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Le nubi

prima
della tempesta

Un nuovo
socialismo per
il xxl secolo

di Leonardo Masella

di Varada Rajan*

Nella caotica, difficile e inedita situazione,


nella quale sembriamo brancolare nel
buio, sommersi dalla legge finanziaria e
dagli assalti e dalle spinte da destra, al fine
di dare le risposte non facili al che fare a
sinistra ci aiutano due eventi positivi degli
ultimi tempi: la bella manifestazione contro la precariet del 4 novembre e la coraggiosa critica degli operai Mirafiori alla
politica del governo e alla Cgil, tornata di
colpo concertativa. Sono gli unici, ma importanti, segnali positivi in una situazione
sociale e politica pessima, nella quale si addensano scure nubi di tempesta rispetto
alle quali conviene attrezzarsi.

Se si votasse ora, la somma dei partiti che


compongono lUnione sarebbe di poco
sopra il 40% e quella dei partiti della Casa
delle libert andrebbe di poco sotto il
60%. Una vera catastrofe, la cui causa principale da ricercare nella politica del governo di centro-sinistra che ha fatto di
tutto per perdere consensi popolari.
Berlusconi, Bossi, Fini e i gruppi neofascisti portano il 2 dicembre un milione di
persone in piazza del Popolo, raccogliendo e canalizzando il malessere sociale
verso le peggiori pulsioni di destra, populiste, egoistiche, razziste, maschiliste, anticomuniste: altra catastrofe prodotta dal liberismo tecnocratico europeista dei banchieri del governo Prodi. E si continua aristocraticamente a far finta di niente. Anzi,

Compagne e compagni, rappresentanti


dei partiti provenienti dai diversi paesi, a
nome del Partito Comunista Indiano
(Marxista) vi porto un caloroso saluto in
occasione di questo incontro internazionale. Voglio congratularmi con la dirigenza del Partito Comunista Portoghese
per aver deciso di organizzare a Lisbona
questa iniziativa.
Largomento di questo incontro articolato e comprensivo dei diversi aspetti dellattuale situazione internazionale. Il pi
grande pericolo che si trova oggi davanti
la comunit internazionale costituito
dalla sempre pi opprimente offensiva
dellimperialismo, con particolare riferimento agli Stati Uniti. Tale offensiva tende
a svilupparsi su pi livelli, militare, politico, economico e ideologico. Lattuale
amministrazione Usa, presieduta da
George Bush, rappresenta gli ambienti
pi retrivi e reazionari del capitale globale. Egli non ha esitato a dichiarare una
guerra globale contro il terrore con lintento di imporre legemonia statunitense
sul mondo intero.
Limperialismo Usa ha agito per trarre il
massimo vantaggio dallordine mondiale
unipolare che si affermato dopo il
crollo del muro di Berlino e il collasso
dellUnione Sovietica. Ha operato per imporre la propria visione del mondo allintero pianeta. Dalla proclamazione della
Strategia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti dAmerica nel 2002, limperialismo Usa ha fatto sfoggio della propria potenza militare e della propria politica aggressiva in ogni regione del mondo

segue a pag. 2

segue a pag. 7

IL

RITORNO DI

BERLUSCONI,

C ATA S T R O F E A N N U N C I ATA

ATTENZIONE

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sommario a pagina 3
Anno XV - N. 6 Novembre/Dicembre 2006 - 5 euro
Reg. Trib. Cremona n. 355 12.4.2000
Sped. A.P. D.L. 353/2003
(con. in L. 27/02/2004 n46) art. 1 c.1 DCB-CR

Novembre - Dicembre 2006

Editoriale

segue L. Masella da pag.1

peggio. Il rimedio che emerge maggioritario dalla compagine governativa la cura omeopatica della
crescita della causa che ha prodotto
la malattia, cio pi liberismo, pi
privatizzazioni, ancora tagli alla
spesa sociale e riduzione del ruolo
dello Stato (solo dove fa comodo al
capitale, non certo nel sostegno alle
imprese e nelle guerre). Dopo le
elezioni, qualcuno a sinistra affermava che poich la vittoria
dellUnione era stata risicata, la politica del governo avrebbe dovuto
essere rivolta ad allargare i consensi
popolari. Giusto, ma si fatto proprio tutto il contrario.
Quello che sta succedendo conferma ci che avevamo gi visto con

Sulla diffusione della cultura del


profitto, sullapologia della centralit dellimpresa, sulla aziendalizzazione della politica e dello Stato,
sulla dittatura della mercificazione
e del pensiero unico liberista, sulla
diffusione dei fenomeni di razzismo
contro gli immigrati, sullaumento
dei fenomeni di violenza contro le
donne e di bullismo contro i ragazzi
pi deboli e indifesi, sulla pervasivit devastante della sottocultura
reazionaria della TV spazzatura ? Se
non si va alle cause dei fenomeni invece che agli effetti, non ci si pu
poi meravigliare o lamentarsi che
vincano o che abbiano ancora tanta
forza Berlusconi, i leghisti o i neofascisti.
LE

Un forte allarme, invece di far


finta di niente o addirittura invece
di partecipare alloperazione,
dovrebbe essere lanciato
per contrastare la pericolosa
operazione in corso,
di repressione e di normalizzazione
di ogni antagonismo
o radicalismo di sinistra

il risultato elettorale: una societ italiana culturalmente spostata a destra. Quando si far a sinistra una riflessione sul fatto che nonostante
un personaggio come Berlusconi e
i disastri compiuti in 5 anni, la met
dellelettorato ha votato per lui ? E
come mai ancora in grado di aumentare i consensi e persino di
muovere la piazza ? Quando si far
un ragionamento serio oltre che sul
personaggio anche sul fenomeno
oggettivo che ha prodotto non solo
Berlusconi ma il berlusconismo ?

ELEZIONI IN

MOLISE

In questa catastrofe, chi rischia di


pi in termini di crisi elettorale, di
fiducia, di militanza la sinistra radicale e allinterno di essa
Rifondazione Comunista, perch
il partito di frontiera, il pi esposto
perch percepito come il pi coerente, il pi vicino alla sofferenza
sociale, che non ottiene i risultati
promessi e delude quindi pi di tutti
le aspettative e le enormi speranze,
forse illusioni, di giustizia sociale
che si erano create con la vittoria di
Prodi contro Berlusconi. Sono tutti
uguali ed anche Rifondazione
come gli altri: questo il messaggio
devastante che rischia di essere percepito dallimmaginario collettivo.
Difatti il primo test elettorale un
primo brutto segnale. In Molise il
Prc passa dal 4,7 delle elezioni politiche di aprile al 2,2 delle regionali
di novembre. In 7 mesi un tracollo
elettorale. Pur sperando vivamente
che si sia trattato di un incidente di
percorso non generalizzabile, tuttavia dovrebbe essere lanciato un
forte allarme, invece di far finta di
niente, o magari prendersela addirittura, con incredibili provvedimenti disciplinari daltri tempi, con
il gruppo dirigente locale del Prc
che fa riferimento allarea lernesto.
Repressione invece che riflessione.

Alla faccia dei convegni sullo stalinismo !


LA

NORMALIZZAZIONE

DELLA SINISTRA RADICALE

Un forte allarme, invece di far finta


di niente o addirittura invece di partecipare alloperazione, dovrebbe
essere lanciato per contrastare la pericolosa operazione in corso, di repressione e di normalizzazione di
ogni antagonismo o radicalismo di
sinistra. E un processo a catena: in
Italia c ancora troppa sinistra, e
nella sinistra c troppa sinistra radicale, e nella sinistra radicale c
troppo antagonismo, anticapitalismo, ci sono ancora troppi comunisti, addirittura due partiti comunisti, come hanno fatto notare i giornalisti tedeschi a Prodi che rispose:
solo folclore ! Confindustria,
lUnione Europea, il Vaticano, i vertici militari, la Nato, gli Usa, Israele,
i grandi mezzi di informazione (fra
cui spicca il Corriere della Sera),
conducono questa danza e dirigono
questa operazione. Allo scopo di
spingere la situazione politica verso
uno sbocco pi spostato al centro,
determinano gi ora, con la loro
aperta attivit, una politica neocentrista e liberista, condizionando
quotidianamente e pesantemente
lopinione pubblica, loperato del
parlamento, del governo, dei partiti
e delle loro correnti, dei movimenti,
alla faccia della Costituzione ritualizzata e dei tanti vecchi e nuovi apologeti del democraticismo parlamentare borghese.
Come non vedere le reazioni intimidatorie scatenatesi allindomani
della manifestazione contro la precariet del 4 novembre, con lattacco ai sottosegretari della sinistra
radicale presenti in piazza ? Come
non guardare con preoccupazione
lattacco concentrico al ministro
Ferrero per il suo voto contrario allo
scippo del Tfr ? Come leggere il vero
e proprio processo fatto dalla stampa al segretario del Pdci Diliberto
per la sua partecipazione alla manifestazione per la Palestina del 18 no-

Novembre - Dicembre 2006

vembre ? Come interpretare i recenti attacchi a Cremaschi e alla


Fiom da parte della maggioranza
diessina della Cgil ? E che dire delle
polemiche contro il Manifesto da
parte dei teocons del governo per i
volantini critici nei confronti delle
ingerenze del Papa nella politica
italiana ? Sono tutti tasselli, e ne abbiamo citato solo alcuni dei pi significativi, di uno stesso progetto di
normalizzazione della sinistra radicale, anche per determinare la chiusura della transizione italiana verso
un sistema stabile dellalternanza
bipolare centrista (due centri che
competono), che ha bisogno del taglio delle ali. Ed stupefacente anche se non casuale che questo avvenga con un governo di centro-sinistra. Ed stupefacente che le risposte a sinistra siano cos deboli e
incerte. Anzi, invece di fare fronte
comune, non permettendo la rottura della catena, troppo spesso si
polemizza e si aprono conflitti verso
chi sta alla propria sinistra invece
che verso destra.
TIRARE

LA CORDA A SINISTRA

Che fare ? Non c una risposta semplice. Per quanto critici sulla sua politica, non si pu certo far venir
meno oggi il sostegno parlamentare al governo Prodi, perch ci
aprirebbe la strada al ritorno di
Berlusconi o ad una nuova maggioranza neocentrista con Casini, attribuendone le responsabilit a sinistra. Ma questo significa che non
ci pu essere una posizione diversa
da quella di un sostegno acritico ?
Per usare una metafora conosciuta,
se non possiamo certo rompere la
corda, possiamo almeno tirarla a sinistra, come altri la stanno tirando
a destra ? Questa la domanda che
si pongono tutti i militanti del Prc,
di qualunque componente interna,
e moltissimi militanti dei diversi
partiti della sinistra, del Pdci, dei
Ds, dei Verdi. Sembra incredibile
ma questo problema, che attiene in
fin dei conti al rapporto con la
realt, viene eluso totalmente sia

Editoriale

dal documento di maggioranza


della conferenza di organizzazione
del Prc che dai diversi documenti
dei raggruppamenti politici che
stanno concorrendo alla costruzione della Sinistra Europea. Leggere per credere. Come mai ? Non
solo per una astrattezza politicista
che pervade da tempo la maggioranza del gruppo dirigente del Prc
e delle altre forze politiche a sinistra dei Ds, e che rappresenta il segno dominante della Sinistra
Europea in fieri, ma anche per
paura. Paura di confrontarsi con la
realt, paura di dover rimettere in
discussione la linea, paura di aprire
contraddizioni politiche sostanziali
allinterno della maggioranza di
Venezia e fra le diverse anime che
concorrono alla Sinistra Europea.
Dov finito il camminare interrogandosi di zapatista memoria ?
Allora, noi comunisti dell'Ernesto
non possiamo che tentare costruttivamente di spostare il dibattito a
sinistra e nella conferenza di organizzazione del nostro Partito anche
sul tema, assente dal documento e
presente prepotentemente nella
realt, del rapporto col governo:
come tirare la corda a sinistra. Si
tratta di alimentare nel Partito, nei
Circoli di base, una sana propensione - per fortuna ancora esistente
fra gli iscritti - ad una discussione libera e trasversale, non viziata da logiche di mozione e da centralismi
correntizi, facendo approvare dai
territori ordini del giorno e contributi anche aggiuntivi ai documenti
presentati nazionalmente (pur
prendendo le parti positive di essi),
a partire dagli emendamenti al documento di maggioranza presentati
da Essere Comunisti e da altri. (*)
CRITICARE

A P E RTA M E N T E

LA POLITICA DEL GOVERNO

Innanzitutto necessario cominciare a criticare apertamente le scelte peggiori del governo, contrastando la cosiddetta sindrome del
governo amico, come ci suggeriscono le contestazioni dei lavora-

SOMMARIO
Il Partito Democratico e la fine
della critica al capitalismo

14

G. Mele

E'ora che il movimento


torni a farsi sentire!

17

Intervista ad H. Giuliani a cura di A. Giordano

O l t re la Finanziaria

20

G. Pegolo

Base NATO di Vicenza

24

T. Valpiana

Dove va la CGIL?

28

A. Miniati

Lindipendenza del sindacato

32

G. Cremaschi

Indulto e falsa coscienza

34

O. Vano

Moderna barbarie
di una societ in decadenza

36

E. Borioni

Internazionale/Interviste
41
Afghanistan (Intervista a V. Agnoletto
a cura di A. Belmonte ) - Brasile, Ecuador,
Venezuela(Intervista a J. L. del Roio a cura
di M. Graziosi)- Messico (Intervista a P. B. Cabrera
(a cura dell Agenzia Bolivariana di Stampa)
La Stanza dellArte

44

R. Gramiccia

Internazionale

51

Libano (S. Chiarini) - Ucraina(M.Gemma)


Olanda(F. Giannini) - Congo (S. Ricaldone)

Appello FPLP

66

Vertice NATO di Riga

67

Lundici settembre e la fine di un mito

68

G. Fresu

Cultura

74

Come si diventa nazisti (V. Magnani)


Lottobre 1917 (A. Catone)

77

Recensioni

80

Dentro il Novecento di A. Petrini


(a cura di S. Oggionni)
Nuovo compendio del Capitale di D. Moro
(a cura di A. Bernardeschi)
La regola del disordine. Renato Cacciopoli,
un matematico ribelle di R. Gramiccia
(a cura di B. Bracci Torsi)

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Elisabetta Borioni, Bianca Bracci Torsi, Andrea
Catone, Stefano Chiarini, Giorgio Cremaschi,
Gianni Fresu, Mauro Gemma, Agostino
Giordano, Haidi Giuliani, Roberto Gramiccia,
Marcello Graziosi, Jose Luiz del Roio, Valeria
Magnani, Leonardo Masella, Adriana Miniati,
G i o rgio Mele, SimoneOggionni, G i a n l u i g i
Pegolo, Varada Rajan, Sergio Ricaldone,
Tiziana Valpiana, Olimpia Vano
Per la realizzazione di questo numero non stato richiesto alcun
compenso. Si ringraziano pertanto tutti gli autori e collaboratori.

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30 dicembre 2006
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4

tori della Fiat a Cgil, Cisl e Uil. Va


detto chiaramente e pubblicamente
che la politica del governo, se continua cos, tradisce le speranze, le
aspettative di giustizia sociale, di
pace, di democrazia della maggioranza degli elettori dellUnione e riapre cos la strada alla destra. Non
c in ci una contrariet ideologica, di principio, alla partecipazione dei comunisti ai governi in
ogni tempo e in ogni luogo. C una
valutazione obbiettiva della fase,
della situazione concreta e dei contenuti della politica del governo di
centro-sinistra. LItalia non il
Venezuela e purtroppo Prodi non
Chavez e nemmeno Lula. E infatti
la finanziaria complessivamente
pi favorevole agli interessi delle imprese che a quelle dei lavoratori ed
leffetto della subalternit della
maggioranza dellUnione ai principi liberisti e monetaristi su cui si
sta costruendo lUnione Europea.
La presenza dei militari italiani in
Afghanistan, pi fedele alla Nato
che alla Costituzione italiana, esercita per il sol fatto di essere una
presenza armata di tutto punto a
fianco degli invasori, torturatori e
criminali di guerra americani una
violenza imperiale o imperialista assolutamente inaccettabile e in evidente contrasto con il principio
della non violenza, usato da alcuni
(ora lo si vede meglio) solo strumentalmente per prendere la distanze dalle resistenze armate irakena e palestinese contro gli invasori. Limpostazione ulivista su pensioni e Tfr sempre la solita, subalterna pi alle necessit di speculazione finanziaria del grande capitale (pensioni integrative private,
fondi pensioni, grandi compagnie
assicurative) che alle esigenze dei lavoratori italiani. Il disegno di legge
Lanzillotta non un caso strano o
isolato, ma il frutto della tradizionale, vecchia ideologia privatistica
dellUlivo, come si visto anche
dalla rivendicazione di Prodi della
privatizzazione della Telecom nonostante il catastrofico fallimento. Il
rifiuto non solo dellabrogazione
ma persino del superamento della

Novembre - Dicembre 2006

legge 30 una violazione del programma elettorale dellUnione, gi


inadeguato e moderato, conseguenza chiarissima della ormai storica cultura apologetica della flessibilit del lavoro alle esigenze delle
imprese mai venuta meno nella sinistra moderata. Il rifiuto di superare i Cpt il frutto di una impostazione razzista che coinvolge anche
una parte dellUlivo, che quando
vede gli immigrati positivamente lo
fa solo perch forza lavoro utile allo
sfruttamento da parte delle imprese
italiane. Le resistenze ai Pacs sono
la conseguenza di una sottomissione inaccettabile di una parte rilevante del governo alle ingerenze
integralistiche e reazionarie del
nuovo Papa. Il rifiuto della commissione dinchiesta per i fatti di
Genova il sintomo di una cultura
liberticida di una parte del centrosinistra che gi avevamo visto allopera prima di Genova e del governo
Berlusconi. Per non parlare del
Mezzogiorno che viene ancora una
volta lasciato sprofondare nella disoccupazione e nellimpoverimento
cronico, nelle pratiche clientelari,
nella criminalit, nelle storiche sottoculture individualiste e conservatrici.
A LT R O

CHE CRISI

DEL LIBERISMO

Siamo cio complessivamente di


fronte di questo bisognerebbe
prendere atto alla reiterazione
della impostazione classica, liberista
e moderata, del centro sinistra che
tanti danni ha fatto gi in passato
aprendo la strada per ben due volte
alla vittoria di Berlusconi. Totalmente sbagliata ed ora tutti i nodi
vengono al pettine stata la tesi
che ha costituito la premessa dellimpostazione governista del congresso di Venezia, la tesi della crisi
del liberismo, dellabbandono del
liberismo da parte della borghesia e
di conseguenza da parte della sinistra moderata. Anzi, di fronte alla
crisi dellestremismo neoliberista e
unilaterale di Bush e in Italia di

Novembre - Dicembre 2006

Berlusconi, la grande borghesia si


muove per raccoglierne leredit
collocando la sua linea al centro, in
un mix di liberismo temperato in
politica interna e di protagonismo
imperiale euro-atlantico in politica
estera (che cosa ben diversa da un
autentico multilateralismo planetario), e di questo vanno facendosi carico leader politici come Casini,
Rutelli e Fassino, come la Merkel,
Blair e la Royal nel resto dEuropa.
La fase che si apre dopo la Finanziaria destinata a decidere le sorti
del governo e del quadro politico.
Non si potr pi ripetere il meccanismo di mediazione della finanziaria, perch porterebbe il governo
ad una perdita ulteriore di consenso, sui due opposti versanti sociali del Paese. Dopo neanche un
anno siamo alla vigilia dello scontro
decisivo. Da un lato la borghesia industriale e finanziaria, Montezemolo, Fassino, Rutelli, che chiedono con insistenza ed arroganza
una fase 2 fatta di nuovi peggioramenti delle pensioni ed altre privatizzazioni, dallaltro lato ci sono i lavoratori che chiedono una fase 2 finalmente di giustizia sociale, aumenti salariali, lavoro stabile e dignitoso. Sono esigenze inconciliabili, che hanno trovato nella Finanziaria un equilibrio transitorio
irripetibile. I nodi stanno per venire
tutti al pettine.
UNA

N U O VA S TA G I O N E

DEI MOVIMENTI

Anche per questo non basta dire, bisogna anche fare. Non basta fare il
tifo, bisogna anche essere protagonisti degli avvenimenti e dei cambiamenti. Organizzare, promuovere, stare dentro e possibilmente
alla testa dei movimenti e delle lotte
che su tutte le principali contraddizioni della societ capitalistica possono determinarsi, per aprire una
nuova stagione dei movimenti. A
questo dovrebbe essere dedicata la
conferenza di organizzazione del
Prc. Di questo dovrebbero discutere
i raggruppamenti politici a sinistra

Editoriale

dei Ds. Per esempio occorrerebbe


discutere su come dare continuit
alla manifestazione del 4 novembre
contro la precariet, tentando tuttavia di riunificare, senza esclusioni,
tutta la sinistra antiliberista, anche
attorno alla proposta di legge per
una nuova scala mobile, per una
legge sullelezione democratica
delle rappresentanze sindacali, unitamente alla campagna contro lo
scippo del Tfr e per impedire laumento dellet pensionabile.
Oppure sarebbe necessario interrogarsi e discutere nella conferenza di
organizzazione su quale partito comunista sia necessario per aprire
una grande mobilitazione contro il
razzismo dilagante, per i diritti degli immigrati, a partire dal diritto di
voto, dalla chiusura dei Cpt e dallabrogazione della vergognosa
legge Bossi-Fini. O ancora lanciare
una controffensiva sociale per la difesa dei servizi pubblici e dei beni
comuni contro la nuova ondata privatistica.
AT T E N Z I O N E

luso di armi nucleari. Se si collega


la ripresa di mobilitazione per il ritiro dei militari italiani dalla guerra
in Afghanistan alla lotta contro i rischi di una nuova guerra contro
lIran, ancora pi devastante di
quella irakena e dalle conseguenze
incalcolabili in un area geografica
contigua a quella del nostro terri-

C tuttavia una questione


prioritaria su cui si addensano
nubi di tempesta, su cui
concentrare lattenzione
di Rifondazione, della sinistra
radicale e dei movimenti
nelle prossime settimane:
il nuovo rifinanziamento
della missione militare
in Afghanistan

ALLA GUERRA

C tuttavia una questione prioritaria su cui si addensano nubi di tempesta, su cui concentrare lattenzione di Rifondazione, della sinistra
radicale e dei movimenti nelle prossime settimane: il nuovo rifinanziamento della missione militare in
Afghanistan. A ci si legano le nuove pulsioni di guerra che vengono
dal fronte mediorientale. Da un lato
il rischio crescente di stravolgimento della missione militare in
Libano in senso filo-israeliano ed
anti-Hezbollah (a cui sta contribuendo pericolosamente lo spostamento progressivo di Prodi e
DAlema verso le componenti filoamericane e filo-francesi del governo libanese) e dallaltro lescalation della guerra allIran tra cui le
recenti gravi sanzioni dellOnu
(sono cominciate cos sia la guerra
alla Serbia che quella allIraq).
Sono gi pronti da tempo i piani di
attacco congiunto americano e
israeliano contro lIran, anche con

torio, vi sono tutte le condizioni per


la ripresa di un nuovo grande movimento contro la guerra, che veda
lunit di tutte le sue componenti,
da quelle pi avanzate che hanno
dato vita alla mobilitazione di luglio
contro la missione in Afghanistan,
alla manifestazione romana per la
Palestina e alla lotta contro la base
Nato di Vicenza, a quelle pi condizionate, ma pure importanti,
dalla sindrome del governo amico.
QUALE

SINISTRA

Come costruire una nuova stagione


dei movimenti dovrebbe essere
lobbiettivo della Conferenza di organizzazione del Prc. E questo dovrebbe essere lobbiettivo anche
delle convergenze unitarie a sinistra, diversamente purtroppo da ci
che sta avvenendo sia con la Sinistra
Europea che con altri incontri a sinistra. Ci si mette assieme a sinistra,

Editoriale

si costruiscono luoghi di confronto


e di iniziativa unitaria non solo per
rispondere al processo in corso di
costruzione del partito democratico, ma per spingere a sinistra la situazione politica, per determinare
un contrappeso al pressing moderato, ben concertato e organizzato,
del Partito democratico in fieri. La
Sinistra Europea a questo scopo
completamente inadeguata e persino controproducente, sia perch
divide e non unisce tutta la sinistra
politica e sociale che c, sia perch
rischia di mortificare lautonomia
di Rifondazione Comunista, che
di fatto nessuno si offenda il partito pi forte ed organizzato che c
a sinistra, lunico in grado di mobilitare attorno a s un movimento di
sinistra antagonista pi ampio.
Tuttavia su un punto vorremmo
concentrare lattenzione. Oggi la
sezione italiana della Sinistra europea, ieri era una certa concezione
della sinistra di alternativa, domani
sar il partito della sinistra o il partito del lavoro, il problema che al
fondo di tutti questi progetti vi una
incertezza sul destino di Rifondazione che rende tutto pi difficile.
E lincertezza sul destino di Rifondazione proviene da un nodo mai
sciolto. Si vuole rifondare un partito
comunista (che non pu che essere
un partito moderno, rinnovato, un
partito comunista del presente e del
futuro non del passato, adeguato
allItalia di oggi) come allude il
nome e il simbolo del Prc, o si vuole
fare altro, o la rifondazione si trasmuta in rifondazione socialista
(sia pure di sinistra) ? Che i promotori esterni al Prc, promuovendo
la Sinistra Europea, Folena, Tortorella, Cossutta, parlino apertamente di una nuova soggettivit da organizzare su base federale, che rac-

colga tutti i riformisti di radice socialista e socialdemocratica, dichiarino la loro disponibilit per la
nascita di un nuovo soggetto di matrice socialista, di una nuova e
grande sinistra di ispirazione socialista, del tutto normale, anzi addirittura auspicabile che riescano
nel loro intento, magari congiungendosi allintenzione di Mussi e
della sinistra Ds di non entrare nel
partito democratico (e in questa attesa nasce limpasse degli ultimi
tempi della Sinistra Europea). Cosa
centri tutto questo con Rifondazione Comunista, cio con la rifondazione di un pensiero e di una
prassi comunista, la domanda che
vorremmo fare alla maggioranza
del gruppo dirigente del Prc.
COMUNISTI
E S O C I A L D E M O C R AT I C I

Il rischio del tutto evidente che il


nuovo soggetto politico di cui si
parla esautori di fatto il ruolo del
partito, anche se nominalmente
questo viene mantenuto in vita. Il rischio , anche senza volerlo, una
lenta eutanasia di Rifondazione Comunista nelle compatibilit di governo e nella Sinistra Europea, alla
quale cedere la titolarit delle principali decisioni politiche, della presentazione elettorale e della rappresentanza istituzionale.
Questo progetto va contrastato, sia
oggi con la Sinistra Europea, che appare sospesa perch i principali interlocutori esterni aspettano il partito democratico, che domani con il
partito della sinistra o con il partito
del lavoro. Non perch si debbano
contrastare settariamente le convergenze unitarie con queste nuove
forze di sinistra socialista e socialdemocratica che positivamente

Novembre - Dicembre 2006

emergono finalmente dalla involuzione moderata dei Ds, ma perch


lunit a sinistra, fra chi si ritiene comunista e chi socialista, se vuole essere una unit efficace nella costruzione di lotte e programmi comuni,
non va confusa nemmeno minimamente con la fusione in un partito
unico, non solo per una questione
simbolica, nominalistica o storica,
ma perch al fondo non siamo daccordo che siano superate le divisioni storiche fra socialdemocratici
e comunisti, come affermano nel
loro documento congiunto le tre associazioni Uniti a sinistra di Folena,
lArs di Tortorella e lAssociazione
rosso-verde di Cossutta. Forse sono
superate molte delle vecchie divisioni fra comunisti e socialdemocratici ma non sono superate, anzi
forse sono ancora maggiori che nel
passato le nuove divisioni. Come abbiamo visto in questi anni e come si
vede tutti i giorni, ben diverso latteggiamento dei comunisti rispetto
al sistema capitalistico e ai suoi effetti (guerra e globalizzazione neoliberista), ben diverso latteggiamento nei confronti della politica
del governo Prodi.
Nella lotta contro il capitalismo
odierno, contro le sue inedite devastazioni morali e materiali in tutti i
campi, vi sono tutte le condizioni
per rimotivare la diversit comunista e rivoluzionaria dalle posizioni
adattative della socialdemocrazia e
del riformismo, per dare nuovo
senso di massa e slancio, in particolare fra le giovani generazioni, ad un
pensiero e ad una prassi comunista
nel 21 secolo.
* Tutti i documenti e gli emendamenti per
la conferenza di organizzazione presentati
al Comitato Politico Nazionale del Prc del
16 e 17 dicembre sono reperibili sui siti:
www.rifondazione.it e www.lernesto.it

WWW.lernesto.it
6

Novembre - Dicembre 2006

Lisbona

segue Varada Rajan da pag.1

e sulla base dei propri capricci. Bush


si appellato con arroganza alle nazioni libere del mondo perch si allineassero completamente ai piani
di aggressione Usa e si rivolto loro
con sfrontatezza per imporre la
scelta o con noi o con il terrorismo
Limperialismo Usa ha proclamato
con grande clamore di voler governare il mondo con la sola forza. Esso
ha rozzamente minacciato le Nazioni Unite e attaccato lAfghanistan e,
successivamente, lIraq sfidando
lopinione pubblica mondiale e rivendicando una sorta di diritto divino ad imporre cambiamenti di regime in quei paesi che non si adeguano alla sua volont.
Limperialismo Usa, ancora, ha deciso di classificare le nazioni che
considera nemiche, definendole
asse del male, in base a un elenco
inizialmente comprendente Iraq,
Iran, Siria, Corea del Nord e Cuba.
Per poter estendere questa lista di
paesi, considerati obiettivi legittimi
per la propria offensiva militare,
esso ha coniato definizioni quali
stati canaglia, centrali della tirannia e altro ancora. Nel tentativo
di rendere credibile il proprio ruolo, altrimenti assai dubbio, e giustificare le proprie attivit aggressive
nel mondo, esso arrivato al punto
di forgiare una comunit democratica, potendo anche contare su
paesi e governi vassalli.
Limperialismo tenta oggi di imporre il proprio progetto economico di
globalizzazione neoliberale attraverso le istituzioni finanziarie e commerciali internazionali. La globalizzazione, come ormai evidente,
non altro che il progetto imperialista di imporre il controllo economico-politico potenzialmente sullintero pianeta per favorire un
basso costo del lavoro e delle materie prime, come unestensione e allargamento delle strutture di mercato. Con lobiettivo sfacciato di ottenere favolosi profitti e accumulare fenomenali ricchezze. Lintegrazione delle diverse economie dei
paesi su scala mondiale in una sorta
di villaggio globale, che le diverse
consorterie della globalizzazione

continuano a proclamare s o l e n n emente come approdo finale dellintero processo, non altro che la
creazione dei presupposti congeniali alle forze imperialiste per scorazzare liberamente in tutto il mondo.
Sono gli imperialisti a promuovere
costantemente gli interessi del capitale finanziario internazionale,
oggi predominanti. Tali interessi
sono fondamentalmente di natura
speculativa, con davvero pochi
sforzi per contenere quella rovinosa
tendenza allinvestimento di portafoglio (assetti finanziari volatili e ad
alto rischio) che si sta affermando
su scala planetaria, che incoraggia
la stagflazione e costituisce la causa
fondamentale alla base tanto dellaumento della disoccupazione
quanto, con sempre maggiore frequenza, dellassenza di crescita economica anche in presenza di basso
costo del lavoro, mercati pi vasti e
presenza di materie prime.
Mentre questi pericoli si addensano
davanti a noi, la situazione internazionale non si pu dipingere a tinte
fosche o considerare semplicemente disperata. Dovunque gli imperialisti si trovano di fronte a dure
resistenze, tanto sul piano strettamente militare quanto su quello
delle aggressioni economiche. I
tentativi degli Usa di imporre la propria egemonia sul piano globale si
scontrano con una crescente resistenza in diverse parti del mondo e
siamo di fronte allemergere graduale di un ordine mondiale multipolare. Loccupazione statunitense
dellIraq si sta volgendo rapidamente in unenorme palude, con il
paese trascinato sempre pi verso la
guerra civile e con il governo sostenuto da Washington, privo di legittimit, non in grado di confrontarsi
con la resistenza popolare. Con la
condanna a morte di Saddam Hussein da parte di una corte illegittima, al termine di un processo farsa
durante il quale sono stati cambiati
i giudici e uccisi gli avvocati difensori, lamministrazione Usa non ha
potuto evitare di sottrarsi alle proprie responsabilit di fronte allesplodere di violente proteste contro

questo verdetto oltraggioso.


LAsia Occidentale ha occupato un
posto centrale nei disegni statunitensi di nuovo ordine mondiale,
con il sostegno a Israele, che ha scagliato un furibondo attacco contro
lo stato palestinese, approfittando
della vittoria di Hamas alle elezioni
parlamentari. I promotori della democrazia in tutto il mondo non
sono disposti ad accettare il verdetto delle urne e incoraggiano attivamente e apertamente il tentativo israeliano di rovesciare il legittimo governo palestinese. AllAutorit Nazionale Palestinese si negano
le risorse finanziarie che erano state
promesse, provocando una crisi
umanitaria di vaste proporzioni.
Degna di nota la sconfitta patita dallasse Usa Israele in Libano, dove il
movimento Hezbollah ha guidato la
resistenza nazionale e respinto il brutale e terribile attacco israeliano, prolungatosi per oltre tre settimane,
uscendo vittorioso. La sconfitta patita in Libano ha segnato il fallimento della politica Usa in Medio
Oriente e posto Washington e Tel
Aviv in uno splendido isolamento.
Lobiettivo militare successivo era
lIran. Nonostante gli Usa siano riusciti a sottrarre la questione nucleare iraniana dallambito di competenza dellAgenzia Internazionale per lEnergia Atomica (AIEA)
e portarla dinnanzi al Consiglio di
Sicurezza dellONU, il tentativo di
imporre dure sanzioni a Teheran
non ha avuto successo. Washington
non ha mai fatto mistero della propria volont di colpire la Repubblica Democratica Popolare di Corea (DPRK), paese incluso da Bush
nellasse del male. I recenti avvenimenti hanno rivelato i limiti dellegemonia e dei piani di espansione Usa. Iran e Corea del Nord
hanno rifiutato di sottomettersi sul
nucleare, mentre in Iraq la situazione si aggrava giorno dopo giorno. Da tutto questo si comprende
come il secolo XXI vedr crescere
e svilupparsi la resistenza contro le
aggressioni imperialiste e le violazioni della sovranit nazionale.
La guerra contro il terrorismo di

Lisbona

Bush ha avuto come conseguenza


unaccresciuta minaccia di azioni
terroristiche in ogni parte del
mondo. Gli Stati Uniti e la Nato si
trovano di fronte alla prospettiva
inaspettata quanto sgradevole di un
ritorno dei Taliban in Afghanistan.
Difficile negare che la guerra e laggressione imperialista, con riferimento particolare al Medio Oriente, finiscano per alimentare il proliferare della violenza terroristica. La
globalizzazione imperialista e lunilateralismo Usa non sono in grado
di arrestare il processo verso un
mondo multipolare. La situazione
internazionale segnata dallo sviluppo e dal consolidamento di relazioni bilaterali e cooperazione regionale in grado di contrastare le
pulsioni egemoniche. Il crescente
grado di cooperazione tra Russia e
Cina, la nuova affermazione di
Mosca sul piano economico, politico e diplomatico, il costante sviluppo dellOrganizzazione per la
Cooperazione di Shanghai costituiscono alcuni elementi che vanno in
questa direzione.
Lintero continente latinoamericano pervaso da un complessivo spostamento a sinistra e le vittorie elettorali delle forze di sinistra e progressiste in un paese dopo laltro
hanno animato lo scenario internazionale. Gli sviluppi in Brasile,
Venezuela, Uruguay, Bolivia,
Nicaragua hanno lasciato unimpronta indelebile di tale spostamento. Persino in Messico la crescita della sinistra non pu essere
mascherata da risultati elettorali
fraudolenti. I progressi elettorali registrati sono la conseguenza diretta
dei continui movimenti di lotta contro loffensiva del neoliberalismo,
contro le privatizzazioni e gli attacchi alla sovranit nazionale, che
hanno assunto una dimensione
realmente di massa.
Lo stesso Movimento dei Non Allineati, che era entrato in una fase
di stanca nel periodo successivo alla
fine della Guerra Fredda, a cavallo
della fine del secolo scorso, sta ora
emergendo con rinnovata vitalit,
come dimostra il vertice tenutosi a

l Avana nel settembre di questanno. La Dichiarazione de lAvana costituisce un momento importante nella storia del movimento, che
comprende 118 paesi, con la sua opposizione senza ambiguit alla globalizzazione neoliberale come alle
macchinazioni dellimperialismo e
con la sua decisa denuncia della
Dottrina Bush. Un altro evento, questo, che potrebbe giocare un ruolo
cruciale nella promozione di un ordine internazionale multipolare.
In India, il Partito Comunista Indiano (Marxista) sta conducendo, insieme ad altre forze di sinistra, una
battaglia complessa contro limperialismo e i suoi tentativi di costringere il paese sotto il suo giogo. Sulla
scia delle lotte unitarie condotte
contro il precedente governo di destra, le ultime elezioni politiche
hanno determinato un nuovo scenario, con lattuale governo progressista che ha sostituito il precedente. Esso, per, non ha una propria maggioranza autonoma e dipende dal sostegno dei partiti del
Fronte delle Sinistre. Noi abbiamo
tentato di cogliere questa opportunit per invertire lorientamento
della politica estera indiana, favorevole agli Usa. Grazie al nostro intervento il governo si impegnato
al rispetto di un programma che
prevede il perseguimento di una politica estera indipendente.
Nonostante questo, siamo costretti
a registrare su questo terreno arretramenti, se non veri e propri capovolgimenti, contro i quali stiamo lottando dentro e fuori il Parlamento.
Tali lotte ci consentono di denunciare e mobilitare parti consistenti
della popolazione contro limperialismo Usa e le sue politiche. Sul
fronte economico, la globalizzazione imperialista si caratterizza per
liberalizzazioni indiscriminate e
sconsiderate privatizzazioni. Contrariamente a quanto millantato, le
forme attuali di globalizzazione non
si sono rivelate capaci di creare opportunit di lavoro o livelli di vita sostenibili in grado di soddisfare le
aspirazioni di milioni di individui.
Le riforme neoliberali hanno ac-

Novembre - Dicembre 2006

cresciuto il senso di debolezza e insicurezza tra le classi pi povere del


paese. I negoziati per le politiche
commerciali internazionali non
adottano un approccio con al centro le esigenze delle vaste masse popolari. Al contrario, essi perseguono politiche commerciali orientate allexport, dalle quali possono
trarre benefici su vasta scala i produttori, le grandi corporations multinazionali e le diverse classi dirigenti tanto nei paesi sviluppati
quanto in quelli in via di sviluppo.
Agevolate dal meccanismo formale
del condizionamento legato al prestito e dallassai pi informale torsione violenta e armata da parte
delle grandi multinazionali per deregolamentare e liberalizzare i mercati, tali entit monolitiche controllano oggi il nostro sistema economico. Questo nuovo ordinamento
economico consente la libera circolazione dei capitali e lesercizio di
nuove forme di controllo sul lavoro.
E importante considerare come tra
le 100 pi grandi economie del
mondo, 51 sono multinazionali con
dimensione globale e 49 i paesi. La
somma delle vendite delle 200 maggiori corporations mondiali sono di
gran lunga superiori al valore di un
quarto delle attivit economiche
mondiali considerate nella loro interezza. Tali multinazionali sono
note per utilizzare il loro potere economico al fine di collocarsi come attori fondamentali di quel genere
particolare di sviluppo destinato a
produrre inevitabilmente disoccupazione, maggiori disuguaglianze
sociali e politiche, disastri ambientali e perdita della diversit culturale. Di fronte a questo aspro scenario, i luoghi comuni e le promesse
da parte dei paesi ricchi contenuti
nelle decisioni dellIncontro sullo
Sviluppo Internazionale come negli
Obiettivi del Millennio adottati
dallONU non si sono mai materializzati.
Contro tale realt, si sono registrate
resistenze crescenti da parte di movimenti popolari, che hanno contestato alla radice le politiche della
globalizzazione imperialista. Il fatto

Novembre - Dicembre 2006

stesso che i diversi paesi dellAmerica Latina, dove Banca Mondiale e


Fondo Monetario Internazionale
hanno imposto per un ventennio almeno Programmi di Aggiustamento Strutturale, abbiano cominciato a muoversi con decisione in
questa direzione, determina il successo delle forze che si sono opposte alle politiche strutturali di orientamento neoliberale.
In nessuna parte del mondo le istituzioni finanziarie e commerciali
internazionali potrebbero organizzare i propri vertici in pace. Da
Seattle a Genova, a Doha, centinaia
di migliaia di persone hanno invaso
le strade chiedendo una rottura
netta con politiche economiche
dettate dagli interessi dellimperialismo. Le successive edizioni del
Forum Sociale Mondiale, seguite da
numerosi appuntamenti regionali
nei diversi continenti, si sono caratterizzate per lentusiastica partecipazione popolare a sostegno della
prospettiva di Un altro mondo
possibile.
Tutte queste situazioni costituiscono indicatori di un semplice dato di
fatto, che il capitalismo non mai
in grado di soddisfare le aspirazioni
dei tanti milioni di persone che
compongono la parte povera dellumanit. Il socialismo deve emergere ed emerger come lalterna-

Lisbona

tiva alla globalizzazione. Da questo


punto di vista, divengono elementi
centrali di analisi il ruolo e la funzione dei comunisti in tutto il
mondo. I movimenti contro la
guerra e le proteste contro la globalizzazione, che hanno caratterizzato gli ultimi anni, stanno determinando una situazione oggettiva
nella quale noi comunisti possiamo
intervenire, possiamo giocare un
ruolo importante. Questi movimenti e queste proteste costituiscono un potenziale immenso per
le diverse forze comuniste, costituiscono elementi da coinvolgere
nella lotta contro limperialismo.
Lo stato danimo di coloro che si
spendono apertamente per resistere contro i piani di guerra e i disegni di nuovo schiavismo economico dovrebbe essere sospinto verso lacquisizione di una coscienza
organicamente antimperialista e socialista, dovrebbe essere assiduamente pungolato dai comunisti.
Questo il lavoro che ci attende. Ci
sia permesso condividere la nostra
fiducia nel futuro del socialismo
con tutti voi!
Questa non intende essere vuota retorica. Dopo la sconfitta del socialismo e il collasso dellUnione Sovietica, gli imperialisti hanno predetto
la fine della storia, la fine delle esperienze socialiste, fantasticando di

averne spazzato lo spettro dalla faccia stessa della terra. I paesi governati da forze che ancora si ispirano
al socialismo sono usciti da una fase
difficile, riorientando le proprie
economie e affrontando i cambiamenti necessari. Cina e Vietnam
hanno registrato un prepotente
progresso nello sviluppo dei rispettivi sistemi economici, mentre Cuba
ha affrontato con risolutezza i decenni di blocco economico e preservato la vitalit del proprio sistema socialista. In America Latina le
forze di sinistra stanno registrando
nuovi successi nel tentativo di incamminarsi su strade differenti e radicalmente alternative rispetto alla
globalizzazione neoliberale. La resistenza popolare contro limperialismo e a difesa della sovranit nazionale sta crescendo ovunque nel
mondo. Sono questi i soggetti che
devono essere coinvolti dalle forze
comuniste e dai diversi movimenti
operai per rendere attuale e ricostruire la prospettiva del socialismo
nel XXI secolo.
*Del Comitato Centrale del Part i t o
Comunista Indiano (Marxista). Il testo pub blicato la traduzione integrale dellinter vento tenuto allIncontro Internazionale di
Lisbona dei partiti comunisti, operai e di si nistra (10 12 novembre 2006).

Lisbona

Novembre - Dicembre 2006

I n c o n t ro Internazionale
dei Partiti Comunisti e Operai
Lisbona, 10-12 novembre 2006
P UBBLICHIAMO ,

NELL ' ORDINE , UN BREVE COMMENTO SULL ' INCONTRO , IL COMUNICATO STAMPA FINALE EMESSO AL

TERMINE DEI LAVORI E L ' A P P E L L O C O N T R O I L M I L I TA R I S M O E L A G U E R R A , P E R L A L I B E RT , L A D E M O C R A Z I A , L A PA C E


E I L P R O G R E S S O S O C I A L E S O T T O S C R I T T O D A T U T T I I PA RT E C I PA N T I

UN

PA S S O AVA N T I

Il 9 Incontro Internazionale tra i partiti comunisti, operai e di sinistra tenutosi a Lisbona dal 10 al 12 novembre 2006 segna un piccolo ma significativo passo in avanti nel lungo e complesso tentativo di riannodare le fila del movimento comunista. Altro il contesto
rispetto al secolo scorso, altre le basi dalle quali partire, come hanno ben intuito i comunisti greci, ideatori e organizzatori dei primi
otto appuntamenti, tutti svoltisi ad Atene a partire dal 1998. Erano 63 le delegazioni presenti a Lisbona, un numero davvero ragguardevole, e diversi i segretari generali di partiti comunisti che hanno preso parte ai lavori, dal portoghese Jeronimo De Sousa al sudafricano Blade Nzimande, dal russo Ghennadi Zjuganov alla greca Aleka Papariga, a testimonianza di un rinnovato e crescente interesse.
I partiti riunitisi a Lisbona, che contano circa 100 milioni di iscritti (incluso, ovviamente, il Partito Comunista Cinese con i suoi 70 milioni), provengono da storie ed esperienze assai diverse tra loro, a partire dai contesti nei quali si trovano ad agire (paesi a capitalismo
avanzato, in prepotente sviluppo economico, sottosviluppati, con dinamiche assai diverse tra loro): alcuni di essi, infatti, governano da
soli o in coalizione alcuni, grandi paesi in prepotente espansione economica, mentre altri assumono nelle rispettive realt nazionali
un ruolo poco pi che testimoniale. Alcuni tra i pi grandi partiti comunisti presenti, poi, hanno segnato una loro forte e visibile presenza nelle ultime due edizioni del Forum Sociale Mondiale (Mumbay 2004 e Caracas 2005), proponendo al centro della discussione
il tema del socialismo nel XXI secolo. Questo incontro ha osservato lo stesso Nzimande sul giornale sudafricano Umsebenzi del 15 novembre
2006 non costituisce n un tentativo di ricostruire immediatamente una sorta di internazionale comunista, n una sede di discussione avulsa dalle
lotte che vedono protagonisti i comunisti e le forze antimperialiste in diverse parti del mondo. Non una struttura definita e cristallizzata, dunque,
ma nemmeno un asettico luogo di riflessione al di fuori da ogni contesto e capacit di iniziativa.
A partire dagli argomenti proposti per la discussione Pericoli e potenzialit della situazione internazionale. La strategia dellimperialismo e
la questione energetica. La lotta dei popoli e lesperienza dellAmerica Latina. La prospettiva del socialismo -, la riflessione teorica e strategica si
alternata e intrecciata con lanalisi della realt attuale nelle sue diverse articolazioni e con il tentativo di individuare terreni comuni di
iniziativa e mobilitazione politica, pur se a partire dalla piena consapevolezza del fatto che tali momenti possono supportare e mai sostituire le lotte allinterno delle singole realt nazionali. Diversi, ovviamente, gli approcci possibili. Di fronte alloffensiva planetaria da
parte del capitalismo e dellimperialismo successiva alla disgregazione dellURSS, di fronte alla guerra preventiva e ai piani di egemonia globale di Bush, di fronte alle sempre maggiori contraddizioni che emergono e si allargano a partire da una naturale, ma ancora non scontata tendenza verso il multipolarismo e lalternativa alle politiche neoliberali - lo scambio di esperienze, nella piena autonomia di ciascuno dei soggetti coinvolti, come anche la ricerca di un maggiore coordinamento dellazione, costituiscono un terreno
quasi obbligato di confronto e di impegno per le forze comuniste, operaie e di sinistra. I passi avanti registrati su questo versante emergono come un elemento di grande valore e incoraggiamento per tutti i comunisti, dovunque si trovino ad operare: basti riflettere, ad
esempio, sullazione coordinata contro la mozione anti-comunista discussa al Consiglio dEuropa, dove si evitato il peggio, oppure
alla campagna di solidariet contro la messa fuorilegge dellUnione della Giovent Comunista ceca; sulla campagna per il ritiro dei
diversi contingenti militari di occupazione dallIraq, come su quella contro la Nato e le basi militari straniere.
Nella serata di sabato 11 novembre si tenuto un Comizio di Solidariet Internazionalista che ha visto intervenire, a fianco del segretario generale del Partito Comunista Portoghese, De Sousa, i comunisti sudafricani, cubani, greci, russi e libanesi. LIncontro Internazionale
ha sottolineato De Sousa nel corso del suo intervento dimostra che, al contrario di quanto i nostri avversari vanno dicendo, i comunisti portoghesi
non sono isolati e hanno amici in tutto il mondo. Ma dimostra anche che in tutti i continenti, nelle pi diverse condizioni e forme, la resistenza e la
lotta dei lavoratori e dei popoli continua. Dimostra che i comunisti e il movimento rivoluzionario non sono condannati al declino irreversibile, come
affermano i predicatori della fine della storia, della fine delle ideologie e della fine della lotta di classe. Dovunque, ci sono forze che si pongono lo biettivo di una societ socialista nei loro programmi e nelle loro lotte, che difendono i valori e gli ideali del socialismo e del comunismo, che hanno unin fluenza reale nel movimento sociale e nella vita politica di numerosi paesi. Lultima guerra criminale contro il Libano gli ha fatto eco, a nome
del Partito Comunista Libanese, Moufid Koutaiche - loccupazione dellIraq e dellAfghanistan, cos come i crimini giornalieri contro il
popolo palestinese, dimostrano che quando i popoli si sollevano in difesa dei propri diritti e libert, i piani dellimperialismo sono destinati allinsuccesso; e ancora di pi quando questa lotta sostenuta dalla solidariet di tante forze nel mondo.
Toccher al gruppo di lavoro, costituito da nove partiti comunisti (di Cuba, del Brasile, di Spagna, di Grecia, di Boemia e Moravia,
della Federazione Russa, Indiano e Indiano - Marxista, Libanese, Sudafricano) e insediatosi ormai da due anni, definire il luogo e le
modalit di svolgimento del prossimo Incontro.
Ma. Gra.
10

Novembre - Dicembre 2006

Lisbona

Appello contro il militarismo e la guerra, per la libert, la democrazia, la pace e il progresso sociale
Allinizio del XXI secolo, in un contesto denso di incertezze e pericoli causati dal capitalismo, vale la pena sottolineare come vi sia
anche un reale potenziale di liberazione.
Quindici anni dopo la scomparsa dellURSS, loffensiva globale dellimperialismo ha portato nellintero pianeta pi guerra, pi militarismo, pi violenza, pi torture, pi prigioni illegali, maggiori restrizioni di libert e pi repressione antidemocratica. Sono gi
centinaia di migliaia i morti per le tante guerre, mentre nuove aggressioni si profilano allorizzonte. Si registrano dichiarazioni sempre pi esplicite sullimpiego di armamenti nucleari nei teatri di guerra, cos come sono state utilizzate sempre pi di frequente
armi terribili quali fosforo bianco, bombe a grappolo, sistemi darma alluranio impoverito. La sovranit e lindipendenza di popoli
e nazioni sono minacciate in misura sempre maggiore dalle potenze imperialiste. Le spese militari sono in aumento, cos come si
registra una crescente corsa agli armamenti. Emergono sempre maggiori restrizioni e persecuzioni nei confronti delle forze democratiche e popolari. Razzismo, xenofobia, fascismo e anticomunismo crescono di intensit.
Questa offensiva costituisce parte integrante dellattacco scatenato, sul piano economico come sociale, dalle classi dominanti, dal
grande capitale economico e finanziario, dalle multinazionali transnazionali e dalle agenzie internazionali al loro servizio. Dovunque
sono sotto attacco il posto di lavoro come il salario, le pensioni come lo stato sociale, il lavoro come i diritti sindacali. I servizi sociali
essenziali sono stati trasformati in merce e fonte di profitto per le grandi compagnie. Il diritto allistruzione, alla salute, a una vita
dignitosa, di cui milioni di esseri umani non hanno mai potuto godere, viene oggi negato sempre pi anche a coloro che lo avevano
ottenuto. Vi una crescente povert, unestrema povert, fame, sfruttamento, precariet e insicurezza, muri per i migranti, la minaccia di una catastrofe ecologica, mentre, allo stesso tempo, vi sono una ricchezza sempre pi oscena, come favolosi profitti e privilegi per una minoranza sfruttatrice e dominante. Le crescenti disuguaglianze e ingiustizie vanno di pari passo con la guerra e la
repressione. Questa lessenza del capitalismo, che si rende ben evidente nella nostra epoca.
Questa offensiva globale dellimperialismo deve confrontarsi sempre pi con la lotta dei lavoratori e dei popoli su scala planetaria.
Dal Medio Oriente allAmerica Latina, dallEuropa allAsia sta crescendo una forte resistenza e stanno avanzando con decisione processi di cambiamento in senso progressista, a dimostrazione che possibile invertire lattuale situazione. I partiti comunisti e operai, riuniti a Lisbona dal 10 al 12 novembre 2006, salutano le lotte e la resistenza dei lavoratori e dei popoli nel mondo contro loffensiva imperialista, contro gli interventi e le occupazioni militari, contro la globalizzazione neoliberale, elementi determinanti per
aprire di nuovo un varco verso la pace e il progresso sociale a vantaggio dellintera umanit. I nostri partiti rafforzeranno la loro cooperazione e lazione comune, cos come contribuiranno attivamente a rafforzare il movimento operaio e antimperialista. Nello
stesso momento in cui evidenziamo i pericoli della nostra epoca e facciamo appello alla mobilitazione di tutte le forze favorevoli alla
pace e al progresso sociale, per evitare che il capitalismo conduca il mondo verso la catastrofe come accaduto nel secolo scorso -,
vogliamo esprimere profonda fiducia sulla possibilit di costruire un nuovo mondo, socialista.
Lisbona, 12 novembre 2006

I partiti presenti a Lisbona


Partito Algerino per la Democrazia e il Socialismo (PADS) - Partito Comunista di Argentina - Partito Comunista di Australia Tribuna - Progressista Democratica del Bahrein - Partito dei Lavoratori del Belgio - Partito Comunista di Bolivia - Partito Comunista Operaio di Bosnia Erzegovina - Partito Comunista del Brasile - Partito Comunista Brasiliano - Partito Comunista Britannico - Nuovo
Partito Comunista Britannico - Partito Comunista del Canada - Partito Comunista del Cile - Partito Comunista di Cina*- Partito Co
munista Colombiano - Partito Comunista di Cuba- AKEL (Cipro) - Partito Comunista di Boemia e Moravia - Partito Comunista in
Danimarca - Partito Comunista di Danimarca - Partito Comunista di Finlandia - Partito Comunista Francese* - Partito Comunista
di Macedonia - Partito Comunista Unificato di Georgia - Partito Comunista Tedesco (DKP) - Partito Comunista di Grecia (KKE) Partito Comunista Operaio Ungherese - Partito Comunista Indiano (Marxista) - Partito Comunista Indiano - Partito Tudeh (Iran)
- PartitoComunista Iracheno - Partito Operaio dIrlanda - Partito della Rifondazione Comunista (Italia) - Partito dei Comunisti
Italiani - Partito Rivoluzionario del Popolo Lao - Partito Socialista di Lettonia - Partito Comunista Libanese - Partito Comunista del
Lussemburgo - Partito Comunista di Malta - Partito dei Comunisti del Messico - Partito Socialista Popolare del Messico - Nuovo
Partito Comunista di Olanda - Partito Comunista di Norvegia - Partito Comunista del Per (Patria Rossa) - Partito Comunista
Peruviano - Partito Comunista Portoghese - Partito Comunista della Federazione Russa - Partito Comunista Operaio di Russia
Partito dei Comunisti di Russia -Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia - Partito Comunista di Slovacchia - Partito Comunista
Sudafricano - Partito Comunista di Spagna - Partito Comunista dei Popoli di Spagna - Partito dei Comunisti di Catalogna - Partito
Comunista Sudanese - Partito Comunista di Siria - Partito Comunista Siriano - Partito Comunista di Turchia - Partito del Lavoro
di Turchia (EMEP)- Partito Comunista di Ucraina - Unione dei Comunisti di Ucraina - Partito Comunista degli Stati Uniti dAmerica
- Partito Comunista del Vietnam
* In qualit di osservatori

11

Novembre - Dicembre 2006

Lisbona

I n c o n t ro Internazionale
dei Partiti Comunisti e Operai
Comunicato stampa conclusivo*

1. Un Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e


Operai si tenuto a Lisbona, il 10, 11 e 12 novembre
2006, sul tema Pericoli e potenzialit della situazione
internazionale. La strategia dellimperialismo e la questione energetica. La lotta dei popoli e lesperienza
dellAmerica Latina. La prospettiva del socialismo.
LIncontro, che ha visto la partecipazione di 63 partiti
ai quali occorre aggiungerne altri 17 che, per varie ragioni, non hanno potuto essere presenti ai lavori ma
hanno inviato messaggi di saluto -, ha messo in evidenza
gli aspetti pi rilevanti della situazione internazionale.
Oltre ad avere espresso un forte allarme per le gravi minacce che caratterizzano la nostra epoca, da esso
emersa una grande fiducia nella capacit dei popoli di
costringere limperialismo a desistere dai propri disegni egemonici e di realizzare nuovi elementi di avanzamento sulla strada del progresso sociale, della pace e
del socialismo.

