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Universit degli Studi di Siena

Facolt di Lettere e Filosofia


Corso di studi in Discipline Etno-Antropologiche

Improvvisazione in danza come spazio liminale

Candidato: Margherita Landi

Relatore: Prof. Massimo Squillacciotti

Anno accademico 2010/2011


1

INDICE
Introduzione

Le prospettive in gioco sul campo

1. Il workshop
2. Le performance

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Improvvisazione e danza

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1. La storia dellimprovvisazione come pratica performativa


Anni 60 e 70
Anni 80 fino a oggi
2. Limprovvisazione come competenza
Affordance
Il tempo dellimprovvisazione
Limite
Ascolto
Accettare
Errore

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Rapporto pubblico-performer

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1. Neuroni specchio
2. Gli specchi di Turner
Liminalit, liminale e liminoide
Il flusso
3. La danza come forma di comunicazione non-verbale
4. Conclusioni sullimprovvisazione

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Larte di scegliere

55

1. La libert nella societ postmoderna


2. Il problema della scelta
3. Limprovvisazione come arte di scegliere
4. Il circolo virtuoso dellimprovvisazione

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Considerazioni conclusive

65

Appendice

73

Bibliografia

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INTRODUZIONE

La mia personale esperienza come danzatrice stata segnata


dallincontro vivificante con limprovvisazione, pratica che si
rivelata centrale nel processo di rielaborazione della varie tecniche
classiche e contemporanee che mi sono trovata a studiare e ad
approfondire nel mio percorso di studi nel campo della danza. Mi
sono rispecchiata, in questo senso, in unosservazione di Virgilio Sieni
di un utilizzo del corpo improntato al bricolage, termine ripreso dal
bricoleur di Levi-Strauss, inteso come uno sbriciolamento1 delle
funzioni per riattivarle in maniera diversa, che in danza si configura
accumulando e stratificando tecniche volte a costruire un corpo
consapevole, ad esempio: reimparare a camminare, attraversare lo
spazio in maniera diversa, disattivare e riattivare unazione quotidiana
e quindi ridarle nuova vita.
Sono rimasta sorpresa dal forte impatto che ha avuto su di me il primo
spettacolo di improvvisazione che ho visto, ormai circa sei anni fa,
evento che mi colp al punto da iniziare a volgere i miei studi dal
classico al contemporaneo, tenendo sempre unattenzione di riguardo
per il campo dellimprovvisazione. Lo stesso entusiasmo lho visto nel
pubblico che mi sedeva accanto in tale sede, e negli occhi di spettatori
che hanno assistito a successive performance che mi vedevano sia in
scena sia parte del pubblico.

Sieni, V., Natali, C., Intrecci di corpi e di sguardi: lantropologia e la danza


www.dialoghisulluomo.it/natali-sieni/intrecci-di-corpi-disguardi-1%E2%80%99antropologia-e-la-danza.

Lo studio dellantropologia mi ha dato lo stimolo per rispondere alle


domande che come performer nascono spontanee: io sono
consapevole di quel che produco improvvisando, ma il pubblico cosa
vede? Quanto sono consapevoli gli spettatori di quello che stanno
osservando? Ma soprattutto, importante che siano realmente
consapevoli oppure la magia della performance li investe comunque?
Lantropologia infatti, come Cristiana Natali ha fatto notare nella sua
conferenza in Dialoghi sulluomo, ha la capacit di rendere strano ci
che familiare e familiare ci che strano2 . Come avvenuto nel
caso del provocatorio articolo di Joann Kealiinohomok, dal titolo An
Anthropologist Looks at Ballet as a Form of Ethnic Dance3 , il
balletto classico apparso notevolmente diverso agli occhi dei fruitori
se guardato da tale punto di vista. In questo senso mi sono chiesta: in
una societ postmoderna in cui larte si focalizza sul processo che
conduce al prodotto artistico, pi che sul prodotto stesso, cosa in
grado di scorgere laudience di tale processo? Il performer
consapevole dei valori culturali trasmessi dal suo modo di muoversi?
La risposta data dalla mia personale esperienza come danzatrice mi ha
tante volte stupito, infatti il pubblico un attento osservatore, e
limprovvisazione forse uno dei settori della danza in cui il processo
mostrato e messo a nudo, e che permette al pubblico unesperienza
partecipativa sia attiva che passiva
Da una prospettiva antropologica ho cercato di produrre materiale che
mi potesse permettere di distaccarmi dalla posizione di spettatrice o
danzatrice, per poter osservare con attenzione quale fosse il legame tra
queste due visuali. Ho inoltre approfondito la tematica della liminalit
2

Natali, C., www.dialoghisulluomo.it/natali-sieni/intrecci-di-corpi-disguardi-1%E2%80%99antropologia-e-la-danza.


3

Kealiinohomok, J., http://acceleratedmotion.wesleyan.edu/primary_sources/texts/


ecologiesofbeauty/anthro_ballet.pdf

di Turner, concetto che ho trovato illuminante nel chiarire il gioco di


specchi e riflessi che si trova alla base dei processi performativi in
ambito teatrale e non.
I capitoli che seguono sono strutturati partendo dal capitolo primo, in
cui espongo lesperimento che ho svolto, che si composto di un
workshop e diverse performance nel centro storico fiorentino, nel
quale ho cercato di indagare la prospettiva del pubblico e dei
performers coinvolti, attraverso dei questionari scritti. I risultati di tali
risposte hanno focalizzato la mia attenzione sulla ricorrenza del
termine libert. Nel secondo capitolo ho esaminato la nascita e lo
sviluppo dellimprovvisazione performativa nellambito della PostModern Dance, dagli anni Sessanta fino a oggi. Ho concluso il
capitolo con una spiegazione delle competenze richieste a un
improviser procedendo per termini chiave. Il terzo capitolo stato
dedicato ai processi che risiedono nel rapporto tra gli spettatori e i
performers, appoggiandomi a studi cognitivi di vario genere, dal ruolo
dei neuroni specchio alla recente analisi neuroestetica riguardo larte e
il teatro. Ho poi approfondito la questione che lega i drammi sociali al
concetto di liminale, individuando nellimprovvisazione un fenomeno
che appartiene, nello specifico, al campo liminoide, concetto chiave
nella mia ricerca poich chiarisce il livello a cui avviene il gioco di
riflessi tra societ e attori sociali attraverso il teatro. Nel quarto
capitolo ho presentato il quadro sociale allinterno del quale, a mio
parere, si colloca limprovvisazione, focalizzando sulla scelta,
collegata allidea postmoderna di libert secondo le interpretazioni di
Bauman e Salecl .

Capitolo primo

LE PROSPETTIVE IN GIOCO SUL


CAMPO

La sfida metodologica a cui siamo chiamati di riuscire ad articolare la


consapevolezza del traffico tra corpi e ideologie, acquisita in virt di tutto
ci che avvenuto nella danza e negli studi in danza, con lanalisi
dettagliata di come essa stessa funziona
Franko M., Danza e politica, in I discorsi della danza, Utet, Torino 2007

Per potermi permettere di osservare e possibilmente di allontanarmi


un po' dalla prospettiva emica in cui mi trovo, ho condotto un piccolo
esperimento. Mi sono proposta di formare un gruppo di performers,
tra cui vi erano professionisti, semi professionisti e neofiti
dell'improvvisazione. Tutti avevano una formazione teatrale o di
danza.
Insieme alla mia collega, Silvia Bennett, abbiamo svolto un workshop
di formazione e preparazione a performance all'aperto. Ero infatti
interessata a studiare ambiti non teatrali per avere la possibilit di
avvicinarmi a un pubblico il pi possibile diversificato, che
contenesse anche persone che normalmente non seguono questo
settore della danza.
Il workshop stato condotto in forma sia pratica che teorica, ho
sentito la necessit di mettere i danzatori al corrente di parte della mia

ricerca, soprattutto per stimolare la loro consapevolezza e attenzione


al rapporto con l'audience.

1. Il workshop

Insieme alla mia collega abbiamo studiato un modo per preparare il


gruppo a improvvisare insieme. Ci siamo proposte di compiere un
percorso di 5 ore al giorno per 3 giorni, allinterno delle quali a met
giornata proponevo, per una mezzora circa, degli spunti di riflessione
teorica riguardo agli studi che stavo conducendo per la tesi, collegati
ad esercizi fisici mirati ai temi proposti.
Ho cercato di fare attenzione a non fornire informazioni che fossero
eccessivamente suggestive o che potessero influire sul risultato
dell'esperimento, mirando solo a quelle in grado di aiutare i danzatori
a focalizzare velocemente il tipo di lavoro richiesto.
Il primo giorno abbiamo lavorato da un punto di vista fisico
sullanimalit e istintivit del corpo e, da un punto di vista teorico, ho
proposto di ripercorrere gli studi di neurologia che illustrano i
meccanismi di relazione tra cervello e movimento. Nello specifico ho
trattato le mappe motorie, i neuroni specchio e lo spazio peripersonale.
Ho collegato il discorso al lavoro di Galimberti ripercorrendo la storia
del dualismo occidentale tra mente e corpo, per me propedeutico a
portare lattenzione sul sentire e sul concepire il proprio corpo come
unificato e vivo, poich sentire il proprio corpo permette di accedere a
parti profonde e istintuali di s, per contro limmaginario pu aiutare a
cambiare il movimento e la tessitura del corpo stesso. Il secondo
giorno abbiamo cercato di lavorare sullemotivit, cercando di portare
fuori la componente intuitiva e personale nellimprovvisazione. Ho
introdotto il concetto di affordance, termine non utilizzato dai

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danzatori, che ho preso in prestito da Sparti, oltre che da Squillacciotti


e Lusini per i campi della cognizione, e che, tra laltro, ci ha permesso
di dialogare in modo pi produttivo con il musicista che ci ha seguito
sia per il workshop che per le performance. Cos abbiamo da un lato
cercato di sviluppare un modo per attingere al proprio bagaglio di
esperienze e suggestioni, dallaltro di metterle in connessione con gli
altri, con la musica e con lambiente. Il terzo giorno abbiamo cercato
di ripulire dallemotivit personale per focalizzare tutto sullascolto e
sul gruppo, proponendo di percepire lo spazio in relazione con
larchitettura del corpo nostro e degli altri danzatori. Come spunti
teorici ho trattato il tema della sincronicit junghiana, come spunto per
riflettere su come lascolto porta al lasciar accadere azioni, in questo
modo avvengono eventi in sincronia, cose che sembrano talmente rare
da sfidare le leggi statistiche, si tratta di sintonizzarsi sugli stessi
stimoli e approfondirli insieme.
Devo dire che il gruppo ha risposto benissimo al lavoro proposto,
dopo essere riusciti a tirare fuori materiale personale, attingendo
dallimmaginario, dalle proprie esperienze e dagli stimoli esterni, si
sono poi sintonizzati sulla dimensione di gruppo e lascolto tra loro
era decisamente forte.

2. Le performance

Gi dal pomeriggio dellultimo giorno di workshop sono passata a una


fase di performance intensive nel centro storico di Firenze, ogni breve
spettacolo aveva una durata tra i 15 e i 20 minuti. Abbiamo svolto 15
performance in 4 giorni.
I 6 performers si sono alternati lavorando a rotazione, mai pi di tre
alla volta, componendosi in soli, duetti e trio. I luoghi erano stati

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scelti, in accordo col Quartiere 1 di Firenze, in base alle tipologie di


audience che potevano offrire: posti turistici, mercati, piazze. In
questo modo ho cercato di raccogliere giovani, anziani, casalinghe,
famiglie, studenti e turisti.
Il mio ruolo era quello di coordinare le performance, aiutando i
danzatori a gestire al meglio lo spazio, dare il tempo di durata
(attraverso dei cenni avvisavo quando iniziare a trovare una
conclusione) e soprattutto mi occupavo di osservare le reazioni del
pubblico, lo invitavo a rispondere ai questionari senza distrarre dallo
spettacolo. In alcuni casi ho condotto anche delle interviste a voce.
Il primo giorno mi sono trovata a dover rivedere la presentazione del
questionario: un foglio A4 attaccato a una cartella di cartone creava un
senso di distanza dagli spettatori, che mi hanno spesso scambiata per
una sorta di venditrice. Ci non mi permetteva di mettere a proprio
agio le persone, che difficilmente si rendevano disponibili a compilare
il modulo.
Ho quindi provato a cambiare strategia, lasciando che fosse il
pubblico a interessarsi senza che dovessi porgere i moduli. Ho quindi
messo una scatola con una fessura, una sorta di urna, e ho trasformato
il modulo in una specie di volantino informativo, con accanto in bella
vista delle penne. Il volantino, grazie a una grafica pi accattivante,
serviva in questo modo come spiegazione della performance e
invitava a rispondere alle domande. Il risultato stato decisamente pi
positivo, in questo modo non si sentivano pi obbligati a rispondere,
ma potevano scegliere se farlo senza neanche entrare in contatto
diretto con me. Il tutto aveva un aspetto pi giocoso e invitante,
portandomi a pi di 100 moduli compilati nel giro di 3 giorni.
Per poter capire meglio quanto conta sapere in precedenza la natura
dello spettacolo, ho mischiato 2 tipi di moduli: uno premetteva che

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era unimprovvisazione, laltro invece diceva solo che si trattava


genericamente di una performance di danza. In questo secondo
questionario ho aggiunto una domanda a risposta chiusa, che chiedeva
di identificare se ci a cui stavano assistendo era unimprovvisazione
o una coreografia.
I risultati dei moduli hanno attirato la mia attenzione su un dato: al di
l di un notevole consenso estetico da parte del pubblico, sembra
piuttosto rilevante la terminologia usata nella descrizione di ci che
piaciuto. Mi ha fatto riflettere in particolare la ricorrenza dei termini
dialogo, umano e libert.

