d giusto dire che Dio esiste ed d sbagliato dire che Egli d una invenzione
dell'uomo, debbo concludere che i Cananei erano pii vicini alla veritd
che gli atei, anche se quelli moderni occupano cattedre prestigiose sullo
studio delle religioni. Eppure b ormai rrn vezzo, almeno in Italia, insediare in congressi di studi sulla religione israelitica e la teologia biblica dei
professori atei. Qui non si vuole togliere la debita stima a nessuno. Si vuol
solo affermare l'urgenza metodologica di mettere bene le carte in tavola,
atei e credenti, prima della discussione su Dio e sull'origine della religione
d importante, visto che la TAT d una teologia. Nessuno nega

ebraica.

Nei tempi passati, alla posizione della scuola evoluzionistica di E.B.


Tylor sulla formazione e lo sviluppo del monoteismo si contrapponeva quella dell'enciclopedia delle religioni di W. Schmidt, dei Verbiti di Mddling
(Vienna), che avevano scoperto come, in generale, le religioni primitive
nascevano monoteiste. Ma ora si preferisce evitare queste contrapposizioni
e rifarsi agli insegnamenti di R. Pettazzoni, decisamente contrario a Schmidt38. Se teniamo conto di quanto detto sopra, sia sui principi scientifici
positivisti, che tante volte ispirano anche l'esegesi biblica, e sia sull'ateismo di tanti maestri ora in auge, credo che oggi, pur evitando scontri, siano
quanto mai necessari dei chiarimenti. Anche perchd poi, dopo tutto, risulta
che una suddivisione pii completa ed aggiornata delle varie forme di religioni, secondo gli stessi insegnamenti di tali scuole universitarie laiche,
contemplerebbe tre gruppi: quelle primitive dell'Essere supremo; quelle

38. Si veda P. Coda, nella voce "Dio", in Barbaglio et alii (ed.), Nuovo Dizionario di Teologia,408-409, ed anche G. Filoramo, alla voce "Religione/Religioni", ivi, l26lss.

I TENTAIIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELL'ANTICO

il dirino degli
i il dirino di
su Dio e
I'ateo come
israelitica non
a Israele e che

ione divina
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Dio e non erano

il

rramente degli

mn si confonda
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ltalia. insediaia biblica dei
Bsuno. Si vuol
carte in tavola,
della religione

ica di E.B.
quel-

Mtidling
primitive

mtrapposizioni
cmtrario a Schioi scientifici
e sia sull'ateiscontn, slano
tuno. risulta
ie forme di reitarie laiche,
spremo; quelle

tltionario di

ifti- ll6lss.