12

4. E stata presa in considerazione la necessit di intensificare la lotta contro il militarismo e la guerra; per
il ritiro delle forze di occupazione dallAfghanistan e
dallIraq; per lo scioglimento della Nato e degli altri
patti militari aggressivi; per la drastica riduzione delle
spese militari, che devono essere dirottate verso la promozione dello sviluppo; per leliminazione delle basi
militari straniere. Lurgenza della questione del disarmo, e in particolare del disarmo nucleare, stata ancora una volta evidenziata.

2. LIncontro ha registrato il crescente acutizzarsi della


lotta di classe e sottolineato la necessit di intensificare
la lotta contro il neoliberalismo e il neocolonialismo,
come contro loffensiva sfruttatrice da parte del grande
capitale che, attaccando i valori umani pi elementari,
responsabile della regressione sociale, culturale e democratica.

5. La generalizzazione degli attacchi contro i diritti fondamentali, le libert e le garanzie dei cittadini si evidenzia come unevoluzione particolarmente inquietante del quadro internazionale. E stata condannata
ladozione da parte del Congresso Usa delle pratiche
della tortura e del terrorismo di Stato. I partecipanti allincontro hanno lanciato un vibrante appello per la
lotta in difesa delle libert democratiche, contro lavanzata dellestrema destra, contro la xenofobia, il razzismo, il fanatismo religioso e loscurantismo, contro
lanticomunismo. Essi hanno espresso la loro solidariet ai giovani comunisti cechi, chiedendo il ripristino
dei diritti della loro organizzazione politica. Hanno respinto i tentativi di criminalizzare le forze e i popoli che
resistono allo sfruttamento capitalistico e alloppressione imperialista.

3. E stato messo in evidenza come il neoliberalismo, il


militarismo, la guerra e lattacco ai diritti fondamentali, alle libert e alle garanzie sono componenti inseparabili delloffensiva del grande capitale e dellimperialismo.
La lotta per il controllo delle risorse energetiche del
pianeta un fattore importante nella geopolitica dellimperialismo, sia in termini di alleanze sia di rivalit,
come si pu constatare in Europa, Medio Oriente, Asia
Centrale, Africa e in altre regioni.
Contemporaneamente, i partecipanti hanno denunciato lo spreco di risorse energetiche dovuto ai consumi
senza limiti che caratterizzano le societ capitalistiche.

6. I partecipanti hanno inteso valorizzare la crescente


resistenza contro lingerenza e laggressione imperialista e hanno sottolineato limportanza di rafforzare la
solidariet con tutti i popoli che si trovano in prima linea nella lotta.
Essi hanno sottolineato il significato della forte resistenza che le forze di occupazione Usa e Nato devono
fronteggiare in Afghanistan e in Iraq. Sono state condannate le minacce contro Siria e Iran, cresciute di intensit negli ultimi giorni.
E stato richiesto il pieno rispetto della sovranit del
Libano: i partecipanti hanno denunciato i crimini perpetrati da Israele in Libano e in Palestina, e la compli-

Novembre - Dicembre 2006

cit dellUnione Europea con gli Usa, principali responsabili della repressione e della catastrofe umanitaria a Gaza e nel West Bank.
Essi hanno espresso il loro sostegno alla lotta per il completo ritiro di Israele da tutti i territori arabi occupati
nel 1967, nel rispetto delle relative risoluzioni
dellONU, e la loro attiva solidariet con lOLP e il popolo palestinese nella lotta per la creazione di uno stato
indipendente e sovrano sul proprio territorio.
7. Le concrete esperienze di lotta in diversi paesi e regioni hanno generalmente trovato spazio negli interventi, a conferma che i lavoratori e i popoli non intendono rassegnarsi e che, persino nelle attuali condizioni,
sono possibili conquiste importanti nella direzione
della sovranit e del progresso sociale. Sono stati valorizzati i risultati delle lotte popolari e antimperialiste
che stanno dilagando in America Latina e i processi di
sovranit e cooperazione solidale che hanno luogo in
diverse esperienze. Solidariet stata espressa con
Cuba socialista rinnovando la richiesta di cessazione
del blocco criminale imposto dagli USA -, con il popolo
del Venezuela e la sua Rivoluzione Bolivariana, con il
popolo della Bolivia e con altri popoli dellAmerica
Latina e dei Caraibi.
8. Sono state in generale sottolineate limportanza, lattualit e lurgenza della prospettiva del socialismo.
Dallo scambio di opinioni emersa lincapacit del capitalismo a fornire soluzioni ai problemi urgenti con
cui si confrontano i lavoratori e i popoli, e sono state
rilevate le minacce a cui il capitalismo espone il futuro
del pianeta. Sempre di pi il socialismo emerge come
alternativa al capitalismo e come condizione necessaria per la sopravvivenza dellumanit stessa.
9. E stato posto in rilievo come lattuale situazione internazionale renda particolarmente indispensabile il
rafforzamento della cooperazione tra tutte le forze progressiste e antimperialiste e, in particolare, tra quelle
comuniste e operaie di tutto il mondo. In tal senso, lo
svolgimento di questo genere di incontri stato valutato come unoccasione per lo scambio di informazioni,
di esperienze, di punti di vista e per la possibile definizione di posizioni e iniziative comuni. E stata presa in
considerazione limportanza di garantirne la continuit.
Sono stati proposti diversi argomenti, linee dindirizzo
e possibili iniziative per lo sviluppo della solidariet e
dellazione comune tra le forze comuniste e operaie,
come pure tra le altre forze progressiste e rivoluzionarie. Sono emerse alcune proposte in particolare:
Contro il militarismo e la guerra, con particolare riferimento al ritiro delle forze di occupazione dallIraq;
Per lo scioglimento della Nato e leliminazione delle

Lisbona

basi militari straniere;


Contro la strategia imperialista in Medio Oriente, a favore tanto di azioni immediate di solidariet con il popolo palestinese, quanto dellinvio di missioni di solidariet in Palestina e Libano;
Sostegno al Venezuela bolivariano, alla Bolivia e a Cuba
socialista, attraverso la promozione di una settimana di
azioni comuni di solidariet con questo paese;
Contro il revisionismo storico, la copertura del fascismo e lanticomunismo, ponendo in evidenza date significative, come l11 settembre 1973 in Cile;
Contro loffensiva neoliberale scatenata per smantellare i diritti e le conquiste dei lavoratori, operando per
rafforzare lazione di massa e il movimento sindacale
di classe e per difendere i lavoratori migranti;
Utilizzare la partecipazione ad eventi internazionali per
tenere incontri e coordinare lattivit dei comunisti;
Stimolare la cooperazione tra i partiti su base regionale
e su questioni specifiche.
E stato dato risalto allimportanza della battaglia delle
idee nel nostro tempo. I partecipanti hanno messo in
rilievo quanto sia necessario celebrare il 90 anniversario della Rivoluzione dOttobre con varie iniziative e
hanno espresso il loro appoggio al progetto di iniziativa internazionale da realizzarsi nella Federazione
Russa.
Il PCP ha informato della sua intenzione di promuovere uniniziativa internazionale, a livello europeo, in
coincidenza con la presidenza portoghese dellUnione
Europea, nel secondo semestre del 2007.
10. La data, il luogo e largomento per lIncontro
Internazionale del 2007 saranno decisi dalla riunione
del Gruppo di Lavoro, che avr luogo in tempi congrui,
e saranno annunciati in una Conferenza Stampa.

Lisbona, 12 novembre 2006

* La documentazione completa sullimportante incontro reperibile in


http://www.pcp.pt/index.php?option=com_content&task=
view&id=6822&Itemid=287
e http://www.solidnet.org
La traduzione del comunicato emesso al termine dellIncontro di
Lisbona a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

13

Novembre - Dicembre 2006

Politica

Se il Pd dovesse costituirsi,
la funzione e il ruolo della sinistra
non potrebbero ridursi nei confini
del Prc o della sinistra europea.
La nostra prospettiva deve essere
quella di un nuovo soggetto
unitario della sinistra italiana

Il Partito
Democratico
e la fine
della critica
al capitalismo

di Giorgio Mele
Senatore DS

LE

SOGGETTO CHE DOVREBBE SORGERE DALLA FUSIONE


DI

ei prossimi mesi si apre di fronte a


noi un periodo complesso ma anche molto importante per il futuro
del nostro paese e per le vicende
della sinistra italiana. La prova pi
grande quella del governo, o meglio della tenuta e della direzione
politica del governo. Non vi dubbio che nei mesi passati il rapporto
del governo con il paese sia stato
quanto meno problematico e che la
vicenda della legge finanziaria abbia lasciato i suoi segni.
E del tutto evidente che, dopo
lapprovazione della legge di bilancio, la coalizione di centro-sinistra
esce pi divisa e incerta, cos come
avvertiamo tutti un calo di consenso
generalizzato che potrebbe aprire,
se non c una pronta reazione, un
vuoto democratico in grado di rappresentare una ipoteca seria per il
nostro futuro e per quello dellintero paese. Lincapacit del governo
di centro-sinistra di affrontare con
chiarezza i problemi del paese potrebbe inaugurare una stagione di
difficile governabilit, con linevitabile conseguenza di acuire la crisi
della democrazia italiana.
Sarebbe sciagurato se alle difficolt
di queste settimane si aggiunges-

14

BASI TEORICHE E L ' ORIENTAMENTO POLITICO DEL NUOVO

DS

MARGHERITA . IL

PUNTO DI VISTA DELLA SINISTRA

sero le velleit di una fantomatica


fase due fondata su attacco alle
pensioni e liberalizzazioni. In questo modo potrebbero consolidarsi
tentazioni populistiche e sarebbe
questo il terreno migliore per riconsegnare lItalia alla destra. C
veramente da essere preoccupati
poich la crisi del centro-sinistra
pu essere esposta a soluzioni e approdi diversi. E ci dipende dal fatto
che nellambito dellUnione si agitano progetti politici diversi e divergenti.
Il prossimo anno, il 2007, stagione
di congressi e, conseguentemente,
di scelte importanti e decisive destinate a ridisegnare il campo del centro-sinistra e, con esso, il sistema politico del nostro paese. I DS saranno
impegnati con la Margherita a dar
vita al Partito Democratico (Pd), il
cui treno partito ai primi di ottobre a Orvieto, ma che ora, dopo poche settimane, sembra arrancare
per le calli della politica. Il treno
continua la sua corsa ma non pi
certa la direzione.
La difficolt del governo ha appannato il progetto del Pd e ne ha rivelato le fragili e incerte basi culturali,
politiche, sociali. Questa constata-

DS

zione non nasconde il fatto che esso


fosse e sia un progetto che non nasce oggi. La sua eventuale costituzione porterebbe a compimento un
processo che ha radici profonde
nella storia della sinistra del nostro
paese. Occorre risalire tra la fine degli anni 80 e gli inizi degli anni 90
del secolo scorso, quando larga
parte della sinistra, in accordo con
Pietro Scoppola e altri teorici del
pensiero cattolico, aveva motivato la
decisione del superamento del Pci
partendo dalla denuncia dellesaurimento della capacit interpretativa della sinistra del 900 e affermando la necessit della comprensione della verit interna del pensiero liberista che marciava trionfante nelle ultime decadi del XX secolo. Da allora, quel processo di
fatto non si pi fermato e con la
caduta della Prima Repubblica la sinistra italiana ha continuato ad oltrepassare s stessa in una transizione senza limite fino ad oggi, fino
a questultima proposta lanciata ad
Orvieto.
Il Partito Democratico si configura,
da questo punto di vista, come la ricollocazione strategica delle culture politiche del nostro paese. Esso

Novembre - Dicembre 2006

rappresenta quindi una cesura profonda con e della storia della sinistra italiana. Contrariamente a
quanto si viene dicendo allinterno
della maggioranza del gruppo dirigente dei DS, esso non la continuazione sotto diverse spoglie di
una storia che si dipana da 60 anni
senza interruzione: il Pd non , insomma, linveramento della politica della funzione nazionale di
Togliatti, come afferma Reichlin, e,
di conseguenza, non un nuovo capitolo della storia dei comunisti. E
unaltra storia.
Scalfari ha affermato che il Pd non
sar n socialista n cristiano ma, se
vorr vivere, dovr essere unaltra
cosa da tutto ci. Ma questo vero
solo in parte, poich esso non solo
non sar la continuazione della storia dei comunisti, ma nemmeno un
nuovo capitolo del socialismo italiano, segnando oggettivamente il
superamento dei confini della sinistra. Le analisi politiche che stanno
alla base del Partito Democratico,
contenute nelle relazioni di Orvieto, non si discostano molto dalla
base teorica della terza via di Giddens: la stessa consapevolezza della
crisi della globalizzazione e della rivoluzione neoliberista che ritroviamo nelle analisi di Scoppola risulta pi un assunto retorico, una
presa datto oggettiva che un campo
da sottoporre a critica. Voglio dire
che espunta da tali ragionamenti
la necessit di una nuova e moderna
critica del capitalismo contemporaneo a partire dalla sua attuale organizzazione, dalla privatizzazione
della scienza alla riduzione del lavoro sempre pi a merce. La crisi
della democrazia di cui parla Scoppola non pu essere affrontata, come invece egli fa, solo sotto laspetto
della crisi della rappresentanza,
senza comprendere le ragioni sociali di tale crisi, senza comprendere
cio le ragioni che stanno al fondo
dello svilimento e del nuovo sfruttamento del lavoro. In altre parole,
il confronto democratico, la rivitalizzazione della democrazia non
possono prescindere da un punto di
vista alternativo, che riproponga

Politica

una nuova rappresentanza del lavoro e nuove forme di espansione


della partecipazione democratica,
con lobiettivo di dare nuova forza
alla democrazia e renderla credibile
anche nellopera necessaria per la
sua espansione nel mondo. Ecco,
lorizzonte del Partito Democratico
non contempla proprio questo tema di fondo: la centralit del lavoro,
che non un retaggio del XX secolo
ma la vera questione democratica
del XXI. Mai come nellepoca attuale la produzione della ricchezza
ha potuto disporre di un enorme
esercito industriale di riserva, come
dimostra la discesa in campo dei
grandi colossi della politica internazionale di oggi, dalla Cina allIndia, ai grandi paesi sudamericani.
Mai come nellepoca attuale si rivelano esplosive le grandi contraddizioni ambientali e lapprovvigionamento di risorse energetiche, come
la questione di quelli che possiamo
chiamare i grandi diritti, da cui sono
esclusi centinaia di milioni di uomini e di donne. Questa situazione
impone, diversamente dalle relazioni di Orvieto, una nuova visione
del mondo, chiede pi socialismo,
un nuovo socialismo che sappia affrontare criticamente queste grandi
questioni. Rispetto a tutto questo, il
campo teorico del Pd fondamentalmente quello di un classico partito di centro che, dentro il confronto bipolare con la destra, avr,
come diceva De Gasperi, uno
sguardo a sinistra. Una funzione del
tutto legittima, che probabilmente
ha anche delle basi sociali ma che
conferma quanto prima dicevo, vale
a dire che il Pd si configura di fatto
come il superamento della sinistra
italiana, almeno nella sua componente maggioritaria.
La contrariet della sinistra DS a
tale progetto si accompagna ad una
forte preoccupazione per il fatto
che il Partito Democratico, pi che
il motore della coalizione, rischia di
essere il piombo nelle ali del governo. La prospettiva del Pd attiva
prese di posizioni identitarie che rischiano di incrinare drammaticamente il gi difficile cammino del

governo. Avremmo preferito che, invece della costruzione di un altro


partito, ci fossimo impegnati tutti, a
partire da Romano Prodi, con pi
lungimiranza sul governo del paese.
Difficile non vedere come tutti i partiti che devono dar vita al nuovo soggetto vivono processi di divisione
profonda. Si dividono i DS, mentre i
segnali che provengono dalla Margherita sono a dir poco chiari e inquietanti. La battaglia tra le componenti di quel partito si fa sempre pi
aspra e senza esclusioni di colpi, al
punto che rischia di saltare anche il
congresso. La vicenda delle tessere
false ripropone un malcostume che
affossa e fa a cazzotti con qualsiasi
idea di una nuova politica: quanto risultano poco credibili alla luce di
questi fatti tutte le considerazioni di
Vassallo sulla riforma del sistema! Le
posizioni dei teodem ci dicono
quanto sia radicata e aggressiva lanima confessionale e quanto sia giusta la nostra preoccupazione sullattacco alla laicit, che per noi costituisce un valore assoluto e inalienabile.
Mentre sono divise su tutto, le diverse anime della Margherita sono
invece unite sul rifiuto categorico,
se non addirittura sprezzante, rispetto alladesione al Partito
Socialista Europeo (Pse), un punto
di fondo che, nonostante tutto, mi
sembra possa essere difficilmente
superato. Questo abbandono della
casa socialista crea un forte disagio
nei DS, ben oltre i confini della sinistra interna. A Oporto, poi, dove
si tenuto il Congresso del Pse, gli
interventi di Delors e di altri hanno
evidenziato una sempre maggiore
distanza dalle teorie del neue
mitte e della terza via degli anni
90 del secolo scorso, ponendo lesigenza di riflettere non sulla morte
del socialismo ma sul rilancio di un
new socialism e di una nuova critica della globalizzazione in grado
di superare la coltre apologetica del
decennio scorso.
La battaglia della sinistra DS contro
il Pd si aggancia a questo nuovo dibattito che vi in Europa e ha lambizione di fare una battaglia di carattere generale, che parla ai DS ma

15

Politica

anche fuori di essi. Lobiettivo principale che abbiamo quello di unire


tutti coloro che si oppongono alla
costituzione del Pd, ampliare la
massa critica e raccogliere le forze
contro questo progetto che non
solo incerto, ma che, come afferma Salvatori, cerca lunit producendo ulteriori divisioni, facendo
correre il rischio al centro-sinistra di
vedere crescere anzich diminuire
le sue componenti e alla governabilit del paese di risultare non gi rafforzata ma indebolita.
La proposta del Partito Democratico sbagliata perch si basa su ana-

lisi vecchie e sconfitte dalle vicende


di questi anni e, per questo, esso diviene un fattore di instabilit per
tutto il centro-sinistra. Di fronte a
tale proposta, che comunque cerca
di unificare forze diverse, la prospettiva della sinistra DS quella di
rilanciare, a partire dalla salvezza
dei DS, lunit della sinistra. E necessario aprire una nuova fase della
sinistra italiana che avvii il superamento della parcellizzazione dellultima fase del secolo XX. La nostra battaglia vuole parlare direttamente a tutte le forze politiche della
sinistra, allo stesso congresso di

Novembre - Dicembre 2006

Rifondazione Comunista. Per dare


forza alla qualit della democrazia
italiana, tanto pi se dovesse costituirsi il Pd, la funzione e il ruolo
della sinistra non potrebbero ridursi nei confini del Prc o della sinistra europea o in quella della fondazione del quattordicesimo partitino nel centro-sinistra. La nostra
prospettiva deve essere quella di un
nuovo soggetto unitario della sinistra italiana, lunica proposta credibile su cui varrebbe la pena lavorare.
Ci sarebbero tutte le condizioni possibili sai dal punto di vista culturale
che politico.

WWW.lernesto.it
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Novembre - Dicembre 2006

Politica

Per quanto riguarda le tante


aspettative riposte in questo governo,
penso che nessuno abbia
mai regalato niente.
Le cose che vogliamo dobbiamo
conquistarcele, anche se sono
un nostro diritto o sono gi
contemplate dalla Costituzione

E'ora
che il movimento
t o rni a farsi
s e n t i re !

a cura di Agostino Giordano

L' ERNESTO INTERVISTA LA SENATRICE HAIDI GIULIANI,


GRUPPO P RC - S INISTRA E UROPEA

rima di tutto, ti chiedo un giudizio


sulla Finanziaria approvata in
Parlamento che, come abbiamo
tutti quanti osservato, stata partorita tra mille difficolt: sono state
tante le modifiche apportate in
corso dopera e tanti sono stati i
passi indietro Qualcuno, soprattutto a destra, la giudica ancora,
piuttosto strumentalmente, una finanziaria bolscevica, mentre il
malcontento tra le fasce popolari
molto evidente e basta citare i fischi
degli operai di Mirafiori contro i tre
leader sindacali confederali. Cosa
ne pensi?
Devo fare una premessa: io sono un
tipico esempio di politica dal
basso, che pi dal basso non si pu.
Nel senso che ho sempre vissuto
come persona di movimento piuttosto che come persona di partito;
non ho vissuto mai in pieno la politica, quella che si fa nei palazzi delle
istituzioni e quella che si fa nei partiti. Si pu capire quindi che non
sono in grado di dare giudizi sapienti, esperti e completi; premesso
questo, sulla Finanziaria devo aggiungere che se lavessi vissuta dallesterno, come sempre durante i
sessantatre anni della mia vita, avrei

dato un giudizio negativo. Avendola


vissuta dallinterno del Senato, e
avendo visto il lavoro che hanno
fatto i compagni e le compagne per
difendere con i denti e con le unghie gli aspetti positivi, non me la
sento di dare un giudizio cos drastico. Per quale motivo? Perch, evidentemente, senza il lavoro dei
compagni sarebbe stata una
Finanziaria peggiore. Certo, le premesse ci avevano fatto sperare in
meglio, soprattutto quando si diceva che ci sarebbe stata una ridistribuzione della ricchezza, che finalmente i ricchi avrebbero cominciato a pagare le tasse ed i poveri sarebbero stati aiutati b, cos, alla
fine dei conti probabilmente non
sar, perch un medio o basso stipendio risparmier sulle tasse grazie alla Finanziaria e poi perder
tutto, molto probabilmente, per un
aumento di costo che dovr subentrare da parte della amministrazioni
locali, che altrimenti non riusciranno a far fronte alle spese. Il giudizio dovrebbe quindi essere molto
negativo, ma quel minimo che
stato difeso, per esempio sui ticket
sanitari o sui precari della scuola
(ed il merito va tutto ai tanti compagni che hanno lavorato nelle va-

rie commissioni), bisogna assolutamente riconoscerlo.


Si parla tanto di fase 2 e sembra
una vera e propria minaccia
Come vedi questa prospettiva e cosa
ti aspetti?
Sono abituata, in tutte le situazioni,
ad affrontare le cose come insegnava Gramsci, cio con il pessimismo della ragione e lottimismo
della volont. So che bisogna continuare non solo a resistere ma anche
a lottare; so che dallesterno che
si pu e si deve fare pressione perch i compagni allinterno delle istituzioni possano riuscire ad ottenere
delle cose Noi dobbiamo continuare a batterci affinch il programma dellUnione venga rispettato.
Alcuni punti del programma sono
piuttosto vaghi, ma altri sono chiari
e non si possono reinterpretare.
Un esempio pu essere fatto proprio per quanto riguarda la politica
sullimmigrazione ed il superamento dei Cpt. Purtroppo, nonostante gli sforzi del nostro ministro
F e rre ro, la questione ancora
aperta e noi siamo convinti che sostenere la tua battaglia (ricordiamo

17

Politica

che, insieme a Francesco Caruso, ti


sei barricata per protesta nel Cpt di
Crotone) sia importantissimo: hai
dato un segnale forte che per tanti
di noi impegnati nei movimenti, di
questi tempi, molto prezioso
Il superamento dei Cpt davvero
un esempio di vaghezza: in effetti si
pu intendere in tanti modi; dal
mio punto di vista lunico quello
di chiuderli. Non ho nessun merito
per quanto stato fatto a Crotone:
sono state le reti antirazziste della
Calabria e di Napoli ad organizzare
le iniziative. Naturalmente io con il
cuore in quel Cpt di Crotone cero
gi, e ci sono rimasta Ferrero ha
perfettamente ragione: non basta
chiudere i Cpt, bisogna accompagnare il provvedimento con leggi
adeguate e soprattutto con strutture di accoglienza. I Cpt vanno
chiusi, e su questo non vorrei essere
fraintesa; ma se noi buttiamo in
mezzo ad una strada le persone
senza offrire loro un minimo sostegno, come abitazione, lavoro, assistenza, queste ricadranno, o cadranno per la prima volta, in mano
ai caporali ed ai datori di lavoro
che li sfruttano e li usano come manovalanza a costo bassissimo. Non si
pu pi aspettare, perch i Cpt sono
una vergogna, sono delle carceri,
anche peggio, perch forse in carcere c pi assistenza che in queste
strutture. Naturalmente, come per
il carcere, anche nel Cpt dipende da
chi dirige la struttura, perch ce ne
sono alcuni in cui si vive un po meglio ed altri assolutamente insopportabili. Ma tali strutture sono insopportabili per loro stessa natura,
sono carceri abusive che imprigionano gente che non ha commesso
reati. Io ho visitato quello di
Lamezia: cerano uomini con addosso lunica e la stessa tuta che
hanno ricevuto il primo giorno,
non hanno possibilit di cambiarsi,
non hanno neppure il detersivo per
lavare la roba; chi ha soldi pu pagarsi le prime necessit, chi non ha
niente non pu avere neppure
quelle Se pensiamo quanto costa
allo Stato, e quindi ai contribuenti,

18

e cio alle persone oneste di questo


paese che pagano le tasse, quanto
costa ogni singolo migrante
ospite, non so quanto si perde per
la strada e quanto arrivi davvero alla
persona. Perch importante andare a manifestare e cercare di far
uscire la notizia allesterno? Perch
dei Cpt lopinione pubblica poco
informata, oppure preferisce non
esserlo, preferisce non sapere per
non dover portare questo peso sulla
coscienza. L dentro le persone non
vengono torturate o bruciate nei
forni, vero, per ricordano tanto
i lager in cui venivano rinchiusi gli
ebrei, i comunisti, gli omosessuali,
gli zingari, e che oggi qualcuno vorrebbe negare.
Il dibattito politico attuale spesso
incentrato sui diritti civili, un ambito che esige un forte intervento di
rinnovamento ed in cui emergono
posizioni reazionarie e conservatrici pericolosamente strumentali
(pensiamo soprattutto ai Pacs, ai
diritti per le coppie di fatto, etc)
che in molti casi purtroppo vengono
assunte anche dalle forze moderate
del centro-sinistra: sembra che tutto
ci stia rendendo ancora pi difficile il gi tortuoso percorso di sintesi che dovrebbe port a re alla nascita del partito Democratico. Cosa
pensi a proposito?
Abbiamo conosciuto anni di lotte e
di conquiste, oggi viviamo un periodo di ondata reazionaria soprattutto dal punto di vista culturale:
lattacco alla Costituzione, la voglia
di molti di cambiarla, lattacco ai diritti civili e sindacali, la repressione
dei centri sociali e delle strutture democratiche autogestite sono fatti
concreti. Il dibattito anche un p
zoppo, perch mentre la parte pi
moderata o apertamente reazionaria del Paese ha grandi mezzi per
esprimersi (televisioni e giornali ad
ampia diffusione), la parte pi democratica e sensibile quali mezzi
ha? Certamente gli strumenti che
usa il movimento, e che usa anche
Rifondazione Comunista, cio
quella parte del Paese sinceramente

Novembre - Dicembre 2006

e autenticamente democratica che


vuole difendere i diritti gi scritti
nella Costituzione. Ad esempio, se
si legge la Costituzione, vero che
parla di famiglia; ma non c scritto
da nessuna parte che due persone
non unite nel vincolo del matrimonio debbano avere meno diritti delle altre; anzi, c scritto esattamente
il contrario Io credo che si debba
continuare, senza stancarsi, a lavorare per far arrivare alla gente questo messaggio: che la Costituzione e
la Democrazia sono beni preziosi
che vanno difesi ogni giorno e
vanno difesi nelle piccole cose come
nelle grandi. Le istituzioni sono sensibili alla voce che arriva dallesterno ed importate che dallesterno continui ad arrivare la voce
forte dei movimenti e della sinistra
di questo paese.
Noi Giovani Comunisti eravamo
tantissimi a Genova e, come le diverse soggettivit presenti in quel
grande movimento, portiamo ancora addosso delle brucianti ferite
che difficilmente si possono rimarginare. Speravamo che qualche ferita si potesse rimarginare con questo nuovo governo, dopo gli anni
bui delle destre berlusconiane e autoritarie, ma ancora non stata istituita nessuna Commissione parlamentare dinchiesta sui fatti del luglio 2001
A questo proposito stiamo raccogliendo le firme da consegnare al
Presidente della Camera ed al Presidente del Senato. Sono firme di liberi cittadini che chiedono listituzione di una Commissione dinchiesta. Perch cos importante ottenere una commissione dinchiesta? Qualcuno dice che inutile,
perch le commissioni non sono
mai riuscite ad arrivare ad una parola finale, alla affermazione di una
giustizia vera. Daccordo: ma dobbiamo comunque pretenderla ed
istituirla perch solo in questo
modo si riuscir a far discutere il
Paese di ci che avvenne a Genova
cinque anni fa, di quanto pu ancora avvenire, di quanto avviene

Novembre - Dicembre 2006

quotidianamente nel chiuso delle


caserme ed in certe questure. C
stato laltro giorno il caso di un ragazzo fermato per la strada a
Catania, portato in questura, picchiato, torturato per tre ore (pare
gli abbiano perfino premuto una pistola sullo sfintere). La colpa di questo ragazzo pare fosse quella di essere riconosciuto come anarchico non ha mai spaccato la testa a nessuno, non ha mai ucciso
nessuno, ma a quanto sembra una
colpa gravissima quella di essere un
anarchico, di far parte di centri sociali, molto pi grave che nuocere
ad altri esseri umani
Daltronde non si potr mai dimenticare e metabolizzare la terribile
morte di Federico Aldrovandi

Politica

Avendo presente la morte di Federico, dico che il ragazzo di Catania


stato pi fortunato
Ma amaro dover dire una cosa del
genere! Ritornando alla tua domanda, per quanto riguarda le
tante aspettative riposte in questo
governo, penso che nessuno abbia
mai regalato niente. Le cose che vogliamo dobbiamo conquistarcele,
anche se sono un nostro diritto o
sono gi contemplate dalla
Costituzione. Dobbiamo continuare a lavorare e soprattutto dobbiamo smetterla di continuare a dividerci tra di noi.
Un ultima cosa. Le recenti esternazioni di Placanica contengono nuovi
elementi da poter seriamente considerare o bisogna lasciar perdere?

Lunica cosa seria che ha detto Placanica in queste interviste il racconto di come stato accolto in caserma al suo rientro, dopo piazza
Alimonda. E dovrebbe bastare, mi
sembra, per lapertura di una commissione di inchiesta sulloperato
dei responsabili dellordine pubblico. Il resto tutto fumo, o mezze
verit pasticciate. Io non so se Placanica intende lanciare un messaggio a chi di dovere perch gli venga
concesso un posto di lavoro o perch
gli vengano dati altri soldi, dopo
quelli che ha ricevuto cinque anni fa.
Oggi torna alla carica, e ha fatto sapere anche a noi, ripetutamente, che
vuole incontrarci in privato. Non lo
faremo mai: lunico luogo dove possiamo incontrarlo, come abbiamo
gi detto, unaula di tribunale.

19

Politica

Novembre - Dicembre 2006

Con l'approvazione
della legge finanziaria si apre
una nuova fase della vicenda
del governo di centro - sinistra.
Una fase densa di pericoli
che vano pensare
di affrontare adagiandosi
in comportamenti attendisti

O l t re
la Finanziaria

di Gianluigi Pegolo

PER

on lapprovazione della legge finanziaria si apre una nuova fase


della vicenda del governo di centrosinistra. Una fase densa di pericoli
che vano pensare di affrontare
adagiandosi in comportamenti attendisti. Non ci troviamo, infatti,
alla presenza di semplici smagliature nellazione di una coalizione
che fin dallinizio sapevamo essere
disomogenea. In realt, quello che
si sta profilando il convergere dinteressi, di propensioni culturali, di
disegni politici in una strategia tesa
ad imprimere allazione di governo
una torsione moderata. I segnali
sono sotto gli occhi di tutti.
LE

RAGIONI DI UNA POSSIBILE


D E R I VA M O D E R ATA

La reazione nervosa di Confindustria, manifestata in occasione della


discussione sulla proposta di legge
finanziaria, non discendeva esclusivamente dalla contrariet nei confronti di alcune scelte, come nel
caso delle proposte iniziali in tema
di TFR. In realt, la critica muoveva
ancor pi che da una riserva di merito dallinsoddisfazione per un
impostazione generale giudicata
poco conforme a quellorientamento decisamente liberista che si
ritiene debba ispirare lazione di go-

20

UNA SVOLTA A SINISTRA DELLA POLITICA ECONOMICA

verno. Non a caso, Confindustria ribadisce oggi la necessit di interventi strutturali, intendendo con
questi: labbattimento della spesa
sociale (via riforma delle pensioni),
il rilancio delle privatizzazioni (tramite la liberalizzazione dei servizi
pubblici locali) e la crescita della
competitivit del sistema produttivo
(attraverso lacquisizione di unulteriore flessibilit nellutilizzo del
lavoro).
Alloffensiva liberista di Confindustria e dei poteri forti si aggiunge
lazione delle forze dellopposizione, anche se - va sottolineato le
posizioni, pur se convergenti su
molti punti, non sono per identiche. Nelliniziativa del centro-destra,
infatti, visibile unimpostazione populista che si mescola alle istanze pi
decisamente liberiste. Infatti, accanto allenfasi posta sulle riforme
strutturali mancate, il centro-destra
agita lo spettro dellinsopportabile
pressione fiscale e cavalca (strumentalmente) linsoddisfazione per alcune misure socialmente punitive. Si
pensi ai tickets sanitari o ai tagli agli
enti locali, alla riduzione delle risorse per alcuni servizi, come la
scuola, allo scarso impegno dimostrato per il sostegno alla ricerca.
Queste forze si pongono, cio, nellottica di rinsaldare un ampio schie-

ramento sociale sulla base di richiami populisti e facendo leva su


contraddizioni e limiti presenti nella
finanziaria. La riuscita della manifestazione di Roma ci dice della pericolosit delloperazione.
Se, tuttavia, le insidie venissero solo
dallopposizione politica e dai poteri forti, la situazione, pur presentandosi critica, non sarebbe in s
cos allarmante. Il problema principale, invece, rappresentato dalla
simmetrica operazione in gestazione nellarea moderata del centro
sinistra. E nota la richiesta proveniente da Fassino e Rutelli dellapertura di una fase due dellazione di governo, ispirata al rigore
nella gestione della spesa e alla liberalizzazione dei servizi. Questa offensiva parsa smorzarsi di fronte
allesigenza di non caricare eccessivamente di nuove tensioni un quadro gi preoccupante, ma essa non
stata per questo accantonata. Il
motivo fondamentale sta nel fatto
che queste forze (DS e Margherita,
ma non solo) puntano ad unoperazione ben precisa sul piano economico-sociale. Si tratta certamente del prodotto dellevoluzione
in senso liberista delle loro culture
politiche, ma anche di un calcolo lucido sulle forze da mobilitare e sulla
complessa ristrutturazione da pro-

Novembre - Dicembre 2006

muovere nellassetto economico e


sociale del paese.
D E R I VA M O D E R ATA E N A S C I TA
D E L PA RT I T O D E M O C R AT I C O
Questo disegno si fonda su alcuni
assunti. In primo luogo, sul carattere provvisorio o quantomeno
non stabilizzato dellattuale quadro politico. La mancanza di una
maggioranza al Senato e lesigenza
di farvi fronte (con un allargamento
della stessa se non, in prospettiva,
con il passaggio ad un governo di
tipo istituzionale) sollecitano uno
spostamento verso destra dellasse
della politica di governo. In tal
senso alcuni tentativi, anche se piuttosto goffi ed estemporanei (come
la ricerca di nuovi rapporti con la
Lega), non vanno comunque sottovalutati. Inoltre, il contrasto fra
lUDC e le altre forze dellex Casa
delle Libert rende (apparentemente) disponibile un nuovo interlocutore per il centro-sinistra. Non
solo. La transizione verso un assetto
bipolare (se non bipartitico) compiuto richiede una ridefinizione
delle alleanze sociali, oltre che di
quelle politiche. E il vecchio tema
dei ceti medi, oggi declinato in
forme nuove. Come allargare larea
di consenso verso fasce prevalentemente collocate a destra? In questo
quadro i tradizionali poteri forti costituiscono un referente molto importante e la loro critica non lascia
indifferenti.
Per molti versi vi nei confronti di
questi ultimi una maggiore sintonia
il caso di Confindustria - se non
altro perch sono considerati attori
fondamentali di un processo di modernizzazione.
Nella transizione verso il Partito
Democratico lesigenza di dare visibilit alle componenti moderate
dellUnione pressante. Un eccessivo protagonismo della sinistra critica non solo mette parzialmente in
ombra il ruolo di tali forze ma, soprattutto, pu compromettere il
loro disegno strategico, facendo entrare in fibrillazione fasce sociali

Politica

che guardano con curiosit - se non


con interesse - alla nascita di un
nuovo soggetto politico di ispirazione liberal-democratica. Nasce da
qui, peraltro, loperazione referendum che non a caso appare del
tutto sproporzionata rispetto alla
questione di merito, e cio la necessit di modificare una legge elettorale che non garantisce stabilit.
In s il problema sarebbe di non difficile soluzione, dato che basterebbe rimediare al meccanismo di
votazione previsto per il Senato,
vero fattore dincertezza.
Loperazione ha, in realt, un connotato prevalentemente politico,
anzich come parrebbe eminentemente istituzionale e mira,
per lappunto, ad offrire al futuro
Partito Democratico un contesto
politico-istituzionale favorevole.
Il campo di forze che interessato
a questoperazione non si esaurisce,
ovviamente, nei DS e nella Margherita ma si estende alle componenti
della vita politica e sociale che per
cultura, appartenenza ed interessi
sono seppure in modo diverso
coinvolte.
La vicenda della CGIL a tale riguardo particolarmente significativa. La tensione che si prodotta
nella confederazione, a seguito
della manifestazione sulla precariet del 4 novembre, riflette la vicinanza alle posizioni di una parte
della coalizione di governo. In verit, nonostante la gravit dellepisodio della contestazione da parte
dei Cobas del ministro Damiano, la
reazione della CGIL apparsa sproporzionata. Cos come non ha giustificazione il processo intentato
alla FIOM per la partecipazione alla
manifestazione. Nella realt vi
stato, in questa circostanza, il ricollocarsi della CGIL in modo pi
esplicito a sostegno del governo.
LE

D I F F I C O LT E I R I S C H I
C H E G R AVA N O

SULLA SINISTRA CRITICA

Le forze della sinistra critica intendendo con questo termine

quello schieramento sociale e politico che si colloca a sinistra e che sostenne la battaglia referendaria
contro lo smantellamento dellart.
18 hanno di che temere da una
possibile svolta in senso moderato
dellasse di governo. Esse rischiano,
infatti, di esserne le prime vittime.
Lesperienza di governo le sta profondamente segnando. Nella finanziaria hanno dovuto accettare alcune disposizioni in palese contraddizione con la loro impostazione.
Ci vale, per esempio, per le misure
concernenti lo stato sociale. N sono
riuscite a porre in agenda alcune
priorit sociali. Vale per tutte il tema
della precariet, ma anche quello
dellincapienza. Infine, alcuni provvedimenti che erano riuscite a far
scorporare dalla finanziaria ripiomberanno nella discussione politica allinizio del prossimo anno (come nel
caso della riforma del sistema previdenziale). In presenza di una pi accentuata svolta moderata queste
forze vanno incontro ad una crisi di
consenso. Per quanto possano valere, data la dimensione limitata dellelettorato coinvolto, i risultati elettorali del Molise rappresentano (almeno per quanto riguarda Rifondazione comunista) un preoccupante
segnale dallarme.
N appare pi tranquillizzante la situazione sociale. La previsione ottimistica secondo la quale la sinistra
critica avrebbe potuto ottenere un
sostegno dai movimenti va rivista.
Infatti, bench si stia assistendo ad
una nuova effervescenza sociale che
non si pu che giudicare positivamente, evidente che nel momento
in cui questa si produce si determina parallelamente anche una divisione nel movimento fra sostenitori e critici del governo.
Lo stesso asse fra sinistra critica e
sindacato, che aveva consentito di
respingere le offensive pi oltranziste di alcuni settori moderati della
maggioranza in occasione della discussione sulle linee della finanziaria, tende - come si sottolineava in
precedenza - ad essere incrinato dallesigenza delle stesse confederazioni di ricollocarsi in funzione di

21

Novembre - Dicembre 2006

Politica

supporto al governo.
Le forze della sinistra critica rischiano, inoltre, di subire un progressivo processo di emarginazione.
Sul piano politico un eventuale allargamento a destra dellattuale
maggioranza di governo le costringerebbe a scegliere fra lomologazione ad unimpostazione moderata o la fuoriuscita dal governo. Un
eventuale governo istituzionale determinerebbe in modo ancora pi
drammatico lo stesso esito. Si tratta
di scenari non obbligati, ma che rappresentano - nellattuale situazione
- una spada di Damocle per le forze
della sinistra critica. Sul fronte istituzionale evidente che le proposte di modifica della legge elettorale, avanzate dalle componenti
moderate del centro-sinistra, vanno
tutte in una stessa direzione e cio
quella di ridurre la frammentazione, espellendo dallo scenario politico alcune di queste forze o costringendole ad accorpamenti obbligati. In ogni caso queste proposte tendono a rafforzare lassetto bipolare e quindi, inevitabilmente, a
ridurre lautonomia delle forze
della sinistra di alternativa.
In questa situazione fare appello al
rispetto del programma non sufficiente. Vale la pena ricordare che
la tanto (e giustamente) criticata
pulsione liberalizzatrice era presente nel programma. Comera presente la scelta (assai poco virtuosa)
del taglio al cuneo fiscale. Senza
contare il fatto che a partire dal
DPEF sono stati introdotti vincoli
programmatici destinati a produrre
effetti negativi nel proseguo dellattivit di governo. Per questo ha
senso parlare di necessit di una
svolta. Il che non implica la riproposizione del vecchio slogan svolta
o rottura, per il semplice fatto che
non allordine del giorno la rottura della maggioranza di governo.
Siamo invece nella fase in cui si
rende necessaria una ripresa diniziativa sui contenuti. Uniniziativa
che implica, ovviamente, la messa in
campo di una forza adeguata, ricercando la convergenza di quelle formazioni politiche e sociali che co-

22

incidono con la sinistra di alternativa, nella sua accezione pi estesa.


