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PREMESSA

La mafia un fenomeno che si sviluppato in diverse zone del mondo, nelle aree di
debole controllo dello Stato, a causa di proibizionismo o disolamento geografico, etnico o
sociale.
In Italia esistono diversi tipi di mafia a seconda della zona: la Camorra a Napoli, la
Ndrangheta in Calabria, la Cosa Nostra in Sicilia e la Sacra Corona Unita in Puglia. Tra le
organizzazioni criminali attualmente operanti in Italia, la mafia siciliana quella pi potente e
ramificata.
La storia della mafia molto complessa, com anche lo sviluppo dei gruppi e delle
organizzazioni mafiose. Prima che la mafia diventi un fenomeno di grande importanza che
influenza il corso degli eventi nella societ italiana, tutte le persone che facevano atti illegali
potevano essere considerati mafiosi.
Al giorno doggi, la mafia significa la lotta per il potere, i suoi capi trovando metodi per
essere in controllo delle attivit economiche e
anche

politiche,

azionando

in

anonimia

ed

illegalit. Questo dovuto anche alla struttura delle


organizazzioni mafiose, ogni membro avendo un
certo posto e compiti chiari. La struttura ben
organizzata si basa anche sul rispetto per il capo e
per gli altri membri e, di solito, le persone che non
riescono a compire i doveri vengono punite.
Non solo in Italia, ma anche in altri paesi
dove

il

fenomeno

aumenta,

sono

nate

associazioni che lottano contro la mafia. Di


solito, il sistema delle organizazzioni mafiose
pi elaborato e pi forte rispetto a queste
associazioni. La polizia ha catturato numerosi
mafiosi, ma la percentuale non cambia molto il rapporto tra giustizia ed ingiustizia.

CENNI STORICI ED ETIMOLOGIA


1

Il termine mafia viene usato per indicare una particolare e specifica tipologia
di organizzazione criminale, avente tratti caratteristici e peculiari.
Riguardo l'origine del termine, un primo utilizzo venne registrato in Sicilia nel 1863,
nell'opera teatrale I mafiusi de la Vicaria, ambientata nel carcere della Vicaria di Palermo e
scritta

da Giuseppe

Rizzotto e Gaetano

Mosca.

Secondo Giuseppe

Pitr, il

termine mafioso indicava una persona, un oggetto o un ambiente "di spicco" e nell'insieme abbia
un non so che di superiore ed elevato (...) Una casetta di popolani ben messa, pulita, ordinata, e
che piaccia, una casa mafiusedda e solo dopo l'inchiesta del procuratore palermitano
obbligata a rappresentare cose cattive. Tuttavia il Pitr non ne chiarisce l'origine.
Si quindi voluto associare il termine - spesso forzatamente e senza chiari riscontri - con
un qualche vocabolo di origine araba, a causa della sua radice non facilmente accostabile a
termini di origine invece latina o greca. Tale accostamento alla lingua araba sarebbe giustificato
con la presenza in Sicilia nel corso del X secolo della componente islamica. Questo ovviamente
presupponendo un'ipotetica origine siciliana delle principali organizzazioni di questo tipo. Cos
secondo Diego Gambetta il vocabolo originario potrebbe provenire dall'arabo ( mahyas =
spavalderia, vanto aggressivo) o, come propone il Lo Monaco, ( marfud = reietto) da cui
proverrebbe il termine mafiusu, che nel XIX secolo indicava una persona arrogante, prepotente,
ma anche intrepida e fiera.
Secondo Santi Correnti invece, che rigetta le origini del termine dall'arabo, sarebbe un
termine piuttosto recente, forse derivato dal dialetto toscano, trovando un riscontro nella
parola maffia. Di simile avviso Pasquale Natella che ricorda come a Vicenza e Trento si usasse il
vocabolo maffa per indicare la superbia e la pulizia glottologica (...) va subito applicata in
Venezia ove a centinaia di persone deve essere impedito di pronunciare S. Maffa (...). La diceria
copriva, si vede, l'intera penisola e nessuno poteva salvarsi; in tutte le caserme ottocentesche
maffa equivaleva a pavoneggiarsi e copriva il colloquio quotidiano cos in Toscana come in
Calabria, dove i delinquenti portavano i capelli alla mafiosa.
In merito a ci ricordiamo quanto scritto gi nel 1853 da Vincenzo Mortillaro nel
suo Nuovo dizionario siciliano-italiano per Mafia: Voce piemontese introdotta nel resto d'Italia
ch'equivale a camorra. Tra le cause della nascita del fenomeno sono sicuramente da annoverare
il dominio dal latifondo che vessava una massa di contadini miserabili. Fra nobilt terriera e
2

contadini era presente un ceto di spregiudicati e violenti massari, campieri ("guardie armate" del
latifondo) e gabelloti (gestori dei fondi a gabella, cio in fitto) che terrorizzavano i contadini e i
proprietari con i loro sgherri, venivano a patti con i briganti, amministravano una rozza giustizia
che per non ammetteva alcuna forma di opposizione. I briganti, i ladri, i ribelli avevano un
ambiguo rapporto con i massari.
I contadini servivano i massari e vedevano talvolta in loro degli alleati possibili contro i
latifondisti che a loro volta si servivano dei massari e dei campieri, pur disprezzandoli e
temendoli, come forza contro il latente pericolo costituito da possibili rivolte delle masse
contadine. Massari e campieri si servivano dei briganti contro nobili e contadini ma sapevano
anche spazzarli via con violenza quando dovevano dimostrare a tutti gli abitanti del feudo chi
comandava effettivamente. La mafia, per giungere al dominio del territorio, controllava non solo
il mondo rurale, i trasporti, l'attivit mineraria, gli allevamenti, ma anche la delinquenza urbana, i
tribunali, le centrali di polizia, i centri del potere. I mafiosi erano nel contempo imprenditori,
organizzatori della produzione, giudici, gendarmi, esattori delle tasse, poich prelevavano quote
di ricchezza dal lavoro e dalla rendita dei ceti sociali in mezzo ai quali vivevano ed
operavano. L'unit d'Italia lasci delusi molti capi dei picciotti, messi da parte dopo la vittoria:
emersi grazie alla loro popolarit (il "rispetto") fra le masse, molti di loro si diedero alla violenza
e all'illegalit (per esempio Giuseppe Coppola di Erice; Stefano Triolo, uno dei capi
di Calatafimi; Alberto Maria Mistretta di Mazara del Vallo). La mafia, con ambiguit, riprese la
simbologia e i rituali segreti di societ iniziatiche antiche (per esempio anche dei Beati Paoli)
nonch di societ religiose, cavalleresche, massoniche.
Dopo l'unit d'Italia l'apparizione in un documento ufficiale, con significato accostato al
senso tuttora in uso di organizzazione malavitosa o malavita organizzata, stata registrata per la
prima volta proprio dopo l'unit italiana, contenuta in un rapporto del capo procuratore di
Palermo nel 1865, Filippo Antonio Gualterio.
Nell'et moderna prima e contemporanea poi, mentre nella maggior parte dell'Europa i
poteri legali e centrali si rafforzavano ed espandevano, fenomeno risaltato soprattutto dalla
nascita dei primi stati nazionali, in Italia ed in Sicilia in una situazione di legalit frammentata:
i signori feudali in concorrenza con i deboli poteri centrali; un groviglio digiurisdizioni e di
competenze; i deboli esposti allo strapotere dei signori e degli sbirri; i deboli ceti produttivi e
mercantili soggetti alle soperchierie di funzionari e baroni. La violenza, in questo contesto
3

premessa per la sicurezza, si privatizza: i signorotti del posto hanno i loro sgherri,
l'Inquisizione ha i suoi ufficiali ed agenti, le corporazioni hanno le loro compagnie d'armi, i
mercanti pagano le scorte armate per i trasferimenti di merci. Si assiste ad un continuo scontro di
poteri e di interessi, in una terra, la Sicilia, in cui il continuo succedersi di poteri e dominazioni
non ha favorito la coesione tra popoli e governanti.
Nel corso del XX secolo le aggregazioni rette dalla legge dell'omert e del silenzio
consolidarono un'immensa potenza in Sicilia e riemersero dopo la seconda guerra mondiale. La
letteratura italiana, a partire dal secondo dopoguerra, ha spesso prestato attenzione al fenomeno.
Nel 1959, quando il fenomeno era ormai diffuso e aveva gi subto l'evoluzione storica
della seconda guerra mondiale, Domenico Novacco invitava ad una lettura critica del passo di
Mortillaro, in quanto a suo dire la "boutade" del Mortillaro (...) era emessa nel solco d'un filo
autonomistico siciliano antiunitario che dava ai sabaudi il demerito d'aver introdotto nella
immacolata isola cattive tradizioni e tendenze paraispaniche.
Leonardo Sciascia scrisse "La pi completa ed essenziale definizione che si pu dare
della mafia, crediamo sia questa: la mafia un'associazione per delinquere, coi fini di illecito
arricchimento per i propri associati, che si impone come intermediazione parassitaria, e imposta
con mezzi di violenza, tra la propriet e il lavoro, tra la produzione e il consumo, tra il cittadino e
lo Stato". In un suo studio apparso nel 1972 su Storia illustrata, ricostruisce con molta attenzione
l'origine del termine mafia. Riprende anche la teoria in merito all'introduzione del vocabolo
nell'Isola ricondotta all'unificazione del "Regno d'Italia" espressa da Charles Heckethorn, ripresa
poi dall'economista e sociologo Giuseppe Palomba, il termine MAFIA non sarebbe altro che
l'acronimo delle parole: Mazzini Autorizza Furti Incendi Avvelenamenti. Fino a che punto sia
fondato questo studio, rimane per da considerare il significato antropologico non privo di valore
riguardo a un'organizzazione segreta a specchi capovolti che sarebbe nata nell'isola con finalit
pi o meno carbonare. Sempre con un acronimo il giornalista Selwyn Raab tenta di spiegare in
un romanzo storico le origini della mafia, riallacciandosi al mito dei Beati Paoli e ai precedenti
moti

antifrancesi

durante

cosiddetti Vespri

siciliani come

gi

fece

in

sede

di

interrogatorio Tommaso Buscetta, facendone derivare la frase "Morte Alla Francia Italia Anela".

II. ANALISI E CARATTERISTICHE


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La struttura tipica di una famiglia mafiosa tradizionale.

Le analisi moderne del fenomeno considerano essa, prima ancora che una organizzazione
criminale, un "sistema di potere" fondato sul consenso sociale che la "legittima" agli occhi della
popolazione e dal controllo sociale che ne consegue; ci evidenzia come la sua principale
garanzia di esistenza non stia tanto nei proventi delle attivit illegali, quanto stia sul consenso e
l'approvazione della popolazione e sulle intese e collaborazioni con funzionari pubblici ed
istituzioni dello Stato, con i politici, e soprattutto del supporto e della simpatia sociale.
Di conseguenza, il termine viene spesso usato per indicare un modo di fare o meglio di
organizzare attivit illecite. Le organizzazioni appartenenti al genere hanno una propria e tipica
struttura, e spesso adottano comportamenti basati su un modello di economia statale, ma
parallela e sotterranea. L'organizzazione mafiosa trae profitti e vantaggi da numerosi tipi di
attivit illecite, ma anche dall'insediarsi nell'economia legale con metodi illegali.
I capimafia (spesso a causa della latitanza) comunicano principalmente in modo scritto,
(ad esempio con i cosiddetti pizzini), poich non sempre sono in grado di comunicare di persona
a tutti i loro sottoposti (capifamiglia, picciotti) con determinati mezzi di comunicazione di
massa (come il telefono e la posta) poich suscettibili di intercettazioni. I mafiosi, che vengono
definiti in certi contesti persone di rispetto o uomini d'onore, svolgono anche funzione e ruolo di
giudice: ricevono le denunce al posto delle autorit, risolvono contrasti familiari ed economici,
chiedono ed ottengono voti per un dato candidato che, una volta eletto, ricambier l'appoggio
concedendo favori alla cosca infettando l'amministrazione pubblica e il sistema della giustizia.
La mafia non si presenta quindi come un antistato, ma come uno "stato" parallelo allo stato di

diritto, che concede servizi, esige e gestisce le tasse (pizzo, usura ecc.), e amministra il suo
territorio.
Il mercato elettorale allarga le reti di complicit e il governo, per cecit e interessi
contingenti, pensa di sfruttare questa complessa e negativa realt a proprio vantaggio. I
mafiosi fondano il loro potere soprattutto sul consenso sociale delle popolazioni, sul sostegno
(estorto o volontario) di operatori economici (ad esemepio si consideri il mondo
dell'impirenditoria), e sul substrato culturale, ancora familistica e feudale, generalmente piuttosto
arretrata dal punto di vista socio-culturale. Un esempio dell'utilizzo del termine "mafioso"
potrebbe essere utilizzato, ad esempio, per identificare un sindaco che concede appalti solo a
personaggi a lui vicini, oppure ad un professore universitario che intercede per far
conseguire borse di studio a persone a lui legate (ancorch non valide e meritevoli), o la nomina
da parte di un governo di dirigenti di alte livello, anche eventualmente capaci, ma "politicamente
vicini" alla maggioranza di cui il governo stesso espressione.

III. LA MAFIA NEL MONDO


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3.1. Italia
3.1.1. Organizzazioni presenti
In Italia si comincia a parlare del fenomeno, seppure con un diverso nome, negli atti
giudiziari solo nel 1838, quando il procuratore
generale di Trapani, Pietro Cal Ulloa, parla di "unioni
e fratellanze, specie di sette" dando un primo quadro
agghiacciante delle complicit e delle compiacenze
che consentono alla malapianta di crescere:

Non vi impiegato in Sicilia che non si sia prostrato al cenno di un prepotente o che non abbia pensato a
Il fenomeno mafioso ha assunto diversi
caratteri e ha acquistato forme diverse, con strutture e
codici seppur simili diversi da regione a regione e
talvolta da provincia a provincia. Accade anche che la
distribuzione - e relativo controllo - territoriale appaia
complesso e in continua evoluzione e talvolta anche
singoli quartieri della medesima citt conoscano
diverse tipologie organizzative, a seconda della

D
iffusione dell'estorsione mafiosa nelle
province italiane nell'anno 2008, secondo
un sondaggio di Confesercenti.

famiglia che ne detiene il controllo. Complice di questo spezzettamento l'organizzazione


a clan delle principali mafie e dei gruppi mafiosi. I clan spesso sono famiglie allargate e questo fa
s che le attivit dell'organizzazione rispecchino gli interessi di un determinato gruppo, detto
appunto famiglia.
Le organizzazioni principali sono nate e si sono sviluppate dapprima nel meridione, dove
la diffusione dei gruppi di stampo mafioso capillare. Successivamente la mafia si diffusa su
tutto il territorio nazionale, si pensi ad esempio alla banda della Magliana ed alla Mala del
Brenta.
Alcune di queste organizzazioni sono storicamente nate e sviluppatesi nei tradizionali
territori dell'Italia meridionale, e quasi tutti i fenomeni documentati non vanno oltre il XIX
secolo. Una singolare prospettiva quella offerta dalla Camorra, unica vera eccezione, fenomeno
malavitoso diffuso in Campania, ma che secondo alcuni autori avrebbe un'origine da ricercarsi
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altrove. Difatti l'uso del termine camorra sarebbe attestato gi nel XVII secolo, mentre la
derivazione

etimologica da gamurra ribasserebbe

ulteriormente la

sua esistenza

fino

al Medioevo. Secondo Vincenzo Mortillaro si pu comunque supporre che camorra fosse gi


sinonimo del termine mafia nella prima met del XIX secolo e che tale fenomeno dovette essersi
esteso anche in Sicilia.
Le storiche organizzazioni di stampo mafioso, oltre la Camorra, sono la siciliana Cosa
nostra,

la calabrese 'Ndrangheta (entrambe per sono note solo a partire dalla seconda met

del XIX secolo). Da queste due si suppone siano sorte ulteriori organizzazioni di stampo
mafioso, quali la Stidda nella Sicilia centro-meridionale (nelle provincie di Agrigento,
Caltanissetta, Enna e Ragusa)

la Sacra

Corona

Unita in Puglia (creata

da Giuseppe

Rogoli, Mario Papalia e Vincenzo Stranieri nel 1981).


Alle principali organizzazioni si sono accostate negli anni e si accostano ancora diverse
organizzazioni assimilabili per certi versi al termine mafia, seppur in modo del tutto marginale.
Quasi tutte queste organizzazioni sorgono a partire dal secondo dopoguerra, ma conoscono in
particolar modo il loro apice intorno agli anni 1970.
Il clan dei marsigliesi, originario della Corsica e attivo
tra Francia e Italia, ad esempio, ag soprattutto tra il
15 aprile 1964 e il 1976. La cosiddetta Banda della
Magliana operante nel Lazio ha avuto stretti legami
con la mafia tradizionale e non di rado viene
considerata una organizzazione di stampo mafioso
operante in detta regione.
In Lombardia diverse bande criminali si sono colluse con organizzazioni mafiose o ne
hanno assunto l'aspetto. La maggiore di queste bande fu negli anni 1970 quella di Francis
Turatello a Milano, mentre ambigua la posizione della Banda della Comasina, operante
anch'essa a Milano, guidata da Renato Vallanzasca. Su un modello simile a quello della mala
romana e milanese ha agito la cosiddetta Mala del Brenta in Veneto, dove a cavallo tra gli anni
ottanta e novanta i membri della banda di Felice Maniero favorirono la collaborazione tra le
mafie meridionali e la piccola criminalit locale, in particolare garantendo il traffico di droga e
armi. La presenza di clan malavitosi nelle regioni del nord Italia, in particolare in Lombardia,

stata definita la quinta mafia, capace di sviluppare peculiarit proprie e sorta come filiazione
dalla 'Ndrangheta, ma fusa col territorio.
Sempre negli anni del dopoguerra in Sardegna operava l'Anonima sequestri, tuttavia tale
organizzazione, sebbene di stampo criminale e basata su un codice d'onore come gli altri gruppi
di stampo mafioso, a differenza delle precedenti non prevede la collusione con gli organi di
governo, caratteristica tipica invece di tutte le altre organizzazioni del genere, costituendo di fatto
una vera e propria "anomalia" nel panorama della malavita italiana. Nel corso degli anni sono
stati varati diversi provvedimenti legislativi in tema di organizzazioni criminali di tipo mafioso,
che vanno dal divieto di partecipare ad appalti pubblici senza la "certificazione antimafia" alla
pi difficile concedibilit di misure alternative alla detenzione, ma il pi famoso sicuramente il
regime di carcere duro per i condannati ritenuti essere persone di spicco nell'organizzazione di
tipo mafioso, il cosiddetto 41 bis.

3.1.2. Il fatturato delle organizzazioni mafiose

Stimare i ricavi della criminalit mafiosa difficile e si scontra con limiti metodologici
che nascono dalla mancanza di dati istituzionali. Eppure alcune analisi sono state pubblicate. Sos
impresa nel suo XIII rapporto annuale attribuisce alla mafia un giro di affari di 138 miliardi e un
utile di 105 miliardi all'anno. Questo studio pecca per di scarsa trasparenza. Guerino Ardizzi,
Carmelo Petraglia, Massimiliano Piacenza e Gilberto Turati (della Banca d'Italia) hanno invece
lavorato adottando metodi econometrici rigorosi e i risultati a cui sono giunti attribuiscono
alleconomia criminale un valore pari al 10,9 per cento del Pil. Questo lavoro e altri simili hanno
costituito la documentazione di base per laudizione presso la Commissione parlamentare
antimafia del vice direttore della Banca dItalia e la testimonianza ha indotto la Commissione
nella sua relazione del 2012 a reiterare la cifra fatidica di 150 miliardi di euro come fatturato
delle mafie.
I risultati di una recentissima ricerca (Progetto PON Sicurezza 2007-2013 Gli
investimenti delle mafie, ministero dell'Interno, Universit Cattolica del Sacro Cuore,
Transcrime), attraverso una stima condotta utilizzando dati aperti o tratti da documenti
investigativi ufficiali di carattere nazionale e internazionale, sui ricavi a disposizione delle
organizzazioni criminali mafiose, hanno per portato a un drastico ridimensionamento delle cifre
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prima citate. Infatti, i ricavi ammonterebbero in media all1,7 per cento del Pil. In particolare,
nella ricerca vengono individuati ricavi che variano da un minimo di 18 miliardi a un massimo di
34 miliardi. In sostanza, considerato che il Pil nel 2012 stato stimato dallIstat in 1.395.236
milioni di euro (calcolato a prezzi concatenati), la media dei ricavi per il 2012 ammonterebbe a
23,7 miliardi di euro.

3.1.3. Rapporti con la politica

Molti politici sono stati indagati per concorso esterno in associazione mafiosa, tra
cui Renato Schifani, Marcello Dell'Utri, Salvatore Cuffaro, condannato in via definitiva a 7 anni
di reclusione. Anche Giulio Andreotti fu processato per supposti rapporti con la mafia, ma alla
fine risulter innocente e nel 2004, con la sentenza della Cassazione, verr definitivamente
scagionato da ogni accusa. Luciano Violante ha affermato che il colonnello Mario Mori gli aveva
detto che Vito Ciancimino voleva incontrarlo. Molti comuni sono stati sciolti per infiltrazione
mafiosa.

3.1.4. Il contrasto

A partire dagli anni cinquanta del XX secolo, al fine di contrastare pi efficacemente il


fenomeno, si cominciarono a varare alcuni provvedimenti legislativi in tema, come ad esempio
l'introduzione del reato di associazione di tipo mafioso, la creazione di alcuni organismi ad-hoc
quali l'alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza
mafiosa, la direzione investigativa antimafia, la direzione nazionale antimafia ed anche
l'introduzione di un regime carcerario speciale, il cosiddetto 41 bis. Molte delle disposizioni in
materia sono state poi raccolte nel d.lgs. 6 settembre 2011 n. 59 (Codice delle leggi antimafia e
delle misure di precenzione nonch disposizioni in materia di documentazione antimafia).
Importante anche il contributo che hanno dato alcuni soggetti, soprattutto a partire
dagli anni settanta come Leonardo Vitale, definito spesso come il primo pentito di cosa nostra, e
diversi intellettuali come Giuseppe Impastato ma soprattutto la nascita e lo sviluppo di
diversi movimenti antimafia, al fine contrastare il fenomeno e di sensibilizzare l'opinione

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pubblica, sia a livello locale (Addiopizzo) che nazionale (Libera. Associazioni, nomi e numeri
contro le mafie).

3.1.4.1. Associazioni

Alcune delle associazioni che operano contro le mafie in Italia, sono:

Addiopizzo

Ammazzateci tutti

Libera.

Associazioni,

nomi

numeri contro le mafie

Mafioso di eccellenza

3.1.4.2. Istituzioni atte alla repressione del fenomeno

Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e


confiscati alla criminalit organizzata

Alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa

Commissione parlamentare antimafia

Direzione distrettuale antimafia

Direzione investigativa antimafia (DIA)

Direzione nazionale antimafia

Procuratore Nazionale Antimafia

3.1.4.3. Vittime della mafia

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Emanuele Notarbartolo

Joe Petrosino

Giuseppe Russo

Cesare Terranova

Emanuele Basile

Gaetano Costa

Pio La Torre

Rosario Di Salvo

Giuseppe Insalaco

Giuseppe Fava

Beppe Montana

Antonino Cassar

Rosario Livatino

Libero Grassi

Piersanti Mattarella

3.1.5.

Personalit

Francesco Campanella

Francesco Schiavone

Luciano Liggio

Matteo Marzari

Michele Sindona

Pasquale Galasso

Raffaele Cutolo

mafiose italiane

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3.2. Stati Uniti d'America

Charles Luciano

Frank Costello

Joe Gallo

Joe Valachi

John Gambino

Vito Genovese

Al Capone

3.3. Organizzazioni mafiose nel resto del mondo

Organizatsya (genericamente mafia russa) - Russia (presente in Europa - Stati Uniti


d'America)

Mafia bulgara - Bulgaria

Mafia cecena - Cecenia

Mafia estone di etnia russa - Estonia

Mafia serba - Serbia

Mafia corsa - Francia

Mafia albanese - Albania

Cosa nostra americana - Stati Uniti (il Nord America, Italia , Australia , Sud America.)

Cartelli colombiani (Cartello di Medelln, Cartello di Cali, Cartello di Norte del Valle)
- Colombia (presente nel Nord America , Sud America , Europa)

Cartelli messicani - Messico (presente nel Nord America , centro America , Europa)

Yakuza - Giappone (presente negli Stati Uniti)

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Triadi - Cina (presente in Europa , Nord America , in tutto il continente Asiatico ,


Oceania.

Mafia turca - Turchia

Mafia nigeriana - Nigeria

Mafia israeliana Israele

CONCLUSIONI
La mafia una forma di criminalit organizzata che attiva in molteplici campi illegali.
Una delle organizzazioni mafiose pi famose attualmente nota come cosa nostra, espressione
che si riferisce alla mafia siciliana.
La mafia unorganizzazione criminale molto particolare: non si limita infatti a compiere
atti illegali, ma punta alla gestione del potere e al controllo del territorio e della societ, contando
su legami di sangue (infatti si parla di famiglie mafiose anche perch molti mafiosi sono
imparentati tra loro). Per questo molto difficile combatterla, perch dietro la mafia c una
mentalit che cambia e peggiora la societ. In molte zone dove la mafia ha potere, ci sono
complicit di tanti cittadini che, pur non compiendo niente di illegale, nei fatti difendono o
approvano con i comportamenti le azioni criminali della mafia (omert = il silenzio di chi non
denuncia i criminali). La lotta alla mafia fatta perci di azioni di polizia, ma anche di
educazione dei giovani, a cui bisogna offrire modelli e valori diversi da quelli offerti dai mafiosi,

lavoro per le zone pi povere, in modo che nessuno debba pi rivolgersi al mafioso del luogo per
lavorare, e presenza dello Stato.
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La mafia non si esprime, non si racconta in prima persona, esiste nella forza del suo
mistero.

BIBLIOGRAFIA

Diego Gambetta, The Sicilian Mafia: the business of private protection, Harvard
University Press, 1996

Claudio Lo Monaco, A proposito della etimologia di mafia e mafioso, in LN, Livorno


1990

Domenico Novacco, Considerazioni sulla fortuna del termine "mafia", in "Belfagor",


1959, n. 14.

Charles W. Heckethorn, Secret Societies of All Ages and Countries, London, G. Redway,
1897

Giuseppe Palomba, Sociologia dello sviluppo - L'unificazione del Regno d'Italia,


Giannini, Napoli, 1962

Pasquale Natella, La parola "Mafia", Firenze, Leo S. Olschki Ed., 2002 (Biblioteca
dell'"Archivum Romanicum", Ser. 2, Linguistica, 53).

Selwyn Raab, Five Families: The Rise, Decline, and Resurgence of America's Most
Powerful Mafia Empires, New York, St.Martin Press, 2005, 2009 traduzione dall'inglese
Maria Grazia Bianchi Oddera "Le famiglie di Cosa Nostra", Newton Compton editori s.r.l
Roma.

Leonardo Sciascia, La storia della mafia, Barion Milano 2013, ISBN 978-88-6759-0018 contenente l'articolo apparso nel 1972 sulla rivista Storia Illustrata
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