Teo-

TESTAMENTO

23

degli dei del politeismo e quelle monoteistiche3e. Visto che la caratteristica


delle prime d quella di un monoteismo pratico e visto che la derivazione
della religione israelitica da quella Cananea non d affatto pacifica, viene da
domandarsi chi, in fondo, ha pii ragione: se Schmidt oPettazzoni.
Se dunque metodologicamente partiamo dalla fede nell'esistenza di Dio
e della sua rivelazione, allora alla TAI si dischiude tutt'altro cammino:
non ci si domanda piir come Israele b arrivato al monoteismo correggendo
il proprio politeismo, ma qual d il cammino meraviglioso e miracoloso di
questo popolo, da quando ha sentito la presenza del suo Dio manifesto.
Anzi il confronto e lo scontro con i popoli politeisti, che, ammessa I'esistenza di Dio, ne pensavano diversa la natura, acquista la sua utilitb per
il progresso della rivelazione divina e della relativa conoscenza di Dio da
parte del suo popolo. Perch6 Israele si sforza di capire non solo Dio, ma
tutto il Suo mondo, confrontandosi con la religione politeista.
E anzitutto il mondo divino ad extra. La concezione politeista cananea
aiuta Israele a capire che ci sono altri esseri celesti. La negromante che
vede lo spirito del defunto Samuele, consultato per Saul, dice addirittura
che vede salire dalla terra degli elohim (lSam 28,13). A questo proposito
d giusto tener conto dell'avvertimento a non applicare radicalmente le categorie monoteismo-politeismo. Altrimenti si fa come quelli che anche qui
parlerebbero di politeismo e di un declassamento di Samuele dal rango di
diviniti a quello di spirito d'un defunto! Gli dei di Canaan vengono declassati a membri del panteon di JHWH non perch6 Israele prima li venerava
come dei, ma perch6 gli fanno pensare al mondo divino ad extra che egli si
sforza di capire. Con tutte le cautele; perch6 ben presto la presa di distanza
dalle immagini, prima o poi proibite, e la coscienza che Dio non si pub
vedere in faccia, tiene Israele lontano da pericolose confusioni.
Ma Israele non b anticamente cosi radicale come poi lo b stata la religione islamica derivatane e gli stessi rabbini. I quali sono arrivati al radicalismo eccessivo anche per le polemiche dei cristiani. Questi, anzichb
fare le operazioni chirurgiche dei nostri maestri del sospetto sul testo sacro,
hanno saputo leggervi tfacce degli sforzi d'Israele per capire anche Dio nel
suo mondo ad intra.I frequenti antropomorfismi della Bibbia sono irritanti
per i monoteisti radicali. Ma rivelano lo sforzo d'Israele di capire Dio ad
in1a. Oggi c'd da aspettarsi che qualche esegeta prenda come prova del
politeismo biblico anche le frasi dove I'AI parla del braccio, dell'occhio o
39. Per Filoramo, nella linea diPettazzoni, il monoteismo ebraico deriva dal politeismo (lvi,
1262-1265), ma contro questa posizione, che ora comprendiamo perch6 sia tanto comune,
sta tutta la discussione fatta sin qui.

24

E. CORTESE

dell'orecchio di Dio. Invece di partire dalle supposte tracce del testo biblico, p. es. dal libro di Dan, o da madonna sapienza e il Creatore nella letteratura sapienziale, come fanno questi maestri del sospetto4, por dedurne il
primitivo politeismo, i primi cristiani mettevano davanti agli interlocutori
ebrei i due troni di Dan 7, i testi sapienziali e quelli, p. eS., di Gen 18, sui
tre personaggi in visita ad Abramo, per mosffare che anche l'antico Israele
aveva capito che Dio in se stesso non era cosi radicalmente "uno" come
essi pensavanoar.

TAT ebraica o cristiana?


Impostata come abbiamo fatto noi, la TAT si prospetta come una descrizione della meravigliosa e miracolosa awentura d'Israele alla scoperta del
Dio che gli parla; una scoperta sempre piD profonda, alla luce della quale
non solo Dio ma tutta la realth acquista un senso pit completo. Non c'b piD
bisogno, allora, di cercare un altro centro, un punto di sintesi della TAI,
sulla scorta di quella di Eichrodt. E tale avventura non si arresta alla fine
dell'AT, ma apre la strada alla meravigliosa conclusione di Gesir rivelatore
della vita pii intima di Dio, del Dio trinitario, e del suo progetto di salvezza
per I'umaniti.
Nasce perd qui un ultimo problema: una TAT che cerchi lo sbocco nel
NT rischia di divenire o ostile alla visione ebraica o, viceversa, rinunciataria nella propria esegesi dello stesso AI e nei tentativi di metterne in risalto
la storia della salvezzaaz.
Come abbiamo visto, ci sono anche altri motivi che distolgono i cristiani
da questi tentativi, come l'atteggiamento anti-storico di matrice protestante
(p. es. di Bultmann). Ora perb prendiamo in considerazione quello che viene
dalla opposizione ebraica di oggi, proprio contro la TAI di von Rada3. Se a

,10. P. es.

Knauf, "Ist die Erste Bibel monotheistisch?", 45-46.

