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Potenza ed energia
Potenza elettrica
Legge di Joule
Bilancio delle potenze nei generatori
Potenza assorbita da una f.c.e.m.
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Capitolo 5 - Elettrostatica
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Il campo elettrico
Condensatori elettrici; Capacit elettrostatica
Capacit del condensatore piano
Transitori di carica e scarica
Energia accumulata nel campo elettrico
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Capitolo 6 - Elettromagnetismo
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I fenomeni magnetici
Campi magnetici prodotti da correnti elettriche
Fenomeno dell'induzione elettromagnetica; Il flusso magnetico
Densit di flusso o vettore induzione B
F.e.m. indotta nei conduttori in moto nel campo magnetico
Fenomeni dautoinduzione; Energia del campo magnetico
Fenomeni di mutua induzione
Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica
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8 - Le forze elettromagnetiche
9 - Forze elettrodinamiche
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Ne segue che ogni corpo in cui siano compenetrate cariche elettriche positive e
negative in eguale numero non rilevano all'esterno alcuna delle propriet specifiche delle
cariche elementari che lo costituiscono, in pratica si presenta elettricamente neutro.
Quando invece si trovano raggruppate cariche elettriche positive e negative in numero
diverso, il complesso presentano le propriet delle cariche elementari di maggior numero,
e si dice allora che il corpo elettrizzato.
Un atomo pu essere concepito come un minuscolo sistema solare
(modello di Bohr, si veda il fisico danese in foto): nel centro
dell'atomo, al posto del sole, si trova il nucleo; intorno allo stesso
ruotano, a distanze diverse, come i pianeti intorno al sole, gli elettroni.
Oltre al protone e all'elettrone esiste una terza particella costitutiva
della materia, che chiamata neutrone in quanto essa
elettricamente neutra.
La prima orbita elettronica sempre occupata al massimo da due
soli elettroni; la seconda orbita invece pu raggiungere il numero
massimo di otto elettroni; le eventuali altre orbite successive sono
tali da contenere sempre un ben determinato numero delettroni,
completato il quale si passa a un'altra orbita, fino all'ultima che potr
essere completa o incompleta secondo i casi.
Naturalmente, ogni corpo si presenta elettricamente neutro,
poich ciascuno dei suoi atomi formato da tanti elettroni quanti
sono i protoni del nucleo.
In condizioni opportune per ad un atomo elettricamente neutro
pu essere sottratto uno o pi elettroni satelliti.
In tal caso l'atomo si presenter elettrizzato positivamente poich vengono a prevalere
in esso le cariche positive del nucleo rispetto alle cariche negative periferiche.
Si dir quindi che un corpo elettrizzato positivamente quando ad esso sia stato
sottratto un certo numero di elettroni: invece elettrizzato negativamente ogni corpo il
quale poser un certo numero di elettroni in eccesso.
La carica elettrica o quantit delettricit di un corpo sempre data dall'eccesso Q di
cariche elettriche positive o negative che esso contiene, rimanendo sottinteso il fatto che
in ogni corpo allo stato neutro esiste sempre un eguale numero di cariche positive e
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negative.
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Questa legge trova la sua espressione matematica in una formula del tipo:
Lungo il circuito interno del generatore hanno sede e si sviluppano delle forze Fe le
quali tendono a dislocare gli elettroni liberi fra i due punti estremi A e B di tale circuito,
chiamati poli o morsetti del generatore.
Sulla superficie esterna del polo B si realizza un addensamento delettroni in eccesso,
mentre sulla superficie del polo A si rende libera uneguale quantit di cariche elementari
positive.
Il dislocamento degli elettroni cessa quando le azioni intrinseche Fe del generatore
sono equilibrate dalle azioni attrattive F che vengono a manifestarsi nel verso opposto,
secondo la legge di Coulomb, fra le cariche positive e negative separate.
L'aspetto pi importante di questo processo rappresentato dal fatto che ad ogni
elettrone che viene spostato dal polo positivo al polo negativo viene conferita una certa
energia potenziale: questenergia equivale al lavoro sviluppato dalle forze Fe del
generatore per dislocare tal elettrone vincendo le forze coulombiane di richiamo.
L'energia potenziale che si rende disponibile ai morsetti del generatore tale da
permettere, agli elettroni che vengono dislocati fra un morsetto e l'altro del circuito
interno, di percorrere poi un circuito esterno che venga direttamente allacciato al
generatore, come in figura 2.
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Nel circuito esterno che conterr l'apparecchio utilizzatore U, potr allora instaurarsi
una corrente elettrica, in altre parole uno scorrimento continuo di cariche sostenuto dalle
forze interne del generatore Fe il quale sospinge con continuit gli elettroni di conduzione
mano a mano che essi abbandonano il morsetto negativo B e rientrano nel morsetto
positivo A.
Questo processo continuo di scorrimento delle cariche, reso possibile dal fatto che
quando un certo numero delettroni lascia il morsetto B per attraversare il circuito
esterno e rientrare nel morsetto A, si determina una riduzione delle forze coulombiane di
reazione F (perch cala il numero delle cariche dislocate sui morsetti), con la
conseguenza che le forze intrinseche del generatore Fe tornano a prelevare e a produrre
lo spostamento daltrettanti elettroni nel circuito interno dal morsetto A al morsetto B.
Il movimento delle cariche elettriche attraverso un circuito utilizzatore non pu
avvenire liberamente, ma soltanto a spese di una certa quantit denergia, poich in ogni
apparecchio utilizzatore sempre sottratta una certa energia agli elettroni che lo
attraversano, per essere trasformata in quelle altre forme denergia che caratterizzano lo
specifico modo di funzionare dell'utilizzatore stesso.
Forza elettromotrice del generatore
La grandezza che caratterizza l'attitudine di un generatore elettrico a fornire quantit
denergia pi o meno grandi alle cariche denominata: "forza elettromotrice (f.e.m.) del
generatore"
Con questa grandezza (indicata col simbolo E) si vuole rappresentare la quantit di
energia che fornita, dal generatore, alla carica di valore unitario.
Il numero che esprime il valore della f.e.m. altro non ,
che il numero di joule che quel generatore in grado di
fornire ad ogni coulomb che spostato da un morsetto
all'altro.
La f.e.m. rappresenta con ci anche la misura del lavoro
che il generatore compie per dislocare, lungo il suo circuito
interno, la carica unitaria da un polo all'altro.
L'unit di misura della f.e.m. il joule/coulomb.
Questunit denominata volt in onore del fisico italiano
Alessandro Volta e indicata col simbolo V.
Essa definita dalla seguente relazione:
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Tra il valore dell'energia potenziale W posseduta dalla carica e il valore della carica
stessa.
Secondo la definizione l'unit di misura del potenziale ancora il joule/coulomb e cio
il volt.
Si dir pertanto che: "il potenziale di un assegnato punto P, di un circuito elettrico ha il
valore Vp=120V quando l'energia posseduta dalla carica di 1C concentrata in tale punto P
di 120J"
Il significato di questa grandezza fisica molto importante.
Il potenziale elettrico esprime, infatti, una misura del contenuto energetico di una
carica che si trova dislocata in un determinato punto.
Il contenuto denergia sar maggiore se la carica dislocata in punti a potenziale pi
alto, sar invece minore se i punti in cui la medesima carica si trova a potenziale pi
basso.
Si pu dire quindi che l'energia di una carica elettrica dipende sia dal valore Q di tale
carica, che dal valore del potenziale V che si riscontra nel punto in cui la carica si trova.
La relazione per il calcolo di questenergia si ricava dalla precedente formula ed ha la
forma
Quando i potenziali elettrici VA e VB di due qualsiasi punti A e B sono fra loro diversi,
la differenza
VAB = VA - VB
E chiamata differenza di potenziale (d.d.p.) fra i due punti, o tensione elettrica.
La tensione fra due punti rappresenta in tal modo la quantit denergia che ceduta
dalla carica unitaria che passa dal primo al secondo punto, o anche il lavoro che
eseguito dalla carica unitaria. Per questo, l'energia W che ceduta da una carica di
valore Q che si sposta fra i punti A e B sar espressa dalla relazione
W = VAB Q
In un generatore l'effetto ultimo delle azioni interne quello di mantenere i due poli a
potenziale di valore diverso, creando fra essi una tensione che equivale al valore della
f.e.m., e cio al valore dellenergia che tali azioni interne forniscono alla carica unitaria.
Ne segue che: "la forza elettromotrice di un generatore misurata dalla differenza di
potenziale che essa determina e mantiene fra i due poli del generatore"
Corrente elettrica
Un movimento ordinato di cariche elettriche attraverso un dato mezzo fisico,
chiamato corrente elettrica.
Ogni complesso di conduttori comunque collegati a generatori e a utilizzatori
costituisce un circuito elettrico.
Il circuito cos definito sede di una corrente ogni qualvolta esso chiuso, e cio ogni
qualvolta realizzata in esso la continuit metallica fra tutti gli elementi che lo
compongono.
Se tale continuit viene a mancare, il circuito si dice aperto e nessuna corrente pu
instaurarsi in esso.
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I=
Q
t
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dal prodotto
Le due relazioni sopra descritte implicano che l'intensit di I resti costante per tutto
l'intervallo t, che si tratti perci di una corrente continua, come quella rappresentata in
figura.
In questa figura facile controllare che l'area delimitata dall'intervallo t fornisce una
rappresentazione della quantit delettricit Q.
Rappresentazione cartesiana della corrente alternata i(t) in funzione del tempo
Qualora invece la corrente sia di tipo variabile, la sua intensit non assume pi un
valore costante I, ma si presenta diversa da un istante all'altro, come nell'esempio
riportato in figura.
Anche in questo caso l'area sottostante alla curva della corrente i(t) delimitata
dall'intervallo di tempo t rappresenta la quantit di elettricit Q che fluisce durante
questo intervallo entro il circuito.
Se si esegue il rapporto tra tale area e la base t si ottiene la corrente media I relativa
all'intervallo t considerato: il significato che assume la intensit media quello di una
corrente continua e costante che nell'intervallo t capace di trasportare la stessa
quantit di elettricit Q che effettivamente trasportata dalla corrente variabile i(t).
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Fig.1
Versi convenzionali della f.e.m. e della d.d.p. con inserzione del Voltmetro e
dell'Amperometro
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circuito interno, dal polo negativo al polo positivo, come indicato dal verso E in figura.
Analogamente si dir che la d.d.p. che esiste fra i poli di un generatore agisce dal polo
positivo al polo negativo.
Si esprime questo fatto dicendo che il polo positivo di un generatore mantenuto a un
potenziale elettrico maggiore di quello dell'altro polo e che quindi le cariche positive
tendono a muoversi spontaneamente dai punti a potenziale maggiore verso i punti a
potenziale minore; mentre gli elettroni tendono a spostarsi dai punti a potenziale minore
verso quelli a potenziale maggiore.
Alla superficie della terra viene attribuito un potenziale zero: ne segue che il valore del
potenziale di un dato punto potr essere inteso come la d.d.p. fra questo punto e la
terra: questo potenziale sar positivo o negativo a seconda che esso sia maggiore o
minore di quello della terra.
La presenza di una d.d.p. fra due punti di un circuito, o il passaggio della corrente in
un conduttore, possono essere rilevati soltanto per via indiretta, sulla base degli effetti
che si manifestano in presenza appunto di una tensione o di una corrente.
Utilizzando opportunamente taluni di questi effetti si rende possibile costruire degli
strumenti che sono in grado, non solo di indicare, ma anche di fornire una misura della
tensione o della corrente: tali strumenti sono i voltmetri e gli amperometri.
Voltmetri ed amperometri
I voltmetri e gli amperometri sono sempre provvisti di due morsetti di collegamento,
opportunamente contrassegnati per consentire la corretta inserzione nel circuito
rispettando i versi convenzionali della tensione e della corrente.
Per quanto riguarda gli amperometri, il collegamento al circuito deve essere realizzato
in modo che lo strumento venga direttamente attraversato dalla corrente I che si vuol
misurare: questo richiede che l'amperometro venga inserito in serie nel circuito, come lo
strumento A della figura, con l'avvertenza che la corrente entri nello strumento
attraverso il morsetto contrassegnato con (+) affinch la deviazione possa avvenire nel
verso progressivo della scala di lettura.
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La seguente relazione
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Il fattore
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Esprime la variazione di resistivit che avviene per ogni grado di variazione della
temperatura a partire da 20C e per ogni ohm metro della resistivit. Il coefficiente a cos
definito prende il nome di coefficiente di temperatura del materiale considerato.
Fino a che il circuito interrotto in K (circuito aperto), non circola alcuna corrente e fra
i due morsetti A e B del generatore si ha una d.d.p.
UAB = VAB = E
Si immagini ora di chiudere il circuito in K.
Si stabilisce immediatamente una certa corrente I, la quale circola (nel verso
convenzionale) dal morsetto positivo A verso il morsetto negativo B lungo il circuito
esterno di resistenza R, per chiudersi da B verso A nel circuito interno del generatore di
resistenza Ri.
E' evidente che quando il generatore eroga la corrente I la resistenza interna Ri
provoca, per la legge di Ohm, una caduta di tensione Ri I, che si manifesta con una
diminuzione della tensione disponibile fra i poli del generatore: in altri termini, se il
generatore a circuito aperto presenta ai poli una d.d.p. VAB=E, quando il generatore
eroga una corrente I la tensione ai morsetti assume il valore
VAB = E - Ri I
Applicando la legge di Ohm al circuito esterno, di resistenza R e soggetto alla tensione
VAB, si ha d'altra parte la relazione
VAB = R I
Ne risulta luguaglianza
E - Ri I = R I
dalla quale si ricava l'espressione
I = E / (R+Ri)
La somma (R+ Ri) rappresenta la resistenza elettrica complessiva del circuito chiuso.
La relazione sopra indicata esprime la legge di Ohm relativa a tale circuito, la quale
pu essere cos enunciata: "Un circuito chiuso in cui agisce una f.e.m. costante sede di
una corrente continua che ha il verso della f.e.m. e unintensit eguale al rapporto tra la
f.e.m. e la resistenza complessiva del circuito".
La relazione
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VAB = E - Ri I
Mostra che la resistenza interna Ri del generatore determina una diminuzione della
tensione-corrente V(I).
La caratteristica esterna interseca l'asse delle tensioni nel punto VAB=E che
corrisponde alla condizione I=0.
All'aumentare della corrente erogata, in altre parole al diminuire della resistenza
esterna R, la caratteristica discende gradualmente fino al valore
VAB = 0
che sarebbe raggiunto se la corrente erogata assumesse il valore
ICC = E / Ri
Questo particolare valore della corrente corrisponde a quello che si otterrebbe se si
immaginasse di collegare fra loro i due poli del generatore con un conduttore avente
resistenza R=0.
in verso contrario, la legge di Ohm per il circuito chiuso ancora espressa dalla relazione
sopra indicata purch il numeratore venga inteso come la somma algebrica di tutte le
f.e.m. presenti
b) legge di ohm per un tratto di circuito o legge di ohm generalizzata
Se in luogo dell'intero circuito si considera un tratto di circuito nel quale siano
comprese pi resistenze e pi f.e.m. comunque dirette, la legge di Ohm assume una
forma pi generale poich tiene conto anche della d.d.p. esistente fra i capi estremi del
tratto di circuito considerato.
Si prenda in esame, per esempio, il tratto di circuito A-B come in figura, percorso dalla
corrente IAB e nel quale si trova inserito un generatore di f.e.m. E resistenza interna Ri.
La f.e.m. E sia diretta nello stesso verso della corrente IAB. In base alla relazione
VAB = E - Ri I
Si pu scrivere
VBA = -E + Ri IAB
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I2 + I4 = I5
I6 + I5 = I1
E1 - E2 = R1 I1 + R2 I2 + R5 I5
-E2 = R2 I2 - R4 I4 - R3 I3
0 = R5 I5 - R6 I6 + R4 I4
Figura 2
Si hanno dunque sei equazioni indipendenti, quante sono le correnti incognite, che
possono essere determinate, in grandezza e segno, risolvendo il sistema: le correnti che
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I1=V/R1
I2=V/R2
I3=V/R3
Ne risulta che in questo tipo di collegamento "la conduttanza equivalente data dalla
somma delle conduttanze componenti"
Reti serie-parallelo e reti stella-triangolo - Metodo passo-passo
Vengono denominate reti serie-parallelo le reti elettriche di forma complessa le quali
rispetto ai morsetti di alimentazione, possono essere ridotte ad una unica resistenza,
attraverso ripetute sostituzioni di resistenze equivalenti a gruppi di resistenze connesse
fra loro in serie o in parallelo. Non tutte le reti ammettono un simile procedimento di
riduzione. Esistono infatti reti che presentano forme di connessione di tipo diverso dai
collegamenti serie-parallelo, e sono precisamente le connessioni dette a stella e le
connessioni a triangolo.
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Collegamento a stella
In una rete elettrica, un gruppo di tre resistenze forma un collegamento a stella
quando, come raffigurato sopra, tre dei loro terminali sono uniti insieme a creare il centro
stella 0 e i rimanenti terminali sono connessi a tre distinti nodi della rete.
Collegamento a triangolo
Un gruppo di tre resistenze si dice invece collegato a triangolo quando, come
raffigurato sopra, i loro terminali sono connessi uno di seguito all'altro in modo da
formare un triangolo i cui vertici sono collegati a tre distinti nodi della rete. Per
collegamenti di questo tipo sussiste il seguente principio dequivalenza: "Un gruppo di
resistenze collegate a stella equivalente ad un corrispondente gruppo di resistenze
collegate a triangolo allorch sostituendo un gruppo all'altro, il regime della rete cui sono
connessi rimane invariato"
Le relazioni che forniscono le resistenze R12, R23, R31 del triangolo equivalente alla
stella di resistenze R1, R2, R3, e le relazioni che danno le resistenze della stella
equivalente al triangolo sono le seguenti:
R12=(R1R2+R2R3+R3R1)/R3 R1=(R31R12)/(R12+R23+R31)
R23=(R1R2+R2R3+R3R1)/R1 R2=(R12R23)/(R12+R23+R31)
R31=(R1R2+R2R3+R3R1)/R2 R3=(R23R31)/(R12+R23+R31)
Nel caso particolare, molto importante, di resistenze fra loro uguali, tutte le precedenti
relazioni si riassumono nella semplice formula R=3RY la quale indica che una terna di
resistenze a stella di valore RY corrisponde ad una terna di resistenze a triangolo di valore
R tre volte maggiore.
Reti elettriche come reti di bipoli
Nella loro conformazione pi complessa i circuiti elettrici possono presentarsi sotto la
forma di una rete, costituita da un determinato insieme l di lati o rami connessi fra loro in
n punti chiamati nodi della rete, per formare un certo numero m di circuiti chiusi chiamati
maglie.
Cos nella rete elettrica considerata nella figura i punti A, B, C, D rappresentano i nodi;
i tratti di circuito, che uniscono un nodo all'altro, come il tratto AB, costituiscono i lati
della rete; il circuito chiuso ABCDA formato da quattro lati fra loro consecutivi invece
una maglia.
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Almeno in uno, oppure anche in pi rami di una rete elettrica, sono presenti
necessariamente dei generatori di alimentazione; in tutti i rami invece sempre presente
un resistore.
E definito, come bipolo elettrico ogni parte di circuito del quale emergono due
terminali (o morsetti o poli) che ne consentono il collegamento con altre parti di circuito.
Analogamente sono definiti ad esempio come tripoli o quadripoli gli elementi di circuito
rispettivamente a tre e a quattro terminali. Ogni singolo ramo di una rete elettrica viene
pertanto a configurarsi come un bipolo che, attraverso i suoi due terminali, connesso
con le altre parti della rete. Ne segue che a tutti gli effetti, una qualsiasi rete elettrica
potr sempre essere riguardata come una vera e propria rete di bipoli.
Un bipolo elettrico si dice di tipo attivo quando in esso risultano inseriti dei generatori
elettrici (che possono agire nell'uno o nell'altro verso).
E invece chiamato bipolo di tipo passivo quel bipolo che non contiene generatori ed
caratterizzato dalla sola presenza di resistenze.
Una delle configurazioni semplici, che pu assumere un bipolo attivo quella
rappresentata dal generatore di tensione, nel cui schema elettrico (come in figura) si
osserva la presenza della f.e.m. E posta in serie con la resistenza interna Ri. Come gi
noto, la relazione V(I) che in questi tipi di generatori lega la tensione ai morsetti V con la
corrente erogata I espressa dalla seguente funzione lineare:
V = E - Ri I
Questa relazione esprime il fatto che: "La tensione disponibile ai morsetti del
generatore data dalla differenza tra la f.e.m. E e la caduta ohmica interna Vi = Ri I"
Affinch a parit di corrente erogata I tale caduta interna sia la pi bassa possibile
necessario che la resistenza interna Ri del generatore risulti sufficientemente piccola: si
perviene cos alla nozione di generatore di tensione ideale per il quale la resistenza
interna ritenuta di valore nullo.
La propriet fondamentale del generatore ideale allora quella di poter fornire una
tensione costante V=E a qualsiasi valore di corrente erogata.
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IC = E/Ri
R0 = R1 = 1/Gi
Gi = 1/Ri
I due principi di Kirchhoff, nelle forme sopra enunciate, consentono di scrivere, per
qualsiasi rete elettrica, un numero n dequazioni fra loro indipendenti, tante quante sono i
lati l della rete. Se le incognite, come normalmente avviene, sono rappresentate dalle
correnti dei vari lati, il sistema dequazioni che pu essere impostato consente quindi di
determinare unicamente, in valore e segno, tali correnti incognite.
Una volta determinate le correnti, si rende possibile il calcolo delle rimanenti incognite
della rete che sono rappresentate, ancora in numero di l, dalle tensioni che si stabiliscono
fra i due terminali di ciascun ramo: chiaro, infatti, che una rete elettrica formata da l
rami si presenta sempre, in generale, con un numero complessivo di incognite pari a 2l;
incognite che sono costituite dall'insieme delle correnti e delle tensioni relative a ciascuno
dei rami della rete.
Note le correnti, per il calcolo delle tensioni si fa ricorso alla legge di Ohm
generalizzata, che fornisce per ciascuno dei bipoli costituenti i vari lati una relazione del
tipo: V+aE=aRI ove come unica incognita sia ha precisamente la tensione V esistente
fra gli estremi del lato. L'applicazione pratica del metodo di Kirchhoff richiede, come
condizione essenziale, l'indipendenza delle equazioni che figurano nel sistema risolvente.
Tale indipendenza assicurata se: nell'applicazione del primo principio si scelgono
tutti e soli i nodi sui quali converge almeno uno dei lati non precedentemente considerato
nellapplicazione del secondo principio si scelgono tutte e sole le maglie che contengono
almeno un lato non precedentemente considerato.
In base a ci nell'applicare il primo principio baster prendere in considerazione (una
sola volta) tutti gli n nodi della rete meno uno, per scrivere (n-1) equazioni ai nodi;
nell'applicare invece il secondo principio per impostare le rimanenti l- (n-1) equazioni
indipendenti, converr di volta in volta contrassegnare i lati utilizzati cos da rendere
direttamente riconoscibili quelle maglie della rete che presentano almeno un lato non
ancora utilizzato: il sistema di equazioni sar completo quando tutti i lati, secondo tale
procedimento, risulteranno contrassegnati.
Teorema di Millman
Il metodo dei potenziali di nodo trova un caso particolare dapplicazione molto
importante nelle reti binodali, vale a dire in tutte quelle reti che sono costituite da tanti
rami derivanti tutti fra due soli nodi come A e B della figura. Per reti di questo tipo si ha
una sola equazione di potenziale di nodo, che si presenta nella forma:
(G1 + G2 + ... + Gn) VA = IC1 + IC2 + ... ICn
Se si assume il nodo B come riferimento, e se ciascun ramo viene considerato sotto la
forma di generatore di corrente. I coefficienti G1, G2, ..., Gn sono quindi le conduttanze di
ciascuno dei rami derivanti, mentre i termini a secondo membro rappresentano le
correnti di generatore presenti in tali rami.
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Naturalmente se, come in figura, i rami derivati sono costituiti da generatori di tensione
la relazione ancora valida purch i termini a numeratore si scrivano nella forma:
IC1=G1E1=E1/R1
IC2=G2E2=E2/R2
ICn=GnEn=En/Rn
avendo indicato con E1, E2, ..., En le f.e.m. inserite nei vari lati, e con R1, R2, ..., Rn le
resistenze dei medesimi. In questo caso conviene quindi porre
VAB=(G1E1+G2E2+...+GnEn)/(G1+G2+...+Gn)
Entrambe queste relazioni esprimono il teorema di Millman che pu essere cos
enunciato: "La tensione che si ha fra due nodi tra i quali sono derivati un numero
qualsiasi di rami fra loro in parallelo data dal rapporto fra la somma algebrica delle
correnti di cortocircuito dei singoli rami e la somma delle conduttanze dei rami stessi"; e
di fatti ciascuna dei termini a numeratore delle relazioni esprime precisamente la
corrente che si stabilirebbe nel ramo in cui si riferisce qualora i due nodi A e B venissero
collegati fra loro in cortocircuito.
Metodo della sovrapposizione degli effetti
Anche se i metodi d'analisi fin qui esaminati sono del tutto sufficiente per risolvere i
problemi relativi alle reti elettriche, il loro impiego pratico per lo studio di reti complesse
potrebbe rivelarsi alquanto laborioso per l'elevato numero dequazioni del sistema
algebrico risolvente.
Si sono perci sviluppati altri metodi di studio, che consentono di procedere
speditamente, specie se si tiene conto che non sempre richiesta l'analisi completa di
una rete elettrica, ma in molti casi sufficiente unanalisi parziale, finalizzata ad esempio
al calcolo di una sola corrente. Uno di questi metodi basato sul principio di
sovrapposizione degli effetti.
Questo fondamentale principio afferma in generale che: "In un sistema fisico di
caratteristiche lineari, l'effetto prodotto da pi cause concomitanti pari alla somma
algebrica degli effetti prodotti singolarmente da ciascuna causa".
Applicato alle reti elettriche lineari, il principio di sovrapposizione pu essere cos
enunciato: "In una rete elettrica lineare alimentata da pi generatori, la corrente e la
tensione che interessano ciascun lato sono date dalla somma algebrica delle correnti e
delle tensioni che sono prodotte in quel lato da ogni singolo generatore agente da solo"
A titolo desempio si consideri la semplice rete, come in figura, dalla quale si vogliano
determinare la corrente I e la tensione VAB del ramo centrale. In base al principio di
sovrapposizione degli effetti, queste due grandezze sono esprimibili per mezzo delle
seguenti relazioni:
I=I'+I"; VAB=V'AB+V"AB
Ove la corrente I' e la tensione V'AB sono la corrente e la tensione che si hanno nel
ramo considerato quando nella rete agisce soltanto il primo generatore (in pratica il
generatore di corrente) conformemente allo schema in figura a; la corrente I" e la
tensione V"AB sono invece la corrente e la tensione che interessano lo stesso ramo
quando agisce soltanto il secondo generatore, conformemente allo schema della figura B.
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E' chiaro, naturalmente, che per consentire di volta in volta soltanto l'azione di un
singolo generatore occorrer sopprimere contestualmente l'azione di tutti gli altri,
ponendo per essi la condizione E=0 se si tratta di generatori di tensione e Ic=0 se si
tratta di generatori di corrente: all'atto pratico bisogner quindi sostituire con un
cortocircuito le f.e.m. da sopprimere e con uninterruzione le correnti di generatore,
lasciando invece presenti nella rete le resistenze interne e le conduttanze interne di
ciascuno dei generatori soppressi.
Il principio di sovrapposizione degli effetti, pu costituire in molti casi un prezioso
ausilio nello studio e nellinterpretazione del funzionamento di una rete lineare.
E' del tutto evidente, infatti, la notevole semplificazione concettuale e pratica che si
pu conseguire dovendo valutare non l'effetto complessivo di tanti generatori che
agiscono contemporaneamente, bens l'effetto di un singolo generatore per volta.
Principio del generatore equivalente
Si consideri come in figura A una rete elettrica che fa capo a due morsetti A e B
(attraverso i quali la rete pu essere connessa con un semplice bipolo passivo esterno, o
pi in generale con un'altra porzione di rete qualsiasi).
La rete considerata sia costituita da generatori di tensione, da generatori di corrente e
da resistenze, comunque collegati fra loro: il principio del generatore equivalente
stabilisce che la rete facente capo ai morsetti A e B pu essere sostituita da un
generatore di tensione (di caratteristiche opportune) o da un generatore di corrente,
come schematizzato nelle figure B e C, senza con ci alterare il funzionamento del
circuito che collegato in A e B esternamente ad essa.
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Teorema di Thvenin
Le caratteristiche del generatore equivalente di tensione sono stabilite dal seguente
teorema: "Una rete elettrica lineare si comporta, rispetto a due suoi punti A e B qualsiasi,
come un generatore di tensione che presenta una f.e.m. di valore uguale alla tensione
VAB0 esistente (a vuoto) fra quei due punti, e che ha una resistenza interna di valore
uguale alla resistenza vista dagli stessi punti della rete"
Per determinare la f.e.m. del generatore equivalente Eeq si dovr dunque considerare
la rete nella sua condizione di funzionamento a vuoto, vale a dire nella condizione di
circuito esterno aperto (o staccato) perci sia I=0, come in figura: in questa condizione si
calcola la tensione VAB0 e si pone Eeq=VAB0
La dimostrazione del teorema di Thvenin basata sul concetto dequivalenza fra reti
elettriche a due morsetti: "Due reti si dicono equivalenti, rispetto a due morsetti se l'una
rete pu essere sostituita all'altra senza che cambi il funzionamento di un qualunque
circuito esterno collegato fra gli stessi morsetti".
In un sistema lineare, l'equivalenza di funzionamento cos definita sussiste purch le
due reti abbiano lo stesso comportamento in due sole condizioni di carico, quali ad
esempio il funzionamento a vuoto (I=0; VAB=VAB0) e il funzionamento in cortocircuito
(VAB0=0; I=ICC):
a) con riferimento alla prima condizione, poich in un generatore di tensione la d.d.p.
che si manifesta a vuoto fra i morsetti coincide col valore della sua f.e.m., per
l'equivalenza fra rete e generatore basta che risulti: Eeq=VAB0
b) con riferimento alla seconda condizione, poich nel generatore la corrente di
cortocircuito incontra la sua resistenza interna Req, per l'equivalenza fra rete e
generatore basta che tale resistenza risulti di valore uguale a quello che la stessa
corrente di cortocircuito incontra per attraversare l'interno della rete dal morsetto
A al morsetto B, e cio di valore uguale alla resistenza RAB0 vista fra tali due
morsetti guardando verso l'interno della rete.
Per verificare l'utilit di questo teorema nello studio parziale delle reti baster il
semplice esempio applicativo che segue. Sia data la rete in figura 1 e si voglia
determinare la corrente I che percorre il ramo AB.
Si pu immaginare di praticare le sezioni AC e BD, e di sostituire alle porzioni di rete
che si trovano alla sinistra di AC e alla destra di BD i rispettivi generatori equivalenti: cos
facendo, la rete di partenza si trasforma nello schema molto pi semplice riportato in
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Per il circuito A:
Per il circuito B:
Teorema di Norton
Oltre che con un generatore di tensione, una rete elettrica facente capo a due punti
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La conduttanza interna Geq quella che appare fra i due morsetti A e B guardando
verso l'interno della rete (resa passiva). Nel caso in esame si ha (da figura B) la seguente
relazione:
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Potenza ed energia
Sotto il nome denergia di un sistema si denota la capacit che ha quel sistema di
trasformarsi compiendo un lavoro.
In base al principio della conservazione dell'energia, l'energia non pu mai aumentare
n diminuire ma solo trasformarsi o trasmettersi da un sistema ad un altro.
Il lavoro compiuto serve a valutare la quantit denergia trasformata o trasmessa.
L'energia si misura nella stessa unit in cui si misura il lavoro.
Nel sistema di misura SI tale unit il joule.
L'energia pu presentarsi sotto due forme fondamentali:
In ogni fenomeno in cui avviene una trasmissione denergia di una data forma, oppure
una trasformazione denergia da una forma ad un'altra si chiama con il nome di potenza:
"La quantit denergia che si trasmette o si trasforma nell'unit di tempo"
Cos se un sistema trasmette a un altro sistema, nell'intervallo di tempo t, una
quantit di energia pari a W, si dir che: il primo sistema sviluppa e trasmette al
secondo, che la assorbe, la potenza
Per poter valutare le potenze, necessario definire la potenza unitaria, ossia quella
che si assume per unit di misura della potenza. Se nella relazione
Si pone W=1J e t=1s risulta P=1J/s, e cio nel Sistema Internazionale (SI) l'unit di
potenza il joule/secondo, unit che viene denominata watt e indicata col simbolo W;
risulta quindi che
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Potenza elettrica
In ogni processo in cui l'energia elettrica (e cio l'energia delle cariche elettriche) si
genera con spesa di energia di altra forma, o si trasmette per trasformarsi a sua volta in
altra energia, si dovr indicare con il nome di potenza elettrica (rispettivamente
generata, trasmessa, assorbita) la quantit di energia elettrica che si mette in gioco
nell'unit di tempo.
Il lavoro elettrico che si mette in gioco nel trasferimento dell'unit di carica tra due
punti qualsiasi corrisponde, per definizione, alla tensione elettrica V che esiste fra questi
due punti.
Dato che in un circuito percorso da corrente accade, in ogni intervallo t, un
trasferimento di cariche Q pari in valore al prodotto dellintensit I di tale corrente per la
durata t, si comprende che la potenza elettrica rester determinata dalle relazioni:
P =V I
W = P t = V I t = V Q
Essendo Q = I t la quantit delettricit che attraversa il circuito nell'intervallo di
tempo.
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Legge di Joule
Sia dato un conduttore, di resistenza elettrica R, percorso da una corrente dintensit
I.
P = RI
P = V /R
V2
P =V I =
R
L'effetto Joule utilizzato, in particolare, oltre che in taluni forni industriali, nelle
lampade ad incandescenza e in tutti gli apparecchi elettrici di riscaldamento a resistenza
(ferri da stiro, stufe, bollitori, scaldabagni ecc.).
In questi apparecchi interessa concentrare la resistenza riscaldante nel minor spazio
compatibile con la potenza dell'apparecchio e con le esigenze relative alla massima
temperatura di esercizio che si vuol realizzare; tali resistenze vengono costruite in fili o
nastri di metalli o di leghe speciali ad alta resistivit atte a sopportare, senza ossidarsi o
corrodersi, la temperatura di regime che deve essere raggiunta: cos nelle lampade a
incandescenza si usano filamenti di tungsteno, sotto vuoto o in gas inerte; nei comuni
apparecchi di riscaldamento sono invece usate leghe di nichelcromo.
In tutte queste applicazioni la quantit di calore Qc che viene prodotta per effetto
Joule in un tempo t prefissato si calcola immediatamente ricordando che in ogni
trasformazione di energia in calore, la quantit di energia di 1 kWh produce una quantit
di calore pari a 860 kcal: ne consegue che entro un apparecchio elettrotermico che
assorbe una potenza elettrica P (kW), nel tempo di t ore viene generata una quantit di
calore espressa dalla seguente relazione:
Qc (kcal) = 860 x P (kW) x t (h)
Nei circuiti elettrici che hanno tutt'altro scopo che quello di produrre del calore,
l'effetto Joule rappresenta sempre una inevitabile perdita di potenza, che va a detrimento
del rendimento dell'impianto.
Nei circuiti interni delle macchine elettriche, e lungo i fili delle linee di
trasmissione dell'energia, si deve contenere questa perdita di potenza entro
limiti tollerabili, proporzionando adeguatamente la sezione dei conduttori,
anche al fine di contenere le sopraelevazioni di temperatura al disotto di quei
valori oltre i quali sarebbe compromessa la buona conservazione degli
isolamenti.
Bilancio delle potenze nei generatori
Si consideri un generatore elettrico avente una f.e.m. costante E e resistenza interna
Ri, come in figura.
assunta come energia delle cariche elettriche uscenti dal morsetto positivo del
generatore.
D'altra parte, la presenza di una certa resistenza interna Ri provoca una caduta di
tensione interna pari a Ri I e la tensione disponibile ai morsetti si riduce al valore
UAB = VAB = E - Ri I
Corrispondentemente la potenza elettrica P che esce effettivamente dal generatore e
che assorbita dal circuito esterno determinata dalla seguente relazione
2
P = VAB I = E I - Ri I
Pi = Ri I
Il valore della corrente I che erogata dal generatore dipende dal valore della
resistenza esterna R in base alla relazione
Per valori diversi della resistenza R, diverse risultano le condizioni di lavoro del
generatore e, in particolare, diverse sono le perdite interne e il rendimento: se la
resistenza di carico elevata, minore sar la corrente erogata, minori risulteranno le
perdite interne e maggiore sar il rendimento; il contrario avviene se la resistenza R
presenta valori ridotti.
La massima corrente che un generatore pu erogare, senza che il rendimento scenda
al di sotto di un valore prefissato, dipende dalle sue dimensioni costruttive.
Cos ogni generatore caratterizzato dalla sua f.e.m. e dalla massima
corrente che esso pu erogare con un dato rendimento, la quale designata
come la corrente di pieno carico o corrente nominale In del generatore.
Se il generatore eroga una corrente maggiore, si dice che esso lavora in sovraccarico.
In tali condizioni il rendimento diminuisce tanto pi quanto maggiore il sovraccarico,
e la buona conservazione del generatore pu risultare compromessa in conseguenza della
eccessiva sopraelevazione di temperatura provocata dalle maggiori perdite.
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In tal caso la corrente circola nel verso della f.e.m. prevalente, e perci nel verso
opposto all'altra, la quale agisce pertanto come una forza controelettromotrice (f.c.e.m.).
Posto quindi E1>E, nel circuito chiuso formato dai due generatori si costituisce una
corrente I espressa dalla seguente relazione
Pi = Ri I
Che dissipata in calore per effetto joule nella resistenza interna Ri.
Il primo termine PE=EI esprime invece la potenza elettrica che resta impegnata a
vincere la f.c.e.m. che contrasta la corrente, in altre parole rappresenta la potenza
assorbita da questa f.c.e.m..
Questa potenza elettrica deve trasformarsi in energia d'altra forma, attraverso quello
stesso processo fisico da cui prende origine la f.c.e.m.: ad esempio, nel circuito interno di
un motore elettrico si origina una f.c.e.m. che si oppone alla corrente; l'energia elettrica
che occorre spendere per vincere questa f.c.e.m si trasforma in energia meccanica che
viene trasmessa all'asse del motore.
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Il campo elettrico
Sono chiamati fenomeni elettrostatici tutti quei fenomeni elettrici che sono prodotti
nello spazio (e nei corpi che vi sono immersi) dalle cariche elettriche libere, positive o
negative, che si trovano in equilibrio statico (vale a dire ferme) sui corpi comunque
elettrizzati. Se si ricorda che, in base alla legge di Coulomb, le cariche elettriche agiscono
mutuamente le une sulle altre con delle attrazioni e repulsioni reciproche le quali si
esercitano in tutte le direzioni che si irradiano da ciascuna di esse, si intuisce che le
azioni elettriche non si manifestano solo in seno ai corpi nei quali sono contenute, ma si
estendono invece e investono l'intero spazio circostante: l'esperienza prova infatti che
tutte le azioni elettriche si esercitano a distanza anche attraverso lo spazio vuoto senza
l'intervento di nessuna continuit materiale che debba trasmetterle.
Una carica elettrica puntiforme, positiva o negativa, agisce radialmente in tutte le
direzioni su tutte le altre cariche che si trovano immerse nell'intero spazio circostante:
essa respinge tutte le cariche deguale segno e attrae invece le cariche di segno opposto.
Si esprime questo fatto dicendo che ogni carica positiva o negativa, considerata a s
produce, nell'intero spazio circostante in cui immersa, un campo elettrico.
Inversamente ogni carica elettrica, positiva o negativa, si trova sempre soggetta ad
una forza che la risultante delle attrazioni e delle repulsioni che essa risente dalle
singole cariche elementari circostanti. Questo fatto pu essere espresso affermando che
ogni carica elettrica subisce l'azione del campo elettrico risultante dall'azione dei campi
propri di tutte le cariche rimanenti. Generalizzando i concetti esposti, si definisce come
campo elettrico: "Ogni regione dello spazio in cui si manifestano delle forze elettriche, in
pratica ogni regione dello spazio in cui ogni carica elettrica che vi immersa si trova
soggetta ad una forza che tende a muoverla secondo una direzione determinata".
L'esistenza o meno di un campo elettrico in una data regione dello spazio pu essere
rivelata sperimentalmente per mezzo di una carica elettrica di prova che venga posta di
seguito nei vari punti della regione considerata. Nei punti in cui tale carica di prova
soggetta ad una forza, qui esister un campo elettrico, il quale sar considerato tanto pi
intenso quanto pi intensa la forza rilevata.
Per esprimere una misura dellintensit del campo elettrico si fa riferimento alla forza
che agisce sulla carica di prova unitario positivo. Quindi se F il vettore che individua in
ampiezza, direzione e verso la forza che agisce su una carica di prova di valore generico
Q, si sosterr che nel punto in cui tale carica stata collocata esiste un campo la cui
intensit rappresentata dal vettore K definito dalla seguente relazione
L'intensit del campo elettrico pertanto definita in valore e verso dal vettore K che
rappresenta la forza coulombiana che il campo esercita sull'unit di carica positiva
idealmente concentrata nel punto considerato.
L'unit di misura dell'intensit di campo il newton a coulomb (N/C).
Ove sia noto il vettore K nei vari punti del campo elettrico, possibile determinare in
valore e verso le forze meccaniche che agiscono su cariche elettriche di valore Q qualsiasi
supposte concentrate in tali punti. Dette forze F sono date dalla seguente relazione
Gli effetti che sono prodotti dall'azione di queste forze dipendono naturalmente dal
grado di mobilit delle cariche che le risentono: in particolare se una carica positiva o
negativa si trova immersa in un campo elettrico qualunque ed perfettamente libera di
muoversi, essa descrive una traiettoria ben definita rappresentata dalla linea che ha per
tangente nei vari punti la direzione assunta in quei punti dalla forza che la trascina:
questa linea prende il nome di linea di forza del campo.
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Per mezzo delle linee di forza possibile dare una rappresentazione grafica della
conformazione del campo elettrico. In una siffatta rappresentazione si assume
convenzionalmente come verso positivo delle linee di forza il verso in cui sono sollecitate
a muoversi le cariche positive.
Ogni processo delettrizzazione dei corpi avviene sempre per separazione di un certo
numero di cariche elementari positive e negative inizialmente compenetrate fra loro a
costituire lo stato elettricamente neutro.
Ne segue che per produrre nello spazio un campo elettrostatico necessario disporre
di almeno due corpi ad uno dei quali venga sottratto un certo numero di elettroni per
comunicarli in eccesso all'altro.
In generale i corpi interessati a questo trasferimento di cariche sono costituiti da due
(o pi corpi metallici isolati ai quali si da comunemente il nome di armature del campo:
dalla forma e posizione reciproca di tali armature dipende la distribuzione spaziale del
vettore campo elettrico K e cio l'andamento delle linee di forza del campo. Il caso pi
semplice rappresentato dal campo elettrico a geometria piana che si pu ottenere
collegando ai due poli opposti di un generatore elettrico, di f.e.m. E, due armature piane
A e B, destensione illimitata, disposte parallelamente l'una all'altra alla distanza d e
separate fra loro da un qualunque mezzo fisico isolante come in figura.
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Se in luogo di due piatti metallici, si pongono due sfere S1 e S2, le linee di forza del
campo elettrico assumono l'andamento indicato in figura, il quale dalla sovrapposizione
dei due campi radiali relativi ad ogni singola sfera. Un corpuscolo elettrizzato
positivamente posto ad esempio in P, soggetto ad una forza repulsiva F1 da parte della
sfera positiva S1 e ad una forza attrattiva F2 da parte della sfera negativa S2: esso tende
pertanto a muoversi per un piccolo intervallo nella direzione della forza risultante F. Ma
non appena esso giunto in un punto vicino P' le due forze che lo sollecitano mutano di
direzione e di intensit perch variata la distanza del corpuscolo dalle due sfere, e
precisamente la forza F1 diminuisce e assume un nuovo valore F'1 e la F2 aumenta per
assumere il valore F'2; la forza risultante assume cos il valore e la direzione F'.
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Procedendo in tal modo punto per punto, si riconosce che se il corpuscolo considerato
inizialmente accostato alla sfera positiva esso condotto dal campo elettrico a cadere
sulla sfera negativa, seguendo precisamente traiettorie del tipo rappresentato in figura
dalle linee di forza del campo.
Da quanto accennato, discende la seguente importante conclusione: le linee di forza di
un campo elettrico sono sempre delle linee limitate che congiungono con i loro estremi,
senza mai intrecciarsi, le superfici dei corpi sui quali sono distribuite le cariche di segno
opposto che producono il campo. Ogni linea di forza parte sempre da un corpo
elettrizzato positivamente e termina su un altro corpo elettrizzato negativamente.
Se si ricorda che ogni campo elettrostatico per definizione riferita a una distribuzione
di cariche elettriche in equilibrio, e cio ferme, ne discende che in ogni conduttore
comunque elettrizzato, il campo elettrico, deve essere necessariamente nullo in tutti i
punti interni alla superficie che lo delimitano. Si supponga, infatti, per assurdo, che ci
non sia vero; in tal caso il campo elettrico agente nella massa del conduttore vi
promuoverebbe senz'altro un certo movimento degli elettroni liberi; ma rimanendo
invece ferme le cariche si deve concludere che nessun campo agisce su di esse.
Inoltre, le cariche di elettrizzazione possono distribuirsi soltanto sulla superficie del
conduttore, e mai possono penetrare all'interno: una carica che potesse penetrare
all'interno del conduttore dovrebbe produrre un campo elettrico nello spazio ad essa
circostante; ma, come si visto, nei punti interni alla superficie dei conduttori elettrizzati
staticamente il campo deve risultare nullo.
Queste considerazioni permettono di affermare che la conformazione dei campi
elettrostatici soddisfa in ogni caso alle quattro condizioni seguenti
1) Nei conduttori elettrizzati staticamente, le cariche elettriche Q sono distribuite e
affiorano tutta sulla superficie esterna mentre all'interno si ha Q=0;
2) All'interno di un conduttore elettrizzato staticamente si ha sempre K=0, in pratica
nullo il campo dogni punto;
3) Il campo prodotto dal conduttore elettrizzato presenta linee di forza tutte orientate
verso l'esterno in direzione normale alla superficie: se cos non fosse, il vettore K
ammetterebbe la componente tangenziale Kt che farebbe spostare le cariche; il
campo K deve quindi coincidere necessariamente con Kn;
4) Fra ogni coppia di punti di un conduttore elettrizzato, non pu esistere mai alcuna
differenza di potenziale perch diversamente, nel conduttore potrebbe manifestarsi
un movimento delle cariche: la superficie del conduttore delimita un volume i cui
punti hanno tutti lo stesso potenziale Vs ed essa stessa una superficie
equipotenziale.
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Condensatori elettrici
Ogni coppia di conduttori isolati, l'uno rispetto all'altro fra il quale esiste o si pu
stabilire un campo elettrico costituisce un sistema il qual denominato condensatore. I
due corpi sui quali si distribuiscono le cariche elementari disgiunte che producono il
campo prendono il nome darmature del condensatore. Le due armature sono separate
l'una dall'altra da un dielettrico che pu essere il vuoto oppure, pi comunemente, l'aria o
un qualunque materiale isolante solido o liquido.
Figura2 - Formazione del campo elettrico fra un corpo isolato ed altri connessi al suolo
In definitiva si pu concludere che ogni campo elettrico si svolge sempre fra le due
armature di un condensatore, sulle quali siniziano e terminano tutte le linee di forza del
campo: la qualit di cariche elementari positive (o negative) complessivamente
distribuite rispettivamente sull'una (o sull'altra) armatura costituisce la carica elettrica Q
del condensatore la quale viene misurata in coulomb.
Evidentemente la carica positiva di una delle armature sempre uguale in valore alla
carica negativa dell'altra: si esprime quanto fatto dicendo che sulle due armature del
condensatore si hanno due cariche elettriche uguali ed opposte. In tali condizioni, fra le
due armature esiste una certa d.d.p. la quale costituisce la tensione elettrica V
corrispondente alla carica Q che si trova addensata sulle due armature del condensatore.
La quantit totale di elettricit Q che un condensatore assume sulle armature, positiva
da una parte e negativa dall'altra, sotto una tensione assegnata e costante, di valore V,
varia da un condensatore a un altro con la forma, l'estensione, e la posizione reciproca
delle armature, e inoltre anche con la natura del dielettrico interposto. In altri termini
due o pi condensatori diversi, caricati tutti alla stessa d.d.p. V, assumono e trattengono
sulle rispettive armature delle quantit di elettricit differenti e cio un diverso numero di
coulomb.
Si esprime brevemente questo fatto dicendo che i diversi condensatori hanno una
capacit diversa, e precisamente una capacit maggiore quelli che per una tensione
assegnata assumono sulle armature una maggiore quantit di cariche elementari, e
capacit minore invece quelli che assumono una quantit di elettricit minore.
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Per mezzo di questa semplice relazione si rende possibile determinare, attraverso sole
misure di capacit il valore della costante dielettrica relativa r della maggior parte dei
materiali dielettrici usati nella tecnica.
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Si osserva che la corrente di carica i inizia con la sua massima intensit del valore
I0=E/R
All'atto della chiusura del circuito di carica, avente resistenza R, per poi diminuire fino
a ridursi a zero; mentre la tensione vc fra le due armature del condensatore va
aumentando fino a raggiungere e uguagliare il valore della tensione dalimentazione vale
a dire il valore E della f.e.m. della batteria.
Il tempo che decorre fra l'istante iniziale e l'istante in cui raggiunto l'equilibrio Vc=E
rappresenta la durata del periodo transitorio di carica del condensatore. Si pu dire che la
durata di questo periodo (indicato con T in figura) rappresenta l'intervallo di tempo che
impiegato dalla corrente di carica i a trasportare sulle armature del condensatore la
quantit delettricit Q=C Vc che deve essere assorbita dalle armature del condensatore.
Gli andamenti indicati in figura, dalla corrente di carica i e della tensione ai capi del
condensatore vc, sono delle curve esponenziali espresse analiticamente, in funzione del
tempo t, dalle seguenti relazioni
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E' chiaro che la quantit di elettricit che nel periodo di scarica viene trasportata dalla
corrispondente corrente, deve necessariamente coincidere con la quantit di elettricit Q
che era stata comunicata al condensatore durante la carica.
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Ciascun elemento soggetto alla stessa d.d.p. VAB, corrispondente alla tensione
che si applica fra i due morsetti A e B;
Se i condensatori hanno le capacit C1, C2, ..., Cn, essi assumono le cariche
Q1 =C1
Q2 =C2 VAB
Qn =Cn VAB
Collegamento in serie
Questo collegamento consente di realizzare una batteria di condensatori atta a
sopportare una tensione desercizio in ogni modo elevata, pur contenendo la tensione
applicata a ciascun elemento entro un limite prefissato.
Tale collegamento corrisponde allo schema in figura ed eseguito collegando a due a
due le armature dei condensatori intermedi escluse la prima e l'ultima alle quali fanno
capo i due morsetti A e B della batteria.
In tal modo, tutte le armature intermedie vengono a caricarsi per induzione
elettrostatica a partire dalle due armature estreme che vengono direttamente connesse
al circuito di carica.
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I condensatori della serie accumulano tutti una egual carica elettrica Q, la quale
coincide anche con la carica totale della batteria;
Se i condensatori presentano le capacit C1, C2, ..., Cn, fra le armature rispettive si
manifestano le tensioni
V2 = Q/C2
Vn = Q/Cn
V1 = Q/C1
La tensione totale ai morsetti della batteria corrisponde alla somma delle tensioni
dei condensatori della serie vale a dire
Nel collegamento serie la capacit risultante Ceq dunque l'inversa della somma delle
inverse capacit dei singoli componenti.
La capacit equivalente tanto pi piccola quanto maggiore il numero degli elementi
in serie, ed sempre minore della pi piccola fra le capacit dei singoli condensatori.
In particolare il collegamento in serie di n condensatori uguali di capacit C, fornisce
una capacit equivalente
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I fenomeni magnetici
In natura esistono corpi che hanno (o possono acquistare) la propriet di attrarre il
ferro. Questa propriet posseduta (magnete naturale) dalla magnetite; pu essere
acquistata (magneti artificiali) dal ferro e sue leghe (ghisa e acciaio), da cobalto, dal
nichel e da certe leghe speciali (alluminio, nichel, cobalto).
I magneti artificiali possono essere permanenti o temporanei, a seconda che tendono
a conservare o a perdere facilmente le loro propriet magnetiche.
I principali fenomeni magnetici sono i seguenti:
1) Simmerga nella limatura di ferro un magnete prismatico e lo si estragga senza
scuotimenti: si pu constatare che una quantit di limatura rimane ad esso
aderente in corrispondenza delle estremit, che vengono perci chiamate poli
magnetici.
2) Si sospenda liberamente un ago magnetico in corrispondenza del suo baricentro:
dopo alcune oscillazioni esso assume una posizione ben determinata, alla quale
spontaneamente ritorna ogni volta che ne sia rimosso; in questa posizione di libero
orientamento, l'ago volge una delle estremit e sempre la stessa, verso il polo
nord geografico della terra, l'altra estremit verso il polo sud. Questa
constatazione mette in evidenza che le due estremit dell'ago si comportano in
modo diverso: per distinguerle, si denomina polo nord quella che si rivolge al nord
della terra e polo sud l'altra estremit Su questa propriet notoriamente basata
la bussola.
3) Se al polo nord di un magnete si avvicina il polo nord di un altro magnete, si
costata fra le due estremit una vivissima repulsione (analogamente accade se si
avvicinano i due poli sud), e al contrario si avvicinano fra loro i poli opposti dei due
magneti, si costata unenergica attrazione. Si conclude che poli magnetici dello
stesso nome si respingono e poli magnetici di nome contrario si attraggono.
4) Se si avvicina a una delle estremit di un magnete una barretta di ferro, si pu
constatare che questa assume senz'altro le propriet di un magnete: si esprime
questo fatto dicendo che la barretta considerata viene magnetizzata per induzione
dal magnete (magnete induttore); le estremit del magnete indotto vengono
attratte dal magnete induttore: ci vuol dire che il fenomeno dell'induzione
magnetica si manifesta per estremit magnetiche di segno opposto.
5) Suddividendo in parti un qualunque magnete, se ne ottengono sempre degli
elementi ciascuno dei quali si presenta ancora dotato delle propriet di un magnete
(figura 1). Procedendo nella suddivisione anche fino all'estremo limite possibile, si
trova che ognuna delle minutissime particelle in cui la barra stata suddivisa si
presenta sempre come un piccolissimo magnete.
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Il verso delle linee di forza cos generate fornito dalla regola di Maxwell:
Il verso delle linee di forza del campo magnetico generato dalla corrente che percorre
un conduttore quello secondo cui deve essere fatto ruotare un cavaturaccioli, coassiale
al conduttore, per farlo avanzare nel verso della corrente
Se il circuito percorso da corrente ha la forma di una spira circolare, il campo
magnetico generato assume l'aspetto rappresentato in figura 2, in cui si ravvisano ancora
tante linee di forza chiuse su se stesse e concatenate con la corrente della spira: il verso
delle linee pu essere determinato applicando la regola di Maxwell, con il cavaturaccioli
disposto tangenzialmente alla spira.
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Viene designato col nome di solenoide un sistema di spire contigue e coassiali (figura
3). Il campo magnetico prodotto da un solenoide rettilineo si compone di un fascio di
linee di forza che attraversano il solenoide uscendo da unestremit (polo nord) per
rovesciarsi all'esterno e richiudersi all'estremit opposta (polo sud).
Se il solenoide abbastanza lungo, le linee di forza che lo attraversano sono parallele
fra loro: si pu dire quindi che un solenoide allungato realizza nel suo interno un campo
magnetico uniforme.
Il campo prodotto da un solenoide percorso da corrente assume nello spazio esterno
una conformazione che simile al campo prodotto da un magnete prismatico di uguali
dimensioni: le polarit magnetiche generate dipendono dal verso della corrente che
percorre il solenoide e possono essere individuate applicando la regola di Maxwell.
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Nel caso particolare di un solenoide si trova che l'intensit del campo dipende
unicamente dalla corrente I, dal numero delle spire N e dalla lunghezza l del solenoide
(figura 5). Se si mantiene invariata la lunghezza l coperta dalle spire, l'intensit del
campo dipende solo dal prodotto NI fra il numero di spire e la corrente (anche se le spire
sono avvolte in pi strati concentrici): questo prodotto NI viene designato col nome di
forza magnetomotrice (f.m.m.) del solenoide, misurata in amperspire e indicata col
simbolo F.
Se invece si varia la lunghezza l del solenoide, mantenendo invariato il numero degli
amperspire NI, si ha che l'intensit di campo varia in ragione inversa di questa
lunghezza: l'intensit del campo entro il solenoide rimane dunque definita dal rapporto
H = NI / l
L'unit di misura del campo magnetico H l'ampere al metro (A/m).
Riassumendo i fatti esposti si pu affermare che il campo magnetico, generato da una
o pi correnti, pu essere rappresentato da un vettore H, il cui modulo (espresso in
ampere a metro) indica l'intensit del campo, la cui direzione quella della tangente alle
linee di forza ed il cui verso quello indicato dalla regola di Maxwell.
Particolarmente interessante il caso del campo magnetico prodotto da una corrente I
che percorre un filo rettilineo di lunghezza indefinita (figura 1). Alla distanza d dal filo,
l'intensit del campo data dalla relazione seguente detta anche legge di Biot e Savart:
H=I/2pr
Risulta perci tanto pi debole quanto maggiore la distanza dal filo. Al centro di una
spira circolare (figura 2) si ha invece l'intensit
H=I/2r
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Figura 1
Si consideri la figura 1 in cui la spira AB abbraccia il magnete permanente NS. Finch il
magnete e la spira sono fermi l'uno rispetto all'altro, il movimento V non segna alcuna
tensione: invece, se si sposta il magnete rispetto alla spira, lo strumento segna una
tensione che permane finch dura il movimento.
Sperimentando in modi diversi, si trova che il fenomeno dell'induzione
elettromagnetica si produce sempre e solo quando, per effetto dello spostamento, venga
a variare il numero delle linee di forza abbracciate dal circuito.
Per questa loro speciale propriet induttiva le linee di forza magnetiche vengono anche
designate col nome di linee dinduzione magnetica: corrispondentemente, al complesso di
tutte queste linee si assegna il nome di flusso magnetico F del campo.
Se tale flusso abbracciato N volte dalle spire di un circuito qualunque, al prodotto
C=N si attribuisce il nome di flusso concatenato con quel circuito.
Mediante queste definizioni, si pu affermare che il fenomeno dellinduzione
elettromagnetica si manifesta sempre in conseguenza di una variazione del flusso
magnetico concatenato col circuito.
In ogni fenomeno dinduzione il prodotto Et fra il valore medio E della f.e.m. indotta e
la durata t prendono il nome dimpulso della tensione indotta e costituisce, come sol
dirsi, il numero dei voltsecondi indotti nel circuito.
Operando allora, come in figura 1, in modo tale da tagliare col circuito AB flussi
magnetici di valore doppio, triplo, ecc..
Questesperienza permette di stabilire che nel fenomeno dinduzione elettromagnetica
il numero dei voltsecondi indotti in un circuito qualunque dipende unicamente dalla
variazione C subita dal flusso concatenato col circuito, definita dalla differenza
C = "C - 'C
Fra il valore finale "C e il valore iniziale 'C del flusso concatenato.
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Figura 1
Il numero dei voltsecondi indotti che si ottengono tagliando tutte le linee di forza che
attraversano la superficie considerata fornisce la misura del flusso magnetico (espresso
in weber) che attraversa la superficie stessa.
Se ora simmagina di suddividere la superficie S in tanti quadrati aventi ciascuno l'area
unitaria, chiaro che si pu anche considerare il flusso corrispondente a ciascuno di
questi quadrati: si potr parlare cos di flusso per unit di superficie.
Il flusso riferito all'unit di superficie normale alle linee d'induzione definisce la densit
di flusso del campo: questa densit di flusso denominata semplicemente col nome
dinduzione magnetica e designata col simbolo B.
E' chiaro che, se il flusso totale che attraversa la superficie S, la densit di flusso,
o induzione magnetica B, sar espressa dal rapporto
B = /S
Essa espressa in weber a metro quadrato, unit che prende il nome di tesla (T).
L'esperienza dimostra che l'induzione B direttamente proporzionale all'intensit del
campo magnetico H e si presenta con caratteristiche di grandezza vettoriale avente la
stessa direzione e lo stesso verso del vettore H. Indicando perci con un opportuno
fattore sperimentale, si pu scrivere la relazione di proporzionalit fra B e H nella
seguente forma
B = H
Il fattore di proporzionalit detto permeabilit magnetica, e il suo valore dipende
dalla natura del mezzo fisico in cui ha sede il campo. Per l'aria e tutti i gas, come anche
in genere per tutti i materiali non magnetici (come legno, rame, alluminio e i liquidi in
genere), la permeabilit magnetica ha praticamente lo stesso valore che si riscontra nel
vuoto e che viene indicato con 0:se l'induzione B viene misurata in Wb/m2e l'intensit
del campo H viene misurata in A/m, l'unit di misura della permeabilit viene a risultare
dalla seguente relazione
= B/H
All'unit Wb/A si fa corrispondere infatti la denominazione di henry (H).
Il valore della permeabilit del vuoto risulta
r = 4 x 10-7= 1,257 x 10-6 H/m
Per ogni altro mezzo fisico si pone:
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= 0 r
r = /0
Figura 1
Se il conduttore anzich verso l'alto spostato verso il basso, si costata che la
corrente indotta ha verso opposto a quello precedente: questo accade perch, mentre
prima il flusso abbracciato dal circuito diminuiva, per effetto dello spostamento, ora
invece aumenta.
Il fenomeno considerato si pu spiegare in base alla legge generale dellinduzione
elettromagnetica. Si pu, infatti, osservare che con il movimento del conduttore alla
velocit v, in un certo tempo t fatto uno spostamento h=vt e corrispondentemente
sono tagliate, nel loro insieme, tutte le linee di forza che attraversano l'area
S=lh=lvt, essendo l la lunghezza del conduttore immersa entro il campo. Ci vuol dire
che nel tempo t avviene una variazione C del flusso concatenato col circuito a b c d la
cui entit
C = B S = B l v t
Nel conduttore si genera allora una f.e.m. indotta E che rimane determinata, in valore,
dalla relazione
E = C/t = B l v
Risulta quindi che la f.e.m. proporzionale allinduzione B del campo, alla lunghezza l
del conduttore ed alla velocit v del movimento.
Per quanto riguarda il verso secondo cui agisce questa f.e.m. si pu applicare la
seguente regola (figura 2a).
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Si dispongano l'indice, il pollice e il medio della mano destra ad angolo retto fra loro,
volgendo il primo nella direzione del campo e il secondo nella direzione del movimento: il
terzo, in pratica il medio, d la direzione della f.e.m. indotta nel conduttore
Figura 2a
Un'altra regola quella della mano destra (figura 2b): Disponendo la mano destra col
pollice aperto nel verso dello spostamento e rivolta in modo che le linee di forza del
campo entrino per il palmo, la f.e.m. diretta nel verso delle dita distese lungo il
conduttore.
