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Nadia Boccacci
Butterfly Edizioni
Ai miei genitori,
perch ci sono sempre stati
e ci sono sempre.
Grigio
sulla fronte disegnando uno strano ciuffo, secondo la moda del momento e le labbra si
allargavano dolcemente accennando un sorriso.
Si avvicin a me con disinvoltura e fummo presentati da Eva, la padrona di casa.
Piacere, Marco.
Piacere, Gemma.
Ci stringemmo la mano e la sua mi sembr grande e calda. Avrei voluto tenerla
ancora nella mia, accarezzarla con dolcezza, baciarla lievemente e inspirare il suo
odore, ma non feci niente di tutto questo e la lasciai andare rapidamente, per non
destare sospetti. Mi sentii pervadere da sensazioni leggiadre e mi sembr di attingere
dalla mia interiorit i colori pi gioiosi dellarcobaleno. Il giallo e larancione, caldi
e luminosi, mi avvolgevano completamente, dipingendomi lo sguardo.
Ora non so neppure descriverli quei colori frizzanti e pieni di vita.
Li distinguo appena nella nebbia dei ricordi, pervasa come sono da questo grigiore
latente. Li vedo in lontananza nel tunnel della memoria e sento gli occhi appannarsi,
delusi e nostalgici.
Mi avevano avvertito che non era luomo adatto a me, ma non avevo voluto
crederci.
Non si d mai ascolto alle parole che ci toccano nel profondo.
Volevo convincermi del contrario, che il suo amore sarebbe stato eterno, che lui mi
sarebbe stato accanto, sorridente e formidabile, in ogni momento della mia vita.
Forse non mi aveva mai amato, me ne accorgevo ora, dal profondo della mia
malinconia. Aveva solo finto, per due lunghi anni.
Ma per quale motivo? Quale ragione scatenante lo aveva spinto a starmi accanto, se
non mi amava?
Forse non era neanche vero che aveva bluffato fin dallinizio.
Magari nei primi tempi era stato sincero, anche lui preso dalla novit di uno
sguardo, di un corpo nuovo e inesplorato, di unanima fragile e gentile. Ma poi, a
poco a poco, era subentrata la noia, atavica e incolore, che lo aveva spinto oltre col
pensiero e la fantasia, forse prima ancora che se ne accorgesse.
Mi era rimasto accanto, per abitudine o per stanchezza, portandomi a credere che
gli piacevo davvero.
Ed io mi ero tuffata in quel mare di false verit col candore di unanima ingenua e
la consapevolezza di una donna adulta al contempo. Avevo gioito naufragando in
quelle acque e non avrei pi voluto toccare terra.
Ma la raggiunsi pi presto di quanto non volessi, mio malgrado, tornando alla
realt nel peggiore dei modi.
Lo sorpresi tra le braccia di unaltra in una notte senza luna, e nel buio mentii a me
stessa che non fosse lui. Lo vidi bene, invece, ed ero certa di non sbagliare e di non
confonderlo con nessun altro. Conoscevo ogni centimetro del suo corpo: le spalle
larghe, le braccia forti, la curva della mascella, il profilo mascolino di un naso
pronunciato.
In un attimo il sogno si infranse e il desiderio di ricomporlo come un puzzle,
Mi piegavo ad ogni suo volere, ero cos debole da aver perso ogni brandello di
dignit.
Ormai ero solo una marionetta fra le sue mani e lui si divertiva a muovere i fili con
sapienza, mostrando con orgoglio il suo potere su di me. Ogni tanto la mano del
burattinaio si lasciava intravedere, a sipario aperto, ed io mi mostravo in tutto il mio
fragile e cieco candore, protagonista inconsapevole di unamara commedia.
Era trascorso ancora del tempo, scivolato rapidamente come al solito, quasi senza
che ce ne rendessimo conto. Non ci eravamo visti molto, in quellultimo periodo che
volava via, ma continuavamo a stare insieme, a sentirci spesso e frequentarci di tanto
in tanto.
Io avrei voluto vederlo di pi, ma motivi logistici legati allo studio e attivit
sportive di vario tipo lo rubavano alla nostra quotidianit. Almeno erano questi i
motivi che adduceva.
Non so se realmente mi fidassi di lui o se sperassi semplicemente, ogni volta, che
fosse cambiato.
Sapeva regalarmi ancora momenti bellissimi, quando era con me. E non sapevo
decidere se sarebbe stato meglio avere accanto un uomo che non mi trasmetteva
emozioni ma poteva darmi sicurezze, o se era preferibile avere lui, nonostante il suo
alone di mistero e di incertezza, di malcelata slealt.
Mi interrogavo ancora sulla felicit, ma trovavo soltanto risposte confuse e
contraddittorie.
Rimasi ancora del tempo insieme a lui.
A volte veniva a trovarmi e rimaneva da me qualche giorno, regalandomi illusioni
straordinarie che mi lasciavano a lungo incapace di ragionare. Io dividevo un piccolo
appartamento di periferia con due studentesse, ma avevo una camera tutta per me, in
cui potevo ospitarlo tranquillamente.
Lui, invece, aveva due compagni di camera nellappartamento in pieno centro, che
frequentavo pochissimo.
Altre volte uscivamo per una pizza, io e lui, e trascorrevamo serate romantiche e
indimenticabili, passeggiando al chiaro di luna.
Successivamente si alternavano spesso periodi in cui tendeva a dileguarsi,
incolpando di nuovo lo studio e lo sport, e mi lasciava incerta e incredula, inondata di
gelosia e delusione.
In quei momenti Eva tornava a ripetermi che lui stava ancora con me, che aveva
forse voglia di qualche innocente evasione per poi tornare pi innamorato di prima.
Ma io ero sempre meno convinta di questo.
Mi chiedevo se per me fossero positivi commenti di questo tipo. E se il suo
volermi sempre consolare non avesse doppi fini. Ebbi anche lidea infelice che
avesse avuto un flirt con lui, in quei periodi di empasse che vivevamo ciclicamente.
Sara e Cinzia, le mie coinquiline, nonch amiche, erano invece dellopinione che
dovessi tenere gli occhi aperti, anche se non si spiegavano il motivo per cui lui
tornasse sempre. Forse mi amava davvero. Forse ero il suo porto sicuro.
La nostra storia durava ormai da quasi due anni e lui non accennava minimamente a
volermi lasciare, neanche nei momenti pi bui: mi telefonava, mi chiedeva come
andasse lo studio e come trascorressi le mie giornate. A volte ci incontravamo in
facolt.
Altre lui preferiva non frequentare e rimanere a casa, per poter preparare pi
rapidamente quellesame o quellaltro. Effettivamente studiava con profitto ed era
completamente in linea con il suo piano di studi.
Spesso mi chiedevo perch fossi cos legata a lui, perch gli perdonassi tutto e
fingessi di non credere che mi tradiva.
E quando queste domande rimbombavano dentro di me senza sosta, percorrendo i
meandri oscuri e profondi della mia essenza, mi rendevo conto di sapere benissimo
quale fosse la risposta.
Semplicemente, lui tornava. Anche se ogni tanto si allontanava per un po, anche se
forse non era un modello di fedelt, lui non si dimenticava mai di me, non mi
abbandonava, lui tornava sempre. Questo era per me un traguardo immenso e
straordinario: era il sole che disperde le nuvole grigie e allontana la tempesta, il mare
azzurro che si gonfia di vento e permette alle barche di muoversi, la luce nitida e
brillante in fondo al tunnel.
Unaltra persona, molti anni prima, se nera andata per non tornare mai pi. Aveva
lasciato una bambina con le lunghe trecce bionde e gli occhi pieni di lacrime,
insensibile al suo dolore; aveva fatto le valigie, sotto il suo sguardo attento e
incredulo ed era volata via per sempre. Aveva detto parole vuote e prive di
significato e si era fatta portare via da un sogno o da unillusione, definitivamente.
Non si era lasciata vincere dalla nostalgia, non aveva fatto un passo indietro,
confusa e stordita dal dolore, non aveva chiesto scusa, non aveva cercato di
ricomporre il puzzle.
Aveva perso i tasselli e ne era andata fiera.
Non un ripensamento, non un tentennamento. Forte e sicura di s, aveva chiuso la
porta senza pi cercare di riaprirla, lasciando il piccolo essere a cui aveva dato la
vita annientato da questa scelta terribile e innaturale.
Ripensavo a questo, senza volerlo, ogni volta che Marco tornava. Ed ero cos felice
e mi dava una tale gioia rivedere il suo viso sorridente, con gli occhi teneri e pieni
damore, che non potevo impedirmi di abbracciarlo ed essergli grata, ancora, per il
suo ritorno. Molti ridevano, mi trovavano stupida e folle.
Ma cosa potevano sapere loro di me?
Non potevano immaginare il dolore dellabbandono, a cinque anni, causato da chi
avrebbe dovuto amarti di pi. Non potevano sapere cosa prova la notte, nelloscurit,
nel buio delle tenebre, un piccolo fragile essere tradito nel profondo, nel momento in
cui si affaccia alla vita.
Ma oggi non posso pi perdonarlo.
Il grigiore che mi pervade frutto di delusioni accumulate e sepolte dentro di me.
Stanno uscendo con forza dalle profondit del mio essere, spogliandosi dei toni pi
cupi, per relegarmi a uno stato di torpore latente. Non hanno pi i colori nitidi di un
tempo, si sono spente gradualmente fino ad assumere tonalit indecise, miscelandosi
con ogni angolo recondito della mia essenza.
Ho perso ogni traccia di speranza legata a una progettualit con lui.
Non trovo pi dentro di me la luce dellentusiasmo, delusa ormai dai suoi ripetuti
comportamenti.
Qualcuno potrebbe chiedersi cosa pu significare uno sguardo che fugge, ma per me
la risposta a mille domande.
Conosco perfettamente il motivo per cui i suoi occhi sono andati oltre e non accetto
pi di essere per lui il silenzio della certezza. Non voglio incarnare il miraggio
dellattesa, n il porto sicuro in cui si rientra con gioia dopo avventure di ogni tipo,
straordinarie o terribili, coinvolgenti o misteriose.
Sento di poter concludere finalmente questa storia che si protrae e si trascina da
troppo tempo, alimentata da dubbi e dolori, e se questo da un lato mi spaventa
profondamente, dallaltro mi affascina e mi entusiasma.
Ho voglia di conoscere nuove emozioni che non siano legate a lui. Ho voglia di
vivere veramente.
Sentirmi grigia pu darmi la forza di dipingermi con un colore acceso e
formidabile.
Non nego di percepire tremori che dal profondo si muovono gradualmente fino a
raggiungere la mia esteriorit: le mani si muovono quasi impercettibilmente, come le
gambe, che sembrano non volermi pi sorreggere.
Il mio corpo risponde con sensazioni sconosciute alle emozioni che si vestono di
novit. Gli stati danimo si miscelano e si fondono fino a farmi sentire storditamente
bizzarra.
La solitudine spaventa ancora di pi dei movimenti ondivaghi che hanno
caratterizzato la nostra unione, ne percepisco lalone di mistero e la sento fortemente
invadente. Ho paura.
Ma devo assolutamente farcela.
Ripenso a mia madre, ai momenti in cui era scintillante e luminosa nei miei
pensieri, lessere perfetto e angelico che mi aveva dato la vita. La mia mente vaga e
torna al tempo in cui avevo la sensazione istintiva che mi amasse pi di chiunque altro
al mondo, che fosse il tempio sacro e certo della mia esistenza. La rivedo giovane e
piena damore per me. Le sue mani candide, la sua voce suadente.
Era capace di spiegarmi qualsiasi cosa, con dolcezza e convinzione; il suo calore
era per me fonte di una sicurezza senza confini. Mi stringevo nel suo abbraccio e non
avevo pi paura, qualunque cosa mi accadesse. Di notte, quando gli incubi venivano a
farmi visita, o semplicemente quando le ombre della camera mi assomigliavano a
mostri o fantasmi, era sufficiente che lei si sedesse accanto a me e mi desse la mano,
per farmi ritrovare la pace. A volte i suoi capelli mi battevano sul viso facendomi il
solletico. Anche questo contatto indiretto era meraviglioso.
Non capivo cosa potesse essere successo, dopo, quando ero ancora una bambina
ripeto ancora.
Poi svolto a destra e lo vedo in lontananza.
gi l che mi aspetta. Ha in mano delle dispense. Mi sembra che le stia sfogliando
velocemente. Lui arrivato in anticipo.
Cammino lentamente nascondendomi tra i passanti.
Finalmente sono davanti a lui. Mi vede e mi viene incontro, mi abbraccia.
disinvolto e sorridente, sembra sincero.
Io lo chiamo e lui c, come sempre. Allora cosa non va? Di cosa mi lamento?
tutto il resto, ci che non appare, che non trapela ma esiste.
Sei bellissima, Gemma. Andiamo a un bar a prendere qualcosa?
Accetto. Gi le mie certezze cominciano a sfuggire; tento di rifarle mie. Ci sediamo
e ordiniamo qualcosa, lui un caff, io un succo dananas.
Parliamo del pi e del meno, del tempo e della luminosit dei miei capelli. Mi
chiede se sia stata dal parrucchiere, tanto gli piacciono, ma gli rispondo di no, mentre
sto tentando di cominciare il mio discorso. Mi sento impacciata. Lo guardo negli
occhi, osservo i suoi lineamenti marcati e dolci al contempo, poi attingo dentro di me
la forza per parlare.
Marco, credo che la nostra storia non abbia pi ragione di esistere Lo dico
piano, quasi in un sussurro, non so neanche se lui abbia capito esattamente.
Perch, Gemma, cosa te lo fa pensare? Io ti amo
Il tuo non amore
Perch? Sei la persona pi importante per me.
Il nostro discorso si protrae sugli stessi toni di sempre.
Lui che mi dice che tiene a me pi di ogni altra cosa al mondo, io che gli rispondo
che non vero, perch mi tradisce continuamente, forse ciclicamente, lui che ribatte
pronunciando parole improbabili, di amore assoluto nei miei confronti senza lombra
di nessunaltra.
Il tutto si conclude con toni addolciti e un abbraccio forte.
Sento gli occhi inumidirsi e una lacrima sgorgare calda su una guancia. Non so fare
altro che stringermi in quellabbraccio.
Ma solo un momento, lultimo. Poi gli parler sul serio, gli dir tutto e lo
saluter per sempre. Ma ora no. Pi tardi.
Voglio soltanto stare un altro po insieme a lui. Poi non lo rivedr pi. certo.
Ancora un attimo fugace. Carpe diem.
Pochi minuti in pi con lui non significheranno niente.
Mi sento raggiungere dal grigio dellindecisione, che impercettibilmente si
impadronisce di me.
Qualcosa mi impedisce di fare ci che ho programmato e mi spinge in unaltra
direzione.
Ho un barlume di lucidit e gli dico che devo andare, che forse meglio cos. Ma
lui interviene con forza, sia verbalmente che fisicamente, dice che mi ama, che non
pu stare senza di me. Mi stringe forte tra le sue braccia, mi bacia con passione.
Giallo
metafora, e per Gemma e Armida linizio di unintesa speciale. Lei divent per la
bambina preziosa e unica, e quando pi tardi la madre scomparve, inghiottita da una
nuova vita in un paese lontano, fu il punto fermo della sua esistenza.
Armida, ci sei?
Armida non voglio andare a scuola voglio te.
Armida mi vuoi bene davvero?
Armida, starai sempre con me, in questo palazzo?
Non cambierai mai casa, vero?
Tata Armida non andare via ma domani torni?
Ci sono tesoro, stai tranquilla, non me ne andr mai, star sempre con te Ti
voglio un bene grande grande, pi del cielo e del mare, fino alla luna
Anchio, tata Armida, fino alla luna andata e ritorno E star sempre con te.
Blu
Oggi sono fredda come il colore che dipinge le onde del mare.
Fredda e sola.
Sono calma e tranquilla, con i battiti del cuore rallentati, con la vita che si spegne,
in una pace senza pari.
Immersa in una stanza blu. Un tuttuno con essa.
Sono blu come il divano del mio salotto, divento parte di esso.
Sono gelida e sola, ma in una dimensione nuova.
Sono un colore freddo. Mi irrigidisco e tremo, senza nessuno accanto.
Muoio in un attimo trasparente, mi sento leggera e impalpabile, nella mia freddezza.
Guardo le mie mani che tremano.
Tremo tutta, interamente. Ma sono serena.
Pervasa da sensazioni positive, bench glaciali.
Blu elettrico, blu cobalto, blu notte, blu acceso e blu scuro, bleu clair, bleu fonc,
dicono i francesi. Ma sempre e comunque blu: lunico colore primario freddo, che
uccide la passione e appiattisce lanima. Gelido e rasserenante, senza slancio, senza
una forza calda e seduttiva, il blu mi pervade e mi riempie, con la sua luce tenue che
infonde calma e tranquillit.
Rallenta i battiti raffreddando le emozioni, mi distacca serenamente dal fuoco del
reale e mi spinge oltre, al di l del calore di tinte forti e accese. A volte un blu
vitale, bench freddo altre pulsa di una vita stanca e priva di entusiasmo, che si
affaccia nello spazio del tempo con dolore distratto.
Non so quante gocce ho preso ieri sera, non so quanto ho dormito.
Che ore sono? Non lo so.
Non ho lorologio al polso, devo essermelo tolta, ma non me ne ricordo. Ho la
mente confusa e i battiti sempre pi lenti. Mi sento priva di forze, nel silenzio di una
stanza, immersa in una solitudine cosmica. Non sono sola soltanto nella mia casa,
sono sola al mondo. E il mio cuore rallenta la sua corsa e sembra volersi fermare,
finalmente, stanco delle emozioni forti di cui mi ha fatto dono la vita. I miei occhi
vedono tutto blu.
Sbatto le palpebre, ma il risultato non cambia. Il colore freddo del cielo e del mare
dipinge il mio sguardo e frena mirabilmente il mio cuore debole e stanco.
Ieri ho abusato di me stessa.
Mi sono fatta violenza, sopportando una serata indescrivibile, forse intraducibile
Una serata che parla unaltra lingua.
Marco mi ha proposto una relazione aperta.
Dobbiamo finirla con questa storia della fedelt Tradire fisicamente non ha
niente a che vedere col sentimento autentico. Gemma, ti prego, non fare il broncio,
cos dimostri di essere infantile oltre che rigida e antiquata!
Bene! Tre epiteti formidabili in una volta sola! Addirittura infantile Ma come
fai a pronunciare simili parole? E poi naturalmente non sono moderna, certo, sono
insopportabile bla bla blaTi odio!
Smettila!
Come hai detto? Antiquata. Anzi rigida e antiquata. Non sono cambiata in fondo,
sono sempre stata cos Se cos che vuoi definirmi Lo dissi senza pi rabbia,
col dolore e lo smarrimento nella voce. Sei tu che hai bluffato, che hai finto di essere
per mesi quello che in realt non eri e non sei mai stato. Chi sei? Io non ti conosco.
Smettila, amore dai, lo sai che amo solo te, le altre per me non significano
niente.
Chi sono le altre ?
Le parole mi scivolarono dalla bocca quasi senza che me ne accorgessi, mentre
analizzavo inconsciamente le sue. Per la prima volta mi stava confessando di tradirmi.
E lo faceva cos, en passant, come se non fosse niente di grave Tutto sembrava
naturale dal suono squillante delle sue parole, pronunciate a tutto tondo, senza remore
o indugi. Non cera un velo di timore per la mia reazione, n lidea dello sforzo per
una rivelazione taciuta troppo a lungo.
Non dirmi che non sapevi Credo che tu abbia sempre saputo
Hai sempre negato tutto, Marco e ultimamente sembravi diverso, cambiato
veramente Ma come puoi uscirtene con affermazioni di questo tipo? Cosa avrei
dovuto sapere, che sei una persona squallida e terribile? Non seppi impedire alla
voce di spezzarsi, in fondo alla frase, come non riuscii a frenare due lacrime calde,
che andarono a rigare le guance arrossate. Altre sgorgarono ancora, nel silenzio di
attimi senza fine, quando lo sgomento, oltre al pianto, mi impediva di parlare.
Un grande castello di carta si stava sgretolando davanti ai miei occhi. Ed io,
impotente, non sapevo cosa fare.
Cosa voleva da me? Che accettassi una proposta indegna?
Non so come potesse parlarmi in quel modo. Pensai che avesse bevuto molto, per
darsi la carica. E le mie narici, forse per effetto della forza di persuasione, ispirarono
un aspro odore di alcool, quando mi si avvicin.
Mi spostai immediatamente, sdegnata, con un gesto repentino e inconsulto.
Gemma, ti prego, sta per arrivare Sonia, non fare la sciocca
Questa nuova frase mi infiamm il cuore e la mente.
Chi sarebbe Sonia?
Lui non rispose, ma quando lei fece la sua entrata nel locale in cui eravamo, con lo
sguardo sicuro e il passo ondeggiante, sentii il rancore salirmi dal petto verso lalto in
una vampata micidiale, mescolandosi a uninfinit di sfumature di esasperazione e
incredulit. Mi allontanai velocemente da lui, rifugiandomi al tavolo di Eva e Cinzia e
guardai la scena da lontano, con il dolore ormai dipinto sul volto. Mi ritrovai di
nuovo con gli occhi pieni di lacrime, che debordarono impetuose facendo colare il
trucco.
Gemma, stai calma, non dargliela vinta cos mi disse Eva sottovoce. Ormai
aveva capito anche lei che non cera pi niente da fare con Marco.
Lui abbracciava Sonia con fare disinvolto e con lo sguardo stupido del maschio in
agguato. Scena che forse si era ripetuta nel tempo, a mia insaputa, con varianti di
soggetto femminile.
Quello che cera di nuovo, e di inammissibile, dal mio punto di vista, era che
assumesse un tale atteggiamento sotto i miei occhi.
Ormai era andato oltre, poteva tradirmi come e quanto voleva, con lalibi della
relazione aperta.
Mi sembrava tutto infinitamente fasullo.
Avevo la sensazione che qualcuno dovesse urlare, da un momento allaltro, dicendo
che si trattava di uno scherzo.
Ma nessuno disse niente e Marco continu tutta la sera a flirtare con la bellona.
Cresceva in me un cocente disprezzo nei riguardi di lui e una sorta di invidia verso di
lei, cos sexy e sicura di s. Certo la odiavo con tutte le mie forze per essersi prestata
a un simile ruolo, ma non potevo fingere che non fosse di una bellezza abbagliante.
E questo mi disturbava molto.
Io ero bruttina, ordinaria e insignificante paragonata a lei. Perch Marco avrebbe
dovuto preferire me?
Ma allora perch non se la prendeva e mi lasciava definitivamente?
Invece no, ostentava una proposta assurda e teneva il piede ancora su due staffe.
Chiss se unapertura di questo calibro poteva essere sufficiente per il tipo di
relazione che sognava
Forse avrebbe preferito inserirvi una quarta figura.
Rimasi stupidamente seduta al tavolo di Eva e Cinzia per molto tempo, frastornata
dalla musica e dagli eventi, incapace di realizzare a pieno ci che stava accadendo.
Sonia e Marco ridevano, scherzavano e ballavano: le braccia di lui le cingevano la
vita e le sfioravano il seno, poi si intrecciavano con le sue. Io sedevo a distanza, in un
tumulto di angoscia e di rabbia, a un piccolo tavolo imbandito di bicchieri mezzi
vuoti, insieme ad amiche che mi parlavano di autostima e dignit. Ero delusa e
avvilita, arrabbiata, ma ormai non pi combattiva.