Un approccio, quindi, del tutto
estraneo, se non antitetico, a quello
che muove oggi chi si fa protagonista della costruzione di nuove soggettivit politiche siano esse la
Sinistra di alternativa o il Partito del
lavoro il cui limite politico principale sta nellassoluta estraneit alle
esigenze concrete (e immediate)
dell iniziativa politica.
RISANAMENTO,

EQUIT

E S V I L U P P O I N U N A S V O LTA
A SINISTRA DELLA POLITICA
ECONOMICA

Riprendiamo, per comodit, le parole dordine che stanno alla base


della recente manovra finanziaria,
ma che nellottica del Ministro delleconomia, che le ha coniate, indicano anche lorizzonte generale
della politica economica dellattuale governo. Non torner sulla
critica di merito al significato che
nella finanziaria assumono questi
tre termini e sulle implicazioni che
ne sono derivate in termini di provvedimenti assunti ed effetti prodotti. Di questo ho gi scritto nello
scorso numero della rivista. Minteressa qui affrontare la ridefinizione
di questi tre obiettivi nella prospettiva di una svolta di politica economica. Consideriamo, innanzitutto,
la questione del risanamento. Rifondazione comunista si era giustamente battuta per spalmare su due
anni la manovra di riduzione del deficit e aveva anche tentato di ridurne
la portata. Come tutti sappiamo,
quei tentativi sono stati vani e il risultato una riduzione del deficit al
2,8% del PIL per lanno 2007, corrispondente allimpegno di circa 15
miliardi di euro. Leffetto di questa
scelta stato il forte irrigidimento
della manovra e una sua rilevante
crescita quantitativa. Dal punto di
vista sociale: la compressione della
spesa pubblica.
Quello che, tuttavia, va rilevato
che il vero pericolo non sta tanto in
questa scelta, quanto nella volont

espressa nel DPEF di proseguire


con la riduzione del debito anche
negli anni successivi, per arrivare
nel 2011 allazzeramento del deficit
annuo. La gravit di questa scelta sta
nel fatto, in primo luogo, che essa
del tutto arbitraria, non esistendo a
tale riguardo negli accordi di
Maastricht dei vincoli rigidi. Inoltre, lassunzione di un simile indirizzo costringerebbe anche nei
prossimi anni ad una continua riduzione della spesa, che oltretutto
determinerebbe un effetto recessivo sullandamento delleconomia.
Muove da qui lesigenza richiamata da un nutrito gruppo di economisti di abbandonare unimpostazione monetarista, proponendo, anzich la riduzione del debito, una sua sostanziale stabilizzazione. Questa scelta fondamentale
se si vuole rilanciare la spesa sociale
e sostenere lo sviluppo. Per questo
il primo terreno diniziativa della sinistra di alternativa dovrebbe essere
quello della ridefinizione degli
obiettivi di politica economica dei
prossimi anni, correggendo limpostazione sul rientro del debito.
Sul piano dello sviluppo necessario
passare da una politica industriale
basata sul finanziamento non-selettivo delle imprese ad una politica
tesa al sostegno dei comportamenti
virtuosi e alla promozione dellinnovazione. Questo orientamento
oggi ostacolato dallimpostazione
assunta a livello di finanziaria con i
provvedimenti sul cuneo fiscale.
Unimpostazione che muove da un
assunto neo-concertativo, secondo
il quale la riduzione della spesa pubblica dovrebbe finanziare, da un
lato, il sostegno al reddito dei lavoratori e, dallaltro, labbattimento
del costo del lavoro. Il risultato di
una simile impostazione , inevitabilmente, il taglio del Welfare e la rinuncia ad una politica per linnovazione. Con particolare riferimento a questultimo punto, evidente che unefficace politica industriale dovrebbe comportare un uso
selettivo delle risorse in direzione
del potenziamento di alcune infrastrutture territoriali di ausilio alla

Novembre - Dicembre 2006

produzione, di unadeguata offerta


formativa e del sostegno alle imprese che intendono acquisire
nuove tecnologie e promuovere
linnovazione.
Rispetto a queste necessit, la finanziaria muove in tuttaltra direzione, disponendo il finanziamento
generico alle infrastrutture, prevedendo risorse limitate per la ricerca
e luniversit, attivando un sostegno
indifferenziato al sistema delle imprese. Per questo occorrerebbe una
profonda revisione dellimpostazione della manovra, introducendo
un criterio di forte selettivit della
spesa. La cosa ha poi implicazioni
ancora pi rilevanti al sud, dove non
solo la riduzione del cuneo fiscale
dubbio che possa determinare effetti rilevanti ai fini del consolidamento e dello sviluppo del sistema
produttivo, ma dove la stessa politica industriale tradizionale va ripensata data leccezionalit della situazione. Il tema dellintervento diretto dello stato in alcuni settori
deccellenza resta, infatti, in campo.
Senza una simile scelta lattivazione
di un processo di reindustrializzazione non avrebbe alcuna reale possibilit.
L E Q U I T

SOCIALE:

VERA SCOMMESSA PER IL


CONSOLIDAMENTO DI UN
B L O C C O S O C I A L E P R O G R E S S I S TA

Capovolgendo lordine di priorit


individuato nel DPEF e nella finanziaria, sullobiettivo dellequit che
dovrebbe essere posto nella seconda fase dellesperienza del governo di centro sinistra - laccento.
Ci significa, in primo luogo, il riconoscimento che lattuale livello
della spesa sociale non costituisce
un elemento patologico. Certo vi
sono alcune distorsioni ma, alla luce
dei dati disponibili, non si constata
un sostanziale scostamento dalle
medie europee. Ci significa che se
non si vuole peggiorare lofferta di
servizi (a livello nazionale e locale)
lattuale spesa non ulteriormente
comprimibile. Si pu agire per con-

Politica

tenerne lincremento tendenziale


e, soprattutto, si pu e si deve migliorarne lefficienza - vero che
nella sanit vi sono realt in cui la
gestione inadeguata e ci vale anche per altri servizi -, ma in questi
casi occorre porre mano alle logiche di gestione, anzich cavarsela
con il trasferimento di oneri aggiuntivi ai cittadini. La logica dei tagli, inoltre, appare assai discutibile
anche in relazione al deficit di servizi che tuttora esiste nel paese in alcune realt. Si pensi allofferta scolastica, oltre a quella sanitaria, particolarmente carenti in alcune aree.
Ma si pensi pure alla situazione previdenziale. Una riforma che si proponesse di allungare let pensionabile abbassando la contribuzione, oltre a non tener conto delle
diverse condizioni di lavoro, commetterebbe un abuso perch non
considererebbe lesiguit delle pensioni oggi erogate.
Un secondo aspetto assai spinoso riguarda la gestione dei servizi pubblici locali. La ventata privatizzatrice sta spingendo verso un esteso
processo di liberalizzazione per
quanto riguarda i servizi a rilevanza
economica. Il tema di primaria
importanza non solo perch riguarda pezzi importanti del sistema
pubblico ma perch ha effetti evidenti sulle condizioni di vita dei cittadini, in relazione alla loro possibilit daccesso a servizi essenziali.
La generalizzazione delle gare ha
un unico evidente vantaggio: recuperare risorse a seguito dellalienazione delle gestioni pubbliche. In
tal senso il provvedimento funzionale alla logica monetarista dellabbattimento del debito. Non ha invece apprezzabili effetti virtuosi in
termini di miglioramento della qualit dei servizi, come peraltro dimostrano a iosa le innumerevoli ricerche condotte sugli effetti dei processi di privatizzazione. Su questo
punto, pertanto, va restituito agli
enti locali il potere di decisione. E,
tuttavia, la sfida per una maggiore
efficienza della gestione pubblica va
assunta anche in questo settore.
Essa non passa per lestensione

della concorrenza fra pubblico e


privato ma per la riforma dei sistemi
di gestione in ambito pubblico. Le
linee di tale riforma sono gi individuabili. Esse riguardano: la riassunzione di poteri di guida delle societ pubbliche da parte delle assemblee elettive; la riqualificazione
del management; lattivazione di
strumenti di controllo sottratti allingerenza delle rappresentanze
politiche e in stretta connessione
con gli utenti dei servizi.
Un terzo e decisivo aspetto riguarda
le grandi emergenze sociali che la
finanziaria 2007 non affronta ma
che costituiscono una scommessa
decisiva per qualsiasi politica riformatrice. Mi riferisco al nodo dellincapienza, a quello della precariet, alla politica daccoglienza nei
confronti dei migranti, ad un intervento significativo nel campo della
non autosufficienza e della prima
infanzia, al superamento di alcuni
gravi deficit nella fornitura dei servizi a livello territoriale. Si tratta di
un intervento certamente oneroso,
ma indispensabile se si vuole collocare il nostro paese ai primi posti
della graduatoria del benessere sociale. Ci implica unespansione
della spesa sociale, in totale controtendenza con la vulgata che vorrebbe ridurre lintervento pubblico. Un impegno che passa per lutilizzo di nuove risorse recuperate attraverso la lotta allevasione e allelusione fiscale, per una scelta come si ribadiva pocanzi a favore
della stabilizzazione del debito e per
un uso selettivo e virtuoso delle risorse. Un compito difficile ma decisivo per recuperare consensi, consolidare lappoggio del proprio elettorato e spostare quote dellelettorato che oggi gravita sul centro-destra. Alla sinistra di alternativa
spetta il compito di aprire una riflessione nel paese sui grandi bisogni inevasi, di condurre la conseguente battaglia politica nella coalizione e di promuovere la mobilitazione sociale.
Ogni indugio a riguardo sarebbe assai poco lungimirante, oltre che socialmente grave.

23

Disarmo

Novembre - Dicembre 2006

Se il precedente governo
di centro-destra ha tramato nell'ombra,
si deve sciogliere l'ambiguit attuale,
che fino ad oggi ha impedito
al governo di centro-sinistra
di mostrare una precisa volont
di contrastare il progetto

Base Nato
di Vicenza: una
p rova decisiva
per il movimento
c o n t ro la guerr a

di Tiziana Valpiana
Senatrice Gruppo Prc - Sinistra Europea

STORIA

hi attento ai temi del militarismo


e della sovranit nazionale sa che le
forze armate statunitensi sono presenti da cinquanta anni a Vicenza,
citt che ospita, nel capoluogo
come nei centri limitrofi, gran parte
della 173ima brigata aviotrasportata. Ma il nome Vicenza rischia di
diventare sinonimo di base militare americana per tutti, visto che
la ricchissima citt industriale, gi
sede del villaggio americano blindato alla caserma Ederle, stata
scelta, pur se allinsaputa dei suoi
abitanti, come centro degli inquietanti progetti americani e sede della
base pi importante in Europa, attrezzata al pronto intervento nei
teatri di guerra mediorientali. La
citt veneta, nuovamente oggetto
degli appetiti americani, destinata
alla costruzione di una nuova base
militare allaeroporto Dal Molin
per riunificare in un unico sito la
173ima brigata, il mito del militarismo statunitense. La prima ad entrare in battaglia, ad arrivare dovunque, a risolvere ogni situazione
e ad ogni costo, a conquistare medaglie. Le sue radici vanno ricercate
nel Vietnam, dove stata inviata nel
1965, divenendo famosa soprattutto per le incursioni con gli elicotteri. Nel marzo 2003 la troviamo
nellIraq del nord e nel marzo 2005

24

DI UNA MOBILITAZIONE ESEMPLARE E , SPERIAMO ,

ALLA LUNGA VINCENTE

in Afghanistan. La brigata, dal giugno 2000 di stanza alla caserma


Ederle, dipende dalla Setaf, la forza
tattica Usa la cui area di responsabilit comprende Europa, parte
dellAfrica e zone del Medio Oriente (91 paesi in tutto), soggetto che
ha svolto un ruolo di primaria importanza nella guerra in Jugoslavia
come in Iraq e in diverse altre operazioni, dallAfrica allAfghanistan.
I soldati sono impiegati nella guerra
globale al terrorismo, con funzioni
di ricevimento, preparazione al
combattimento e movimento avanzato delle forze che entrano nella
regione meridionale per una
guerra. Le guerre continuano e aumentano: per questo il Pentagono
ha bisogno di potenziare lunica
unit aviotrasportata a diretta disposizione del Comando europeo
Usa, per poterla inviare, rifornita
del materiale bellico tenuto a Camp
Darby e in altri depositi, direttamente nei teatri bellici. Le forze
sono attualmente divise tra Vicenza
e le basi tedesche di Bamberga e
Schweinfurt, ma il progetto quello
di triplicare gli organici e unificare
la leggenda dellesercito statunitense, facendo della 173ima non
pi una brigata, ma una vera e propria divisione aviotrasportata.
Inizieremo nel 2007 - conferma un

generale americano, sicuro di poter


decidere tutto senza che la popolazione sia messa al corrente di nulla
- per completare lintero progetto
entro il 2011. Oggi i soldati presenti
a Vicenza sono fra i 2.000 e i 2.500.
Una volta completata la nuova base
saranno 4.000, pi o meno il doppio. Considerando anche le famiglie, le presenze americane saranno
complessivamente fra le 7 e le
8.000. Insieme ai nuovi soldati dovrebbero arrivare nuove potenti dotazioni... Insomma, Vicenza dovrebbe diventare il cuore e il cervello della risposta bellica di pronto
i n t e rvento sullintero scacchiere
mediorientale. Per questo la caserma Ederle, dove gi vivono in
6.000 in un quartiere blindato e vietato (il Villaggio della pace!), i magazzini, i siti in provincia dove sono
stati stoccati nel passato (sembra)
missili a testata nucleare non sono
pi sufficienti. E necessario costruire una nuova base da cui verr
sferrato il pugno di combattimento dellAmerica in Medio
Oriente, come chiamano la
173ima al Pentagono. Quello che
non sappiamo chi ha fatto gli accordi e chi ha dato i permessi per
costruire tutto questo nellarea dellaeroporto Dal Molin, a 1.300 metri da piazza dei Signori e dalla

Novembre - Dicembre 2006

Basilica palladiana. Gi nel marzo


2005 il generale James L. Jones, comandante delle forze armate Usa in
Europa, aveva chiesto al Senato
americano fondi per lampliamento della 173ima Brigata aerotrasportata e la sua collocazione in
Italia nellarea di Vicenza. Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, senza minimamente sognarsi di
rendere pubblica la proposta, aveva
dato il suo benestare, anche se fino
ad oggi non sono stati rinvenuti, o
almeno cos pare, protocolli sottoscritti dai paesi contraenti.
Anche lambasciatore americano in
Italia, Mel Sembler, sempre nel
2005, in visita alla caserma Ederle
per commemorare i 4 soldati morti
in Afghanistan, ha annunciato ufficialmente che era stato raggiunto
un accordo sul futuro utilizzo della
base aerea dellaeroporto Dal
Molin. Il governo italiano ha dichiarato in unintervista - ha concesso allesercito statunitense lutilizzo di una parte del Dal Molin allo
scopo di trovare posto alle nuove
truppe che presto saranno dislocate
nel nord Italia, ma la notizia che
durante il governo Berlusconi si sarebbero avviate delle trattative con
gli americani divenuta di pubblico
dominio solo nellaprile di questanno, con lavvento del nuovo governo dellUnione, ormai a ridosso
della scadenza. Si scoperto che di
questa base si stava discutendo e decidendo almeno da tre anni, pur se
nelle segrete stanze, tra il governo
dellImpero e il governo Berlusconi. Chi sicuramente non ne era alloscuro era il Sindaco Enrico Hllweck, ex deputato leghista, da due
mandati sindaco forzista (il cui momento di gloria stato certo il secondo matrimonio, in cui ha avuto
come testimone niente di meno che
il Cavaliere in persona). Certo, nei
suoi pensieri ci sono solo gli appalti
da spartire, i voti di chi vede nellaffare possibilit di profitti e sviluppo, la miopia di pensarsi primo
cittadino di una ricca Vicenza americana, non certo le conseguenze locali e mondiali della completa ri-

Disarmo

conversione della strategia e della


dislocazione delle forze armate
americane in Europa. Ma, come si
dice da queste parti, hanno fatto i
conti senza loste!
Non appena le prime voci, i primi
progetti, le prime certezze sono trapelate, cittadini, associazioni, sindacati, tenuti alloscuro di tutto e catapultati improvvisamente in uno
sconvolgente scenario di guerra destinato a segnare in profondit la
tranquillit della ricca cittadina, si
sono mobilitati per dire No a questo progetto, ciascuno a partire
dalla propria differente sensibilit,
ma con manifestazioni e iniziative
su questo punto tutte convergenti.
La contrariet al progetto americano, inizialmente pi legata a motivazioni ambientalistiche, allerosione di spazi verdi, allaggravamento delle condizioni di vita sociale ed economica per i cittadini di
Vicenza, si gradualmente trasformata nella consapevolezza diffusa
dellimpatto potenzialmente distruttivo di questo progetto sul tessuto cittadino e sulla tenuta stessa
della comunit locale. La base,
punto di partenza per azioni militari e di guerra, finirebbe per mettere seriamente in gioco il futuro
della citt, non solo per linsostenibile impatto ambientale, ma anche
per la sua sicurezza. La risposta a
questo sconvolgente progetto
stata la nascita di variegati ma decisi
Comitati Popolari contro la base
militare al Dal Molin, riuniti in un
coordinamento e sempre presenti
con cartelli, cortei, pentole e coperchi, raccolte di firme per ribadire che unaltra base in piena citt,
in unarea congestionata di traffico,
non possibile, ma ricordando anche e sempre di pi i problemi di sicurezza e limpegno del programma dellUnione a rivedere le servit
militari. Le prime manifestazioni,
nel febbraio 2005 e nel gennaio
2006, con poche centinaia di partecipanti in corteo per chiedere chiarezza sullipotesi di allargamento
della Caserma Ederle, sono state seguite nel febbraio 2006 dalla nascita

dellOsservatorio cittadino sulle servit


militari. Quando, il 25 maggio, sono
arrivati in Consiglio Comunale tre
colonnelli Usa con oltre trecento
pagine di progetti minuziosissimi,
dove tutto era gi deciso e previsto
(dalle tegole ai rubinetti, alle prese
elettriche, alla mensa, agli autopark
di sei piani, negozi, ristoranti, fast
food, barbiere, centro fitness, ospedale - c anche la richiesta di costruire un reparto di ostetricia, cos
che i bimbi, nascendo allinterno
della base, nascano, di fatto, in
suolo americano -), la protesta si
estesa alla grande generalit dei cittadini. Linvestimento Usa previsto
di 306 milioni di dollari per la sola
prima fase (2007), con una spesa fi-

Vicenza dovrebbe diventare


il cuore e il cervello
della risposta bellica
di pronto intervento
sull'intero scacchiere mediorientale

nale sul miliardo di dollari (2010):


unopera faraonica, un affare che
ha gi scatenato linteresse di 11
grandi imprese di costruzione italiane. E stata anche fatta serpeggiare lidea che, in caso di rifiuto,
gli americani potrebbero spostare
tutto altrove, in Germania. Cos si
sono suscitate anche le preoccupazioni per la possibile perdita di posti di lavoro (alla Ederle lavorano
oggi 750 civili italiani), ed su questo versante che Cisl e Uil hanno animato un comitato per il s, di fatto
contrapposto a quello per il no,
che nei diversi presidi riuscito
per a raccogliere in pochi giorni
oltre 12.000 firme contro il progetto
Dal Molin. Firme che una delegazione ha portato a Roma e consegnato nelle mani del governo, con

25

Disarmo

diversi parlamentari della sinistra di


alternativa e non che hanno assicurato la loro ferma intenzione di affiancare i cittadini nella decisa e ultimativa azione contro la nuova
base. Da una parte si sono moltiplicate le interrogazioni al Ministro
della Difesa, chiedendo la riconsiderazione dellintera questione.
Diverse anche le risposte: confuse,
dubbiose, altalenanti, imbarazzate.
Il 31 maggio, alla Camera dei deputati, il Vicepresidente del
Consiglio Rutelli stato costretto ad
ammettere che nella precedente
legislatura la Difesa ha rappresentato al governo degli Stati Uniti una
disponibilit di massima a questa
concessione, auspicando poi che

La militarizzazione del territorio


e la cessione di sovranit
nazionale sono incompatibili
con l'articolo 11 della Costituzione
e con il programma dell'Unione

si possa pervenire ad una soluzione


condivisa sul progetto. A settembre
2006 il Ministro Parisi ha dichiarato
che la disponibilit di massima manifestata dal precedente governo
non si tradotta, infatti, in alcun accordo sottoscritto e ha ricordato
come proprio a partire dalla mobilitazione della popolazione interessata, il governo ha inteso riaprire
il confronto con gli Stati Uniti.
Salvo poi precisare che il governo
ritiene la richiesta avanzata coerente e compatibile con la linea di
politica militare del nostro paese.
Egli, in effetti, trovando complicato
spiegare allalleato americano un rifiuto, avrebbe preferito che il diniego fosse arrivato dalle istituzioni
locali per ragioni contingenti: ecco
perch stato richiesto un pronunciamento veloce al Consiglio

26

Comunale, specificando, sorprendentemente, che in assenza di un riscontro si sarebbe ritenuto negativo


il parere dellorgano elettivo locale.
Insomma, mentre gli americani
hanno ormai deciso ogni pi piccolo dettaglio, in Italia tutto rimane
incerto ed oscuro, anche il soggetto
al quale spetta la decisione reale e
finale. E stato proprio contro queste ambiguit, contro il rimpallo di
responsabilit tra governo, al quale
si chiede di assumersi le proprie responsabilit, e amministrazione comunale, che le manifestazioni di popolo sono proseguite. Grazie alle
tante iniziative, il caso Dal Molin
non pi un segreto militare, ma
una discussione pubblica e continua, che crea sempre maggiori
punti interrogativi perch, data la
vastit delloperazione, ci si chiede
se il progetto Usa sia pi vasto e imponente di quanto finora emerso.
Le settimane e i giorni che hanno
preceduto il Consiglio Comunale,
dallesito purtroppo scontato vista
la maggioranza che governa la citt,
sono stati davvero concitati. Una
quarantina di deputati dellUlivo e
una trentina di senatori dellUnione hanno scritto un appello a Parisi
per chiedere che leventuale decisione favorevole del Consiglio
Comunale di Vicenza non fosse accolta come pronunciamento a
nome e per conto della comunit locale. Sono continuate fiaccolate,
blocchi, scioperi studenteschi, presenze ai consigli di circoscrizione,
fino al presidio rumoroso durante il
Consiglio Comunale del 26 ottobre,
ripreso anche dalla televisione nazionale, durante il quale oltre 2.000
persone, armate di pentole, fischietti, tamburi hanno fatto ampiamente sentire il proprio dissenso. Ventuno i voti favorevoli,
contro diciassette contrari, mentre
il 15 novembre il Consiglio
Comunale di Caldogno si pronunciato per il No.
Al di l dei numeri, per, il pronunciamento del Consiglio Comunale di Vicenza risultato ambiguo:
chiara lintenzione del sindaco

Novembre - Dicembre 2006

Hllweck di non togliere le castagne dal fuoco alla nuova maggioranza di governo, ricercandone la
complicit, anche per evitare di doversi accollare come amministrazione i costi relativi al completamento della tangenziale, delle altre
strade, degli scavi, come dei sottoservizi di acqua, gas e energia elettrica necessari per il funzionamento
della base americana. La parola
passata, ancora una volta, allassemblea permanente (a cui hanno
aderito, tra gli altri, Prc, PdCI e
Verdi), che ha indetto una manifestazione nazionale per il 2 dicembre, con un appello alla mobilitazione chiaro e sempre pi articolato, fino a contestare non solo la
devastazione del territorio, limpatto acustico e ambientale, limpatto urbano, limpatto sociale,
limpatto economico, ma anche la
militarizzazione e i problemi di sicurezza di una citt, tanto sul piano
di eventuali attacchi terroristici
quanto su quello, assai pi probabile, dei disordini associati ai soldati
di ritorno dalla guerra. Vicenza ha
gi avuto esperienza di scontri, risse
e violenze provocati da militari statunitensi rientrati dallIraq, episodi
rimasti di fatto impuniti. Una manifestazione che si preannunciava
grande e determinata e che per questo ha spaventato non solo, come
logico, le destre e le forze che in
Regione Veneto paventano la calata dei disobbedienti e che addirittura hanno proposto unassicurazione ai commercianti per eventuali
danni alle vetrine, ma anche parte
dei Ds, con la Segretaria cittadina
assai solerte nel dichiarare che mai
il suo partito si sarebbe unito nella
manifestazione con i delinquenti.
E stata addirittura pensata e anticipata una manifestazione alternativa
per il 25 novembre che, in un primo
momento, nelle intenzioni dei promotori, avrebbe dovuto essere
quella dei moderati e delle forze per
bene, contro quella, pericolosissima, dei Centri sociali. Ancora una
volta, i problemi sono stati risolti dal
buon senso di tutti e dalla chiarezza
dellobiettivo, che non la primo-

Novembre - Dicembre 2006

genitura sulla protesta ma il no alla


base e che si potr ottenere solo con
una grande unit e convergenza di
forze. Il 25 Novembre alla fiera di
Vicenza si sono presentati aderenti
ai comitati, partiti, associazioni, sindacati e tanti cittadini che hanno
reso evidente come in citt fosse
nato un nuovo movimento in grado
di coinvolgere non solamente i pacifisti, ma anche le realt che prima
non si erano mai esposte contro la
guerra.
Nonostante le paure, i distinguo, i
fantasmi evocati il 2 dicembre si
svolta una straordinaria manifestazione di popolo, con almeno 10
volte la partecipazione attesa. Un
corteo che ha visto sfilare decine di
migliaia di donne, uomini, bambini, dai militanti delle forze di alternativa ai disobbedienti, dagli
anarchici alle casalinghe, dai lavoratori ai ragazzi dei centri sociali, da
una nutrita rappresentanza istituzionale ai Beati Costruttori di Pace,
agli scout. Tutti insieme per dire
No a un progetto costruito in segreto, per pretendere trasparenza e
risposte chiare dalle istituzioni lo-

Disarmo

cali come nazionali. Se il precedente governo di centro-destra ha


tramato nellombra, si deve sciogliere lambiguit attuale, che ha
fino ad oggi ha impedito al governo
di centro-sinistra di mostrare una
precisa volont di contrastare il progetto. Un No che riuscito non
solo a far rinascere la speranza che
non tutto perduto, ma che, come
scritto anche nel Programma dellUnione, nessuna decisione deve essere presa contro la volont della
popolazione locale. Un No che ha
saputo far crescere la coscienza e la
mobilitazione, tenere insieme
gruppi politicizzati con cittadini diffidenti verso la politica, radicarsi,
adottare un metodo esemplare per
valorizzare la ricchezza di un movimento s plurale, ma unito dallopposizione a un progetto che distrugge il territorio e si presenta funzionale alle politiche di guerra. Per
questo alla manifestazione hanno
aderito anche il Comitato contro la
base di Aviano, il comitato contro
Camp Darby, lassemblea permanente No Mose, il Laboratorio Paz
di Rimini, il Comitato contro la base
di Sigonella, il Comitato Gettiamo

le Basi della Maddalena e tanti altri.


La vera novit stata la partecipazione della popolazione, troppo
spesso additata come amorfa e attenta solo allinteresse economico:
un movimento che, dal basso e in
maniera del tutto autonoma, si sollevato, ha saputo cogliere il nesso tra
due aspetti fondamentali: la tutela
del territorio e il no alla guerra. Un
movimento che riuscito a resistere
nonostante le enormi difficolt e le
pressioni, che ha capito come non
vi sia alcun interesse, n locale n
nazionale in grado di giustificare un
assenso al progetto statunitense. La
militarizzazione del territorio e la
cessione di sovranit nazionale sono
incompatibili con larticolo 11 della
Costituzione e con il programma
dellUnione, dove si parla di riduzione e razionalizzazione delle servit militari e di rinegoziazione
dello status delle basi straniere. Per
questo ci attendiamo dal governo
Prodi, coinvolgendo il Parlamento,
una posizione conseguente: lascolto della mobilitazione popolare
che chiede al governo una scelta sicuramente difficile, ma di pace e
disarmo.

27

Movimento sindacale

Novembre - Dicembre 2006

Al XV Congresso abbiamo sostenuto,


come comunisti, un doppio obbiettivo:
ridare una rappresentanza politica
al lavoro e un ruolo politico,
e non solo una testimonianza,
a noi stessi

Dove va la CGIL?

di Adriana Miniati
Coordinamento Nazionale Lavoro & Societ
- Cambiare rotta

L A SINISTRA
I COMUNISTI,

na premessa, sotto forma di tre domande, per analizzare, da un osservatorio alto sulla questione, la situazione sindacale italiana dopo il
Congresso unitario e dopo le elezioni di aprile, con un governo di
centro-sinistra che ha partorito una
Finanziaria difficile; dopo gli impegni presi di lotta alla precariet e
la presa di distanza dalla manifestazione del 4 Novembre; dopo il
Memorandum e il protocollo dintesa per lapertura del tavolo sulle
pensioni e sul mercato del lavoro;
dopo laccordo sul Tfr che interviene sul salario differito dei lavoratori con una modalit difficilmente
condivisibile e, ora, dopo il recente
direttivo nazionale confederale,
certamente arduo, nel quale alla
maggioranza in Cgil, sancita da 63
voti favorevoli al documento
Epifani, si opposta una minoranza
variegata, composta da Lavoro e
Societ e dalla Rete 28 Aprile, i cui
documenti insieme hanno preso 35
voti. A questo si aggiunge la contestazione di Mirafiori ai tre segretari
di Cgil, Cisl, Uil da parte dei lavoratori che, scontenti della Finanziaria, chiedono maggiore autonomia dal governo e si dichiarano indisponibili allaumento dellet
pensionabile, al patto sulla produttivit, ai sacrifici sui salari.
Le tre domande:

28

SINDACALE E LA RAPPRESENTANZA DEL LAVORO .


IL SINDACATO E LE PROSPETTIVE DI UNA BATTAGLIA

Si sono innescati meccanismi, nella


situazione politica e sindacale italiana attuale, che potrebbero portare alla disgregazione del sindacato confederale e, con esso, alla
fine definitiva dellanomalia del
caso italiano?
Sta maturando un nuovo posizionamento della Cgil che conduce
alla sua totale normalizzazione rispetto al quadro politico di centrosinistra e ai partiti storici di riferimento, ormai quasi del tutto neo-liberisti?
Se il processo di spostamento a destra della Cgil confederale sembra
richiedere tempi lunghi, in atto un
pi immediato meccanismo di sgretolamento interno che, questa volta,
proviene dai partiti della sinistra pi
radicale?
IL

L AV O R O S E N Z A R A P P R E S E N -

TA N Z A .

CASO

L A N O M A L I A D E L
TESI.

I TA L I A N O .

- Il superamento definitivo del caso


italiano, ovvero di un sistema in cui
il conflitto sociale e la rappresentanza degli interessi del lavoro subordinato era sancito dalla Carta
Costituzionale, a sua volta risultato
dellesperienza resistenziale, dellesistenza del movimento comunista
internazionale, della forza e del ra-

dicamento sociale del Pci, ha avuto


un processo di accelerazione nel
passaggio dalla prima alla seconda
repubblica e ha potuto liberamente
dispiegarsi a causa dello scioglimento del Pci e dei modi in cui esso
avvenuto nel panorama politico
italiano.
- Tale evento, che ha portato alla disgregazione del movimento operaio,
ha segnato non solo labbandono
della storia, dellidentit e di una
prospettiva comunista, ma soprattutto laccettazione di una societ
politica in cui il lavoro non avesse
una sua autonoma rappresentanza
e in cui lorizzonte sociale e teorico
fosse interamente inscritto in uno
scenario borghese.
- Lattuale sinistra politica non ha
pi radici consistenti nella base operaia e popolare del paese, da cui tradizionalmente traeva forza e consenso: questa percezione confermata sia dalle analisi del voto alle
elezioni politiche del 2001, sia dalle
ultime elezioni dellaprile 2006.
Quel che risulta dunque che lattuale sinistra politica, non interpretando pi i bisogni e i sentimenti del
vasto e articolato mondo del lavoro,
pervenuta al punto di recidere le
sue radici secolari fra gli operai e le
classi subalterne,ovvero dal suo fondamento sociale pi profondo.
- Questo lo si evince anche attra-

Novembre - Dicembre 2006

verso un ragionamento semplice e


immediato: se i DS dichiarano circa
mezzo milione di iscritti, se il Prc ne
ha circa 80.000 (ma uno scarso radicamento nel mondo del lavoro e
una rappresentanza sindacale distribuita pi nel sindacalismo extraconfederale e di base) e il PdCI circa
20-30 mila, e se la Cgil ha 5 milioni
e mezzo di iscritti, ne deriva che la
maggioranza degli iscritti alla Cgil
non iscritta alla sinistra politica e
non ne rappresentata.
- E indubbio che lobbiettivo politico per la sinistra, storica o radicale
che sia, dovrebbe consistere nel garantire un quadro sociale e politico
in cui il lavoro non solo sia rappresentato, ma anche legittimato nella
sfera politica; anche perch, nella
nuova fase storica, dopo lo scioglimento dellUrss, compito precipuo di una sinistra degna di questo
nome (e dei comunisti) dare una
autonoma rappresentanza politica
proprio alle classi lavoratrici, vecchie o nuove che siano, in un quadro mutato di rappresentazioni del
lavoro, ma non di rapporti di forza
fra capitale e lavoro. Permane, infatti, una crisi profonda del movimento operaio, a causa della sua destrutturazione e marginalizzazione,
al punto che esso non incide pi
nella scena politica, mentre la borghesia imperialista ad aver conquistato la piena egemonia, ma essa, a
causa delle difficolt strutturali e degli squilibri del processo di accumulazione, non pu offrire prospettive di integrazione alle classi lavoratrici.
- Pertanto nello scenario politico si
confrontano solo opzioni che sono
costrette a gestire la crisi capitalistica odierna, sia perch devono rispondere alle esigenze di accumulazione, sia per scaricare sul proletariato e sullo stesso ceto medio gli
effetti della crisi.
- Oggi, perci, nella crisi del sistema
imperialista, la dialettica politica
prevalente in Italia fra campo reazionario (la destra populista di
Berlusconi) e campo conservatore,
la cui logica ben rappresentata dagli obbiettivi di risanamento pe-

Movimento sindacale

renne e di sacrifici dei governi di


centro-sinistra.
- Nei confronti del mondo del lavoro, pertanto, in questo contesto
di crisi di accumulazione che il capitale vive, il primo imperativo ridurre il costo del lavoro in tutti i suoi
aspetti e, come sempre, dividere i lavoratori.
- Se a queste considerazioni si aggiunge che la quota del reddito da
lavoro dipendente sul totale del
reddito nazionale netto del paese
scesa in modo assoluto nel corso degli anni novanta e che lo stesso fenomeno accomuna le principali
economie europee, sebbene da noi
si manifesti con intensit maggiore,
la conclusione che questa tendenza di medio periodo, aggiungendosi e sovrapponendosi allesperienza di politica dei redditi, sostenuta anche dal sindacato dal
1993 in poi, ha prodotto un capovolgimento delle posizioni fra capitale e lavoro di dimensioni tali da
cambiare i connotati del paese.
Tutte le analisi elaborate da enti di
ricerca in Italia confermano questi
dati.
LA

QUESTIONE SINDACALE

E I COMUNISTI.

TESI.

- Stabilita la premessa che la lotta


per la ricostruzione di un punto di
vista comunista va condotta allinterno del movimento operaio organizzato, in Italia il sindacato costituisce la forma principale di organizzazione delle masse lavoratrici e
nella Cgil, per storia e tradizioni, si
trovano ancora alcune delle migliori tradizioni del movimento
operaio italiano, da quella riformista a quella comunista. La Cgil costituisce attualmente il punto di riferimento largamente maggioritario fra i lavoratori attivi , i pensionati e settori crescenti di lavoro precario.
- Pertanto, concentrare lattenzione
sulla Cgil non significa marginalizzare o sminuire lesperienza del sindacalismo di classe extra-confederale, su cui spesso la rivista ha ra-

gionato e invitato molti suoi esponenti a intervenire.


- In ogni caso, certo che la possibilit di ricostruire una autonoma e
organizzata presenza dei comunisti
nella vita politica del paese pu avvenire solo se legittimata dalla rappresentanza di un interesse sociale
generale, quale quello che pu
esprimere la classe lavoratrice.
- Il terreno privilegiato di un percorso che ricostruisca il punto di vista comunista non pu che essere la
diffusione di idee e fermenti socialisti allinterno del movimento
operaio organizzato e dunque
dentro questa ipotesi che ci si dovrebbe muovere, ovvero attraverso
il rafforzamento del sindacato e, al
suo interno, attraverso il rafforzamento delle posizioni classiste.
- Ed proprio in ambito sindacale
che i comunisti, ovunque essi si trovino ad agire, devono dimostrare di
aver acquisito dalla propria esperienza storica la necessit di superare logiche settarie e minoritarie,
a maggior ragione oggi che sono
una minoranza anche nella sinistra
di classe.
- Accade che spesso prevale, anche
tra i comunisti, una tendenza allisolamento e allautoaffermazione
della propria identit che porta a
definirsi, non in quanto capaci di
affermare un interesse generale e di
contendere sul campo ai riformisti
legemonia sulla maggioranza politicamente attiva dei lavoratori, ma
in quanto espressione coerente di
minoranze consapevoli.
- In ogni caso, per restare come si
detto - allinterno della Cgil, la sinistra sindacale, nata con Essere
sindacato nel Congresso del 1991,
dove furono formalmente sciolte le
correnti di partito, proseguita con
Alternativa sindacale e poi con
Lavoro & Societ: Cambiare rotta,
rappresenta il polo principale, insieme alla Rete 28 Aprile, soggettivit costituitasi allultimo congresso, di sintesi unitaria e organizzata fra quanti si battono in Cgil su
posizioni sindacali di classe.
- Poich i rapporti fra sindacati e

29

Movimento sindacale

partiti affondano le proprie radici


nelle fasi di nascita e di crescita delle
organizzazioni sindacali, gli aspetti
genetici spiegano anche una parte
significativa dei percorsi successivi.
- Mentre, ad esempio, nella maggioranza dei paesi e anche in Italia,
i partiti socialisti nascono prima e
promuovono la costituzione di
strutture sindacali, determinando il
mantenimento dellidea del partito
come attore primario, in Svezia e in
Gran Bretagna, invece, i sindacati
sono stati pi precoci e hanno contribuito alla formazione dei partiti
laburisti. Dopo il 1917, lirruzione
sulla scena dei partiti comunisti
contribuisce a impostare e talora gerarchizzare queste relazioni; infatti
in questo caso i sindacati vengono
considerati in posizione subordinata rispetto allindiscusso primato
dei partiti. Dunque, nella strumentazione teorica e pratica dei partiti
comunisti prevale la logica della
cinghia di trasmissione, nella
quale il partito occupa una posizione sovraordinata rispetto al sindacato. Nella storia italiana, a differenza di altre, stato tuttavia accettato, almeno teoricamente, da parte
del Pci , a partire dagli anni settanta,
il ruolo di interdipendenza del sindacato piuttosto che della totale
subordinazione, riconoscendogli
uno spazio autonomo rispetto ai
partiti.
Si determinato, perci, un rapporto fra i partiti e il sindacato complesso e mutevole a seconda delle scansioni temporali, per cui alcuni passaggi diventano decisivi da analizzare, per comprendere le scelte fatte.
Tuttavia, indubbio che negli anni
novanta, caratterizzati dal crollo organizzativo e di legittimit sociale
dei tradizionali partiti di massa, i sindacati hanno assunto un ruolo sovraordinato, di supplenza della politica. Ci avvenuto prima attraverso laccordo del 1992 fra il governo Amato e le Parti Sociali, che
stabiliva la fine del meccanismo
della scala mobile, e poi attraverso
laccordo del 1993, operato dal governo Ciampi, che portava a compimento il processo di istituziona-

30

lizzazione del sistema delle relazioni industriali. Infatti il nocciolo


duro della (famigerata) concertazione oltre alle evidenti ragioni di
politica economica, tra le quali la
moderazione salariale e il contenimento della spesa sociale, soprattutto pensionistica, al fine della riduzione del debito - consiste nellassunzione di un ruolo direttamente politico del sindacato, a
fronte della debolezza della classe
politica legata ai partiti. La concertazione tripartita ci viene presentata, infatti, come il luogo di regolazione nel cui ambito le organizzazioni di rappresentanza sociale possono esercitare al meglio la loro influenza sulle materie di competenza. Le stesse iniziative della Cgil
di Cofferati, ad esempio, a difesa e
allargamento dei diritti che sono
culminate nella manifestazione del
marzo 2003 a Roma, bench di segno sociale diverso (e condivisibile), non sono che una versione
di sinistra dello stesso schema di relazioni tra soggetti sociali, politici e
istituzionali.
Tale protagonismo infatti viene teorizzato come necessaria conseguenza dellafasia dellopposizione di
centro-sinistra e di sinistra al secondo governo Berlusconi. Il punto
che da uniniziale motivazione
contingente si passati a rendere
stabile e definitiva la sostanziale
equiparazione di ruolo fra partiti e
sindacati di fronte al rapporto con
lo Stato e al governo del paese, teorizzando il superamento del momento sindacale, rispetto a quello
politico rappresentato dai partiti.
Questa teorizzazione, di matrice
anarco-sindacalista e luxemburghiana, stata praticata e definita,
nella letteratura del settore, di indipendenza. Essa stata utilizzata
per la prima volta in Cgil, ad esempio nella Fiom diretta da Sabbatini,
per ribadire la non-dipendenza del
sindacato dallallora governo
dellUlivo, ed arrivata a sottolineare la rottura di ogni relazione gerarchica o anche la rottura di relazioni preferenziali con i partiti.
- E in questo ambito generale che

Novembre - Dicembre 2006

si inserisce laspra polemica avvenuta nellultimo direttivo nazionale


confederale sui valori e regole della
Cgil che ha visto sotto attacco la
Fiom, accusata di soffrire della sindrome del conflitto (oppositiva alla
sindrome del governo amico), ovvero di concepire il conflitto come
fine in s e non come mezzo. La questione aperta e su di essa mi auguro parlino i lavoratori stessi, da
protagonisti, cos come hanno fatto
a Mirafiori.
- Certo, occorre far parlare e consultare i lavoratori, introducendo il
tema decisivo della democrazia sindacale, argomento che registra una
diatriba interna alla Cgil. Del resto,
nellultimo congresso conclusosi a
marzo del 2006, si pienamente sviluppata una dialettica fra Fiom e
Cgil confederale sia sul modello
contrattuale, sia sulla stessa concezione di sindacato unitario confederale. La Fiom, negli scorsi anni,
praticando la propria autonomia,
ha fatto battaglie nella societ sacrosante, quando la Cgil era silente
e i partiti di centro-sinistra afasici.
Nellultimo congresso, forte di questa esperienza e di pratiche contrattuali diversificate, si avvicinata, a
partire dalle tesi presentate, pi a
una federazione di categorie, che a
una Confederazione unitaria.
Naturalmente, questa struttura pi
orizzontale consente, in alcuni contesti politici, a partire anche da
quello attuale, la possibilit che alcune categorie pi vitali e politicizzate, o alcune Camere del Lavoro caratterizzate da un radicamento
storico nel territorio che le ha rese
pi allavanguardia sui temi politici
e sociali sensibili, siano in grado di
esprimere in tempi rapidi una loro
collocazione in lotte e in movimenti
a cui tutta la confederazione farebbe fatica ad aderire.
La Confederazione, invece, stata
concepita come sindacato unitario,
ricostruito nel dopoguerra dai partiti del Comitato di Liberazione
Nazionale, erede formale e sostanziale della CGL della clandestinit e
del prefascismo, espressione unitaria delle varie correnti sindacali ita-

Novembre - Dicembre 2006

liane e, infine, capace di esprimere


la linea politico-sindacale collettiva
che ha come obbiettivo stabile la riunificazione del mondo del lavoro.
- Spesso, sotteso alle teorizzazioni di
un sindacato soggetto politico e/o
autonomo da qualunque partito,
speculare, almeno nella fase appena trascorsa e in quella attuale, la
similare rispondenza degli attuali
partiti della sinistra circa il tema
della rappresentanza del lavoro.
Ritengo che la constatazione della
inadeguatezza di essi nella presente
fase dovrebbe condurre ad unazione tesa a ricostruire una rappresentanza politica adeguata, piuttosto che assegnare ad altri soggetti,
come i cosiddetti corpi intermedi,
compiti che non possono che essere
di pertinenza dei partito politici.
- Nellultima fase del governo Berlusconi si svolto il XV congresso
della Cgil, un congresso unitario
dopo molti altri in cui lArea programmatica di opposizione aveva
dato vita a documenti alternativi. In
esso abbiamo sostenuto, come comunisti, che si sarebbe potuto cogliere un doppio obbiettivo: ridare
una rappresentanza politica al lavoro e, dentro questo obbiettivo, ridare un ruolo politico, e non solo
una testimonianza, a noi stessi.
La premessa per raggiungere ambedue gli obbiettivi era evitare di riconsegnare la Cgil alle forze predominanti dei Ds. Il ruolo della Cgil e
la conoscenza delle sue dinamiche
interne erano, in quella fase, ele-

Movimento sindacale

menti decisivi; infatti se i riformisti


del centro-sinistra fossero riusciti a
normalizzare lintero gruppo dirigente della Cgil, avrebbero modificato gli orientamenti dellorganizzazione, rendendoli compatibili
con lo scenario di rappresentanza
tutta borghese da essi presupposto.
Se il progetto di normalizzare lintera Cgil fosse riuscito, da l in poi
avrebbero potuto esistere governi
di centro-sinistra alternativi al centro-destra, ma con le stesse politiche
sociali. Si tratta di un rischio tuttora
presente, su cui avviene un duro
scontro interno alla nostra organizzazione, fra chi fa riferimento a
quella parte dei Ds che guardano
alla formazione del Partito Democratico per spostare e posizionare il
sindacato pi a destra, eliminando
o rendendo affine lattuale Segretario Generale, e Lavoro & Societ,
che organizzata come area programmatica di democrazia e pluralismo al proprio interno, con basi
classiste, e la Fiom che eccentrica alla confederalit e rivendica e
pratica una sua autonoma posizione non solo dal governo, ma anche
dalla confederazione.
Ritengo che questa situazione, che
incombe tuttora, possa condurre a
fenomeni di distruzione o delegittimazione delle forze della sinistra, allimplosione della Cgil e, come ultimo pericolo, a un regime reazionario di massa. Penso che ci sia stata
su questo terreno una sottovalutazione teorica e tattica politica da

parte della sinistra politica, ivi compresi i comunisti. Si visto bene, in


fase pre-congressuale, che la sinistra
politica non aveva ancorato le proprie analisi a un soggetto sociale determinato e alle sue espressioni sindacali; da questa carenza e assenza
sono derivati sia interventi occasionali sulla questione sindacale e sul
congresso Cgil, sia scarsa autonomia del nostro ceto politico sullintera vicenda.
- Occorre infine mettere in rilievo
un altro aspetto: non tutti i soggetti
a sinistra del centro-sinistra teorizzano la centralit della contraddizione capitale-lavoro; anzi fra questi si ormai diffusa una prevalente
attenzione al momento redistributivo, come avviene nella cultura radical americana, in cui si passati
dal concetto del lavoratore-cittadino allutente-cittadino; in questa
impostazione non c pi alcuna
possibilit di presupporre un soggetto unitario, tanto meno un soggetto comunista o di ispirazione comunista. E, allora, qual il compito
dei comunisti, mentre inseguono il
primo, ineliminabile, obbiettivo di
ridare rappresentanza al lavoro? La
risposta deve essere colta nelle vicende in fieri, che certo devono essere lette e interpretate assumendo
un punto di vista di classe, in cui la
teoria e lazione dei comunisti deve
essere focalizzata ad avviare processi riaggregativi fra comunisti e
coloro che ritengono di stabilire un
rapporto positivo con essi.

31

Novembre - Dicembre 2006

Movimento sindacale

Il governo dovr scegliere:


o dare ragione ai riformisti,
o agli operai di Mirafiori

L'indipendenza
del sindacato
prima di tutto

di Giorgio Cremaschi

FISCHI DI

MIRAFIORI

E LA

FINANZIARIA. LE

RELAZIONI TRA FORZE

SOCIALI E GOVERNO , IL NODO INELUDIBILE DELLA DEMOCRAZIA


SINDACALE

opo le assemblee di Mirafiori diventato quasi un luogo comune sottolineare il dissenso operaio verso la
finanziaria e, ancor di pi, nei riguardi dellatteggiamento verso di
essa delle confederazioni sindacali.
Eppure solo pochi giorni prima era
scontato che la finanziaria fosse sostanzialmente il prodotto del peso
politico della Cgil sul governo. Per
questo le forze riformiste
dellUnione hanno da tempo rivendicato una fase due che dovrebbe riequilibrare verso mercato
ed impresa gli eccessi operaisti della
finanziaria. Il paradosso autolesionista a cui giunto oggi il sindacato
confederale in Italia proprio questo. Da un lato accusato di eccesso
di potere sulla legislazione economica, al punto che lo stesso
Presidente del Consiglio ha promesso agli artigiani che dora in poi
sar meno sensibile verso Cgil, Cisl
e Uil. Daltro lato, per, a questi successi corrisponde un dissenso dei lavoratori largamente maggioritario,
con le assemblee di Mirafiori che
hanno solo dato voce a un sentimento largamente diffuso e prevalente. Come allora che il sindacato
vince anche troppo per i mass media e per il palazzo della politica,

32

mentre perde per i lavoratori?


Questa la contraddizione attuale
che vivono le grandi confederazioni
sindacali e con esse gran parte del
mondo del lavoro. Una contraddizione non solo teorica, ma con immediati effetti pratici, visto che se
prevale la prima tesi, da gennaio in
poi i lavoratori dovranno ancora pagare; se invece finalmente si accettasse la seconda, la fase due dovrebbe essere di segno esattamente
opposto a quanto rivendicato da riformisti e Confindustria.
A questa situazione non ci si arrivati
per per caso. Essa frutto di tre
grandi limiti dellazione sindacale
che, purtroppo, si sono fusi in un
unico comportamento in questa fase.
Il primo di essi il rapporto con la
politica. La sindrome del governo
amico non uninvenzione polemica, ma tocca in particolare la Cgil.
Nellultimo Direttivo nazionale,
quello che si diviso sul giudizio
sulla manifestazione del 4 novembre e sul ruolo dei Cobas, stato approvato a maggioranza anche un riferimento alla politica assai significativo. Sostanzialmente, la maggioranza della Cgil dichiara che lautonomia rivendicativa della confederazione va coordinata con le com-

patibilit del quadro politico, perch un cambiamento di esso sarebbe negativo per i lavoratori. E
chiaro che questo modo di ragionare colloca la Cgil in una dimensione particolare. Essa diventa un
sindacato collaterale al centro-sinistra e decide di autolimitare la propria iniziativa in funzione della tenuta del quadro di governo. Si pu
essere daccordo o meno con questa scelta, ma non si pu certo negare che essa segni un cambiamento profondo rispetto al concetto tradizionale dellautonomia
sindacale. Questa impostazione assume una vera e propria caratteristica di neocollateralismo del sindacato rispetto agli schieramenti
politici. Ed chiaro allora che non
sbagliano gli operai di Mirafiori
quando finiscono per attribuire al
sindacato gli errori e le mancanze
del governo.
Il secondo limite sta nella tradizione
e nella pratica di Cisl e Uil.
Entrambe queste confederazioni,
pi che al patto con la politica, puntano a quello con limpresa. Esse
hanno nel loro Dna lidea che laccordo corporativo tra produttori, il
Patto di produttivit che propone
Confindustria sia un modo con-

Novembre - Dicembre 2006

creto per pesare e intervenire sulla


politica. E chiaro che, in questo
modo, il lavoro assume direttamente come propri gli obiettivi competitivi dellimpresa e subisce cos una
brutale costrizione rispetto alla propria autonomia rivendicativa.
Infine il terzo limite quello determinato dalla crisi della democrazia
sindacale. Anche questa non frutto di queste ultime settimane. Gi
durante il governo Berlusconi si
potevano misurare comportamenti
contrattuali molto diversi, sia tra categorie sia allinterno della stessa
Cgil. Mentre la Fiom subiva accordi
separati perch, oltre a contenere
risultati negativi, quelle intese non
venivano sottoposte al voto dei lavoratori, in tante altre realt si continuato a contrattare senza che i diretti interessati potessero decidere.
Questa pratica verticistica, questa
trasformazione della contrattazione da strumento dei lavoratori a
istituto del sindacato verso i lavoratori, continuata e si accentuata
in questultima fase. Si fanno accordi senza il voto di chi si vuole rappresentare. Le stesse piattaforme
sindacali, quando ci sono, sono fatte
a tavolino e poi comunicate ai diretti interessati. Tutta la fase ultima
di confronto con il governo, che ha
portato al consenso sindacale verso
la finanziaria e a veri e propri accordi, il Memorandum sulle pensioni, quello sul Tfr, quello sui callcenter, si sviluppata nella totale assenza di una democratica consultazione dei lavoratori.
Per fortuna, allora, che i lavoratori
di Mirafiori hanno messo il dito

Movimento sindacale

nella piaga e hanno chiarito che con


queste pratiche il sindacato confederale magari salva s stesso e il governo, ma distrugge il consenso
verso chi deve rappresentare.
Tutto questo nel congresso della
Cgil era stato posto. Le tesi alternative presentate dal Segretario generale della Fiom parlavano appunto
di indipendenza sindacale e di democrazia. Come si sa ha vinto unaltra posizione ma, questo il dato pi
grave, senza presentarsi esplicitamente. Se il congresso della confederazione avesse affrontato davvero
i problemi della democrazia sindacale, dellindipendenza, della crisi
della contrattazione, se, pur con tesi
diverse, avesse discusso come necessario della realt, oggi non ci troveremmo cos impreparati. Invece si
fatto un congresso sostanzialmente pre-elettorale che, ovviamente,
scarica sulla Cgil tutte le conseguenze post-elettorali.
E bene per sottolineare che quanto avvenuto nella finanziaria solo
lanticipo di quanto potrebbe succedere nelle prossime settimane,
con il confronto aperto sulle pensioni, sulla precariet, sulla flessibilit e sui contratti. La Confindustria
va con le idee chiare a questi tavoli.
Nonostante sia stata beneficiata
dalla finanziaria, essa si presenta
come chi rappresenta chi deve ricevere. Il governo va a sua volta a questi tavoli indebolito da una finanziaria che, conservando un negativo
impianto liberista, lha mascherato
in una tale miscellanea di provvedimenti che hanno fatto perdere di vista il senso stesso delloperazione.

