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IL MONITORAGGIO DEI PIT:

PROPOSTE ED ESPERIENZE A CONFRONTO

VIBO VALENTIA, 15 - 16 MAGGIO 2003

IL MONITORAGGIO DEI

PROGETTI INTEGRATI TERRITORIALI:

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

Il rapporto è stato curato da Gabriele Pasqui, Simonetta


Armondi e Paola Savoldi, con il coordinamento di Pier Carlo
Palermo
Consorzio Metis – Politecnico di Milano

Il monitoraggio dei progetti integrati territoriali:


esperienze e riflessioni
Vibo Valentia – 15-16 maggio 2003

0. Premessa

Nelle pagine che seguono vengono presentati alcuni materiali di lavoro per il seminario dedicato
all’impostazione dell’attività di monitoraggio georeferenziato dei Progetti Integrati Territoriali
(PIT) che il Comitato di Sorveglianza del QCS Ob. 1 ha affidato ai Nuclei di valutazione
regionali nella riunione del 10-11 marzo 2003.

L’obiettivo di questo contributo è offrire elementi di riflessione ai partecipanti al seminario a


partire dalla valutazione di alcune esperienze di monitoraggio relative a progetti e programmi
territoriali integrati di natura complessa, evidenziando problemi, requisiti e indicazioni per la
costruzione di un sistema di monitoraggio adeguato alle caratteristiche di progetti complessi
quali i PIT.

E’ opportuno sottolineare che le note seguenti non hanno la pretesa di offrire un modello
definito e completo di un sistema di monitoraggio. Tale modello non potrà che essere l’esito
della riflessione collettiva e nella sua costruzione un contributo fondamentale dovrà venire dagli
stessi Nuclei di valutazione incaricati del monitoraggio, dagli altri attori coinvolti nelle diverse
fasi dell’attività oltre che dalla valutazione delle esperienze già avviate in alcune Regioni. In
questa fase può essere opportuno verificare e condividere innanzitutto il senso della pratica di
monitoraggio, le sue caratteristiche fondamentali anche in relazione ai dispositivi di gestione del
processo attuativo dell’attività di monitoraggio e al forte decentramento della funzione di
monitoraggio che il CdS del QCS sembra avere assunto come riferimento.

In questa prospettiva le note seguenti enfatizzano soprattutto gli elementi di specificità propri
del monitoraggio dei PIT, rispetto ai dispositivi di monitoraggio di singole operazioni previsti
dal sistema di monitoraggio dei Fondi strutturali 2000-2006. L’esigenza di individuare
indicatori utili a formulare giudizi non solo sulle singole operazioni di un PIT ma sul progetto
nel suo insieme, anche in relazione alle sue dimensioni peculiari (integrazione, meccanismi
partenariali, territorialità, effetti diretti e impatti indiretti) non può infatti offuscare la necessità
di integrare il processo di monitoraggio dei PIT al più complesso sistema di monitoraggio dei
Fondi strutturali attivato con la costruzione di MONIT 2000.

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Il presente documento* è organizzato in due parti.

Nella prima vengono sinteticamente richiamate alcune caratteristiche dei modelli di


monitoraggio progettati e adottati nell’ambito di tre esperienze significative: il programma di
iniziativa comunitaria Urban; i Patti territoriali e (per dare maggiore rilievo ai problemi di
natura infrastrutturale) il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica. Per ciascuna di queste
esperienze sono richiamati principi e architettura del sistema di monitoraggio e sono presentate
alcune “buone pratiche” che permettono di riflettere sui problemi che si trova ad affrontare chi
voglia costruire dispositivi di monitoraggio “strategico” per progetti complessi di natura
integrata. A partire da questa discussione di casi significativi, la prima parte identifica e discute
alcune questioni tuttora aperte, che possono essere considerate di generale interesse

Nella seconda parte vengono messe a fuoco alcune indicazioni per la costruzione del sistema di
monitoraggio dei PIT, in relazione agli attori coinvolti e da coinvolgere nell’implementazione
dell’attività di monitoraggio, alle risorse e alle criticità, al percorso di definizione
dell’architettura del sistema. Questa seconda sezione entra nel merito di alcuni problemi
operativi relativi all’avvio del processo di monitoraggio (in relazione ai temi delle tipologie
progettuali, delle forme di partenariato e della dimensione territoriale delle pratiche di
monitoraggio) e identifica soprattutto il campo dei problemi aperti nella fase di progettazione
che si apre con il seminario di Vibo Valentia.

