Giornata della memoria, imposizione che ha reso questa giornata come il
“momento del ricordo”, non solo ripetitivo e forzato, ma soprattutto l’unico momento preposto. Senza strutturazione, senza progettazione, perché “si deve”. Auschwitz è un evento che provoca sempre un senso di frustrazione, una sorta di delusione perché, malgrado le ricostruzioni e le spiegazioni storiche, si ha la sensazione di non vederne il fondo, di non arrivare alla spiegazione ultima, quella convincente, quella che risponde davvero alla domanda: Ma perché è accaduto? Shoah è il termine voluto dagli ebrei, i quali, attualmente, rifiutano il termine olocausto, in quanto questo indica un sacrificio propiziatorio, il che è sicuramente ingannevole. L’espressione Shoah si riferisce al periodo che intercorre fra il 30 gennaio 1933, quando Hitler divenne Cancelliere della Germania, e l’otto maggio 1945, la fine della guerra in Europa. La domanda più spontanea è: perché gli ebrei? Era per impedire la contaminazione del sangue ariano, perché erano considerati il Male, presenza demoniaca e negativa per il popolo tedesco-germanico, e perché l’internazionalismo e l’ individualismo ebraico rappresentava un sicuro ostacolo ai piani nazisti. La perfetta combinazione a catena di tutti gli organi dello Stato rende possibile lo sterminio di così tante persone. La Germania nazista riesce a coinvolgere nel suo progetto di sterminio tutte le istituzioni; la Cancelleria del Reich promulgava le leggi e i decreti sugli ebrei (nel ’33 vengono allontanati dalle libere professioni, cariche amministrative, insegnamento; nel ’35 vengono proibiti i matrimoni fra ebrei e tedeschi e qualsiasi tipo di contatto fisico, gli ebrei devono esibire solo i colori e simboli ebraici che li identificano; nel ’38 la situazione peggiora, viene vietata la commercializzazione, vengono distrutte case e negozi e gli ebrei trasferiti nei ghetti; è l’ inizio delle deportazioni di massa); le banche gestivano l’arianizzazione dell’economia, espropriando tutti i beni degli ebrei; le Chiese cattolica e protestante rilasciavano certificati di battesimo che servivano a decretare chi non era ebreo; il Ministero dei trasporti organizzava le deportazioni; l’ industria traeva profitto dal lavoro schiavistico dei deportati, oppure forniva le istallazioni necessarie, dai forni, agli impianti di ventilazione, al gas, e poi la polizia, l’esercito, le SS, la sanità. Tutti questi centri di potere erano implicati nel processo della Soluzione Finale. Da tutta l’Europa (in Italia dal 16/09/1943) milioni di ebrei - donne, bambini, uomini - strappati dalle loro case, vengono deportati a migliaia di chilometri di distanza per essere sterminati nelle camere a gas dei campi di annientamento appositamente predisposti in Polonia: Auschwitz/Birkenau, Treblinka, Chelmmo, Sobidor, Majdaneck, Belzec. La stessa sorte degli ebrei toccherà agli zingari. Una apposita circolare (30.4.1942) stabilisce che tutti gli uomini e le donne deportati nei KZ (campi di concentramento) vengano utilizzati come lavoratori forzati a costo zero. Veri e propri schiavi, affittati alle aziende tedesche, con notevole vantaggio economico per le SS. Costretti a lavorare, in condizioni disumane, fino allo stremo, per poi scomparire nei forni crematori o in fosse comuni. Fino agli ultimi giorni del conflitto mondiale, i nazisti cercheranno di portare a termine il loro progetto criminale di sterminio e di uccisioni di massa, anche quando la guerra nazista era chiaramente persa e finito il sogno di dominare tutta l’Europa. Fino all’ ultimo istante vennero emanati ordini tesi ad eliminare ogni essere umano deportato nei 1634 campi, tra principali e sottocampi. Ancora oggi, essendo stata distrutta dai nazisti quanto più possibile ogni documentazione, non è possibile