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Sommario
3 Didattica
Musica jazz e musica rinascimentale:
avanguardie di un nuovo curricolo musicale?
di Giorgio Fabbri
10 Analisi
di Michele Corcella
26 Riflessioni
di Arrigo Cappelletti
29 Autori
JamSession
Semestrale di pedagogia e
didattica afroamericana.
N.II, 3, luglio-dicembre 2005
------Direttore responsabile:
Vincenzo Caporaletti
Direttore:
Enrico Malucelli
---Impaginazione grafica:
Gabriele H. Marcelli
---http://www.sidma.it
Contatti:
jamsession@sidma.it
________________
DIDATTICA
MUSICA JAZZ E MUSICA RINASCIMENTALE:
AVANGUARDIE DI UN NUOVO CURRICOLO
MUSICALE?
di Giorgio Fabbri
Premessa
Anche il Conservatorio G. Frescobaldi di Ferrara, come altri Conservatori
italiani, ha recentemente avviato un corso triennale sperimentale per il
conseguimento del Diploma Accademico di I Livello in Musica Jazz, un titolo
equiparato alla Laurea universitaria di I Livello. Le iscrizioni sono state numerose,
a conferma dellinteresse che il jazz e le musiche affini suscitano nei giovani. Per
ragioni del tutto casuali, accanto al jazz, il Frescobaldi ha attivato anche corsi di
musica rinascimentale, con particolare riferimento al repertorio strumentale,
frequentati da numerosi iscritti di tutte le et e le provenienze. In alcune giornate le
due attivit convivono e il conservatorio tutto un pullulare di sonorit e
strumenti musicali fino ad ora inauditi, nel pieno senso del termine. Le
bombarde e i cornetti, le dulciane e le viole da gamba rinascimentali risuonano
insieme con le chitarre e i bassi elettrici, i sax e le percussioni latino-americane; le
pavane e le gagliarde del cinquecento ferrarese con gli standard e le songs di
provenienza afroamericana.
Galassie lontane tra loro anni luce? Camere stagne non comunicanti? In realt
non cos. Il musicista jazz e il musicista rinascimentale, forse senza saperlo,
hanno moltissimi aspetti in comune.
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Una domanda
Partendo da una breve analisi delle affinit tra jazz e Rinascimento, vorrei
proporre al lettore uno stimolante interrogativo: possibile progettare un nuovo
curricolo di studi musicali, tenendo conto degli aspetti che caratterizzano la musica
jazz e la figura del jazzista (e anche di quello rinascimentale)? A questo scopo sar
interessante il confronto con le considerazioni contenute nel documento dal titolo
Venti considerazioni per la costruzione di un curricolo musicale, curato da Carlo
Delfrati, una delle figure pi illuminate nellambito della didattica musicale italiana.
Sono materiali provenienti dalla Commissione sul Riordino dei Cicli istituita nel
2001, nel quale sar possibile notare come gli aspetti che Delfrati giudica rilevanti e
indispensabili siano tutti presenti nella musica jazz (e anche in quella
rinascimentale).
Musica rinascimentale e musica jazz: sorprendenti affinit
Mai pi soli
La pratica del far musica insieme alla base di ambedue i linguaggi, quello
jazzistico e quello rinascimentale. In ambedue i mondi la figura del musicista solista
praticamente sconosciuta. Anche quando, nel jazz, il gruppo costruito per
accompagnare una grande star, sempre presente, come inderogabile necessit,
lesigenza che il solista dialoghi, interagisca, si relazioni attivamente con i musicisti
che lo affiancano. E interessante notare come anche Delfrati consideri quella
collettiva come una delle attivit pi tipiche e significative della disciplina
musicale. Il far musica insieme esige una serie di condotte: saper conservare la
propria autonomia e contemporaneamente sapersi coordinare con gli altri,
equilibrando la propria sonorit con quella degli altri, saper ascoltare il risultato
dellinsieme, saper rispettare le consegne stabilite, saper assumere ruoli diversi.