La seconda parte contiene anche un insieme di riferimenti per l’interpretazione dei requisiti
generali di un sistema di monitoraggio per strumenti ad elevata complessità quali i PIT. In
particolare, vengono discussi tre temi tra loro correlati: il rapporto tra monitoraggio di stato e
monitoraggio di processo; la definizione di indicatori relativi al monitoraggio dei requisiti
specifici (integrazione, partenariato, territorialità) e degli obiettivi di un progetto integrato; la
necessità di costruire indicatori e processi di monitoraggio relativi alle emergenze (eventi capaci
di alterare il corso previsto del programma) e agli esiti secondari di un progetto integrato. Le sei
questioni evidenziate (stato, processo, requisiti, obiettivi, emergenze, esiti secondari) sono
discusse in relazione alla definizione dei requisiti per la costruzione di un processo di
monitoraggio “strategico”, ossia capace di generare effetti positivi, sia in termini di efficienza
che di efficacia, sulla implementazione dei progetti integrati.

In allegato vengono presentate alcune schede relative a specifici casi di monitoraggio, in


relazione a singoli progetti (patti territoriali) o a interi programmi (Urban e Piano dei trasporti).

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* Il rapporto è stato curato da Gabriele Pasqui, Simonetta Armondi e Paola Savoldi, con il
coordinamento di Pier Carlo Palermo

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1. Il monitoraggio di progetti complessi: lezioni dall’esperienza

1.1 Caratteristiche e problemi del monitoraggio dei Fondi strutturali

Le procedure e regole della programmazione dei Fondi Strutturali dell’Unione Europea hanno
contribuito ad introdurre attività rilevanti e innovative di verifica dell’attuazione delle politiche
e dei progetti e di controllo sull’impiego delle risorse. Tra queste emerge l’attività di
monitoraggio, un complesso di procedure, tecniche e operazioni volte alla rilevazione dei dati –
indicatori che occorre rilevare periodicamente secondo modalità definite in relazione al sistema
dei flussi informativi, di realizzazione fisica, finanziari, procedurali – relativi allo stato di
attuazione progressivo di un programma.

Attraverso le definizioni restituite da alcuni saggi della letteratura valutativa è possibile provare
a costruire un breve glossario per il monitoraggio:

“Una funzione del management che, attraverso una raccolta metodica di dati, verifica se le
risorse materiali e finanziarie impiegate in un’iniziativa sono sufficienti, il personale impiegato
è adeguatamente preparato e qualificato, le attività in atto sono previste nei termini di
riferimento e sono stati raggiunti gli obiettivi prefissati nei piani di lavoro” (Pennisi, 1991, 421);

“Il monitoraggio consiste nell’accertamento e nella descrizione puntuale e metodica


dell’avanzamento di un progetto e nella segnalazione tempestiva (spesso in tempo reale) di
manifeste discrepanze rispetto a quanto prestabilito” (Masoni, 1997, 55);

“In Olanda, si rimarca il fatto che il concetto di monitoraggio non dovrebbe essere associato a
quello di controllo, in quanto deve invece venire inteso come una continua raccolta e analisi di
dati per poter verificare i progressi di un progetto e poter fare i necessari aggiustamenti. In
Francia, si fa una distinzione tra monitoraggio interno ed esterno, ovvero tra un’attività
effettuata all’interno o all’esterno di un progetto. In questa attività viene ricompreso un esame
non solo dell’attuazione dell’iniziativa ma anche dei concetti di base e delle strategie. Le
Nazioni Unite definiscono il monitoraggio come una supervisione continua delle attività
progettuali per verificare se le attività procedono come erano pianificate. La Banca Mondiale
preferisce il termine supervisione per indicare le funzioni di monitoraggio” (Pennisi, 1991, 421).