Dialogo: generalmente usato in riferimento al rapporto tra la musica


e i performers o tra i performers stessi. Questo termine esprime
perfettamente la modalit di svolgimento dell'improvvisazione che
rimanda infatti a un proficuo parallelo con la comunicazione verbale,
la lingua parlata infatti un ottimo esempio di improvvisazione nel
quotidiano.

Umano: Rimanda al concetto di corpo occidentale, come sostiene


Galimberti esso ha subito un dualismo che si sviluppato in diverse
fasi partendo da Platone per arrivare fino ai giorni nostri. Nella danza
e in particolare nella danza contemporanea, impregnata di un concetto
di corpo fenomenologico, vivo e unificato, questo dualismo si
dissolve. L'umanit della danza che il pubblico ha notato la
mancanza di virtuosismo di un corpo che si fa mezzo espressivo,
l'interesse comunicare pi che stupire.

Libert: Questo termine mi ha suscitato una profonda riflessione. Il


termine stato usato infatti insieme a corpo e movimento e, in

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questo caso, rimanda quindi in qualche modo al termine umano. Ma


stato anche spesso affiancato dal termine coraggio. Ci mi ha dato
molto da pensare, infatti le nostre performance erano in strada, nel
centro storico di Firenze. In un primo momento ho dato per scontato
che si riferissero al coraggio di poter essere cos liberi da ballare per
strada. Per pensandoci bene siamo continuamente circondati da
artisti di strada e, per quanto sia effettivamente pi difficile
concentrarsi in un ambiente aperto, in realt pi stressante lavorare
in un teatro per certi versi: in strada infatti il pubblico pu scegliere se
rimanere o andarsene, in teatro c' un pubblico pagante in attesa di
vedere qualcosa all'altezza di ci che ha pagato, spesso informato e
preparato sull'argomento o sulla tipologia di spettacolo che sta per
guardare. In generale un danzatore si prepara per esibirsi per anni e
anni, quindi il coraggio dovrebbe essere un ingrediente indispensabile
per il mestiere che vuole affrontare. Perch dovremmo essere pi
coraggiosi di giocolieri, musicisti o mimi di strada?
Mi sono allora chiesta se non fosse correlato al concetto di
improvvisazione, effettivamente solo un piccolissima parte di
audience non si reso conto che era unimprovvisazione, molti invece
hanno capito perfettamente di cosa si trattava. Quindi hanno notato la
libert e il coraggio di danzare, improvvisando all'aperto.
Gli spettatori hanno dunque notato la capacit dei danzatori di
scegliere nel momento i propri movimenti e di creare una
composizione istantanea di musica e danza. Di fatto molti di coloro
che hanno pensato fosse una coreografia lhanno reputata scadente,
poich laspettativa compositiva sostanzialmente diversa. Coloro
che hanno intuito, o a cui stato detto, che si trattava di
improvvisazione, hanno trovato la performance interessante.
Sembrerebbe dunque che la parola libert usata dal pubblico sia da

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associare al processo improvvisativo inteso come scelta. Da ci


posso dedurre che quello che affascina vedere il danzatore creare dal
vivo, in diretta. In questo modo gli spettatori si sentono resi partecipi
del percorso creativo attraverso le scelte attuate nel presente dal
danzatore.

15

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Capitolo secondo
IMPROVVISAZIONE E DANZA

Il danzatore che sceglie di lavorare con limprovvisazione spesso soddisfa


un desiderio primario: esprimere liberamente la condizione del corpo.
Il danzatore che sceglie di portare in scena la propria improvvisazione
soddisfa un altro desiderio: dare voce alla propria urgenza.
C una ricchezza in questa esperienza che difficile da descrivere. Il mio
amico Jo lha spiegata cos: come vedere un film o leggere un racconto e
dopo venire a scoprire che erano basati su una storia vera. In questo senso
osservando dei danzatori improvvisare si entra in competizione con la
finzione della vita reale.

L.Nelson, Pensieri sulla performance di improvvisazione nella


danza,
in Shoptalk 3, Company Blu, 2006.

1. Storia dellimprovvisazione come pratica performativa


La definizione danza contemporanea indica una fase dellarte del
Novecento, collocabile nel secondo dopoguerra. Pontremoli sostiene
che essa ha come spartiacque Merce Cunningham negli Stati Uniti e il
Tanztheatre in Europa. Limprovvisazione come performance inizi ad
essere utilizzata intorno agli anni 60 in America, ma era gi
largamente praticata come forma di ricerca dallAusdrucktanz tedesca
e dalla Modern Dance americana. Ad essa sono attribuibili diverse

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valenze: spontaneit, espressione del s, espressione spirituale,


accessibilit, scelta, autenticit, naturalezza, presenza, rischio,
intraprendenza, sovversione politica e senso del gioco. Nonostante che
limprovvisazione contenga tutti questi aspetti, a seconda dei periodi
storici ne sono emersi alcuni piuttosto che altri.

Anni 60 e 70
Il termine Post-modern Dance stato coniato da Yvonne Rainer negli
anni 60 per indicare una nuova corrente, distinta dalla Modern
Dance, che propose un diverso modo di concepire il corpo e cambi la
figura del coreografo e del danzatore nella direzione di una struttura
democratica ed egualitaria anzich gerarchica; nelle compagnie
classiche e moderne, infatti, vigeva una rigida divisione dei ruoli: dal
corpo di ballo ai solisti fino al coreografo. Per questa corrente
nascente limprovvisazione viene a delinearsi come uno dei mezzi
performativi pi utilizzati. La Rainer insieme a Steve Paxton, Trisha
Brown, David Gordon, Simone Forti e Debora Hay fond il collettivo
del Judson Dance Theatre a New York, in collaborazione con lallievo
di John Cage, il compositore Robert Dunn.
La Post-modern Dance mette lenfasi sui concetti di libert,
abbondanza e comunit. Limprovvisazione era considerata un mezzo
per incorporare tali valori, non solo in danza, ma anche in altre forme
darte, fu infatti ispirata dai movimenti davanguardia contemporanei,
che misero in discussione le regole tradizionali proponendo unarte
alla portata di tutti, espressivamente libera e libera di esprimersi. La
danza in molti casi usc dai luoghi canonicamente pensati per essa, i
danzatori decisero di invadere spazi aperti, citt, gallerie darte, strade
e metropolitane.

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Il metodo improvvisativo venne approfondito e studiato dando vita a


quelle che furono chiamate coreografie indeterminate o coreografie
aperte (opposte alle coreografie tradizionali, chiuse), ma anche
situation-response composition o composizioni in situ. La danza
sperimentata in questo periodo mette in scena un corpo idealizzato
come rilassato, un modo di muoversi e di comporre basato sulla
dialettica fra totale indeterminazione e improvvisazione guidata.

Il riportare il fuoco dellattenzione compositiva sullesperienza come


embodied experience colma la distanza fra soggetto e medium artistico
e origina una danza come dialogo del danzatore col proprio corpo [...]. La
danza dunque diviene il luogo privilegiato della liberazione del corpo
dallalienazione che esso subisce in una societ regolata unicamente dalla
competizione economica: dallestetica allideologia il passo breve. 4

A differenza dei metodi basati sulla scelta casuale, sulla chance, che
pongono lelemento decisionale al di fuori dal s (come per esempio
per Cunningham e Cage), limprovvisazione sembr essere un modo
per attingere al profondo, attivando la creativit personale di ogni
singolo individuo. Iniziarono cos a diffondersi eventi e spettacoli,
rimane famoso il Concerto#14 del Judson Dance Theatre nellAprile
del 1964, che includeva oltre che un pezzo di gruppo anche i soli dei
singoli danzatori, tra i quali Some thoughts on Improvisation di
Yvonne Rainer che conteneva la lettura di un saggio che essa stessa
aveva scritto sul metodo improvvisativo. Questa prima fase della
post-modern dance una delle stagioni pi fertili e innovative della
storia della danza contemporanea.5
Sempre negli stessi anni anche un gruppo femminista si afferma, le
4 Pontremoli, A., La danza, Storia, teoria, estetica nel Novecento, Roma-Bari,
Editori Laterza, 2004 p 118
5 Ibidem p 117

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Natural History of the American Dancer, organizzato nei primi anni


70 da Barbara Dilley.
Allepoca vi furono due stimoli di eccezionale importanza per la
danza: la nascita della Contact Improvisation e il gruppo Grand
Union.
La Contact Improvisation si diffuse intorno alla fine degli anni 70,
evolvendosi dalle sperimentazioni di Steve Paxton. Egli stava
portando avanti una serie di esperimenti su duetti maschili, cercava un
modo di danzare insieme che permettesse di eliminare laspetto
aggressivo. Paxton trov cos un sistema di ricerca sul movimento
dalle forti implicazioni sociali e terapeutiche, poich basato
soprattutto sul contatto con un altro corpo e quindi su una forma di
comunicazione fisica e percettiva.
La tecnica fu immediatamente adattabile anche alle donne, diventando
un modo per indagare le dinamiche di un corpo sottoposto alle leggi
fisiche: come dare e ricevere il peso, come alzare il partner, come
seguire, cadere, dirigere, sostenere il peso di un altro corpo. Per
trovare suggestioni e soluzioni a queste necessit dinamiche furono
studiate danze popolari, sport e arti marziali, come lAikido. Egli
stesso lha cos descritta in una recente intervista:

Quello che ho elaborato era una forma di duetto che si concentrava


principalmente sui tipi di messaggi che ci giungono attraverso il tatto; per
esempio approfondire il tatto attraverso il peso, fino ad arrivare ad
immaginare di avere un senso di spazio sferico, in cui il corpo possa
avere qualsiasi relazione con la gravit. Ci significava che il mio
compito era scoprire come insegnare a cadere, in modo che le cadute non
presentassero un problema per il danzatore. Quindi ho lavorato su questo
spazio sferico e sui problemi che le persone incontrano in rapporto ai loro
sensi, quando devono apprendere nuovi movimenti. E ovvio che il
cadere crea paura nella maggior parte di noi, in special modo negli adulti,

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in quanto non unesperienza che facciamo normalmente. Allo scopo di


risolvere questo problema, ho ripreso in mano lAikido, unarte marziale
giapponese che avevo studiato in precedenza, e ne ho estratto
linsegnamento sui principi del rotolare. Quando si cade su di una
superficie, o quando semplicemente si cade, si colpisce il pavimento.
LAikido suggerisce che, in caso di caduta, si pu rotolare in modo da
mutare lenergia da una traiettoria verticale a novanta gradi rispetto al
pavimento, in qualcosa che entra nel pavimento e cambia facilmente
lenergia in un movimento parallelo al suolo. Quindi lenergia viene reindirizzata molto facilmente.
Laltro elemento la qualit dellenergia allinterno del corpo nel
momento del rotolare, simile a quella che abbiamo quando al mattino ci
svegliamo e ci stiriamo. Nel rotolare a terra il corpo ha in s proprio
quella qualit, una tranquilla e semplice qualit di leggerissima
estensione, che dirigiamo verso una certa relazione formale. Nel
momento in cui facciamo questo, ci stiamo in realt estendendo verso la
caduta. Questo impossibile da fare se si ha paura di cadere. Quindi, in
realt questa azione diviene una spirale positiva, tanto che nel momento
in cui si acquista confidenza nella forma, sembra quasi che il movimento
divenga pi morbido, e questo da pi sicurezza [...]. 6

Questa pratica si diffuse velocemente in tutto il mondo: Stati Uniti,


Canada, Europa, Giappone, Australia, Nuova Zelanda. Ovunque
sorsero comunit di Contacters. Probabilmente la grandezza della
Contact risiede proprio nella sua natura non teatrale, infatti nelle
jams che danzatori e non danzatori si incontrano per praticarla
insieme. Anche negli scenari pi perfomativi non viene mai portata su
un palcoscenico, ma in contesti meno formali, situazioni in cui il
pubblico si posiziona in cerchio, vicino ai performers.
A causa delluguaglianza tra i generi presentata nella Contact, essa
venne associata ai circuiti culturali alternativi, in questa tecnica infatti
6 Paxton S. in Shoptalk 2, Indagini sullimprovvisazione nella danza
contemporanea, Company Blu, Sesto Fiorentino, 2004.

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uomini possono alzare uomini, donne possono alzare uomini e donne


possono alzare donne, viene indistintamente sottolineata la forza
femminile come la sensibilit maschile.
Il Grand Union

fu attivo tra il 1970 e il 1976. Questo gruppo di

improvvisazione nacque invece dalla sperimentazione di Yvonne


Rainer e fu, a differenza della Contact, un fenomeno esclusivamente
teatrale e principalmente pensato per unaudience. A questo gruppo
appartennero oltre alla Rainer e Paxton anche Trisha Brown, Douglas
Dunn, Barbara Dilley, Lincoln Scott e Nancy Lewis. La loro filosofia
era basata sul fatto di incontrarsi direttamente sul palco e di presentare
il loro materiale freddi.
Questo gruppo esplor linterazione col movimento e i rapporti sociali
sotto varie prospettive: narrativa, drammatica, meta-teatrale e
quotidiana. I performers cantavano, recitavano, ballavano, citavano
film, creavano immagini con gli oggetti, dando la sensazione che il
palco fosse un luogo dove tutto poteva succedere.

Anni 80 e 90 fino a oggi


Negli anni Ottanta in America una generazione di danzatori e
coreografi formatisi e ispirati dai maestri degli anni Sessanta e
Settanta, cercava di distinguersi trovando la loro peculiarit. In
particolare negli anni Ottanta si instaur una forma di collaborazione
di vari campi artistici portando una forma di opera totale o
Gesamtkunstwerk, creata per attrarre lattenzione del grande pubblico
cercando di far confluire ad un unico spettacolo i fruitori di arte,
musica, teatro e danza, non potendo rischiare lincertezza causata
dalle coreografie aperte.
Verso la fine degli anni Ottanta vi fu un riemergere graduale di

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interesse per limprovvisazione che per assunse diversi connotati sia


nel significato che nelle motivazioni. Se in precedenza
limprovvisazione era un modo per accedere al s autentico, in questo
periodo storico si assiste alla frammentata molteplicit di identit in
movimento per cui non esiste pi un s. Il contenuto della danza tende
quindi verso unattestazione esplicitamente politica di identit, di
genere, di preferenze sessuali, di razza e di etnicit.
Il dibattito si complica negli anni Novanta a causa della
contraddizione tra Post-modernismo/Post-strutturalismo e lidentit
politica riguardo alla nozione di soggettivit. Infatti anche se lidentit
politica non deve ricorrere necessariamente alla nozione essenzialista
di un gruppo (etnico, sessuale, razziale) spesso viene utilizzata una
retorica essenzialista. Lessenzialismo sosteneva che nonostante le
differenze di identit, sessualit ed etnia esistesse un io genuino,
mentre il post-modernismo lo negava. Sorse quindi un dibattito sulla
soggettivit e sul s che si ripercosso sulla danza dellepoca.
Se negli anni Sessanta, nelle coreografie aperte, si cercava di
esprimere i concetti di libert e di creazione di comunit, negli anni
Ottanta si cerca di approfondire il significato di questi termini. Infatti
un tempo limprovvisazione era collegata allesplorazione e alla
partecipazione a una cultura dellabbondanza. Ma gli anni Settanta
segnano linizio di una recessione che inizialmente sembr
temporanea, ma la guerra alla droga, lepidemia di AIDS, il crollo
dellUnione Sovietica e la nuova recessione degli anni Novanta
crearono un certo scetticismo nei confronti degli ideali del passato,
facendo sembrare labbondanza e le comodit di un tempo antiche e
nostalgiche.
Limprovvisazione continu ad essere usata in vari modi, non solo per
generare materiale nuovo, cosa che destinata a rimanere come

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marchio di fabbrica di tutto il genere contemporaneo (e che stato un


metodo di composizione forse da sempre) ma anche come elemento di
variazione di set coreografici prestabiliti, e rimase sempre come
preparazione quotidiana per i danzatori. Fu nei primi anni Novanta
che inizi una nuova fioritura delluso dellimprovvisazione come
performance: non solo come preparazione dellevento, ma come
materiale dellevento stesso. In tutta lAmerica iniziarono a
organizzarsi festival per ospitare questo genere di spettacoli, dal New
York Improvisation Festival a Engaging The Imagination di San
Francisco.
Se questa pratica negli anni Sessanta e Settanta fu un modo per
affermare che gli artisti avevano la voglia di giocare ed esplorare un
mondo nuovo che si stava aprendo di fronte a loro, quella degli anni
Novanta esprimeva un senso di urgenza e di frenesia quasi violento.

Contact improvisation was slow and gentle; I needed to explode. There is


a fierce physicality that may be an impact of the New York City
enviroment. For me, improvisation has political overtones. What I do is
related to the work of Lesbian Avengers, a direct action group.7

Si crearono diverse sottocorrenti, che concepirono limprovvisazione


in diverse direzioni: da un lato la ricerca di superare i limiti delle
proprie capacit fisiche, arrivando allestremo del proprio corpo
concedendosi al rischio, dallaltro lato un approccio olistico, salutare e
terapeutico di connessione mente-corpo. Su un altro fronte ancora
lapprofondimento della Contact Improvisation port alla
7 La Contact Improvisation era cos lenta e delicata; avevo bisogno di esplodere.
C una fisicit feroce che potrebbe essere un effetto dellambiente di New York
City. Per me, limprovvisazione ha implicazioni politiche. Ci che faccio correlato
al lavoro delle Lesbian Avengers, un gruppo dazione diretta. Monson J. in Albright
A.C,, Gere David, Taken by surprise, Middletown, Weslyan University press 2003 p
83

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DanceAbility, che permise ai disabili di approcciarsi alla danza e di


interagire col proprio corpo.
In Europa il declino dei primi anni del dopoguerra aveva causato un
rallentamento nella consolidazione delle correnti moderniste, portando
a una generale marginalizzazione del fenomeno. Negli anni Ottanta
inizia la riconquista di un modernismo di importazione americana e, di
conseguenza, anche delle nuove forme post-moderne.

Si crearono cos i presupposti - impliciti nei presupposti teorici del


modernismo stesso e inscritti nel DNA della cultura occidentale a partire
almeno dal Romanticismo in poi - per una nuova ribellione. Questa
ribellione rimasta sottotraccia per oltre due decenni: artisti, correnti,
produzioni, scambi, sia sul piano creativo che formativo, sono avvenuti
ininterrottamente, a tutto campo e a livelli altissimi di energia, ma senza
mai emergere veramente alla luce del sole, conservando anzi quelle
caratteristiche di realt underground rispetto alla cultura ufficiale che
ne costituivano lessenza fin dalle origini, negli anni Sessanta.
Al principio del nuovo millennio questo movimento - al pari di altri
movimenti di opposizione radicale, nel campo delle arti e non solo comincia ad essere largamente visibile anche in Europa e in Italia[...]. 8

2. Improvvisazione come competenza


Il verbo improvvisare allude alla creazione di sequenze di movimento
mentre ci stiamo di fatto muovendo, in una situazione i cui effetti
continuano ad accadere e possono essere modificati9, modificando il
senso stesso di quello che stiamo danzando. Si pu definire come il
momento in cui composizione ed esecuzione coincidono dando vita a
8 Bertozzi, D. in Shoptalk, Opinioni a confronto sul tema dellimprovvisazione,
Company Blu, Sesto Fiorentino, 2003.
9

Sparti D., Suoni Inauditi, Bologna, Il Mulino 2005 p. 117

25

una forma di composizione in tempo reale.


La competenza per tale pratica si costruisce attraverso un lungo lavoro
di esercizio ed esperienza, per cui non si crea quasi mai dal nulla, ma
dal recupero di un background di conoscenza corporee e di esercizio
fisico e mentale per raggiungere lefficacia adeguata.
Nonostante lesistenza di una grande quantit di stili e modi diversi di
pensare limprovvisazione, poich probabilmente ve ne sono tanti
quanti i danzatori che la praticano e la insegnano, esistono delle linee
guida comuni che costituiscono la base di una buona tecnica per
improvvisare col corpo. A tale proposito mi riferir a Sparti, che ha
brevemente riassunto le condizioni dellimprovvisazione nel jazz.
Queste, non a caso, sono valide anche per limprovvisazione in danza:
1. Inseparabilit. Composizione ed esecuzione sono atti inseparabili
nellimprovvisazione, viene quindi mostrato il processo creativo nel
momento in cui accade. Nelle coreografie invece creazione e
composizione avvengono in un momento precedente allesecuzione.
2. Originalit. In questo senso ogni perfomance non sar mai uguale
allaltra, poich irripetibile. Originalit intesa anche come potere
di sorprendere, come capacit di spingersi al di l del noto10.
3. Estemporaneit. In quanto avviene nel presente, in un qui e ora che
non permette di avvalersi di materiale preparato precedentemente.
Ma nonostante ci unattivit situata, che non nasce dal niente, ma
da una lunga preparazione .

Lespressione - di Quintiliano - ex tempore actio significa un'azione


che non frutto di un lungo e giudizioso processo deliberativo, ma
come se avvenisse fuori dal tempo, e non solo nel senso che accade
proprio adesso, in questo fragile istante, ma che accade in un adesso
che inatteso (e tuttavia opportuno), un momento irripetibile e
10

ibidem p 118

26

tuttavia propizio. 11

4. Irreversibilit. Nellatto di improvvisare si pu solo proseguire, non


possibile tornare indietro e cambiare ci che si fatto. E possibile
solo continuare a partire da quanto gi eseguito12 . Come dice
Sparti non vi istituto del perdono, nel senso che anche non
esiste atto che possa cancellare quello precedente, si pu solo
continuare.
5. Responsivit. In questa pratica vige lesigenza di essere attenti agli
stimoli forniti da musica, corpo e spazio ed essere in grado di
reagire velocemente a questi. Ci deve avvenire in tempi molto
ristretti, poich a differenza della coreografia, la composizione
avviene istantaneamente. Essere responsivi quindi una qualit
estremamente importante per un perfomer.

Affordance

Negli anni Sessanta lo psicologo James Jerome Gibson sostenne la


teoria secondo la quale animali e esseri umani vedono il loro ambiente
circostante non in modo oggettivo, quindi come forme e volumi, ma in
base al loro potenziale comportamentale. In altre parole, percepiamo
immediatamente ci che vediamo in termini di come pensiamo di
poter interagire con esso. Facendo un esempio: guardando una sedia
vediamo la sua sedibilit, guardando una tazza di caff vediamo la sua
afferrabilit o la sua capacit di contenere un liquido.
Sparti ha riadattato questo termine per spiegare il meccanismo che si
innesca durante limprovvisazione. Egli definisce laffordance come

11 ibidem
12 ibidem

27

ci che offre la possibilit di unazione non ancora intrapresa (e che


non necessariamente verr di fatto intrapresa).13
Riportando questa definizione nel campo del movimento possiamo
quindi dire che un movimento agevola quello successivo, senza
esserne necessariamente la causa. Poich tale atto non obbliga ma
permette una risposta. Infatti la risposta dipender in realt dal
bagaglio di conoscenza e dalle capacit inferenziali di chi riceve - e
poi agisce su- quellatto articolando appunto il suo sapere di
sfondo14.
Trovo che la definizione di Sparti sia estremamente calzante per
questo ambito, poich la danza ha effettivamente a che fare con
laffordabilit dello spazio. Il lavoro di un performer ha anche a che
fare col percepire lo spazio tra corpi, tra volumi, tra architetture e
darvi un significato spesso diverso dal quotidiano. Nel mio primo
periodo di formazione nel campo dellimprovvisazione mi colp una
frase che il mio insegnante, Alessandro Certini, spesso ripeteva: la
danza non si trova in me o in te, ma proprio nello spazio che creano i
nostri corpi, ci mi ha stimolato a concepire la danza come qualcosa
che non produco io da sola, ma che si crea nellinterazione con ci che
mi circonda: il muro, il pavimento, gli altri corpi, e i dettagli come
buchi e venature nel legno o la consistenza del muro, tutto pu
diventare stimolo, basta trovare il modo di sfruttarne laffordance.
Come Sparti sottolinea la reazione alla affordance non arbitraria , ma
la continuazione pi prossima alla sollecitazione fornita, di modo
che, per chi guarda (o ascolta nel caso del jazz), sia possibile tracciare
una connessione con latto precedente. Per agevolare questa
comprensibilit molto importante che i performers siano capaci di
13 Sparti D., Suoni Inauditi, Bologna, Il Mulino 2005 p. 168
14 Ibidem p. 169

28

dosare molto bene la durata di ogni singola azione e la quantit di


azioni che si stanno svolgendo in scena. Infatti uneccessivo accumulo
di frasi danzate rende illeggibile la dinamica che si instaura tra i
performers in azione, come daltro canto esiste un tempo fisiologico
per il pubblico di assimilazione di unazione, per cui a volte luso di
pause e fermate aiuta a spezzare il flusso di movimento e a renderlo
leggibile. Il termine che si usa in queste situazioni asciugare, che
si intende sia nel fatto di chiarire laffermazione che si ha intenzione
di proporre con tale movimento (che quindi non pu essere casuale ma
deve avere una valenza comunicativa anche se astratta), sia nel senso
di ridurre la quantit di proposizioni, trovando invece un modo di
valorizzare anche quelle degli altri, affidandosi appunto
allaffordabilit di tali movimenti.