41. Do un elenco pii completo e non esaustivo di questi passi rinfacciati dai primi cristiani, elenco che debbo ad una monaca, rimastami purtroppo anonima, alunna di I. Knohl
all'Universiti ebraica di Gerusalemme; Gen 1,26;3,22; ll,l7;35,7, testi che per Dio usano
il verbo al plurale e che ella studia nelle discussioni attestate dall'antica letteratura giudaicorabbinica in polemica coi cristiani.
42. Partiamo dalle opere citate sopra di M. Nobile: la TAI e lo studio sulla teologia biblica.
Egli avverte pienamente il problema, ma sembra adottare una posizione reticente e poco
favorevole a von Rad e ad una "storia della saLvezza" da mettere in risalto nella TAT.
43. Affiora sovente nella raccolta di studi di J.D. Levenson,The Hebrew Bible, the OldTestament and Historical Criticismus. Jews and Christian in Biblical Studies. Louisville 1993.

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELL'ANTICO TESTAMENTO 25

hrce della quale

Wellhausen si imputa l'evoluzionismo, che porta, nella sintesi biblica finale, ad eliminare il giudaismo, Eichrodt e von Rad sono addirittura accusati
di antisemitismoaa. Cosi si sente frequentemente dire che I'interpretazione
luterana di Paolo e del suo discorso sul binomio legge-grazia b la radice delI'antisemitismoas. In queste accuse esagerate d giusto leggere un rimprovero
per tutti i cristiani, cattolici compresi, per una lettura dell'Al che a volte ha
portato all'anti-semitismo. Ma le esagerazioni vanno respinte. Che si debba
essere attenti all'anti-semitismo esegetico, anche dopo la "Nostra aetate"
del Concilio Vaticano II, 1o dimostra il recente documento della Pontificia
Commissione Biblica "Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia
cristiana", del 2001, che perd ribadisce la legittimiti dell'esegesi cristiana,
storico-critica, dell' AIa6.
E una esagerata remissivitd ed un falso irenismo dire, p. es., che nell'Al
non c'b messianismoaT. Semmai ci sono due diverse maniere di interpretarlo
nell'AT. Gli stessi Ebrei si opporrebbero a chi negasse il messianismo nella

iflao. \on c'd piD

tradizione giudaica e le sue giustificazioni bibliche. Alla fine, a voler essere

ts d.l testo bibli-

Frore nella lette!F. pe. dedurne il

Tli

interlocutori

lile

"uno" come

b- Ai Cen 18, sui


lc l'antlco Israele

me

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la etla scoperta del

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I

lt}r n sbocco nel

Ec-rsa- rinunciatain risalto


f

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bl-eono i cristiani

Eice protestante
lqrello che viene
lI uon Rad*r. Se a
E-i.i3r primi cristiaF rirlnn-i di I. Knohl
;8.:b. g'er Dio usano
lrhererura
b

dLr

giudaico-

r:r.logia biblica.
retrcente e poco

bc
p-dcr rrlla TAT.
Flirhiz.

b-

the Old Testa'

I-otrisrille

1993.

troppo remissivi ed irenici, non si fa un buon servizio agli stessi fratelli


Ebrei. Bisogna solo essere pii cauti di una volta nell'esegesi dell'Al, evitando la "espropriazione" spesso giustamente lamentata, quando. p. es.. si
dice che I'AT b annullato dal NT e percid il Giudaismo e I'Ebraismo non
hanno piir ragione di essere.
Senza la pretesa di essere completi ed esaurienti, possiamo mostrare
che sui punti "caldi" (la legge e l'alleanza, vecchia e nuova, il messia, e
anche il messia sofferente), i tentativi attuali di dialogo sono teologicamente affascinanti e mostrano, anzi, quanto I'Ebraismo oggi sia necessario al
Cristianesimo e viceversa.
Quanto all'alleanza sono note le polemiche anche tra gli stessi esegeti
cristiani sul senso da dare alla novith, del resto gih presentata da Ger 31,3I34. Qui facciamo solo osservare che i rischi di "espropriazione" ci sono
perb da entrambe le parti. Se i Cristiani sono arrivati a dire erroneamente
che I'esistenza degli Ebrei, con la nuova alleanza, non ha pii senso, gli
Ebrei, dopo l'apertura di R. Meir nel medioevo, si limitano ad ammettere
per noi la possibiliti di salvezza solo in base all'alleanza di Nob, escluaa. Ivi, 15-27.
.15. P. es.