Figura 2b
I fatti sopra esposti sono di grande importanza tecnica essendo alla base della
costruzione dei generatori elettrici, nei quali un insieme di conduttori viene appunto fatto
muovere all'interno di un campo magnetico, allo scopo di utilizzare le f.e.m. che vengono
indotte in essi.
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Perci la f.e.m. indotta ha sempre verso tale da contrastare la causa da cui ha origine,
tale cio da contrastare la variazione di corrente: se la f.e.m. di autoinduzione dovuta a
un aumento di corrente, essa agir in verso opposto alla corrente, dovendo contrastarne
l'aumento; viceversa se dovuta a una diminuzione di corrente, essa agir nello stesso
verso della corrente, dovendo contrastarne la diminuzione.
Figura 1
A seguito di questa manovra la corrente deve estinguersi passando dal valore I sopra
definito al valore zero.
In conseguenza della diminuzione di corrente, se il circuito presenta una certa
induttanza L si genera in esso una f.e.m. di autoinduzione ea che agisce nello stesso
verso della corrente, e tende a ritardarne la estinzione: il risultato che nel circuito
continua a circolare ancora per un certo tempo una corrente i che mantenuta dalla
f.e.m. di autoinduzione ea.
Il tempo T durante il quale la corrente pu ancora circolare, per effetto della f.e.m. di
autoinduzione, si chiama periodo transitorio di apertura. In questo intervallo di tempo la
corrente assume valori istantanei rappresentati dalla curva esponenziale i(t) (figura 2).
Figura 2
Definiti dalla relazione
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Figura 3
Come indicato dal diagramma in figura 4, la corrente non raggiunge subito il suo
valore di regime I=V/R ma cresce invece con una certa lentezza secondo la curva
esponenziale i(t) di equazione
Figura 4
Soltanto dopo un tempo T=5L/R si raggiunge in pratica lintensit di regime I.
Questo lento avviamento della corrente dovuto ancora al fenomeno di autoinduzione
che si verifica alla chiusura del circuito, quando la corrente dal valore zero passa al valore
finale di regime.
In conseguenza di questaumento della corrente, si genera nel circuito la f.e.m.
dautoinduzione ea la quale, agendo in verso opposto alla corrente che tende a stabilirsi,
ne contrasta l'aumento.
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Ne segue che il lavoro sviluppato dalla tensione applicata al circuito viene solo in parte
assorbito dalla caduta ohmica e trasformato in calore per effetto Joule, mentre la parte
rimanente viene assorbita dalla f.e.m. di autoinduzione: quest'ultimo lavoro viene speso
per costituire il campo magnetico concatenato al circuito stesso e si accumula nel campo
in questione per costruire l'energia del campo, detta anche energia intrinseca della
corrente. Il valore di questenergia dato dalla relazione
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Figura 1
Pertanto, se ad esempio il primo di essi percorso da una certa corrente I1, esso invia
a concatenarsi col secondo circuito un flusso C2 che viene espresso dalla relazione
Questo flusso rimane invariato finch il valore della corrente I1 rimane costante. Ma se
la corrente I1 variabile, varia anche il flusso C2 e di conseguenza, indicando con I1 la
variazione di corrente che si ha nel tempo t, nel secondo circuito generata una f.e.m.
di mutua induzione Em2 il cui valore medio espresso dalla seguente relazione
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I valori istantanei em1 ed em2 delle due f.e.m. di mutua induzione sono espressi invece
dalle derivate
nella quale si assume il segno positivo quando le correnti I1 e I2 che interessano i due
circuiti tendono a produrre flussi concordi; si assume invece il segno negativo se i flussi
prodotti sono fra loro discordi.
Quando l'accoppiamento magnetico non perfetto, e cio nei casi in cui non tutto il
flusso prodotto da uno dei due circuiti passa a concatenarsi con l'altro, il coefficiente di
mutua induzione M risulta minore del valore fornito dalla precedente relazione, e se con k
si indica un opportuno fattore di riduzione compreso fra 0 e 1 si potr scrivere
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Le forze elettromagnetiche
Un conduttore percorso da corrente, ogni volta che attraversa un campo magnetico
sollecitato da una forza chiamata forza elettromagnetica.
Per determinare la forza elettromagnetica F si consideri un campo uniforme, di
induzione B, nel quale sia immerso un circuito percorso da una corrente I (figura 1): il
conduttore rettilineo ab scorrevole sui due conduttori MD ed NE.
Figura 1
Sotto l'azione della forza F, il conduttore ab subisce un certo spostamento h in un
dato tempo t, il lavoro sviluppato dalla forza espresso dal prodotto Fh.
Durante lo spostamento, nel conduttore nasce una f.e.m. indotta E=Blv che diretta
in senso contrario alla corrente I (regola della mano destra) e che si comporta quindi
come una forza contro elettromotrice.
Questa, nell'intervallo t, assorbir unenergia elettrica del valore EIt=BlvIt la quale,
per il principio di conservazione, dovr essere uguale al lavoro meccanico Fh da cui
prende origine: dovr dunque aversi luguaglianza
Per quanto riguarda il verso secondo cui agisce questa forza si deve osservare che
esso dipende dal verso del campo magnetico e dal verso della corrente nel conduttore.
Tale verso fornito dalla regola delle tre dita della mano sinistra illustrata in figura 2:
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Figura 2
Aprendo il pollice, l'indice e il medio della mano sinistra ad angolo retto fra loro e
disponendo l'indice nella direzione del campo e il medio nella direzione della corrente il
pollice segna il verso della forza
Un'altra regola quella della mano sinistra illustrata in figura 3:
Figura 3
Disponendo la mano sinistra distesa lungo un conduttore nel verso della corrente e col
palmo rivolto in modo tale che le linee di forza entrino per il palmo stesso, il verso della
forza elettromagnetica quello indicato dal pollice aperto.
Sulle forze elettromagnetiche sono basati il funzionamento dei motori elettrici e il
funzionamento dei pi importanti strumenti elettrici.
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Forze elettrodinamiche
Quando si hanno due circuiti percorsi da corrente, fra loro affacciati, ciascuno di essi
viene a trovarsi immerso nel campo magnetico generato dalla corrente che circola
nell'altro circuito: su ciascuno dei circuiti agisce allora una forza (elettromagnetica) che
prende il nome di forza elettrodinamica.
Il caso pi semplice rappresentato da due conduttori rettilinei paralleli, percorsi nello
stesso verso o in versi contrari da due correnti uguali o diverse.
Nella figura 1 sono rappresentati ad esempio due conduttori paralleli, posti fra loro alla
distanza d e percorsi da due correnti I1 e I2 in versi opposti. Si pu immaginare che il
conduttore I2 si trovi immerso nel campo prodotto dalla corrente I1; questo campo
costituito da linee di forza concentriche al conduttore che lo produce e aventi il verso
fornito dalla regola di Maxwell. In tutti i punti occupati dal secondo conduttore, il campo
magnetico H1 prodotto dal primo diretto normalmente al conduttore I2 nel verso
indicato in figura.
Figura 1
La forza che viene a esercitarsi su questo conduttore sar diretta perci nel verso F2 in
base alla regola della mano sinistra.
Corrispondentemente sul conduttore I1 immerso nel campo magnetico prodotto dalla
corrente I2 verr ad agire una forza F1 uguale ed opposta alla F2.
Si pu quindi concludere che due conduttori paralleli percorsi da correnti dirette in
verso contrario si respingono.
Se si ripetono le considerazioni di cu sopra per il caso di conduttori paralleli, percorsi
da correnti nello stesso verso, le forze F1 ed F2 risultano pure uguali e opposte ma dirette
l'una verso l'altra: si pu quindi concludere che due conduttori paralleli percorsi da
correnti nello stesso verso si attraggono.
Il valore delle forze elettrodinamiche sopra definite direttamente proporzionale alle
intensit delle due correnti I1 e I2, e inversamente proporzionale alla loro distanza d;
dipende inoltre dalla natura del mezzo fisico entro cui immerso i due conduttori. Se
la permeabilit magnetica di tale mezzo fisico, la forza elettrodinamica che agisce su una
lunghezza l di ciascuno dei due conduttori paralleli espressa dalla seguente relazione
F = (l/2d) I1 I2
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Tagliando il flusso generato dal solenoide mediante un opportuno circuito indotto (non
indicato in figura) e misurando il numero dei voltsecondi indotti in questo circuito, si
ottiene il valore del flusso espresso in weber: dividendo questo flusso per la sezione
retta S del provino si ottiene il valore dell'induzione magnetica B corrispondente
all'intensit di campo H prefissata
B=/S
A seconda che il solenoide sia avvolto nell'aria, oppure su un nucleo di materiale
ferromagnetico, si rileva che facendo crescere gradualmente l'intensit del campo
magnetizzante H (ci che si ottiene aumentando la corrente I circolante nelle spire del
solenoide), l'induzione magnetica B aumenta in misura diversa e precisamente secondo
le due distinte curve B0(H) rappresentate in figura.
Si osserva immediatamente che nel materiale ferromagnetico l'induzione B assume dei
valori assai pi elevati che nell'aria.
Si osserva inoltre il fatto caratteristico che nel materiale ferromagnetico l'induzione B
cresce in un primo tempo assai rapidamente, e poi sempre pi lentamente al crescere di
H, fino a raggiungere un determinato valore BS che si mantiene successivamente quasi
costante. Si esprime questo fatto annunciando che nel materiale si raggiunge in tal modo
lo stato di saturazione magnetica.
Le curve considerate sono dette curve di
magnetizzazione. Data la non linearit di tali curve si deve
concludere che la permeabilit magnetica dei materiali
ferromagnetici non costante, ma in funzione
dell'intensit del campo magnetizzante H. Ci appare con
pi evidenza, se si considera un generico punto P della
curva di magnetizzazione e si traccia la retta che
congiunge tale punto con l'origine degli assi. Si trova che
la tangente trigonometrica dell'angolo formato da
questa retta esprime il valore della permeabilit del
materiale in corrispondenza di quel punto: quindi si pu
scrivere
= B/H = tan
Poich ai diversi punti come P corrispondono rette che formano angoli di valore
diverso, si conclude che la permeabilit non costante ma varia secondo una curva del
tipo (H) di figura. La presenta il suo valore massimo quando il campo H ha l'intensit
che corrisponde al punto di tangenza B0. Il valore minimo quello che corrisponde ad
H=0, e costituisce la permeabilit iniziale in del materiale.
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Il valore dell'energia che dissipata per ogni ciclo di isteresi proporzionale all'area
racchiusa dal ciclo. Per ridurre al minimo, la perdita di energia, necessario adoperare
materiali che presentano cicli disteresi aventi minima area.
Il fenomeno di isteresi magnetica dovuto al fatto che il movimento dei domini
contrastato da particolari attriti interni e quindi, al cessare dell'azione orientatrice del
campo magnetizzante i domini non ritornano alla condizione di stato neutro del materiale
se non con una certa lentezza e in modo incompleto.
Nuclei magnetici per flussi alternativi
I nuclei magnetici eccitati in corrente alternata di frequenza f vengono interessati da
un flusso alternativo e subiscono f cicli di isteresi al secondo.
In questi nuclei avviene perci una dissipazione denergia in calore equivalente alla
perdita per isteresi.
La potenza perduta rappresentata dall'energia dissipata in un ciclo moltiplicata per il
numero dei cicli al secondo e cio per la frequenza f della corrente magnetizzante.
La perdita di potenza per isteresi per unit di massa del materiale (perdita specifica) si
valuta, in watt a kilogrammo, mediante la formula si Steinmetz:
La somma delle perdite per isteresi e delle perdite per correnti parassite costituiscono
la perdita totale del ferro. In pratica le lamiere magnetiche sono caratterizzate
indicandone la cifra di perdita Cp. Questa esprime la perdita totale, riferita a 1 kg di
materiale, con uninduzione BM=1T ed alla frequenza f=50 Hz. La cifra di perdita
dell'ordine di 3,5 W/kg per le lamiere normali da 0,8 mm di spessore, e pu scendere a
meno di 1 W/kg per le lamiere al silicio da 0,5 mm. Noto il valore della cifra di perdita Cp,
il calcolo della perdita totale nel ferro Pf, assorbita da un nucleo di massa m sede di un
flusso magnetico alternativo dinduzione massima BM e frequenza f, si esegue per mezzo
della relazione semiempirica
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Circuiti magnetici
Si consideri un anello di materiale magnetico eccitato da
una bobina formata da N spire serrate, come in figura. Un
sistema siffatto prende il nome di circuito magnetico. Quando
la bobina percorsa dalla corrente I, essa crea un campo le
cui linee di forza si svolgono entro il nucleo nello spazio
racchiuso dalle N spire formando un fascio di linee circolari.
L'intensit H di questo campo data dalla relazione H=NI/l
essendo l la lunghezza della linea di forza media. A questo
valore di H corrisponde un valore dellinduzione magnetica B,
che dipende dal mezzo in cui si svolge il campo in pratica alla permeabilit magnetica
relativa r del materiale, di cui composto l'anello:
B = H = 0 r H
Se S la sezione dell'anello, il flusso magnetico che attraversa tale sezione sar
= B S = H S
Si ha quindi anche
= / ; l/ = ; =
Indicando il termine l/ con si possono scrivere le relazioni
=NI
NI/
=NI/
BT=/ST
T = lT /0 ST
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pag. 78
Figura 1
L'intervallo di tempo T durante il quale la corrente i assume tutti i valori positivi e negativi, che
poi si ripetono indefinitamente in tutti gli intervalli uguali e successivi, si chiama periodo: si pu dire
allora che nel primo quarto di periodo la corrente cresce da zero fino al valore massimo I, nel
secondo quarto di periodo decresce da I a zero; quindi si inverte per riprendere nell'altro
semiperiodo T/2 gli stessi valori precedenti ma in verso opposto.
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Il valore i, assunto dalla corrente in un determinato istante t costituisce il valore istantaneo della
corrente. Il numero dei periodi compresi in un minuto secondo costituisce la frequenza f della
corrente alternata. In Italia, come negli altri paesi europei, la frequenza industriale unificata al
valore di 50 periodi al secondo; corrispondentemente ciascun periodo ha la durata di 1/50 di
secondo. La durata T del periodo , per definizione, l'inverso della frequenza f; si hanno dunque le
relazioni T = 1/f e f = 1/T. L'unit di misura della frequenza (periodi al secondo) viene denominata
hertz (Hz). Per rappresentare il diagramma dei valori istantanei assunti nel corso di un intero
periodo da una corrente alternata sinusoidale avente un determinato valore massimo I, si pu
applicare il metodo grafico (figura 2a e 2b).
Figura 2a
Si segna un segmento OA, di lunghezza pari al valore massimo della corrente I e simmagina che
questo segmento ruoti con velocit angolare attorno al punto fisso O; il suo segmento A viene a
descrivere cos una circonferenza di raggio OA.
Figura 2b
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Per ciascuno degli istanti t1, t2, ...corrispondenti alle successive posizioni angolari 1, 2, ...assunte
dal segmento rotante, si traccia la corrispondente ordinata ottenuta proiettando sull'asse verticale y
il suo punto estremo mobile A.
Le ordinate cos ottenute presentano valori come i1=Isint1 e forniscono la rappresentazione dei
valori istantanei i1, i2, ...assunti dalla corrente alternata nel corso di un periodo. Il semiperiodo
positivo corrisponder alla rotazione da 0 a e il semiperiodo negativo alla rotazione da a 2 : il
periodo completo T corrisponde a un intero giro del segmento rotante.
Di una corrente sinusoidale si pu dare una rappresentazione vettoriale come in figura 3.
Figura 3
L'ampiezza del vettore rotante I rappresenta il valore massimo I della corrente; l'angolo
che lo stesso vettore forma con l'asse x nell'istante t=0 viene chiamato fase della corrente.