Il termine monitoraggio può dunque essere impiegato come sinonimo di verifica puntuale sullo
stato di avanzamento di singoli progetti e di lettura ed analisi aggregata sull’implementazione di
interi programmi d’intervento.

A livello di gestione regionale dei fondi comunitari, il sistema di monitoraggio viene


strettamente legato alla procedura di erogazione dei contributi finanziari e i momenti di
rilevazione delle informazioni coincidono con alcune tappe obbligate dell’iter amministrativo: i)
presentazione della domanda di finanziamento; ii) ammissione al contributo; iii) erogazioni di
quote parti del contributo complessivo in relazione alla progressiva realizzazione delle attività
legate al progetto. Il sistema di monitoraggio così disegnato permette perciò di avere una
descrizione contabile-finanziaria dell’avanzamento dei singoli progetti e indicazioni sulla
capacità/velocità di spesa dei soggetti coinvolti nell’intervento.

Lo stesso sistema offre però scarse informazioni sul modo in cui sta davvero “funzionando”, al
di là degli aspetti meramente contabili, quella particolare politica; ovvero sui problemi legati
alla sua implementazione, sulle ragioni di eventuali momenti di impasse, sulle reazioni e i
comportamenti dei soggetti coinvolti, sui concreti risultati che sta raggiungendo.

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I tentativi di coniugare le due esigenze (avere un riscontro contabile sulla realizzazione dei
progetti, formarsi un’idea fondata empiricamente sull’implementazione dei programmi)
sembrano non aver avuto fino a questo momento molto successo, anche se esistono alcuni
esempi di monitoraggio di progetti complessi (le esperienze di Urban, dei Patti Territoriali e del
Piano Generale dei Trasporti) dai quali possono essere ricavate suggestioni e istruzioni per lo
sviluppo delle operazioni di monitoraggio dei PIT.

Un ulteriore tentativo in questa direzione è costituito dall’esperimento di MONIT 2000, il


sistema di raccolta dati per i fondi comunitari, coordinato dal Ministero dell'Economia. Nelle
aspirazioni degli ideatori, il sistema dovrebbe permettere di superare “la passata visione del
monitoraggio come mero conteggio o controllo” (Ministero dell’Economia e delle Finanze,
IGRUE, 2001). Oltre a migliorare le modalità per le rendicontazioni di spesa da parte delle
autorità di pagamento, il nuovo sistema dovrebbe “ampliare e migliorare le funzioni di supporto
ai comitati di sorveglianza degli interventi e alle attività di valutazione dei programmi; e fornire
alle Amministrazioni titolari di intervento uno strumento efficace per la gestione dei
programmi” (ibidem, 3).

1.2 Il monitoraggio del PIC Urban

Urban è un programma complesso che investe molteplici dimensioni di intervento. A partire


dalla definizione di una porzione urbana, che presenta particolari criticità dal punto di vista
occupazionale, sociale e ambientale, il programma Urban si propone di trattare tali problemi in
modo integrato. E’ un programma di iniziativa comunitaria che ha interessato in diversa misura
tutti i paesi dell’Unione. Il programma si è rivolto a città ricadenti in regioni Obiettivo 1 o ad
aree urbane comprese nell’Obiettivo 2. Il modello sotteso a Urban è stato sperimentato in un
primo tempo con i Progetti Pilota Urbani, per essere poi ripreso nel 1994 con il programma
Urban I. La prima stagione di programmi si è formalmente conclusa nel 2000, mentre nel 2001
ha preso avvio il programma Urban II. In Italia sono state 16 le città nelle quali è stato attuato
Urban I, mentre sono 10 quelle selezionate per la seconda tornata di programmazione urbana
europea.