D. Boyarin, A Radical Jew. Paul and the Politics of ldentity, Berkeley 1994,

ll

e spesso in seguito.
+6. Sono importanti per noi

i
"I

$$ 21-22.

fondamenti della cristologia neotestamentaria. Alcuni aspetti


della questione" e gli autori ivi citati, a p. 308.

-17. Si veda p. es. R. Penna,

26

E. CORTESE

dendoci da quella sinaitica. Ci sono tuttavia degli studiosi ebrei abbastanza


aperti, che tentano una distinzione tra loro e noi senza neanche ricorrere
a quella tra legge noachica e legge sinaiticaa8. Da parte nostra dobbiamo
osservare che la presenza del popolo ebraico, presenza miracolosa dopo
duemila anni di diaspora, nella sua concretezza d una prova della veritdL
della nostra fede cristiana ed un pegno della nostra speranza. Per parte nostra dobbiamo pur essere coscienti che il "gih" che professiamo credendo
nella realtd della nuova alleanza d anche un "non ancora" quanto alla sua
piena ed escatologica realizzazione. E, d'altra parte, anche gli Ebrei sono
coscienti che I'antica d stata in parte superata, in questi duemila anni di
assenza del culto del tempio, che ne era il centro e la base.
Quanto al messianismo, che pure, come abbiamo detto, E radicato nella
tradizione ebraica, si deve ammettere che nel giudaismo non b altrettanto
oggetto di studio e di riflessione come la leggeae, per motivi comprensibili
e specialmente per il problema costituito dal particolare significato messianico che i testi relativi possono avere secondo I'esegesi neotestamentaria e
cristiana. Ma anche qui ci sono autori ebrei come Wyschogrodso che sanno
affrontare il tema in maniera coraggiosa ed affascinante. Contro una maniera

troppo razionalistica e filosofica (Maimonide) di interpretare la presenza


speciale di Dio nel popolo ebraico, egli parla d'una specie di incarnazione
di Dio in esso, che in qualche modo abbiamo gid ravvisato sopra, ciob nel
carattere miracoloso di tale popolo dopo duemila anni di diaspora. Del resto
anche la loro tradizione parla d'una presenza speciale di Dio in un gruppo
d'una diecina di ebrei in sinagoga. Se ammettiamo la presenza speciale di
Dio nella tenda e nell'arca del Pent, una presenza che potremmo chiamare
sacramentale, e non I'intendiamo alla Maimonide, d facile a noi cristiani arrivare al mistero dell'Incarnazionesr. Allora possiamo capire anche il discorso
di Wyschogrod e le sue implicazioni: il popolo ebraico ha una presenza di
Dio speciale complementare a quella di Gesi. Il discorso pub essere spinto
in qualche modo fino al mistero della passione: di Cristo e degli Ebrei ad
Auschwitz. E noto I'episodio dei tre prigionieri impalati, con un bimbo in
48. Cosi, mi pare, I'opera citata di Boyarin, tutta concentrata sull'esegesi
perd trascurando il suo messianismo.

di

Paolo, fatta

49. Si vedano nel mio Le tradizioni storiche d'Israele,lepp.29-33, le differenti prospettive


dell'esegesi cristiana ed ebraica.
50. Di M. Wyschogrod citiamo specialmente il suo articolo "Inkarnation aus jtdischer Sicht", EvTh 55 (1995), anche in inglese: ModTh 12(1996) 155-209, ma si veda anche tutto
il precedente fascicolo Ill2 (1995) di quest'ultima rivista, per il dibattito sull'argomento.
51. Si veda il mio "The Priestly Tent (Ex 25-31.35-40). Literary Criticism and Theology of
P", LA 48 (1998) 9-30.