Tutte esperienze, nella loro sostanza uditiva, specifiche e non surrogabili. Un
curricolo musicale rinnovato dovrebbe pertanto dare ampio spazio alla musica
dinsieme: se oggi questa disciplina spesso trascurata perch, a causa
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manipolazione creativa del suono, nella costruzione di eventi sonori, con la voce,
gli strumenti, i mezzi sonori disponibili: variazioni di materiali sonori dati,
creazione di eventi nuovi, improvvisazioni vocali e strumentali e cos via; ma anche
decisioni personali sulle scelte riguardanti lesecuzione del repertorio, dinamiche,
agogiche, timbriche.
Ben udire per ben suonare
Suonare insieme richiede lo sviluppo della capacit di ascoltare. Chi non sa
ascoltare non pu pensare di inserirsi proficuamente nella meravigliosa spirale della
comunicazione spontanea che caratterizza il jazz. Per questo cos importante
educare lorecchio, e il corso di Ear training nel triennio jazz, riveste un ruolo
fondamentale. In particolare lo sviluppo dellorecchio armonico, che nei corsi di
Conservatorio non praticato, invece competenza basilare per il jazzista, in
quanto senza la capacit di discriminare le armonie scelte dalla sezione ritmica, con
tutte le infinite variabili e sostituzioni, del tutto pregiudicata la possibilit di
costruire improvvisazioni coerenti ed efficaci.
Analoghe competenze sono richieste al musicista rinascimentale, dal momento
che la sua azione esecutiva connessa a quella del musicista che gli sta accanto, e
che una corretta interrelazione non sar pertanto possibile in assenza di un
orecchio sviluppato e di una disponibilit costante allascolto reciproco.
Ascoltare e ascoltare bene sono capacit indispensabili anche per Delfrati, il
quale ribadisce che leducazione della percezione uditiva il fondamento su cui si
costruisce ogni esperienza musicale, sia di tipo operativo sia di tipo cognitivo. La
capacit di ascoltare gli eventi sonori e musicali si traduce tout court in capacit di
ascoltare se stessi, come presa di coscienza delle proprie modalit di sentire, e
capacit di ascoltare gli altri, come partecipazione empatica, "consonante" con il
loro mondo interiore.
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Identit emotive
La possibilit di intervenire personalmente nei processi esecutivi, di dire la
propria, di far emergere il proprio pensiero musicale tratto distintivo del jazzista.
Diversamente dallinterprete, il cui compito precipuo far emergere al meglio il
pensiero e le intenzioni del compositore che ha scritto il brano, per il jazzista la
componente di intervento personale costituisce elemento di necessit. Analoghi
spazi di intervento sono richiesti al musicista rinascimentale. E Delfrati ribadisce
che anche nel curricolo di educazione musicale sono necessarie scelte che
rispettino e valorizzino lidentit musicale del singolo allievo. La musica fa leva
sulla dimensione affettiva: veicolando stati e percorsi emozionali specifici, il far
musica, con la voce, con gli strumenti, con i mezzi a disposizione, permette, allo
studente di musica, di esplorare, nellemotivit della musica, la propria emotivit.
Finalmente un curricolo musicale dove alla tecnica strumentale si affianca
linteresse per leducazione emotiva dello studente!
Non c musica senza storia
Non esisterebbe il jazz senza la storia della civilt afro-americana, il passaggio
dallo schiavismo allemancipazione razziale, che ha visto laffermarsi di una cultura
che ha trovato nella musica lespressione pi profonda. Interessante ancora una
volta notare le osservazioni di Delfrati: La musica non nasce come un gioco di
dadi. Ogni composizione musicale, ogni performance musicale, nascono come
voce dellintero mondo simbolico degli individui che li creano e della loro societ
di appartenenza. Per questa ragione la comprensione dellevento musicale, inserita
nella pi ampia lettura multidisciplinare della realt, apre il giovane allintero
ambito di cultura e civilt da cui levento scaturito, storico, sociale, antropologico,
religioso e via continuando, cos come avviene con le manifestazioni che hanno
preso corpo negli altri linguaggi: a condizione che gli siano fornite griglie
interpretative sempre pi ricche e criteri per un ascolto analitico sempre meglio
articolato.
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nuovo curricolo di studi musicali, che porti a formare una figura di musicista che
meglio corrisponda alle esigenze del mondo nel quale viviamo, che consenta di
compenetrare le esigenze di formazione professionale e di educazione alla musica,
dando finalmente efficacia ad unazione didattica che nei Conservatori ancora
fondata su programmi stesi ai primi anni del Novecento.