conoscere le cifre esatte dello sterminio in Europa. Tuttavia lo stato attuale delle ricerche permette di affermare che non meno di 12 milioni di persone furono deportate nel KZ e nei VL (campi di sterminio) e non meno di 11 milioni di esseri umani vi furono assassinati: ebrei, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, militari, ministri di culto, antifascisti, partigiani, ostaggi, scioperanti, malati mentali, portatori di handicap, uomini, donne, bambini. Un tragico, tremendo progetto criminale, crudelmente pianificato, che fu reso possibile anche dalla attiva collaborazione che i nazisti trovarono nei regimi fascisti e collaborazionisti dell’Europa e dall’indifferenza -dall’opportunismo- di chi avrebbe potuto ostacolarli e non lo fece. “Cinque anni ad Auschwitz” è l’ultimo libro che ho letto. Questo libro contiene le memorie di un prigioniero che ha vissuto per quasi cinque anni nel campo di concentramento di Auschwitz, il suo nome è Wieslaw Kielar. Questo libro è il più duro che io abbia letto su questo argomento. Wieslaw era un giovane polacco di soli 21 anni che è arrivato ad Auschwitz con il primo trasporto, un trasporto di detenuti politici. Erano in 728 su quel treno. Appena arrivati, i loro nomi sono diventati numeri, lui è diventato il numero 290. Ma non venivano immatricolati tutti quelli che arrivavano. C’era una selezione e venivano immatricolati solo i deportati abili al lavoro, mentre gli inabili, soprattutto i vecchi e i bambini, venivano gasati immediatamente senza essere registrati. Il capitano delle SS Carl Fritsch li “salutava” con un discorso in cui tra l’altro si legge: “Non siete venuti in un sanatorio, ma in un campo di concentramento tedesco da cui non si esce che per il camino del crematorio!” Le scene descritte sono di una crudeltà difficile da immaginare. Wieslaw racconta i fatti senza veli, dalle punizioni dei detenuti fino agli odori specifici del campo di concentramento, quell’odore di carne umana bruciata, un odore dolce che non faceva respirare (questa descrizione viene ripetuta continuamente). Una scena che penso nessuno può immaginare, è quando i sopravvissuti momentanei erano obbligati a caricare su un carro, i cadaveri dei detenuti appena uccisi e portarli al crematorio (erano delle strutture appositamente costruite per consentire l’incenerimento dei cadaveri umani). Una volta, il carro che lasciava strisce orrende di sangue, si ruppe a causa del sovraccarico e tutti i cadaveri caddero sul detenuto che li portava verso il crematorio ammazzandolo quasi. È difficile pensare che tante persone si siano ammazzate tra loro per un pezzo di pane, alcuni addirittura, per la disperazione e la fame, hanno cominciato a mangiare dei cadaveri che stavano esposti vicino al bunker, rischiando di essere visti e ammazzati subito dalle SS. La gente era picchiata, torturata, sparata e impiccata. C’erano bambini, e non solo, su cui venivano eseguiti diversi esperimenti e tantissime altre crudeltà. Un bunker era pieno fino a scoppiare, tanto che un bambino ne era rimasto fuori. Una delle guardie SS gli si avvicinò per abbatterlo con il suo manganello. Il sangue colò da tutte le parti, ma improvvisamente il bambino si alzò e si immobilizzò, contemplando pacatamente con i suoi occhi di fanciullo il suo assassino. La SS scoppiò in una risata ignobile, e gli sparò. Auschwitz stravolge le nostre certezze ed i nostri valori e ci costringe ad una tensione continua, da un lato una ricerca infinita di spiegazioni che ci aiutino a capire e dall’altro la consapevolezza che nulla riuscirà a spiegarcela, a renderla tollerabile. Almeno è quello che io sento e penso. La Shoah rimane un terribile, mostruoso enigma. Costantina Claudia Bunduc Istituto d’Istruzione superiore “Fabio Besta” di Civita Castellana (VT) Gennaio 2010