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11.
Amore
-
I
Aristotele
ha
preferito
questa
parola
per
riflettere
sullamore.
Due
dei
dieci
libri
di
Ethica
Nicomachea
sono
sullamicizia
/
amore
().
Amici
()
sono
quelli
che
cercano
il
bene
dellaltro
o
il
bene
comune.
Il
contesto
in
cui
Aristotele
pensa
sulla
amicizia
la
.
Un
cittadino
()
quello
che
ha:
(1275b17).
La
cultura
occidentale
costruita
sopra
due
colonne:
due
popoli
protagonisti
di
due
momenti
miracolosi
della
storia:
lesilio
di
Israele
e
la
democrazia
di
Atena.
Secondo
Aristotele,
le
virt
si
acquistano
nelle
pratiche
necessarie
per
il
sostegno
della
citt:
il
coraggio
simpara
nella
difesa
della
citt;
la
prudenza
nel
governo
della
citt;
la
temperanza
nel
tratto
con
gli
altri
cittadini,
ecc.
Questamicizia
possibile
solo
quando
la
citt
in
grado
di
proporre
obiettivi
comuni
che
fanno
convergere
gli
sforzi
di
tutti.
L'amore
di
cui
parla
Aristotele
non
un
desiderio
che
attira
da
me
();
E
'amicizia
()
che
collega
a
quelli
che
guardano
nella
stessa
direzione.
Ti
stimo
come
amico
e
ci
aiutiamo
a
vicenda
a
diventare
il
nostro
migliore
io
mentre
lavoriamo
insieme
su
un
progetto
che
ci
supera
entrambi.
Il
Nuovo
Testamento
preferisce
una
terza
parola
per
dire
amore:
agp,
un
termine
non
molto
usato
nel
greco
non-biblico.
La
preferenza
del
Nuovo
Testamento
si
spiega
per
la
preferenza
per
questa
parola
della
Septuaginta.
Perch
i
traduttori
della
Septuaginta
hanno
preferito
questa
parola?
Non
chiaro.
Forse
per
una
similitudine
con
. Io sono dellopinione che i traduttori della
Septuaginta hanno voluto mettere distanza tra il concetto biblico di amore e quello della
cultura greca, che preferiva e .
Il
Nuovo
Testamento
mai
usa
, ma s usa . Il significato di molto
simile che quello di (Cfr. Gv 21,15-17).
ha una sfumatura religiosa nelluso biblico, ma aldil di questa sfumatura,
e significano entrambi lamore che vuole il bene dellaltro.
Nel latino, caritas traduce , amicitia traduce . Cos caritas diventa lamore
tipicamente cristiano, ma i migliori teologi hanno sempre capito laequivalenza
fondamentale tra e , cos Tommaso di Aquino dice chiaramente che
caritas
est
amicitia
(STh
II-II,
q.
23).
Letica
aristotelica
e
cristiana
hanno
la
sua
finalit
nel
bene
della
citt,
la
differenza
la
natura
di
questa
citt,
che
nel
caso
cristiano
il
Regno
di
Dio.
Bibliografia
I
commandamenti
dellamore
Bibliografia:
John
P.
Meier,
A
Marginal
Jew.
Rethinking
historical
Jesus,
vol.
IV.
Law
and
Love,
Yale
University
Press,
New
Haven
2009,
478-575.
Trad.
Italiana:
Un
ebreo
marginale.
Ripensare
il
Ges
storico.
Tomo
4.
Legge
e
amore,
Queriniana,
Brescia
2009;
Espaol:
Un
judo
marginal.
Nueva
Visin
del
Jess
histrico.
Vol
4.
Ley
y
amor,
Verbo
Divino,
Estella
2010.
Il
Doppio
Comandamento
Studiammo
adesso
le
tre
versioni
del
doppio
comandamento
nei
sinottici:
John
p.
Meier,
considera
storicamente
certo
che
Ges
aveva
la
propria
risposta
originale
per
la
questione,
sollevata
frequentemente,
di
quale
il
comandamento
pi
importante
della
legge.
Ges
costru
la
sua
risposta
nel
pi
puro
stile
rabbinico,
con
la
giustapposizione
di
due
frasi
indipendenti
dalla
Torah:
Dt
6,
4-5
("Ascolta,
Israele,
il
Signore
Dio,
il
Signore
uno.
Amerai
il
Signore
tuo
Dio...")
e
Lev
19,18b
("ama
il
prossimo
tuo
come
te
stesso").
Rabbini
di
unepoca
posteriore
chiameranno
gezera
sawa
a
questa
tecnica
ermeneutica:
unire
due
diversi
passaggi
di
scrittura,
collegati
da
una
parola
commune,
per
la
loro
interpretazione
reciproca.
Questa
frase
di
Ges
rivela
che
egli
era
un
conoscitore
della
Scrittura
e
dei
metodi
esegetici
usati
dagli
interpreti
della
legge.
Ges
non
solo
aveva
opinioni
proprie
su
questioni
halakiche
particolari,
come
ad
esempio
sul
divorzio,
ma
anche
ha
avuto
una
visione
panoramica
della
Torah.
Questo
detto
secondo
Marco
il
nucleo
della
Etica
de
Ges.
Nessuno
aveva
collegato
prima
di
Ges
Dt
6,
4-5
con
Lev
19,18,
ma
lidea
della
convergenza
tra
amore
di
Dio
e
amore
agli
uomini
presente
nellAntico
Testamento
(Per
esempio:
Os
12,
7;
Miq
6,
8;
Sal
15,
2-5.)
e
nel
pensiero
giudeo
contemporaneo
a
Ges.
Filone
di
Alessandria
(circa
20
a.C.
-
circa
50
d.C.)
dice
che
i
uomini
di
perfetta
virt
devono
essere
allo
stesso
tempo
e
(Sul
Decalogo,
XXII,
110).
Il
Talmud
racconta: