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Con la legge 17 febbraio 1800, si opera una modifica dellapparato governativo, pur
mantenendo intatta la ripartizione territoriale precedente:
- Dipartimenti (ognuno con Prefetto + Consiglio Generale dipartimentale + Consiglio di
Prefettura)
- Distretti (ognuno con Sottoprefetto + Consiglio Distrettuale)
- Comuni (ognuno con maire + Consiglio municipale).
In questo sistema, i prefetti e i sindaci erano le figure centrali, sulle quali il potere centrale
poteva contare per controllare e gestire il paese; gli organi collegiali avevano soltanto una
funzione limitata di rappresentanza della popolazione e dei loro interessi.
Il marchio autoritario era per di pi aggravato da:
- nomina dallalto degli amministratori
- tutela governativa sugli atti delle collettivit territoriali.
In sostanza i comuni diventavano semplici appendici del potere statale. Limpianto napoleonico
ricordava molto da vicino lesperienza assolutistica, tanto da far dire a Tocqueville che
lintendente regio e il nuovo prefetto si stringevano la mano sul baratro della frattura
rivoluzionaria.
La rivoluzione e i suoi sistemi politici e amministrativi giunsero oltre i confini francesi, fino a
influenzare i modelli costituzionali e amministrativi nellItalia di fine Settecento. Tuttavia, le
correnti francesi non trovarono una tabula rasa al loro arrivo, ma un filone ideologico
riformatore gi presente in alcune zone italiane (Piemonte sabaudo, Lombardia, Toscana):
1. adozione della normativa di genere (applicazione agli enti locali dello stesso modulo
organizzativo)
2. apertura delle cariche amministrative al ceto dei possidenti
3. concessione di discreta autonomia ai corpi municipali (comunque controllati ancora)
Questi vari ordinamenti per, a causa delle vicende belliche e dellinstabilit politica, non
ebbero modo di funzionare appieno, e furono ben presto soppiantate dallintroduzione, anche
nella penisola, del modello napoleonico.
Infatti, nel 1802, lo Stato sabaudo era stato inglobato direttamente nellimpero francese (e
quindi sottoposto a sua normativa). (da ricordare inoltre che il Regno di Napoli era guidato da
Giuseppe Bonaparte, quindi anche a questo veniva applicato lo stesso modulo organizzativo).
Per quanto riguarda il governo centrale, ci fu lintroduzione del modello ministeriale (diversi
Dicasteri, suddivisi a loro volta in Direzioni generali e Divisioni) e del Consiglio di Stato (tre
collegi, su modello francese).
La razionalizzazione riguard anche la burocrazia e il pubblico impiego (introduzione di
disciplina dettagliata degli incarichi di lavoro, preciso status giuridico dei funzionari, accesso
alle cariche fondato su criteri oggettivi,..).
Per quanto attiene ai rapporti centro-periferia, il modello era quello francese fortemente
centralistico, e lo stesso avvenne per quanto riguarda le divisioni territoriali. Oltre a ci,
lautonomia degli enti locali veniva ridotta anche dalle nomine dallalto delle cariche, controlli
gerarchici, e i cittadini gravati da pesanti carichi fiscali a causa delle spese obbligatorie e le
imprese belliche.
La legislazione italiana si presenta quindi come controfigura di quella francese, adottata in
Italia a causa di una debolezza evidente nei confronti degli invasori e della loro egemonia. Si
parla in questi casi di insinuazione: esportazione di ordinamenti giuridici attraverso impulsi
esterni e adesioni interne.
A seguito della caduta dellimpero napoleonico, vi fu in Europa un arretramento rispetto
alle conquiste dellepoca rivoluzionaria.
Dal punto di vista istituzionale, avvennero modificazioni costituzionali e dei diritti dei cittadini.
Per quanto riguarda lamministrazione, questa venne mantenuta nelle sue linee essenziali in
molti stati un tempo napoleonici anche dopo il Congresso di Vienna: il motivo sta nel fatto che
la macchina autoritaria di Napoleone era lo strumento pi adatto ed efficace per controllare la
situazione politica e reprimere i tentativi di rivincita dei rivoluzionari.