La manovra economica sta in un


limbo che raccoglie sia i dissensi dei
commercianti che quelli degli operai, e per questo spiace contemporaneamente a Dio e a li nimici
suoi. Il governo non potr andare
avanti per la stessa strada, non potr fare una manovra che continui
a dare colpi ai cerchi e alle botti.
Dovr scegliere: o dare ragione ai riformisti, o agli operai di Mirafiori.
Per alcuni questa pu essere unangoscia che preannuncia sciagure,
invece per il sindacato confederale
questa potrebbe essere una grande
occasione di ricostruzione di consenso e di partecipazione. La divisione del governo non un fatto negativo per il sindacato, come non lo
mai quella di ogni controparte di
fronte a ogni vertenza sindacale. Di
fronte al bivio in cui si trova il governo si aprono spazi nuovi e Cgil,
Cisl e Uil possono far valere i bisogni e le esigenze dei lavoratori rivendicando una reale svolta sociale.
Tutto questo, per, richiede un approccio non emendativo o collaterale alle scelte del governo, n tantomeno disponibile verso richieste
delle imprese che ancora una volta
ripropongono la centralit del costo del lavoro. Al sindacato necessaria una pratica democratica che
parta da una piattaforma dettagliata, sulla quale le lavoratrici e i lavoratori possano decidere con il referendum e possano interv e n i r e
con la loro lotta. Se poi tutto questo
sconvolge gli equilibri del sistema
politico, bene. Ci vuol solo dire
che il sindacato ha ripreso a svolgere
fino in fondo il suo mestiere.

33

Novembre - Dicembre 2006

Diritti

Viviamo in un sistema
che continuamente nasconde
la testa sotto la sabbia:
detenzione come questione sociale
quando la tendenza di fare
delle questioni sociali
un problema di ordine penale?

Indulto
e falsa coscienza

di Olimpia Vano
Senatrice Gruppo Prc - Sinistra Europea

O VVERO, LA POLITICA DELLO STRUZZO.


LA DETENZIONE COME QUESTIONE SOCIALE

era una volta, non molto tempo fa,


un provvedimento a cui tutti, o meglio molti, facevano locchiolino:
chi per senso civico, chi per spinte
ideologiche, chi per senso del diritto, chi per opportunismo, chi per
senso della lealt verso gli amici.
Innegabile che in tanti lo volessero.
Indulto: questo lo strano oggetto del de siderio.
Il tutto condito da ipocrisie di sistemi e logiche che si nascondono
spesso dietro lapprovazione di
provvedimenti e decreti. Ed il cinismo poi! Cinismo che si sostanzia
in numeri, ciliegine amare che imbruttiscono ulteriormente una
torta fin troppo pasticciata.
Cinismo a protezione di un coinvolgimento troppo personale che
obbligherebbe ad attribuire a quei
numeri volti e storie.
Indulto: tutti lo hanno votato, molti
lo rinnegano.
Questo quanto emerge dalle molteplici dichiarazioni rilasciate da
quegli stessi, tra senatori e deputati,
che lhanno approvato. Pentitismo
parlamentare? In fondo tutto
molto banale. Si spara a Napoli? Si
uccide e si muore a Napoli?
Lindulto. Aumentano le rapine e le
violenze? Lindulto. Si fanno stragi
di famiglie intere? L i n d u l t o .

34

Bullismo nelle scuole? Lindulto.


Ritardano gli eurostar? Lindulto. I
cani fanno la cacca per strada?
Lindulto. Tutta colpa dellindulto.
Dellindulto? Tutto colpa di chi non
accoglie sulle proprie spalle il peso
del fallimento di un progetto sociale. Ci si interroga, ora, sul numero di coloro che ne hanno beneficiato; ci si chiede se si tenuto
conto della sicurezza popolare; si rimette in discussione la certezza
della pena; si ritiene minata la tutela della legalit. Tornando indietro a quel 29 luglio, provo uno
strano senso di solitudine: sociale,
politica, istituzionale. Possibile che
solo in pochi sapessimo cosa stavamo facendo e perch?
Cosa, o meglio, quale lintento che
ha spinto gli indecisi, gli integralisti
giustizialisti - sostenitori dellattuale regime penitenziario - ad adoperarsi per lapprovazione di quel
provvedimento, intervenendo in
aula con tono deciso e convincente,
che lasciava presupporre una conversione sentita non al clemenzialismo, ma alla riconsiderazione del
detenuto come persona e, quindi,
soggetto di diritti? E possibile e
condivisibile un s alto esempio di
ipocrisia politico-istituzionale? Che
tutto girasse davvero intorno allo

scatenamento di Previti? No, non


ci credo, e chi lo ha fatto non ha
considerato che quel signore
fuori era e fuori sarebbe rimasto.
Ed allora il problema un altro: lo
struzzo. E difficile ammettere che
il limite, ed in parte il fallimento, di
uno strumento istituzionale come
lindulto sta nellincapacit di riconoscere la detenzione come questione sociale. Quali gli obiettivi
della carcerazione: la mortificazione e lannientamento della personalit che pu, fatta salva, riscattarsi, o la risocializzazione e la rieducazione del detenuto?
Viviamo in un sistema che continuamente si disconosce e nasconde
la testa sotto la sabbia, il fatidico
gatto che si morde la coda: detenzione come questione sociale
quando la tendenza di fare delle
questioni sociali un problema di ordine penale? Ed allora perch non
ripulire le strade dai tanti disoccupati, dai tanti studenti che finiranno
col diventare precari e dai precari
che rimarranno studenti a vita?
Perch non riempire le carceri dei
tanti clochard che offendono il nostro decoro? Perch non rinchiudere i tanti matti slegati, laddove
non abbiamo investito nel ricercare
per loro risposte alternative ai ma-

Novembre - Dicembre 2006

nicomi, facendo indossare camicie


di forza alle famiglie? Pi facile sbattere il mostro in prima pagina, come
per quel tunisino accusato di aver
sterminato la propria famiglia per il
solo fatto di aver beneficiato dellinfimo provvedimento: peccato,
per, che non era in Italia. Una vera
complicazione!
Tanti i detenuti messi fuori che si
sono recati a Salerno presso la
Prefettura per chiedere ragguagli
sul loro futuro. Ma risposte.
Appena usciti, alcuni di loro hanno
gi dovuto fare i conti con ingiunzioni di sfratti in unItalia che ha
bocciato il decreto sul disagio abitativo. La pena innanzitutto la
pena, elemento che rimanda e
strizza locchio allinquisizione,

Diritti

allOpus Dei, al Silas di Dan Brown,


strumento di espiazione eterna.
Galera, galera e ancora galera, a sancire la certezza della pena che sarebbe gi certa se solo la legge fosse
uguale per tutti. Che escano prima
o che lo facciano poi, in questo contesto, i delinquenti rimarranno delinquenti e sempre un pericolo pubblico e manovalanza per la criminalit.
Ho sostenuto in aula, al Senato, che
la rieducazione, la riabilitazione ed
il reinserimento sociale strumenti
essenziali ed elettivi sono diritti da
garantire, attraverso il detenuto che
li esercita, alla societ, ad una societ che si d delle regole che
aprano alla civilt, allevoluzione
del pensiero sociale, rimuovendo le

cause che stanno allorigine degli


eventi criminosi, piuttosto che precluderne lingresso fortificando il
muro del vendettismo e dellintolleranza. Voterei di nuovo a favore
dellindulto, perch il motore con
cui far partire questa macchina per
risvegliare le coscienze, con cui
spingere verso un sacrosanto riordino complessivo del sistema penale italiano. E allora indulto anche
per i reclusi nei CPT, vere prigioni
e luoghi di tortura, dove luomo
non pi tale, ma solo un ingombro spaziale ed un sovraccarico di
responsabilit.
Il problema sempre lo struzzo.
Non c pi sordo di chi non vuol
sentire e pi cieco di chi non vuol
vedere! Saggezza popolare.

WWW.lernesto.it
35

Novembre - Dicembre 2006

Societ

Uno spettro si aggira per il mondo:


la violenza sulle donne

M o d e rna barbarie
di una civilt
in decadenza

di Elisabetta Borioni

NELLA PROGREDITA
LA PRIMA CAUSA DI

l Panos Institute di Londra, unorganizzazione non governativa che si


occupa dei problemi globali e dello
sviluppo, ha diffuso di recente una
ricerca effettuata dalla Harv a r d
University secondo cui per le donne
tra i 15 ed i 44 anni la violenza la
prima causa di morte e di invalidit:
ancor pi del cancro, della malaria,
degli incidenti stradali e persino
della guerra.
Questo rapporto preparato per lapertura di una sessione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile, raccoglie studi e ricerche sul
tema della violenza sulle donne effettuati in ogni parte del mondo da
organismi e istituti nazionali ed internazionali.
Emerge una realt drammatica che
non risparmia nessun paese e nessun continente.
Secondo fonti dellorganizzazione
mondiale della sanit, nel 1998, la
violenza stata la decima causa di
morte nel mondo per le donne tra
i 15 ed i 44 anni; in Europa la prima
causa di morte per le donne tra i 16
ed i 55 anni (fonte Parlamento Europeo).
Il pi delle volte questa violenza si
consuma dentro le mura domestiche ad opera di mariti, fidanzati, padri, fratelli. Lorganizzazione mon-

36

DEMOCRATICA EUROPA , L'OMICIDIO


MORTE PER LE DONNE TRA I 15 ED I 44 ANNI
E

diale della sanit ha stimato che il


70% delle donne, vittime di omicidio, sia stata uccisa dal partner.
In Europa e nel mondo perci le
donne vengono picchiate, subiscono violenze, muoiono per lo pi per
opera di coloro con cui hanno relazioni amorose, passionali, daffetto,
familiari. Sembra un non senso.
Questi dati agghiaccianti riguardano tutti i continenti, tutti i paesi
del mondo, sia quelli sviluppati che
quelli meno sviluppati. E la matrice
di questa violenza pu essere di tipo
culturale se il contesto machista o
patriarcale, di tipo religioso, ma
non necessariamente. La religione
e la societ spesso favoriscono la violenza sulle donne se pensiamo alle
mutilazioni genitali come linfibulazione o alle 6000 ragazze bruciate
in India nel 1998 per questione di
dote o alle 1000 pakistane vittime
nel 1999 di crimini per questioni
donore.
Ma la violenza sulle donne non nasce solo da problemi di arretratezza
culturale o da matrice religiosa, si
tratta, piuttosto, di un problema
globale, ricorrente in tutti gli stati,
dai pi arretrati ai giganti delleconomia: basti pensare che negli Stati
Uniti si sono verificati, nel solo
2001, 700.000 casi di violenza do-

mestica.
Quella che dunque possiamo definire una violenza di genere si manifesta in diversi modi: con gli abusi
domestici perpetrati da mariti o familiari, fatti di botte, violenze psicologiche, stupri coniugali e matrimoni forzati, con le violenze di cui
le donne sono vittime nei luoghi di
lavoro, con la tratta delle schiave del
sesso e dello sfruttamento della prostituzione, che ha una larga diffusione anche in Europa, con una manifesta o subdola discriminazione
nel lavoro o nei ruoli familiari.
Naturalmente non tutti i maschi
sono violenti o potenzialmente violenti, nel senso di picchiatori, stupratori o autori di omicidi, ma
vero che le persone che esercitano
violenza nei confronti delle donne
sono quasi sempre maschi. Con
buona pace di Giuliano Ferrara che,
proprio nei giorni in cui alcuni quotidiani hanno reso espliciti questi
dati rilevati da commissioni ONU o
del Parlamento Europeo ed hanno
iniziato a riflettere su tale realt, ha
pubblicato su Il Foglio un articolo
incentrato sulla violenza e/o aggressivit sessuale femminile!
Le ragioni affondano le radici in
matrici culturali, religiose, nellarretratezza sociale, ma anche, per

Novembre - Dicembre 2006

quanto riguarda i paesi sviluppati,


nella non risolta questione del rapporto tra sessualit maschile e femminile e nel ruolo sociale dominante degli uomini che, in ogni
epoca in cui la donna compie uno
scatto di liberazione e di emancipazione, reagiscono spaventati - con
aggressivit e violenza.
A ben riflettere, anche nel corso del
68, che stato un movimento politico, connotato anche da esigenze
di liberazione sessuale, gli uomini
sono stati investiti di striscio dai
temi della sessualit. E mai in modo
collettivo. Spesso in conseguenza
delle riflessioni che le donne andavano compiendo sul proprio corpo,
indagando in gruppo sulla sessualit femminile, per affermare modi
differenti di essere e un differente
ruolo nella coppia e nella societ.
E un grande passo avanti che il
tema della violenza sulle donne sia
emerso dal dimenticatoio in cui era
stato relegato per anni nel nostro
paese.
QUANDO SI DICE
FEMMINICIDIO
Loccasione di questa emersione
stata la Giornata internazionale
contro la violenza sulle donne proclamata dallONU in ricordo della
tragedia delle sorelle Mirabal, violentate ed uccise il 25 novembre
1960 nella Repubblica dominicana,
giornata che, per la prima volta,
stata celebrata anche in Italia proprio il 25 novembre scorso, con manifestazioni ed iniziative di sensibilizzazione e di approfondimento in
tutte le pi importanti citt italiane.
Uno studio, molto interessante e
documentato, effettuato dai
Giuristi/e Democratici/e, partendo dal presupposto che la violenza sulle donne costituisce un
fatto sociale e non privato, usa il termine di femminicidio per inclu dere in ununica sfera semantica di si gnificato ogni pratica sociale violenta fi sicamente o psicologicamente, che at tenta allintegrit, allo sviluppo psico-fi sico, alla salute, alla libert o alla vita

Societ

della donna, col fine di annientarne li dentit attraverso lassoggettamento fi sico o psicologico, fino alla sottomissione
o alla morte della vittima nei casi peg giori.
Questo perch la violenza sulle
donne pu manifestarsi in molteplici forme, esplicite o subdole, e pu
provenire non solo dalluomo, ma
anche dal tipo di societ o di sistema
sociale, pi o meno oppressivi, che
in taluni casi la favorisce, ad esempio, attraverso la discriminazione
nel mondo del lavoro o nellaccesso
alle istituzioni.
Violenza sulle donne cio non solo
stupro, ma un problema pi complesso che ha radici giuridiche, politiche, economiche e culturali e che
pone la donna, ancora oggi, in una
condizione di inferiorit nelle relazioni sociali, familiari, lavorative.
Non un caso che mentre laffermazione dei diritti alluguaglianza e
il divieto di discriminazione sono
parte integrante del sistema dei diritti umani sin dallinizio, il tema
della violenza sulle donne entra, nel
dibattito internazionale, solo molto
tardi. Sostanzialmente negli ultimi
dieci anni. Ed incontra ancora resistenza e conflittualit, malgrado il
dato allarmante gi ricordato: e cio
che lomicidio rappresenta la prima
causa di morte per le donne in Europa ed comunque una delle prime
cause di morte in tutto il mondo.
La convenzione CEDAW , che il
principale trattato internazionale in
materia di diritti umani delle donne,
stato il primo passo avanti per cominciare a porre sul piano giuridico
e politico il tema della discriminazione e della violenza sulle donne.
Essa figlia del movimento femminista degli anni 70 che organizz le
manifestazioni notturne al grido di
riprendiamoci la notte, in occasione dello stupro del Circeo e che
popol le aule di tribunale dove le
donne, vittime di violenza, si trasformavano di fatto in imputate.
Alla convenzione CEDAW, segu il
comitato CEDAW, con il compito
specifico di vigilare sullapplicazione della Convenzione sulleliminazione di tutte le forme di discri-

minazione contro le donne e che


stil, nel 1989, la raccomandazione
generale n.12 nella quale si invitarono gli stati, nei loro rapporti periodici, a fornire informazioni sulle
leggi e sulle iniziative a livello nazionale per tutelare le donne da
ogni forma di violenza nella vita
quotidiana, compresa la violenza
sessuale, la violenza domestica, le
molestie.
Negli anni successivi, il tema della
violenza contro le donne ritorna
centrale nella conferenza di Pechino, che vede lentrata in scena anche delle donne del terzo mondo,
con la peculiarit dei loro problemi.
La piattaforma di Pechino ribadisce
il legame fra la violenza sulle donne
ed i diritti umani, affermando che
la violenza contro le donne costituisce
una violazione dei diritti umani e delle
libert fondamentali delle donne e pre giudica o annulla il loro godimento di
tali diritti e libert .
Nel documento finale di Pechino +
5, del 2000, le donne hanno conseguito risultati molto importanti
come limpegno dei governi a trattare tutte le forme di violenza contro le donne e le bambine come
reati penali punibili dalla legge,
compresa la violenza fondata su
qualsivoglia discriminazione e il riconoscimento per la prima volta in
un documento internazionale dei
delitti commessi in nome dellonore, in nome della passione, come
alcune forme che prende la violenza contro le donne e che dunque
vanno puniti.
Tale lotta per inserire la violenza
sulle donne nellambito dei diritti
umani ha una rilevanza pratica, concreta e costituisce una sfida importante. Perch, a differenza di altre
rivendicazioni o aspirazioni sociali,
i diritti umani sono fonte di diritto
ed hanno dunque una validit giuridica, oltre ad una forza morale, a
livello internazionale.
UN

F E N O M E N O I N C R E S C I TA

Tuttavia, malgrado il movimento


femminile abbia conquistato stru-

37

Societ

menti giuridici importanti, la violenza sulle donne non diminuisce,


anzi in crescita esponenziale anche in Europa ed i governi non sempre affrontano il tema come un problema politico a tutto tondo, che richiede un approccio integrale, non
solo di tipo repressivo.
Nella civilissima Svezia il numero di
violenze e morti di donne in aumento dal 2003; in Spagna dal 2001;
in Francia unemergenza, dal momento che ogni quattro giorni una
donna muore assassinata dal compagno, marito o ex; in Germania il
14% delle donne ha subito almeno
una volta una violenza da un membro della famiglia e circa trecento
donne, ogni anno, sono assassinate

Anche nel corso del '68


- movimento politico, connotato
pure da esigenze di liberazione
sessuale - gli uomini sono stati
investiti di striscio dai temi
della sessualit.
E mai in modo collettivo

dagli uomini con cui vivono; in


Gran Bretagna le donne maltrattate
in famiglia rappresentano un
quarto della popolazione femminile; in Belgio una donna su cinque
vittima di violenza domestica.
Questo aumento della violenza sulle
donne in tutti i paesi europei particolarmente inquietante perch
lEuropa, pur essendo oggi pervasa
da forti contraddizioni di classe, di
nuove conflittualit indotte dallimmigrazione, dalla riduzione
dello stato sociale, per il luogo
della rivoluzione francese, della rivoluzione dottobre, delle lotte del
movimento operaio, del femminismo. Constatare che anche qui la

38

violenza sulle donne in crescita,


deve indurci a lanciare un grido di
allarme ed a ricercare soluzioni legislative adeguate alla gravit del
problema.
Nel nostro paese poi, dove pesa la
presenza del Vaticano e di pontefici,
come papa Wojtila ed oggi Ratzinger, che hanno lanciato la crociata
contro laborto e sono stati determinanti nel favorire una legge neoconservatrice e reazionaria, come
la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, vi il rischio di
una generale involuzione, anche sul
piano legislativo.
Basti pensare che la legge 40, nei
suoi pochi anni di vita, ha prodotto
un elevato aumento delle coppie
che si recano allestero per risolvere
i problemi di fertilit nonch per ricevere aiuto dalla ricerca sulle cellule staminali embrionali.
La situazione dellItalia non si distingue da quella degli altri paesi europei ed anzi particolarmente difficile, anche per la carenza di dati.
Una fonte ISTAT ha stimato che negli ultimi cinque anni quattrocento
donne sono state assassinate dai
loro partner. Da unindagine realizzata ancora dallISTAT, nel 2002, risulta che oltre la met delle donne
di et compresa tra i 14 e i 59 anni
ha subito almeno una violenza sessuale, un ricatto sessuale al lavoro,
una violenza, tentata o consumata,
nel corso della vita. Gli autori delle
violenza sono per lo pi persone conosciute, se non addirittura intime:
nel corso della vita solo il 18,3%
delle vittime stata violentata da un
estraneo e il 14, 2% da un conoscente di vista. Per il resto sono gli
amici ad essere pi frequentemente
i violentatori (23,5%), seguiti dai
datori o colleghi di lavoro (15,3%),
da fidanzati o ex fidanzati (6,5%),
dai coniugi o ex coniugi (5,3%); nel
caso poi delle violenze consumate,
lautore amico della vittima nel
23,8% dei casi, il coniuge o il convivente nel 20,2%.
Il dato inquietante che solo il 7,4%
delle donne che ha subito violenza,
tentata o consumata, nel corso della
vita, ha denunciato il fatto per paura

Novembre - Dicembre 2006

di essere giudicata male, di non essere creduta, di essere trattata con


poca riservatezza. La quota di sommerso dunque altissima.
Il comitato per lapplicazione della
CEDAW stato particolarmente severo, nel 2005, nei confronti del governo italiano ed ha stilato una serie di raccomandazioni alcune delle
quali bene evidenziare. Ad esempio ha censurato la bassa partecipazione delle donne alla vita pubblica
e politica e la mancanza di programmi per combattere gli stereotipi attraverso il sistema scolastico e
per incoraggiare gli uomini a prendersi le loro responsabilit e condividere i lavori domestici. Ha
espresso il proprio disappunto sul
fatto che mentre la modifica allart.
51 della Costituzione prevede le
pari opportunit per uomini e
donne, non vi una definizione di
discriminazione contro le donne,
n nella Costituzione, n nella legislazione. Ha suggerito che il governo ponga in essere una struttura
istituzionale che riconosca la specificit della discriminazione delle
donne da utilizzare anche come monitoraggio della realizzazione pratica del principio di parit sostanziale di uomini e donne nel godimento dei diritti umani. Ha
espresso preoccupazione per la persistenza e pervasivit dellatteggiamento patriarcale e per il profondo
radicamento di stereotipi inerenti i
ruoli e le responsabilit delle donne
e degli uomini nella famiglia e nella
societ. Questi stereotipi sono considerati alla base della posizione di
svantaggio occupata dalle donne in
vari settori, compreso il mercato del
lavoro e la vita politica e pubblica.
Ha denunciato i gravi svantaggi che
le donne debbono affrontare nel
mercato del lavoro: ad esempio la
sotto-rappresentazione delle donne
in posizioni di rilievo, la maggior
presenza di donne in alcuni settori
sottopagati e nel lavoro part-time; il
significativo divario salariale tra uomini e donne e la mancanza di attuazione del principio di parit salariale per uguali mansioni e carichi
di lavoro. In materia di violenza

Novembre - Dicembre 2006

sulle donne esprime preoccupazione per la persistenza di tale realt


e per lassenza di una strategia globale per combatterne tutte le
forme. Pur riconoscendo gli sforzi
fatti dal governo per combattere la
tratta delle donne, denuncia limpatto su tali politiche della legge
Bossi-Fini che concede potere discrezionale alle autorit locali di
porre in essere restrizioni anche per
le vittime di tratta. Lelenco non
esaustivo, ma solo indicativo di alcune delle raccomandazioni che
sembrano pi eclatanti e che comunque danno lidea di una situazione preoccupante ed arretrata.
La domanda cruciale che dobbiamo porci : perch questa crescita della violenza sulle donne nel
cuore dellEuropa e nelle societ a
capitalismo sviluppato? Non residuo, evidentemente, di persistenti
arretratezze, ma fenomeno in crescita, in relazione ad un certo tipo
di sviluppo sociale e quindi sintomo
di una societ che sembra andare
verso la decadenza.
Non facile dare risposte convincenti ed anzi sono certamente molti
i terreni che dovrebbero essere indagati.
UOMINI

C H E PA R L A N O D I S

Alcuni uomini, invitati a dare una


spiegazione sul comportamento del
proprio genere, hanno evidenziato
che la violenza sulle donne esplode,
come reazione alla mutata soggettivit femminile. Il maschio, che non
ha preso coscienza di s, come essere sessuato, non si riconosce pi
nel comportamento ed atteggiamento femminile, consapevole di
s, meno rassicurante e non sottomesso. Si attiva perci questo mostro della violenza come reazione
aggressiva disperata, allo scopo di ristabilire il vecchio ordine gerarchico, la vecchia divisione dei ruoli.
Il bisogno di riappropriarsi del
corpo delle donne come bisogno
delle vecchie certezze. In altri termini si potrebbe dire che la libert
e lemancipazione femminile han-

Societ

no prodotto nel maschio, uno spaesamento cos forte che ha provocato uno scatto di inasprita e malintesa virilit e di rinnovata violenza. Come un leone ferito nel suo
primato che reagisce diventando
pi aggressivo.
Ma accanto a questa realt del comportamento maschile, che certamente andrebbe pi profondamente indagata, a partire dalla sessualit, che certamente pi complessa di quanto non si dica comunemente, vi pure il tema della decadenza della civilt occidentale e
delle societ a capitalismo sviluppato, pervase dal liberismo e dallideologia del mercato, dalla caduta
dei valori della solidariet sociale,
dallincapacit di accoglienza di
culture diverse, che non si era registrata neppure dopo la caduta dei
grandi imperi coloniali, ed a volte
da un violento razzismo, dalla precariet nel lavoro e dunque nella
vita, che rende tutti meno sicuri e
pi fragili, dallappannarsi di un
progetto e di una prospettiva di societ realmente alternativa fondata
su strutture e valori diversi da quelli
del capitalismo, in cui le forze sociali democratiche, la stessa classe
operaia, possano convergere e riconoscersi.
In questo quadro generale, a me
pare, tutto torna indietro: nelle relazioni sociali, nelle relazioni personali, pervase, queste ultime, dallodiosa esigenza di consumare
tutto subito, senza capacit di attesa,
di progetto, di costruzione. Vi una
perdita del sentimento stesso della
vita e della realt.
Ci che appare scoraggiante che
non si vedono i segni, in questo
Occidente sviluppato, di uninversione di tendenza. Al contrario il
mercato sembra controllare non
pi solo la produzione, ma ogni
aspetto della vita, della cultura, dellespressione, del modo di relazionarsi tra gli individui. E soprattutto
i giovani appaiono, da questo punto
di vista, particolarmente vulnerabili
e spaesati, perch difficilmente riescono ad incontrare nella loro
esperienza di vita, espressioni e sog-

getti portatori di valori alternativi


nei quali riconoscersi.
C da domandarsi che futuro possono avere le societ a capitalismo
sviluppato in cui il liberismo economico ha prodotto valori cos distorti, insicurezza economica e sociale, perdita di chance per molti,
abbassamento della qualit dellistruzione, ritmi di lavoro elevati, relazioni tra gli individui cos conflittuali ed aggressive.
Senza cadere nella trama ingannevole della cronaca nera, che spesso
eccita gli animi, ma non induce ad
alcuna ragionevole riflessione, non
possibile per trattare il tema della

La crescita della violenza


sulle donne nel cuore dell'Europa
e nelle societ a capitalismo
sviluppato, non il residuo
di persistenti arretratezze,
ma un fenomeno in crescita,
sintomo di una societ
in decadenza

violenza sulle donne, evitando di


fare qualche cenno ai ripetuti episodi di violenza, abusi e molestie nei
confronti di ragazze minorenni ad
opera di adolescenti, che si sono verificati indifferentemente al sud, al
centro ed al nord del nostro paese.
Non si tratta di criminalizzare unintera generazione di giovani che al
contrario ha bisogno pi che mai
della fiducia degli adulti, dei genitori, degli insegnanti spesso incapaci di trasmettere autostima, sicurezza e valori solidi. Si pu osservare
per che la violenza sulle donne si
impara e si pratica da giovanissimi,
ad ulteriore conferma della fragi-

39

Societ

lit sessuale ed emotiva maschile,


tanto fragile che ha bisogno di esprimersi in forme di sopraffazione ed
umiliazione dellaltro sesso.
Quei ragazzi, in verit, - non per assolverli, vanno anzi adeguatamente
puniti ed educati - riflettono societ
imbarbarite, sotterraneamente violente, perdute dal punto di vista dei
valori, popolate di adulti, i veri responsabili, incapaci di farsi carico
della loro crescita.
Le stesse modalit con cui la violenza spesso praticata, ovviamente
in gruppo, riprendendo le scene
con i cellulari o filmando le proprie
bravate, rendono lidea dellinconsapevolezza della gravit delle proprie azioni e di un pessimo rapporto
con la realt di cui spesso non si concepiscono i confini.
E quando i confini tra limmaginazione e la realt diventano incerti,
sfumati, anche lessere umano pi
tranquillo pu rompere gli argini
della civilt e diventare un torturatore, un violento.
Da questo punto di vista vi un uso
distorto delle stesse tecnologie, che
costituiscono certamente una grandissima opportunit di conoscenza,
di diffusione dellinformazione, di
velocizzazione dello studio e del lavoro, uno strumento dalle enormi
potenzialit di sviluppo, ma che non
possono sostituire lesperienza concreta, le relazioni tra le persone in
carne ed ossa, n possono diventare
il mezzo principale su cui i ragazzi
si esercitano, si mettono alla prova,
si relazionano tra loro.
I N C H I E S TA

SUL

BULLISMO

Uno studio sul cosiddetto bullismo,


termine in realt improprio per indicare forme di prepotenza e sopraffazione minorile, effettuato in
una scuola media di Bologna, rivela
che il 95,5% degli alunni ammette
che a scuola avvengono prepotenze
e ingiustizie. Il 48% dichiara di esserne vittima. I ragazzi artefici di tali
comportamenti hanno dichiarato
di non avere alcuna fiducia negli insegnanti e nella famiglia ed inter-

40

rogati sui valori in cui credono


hanno messo al primo posto la ricchezza, il successo, la libert di fare,
allultimo posto valori come la giustizia e luguaglianza, la solidariet
sociale e interpersonale.
Questi dati, riguardanti una realt
limitata, confermano per come la
perdita di diritti sociali ed economici conduce anche ad un arretramento sul piano culturale e viceversa. E quando si perdono i valori
della giustizia, delluguaglianza,
della solidariet gli esseri umani
possono dare il peggio di s, dare
sfogo a quel mostro che vive in
ognuno di noi.
Appare del tutto evidente che una
realt cos diffusa e complessa come
quella della violenza sulle donne, a
volte praticata da minorenni nei
confronti di ragazze , non pu essere affrontata con misure puramente repressive.
Per questa ragione le organizzazioni femminili hanno respinto la
proposta del ministro delle pari opportunit Pollastrini che affrontava
il tema unicamente inasprendo le
pene nei confronti degli autori di
violenze.
A tale proposito non si pu non citare la legge integrale sulla violenza di genere approvata dal governo Zapatero (la cui politica, peraltro, in campo economico ed internazionale discutibile) che, a
fronte dellaumento in Spagna, del
34% delle violenze sessuali registrato tra il 2002 e il 2003, ha varato
norme che agiscono su pi livelli:
sul piano politico attraverso campagne di sensibilizzazione, sul piano
sociale, sia attraverso lapertura di
nuovi centri per donne maltrattate
o di urgenza per donne che rischiano la violenza, sia attraverso
aiuti finanziari e sostegno giuridico
alle donne che vorrebbero abbandonare il domicilio coniugale,
senza averne la possibilit economica. Inoltre pi di quattrocento
giudici sono stati assegnati a sezioni
speciali che si occupano di questioni di genere
La Ley de Proteccion Integral in vigore da un anno e mezzo e pur-

Novembre - Dicembre 2006

troppo le statistiche non hanno


fatto registrare un calo della violenza, ma un dato positivo si comunque verificato e cio laumento
delle denunce presentate da donne
che, evidentemente, si sentono pi
protette dalle istituzioni .
Anche lAustria un paese che gi
dal 1997 ha messo in campo un sistema legislativo, piuttosto avanzato, diretto a contrastare la violenza di genere, proponendo sia
forme di intervento in aiuto della
vittima, come lallontanamento del
coniuge violento per dieci giorni e
lo spostamento della vittima in centri di sostegno, sia una politica di rieducazione degli uomini violenti e
programmi di formazione e sensibilizzazione alle tematiche di genere per polizia, medici, giuristi.
E evidente che questi tipi di approccio giuridico dovrebbero essere fatti propri anche dal governo
italiano, ed in particolare dal governo di centro-sinistra che, invece,
ancora lontano dal liberarsi da
una logica puramente emergenziale e dallaffrontare il tema della
violenza sulle donne con misure repressive, ma anche educative, di sostegno delle vittime, di sensibilizzazione degli organi preposti alla tutela delle vittime.
La giornata del 25 novembre ha
consentito la circolazione di dati importanti per combattere la piaga
della violenza sulle donne, dati che
hanno colpito anche persone che
da anni si occupano del problema.
Ma occorre continuare. C bisogno
di riprendere liniziativa culturale
nelle scuole, nella societ, nei posti
di lavoro, creare un movimento di
donne e uomini consapevoli, animati dallesigenza di creare sensibilizzazione sul tema, attorno ad
obiettivi concreti e condivisi.
Diceva Einstein: non penso mai al
futuro perch fa presto ad arrivare.
Nel caso della violenza sulle donne,
una nuova realt tarda invece ad affermarsi.
E senza la nostra lotta, senza la nostra attivit paziente e tenace nessun
governo, nessuna istituzione ci regaler niente.

Novembre - Dicembre 2006

Internazionale / Interviste

Il rilancio del movimento per la pace


possibile solo a partire
dalla sua autonomia.
Le parole d'ordine devono
rimanere il No alle guerre senza se
e senza ma e sarebbe un'idiozia
se esso modificasse il proprio agire
a seconda del governo in carica

Afghanistan:
obiettivo
r i t i ro immediato

a cura di Alessandro Belmonte

INTERVISTA

VITTORIO A GNOLETTO,

EURODEPUTATO ELETTO NELLE LISTE DEL

ome reputi la situazione oggi in


Afghanistan, dopo lestensione
della missione Nato e la ripre s a
della guerra?
evidente come la guerra in Afghanistan coinvolga ormai linsieme
del territorio nazionale. Si sta verificando ci che ci era stato riferito,
alcuni mesi fa, in una riunione a
porte chiuse della Commissione
Esteri del Parlamento Europeo dallalto rappresentante europeo in
Afghanistan Vendrell, il quale ci
aveva avvisato che se la guerra non
si fosse conclusa nel giro di tre mesi
sarebbe stata inesorabilmente persa, dal momento che il popolo afghano avrebbe accusato i paesi occidentali di sostenere un governo
fantoccio. Non un caso, infatti,
che negli ultimi tempi ci siano stati
attacchi suicidi con una media di tre
a settimana. In quella riunione, lo
stesso Vendrell ci invitava a persuadere il governo italiano a non presentare allopinione pubblica la
missione in Afghanistan come unoperazione di peace-keeping, dal
momento che in quellarea vi era e
vi tuttora una situazione di peaceforcing, vale a dire che in atto una
vera e propria guerra e nessun esercito pu considerarsi al sicuro.

inoltre assolutamente palese, ormai, come non esista alcuna distinzione tra la missione EnduringFreedom e quella Isaf: in realt,
tutte le forze armate operano in
quel paese sotto comando effettivo
degli americani con lunico obiettivo di garantire loccupazione di
quel territorio da parte degli stessi
Stati Uniti, che mirano a costruire
basi militari permanenti in Afghanistan per la posizione strategica in
cui esso si trova e per assicurarsi il
controllo sia di quella zona del continente Asia, sia delle risorse energetiche afgane, a partire dal gas.
Si da poco concluso a Riga un summit Nato in cui la strategia della
guerra permanente degli Stati
Uniti ha subito una battuta darresto visto che, alla richiesta americana di rafforzare la presenza militare in Afghanistan, le nazioni europee, compresa lItalia, hanno risposto che sarebbe pi opportuno
convocare una conferenza per cercare una soluzione politica. Che
idea ti sei fatto in merito?
Penso che, in effetti, il summit Nato,
cos come la vittoria dei Democratici
alle elezioni di medio termine,
hanno rappresentato una battuta

PRC - SINISTRA EUROPEA .

darresto rispetto al progetto statunitense di ottenere legemonia mondiale attraverso il controllo delle
fonti di energia del pianeta. Ci nonostante, dal summit di Riga tale progetto non uscito fortemente sconfitto in quanto, nonostante il rifiuto
a rafforzare la presenza militare da
parte delle principali nazioni europee, si raggiunto laccordo per il
coinvolgimento nella guerra di alcuni nuovi stati, per fare un solo
esempio, la Serbia. Inoltre in atto
un pericoloso tentativo di sostituire
lOnu con la Nato, a cui affidare il
ruolo di co-protagonista per il mantenimento di una pax mondiale
negli interessi esclusivi degli Stati
Uniti dAmerica. per questo motivo che, secondo me, risulta oggi indispensabile ridiscutere la presenza
dellItalia nella stessa Nato.
A Riga DAlema ha confermato la
necessit di una presenza militare
italiana, anche se non pi massiccia
di quella attuale. Non sarebbe forse
pi opportuno, invece, valutare una
exit strategy gi a partire dal prossimo voto parlamentare sul rifinanziamento della missione Isaf?
Penso sia non solo opportuno ma,
senza ombra di dubbio, indispensa41

Internazionale / Interviste

bile ritirarsi nel minor tempo possibile dallAfghanistan, lasciando


solo interventi di solidariet civile
sganciati dalla presenza militare e
seguendo lesempio di ci che, gi
da svariati anni, fa proprio in
Afghanistan Emergency. Appare evidente come il ritiro dovrebbe avvenire gi in occasione del prossimo
voto parlamentare di rifinanziamento della missione, in quanto ritengo che un prolungamento di ulteriori sei mesi della missione porterebbe allimpossibilit di un ritiro
futuro delle nostre truppe. Il rischio
quello di trovarsi impantanati in
una guerra infinita che potrebbe,
per alcuni aspetti, diventare molto
simile a quella del Vietnam. perci indispensabile, in quella occasione, produrre unazione istituzionale congiunta da parte di tutti i parlamentari della sinistra di alternativa e, contemporaneamente, un rilancio del Movimento per la Pace.
Tra laltro, la missione non ha raggiunto alcun obiettivo tra quelli prefissati: solo per fare un esempio, si
pensi che, dallinizio delle ostilit,
raddoppiata la produzione di oppio. Ed , appunto, anche a partire
da tale tema che appare evidente
come la soluzione militare sia del
tutto inadeguata: basterebbe infatti,
per risolvere il problema, che fosse
lOnu ad acquistare loppio per utilizzarlo successivamente a scopi sanitari, in particolare a favore delle
nazioni del Sud del Mondo. Infatti,
nonostante ci sia chi sostiene, come
ad esempio Costa (Direttore
Generale dellAgenzia per la lotta
alla droga delle Nazioni Unite), che
lacquisto delloppio dovrebbe avvenire, per forza di cose, in modo
concorrenziale ai narcotrafficanti -

42

ovvero al prezzo di cento dollari al


chilo -, bastano alcuni calcoli approssimativi per capire come ci
verrebbe a costare comunque meno
dellultimo stanziamento economico fatto dagli Usa per finanziare
le truppe che dovrebbero occuparsi
di tale questione.
Daccordo. Consentimi per una
provocazione: tutto ci non si poteva fare prima, in occasione del
p recedente voto sul rifinanziamento della missione, anche alla
luce della cosiddetta battaglia degli otto?
Anche io credo sia stata una grande
occasione sprecata e che sarebbe
stata molto utile unazione parlamentare congiunta di tutti gli esponenti dei partiti della sinistra di alternativa, cos come, ho gi detto,
mi auguro avvenga per il prossimo
voto sul rifinanziamento. Le ragioni
alla base della insufficiente mobilitazione di questestate penso siano
imputabili alla sindrome da governo amico, aiutata anche dal pericolo, purtroppo molto realistico,
di un ritorno delle destre in caso di
caduta del governo Prodi. Ora bisogna concentrarsi su come rilanciare il movimento in vista del prossimo voto.
Appunto, su quali basi sar possibile
rivitalizzare il movimento contro la
guerra?
Il rilancio del movimento possibile solo a partire dalla sua autonomia. Le parole dordine devono rimanere il No alle guerre senza se
e senza ma; sarebbe una idiozia se
il movimento modificasse il proprio

Novembre - Dicembre 2006

agire a seconda del governo in carica. Con una battuta potrei dire:
guai a trasformare il movimento nei
DAlema Boys. Oggi abbiamo di
fronte unassemblea convocata a
Roma per il 16 dicembre, dalla
quale mi auguro si possa uscire con
una piattaforma comune e, soprattutto, si possa organizzare una manifestazione per chiedere il ritiro
delle truppe dallAfghanistan da tenere prima del voto sul rifinanziamento.
In conclusione, qual il tuo giudizio complessivo sulla politica estera
dellattuale governo? In particolare
vedi una ridiscussione delle re l azioni Italia Stati Uniti?
Penso sia innegabile un cambiamento
nella politica estera italiana: oggi lItalia non pi un vassallo pronto ad
obbedire in modo cieco agli ordini
provenienti da Washington.
Anche se su alcuni argomenti, quali
lAfghanistan, si deve ancora migliorare, sono stati comunque ottenuti alcuni importanti risultati:
primo fra tutti il ritiro dei nostri militari dallIraq, che stata una
grande vittoria del movimento rivelatosi in grado di spostare, su questo, lintera Unione. Cos come
penso siano elementi positivi sia la
posizione assunta da DAlema in occasione dellinvasione del Libano
da parte di Israele, sia il fatto che
lItalia sia stato lunico paese europeo ad astenersi in occasione del
voto per eleggere il rappresentate
dellAmerica Latina in seno al
Consiglio di Sicurezza dellOnu,
non votando cos per il candidato
guatemalteco opposto dagli Usa a
Chavez.

Novembre - Dicembre 2006

Internazionale / Interviste

La sfida attuale ridisegnare


la prospettiva del socialismo
nel XXI secolo in un continente
segnato dalla miseria.
Non in teoria o a tavolino,
ma nella fucina della lotta di classe,
con un percorso di ricerca aperto

Brasile, Ecuador,
Venezuela:
a l t e rnativa
e socialismo
nel Cono Sud

a cura di Marcello Graziosi

INTERVISTA A JOS L UIZ DEL ROIO,


SENATORE DEL PRC - SINISTRA EUROPEA .

egli ultimi mesi si sono succeduti alcuni importanti appuntamenti elettorali: la riconferma di Lula in
Brasile e di Chavez in Venezuela da
una parte e, dallaltra, le vittorie di
C o rrea in Ecuador e Ortega in
Nicaragua.
Quali gli elementi comuni, quali le
potenzialit?
Il filo rosso che lega ormai tutti gli
appuntamenti elettorali in America
Latina, anche quelli dove le forze
del progresso vengono sconfitte,
lesaurimento delle proposte neoliberali, proposte che le masse popolari non sono pi disposte a sopportare e contro le quali votano.
La sfida attuale nasce da qui, e si
configura come una scommessa sul
piano ideologico come politico,
tesa a ridefinire e ridisegnare la
prospettiva del socialismo nel XXI
secolo in un continente segnato
dalla miseria. Non in teoria o a tavolino, ma nella fucina della lotta
di classe, con un percorso di ricerca
aperto. Non abbiamo molto tempo
davanti, e questo rende ancora pi
affascinante la sfida, pena una vasta disillusione di vaste masse popolari, che oggi chiedono lavoro,
istruzione, servizi sociali. Insomma, lalternativa.