È utile richiamare l’esperienza Urban in questa sede poiché, nelle intenzioni comunitarie, è un
programma integrato e complesso, tra i primi inaugurati in Italia. Presenta dunque alcuni
caratteri simili a quelli ai quali sono ispirati i Progetti integrati territoriali. Inoltre si tratta di un
programma innovativo di relativo successo, un’esperienza della quale è già possibile discutere
alcuni risultati e criticità (Commissione Europea, La programmazione dei Fondi Strutturali
2000-2006: prima valutazione dell’iniziativa Urban, 2002; Palermo, 2002). A differenza dei
PIT, però, Urban è un programma di estensione territoriale limitata, punta più sulla
concentrazione di una serie di interventi che non sulla articolazione diffusa di progetti su un
territorio d’area vasta. In questo senso le indicazioni emergenti dalle pratiche di sorveglianza,
monitoraggio e valutazione del programma Urban può forse fornire indicazioni più
immediatamente utili ai PIT urbani.

I metodi e le procedure di monitoraggio e di valutazione assunti per il programma Urban in sede


comunitaria e nazionale non sempre si prestano a identificare emergenze ed effetti inattesi o a
misurare (e valutare) il grado di soddisfazione di requisiti quali l’integrazione (tra soggetti, tra
politiche, tra settori amministrativi, ad esempio), la territorialità dei progetti e il partenariato tra
attori (pubblici e privati, ad esempio, ma potrebbe essere interessante monitorare partenariati tra
attori sociali e pubblica amministrazione, imprenditori etc.). Anche la nuova formulazione in
sede comunitaria delle procedure per il programma Urban II (per il periodo 2000-2006) non è
riusciti a delineare un sistema soddisfacente di indicatori, anche se l’intenzione viene formulata

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e viene proposta una indicazione di metodo (Commissione delle comunità europee, Documento
di lavoro 8b,2002, 3).

È semmai un processo di valutazione interno alle singole amministrazioni promotrici del


programma a spingere la riflessione in queste direzioni. All’interno di questi contesti è
possibile:
- individuare per quali ragioni e in che modo sono state riformulati in itinere alcuni dei
progetti che componevano il programma,
- selezionare alcuni esempi di impasse decisionale o attuativo-procedurale e illustrare come le
amministrazioni responsabili hanno trovato rimedio ai problemi incontrati,
- segnalare gli effetti inattesi di alcuni progetti per fornire qualche elemento utile ad
anticipare l’evoluzione di alcune azioni di sviluppo locale.

Di seguito illustriamo i caratteri salienti del processo di valutazione ex ante e in itinere del
programma, così come definito in via istituzionale, e segnaliamo alcune questioni aperte
richiamando esperienze e soluzioni adottate nei contesti di progetto: il punto vista si sposta
all’interno di casi specifici per illustrare aspetti più puntuali e operativi (le buone pratiche, ma
anche le difficoltà ricorrenti).

Valutazione ex ante. L’attività di selezione delle aree bersaglio avviene ai livelli comunitario e
nazionale attraverso una serie di indicatori che dovrebbero intercettare la criticità dei contesti. In
sede comunitaria, è stata stabilita la ripartizione dei fondi comunitari tra gli stati membri1.
Successivamente alla ripartizione dei fondi, vengono identificati i siti eleggibili. Questa
selezione spetta gli stati membri, che stabiliscono anche l’entità dei finanziamenti da attribuire a
ogni singola area bersaglio. Scelte e attribuzioni devono essere coerenti con gli orientamenti e
indicatori di eleggibilità stabiliti dalla Commissione Europea. Gli orientamenti, di seguito
elencati, costituiscono indicazioni di massima per l’attività di selezione nazionale, mentre gli
indicatori di eleggibilità sono condizioni vincolanti (almeno tre devono caratterizzare l’area
bersaglio) per poter ammettere i siti selezionati al programma Urban.