Anche in Italia, il Regno di Sardegna si distinse per volont nel voler mantenere la
legislazione francese.
Per quanto attiene lordinamento locale:
- designazione del sindaco divent di nomina governativa (diventando quindi sindaco capo
dellamministrazione locale e delegato statale)
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La Lombardia, da parte sua, aveva una legislazione sugli enti locali di tipo teresiano,
allavanguardia e che si era distinta per particolare efficienza e onest. Per questi e altri motivi
(oltre al fatto che la legislazione austriaca tutelava al meglio le pretese e gli interessi dei
borghesi lombardi), la classe dirigente lombarda non era disposta ad accettare unannessione
pura al Regno di Sardegna, e a vedersi applicati gli schemi amministrativi piemontesi. Per
risolvere la questione venne creata la Commissione Giulini, col compito di progettare un
ordinamento ad hoc. Al suo interno si formarono due schieramenti:
- quello filopiemontese, che sosteneva un semplice adattamento della Lombardia al regno di
Sardegna
- quello filolombardo, che mostr ben presto linconsistenza delle sue argomentazioni. Non
potendo difendere fino in fondo lordinamento dell invasore austriaco, sostennero di
preferire un sistema come quello napoleonico francese: quello che in sostanza era vigente nel
Regno di Sardegna (come fecero notare i filopiemontesi).
Con un decreto del 1859, si raggiunse una situazione di compromesso:
- a livello comunale e distrettuale veniva conservato il sistema lombardo
- a livello provinciale sarebbero stati introdotti gli intendenti generali
- al vertice: un governatore, con una Commissione consultiva.
Questo regime derogatorio dur finch il Rattazzi, nello stesso anno, attraverso i pieni poteri,
eman un pacchetto di riforme politiche e amministrative da applicarsi anche alla Lombardia:
1. creazione di nuovi codici
2. diversa legge elettorale per la camera dei deputati
3. istituzione della Corte dei Conti
4. riforma del Consiglio di Stato (modifica delle attribuzioni e giudice dappello del contenzioso
amministrativo)
5. per quanto riguarda gli ordinamenti locali, attraverso la Commissione Ponza di San Martino,
venne promulgata una legge che non presentava radicali differenze col regime precedente:
- i livelli di governo erano gli stessi (salvo i nomi: Divisioni diventano Province e le Province
Circondari)
- cambiavano per gli organi amministrativi:
a. Consiglio comunale eleggeva Giunta comunale; sindaco veniva mantenuto di nomina regia
b. per quanto riguarda i Circondari, viene meno il Consiglio elettivo
c. al vertice il Consiglio sceglieva una Deputazione provinciale presieduta da un Governatore
(di nomina statale, che sostituiva lintendente). La Deputazione aveva il compito di
controllare gli atti degli enti comunali e il Consiglio Provinciale aveva funzioni di natura
residuale. Il Governatore effettuava un controllo sugli atti amministrativi dei Comuni
attraverso i vicegovernatori e intendenti.
La legge Rattazzi non costituiva un vero superamento del modello francese, e conteneva
principi palesemente contraddittori:
- caratteristiche democratiche (allargamento del suffragio, riduzione dei controlli,
alleggerimento delle spese obbligatorie)
- elementi di rigidit (maggior ingerenza dellesecutivo, riduzione della potest di
autoregolamentazione).
Nonostante le critiche, la legge entr in vigore in tutti gli altri stati, anche Emilia e Lombardia.
Lunica a cui venne applicato un regime transitorio fino al 1865 fu la Toscana.