Il tempo dellimprovvisazione

Un danzatore contemporaneo durante la sua formazione si trover


sicuramente a dover studiare diverse forme di improvvisazione,
infatti, come abbiamo detto precedentemente, questa oltre che una
pratica performativa una pratica indispensabile per effettuare una
ricerca sul corpo per scopi coreografici e, in entrambi questi settori,
esistono stili e modi di pensare diversi. Potremmo quindi distinguere
in generale tra unimprovvisazione di studio e unimprovvisazione
performativa. Si tratta di due approcci abbastanza diversi, poich sono
diverse le finalit. Sono comunque attivit compenetranti e
indispensabili luna allaltra. In ogni caso richiesta unestrema
sensibilit che necessita di molta concentrazione e dedizione per
essere raggiunta.
Nel caso di studi coreografici lattenzione si focalizza sul produrre

29

materiale ed essere quindi in grado di accedere al materiale prodotto


anche in un secondo momento. In questa situazione quindi sono
indispensabili ripetizioni, sviluppi e leggere variazioni di uno stesso
movimento, per poter essere in grado di sviluppare una memoria fisica
e di indagare tutte le possibilit espressive di un singolo segmento
danzato. La dimensione temporale cambia, i tempi scenici sono, per
quanto sempre importanti, in secondo piano e vengono considerati al
momento della composizione.
Nel settore performativo dellimprovvisazione invece il quando
assume un ruolo fondamentale per la fruibilit del pubblico. Infatti
necessario chiarire immediatamente ci che si sta producendo, in
questo senso utile saper gestire la tempistica per rendere il ritmo
della performance leggibile e al tempo stesso godibile. Quindi bisogna
essere capaci di sentire quando entrare in scena, quando uscire,
quando finire, quando lasciare il tempo di sviluppare qualcosa o
quando interromperlo. Imparare a gestire il quando
indispensabile, ma estremamente difficile non lasciarsi prendere
dallirrefrenabile istinto di riempire lo spazio e il tempo di movimenti.
Improvvisando ci si sente spesso in un flusso, in cui da una cosa nasce
unaltra e poi unaltra e poi unaltra, si genera un tempo interno,
condiviso dai performers, che pu portare a un movimento continuo e
indistinto dal ritmo piatto e noioso, tra laltro tendenzialmente
incomprensibile. Si tratta di dosare con estrema attenzione e di
riuscire a percepire la composizione che si sta creando momento per
momento anche dallesterno, dando il giusto tempo allosservatore di
entrarvi partecipando col suo sguardo.
Sempre a proposito del jazz Sparti dice:

Il jazzista

compone nel presente, mentre questo si compie, ma tale

30

presente viene esteso in modo ritenzionale e protenzionale, [...]. Posso


infatti ricordarmi quello che ho suonato fino adesso attraverso la
ritenzione - termine che esprime il nesso fra quello che suono (o ascolto)
e quello che ho suonato un paio di note fa, e che viene ancora trattenuto
(o ritenuto, appunto) - nonch attraverso la riproduzione, la quale rinvia
ad una seconda forma di memoria, relativa a un passato non contiguo ma
pi remoto, ad esempio una figura musicale che parte del mio
repertorio, o un passaggio che ho suonato eseguendo lo stesso brano due
anni fa. E posso anche presentire il futuro attraverso protenzioni (le
aspettative sul futuro immediato che si formano mentre suono) e
anticipazioni di un futuro pi lontano e indeterminato [...]. In questo
senso chi improvvisa esibisce laccadere del tempo.

Questa cornice temporale pone il performer in una condizione


particolare in cui si in qualche modo vincolati a ci che si appena
svolto, come dicevamo anche in precedenza possiamo solo continuare.

Limite

Porre dei limiti restrittivi allimprovvisazione interessante sia nel


campo della ricerca coreografica sia in performance. Come abbiamo
appena detto il danzatore comunque vincolato da ci che ha fatto
pochi secondi prima, quindi il concetto di vincolo e di limite in
qualche modo insito nel concetto stesso di improvvisazione. Nel jazz
si usa rielaborare pezzi di repertorio improvvisandovi e rielaborandoli.
In danza una tendenza quella di improvvisare preparando strutture,
dandosi appuntamenti, o anche scegliendo limitazioni nella qualit di
movimento.
Nellimprovvisazione di ricerca coreografica molto importante
riuscire a stabilire dei limiti e mantenerli, questi infatti pi sono stretti
e limitanti pi permettono di uscire dagli schemi usuali. Il corpo tende
a costruire dei percorsi privilegiati per cui molto facile che alcune

31

qualit di movimento ci rimangano pi affezionate ripresentandosi


improvvisazione dopo improvvisazione. Il vincolo di dover stare in
una specifica qualit o in uno specifico soggetto aiuta il corpo a uscire
da tali pattern e permette di scoprire nuove possibilit e nuove strade
espressive.
Ci ha inoltre delle applicazioni utili anche in campo compositivo. Per
esempio nel metodo Nikolais si usa comporre facendo improvvisare i
danzatori su una vera e propria griglia composta di spazio, tempo,
motore e forma, da costruire secondo ci che si intende esprimere. Per
cui potrei trovarmi a improvvisare su uno spazio piccolo e direzionale,
con un tempo veloce, motore vibrato e forme spigolose, restituendo
delle immagini sicuramente claustrofobiche, come potrei invece
improvvisare su uno spazio circolare, con un tempo medio e regolare,
motore accentato e forme aperte e morbide, proponendo in questo
modo delle immagini certamente pi serene e pacificanti.
Nellambito performativo avere una preparazione in tale direzione
permette di avere un vocabolario di movimento variegato e una
maggiore consapevolezza di ci che sono le nostre tendenze e quindi
di decidere se cavalcarle o uscirne. Spesso si scelgono strutture
allinterno delle quali far nascere limprovvisazione, ci dipende
molto dal tipo di concezione che si ha dellimprovvisazione stessa e
da che tipo di situazione si cerca di ricreare. E possibile dare una
struttura drammaturgica allinterno della quale improvvisare, oppure
stabilire solo unordine di apparizione e composizione dei performers,
per esempio decidere che dovr svolgersi un duo, un solo e poi un trio,
oppure semplicemente concordare delle qualit di movimento e in
base a quelle costruire la relazione tra i performers, come per contro
possibile non concordare niente e lasciar accadere stabilendo solo la
durata del pezzo.

32

Ascolto

Lascolto davvero considerato la base di una buona pratica


improvvisativa. Il danzatore deve essere capace di porsi in relazione
col contesto, sia che questo sia dato da altri performers, dallo spazio,
dal pubblico e dalla musica. Deve essere ricettivo ad ogni stimolo,
responsivo e percettivo. Non possibile improvvisare senza ascoltare
ci che abbiamo intorno.
Per mettersi in questa condizione di grande aiuto eliminare il
giudizio, infatti giudicarsi non aiuta a lasciarsi andare al flusso
improvvisativo, ma blocca e allontana dalla concentrazione
necessaria, portandola dentro di s invece che fuori di s.
Non un caso che si usi questo termine che ha a che fare proprio con
il senso delludito. Sembra interessante l'osservazione di Cohen Bull
che identifica nel balletto classico una disciplina strettamente visiva,
in cui l'interesse sul perimetro del corpo del danzatore, rispetto alla
Contact Improvisation che si basa invece sul contatto fisico e sui
processi interni al danzatore. I sensi di riferimento in queste due forme
artistiche sono quindi in un caso la vista nell'altro il tatto.
La Contact sempre pi indispensabile nella formazione di un
danzatore contemporaneo proprio perch volta a creare una
sensibilit al tatto e alle sensazioni interne, il senso del s diventa
posizionato nel corpo, ma si estende anche a tutto ci che intorno.
Sia nella Contact che nel balletto classico l'attenzione rimane
comunque sul corpo, ma da due prospettive diverse: nel balletto
oggettivato e visto dall'esterno, nella Contact si aspira a essere
soggetto di esperienze interne.

33

What is revealed (in contact improvisation) is mutual understanding, a


basic system, a mode of communication. Touch. The fast and subtle skin
processing masses, vectors, emotions, giving the muscles the information
to correctly move the bones, so the duet, can fall through the time and
space of demostration, neither partner hurt, hampered, subjected,
objectified. Steve Paxton (ibidem p275)

Nellimprovvisazione in danza tale contatto fisico pu non essere


presente, in questo caso indispensabile acuire tutti i sensi e ludito ha
effettivamente una parte fondamentale.
Per ascolto si intende quindi riuscire a sviluppare quella sensibilit
tale da permettere di sentire, con sentire intendo tutte le possibili
accezioni del termine. Bisogna infatti riuscire a sentire dove si trova
laltro anche quando, come spesso succede, questo si trova alle
proprie spalle e riuscire a mantenere una percezione della
composizione che si sta creando insieme.

Accettare

Collegata alla tematica dellascolto vi la questione dellaccettazione.


Infatti lascolto direzionato alla formulazione di scelte condivise,
quindi importante porsi in una condizione di accettazione delle
proposte degli altri e non affezionarsi troppo alle proprie. Infatti nella
costruzione di decisioni condivise possibile che le proprie scelte
vengano accolte come scartate. Spesso accade di aver avuto
unintuizione su come sviluppare un movimento o una composizione
nello spazio e qualcun altro propone una soluzione diversa, il tempo di
reazione deve essere estremamente breve per cui succede di dover
essere capaci di proporre con estrema chiarezza, ma anche di

34

abbandonare le proprie proposte altrettanto velocemente. Infatti


sviluppare questa capacit permette di inserire eventuali incidenti di
percorso in un discorso comunque coerente.
Si dice che il danzatore deve in qualche modo mettere da parte lego,
con ci si intende mettere in primo piano la composizione e farsi
strumento di quel che avviene. Questo implica di abbandonare le
proprie manie di protagonismo. Ascoltare e accettare servono anche a
capire come e quando dare spazio agli altri, nellottica di valorizzare
la composizione totale.

Errore

Come abbiamo illustrato fino ad ora limprovvisazione richiede uno


stato mentale particolare, bisogna essere in ascolto concentrati,
accoglienti, propositivi e responsivi e, come se non bastasse, non
giudicarsi e mantenere una presenza scenica appropriata.
Nonostante si riesca a soddisfare tutte queste condizioni lerrore e gli
incidenti di percorso saranno sempre allordine del giorno, per la
natura stessa dellimprovvisazione. La cosa interessante riuscire a
inglobare lerrore nel flusso, in alcuni casi infatti possibile
cavalcare lerrore come si suol dire. Per fare un esempio semplice
inciampare pu aprire la strada a nuove dinamiche di caduta,
ovviamente ci non sempre possibile e, come abbiamo detto,
importante non giudicarsi e non giudicare, poich
nellimprovvisazione, per la sua caratteristica irreversibilit, non c'
istituto del perdono come ci sottolinea giustamente Sparti.

35

36

Capitolo terzo
RAPPORTO PUBBLICO-PERFORMER
Dance is a spatial extension of the body that reaches out and touches other
bodies,
just as a voice is a aural extension15
Ivar Hagendoorn

1. Neuroni Specchio

Nei primi anni 90 un gruppo di ricercatori dell'universit di Parma,


coordinato da Giacomo Rizzolati e composto da Luciano Fadiga,
Leonardo Fogassi e Vittorio Gallese, si stava dedicando allo studio
della corteccia premotoria. Allo scopo di studiare i neuroni
specializzati nel controllo dei movimenti della mano, avevano
collocato degli elettrodi nella corteccia frontale inferiore di un
macaco, quella parte preposta alla selezione, pianificazione ed
esecuzione di azioni come raccogliere un oggetto e portarlo alla
bocca. Durante ogni esperimento era registrato il comportamento dei
singoli neuroni nel cervello della scimmia mentre la si faceva accedere
a frammenti di cibo.
L'aneddoto racconta che, mentre uno dei ricercatori prendeva un frutto
da un cesto preparato per gli esperimenti, alcuni neuroni della
scimmia che osservava la scena avevano reagito. Come poteva essere
15

La danza unestensione spaziale del corpo che si estende verso lesterno e tocca
gli altri corpi, proprio come la voce unestensione uditiva. op cit in S. Blackeslee,
M. Blakeslee, The body has a mind of its own, New York, Random House Trade
Paperback Edition, 2008.

37

accaduto se fino ad allora si credeva che quei neuroni si attivassero


solo per funzioni motorie? Inizialmente si pens a un errore, fu quindi
un caso fortuito la scoperta nel cervello della scimmia e, in seguito,
nel cervello umano, di uno speciale tipo di neuroni, - attivati sia
dall'esecutore durante l'azione che dall'osservatore della medesima
azione - la funzione dei quali sarebbe alla base della cognizione,
dell'intenzione, dell'azione e della rappresentazione, oltre che
dell'interazione sociale16
Nel corso di tali sperimentazioni, verr individuata la presenza di due
tipi di neuroni che sono stati chiamati canonici e specchio. I primi
reagiscono durante l'esecuzione di un'azione compiuta in prima
persona e durante l'osservazione di un oggetto che pu partecipare alla
medesima azione, ad esempio, mentre la scimmia afferra il cibo o
mentre osserva il cibo che pu essere afferrato. I secondi, i neuronispecchio, reagiscono sia quando l'azione eseguita in prima persona,
sia quando osservata la stessa azione eseguita da un altro. Per la
scimmia, nei molti test effettuati, lo stimolo visivo rivelatosi pi
efficace per attivare i neuroni-specchio la visione di un'azione in cui
la mano o la bocca di un altro individuo interagisce con un oggetto. In
ogni caso, anche in assenza di oggetto, il gesto motorio deve essere
finalizzato ad una azione che abbia un senso per la scimmia: non ha
senso per lei vedere qualcuno che mima il gesto di prendere
un'inesistente nocciolina, ha senso invece schioccare le labbra, in
assenza dell'oggetto cibo, mentre spulcia una compagna. In assenza di
oggetto, i neuroni specchio della scimmia non reagiscono ad una
pantomima.
Nelluomo stata riscontrata oltre alla presenza di neuroni specchio
visuo-motori, che reagiscono secondo un sistema di risonanza
16

Cappelletto, C., Neuroestetica. Larte del cervello, Milano, Laterza ,2010, p 127

38

motoria pi complesso di quello della scimmia, anche di neuroni


specchio audio-visivi, che rispondono al suono di azioni avvenute e
quindi anche ad azioni di natura astratta. Le reazioni umane
allambiente non sono risposte agli stimoli sensoriali esterni, ma sono
piuttosto forme di immaginazione attraverso le quali il soggetto
simula internamente l'intenzione psicofisica associata all'azione che
sta osservando.17
Si possono quindi considerare intenzioni e volont come espressione
di una spinta energetica interna, unconato esecutivo, in questo caso
cerebrale e muscolare. L'intenzionalit, che ricorre nelle Ricerche
logiche di Husserl, pu essere definita come movimento di
reciprocit dell'atto intellettuale di un soggetto che si rivolge a un
oggetto, prendendolo di mira, e di un oggetto che gli risponde,
prestandosi ad essere afferrato intellettualmente18.
Eugenio Barba, in La canoa di carta, delinea il concetto di sats:

Nell'istante che precede l'azione, quando tutta la forza necessaria gi


pronta a liberarsi nello spazio, ma come sospesa e ancora tenuta in pugno,
l'attore sperimenta la sua energia sotto forma di sats, preparazione
dinamica. Il sats il momento in cui l'azione viene pensata-agita
dall'intero organismo che reagisce con tensioni anche nell'immobilit. E'
il punto in cui si decisi a fare.19

La relazione attore-spettatore mette in evidenza ed attua il


meccanismo di rispecchiamento che stiamo trattando. Lo stesso
Gallese esprime in un suo studio una prima analisi:

17

Ibidem 129

18

Ibidem p131

19

Barba cit in Cappelleto p 131

39

L'antropologia teatrale, attraverso la dissezione del comportamento


dell'attore, riconduce la totalit della sua espressione ad una molteplicit
di livelli di organizzazione delle prassi corporee di movimento. Ci
costituisce un naturale ponte di dialogo con le neuroscienze cognitive che
indagano il ruolo del sistema corpo-cervello nella cognizione sociale.20

Le indagini neuroscientifiche sui neuroni-specchio hanno individuato


nello schema di interazione tre elementi di estremo interesse.
1. L'azione osservata e la risposta osservativa sembrano indifferenti
all'identit dell'esecutore. Per il macaco osservare l'azione di un
uomo o di una scimmia indifferente; per l'uomo, l'osservazione di
azioni di masticamento e di comunicazione, agiti da un uomo, da
una scimmia e da un cane, ha registrato reazioni diverse:
indifferente alle diverse identit per gli atti di masticazione,
decisamente differenziata per quanto riguardava le azioni
comunicative, intensa attivazione per l'uomo, poca per la scimmia,
nulla per il cane.

Risulta dunque che ci indifferente l'identit nominale e ontologica


dell'attore, ma non quella motoria; non importa chi esso sia ma come
esso sia, una differenza a partire dalla quale si possono delineare
indagini interessanti rispetto all'uso delle maschere e degli attrezzi
scenici del teatro, e al grado di distorsione che questi possono
legittimamente imporre al corpo dell'uomo, tenendo anche conto del
fatto che, per l'attore, protesi di vario tipo producono una
modificazione del senso di vicino e lontano che innanzitutto sono non
misure metriche, ma espressioni di relazioni spaziali relative al corpo
proprio. Vicino e lontano sono egocentrici e somariferiti.21

2. Il sistema corpo-cervello si integra con un oggetto e un ambiente. Il


20

Gallese cit in Cappelletto 131

21

Ibidem p 132

40

risultato degli esperimenti ha rivelato che l'attivazione neuronale


dell'osservatore risulta maggiore quando l'azione accompagnata
da un'intenzione contestuale. Sebbene il gesto sia spesso ambiguo,
non si pu sciogliere tale ambiguit dicendo che il suo senso
dipende dal contesto,

ma piuttosto forse pi interessante

chiederci che cosa produce il fatto che un gesto possa avere la


stessa definizione posturale e aprirsi a azioni e intenzioni
plurivoche. 22
3. Il carattere finzionale del sistema specchio. Una delle differenze
fondamentali tra il sistema specchio della scimmia e quello umano
che quest'ultimo reagisce anche alla osservazione dell'azione
mimata.

Secondo Stafford - che riprende la posizione aristotelica- la scoperta


dei neuroni-specchio, intesa come una comunicazione senza fili,
riporta la mimesi al centro del dibattito estetico dopo l'interruzione
dovuta allo strutturalismo e pone la tensione tra l'esperienza in prima
persona e la costruzione della conoscenza altrui, una tensione interna
al singolo corpo intelligente. Se da un lato, come indicava
Berenson, quando mi identifico con un altro corpo, quando mi
immergo in un modo d'essere immaginario e immaginato, sento la mia
vita intensificata, dall'altro lato la concezione proteiforme dell'uomo
che i neuroni specchio sembrano fondare neurobiologicamente, apre a
una nozione caleidoscopica dell'identit, che non solo si presta a
suggerire narrazioni plurivoche e concomitanti della costruzione del
soggetto, ma si candida a essere a sua volta tema narrativo, e infatti
stimola 'neuroplot'.23

Secondo Rizzolati e Senigaglia, i neuroni specchio pi che essere

22

Ibidem p 134

23

Ibidem p135

41

legati a un comportamento imitativo hanno piuttosto a che fare con la


comprensione degli eventi motori altrui e delle altrui intenzioni
partendo dallesperienza di s. Infatti proprio partendo dai propri atti
motori che viene garantita la comprensione di quella degli altri, dove
per comprensione qui non si intende la spiegazione dellintenzione,
ma la capacit di riconoscere nellevento motorio un tipo di atto.24
Calvo-Merino ha condotto delle indagini di neuroimaging nel campo
dellestetica teatrale. Lesperimento consisteva nel mostrare dei video
di capoeira a soggetti di diverse competenze: esperti nella danza
classica, esperti in capoeira e inesperti del tutto. Nei soggetti che
avevano unallenamento tale da poter compiere i movimenti mostrati,
risultava una maggiore attivazione nella corteccia premotoria, nel lobo
parietale superiore destro e nel solco temporale sinistro. Quindi il
cervello umano comprende le azioni altrui attraverso una simulazione
motoria e ci dipende dal soggetto coinvolto.Il cervello risponde
dunque a configurazioni di azioni orientate che possiamo definire
educate, ma non transitive od orientate a uno scopo.25
Il danzatore dunque improvvisando imposta il suo bagaglio di
esperienza, abitudini motorie, libert espressiva e creativa nel
costruire con limprovvisazione una sequenza di movimenti in cui
ogni movimento necessario a quello prossimo. In questo modo lo
spettatore risponde immaginando in anticipo il movimento che sta per
svolgere il danzatore.

La capacit di immaginare il futuro prossimo data proprio dai neuroni


specchio che non costituiscono semplicemente un ponte tra azione e
percezione, e sono piuttosto il veicolo di un contagio, secondo
lespressione di Jeannerod, un contagio emotivo che unisce scena e sala,
24

Ibidem p137

25

Ibidem p 139

42

solidali tra loro [...] 26

Gli studi di Umilt sul ruolo dellintenzione nello svolgimento di


unazione hanno invece portato a ipotizzare, in prospettiva biologica,
ci che Worringer, in estetica, aveva identificato come impulso di
empatia e impulso di astrazione. Quindi la ragione per cui godiamo di
unopera darte riconducibile allimpulso di empatia che porta a
proiettare in essa il nostro senso vitale, mentre limpulso di astrazione
porta ad estrarre loggetto dal contesto in cui si trova naturalmente.
Entrambi questi impulsi fanno riferimento ad un processo di
autoalienazione che permette di estraniarsi dal contesto per potersi
immergere empaticamente nellopera artistica.

Una tale collaborazione costituisce una delle condizioni preliminari della


fruizione estetica, per la quale il fruitore sospende il proprio vissuto
esperienziale immediato, e si immedesima in quanto osserva senza con
ci illudersi, dando vita a realt o esperienze allucinatorie. Lo spettatore
non si confonde cio con quanto vede, n ritiene quanto rappresentato e
raffigurato come dotato di vita autonoma.27

I questo modo lo spettatore danza sulla sedia come disse Eugenio


Barba, diventando per questo unesperienza partecipativa.

2. Gli Specchi di Turner

La natura riflessiva della perfomance stata analizzata da Turner


nellottica di un gioco di specchi tra i processi socioculturali e le
performance umane. Il legame tra dramma sociale e dramma scenico

26

Ibidem p 140

27

Ibidem p 143

43

dato dallosservazione che riguarda la struttura di entrambi. Turner ha


infatti riscontrato che i drammi sociali seguono un procedimento
drammaturgico composto da quattro fasi:
1. Rottura 2. Crisi 3. Compensazione 4. Reintegrazione (o nuova
rottura)
Egli considera dunque la matrice empirica dei principali generi di
performance culturali proprio il dramma sociale, dunque sono queste
quattro fasi a fornire il contenuto, la forma e le procedure dei generi
performativi pi tardivi.
Un dramma, come suggerisce letimologia del termini, non realmente
completo fin quando non viene inscenato, cio recitato su una qualche
specie di palco di fronte al pubblico. Il pubblico teatrale vede il materiale
della vita reale presentato in forma significativa, non si tratta solo di
semplificare e ordinare le esperienze cognitive e emozionali che nella
vita reale risultano caotiche. Si tratta di mettere in discussione i principi
ordinatori accettati nella vita reale.28

In una cultura complessa dunque la perfomance si configura come una


modalit attiva ed agente capace di fare da specchio a problemi,
questioni e crisi sociali. Si tratta tuttavia di un riflesso deformato, di
una sala di specchi in cui le immagini sono molteplici, ingrandite,
rimpicciolite, in modo da provocare in chi li guarda, non soltanto
pensieri ma anche potenti emozioni e la volont di modificare
landamento delle faccende quotidiane.29
Unaltra osservazione interessante di Turner riguarda il fatto di
considerare le performance culturali come al modo congiuntivo
della cultura:
Il congiuntivo definito da Webster come modo verbale utilizzato per
esprimere supposizione, desiderio, ipotesi, possibilit, ecc. piuttosto che
28

Turner, Antropologia della performance, Bologna, Il Mulino 1983, p 83

29

Turner, Dal rito al teatro, Bologna, Il Mulino, 1986, p187

44

per affermare un fatto reale: per esempio il modo di fossi nella frase se io
fossi te. Rito, carnevale, festa, teatro e generi performativi analoghi
possiedono chiaramente molti di questi attributi. 30

Dunque si procede in campo performativo secondo la logica del


come se, rispetto alla forma indicativa della cultura che sarebbe poi
la forma dei drammi sociali.
liminalit, liminale e liminoide

Il concetto di liminalit fu introdotto da Van Gennep nella descrizione


dei rituali di passaggio. Turner si interess alle possibilit che lo
schema di Van Gennep offriva nellinterpretazione delle necessit
sociali. La liminalit corrisponde alla fase intermedia dei rituali di
passaggio, essa la fase di transizione chiamata appunto limen o
margine, quella in cui i soggetti attraversano la fase ambigua del
rituale perch hanno abbandonato la situazione sociale precedente ma
non sono ancora passati al nuovo status. Si tratta quindi della fase di
perdita di riferimenti in cui sorgono nuovi modelli, simboli e
paradigmi aprendo la strada alla creativit culturale, la fase in cui
avviene la scomposizione della cultura nei suoi fattori costitutivi e
nella ricomposizione libera o ludica dei medesimi in ogni e
qualsiasi configurazione possibile, per quanto bizzarra. 31
La liminalit corrisponde dunque alla sospensione strutturale, un
cambiamento radicale di rottura, per permettere agli individui di
rientrare poi nella struttura modificandola e rielaborandola. Quindi sia
i riti di passaggio che i drammi sociali si avvalgono di una forma
processuale che definisce lordine di svolgimento della frattura tra il
30

Turner, 1983, p187

31

Ibidem p 61

45

prima e il dopo. La liminalit si colloca in uno spazio atemporale di


momentanea sospensione del passato, un attimo di pura
potenzialit32 . Questa corrisponde alla terza fase dei drammi sociali,
quella fase di compensazione in cui si cerca di condurre una sorta di
autoanalisi collettiva successiva alla crisi avvenuta.
Fanno dunque riferimento a questa fase tutti i rituali religiosi e
giuridici ma anche lo sport, il gioco, il teatro, il cinema, la letteratura,
la musica e tutto ci che gioca con i fattori della cultura,
raccogliendoli in combinazioni di carattere sperimentale, talvolta
casuali e grotteschi, improbabili, sorprendenti, sconvolgenti.
Se questa fase liminale nelle societ tribali inverte lo status quo, nelle
societ industriali lo sovverte. Quindi se il rituale tende ad accogliere
il conflitto, dimostrandolo simbolicamente, nel teatro e nei generi di
intrattenimento della societ industriale svela i conflitti, mostrando
le zone dombra e il malessere sociale.

i generi specializzati di intrattenimento artistico e popolare (cultura di


massa, cultura pop, cultura folk,

cultura alternativa, cultura di

avanguardia, ecc.) si moltiplicano, in contrasto con il numero


relativamente limitato dei generi simbolici in una societ tribale, e
ciascuno di essi al suo interno lascia ampio spazio a scrittori, poeti,
drammaturghi, pittori, scultori, compositori, musicisti, attori, comici,
cantanti folk, musicisti rock e in generale i produttori di cultura, per
creare non soltanto forme strane, ma anche, e abbastanza di frequente,
modelli, diretti o in forma di parabola o di favola esopica, che
contengono una severa critica dello status quo, in tutto o in parte.