Tabella 1. La selezione aree eleggibili


Orientamenti indicatori di eleggibilità
- il rapporto tra il numero delle città selezionate - elevato tasso di occupazione di lunga durata
e l’importo dei fondi strutturali deve garantire scarsa attività economica
un ammontare minimo per ogni città (9-10 - notevole povertà e emarginazione
Mecu per regioni obiettivo 1, 7 Mecu per le
- esigenza di riconversione a seguito di problemi
altre),
socioeconomici
- priorità a città e agglomerazioni urbane con
- quota elevata di immigrati, minoranze etniche,
popolazione superiore ai 100.000 abitanti
profughi
(20.000 per Urban II),
- basso livello di istruzione, grossi divari in
- gravità dei problemi delle aree proposte,
termini di qualifiche e tassi elevati di insuccesso
qualità degli interventi e coerenza delle
scolastico
strategie,
- elevata criminalità
- equilibrio nella distribuzione geografica
capacità finanziaria delle autorità di gestione, - andamento demografico instabile
- coerenza con altre azioni nazionali e - situazione ambientale precaria
comunitarie

1
I criteri in base ai quali assegnare le quote nazionali sono stati: popolazione urbana dello Stato;
disoccupazione nelle aree urbane; disoccupazione di lunga durata nelle aree urbane.

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Ogni Stato adotta procedure di selezione diverse: concorso oppure invito a presentare proposte,
analisi statistiche fondate sugli indicatori stabiliti dagli orientamenti (Commissione Europea, La
programmazione dei Fondi Strutturali 2000-2006: prima valutazione dell’iniziativa Urban,
2002, 12). In Italia, il Dipartimento per il Coordinamento delle Politiche Comunitarie
(Presidenza del Consiglio) si è consultato con altri Ministeri competenti per raccogliere
indicazioni utili a individuare i criteri di selezione. Per Urban I è stata data priorità
all’indicazione degli effetti in termini di occupazione prodotti dal progetto. A valle di questa
fase è poi stato formulato un bando di concorso attraverso il quale sono state selezionate le
amministrazioni beneficiarie dei finanziamenti.

Monitoraggio e valutazione in itinere. Le attività di monitoraggio e valutazione di Urban I sono


state affidate, attraverso una procedura concorsuale, a soggetti indipendenti (in Italia,
rispettivamente, Ecosfera e ISRI). Non è prevista la predisposizione di indicatori di risultato o di
impatto; l’obiettivo da verificare è la realizzazione dei progetti previsti dai singoli programmi,
sotto il profilo finanziario, procedurale e fisico.

Solo nel novembre 2000, mentre il programma si avviava alla conclusione, la Commissione
europea ha fornito una griglia di indicatori meglio orientati a rilevare effetti non tangibili dei
progetti avviati. Non si è trattato quindi di una vera e propria attività di valutazione in itinere,
poiché è intervenuta in una fase troppo avanzata del programma (Properzi, 2002, 178).

Di seguito, nella tabella, sono riportate le indicazioni formulate dalla Commissione per la
costruzione di indicatori di realizzazione, risultato e impatto. Come si vede, il grado di
pertinenza e specificità non è elevato. Mancano, ad esempio, indicatori capaci di integrare effetti
combinati di azioni fisiche e progetti formativi.

Tabella 2. Indicatori di realizzazione, risultato, impatto


Indicatori Interventi infrastrutturali Interventi non
infrastrutturali
di realizzazione mq sup. coperta; n° operatori, servizi, utenti
(finanziari, fisici e procedurali) n° e tipologie di attrezzature;
misurano gli effetti diretti o n° e tipologia servizi;
immediati che l’intervento n°e tipologia utenti
genera
di risultato-di performance n° occupati, imprese, tipologie n° servizi erogati, utenti
nel contesto; possono essere di e servizi
natura fisica, finanziaria, anche
di tipo qualitativo.
di impatto n° attività di servizio n° soggetti formati, persone
misurano gli effetti di medio e collegata, variazioni del valore avviate al lavoro, tasso
lungo periodo immobiliare dell’area di mobilità imprese
intervento