Sentivo spegnersi dentro di me la fiamma dellodio e del rancore e accendersi
inesorabile il senso di sconfitta.
Ero una perdente. Ero sola e triste in mezzo alla folla.
Che sarebbe successo dopo? Lui sarebbe venuto al mio tavolo? Mi avrebbe invitato
a ballare?
Eva e Cinzia mi portarono in bagno e mi aggiustarono il trucco.
Ispirai profondamente ed espirai. Lo feci di nuovo, mentre ascoltavo le loro frasi di
rabbia indirizzate a Marco e quelle di amore nei miei confronti.
Tamponai ancora un po di cipria sul naso, che si stava arrossando di nuovo e gettai
lo sguardo in alto per impedire al pianto di rovinare il maquillage ritoccato. Esplosi
in una risata, mentre cacciavo indietro nuove lacrime, quando Eva disse che gliela
avremmo fatta pagare a quello stupido non sapeva che cosa si perdeva
Tornai in sala con unespressione nuova e rasserenata.
Vidi che Marco si era sciolto dallabbraccio con Sonia e mi veniva incontro.
Gemma, doveri andata, non riuscivo a trovarti
E cosa te ne importa avevi con chi stare, mi sembra!
Non ricominciare, lei non conta niente disse sussurrando.
Non ricominciare tu! Non voglio saperne della tua relazione aperta! Vattene,
lasciami in pace.
Ma come io credevo
Cosa credevi? Cosa potevi credere? Sei un idiota, uno stupido, un uomo senza
cervello! Gli vomitai addosso queste parole senza pensare lontanamente di poter
urtare la sua sensibilit.
In realt, non me ne importava proprio nulla
Lui si allontan imprecando contro di me, con il braccio alto che veicolava
messaggi poco gentili.
Tornai a casa non so a che ora, accompagnata dalle mie amiche.
Ero in uno stato confuso e incredulo e, nonostante avessi bevuto un paio di
bicchieri di gin tonic, presi molte gocce di un tranquillante chiuso in una dolce
scatolina rosa. Lo tenevo per le emergenze.
Avevo solo voglia di dormire, senza riflettere, senza pensare.
Dormire un po come morire. sconfinare in un altro mondo, avendo
limpressione di staccarsi completamente da questo, percorrere luoghi e spazi oltre il
reale e vivere situazioni nuove.
Volevo abbandonarmi al sonno per non vivere il presente, per nascondermi alla
realt tuffandomi nelloblio.
Il cocktail di alcool e tranquillanti doveva veicolarmi in un mondo parallelo
sottraendomi al dolore, questo era il mio intento. Non chiedevo nientaltro alle gocce
dolciastre e ai bicchieri bevuti senza un perch. Ma il sonno si concesse a un sogno
che attingeva dal reale e che mi fece rivivere confusamente le fasi del mio malessere.
Non ero riuscita nel mio intento: avevo di gran lunga peggiorato la situazione,
dimostrando chiaramente la mia fragilit.
Mi sono svegliata stordita dopo molte ore, quando in casa non cera ormai pi
nessuno, con la sensazione indescrivibile di essere in me e fuori di me. E con
unesplosione di blu che inondava la casa.
Il colore del divano era ai miei occhi molto acceso e le pareti della sua stessa
intensit.
Ma dopo il dolore e il rimpianto, il senso di perdita e di sconfitta, ho cominciato a
provare sensazioni di calma assoluta, avvolta nel blu freddo di una stanza.
Ora sono appannata e confusa, tremante e gelata, ma invasa da un dolce senso di
tranquillit. Una pace serena mi fa socchiudere gli occhi, ancora accesi di blu.
Quando Sara e Cinzia tornarono a casa, nel tardo pomeriggio, trovarono Gemma
sdraiata sul divano, con gli occhi socchiusi e il corpo gelido.
Dopo un attimo di stupore i loro sguardi si riempirono di paura e di senso di colpa
per averla lasciata sola.
Fu una corsa estenuante in ospedale, dove una lavanda gastrica la strapp allaltro
mondo.
Accorsero parenti e amici che con occhi interrogativi cercarono di comprendere il
dipanarsi della vicenda.
Qualcuno parl di tentato suicidio sollevando un problema di ereditariet.
Dovevano essere persone che la conoscevano bene e che erano al corrente della sua
storia familiare. Anche sua madre era malata di nervi Se ne and per questo si
sent dire in un sussurro.
Suo padre fu avvisato rapidamente e di l a poco fu in ospedale.
I medici indagarono per sapere se fosse stato invece un incidente, ma non
riuscirono ad avere risposte precise. Tutto era tremendamente vago, in una nuvola di
incertezza.
Cos successo, piccola? Perch non mi hai chiamato se avevi qualche
problema? le chiese il padre non appena gli fu possibile vederla.
Pap non successo niente
Come niente? Hai bevuto e hai preso una dose massiccia di tranquillanti Tesoro,
giurami che non lo farai mai pi. Mi hai fatto morire di paura.
Non lho fatto apposta non so cosa mi sia successo. Non volevo, te lo giuro.
Ma che cos accaduto? Non ti sei mai ubriacata in vita tua.
Pap, niente, non successo niente. Solo che ho lasciato Marco.
Marco? Lasciato? E ti sembra niente? Ma forse stata una saggia decisione
Quello l non mi mai piaciuto per la mia bambina. Ma che ha fatto?
Pap, non dire cos, non ti arrabbiare non ha fatto nulla solo che, alla fine, ho
capito che non era la persona adatta a me. Mi ci sono voluti pi di due anni, ma infine
ci sono riuscita.
Niente di niente? Non ci credo. Comunque non importa, ora. In questo momento
devi stare tranquilla, tesoro, non agitarti. Pap qui con te.
Padre e figlia si strinsero in un abbraccio e tutto il resto sembr non contare pi.
Lei non voleva suicidarsi.
Cerc di spiegarlo ai familiari, ai medici e alle amiche, ma nessuno le credette
davvero.
Gemma era triste, sconvolta da una storia che laveva delusa, ma non cos fragile
da voler abbandonare la vita per questo. La situazione le era sfuggita di mano, tutto
qui.
Ma non sempre le cose pi vere sono credibili.
Verde
Oggi mi sento infinitamente verde, come gli occhi di mia madre che mi guardavano
pieni damore, mentre mi raccontava favole e mi insegnava a vivere.
Sento il bisogno di dare a tutti il mio perdono e di sperare in un futuro migliore.
Il verde luccicante del prato mi avvolge.
Lerba baciata dal sole di un mattino limpido mi incanta.
La guardo e voglio essere come lei. E sono lei. Sono erba.
Sono le foglie lucide della siepe, laria suona come una chitarra.
Sono verde di mille sfumature, smagliante e timida, piena di speranza.
Se mia madre fosse qui davanti a me, in questo prato che mi abbraccia, la
perdonerei di sicuro.
Le direi che non mimporta di quello che stato, perch so perfettamente quanto le
sono mancata, quanto lei mi ha amata, anche se da lontano, nel suo silenzio disperato e
stanco.
Le sussurrerei allorecchio parole dolci e pretenderei solo un abbraccio forte e
sincero, nel verde di questo prato, col sole che brucia sulla pelle, anche se solo
primavera.
Vorrei dirle tante cose, se lei fosse qui. Mi guardo intorno piena di speranza,
nellillusione folle di vederla davvero.
Lei non c, naturalmente. Ma non importa, sento di amarla nellimmensit della
mia anima, di saperla perdonare e di capirla. S, oggi capisco perfettamente.
Lei mi amava, mi ha sempre amato. Se n andata perch stava male, perch il
dolore la stava distruggendo e non voleva che la sua bambina la vedesse in quello
stato.
Armida me lha raccontato pi volte ed io so che la verit. Armida mi ha sempre
voluto bene, un bene immenso.
Oggi non ho altra speranza che incontrare mamma per poterla abbracciare e dirle
che la perdono.
Non mi ero accorta di quanto lei mi amasse. Vedevo solo i colori cupi, senza
lasciare spazio agli altri, che pure erano fermi e scintillanti davanti a me.
Lessenziale invisibile agli occhi.
Sono stata mille volte in questo parco, mille volte ho visto questo prato, ma non mi
ero mai accorta di quanto fosse verde.
Non si vede con gli occhi, ma col cuore.
Ed oggi, finalmente, ho visto.
Mamma ti voglio bene. Ti adoro. Sono una bambina piccola nello splendore
dellerba. Vieni a prendermi, sono qui. Ti perdono.
Sono sfuggita alla morte per caso, senza che avessi voluto morire, come tutti
credono. Dicono che ti somiglio, che come te sono scivolata in una pericolosa
depressione. Ma non vero. Non ho cercato di uccidermi solo perch Marco non mi
vuole pi. Non ci si pu uccidere per cos poco tu te ne sei andata, mamma, e io
non mi sono uccisa. Posso resistere a tutto. Posso accettare il fatto di rimanere
senza Marco, quando sono rimasta senza te.
Ma oggi non voglio rimproverarti, mamma, voglio perdonarti, per sempre.
Avrei voglia di dirle tutte queste cose, se solo potessi vederla.
A volte ho cercato di chiamarla, ma non ci sono riuscita. Altre ho avuto voglia di
andare da lei. Di nuovo. Come quella volta, tanti anni fa, quando conobbi Guidon. Era
un ragazzetto di tre o quattranni allora, e aveva gli occhi sfuggenti e vicini come suo
padre. Cattivo come lui, pensai. Perch non mi sono mai tolta dalla testa quella storia
che mamma mi raccontava sempre da piccola, quella che diceva che i malvagi e gli
avari hanno gli occhi vicini. E lei se nera andata con un cattivo e aveva fatto un figlio
cattivo.
Ma oggi non tremo pi per il fatto che lei vive con Guidon e non con me. Non
piango pi perch ha scelto di crescere lui, di stargli vicino e di lasciarsi me dietro le
spalle, come se non fossi anchio figlia sua, quasi come se non fosse stato mai
amore.
Oggi respiro il verde di questo prato e spero.
Spero di essere importante per lei, spero che se ne sia andata per mille altri motivi,
ma non perch non mi amasse. Perch non si pu non amare un figlio. O mi sbaglio?
So che lei mi vuole ancora tanto bene. Oggi ne sono totalmente certa e avrei una
gran voglia di dirglielo, mi piacerebbe tanto. Sono buona, la perdono. Sono verde,
scintillante, piena di speranza. Ma lei non qui.
Marco non pi importante per me. Ce ne sono cento altri come lui. Cento Marchi,
cento fidanzati. Ma una mamma sola.
Non ho pi mamma, non ho pi Marco, io sono sola.
Non so perch tutto questo sia capitato proprio a me. Ho pensato pi volte di
essermelo meritato, perch in fondo le cose accadono quando uno se le merita, nel
bene e nel male.
Mi sono sentita terribilmente in colpa per il dileguarsi di mia madre, prima, e per
le parole incerte di Marco, dopo.
Ho pianto, ho singhiozzato, mi sono chiusa in un dolore cupo e solitario.
Ho rifiutato chiunque si avvicinasse con lintento di darmi amore, per la paura che
poi svanisse nel nulla.
Meglio non avere niente, che illudersi di avere qualcosa e poi perderlo
miseramente, senza un perch.
Lho pensato sinceramente, pi di una volta, assetata damore e invasa dalla paura.
Ho allontanato anche mio padre, sono andata a vivere da sola, con la scusa
delluniversit.
Paura damare, come il titolo di un vecchio, bellissimo film.
E questa paura c sempre e soltanto quando il cuore si scottato e il dolore brucia
ancora. Se nessuno ti ha ferito, non hai paura dellamore. Se non ti sei mai bruciato
Gemma era riemersa lentamente dal baratro dellinsicurezza e della fragilit. Si era
accorta che se non metteva il dito nel fuoco, non si bruciava.
Le era stata di grande aiuto la vicinanza delle amiche, come lamore del padre.
Lui era andato a trovarla continuamente, facendosi spazio nella sua vita come una
freccia tra la folla.
Aveva anche sperato che volesse tornare a casa per un po, ma lei, che ormai si era
abituata a vivere da sola, non sarebbe mai potuta rientrare nella casa paterna. Per di
pi avrebbe avuto limpressione forte e terribile di aver fallito e questo non lavrebbe
certo aiutata a guarire.
Le fece pi di una visita anche la signora Armida, ormai alla soglia di una
veneranda et, ma sempre vitale e piena di premure per i suoi piccoli di ieri.
La nuvola argentea dei suoi capelli incorniciava un volto segnato dal tempo, ma i
lineamenti erano ancora quelli di una volta e le sue parole dolci come allora.
Armida cara! Sei venuta a trovarmi? Non sai il piacere che mi fa vederti qui
Sei la mia bambina, e ti vorr bene per sempre, fino alla luna, andata e ritorno
ricordi?
I suoi ottantanni abbondanti non le avevano annebbiato la memoria, n la capacit
di infondere calma e gioia di vivere nellanimo altrui.
Le raccont della sua vita quieta e spenta, dopo che tutti i piccoli del palazzo erano
cresciuti, dimenticandosi di lei.
Non cera neanche una punta di rimprovero nelle sue parole, certamente non per
Gemma che, quando andava dal padre, non scordava mai di fare un piccolo saluto alla
vecchia Armida ma neanche per gli altri. Neanche per quelli che erano diventati
ingegneri o architetti, avevano cambiato casa e non si erano pi fatti vedere. Armida
aveva il pregio meraviglioso di non essere permalosa. Parlava semplicemente dello
snodarsi impetuoso del tempo che, come il fiume, scorre tacito e rapido, quasi senza
che ce ne accorgiamo. Ed accettava con serena rassegnazione i cambiamenti della sua
esistenza, perch la crescita fa parte della vita, come la vecchiaia il preludio alla
morte. E ognuno di noi predestinato a morire la vita non che un passaggio.
Armida lo sapeva bene. E lo diceva spesso, con quella dolce e rasserenante
inflessione della voce.
Sono felice di essere vecchia sussurrava a volte. Vuol dire che ho vissuto! E
gli occhi le si accedevano come lampi in una notte buia.
Le raccont che adesso poteva anche morire in pace, perch aveva portato a
termine la sua missione, quella di dedicarsi ai bambini. Certo, doveva concludere la
sua ultima grande battaglia, cio riportare il sorriso sul volto addolorato della sua
piccola preferita.
Quelle parole scossero Gemma nel profondo e una lacrima salata le gocciol sulla
guancia.
Era stata una giornata faticosa, iniziata il mattino alle nove, con un corso di filosofia
del diritto e terminata alle sette del pomeriggio con una lezione di criminologia.
Gemma usc dallaula magna lentamente, lasciandosi spintonare dallondata di
studenti che stava riempendo il corridoio attiguo. Non aveva nessuna voglia di
mettersi a spingere a sua volta o, peggio ancora, crearsi spazi a suon di strattonate,
solo per guadagnare luscita qualche minuto prima. Era piuttosto stanca e desiderava
solo prendersela con calma.
Eva e Cinzia erano con lei, in fondo alla fila, e suggerirono un salto al
supermercato per una cena frugale.
Acconsent con poco entusiasmo, perch aveva solo voglia di tornare a casa, ma
pens che un po di spesa non avrebbe fatto male al suo frigo. Sulla frugalit dei pasti
era pienamente daccordo, perch non amava affatto cucinare. Le era da sempre
sembrata una perdita di tempo, perci preferiva mangiare piatti semplici e veloci da
preparare.
Arriv nei pressi della portineria, alluscita della facolt, immersa in questi
pensieri. Voltando lo sguardo not dei volantini azzurri posti sul bancone dei custodi e
ne prese distrattamente uno.
Fu un gesto quasi meccanico. Rigir il foglio tra le mani e lesse dentro di s le
parole in grassetto: Corso gratuito sulluso dei colori nellarte pittorica. Ne fu
incuriosita e continu a leggere.
Cera il nome del pittore che avrebbe tenuto il corso, nei locali della facolt stessa,
e la sua articolazione: due volte a settimana, per un mese. In tutto sedici ore di
lezione. Non poche, pens.
Scrut con attenzione il foglietto per vedere i giorni e gli orari in cui si sarebbe
svolto: marted e venerd dalle nove alle undici di sera. Le sembr strano che la
facolt fosse aperta dopo cena, ma avvert una vaga sensazione di gioia. A quellora
sarebbe potuta andare, se avesse voluto.
Le amiche le chiesero cosa stesse leggendo con tanto entusiasmo e lei porse loro il
volantino.
Lo trovarono privo di interesse e glielo ridettero immediatamente.
Gemma cerc di mascherare una certa delusione e devi la conversazione su altri
binari: parlarono della lezione di diritto processuale penale, dellesame a breve
termine, del tempo che rimaneva loro per studiare; contarono i giorni e le ore che le
separavano dalla data del primo appello e si sentirono spaesate. Non ce lavrebbero
mai fatta.
Ma Gemma non era preoccupata come Eva e Cinzia, non si dava cos pena per un
esame. Non era neppure cos convinta di aver fatto la scelta giusta iscrivendosi,
qualche anno prima, alla facolt di legge. Si era lasciata spingere dallidea di trovare
lavoro pi facilmente, in quanto suo padre avrebbe potuto introdurla in uno studio
legale, ma di certo non lo aveva fatto solo per questo. Cera qualcosa che
laffascinava nel mestiere dellavvocato: il poter difendere i deboli, le vittime, coloro
che ne hanno bisogno.
Col tempo, per, si era resa conto che tutti hanno diritto a un avvocato, anche i
colpevoli, anche chi ha commesso i peggiori crimini, la legge parla chiaro ed ebbe
la sensazione di aver sbagliato qualcosa, nel suo percorso di studi.
Ma quello non era il momento di indagare su argomenti di questo tipo. Era curiosa
di saperne di pi su quel corso e decise di iscriversi, chiamando il numero in
evidenza sul volantino.
Rispose una voce metallica femminile, senza inflessioni dialettali. Purtroppo non
seppe svelarle niente che non avesse gi appreso dalla lettura del foglietto; prese i
suoi dati e la salut cordialmente, dandole appuntamento alla settimana successiva,
quando avrebbe avuto inizio il corso.
Gemma ringrazi e cominci a fantasticare sulle future lezioni, riflettendo sulla
bellezza dei colori e sullimportanza che essi hanno nella vita. Aveva sempre pensato
che ci fossero elementi esterni capaci di interferire sullumore delle persone, del
resto esisteva la cromoterapia e questo legittimava sicuramente le sue affermazioni.
Era anche vero, per, che quello a cui si era iscritta era un corso sulluso dei colori
nellarte pittorica e probabilmente non aveva niente a che vedere con ci a cui lei
pensava.
Colori nuovi
Mi presentai alla prima lezione con i capelli raccolti e una luce positiva negli occhi.
Marco non faceva pi parte della mia vita da due mesi abbondanti ed io stavo
cominciando qualcosa di nuovo, dedicato essenzialmente a me stessa. Ero piena di
entusiasmo.
Mi chiedevo chi potesse esserci che conoscevo, ma non mi era chiaro ci che avrei
preferito. sempre bello condividere le esperienze con gli amici, ma, a volte, al di l
dellimbarazzo dei primi momenti, andare da soli in posti nuovi ci aiuta ad aprirci
agli altri e a rendere la nostra vita pi interessante. Ci spinge a guardarci dentro.
Il pittore che teneva il corso, Pierre Guimard, era molto diverso da come me lero
immaginato. Era giovane, non doveva superare di molto la trentina, anche se qualche
filo argentato nei capelli poteva far credere, a un primo sguardo, che fosse pi vicino
ai quaranta.
Gli occhi chiari illuminavano un volto dal colorito ambrato e i suoi abiti
stropicciati gli davano unaria stravagante. Sembrava totalmente preso dalla sua arte e
insensibile a qualunque stimolo esterno che non la contemplasse.
Parlava un buon italiano, bench laccento francese si facesse sentire qua e l,
nellintonazione della frase, oltre che nella pronuncia delle singole parole. Cominci
parlando della forza dei colori e dellintima individualit dei primari, che si
miscelano a formare i secondari e i terziari, cos nuovi e unici, anche se nati
dallunione degli altri. Giallo, rosso e blu furono alla base della prima lezione. Tratt
anche la tematica delle miscele, capaci di creare ogni colore esistente.
In seguito argoment molto sulle sfumature, che avvicinano tra di loro le varie tinte,
per separarle al contempo, inesorabilmente. Esse sfuggono rapide ai nostri sensi e si
rendono difficilmente catalogabili. Come dare un nome a una sfumatura?
Signor Guimard, cosa pensa dellinfluenza del colore sulle sensazioni? chiese
una voce dal timbro grave. Proveniva dalle prime file e io potevo vedere soltanto la
nuca delluomo che stava facendo quella domanda. Mi ero timidamente posizionata in
fondo allaula, sentendomi protetta dallinsieme di persone che sedeva davanti a me.
Credo che ci siano sicuramente dei legami se vogliamo che chi osserva un
nostro dipinto provi sensazioni leggiadre, dovremo usare tinte calde e avvolgenti,
naturalmente, di certo non useremo toni cupi, che rimandano invece a stati danimo di
altro tipo. Il colore lanima del quadro. Il disegno tracciato come base di esso non
che lo scheletro senza vita di un dipinto che diventer tale soltanto con luso sapiente
del colore
Parlavano di quadri e dipinti con grande naturalezza, sembrava che molti corsisti
fossero gi dei pittori, o comunque piuttosto navigati in questa arte, ed io cominciavo
a sentirmi fuori luogo.
partecipanti superava di molto la mia e quella dei miei compagni di studio. Io ero
comunque fra gli ultimi e Pierre aspett che quasi tutti fossero usciti per avvicinarsi a
me. Lo fece con il sorriso sulle labbra e una frase banale.
Mi scusi se lho obbligata a intervenire, poco fa, ma temevo che si fosse
annoiata.
Assolutamente, signor Guimard, ho trovato la lezione molto gradevole... dissi
impacciata.
Mi fa un grande piacere! prosegu con fare disinvolto. Allora posso contare
sulla sua presenza venerd prossimo?
Quella domanda mi fece quasi sobbalzare. Dunque il mio sguardo gli aveva svelato
che avevo avuto lidea di non tornare pi al corso? O aveva avuto davvero
limpressione che mi annoiassi? Comunque, ad ogni modo, aveva capito che non
intendevo ripresentarmi e mi stava dicendo che la cosa non gli piaceva affatto.
In fondo non era positivo per lui che ci fossero persone pronte ad abbandonare lo
stage alla prima lezione. Probabilmente insisteva solo per questo. Me ne volevo
convincere per non rimanerci male, sentivo gi il cuore accelerare, vedendolo cos da
vicino. Aveva gli occhi ancora pi intensi, nel colore e nello sguardo, e un profumo
fresco.
Lei molto bella, signorina, e senza di lei le mie lezioni perderebbero il corsista
pi interessante.
Quelle parole mi incendiarono il cuore e il viso.
Non risposi e accennai un timido sorriso misto a stupore, mentre guadagnavamo la
porta. Uscimmo insieme e la sua mano serr la mia in una stretta di presentazioni.
Il mio nome Pierre, come sapr e il suo?