Turner compie dunque una distinzione tra il liminale, delle societ


tribali, e il liminoide della societ industriale. Dove il primo pervaso
di dovere, laltro lo di volere. Infatti il fenomeno liminale assume
32

Ibidem p 87

46

toni piuttosto seri, a volte minacciosi, mentre il fenomeno liminoide


una questione di gioco e di divertimento, in cui non vige lobbligo a
prendervi parte, ma vi si partecipa solo se si vuole. Oltretutto il
liminoide si presenta come fenomeno individualizzato, nel senso
che il singolo artista, in quanto specialista del suo settore, produce
fenomeni di questo tipo, ci non vuol dire che esso produca simboli,
idee e immagini dal nulla, ma si confronta con leredit collettiva. Alla
base di questa distinzione tra liminale e liminoide vi lelemento
importante dellalta specializzazione e professionalizzazione che si
sviluppata nelle societ industriali, per cui anche lintrattenimento
entra a far parte di un settore di professionisti specializzati nel
mestiere.

il flusso

Schechner trattando il tema dellintensit della performance fa


riferimento a un particolare momento, in cui avviene la connessione
tra il pubblico e i performers e si manifesta una presenza, qualcosa
accaduto33. Ci che accade che i performers sono riusciti a
muovere il pubblico e secondo Schechner questo ci che Mihaly
Csikszentmihalyi ha chiamato flusso che citato e approfondito
anche da Turner:

Il termine flusso denota la sensazione olistica presente quando agiamo


in uno stato di coinvolgimento totale ed una condizione in cui unazione
segue allaltra secondo una logica interna che sembra procedere senza
bisogno di interventi consapevoli da parte nostra [...]. Ci che esperiamo
un flusso unitario da un momento a quello successivo, in cui ci
sentiamo padroni delle nostre azioni, e in cui si attenua la distinzione tra
33

R. Schechner, Magnitudini di perfomance, Roma, Bulzoni editore,1999, p 23

47

il soggetto e il suo ambiente, fra stimolo e risposta, o fra presente, passato


e futuro. 34

Turner chiarisce che Csikszentmihalyi ha individuato 6 tratti distintivi


del flusso che ha dedotto analizzando vari metageneri liminoidi della
nostra societ, ma il concetto di flusso viene poi esteso
allesperienza creativa in generale:
1. Esperienza della fusione tra azione e coscienza. Uneccessiva
autocoscienza distrae dallazione, lattore o il danzatore ha bisogno
di essere completamente immerso in quello che sta facendo
altrimenti si interrompe il ritmo o viene dato spazio a
preoccupazioni.
2. Concentrazione su un campo di stimoli limitato, in cui solo lora ha
importanza. Questo si ottiene intensificando la consapevolezza,
cosa che si raggiunge ad esempio attraverso le regole di un gioco o
dalla motivazione che nasce dalla competizione, in questo modo
viene eliminata la distrazione creata dalla realt sociale o dai troppi
stimoli che arrivano dallesterno.
3. Perdita dellio. Ci non ha a che fare con il solipsismo, ma al
contrario Csikszentmihalyi lo definisce unintuizione dellunit,
della solidariet, della pienezza, e dellaccettazione35 il soggetto
dunque tende piuttosto a sentirsi tutti gli uomini. Quindi non c pi
necessit di un s come tramite con gli altri, ma sono le regole a
garantire e a gestire questa relazione.
4. Sentirsi padroni delle proprie azioni e dellambiente. Del risultato
della performance si diventa realmente consapevoli solo alla fine,
ripercorrendola retrospettivamente, dunque porsi in questo stato di
autocontrollo aiuta a superare le difficolt che possono sorgere
34

Csikszentmihalyi M., op cit in Turner V., Dal Rito al Teatro, p 105

35

Csikszentmihalyi M., op cit in Turner V., Dal Rito al Teatro p 107

48

durante lesecuzione, scacciando la paura o la preoccupazione.


5. Esigenza di azioni non contraddittorie, coerenti, bisogna accettare
per vere le regole che sono date dallevento liminoide che stiamo
praticando.
6. Non necessita di finalit o ricompense esterne, proprio il flusso
stesso la felicit massima.
Turner sottolinea che ci che va analizzato del flusso soprattutto il
contenuto di questa esperienza, pur essendo unesperienza individuale,
porta dei simboli condivisi dalla communitas.

3. La danza come forma di comunicazione non-verbale

Judith Lynne Hanna definisce la danza come un comportamento


umano composto, dalla prospettiva del danzatore, da sequenze di
movimenti del corpo non-verbali, intenzionali, significative, ritmiche
e culturalmente conformate, diverse quindi dalle attivit motorie
quotidiane. E movimento coerente e colmo di valore estetico. La
danza un comportamento umano, distinto dunque dalle danze
degli animali a causa dei contenuti simbolici, dellespressione emotiva
e della capacit di usare sintatticamente forme di movimento originali.
Ci che sembra mancare agli animali, e che invece presente negli
uomini, un certo livello si sinestesia, cio la capacit di percepire e
trasmettere simultaneamente stimoli ai diversi sensi, che riguarda ad
esempio lassociazione di un colore ad un certo suono.
In particolare Hanna sottolinea limpatto multisensoriale della danza,
poich il pubblico viene di fatto sedotto da una larga gamma di
stimoli proposti: la sensazione di attivit cinestetica e di empatia, lo
sguardo del performer, il suono del corpo sul pavimento, il modo in
cui avviene questo tocco, il fiato alterato dei danzatori e lodore dei

49

corpi o anche lo spostamento daria causato da un movimento vicino.


Per comprendere il potenziale comunicativo della danza possiamo
impostare un paragone con il linguaggio verbale e non verbale. Hanna
propone di considerare la danza nel non verbale come consideriamo la
poesia rispetto alla prosa nel verbale. In comune danza e linguaggio
hanno varie caratteristiche: hanno entrambi una ricezione direzionale;
intercambiabilit, nel senso che mittente e destinatario possono essere
la stessa persona; dislocazione, loggetto cui si fa riferimento pu non
essere direttamente presente; produttivit, messaggi mai creati prima
possono essere inviati e recepiti allinterno di principi strutturati;
trasmissione culturale; ambiguit; affettivit, come espressioni di stati
interni con il potenziale di poter cambiare umore e cambiare il senso
di una situazione; e un assortimento di potenziali partecipanti alla
comunicazione.
Esistono per contro delle differenze tra danza e linguaggio:
1. la danza principalmente motoria, visuale e cinestetica, mentre il
parlato usa il canale audio-vocale, secondariamente entrambe le
comunicazioni si appoggiano anche su canali auditori, olfattivi,
prossemici e tattili.
2. Il linguaggio verbale esiste in una dimensione temporale, mentre la
danza richiede oltre a questa anche la dimensione spaziale.
3. Labilit di un interlocutore di percepire lesito del proprio discorso
un fenomeno acustico, cosa impossibile nella multisensorialit
della danza, se non altro perch il danzatore non pu vedere la
propria immagine.
4. Il fatto che chi parla pu contemporaneamente compiere altre
azioni non generalemente applicabile alla danza.
5. La danza ha pi difficolt nel comunicare complesse strutture
logiche rispetto al linguaggio parlato.

50

6. Nello studio della lingua si tende a ridurre a fonemi e morfemi,


mentre in danza lesistenza di unit minime non riscontrata. Cosa
che secondo Hanna pi che altro riconducibile a mancanza di
studi sullargomento poich una sorta di sintassi come quella che
governa il linguaggio verbale pu essere riscontrato anche in danza.

4. Conclusioni sullimprovvisazione

Alla luce di queste considerazioni sul teatro e sulla danza possiamo


iniziare a individuare il profilo dellimprovvisazione. Abbiamo detto
che per comprendere a pieno il concetto di performativit necessario
riflettere sullidea stessa di performance come pratica corporea,
necessaria ad una ridefinizione critica del reale e potenziale non-luogo
di margine e di passaggio da situazioni socio-culturali, definite da
nuove aggregazioni sperimentali. Mi sono quindi messa alla ricerca di
cosa realmente venga rappresentato in questa particolare pratica
performativa.
La mia tesi che limprovvisazione sia legata alla prassi postmoderna di mettere attenzione sui processi rispetto ai risultati, ci che
accade che viene esposto il processo creativo dellartista e ne viene
fatto spettacolo. Dallanalisi dei questionari che ho sottoposto agli
spettatori durante il mio esperimento, apparso chiaro che coloro che
non si sono accorti che la performance che stavano osservando era
improvvisata, hanno tendenzialmente risposto che non gli era piaciuta.
Invece la maggior parte degli spettatori che hanno capito, o a cui
stato svelato che i performers improvvisavano, hanno invece gradito
lo spettacolo.
Dunque qualcuno ha considerato la performance una coreografia
scadente. Effettivamente secondo unaspettativa di tipo estetico o

51

drammaturgico uno spettacolo di improvvisazione sar quasi sempre


deludente. Ma allora chi invece ha gradito la performance cosa ha
visto?
La risposta che mi sono data che limprovvisazione in qualche modo
mette in scena la crisi del performer, non intendo questo termine in
senso esistenziale, in scena non viene mai portato qualcosa di troppo
personale, anzi come abbiamo detto si va piuttosto nella direzione di
perdita dellio. Intendo invece crisi in termini turneriani come la
fase di transizione e di ridefinizione: la fase ambigua del liminale
che si trova tra crisi e compensazione. In scena abbiamo difatti un
performer messo a nudo, che si trova a creare e a comporre momento
dopo momento esponendo le proprie proposte, ripensamenti, tentativi
e incidenti di percorso, che deve quindi definirsi movimento dopo
movimento. E ci che Csikszentmihalyi chiama flusso che permette
questo, e che diventa protagonista nellimprovvisazione.
Molte persone mi sono venute a cercare, dopo lo spettacolo, per
chiedermi quanto fosse improvvisato di ci che i danzatori facevano.
Quando spiegavo loro che niente era stato strutturato, e quindi si
trattava di un improvvisazione completamente libera non volevano
crederci. Ci creava ancora pi attenzione e curiosit riguardo alle
performance che si stavano susseguendo.
Credo che questa reazione sia comprensibile alla luce del fatto che
limprovvisazione non molto conosciuta in Italia, anche se
largamente praticata, essa assume dunque unaura magica per chi
abituato a vedere solo coreografie e a pensare che i danzatori
procedano nel loro lavoro solo in quella direzione.
Mi sembra per imprescindibile che ci che tiene alto linteresse del
pubblico sia osservare il performer interagire con lo spazio, col suono,
con gli altri danzatori, o con il pubblico stesso, creando passo passo.

52

D una sorta di brivido vedere come questo decide cosa fare momento
dopo momento, la domanda che viene spontanea al pubblico cosa
far ora?...e ora?.
Rispetto alla teoria di Turner limprovvisazione in danza si propone
come un fenomeno liminoide, mettendo al modo congiuntivo la scelta
del performer e dunque questo rappresenta allindicativo il dramma
sociale legato alla scelta.
Considerando che la danza contemporanea ha trovato diverse
tecniche, strategie e metodi per mettere il danzatore in condizione di
sapere cosa deve fare e come lo deve fare passo dopo passo, mi
sembra quindi che essa proponga una soluzione piuttosto chiara,
configurandosi come terza fase dei drammi sociali, cio quella
compensativa, daltronde lo stesso Turner definisce questa come la
fase da cui il teatro stesso nasce.

53

54

Capitolo quarto

LARTE DI SCEGLIERE

Vedo limprovvisazione come un approccio alla danza che mette a fuoco quel
momento di passaggio dal non conosciuto al conosciuto. Le situazioni che si
vengono a creare nellimprovvisazione cambiano continuamente a vari
livelli. Uno stato di precariet che pu diventare molto creativo. Allinterno
di esso possiamo infatti fare delle scelte che trasformano il caos in azioni
con una forma e un senso compiuto, sempre partendo dallinterazione con
gli altri, con il pubblico, cogliendo limprevisto per agire allinterno di esso.
Certini A., Opinioni a confronto sul tema dellimprovvisazione, in
Shoptalk, Company Blu, 2003

Il tema della libert quello che pi ha colto la mia attenzione


allinterno dei questionari presentati al pubblico durante il mio breve
esperimento. Mi ha colpito per il fatto che nellimprovvisazione in
realt si tende a stare entro strutture, limiti e regole, che sono proprio
quelle che generano il flusso, che vengono profondamente assimilate e
accettate per poter essere seguite e sentite dai performers. Ci mi ha
portato a riflettere sulla visione di libert e di scelta nella societ
contemporanea, poich, a mio parere, proprio su questi temi,
compenetranti e interdipendenti, che avviene il gioco di specchi e
rispecchiamenti di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente.

55

1. La libert nella societ postmoderna

In epoca moderna Freud aveva introdotto un concetto di civilt


come

costruita su una restrizione delle pulsioni36 , quindi una

societ basata su concetti di ordine, bellezza, pulizia, uniti in un sorta


di compromesso a discapito degli impulsi individuali. Veniva quindi
proposta, e poi anche accettata collettivamente, lidea di una societ
civile in cui convivono piaceri e sofferenze, soddisfazione e disagio,
obbedienza e ribellione. Secondo Bauman la libert individuale fu
sacrificata in cambio della sicurezza, in questa societ lincremento
dellordine ha generato un aumento della frustrazione.
Al giorno doggi la libert individuale sembra invece regnare sovrana,
la nostra societ pare aver trovato la soluzione, che secondo Freud era
impossibile, di conciliazione tra ordine e libert individuale. Siamo
nel tempo della deregulation.