Per il programma Urban I è soprattutto il Comitato di Sorveglianza a sollecitare le attività di


monitoraggio. Il Comitato svolge un ruolo di supporto tecnico all’autorità responsabile
dell’attuazione del programma, interviene successivamente alla fase di progettazione e
approvazione e si riunisce con cadenza semestrale. Le riunioni del comitato costituiscono
pertanto un momento di verifica per le attività delle amministrazioni comunali che sono tenute,
di volta in volta, a presentare un bilancio delle attività in corso (in termini di stato di
avanzamento delle misure, impegni di spesa assolti…). Il Comitato è composto dalle autorità
nazionali e comunitarie e dai responsabili locali. In occasione delle riunioni del Comitato

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vengono discusse e ponderate le riformulazioni di alcuni progetti. Gli ostacoli e le criticità
incontrate sono illustrate dai responsabili locali e le modifiche possibili vengono valutate in
relazione al grado di coerenza con gli obiettivi del programma e con le procedure attuative. Per
Urban I il rappresentante della Commissione europea aveva diritto di voto, e quindi tutte le
decisioni passavano al vaglio della Commissione. Per Urban II invece, egli può esprimere
parere consultivo, lasciando la responsabilità della scelta ai rappresentanti nazionali e locali.

Mentre in Urban I si valuta lo stato di avanzamento delle singole misure previste dal
programma, per Urban II gli indicatori e, conseguentemente, le informazioni riferite allo stato di
avanzamento, sono riferite ai singoli progetti e solo successivamente aggregati in misure. In tal
modo, le strutture amministrative locali dedicate al programma (che rispondono all’autorità di
gestione) sono tenute a predisporre un sistema di monitoraggio che indichi puntualmente il
grado di realizzazione di ogni progetto. Lo stato di avanzamento del programma nel suo insieme
emerge a partire dalla ricostruzione delle singole storie progettuali che a loro volta permettono
di riconoscere momenti e cause di impasse, effetti diretti e indiretti, soluzioni e aggiustamenti
intervenuti in corso d’opera.

Per il programma Urban II la Commissione europea ha redatto nel 2002 un documento di lavoro
orientato a illustrare fasi e questioni chiave della valutazione in itinere (Commissione delle
comunità europee, Documento di lavoro 8b, 2002). Si tratta di una sorta di guida nella quale si
definiscono alcuni principi e alcuni requisiti della valutazione che devono tuttavia essere intesi
come indicazioni di massima da adattare e interpretare, a seconda dei contesti. Il processo di
valutazione in itinere è inteso come un’opportunità per correggere i progetti in corso e insieme
come uno strumento di apprendimento per la formulazione di nuove politiche locali. In termini
molto sintetici potremmo ricondurre i temi affrontati nel documento a quattro questioni
principali:

- la valutazione in itinere comporta anzitutto un riesame delle condizioni di contesto che erano
state analizzate in occasione della valutazione ex ante; in tal modo si potranno rilevare
cambiamenti imprevisti che richiedono un aggiornamento di obiettivi e progetti;

- in secondo luogo la valutazione in itinere deve ponderare il grado di pertinenza degli


indicatori selezionati e, eventualmente, orientare la riformulazione o l’aggiunta di nuovi
indicatori;

- la valutazione in itinere può essere utile a osservare l’adeguatezza delle procedure gestionali
di quei progetti che sono già entrati in fase di attuazione;

- infine, compito più complesso, la valutazione in itinere deve esprimere un giudizio sul grado
di integrazione tra progetti e tra misure del programma, così come sul contributo del
partenariato (istituzionale e non) al successo del programma.