I contrasti sorti dal provvedimento Rattazzi non vennero meno, tanto da spingere Cavour a
nominare una Commissione temporanea di legislazione presso il Consiglio di Stato; i progetti
sono noti come progetti Farini-Minghetti. La loro elaborazione (e fallimento) dovuta
principalmente al fatto che in quegli anni viene annessa al resto dItalia la zona meridionale. Il
riconoscimento di self-government era caratteristica peculiare delle teorie liberali, ma per vari
motivi non venne mai attuata. Con questo progetto si cerc di dare maggior valore alle
richieste di autonomia.
- Farini pensava le regioni come circoscrizioni amministrative dello stato, formate da delegati
provinciali e poste sotto la guida di un governatore; in Commissione prevalse per unidea di
regione come vero e proprio corpo morale con competenze specifiche.
- Minghetti proponeva maggior cautela nel progetto di realizzazione delle regioni; si tratta di
progetto sperimentale, che deve comunque essere subordinato al fine essenziale di unit
politica del paese.
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Il testo della riforma (prevedeva anche una riforma delle leggi comunali e provinciali) venne
sottoposto allesame del Parlamento, che non lo approv, a causa dei molteplici dubbi; per il
momento lipotesi regionalistica venne messa da parte.
Ci che pi di tutto fece propendere per una scelta centralistica, continuando a percorrere la
strada scelta in passato, fu lannessione delle regioni meridionali, e la loro arretratezza sociale
ed economica (laddove debole era la borghesia e forte il rischio di un ritorno delle elites
borboniche) spinse verso lunificazione dal punto di vista istituzionale e da punto di vista
amministrativo verso lallargamento del modulo gi applicato nelle regioni del Centro Nord.
Infatti eventuali autonomie regionali avrebbero posto in serio pericolo lunit dello stato.
Quindi la Destra storica, nonostante ideologicamente di segno opposto opt invece per un
modello amministrativo gerarchico e autoritario. Mentre Ricasoli era promotore della
estensione pura e semplice della legge del 1859 a tutta lItalia, il ministro dellinterno Peruzzi
proponeva riforme della legge comunale e provinciale, introducendo delle modifiche di tipo
democratico ed autonomistico (ampliamento dellelettorato e distacco del prefetto dalla
presidenza della Deputazione). I nuovi eventi storici fecero per rigettare tale proposta e
spingere invece per laccelerazione dellunificazione amministrativa.
Nel 1864 il nuovo governo present un pacchetto normativo da accettare o respingere
in blocco, riguardante lordinamento comunale e provinciale, opere pubbliche, sicurezza
pubblica, sanit, Consiglio di stato, contenzioso amministrativo.
1) poteri locali: alle Province venivano riaddossate le spese obbligatorie in materia di
istruzione, lavori pubblici, viabilit
2) allargamento del suffragio, controbilanciato da fitta rete di controlli
3) sottoposizione della Toscana allordinamento.
Nonostante le proposte in materia, numerosi furono i nodi lasciati, e la quistione
amministrativa continuer ad essere uno dei problemi irrisolti del paese.
In questepoca tuttavia due figure chiave dellamministrazione ricevono piena qualificazione:
a. Il prefetto, analizzato secondo i principi di politicit, integrazione e rappresentanza.
Politicit nel senso che la loro nomina, a prescindere dal tipo di accesso, manifesta
carattere di alta discrezionalit politica; Integrazione nel senso di presenza di altre cariche
amministrative accanto alla figura del prefetto (carica debole rispetto alla figura del prefetto
napoleonico). Rappresentanza poich si tratta di un funzionario pubblico a tutti gli effetti.