Essa si propone di fondere il prezioso metallo di un ordine puro e di


pulizia meticolosa estraendo direttamente la materia prima della umana
(troppo umana) ricerca di piaceri, sempre pi numerosi e appaganti - una
ricerca che un tempo era del tutto screditata e condannata come
autodistruttiva. 37

Se quindi da un lato stato guadagnato in libert individuale abbiamo


dunque perso quella sicurezza che teneva insieme la societ moderna,
infatti ogni passaggio di valori porta a guadagni e a perdite.
Nel mondo postmoderno vige la frammentazione e la mancanza di un
quadro, sembrano mancare gli strumenti concettuali per esaminare la
situazione in modo coerente e integrato. Secondo Bauman in realt
36

Bauman Z., La societ dellincertezza, Il Mulino, Bologna 1999, p 8

37

ibidem p 9

56

lambivalenza dellesperienza di questa sorta di crollo e la


conseguente incoerenza di desideri e atteggiamenti si sono proiettati
nella sconfitta dellordine mondiale e nel fallimento dellaudacia
intellettuale e delle sue capacit di comprensione. In sostanza dunque
al posto delle leggi di natura si sono sostituite le leggi di mercato.
La crescente incertezza di cui parla Bauman dovuta ad alcuni fattori
responsabili:
1. Il nuovo disordine mondiale: le politiche del blocco di potere sono
state sostituite da qualcosa di sconosciuto, dallaspetto incoerente e
disorientato. La mancanza di interpretazioni coerenti porta a
previsioni apocalittiche.
2. La deregulation universale: la competizione economica regolata
dalla totale cecit morale. La fiducia di un tempo nelle capacit di
autoregolazione lascia spazio solo a una crescente disuguaglianza
economica tra continenti, paesi e cittadini stessi. Nessuna
occupazione garantita e non c abilit in grado di assicurarla a
lungo.
3. Lo spirito del consumismo ha indebolito anche la rete di protezione
costituita dai rapporti interpersonali. Si tende a identificare laltro
come un potenziale mezzo per ottenere gradevoli esperienze38 .
Parallelamente a questo avvenuto il lento disfacimento delle
competenze sociali, sostituite, ancora una volta da prodotti
tecnologici offerti sul libero mercato.
4. I media veicolano un potente messaggio, supportato da mezzi di
persuasione efficace, che sottolinea lessenza indeterminata e
leggera del mondo. In un mondo tale nulla accade definitivamente,
ma si dissolve rapidamente senza lasciare traccia, non esistono
conoscenze che non siano precarie e provvisorie.
38

ibidem p 63

57

La societ dellincertezza porta dunque a non poter mai risolvere il


problema dellidentit, poich mancano le basi per la costruzione di
unidentit solida, cio le nozioni di familiare ed estraneo, di noi e
altri. In mancanza di una verit unica, definizione che Bauman
sottolinea come pleonastica, siamo preda di una responsabilit
maggiore nel fare le nostre scelte.
Mentre farsi unidentit unesigenza fortemente sentita e un esercizio
incoraggiato da ogni autorevole medium culturale, avere unidentit
solidamente fondata e resistente e restarne in possesso per tutta la vita,
si rivela un handicap piuttosto che un vantaggio poich limita la
possibilit di controllare in modo adeguato il proprio percorso
esistenziale [...].39

2. Il problema della scelta

Bauman sostiene che i moderni mezzi tecnologici invece di creare


occupazione, hanno ridotto le richieste di forza lavoro e le
privatizzazioni hanno deresponsabilizzato i poteri centrali, lasciando
un vuoto e trasformando ci che per la modernit era desiderio di
uniformarsi in desiderio di autoformazione e autoaffermazione. La
nuova paura che assilla luomo postmoderno linadeguatezza:

Non linadeguatezza vecchio stile misurata da lontano in base a un


criterio definito e immutabile a cui ci si deve uniformare, ma una forma
nuova e progredita: una inadeguatezza postmoderna, che rimanda
allincapacit di acquisire la forma e limmagine desiderate, qualunque
esse siano; alla difficolt di rimanere sempre in movimento e di doversi
fermare al momento della scelta, di essere flessibile e pronto ad assumere

39

ibidem p 67

58

modelli di comportamento differenti, di essere allo stesso tempo argilla


plasmabile e abile scultore.40

Su questa linea Renata Salecl sostiene che il nuovo motto


contemporaneo inventare se stessi. Secondo questa studiosa il
capitalismo avrebbe fatto leva proprio su questo senso di
inadeguatezza per costruire un concetto di scelta che si conformi ai
fini consumistici. Lidea di poter scegliere il proprio destino fu
promossa verso la fine del settecento, per supportare gli ideali
illuministici di libert politica, ma era stata introdotta gi dal seicento
in Gran Bretagna per combinare lidea di successo professionale
individuale con gli ideali religiosi del tempo. Anche nellAmerica
settecentesca lespressione self-made man divenne famosa e ispir i
racconti di Horatio Alger nella met dellottocento, storie di
lustrascarpe, venditori ambulanti e artisti di strada che riescono a farsi
rispettare dalla classe media, superando la condizione sociale di
nascita. Allepoca si discuteva sul ruolo che dovesse assumere lo Stato
nei confronti dei cittadini e se fosse giusto che ogni individuo fosse in
diritto di dare sfogo alla propria personale ambizione a discapito degli
altri. I sostenitori del libero mercato credevano che onest personale e
buone intenzioni bastassero ad autoregolare tali ambiti. Uniti al
concetto di uomo che si fa da s vi erano ideali che legavano il
successo allottimizzazione delle proprie risorse, tra queste anche
quelle morali, quindi successo e onest risultavano procedere insieme.
Al volgere del ventesimo secolo fu invece lidea di lotta per la
sopravvivenza ad essere collegata al successo personale, lesistenza
era vista come un campo di battaglia in cui bisogna essere pronti a
tutto per emergere. A complicare la situazione vi fu lemancipazione

40

ibidem p 109

59

femminile, una crescente competizione che pose accanto al self-made


man la self-made woman.
Nella visione postmoderna invece la situazione cambia poich un
relativo benessere economico sembrerebbe essere garantito, non esiste
pi un percorso definito e chiaro per la realizzazione personale. La
vita individuale concepita pi che altro come un opera o come
unimpresa, come qualcosa che va sviluppata, perfezionata e
rielaborata fino a raggiungere il massimo potenziale.

Lidea di scelta si radicalizza: ogni aspetto della propria vita diventa una
questione di decisioni da prendere con cura, in modo da avvicinarsi
quanto pi allidea di felicit e di realizzazione di s proposto dalla
societ. [...]. Tutti noi siamo invitati a comportarci come aziende: fare un
piano per gli obiettivi della nostra vita, compiere investimenti a lungo
termine, essere flessibili, riorganizzare limpresa della nostra esistenza e
rischiare il dovuto in modo da incrementare gli utili.41

Al giorno doggi per sembra che anche semplici scelte, come quale
detersivo comprare, ci mettano di fronte a una crescente incapacit di
scegliere. Nellindecisione la tendenza comprare la cosa pi
pubblicizzata, oppure prendersi del tempo per valutare accuratamente
tutte le possibilit che vengono offerte.
Nella vita privata sembra evidente la stessa forma di paralisi, che porta
alla ricerca di un consiglio di esperti per poter prendere le proprie
decisioni. Figure professionali come coach, motivatori e consulenti in
ogni settore ne sono sintomo. Questo sembra confermato anche
dallaumento spropositato di vendite di libri di autoaiuto e di riviste
pronte a dare consigli su come migliorare ogni settore della propria

41

Salecl R., La tirannia della scelta, Laterza, Bari, 2010, p 25

60

vita: sessuale, familiare, lavorativo e personale. Ogni scelta implica


prendersi una responsabilit:

laccettazione della responsabilit non un compito facile: non solo


perch introduce il tormento della scelta (che comporta sempre una
perdita e un guadagno), ma anche perch preannuncia la perenne
preoccupazione di aver compiuto un errore.

Sembra dunque che un mondo in cui si prospettano infinite possibilit


di scelta, in realt, ci abbia reso solo pi ansiosi. Forse come
sosteneva Kierkegaard lansia deriva da un eccesso di libert, e quindi
da un eccesso di possibilit?
La Salecl sostiene che non leccesso di possibilit il problema del
mondo industrializzato, ma piuttosto linteriorizzazione di un concetto
di scelta razionale, preso in prestito dalla sfera economica e proposto
come unico tipo di scelta.

La psicoanalisi ha dimostrato che raro agire direttamente e


deliberatamente in modo da massimizzare il proprio piacere e
minimizzare il dolore. Spesso sappiamo, razionalmente, che una certa
cosa ci nuoce, ma non riusciamo a fermarci o arriviamo a trovare qualche
forma di soddisfazione nel dolore. 42

Ci che dunque importante sottolineare che il problema della


scelta nella societ postmoderna fa riferimento a unideologia, poich
di fatto le decisioni importanti della nostra vita sono per lo pi
irrazionali, intuitive e derivano da impulsi inconsci, e, soprattutto, la
maggior parte delle scelte che compiamo sono sociali, nel senso che
rispecchiano ci che la societ reputa appropriato. In questa direzione

42

ibidem p 45

61

la Salecl riprende il concetto del grande Altro, di Lacan, che secondo


le conclusioni di Dufour in epoca postmoderna scomparso.

Il soggetto umano ora decentrato a tempo indeterminato; lo spazio


simbolico che lo circonda sempre pi anomico e indefinito. Per questo
il dibattito sul postmoderno si concentrato sulla scomparsa della grandi
narrazioni e delle autorit su cui fare affidamento. Lindividualismo ha
raggiunto un nuovo stadio in cui il soggetto vede sempre pi se stesso nel
ruolo di artefice del s.

3. Limprovvisazione come arte di scegliere

Nel gioco di specchi dellimprovvisazione come fenomeno liminoide


possiamo quindi iniziare a intravedere quali sono i nessi tra questa
pratica performativa e la societ postmoderna.
Limprovvisazione non lascia traccia, non definitiva e non
ripetibile. Il performer si definisce nel presente della performance,
compiendo le sue scelte passo dopo passo sulla scena. Si pone in una
situazione di precariet creativa per riprendere le parole di Certini
sopra citate. Sembra che il danzatore si sia volutamente calato nei
panni di attore sociale in scena. Come se avesse riprodotto una
scenografia postmoderna della situazione sopra descritta. In questo
senso la definizione di Post-Modern Dance non poteva essere pi
calzante. Oltretutto il corpo percettivo, e sensibile del performer
sembra corrispondere perfettamente al nuovo concetto di corpo del
cercatore di sensazioni descritto da Bauman:

Il corpo postmoderno prima di tutto recettore di sensazioni, assorbe e


assimila le sue esperienze, e la sua attitudine e capacit ad essere
stimolato lo trasforma in uno strumento di piacere. [...] Non tanto la

62

performance fisica che conta , quanto la qualit delle sensazioni che il


corpo riceve durante le prestazioni.43

Anche in questo settore della danza vi una rinuncia del virtuosismo a


favore dellespressivit, tesa a fornire sensazioni al pubblico e a
sentirle il danzatore stesso.
Sono presenti nella logica dellimprovvisazione per delle differenze,
il performer infatti non soffre delle proprie scelte. Ci possibile
grazie alla mancanza di un giudizio, poter lavorare senza giudicarsi o
giudicare il lavoro dei propri colleghi permette di lasciarsi andare e
non interrompere il flusso. Inoltre lascolto a guidare la performance
per cui sentirsi in un flusso di scelte condivise permette di accettare ed
essere accettati anche con i propri errori.
Trovo interessante il ruolo dei limiti. La Salecl nota che la mancanza
di restrizioni a cui siamo sottoposti al giorno doggi porta a ridefinire
personalmente dei limiti, e che in realt persone soggette a una minore
possibilit di scelta sembrano essere pi soddisfatte degli altri. Il
limite nellimprovvisazione ha infatti un ruolo creativo e vivificante,
anche quando limprovvisazione libera il limite comunque dato dal
dialogo con il contesto.
Sembra che larte abbia proposto uno spazio protetto in cui potersi
liberare dallansia della scelta, in cui le parole chiave sono
accettazione, ascolto e mancanza di giudizio. Sembra inoltre aver
riportato lattenzione su un nodo cruciale: la scelta non quasi mai
razionale, intuitiva e sociale. Di fatto i performers si allenano a
compiere decisioni condivise e a dover sentire cosa fare, pi che a
decidere cosa meglio fare.