Gemma
Splendido nome veramente adatto a lei anche i nomi, come i colori,
trasmettono sensazioni.
Lo ringraziai per i complimenti e mi incamminai in cerca di una fermata
dellautobus. Lui propose di accompagnarmi con la sua auto e io acconsentii, quasi
incredula. Ci dirigemmo verso il parcheggio in cui laveva lasciata due ore prima,
mentre mi sentivo frastornata, con le farfalle nello stomaco e la gioia nel cuore.
Fu molto gentile ed elegante e mi salut dandomi appuntamento al venerd
successivo, per la seconda lezione.
Poi, mentre stavo per scendere dalla macchina, mi porse il suo biglietto da visita,
indicandomi il numero di cellulare. La prego di telefonarmi, Gemma, per qualsiasi
cosa, anche se avesse bisogno di un passaggio. E mi raccomando, non si faccia
scrupoli, mi chiami!
Era buffo, mi stava ancora dando del lei, mentre mi faceva sentire cos importante e
aveva mille premure per me. Avrei voluto chiedergli di passare al tu, avrei voluto
sapere mille cose di lui, chi fosse veramente, da dove venisse, se vivesse a Roma. Ma
la mia mente si riemp di troppe domande, mentre il mio cuore scalciava imprudente
nel petto, e non fui capace di dire niente pi di un semplice grazie.
Rosso
Tremo e sussurro parole senza senso alla mia anima vigile e accesa. Mi sento
invadere da un colore caldo e impetuoso che mi scuote interamente scompigliandomi i
capelli e i pensieri.
Rosso vermiglio, rubino, cremisi, scarlatto, carminio.
Rosso sangue.
Passione e vergogna. Sensualit e intima timidezza.
Antipodi contraddistinti da una stessa tinta meravigliosa che dipinge il mondo con
tratti sicuri.
Le guance si tingono di questo colore, quando limbarazzo imperante e domina il
corpo, incapace di reagire.
E lintero volto si scalda e arrossisce, mentre le mani tremano e le parole perdono
la loro consueta fluidit nel fuoriuscire dalle labbra.
Rosso semaforo, rosso tiziano, rosso fuoco. Rosso che attrae lattenzione: il primo
colore percepito dai bambini, cos caldo e brillante, accattivante e vistoso.
Rosso che scalda il cuore e accelera i battiti.
Esplodo come un vulcano e la lava infuocata mi tinge di scarlatto.
Pierre entrato nei miei pensieri sconvolgendomi la vita.
Non penso pi a nientaltro. Solo a lui, al corso di pittura, ai suoi occhi che
brillano, alle sue parole gentili e appassionanti che mi rimbalzano dentro. Non so
niente di lui.
Solo che si chiama Pierre Pierre Guimard. Un nome che musica.
Lo so dal volantino che avevo trovato in facolt e anche dal biglietto da visita che
mi ha dato lui stesso. Guardo il suo numero di cellulare. Lo leggo e lo rileggo. Cifre
banali che si uniscono e mi regalano un sorriso, nel cuore e sulle labbra. Non so
proprio che cosa mi stia succedendo.
Per la prima volta dopo mesi non penso a Marco.
Ho voglia e paura di chiamare Pierre, ma le mie guance diventano porpora al solo
pensiero.
Mi vergogno di me stessa, non so cosa potrei dirgli.
Magari potrei inventarmi una scusa banale o semplicemente chiedergli se
passerebbe a prendermi.
Ma so bene che fare quella telefonata significherebbe ostentare palesemente il mio
interesse per lui. Sarebbe come dirgli che mi piace e che mi scalda lanima.
Non posso farlo, non da me.
Mi dico che preferibile rivederlo al corso e capire dal suo sguardo se linteresse
c davvero. Sono sempre cos terribilmente insicura.
Ma sono gi come la volpe del Piccolo Principe, affezionata o meglio
addomesticata come dice lanimale in quel libro pieno dincanto. Lattesa del
momento in cui so che lo rivedr mi rende felice, addirittura euforica. Godo di questi
forza del reale, dalla mera logica degli eventi, svuotato di ogni nota sensibile.
sicuro di s.
Bello e freddo.
Prosciugato del calore che infiamma lanima.
Solo adesso capisco che Marco inesorabilmente blu per la maggior parte del
tempo. Non riesce a tingersi di altri colori.
La freddezza lo pervade e lo fa suo. Per questo non ha mai capito le mie ansie e le
mie delusioni, e non stato in grado di percepire cosa cercavo di trasmettergli.
Il nostro era un dialogo fra sordi, al quale io mi sforzavo, senza successo, di fornire
il sonoro.
Pierre diverso, lo sento dentro di me con una forza indescrivibile. Ha una
ricchezza interiore che deborda incontrollabile e generosa.
Alla fine della lezione mi si avvicinato e si offerto di accompagnarmi a casa: io
ho accettato con lentusiasmo dipinto negli occhi e nella voce. Il suo invito ha spento
ogni mia insicurezza, confermando la direzione e lintensit dei suoi sguardi.
Una volta in macchina abbiamo conversato a lungo, percorrendo la citt illuminata,
mentre la parola risuonava fra noi scoprendo con delicatezza parte delle nostre
essenze.
Mi ha riportato a casa alle quattro del mattino, dopo aver percorso chilometri in
una Roma notturna e affascinante, senza offendermi con nessuna richiesta. Senza
cercare il mio corpo in un abbraccio caldo, fatto di carezze e di illusioni, o in un
bacio appassionato.
Ha sfiorato leggermente le sue labbra sulle mie prima di andarsene, quando ci
siamo salutati, dentro la sua auto parcheggiata sotto casa. Per ore abbiamo parlato di
noi, della vita dolce e impetuosa che ci pulsa dentro e delle emozioni che ci
pervadono e ci sorprendono. Mi ha detto che una molla impercettibile lo spinge verso
di me con forza e delicatezza al contempo. Che lo attraggo infinitamente, che
affascinato dai miei occhi lucenti e dal mio sorriso.
Ed io sono morta dentro, di gioia autentica e di stupore immenso. Non avrei mai
creduto di poter suscitare queste sensazioni in un uomo. Soprattutto ora, dopo la storia
con Marco e la delusione cocente che ne derivata, dopo che mi sono sentita una
specie di niente, umiliata e buttata via.
Mi ha preso una mano per un momento, mentre mi parlava guidando, e lha tenuta
nella sua in un gesto di affetto infinito.
Sono scesa dalla macchina quasi tremante, per la girandola di emozioni che
volteggiava dentro di me.
Gli ho sorriso di nuovo, in quel mio gesto spontaneo che per lui una musica
speciale, e ci siamo dati appuntamento alla sera successiva.
Rientro a casa e mi siedo sul divano. Le mie coinquiline sono a letto, tardi ormai.
Nel piccolo salotto non c pi nessuno ed io sono sola con le mie emozioni.
Dovrei andare a dormire, domani dovr alzarmi presto, ho lezione alle nove. Ma
non riesco a cadere tra le braccia di Morfeo, ripercorro col pensiero i vari momenti
trascorsi insieme a lui, nel corso della serata, e sento che mi scaldano il cuore e mi
accendono i sensi.
Mi tingo di sfumature infinite in questa notte insonne, in cui lo spazio e il tempo
sfuggono lontani allorizzonte, al di l di me, al confine del sogno. Mi perdo in un
abbraccio immaginario e volo da lui con la mente. E, intanto, gli occhi sbarrati e
attenti contengono illusioni e speranze che si miscelano alla realt, in una danza
piacevole e intensa.
Mi chiedo se sia davvero quello che io credo che sia.
Sembra troppo perfetto per essere vero e la ragione si insinua con la sua lingua
biforcuta nellincanto dellillusione, facendo nascere il dubbio. Comincio a guardare
la cosa da altre angolazioni, mio malgrado, cerco punti di vista diversi che siano
grondanti di verit assoluta. Ma la verit non mai una sola.
E trovo mille domande, mille risposte, mille perch.
Ma poi, quando il dubbio sembra prendere forma e sostanza dentro di me, la magia
dellincanto improvvisamente vince il raziocinio, che viene riposto in un angolo del
cuore.
E sono di nuovo luminosa e solare, avvolta da quella luce rossastra che invade il
cielo, rubandogli lazzurro.
Sono rossa damore.
Finalmente vado a letto navigo ancora col pensiero nel ricordo della serata e poi
mi addormento, stretta tra le braccia di un sogno che pu tingersi di realt.
Le immagini dei momenti trascorsi insieme rimbalzano dentro di me e mi tolgono il
respiro. Gi mi manca infinitamente.
Poi il buio della notte si colora di timide luci e la giornata si sveglia con un
Buongiorno tesoro scritto in un messaggio telefonico mattutino proveniente da lui.
In seguito scorre armoniosa, fra studio e lezione di diritto tributario, mentre sono
stordita da emozioni nuove che sembrano allargarsi e prendere forma dentro di me.
La mente vaga e si insinua nuovamente nel ricordo per poi farsi spazio nel futuro,
immaginandosi lo snodarsi della nuova serata.
Sono quasi le nove di sera e lo sto aspettando.
Mi sono lavata i capelli e li ho asciugati a testa in gi per renderli vaporosi. Ho
curato la base del trucco, per una pelle morbida e vellutata e ho tinto nuovamente le
labbra di scarlatto.
Ho usato un rossetto lucido e una matita sottile, per disegnare una bocca generosa e
morbida. Poi ho indossato un abitino rosso, corto sopra il ginocchio.
Mi tingo di questo colore che mi rappresenta. Sono innamorata.
Lui arrivato puntualissimo, mi ha fatto uno squillo sul cellulare, ed io sono scesa.
Lho baciato lievemente sulle labbra, in forma di saluto, stampando sulle sue parte
del rossetto. Lui ha gustato il buon sapore e ha sorriso.
Poi mi ha guardato negli occhi e mi ha detto mille cose, con uno sguardo fatto di
dolcezza, in sintonia col mio.
Ho sentito un brivido percorrermi la schiena e inondarmi intensamente ogni pi
piccola e recondita parte del corpo.
Come stai, tesoro, tutto bene? Com andata la giornata?
Bene, grazie, tutto regolare Rispondo ostentando naturalezza mentre osservo
dentro di me che mi ha di nuovo chiamato tesoro.
Ha la erre lievemente francese e la parola risuona in un modo che mi incanta.
Significato e sonorit ondeggiano nel cuore e nella mente e mi portano lontano. Dove
sono? Non lo so pi.
Nella sua macchina, credo, frastornata da mille emozioni, dentro una nuvola
morbida e vaporosa che mi assorbe e mi nasconde al mondo.
Dove preferisci andare? Avevo pensato a un ristorantino tranquillo fuori citt
Per me va bene, anzi benissimo. Lo dico quasi in un sussurro sorridendo
leggermente.
Lui ricambia il sorriso e mi prende una mano, che avvicina alle sue labbra e bacia
dolcemente.
Vorrei dire altre cose, essere pi brillante, esaustiva, ma non ci riesco, l'emozione
mi blocca e mi infiamma il viso.
Sono felice.
Quello che sta succedendo con Pierre straordinario, mi sembra impossibile. Devo
darmi un pizzicotto per capire che non sto sognando.
Durante il tragitto parliamo di mille cose, in modo naturale e spontaneo, come se ci
conoscessimo da sempre. Mi chiede dei miei studi, mi dice dei suoi e del suo lavoro,
mi parla di impressionismo e di colori raggianti, cita Van Gogh e altri pittori minori,
dai nomi leggiadri, e mi svela la magia che gli regala il dipingere in s.
Io intervengo, gli faccio domande, gli racconto di me. La nuvola che mi avvolgeva
frastornandomi si in parte dissolta, lasciandomi una sensazione di piacere infinito.
A cena la conversazione continua, tra turisti vari e romani fuori porta.
Scegliamo un antipasto della casa e parliamo dei nostri gusti alimentari. Ci
sveliamo gradualmente, raccontandoci, in una cornice speciale, delicata e dolcissima.
Mi parla della Francia, dei suoi viaggi, dei corsi che tiene in tutta Europa, dei suoi
quadri e della sua voglia di me.
Mi chiede di posare per lui. Vuole farmi un ritratto.
Vuole tingermi dimmenso in una luce abbagliante di colori e avermi l, di fronte,
per osservarmi intensamente e dipingere con i pennelli i miei tratti, regalandomi il
soffio della vita nel silenzio di un quadro.
Sono entusiasta. Le sue parole mi inondano come un fiume caldo e incantevole.
Sono una musica dolce, un canto soave, dove le note acute non stridono e quelle gravi
risuonano delicate.
Potrei piangere di gioia.
Sento gli occhi inumidirsi, per un momento, ma poi ricaccio indietro le lacrime e
sorrido.
Dopo cena facciamo una passeggiata mano nella mano. Mi mostra la bellezza della
luna, che brilla di luce propria nel suo spicchio dorato.
Guardiamo il cielo buio e pensiamo alle stelle, piccoli punti luminosi per i nostri
occhi miopi, ma corpi infiammati di luce nellimmensit delluniverso. E tutto mi
sembra diverso, raccontato dal sussurro della sua voce calda.
Camminiamo un po percorrendo una strada in salita, al di l del piccolo ristorante
di periferia, finch Roma non si affaccia ai nostri sguardi, maestosa e bellissima,
impreziosita da mille gemme luminose, nel buio della notte.
Ci appoggiamo a un muretto, mentre osserviamo incantati il panorama straordinario
e le sue braccia mi cingono dolcemente.
Poi le sue labbra si posano sulle mie, in un bacio delicato.
Mi sembra di volare, nel silenzio di quellabbraccio intenso.
Ora le parole non servono e lincanto del momento si illumina di magia. Io e lui
soltanto. Noi due, luno dentro laltra, uniti da una stretta avvolgente che ci unisce con
forza, nellimpeto di unemozione trasparente che si tinge di mille colori caldi e pieni
di vita.
Torniamo alla macchina camminando lentamente per mano, con un gesto complice e
bellissimo.
Sulla via del ritorno osserviamo la natura che fiancheggia la strada, nel buio che si
colora di luce e che colpisce la nostra attenzione.
Lui mi racconta di nuovo di s, mi parla dello spazio e del tempo, della natura e
delluomo, che insieme collaborano per dar vita alla bellezza. Manifesta il suo amore
per tutto questo, con una sensibilit profonda che mi affascina e mi cattura.
La cosa meravigliosa che dice cose che io stessa penso, da sempre, senza che
nessuno le condivida con me.
E sentire che anche lui prova le mie stesse emozioni, nellosservare uno scorcio di
panorama o un cielo stellato, mi provoca una gioia interiore senza pari.
Mi assomiglia come non mai ed parte di me, ed io di lui, nel profumo di un
momento e nella sonorit armoniosa di una frase.
Mille pensieri invadono la mia mente accesa, mille sensazioni nuove e inattese
mi sorprendono e mi colorano dentro.
Pochi giorni fa lui non cera ed oggi qui, con me.
Era altro, lontano, un pittore e un poeta perso nel vento.
E adesso mi siede accanto, mi guarda negli occhi e vede solo me.
Illumina la mia esistenza senza accorgersene, con il suo sorriso e la sua poesia, poi
mi dice dolcemente: La tua voce frizzante mi riempie di vita, non smetterei mai di
ascoltarla
E le sue parole mi sorprendono ancora, perch somigliano ai miei pensieri, ogni
volta.
Mi accorgo che sentiamo le stesse cose in questa notte senza confini, al di l del
tempo, verso lorizzonte, dove realt e fantasia si confondono e il sogno prende
forma.
Mi sento come la farfalla di Herman Hesse, caduta nel bicchiere di vino, che,
ebbra, si abbandona alla sua dolce rovina. E il mio cuore accecato dagli occhi di lui,
affonda felice nel denso calice, nel rosso del vino profumato, pronto a morire, ebbro
dellincanto che lui gli regala, generoso e soave.
E sento io stessa il mio destino compiersi solo con un cenno della sua mano, che
tutto pu, regina di me e del mio vivere.
Girovaghiamo a lungo con la macchina, prima di fermarci nel parcheggio sotto casa
mia.
Poi parliamo ancora nellabitacolo che si riempie dei nostri sussurri e dei nostri
baci, rubati alle labbra rosse damore, morbide e dolci come miele di castagno.
Ma non gli chiedo di salire da me, come lui non mi invita a casa sua. Non ancora.
troppo presto.
Potremmo farlo, ma andrebbe a rovinarsi quellincanto e quella complicit senza
pari che ci unisce ed parte di noi.
Sono cullata dalla magia di sensazioni intense e voglio gioire di queste. Mi sfiora
una mano, mi accarezza dolcemente il collo e questo mi trasporta in un mondo
sublime, al di l del reale.
Infine lo saluto con lultimo bacio a fior di labbra e gli do appuntamento
allindomani. Ci vedremo di nuovo, una nuova serata insieme. Poi per qualche giorno
saremo lontani, perch Pierre ha un incontro a Firenze.
Torno a casa di nuovo frastornata e incantata da mille emozioni.
Eva e Cinzia sono a letto, sono le tre del mattino. Vado subito a dormire anchio,
dopo aver sciolto il trucco nel dischetto di cotone, in un gesto consueto. Rido e piango
di gioia, dentro di me.
Il sonno tarda di nuovo ad arrivare, ma la notte profuma di novit straordinarie e la
vita mi sorride. Sono sveglia e felice.
Sento che Morfeo mi accoglier lentamente fra le sue braccia, adesso, e sar
musica e poesia, in un sogno colorato.
Pierre e Gemma, due corpi e unanima. Sembrava davvero una storia bellissima,
sbocciata per caso, fra pennelli e colori, grazie alla voglia di partecipare a un corso
di pittura. Lei ci era andata senza un vero perch, in fondo, ondeggiante di vita e
attratta gi da lui senza saperlo, senza averlo mai visto, grazie a un volantino azzurro
messo l, forse, dalla mano sapiente di Cupido, vigile e pronto con le sue frecce
incantate.
E nonostante la paura di sbagliare ancora, lei aveva saputo lasciarsi andare e far
nascere una storia vera, intrisa di amore e di magia.
Aveva posato per lui e ne era venuto fuori un ritratto bellissimo, fatto di luce
abbagliante, come un sole che infonde calore e gioia di vivere. Era stata come una
delle modelle di Van Gogh, pronta ad accontentarlo e a mostrarsi col suo volto
sorridente.
Aveva vissuto unesperienza unica, fuori dallordinario: lei immobile per ore nel
suo atelier, con la voglia di saltare e di abbracciarlo, ma anche con la consapevolezza
di vivere un momento pieno di meraviglia e di splendore.
La vita fatta di dettagli.
E quelli che ci fanno star bene, che ci cullano dolcemente e ci fanno sentire sulla
cima di una montagna, vittoriosi e soddisfatti, ci ricordano quanto essa sia degna di
essere vissuta. Al di l di tutto.
Pierre laveva vista subito, la prima sera del corso, e aveva sentito un morso
nellanima. Le anime gemelle si vedono da lontano, si riconoscono e si attraggono.
E nonostante la sua situazione personale complicata, non aveva saputo sottrarsi a
quellabbraccio dolce e profondo, a quel rapporto puro e cristallino, fatto di
delicatezza e sintonia.
Gemma era la Cenerentola della sua vita, la ragazza che calzava perfettamente una
scarpa dimenticata.
Era lei la donna dei suoi sogni.
Lo sentiva fortemente dentro di s, anche dopo, a Firenze, quando era lontana e lui
aveva il tempo di riflettere e di guardare la situazione a mente fredda, immerso nel
lavoro, ma con la testa pronta a correre da lei.
Non cera dubbio. Il sentimento era profondo e vero, senza finzioni di sorta.
Sentiva pulsante dentro di s il desiderio e il bisogno di lei, con la vita che rideva
abbagliante e generosa.
E avrebbe avuto voglia di dirle tutto, di spiegarle che talvolta si presentano
situazioni difficili, da cui non si sa trovare una via di scampo.
Ma capiva di non riuscirci, perch il suo amore era troppo grande e la paura di
perderla immensa. Non poteva rischiare, non poteva raccontarle niente della sua vita.
In fondo era meglio cos. Non le stava mentendo. Se ne convinceva sempre pi.
Lamava davvero, infinitamente, laccarezzava col pensiero in ogni momento, era
continuamente con lei e dentro di lei, anche da lontano. Avrebbe omesso qualche
particolare, per ora.
Non tutto fantasia.
A volte la realt cos bella e piena di incanto da superarla.
Almeno per un po.
Indaco
Niente si spento davvero, ma non riesce pi a brillare, nel cuore di Gemma. A volte
la paura pi forte della luce e la lontananza genera mistero. Il dubbio si insinua
silenzioso e ostile vestendo la realt di colori nuovi.
Pierre sempre lo stesso, pieno di amore e grondante di emozioni, nonostante la
verit che nasconde, ma non l accanto a lei. Gemma non pu vedere i suoi occhi e il
suo sorriso luminoso. Non pu godere del suo sguardo avvolgente e sente sfuggire
ogni sicurezza appena acquisita.
Niente pi brilla, ora.
Tutto opaco e privo di slancio.
Poi un messaggio sul cellulare.
Le parole calde intonano nuovi accordi luminosi, laria brilla ancora intorno a lei e
tutto si colora di tinte accese.
A volte basta poco per sentire una persona vicina.
Pu essere sufficiente un sussurro, una parola che sfreccia abbagliante e risveglia
la magia.
Le anime gemelle si addormentano in un attimo infinito e si risvegliano nel profumo
di un respiro.
Pierre tornato da Firenze e ogni mio dubbio svanito nel nulla. Ho rivisto il suo
sorriso e ho toccato con mano il suo desiderio di stare con me. Tutto tornato ad
essere comera.
Lincanto continuato per giorni, per settimane, per mesi.
Ha fatto nuovi viaggi, da cui rientrato con lo stesso entusiasmo e con lo stesso
amore per me. Io lho aspettato con impazienza, ma certa ormai di avere un posto
importante nel suo cuore, senza pi il terrore malcelato di essere presa in giro.
Senza pi il timore che non torni, che sparisca per sempre.
Mi ha portato con s molte volte, ed stato meraviglioso.
Anche a Parigi e a Milano. Citt meravigliose che hanno fatto da cornice alla quiete
accesa e impetuosa di un sentimento vivo e profondo che ci unisce e ci pervade.
stato tutto incantevole, troppo bello per essere vero.
Mi sentivo avvolta da un velo magico che mi frastornava relegandomi in un mondo
ovattato. I momenti trascorsi insieme, i suoi quadri e le sue mostre, le lezioni, i nuovi
corsi, la sua voce musicale e suadente che spiega le teorie affascinanti sulla luce e i
colori, limpressionismo e lespressionismo tutto mi ha fatto sentire nuova e
diversa, gratificata e felice.
Io sono stata con lui, mi ha presentato ai colleghi, mi ha tenuto per mano per le vie
della citt, in ogni momento mi ha fatto sentire partecipe e viva.
trascorso quasi un anno dal nostro primo incontro, dalla prima lezione del corso sui
colori a Roma.
Penso a cosa sarebbe successo se non ci fossi andata, se non fossi stata incuriosita
da quel volantino azzurro, se non fossi stata affascinata dalla magia dei colori, nelle
loro mille sfumature.