b. Il sindaco invece a cavallo fra stato e societ civile, primo esponente della comunit
locale e ultimo ingranaggio della catena amministrativa. La questione dibattuta riguard
senzaltro le modalit di accesso alla carica, fra nomina statale o elezione. Per quanto
attiene alla sua evoluzione storica, vediamo come le riforme settecentesche riconoscono ai
cittadini un diritto di nominare il proprio sindaco, mentre il regime napoleonico fissa il
criterio generalizzato delle nomine dallalto. NellItalia liberale si manifesta la nomina regia,
mentre il fascismo torner alla soluzione governativa. La richiesta di rendere elettiva la
carica era propria nellottocento degli esponenti del filone autonomista, in quanto la
designazione statale veniva vista come odioso strumento del potere centrale di indirizzare,
pilotare e controllare i comuni. A dire il vero entrambe le scelte presentano pregi e difetti:
la nomina statale sicuramente non dava garanzia di scelta corretta, ma lelezione locale
avrebbe potuto rendere il sindaco ostaggio nei notabilati locali. Allinterno della macchina
locale il suo compito non era poi sempre agevole, dovendo egli confrontarsi col segretario
comunale e con i membri della giunta e del consiglio, oltre che con i membri della
amministrazione statale (prefetti, ecct.). Soltanto con i partiti di massa, e lelettivit della
carica, diventer vero imprenditore politico.
La legislazione italiana ha seguito fino a questo punto la strada dellaccentramento statale e
burocratico, analizzata e criticata dalla storiografia, a partire dagli anni 60 del 900.
1. filone neoliberale: atteggiamento giustificazionista nei confronti delloperato della classe
politica del Risorgimento. Le cause dellaccentramento devono ritrovarsi nella necessit
allepoca di garantire lunit del paese, minacciata dai neri e dai rossi, e salvaguardarne la
compattezza. Alle accuse di piemontesizzazione, si risponde dicendo che il modello
sabaudo-napoleonico era quello pi allavanguardia allepoca, e quindi il pi adatto per uno
stato alla sua nascita.
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autogoverno viene concessa nellottica di una libert da privato cittadino, concependo lente
locale come consorzio fra privati cittadini.
Allinterno della politica di riforma di Crispi convivevano due ispirazioni: una tendente
allallentamento della rigidit del sistema, laltra mirava a ulteriore consolidamento. Questo
spiegabile facendo riferimento alle tendenze istituzionali:
a- naturale evoluzione in senso statalistico dei leader politici, anche se allinizio della carriera
parteggiano per lautonomia
b- lesigenza per le classi dominanti di bilanciare lallargamento del suffragio e altre misure
democratiche, con un sistema di controlli pi fitto.
Per quanto attiene lultimo punto, ruolo fondamentale era quello dei prefetti. I punti delle
proposte di modifica sono:
1. diversa normativa sullo status giuridico: finalizzata a dare al governo strumenti pi celeri
per gestire il corpo prefettizio.
2. abolizione della incompatibilit fra mandato parlamentare e carica prefettizia: estendere
quindi la cerchia dei soggetti con titolo per essere nominati prefetti, tornando ancora una
volta a confondere amministrazione e politica, aprendo uno scambio di favori fra eletto e
potere esecutivo.
3. istituzione della grande prefettura: attuazione di un disegno di razionalizzazione degli
apparati statali, distinta in due progetti;
- revisione delle circoscrizioni amministrative, previsione di un Distretto sorto dallunione di pi
province
- istituzione di un superprefetto che doveva guidare e sorvegliare alcuni servizi decentrati
(Genio civile, Provveditorato agli studi, ..) che si erano staccati dalle prefetture. Questultima
ipotesi della grande prefettura non venne presa in considerazione.
Oltre a modifiche comunali e provinciali, assistiamo a riforme anche su altri livelli:
B) Riordinamento dellamministrazione centrale: con la legge 12 febbraio 1888:
- ruolo del presidente del consiglio: creazione di una segreteria di presidenza per rafforzare la
figura del primo ministro
- segretari generali: vengono aboliti e sostituiti con dei sottosegretari pi duttili, pi facilmente
manovrabili, con competenze politiche
- procedura di creazione e soppressione dei dicasteri: numero e attribuzioni vengono fissati
con decreti regi.
C) Sanit: si passa da una concezione burocratica della presenza statale nel settore a una
visione pi moderna dei problemi igienico-sanitari, anche in ottica di prevenzione, con
attribuzione di competenze fra organi amministrativi centrali periferici e locali.
