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Direttore
Andrea Bixio

ociologia
Rivista Quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali
Anno XLVIII n. 2 bis 2014

Narcisismo e societ contemporanea


Il problema

Francesco Botturi, Paolo Gomarasca


Gioco di specchi. Narcisismo e sfida educativa

Fabrizio Fornari
Introduzione.
Naufragio con spettatore. Alcune considerazioni preliminari sul narcisismo

Vincenzo Cesareo
Il contributo della sociologia allo studio del narcisismo

Mauro Fornaro
Narcisismo e societ. Per unintegrazione interdisciplinare

Italo Vaccarini
Dallera dellumanesimo moderno allera del narcisismo

Fausto Colombo
La parabola narcisistica nei media

Sergio Belardinelli
La cultura del narcisismo

Annamaria Crespi
Per uninterpretazione del narcisismo

Vittorio Cigoli, Federica Facchin


Narcisismo: dagli intrecci narrativi alla clinica del legame di coppia
Note
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ociologia
Rivista Quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali
Anno XLVIII n. 2 bis 2014

Narcisismo e societ contemporanea


Il problema
FRANCESCO BOTTURI, PAOLO GOMARASCA
Gioco di specchi. Narcisismo e sfida educativa

FABRIZIO FORNARI
Introduzione.
Naufragio con spettatore. Alcune considerazioni preliminari sul narcisismo

13

VINCENZO CESAREO
Il contributo della sociologia allo studio del narcisismo

19

MAURO FORNARO
Narcisismo e societ. Per unintegrazione interdisciplinare

25

ITALO VACCARINI
Dallera dellumanesimo moderno allera del narcisismo

33

FAUSTO COLOMBO
La parabola narcisistica nei media

41

SERGIO BELARDINELLI
La cultura del narcisismo

45

ANNAMARIA CRESPI
Per uninterpretazione del narcisismo

49

VITTORIO CIGOLI, FEDERICA FACCHIN


Narcisismo: dagli intrecci narrativi alla clinica del legame di coppia

55

Note
PAOLO IACULLI
Per una storia della sociologia delle emozioni

65

GIANLUCA SENATORE
Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra il 1918 e 1973

71

FRANCESCO TIBURSI
Per una critica esistenziale dell'economia

83

Recensioni
R. IANNONE
Umano, ancora umano. Per unanalisi dellopera Sulluomo di Werner Sombart
(Emanuele Rossi)

91

ALBERTO BURGIO
Rousseau e gli altri. Teoria e critica della democrazia tra Sette e Novecento
(Marina Lalatta Costerbosa)

94

Nuovo Millennio
collana diretta da

PELLEGRINO CAPALDO
FRANCESCO MERCADANTE

Sociologia
Narcisismo e societ contemporanea

Sociologia

Sociologia

Il problema
FRANCESCO BOTTURI, PAOLO GOMARASCA

Gioco di specchi
Narcisismo e sfida educativa
Come nellacqua un volto riflette un volto,
cos il cuore delluomo si riflette nellaltro
[Pr 27:19]

Lesempio tipico la pulsione distruttiva del sadico che,


secondo Freud, essenzialmente narcisistica proprio in
quanto offre allIo lappagamento dei suoi antichi desideri donnipotenza: distruggere laltro equivale a realizzare il sogno infantile di essere sovrani assoluti del
mondo. In fondo, anche la vicenda narrata nel mito ovidiano implica questo ct perverso: quando respinge
Eco, di Narciso si viene a sapere che si era gi prima beffato (luserat) di una serie di altre ninfe e di una folla di
giovani. Il godimento di s (quod cupio, mecum est)
dunque annodato a questo piacere sadico di eliminare il
diverso. Di Eco, emblema dellalterit rifiutata (Davies
1989: 267), restano infatti solo la voce e le ossa.
Deleuze ha insistito su questa componente narcisistica della perversione: il mondo del perverso si legge
alla fine di Logique du sens un mondo senza altri []
Ogni perversione un altricidio, un altrocidio (Deleuze 2009: 281). Il che pu essere letto anche al rovescio:
ogni autocomprensione narcisistica di s contiene una dose di sadismo. Forse per questo che Socrate, come racconta Platone nellAlcibiade maggiore, si preoccupato
di Alcibiade1. Narcisista leggendario (Sagan 1991: 208),
Alcibiade non si limita, come il Narciso ovidiano, a sedurre e poi mettere in fuga i suoi numerosi amanti, sopraffatti dalla sua superbia (Alcib. I, 103B). Vuole governare, proprio in quanto si pensa letteralmente il pi
grande (mega phronein)2. Socrate non pu dunque permettere lascesa al potere di un politico erotico (Kronman 1998): giocare a sedurre il demos e, al contempo, lasciarsi sedurre e diventare amante del popolo (Alcib.
I, 132A), significherebbe istituzionalizzare laltricidio
perverso. E cos decide di intervenire, rovesciando la logica narcisistica dallinterno: apparentemente seduce Alcibiade, ma in realt non vuole essere il suo amato3. La
sua pedagogia erotica (Renaud 2007: 229) punta piuttosto alla vera natura del desiderio umano e, di conseguenza, alle condizioni di possibilit di una vita pubblica autentica. Il nesso educazione-politica si attesta per-

Premessa
Le societ occidentali contemporanee sono attraversate da una profonda crisi identitaria. La perdita di fiducia, come stato detto (Cesareo Vaccarini 2012: 7),
unamara novit del presente. sufficiente constatare il
moltiplicarsi delle paure e il generale senso di insicurezza
che affligge la vita delle persone. Ora, laspetto interessante che la sfiducia, in qualche modo, non appare in
modo esplicito; o meglio, tende a mascherarsi dietro un
senso di autosufficienza, vissuto come ideale di espansione della propria autonomia e libert. Per cogliere lambivalenza di questa contraddizione, la categoria di narcisismo rivela la sua eccezionale portata euristica, come dimostrano le analisi sociologiche condotte da Cesareo e
Vaccarini (2012). In effetti, tipico della patologia narcisistica loscillazione tra concezione megalomanica del s
e senso di impotenza reale. Ma, se vero che lOccidente preso nella morsa di questa contraddizione narcisistica, allora diviene urgente pensare, o ripensare, le condizioni antropologiche e politiche di un suo possibile superamento. La riflessione qui proposta, che prende le
mosse dallAlcibiade maggiore di Platone, e poi interroga il modello di Fichte, un tentativo di risposta a tale esigenza nei termini di un approfondimento filosofico.

I. Un mondo senza altri


Quando Freud illustra il modo tipicamente perverso di soddisfare il desiderio, si accorge della presenza di
un godimento narcisistico altissimo (Freud 1989: 608).

La traduzione cui faremo riferimento quella di M.L. Gatti (Platone 2001, 595-628). Come sistema di riferimento per le
citazioni useremo la sigla Alcib. I, seguita dal numero del paragrafo. Quanto alla controversia sullautenticit del dialogo, ancora oggetto di dibattito (Smith 2004; Archie 2011), essa esula dai limiti del presente studio.
2
questa concezione esagerata di s a caratterizzare il versante sadico della suo narcisismo (Faulkner 2007: 86; Blitz 1995:
343-344). La sua megalomania, infatti, si declina in una tendenza a violare norme e convenzioni (paranomia), se non addirittura
nella pretesa di sostituire a queste i propri capricci. Non perci casuale che tale caratteristica costituisca una costante nelle rappresentazioni storiche del personaggio, da Senofonte a Plutarco e Tucidide (Farenga 2006: 472).
3
Casomai, come vedremo, afferma e dimostra di essere il vero amante (erastes) (131E) di Alcibiade; a differenza di tutti gli
altri, inutili specchi della sua bellezza esteriore e dei suoi beni materiali (Parra 2010: 40).

Sociologia
FRANCESCO BOTTURI, PAOLO GOMARASCA, Gioco di specchi. Narcisismo e sfida educativa

limpossibilit di realizzarli per conto proprio. Quanto


basta a introdurre un po di mancanza, condizione necessaria a far nascere un desiderio inedito: Sia pure cos, se vuoi risponde infatti Alcidiade : desidero sapere che cosa mi dirai (Alcib. I, 106C).
A differenza dei desideri di onnipotenza, che si soddisfano sadicamente a scapito di altri, il desiderio di sapere implica uno scambio comunicativo con altri. il gioco preferito di Socrate e Alcibiade ci appena entrato.
Ma occorre pazienza, la manovra di seduzione filosofica appena cominciata. E Socrate attento a non dare
risposte a domande non ancora poste. Continua invece
a supporre che il vero desiderio di Alcibiade sia il potere politico. Possiamo allora immaginarlo mentre afferra
il suo giovane amico per la manica (Foucault 2009: 233)
e gli domanda: ma tu lo sai come puoi esercitare questo
potere?
Bisognerebbe quantomeno saper consigliare gli Ateniesi sul giusto e sullingiusto. Solo chi conosce la giustizia, infatti, in grado di suggerire ci che meglio per
la Citt. In caso contrario, tutto il potere politico conquistato risulterebbe inefficace. Prova a dire domanda allora Socrate che cosa sia il meglio. E Alcibiade deve ammettere la sua biasimevole insipienza, avendo fin l
creduto di sapere ci che invece ignora: non ne sono
davvero capace (Alcib. I, 108E). Una professione di
umilt intellettuale che devessergli costata parecchio,
tenuto conto delle dimensioni del suo Ego. Ma tipico
del narcisista, come affermano Cesareo e Vaccarini, passare dal massimalismo immaginario al minimalismo sul
piano della realt effettiva (Cesareo Vaccarini 2012:
21). Ora s che una lezione sullarte di governo toglierebbe Alcibiade dimpaccio. Proprio per questo, Socrate
non dice nulla, limitandosi a una ferma disapprovazione: Ma proprio una vergogna! (Alcib. I, 108E).
C qui per qualcosa di pi di una generica esclamazione di sdegno. Vergogna una parola-chiave,
che Socrate talvolta utilizza, con un certo savoir-faire
clinico, come forza alternativa allargomentazione, allo
scopo di convincere il suo interlocutore ad abbandonare una falsa credenza. Giustamente ci si potrebbe chiedere
perch, in questo come in altri casi5, Socrate non scelga
la strada diretta del logos. Il punto che una credenza
non basata su ragionamenti, come quella che alimenta la
superbia di Alcibiade, difficilmente contestabile per via
argomentativa (Moss 2005: 145). Al contrario, la vergogna indica immediatamente linconsistenza della megalomania, essendo il segnale di una ferita narcisistica impossibile da nascondere (Morrison 1997): perch ci si vergogna sempre di fronte ad altri. Alcibiade lo sa bene.
infatti lo sguardo di Socrate a svelare lautoinganno del
suo Ego: E solamente nei confronti di questuomo si
legge nel Simposio io ho provato quello che nessuno
penserebbe esserci dentro di me, ossia il vergognarsi di
fronte a qualcuno (Simp., 216B). Qui si capisce che
non una questione di forza argomentativa. Alcibiade ri-

ci come indicatore dello stato di salute dei legami sociali.


Tanto vero che una societ in cui diffuso il narcisismo come dimostrano Cesareo e Vaccarini desiste dal
puntare su uneducazione esigente che indispensabile
per sviluppare le potenzialit dei cittadini (Cesareo
Vaccarini 2012: 115).
Seguiamo dunque i passaggi della complessa seduzione filosofica messa in scena da Socrate (Gordon
2003), per capire qual lantidoto (pharmakon) (Alcib.
I, 132B) contro la perversione narcisista che affligge Alcibiade e minaccia, al contempo, la Citt.

II. Potere e vergogna


La diagnosi di Socrate ricca di dettagli clinici:
desidero proprio chiarire il motivo per cui sei superbo. Tu
sostieni di non aver bisogno di nessuno: le tue risorse, infatti,
sono talmente grandi, che non manchi di nulla, a partire dal corpo fino allanima. Innanzi tutto, tu pensi di essere il pi bello
e il pi grande (e in questo, per il vero, chiaro a tutti che non
ti sbagli); in secondo luogo, ritieni di appartenere alla stirpe pi
potente della tua Citt, che , a sua volta, la maggiore tra quelle elleniche e di avere qui, per parte di padre, amici e parenti,
molto numerosi e nobili, che ti aiuterebbero se avessi bisogno
di qualcosa, mentre quelli per parte di madre non sarebbero affatto n peggiori n inferiori ad essi [] Poi aggiunger anche
che sei da annoverare tra i ricchi (104A-C)

Bello, grande, ricco e potente. Con un tale arsenale


di risorse non c da stupirsi che il mondo di Alcibiade sia
senza altri. Non mancare di nulla, non aver bisogno di
nessuno, sembra davvero il massimo godimento sperabile. Ma sufficiente comportarsi in modo cos sfacciatamente epithumetico4 (Ambury 2013) per essere felici? Socrate fa balenare un sospetto: Ti mostrer che altri sono i tuoi intenti (Alcib. I, 105B).
Ci aspetteremmo a questo punto la teoria del desiderio autentico, dispiegata come un duro rimprovero
contro le false ambizioni della superbia. Ma non nel suo
stile. Socrate fa finta di essere dalla parte dellamico, appoggiando strategicamente la sua megalomania: tu non
sarai davvero appagato, gli dice, senza poter riempire
tutto del tuo nome e della tua potenza (Alcib. I, 105C).
Sembra di riascoltare Freud, quando parla del bambino
(e del sadico). Sono i desideri di onnipotenza, secondo Socrate, a sostenere la passione politica di Alcibiade: tu,
infatti, speri di mostrare alla Citt di meritare la pi alta considerazione (Alcib. I, 105E). Alcibiade non resiste alla promessa e Socrate ne approfitta per introdurre
un primo fondamentale scarto terapeutico: impossibile
che tu porti a compimento tutti questi tuoi intenti senza
di me (Alcib. I, 105D). Naturalmente Socrate sta ironizzando sugli intenti di Alcibiade, perch ha in mente di
arrivare a contraddirli; tuttavia non scherza affatto sul-

4
5

Il termine si riferisce, in Platone, alla ricerca dei piaceri ritenuti pi bassi, come la fame e gli appetiti sessuali.
Ad esempio, nel Gorgia.

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FRANCESCO BOTTURI, PAOLO GOMARASCA, Gioco di specchi. Narcisismo e sfida educativa

Alcibiade, ma a lui stesso (Alcib. I, 124C)6. Ma allora chi


il maestro di Socrate? Lasciamo per ora in sospeso. La
questione, a questo punto, diventa: come si arriva a sapere chi siamo, dal momento che siamo sottomessi a
una ricerca comune? Socrate fa lesempio famoso dellocchio: se loracolo si rivolgesse al nostro occhio dicendogli guarda te stesso (Alcib. I, 132D), come dovremmo intendere tale esortazione? Ovviamente locchio non pu assolvere il compito da solo. Ci vorrebbe
uno specchio, volgendoci al quale possiamo vedere insieme sia lui, sia noi stessi (Alcib. I, 132E). Locchio di
un altro uomo sembra avere tali requisiti:

conosce che Socrate ha ragione, ma il suo celebrity narcissism (De Marzio 2006: 125) sembra pi forte del logos:
Infatti, io sono ben consapevole di non essere in grado di
contraddirlo, mostrandogli che non bisogna fare le cose che egli
mi esorta a fare. Ma poi, non appena io mi allontano da lui, mi
lascio avvincere dagli onori che la moltitudine tributa. Perci
mi sottraggo a lui e lo rifuggo. E quando lo rivedo, mi vergogno per quelle cose che mi aveva fatto ammettere (Simp., 216B).

Socrate conosce questa fragilit. Ma convinto che


Alcibiade abbia una chance, a partire proprio da questa
insopportabile vergogna di s.
Da qui in poi, la questione si fa ancora pi seria.

il volto di chi guarda nellocchio appare riflesso, come in


uno specchio, nella parte dellocchio di chi si trova di fronte, che
chiamiamo anche pupilla, dato che unimmagine di colui che
osserva (Alcib. I, 133A).

III. Quale se stesso?

Questo ci fa capire come mai gli amanti di Alcibiade non sono uno specchio adeguato. I loro occhi sono
orientati a riflettere soltanto ci che appartiene contingentemente ad Alcibiade: bellezza del corpo, potere, ricchezza. Ne segue che Alcibiade, osservando i suoi amanti, non riesce mai a vedere se stesso, sebbene si illuda di
essere proprio cos: bello, potente e ricco. Tale linganno narcisistico.
Socrate, al contrario, si mette nel posto giusto per riflettere unimmagine di ci che qualifica essenzialmente
la persona di Alcibiade. E questo posto, almeno nellantropologia platonica, sempre e solo lanima: luomo, se
qualcosa, non altro che anima (Alcib. I, 130C). Intellettualismo? A sentire Hegel non c alcun dubbio:
non forse tipico dello spirito greco intendere il precetto delfico come il conoscere luomo in generale e non nella sua particolarit? (Hegel 2003: 187). Eppure, Socrate non contrappone la ricerca del se stesso (cio lanima)
alla ricerca di che cosa sia in s ogni singolo (Alcib. I,
130D). Anche perch la conoscenza di s inestricabilmente connessa al legame damore: amare qualcuno significa amare la sua anima, con le sue qualit peculiari
(Rider 2011); e non c modo di conoscere se stessi senza beneficiare di un amore simile. Quindi Socrate non
affatto innamorato di unanima impersonale.
Possiamo perci uscire dalla metafora dellocchio e
interpretare il precetto delfico nel modo corretto: anche
lanima, se vuole conoscere se stessa, deve guardare nellanima (Alcib. I, 133B)7. Ma come si fa a guardare nellanima di un altro, usandola come specchio della propria? C un modo molto semplice per rendere la cosa
praticabile: sufficiente instaurare un dialogo. Proprio
come sta facendo Socrate: Quando tu e io conversiamo
insieme, servendoci di parole, la mia anima si rivolge alla tua (Alcib. I, 130E).

Il bellAlcibiade, grande e potente, non sa dunque


nulla di ci che meglio per la Citt. Ma la vergogna segnalata da Socrate lavora pi in profondit, fino ad intaccare la sua stessa autocomprensione: Ormai incomincio a dubitare di me stesso (Alcib. I, 117A). Qual
allora il nesso tra lignoranza in materia di giustizia e lignoranza di s? ovvio che non sapere come curarsi al
meglio degli altri direttamente causato dal non sapere
come curarsi di se stessi. La questione perci si trasforma: in che cosa consiste questo se stesso (auto to auto),
dato che di noi stessi che ci dobbiamo curare, posto che
vogliamo arrivare a curarci degli altri?
Socrate prende sul serio il dubbio anti-narcisistico di
Alcibiade. Cos in questo momento che si compie la
svolta decisiva dellintero dialogo: Ors, mio caro, d
retta a me e alliscrizione di Delfi, conosci te stesso
(Alcib. I, 124B). Giustamente Foucault ha notato che, per
la prima volta nella filosofia antica, fa la sua comparsa
la questione del soggetto (Foucault 2004: 35). Il resto
viene di conseguenza. Perch non possibile sapere chi
siamo veramente, senza laiuto di un maestro. Certo,
tutto dipende da quale maestro. Se laiuto si risolve nellofferta di un sapere preconfezionato, allora non vera
conoscenza di s, bens dipendenza servile. Ragione per
cui Socrate non dice mai ad Alcibiade: ti dir io chi sei;
piuttosto riafferma unistanza relazionale irriducibile:
dobbiamo cercare insieme (Alcib. I, 124B).
Non c altro modo per aprire uno spazio educativo. I nostri soli maestri dir Deleuze sono quelli che
ci dicono di fare con loro (Deleuze 1971: 44). Non certo quelli che si pensano (narcisisticamente) superiori ai loro allievi. Socrate ne talmente convinto da affermare che
la necessit delleducazione non si applica soltanto ad

6
In un passo famoso del Menone, Socrate svela di condividere lo stato di dubbio che suscita nei suoi interlocutori: non
disponendo per parte mia di una soluzione che io faccio dubitare gli altri, lo faccio, semmai, proprio perch mi trovo io stesso in
unincertezza totale (Menone, 80C).
7
Aristotele non dir nulla di diverso: Noi non siamo capaci di vedere da noi stessi come siamo noi stessi []; dunque, come quando vogliamo vedere la nostra faccia, la vediamo guardandoci allo specchio, similmente quando vogliamo conoscere noi
stessi, potremmo conoscerci guardando nellamico (Etica eudemia, 1213A).

Sociologia
FRANCESCO BOTTURI, PAOLO GOMARASCA, Gioco di specchi. Narcisismo e sfida educativa

La dimensione relazionale del dialogo interrompe il


cortocircuito narcisistico. Non c molto altro da aggiungere: questo spazio comunicativo come ha notato
Derrida (2007: 113) lantidoto che stavamo cercando. Eppure, la seduzione filosofica non ancora finita.
Anche perch Alcibiade non sembra avere ancora compreso fino in fondo che cosa sta accadendo. Gli viene infatti da pensare che sia sufficiente fare tutto quello che dice il suo unico vero amante e maestro. Per questo, alla domanda su come intende arrivare a conoscere se stesso, risponde ingenuamente: se lo vuoi tu, Socrate (Alcib. I,
135B). Risposta sbagliata, perch non sarebbe pi una ricerca comune. Gi sappiamo, invece, che di conoscere se
stessi hanno bisogno tutti gli uomini (Alcib. I, 124D),
Socrate incluso. Ci vorrebbe allora un altro maestro,
migliore e pi sapiente (Alcib. I, 124C), dal quale tutti possano imparare chi sono. chiaro che Socrate sta
pensando a un divino tutore che, guarda caso, anche il
suo personale maestro (Alcib. I, 124C). Di conseguenza,
la risposta corretta che Alcibiade deve dare a Socrate :
se il dio lo vuole (Alcib. I, 135B).
Laspetto interessante di questa rettifica che alla fine il gioco di specchi tra le anime implica tre posizioni e
non due, come crede Alcibiade. C lanima di Socrate, necessaria per consentire ad Alcibiade di vedere riflessa la
propria. E c il dio, lo specchio pi bello (Alcib. I,
133C), che mostra la parte migliore dellanima di entrambi, quella in cui sorge la virt della sapienza. Da
questa essenziale triplicit, Socrate deriva la formula sintetica di una relazione educativa autentica: confidando
in lui, affermo che la rivelazione di chi tu sia non potr avvenire che attraverso di me (Alcib. I, 124C). Se mancasse
il riferimento trascendente, Socrate risulterebbe alla fine
un seduttore non diverso da Alcibiade. Viceversa, se non
fosse attraverso Socrate, il riferimento al dio risulterebbe
astratto e decontestualizzato. Solo combinando i due
specchi, cio guardando al dio e, tra le cose umane, alla virt dellanima, alla fine da notare il plurale conosceremo noi stessi il pi possibile (Alcib. I, 133C).
Il modo migliore per conoscere se stessi perci desiderare il divino e ci che dellumano vi assomiglia di pi.
Altro che desideri di onnipotenza. E sebbene nessun essere
umano (a meno di una perversa pretesa narcisistica) possa soddisfare questa sete di eternit8, non c modo di venirne a sapere senza passare attraverso lesperienza di un
amore autentico e di una incessante ricerca comune.

bello: se tu e la Citt dice infatti Socrate ad Alcibiade nellagire guarderete a ci che divino [] vedrete e conoscerete voi stessi e il vostro bene (Alcib. I,
134D). Ci sono due elementi da notare: lespressione
nellagire, che indica, di nuovo, che il riferimento al
trascendente non mai sganciato dalle cose umane (Remes 2013); e lespressione vostro bene, con cui Socrate
intende mostrare che latto di curarsi al meglio di s e latto di curarsi al meglio degli altri sono inestricabili. Alcibiade sembra ormai averlo capito. Quando Socrate lo invita ad essere bello quanto pi possibile, cio a procedere sulla via del meglio (Alcib. I, 131D), sintomatico che Alcibiade non dica: mi occuper di me stesso. Dice piuttosto: voglio incominciare da ora ad occuparmi della giustizia (Alcib. I, 135E). la giustizia,
infatti, il nostro bene comune, in cui si riflette la bellezza e la verit di ci che siamo.
Questo annodamento s-Citt risulta essenziale per
definire correttamente il politico. Non si pu cercare di
essere belli, senza al contempo rendere bella la Citt,
edificando lordine giusto dei legami. Separare i due atti di cura genera due patologie che gi conosciamo: da
una parte, lAlcibiade che ama se stesso, ma si dimentica dei suoi concittadini; dallaltra, lAlcibiade che ama il
popolo, ma finisce per trascurare se stesso9.
Cos, alla fine, chiaro che il gioco di specchi educativo, con le sue tre posizioni fondamentali, sempre anche un gioco politico: come il vero s inconoscibile
senza la mediazione di un maestro e del divino, cos la cura di s irrealizzabile senza la mediazione della Citt e,
di nuovo, del divino. Resta ora da vedere se riusciamo a
delineare un modello teorico consistente con questo gioco di specchi.

V. Intermezzo: Fichte narcisista?


La nostra ipotesi muove dalla prospettiva fichtiana.
In una famosa lettera a Jacobi del 1795, Fichte (1970:
387) enuncia unidea che pare la traduzione della metafora socratica degli specchi: assolutamente impossibile che io mi ponga come individuo senza porre come
individuo un essere fuori di me.
C tuttavia una pesante ipoteca interpretativa che
grava su quel duplice atto di porre se stessi e laltro. In
effetti, se si legge anche solo lincipit dei Fondamenti
dellintera dottrina della scienza (1794), limpressione
che se ne ricava lesatto rovescio della precedente. LIo
pone se stesso, dichiara Fichte, ma lo fa in modo assoluto
e incondizionato. Prova ne il fatto che, essendo solamente in quanto si pone, lIo solo per lIo che pone
(Fichte 1993: 80). Insomma, sembra quasi di essere tornati al mondo senza altri del perverso. E non sono pochi

IV. Cura di s/cura degli altri


Ora che Alcibiade sa qual il suo vero desiderio
finalmente in grado di comprendere il significato della
giustizia. sufficiente continuare ad usare lo specchio pi

Cos, in effetti, viene definito nel Simposio il desiderio autentico: come desiderio di possedere il bene per sempre (Simp., 206A).
LAlcibiade maggiore si conclude proprio con questo timore di Socrate: che la forza della Citt (Alcib. I, 135E) e delle
sue seducenti lusinghe (Larive 2012: 23) abbia alla fine il sopravvento sulla buona volont di Alcibiade. Nel Simposio, come
noto, il timore diviene realt, per ammissione dello stesso Alcibiade: egli mi costringe ad ammettere che, pur avendo molte mancanze, io non mi prendo ancora cura di me stesso e, invece, mi occupo delle cose degli Ateniesi (Simp. 216A).
9

Sociologia
FRANCESCO BOTTURI, PAOLO GOMARASCA, Gioco di specchi. Narcisismo e sfida educativa

deve essere fondata nellIo stesso, nellIo assoluto prima


di ogni reale influsso estraneo (Fichte 1993: 227). Di
nuovo, per, possiamo interpretare la sua posizione diversamente da un tentativo intellettualistico di ridurre
laltro a un prodotto dellIo. sufficiente leggere poco oltre: che lurto accada, come fatto, non si pu assolutamente dedurre dallIo (Fichte 1993: 226). Al contrario,
che ci sia qualcosaltro che non stato lIo a porre,
ognuno pu metterlo in chiaro solo per sua esperienza
(Fichte 1993: 208). Ma, un conto laccadere (imprevedibile) di un particolare influsso estraneo; altro conto
stabilire (a priori) a quali condizioni sia possibile che
qualcosaltro operi in generale sullIo.
A questo livello, tipicamente trascendentale, la risposta non dipende pi dallesperienza, ma dalla natura
stessa dellIo. Lidea di Fichte, in breve, che noi possiamo fare esperienza concreta di unalterit solo in quanto lIo strutturalmente definito da questa possibilit.
Detto in termini pi complessi: prima di incontrare lalterit reale, lIo devessere in grado di porre la possibilit che in esso possa esservi anche qualcosa che non stato esso stesso a porre. chiaro infatti che, se laltro dallIo fosse qualcosa di puramente esterno, fuori dallidentit perfetta di s con s, per lIo non sarebbe nulla,
e nulla ne seguirebbe per lIo (Fichte 1993: 224). Potremmo aggiungere, riprendendo la metafora platonica,
che nessun gioco di specchi tra le anime sarebbe possibile.
Che cosa, invece, rende possibile ad Alcibiade vedersi attraverso lo sguardo Socrate? Perch il suo vedersi visto
presuppone unanima capace di riflessione, in grado
cio di vedersi come altra da s, posta di fronte a s, prima ancora di incontrare un altro in carne ed ossa (Napolitano Valditara 2007: 87). Tale capacit di sdoppiamento dunque da intendere come una potenza originaria dellanima, senza della quale non sarebbe possibile aprirsi alla specularit e frontalit contingente del legame educativo.
Fichte lo dice a suo modo, laddove afferma che lIo
s capace di porre se stesso assolutamente; ma aggiunge subito dopo per essere un Io, esso deve anche
porsi come posto da se stesso (Fichte 1993: 227). Ora,
questa seconda specie di porre implica che lIo in qualche modo esca da se stesso, cio si veda dal di fuori
del proprio porre originario. Tale messa a distanza da s
equivale cos ad ammettere che lIo, in quanto capace di
relazione con se stesso, porta in s, nella propria assolutezza, la possibilit dellincontro con lalterit; detto allinverso, lincontro/scontro degli io empirici presuppone la loro originaria unit duale, che, proprio perch
originaria, legge del loro darsi e realizzarsi.
La riflessione dunque, anche per Fichte, il principio di ogni uscir fuori da se stesso (Fichte 1993: 228),
ovvero la condizione per sperimentarsi, di volta in volta, come essere realmente limitato da altro. Solo se si arriva fino a questo, avverte Fichte, si capisce il senso del-

ad averlo notato. A cominciare da Taylor (1975: 532),


laddove addebita a Fichte un vero e proprio culto dellIch, destinato a trasformare il concetto di autonomia
individuale in un delirio estremo.
In realt, le cose sono pi complesse di come appaiono. Innanzitutto, andrebbe detto che lIo (Ich) non
coincide con lindividuo menzionato nella lettara a Jacobi. Un conto, infatti, il porsi di un io particolare di
fronte ad altri individui particolari; altro conto il porsi dellIo come pura attivit, cio fatta astrazione dalle
particolari condizioni empiriche di essa (Fichte 1993:
79). In questo secondo caso, la posta in gioco stabilire
a priori il principio di tutto il sapere umano e il fondamento di ogni agire. perci ovvio e Fichte ne ben
consapevole che lIo occupi originariamente tutta la scena del pensiero: inteso come soggetto assoluto, cio unicamente in relazione al suo puro porsi, lIo in se stesso perfetto e chiuso ad ogni impressione esterna (Fichte 1993: 227). Anzi, in questa fase preliminare, si deve
coerentemente affermare che il Non-io, ovvero tutto ci
che altro dallIo, nulla, dal momento che lIo, ponendo assolutamente se stesso, non ha limite alcuno, infinito (Fichte 1993: 105).
Ma il ragionamento non si ferma qui. Perch se vero che lIo cos inteso vale come principio della vita e
della coscienza, cio come fondamento della sua possibilit, per esso aggiunge Fichte non sorge ancora una
vita reale, una vita empirica nel tempo; ed unaltra vita
per noi affatto impensabile (Fichte 1993: 229). Possiamo allora deplorare, come fa Humboldt, la disgraziata mania idealistica per il ragionamento a priori, ma
non possiamo dire che lIo assoluto, sopprime lio reale e ipostatizza un Io tuttaffatto chimerico (Humboldt
1939: 154-155). La dottrina della scienza, al contrario,
distingue accuratamente lessere assoluto e lesistenza
reale e pone il primo solo come fondamento per la spiegazione della seconda (Fichte 1993: 229)10. Ne segue la
svolta decisiva: Affinch tale vita reale sia possibile, c
bisogno per questo di un urto particolare sullIo da parte di un Non-io (Fichte 1993: 229).
Ora, lurto (Ansto) segna inequivocabilmente lingresso in scena dellalterit e vale, perci stesso, come
principio anti-narcisitico: affinch si possa parlare di una
coscienza reale, razionale e finita, occorre necessariamente riferirsi a qualcosa che influisce sullIo dal di
fuori (Fichte 1993: 227). Il che ci riporta esattamente al
punto della lettera a Jacobi.

VI. Un Io diviso
Non appena riguadagnata, la tesi anti-narcisistica
sembra di nuovo sfumare. Perch Fichte non si accontenta di aver posto lurto del Non-Io. Vuole dimostrare
che la condizione di possibilit di tale influsso estraneo

10

interessante che tale distinzione assoluto/reale sia fatta valere da Fichte contro lo stoicismo, dove lidea infinita dellIo
presa per lIo reale. Sicch il saggio stoico basta a se stesso ed illimitato (Fichte 1993: 229). Come ogni personalit narcisistica, potremmo aggiungere.

Sociologia
FRANCESCO BOTTURI, PAOLO GOMARASCA, Gioco di specchi. Narcisismo e sfida educativa

la proposizione: LIo pone se stesso assolutamente. Diversamente facile parlare di culto dellIo. E invece la
proposizione non tratta dellIo dato nella coscienza reale; in gioco piuttosto unidea dellIo (Fichte 1993:
228), verso cui ogni io reale tende, senza mai ovviamente poterla raggiungere. infatti questa tensione, secondo Fichte, a definire lo spirito tipicamente umano: lesperienza dellincontro con lalterit orientata idealmente a quellunit duale posta allorigine, verso cui ogni
relazione interumana dovrebbe tendere secondo un ideale di comunit.
Da tutto ci deriva una conseguenza assai rilevante
per il nostro discorso: se lIo ospita, in s, la possibilit
di un influsso altro da s, allora si deve dire che lIo non
un blocco monolitico. Fichte lo afferma in modo inequivocabile: gi originariamente nellIo dovrebbe esserci una differenza, se mai differenza deve esserci (Fichte 1993: 224).
La posizione, nellIo, di una differenza originaria
radicalizza limpostazione anti-narcisistica. Equivale infatti a dire che lIo in s profondamente diviso (Breazeale 1995: 100); potremmo rendere la cosa in questo
modo: poich lIo in s relazione, allora necessariamente aperto al commercio con lalterit. Una posizione
che non poteva, prima o poi, intercettare lattenzione di
un lacaniano come iek (2012: 163). Ma gi Novalis
aveva esattamente compreso la paradossalit di un Io
ideale che si pone insieme come identico e differente. E,
quindi, di un io reale sempre in rapporto con un altro che,
essendo indipendente, essenzialmente autonomo e libero. Del resto, tale secondo Novalis lidea che Fichte aveva della perfezione pi alta dellintelligenza pensante: non il mito dellautonomia assoluta, bens il lasciar essere un qualcosa di libero, unestraneit (Novalis 1993: 256).

corretto dire che Fichte non coglie [] la specificit di


un rapporto comunicativo fra prima e seconda persona
(Habermas 1991: 196). Il che significa, di nuovo, un
passo indietro verso il narcisismo. Eppure, al netto di una
tendenza, chiaramente derivata da Kant, a pensare secondo il modello soggetto-oggetto, sono rintracciabili
forti contrappesi teorici, che diventeranno preponderanti
negli scritti pi tardi (Duesberg 1970: 332). Per non parlare di alcune formulazioni, presenti anche nella Dottrina della scienza, che documentano della tendenza contraria a porre come modello prioritario la relazione intersoggettiva: Senza Tu non c Io; senza Io non c Tu
(Fichte 1993: 100). Ci pare dunque pi sensato, rispetto alla critica assai sbrigativa di Habermas, affermare
quanto suggerisce Masullo (1986: 71), e cio che laltro,
come soggetto, non si risolve puramente e semplicemente nel Non-io. E ci, proprio in virt dellidea che
Fichte gi esprime nel 1794, secondo cui lIo fa veramente
esperienza dellalterit solo quando incontra unestraneit libera.
A tal proposito, c un passo, nel Sistema di etica
(1798), che ci sembra il punto di partenza ideale per tentare il raccordo con la pedagogia erotica di Socrate. Ovviamente Fichte non ha perso il suo interesse trascendentale ed sempre alla ricerca delle condizioni a priori
dei fenomeni. Ma qui non c pi spazio per fraintendere: La mia prima condizione, quella che, per cos dire,
costituisce la radice [Wurzel] della mia individualit, non
determinata dalla mia libert, ma dal legame che mi
unisce ad un altro essere razionale (Fichte 2008: 503).
Questa la tesi che, in astratto, Alcibiade potrebbe
difendere alla fine del suo percorso educativo. Vediamo
allora in che modo Fichte arriva a porre la radice relazionale della soggettivit, o, detto in termini pi rigorosi, la necessit trascendentale dellintersoggettivit
(Honneth 1998).
La dimostrazione di due anni precedente, precisamente allepoca dei Fondamenti del diritto naturale
(1796). Fichte non sta pi ragionando sullIo ideale, oggetto della Dottrina della scienza. Vuole piuttosto arrivare a definire il rapporto giuridico. Quindi lIo di cui
si parla inteso fin da subito come reale e, soprattutto,
come agente: esso ci che fa agendo, e se non agisce
non nulla. Ormai, la primazia del pratico fuori discussione. E Fichte lo mette ripetutamente in chiaro: il
volere il vero e proprio carattere essenziale della ragione (Fichte 1994: 22). Ne segue che un essere razionale, per avere coscienza di s, deve attribuirsi una libera
attivit causale, cio deve identificarsi come capace di
operare in base a fini autoposti. Ma lessere razionale di
cui si parla anche un essere finito. Dunque la sua libera
attivit causale dovr essere limitata: dobbiamo, in altri termini, ipotizzare lesistenza di un mondo di oggetti sui quali lattivit libera si possa concretamente esercitare. E gli oggetti sono oggetti, dice Fichte, esclusivamente per il fatto che e nella misura in cui non devono esistere mediante la libera attivit dellIo (Fichte
1994: 19).
Ora, per volere qualcosa, devo sapere prima che
cosa voglio: lessere razionale continua Fichte non

VII. Invito alla libert


Siamo al cuore della proposta fichtiana. Non c
modo, secondo Fichte, di oltrepassare lIo finch restiamo sul piano del dato teoretico. A questo livello
ideale lIo deve pensarsi come infinito e perci unico. Ma
sul piano reale tutto si gioca in relazione al dato pratico di quellurto indeducibile da parte di qualcun altro
autonomo rispetto allIo. Solo in questo preciso momento, infatti, nasce il sentimento della dipendenza del
nostro io, in quanto pratico, da un non-io assolutamente indipendente dalla nostra legislazione e per questo riguardo, libero (Fichte 1993: 100).
Questa netta primazia del pratico (iek 2012:
161) sembra dunque lantidoto fichtiano contro il narcisismo. Se non fosse per una precisazione che Fichte, non
senza una certa titubanza, aggiunge: per amore di chiarezza, gi da ora in poi, sotto questo riguardo, ma sotto
questo riguardo soltanto, noi il non-io lo chiameremo oggetto e lio soggetto (Fichte 1993: 156).
Quasi intevitabile pensare, come ha fatto Habermas, che allora la relazione intersoggettiva si risolva in
una relazione soggetto-oggetto. A quel punto, sarebbe

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Sociologia
FRANCESCO BOTTURI, PAOLO GOMARASCA, Gioco di specchi. Narcisismo e sfida educativa

dobbiamo suppore che la sua causa sia un altro essere razionale e libero.

pu porre se stesso come operante su un determinato oggetto, senza rappresentare continuamente questo determinato oggetto (Fichte 1994: 27). Il che pone un problema: siccome lIo, come si detto, sa di se quando
agisce, allora la coscienza di s deriva dalla comprensione preliminare delloggetto; ma ci impossibile, perch
vale invece linverso: ogni comprendere grazie a un
porre dellattivit causale dellessere razionale (Fichte
1994: 28). In termini pi semplici: non posso comprendere loggetto su cui si esercita la mia libert senza presupporre la coscienza di essere libero; di nuovo, per, si
ripresenta la situazione di prima: la coscienza di essere libero condizionata da una precedente comprensione di
un oggetto su cui agire. E cos allinfinito: lautoattribuzione della volont commenta Ivaldo richiede loggetto, e questo presuppone lagire della volont, ma questultima rinvia alloggetto, e cos via in una iterazione
senza fine (Ivaldo 1992: 115).
Laspetto interessante di questo regresso allinfinito
lulteriore conferma dellinsostenibilit dellipotesi narcisistica: se restiamo allinterno dellIo, non riusciamo a
spiegare in che modo un essere razionale finito possa
identificarsi. come dire che non si risponde al precetto di Delfi facendo conto soltanto su di s. Ecco perch
Fichte enuncia, a questo punto, il teorema dellintersoggettivit: Lessere razionale finito non pu attribuire a
se stesso una libera attivit causale nel mondo sensibile
senza attribuirla anche ad altri e, quindi, senza ammettere fuori di s anche altri esseri razionali finiti (Fichte
1994: 28).
La dimostrazione semplice. Per evitare il regresso
allinfinito, bisognerebbe identificare un momento nel
tempo in cui la comprensione delloggetto su cui agire e
la coscienza di s come libero coincidano: si deve cio
ammettere spiega Fichte che lattivit causale del soggetto sia essa stessa loggetto percepito e compreso (Fichte 1994: 30). Ma come pu il soggetto essere in grado
di trovare se stesso come oggetto? Potremmo anche dirlo in termini platonici: come pu Alcibiade giungere a conoscere la propria anima? La risposta di Fichte , per cos dire, socratica: il soggetto non si attribuisce la libert
ma deve trovarsi a ci determinato da parte di un urto
esterno, che deve tuttavia lasciargli la sua piena libert di
autodeterminazione (Fichte 1994: 31).
Ora, quale urto esterno si presenta allIo come determinazione liberatrice (Ivaldo 1992: 115)? Non certo quello causato da un oggetto qualsiasi. Lesser determinato del soggetto allautodeterminazione unesortazione (Aufforderung) al soggetto a decidersi ad una libera attivit causale (Fichte 1994: 31). In fondo, proprio quanto racconta Platone: Alcibiade pu conoscere
se stesso solo quando accetta linvito di Socrate a comportarsi per ci che veramente . Detto fichtianamente,
in tre passaggi:
(a) un essere razionale finito non pu identificarsi come
Io senza attribuirsi una libera attivit causale;
(b) ma non possibile attribuirsi una libera attivit causale senza essere chiamati alla libert;
(c) ovviamente non sono le pietre ad invitarci: dato che
linvito rivolto ad un essere razionale e libero,

Con ci il teorema dimostrato. Linvito, espresso nei


termini di una libera attivit causale reciproca (Wechselwirkung) (Fichte 1994: 32), stabilisce la necessit trascendentale dellintersoggettivit. Ma esige anche unaltra
cosa. Fichte lo dice nelle sue Lezioni di logica e metafisica (1797): linvito sempre un gioco linguistico. Perci il
teorema dellintersoggettivit andrebbe ritoccato: se
con buona pace di Habermas la Wechselwirkung un
agire comunicativo (Mitteilung), allora lazione reciproca mediante segni, cio il dialogo, ad essere condizione di umanit (Fichte 1977: 295-296). Del resto,
proprio servendosi di parole (Alcib. I, 130E) che Socrate mette in scena il gioco di specchi tra le anime.

VIII. Conclusione: ritorno a Socrate


A questo punto, possibile mostrare la congruenza
teorica (e addirittura linguistica) del modello fichtiano
con il racconto platonico dellAlcibiade maggiore. A cominciare da questa significativa traduzione del concetto
di invito: Lesortazione alla libera attivit spontanea
ci che si chiama educazione. Tutti gli uomini devono venire educati ad essere uomini, altrimenti non diverrebbero
uomini (Fichte 1994: 36).
Ma Fichte non si accontenta di delineare il legame
educativo come gioco di specchi a due. Come gi si
visto per Socrate, largomento che giustifica la necessit
delleducazione implica logicamente il ricorso ad unistanza metafisica terza. Chi infatti ha educato i primi
uomini? Occorre ipotizzare qualcuno in grado di educare ma, a sua volta, non sottomesso alla necessit delleducazione, pena il regresso allinfinito. La risposta, date
le condizioni trascendentali dellintersoggettivit, solo
una: uno spirito si prese cura di loro. Finch essi
non si poterono educare a vicenda, aggiunge Fichte
(1994: 36). Precisazione su cui vale la pena indugiare.
La pedagogia divina non sostitutiva, bens esortativa al compito di diventare uomini tra uomini. Cura,
ma solo come invito originario alla cura reciproca. Tanto vero che non invocata come antidoto contro il narcisismo. Cosa che la renderebbe davvero una ritirata
strategica nel mito, come stato detto (James 2011: 46).
Invece, se non impariamo ad agire reciprocamente secondo ragione e libert, inganniamo noi stessi, malgrado il nostro divino tutore: chi vuole aver cura solo di se
stesso, in realt, non ha cura neppure di s (Fichte
2008: 531). lo stesso addebito critico fatto ad Alcibiade. Prendersi cura di se stessi presuppone sapere chi siamo. Dato che siamo esseri di legame, perch strutturalmente aperti ad Altro, la cura di s implica fin da subito
un interesse per la giustizia. Quindi vale, anche per Fichte, che leducazione gi politica, perch linvito genera
comunit. E nessuna societ umana pu fare a meno di
questa infrastruttura relazionale.
C un piccolo segreto che Socrate confida al giovane Fedro e che ci sembra possa racchiudere, in defini-

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Sociologia
FRANCESCO BOTTURI, PAOLO GOMARASCA, Gioco di specchi. Narcisismo e sfida educativa

tiva, la sfida educativa contro il narcisismo: Io sono uno


che ama imparare; la terra e gli alberi non vogliono insegnarmi nulla, gli uomini in citt invece s (Fedro,
230D). Si diventa umani insieme. Ma non c modo di
farlo senza desiderare di sapere. Conviene dunque partire, e continuamente ripartire, da questo amore per la ricerca comune. Perch nello spazio pubblico che la parola pu diventare come direbbe Fichte agire comunicativo, cio impegno per dare al mondo la forma abitabile dellessere insieme.

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12

Sociologia

FABRIZIO FORNARI

Introduzione
Naufragio con spettatore. Alcune considerazioni preliminari sul narcisismo
di sociali, investendo e dissolvendo altres, da un lato, il
senso della storicit (centrale, invece, in molte prospettive sociologiche, nonch nella linea di pensiero inaugurata dallo stesso Luigi Sturzo), e, dallaltro, il legame delluomo
con il suo mondo-ambiente (pure centrale in molti altri
orientamenti sociologici non ultimo quello fenomenologico indagato con grande attenzione da Achille Ardig).
Nellopera sopra richiamata, dopo aver delineato i
differenti significati che il termine narcisismo ha assunto
nella letteratura scientifica contemporanea, lattenzione
di Cesareo e di Vaccarini si concentrata su quella variante
del narcisismo indicata come minimalista, nella convinzione che, a differenza delle varianti fisiologiche e
patologiche, essa meglio delle altre rende possibile uninterpretazione metaforico/sociologica del concetto psicologico di disturbo narcisista. Dal punto di vista sociologico, minimalista quel narcisismo che priva la persona
della capacit di costruire relazioni fondate sullautentico riconoscimento di alter, rendendola incapace di pensare e di agire in unottica di progettualit (p. 10).
Cos, secondo gli Autori, sotto il profilo delle sue coordinate temporali, nel gioco con la propria immagine riflessa (gioco per il quale, nel mito, Narciso perir, annegando, dopo aver tentato inutilmente di baciare la propria immagine riflessa nellacqua), il narcisista (dora in
poi inteso nella sua accezione minimalista) si troverebbe
a gravitare simpliciter sulladesso del presente, vivendo
unesperienza frammentata del tempo stesso. Nel vissuto narcisistico convivrebbero, pertanto, due tipi di esperienza: la ricerca del nuovo a tutti i costi e lossessivit.
Il nuovo lo guida nella casualit del suo stile di vita, mentre lossessivit discende dal fatto che, nellassenza di effettiva progettualit, tutto nella sua esistenza non altro
che il ripetersi allinfinito di un medesimo copione.
Questa esperienza di ripetizione commentano
acutamente Cesareo e Vaccarini priva tuttavia, per restare nellambito di un caso esemplare, della consistenza di senso connaturata allesperienza di ripetizione
propria del Don Giovanni di Molire, Mozart e Kierkegaard. In effetti, Don Giovanni, pur in perenne transito da una esperienza amorosa a quella successiva, le investiva tutte di una profonda idealizzazione (p. 33-34).
In questottica, sia detto per inciso, sarebbe dunque
certamente superficiale, e forse erroneo dal punto di vista ermeneutico, considerare la figura del Don Giovanni come simbolo del narcisismo tout court. Non Narciso e il puro amore di s sono il suo modello. Don Giovanni si votato, piuttosto, al culto di Atena: non leros,
n lagpe, costituiscono lelemento decisivo della sua azione, bens il plemos ossia la dialettica eraclitea del divenire il cui senso, gi ben espresso da Choderlos de Laclos nel suo Les liaisons dangereuses, la vittoria, non gi

Mi piacerebbe davvero proseguire la mia educazione


puramente umana, ma il sapere non ci rende n migliori, n
pi felici. Ah, se fossimo capaci di capire la coerenza di tutte
le cose! Ma linizio e la fine di tutte le scienze non sono forse
avvolti di oscurit? O devo utilizzare tutte queste facolt,
queste forze, questa intera vita per conoscere tale specie di
insetto, per saper classificare tale pianta nel regno vegetale?
KLEIST, Lettera a unamica
Il nostro unico e vero studio la condizione umana.
ROUSSEAU, mile
Gli dei ci creano tante sorprese:
latteso non si compie e allinatteso un dio apre la via.
EURIPIDE, Medea

Il numero di Sociologia che qui presentiamo trae


spunto dalla recente pubblicazione del volume di Vincenzo
Cesareo e di Italo Vaccarini, Lera del narcisismo (Franco Angeli, Milano, 2012).
Si tratta di un lavoro teorico che si articola intorno
alla tesi, chiaramente espressa gi nel titolo del volume,
secondo la quale oggi la societ occidentale sarebbe definitivamente entrata in quella che gli Autori chiamano
lera del narcisismo. Ovviamente lopera, scritta da due
sociologi deccezione, pur non trascurando un approccio
multidisciplinare, non curva le proprie riflessioni nella direzione indagata dalle scienze psicologiche; piuttosto essa
definisce il contesto, il ruolo, levoluzione e le derive di
un tema centrale per la conoscenza sociologica e per lanalisi della societ contemporanea, quello dellindividuo
e della sua identit. Gi, perch il narcisismo diffuso che
permea, in modo pressoch pervasivo, lattuale conformazione della societ nasconde al suo interno unaltra posta: in gioco vi la capacit di tenuta del sociale, in un
mondo dominato dal perseguimento esclusivo dei propri
interessi, dai miti del libero mercato (che cosa ben diversa dal mercato libero) e della crescita infinita, dal disimpegno etico e politico, in un mondo ricco di tecnologia, di operazioni finanziarie, di servizi, di merci e di beni,
ma estremamente povero di relazioni.
Del resto, la razionalit (presunta) degli apparati produttivi, almeno da quando Ren Descartes nomin il cogito quale figlio di Ego, configura, come suo intimo controcanto, lascesa progressiva di un individualismo esasperato, il quale culmina in una radicale privatizzazione
auto-referenziale del mondo e in una altrettanto radicale
messa al bando di ogni forma di responsabilit e di confronto con lalterit. Una deresponsabilizzazione, questa,
che ha finito con il travolgere sia laltro da s, sia i mon-

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Sociologia
FABRIZIO FORNARI, Introduzione. Naufragio con spettatore. Alcune considerazioni preliminari sul narcisismo

gressivamente la propria consistenza ontologica, in favore


di una distorta e falsa rappresentazione di s, degli altri
e, addirittura, della stessa strutturazione sociale. Le
strutture, del resto, si sa, a volte hanno viscere deboli e
poco vitali e sviluppano identit cedevoli, finendo con lessere anchesse il risultato allucinatorio di proiezioni megalomaniche collettive. Nulla di strano. Vige, infatti, negli attuali mondi sociali un perfetto isomorfismo tra narcisismi individuali e collettivi (istituzionali). Donde molte delle insolubili antinomie e dei conflitti del nostro tempo (e troppo facile sarebbe leggervi le ondivaghe tensioni che animano la contemporanea scena politica e partitica italiana). Tante antinomie, ma ununica visione: nelluniverso del narcisismo minimalista, individuale e collettivo, la dipendenza inammissibile e la percezione e laccettazione della realt, con la sua storia e il suo futuro,
non sono contemplate, n lo il loro racconto.
Ora, non c bisogno di richiamare con dovizia di particolari i grandi nomi che hanno contribuito a formare
quella che Bruno Snell, uno dei massimi filologi classici
contemporanei, ha chiamato la coscienza europea, per
comprendere come le derive di un soggettivismo esasperato e auto-referenziale minino alla base lidea di uno sviluppo comunitario fondato sulla condivisione, nonch sullaccettazione dei propri limiti e di quellestrema alterit
che la morte (divenuta oscena, non rappresentabile,
e perci esclusa dalla narrazione esistenziale e dai linguaggi
della quotidianit). Anche a prescindere dalla nostra tradizione filosofica e scientifica, da Omero a Virgilio, attraverso Pindaro, Eschilo, Euripide, Aristofane e la poesia ellenistica, da Aurelio Agostino a Tommaso dAquino, da Dante a Petrarca promotori indiscussi delloriginario umanesimo europeo , da Shakespeare a Cervantes
(nel loro disegnare lindividuo moderno tra coscienza e
libero arbitrio), da Manzoni alle grandi sociologie delle
relazioni espresse dai romanzi di Flaubert, Hugo, Balzac,
ma anche di Dostoevskij e Tolstoj, i momenti decisivi dello sviluppo culturale dellOccidente sono stati tutti caratterizzati dal dialogo, dalla narrazione, da quel confronto
continuo e incessante con il mondo senza il quale non
avremmo storia, n scienza, n epistemologia. N avremmo il diritto, ossia quella dimensione dellesperienza umana, fatta di permanenti narrazioni e riscritture, che tenta di produrre, attraverso processi critici di regolazione
normativa, forme di convivenza basate sullidea di giustizia. Unidea, questultima, che, per le tante ragioni sopra sommariamente richiamate, la societ narcisistica tende appunto a ignorare, manipolare, svalutare.
Viviamo, detto altrimenti, in unepoca che si rifiuta
di comprendere come il soggetto semplicemente non esista avanti al mero esercizio di una produzione auto-referenziale. Nelle logiche aperte da tale costitutivo fraintendimento, alla prosa del mondo, al racconto scientifico di scoperta, alla narrazione esistenziale in dispregio
al carattere dimprevedibilit e di novit che sostanzia ogni
effettiva comunicazione subentra la pseudo-lingua paventata da Georg Orwell, dominata dalla sintassi dei numeri, dei grafici, delle percentuali (dalla sintassi della finanza) e dal tentativo di affidare essenzialmente alle macchine, secondo laltrettanto lungimirante intuizione di Elias

il piacere del possesso. Ben lontano dalla condotta superficiale, distratta e casuale di chi ripieghi continuamente
in se stesso, Don Giovanni non lascia nulla al caso: ogni
azione, infatti, sottilmente calcolata, premeditata con
volont lucida e inflessibile (secondo il dettato illuministico di una vita amorosa e passionale more geometrico
demonstrata). Sicch lostentata disubbidienza del Don
Giovanni nei confronti delle norme morali atto sovversivo, nel quale si gioca un vero e proprio dramma
sociale, in nulla assimilabile allindifferenza esistenziale di chi deforma il tempo nel culto della propria immagine riflessa, della propria ed esclusiva autoreferenzialit.
Unautoreferenzialit, questa, nella quale, lentamente, ma
inesorabilmente, viene circoscritta lintera esperienza
del mondo, naturale, culturale e sociale.
Lorizzonte nel quale storicamente sinscrive tale privatizzazione auto-referenziale, narcisistica, delle cose e dellalter va collocato in quel passaggio che segna la rimozione dei complessi orizzonti di senso dellumanesimo moderno, a vantaggio di una visione radicalmente semplificata e riduttiva della realt. Se lumanesimo moderno, europeo, che troverebbe in Goethe la sua figura emblematica, si caratterizza per limmagine esuberante di un essere umano energico e intento a mobilitare le facolt mentali per aprirsi al mondo, lidentit narcisista percepisce
se stessa come un io autocentrato, un organismo biologico
e psicologico, soggetto di impulsi e bisogni che richiedono
imperativamente un appagamento immediato da raggiungersi con il minimo sforzo (pp. 32-33).
Lhumanitas delluomo qui abdicherebbe e, per gli effetti di una lacerazione e frammentazione dei legami sociali e del necessario spazio pubblico che essi richiedono,
lascerebbe il posto allidentit blas del narcisista. Gli universi post-umanistici, murati nella solitudine del loro stesso cuore, secondo lespressione che Alexis de Tocqueville
us per definire luomo americano, rigettano il complesso, dispiegando il tentativo di rendere luomo semplicemente figlio di se stesso. Il narcisista, in effetti, tende a rifiutare la generativit, che lo esporrebbe a un confronto continuo con il proprio orizzonte di alterit, a un
tempo, biologica e culturale. Cos, nellera del narcisismo,
il corpo non pi il corpo di una persona generata da ununione di diversi, con la sua unicit, singolarit, irripetibilit; piuttosto esso un semplice ente bio-meccanico,
predisposto ab origine per essere oggetto di infinite operazioni e manipolazioni tecniche. Dotato di un mero valore duso in una societ letteralmente assediata dallideologia dellefficienza e dimmagine (donde la nascita di una vera e propria scienza economica della bellezza), il corpo umano diventa, nellera del narcisismo, il luogo della totale identificazione tra umanit e tecnologia.
Ci troviamo pertanto di fronte ad una svolta psicosociologica e antropologica, dedotta per tabulas, che non
pu essere ignorata, soprattutto se pu avere ancora un
senso parlare della funzione sociale e intellettuale del sociologo, nel suo tentativo di sollecitare e promuovere forme di consapevolezza critica della societ su se stessa: viviamo in una societ ossessionata dallapparire, davvero
brulicante di Narcisi persi nella propria immagine riflessa,
entro una realt sociale nella quale luomo perde pro-

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Sociologia
FABRIZIO FORNARI, Introduzione. Naufragio con spettatore. Alcune considerazioni preliminari sul narcisismo

gli anni Sessanta a oggi (su questo punto rinvio al volume curato da Rita Bichi, Fabio Introini e Cristina Pasqualini, La riflessione sociologica di Vincenzo Cesareo,
Milano 2013). Tale curvatura consente a Cesareo di elaborare un preciso percorso di ricerca, che coincide anche
con una forte istanza epistemologica: nello studio di numerosi fenomeni sempre pi evidente la necessit del contributo sinergico di pi discipline, ciascuna, con la propria metodologia, i propri paradigmi interpretativi, le proprie tecniche di indagine. E ancora: Dallincontro, che
rende obsoleta la divisione del lavoro scientifico in base
a monopolistici oggetti di studio, si pu realizzare infatti una efficace interdisciplinarit, indispensabile per affrontare dinamiche complesse che ormai nessuna disciplina
in grado di approfondire da sola (corsivi miei).
Il richiamo perentorio e non lascia spazio a dubbi: i nuovi problemi posti dalla convivenza umana impongono una riforma epistemologica del sapere e della sua
organizzazione, pena lincapacit di orientarsi in un quadro sociale dominato dallinterdipendenza planetaria fra
le economie, le politiche, le religioni, la ricerca scientifica e i modelli culturali. Anche perch sotto gli occhi di
tutti il crescente deficit democratico in cui versa, a livello globale, la societ post-industriale rispetto alle questioni
poste dai condizionamenti reciproci fra scienza, tecnologia
e dimensione sociale. Un deficit dovuto anche al fatto che,
come aveva gi segnalato Edgar Morin, il sapere sempre pi esoterico (in quanto accessibile ai soli specialisti)
e anonimo (in quanto concentrato entro pratiche quantitative e formalizzate). Ne segue una sempre maggiore
appropriazione di un gran numero di problemi vitali da
parte degli esperti, degli specialisti, dei tecnici e una sempre minore capacit del cittadino di comprendere i processi conoscitivi. Gi nel 1973, parlando di societ al bivio, nel suo saggio Per un approfondimento del rapporto
devianza-controllo sociale, Cesareo aveva precocemente
colto i termini di questo problematico deficit, la cui declinazione contiene e investe necessariamente anche la dialettica che sussiste fra il peso determinante che lo sviluppo
scientifico e tecnologico ha assunto nei confronti del futuro e la cornice meta-scientifica culturale, etica, morale, religiosa, economica, ideologica che tale futuro dovrebbe orientare e indirizzare in termini di scelte politiche, pratiche e giuridiche. Il punto qui coniugare la sacrosanta libert dei ricercatori con laltrettanto sacrosanto
diritto dei cittadini a non subire in modo passivo le conseguenze nocive di decisioni prese a loro insaputa.
Del resto, la linea teorica del contributo di Cesareo
qui di seguito proposto conferma pienamente lesigenza
di rinnestare nel tronco della conoscenza scientifica e, in
particolare, sociologica, i temi della libert e della responsabilit, in un tempo in cui diventato indilazionabile il problema di reperire forme e regole condivise per
un controllo pubblico e sociale del processo di sviluppo
scientifico e tecnologico (V. Cesareo, I. Vaccarini, La libert responsabile. Soggettivit e mutamento sociale, Milano 2006). Donde unermeneutica della libert (definita anche costruzionismo umanista) che sia in grado di
respingere le opposte seduzioni di una ricerca impositiva e fuori controllo e di un approccio restrittivo, limita-

Canetti, il compito di prevedere e di predire il nostro futuro.


Contro questa impostazione, dovremo, invece, rilevare che, una volta chiuso in se stesso e privato delle sue
narrazioni, dei suoi racconti, delle sue relazioni con la vita,
con gli altri e con le cose, il soggetto medesimo non contiene in s risposte fondamentali, ma che lessenzialit delle sue questioni consiste piuttosto nello stato di uninterrogazione radicale, in una domanda sospesa e aperta
che fugge ogni tentativo di semplificazione e di riduzione. Solo da questo punto di vista torna ad essere sensato, a mio avviso, il discutere di crisi dello Stato (G. Marramao), erosione della sovranit (Z. Bauman), costellazioni post-nazionali (J. Habermas), ordine posthobbesiano (Ph. Schmitter). Nellottica delle tempeste neuropsichiche di un narcisismo riluttante, incline a rifuggire ogni forma di sovranit e di partecipazione democratica quelle formule sono, infatti, soltanto vane denunce volte a ripristinare ci che per gli effetti della deflazione della stessa idea di sovranit e delle sue prerogative si entropicamente, ossia irreversibilmente, dissolto. Resterebbero simpliciter nello jus publicum le potestates indirectae, oggi trasformate in meri strumenti di
lavoro per la conservazione e lo sviluppo dei grandi oligopoli, con buona pace del citoyen nato, nel 1793, dalla Dichiarazione dei diritti delluomo.
Alla luce di tutto ci, viene da chiedersi, possiamo
davvero senza il ricorso alla costruzione dialogica di spazi partecipativi e di riflessione critica promuovere conoscenza, ricerca, nonch forme di cambiamento sociale e
di emancipazione della stessa societ? possibile pensare che una moltitudine di soggetti chiusi in se stessi possa circoscrivere, produrre e orientare uno spazio pubblico, nel quale viva leffettiva dimensione dellindividuo colto nella sua costitutiva socialit? Non sar giunto il momento di circoscrivere lillusione che nasce dal confondere
il mondo con la propria immagine riflessa, mettendo un
argine alle pretese di un ego ipertrofico che unimpropria
fantasia individuale e collettiva fa diventare dogma?
Ecco, dunque, dispiegato il nucleo problematico intorno al quale ruotano i saggi del presente fascicolo, occasionati s dalla riflessione di Cesareo e di Vaccarini, ma
anche orientati dallintento di fornire ulteriori e rigorosi contributi al tema del narcisismo e dei suoi rapporti con
le scienze umane e sociali. Un numero che anche una riflessione polifonica sulla coscienza europea, sul ruolo dellintellettuale e sulle condizioni attuali della nostra cultura.
In apertura, in modo specifico e corroborando ulteriormente le posizioni gi espresse nei suoi precedenti lavori teorici, proprio lo stesso Vincenzo Cesareo a dare
la misura dellampiezza del tema e delle sue ripercussioni. La questione del contributo della sociologia allo studio del narcisismo viene letta nei termini di unanalisi volta a interpretare il narcisismo stesso alla luce dei mutamenti e delle innovazioni strutturali, storiche e culturali
che hanno attraversato la cosiddetta societ postmoderna. La curvatura metodologica dellapproccio al tema
sicura, di orientamento pluralista, e in linea con i tratti
fondamentali della sua intensa produzione scientifica, da-

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FABRIZIO FORNARI, Introduzione. Naufragio con spettatore. Alcune considerazioni preliminari sul narcisismo

no organizzazione nevrotica. Se ne ricava che il narcisismo si dispiega in variegate direzioni di rilevanza sociale, concernendo senzaltro i gruppi, ma anche, potenzialmente, le Nazioni e tutte le dinamiche intersoggettive nelle quali si esplicita lattivit umana.
Italo Vaccarini, nellesame del passaggio dallumanesimo moderno (compreso tra il 1700 e il 1970) al narcisismo contemporaneo (tra il 1970 e oggi), denuncia la
frammentazione dellidentit narcisista, nel suo essere inaccessibile allaltro e orientata al presente, auspicando un
oltrepassamento dellantitesi umanesimo-narcisismo alla
luce della consapevolezza del carattere essenziale dei processi di socializzazione, prescindendo dai quali non potrebbe neppure istituirsi la differenza fra privato e pubblico, tra interiorit ed esteriorit. Esaminando la dislocazione intervenuta nella psicoanalisi con lo slittamento
del tema edipico a vantaggio della centralit di Narciso,
Vaccarini perlustra le mutazioni regressive di tale dislocazione, mostrando come il soggetto narcisistico viva nei
limiti di uno sviluppo psichico che si arrestato a una
fase preedipica e sia, perci, incapace di affrontare e di
elaborare la stessa dinamica del complesso edipico e di
acquisire un super-Io strutturato. Particolare attenzione
poi rivolta dallAutore alle interpretazioni americane
e francesi del soggetto narcisistico. Se per le prime tale
soggetto vede progressivamente restringersi lo spazio dellesperienza e abbassarsi lorizzonte delle attese, non riuscendo pi a coagulare il passato in esperienza adeguata al presente e al futuro, per le seconde lidentit narcisistica sperimenta, secondo il cosiddetto idioma lacaniano, il vissuto profondo di una dinamica che si caratterizzerebbe per tre elementi costitutivi, ossia per la
diserzione del simbolico, per la negazione della logica del desiderio, per la neutralizzazione del divieto.
Da qui lanalisi degli aspetti paradossali del narcisismo,
tra i quali emerge la singolare combinazione di onnipotenza illusoria e di impotenza reale.
Fausto Colombo prende in esame quella che egli chiama, suggestivamente, la parabola narcisista dei media, soprattutto in riferimento alla rete, considerata nella versione del web 2.0. Egli tenta di tematizzare i legami tra
web 2.0 e narcisismo in due mosse: da un lato, individuando gli aspetti del web che pi sembrano connessi
a pratiche narcisistiche; dallaltro, avanzando unipotesi interpretativa sulla continuit fra le tendenze individualistiche in atto gi negli anni Ottanta e lattuale era
del narcisismo, nella convinzione che tale legame fosse gi
operante con lo sviluppo dei media televisivi e quindi ben
prima dellavvento dellera del web 2.0. Tralasciando le
apologie pi o meno esplicite che popolano gli studi sui
media digitali e ricollegandosi, sebbene indirettamente, alla
critica che Noam Chomsky muove ai social network, a
Twitter e ai libri elettronici, Colombo sottolinea come il
cuore della dimensione sociale del web sia da cercare, con
Barry Wellman, nello spazio delineato del networked individualism. Uno spazio che si esplicita nella resa pubblica
di contenuti relativi a se stessi, su scala sostanzialmente
di massa e che coinvolge anonimi e celebrit. Da qui la
svolta narcisistica dei media digitali: ci che il web mette a disposizione lubiquit delle relazioni mediate, il sen-

tivo e strumentale delle sue prerogative, riconoscendo che


la tradizionale distinzione tra scienza e valori, erede di una
visione meramente deterministica del sapere, non regge
pi: la scienza non unimpresa isolata, regolata da norme interne date una volta per tutte, bens un processo
di apprendimento sociale, dotato di regole storicamente
circoscritte, nel quale i criteri metateorici di ogni comunit scientifica e i linguaggi disciplinari adottati da ciascuna interagiscono circolarmente. Una volta accettata questa interazione si apre lo spazio per una richiesta sociale di mutamento della deontologia professionale degli scienziati, in forza del quale, attraverso un confronto pubblico, dotato di procedure trasparenti, gli uomini di scienza rendano espliciti i nessi fra le premesse metateoriche
e le teorie scientifiche che su di esse si fondano, consentendo scelte operative consapevoli.
In questottica, che definirei post-disciplinare, Cesareo
inscrive la sua analisi del narcisismo, del quale enuclea i
tratti distintivi: autoreferenzialit, chiusura, culto dellapparenza, distacco dalla realt esterna, distorsione percettiva della temporalit, svalutazione del legame sociale e delle dimensioni qualitative, tenue capacit di elaborazione simbolica. Tali elementi pure interagiscono ricorsivamente con fattori strutturali e culturali, rinforzandosi vicendevolmente. Tra i primi, un ruolo determinate svolto dai processi di frammentazione sociale ed
esistenziale, nonch da un diffuso stato di insecuritas nei
confronti del futuro. Tra i secondi, invece, diventano centrali lindebolimento del processo di socializzazione, il relativismo valoriale, laffermazione di una Weltanschauung
iperindividualista e, infine, il dissolversi della generativit.
Mauro Fornaro, dal canto suo, in unottica che assume come cornice la vasta letteratura critica prodotta sul
tema nellambito delle scienze psicologiche, scandaglia analiticamente il nesso tra narcisismo e societ, mettendo
in evidenza una sorta di convergenza parallela tra sociologi e psicologi, cio tra studi di fatto convergenti ma
condotti in parallelo; fra laltro, nota Fornaro, non
da oggi il tentativo a volte felicemente realizzato, a volte meno di utilizzare categorie psicologiche per intendere rilevanti fenomeni sociali e altres politici: basti ricordare Psicologia delle masse e analisi dellIo di Freud,
risalente al 1921. Tuttavia, segnala lAutore, il sociologo che si rivolga allo psicologo non trova semplici e univoche descrizioni, bens unarticolata storia del concetto
ormai secolare che mostra una progressiva estensione delle situazioni cui attribuire la qualifica di narcisismo,
inoltre differenti accezioni del concetto. Con questa premessa, attraverso una puntuale e accurata disamina delle impostazioni teoriche di H. Kohut e di M. Kets de Vries,
Fornaro giunge ad illustrare le valenze sociali del narcisismo, fino ad introdurre limportante nozione di narcisismo sociale o di gruppo, il cui risvolto applicativo investe direttamente aspetti centrali della psicologia e della sociologia delle organizzazioni. Soprattutto con Kets
de Vries e M. Miller, vengono scandagliate, in tema di personalit narcisistico-grandiosa, le analogie che intercorrono tra lassetto organizzativo di aziende di qualsiasi tipo
(produttive, di servizi e cos via) e la psicologia dei singoli, nel quadro di quella che gli stessi autori definisco-

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FABRIZIO FORNARI, Introduzione. Naufragio con spettatore. Alcune considerazioni preliminari sul narcisismo

con le disposizioni affettive della psiche (le sole che possano avanzare reali e concrete pretese dinterlocuzione nei
confronti del narcisismo). Ne emerge un quadro concettuale che non esiterei a definire batesoniano, per il quale la mente ha una natura sostanzialmente relazionale, mai
ontologicamente separata dagli universi emotivi e dalle
capacit cooperative inscritte in ogni singolo soggetto umano. Castigando inesorabilmente, con piglio moralistico,
chi si espone alla hybris narcisista, non si risolverebbe il
problema. Al contrario, secondo lAutrice, solo un gratuito atto di amore, nelle molteplicit delle forme che esso
pu assumere, potr abbattere davvero le barriere narcisiste, riattivando nuove forme di comprensione emancipativa tra lIo e il suo altro.
Infine, Vittorio Cigoli e Federica Facchin cercano, attraverso gli intrecci narrativi (ossia le costruzioni teoriche del fenomeno) e il fare diagnosi (ovvero la rilettura del tema nei manuali diagnostici), di delineare il carattere distintivo del narcisismo. In questultimo, laltro
tende a scomparire, tende, cio, a essere negato nella sua
presenza, con il conseguente diniego del vincolo dorigine e con lallestimento di una perversione che elegge
il S al rango di un processo interamente auto-sufficiente. A detta degli Autori, tale processo sarebbe connesso
a strutturali carenze di internalizzazione della relazione
tra il S e lAltro, sulla base delle quali si innescherebbero processi esteriorizzanti di diffusione del dolore e dellangoscia nello spazio del sociale. Tale diffusione, nel narcisista, assumerebbe la forma del lamento continuo, dellinvidia e del disprezzo nei confronti di tutto ci che non
si lascia ridurre a mero riflesso della propria immagine.
Da qui la possibilit che siano proprio alcune forme di deriva narcisista a rendere difficile lintervento terapeutico
nella clinica del legame di coppia.
Questo, dunque, in sintesi, lo scenario che si delinea
seguendo gli itinerari attraverso i quali il presente fascicolo stato costruito. Allo studioso e al lettore paziente
non sfuggir, tuttavia, che non vi ununica versione del
narcisismo, per quante declinazioni di esso si possano
suggerire e argomentare. Vi sono, piuttosto, molteplici
modi di dispiegarsi del narcisismo. Del resto, sono proprio questi molteplici modi a determinare quellera del narcisismo da cui abbiamo preso le mosse.
Ciascuno degli itinerari di questo fascicolo, pertanto, nel contribuire alla formazione di una breve storia del
narcisismo, converge nel rilevare che la nostra vita non
si gioca soltanto sullalternativa rigorosa tra modelli di
interpretazione divergenti (come se solo una di queste alternative sia scientificamente giustificabile e vera).
In effetti, ci si accorti che unargomentazione semplicemente rigorosa anche semplicemente insignificante. La ricerca, uscendo da un suo tanto peculiare quanto radicato stato narcisistico, ha cos cominciato a capire che non ci sono dispositivi meccanici per laccertamento
della verit e che il vero sostanzialmente una domanda e un processo.
Commentando la storia della nostra tradizione di pensiero, Karl Jaspers scrisse: udiremo in primo luogo risposte. Ma nessuna risposta sar lultima; ognuna condurr a nuovi problemi, finch lultimo problema rester

so di leggerezza che esse trasmettono e soprattutto la parziale uscita dallanonimato e la convinzione, diffusa per
contagio mimetico nellimmaginario sociale, di avere un
vero e proprio pubblico davanti al quale esibirsi.
Sergio Belardinelli, invece, ricalcando nel titolo del
suo intervento il celebre volume di Cristopher Lasch, La
cultura del narcisismo (1979), illustra, molto opportunamente, e in linea con lo stesso Lasch, lesigenza di affrontare il tema del narcisismo senza pregiudiziali ideologiche, evitando di attribuire al culto del privato sviluppi
prodotti dalla disgregazione della vita pubblica e mettendo
in evidenza come il narcisismo abbia pi a che fare con
il disprezzo di s che con lammirazione di s. Un fenomeno, quello del narcisismo, che Belardinelli, restando nel
solco teorico sopraindicato, peraltro connette anche ai
grandi cambiamenti strutturali intervenuti recentemente
nella societ e nella cultura, tra i quali la burocratizzazione
della vita, la medicalizzazione della societ e il conseguente
terrore della vecchiaia e della morte, lalterazione del senso del tempo, la proliferazione delle immagini, il culto del
consumismo, il fascino della celebrit, i cambiamenti intervenuti nella vita familiare e nei modelli di socializzazione (nei termini del deficit di generazione, sia in senso
biologico si pensi alla crisi demografica , sia in senso culturale si pensi alla crisi dei modelli educativi). Cos,
in compagnia di Alasdair McIntyre, di Niklas Luhmann
e Herbert Marcuse, Belardinelli ci guida entro percorso
teso a coniugare, oltre la sfera narcisista, le forme ermeneuticamente condivise della tradizione con le istanze di
rinnovamento e di slancio verso il futuro dei singoli attori sociali.
Annamaria Crespi, invece, articola il suo contributo al fascicolo entro una ricognizione di temi e problemi
che spaziano dalle pi accreditate concezioni psicoanalitiche (S. Freud, O. F. Kernberg, H. Kohut, per citare solo
alcuni nomi) fino ad autori legati ad altre tradizioni culturali come J. Baudrillard, M. Eliade, J. Hillman e E. Zolla. Lintento teorico, che non pu peraltro essere slegato
dal focus storico, culturale e ricostruttivo del narcisismo,
quale fenomeno complesso e trans-disciplinare, quello,
in uno, di valorizzarne le potenzialit e di valutarne i limiti. Seguendo la linea interpretativa di Kohut, per lAutrice fondamentale che, nello sviluppo del bambino, prima di ogni eventuale deflazione patologica, si formi un
S narcisista, coeso e dotato di onnipotenza, grandiosit,
esibizionismo e didealizzazione dei genitori. Aspetti, questi, che, nellevoluzione psichica del bambino, saranno destinati a perdere gradualmente le caratteristiche dellonnipotenza, integrandosi nella personalit adulta quale base
psicologica per una sicura autostima. Ne segue che le principali forme di nevrosi e di psicosi narcisistiche sorgerebbero solo quando elementi esterni sopraggiungano a
contrastare levoluzione del S grandioso, impedendogli
di integrarsi con lIo e di liberarsi dai suoi oggetti-S arcaici e irrealistici. Daltro canto, nella lettura proposta da
Annamaria Crespi, emerge anche un altro aspetto di rilievo. Infatti, la sua riflessione sul narcisismo coinvolge,
quale elemento essenziale, una decisa presa di posizione
epistemologica, investendo la concezione della mente nei
suoi rapporti imprescindibili con il vissuto emozionale e

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Sociologia
FABRIZIO FORNARI, Introduzione. Naufragio con spettatore. Alcune considerazioni preliminari sul narcisismo

invero senza risposta, ma non per questo sar un problema


vano. Esso render possibile, piuttosto, ladempiuto silenzio
nel quale non gi il nulla si manifesta, ma lautentico pu
parlare per luomo attualmente attraverso la sua intima
disposizione, lesigenza, la ragione, lamore (Kleine Schule des philosophischen Denkens, 1965, 17). Un manifesto dellAnti-Narciso, per parafrasare un celebre saggio
di G. Deleuze e di F. Guattari.
Nel nome di questo adempiuto silenzio e del suo
inatteso senso, senza tortuosi andirivieni, dovr dirsi, con
F. de La Rochefoucauld, oltre ogni narcisistica equazione psicodinamica e ogni reazione allucinatoria della nostra macchina psichica, che ni le soleil ni la mort ne se

peuvent regarder fixement. Decreti immutabili e inflessibili volont, opportunamente privati di soccorsi ad hoc,
sprofondano sotto la spinta sorvechiante dellincompletezza. Non v, infatti, nulla dentro un sistema che possa asserire qualcosa su quel sistema.
Kleist ha quindi ragione: il sapere, in s, non risolutivo, n ci rende migliori o pi felici. Tuttavia, il tradurre
costantemente il conoscere in un fare, in una prassi nella quale si dispieghi la condizione umana, nel suo essere
un vigile risveglio alla sua costitutiva problematicit, pu
aiutarci a diventare migliori, insegnandoci a vivere nellincertezza, nellimprevedibilit, nella complessit.
Ma qui siamo allinizio di unaltra storia.

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Sociologia

VINCENZO CESAREO

Il contributo della sociologia allo studio del narcisismo

1. La sociologia di fronte al fenomeno del narcisismo

lisi sociologica, auspicabile che anche questultima possa fornire a sua volta un contributo conoscitivo e interpretativo per approfondire il fenomeno del narcisismo, in
particolare mediante lindividuazione e lanalisi sia di quei
fattori strutturali e culturali che concorrono ad alimentarlo e a diffonderlo, sia dei suoi effetti, anchessi sociologicamente rilevanti nella misura in cui incidono negativamente sulla vita di relazione e sulla coesione sociale.
Pertanto, lungi dal pretendere di sostituirsi ad altre discipline, la sociologia si affianca a esse offrendo il suo specifico contributo di analisi.
pur vero che lattenzione per il narcisismo da parte dei sociologi non costituisce una novit. Infatti, gi nella seconda met degli anni Settanta del secolo scorso, Sennett2 e Lasch3 avevano evidenziato limportanza che esso
stava assumendo. Ritengo per che quelle analisi, bench
conservino ancora notevole interesse e rilevanza, necessitino di essere rivisitate e attualizzate alla luce di alcuni
significativi mutamenti strutturali e culturali verificatisi
nellultimo trentennio nel mondo occidentale.
Per ora opportuno precisare che nel presente saggio concentrer lattenzione su una manifestazione specifica di narcisismo, che altrove ho definito minimalista4,
e che da mettere in stretta relazione proprio con recenti
cambiamenti strutturali e culturali, dei quali tratter nel
paragrafo seguente.
Questo particolare tipo di narcisismo va distinto sia
da quello fisiologico sia da quello patologico.
Come sostiene la psicoanalisi, il primo indispensabile
per la costruzione della personalit: si tratta del narcisismo infantile che assicura lo sviluppo affettivo del bambino tramite linvestimento della libido sul proprio Io. Ma
esiste ormai un ampio consenso nel ritenere che il possedere
un pizzico di narcisismo sia utile anche nelle altre et
della vita umana perch esso pu contribuire ad assicurare autostima e amor proprio. Il narcisismo patologico
costituisce invece un vero e proprio disturbo della personalit. Nellinterpretazione freudiana si tratta di una degenerazione del narcisismo fisiologico provocata dal mancato superamento della crisi edipica per cui lIo conserva impropriamente caratteristiche, tipiche del narcisismo
infantile, nelle fasi successive del suo sviluppo e durante
la vita adulta. Un approfondimento di questa particolare psicopatologia stato condotto da Kohut nel 19715 il
quale ha proposto e ottenuto che i disordini narcisistici
della personalit (narcissistic personality disorder: NPD)

Nel proporre lanalisi del narcisismo in una prospettiva sociologica mi sembra corretto preliminarmente rispondere al seguente interrogativo. Perch utile che
la sociologia si interessi di tale fenomeno quando altre
scienze, in particolare quelle psicologiche, se ne occupano da tempo con autorevolezza e rigore scientifico? In altri termini, lintrusione in un campo di studi tradizionalmente altrui, quale valore aggiunto pu offrire sotto
il profilo conoscitivo?
Come si avr modo di documentare, la risposta si trova non solo nella constatazione che nelle nostre societ
occidentali contemporanee i narcisi e le narcise sono diventati decisamente numerosi, ma anche e soprattutto nella rilevanza assunta da fattori strutturali e culturali, propri delle attuali configurazioni storico-sociali, nel facilitare la diffusione di questo fenomeno. Indubbiamente le
persone narcisiste sono sempre esistite nel corso della storia dellumanit, ma si trattato di una presenza quantitativamente modesta e qualitativamente poco rilevante, anche nel caso in cui si trattato di personaggi noti e
influenti per le posizioni occupate nelle loro societ. Di
conseguenza non si possono rintracciare nel passato vere
e proprie manifestazioni di cultura narcisista, la quale invece per la prima volta si coglie nellepoca attuale per cui
si stati indotti a designare questultima, seppur in termini metaforici, come lera del narcisismo1. Per tali ragioni
quindi legittima e utile lincursione della sociologia in
questa tematica, senza per ci volersi sostituire ad altre
discipline, il cui contributo teorico e di ricerca empirica
prezioso per la stessa analisi sociologica del narcisismo.
Del resto, nello studio di numerosi fenomeni sempre pi
evidente la necessit del contributo sinergico di pi discipline, ciascuna con la propria metodologia, i propri paradigmi interpretativi, le proprie tecniche di indagine. Dallincontro, che rende obsoleta la divisione del lavoro scientifico in base a monopolistici oggetti di studio, si pu realizzare infatti una efficace interdisciplinarit, indispensabile
per affrontare tematiche complesse che ormai nessuna disciplina in grado di approfondire da sola. A mio parere tale modalit di approccio pu essere applicata proficuamente con riferimento al narcisismo. Cos come lapporto della psicologia (ma ci vale anche con riferimento ad altre scienze) indubbiamente prezioso per lana-

V. CESAREO, I. VACCARINI, Lera del narcisismo, Milano, FrancoAngeli, 2012.


C. LASCH, La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano, 1979-1981.
3
R. SENNET, Il declino delluomo pubblico, Milano, Mondadori, 1971-2006.
4
V. CESAREO, I. VACCARINI, Lera del narcisismo, cit.
5
H. KOHUT, Narciso e analisi del s, Torino, Bollati Bordigheri, 1907-1977.
2

19

Sociologia
VINCENZO CESAREO, Il contributo della sociologia allo studio del narcisismo

venissero inclusi nel manuale dei disordini psichiatrici: Diagnostic and statistical manual of mental disorder (DSM).
Inoltre lo stesso studioso ha distinto questi ultimi, che costituiscono una psicopatologia, dai tratti narcisistici della personalit, i quali sono invece presenti nelle persone
psichicamente normali.
Lungo un ideale continuum, ai cui estremi si posizionano rispettivamente il narcisismo patologico e quello fisiologico, si colloca quello minimalista che, di volta
in volta, pu tendere verso il primo o il secondo polo. Nella misura in cui si avvicina a quello patologico, il rischio
di una sua conseguente patologizzazione, ovviamente, aumenta.
Sotto il profilo sociologico, la specificazione minimalista da mettere in relazione alla deriva, per lappunto
anchessa minimalista, che sempre pi la soggettivit sta
assumendo in termini di atteggiamenti e di comportamenti.
Quanto pi lautorealizzazione diventa un diffuso tratto
culturale delle civilt occidentali contemporanee - per cui
si pu parlare di una vera esplosione della soggettivit tanto pi aumenta il rischio di una sua deriva che assume per lappunto i connotati propri del narcisismo minimalista. Esso, infatti, ingabbia la persona nella propria
autoreferenzialit comprimendo o addirittura annullando la capacit dellessere umano di costruire relazioni fondate sul riconoscimento dellalter nonch di pensare e agire in unottica progettuale. Un tale orientamento induce
il narcisista minimalista ad avere un orizzonte temporale limitato al presente e un orizzonte spaziale in cui i rapporti con gli altri sono illusori, o seriali, o del tutto strumentali. Di fatto il narcisista minimalista (dora in avanti definito solo narcisista) una persona decisamente ambivalente in quanto oscilla tra un s grandioso e un s fragile. Egli massimalista sul piano del proprio vissuto ma,
per lappunto, minimalista sul piano della realt. Infatti, quando il S grandioso impatta con le situazioni concrete spesso si affloscia perdendo ogni slancio vitale, e si
ritira in se stesso. Un tale tipo di narcisista quindi nel
contempo massimalista e minimalista ma questa la mia
tesi la componente minimalista quella che di fatto prevale e quindi diventa la principale chiave esplicativa del
narcisismo minimalista.
In estrema sintesi i tratti del narcisista, che assumono una particolare rilevanza anche sotto il profilo sociologico, sono individuabili nei seguenti:

autoreferenziale: ha un senso di onnipotenza derivante dal diniego di una molteplicit di vincoli, convinto di essere unico e speciale per cui ritiene di essere compreso soltanto da persone altrettanto speciali; ha un forte sentimento dei propri diritti e lirrealistica convinzione che gli altri soggetti hanno il
dovere di soddisfare le sue aspettative;

chiuso allaltro: carente di empatia poich non


capace o non vuole identificarsi con alcun altro che
non sia se stesso n riconoscere e accettare i sentimenti
e i bisogni degli altri; presenta modalit affettive di
tipo predatorio poich tende a usare e poi abbandonare il partner in funzione dei propri bisogni;

possiede un culto dellapparenza combinato con un


senso di onnipotenza: gli piace apparire migliore de-

gli altri e tende a presentarsi allesterno come una creatura perfetta nonch a parlare al cospetto degli altri
anzich con gli altri; egli elabora fantasie di grandiosit
che alimentano un elevato bisogno di ammirazione
e una ossessione per un successo illimitato;
disinteressato alla realt esterna: tale disinteresse
si declina sotto il profilo cognitivo nella refrattariet
a considerare il mondo in modo universalistico; sotto il profilo affettivo nella fuga dai sentimenti, nella morte delle passioni e nella conseguente primazia
delle emozioni; sotto il profilo dellagire nella svalutazione delle azioni significative;
disinteressato alla dimensione temporale: ci lo induce a una chiusura nei confronti del futuro, che comporta un rifiuto per gli impegni di lungo periodo, e
del passato, che si evince dalla carenza di una coscienza storica;
presenta dei legami sociali decisamente deboli se non
nulli: tale fragilit relazionale d luogo a uninstabilit
e precariet dei rapporti intimi nonch a una perdita di senso dellappartenenza a identit collettive;
indifferente alle distinzioni qualitative: per attingere
al lessico filosofico, nella misura in cui viene meno
la sfera dei trascendentali (vero, buono, bello, giusto, ecc.) che si definiscono per opposizione ai loro
contrari (falso, cattivo, brutto, sbagliato, ecc.) vengono necessariamente meno anche le gerarchie di valore per cui prevale un atteggiamento blas che delegittima gli assoluti e che istituisce il relativismo dei
valori come assioma culturale;
manifesta un deperimento della capacit di elaborazione simbolica che si esemplifica nella desimbolizzazione dellamore assiologicamente declassato a
sesso, e del timore, assiologicamente declassato a raw
fear, nonch nella neutralizzazione del bisogno di una
vita ricca di senso, che conduce a una desensibilizzazione nei confronti degli interrogativi esistenziali.

2. Fattori che concorrono alla diffusione del


narcisismo e il suo impatto sulla vita sociale
Si precedentemente accennato che a diffondere il
narcisismo concorrono fattori sia strutturali che culturali.
Alcuni di essi erano gi presenti a partire dalla seconda
met del secolo scorso e si sono accentuati e consolidati
nel corso del tempo: il processo di frammentazione sociale,
il consumismo, lindebolimento della socializzazione, il relativismo culturale. Altri fattori sono emersi pi recentemente, tra la fine del Novecento e linizio del nuovo secolo: lincertezza sul futuro, lorientamento iperindividualista e la crisi della generativit.
Cominciando dai fattori strutturali, la crescita della frammentazione sociale si manifesta nella sempre pi
accentuata separazione dei diversi ambiti esistenziali, nella forte differenziazione funzionale, nella pluricollocazione
individuale. Tutto ci comporta innanzitutto lindebolimento della unit strutturale della societ e laumento del
rischio di anomia e disintegrazione dellidentit personale
nella misura in cui viene meno un principale centro esi-

20

Sociologia
VINCENZO CESAREO, Il contributo della sociologia allo studio del narcisismo

pito. Si attua di fatto una delega reciproca che pu generare


degli orfani sociali. Come afferma Ehrenberg sta scomparendo la societ gerarchica: ci testimoniato dal declino della funzione patriarcale. Il problema non costituito dal padre reale, ovviamente, perch il fondamento
dellautorit non si trova nella biologia ma nel ruolo simbolico di tale figura. Il padre, o piuttosto il nome-del-padre, o ancora il suo significato fallico, non assolve pi la
sua funzione normativa. su questa mancanza sociale che
fioriscono le nuove patologie10. Il venir meno della gerarchia, o meglio della rilevanza della dimensione verticale, da una parte accresce la sensazione di grande libert,
ma dallaltra produce angoscia davanti al vuoto. La fine
della verticalit precisa Ehrenberg equivale a una situazione inedita nella storia umana, quella della fine dellassoggettamento allobbligazione sociale11. La sensazione di libert senza vincoli e, contemporaneamente, la
sensazione di angoscia sono due tratti distintivi del narcisista. C quindi ragione di sostenere che limpallidire
delle gerarchie contribuisce a provocare un deficit educativo che, a sua volta, favorisce la diffusione del narcisismo.
Un secondo fattore culturale rilevante, peraltro non
nuovo, individuabile nel relativismo valoriale che, con
il suo diffondersi, alimenta lindifferenza e induce a non
prendere posizione in merito a ci che giusto oppure sbagliato, fra ci che bene e ci che male.
Viene pertanto meno la possibilit di stabilire una gerarchia dei valori, i quali tendono a essere considerati equipollenti e a essere posti sullo stesso piano, o meglio a essere declassati a mere opinioni. Tutto ci alimenta una sostanziale indifferenza molto simile a quella del blas messo a fuoco da Simmel. Ebbene proprio lindifferenza valoriale anchessa ascrivibile al narcisista minimalista.
Un terzo fattore di notevole rilievo nel favorire il narcisismo costituito delliperindividualismo che si imposto
pi recentemente. Nel lungo periodo storico che ha contrassegnato lepoca moderna (1700-1970), si attuata la
prima rivoluzione individualista basata sul compromesso, seppur precario, tra le crescenti istanze individualistiche
e lesigenza di una struttura gerarchica nella vita associata.
Per Gilles Lipovetsky12 con il passaggio alla postmodernit, cio a partire dagli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, si avvia la seconda rivoluzione individualista allinsegna di un individualismo totale, che si affranca
dalla sudditanza nei confronti delle regole morali e dagli ancoraggi comunitari: la primazia dellindividuo nei
confronti della societ diventa pertanto assoluta. Sempre
per Lipovetsky questo nuovo individualismo per da considerare positivamente in quanto consentirebbe di superare la storica contraddizione consistente nel compromesso
tra individuo e societ tipico dellet moderna, compro-

stenziale di riferimento. La frammentazione sociale costituisce pertanto un terreno fertile per il narcisismo poich tra le sue caratteristiche identitarie spicca proprio la
frammentazione esistenziale. Un secondo fattore strutturale
individuabile nella centralit assunta dal consumo rispetto
al lavoro. Tale centralit d luogo al fenomeno del consumismo che si palesa in forte sintonia col narcisismo in
quanto entrambi si qualificano per la frammentazione e
la dispersione dellesperienza. In particolare, il consumismo stimola le fantasie esaltanti del s grandioso del narcisista alimentandone il culto dellapparenza e gli orientamenti guidati dalla gratificazione immediata, cio dal
principio di piacere e non dal principio di realt. Come
sostiene Barber6, lodierno capitalismo del consumo inculca nella mentalit del consumatore una regressione al
narcisismo dellinfanzia da cui consegue un arresto patologico dello sviluppo affettivo. Per dirla con Lasch7 il
narcisista consumatore circondato da fantasie e immagini
illusorie che lo inducono a percepire il mondo come una
proiezione di se stesso8.
Un terzo fattore strutturale, che ha come il precedente
dirette implicazioni anche culturali, consiste nella incertezza nei confronti del futuro. Venuta meno la fiducia in
un progresso continuo e unilineare dai chiari connotati
positivistici, i mutamenti in corso non consentono di prefigurare scenari ottimistici per il nostro domani. Infatti,
le prospettive sono cariche di incertezza e gravide di rischi, il futuro non offre speranza ma genera paure, la progettualit individuale e collettiva diminuisce mentre si
diffonde la precarizzazione dellesistenza che riguarda, in
maniera crescente, anche le occupazioni lavorative tradizionalmente pi stabili9. Inoltre aumenta linstabilit sociale che come sostiene Sennett favorisce la diffusione del narcisismo in quanto esso possiede fra i suoi tratti distintivi il ripiegamento sul presente e la chiusura difensiva in se stessi con la conseguente perdita di significativit del reale che si riduce a un magma indistinto.
Passando ora a prendere in esame i fattori pi specificamente culturali, va innanzitutto evidenziato lindebolimento del processo di socializzazione, in particolare
di quello che avviene allinterno del nucleo familiare. Da
tempo oramai si registra un ridimensionamento dei ruoli genitoriali che perdono di rilievo a seguito dellimpallidire della loro potestats e, di conseguenza, anche della
loro auctoritas. Padri e madri sono sempre meno in grado (oppure si rifiutano) di porsi come modelli adulti di
riferimento per i loro figli e tendono ad adottare tecniche
educative che oscillano tra la ipoprotettivit e la iperprotettivit. Si riscontra anche un diffuso orientamento
ad abdicare, non appena possibile, al proprio compito delegando ad altri, in particolare gli insegnanti che, a loro
volta, tendono a scaricare sui genitori il medesimo com-

B. BARBER, Consumati. Da cittadini a clienti, Torino, Einaudi, 2001-2010.


C. LASH, Io minimo. La mentalit della sopravvivenza in unepoca di turbamenti, Milano, Feltrinelli, 2004.
8
V. CESAREO, I. VACCARINI, Lera del narcisismo, cit.
9
R. CASTEL, Les mtamorphoses del la question social. Une chronique du salariat, Parsi, Fayard, 1995.
10
A. EHRENBERG, La fatica di essere se stessi, Torino, Einaudi, 1998/1999, p. 240.
11
Ibid. p. 244.
12
Gilles LIPOVETSKY, Lera del vuoto. Saggi sullindividualismo contemporaneo, Milano, Luini, 1983/1995.
7

21

Sociologia
VINCENZO CESAREO, Il contributo della sociologia allo studio del narcisismo

messo che sarebbe fonte delle nevrosi tipiche di quellepoca, dove ha un peso rilevante il senso di colpa inconscio. Con lavvento dellindividualismo puro, che si affranca
da quel che rimane dei valori sociali e morali, la dimensione sociale dellesistenza diventa irrilevante, la vita sociale si privatizza, diminuisce linteresse per gli altri mentre aumentano lindifferenza e lapatia. Tale liberazione
dalle costrizioni sociali comporta peraltro un costo, quello di dovere contare ossessivamente solo su se stessi. Gli
appena indicati tratti distintivi della seconda rivoluzione
individualista corrispondono puntualmente al profilo del
narcisista. Di ci Lipovetsky ben consapevole tanto che
afferma che il nuovo individualismo costituisce un aggiornamento narcisistico. A suo parere questultimo diventa provocatoriamente lelemento liberatorio della
soggettivit che consente di portare a compimento la rivoluzione democratica dellindividualismo. la risposta
alla sfida dellinconscio che impone allessere umano di
ritrovare se stesso e, per conseguire questo scopo, necessita
solamente di un valido sostegno terapeutico. Non certo arduo contestare la lettura idilliaca, pur tuttavia intellettualmente provocatoria, di Lipovetsky. Basti pensare
alle conseguenze negative di una eccessiva privatizzazione e psicologizzazione della vita sociale nonch alle implicazioni, a livello non solo collettivo ma anche individuale, di un ipotetico tramonto del sociale. Per una persona il venir meno delle obbligazioni sociali comporta infatti limpossibilit di fare astrazioni da se stesso per poter consapevolmente porsi dal punto di vista dellinsieme
sociale e di pensarsi quale appartenente a una specifica
societ, comporta affrontare costi molto elevati in termini
di disturbi dellidentit (patologie narcisistiche e stati-limite) e di disturbi nei rapporti con gli altri che si concretizzano sia in paure di perdere gli altri (panico) sia in
paure degli altri (ossessione)13. Ci che di questa analisi
va invece evidenziato, al di l delle possibili diverse valutazioni, che il narcisista assurge a figura emblematica della contemporaneit (specificabile come postmoderna,
tardomodera o tardomodernit) e che lorientamento iperindividualista costituisce una linfa vitale per la diffusione
del narcisismo. La persona, infatti, incontra sempre
maggiori difficolt a trovare fuori di s valori significativi da assumere come propri e quindi tende a ripiegare
su se stessa e ad assumere il proprio Io come principale
se non unico orizzonte di riferimento.
Un quarto e anchesso recente fattore di natura culturale che merita almeno unaccenno quello della generativit, che mi limito a prendere in considerazione solamente sotto il profilo demografico. Esso infatti consente
di evidenziare quanto sia ormai diffuso quellatteggiamento
di chiusura dellIo al futuro e al passato che, a sua volta, contraddistingue e alimenta il narcisismo. ben evidente il fenomeno del calo della natalit che si registra in
particolare nel nostro vecchio continente in modo decisamente rilevante a partire dalla met del secolo scorso.
A tale riguardo le autorit europee negli anni Ottanta hanno manifestato forte preoccupazione per il rapido decli-

13

no dellindice di fecondit totale (cfr. risoluzione CEE del


14.05.1984). Successivamente, sul declino demografico
che si andato sempre pi accentuandosi, sceso il silenzio,
cosicch, per esempio, nel trattato di Lisbona del 2000
non figura neppure un accenno al riguardo. Tale cambiamento da parte dellUnione europea costituisce a mio
parere un indicatore significativo di come stanno mutando
gli atteggiamenti degli europei nei confronti della questione
demografica. interessante osservare che il venir meno
della propensione alla generativit costituisce proprio un
aspetto tipico del narcisista. Egli infatti non sente il dovere di essere grato nei confronti di chi lo ha generato e,
in quanto concentrato sul presente, non sente il bisogno
di proiettarsi nel futuro tramite la prole.
Il contributo della sociologia allo studio del narcisismo non si esaurisce nellindividuare e approfondare i fattori socio-economici e culturali che ne facilitano la diffusione, ma riguarda anche limpatto che il narcisista, con
i suoi atteggiamenti e comportamenti, ha sulla vita sociale
nelle sue diverse espressioni: da quella micro (diade) a quella meso (gruppo) sino a quella macro (societ).
A livello microsociologico, la tipica relazione interpersonale quella diadica che per Simmel possiede tre precise caratteristiche: la responsabilit, laffettivit e lunicit. Ebbene, il narcisista scarsamente responsabile e leale nei confronti dellaltro che preso in considerazione
esclusivamente in chiave strumentale. Egli non in grado di stabilire dei rapporti affettivi intensi a causa della
carenza di empatia. Per il narcisista lunicit, derivante dal
fatto che non esistono due diadi uguali, non costituisce
un valore e ci dimostrato dallelevato numero di narcisi e narcise bigami o che tendono a cambiare partner con
una certa facilit.
A livello meso, cio di gruppo, il narcisista manifesta in ambito familiare, lavorativo e associativo un esasperato egocentrismo e orientamenti solipsistici che non
gli consentono di instaurare rapporti profondi. Egli infatti
non in grado di aprirsi agli altri perch il suo ego fragile teme che i suoi difetti possano essere svelati e quindi mettere in crisi la presunta grandiosit del proprio Io.
Se il narcisista un genitore, la visione idealizzata che possiede di se stesso non gli permette di costruire un rapporto
empatico con i figli, le relazioni con i quali spesso oscillano tra la superficialit e lautoritarismo. Se inserito in
un contesto lavorativo i suoi rapporti con colleghi, superiori
e subordinati sono di natura decisamente strumentale. Se
membro di una associazione, anche filantropica, la sua
partecipazione finalizzata ad altri scopi o allacquisizione
di una qualche benemerenza.
A livello macro, cio societario, nella misura in cui
si diffonde, il narcisismo minimalista pu arrivare addirittura a erodere la coesione sociale, a compromettere la
formazione di capitale sociale, a sterilizzare i legami comunitari, a indebolire i vincoli e le appartenenze. Concetti come quelli di bene comune, solidariet, amore per
il prossimo, sacrificio, responsabilit non fanno parte infatti del repertorio valoriale del narcisista.

A. EHRENBERG, La societ del disagio. Il mentale e il sociale, Torino, Einaudi, 2010, p. 256-257.

22

Sociologia
VINCENZO CESAREO, Il contributo della sociologia allo studio del narcisismo

3) i possibili effetti di retroazione sulla vita sociale da parte delle persone narcisistiche. Gi queste tre tematiche consentono di mettere in evidenza la rilevanza, lutilit e la
peculiarit dellapproccio sociologico allanalisi del narcisismo. Ma la nostra disciplina chiamata anche a fornire altre risposte, che corrispondono ad altrettante esigenze conoscitive e interpretative, le quali si possono formulare tramite i tre seguenti quesiti: 1) perch il fenomeno
del narcisismo esploso proprio nelle nostre societ occidentali? 2) perch proprio nellepoca contemporanea
e non nel passato? 3) quale pu essere il futuro del narcisismo? I primi due interrogativi richiamano lesigenza
di contestualizzare e storicizzare sempre lo studio dei fenomeni sociali. Si tratta di compiti che sono intrinseci allo
statuto epistemologico della sociologia a cui il sociologo non pu sottrarsi sebbene si debba constatare che non
raramente questa omissione avviene. Il terzo interrogativo costituisce unindubbia curiositas a cui non sempre
si pu dare una risposta fondata sulla base di riscontri
empirici certi, cio senza correre il rischio di sconfinare
nella futurologia. A tal riguardo si possono quindi avanzare solo delle ipotesi o meglio delle congetture di possibili scenari.
Precisato ci, per quanto riguarda il primo interrogativo ritengo di aver gi precisato elementi che consentono di dimostrare come alcuni aspetti propri delle attuali
societ occidentali abbiano predisposto un terreno fertile per far germogliare e crescere il narcisismo: frammentazione sociale, consumismo, incertezza sul futuro, indebolimento dei processi di socializzazione, relativismo
valoriale, iperindividualismo, deistituzionalizzazione,
perdita di significato della dimensione simbolica, precarizzazione dellesistenza.
In merito al secondo interrogativo la risposta va ricercata nel fatto che quei fattori strutturali e culturali, che
hanno consentito lesplosione del narcisismo nellepoca
contemporanea, erano scarsamente presenti se non del tutto assenti nella precedente societ moderna preindustriale
e industriale, in cui invece hanno prevalso altri e opposti fattori strutturali e culturali, che possono compendiarsi
nella durezza della vita, nella centralit del lavoro, nella
necessit di fare sacrifici, nel prevalere del principio di realt
su quello del piacere, nella visione pedagogica molto esigente, nella rilevanza delle norme e dei valori, nel forte
orientamento positivo verso la generativit e il futuro. Questo breve elenco sufficiente per dimostrare che non esistevano le condizioni per la diffusione del narcisismo, sebbene, come gi osservato, le persone narcisiste siano sempre esistente anche nel passato ma rimanendo casi isolati. solo col passaggio da una realt socio-culturale caratterizzata dalla postdurezza per riprendere una nota
espressione di Sartori che si pongono le premesse perch il narcisismo divenga un fenomeno socialmente rilevante, un lusso che molti si possono permettere.
Rispetto allultimo quesito posto, cio quello relativo alle prospettive del narcisismo, la cautela dobbligo

Con riferimento alluomo eterodiretto di Riesman,


Gauchet sostiene che per la personalit contemporanea
le appartenenze tendono a cancellarsi, cos come la famiglia
si deistituzionalizza diventando un fatto privato e di conseguenza perde la sua rilevanza in termini di legami sociali. Ed precisamente in tale senso che bisogna intendere il termine privatizzazione14. Ma, sempre per questo
autore, il legame sociale costituisce un fondamentale valore aggiunto poich esso possiede una forza di natura simbolica, ed proprio il simbolico che costringe le persone ad andare oltre i recinti costituiti dal piccolo mondo
del privato. Processo di de-istituzionalizzazione e crisi del
simbolico fanno venir meno quella capacit di astrazione che consente di assumere il punto di vista collettivo.
Con il secondo individualismo si attua quindi una transizione, rilevante anche sotto il profilo antropologico, dalla centralit dei valori della interdipendenza sociale ai valori della indipendenza individuale. In base alla sua analisi Gauchet arriva addirittura a concludere che luomo
contemporaneo il primo essere umano che ignora di
vivere in societ in quanto non riconosce la dimensione sociale dellesistenza, la necessit di appartenere a una
collettivit e di possedere una storia che lo precede, mentre solo tramite il riconoscimento di tali cose pu esistere uno spazio di coesistenza organizzato15.
Questi ultimi rilievi consentono di aprire un altro ambito di analisi sociologica del narcisismo che riguarda i
comportamenti e gli atteggiamenti del narcisista per verificarne limpatto sulla vita sociale. Pi precisamente si
tratta di verificare se e in che misura possa generarsi un
processo circolare tra narcisismo e societ. C infatti ragione di ritenere che quanto pi cresce il numero dei narcisisti tanto pi si genera una cultura narcisista, spesso supportata e diffusa dai mass-media, la quale a sua volta tende non solo a rafforzare gli orientamenti di chi gi narcisista, che trova conferma e sostegno del suo modo di agire, ma anche ad acquisire nuovi proseliti affascinati dai
suoi aspetti accattivanti.
In precedenza si evidenziato come specifici fattori
strumentali e culturali consentano la diffusione del narcisismo, ma ora si pu anche affermare che, nella misura in cui tale fenomeno si consolida e si espande, esso retroagisce sulla stessa societ che lo ha generato arrivando a influenzarne i modelli di vita. In altri termini, da effetto di precisi processi socio-culturali, il narcisismo diventa a sua volta causa della sua stessa espansione.

3. Un cenno conclusivo
Nelle pagine precedenti si discusso in merito al contributo della sociologia allo studio del narcisismo, evidenziando tre aree di attenzione: 1) i fattori strutturali
e culturali propri delle societ contemporanee che favoriscono la diffusione del narcisismo, 2) le conseguenze che esso provoca a livello micro, meso e macro sociale,

14
15

M. GAUSCHET, La democrazia contro se stessa, Torino, Citt Aperta, 2002-2005, p. 191.


Ibid. 204-209.

23

Sociologia
VINCENZO CESAREO, Il contributo della sociologia allo studio del narcisismo

pu addirittura ipotizzare che la crisi possa anzi rafforzare proprio il narcisismo nella sua declinazione minimalista. Esso infatti si configurerebbe come una difesa a
livello personale nei confronti della stessa crisi: la chiusura narcisistica del S diventerebbe la diga che si oppone ai marosi della crisi planetaria, come unancora di salvezza a cui aggrapparsi. Si tratterebbe peraltro di una salvezza illusoria, non solo per le caratteristiche del narcisismo, ma perch le contraddizioni sistemiche vengono a
scaricarsi sulla singola persona, costretta ad adottare risposte individuali mentre queste contraddizioni, proprio
per il fatto di essere sistemiche, richiedono risposte esse
stesse sistemiche.

anche per non confondere le analisi scientifiche con meri


auspici. In coerenza con quanto appena esposto, lattuale
crisi economico-finanziaria potrebbe indurre a prefigurare
una transizione dalla societ del ben-essere a quella del
mal-essere. Di conseguenza dovrebbe ridursi il fenomeno del narcisismo, in quanto dovrebbero in parte venir
meno quei fattori strutturali e culturali che gli hanno consentito di diffondersi. Ma a tal riguardo avanzo unipotesi diversa poich ritengo che si possa invece verificare
una sorta di ritardo culturale nel senso che i reali mutamenti strutturali, che riguardano in primo luogo la crisi economico-finanziaria-occupazionale, non dovrebbero accompagnarsi a modificazioni di natura culturale. Si

24

Sociologia

MAURO FORNARO

Narcisismo e societ. Per unintegrazione interdisciplinare

Abstract Narcissism and society. For an interdisciplinary integration


Aiming at the integration between psychological and sociological research the Author, observed the increasing diffusion of the
notion of narcissism also among sociologists, proposes a review of the manifold use of this concept in psychological field. Therefore, a synthetic history of its variations starting from Freud is described and todays wide semantic range, including both pathological and normal narcissism phenomena, is drawn. Thus, the Author comes to explain the social features of narcissism, already
remarked by the psychologists themselves, going as far as to introduce the problematic notion of social or group narcissism, especially following ideas of psychoanalysts like Kohut and Kets de Vries.

timo congresso nazionale della Societ psicoanalitica italiana (S.P.I., 2012) stato dedicato a Realt psichica e
regole sociali. Denaro potere e lavoro fra etica e narcisismo: lasse narcisismo-societ risultato portante in numerosi interventi, a dire di una crescente sensibilit circa
il nesso tra questioni intrapsichiche e questioni interpersonali, dunque sociali. Si nota cos una sorta di convergenza parallela tra sociologi e psicologi, cio tra studi di
fatto convergenti ma condotti in parallelo, perch non di
raro allinsaputa di analoghi sviluppi sul terreno della disciplina limitrofa.
Dunque, lintento di chiarire la nozione di narcisismo, al fine di un uso criticamente avvertito da parte del
sociologo che voglia farsi forte della riflessione psicologica, inoltre lopportunit di integrazioni tra le ricerche
del sociologo e quelle dello psicologo, sono ragioni che
sollecitano una duplice ricognizione: da una parte sul
concetto di narcisismo e dallaltra sulle sue estensioni allambito sociale gi realizzate dallo psicologo (essendo lo
scrivente psicologo di orientamento psicoanalitico che si
rivolge a sociologi, contando per altro sulla possibilit di
feconde complementarit interdisciplinari).

Il concetto di narcisismo, nato sul terreno della psicologia, pi esattamente della psicopatologia, ha trovato fortuna nella comunit dei sociologi, a partire notoriamente dallopera di Christopher Lasch degli anni
Settanta: utilizzato come strumento interpretativo per intendere una vasta gamma di fenomeni contemporanei,
giunto a qualificare in toto lattuale societ come era del
narcisismo ( il significativo titolo del volume di Cesareo e Vaccarini, 2012). A volte larea semantica del concetto, qual adottato nel lavoro del sociologo, appare
piuttosto dilatata rispetto al senso o meglio ai sensi con
cui lo si usa in psicologia. Il che accade ad esempio laddove si intenda legoismo, quale forma di ripiegamento
individualistico su di s, senzaltro come espressione di
narcisismo, trascurando di verificare la presenza dellinevitabile componente del narcisismo: per poter parlare
di narcisismo occorre pure qualche misura di amore per
s, che non detto esser presente nellegoista. Infatti un
tipico egoista come lavaro, ma anche linsaziabile accumulatore di denaro di cui abbiamo vistosi esempi nella
grande finanza, pu soggettivamente disprezzarsi come
persona (capita che si trascuri nel proprio aspetto e tanto
meno ami ostentare la propria ricchezza). Ebbene, si
pu parlare in questi casi ancora di narcisismo a patto di
estenderne la nozione fino a comprendere lamore per
quelloggetto, il denaro, in cui lavaro ripone il senso di
s; ma unestensione che va criticamente pensata, perch suppone limpegnativa nozione psicologica di identificazione, di s o del S, col proprio oggetto damore.
Da parte dello stesso psicologo o psicoanalista non
da oggi il tentativo a volte felicemente realizzato, a
volte meno di utilizzare categorie psicologiche per intendere rilevanti fenomeni sociali e altres politici: basti
ricordare Psicologia delle masse e analisi dellIo di Freud,
un lavoro gi del 1921. Nel caso del narcisismo la nozione stata focalizzata negli anni Settanta da Heinz
Kohut, psicoanalista di Chicago ma viennese dorigine,
altres per spiegare la vicende della Germania tra le due
guerre (facendo una sorta di Volkspsychologie); stata in
seguito ampiamente utilizzata da Manfried Kets de Vries,
psicoanalista pure lui e clinico dazienda, per intendere
fenomeni di leadership nei contesti organizzativi, anzi per
leggere taluni tipi di organizzazione aziendale interamente allinsegna del narcisismo. Last but not least, lul-

1. Narcisismo ed estensione del concetto


Purtroppo il sociologo che si rivolga allo psicologo
non trova semplici e univoche descrizioni, bens unarticolata storia del concetto ormai secolare che mostra
una progressiva estensione delle situazioni cui attribuire
la qualifica di narcisismo, inoltre differenti accezioni del
concetto. Vorrei in primo luogo ripercorrere questa storia nei punti essenziali, fino allo status attuale in sede psicopatologica (dato che il sociologo per lo pi intende in
senso negativo lera del narcisismo).
Gi Freud responsabile della dilatazione dellarea
semantica. Infatti il fondatore della psicoanalisi estende
loriginario senso di narcisismo, introdotto dalla psicopatologia sessuale di fine 800 trattasi della perversione
per la quale il soggetto trae godimento sessuale dalla contemplazione del proprio corpo (Ellis, 1898; Ncke, 1899)
, per intendere dapprima lomosessualit (nellaltro del
medesimo sesso lomosessuale ritrova se stesso), infine

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Sociologia
MAURO FORNARO, Narcisismo e societ. Per unintegrazione interdisciplinare

per intendere qualunque investimento affettivo ( la famosa libido) che abbia ad oggetto il proprio Io, a discapito dellinvestimento delloggetto esterno (Freud, 1914).
Loggetto1 del narcisismo diventa dunque lIo in
toto, o meglio, nel linguaggio anglosassone ormai egemone, diventa il S (neologismo coniato in italiano per
rendere the self, a sua volta adottato dallinglese che
non usa sostantivare I per rendere il das Ich di Freud, lIo
nostrano). Ebbene, il S lintera propria persona (ones
own person): cos lo psicoanalista Heinz Hartmann
(1950), nordamericano di origine austriaca, rende canonica nella tradizione analitica la nozione di S in quanto
collegata al narcisismo, ma scaricando curiosamente
sulla nozione di propria persona, a sua volta lasciata
semanticamente nellindeterminato, il termine ad quem
dellintenzionalit narcisistica. Pertanto non solo il corpo
oggetto di narcisismo, ma pure la propria mente (abilit, doti intellettuali, morali, ecc., inoltre la propria figura o immagine sociale). Insomma il self in tutte le sue
accezioni S corporeo, S mentale, S sociale per altro gi note a George Mead e a William James, oggetto
potenziale di narcisismo. Il che pu accadere anche disgiuntamente dallinvestimento del corpo: il caso di chi,
onde esaltare per contrasto il proprio S mentale, arriva
a reprimere il corpo, come in certi tipi di anoressia, o a
trascurarsi nel corpo e nellabbigliamento, come taluni
asceti e taluni intellettuali.
Un ulteriore sviluppo del concetto, pur preannunciato da Freud, stato portato a compimento conseguente solo da Kohut (1971, 1978), date le contraddizioni presenti nellimpianto teorico freudiano. A livello
di descrizione delle energie psichiche implicate nel narcisismo, infatti, Freud (1914) vede un rapporto inversamente proporzionale tra investimento affettivo dellIo e
investimento delloggetto esterno, in base al discutibile
principio che la libido, dovendo essere in totale una
quantit costante, se si riversa sul lato del narcisismo non
pu che sottrarsi sul lato delloggetto esterno, e viceversa.
Ma gi lui stesso notava come nellamore felice la stima
per s concresce con laffetto per laltro, e non invece decresce. Kohut rompe espressamente col teorema del rapporto inversamente proporzionale tra investimento di s
e investimento delloggetto. Rompe altres con lidea di
una netta separazione tra il S e loggetto: psichicamente
il S ovvero lIo supera i confini del corpo, nel senso che
posso sentire laltro, amato, come parte di me, della mia
mente ( sempre presente in me), o addirittura parte del
mio corpo, come nella psicosi. In altri termini, laltro
incluso in un S allargato: nella terminologia kohutiana la persona amata (e da cui sperabilmente sono ricambiato) appare un oggetto-S, cio fisicamente altro da me, ma psichicamente parte del mio mondo,
della mia Umwelt, avrebbe detto Kurt Lewin, cio il

mondo che mi circonda e con cui sono solidale. Dunque,


con apparente ossimoro loggetto cos amato diventa
oggetto narcisistico, cio oggetto esterno narcisisticamente investito. E poich questo oggetto amato e da cui
ricevo amore non solo la figura materna, che sostiene
il piccolo rispecchiandosi ad un tempo in lui, ma qualunque persona cara accompagni il corso della propria
vita (come genitore, compagna/o, figlia/o, amica/o), ne
viene la rivoluzionaria tesi che questo oggetto appartiene
alleconomia dello sviluppo normale di ciascuno.
Donde viene pure la nuova figura, tipicamente kohutiana, del narcisismo sano, che sdogana definitivamente dallarea della patologia il narcisismo delladulto
(o narcisismo secondario, per distinguerlo dal narcisismo
primario, fase fisiologica dello sviluppo infantile, come
gi per Freud, Lacan e tanti altri). Il narcisismo sano
quella misura di amor di s (lamor sui dei medievali e
dello stesso Vangelo: Ama il prossimo tuo come te
stesso) necessaria per un valido amore per il prossimo:
la clinica attesta ad abundantiam che la persona affetta
da patologici sensi di colpa o portata a denigrarsi, ben
poco disposta ad amare il prossimo. Il narcisismo patologico, va da s, nel nuovo contesto risulta dalla rottura
dellequilibrata sinergia tra amore per s e amore per laltro, tra riconoscimento dellaltro e riconoscimento atteso
dallaltro.
La prospettiva inaugurata da Kohut pone in secondo piano lulteriore concezione freudiana del narcisismo, avanzata a partire dagli anni Venti. A seguito
della svolta teoretica del 1920 (contrassegnata dallintroduzione della discutibile nozione di pulsione di morte),
Freud perviene ad intendere nel nuovo contesto il narcisismo primario come lo stato in cui tutta la libido
contenuta nellIo senza rapporto alcuno col mondo
esterno. Situazioni in cui si realizzerebbe questo ipotetico
stato sono il sonno, momento di ritiro di ogni investimento dal mondo esterno, e meglio ancora la fase di vita
intrauterina. Quivi ogni bisogno immediatamente soddisfatto, senza alcuna frustrazione, e dunque non v
necessit di rivolgersi ad oggetti esterni, anzi non avvertita alcuna separazione tra s e oggetto. Su questa nozione di narcisismo primario si baser una corrente di psicoanalisti a partire da Bela Grnberger (1971), francese
di origine magiara, e pure il menzionato Lasch. Questi
nella Postfazione al suo capolavoro (Lasch, 1979, trad.
it. pp. 263 segg.) lo intende, al pari Freud, come quello
stato cui regressivamente aspirano gli individui cio per
Lasch il freudiano narcisismo primario sarebbe la meta
illusoria dei ripiegamenti individualistici nellodierna societ a seguito della caduta dellutopismo sessantottesco.
Grnberger dal canto suo lo intende come quellEden originario cui mirerebbe in fin dei conti lumana aspirazione
a un appagamento definitivo, senza doversi pi misurare

1
Si noti lambiguit della nozione psicoanalitica di oggetto, ora inteso come ci che esterno allIo o al soggetto, ora come
qualunque entit, reale o immaginaria, sia presente alla mente del soggetto. In questo secondo senso lo stesso oggetto qual considerato nella tradizione fenomenologica, cio come termine ad quem della intenzionalit. (Si ricordi che Freud segu corsi di
filosofia allUniversit di Vienna tenuti da Franz Brentano, il padre della fenomenologia, cui allora erano obbligati pure gli studenti di medicina). Ebbene in questo senso la nozione di oggetto sopporta la torsione gnoseologica per cui nel narcisismo il soggetto diventa oggetto a se stesso, cio rappresentazione di s a se stesso.

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Sociologia
MAURO FORNARO, Narcisismo e societ. Per unintegrazione interdisciplinare

con le angustie della realt. La criticit di siffatta concezione del narcisismo sta nel contraddire il carattere eminentemente relazionale della psiche, evidenziato da gran
parte della psicoanalisi odierna: come si pu parlare di
narcisismo laddove non c ancora (feto) o non c pi
(sonno) un soggetto, ovvero un Io che si rivolga intenzionalmente a un oggetto, sia pure il proprio corpo?
Bens v un mero stato dellorganismo e soggettivante
uno stato di indifferenziazione tra s e oggetto. Intendere
dunque il narcisismo, sia da parte dello psicologo che del
sociologo, come lo stato di immediato godimento che
elude ogni confronto con la realt e le limitazioni che essa
impone, basarsi su una discutibile teoria psicologica.
Naturalmente altra cosa sostenere che esiste nellessere
umano il desiderio, edenico o mortifero che sia, di conseguire un tale stato. Ma possiamo correttamente definire
narcisistico un siffatto desiderio?
In conclusione, il mainstream entro lattuale comunit degli psicoanalisti intende il narcisismo come un tipo
di relazione amorosa con s (nei vari aspetti del S) e/o
con gli oggetti amati, sentiti come parte costitutiva del
proprio mondo; ma anche come la relazione con limmagine ideale di s, cio la persona importante che vorrei essere ma so di non essere (come immagine pur sempre psichicamente un oggetto, ora interno). Questo
oggetto, chiamato da Freud in poi ideale dellIo, trova
spesso incarnazione nella persona che mi affascina: tipicamente la persona di cui sono innamorato, ma anche il
leader carismatico cui attribuisco le qualit eccezionali,
reali o presunte, che mi piacerebbe avere. Ebbene, innamoramento e fascinazione per il leader sono figure tipicamente narcisistiche in tutta la tradizione psicoanalitica:
se qui lo ricordo perch fanno da ponte alle forme di
narcisismo sociale o di gruppo di cui pi oltre. Infine, patrimonio comune alle riflessioni recenti (Green, 1993;
Semi, 2007), fatta eccezione dellorientamento kleiniano
(si veda Mancia, 2010), pure la distinzione tra un narcisismo sano, o di vita, inclusivo, presente anche nelladulto, e un narcisismo patologico, o di morte, escludente laltro e/o giocato su unimmagine irrealisticamente
grandiosa di s.

normalizzati (si noti una volta di pi la determinazione


pure sociale delle psicopatologie e della loro rilevazione
come tali), ed anche considerando la loro presenza in diverse altre patologie, quindi detti sintomi risulterebbero
scarsamente specifici. Dal canto suo, lorientamento psicoanalitico prevalente, intendendo superare i limiti del
DSM il quale programmaticamente trascura le dinamiche psicologiche soggiacenti, che possono essere diverse pur in presenza deimedesimi sintomi differenzia
due tipi di narcisismo. Un primo tipo, definito grandioso, o da via alta, o overt o ipervigile (Gabbard, 1989),
quello pi noto e appariscente, per altro abbastanza sovrapponibile alla definizione di narcisismo data nel DSMIV-TR (A.P.A., 2000). Si caratterizza per unimmagine
megalomane di s, senso esagerato del proprio valore e
possibilit, scarsa o nulla empatia per il prossimo, aspettativa di successo e plauso incondizionati come cose dovute. Esso pu ulteriormente articolarsi, in accordo con
la felice (a mio avviso) classificazione SWAP2, in una
forma escludente e maligna, propria del soggetto che imponendo con prepotenza la propria superiorit, presunta
o reale, nega ogni valore al prossimo fino ad arrivare a
sfruttarlo cinicamente; e in una forma includente ed esibizionistico-seduttiva, propria del soggetto che imponendosi col fascino delle proprie doti non comuni, cattura lammirazione del prossimo, che egli a sua volta
portato ad amare nella misura in cui funzionale al
suo progetto grandioso. Se nel tipo del narcisista grandioso sono inquadrabili non pochi leader, bench non
sempre sia facile stabilire in essi il confine tra la genialit
e la patologia, il narcisismo specie nella forma includente
si trova in personalit amate e di grande successo. Sono
casi in cui il narcisismo a volte travalica i confine del S,
nel senso che il leader ingloba nella sua mente lintero
gruppo, partito, nazione di cui posto a capo, sentendosi
portatore di una grande missione collettiva. Oserei pertanto gi qui asserire, che in leader sinceramente populisti il soggetto del narcisismo un Io-noi grandioso.
Accanto a queste varie forme grandiose presenti da
sempre, si rileva, ed la novit dei nostri tempi, un tipo
viepi diffuso di narcisismo pure variamente definito: fragile, o da via bassa, o covert, o inconsapevole (Gabbard,
1989), spesso correlato a sintomi depressivi come allaltra faccia della medesima medaglia. Qui il soggetto, frustrato e deluso piuttosto che pieno di s, semmai alla ricerca di un successo, sperato ma mancato. Si legittimati
a parlare ancora di narcisismo, perch comunque in
gioco la questione dellautostima come questione esistenziale centrale: a un estremo abbiamo leccesso di autostima (narcisismo grandioso di cui sopra), allaltro
estremo il difetto, appunto, tale da invocare il riconoscimento e lammirazione dellaltro, onde guadagnare
senso di identit personale, specie in termini di successo

2. Sul narcisismo patologico


Quanto alle classificazioni psichiatriche odierne,
sembra rientrata la proposta di escludere il disturbo narcisistico di personalit nellimminente riedizione, la
quinta, del DSM (il pi noto manuale diagnostico-statistico in psichiatria). La proposta fu a suo tempo avanzata
considerando lestrema diffusione al giorno doggi dei sintomi di narcisismo, che quindi in certo modo si sarebbero

2
La classificazione SWAP (Shedler-Westen Assessment Procedure) parte dal presupposto che il metodo pi efficace per descrivere la personalit di un individuo sia quello di valutare quanto il suo funzionamento sia riferibile ad una serie di stili di personalit presi come prototipi, anzich procedere per categorie classificatorie rigide (come invece il DSM). Vale a dire tutti gli individui, lungo un continuum, avrebbero tratti pi o meno riconducibili a qualcuno dei disturbi di personalit e si differenzierebbero
in base allintensit e alla combinazione di detti tratti. Pertanto le diagnosi SWAP, descrivendo lo stile di personalit di un soggetto,
includono anche aspetti rientranti in un funzionamento complessivamente sano (Westen et al., 2003).

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Sociologia
MAURO FORNARO, Narcisismo e societ. Per unintegrazione interdisciplinare

meni interni alla societ o a determinati gruppo; pi impegnativo ancora adottare la categoria di narcisismo
di gruppo o narcisismo sociale, pur invalsa in taluni
psicoanalisti, dal momento che il narcisismo pare avere
per soggetto individui singoli, e non il gruppo come tale,
anzi in prima istanza si direbbe unespressione individualistica, a-sociale.
Una valenza gi sociale del narcisismo troviamo, ancora una volta, in Freud. Essa si inquadra in unimmagine
del rapporto individuo-societ che, volendo usare paradigmi sociologici, appare pi vicina alla concezione individualista di un Gabriel Tarde (la societ costituita a seguito delle relazioni interindividuali), che non a quella
collettivistica di un Emil Durkheim (la societ come entit
sopraindividuale). Come per Tarde (1890) limitazione
vicendevole costituisce il cemento della societ, cos per
Freud (1921) il cemento che tiene assieme un gruppo lidentificazione vicendevole tra quanti sono accomunati
dal fatto di riconoscersi nel medesimo leader (percepito da
ciascuno come il proprio ideale). Ebbene questa impostazione, che insiste sulla relazione tra il leader e i gregari singolarmente presi come fondativa della coesione del gruppo,
alla base di un ricco filone di studi in area psicoanalitica,
che focalizza la natura narcisistica di siffatta relazione
sotto vari aspetti e non solo sotto laspetto, gi menzionato,
del carattere narcisistico della idealizzazione del capo.
Con molte pi conoscenze guadagnate sul campo di
quante ne avesse Freud, Kets de Vries (1989), studiando
o curando da psicoanalista vari fondatori di aziende e
inoltre dirigenti di importanti imprese, ha potuto rilevare
il peso del narcisismo: nella gerarchia delle caratteristiche di personalit atte a favorire la propensione a scalare
il potere, i tratti narcisistici (narcisismo grandioso, naturalmente) stanno ai primi posti, assieme a tratti di aggressivit e di paranoia. Il discorso facilmente estendibile ai leader politici, come in effetti lo stesso ha fatto nel
suo best seller, Leader, giullari e impostori (Kets de Vries,
1993). fuori di dubbio, in effetti, che unalta dose di
senso di s permette di superare pi agevolmente le sfide
e i sacrifici necessari per la conquista e il mantenimento
di posizioni di potere; daltra parte lostentata fiducia
nella propria capacit di realizzare progetti ambiziosi, anche sopravvalutando un tantino proprie doti e meriti, favorisce laffidamento di responsabilit crescenti a soggetti
con tratti narcisistici; infine, una certa di insensibilit (carenza di empatia, tipica del narcisista) risulta utile per perseguire unimpresa che provochi sofferenze al prossimo,
come conseguenza delle proprie scelte o azioni. Ma questi soggetti sono sempre a rischio di debordare, portando alla rovina lorganizzazione per cui operano:

individuale. Questo tipo di affezione nella sfera narcisistica stato riscontrato, a partire da Kohut (1971), in
soggetti che approdano agli studi dello psicoterapeuta o
psicoanalista in numero crescente rispetto ai soggetti affetti dalle classiche nevrosi (dovute a conflitti intrapsichici
e non a difetti di autostima).
Il ripiegamento individualistico la possibile risposta in chiave narcisistica alla carenza di autostima, ricercata vanamente nel successo e nel plauso proveniente
dagli altri: lindividuo si chiude come in un bozzolo,
dentro il quale possa trovare quel rispecchiamento di s
che non trova nelle difficili e competitive relazioni sociali.
Pertanto il sociologo giustamente rileva come sintomo del
nostro tempo la correlazione tra il carattere liquido
della societ attuale, ovvero tra la crisi di valori socialmente rilevanti per cui impegnarsi e in cui trovare un proprio senso e valore, da una parte, e il ripiegamento su
(pseudo) valori di realizzazione individualistica, dallaltra (Bauman, 2000; Lipovetsky, 1989). Si tratta segnatamente della ricerca edonistica di quei beni di consumo,
preferibilmente di prestigio, di cui ci si possa circondare
e che rendano a se stessi unimmagine soddisfacente di s,
per altro secondo i modelli prevalenti di benessere. Consumismo, individualismo, crisi di valori di rilevanza sociale e narcisismo fragile si correlano molto bene, anche
nelle ricerche dello psicoanalista attento ai cambiamenti
sociali (vedi S.P.I., 2012).
Ci che inquieta lo psicologo e leducatore il fatto
di ritrovare nei giovani, in et adolescenziale e ancor
prima, un siffatto tipo di narcisismo: largamente favorito
da un ambiente parentale che vede rovesciata la piramide
generazionale (sempre pi famiglie composte da quattro
nonni, due figli-genitori e un solo nipote), lunico rampollo colui su cui la famiglia tutto punta. Circondato
di ogni attenzione, his majesty the baby accudito (viziato) in modo che possano svilupparsi quelle straordinarie doti in lui intraviste e porsi le condizioni perch
consegua da adulto quel successo, spesso mancato ai genitori, cui sarebbe naturalmente votato. Si alleva cos un
giovane fragile e spavaldo, come suona lindovinato titolo di Pietropolli-Charmet (2008): figlio di Narciso,
ben diverso dal figlio di Edipo delle generazioni passate
avvezze al per altro corroborante conflitto con le figure
parentali, all apparir del vero il giovane, carico come
di aspettative sue e di altri su di lui, il pi delle volte incontra le disillusioni della dura realt. Donde i ripiegamenti, le chiusure depressive, col rischio di fughe nella dipendenza da sostanze e altre, laddove manchi lincontro
con valori umani e sociali alternativi. un viatico conferito da non poche famiglie al futuro adulto, tanto inquietante quanto motivo di preoccupazione per la societ
di oggi e di domani.

Narcissism scrive Kets de Vries (2004, pp. 188 seg.)


is a toxic drug. Although it is a key ingredient for success, it
does not take much before a leader suffers from an overdose.
[Il narcisismo una sostanza tossica. Sebbene sia un ingrediente
chiave per il successo, non ci vuole molto perch un leader vada
in overdose].

3. Narcisismo del leader e sua rilevanza sociale


Delicata lestensione della nozione di narcisismo ai
fenomeni sociali. Altro, infatti, individuare le conseguenze in ambito sociale del diffuso narcisismo dei singoli, altro qualificare di narcisismo una serie di feno-

Questo psicoanalista delle organizzazioni si diletta


pertanto a disegnare un ventaglio di leader narcisisti, in

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MAURO FORNARO, Narcisismo e societ. Per unintegrazione interdisciplinare

ad essere esclusiva il che accade laddove il leader si circonda di yes-man onde averne un plauso acritico possono insorgere pericolose forme di folie deux (ad usare
un temine caro alla psichiatria di fine Ottocento, introdotto specie per intendere i crimini di coppia). Si attua,
cio, un circolo vizioso di conferma speculare e vicendevole tra capo e gregari, impermeabile a ogni critica
esterna, cieco ad ogni serio esame della realt, con gravi
rischi per la sopravvivenza del gruppo, sia esso unazienda o un organismo politico (Fornaro, 2012).

funzione delle differenti immagine di s, rispettivamente


forgiatesi nei primi rapporti con le figure parentali (Kets
de Vries, 1980; 1989). Abbiano il narcisista reattivo a un
carente riconoscimento delle sue eccezionali doti (affine
per alcuni versi al narcisista maligno escludente di cui sopra): caratterizzato da instabile senso di s e perci sempre sul chi va l di poter esser messo in discussione,
portato a uno stile di potere controllante, sospettoso, vendicativo. Il narcisista autoillusorio, iperstimolato e da
sempre esaltato nelle sue doti (affine allesibizionista includente di cui sopra): dovendo mantenere alta limmagine irrealistica di s, portato a uno stile di potere ambivalente tra competizione e cooperazione, affamato
come di apprezzamento. Infine v il narcisista costruttivo, cresciuto in un contesto familiare pi equilibrato: dotato di grande fiducia nelle proprie risorse, capace di affrontare con sicurezza le avversit, e nonostante
lipersensibilit alle critiche sa riconoscere i propri errori
e comprendere gli altri, donde uno stile di potere abbastanza elastico, fortemente orientato alla meta.
Va per rilevato che non sempre e non necessariamente il leader patologicamente narcisista motivo di rischio per il gruppo: dipende dal contesto in cui si trova
ad operare. Un caso esemplare a questo proposito ricordato da Kohut (1976), quando nota la funzionalit ad
una Inghilterra al collasso sotto le bombe naziste, del suo
primo ministro Winston Churchill, narcisista fino al limite della presunzione delirante, come si evince dallautobiografia (Churchill, 1942). (Ma intelligentemente gli
Inglesi non lo rielessero, finita la guerra). In limiti pi
contenuti, un dato di fatto al giorno doggi che la personalit caratterizzata da naturali propensioni allesibizionismo alquanto agevolata nella carriera politica:
lesposizione mediatica della propria persona in talkshow e in altri programmi televisivi viene in primo piano
come motivo di attrazione e di influenzamento dellelettore, specie in tempo di crisi delle grandi ideologie quali
motivi di scelta elettorale. Quando poi il candidato leader arriva a coinvolgere la propria famiglia e la fortuna
personale, spettacolarizzate come esemplari o comunque
degne di particolare interesse, v chi ha suggerito di
parlare di sarkoberlusconismo come di un nuovo, tipico stile di comunicazione politica (Musso, 2008).
Lungo questo filone di studi Kets de Vries e Miller
(1984), riprendendo due tipi complementari di relazione
narcisistica, gi individuati da Kohut, mostrano come al
fascinoso narcisismo del capo, che si afferma in virt delle
doti che mostra, possa fare da specchio il processo di
idealizzazione da parte dei seguaci o gregari. Usando il
linguaggio di Kohut (1971), si assiste in questo caso alla
collusione tra il transfert speculare incentrato sullimmagine grandiosa di s del capo, e il transfert idealizzante incentrato sullimmagine grandiosa di s che i seguaci proiettano nel capo. Quando la complementarit
tra questi due tipi di relazione narcisistica stretta fino

4. Narcisismo di gruppo o sociale


Un ulteriore passo nella direzione di un effettivo narcisismo di gruppo o sociale una volta di pi anticipato
da Freud (1921, 1929), laddove parla di narcisismo
delle piccole differenze: si tratta del senso di superiorit
morale, culturale che un gruppo ostenta rispetto ad altri
gruppi pur affini. Anzi proprio laffinit e la vicinanza territoriale favoriscono il confronto, e di qui la pretesa di essere migliori dei membri dellaltro gruppo, fino a irriderli
e a disprezzarli: tipicamente Inglesi vs Scozzesi, Spagnoli
vs Portoghesi, berlinesi vs bavaresi, in Italia settentrionali
vs meridionali. Il narcisismo di gruppo, se da una parte
motivo di cemento tra gli individui che fanno parte di
quel gruppo, dallaltro matrice di potenziale aggressivit. Muovendosi lungo la medesima direttrice si pu ragionevolmente sostenere che il gruppo come tale, il noi
possa diventare il soggetto oltre che loggetto di narcisismo, tanto in forme funzionali quanto patologiche. Se a
un certo narcisismo di gruppo pu essere ascritto il sano
sentimento nazionale, il sano spirito di corpo, va da s
che tale senso di gruppo pu degenerare rispettivamente
nella patologia nazionalistica e nella chiusura settaria,
laddove si misconoscano i valori di altre culture, di altre
tradizioni.
Tuttavia si pu parlare a pieno titolo di narcisismo
di gruppo laddove si sia decisamente cambiato paradigma, accedendo allimmagine del gruppo e della societ
come unentit per taluni versi sopraindividuale, pensabile come una sorta di individuo collettivo, dove gli individui, per lo meno in talune circostanze, sentono e
agiscono pressoch allunisono3. Tra gli psicoanalisti
stato Wilfred Bion (1961) che ha portato a pi coerente
compimento il suddetto cambio di paradigma, partendo
dalla convinzione che nellinconscio di ciascuno residuino fasi di psichicit arcaica e transindividuale, in cui
non ancora avvenuta la chiara differenziazione io-tu e
alle quali anche ladulto dei nostri giorni pu regredire.
Questa convinzione supporta la nozione tipicamente bioniana di assunto di base. Si tratta di un clima, di
unatmosfera caratterizzata da una emozione comune
(specie paura, rabbia, senso di dipendenza, di fiduciosa

3
Anche chi abbraccia una concezione individualista del nesso individuo-societ, non pu negare la presenza di momenti di
regressione collettiva a un comportamento del gruppo allunisono, quasi un unico grande animale. Il che tipicamente accade nei
fenomeni di contagio emotivo dentro alla folla, ma pu pure accadere a una nazione intera in occasione di straordinarie contingenze storiche.

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Sociologia
MAURO FORNARO, Narcisismo e societ. Per unintegrazione interdisciplinare

guado tra un modello individualista e uno collettivista del


nesso individuo-societ, pi di quanto non lo sia Kohut
costruiscono analogie tra lassetto organizzativo di
aziende di qualsiasi tipo, produttive, di servizi, e la psicologia dei singoli. Pertanto, trascurando pure qui le
questioni epistemologiche che dette analogie suscitano,
lorganizzazione nevrotica un tutto che presenta somiglianze con lassetto patologico del singolo. Anzi, per
taluni versi la relazione pure causale, dato il peso rilevante che gli autori attribuiscono al leader e alla sua personalit, sana o disturbata, nel creare un certo clima,
una certa cultura allinterno del gruppo da lui diretto,
specie se il leader ne stato anche il fondatore. Ebbene,
tra i vari tipi di organizzazione nevrotica essi individuano quella isterica. In analogia con la personalit isterico-istrionica lintera struttura organizzativa presenta
quei caratteri di grandiosit, di ostentata magnificenza
volta a colpire gli stakeholder, che pu anche nascondere
un grosso vuoto, come appunto nella personalit narcisistico-grandiosa. Lintero gruppo dirigente, anche perch
selezionato in correlazione alla cultura organizzativa
prevalente, o pi semplicemente scelto dal leader in
conformit con la propria sensibilit, portato ad appoggiare acriticamente iniziative azzardate, finanziariamente dispendiose, inoltre a dare al capo, per altro accentratore e ben poco disposto a delegare, quel plauso
che si attende per le sue geniali idee. Evidentemente la sopravvivenza di siffatta organizzazione alla lunga a rischio, anche se specie nella fase iniziale e in certe condizioni ambientali lazienda o il gruppo possono aver avuto
successi eclatanti.
In conclusione, nelle stesse analisi degli psicologi il
narcisismo si dispiega in variegate direzioni di rilevanza
sociale: interessa questioni inerenti i gruppi, piccoli o
grandi che siano fino a intere nazioni, e certamente investe le dinamiche intersoggettive presenti nei gruppi di
qualunque tipo. Manca per una teoria coerente e unitaria che metta assieme in modo ordinato \questi vari filoni, questi vari oggetti dindagine. Il che dipende anche
dal fatto di dover far capo a presupposti diversi, che per
altro dividono trasversalmente la comunit dei sociologi
e quella degli psicologi: segnatamente riguardano la differenza che con certo schematismo ho utilizzato tra una
concezione individualista e una collettivista del rapporto
individuo-societ. C dunque notevole materia di interfacciamento e di interazione tra il sociologo e lo psicologo.

attesa), che si attiva automaticamente in tutti i membri


del gruppo in talune circostanze, cos che il gruppo agisce e reagisce come un unico individuo: quanto egli osserva studiando piccoli gruppi riuniti a scopo terapeutico.
Bench il concetto di assunto di base abbia avuto molta
fortuna nellinterpretare criticit relazionali allinterno di
organizzazioni aziendali e di gruppi sociali di vario tipo,
verosimilmente la matrice kleiniana del pensiero di Bion
gli ha impedito di focalizzare le dimensioni narcisistiche
di gruppi in assunto di base.
Nellopera di Kohut, finalmente, lidea di un narcisismo di gruppo e dunque sociale viene affermata in
modo chiaro: la naturale conseguenza della sua nozione
S di gruppo (1976, trad. it. p. 215), dato lindissolubile nesso che fin dallinizio del suo pensiero egli stabilisce tra il S, comunque inteso, e il narcisismo. In tal senso
il S del gruppo, cio il gruppo nelle specifiche caratteristiche che lo qualificano rispetto ad altri gruppi (e pure
lo differenziano da se stesso in diversi momenti storici),
suscettibile di processi evolutivi e involutivi, fisiologici
e patologici, analoghi a quelli che avvengono nei singoli
individui. In particolare, al fine di ritrovare e mantenere
la propria coesione, la propria identit nel corso del
tempo, il S di gruppo non pu non trovare rispecchiamento e appoggio, al pari del singolo individuo, in taluni
oggetti-S (cio, come sopra detto, gli oggetti damore atti
a supportare narcisisticamente il soggetto nel corso del
suo sviluppo): si tratta di personaggi carismatitici, fondatori, ma anche simboli e miti collettivi, tradizioni e pure
oggetti artistici nei quali il gruppo si riconosca.
Kohut espone queste tesi in vari studi di psicostoria,
sullarte, sul potere e altri (raccolti postumi, Kohut,
1985). Non qui luogo di compiere una disamina della
correttezza epistemologica delle analogie che egli avanza
tra S individuale e S di gruppo, cos da trattare il
gruppo altres come soggetto e oggetto di narcisismo. In
ogni caso Kohut (1969-70; 1978; passim) si sente autorizzato a parlare di un S di gruppo della nazione, o
S nazionale tout court, occupandosi in particolare del
popolo tedesco, essendo lui profugo dallAustria invasa
dai nazisti. Questo S, gravemente umiliato dalla pace di
Versailles, specie a confronto con lorgoglio (S grandioso) di una nazione che nellanteguerra si poneva allavanguardia in ogni campo, prostrato poi dalle vessazioni economiche e dalla divorante inflazione, si trovava
tra le due guerre in preda a rabbia narcisistica, che nel
linguaggio di Kohut la controparte di un narcisismo offeso, ed tanto pi distruttiva quanto pi grandioso il
senso di s. In una tale situazione di dilacerazione e di
rabbia collettiva, che trov per altro corrispondente
espressione nellarte e nella letteratura del tempo a dire
del carattere organico del S di una nazione, la nazione
tedesca si rifugi in quelloggetto-S rappresentato in
mancanza daltro, si noti dal nazismo e dal suo leader4.
Parimenti Kets de Vries e Miller (1984) sia pure al

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Sociologia

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Sociologia

ITALO VACCARINI

Dallera dellumanesimo moderno allera del narcisismo

Abstract A fertile line of interpretation of the contemporary existential-psychological condition of Western societies, from the
Seventies of the 20th century until today, can be identifies in the narcissistic mentality that became typical of these societies. We
hypothesize a historical and sociological distinction between the era of modern humanism (1700-1970) and the era of narcissism
(1970-today).

lazioni oggettuali, di elaborare simbolicamente i conflitti tra le pulsioni dellEs e le interdizioni del Superio. Lio
nevrotico era cio capace, malgrado le distorsioni attestate
dai sintomi nevrotici, di affrontare la dinamica edipica e
di acquisire un Superio strutturato. Al contrario del soggetto nevrotico, il soggetto narcisistico non in grado di
sviluppare quelle capacit poich il suo sviluppo psichico si arrestato a una fase preedipica. Di conseguenza egli
privo di unidentit consistente e ci lo espone a sensazioni di perdita e di vuoto. Nel contempo gli studiosi
che hanno evidenziato questo mutamento della sintomatologia dalla problematica edipica alla problematica
narcisistica si accorsero che essa non esauriva il suo significato nellorizzonte clinico-terapeutico, ma si propagava massicciamente negli ambiti della societ e della cultura. Invero nei primi anni Settanta gli psicoanalisti Kernberg2 e Kohut sottolineano lesigenza di unevoluzione del
quadro terapeutico per risolvere il problema, sociale oltrech psicologico, della diffusione delle patologie narcisistiche. Secondo Kohut3, i problemi identitari erano divenuti pi importanti negli anni Settanta perch leducazione di questo periodo storico promuove una libert
che indebolisce il Superio e favorisce la depressione. Verso la met degli anni Settanta entrano in scena i sociologi:
Sennett dichiara che dato il proliferare di disturbi caratteriali, sorprendente che gli analisti non si chiedano
se non sia la societ a favorire lemergere di questi sintomi4. Lasch5 a sua volta sviluppa una critica epocale della cultura del narcisismo, identificata come la cifra del
nuovo carattere americano (virtualmente, del nuovo carattere occidentale).
Ricapitolo limpianto teorico della psicoanalisi incentrata sulla problematica narcisistica ispirandomi a una
ricostruzione storica di Ehrenberg, in La societ del disagio6, che distingue una corrente americana, in cui risaltano i menzionati Kernberg e Kohut, e una corrente francese, che si caratterizza per la traduzione in un idioma
lacaniano del paradigma narcisistico elaborato oltreoceano. A mio avviso queste due correnti forniscono con-

In Lera del narcisismo, Vincenzo Cesareo e Italo Vaccarini1 hanno illustrato la seguente tesi. A partire dagli anni
Settanta del secolo scorso lOccidente entrato in una nuova epoca, contrassegnata da una mutazione antropologica:
questa mutazione interpretabile sul piano psicologico
come una regressione dalla struttura psichica caratteristica
dellepoca dellumanesimo moderno una struttura definita dallapertura del se al mondo e al futuro, nonch
dallelevata capacit di elaborazione simbolica alla struttura psichica caratteristica dellera del narcisismo, definita dalla chiusura del se al mondo e al futuro, nonch
da una ridotta capacit di elaborazione simbolica. In queste pagine sviluppo alcuni punti salienti della tesi appena enunciata, rimasti per lo pi impliciti in Lera del narcisismo: essi concernono la trattazione teorica del narcisismo, la logica paradossale della personalit narcisistica e specifici tratti distintivi, emblematicamente narcisistici, della societ occidentale contemporanea.

1. I fondamenti teorici: la dislocazione della


psicoanalisi dalla centralit dellEdipo alla centralit
di Narciso
Negli anni Settanta del secolo scorso matura la consapevolezza storica dellavvenuta transizione, in ambito
psicopatologico, dalla dominanza delle nevrosi classiche,
legate al complesso di Edipo, alla dominanza di disturbi
identitari, depressione e specifiche patologie narcisistiche,
di origine preedipica. Era un cambiamento imponente: apparve infatti subito chiaro che non si trattava di un mero
avvicendamento del quadro sintomatologico ma piuttosto di una vera e propria mutazione antropologica. una
mutazione di segno regressivo. Si consideri, infatti, che lIo
nevrotico, nonostante fosse lacerato da conflitti intrapsichici tra le istanze della personalit Es, Io Superio ,
che producevano i sintomi nevrotici, manteneva nondimeno la capacit di identificarsi nelle figure dei genitori, in primis del padre, di sviluppare con queste figure re1

V. CESAREO, I. VACCARINI, Lera del narcisismo, Milano, Franco Angeli, 2012.


O. KERNBERG, Teoria della relazione oggettuale e clinica psicoanalitica, Torino, Bollati Boringhieri, 1980.
3
H. KOHUT, Narcisismo e analisi del s, Torino, Bollati Boringhieri, 1977.
4
R. SENNETT, Il declino delluomo pubblico. La societ intimista, Milano, Bompiani, 1982, p. 235.
5
C. LASCH, La cultura del narcisismo, Milano, Bompiani, 2001.
6
A. EHRENBERG, La societ del disagio, Torino, Einaudi, 2010.
2

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Sociologia
ITALO VACCARINI, Dallera dellumanesimo moderno allera del narcisismo

contemporaneo, proprio perch chiama in causa il rapporto della personalit con la societ e la cultura. Il narcisismo patologico leffetto dellerosione della relazione oggettuale: il paziente narcisistico vulnerabile alla perdita delloggetto in quanto essa reca danno alla sua autostima, che costituisce il bene psichico pi prezioso. Il paziente narcisistico si difende dalla paura di questa perdita sprofondando dentro se stesso. Qui vi oscilla tra un s
grandioso, vissuto al riparo dalle minacce allautostima,
e un s fragile, esposto alla crisi dellautostima. In conclusione, nelle interpretazioni di Kernberg e soprattutto
di Kohut il sintomo decisivo delle patologie narcisistiche
lincapacit di regolare lautostima. Ora, non pu sfuggire la valenza antropologica negativa di questa assimilazione del narcisismo patologico alla crisi della fiducia
in se stessi, cio della emersoniana self reliance. E questo
deficit di fiducia, poich lede la consistenza dellidentit
della persona, compromette lintera gamma delle disposizioni psicologiche che concorrono a definire una personalit autonoma e ricca di senso: spinta al self improvement, allempowement, allachievement, allautopotenziamento; capacit di coltivare speranze, aspirazioni,
aspettative elevate. Perci Lasch sottotitola il suo capolavoro La cultura del narcisismo, unera di aspettative
decrescenti (diminishing expectations). Perci Kohut
ritiene che il narcisismo (patologico) rappresenta il fallimento dellideale di uomo forte che lotta per la realizzazione dei suoi progetti. Un tipo di uomo che, come viene illustrato in Lera del narcisismo, definisce lessenza dellidentit psichica tipica dellepoca dellumanesimo moderno.

tributi complementari alla comprensione del narcisismo


contemporaneo.
La corrente americana adotta un approccio sintetico. Essa si concentra sul tratto distintivo basilare della personalit narcisistica, caratterizzata da un ego debole in termini psicoanalitici: una carenza di forza di energia psichico-morale, di lan vital. Una carenza di forza che assume la forma antropologico-morale di una carenza di fiducia in se stessi. Questo deficit d origine a una strategia minimalista, imperniata sul ridimensionamento delle aspettative. Tale strategia costituisce infatti la chiave esplicativa del dualismo paradossale inerente alla psicopatologia narcisistica. La compresenza di un senso dimpotenza
a incidere sul reale e di un senso illusorio di totale autonomia e onnipotenza. Un senso che deriva per lappunto dalla possibilit dischiusa dal menzionato ridimensionamento delle aspettative di soddisfare in toto e immediatamente i propri desideri.
La corrente francese adotta un approccio analitico:
essa mette a fuoco, mediante lassunzione dellidioma lacaniano, linsieme delle caratteristiche della personalit
narcisistica che sono state illustrate in Lera del narcisismo: la chiusura spaziale dellIo al mondo, la chiusura temporale dellIo al futuro e al passato, il deperimento della capacit di elaborazione simbolica; in sintesi per riprendere categorie di Lera del narcisismo la regressione della struttura psichica nei confronti di quella tipica
dellumanesimo moderno. Procedo ad illustrare queste due
correnti interpretative del soggetto narcisistico contemporaneo.
Linterpretazione americana del soggetto narcisistico La riforma della psicoanalisi promossa dai teorici del
narcisismo Kernberg e Kohut si fonda su una concezione del soggetto umano, alternativa a quella di Freud. Al
contrario del soggetto freudiano, strutturalmente diviso
in tre istanze Es, Io, Superio e imperniato sullEs, larea inconscia dominata dalle pulsioni, il soggetto dei teorici americani del narcisismo concepito in modo unitario
come s (self), cio come persona. Il self definisce il nucleo coeso, autonomo, attivo e propositivo della personalit. Donde due conseguenze. In primo luogo, il fattore motivazionale ultimo del comportamento non la pulsione, come in Freud, ma la spinta alla realizzazione del
self; in secondo luogo, il self si rapporta al mondo tramite
relazioni oggettuali: la categoria di relazione oggettuale
denota che il rapporto del s con gli oggetti un fenomeno
interpersonale, svincolato dalle pulsioni, e non un fenomeno sostanzialmente pulsionale, come in Freud. Ne consegue che la problematica della vita psichica del soggetto umano gravita non gi, come in Freud, sul rapporto
dellIo con lEs e con il Superio, bens sul rapporto del s
con gli oggetti delle sue relazioni. Queste sono di due tipi:
linvestimento oggettuale, rivolto agli altri, e linvestimento
sul proprio s, che ha carattere narcisistico. Questo narcisismo pu essere sano o patologico; questultimo che
sollecita linteresse teorico degli studiosi del narcisismo

Linterpretazione francese del soggetto narcisistico


Come sostiene Ehrenberg, nella cultura, e specificamente nella psicoanalisi, francese, in idioma lacaniano che
si formula la problematica dellindividuo narcisista, che
da due decenni si era affermata in America7. Con lespressione idioma lacaniano, Ehrenberg designa quel
distillato analitico della complessiva teoria psicoanalitica di Lacan, idoneo ad inquadrare i disturbi dellidentit,
la depressione e in genere le patologie narcisistiche, nonch quel disagio sociale generato dalla loro diffusione
allintera societ, che segnano il panorama psicologico e
sociale a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. Come
accennato in precedenza, lidioma lacaniano non soltanto pienamente integrabile allimpianto teorico americano del soggetto narcisistico, ma pu esserne considerato
un approfondimento e un completamento. Lacan rilegge la dinamica dellEdipo teorizzata da Freud, individuando
il centro focale di questa dinamica nella coimplicazione
di divieto interiorizzato e di desiderio, che si palesa nellesperienza fondamentale della mancanza (delloggetto
del desiderio). Questa costitutiva dellidentit sana e della maturazione del soggetto, e si realizza mediante il processo di simbolizzazione, ovvero di elaborazione simbolica del reale. La maturazione psichica dipende dal fatto
che il divieto interiorizzato genera e fortifica la disposi-

A. EHRENBERG, ibid., pp. 233-234.

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ITALO VACCARINI, Dallera dellumanesimo moderno allera del narcisismo

zione alla rinuncia del godimento, cio alla sopportazione


della mancanza. E questa rinuncia, a sua volta, genera e
fortifica il desiderio delle cose e delle persone che mancano. Perci il divieto, con il suo corredo di repressione
e di mortificazione, e il desiderio, che causa e nel contempo effetto di unesaltazione delle potenzialit del soggetto, concorrono insieme a dinamizzare la psiche. Pi precisamente la dinamica psichica, che sincentra sulla fase
edipica, trasforma la repressione dellaffettivit e la conseguente accettazione del limite, entrambe risultanti dallinteriorizzazione del divieto, nella propulsione affettiva
verso lillimitato in cui consiste il desiderio. Quanto al terzo elemento dopo il divieto interiorizzato e il desiderio
costitutivo della dinamica edipica e della sua risoluzione,
cio il processo di simbolizzazione, esso si configura come
il medium del detto processo trasformativo proprio dellEdipo, poich iscrive la perdita, che inerente alla rinuncia
al godimento, in un ordine dei significati, cio in una struttura dei senso, che ha proprio nel desiderio il centro propulsore. Pertanto al versante affettivo del desiderio corrisponde il versante cognitivo della simbolizzazione.
Questa evoca una realt pi ampia dellhic et nunc, una
dilatazione degli orizzonti, una spinta allidealizzazione,
un orientamento tanto ricettivo quanto attivo nei confronti
degli altri. Come sostiene Ternynk, in Luomo di sabbia,
un saggio di chiara ispirazione lacaniana, la logica del
desiderio alimenta il movimento di apertura e si lascia trasportare verso altri scopi, proietta lindividuo fuori di s,
conferisce la capacit di stupirsi di ci che viene dal mondo8.
Ebbene, lidioma lacaniano che ho appena ricostruito funge, per il main stream degli psicoanalisti francesi, da paradigma e criterio di riferimento e valutazione della patologia e del disagio narcisistici, delle figure adiacenti e correlate della depressione e dei disturbi della personalit. Pertanto il soggetto narcisista che non
ha conosciuto la dinamica edipica perch il suo sviluppo
si arrestato, o regredito, ad una fase preedipica, cio
per lappunto narcisistica si definisce mediante la negazione e il ribaltamento dei tre elementi costitutivi dellidentit matura appena tratteggiati. Ternynk ascrive infatti le patologie e il disagio narcisistici a fenomeni come
la diserzione del simbolico, la negazione della logica
del desiderio, il rilassamento, se non la neutralizzazione, del divieto. Questi fattori privano di consistenza lidentit personale, come dimostrano, in primo luogo, lindebolimento della consapevolezza del continuum tra passato, presente e futuro, pertanto lerosione della coscienza
storica; in secondo luogo, la formazione di un individualismo auto-centrato che comporta la negazione dellalterit, intesa come co-costitutiva della stessa identit
del soggetto; in terzo luogo, la presenza diffusa di sintomi di stanchezza, vuoto, fatica, stagnazione e impasse. Ora,

limpatto di questa configurazione psichica narcisistica sulla societ e sulla cultura, che ha avuto luogo a partire dagli anni Settanta genera, per dirla con Ehrenberg, una precarizzazione dellesistenza, che giustifica la severa diagnosi della condizione umana nellera del narcisismo formulata da Christian Godin in La fin de llhumanit: Lumanit sta perdendo collettivamente, universalmente, il
desiderio di vivere. Una svalutazione di s senza pari, su
scala mondiale, travolge la specie umana9.

2. La logica paradossale della personalit narcisistica


Questo tipo di personalit sembra gravitare sulla combinazione, sulla complementariet e sulla contraddizione tra massimalismo e minimalismo; pi specificamente,
tra massimalismo sul piano dellimmaginario e minimalismo sul piano della realt. La logica paradossale della
personalit narcisistica, che ovviamente un fenomeno
di natura psicologica, dispiega nondimeno tutte le sue potenzialit sul terreno sociologico e in senso lato storico.
Gli studiosi della psiche contemporanea sono consapevoli
di questo dualismo endemico della personalit narcisistica:
Ehrenberg qualifica lindividualista depresso, tipica
espressione dello spostamento da Edipo a Narciso, caratteristico dellepoca contemporanea, come limpotente
sovrano di se stesso10; Twenge sottotitola il suo saggio
Generation Me, dedicato al narcisismo delle nuove generazioni, perch i giovani doggi sono pi sicuri, hanno pi diritti e sono pi infelici che mai11. Ritengo proficuo richiamare una tipologia di questa singolare combinazione di massimalismo e minimalismo.
La combinazione di sovrainvestimento del s e di frustrazione insopportabile provocata dalla irrilevanza del
proprio s al cospetto del mondo; le combinazioni di onnipotenza e impotenza; di autosufficienza e insufficienza, di autonomia sovrana assoluta e di sottomissione e dipendenza; di culto dellapparenza e di opacit blas che,
sostiene Simmel, vede tutto in una tonalit perpetuamente
piatta e grigia12 e in cui le cose sono percepite e vissute come desostanzializzate (are experienced as insubstantial13); la combinazione di un s grandioso alimentato da un illusionismo megalomanico inossidabile e
di un s diminuito, per ricorrere a unespressione di Furedi, che ipervulnerabile, afflitto da sensazioni di vuoto e di insignificanza; la combinazione di euforia alimentata
dalla disposizione di illimitate possibilit tutte a portata
di mano, dischiuse dalla liberazione da vincoli e tab,
e di disforia provocata da una sensazione irresistibile,
schiacciate e pervasiva di impossibilit uno stato di panne, impasse, engulfment che impantanano, bloccano e
in sostanza assiedano il s. La depressione, che assurge

C. TERNYNK, Luomo di sabbia, Milano, Vita e pensiero, 2012, p. 76.


C. GODIN, La fin de lhumanit, Seyssel, Champ Vallon, 2003, pp. 216-217.
10
A. EHRENBERG, La fatica di essere se stessi, Torino, Einaudi, 1999, p. 173.
11
J. TWENGE, Generation Me, Milano, Excelsior, 2007.
12
G. SIMMEL, The Sociology of Georg Simmel, in K. WOLFF (a cura di), Glencoe, The Free Press, 1950, p. 414.
13
Ibid., p. 414.
9

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Sociologia
ITALO VACCARINI, Dallera dellumanesimo moderno allera del narcisismo

gore le proprie tesi si espone ad essere stigmatizzato come


bullismo.
Dallaltro lato lo scenario umano dellera del narcisismo mostra un volto totalmente diverso e di segno opposto. La personalit narcisistica oppressa dalla fatigue,
la fatica quotidiana di vivere, stanca, accetta supinamente
lo status quo; in effetto, essendo priva di fiducia in se stessa, di conseguenza priva di fiducia verso gli altri, e priva di fiducia nel futuro, ci implica sfiducia nelle possibilit di cambiare, di migliorare. La documentazione pi
impressionante di questo senso dimpotenza, di impossibilit, di difficolt insuperabili offerta dal sociologo
inglese di origine ungherese Frank Furedi, in Il nuovo
conformismo14 la cultura terapeutica dellOccidente contemporaneo definisce come tendenzialmente patologica
lintera vita quotidiana della grande maggioranza della popolazione; ci perch gli individui non sono pi educati
a controllare la propria vita mediante la forza di carattere e laffronto delle avversit. In tal modo i cittadini si
trasformano in vittime, potenziali o attuali vittime di abusi, discriminazioni, dipendenze. Furedi conclude amaramente: che dallinizio della modernit la libert dazione
dellindividuo e la sua capacit di controllo non sono mai
state negate con tanta forza come oggi: il senso di impotenza che caratterizza lindividuo contemporaneo non
ha precedenti nella storia moderna15.
Richiamo ulteriori manifestazioni, nellera del narcisismo, della combinazione massimalismo-minimalismo che la cifra della personalit narcisistica.
Il bisogno compulsivo di riconoscimento e il diritto alla stima altrui. Da un lato, il s sente, e viene educato a sentire dalle agenzie di socializzazione che hanno
introiettato le diminishing expectations dellera del narcisismo, di avere un diritto allautostima, e persino un diritto a diventare famoso, indipendentemente dalle prestazioni che, secondo il senso comune, possono legittimare
stima e reputazione. Dallaltro lato, la cultura terapeutica, pedagogica e mediatica biasimano le aspirazioni elevate, i contenuti etici esigenti, ed esortano a preoccuparsi
di evitare il peggio piuttosto che di raggiungere mete impegnative. In particolare, il permissivismo pedagogico imperante nella famiglia non meno che nella scuola spinge
ad abbassare il livello di aspettative nei confronti delle nuove generazioni: insomma, la cultura intellettuale, professionale e mediatica dellera del narcisismo ripudia lessenza delleducazione come concepita dallumanesimo moderno. Uneducazione che motivava a desiderare cose molto importanti, a coltivare fiducia e speranza, a imparare
a dare il meglio di se stessi, a dedicarsi a una causa, a promuovere lempowerment delle persone.
Le espressioni di emotivismo flamboyant nei comportamenti collettivi delle nuove generazioni. Esse sono
contrassegnate dalla combinazione di un sensazionalismo
sovraeccitato e sovrastimolato, punteggiato da emozioni shock, e di una desensibilizzazione di fondo; una combinazione che scandita temporalmente dallalternanza

a psicopatologia prioritaria a partire dagli anni Settanta,


costituisce la concretizzazione emblematica della detta esperienza di impossibilit e, come sostiene Kohut, rappresenta la controparte del s grandioso proprio del narcisista. La correlazione tra depressione e patologie narcisistiche trova conferma nella contemporaneit i primi anni Settanta della loro irruzione a fenomeno psicopatologico qualificante sulla scena psicoanalitica, psicologica e psichiatrica. Insomma, la personalit narcisistica bifocale: in essa coesistono esaltazione cosmica
del s che nel suo sentirsi speciale e unico e nella sensazione di illusoria autonomia condensata nello slogan della choice, free choice fa la vertiginosa esperienza di toccare il cielo con un dito - e svalutazione di s, e del mondo: Una svalutazione condensata in espressioni come important, not that important: nulla veramente importante!
Questultima combinazione di massimalismo e minimalismo trova una concretizzazione emblematica nellesperienza che occupa una posizione centrale nellera del narcisismo: fare sesso. Da un lato, sul piano della definizione e stereo tipizzazione ideologica, essa viene esaltata come espressione suprema del movimento di emancipazione da tab millenari, dallaltro lato, sul piano del vissuto, a detta delle stesse nuove generazioni, che ammettono con franchezza le loro esperienze in materia nella relazione sessuale in fondo non succede nulla.
Il dualismo esperienziale tra possibilit illimitata e
soffocante impossibilit, sopra richiamato, ulteriormente
declinabile e specificabile come dualismo esperienziale tra
facilit irrisoria e la difficolt insormontabile. Da un lato,
la visione del mondo tipica dellera del narcisismo alimenta la sensazione che tutto facile da ottenere, disponibile, accessibile, a portata di mano, che la vita facile, sovrabbondante, priva di tragiche limitazioni, e ci
perch la vita genuina, come insegna la cultura mediatica, deve essere governata dal principio di piacere e
orientata alla gratificazione immediata del desiderio. Da
questo orientamento che, parafrasando Hans Jonas, potremmo chiamare principio-facilit, la tonalit culturale dominante nellera del narcisismo, che costituita dal
relativismo valoriale, secondo cui nessun valore superiore o inferiore agli altri, ma tutti sono legittimi. Ma ci
significa che tutto possibile, tutte le porte sono spalancate,
le difficolt spianate, i conflitti livellati, i vincoli che siano posti dalla propria coscienza, dal futuro, o dagli altri
indeboliti o dissolti: insomma, come recita ladagio di Feyerabend, secondo questa visione facilista della vita anything
goes! Questo approccio decreta la scomparsa della tirannia della verit, e con essa anche dellinsieme del potenziale discriminatorio che connaturato allinsieme delle distinzioni qualitative vero/falso, significativo/banale, buono/cattivo, bello/brutto, giusto/ingiusto. Insomma,
tutto davvero diventato facile: si parla, infatti, di credito facile, di adattamento facile alla realt, di tolleranza, indulgenza, autoindulgenza, perdonismo, buonismo;
persino sostenere con convinzione e argomentare con ri-

14
15

F. FUREDI, Il nuovo conformismo. Troppa psicologia nella vita quotidiana, Milano, Feltrinelli, 2005.
Ibid., p. 156.

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Sociologia
ITALO VACCARINI, Dallera dellumanesimo moderno allera del narcisismo

stica. Nellera del narcisismo, come testimonia lesperienza


degli indignati nelle sue versioni e denominazioni al di
qua e al di l dellAtlantico, si registrano forme di lotta
che non riescono a consolidarsi e stabilizzarsi, e si esauriscono in movimenti di protesta deboli, fluttuanti e frammentari.
Crisi nella sfera religiosa. Il narcisismo minimalista
concorre a spiegare la scristianizzazione accelerata, peculiarmente nelle nuove generazioni europee degli ultimi
decenni. A tal proposito, assumiamo, con Acquaviva, in
Eros, morte ed esperienza religiosa20, che lessenza antropologica delle religioni, segnatamente del cristianesimo, risiede nellelaborazione simbolica degli affetti fondamentali dellamore e del timore, pertanto nella produzione di universi simbolici che integrano le situazionilimite della condizione umana e peculiarmente nella tradizione religiosa biblica, il grande codice dellOccidente
dilatano gli orizzonti temporali sino al futuro escatologico. Ebbene, la diserzione simbolica caratteristica dellera del narcisismo finisce inevitabilmente per svuotare
lhumus esistenziale in cui attecchisce la religione, in particolare proprio il cristianesimo. Invero, se luomo contemporaneo-tipo indifferente al proprio futuro storico,
come si pu attendere che dia importanza, e unimportanza suprema, al proprio futuro escatologico; cio che
creda seriamente a quelli che la teologia cristiana chiama
i novissimi?
Crisi nella sfera culturale. Com noto, lorientamento
culturale che ha preso il sopravvento nellera del narcisismo il postmodernismo: esso rispecchia con evidenza i tratti del narcisismo minimalista e rappresenta il superamento consapevole della fisionomia dellumanesimo
moderno. Invero, i tratti basilari del postmodernismo sono
lesaltazione del frammento, della dispersione e delle superfici, e la liquidazione come anacronistica di qualsiasi
idea di formazione spirituale e morale della personalit.
Lyotard, in La condizione postmoderna21, considerato il
manifesto del postmodernismo individua correttamente lessenza del postmodernismo proprio nella presa
di distanza dellumanesimo moderno. Vale a dire, con le
sue parole, nellincredulit nei confronti delle metanarrazioni della modernit22, che valorizzano il lavoro,
la politica, la scienza, leducazione intesa come formazione
della personalit; in sintesi, esaltano il progresso del genere umano, dei popoli, dei singoli cittadini. Questa incredulit nei confronti delle metanarrazione si presenta
come lespressione culturale esemplare del minimalismo
blas proprio della personalit narcisistica.
Intendo passare da una presentazione rapsodica ed
esemplificatoria a una presentazione pi organica dellimpatto della personalit narcisistica sulla societ e sulla cultura contemporanea. A tal fine distinguo un impatto

ciclica di effervescenza e di torpore: allaccensione improvvisa di fuochi di paglia emotivi segue lafflosciamento
che sfocia in uno stato di torpore.

3. Limpronta della personalit narcisistica nel


panorama sociale dellOccidente contemporaneo
Lopacit blas, il ridimensionamento delle aspettative, lindifferentismo e il depotenziamento del desiderio
e della progettualit, elementi rivelatori del minimalismo
congenito al narcisismo contemporaneo, sono da tempo
oggetto di preoccupate analisi, anche da parte di chi ignora la categoria di narcisismo, che comunque si dimostrata
a mio avviso la pi efficace per interpretare quel fenomeno
epocale. Per esemplificare. Lo storico Hobsbawn denuncia
la distruzione del passato o meglio la distruzione dei meccanismi sociali che connettono lesperienza contemporanea
a quella delle generazioni precedenti. La maggior parte
dei giovani cresciuta in una sorta di eterno presente16.
Per un altro storico, Riccardi, la radice spirituale della
crisi (contemporanea) la mancanza di speranza17. Infatti, lEuropa, negli ultimi decenni, non crede di poter cambiare se stessa e sa di non riuscire a cambiare il mondo.
Oggi la terribile guerra in Siria non suscita significative
reazioni nellopinione pubblica e si sviluppata in un quadro di generalizzata indifferenza18! Il rapporto CENSIS
del 201019 sulla situazione sociale del nostro Paese ha denunciato la crisi del desiderio, specialmente nelle generazioni pi giovani.
Procedo a richiamare alcuni indicatori di crisi pi
precisamente, di crisi dellumanesimo moderno concernenti determinati ambiti della societ occidentale
contemporanea, che manifestano le coordinate della
personalit narcisistica: autoreferenzialit soffocante,
diserzione del simbolico, temporalit chiusa nel presente,
banalizzazione e svuotamento del desiderio.
Crisi nella sfera politica. Il narcisismo minimalista concorre a spiegare la perdita della vitalit, della capacit di
visione, della carica propulsiva e propositiva che avevano caratterizzato i soggetti politici partiti di massa,
movimenti dal tardo Ottocento al tardo Novecento.
un deficit denunciato peculiarmente dai teorici della postdemocrazia Dahrendorf e Couch. Ora, si consideri che
i detti soggetti politici tipici dellepoca dellumanesimo moderno fondavano la loro identit su un dato antropologico il tessuto dei militanti di partito o di movimento.
Persone proiettate nel futuro, dedite a una causa, animate
da una coscienza storica e da un senso di appartenenza
comunitaria che inerivano allumanesimo moderno, ma
sono incompatibili con i tratti della personalit narcisi-

16

E. HOBSBAWN, Il secolo breve, Milano, Rizzoli, 2007, pp. 14-15.


A. RICCARDI, La sorpresa di papa Bergoglio. Crisi e futuro della Chiesa, Milano, Mondadori, 2013.
18
Ibid. p. 23.
19
CENSIS, 44 Rapporto sulla situazione sociale del Paese, Milano, FrancoAngeli, 2010.
20
S. S. ACQUAVIVA, Eros, morte ed esperienza religiosa, Roma-Bari, Laterza, 1990.
21
J. F. LYOTARD, La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, Milano, Feltrinelli, 1979.
22
Ibid., p. 6.
17

37

Sociologia
ITALO VACCARINI, Dallera dellumanesimo moderno allera del narcisismo

diale, sempre pi pensionato della Grande Storia, perch contrassegnata da un tasso di natalit del tutto insufficiente a garantire il ricambio generazionale, e altres
incapace di mettere in moto una dinamica nazionale a livello europeo. Ora, entrambi queste evidenze storiche sono
imputabili, per dirla in idioma lacaniano, alla diserzione simbolica, vale a dire allincapacit di elaborazione simbolica del reale, che grava sul vecchio continente, e in misura crescente con il succedersi delle generazioni.
Con riferimento al primo dei due fenomeni considerati, il trend europeo di denatalit, si consideri che, come
denunciano i coautori di Il cambiamento demografico26,
linverno demografico che colpisce lItalia ma il giudizio ovviamente generalizzabile, salvo isolate eccezioni, allEuropa complessivamente considerata il risultato concreto di una mentalit antiprocreativa e antigenerativa, che vede i bambini propri come un ostacolo alla
libert e alla realizzazione personale, e i bambini altrui come
una presenza ingombrante e fastidiosa. In tal modo la mentalit dominante nellEuropa contemporanea rivela la radicalit della sua diserzione del simbolico nellindifferentismo ottuso e blas con cui la cultura terapeutica, pedagogica e mediatica svaluta e neutralizza dimensioni cruciali della ricchezza di senso dellesistenza umana quali la
nascita di un nuovo essere umano e il compito di prendersi
cura di questo nuovo essere umano, formandolo ad una
vita libera e responsabile. Come sostengono i coautori del
menzionato Il cambiamento demografico, bisogna riconoscere che il cosiddetto inverno demografico molto di pi di un problema sociale. una vera e propria tragedia simbolica, destinata a riflettersi negativamente negli ambiti pi disparati della societ27.
Con riferimento al secondo dei due fenomeni considerati, la precariet della costruzione di unidentit collettiva europea, cio della messa in moto di una dinamica nazionale su scala europea, si consideri che la crisi dellidentit europea in qualche modo leffetto aggregato
della crisi delle identit personali prodotte dalle patologie e dal disagio narcisistici, che affliggono ampi segmenti
della popolazione del vecchio continente. Anche questa
crisi identitaria che affligge lEuropa si presenta imputabile, in ultima analisi, alla diserzione del simbolico pi
volte richiamata. Studiosi di scienze umane e opinion leader concordano nel deplorare, in Europa, la mancanza di
una visione, di unidea forte di storia, di un mito politico capace di mobilitare gli animi, coinvolgere le coscienze, attivare speranze, creare nuovi valori, accendere desideri; e conseguentemente, di sviluppare una capacit di azione allesterno. Nella consapevolezza delloriginalit dellidentit europea, nonch del carattere agonistico-conflittuale dello scenario internazionale, e nella
determinazione di affermarla, assumendo il ruolo di forceful player, di fronte alle altre collettivit. Il risultato com-

sociale del narcisismo minimalista, ricapitolabile nella carenza del legame sociale, e un impatto culturale, ricapitolabile, per dirla con Bloom, in una carenza di pensiero23.
La carenza del legame sociale. ovvio che la diffusione generalizzata di personalit narcisistiche, come tali
autocentrate, miopi e minimaliste, costituisce di per s un
fattore di erosione del legame sociale in tutte le sue forme. In effetti, il narcisista essendo costitutivamente debole, cio, come anticipato, essendo carente di forza psichica, privo di forza di carattere, di forza danimo, di forza di convinzione vive, per dirla con Anderson, nellera della perdita della virt (loss of virtue)24 o, per dirla con Mac Intyre, del dopo la virt (after virtue)25.
Unera che svaluta e disprezza la manliness, lessere un
uomo, avere un carattere, laddove manliness, letteralmente virilit, non si oppone affatto, fondamentalmente,
a femminilit bens ad animalit. Proprio per questa congenita e basilare debolezza il narcisista ha una coscienza morale sfocata, un soggetto sfiduciato, riluttante
a misurarsi attivamente e creativamente con la realt, dunque a compiere azioni significative, ad affrontare le sfide poste dalle circostanze. Insomma, un soggetto disimpegnato. Inoltre, la mancanza di empatia, la propensione a strumentalizzare il prossimo, a considerarlo interessante soltanto nella misura in cui pu ridurlo a propaggine e specchio di se stesso, a considerare ogni vincolo
che lega ego ad alter come un attentato alla sua libert
di scelta e un scivolamento in una condizione di dipendenza, sono tutti tratti della personalit narcisistica che
rendono assai difficile, se non impossibile, creare relazioni
interpersonali intime, profonde, cariche di senso, e di conseguenza capaci di consistenza e di stabilit. Allorigine
di questa precariet del legame sociale troviamo la precariet dei legami primari, quelli con le figure genitoriali; infatti, il narcisismo patologico emerge in una fase preedipica dello sviluppo psichico. Il soggetto, bloccato a uno
stadio antecedente alla dinamica edipica, si trova per definizione preclusa lidentificazione con le figure genitoriali,
quindi lacquisizione di unidentit aperta, in un primo
tempo alle figure famigliari e, successivamente, alle persone e alle comunit di riferimento, inclusa la comunit
religiosa (una delle etimologie del termine religione, religare, allude appunto al fatto che anche la religione un
legame sociale). Passiamo a una corposa esemplificazione di questa carenza di legame sociale, volgendo lattenzione a un macrofenomeno storico di portata epocale, cio
la crisi dellEuropa.
La carenza di forza, la sfiducia, lindifferenza sostanziale, insomma il minimalismo del narcisista trovano
un campo di espressione emblematica nelle condizioni in
cui versa attualmente lUnione Europea. UnEuropa sempre pi vecchia, sempre pi emarginata nello scenario mon-

23

A. BLOOM, La chiusura della mente americana. I misfatti dellistruzione contemporanea, Torino, Lindau, 2009.
D. ANDERSON, The Loss of Virtue. Moral Confusion and Social Disorder in Britain and America, London, The Social Affairs United, 1992.
25
A. MAC INTYRE, Dopo la virt. Saggio di teoria morale, Milano, Feltrinelli, 1988.
26
AAVV, Il cambiamento demografico, Roma-Bari, Laterza, 2011.
27
Ibid., p. 17.
24

38

Sociologia
ITALO VACCARINI, Dallera dellumanesimo moderno allera del narcisismo

tura occidentale, Parigi. Alla luce di queste dinamiche culturali, suona forse eccessivamente provocatorio attribuire
un significato emblematico di questa carenza di pensiero al seguente evento che concerne la storia delle arti figurative? Mi riferisco alla decisione, nel 2004, di richiedere
a un campione di cinquecento esperti darte di indicare quale fosse lopera darte pi rappresentativa e influente del Novecento. La risposta maggioritaria fu: Fontana di Duchamp,
che si limita a mettere in mostra un orinatoio e lo presenta come unopera darte. Una convalida davvero insuperabile nella sua esemplarit, della menzionata testimonianza
del narcisismo contemporaneo offerta dalla Twenge, che
neutralizza la dimensione pi autenticamente umana dellesistenza, affermando addirittura di ignorare che cosa sia
una significativa filosofia della vita!

plessivo di questo deficit di elaborazione simbolica sotto gli occhi di tutti: una tonalit piatta e grigia che ottunde
tutte le distinzioni di valore genera quella sfiducia, quel
senso paralizzante dimpotenza nei confronti del futuro,
quella depressione, che definiscono la tonalit psico-affettiva delleuropeo-tipo contemporaneo.
La carenza di pensiero. Lautorevole studiosa americana del narcisismo, la psicologa Twenge, in un saggio dedicato alle nuove generazioni segnate dal narcisismo, dalleloquente titolo Generation Me, riconosce: mentre nel
1967 l86% di coloro che si apprestavano ad entrare alluniversit considerava obiettivo di primaria importanza
sviluppare una significativa filosofia della vita, nel 2004 soltanto meno della met, il 42%, concordava con quellassunto28. La psicologa ammette poi con candida schiettezza:
Anchio appartengo alla mia generazione (la generazione
dellIo): ma nonostante sia una docente universitaria non
so nemmeno io che cosa sia una significativa filosofia della vita29. Si tratta indubbiamente di unefficace descrizione
di quella che Bloom, ma anche Arendt30, chiamano carenza
di pensiero, intendendo con questa espressione lincapacit e la mancanza di interesse e di desiderio di porsi gli interrogativi fondamentali dellesistenza. Per ricorrere alla terminologia filosofica di Kant, lessere umano-tipo dellera
del narcisismo rinuncia a pensare gli interrogativi teoretico-esistenziali perch lorgano idoneo a pensarli la vernunft o ragione, intesa come contrapposta al verstand
o intelletto ormai atrofizzata. Invero, ci che denuncia
la Twenge lincapacit di trascendere lorizzonte pragmatico
dellesistenza, lopacit spirituale, il torpore, fondamentalmente la diserzione del simbolico, in sintesi il minimalismo, che contrassegnano lera dellOccidente contemporaneo e consentono di qualificarlo come narcisista.
Non pu stupire, allora, che da questa conclamata indifferenza nei confronti di qualsiasi significativa filosofia
della vita discendano come inevitabili corollari le seguenti
perdite. In primo luogo, la perdita di autorit dellintellettuale, inteso come coscienza critica che d voce ai grandi problemi della propria epoca; in secondo luogo, la perdita della deferenza verso leredit intellettuale del passato inclusa leredit intellettuale della stessa modernit
, che condensato nel sapere astratto; in terzo luogo, la svalutazione delle agenzie di socializzazione culturale, incentrate sulla promozione umanistica. Nussbaum31 e Todorov32,
tra gli altri, hanno diagnosticato e deprecato la crisi delle
humanities, cio della cultura umanistica, alla quale sempre stata riconosciuta una specifica competenza nellaffronto
delle questioni esistenziali. Lo scrittore Piperno ha dedicato
pagine eloquenti, e forzatamente nostalgiche (come dargli
torto!), allevocazione delleffervescenza intellettuale, dei movimenti didee e della produzione filosofica, letteraria e teatrale, che hanno animato la stagione dei decenni dellimmediato secondo dopoguerra in una delle capitali della cul-

Bibliografia
AA.VV. (2011), Il cambiamento demografico, Roma-Bari, Laterza.
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(a cura di), Glencoe, The Free Press.
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TODOROV T. (2008), La letteratura in pericolo, Milano, Garzanti.
TWENGE J. (2007), Generation Me, Milano, Excelsior.