Lezioni dall’esperienza
Più che osservare metodi e indicatori del processo di monitoraggio di Urban in sede
istituzionale, può essere interessante segnalare alcune criticità ricorrenti nelle esperienze locali.
Il valore aggiunto di questa operazione consiste nel migliorare la messa a fuoco di quegli
elementi e di quei passaggi sui quali è auspicabile che l’attività di monitoraggio si concentri. Si
tratta di preavvisare chi sta gestendo un progetto integrato territoriale o chi è tenuto a valutarlo,
segnalando i probabili punti deboli del processo attuativo.

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A titolo di esempio possiamo indicare quattro fattispecie di problemi.

a. Imprevisti, spesso dovuti a errori di valutazione riguardo:


- alla partecipazione di attori, come nel caso di progetti troppo articolati o strettamente
subordinati all’iniziativa di un soggetto forte del quale è difficile prevedere le strategie; in questi
casi il dubbio è che, per alcune delle azioni previste, siano stati elaborati progetti ambiziosi
incapaci di interpretare alcune condizioni di contesto, decisive per il successo delle iniziative
intraprese;
- oppure all’insorgere di rallentamenti nella realizzazione di opere pubbliche o interventi di
carattere fisico in genere (ritrovamento di reperti archeologici, contenziosi tra amministrazioni e
imprese incaricate della realizzazione dei lavori, ad esempio); in questi casi l’adozione di
procedure semplificate, seppur rispettose delle leggi Merloni, può contribuire a risolvere i
motivi di impasse, ma richiede da parte dell’amministrazione una forte assunzione di
responsabilità e una decisa capacità di adattamento in corso d’opera.

b. Riformulazione del progetto laddove cambiano alcune condizioni al contorno necessarie alla
realizzazione di una parte del programma; in questi casi alcune amministrazioni hanno saputo
costruire revisioni intelligenti, a seguito delle quali sono stati ridisegnati interventi più
pertinenti.

c. Costruzione di bandi capaci di conciliare la promozione dello sviluppo e il trattamento del


disagio (Pasqui, 2002); in questo frangente si mettono alla prova diverse declinazioni possibili
del tema dell’integrazione: tra misure del programma, quali la formazione e la promozione
dell’occupazione locale e l’avvio di nuove attività economiche, ma anche tra politiche
(redistributive e di sviluppo locale). Un bando troppo selettivo nei confronti del tipo di
beneficiari potrebbe andare deserto, uno più allargato potrebbe produrre interventi più diffusi,
ma meno pertinenti. In alcuni casi sono state concepite forme inedite di bandi adattivi,
strettamente interrelati a progetti-guida elaborati dall’amministrazione oppure costruiti secondo
indicatori complessi2.

d. Effetti indiretti quali ad esempio fenomeni di gentrification sollecitati da interventi di


riqualificazione urbana, in particolare nei centri storici. A seguito di interventi di risanamento e
di riqualificazione, i valori immobiliari subiscono incrementi sensibili, inducendo
inevitabilmente l’esodo di quegli abitanti che non sono in grado di sostenere l’incremento dei
costi di locazione. In questi casi la dimensione integrata del programma viene di fatto a
mancare, poiché, ad esempio, all’intenzione di reintegrare parte di un quartiere degradato fa
seguito una sorta di estromissione di coloro che nel quartiere risiedono. L’integrazione allora
non è l’esito sperato, quanto il carattere delle azioni avviate e si riduce a una questione di
metodo.

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Quali ad esempio: validità tecnico-economica dell’investimento, partecipazione a una struttura
associativa costituita o da costituire per promuovere e sviluppare iniziative comuni, quota di
cofinanziamento privato, tempi di realizzazione dell’intervento. Per i progetti presentati dalle strutture
associative, l’indicatore relativo alla partecipazione a tale struttura è sostituito dal numero di imprese
beneficiarie associate, e si riduce il peso dell’indicatore relativo alla quota di cofinanziamento privato
(Barbanente, 2002).