D) Legge 17 luglio 1890: in tema di assistenza e beneficenza, veniva superata concezione
neutrale dello stato in materia, aprendosi a un suo intervento laddove la materia era
monopolizzata da enti religiosi e laici privati. Queste vennero ricondotte sotto lunico
schema organizzativo delle IPAB (istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza),
sottoposte a stretta sorveglianza dellesecutivo e delle prefetture.
E) Per quanto attiene la giustizia amministrativa, da ricordare che la legge abolitrice del
contenzioso del 1865 aveva mostrato gravi limiti, soprattutto lasciava prive di tutela quelle
situazioni giuridiche assimilabili agli interessi, e le controversie relative venivano gestite
dalla stessa amministrazione a fronte di un ricorso da parte dei cittadini stessi. Il sistema
crispino modificava la situazione attraverso la creazione della IV sezione del Consiglio
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Ad ogni modo, le legge fu importante perch introduceva listituto del referendum: i cittadini
dovevano decidere se approvare o meno la delibera di assunzione pubblica di un servizio.
Esaurite le fasi procedimentali, il Comune diventava come unazienda privata: era governata
da una speciale Commissione nominata dal Consiglio comunale e guidata da un Direttore.
Operando per sul mercato, contribuiva a calmierare i prezzi anche con una politica tariffaria
pi vantaggiosa per i ceti meno abbienti e contemporaneamente risanava le casse pubbliche,
dietro pagamento del servizio. Si ha quindi il passaggio da un comune arbitro a un comune
imprenditore.
In questa epoca acquistano crescente ruolo politico il movimento cattolico e quello
socialista. Per quanto riguarda i cattolici, questi erano stati a lungo impediti (per via del non
expedit del papa) nellesercizio dei diritti politici, ma non restarono comunque estranei alla vita
politica, dotandosi di strumenti per poter guidare Comuni e Province, in competizione con
socialisti e liberali. Si facevano portatori di una critica allo stato centralizzato liberale,
riprendendo tematiche cattoliche e sociali, come quella della partecipazione dei cittadini alla
vita politica su basi corporative, che avrebbero fatto da mediatore fra cittadino e stato:
appunto le comunit intermedie e gli organismi solidaristici di matrice cattolica. Questa opera
visibile a seguito della fondazione della Democrazia Cristiana di Murri e del Partito
popolare.
Gestendo alcune province e comuni, i cattolici danno luogo a un vero e proprio municipalismo
sociale cattolico.
Fra gli esponenti pi importanti di questo movimento troviamo Francesco Invrea (che
rivendicava una vera autonomia amministrativa dei comuni che permettesse loro di intervenire
con attivit pubbliche ben mirate) e il fondatore del partito popolare Don Luigi Sturzo (che
intravedeva nella lotta per le autonomie un momento di educazione delle masse e promozione
dei ceti rurali). Verso la fine dellet giolittiana si attenua anche il municipalismo cattolico.
mostrando le sue due facce: quella che sosteneva lautonomismo solo per polemica nei
confronti del liberalismo e quella che si serviva della battaglia per ottenere maggiore
democraticit della macchina statale.
Anche da parte socialista si assiste alla formazione di un vero e proprio socialismo municipale,
inteso come parte di un movimento pi ampio di natura operaia e marxista. Durante la
seconda met dellottocento, lattenzione dei socialisti verso i problemi dellautonomia non
molto forte, essendo maggiormente concentrati verso un tentativo di sovvertire le istituzioni
pubbliche (critica al mondo borghese - filosofia marxista - dittatura del proletariato). Infine i
settori pi moderati del partito socialista arrivano alla formulazione di veri e propri programmi
per consentire alla classe operaia di volgere a proprio vantaggio istituti propriamente borghesi.