Non lo avrei mai conosciuto e la mia vita sarebbe stata vuota senza saperlo. Non
avrei sentito i pensieri correre fugaci in attimi infiniti danzanti tra di noi, non avrei
goduto di momenti speciali, al confine della magia e del sogno. In definitiva non sarei
quella che sono, perch ognuno di noi il risultato di ci che vive e di ci che sente.
E, grazie a lui, sono stata dipinta di slancio e di armonia, nella mente e nel cuore.
Viola
Credono che sia il suo lavoro a tenerlo lontano, non una vita parallela che si
costruito con me.
Lou ha quattro anni, il viso rotondo come una mela e gli occhi verdi che cercano il
padre. Lui se n andato quasi per sempre, lo vede a singhiozzi, per colpa di una
donna straniera che glielha portato via.
Devo essere per lei quello che stato il compagno di mia madre per me, tanto
tempo fa. Io ne avevo cinque di anni, e gli occhi chiari, pieni di speranza, spalancati
al mondo. Chiss se anche i miei sono vicini, come quelli di lui, a simbolo di
cattiveria.
Forse lei non sa niente, povera bambina, lo spero con tutto il cuore.
Vorrei abbracciarla e dirle che io stessa non ne sapevo nulla, che lho scoperto
soltanto adesso, per caso. Povera piccola Lou.
E mi dispiace anche per Marion, la sua compagna vera, madre di sua figlia, lasciata
sola in Francia, senza un vero perch.
Ma come ha potuto fingere in questo modo? Come ha potuto farmi questo?
Eppure sapeva il male che mi ha fatto labbandono di mia madre. Gli avevo
raccontato i particolari della mia infanzia, il dolore della perdita e il vuoto senza pari,
nonostante lamore di pap.
Conosceva ogni dettaglio.
Perch mi ha mentito cos? Perch mi ha fatto rivestire questo ruolo orribile?
Litighiamo ferocemente in questa giornata senza tempo, in cui per caso ho scoperto
la verit.
E adesso sono solo parole svuotate di senso.
Urlo allinfinito, non so fare altro e rimango senza voce e senza fiato E ho
limpressione che tutto sia immobile e statico, nonostante le mia grida disperate che si
intrecciano ai suoi non come credi, che ormai rimbalzano e rotolano lontani.
Vorrei chiudere la porta e lasciare luniverso al di l di essa, distante e distratto, e
far risuonare le parole fra noi. Ma la musica sparita. La nostra storia non stata che
un attimo senza tempo nel buio della menzogna. Non riesco a crederci.
Il dolore troppo grande. Mi uccide dentro, mentre la voce diventa roca, tanto le
grida sono forti e strozzate.
Non riesco a pensare, esprimo con le urla la mia sofferenza devastante. E grido
ancora e ancora.
Infine mi chiudo in un silenzio infinito.
E ascolto lui: Ho cercato di dirtelo tante volte, Gemma, ma non ho potuto, non ci
sono riuscito. Sapevo che non avresti potuto capire, perch impossibile capire. Lo
so, ho sbagliato, ma non ho potuto fare diversamente, perch ti amavo e ti amo troppo.
Ma non potevo neanche fingere di non avere pi una figlia. Marion non pi niente da
tanto tempo per me, te lo giuro, soltanto sua madre.
Lo guardo e mi accorgo che le sue parole sono mute.
Non risuonano nellaria, non dicono niente.
Parla di amore, lui. Non sa neppure cosa significhi questa parola.
Ha danzato con me, nella musica infinita e sublime di quel sentimento e poi ha
dimenticato ogni passo o forse ha finto fin dallinizio di saper ballare. Non si pu
amare senza essere sinceri.
Sono roca ed esausta, incredula, delusa, morta dentro.
Ora singhiozzo atrocemente, mentre immagini di ogni tipo rimbalzano dentro di me
e mi squarciano lanima.
Io e lui che camminiamo sorridenti, lui che mi abbraccia, lui che bacia lei
ridendo di me, lui con la bambina in braccio ed io da unaltra parte del mondo, con
lillusione chiusa dentro e lespressione stupida.
Non credo pi a niente.
Non so pi capire le persone. E neppure le cose o gli eventi.
Mi chiedo come potr vivere ancora senza sprofondare nel buio dellangoscia o di
una depressione assoluta.
La delusione terribile: uccide dentro e umilia in modo devastante.
Non riuscir pi ad amare.
Lo sento con forza.
La mente abbraccia immagini che rimbalzano con vigore dentro di me ed io sono
stordita e affranta, incredula e svuotata di tutto.
Sono terribilmente sola e ridicola. S, ridicola.
Eva mi chiama al cellulare e le rispondo distrattamente.
Ti sento strana, Gemma, che cos' successo?
Niente, niente. Stai tranquilla.
Sicura? Posso aiutarti in qualche modo?
Sicurissima, nessuno pu fare niente per me.
Chiudo la telefonata e saluto Pierre, che mi ancora di fronte.
Mi ha guardato negli occhi per tutto il tempo, con uno sguardo quasi dolce, di chi
vuole farsi capire.
Gemma, ti prego, non andare, ho bisogno di te. Non pu finire tutto cos. Il mio
amore immenso.
Non so cosa pensare.
Continua a parlare di amore. Questa parola sulle sue labbra cos stonata, adesso,
che mi d fastidio.
Ma lui insiste, continua, ripete gli stessi concetti, ricorda episodi e infine mi fa
una domanda inattesa.
Perch dovrei insistere cos, se non ti amassi? Potrei prendere la palla al balzo, se
non mi importasse niente di te, se ti avessi solo preso in giro, e andarmene per
sempre. Ma non lo faccio, perch ti amo. Ti amo pi di me stesso.
Rimango ammutolita. Quelle parole adesso risuonano dolcemente dentro e fuori di
me e mi lusingano. Ma non voglio essere fragile. Non posso cadere ancora nella
debolezza dimostrata con Marco, devo reagire, devo andarmene.
Corro via, lasciando Pierre solo e incredulo.
Mille pensieri mi invadono mentre sono sullautobus e poi per strada. Finalmente
arrivo a casa, ma sento squillare il cellulare, imperterrito, nella mia borsa. Pierre.
Tesoro ti chiedo solo di pensare a quanto di bello c stato fra noi Mi sento
vuoto e deluso. Ti prego dammi unaltra possibilit.
Gli rispondo che tardi e che deve lasciarmi andare, accettando la mia decisione.
Gli dico parole dure, nuove anche per me.
Del resto lintera situazione nuova, non posso fare diversamente. Poi preciso che
sono stanca e che voglio andare a dormire.
Lui si scusa, ma dice ancora che mi ama e che non pu stare senza di me. Lo saluto
freddamente e chiudo la comunicazione.
Poco dopo mi manda un messaggio telefonico, dolcissimo, come solo lui sa fare.
Guardo la luna e le mando un pensiero damore per te. Puoi riceverlo, tesoro, se la
guardi anche tu. quella luna meravigliosa che abbiamo ammirato tante volte
insieme, vestita di luce e di incanto.
Ma basta!
Non rispondo, non voglio cedere. Non voglio dargli nessuna chance.
Il viola mi pervade e mi pugnala dentro.
il colore della transizione, degli eventi che si trasformano. Di ci che era e non
pi.
Non voglio illudermi. Vado a letto senza dire niente.
Vorrei dormire per sempre.
Vorrei morire, uccisa dal viola.
E invece mi sono risvegliata, la mattina successiva.
Dopo una notte terribile, inondata di sogni dal sapore di incubo, riempita di mille
colori nefasti.
Ho cercato di raccogliere le idee, di scuotermi.
Sara e Cinzia mi hanno chiesto cosa mi fosse successo, tanto mi vedevano pallida e
stralunata. Ma non ho voluto dir loro niente.
Mi sono stancata del ruolo che rivesto ai loro occhi.
Io sono sempre la sfortunata, con un sacco di problemi con laltro sesso. Loro,
invece, le ragazze forti e piacenti, piene di uomini che le adorano.
No, ho preferito tacere e uscire di buonora. Ho fatto una passeggiata immersa nel
traffico cittadino, con il vento fresco che mi pungeva il viso. Ho osservato le auto, le
persone al loro interno, ho respirato aria inquinata e provato sensazioni molteplici.
Mi sono ritrovata in via Tevere, dopo aver preso due autobus, pieni zeppi di studenti e
lavoratori di ogni tipo, di fronte al palazzo alto e decadente dove ho trascorso
linfanzia e ladolescenza. Mi guardava cupo e imponente, con le sue facciate grigie
ed io ho sentito una stretta al cuore. La malinconia mi ha invaso, insieme allangoscia.
Lentamente mi sono avvicinata al grande portone e ho suonato il campanello
dellultimo piano. Sono uscite due signore eleganti, mentre aspettavo che una voce
Questultima una delle cose che interessa di pi alle persone di una certa et. Ci si
sposava molto pi presto, ai loro tempi, e non riescono ad accettare lidea che a
ventitr o ventiquattro anni una donna non abbia ancora trovato un compagno di vita.
Le ho detto che ce lho ancora, che sempre Pierre.
Non italiano? mi ha chiesto lei.
No, francese, ma vive qui. un pittore. Ricordi? Te lo avevo detto.
Certo cara, ricordo perfettamente.
Ha sorriso con tutto il volto e mi ha abbracciato di nuovo.
Lei si ricordava di Marco e della storia del tentato suicidio, che poi era stato solo
un incidente. Ma sapeva anche di Pierre, glielo avevo raccontato durante qualche mia
visita frettolosa e Armida non dimentica mai niente. Ha la memoria di ferro e il cuore
doro.
Pierre ha quattordici anni pi di me, ma ne dimostra di meno
Sei innamorata di lui?
S.
Allora let non conta.
cos dolce, col suo sorriso pacato e coinvolgente e la sua nuvola di capelli
argentati, che mi sento invadere da sensazioni positive solo guardandola. E sa sempre
dire la cosa giusta.
Parliamo damore, di vita, di profumo di torta e di diabete.
Le parole scivolano veloci e fluide mentre tutto pervaso di armonia.
Parliamo anche di morte, con gli stessi toni, come se fosse un semplice elemento
della vita. Le dico di passare ad altri argomenti, ma lei mi risponde con serenit:
Devo pensarci, Gemma, potrebbe arrivare presto, sono vecchia.
Ma no, non vero, non lo sei
Certo che lo sono, cara, ho gi superato let media per una donna italiana. Ho
quasi ottantacinque anni, tesoro, e mille acciacchi. Ma sono serena. Quando arriver
non mi coglier di sorpresa. So che il mio tempo sulla terra sta per scadere
cos tranquilla e saggia che mi sorprende nuovamente.
Ho fatto bene a non dirle nulla del mio dolore.
Lei ha problemi molto pi grandi di me, ma non si lamenta, non scalcia e non
scalpita. Non freme. Vive con dignit regalando dolcezza a chi la circonda.
Vorrei tanto saperlo fare anchio.
Mi offre il t con i biscotti.
Io accetto mentre le parlo di Pierre come se non fosse successo niente, come se
tutto fosse come prima. Lei ascolta con interesse.
Prepara le tazze e affetta il limone, mi fa qualche domanda.
Sorseggio il t fumante che mi sembra buonissimo, zuccherato al punto giusto. Ci
tuffo qualche biscotto a forma di luna. Poi un altro e un altro ancora. Mi accorgo di
avere una gran fame.
Non ho praticamente cenato e non ho fatto colazione, come mi capita spesso quando
sto male.
Armida mi fa compagnia col t, ma non pu mangiare biscotti, a causa del suo
diabete. Ne prende solo un pezzetto, che gusta lentamente mentre mi parla
dellimportanza dellamore: il motore della vita. Poi tira fuori fette biscottate
ipocaloriche. Sorride.
I suoi occhi luminosi troneggiano in un volto pieno di rughe.
Li guardo incantata.
Quando esco da quella casa, dopo aver abbracciato Armida e promesso a me stessa
di tornare presto a trovarla, sono una persona diversa da quella che aveva varcato la
stessa soglia un paio dore prima. Non sono pi una ragazza col cuore infranto che sa
solo urlare il suo dolore. Sono una giovane donna che cerca di vedere e guardare con
gli occhi degli altri.
Scendo le scale e mi soffermo di fronte allappartamento di mio padre, dove ho
vissuto anchio dallet di tre anni fino a quando ho cominciato luniversit. Ho un
lieve sussulto.
Sul campanello c ancora il cognome di mia madre.
Lo sapevo, certo. Nessuno di noi aveva mai voluto toglierlo.
Ma adesso brilla davanti ai miei occhi e non so fare a meno di guardarlo. Vorrei
suonare e abbracciare pap, ma so che sarebbe inutile, perch a questora sul posto
di lavoro. Provo lo stesso.
Aspetto un momento e sento girare il chiavistello, mentre la porta si apre. Me lo
trovo davanti con laria perplessa e interrogativa.
Ha i capelli scomposti e laria stanca.
Gemma! Che ci fai qui?
Credevo fossi al lavoro sono venuta a trovare Armida.
Oggi non sono andato, ho preso un giorno di ferie, avevo voglia di staccare un
po ma vieni, tesoro, entra.
Mi abbraccia e mi d due baci sinceri sulle guance. Io contraccambio. Adoro pap.
Mi offre qualcosa da bere o da mangiare e mi invita a sedermi sul divano del
salotto. Dalla posizione dei cuscini e il portatile sul tavolino basso capisco che lui
era l, fino a pochi minuti prima.
Lo vedo un po strano, chiss perch oggi non andato a lavorare. Sembra che mi
voglia nascondere qualcosa.
Forse sta pensando che se sono andata a trovarlo proprio il giorno in cui rimasto
a casa, significa che sono a conoscenza di qualcosa. Ma la verit che si tratta
semplicemente di un caso fortuito.
Sono l perch avevo voglia dellabbraccio caldo di Armida e poi ho pensato di
suonare anche a lui. Era come se non mi sentissi a posto ad andarmene senza suonare
il campanello a pap, anche se ero certa che non ci fosse.
Il tutto stato assolutamente casuale.
Ma perch lo vedo cos strano? Mi chiedo che cosa gli sia successo.
Cerco di capirlo da lui mentre parliamo seduti sul divano beige del salotto. Noto
Argento
Questa volta non ho detto niente a nessuno e nessuno commenter la mia scelta.
Marrone
Tornai indietro nel tempo di qualche mese e mi ritrovai ad una fiera di paese in
Toscana.
Ci eravamo andati per una mostra di Pierre e poi avevamo colto loccasione per
qualche giorno di vacanza nelle colline di quella regione incantevole. Rivedo dentro
di me momenti banali vestiti di magia, solo per il fatto di essere con lui.
Gli sedevo accanto in macchina e sentivo i suoi occhi posarsi delicatamente su di
me. Sorrideva con lo sguardo e parlava del pi e del meno. Aveva la voce calda e
lespressione di chi felice di essere dove si trova. Lo ero anchio. Eravamo in
viaggio da due ore, ma il tempo perdeva i suoi contorni e scivolava via rapido, spinto
dalle parole che ci univano e risuonavano armoniose tra noi. Avevo la sensazione che
il mio umore e il mio stato danimo dipendessero fortemente dal suo esserci, dalla sua
voglia di stare con me. I colori che avevo dentro erano fatti di lui.
Il paese, delizioso e ridente, sconfinava nella campagna.
Fiumi di persone si ordinavano in file per due, di fronte allangolo ristoro. Io mi
fermavo ad osservarle, seduta su una panchina, in attesa che Pierre prendesse da bere.
Giovani donne dai vestiti troppo corti ostentavano gambe color latte, dalla forma
sgraziata; altre, di unet diversa, sfoggiavano jeans larghi e magliette comode.
Uomini annoiati, in bermuda o pantaloni lunghi, alternavano varie posizioni: mani
dietro la schiena o sui fianchi, o, ancora, incrociate davanti. Qualcuno ingannava
lattesa col cellulare allorecchio.
Bambini con ciucci enormi mi guardavano dai loro passeggini, con occhioni teneri
e curiosi. Pi in l, qualche bella ragazza in shorts mostrava gambe affusolate baciate
dal sole e capelli vaporosi con ciocche schiarite dallo stesso astro luminoso.
Sorridevo dentro di me di fronte a questa variet umana, tutta in cerca di cibo,
bisogno atavico e primordiale di ogni essere vivente. Fatta eccezione per i vegetali,
naturalmente. Loro sono in grado di produrselo da soli. Autotrofi. Si chiamano cos.
Gli animali e luomo, invece, non appartengono a questa categoria e spendono gran
parte del loro tempo e delle loro energie alla ricerca di nutrimento.
Ricordi liceali riemergevano allimprovviso da chiss dove e mi esplodevano
nella mente senza che io potessi farci nulla. Losservazione del prossimo mi portava
lontano, tra ondate di introspezioni e ricordi.
Osservare la gente che mi circonda continua ad essere il mio chiodo fisso. Non
riesco a farne a meno.
Capto dettagli che saltano agli occhi o che giacciono immobili tra le anse delle
abitudini. Guardare gli altri mi d la forza di guardare me stessa. Di guardarmi
dentro.
Di scoprire chi sono, anche se solo per un momento.
Finora quello che ho capito che non sono mai la stessa, cambio continuamente,
sotto il peso volubile degli eventi e delle emozioni.
Mille pensieri vagano in un attimo eterno che oscilla fra me e il mondo.
Pierre stava tornando verso di me. Lo vedevo camminare rapidamente, con due
bottigliette in mano e il passo sicuro.
Aveva i capelli mossi dal vento e lespressione dolce. I suoi occhi chiari e
profondi spiccavano su un viso rubato alle ombre della notte dalle luci poste in alto,
al di sopra dei tendoni.
Mi piaceva guardarlo da lontano, dallesterno, come se fosse uno sconosciuto.
Fingevo per un attimo che fosse una di quelle persone che osservo nei miei momenti
di introspezione. Ma lui non era come gli altri.
Ebbi un piccolo sussulto mentre lo guardavo. Con la mente appannata e gli occhi
lucidi, sentii lemozione salire dal petto e fermarsi nella gola.
Pierre nel frattempo mi raggiunse e, con un gesto intimo e affettuoso, mi baci sulle
labbra, porgendomi la bottiglietta dacqua. Poi mi sussurr qualcosa allorecchio, che
inizialmente non capii, per il frastuono che cera intorno. Lo ripet, sempre in un
sussurro.
Je taime
Ed io mi tinsi dincanto.
Ora mi rivedo in un piccolo centro del Chianti, durante un altro dei nostri viaggi tra
mostre e stages di pittura. Erano i primi mesi del nostro rapporto ed io mi sentivo una
tavolozza piena di colori, pronta a dipingere ogni istante della nostra storia.
La strada a curve mostrava ai lati filari di viti ridenti, colorati di diverse sfumature
di verde, che davano un effetto striato ai terreni. Il sole basso tingeva doro gli ampi
vigneti, ricchi di unuva zuccherina che avrebbe dato vita al celebre vino.
Locchio correva verso i verdi intensi e pi sfumati per raggiungere le vie del
paese posto nel cuore del Chianti, gioiosa meta del nostro piccolo viaggio. Portici
illuminati da luci calde ospitavano ristoranti di vario tipo, vere e proprie gemme
preziose incastonate in colonne affusolate ed eleganti, ed i piccoli tavoli
apparecchiati allesterno, invitavano i passanti a sedersi. La piazza ridente si
allargava al centro, per poi allungarsi alle estremit, prendendo una forma
asimmetrica; in lontananza, piuttosto in salita, si innalzava una chiesa dalla facciata
chiara, col campanile dal tetto appuntito. Io guardavo il tutto affascinata. Le cose belle
mi colpiscono sempre.
Pierre notava i dettagli che saltavano ai miei occhi e condivideva con me quelle
piccole gioie estetiche. Il suo sguardo, come il mio, si concedeva con slancio a forme
e colori che impreziosivano il mondo. Cenammo in uno di quei ristoranti, sotto quei
portici suggestivi, gustando piatti deliziosi mentre parlavamo del pi e del meno.
La ricordo come una serata incantevole, vissuta in una cornice meravigliosa in
compagnia di lui, che mi guardava sorridente.
Un altro ricordo luccicante balena nella mia testa.
Era circa sei mesi fa. Non ci vedevamo da tre giorni, a causa di un viaggio a
Bologna di Pierre, per uno stage di pittura.
Mi era mancato molto e non vedevo lora che tornasse.
Ricordo una sua telefonata, in cui mi diceva che era rientrato poi un
appuntamento al volo, una corsa per raggiungerlo.
In un lampo arrivai al suo atelier, dove mi stava aspettando. La porta si chiuse
dietro di noi e labbraccio fu immediato e gonfio di emozione. Mi strinse forte a s,
nel vero senso del termine, facendomi sentire un tuttuno con lui, mentre i suoi baci
dolci e intensi, mi lasciavano senza fiato e senza parole.
La mia visita ai momenti del nostro passato stata molto fruttuosa.
Riemergono ricordi felici che mi fanno assaporare di nuovo quella positivit. Ed
ora provo le stesse sensazioni. Sono di nuovo quella Gemma.
Ho allontanato in ogni modo, con vigore e precisione, le tinte nefaste che erano nate
dalla sua piccola grande omissione e mi avevano fatto sprofondare nel buio pi
assoluto.
Sono quasi fiera di me. Una volta tanto.
Mi sento vagamente orgogliosa di essere riuscita a riconquistare quella positivit
scintillante, miseramente sfuggita in un attimo cupo e infausto. Il perch di questo
cambiamento di opinione e di comportamento lo lascio in ombra, in disparte, non ho
voglia di approfondirlo.
So soltanto che lui mi esplode nellanima in un sussurro, in un attimo eterno e
infinito dentro e fuori di me.
Lo sento nel profondo in ogni istante, anche quando lautunno grigio, con le sue foglie
accartocciate e i suoi rami nudi, lancia grida di straziante solitudine. E non riesco a
lasciarlo andare. Non riesco a rendere la mia delusione per ci che ha fatto cos
forte, da superare il dolore dellassenza. Nonostante tutto.
Non riesco a non credergli, a non accogliere le sue parole di scusa e di amore; non
posso non rimanere stretta nel suo abbraccio caldo che profuma di vita.
E intanto la mente vaga altrove, ad altri momenti legati a lui.
A quella volta in cui era andato a Milano per una settimana ed io non avevo potuto
seguirlo.
Dovevo sostenere un esame enorme, di quelli detti blocchi, perch sbarrano la
strada ai successivi, e sono di una lunghezza infinita. Circa duemila pagine da sapere
press a poco a memoria
Cos rimasi a Roma, anche se a malincuore.
Non credevo di poter provare quel dolore sordo e profondo, cupo e fermo nello
stomaco, solo per la sua mancanza.
Mi chiedevo se avessi paura dellesame, ma sapevo benissimo che la ragione non
era quella. Non era certo il primo della mia carriera universitaria e non avevo mai
provato sensazioni di quel tipo.
La facolt che avevo scelto non mi convinceva pi di tanto e per questo motivo non
ero mai coinvolta fino in fondo, come succedeva invece alle mie compagne, di fronte
a nessun esame. Il motivo era legato a lui, a una nostalgia che mi mordeva lanima e
alimentava il terrore, celato dentro di me, che potesse cambiare e diventare diverso
da quello che io conoscevo.
Ho sempre provato questa paura, con lui, campanello dallarme di una fragilit
imperante.