28

TWENGE, op. cit., p. 127.


Ibid., p. 127.
30
H. ARENDT, La vita della mente, Bologna, Il mulino, 2009.
31
M. NUSSBAUM, Not for Profit, Princeton, Princeton University Press, 2010.
32
T. TODOROV, La letteratura in pericolo, Milano, Garzanti, 2008.
29

39

Sociologia

40

Sociologia

FAUSTO COLOMBO

La parabola narcisistica nei media

La rete come specchio narcisistico?

Luscita del volume Lera del Narcisismo, di Vincenzo


Cesareo e Italo Vaccarini1, ha posto sotto i riflettori dellattenzione sociologica un tema che in modo confuso
e scarsamente articolato percorre da qualche anno la
corrente ctonia della riflessione sulla rete, soprattutto nella versione del web 2.0. Nel 2010, per esempio, un bel
numero della rivista Aut Aut2, collazionava alcune posizioni critiche riguardo alla rete come emergevano nella letteratura internazionale3. In particolare, i saggi di
Geert Lovink4 e di Maria Maddalena Mapelli5 mettevano
in risalto alcune tendenze nelluso di massa della rete che
potevano essere accostate al narcisismo, e in particolare a quello che Cesareo e Vaccarini definiscono narcisismo minimalista, ossia quella deriva minimalista della soggettivit che chiude la persona nella propria autoreferenzialit, privandola di conseguenza della capacit di costruire relazioni fondate sullautentico riconoscimento di alter e di pensare e agire in ottica progettuale6. Una tale tendenza critica pu lasciare sorpresi,
se paragonata con i precedenti entusiasmi riguardo alle
potenzialit genuinamente espressive della rete, ma non
vi dubbio che alcuni elementi dello sviluppo di questultima inducano oggi a guardare quantomeno con prudenza le pratiche sociali che vi sono connesse. Daltronde,
dopo la prima sintesi operata da Aut Aut, gli ultimi
anni hanno visto crescere le riflessioni in questa prospettiva.
Il mio intervento cerca di dare conto dei legami tra
web 2.0 e narcisismo in due mosse:
a) lindividuazione degli aspetti del web 2.0 che pi sembrano connessi a pratiche narcisistiche;
b) una ipotesi interpretativa sulla continuit fra le tendenze individualistiche in atto gi negli anni Ottanta e lattuale era del narcisismo: questo legame ha a
che vedere con lo sviluppo dei media, anche prima
del web 2.0, se non altro come indicatori dei processi
in atto.

Una delle riconosciute caratteristiche del web 2.0


la nuova potenzialit espressiva offerta agli utenti. Di fatto la risposta dei navigatori a questa generica affordance delle piattaforme (blogging, social networks, sistemi misti come Youtube) si articola in tre grandi azioni-tipo: quella che potremmo definire propriamente creativit, che consiste nel postare on line contenuti verbali, iconici, audiovisivi originali; la condivisione, messa in gioco da un
certo attivismo nel far circolare contenuti altrui o nel commentarli pubblicamente; infine, la relazionalit incentrata
sullio, nel senso di una crescente esposizione di s, delle proprie attivit, dei propri pensieri e delle proprie immagini.
In realt, anche nelle prime due pratiche del cosiddetto web 2.0 possibile riscontrare alcuni indizi di
pulsione egotica, ma la terza, certamente, la chiave di
volta per comprendere la dimensione narcisistica delle pratiche on line (o, pi precisamente, di alcune di esse).
Ad essa soprattutto si riferisce Barry Wellman quando
parla di networked individualism come cuore della dimensione sociale del web7. Siamo qui di fronte alla resa
pubblica di contenuti relativi a se stessi, su una scala
sostanzialmente di massa, che coinvolge anonimi e celebrit. Di recente, alcune declinazioni di superficie del
tema sono divenute molto evidenti e dibattute anche dagli organi di informazione. Per esempio, il quotidiano
La Repubblica ha pubblicato, il 29 dicembre 2013,
un dossier sulluso crescente dei selfies ossia gli autoscatti eseguiti abitualmente con la fotocamera di uno
smartphone e immediatamente messi in rete via Twitter o Facebook. In particolare, Gabriele Romagnoli ha
scritto: Quando si afferma un fenomeno, ne segue a
ruota la fenomenologia () Si occupano del tema filosofi
dellinnovazione e blogger tredicenni. Il popolo cinese
si fa un selfie davanti alla statua di Mao per celebrar-

V. CESAREO, I. Vaccarini, Lera del narcisismo, Angeli, Milano 2013.


Aut Aut, 347, luglio-settembre 2010, numero monografico Web 2.0. Un nuovo racconto e i suoi dispositivi.
3
Tra gli esponenti pi significativi della corrente critica verso il web 2.0 vorrei qui citare A. KEEN, N. CARR. Del primo segnalo The Cult of the Amateur. How Todays Internet is Killing Our Culture, Random House, Doubleday 2007; trad. it. Dilettanti.com. Come la rivoluzione del web 2.0 sta uccidendo la nostra cultura e distruggendo la nostra economia, De Agostini, Novara 2009; del secondo The Shallows: What the Internet Is Doing to Our Brains, Norton & Co., New York 2011; trad. it. Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello, Cortina, Milano 2011.
4
G. LOVINK, Tre tendenze del web 2.0, in Aut Aut, 347, luglio-settembre 2010, pp. 23-35.
5
M. M. MAPELLI, Facebook. Un dispositivo omologante e persuasivo, in Aut Aut, 347, luglio-settembre 2010, pp. 115126.
6
V. CESAREO, I. Vaccarini, op. cit., p. 10.
7
Vedi per esempio B. WELLMAN, The Rise of Networked Individualism, in L. Keeble (ed.), Community Networks Online,
Taylor & Francis, London 2001, pp. 130-184; ma anche il recente L. Rainie & B. Wellman (eds), Networked: The New Social
Operating System, MIT Press, Cambridge (Ma) 2012.
2

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Sociologia
FAUSTO COLOMBO, La parabola narcisistica nei media

puter. nel mezzo di queste innovazioni, nel 2005, che


Tim OReilly conia in un suo celebre post la nozione di
Web 2.011. Con il termine si fa riferimento alla rinascita
di internet dopo la gi citata esplosione della bolla speculativa del 2000/2001. Le caratteristiche di questi media sono: multimedialit, facilit duso, possibilit per
lutente di inserire contenuti e di renderli visibili, costruzione di una reputazione on line che non dipende
dallappartenenza a grandi marchi di comunicazione,
ma si costruisce nel successo quotidiano allinterno della propria rete. Lincrocio fra questi nuovi media e le
tecnologie mobili (smartphone e tablet, per esempio) ha
reso possibile la diffusione quasi globale di una specie
di rete soffice e avvolgente, che consente agli individui
di essere praticamente sempre connessi con altri individui, dentro a gruppi o a comunit pi o meno stabili e radicate.
Naturalmente, queste opportunit tecnologiche
aprono come sostengono alcuni teorici soltanto delle porte, che possono essere varcate o no dalle tendenze sociali. Non un caso che nel tentativo di spiegare
lo straordinario successo delle reti ubique che caratterizzano il web 2.0, si sia fatto ricorso al concetto simmeliano12 di socievolezza, intesa come attitudine ideale
per le occasioni di amicizia, di incontro salottiero, di gossip. La socievolezza simmeliana di tanto in tanto giustamente associata alla rete e ai social media rimanda
al piacere tutto umano di stare insieme senza obiettivi determinati e funzionali, al di fuori del contesto produttivo e politico. Peter Dahlgren usa per definire il diffuso
atteggiamento di chiacchiera socievole in rete e la societ
che lo ospita, la bella definizione di talkative society, che
potremmo tradurre societ chiacchierona (Dahlgren
2009).
In effetti, la nostra attitudine allo scambio socievole sembra incrementarsi sempre di pi, attraverso connessioni continue, partecipazione a social networks,
produzione e distribuzione di contenuti, o anche semplicemente contatti frequenti con i nostri affini13, tanto
da produrre anche fenomeni di rigetto o quantomeno di
ridimensionamento, in cui alcune persone scelgono o di
rinunciare alla loro presenza o di operare una stretta selezione degli amici e della cerchia di conoscenze.
dunque in questo contesto socievole e amichevole
che si sviluppano i casi di espressione narcisistica. mia
opinione che la forte connessione fra comportamenti narcisistici e web vada cercata non tanto nella tecnologia
in s, quanto in una complessa articolazione del tempo sociale che essa abilita, ma di cui non interamen-

ne il centoventesimo anniversario della nascita () Schermate di considerazioni si fermano a un bivio: si tratta


di puro narcisismo o qualcosa di pi profondo, destinato a lasciare il segno? In altre parole, lautoscatto
condiviso una masturbazione pubblica o si sta concependo qualcosa?8. E Massimo Recalcati: Se la propria vita ha bisogno dellautoscatto per certificarsi di
esistere perch porta con s un dubbio sulla propria
esistenza. il sintomo clinico prevalente della personalit
come se (corsivo mio): la percezione diffusa della propria inesistenza, lassenza del sentimento della vita. Di
nuovo troviamo al centro il binomio depressione-narcisismo che () un binomio decisivo per intendere pi
in generale le mutazioni antropologiche del nostro tempo9.
Come si vede, il legame fra utilizzi del web e fenomeni narcisistici appare piuttosto consolidato nel dibattito pubblico. Tuttavia possiamo chiederci: tale legame ha
origine nelle caratteristiche stesse del web, o in una sua
particolare torsione da parte di istanze sociali tipiche del
narcisismo minimalista?
Per rispondere, proviamo a inquadrare brevemente le caratteristiche del web 2.0. Gi Tim Berners
Lee, linventore del web, aveva chiaro il legame fra tecnologia e cultura a proposito della sua creazione: Il web
pi uninnovazione sociale che uninnovazione tecnica.
Lho progettato perch avesse una ricaduta sociale, perch aiutasse le persone a collaborare e non come un giocattolo tecnologico. Il fine del web migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo10 (corsivi miei). Se
questo vero per la prima, ormai mitica versione del
web, lo ancora di pi per la seconda, quel web 2.0 che
nasce dalla grande, doppia crisi della bolla speculativa dellindice Nasdaq (2000) e dall11 settembre 2001
con lattentato terroristico alle Twin Towers di New
York. Da l in poi non si contano le innovazioni che si
sono affastellate e hanno cambiato il panorama tecnologico e sociale delle nostre vite: nel 2001 nascono
Wikipedia e Second Life. Nello stesso anno Apple lancia liPod, che prende il posto del Walkman, sino a quel
punto la tecnologia perfetta per lascolto della musica
in mobilit. Del 2003 iTunes Store; del 2004 Flickr
e Facebook, destinato a diventare il social network per
antonomasia, che si quoter in borsa nel 2012. Nel 2004
Sony lancia in Giappone Libri, il suo primo primo
eBook reader. Nel 2005 nasce Youtube, nel 2006
Twitter. Nel 2007 esce liPhone di Apple, che nel 2010
lancer liPad, con cui dar un impulso decisivo al mercato dei tablet, una via di mezzo fra smartphone e com-

G. ROMAGNOLI, Selfie, in La Repubblica, 29 dicembre 2013, p. 44.


M. RECALCATI, Selfie. Lansia di riempire il vuoto interiore, in La Repubblica, 29 dicembre 2013, p. 45.
10
T. BERNERS-LEE, Weaving the Web. The Original Design and Ultimate Destiny of the World Wide Web by its Inventor, Haper Collins, New York 1999; trad. it. Larchitettura del nuovo web, Milano, Feltrinelli, 2001, p. 113 trad. it.
11
Cfr. D. BENNATO, Sociologia dei media digitali. Relazioni sociali e processi comunicativi del web partecipativo, Laterza, RomaBari 2011 e F. COLOMBO, Il potere socievole. Storia e critica dei social media, Bruno Mondadori, Milano 2013.
12
G. SIMMEL, Soziologie der Geselligkeit, in Id. Vehhandlungen des Ersten Deutschen Soziologentages, J.C.B. Mohr, Tubingen 1910; trad. it. La socievolezza, Armando, Roma 1997.
13
Si veda G. BOCCIA ARTIERI, Stati di connessione. Pubblici, cittadini e consumatori nella (social) network society, Angeli,
Milano 2013.
9

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Sociologia
FAUSTO COLOMBO, La parabola narcisistica nei media

I media e il narcisismo post-riflusso

te responsabile. La possibilit di essere sempre in rete,


da qualunque luogo del mondo connesso (che non lintero luogo, ma costituisce certamente la nostra oikoumene14) rende possibile pensare differenti soluzioni del
rapporto complesso fra la dimensione privata e quella
pubblica, fra intimit e vetrina, tra tempo e spazio dedicati al lavoro e tempo e spazio dedicati a s e alle relazioni amichevoli o affettive15. La stessa nozione di relazione sociale si complessifica: i destinatari dei nostri
messaggi e delle nostre esternazioni, prendono sempre
pi la forma di pubblici, nel senso classico di audiences, o meglio, per fare il verso a una celebre definizione di Thompson16, di quasi-audiences, perch ciascuno dei membri di questo pubblico ha la possibilit di
risposta, quindi di azioni che lo facciano emergere dal
parziale anonimato. Insomma, quando si posta un contenuto su un blog, su Facebook o su Twitter, lo si fa per
un pubblico misto di persone che si conoscono (ma che
si trattano in modo collettivo come se non le si conoscessero personalmente, ma fossero un pubblico abituale)
e di un pubblico vero e proprio, che allinterno della finzione dei social media pu essere immaginato come una
somma di persone in relazione di conoscenza pregressa con se stessi.
allinterno di questa trasformazione legata
com ovvio, e come gi ho accennato non soltanto
alla tecnologia disponibile, ma anche a cambiamenti
rilevanti nelle relazioni sociali, nel lavoro, nellarticolazione stessa della distinzione tra pubblico e privato
che si pu pensare il narcisismo minimalista. Ci significa che la complessa forma della relazione sociale
che caratterizza la rete non dipende tanto dalla rete stessa, quanto piuttosto da una crescente attitudine che ripaga in qualche modo limpoverimento economico e
la crescente incertezza sul futuro con un surplus di socievolezza. Il che abilita soprattutto relazioni leggere
e fluide, anche se naturalmente non inibisce forme relazionali pi robuste e tradizionali. Rimane da
spiegare perch, in termini mediatici, in queste relazioni
leggere tenda a insinuarsi il narcisismo. E qui, tuttavia, guardare alla rete non basta pi, e occorre fare un
passo indietro.

Vorrei partire dal ben noto saggio di Lasch, La cultura del narcisismo17, che come si ricorder leggeva alcuni
fenomeni della societ post-contestazione (prevalentemente
statunitense) in una chiave psicoanalitica. La tesi di fondo di Lasch era che quella svolta narcisistica che metteva al centro lindividuo e la sua realizzazione privata (puntando al raggiungimento del benessere fisico, della realizzazione economica, dellappagamento nel consumo) altro non era se non il perfetto compimento della fase ribellista e contestativa. Un esempio molto appropriato citato da Lasch era quello di Jerry Rubin, icona del movimentismo giovanile (autore tra laltro del best-seller controculturale Do it18), di cui lautore osservava con cinico disincanto la progressiva deriva attraverso dichiarazioni
sullimportanza della conoscenza di s, della buona alimentazione, di una vita sana, di una crescente tolleranza per la diversit sessuale.
Il testo di Lasch aveva una forte impronta americana, e la sua applicazione in Europa (dove la traduzione
fece molto discutere e fu letta come uno delle prime indicazioni convincenti del mutamento sociale e culturale
che fu definito da noi riflusso) era quantomeno discutibile. Eppure anche in Italia (dove la fase della contestazione e della partecipazione dur pi a lungo che negli Stati Uniti e in larga parte del resto dEuropa) la svolta stava avvenendo, ed era sensibile. Daltronde, se nel nostro Paese non erano alle viste fenomeni cos netti come
il reaganismo e il thatcherismo, si presentavano comunque in modo riconoscibile nuove spinte al consumo, e il
sistema mediatico si andava modificando prepotentemente
grazie allavvento delle televisioni commerciali19. Proprio
nella svolta a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta del
mezzo televisivo possibile riscontrare la funzione essenziale che esso avrebbe svolto nei decenni successivi:
a) in primo luogo il modello di programmazione italiano
(e pi in generale europeo) andava sganciandosi dal
modello monopolista che sia pure in modo paternalista aveva pensato il piccolo schermo come una
grande arena pubblica, venata di pedagogismo e rivolta essenzialmente a un pubblico di cittadini. I nuo-

14
Sul concetto di oikoumene si veda J. BROTTON, A History of the World in Twelve Maps, Penguin, London 2012; trad. it.
La storia del mondo in dodici mappe, Feltrinelli, Milano 2012.
15
La bibliografia sul punto sconfinata. Mi limito qui a qualche indicazione generale: M. BAKARDJIEVA, Virtual Togetherness:
An Everyday Life Perspective, Media, Culture & Society 25(3), pp. 291-313 e Internet Society: the Internet in Everyday Life,
Sage, London, Thousand Oaks, Dehli 2005; N. CHRISTAKIS, J. FOWLER, Connected. The Amazing Power of Social Networks and
How They Shape Our Lives, HarperPress, London 2010; H. JENKINS, Convergent Culture, New York University, N.Y, 2006; trad.
it. Cultura convergente, Apogeo, Milano 2007; Z. PAPACHARISSI, A Private Sphere. Democracy in a Digital Age, Polity Press, Cambridge 2010.
16
Il riferimento al concetto thompsoniano di quasi-interazione mediata, in J.B. THOMPSON, The Media and Modernity. A
Social Theory of the Media, Stanford University Press, Cambridge 1995; trad. it. Mezzi di comunicazione e modernit. Una teoria sociale dei media, il Mulino, Bologna 1998.
17
C. LASCH, The Culture of Narcissism, Norton & Co, New York 1979; trad. it. La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano 2001.
18
J. RUBIN, Do it! Scenarios of the Revolution, Simon & Schuster, New York 1970; trad. it. Fallo! Scenari di rivoluzione, Mimesis, Milano 2008.
19
Mi permetto qui di rimandare alla trattazione e alla ricognizione bibliografica sullargomento nel mio Il paese leggero. Gli
Italiani e i media fra contestazione e riflusso, Laterza, Roma-Bari 2012; assai utile anche il testo di GOZZINI La mutazione individualista. Gli Italiani e la televisione 1954-2011, Laterza, Bari 2011.

43

Sociologia
FAUSTO COLOMBO, La parabola narcisistica nei media

b)

c)

viduo tende a galleggiare prescindendo da grandi consistenze. In particolare, alcuni studi sui concorrenti di queste trasmissioni, soprattutto i pi anonimi
fra i soggetti che si candidano o vengono addirittura
scelti, mostrano da un lato una forte consapevolezza
dei meccanismi della visibilit sociale attuale, dallaltra salvo rari casi i classici sintomi di insicurezze e debolezze20.

vi sistemi misti, che integravano lofferta del servizio pubblico con la nuova offerta delle televisioni commerciali avevano finalit essenzialmente economiche,
e si indirizzavano a pubblici di consumatori;
in secondo luogo le nuove televisioni davano vita a
un fenomeno di marcata globalizzazione, attraverso importazioni crescenti di contenuti di intrattenimento da USA, SudAmerica, Giappone. Questa
globalizzazione si sarebbe poi acuita e perfezionata
attraverso la diffusione di formule (format) da declinare Paese per Paese, realt per realt, sia pure entro un medesimo meccanismo di intrattenimento e
in fondo una medesima visione del mondo (per
esempio, la competitivit, lindividualismo e cos via);
infine la programmazione televisiva, tesa a colonizzare progressivamente le 24 ore giornaliere, e quindi alla ricerca di sempre nuovi contenuti a costi ridotti, prese a realizzare sempre pi programmi fondati su immaginario che rispecchiava la vita quotidiana del consumatore, come nel trionfale caso della cosiddetta Tv verit, o reality Tv che, a partire dagli anni Ottanta, mise lo spettatore televisivo cos
com, nella sua cruda essenza di persona qualunque, al centro dello spettacolo stesso. Il modello perfetto di questo processo si sarebbe manifestato poi
nel reality show (come il celebre Big Brother), dove
persone qualunque si sarebbero candidate a vivere
in una casa esposta agli sguardi delle telecamere e
del pubblico, in un teatro del presente di cui un acuto film come The Truman Show avrebbe poi fornito uneccellente critica morale. In particolare sul reality show si esercitata lanalisi di molti studiosi di
media, che hanno mostrato la perfetta congruenza
fra il modello spettacolare sotteso a questi programmi
e le tendenze in atto in una societ sempre pi frammentata, senza forti identit collettive, dove lindi-

Qui, appunto, la storia della televisione incontra il


web, nuovo medium in qualche modo antitetico e rivale
del vecchio, ma daltro canto saldamente ispirato dalle stesse logiche, dalle medesime pulsioni alla visibilit a fronte di insicurezze profonde. Non un caso forse che le tendenze alla crescente visibilit dellindividuo utente sul web
prendano il proprio slancio mentre la televisione generalista
frutto della svolta della fine degli anni Settanta entra in
crisi. Sotto questo profilo (cio per quanto concerne questi usi narcisistici) il web non unalternativa, ma la ripresa e il rilancio della tendenza gi manifestatasi nella
Tv. In questo senso il narcisismo minimalista pu costituire, almeno in prima istanza, una chiave di lettura anche del percorso dei sistemi dei media dopo la svolta individualista, che ne mostra insieme la continuit e la dipendenza non soltanto da meccanismi economico-produttivi, ma anche e pi a fondo da logiche simboliche e
da tendenze allegemonia dellimmaginario. Dobbiamo insomma affermare che la svolta narcisistica dei media (oggi
allattenzione pubblica per le sue manifestazioni connesse
a pratiche legate alla rete) si colloca assai prima della messa a punto del web 2.0, e trova nella televisione le sue primissime forme evidenti. Ci che il web mette a disposizione di nuovo lubiquit socievole delle relazioni mediate, il senso di leggerezza che esse trasmettono e che per
certi versi abbatte le ultime barriere alla manifestazione
narcisistica del s.

20
A titolo di sintesi, rimando qui al lavoro di S. VAN BAUWEl, N. CARPENTIER, Trans-Reality Television: the Transgression of
Reality, Genre, Politics, and Audience, Lexington Books, Lexington 2010.

44

Sociologia

SERGIO BELARDINELLI

La cultura del narcisismo

Abstract As was recently pointed out by Vincenzo Cesareo and Italo Vaccarini, we are now in the age of narcissism. Starting
with the famous book by C. Lasch on the culture of narcissism, this article seeks to show its persistent relevance, considering especially the demographic and education crisis as manifestations of a society that can no longer be thought of as rooted in a tradition and looking towards the future.

senza di elementi strutturali che promuovono il narcisismo. La societ del lavoro e del sacrificio ha lasciato il posto alla societ del consumo e del divertimento, il pathos
del progresso e della verit al culto del presente e allo spaesamento relativistico. Parlare di cultura del narcisismo significa dunque prendere atto di un fenomeno che va ben
oltre la patologia psicologica e tende invece a investire lintero universo della vita sociale. In ogni caso, sia ben chiaro, con questo non sto facendo unaffermazione valutativa, quasi che il mondo di oggi sia da considerarsi peggiore di quello di ieri. Non amo le filosofie della decadenza,
n quelle del progresso. Mi piacciono piuttosto le filosofie
della storia attente soprattutto alle ambivalenze di ogni
epoca. Cos, se il mondo di ieri soffriva di un eccesso di
legami sociali, il mondo contemporaneo soffre per un eccessivo indebolimento degli stessi; se fino a ieri il narcisismo era una patologia piuttosto rara, oggi, con buone
ragioni, siamo indotti a parlare addirittura di era del narcisismo2.
Al fine di esplicitare alcuni tratti della societ e della cultura del nostro tempo che chiaramente costituiscono un buon brodo di coltura per il narcisismo, vorrei fare
riferimento a un testo filosofico molto noto, pubblicato
quasi in concomitanza con quello di Lasch che ho gi citato, il cui titolo, almeno immediatamente, non richiama
certo il nostro tema, ossia la cultura del narcisismo, ma
certamente aiuta a comprenderlo: alludo a After Virtue
di Alasdair MacIntyre. Coloro che hanno letto questo libro, ne conoscono senzaltro la trama avvincente e il nucleo fondamentale, espresso fin dalle sue prime battute,
come se si trattasse di un racconto di fantascienza. Si racconta di uomini che, a seguito di una non meglio precisata catastrofe, hanno perduto il senso della cultura nella quale vivono. Della societ scomparsa, come macerie,
sono rimaste alcune parole, termini etici valutativi quali buono, cattivo, giusto, ingiusto o espressioni deontiche con cui i superstiti indicano ai loro simili cosa
debbano fare in determinate circostanze. Sono rimaste altres, aggiungo io, parole come educazione, formazione, normalit. Ma ci che scomparsa la concezione delluomo dalla quale questi termini traevano il

Il titolo di questo mio intervento ricalca quello di un


celebre libro di Christopher Lasch, La cultura del narcisismo, appunto, pubblicato per la prima volta nel 1979
e divenuto un vero e proprio classico sullargomento. Una
delle tesi principali di quel libro era che per comprendere a fondo certi effetti asociali, individualistici, diciamo pure, certe distorsioni relazionali, riconducibili a un
narcisismo sempre pi pervasivo, occorre anzitutto evitare di attribuire al culto del privato sviluppi prodotti
dalla disgregazione della vita pubblica; in secondo luogo, secondo la migliore tradizione psicanalitica freudiana, occorre tenere ben fermo che il narcisismo ha pi punti in comune con il disprezzo di s che con lammirazione di s1.
Detto in estrema sintesi, secondo Lasch il narcisismo
ha a che fare certo con determinate distorsioni patologiche della personalit (un culto di s che deforma le relazioni con gli altri e con se stessi, senso di dipendenza e paura della dipendenza, vuoto interiore, ira repressa), ma anche con cambiamenti strutturali della societ e della cultura, tra i quali, ne elenco solo alcuni, la burocratizzazione
della vita, la medicalizzazione della societ e il conseguente
terrore della vecchiaia e della morte, lalterazione del senso del tempo, la proliferazione delle immagini, il culto del
consumismo, il fascino della celebrit, i cambiamenti intervenuti nella vita familiare e nei modelli di socializzazione (deficit di generazione in senso biologico la crisi
demografica e in senso culturale la crisi delleducazione),
i quali in un certo senso favoriscono la patologia narcisistica e ne vengono a loro volta rafforzati. Il mondo di
ieri, per intenderci (e dico mondo di ieri in senso molto
lato: dal mondo greco allet modera) era caratterizzato
da fattori strutturali e culturali che ostacolavano la diffusione del narcisismo (la durezza della vita, un forte senso della realt, legami sociali molto forti, ferrei processi
di socializzazione, fiducia nel futuro e si potrebbe continuare). Si pensi, per fare un esempio, alla societ del lavoro del XIX secolo e ai suoi principali cantori: Hegel,
Marx o Comte. Questa societ viveva del pathos del progresso e della verit. Il mondo contemporaneo invece, per
i motivi che ho gi accennato, si caratterizza per la pre-

C. LASCH, La cultura del narcisismo, Milano, Bompiani, 2001, pp. 44-45.


Cfr. V. CESAREO, I.VACCARINI, Lera del narcisismo, Milano, Franco Angeli, 2012. Nel tentativo di mostrare il senso in cui
si pu parlare della nostra epoca come era del narcisismo, il libro offre un quadro bello e suggestivo del fenomeno narcisistico,
delle sue manifestazioni storiche, nonch dei suoi caratteri psicologici, sociologici, filosofici e letterari.
2

45

Sociologia
SERGIO BELARDINELLI, La cultura del narcisismo

le che richieda la sua energia vitale. La societ si sviluppa da sola, autopoieticamente. E cos il sogno di certo soggettivismo individualistico diventa un incubo; un incubo
fatto di vuoto, di solitudine, di spaesamento, diciamo pure,
di disprezzo di s. Come ci ha ricordato giustamente Lasch, il narcisismo ha pi punti in comune con il disprezzo
di s che con lammirazione di s. Ovvio dunque che il
narcisista non sia felice. La sua puerile concezione di felicit, basata sul culto di se stesso, coincide in realt con
un progressivo svuotamento di ogni energia psichica e sociale e di ogni forma di vitalit. Il narcisista un vecchio,
un pensionato della storia, anche se ha solo ventanni. In
nome dellassoluta autodeterminazione, egli rivendica il
diritto di disporre di ci che fino a ieri era natura, destino, dovere. Ma in questo modo persino la libert diventa per lui una parola vuota e, in ultimo, una fonte di frustrazione. Le cose fondamentali della nostra vita non sono
il prodotto di una scelta. Non scegliamo il luogo dove nascere n i genitori da cui nascere; non scegliamo le doti
naturali con le quali veniamo al mondo, n lambiente nel
quale veniamo al mondo. Senza gli altri, senza il conteso nel quale ognuno di noi collocato, non si pu essere liberi. Laltro non soltanto un limite della mia libert,
ma anche la condizione che la rende possibile. Impariamo la libert solo se qualcuno ci educa ad essa.
Ci che abbiamo perduto esattamente il contesto
della nostra vita, diciamo pure il legame costitutivo di ciascuno di noi con la storia o le storie che contraddistinguono
ci che siamo. Come dice MacIntyre senza questo contesto e i suoi mutamenti attraverso il tempo la storia del
soggetto individuale e dei suoi mutamenti attraverso il tempo sarebbe inintelligibile4. Avremmo appunto un io frammentato, un io che uno nessuno e centomila, perch
privato di quello che MacIntyre definisce il suo sfondo,
uno sfondo fornito dal concetto di storia e da quel genere di unit del personaggio che una storia richiede5.
La cultura del narcisismo di cui stiamo parlando presuppone in qualche modo la rottura del concetto di storia. La presuppone e nel contempo la rafforza. I segnali li possiamo vedere nella crisi della catena generazionale
che abbiamo registrato in questi ultimi decenni, nella crisi dellistituzione familiare e dei sistemi educativi in generale, nella difficolt a pensare il passato, a riconoscersi in una tradizione, e soprattutto nella difficolt a pensare al futuro. Sarebbe troppo lungo esaminare nel dettaglio ognuno di questi segnali. Ad ogni buon conto la crisi dellistituzione familiare e dei processi di socializzazione
in generale sotto gli occhi di tutti. Lo stesso dicasi della crisi della scuola, ridotta a semplice acquisizione di determinate abilit o competenze, mettendo completamente da parte la pur minima istanza formativa. In famiglia
e a scuola ci siamo poco a poco dimenticati che il semplice fatto di nascere uomini implica che abbiamo bisogno di educazione. Ne abbiamo bisogno, non per diventare buoni cattolici o buoni cittadini, ma semplicemente

loro significato; scomparso il contesto socio-relazionale


allinterno del quale la vita umana appare ancora come
la vita di un io che non soltanto un fascio di ruoli, o
una qualche abilit professionale o un grumo di desideri, ma una vita unitaria, una vita intera, una biografia
valutabile come un tutto.
Lepoca tardo-moderna o postmoderna nella quale
viviamo ha frantumato sia lunit del contesto socio-culturale allinterno del quale ognuno di noi agisce, sia lunit del nostro io. Come ha mostrato Niklas Luhmann,
la societ odierna una societ differenziata, dove i diversi sistemi sociali tendono a operare in modo sempre
pi autoreferenziale, sempre pi chiusi luno rispetto agli
altri. Si tratta di un processo che indubbiamente ha portato con s innumerevoli vantaggi materiali e funzionali, come pure un aumento di libert individuale. Ma oggi
ci che sembra vacillare proprio la centralit delluomo
e della sua libert. La societ differenziata in modo funzionale una societ i cui sistemi parziali funzionano sempre di pi in modo autopoietico, autoreferenziale, sono
sempre pi chiusi luno rispetto allaltro; soprattutto il loro
funzionamento sembra guidato sempre pi da codici che
non hanno nulla a che fare con lumano. Come dice
espressamente Luhmann, luomo non pi il metro di
misura della societ3. Anche luomo un sistema autoreferenziale, e, in quanto tale, egli vive nellambiente del
sistema sociale; non fa pi parte della societ. Siamo quindi di fronte a un processo paradossale che esprime assai
bene quella che potremmo definire come lirresistibile ascesa, quasi prometeica, del soggetto moderno e la sua conseguente rovina narcisistica. Cerco di spiegarmi brevemente.
Almeno nelle sue varianti pi note, il soggetto moderno vuole essere sempre pi individuo, sempre pi
autonomo e libero da qualsiasi legame sociale che inibisca la sua spontaneit e la sua creativit; la sua libert si
configura soprattutto come emancipazione dai cosiddetti
legami tradizionali. Questo soggetto mette una grande energia vitale nei suoi progetti di emancipazione; lotta contro Dio e contro gli uomini per affermare la sua libert;
ammaliato, come sappiamo, dalla certezza che il futuro sar radioso per lui e per la societ. Ebbene, per certi versi, come se Luhmann ci dicesse che questo soggetto
ha coronato nellodierna societ differenziata il suo sogno. Egli in effetti sempre pi libero di fare quello che
gli pare su ogni fronte della sua vita, a cominciare da quando va a scuola, dove a nessuno viene pi in mente di frenare la sua spontaneit. Pu condurre lo stile di vita che
preferisce, consumare ci che vuole, autodeterminarsi persino in ci che ieri era impensabile (il sesso, il modo di
avere figli o di morire). Ma il prezzo che deve pagare
la sua crescente irrilevanza sociale. La societ funziona
come se il soggetto non esistesse; gli serve soltanto in quanto funzione sistemica; non c pi un luogo sociale nel quale riconoscersi in quanto soggetto, n un progetto socia-

N. LUHMANN, Sistemi sociali, Bologna, il Mulino, 1990, p. 354.


A. MACINTYRE, Dopo la virt, Milano, Feltrinelli, 1988, p. 247.
5
Ibid., p. 259.
4

46

Sociologia
SERGIO BELARDINELLI, La cultura del narcisismo

per trovare la nostra strada, per sentirci a casa nel mondo che abitiamo e diventare ci che siamo: uomini, appunto; persone, la cui irripetibile unicit si esprime sempre in un tessuto di relazioni costitutive.
A differenza degli altri animali, gli uomini hanno bisogno di molto tempo per trovarsi, per imparare a dire
io, per condurre una vita allinsegna dellautonomia,
della libert e della responsabilit; hanno bisogno di relazioni significative con altre persone che li amino e, amandoli, sappiano schiudere loro la bellezza del mondo e della vita. Ci che siamo dipende in primo luogo dalle persone che ci hanno amato e dalleducazione che abbiamo
ricevuto. Luomo un animale relazionale, non una monade autoreferenziale. Ha bisogno degli altri per diventare ci che . Ha bisogno di sentirsi amato, di sentirsi parte di una storia; non sopporta di essere solo, gettato nel
mondo, senza speranza. Ma che cosa si pu sperare in una
societ che fatica a pensare al futuro?
Come dice Christopher Lasch, Lemergenza della personalit narcisista riflette tra le altre cose un drastico mutamento del senso storico. Il narcisismo emerge come forma tipica di struttura del carattere di una societ che ha
perso interesse per il futuro6. A tal proposito mi sembra
particolarmente eloquente la nostra crisi demografica. Una
societ che non mette pi al mondo i figli non soltanto una societ che invecchia, ma una societ disperata, una
societ disperatamente aggrappata al presente e per
questo terrorizzata dalla vecchiaia e dalla morte. Il terrore degli anni che passano sempre Lasch a dirlo non
nasce dal culto della giovinezza, ma dal culto di s. La
nostra narcisistica indifferenza, se non addirittura disprezzo, nei confronti degli anziani ormai incapaci di nascondere gli anni e la loro fragilit, come pure nei confronti delle generazioni future, esprime emblematicamente
la crisi antropologica di una cultura che ha perduto il senso del legame sociale e ha rinunciato al futuro.
Emile Durkheim giustificava quella che definiva la
necessaria coercitivit dei fatti sociali, dicendo che luomo, senza le norme sociali, senza la coercizione che la societ esercita su di lui, sarebbe rimasto vittima dei sui desideri senza fine. Mai e poi mai avrebbe potuto immaginare che proprio a questo avrebbe puntato lodierna societ dei consumi. Come segnalava Pierre Bourdieu una
ventina danni fa, la coercizione sarebbe stata sostituita
dalla stimolazione, limposizione forzata di modelli comportamentali dalla seduzione, il controllo del comportamento dalle pubbliche relazioni e dalla pubblicit e la regolamentazione normativa in quanto tale dal sorgere di
nuovi bisogni e desideri.
Se ci pensiamo bene, lodierna societ dei consumi
riflette bene quello che Charles Taylor descrive come pervertimento della cultura dellautenticit nella cultura del
narcisismo7, allorch lideale della vita autentica si

sgancia progressivamente dalla morale e diventa un affare eminentemente estetico, creativo, collegato non a caso
alla vita artistica. Si tratta di un fenomeno che, secondo Taylor, incomincia a svilupparsi nella cultura europea del XVIII-XIX secolo, conferendo allartista un prestigio sociale fino ad allora sconosciuto, e che trovo assai illuminante anche per il discorso che stiamo facendo
sulla cultura del narcisismo. Chi infatti lartista nel nostro immaginario collettivo? Lartista colui che esce dagli schemi, colui che sa liberarsi dal peso delle tradizioni, che sa vivere in proprio, rompendo con tutte le convenzioni, le ipocrisie, le gabbie di normalit che gravano come macigni su tutte le societ. Sappiamo bene che
per che tutto ci costa anche molta fatica; la realt resiste; per contrastarla, ci vuole spesso una volont ferrea e una vitalit inesauribile. Per farla breve, non si possono abbattere i pregiudizi della cosiddetta normalit,
coccolando semplicemente il proprio io, il proprio
pupo, direbbe Pirandello. Ebbene la mentalit narcisista come se assumesse lartista come proprio ideale,
senza disporre per della sua energia. Leccezione che il
narcisista contrappone alla normalit quella di chi, guardando soltanto al proprio io, semplicemente si disinteressa degli altri e delle norme sociali. Egli non vuole combattere i pregiudizi per affermare un ideale pi autentico, ma solo per affermare se stesso, per giunta secondo
gli standard della societ dei consumi in cui vive. Una sorta di contradictio in adiecto.
Essendo diventati, infatti, tutti eccezionali, la stessa
differenza, diciamo pure, leccezionalit di ciascuno, sembra diventare sempre pi indifferente, addirittura fonte
di disprezzo di s. Ci accorgiamo che il nostro vivere estetico, come direbbe Kierkegaard, un vivere che funziona finch veramente uneccezione; ma nel momento in
cui diventa la norma, nel momento in cui si diffonde in
tutti gli strati sociali, penetrando nei diversi modi di essere e di sentire, esso finisce per vanificare persino le eccezioni, e tutti diventiamo non a caso sempre pi anonimi, sempre pi impotenti e risentiti rispetto alla realt che
ci circonda8.
Sintomatici in proposito alcuni tratti della cultura occidentale degli anni Sessanta. Si pensi a Marcuse e alla prima generazione della famosa Scuola di Francoforte. La
loro cultura ha poco o nulla a che fare con la fatica che
la realt impone per conciliarci con essa e per poter vivere una vita decente; la realt va piuttosto trasfigurata
ideologicamente, va resa insopportabile, per poterla poi
trasformare radicalmente. Di qui il marcusiano Grande Rifiuto, la protesta contro ci che 9, la negazione
totale dellesistente, insomma una negativit devastante. In nome delleros, del principio del piacere, questi
autori non si accontentano pi di liberare il mondo del
lavoro; vogliono piuttosto liberare il mondo dal lavoro10.

C. LASCH, La cultura del narcisismo, cit., p. 234.


Cfr. C. TAYLOR, Il disagio della modernit, Bari, Laterza, 1994.
8
Cfr. S. BELARDINELLI, La normalit e leccezione. Il ritorno della natura nella cultura contemporanea, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002.
9
H. MARCUSE, Luomo a una dimensione, Torino, Einaudi, 1967, p. 82.
10
Cfr. lintroduzione di G. JERVIS a H. Marcuse, Eros e civilt, Torino, Einaudi, 1964.
7

47

Sociologia
SERGIO BELARDINELLI, La cultura del narcisismo

taneit; guai alla menzogna delle istituzioni liberaldemocratiche; guai a tutto ci che chiamiamo razionale
e che invece occulta semplicemente il patto segreto tra il
potere e la morte. Largo invece a tutto ci che capace
di liberare il principio del piacere, di rilanciare il desiderio e di combattere la realt dellesistente. Cos limmaginazione sarebbe dovuta andare al potere; una pedagogia critica basata sullo spontaneismo del fanciullo avrebbe dovuto prendere il posto di quella tradizionale; quanto alle principali istituzioni sociali, a cominciare dalla famiglia e dalla scuola, esse andavano semplicemente sbaraccate, quali espressioni di una societ ingiusta e repressiva. Questo il senso dellaffermazione marcusiana, destinato a pervadere lintera cultura occidentale,
del quale forse soltanto oggi siamo in grado di vedere il
senso pi vero, pi profondo e pi devastante, e dal quale la cultura del narcisismo ha tratto sicuramente il suo
propellente ideale.

Come dimenticare, ad esempio, il fascino esercitato negli anni Sessanta e anche in seguito dallidea marcusiana
di trasformare il corpo umano da strumento di fatica in
strumento di piacere? Questa citazione, come noto, si
trova nella Prefazione politica scritta da Marcuse nel
1966 a Eros e civilt e rappresenta per me uno dei manifesti pi comprensivi del cosiddetto Sessantotto; uno
script, direbbero i neuroscienziati, un simbolo chiave
capace di evocare unintera storia. Il freudiano principio del piacere questo il senso dello script marcusiano stato non soltanto sublimato, come pensava
Freud, ma letteralmente stravolto nel principio di
realt. Occorre pertanto stravolgere la realt per cercare
di liberarlo di nuovo. La cosiddetta civilt, almeno quella capitalistica, non altro che oppressione dellindividuo,
della sua libert, della sua spontaneit e, in ultimo, della sua possibilit di essere felice. Insomma una perdita secca. Guai dunque alle regole che inibiscono la nostra spon-

48

Sociologia

ANNAMARIA CRESPI

Per uninterpretazione del narcisismo

riflessione sul tema del narcisismo, esplicitano, entro una


sfera letterario-psicoanalitica, vie e sviluppi di ricerca di
tipo interdisciplinare (da sviluppare anche attraverso metodologie e approcci empirici).

Parce quau ciel on garde lage


que lon avant en arrivant
Narcisse se donne la mort.
Il ny trouve nul avantage,
sauf la volupt du remords.
Toi, colombe dpareille,
explique quoi cela tavance
de rpter de ce nigaud
la dernire parole? Echo
entendons-nous sous se bosquet,
es-tu colombe ou perroquet?

Il rispecchiamento della prima infanzia


Osservando il comportamento del neonato nelle prime settimane di vita, vediamo che soprattutto durante lallattamento al seno il bambino fissa la madre e la madre
fissa il bambino: i loro sguardi, rapiti luno nellaltro, esprimono un amore tacito, complice, incondizionato, totale
(cfr. Winnicott, 1987).
il seguito pi naturale della comunione profonda
che si instaurata nei nove mesi di gravidanza appena trascorsi: essi erano una sola creatura e con il parto la
creatura si spontaneamente divisa, ma entrambi non
sono ancora del tutto pronti ad accettare quella separazione. Essi si scrutano, perduti luno nellaltra.
A questa particolare intensit dellintersoggettivit madre-figlio molti autori riconducono quello sviluppo del S
che pu aver luogo solo a condizione che sinstauri lambiente protetto di simbiosi fisica e psichica. Madre e figlio sono dunque i due poli di un complesso sistema di
comunicazione affettiva che presente gi prima della nascita (Bowlby 1969, Stern 1977, Trevarthen 1993, Tronick 1989) ed in cui la madre assume naturalmente un ruolo interattivo vitale per la modulazione degli stati affettivi del figlio.
Tale concetto molto vicino a quello di holding
winnicottiano; durante le interazioni con i bambini, i caregiver si impegnano spesso in rispecchiamenti facciali e
vocali delle loro manifestazioni emotive, al fine di regolarne gli affetti (cfr. Malatesta-Izard 1984, Papousek-Papousek, 1987; Stern 1985).
Per molti autori, la cornice relazionale madre-figlio,
(corrispondente ad uno stato di intersoggettivit primaria
basato sul rispecchiamento con la madre), una programmazione genetica innata del bambino (cfr. Trevarthen,
1993).
Se dunque lo stile di attaccamento infantile, dipendente dalla qualit delle cure genitoriali ricevute, influenza
in modo decisivo la costruzione del S, lorganizzazione
della personalit, nonch la percezione degli altri, gi a
partire dal momento della nascita il neonato, lungi dallessere immerso nel solipsismo psichico postulato dal concetto freudiano di narcisismo primario, inizia a conoscere
il mondo in questo modo, grazie allintermediazione della madre e degli altri adulti significativi.
A volte per lo sguardo primario tra madre e figlio
sembra eludere tutte le spiegazioni razionali, nel suo at-

(Raymond Radiguet)
[Trad: Poich in cielo si resta con gli anni
che si avevano allarrivo,
si d la morte Narciso.
Non vi trova alcun vantaggio
se non il gusto del rimorso.
Tu, colomba scompagnata,
d, a che cosa pu giovarti
il ripetere di questo sciocco
lultima parola? Ascoltiamo
Eco in mezzo a questo boschetto,
sei tu colomba o pappagalletto?]

Ma io che non son tagliato per gli ameni spassi,


n per corteggiare un amoroso specchio:
io che, uscito da un rude stampo, manco
della maest dellamore
per pavoneggiarmi dinanzi a una molleggiante ninfa;
Io, che son privato di questa bella simmetria ()
son risoluto a mostrarmi uno scellerato,
e a colpir col mio odio i frivoli piaceri di questi giorni
(William Shakespeare, Riccardo III)

Premessa non metodologica


In un testo di natura scientifica le attese sono quelle di una scansione metodologica che ne illustri le premesse,
le finalit, le ipotesi, le vie perseguite per dimostrarle e infine le conclusioni. Lapproccio al tema del narcisismo che
sto proponendo, in questa sede destinata ad un pubblico di specialisti sociologi, intende pi limitatamente suggerire alcune linee di pensiero, affinch si possa ricollocare lo stesso tema del narcisismo in una cornice culturale che ne mostri aspetti non strettamente disciplinari,
ma di questione aperta e a tuttoggi problematica.
In tal senso, le riflessioni che seguiranno, lungi dal
voler valere come punto di riferimento obbligato in una

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Sociologia
ANNAMARIA CRESPI, Per uninterpretazione del narcisismo

tamente uguali. Il viso materno a tratti sembra quindi riproporre alcuni elementi della paura provata dal bambino,
che sono per estremizzati, esagerati, tanto che qualsiasi osservatore coglie con facilit la differenza tra lo stato emotivo provato realmente e quello espresso in questi momenti.
Allo stesso modo anche il bambino si accorge di questa differenza e proprio grazie ad essa egli in grado di
attribuire la paura che legge sul volto della madre a s stesso e non alladulto, nel quale pu quindi cercare conforto: se il caregiver esprimesse reale paura, infatti, il neonato non saprebbe come reagire, si spaventerebbe enormemente e non saprebbe distinguere se lemozione provata appartenga a s o alla madre.
Attuando il passaggio dellemozione dal suo alone
di minaccia ad un contesto pi innocuo e mite, ladulto fornisce al bambino una sorta di modello, di viso tipico di una particolare emozione, esempio realistico, ma
marcato: esso diventer nel tempo un riferimento relativo a quale sia la manifestazione tipica di una determinata
emozione e servir al bambino per interpretare correttamente i visi altrui, perfezionare le proprie abilit espressive e fingere, come avviene a partire dai due anni di et
nel gioco simbolico.
Jacques Lacan spiega che tra i sei e i diciotto mesi il
bambino conquista lidentit, attraverso lo stadio dello
specchio. Il bambino lacaniano che a sei mesi guarda nello specchio, viene attratto da due occhi splendidi, in cui
brilla, nella somiglianza, la scintilla materna, rassicurante.
attrazione istantanea, immediata, giacch quegli occhi
sono buoni, e accoglienti: una promessa di felicit.
Lingresso del bambino nellordine culturale lassimilazione dellordine simbolico che segue alla fase edipica presuppone il sorgere dellistanza immaginaria attraverso questa fase dello specchio, ovvero la prima scoperta del proprio corpo attraverso limmagine speculare.
La funzione dello stadio dello specchio scrive Lacan
si presenta come un caso particolare della funzione dellimago, che quella di stabilire una relazione dellorganismo con la sua realt (Lacan, 1974, 90). Lincanto che
quellimmagine esercita su di lui palese: il bambino la
guarda, la lascia, la riguarda, ammicca, i suoi occhi giocano il piacevole gioco degli sguardi, del prendere e lasciare limmagine riflessa, evidente come egli ne sia sedotto, incuriosito ed ammaliato.
Dapprima il bambino tenta di afferrare limmagine
che gli appare, come se si trattasse della madre reale, quindi comprende, presumibilmente attraverso lesperienza tattile della superficie dello specchio, che si tratta di unimmagine; pi tardi si rende conto che quella immagine
la sua: essa appunto la pietra angolare dellidentit (Turinese, 2013, 142-3).
Il bambino, dopo i primi tentennamenti, si rifiuta di
vedere nellimmagine speculare un immagine rispecchiata e separata da lui. Egli si confonde con la sua immagine esteriore e assume limmagine che gli sta di fronte come
io e quasi come Io ideale. Limmagine, infatti, viene accolta in una sorta di traffichio giubilatorio (Lacan, 1974,
88), come una vera conquista. Viene cos a stabilirsi un
rapporto con se stesso e con il mondo circostante che con-

tingere una dimensione di appartenenza reciproca quasi


sovrannaturale, onirica, mistica, spirituale. In quello sguardo contenuto il mistero della vita che si affaccia al mondo e tutta la poesia di una trasformazione intima, che
insieme fusione e separazione graduale, scandite da una
specie di danza, dotata di grazia ed eleganza.
Proprio allinizio, nei primi messaggi post-natali trasmessi dai sensi, c una sensazione di assoluto, unimpressione non qualificata dello stato delle cose, che non
si rapporta a nulla se non alle aspettative innate del bambino e, naturalmente, priva di alcuna relazione con il trascorrere del tempo (Liedloff, 1994, 35).
Del resto si sa che la conquista di unintersoggettivit solida, nelliniziale processo di acquisizione di informazioni sul mondo, graduale e caratterizzata da amorevole condivisione, cio accompagnata, di importanza capitale per il raggiungimento di unorganizzazione mentale normale.
Nel periodo dellallattamento, il bambino ancora
in perfetta armonia con il corpo della madre, entrambi
sono dipendenti dallaltro per il proprio benessere. Come
avviene per tutte le specie dei mammiferi, la vicinanza protratta tra il corpo della madre e del cucciolo, dettata dallistinto, funzionale alla salute ed alla sopravvivenza.
Nellamore del loro sguardo si esprime tranquillit,
silenzio, quiete. E un nutrimento, reciproco come il piacere: un buon rispecchiamento permette una sorta di riequilibrio omeostatico delle emozioni, cio una sana
elaborazione delle rappresentazioni secondarie dei propri stati affettivi, che rende possibile una percezione di s
come agente autoregolativo (Gergely e Watson, 1996).
Un particolare registro espressivo, usato dalladulto
nelle sue comunicazioni con il bambino, caratterizzato da
schemi comportamentali per lo pi innati, stato definito
come marcatura. La marcatura ha limportantissima funzione di indicare al bambino che la madre (caregiver) non
gli sta manifestando i propri sentimenti, ma piuttosto gli
sta fornendo una rappresentazione mitigata dei suoi:
questa deformazione pare essenziale affinch il bambino
senta che le emozioni che emergono dal suo interno sono
state recepite, accolte, accettate e, in qualche modo, contenute nella mente delladulto, che in questa maniera neutralizza il loro potenziale distruttivo.
A questo proposito, ricordiamo il concetto bioniano di genitore-contenitore delle emozioni del bambino:
il genitore aiuta il bambino ad elaborare dentro di s le
emozioni, gli d la chiave per farlo, restituendogli quelle emozioni bonificate, addolcite, onde evitargli di esserne travolto (Bion, 1962).
La marcatura pu consistere ad esempio in unamplificazione dei segnali affettivo-comunicativi mediante la
mimica esagerata (sorrisi molto ampi, posture accentuate, toni di voce particolarmente enfatizzati) che esaltano
lemozione sottesa alla comunicazione, ma in un certo senso la caricaturizzano, recitandola, sdrammatizzandola (catarsi).
Pensiamo a un neonato che piange spaventato in seguito a un forte rumore: la madre che culla il piccolo per
calmarlo in genere alterna espressioni tranquillizzanti (come
i sorrisi) ad altre simili a quelle del piccolo, ma non esat-

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Sociologia
ANNAMARIA CRESPI, Per uninterpretazione del narcisismo

duce il bambino ad un forte transitivismo, superato solo


pi tardi attraverso lassimilazione dellordine simbolico.
Si pu dunque comprendere lo stadio dello specchio
come una identificazione nel pieno senso che lanalisi d
a questo termine: cio come la trasformazione prodotta
nel soggetto quando assume unimmagine (ibidem). Questo processo appare fondamentale nel promuovere una relazione dinamica con laltro, avente la forma dello scambio e della reciprocit, che non susciti timori soverchianti
o difficili da elaborare.
Limpossibilit di questo sviluppo pu predisporre a
quello che stato definito come disturbo narcisistico di
personalit.
Nel 1911 Otto Rank, uno degli assistenti pi vicini
a Sigmund Freud, pubblic il primo documento psicoanalitico specificamente interessato al narcisismo, collegando
questultimo allosservazione di caratteri come la vanit
e lauto-ammirazione. Questo sentimento di grandiosit,
universalmente riconosciuto come la caratteristica pi tipica del disturbo narcisistico di personalit, viene anche
definito come mancanza di empatia, freddezza emotiva, invidia, disprezzo per la sensibilit altrui.
Freud nel suo saggio Introduzione al narcisismo, del
1914, lo definisce incapacit di riconoscere la separazione
tra s e gli oggetti del mondo, che sono per cos dire incorporati o in cui ci si specchia senza riconoscere loro
una realt autonoma. In altre parole laltro esiste soltanto
come oggetto predabile: non per niente Narciso, nel
mito, cacciatore.

Notiamo per come, esprimendo questi giudizi critici e, in qualche modo, formativi, ci si allontani sempre
pi da una interpretazione del mito di Narciso che sia appropriatamente polisemantica, come effettivamente ogni
mito richiederebbe. In virt duna critica della societ spesso unilaterale, stereotipata, gravata dintenti moralistici
o troppo frettolosamente deduttivi (quale quella di certi
ambienti cattolici e/o psicoanalitici), a volte si privilegia
del mito di Narciso laspetto della patologia, trascurando quello, ben pi fecondo della trasformazione (cfr. Turinese, 2013).
Parlando di mito, e dunque, di una simbologia originaria, sar opportuno tenere presente come sfondo la
complessit della storia di questa trasformazione,
cio la molteplicit dei dettagli emergenti in essa che inevitabilmente rinviano, a loro volta, ad altre connessioni
ed altri richiami. Il tutto poi sempre filtrato dal cambiamento intrinseco e dallevoluzione continua degli
stessi soggetti interpretanti.

Evoluzione del narcisismo


Ci sembra che nellaffrontare il tema del narcisismo
da un punto di vista psicologico non si possa prescindere da almeno tre elementi, strettamente connessi al mito
di Narciso.
1) Distanza come destino di morte - Il mito di Narciso in primis un mito sulla distanza. Narciso nasce dallo stupro della naiade Liriope, colei che ha volto di giglio,
da parte del fiume Cefiso, che esondando lavvolge (Capuano, in Turinese, 2013, 117). Nel mito Liriope porta
il bambino dallindovino Tiresia e gli chiede se pensa che
Narciso abbia in sorte di arrivare alla tarda vecchiaia. C
qui la distanza nel tempo: una proiezione in direzione di
un futuro anteriore e, diremo, laspirazione a controllare lignoto, il destino, scrutandone e penetrandone la fatalit, lineluttabilit.
Ma la distanza anche distanza nello spazio: i molti pretendenti innamorati di Narciso vengono respinti e
mantenuti distanti e la ninfa Eco, pur innamorata, lo osserva discosta, tenendosi ben lontana da lui. In entrambe queste distanze, inevitabilmente emerge laltra distanza,
ancor pi drammatica, quella dalla vita: lisolamento di
Narciso, il vuoto di relazioni attorno a lui, linsignificanza
e linautenticit che inevitabilmente lo avvolge, ed infine
la sua morte.
Non per niente il fiore chiamato narciso, dal profumo leggermente narcotizzante, in realt uno dei tanti fiori nati dal sacrificio di un hros. Strabone riferisce
a questo proposito che nelle vicinanze del santuario di
Amphiaros sorgeva un cenotafio dove Nrkissos era onorato come Eroe del Silenzio o Silenzioso. Il giovinetto appare qui come una divina personificazione del Silenzio,
condizione primaria del regno dei morti. Daltronde alla
morte e al rito funebre era dedicato anche luso cultuale
del narciso per lintreccio dei diademi funebri (Cattabiani,
1996, 149).
Il Silenzio avvolge infatti Narciso, nel suo isolamento

Narcisismo e critica sociale


Nella nostra societ, la mancanza di un vero riconoscimento dellaltro nella sua differenza risulta purtroppo essere fortemente adattativa: lo sfruttamento
interpersonale perfettamente congruo con la struttura stessa del vigente sistema economico. Infatti questultimo fondato sulla ricompensa (successo) di chi
capace di convincere gli altri ad acquistare un determinato prodotto (cfr. Gabbard, 2000, 494) e ci spesso purtroppo anche a scapito di valori come integrit, sincerit, altruismo, affidabilit, condivisione, solidariet e
rispetto dellaltro.
Molti intellettuali hanno fondato la loro critica al nostro tempo su quello che chiamano narcisismo culturale: Con la modernit, in cui non smettiamo di accumulare, di aggiungere, di rilanciare, abbiamo disimparato
che la sottrazione a dare la forza, che dallassenza nasce la potenza. E per il fatto di non essere pi capaci di
affrontare la padronanza simbolica dellassenza, oggi siamo immersi nellillusione inversa, quella, disincantata, della proliferazione degli schermi e delle immagini (Baudrillard, 1996, 51). Si denuncia cio una societ in cui,
proprio in virt di quegli schermi e barriere, al posto della comunione e della solidariet si ha quale sentimento
prevalente lodio, che non pi nemmeno lodio nato dalla rivalit e dal conflitto (come nel passato), ma quello nato
dallindifferenza accumulata: un odio senza oggetto (ibidem).