In questo modo si avr una formazione di ceti popolari, e si giunger alla formazione di alcune
generazioni di amministratori di estrazione operaia e contadina. Con il declino del socialismo
municipale, dovuto soprattutto alle divisioni allinterno della stessa corrente, far la sua
comparsa il fascismo, che cercher in tutti i modi di sradicare le amministrazioni locali in mano
alle sinistre. Punti in comune dellideologia socialista e cattolica sono:
- municipalizzazione dei pubblici servizi
- attenuazione dei controlli prefettizi
- maggiori risorse economiche agli enti comunali e provinciali
- difesa prioritaria delle classi operaie
- riforma dei tributi.
Inoltre, i socialisti insistono per lintroduzione del referendum quale meccanismo alternativo
alla tutela delle GPA, obbligatoriet dellistruzione fino alla 5 elementare, abolizione del dazio
consumo e dellimposizione indiretta, affidamento della pubblica sicurezza agli enti locali.
I cattolici vogliono sottolineare il ruolo degli ecclesiastici nel sistema educativo scolastico e
degli enti di beneficenza, protezione degli interessi del mondo agricolo, stato su basi
regionalistiche, aiuto comunale alle cooperative.
Tornando al contesto istituzionale, Giolitti predilige delle riforme blande di decentramento
burocratico, anche se sostenitore di modifiche di grande portata, come quelle sulle
amministrazioni parallele. Al contempo utilizza gli strumenti tradizionali di controllo statale con
autorevolezza, soprattutto i prefetti, che Giolitti usa senza scrupoli (ministro della
malavita).
Linterventismo dei prefetti brutale se si parla di orientare lesito delle consultazioni politiche
(prassi non onorevole, ma risalente nel tempo), me anche chiara manifestazione del diverso
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atteggiamento dello stato nei conflitti di lavoro (iniziale instaurarsi di una neutralit statale
nelle lotte fra imprenditori e operai). Coesistenza quindi di aperture democratiche e di abitudini
che di liberale avevano poco. Nonostante gli elementi di conservazione, importanti furono le
innovazioni:
- pubblico impiego: disciplina organica dello status giuridico dei dipendenti statali con
una legge del 1908. Divideva gli impiegati in tre nuove categorie (amministrativa, di
ragioneria, dordine) e in due ruoli (centrali e periferici).
- 1902: legge sui segretari comunali, nella quale venivano fissate norme sulla selezione e il
loro accesso alla carica.
- creazione dellamministrazione parallela: municipalizzate, enti pubblici economici e
aziende statali che resteranno tali in epoca fascista e repubblicana (es. INA e ferrovie).
- introduzione a livello ministeriale dei Consigli superiori: procedere alla razionalizzazione dei
processi decisionali interni accostando alla gerarchia verticale degli staff di tipo orizzontale e
contemporaneamente aprire la gestione amministrativa alla rappresentanza degli interessi
economici e di settore che stavano mettendo in crisi lo stato liberale.
La guerra non mise in crisi il modello amministrativo giolittiano che anzi ne usc pi compatto
(fino al fascismo).
Si passa dunque da uno stato monoclasse (borghese, senza partiti) a un stato pluriclasse, dove
trovano accoglimento le istanze dei nuovi movimenti sociali che sanno anche organizzarsi in
formazioni politiche (gli eredi dei neri e rossi). Nonostante le innovazioni, lo stato giolittiano si
presenta come Giano bifronte: una faccia democratica e moderna, laltra ancora troppo
burocratizzata, autoritaria e centralizzata.
La vittoria del fascismo sar anche vittoria della media-alta borghesia, che affider le proprie
sorti allunico partito ritenuto in grado di garantire la stabilit istituzionale, lordine pubblico e
le tendenze rivoluzionarie e socialiste. Oltre alla riforma autoritaria dello stato, il fascismo si
prodigo per conquistare il consenso di larghe fasce della popolazione, alcune volte attivo, altre
meramente passivo, nel timore di ritorsioni.