E quel dolore sordo mi raccontava chi sono veramente: una giovane donna piena di
dubbi e insicurezze. Sola e bisognosa damore. Ridicola.
Arancione
il colore della gioia e dellottimismo, miscela del giallo e del rosso, i due colori
primari caldi. Lo guardo e ne sono inebriata.
luminoso, solare, pieno di vita. Stempera nel giallo i toni passionali del rosso e
ha unenergia vivace che suona di note melodiose, mai troppo acute, n stridenti.
una musica calda larancione che mi avvolge e mi riempie il cuore. Sono
irradiata da questa tinta gentile che mi colora tutta, dentro e fuori. Non so bene la
ragione per cui mi senta cos.
Forse ce ne sono tante.
Lesame che preparavo da tre mesi andato bene, un ventotto insperato troneggia
fiero sul mio libretto, mio padre ha ripreso a lavorare regolarmente ed io ho ritrovato
con gioia lantica luce nel suo sguardo. Sara e Cinzia sono allegre perch presto sar
Natale, Eva luccica di gioia per lavvicinarsi del suo ultimo esame.
E Pierre mi ama.
Il mio cuore batte col suo in una musica che vita.
Sento un fruscio nelle orecchie, un brivido lungo la schiena.
Un raggio filtra dorato e mi colpisce dentro. E laria suona di armonia infinita.
La gioia non si spiega. Si riesce appena a descriverla.
una luce che ci abbraccia e ci dipinge di entusiasmo.
A volte, per, non dura molto e questi toni armoniosi possono spegnersi in un
soffio, senza preavvisi, senza spiegazioni, volando via rapidamente come erano
arrivati. Oppure possono rimanere accesi, ma cambiare significato.
Tutto in fieri. Niente resta per sempre uguale a se stesso.
E soprattutto, ogni elemento, ogni colore, ogni forma pu riempirsi di un senso
diverso. In qualsiasi momento.
La luce arancione tinge il cielo al tramonto, quando il sole muore, quando la palla
infuocata si getta nel mare e sembra sparire per sempre. E quel colore, cos caldo e
pieno di vita, diventa un preludio alla morte, pur nella sua struggente bellezza.
Di l a poco le ombre della notte subentrano rapide al sole dorato e tingono di buio
la sua luce vitale, quasi senza un perch.
Niente resta uguale a se stesso, niente per sempre.
Neppure io. Neppure lalbero di fronte a casa mia. Anche lui sta cambiando vestito,
il vento gli ha portato via per sempre le sue foglie diventate gialle e poi arancioni.
Ed io, come lui, mi spoglio dei colori del passato.
Malinconica e sola, e nuda, gli somiglio come non mai.
Blu notte
Ora il dolore mi lacera dentro. Sordo e fermo nello stomaco mi toglie il respiro e
la voglia di vivere.
Ci sono momenti della vita in cui tutto ci appare cupo e il mondo sembra caderci
addosso con il suo fragore.
Inspiegabilmente, non possiamo fare niente per ripararci o evitare di essere presi in
pieno. Rimaniamo l, inermi, con il cuore in gola e la testa fra le mani, annientati dal
peso degli eventi e della vita.
Gemma viveva il dolore della perdita in modo profondo.
Sapeva di essere lei stessa a volere quella rottura, ne era perfettamente conscia. Ma
sapeva anche che niente sarebbe stato pi come un tempo, quando non conosceva la
realt dei fatti. Ora non poteva far altro che tentare di guardare avanti e dimenticare.
Era difficile, ma poteva farcela. Bastava che la razionalizzazione degli eventi
superasse il sentimento, bastava che ragionasse con la mente e non col cuore. Niente
di pi.
Lorgano involontario che pulsa fremente sotto il petto, com noto, non sempre ci
consiglia nel modo giusto.
Anzi, potremmo dire quasi mai. bene non dargli ascolto, quindi, se intendiamo
incanalarci nella retta via. Ma quale sar, poi, la strada giusta e quale quella
sbagliata
Spesso parole di questo tipo sembrano semplicissime da pronunciare, ma poi
risultano molto difficili da mettere in atto.
E la mente naviga, fluttua lontano, si insinua ovunque trovi spazio e si chiede il
come e il perch di tutto. Riflette sul passato e sul presente, non si d pace, cerca
risposte che non trova, lacerando ogni brandello di esperienza vissuta e indagando
sulla fredda realt dei fatti. A volte, con la forza della mente, si rischia di bruciare
ogni momento condiviso con la persona in questione. Di annientare tutto per ripartire
da zero con una vita nuova, pi serena e ordinata.
Nessuno di noi, per, sa con certezza cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Spesso
listinto che ci conduce nella direzione consona al nostro sentire. E Gemma aveva la
certezza, forte dentro di s, di dover troncare quella storia. Lo sentiva con vigore,
senza ombra di dubbio, ormai, nonostante il peso del dolore che le cadeva addosso
come un masso enorme e pesante.
Ma non cera nientaltro da fare. Pierre doveva rimanere dietro di lei, come un
capitolo chiuso, un ricordo sbiadito.
Lui laveva ingannata, ferita, delusa. E questo non si pu perdonare.
Verde scuro
Io non lavevo tradita, non le avevo fatto del male, in nessun modo. Non so se lo
avesse fatto pap, non credo, ma di sicuro non lo avevo fatto io. Avevo solo un
enorme, disperato bisogno di lei.
Questo, evidentemente, non era bastato e qualcosa di pi grande laveva spinta al
nord.
Pap mi aveva portato a trovarla, una volta, verso i dieci anni, quando il dolore
della perdita era diventato ingestibile nel mio percorso di vita e la voglia di rivederla
immensa.
Laveva consigliato in questo senso anche lo psicologo da cui mi recavo
settimanalmente da molto tempo: secondo lui un tuffo nella realt mi avrebbe
permesso di evitare una possibile idealizzazione. In altre parole rivedere mia madre,
immersa nella sua nuova quotidianit, con il nuovo compagno e il figlio nato dalla
loro unione, mi avrebbe spalancato gli occhi e soffocato il dolore. Mi avrebbe fatto
toccare con mano che per me non cera pi posto nella sua vita, e che lei non era pi
quella che io ricordavo. Avrebbe cancellato dalla mia mente limmagine angelica e
dolcissima che avevo di lei, sostituendovi quella della donna che era diventata col
tempo. Dura e lontana, distaccata e fredda.
Non so se quella visita aveva sortito leffetto sperato. Temo proprio di no.
Il senso di abbandono e di rifiuto si era ingigantito, vedendola nella sua nuova
realt familiare. Forse se fosse fuggita per altre ragioni, per una carriera artistica, per
esempio, per il successo, mi avrebbe fatto soffrire di meno, perch mi avrebbe
dimostrato che la famiglia le andava stretta e che aveva bisogno di altro, nella vita,
per essere felice.
Ma cos, no Si era creata una nuova famiglia, del tutto simile alla nostra. Solo
che al posto di me e pap cerano due sconosciuti.
Mi dimostrava proprio che eravamo noi a non piacerle, non la realt familiare in
s. E questo era infinitamente doloroso. Era una lancia che si piantava nel petto con
vigore, senza che nessuno potesse toglierla.
In seguito lavevo rivista a Roma, una volta, per un Natale, quando lei aveva
stranamente avuto voglia di riabbracciare lItalia. Avevo quasi quindici anni, ero gi
al secondo anno di liceo ed ebbi un moto di rabbia infuocata nel vedere i suoi occhi
glaciali incollarsi ai miei, per un attimo infinito.
Fui terribilmente fredda in quellincontro fugace e inaspettato, in unet in cui
esistono solo bianchi e neri. Ma lei sembr non farci troppo caso.
Aveva il solito ragazzino per mano e luomo cattivo accanto. Sembrava
unolandese anche lei, con gli occhi di ghiaccio, i capelli chiari e lespressione
indurita.
Era ormai unaltra, non pi se stessa. Almeno per me.
O forse, la vera lei era proprio questa.
Non volli vederla pi, da quella volta. Preferii ricordarla come meglio potevo,
cullandomi nella dolcezza della memoria o dellidealizzazione, al di l dei consigli
professionali di un analista che forse non aveva capito niente di me.
Ma oggi diverso. Sento forte il desiderio di riabbracciarla. Forse lei vuole dirmi
qualcosa, forse vuole chiedermi scusa.
Sono passati molti anni, ormai ne ho venticinque, sono una donna, con le mie
esperienze di vita. Sono prossima alla laurea, diventer avvocato. giusto che la
riveda e soprattutto che lei mi riveda.
Forse sente il bisogno di dirmi qualcosa. Non lo fa perch ha la sensazione che ci
siano ostacoli insormontabili, probabilmente.
Sono stata cos distaccata lultima volta, che forse ha paura che io non voglia pi
incontrarla. Sono inondata da mille pensieri burrascosi e discordanti, che affollano la
mente e riscaldano il cuore.
Sento cos forte dentro di me il desiderio e il bisogno di andare da lei, che temo
anche di confessarlo a me stessa.
Sto gi guardando i voli Roma-Amsterdam e le disponibilit sul mio computer.
Senza accorgermene ho gi trovato un albergo, via internet, e mi sembra di aver gi
preso posizione sullaereo.
Parto fra una settimana, tra lo stupore di tutti.
Mio padre mi ha guardato con gli occhi lucidi, quando glielho detto.
Ha sempre vissuto con dolore labbandono di mia madre, e soprattutto con un senso
di inadeguatezza, per il doppio ruolo di genitore che gli toccato in sorte, di
conseguenza.
Il fatto che io non riuscissi a fare a meno di lei doveva pugnalarlo al cuore, ogni
volta. Non tanto per gelosia, ma per la sensazione di non essere riuscito a darmi
abbastanza, in tutti quegli anni.
Mi dispiace enormemente evocare questo in lui, ma, daltra parte, non posso
impedirmi di fare questo viaggio.
Un doppio trillo sul cellulare mi indica larrivo di un messaggio.
Lo prendo dalla borsa per vedere di cosa si tratta.
Ho un sussulto appena leggo il nome di chi me lo ha spedito: Pierre.
Lo apro con mano tremante.
Amore mio, non riesco a vivere senza di te. Ci ho provato. Ho tentato di
rispettare le tue decisioni. Ma ho bisogno di te come il pennello della tela, come
Van Gogh aveva bisogno di Arles per dipingere i suoi quadri pieni di luce. Ti amo.
Pierre mi ha sempre sorpreso con le sue frasi dolci e profonde, e anche adesso mi
succede la stessa cosa.
Non il primo sms che mi manda, dopo la nostra rottura, ma questo di certo il pi
intenso. Profuma di vita, trasuda damore.
Scorro tra i messaggi del mio cellulare e scopro che ce n un altro di lui. Lo aveva
mandato di notte. Non me nero accorta. Mi colpisce quasi pi del primo che ho letto.
Tesoro, ho voglia e bisogno di te in ogni momento. Sei la linfa di cui mi nutro
per vivere.
Rimango muta, come spesso mi successo con Pierre.
Il flusso delle sue parole scorre rapido sotto i miei occhi. Ho limpressione di
sentire la sua voce che me le sussurra allorecchio e cado vittima di unemozione
fortissima.
Mi sciolgo in lacrime, singhiozzando il mio dolore nuovo, stemperato in una gioia
inattesa. Sono felice e triste al contempo. Mi vesto di armonia in una attimo
trasparente e luccico di lui.
Brillo di amore, di rimpianto, di emozione. Sono commossa e quasi felice. Il suo
bisogno di me mi riempie il cuore. Mi regala mille nuove sensazioni, mi fa sentire
importante.
Ma ora pi che mai sono decisa a partire.
Non voglio e non posso rimanere a Roma. Devo andare via per un po, respirare
aria diversa, raccontare a me stessa nuove storie e cantare nuove canzoni. Rivederla,
scoprirmi adulta e pi forte.
Lareo parte domattina alle sei e trenta da Fiumicino.
Dovr alzarmi prestissimo, per arrivare in aeroporto almeno unora prima. Ho fatto
il check-in online, quindi potr risparmiare del tempo in loco e soprattutto evitarmi
una fila, ma devo comunque arrivare presto. Mi piace essere puntuale, anzi, in
anticipo, in queste occasioni.
Pap si offerto di accompagnarmi allaeroporto ed io ho accettato volentieri,
anche se mi spiace fargli fare questa levataccia.
Quando gli ho parlato del mio disagio in questo senso, lui ha sorriso e ha risposto
che tanto si sarebbe svegliato comunque, anche se fosse rimasto a casa perch
sarebbe stato in pensiero per me. E poi ha aggiunto che rendersi utile nei miei riguardi
lo riempie di gioia. So che infinitamente vero. Lo ha sempre fatto, in ogni
circostanza, senza farmi mai pesare nulla.
Mi venuto a prendere in discoteca agli orari pi assurdi, quando ero pi piccola e
avevo continuamente bisogno di lui. Mi ha sempre accompagnato ovunque, a qualsiasi
ora, col viso sorridente e la voglia di esserci.
Adesso sono nella sua macchina, con gli occhi che guardano la strada e la mente
che vola lontana. Lui mi osserva, spostando lo sguardo tra me e il vetro anteriore. Non
c traffico a questora.
Ha unespressione quasi interrogativa, immagino che possa domandarmi qualcosa
riguardo al viaggio, ma le sue labbra si aprono soltanto in un sorriso, non mi chiedono
nulla. Gli dico che ho bisogno di andare, che non so altro. E che devo andare da
sola ormai sono grande, una donna.
Lui ascolta senza aggiungere niente. Sembra quasi conoscere gi le mie parole
prima che le pronunci. in profonda empatia con me.
Laeroporto si mostra imponente davanti a noi. Ho una stretta al cuore, per un
attimo. Poi di nuovo il desiderio di volare via.
Scendiamo dalla macchina, pap mi aiuta con i bagagli e mi accompagna al gate.
Prima facciamo colazione insieme: il suo immancabile caff nero e il mio adorato
cappuccino spumoso, accompagnati entrambi da un cornetto vuoto.
Sento il cuore accelerare i battiti mentre una voce amplificata chiama i passeggeri
del mio volo. Brillo di sensazioni molteplici.
Pap mi abbraccia forte e mi d un bacio su una guancia. Mi dice di chiamarlo, di
fargli sapere quando arrivo, di tenerlo informato.
Lo adoro. cos tenero. Si preoccupa per me ho venticinque anni, ma sono
ancora la sua bambina. Tiene a me pi che a qualunque cosa al mondo e questo mi
trasmette una sensazione di gioia infinita.
Ma sto andando verso chi mi ha dimostrato il contrario, invece di tenermi stretto
lui. strano. Spesso abbiamo dei comportamenti che vanno al di l dellarea
raziocinante, incomprensibili alla logica, ma pulsanti di emozioni.
La mia urgenza, adesso, come in tanti momenti della mia vita, quella di andare da
lei. E non voglio sopirla, come ho fatto molte volte in passato. Voglio seguire linput
del mio cuore.
Una volta per tutte.
Il vento mi scompiglia i capelli e mi alza la gonna, mentre salgo sullaereo. Ho un
trolley come bagaglio a mano: al suo interno ho infilato con forza anche la borsa. Ora
panciuto e pesante, ma rispetta i limiti prestabiliti dalla compagnia aerea. Cammino
nel corridoio alla ricerca di un posto libero, infine lo trovo accanto a una signora
bionda, che poi scopro essere olandese. La posizione non obiettivamente delle
migliori, dal punto di vista strettamente fisico, perch siamo esattamente sullala
destra, ma la signora mi piace molto, ha un viso sereno e sorridente.
Mi d il buongiorno, dopo avermi detto che il posto libero.
Io contraccambio. Poi, tra un sorriso e laltro ci presentiamo.
Lei parla un italiano stentato, mi dice che venuta in Italia proprio per impararlo.
Era il suo sogno nel cassetto e lo ha realizzato non appena andata in pensione. Si
chiama Willeke. Il suo nome si pronuncia in un modo strano e deve ripetermelo pi
volte, prima che io arrivi a dirlo in modo accettabile.
Lei invece pronuncia bene il mio. Forse ha chiuso un po la e, ma perfettamente
comprensibile. Che bello il nome Gemma! mi dice. Ma come le gemme degli
alberi?
Le rispondo di s, complimentandomi per la sua conoscenza lessicale italiana. Lei
sorride, dicendomi che studia da sei mesi in una scuola di Siena. Adesso sta tornando
in Olanda per un paio di settimane, perch deve sbrigare delle faccende, ma poi verr
di nuovo nella nostra terra solare per continuare lo studio della sua lingua
meravigliosa.
Me lo dice usando queste parole, parla con una certa lentezza, ma pronuncia
piuttosto bene ogni termine che sceglie. La capisco perfettamente. Potrei risponderle
in inglese, per facilitare la conversazione, ma lei mi chiede espressamente di parlare
italiano ed io lo faccio con gioia. Non facile trovare uno straniero che ami
dialogare nella nostra lingua.
Mi parla di Siena, del Palio e mi fa domande su questa citt. Io non la conosco
molto bene, ma ci sono stata un paio di volte e le dico quello che so. famosa
proprio per quella particolare corsa dei cavalli, il Palio, che si svolge in una piazza
bellissima, nel centro della citt stessa. Si chiama Piazza del Campo ed unica al
mondo per le sue caratteristiche. Il suo terreno non piatto e lineare, sembra vivere di
vita propria ed offre una visuale perfetta della corsa da qualunque punto. Le dico tutto
questo lentamente, cercando di scegliere una terminologia semplice, ma lei annuisce
prontamente, felice di capire.
Quando si corre questa gara? mi chiede con accento germanico.
Destate, in due date diverse, il 2 luglio e il 16 agosto. le rispondo, esaurendo le
mie conoscenze a riguardo.
La nostra conversazione cambia argomento, adesso, parliamo di Roma e dei suoi
monumenti, della fontana di Trevi e del Colosseo. Willeke si ferma un momento,
sembra volermi dire qualcosa che le risulta difficoltoso come bloccata, infine
trova la parola che le stava sfuggendo e parla un po di storia, degli Antichi Romani,
della loro lingua, il latino, che si era divulgata in tutti i territori annessi a Roma.
Tratta la tematica con grande entusiasmo, facendo trapelare lamore per la nostra terra
e per i suoi trascorsi.
Sono felice di averla incontrata e di condividere il viaggio con lei.
A un tratto mi chiede perch vada in Olanda. Aggiunge che se una vacanza a
scopo turistico mi sbaglio in pieno: l non posso trovare nulla di paragonabile alla
bellezza delle citt darte italiane e neppure alla magia delle terre solari e piene di
vita della mia nazione straordinaria.
Per un momento sono in forte imbarazzo, non so cosa rispondere, mi vergogno a
raccontare la mia storia triste.
Poi ho un guizzo di luce nella mente e dico senza enfasi che vado a trovare mia
madre, trasferitasi in Olanda col secondo marito. In realt non credo che si sia sposata
una seconda volta, ma sono dettagli privi di importanza Mi venuto pi semplice
dire marito, anzich compagno. Tutto qui.
Willeke non fa domande. Non ci trova niente di strano nella separazione, nel suo
Paese quasi allordine del giorno.
Lei stessa ha alle spalle un divorzio e vive al momento con un compagno che non
il padre di nessuno dei suoi tre figli. Me lo dice con estrema naturalezza. Avrei voglia
di chiederle se ha vissuto con i suoi bambini, quando erano piccoli, o se ha fatto come
mia madre e se n andata lasciandoli soli, ma trovo che sia una domanda troppo
personale e non ho il coraggio di porla.
Lei comunque risponde, indirettamente, nonostante io non abbia proferito parola al
riguardo, parlandomi continuamente di loro e dei nipotini che le hanno dato. Lo vedo
dai suoi occhi che brillano che lei ha vissuto con i suoi figli e che li ha amati
profondamente. E li ama ancora.
Mi racconta del suo lavoro e mi chiede dei miei studi.
stata per quasi quarantanni insegnante di Scienze Infermieristiche. Felicemente,
cos precisa pi volte. Mi dice di aver amato molto il suo lavoro, che le ha consentito
di stare sempre a contatto con i giovani e di non invecchiare mai dentro, nonostante il
mamma lo avesse preferito a mio padre, sia a livello estetico che anagrafico. Credo
che non avr mai delucidazioni a riguardo.
Chiss come saranno diventati. Non li vedo da dieci anni.
Finalmente scendiamo dallaereo. una bella giornata piena di sole.
Willeke dice che non se ne trovano spesso in questa stagione, siamo state
decisamente fortunate. Ci abbracciamo e ci salutiamo di nuovo mentre aspettiamo per
il ritiro dei bagagli. Vedo la mia valigia arrivare sulla piccola pista, mi faccio strada
tra la folla che davanti a me e la prendo. Willeke raggiunge la sua.
Lultimo saluto. Infine ognuna di noi prende la propria strada e io mi accorgo di
essere realmente sola. La signora olandese non che una persona incontrata
casualmente, che ora se ne va per i fatti suoi. I suoi cari la staranno aspettando,
desiderosi di riabbracciarla. Io sono decisamente sola con me stessa, in un aeroporto
immenso, il pi grande che abbia mai visto.
Di nuovo una fitta allo stomaco e laccenno del panico in arrivo.
Ma riesco subito a scacciarlo.
Sono in questa citt per una ragione precisa. Sono qui per lei. Rientro nella mia
razionalit e le mie labbra si stendono in un lieve sorriso. Mi dirigo verso un taxi e
mostro allautista lindirizzo dellalbergo che ho prenotato. in pieno centro, a un
paio di isolati da piazza Dam.
Mamma abita in un paese a pochi chilometri da Amsterdam, ma io ho deciso di
alloggiare in citt, per non dovermi spostare appena arrivata. Voglio andare in
albergo, fare una doccia, riposarmi un po, fare una passeggiata e poi decidere quale
mezzo prendere per andare da lei. Forse prima dovrei telefonare, per essere certa di
trovarla a casa. Ma se vado allora di cena, che in Olanda risulta essere nel tardo
pomeriggio, molto pi presto che in Italia, non dovrei avere problemi.
Laria fresca e soleggiata mi accarezza il viso mentre scendo dallauto. Il taxista
gentile e mi aiuta a prendere i bagagli; lo pago e gli lascio una piccola mancia, poi
guardo linsegna dellalbergo e la porta a vetri dingresso: pi piccola di come mi
era sembrata nella foto visionata su Internet, ma carina.
La hall accogliente, come la ragazza alla reception.
La camera al quarto piano. mi dice cortesemente porgendomi la chiave, dopo
avermi chiesto i documenti e fatto la registrazione.
Salgo in ascensore con il trolley e la valigia.
Arrivo finalmente di fronte alla 476 ed apro la porta piena di curiosit, dopo
essermi guardata intorno nel corridoio e aver gettato unocchiata alle scale, ricoperte
di moquette rosso bordeaux.
La camera spaziosa e molto gradevole, vi predominano colori caldi: c un letto
quasi matrimoniale, credo di una piazza e mezzo, e una finestra enorme che d sulla
via da cui sono arrivata. Appoggio le valigie e mi sdraio un momento. Mi accorgo di
essere un po stanca.
Poi faccio una doccia e mi cambio. Subito dopo mi sento come nuova. La mente
vaga lontana, adesso, ma non so cosa fare nellimmediato. Non riesco a prendere
decisioni, per ho una strana voglia di visitare la citt; sono cos vicina a piazza Dam,
come ho letto nel volantino dellhotel, che non posso fare a meno di andare a vederla.