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Sociologia
ANNAMARIA CRESPI, Per uninterpretazione del narcisismo

viene insolente e penoso surrogato, povera compensazione


di un dolore troppo grande e scandaloso, rinvio allAssente, simbolo di un risarcimento impossibile, eppure allo stesso tempo pur sempre unillusione di sguardo,
unimmagine insieme oltraggiosa e consolatoria, ripiego
duna qualche umanit spogliata del suo calore, succedaneo
di quellaccoglienza ineluttabilmente svanita e compagno
contrito, muto, nel momento deprivato di senso.
Nello specchio Narciso, cos come il bambino evitante,
trova limmagine ipnotica, che gli restituisce un barlume
di personalit, di identit, seppur illusoria, evanescente.
Il miraggio impalpabile di un Qualcuno, di un Tu, di un
confine. Lo Specchio diventa lunico oggetto non portatore di minaccia, in grado di stagliarsi, su uno sfondo opaco, insignificante ma pericoloso, privato dogni possibilit di empatia. In quellorizzonte sfocato, indeterminato, non vi un Altro, non un accettabile riferimento, o
appiglio. Perci lo Specchio diventa una simulazione di
salvezza, linterlocutore prediletto, un piacere nel vuoto
di piaceri e soprattutto lunico sguardo sottratto alla minaccia.
Narciso (e il Narcisista) colui cui stato rubato lo
sguardo dellAltro, cui stata sottratta la relazione fondante di tutte le relazioni. Egli ha perduto la chiave di ogni
contatto autentico, diretto, e con essa la realt. Lo specchio ne il povero surrogato, inadeguato, come tutti i surrogati. Narciso nuota nella mala dello Specchio come in
un mare, stordito, stralunato, assente. Ne accetta lincanto
misterioso, inoltrandosi in quel deserto e trovando, al posto di un Altro vitale e cangiante, un muto, invariato e tedioso s stesso.
Questo ci riporta al primo significato della parola
narcisismo, termine che si suole ricondurre alla definizione dello psichiatra tedesco H. Ellis (1859-1939) per
designare un atteggiamento patologico della vita sessuale, in cui il soggetto gode nellammirare il proprio corpo,
cio tratta il proprio corpo come oggetto sessuale, come
fonte di desiderio e di piacere.
Lo specchiarsi appare quasi come lunica masturbazione accordata, ma ha la forma dellinautenticit, della menzogna radicale perpetuata dal narcisista: un estremo tentativo di controllo delle sensazioni intollerabili provenienti dal mondo, attraverso una ostentata strategia di
esclusione dellaltro, che mira a sminuirne limportanza,
disinvestendo, riducendolo a oggetto ridicolizzato, minimizzato.
A riprova di ci, alcuni studi di Fonagy (Fonagy, 2002)
mostrano che, mentre bambini di 1 anno con attaccamento
sicuro preferiscono chiaramente guardare il volto della loro
mamma piuttosto che guardarsi riflessi in uno specchio,
i bambini che presentano un attaccamento disorganizzato
sono pi attirati dalla propria immagine allo specchio che
da quella di un caregiver.

non si ode che il Nulla; Narciso, permanendo nella distanza, si rende sordo ad ogni richiamo del mondo.
2) Mala dello specchio Nel mondo nefasto del narcisista non solo diventa impossibile concepire i punti di
vista altrui, ma la realt che si presenta ai suoi occhi terrorizzante, frammentaria, non integrata, priva com di
una qualunque forma di empatia o condivisione: egli si
trova a sperimentare un senso di collocazione di s nel
mondo che non si mai potuto avvalere del feedback esterno, e non quindi cresciuto arricchendosi normalmente
del riconoscimento e della condivisione.
Immaginiamo il caso in cui il bambino, venendo al
mondo, invece di conoscere quellaccoglienza di cui si diceva, cio il viso aperto della madre, pronto a ricambiare il suo sguardo, mediando la realt, alzi gli occhi e trovi un volto chiuso in s stesso, lo sguardo serrato o addirittura ostile.
Il trauma che ne deriva si delinea in ci che Kohut
descrisse come origine autentica del versante patologico del narcisismo (Kohut, 1976, 21): un blocco di sviluppo ad uno stadio in cui necessitano determinate risposte
empatiche parentali per la formazione di un S equilibrato:
in seguito a una serie di fallimenti ambientali precoci,
il S resta congelato a una configurazione primitiva, non
strutturata () Grazie alla responsivit della madre verso le propensioni innate del bambino, le due configurazioni narcisistiche arcaiche si trasformano gradualmente nelle organizzazioni strutturali stabili che andranno a
formare la personalit matura. Il disturbo narcisistico trae
pertanto origine da un deficit della funzione empatica materna e da un mancato sviluppo dei processi di idealizzazione (ibidem). La ferita non si rimargina, continua
a sanguinare perch guardando negli occhi la propria
morte da vicino, il bambino fa unesperienza immediata,
dirompente, assoluta, della propria vulnerabilit. Il ritrarsi
dei malati di narcisismo dai rapporti umani determinato dalla loro incapacit di amare, ed motivato dal loro
convincimento che verranno trattati sempre in modo non
empatico, freddo od ostile (Kohut, ibidem).
in breve anche la situazione descritta da J. Bowlby
e da M. Ainsworth come originante lattaccamento malato, evitante, disorganizzato: il caregiver (la madre) non
corrisponde le aspettative del neonato. Il rispecchiamento
compromesso, il legame disturbato, la ferita aperta. Lattaccamento vissuto nei confronti di un caregiver terrorizzante, per cui il bambino ricerca laccudimento del genitore ma ne allo stesso tempo atterrito, genera una tragica contraddizione. (Ainsworth, 2006, 57).
Tanto era profondo il trasporto dello sguardo ricambiato, tanto atroce e disperato il vuoto di questa chiusura innaturale. Come uninsostenibile agorafobia. Una
vera e propria lacerazione, uno scandalo irredimibile, ch
quella solitudine per il neonato angoscia, morte, violenza
inaudita, la fine di tutto, persino del suo stesso respiro,
lo straziante ed incomprensibile irrompere del Vuoto, del
Nulla avvolgente, lIncubo.
Lo Specchio del bambino, dove ora i suoi occhi, come
due laghi senza fondo, si spalancano, lungi dallapparire come gioco o mezzo per la creazione dellidentit, di-

3) Trasformazione e cura - Il bambino che sperimenta


le emozioni negative derivanti da un attaccamento evitante
o disorganizzato interiorizza tragicamente il senso di cattiveria (nella terminologia usata da Fonagy internalizza un tratto di S alieno, 2002, 86), proteggendo in questo modo lattaccamento (Herman, 1992) e arrivando an-

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Sociologia
ANNAMARIA CRESPI, Per uninterpretazione del narcisismo

e cerca di abbracciarne la fluida, ingannevole apparizione sullo schermo del divenire (Zolla, 1990, 150). Gli oggetti interni di Narciso costituiscono cos la sua ambivalenza di fronte al mondo e di fronte a s stesso, egli incarna la mente assoluta, infinita, che si proietta sullo schermo del nulla creando il mondo esterno nella cui realt crede rimanendo stupefatta (narcotizzata) (ibidem).
Se sicuramente vero che dobbiamo permettere al
disturbo di manifestarsi liberamente, cos da poterlo analizzare (Kohut, 1976, 207), anche vero che proprio per
la sua natura intrinseca di distanza (realt narcotizzata,
proiettata sullo schermo del nulla) esso si attesta come intrinsecamente inattingibile.
La domanda allora : sar plausibile una cura del paziente narcisista strutturata a prescindere da una strategia preventiva volta a creare una breccia nelle sue
difese, in quella distanza? In altre parole: pensabile unanalisi che agisca come una chiave in grado di aprire la
serratura, andando oltre la falsit funzionale, smascherandone lipocrisia maniacale, rivelandone gli autentici
contenuti strenuamente celati dietro la maschera perversa
della finzione?
Per rispondere a queste domande, consideriamo ancora una volta gli elementi del mito. Narciso osserva lo
specchio dacqua fino a cadervi dentro. Le acque lo inglobano, amnios primordiale, sospingendolo di nuovo nel
suo principio, perch questo passaggio obbligato rappresenta la vera condizione escatologica, lunico esito salvifico e catartico possibile. Morire annegando la metafora
del lavacro iniziatico, preludio della metamorfosi necessaria alla propria libert. Limmersione nelle profondit
pi remote dellinconscio la premessa della consapevolezza che lo trasformer in modo definitivo, in quanto nellindistinto originario e nella fluidit delle emozioni ha luogo lautentica trasfigurazione.
Da questa morte infatti sboccia, nella narrazione mitologica, il fiore dai luminosi colori, solare, lo stesso fiore che nel Cantico dei Cantici simboleggia la primavera
e lera escatologica. Il contatto con lacqua implica sempre rigenerazione; da una parte perch la dissoluzione
seguita da una nuova nascita e daltra parte perch limmersione fertilizza e aumenta il potenziale di vita e creazione. Lacqua conferisce una nuova nascita per mezzo del
rituale iniziatico, guarisce col rituale magico, garantisce
la rinascita dopo la morte (Eliade, 2008, 194).
Lipotesi di Kris che lacqua respirante e anelante (Zolla, 1994, 21), in grado di purificare dal dolore,
sia lamore. Nel suo articolo egli afferma infatti che lanalista deve fare interventi che suscitino amore nel paziente
narcisistico. Non chiaro per in che modo lanalista debba procedere e nemmeno se questo amore debba essere
a senso unico o ricambiato a tutti gli effetti. Siamo, com
evidente, su un terreno molto scivoloso e pericoloso, dal
momento che per tradizione lanalista tenuto a rispettare le regole di oggettivit, scientificit e distanza dal
paziente: mai e poi mai dovrebbe presentarsi come un guaritore che cura attraverso lamore.
Kris coraggiosamente considera come per la particolare tipologia del disturbo narcisistico divenga opportuno che la figura del terapeuta possa essere sostituita al-

che a percepire unillusoria sensazione di controllo della situazione.


In realt nei pazienti narcisisti lassoluta priorit dimostrare una totale dedizione ai propri oggetti interni distrutti, da cui la loro inaccessibilit allanalisi: essi sono
convinti che lanalisi li condurr alla disperazione o addirittura al suicidio. Nel funzionamento di questi pazienti
la difesa maniacale ha un ruolo fondamentale, grazie ad
essa queste persone hanno lillusione di avere un controllo onnipotente sui loro oggetti. I pazienti narcisistici
cercano anche di evitare tutte le idee che potrebbero portare a galla langoscia depressiva associata ai sentimenti
strazianti che essi provano per gli oggetti interni che amano e allo stesso tempo odiano (Rodman, 2004, 83).
Da fonti non ufficiali pare che lanalista inglese Joan
Riviere, nota soprattutto per il suo decisivo contributo in
favore delle teorie di Melanie Klein, fosse stata in passato
paziente narcisistica prima di Jones e poi di Freud (del quale in seguito divenne amica, traducendone anche gli scritti in lingua inglese). Pur essendo una fedele seguace del
pensiero kleiniano, ella dimostr sempre profonda deferenza, amore e rispetto per Freud e il suo insegnamento:
dovette quindi mediare tra le due diverse concezioni dello sviluppo della mente, come testimoniato dalla sua produzione letteraria.
Nel 1994 il neuropsichiatra americano Anton Kris
ha discusso in un suo scritto il trattamento condotto nel
1922 da Freud di una paziente narcisistica, che stata plausibilmente identificata in Joan Riviere, evidenziando
laccorato tentativo freudiano in quella analisi (e allinterno dellattivit terapeutica connessa) di mantenere la
classica neutralit e la propria rispettabilit scientifica.
Ma ecco come, a sua volta, diciotto anni dopo, la Riviere si pronunci a proposito del paziente narcisista: Lamore che il paziente prova per i suoi oggetti interni, che
alla base del suo insopportabile senso di colpa e del suo
dolore, del suo bisogno di sacrificare la sua vita per questi oggetti e della paura che questi oggetti muoiano, anche ci che rende cos ostinata la sua resistenza. E noi possiamo contrastare questa resistenza solo stanando questo
amore e il senso di colpa ad esso associato. Per questi pazienti, e forse per tutti i pazienti, lanalista rappresenta un
oggetto interno. Perci il transfert positivo del paziente ci che dobbiamo portare alla coscienza; ed contro
questa presa di coscienza che i pazienti narcisistici oppongono la resistenza maggiore, anche se sono molto bravi ad esibire unamichevolezza appropriata (Hughes, a
cura di, 1991, 151).
lennesima autorevole conferma di come il paziente
narcisista, a muovere dallesigenza profonda di non
esporre il proprio cuore vulnerabile, costruisca una
complessa impalcatura di superficie, sulla quale imbastire
un eterno spettacolo, in cui tutte le espressioni abbiano
il minimo comune denominatore della massima distanza dallaltro e della propria apparente, assoluta, ma affettata perfezione.
Elmire Zolla scrisse che Narciso luomo dimentico di essere lui stesso lorigine di ci che nel mondo lo
seduce e, causa lerrore, si smarrisce e muore. Egli aliena nellesteriorit lidea di perfezione che in lui dimora

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Sociologia
ANNAMARIA CRESPI, Per uninterpretazione del narcisismo

lideale dellIo del paziente. Perch ci possa accadere si


rende per necessario che il paziente acquisti fiducia nel
suo analista, cio che il giudizio pi tollerante dellanalista
possa rimpiazzare le autocritiche punitive del paziente
(Kris, 1994, 640) - e qui molto probabilmente lautore allude alla differenza tra il relativo successo freudiano e limpasse di Jones nel trattamento della Riviere.
Freud sicuramente avrebbe insistito nel dire che aveva fatto solo quanto era necessario a far s che lanalisi
funzionasse, senza perci condurre una cura basata soltanto sullamore. Io credo che lamore sia la forza pi intensa che abbiamo a disposizione per contrastare le autocritiche punitive inconsce del paziente, come fece
Freud (ibidem).
Del resto, nella sua discussione sul trattamento delle eccezioni, Freud scrisse che il medico nella sua opera educativa, si serve di una qualche componente dellamore Lamore , accanto al bisogno, una grande forza educativa (Freud, 1916, 630).
Lintuizione della possibilit che lamore sia lunica forza in grado di aprire il varco necessario nelle barriere narcisistiche poggia sullidea che lamore produce una grandissima pazienza a ri-apprendere e ri-insegnare lempatia
che allorigine era mancata: melodie, gesti, occhiate.

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Sociologia

VITTORIO CIGOLI, FEDERICA FACCHIN

Narcisismo: dagli intrecci narrativi alla clinica del legame di coppia

Abstract In the present work we considered the most important narrative plots (i.e., the theories) and diagnostic procedures
provided by the manuals (i.e., DSM and PDM) in order to outline the distinctive feature of narcissism: The other cannot be seen
and recognized, so that the bond with the origins is denied and the Self is perversely considered as self-sufficient and self-determined. The causes of narcissism should be conceptualized in terms of deficits of internalization within the Self-Other relationship, which might determine the externalization of pain and anxiety into the social context through continuous complaints, envy,
and contempt. On the basis of the concept of contemporary narcissism developed by Cesareo and Vaccarini (2012), we provided
an analysis of the current socio-cultural scenario. We also examined the effects of narcissism on the couple relationship from a
clinical perspective.

1. Intrecci narrativi

bambina Persefone e che permette ad Ade, signore degli


Inferi, colui che riceve molti ospiti, di trascinarla in lacrime sul suo carro doro. Perch allora Narciso cade in
tentazione e perde lanima? Perch, potremmo dire,
confonde tra ombra (apparenza) e sostanza, ma soprattutto perch rifiuta lamore e perch non accetta e non tollera il dolore della perdita. Quello che dunque conosciamo
specie attraverso la pittura il Narciso arrivato alla sua
fine; egli al momento del trapasso e si ritrova vuoto, sterile, disperato; ecco lintreccio.
Sigmund Freud, particolarmente attratto dalla potenza
dei miti, anche se con letture a volte riduzioniste, nella sua
famosa Introduzione al narcisismo (1914) sostiene che
lindividuo conduce una doppia vita: una per cui egli fine
a se stesso e laltra come membro di una catena a cui
assoggettato contro la sua volont. Per un lato romantico e per laltro illuminista, egli vede la soluzione nel liberare lIo dalle catene e nel mettere lIo l dove cera lEs.
Qui per interessa evidenziare uno sviluppo narrativo inedito: il narcisismo considerato una fase necessaria dello sviluppo psichico e sue tracce sono costantemente presenti nella vita individuale. Peraltro senza il passaggio (augurato e atteso) verso la relazione doggetto (laltro) non
pu che esserci psicopatologia.
Nandor Fodor e Frank Gaynor nel loro dizionario
psicoanalitico (1950) collegano tra loro narcisismo e omosessualit. Parlano del legame profondo tra madre e bambino che poi viene represso da questultimo eleggendo se
stesso a modello e scegliendo tra i suoi simili i nuovi oggetti damore. Se guardiamo con attenzione le pitture parietali dellet romana a Pompei e a Castellamare di Stabia vediamo in effetti un Narciso effeminato, o androgino. noto il rifiuto di tale narrazione da parte della comunit gay e di gran parte della letteratura scientifica che
vede nellomosessualit una variante sessuale a s stante con sue propriet relazionali specifiche.
Il tema del narcisismo sano confrontato con quello
malato costituir una matrice narrativa ricorrente nel panorama psicoanalitico con una serie di distinguo. Cos,
ad esempio, Heinz Kohut (1971) concorda sulla narra-

Il narcisismo ha una lunga storia tanto da porsi alle


origini stesse della cultura dellOccidente. Qui laffronteremo attraverso la ricerca dellintreccio rilevabile allinterno del mito, cos come del contributo di vari autori
clinici, o di un orientamento clinico. Con Victor Sklovskj (1983) consideriamo lintreccio come il fine dellautore, cio il messaggio che, aldil anche della consapevolezza, egli comunica ai suoi interlocutori.
In particolare il nostro scopo quello di fare emergere il carattere psicopatologico1 del narcisismo distinguendolo da altri aspetti, quali ad esempio lamore di s,
il rispecchiamento e lidealizzazione che nellopera estetica ha sempre una funzione costruttiva. Intendiamo poi
la psicopatologia come una deriva nella costruzione della personalit dovuta a perversioni e a gravi carenze psichiche vissute dalla persona nel suo essere membro di una
famiglia e di un contesto socioculturale. Potremmo anche dire che si tratta di dolori di varia natura che non trovano via duscita costruttiva e che si incistano nella persona riducendone lumanit.
Partiremo dunque dal mitema di Narciso che vede
compresenti tre differenti narrazioni di cui la pi nota
quella presente nelle Metamorfosi di Ovidio. La seconda
versione, di origine beota, vede Narciso rifiutare lamore del giovane Amenia e la terza, dovuta a Pausania, e cos
di epoca pi tarda, narra di Narciso che nella fonte vede
limmagine della sorella gemella (il suo doppio) la cui morte lha lasciato diviso e disperato.
Ora, il mito pi che svelato va accolto come forma
di conoscenza e compreso nel suo scopo. Nellantica cultura si credeva che lanima fosse contenuta nella sua immagine riflessa e che vederla in sogno fosse presagio di
morte. Peraltro ancora oggi in alcune culture farsi fotografare farsi derubare dellanima. Non a caso letimologia del fiore narciso rimanda a nark, cio alla narcosi; si tratta dunque di un fiore da connettere con i culti ctoni/inferi e con le cerimonie di iniziazione secondo il
culto di Demetra a Eleusi. il fiore narciso che attrae la

Lo riconosciamo nelle forme della nevrosi grave, nella condizione borderline e nella caduta psicotica.

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Sociologia
VITTORIO CIGOLI, FEDERICA FACCHIN, Narcisismo: dagli intrecci narrativi alla clinica del legame di coppia

immagine speculare. In questo modo limmagine si situa


in relazione con lAltro e con il suo desiderio. precisamente questo il punto dincontro tra lintreccio narrativo lacaniano e quello kohutiano o winnicottiano. Lo stadio dello specchio riguarda dunque il rapporto duale con
laltro, in primis quello materno. Tuttavia, perch il soggetto acceda allordine simbolico nello scambio con lAltro, necessario che la relazione speculare sia mediata da
un elemento terzo, listanza paterna; essa rompe la specularit tra il soggetto e laltro-doppio con cui identificato, rapporto immaginario sul quale collassa lintersoggettivit nella psicosi, struttura che vede cos precluso laccesso allalterit.
Gli studi psicoanalitici pi recenti fondati sulla presupposizione dellintersoggettivit come elemento distintivo
di umanizzazione, sono alla ricerca, pi che di narrative,
di segni relativi allo sviluppo sano e psicopatologico.
Tale approccio dialoga con le neuroscienze; in ogni caso,
attraverso questa linea di ricerca si riconosce che allinizio la relazione.
Facciamo sintesi: lobiettivo quello, attraverso gli
intrecci, di far luce sul narcisismo considerato nella sua
variante psicopatologica. questo infatti che interessa il
clinico per metterlo poi in dialogo attraverso lazione di
cura con le risorse personali e di rete. Consideriamo la
persona come essere in relazione; ci riguarda la radice
generazionale e socioculturale, cos come lesperienza interpersonale vissuta e agente. Lessere in relazione connette la persona umana con il passato, l dove le decisioni
sono gi state prese, come ricorda Paul Ricoeur (1982),
la realizza nel presente di vita e la apre alla dimensione
dellattesa e della speranza (Borgna, 2005; Cigoli, 2006,
2012). Qual dunque il carattere distintivo del narcisismo che diffonde dolore e angoscia interpersonale e sociale? Laltro come ombra (non visibile e che fa ombra),
laltro da usare, sfruttare, abusare, sedurre per se stessi,
con il conseguente diniego del bisogno e del vincolo; il S
come onnipotente e autosufficiente. Narcisismo e perversione fanno un legame mortifero tra loro

tiva di un narcisismo psicologico di base che pu diventare psicopatologico. Trova per la causa in gravi mancanze e carenze genitoriali e non tanto nella madre. Sia
la fissazione in un S grandioso, sia la grave carenza narcisista (gli estremi di una curva) sono comprese come risposte dellindividuo a tali mancanze e delitti generazionali.
A sua volta Claude Paul Racamier (1992), in un testo che tratta di antedipo riprende il filo narrativo del
legame profondo di madre e bambino, un fantasma di creazione reciproca con benefici effetti e con cadute drammatiche. Lautore si occupa con cura degli effetti della caduta narcisista il cui corollario comprende il delirio di autosufficienza, luso dellaltro per se stessi, il diniego dei
vincoli interpersonali e sociali2. Si tratta insomma di persone che si rappresentano come autogenerate e che vivono
ancor pi che nel culto dellapparenza, in modalit perverse di legame. Potremmo dire che ci che viene attaccato e svilito lessere nati (generati), lessere un genere
e lessere in relazione con laltro. C sempre un lutto da
fare inerente la perdita di onnipotenza e c sempre la possibilit di espellere il male e il dolore sullaltro
Nella psicoanalisi kleiniana, focalizzata sugli oggetti
interni e la presenza di fantasie inconsce assai precoci,
ritroviamo unaltra narrazione delle origini. La presupposizione infatti quella della coesistenza tra narcisismo
e relazione doggetto. In breve, non si crede (di questo si
tratta, non certo di ipotesi da sottoporre a verifica) in uno
stadio narcisistico che precede quello oggettuale, ma nella presenza simultanea di stati narcisistici e stati oggettuali della mente; cos per Paula Heimann (1952) e per
Hanna Segal (1983). Fa parte dello stato narcisistico la
proiezione di parti cattive di s nellaltro; loggetto madre secondo tale prospettiva non sentito come separato, ma come il S cattivo tenendo per s e in s il bene.
Non ci soffermeremo qui sul concetto cruciale di identificazione proiettiva e introiettiva, che ha visto cimentarsi vari clinici, quanto sul sentimento di invidia che, come
afferma Segal, laltra faccia della medaglia del narcisismo. Potremmo anche dire che il narcisismo cerca di difendere la persona dallinvidia (vedere con sguardo bieco il bene altrui) che per di casa. Da parte sua Rosenfeld (1971) si occupato di narcisismo distruttivo che
in grado di dominare e far soccombere le parti buone del S. La metafora da lui utilizzata quella di un S
simile ad unorganizzazione delinquenziale mafiosa che
controlla lintera vita sociale, ma che vive nellangoscia
perenne. La distruttivit si ritorce infatti contro il S non
solo attraverso fantasie di morte e devastazione, ma anche tramite agiti.
Possiamo concludere la ricerca degli intrecci narrativi occupandoci di Jacques Lacan. La sua attenzione rivolta a individuare nello stadio dello specchio un punto di svolta cruciale per lo sviluppo psichico (Lacan, 1949);
esso permette infatti al bambino tra i sei e i diciotto mesi
di conquistare la coscienza di S attraverso lunificazione del proprio corpo, il cui statuto originario non quello dellUno, della buona forma, ma quello della frammentazione (corps morcel). Perch ci avvenga occorre
che il bambino si volti verso un adulto che ratifichi la sua

2. Fare diagnosi
La diagnosi un conoscere attraverso. Calata nella clinica trova per due strade: una quella di venire a
conoscere unipotetica malattia che sta sotto il sintomo
o i sintomi; laltra quella di dotare di senso una serie di
coincidenze (tali sono i sintomi) che riguardano la persona che ne parla. Potremmo dire di una diagnosi di tipo
empirico (denotativo-nosografica) e di una di tipo fenomenico (procedurale-contestuale). Ci a dire che vi sono
alle origini del discorso scientifico presupposizioni di carattere filosofico-antropologico diverse tra loro, da cui derivano anche le azioni compiute per fare conoscenza.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM), giunto alla sue edizione numero cinque, lerede della ricerca di un prestigioso maestro e precursore: Emil Kraepelin (1885-1926). Egli distingueva a fine
Ottocento tra malattie mentali endogene, quali la paranoia e la dementia praecox, dovute ad alterazioni or-

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Sociologia
VITTORIO CIGOLI, FEDERICA FACCHIN, Narcisismo: dagli intrecci narrativi alla clinica del legame di coppia

Si tratta dunque di una distinzione fondamentale (cruciale)


tra narcisismo e investimento oggettuale o anaclitico5.
gi nelladolescenza che si pu manifestare unampia gamma di problematiche narcisiste: si tratta di fantasie e comportamenti grandiosi, cos come di bisogni impellenti (e
inappagati) di ammirazione e mancanza di empatia. Laltro lato della medaglia la lamentazione continua dovuta
ad ambizioni narcisistiche frustrate e la difesa da sentimenti di scarso valore personale; vergogna e umiliazione sono dietro langolo. Se ci spostiamo verso la personalit adulta ne ritroviamo i medesimi segni. Interessante lattenzione che il manuale riserva alla caduta ipocondriaca e alla somatizzazione, come se toccasse al corpo assorbire il dolore narcisista.
Vengono riconosciuti due pattern: uno arrogante di
chi crede di avere tutti i diritti svalutando gli altri e uno
depresso-svuotato che cerca in tutti i modi di ingraziarsi gli altri, che si sente facilmente ferito, che abbisogna di
persone da idealizzare e che invidia coloro che sono in posizione di superiorit. C dunque unalternanza di idealizzazione e svalutazione. Varr per la pena evidenziare la carenza di coscienza; ci porterebbe a riconoscere
il narcisismo come malattia introiettiva in linea con quella antisociale, paranoide, schizoide e ossessiva6. C un deficit di integrazione dellIo (personalit liquida), di sentimenti di appartenenza, di temporalit in cui il presente, o meglio lhic et nunc tutto divora e lestetico (il vedere e lessere visti) prende dominanza (Stanghellini, Rossi Monti, 2009). Dobbiamo allora interrogarci sulla caduta narcisistica perch, a meno di individuare un
marker biologico specifico, essa va riconosciuta come una
risultanza di fattori generazionali che riguardano sia le dinamiche familiari, sia il contesto socio-culturale.
Facciamo allora sintesi. Gli intrecci narrativi ci
hanno portato a riconoscere il carattere distintivo del narcisismo psicopatologico come attacco al legame (relazione
S-Altro) che prende varie forme, ma che nella sostanza
perverte la relazione. Guardando ora a ci che fa diagnosi
seguendo i manuali che si occupano di personalit e suoi
disturbi (DSM, PDM) riconosciamo come il narcisismo
appartenga ad un cluster che va dal disturbo borderline
a quello antisociale e che il problema, vale a dire ci che
fa ostacolo, rappresentato da carenze di internalizzazione
che provocano modalit esteriorizzanti diffusive di dolore
sociale.
Se riprendiamo il concetto di persona inteso come essere in relazione con laltro e con il mondo vitale possiamo
dire che la costruzione dellidentit ha ricevuto gravi at-

ganiche del cervello, e malattie esogene, quali la psicosi


maniaco-depressiva e la melanconia, dovute ad alterazioni della vita sociale del paziente e con prognosi di cura
pi favorevole. Lidea guida, di chiara impronta empirista-razionalista, che tanto meglio si descrive (sintomi e
ricorrenze), tanto pi si pu comprendere e tanto meglio
si pu intervenire. A dire il vero la concezione diagnostica
di tipo medico-psichiatrico attraversata dal sogno di
identificare alla base di sintomi e sindromi deficit di carattere organico-cerebrale. Per quanto Maj et al. (2002)
abbiano sostenuto che molti anni di ricerca biologica non
abbiano consentito di identificare un marker specifico relativo alle categorie diagnostiche riconosciute (costantemente in aumento nominale), molti psichiatri si dicono
certi della loro esistenza, specie nel senso di alterazioni
cerebrali da curare farmacologicamente. Ci vale in particolare per le forme di psicosi, ma ormai anche per vari
tipi di disturbi di area nevrotica3.
La strada che seguiamo a proposito di narcisismo
propriamente quella euristica, nel senso di riconoscere
tratti e modalit di essere tipiche della personalit narcisistica intesa in senso psicopatologico. Lo faremo sia attraverso il gi citato DSM, sia attraverso il Manuale Psicodiagnostico Psicodinamico (PDM), intendendo per personalit una visione del mondo, un modo di percepire,
pensare, tenere relazione con laltro, con la vita e con se
stessi. Ora, nel DSM il narcisismo incluso in un cluster che comprende i disturbi borderline, antisociale e
istrionico. Ci che li accomuna la presenza di unemotivit di superficie, di imprevedibilit dazione e di una ricerca spasmodica di attenzione. In particolare viene evidenziata la tensione verso la grandiosit, la necessit di
ammirazione specchiante, la mancanza di empatia e il
disprezzo per laltro, il pensiero che tutto sia dovuto e una
presenza significativa dellinvidia. Laltro lato della medaglia di tale personalit la fragilit del valore di s (lautostima, di fatto un costrutto psicologico tipicamente narcisista), lesposizione alla vergogna (il terrore della nudit) e lo stato di solitudine, specie nelle situazioni di bisogno. La fragilit e la vulnerabilit attribuita sprezzantemente agli altri e al mondo si ritorce dunque contro
la persona narcisista. A ben vedere proprio il disprezzo (cio non avere prezzo-valore) che torna in casa.
Passiamo ora al PDM, che si allontana dal symptom-behavior oriented proprio del DSM, ma di cui condivide, almeno in buona parte, lattenzione verso la personalit4. Qui incontriamo due spettri clinici: linternalizzazione e lesternalizzazione, piuttosto che tre cluster.

Racamier fa unacuta descrizione della perversione narcisista che comprende sia il pensiero sia lazione. Collega anche il narcisismo con lincesto e lincestuale, una forma diffusa di pensiero-azione che attacca il mondo dei legami.
3
nota la posizione di Karl Jaspers (1913, 1959) contro il riduzionismo diagnostico e la confusione tra lattribuzione di un
nome e il senso plausibile della malattia. La prima edizione del DSM era pi attenta alla dimensione psicologico-psicoanalitica che
poi stata abbandonata a favore del riconoscimento di sintomi e sindromi psichiatriche.
4
Occorre differenziare tra organizzazioni di personalit, che si muovono sempre lungo un continuum di salute e malattia,
e disturbi della personalit, che ne sono proprio le evidenze di fallimento (cfr. Kernberg, 1984).
5
Non a caso la personalit narcisista pu cadere nellanoressia nervosa (se di genere femminile) e nelluso di sostanze, specie cocaina (se di genere maschile).
6
La carenza di coscienza corporea (essere situati nel corpo, nel mondo e nella vita) porta come detto al disturbo anoressicobulimico e al disturbo di dipendenza da sostanze eccitanti. Se si perde la coscienza, si precipita nella mera natura.

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VITTORIO CIGOLI, FEDERICA FACCHIN, Narcisismo: dagli intrecci narrativi alla clinica del legame di coppia

tacchi (mancanze, ferite) sul piano dellapertura relazionale. Vengono qui a intrecciarsi fattori generazionali di
carattere familiare e socio-culturale. Due sono le modalit possibili di fronteggiare il dolore: lespansione del S
e la lamentazione del S. In ogni caso i sentimenti da affrontare risultano essere la vergogna, lumiliazione, linvidia, la fragilit e la vulnerabilit al dolore. Esaltazione
di s e svalutazione di s appaiono come agli antipodi, ma
uno stato della mente pu coprire laltro. Al centro sempre lautos (autocelebrarsi, auto affermarsi, autogestirsi,
autodefinirsi, auto realizzarsi) che privato delleteros.

ca della finanza (la deregulation della finanza ha raggiunto il suo apice durante la presidenza di Clinton), si
riduce la dedizione allaltro e alla comunit (la presenza
diffusa di donors), mentre si impone il consumo in tutte le sue forme, cos come laffermazione del diritto individuale anche nelle relazioni intime. Le varie culture conoscono il divorzio, ma in nessuna cultura esso si imposto come forma normale di vita. Torneremo ad occuparcene.
Si appiattiscono le differenze generazionali, ma soprattutto si riduce la storia generazionale. Non a caso la
stessa psicologia clinica, immersa nel brodo culturale,
attenta allo scambio nellhic et nunc, alle interazioni efficaci cos come ad espandere le possibilit di successo
individuale e di controllo delle emozioni tramite una miriade di interventi e di programmi ad hoc dal carattere semimagico.
Soffermiamoci ora sul valore sociale (omologante) delloggetto tecnologico che si presenta come mimesi del sacro. da l infatti che proviene la luce su cui lindividuo
riflette se stesso e il suo mondo relazionale. Ben pi potente della luce che viene dalla televisione, tutto ci che
I, che cell e che fa rete contribuisce a diffondere il sentimento della costante presenza di s nel mondo. Potremmo parlare di una nuova forma di rapimento che non ha il suo centro nellestasi mistica, ma sulla luce
che promana dalloggetto. Il luccichio rimanda ad un oggetto di godimento e il suo corrispettivo relazionale lemozione dellattimo presente e il bisogno di fare il pieno
di emozioni, di connessione; altrimenti la noia ad imporsi.
poi possibile diffondere limmagine di s, farsi autoscatti a ripetizione in svariate pose (outfit), da quelle languide a quelle aggressive e al limite misurando il
proprio indice di apprezzamento contando il numero dei
like. Se poi limmagine non piace sempre possibile fare
un ritocco; ma dov il destinatario10? Per fare un confronto
di temporalit basta misurare lattimo dellautoscatto o
dellinstant message con limpegno della lettera e del
diario, che richiedono pensiero riflessivo e decisione comunicativa. Di nuovo il narcisismo, anche quello minimalista, si presenta con il carattere di fondo dellautos
quasi privato delleteros. Autostima, autoaffermazione, rivendicazione costante di diritti a partire dal consumo nelle sue varie forme (compresa quella sessuale) ne sono
gli epifenomeni. Laltro lato della medaglia unesposizione ai disturbi ansioso-depressivi e il ricorso a stampelle
surrogate didentit, o tramite il controllo (vedi cibo e corpo), o tramite psicofarmaci e droghe (lo anche il gioco
dazzardo).
Cesareo e Vaccarini pongono alla base della sintomatologia sociale lopacit spirituale nel senso della evi-

3. Un mutamento antropologico?
Vincenzo Cesareo e Italo Vaccarini (2012) sono gli
autori di un testo importante a proposito di narcisismo.
Da un lato riprendono i contributi di Twenge e Campbell
(2009) e di Christopher Lasch (2001), dallaltro sottolineano la presenza di un salto socio-antropologico: si tratta di un transito drammatico dallumanesimo moderno
al narcisismo contemporaneo. Tale concetto non ha per
gli autori un senso psicopatologico, pur riconoscendone
gli aspetti, ma propriamente socio-relazionale7. Gi nellintroduzione essi parlano di crisi didentit della cultura dellOccidente (la terra promessa per laffermazione
della soggettivit umana) che si manifesta attraverso i
sentimenti contrapposti di sfiducia e di autosufficienza,
di impotenza e di onnipotenza (tutto il mondo intorno
a te). In particolare hanno coniato il termine di narcisismo minimalista, intendendo riferirsi al mutamento nella costruzione della personalit che vede nellautoreferenzialit la sua essenza. Essa erode di fatto il legame interpersonale e sociale e rende debole la tensione progettuale. Potremmo dire, in chiave psicologica, che la fiducia un bene sempre pi scarso e che la speranza quasi destinata allabbandono.
Pi fattori contribuiscono al sorgere e allimporsi di
determinati fenomeni sociali. Di certo uno il crollo della cultura protestante e dei valori che lhanno contraddistinta in senso economico e sociale, oltre che religioso.
La Chiesa Riformata, nelle sue molteplici organizzazioni di credo religioso, ha trovato nel Nord Europa e nellAmerica del Nord il suo ubi consistam di successo e
l lha perso. Occorre riconoscere il peso e il valore dellomologazione culturale che in tempi recenti ha visto ergersi lAmerica come modello di riferimento8. Non si
tratta solo della caduta del sacro, ma anche di una forma di ribellione al rigore morale che lanima di fondo
della Chiesa Riformata9. Crolla letica del lavoro e leti-

Gli autori si muovono entro una prospettiva di sociologia della persona e per la persona. Anche il nostro orizzonte clinico
quello della psicologia della persona intesa come detto quale essere in relazione.
8
Wilfred Bion (1970) ha parlato in proposito di stato socialista della mente. Il bisogno di omologazione un potente costruttore di identit: Chiesa, esercito, regnanti, alta borghesia, persone del mondo dei media, dello sport e dello spettacolo sono
gli ancoraggi, in tempi diversi, del processo di omologazione identitaria.
9
Il rigore morale ben rappresentato anche dal famoso testo di Melantone (1572), De vestitu dal grigio al nero.
10
Autoreferenzialit e lavoro introspettivo si pongono agli antipodi tra loro.

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VITTORIO CIGOLI, FEDERICA FACCHIN, Narcisismo: dagli intrecci narrativi alla clinica del legame di coppia

4. Clinica del legame di coppia: una deriva narcisista?

dente difficolt di molte persone di porsi interrogativi in


merito allesistenza, al suo scopo e al valore delle relazioni
(la qualit simbolica). Ci confermerebbe, a livello sociale,
quel difetto di interiorizzazione di cui abbiamo gi parlato. C per un altro aspetto che desideriamo sottolineare: la ritrosia e addirittura il diniego ad assumersi il
rischio decisionale. Detto altrimenti, il narcisismo sociale si contraddistingue per un diritto a ricevere e a godere decisamente espanso e per una difficolt a tagliar via,
com di ogni processo decisionale. Il lamento e la
proiezione ne una conseguenza.
Nel contempo il sociale nelle sue forme istituzionali elegge il precariato a forma e norma di vita: godere lattimo se si pu e sopravvivere; poca o nulla domanda sul
futuro; proiettarsi (fare progetti) da stolti. Altro che perfezione e completezza E insieme al precariato il sociale impone, attraverso la burocrazia, la nuova macchina
vivente (Reich, 1933), una modalit di relazione di tipo
fobico-ossessivo: sempre pi norma e codicillo, sempre pi
controllo razionalistico e sempre meno fiducia nel legame sociale.
Cosa ne viene allo psicologo clinico di tale lettura sociologica? Innanzitutto egli deve tener conto del valore,
ma anche della povert del suo statuto scientifico. Senza riferimento alle scienze del vivente (sociologia, filosofia,
letteratura, antropologia) la clinica e la psicoterapia, che
ne un ambito, rischiano di parlare a se stesse in modo
narcisistico. Siccome in questione la persona, essa va colta nei suoi riferimenti contestuali, vale a dire il tempo storico, i luoghi geografici, i fattori strutturali e quelli culturali. In particolare lepistemologia sistemica invita a tener conto sia delle trasformazioni, sia delle continuit dei
contesti relazionali di cui abbiamo parlato.
Tra le trasformazioni pi profonde vi sono quelle inerenti i legami familiari e il legame di coppia. Ci occuperemo in particolare di questultimo, sempre tenendo a mente che il clima culturale e sociale tende ad omologare le
persone, ma non per questo ne determina lazione. Occorre insomma distinguere tra fattori co-determinanti e
mera determinazione. Nello specifico i mutamenti valoriali (il transito drammatico dallUmanesimo moderno alla
societ dei consumi), lo stato di precariet vitale delle nuove generazioni e limporsi della burocrazia come corpo
centrale dello Stato portano sulla scena clinica nuove forme di dolore e nuove difficolt nellaffrontarlo. In primo
piano c il passaggio dal senso di colpa al sentimento della vergogna e il timore, se non langoscia, di fare legame.
Non pi il tempo del rigore e dellossessione morale ed sempre pi il tempo della centratura su di s e della deriva dei legami. E se la vergogna non viene provata? Avremo il crollo del sentimento del pudore e la perdita del sentimento di ci che intimo a favore della carne e dello spettacolo pubblico.

Consideriamo i mutamenti avvenuti nella costruzione


e nella cura del legame di coppia come unemergenza tipica e specifica della cultura dellOccidente. Il legame monogamico in un breve lasso di tempo storico diventato
residuale, mentre si sono diffusi i legami in serie (le coppie ricostituite)11 e quelli delle coppie di fatto che, in nome
dellautodeterminazione, rifiutano il riconoscimento e la
testimonianza sociale. per il divorzio a fare della cultura dellOccidente un unicum; le varie culture lo riconoscono come possibilit, ma nessuna di esse ne conosce
una simile diffusione, tanto che potremmo parlare di epidemia sociale o di societ del divorzio.
Unaltra importante trasformazione che incide sul lavoro clinico la serialit dei legami di coppia che precedono quello a cui si affidata la stabilit e, in genere, la
nascita dei figli. Il prolungamento della temporalit
moratoria ben aldil delladolescenza12 e che si trascina
anche oltre i trentanni, sia per maschi che per femmine,
fa s che si possano succedere nel tempo anche tre/quattro relazioni di coppia significative. questo un altro unicum culturale, visto che mai nel corso dei secoli e nelle
diverse culture c stato un tempo cos dilatato riservato
al legame di coppia in quanto tale. In genere tale tempo
veniva definito o dalla passione, dallinnamoramento, oggetto della letteratura sia tragica che romantica, o dal pi
frequente rituale di contatto tra famiglie anche attraverso mediatori, per lasciare poi il posto al fare famiglia.
Ora, fare e rifare coppia un modo per rilanciare lorigine. Nel nostro linguaggio consideriamo la coppia come
una nuova nascita al legame; essa pu avvenire e dare luogo a vicissitudini specifiche, ma pu anche abortire. Ci
in genere per la presenza di incastri particolarmente sfavorevoli sulla base del transfert generazionale (gravi carenze, abusi, violenze generazionali) che hanno intaccato profondamente il valore della persona e che esplodono attraverso il fare coppia e vivere in coppia. Sono i
casi in cui si manifestano le varie forme di antilegame e
che degenerano in conflitti mortali in cui vengono trascinati
i figli. proprio attraverso lo stato-condizione dei figli che
tale antilegame (varie forme agenti dellodio) viene allattenzione del clinico.
Sempre di pi per, in linea con il mutamento culturale, la coppia in quanto tale a chiedere consulenza
e supporto clinico. Alla base vi uno stato di crisi del legame: lincastro che a fondamento del legame di coppia medesimo non pi in grado di rispondere ai bisogni e ai desideri attuali e attende un rinnovamento. La parola crisi , a tale proposito, cruciale; nella sua etimologia vi infatti il rimando a scelta e separazione (Cigoli,
2006, 2012; Taccani, Racamier, 2011). Va dunque ben distinta dalle fonti di stress di varia natura che impattano
sul legame di coppia. Tali fonti sono visibili e numerabili (un approccio importante alla clinica di coppia pro-

11

Negli Stati Uniti il numero delle famiglie ricostituite ha superato quelle intatte. Per il processo di omologazione di cui
abbiamo parlato questo che attende lOccidente nel suo insieme.
12
In psicologia clinica si definisce tempo di moratoria quello adolescenziale della sospensione della responsabilit adulta.

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Sociologia
VITTORIO CIGOLI, FEDERICA FACCHIN, Narcisismo: dagli intrecci narrativi alla clinica del legame di coppia

prio quello di stress and coping), mentre ci che fa crisi e che attende di essere affrontato il frutto di una ricerca da compiere con la coppia medesima a proposito
di legami. in questa ricerca che ritroviamo il peso dellomologazione culturale con fantasie di facile liberazione dal vincolo che il legame propone e della presenza di
altri luoghi edenici in cui il male bandito una volta per
sempre. Unaltra fantasia che il legame di coppia rientra nei beni che possono essere consumati.
Una volta e finalmente riconosciuta la pari dignit
dei generi che si manifesta anche nelleducazione di femmine e maschi e nel tendere comune verso lautorealizzazione, emerge la difficolt reciproca di fare legame e di
alimentarlo. Occorre prendere atto della fragilit intrinseca dei legami a partire da quello di coppia, che ambisce ad integrare le differenze di genere, di provenienza ed
esperienza familiare e di stirpe di appartenenza. Proprio
tale fragilit intrinseca, che si connette peraltro allalto ideale di umanizzazione (essere simili ed essere differenti; essere fratelli, essere distinti e unici), trova nel contesto
sociale e culturale un suo approccio di facile, almeno in
apparenza, via duscita dal dolore. Si tratta della rivendicazione al diritto di felicit individuale e allespansione del S in chiave narcisista.
Clinicamente parlando occorre porre il legame di coppia al punto dincrocio tra lintreccio, segreto per un verso e inconscio per laltro, di bisogni, desideri, timori e traumi, e la promessa. Mentre laspetto segreto ci che i membri della coppia possono riconoscere come specifico del
loro legame, laspetto inconscio ci che sfugge alla loro
consapevolezza e che pu essere messo in luce attraverso tecniche specifiche quale ipotesi di senso ulteriore. Occorre tener conto che nel transfert generazionale opera non
solo ci che i membri hanno vissuto ed esperito, ma anche ci che trapassa le generazioni, come ad esempio lutti incistati, fallimenti, vergogne sociali, malattie mentali
di qualche membro familiare e cos via.
La letteratura psicodinamica si occupata in modo
quasi esclusivo dellintreccio che opera sulla base del transfert (dai legami di origine vissuti al legame di coppia).
Povera invece lattenzione nei confronti della promessa senza la quale nessun legame in grado di affrontare
le sfide che la vita propone. Il pro-mittere incarna la
tensione verso linfinito futuro cos come lo sperare e fare
giuramento13. proprio qui che il clinico incontra il mutamento culturale e la sua fonte narcisistica. Se costruiamo una variabile curvilineare in merito a tale concetto porremo al centro (in medio stat virtus) la possibilit della coppia di assumere la promessa come un aspetto cardine del legame e ai suoi estremi le varianti negative. Da un lato collochiamo labuso della promessa nel
senso che essa diventa costruzione violenta e sottomissione
dellaltro, dallaltro collochiamo la fragilit e quasi linesistenza della medesima14. Il legame di coppia, sollecitato
nella sua essenza da vari tipi di crisi (il venir meno del-

linnamoramento, la nascita e la crescita dei figli, la malattia di qualche membro familiare, la perdita del lavoro, o la difficile situazione economica), assorbe il male di
vivere e viene facilmente lasciato in nome (e nellinconsapevolezza) di un altro luogo ed un altro tempo facilmente
idealizzato, ma illusorio.
Il clinico, di fronte al dilagare del divorzio e cos della frammentazione dei legami e del trasferimento dellangoscia e del lutto che ne deriva sulle generazioni successive, chiamato ad assumere una posizione di ascolto dei dolori reciproci, ma anche a porre attenzione a ci
che il legame ha offerto ai singoli membri in quanto a delineazione del S. Questo infatti il lato facilmente derelitto.
Purtroppo molti clinici colludono con la tentazione della facile via duscita dal legame. Di certo non facciamo coincidere il divorzio con la psicopatologia; ci non
toglie che proprio le situazioni di crisi del legame siano
tali da far emergere aspetti del S insospettati dagli stessi partner. Rabbia e odio, nelle sue varie forme, si scatenano e difficile costruire un confine al dolore, perch di
fallimento materno e paterno (cio di origine) si tratta. Com noto a chi ci vicino (i nostri intimi) offriamo
il meglio, ma anche il peggio di noi stessi.
Torniamo allora ad occuparci dei segni tipici del narcisismo. Come detto a noi interessano gli aspetti psicopatologici, quelli cio che diffondo dolore e angoscia non
trattabile in relazione con laltro, ma anche con se stessi e con la vita. Distinguiamo con cura il narcisismo dallamore di s che trova le sue radici nel rispecchiamento
amorevole dei genitori, ma anche della parentela e nella
buona cura che interiorizziamo attraverso laltro: curare il corpo, curare la mente, che a loro volta sono incarnati nella persona. Conosciamo dalla ricerca clinica cosa
significa buona intimit, soggettivit sensibile, capacit
di regolazione degli affetti. proprio nella crisi che emerge lamore di s che, per sua matrice, immediatamente
relazionale. Al suo opposto si situa la rabbia e il vuoto
di s: lindifferenza e il distacco, cos come la rabbia esplosiva e la violenza agita ne sono gli epifenomeni. A ben vedere si tratta sempre di profonda sfiducia e di disperazione
nel legame. La sociologia da parte sua ci aiuta a comprendere i mutamenti socio-culturali e individua in particolare la messa in scena narcisistica della relazione sociale.
Il clinico, nel suo lavoro di sostegno ai legami, si trova a prendere atto della presenza sempre pi diffusa dei
tratti narcisistici del legame e della riduzione dei sentimenti
di colpa. Si tratta allora di pensare ad un lavoro clinico
che ricuce con cura i legami e che rivalorizza la promessa. Se la clinica psicologica si allontana dagli uomini e dai loro legami diventa volgare, cio astratta. Noi non
offriamo stampelle e surrogati di salute, invitiamo piuttosto i membri della coppia alla riflessione sul valore dei
legami. Toccher comunque ai partner decidere in favore di questi ultimi, specie nelle situazioni di crisi che na-

13
Non certo un caso che la psicologia clinica, immersa nel suo tempo storico, metta in ombra e persino deneghi il valore
essenziale del promettere per la tenuta del legame.
14
La promessa pu essere considerata come unapplicazione della regola doro che afferma di fare agli altri ci che vogliamo
venga fatto a noi e non fare agli altri ci che non vogliamo venga fatto a noi. Cfr. Vigna, Zanardo (2005).

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Sociologia
VITTORIO CIGOLI, FEDERICA FACCHIN, Narcisismo: dagli intrecci narrativi alla clinica del legame di coppia

turalmente mettono alla prova la consistenza dei legami. Tocca infatti a ciascuno rispondere del proprio e dellaltrui destino.

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Sociologia

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Sociologia

Sociologia

Note

Sociologia
Note

PAOLO IACULLI

Per una storia della sociologia delle emozioni

1. Nata nel 2010, quindi giovanissima, la rivista


scientifica semestrale on line SMP (Societ, mutamento,
politica) ha dedicato il suo quarto numero, monografico, alla sociologia dei sentimenti e delle emozioni, nella convinzione, espressa dal Direttore nel suo Editoriale, che non si possano comprendere luomo e le sue azioni sociali trascurandone la componente emotiva e sentimentale; questa consapevolezza e, insieme, lidea di una
razionalit delle emozioni e quindi, pi in generale, di
un intreccio tra emozioni e ragione stanno in effetti guadagnando sempre pi terreno nel dibattito scientificoculturale e producendo un distacco, radicale quanto necessario, nei confronti della tradizione razionalistica che
alla base della cultura occidentale (cfr. Bettin Lattes,
2011, p. 6). A mia conoscenza1, SMP la prima rivista italiana a riservare un numero monografico alla sociologia delle emozioni, una branca sociologica che ha
ormai altrove, in particolare negli Stati Uniti, una sua
piena legittimazione anche accademica: gli articoli contenuti sono molti, come gli spunti che essi sono in grado di suggerire. In questa mia breve nota intendo, peraltro, soffermarmi esclusivamente su quegli scritti che
forniscono un contributo alla storia della sociologia delle emozioni; anzi, sembra potersi precisare, alla storia della sociologia delle emozioni prima della sociologia delle emozioni2. Cerco di spiegarmi. La sociologia
delle emozioni nasce negli Stati Uniti solo nella seconda met degli anni settanta del secolo grazie ad alcuni
scritti di studiosi quali Theodore Kemper, Arlie Russell
Hochschild, Thomas Sheff e Susan Shott, che per la prima volta nella storia del pensiero sociologico si occupano
esplicitamente e sistematicamente di emozioni quali fenomeni sociologicamente rilevanti. Nondimeno, in precedenza, sociologi classici o quasi classici come
Marx, Comte, Durkheim, Pareto, Weber, Simmel, Cooley, Elias, Homans e Goffman, pur senza avere mai, con
la parziale eccezione di Pareto, elaborato teorie sulle emozioni, e senza quindi poter essere considerati dei sociologi delle emozioni, avevano toccato, in misura diversa e talvolta solo implicitamente, argomenti riconducibili alla sfera emozionale, fornendo in pi di un caso
spunti decisamente interessanti; ebbene, il loro contributo pu essere rubricato come appartenente alla sociologia delle emozioni prima della sociologia delle emozioni.

2. Mi soffermer brevemente qui di seguito, dunque,


su tre dei saggi contenuti nel numero in questione di SMP:
quelli di Adele Bianco (2011), Luigi Muzzetto (2011) e
Gregor Fitzi (2011). La prima tematizza il contributo che
Georg Simmel ha fornito alla sociologia delle emozioni prima della sociologia delle emozioni attraverso le sue
riflessioni sullamore contenute in particolare nel Frammento sullamore, scritto tra il 1890 e il 1911 e pubblicato postumo3. Lo studioso tedesco , tra i sociologi delle emozioni ante litteram, quello che ha ricevuto maggiore
attenzione anche da parte della sociologia italiana: penso a una bella monografia del 1994 di Gabriella Turnaturi4, ma anche a una pi recente di Silvia Fornari5. E lo
a giusta ragione: per non fare che un esempio, le analisi di Simmel sulla ipertrofia dellintelletto come facolt
adattiva e difensiva rispetto agli altrimenti insostenibili
e travolgenti ritmi e stimoli della vita metropolitana restano insuperate nella loro capacit di evidenziare il prezzo in termini di distacco e indifferenza emotiva pagato dalluomo blas (cfr. Simmel, 1995); un tale tragico pessimismo non caratterizza, peraltro, solo le pagine de Le metropoli e la vita dello spirito, bens anche opere minori come quelle dedicate alla civetteria o appunto allamore, vere e proprie miniere per lo studio delle emozioni (Turnaturi, 1998, p. 223). Beninteso, in esse Simmel non elabora affatto una teoria generale delle emozioni,
e neppure dei singoli sentimenti considerati, ma certo il
modo in cui questi ultimi vengono delineati nella concreta
esperienza delluomo moderno rimane esemplare. Anche
in ragione dellesistenza di una discreta letteratura secondaria italiana sulla sociologia delle emozioni di Simmel, mi limiterei, peraltro, qui a ricordare assai brevemente
le considerazioni conclusive del contributo della Bianco,
secondo cui il tema dellamore ha in Simmel una valenza sociologica per almeno tre ragioni: anzitutto, perch
esso riflette il tentativo di definire come la socialit si costruisce a partire dallintersoggettivit e ancor prima dallintimo di ciascun individuo; in tal modo la realizzazione della vita collettiva si compie grazie al passaggio dal
piano individuale a quello sovra-individuale (Bianco,
2011, p. 61); in secondo luogo, la natura sociologica del
sentimento amoroso sta per lautrice nel fatto che gli attori in esso implicati creano una vera e propria relazione
sociale6; in terzo luogo, le manifestazioni dellamore rendono del tutto evidente come questo sentimento sia sog-

Mi permetto di rinviare, al riguardo, a Iagulli, 2011, pp. 97-107.


Di sociologia delle emozioni prima della sociologia delle emozioni ha parlato, suggestivamente, De Nardis, 1999, p. 86.
3
Questo scritto si pu ora leggere in Simmel, 2001, pp. 159-213.
4
Si tratta di Turnaturi, 1994.
5
Si tratta di Fornari, 2005.
6
Sullamore come relazione sociale, si veda sul numero di SMP in esame lapprofondita analisi di Donati, 2011.
2

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Sociologia
Note

PAOLO IACULLI, Per una storia della sociologia delle emozioni


getto a una lenta trasformazione/evoluzione di natura storico-sociale, che va in particolare nella direzione di una
sua individualizzazione (cfr. ibidem, pp. 61-62).
Dal punto di vista che a me principalmente interessa di una storia della sociologia delle emozioni prima della sociologia delle emozioni, aggiungo che Simmel appare, con Pareto7, il sociologo classico che ha pi significativamente anticipato la sociologia delle emozioni (contemporanea): come stato evidenziato, Simmel configura il soggetto della modernit come un tuttuno, [] un
intreccio inestricabile di pulsioni, ragione, emozioni, sentimenti []. In ogni azione, in ogni giudizio e orientamento, lindividuo o c tutto intero o non c (Turnaturi, 1994, pp. 21-22). La sociologia delle emozioni nascer anche con lintento di destituire di fondamento quel
pilastro della sociologia classica costituito dal primato,
allinterno della teoria dellazione sociale, della componente razionale rispetto a quella emozionale; ebbene, Simmel critica duramente la plausibilit stessa della dicotomia ragione/emozioni, da lui considerata straordinariamente rozza e arbitraria (Simmel, 1968, p. 66), e che
certamente alla base di quel primato della ragione cos
a lungo perdurante nella storia del pensiero occidentale
e della parzialit e astrattezza che tale primato esprimeva nella sua incapacit di rendere conto dellestrema complessit dellagire individuale e sociale.

zati. Quanto, in particolare, al dualismo tra ragione ed


emozioni, queste ultime sono state nella storia del pensiero (filosofico), pur con alcune importanti eccezioni rappresentate, tra i classici, da Hobbes, Pascal e Hume, spesso trascurate o attaccate come aspetti primitivi, pericolosi, irrazionali, istintivi, corporei (Costa, 2006, p. 3333),
considerate quindi stoicamente e kantianamente come malattie dellanima, oltre che come perturbatici della ragione.
Ebbene, se negli ultimi decenni il pensiero non solo filosofico ma anche e soprattutto scientifico stanno revocando
decisivamente in dubbio una tale primazia della ragione
e, insieme, la stessa plausibilit della dicotomia emozioni/ragione (si pensi al lavoro del neurobiologo Antonio
Damasio, Lerrore di Cartesio9, che sin dal titolo evidenzia
la fallacia di quella netta separazione tra ragione ed emozioni esemplarmente rappresentata dal filosofo francese10),
innegabile che la sociologia abbia, fino a un certo momento, fortemente risentito di quella dicotomia e di quella primazia, cui unicamente Pareto e Simmel si erano in
qualche modo sottratti. La teoria dellazione sociale pur
nelle sue diverse letture, si [infatti tradizionalmente] fondata sulla nozione dellattore come soggetto innanzitutto razionale, riflessivo e normativo, le cui emozioni e i cui
sentimenti sono da considerarsi come elementi residuali
e spesso di disturbo per un agire razionale rispetto allo
scopo (Turnaturi, 1995, p. 10). E lo stesso Muzzetto indica in modo storiograficamente corretto il periodo
spartiacque osservando come soltanto a partire dagli anni
settanta del secolo scorso la sociologia abbia cominciato a far registrare un forte risveglio delle analisi sugli aspetti che avevano tradizionalmente rappresentato lo scandalo della ragione (Muzzetto, 2011, p. 68), vale a dire
sugli aspetti emozionali della azione sociale.
Se anche la sociologia, come altre discipline tra cui
lantropologia, la pedagogia e la stessa psicologia11, ha cominciato a prendere sul serio le emozioni, lo si deve,
anzitutto, a ragioni esterne a essa, riconducibili alle accennate tendenze filosofiche e scientifiche antirazionalistiche degli ultimi decenni, peraltro strettamente legate al
clima politico, sociale e culturale caratterizzante in particolare gli Stati Uniti degli anni sessanta e settanta del se-

3. In relazione a quanto appena osservato, il caso


di accennare alla prima parte del saggio di Luigi Muzzetto
(cfr. 2011, pp. 65-78), in cui egli coglie un fondamentale aspetto preliminare a una storia della sociologia delle
emozioni: la sociologia nasce nel segno di quella contrapposizione tra ragione ed emozioni (passioni, sentimenti)8 che ha appunto costituito uno dei nodi concettuali
pi radicati nella tradizione razionalistica tipica del pensiero occidentale. Come Muzzetto ricorda citando Williams (2001, p. 3), la sociologia ha, anzi, contribuito a perpetuare piuttosto che mettere in discussione i dualismi
ereditati dal passato, dualismi nei quali mente e corpo,
natura e cultura, ragione ed emozioni, pubblico e privato sono stati artificialmente separati e rigidamente rinfor-

Sulla sociologia delle emozioni di Pareto, cfr. Mutti, 1992.