43

Bauman Z., La societ dellincertezza, Il Mulino, Bologna 1999, p 113

63

4. Il circolo virtuoso dellimprovvisazione

Il mondo del lavoro pare essersi accorto che questo spazio aperto
dallimprovvisazione permette di allenare le proprie capacit di scelta.
Come Bauman e Salecl hanno entrambi dimostrato, il problema legato
al prendere decisioni un problema che riguarda la nostra epoca, di
conseguenza siamo tutti coinvolti. Esistono figure professionali che
fanno della scelta il proprio mestiere e che per questa ragione hanno
un grande di carico di responsabilit. In questi settori del lavoro, da
qualche anno a questa parte, limprovvisazione richiesta nel percorso
di formazione, infatti stata notata la possibilit di sviluppare
attraverso di essa le proprie capacit di problem solving, decision
making, team building, leadership e mind mapping. Proprio questa
terminologia sembra avvalorare lidea della Salecl e di Bauman su
uneccessiva interiorizzazione delle leggi che regolano il mercato e
limpresa: allimprovvisazione, in questo campo, sono state tolte le
terminologie usate dagli artisti e tradotte in termini fruibili al settore
manageriale.

64

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Nel percorso dell'esposizione del mio lavoro ho attraversato campi


diversi per apparato teorico, di riferimento e metodologico, data la
complessit del tema e la sua innovativit. Infatti solo di recente
sorto un interesse verso la danza come spazio d'analisi per i risvolti
cognitivi del suo processo di produzione e messa in atto. Per questo ho
ritenuto opportuno, al termine di ogni capitolo, ricapitolare le
questioni affrontate e che, per comodit di lettura, riporto qui di
seguito.

Conclusioni sullimprovvisazione

Alla luce di queste considerazioni sul teatro e sulla danza possiamo


iniziare a individuare il profilo dellimprovvisazione. Abbiamo
detto che per comprendere a pieno il concetto di performativit
necessario riflettere sullidea stessa di performance come pratica
corporea, necessaria ad una ridefinizione critica del reale e
potenziale non-luogo di margine e di passaggio da situazioni socioculturali, definite da nuove aggregazioni sperimentali. Mi sono
quindi messa alla ricerca di cosa realmente venga rappresentato in
questa particolare pratica performativa.
La mia tesi che limprovvisazione sia legata alla prassi postmoderna di mettere attenzione sui processi rispetto ai risultati, ci
che accade che viene esposto il processo creativo dellartista e ne
viene fatto spettacolo. Dallanalisi dei questionari che ho sottoposto
agli spettatori durante il mio esperimento, apparso chiaro che

65

coloro che non si sono accorti che la performance che stavano


osservando era improvvisata, hanno tendenzialmente risposto che
non gli era piaciuta. Invece la maggior parte degli spettatori che
hanno capito, o a cui stato svelato che i performers
improvvisavano, hanno invece gradito lo spettacolo.
Dunque qualcuno ha considerato la performance una coreografia
scadente. Effettivamente secondo unaspettativa di tipo estetico o
drammaturgico uno spettacolo di improvvisazione sar quasi
sempre deludente. Ma allora chi invece ha gradito la performance
cosa ha visto?
La risposta che mi sono data che limprovvisazione in qualche
modo mette in scena la crisi del performer, Non intendo questo
termine in senso esistenziale, in scena non viene mai portato
qualcosa di troppo personale, anzi come abbiamo detto si va
piuttosto nella direzione di perdita dellio. Intendo invece crisi in
termini turneriani come la fase di transizione e di ridefinizione: la
fase ambigua del liminale che si trova tra crisi e compensazione. In
scena abbiamo difatti un performer messo a nudo, che si trova a
creare e a comporre momento dopo momento esponendo le proprie
proposte, ripensamenti, tentativi e incidenti di percorso, che deve
quindi definirsi movimento dopo movimento. E ci che
Csikszentmihalyi chiama flusso che permette questo, e che diventa
protagonista nellimprovvisazione.
Molte persone mi sono venute a cercare, dopo lo spettacolo, per
chiedermi quanto fosse improvvisato di ci che i danzatori
facevano. Quando spiegavo loro che niente era stato strutturato, e
quindi si trattava di unimprovvisazione completamente libera non
volevano crederci. Ci creava ancora pi attenzione e curiosit
riguardo alle performance che si stavano susseguendo.

66

Credo che questa reazione sia comprensibile alla luce del fatto che
limprovvisazione non molto conosciuta in Italia, anche se
largamente praticata, essa assume dunque unaura magica per chi
abituato a vedere solo coreografie e a pensare che i danzatori
procedano nel loro lavoro solo in quella direzione.
Mi sembra per imprescindibile che ci che tiene alto linteresse
del pubblico sia osservare il performer interagire con lo spazio, col
suono, con gli altri danzatori, o con il pubblico stesso, creando
passo passo. D una sorta di brivido vedere come questo decide
cosa fare momento dopo momento, la domanda che viene
spontanea al pubblico cosa far ora?...e ora?.
Rispetto alla teoria di Turner limprovvisazione in danza si propone
come un fenomeno liminoide, mettendo al modo congiuntivo la
scelta del performer e dunque questo rappresenta allindicativo il
dramma sociale legato alla scelta.
Considerando che la danza contemporanea ha trovato diverse
tecniche, strategie e metodi per mettere il danzatore in condizione
di sapere cosa deve fare e come lo deve fare passo dopo passo, mi
sembra quindi che essa proponga una soluzione piuttosto chiara,
configurandosi come terza fase dei drammi sociali, cio quella
compensativa, daltronde lo stesso Turner definisce questa come la
fase da cui il teatro stesso nasce.

Limprovvisazione come arte di scegliere

Nel gioco di specchi dellimprovvisazione come fenomeno


liminoide possiamo quindi iniziare a intravedere quali sono i nessi
tra questa pratica performativa e la societ postmoderna.

67

Limprovvisazione non lascia traccia, non definitiva e non


ripetibile. Il performer si definisce nel presente della performance,
compiendo le sue scelte passo dopo passo sulla scena. Si pone in
una situazione di precariet creativa per riprendere le parole di
Certini sopra citate. Sembra che il danzatore si sia volutamente
calato nei panni di attore sociale in scena. Come se avesse
riprodotto una scenografia postmoderna della situazione sopra
descritta. In questo senso la definizione di Post-Modern Dance non
poteva essere pi calzante. Oltretutto il corpo percettivo, e sensibile
del performer sembra corrispondere perfettamente al nuovo
concetto di corpo del cercatore di sensazioni descritto da Bauman:

Il corpo postmoderno prima di tutto recettore di sensazioni, assorbe


e assimila le sue esperienze, e la sua attitudine e capacit ad essere
stimolato lo trasforma in uno strumento di piacere. [...] Non tanto la
performance fisica che conta , quanto la qualit delle sensazioni che il
corpo riceve durante le prestazioni.44

Anche in questo settore della danza vi una rinuncia del


virtuosismo a favore dellespressivit, tesa a fornire sensazioni al
pubblico e a sentirle il danzatore stesso.
Sono presenti nella logica dellimprovvisazione per delle
differenze, il performer infatti non soffre delle proprie scelte. Ci
possibile grazie alla mancanza di un giudizio, poter lavorare senza
giudicarsi o giudicare il lavoro dei propri colleghi permette di
lasciarsi andare e non interrompere il flusso. Inoltre lascolto a
guidare la performance per cui sentirsi in un flusso di scelte
condivise permette di accettare ed essere accettati anche con i
propri errori.
44

Bauman Z., La societ dellincertezza, Il Mulino, Bologna 1999, p 45

68

Trovo interessante il ruolo dei limiti. La Salecl nota che la


mancanza di restrizioni a cui siamo sottoposti al giorno doggi
porta a ridefinire personalmente dei limiti, e che in realt persone
soggette a una minore possibilit di scelta sembrano essere pi
soddisfatte degli altri. Il limite nellimprovvisazione ha infatti un
ruolo creativo e vivificante, anche quando limprovvisazione
libera il limite comunque dato dal dialogo con il contesto.
Sembra che larte abbia proposto uno spazio protetto in cui potersi
liberare dallansia della scelta, in cui le parole chiave sono
accettazione, ascolto e mancanza di giudizio. Sembra inoltre aver
riportato lattenzione su un nodo cruciale: la scelta non quasi mai
razionale, intuitiva e sociale. Di fatto i performers si allenano a
compiere decisioni condivise e a dover sentire cosa fare, pi che a
decidere cosa meglio fare.

Il circolo virtuoso dellimprovvisazione

Il mondo del lavoro pare essersi accorto che questo spazio aperto
dallimprovvisazione permette di allenare le proprie capacit di
scelta.
Come Bauman e Salecl hanno entrambi dimostrato, il problema
legato al prendere decisioni un problema che riguarda la nostra
epoca, di conseguenza siamo tutti coinvolti. Esistono figure
professionali che fanno della scelta il proprio mestiere e che per
questa ragione hanno un grande di carico di responsabilit. In
questi settori del lavoro, da qualche anno a questa parte,
limprovvisazione richiesta nel percorso di formazione, infatti
stata notata la possibilit di sviluppare attraverso di essa le proprie
capacit di problem solving, decision making, team building,

69

leadership e mind mapping. Proprio questa terminologia sembra


avvalorare lidea della Salecl e di Bauman su uneccessiva
interiorizzazione delle leggi che regolano il mercato e limpresa:
allimprovvisazione, in questo campo, sono state tolte le
terminologie usate dagli artisti e tradotte in termini fruibili al
settore manageriale.

Abbiamo dunque visto nella storia dellimprovvisazione come pratica


performativa, nellambito della Post-modern Dance, quanto essa sia
profondamente legata, fin dalla sua nascita, ai concetti di libert e
comunit. Ho anche mostrato la maggiore complessit di tali concetti
al giorno doggi e come limprovvisazione sia tuttora uno specchio di
tale complessit.
Concludo quindi che la ricorrenza del termine libert collegata a
coraggio, allinterno dei questionari che ho presentato al pubblico,
abbia a che fare con il quadro descritto della societ postmoderna.
Dunque limprovvisazione come fenomeno liminoide riflette al
pubblico limmagine di un performer che sceglie e che in questo senso
libero dal peso e dalla frustrazione legate alla scelta. E plausibile
dedurre che il pubblico, toccato da questa tematica probabilmente a
livello solo parzialmente consapevole, si sia riconosciuto e abbia
usato, a ragione, i termini libert e coraggio.
A questo punto delle considerazioni conclusive intendo mettere in
risalto come un campo cos frammentato di approcci richieda una pi
approfondita sperimentazione e studio proprio nel fare
improvvisazione in danza, con altri performers l dove la preparazione
tecnica, linterazione nel gruppo e con il pubblico possa evidenziare le
implicazioni ed i processi cognitivi messi in atto. E in questa
prospettiva che mi sono orientata con questo mio lavoro su cui intendo

70

continuare non solo professionalmente ma anche nello studio e


riflessione.

71

72

APPENDICE

Workshop guidato da Margherita Landi e Silvia Bennett

73

74

Performance: Portici di P.zza Repubblica, Firenze

75

Performance: Ponte Vecchio, Firenze

Performance: P.zza S.Ambrogio, Firenze

76

Performance: Via Calzaiuoli, Firenze

77

INFO:
State assistendo ad una performance di
improvvisazione che fa parte di un progetto
dellUniversit di Siena legato alla danza.

Stat
impro
dell

Per completare il lavoro avremmo bisogno delle vostre risposte ad


alcune semplici domande su quello a cui state assistendo.

Per comp
alcune sem

Se non

Se non vi andasse di scrivere saremo lieti di raccogliere le vostre


impressioni a voce!

1) Ti piaciuto

1) Ti piaciuto ci che ha visto?

si

no

non so

si

2) Cosa ti piaciuto?

2) Cosa ti pi

3) Cosa NON ti piaciuto?

3) Cosa NON t

4) Che cosa ti ricordi meglio di ci che ha visto?


(Descrivi brevemente un passaggio, un movimento, unimmagine, unespressione...)

4) Che cosa ti
(Descrivi bre

5) Abbiamo quasi finito! Come ultimo sforzo descrivi con 3 aggettivi ci che ha visto

5) Abbiamo qu

Dacci qualche informazione in pi su di te:

Dacci qualche i

Et:.........................................................................

Et:..................

Occupazione:..........................................................

Occupazione:..

ADESSO PUOI IMBUCARE NELLA SCATOLA

GRAZIE !

Questionario/volantino presentato al pubblico in cui si chiarisce che si


tratta di improvvisazione.

78

INFO:
State assistendo ad una performance che fa
parte di un progetto delluniversit di Siena
legato alla danza.
Per completare il lavoro avremmo bisogno delle vostre risposte ad
alcune semplici domande su quello a cui state assistendo.

State
parte

Per com
alcune s

Se non vi andasse di scrivere saremo lieti di raccogliere le vostre


impressioni a voce!
1) Ti piaciuto ci che ha visto?

si

no

Se no

1) Ti piaciu

non so

si

2) Cosa ti piaciuto?

2) Cosa ti

3) Cosa NON ti piaciuto?

3) Cosa NON

4) Che cosa ti ricordi meglio di ci che ha visto?


(Descrivi brevemente un passaggio, un movimento, unimmagine, unespressione...)

4) Che cosa
(Descrivi b

5) Di che tipo di performance si tratta secondo te:

5) Di che tip

A COREOGRAFIA (la performance quindi stata composta precedentemente)

A COR

B IMPROVVISAZIONE (la performance composta sul momento, istantaneamente.)

B IMPR

6) Abbiamo quasi finito! Come ultimo sforzo descrivi con 3 aggettivi ci che ha visto

6) Abbiamo

Dacci qualche informazione in pi su di te:

Dacci qualch

Et:

Et:

Occupazione:

Occupazione

GRAZIE !

Questionario/volantino presentato al pubblico in cui si parla


genericamente di performance, con laggiunta di risposta chiusa.

79

80

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