C tempo per andare da mamma, dico a me stessa.
come se volessi posticipare il momento che tanto desidero, non so esattamente
per quale ragione intrinseca. Forse per poterlo gustare a pieno, oppure perch lo temo
profondamente. Non lo so. Forse sono vere entrambe le opzioni.
Intanto mi dirigo verso piazza Dam. Ho in mano la piantina della citt e mi guardo
intorno alla ricerca del nome della via che sto imboccando, per essere certa di non
sbagliare. Provo anche a chiedere a un passante, in inglese, naturalmente. Credo sia un
turista, ma sa rispondermi, mi dice che sto andando nella giusta direzione.
Proseguo spedita. Mi accorgo che in Olanda tutti conoscono linglese e lo parlano
molto bene. Willeke me lo aveva detto, in aereo. Aveva anche precisato che i canali
televisivi nazionali trasmettono da decenni cartoni animati in inglese, per abituare gli
olandesi, fin da piccoli, alle sonorit e ai ritmi linguistici di questa lingua.
Intanto Piazza Dam si offre maestosa ai miei occhi. La zona opposta allimponente
chiesa, la Nieuwe Kerk, adibita a parcheggio di biciclette, ce ne sono a decine:
nere, blu, argentate. Non mi danno nellocchio colori diversi. Hanno forme molteplici,
per, e sono arricchite da cestini di vario tipo. Ne rimango abbagliata.
Sposto lo sguardo e leggo, sulla piccola guida che ho in mano, la storia della citt:
il suo nome, Amsterdam, stato citato per la prima volta in un documento del 1275, a
indicare un piccolo borgo mercantile dedito alla pesca. Pare che un secolo prima
lOlanda fosse una terra del tutto inospitale, paludosa e piena di fiumi e corsi dacqua
che ne intersecavano il passaggio.
Uno di questi era il fiume Amstel. E la citt sembra aver avuto origine proprio
nei pressi della diga naturale di esso, detta Dam, verso la fine del XII secolo.
Nasceva cos Amstel sul Dam, da cui deriva il nome Amsterdam.
Oggi, al posto dellantica diga, ha trovato spazio la bellissima piazza in cui mi
trovo. Mi provoca una sensazione strana lidea di trovarmi su di una diga O su uno
spazio che una volta lo era.
Osservo gli edifici che fanno da cornice alla piazza e a quelli delle vie attigue.
Sono imponenti e maestosi.
Poi mi dirigo verso la Nieuwe Kerk e provo ad entrare. Lingresso non gratuito e
qualche turista si lamenta. Io pago i cinque euro senza dire nulla, perch ho molta
voglia di vedere linterno di una famosa chiesa olandese e anche perch la mia
timidezza mi impedisce di polemizzare gratuitamente sulle varie circostanze. I due
ragazzi alla cassa mi sorridono, probabilmente alleggeriti dal fatto che non mi sono
lamentata, e mi indicano il percorso da seguire. La chiesa enorme, ma mi appare
nuda: ci sono pochissime immagini, le pareti sono bianche, senza dipinti o affreschi e
le panche posizionate in modo particolare, raccolte nella parte centrale della chiesa.
Ci che mi colpisce sono le dimensioni. Sono a testa in su, a cercare il soffitto
altissimo.
Rimango delusa ed estasiata al contempo. Ho la sensazione che manchi qualcosa,
dopo, una lunga fila di persone mi comunica che sono arrivata: ci sar un bel po da
aspettare, ma ne vale la pena.
Tiro fuori un libro dalla borsa e mi metto a leggere mentre attendo che giunga il mio
turno per entrare. Leggere fa accelerare la corsa del tempo e lattesa sembra pi
breve.
il nuovo romanzo di Pennac, Storia di un corpo. molto particolare nella
forma e nel contenuto.
Ho sempre un libro con me, ovunque vada, e questo mi spesso daiuto nelle
situazioni pi disparate. Qualche volta mi ha risparmiato un attacco di panico in
autostrada Ho il terrore delle lunghe code, mi generano unansia incredibile, ma
una buona lettura mi trasporta in un mondo parallelo distogliendomi dal problema
contingente.
In questo caso la vicenda meno difficile, si tratta soltanto di ingannare il tempo
nellattesa, ma la lettura gradevole e la penna mirabile, nonostante qualche
passaggio duro e inatteso.
il viaggio straordinario di una vita in un curioso diario del corpo.
Sono prossima alle casse e quasi mi dispiace dover interrompere la lettura, ma
sono felice, al contempo, di entrare nel mondo di Van Gogh.
Il museo in un edificio elegante e molto spazioso, mi dirigo verso la prima sala,
dopo essermi munita di unaudioguida.
Le opere contrassegnate hanno un ampio commento che mi rimbalza nelle orecchie
e rende vivo il quadro. Osservo e ascolto con grande interesse, mentre rivivo tanti
momenti trascorsi con Pierre: mi sembra di sentire le sue parole.
Seguo il percorso cronologico e ben presto mi imbatto nel capolavoro del periodo
olandese dellartista, prima del suo trasferimento a Parigi: I mangiatori di patate.
Questo dipinto mostra dei contadini che consumano il pasto serale allinterno di una
povera stanza: c un unico piatto di patate da cui si servono tutti, a dimostrazione
della miseria di questa povera gente, che come lui, soffre profondamente. Il colore,
che richiama le tecniche fiamminghe, monocromatico, di un marrone cupo. Locchio
di chi osserva risulta non appagato, ma percepisce la realt attraverso linteriorit del
pittore. Siamo ben lontani dalla luce inondante di calore che caratterizzer lartista
pi maturo, ma non so staccarmi da questo quadro cos celebre e mi cullo nella sua
dolorosa sofferenza. I volti dei contadini sono quasi caricaturali, diventano dei tipi, e
mi chiedo, guardandoli, se somiglino al compagno di mia madre. Anche lui olandese
come loro.
Continuo il mio percorso, guidata dalla voce calda che mi punge le orecchie.
Finalmente salgo le scale e mi trovo al piano superiore, che ospita i dipinti del
periodo parigino e provenzale di Van Gogh. Mi sento invadere da unemozione
fortissima e resto incollata ad alcuni di essi per lunghi minuti, a volte dei quarti dora
abbondanti, con gli occhi incantati e la mente rivolta al passato, a visitare momenti
trascorsi con Pierre.
Cammino lentamente assaporando le opere con piacere infinito.
Adesso ho davanti La mietitura, accesa da una luce forte, infuocata, che avvolge
tutto il quadro. La voce mi dice che Van Gogh laveva dipinta dal vero, sedendo
allaperto, in Provenza, in un giugno caldissimo.
Questo artista straordinario dipingeva sempre dal vero, continua la voce,
rimanendo ore e ore a lavorare, stancandosi enormemente, ma non potendo
smettere, soprattutto quando aveva bisogno di essere rapido, con la natura che si
trasformava velocemente, perdendo quei colori che lui si affrettava a cogliere e
immortalare.
Sono frasi che conosco perfettamente, ho letto molto su Van Gogh, e soprattutto ho
seguito numerosi stages di Pierre. Ho parlato spesso con lui anche in privato,
relativamente a queste tematiche.
Mi piaceva moltissimo ascoltarlo mentre mi raccontava le cose del suo mondo. La
terminologia accurata, la luce che gli illuminava lo sguardo, la voce calda e
coinvolgente, laccento francese: tutto mi regalava sensazioni incantevoli. Ho
imparato tantissimo sulla storia dellarte e sulla pittura, stando con lui.
Pierre un archivio di cultura del mondo pittorico, conosce mille aneddoti su
artisti di vario tipo, in particolare impressionisti ed espressionisti, e sa raccontarli
col tono del narratore perfetto, privo di presunzione o di alterigia, ma con uno charme
senza pari e una forza accattivante straordinaria. Per me diventava una musica
dolcissima scoprire la metodica di Van Gogh o di Gauguin e il loro modo diverso di
approcciarsi alla pittura.
Mi raccontava, per esempio, che questultimo non dipingeva mai dal vero, al
contrario dellolandese dalla fiamma geniale, in quanto preferiva trasformare
loggetto rappresentato attraverso linteriorizzazione e la sensazione personale. Mi
descriveva con slancio e minuzia di particolari la forza del colore, che sempre
supera, secondo lui, gli elementi della forma.
Ora, immersa in questo museo straordinario, che ospita anche qualche dipinto di
Gauguin, ho la sensazione di essere inghiottita da quel suo mondo affascinante e
incantevole, dal quale pi volte ero stata dolcemente assorbita.
Sono di fronte a La camera di Arles, in questo momento, e mi sembra di
esplodere di gioia, tanto sento vicino quel dipinto, che non avevo mai visto nella sua
forma originale, ma che avevo limpressione di conoscere come le mie tasche.
Laudioguida parla della tecnica di per s sbagliata, con le linee che tendono a
falsare la prospettiva del quadro, regalandogli per una forza emozionale incredibile.
Io ascolto le parole mentre mi inebrio delle sensazioni che mi regala la vista. I
dettagli che giungono al mio udito mi ricordano nuovamente le parole di Pierre,
facendo da cornice dolcissima a un dipinto eccezionale.
Mi tornano in mente i suoi racconti: lamicizia di Van Gogh e Gauguin, ad Arles, la
loro idea di riuscire a dipingere la natura transitoria della bellezza, e poi i litigi, le
divergenze, il modo diverso di percepire la forma pittorica.
Una volta mi raccont che Van Gogh, in una primavera trascorsa in Provenza, aveva
dipinto ben quattordici alberi in fiore, che scoppiavano di luce e di colore.
Dipingeva freneticamente in quella terra baciata dal sole, pronto a rubare i colori
alle cose e a riempirli di pennellate luminose.
Laudioguida mi ripete cose che avevo appreso da Pierre, sembra che voglia
riportarmi indietro nel tempo, riconsegnandomi a un passato ormai lontano.
Fluttuo magicamente nellaria coi quadri di Van Gogh e col pittore della mia vita, in
questa giornata nuova, in una terra lontana, che avrebbe dovuto ricongiungermi a un
altro passato, ancora pi remoto, fatto di amore materno e sintonia familiare, e che
invece mi riporta inesorabilmente verso Pierre.
Rimango a lungo in questo museo meraviglioso, che mi fa vivere emozioni fuori
dallordinario, anche se vestite di nostalgia e di rimpianto. Infine esco, stanca, ma
arricchita dentro, scossa da sensazioni fortissime. Mi dirigo quasi senza volerlo verso
la piazzetta adiacente, dove vendono pesce fritto. Ne acquisto un cartoccio fatto a
forma di cono e mi siedo su una panchina a mangiare, cullata dai ricordi. Il cielo
grigio, ora. Sono rimasta quasi quattro ore allinterno del museo e nel frattempo il
tempo cambiato.
La luce del giorno sta per scomparire, rapita dalla forza delle tenebre. Mi guardo
intorno e mi accorgo di quanto i colori cambino le prospettive e facciano apparire
diverse le cose: tutto si sta dipingendo di scuro e a me sembra nuovo, non riconosco
quasi pi niente di ci che avevo visto nella tarda mattinata vestita di luce. Riprendo
il battello, scelgo la linea verde, e faccio il giro della citt attraverso i canali. Non ho
un giubbotto pesante e avverto qualche brivido fugace, il vento mi punge la faccia e
mi rinfresca.
Tiro fuori un foulard dalla borsa e me lo avvolgo al collo. Mi regala un briciolo di
tepore. Sono a naso allins, a mirare gli edifici illuminati intorno a me: unora vola,
immersa nel cuore della citt, in questa Venezia del nord romantica e bellissima.
Infine mi ritrovo al capolinea, che dista pochi isolati dal mio albergo. Ho verificato
il tutto sulla guida.
Mi congratulo con me stessa per la mia capacit di orientarmi consultando mappe.
Fino a qualche tempo fa non ne ero capace.
Lho imparato da poco, gradualmente, con la mia voglia di essere autonoma e di
saper fare nuove cose. Non sono mai stata un granch nelle gare di Orientiring che
si disputavano alla scuola media, e pensavo perci di non sapermela cavare in questo
ambito. Ma poi sono cresciuta, ho imparato a riflettere e a osservare e ci sono
riuscita. Sono contenta di me.
Scendo dal battello e decido di tornare in albergo. Ci sono dei ristoranti l
intorno. Posso cenare in uno di quelli e poi andare a letto. Sono stanca, mi sono
svegliata molto presto stamani, o forse sarebbe meglio dire stanotte, ed stata una
giornata lunghissima, ricca di emozioni. Non posso andare ora da mamma, non
avrebbe senso, non mi godrei neppure il momento. Meno male che non le ho
telefonato. Rimando a domani.
Pap mi chiama di nuovo, mi chiede se va tutto bene, ed io gli racconto le gioie
estetiche e interiori della giornata. Mi mostro euforica al telefono, voglio che stia
tranquillo, non faccio trapelare quella vena malinconica e nostalgica che ha preso
campo dentro di me.
Noto che c un nuovo messaggio di Pierre. Non ho il coraggio di leggerlo,
specialmente ora, dopo la visita al museo. Ma poi non riesco a impedirmelo e
schiaccio il pulsante che ne consente la visualizzazione.
Tesoro, sei dentro di me, in ogni cosa che faccio, mentre dipingo, viaggio e
respiro. Je taime encore et encore, de plus en plus.
Non rispondo, non so come faccio a riuscirci, ma sono forte.
Noto che ci sono tre chiamate perse che provengono dal suo numero, ma fingo di
non averle viste, nonostante lulteriore colpo al cuore.
Raggiungo un ristorantino a fianco del mio albergo, quando uno scroscio dacqua
inatteso si rovescia sulla citt. Corro con la borsa in testa, nellultimo tratto, per non
bagnarmi. Poi mi siedo a un tavolino apparecchiato per due. Il cameriere mi chiede in
inglese se sono da sola ed io rispondo tristemente di s.
Mi accorgo che vorrei che ci fosse Pierre a riempire il posto vuoto davanti a me.
Ma il cameriere toglie prontamente il coperto, quasi a volermi rubare ogni sorta di
assurda speranza. Mangio della carne saporita e un buon formaggio, come al solito
bevo soltanto acqua, ma me la concedo frizzante. Mentre consumo il pasto i miei
occhi vagano tra i colori caldi della sala e si soffermano sui clienti. Ce ne sono di
giovani e meno giovani, uomini e donne. Parlano tutti sottovoce, in una lingua dura e
lontana anni luce dalla mia.
Ho la sensazione che tutti sorridano, guardandomi: forse perch sono da sola,
seduta a un tavolino che era apparecchiato per due, forse perch ho laspetto ridicolo.
Chiss se hanno indovinato che sono una donna sola anche nella vita, che sono una
figlia sola, alla disperata ricerca di una madre volata via nella notte dei tempi.
Sento gli occhi inumidirsi. Devo aggrottare le sopracciglia e deglutire, per non
piangere. Chiedo frettolosamente il conto, pago e fuggo via, con il foulard in testa e
una pioggia scrosciante che mi aggredisce.
Arrivo in albergo bagnata come un pulcino, bench sia vicinissimo.
E finalmente piango. Sono sola, nessuno pu vedermi: nel silenzio della mia
camera posso singhiozzare senza paura. Sono ridicola e sola, sola e ridicola. Piango
di me stessa, di come sono e di come sono diventata, della mia straziante solitudine,
fuori e dentro di me.
Non ho una madre, non ho un uomo, non ho una vera amica.
Ho un padre che non mi basta. Ho una vecchia tata che sta per essere rubata alla
vita. Purtroppo vedo nitidamente solo quello che non ho. E che mi vergogno di non
avere.
Vado a letto con gli occhi asciutti. Ho smesso di piangere da un po, grazie al
potere terapeutico della lettura. Ho ripreso in mano il libro che leggevo stamani in fila
di fronte al museo, e mi accingo ad addormentarmi sulle note di Pennac.
Ho fugato i pensieri negativi immergendomi nel diario di un corpo.
Tento di essere un tuttuno col libro, dimenticando me stessa e il mio dolore. Cedo
lentamente al sonno, col romanzo che mi oscilla tra le mani e trema sotto i miei occhi.
Domani decider il da farsi, organizzer la mia giornata e finalmente la rivedr.
Dopo tanti anni.
Infine spengo la luce, poso il libro sul comodino e dormo.
Il sonno non sereno, ma il corpo sfinito e cerca ristoro in un letto sconosciuto,
nellanonima stanza di un albergo olandese.
La luce filtra algida dalla tenda spessa e mi d il buongiorno.
Apro gli occhi e prendo lentamente coscienza di dove sono: mi chiedo cosabbia
sognato, in quella notte buia, perch una sorta di mulinello ruota vorticosamente
dentro di me, nella testa e nel petto, dandomi la sensazione che qualcosa stia
sfuggendo, che immagini nitide siano rubate alla mia memoria labile.
Il sogno spesso sfuma al mattino, disgregandosi in mille tasselli che difficilmente si
ricompongono in un puzzle comprensibile. Spesso qualcuno di essi si affaccia timido
alla mente, regalandoci degli input o dei flash, ma non aiutandoci a ricordare a pieno
la dinamica di ci che abbiamo sognato.
So con certezza che il mio inconscio stato attivo, ma non ho memoria della
storia vera e propria con cui ho navigato nel silenzio della notte. La cerco in
qualche dettaglio che sembra svelarsi al mio io cosciente, nel momento del
risveglio del corpo. Ma non la trovo interamente.
Ho combattuto con la paura dellignoto. E credo di aver perso.
Questo sembra essere il messaggio del sogno, a cui risalgo con i mezzi della
coscienza raziocinante, cos lontana dal profondo inconscio. Ma non voglio pi
pensare a questo. passato, stato ci che stato, pazienza Non voglio
angustiarmi nellintento di ricordare un brutto sogno.
Progetto una visita al Mercato dei fiori. Senza rendermene conto posticipo di nuovo
la visita a mamma. Non c fretta.
Ho prenotato lalbergo per una settimana e ho un biglietto aperto per il volo di
ritorno.
Mi vesto e scendo a fare colazione nella sala dellalbergo: c un ampio buffet
internazionale, con cibo per tutti i gusti e per tutte le abitudini mattutine. Prendo un po
di yogurt bianco con croccantini al cioccolato e un cornetto vuoto. Verso del caff
bollente in una tazza grande e lo macchio leggermente con latte freddo. Lo rendo cos
tiepido e bevibile.
Mi chiedo come far colazione mamma, la mattina. Chiss se manger wurstel e
uova strapazzate.
Ai vari tavoli gli ospiti dellalbergo mangiano e parlano silenziosamente, nessuno
solo. Io soltanto.
Provo un leggero imbarazzo, ma passa presto.
Sorrido a tutti, che mi sorridono, a loro volta. Qualcuno mi dice qualcosa in
inglese. Io rispondo piuttosto stentatamente, la mia pronuncia non un granch, ma
capisco alla perfezione tutto ci che mi viene detto. Ho un buon orecchio, come
fortunata.
Per il successivo ci sarebbero state quasi tre ore da aspettare.
Sembrava che me lo sentissi.
Aspetto cercando di essere pi calma possibile, ma sento il cuore che mi martella
nel petto e una leggera ansia salire verso la gola.
Faccio un respiro profondo, poi un altro.
Mi mordo le labbra con vigore e mi do dei pizzicotti sulle braccia per scacciare un
attacco di panico imminente. La sensazione di dolore fisico mi riporta sempre alla
realt.
Mi sembra che tutto sia sotto controllo.
Lautobus finalmente arriva. un extraurbano, ci sono molti sedili al suo interno.
Chiedo allautista quanto ci vorr a giungere a destinazione e vengo a sapere che il
viaggio sar di unora circa, salvo traffico.
Sorrido dentro di me e anche le mie labbra si stendono leggermente.
Frecce di speranza mi trafiggono dentro.
Una signora dallaria gentile si siede accanto a me.
Non parla molto, ma ogni tanto mi sorride e mi trasmette sensazioni positive.
Ansimante di paura, cerco aiuto negli occhi degli altri.
Mi basta una luce benevola, un arco delle labbra che dia segnali di serenit. Non
voglio e non posso avere intorno volti chiusi e ostili, ho bisogno di una spinta,
dellappoggio involontario della folla ignara, che, nello slancio di un sorriso o nella
luminosit di uno sguardo, mi dia la forza per non cadere.
La strada scorre veloce sotto le ruote dellautobus e la meta vicina.
Ho un moto inconsulto di impazienza, ma allo stesso tempo vorrei che quel viaggio
non finisse mai.
Siamo arrivati, tutti scendono. Io pure.
Domando a un compagno di viaggio se pu indicarmi dove si trova quella via
impronunciabile Gli mostro un piccolo foglio su cui avevo trascritto il nome. Lui
mi indica la zona, mentre io resto abbagliata alla vista di un mastodontico mulino a
vento.
Lo scambio anchio per un gigante, come aveva fatto Don Chisciotte con i quaranta
incontrati sulla sua strada, malgrado gli ammonimenti di Sancho. Ma non mi lancio al
galoppo verso di lui per battagliare, al contrario, mi incammino estasiata in quella
direzione, col naso allins, per osservare, semplicemente. Lo guardo dal basso,
sentendomi infinitamente piccola: sono un misero punto rispetto al gigantesco mulino
dalle pale enormi e laspetto fiabesco.
Non ho proprio nessuna voglia di combattere, desidero solo ammirare la
meraviglia che ho davanti.
Sono meno di un niente, lui mi sovrasta con la sua imponenza e mi fa percepire con
vigore la mia enorme pochezza.
Sono svuotata di ogni energia, minuta e sola, ma incantata di fronte alla grandezza
del genere umano, capace di costruire un simile gigante buono.
Vorrei aver accanto un esperto, magari un ingegnere, che sapesse spiegarmi con
esattezza il funzionamento dellenorme mulino, di come riesce a catturare la forza del
vento e di come possa restare in piedi, vigorosamente, nonostante lampia pedana
posizionata a met.
Osservo la Rosa dei venti, posta sul retro, mentre i pensieri volano lontani. Mi si
avvicina un uomo maturo, sicuramente olandese, lo capisco dai suoi tratti sfuggenti e
dalla pelle chiara, che mi guarda con aria interrogativa. Deve essere del posto. Mi
porge un opuscolo giallo che parla del mulino e del suo funzionamento. Sembra
proprio che mi abbia letto nel pensiero. Lo ringrazio sorridendogli.
Il basamento posto a met del mulino sfaccettato, con travi incastrate,
ognuna delle quali supporta a sua volta una tavola che forma il pavimento. Dei
puntoni, che fungono da leva-tratti, appoggiano su sporgenze del mulino, in modo
da supportare un peso notevole sul pavimento. Ogni puntone funge da leva-tratto,
che, avendo una sollecitazione assiale, non subisce alcuna flessione. Si tratta
perci di un bilanciamento di una struttura statica
Il linguaggio tecnico non mi spaventa, mi affascina. A un primo approccio non ci
capisco niente, ma sono incantata da quelle parole.
Leggo con attenzione e torno a leggere, finch non comprendo il loro significato
intrinseco. E in qualche modo faccio mio il senso.
Non saprei spiegare a qualcuno ci che ho letto, ma ne ricavo una sorta di
comprensione passiva. Sono pervasa da un forte piacere interiore, mi piace tanto
conoscere le cose
Lesterno del mulino, a forma cilindrica, ricoperto di mattoni piccoli e mostra una
grande porta verde, che sembra fatta di metallo.
Mi allontano un po, per vederlo meglio. Da troppo vicino non riesco ad averne una
visuale completa.
Indietreggio fino a raggiungere la giusta distanza. Finalmente lo vedo alla
perfezione.
Luomo che mi ha dato lopuscolo mi sorride a sua volta e si allontana, prima che
possa chiedergli qualche informazione.
Lo ringrazio di nuovo.
Infine volgo lo sguardo al di l del mulino e mi dirigo verso il centro del paese.
C un parco. Mi siedo un momento su una panchina e mi guardo intorno: ho di fronte
un piccolo canale, con qualche imbarcazione attraccata, che separa il prato in cui mi
trovo da una graziosa casa circondata di fiori.
Il verde predomina incontrastato ovunque.
Sulla mia destra aiuole fiorite impreziosiscono i lati di un ponticello.
Pi in l prende vita il paese, sorridente e gradevole, dalle case a tinte pastello, coi
tetti a punta e i lucernari alla ricerca del sole.
Nella giornata odierna raggi dorati illuminano le abitazioni e i prati adiacenti, che
luccicano di un verde smeraldo, ma lautunno riserva spesso colori daltro tipo e
linverno si preannuncia rigido e nevoso, come si intuisce dallangolo acuto dei tetti.
Osservo il tutto con sguardo ammirato e curioso, a tratti terrorizzato: una di queste
casette potrebbe essere la sua.
Ma non trovo il nome della via. Chiedo ancora e mi dicono che devo spingermi pi
avanti, al di l della piccola chiesa.
Mi guardo intorno. davvero una distesa piatta, lOlanda.
fatta di strade larghe, percorse da un numero impressionante di biciclette. Ce ne
sono di tutti i tipi. Perfino attrezzate con carrozzelle posizionate sulla ruota anteriore o
posteriore, da cui spuntano bambini curiosi e ridenti. proprio il paese delle
biciclette. Le vie cos piatte e pianeggianti sono lideale. Mi sorprendo a guardarle:
sono numerosissime, colorate, con cestini e pacchi di ogni tipo. La gente esce in
bicicletta per andare ovunque. Anche a fare la spesa.
Mi passa accanto una donna col burqa, che spinge un passeggino: una bambina
piccola seduta al suo interno e quattro, di et diverse, gli camminano a fianco e ci si
attaccano saltellando.
La madre parla con voce nasale, incomprensibile alle mie orecchie, rivolgendosi
alle figlie e a un uomo basso, dalla pelle scura, che cammina poco pi in l. Deve
essere il marito. Lui ha laria triste e stanca e sembra risponderle a malapena.
Mi distrae la voce squillante di un gelataio che giunge dalla parte opposta, con il
suo banco-frigo mobile, posto su quattro ruote. vestito interamente di bianco, con
tanto di berretto dello stesso colore, e ha lespressione gioviale.
Gli si avvicina prontamente una ragazza bionda, piccola e magra, che dopo una
breve sosta se ne va con due coni giganti farciti di gelato arancione. Mi chiedo che
gusto sia.
Un bambino gli corre incontro festante e dopo poco si allontana con un cono blu.
Ne arrivano altri, dai lati della strada, che ripetono gli stessi gesti e gli stessi sorrisi.
Ora il venditore ambulante si sta spostando. Si muove dapprima lentamente, poi in
modo pi veloce, attivando il motore al suo curioso mezzo. Porta i suoi gelati un po
pi in l, nella via attigua, o nella piazza vicina.
Chiss se la luce bianca che lo avvolge sapr regalargli armonia.
Avrei voglia anchio di un gelato, forse, ma di mattina non ne mangio mai. E
soprattutto vorrei colorarmi di bianco, per brillare di luce interiore.
Intanto continuo a camminare.
Sono arrivata. Leggo il nome della via sulla prima casa della strada.
Vado avanti, devo arrivare al numero 35. Guardo dove sono i dispari: dalla parte
opposta alla mia. Leggo: 3-5-7-9 Devo andare ancora pi avanti. Il cuore mi
esplode nel petto e mi tremano le gambe. Scorro con lo sguardo i numeri delle
abitazioni e con la coda dellocchio intuisco gi qual la sua. Mi avvicino, con
lemozione che deborda nelle guance porpora, negli occhi umidi, in tutto il corpo che
sfugge al mio controllo.
Sono invasa da mille sensazioni contrastanti, che mi pungono lanima e il cuore. Sul
campanello posto a lato del cancelletto c un cognome straniero e poi quello di
mamma; accanto la cassetta della posta, rossa, a forma di casa. Un giardino verde,
colorato di fiori di ogni tipo, circonda labitazione a mattoncini, col tetto a punta e il
lucernario posto sul lato destro.
Le persiane marroni sono aperte, ma le tende chiare offuscano la vista. Non si
capisce se ci sia qualcuno allinterno.
Vorrei suonare il campanello, ma non ce la faccio. Non ancora.
Mi sposto pi indietro. Decido di osservare per un po i movimenti della casa.
Passano i minuti, le ore.
Non succede niente. Forse non c nessuno. Probabilmente il giorno pranzano tutti
fuori. Mi allontano un po, con lintento di tornare pi tardi, nel pomeriggio. Sono
quasi contenta di non aver trovato nessuno, cos posso prepararmi meglio allevento,
far calare un po lemozione.
Vado a mangiare qualcosa in un bar della piazza vicina. Poi gironzolo per il paese,
ritornando verso il maestoso mulino. Mi piace di nuovo, anche visto da unaltra
angolazione.
Infine, dopo qualche ora, mi ripresento davanti alla casa.
Questa volta suono subito, nonostante il cuore in gola.
Un ragazzo apre la porta e un cane di taglia piccola corre verso di me abbaiando. Io
provo a fare il nome di mamma, ma lui non sente, malgrado labbia detto a voce alta,
perch lanimale continua imperterrito con il suo verso rumoroso.
Allora il ragazzo esce di casa e viene verso di me, camminando sul vialetto del
giardino. Mi dice qualcosa nella sua lingua, ma io non capisco. Gli rispondo in
inglese, facendo a mia volta una domanda.
Chiedo se la signora Rebecca Romani in casa. Mi dice di s.
Mentre rientra per chiamarla lei varca la soglia della porta con aria interrogativa.
Ha i capelli sciolti e i pantaloni lunghi.
Si avvicina a sua volta al cancello mostrando di non riconoscermi.
I suoi occhi gelidi si incollano ai miei, ma mi trasmettono un forte senso di distanza
e di freddezza. Non ha ancora aperto il cancello e mi parla in olandese.
Mamma, non mi riconosci? dico in un sussurro, al di l delle sbarre.
Gemma? Pronuncia il mio nome con una voce gutturale che mi sembra non
appartenerle. Lintonazione dura e glaciale come la sua nuova lingua.
Improvvisamente ogni traccia di verde sparisce dentro di me e sprofondo nel nero
pi assoluto.
Nero
Mi sento talmente immersa in questa tinta nefasta, che credo quasi di non essere pi
io. Sono unaltra da me stessa.
Vedo nero con gli occhi e con lanima.
Vacillo e tremo: i polmoni si gonfiano e si svuotano, ma laria non circola dentro di
me, rimasta fuori, lontana, imprigionata da quello sguardo terribile e da quella voce
che parla unaltra lingua, in ogni senso.
Mi ero illusa che potesse amarmi ancora, nonostante tutto.
Ridicola speranza, dettata da un animo fragile e insicuro.
Ora lo capisco a pieno. Il mio bisogno indescrivibile di lei mi aveva portato a
giustificarla in mille modi, dentro di me, a darle nuove continue chances, ad aprirle
nuove vie da percorrere. Sarebbe bastato un bacio, un abbraccio, una lacrima, anche
insincera, e lavrei perdonata. Lavrei stretta forte a me e sarei tornata bambina, avrei
recuperato tutti quegli anni in un momento, nel silenzio di un sorriso. Avrei ripercorso
tutto il tempo in cui non cera stata e lavrei fatto di nuovo mio, nostro, sarei stata la
sua Gemma e lei la mia mamma, ancora una volta.
Ma lei mi ha negato ogni cosa.
Mi ha guardato negli occhi e non ha visto sua figlia.
Il nero che mi pervade lassenza e la negazione di ogni colore. Non c niente in
me e fuori di me. Nessuna tinta emerge dal mio io scosso e turbato, nessuna sfumatura.
Solo un nero di pece e di dolore.
Un nero di angoscia che dilania il cuore e lanima.
Solo delusa nel profondo, atterrita, uccisa da un colpo fulmineo e violento. Sono
assolutamente e irrimediabilmente nera: incarno la negazione assoluta del colore.
S, sono io le rispondo con la morte nel cuore.
Lei mi guarda senza dire nulla, per un lungo momento.
Poi mi chiede se voglio entrare in casa, mentre apre il cancello, ma io le rispondo
di no. Me ne vado senza neanche salutarla. Indietreggio a piccoli passi, poi mi volto e
corro via lontano.
Il mondo sembra crollarmi addosso e schiacciarmi completamente. Mi fanno male
le gambe, tanto la mia corsa sfrenata, e ho il respiro affannato ma voglio
allontanarmi il pi possibile.
Vorrei volare ed essere a casa in un momento. E morire.
Un urlo di dolore dentro di me mi ferisce, straziandomi. Sembra farmi sua,
strapparmi a questa vita, per sempre.
Ma poi improvvisamente mi apre gli occhi e mi fa cambiare idea sul da farsi. Mi
dipinge la mente e la rende diabolica.
Non sono io a dover morire, io non ho fatto niente. La mente vaga inquieta e
percorre vie inaspettate, si dirige verso mete lontane al mio usuale modo di essere. Si
insinua repentina nelle anse peccaminose della vendetta e del rancore. Grida di
sofferenza la spingono verso linferno del crimine, e ogni mio pensiero si tinge di
rosso cupo, di sangue, di morte.
Lo ripeto a me stessa: non sono io che devo morire.
Mi ha ferito nel profondo e continua a pugnalarmi senza piet.
Non merita di vivere. Mi stupisco di me stessa per quello che penso. Ma continuo a
pensarlo.
Ho paura di ci di cui mi convinco, ma sono decisa, forte, rinata dalle ceneri della
delusione. Sto ancora correndo mentre dentro di me si snoda un nuovo filo di
pensiero, duro, spietato, assassino.
Vorrei vedere i suoi occhi che si spengono e il suo corpo che si affloscia, privato
della vita. Vorrei vederla sfuggire per sempre al mondo, viaggiare senza scampo
verso nuovi e misteriosi confini.
Sarebbe la giusta ricompensa per una donna come lei, che ha potuto farmi tutto
questo male senza accorgersene, senza neanche rendersene conto.
Lei mi ha ucciso mille volte ed io voglio farlo davvero, una volta per tutte.
Potrei pugnalarla al cuore, tagliarle la gola, colpirla con una freccia avvelenata o
con un colpo di pistola. Potrei farle bere un cocktail diabolico e lasciarla dormire per
sempre. Vorrei poterlo fare davvero.
Vorrei eliminarla dalla faccia della Terra, spedendola in un soffio nellaldil
macabro che le spetta.
Vorrei strozzarla, rubandole il respiro che lei ha tolto a me in questi ventanni,
vissuti nel limbo del dolore.
E vorrei uccidere anche quellorribile Gulaf, che me lha portata via quando ero
una bambina innocente, insieme al figlio che hanno messo al mondo e che io odio con
tutta me stessa.
Lo invidio profondamente. Lui lha avuta accanto per tutta la vita, mentre io sono
rimasta sola, lontana, senza laffetto di una madre.
Sto pensando a come potrei ucciderli tutti e tre mentre raggiungo la fermata
dellautobus, alluscita del paese, di fronte a quella in cui sono arrivata al mattino. Mi
rendo conto di non essere in grado di farlo con la forza, per cui dovr usare lastuzia.
Osservo con tristezza la differenza inaudita tra i pensieri criminali che adesso mi
invadono la mente e quelli pieni di paura e di speranza di poche ore fa, ma mi
convinco sempre pi che la colpa non mia. Io sono la vittima di una situazione
tragica e nefasta.
Una madre terribile ha generato una figlia tendenzialmente assassina.
Salgo sullautobus a passi lenti e mi siedo in quarta fila. Mi accomodo dalla parte
del finestrino, quando qualcuno mi chiede se il posto accanto libero. un uomo
sulla cinquantina col viso cupo e vagamente somigliante a Gulaf. Sono dieci anni che
non lo vedo, potrebbe anche essere lui. O forse no. Tutti gli uomini di mezzet che
cadono sotto il mio sguardo potrebbero esserlo sono circondata da terribili Gulaf!
La mia mente stanca vacilla e mostra ai miei occhi ci che vuole.
Mi sembra di impazzire.
Le palpebre si abbassano alla ricerca di pausa mentale e rilassamento. Non dormo,
ma rimango ad occhi chiusi per quasi tutto il viaggio. Cerco di non pensare a niente,
anche se so che la cosa pi difficile al mondo.
Non voglio parlare con nessuno, adesso. Non cerco pi la forza interiore in un
sorriso esterno, generosamente regalato da chi mi circonda, ma tremo dentro di me
nella mia buia solitudine.
Ormai le luci del giorno si sono spente e uno spicchio di luna brilla nel cielo scuro.
Amsterdam si affaccia nuovamente ai miei occhi vestita di blu e di luci artificiali.
Scendo dallautobus e mi avvio rapidamente verso lalbergo.
La delusione vela il mio sguardo, che stamani era dipinto di speranza. Non so se ne
accorge qualche ospite dellhotel o la ragazza della reception, ma noto che mi
guardano con aria interrogativa, mentre chiedo la chiave della mia camera. Devo
avere unespressione inattesa o una cera terribile.
Tento di camuffare luragano che ho dentro con un mezzo sorriso e mi dirigo verso
le scale: sono strette e ripidissime, con quasi venti gradini per rampa, ma le salgo in
un battibaleno. Sono al quarto piano. Entro rapida in camera mia e finalmente scoppio
in lacrime. Mi lascio cadere sul letto, affranta e disperata, mentre i singhiozzi mi
scuotono interamente. Piango a pieni polmoni e lancio grida strazianti. un pianto
disperato e forse liberatorio.
Probabilmente mi sentiranno dalle altre stanze, ma non mi importa, in questo
momento sento la necessit di farlo, di sentirmi urlare di dolore. Ho bisogno di
esternare quello che provo, quasi per confermare a me stessa che accaduto ci che
pi temevo nel profondo del cuore. Si concretizzato davanti ai miei occhi quello che
non osavo neanche pensare e che pulsava al centro del mio animo con vigore inaudito,
pur tremando come una debole foglia in preda alla rabbia del vento. Adesso chiaro
e lampante.
cristallino, trasparente come lacqua che scorre: lei si completamente
dimenticata di me. Non mi ha contemplato, in tutto questo tempo. Non volata verso
di me con la mente, non mi ha cercato col cuore. Mi ha cancellato dalla memoria in un
soffio, in un battito dali, come unemicrania noiosa che si toglie con unaspirina. Si
incamminata su una nuova strada, venti anni fa, e non si pi voltata indietro.
Io, invece, oggi sono ancora qui a pensare a lei. A fare congetture diaboliche, ora,
ma che la rendono comunque al centro della mia attenzione.
Non credo a me stessa. Devo togliermela dalla mente, come ha fatto lei con me.
Non posso ucciderla.
Diventer un avvocato, fra qualche tempo, sar dalla parte della legge, non posso
essere unassassina.
Ma il desiderio di toglierle la vita adesso enorme e inquietante allo stesso tempo.
Continua ad esserlo. Mi stringe e mi fa sua.
Forse non voglio includere in questo gesto estremo i due uomini della sua vita, gli
olandesi dalla pelle chiara e dallo sguardo sfuggente. In fondo loro non centrano
niente. Certo, Gulaf lha rubata alla mia infanzia e alla mia vita, vero, ma solo
perch lei ha deciso di andarsene e soprattutto di chiudere col passato. Anche se lui le
avesse impedito di vedermi, la colpa sarebbe stata sempre di lei, per aver accettato.
La sua scala di valori allucinante le ha permesso di sostituire un uomo a una figlia. E
questo imperdonabile.
Guidon centra ancora meno di suo padre. In fondo non ha scelto lui di nascere da
quei genitori, come nessuno di noi.
Io lo odio perch lo invidio, dal momento che lha sempre avuta accanto, ma mi
rendo conto che la colpa non sua.
solo e soltanto di mamma.
Sprofondo nellangoscia di pensieri cupi e sanguinari. Il nero mi invade e mi spinge
verso il baratro, iniettato di un rosso cupo e terribile, che non ha niente a che fare con
la passione e con lamore, ma si tinge di rancore e di vendetta.
Ho paura di me stessa, della persona che sono diventata, allimprovviso, quando ho
avuto la netta sensazione che non ci fosse pi niente da fare, quando ho sentito che la
mia speranza non era altro che una stupida utopia. E ora vorrei non essere mai partita,
vorrei non averla mai rivista.
Forse sarebbe stato meglio vivere con una speranza illusoria, che toccare con mano
una realt sconfortante. Forse.
Ho i capelli scarmigliati che mi coprono parte del viso e gli occhi arrossati dal
pianto: mi intravedo nello specchio posto sulla destra del letto. E non mi sembro io.
Lespressione stravolta e spietata al contempo. Non so pi chi sono.
Un doppio trillo del cellulare cattura per un attimo la mia attenzione.
Mi arrivato un nuovo messaggio. Forse pap, oppure Cinzia.
Non so proprio cosa potrei rispondere in questo momento, al di l del mittente. E
quasi decido di non guardare lsms.
Ma poi mi avvicino lentamente al telefonino e premo il tasto per la visualizzazione.
di Pierre. Di nuovo.
Tesoro, mi illumino di immenso, come Ungaretti, al solo pensiero di te. Vorrei
tanto rivederti.
Le sue parole mi toccano il cuore.
In questo momento mi riportano vagamente alla realt. Al mio essere una donna con
una sua vita, al di l della fuga di una madre.
Se Pierre sapesse come sono diventata e cosa sto progettando di fare non mi
cercherebbe pi. Perderebbe ogni traccia di amore per me.
Rifletto sulle parole appena pronunciate e mi accorgo che credo in ci che lui mi
dice. Almeno inconsciamente.
Credo che mi ami. Sono quasi convinta di questo. Continua ad essere cos presente
nella mia vita, con tutti i suoi sms, che non posso non credergli.
Perch dovrebbe farlo se non provasse un sentimento forte per me?
Sento il prurito provocato dalle pulci del materasso, il freddo glaciale di quelle
case non riscaldate e i morsi della fame.
Sono uno dei figli innocenti di quei genitori sciagurati, che mettono continuamente
al mondo nuove bocche senza saperle sfamare.
Sto perdendo il senso del dolore legato allesito del mio viaggio e alla mia
delusione enorme, man mano che mi calo nel mondo creato da Mc Court.
Pi sono dentro a questa storia, pi dimentico la mia.
Sto perdendo quella tinta nera, angosciante e peccaminosa che mi aveva rubato al
mondo reale. Sto tornando in me.
Lindomani Gemma prese il primo volo per Roma e torn nella capitale italiana, tra le
persone a lei care.
Il viaggio scivol regolare e silenzioso, profondamente diverso da quello di andata.
Dallentusiasmo per la voglia di scoprire nuovi sviluppi nelle emozioni e nei rapporti
interpersonali, al desiderio unico di tornare a casa, lasciandosi tutto alle spalle: ogni
dettaglio, ogni suono, ogni rumore.
Non cera nessuna Willeke a parlare con lei, nessun volto amico a regalarle un
sorriso. Era sola e cupa, con lunico desiderio di toccare terra ed essere finalmente
lontana da quei Paesi Bassi, che lavevano fatta sprofondare nel buio pi assoluto.
Era una donna nuova, provata, annichilita e svuotata dal peso degli eventi, ma
anche arricchita di mille stati danimo sconosciuti in precedenza, che in qualche modo
la stavano aiutando a indagare dentro di s.
Era cos terribilmente difficile riuscire a non cadere, dopo aver subito colpi di
quella portata, non per ultima la presa di coscienza di effetti assolutamente
imprevedibili dentro di s, oltre alla delusione cocente, frutto dellatteggiamento
insano di una madre.
Ma in fondo dimostrava di farcela, di essere forte, nonostante tutto.
Lasciava intravedere i tratti sicuri di una donna sullorlo della rinascita dalle
ceneri della delusione.
Pierre, dal canto suo, soffriva terribilmente per averla persa, forse per sempre.
Tentava di mostrarle il suo amore, di farle sentire la sua presenza quotidianamente,
con messaggi telefonici molteplici.
Aveva smesso di chiamarla, non perch non ne avesse voglia, ma per non apparire
insistente e per evitare di infastidirla troppo.
Voleva che percepisse il suo amore, che sentisse come fosse rimasto l, legato a lei
a doppio filo, col cuore grondante di un sentimento unico e profondo come il mare.
Avrebbe voluto stringerla a s in un abbraccio caldo e infinito e dirle ancora mille
volte di aver commesso un errore indicibile, ma non per strategia, n con lintento di
ingannarla, semplicemente e solo per amore, per lidea distorta e confusa che la
verit possa essere un limite insuperabile e che, in certi casi, la menzogna, o
lomissione, possano regalare orizzonti pi ampi e fruttuosi.
Lui laveva sempre amata profondamente, fin dal primo giorno, da quando si era
presentata al suo corso sui colori, coi capelli raccolti e gli occhi ridenti. Era stato un
colpo di fulmine, dovuto inizialmente al solo aspetto esteriore e alla luce che
emanava intorno a s. Ma poi si era accorto che Gemma era bella dentro quanto fuori,
che il suo sguardo dolce e il suo viso delicato erano la cornice e linvolucro di
unessenza speciale. Le piaceva il contenitore come il contenuto, i colori del corpo
come quelli dellanima. Era un connubio perfetto di estetica e interiorit, una donna
bella e intelligente, profonda e sensibile.
Bianco
Scendo dallaereo e vedo da lontano pap, che mi sta aspettando con lo sguardo
luminoso e preoccupato allo stesso tempo.
Il volo andato bene e finalmente sono a Roma.
Un sorriso radioso mi accende lintero volto e infonde nuove speranze a mio padre.
Labbraccio forte e sincero e la voglia di raccontargli tutto prorompente.
Lo faccio appena arrivati a casa sua, davanti a un succo dananas e un cioccolatino
a forma di cuore. Gli narro tutto nei minimi dettagli e lui spalanca gli occhi per
lincredulit, aggrotta le sopracciglia e pronuncia parole di odio contro di lei.
La detesta per quanto mi ha fatto soffrire, per la sua totale mancanza di amore
materno. E la ucciderebbe davvero, in questo momento, se fosse qui. Una lacrima sta
per debordare dal mio occhio e le sue mani sarebbero pronte a colpirla. Un pugno per
ogni mia lacrima, per ogni mio sospiro.
Ho fatto bene a non venire. mi dice dopo. Mi sarei macchiato di un reato
irreparabile. Lavrei uccisa.