Un curricolo, per dirla ancora con Delfrati, che consenta allo studente di
sviluppare al meglio le proprie potenzialit, portandolo a padroneggiare i mezzi
per orientarsi nel mondo, per agirvi positivamente, per compiervi le proprie scelte,
per conoscere e rendere operative le proprie vocazioni.
Giorgio Fabbri
Direttore del Conservatorio G. Frescobaldi Ferrara
Il documento completo delle Venti considerazioni per la costruzione di un curricolo
musicale di Carlo Delfrati sul sito http://www.siem-online.it/docu/muscrif/
delfra2.htm
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ANALISI
LA SCRITTURA DI DUKE ELLINGTON PER LA
SEZIONE DI SASSOFONI
di Michele Corcella
Nessuno pi di Duke Ellington merita
lappellativo di compositore di musica
jazz. In un settore musicale dominato da
grandi solisti e improvvisatori la sua
figura appare unica e probabilmente
irripetibile.
Tutti
compositori
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dettagliato sulla scrittura del compositore. Walter van de Leur, nel suo lavoro su
Billy Strayhorn (2002) ha sottolineato lenorme difficolt di giungere a risultati
corretti trascrivendo la musica ellingtoniana direttamente dai dischi, anche in virt
delle condotte poco ortodosse del compositore. Paragonando i risultati delle
trascrizioni con i manoscritti ci si rende conto della quasi impossibilit di svolgere
unanalisi corretta senza attingere direttamente alla fonte primaria.
In questo lavoro cercheremo di trovare alcune delle chiavi per capire le tecniche
di scrittura di Ellington per la sezione dei sassofoni. Per svolgere questo compito
utilizzeremo come fonte alcuni dei manoscritti relativi alle colonne sonore del film
Paris Blues e Anatomy of a Murder (Anatomia di un omicidio). Ai fini analitici
utilizzeremo esclusivamente manoscritti di Ellington tralasciando le parti staccate,
dal momento che in questo caso non tutte sono di mano di Whaley, lunico con
Billy Strayhorn a conoscere i segreti delle partiture del Maestro. Secondariamente,
per maggior rigore analitico utilizzeremo le partiture relative ai cosiddetti sax soli
o comunque sezioni in cui i sassofoni armonizzati hanno la parte principale, con
un preferenza per gli esempi comprendenti le sigle degli accordi per il bassista.
Prima di esaminare le partiture elenchiamo brevemente le principali
caratteristiche di scrittura che verificheremo nel corso dellanalisi:
1) uso quasi esclusivo delle posizioni chiuse (block chords) e raro utilizzo delle
posizioni aperte.
2) Incroci delle parti (voice crossing), principalmente tra Carney e Gonsalves.
3) Utilizzo delle blue note a livello armonico e non solo melodico (blue note
voicings)
4) Ribaltamento del rapporto tonica-dominate o pi in generale accordo
siglato-dominante secondaria.
5) Personalissimo uso degli accordi di passaggio.
6) Uso idiosincratico della tecnica di armonizzazione delle note di passaggio
(comunemente detta chromatic approach).
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Per rispettare le simmetrie di terza minore, caratteristiche della scala semitonotono, Ellington dovrebbe utilizzare la stessa disposizione accordale anche partendo
dalla quarta aumentata (Fa# nellesempio in Do). In realt questo accordo, che
comunque chiameremo E.V. 4, rarissimo nella scrittura per sassofoni,
probabilmente per la compresenza nelle due voci pi gravi della quarta eccedente e
della quinta giusta.
In aggiunta a queste armonie Ellington ricorre a un paio di variazioni delle
prime due disposizioni: come si vede nelles. 2, lintervallo di semitono tra
Gonsalves e Carney rimane costante, ma in certi casi sostituisce la quinta giusta
con la quinta eccedente (E.V. 1b), in altri la nona minore con la nona maggiore
(E.V. 2b). Qui il compositore utilizza strutture simili ma costruite sulla scala
alterata (nel primo esempio) e sul modo misolidio (nel secondo).