Procediamo con ordine. Quali gli


scenari che si aprono in Ecuador
dopo laffermazione di Correa?
LEcuador un paese in subbuglio,
dove sono stati destituiti a furor di
popolo quattro presidenti in sette
anni e dove lalternativa al neoliberismo e alla subalternit verso gli
Usa e le multinazionali faticava a delinearsi. La proposta avanzata da
Correa, che potrebbe apparire moderata sul piano interno, su altri
versanti assai coraggiosa: dal diniego dellaccordo di libero commercio con gli Stati Uniti al non rinnovo della concessione della base
Usa di Mant, la pi grande
dellAmerica del Sud da cui possibile colpire ovunque, inclusa la
Cina. La concessione scade nel 2009
e Correa ha pi volte dichiarato la
propria indisponibilit al rinnovo.
Sul piano interno, poi, non si deve
dimenticare il punto di partenza: in
Ecuador leconomia stata completamente dollarizzata, tanto che
non esiste pi la moneta nazionale
sostituita dal dollaro Usa -, e il neoliberismo ha raggiunto qui punte
estreme di affermazione. Il tentativo di Correa sar quello di unire le
forze con altri paesi per creare in
tempi rapidi una moneta comune,

in grado di sostituire il dollaro senza


determinare lennesimo massacro
sul piano economico e sociale.
Concludendo, possiamo affermare
che Correa rappresenta a pieno titolo il filone antimperialista, segnato da un tentativo di individuare
unalternativa concreta al neoliberalismo, che non si traduce per in
una sorta di neo-keynesismo ma
tende a radicalizzarsi nella direzione del socialismo.
Obbligata la domanda su Ortega: i
sandinisti non sono forse pi quelli
della fine degli anni 70 del secolo
scorso, ma la loro affermazione costituisce comunque un segnale importante
Senza alcun dubbio. Sul piano generale costituisce un segnale importante, radicale, antimperialista,
di vicinanza, almeno teorica, con
Chavez e Castro. La vittoria di
Ortega riapre di fatto la partita centroamericana, che pareva ormai
chiusa, e lostilit totale di
Washington costituisce un segnale
su questo terreno inequivocabile.
La politica di alleanze interne al
Nicaragua dei sandinisti senza alcun dubbio discutibile, anche se occorre considerare che la parte pi
segue a pag. 46

43

La Stanza

Novembre - Dicembre 2006

a cura di Roberto Gramiccia

CI SALVERA BABELE
H.H. Lim un cittadino del mondo e a interessarlo luniverso dei linguaggi
possibili. E il mondo del comunicare, non come fa la televisione e gli altri media.
Piuttosto come i sordomuti, con il loro vocabolario di gesti e la loro grammatica
di espressioni del volto. Come gli innamorati con gli sguardi.
Quello che interessa questo artista cino-malese sono le relazioni fra simili e fra
diversi. Relazioni che non conoscono genere o etnia, classe o et. Relazioni
consapevoli che, insieme alla paura della morte, fanno luomo uomo. Finch la
barbarie non prende il sopravvento.
Quando questo accaduto (pu sempre ri-accadere) le relazioni si sono interrotte
e si affermata quella che qualcuno ha definito lontologia della guerra. Una cosa
dentro la quale pu succedere di tutto, persino che vengano suonati violini mentre
dai forni crematori esce quello che resta delle ossa dei bambini.
La barbarie fatta di aguzzini e di vittime. Ma fatta anche di servi che eseguono gli
ordini. La barbarie ha bisogno di silenzio e di ordine. E lordine assoluto fondato
sulla fine del chiasso delle relazioni umane. E cio prima sulla limitazione e poi sulla
soppressione dei linguaggi. Ecco perch amiamo Babele.
Lim uno che decostruisce Babele per capirla, ma si guarda bene dal volerne la fine.
Il disordine come un balsamo lenitivo se attraverso di esso ci si parla. C chi riesce
meglio, chi peggio. Lessenziale non archiviare la pratica. Il punto che, anche
senza i forni crematori, in molti vorrebbero archiviarla.
Creare lordine di ununica lingua, di un unico gusto, di un unico pensiero - per lo
meno in quella parte del mondo dove si consuma di pi - una forma nuova di
barbarie perch significa ridurre al minimo i linguaggi critici e la capacit di
reazione. Significa per il capitale non avere pi avversari.
Lim una volta rimase i equilibrio su un pallone da basket per pi di unora. Pesava
60 Kg allora (oggi un po di pi) e la sua performance si intitolava Circa 60 Kg
di saggezza. Fu un esempio di silenziosa pazienza orientale che usava uno strumento
espressivo tipicamente occidentale. Pensieri e linguaggi diversi insieme.
CI SALVERA BABELE

Opera di H.H. Lim


"Senza titolo"
TECNICA MISTA
DIMENSIONI DELLORIGINALE: 32x47 (cm)
44

Novembre - Dicembre 2006

dellArte

H.H. Lim

45

Internazionale / Interviste

Novembre - Dicembre 2006

segue Internazionale/Interviste da pag. 46

radicale non ha avuto voti sufficienti: daltra parte, a volte, i processi rivoluzionari non seguono
sempre gli schemi che immaginiamo noi
A proposito di questo, passiamo al
Venezuela e alla riconferma di
Chavez.
Forse scontata, ma passaggio basilare per il laboratorio del socialismo
nel secolo XXI in America Latina.
Tanto che il suo oppositore,
Rosales, pur rappresentando gli ambienti della destra golpista, stato
costretto ad impostare la campagna
elettorale con forti connotazioni sociali, quasi fosse un rappresentante
di una socialdemocrazia avanzata.
Al di l del risultato elettorale, anche i comunisti venezuelani hanno
contribuito al rafforzamento e alla
radicalizzazione del Venezuela di
Chavez, occupando importanti posti di fiducia e responsabilit. Essi,
evidentemente, pur essendo un partito eroico di resistenza, hanno difficolt a tradurre in voti il grande lavoro profuso nei movimenti e nella
societ, faticano ad essere considerati interlocutori credibili. E evidente, poi, che il partito di Chavez,
il Movimento V Repubblica, ha fatto
il pieno di voti, egemonizzando il
confronto elettorale. Sar interessante capire come finir la proposta
di unificare le diverse forze politiche in un unico soggetto politico
della rivoluzione bolivariana e socialista, un p come accaduto nella
Cuba del post-rivoluzione. I comunisti dovrebbero essere parte di questo progetto pi complessivo
Brasile. Come inserire lmportante
appuntamento elettorale di ottobre
2006 allinterno del panorama politico latinoamericano?
E senza alcun dubbio lelemento
centrale. La politica estera perseguita da Lula in questi anni si rivelata assai avanzata da diversi punti
di vista: il suo appoggio a Chavez, ad
esempio, si rivelato decisivo per le
possibilit di sviluppo della rivolu-

46

zione bolivariana e socialista di cui


abbiamo ragionato in precedenza.
Emblematico il fatto che Lula abbia
visitato dopo la riconferma, come
primo paese, proprio il Venezuela,
e che lo stesso abbia fatto Chavez
con il Brasile. Ragionamento simile
vale nel caso di Kirchner, eletto per
poco alle presidenziali argentine
del 2003, da molti considerata figura secondaria e senza le capacit
necessarie per fronteggiare la difficile situazione interna. Lula, al contrario, ha colto le potenzialit non
solo di Kirchner, ma dellintera
Argentina nel percorso di uscita
dalla crisi. Cos come, ancora, ha sostenuto Tabar Vzquez in Uruguay
e Morales in Bolivia, stringendo un
rapporto molto stretto con Cuba e
Fidel Castro. Anche se molte delle
esperienze che ho citato tendono a
collocarsi a sinistra di Lula in
quanto a radicalit, egli ha giocato
un ruolo senza alcun dubbio importante, se non decisivo, nel sostenerle come, pi complessivamente,
nella costruzione e nello sviluppo di
quello che oggi il laboratorio latinoamericano per lalternativa. Una
sconfitta di Lula sarebbe stata, da
questo punto di vista, un disastro
per le prospettive dellintero continente, per il processo rivoluzionario e di alternativa in tutta lAmerica
Latina. Questo, anche indipendentemente dalle scelte, pi o meno
condivisibili, operate dal governo
sul piano della politica interna.
Andiamo con ordine. Come si collocato il Brasile in questi anni sullo
scenario internazionale?
Il governo brasiliano si opposto
tanto alla guerra in Iraq quanto alla
presenza straniera in Afghanistan,
partecipando solamente a missioni
sotto il comando dellONU e non
degli Stati Uniti, con i quali il Brasile
non ha storicamente relazioni militari. Lula ha, di fatto, radicalizzato
ulteriormente questa posizione,
elemento che gli ha consentito di risolvere positivamente, ad esempio,
la crisi di Haiti. Brasilia ambisce ad
un seggio permanente nel Consi-

glio di Sicurezza dellONU e per


questo ha allacciato contatti e relazioni in lungo e in largo, a partire
dai paesi e continenti del sud del
mondo. Il Brasile stato al centro
delle relazioni commerciali sud-sud
insieme ad altri grandi paesi in rapida via di sviluppo. Emblematico il
fatto che si sia tenuta a Brasilia la
prima riunione della Lega Araba organizzata al di fuori dei confini tradizionali di questo importante soggetto, elemento che implicitamente
segna un momento di solidariet
anche con il popolo palestinese.
Nodo centrale del prossimo governo saranno le relazioni con
lUnione Europea, oggi assai diversificate: da una parte si registrano
grandi potenzialit di sviluppo mentre, dallaltra, si temono eventuali
politiche di potenza e uneccessiva
subalternit agli Usa
Soffermiamoci sulle relazioni politiche e commerciali con diversi e imp o rtanti paesi dellAsia e
dellAfrica, a partire dalla Cina.
Possiamo tranquillamente affermare, senza timore di smentite, che
il rafforzamento delle relazioni politiche e commerciali sud-sud, tra
paesi cio del sud del mondo in crescita e sviluppo anche poderoso, costituisce una scelta strategica da
parte di Lula, scelta che si scontra
solamente con quelli che sono i limiti oggettivi delleconomia brasiliana. Il Brasile stato tra i protagonisti del G20, organizzazione
comprendente anche India e Cina,
ed ha intrecciato profonde relazioni, soprattutto politiche, con diversi paesi dellAfrica Nera, a partire dal Sudafrica. Questo processo
di grande apertura si scontra con alcuni limiti intrinseci, legati soprattutto alle modalit di crescita brasiliana. Prendiamo lesempio delle
relazioni tra Brasile e Venezuela,
che sono incrementate in pochi
anni del 350%: in questo contesto,
il Brasile che rischia di non reggere, a partire dalla crescente necessit di risorse energetiche, nonostante lattuale quasi-autosuffi-

Novembre - Dicembre 2006

cienza. La popolazione cresce di 3


milioni di abitanti allanno, e cos
leconomia Anche per questo, allinterno del cosiddetto BRIC
(Brasile, Russia, Cina e India), il
nostro paese quello che fatica di
pi. E forse vero che se Lula riuscisse a liberarsi delleredit neoliberale, il processo di crescita potrebbe segnare un ulteriore impulso.
Anche le relazioni tra Brasile e Cuba
sono migliorate in questi anni.
Senza dubbio. Il governo Lula fin
dal primo giorno ha denunciato le
pressioni statunitensi contro
lAvana, e lo ha fatto in ogni occasione utile. Tanto pi che il Brasile
stato il primo grande paese a rompere il bloqueo, invitando Cuba
ad integrarsi allinterno del Mercosur, nellambito della nuova cooperazione tra i paesi del Sud America
e dellarea caraibica. Le relazioni
tra i due paesi sono molto buone,
ma potrebbero migliorare ulteriormente: il Brasile ha bisogno, ad
esempio, della collaborazione con
Cuba sul piano della ricerca scientifica e medica, mentre potrebbe essere utile a Cuba sul piano della tecnologia energetica.
Veniamo al nodo spinoso della politica interna, che hai ricord a t o
poco fa. Su questo terreno il bilancio del quadriennio , forse, meno
brillante
Sicuramente, anche se, forse, erano
eccessive le aspettative iniziali. Lula
ha da sempre rappresentato la figura pi prestigiosa di un nucleo di
sindacalisti formatosi tra gli anni 70
e 80 del secolo scorso nelle zone
pi avanzate del paese, una sorta di
aristocrazia operaia. Gi Lenin aveva ben compreso che laristocrazia
operaia non solo avrebbe potuto ritrovarsi staccata dalle masse popolari, senza poter svolgere cos un
ruolo avanzato, ma avrebbe potuto
persino essere corrotta. Ebbene,
quanto accaduto in questi anni in
Brasile potrebbe costituire una

Internazionale / Interviste

sorta di paradigma in questo senso.


Ad essere corrotto in profondit
non stato Lula, ma il nucleo dei
sindacalisti che lo attorniava, elemento che ha contribuito enormemente alla mancata vittoria al primo
turno. Ragionando di riforma agraria, attenzione alle fasce pi povere
della popolazione, ridistribuzione
del reddito, politica energetica
avanzata, relazione con i movimenti
sociali mai intralciati nella loro attivit, anche quando critica rispetto
al governo -, rafforzamento della
polizia federale, unico soggetto in
grado di perseguire i crimini economici, Lula ha mantenuto la met
delle promesse fatte, una media incredibilmente alta per un paese
come il Brasile.
Quali sono, allora, le questioni ancora aperte?
Il 4,5% del Prodotto Interno Lordo
brasiliano viene attualmente utilizzato per pagare i debiti interni ed
esterni, in larga misura retaggio del
decennio neoliberale. La sinistra
considera questa percentuale troppo alta, il vero impedimento per liberare risorse a sostegno della riforma agraria o della politica sociale. Il nodo centrale della discussione dunque determinato dalle
reciproche relazioni tra debito sociale e debito pubblico. Non dimentichiamo che Lula ha sottratto
dalla povert tra i dodici e i quattordici milioni di brasiliani, in parte
attraverso lo sviluppo dellinsieme
delleconomia e in parte, ovviamente, attraverso politiche assistenziali. La scommessa quella di
far crescere una sorta di economia
popolare, con relativo riscatto
delle classi sociali pi deboli.
Quanto alla riforma agraria, essa richiede risorse economiche e
umane difficili da reperire su vasta
scala. Riforma agraria non significa
semplicemente assegnare appezzamenti di terra alle singole famiglie,
senza affrontare il nodo, ad esempio, della carenza di mezzi e tecnologie. Anche per questo essa procede a rilento, e coinvolge tra le 80

e le 90.000 famiglie allanno, contro le richieste 250.000 da parte dei


sindacati e del movimento S e m
Terr a. Lula, anche di fronte allassenza di quadri e funzionari pubblici, situazione a volte drammatica
altro problema che solo a parole
semplice da risolvere ha promesso un ulteriore sforzo per arrivare a 120.000 famiglie allanno.
Come si sono collocate le diverse
forze della sinistra nel primo turno
delle presidenziali, rivelatosi forse
pi complesso del previsto?
La sinistra brasiliana divisa, e
molto forte il dibattito su come superare lorizzonte capitalistico.
Lula stato sostenuto dal suo partito, il Partito dei Lavoratori (PT), diviso al proprio interno in diverse
componenti, dal Partito Socialista
Brasiliano (PSB), erede di Bandung
e dei movimenti di liberazione nazionale, su posizioni progressiste e
non facente parte dellInternazionale Socialista, dai settori di sinistra
del Partito del Movimento Democratico
Brasiliano (PMDB), un vero e proprio partito contenitore interclassista, fortemente regionalizzato, la
sola opposizione tollerata negli
anni della dittatura militare. A queste forze si aggiunge anche il Partito
Comunista del Brasile ( P C d o B ) .
Persino il Movimento Sem Terra, pur
essendo stato assai critico in questi
ultimi anni verso il governo, si
schierato con Lula.
Un ventaglio di forze ampio, che
non ha per impedito altre candidature di sinistra. Da una parte,
Heloisa Helena (6,8% dei consensi)
ha potuto contare sul sostegno di
una serie di forze uscite dal PT, soprattutto cattoliche e radicali di sinistra, a cui si sono aggiunti settori
della IV internazionale ed ex maoisti; dallaltra, lex ministro delleducazione Buargue, anchegli proveniente dal PT, su posizioni nazionaliste di sinistra e antimperialiste,
ha raggiunto il 2,6% dei consensi.
Per concludere, vi sono stati circa 9
milioni di voti collocatisi a sinistra
di Lula...

47

Internazionale / Interviste

Voti recuperati al ballottaggio


S, cos come la radicalizzazione del
confronto ha convinto a recarsi alle
urne anche coloro che, disillusi, le
avevano disertate al primo turno.
Gli ultimi giorni del confronto elettorale sono stati aspri, e la grande
stampa si mobilitata contro Lula.
Vedremo se questa radicalizzazione
caratterizzer anche le scelte del
prossimo governo anche se, su questo terreno, saranno determinanti i
diversi movimenti sociali (come le
diverse forze politiche) e la loro capacit di condizionamento. La sinistra politica e sociale brasiliana ancora fortemente divisa, frantumata,
anche come conseguenza della disgregazione dellURSS, mentre sarebbe urgente individuare terreni
di convergenza e unit.
Il quadro politico brasiliano non
sembra aver subito eccessivi scossoni, n nelle relazioni tra governo e
opposizione, n nei rapporti di forz a
interni alla coalizione di governo.
Vero. Se consideriamo le elezioni
dei governatori dei singoli stati, assistiamo a un leggero spostamento
a sinistra dellasse politico, a partire
dallo stato di Bahia, quadro confermato anche dalla composizione
della Camera dei Deputati. Lopposizione non approfitta degli scandali, il PT perde consensi e seggi,
ma aumentano PSB e PCdoB. Con
la sola eccezione del PMDB, che
strappa al PT la posizione di primo
partito, nemmeno le forze di centro
della coalizione che sostiene Lula
guadagnano consensi (liberali, pro-

48

gressisti e laburisti), essendo state


travolte anchesse dalle inchieste
giudiziarie.
Veniamo al risultato del PC do
Brasil, presentatosi dopo unesperienza di governo alle spalle.
Il risultato ottenuto davvero significativo e conquistato in condizioni difficili. Al Senato ha ottenuto
il 7,54% dei consensi, affermandosi
come quinta forza nazionale e riuscendo ad eleggere un senatore,
mentre alla Camera la percentuale
scende al 2,13. Pur non avendo superato lo sbarramento nazionale,
fissato al 5%, il partito riuscito a
oltrepassare la soglia del 2% in nove
stati, riuscendo cos ad ottenere la
propria rappresentanza parlamentare (13 deputati contro i precedenti 12). Come nel caso del
Venezuela, anche in Brasile i comunisti non riescono a tradurre in
consenso elettorale la presenza e il
lavoro profuso nei sindacati come
nei movimenti, forse perch considerati una soggettivit chiusa.
Questa critica davvero ingiusta,
ma si percepisce. Cos come occorre
considerare il fatto che alla base dei
successi come degli insuccessi gioca
un ruolo rilevante la qualit dei candidati che si esprimono. Non dimentichiamo, poi, che il Brasile
un paese enorme e le campagne
elettorali costosissime. Tutti, ad
esempio, affittano aerei tranne il
PCdoB. A questo occorre aggiungere ancora la forza di attrazione
esercitata dal PT su vasti settori popolari, anche con la logica del voto
utile. Queste elezioni hanno co-

Novembre - Dicembre 2006

munque confermato la forza del


partito come soggetto politico nazionale, e questo costituisce un elemento di potenzialit davvero importante. Alla base dei risultati vi
sono senza dubbio alcuno anche il
mancato coinvolgimento negli
scandali, il buon lavoro dei ministri
e il prestigio di Rabelo.
Anche in questo caso una domanda
obbligata, lultima: sul risultato
complessivo del partito pesa il
nodo San Paolo
Da qui potrebbe avere inizio la riflessione allinterno del partito, a
partire da un dato storico che oggi
acquista centralit sul piano politico. Gi nel 1929 il Partito Comunista Brasiliano convoc una Conferenza per discutere il caso San
Paolo, senza essere peraltro mai riuscito a venirne a capo. A San Paolo
vi la borghesia pi forte e cosciente, la repressione pi raffinata, gli
strumenti ideologici pi forti, il capitalismo pi vivace e sviluppato. I
comunisti hanno sempre avuto difficolt a misurarsi con le trasformazioni che si sono succedute allinterno del sistema produttivo paulista, non ultima la sfida del post-fordismo. Negli anni 80 del secolo
scorso, ad esempio, i comunisti
erano abbastanza forti e radicati nei
sindacati pi tradizionali, mentre
hanno lasciato al PT lorganizzazione dei lavoratori nella fabbrica
moderna. Ancora oggi, evidentemente, questa occasione persa non
manca di far sentire il proprio peso
e non pu non interrogarci a fondo
sul futuro.

Novembre - Dicembre 2006

Internazionale / Interviste

La dichiarazione zapatista
propone la solidariet
con coloro che lottano in Europa
contro il processo stesso
di integrazione, contro l'Ue

Il Messico
tra speranze
e re p re s s i o n e

a cura dell'Agenzia Bolivariana di Stampa

A MPI

STRALCI DELL ' INTERVISTA A

DEI

R ELAZIONI
C OMUNISTI M ESSICANI .

UN

ALTRO PUNTO DI VISTA SULL 'AMERICA

RESPONSABILE DELLE

erch il Partito dei Comunisti ha deciso di aderire a Altra Campagna,


iniziativa dellEsercito Zapatista di
Liberazione Nazionale (EZLN)?
Perch non avete sostenuto la candidatura del pro g ressista Lopez
Obrador alle recenti presidenziali?
Siamo venuti a conoscenza a giugno dellanno scorso della Sesta
Dichiarazione della Selva Lacandona e abbiamo riscontrato un linguaggio condivisibile, che identifica nel sistema capitalistico il responsabile dei problemi non solo
dei popoli indigeni, ma anche di
operai, contadini, donne, giovani,
vale a dire di tutto il popolo messicano. Tale elemento, che noi leggiamo da una prospettiva marxista,
alla base della Dichiarazione.
Secondariamente, abbiamo aderito
alla campagna perch in essa vi un
richiamo molto concreto alle organizzazioni politiche di sinistra che
operano al di fuori della dimensione elettorale, della via istituzionale. Abbiamo deciso di sottoscrivere e aderire alla Sesta
Dichiarazione anche perch essa
coincide con un momento di discussione del nostro 2 Congresso, a

PAVEL B LANCO CABRERA,


INTERNAZIONALI DEL PARTITO

partire dal riconoscimento del fatto


che lotta politica reale significa
uscita dallo scenario della realpolitik questa la definizione , vale a
dire che le decisioni fondamentali
di questo paese non verranno assunte dalla Camera dei Deputati o
dallesecutivo, ma saranno le masse
organizzate, attraverso la mobilitazione, a resistere, come nel 1999,
senza avere nessun deputato; saranno gli operai e gli studenti ad impedire la privatizzazione dellistruzione superiore come dellenergia
elettrica.
Il punto da cui partire, dunque,
che ci troviamo di fronte a unenorme crisi di legittimit del regime, dove le istituzioni non servono per imporre la sua dominazione; la politica calata dallalto,
dalle istituzioni come dai partiti registrati, non altro che unoperetta.
Bisogna rifiutare tutto questo. Noi,
analizzando la situazione, non potevamo sottoscrivere la candidatura
di Lopez Obrador perch essa non
aveva nessuna possibilit reale di invertire londata neoliberale, nessun
ancoraggio a sinistra, ma, al contrario, come successo in altri paesi
dellAmerica Latina, rappresentava

L ATINA

la ricomposizione dellegemonia
politica neoliberale con una veste di
sinistra e progressista. ().
Parliamo dellapporto sul piano internazionale di Altra Campagna,
anche rispetto a quel Movimento
Bolivariano che percorre il nostro
continente e diventa ogni giorno pi
forte.
E un contributo molto concreto,
dal momento che la Sesta
Dichiarazione si colloca su un terreno di solidariet, sostiene che bisogna guardare con attenzione a
quanto accade in America Latina,
alle ragioni profonde che spingono
la gente ad alzare la bandiera di Che
Guevara come di Bolivar, al perch
sta succedendo questo, alle ragioni
concrete che inducono il bisogno di
essere solidali con la Rivoluzione
Cubana, con il processo bolivariano
in Venezuela e con la gente che dal
basso lotta in altri paesi, dai piqueteros in Argentina agli indigeni
Mapuches in Cile, al popolo indigeno in Bolivia, senza guardare
troppo a quello che sta facendo il
singolo governo, ma a partire da
quei movimenti che sono riusciti a

49

Internazionale / Interviste

scaricare un governo dopo laltro.


Allo stesso tempo, la Dichiarazione
propone la solidariet con coloro
che lottano in Europa, non solo
contro la Costituzione ma anche
contro lo stesso processo di integrazione europea, contro lUnione
Europea ().
Se si considerano le dichiarazioni
della Sesta Commissione dellEZLN
si trova una definizione chiarissima
di sostegno alla Rivoluzione
Cubana, una chiara presa di posizione che non solo si concretizza
con linvio di mais e petrolio il contributo molto forte che hanno fornito le comunit di base zapatiste ,
ma esprime essenzialmente appoggio ai cardini politici rappresentati
dalla Rivoluzione, tanto nel suo essere indipendente, libera e sovrana,
quanto nel suo persistere nella costruzione di una societ anticapitalista. ().
Veniamo ai drammatici fatti di
Oaxaca. Qual la tua opinione rispetto al movimento che dirige la
lotta, la APPO?
Condividiamo, anche su questo, lopinione espressa dai compagni zapatisti. Bisogna considerare
lAssemblea Popolare dei Popoli di
Oaxaca (APPO) come un movimento con la capacit di auto-organizzarsi, in grado di decidere
senza nessuna imposizione il proprio cammino, materializzando
cos il principio della sovranit popolare. Grazie alle sue capacit creative, da parecchi mesi il popolo di
Oaxaca ha rifiutato il governo di
Ruiz Ortiz che nei fatti non ha potuto governare e, con esso, ha rifiutato il PRI (Partido Revolucionario Institutional, al potere per oltre settantanni, Ndc) come, subito
dopo, il governo federale del duo
conservatore e liberista Fox Calderon. Non si tratta di un conflitto
di una strada come sostengono

50

Ruiz Ortiz e la Polizia Federale


Preventiva (PFP) , dal momento
che lAPPO si estende di fatto a tutti
i municipi di questo stato federato,
alcuni dei quali hanno usi e abitudini autonomi, sono da diverso
tempo ribelli, dove i governi locale
e federale non hanno nessun tipo
di influenza. Questa organizzazione
costituisce un referente nella lotta
per una societ nuova in questo
paese e merita tutta la solidariet
possibile, essendo stata in grado di
rispondere al golpe della PFP con
una capacit di mobilitazione
straordinaria: una settimana dopo il
brutale intervento poliziesco, stata
organizzata una mobilitazione di 1
milione 300 mila persone. (). Vi
sono dimostrazioni di solidariet da
tutte le parti del mondo, dai partiti
comunisti di Cile e Grecia, alle
FARC-EP colombiane, ai movimenti
rivoluzionari di Europa e America
Latina
Quali le vostre analisi sullaumento
della repressione, del terrorismo di
stato e della guerra sporca in
Messico?
Per noi naturale che lo stato messicano stia agendo in questo modo,
essendo in decomposizione e volendo preservare il proprio dominio, non gli resta che ricorrere allesercizio della forza pubblica, allesercito mascherato da polizia: la
PFP questo, un apparato creato
nel 1998 con elementi dellesercito
da utilizzare nella lotta politica. Il
suo debutto stato contro il
Consiglio Generale di Sciopero
dellUniversit Nazionale Autonoma del Messico, poi contro San
Salvador Atenco, contro il Fronte
dei Popoli in Difesa della Terra e
adesso contro tutto il popolo oaxachegno. Siamo consapevoli che
questa fase di repressione si far
sempre pi forte, perch si capisce
che il popolo non si lascer ingan-

Novembre - Dicembre 2006

nare, che il governo di Calderon


non ha alcuna legittimit, non ha
consenso. Chi governa con la frode
non ha consenso (). La stessa borghesia rischia di frazionarsi: da una
parte, la Convenzione Nazionale
Democratica, di orientamento neoliberale ma penalizzata dalla frode
elettorale, e dallaltra Calderon e gli
interessi che ha contratto con la
grande oligarchia e limperialismo:
privatizzare le risorse energetiche,
lenergia elettrica, le pensioni, leducazione superiore. Per questo si
vedono obbligati a fare uso della violenza, patrimonio dello stato, ma mi
domando: quanto pu durare tutto
questo? (). In un paese dove la
borghesia ha il potere e dove esercita una dittatura di classe, nessuna
cosa pu succedere al margine, i
gruppi paramilitari non sono altro
che la violenza dello stato mascherata per consentire al terrorismo e
al fascismo di essere sulle strade del
paese, ma il popolo non si lascia pi
ingannare e cominciamo una
nuova fase di lotta, per la quale necessario prepararsi: il popolo ha diritto ad auto-organizzarsi per opporsi alla violenza reazionaria.

Novembre - Dicembre 2006

Internazionale

L'obiettivo la disgregazione
degli stati arabi su basi etniche
o confessionali allo scopo
di assicurare agli Usa un totale
controllo delle riserve di petrolio
e ad Israele la colonizzazione
dei territori palestinesi,
libanesi e siriani

Libano:
la resistenza
lavora all'unit
nazionale.
E i governi europei?

di Stefano Chiarini

LA DELICATA SITUAZIONE INTERNA AL PAESE DEI CEDRI .


IL DURO BRACCIO DI FERRO TRA CHI LAVORA PER LA DIFESA DELLA
SOVRANIT NAZIONALE , E CHI A PROGETTI NEOCOLONIALI .
LE OGGETTIVE CONVERGENZE TRA GLI INTEGRALISTI ISLAMICI E GLI
USA. UNA RICOSTRUZIONE STRAORDINARIAMENTE COINVOLGENTE

Un mondo di pace possibile, ma


non pu che essere un mondo senza
legemonia degli Stati uniti e di
Israele. Con questo slogan il Vicesegretario del partito sciita
Hezbollah ha inaugurato lo scorso
novembre a Beirut la prima
Conferenza internazionale a sostegno della resistenza, il primo tentativo di un dialogo-collaborazione
tra la resistenza libanese, il Partito
Comunista, il piccolo Partito del
Popolo di Najaw Wakim, settori laici
facenti capo allex premier Selim el
Hoss, da una parte, e, dallaltra, tra
queste organizzazioni che sostengono la resistenza libanese, cos
come quella palestinese, diversi partiti comunisti dellarea del
Mediterraneo e vari spezzoni del
mondo dei Social Forum. La conferenza di Beirut, alla quale hanno
partecipato circa 400 delegati provenienti da 34 paesi, ha costituito un
primo importante passo verso la
creazione di una rete internazionale che veda nella necessit di fermare i piani di Bush e di Omert per
imporre una pax americana in
Medi Oriente e, al contrario, in
quella di tenere aperti dei canali di
comunicazione e di lavoro comune
tra occidente e mondo arabo e mu-

sulmano, la premessa non solo per


fermare la guerra permanente e la
disgregazione etnico-confessionale
dei paesi della regione, ma anche
per tenere aperti in occidente alcuni spazi democratici e di libert
necessari per portare avanti unagenda sociale e politica per la difesa
delle condizioni di vita e di lavoro,
delluomo e dellambiente, dalla
minaccia neoliberista. Se oggi questa prospettiva di trasformazione sociale ancora possibile in gran parte
hanno sostenuto molti interventi
al convegno lo si deve anche al
fatto che i progetti neocon dellamministrazione Usa e di Israele
sono stati per il momento, ed in
parte, rallentati sia dalla resistenza
irachena, sia, questestate, dallinaspettata vittoria degli Hezbollah durante la guerra di luglio e agosto, sia
dalla continuazione, pur in condizioni difficilissime, della resistenza
palestinese. Il Vice-segretario generale di Hezbollah, sheikh Naim
Qassim, citando gli esempi di
Libano, Iraq, Palestina e America
Latina, ha ricordato il fallimento
della strategia americana ed ha invitato i partecipanti alla conferenza
di Beirut a restare uniti contro legemonia e lingiustizia, contro le

politiche dellimpero e contro quei


settori jihadisti (alla Al Qaida) che,
accettando, con il segno cambiato,
la teoria dello scontro tra civilt e ricorrendo ad un terrorismo indiscriminato e confessionale, mutilano la vera immagine dellIslam.
Il convegno, chiusosi con limpegno a fare del 12 luglio, data di inizio delloffensiva israeliana, la giornata internazionale di solidariet
con i movimenti di resistenza allinterno e al di fuori del mondo arabo, parte di una sempre pi articolata politica delle alleanze portata
avanti a livello interno e internazionale dalla resistenza libanese e dal
partito Hezbollah. Una politica non
del tutto nuova, considerando che
gli Hezbollah nacquero soprattutto
come movimento di resistenza tra il
1982 e il 1984, durante loccupazione israeliana, e che da tempo
hanno accettato di lavorare nelle
istituzioni dai comuni al governo
- e hanno riconosciuto, rinunciando
allidea di uno stato islamico (del
tutto irreale in un mosaico di diciotto confessioni religiose come la
societ libanese), il carattere multiconfessionale della Repubblica dei
cedri. Gli Hezbollah, movimento
di resistenza islamo-nazionalista,
51

Internazionale

con i loro alleati cristiani, sunniti e


progressisti, oltre a continuare la
lotta per liberare gli ultimi lembi di
territorio libanese dalloccupazione israeliana, sono sempre pi
impegnati su altri due fronti, la resistenza allimposizione di un mandato coloniale di Usa e Francia sul
Libano e una dura lotta per costruire uno stato libanese, parte del
mondo arabo e in buoni rapporti
con il vicino siriano, che non sia pi
la Svizzera del Medio Oriente per
alcuni e un inferno per gli altri, la
maggioranza degli abitanti.
Obiettivi coerenti con limpostazione nazionale e patriottica del
movimento, via via accentuatasi
dalla sua fondazione ad oggi.

Se oggi questa prospettiva


di trasformazione sociale ancora
possibile, lo si deve al fatto
che i progetti neocon sono stati
per il momento rallentati
sia dalla resistenza irachena,
sia dall'inaspettata vittoria
degli Hezbollah

HEZBOLLAH,

UN MOVIMENTO

DI RESISTENZA

Linvasione israeliana del Libano


colse la leadership sciita libanese a
Teheran, dove da poco pi di tre
anni la rivoluzione khomeinista
aveva portato per la prima volta al
potere la componente minoritaria
dellislam, gli sciiti. Gli sciiti libanesi
avevano sostenuto con determinazione la rivoluzione iraniana e questa decise subito di aiutare la loro resistenza contro gli occupanti israeliani inviando nella valle della

52

Beqaa alcuni contingenti delle


Guardie delle Rivoluzione. Si trattava di giovani religiosi come lo
sheik Subhi Tufeli e lo sheik Ragheb
Harb, originario del Libano del sud,
che sar poi ucciso da un commando israeliano, esponenti del
movimento sciita Amal disillusi
dalla scarsa mobilitazione del movimento contro loccupazione israeliana, come Naim Qassem, e, soprattutto, Hassan Nasrallah, colui
che sarebbe poi diventato il segretario del partito dopo luccisione
del suo predecessore, lo sheik Abbas Moussawi, al suo seguito a Najaf
(Iraq) per i suoi studi religiosi. Per
mesi, nei caldi giorni dellestate del
1982, giovani sciiti e religiosi rivoluzionari, ispirati dalla rivoluzione
islamica del 1979 che aveva rovesciato lo Shah di Persia, discussero i
caratteri del nuovo partito ma il
primo, e in gran parte unico obiettivo, divenne ben presto la resistenza alloccupazione israeliana.
In ogni caso fino al 1985 il partito
non fu mai ununica entit. Il movimento si svilupp nella valle della
Beqaa, a Baalbek, nel Jebel Amal (le
colline a est di Tiro e a ridosso del
confine con Israele) e soprattutto
nella periferia sud di Beirut, in quella fascia della miseria nella quale
si erano rifugiate a partire dallinvasone israeliana del 1978 le masse
di contadini sciiti del Libano meridionale, in fuga dalle rappresaglie
dello stato ebraico contro la resistenza palestinese e i libanesi colpevoli di averli accolti.
Hezbollah anche un movimento
di riscatto sociale degli sciiti del
tutto emarginati da uno stato libanese dominato dai cristiano-maroniti, ai quali la Francia aveva lasciato
il potere, e, in misura minore, dalla
comunit sunnita degli affari: ai cristiano-maroniti spettava, sulla base
del censimento del 1932, un numero maggiore di deputati rispetto
ai musulmani (con un rapporto di
6 a 5), la presidenza della repubblica con ampi poteri e il capo di
stato maggiore; ai sunniti la carica
di primo ministro e agli sciiti la sola
presidenza del parlamento. Un as-

Novembre - Dicembre 2006

setto che venne una prima volta


messo in discussione con i moti del
1958, soffocati sul nascere dal primo
sbarco dei marines a Beirut e successivamente dalla guerra civile
(1975-1989), terminata dopo
quindi anni con gli accordi di Taif
che modificarono quegli equilibri
originari a favore dei musulmani (i
deputati sono oggi divisi a met tra
cristiani e musulmani), soprattutto
sunniti, con la perdita di potere da
parte del presidente maronita a favore del premier sunnita. Una modifica che oggi per rischia di saltare di nuovo in seguito ad una richiesta degli sciiti di essere considerati su un piano di parit, e di
parte dei cristiani stanchi della loro
leadership tradizionalmente falangista (Gemayel e Geagea), che li ha
portati alla sconfitta, e desiderosi di
riprendere un adeguato ruolo a livello politico.
MOUSA

AL-SADR

E L A R I S C O S S A D E I D A N N AT I
DELLA TERRA

La riscossa degli sciiti in realt era


iniziata ben prima, nel 1959, con
larrivo sulle colline del Libano meridionale, il Jebel Amal, dellImam
iraniano Mousa al-Sadr, nato a Qom
ed educato a Najaf, i due pi importanti centri della teologia sciita,
spesso in concorrenza tra di loro per
la designazione della massima autorit di questa corrente dellIslam,
la fonte dellemulazione. Mousa
era amico dellImam Khomeini e
del presidente siriano Hafez Assad,
del quale benedisse la salita al potere nel 1971 con una Fatwa nella
quale confermava che la setta minoritaria degli Alawi, alla quale apparteneva il neo-presidente, era in
realt sciita a tutti gli effetti. Nel
1967 limam Mousa al-Sadr fond
lalto Consiglio Islamico dei libanesi
sciiti e nel 1974 il Movimento dei
diseredati, con una radicale piattaforma politico-sociale non certo
ben vista dalle gerarchie sciite tradizionali, in molti casi legate alle
grandi famiglie latifondiste. Mousa

Novembre - Dicembre 2006

al-Sadr, di fronte ai continui attacchi israeliani contro il Libano del


sud, organizz inoltre, per la prima
volta, dei campi di addestramento
militare per gli abitanti sciiti del sud
e della periferia sud di Beirut in
modo che questi, privi di qualsiasi
fiducia nello stato libanese che li
aveva sempre emarginati, potessero
provvedere da soli alla loro difesa.
A tal fine Mousa Sadr stabil forti legami con la resistenza palestinese,
anche se ben presto la massiccia presenza dei fedaayin nel Libano del
sud, un vero stato nello stato, suscit
non pochi problemi con alcune, tradizionali, comunit locali sciite.
Problemi che si sarebbero andati aggravando con il passare degli anni
sino al punto che nel 1982, allinizio dellinvasione israeliana, la maggior parte di queste, e le loro leadership tradizionali e clientelari,
non mosse un dito per fermare lesercito di Tel Aviv pensando che
questo, dopo pochi mesi, se ne sarebbe andato. Un tragico errore che
avrebbe contribuito non poco anche alla successiva nascita di quella
resistenza islamica che poi sarebbe
confluita negli Hezbollah. Allo
scoppio della guerra civile, nel 1975
da una parte frutto delle spinte
israeliane e americane sui falangisti
perch cacciassero dal paese le formazioni dellOrganizzazione per la
Liberazione della Palestina - Olp
(installatesi in Libano dopo i massacri del Settembre nero in
Giordania) e cancellassero i campi
profughi palestinesi, e, dallaltra, di
un equilibrio istituzionale non pi
corrispondente a quello politicodemografico - gli sciiti libanesi dettero vita ad una loro milizia, Amal
(Speranza), alla quale lOlp forn
armi e addestramento. Nellagosto
del 1978 limam Mousa al-Sadr sarebbe poi scomparso misteriosamente durante un viaggio a Tripoli,
dove avrebbe dovuto incontrare il
colonnello Gheddafi. Proprio come
il dodicesimo imam scomparso nel
nono secolo, il Madhi, il cui ritorno sulla terra segner finalmente
il regno della giustizia. Quattro anni
dopo, con linvasione israeliana, la

Internazionale

svolta. Gli sciiti, che in un primo momento avevano accolto con favore
larrivo degli israeliani, stremati
dalle rappresaglie quotidiane dellesercito di Tel Aviv contro il
Libano colpevole di ospitare le
forze dellOlp e che agli inizi non
avevano partecipato alla resistenza
il movimento Amal aveva raggiunto persino una certa intesa con
gli occupanti portata avanti dal
Partito comunista e da vari movimenti progressisti e pan-arabi, cominciarono ben presto a ribellarsi
di fronte al rifiuto israeliano di ritirarsi e, al contrario, di fronte alla volont di mettere definitivamente le
mani sul sud-libano e sulle sue acque e di fronte al tentativo di reclutamento dei loro figli nelle milizie
collaborazioniste filo-israeliane.
1919-2006,
I L F I U M E L I TA N I
CONFINE NORD DI ISRAELE
Linteresse di Israele per il Libano
del sud assai anteriore non solo
alla nascita di Hezbollah, ma anche
alla stessa cacciata dei palestinesi
dalla Palestina. Sin dalla conferenza
di Versailles, nel 1919, i rappresentanti del movimento sionista chiesero che i confini nord della
Palestina del mandato britannico (e
quindi del futuro stato ebraico) fossero proprio il fiume Litani e il
fianco sud e ovest del monte
Hermon in modo da poter controllare lintero Libano del sud con le
sue preziose acque. Obiettivo sempre perseguito assieme a quello di
cancellare i profughi palestinesinon solo fino allinvasione del 1982,
ma fino a oggi come dimostra la
guerra di questestate. Contrariamente a quanto molti hanno sostenuto questestate, purtroppo anche
a sinistra, gli attacchi di Israele al
Libano precedono di molto sia la
nascita degli Hezbollah sia anche
quella dellOlp. Basti pensare che
nel 1948, pur essendo il Libano rimasto neutrale, la settima brigata
dellHaganah, la principale forza
sionista, occup sette villaggi liba-

nesi compiendo vari massacri ai


danni della popolazione civile, tra i
quali si ricordano quelli del 30 e 31
ottobre nei villaggi di Salha e Houla
con oltre 170 civili uccisi. Cos
come, ben prima dellattacco allaeroporto di Beirut del 1968, nel
quale venne distrutta lintera flotta
aerea civile libanese, un vero atto di
pirateria contro un paese sovrano,
tra il 1949 e il 1964 vi furono ben
140 attacchi israeliani contro villaggi e citt libanesi. Tra il 1968 e il
1974, poi, il governo libanese registr 3.000 attacchi israeliani sul proprio territorio, con luccisione di
880 civili.

Hezbollah anche un movimento


di riscatto sociale degli sciiti
del tutto emarginati
da uno stato libanese
dominato dai cristiano-maroniti,
ai quali la Francia aveva
lasciato il potere

L O T TA

DI LIBERAZIONE
E W E L FA R E

A partire dallinvasione del 1982, la


resistenza, agli inizi guidata dal
Partito Comunista, ben presto prese
il nome di Resistenza Nazionale
Libanese e fu dominata ufficialmente dal movimento sciita moderato Amal guidato da Nabih Berri,
ora presidente del parlamento.
Sotto questo ombrello stava in
realt nascendo una nuova struttura della resistenza, ben pi efficace, su iniziativa di alcuni giovani
religiosi dei villaggi attorno a
Jibshit, nel Libano meridionale
(non a caso raso al suolo in questi
giorni), che cominciarono ad inci-

53

Novembre - Dicembre 2006

Internazionale

tare la popolazione alla disobbedienza civile, alla non cooperazione


con gli occupanti e infine alla resistenza armata. Uno di questi era lo
sheik Ragheb Harb di Jibshit, arrestato pi volte e infine assassinato il
12 febbraio del 1984. Lo strumento,
inedito fino a quel momento, al
quale la resistenza libanese cominci a ricorrere sempre pi spesso
contro i convogli e le basi israeliane
- ma anche contro la base dei marines e quella dei paras francesi a
Beirut unarma micidiale che
avrebbe cambiato le regole del conflitto, fu quello degli attacchi suicidi. Il primo martire fu Bilal
Fahres,un diciottenne di Jibshit,
lanciatosi con la sua auto contro un

Contrariamente a quanto
molti hanno sostenuto
quest'estate, purtroppo anche
a sinistra, gli attacchi
di Israele al Libano precedono
di molto sia la nascita
degli Hezbollah sia quella dell'Olp

convoglio militare israeliano il 6


giugno del 1984. Ne segu una
guerra durissima, con nuove devastanti invasioni israeliane nel 1993
e, di nuovo, nel 1996 - con il primo
massacro di Qana -, che si sarebbe
conclusa, in parte, con il ritiro israeliano dal Libano del sud nel maggio
del 2000, con lesclusione della enclave delle fattorie di Sheba (alle
pendici del monte Hermon) e delle
alture di Kfar Shuba. Un successo,
il ritiro israeliano dopo 22 anni di
occupazione, determinato anche
dalla decisione del movimento
Hezbollah di dar vita ad una resistenza sempre pi nazionale e ad
una sorta di sdoppiamento tra ala

54

politica e ala militare. Da una parte


nacque cos un piccolo esercito altamente professionale, con una
grande autonomia decisionale e
operativa e in perfetta simbiosi con
le popolazioni del sud del Libano e,
dallaltra, il movimento politico con
una vasta rete di welfare.
Espressione di questa ristrutturazione del movimento, dovuta essenzialmente allattuale segretario
Hassan Nasrallah, il Quartier generale del Libano del sud, nel
quale gioca un ruolo centrale Nabil
Qaouk, la mente locale della lotta
armata contro la presenza israeliana
in Libano e sostenitore della teoria
di una jihad difensiva patriottica,
il cui successo sta in realt nel fatto
che gli Hezbollah difendono non
tanto e non solo unidea o, ancor
meno, un certo progetto di societ,
quanto le loro stesse case, le loro famiglie, le loro comunit.
Esattamente quel che avvenuto
questestate con i carri israeliani ridotti alla stregua dei galeoni spagnoli attaccati dai corsari di Sir
Francis Drake. A partire dal ritiro
israeliano nel maggio 2000, fino a
questestate, la resistenza ha continuato a presidiare il confine con
Israele, divenuto generalmente assai tranquillo, tranne la zona delle
fattorie di Sheba, ancora occupata,
dove saltuariamente vi sono state
delle operazioni contro le truppe di
occupazione. Tutto ci senza tener
conto di quelle che sono divenute
le attivit principali dellala politica,
del partito Hezbollah: lamministrazione dei comuni sotto il loro
controllo o in condominio con
Amal, nel Libano del sud e alla periferia sud di Beirut, la costruzione
di una vasto welfare e soprattutto
quella di strutture decentrate dello
stato libanese su una linea politica
di tipo socialdemocratico.
Il tutto senza abbandonare le armi
della resistenza, necessarie, secondo Hezbollah, non solo per liberare i territori ancora occupati da
Israele ma anche per difendere il
paese sino a quando non vi sar un
vero stato libanese non soggetto a
mandati esterni e fino a quando

non si sar giunti ad una vera pace


regionale con il ritiro israeliano da
tutti i territori occupati palestinesi,
libanesi e siriani e il ritorno dei profughi palestinesi in Palestina.
D A L L I R A Q

AL

LIBANO,

I L C A O S C R E AT I V O
DEI

LIKUDNIK

A questo progetto di unit nazionale, dal 2003 in poi, si contrapposto quello, del tutto opposto, dei
neocon Usa, chiamati anche likudnik a causa dei loro legami con
la destra israeliana revisionista, favorevoli ad una disgregazione dei
paesi arabi su basi etnico-confessionali. Londa lunga della guerra in
Iraq e della balcanizzazione del
Medio Oriente perseguita dallAmministrazione Bush sta cos ora investendo il Libano appena uscito
da una guerra con enormi distruzioni e oltre 1.300 morti, per poi,
nelle intenzioni degli apprendisti
stregoni del caos creativo, proseguire la sua corsa devastante verso
Damasco. Lobiettivo la disgregazione degli stati arabi su basi etniche o confessionali allo scopo di assicurare agli Usa un totale controllo
delle riserve di petrolio, in particolare quello iracheno, e ad Israele
lannessione definitiva e la colonizzazione, tranne qualche piccolo
bantustan circondato dal muro, dei
territori occupati palestinesi (la
Cisgiordania con Gerusalemme est)
libanesi (le fattorie di Sheba e le colline di Kfar Shuba) e siriani (il
Golan). E vero che le sempre maggiori difficolt incontrate dalla presenza Nato in Afghanistan, la resistenza del popolo iracheno, quella
palestinese, e la sconfitta israeliana
di questa estate in Libano hanno assestato un colpo di freno a tale progetto e che questa prospettiva ora
messa in discussione non solo in
Europa (le aperture di Blair alla
Siria, le timide proposte di una conferenza internazionale di pace ma
anche il voto del parlamento europeo a favore della firma del trattato
di associazione con Damasco, ul-

Novembre - Dicembre 2006

timo capitolo ancora aperto del processo di Barcellona), ma anche negli Usa (basti pensare alla sconfitta
di Bush alle elezioni di medio termine e alluscita di scena di
Rumsfeld, al rapporto BakerHamilton del bipartisan Iraqi Study
Group sulla necessit di un coinvolgimento della Siria e dellIran),
e in Israele (dove alcuni ministri del
governo Olmert - esteri e interni - si
sono detti favorevoli allavvio di trattative con Damasco), ma per il momento, sul campo, la politica
dellAmministrazione Bush come
quella dei suoi alleati arabi ed europei - non affatto cambiata. Le
forze disgregatrici che puntano alla
divisione dellIraq, alla cantonalizzazione del Libano, alla disgregazione della Siria e alla negazione dei
diritti fondamentali del popolo palestinese - identificabili con il
Vicepresidente Dick Cheney e i suoi
fedelissimi, ma anche con lo stesso
presidente Bush - continuano a lavorare in questa direzione con effetti devastanti nellintera area. Ne
un esempio classico il Libano,
dove gli Usa, dopo aver sostenuto e
aver fatto di tutto durante la guerra
di questestate per dare ad Israele il
tempo di portare a termine il lavoro, ora, di concerto con Francia
e, in parte, Arabia Saudita, continuano a soffiare sul fuoco dei contrasti interni al Libano e ad impedire una vera unit nazionale. E lo
fanno cercando, qui come in Iraq e
in Palestina, di trasferire lo scontro
- di concerto con i settori pi estremi
della galassia jihadista - dal piano
politico a quello confessionale e,
come sta avvenendo anche a Gaza,
cercando di creare dei regimi autoritari la cui legittimit non data dal
voto (come nel caso di Hezbollah o
di Hamas), ma dal sostegno politico
e militare di Washington. E quello
che gli Usa, ma anche lItalia,
stanno facendo in Libano sostenendo il governo incostituzionale
di Fouad Sinora e armando le nuove
forze di sicurezza sunnite a lui fedeli
e, in Palestina, cercando di spingere
verso il golpe il presidente Abu
Mazen. Per quanto riguarda il

Internazionale

Libano, Usa e Francia si propongono in tal modo di assumere direttamente una sorta di mandato
coloniale diretto sul paese al posto di quello stabilizzante affidato
nel 1990 alla Siria che porti ad un
disarmo della resistenza libanese
degli Hezbollah e di quella palestinese, ad un trattato di pace separato
con Israele (come quello del 1983
firmato sotto occupazione israeliana dallallora presidente Amin
Gemayel), al di fuori - e contro - una
conferenza regionale sul ritiro
israeliano anche dai territori palestinesi e siriani. A tal fine cercano di
utilizzare il Libano, ed in particolare i gruppi fondamentalisti sunniti, per rovesciare il regime alawita
(sciita) di Damasco.Un progetto assai pericoloso per il paese ma anche
per lintera regione, che si scontrato con le aspirazioni e la determinazione della resistenza e dellopposizione libanese e, pi in generale, con i sentimenti della gran
parte dellopinione pubblica, nonostante la strategia della tensione
che ha sconvolto il paese dal 2004
ad oggi, con gravi episodi delittuosi
come luccisione dellex premier
Hariri, nel febbraio del 2005, e
quella di altri esponenti del mondo
politico, giornalistico e culturale:
da Jibran Tueni allex dirigente comunista George Hawi, al ministro
dellindustria Pierre Gemayel, figlio
dellex presidente falangista Amin
Gemayel. A sparigliare le carte di
Bush e Chirac venuto, per, appena tornato dallesilio, nella primavera del 2005, il generale Michel
Aoun, costretto a riparare in
Francia nel 1990 dopo una sfortunata guerra di liberazione contro
la Siria.
SILURO

DI

AOUN
USA

A L M A N D AT O

Il suo arrivo, accompagnato dalla


formazione del Movimento
Patriottico Libero (Mpl) su una
piattaforma aconfessionale, nazionale e di aperta critica ai signori
della guerra, in particolare a quelli

cristiano-maroniti che lo avevano


abbandonato nel 1990 schierandosi
con Damasco (Gemayel ma anche
Geagea) e che ora sono pronti a
consegnare il paese agli Usa e alla
Francia. Presentatosi alle elezioni
del 2005, il generale Aoun ha conquistato ventuno seggi, ottenendo
cos il pi numeroso gruppo parlamentare cristiano-maronita, ma soprattutto impedendo alle forze filoUsa di ottenere quei 2/3 dei seggi
che avrebbe permesso loro di costringere alle dimissioni il presidente Emile Lahoud, favorevole al
mantenimento di buoni rapporti
con la Siria, e di cambiare la
Costituzione imponendo al paese
lagenda Usa. Questo fallimento

Gli Usa, di concerto con Francia e,


in parte, Arabia Saudita,
continuano a soffiare sul fuoco
dei contrasti interni al Libano
e ad impedire una vera
unit nazionale

cos come il disastro iracheno e la


parziale rottura dellisolamento e
dellembargo da parte della Siria ha bloccato i progetti americani tendenti, come primo passo, a disarmare la resistenza libanese. A quel
punto era necessaria una nuova
spallata, arrivata con il precipitare
della situazione sul confine tra il
Libano e Israele. Alla cattura di due
soldati israeliani da parte della resistenza libanese, lo scorso luglio,
Israele ha risposto con una vera e
propria guerra, attraverso la quale
non solo il governo Olmert, ma
buona parte dellamministrazione
Bush speravano di eliminare dalla
scena la principale forza politica e
militare che si opponeva, e si op-

55

Internazionale

pone, ai loro progetti: la resistenza


islamica libanese degli Hezbollah.
Questi sono infatti ormai egemoni
nella comunit sciita (che dispone
di circa 35 seggi al parlamento su
128), gestiscono, con i loro alleati,
buona parte degli enti locali del centro sud ed erano presenti, sino a poche settimane fa, con due ministri e
un tecnico da loro designato nel
governo Siniora. La guerra di luglio
aveva due obiettivi: distruggere la
resistenza e far esplodere le contraddizioni, latenti ma profonde,
tra la maggioranza filo-Usa, filoFrancia e filo-saudita del governo
Sinora - formatosi allindomani
delle elezioni del 2005 sotto la
spinta emotiva delluccisione di

Il governo Sinora,
forte del sostegno occidentale
e saudita, sembra deciso
a non tener conto dell'opposizione.
Opposizione che, in realt,
maggioritaria nel paese

Hariri - e lopposizione nazionale


che sostiene la resistenza, il mantenimento di rapporti di buon vicinato con la Siria e che rifiuta una tutela franco-americana sul paese dei
cedri. Il fronte della maggioranza
composto dalla Hariri Inc, con il suo
partito-azienda sunnita, dal
Movimento del Futuro (fondato da
Rafiq Hariri con il sostegno
dellArabia Saudita e, dopo la sua
morte, gestito dal figlio Saad ma, soprattutto, dal primo ministro
Sinora, ex braccio destro del premier scomparso), dallultradestra
falangista dellex presidente Amin
Gemayel e del massacratore di
Sabra e Chatila, Samir Geagea, e infine dal leader tribale-feudale Walid

56

Jumblatt. Lopposizione invece


ruota attorno ai due principali partiti sciiti, Hezbollah con il suo
blocco parlamentare di difesa della
resistenza, e il pi moderato, meno
disciplinato e, spesso corrotto movimento Amal del presidente del
parlamento Nabih Berri; al Mpl dellex generale cristiano-maronita
Aoun e ad alcuni movimenti filo-siriani come quello cristiano-maronita dei Marada, facente capo a
Suleiman Franjieh; ai sunniti di
Tripoli fedeli allex premier Omar
Karame, o, su posizioni del tutto diverse, ai nasseriani di Sidone del deputato Osama Saad; ai drusi dissidenti di Arslan, al Partito del Popolo
del deputato progressista Najah
Wakim e, su posizioni autonome, al
Partito Comunista. I contrasti tra i
due campi, gi profondi, soprattutto sul tema del disarmo della resistenza e su quello dei rapporti con
Usa e Francia da una parte e con la
Siria dallaltra, si sono approfonditi
nei primi giorni della guerra con il
governo (e lArabia Saudita) critici
nei confronti della resistenza, e
sono poi esplosi allindomani del
conflitto dal momento che il premier Sinora, forte del sostegno degli Usa, della Francia e della monarchia saudita, ha accentuato la
tendenza, gi presente in realt sin
dalla formazione dellesecutivo, a
prendere autonomamente, senza
tener conto delle obiezioni dei ministri della minoranza, decisioni di
importanza strategica, come quelle
sullapprovazione di un tribunale
internazionale per giudicare eventuali responsabili delluccisione di
Hariri - per il quale sono in carcere
quattro capi dei servizi libanesi indicati come possibili responsabili
del complotto insieme a settori dei
servizi siriani sulla base di unassai
poco limpida e credibile commissione di inchiesta dellOnu -, sulla
riforma dellesercito e dei servizi di
sicurezza, sulla gestione degli aiuti
internazionali, sulla risoluzione
1701. Questa vera e propria rottura
del patto di governo faticosamente
raggiunto nel 2005 e la nuova tendenza ad emarginare dal processo

Novembre - Dicembre 2006

decisionale i ministri sciiti e i loro


alleati hanno portato alle clamorose
dimissioni ai primi di novembre dei
cinque ministri di Hezbollah e di
Amal e di un ministro greco ortodosso. A questo punto, dopo lennesimo colpo di mano con il quale,
il 25 novembre, il premier Sinora,
assenti i ministri sciiti e quello greco
ortodosso vicino al presidente
Lahoud, ha approvato la bozza di
tribunale internazionale sul caso
Hariri elaborata dal Consiglio di
Sicurezza dellOnu, senza alcuna
garanzia per la sovranit del Libano
e senza nessuna garanzia su un possibile uso politico del caso a livello
interno e internazionale contro il
governo di Damasco, lintera opposizione, contraria ad un mandato
Usa sul paese, ha dato vita ad un sitin permanente, una sorta di assedio
pacifico al palazzo del governo nelle
centralissime Piazza dei martiri e
Riad el Sohl, alle pendici della collina di Cantari, dove sorge il palazzo
del governo, il Grande Serraglio risalente a met ottocento, al periodo
ottomano. Lopposizione, che ha
dato vita ad alcune tra le pi grandi
mobilitazioni mai viste nel paese
con oltre un milione di persone, ha
cos annunciato la sua intenzione di
continuare il pacifico assedio nel
quale per la prima volta troviamo
cristiani, musulmani, sciiti, ma anche sunniti e laici progressisti fino
alle dimissioni del governo Sinora
giudicato ormai incostituzionale
per lassenza di tutti i ministri sciiti.
Lincostituzionalit del governo deriverebbe dal fatto che la
Costituzione del paese e gli stessi accordi di Taif, che nel 1990 posero
fine alla guerra civile, sanciscono la
necessit che in tutti gli organismi
del paese siano rappresentate in misura adeguata le varie comunit politico-religiose del Libano.
U N M A N D AT O F R A N C O
- U S A - S A U D I TA S U L L I B A N O ?
Visti i colpi di mano del governo
Sinora lopposizione chiede ora di
avere almeno un terzo dei ministri

Novembre - Dicembre 2006

in grado di poter esercitare una


sorta di veto sulle decisioni considerate contrarie agli interessi del
paese e a quelli di questa o quella
comunit. Il governo Sinora, forte
del sostegno di Usa, Francia e Arabia Saudita, sembra per deciso a
continuare per la sua strada, senza
tener conto dellopposizione. Opposizione che, in realt, maggioritaria nel paese, considerando che
ne fanno parte lintera comunit
sciita (pari a circa il 45-50% della popolazione libanese), un 40% di
quella sunnita e un 60% di quella
cristiano maronita. Gettando altra
benzina sul fuoco e cercando di
accreditare il carattere filo-Damasco dellopposizione il governo ha
licenziato, in assenza dei ministri
dellopposizione, il decreto sul tribunale internazionale (che in realt
lopposizione ha dichiarato di accettare ma dopo unattenta discussione e con una maggiore tutela
della sovranit del paese rispetto
alla bozza proposta dal Consiglio di
Sicurezza) e lo ha inviato al presidente Emile Lahud (cristiano-maronita come prescrive la
Costituzione, ma in buoni rapporti
con Damasco), che il 9 dicembre,
dopo i prescritti 15 giorni, si rifiutato di ratificarlo, giudicando
incostituzionale lesecutivo che
lo ha varato. Dopo la mancata ratifica di Lahud, per entrare in vigore
il decreto sul Tribunale Hariri ha
ora bisogno dellapprovazione del
Parlamento, ma il presidente dellAssemblea Nabih Berri, leader del
movimento sciita Amal, ha gi fatto
sapere che non convocher nessuna seduta prima di una soluzione
della crisi di governo. Limpasse a
questo punto totale e le pressioni
esterne rischiano di far saltare, esattamente come in Iraq, la delicata
impalcatura costituzionale del
paese, a partire dalle modifiche apportate nel 1989 con gli accordi di
Taif, che posero fine a quindici anni
di guerra civile e diminuirono i poteri del presidente cristiano maronita a favore del premier sunnita.
Tali suddivisioni confessionali del
potere si basano in realt sul censi-

Internazionale

mento del 1932 e non riflettono pi


n la composizione demografica,
n, ancor meno, quella del potere
reale sul terreno, dove ormai la comunit maggioritaria quella sciita,
forte anche dellalleanza con buona
parte dei cristiano-maroniti e di
consistenti settori sunniti. In questa
delicata situazione il tentativo Usa
di imporre il disarmo della resistenza islamica libanese, in gran
parte espressione del movimento
sciita Hezbollah, unica forza autorizzata dagli accordi di Taif nel 1989
a tenere le sue armi per combattere
loccupazione e laggressione israeliana, rischia, senza unintesa tra le
parti, di far saltare tutto. Cos come
il sostegno acritico dellEuropa ad
un governo come quello Sinora che
va accentuando sempre pi il suo
carattere settario e confessionale
sunnita, a danno non solo degli
sciiti ma anche di tutti coloro che,
cristiani, sunniti o semplicemente
progressisti, sono contrari ad un
nuovo mandato occidentale sul
Libano, rende ancora pi complicata la situazione.
IL

GOVERNO

SINIORA

G I O C A L A C A RTA J I H A D I S TA

Sorprende e preoccupa, da questo


punto di vista, il silenzio e la sottovalutazione del parte del governo
italiano del carattere sempre pi
settario e confessionale del governo
Sinora e del progetto Usa di creare
delle nuove forze di sicurezza confessionali a lui fedeli, al di fuori dellesercito nazionale. Si tratta delle
nuove Forze di sicurezza interna
(Isf), addestrate ed armate di tutto
punto dalla stessa Fbi e dai consiglieri Usa. Le stesse che lo scorso ottobre aprirono il fuoco alla periferia sud di Beirut contro alcune centinaia di baraccati e abusivi uccidendo due ragazzi. Di fronte ad una
forte presenza sciita tra le fila dellesercito libanese e di ufficiali cristiano-maroniti patriottici fedeli
al presidente Lahoud o al loro antico comandante, il generale
Michel Aoun, tra gli alti gradi delle

forze armate, i paesi occidentali Usa e Francia in particolare - hanno


investito massicciamente da oltre
un anno in questa nuova forza di sicurezza sunnita, composta di oltre 24.000 uomini dotati di armi sofisticatissime. Con il rischio, mentre
le diverse milizie (dallultradestra
falangista di Samir Geagea, da sempre sponsorizzata dai servizi israeliani, sino ai drusi di Jumblatt) si
stanno anchesse riarmando, di far
precipitare il paese in una spirale di
tipo iracheno. Un elemento, questo, che conferma come la disgregazione confessionale dellIraq ieri,
oggi del Libano e domani della Siria
non siano affatto, almeno finora,
un incidente ma il vero obiettivo
della politica americana in Medio
Oriente. Le nuove Isf, organizzate come ha sostenuto il titolare ad interim del dicastero degli interni,
Ahmed Fatfat - per contrastare gli
Hezbollah, con le loro divise azzurre e i loro automezzi nuovi di
zecca forniti dai paesi sunniti del
Golfo, dispongono inoltre di un
loro servizio segreto creato con un
primo finanziamento Usa di 30 milioni di dollari. In tal modo i paesi
occidentali stanno legando la loro
sorte ad un governo di minoranza
contro il quale si stanno saldando le
altre due comunit sottorappresentate a livello istituzionale -quella cristiana e, soprattutto, quella sciita - e
tutti quei settori nazionali contrari alla svendita del paese al nuovo
asse americano-francese. Invece di
puntare sul dialogo, lOccidente
sembra preferire il caos e la guerra
civile. Per il momento gli incidenti
di natura settaria sono stati complessivamente assai pochi ma il rischio di uno scontro, anche se politico e non confessionale, cresce di
giorno in giorno. Di qui lallarme
del capo di stato maggiore dellesercito, generale Michel Suleiman,
che in una lettera al premier Siniora
ha ricordato come lassenza di soluzioni politiche, sommata al ripetersi di incidenti, soprattutto quelli
con sfumature settarie, riduce la capacit dellesercito di controllare la
situazione e ne indebolisce la co-

57

Internazionale

esione interna.
A tale proposito il ministro degli
esteri italiano, Massimo DAlema,
ha evocato il rischio di eventuali attacchi al nostro contingente di
Unifil 2 da parte di al Qaida, ma, ovviamente, non ha ricordato come i
movimenti che si ispirano a quella
galassia in realt godano di importanti protezioni proprio nellestablishment governativo sunnita-falangista quello che le nostre
truppe dovrebbero difendere contro la volont della maggioranza dei
libanesi . Tanto che gli Usa sembrano tentati di strumentalizzare in
Libano come gi in Afghanistan
con bin Laden lestremismo sunnita in funzione anti-resistenza
sciita, anti Hezbollah e, in Siria, contro il regime laico del presidente
Bashar Assad. Del resto, che la galassia facente riferimento ad al
Qaida sia andata crescendo in
Libano ce lo confermano alcuni importanti indizi. Gi lo scorso 27 ottobre lufficio dellOlp a Beirut
aveva reso noto che circa 200 militanti palestinesi e arabi jihadisti sarebbero arrivati recentemente
dallIraq nel nord del Libano, in
particolare nel campo di Nahr el
Bared presso Tripoli, e avrebbero
dato vita ad un nuovo misterioso
gruppo definitosi Fatah-al Islam,
guidato da un certo Shaker Issa, gi
militante di Fatah Intifada. Il 28
novembre un alto esponente del
gruppo salafita Tawhid wal Jihad,
Omar Abdullah, stato ucciso dalla
sicurezza siriana mentre tentava di
entrare in Libano con una decina di
passaporti falsi e il giorno dopo, il
29 novembre, a Sidone, nel quartiere di Tameer, tra il campo palestinese di Ain el Helwe, controllato
dallOlp, e la periferia della citt
sotto controllo dellesercito e delle
forze laiche-nasseriane, vi sarebbe
stata una riunione della leadership
del gruppo salafita Jund al Sham
nella quale si sarebbe discusso della
possibilit di stabilire unintesa con
la nuova organizzazione sorta a
Tripoli e con altri movimenti affini
sparsi per il paese. Dal campo di Ain
el Helwe sono andati a combattere

58

in Iraq e vi hanno perso la vita almeno una cinquantina di combattenti ma, come ci confermava lo
scorso giugno Abu Yaha, un esponente del gruppo islamista radicale
Esbat al Ansar, il flusso di volontari si sarebbe fermato da qualche
mese, sia per la situazione interna
irachena, sia perch altri paesi
sono minacciati dai crociati, anche
il nostro, e avremo presto bisogno
di loro.
La galassia jihadista in Libano si
andata rafforzando negli ultmi anni
proprio grazie ad un pregiudizio
pro-sunnita, pro-saudita e anti-siriano del Movimento del Futuro di
Rafiq Hariri. Basti pensare che il
nuovo Mufti dellAkkar ha recentemente paragonato la grande manifestazione dellopposizione a Beirut
alle proteste dei pagani contro il
profeta Maometto alla Mecca.
Eppure un misterioso gruppo chiamatosi Jund al Sham aveva rivendicato lattentato suicida con il
quale nel febbraio del 2005 venne
ucciso lex premier Hariri. Una rivendicazione liquidata forse troppo
in fretta. Cos come i legami tra il
presunto attentatore suicida, autore della rivendicazione delluccisione di Hariri fatta arrivare ad al
Jazeera, un certo Abu Adas, e la cellula sospettata - nel settembre del
2004 - di aver pianificato un attentato allambasciata italiana a Beirut.
Attentato che invece, secondo alcune fonti dei servizi libanesi,
avrebbe anche potuto avere come
vero obiettivo lo stesso Hariri, solito
a ricevere i suoi clientes al bar di
fronte al parlamento, proprio sotto
la nostra rappresentanza diplomatica. A tale proposito dovrebbe essere piuttosto inquietante il fatto
che i componenti ancora in carcere
del gruppo di Ahmed Salim Miqati
e Ismail al Khatib (morto in carcere
in circostanze poco chiare dopo
larresto), accusato di aver pianificato lattentato allambasciata italiana di Beirut, nel giugno del 2005
sono usciti dal carcere dopo che
Saad Hariri, figlio dellex premier e
leader del partito di governo filoUsa, aveva operato in modo che ve-

Novembre - Dicembre 2006

nisse pagata loro la cauzione; cos


come che anche il gruppo salafitajihadista protagonista della rivolta
di Dinnieh (nord del Libano) nel
giugno 2000 sia stato inserito, sempre su richiesta del partito di Hariri
e Siniora, nel progetto di amnistia
varato per liberare il capo dei killers
falangisti di Sabra e Chatila, Samir
Geagea (in carcere per omicidio) e
che anche il gruppo estremista sunnita Izb at Tahrir sia stato legalizzato dal governo filo-Usa.
La cellula salafita che ha rivendicato
lattentato ad Hariri e quella dei
presunti attentatori allambasciata
italiana sarebbero inoltre legate ai
tredici presunti componenti di al
Qaida arrestati lo scorso febbraio e
delle cui confessioni nessuno ha
pi saputo nulla. Del resto, a conferma di quanto in Libano non sempre lapparenza ci porti alla verit,
c anche il fatto che un importante
membro della rete di killers del
Mossad scoperta a Sidone lo scorso
giugno (autori di numerosi omicidi
eccellenti, da esponenti degli
Hezbollah al figlio di Ahmed Jibril,
leader del Fronte Popolare di
Liberazione della PalestinaComando generale), Hussein
Khattab, sarebbe il fratello dello
sheik Jamal Khattab, uno dei presunti reclutatori di attentatori suicidi da inviare in Iraq a combattere
con Abu Musab al Zarqawi. In realt,
pur senza ricorrere ad alcuna dietrologia, questi ambienti jihadisti,
con il loro odio per gli sciiti - con
particolare riferimento a Hezbollah
- e per il regime laico siriano, finiscono oggettivamente per avere in
Libano, e a Damasco, gli stessi obiettivi di Israele, degli Usa e dellArabia
Saudita. Non a caso lultimo messaggio video di al Zarqawi del giugno del 2006, prima di essere ucciso,
ebbe come obiettivo proprio la resistenza islamica libanese della
quale chiedeva come il premier
Sinora e i suoi sponsor Usa, Israele,
Ue e la stessa risoluzione 1701, sulla
base della quale abbiamo inviato in
Libano i nostri militari - il disarmo
e lallontanamento dalla zona di
confine con Israele.

Novembre - Dicembre 2006

Internazionale

E un movimento, quello contro la Nato,


che ancora oggi non accenna
a dar segni di cedimento e che
si sta traducendo nella sempre
pi pressante richiesta
di quel referendum finora rinviato

L'Ucraina nel
pieno di una grave
crisi istituzionale

di Mauro Gemma

A K IEV

SI ESAURISCE LA

IL MOVIMENTO CONTRO

l 14 settembre, nel corso di una conferenza stampa tenuta a conclusione del suo viaggio a Bruxelles, al
termine dei colloqui con i vertici
della Nato e con i dirigenti dellUnione Europea, il nuovo premier
ucraino Viktor Janukovic, pur manifestando interesse per lapprofondimento della collaborazione
con lUe, gelava ogni aspettativa per
unimminente integrazione del suo
paese nellalleanza militare occidentale, dichiarando ai giornalisti
di tutto il mondo che tale prospettiva non era condivisa che dal 12 al
25% dei connazionali. Janukovic,
pur escludendo per ora la necessit
di sottoporre il quesito in merito alladesione alla Nato ad un referendum popolare, ha inteso cos rimandare a tempi imprecisati la definizione delle modalit delladesione del suo paese, subordinandola ad altre pi pressanti questioni
che riguardano il miglioramento
delle precarie condizioni del livello
di vita dei suoi concittadini.
Le sue parole rappresentavano un
vero e proprio colpo inferto alle speranze di conquista coltivate dai vertici atlantici fin dai tempi della rivoluzione arancione, che avevano
indotto alcune potenze occidentali
ad investire enormi risorse materiali a sostegno dei loro fedeli alleati
nazionalisti, che si riteneva non potessero pi perdere il saldo controllo della situazione interna.
La dichiarazione di Janukovic dava
pienamente il senso della svolta ca-

RIVOLUZIONE
LA N ATO

ARANCIONE E AVANZA

ratterizzante le vicende politiche a


Kiev, a partire dal momento in cui,
sancendo formalmente la fine dellesperienza arancione, da tempo
entrata in crisi di consenso soprattutto per lincapacit di far fronte
alla pesante situazione economica e
sociale della repubblica, il Partito
delle Regioni, capeggiato dallattuale premier e vincitore delle elezioni legislative, aveva dato vita in
un primo tempo, nel mese di luglio,
ad una coalizione con le forze di sinistra del paese (convincendo il
Partito Socialista ad abbandonare il
governo arancione e rompendo la
pregiudiziale anticomunista, attraverso un accordo anti-crisi con il
Partito Comunista di Piotr Simonenko) e, in seguito, aveva avviato
trattative per la formazione di un
governo (nato il 3 agosto 2006) che,
includendo il partito del presidente
Juschenko, Nostra Ucraina, determinava la momentanea rottura dellalleanza fra le forze nazionaliste e
filoccidentali dal 2005 alla guida del
paese e obbligava Julia Timoshenko
e le componenti nazionaliste pi oltranziste allopposizione.

pressione del connubio di oligarchie regionali e clan criminali e mafiosi), che avevano saccheggiato e dilapidato lintero patrimonio di conquiste sociali ed economiche del periodo socialista, durante il quale
lUcraina, pi di altre repubbliche,
aveva giocato un ruolo propulsore
nelleconomia sovietica.

Abbiamo descritto in un precedente


articolo 1 le tappe che avevano condotto alla vittoria dellopposizione il
26 marzo 2006 e che avevano segnalato il disincanto di ampi strati
dellopinione pubblica nazionale rispetto alle aspettative, generate dagli arancioni, di miglioramento
della situazione di un paese che era
stato dominato nel quindicennio
precedente da cricche corrotte (es-

Il malessere provocato, in larga


parte dellopinione pubblica, dallamministrazione Juschenko non
ha avuto come unico effetto il suo
ridimensionamento elettorale e il
declino della sua immagine (se si votasse oggi, secondo i sondaggi, il
partito del presidente non andrebbe oltre il 6%), ma si tradotto
nella crescita di un vasto movimento di opinione, culminato in

Abbiamo visto come laccelerazione


del corso filo-occidentale della politica estera del nuovo governo (il
conto da pagare al sostegno ottenuto dalle potenze imperialiste, determinante per la vittoria della rivoluzione arancione) e laccentuazione della discriminazione nazionalista nei confronti della consistente minoranza russa e russofona,
concentrata nelle regioni industriali e minerarie delloriente del
paese, abbiano portato ad un pericoloso deterioramento delle relazioni con il grande vicino russo, culminato nella cosiddetta guerra del
gas dellinverno scorso, che ha
avuto come conseguenza immediata un drastico peggioramento
delle condizioni materiali di vita.

59

Internazionale

momenti di mobilitazione di massa


che hanno caratterizzato soprattutto le regioni orientali del paese e
la Crimea (etnicamente a maggioranza russa): lopposizione alladesione alla Nato, considerata dal movimento la sanzione ufficiale dello
stato di dipendenza coloniale del
paese, diventata cos occasione
per lorganizzazione di numerose,
partecipate e incisive manifestazioni di massa, che hanno avuto il
loro momento pi significativo, alla
vigilia dellestate, nella cacciata
dalla Crimea - ad opera di unimponente azione di popolo (in cui i
comunisti hanno svolto un ruolo significativo) - dei marines Usa che
avrebbero dovuto, con le loro manovre militari, inaugurare simbolicamente la nuova stagione della politica internazionale e di difesa
dellUcraina.
E un movimento, quello contro la
Nato, che ancora oggi non accenna
a dar segni di cedimento e che si sta
traducendo nella sempre pi pressante richiesta, anche da parte di
molte amministrazioni regionali,
delleffettuazione di quel referendum finora rinviato dallo stesso
Janukovic, in cui, secondo i pi recenti sondaggi, il rifiuto delladesione dovrebbe prevalere in modo
schiacciante. In questi giorni, ad
esempio, una simile iniziativa, dal
carattere autogestito, dovrebbe
svolgersi nella repubblica autonoma di Crimea.
Il dissidio sulla questione delle alleanze internazionali, reso manifesto dalle dichiarazioni di Janukovic
a Bruxelles e accentuato da un rapido riavvicinamento alla Russia di
Putin (attraverso la sigla di un importante accordo economico il 24
ottobre e la rinnovata partecipazione ucraina alle vicende degli organismi comunitari post-sovietici),
non poteva che portare ad un inasprimento dei gi difficili rapporti
tra i partiti del nuovo governo e allapertura di uno scenario di profonda crisi istituzionale, con lo scontro tra il presidente della repubblica

60

e le istituzioni rappresentative del


nuovo quadro politico, in particolare la Rada Suprema (il parlamento), dove la coalizione cosiddetta filo-russa dispone della maggioranza dei voti.
A questo punto occorre far osservare che pochi tra i giornalisti occidentali che si occupano delle vicende riguardanti lo spazio post-sovietico impegnati peraltro a scandagliare i retroscena della spy
story di Londra, conclusasi con la
tragica morte di Litvinenko, in cui
svolge indubbiamente un ruolo il
peggioramento dei rapporti tra
Russia e Occidente, con il conseguente scatenamento di una guerra
propagandistica contro lattuale
amministrazione di Mosca hanno
pensato di richiamare, sul vero e
proprio terremoto che, nelle ultime
settimane, ha sconquassato la scena
politica dellUcraina, la stessa attenzione che in passato aveva accompagnato lascesa al potere delle
forze filo-Nato.
Lo scontro durissimo che, ormai da
anni, contrappone i due blocchi,
schematicamente definiti dalla maggior parte degli osservatori filo-occidentale e filo-russo, protagonista della competizione per il potere,
ha in effetti conosciuto il suo momento pi drammatico ai primi di dicembre, con il voto della maggioranza dei parlamentari, che ha sollecitato (raccogliendo le raccomandazioni del leader comunista Simonenko) le dimissioni dai loro importanti incarichi di governo degli ultimi esponenti di quel movimento
politico che, sullonda di una straordinaria mobilitazione delle piazze
della capitale ucraina e di un impressionante sostegno esterno da parte
delle potenze occidentali, tra il 2004
e il 2005 aveva portato gli uomini
della cosiddetta rivoluzione arancione ad assumere il temporaneo
controllo della situazione nel paese.
La decisione del parlamento evidentemente diretta a privare il presidente Juschenko del sostegno di

Novembre - Dicembre 2006

cui ancora gode allinterno della


compagine governativa nonostante
la decisione presa alcune settimane
prima dal suo partito di abbandonare la maggioranza, attraverso le dimissioni di alcuni suoi esponenti dallesecutivo, accompagnata per
dalla pretesa di mantenere, su suggerimento dello stesso presidente
della repubblica, il controllo di alcune funzioni strategiche: in particolare Esteri e Difesa, gestite da uomini che, notoriamente e da sempre,
rispondono alle direttive provenienti dai centri di pressione occidentali e che pi di altri operano per
rafforzare la collaborazione con la
Nato, in vista delladesione ucraina.
I ministri, di cui, in questi giorni, si
votato lallontanamento dalle loro
mansioni, sono Borys Tarasyuk, responsabile degli Esteri, e Jury
Lutsenko, figura di spicco della rivoluzione arancione, alla guida del
dicastero degli Interni. Nel frattempo, anche per Anatoly Hrytsenko, attualmente alla guida del ministero della Difesa, stata formulata una richiesta di immediate dimissioni da parte di un gruppo di
rappresentanti del Partito delle regioni, con la grave accusa di aver
lavorato per lindebolimento della
capacit difensiva delle forze armate: tale proposta non dovrebbe
incontrare difficolt in sede di voto
parlamentare.
La reazione di Juschenko a una decisione del parlamento ampiamente legittimata dalle attuali regole costituzionali, stata quella di
respingere immediatamente le dimissioni dei suoi uomini. Egli ha voluto cos dimostrare la sua volont
di inasprire uno scontro istituzionale, aperto a qualsiasi sbocco, in
cui sa bene che gli interlocutori occidentali dellUcraina non vorranno certo giocare la parte dei
semplici spettatori.
8 dicembre 2006
1 Elezioni parlamentari in Ucraina, in

lernesto, n. 2, marzo-aprile 2006.

Novembre - Dicembre 2006

Internazionale

E' nella radicalit dei contenuti


e nella limpidezza della battaglia
contro il neoliberismo e la guerra
- a partire dallo stesso modello
di integrazione europea,
l'Unione Europea, e le sue ripercussioni
in Olanda - che vanno ricercate
le ragioni del successo

Socialisti olandesi:
le ragioni di un
successo

di Fosco Giannini

DOPO

LA BOCCIATURA DELLA BOZZA DI TRATTATO COSTITUZIONALE

EUROPEO , GLI OLANDESI HANNO PREMIATO CHI SI OPPONE A


GUERRA E NEOLIBERISMO

e elezioni politiche che si sono tenute in Olanda il 22 novembre, caratterizzate da una prepotente ma
non inaspettata avanzata della sinistra radicale (Partito Socialista, Ps),
ci consegnano diversi spunti di riflessione, sui quali utile soffermarsi. Il paese uscito profondamente diviso dalle urne: lalleanza
di governo costituita da democristiani (Cda, partito del primo ministro Balkenende) e liberali (Vvd),
protagonista delle recenti riforme
neoliberali, ha ottenuto 63 seggi sui
complessivi 150 (-9 rispetto alle precedenti elezioni); i socialdemocratici (PvdA), presentatisi agli elettori
con un programma moderato,
hanno ottenuto 32 seggi (-10); i socialisti sono passati da 9 a 26 seggi,
affermandosi per la prima volta
come terza forza politica (1.630.803
i voti ottenuti) davanti ai liberali
(tanto per intenderci, il partito dellex commissario europeo
Bolkestein, il padre dellomonima direttiva); esce dal parlamento il partito populista e xenofobo fondato da Fortuyn, sostituito
dalla destra anti-islamica di Wilders
(Pvv), che ha ottenuto 9 seggi; il resto dei seggi sono ripartiti tra forze
minori di (centro, verdi e sinistra liberale).
Questi risultati rendono fragili e
precari gli equilibri di governo, a
conferma di una profonda divisione

interna alle societ di diversi paesi


europei, a capitalismo avanzato e
non (dalla Germania, alla
Slovacchia, dalla Repubblica Ceca
alla stessa Italia), elemento che dovrebbe indurci ad una riflessione seria e articolata sullevoluzione dei
nostri sistemi democratici dopo un
ventennio di politiche neoliberali e
di guerra. In questo contesto, laffermazione di un partito che fa della
radicalit dei contenuti il proprio
cavallo di battaglia nel cuore
dellEuropa capitalistica e neoliberale costituisce un segnale di grande
rilevanza per tutti noi. Costituitosi
nel 1972 come partito di orientamento marxista-leninista e maoista,
assumendo fin da subito una forte
proiezione sociale, il Partito
Socialista ha avviato dal 1991 un percorso che lo ha portato a collocarsi
organicamente allinterno di
unopzione socialista di sinistra dai
caratteri anticapitalistici e antiN ATO, con forti connotazioni
rosso-verdi, seguendo in questo percorso lesperienza di altri paesi vicini (Danimarca). Nonostante la
trasformazione ideologica, il Partito
Socialista ha mantenuto uno stile di
lavoro segnato da una forte proiezione di massa, a difesa di quelli che
sono gli interessi immediati dei settori pi deboli della popolazione,
da una presenza massiccia nei quartieri popolari delle grandi citt (gli

iscritti dichiarati sono 45.000, con


una percentuale di militanza stimata intorno al 38%!) e da una
grande chiarezza nel perseguimento di unalternativa reale al
neoliberalismo e alla guerra (il partito ha come simbolo un pomodoro,
alimento vitaminico ma anche simbolo per eccellenza della protesta).
Dopo essersi battuto in prima fila e
solo contro la bozza di Tr a t t a t o
Costituzionale Europeo, respinta a
larga maggioranza (61,1%) dal popolo olandese nel referendum del 1
giugno 2005, il Partito Socialista ha
impostato tutta la campagna elettorale contro le riforme neoliberali
imposte dai diversi governi guidati
da Balkenende, con particolare riferimento allultimo: dallestensione del diritto dasilo per i migranti (contro le proposte restrittive
provenienti da destra e dalla sinistra
moderata), ad una dura opposizione contro le liberalizzazioni e le
diverse misure adottate che hanno
finito per indebolire lo stato sociale
(aumento dellet pensionabile a 65
anni, tagli al fondo per linvalidit e
ai sussidi di disoccupazione, privatizzazione di energia, sanit e trasporti). E nella radicalit dei contenuti e nella limpidezza della battaglia contro il neoliberismo e la
guerra a partire dallo stesso modello di integrazione europea,
lUnione Europea, e le sue riper-

61

Internazionale

cussioni in Olanda - che vanno ricercate le ragioni del successo, gli


elementi che hanno consentito ai
socialisti olandesi di approfittare
della debolezza della proposta della
socialdemocrazia e intercettare
tanta parte dellelettorato di sinistra
e popolare.
A fronte di unAmerica Latina completamente attraversata da una generale pulsione antimperialista e da
vittorie che come ad esempio in
Venezuela riaprono il tema della
transizione al socialismo; di un continente africano segnato da una ripresa delle lotte anticolonialiste e
da unimmensa regione del mondo
lEurasia che attraverso la costituenda triade Cina, Russia e India
mette in campo, sul piano planetario, un forte contrappeso allunipolarismo USA ed euro-atlantico,
contribuendo obbiettivamente a
svolgere una funzione antimperialista, proprio l Unione Europea
(Ue), in questa fase, a mostrarsi
come larea del mondo a pi basso
tasso di conflitto anticapitalista
(mentre pi complessa e meno normalizzata si presenta invece la situazione nellarea europea ex sovietica : Ucraina, Russia, Bielorussia). Si sono verificati proprio
nellUe segnata dal dominio di
Maastricht i pi significativi processi di snaturamento e cooptazione delle forze politiche di sinistra: dalle forze socialdemocratiche
(che lungo lasse DAlema- Blair abbandonano la loro residua natura
riformista assumendo forti connotazioni social-liberali), a quelle di si-

62

nistra come Izquierda Unida (che


nel proprio processo di mutazione
- che essa stessa definisce eco-socialista - vede sempre pi spegnersi
lautonomia comunista), sino a partiti comunisti che per una neo inclinazione governista hanno accettato anche politiche di guerra (attacco contro la Jugoslavia nei governi Jospin e DAlema) e oggi subiscono le compatibilit della NATO
nella guerra in Afghanistan.
E in questo contesto che appare
particolarmente importante laffermazione del Partito Socialista olandese, costituitasi attraverso una proposta politica e sociale in chiara e
positiva controtendenza rispetto al
moderatismo dilagante in tanta
parte della sinistra europea.
E, infatti, dal sostegno alle lotte pi
radicali delle parti pi avanzate
della societ olandese che nasce il
successo dei socialisti, che hanno
una storia di grande autonomia.
Non hanno aderito n sono osservatori della Sinistra Europea, e non
per caso; mentre fanno parte del
GUE-NGL, il gruppo parlamentare
europeo che comprende in un contesto unitario, senza esclusioni di
natura ideologica, tutti i partiti comunisti dellUe). E alla vigilia delle
elezioni, il 35% dei sindacalisti ha
manifestato la propria intenzione di
voto a favore del partito guidato da
Jan Maijnissen, percentuale che
sale al 60% tra i musicisti e coinvolge
tanta parte dellelettorato giovanile. Dunque un partito che certo lascia irrisolta la questione dellautonomia comunista (tema che in

Novembre - Dicembre 2006

Olanda ha radici storiche lontane),


ma il cui profilo politico e programmatico esalta una piattaforma anticapitalistica, anti-NATO e di forte alternativit allUnione Europea, che
lo distinguono significativamente
dalle molte formazioni politiche che
nellambito del Partito della Sinistra
Europea stanno evolvendo in senso
socialdemocratico, moderato, assumendo una logica di governismo
compatibilista e adattativo.
Il partito ha ottenuto il 23,8% dei
consensi a Eindhoven, il maggiore
centro industriale del paese, il
18,4% ad Amsterdam e il 17,6% a
Rotterdam, collocandosi al secondo
posto nelle province di Groningen,
Limburg e Nord Brabante. Un risultato che conferma la crescita ottenuta alle Europee del 2004, quando il Ps ha raddoppiato i propri
eletti (da 1 a 2, risultato ragguardevole per lOlanda). Di fronte allesito del voto, il presidente del maggiore sindacato olandese, la Fnv, ha
dichiarato che la continuazione
delle politiche degli ultimi anni non
dovrebbe costituire unopzione
praticabile per il futuro governo
Le imprese hanno avuto mano libera, mentre i lavoratori hanno
perso una forma di protezione sociale dopo laltra. Gli ha fatto eco
Bos, leader dei socialdemocratici:
Abbiamo ricevuto il messaggio. Il
popolo olandese vuole vedere ridotto il differenziale tra ricchi e poveri. Gli olandesi hanno votato
ha commentato Marijnissen e mostrato di voler vivere in un paese pi
umano, solidale e sociale.

Novembre - Dicembre 2006

Internazionale

Kabila: Con il potenziale di risorse


naturali di cui dispone la Rdc,
possiamo aspirare a diventare,
per l'Africa, la Cina di domani
La transizione mi ha imposto
un comportamento compromissorio.
Ora non pi. Non abbiamo bisogno
di lucide Mercedes da esibire
ma di robuste Land Rover
che ci consentano di mantenere legami
profondi con il popolo nei luoghi
pi lontani del nostro immenso paese

Congo:
i m p o rtante sucesso
del fronte
p ro g re s s i s t a

di Sergio Ricaldone

ELEZIONI

PRESIDENZIALI : VITTORIA DI

SCONFITTA DEI

uella che oggi si chiama Repubblica


Democratica del Congo (Rdc) il
paese dellAfrica dove limperialismo euro-americano ha potuto compiere, a telecamere spente e nella totale indifferenza mediatica, una gigantesca operazione di rapina a
mano armata occultata da una
omert strappata con la corruzione
e le minacce, utilizzando mezzi non
dissimili da quelli di Hitler verso i
popoli inferiori e le razze non
ariane. Molte delle 20.000 foto scattate nelle miniere dello Shaba (ex
Katanga), giacenti nellarchivio di
Lubumbashi, sono simili a quelle
scattate ad Auschwitz. Perci per
capire il significato delle recenti elezioni politiche generali in Congo,
dalle quali uscito vincitore Joseph
Kabila, bene tenere conto dellimmane tragedia che ha vissuto il
suo popolo in questi ultimi dieci
anni e dellestrema arretratezza in
cui il paese stato deliberatamente
tenuto da un secolo di dominazione
coloniale e imperialista.
Secondo per grandezza dopo il
Sudan, la Rdc grande otto volte

SIGNORI

DELLA

lItalia, con una popolazione di


poco pi di 50 milioni di abitanti, 8
milioni dei quali concentrati nella
sola capitale Kinshasa. Tagliato in
due dallequatore, il suo asse centrale (e vitale) il grande fiume
Congo che si snoda per 4360 km. attraverso una delle pi sterminate
giungle pluviali del pianeta dove
tutto gigantesco: piante monumentali di legno pregiato, farfalle
poderose, grosse sanguisughe, alti
termitai e animali di ogni specie, dai
grossi elefanti ai velenosissimi cobra. Bench enorme, la Rdc dispone di soli 1700 km. di strade asfaltate, per lo pi dissestate e divorate
dalla foresta onnivora. Il resto sono
piste e sentieri fangosi, erosi dalle
piogge e spesso impraticabili. In questo intricato oceano verde vivono milioni di contadini disseminati in piccoli villaggi, raggiungibili con lunghi
viaggi fluviali che ricordano le fatiche degli esploratori ottocenteschi
descritti da Conrad. Con parte del
paese privo di energia elettrica, non
esistono, fuori dai grandi centri urbani, altri mezzi importanti di co-

KABILA ,
GUERRA

municazione di massa allinfuori


delle radioline e, non a caso, tra il
primo turno elettorale e il ballottaggio sono occorsi pi di tre mesi di
tempo per far arrivare agli elettori un
minimo di informazione.
La capitale Kinshasa diventata invece una tipica megalopoli africana,
con 8 milioni di abitanti. Tagliata
in due dal Boulevard 30 Juin, una
lunga trincea dasfalto scavata tra
grattacieli anneriti dallo smog, dove
il traffico sfreccia su otto corsie e gli
scappamenti vomitano nuvole inquinanti di fumo nero, la citt perennemente avvolta nella umida foschia del clima tropicale. Nel
chiasso assordante di City Center
ci che colpisce, e provoca qualche
brivido, il continuo, lamentoso refrain musicale di molte orchestrine
che ascolti un p in tutta lAfrica:
Fratelli e sorelle che portate il virus non contagiate gli altri.
Scandito dai ritmi dei tamburi, ti ricorda che lAIDS declinato nella
sua pronuncia francofona, SIDA
si somma, in versione Apocalipse
N o w, alle sacre profezie di San

63

Internazionale

Giovanni nel Nuovo Testamento


guerre, carestie, fame, pestilenze ,
che nel giro di un decennio hanno
provocato lagghiacciante bilancio
di 4 milioni di vittime.
Ma il Congo anche il risultato bizzarro di una lotteria geologica provocata dagli spostamenti delle placche continentali e da pressioni sismiche immani che in miliardi di
anni hanno distribuito, a loro esclusivo capriccio, le grandi ricchezze
naturali del pianeta, accumulando
nel suo sottosuolo ricchezze minerarie immense, uniche al mondo
per densit e quantit, che hanno
trasformato il paese in uno scandaloso forziere a cielo aperto. Circostanza tramutatasi in autentica maledizione da quando il civilizzato
Occidente capitalistico ha posato gli
occhi su questo ricchissimo bottino.
In un tale contesto, lessere riusciti,
per la prima volta nella storia del
Congo, ad indire elezioni politiche
giudicate democratiche dagli osservatori della forza di pace dellONU
(Monuc) e da quelli (con un p di
puzza al naso) dellUnione
Europea, di per s un evento di
portata storica. Le cifre finali di questa consultazione non sono affatto
banali: 16.256.000 votanti, pari al
65,56% degli aventi diritto. Nella capitale, Kinshasa, solo 2 milioni di
elettori, sui 2.900.000 che si sono
iscritti, ha votato, il che testimonia
che anche nelle province pi lontane c stata una grande partecipazione. Gi in testa al primo turno,
Joseph Kabila stato eletto presidente al ballottaggio del 29 ottobre
col 58,05% dei voti contro il 41,95%
del suo avversario, Jean Pierre
Bemba. Determinante il sostegno
del Partito Lumumbista Unificato
(PALU) di Antoine Gizenga, erede
e continuatore del suo fondatore
Patrice Lumumba, che aveva ottenuto al primo turno il 20% dei voti.
Il valore politico di questo risultato
raddoppia se lo sguardo si posa sul
vincitore di questa sfida e sullinsieme delle forze politiche che lo
hanno sostenuto, contro lo sfidante
al ballottaggio, Bemba. Pi che contro un avversario, Kabila ha dovuto

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battersi contro un implacabile nemico, feroce signore della guerra


sostenuto dagli invasori e autore
delle carneficine che hanno insanguinato per anni la regione orientale dei Grandi Laghi.. Ti r a n n o
senza scrupoli, Bemba ha compiuto
in extremis due tentativi, entrambi
falliti, per invalidare le elezioni: il
primo stato un mini-golpe a mano
armata compiuto tra il 22 e il 23 agosto a Kinshasa; il secondo contestando per vie legali il cristallino
risultato avallato dagli osservatori
internazionali. Non detto che non
ci riprovi: mentre stiamo scrivendo
queste note, giungono dal blog di
Colette Braeckman notizie allarmanti dalla citt di Goma allest
del paese dove bande di killers al
soldo di Bemba hanno ricominciato
a sparare anche sui caschi blu della
Monuc.
Pare tuttavia che dopo i limpidi risultati di queste elezioni ci siano le
condizioni e i rapporti di forza per
far uscire la Rdc dallabisso infernale in cui precipitata fin dai lontani tempi dellassassinio di
Lumumba. Rimasto per tre decenni
sotto la dittatura di Mobutu, oscena
marionetta portata al potere dai
complotti incrociati delle multinazionali e dei ser vizi segreti di
Washington e Bruxelles, il Congo
stato liberato nel 1997, dopo lunghi
anni di guerriglia che ha visto coinvolto lo stesso Che Guevara, dal movimento di liberazione guidato da
Laurent Desire Kabila, padre dellattuale presidente. Liberazione subito vanificata dalle invasioni militari congiunte di Ruanda e Uganda,
i cui governi si sono resi disponibili,
con lassistenza militare di Israele, a
compiere il lavoro sporco delle multinazionali minerarie, soprattutto
statunitensi, ansiose di mettere le
mani sui tesori del sottosuolo del
Kivu, la ricchissima regione dei
Grandi Laghi che Kabila senior intendeva sottrarre allo sfruttamento
neo coloniale. Conclusasi, con il suo
assassinio, la breve stagione della liberazione, iniziata quella che
stata definita la terza guerra mondiale africana, il cui tragico bilan-

Novembre - Dicembre 2006

cio stato contabilizzato dallONU


in 4 milioni di morti.
Sono stati anni di sofferenze atroci,
durante i quali il gaulaiter delle regioni dellest, Bemba, messo al potere dagli invasori ruandesi, ha fatto
di tutto per conquistare militarmente il Congo. Poi, viste le difficolt, ha tentato di balcanizzarlo alimentando sanguinosi conflitti etnici e tribali e scatenando le sue
truppe in una guerra di sterminio
contro le varie forme di resistenza
popolare esplose nelle citt e nelle
campagne delle regioni occupate.
Nominato presidente alla morte del
padre, Kabila junior ha dovuto far
fronte alle molteplici emergenze,
soprattutto umanitarie, in un paese
stremato dalla guerra, dalla fame e
dalle epidemie, con strutture statali
decomposte e corrotte. Uneredit
tremenda che il giovane leader ha
dovuto sobbarcarsi totalmente. Ci
siamo chiesti allepoca, con un
certo scetticismo, chi fosse e quali
idee avesse in testa questo giovane
soldato che, nel 2001, si visto
proiettato, da un giorno allaltro e
in virt del suo cognome, sulla poltrona presidenziale a gestire un
paese che ha prodotto alcuni dei pi
prestigiosi dirigenti delle lotte di liberazione africane: Lumumba,
Pierre Mulele, L.D. Kabila. Lo abbiamo seguito con molto interesse
in questi cinque anni di apocalittica
transizione, vissuta pericolosamente, alla ricerca di una soluzione
in grado di ricomporre i vari pezzi
del puzzle congolese: la pace innanzitutto, la liberazione delle regioni occupate, il superamento
delle divisioni etniche e delle spinte
secessioniste, il controllo delle ricchezze naturali, la formazione di
unalleanza politica delle forze nazionali, progressiste e antimperialiste, la ricostruzione delle strutture
statali inquinate dalla corruzione dilagante. Dal primo cessate il fuoco
concordato a Lusaka nel 1999
stato un susseguirsi di tentati accordi, di rotture e di ripresa della
guerra. Un interminabile stop and
go conclusosi finalmente con laccordo di pace di Sun City nel 2003,

Novembre - Dicembre 2006

con la paziente assistenza diplomatica del Sudafrica e di altri paesi


dellAfrica australe. Il compromesso
raggiunto non stato sicuramente
dei migliori, ma per evitare ulteriori
spargimenti di sangue Kabila ha dovuto accettare, per il periodo di transizione verso un Congo riunificato, di
essere circondato da quattro vice
presidenti, tra cui Bemba e Aziarias
Ruberwa, principali signori della
guerra e fautori della sua distruzione. E uno dei tanti paradossi che
hanno segnato la complicata storia
delle indipendenze africane, ma solo
cos si poteva sperare di arrivare alle
prime vere elezioni politiche democratiche.
Ora che i risultati sono definitivi e
riconosciuti, comincia ad apparire
il profilo della nuova leadership politica che guider la Rdc nei prossimi anni. Insieme al partito nazionale del presidente Kabila, il Partito
del Popolo per la Ricostruzione e la
Democrazia (PPRD), ci sar il
PALU, pi connotato a sinistra, di
Gizenga, gi indicato come capo del
nuovo governo. Ricompaiono nel
nuovo staff presidenziale alcune figure storiche della lotta antimperialista: She Okitundu, gi assistente
di Kabila senior e lumumbista di an-

Internazionale

tica data, e Sadefroid Chamlesso, rientrato dallesilio cubano. In posizioni di grande rilievo, ai vertici
dello stato maggiore delle ricostruite Forze Armate Congolesi, sono stati piazzati i protagonisti della
resistenza popolare contro gli invasori, primo fra tutti il generale Padiri Blenda, arrivato a Kinshasa dopo
un lungo periodo di vittorioso maquis nelle foreste del Kivu alla testa
dellindomabile etnia Mai Mai, che
ha saputo infliggere cocenti sconfitte militari agli invasori ruandesi.
Il programma politico del neo presidente eletto stato illustrato dallo
stesso Kabila in una lunga conversazione con Colette Braeckman del
quotidiano Le Soir di Bruxelles, il 16
novembre scorso. Il modello di sviluppo guardato con maggiore attenzione quello cinese: Con il potenziale di risorse naturali di cui dispone la Rdc, possiamo aspirare a diventare, per lAfrica, la Cina di domani. Le priorit pi urgenti sono
state riassunte in quattro punti essenziali: la ricostruzione delle infrastrutture stradali e ferroviarie per ripristinare la circolazione delle persone, del personale sanitario, delle
merci e degli scambi tra citt e campagne; la creazione di posti di la-

voro, particolarmente nel settore industriale e informatico nel quale


oggi occupato meno del 5% della
popolazione attiva; il rilancio dellistruzione primaria, secondaria e
universitaria; lavvio a soluzione del
grave problema dellacqua e delle
campagne.
Il largo consenso elettorale ottenuto da Kabila lo incoraggia a proseguire con maggiore impegno contro la corruzione. E dunque anche
limmagine e i comportamenti del
potere centrale devono cambiare:
La transizione mi ha imposto un
comportamento arrendevole e
compromissorio per evitare che il
paese andasse in frantumi. Ora non
pi. Possiamo stringere i pugni e
mostrare i denti contro i corrotti e
i signori della guerra. Non abbiamo bisogno di lucide Mercedes
da esibire come simboli del poterecentrale ma di robuste Land Rover
che ci consentano di mantenere legami profondi con il popolo nei luoghi pi lontani del nostro immenso
paese.
Sono per il momento solo parole,
ma fanno sperare che il messaggio
di fiducia espressogli da milioni di
congolesi che lo hanno votato sia
stato percepito in tutto il suo valore.

WWW.lernesto.it
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Internazionale

Novembre - Dicembre 2006

Un appello del FPLP sugli scontri Hamas-Fatah in Palestina


Il Fronte Popolare ritiene che la scelta delle elezioni anticipate sia affrettata
e priva di motivazioni ragionevoli
Il porta voce del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina (FPLP) in Palestina ha dichiarato che la decisione di Abu Mazen di indire nuovi elezione presidenziale e politiche affrettata e priva di ragionevoli motivi e rischia di peggiorare le gi precarie condizioni sociale .crediamo invece che ci debba essere un dialogo sincero e costruttivo tra tutte le forze politiche e sociale palestinesi, basato sul documento concordato nazionale siglato a giugno, non solo tra
Hamas e Fatah, per la formazione dun governo di unit nazionale che rappresenta laspirazione
del popolo palestinese e non il quartetto,( UE, USA, ONU e Rusia).
Crediamo che giunto il momento di riattivare e di riformare OLP lorganizzazione per la
Liberazione della Palestina, su base rappresentative e democratica con la partecipazione di tutte
le forze politiche.
Invitiamo inoltre le due parti Hamas e Fatah alla ragione e ad astenersi di ogni azione e dichiarazione che non favorisci il dialogo e il rispetto tra i palestinesi.