Ho un colpo al cuore. Gli dico che anchio ho avuto quellidea malsana, soggiogata
dal peso della delusione. Ma che poi sono tornata in me e ho deciso di lasciare
lOlanda e dimenticarla per sempre.
buffo, ma mi sento meglio. Non provo pi quel dolore al petto al solo pensiero di
lei. Ho i battiti regolari, come il respiro, mentre sto parlando di ci che accaduto di
fronte a casa sua, al di l di quel cancello fatto di sbarre grigie, che non ha neppure
aperto.
Riesco a narrare i fatti senza che la voce si spezzi.
Riesco a illuminarmi nonostante debba fare ancora a meno di lei.
meraviglioso. Mi sembra che si sia sciolta quasi ogni ombra di dolore. Vorrei
gridare al mondo che sto finalmente meglio, che ho superato il peso indescrivibile
della sofferenza e del rancore e mi avvio a percorrere nuove strade.
Vorrei far sentire agli altri questa mia incontenibile leggerezza: mi pare di essere
una piuma rapita al vento, che vola lontana e ondivaga.
Pap percepisce il mio nuovo stato danimo e sembra tirare un sospiro di sollievo.
Venti anni di dolore da lasciarsi alle spalle.
Mi guarda incredulo e felice. Sorride di nuovo.
Poi saliamo le scale e facciamo una piccola visita ad Armida.
Appena mi vede mi viene incontro e mi abbraccia forte. Io ricambio la stretta con
lo stesso vigore e mi sento inondare di una gioia immensa. Sono di nuovo a casa. Con
accanto le persone pi care.
Do unocchiata al di l della finestra e vedo un cielo chiazzato di nubi grigie che
celano drappi di un azzurro intenso. Un sole tiepido fa il suo timido ingresso nel
manto morbido e maestoso che sovrasta la Terra e laria canta, in sottofondo.
Lordinario si mostra sgargiante nella sua straordinariet e ogni singolo elemento
della natura si tinge di poesia. I miei occhi colgono schegge di bellezza pura in un
fiore che sboccia, o nel vento leggiadro che profuma di fresco e fa danzare deboli
foglie.
Mi lascio cullare dallincanto delle piccole cose mentre parlo con Armida e le
racconto del mio viaggio. Non scendo in particolari, ma le lascio capire che mia
madre ha mantenuto il suo atteggiamento freddo e distante.
Lei mi offre da bere: un t, un caff, un succo di frutta.
Non ho bisogno di niente, ma opto per il t, so che le dispiace se rifiuto. E poi il
suo t delizioso.
Mentre lo sorseggio, il suono familiare del telefonino mi annuncia larrivo di un
sms ed io mi coloro di mille nuove sfumature. Sono bianca e pura, accecata da una
luce che riassume in s tutti i colori dello spettro solare.
ancora Pierre, come speravo silenziosamente dentro di me.
Sei tornata, tesoro? Pennellate radiose mi dipingono dentro, allidea di poterti
riabbracciare. Solo se tu lo vuoi. Solo un abbraccio. Je taime.
La lettura mi emoziona, come sempre. Per quello che dice e per come lo dice. Ho
una voglia enorme di rispondergli, di chiamarlo, di farlo partecipe di ci che ho
vissuto e sto vivendo. Vorrei anchio regalargli un abbraccio fatto di luce e di
armonia, stringerlo forte e sentirmi un tuttuno con lui. Ma ho paura.
Mi sorprendo ad avere questi pensieri, perch non so confessare neanche a me
stessa di amarlo ancora.
Ma oggi mi sento cos bianca, luminosa, pura, che potrei riuscire a sbilanciarmi,
ad andare oltre il punto che mi sono prefissata.
Improvvisamente mi domando come faccia a sapere che sono tornata, e mi chiedo
anche se sappia dovero andata
Pap, hai detto tu a Pierre del mio viaggio?
No, Gemma, non mi sarei mai permesso. Fra laltro, poi, non ho contatti con lui da
molto tempo.
Sono convinta che sia opera di Eva o di Sara e Cinzia
Mi immagino che lui si sia informato da loro, visto che non rispondo alle sue
telefonate e ai suoi messaggi. Probabilmente avr chiamato una delle mie amiche e le
avr chiesto di me.
Solo questo mi manda al settimo cielo.
Pi tardi torner a casa e chieder.
Ho dentro di me la certezza che Pierre mi ami veramente.
Ma non lo dico. Lascio che questa consapevolezza resti chiusa dentro di me, la
nascondo in un angolo del cuore e lascio che fuoriesca ogni tanto, improvvisamente,
dipanando i suoi effetti incantevoli.
Finalmente saluto pap e vado a casa. Vorrebbe che rimanessi da lui, almeno per un
giorno, ma io ho voglia di tornare alla mia vita. Mi accompagna in macchina, per
evitarmi lautobus. Gli do lultimo bacio e ci diamo appuntamento per domani a cena:
cos tenero, si preoccupa per me.
Roma immersa nel solito traffico quotidiano e mi guarda sorridente dallalto dei
suoi palazzi sontuosi. Inspiro il suo profumo, che non fatto solo di gas esalati dai
tubi di scappamento, ma lodore morbido e unico della mia citt. impreziosita di
alberi profumati, di verde smagliante che rigenera i polmoni.
Pap si ferma sotto casa e io scendo dalla macchina con il mio trolley. Mi chiede se
voglio che mi accompagni, ma gli rispondo di no, perch non c parcheggio; lo saluto
di nuovo, incoraggiandolo a stare tranquillo. Lui mi fa il cenno della cornetta con la
mano per dirmi che poi mi telefoner. Gli sorrido annuendo.
Sono felice di essere di nuovo qui.
Attraverso finalmente la strada e accelero il passo quando sento il rumore di
unauto che viaggia a gran velocit verso di me.
Chiudo gli occhi senza volerlo e mi fiondo dallaltro lato della via, ma non
abbastanza in fretta.
La furia del pirata della strada implacabile.
Una frenata acuta e un tonfo sordo.
Un luccichio abbagliante volteggia nel mio sguardo e mi avvolge interamente,
portandomi in alto, lontano dal mio corpo.
E ora una serenit profonda e una leggerezza dolcissima mi pervadono lentamente,
mentre laria scintillante mi abbraccia al confine dello spazio.
Sono leggiadra e trasparente, morbida e soffice, irradiata da delicate sensazioni di
tranquillit atavica. Girandole di luce ruotano vorticosamente nei miei occhi
allontanandomi dalla dimensione reale, mentre una porzione di cielo scintillante mi
attrae in modo irresistibile e tende a farmi sua.
Ma il mio corpo giace inerme sulla strada, circondato da volti contratti e allarmati.
Un rivolo rosso cola allangolo della mia bocca e i miei occhi si chiudono su un volto
che ha perso ogni colore.
Vedo una sorta di furgone bianco e lampeggiante, braccia muscolose mi trattengono
con forza dal volo verso leterno, non vogliono lasciarmi andare. Stringono
vigorosamente i miei arti leggeri e senza vita, attratti da quella luce abbagliante,
meravigliosa e irresistibile. Ma io sono comunque in volo, fluttuante e leggera come
una piuma mi allontano dal mio corpo immobile e guadagno il cielo. Rimango
sospesa, in equilibrio tra due mondi, pervasa da note melodiose e armonie dolcissime
che mi spingono al di l della luce.
Non desidero altro che oltrepassare quel confine. Sono avvolta da un bianco
accecante che mi stordisce e mi colma di un benessere infinito.
questo il colore della morte. Hanno ragione gli orientali a sceglierlo come divisa
del lutto Non c niente di nero, di cupo o di buio come vuole la nostra tradizione.
Tutto luce bianca. Tutto armonia dolcissima.
Ma questo desiderio enorme di volare verso leterno si spegne improvvisamente
nellosservare la disperazione dei miei cari, le lacrime di pap e di Armida, di
parenti e amici accorsi in ospedale appena saputo dellincidente.
Vorrei dire loro di non piangere per me, di non preoccuparsi, perch non sto
soffrendo, sono felice. Inondata di uno scintillio sfavillante, non mi trovo laggi, dove
loro guardano, ma quass in alto, volteggiante ai confini della luce. Mi muovo in una
danza ondivaga e morbida che mi pervade di armonia.
Ma loro non possono sentirmi.
Il mio corpo immobile e muto, sordo a ogni stimolo esterno.
Io sto volando verso il cielo, ma loro non vedono questa parte di me, possono
relazionarsi solo con il mio io concreto.
arrivato Pierre. accanto a me: venuto a trovarmi.
Sono cos felice di vederlo, anche se solo da quass, che il cuore sembra esplodere
sotto il mio petto. Vorrei gridargli la mia gioia, stringerlo forte a me e baciarlo.
Ma ha il volto rigato di lacrime e lespressione disperata.
Si informa da mio padre sullaccaduto e pronuncia parole di sconforto. cos
triste Non lo avevo mai visto in un tale stato, neanche quando ci siamo lasciati
eppure mi era sembrato che i suoi occhi fossero sprofondati in un buio profondo,
allora. Ma niente a che vedere con il dramma che sta vivendo adesso.
Vederlo cos vicino a me con quellespressione affranta mi fa male, avrei voglia di
parlargli, di spiegargli che io non sto soffrendo.
In questo momento, la voglia di volare verso lignoto sparita, sfumata. Desidero
tornare indietro, invece. Allietare tutti i miei cari con la mia presenza sarebbe la cosa
pi bella che potrebbe accadermi in questo momento.
Pierre non se ne va. Torna continuamente e mi resta accanto a lungo, quasi quanto
mio padre.
I giorni trascorrono, ma lui non si d per vinto. Mi prende la mano, mi accarezza il
viso. Vorrei percepire il suo dolce tocco, ma posso soltanto osservare i suoi gesti, da
quass: il mio corpo ha perso ogni capacit sensoriale. Immobile, senza energie,
insensibile a ogni richiamo, sembra allontanarsi inesorabilmente dalla vita.
Pierre mi sussurra parole dolcissime pregandomi di restare, di non volare via.
Potremmo ricominciare tutto daccapo aggiunge con un filo di voce.
Sarebbe meraviglioso. Lo dico dentro di me, senza che nessuno possa sentirmi.
Naturalmente a lui non arriva nessuna risposta, ma rimane l, accanto a me, senza
perdere la speranza, manifestando tutto il suo amore.
Io non posso far altro che guardarlo, dallalto, dalla mia porzione di cielo. E quello
che provo sublime.
Lui si preoccupa per me, versa lacrime calde, ma al contempo tenta di non
disperare, mi sta vicino, mi accarezza e mi parla.
Cerca in ogni modo di riportarmi nel mondo dei vivi.
Inverto dentro di me la direzione di marcia, nellosservare Pierre, oltre tutti i miei
cari. Non voglio andarmene, non voglio sfuggire alla vita.
ancora cos presto, ho appena cominciato a viverla e ad assaporarla
Ma sono comunque bloccata in questo demi-monde che mi stringe senza lasciarmi
andare, sono sospesa tra due entit parallele e distinte. La luce bianca mi guarda,
spumeggiante e sorridente, ma io non provo pi quel desiderio impaziente di
Celeste
Entro in casa e vedo questo colore, in versione pallida, sul soffitto e sulle pareti. E
sento cadere su di me un velo di armonia.
Etimologicamente significa come il cielo. E cio come?
Grigio, azzurro, nero, rossastro, aranciato? Laggettivo celeste ci rimanda a
unimmagine di litgh blue o di bleu clair, trasmettendoci una sensazione di pace, di
tranquillit e armonia al contempo. Ma il cielo non quasi mai di questo colore, solo
nelle belle giornate primaverili ed estive.
nero di notte, blu scuro di sera, plumbeo nelle giornate nuvolose, bianco ghiaccio
dinverno, quando scende la neve, rosa allalba, arancione al tramonto. Nei vari
momenti della giornata e nelle diverse stagioni si tinge di molteplici colori rubati al
mondo.
Ed io mi sento allo stesso modo: in questo momento potrei essere qualunque cosa,
qualunque colore, proprio come il cielo, che muta continuamente.
Ma tingersi di celeste o meglio di celestiale, significa anche godere di elementi
luminosi e straordinari, perch questa tinta, proprio nella sua essenza, pu legarsi al
mantello soffice, inteso in senso traslato, figurato, il Cielo per eccellenza, il
Paradiso.
La mente vaga verso riflessioni esistenziali, non posso impedirmelo. Mi chiedo chi
sono e a cosa debba lavvicinamento a questo nuovo colore, primario freddo che
infonde calma e tranquillit, miscelato alla forza luminosa del bianco.
Pervasa di celeste mi appresto a tornare nella mia casa familiare, in cui ho
trascorso una parte cospicua della mia vita.
Nelle ore in cui mio padre sar assente per ragioni lavorative, scender Armida a
farmi compagnia, come in un tuffo nel passato. E questo mi riempie il cuore di gioia.
Sar in parte di nuovo bambina, per un po, e cercher di guardare il mondo con gli
occhi dellinfanzia. In un luccichio di celeste. Ondegger tra passato e presente,
cercando di trovare pace dentro e fuori di me, attingendo dal mio io recondito e
lontano quelle tinte pastello morbide e armoniose che brillano di vita.
Arcobaleno
Nel salotto dellappartamento di via Tevere, seduta sul divano, volto locchio, con
fare distratto, e noto qualcosa di colorato al di l della finestra. Le tende aperte mi
permettono la visuale, ma mi avvicino per vedere meglio lo spettacolo. appena
smesso di piovere ed uscito un raggio di sole: un arcobaleno enorme troneggia nel
cielo indisturbato. Ostenta colori intensi e scintillanti che vanno dal rosso al violetto e
ha un arco cos grande da sembrare la met di un cerchio: occupa tutto il cielo.
Non ne avevo mai visto uno di queste dimensioni n con dei colori cos forti e
luminosi. Ho una sorta di sussulto. I miei occhi si allargano per guardarlo meglio e
gioire a pieno di questa immagine straordinaria. il frutto della rifrazione della luce
solare nelle gocce dacqua, presenti nel cielo dopo la pioggia. Apro la finestra, per
vederlo interamente.
L ammiro, sporgendomi sulla destra, in tutta la sua bellezza.
Osservo meglio i sette colori nel suo arco rotondo e li sento esplodere dentro di
me.
Per strada molte persone si fermano col naso allins, per godere, anchessi, dello
spettacolo della natura. Dai veicoli agli stop scendono diversi autisti, protesi ad
ammirare quellarcobaleno insolito e dalle finestre spuntano teste nello stesso
atteggiamento.
Poi in un attimo il sole sparisce, inghiottito da un nuvolone nero e larc-en-ciel si
attenua per poi scomparire rapidamente.
Ho unombra di delusione nello sguardo e nel cuore.
In questo momento mi torna in mente una leggenda letta da bambina a proposito
dellarcobaleno: un patto che ha fatto Mos con Dio in seguito al diluvio universale.
Dopo ogni pioggia lOnnipotente offre allumanit larco di sette colori, per
dimostrarle che non si dimenticato di lei, e che non ci sar pi alcun diluvio.
incantevole pensare che la ragione sia questa.
Ma perch la natura ha voluto offrirci qualcosa di cos bello, per poi rubarcelo
immediatamente? Forse sarebbe stato meglio non vederlo affatto, se poi doveva
essere sottratto ai nostri sguardi in modo cos crudele e repentino
Rifletto e discuto dentro di me su questo punto. Indago a fondo, mi faccio domande
e mi do risposte. E giungo alla conclusione che forse giusto lesatto contrario, cio
il fatto di conoscere la bellezza delle cose, anche se solo per pochi attimi. Mi
convinco che sia molto meglio imparare a godere di quanto di meraviglioso ci
circonda, anche se solo per un tempo esiguo.
Ed essere pronti, non indugiare: afferrare il midollo della vita.
Nuovo giallo
Sono travolta da unesplosione di questa tinta calda, la preferita di Van Gogh, che
rappresenta per lui il sole dellamata Provenza. Ma non percepisco solo la valenza
gioiosa di tale colore pieno di luce, sono variegata anche di elementi di follia.
Il pittore geniale illuminava i suoi quadri di giallo, manifestando anche
uninquietudine interiore, in particolare quando stendeva il colore formando degli
strati spessi, percepibili al tatto.
Ed io mi sento in qualche modo come questi dipinti inondati di calore e di luce, ma
solo apparentemente pieni di gioia.
Ho un pizzico di follia che balena nello sguardo o in pensieri prossimi alla
fissazione. Non un caso che nella Grecia di un tempo i pazzi portassero vesti di
questo colore, cos forte ed evidente da non poter non essere notato.
Sono inesorabilmente e follemente gialla.
Mi guardo allo specchio nel corridoio ampio di casa di pap, dove mi trovo
ancora, e vedo qualcosa che non mi aspetto. Ho il volto smagrito, lincarnato pallido
e due occhi strani, cerchiati di grigio, uno pi piccolo dellaltro, forse con liride
destra leggermente spostata verso langolo interno.
Mi guardo meglio e vedo la stessa cosa: noto soprattutto il dettaglio degli occhi,
che mi spaventa e mi porta a riflettere.
Provo a pensare se cera gi prima dellincidente o se apparso dopo. Io non
lavevo mai visto prima e quindi penso che sia dovuto agli eventi dellultimo periodo.
Chiss se gli altri lhanno notato e hanno preferito non dirmi niente, per non ferirmi.
Chiss se invece ho da sempre questo difetto e non me nero mai accorta, forse
perch non mi ero mai guardata con attenzione, oppure perch avevo guardato, ma
non visto. Spesso accade. Lo specchio rimanda unimmagine che a volte non ci
assomiglia o che abbiamo impresso nella memoria e non osserviamo pi.
Mi guardo di nuovo. Questa volta non vedo niente di anomalo. Forse il naso
leggermente allargato o le labbra pi gonfie, ma gli occhi sono nella norma.
Perfettamente uguali fra loro.
Decido di non guardarmi pi con insistenza e di lasciare che il tempo stenda un
velo dorato su questo giallo esplosivo e invadente.
Voglio spegnermi. Sono troppo accesa di un colore luminoso, trafiggo gli sguardi e
luccico di follia.
Sento la testa che pulsa frastornandomi il cervello e il cuore che batte troppo forte.
Sono sudata. Mi mordo le labbra e tento di tornare alla normalit.
Metto a scaldare lacqua sul fornello e mi faccio una camomilla.
Poi sento suonare il campanello, cos mi dirigo verso la porta: Armida.
C unalternanza di dolore e follia, dentro di me, anche se esterno un sorriso.
Cerco di rinchiudere nel mio cuore queste sensazioni invadenti, ma non facile.
Vederla mi fa molto bene, mi sento gi meglio, pi calma, ancor prima di aver
bevuto la bevanda calda e rilassante. Parlo con lei del pi e del meno e mi accorgo
che i suoi occhi brillano di amore per me. Mi commuovo e mi riempio di gioia.
Il giallo che ho dentro forse si trasforma e tenta di riprendere la strada
dellarmonia. Sorrido e lentamente mi libero della sensazione sgradevole di essere
diversa da ci che immagino.
Forse sono ancora io, forse sono uguale a me stessa.
Armida mi parla con la sua voce dolce e io torno a sentirmi bambina.
Sono unaltalena di buio e luce, di follia e pace.
Non riesco a trovare una dimensione serena.
Nuoto con affanno nelloceano della vita, alla continua ricerca di me stessa.
Spesso le cose sono molto diverse da come vorremmo e la vita ci propone situazioni
che preferiremmo evitare.
Molti di noi amano la perfezione e lordine e si arrabbiano con se stessi e col
mondo quando si accorgono di non riuscire ad essere n perfetti n ordinati, oppure
sognano di diventare alti e magri e la natura li inganna e li tradisce rendendoli piccoli
e grassottelli.
Ma, a volte, quando meno ci si aspetta, la realt pu sorprenderci e rivelarsi
migliore del sogno. E allora diventiamo scettici, insicuri, perplessi, perch abbiamo
paura di cadere in un tranello. Perch ci sembra impossibile che la vita ci sorrida.
Siamo cos abituati al nero, o al massimo al grigio, che non riusciamo a credere che
una moltitudine di tinte accese possa dipingere la nostra esistenza.
Gemma era tornata completamente in se stessa, come se non fosse mai successo
niente, come se quellauto non lavesse mai investita.
Col tempo aveva recuperato ogni suo bagaglio interiore e abbandonato pensieri
folli o funesti, frutto di una serie di delusioni e frustrazioni che aveva dovuto accettare
nel corso della vita.
Pierre le aveva fatto visita spesso, anche a casa di suo padre, dimostrandosi
sempre gentile e colmo di attenzioni. Le aveva fatto capire in pi modi, a pi riprese,
che per lei ci sarebbe sempre stato, al di l di tutto.
Aveva aspettato che si fosse ristabilita completamente, per, per invitarla a uscire e
parlarle dei suoi sentimenti. Durante tutte le sue visite, prima in ospedale, poi a casa,
non aveva mai fatto parola del suo amore n del dolore lancinante vissuto in seguito
alla loro rottura. Non aveva voluto parlare di se stesso, quando era lei a soffrire, a
lottare con vigore per tornare alla vita. E anche dopo, durante la convalescenza,
quando le sue condizioni fisiche erano quasi tornate alla normalit, laveva vista cos
fragile, nello spirito, pi che nel corpo, da sentire solo il bisogno di starle accanto,
senza turbarla con complicazioni emotive. Ma, infine, dopo che il tempo aveva fatto il
suo corso, regalando a Gemma una piena guarigione, Pierre aveva deciso di uscire
allo scoperto e di manifestare con sincerit il suo sentire.
Lei aveva accettato quellinvito, sospesa tra la gioia e la paura, desiderosa di
capire cosa lui provasse veramente e quali fossero le sue intenzioni. E aveva indagato
furtiva dentro di s per scoprire i suoi reali sentimenti, per presentarsi forte a
quellincontro dal sapore nostalgico e malinconico, ma forse ricco di risvolti positivi
per il futuro.
La port in un ristorante del centro, elegante e raffinato.
Parlarono del pi e del meno finch la conversazione non scivol su di loro, sulla
coppia che un tempo erano stati, sullo snodarsi degli eventi, sul caso, sul destino,
sulla forza dellamore. Argomenti che roteavano imperterriti nellaria e si fermavano
E mi toglie il respiro.
Pierre Guimard
Una frase scritta in fondo alla pagina la colp ancora di pi della poesia, se possibile.
Era rivolta a lei, diceva: Gemma, senza te sono perso.
Indecisione
Danza di colori
La decisione ultima
Le farfalle
Le farfalle
ballano
velocemente
un ballo
rosso
nero
arancione
verde
azzurro
bianco
granata
giallo
violetto
nell'aria
nei fiori
nel nulla
sempre volanti
consecutive
e remote
Pablo Neruda
Ringraziamenti
Ringrazio mia madre, i miei figli e la mia amica Bice, che, ognuno a suo modo, mi
sono stati di grande supporto durante la stesura di questo romanzo.
Ringrazio inoltre Lorenzo per le bellissime foto scattate a Camilla, per la sua pazienza
e il suo entusiasmo. E un grazie a Camy, naturalmente, per avermi regalato un po di s
da riporre nella copertina di questo libro.
Inoltre, un grazie speciale a Argeta Brozi e alla Butterfly Edizioni, per aver
apprezzato anche questo mio nuovo lavoro.
Al di l di te di Argeta Brozi
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