Fra i principali ostacoli del fascismo agli inizi ci furono gli enti municipali, guidati da esponenti
del Partito Popolare, della Sinistra e delle elites liberali; diventarono avversari di una
competizione politica che non di rado si trasformava in scontro illegale, attraverso lazione degli
squadristi. Una volta completata la conquista delle province e dei comuni, si rese necessaria
una modifica degli assetti organizzativi, in modo da renderli consoni allideologia autoritaria.
Il nuovo ordinamento, previsto dalla legge 4 febbraio 1926, allinizio previsto soltanto per
alcune categorie di comuni, e nellanno successivo venne esteso a tutti i comuni italiani.
Venivano cancellati i tre organi fondamentali (Consiglio, Giunta, Sindaco), azzerato il principio
di elettivit delle cariche, e lintero potere venne concentrato nelle mani del podest, che
veniva nominato con decreto reale e poteva essere affiancato da una consulta, formata per 1/3
da cittadini scelti dal prefetto, e per 2/3 da membri scelti da enti economici, sindacati e
associazioni locali.
Per quanto riguarda le Province, nel 1928 vennero riformate, i tre organi aboliti e sostituiti da
un Preside che si avvaleva di un collegio, detto Rettorato.
Lesito di queste riforme non fu per esaltante; podest e presidi erano, non infrequentemente
incapaci e corrotti; il servizio ispettivo dovette intervenire in numerosi casi per porre fine ad
abusi e vigilare sul corretto andamento.
Nonostante lautoritarismo, questo non venne considerato sufficiente, e Mussolini aument il
controllo gerarchico e gli organi di sorveglianza. Vennero potenziate le competenze dei prefetti
e lo stesso Mussolini indic quale fosse il compito dei rappresentanti locali: quello di fedeli
esecutori della volont del regime. Gli interventi riguardarono anche la figura del segretario
comunale, unica figura ritenuta in grado di garantire un minimo di efficienza gestionale; questo
nel 1928 ottenne la qualifica di funzionario dello stato, potendo inviare pieghi suggellati
direttamente al prefetto o al ministro.
Venne riformata anche la finanza locale con lapprovazione nel 1931 di un testo unico col quale
le spese facoltative venivano sottoposte a un regime di autorizzazione particolarmente severo.
Fin dal 1923 si procedette a una revisione degli organici di comuni e province, con drastiche
riduzioni del personale. Con il testo unico del 1934 tutta la disciplina del pubblico impiego
venne unificata.
Ritornando alla questione dei pubblici dipendenti, con una legge del 1922 il govern inizi ad
emanare una serie di decreti regi tesi a semplificare e razionalizzare il sistema amministrativo
e ridurne i costi, operando una contrazione degli organici e una riduzione dei dicasteri. Dal
meccanismo dei ruoli aperti si passava al modello dei ruoli chiusi, con unaccentuazione della
gerarchia dei pubblici dipendenti.
Sotto il punto di vista economico, vi fu una dose di liberalismo che port alla parziale
privatizzazione del servizio telefonico, al superamento del monopolio dellINA e a una politica di
disincentivazione delle municipalizzazioni.
Questi provvedimenti tuttavia non diedero gli esiti sperati, e nel 1928 fu necessario creare un
Comitato per il perfezionamento dei metodi di lavoro, che lavor in modo da creare una
burocrazia efficiente, con tagli agli esuberi e altamente specializzata. Mussolini gett il progetto
al rogo, pur riconoscendo innovativit dellottimo lavoro svolto. La riforma non poteva essere
applicata in un paese dove la pubblica amministrazione costituisce una valvola di sfogo
lavorativa molto importante.
Nel periodo fascista molto importante il dualismo fra organizzazione dello stato e
organizzazione del partito; tendenzialmente si assiste a una sottoposizione delle strutture di
partito a quelle statali (es supremazia del prefetto sul ras provinciale).
Ciononostante il partito non pu essere non considerato come lelemento unificante degli
assetti amministrativi nella sua forma cos totalizzante e burocratica. Abbiamo dunque il
passaggio da un comune borghese a un comune nominale, da uno stato comunit a uno stato
apparato.
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