La rappresentazione vettoriale pu essere riferita, oltre che a una corrente, anche a una tensione
o a una f.e.m., purch anch'esse variabili sinusoidalmente nel tempo. In questi diagrammi vettoriali,
l'asse y su cui simmagina di eseguire le proiezioni dei vettori rotanti detto asse dei valori
istantanei; l'asse x invece, al quale sono riferite le rotazioni, costituisce l'asse polare: alcune volte gli
assi sono sottintesi; il verso di rotazione dei vettori quello opposto al movimento delle lancette
dell'orologio.
Poich il vettore rotante deve fare un giro ad ogni periodo, vuol dire che esso descrive l'angolo di
2 rad nel tempo T; perci esso descrive ad ogni secondo un angolo definito dal rapporto
= 2 / T = 2f
Questa grandezza =2f costituisce la velocit angolare del vettore rotante espressa in radianti al
secondo, cui si d il nome di pulsazione. Alla frequenza del valore di 50 Hz corrisponde la pulsazione
= 2 x 3,14 x 50 = 314 rad/s
Dalla figura 3 si ricava che i valori istantanei della corrente (proiezioni sull'asse y del vettore
rotante) sono espressi matematicamente dalla relazione
i = I sin ( t + )
Infatti la posizione angolare che viene raggiunta dal vettore rotante in un dato tempo t (a partire
dalla sua posizione iniziale) corrisponde al valore t+ , essendo la velocit angolare e la fase
della corrente. L'espressione matematica cos definita costituisce la rappresentazione analitica i(t)
della corrente sinusoidale. Essa consente di determinare, per mezzo del calcolo, i valori che vengono
assunti dalla corrente istante per istante: in particolare, nell'istante iniziale t=0 si ottengono il valore
iniziale iO della corrente e la fase che risultano
i0 = I sin sin = i0/I
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Figura 1
Si consideri il conduttore A disposto lungo una generatrice del cilindro che ha l'asse di rotazione in
O: facendo ruotare questo cilindro nel verso della freccia, il conduttore A viene a tagliare le linee di
forza del campo induttore in cui immerso, e perci nel conduttore stesso si genera una f.e.m.
indotta. Con il verso del campo segnato (fig. 1), applicando la regola della mano destra si riconosce
che mentre il conduttore A passa a descrivere il mezzo giro (1)(2)(3), la f.e.m. indotta nel
conduttore ha il verso uscente dal foglio (verso indicato con un punto): successivamente, quando il
conduttore A passa a descrivere il mezzo giro (3)(4)(1), la f.e.m. indotta si inverte e prende il verso
entrante nel foglio (verso rappresentato da una croce). La f.e.m. indotta nel conduttore rotante
dunque una f.e.m. alternata, la quale si inverte ogni volta che il conduttore attraversa il piano yy
(detto piano d'inversione): questa f.e.m. compie un periodo T ad ogni giro del conduttore, ed ha
perci una frequenza f pari al numero di giri al secondo compiuti dal conduttore.
Per quanto riguarda i valori istantanei e(t) che la f.e.m. assume nel corso di un periodo (fig. 1) si
pu osservare quanto segue: essa ha il valore zero quando il conduttore passa per la posizione (1),
perch in tale istante il conduttore si muove per un breve intervallo parallelamente al campo senza
tagliarlo; quindi va aumentando fino a raggiungere il valore massimo nella posizione (2) in cui il
conduttore si sposta normalmente al campo; da questo punto la f.e.m. riprende a decrescere fino ad
annullarsi ancora nella posizione (3). Il valore massimo E della f.e.m. indotta avviene in (2) e in (4)
quando il conduttore si sposta in modo perpendicolare al campo: se B l'induzione del campo, l la
lunghezza del conduttore e v la velocit periferica del conduttore, tale valore massimo dato dalla
relazione E=Blv.
In un generico istante t il conduttore si porta dalla posizione iniziale (1) alla posizione A definita
dall'angolo =t, se la velocit angolare del cilindro. In questa posizione, la velocit v' con cui il
conduttore taglia perpendicolarmente il campo magnetico ha il valore v'=vsin=vsin(t):
corrispondentemente, l'espressione matematica di tale f.e.m. assume la forma:
e=Blv'=Blvsin(t)=Esin(t).
All'atto pratico per generare delle f.e.m. sufficientemente elevate si disporranno pi conduttori
indotti collegati in serie fra loro, secondo disposizioni particolari, che costituiranno l'avvolgimento
indotto dell'alternatore.
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Figura 1
2) Le due grandezze alternate, pur avendo la stessa frequenza, cominciano ciascuna il rispettivo
semiperiodo positivo in due istanti diversi e passano corrispondentemente per il rispettivo
valore massimo positivo una prima dell'altra e cos via.
Si dice allora che le grandezze alternate hanno diversa fase oppure che sono sfasate fra loro:
esse sono in tal caso rappresentate da sinusoidi generate da due vettori A e B i quali ruotano
insieme con la stessa velocit, ma formano fra loro un certo angolo
= A - B
Questo angolo definisce la differenza di fase o, come sol dirsi anche, lo sfasamento fra le due
grandezze (figura 2).
Allo sfasamento angolare corrisponde lo sfasamento temporale t (intervallo che decorre fra
gli inizi dei semiperiodi delle due grandezze) espresso dalle relazioni
t = / = (/2)T
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Figura 2
Il vettore che precede nella rotazione si dice in anticipo rispetto all'altro, il qual a sua volta in
ritardo rispetto al primo.
Due grandezze sfasate di un quarto di periodo sono rappresentate da due vettori a 90 fra loro
come in figura 3 e si dicono in quadratura: mentre una di esse ha gi raggiunto il valore massimo, la
seconda ancora a zero e sta per iniziare un semiperiodo positivo.
Figura 3
Due grandezze alternate invece che hanno costantemente segno opposto si dicono in opposizione
di fase e sono rappresentate da due vettori direttamente opposti come in figura 4, e cio sfasati fra
loro di 180, o di mezzo periodo.
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Figura 4
Nello studio dei circuiti a corrente alternata, si presenta spesso il problema di eseguire la somma
o la differenza fra due o pi grandezze alternate.
Per somma di due o pi grandezze alternate si intende la grandezza che si ottiene eseguendo la
somma algebrica dei valori istantanei contemporanei delle grandezze componenti. Nella figura 5
indicata l'operazione di somma fra due grandezze sinusoidali y1 e y2 sfasate fra loro di un certo
angolo : la grandezza risultante y=y1+y2 ancora sinusoidale, ed definita dal valore Y=Y1+Y2
che si ottiene, con la regola del parallelogramma, come somma vettoriale dei due vettori che
rappresentano le due sinusoidi componenti. Con la rotazione rigida di questo parallelogramma,
mentre i vettori Y1 e Y2 generano le due sinusoidi componenti y1 e y2, il vettore risultante Y
genera la sinusoide y che rappresenta la somma delle due sinusoidi. Poich le grandezze
componenti sono sfasate fra loro, i due massimi non si verificano nello stesso istante e perci il
valore massimo Y della grandezza risultante minore della somma aritmetica fra i valori massimi
delle componenti. Per il calcolo algebrico del valore massimo Y e della fase del vettore
risultante Y, si ricorre usualmente al metodo simbolico.
Per eseguire la differenza vettoriale D=A-B fra due grandezze sinusoidali A e B, basta costruire la
risultante con la regola del parallelogramma fra il primo vettore A e il vettore (-B) uguale e
opposto al secondo vettore B, come in figura con l'estremo del primo A, (figura 5a).
La stessa differenza anche rappresentata dal vettore D che congiunge l'estremo del secondo
vettore B con l'estremo del primo A (figura 5b).
Figura 5a
Figura 5b
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Figura 1
Si consideri la corrente alternata rappresentata dalla sinusoide i (figura 1). Per calcolare l'energia
W dissipata in calore per effetto Joule da questa corrente nell'intervallo di un periodo, quando essa
percorre una data resistenza R, si deve:
1) Dividere l'intervallo di tempo T in tanti piccoli intervalli t in ognuno dei quali corrispondenti
valori della corrente, come i1, i2, ..., in, possono ritenersi approssimativamente costanti;
2) Calcolare l'energia dissipata in ognuno di tali intervalli, moltiplicando la resistenza R per il
quadrato della rispettiva corrente e per il tempo t;
3) Eseguire la somma di tutti i termini elementari cos ottenuti, e porre
L'intensit I della corrente costante termicamente equivalente sar tale da fornire la stessa
energia W per mezzo della relazione
W =RI2 T
Confrontando le due espressioni di W risulta che l'intensit costante cercata, e cio il valore
efficace I della corrente alternata, definito dalle seguenti relazioni:
Per le correnti alternate di forma sinusoidale, facile dimostrare che il valore efficace risulta
uguale semplicemente al valore massimo diviso per 2.
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pag. 86
Infatti la somma dei termini del tipo i2t non altro che la somma di tutte le aree rettangolari di
base t e altezza i2, e quindi l'area delimitata dalla curva i2 (figura 1): se questa area viene divisa
per il periodo T si trova l'altezza di un rettangolo, di base T, che ha la stessa area. Come si vede
nella figura, affinch il rettangolo di base T presenti la stessa area delimitata dalla sinusoide i2,
dovr avere una altezza esattamente uguale al valore I2/2, ed questo perci il valore che deve
assumere l'espressione sotto radice. Ne segue che per una corrente ad andamento sinusoidale si
pu scrivere
La definizione di valore efficace enunciata per le correnti viene estesa anche a tutte le altre
grandezze elettriche alternate ed in particolare alle tensioni ed alle f.e.m.. Cos se una tensione
alternata sinusoidale raggiunge ad ogni semiperiodo nei due versi opposti un valore massimo V, si
dir che la tensione considerata ha il valore efficace
Si definisce valore medio nel semiperiodo di una corrente alternata il valore I che corrisponde
all'ordinata media di ogni semionda. Con riferimento alla corrente sinusoidale i (figura 2), si osserva
che l'ordinata media definita dall'altezza del rettangolo che ha per base T/2 e che presenta la
stessa area delimitata dalla semionda della corrente i.
Figura 2
Essendo 2I il valore di questa area, eseguendo il confronto con l'area I del rettangolo si trova
che il valore medio I, espresso dalla relazione
Si pu notare che il valore medio I di una corrente sinusoidale minore del valore efficace: il
rapporto fra questo e il primo d il cosiddetto fattore di forma Kf.
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pag. 87
Figura 1
Nella rappresentazione simbolica questi vettori vengono riferiti a un piano complesso (Re, Im)
come in figura 1, e definiti algebricamente mediante un numero complesso scritto nelle forme
binomie
A = A' + jA" = A cos + jA sin
I vari termini hanno i seguenti significati:
j = -1 l'unit immaginaria, definita dalla relazione j2 =-1
A' = A cos la parte reale del vettore A
A" = A sin la parte immaginaria dello stesso vettore A, il cui modulo
La forma binomia del tipo A=A'+jA" consente la pi rapida soluzione dei problemi alle somme
vettoriali di pi grandezze, che si risolvono eseguendo separatamente le somme algebriche delle
componenti reali e immaginarie dei singoli vettori, secondo relazioni del tipo
S = A1 + A2 + ... = (A'1 + A'2 + ...) + j (A"1 + A"2 +...)
pag. 88
e il cui argomento
semplicemente moltiplicando i due moduli e sommando tra loro i due argomenti: ne risulta un
vettore definito da una relazione del tipo
pag. 89
Circuiti ohmico-induttivi.
a) Circuiti puramente ohmici
Si consideri un circuito puramente ohmico (figura1) percorso da una corrente alternata
dequazione i=I sint.
Figura 1
La tensione esistente ai capi della resistenza R del circuito espressa, in ciascun istante, dalla
relazione VR=Ri=RI sint =VR sint.
Se dunque la corrente varia secondo il diagramma sinusoidale i, la tensione ai capi del circuito
varia essa pure secondo una sinusoide vR le cui ordinate si ottengono moltiplicando per R le ordinate
rappresentative della corrente: corrispondentemente, se la corrente rappresentata dal vettore
rotante I, la tensione viene rappresentata da un vettore rotante VR di ampiezza VR=RI in fase con I.
Dividendo per 2 si ottiene la relazione fra i valori efficaci VR e I della tensione e della corrente nella
forma VR=RI.
In termini simbolici, in altre parole in termini vettoriali, si scriver invece VR=RI
Si pu dire quindi che in un circuito puramente ohmico la corrente e la tensione si mantengono in
fase fra loro, e fra i rispettivi valori efficaci, a qualsiasi frequenza, vale la legge di Ohm nella stessa
forma che essa avrebbe in corrente continua.
b) Circuiti puramente induttivi
Quando in un circuito avente induttanza L (figura 2) circola una corrente sinusoidale dequazione
i=I sint nel circuito nasce una f.e.m. dautoinduzione espressa da
pag. 90
Figura 2
Questa f.e.m. anch'essa sinusoidale, ma sfasata di 90 in ritardo rispetto alla corrente che la
produce. Il suo valore massimo e il suo valore efficace sono definiti dalla relazione seguente:
E = LI
Poich nel circuito presente la f.e.m. e, ed invece nulla la resistenza, applicando la legge di
ohm si dovr scrivere:
vL = -e = L I sin ( t + 90)
L'ultima relazione viene interpretata dicendo che in un circuito puramente induttivo la tensione vL
in ciascun istante uguale ed opposta alla f.e.m. di autoinduzione e. Infatti la f.e.m. di
autoinduzione si oppone alle variazioni della corrente: affinch la corrente possa effettivamente
permanere nel circuito perci necessario applicare ai capi del circuito stesso una tensione che
faccia equilibrio in ciascun istante alla f.e.m. di autoinduzione. Si esprime questo fatto dicendo che il
fenomeno dell'autoinduzione provoca una caduta induttiva di tensione, uguale e contraria alla f.e.m.
dautoinduzione.
La tensione vL da applicare al circuito risulta cos in opposizione di fase alla f.e.m. e; il
corrispondente vettore rappresentativo vL uguale e opposto al vettore E, e perci risulta sfasato di
90 in anticipo rispetto al vettore I che rappresenta la corrente.
Il valore massimo della tensione vL =LI, pari al valore massimo E della f.e.m. di
autoinduzione; il suo valore efficace risulta perci vL =LI essendo I il valore efficace della corrente.
Il prodotto L viene correntemente indicato con XL ponendo XL=L=2fL per scrivere di
conseguenza vL = XL I
Nella rappresentazione simbolica, per tenere conto del fatto che il vettore vL deve risultare a 90
in anticipo rispetto al vettore I, si dovr scrivere
VL=j XL I = j LI
Il fattore immaginario jXL=jL che tiene il posto di una resistenza, designato col nome di
reattanza induttiva del circuito, ed misurata in ohm.
Inversamente si pu dire che applicando al circuito induttivo una tensione V esso assorbe una
corrente il cui vettore rappresentativo dato dal rapporto I=V/jXL e risulta sfasato di 90 in ritardo
rispetto alla tensione.
In pratica, i circuiti puramente induttivi non esistono ma sono considerati come tali quei circuiti in
cui la resistenza ohmica trascurabile rispetto alla reattanza.
Naturalmente molto dipende dalla frequenza, perch se la frequenza bassa anche una forte
induttanza d luogo a una reattanza modesta, mentre se la frequenza molto alta, anche una
induttanza relativamente piccola presenta una reattanza notevole.
pag. 91
c) Circuiti ohmico-induttivi
Nel caso pi generale, un circuito elettrico presenta sempre una certa resistenza ohmica R ed una
certa induttanza L, e corrisponde perci allo schema in figura 3.
Sia I il vettore rappresentativo della corrente che attraversa il circuito. La caduta ohmica dovuta
alla resistenza R rappresentata dal vettore VR di ampiezza VR=RI in fase con il vettore I. D'altra
parte, se f la frequenza, l'induttanza L oppone alla corrente una reattanza XL=2fL, la quale
determina una caduta induttiva che rappresentata da un vettore VL di ampiezza VL=XLI e sfasato di
90 in anticipo rispetto al valore I.