Come lo stesso Muzzetto sembra indicare (cfr. 2011, p. 65, nota 1), la distinzione tra emozioni, sentimenti, passioni, stati
danimo e cos via non appare necessaria in una prospettiva generale di sociologia delle emozioni. Se nel linguaggio comune quelli appena ricordati sono termini che designano fenomeni emotivi diversi tra loro, la sociologia delle emozioni tende a tematizzare
la categoria generale delle emozioni, e quindi a considerare il concetto di emozione, come includente tutti i fenomeni emotivi,
senza per questo ignorarne le differenze: cfr., ad es., limportante lavoro di Turner e Stets, 2005. Diversamente, cfr., ad es., Cerulo, 2009, per il quale invece importante distinguere per la sociologia delle emozioni tra emozioni, sentimenti e passioni.
9
Lipotesi fondamentale di Damasio (cfr. 2007), ricavata dallo studio di pazienti neurologici colpiti da deficit nellattivit decisoria associati a disturbi dellemozione, e da quel momento largamente accettata, che lemozione non solo faccia parte del circuito della ragione, ma anzi, contrariamente alla sua tradizionale configurazione come elemento disturbante, possa significativamente contribuire ai processi cognitivi e decisori.
10
Come evidenzia Damasio, e come peraltro noto, il clamoroso errore di Cartesio, cos a lungo perdurante e decisivo nellinfluenzare gli orientamenti razionalistici anche pi estremi, consiste nella affermazione di unabissale separazione tra il corpo e
la mente (e quindi tra le emozioni e la ragione). Col penso, dunque sono, lenunciato forse pi noto della storia della filosofia,
Cartesio decretava, con la superiorit della res cogitans, vale a dire dellattivit del pensare e della consapevolezza di tale attivit
quale autentico substrato dellessere, anche la netta separazione di quella dalla res extensa, cio dal corpo non pensante dotato di
estensione e di parti meccaniche; e ci sino al punto di affermare la compiuta autosufficienza della prima, la possibilit, cio, dellesistenza della mente priva del corpo (cfr. Damasio, 2007, pp. 336-341).
11
Sulla rinascita in quegli anni della psicologia delle emozioni, cfr. Galati, 2002, in part. pp. 18-26.
8

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Sociologia
Note

PAOLO IACULLI, Per una storia della sociologia delle emozioni


colo scorso: si pensi alla presenza di movimenti studenteschi e femminili le cui contestazioni facevano leva sul
vissuto emozionale, alla spiccata attenzione per il privato e per i rapporti interpersonali, e alla diffusione di
massa della psicoanalisi. La presa di cognizione delle emozioni , per, ascrivibile anche a ragioni interne alla sociologia, la quale ha sin dallinizio della sua storia privilegiato lambito macro e quindi fondamentalmente trascurato, tra laltro, larea dei sentimenti e delle emozioni; e ci fino a quando lirrompere sulla scena della cd.
teorie della vita quotidiana non ha portato a considerare anche lambito micro come degno di riflessione sociologica, con tutte le implicazioni del caso, comprese quelle tematiche. Non sto affermando, beninteso, che tali teorie si sono mostrate tutte sensibili al tema delle emozioni, ma certo la nascita della sociologia delle emozioni
stata almeno in parte favorita dalla crisi della sociologia
precedentemente dominante, il funzionalismo, che le teorie microsociologiche avevano contribuito a determinare. Ora, proprio relativamente a come le emozioni siano
state fatte eventualmente oggetto delle riflessioni delle sociologie della vita quotidiana interessante considerare la seconda parte del saggio di Muzzetto (cfr. ibid., pp.
78-97), in cui egli tematizza il rapporto con le emozioni
di Alfred Schutz, il fondatore di una delle principali teorie sociologiche della vita quotidiana, la cd. sociologia fenomenologica. Non qui chiaramente possibile accennare
neppure in termini introduttivi a tale importante prospettiva sociologica12; ci che interessa sottolineare come
il contributo di Muzzetto, che ne studioso molto attento13, possa perfettamente inserirsi in un quadro di ricostruzione delle radici della sociologia delle emozioni.
Muzzetto ovviamente ben consapevole dellappartenenza
di Schutz allo spirito del suo tempo, che lo porta a privilegiare la dimensione cognitiva (cfr. ibid., p. 79): ricordiamo che il suo unico libro pubblicato in vita, La fenomenologia del mondo sociale, del 1932. Ma la puntuale ricerca condotta permette a Muzzetto di individuare,
nella riflessione sociologica di Schutz, interessanti aperture alla dimensione emozionale; sentimenti ed emozioni
vi sarebbero, per lo pi, solo implicati ma in modo, a
parere di Muzzetto, del tutto significativo. E il caso di saggi come Il reduce e Lo straniero; in questultimo, ad esempio, la condizione dello straniero appare caratterizzata dalla presenza di emozioni e sentimenti e quindi di una fondamentale dimensione emozionale-affettiva: Nella visione
di Schutz, il modello culturale acquisito garantisce rifugio
e protezione, d fiducia, tranquillit e sicurezza ai
membri del gruppo. Mentre lapprendimento di un nuovo modello non pu produrre gli stessi effetti. [] Essere stranieri, abbandonare il proprio modello di cultura per
tentare di acquisirne uno nuovo, comporta, secondo
Schutz, un trauma, una crisi, la perdita della fiducia, della sicurezza acquisita (ibid., p. 81). Almeno al-

trettanto indicativa della implicazione dei sentimenti


nella sociologia di Schutz , per Muzzetto, lanalisi di quel
sistema delle rilevanze che, come noto, ne costituisce un aspetto assolutamente fondamentale, dal momento
che a esso fa capo il problema delle scelte, della costituzione del significato e quindi delle azioni individuali e sociali; ebbene, alla base del sistema delle rilevanze ci sarebbe
per Schutz lansia fondamentale, perch il sapere e il
timore di dover morire costituiscono la base ultima (una
base data per scontata) di tutte le nostre scelte (cfr. ibid.,
p. 83). Muzzetto evidenzia, citando testualmente Schutz
(1962, p. 228), come si tratti della anticipazione primordiale da cui hanno origine tutte le altre. Dallansia fondamentale emergono i molti sistemi di speranze e timori, di desideri e di soddisfazioni, di possibilit e di rischi.
Schutz sembra trasformare langoscia di Heidegger da
problema ontologico in base antropologica della gerarchia
delle rilevanze (Renn, 2009, p. 155), ponendo [cos] un
elemento profondo e generale di natura emozionale
come presenza primordiale, come base degli atteggiamenti
di qualsiasi natura (Muzzetto, 2011, p. 83). Ed anche
allinterno dello specifico tema della intersoggettivit e della costituzione intersoggettiva dei significati nel mondo
della vita quotidiana, che per Schutz la categoria pi radicalmente di base del sociale, appare possibile secondo
Muzzetto rintracciare elementi riconducibili a una qualche almeno implicita rilevanza della sfera emozionale-affettiva; per fare solo un esempio, il sociologo austriaco
afferma, in un passaggio de La fenomenologia del mondo sociale, che vi sono molte modificazioni attenzionali
che lEgo pu assumere verso la vita, atteggiamenti simili
alle disposizioni affettive (moods) di cui Heidegger parla come esistenziali dellesserci (Schutz, 1967, p. 73).
Anche se, come Muzzetto ha la cura di precisare, Schutz
non si muove tanto nel solco della fenomenologia di Heidegger, quanto in quello della fenomenologia di Husserl,
in cui la sfera emozionale non certo centrale, costituendone anzi la pi oscura delle regioni (Ferguson,
2006, p. 123).
Questultima notazione di Muzzetto ci consente di
evidenziare che quello che egli ha -in termini evidentemente
assai pi articolati di quanto si sia qui potuto riferire- argomentato che la sociologia di Schutz contiene al suo
interno (solo) interessanti potenzialit per una sociologia
delle emozioni di impianto fenomenologico che, aggiungerei alle riflessioni di Muzzetto, non si in realt poi sviluppata. E vero che quello che forse il pi geniale e radicale degli allievi di Schutz, Garfinkel, avrebbe posto in
essere nella sua etnometodologia una sorta di svolta
emozionale rispetto alla sociologia fondamentalmente
cognitiva di Schutz; lo ricorda Muzzetto citando Denzin
(1984, p. 143): Gli studi di Garfinkel rivelano la emozionalit sottesa ai codici morali taken for granted del mondo della vita quotidiana. La sua ricerca pu essere inter-

12
Per un inquadramento della sociologia fenomenologica allinterno del variegato quadro delle cd. teorie della vita quotidiana, cfr. Jedlowski, 2009, pp. 243-278; pi ampiamente sulla sociologia fenomenologica, cfr. lo stesso Jedlowski, 1986, pp. 5097.
13
Si veda, tra gli altri, Muzzetto, 2006, unintroduzione al pensiero di Schutz (anche esegeticamente) molto densa.

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Sociologia
Note

PAOLO IACULLI, Per una storia della sociologia delle emozioni


pretata come unindicazione verso la direzione di una teoria emozionale della comprensione e della interpretazione, come opposta una teoria puramente cognitiva. Ma,
a parte il fatto che lo stesso Muzzetto non lesina qualche
critica a Denzin, il quale proverebbe troppo nel suo tentativo di colmare le lacune della fenomenologia relative
allanalisi della sfera emozionale-affettiva (cfr. Muzzetto,
p. 96, nota 42), va a mio avviso pi in generale sottolineato come la sociologia fenomenologica non abbia prodotto un suo approccio di sociologia delle emozioni. Per
differenza, basti pensare a come invece laltra grande prospettiva riconducibile alla sociologia della vita quotidiana, linterazionismo simbolico, abbia fatto registrare da parte degli autori cd. post-blumeriani lelaborazione
di vere e proprie teorie sociologiche sulle emozioni, le quali hanno sviluppato intuizioni e spunti dei classici Mead
e Blumer, i quali pure non avevano tematizzato sociologicamente le emozioni, muovendosi anzi in una prospettiva
fortemente cognitiva14.

tema dellascesi intramondana. Questultimo rappresenta laspetto pi frequentemente messo in evidenza quando si cercano nel sociologo tedesco tracce di sociologia
delle emozioni15: lo spirito stesso del capitalismo sembra
considerato da Weber, in particolare ne Letica protestante
e lo spirito del capitalismo, come frutto della pressione
di emozioni forti quali lansia, la disperazione e la paura, su cui la dottrina calvinista si fonda. Quanto allagire affettivo, Weber lo descrive rapidamente allinterno della sua nota classificazione dei tipi ideali di agire sociale contenuta nelle prime pagine della sua monumentale opera Economia e societ: egli ha, quindi, evidentemente
ben presente come le emozioni, i sentimenti e gli affetti
siano tra i fattori (anche di senso) dellagire, assieme alla
ragione, orientata secondo lo scopo ovvero secondo il valore, e alla tradizione, cio alle abitudini (cfr. Weber, 1995,
pp. 21-23) , tuttavia, lagire affettivo come parte integrante del carisma a costituire probabilmente lelemento pi interessante nel discorso weberiano sulle emozioni. Nellambito del potere carismatico, sostiene Fitzi,
lagire affettivo non visto solo come il momento topico
della rottura con leggi non scritte dellagire quotidiano,
ma anche come la fucina privilegiata di legami sociali inediti, specie in ambito premoderno. A seguito dellintervento di un leader carismatico, di un profeta, di un condottiero, di un demagogo o di un avventuriero, si innesca, specie se la sua azione muove da una condizione di
crisi degli assetti sociali tradizionali, un processo di ridefinizione improvvisa ed emozionalmente tesa della convivenza (Fitzi, 2011, pp. 41-42). Ora, gli approfondimenti
di Weber sul potere carismatico, sulle sue straordinarie
potenzialit di mutamento sociale, ma anche sui suoi limiti consistenti nellessere indissolubilmente legato alla
persona che lo detiene, e quindi sul problema della sua
trasmissione, sono tra i capitoli pi noti della sua riflessione sociologica. Mi interessa qui solo evidenziare, con
Fitzi, come anche rispetto alla tipizzazione del potere, rectius delle sue forme di legittimazione (cfr. Weber, 1995,
p. 207 ss.), non diversamente dalla tipizzazione dellagire sociale tout court, sia fondamentale la distinzione tra
tradizione, ragione ed emozioni; elementi, questi, che fondano rispettivamente il potere di carattere tradizionale,
che si basa sulla credenza nel carattere sacro di tradizioni ritenute valide da sempre e nella legittimit di coloro
che sono chiamati a rivestire unautorit, il potere di carattere razionale-legale, che si basa sulla credenza nella legalit di ordinamenti statuiti e del diritto di comandare appannaggio di chi chiamato a farlo in base a essi,
e appunto il potere carismatico, che si basa sulla dedizione straordinaria al carattere sacro o alla forza eroica o al valore esemplare di una persona e degli ordinamenti rivelati o creati da essa, e che, come evidenzia Fitzi, si caratterizza per essere orientato in modo fortemente
personalistico, extraquotidiano ed estraneo al principio
di redditivit delleconomia. Ci ne evidenzia il carattere irrazionale ed emozionale, insofferente alla regola-

4. Nello studio di Muzzetto non manca qualche incidentale riferimento al rapporto di Max Weber con le
emozioni; ma il saggio di Gregor Fitzi, cui dedichiamo
le osservazioni che seguono, a tematizzarlo in modo specifico e puntuale. Il contributo di Fitzi interessante perch egli sostiene in modo molto chiaro la tesi secondo cui
Weber ha fornito un non trascurabile contributo alla sociologia delle emozioni. Sinteticamente, per Weber la realt
sociale, che pure si basa essenzialmente sul calcolo (azione razionale rispetto allo scopo) e sulla abitudine (azione tradizionale), nasconderebbe un lato extraquotidiano,
di cui la sociologia comprendente deve tener conto, costituito dal regno delle emozioni il cui esplodere improvviso e irrazionale frantuma la crosta del quotidiano
scompaginando la cornice dellabitudine e del calcolo razionale. La fiamma della passione molto intensa ma di
breve durata. Ed perci che le emozioni mantengono per
la sociologia comprendente un valore di soglia. Esse rappresentano il carburante che serve per plasmare a nuovo le relazioni sociali. La loro opera di modificazione
profonda ma stenta a istituzionalizzarsi. [] Le emozioni
sono protagoniste della scena sociale, possono per ottenere successo solo se si ritirano per tempo dal proscenio, lasciando una traccia nel tessuto istituzionale del quotidiano (Fitzi, 2011, p. 49). Dunque, le emozioni farebbero per Weber parte integrante della realt sociale,
sebbene un po sotto traccia; il pregiudizio razionalistico, di cui spesso stato rimproverato, sarebbe da imputare soprattutto a ragioni metodologiche ed epistemologiche: la sociologia comprendente di Weber non pu che
partire dallaspetto razionale dellagire, che il pi evidente allesperienza e quindi il pi facile da descrivere e
spiegare (cfr. ibid. pp. 37-38).
Pi analiticamente, il contributo di Weber alla sociologia delle emozioni passa, secondo Fitzi, attraverso la
descrizione dellagire affettivo, la nozione di carisma e il

14
15

Mi permetto di rinviare, al riguardo, a Iagulli, 2012.


Cfr., ad es., Turnaturi, 1995, p. 8 e Illouz, 2007, p. 27.

68

Sociologia
Note

PAOLO IACULLI, Per una storia della sociologia delle emozioni


mentazione dellagire in senso sia razionale che abitudinario (Fitzi, 2011, p. 43). indubbio, insomma, che quella carismatica costituisca una forma di legittimazione del
potere fortemente caratterizzata in senso emotivo, dal momento che la sua concreta esistenza e persistenza dipende da un coinvolgimento di chiara natura (fideistico-)emozionale.
possibile fare ulteriori osservazioni sulla sfera emozionale nella sociologia di Weber. Proprio relativamente al carisma, ad esempio, si pu ritenere che esso trascenda nel pensiero del sociologo tedesco il carattere idealtipico di forma legittimata di potere e costituisca anche,
in virt del suo intenso contenuto emotivo, lantitesi concettuale della razionalizzazione: laddove questultima significa freddezza e impersonalit dei rapporti sociali, il
carisma evoca sentimenti e trasporto emotivo. Lintera
opera di Weber pu essere concepita, tra laltro, come un
tentativo di comprendere e spiegare il processo di razionalizzazione della societ occidentale moderna16; ebbene, Weber sembra rendersi perfettamente conto di come
tale processo, caratterizzato non solo dalla prevalenza
dellazione razionale rispetto allo scopo sulle altre tipologie di agire sociale, bens anche da quel disincanto del mondo consistente nel ripudio da parte delluomo moderno di ogni riferimento a spiegazioni e atteggiamenti non razionali, cio magici, religiosi o anche
sentimentali, sia destinato a consegnare gli individui alla
gabbia dacciaio di una razionalit strumentale che
li lascia nudi di fronte alla questione del senso ultimo dellesistenza (Crespi, Jedlowski, Rauty, 2000, p.188) e quindi a produrre una crisi di quella dimensione individuale e intenzionale dellagire che sembrerebbe poter avere
il suo unico antidoto nel recupero del carisma quale forma emotivamente satura di esperienza che Weber ritiene abbia il potere di iniettare significato nella vita sociale
(Shilling, 2002, p. 24). Nel merito della diagnosi weberiana della modernit, il carisma e la sfera sentimentale a esso legata sembrano, peraltro, uscire sconfitti: appaiono infatti prevalere in Weber previsioni pessimistiche aventi a oggetto lassoluta prevalenza di tendenze razionalizzanti e burocratizzanti (cfr., ad es., Ferrarotti,
2002, pp. 177-192), e quindi la perdita della capacit degli individui di vivere una vita realmente significativa (cfr.
Shilling, 2002, p. 24) anche dal punto di vista emotivosentimentale.
Una lettura di questo tipo sembra presupporre un atteggiamento favorevole di Weber rispetto alle emozioni,
pure appunto storicamente soccombenti nella modernit
da lui vissuta e studiata17; al riguardo, e quindi pi in generale sul rapporto del sociologo tedesco con le emozioni, appare in realt probabilmente pi corretto sostenere che esse abbiano un ruolo ambivalente nelle sue riflessioni (cfr. ibid., p. 23). In uno studio specificamente
dedicato alla sociologia delle emozioni, Cerulo (cfr.
2009, pp. 48-55) afferma, ad esempio, che quella certa

idiosincrasia nei confronti delle dimensioni e degli stati


emozionali presente ne Letica protestante e lo spirito del
capitalismo, in cui emerge lemozione dellangoscia come
qualcosa da evitare, in quanto disfunzionale rispetto allattivit quotidiana e distruttiva dellequilibrio psicologico individuale, e in Economia e societ, in cui lagire affettivo/emozionale risulta marginalizzato rispetto a quello razionale sia dal punto di vista metodologico, vale a
dire ai fini della comprensione e della spiegazione della
realt sociale, che da quello sostantivo, in quanto nellepoca moderna lagire affettivo apparirebbe poco funzionale al dominante spirito capitalistico, viene in buona misura meno nelle sue famose conferenze del 1917-19. Ne
La politica come professione, in particolare, si assisterebbe
a una tale esaltazione della passione come base imprescindibile della professione politica da far revocare in dubbio a Weber la stessa dicotomia razionalit-emozione sino
ad allora ben presente nella sua riflessione: la razionalit, che si situa nellesclusione dellemozione ne Letica
protestante e lo spirito del capitalismo, si fonda proprio
sullemozione [passione] nella La politica come professione, afferma Cerulo citando Barbalet (2000, p. 343).
Ma soprattutto, al di l di ogni approfondimento relativo al tentativo weberiano di superare quella cos tradizionale dicotomia18, questultimo Weber, negli stessi
anni di Simmel, sia pure assai meno direttamente ed esplicitamente, sembrerebbe cominciare a considerare le
emozioni come fattori fondamentali dellazione umana e
sociale, al punto che v chi ha definito Weber un sociologo delle emozioni ante litteram (cfr. Marchetti, 1997,
p. 180).
5. A partire da quanto appena sopra rilevato il caso
di una rapida considerazione conclusiva e, insieme, riepilogativa. Pacificamente inserito tra i giganti della sociologia, tanto che si parlato di una sociologia pre-weberiana e post-weberiana (cfr. Coser, 1997, p. 282), Weber non pu certo considerarsi, in realt, un sociologo
delle emozioni; lo afferma in modo esplicito lo stesso Cerulo (cfr. 2009, p. 53); ci che Fitzi ha sostenuto nel suo
contributo, e che appare del tutto condivisibile, , semplicemente, che Weber ha toccato in alcuni passaggi della sua amplissima riflessione sociologica la sfera emozionale. Weber non soltanto non un sociologo delle
emozioni stricto sensu, ma neppure pu essere considerato un precursore della sociologia delle emozioni alla
stregua di Simmel, oggetto del contributo di Adele Bianco: nessuno tra i classici della sociologia ha infatti tematizzato come Simmel i sentimenti, parte integrante di
quella quotidianit che egli ha indagato da precursore
della micro-sociologia quale pure notoriamente stato.
Nella riflessione sociologica di Schutz, oggetto principale del saggio di Muzzetto, appare in qualche modo implicata la sfera emozional-sentimentale, anche se la sociologia fenomenologica che ne seguita non vi ha in

16
Cfr., ad es., tra i molti, notoriamente Tenbruck, 1993; si veda anche utilmente, sin dal titolo del capitolo dedicato a Weber, il manuale introduttivo alla storia del pensiero sociologico di Santambrogio, 2008, pp. 79-98.
17
Si muove in questa prospettiva Marchetti, 2000.
18
Cfr. sul punto, ancora, Marchetti, 2000.

69

Sociologia
Note

PAOLO IACULLI, Per una storia della sociologia delle emozioni


realt dato seguito. Insomma, se la sociologia delle emozioni nascer pi tardi come branca sociologica caratterizzata da un repertorio concettuale assai meno legato alla lezione dei classici rispetto ad altre pi diffuse e tradizionali sotto-discipline sociologiche, ci non toglie che alcune sue radici possano essere colte in sociologi classici o quasi classici: Simmel, Schutz e Weber possono essere, sia pure in misura assai diversa tra
loro, annoverati nellambito di una storia della sociologia delle emozioni prima della sociologia delle emozioni; il numero monografico di SMP che si ritenuto con queste brevi note di segnalare ha avuto certamente
il merito di contribuire a evidenziarlo.

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70

Sociologia
Note

GIANLUCA SENATORE

Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra il 1918 e 1973

Introduzione

Tale promessa, in termini economici significava controllo e pianificazione. In un modello siffatto le problematiche attinenti la sostenibilit, almeno a livello teorico, risulterebbero attenuate. In primo luogo, si supererebbe il problema dei confini nazionali, poich essa si sarebbe realizzata in unarea geografica sufficientemente
estesa, in secondo luogo, si porrebbe in essere una governance politica centralizzata in grado di promuoverla
e sostenerla.
Il ricorso alla pianificazione, sempre a livello teorico, avrebbe inoltre consentito di soppesare gli effetti delle misure ecologiche sui settori economici e sociali.
Si potrebbe affermare, come si fatto negli ultimi decenni che la realt storica mostra non solo una verit diversa, ma anche un retroterra culturale completamente
avulso al quadro teorico delineato e dunque, nonostante le condizioni favorevoli ad uno sviluppo di tipo sostenibile, difficilmente si pu pensare che questo sia
stato compreso nella volont politica dei governi sovietici. Questo quello che appare, o meglio appariva, da
una ricostruzione storico-sociologica supportata da diversi studi e teorie scientifiche.
Douglas Weiner ci descrive unUnione sovietica in
cui fiorirono movimenti ambientalisti indipendenti una
serie di movimenti che confluiscono in un unico movimento denominato movimento per la protezione della natura ed ebbero perfino il coraggio di contrastare le
pratiche dei Soviet tanto da essere considerati, in alcune
fasi, una resistenza al regime. Il merito di queste scoperte, relativamente recenti, (documenti, corrispondenza,
ricerche di archivio, ecc.) sta nellaccento posto da Models of Nature: Ecology, Conservation, and Cultural Revolution in Soviet Russia (1988) sulle origini del pensiero ambientalista, sulla nascita del concetto di sostenibilit e su ulteriori elementi e processi culturali che si intrecciano con la storia della Russia sovietica e con il socialismo. Dunque, necessario rivedere il quadro teorico sul quale sono state costruite speculazioni scientifiche
e sintesi politico-culturali che non hanno tenuto in considerazione queste nuove e fondamentali rivelazioni.

La sostenibilit, secondo le linee attraverso le quali


il termine si delineato nel secolo scorso, ha in s lidea
di una protezione ancorch non totale, quantomeno ideale delle risorse naturali. Agli inizi del secolo, in occidente come ad oriente, salvaguardare la natura inteso come utilizzo razionale delle risorse naturali significava
determinare in modo profondo lo sviluppo di un Paese.
Il fatto che in Russia, nellarco temporale che copre
il periodo antecedente alla rivoluzione dottobre e che
prosegue per buona parte del Novecento, si sia sviluppato
un movimento ambientalista un dato inequivocabile. La
ricerca storica e soprattutto archivistica dello studioso e
ricercatore Douglas Weiner ha disvelato che la presenza
consistente di un movimento per la protezione della natura in Russia stato in grado di estrinsecarsi fino al punto di condizionare le scelte politiche del periodo leniniano e a contrastare, con non pochi problemi per il movimento, lo stesso Stalin. Ma una delle caratteristiche principali di questo movimento, stata quella di creare una
serie di rapporti che hanno portato in un contesto temporale e territoriale gi molto complesso a sviluppare
un moderno movimento ambientalista indipendente.
Douglas Weiner, quale discernitore delle profonde
radici del movimento ambientalista russo, partendo dal
negazionismo accademico di Geoffrey Hosking, sostenitore dellidea che lUnione sovietica [] era un sistema
di governo centralizzato, nel quale lo stato-partito aveva un apparato che governava non solo gli aspetti sociali
legati allautorit ma anche leconomia, la cultura, la
scienza, leducazione e i media, ha riportato alla luce un
movimento di pressione di dimensioni ampie che ha agito sul governo sovietico facendosi fautore della tutela della natura e dellambiente come causa globale di salvezza
(Weiner 1999, 2).
Perch dovremmo interrogarci sullesistenza o meno
di un movimento per la protezione della natura? Da dove ha origine lipotesi di uno stretto legame tra le teorie
marxiste e lecologismo moderno?
Il socialismo reale traeva la sua fonte di legittimazione nella rivoluzione di ottobre quando i bolscevichi
presero il potere costituendo un nuovo ordine politico ed
economico basato sulle teorie di Marx ed Engel. La promessa del comunismo si fondava sulla realizzazione di
una societ giusta, societ che si faceva garante della
cessazione dello sfruttamento da parte dei capitalisti a
danno della classe operaia, una societ volta alla scomparsa delle differenze di classe, con la realizzazione finale
di un uomo nuovo comunista del pi alto livello di vita al mondo, caratterizzato da gran quantit di beni materiali e culturali.

Premesse in chiave marxista


Tra il 1918 e il 1924 il movimento per la protezione della natura fondato da eminenti personalit del
mondo accademico e scientifico russo ebbe un significativo riconoscimento nelle iniziative politiche intraprese nella Russia bolscevica accompagnato da una straordinaria libert nella sperimentazione scientifica e nella
proposta culturale (Weiner 1988). Tale movimento, dopo il 1924, sopravvisse con non poche difficolt al pe-

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Sociologia
Note

GIANLUCA SENATORE, Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra il 1918 e 1973


riodo Staliniano. Infatti, per non essere emarginato dal
contesto politico, tra 1928 e il 1933, il movimento, mut
le sue caratteristiche diventando, in parte, recettore di
opinioni della popolazione sulle politiche agricole e industriali nei diversi territori Russi riuscendo ad esprimere
pareri e redigere documenti tecnici al servizio del governo. Ma questo movimento, nonostante le evidenti difficolt dovute alle politiche di pianificazione economicoamministrative e ai diversi programmi di industrializzazione e collettivizzazione staliniani e post-staliniani, manifestatamente contrarie alle idee di sviluppo proposte
dallo stesso, sopravvisse fino agli anni settanta del secolo scorso, cambiando forma, struttura, obiettivi, e adottando una politica di colorazione protettiva (camaleontica) (Weiner 1999, 7). Linfluenza del movimento
per la protezione della natura gioc un ruolo importante nelle dinamiche politiche ed economiche dellUnione
sovietica, ma ci non vuol dire che in quegli anni sia stato proposto, progettato, e tanto meno pianificato dal
governo un modello di sviluppo che possa definirsi sostenibile.
Se vero che il dibattito sulla moderna crisi ambientale, sui primi movimenti connessi ad essa e sugli
aspetti inerenti la sostenibilit, inizia ad essere osservata dalla comunit scientifica a partire dagli anni sessanta, pur vero che fino al 1988, ma anche successivamente, la ricostruzione degli eventi e lo studio dei fenomeni sociali, politici ed anche economico-ambientali ci
hanno portato a considerare che nellimmediato secondo dopoguerra non si era posta ancora nessuna questione ambientale. Di conseguenza la ricerca sulle origini della sostenibilit, finanche in chiave socialista, non
era, e non poteva essere considerata un elemento significativo sul quale concentrare le dovute attenzioni.
Quando per in occidente, le idee sul degrado antropico, sullo sfruttamento delle risorse, sul concetto di limite,
oltre allinquinamento nelle grandi citt, iniziano ad interessare lopinione pubblica ed i governi in particolare
negli USA (Catton e Dunlap 1978) vengono avanzate
timide teorie che riconducono alcuni studiosi storici,
economisti, sociologi, filosofi a formulare ipotesi sul
rapporto tra le teorie marxiste e quelle ecologiste (Senatore 2013). Della solidit di questo rapporto e delle
sue effettive applicazioni a modelli di governance pubblica nel corso della storia recente si sta tuttora dibattendo. Di certo, alla luce di questi nuovi elementi, si pu
ipotizzare che nel corso della storia dellUnione sovietica il movimento per la protezione della natura non influenzato dalle teorie marxiste, almeno per quello che ci
risulta ad oggi abbia comunque giocato un ruolo fondamentale. Non solo nelle politiche adottate dai gover-

ni ma soprattutto nella formazione scientifica e culturale


di una lite politica interna al partito e favorevole al movimento, di una opinione pubblica consapevole e di un
considerevole numero di accademici e studenti che hanno dato continuit al movimento per la protezione della natura negli anni.
Dunque, dobbiamo per chiederci perch ad oggi
questo movimento tra i pi importanti per la sua capacit di coinvolgimento dellopinione pubblica e per il
numero di expertise appartenenti ad esso non viene annoverato, dagli studiosi, tra i primi esempi di moderno
ecologismo? Considerato limpatto sulle politiche economiche ed ambientali in Russia, non sarebbe per nulla
azzardato avanzare lipotesi che tale movimento potrebbe essere considerato liniziatore del primo modello di sviluppo razionale e forse anche sostenibile. Probabilmente a bloccare questo importante processo culturale,
anticipatore di modelli culturali che vedremo proporsi solo agli inizi degli anni ottanta, furono non tanto le diverse
speculazioni marxiste, ma piuttosto alcuni interpreti.
In linea di principio alcuni aspetti del socialismo li
ritroviamo in quelle che sono le caratteristiche fondamentali che il processo di sostenibilit auspica come condizioni per la progettazione di un sistema politico, economico, sociale e ambientale (utilizzo delle risorse), che
sia in grado di misurarsi con linee di sviluppo razionali
ma anche fortemente controllate a livello centrale (Jonas
1990, 184-193). Anche per tali ragioni, giustificata la
particolare attenzione dei teorici delleconomia e studiosi di Marx sul rapporto tra ecologia e marxismo, ma
il socialismo reale, sebbene avesse nei suoi principi teorici unidea di sviluppo integrale, nei piani attuativi, si
concentr prioritariamente su politiche industrialiste,
tralasciando misure sociali e provvedimenti rivolti alla
popolazione1. In questo contesto va inserto inoltre il mito della crescita estensiva con il desiderio di superare il
reddito nazionale degli USA: nel 1970, il trionfo dellURSS, secondo la programmazione politica, si sarebbe
dovuto concretizzare. Pertanto, posti questi obiettivi di
crescita illimitata, il concetto di limite2, non avrebbe potuto trovare accoglienza, cos come misure che integrassero lo sviluppo economico con la sostenibilit ambientale. Nel mettere in relazione la tutela ambientale, la salvaguardia della natura, un utilizzo razionale delle risorse e i principi generali della sostenibilit con le teorie di
Marx ci si trova dinanzi a tante speculazioni concettuali che non possono essere sintetizzate e tantomeno ricondotte a pochi autori e studiosi. Anche coloro i quali
si definiscono marxisti e appartengono ad uno dei tanti
filoni di studio del marxismo non sono tutti concordi nellindividuare in Marx lispiratore della linea ecologista

1
Un esempio pu essere la preferenza accordata nelle pianificazioni ai beni produttivi rispetto a quelli di consumo destinati
ai cittadini.
2
I limiti dello sviluppo sono un riferimento obbligato per lemergere della questione ambientale e per comprendere la nuova visione del mondo attenta ai problemi del globo che si acutizzano proprio in questi anni.Notevole, a conferma di questa tesi,
stato limpatto che ha avuto nella letteratura economica, e non solo, il saggio The Economics of the ComingSpaceship Earth (Boulding 1966), nel quale per la prima volta stato affrontato in modo sistematico e compiuto il problema della limitatezza delle risorse molto tempo prima del celebre libro-documento Limits to Growth (Meadow 1972). Boulding (1966, 3-14) si sofferma attraverso limmagine suggestiva del cowboy e della navicella spaziale sul confronto tra uneconomia aperta ed una chiusa.

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Sociologia
Note

GIANLUCA SENATORE, Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra il 1918 e 1973


moderna3. difficile credere che dopo la disastrosa eredit legata allambiente, fortemente contrassegnata dallindustrialismo e dalle pratiche di coltivazione intensiva,
si possa tracciare una linea rosso-verde.
Dal punto di vista del marxismo stricto sensu, Hans
Enzensberger riconosce i limiti della tradizione. Egli ritiene che le sfide ambientali richiedano necessarie correzioni e ripensamenti rispetto alleredit marxista, per
una visione pi matura alla luce di risultati evidentemente disastrosi per lambito naturale. Tali correzioni riguardano tre aree della pratica e del pensiero marxista:
Il ruolo del progresso materiale. Tale progresso era
unidea legata a doppio filo al positivismo e allottimismo
nei confronti della tecnica, protrattosi per tutto il XIX secolo, e condiviso da materialisti storici e borghesia. Il fatto che le rivoluzioni del XX secolo siano avvenute nei
Paesi sottosviluppati mostra altres per Enzensberger come non ci sia alcuna connessione tra la maturit delle forze sviluppate di produzione e la transizione al socialismo.
Le relazioni di forza e quelle di produzione. In tale
rapporto, Enzensberger segue le orme dello studioso Andr Gorz e si chiede in tal senso quale sarebbe stata la base tecnica sulla quale la nuova societ avrebbe preso piede, posto che il socialismo partiva dalla societ capitalistica e con essa dalla base tecnica delle sue forze produttive (Gorz 1993).

Sopravvivenza contro abbondanza. Una delle illusioni socialiste consisteva in effetti nella promessa e insieme nellillusione dellinveramento di una futura societ
dellabbondanza. Lunione della fiducia al socialismo e
del positivismo si allegarono fino a produrre unillusione doppia (Enzensberger 1996, 17-49).
Le conseguenze dei danni ambientali, hanno rappresentato il prezzo da pagare per la sopravvivenza e per
la desiderata abbondanza. Gi Rudolph Bahro, aveva affrontato il problema della distruzione ambientale come
evento enfatizzato dalle dinamiche globali cos come
dalla diffusione del consumismo (Bahro 1982, 1984). Secondo Enzensberger e Bahro la questione ambientale
non si lega a filo diretto con la propriet privata. Certamente il danno ecologico pu essere protratto anche
se la produzione di propriet statale. Un mero cambio
di propriet legale non cambia levidenza della questione. I danni sono lesito di un processo distruttivo di
azione sulla natura a dispetto di qualsivoglia conseguenza su di essa.
Questo primo link tra socialismo e sopravvivenza
economica rimane problematico per molti versi. Esso accetta la tesi secondo la quale prendendo spunto dal neomalthusianesimo la crescita segna da s il disastro ecologico. Enzensberger in sostanza rimane fedele alle tesi
marxiste che non prendono in considerazione altro fattore

3
Alle premesse sul socialismo reale va affiancata la constatazione che il marxismo stato ripensato in termini neomarxisti
anche e soprattutto in chiave ambientale con esiti assai diversi. La questione della crisi ecologica e le evidenze dei disastri ambientali
hanno lasciato alcuni studiosi impreparati, innescando in altri la voglia, il desiderio e il compito di rivedere la storia, la filosofia,
la sociologia e anche alcune teorie economiche.
Una revisione neomarxistica rebours, partita dagli anni Settanta del secolo e interrogatasi sullOttocento marxista, si scontrata con lipotesi di suddividere il marxismo secondo soluzioni di volta in volta servite alla questione della crisi ambientale. Si possono categorizzare secondo Robyn Eckersley due flussi. Si tratta della distinzione tra umanisti e ortodossi. Gli umanisti eco marxisti sono coloro che hanno tentato di sviluppare lidea di un Marx ecologista, sensibile al tema ambientale secondo unidea che tenta di armonizzare le relazioni tra il regno umano e quello inumano. Gli ortodossi eco marxisti invece non giustificano in alcun modo lantropocentrismo marxista, e criticano gli umanisti accusandoli di essere idealisti, volontaristi e infine, paradossalmente non
marxisti. Dal punto di vista della costruzione teorica ecocentrica si pu tuttavia affermare che entrambi i flussi accettino la visione storicista di Marx e in particolare lidea del ruolo delluomo nella societ come homo faber. Entrambe possono definirsi come
approcci che strumentalizzano quella categoria inumana di cui la natura fa parte (Eckersley 1996, 272-299).
In sostanza il limite essenziale o carattere peculiare del marxismo resta lidea positiva dellhomo faber che mal si presta in un
contesto di ecologia radicale.
Per alcuni studiosi lecologia ha interpretato il marxismo in chiave contraddittoria, concentrandosi intorno ad alcune linee
critiche elaborate a fronte del disastro ambientale. Posto che il limite dellecologia per Hans Enzensberger risiede nella sua eterogeneit e per cos dire multidisciplinariet che ne rende i confini cos labili da divenire incerti, egli ha avuto quantomeno il merito di tentare una sintesi delle linee di faglia che pi di tutte si sono presentate agli occhi dello studioso. Alcuni dei punti danalisi
posti in evidenza da Enzensberger, filosofo e critico di riferimento per gli eco marxisti, vanno in tale direzione: La prima posizione legata alla considerazione che da una parte lindustrializzazione porta a una crescita incontrollata, dallaltra e simultaneamente
la richiesta di materie prime incrementa determinando una scarsit di risorse. La seconda posizione considera che il processo industriale porta a consumare risorse e materie prime alcune delle quali vanno in esaurimento. La loro sostituzione artificiale concepibile ma non realmente realizzabile (comunque molto dispendiosa). La terza posizione evidenzia che lutilizzo di materiali quali i metalli (materie prime) non rinnovabili stanno evidentemente per esaurirsi. La quarta si riferisce alle risorse idriche: la richiesta di acqua per lutilizzo nei processi industriali aumenta in maniera esponenziale, inoltre lutilizzo di risorse sotterranee concausa dei cambiamenti climatici e lunica alternativa a essi la desalinizzazione degli oceani. Ma esso concepibile ma non realizzabile (molto dispendioso). Anche la risorsa idrica quindi destinata allesaurimento soprattutto in termini di facile reperibilit. Nella quinta posizione si evidenzia come la sovrapproduzione di cibo porta a un disequilibrio naturale. Le aree coltivabili sono sempre le stesse e la loro fertilit decresce. Il tentativo di andare oltre i limiti naturali crea inquinamento e forzature ambientali. Anche le risorse di terra in sostanza sono in esaurimento e un loro ipersfruttamento crea inquinamento e danni permanenti
allambiente.
C infine linquinamento diretto della terra, quale effetto a latere del processo industriale. Irreversibilit del danno ambientale e alterazione della biosfera e di tutto ci che la compone. Esiste poi anche un inquinamento fisico, determinato dallinquinamento acustico, dalla sovrappopolazione e dai fattori a essa collegati. Tale punto scarsamente considerato perch meno misurabile. Inquinamento termico in termini di produzione eccessiva di energia (Enzensberger 1996, 17-49).

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Sociologia
Note

GIANLUCA SENATORE, Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra il 1918 e 1973


gi per la salvaguardia di parchi, riserve di caccia e foreste che portarono nel 1924 alla creazione della Societ
Sovietica per la Protezione della Natura denominata
VOOP4 (Weiner 1999, 5) e alla realizzazione di vaste aree
protette, dette zapovedniki (parco naturale).
Le ricerche di Douglas Weiner (1999) hanno portato alla luce importanti documenti che testimoniano lesistenza di gruppi, per lo pi scienziati e studiosi, che influenzarono le scelte politiche di Lenin nella promozione delle politiche ambientali e nella conservazione della
natura, consentendo alla Repubblica Socialista Federativa
Sovietica Russa di ottenere apprezzabili risultati nella
tutela ambientale.
Prima della rivoluzione russa esistevano gi una serie di scienziati e ambientalisti, personaggi sfuggiti allanalisi di una certa parte di studiosi europei e americani,
che avevano iniziato ad affrontare largomento (Weiner
1988). Per Weiner, prima, durante e dopo la rivoluzione,
moltissimi scienziati furono coinvolti per lavorare alle iniziative del movimento per la protezione della natura.
Non solo, la questione ambientale era uno dei temi pi
dibattuti in Russia in questo periodo. Basti pensare che
uno degli scienziati pi conosciuti in Europa e nel Mondo, Vladimir Ivanovi Vernadskij, fu invitato in Francia
nel 1923 a discutere dei problemi legati al degrado antropico. Vernadskij e altri importanti scienziati e filosofi come Marie-Joseph Pierre Teilhard de Chardin o
Edouard Le Roy, gi nel 1923, iniziarono il dibattito
sulla Noosfera (la sfera della ragione con capacit intellettuale e tecnologica di plasmare la Terra o meglio la biosfera) ipotizzando che la stessa potesse essere considerata un involucro geografico della sfera terrestre, nel quale si accumulano tutte le trasformazione della materia,
dellenergie e le informazioni collegate allattivit delluomo dotato di ragione. Sebbene queste teorie furono
avanzate tra il 1923 e il 1926, linteresse per la Noosfera si acutizz solo negli anni settanta. Naturalmente non
tutti gli scienziati ebbero la visibilit di Vernadskij anzi,
a partire dalla met degli anni venti, quelli pi impegnati
fuori e dentro il movimento, per via del ruolo che ricoprivano ad esempio dentro le istituzioni accademiche o
scientifiche, potevano contribuire alla causa adottando
molta discrezione. In altri casi, coloro i quali manifestavano esplicitamente la proprio contrariet al regime venivano in qualche modo annullati da ogni punto vista
(come scienziato e come uomini), questo accadeva soprattutto nel periodo post-leniniano. Altri ancora partecipavano alle attivit del movimento ma avevano lidea
di incidere sulle dinamiche del governo attraverso proposte compatibili con la linea del governo. In definitiva,
il movimento per la protezione della natura si esprimeva attraverso diversi approcci e diverse forme, comunque

se non quello di un pericolo derivato dalla sovrappopolazione e quindi dalla sovrapproduzione che diviene mano dellartificio sulla natura. Il punto , se la crescita in generale possa o non essere resa in qualche modo sostenibile (Senatore 2013) e se posto che il capitalismo laspetto critico, il socialismo ne sia la soluzione.
Jean-Guy Vaillancourt offre una serie di considerazioni sulla revisione dei testi di Marx ed Engels ponendo in rilievo la disputa circa la legge malthusiana sulla popolazione. Questo contributo mostra come non ci sia
incompatibilit tra marxismo ed ecologia. Daltro canto
non si pu certo affermare che Marx o Engels siano gli
scienziati della moderna ecologia umana. I loro scritti
contengono infatti numerose ambiguit e oscillano tra
antropocentrismo e materialismo naturalistico (Vaillancourt 1996, 50-63).
Michael Perelman sottolinea invece come lelemento fuorviante del Capitale di Marx risieda nella paura di
accettare le teorie malthusiane. Secondo Perelman, Marx
parla di scarsit e di sovrappopolamento solo come effetto specifico del capitalismo in relazione a condizioni
naturali. Quindi per Marx lagricoltura classica era incapace di padroneggiare i processi organici cos come i
capitalisti lo facevano con i processi inorganici. Dal momento che la predominanza dellindustria capitalista regna su quella agricola, la domanda dei beni ad essa collegati aumenta e supera i secondi, generando una richiesta a partire da una necessit da essa stessa inventata. In
pratica il capitalismo industriale aveva indotto la distruzione della fertilit del suolo e quindi il profitto per
determinati generi (Perelman1996, 64-80).
La riluttanza marxiana rispetto ai dibattiti malthusiani si espressa allinterno del Capitale. Secondo Perelman
adottando il concetto di capitale costante come surrogato
per le materie prime tale condizione tiene conto che il tasso di profitto tende a ribasso e segnala una contraddizione irrisolta nello schema economico marxista segna una
disarticolazione nel discorso economico. Infatti la debolezza
dellargomentazione di Marx, secondo Perelman, determinata dal non accostamento della scarsit al tasso di profitto. Alla fine Perelman conclude che largomentare circa
la scarsit, lecologia e la crescita della popolazione, hanno portato Marx a fornire in ogni caso delle considerazioni anche di natura ecologica (Perelman 1996).

La questione ambientale nella Russia di Lenin


Il problema ambientale in Russia, nel corso del secolo scorso, non fu per nulla sottovalutato, anzi, proprio
tra il 1918 e il 1921 furono promulgate una serie di leg-

La Societ Sovietica per la Protezione della Natura (VOOP) rest attiva per lungo tempo e insieme alle altre associazioni di
scienziati, studiosi e studenti come la Moscow Society of Naturalists (MOIP), la Ali-Union Botanical Society, e la Moscowbranch of the Geographical Society of the USSR (MGO), giocarono un ruolo fondamentale durante il periodo staliniano. Nel libro A
Little Corner of Freedom: Russian Nature Protection from Stalin to Gorbachv, a proposito di questesorprendentiscoperte Weiner affermache: Loren Graham the historian of Russian science, once remarked that hundreds of Western scholars, diplomats,
and journalists had wondered whether there was any island of freedom in the Soviet Uion, Unknowingly driving right past it
thousands of time! (Weiner 1999, 5).

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Sociologia
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tutte mirate ad incidere e contrastare lidea di sfruttamento delle risorse naturali e ambientali.
Lidea di istituire le zapovedniki riserve naturali
completamente incontaminate da qualsiasi intervento
delluomo fu proposta per la prima volta dallo scienziato russo Grigorij Aleksandrovic Kozhevnikov nel
1909. Lo scopo di questo intervento a favore della natura
aveva il doppio obiettivo di tutelare la natura e utilizzare queste riserve a scopi scientifici per monitorare e studiare le specie animali e vegetali in riferimento allevoluzione della natura senza condizionamenti esterni. Da
qui nasce il movimento per la protezione della natura che
dar vita ad una serie di associazioni come la VOOP, precedentemente citata, la Moscow Society of Naturalists
(MOIP), la Ali-Union Botanical Society, la Moscowbranch of the Geographical Society of the USSR (MGO).
significativo che il maggiore impulso legato a queste attivit di salvaguardia ambientale si osserver proprio
dopo 1917. La caduta dello Zar era stata accolta da
molti scienziati come un segnale di rinnovamento e di
possibili occasioni per rilanciare la politica di salvaguardia della natura. Ma la risposta dei bolscevichi alle
speranze degli scienziati non fu inizialmente del tutto
positiva, anzi, il potere da poco costituitosi aveva altre
priorit. A dire il vero prima di allora i bolscevichi non
avevano mai affrontato la questione ambientale e neppure i pi illuminati avevano pensato che si potesse conciliare lesigenza di ristrutturare lapparato produttivo
con la salvaguardia e il rispetto per la natura. Bench Lenin non avesse mai affrontato in modo particolarmente
approfondito la questione sulla possibilit di considerare lambiente e la natura una risorsa da tutelare, fra i dirigenti del partito si era dimostrato da subito uno dei pi
attenti allargomento. In pi occasioni si espresse positivamente nei confronti della razionalit nello sfruttamento delle risorse naturali come le foreste o i giacimenti di petrolio. La gestione delle risorse e il rispetto delle leggi della natura accompagnavano Lenin nella sua
idea di incrementare la produzione industriale nella Russia bolscevica. Da queste considerazioni intuibile, come ci ricorda lo stesso Weiner (1989), che nei progetti di
Lenin non cera solo lintenzione di stabilire un rapporto con il mondo accademico e con leredit scientifica e
culturale borghese per elevare il livello tecnologico del
Paese, ma si consolidava lidea di un necessario legame
tra il partito e gli scienziati che si occupavano proprio delle scienze naturali. La conferma di questo specifico progetto si evince da subito attraverso le concrete azioni
politiche del governo sovietico, che nellaprile del 1918
sottoscrive un accordo con lAccademia delle Scienza. Lo
stesso accordo, sottoscritto dal Commissario del popolo per listruzione e leducazione Anatolij Vasilevic Lunacarskij, prevedeva il riconoscimento dellautonomia e
dellindipendenza alle istituzioni scientifiche ed accade-

miche in cambio di una leale collaborazione. A distanza


di un anno viene costituito il Comitato dello Stato per la
Protezione dei Monumenti della Natura con la partecipazione di molti illustri scienziati e studiosi russi tra i quali: lantropologo e geografo Dimitri Anuchin, il geochimico e mineralogista Alexander Fersman. L11 aprile del
1919 viene istituito il primo zapovedniki della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. La particolarit di questo evento dato dal fatto che lo stesso Lenin accett di occuparsi personalmente di questo progetto
che gli era stato proposto da Nikolaj Nikolaevic Podiapolskij, un agronomo bolscevico, al quale diede lincarico di predisporre una serie di proposte per listituzione
di riserve e parchi su tutto il territorio sovietico. Il 14
maggio 1920 nasce lIlmenskijzapovedniki (parco nazionale o riserva), nella regione di Miass negli Urali meridionali con decreto istitutivo firmato da Lenin. Lo stesso Lenin il 16 settembre 1921 firma anche il decreto per
la protezione dei monumenti della natura, le riserve e i
parchi ed affida al Commissario del popolo per listruzione tutte le competenze in materia di salvaguardia del
patrimonio naturale con vincoli strettissimi sullo sfruttamento delle aree protette. Inoltre il Commissario aveva pieni poteri per listituzione di nuovi zapovedniki su
tutto il territorio sovietico. La scelta di affidare questo
compito al Commissariato per listruzione nasce dal fatto che questo ministero difficilmente avrebbe potuto
sfruttare economicamente le zapovedniki. Tali aree rimasero per lungo tempo inviolate, o quasi, fino al 29 agosto 1951 quando Stalin con il decreto n. 3192 O zapovednikach fece rimuovere i vincoli di tutela da 88 riserve
naturali su 1285.
Permangono pochi dubbi sul fatto che le azioni politiche del governo russo tra 1918 e il 1924 non furono
influenzate dalllite accademica e scientifica del movimento per la protezione della natura russo. Questa riusc ad avere una grande libert ed autonomia e ad incidere anche sulla politica di sviluppo economico almeno
fino alla morte di Lenin. Per comprendere alcune delle
idee portate avanti dagli ambientalisti basta considerare
la figura di Vladimir Vladimirovich Stanchinskii che divenne uno dei punti di riferimento dellambientalismo
nellUnione Sovietica. Egli dimostr come loggetto della sua ricerca, gli ecosistemi rappresentati dalle biocenosis
(comunit biologiche o semplicemente ecosistemi), fossero caratterizzate da una stabilit relativa ovverosia un
equilibrio dinamico nel quale un numero relativo di componenti vari rimane costante nel tempo a discapito della capacit di proliferare in modo esponenziale. Alla fine costru un modello matematico in grado di misurare
lenergia prodotta da una biocenosis, seppe misurare la
biomassa dei componenti e in definitiva costitu il primo
studio reale su modelli di questo genere che comprendessero fauna e flora. Ci che fa di Stanchinskii un per-

Con il decreto O zapovednikach voluto da Stalin il territorio dei zapovedniki passarono da 12,6 milioni di ettari a circa 1,384
milioni di ettari. Lo sfruttamento delle riserve e dei parchi tutelati fino ad allora dalla legge sulla protezione dei monumenti della natura, le riserve e i parchi del 16 settembre 1921, non coinvolse solo la Russia ma anche tutte le altre repubbliche che dovettero promulgare decreti simili per consentire lo sfruttamento delle aree naturalistiche protette. LUcraina, la Georgia e la Lituania
ne persero rispettivamente 19, 16 e 13 e le altre repubbliche circa 10 ciascuna (Weiner 1999, 129; Dundovich 2012, 45).

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sonaggio di rilievo non furono solo le sue idee ma anche
il fatto che pot svolgere i propri studi con lavallo del regime.
Gli anni che corrispondono al periodo del leninismo
coincidono con un fervore scientifico e un forte contributo alla protezione della natura, resa possibile soprattutto dal Commissariato del popolo per listruzione e
leducazione (o anche commissariato per lilluminismo),
presieduto da Lunacarskij. In quegli anni Stanchinskii godeva della piena fiducia del governo russo e le sue teoria
giustificavano e avallavano quella linea marxista che cercava di far conciliare il materialismo storico con letica
kantiana (Bernstein 1968, 64-65), fortemente influenzata dal positivismo e dalla filosofia romantica della natura, che si concretizzava nella utilit funzionale dei modelli
di Stanchinskii. Dunque, poniamoci qualche domanda.
possibile che tutto ci avvenisse con il sostegno o comunque sotto il diretto controllo di Lenin? Lo stesso Lenin considerato uno dei maggiori sostenitori della lotta
al revisionismo marxista? plausibile pensare che Lenin
interpretasse questo fervore culturale e politico-sociale,
legata alla protezione della natura, come unautentica opportunit per lo sviluppo della Russia?
Naturalmente, i contrasti interni al partito si ripercuotevano anche sulle scelte culturali elemento prioritario per il nuovo ordine politico e come spesso capitava, gli expertise, chiamati a ricoprire ruoli di fondamentale importanza nelle istituzioni (Pellizzoni 2011,
13-30), conquistati dal potere esercitato, spesso dimenticavano il ruolo critico che avrebbe dovuto esercitare per
cadere nei giochi di forza interni al partito. Fu cos che
lAccademia Comunista tenter successivamente di ostacolare molti esperimenti, tra i quali anche quelli di Stanchinskii, opponendo a essi lidea che tutto questo portasse
a considerare luomo irriducibile rispetto alla scienza.
Stanchinskii ebbe un ruolo fondamentale anche nel
Congresso del 1929 quando afferm che gli scienziati
avrebbero dovuto avere un ruolo di primordine nella pianificazione economica-amministrativa e dunque nei Piani Quinquennali, avrebbero dovuto rivedere, monitorare i piani del governo.
Gi prima dellintroduzione del primo piano quinquennale che avrebbe sostituito la NEP avviata da Lenin
nel 1921, il movimento aveva perso la sua autorevolezza soprattutto sul piano della proposta economico razionale e cio sul fatto di favorire uno sviluppo attento
allo sfruttamento delle risorse. Molti scienziati provarono a ostacolare apertamente i piani economici di Stalin
ma lo sforzo fu del tutto vano. Il coraggio e la determinazione degli attivisti del movimento (biologi in grande
maggioranza ma anche scienziati di chimica e di fisica,
geologi e scienziati del suolo) fu davvero notevole, non
solo per il lavoro di scienziati in un campo particolarmente complicato e soprattutto minacciato dalle mire e
dalle ambizioni industrialiste dellUnione Sovietica, ma
soprattutto per la capacit di restare indipendenti dal partito. Nonostante tutto gli attivisti continuarono a lavorare mantenendo la propria indipendenza e ci fu possibile anche grazie ad alcuni membri del partito che non
erano ostili alle idee degli scienziati. Il ruolo del movi-

mento sar fortemente ridimensionato negli anni successivi alla fase leniniana e i governi sovietici successivi
non considereranno pi il movimento come una risorsa
e neppure come un problema visto il loro ruolo ormai del
tutto marginale che assumer da questo momento in
poi. Naturalmente non mancarono occasioni di scontro
polemico. Nel 1953-1954 il VOOP fu letteralmente
strappato dal controllo degli scienziati fin troppo indipendenti e messo nelle mani di altri studiosi fedeli sostenitori del partito. Gli attivisti del movimento trasferirono le proprie attivit presso il MOIP, che restava ancora
sotto la direzione scientifica del movimento.

Le difficolt del movimento


Con Lenin la politica a favore dellambiente aveva
potuto vantare una serie di conquiste di rilievo e seppure in un secondo periodo si presentarono maggiori difficolt nel far emergere le istanze a favore della protezione della natura, questo non fu minimamente paragonabile allardua fase che va dagli anni trenta agli anni quaranta del secolo scorso. Con Stalin il movimento fu censurato e in alcuni casi si procedette ad una vera e propria
eliminazione fisica di coloro che vennero di volta in volta considerati traditori del regime.
In questo intervallo, uno dei principali protagonisti
del movimento per la protezione della natura fu Nikitich Makarov, moscovita, membro dei circoli studenteschi nei i quali si era distinto durante gli anni della rivoluzione. Egli si un alla commissione di sciopero e distribu la letteratura proibita tra i lavoratori. Fu insegnante
di scienze per tutta la vita e soprattutto, sostitu Kozhevnikov alla direzione del Museo zoologico dellUniversit
di Mosca. Nel 1931, divenne presidente del VOOP.
Il suo mandato da Presidente del VOOP, in anni gi
difficili per il movimento, si distinse per via delle implicite, ma evidenti, contestazioni ai piani quinquennali
economici e amministrativi. Questo atteggiamento conferm lidea di molti del partito che consideravano il
movimento come controrivoluzionario. Non fu facile
per Makarov far passare lidea che il movimento potesse continuare ad essere utile al regime e, almeno in modo apparente, assoggettare il movimento al partito.
La figura di Makarov fu di notevole importanza
per via della sua capacit di trasformare il dissenso in
confronto e compromesso per la sopravvivenza, ridisegn
il modo di essere del movimento ambientale e in qualche
modo ne garant per un lungo periodo la sopravvivenza
(Weiner 1999, 39-44). Makarov pose in essere una politica di colorazione protettiva, mut le critiche al regime
in proposte politiche, intraprese azioni di fedelt al partito, rinunci allimpegno per linviolabilit degli zapovedniki. La colorazione protettiva del movimento, da
Makarov in poi, si concretizzava in una doppia azione:
indipendenza da parte degli scienziati e garanzia di fedelt
al regime. Gli scienziati chiedevano che le loro istanze venissero approvate, che venissero loro dati fondi, che venisse ascoltata la loro voce, che venissero permesse e finanziate le pubblicazioni, che venisse loro data la possi-

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consistette nel ripristinare lethos civile, scalfito dagli anni precedenti. Aleksandr Petrovich Protopopov (agronomo e ornitologo), sottoline come il budget del movimento, assai risicato, dovesse essere finalizzato alla ricerca per la protezione della natura e nello specifico per
tutelare le riserve naturali. Una iniziativa rilevante, ma
meno significativa rispetto a quelle intraprese in passato, fu quella per la salvaguardia del bisonte europeo, la
specie di mammifero pi grande di tutto limpero russo.
Nel novembre del 1946 in un incontro del consiglio centrale del VOOP, Zablotskii propose di costituire una tenuta speciale per il bisonte europeo vicino Serpukhov a
sud di Mosca e ottenne il s per avviare una commissione ad hoc che si presentasse presso il consiglio dei ministri russo a perorare la causa. Il movimento veniva relegato ad un ruolo sempre pi marginale. I pochi casi per
i quali veniva consultato riguardavano piccoli problemi
inerenti la fauna e la flora. Il regime stava adottando la
strategia dellindifferenza.
Unimportante opportunit per il movimento emerse solo nellagosto del 1946, quando venne chiesto al
VOOP di elaborare un documento per la salvaguardia
della natura da discutere in un incontro con il consiglio
dei ministri della repubblica sovietica. Tale documento richiesto, aveva lobiettivo di dimostrare al governo la
lealt del movimento e recuperare in qualche modo un
rapporto che negli ultimi anni si era notevolmente inclinato. Questa occasione fu utilizzata per sottolineare la
storia del movimento, le manchevolezze e gli attacchi
allo stesso negli ultimi anni. Le grandi promesse fatte da
Lenin ma soprattutto linsoddisfazione per il mutato atteggiamento da parte del governo attuale rispetto a quello in cui era presente Lenin. Nel documento, I governativi erano invitati a riflettere sul ruolo che la Russia zarista aveva avuto nei primi anni del secolo e al fatto che
la stessa aveva partecipato al primo congresso internazionale per la salvaguardia della natura del 1913, ma anche al fatto che molti scienziati, accademici e autorevoli personalit del partito che avevano contribuito alla
grandezza della Repubblica sovietica, avevano appoggiato ogni istanza proposta negli anni dal movimento (tra
questi anche la moglie di Lenin, Krupskaia, e Lunacarskij).
Tre giorni dopo lincontro con i vertici del governo,
Makarov approfitt per far recapitare al Consiglio dei
ministri una serie di richieste da parte del VOOP e nello
specifico un supporto monetario e un incentivo culturale rispetto allo studio sui problemi della natura, da effettuarsi ad esempio lasciando proseguire le pubblicazioni
della rivista Okhrana prirody. La proposta pi controversa fu per quella di sostituire le principali amministrazioni degli zapovedniki ormai in mano a uomini di
fiducia esclusiva del partito con amministrazioni che
fossero competenti anche per questioni legate allambiente (Weiner 1999, 60-75).
A queste richieste seguirono subito dei risultati concreti. Si ottennero 100,000 rubli per le spese del VOOP
e una delega alla stessa VOOP di scelta di membri competenti che potessero partecipare come esperti allamministrazione degli zapovedniki con il compito spe-

bilit di sperimentare su terreni fuori dallo sfruttamento industriale e da qualsivoglia violabilit. Daltro canto, offrivano il loro benestare, il loro silenzio o lammorbidimento di posizioni aspre in merito ad azioni del
governo, in definitiva una parziale acquiescenza (Weiner
1999, 36-37).
Nel 1931 Makarov invi una lettera al settore scientifico del commissariato per leducazione e alla sezione
comunista di riferimento. Tale lettera combinava secondo la colorazione protettiva, unobiezione diretta e una
dichiarazione di fedelt al regime. Makarov, da un lato
dava il merito al marxismo- leninismo di aver pungolato aree stagnanti dal punto di vista scientifico ma, osservava come non fosse cos in tutti i casi. Questa azione fu obbligata anche perch, secondo Makarov, i bolscevichi non potevano non tutelare il regime ed erano
portati ad agire attraverso preconcetti, volevano identificare un nemico e utilizzare gli scienziati per scardinare
la controrivoluzione.
Lepisodio pi traumatico per il movimento per la
protezione della natura fu la purga di Askania Nova del
1932. Il progetto di questa epurazione fu di Trofim Denisovich Lysenko e Isaak Izrailovich Prezent. Tale episodio segn la fine della Golden Age che culmin con larresto di Stanchinskii. Egli si era opposto al piano di acclimatazione delle piante che prevedeva lo sfruttamento
massimo della produttivit biologica. Stanchinskii aveva
obiettato al progetto di lacclimatazione per via dei costi elevati e della sua difficile praticabilit e lo aveva manifestato con determinazione al governo.
Un altro episodio che port ad una successiva purga fu quella inflitta dallazione di investigazione di Olga
Lepeshinskaia. Questultima si occup di monitorare e redigere un verbale circa lattivit di Frantsevich Shillinger
a quel tempo a capo della commissione per listituzione
ed il controllo degli zapovedniki. Il dipartimento di Scienze della commissione centrale ordin unaudizione per le
riserve naturali e in particolare per il movimento per la
protezione della natura. Lindagine ebbe a concludere
che la riserva era un rifugio antisovietico in termini di
idee e di valori, pervaso di ideali anarchici e di mancanza di controllo. Unassenza totale di un nucleo comunista. Nonostante tutto, non tolsero a Makarov la direzione
ma suggerirono che le riserve fossero poste sotto la tutela
del commissariato per lagricoltura dellURSS, togliendole
definitivamente dal controllo del commissariato per listruzione e leducazione. Le conclusioni dellinvestigazione contenevano pi di una verit. Effettivamente il
movimento era un covo di sovversione per il partito e ci
non poteva essere pi nascosto.
Makarov aveva compreso quanto la sopravvivenza
del movimento ambientale russo fosse di molto legata alla rinuncia dellinviolabilit, in particolare degli zapovedniki. Dapprima lacclimatazione e quindi lipersfruttamento della produttivit biologica, in seguito altre pratiche aggressive di biotecnologia. Queste azioni non potevano pi essere denunciate dal movimento, stava diventando unattivit troppo pericolosa ed era necessario
un periodo di riflessione.
Lattivit del VOOP nel primo periodo post bellico,

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Note

GIANLUCA SENATORE, Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra il 1918 e 1973


38% in pi rispetto al 1940; la produzione industriale al
48%; quella agricola al 27% e contemporaneamente i salari reali avrebbero dovuto superare del 23% il livello del
19406.
La realizzazione del quarto piano era legata alla
corretta previsione dei costi da sostenere. Fu questa errata previsione che non consent il raggiungimento dei
traguardi fissati. La vita del piano fu, dunque, breve.
Sar messo in difficolt anche dal cattivo raccolto del
1946 che fece lievitare le previsioni di spesa dei salari e
dei prezzi dei generi razionati. Nel dopoguerra ci fu comunque un periodo di rapida crescita che invest anche
lURSS, tuttavia non secondo le previsioni ed i risultati
attesi del piano quinquennale. Il 16 aprile del 1951 venne pubblicato un comunicato trionfale che sottolineava
il successo del quarto piano. Ovviamente si trattava di
propaganda non supportata dal reale raggiungimento
degli obiettivi (Leon 1977).
Da qui in poi la priorit si chiamer crescita economica. Non ci sar molto spazio per altre istanze o esigenze. Si perderanno di vista non solo le questioni legate allambiente ma anche tutto quello che avrebbe dovuto
riguardare lo sviluppo integrale della societ.
Alla lettera e allincontro dellagosto 1946 tra alcuni esponenti del governo russo e Makarov, segu solo un
apparente interessamento alla questioni ambientali da
parte del governo. Il reale disegno dellincontro era quello di capire le intenzioni e le potenziali minacce di questo movimento per la protezione della natura. Latteggiamento camaleontico del movimento non poteva pi
funzionare anche perch lo stesso non era pi composto
solo da scienziati, ma aveva assunto ormai da anni le forme di un vero movimento di opinione e dunque non poteva pi essere sottovalutato o ignorato dal regime. La
VOOP che rappresentava il movimento per la protezione della natura e ne era fondamentalmente lanima, aveva gi da tempo dovuto accogliere molti scienziati fedeli al regime (informatori) che avevano il compito fondamentale di direzionare le scelte e i pareri che le venivano
richiesti. Uno dei casi emblematici fu quello del piano
staliniano per la trasformazione della natura che non ebbe un parere positivo dal movimento, anzi fu contestato
duramente, ma questo non imped al governo di vararlo
e realizzarlo come piano di modifica e integrazione del
piano amministrativo quinquennale.
Il piano staliniano di trasformazione della natura,
pubblicato il 14 ottobre 1948, prevedeva la creazione di
foreste e laghi artificiali oltre a sbarramenti in ampie zone dellarea europea dellURSS, per contrastare la siccit.
Gli obiettivi annunciati da Stalin erano davvero ambiziosi: 8 grandi progetti di forestazione per una superficie
totale di 5.300 Km di lunghezza e 30-60 Km di larghezza. Altro grandioso progetto del piano staliniano era la
deviazione del grande fiume siberiano Ob, dallOceano
glaciale artico verso il letto dei suoi affluenti fino al mar
dAral e il Caspio. Nel 1954 il Ministero dellagricoltu-

cifico di redigere una legge per la Repubblica sovietica.


Si procedette celermente con due bozze, una redatta dal
VOOP e laltra dalla vecchia amministrazione degli zapovedniki, ancora controllata dalla parte ostile al VOOP
che rappresentava il movimento per la protezione della
natura. Quella del VOOP era ampia e rifletteva la volont di veto sullutilizzo delle risorse ambientali, quella
del coordinamento di gestione degli zapovedniki, coordinata da Shvedchikov, cercava di limitare lambito di applicazione della legge agli zapovedniki considerando velleitaria una richiesta di eccessiva tutela ambientale negli
zapovedniki.
Alla fine la legge fu promulgata solo nel 1960. Una
delle fonti maggiori di frustrazione durante lattesa fu
quella relativa alle pubblicazioni che per lunghi anni
continuarono ad essere censurate. In effetti il mezzo principale di libert da parte del movimento consisteva nelle pubblicazioni scientifiche oltre che nel lavoro presso gli
zapovedniki. Fintanto che il movimento era stato considerato marginale dallUrss le pubblicazioni scientifiche
avevano avuto la giusta visibilit e una discreta regolarit pur dovendo prestare attenzione nel mantenere una
colorazione protettiva, ma nel dopo guerra, quando il
movimento acquis una visibilit non solo nelllite scientifica e culturale ma anche nella stessa opinione pubblica, linasprimento dei controlli e lattacco al movimento
passarono anche per la censura delle pubblicazioni e della divulgazione scientifica.

Collasso della natura, pianificazioni economiche e


le promesse mancate della societ comunista
Non si comprende oggi quale forza persuasiva ebbe per molti lutopia comunista, ma di fatto essa ag accanto a diversi fattori (militari, strategici, economici, diplomatici, sociali) nel costruire la realt plumbea e dalle scarse possibilit di sviluppo della societ esteuropea
(Biagini e Guida 1997, 8). Sta di fatto che da un punto
di vista politico, il potere del Partito Comunista e del suo
segretario generale Stalin uscirono molto rafforzati dalla vittoria bellica. La restaurazione dellordine istituzionale del periodo anteguerra fu pertanto una priorit da
perseguire insieme alla ricostruzione economica. Si utilizzarono, per questi fini, le metodologie e gli obiettivi
della pianificazione amministrativa, come del resto avveniva fino al 1940. Infatti, il 19 agosto del 1945, vennero ripristinati i piani quinquennali con lobiettivo di
realizzare la totale ricostruzione delleconomia nelle regioni dellURSS che avevano subito lavanzata tedesca e,
con lulteriore obiettivo, di rilanciare tutte le regioni sovietiche per raggiungere e superare il livello di sviluppo
prebellico. I traguardi da raggiungere erano la base del
quarto piano quinquennale (1946-50), che secondo le
previsioni, avrebbe dovuto portare il reddito nazionale al
6

La pianificazione economica era stata sospesa durante il periodo bellico e con il quarto piano si riprende quel cammino
verso il comunismo, diventato obiettivo ufficiale del partito dopo che la costituzione sovietica del 1936 aveva dichiarato compiuta la realizzazione del socialismo in URSS.

78

Sociologia
Note

GIANLUCA SENATORE, Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra il 1918 e 1973


ra si rifiut di indicare con precisione il livello di forestazione raggiunto e il numero di piante sopravvissute.
Quanto al programma di irrigazione, solo il 10% dei terreni che dovevano essere irrigati si mise concretamente a
coltura. Durante la fine del quarto piano si vareranno
progetti di costruzione di centrali idroelettriche7. Da qui
in poi il termine natura verr utilizzato solo in funzione
di possibili sfruttamenti a fini industriali o agricoli. Nessun provvedimento e nessun atto formale verr pi varato a favore della protezione della natura. Lunica eccezione che risulta in questo periodo data da un provvedimento urgente adottato a scopo riparatorio e non cautelativo nel 1956. Lo scopo di questo provvedimento e
del successivo intervento era quello di bloccare linquinamento da sostanze radioattive provocato dallo sversamento di rifiuti tossici lungo il fiume Teca. Lincidente provoc migliaia di vittime negli anni successivi e non
fu certo lunico caso. Nel 1957 esplose un deposito di
scorie nucleari a Kystym provocando una nube tossica
che si deposit per centinaia di chilometri lungo le province di Celjabinsk, Sverdlovsk e Tjumen. Nel 1967 venne alla luce un altro incidente. Presso gli impianti di conservazione di scorie nucleari a Majak gli operatori con
lautorizzazione delle autorit scaricarono lungo le vie
fluviali che portavano ai laghi di Kaaracaj e Staroe Boloto, cesio e stronzio. Si scopr in seguito che queste operazioni andavano avanti da almeno 15 anni (Dundovich
2012, 63). La ricerca delle materie prime e gli scarichi industriali, sconvolger lintero territorio rendendo lUnione Sovietica uno dei Paesi pi inquinati al mondo.
A partire dal 1948 i pianificatori sovietici lavoravano gi al nuovo piano quinquennale (1951-55) e vista la
prospettiva di sviluppo degli stessi piani, il Gosplan dellURSS inizi nel 1947 a valutare una pianificazione generale di quindici anni, che non fu mai terminata per la
caduta in disgrazia e leliminazione del presidente del
Gosplan sovietico Voznessenskij (Leon 1977, 160).
Nellagosto del 1952 fu pubblicato il quinto piano
quinquennale (1951-55), venti mesi dopo la sua emanazione. Si prevedevano tassi di crescita notevoli, in perfetto
stile staliniano, obiettivi elevati per la produzione agricola
e una spiccata priorit al settore produttivo di beni. I costi stimati sono stati abbassati un po in tutti i settori, per
fare un esempio: 25% nellindustria, 20% nelle costruzioni, 15% nei trasporti ferroviari. Ci dovr consentire un aumento del 50% della produttivit del lavoro industriale e liberare risorse per un aumento del 90% degli investimenti. Il piano avr delle grosse difficolt nella sua realizzazione. Pertanto, lequilibrio previsto nella
pianificazione viene sostituito da un razionamento nella
produzione dei beni e degli investimenti, rinviando a da-

ta futura le scelte strategiche di sviluppo, per la difficile


realizzazione degli obiettivi nei diversi settori economici.
Nel marzo del 1953, nel pieno svolgimento del quinto piano, muore Stalin e con la sua morte si avranno
enormi conseguenze politiche, economiche ed ideologiche. Nikita Kruscev, non ebbe lo stesso potere e la stessa influenza nel partito. Egli si pose anche su posizioni di
graduale critica nei confronti di Stalin, condannando il
culto della personalit in occasione del XX congresso del
partito comunista nel febbraio del 1956. Con Kruscev
caddero alcuni dogmi dellera staliniana: il carattere limitato della legge del valore, che a parere di Stalin non
poteva valere che nei rapporti tra i settori retti da sistemi di propriet differenti (statale, cooperativo e privato);
il principio della distribuzione autoritaria delle risorse. La
legge staliniana dello sviluppo equilibrato delleconomia
sovietica pianificata fu messa in dubbio dai ripetuti insuccessi nellagricoltura e quella dello sviluppo prioritario dei beni di produzione dalla necessit politica e sociale di fare delle concessioni ai consumatori (Leon 1977,
166). Tuttavia il 25 aprile del 1956 nella Pravda fu solennemente annunciato il successo del quinto piano quinquennale, e anche questultimo proclamo fu il frutto della propaganda sovietica, poich il livello pianificato di
reddito nazionale non fu raggiunto8. Nonostante una
revisione nella politica economica portata avanti dopo la
morte di Stalin, il sesto piano quinquennale (1956-60) segu i modelli staliniani, ossia dando priorit allindustria
pesante. Vennero infatti fissati i seguenti obiettivi: crescita
del 71% dellindustria pesante contro il 51% di quella dei
beni di consumo; 54% del reddito nazionale; 70% agricoltura. Anche in questa sede si minimizzarono i costi per
recuperare risorse necessarie a sostenere il 67% degli investimenti.
Come nelle altre occasioni anche il sesto piano risultava di difficile attuazione. Latteggiamento del governo sovietico fu per molto diverso rispetto al passato. Infatti anzich fingere la completa realizzazione, ne
critic pubblicamente le debolezze nel dicembre del
1956 sottolineando la mancata esecuzione di quanto
previsto nella produzione del carbone, dei metalli, del cemento, e insistendo sul ritardo della realizzazione di
nuove unit produttive. Cos nel primo semestre del
1957 venne presentata una versione riveduta e corretta
del sesto piano, che per il 9 aprile dello stesso anno non
incontr il giudizio positivo del Gosplan. Il Comitato
Centrale e il Consiglio dei ministri lo abbandonarono ufficialmente con decisione del 18 settembre 1957, ordinando la predisposizione di un piano settennale (195965)9. In questo periodo una serie di eventi politici, tra i

7
Tra le pi importanti centrali idroelettriche ricordiamo quella di Kujbysev, lanciata il 21 agosto 1950, con una produzione
di 2.000.000 di Kw e quella di Stalingrado del 31 agosto 1950, con una produzione di 1.700.000 Kw.
8
I calcoli effettuati in occidente, attraverso studi comparativi sui risultati del piano, accertarono uno scarto del 10-15% rispetto a quanto dichiarato. Le mancate realizzazioni riguardavano il livello di produttivit e la produzione agricola.
9
Occorre ricordare che nel maggio del 1957 Nikita Kruscev critic limpostazione di predisporre una pianificazione annuale o quinquennale rigida. Egli sosteneva che la vita un processo continuo, mentre i piani si fermano ad una data ben precisa del
calendario. Egli propose una pianificazione continua: ogni anno si conosceranno gli obiettivi pianificati per quello stesso anno e
si elaboreranno le previsioni per i cinque anni successivi (Leon 1977, 168).

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Sociologia
Note

GIANLUCA SENATORE, Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra il 1918 e 1973


intellettuale, tra citt e campagna e il compimento dellunit ideologica con la creazione di un uomo nuovo
comunista che avesse istruzione superiore, purezza morale, eccellente salute fisica e coscienza ideologica. Dal
punto di vista istituzionale, inoltre, il processo finale del
programma prevedeva lo sviluppo dellautogestione comunista. Lobiettivo economico intermedio stimava gi
per gli inizi del 1970 il raggiungimento del primato
mondiale nellindustria rispetto agli altri Paesi, USA
compresa. A partire dal 1970 milioni di persone si sarebbero affrancate dai lavori manuali ausiliari per lintroduzione di nuove tecnologie, pertanto si sarebbe registrata una crescita di occupazione nella cultura, nella sanit ed in altri servizi pubblici. Dalla rapida analisi sui risultati dei piani di sviluppo che avrebbero dovuto tendere alla realizzazione del comunismo, si intuisce come alla fine degli anni sessanta si era realizzato ben poco e le promesse ambiziose non avrebbero
potuto essere mantenute. Con la caduta di Nikita Kruscev si modific anche la politica economica dellURSS
e i riflessi pi immediati si ebbero nellottavo piano
quinquennale (1966-70). Esso era incentrato sullaumento dellefficienza della produzione sociale, accelerando il miglioramento della scienza e della tecnica.
Cos, la nuova politica economica prese di petto il
problema della modernizzazione delleconomia da attuarsi con una ristrutturazione tecnologica e con la sostituzione dei vecchi prodotti con dei nuovi pi innovativi. Inoltre veniva previsto una diminuzione di quota di produzione delle attivit non terminate, una riduzione dei tempi di produzione e dei costi degli investimenti. I tassi di crescita previsti erano pi bassi dei
piani precedenti, anche se la priorit restava ancora rivolta sui beni di produzione rispetto a quelli di consumo. Lo scarto tra i due, contrariamente al passato, non
sar elevato: 49-52% la crescita prevista per i primi e
43-46% quella per i secondi. La caratteristica dellottavo piano, in linea con la politica di Breznev, fu una
parziale prudenza in materia di pianificazione della
produzione agricola, la crescita stimata sar appena
del 25%. Inoltre si manifest, come dianzi citato, un accrescimento di interesse a favore del consumo, proprio
della politica di Breznev. In definitiva la fine del quinquennio mostr un reddito nazionale che raggiungeva
il 65% di quello degli Stati Uniti e cinque anni dopo
questa quota aumenter solo dell1%. Lideale programma enunciato nel 1961 da Kruscev, non trov
compimento. Per la prima volta dal 1937, la parte relativa alloccupazione non viene realizzata, il che indica un certo esaurimento della forza lavoro proveniente dallagricoltura e la diminuzione del tasso di crescita della produzione nel lungo periodo. Occorre ricordare che fin dagli anni cinquanta, lUnione Sovietica ebbe molti successi nel campo delle tecnologie spaziali e
nellenergia nucleare: primo missile verso la luna (2
gennaio 1959), costruzione di due centrali atomiche e
rompighiaccio atomico (1959). Nonostante questi successi, i tassi di crescita dellURSS subirono una riduzione generale in quasi tutti i settori. Secondo le stime
dal 1951 al 1955 il tasso di crescita medio % del

quali lo scoppio della crisi di Berlino del 1960, laereo


americano U2 che sorvol il territorio dellURSS nel
maggio 1961 e in particolare la delicata vicenda dei
missili inviati a Cuba nellautunno del 1962, ebbero immediate ripercussioni nella politica economica sovietica.
Infatti fu aumentato il bilancio militare con 3.114 Milioni di rubli, la smobilitazione di circa 1.200.000 soldati venne interrotta e di conseguenza, a causa delle
spese militari, le autorit hanno dovuto rinunciare a un
buon numero di investimenti programmati nellindustria chimica, nelle costruzioni meccaniche, nelledilizia, nellelettronica e nellindustria leggera (Leon 1977,
174-175).
Il piano settennale (1959-65) che sostitu il sesto
piano quinquennale, ovviamente stato condizionato
dallaumento di spesa in politica estera. Pur restando
ancorato ai modelli staliniani, evidenziava un certo
sforzo di modernizzazione delleconomia. Si punt ad
un aumento della produzione nellindustria chimica, si
svilupp il settore dellestrazione del petrolio e del gas
in modo prioritario rispetto alla costruzione delle centrali termiche, si previde una accelerazione dellelettrificazione dei trasporti ferroviari e lavvio dello sfruttamento delle ricchezze naturali dellest con la costruzione di una base metallurgica in Siberia e ununit di produzione chimica nellAsia centrale. Il settimo piano rivalut i consumi attraverso un programma di investimenti nelledilizia, circa 660 Milioni di m2 di superficie abitabile nelle citt. Nel 1965 lURSS stimava di
raggiungere e superare i paesi capitalisti pi evoluti
nella produzione pro capite dei generi alimentari di base. Diventavano quindi, obiettivi programmati quelli
che Nikita Kruscev aveva promesso in un suo discorso
a Leningrado il 22 maggio 1957: superare la produzione
pro capite degli USA nel settore dellallevamento. Gli
ambiziosi traguardi del piano resero necessarie continue
modifiche e revisioni in fase di attuazione. Nel 1965, a
conclusione di esso i risultati raggiunti non differirono
dai piani precedenti. Linsuccesso pi clamoroso fu nel
settore agricolo, si realizz solo un aumento del 14%
della produzione rispetto al 70% previsto. Il piano dei
salari non fu neppure eseguito e i piani delloccupazione e dei trasporti, sebbene vengono attuati, la produttivit del lavoro nellindustria non raggiunger i risultati sperati. Se si confrontano le previsioni di sviluppo
e progresso della politica comunista con quanto realizzato nel concreto fino al settimo piano, gli esiti non sono dei pi positivi. Avendo, nel lontano 1936, la Costituzione sovietica dichiarato compiuta la realizzazione del socialismo in URSS ed essendo divenuto obiettivo ufficiale del partito il cammino verso il comunismo,
il 18 ottobre 1961 Nikita Kruscev present al XXI congresso un ambizioso programma di realizzazione di una
societ comunista nellarco di ventanni. Si auspicava,
nella parte economica, il superamento dei Paesi capitalisti pi sviluppati nella produzione pro capite, realizzazione del pi alto tenore di vita mondiale con grande abbondanza di beni materiali e culturali. Infine, la
parte sociale del programma prevedeva lannullamento
delle differenze di classe sociale, tra lavoro manuale ed

80

Sociologia
Note

GIANLUCA SENATORE, Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra il 1918 e 1973

Una nuova politica internazionale attraverso la


salvaguardia dellambiente

6,0%; dal 1956 al 1960 del 5,8; dal 1961 al 1965


del 5,0%; dal 1966 al 1970 del 5,510. La motivazione della riduzione dovuta, secondo i calcoli delleconomista sovietico T. S. Khacaturov, alla diminuzione del
rendimento degli investimenti: dal 1959 al 1965 il rendimento passato da 0,83 a 0,70, mentre nel 1970 a
0,69.
Il sistema di pianificazione, non fu adeguatamente supportato da un processo di revisione degli obiettivi e da un tempestivo intervento ogni qualvolta si
verificavano degli scostamenti. Mentre politicamente si
avanz una critica allo stalinismo, durante i congressi
del 1956 e 1961, i sistemi burocratici rimasero inalterati. A met degli anni cinquanta i settori economici
dellURSS erano ormai giunti a piena maturazione, ragion per cui sarebbe stato saggio attuare riforme
profonde per passare da una crescita di tipo estensivo
ad uno di tipo intensivo, caratterizzata da maggiore efficienza e produttivit. Un primo dibattito si apr a
partire dal settembre 1962, con larticolo di EvsejLiberman che critic gli incentivi a livello di impresa. I
dirigenti delle imprese tendevano a non rivelare le reali risorse a disposizione, al fine di ottenere un piano facile ignorando la domanda: in tal modo si poteva scegliere gli indici del piano e lassortimento pi vantaggioso da eseguire. Una volta avviata la critica a livello
dimpresa, il sistema venne attaccato nel suo complesso e gli economisti sovietici, con grande facilit, riuscirono a dimostrare lincoerenza del piano a livello nazionale. La pianificazione era sempre pi arbitraria e
in netta contraddizione con la crescente maturit economica. Il dibattito, apertosi dopo larticolo di Liberman, si chiuse dopo soli quattro mesi. Lidea di profitto per garantire il successo dellimpresa venne bocciata il 7-8 gennaio del 1963 in un dibattito allaccademia
delle scienze. Tuttavia le idee di Liberman non vennero condannate integralmente e nella primavera del
1964 si riapr la discussione sulle riforme. Nel 1965 si
inizi con una serie di provvedimenti a carattere generale che interessarono la pianificazione delleconomia
e furono seguiti da diversi decreti sulla gestione dellindustria, ricostituzione dei ministeri economici, competenza dei Consigli dei ministri delle repubbliche federate, pianificazione e stimolazione della produzione
industriale. Gli esperimenti andavano nella direzione di
istaurare una sorta di socialismo di mercato, ma riguardavano solo poche imprese e qualche settore, le
scelte riformiste pi ampie e drastiche non vennero
accettate. Un ulteriore numero di riforme fu varato
nel mese di ottobre del 1965 e al contrario delle precedenti interessavano un settore ampio come lindustria, ma la portata innovativa veniva fortemente ridimensionata. Di fatto le riforme del 1965 non modificarono il modello di pianificazione amministrativa.

Dal secondo dopoguerra alla met degli anni settanta, da una parte la crescita economica e dallaltra la
rincorsa agli armamenti, iniziata, paradossalmente, in
seguito alle firme dei trattati di pace del 1947, non favoriscono n uno sviluppo in chiave sostenibile n tanto
meno una presa di coscienza sulla questione ambientale.
Tutto quello che era stato realizzato dalla nascita del
movimento per la stragrande maggioranza tra il 1918
e il 1924, ma anche successivamente, con intensit sempre minore dal dopoguerra in poi vedr il sistematico
smantellamento della struttura organizzativa e leclissi di
tutto ci che esso aveva contribuito a costruire. Nella seconda parte del periodo staliniano e successivamente, la
natura verr considerata solo come elemento (risorsa
primaria) per il raggiungimento degli obiettivi dominati
dalla crescita economica. Bisogner aspettare il maggio
del 1972 quando Nixon e Podgornyj a Mosca firmeranno il primo Trattato di cooperazione per ridurre linquinamento dellaria e dellacqua, al quale far seguito, nello stesso anno, la sottoscrizione da parte dellURSS della Convention on the Prevention of Marine Pollution by
Dumping of Wastes and Other Matter, e nel 1974 della
Convenzione di Helsinki. Questo momento storico
particolarmente importante per il fatto che la questione
ambientale si lega a questioni economiche e di politica internazionale. Non dunque indifferente se dalla proposta del 1968 da parte della Svezia presso le Nazioni Unite, di organizzare una conferenza mondiale sullambiente, bisogner aspettare qualche anno per vederla realizzata a Stoccolma nel giugno del 1972. A questa Conferenza non parteciparono lURSS e molti Paesi del blocco socialista. Il perch? Il perch facilmente individuabile nel fatto che, se la Russia dei primi anni venti e trenta del secolo era tra gli Stati pi avanzati nella protezione della natura, quella staliniana e post staliniana aveva
stravolto questo paradigma. Lambiente era considerato
un vero e proprio freno alla crescita economica. Fu proprio durante questo importante simposio che lambiente entr a far parte delle grandi questioni internazionali. Henry Kissinger, Consigliere per la Sicurezza Nazionale
del Presidente Richard Nixon e solo nel 1973 Segretario
di Stato, diede un notevole contributo alla realizzazione
della Conferenza. Siamo in piena guerra fredda. Il ruolo
dellallora Consigliere fu cruciale per il fatto che, in modo del tutto inaspettato, si giunse ad una convergenza tra
le posizioni dei paesi in via di sviluppo e le posizioni dei
paesi sviluppati attraverso una Dichiarazione comune e
un Piano di azione con 109 raccomandazioni. Per la prima volta nella storia ambiente e crescita economica furono messi sullo stesso piano smentendo le teorie e le con-

10

Calcoli elaborati da Rush V. Greenslade, Prodotto Nazionale Lordo, per settore dorigine (armamenti compresi), ponderazione del 1970, indice 1940 = 100. C da notare che le valutazioni sovietiche ufficiali (indice 1940 = 100) calcolavano risultati diversi ma, comunque con tassi di crescita medi in riduzione dal 1946 al 1965. Secondo i calcoli sovietici dal 1951 al 1955 il
tasso di crescita del 11,4%; dal 1956 al 1960 del 9,2%; dal 1961 al 1965 del 6,7%; dal 1966 al 1970 del 7,7% (Leon 1977,
204-205).

81

Sociologia
Note

GIANLUCA SENATORE, Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra il 1918 e 1973


vinzioni di molti Paesi, tra questi sicuramente lUnione
Sovietica, che vedevano la protezione della natura (salvaguardia di parchi, fiumi, laghi, boschi ecc.) come un
ostacolo alla crescita economica. Henry Kissinger in
quello stesso periodo stava lavorando alla distensione dei
rapporti tra la Cina e gli USA che port allincontro in
Cina nel 1972 tra Richard Nixon e Mao Tse-tung. Questo incontro suscit un grande risalto nellopinione pubblica e diede a Kissinger la possibilit di ritagliarsi un ruolo di forte influenza nella politica internazionale. Ricordiamo che la Cina del 1972 non era ancora la potenza
economica mondiale che oggi conosciamo, ma rappresentava quei Paesi in via di sviluppo capaci di giocare un
ruolo cruciale nella politica internazionale. Nel periodo
1954-72 gli aiuti sovietici ai paesi esteri in via di sviluppo raggiunsero gli 8.196 Milioni di dollari, con una punta massima di 998 Milioni di dollari spesi solo nel 1964
e 1.244 Milioni di dollari nel 1966. Tra i Paesi beneficiari
spicca il Medio Oriente con 3,3 Miliardi, 3 Miliardi lAsia Meridionale, 1,2 Miliardi lAfrica. In conclusione si
pu affermare che gli USA sfruttarono loccasione di discutere di salvaguardia ambientale per tessere importanti relazioni internazionali, mentre lUnione Sovietica
faceva i conti con un territorio interno massacrato dallinquinamento e con altri problemi che emergeranno di
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82

Sociologia
Note

FRANCESCO TIBURSI

Per una critica esistenziale delleconomia

Sarebbe un errore leggere lultimo libro di Crespi come


una piccola ricerca su alcune delle problematiche pi stringenti della contemporaneit: infatti Esistenza come realt. Contro il predominio delleconomia non si riduce a
offrire uninterpretazione dei termini, dei concetti, delle
questioni che la societ odierna affronta, bens definisce
una prospettiva possibile allinterno del discorso sulla
modernit nella forma che, negli ultimi anni, sembra assumere tale riflessione. Siamo abituati infatti, soprattutto dalla seconda met del XX secolo, a pensare le rappresentazioni della nostra societ entro la cornice del pensiero strutturalista, della teoria dei sistemi, pi in generale
nelle categorie che positivismo, strutturalismo, marxismo
ed esistenzialismo hanno elaborato, pur nelle diversissime
prospettive. Il quadro che emerge da questa eredit la
rappresentazione della societ come tessuto di relazioni,
come intreccio di rapporti che non si distendono semplicemente da soggetto a soggetto o da soggetto a oggetto ma piuttosto si intendono come procedure e strutture che definiscono i ruoli, la posizione, laspetto che il
singolo assume nella vita associata e che ne definiscono
il contenuto sostanziale; le relazioni insomma costituiscono la societ nella rete di processi che strutturano ed
identificano le modalit con cui il significato attribuito
e generato in essa e, in ultimo, definiscono lo statuto stesso dei singoli attori, in senso sociale come ontologico.
Potremmo dire che le prospettive di pensiero sorte allinterno della modernit si sostanziano, pur se in forme
disparate, nella centralit dellazione pensata per come
prassi diretta dal soggetto ma nel senso invero opposto
di prassi che al soggetto stesso simpone, azione che
preesiste allattore, eterodiretta, estesa al di l dei confini temporali e spaziali che definiscono la soggettivit e determinano questi stessi confini e lestensione del luogo della soggettivit, lampiezza delle possibilit e della libert
che il soggetto pu esperire ed attuare.
Per questo nel XX secolo matura allinterno della riflessione sociologica (e, nondimeno, filosofica) una
prospettiva ove la societ sempre pi essenzialmente spiegata nelle relazioni sociali intesa come dimensione autonoma, nellintreccio dei rapporti che la compongono e
che sempre pi appaiono come realt eterne e dindeterminata estensione, non secondo un concetto teologico di
eternit ma per lidea dellimpossibilit di racchiudere la
genesi delle pratiche sociali allinterno del campo finito
e transeunte della soggettivit, concezione da cui deriva
una visione della relazione come preordinata a tutto lesistente; essa sar pensata come una presenza che non origina dalluomo come singolo, ma viene incontro alluomo
dallorizzonte dellesperienza, lo attraversa, si fa hic et nunc
per tramite di esso e prosegue la sua esistenza oltre i limiti di questa soggettivit che la catalizza. Al contempo il

soggetto stesso non dar contenuto e senso allazione, ma


nel renderla concreta attraverso la prassi si vedr attribuito
un contenuto, sar pensato come vuoto veicolo attraversato
e circondato dal contenuto, la sua costituzione sar definita dallintroiezione e dalla pratica con cui adempier alle
funzioni, alle pratiche apprese nel farsi parte della societ. Dunque la societ si definisce come complesso di relazioni che organizza lesistenza, complesso che luomo
non genera ma accoglie da uno spazio al di l della sua
sfera dazione determinandosi in esso e attraverso di esso,
determinandone le nuove manifestazioni non come demiurgo e creatore ma come minuto operatore; ed in questi
spazi, oramai esigui ed eterogenei, luomo esperisce una
nuova forma di libert e coscienza che si esprime oltre le
desuete categorie del dominio e della signoria, ma come
lagile, piccola, circoscritta abilit di costituire in questo
flusso di forze preminenti un luogo di pi o meno stabile
identit.
Questo modo dintendere il moderno si trova al fondo di ogni riflessione sulla nostra epoca, ancor pi quando si vuol trattare della modernit come problema, come
disagio delluomo nel nostro tempo: ne esistono oramai
innumerevoli interpretazioni, ma in sintesi vi la comprensione della condizione umana come privata della sua
centralit, della sostanzialit ontologica del suo essere,
nonch della sua facolt di comprendere e relazionarsi con
il mondo, da cui deriva quel senso di sradicamento, di
riduzione e svalutazione con cui luomo moderno ha variamente descritto il proprio attuale modo di stare al mondo. Proprio in questo punto del pensiero contemporaneo,
animato dalla molteplicit delle riflessioni sulla crisi, sul
disagio, sullestraneo come paradigmi del nostro tempo
si inserisce il libro di Franco Crespi; eppure esso si situa
in un contesto particolare, ovvero in quel campo di riflessione diffusosi negli ultimi anni e che sembra voler porre
in questione il problema dellorigine della relazione, di ricostituire in via problematica il suo rapporto con la soggettivit. Possiamo veramente affermare che lagire non emerga dal soggetto? Non forse la soggettivit, lindividualit, insomma luomo un concetto che merita di esser
ripensato proprio alla luce di questa crisi? questa una
domanda che negli ultimi tempi riaffiora con forza; ancora pi interessante notare come questa riflessione non
nasca allinterno di una riflessione contro la modernit,
ma piuttosto si sollevi nella cornice delle teorie che in essa
pienamente si riconoscono come problema insoluto, anche se distante, la cui eco vibra con forza nello spazio speculativo del moderno stesso. In particolare, il nodo da
sciogliere quale sia il significato dellorigine, come essa
possa esser intesa in un pensiero che non riconosce pi
lattivit creatrice primigenia in capo al soggetto: se non
v un ente che, al principio, attua la relazione come prat-

83

Sociologia
Note

FRANCESCO TIBURSI, Per una critica esistenziale delleconomia


ica sociale, in che modo dovr esser pensata lorigine da
cui lagire appare nellesistenza?
Questa linea di pensiero sta acquistando profondit
e raccoglie dei contributi di grande interesse speculativo
e lultimo lavoro di Crespi pu essere accostato a tale eterogenea prospettiva, ove possiamo annoverare gli studi di
pensatori di tradizioni distanti: ad esempio, il recente lavoro di Pierpaolo Donati Sociologia Relazionale1 affronta
esattamente questo tema, raccogliendo lidea dei recenti
studi di Margaret Archer per elaborare una critica della
modernit e della concezione della soggettivit sorta in
essa; distaccando il soggetto osservatore, sede della coscienza, dalluomo come soggetto sociale, la modernit
avrebbe infatti ridotto luomo a termine della binaria relazione fra individuo e societ, soggetto ed oggetto, io e
realt, cui deriva una svalutazione delluomo come centro di senso delle relazioni sociali e dunque della societ nel suo complesso ed una trasformazione della soggettivit stessa da statuto delluomo a matrice astratta dellumanit agente cui luomo deve conformarsi per esistere
socialmente e che, pertanto, riceve la soggettivit da una
razionalit ad esso estranea con la conseguenza di rendere
luomo disponibile ad ogni sorta di manipolazione. Per
questo Donati propone di uscire dal paradigma moderno negando questa forma della soggettivit e della
razionalit strumentale che ne regola i rapporti, rimodellando la relazione (e la societ) non pi come eterogeneo prodotto del casuale intreccio di atti individuali n
come struttura che precipita dallalto sulluomo plasmandone lidentit, bens come dimensioni di rapporto
del s ove il singolo si identifica non pi attraverso il momento negativo del Non-Io ma nel riconoscimento positivo dellIo altrui, nel quale il s non si pensa solo come
individuo ma pensa il proprio s nella relazione; ci
definisce una razionalit relazionale, in opposizione alla
razionalit strumentale moderna, ove luomo esperisce una
riflessivit relazionale per cui pu cogliere non solo s stesso nella relazione con laltro, ma come in questa relazione
il suo s sviluppi una differente e pi complessa coscienza che concorre, altres, alla definizione della propria identit soggettiva. chiaro come il sociologo italiano cerchi,
con tal riflessione, una sintesi di tutti quei tentativi del pensiero attuale di superare il problema della razionalit moderna pensiamo ad esempio alla teoria di riconoscimento
di Honneth2 verso una teoria della societ che offra uno
spazio centrale alluomo, pur nelluniverso complesso ed
eterodiretto in cui viviamo. Pi in generale, sembra affacciarsi nuovamente in questi studi il problema del valore sostanziale dellessere umano, della sua essenza
come dimora di una stabile e perpetua essenza meritevole di esser preservata da ogni corruzione ed influenza perturbatrice; cosa che da un punto di vista sociologico cor-

risponde allindividuazione di uno spazio dindisponibilit


dellumano a ogni manipolazione, funzionalizzazione e
strumentalizzazione, di un luogo di trascendenza del
s, delle relazioni e dellethos di una societ (riportando
il termine usato da Donati nel suo libro) da ogni possibile prassi che riduca tali elementi a strumenti di una prassi o struttura astratta ed estranea.
Proprio in questa linea di critica della societ come
sistema funzionale di relazioni si inserisce il libro di Crespi,
anche se da una differente angolazione: mentre la sociologia relazionale di Donati cerca lorigine dellagire nel
valore che le relazioni sociali esprimono, conservano e articolano, il concetto di esistenza come realt trova questa radice nelle condizioni esistenziali stesse dellessere
umano, ovvero nellesistenza come presenza contingente
ma densa di significato da cui possibile dedurre il criterio di valutazione delle prassi sociali. invero significativo
che la riflessione di Crespi abbia inizio proprio con delle
osservazioni critiche su quello che definisce un nuovo realismo3, una prospettiva affacciatasi negli ultimi anni con
lo scopo di rifondare la comprensione della realt attraverso un ripensamento radicale del concetto stesso di
reale, di esistente, per trovare nuovi linguaggi pi idonei
a definire cosa sia, alfine, lesistente; secondo lautore
questo approccio, bench valido nel contenuto e nel
proposito nonch significativo nellimpianto speculativo,
muove dallerrato presupposto di sovrapporre la nuda esistenza delle cose con la loro rilevanza nellordine dellesistente. Questo realismo vorrebbe porre la comprensione
della cosa nella sua effettualit, nel suo mero offrirsi alla
comprensione dellosservatore, come principio della
certezza del sapere attribuendo a tale condizione uno statuto ontologico, una sostanzialit o meglio unautonomia
dei singoli esistenti fondato sulla pura possibilit di incontrarli come viventi, come astanti; tuttavia ci induce
a generalizzare lesistente assimilandolo alla mera presenza
nel mondo, cosicch si rende impossibile una demarcazione
qualitativa di differenti campi di valore, di insiemi ove si
possa distinguere il significativo dallinsignificante e in ultimo definire la ragione per cui riteniamo degno di esser
preservato un qualsivoglia essere: se lunica demarcazione ontologica delle cose la loro presenza in una qualsiasi forma, alla fine ogni cosa avr un identico statuto
ontologico e lesistenza sar in sintesi indifferenziata. Per
questo Crespi disamina brevemente le teorie di Meillassoux4, relative alla fattivit della cosa come propriet eterna della stessa e come presupposto alle spalle della distinzione soggetto oggetto (i quali sarebbero pertanto accomunati dalla loro fatticit); il pensiero di Gabriel, ove
il soggetto costituisce uno dei possibili luoghi di senso che
la realt intesse5, per cui il senso in una condizione di
obiettivit che ci precede, condizioni nella quale lo in-

P. DONATI, Sociologia Relazionale, Editrice La Scuola, Brescia, 2013.


Teoria che come vedremo riveste un ruolo nella riflessione di Crespi. A. Honneth, Lotta per il riconoscimento, Il Saggiatore, Milano 2002.
3
F. CRESPI, Esistenza come realt. Contro il predominio delleconomia, Orthotes editrice, Napoli-Salerno, 2013, p. 13.
4
Ivi, pp. 14-15.
5
Crespi sottolinea ci con una citazione diretta di Gabriel, ove leggiamo noi siamo gettati nel senso. Noi incontriamo il
senso. Ivi, pp. 15-17.
2

84

Sociologia
Note

FRANCESCO TIBURSI, Per una critica esistenziale delleconomia


contriamo localizzandolo, soggettivandolo; ed infine
lopera di Bruno Latour6 che, teorizzando la fine della
modernit come fine delle contrapposizioni soggetto
oggetto e societ natura, ipotizza una nuova forma delloggettivit nella realt intesa come assembramento di ibridi, di oggetti la cui onticit risiede nella pluralit della
loro determinazione essenziale.
In primo luogo lautore critica queste posizioni per
un approccio esclusivamente cognitivo, che mira a
cogliere in forma descrittiva la realt nella sua assoluta
molteplicit nella pluralit con cui si presenta al pensiero ed allo sguardo senza porsi il problema di una riflessione sullorigine di questa multanime realt; ma soprattutto la categoria della fatticit che si espone al dubbio, nella misura in cui assorbendo loggettivit nella pura
positivit delle cose si esclude una riflessione sul contenuto
e sulla dignit, se cos possiamo dire andando forse oltre
la riflessione stessa di Crespi, che caratterizza lesistenza
umana: se il presupposto ontologico e di senso delle cose
uninfinita variet di combinazioni possibili e mutevoli,
se le cose sono il condensarsi di eterogenee dimensioni nellassoluta contingenza del loro incontrarsi, allora questa eteronomia si risolver nellassoluta omogeneit ed irrilevanza degli esistenti e delle realt. In questo modo, non
possibile pensare luomo (e in realt nulla che sia), la
sua soggettivit, in quella unicit di condizioni che noi chiamiamo esistenza, anche a prescindere da ogni antropocentrismo e nellidea della contingenza del nostro esserci; da
cui consegue limpossibilit di una riflessione teoretica sulluomo e una coscienza della propria condizione, come
pure una considerazione sociale ed etica sullesistenza
umana come valore centrale meritevole di tutela.
La dimensione critica di un pensiero, gli oggetti che
sceglie come mete per i propri strali, sempre costituiscono
una misura dellintuizione fondamentale da cui unidea
emerge, giacch la critica delimita una cornice per largomentazione e da figura alla informe passione che lo anima verso una direzione. In questo senso, il libro di Franco Crespi non fa eccezione: la critica della mera fatticit
del reale in questo peculiare realismo che anima le riflessioni suddette esige un contrappunto che risponda alle
problematiche sollevate, contrappunto che lautore
procura tempestivo; una spiegazione alternativa della questione infatti si pu trarre, secondo il Nostro, dal lavoro
di Danilo Martuccelli Critica delleconomia come realt7,
nel quale il sociologo descrive il percorso della civilt attraverso la categoria dei regimi di realt, ovvero di quelle
dimensioni della vita che in determinati tempi assolvono
il ruolo di paradigma fondamentale da cui discende il sistema dei valori e lordine sociale peculiari di unepoca, di
una fase della storia. Un regime di realt dunque identifica un elemento unificante attraverso le et, da cui discende la ragione di un determinato ordine delle cose, di
una specifica forma sociale e infine di un preciso potere
politico al di sotto dei quali lindividuo sar assoggetta-

to riconoscendosi in questa rappresentazione della realt;


al contempo, ad essa corrisponder una concezione o autorappresentazione della propria soggettivit simmetrica
a tale visione. Martuccelli identifica cos tre fasi: la prima ove il regime di realt la religione, Dio sar lelemento
unificante della molteplicit e contingenza mondane, mentre luomo si penser prima di tutto come creatura di Dio
e come fedele e membro della Chiesa; il secondo, ove il
paradigma la politica ed il potere dello Stato ci che funge
da fulcro attorno a cui ruota lesistenza e luomo sar soprattutto cittadino, membro della comunit politica; infine il terzo, ove leconomia il regime di realt e luomo penser s stesso come homo oeconomicus, attore del
mercato.
Crespi coglie la suggestione offerta da tale rappresentazione per porre la domanda: quale regime di realt
si affaccia nel nostro tempo? Siamo ancora sotto il dominio
delleconomia o in effetti possiamo pensarci in un ordine
diverso?
Cos lautore introduce e spiega la sua idea dellesistenza come regime di realt, lesistenza come realt,
muovendo dalla constatazione per cui se il quadro storico descritto da Martuccelli dipinge un processo ove il
susseguirsi delle epoche fonda sempre nuove forme di
potere, al contempo si pu rilevare una traslazione del piano discorsivo dalloggettivit dellesistenza alla dimensione soggettiva: se, insomma, il potere permane nelle tre
fasi, pur vero che Dio rappresenta lidea di un mondo
orientato secondo i dettami della soggettivit, mentre le
fasi successive aprono sempre pi lo spazio alle esigenze
dellindividuo, agli aspetti quotidiani e soggettivi dellesistenza come valori centrali attorno a cui si condensa il
tessuto sociale. Ecco cos che, nella seconda parte del libro, Crespi ipotizza una deviazione radicale dei regimi di
realt verso una valorizzazione essenziale della semplice,
quotidiana, comune vita delluomo spezzando quel rapporto di funzionalizzazione del singolo alle strutture sociali ordinate secondo la religione, la politica, o leconomia; con altre parole, il Nostro auspica un passaggio dalla mera funzionalit del soggetto alla sua sostanzialit in
un processo che definisca uno spazio indisponibile da cui
questi ordini sono esclusi e che definisca, pertanto, il luogo di un valore su cui misurare le scelte etiche nonch
la comprensione stessa della vita associata. Il sociologo
avvalora questa tesi disaminando alcune delle riflessioni
pi rilevanti degli ultimi tempi rileggendole in tale
prospettiva: ispirandosi allesistenzialismo di Sartre e Heidegger, Crespi rovescia la riflessione sulle condizioni di
esistenza delluomo, ponendo come principio di umanit
quellautocoscienza che determina la consapevolezza, appunto, della propria condizione8; da questo percorso problematico proprio della modernit, diviene possibile pensare lumanit non a partire dalla sua relazione con una
dimensione superiore, trascendente, ma al contrario nel
riconoscimento della propria radicale ed ineludibile con-

Ivi, pp. 17-21


D. MARTUCCELLI, Critica delleconomia in quanto realt. Un urgente messa in questione, in F. Crespi e E. SantAmbrogio
(a cura di), Critica sociale ed emancipazione, Morlacchi, Perugia, 2013.
8
Muovendosi, in tal modo, nellampia cornice categoriale dellesistenzialismo.
7

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Sociologia
Note

FRANCESCO TIBURSI, Per una critica esistenziale delleconomia


tingenza, nella relativit della propria soggettivit, sia nel
suo aspetto pi strettamente esistenziale e materiale sia
dal versante della coscienza e della cognizione che si ha
del mondo e di s, cosicch il senso dellesistere si potr
dare solo nella variabilit dei suoi contenuti. Per tale aspetto Crespi si inserisce in un filone di riflessione che dalle
origini esistenzialiste attraversa in molteplici forme tutto il XX secolo, ma differenzia il suo approccio nellassumere laspetto valoriale dellesistenza come una questione problematica, ovvero una dimensione che lungi da
incarnare immediatamente un oggetto morale esige,
proprio per la contingenza che ne caratterizza la costituzione, di tracciare criticamente i confini di questa sfera
dellesistenza come realt.
A fronte di ci, lautore percorre alcune delle riflessioni pi recenti nel tentativo di definire una continuit
che legherebbe questi studi, nel quadro di una sempre maggiore centralit del discorso sullesistenza quotidiana che
caratterizzerebbe il dibattito contemporaneo. Maggior
spazio dedica, in questo contesto, alla riflessione di Axel
Honneth9 ed alla sua teoria del riconoscimento, nel quale
rinviene in filigrana un diverso modo di pensare lesistenza,
ove i soggetti definirebbero il proprio statuto nel reciproco
riconoscimento della propria condizione e nel tessuto di
relazioni che ne deriverebbe; in altri termini, la relazione non si limiterebbe al rapporto causale, se non meccanico, che lega unazione alla sua conseguenza, un soggetto al suo oggetto, bens costituirebbe nel riconoscimento intersoggettivo un momento riflessivo e autorappresentativo ove lesistenza assumerebbe il proprio valore nella coscienza della condizione quotidiana condivisa che gli
uomini esperirebbero nella loro vita corrente. Questa condizione per Crespi non si limita ad una riflessione di ordine teoretico o strutturale, ma al contrario si fa veicolo
di un immediato problema di ordine etico dal momento
in cui pone il problema della preservazione dellesistenza come valore nel garantire la sua condizione relazionale in cui emerge lautocoscienza che fa dellesistenza
umana un valore, problema questo che si pone nel tema
dellequit delle relazioni in cui il riconoscimento si verifica; per tale motivo il Nostro riprende le osservazioni
critiche a Honneth avanzate da Nancy Fraser10, la quale
solleva la questione di come la teoria del riconoscimento intersoggettivo trascuri il problema dei rapporti di status, che pur nel riconoscimento stesso sono vitali e dunque
richiamano lattenzione sulla necessit di garantirne lequit e lequilibrato svolgimento. curioso e interessante
come Franco Crespi, in questa sua disamina critica delleconomia nella necessit del suo tramonto verso lesistenza come realt, si diriga alle conclusioni attraverso
le riflessioni sulleconomia politica di Amartya Sen, ove
la teoria sulle capability del soggetto e sulla necessit di
una equit nella loro distribuzione per garantire la giustizia sociale coglie, in primo luogo, una concezione della giustizia che ruota attorno alla centralit dellesistenza umana nel sistema dei valori che ordina la nostra so-

ciet; ma soprattutto, una trasformazione della prospettiva allinterno delleconomia da cui deriva una delimitazione critica del campo delleconomia stessa e laffiorare, alfine, di uno spazio in cui collocare lesistenza come
dimensione problematica. Quindi, una revisione del
ruolo delleconomia come regime di realt che dal suo interno sembra simbolizzare, o forse necessitare, il suo superamento.
In questo modo Crespi sembra tentare una definizione
differente dellidea di soggettivit. Non pi monade
preesistente che si distingue dalla realt proprio per il suo
esser soggetto, il suo significare lo sguardo dellosservatore, il soggetto di cui Crespi delinea i contorni senza
mai affrontare peraltro il problema direttamente demarca
il proprio dominio nelle condizioni contingenti del proprio esistere; al di l, tuttavia, di una visione strutturalista usualmente abusata in questo discorso per cui il soggetto si definirebbe per il ruolo attribuitogli nella struttura
stessa ma, piuttosto, lasciandosi raffigurare da condizioni che incontra nellimpermanenza dellesistere ma
che al contempo sono condizioni che solo alluomo con
la sua peculiare esistenza possono essere attribuite. Cosicch questi contingenti attributi del soggetto, invece che
costringerlo dal di fuori, costituiscono la riflessa manifestazione della sua specificit, del suo significato e contribuiscono non solo a definirne la costituzione ma pure
a identificare i confini invalicabili di questo spazio del quotidiano, indisponibile ad ogni riduzione funzionale al campo, ad esempio, delleconomia.
Seguendo questo percorso, cogliamo in che senso il
lavoro di Crespi non sia una riflessione isolata ma piuttosto lespressione di un complesso dibattito contemporaneo, che va evolvendosi e stringe il proprio cerchio attorno ad una critica dello strutturalismo, del funzionalismo, di ogni teoria dei sistemi nel tentativo di definire la
possibilit di una riflessione, oserei dire, sostanziale sulla societ; anzi, a spiegare in che modo si possa parlare
di sostanziale nella societ e nellepoca in cui viviamo.
Ed da notare come questa prospettiva emergente rifiuti di posizionarsi nel campo del premoderno o dellantimoderno, tanto quanto non assume una posizione postmoderna di assoluto superamento della modernit stessa: cerca invece di muovere i propri passi a partire dal moderno stesso, da una riflessione critica sulle sue categorie
per esporne i nodi problematici; ci ovviamente comporta
un passaggio contraddittorio, una sospensione al limitare
della modernit ove la critica porta inevitabilmente nel
proprio grembo i contenuti e le strutture del moderno che
si cerca di rovesciare. Ci ben evidente nelluso che il
Nostro fa della rappresentazione di Martuccelli, uso nel
quale si articola la storia in forma progressiva, quasi di
una filosofia della storia che nel riconoscere le differenti fasi della storia universale ineluttabilmente traccia un
percorso ascendente, evolutivo, di sviluppo, ove se non
si parla di una fine della storia appare purtuttavia evidente
che lesistenza come realt costituisca un punto dar-

F. CRESPI, Esistenza come realt. Contro il predominio delleconomia, op. cit., pp. 54-58.
Ivi, p. 59.

10

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Sociologia
Note

FRANCESCO TIBURSI, Per una critica esistenziale delleconomia


rivo o di svolta in un percorso di valorizzazione dellindividuo. Pur asserendo con forza la radicale e piena contingenza da cui la propria considerazione dellesistenza ha
inizio, Crespi si trova a raffigurare un percorso dellumanit
in cui le sovrastrutture, se posso permettermi di usare
questo termine, che fondano la societ ed il potere al di
fuori (ed al di sopra) dellindividuo alfine tramontano sino
alla loro scomparsa ed il disvelamento del loro sostrato
essenziale, ovvero lesistenza nella purezza della propria
condizione instabile, impermanente, transeunte; pur vero
che il sociologo non descrive lo spostamento dei regimi
di realt verso lesistenza come una sequenza di fasi
causalmente inanellate luna nellaltra, dunque razionalmente giustificate, eppure nel tortuoso, eterogeneo e incidentale quadro cui Crespi si ispira non si pu far a meno
di cogliere come, in primo luogo, queste fasi possano essere lette nella chiave di un progressivo disvelamento dellesistenza e, in secondo luogo, lesistenza come realt
rappresenta uno specifico momento della storia, un passaggio significativo dove nella pura contingenza non
sarebbe logico pensare a qualsivoglia nodo di svolta della storia, come se tutta la storia universale avesse atteso
questa consapevolezza dellesistenza e covasse, nelle sue
molteplici forme, la nascita di tale prospettiva. Del
resto, appare chiaro scorrendo il testo del libro che lesistenza come regime di realt costituisce, sebbene nella
contingenza del suo accadere, un passaggio di grado superiore, una consapevolezza pi lucida e profonda che comporta un miglioramento rispetto ad ogni precedente condizione (anche se nulla esclude un ulteriore svolta); se infatti si orienta questa rappresentazione in un processo che
sfocia nellesistenza come realt pensato come momento
della comprensione, nellesistenza stessa, del reale valore
dellumano, tutti i precedenti passaggi verranno ordinati
in una teleologia, in una successione progressiva.
Questo nodo di per s non rappresenta un disvalore,
ma opportuno considerare come in questo orientamento
Crespi tenda a porre leconomia e lesistenza come regimi contrapposti di realt ma su di un piano omogeneo,
continuo: nel constatare il passaggio fra i due momenti,
lautore sembra soprassedere sul rischio di intendere leconomia e lesistenza a partire dalla medesima radice,
ovvero la centralit della pura azione come trasformazione
della realt. Se infatti chiaro come laspetto funzionale
delleconomia risiede nellidea delluomo come attore, come
trasformatore della realt e quindi delle relazioni come
rapporti di scambio, Crespi cerca di definire lesistenza
come un campo del tutto estraneo a questa dinamica, o
quantomeno preservato nel suo nocciolo essenziale da questa logica; nondimeno, luso della teoria del riconoscimento
di Honneth ed ancor pi il riferimento alle capability di
Sen denota la presenza di un orizzonte ove lesistenza ed
il suo valore sono definiti proprio nellidea del soggetto

come libero agente, nella misura in cui capace di influire


sulla realt, dunque nellagire come momento di riconoscimento e coscienza e nella preservazione delle proprie capacit e possibilit di movimento come condizione dellesistenza stessa. In altri termini, lesistenza verrebbe a definirsi come il campo dellazione intesa nel senso pi puro, spogliata di ogni finalit al di fuori del puro
movimento di esplicazione e riconoscimento di s e degli
altri, la vita nella nuda semplicit; in tal modo, tuttavia,
luomo non sfugge dalla sua qualificazione come produttore, dal momento in cui sia nella relazione come riconoscimento, come specchiamento, sia nel pensare alle
condizioni dellesistenza nella forma di possibilit di azione
si stabilisce un rapporto, appunto, funzionale fra gli uomini, ove la funzione primaria non pi il sistema economico come soggetto della produzione ma lindividuo
come soggetto di azione. Anche la teoria del riconoscimento, pur raccogliendo consensi proprio nella sua forma di critica ad ogni razionalit strumentale e dominio,
non sembra affrancarsi in questa prospettiva da simili dinamiche nella misura in cui il rapporto che stabilisce fra
soggetti non strutturalmente diverso da quello funzionale
di soggetto ed oggetto, per cui il riconoscimento stesso si
muove nellorizzonte di una relazione di scambio, di una
funzionalit dellaltro allo sviluppo della propria autocoscienza.
Questa critica mostra come rimangano sollevati dei
dubbi riguardo allidea dellesistenza come realt, ma
con ci non si vuole emettere il giudizio definitivo sul libro di Crespi: come abbiamo detto in principio esso vuol
essere un laboratorio, che raccoglie delle suggestioni dai
percorsi del pensiero contemporaneo per trarne una possibile ispirazione per una riflessione futura. Invero, la suddetta osservazione piuttosto che chiudere questa ricerca
vuol mostrarne la fecondit e la prospettiva, nella misura
in cui il lavoro del Nostro incrina un modo consolidato
di pensare la societ per aprire il varco ad una riflessione
ulteriore. Il valore dellultimo libro di Franco Crespi di
permettere al sociologo di pensare non alla relazione strutturale, ma allesistenza stessa come momento originario,
sottratto dalla contingenza in cui pure nasce e fermato nei
suoi caratteri essenziali nel cui crogiuolo luomo non pi
definito nel rapporto fra soggetto ed oggetto, ma al contrario trova un fondamento di questo stesso rapporto in
una sfera esclusa da ogni disponibilit a rendersi oggetto di manipolazione.
Lidea di pensare lassoluto nel quotidiano, cos come
lautore ha definito una ipotesi che ha ispirato il suo lavoro, rappresenta a ben vedere il tentativo di pensare lesistenza come loriginario che precede ogni svolgimento,
che si pu definire contingente proprio perch esso presuppone la contingenza come la sua fondamentale attitudine.

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Sociologia

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Sociologia

Sociologia

Recensioni

Sociologia
Recensioni

R. IANNONE, Umano, ancora umano.


Per unanalisi dellopera Sulluomo
di Werner Sombart
Luomo lessere-limite
che non ha limite
Georg Simmel

Indagine sulluomo. Werner Sombart


e il tentativo di unantropologia
fondamentale
Vom Menschen unopera coraggiosa. Questa sembra essere la
convinzione che accompagna Roberta Iannone nella bella prefazione alla
prima traduzione italiana1 del volume
che Sombart scrisse prima di morire
e considerabile, non a caso, come il suo
testamento culturale e spirituale.
Unopera coraggiosa dunque, almeno
per due ordini di ragioni: la prima
che Sombart scrive Sulluomo in uno
dei momenti pi bui della storia del novecento e cio quando in Europa la follia nazista, in nome del mito di una
razza superiore, scatener, come
noto, una violenta persecuzione contro gli ebrei volta alla loro eliminazione
fisica e a perpetrare, in questo modo,
una vera e propria distruzione dellumano2. Un evento tragico e sconvolgente reso possibile allinterno di
una zona grigia, il campo di concentramento, luogo simbolo di un
esperimento ancora impensato3 allinterno del quale luomo perde pian
piano il suo volto, la sua dignit e la
sua umanit per trasformarsi in nonuomo4. Posto di fronte a questo abisso della storia che rende impossibile
ogni tentativo di riconciliazione5,
Sombart come ben sottolinea Roberta Iannone mette un punto e sen-

te il bisogno di ricominciare: di ripartire, s, ma dallumano (p. 12).


La seconda ragione legata al fatto che Sombart, dopo aver concentrato
le sue analisi su molti altri temi e in
particolare sullo sviluppo e sulle contraddizioni del capitalismo moderno,
decida di riflettere sulluomo, luomo inteso come tema e come problema (p. 18). Si tratta di un bisogno
antico, complesso e di difficile soluzione. Non un caso infatti che come
dir lo stesso Sombart la domanda
che cos luomo? si ripropone in
ogni tempo e ad essa sono state date
risposte ben diverse (p. 161). E anche se si trattato di risposte di segno
opposto e spesso contraddittorie, esse
appaiono alleconomista e sociologo
tedesco tutte degne di particolare rispetto perch, se loggetto della conoscenza luomo e la sua cultura, allora necessario un approccio aperto e flessibile, capace di trarre forza
dalle pi ampie contaminazioni. Come
sottolinea Roberta Iannone proprio
il crocevia di percorsi che per lAutore fa la strada della conoscenza scientifica (p. 39).
Tale convinzione spinge Sombart
allelaborazione di unantropologia libera da confini disciplinari rigidi, in
grado di attraversare indenne gli
steccati accademici, evitando qualsiasi
eccesso di specialismo e fare di
questa eclettica trasversalit il proprio
punto di forza nellelaborazione di
una visione delluomo nella sua interezza (p. 39). Un compito arduo
che lo studioso tedesco affida ad una
nuova scienza che egli definisce con
il termine di antropologia fondamentale e cio unantropologia capace di coniugare, fondandole insieme, antropologia filosofica e antropologia culturale.

Vom Menschen appare allora un


vero e proprio tentativo di antropologia che, nonostante evidenti
punti di debolezza che la curatrice
non esita ad evidenziare, guarda alla
scienza con convinzione, non rinunciando mai a pretese di scientificit.
Il libro scrive Iannone si propone
infatti di essere un trattato scientifico che porti ad una conoscenza universalmente valida. Fare scienza diventa la vera bussola di tutta lopera (p. 41). Costante in tutta lopera,
non a caso, il richiamo ai fatti che
egli intende non nellaccezione olistica, quanto come fenomeni positivi e osservabili. Poich di questo che
la scienza si deve occupare, non certo dei fenomeni non identificabili, ammonisce lAutore (pp. 44-45). Scienza positivista, dunque, quella di
Sombart? Senzaltro s, se intendiamo alludere al positivismo metodologico che invoca i fatti e se per
positivismo si intende la tensione verso uno stadio scientifico del sapere
umano in contrapposizione a stadi
precedenti, teologico e metafisico in
primis per dirla con Comte (p. 45).
In queste accezioni, senza dubbio ad
animare le pagine di Vom Menschen
anche una tensione positivista.
Aspetto questo, tuttavia, che secondo Roberta Iannone non ci autorizza affatto ad etichettare Sombart
come un positivista tout court. Non
solo perch in quelle pagine il rigetto della metafisica non mai totale,
ma sempre parziale e relativo solo alla
considerazione della stessa come
scienza, ma soprattutto perch in
esse Sombart costantemente attento proprio a non cadere nelle trappole
e nei limiti del positivismo. Piuttosto
gli preme andare oltre lo stesso e superarlo completamente, se positivismo

R. IANNONE, Umano, ancora umano. Per unanalisi dellopera Sulluomo di Werner Sombart, Acireale/Roma, Bonanno Editore, 2013.
2
S. RODOT, Il diritto di avere diritti, Bari, Laterza, 2012, p. 185. Riferendosi allo sterminio degli ebrei, Stefano Rodot ha
parlato di ombre, dunque, non pi persone, di esseri destinati soltanto a essere cancellati. La privazione dei diritti corrispondeva alla cancellazione dellumanit stessa, Ivi, p. 207.
3
G. AGAMBEN, Quel che resta di Auschwitz. Larchivio e il testimone, Torino, Bollati Boringhieri, 2012, p. 47.
4
Ibidem.
5
Ha scritto a tal proposito Hannah Arendt: Prima di questo, dicevamo: bene, abbiamo dei nemici. perfettamente naturale. Perch non si dovrebbero avere nemici? Ma questo era diverso. Era veramente come se si fosse spalancato un abissoQuesto non avrebbe dovuto accadere. Non mi riferisco soltanto al numero delle vittime. Mi riferisco al metodo, la fabbricazione di
cadaveri e cos via. Non necessario che entri in questo. Questo non doveva accadere. L accaduto qualcosa con cui non possiamo riconciliarci. Nessuno di noi pu farlo, H. Arendt, Essay in Understanding, New York, Harcourt Brace, 1993, pp. 13 sg.
cit. in G. AGAMBEN, op. cit., p. 65.