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELL'ANTICO TESTAMENTO 21

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dentro, al suo angosciato "dov'b Dio?". L'ebraismo ufficiale si arresta di
fronte alla soluzione ("b li nel mezzot" ) del mistero di questo dolores2. Non
solo perch6 la soluzione cristiana intravista minaccia di fargli perdere la sua
identiti, per difendere la quale, secondo molti, Auschwitz b stato tragicamente utile; anni prima, tra le tante conversioni ebraiche al cristianesimo, lo
stesso Rosenzweig si era fermato proprio per questo, proprio nel momento di
quel passo. Ma anche perch6l'idea del giusto che soffre non d accettata dalla
tradizione, a partire dai tempi di Giobbe. Non viene accetlata neanche la corrente hassidica, nata piD d'un secolo prima, quasi come un presentimento di
Auschwitz, corrente che sostiene la missione espiatrice dei 36 giusti, i quali
in ogni generazione debbono "succhiare" cosi il male del mondo. Quella
corrente ha poi sostenuto in prima persona la tragedia.
Qui vale la pena di ricordare I'esegesi di Is 53 fatta dall'ebreo Neher53.
Il giusto Abramo di fronte alla prova non capisce e tace. Giobbe prende
su di s6 la prova di Abramo, ma anche lui non intravede la soluzione e si
mette la mano alla bocca. La soluzione del problema, dice Neher, la vede
il cristianesimo affermando che il giusto sofferente di Is 53,3 d Dio. Solo

giusto sofferente d Dio stesso, il problema si risolve.


Queste intuizioni non vogliono favorire il temuto passaggio al Cristianesimo dell'esegesi ebraica dell'AT. La sua posizione negativa su Cristo e
sulla sua passione preannunciata dall'AT b utile come quella sull'alleanza.
Anche qui c'd il "gid", privilegiato da noi Cristiani, e il "non ancora",
preferito dagli Ebrei. Il Cristo completo, dopo tutto, lo stiamo ancora aspettando anche noi. E oggi sarebbe molto lungo l'elenco degli autori Ebrei
che considerano positivamente Cristo e ne interpretano i dettagli storici
della figura assai meglio di molti esegeti cristiani. Allora una TAT cristiana
che si confronti con tale pensiero ebraico b necessaria e non deve essere
rinunciataria, ma solo rispettosa dell'importanza degli interlocutori e delI'ebraismo intiero.
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52. E cosi si parla spesso del "silenzio di Dio dopo Auschwitz". Ma ci sono rabbini, per lo
meno tra i riformati, che fanno la loro teologia su Auschwitz. Si veda I. Maybaum, "Der
dritte churban", in M. Brocke - H. Jochum (ed.), Wolkenseiule und Feuerschein. Jiidische
Theologie des Holocanst, Mtinchen 1982,9.
53. A. Neher, L'esilio della parola. Dal silenzio biblico al silenzio di Auschwitz, Genova
1997,207-208. Debbo alla Prof. ebrea Irene Kajon di aver richiamato I'attenzione su queste
pagine. F'orse uno spiraglio I'aveva gii intravisto Rabbi Akiba per il disastro del 135 d.C.
ad opera dell'imperatore Adriano, stando a E. Fackenheim, La presenza di Dio nella storia,
Brescia 1970, 49-50 era un dolore che faceva piangere Dio stesso. Chissd se Akiba ha mai
pensato al pianto vero e concreto di Gesi su Gerusalemme di Lc 19,41-44?

28

E. CORTESE

Conclusioni

Le possibilitd d'una TAT cristiana e storica che abbiamo intravisto dovrebbero aiutare a superare le crisi e i blocchi che abbiamo indicati e ad
incoraggiare, sulla base di un von Rad opportunamente corretto, ma non
eliminato, I'entusiasmante prospettiva di far rivivere la meravigliosa avventura d'Israele e poi dei Cristiani alla scoperta del Dio che si rivela. E come
I'avventura di noi bambini nella scoperta di nostra madre: se ne avverte
la presenza, se ne percepisce la figura, se ne gode l'amore e, nel bene e
nel male, anche attraverso le crisi dell'adolescenza e della gioventt, la si
apprezza e capisce sempre di piD. Il suo ricordo, alla fine, non d una trasfigurazione anti-storica. Se pensiamo ai limiti del paragone e li correggiamo,
la TAI cristiana diventa un'impresa ed una missione meravigliosa.
Enzo Cortese
Professore invitato
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

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