Comunicato del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina


Invitiamo tutti a mobilitarsi per fermare lo scontro fra Hamas e il Fatah
In questi giorni , abbiamo lavorato insieme alle forze patriottiche e islamiche palestinesi per
contenere lo scontro fra Hamas e Fatah e abbiamo promosso iniziative mirate a creare le condizioni di ripresa del dialogo nazionale lontano dallingerenza delle potenze mondiali che incentivano lo scontro con il loro schieramento da una parte o dallaltra .
Siamo riusciti a bloccare la degenerazione e far rilasciare i rapiti da ambe le parti, e soprattutto di evitare manifestazioni di piazza dove facile provocare attriti. Stiamo lavorando per
mettere ordine allagenda politica palestinese iniziando dalla ripresa del dialogo per formare
un governo di unit nazionale capace di affrontare tutti i problemi reali del popolo palestinese
a partire dalloccupazione militare israeliana e come portare avanti la resistenza verso una
prospettiva di libert e liberazione che coinvolge tutti i settori popolari.
Invitiamo tutte le forze palestinesi a rispettare il documento del Cairo ( documento del concordato nazionale ) , e promuovere subito il dialogo per portare a termine tutto il lavoro finora
compiuto .
Invitiamo le forze palestinesi a tener conto solo dellagenda palestinese e a non prestare ascolto
allagenda del quartetto e alle potenze che non rispettano le scelte del nostro popolo.
Invitiamo la popolazione di Gaza a scendere in piazza per bloccare la violenza e per il dialogo per la formazione di un governo che rappresenti le aspirazioni del popolo palestinese.
Invitiamo tutte le comunit palestinesi nel mondo di mobilitarsi con presidi davanti le sedi diplomatiche palestinesi.
19/dicembre /2006
Fronte Popolare di Liberazione della Palestina

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Novembre - Dicembre 2006

Internazionale

Sul vertice Nato di Riga


Dichiarazione sottoscritta da partiti comunisti, operai e di sinistra
di paesi componenti dellAlleanza Atlantica.
Il vertice Nato di Riga del 29 novembre 2006 costituisce un ulteriore passo verso il rafforzamento
dellAlleanza Atlantica come gendarme del mondo e del suo ruolo essenziale nella promozione
delle politiche reazionarie sostenute dal grande capitale, nel saccheggio delle risorse naturali ed
energetiche, nelloccupazione e nella destabilizzazione di paesi sovrani, nella sovversione di diritti democratici e libert, nellappoggio alle forze reazionarie e nel discredito della resistenza
popolare.
Scegliendo Riga, la Nato intende ricompensare ancora una volta le forze pi reazionarie, revansciste, anticomuniste e irredentiste. Intende ricompensare coloro che cercano di calunniare,
distorcere e riscrivere la storia della vittoria antifascista dei popoli, della lotta popolare per la
democrazia e i diritti sociali.
Lagenda del vertice di Riga non contiene i crimini di guerra delle forze di occupazione in Iraq,
in Afghanistan e nei Balcani, non contiene il genocidio perpetrato dallesercito israeliano contro
i popoli palestinese e libanese, non contiene le aggressioni e le minacce promosse attraverso i
vertici Nato di Praga e Istanbul e i piani per la democratizzazione del grande Medio Oriente,
non contiene Guantanamo, i centri di detenzione illegale e i voli della CIA.
Il rifiuto di massa del popolo dellUcraina delle manovre Nato nel proprio paese e la volont di
milioni di persone nel Medio Oriente, in America Latina, negli USA e in ogni parte del mondo
non rappresentano certo lespressione degli interessi dei signori della guerra che dirigono
lAlleanza Atlantica.
Al contrario, i capi di stato intendono discutere come aumentare ulteriormente le spese militari, i
50.000 militari gi operanti in 3 continenti, come ottenere un pi forte coinvolgimento
dellAustralia, del Giappone, della Corea del Sud e di altri paesi.
Sul tavolo ci sono misure che limitano ulteriormente la sovranit nazionale, il controllo parlamentare e il rifiuto popolare degli interventi militari imperialisti.
Nellagenda ci sono i passaggi relativi alla futura adesione della Croazia, dellAlbania e dellex
Repubblica Jugoslava di Macedonia, come pure lallargamento a Georgia e Ucraina.
Facciamo appello a tutte le forze amanti della pace, ai movimenti contro la guerra ed antimperialisti perch allarghino la crescente resistenza ed incoraggino momenti di lotta contro gli interventi imperialisti, il militarismo e la guerra.
Fermiamo gli attacchi contro il popolo palestinese. Disarmo nucleare totale e chiusura delle
basi militari straniere. Abolizione della NATO e di ogni coalizione militare aggressiva. Lavoro,
educazione, assistenza sanitaria e cultura, al posto della corsa agli armamenti.
Hanno sottoscritto:
Partito del Lavoro del Belgio; Nuovo Partito Comunista Britannico; Partito dei Comunisti Bulgari (Georgi Dimitrov);
Partito Comunista di Boemia e Moravia; Partito Comunista in Danimarca; Partito Comunista di Grecia; Partito
Comunista Tedesco; Partito Comunista Operaio Ungherese; Partito Socialista della Lettonia; Partito Socialista della
Lituania; Partito Comunista del Lussemburgo; Nuovo Partito Comunista Olandese; Partito Comunista della Polonia;
Partito Comunista Portoghese; Partito dellAlleanza Socialista di Romania; Partito Comunista della Romania;
Partito Comunista di Spagna; Partito Comunista di Svezia; Partito Comunista della Turchia; Partito del Lavoro
della Turchia (EMEP); Partito Comunista degli USA.

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Novembre - Dicembre 2006

Globalizzazione

Globalisti e no global
sono accomunati dalla condivisione
di un analogo quadro analitico
delle dinamiche internazionali,
seppur ricondotto poi a posizioni
politiche opposte.
Global e no global hanno espresso
in varie situazioni due approcci speculari

L'undici settembre
e la fine
di un mito:
la globalizzazione
LA

di Gianni Fresu

GLOBALIZZAZIONE COME NUOVA FALSA COSCIENZA

DELL ' IDEOLOGIA LIBERALE .

V ERSO

on lundici settembre insieme alle


Due Torri sembra essere crollato
un altro mito costruito sul suolo
americano, un mito questa volta
non di cemento armato e vetro, ma
fatto di definizioni concettuali destinate ad esercitare un ruolo politico e sociale che per molti versi potremmo ricondurre ad una categoria per noi centrale, quella di falsa
coscienza.
A cavallo tra XX e XXI secolo il pensiero liberale ha autocelebrato il suo
definitivo trionfo planetario, attraverso la definizione di quel
nuovo paradigma delle relazioni interne ed internazionali che tutti abbiamo imparato a conoscere come
globalizzazione. Ci ha dato luogo,
nel breve volgere di pochi anni, ad
una mole imponente di studi, ricerche e pubblicazioni tramite le
quali si era preconizzata una nuova
fase per la storia dellumanit nella
quale, a seguito della liquidazione
delle residue strutture pre-moderne, tutto era destinato fatalmente a mutare per leffetto dirompente delle leggi di mercato, indomabili a qualsiasi tentativo ideologico di regolazione politica.
Nelle loro previsioni teleologiche
sulle sorti progressive del liberalismo, gli iperglobalisti hanno descritto

68

UN RITORNO ALLO

STATO

spesso la globalizzazione come una


marcia inevitabile dellumanit
verso ununica societ, o civilt,
mondiale capitalistica. Lesempio
pi lampante in merito, come
noto, quello di Francis Fukuyama,
che gi in un articolo del 1989 avanzava lipotesi che la democrazia liberale, oramai trionfante nei confronti delle ideologie rivali, si ponesse come il punto darrivo dellevoluzione dellumanit, la definitiva forma di governo tra gli uomini, la fine della storia.
Questo perch la democrazia liberale a differenza delle altre forme
di governo, tutte affette da difetti e
irrazionalit si era dimostrata in
ultima analisi priva di contraddizioni interne profonde.
Le tesi sulla fine dello Stato nazione e sulla natura transnazionale
del capitalismo globale parevano
dare una spiegazione plausibile alle
novit pi superficiali ed emergenti
che venivano fuori dallo scenario internazionale con la fine della guerra
fredda. In proposito potrei fare riferimento alla sterminata bibliografia esistente, ma per restare in Italia
uno degli esempi pi emblematici
della vulgata liberale sulla globalizzazione, anche per il periodo in cui
stato scritto, il numero mono-

GENDARME OTTOCENTESCO ?

grafico Global o no Global di Ideazione,


uscito nel settembre 2001, che contiene alcune chicche di questa stagione. Nel solco tracciato da
Fukuyama, seppur con unattenuazione delle sue aspirazioni finalistiche, Vittorio Strada introduceva in
questo numero il tema del rapporto
tra liberalismo e globalizzazione a
partire da unaffermazione che di
per s gi una conclusione. La vittoria del liberalismo sul totalitarismo novecentesco, deve avere coscienza anzitutto della forma triplice che esso ha assunto storicamente: comunismo-fascismo-nazionalsocialismo. Tre varianti che
hanno per Strada momenti di profonda comunanza strutturale ()
concreti rapporti di reciproca influenza dunque elementi di solida
affinit, seppur nellostilit rivale,
riscontrabili negli elementi costitutivi di tipo istituzionale (partito
unico, ideologia statale, mobilitazione di massa), ma soprattutto nel
fatto che tutti e tre avrebbero avuto
quali nemici principali la democrazia liberale, il socialismo democratico, e la religione cristiana, cui ogni
totalitarismo avrebbe contrapposto
la propria religione politica.
Al di l dellapprossimazione di tale
classificazione, facilmente scompo-

Novembre - Dicembre 2006

nibile e rovesciabile su ognuno dei


suoi elementi cardine, resta il dato
che qui maggiormente ci interessa:
la vittoria sul mostro totalitario a tre
teste del Novecento interamente
attribuibile al fulgido trionfo del liberalismo democratico che ha assunto una posizione centrale ed
egemone. Trionfo che se anche
non ha determinato la fine della storia, ha comunque sprofondato ogni
velleit totalitaria nellimpetuoso
sviluppo tecnologico del capitalismo. Dunque per Strada, come per
una nutrita schiera di commentatori liberali, la vittoria sul totalitarismo non porta ad una semplice restaurazione del liberalismo classico
ma ad un nuovo paradigma progressivo e globale: Il nuovo liberalismo [scrive Strada] sar in questo
senso, critico e aperto a una dimensione sociale propria di un mondo
massificato e diversificato, ma insieme globale e unitario. Come gi
avventato in apertura, la storia, con
la sua debordante ed irriverente velocit, si incaricata di smontare in
poche settimane queste previsioni,
dato che il saggio e lintero numero
monografico di I d e a z i o n e v e n n e
scritto e stampato poche settimane
(giorni) prima del fatidico 11 settembre. Tutto quel che seguito a
quei tragici avvenimenti ha mostrato il vero volto tuttaltro che globale e transnazionale del capitalismo, rimettendo sul trono della storia (nel breve volgere di sei anni) la
centralit dello Stato nazionale e
delleconomia nazionale che tutti,
Globalisti e no Global, davano per definitivamente superati. Certo oggi
riaffermare simili congetture, dopo
tre guerre per laccaparramento
delle risorse energetiche, e con le
continue crisi tra le diverse economie nazionali nei settori strategici
(vedi il recente scontro tra Francia
e Italia sul versante energia), un
tantino pi complicato, per, proprio per la maniera impietosa con
cui la cosiddetta ironia della storia
si incaricata di demolirle, veramente piacevole ripercorrere alcuni snodi dellinfatuazione transnazionale di Globalisti e no Global,

Globalizzazione

mostrarne ingenuit e reciproche


influenze.
E cos, significativamente, la scheda
di introduzione pubblicamente faceva professione di adesione allapproccio equilibrato e politico di
Ernesto Galli della Loggia e, dopo
aver rigettato la contrapposizione
manichea tra Global no Global,
prontamente designava un quadro
concettuale che bene oggi, a cinque anni di distanza, riportare integralmente:
luniverso globale nel quale viviamo non che la risultante di tre
direttrici: un evento tecnologico comunicativo (internet, linformazione planetaria in tempo reale); un
processo economico finanziario (la
libera circolazione di merci e capitali); un dato politologico (la fine
dei blocchi ideologici, la crisi dello
Stato-nazione, la rimessa in moto
dei flussi di popolazione). La
Globalizzazione insomma il nostro presente e il nostro futuro. ()
Quello di un mondo completamente trasformato in cui, tra laltro
non ci sarebbe pi spazio per imperi
o superpotenze imperiali. Il potere
sempre infatti pi disperso, nascono centri dinfluenza sempre
pi numerosi e diversificati, lo spazio e il territorio non hanno pi la
centralit dei secoli scorsi, tutto va
ripensato.
Non c neanche bisogno di soffermarsi troppo per spiegare come i
dati effettuali abbiano fortemente
messo in contraddizione tutti gli assunti di questa analisi.
Sullo stesso copione si poneva anche Giuseppe Sacco, il quale ribadiva che il primo dato con cui si qualificherebbe la cosiddetta globalizzazione la progressiva cancellazione degli Stati nazionali e laffrancamento definitivo del capitalismo nei confronti dei fenomeni di
condizionamento politico. Per condizionamento politico Sacco intende il fatto che con il trionfo della
globalizzazione il mondo infine
liberato dalle distorsioni politiche
imposte dalla necessit di non lasciar spazio alla propaganda comunista, dunque con il venir meno di

esso viene meno anche lesigenza di


una funzione di riequilibrio economico-sociale e di tutela giuridica e
contrattuale della condizione di debolezza del lavoratore salariato rispetto al datore di lavoro.
Sacco distingue la globalizzazione e il
movimento no global nel fatto che la
prima attiene al campo concreto
delleconomia e il secondo a quello
politico ideologico, alla sfera delle
idee. Cos la globalizzazione definita
un processo spontaneo tumultuoso che non ha obiettivi, ma solo
una sua logica, che trae origine dallaspirazione dagli uomini a migliorare il proprio destino e si realizza
attraverso linesorabile meccanismo del mercato.
Dunque la g l o b a l i z z a z i o n e i n t e s a
come entit dotata di vita propria,
sganciata da qualsiasi direzione o
connessione politica. Cos come nel
Settecento e nellOttocento leconomia politica e le leggi di mercato
venivano presentate come rispondenti ad un ordine naturale, non
storicamente e socialmente determinato, cos, ora, lo stesso avviene
per la cosiddetta globalizzazione. Il capitale transnazionale e le leggi di
mercato globale non hanno n un
padrone n una radice nazionale.
In realt anche la rappresentazione
della globalizzazione appartiene appieno al mondo delle idee e il suo
modo di accentuare certi aspetti e
occultarne altri rientra nella sfera
ideologica almeno quanto leconomia politica classica di Smith e
Ricardo, con la differenza per che
il globalismo ci offre un quadro concettuale molto pi povero ed una
aderenza alla realt molto minore.
Tutto questo mi porta ad affermare
che il mito della globalizzazione - inteso come trionfo planetario spontaneo, naturale e non politico, delle
leggi di mercato - si pone come una
nuova forma di dissimulazione
della realt che tende a ometterne
la natura storicamente e socialmente determinata. Il mito della
globalizzazione dunque come
nuova falsa coscienza dellideologia
liberale.
Proseguendo la nostra lettura, an-

69

Globalizzazione

che Carlo Jean, sebbene con accenti


propri e a loro modo originali, ripropone tutto larmamentario classico dellautocelebrazione liberale.
Cos la globalizzazione, oltre a favorire lo sviluppo economico del terzo
e quarto mondo e i processi di universalizzazione del cosiddetto mercato globale, con lerosione della sovranit sostanziale degli Stati, determinerebbe addirittura una debellicizzazione delle relazioni internazionali. Certo singolare che
proprio Jean abbia parlato qui di
de-bellicizzazione delle relazioni

Tutto quel che seguito


all'11 settembre ha mostrato
il vero volto tutt'altro che globale
e transnazionale del capitalismo,
rimettendo sul trono della storia
la centralit dello Stato nazionale
e dell'economia nazionale

internazionali e dopo appena due


anni sia stato uno dei pi accaniti
supporters della guerra preventiva.
Ma nel seguito del suo interessantissimo saggio che Carlo Jean ci mostra con chiarezza la vera finalit politica sottesa alle teorizzazioni sulla
globalizzazione. Carlo Jean, infatti,
ci dice prima che nellera della globalizzazione la funzione dello Stato
quella di rendere competitivi il
proprio territorio, le proprie imprese e i propri cittadini, attirando
i flussi di ricchezza, quindi afferma
che le risorse vanno concentrate
sulle funzioni che sono rimaste es-

70

senziali, quali la sicurezza interna


ed esterna [Jean non ci spiega per
come ci si concili con la supposta
de-bellicizzazione delle relazioni internazionali di cui parla], la giustizia e, per lappunto, laumento
della competitivit del sistema.
Scrive ancora Jean: Le provvidenze
della distribuzione vanno concentrate solo sui poveri e sui bisognosi,
mentre il resto deve essere deregolato e privatizzato, nonostante lesistenza di corporazioni [i sindacati
dei lavoratori] chiuse nellegoistica
difesa dei propri privilegi. E cos,
la grande innovazione che la globalizzazione dovrebbe determinare
nei ruoli della politica, si risolve in
una novit che ricorda molto da vicino lo Stato della spada e della
toga, quello che si limitava a fare
le leggi e a farle rispettare. La grande trasformazione-innovazione della globalizzazione porta dunque,
dritta dritta, allo Stato gendarme
ottocentesco, altro che innovazione.
Per lasciare il versante puramente
ideologico di Ideazione, tra le produzioni scientifiche pi valide ed interessanti sulla globalizzazione sicuramente c il lavoro collettivo Culture
e conflitti nella globalizzazione curato
da Elisabetta Batini e Rodolfo Ragionieri, composto da una serie di
interessantissimi approfondimenti.
In uno di questi, Antony McGrew
dedica la sua attenzione anzitutto
alle diverse letture del fenomeno.
Da quella di Giddens, che considera
la globalizzazione come la dinamica
principale di cambiamento sociale
della nostra epoca, a quella degli
iperglobalisti, che la vedono come un
imperativo universale, alle diverse
gradazioni di antiglobalismo, fino a
coloro che interpretano la globalizzazione come mistificazione delle
forze reali che stanno al fondo di dinamiche concrete e cambiamenti.
Al di l delle differenti gradazioni
secondo McGrew bene trascendere gli aspetti pi ideologicamente
sterili del dibattito e giungere ad
una concettualizzazione rigorosa
della globalizzazione che non la riduca a mera logica economica, ma

Novembre - Dicembre 2006

ne colga il carattere processuale


multidimensionale, una concettualizzazione che sappia analizzare storicamente le forme della globalizzazione per indagarne dinamiche e
interconnessioni spazio-temporali.
Il termine globalizzazione soggetto a interpretazioni e definizioni
tra loro profondamente diverse e
contrastanti. In realt le definizioni
che vengono impiegate non necessariamente sono tra loro alternative, questo perch proprio la multidimensionalit della globalizzazione porterebbe ad una concettualizzazione a grappolo o mosaico,
per la quale spesso le diverse definizioni finiscono per essere complementari, nel senso che ognuna
di esse tende a svelare solo un aspetto di ci che intende spiegare ma
non la totalit del fenomeno.
Dunque le tre varianti fondamentali
che colgono rispettivamente gli
aspetti materiali, spazio-temporali e
cognitivi della globalizzazione tenderebbero ad integrarsi vicendevolmente e non ad escludersi reciprocamente.
Anzitutto per McGrew la globalizzazione non denota semplicemente
un mutamento in estensione e portata delle relazioni e attivit sociali,
essa comporta la riorganizzazione e
la riarticolazione del potere economico, politico, militare e culturale.
In secondo luogo, contrariamente
alla vulgata prevalente che tende a
presentare la globalizzazione come
un qualcosa di assolutamente nuovo ed originale, McGrew ne mette
in evidenza la natura processuale e
dunque lorigine storica non certo
recente. I processi di globalizzazione si avviano gi nella fase della
rivoluzione geografica e mercantile
del 1500. Pi precisamente vengono individuate tre fasi essenziali,
dal periodo pre-moderno, lungo la
prima modernit (1500-1800), il periodo moderno (XIX e primo XX
secolo) fino allet contemporanea, tutte forme storiche differenti
di globalizzazione in termini di caratteristiche geografiche, infrastrutture di potere, organizzazione.
Secondo McGrew porre a confron-

Novembre - Dicembre 2006

to queste diverse forme storiche di


globalizzazione lunico modo per
individuare gli elementi nuovi.
Contrariamente alla tesi che identifica la globalizzazione con la fine
dello Stato, McGrew - che concorda con quanti parlano di limitazione alle sovranit classiche dello
Stato moderno ma rifiuta la teoria
sullo svuotamento (o erosione) di
sovranit ritiene che i fenomeni di
interconnessione globale portino a
far emergere semmai uno Stato ancora pi attivista, dato che questo
costretto a intraprendere intense
collaborazioni e cooperazioni multilaterali essendo coinvolto in
strutture di governance globale e regionale. Il vero mutamento rispetto
alla concezione vestfaliana di sovranit si ha dunque nel progressivo venir meno delle distinzioni tra affari
interni ed internazionali, che portano i primi ad essere internazionalizzati e i secondi ad essere addomesticati: gli Stati oggi non sono
pi mondi separati. Il crescente coinvolgimento in ordini regionali e
globali e la proliferazione di problemi che travalicano i confini ha
creato comunit di destino che si sovrappongono () il comando e il
controllo dello Stato dellideale
vestfaliano stato rimpiazzato dallo
Stato riflessivo o reticolare che sta
ricostruendo il suo potere allintersezione tra sistemi globali, regionali, transnazionali e locali di governo e potere. Lautorit per
McGrew dunque articolata su diversi strati di governance nel quale
collaborano un insieme di agenzie
pubbliche e private. Per tutte queste ragioni non ha senso secondo
McGrew parlare di svuotamento o
erosione di sovranit statale, mentre lo ha parlare di trasformazione
o riconfigurazione del potere e dello Stato.
A sua volta Robert Gilpin contesta
lidea secondo cui le forze transnazionali della globalizzazione economica avrebbero minato sovranit e
funzione dello Stato nazionale e ribadisce invece che esso rimane, sia
negli affari interni sia in quelli internazionali, il principale attore.

Globalizzazione

Cos vero che lo Stato-nazione


sottoposto ad attacchi che determinano profondi mutamenti, ma questi cambiamenti non sono orientati
alla eliminazione degli Stati. Anche
la sfida allintegrit politico-territoriale degli Stati lanciata dalle politiche dellidentit di aree etniche
e regionali che lottano per ottenere
la propria indipendenza sfida particolarmente insidiosa a cavallo tra
XX e XXI secolo non mira alleliminazione dello Stato ma al contrario alla costruzione di nuovi Stati
indipendenti. Sicuramente le implicazioni transnazionali delleconomia hanno imposto dei mutamenti sul concetto di sovranit statale, ma per Gilpin sia lestensione
di ci che viene definito globalizzazione economica, sia le sue conseguenze politiche, nelle diverse trattazioni sul tema, sono state notevolmente esagerate senza che si tenesse conto che, piaccia o non piaccia, quello attuale sempre un
mondo dominato dagli Stati. La
realt per Gilpin ben pi complessa di come in genere viene rappresentata.
La cosiddetta globalizzazione economica, oltre ad essere pi limitata
di quanto in genere non si riconosca, ha un impatto politico estremamente irregolare che varia profondamente da settore a settore. I
servizi e la produzione industriale
sono meno globalizzati della finanza, gli effetti della globalizzazione sulla sovranit statale variano
profondamente a seconda della
grandezza e della potenza economica della nazione. Cos le grandi
potenze come gli USA e lEuropa
occidentale sarebbero molto meno
soggette alle destabilizzazioni dei
flussi finanziari rispetto a piccoli
Stati. Secondo Gilpin si pu dire
che la globalizzazione non solo non
ha eroso la sovranit statale delle
grandi potenze, ma ne ha accresciuto limportanza, specie in materia di competitivit internazionale e
liberalizzazione dei flussi di capitali
e merci. Si pensi solo, a titolo desempio, alla funzione degli USA rispetto allestensione degli accordi

NAFTA in America Latina, o allestensione dei principi del Trattato


di Maastricht nellEst europeo.
Come Gilpin anche Held, in Democ razia e ordine globale, contesta radicalmente la tesi sulla fine dello Stato
nazionale. Per quanto i molteplici
livelli di governance internazionale,
possano produrre momenti di limitazione e disorganicit alle sfere tradizionali di esercizio delle sovranit
statali, in definitiva questi spesso
sembrano accrescere e non sminuire gli ambiti di intervento dello
stato nazionale che, in ultima analisi, continua a rimanere il punto di
riferimento anche nella fase attuale.
Ci che viene superato nella globalizzazione secondo Held non lo
Stato nazionale ma bens la polarizzazione classica tra le concezioni
che attribuiscono alternativamente
la titolarit della sovranit allo Stato
o al popolo. Superamento che sarebbe, pi complessivamente, il segno di una crisi degli approcci marxista e liberale al tema della sovranit. La globalizzazione per Held
avrebbe messo a nudo i limiti e le
unilateralit, da un lato del concepire la politica come una sfera eminentemente istituzionale, separata
dalla societ civile, che non deve interferire con le regole del mercato,
dallaltra del considerare la realt
politica ed istituzionale come conseguenza immediata e diretta dei
rapporti sociali di produzione che
porterebbe a sottovalutare tutti quegli aspetti politico istituzionali non
prontamente riconducibili alla
struttura economica. Limiti e crisi
che investirebbero per Held anche
le rispettive gemmazioni contemporanee delle due ideologie: il cosiddetto neoliberismo degli iper glo balisti e il comunitarismo della galassia no global.
Per Gilpin la globalizzazione ha
avuto luogo storicamente ogni qual
volta si determinato un nuovo sviluppo nei trasporti, nelle comunicazioni e dunque nei commerci:
per migliaia di anni, idee, stili artistici e altri artefatti si sono diffusi
da una societ allaltra ed hanno

71

Globalizzazione

spesso causato pericoli simili a


quelli associati oggi alla globalizzazione economica.
I processi di integrazione delleconomia mondiale che hanno caratterizzato questi anni, su cui tanto si
scritto, sono per Gilpin fortemente irregolari, limitati a certi settori economici, e si potrebbe anche
dire che ci sono diversi aspetti per i
quali il mondo attuale risulta meno
integrato di quanto non lo fosse nel
XIX secolo.
Nel primo anno del XXI secolo il
mondo non integrato come lo era
sotto molti aspetti prima della guerra mondiale. Sotto il regime gold
standard e linfluente dottrina del
lasseiz faire, per esempio, durante i

La grande innovazione
che la globalizzazione
dovrebbe determinare
nei ruoli della politica,
si risolve in una novit
che ricorda molto da vicino
lo Stato della spada
e della toga, quello che
si limitava a fare le leggi
e a farle rispettare

decenni precedenti la prima guerra


mondiale, i mercati erano realmente pi influenti ed i governi avevano poco potere sugli affari economici mentre oggi i governi nazionali
hanno molti strumenti politici che
permettono loro di gestire le proprie economie. Considerati in relazione alla dimensione internazionale, il commercio, gli investimenti
e i flussi finanziari erano pi estesi
nel tardo Ottocento che oggi.
I cambiamenti che riguardano il XX
secolo investono la forma e laccresciuta velocit dei flussi economici
attraverso i confini nazionali e lin-

72

clusione di sempre pi paesi allinterno delleconomia globale, ma


per Gilpin la globalizzazione economica per la pi gran parte confinata nella triade USA, UE,
Giappone (forse bisognerebbe iniziare ad aggiungere India e Cina),
al cui interno ruotano la stragrande
maggioranza di profitti e strategie
delleconomia mondiale. Se si
escludono pochi paesi in via dindustrializzazione in Asia e America
Latina e si differenzia il discorso per
materie prime e risorse, la stragrande maggioranza dei flussi di investimento diretti allestero vengono investiti negli USA, nellUE, in
Cina e India.
Il solo fenomeno rispetto al quale si
possa parlare realmente e compiutamente di fenomeno globale la finanza, ma anche essa per Gilpin necessita una qualificazione dato che
buona parte di questa riguarda investimenti speculativi a breve termine e gli investimenti a lungo termine sono fatti con risparmi nazionali piuttosto che con risorse estere.
Per Gilpin due indicatori ci consentono di misurare il livello di integrazione globale: la legge del
prezzo unico e il costo del lavoro.
Per quanto riguarda il primo la considerazione preliminare che c
integrazione tra le economie quando beni e servizi hanno lo stesso
prezzo. Ma la realt dei fatti ci dice
che i prezzi degli stessi beni differiscono enormemente a seconda dei
parametri economici utilizzati per
la misurazione e comunque resta un
dato incontestabile che, ad esempio, due tra le economie teoricamente pi globalizzate al mondo,
USA e Giappone, abbiano prezzi di
beni e servizi profondamente diversi. Laltro elemento che contraddirebbe la compiuta globalizzazione delleconomia riguarda il costo del lavoro che contraddistinto
da enorme disparit salariali e condizionato da limitazioni ai flussi migratori. I flussi migratori erano ben
pi significativi, di massa (milioni di
europei che si spostano nelle Americhe e in Oceania e milioni di indiani e cinesi verso il sud est asiatico

Novembre - Dicembre 2006

e lAfrica) e globali nel tardo Ottocento che nella fase attuale.


Gilpin non si limita a contestare
molti degli assunti centrali dei convinti globalisti liberali, ma fa notare
come anche molti dei problemi che
in genere vengono imputati dai cosiddetti no global alla globalizzazione
in realt siano la conseguenza di politiche nazionali e scelte governative
statali. Cos ad esempio quando
certi ambientalisti si scagliano contro la globalizzazione per i danni
ambientali che essa arrecherebbe in
realt non si rendono conto che le
scelte riguardanti aria, acqua e emissioni nocive hanno una radice statale che assolutamente nazionale.
Lo stesso discorso vale poi per barriere tariffarie, ristrutturazione del
mercato del lavoro, smantellamento del Welfare state. Lo stesso
discorso vale, e la realt dei fatti degli ultimi anni ce ne ha dato una
drammatica conferma, per quanto
riguarda quella che, qualche anno
fa, veniva definita guerra permanente globale del capitale transnazionale. Anche alcune conseguenze negative indotte dai processi di integrazione economica che
portano alla nascita di blocchi economici regionali chiusi, come
lUnione Europea, sono spesso imputate erroneamente alla globlalizzazione.
La tendenza a prendersela con la
globalizzazione per tutti i problemi
che affliggono la vita moderna, cos
come imputare apologeticamente
ad essa ogni cambiamento per riaffermarne il valore paradigmatico, si
scontra dunque con una realt ben
pi complessa allinterno della
quale sono facilmente rintracciabili
soggetti e forze materiali ben pi
concreti rispetto a ci che si indica
in genere con il termine globalizzazione.
Tutto ci non fa che confermare
una convinzione che personalmente ho avuto modo di esprimere in
tempi non sospetti. A mio avviso glo balisti e no global sono accomunati
dalla condivisione di un analogo
quadro analitico delle dinamiche
internazionali, seppur ricondotto

Novembre - Dicembre 2006

poi a posizioni politiche opposte.


Global e no global hanno espresso in
varie situazioni due approcci speculari che renderebbero, ad esempio, Negri e Hardt assolutamente
complementari a iperglobalisti come
Ohmae o Gray, ma anche a Giddens. Come gi detto, ritengo che
la globalizzazione sia una nuova
forma di falsa coscienza dellideologia liberale e ritengo che cos
come nellOttocento numerosi ed
autorevoli rappresentanti del socialismo utopistico ne furono in sostanza succubi, cos in tempi pi recenti diversi teorici no global (come
i due citati) hanno accettato acriticamente buona parte delle categorie sulla globalizzazione diffuse in
ambito liberale semplicemente per
contrapporvisi.
In realt i processi di mondializzazione economica non sono certo
unacquisizione recente, bens una
tendenza che ha attraversato in profondit tutta la fase di espansione legata alla rivoluzione industriale ed
anche, in forme diverse, quelle precedenti. Gi nel Manifesto Marx e
Engels parlano del processo che fornisce unimpronta cosmopolita alla
produzione e al consumo mondiale, che priva lindustria della sua
base nazionale, che porta questa a
lavorare materie prime provenienti
dalle parti pi disparate del pianeta.
Marx descrive con estrema linearit
anche il determinarsi di nuovi bisogni dati dallinterdipendenza che si
viene a creare nel nuovo mercato
mondiale, interdipendenza che
non riguarda solo le merci ma anche la produzione immateriale, la
cultura, e cos, dalle letterature nazionali e locali si sviluppa una letteratura mondiale. Ma soprattutto
la valutazione relativa alla universalizzazione del modo di produzione
e distribuzione borghese a mostrare
in che misura ci che viene spacciato come assoluta novit in realt
non lo sia.
Col rapido miglioramento di tutti
gli strumenti di produzione, con le
comunicazioni rese infinitamente
pi agevoli, la borghesia trascina
nella civilt tutte le nazioni pi bar-

Globalizzazione

bare. I bassi prezzi delle sue merci


sono lartiglieria pesante con cui
essa abbatte tutte le muraglie cinesi
e con cui costringe alla capitolazione la pi ostinata xenofobia dei
barbari. Essa costringe tutte le nazioni ad adottare il sistema di produzione della borghesia, se non vogliono andare in rovina, le costringe
a introdurre nei loro paesi la cosidetta civilt, cio a diventare borghesi. In una parola, essa si crea un
mondo a propria immagine e somiglianza .
Con ancora pi precisione nel III
volume del Capitale indicato come
il controllo delle colonie non solo
quale sede ove esportare merci, ma
come luogo in cui esportare capitali
e sfruttare mano dopera a basso costo sia una risposta delle potenze capitalistiche alla caduta tendenziale
del saggio di profitto. Gi nel
Capitale1 Marx segnala come la spartizione tra le potenze dei paesi sottosviluppati, sia una tendenza destinata ad accrescersi esponenzialmente e come questa stessa tendenza non risponda alle vecchie
forme del colonialismo degli albori
ma sia una funzione avanzatissima
necessitata dalla ricerca di una
nuova remunerazione del capitale
indispensabile per compensare la
sua caduta tendenziale nei paesi industrializzati.
Secondo la tesi sulla fine dello Stato,
lerosione delle sue funzioni, specie
in economia, sarebbe la conseguenza di fattori molteplici: la necessit
di tagliare la spesa pubblica dunque le funzioni sociali dello Stato
per lintensificarsi della competizione sui mercati; lo slittamento del
potere reale dallo Stato alle imprese, dato che in mancanza di un
intervento dei governi per aumentare la competitivit (flessibilit del
mercato del lavoro e abbattimento
del costo del lavoro) queste semplicemente spostano la propria produzione in altri paesi o continenti,
grazie alla avvenuta rivoluzione tecnologica nei trasporti e nelle comunicazioni; la limitazione delle
possibilit di intervento e scelta politica dei governi indotta dallesi-

genza di attrarre capitali esteri e


non far fuggire quelli nazionali; le
ragioni di efficienza economica e
competitivit internazionale che
porterebbe i governi nazionali a cercare un orientamento delle politiche verso le leggi di mercato e le
compatibilit internazionali; i limiti
imposti ai governi, nel perseguire
una politica macroeconomica fiscale e monetaria, dallintegrazione
globale dei mercati finanziari.
In realt lintensificarsi della competitivit economica internazionale, pi che svuotare lo Stato di
funzioni ne accrescerebbe lattivit
perch anche le nazioni alfiere del
liberismo, al di l delle proprie professioni di fede, sono in realt ben

Nel III volume del Capitale


indicato come il controllo
delle colonie non solo
quale sede ove esportare merci,
ma come luogo in cui
esportare capitali e sfruttare
mano d'opera a basso costo
sia una risposta delle potenze
capitalistiche alla caduta
tendenziale del saggio di profitto

poco disposte a lasciare il proprio


destino totalmente in balia delle
turbolenze internazionali e delle
leggi di mercato. A dimostrazione
di ci si potrebbe citare la vicenda
dei dazi americani sullacciaio, lintervento del Governo francese per
difendere il controllo nazionale del
suo settore energetico, la sempre
pi forte propensione dellUE ad
introdurre dazi doganali per difendersi dalla concorrenza cinese e,
pi in generale, il protezionismo attuato da diverse potenze per mantenere il controllo di alcuni settori
strategici della propria economia.

73

Novembre - Dicembre 2006

Cultura

E' sconcertante dover individuare


le origini del totalitarismo
nella prospettiva della banalit:
non si pu fare a meno di tracciare
paralleli preoccupanti con la nostra
contemporaneit, che ha fatto della
banalizzazione del pensiero
lo strumento comunicativo pi capillare

Come si diventa
nazisti

di Valeria Magnani

L' IDENTIKIT DEL PERFETTO SS TEDESCO NELLA


DI H ANNAH ARENDT. I RISCHI PER IL FUTURO

in dalle scuole elementari mostra


una spiccata tendenza al grigiore: e
non mi riferisco ad una sorta di idiosincrasia allo studio, il che sarebbe almeno un tratto volitivo della personalit, ma ad una mediocrit che lo
pone al di sotto del livello di guardia
di una banale intelligenza. Non riesce a finire neppure le scuole superiori, perde sistematicamente ogni
lavoro che con tanta buona volont
il padre gli procura, e a 25 anni non
riuscito a mettere a punto prospettive, attitudini di sorta: insomma non
lo ha ancora sfiorato il pensiero di
cosa vuole fare da grande. Per qualche anno raggranella un po di soddisfazione vendendo prodotti e smistando telefonate presso una compagnia petrolifera, ma presto anche
questo gli viene a noia. Finalmente,
per, scocca la scintilla e anche a lui
data quelloccasione che segner il
suo momento di gloria nella vita: la
chiave di volta lascesa al potere del
nazifascismo. Dimprovviso lideologia della razza che ha una missione
da compiere lo galvanizza, soprattutto perch non prevede la responsabilit di vere convinzioni indivi-

74

duali, ma semplicemente lesecuzione di ci che altri hanno pensato.


Il nostro anonimo personaggio non
ha nemmeno un attimo di esitazione: si iscrive al partito nazionalsocialista tedesco, dove lapprendistato
veloce e disimpegnante, per poi essere introdotto nel corpo speciale
delle SS dopo che lo HauptamtSchulungsamt, il principale centro
di indottrinamento nazista, ha riconosciuto in lui il tipo esatto dello strumento adatto al potere.
Armato della caratteristica mentalit del gregario, figlio declassato di
una solida famiglia borghese, trova
la sua esatta dimensione intruppato
nelle colonne in marcia del terzo
Reich, tra le quali riesce a stringere
perfino qualche amicizia, istintivamente scremata tra quelli che condividono con lui il nichilismo mentale, psicologico, affettivo. Al processo, negli anni 60, dir di non saper spiegare le ragioni della sua adesione, tanto rapida e improvvisa fu
la sua ascesa ai siti dellobbedienza.
Infatti, dir, gli si chiedeva semplicemente di obbedire agli ordini; e
per Otto Adolf Eichmann, cos come

RICOSTRUZIONE

per troppi altri della sua pasta, il


cocktail di obbedienza e immagine
che gli veniva offerto era tutto
quanto potesse chiedere alla vita.
Questo il personaggio simbolo di
cui Hannah Arendt, figura intellettuale di spicco nel panorama filosofico-politico del novecento, si serve
per scomporre il mosaico totalitario
nelle sue espressioni meno scontate, per certi versi le pi preoccupanti. E sconcertante dover individuare le origini del totalitarismo
nella prospettiva della banalit, non
poterle collegare ad eventi carambolanti e improvvisi ma a normalizzate perversioni maturate in lentezza: non si pu fare a meno di tracciare paralleli preoccupanti con la
nostra contemporaneit, che ha
fatto della banalizzazione del pensiero lo strumento comunicativo
pi capillare. In La banalit del male,
saggio e testimonianza del processo
svolto nel 1960 ad un generale delle
SS, la Arendt analizza i luoghi comuni pi pervicaci che hanno accompagnato lesegesi del nazismo,
e, senza fare inutile terrorismo psicologico ma documentando le sue

Novembre - Dicembre 2006

argomentazioni, mostra come sia


plausibile lauto-rigenerazione in
ogni momento del mostro che si
crede estinto per sempre. La deriva
schizofrenica del fanatismo nazionalista, lebbrezza perversa della
crudelt sono certo i componenti
identificativi pi evidenti della follia che ha percorso lEuropa negli
anni 30 e 40. Ma c anche altro.
Il profilo che affiora dal contegno
di Eichmann e dalle risposte fornite
al processo quello di un uomo dimesso, incapace di formulare una
qualsivoglia dialettica autonoma
perch incapace di pensare al plurale e/o dal punto di vista di qualcun altro, intriso di luoghi comuni
appresi al tirocinio del pensiero debole qual era appunto il suo.
Quanto tempo occorre a una persona media per superare la biologica ripugnanza alleseguire atrocit? E cosa accade dopo? La risposta che la Arendt individua sconsolatamente semplice: si coltiva negli esecutori di ordini il pensiero
unico, edulcorato da una serie di riti
comportamentali e linguistici mirati esattamente ad insonorizzare le
coscienze gregarie. Durante i primi
gradi dellepurazione, cio prima
della soluzione finale, era ancora
necessario fornire agli esecutori
giustificazioni di ci che si chiedeva
loro. Il lavaggio delle coscienze avveniva allora con un certo paternalismo formale, teso a sottolineare la
superiorit razziale ma badando a
smussare nel contempo gli angoli
pi nudi della violenza esercitata:
non tutti gli ebrei meritano la stessa
sorte ma solo quelli cattivi; quelli
che, per motivi che devi accettare
anche se non comprendi, sono inferiori, cos come lo sono gli omosessuali nostrani e i comunisti, altri
bubboni deviati della pura razza
ariana; un atto di carit da parte
nostra concedere loro una morte dignitosa e indolore con leutanasia
nelle camere della doccia, piuttosto che in modo cruento.
Era fondamentale, per i quadri decisionali nazisti, tenere fuori dalla
percezione comune dei gregari il
senso nudo della barbarie; anche

Cultura

per questo gli esecutori venivano


scelti con cura, escludendo coloro
che mostravano tendenze sadiche
dal momento che avrebbero potuto
essere potenziali ribelli, o creare improvvisi problemi di coscienza negli
altri. La soluzione per soffocare negli esecutori la piet istintiva, comune a qualsiasi animale, verso la
sofferenza degli altri della specie,
era semplice ed efficace: involvere
quellistinto verso il proprio io, scatenare un processo mentale che vedesse al centro della piet il se stesso
che doveva adempiere orribili compiti per compiere messianicamente
il proprio dovere. Laguzzino allora
si auto promuoveva a vittima, la logica si trasformava in delirio e il
male perdeva il suo connotato pi
rappresentativo, quello di essere
tentazione. In una sorta di perversione contro natura che capovolse
il ciclo istintuale delluomo, compreso il senso di solidariet umana,
anche la tentazione divent quella
di fare il bene e non il male: divenne
per molti tedeschi quella di non uccidere, di non cedere alla delazione,
di non mandare a morire, di non
trarre vantaggio dai crimini propri
e altrui. Da depravazione ideologica
il nazismo era diventata perversa
cultura di massa, propagata trasversalmente nelle mentalit e nei comportamenti dalla propaganda battente. Una volta avviato e ben oliato
il meccanismo, giunti cio allapocalisse finale, non era pi necessario creare nella psiche degli esecutori la labile parvenza della giustificazione, perch in loro lo svuotamento da ogni sentimento umano
era ormai completato. Il perfetto
gerarca SS stato lo strumento
scientificamente costruito di un sistema che poggiava in prima istanza
sullindifferenza verso lideale politico e sulla fedele ideologizzazione
delle masse. Il totalitarismo sa che
senza asservirsi il plauso delle masse
impossibile per lui esistere, e il
primo compito che si d quello di
organizzare passo passo il consenso
intorno a forme di anoressia mentale che inducano a vedere la forza
del potere come un obiettivo ag-

gregante. E, per tenere alta la mobilitazione, egli focalizza poi lodio


sul nemico oggettivo da annientare.
Le masse non si identificano con
particolari classi sociali o partiti politici basati sul seguito proporzionale, perch dove esiste logica razionale lodio cieco fatica ad attecchire. La massa invece informe ed
enorme quantit di persone prive di
ideale, esautorate o auto esclusesi
dallesercizio delle migliori responsabilit civili ed etiche. E un gregge
che si pu contare, recintare e nutrire di fatiscenti obiettivi.
Ma tutto questo non si costruisce in
pochi anni e nemmeno in poche generazioni, tanto vero che il totalitarismo, come forma di governo,
apparso sulla scena politica mondiale per la prima volta in Europa e
in quegli anni: nemmeno a risalire
di millenni si trovano tipi analoghi
di governo, nemmeno la tirannide
o le forme pi autocratiche di monarchia hanno mai potuto raggiungere anche in minima parte ci che
stato il moderno totalitarismo. Era
quindi necessario un retroterra storico preparatorio. La Arendt dimostra come lesplosione tumorale dei
sistemi totalitari europei, e segnatamente di quello nazista, sia germogliata come fase finale di un gioco
a effetto domino, i cui primi tasselli
sono stati messi dalla borghesia addirittura nel XIX secolo. Lentamente, meticolosamente, con laccumulazione esponenziale di capitale la borghesia sconvolse lequilibrio mondiale non solo economico
ma anche politico, interfacciando
al piano nobile della politica il suo
alter ego di valore: quello dellutilitarismo individualista spinto sempre pi verso conseguenze irreversibili. La Arendt non certo una
voce comunista, rileva anzi le anomalie che hanno fatto del marxismo
una pratica che ha fallito laddove si
cercato di applicarla. Ma, coerentemente alla sua onest intellettuale, ha riconosciuto allhomo aeconomicus la prima responsabilit
dello snaturamento del significato
della politica, delletica e dellequilibrio domanda-offerta. La borghe-

75

Cultura

sia dell800 europeo, lontana dal


preservare la pulizia ideale dei progenitori illuministi, era gi una
classe che irrideva lazione politica
come un gioco da lasciare agli oziosi
idealisti. Il suo culto era lindifferenza verso tutto ci che non fosse
corsa alla sovrapproduzione da spalmare sulle colonie, in un meccanismo che saturava il mercato della
domanda diventando sempre meno
produzione, sempre pi speculazione. Le prime dottrine razziali di
un paese che, per il fatto di non
avere colonie fu costretto a volgere la sete imperialista verso lhinterland europeo, si sposavano bene
con lillusoria corsa speculativa di
strati sempre pi vasti della popolazione. Il retaggio culturale borghese, concorrenziale e acquisitivo,
faceva intanto la sua parte, seminando la filosofia dellunico successo personale, quello economico,
e dellunico valore plausibile,
quello della capacit concorrenziale. Tra le due guerre le popolazioni europee, disaggregate intanto
dai nuovi equilibri geo-politici,
sono inconsapevolmente pronte
per apprezzare la comparsa delluomo forte, che si assume la fastidiosa responsabilit di liberarle dagli affari pubblici, le atomizza in particelle slegate e indifferenti e le organizza scientemente attorno alla
paralisi dellattivit sociale.
Propaganda e ancora propaganda
accompagna per mano cittadinibambini verso la graduale normalizzazione delle forze distruttive, insegna loro a non chiedersi pi chi
sono io?, domanda pericolosamente
introspettiva per il potere che intanto striscia, e vuole che i cittadinibambini riconoscano solo la loro
qualit identificativa nella massa. Il
totalitarismo, nella sua fase ascendente, non propaga ma indottrina,
non propone ma annichilisce, e

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quando alla fine del percorso della


follia arrivano i campi di concentramento e di sterminio, questi non
sono altro che il banco di prova su
cui il regime dimostra che possibile rendere gli uomini involucri
vuoti, resettare la loro pluralit in
un unico, inerme e mostruoso
corpo umano privo dei cinque
sensi, ridurli ad una immutabile
identit di reazioni. E possibile
creare a tavolino una specie mai esistita in natura, un tipo genetico che
non solo non ha pi nulla di umano,
ma neanche di animale; possibile
creare un altro tipo umano, il gerarca-gregario delite trasformato
in macchina di distruzione. E possibile rendere la vita umana un fardello insopportabile dopo che la si
svuotata della cittadinanza, dellintelligenza, della volont, della
spontaneit, dellamore. E, cos
svuotate, le vittime dei campi di concentramento arrivavano a scavarsi la
propria fossa su ordine dei guardiani. Hitler diceva che la menzogna, per essere credibile, devessere
enorme, deve disorientare linterlocutore a tal punto da indurlo alla
tentazione di credere al mentitore
piuttosto che al proprio vissuto: di
nuovo la tentazione viene capovolta
verso derive folli. Questa stata anche la linea di difesa degli assassini
SS ai processi degli anni 60, che
semplicemente volevano indurre il
mondo a non credere che tutto potesse essere davvero accaduto, volevano convincerlo che non era bene
indugiare sugli orrori. Il mondo,
che li guardava attonito, con pena
ha per capito che indugiare con la
mente e il cuore su qualcosa di
enorme lunica possibilit che si
ha di comprenderlo.
Hannah Arendt stata giustamente
definita unapolide del pensiero ed
sostanzialmente questo il grado
pi alto del suo contributo cultu-

Novembre - Dicembre 2006

rale. Ebrea atea di origine tedesca,


il nazismo ne ha fatto una sopravvissuta che ha cercato di pagare il
debito di essere rimasta in vita con
linstancabile impegno di far parlare lorrore muto di quel male che
ha segnato il 900, il vaiolo dei regimi totalitari. E non solo quello di
Auschwitz. Per questo il suo lavoro,
segnato dal bisogno di onest verso
se stesso, ha inciampato sulle forme
canonizzate dellortodossia intellettuale. Negli anni 60, quando tale
denuncia poteva apparire leresia di
una bestemmia, stata tra le poche
voci a denunciare il collaborazionismo della gerarchia ebraica, che
non esit a vendere la sua gente agli
assassini nazisti. Inoltre, la scelta di
raccogliere sotto lunico nome di totalitarismo tanto il nazismo quanto
lo stalinismo cercandone a monte
lanalogia strutturale anche se diversi i contenuti ideologici, le valse
la messa al bando tanto degli studiosi marxisti quanto dei filoxenofobi. Eppure, proprio in questo sta
il nuovo per la ricerca della verit.
Nel filo che lega causa ed effetto
nella genesi totalitaria, ha cercato le
connessioni ideologiche, filosofiche e politiche pi che le realt fattuali degli eventi.
Il fatto di prescindere dai puri fatti
oggettivi, gi ampiamente documentati, e tracciare una sorta di linee metafisiche dei tipi umani che
hanno reso possibile lorrore, ci
aiuta a comprendere ci che potenzialmente muove gli uomini al di
l e oltre le specifiche dei contenuti
ideologici. Il meccanismo che riduce a massa i cittadini, a comportamento lazione, a conformismo le diversit, non conosce latitudine n epoca e anche a noi, oggi,
deve dire qualcosa di importante,
aiutarci ad innescare la transumanza del pensiero come strumento di difesa collettiva.

Novembre - Dicembre 2006

Cultura

Ricordare, difendere, approfondire


la memoria storica utile e necessario
nella misura in cui riusciamo
a tradurre questa memoria in azione
culturale e politica, in consolidamento
e accumulazione delle forze comuniste,
in formazione comunista
per le nuove generazioni

L ' O t t o b re 1917
e il rilancio
della pro s p e t t i v a
dei comunisti
nel nuovo secolo

di Andrea Catone

DALLA RESISTENZA REATTIVA ALLA RESISTENZA STRATEGICA .