91

Sociologia
Recensioni

significhi naturalismo e organicismo


e pi in generale trasferimento dei metodi delle scienze della natura nelle
scienze sociali (p. 48).
In altri termini come sottolinea
ancora la curatrice lopera di Sombart supera dunque il positivismo pur
a partire dal positivismo (p. 48), uno
sforzo questo che lo porter a riconoscere un ruolo di primo piano, per
la comprensione delluomo, alle scienze dello spirito. Di fronte a quell animale indefinito6 che luomo, solo
le scienze dello spirito possono aspirare ad avvicinare, quasi toccandola,
la complessit dellumano. infatti
nella natura delle scienze dello spirito afferrare lessenza delle cose e cogliere un determinato fenomeno nella sua totalit. Una forma di conoscenza questa che, per lo studioso tedesco, appare preclusa alle scienze naturali le quali, per la loro naura, possono soltanto raggiungere un capire
esterno delle cose [] una conoscenza
parziale che non afferra la multiforme totalit (p. 65).
Unevidente impronta di scienza
dello spirito, quindi, pervade lintera
opera offrendo allautore un impianto teorico e contenutistico estremamente raffinato che Sombart ha saputo confezionare nel tempo attraverso unattiva ed energica partecipazione al dibattito epistemologico
che coinvolgeva e stravolgeva le
scienze sociali agli inizi del secolo scorso e che lo ha visto prendere posizione
sulle questoni di metodo, confrontarsi
tra diverse idee di scienza, interessarsi
al problema del rapporto tra scienza
e politica, appassionarsi al problema
dellavalutativit. Questioni cruciali
che lo studioso tedesco affronta ani-

mato da una tensione alla sincerit


con cui attraversa quel sapere sedimentato dalla storia a cui sempre pi
necessario attingere, se si vuole tentare di individuare il carattere distintivo delluomo, o meglio comprendere che cosa esso e soprattutto che cosa diventato. Lopera di
Sombart si segnala infatti come una
raccolta, quasi enciclopedica, di secoli
e secoli di elaborazioni teoriche sulluomo. Uno sforzo conoscitivo enorme e assolutamente originale, fosse anche soltanto per come arricchisce la
sua sociologia di concetti misteriosi, quasi impastati di metafisica,
sospesi tra filosofia e scienza. il caso
dei concetti di spirito, vita, anima e
corpo in cui, pi di altri, si irradia il
senso dellumano e in cui racchiusa la sua ambizione pi alta e cio
quella di desumere il sociale a partire dallumano e lumano dal sociale (p. 22).
Pur dando limpressione di essere
un sociologo sospeso tra scienza e metafisica, il suo pensiero, ad unattenta
analisi, rimane saldamente ancorato ai motivi e alle azioni concrete e
cos il concetto di spirito viene declinato, non solo per comprendere il
significato pi profondo dellesistenza umana, visto che luomo
impregnato di spirito e che lesistenza umana , in ogni istante, esistenza dello spirito (p. 69), ma anche per descrivere alcuni processi significativi della societ moderna.
Per Sombart infatti assistiamo ad evidenti processi di spiritualizzazione, disanimazione e deumanizzazione.
Se vero, come pi volte sottolinea lautore, che lo spirito ci che
c di umano nelluomo pur vero, e

Sombart non lo nasconde, che a lungo andare lo spirito diventa sempre pi


impersonale, nel senso che tipico dellessere umano sostituire progressivamente la vita con costrutti intellettuali di ogni genere (p. 82). Quando
ci accade non solo la vita perde il
proprio ritmo ma luomo ha scritto Gnter Anders si allontana
sempre pi da se stesso; si trascende
sempre di pi e anche se non sinvola in una regione soprannaturale, tuttavia, poich varca i limiti congeniti
della sua natura, passa in una sfera che
non pi naturale, nel regno dellibrido e dellartificiale7, perdendo
completamente la sua naturalezza.
Questi processi che Sombart ha gi descritto in opere precedenti e sui quali non si stanca mai di tornare, spezzano quella condizione ottimale di
equilibrio che sempre esistita tra il
lato spirituale e quello naturale delluomo. Quando ci si verifica, assistiamo ad una vera e propria metamorfosi dello spirito che dimentico
dellanima e da essa dissociato []
snatura quindi lumanit e la sua essenza, costringendola a una regressione
primitiva. Luomo torna cos a uno stato di primitivit e animalit, in cui lo
ha posto strana ironia leccessiva
crescit della sua spiritualit (p. 84).
Processi analoghi vengono rilevati
da Sombart anche sul piano economico
e sociale come conseguenza diretta dei
meccanismi contraddittori insiti nello
sviluppo del capitalismo, indagato
nella monumentale opera dal titolo Il
capitalismo moderno dove appare
evidente che proprio il legame che teneva saldamente insieme spirito ed anima8 divenuto sempre pi flebile, al
punto che allo spirito romantico9 su-

Riprendo unespressione di Nietzsche citata nel testo, ivi, p. 20.


G. ANDERS, Luomo antiquato, Milano, Il Saggiatore, 1963, p. 44.
8
Lo spirito del capitalismo per Sombart scrive Carlo Mongardini il prodotto di un complesso processo socio-psicologico che stimola la creativit e linnovazione, che porta luomo a plasmare secondo nuove immagini e nuovi valori la realt circostante. Se il capitalismo, scrive Sombart, dipende dallo spirito, questo a sua volta dipende dallanima: il capitalismo nato dal
profondo dellanima europea e lanima come tale sempre legata alla vita e, come anima umana, sempre legata a una persona, cit. in C. MONGARDINI, Capitalismo e politica nellera della globalizzazione, Milano, Franco Angeli, 2007, p. 50.
9
Limpronta romantica, infatti, scrive Roberta Iannone era espressione di uninclinazione infantile ed impulsiva, di uno
spirito fantastico ed amante dellavventura, di unimprovvisa fiammata di avidit in grado di sospingere gli uomini verso imprese audaci, anche se non traducibili in vere e proprie opere dello spirito razionale tipico delle epoche posteriori. La seconda, limpronta borghese, era invece presente nellidea di contratto e di solidit commerciale, e cio non solo di fede negli impegni presi
ma anche di adempimento serio e onorabile, e nellidea di guadagno onesto legata alla forte presenza di vincoli religiosi e morali
dei soggetti economici. Entrambe le impronte, sia pure in maniera diversa, orientavano il capitalismo verso un guadagno che, anche se eccessivo o smisurato, non ritrovasse comunque la propria misura in se stesso ma sempre nellorientamento verso dei fini
dotati di senso, R. IANNONE, Lanalisi rimossa: capitalismo ed economia del futuro in Werner Sombart, in E. ANTONINI, (a cura
di), Testimonianze sul capitalismo, Roma, Bulzoni Editore, 2006, p. 74. (corsivo nel testo)
7

92

Sociologia
Recensioni

bentra lo spirito acquisitivo, uno


spirito, scrisse con grande acutezza
Sombart, che diventa incondizionato, assoluto. [Esso], non solo si impadronisce di ogni fenomeno nella
sfera economica, ma si espande in altri settori della cultura e sviluppa una
tendenza a proclamare la supremazia dellinteresse economico su ogni
altro valore. Quando lo spirito acquisitivo assoluto, limportanza di
qualsiasi cosa condizionata alla sua
utilit, in vista degli interessi economici: un essere umano considerato
soltanto come forza lavorativa, la natura come uno strumento di produzione, la vita come una grande transazione commerciale, il cielo e la terra come unimmensa azienda nella
quale ogni cosa che vive e si muove
registrata in un gigantesco libro mastro nei termini del suo lavoro monetario10.
Come conseguenza di questo
processo assistiamo scrive Iannone alloggettivazione dellimpulso al profitto in forza del quale lo
scopo immediato dellagire non pi
il soddisfacimento dei bisogni, ma
laumento delle somme di denaro, e
limpresa diventa unentit autonoma dotata di propria vita (p. 85).
chiaro, quindi, che nella prospettiva elaborata da Sombart dove
tutto spirito solo questultimo
pu concedere alluomo la capacit
di pensare, pu offrire la perseveranza, lentusiasmo e lispirazione11 e non da ultimo limpulso a
creare. E tuttavia ha scritto Jung
che lo spirito vive solo quando
unavventura perennemente rinno-

vata12, ma quando diventa schiavo


delle sue costruzioni esso non pu pi
esprimersi e cos agli uomini non resta che langoscia della depersonalizzazione, della disintegrazione sociale e soprattutto della deumanizzazione.
Nonostante tali derive, per Sombart comunque possibile recupare
il senso dellumano. Ma per far ci
occorre riscoprire in tutte le sue potenzialit il concetto di persona. E qui
Roberta Iannone compie uno sforzo
notevole per ricostruire nel dettaglio
il tragitto che condurr Sombart
dalleconomia alla persona. Si tratta
di un percorso complesso perch il
concetto di persona rimane spesso implicito, non qualificato o meglio
come scrive la curatrice si d alla
macchia nella foresta dei concetti e
delle discipline, dei significati e dei rimandi teorici che lo avviluppano nellopera (pp. 89-90). E tuttavia, proprio perch in Sombart il senso dellumano coincide con la persona, ad
essa che occorre guardare, ed alle
sue azioni che bisogna tornare a riporre fiducia poich solo la persona, come concetto e come entit,
consente di riconoscere laltro come
risorsa e di renderlo capitale []
Solo la persona pu consentire che
la funzionalit dellaltro non sia anche sinonimo, per definizione, di
mera strumentalizzazione. Sola la persona pu garantire, almeno sul piano epistemologico e concettuale, che
le virt (come la fiducia, lonest, la
correttezza), oltre ad essere impiegate
come risorse, vengano, anche, al
tempo stesso, riprodotte (p. 100). In

10

questa affermazione forte il richiamo alla persona concreta che


attraverso i suoi atti, il sentimento innato alla socialit e il rispetto dellAltro, in grado di dar vita ad una
societ di persone e cio ad una societ intesa come unione intima e
fattiva di anime13. in questo passaggio che possibile cogliere alcuni dei significati sociologici centrali
di Vom Menschen perch se vero
come ha scritto Pierpaolo Donati
che qualsiasi opera umana per compiersi ha bisogno di un Tu14 e cio
di un legame umano e spirituale con
lAltro, appare inevitabile che la societ sia sempre pi necessaria alla
vita e al pensiero delluomo. Talmente
necessaria che come scrive Roberta Iannone, sulla scia di Sombart
luomo senza societ non esiste (p.
109).
Forte di questa consapevolezza,
lo studioso tedesco passa ad analizzare la presenza dello spirito nellesistenza umana e ad indagare il rapporto tra questultimo, la cultura e la
societ. Un rapporto complesso che
Sombart cerca di spiegare partendo
da un assunto fondamentale in base
al quale lo spirito a creare le forme
che a loro volta plasmano la vita. In
questa affermazione possibile cogliere, come ha giustamente osservato
Roberta Iannone, linflusso della sociologia simmeliana e, in particolare, il perenne conflitto tra la vita e la
forma15. Si tratta di un conflitto
inevitabile e senza fine, vera e propria
tragedia dellesistere con cui Sombart, pur non cogliendo pienamente
la forza del messaggio simmelia-

Cit. in C. MONGARDINI, op. cit., p. 70.


C. G. JUNG, Aforismi, Torino, Bollati Boringhieri, 2012, p. 132.
12
Ibidem.
13
N. BOBBIO, La persona nella sociologia contemporanea, Baravale e Falconieri, Torino, 1938, p. 34, cit in S. Andrini, Persona e sociologia. Quale rapporto?, in A.A.VV.,Verso una sociologia per la persona a cura del Gruppo SPE Sociologia della persona, Milano, Franco Angeli, 2004, p. 28.
14
P. DONATI, La societ dellumano, Marietti, Genova-Milano, 2009, p. 227.
15
Non appena la vita scrive Simmel progredita dallo stadio puramente animale a quello dello spirito, e lo spirito
dal suo canto allo stadio della cultura, si fa palese in essa un interno contrasto, lo sviluppo, la risoluzione, la rinascita del quale costituisce tutto il cammino della cultura. chiaro, cio, che noi parliamo di cultura quando il moto creatore della vita ha
espresso certe formazioni, nelle quali esso trova la propria estrinsecazione, le forme della sua realizzazione, e che dal canto loro
sussumono in s le fluttuazioni della vita che segue e danno ad esse contenuto, forma, sfera di azione, ordine. Tali sono le costituzioni sociali e le opere darte, le religioni e le conoscenze scientifiche, i sistemi della tecnica e le leggi civili e innumerevoli
altre. Ma questi prodotti di processi vitali hanno la particolarit che gi nel momento del loro nascere posseggono una loro propria permanente fissit, la quale non ha pi nulla a che fare con lincessante ritmo della vita stessa, col suo salire e discendere,
col suo continuo rinnovarsi, col suo inesausto ramificarsi e riunificarsi. Essi sono costruzioni della vita creatrice, ma che questa poi abbandona, G. SIMMEL, Il conflitto della cultura moderna e altri saggi, a cura di Carlo Mongardini, Roma, Bulzoni
Editore, 1976.
11

93

Sociologia
Recensioni

no16, legge e interpreta la societ del


suo tempo. In realt, ad unattenta
analisi, linfluenza di Simmel, cos
come quella di molti altri autori ravvisabile in un ulteriore passaggio
dellopera e, in particolare, quando
Sombart affronta una tematica che,
a suo dire, almeno in Germania, si
trovava in uno stato di caos (p.130)
e cio il concetto di popolo, definito
dallo studioso tedesco nei termini di
collettivo primitivo. E cos, dopo
aver individuato quelle problematiche che assillano il popolo in ogni
tempo e in ogni luogo, e cio i complessi rapporti tra collettivit e individualit, tra stirpe e massa e
quelli tra moltitudine e singolo,
Sombart entra prepotentemente nel
dibattito che riguarda il problema delle masse e dellirrazionalit del comportamento collettivo prendendo le
distanze da tutta quella letteratura che
ha ricondotto tale problema in termini di psicologia di massa che, in
quanto tale, non in grado di cogliere
tutta una serie di potenzialit di cui
invece la massa si avvale, come per
esempio la capacit di pensiero17
(p. 135).
Se vero come ha scritto
Jung che il problema di cosa sia
luomo sempre lultimo che ci poniamo18 non stato certamente
cos per Werner Sombart che attraverso unopera coraggiosa ed estremamente complessa, ha avuto
come sottolinea Roberta Iannone
il grande merito di aver offerto una
possibilit su tutte e cio quella di
rintracciare, allinterno di una societ sempre pi confusa e frustrata,
il senso dellumano. Vom Menchen,
nonostante le contraddizioni teoriche
e le incongruenze concettuali, si
muove in questa direzione, indicando chiaramente una nuova possibi-

lit e come ha ben scritto Micaela


Latini riferendosi alla poetica dellornamento di Ernst Bloch ogni
volta che coglie una nuova possibilit, lopera d anche a noi la possibilit di capire da dove veniamo e
dove andiamo19.
Emanuele Rossi
ALBERTO BURGIO, Rousseau e gli altri. Teoria e critica della democrazia
tra Sette e Novecento, Roma, Derive Approdi, 2012, pp. 252.
In esergo Alberto Burgio ci ricorda un passaggio delle Considerazioni di un apolitico nel quale Thomas Mann riconosce in Jean-Jacques
Rousseau il padre della democrazia
ma soprattutto nota come tutto
quello che in senso pi propriamente spirituale si intende per politica
lo si debba ricondurre al Contrat social. Mann scriveva questo nel 1918,
e forse oggi pu apparirci scontato,
dopo fiumi di letteratura ispiratasi a
Rousseau o volta a spiegarne e a interpretarne il pensiero. Niente affatto scontato per diventa questo giudizio se in Rousseau non solo si vede
il padre della democrazia, ma anche
di unidea di democrazia che dialoga con il costituzionalismo, di una democrazia che nella sua stessa definizione ne accoglie le istanze.
Questo ultimo libro di Burgio su
Rousseau - con il quale leditore
DeriveApprodi inaugura la nuova collana di studi e ricerche labirinti - ci
propone una lettura nuova, coglie in
profondit il significato degli scritti
rousseauiani, al di l dei tanto frequentati schematismi oppositivi: democrazia diretta-democrazia rappresentativa, sovranit assoluta-so-

vranit limitata o, ancora, assolutismo-liberalismo, monismo-pluralismo.


Il volume ci spiega il contenuto
teorico del Contratto e dei Discorsi,
senza trascurare importanti passaggi dellEmilio, offrendoci nella prima
parte un ritratto limpido e unitario
del pensiero politico di Rousseau.
Nella seconda ripercorre la ricezione di questi testi da Kant a Marx e
al marxismo, spingendosi fino ad alcune letture interpretative pi vicine
nel tempo come quella di Eugenio
Garin. Ma per noi questo libro, coeso e denso, ha una struttura concentrica piuttosto che lineare, perch
il fulcro al quale si giunge per gradi
e che si dipana nel prosieguo sino alle
pagine conclusive il capitolo terzo.
Esso reca un titolo che se non fosse
per il punto di domanda suonerebbe
provocatorio: Rousseau costituzionalista?. Ma magari provocatorio lo ugualmente e linterrogativo
lo possiamo pensare solo retorico. Se
vogliamo restringere poi ancora di pi
il cerchio potremmo sostenere che il
nocciolo propulsivo del volume lidea o il principio normativo della volont gnrale.
La riflessione di Rousseau sulla
volont del popolo noto non si
risolve tutta nella lotta a forme gerarchiche e disegualitarie del potere.
Il primo e insuperato contributo di
Rousseau al pensiero e alla prassi democratica la presa di consapevolezza dellinefficacia, nel senso della
giustizia, e della pericolosit politica
di una rappresentazione della democrazia schiacciata sul principio di
maggioranza. Parlare di democrazia
solo in parte e solo per cominciare significa parlare in chiave quantitativa. Lo stesso concetto di unanimit
di per s non ci assicura la demo-

16
Scrive Roberta Iannone a tal proposito: Stupisce, tuttavia, che pur essendo allepoca tra i rari estimatori di Simmel, Sombart non colga, almeno cos sembrerebbe, in maniera piena, il lascito delle riflessione di quellautore. Sombart definisce la tensione della vita contro la forma un errore dei filosofi. Anzi, pi propriamente lo definisce come una pretesa di tutti i filosofi della
vita. In realt la tensione rintracciata da Simmel della vita contro la forma, e cio non contro questa o quella forma in particolare ma contro la forma in generale, lungi dallessere un mero errore di cui alcuni , invece, lessenza della vita di tutti, ivi, p. 119.
17
A tal proposito interessante ricordare la posizione di Pasquale Rossi, medico e scienziato sociale cosentino, autore nel
1898 del volume dal titolo LAnimo della folla dove, prendendo le distanze dalle interpretazioni pi influenti del periodo che vedevano la folla in termini puramente negativi, in quanto simbolo di violenza e di brutalit, afferm, senza mezzi termini, che le
folle hanno unanima, sono capaci di pensare e se ben educate, possono diventare le vere protagoniste dello sviluppo della societ.
Cfr., P. ROSSI, Lanimo della folla, Cosenza, Tipografia di Raffaele Riccio, 1898.
18
C. G. JUNG, op. cit., p. 139.
19
E. BLOCH, Ornamenti. Arte, filosofia e letteratura, a cura di Micaela Latini, Roma, Armando Editore, 2012, p. 31.

94

Sociologia
Recensioni

crazia; sembra unassurdit, ma non


lo . Del resto su questi profili Burgio ci aveva resi accorti gi pi di
ventanni fa nella sua prima monografia rousseauiana Eguaglianza, interesse, unanimit (Bibliopolis 1989).
Dire democrazia vuol dire certo sovranit del popolo, ma deve anche insieme poter dire sovranit per il
bene del popolo; senza concessioni,
come ovvio, ad alcuna forma di paternalismo o di dispotismo illuminato.
Il discorso si sposta cio sul piano della qualit del governare, si svolge a
un livello eminentemente regolativo.
Rousseau accorto e saggio, da
questo punto di vista. Ben conosce i
rischi connessi allopinione pubblica,
alla corruzione sociale e politica,
alla pervasivit del particolarismo degli interessi. Consegnare il potere ai
cittadini, a tutti come eguali, espone
strutturalmente, antropologicamente, a queste insidie in potenza devastanti. Rousseau afferma lautonomia della volont gnrale dalla corruzione dello spirito pubblico. Al tempo stesso, egli apre in tal modo la
strada per una nuova soluzione del
problema politico della possibile sintesi tra interessi particolari (utilit)
e interesse generale (giustizia).
Posto che la volont gnrale , per
definizione, il luogo di tale sintesi, non
si tratta tanto di consentire al popolo di manifestare e far valere i propri
orientamenti, quanto di fare in modo
che la sua vera volont (la volont
gnrale) abbia effettivamente voce
nelle sue deliberazioni. La sovranit
popolare (democratica) non consiste
soltanto nellesercizio del potere decisionale, ma anche soprattutto
nellaffermazione della raison publique (p. 33). E in fondo le pagine del
Contrat dedicate allenigmatica figura
del legislatore rispondono proprio a
questa esigenza. Al legislatore spetta il compito di curvare la volont di
ogni individuo nella direzione del
bene comune, di aiutarlo quasi a uscire da se stesso, come ente autocentrato, e a dare voce alla ragione retta. Il legislatore non dunque soltanto una guida senza la quale il popolo non riuscirebbe a darsi una legislazione degna di questo nome.
Molto di pi, egli cosituisce il corpo politico che, lungi dallessere il
risultato di una libera convenzione tra

i suoi membri, si rivela frutto dellopera demiurgica di un soggetto esterno. Ma se lintervento di un solo individuo ancorch di un uomo di genio straordinario, dotato di unintelligenza superiore e di una grande anima sortisce gli stessi effetti
che il patto dovrebbe produrre; e se,
per di pi, tale intervento presentato come ineludibile, allora la figura del legislatore dichiara limpossibilit stessa del contratto, che si riduce
in tal modo a una metafora. Lautonomia del corpo politico appare
qui negata sin dal suo incipit (p. 37).
Come si esce da questa impasse
teorica? La risposta rintracciata in
un principio di legittimit del potere che coniuga legalit formale e materiale, correttezza delle procedure e
osservanza dei principi etici consolidatisi nel corso dellesperienza storica della collettivit (p. 42). Esso si
schiude cio alla prospettiva del costituzionalismo passando attraverso
la critica del contrattualismo moderno e la denuncia della sua impossibilit. Ma come pu attuarsi
questa convergenza tra correttezza
delle procedure democratiche e sentimento dei valori sociali? Cosa evoca la retta tangente alla societ politica (pattiziamente fondata) rappresentata dallimmagine del legislatore? Cosa la tensione normativa
di tutto il discorso di Rousseau che
si cristallizza in critica al patto sociale
e in ideale di giustizia?
Il libro suggerisce una soluzione per questo dilemma. Questo
tormentato percorso rivela che gli interessi particolari sono qui e ora troppo forti perch sia possibile coniugare
partecipazione (esercizio dellautonomia individuale) e giustizia sociale. In altri termini, Rousseau riconosce precocemente un problema
cruciale e tuttora irrisolto della democrazia borghese: intuisce che instaurare una forma politica realmente democratica sar possibile
soltanto dopo aver trasformato la
struttura sociale e, per ci stesso, la
concreta configurazione degli interessi
individuali (p. 74).
Certo, quando il richiamo normativo di Rousseau ai valori etici
della comunit politica, il potenziale di equit potrebbe risultare in bilico poich rimane cos sullo sfondo

95

del discorso la possibilit di un relativismo dei valori che potrebbe confliggere con quei presupposti normativi che ruotano attorno al riconoscimento universalista della libert individuale. In questo caso il relativismo come possibilit potrebbe
trasformarsi proprio nelle pagine
del Contrat in uno spettro inquietante
per ogni autentico ideale democratico. Ma non appare preoccupato da
questa ipotesi Burgio che piuttosto
vede nello sguardo al concreto manifestarsi dei valori nella comunit
storicamente affermatasi una via di
uscita e non un pericolo.
Il terreno sul quale il pensiero di
Rousseau viene fatto rivivere dunque quello della storia. E allora
tra particolarismo e spirito civile, tra
egoismo e virt pubbliche, tra ricerca
del privilegio e volont di servire il
bene comune non si consuma soltanto, in astratto, un conflitto virtuale, essenzialmente morale, ma
anche un contrasto materiale, concretissimo, tra i progetti, gli interessi,
le culture che si sono realmente generati e contrapposti, nel corso del
tempo, sul terreno sociale e politico,
economico e culturale (p. 74). La
volont generale distinta dallaggregato delle volont particolari
(dalla volont di tutti) corrisponde
alla volont reale della collettivit. Generale, in tale ipotesi,
quella volont nella quale sono venuti in effetti depositandosi, nel
corso del tempo, gli insegnamenti dispensati dallesperienza storica, e
registrati da una parte della collettivit come obiettivi da perseguire o,
per lo meno, come idee regolative in
base alle quali valutare criticamente la realt per trasformarla. Pi precisamente continua lAutore ,
generale, in questottica, la volont della parte subalterna della collettivit in cui vivono e si esprimono in forma di ideali e valori, modelli etici e precetti morali lesperienza del dominio subito e la determinazione a sovvertirlo, la memoria della violenza ricevuta e la
concreta speranza di riscattarsene
(pp. 74-5). Come si pu facilmente
intuire questo significa guardare
alla Costituzione come possibile inveramento dellideale regolativo della volont gnrale.

Sociologia
Recensioni

Il progetto di Rousseau, in effetti, conteneva anticorpi, efficaci


ed espliciti, contro il relativismo.
Perch mai antidoto al relativismo etico-politico potr essere pi potente
crediamo di quel passaggio-ca-

polavoro del Contratto sociale (Lib.


II, cap. XI) nel quale viene asserito
che libert ed eguaglianza devono essere il fine di ogni legislazione: eguaglianza non solo formale, ma anche
materiale poich nessun cittadino

96

deve essere abbastanza ricco da poterne comprare un altro, e nessuno


tanto povero da esser costretto a vendersi.
Marina Lalatta Costerbosa

Sociologia
Indice delle annate

Sociologia
Indice dellannata 2008

n. 3/2008 Il capitale sociale


PIERPAOLO DONATI, LUIGI TRONCA, Il capitale sociale.
Introduzione
5
7
MICHEL FORS, I livelli di analisi del capitale sociale
17
LUIGI TRONCA, Strategie di misurazione del capitale sociale
PIERPAOLO DONATI, Famiglia, scuola e capitale sociale nei
processi di socializzazione: una ricerca empirica
31
JOHN FIELD, Learning Transitions in the Adult Life
Course: agency, identity and social capital
49
In memoriam
Franco Nobili: Omaggio ad un protagonista
61
Note
GIACOMO DI GENNARO, Societ civile e capitale sociale nel
Mezzogiorno: una presenza debole e una risorsa scarsa?
65
DONATELLA SIMON, Gruppo Famiglia: scambio, dono, fiducia.
Riflessioni sullesperienza di un Dipartimento di Salute mentale
87
ROBERTO P. VIOLI, Profilo di uno storico dellItalia
contemporanea
91
ALDO CELESCHI, Una nota sulle buone ragioni della ricerca
quantitativa
97
Recensioni
IGNAZIA BARTHOLINI (a cura di), Capitale sociale, reti
comunicative e culture di partecipazione (Anna Rita Virgilio) 105
CARMELINA CHIARA CANTA, Ricostruire la societ, teoria del
mutamento sociale in Karl Mannheim (Marco Saverio Loperfido) 106

n. 1/2008 La societ costituente


ANDREA BIXIO, La societ costituente Considerazioni
in forma di premessa
PIERPAOLO DONATI, Il superamento del modello hobbesiano
e la societ costituente
FRANCESCO RICCOBONO, Il giuridico oltre lo Stato
ANGELA M. PUNZI NICOL, La societ costituente.
Il modello della Chiesa
SIMONA ANDRINI, Societ costituente o nichilismo giuridico?
TITO MARCI, La societ oltre se stessa. Critica della
razionalit auto-referenziale moderna
FEDELE CUCULO, Religione e ragione come principi
costitutivi della statualit
ANDREA BIXIO, Sacro e costituzione dello Stato
In memoriam
FRANCO FERRAROTTI, Michele Marotta: Luomo e lo studioso
PIERPAOLO DONATI, In ricordo del professore Achille Ardig
Note
FRANCESCO DURSO, Lidea corporativa. Una lettura
de LOrdine corporativo di Irene Stolzi
DAVIDE DE SANCTIS, La costituzione del politico nella
sociologia di Durkheim
MASSIMILIANO RUZZEDDU, A secular Age: brevi note sul
problema della secolarizzazione negli ultimi studi di Ch. Taylor
EMANUELE ROSSI, La distanza sociale tra tradizione
sociologica e innovazione
Recensioni
HASSO HOFMANN, Rappresentanza-rappresentazione.
Parola e concetto dallantichit allOttocento
(Fernando DAniello)
GIANFRANCO BETTIN LATTES, PAOLO TURI (a cura di),
La sociologia di Luciano Cavalli (Maria Cristina Marchetti)
ROBERTO ESPOSITO, Terza persona. Politica della vita
e filosofia dellimpersonale (Vincenzo Rapone)

7
11
23
31
37
47
87
97
119
123

127
139

Sociologia
Indice dellannata 2009

151
159

n. 1/2009 Comunicare, vedere, leggere


Riflessioni sulla comunicazione e sullarte

165

GUIDO GILI, Editoriale


5
GUIDO GILI, Le condizioni della comunicazione interculturale:
una proposta di quadro concettuale
7
EMILIANA DE BLASIO, Coinvolgimento politico e social networking tra accesso e partecipazione
41
ANNA MARIA PAOLA TOTI, I fatti sociali come icne.
Per una epistemologia della visualit
51
PIER PAOLO BELLINI, Arte e Alter. Comunicazione artistica
e alterit
65
TITO MARCI, Logica discorsiva e procedure dellarte nella
societ contemporanea
77
89
SIMONA ANDRINI, Estetica del Giallo
103
PAOLO IAGULLI, La Sociologia delle emozioni in Italia
In memoriam
CARD. CAMILLO RUINI, In ricordo di don Luigi Sturzo
nel 50 anniversario della morte
115
PAOLO RIDOLA, In ricordo di Leopoldo Elia
117
Note
DARIO ALTOBELLI, Aby Warburg e la vita delle immagini. Note su
un percorso di indagine
127
EMANUELE ROSSI, Michel Maffesoli: miti e icone della postmodernit 131
DEBORA VIVIANI, Il corpo tra mutamento sociale e forme estetiche 137
151
MARICA SPALLETTA, Moda, comunicazione ed etica
DONATELLA SIMON, Reciprocit e relazione umana nella
sociologia di Georg Simmel
157
Recensioni
PIERPAOLO DONATI, Oltre il multiculturalismo. La ragione
relazionale per un mondo comune (Paolo Terenzi)
163

168
172

n. 2/2008 La sociologia in Spagna


ANDREA BIXIO, Premessa
SALVADOR GINER e MANUEL PREZ YRUELA, Levoluzione
della teoria sociale in Spagna: una prospettiva
EMILIO LAMO DE ESPINOSA, La teoria sociologica in Spagna
TERESA MONTAGUT, Sociologa econmica
MANUEL T. GONZLEZ FERNNDEZ e EDUARDO MOYANO
ESTRADA, La sociologa rural en Espaa
TERESA GONZLEZ DE LA FE, CRISTBAL TORRES ALBERO,
e MANUEL FERNNDEZ ESQUINAS, Sociologa del conocimiento,
de la ciencia y de la tecnologa
LUIS MORENO e GREGORIO RODRGUEZ CABRERO, Poltica
social y estado del bienestar
Note
FEDELE CUCULO, Il trionfo delle masse: sulle traccie di
Ortega y Gasset
Recensioni
MARILENA DELLAVALLE, Le radici del Servizio Sociale in
Italia. Lazione delle donne: dalla filantropia politica
allimpegno nella Resistenza (Donatella Simon)
ROBERT B. REICH, Supercapitalismo. Come cambia
leconomia globale e i rischi per la democrazia (Adriano Cirulli)

5
7
27
49
57

79
93

109

121
122

97

Sociologia

JACQUES DONZELOT, Il governo delle famiglie (Fedele Cuculo) 164


GABRIELE POLLINI e ALBERTINA PRETTO (a cura di), Sociologi:
teorie e ricerche. Sussidio per la storia dellanalisi sociologica
166
(Diego Forestieri)

53
DARIO ALTOBELLI, Utopia, scienza e problema del male
MARINA LALATTA COSTERBOSA, Sulla possibilit del male estremo 63
GIOVANNI CUCCI, Tra filosofia, psicanalisi e religione:
il problema del male
83
ANNA MARIA FUSCO DI RAVELLO, Il male come limite e confine 97
Analisi e contributi
ANDREA BIXIO, Nuova statualit e sistema dei tribunali
internazionali
111
ADRIANA DAURIA, Diritto e complessit culturale: tra
115
integrazione e segregazione
Note
MINO B. C. GARZIA, MARIAROSA RAVELLI, Sistema ed
127
Equilibrio (I) Sistemi sociali e interdipendenze
DONATELLA SIMON, La relazione daiuto: due contributi
della sociologia classica
141
Recensioni
MASSIMO CONTE, Sociologia della fiducia. Il giuramento
del legame sociale (Roberto Cipriani)
147
FRANCO FERRAROTTI, Il senso del luogo (Roberto Cipriani) 148
GIANPIERO GAMALERI, I fatti non separati dalle opinioni.
Leggere lattualit con gli occhi di un sociologo (Carlo Romano) 151
PIERPAOLO DONATI, La societ dellumano (Luca Martignani) 152

n. 2/2009 Ragione, ragione giuridica,


razionalit sociale
FRANCESCO RICCOBONO, Introduzione
5
FRANCO MODUGNO, ANDREA LONGO, Dialogo minimo
sulla ragione dialogica. Alcune suggestioni (e qualche
7
controversia) tra modernit e postmodernit
FRANCESCO RICCOBONO, Sussunzione e discrezionalit nella
individuazione del diritto. Momenti di un percorso
antilogicistico nella teoria giuridica novecentesca
31
FRANCESCO CERRONE, Ragione dialettica e retorica
nellopera di Alessandro Giuliani
43
FABRIZIO FORNARI, Logica ed epistemologia delle indagini difensive 65
LORENZO INFANTINO, Diritto e legislazione: dalla
razionalit allabuso della ragione
79
85
DARIO ANTISERI, Limiti razionali della razionalit
ARMANDO RIGOBELLO, Dal formalismo allet ermeneutica
della ragione
91
99
ITALO VACCARINI, La razionalit incoerente
ANDREA BIXIO, Riflessivit sistemica e rappresentativa
nella teoria sociologica
105
Note
FRANCESCO DURSO, Costruire lo Stato tra scienza e
diritto. La lettura storico-giuridica di Aldo Sandulli
113
MARIA DE BENEDETTO, Leconomia sociale di mercato
e le sfide del diritto amministrativo
125
PAOLA BRIENZA, Dimensioni sociali della paura nellet
contemporanea
131
135
PAOLO IAGULLI, La sociologia per la persona
ROBERTA IANNONE, Loblio di una riflessione. Memoria
e attualit nel pensiero sociologico di Georges Gurvitch
141
IX Incontro Giovani Sociologia per la persona
(Pontignano 26-27 giugno 2009)
SIMONE ARNALDI, Limmaginazione ordinatrice.
Anticipazioni del futuro, incertezza e ordine socio-tecnico
151
Recensioni
IRENE STRAZZERI, Verit e menzogna. Sociologie del
postmoderno (Valentina Cremonesini)
165
MICHEL FOUCAULT, La strategia dellaccerchiamento.
Conversazioni e interventi 1975-1984 (Vincenzo Rapone)
168
170
PAOLO MIELI (a cura di), 1973. Napoli ai tempi del colera
(Diego Forestieri)
CARLO MONGARDINI (a cura di), Lepoca della contingenza.
Tra vita quotidiana e scenari globali (Laura Ciglioni)
173

Sociologia
Indice dellannata 2010
n. 1/2010 Il paradiso abitato da diavoli
Riflessioni sul male
Parte seconda Percorsi
ANDREA BIXIO, Eros e il male: dal dio capriccioso alla
macchina erotica
ALBERTO ABRUZZESE, DAVIDE BORRELLI, Le scienze sociali tra
demonio della comunicazione e comunicazione del
demonio
MARCELLO STRAZZERI, Walter Benjamin e la funzione della
violenza nella creazione giuridica
VINCENZO RAPONE, Lesperienza della comunione intima
tra gli esseri. Erotismo, Male, Sacrificio in Georges Bataille
TITO MARCI, Lirredentismo dellOggetto. Il principio
del Male nel pensiero sociologico di Jean Baudrillard
ROBERTO VALLE, La falsificazione del male. Anticristo e katechon
nel pensiero religioso e politico russo dellet dargento
FOLCO CIMAGALLI, Sofferenza, Dio e caos. Alcune note
sulla teodicea in Weber
EMANUELE ROSSI, Theodor W. Adorno e il male insaziabile:
una lettura sociologica
ERICA ANTONINI, Le figure del male in Hannah Arendt
RAFFAELE BRACALENTI, ATTILIO BALESTRIERI, Bestemmiavano
Dio e lor parenti. Alcune riflessioni psicoanalitiche sul male
Note
MINO B.C. GARZIA, MARIAROSA RAVELLI, Sistema ed
Equilibrio (II) Equilibrio e variazioni
MARIA ANGELA POLESANA, La costruzione mediatica del colpevole
FRANCESCO TIBURSI, Per una lettura critica. Lettera sullinesistente
Recensioni
ANNA FUSCO DI RAVELLO, Il gesto sacro. Vita, salute e
morte nei gesti rituali (Emanuela Ferreri)
SANDRO LUCE, Fuori di s. Poteri e soggettivazioni in
Michel Foucault (Vincenzo Rapone)
PIERPAOLO DONATI, La societ dellumano (Luca Martignani)

n. 3/2009 Il paradiso abitato da diavoli


Riflessioni sul male
Parte prima Problemi
TITO MARCI, Introduzione
ANGELA MARIA PUNZI NICOL, Il problema del male nella
riflessione canonistica
FABRIZIO RAMACCI, Male penale versus male sociale
BRUNO ROMANO, Domandarsi che cosa sia fare il male.
Male ed ingiusto nella qualificazione giuridica delluomo
DEBORA TONELLI, Lo scandalo della violenza divina
ITALO VACCARINI, Male e modernit

5
11
17
21
31
41

98

7
17
23
45
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115
121
127
141

151
165
177

183
184
186

Sociologia

n. 2/2010 Luigi Sturzo fra esperienza


americana e la Costituente
FRANCESCO MALGERI, Introduzione
LUIGI STURZO, Le Vie della Provvidenza (The
Commonweal, New York, 21 novembre 1941)
UGO DE SIERVO, Luigi Sturzo dalla Costituente alla
Costituzione
AGOSTINO GIOVAGNOLI, Luigi Sturzo, la comunit
internazionale e il problema della pace
FRANCESCO MALGERI, Luigi Sturzo e lantifascismo
italiano negli Stati Uniti (1940-1946)
ANDREA BIXIO, Luigi Sturzo e la sociologia americana
GIOVANNA FARRELL-VINAY, Il volto mutevole dellesilio.
Luigi Sturzo da Londra a New York
LORELLA CEDRONI, Menzogna, segreto e politica in Luigi Sturzo
CONCETTA ARGIOLAS, LOpera Omnia di Luigi Sturzo
Note
GIORGIO RIDOLFI, Libert come necessit e libert come
autonomia. Riflessioni su La vita autentica di Vito Mancuso
FERNANDO DANIELLO, Diritto e pace nelle relazioni
internazionali: una prospettiva kelseniana
MARCO BERNAB, La questione dellintegrazione ebraica
nello Stato di Israele
DONATELLA SIMON, Plasticit della Forma e tragicit
della Vita: Georg Simmel e Michelangelo
In memoriam
TITO LUCREZIO RIZZO, Enrico De Nicola, un gentiluomo
daltri tempi
Recensioni
ROBERTO CIPRIANI, Nuovo Manuale di Sociologia della
Religione (Massimo Conte)
SILVIA FORNARI (a cura di), Essere o fare famiglia. La
famiglia come istituzione sociale plurale (Valentina Grassi)
ROBERTO DE ROSA (a cura di), Videopolitica e Videopotere.
Partiti, leader ed elezioni nellesperienza mediatica-visuale
(Sara Puliga)
LORELLA CEDRONI, Visioni della democrazia (Francesco Scarnati)
REMO SIZA, Povert provvisorie (Giampiero Branca)
COSTANTINO CIPOLLA (a cura di), La battaglia di Solferino
e S. Martino (Alessandro Fabbri)

MARIA CAMPOLUNGHI, Giuliani, Orestano, lesperienza


giuridica
GIORGIO REPETTO, La tecnica dei giuristi. Alessandro
Giuliani lettore di Gny
FERDINANDO TREGGIARI, Leducazione al diritto
CARLO CALVIERI, Il tema della responsabilit del Giudice
tra esercizio del potere giudiziario e ruolo
politico-costituzionale
PIERLUIGI CIOCCA, Della concorrenza: Adam Smith
e Alessandro Giuliani
SIMONA ANDRINI, Informazione e comunicazione in
Alessandro Giuliani
ADOLFO GIULIANI, Laltro Aristotele
Note
CESARE PINELLI, Il diritto per principi e la comunit
degli interpreti
FRANCESCO DURSO, Globalizzazione Principi
Poteri.
La proposta critica di Giacinto della Cananea
ENRICO CUCCODORO, Dal government alla governance.
Decalogo in occasione della Giornata europea della
solidariet
Recensioni
ANDREA LONGO, I valori costituzionali come categoria
dogmatica. Problemi e ipotesi (Francesco Rimoli)
CARLA ESPOSITO, Istituzioni Economiche internazionali
e governance globale (Pasquale L. Scandizzo)

5
7
13
21
29
35
43
59
75

85
95
101
119

129

87
97

101
113
119
125

137

145

157

167
170

Sociologia
Indice dellannata 2011

145

n. 1/2011 Fine della societ. Fine della storia

147

ANDREA BIXIO
La storicit del sociale. Premessa
ANDREA BIXIO
Storia della storicit e societ moderna
BRUNO KARSENTI
Governare la societ. Un problema genealogico
LUCA SCUCCIMARRA
Tempo di progresso, tempo di crisi: modelli di filosofia
della storia nel pensiero francese dellOttocento
GIANLUCA BONAIUTI
Il futuro del futuro. Saggio sulla semantica (in)temporale
della societ
MAURIZIO RICCIARDI
La societ senza fine. Storia, sociologia e potere della
societ contemporanea
FABRIZIO FORNARI
La costruzione narrativa della soggettivit tra sociologia
e storicismo
ROBERTO VALLE
LApocalisse della Noia: Benjamin Fondane e la domenica
della storia
Note
FRANCESCO TIBURSI
Medium te mundi posui: la filosofia vichiana come orizzonte
della sociologia storica
LIBERO FEDERICI
Genealogia della violenza e ideocrazia in Walter Benjamin
MARCELLO PIAZZA
Note introduttive ad unindagine sul potere giuridico
(e su quello costituente)

149
151
152
155

n. 3/2010 Una dottrina che rinunci alla


pretesa di dettare regole.
La riflessione di Alessandro Giuliani
ANDREA BIXIO, Premessa: Alessandro Giuliani e
lindividualismo metodologico
FRANCESCO CERRONE, Introduzione: premesse logiche ed
etiche di una comunit civica e del suo ordine giuridico
PIETRO RESCIGNO, Ricordando Alessandro Giuliani
ANDREA BIXIO, Retorica e dialettica nellopera di
Alessandro Giuliani
NICOL LIPARI, Norme di riconoscimento e teoria delle
fonti in Alessandro Giuliani
ANGELO ANTONIO CERVATI, Alessandro Giuliani e lo studio
comparativo del diritto costituzionale
MASSIMO LUCIANI, Teoria e dommatica delle fonti in
Alessandro Giuliani
ACHILLE DE NITTO, A proposito di scienza e tecnica nella
conoscenza giuridica
FRANCESCO CERRONE, Appunti intorno ad interpretazione
e principi costituzionali

79

5
7
29
33
45
49
65
67
71

99

5
7
19

27

45

67

81

105

127
141

151

Sociologia

SILVIO BERARDI
Lapostolato popolare mazziniano in Inghilterra:
la Scuola elementare italiana gratuita di Londra
VALERIO PANZA
Dal campo al testo. La terra del rimorso e i suoi inediti
MARIA LETIZIA CIMMINO
Lindividuo nel mondo, si d al mondo. I nuovi profili
dellidentit
ANNA MANZATO
Figure dellesperienza mediale
STEFANO CHESSA
Capitale sociale e partecipazione civica: lAssociazionismo
di Promozione Sociale nel distretto di Sassari
Recensioni
MARCELLO STRAZZERI, Drammaturgia del processo penale.
Strategie discorsive e pratiche di internamento (Ferdinando
Spina)
DEBORA TONELLI, Il decalogo, uno sguardo retrospettivo
(Debora Spini)
GIANPIERO GAMALERI, Le mail di Ob@ma. I nuovi linguaggi
per finanziare una campagna elettorale e vincere le elezioni
(Carlo Romano)
MARIA DE BENEDETTO, MARIO MARTELLI, NICOLETTA
RANGONE, La qualit delle regole (Barbara Neri)

Recensioni
PIER PAOLO DONATI, La matrice teologica della societ
(Salvatore Rizza)
HANS JOAS, Abbiamo bisogno della religione? (Elena Laurenti)
FABIO DANDREA, Un mondo a spirale. Riflessioni a partire
da Michel Maffesoli (Emanuele Rossi)
SERGIO PAGANO, Vita reclusa sul monte Soratte. Le monache
agostiniane di Santa Croce in SantOreste (1573-1904)
(Giulio Cipollone)

171
183

187

137
139
146
148

195

n. 3/2011 La dimensione sociale dellagape e


riflessione sociologica

203

MICHELE COLASANTO
Introduzione: lagape per la riflessivit della teoria
sociale contemporanea
GENNARO IORIO
Lagire agapico come categoria interpretativa per le scienze
sociali
PAOLO MONTESPERELLI
Agape e ricerca sociale: un difficile connubio
EMANUELA MORA
Il rischio della reciprocit e la frontiera dellagape
ELISABETTA NEVE
Riflessioni su servizio sociale e agire agapico
RAFFAELE RAUTY
Riflessioni e riferimenti indotti dalla discussione sullagape
TIZIANO VECCHIATO
Valori, spiritualit, azione professionale e agire agapico
AXEL HONNETH
Le condizioni per una sociologia dellagape
SILVIA CATALDI, ROLANDO CRISTAO
La scuola di artigianato di Santa Maria di Catamarca
in Argentina (Case study)
BERNHARD CALLEBAUT
Presenza di tratti di agire agapico nella fondazione
dellEuropa Unita?
Unindagine sociologica sulla figura di Jean Monnet
e sul suo agire nel periodo maggio-giugno 1950
ANTONIETTA DI VITO
Il movente dellamore tra dono e feticismo sociale
MARIA LICIA PAGLIONE, MAURICIO C. SERAFIM
Agire agapico come categoria sociologica significativa
per lanalisi di fenomeni economici.
Alcuni spunti a partire dallosservazione dellEconomia
di Comunione nella Libert
VERA ARAJO
Postfazione. Origine e prospettiva dellagape
Note
ANDREA BIXIO
Briciole sulleconomia del noi. Una recensione ed altro ancora

221
223

227
229

n. 2/2011 Teologia e spazio pubblico


DEBORA TONELLI
Introduzione
5
GERARD MANNION
Church in the World: Theology Goes Public
7
GIOVANNI PERNIGOTTO
Teologia e spazio pubblico in Italia
11
STEFANIE KNAUSS
La teologia nello spazio accademico pubblico tra rischi
e opportunit
21
DAVIDE ZORDAN
La pratica teologica e leconomia della rivelazione cristiana
29
DEBORA TONELLI
La Bibbia tra testo e dottrina
37
SANDRA MAZZOLINI
Chiesa e culture umane: una riflessione ecclesiologica
43
STELLA MORRA
Voci di corpi silenziosi: rileggere latto del credere
51
PAOLO COSTA
In cammino verso dove? Metamorfosi secolari della
religiosit contemporanea
59
DEBORA SPINI
La religione negli spazi pubblici delle democrazie avanzate 73
VALENTINA CHIZZOLA
Mutamenti nei paradigmi antropologici: neuroscienze
e responsabilit
81
Note
ANDREA BIXIO
La logica del liberalismo di Charles de Montalembert
91
FABRIZIO FORNARI
Esperienze di trascendenza. Metamorfosi dellesperienza
religiosa tra ermeneutica del sacro e topologia del moderno 99
PAOLO COSTA
Ragionare di Dio in unet secolare: la sfida teorica
di Charles Taylor
109
GIORGIO RIDOLFI
Neutralit e verit nei pi recenti dibattiti sulla laicit
117
ENRICO MAURO
Un giudice di Spoon River. La dimensione teologica della poesia 129

9
16
21
25
27
32
37

45

57
67

71
78

85

Sociologia
Indice dellannata 2012
n. 1/2012 Societ e cultura giuridica europea
FABRIZIO RAMACCI
Alle origini della tensione tra diritti umani e diritto positivo:
i Sette contro Tebe e Antigone
TITO MARCI
La pratica della vendetta come esperienza giuridica.
Lantropologia del diritto di Antonio Pigliaru

100

11

Sociologia

SIMONA ANDRINI
Percezione sociologica e cultura giuridica:
Tullio Ascarelli
FRANCESCO RICCOBONO
Diritto e vita sociale in Emilio Betti
ANDREA BIXIO
LImmanenza sociale del diritto in Giannini
VINCENZO RAPONE
Le systme juridique, raliste, socialiste et objectiviste est
louvre dun jour dans lhistoire: ovvero, della connessione
tra spirito positivoe storicit nellopera di Lon Duguit
Note
FRANCESCO PETRICONE
Il fondamento delle decisioni del legislatore contemporaneo
Recensioni
PIERPAOLO DONATI, Famiglia risorsa della societ
(Federica Bertocchi)

ROBERTA IANNONE
Metamorfosi del potere e potere della metamorfosi.
Note su Contro il potere di Giacomo
Marramao
Recensioni
PIERPAOLO DONATI, RICCARDO SOLCI, I beni relazionali.
Che cosa sono e quali effetti producono
(Maria Cristina Marchetti)

34
41
48

81

n. 1/2013 Individuo, legalit e consenso


tra nazismo e fascismo

93

FRANCESCO RICCOBONO
Introduzione. Limpossibile dissenso
CHRISTOPH U. SCHMINCK-GUSTAVUS
Un assassinio marziale. Il processo del 9 aprile 1945 contro
Dietrich Bonhoeffer e altri a Flossenbrg e lassoluzione dei
magistrati-assassini nel dopoguerra
MARINA LALATTA COSTERBOSA
Diritto, consenso e societ nella Germania nazista
RONALD CAR
Rivoluzione nazionale e Stato di diritto nel pensiero
di Otto Koellreutter
DARIO ALTOBELLI
Scienza, scienziati e utopia nel Terzo Reich.
Una breve introduzione a un problema storico-sociologico
ENRICO FERRI
Lindividuo assoluto di Julius Evola e la critica del diritto
naturale
Note
GIUSEPPE DI GASPARE
Suum unicuique tribuere: la giustizia politica tra etica
e diritto
DONATELLA PACELLI
Il totalitarismo come crisi per eccesso
ITALO VACCARINI
Razionalismo, antirazionalismo, esistenzialismo virtuale
nella sociologia di Vilfredo Pareto
Recensioni
JEAN CARBONNIER, Sociologia giuridica (Vincenzo Rapone)
VINCENZO CESAREO, ITALO VACCARINI, Lera del narcisismo
(Tito Marci)
ANTONUCCI M. C., Rappresentanza degli interessi oggi.
Il lobbying nelle istituzioni politiche europee e italiane
(Elena Laurenti)

5
10

25

31

45

58

66

78

91

n. 3/2012 Per una lettura sociologica del discorso giuridico: reciprocit, statualit, socialit
TITO MARCI
Accoglienza e inclusione: il diritto ospitale nelle societ
multietniche
ANDREA BIXIO
La statualit come momento di una teoria giuridica
della societ
MARCELLO STRAZZERI
Per una figurazione discorsiva del campo giuridico
DAVIDE DE SANCTIS
Sociologia e scienza della vita in Auguste Comte
Note
CARLO MONGARDINI
Rileggendo Filippo Burzio

91

Sociologia
Indice dellannata 2013

65

n. 2/2012 Societ e cultura sociologica


europea
HANS-GEORG SOEFFNER
Die Kritik der soziologischen Vernunft
GILBERT LAROCHELLE, FRANOISE COURVILLE
La relation de soin entre performance et humanisation
FEDELE CUCULO
Attualit e risonanze della sociologia giuridica di Jean
Carbonnier: un percorso introduttivo
LUCA COBBE
Il popolo alla prova della sociologia.
Durkheim e il collettivo come entit psichica
FABIO DE NARDIS, LORIS CARUSO
Politica del conflitto e crisi democratica nella sociologia
critica di Antonio Gramsci
GIAMPIERO BRANCA
Politiche sociali e servizio sociale. Un confronto attraverso
il pensiero di Achille Ardig
Note
BRIGIDA BLASI, SANDRA ROMAGNOSI
Social dynamics in scientific practices: focus on research
groups
BARBARA SENA
Dalla sociologia relazionale alla economia delle
relazioni
Recensioni
VITTORIO STRADA
Lenin, Stalin, Putin. Studi su comunismo e postcomunismo
(Roberto Valle)

71

7
19

29

43

51

65
73

81
95
97

99

n. 2/2013 Dallindividualismo
al comunismo. Le nuove tendenze
del terzo millennio

ARIANNA MONTANARI
Neo-liberismo e neo-comunitarismo
TITO MARCI
Verso una concezione costituente della cittadinanza
FLAMINIA SACC
La crisi dei partiti e le trasformazioni della politica
ANTONIO PUTINI
Al di l di Internet: fra recupero e dissoluzione della
democrazia

29
40
45

67

101

5
14
31

42

Sociologia

ALESSANDRO GUERRA
Il dilemma della partecipazione. Donne e politica
nel Triennio repubblicano
MARIA CRISTINA MARCHETTI
Spazi pubblici e nuove forme di cittadinanza
MASSIMILIANO RUZZEDDU
I beni comuni: rappresentazioni collettive fra comunit
e societ
VALENTINA GRASSI
Oltre lindividualismo. Presente e futuro tra beni comuni,
cooperazione e sostenibilit
FRANCESCO ZITO
Le teorie della decrescita e le nuove forme di comunitarismo
Note
GEMMA MAROTTA
Some thoughts about the future of criminology

Proposte alternative Executive Summary


di Mario Baldassarri
55

Previsioni, analisi, proposte di


Mario Baldassarri, Alessandro Barbera, Alberto Bisin,
Luigi Casero, Pierluigi Ciocca, Matteo Colaninno,
Bruno Costi, Giuseppe De Rita, Stefano Folli, Eugenio Gaiotti,
Piero Giarda, Richard Heuz, Carmen Lasorella,
Stefano Manzocchi, Roberto Mazzotta, Maurizio Meloni,
Alessandra Migliaccio, Mario Monti, Dino Pesole,
Tobias Piller, Alberto Quadrio Curzio, Sergio Rizzo,
Luca Rizzuto

60

71

81
90

Gli economisti: analisi e proposte


Gli economisti: le analisi della spesa pubblica
Analisi istituzionali
Economia e mutamenti sociali e politici
Dicono di noi in Europa
Proposte della politica

103

n. 3/2013 Il mistero delleconomia italiana


7 Rapporto sulleconomia italiana
Workshop Analisi e prospettive 2014-2018
Istituto Luigi Sturzo - Centro Studi
Economia Reale
ANDREA BIXIO
Premessa sul mistero della crisi economica e sociale
italiana
ROBERTO MAZZOTTA
Introduzione
MARIO BALDASSARRI
Premessa
Executive Summary
PARTE PRIMA
Tre premesse:
Due crisi (Europa ed Italia) ed un mistero
1. Crisi Mondiale? No, crisi europea
2. Dentro la crisi europea, c la crisi italiana
3. Dentro la crisi italiana c il mistero della finanza
pubblica
PARTE SECONDA
Il mistero della finanza pubblica italiana:
+ Tasse Spesa = 3 debito pubblico del mondo?
1. Sessantanni di finanza pubblica italiana: venti anni
di saggezza, venti anni di dissennatezza, venti anni
di mistero
2. Dati tendenziali e numeri veri: dov il mistero?
3. La verit sui conti pubblici dal 2001 al 2012: chi e di
quanto ha aumentato tasse e spesa pubblica negli
ultimi undici anni
4. I numeri del DEF del 10 aprile 2013: i conti pubblici
tendenziali 2013-2017
5. Non di soli saldi finanziari vive leconomia e la finanza
pubblica
6. Ed allora, basta Tolomeo, viva Copernico
PARTE TERZA
Le previsioni per leconomia italiana 2014-2018
1. Il coraggio delle scelte: occorre passare tra Scilla e
Cariddi
2. Previsione tendenziale e proposta di politica
economica

45

Note
GIUSEPPE DI GASPARE
Anamorfosi dello spread
(Globalizzazione finanziaria, guerre valutarie e tassi
di interesse dei debiti sovrani)
LUCIO DALESSANDRO
Sociologia: verso dove?

53
59
67
72
76
81

91
101

Sociologia
Indice dellannata 2014

7
9
10

n. 1/2014 Menzogna tra verit e giustizia


MARINA LALATTA COSTERBOSA
Menzogna, tra verit e giustizia. Per una presentazione
4
ANDREA TAGLIAPIETRA
La menzogna come critica dellidea di verit.
Le filosofie di Stirner e Nietzsche
6
PAOLA PERSANO
Politica della verit e verit della politica.
Breve itinerario nella Francia del XVIII secolo
23
MARINA LALATTA COSTERBOSA
Riflessioni sul mentire. A partire da una rilettura della vecchia
polemica tra Kant e Constant
30
NICOLA RIVA
La libert di mentire e il diritto alla verit
44
LORELLA CEDRONI
Menzogna e politica nellet contemporanea
48
Note
CELSO FERNANDES CAMPILONGO
Labuso del diritto come strumento di autocorrezione
e di evoluzione del sistema giuridico (traduzione di Alberto
Febbrajo)
62
GIOVANNI ZICCARDI
Il rapporto tra politica, raccolta del consenso online e nuove tecnologie: alcune considerazioni informatico-giuridiche
66
DEBORA VIVIANI
Struttura e forma sociale: un legame estetico
76
FRANCESCA IERACITANO, CAMILLA RUMI
La rappresentazione mediale dellemergenza: il caso
degli sbarchi a Lampedusa
85
Recensioni
ROBERTO ESPOSITO, Due. La macchina teologico-politica
e il posto del pensiero (Sergio Marotta)
94

15
15
15
16

19

19
19
25
27
28
28
31
33
34

PARTE QUARTA
Effetti della Legge di Stabilit. Tendenze di lungo periodo

102

Sociologia

n. 2/2014 Narcisismo e societ


contemporanea
Il problema
FRANCESCO BOTTURI, PAOLO GOMARASCA
Gioco di specchi. Narcisismo e sfida educativa

ANNAMARIA CRESPI
Per uninterpretazione del narcisismo
VITTORIO CIGOLI, FEDERICA FACCHIN
Narcisismo: dagli intrecci narrativi alla clinica del legame
di coppia
Note
PAOLO IACULLI
Per una storia della sociologia delle emozioni

FABRIZIO FORNARI
Introduzione.
Naufragio con spettatore. Alcune considerazioni preliminari
sul narcisismo

13

VINCENZO CESAREO
Il contributo della sociologia allo studio del narcisismo

19

MAURO FORNARO
Narcisismo e societ. Per unintegrazione interdisciplinare

25

ITALO VACCARINI
Dallera dellumanesimo moderno allera del narcisismo

33

FAUSTO COLOMBO
La parabola narcisistica nei media

41

SERGIO BELARDINELLI
La cultura del narcisismo

45

GIANLUCA SENATORE
Sostenibilit e conflitti ambientali in Russia tra
il 1918 e 1973

103

49

55

65

71

FRANCESCO TIBURSI
Per una critica esistenziale dell'economia
Recensioni
R. IANNONE
Umano, ancora umano. Per unanalisi dellopera Sulluomo
di Werner Sombart (Emanuele Rossi)

91

ALBERTO BURGIO
Rousseau e gli altri. Teoria e critica della democrazia tra
Sette e Novecento (Marina Lalatta Costerbosa)

94

83

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Comitato Scientifico
Gabriele De Rosa (), Sabino Acquaviva, Gloria Pirzio Ammassari, Simona Andrini,
Dario Antiseri, Filippo Barbano, Corrado Barberis, Vincenzo Cappelletti, Vincenzo
Cesareo, Massimo Corsale, Michele Colasanto, Franco Crespi, Mario DAddio,
Giuseppe dalla Torre, Achille de Nitto, Egeria Di Nallo, Pierpalo Donati, Marisa
Ferrari, Fabrizio Fornari, Roger Friedland, Luigi Frud, Salvador Giner, Agostino
Giovagnoli, Eugenio Guccione, Robert Hettlaghe, Alberto Izzo, Francesco Leonardi,
Francesco Malgeri, Tito Marci, Michel Miaille, Carlo Mongardini, Hans Peter Mller,
Lorenzo Ornaghi, Luciano Pellicani, Angela Maria Punzi Nicol, Karl Siegbert
Rehberg, Andrea Riccardi, Francesco Riccobono, Angelo Sindoni, Luigi Spaventa,
Francesco Traniello, Claudio Vasale, Stefano Zamagni, Johann Weiss.

Fin dal 1956, anno di fondazione, Sociologia ha svolto unimportante


funzione fra i periodici specializzati nellambito degli studi storicosociali, conformandosi alle indicazioni e ai desideri di Luigi Sturzo,
che la propose come luogo ideale di confronto fra indirizzi e metodologie
diversamente orientate. La rivista fin dalle origini si caratterizzata
per la rigorosa impostazione multidisciplinare che ha costituito e
costituisce il criterio per selezionare e accogliere i contributi proposti
dagli autori; questa scelta ha consentito fra laltro alla Direzione di
acquisire, nel corso degli anni, collaborazioni di alto profilo scientifico
e di dare a giovani studiosi e ricercatori, nel campo della sociologia
come in quello delle scienze storiche, lopportunit di farsi conoscere
al di fuori delle sedi universitarie di provenienza. Un fascicolo del
periodico presenta in sostanza un panorama ampio e variegato,
attraverso significative espressioni della sociologia italiana ed europea,
saggi e contributi di argomento storico e, infine, interessanti Note
Critiche e Recensioni, che segnalano ai lettori pi attenti le opere di
particolare rilevanza scientifica nel campo delle scienze umane.

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