Ne segue allora che per mantenere nel circuito la corrente I si dovr applicare al circuito stesso
una tensione definita in ampiezza e fase dal vettore risultante V=VR+VL secondo le costruzioni
grafiche riportate in figura 3.
Questi diagrammi sintetizzano l'intero comportamento del circuito ohmico-induttivo che pu
essere cos riassunto: la tensione V da applicare al circuito per mantenervi una corrente sinusoidale
determinata in ampiezza e fase dall'ipotenusa di un triangolo rettangolo che ha per cateti il vettore
rappresentativo della caduta ohmica VR=RI, in fase con il vettore rappresentativo della corrente I, e
il vettore rappresentativo della caduta induttiva VL=jXLI sfasato rispetto alla corrente di 90 in
anticipo. Questo triangolo costituisce il triangolo delle tensioni del circuito.
Si conclude che la tensione totale ai capi del circuito rappresentata da un vettore V che risulta
sfasato in anticipo rispetto alla corrente I di un certo angolo il cui valore dipende dalla resistenza R
e dalla reattanza XL del circuito.
Per il calcolo di questa tensione basta applicare il teorema di Pitagora al triangolo predetto
Ne risulta l'espressione
Rispetto ai valori della corrente e della tensione, il circuito si comporta quindi come se fosse
dotato di una resistenza apparente definita in ohm dall'espressione
questa resistenza apparente viene designata col nome di impedenza del circuito e indicata con Z;
essa definita dalla relazione
Se si pone
a rappresentare la impedenza simbolica del circuito, la relazione fra tensione e corrente diventa
semplicemente V=ZI.Si pu quindi dire che un circuito ohmico-induttivo presenta unimpedenza
rappresentata da un numero complesso che ha come parte reale la resistenza R e come coefficiente
dell'immaginario la reattanza XL l'argomento =argtan XL/R dellimpedenza esprime l'angolo di
sfasamento fra la tensione e la corrente del circuito.
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Circuiti ohmico-capacitivi.
a) Circuiti puramente capacitivi
Si consideri un condensatore come in figura 1 e si supponga che la resistenza e l'induttanza delle
connessioni siano nulle: si dice in tal caso che si tratta di un circuito puramente capacitivo. Fra le
armature del condensatore, di capacit C, agisca la tensione rappresentata dalla curva sinusoidale vC
di figura 2, la quale varia nel tempo secondo la legge vC=VCsint essendo VC il valore massimo e la
pulsazione. In queste condizioni, se in un tempo dt la tensione subisce un incremento dvC il
condensatore assorbe una certa corrente i, e la sua carica subisce un incremento del valore
dq=idt=CdvC
Figura 1
Per la corrente assorbita dal condensatore dovr quindi risultare
pag. 93
Figura 2
Corrispondentemente, volendo far attraversare un dato condensatore da una corrente alternata di
valore efficace IC prefissato, occorrer applicare alle sue armature una tensione di valore efficace
VC=XCIC
Nel linguaggio tecnico, si dice allora che un condensatore inserito in un circuito percorso da
corrente alternata sinusoidale, provoca una caduta capacitiva VC che ha il valore efficace XCIC ed
sfasata di 90 in ritardo rispetto alla corrente.
Nella rappresentazione simbolica si tiene conto di questo risultato scrivendo la precedente
relazione nella forma
VC = -jXCIC = -j (1/C)IC
Con ci la reattanza simbolica capacitiva viene ad essere rappresentata da un numero
immaginario negativo, e i suoi effetti sono esattamente opposti a quelli di una reattanza induttiva.
b) Circuiti ohmico-capacitivi
All'atto pratico il circuito che si collega alle armature di un condensatore presenta sempre una
certa resistenza ohmica R e assume le caratteristiche corrispondenti allo schema di figura 3.
Figura 3
La tensione totale V ai capi del circuito, si ottiene in tal caso componendo vettorialmente la
caduta ohmica VC=RI (in fase con la corrente) con la caduta capacitiva VC=XCI (a 90 in ritardo). Si
ha cos il triangolo delle tensioni di figura 4.
pag. 94
Figura 4
Il valore efficace della tensione viene a risultare
Per l'effetto combinato dalla resistenza ohmica R e della reattanza capacitiva XC il circuito oppone
cos alla corrente unimpedenza capacitiva
Figura 5
In questo tipo di circuito, la corrente sfasata in anticipo sulla tensione di un certo angolo ,
compreso fra 0 e 90, definito in valore dalla relazione tan =XC/R.
Nella rappresentazione simbolica, allimpedenza capacitiva corrisponde l'espressione complessa
Z = R - jXC = R - j (1/C)
pag. 95
Impedenze in serie.
Se si collegano in serie pi impedenze come le Z1, Z2, Z3 di figura 1, le rispettive tensioni V1, V2,
V3 risultano espresse dalle relazioni simboliche essendo I la comune che le attraversa.
V1=Z1I=(R1+jX1)I V2=Z2I=(R2+jX2)I
V3=Z3I=(R3+jX3)I
Figura 1
In base alla legge di Ohm e al teorema di Steinmetz-Kennelly, la tensione V ai capi della serie
sar espressa dalla relazione simbolica V=V1+V2+V3.
Per eseguire questa somma occorre costruire i triangoli delle tensioni relative alle varie
impedenze uno di seguito all'altro come in figura 2.
Figura 2
La tensione risultante V formata da una componente attiva VR in fase con la corrente, pari alla
somma aritmetica di tutte le cadute ohmiche della serie, e di una componente reattiva VX a 90 in
anticipo o in ritardo, pari alla somma algebrica di tutte le cadute induttive ( o capacitive)
VR = (R1+R2+R3) I
VX = (X1+X2+X3) I
serie si compongono cio geometricamente, costruendo uno di seguito all'altro i triangoli delle
impedenze singole.
Figura 3
L'intera serie equivalente nel suo complesso a un'unica impedenza avente una resistenza
equivalente pari alla somma di tutte le resistenze e una reattanza equivalente pari alla somma
(algebrica) di tutte le reattanze
R=R1+R2+R3
X=X1+X2+X3
Questo valore minore della somma aritmetica delle impedenze componenti, salvo il solo caso in
cui tutte queste impedenze abbiano lo stesso argomento .
In termini simbolici si ha semplicemente
Z=Z1+Z2+Z3=(R1+jX1)+(R2+jX2)+(R3+jX3)
Ne risulta
Z=(R1+R2+R3)+j(X1+X2+X3)=R+jX
pag. 97
Figura 1
Queste correnti risultano ordinatamente sfasate in ritardo (o in anticipo) sulla tensione degli
angoli 1, 2, 3 definiti dalle relazioni tan1=X1/R1; tan2=X2/R2; tan3=X3/R3
Ne risulta il diagramma vettoriale indicato nella figura 2. La corrente totale I nel filo di linea si
ottiene costruendo la somma vettoriale dei vettori I1, I2, I3 che rappresentano le diverse correnti
I=I1+I2+I3.
Figura 2
Questo risultato esprime il primo principio di Kirchhoff esteso alle reti in regime sinusoidale.
Si pu anche porre, direttamente I=V/Z ove Z la impedenza equivalente del circuito espressa
dalla relazione
Z = 1 / (1/Z1) + (1/Z2) + (1/Z3)
Si ha dunque una perfetta analogia coi circuiti a corrente continua, purch si considerino, in luogo
delle resistenze, le impedenze espresse per mezzo delle loro notazioni simboliche.
Per due soli rami in parallelo si ha in particolare
Z = Z1Z2 / (Z1+Z2)
pag. 98
AMMETTENZA
B = X / (R2+X2)
Esse rappresentano il circuito stesso per mezzo di due rami fra loro in parallelo (figura 3) che
assorbono rispettivamente le due componenti attiva e reattiva della corrente la prima in fase con la
tensione V e la seconda in quadratura.
Figura 3
IG = I cos
IB = I cos
pag. 99
Risonanza.
a) Circuito serie
Con riferimento al circuito rappresentato in figura 1, la tensione v ai capi della serie uguale in
ogni istante alla somma algebrica dei valori istantanei contemporanei delle tensioni vR, vL, vC
esistenti ai capi della resistenza, della induttanza e della capacit.
Figura 1
In regime sinusoidale questa somma algebrica fra i valori istantanei si risolve in una somma
vettoriale che ha per lati consecutivi il vettore VR=RI in fase con la corrente I, il vettore VL=jXLI a
90 in anticipo rispetto alla corrente I, il vettore VC=-jXCI a 90 in ritardo rispetto alla corrente I.
Supponendo XL>XC, si ha il diagramma in figura 2.
Figura 2
Si osserva che le tensioni misurate ai capi dell'induttanza e del condensatore sono rappresentate
da due vettori opposti:
Figura 3
la loro somma vettoriale si traduce cos in una differenza aritmetica, come nel diagramma in
figura 3 che rappresenta la composizione vettoriale
V = VR+VL+VC = VR+VX
corrispondente alla relazione simbolica
V = R I + jXL I - jXC I = R I + j(XL-XC)I = (R+jX)I = Z I
pag. 100
Come si vede, l'effetto risultante delle due reattanze in serie XL, e XC corrisponde a quello di una
reattanza equivalente X di valore pari alla differenza
X = XL-XC = L-1/C
mentre l'impedenza del circuito risulta
Z = R + jX = R + j(XL -XC)
Le due reattanze induttiva e capacitiva esercitano l'una rispetto all'altra un'azione di compenso
per modo che la reattanza complessiva del circuito pu anche risultare pi piccola delle due
reattanze singole: fra le due reattanze di segno opposto prevale naturalmente quella che ha maggior
valore, e il circuito assume nel suo complesso un carattere induttivo o capacitivo secondo che
prevalga l'una o l'altra reattanza.
Se XL maggiore di XC (cio L>1/C), la reattanza risultante X=XL-XC rimane positiva e il circuito
conserva carattere induttivo: la tensione ai capi della serie risulta in tal caso sfasata in anticipo sulla
corrente dell'angolo .
Se invece XL minore di XC (cio L<1/C), la reattanza risultante X=XL-XC diviene negativa e si
ha nel complesso un circuito a carattere capacitivo. Il diagramma vettoriale prende in tal caso la
forma di figura 4: la tensione totale V risulta sfasata in ritardo sulla corrente dell'angolo .
Figura 4
Se infine si realizza la condizione XL=XC (cio L=1/C), la reattanza risultante X=XL-XC, diventa
nulla e si ha nel complesso un circuito con carattere ohmico. In tal caso il diagramma vettoriale
assume la forma particolare rappresentata in figura 5:
Figura 5
La tensione totale risulta V=VR+VL+VC=VR=RI poich le due tensioni VL e VC ai capi della
induttanza e della capacit vengono a risultare uguali e di verso opposto. Avendosi XL-XC=0,
l'impedenza del circuito diviene
Cio risulta uguale alla resistenza ohmica R: il circuito si comporta come se fosse senza
reattanza, e cio come se avesse solo resistenza ohmica.
In queste condizioni si ha l'esatto compenso fra gli effetti dell'induttanza e della capacit: si dice
perci che il circuito in regime di risonanza. Poich in tal caso si ha l'uguaglianza XL=XC, si pu dire
che in un circuito con induttanza e capacit in serie si verifica la risonanza quando si ha L=1/(C)
cio 2LC=1.
La condizione di risonanza dipende, oltre che dai valori di L e di C, anche dal valore della
frequenza : per una data induttanza L e una data capacit C, il circuito entra in risonanza se la
frequenza soddisfa alla relazione
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pag. 101
Questo valore fR si chiama frequenza di risonanza. Per una data frequenza, un circuito pu essere
portato in risonanza variando l'induttanza o la capacit.
Se si varia l'induttanza, la risonanza raggiunta quando la capacit assume il valore
Spesso, in condizioni di risonanza, pure compensandosi reciprocamente, le due tensioni XLI e XCI
esistenti ai capi dell'induttanza e della capacit possono assumere valori anche molto pi elevati
della tensione V che si ha agli estremi del circuito: queste maggiori tensioni prendono il nome di
sovratensioni di risonanza.
b) Circuito parallelo
Si consideri il circuito (figura 6), costituito da un ramo induttivo (con resistenza ohmica RL e
reattanza XL) in parallelo con un ramo capacitivo (costituito da una resistenza RC e da una reattanza
XC).
Figura 6
Sia V la tensione di frequenza f applicata fra i capi dell'arco doppio. Il lato induttivo assorbe una
corrente IL il cui valore e il cui sfasamento L in ritardo risultino
pag. 102
Figura 7
Nel caso particolare, messo in evidenza nella figura 8, in cui si realizza luguaglianza IBC=IBL la
corrente totale assorbita I=IL+IC pu risultare in fase con la tensione V.
Figura 8
L'arco doppio equivale allora nel suo complesso a un circuito puramente ohmico: si dice che in tal
caso il circuito in regime dantirisonanza.
Se il circuito si riduce a una induttanza pura in parallelo con una capacit pura, come figura 9, la
corrente IL risulter in opposizione di fase rispetto alla corrente IC.
Figura 9
pag. 103
Se inoltre queste due correnti sono anche uguali in valore (regime di risonanza), la corrente
risultante I si annulla.
Si arriva allora a questo risultato, apparentemente strano: la linea che alimenta l'arco doppio non
percorsa da alcuna corrente (come se fosse interrotta in pratica dimpedenza infinita), mentre i
due lati dell'arco sono percorsi da correnti uguali e opposte che possono avere dei valori anche assai
elevati (sovracorrenti di risonanza). In tal caso il regime tale che le due correnti IL e IC, uguali in
valore e direttamente opposte, corrispondono ad un'unica corrente che oscilla in seno al circuito
chiuso costituito dall'induttanza e dalla capacit: il valore della frequenza di risonanza pari a quello
gi trovato per il circuito serie.
Pi in generale, e cio in presenza di resistenze come RL ed RC nei due rami derivati, la frequenza
di risonanza si ottiene ponendo luguaglianza IBL=IBC fra le componenti reattive delle due correnti: in
base alle seguenti relazioni
pag. 104
essendo k quel numero, minore o uguale a 1, che costituisce il fattore di accoppiamento fra i due
circuiti. Analogamente a quanto gi visto per la f.e.m. di autoinduzione (espressa da E=LI e sfasata
di 90 in ritardo sulla corrente) nel caso della mutua induzione si trova che se il primo circuito
percorso da una corrente alternata di valore efficace I1, questa induce nel secondo circuito una
f.e.m. che assume il valore efficace E2=MI1, e che risulta sfasata di 90 in ritardo rispetto alla
corrente I1 che la induce. Al prodotto M si attribuisce il nome di reattanza mutua fra i due circuiti e
si pone
M = 2fM = XM
Il valore efficace della f.e.m. di mutua induzione generata nel secondo circuito si esprime con ci
mediante la relazione
E2 = MI1 = XMI1
Nei diagrammi vettoriali questa f.e.m. viene rappresentata da un vettore E2 a 90 in ritardo
rispetto al valore I1 come in figura 1.
Figura 1
Reciprocamente se il secondo circuito percorso a sua volta da una corrente I2, si ha nel primo
circuito una f.e.m. di mutua induzione E1 che ha il valore efficace
E1 = MI2 = XMI2
ed sfasata di 90 in ritardo sulla corrente I2. Nella rappresentazione simbolica queste f.e.m.
sono espresse dalle relazioni
E1 = -jXMI2 ; E2 = -jXMI1
Della f.e.m. di mutua induzione si tiene conto allo stesso modo di una qualunque altra f.e.m.
presente in un circuito.
Figura 2
Cos, se ad esempio si considerano i due circuiti accoppiati di figura 2, la legge di Ohm per l'uno e
pag. 105
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E2 = R2I2+jX2I2
Figura 3
Sostituendo le espressioni
E1 = -jXMI2 ; E2 = -jXMI1
0 = R2I2+jX2I2+jXMI1
Si vede quindi che l'accoppiamento magnetico fra i due circuiti comporta che in ciascuno di essi si
consideri, in serie alle reattanze X1 e X2 anche la reattanza mutua XM. Le due correnti incognite I1 e
I2. Sul fenomeno della mutua induzione sono basati i trasformatori elettrici. Si denota con il nome di
trasformatore ogni coppia di circuiti elettricamente distinti e magneticamente concatenati,
predisposti col preciso scopo di utilizzare il fenomeno della mutua induzione per realizzare un
trasferimento di potenza da un circuito all'altro. Questi due circuiti sono designati col nome di
primario e secondario del trasformatore.
Potenza istantanea e potenza attiva
La potenza elettrica P assorbita da un circuito in corrente continua, alimentato agli estremi da una
tensione V e percorso da una corrente I, espressa in watt dal prodotto
P=VI
La tensione e la corrente sono in tal caso costanti, e anche la potenza P perci rimane costante
nel tempo. Passando invece a considerare un circuito a corrente alternata, si ha che la tensione v e
la corrente i variano continuamente da un istante all'altro con vicenda periodica: di conseguenza la
potenza elettrica data dal prodotto dei valori istantanei
p=vi
Della tensione e della corrente, risulter variabile da istante a istante.
E' chiaro allora che, se si vuol valutare l'effetto utile di questa potenza variabile nel tempo, si
dovr considerare il valore medio nell'intervallo di un periodo: questo valore medio della potenza,
moltiplicato per il tempo considerato, forma l'energia assorbita, come se si trattasse di una potenza
costante.
Il valore medio della potenza, nel corso di un periodo si definisce brevemente col nome di potenza
attiva della corrente alternata e sindica con P. Essa dipende dai valori efficaci della tensione e della
corrente, ma dipende inoltre dallo sfasamento fra tensione e corrente. Si dovranno considerare
perci separatamente i diversi casi.
Potenza associata a una corrente in fase con la tensione
In un circuito ohmico, la tensione e la corrente si mantengono in fase fra loro come in figura; in
conseguenza di questo fatto la tensione v e la corrente i sinvertono insieme e perci hanno sempre
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segno concorde.
In tal modo la potenza elettrica p risulter sempre positiva e varier da un istante all'altro come
le ordinate di una curva costruita moltiplicando fra loro le ordinate corrispondenti della tensione e
della corrente:
p = v i = V sin t x I sin t = V I sin2 t
L'andamento della curva quello riportato in figura, ed costituito da una sinusoide p che ha per
asse di simmetria la retta MN tracciata in corrispondenza della met dell'ordinata massima P=VI.
Questa sinusoide della potenza compie un periodo completo per ogni semiperiodo della corrente e
tensione: si esprime brevemente questo fatto dicendo che la potenza elettrica considerata ha
carattere pulsante con frequenza doppia della corrente.
A ogni periodo della corrente e tensione, la potenza varia da zero (quando sono nulle sia la
corrente che la tensione) fino a raggiungere il valore massimo P=VI pari al prodotto dei due valori
massimi della corrente e tensione, per ritornare quindi a zero e ripetere le stesse vicende nel mezzo
periodo successivo.
Il valore medio della potenza corrisponde all'ordinata della retta di compenso MN; poich questa
ordinata la met dell'ordinata massima P=VI, si pu dire senz'altro che il valore medio della
potenza nel corso di un periodo, e cio la potenza attiva P, data dal semiprodotto dei due valori
massimi della tensione e della corrente. Si ha cio P=(VI)/2
Per esprimere questa potenza mediante i valori efficaci V e I basta ricordare che
V= 2V ; I= 2I
Risulta allora pi semplicemente P=VI.
Si ha cos la seguente conclusione:
in un circuito a corrente alternata in cui la corrente e la tensione si mantengono in fase fra loro la
potenza attiva data dal prodotto dei valori efficaci della tensione e della corrente
Se R la resistenza equivalente del circuito, fra la tensione e la corrente si ha la relazione V=RI.
Ne segue che la potenza attiva pu essere espressa anche da
P = R I2 = U2 / R
Potenza associata a una corrente in quadratura con la tensione - Potenza reattiva
Si consideri il caso in cui la corrente sia sfasata di 90 rispetto alla tensione: questo stato di
regime si verifica in un circuito puramente induttivo (corrente a 90 in ritardo come in figura 2)
oppure in un circuito puramente capacitivo (corrente a 90 in anticipo come in figura 1).
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Figura 1
Le corrispondenti sinusoidi della tensione applicata v=Vsint e della corrente assorbita
i=Isin(t90)=Icost sono riportate nelle figure.
Figura 2
Per costruire le curve che, nei due casi, hanno per ordinate i valori istantanei della potenza p=vi
si devono eseguire i prodotti delle precedenti sinusoidi, che forniscono le relazioni
p = V sint x I cost = (VI/2) sint
Si osserva subito che la potenza varia secondo curve che sono ancora delle sinusoidi di frequenza
doppia di quella della corrente come nel caso precedente, ma con la differenza sostanziale che qui
l'asse di simmetria di queste sinusoidi (il cui valore massimo pari al prodotto VI/2=VI) coincide con
l'asse dei tempi t.
A ogni quarto di periodo delle correnti la potenza sinverte assumendo ogni volta una successione
di valori uguali e di segno opposto: la potenza dunque non ha pi carattere pulsante ma ha carattere
alternativo e conseguentemente il suo valore medio nel periodo nullo.
Si pone in rilievo cos il fatto fondamentale seguente: in un circuito in cui la tensione e la corrente
sono sfasate fra loro di 90, la potenza attiva P nulla, qualunque sia il valore efficace della
tensione o della corrente.
Ci vuol affermare che, la corrente non produce in tal caso nessun effetto energetico esterno in
pratica non d luogo a sviluppo di calore ne produce lavoro utile di qualunque forma.
Riepilogando risulta che in un circuito in cui tensione e corrente sono in quadratura fra loro, il
prodotto VI dei valori efficaci della tensione e della corrente non ha pi il significato di rappresentare
una potenza attiva, la quale nulla qualunque sia la tensione o la corrente, ma pu essere invece
assunto a definire l'entit dello scambio di energia che si verifica nel circuito; con questo significato,
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pag. 108
il prodotto del valore efficace della tensione V per il valore efficace della corrente I, e cio il valore
massimo della potenza scambiata fra generatore e circuito, viene definito col nome di potenza
reattiva e indicato con Q ponendo Q=VI. Per ricordare che questa non una potenza attiva, essa
non misurata in watt, ma in voltampere-reattivi (var). A tale potenza sono convenzionalmente
associati segni opposti a seconda che il circuito sia induttivo oppure capacitivo: precisamente si
assume come positiva la potenza reattiva QL che compete ai circuiti induttivi; si assegna invece il
segno negativo alla potenza reattiva QC dei circuiti capacitivi.
Potenza associata a una corrente comunque sfasata rispetto alla tensione
Potenza apparente - Fattore di potenza
Nei casi pi comuni della pratica la corrente e la tensione non sono n in fase fra loro n in
quadratura, ma sono invece sfasate l'una rispetto all'altra di un certo angolo . Per stabilire quale
sar in tal caso la potenza attiva P e la potenza reattiva Q assorbite dal circuito si pu ragionare nel
modo seguente. Si scompone il vettore I nelle due componenti attiva e reattiva IG e IB. Simmagina
con ci di sostituire, alla corrente che effettivamente percorre il circuito, tali due componenti. Di
queste due correnti, la componente IB in quadratura con la tensione e perci determina solo uno
scambio di energia fra il generatore e il circuito; l'effetto utile medio invece compiuto
esclusivamente dalla componente IG in fase con la tensione. Si viene cos a concludere che la
potenza attiva P corrispondente alla corrente I rappresentata semplicemente dal prodotto del
valore efficace della tensione U per il valore efficace della componente attiva IG=Icos .
P = V IG = V I cos
Questa formula mette chiaramente in rilievo che la potenza attiva associata ad una corrente
alternata non dipende solo dai valori della tensione e della corrente, ma dipende altres dal rispettivo
angolo di sfasamento . Misurando la tensione e la corrente relative a qualunque apparecchio o
macchina a corrente alternata non si pu quindi valutarne la potenza se non si conosce anche quale
l'angolo di sfasamento. Il prodotto VI della tensione per la corrente designato semplicemente
come la potenza apparente. Per ottenere la potenza attiva P si deve moltiplicare ancora per il
termine cos , il qual designato perci col nome di fattore di potenza del carico e indicato col
simbolo . Indicando la potenza apparente con S si scrive: S = V I e conseguentemente si ha:
P = S cos = S
Quest'ultima sinterpreta affermando che la potenza attiva di una corrente alternata data dal
prodotto della potenza apparente per il fattore di potenza.
La potenza attiva si esprime in watt; la potenza apparente invece, che corrisponde al prodotto di
una tensione per una corrente senza rappresentare tuttavia una vera potenza, espressa in
voltampere (VA). Il fattore di potenza, definito dalle relazioni
= cos = R/Z = P/S
Varia, secondo i valori di R e Z dei circuiti che si considerano, fra i limiti zero e uno: uguale a
zero quando l'angolo di 90, come accade nei circuiti puramente induttivi o capacitivi (in tali
casi la potenza attiva P nulla, qualunque sia la potenza apparente), invece uguale a uno nei
circuiti puramente resistivi. Considerando, in modo analogo, la componente IB della corrente, si
ottiene l'espressione della potenza reattiva che assume la forma
Q = V IB = V I sin
Riassumendo i fatti esposti, si pu dire che in un circuito a corrente alternata, con tensione e
corrente sfasate fra loro di un certo angolo , si ha:
Una potenza attiva P che rappresenta la potenza media che fluisce costantemente dal
generatore elettrico verso il circuito utilizzatore nel quale si trasforma in calore per effetto Joule
o in lavoro;
Una potenza reattiva Q che ha il significato di definire il valore massimo della potenza, che
scambiata alternamente fra il generatore ed il circuito utilizzatore senza produrre nessun
lavoro utile;
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Prof. Piero Scotto - Corso di Elettrotecnica
Una potenza apparente S risultante dalla combinazione fra la potenza attiva P e la potenza
reattiva Q.
Fra le potenze indicate, si ha limportante relazione che si ottiene quadrando e sommando le
espressioni delle due potenze e ricordando che sin2 + cos2 =1.
S2=P2+Q2
Questa relazione dimostra che le tre potenze attiva, reattiva e apparente stanno fra loro come i
cateti e l'ipotenusa di un triangolo rettangolo il quale costituisce il triangolo delle potenze del
circuito. Da questo triangolo si rilevano, in particolare, le relazioni
Q = S sin = P tan
Dal triangolo delle tensioni si ricavano invece le relazioni
V cos = VR = R I
V sin = VX = X I
Q = V I sin = X I2
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Figura 1
Ognuno di questi prelever in generale dalla linea una certa potenza attiva e una certa potenza
reattiva: cos ogni carico caratterizzato nel suo funzionamento da un determinato triangolo delle
potenze.
Considerando ad esempio il carico 1 leggermente induttivo, il carico 2 fortemente capacitivo e il
carico 3 puramente ohmico, i triangoli delle potenze assumono l'aspetto indicato in figura 2.
Figura 2
La composizione di queste potenze si effettua costruendo Questi triangoli uno di seguito all'altro
come in figura 3.
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Figura 3
Il triangolo segnato in tratto e punto, rappresenta le potenze risultanti in linea, in conformit alle
seguenti regole che esprimono il teorema di Boucherot.
1. la potenza attiva totale P la somma aritmetica delle potenze attive parziali;
2. la potenza reattiva risultante Q la somma algebrica delle potenze reattive parziali;
3. la potenza apparente risultante S la somma geometrica delle potenze apparenti: essa
rappresentata dall'ipotenusa del triangolo rettangolo che ha per cateti la potenza attiva
totale P e la potenza reattiva totale Q; il suo valore quindi
In base al triangolo cos definito resta anche determinato il fattore di potenza nella sezione
terminale T della linea
Inoltre, essendo noto il valore della tensione V che agisce in questa sezione, possibile calcolare
la corrente totale in linea I, per mezzo delle relazioni
I = S / V = P / (V cos)
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Rifasamento
Le reti per la distribuzione dell'energia elettrica alle utenze diffuse sono destinate in pratica ad
alimentare i quattro servizi fondamentali dell'illuminazione, del riscaldamento e condizionamento,
della forza motrice ottenuta con l'impiego dei motori elettrici, e dellelaborazione e trasmissione
dell'informazione.
La maggior parte di queste utenze caratterizzata da un consistente assorbimento denergia
reattiva che si assomma allenergia attiva trasferita agli apparecchi utilizzatori. Ne risulta che il
fattore di potenza medio mensile che si registra nelle reti di distribuzione a utenza mista pu variare
entro valori che vanno da 0,5 a 0,9.
Come noto, la potenza reattiva comporta un trasporto ozioso di corrente reattiva lungo la linea
e determinata in queste maggiori perdite; inoltre impegna inutilmente la linea stessa e le macchine
generatrici della centrale, nel senso che se queste non fossero occupate a generare la corrente
reattiva potrebbero invece essere adibite a generare e trasmettere una maggiore potenza attiva.
Indipendentemente dall'entit della potenza reattiva che richiesta da un dato impianto
utilizzatore, si pu evitare che tale potenza reattiva debba essere convogliata dalla linea
dalimentazione dell'impianto, badando a compensarla direttamente, nello stesso luogo dove
richiesta, con una potenza eguale e di segno opposto.
Precisamente, se l'impianto utilizzatore richiede oltre a una certa potenza P anche una potenza
reattiva induttiva Q, si potr ottenere la compensazione voluta allacciando in derivazione sulla linea
una batteria di condensatori la quale prelevi una potenza reattiva capacitiva QC pari in valore alla
potenza reattiva induttiva Q. In ci consiste il problema noto in pratica sotto il nome di rifasamento
dell'impianto, nel senso che si vuol ricondurre la linea a trasmettere solo la potenza attiva e la
corrente attiva in fase con la tensione, senza impegnarla inutilmente a trasmettere potenze e
correnti reattive.
Figura 1
Si consideri un impianto utilizzatore A (figura 1) in ogni modo costituito, che preleva da una linea
alimentazione una corrente I sfasata in ritardo rispetto alla tensione di un certo angolo : ci vuol
sostenere che l'impianto assorbe dalla linea una potenza attiva del valore P=VIcos=VIG e richiede
inoltre la potenza reattiva induttiva
Q = V I sin = V IB
La linea impegnata cos a trasmettere la potenza apparente
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E' chiaro che baster assegnare alla batteria una capacit tale per cui la corrente IC risulti uguale
in valore alla corrente reattiva IB che richiesta dall'impianto utilizzatore A, affinch le due correnti
uguali e opposte IC e IB mutuamente si compensino.
La linea di alimentazione viene a trasmettere allora la sola corrente attiva IG senza che il
funzionamento dell'impianto utilizzatore risulti comunque alterato. In queste condizioni la linea
trasmette all'impianto utilizzatore la sola potenza attiva
P = V I cos = V IG
mentre la potenza reattiva induttiva Q richiesta dall'impianto viene compensata dalla potenza
reattiva capacitiva QC assorbita dal condensatore: in questo senso il condensatore viene a costituire
il generatore dell'intera potenza reattiva Q richiesta dall'impianto utilizzatore, disimpegnando da
questo ufficio le macchine generatrici della centrale le quali devono provvedere a inviare attraverso
la linea non pi l'intera corrente I ma la sola componente attiva: I' = I G = I cos
La capacit C della batteria di condensatori, occorrente per ottenere il rifasamento completo,
rimane determinata dalla relazione che si ottiene uguagliando la potenza reattiva Q richiesta
dall'impianto con l'espressione della potenza reattiva QC della batteria: essendo queste,
rispettivamente
Q = V I sin = P tan QC = V IC = C V2
si ricava: C V2 = P tan e ne risulta C = (P tan ) / (w V2)
Figura 2
Generalmente non si richiede di conseguire il rifasamento completo, ma si ritiene sufficiente un
rifasamento parziale, atto ad elevare il fattore di potenza risultante in linea dal valore cos
caratteristico dell'impianto al valore contrattuale cos'=0,9. In tal caso il diagramma delle correnti si
presenta come in figura 2 cui corrisponde il diagramma delle potenze segnato figura 3.
Figura 3
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al nuovo valore
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