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Si tenga presente che il derivare le armonie dalle rispettive scale una procedura
esclusivamente analitica, dal momento che nulla fa supporre una logica di questo
tipo nel pensiero compositivo di Ellington. Analogamente fondamentale
precisare che queste armonie non sono una caratteristica esclusiva di Ellington, e
sono infatti contemplate nei vari metodi di arrangiamento. Egli ne fa per un tratto
distintivo utilizzandole in tutte le sezioni di sax soli, e le personalizza per mezzo
dello scambio delle parti tra Carney e Gonsalves e posizionandole nel registro
acuto, sempre e rigorosamente a parti strette.
Dopo queste importanti premesse, passiamo ad analizzare i singoli esempi
musicali. Il primo (Es. 3) tratto dalla composizione Nite, dalla colonna sonora di
Paris Blues (1961), e precisamente la parte di sax soli dalla misura 83 alla misura
93. Per prima cosa opportuno osservare la disposizione della parte delle ance in
un tipico manoscritto ellingtoniano. I sassofoni sono disposti su tre righi: il primo
in chiave di violino per i sax contralti, il secondo in chiave di basso per i due tenori
e il terzo in chiave di violino per il sax baritono, scritto un ottava sopra i suoni
reali. Posizionare il baritono su un rigo separato dal resto della sezione gi
sufficiente ad evidenziare limportanza del ruolo di Harry Carney nella poetica di
Ellington. Tuttavia nella presente trascrizione distribuiamo gli strumenti secondo la
disposizione convenzionale. Addentriamoci allinterno del manoscritto e
osserviamo quanti tocchi ellingtoniani possano essere contenuti in sole undici
misure.
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Nella prima misura troviamo la strategia del ribaltamento del rapporto accordo
siglato-dominante secondaria. I manuali di arrangiamento prevedono la possibilit
di armonizzare le note di passaggio con la dominante della sigla corrente. In
questo caso larmonia Lab maggiore, per cui la sua dominante Mib7. Questa
tecnica comunque consentita solo sulle note di passaggio, di breve durata,
quindi ottavi o al massimo quarti. Ellington ribalta questa regola. Il secondo
accordo un Mib7, come previsto, ma la nota al canto un mib, quinta di Lab, e
quindi non una nota di passaggio. Soprattutto non una nota di passaggio perch
si trova in battere per la durata di ben due quarti, su unarmonia che ne dura
quattro. Nella parte di contrabbasso Ellington indica di rimanere su Lab maggiore
proprio per ottenere degli urti armonici, aumentati anche dalla disposizione con
E.V.1, col semitono che vibra tra Carney e Gonsalves, che suonano rispettivamente
come nona minore e fondamentale di Mib7.
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Osserviamo le sigle che il copista estrarr poi per il contrabbasso. Spiccano per
semplicit, nonostante il linguaggio armonico di Ellington sia estremamente
avanzato. La mia ipotesi che il compositore abbia un pensiero a livelli, pi
vicino ad una tradizione africana che europea, per cui ci che avviene a livello
superiore non necessariamente deve essere attinente a ci che avviene a livello
inferiore. Secondariamente la semplificazione delle sigle consente un utilizzo
timbrico e non funzionale dellarmonia. Ad esempio nella prima misura su una
sigla di Lab maggiore, abbiamo sia un Lab6 (primo accordo) sia un Lab7 (terzo
accordo) che in questo caso non ha funzione di dominante di Reb, ma
semplicemente un colore, un timbro. Questo evidente osservando il manoscritto.
Tutte le voci in questa prima misura sono diatoniche alla tonalit e alla sigla, con
un eccezione: il baritono di Carney. Ecco spiegato uno dei motivi del
posizionamento della sua parte su un pentagramma separato: spetta a Carney
suonare il mi naturale, nona minore di Mib7 nel secondo accordo, e il solb, settima
minore di Lab che, come abbiamo detto, non risolve. Quindi una prima ipotesi
sulle possibili motivazioni dello scambio delle parti tra baritono e tenore la
necessit di affidare a Carney e al suo personalissimo sound le note caratteristiche
degli accordi, pi in senso timbrico che funzionale, liberandolo dal compito di
doppiare la melodia allottava inferiore.
Ricordiamoci che Ellington non rispettava neppure le sue stesse regole, come
dimostra lultimo accordo della terza misura. Si tratta di un accordo di Mibm6,
nonostante in partitura la sigla sia di Mib maggiore. Si tratta di un blue note voicing, in
quanto il solb non altro che una blue note utilizzata in chiave armonica e non solo
melodica: essa affidata non a Carney, bens al primo tenore di Jimmy Hamilton.
Nella misura successiva Ellington varia nuovamente una delle sue stesse tecniche:
cos come nella prima battuta avevamo un lungo accordo di Mib7, dominante
dellaccordo siglato Lab, ora sullaccordo siglato di Do7 sovrapposta la sua
sottodominante, Fa7, con la disposizione E.V. 2.
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Lultimo accordo della sesta battuta un Sib7 con disposizione E.V.2. E'
preceduto da un armonia di Si6 che costituisce unaltra frequente tecnica che
abbiamo definito variazione del chromatic approach. Ellington utilizza armonie che
distano di semitono, evitando per il parallelismo cromatico delle voci, a favore di
ampi salti. Mentre i manuali di arrangiamento stabiliscono lutilizzo del chromatic
approach quando la melodia sale o scende di semitono, in questo caso la lead line di
Hodges salta di una quinta eccedente.
Particolare attenzione merita la battuta 8 che sintetizza diverse tecniche
ellingtoniane di scrittura. Il primo accordo chiaramente Fam7, il terzo accordo
Sib7 con disposizione E.V. 2, mentre il secondo accordo alquanto singolare.
Osserviamo che la melodia eseguita allottava da Hodges e Gonsalves compie il
salto di terza minore discendente sib-sol. Le voci rimanenti eseguono uno
scivolamento cromatico verso laccordo di Sib7. Di conseguenza il sib
armonizzata con Si7 di cui costituisce la settima maggiore ovvero - secondo una
scrittura accademica - la nota da evitare, qui per di pi suonata da ben due
strumenti. In secondo luogo notiamo che Gonsalves doppia la melodia e quindi
esegue un salto di terza minore, mentre Carney compie uno scivolamento
cromatico: si trova cos ad essere la voce pi bassa dellaccordo di Si7. Possiamo
concludere quindi che un altro dei motivi per cui Ellington pone il baritono sopra
al tenore per seguire il movimento ad ottave parallele delle voci di Hodges e
Gonsalves. Se il suo intento fosse stato solo di avere il tenore sotto il baritono
anche in questo caso avrebbe comunque affidato al tenore la nota pi bassa.
Concludiamo lanalisi di questo primo esempio osservando lultima misura, dove
Ellington compie unaltra trasgressione delle regole: sullaccordo di Sib7 egli
inserisce contemporaneamente la terza maggiore e la quarta giusta: un errore,
secondo le regole dellarmonia tradizionale. Inoltre notiamo come la prassi di
porre Carney e Gonsalves a distanza di semitono sia estesa anche ad accordi
diversi da quelli che abbiamo definito Ellington Voicings.
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Come nel caso del precedente Nite, anche in questo esempio evidente come in
poche misure possano essere contenuti cos tante tecniche di scrittura anticonvenzionali. Per prima cosa questo passaggio ricco di Ellington Voicings, ad
evidenziare ancora una volta come questa disposizione sia alla base della scrittura
di Ellington per sassofoni.
Nelle battute 2 e 6 troviamo la tecnica del ribaltamento tra laccordo siglato e la
sua dominante secondaria. In entrambi i casi la dominante sul tempo forte delle
rispettive battute e in entrambi i casi vale un quarto puntato. Anche questa una
importante caratteristica ellingtoniana: essa tiene conto del fatto che lascoltatore
non potr percepire larmonia dissonante come armonia di passaggio proprio per
la sua durata e per gli urti che produce in relazione al basso, il quale invece segue le
sigle indicate con un semplice walking. In entrambi i casi abbiamo degli intervalli di
settima maggiore su armonie di settime di dominate: la nota si, terza maggiore di
Sol7, viene sovrapposta allarmonia di Do7, cos come al nota la, terza di Fa7,
viene suonata sullarmonia di Sib7. E il compositore a chi potr mai affidare queste
note cos caratteristiche se non al sax baritono del fedelissimo Harry Carney?
Ancora una volta evidente come nella musica di Ellington la disposizione delle
voci non mai dettata semplicemente dai registri degli strumenti ma qualcosa che
va oltre, e abbraccia anche la sfera umana e non solo musicale dei suoi sidemen.
Le ultime due battute dellesempio, che costituiscono le prime due del tema vero
e proprio, esemplificano le tecniche 6 e 7 del nostro elenco, che non abbiamo
ancora esplicitato. Proviamo ad attribuire un nome a ciascun accordo di questo
passaggio. Inevitabilmente ci troveremo di fronte ad accordi di difficile siglatura e
che difficilmente possiamo interpretare come accordi di passaggio. Al contrario se
invece suoniamo le singole voci di questo passaggio evidente come tutte abbiano
una loro logicit. In questo caso il pensiero di Ellington non di tipo verticale, a
blocchi, ma di tipo orizzontale, secondo quello che Bill Dobbins (1995) chiama
linear approach. Nella prefazione del suo atipico manuale di arrangiamento, Dobbins
spiega come sia giunto a questo metodo di scrittura proprio attraverso lo studio
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della musica di Ellington. In questo caso, quindi, sono gli accordi ad essere generati
dalle singole voci e non il contrario.
Attraverso lutilizzo di diverse tecniche di scrittura, la musica di Ellington
mantiene la sua peculiare riconoscibilit. Se poi cinque grandissimi musicisti, come
i solisti della sezione sax degli anni Cinquanta e Sessanta, si mettono per anni al
servizio di un autentico maestro della composizione e dellarrangiamento, i risultati
non possono che essere straordinari.
Attraverso gli studi analitici la tecnica di Ellington diventer forse meno
misteriosa ma la sua musica diventer ancora pi affascinante, perch sar possibile
comprendere pienamente la grandezza di vero genio della musica.
Michele Corcella
BIBLIOGRAFIA
DOBBINS 1995: Bill Dobbins, Jazz Arranging and Composing: a Linear Approach,
Advance Music, Rottemburg, 1995.
DOMEK 1997: Richard Domek, Dukes development as a background artist,
Jazz Research Proceedings Yearbook, 1997
DOMEK 1999: Richard Domek, Compositional characteristics of later
Ellington works, Jazz Research Proceedings Yearbook, 1999.
DOMEK 2001: Richard Domek, Formula tuttis and sectional writing in later
Ellington works, Jazz Research Proceedings Yearbook, 2001.
HASSE 1993: John Edward Hasse, Beyond Category. The Life and Genius of Duke
Ellington, Simon and Schuster, New York, 1993.
STURM 1995: Fred Sturm, Changes over Time: The Evolution of Jazz Writing,
Advance Music, Rottenburg N. 1995
TUCKER 1993: Mark Tucker, The Duke Ellington Reader, Oxford University
Press, New York 1993.
VAN DE LEUR 2002: Walter van de Leur, Something to live for. The music of Billy
Strayhorn, Oxford University Press, New York 2002.
DISCOGRAFIA
Duke Ellington, Anatomy of a Murder (Sony Music WK 75015)
Duke Ellington, Paris Blues (Ryko RCD 10713)
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RIFLESSIONI
USO DELLA METAFORA IN MUSICA
di Arrigo Cappelletti
Io invece sostengo che la cura
fondamentale per lemozione disturbata
il recupero dellimmaginazione.....
James Hillman
Im a jazzman because I have a poor memory. Cos diceva Gil Evans a chi gli
domandava lorigine della sua passione per il jazz. E se limprovvisazione musicale,
nel jazz come altrove, fosse semplicemente un suonare a memoria?
Cos , o cos appare, a volte. Ricombinazione fluida ( quando va bene) e in
tempo reale di pattern melodici, ritmici, armonici, mandati a memoria.
Chi sostiene questo non coglie per lintima natura dellimprovvisazione, che
un andare oltre il gi detto, il gi fatto. Non suo trascendimento in vista di un
possibile non ancora comparso allorizzonte, progetto grandioso ma inutile come
gi spiegato da Heidegger nelle pagine memorabili sullimpossibilit per luomo di
trascendere la propria finitezza. A differenza di una impossibile progettualit
sembra invece di scoprire qui un movimento a ritroso , lo scardinamento e la
destrutturazione dei risultati gi raggiunti alla ricerca di una loro possibile
rifondazione. Movimento infinito, destinato a non concludersi mai, ma con un
obiettivo finale importantissimo anche se non consapevole: quello di portarci alle
radici di una cultura e di una psiche finalmente liberate.