LA CONOSCENZA CRITICA DEL PASSATO E IL FUTURO
DELLA RIVOLUZIONE

ommemorare lOttobre sovietico


da tempo non pi di moda n politically correct per la sinistra. Si
preferisce piuttosto tributare onori
ad altri ottobre: la caduta del
muro di Berlino nel 1989 o linsurrezione anticomunista di Budapest nel 1956, salutata dal presidente della repubblica Napolitano
e dal presidente della camera
Bertinotti luno ex comunista, laltro leader di un partito che si richiama alla rifondazione comunista
- come la vera rivoluzione anticipatrice delle rivoluzioni del 1989-91
che segnarono la fine delle democrazie popolari e dellURSS, di quel
lungo ciclo storico che percorre il
secolo breve, inaugurato appunto
dalla rivoluzione dottobre. Il cerchio sembra chiudersi. Il giudizio
della storia si dice stato indiscutibilmente pronunciato: quella
rivoluzione (ma qualcuno tra i pentiti del comunismo ha sposato persino la tesi del putsch, del colpo di
stato) ha prodotto indicibili orrori
ed finita in un cumulo di macerie.
Da qui una condanna senza appello, la rimozione di quella storia,

la sua cancellazione dal calendario


degli anniversari che occorre ricordare alle nuove generazioni per la
loro formazione comunista. E chi
pretende di richiamarsi alla storia
delle rivoluzioni comuniste del 900
aperta dallOttobre sovietico viene
etichettato di nostalgico, irrimediabilmente incapace di leggere le
sfide del tempo presente.
Questa al momento la tendenza
prevalente salvo meritorie eccezioni nella cultura politica della
sinistra, degli eredi di quel che fu
il partito comunista italiano e della
nuova sinistra sessantottina e postsessantottina, in Italia e in molti
paesi del mondo. Questa situazione
ben presente ai comunisti che resistono, che non accettano la cancellazione di una storia, di un progetto di societ, di unidentit che
ha segnato profondamente la storia
del XX secolo e che ora si vuole condannare al silenzio e alloblio.
Di contro a questa tendenza maggioritaria e devastante, che tutto
sembra travolgere nella sua furia
iconoclasta, da cui non si salvano
non solo i bolscevichi va da s

ma neppure Marx, anzi, neppure


Rousseau e i giacobini francesi e
chiunque abbia odore di rivoluzionario (lunica rivoluzione oggi
ben accetta la controrivoluzione!), la prima reazione immediata e appassionata quella di sollevare alta al vento la propria rossa
bandiera e gridare con quanta voce
si ha in corpo: viva Lenin! Viva la
rivoluzione dOttobre, che ha
aperto la strada alla liberazione dei
popoli dal giogo coloniale e imperialistico! Viva il partito bolscevico
che ha saputo unico tra i partiti socialisti della II Internazionale dire
guerra alla guerra e rovesciare la
guerra imperialista in guerra rivoluzionaria! Viva lInternazionale comunista, che ha formato una generazione di comunisti capaci di lottare nella clandestinit contro il fascismo e di guidare le resistenze in
Europa! Viva lUnione sovietica,
che con larmata rossa e la resistenza dei suoi popoli stata determinante nella sconfitta del nazifascismo! Viva lURSS, che nel secondo dopoguerra ha saputo fronteggiare limperialismo americano

77

Cultura

e ha favorito, con la sua sola esistenza, la resistenza vietnamita, la liberazione di Angola e Mozambico,
le lotte anticoloniali, la rivoluzione
cubana e le lotte popolari in
America Latina! Viva la rivoluzione
che, prima nella storia, ha provato
a costruire una societ senza privilegi di casta, senza propriet capitalistica, fondata sullidea di uno sviluppo razionale ed equilibrato delleconomia attraverso il piano!
E questo diciamo e ricordiamo a chi
vuole cancellare dalla storia il comunismo del 900. Ma non basta, e
anzi, se rimane soltanto un grido
esacerbato nel deserto contro linfamia e la calunnia, pu essere anche una reazione impotente, lindice di una debolezza strategica. La
commemorazione fine a se stessa
non ha mai interessato i comunisti.
Il giovane Gramsci in uno dei suoi
articoli appassionati accusava il partito socialista di aver ridotto Marx
ad unicona, un santo al capezzale,
da rispolverare per le occasioni, le
commemorazioni, le ricorrenze,
per poi lasciarlo marcire in soffitta
per tutto il resto dellanno, evitando
scrupolosamente di trasformare in
azione politica vivente il suo pensiero critico.
Ricordare, difendere, approfondire
la memoria storica utile e necessario nella misura in cui riusciamo
a tradurre questa memoria in
azione culturale e politica, in consolidamento e accumulazione delle
forze comuniste, in formazione comunista per le nuove generazioni.
Non siamo qui per agitare bandiere
o icone, non siamo i nostalgici (anche se questa nostalgia comunista
sentimento che merita rispetto) di
un paradiso perduto, di illusioni
non realizzate, di un nobile sogno,
di unutopia irrealizzabile. Se il 7
novembre 1917 ancora una data
che riteniamo di dover ricordare e
onorare non solo per un doveroso
omaggio agli eroici furori di un
tempo che fu, non intendiamo essere gli avvocati dufficio della rivoluzione. LOttobre sovietico non ne
ha bisogno n di questo hanno bi-

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sogno i comunisti oggi.


Di altro c urgente bisogno. In
primo luogo di riappropriarsi della
propria storia comunista, contro
ogni demonizzazione, ma liberi anche da ogni mitizzazione. Il comunismo nasce come critica critica
teorica delleconomia politica borghese nel Capitale di Marx e critica
come prassi (e anche lagire teorico
unazione pratica nella misura in
cui influisce sulla trasformazione
dei rapporti sociali), pratica politica
per labolizione dello stato di cose
presente, per il rovesciamento dei
rapporti di propriet borghese
nella propriet comunista. Occorre
sapersi riappropriare criticamente
della propria storia comunista del
900. Sono gli altri, la parte borghese e anticomunista a scrivere
oggi questa storia in parte molto
rozzamente, in parte con mezzi pi
raffinati che fanno leva anche sulle
centinaia di migliaia e milioni di documenti di storia sovietica e dei
paesi che furono democrazie popolari resi oggi accessibili agli studiosi.
Su questo terreno noi oggi siamo rimasti indietro. Chiunque abbia provato a scrivere di storia sa che attraverso la selezione che lo studioso
opera della documentazione darchivio che si pu delineare un quadro in un modo o nellaltro. I documenti verificatane filologicamente lautenticit riportano i
fatti, ma allinterno di una massa
che come nel caso russo davvero
straordinaria (6 milioni di documenti allarchivio centrale russo) si
possono selezionare alcuni elementi e ometterne altri. Cos la storia dellURSS pu anche essere ridotta a quella di un immenso Gulag
e la carestia in Ucraina negli anni
trenta pu essere attribuita a un
qualche diabolico piano staliniano
di eliminazione fisica di una nazione. tempo di commemorare
lOttobre dotando i comunisti degli
strumenti adeguati per rispondere
allazione denigratoria e alla demolizione dellesperienza storica del
comunismo del 900.
Ma non si tratta solo di risposta alla
diffamazione storica. Il lavoro che i

Novembre - Dicembre 2006

comunisti possono e debbono intraprendere oggi nella conoscenza


della storia delle rivoluzioni non
pu essere principalmente reattivo, non deve nascere cio solo
come risposta agli attacchi. Lo studio appassionato e critico della nostra storia deve saper giocare danticipo per dirla con una battuta:
non bisogna aspettare agosto 2008
per lavorare su unadeguata comprensione di ci che port i carri armati dellURSS a Praga. I comunisti
devono concepirsi e organizzarsi
come soggetto autonomo, che assume
liniziativa anche sul terreno insidioso e fondamentale della lotta
culturale, senza attendere che siano
altri a scegliere e determinare il terreno sul quale misurarsi.
La storia in tutti i suoi aspetti - delle
rivoluzioni comuniste del 900 va
studiata e approfondita dotandosi
di tutti gli strumenti adeguati per un
lavoro critico collettivo non solo per
battere il revisionismo storico, ma
perch in essa vi un bagaglio di
esperienze fondamentali per la
lotta politica di oggi, per le sue prospettive. Per citarne solo un aspetto:
il terreno della costruzione di una
nuova organizzazione economica
fondata su una propriet prevalentemente pubblica, statale, e in diversi casi sociale. Quellorganiz_zazione economica, tanto ammirata
anche dai paesi in via di sviluppo
poich riusc a dotare lURSS in pochi anni di un grande apparato industriale, portandola a competere
in alcuni campi con i pi avanzati
paesi capitalistici, non riusc a passare alla fase superiore di uneconomia intensiva ad alta produttivit.
E ci fu certamente una delle cause
che condussero il paese dellOttobre allingloriosa fine del 1991. Ma
intanto i bolscevichi e i comunisti
delle democrazie popolari la questione della organizzazione e gestione di uneconomia socializzata
la posero e con essa si misurarono,
conseguendo alcuni successi accanto a pesanti sconfitte. Questo
grande patrimonio di esperienze, di
teoria delleconomia politica del socialismo, di pratiche, non pu es-

Novembre - Dicembre 2006

sere gettato nel dimenticatoio da


chi si propone il fine del superamento della propriet borghese in
propriet socialista. Solo chi ha abbracciato un nuovo bernsteinismo e
ritiene che il movimento sia tutto e
il fine nulla - e che nulla si pu e si
deve dire circa una societ socialista,
ma aspettare che qualcosa sgorghi
da s, dalle contraddizioni della societ pu eludere il riferimento a
questa esperienza. Ma le contraddizioni del capitalismo, come Walter
Benjamin aveva ben intuito, non
portano inevitabilmente al socialismo, e senza lazione cosciente e organizzata, diretta a un fine, possono
portare alla distruzione della civilt:
socialismo o barbarie
Il frutto peggiore dellideologia
della fine delle ideologie e della rimozione della storia comunista il
totale oscuramento delle prospettive della trasformazione futura
della societ. La tattica, in un presente senza storia, senza passato e
senza futuro, diventata il pane
quotidiano di buona parte del personale politico ex comunista o pseudocomunista. A ben guardare, non
altro che apologia del capitalismo
presente. La coltre di oblio che copre la storia aperta con lOttobre
mira anche e soprattutto - a questo: non solo a non fare i conti con
la storia comunista, ma ad eludere so prattutto la questione della prospettiva
comunista. Il ceto politico nichilista
ex comunista o pseudocomuista
non in grado e non vuole andare
al di l della tattica quotidiana.
Studiare lOttobre - e ricordarlo

Cultura

oggi, come si chiarito, non intende agitare bandiere ma costruire


scienza comunista per la costruzione di una societ socialista - ci
consente invece di pensare ed agire
strategicamente, senza elevare la
tattica a fine in s. Pensare in termini
strategici e non solo reattivi. Questo
oggi ci manca, di questo abbiamo
bisogno, a questo ci induce oggi la
commemorazione di quel grande
spartiacque della storia che fu il
1917 russo. La grandezza dei nostri
grandi maestri di Lenin in primo
luogo stata quella di aver saputo
collocare ogni scelta tattica allinterno di una grande prospettiva, ponendo in primo piano la questione
strategica. Pensare strategicamente
significa costruire le condizioni perch siano i comunisti a determinare
il terreno su cui porre le grandi questioni. Reagire, rispondere agli attacchi e alle provocazioni dellavversario doveroso e giusto, ma la
sola reazione non ci fa compiere il
salto di qualit di cui i comunisti
hanno oggi pi che mai bisogno.
Lagenda del mondo, lagenda
delle grandi questioni culturali di
importanza strategica non devono
imporcela altri, ma deve essere posta dai comunisti.
Commemorare oggi lOttobre significa allora pensare strategicamente per la ricomposizione e il rilancio su scala mondiale del movimento comunista. Un fattore importante per questo pensiero strategico la costruzione, coordinando forze e intelligenze, capaci di
leggere la nostra storia e di analiz-

zare le contraddizioni mondiali e il


loro sviluppo, pensando la rivolu zione, il che significa individuare
nelle contraddizioni dellimperialismo le premesse non solo per una
resistenza dei popoli alle aggressioni, ma anche della possibile trasformazione della guerra in rivoluzione, della resistenza nazionale in
percorso di transizione socialista.
Commemorare oggi lOttobre significa passare dalla resistenza reattiva
alla resistenza strategica. Non si pu
essere soltanto anti: anticapitalisti, antifascisti, antimperialisti.
LOttobre russo non fu solo contro
la guerra, non fu pacifista, non
fece solo guerra alla guerra, ma
trasform la guerra in rivoluzione
sociale.
Pensare strategicamente significa
sapersi dotare oggi anche degli strumenti culturali per la trasformazione socialista nel XXI secolo.
Non guarderemo allora alla storia
del comunismo novecentesco come
una testimonianza del passato da
salvaguardare dalle intemperie e intemperanze dei nuovi barbari,
come monaci amanuensi che salvano i tesori perduti dei classici antichi, ma come una miniera preziosa, un tesoro di esperienze da cui
apprendere, un patrimonio di inestimabile valore in cui affondano le
radici della nostra identit e del nostro futuro. Non vivremo cos immersi nella tattica quotidiana di un
presente senza storia, ma nella prospettiva strategica della costruzione
delle condizioni della rivoluzione,
che nelle cose presenti.

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Recensioni

Novembre - Dicembre 2006

Il mercato culturale di massa,


nella misura in cui si universalizza
e permette a settori sempre pi vasti
la fruizione dei suoi prodotti,
si impoverisce qualitativamente.
E nella misura in cui risponde in termini
sempre pi differenziati alle richieste
dell'utente-consumatore, omogeneizza
i gusti ed i bisogni, concretizzando,
anche in campo culturale, il dominio
delle merci sull'individuo

La moderna
complessit
del Novecento:
un secolo che non
abbiamo alle spalle

di Simone Oggionni

IL LIBRO DI A RMANDO P ETRINI , DENTRO IL NOVECENTO.


U N SECOLO CHE NON ABBIAMO ALLE SPALLE (EDITRICE Z ONA ,
2006), UN CONTRIBUTO PENETRANTE E RIGOROSO E , IN QUANTO
TALE , NECESSARIO AL DIBATTITO CULTURALE DELLA SINISTRA ITALIANA

Il senso profondo delloperazione


compiuta dallautore sta nellaffermare che possibile, anzi necessario, ragionare sul Novecento con la
consapevolezza che questo secolo ,
per molte ragioni, ancora di fronte
a noi. Lattualit del Novecento
cio la premessa che rende possibile
la riunione, nel libro, di cinque tra
saggi ed interventi differenti, complementari perch accomunati dallintento di indagare la modernit
di un secolo da pi parti rimosso
con imbarazzante pervicacia liquidazionista.
Perch cos importante, per Armando Petrini, affermare questo
presupposto? Per un motivo determinante ai fini del suo impegno di
ricerca: la liquidazione del Novecento, linsistita necessit di andare
oltre, chiudere la modernit, ha prodotto, a livello culturale, la paralisi
della facolt critica. Riannodare i
fili con il secolo scorso significa
quindi recuperare la capacit di interpretare il presente, riconquistandone, sotto la coltre fumosa generata dai post-modernismi, materialit e antinomie caratterizzanti.
Scrive con precisione Petrini nella

80

nota introduttiva: le contraddizioni di cui il Novecento si nutrito


e che ha esso stesso alimentato non
sono affatto sparite. Non affatto
sparito, aggiungo, lassunto hegeliano (e quindi, per definizione,
moderno) della dialettica come
teoria della contraddizione reale.
La contraddizione reale, appunto.
Pensiamo a quella trasformazione
del progresso culturale nel suo contrario di cui Horkheimer e Adorno
scrivono nella Dialettica dellIllumini smo e, nello specifico, allodierna industria culturale, a cui Petrini dedica il primo saggio: Larma pi forte.
Un discorso sullindustria culturale. Il
mercato culturale di massa, nella
misura in cui si universalizza e permette a settori sempre pi vasti la
fruizione dei suoi prodotti, si impoverisce qualitativamente. E nella misura in cui risponde in termini sempre pi differenziati alle richieste
dellutente-consumatore, omogeneizza i gusti ed i bisogni (ci che
di continuamente nuovo essa offre
non che il rappresentarsi in forme
sempre diverse di un qualcosa di
eguale), concretizzando, anche in
campo culturale, il dominio delle

merci sullindividuo. L i n d u s t r i a
della cultura determina cos il perpetrarsi di un meccanismo perverso
nel quale alla crescita dellofferta
corrisponde limmiserimento complessivo del livello culturale e, tramite esso, la soggezione delluomo
allideologia delle merci e del denaro. Petrini dice esattamente questo: la rimozione del pensiero di
Adorno e dellaccezione critica di
industria culturale (non quindi
intesa banalmente come organizzazione aziendalistica della produzione culturale) parte integrante
della generale rimozione del Novecento. Di pi: prendere atto della
tragica consustanzialit tra capitalismo avanzato e industria culturale
(e, conseguentemente, tra capitalismo e feticismo delle merci) ci permette di capire loggi e di intervenirvi politicamente.
C difatti, al fondo dei ragionamenti dellautore, un appassionato
impegno politico che in grado di
legare, attraverso una volont militante, la ricerca critica allanalisi
della societ contemporanea.
Allideologia dellindustria culturale, infatti, corrispondono gli inte-

Novembre - Dicembre 2006

ressi delle classi dominanti (la


merce che si vuole piazzare un
acritico accordo generale, si fa pubblicit al mondo cos com, scrive
Adorno nella Ricapitolazione dellin dustria culturale): per questo necessario, se si intende contribuire
ad invertire i rapporti sociali, intervenire sul primo terreno. Fino a che
il consumatore non sovrano,
come lindustria culturale vorrebbe
far credere, non il suo soggetto
bens il suo oggetto; fino a che, in
altre parole, lindividuo passivamente partecipe, nel ciclo produttivo come nel tempo libero, dei processi di alienazione, non pensabile
che egli sia libero. Non pensabile
il sovvertimento dellordine sociale
ed economico che ne istituisce la
condizione. Fin qui la Scuola di
Francoforte.
Ma quanto irreversibile lassoggettamento dellindividuo al discorso dominante? Quanto invece
lo sviluppo capitalistico e lespressione della sua ideologia richiedono e a loro volta innestano un
processo dialettico? Quanto, cio,
la comunicazione delle ragioni del
dominante [] anche premessa
di modificazione delle soggettivit
subalterne nel senso dellaccrescimento della loro capacit critica e
potenzialmente antagonistica?
Il Sessantotto, sul quale lautore incentra il secondo saggio che qui
prendiamo in esame (La lunga ere dit del Sessantotto. Per una critica della
contestazione giovanile), ha coinciso
con una delle punte elevate di questo processo dialettico, esprimendo
in una misura estremamente apprezzabile le potenzialit di critica
ed antagonismo dei soggetti subalterni. Il lungo 68, ad identificare
il decennio che intercorre tra la caduta del governo Tambroni e le conquiste sindacali e civili del 19691974, nasce dallincontro tra il ciclo
di espansione economica e lalta
crescita del proletariato industriale,
lavvio e lo sviluppo dellalfabetizzazione e della scolarizzazione di
massa e, sul piano soggettivo, la
forza egemonica della sinistra, capace di radicare nella societ luoghi

Recensioni

fisici di contropotere. Il conflitto,


la propensione permanente alla rivolta di una societ in fibrillazione,
concretizza in quegli anni, anche
sul piano materiale, quella rivoluzione culturale di cui parla
Hobsbawm ne Il secolo breve. Per questo a me pare che si possa parlare di
convergenza oggettiva tra lansia di ribellione del movimento studentesco (oltre che per le sue componenti pi consapevoli di conquista di un ruolo di direzione politica
dei nuovi assetti sociali) e lautunno
caldo del movimento operaio. Non
un caso che i due momenti procedano nello stesso tempo, attingano
dalla stessa necessit di contrastare
un sistema, sociale quanto culturale, vissuto come anacronistico.
Con linguaggi differenti, spesso reciprocamente impenetrabili, la rivolta giovanile contro la vocazione
autoritaria della societ borghese e
la lotta di classe dei lavoratori procedono nella medesima direzione.
In questo ritengo che Petrini sia
poco indulgente con il movimento
studentesco: la critica allautoritarismo era s la contestazione dellautorit (e spesso dellautorit in
quanto tale) ma costruita in condizioni in cui lautorit non solo lautoritarismo assumeva un segno
specifico e regressivo, anche sul terreno dello scontro sociale. In altre
parole, il 68 si innesta allinterno
del ciclo dialettico, in una fase
espansiva e quindi di dispiegamento delle proprie potenziali contraddizioni, tanto sul piano sovrastrutturale quanto sul piano dei rapporti di produzione. Il movimento
giovanile di contestazione cresce, in
primo luogo, intorno alla rivendicazione dinamica della liberazione
dellindividuo dalle inibizioni indotte dal carattere repressivo del sistema capitalistico: cos facendo
produce un affondo oggettivamente organico, per fare soltanto
un esempio, allesperienza dei
Consigli di Fabbrica. La soggezione
delloperaio nella fabbrica ci dice
il lungo 68 non estranea alla
condizione del detenuto, sia esso in
un istituto penitenziario o in uno

psichiatrico, e non estranea allo


smarrimento dellintellettuale
nella societ del consumo. Anzi:
queste tre condizioni paradigmatiche possono descrivere il carattere
totale come scrive Marcuse a cavallo del 1968 della societ industriale avanzata. Una societ che induce, in ragione del carattere interattivo, quasi circolare, del rapporto
tra sfera ideologica e sfera strutturale (quella reciprocit necessaria che le unisce), ad una corrispondenza sempre pi accentuata
tra gli interessi della liberazione del
soggetto e gli interessi della socializzazione dei mezzi di produzione.
Ed significativo che, in risposta ad
una nuova industrializzazione
[che] non si accontenta pi di un
uomo che consuma, ma pretende
che non siano concepibili altre
ideologie che quella del consumo,
il Sessantotto rilanci lutopia della
rivoluzione. Ed ancora pi significativo che questa aspirazione
venga raccolta dalla politica e tradotta sul terreno del conflitto sociale prima (la grande stagione di
scioperi) e sul terreno formale ed
istituzionale poi (le conquiste del
lustro successivo). Il movimento ridefinisce la politica - inducendo
Petrini a scorgervi un elemento
spontaneistico di negazione della
politica medesima e costruisce
cos una sintonia profonda con i bisogni prodotti dalla modernit.
Salvatore Lupo scrive, a proposito
dellarea del dissenso extra-parlamentare, che la spinta a cui questa
diede vita era moderna proprio perch fiduciosa nel futuro e indisponibile a rendersi oggetto di pedagogie pi o meno autoritarie, non
soltanto della scuola o della Chiesa,
ma anche dei partiti. Ravvisa cio
un elemento di modernit, e forse
di maturit, nella critica non antipolitica ma iper-politica del movimento al Partito, quello stesso partito che come si diceva trasporr
sul piano parlamentare e nel paese,
con la capillarit resa possibile da
una poderosa organizzazione di
massa, il nucleo forte delle aspirazioni prodotte dal Sessantotto.

81

Recensioni

Petrini sostiene una tesi differente:


la contestazione giovanile, scrive
sintetizzando le proprie argomentazioni, contrappose di fatto []
al concetto moderno di trasformazione radicale, e dunque rivoluzio naria dello stato di cose, il concetto
postmoderno di ribellione []; un
concetto che in politica si nutre di
una visione tendenzialmente interclassista e cio, in ultima analisi, individualistica della societ. Il dato
generazionale che cos distintamente denota il movimento studentesco avvalorerebbe lidea della
prevalenza, dentro il Sessantotto, di
una concezione dellindividuo singolo e singolarizzato. Al contrario,
ritengo che il problema politico che
quei movimenti posero (nella loro
articolazione e nella loro soggettiva
disomogeneit) attenesse in misura
sistemica al modo di produzione capitalistico e alle sue irrisolte contraddizioni: mettesse a tema cio la
riorganizzazione del lavoro d e n t ro
una critica della cultura della repressione e del consumo. Per questo non mi convince la definizione
di Sessantotto che propone Petrini:
un deciso, in parte anche decisivo
e probabilmente fino a un certo
punto riuscito, tentativo di chiudere la ricca e fertile parabola della
modernit.
Certo , tuttavia, ed in questo ha pienamente ragione Petrini, che riecheggia in taluni concetti della
controcultura sessantottesca un
volontarismo incapace di investire
le organizzazioni di massa del compito di costruire legemonia.
proprio nellalveo della crisi delle
organizzazioni di massa che si sviluppa nella societ, non solo nel dibattito storiografico, il germe del revisionismo storico, cui Petrini dedica il saggio conclusivo (A proposito
di antifascismo. Eredit, memoria, con flitto: un esempio, Il sangue dei vinti
di Giampaolo Pansa). Il sangue dei
vinti, a cui Pansa fornisce un seguito
con due ulteriori saggi, si configura

82

precisamente scrive lautore


come espressione di quel sentire
assai diffuso e articolato che rischia
di alimentare oggi un nuovo fascismo strisciante.
Alla radicale difficolt di difendere
e consolidare il consenso acquisito
nella societ dalle forze progressiste
sino agli anni Settanta corrisponde,
in ambito filosofico, la frantumazione del concetto forte di senso
come elemento di emancipazione e
consapevolezza di s dei soggetti
subalterni. ancora una volta acuto
Petrini, citando Adorno e Horkheimer: lideologia [dominante] diviene sempre pi lunica struttura
in grado di costruire senso nel deserto del pensiero, realizzando sarcasticamente lidea di una cultura
organica. E lideologia dominante in questo embrionalmente
fascista persegue lobiettivo di
annichilire il conflitto e normaliz zare, per questa via, la societ italiana. Per farlo necessario liberarsi
del peso storico e morale dellantifascismo, della memoria attiva di una
guerra civile di liberazione che ha
visto laffermarsi delle ragioni nitide ed insopprimibili del campo
partigiano.
Una tendenza ideologica reazionaria che accompagna storicamente,
come ci ricordano gli studi polanyiani, le involuzioni autoritarie
delle politiche liberiste e che oggi si
riconferma nella misura in cui, crollato il mito dellautoregolazione
del mercato, le strutture di dominio borghese accelerano sul terreno
della repressione e, in campo culturale, sul terreno dellomologazione e della gestione monopolistica della cultura di massa.
Lo smantellamento delle conquiste
sociali (e la appropriazione privatistica della ricchezza sociale) il
fenomeno strutturale a cui la nuova civilt dei consumi per dirla
con Pasolini tuttoggi sottesa. Di
essa lesigenza di liberarsi dellantifascismo pi che un corollario ed

Novembre - Dicembre 2006

in certi casi assurge, come scrive


Petrini, a necessario momento di
espiazione collettiva, una sorta di
vera e propria catarsi sociale e psicologica.
Da un lato ci si pone lobiettivo di
liberare la Storia, ancora una volta,
dallepica novecentesca, con i suoi
prometeici tentativi di scalare il
cielo (perch dietro allanti-fascismo si intravede, a ragione, la volont di pianificare razionalmente,
attraverso lazione di un soggetto
collettivo, una societ altra dal capitalismo e, in essa, luomo nuovo)
e dallaltro lato, quasi a livello psicologico, si espia la colpa di essere
stati anti-fascisti e di avere quindi inconsapevolmente parteggiato per
una prospettiva ritenuta totalitaria.
Si legano a livello causale, quindi,
nel revisionismo, lesigenza di normalizzare la politica neutralizzando
il conflitto (e aborrendo in via metafisica il carattere violento dellinsurrezione e della rivoluzione) e la
forza ideologica di imposizione del
conformismo propria della moderna societ del consumo. Nel revisionismo di Pansa afferma
Petrini questa forza ha per un
carattere frigido [] d voce a un
pensiero risolutamente debole,
non conflittuale: banalizza la vicenda storica presentandola come
naturale ed asettica. priva cio di
quel sentimento di passione che
contraddistingue la modernit e in
essa, ancora una volta, il Novecento.
Petrini, al contrario, non rinuncia
allaffermazione della sua prospettiva; non rinuncia, in definitiva, al
conflitto. N in senso concettuale
(non abbandona, anzi rivendica, la
centralit della dialettica, della contraddizione, e quindi della possibilit del cambiamento), n nel confronto con le tesi dominanti. Dentro
il Novecento. Un secolo che non abbiamo
alle spalle un libro importante, un
contributo penetrante e rigoroso e,
in quanto tale, necessario al dibattito culturale della sinistra italiana.

Novembre - Dicembre 2006

Recensioni

Va a merito del lavoro


di Domenico Moro l'esplicito intento
di dare una mano ad una operazione
culturale di ripresa della diffusione
del marxismo, attraverso un testo
che introduce e incoraggia
la lettura dell'opera principale di Marx

Nuovo compendio
del Capitale

di Ascanio Bernardeschi

SINTESI

DAL LIBRO

DEL

CAPITALE

DI

M ARX

CON RIFERIMENTO

E CONFRONTI CON LA REALT CONTEMPORANEA

l crollo dei regimi dellEst europeo


ha solo messo lultimo suggello a
una crisi del movimento operaio internazionale iniziata ben prima. Pur
dovendo dare il giusto peso ai fattori strutturali, non possiamo trascurare, tra le cause non irrilevanti
di questa crisi, una sorta di disarmo
ideologico unilaterale di diversi
partiti dellOccidente, tra cui il PCI,
risalente ad almeno una decina di
anni prima, uno smarrimento di
fronte ad alcune sconfitte e una incapacit di darne una lettura razionale che ha indotto a sposare ogni
moda culturale, accantonando gli
strumenti di analisi che ci offre il
pensiero di Marx. Gli sviluppi successivi della mondializzazione e la
ripresa della competizione interimperialistica avrebbero dovuto stimolare la ripresa di un rigoroso lavoro teorico, visto che molte categorie marxiane trovano piena verifica nella spiegazione dei fatti degli
ultimi decenni. Tuttavia permane,
anche nelle elaborazioni di partiti
che si richiamano al comunismo,
una sorta di eclettismo che disperde
la necessaria ricerca verso strade
poco feconde. Chi non condivide
questa critica pu vedersi le pagine
e gli inserti culturali dei principali

quotidiani della sinistra italiana,


compresi purtroppo Liberazione e il
Manifesto.
Va a merito del lavoro di Domenico
Moro lesplicito intento di dare una
mano ad una operazione culturale
di ripresa della diffusione del marxismo, attraverso un testo che introduce e incoraggia la lettura dellopera principale di Marx. Il titolo
del libro, Nuovo compendio del
Capitale (Ed. dellOrso, Alessandria
2006), richiama il precedente analogo tentativo in Italia, quello di
Carlo Cafiero del 1879, con cui si
sintetizz il primo libro del Capitale
prima che fossero pubblicati da
Engels i rimanenti due. Ma il contenuto di questo nuovo
Compendio, che si configura come
uno stringato volumetto (172 pagine in tutto), va al di l di quanto
promette il titolo per due motivi.
Innanzitutto perch vengono introdotti anche importanti aspetti dei rimanenti libri del Capitale e di successivi sviluppi teorici (Lenin soprattutto, ma non solo), poi perch
alle parti teoriche si affianca una interessantissima disamina degli sviluppi recenti del capitalismo mondiale. Da tale disamina emerge lattualit di Marx attraverso una du-

plice dimostrazione: 1) che i fatti osservati costituiscono una verifica


empirica della critica delleconomia politica e 2) che questultima
costituisce ancora lo strumento pi
utile per analizzare e interpretare
correttamente
detti
fatti.
Naturalmente concentrare cos
densi contenuti in poche pagine
comporta scelte drastiche di sintesi
e di semplificazione. Per il sottoscritto, per esempio, sarebbe stato
utile aggiungere anche pochissime
pagine per chiarire pi nettamente
alcuni concetti basilari della prima
sezione del Capitale (valore duso e
valore, sostanza e grandezza di valore, forma di valore e valore di
scambio come manifestazione fenomenica del valore, forma di denaro) - la cui sottovalutazione o incomprensione ha portato a notevoli
equivoci nel dibattito in ambito
marxista sulla teoria del valore - oppure per illustrare alcuni passaggi
essenziali dai concetti pi astratti
del primo libro a quelli, pure illustrati, dei successivi (profitto e legge
della caduta tendenziale del saggio
del profitto, crisi di sovrapproduzione, sottoconsumo, sproporzione
tra i settori). Questa scelta di una
estrema sintesi (e semplificazione)

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Recensioni

si fa perdonare dalla validit dei riferimenti allo sviluppo del capitalismo dopo Marx e alla realt contemporanea, che sono secondo chi
scrive la parte pi interessante del
Compendio.
Com noto, la scienza di Marx
qualcosa di assai diverso dalle classiche divisioni del sapere scientifico. Filosofia, economia politica,
diritto e storia si intrecciano in una
nuova scienza sociale. Leconomia
politica cessa di essere una teoria
buona per tutte le stagioni, che prescinde dalle specifiche forme storicamente determinate in cui si manifestano i rapporti di produzione e
che considera naturali i prodotti
storici di unepoca, cos come la storia cessa di essere una descrizione
dei fatti che prescinde da una loro
spiegazione teorica. In questo senso
il lavoro di Moro si inserisce perfettamente nellalveo della letteratura
marxista ed quindi un saggio sia
di teoria sia di storia, in cui si intrecciano la descrizione delle tendenze storiche e di fase del capitalismo contemporaneo con gli aspetti
teorici che le spiegano.
Nello spazio di questa breve recensione sarebbe difficile dare conto
compiutamente dei temi trattati,
talvolta in maniera assolutamente
originale, e, di conseguenza, ci limitiamo a richiamarne alcuni ritenuti tra i pi rilevanti. Molti degli
sviluppi del capitalismo si spiegano
efficacemente con la pulsione dei
singoli capitalisti ad abbattere il lavoro necessario nella propria impresa per lucrare la differenza tra il
valore sociale delle merci (lavoro socialmente necessario) e il valore individuale. Lorganizzazione fordista
prima, quella cosiddetta postfordista poi, la qualit totale, il just in
time, lintroduzione dellinformatica e dellautomazione, sono prodotti appunto del tentativo di risparmiare lavoro individuale.
Queste innovazioni hanno posto le
basi tecniche per un enorme sviluppo degli scambi mondiali, delle
comunicazioni, del commercio
elettronico, di una maggiore connessione tra produzione e circola-

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zione, in sintesi per la creazione di


un mercato mondiale. A proposito
della mondializzazione, una citazione del premio Nobel Striglitz e
una di Marx evidenziano come questultimo avesse gi previsto e meglio descritto ci che oggi il primo
rileva. Ci che si era previsto 150
anni fa si sta compiutamente realizzando ora. I suoi meccanismi causali e le sue modalit si dimostrano
esattamente compresi. Lestorsione
del plusvalore avviene anche attraverso la svalorizzazione del lavoro e
delle condizioni di esistenza del lavoratore. Da qui lo sfruttamento
sempre pi esteso del lavoro incluso quello minorile nel cosiddetto terzo mondo, ma anche le
forme di sfruttamento nei paesi di
vecchia industrializzazione: la caratterizzazione del lavoratore come
operaio parziale, privato dei nessi
che lo rendono in grado di produrre autonomamente e le cui abilit, conoscenze tecniche e scientifiche passano alle (vengono incorporate nelle) macchine. Le innovazioni tecnologiche sono funzionali
anche alla lotta senza quartiere del
capitale contro linsubordinazione
operaia. Da qui un movimento e un
intreccio dialettico in forme che
possono rinnovarsi nelle diverse fasi
ma che rispondono ad analoghe finalit tra introduzione delle macchine e diminuzione dei salari. Gli
stessi tagli al welfare, una forma di
salario indiretto, si spiegano con il
fatto che la necessit di riprodurre
su scala allargata il rapporto capitalistico il limite allaumento dei salari (diretti e indiretti). Da qui la fortuna delle politiche liberiste.
Se esaminato con le lenti del
Capitale si comprende anche il ruolo
degli organismi internazionali (dal
Fondo Monetario Internazionale,
allOrganizzazione Mondiale del
Commercio, alla Banca Mondiale
ecc.), posti sotto il controllo di lite
dei paesi capitalisticamente pi
forti per scaricare la crisi nei paesi
pi deboli e per imporre politiche
che abbattono il costo del lavoro.
Moro ci avverte che le delocalizzazioni non si spiegano con i bassi sa-

Novembre - Dicembre 2006

lari in assoluto, ma relativamente


alla produttivit. Perch ci sia interesse a spostare le produzioni verso
aree capitalisticamente arretrate
non basta trovare lavoro pi a buon
mercato, ma un pi favorevole rapporto tra costo del lavoro e produttivit, condizione questa un po pi
difficile da realizzarsi.
Allaspetto delloperaio parziale fa
da contrappunto dialettico quello
delloperaio complessivo attraverso
la connessione dei diversi lavori
nella fabbrica secondo un piano dispotico del capitale. Ma a livello di
societ tale connessione non avviene secondo un piano, ma per tentativi, secondo le leggi anarchiche
del mercato, di modo che le scelte
dei singoli capitalisti per procacciarsi il massimo profitto possono ritorcersi contro la classe dei capitalisti nel suo insieme, determinando
una caduta del saggio del profitto.
Andando opportunamente fuori
moda, Moro recupera il valore della
legge marxiana della caduta tendenziale del saggio del profitto negandone il carattere catastrofista, di
previsione di un crollo del sistema,
evidenziando invece quello, appunto, di una tendenza dovuta a
contraddizioni insite in tale sistema
e che trovano una loro temporanea
risoluzione attraverso le crisi. In
questo modo molte delle evoluzioni
epocali fin qui sommariamente indicate e altre che in questa sede non
c tempo di esaminare si spiegano
anche come il tentativo di arginare
la caduta del saggio del profitto,
mettendo in campo quei fattori che
gi Marx aveva individuato come
fattori antagonistici rispetto alla
legge, in grado di produrre cio
controtendenze. Tra questi possono
essere rammentati laumento del
grado di sfruttamento del lavoro, la
diminuzione del prezzo degli elementi del capitale costante, la sovrappopolazione relativa (leggi disoccupazione), lo sfruttamento del
lavoro minorile, il commercio
estero, il credito e la finanziarizzazione, la sussunzione sotto il dominio del capitale del lavoro cognitivo
e di altri lavori che fin qui erano

Novembre - Dicembre 2006

fuori dalla sfera dello sfruttamento


capitalistico, vale a dire quelli connessi alla riproduzione della forza
lavoro, che erano demandati alla
sfera domestica o ai servizi dello
stato (privatizzazioni dei servizi).
Se, come si detto, viene respinta
una lettura crollista della legge
della caduta del profitto, non di
meno tale legge rende palese la
transitoriet del modo di produzione capitalistico, in quanto evidenzia che la sovrapproduzione di
mezzi di produzione non assoluta,
ma sovrapproduzione di mezzi
usati come capitale, cos come il superamento di ogni limite allo sviluppo produttivo contemporaneamente alla restrizione del consumo
ci dice che non si prodotta troppa
ricchezza, ma la si prodotta troppo
nelle sue forme capitalistiche.
Riprendendo lottima citazione dal
C a p i t a l e: Il capitalismo appare
come una potenza sociale, di cui il
capitalista il funzionario, che non
conserva pi alcun rapporto proporzionale con quanto in grado di
produrre un singolo individuo ma
come potenza sociale estranea, indipendente, che si contrappone alla
societ [...] La contraddizione tra

Recensioni

questa potenza sociale e il potere


privato del capitalista [...] diviene
sempre pi netta e condurr infine
alla rottura del rapporto capitalistico. La trasformazione che ne seguir il portato dellevoluzione
delle forze produttive nel modo di
produzione capitalistico e della maniera in cui procede questa evoluzione (C a p i t a l e, libro III, ed.
Newton Compton, 1996, p. 1093).
A proposito dellimperialismo, la
critica alle teorie di Negri e Hardt
parte dallaffermazione che il mercato mondiale non determina una
realt socio-economica unitaria
senza contraddizioni e differenze
quantitative e qualitative in quanto
le differenze nellaccumulazione e
nei saggi medi di profitto producono continuamente squilibri tra le
potenze e le frazioni del capitale internazionale, che sono la fonte della
competizione tra imperialismi e
non dellesistenza di un i m p e ro
unico (p. 171).
Sul crollo dellURSS, pur non sottacendo il ruolo svolto dal massiccio
drenaggio di risorse verso la competizione militare con gli USA,
viene mostrato che la causa principale sta nella incapacit di svilup-

pare adeguatamente le forze produttive, dovuta probabilmente allinterruzione della modificazione


in senso positivo dei rapporti sociali e alla mancata partecipazione di massa alla gestione della
cosa pubblica e della produzione,
mentre invece lo sviluppo universale delle forze produttive per
Marx un presupposto pratico assolutamente necessario per il comunismo, in assenza del quale si genera la miseria e il conflitto per la
sussistenza (p. 169).
In questa necessariamente breve
presentazione non si d conto di
molti altri importanti aspetti (la
nuova composizione di classe, il
marketing, la grande distribuzione,
il denaro elettronico, luso dei marchi come forma di rendita, il lavoro
femminile e a part-time ecc.), tutti
sistemati e interpretati rigorosamente allinterno dellimpostazione teorica di Marx. Pur nella
sommariet dei richiami, ci auguriamo di aver contribuito a stimolare la lettura dellopera. La quale,
per la sua chiarezza e semplicit,
non presuppone approfondite conoscenze e pu essere quindi utile
anche ai giovani militanti.

WWW.lernesto.it
85

Novembre - Dicembre 2006

Recensioni

Renato Caccioppoli,
grande matematico,
raffinato cultore di musica,
comunista eterodosso,
ribelle e tormentato uomo del 900,
morto suicida

La regola
del disordine
e le passioni
di un comunista

di Bianca Bracci Torsi

SUL LIBRO DI ROBERTO GRAMICCIA , L A


RENATO C ACCIOPPOLI , UN MATEMATICO

enato Caccioppoli, grande matematico, raffinato cultore di musica,


comunista eterodosso, ribelle e tormentato uomo del 900, morto suicida, non stato e non un personaggio da romanzo, situazione che
lo ha salvato dalle banalizzazioni
modello genio e sregolatezza che
hanno afflitto la vita e la memoria
di molti suoi spiriti affini. Oltre alle
pubblicazioni scientifiche, parlano
di lui brani di opere dedicate alla
Napoli del dopoguerra, ricordi affettuosi e dolenti di amici, un libro
e un bel film, Morte di un matematico
napoletano di Mario Martone e
Fabrizia Ramondino, situazione
che ha fatto incontrare Caccioppoli
e Roberto Gramiccia, autore di questa ultima e particolarissima biografia, frutto di quellincontro e dellimprovviso e duraturo innamoramento che ne seguito.
Gramiccia un medico, cultore di
arti figurative, comunista fin da ragazzo, anche lui ribelle, nemico dichiarato della cultura tecnocratica
divisa in blocchi di pensiero specialistici e non comunicanti. Una specie di base ideologico-scientifica del
pensiero unico, che individua nel
disordine intellettuale alto e produttivo quel che istruisce le anime

86

pi libere e libertarie. Una macchina per liberarsi e liberare gli uomini, la coscienza, la conoscenza,
larte, come per rompere gli ordini
imposti, umani o divini, e vincere la
stagnazione. Quel disordine che
Caccioppoli porter in s e intorno
a s fino alla morte cercata.
Renato Caccioppoli nasce nella
Napoli miserabile e colta degli inizi
del secolo scorso, dove ai ricordi
delle rivolte mazziniane e del brigantaggio antisavoiardo si intrecciano le nuove idee marxiste e anarchiche che si incoronano nella smagliante figura di Michail Bakunin,
approdato nel capoluogo campano
dopo unavventurosa fuga dalla
Siberia con la convinzione che la rivoluzione sociale dovesse partire
proprio dai contadini poveri del
Mezzogiorno. Bakunin il nonno
di Renato, che cresce nel suo mito,
alimentato dai racconti della madre, della zia, degli amici di famiglia
e dalla popolarit che quel nome
gode fra amici e nemici - da studente
tutti lo chiamano, con simpatia e sospetto, il nipote di Bakunin. Sono
gli anni del fascismo, e non facile
per un giovane e gi prestigioso docente universitario andare controcorrente, anche se la famiglia gli

REGOLA DEL DISORDINE .


RIBELLE *

apre le porte dei circoli antifascisti


della borghesia colta che fanno riferimento a Benedetto Croce, avversario tollerato dallo stesso
Mussolini. Renato entra autonomamente in contatto con la cellula comunista di Emilio Sereni e Mario
Palermo, perch, come molti giovani di quel tempo, pensa che non
si poteva essere anarchici e basta.
Non era sufficiente. Si doveva essere
comunisti, che si dovesse stare con
quelli che si battevano concretamente e senza cedimenti contro il
fascismo. Essere comunista ma
senza tessera, con un impegno costante e convinto ma in grado di lasciare spazio ai propri interessi culturali, alle passioni e alle sue stranezze, come alle sue relazioni personali. Le donne amate, prima fra
tutte Sara, sua complice in una provocazione antifascista che porter
tutti e due in galera - e lui al manicomio, grazie a un intervento della
famiglia che cerca di evitargli il peggio, intervento che Renato non perdoner mai - e che diverr sua moglie, salvo abbandonarlo dopo dieci
anni per un altro; gli amici, artisti,
cineasti, scrittori, compagni del Pci
come Lapiccirella e Francesca
Spada. Luniversit, dove il suo la-

Novembre - Dicembre 2006

voro costante, rigoroso e appassionato raccoglie decine di studenti affascinati dalle sue teorie non meno
che dal suo anticonformismo. La
piccola umanit dei vicoli e delle
osterie dove trascorre gran parte
delle sue notti insonni.
La musica, di cui cultore e esecutore, costituisce una parte importante del suo essere. Con uguale
creativit e passione vive la politica:
nel 1939 rompe lamicizia con
Andre Gide, che ha attaccato pesantemente lURSS e il movimento
comunista, mentre nel 1946, dopo
la vittoria della Repubblica, corre a
difendere la federazione comunista
assaltata dai monarchici, per poi impegnarsi con grande dedizione
nella campagna contro latomica
promossa dalla Associazione internazionale dei Partigiani della
pace, il cui distintivo - un tondino
di smalto con la colomba di Picasso
- sar lunico a essere esibito orgo-

Recensioni

gliosamente sulla sua giacca. Sono


anni di lotte, di sofferenze e di vittorie, anni di disordine, ai quali fa seguito un corteo di delusioni e un
nuovo ordine per combattere il
quale necessitano altri metodi di
lotta, che non sono, non possono essere, quelli del matematico pazzo.
il 1959. Isolato dal partito, senza
grandi battaglie da combattere,
Renato Caccioppoli solo, pur fra
tanti estimatori, n pu bastargli la
gloria, la fama internazionale che i
suoi studi gli hanno conquistato. Si
spara, con precisione, alla nuca,
senza lasciare messaggi a nessuno.
Fra le tante ipotesi, interessate o sincere, aperte intorno al suo suicidio,
Gramiccia sceglie di non scegliere,
di rispettare la scelta finale della vita
di un uomo geniale e tormentato.
Si accontenta di mettergli accanto,
come fiori su una tomba, sei figure
diverse e lontane nel tempo e nello
spazio, ma legate a lui da una pro-

fonda affinit elettiva. Sono Evariste Galois, matematico rivoluzionario, e Arthur Rimbaud, poeta maledetto, da sempre presenti in immagine sulla scrivania di Renato;
Francesca Spada, sua amica del
cuore, unica fra i sei ad averlo conosciuto e che morir suicida anni
dopo; Cesare Pavese e il filosofo
della scienza e pacifista austriaco
Paul K. Feyerabend, due contemporanei, e infine Giordano Bruno.
Fra i tanti protagonisti della storia
di Napoli e di Renato Caccioppoli
che popolano il libro sono proprio
questi sei, cos diversi, cos simili, a
dare una dimensione universale nel senso alto di ogni tempo e di
ogni luogo - alla vita e alla morte di
un uomo immeritatamente dimenticato.

* Editori Riuniti, pp. 199, euro 12,00

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SOGNO DI PACE
Fertilis frugum pecorisque Tellus
spicea donet Cererem corona;
nutriant fetus et aquae salubres
et Iovi aurae.
La terra ricca di animali e biade
incoroni di spighe la campagna;
piogge e brezze benefiche del cielo
ne nutrano i prodotti.
(Orazio, Carmen Saeculare, scritto
per celebrare la Pax Augusta)

Terra di Palestina, amata terra,


madre umiliata senza messi e sogni,
tu, la violata,
tu, la torturata,
tu la voce dal belato nero,
tu con gli occhi senza stelle
che hai visto il fuoco in cielo e il sangue
giunto perfino ad irrigare i campi,
tu, la terra crocifissa,
da Erode e Pilato dIsraele.
Un sogno, un sogno solo
coltiva tra le case, nelle tue notti
insonni di terrore,
l mentre il figlio chiama il figlio alla vendetta,
un sogno solo nutri tra gli ulivi,
poveri e morti per il fuoco ancora
che invade come un cancro la collina.
Un sogno solo mentre per la fame
piangono le creature e per la sete,
un sogno solo: che finisca
leccidio del furore e della morte
che non si vinca ma si viva,
che non si vendichi pi ma che
si scordi lonta pi disumana
e la mara degli urli della morte.
Che le tue dolci mani insanguinate
possano nuovamente accarezzare
teneramente raccogliere le spighe
giocare con lacqua alle fontane
spremere le olive per la vita
cullare i nuovi nati nelle case.
Che gli occhi vuoti e lividi sorridano
al nuovo cielo della Palestina.
Ed il villaggio sia restituito
senza pi Muri n mitragliatori.
E lacqua sia restituita con lamore
e il figlio dica al figlioAndiamo ai campi,
non per morire ma per coltivare.
E il vento ci rammenti ch pi dolce
soltanto vivere, soltanto amare,
a noi, tutti figli di Cano,
mai pi bruciare, sopraffare, dominare
soltanto vivere, soltanto amare
Nella Ginatempo novembre 2006

AI NOSTRI ABBONATI
AI NOSTRI LETTORI

Fatelo!
Loperaio, / la mattina, / buttando uno sguardo nel gior nale, / pensa: Un lavoraccio cos ci vorrebbe! / Tutto tran quillo e pulito. / Mica come alla fucina a sbattere le manacce.
/ Ti siedi in redazione con la camicia bianca, / e butti fuori
righe. / Buttate fuori che lhai, / piazzati punti e virgole, /
messa la firma / e sotto la firma uno svolazzo, / fatta: / le
righe crescono come fiorellini. / Le mani nei calzoni, / la
penna sul tavolo, tarriva tanto a riga, / e, come un pigro sa lice / curvato sul boccale, / tracanni birra. / Per sradicare
una cos pericolosa convinzione / giocoforza chio racconti
una giornata al giornale.
Cos scriveva nel 1923 Vladimir Majakovskij, questa anche
la realt di una rivista come la nostra, che vive solo grazie al
lavoro volontario di chi crede in un progetto, grazie ai tanti
che scrivono per noi e grazie a chi decide di abbonarsi. Un
abbonamento pu essere un atto di ribellione rispetto alle tante
ingiustizie; un abbonamento pu essere un atto rivoluzionario! Un abbonamento a lernesto un pizzicotto al pensiero
unico, allo sfruttamento e allimperialismo. Una zanzara disturba ma non letale, migliaia di zanzare sono un esercito
che potrebbe intimorire chiunque. Abbonatevi! Abbiamo vissuto, in questi ormai lunghi anni, solo grazie al vostro abbonamento. Solo se lo rifarete potremmo continuare a batterci.

Fatelo!

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