Qui nasce limpressione di ritorno alle origini che limprovvisazione (non
sempre) sa darci e, dal nostro punto di vista, che quello delle condizioni che
rendono possibile un accesso allimprovvisazione correttamente intesa, lutilit del
ricorso alla metafora. Una utilit che appare ovvia non appena si pensi che, per
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accedere a quella dimensione che abbiamo definito come originaria , lunica via
per un musicista dimenticare le regole che governano la sintassi musicale e fare
appello al proprio vissuto, non importa se culturale o no, alla propria esperienza di
tutti i giorni.
La metafora visiva, cinestetica, olfattiva etc...., facendo appello al nostro vissuto
percettivo e comportamentale e alla nostra
esperienza culturale, ci permette di bypassare una serie di imposizioni che,
rimanendo allinterno del solito codice,
sembrerebbero irrinunciabili, rifondando il
nostro linguaggio musicale a partire dalle sue
basi.
Prendiamo il ritmo, ad esempio. Una
suddivisione metrica regolare sembra a molti
jazzisti, finch ragionano da musicisti, il
contenitore
inevitabile
delle
loro
ritmo
con
il
quale
camminiamo,
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sempre ritagliato dal continuum delle posture e delle capacit espressive di bocca,
mani, piedi etc.... un numero limitato di possibilit, sono poi infiniti. Il jazz, non
sottoponendo la tecnica strumentale a regole rigide, attribuendo uno speciale
valore aggiunto alla capacit di trovare, non importa come, una propria originale
voce strumentale, ha reso il fare musica pi libero, fondandolo su un uso naturale
e spontaneo del corpo e delle sue possibilit espressive. Anche qui la metafora (
suonare pulito, suonare sporo, suonare incazzato, cattivo, suonare in punta
di forchetta, suonare aperto, disteso, suonare liquido, fluido) svolge un ruolo
fondamentale, nel senso di aiutare a liberare dalle regole del codice, sia tecnico sia
espressivo, e non necessariamente per ribaltarle, pi spesso per ampliarle e
approfondirle. Quando con i miei allievi ricorro alla metafora verbale ad esempio
( organizza il discorso in frasi, non dire tutto allinizio, usa i punti, le virgole,
traccia una trama, usa frasi-commento, frasi-eco, frasi-risposta etc....) non
intendo rivoluzionare il linguaggio musicale usato dai pi, solo aiutare a viverlo in
modo pi naturale, pi semplice e meno artificioso, scoprendo le potenzialit
nascoste in regole un po fredde e punitive.
Con questo scopriamo un altro effetto delluso della metafora in musica. Non
solo la metafora, mettendo a disposizione dei musicisti limmenso campo
dellesperienza pre- ed extra-musicale, si rivela un potentissimo strumento di
ricerca e di svelamento di possibilit tecniche ed espressive prima nascoste, con
ovvi risvolti nel campo della didattica musicale. Mostrando una serie di immaginiguida, funge da stimolo e riferimento allimprovvisazione, evitandole di cadere
nelle secche del tecnicismo e del manierismo o nella confusione e nel caos. E lo
stesso processo di cui, in altro modo e altro contesto, parla James Hillman.
Limmaginazione funge da stimolo e fornisce un modello che aiuta a vivere (e a
suonare), nel momento stesso in cui d ordine e forma alle nostre emozioni.
Arrigo Cappelletti
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AUTORI
Arrigo Cappelletti
E uno dei pi originali pianisti della scena italiana. In trio esprime un jazz libero,
intenso e raffinato, spesso intriso di elementi argentini o, pi di recente,
portoghesi. Attualmente docente preso il Conservatorio di Venezia. Cappelletti
anche saggista, autore tra laltro di una monografia su Paul Bley (LEpos).
Michele Corcella
Laureatoal DAMS di Bologna con una tesi sulle colonne sonore di Duke Ellington
e diplomato al conservatorio G.B. Martini di Bologna in musica jazz e musica
d'uso. Chitarrista, compositore e arrangiatore, si occupa dimusica jazz, brasiliana e
africana. E' uno degli artisti della Scenario Music, etichetta con cui ha inciso vari
album e compilation.
Giorgio Fabbri
Organista, compositore per il teatro e direttore dorchestra, stato direttore del
Conservatorio di Adria. Attualmente direttore del Conservatorio di Ferrara.
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luglio-dicembre