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1.3 Il monitoraggio dei patti territoriali

Il Patto territoriale è basato sull’accordo che si costruisce tra differenti soggetti locali – imprese,
enti locali, associazioni industriali e del lavoro, ecc. – ed è volto ad individuare obiettivi di
sviluppo condivisi, da realizzare attuando programmi di interventi produttivi ed infrastrutturali
tra loro integrati. Più in particolare, lo strumento di programmazione negoziata è definito dal L.
662/96, (art. 2, comma 203, lett. d) come “l’accordo, promosso da enti locali, parti sociali, o da
altri soggetti pubblici o privati (…) relativo all’attuazione di un programma di interventi
caratterizzati da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale”.

L’accordo di patto tocca in maniera trasversale diversi segmenti socio-economici con


un’attenzione costante ai bisogni e alle esigenze delle parti di volta in volta interessate.In
termini generali, il PIT sembra rispondere a una logica diversa da quella che ispira gli strumenti
della programmazione negoziata e soprattutto il Patto territoriale. Patti e PIT non possono
essere, quindi, direttamente comparati. I primi sono strumenti della programmazione nazionale
volti a incentivare la cooperazione e l’interazione funzionale di coalizioni socio-istituzionali sia
per promuovere la crescita integrata del sistema produttivo locale, sia per rafforzare le relazioni
orizzontali e la produzione di nuovi beni pubblici nei singoli contesti territoriali.

I PIT sono, invece, modalità attuative della programmazione regionale, finalizzati a dare
compimento ai principi della concentrazione e dell’integrazione delle risorse e degli interventi,
attraverso la costruzione di programmi/progetti locali incentrati su azioni e investimenti legati
da una logica comune. Inoltre, mentre i Patti fanno riferimento ad un sistema di regole
codificate e valide per l’intero paese e a risorse finanziarie date (100 miliardi di finanza CIPE),
presentandosi come dei veri e propri strumenti di politica economica, i PIT sembrano assumere
connotati non sempre omogenei nelle diverse regioni, tanto in termini di ruolo istituzionale e di
obiettivi operativi che di risorse utilizzabili.

Patti e PIT, nonostante le differenze, presentano tuttavia alcune affinità (Formez, 2001):
- si riferiscono alla stessa scala territoriale, di norma sub-provinciale;
- hanno una comune missione strategica (incentivare processi/programmi/progetti di
sviluppo integrato locale);
- adottano entrambi il metodo della concertazione socio-istituzionale per la
programmazione delle risorse, la progettazione e la realizzazione degli interventi.

Dalle esperienze pattizie, dunque, possono essere ottenute delle lezioni per l’attuazione dei PIT.
Nell’ambito dei patti territoriali le esperienze di monitoraggio rappresentano una sorta di
modello di gestione decentrato. L’attuazione del patto territoriale è regolata da termini, alcuni
dei quali perentori, stabiliti per legge o per regolamento. La realizzazione delle iniziative
imprenditoriali di tutti i settori produttivi, degli interventi infrastrutturali e la erogazione delle
agevolazioni concesse dal CIPE sono regolate dalle norme che disciplinano lo strumento di
programmazione negoziata. Il Soggetto Responsabile rappresenta una figura essenziale per il
monitoraggio e l’attuazione del Patto Territoriale, viste le funzioni generali di rappresentanza, di
coordinamento e di gestione regolate sia dalla Deliberazione CIPE del 21 marzo 1997, sia dal
D.M. n. 320 del 31 luglio 2000, sia dal relativo Disciplinare approvato con decreto ministeriale
n. 115374 del 4 aprile 2002.

Tuttavia, ogni Soggetto Responsabile di patto territoriale può assegnare ad un altro soggetto di
assistenza tecnica (agenzia di sviluppo o società di consulenza, istituto di ricerca) l’incarico di
effettuare il monitoraggio, con modalità che possono variare da patto a patto. Quindi
l’interpretazione del dispositivo di monitoraggio nell’esperienza dei patti territoriali può

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suggerire di assumere un approccio flessibile per la costruzione dell’architettura di
monitoraggio dei PIT, soprattutto nella scelta degli indicatori (che, per esempio, possono variare
rispetto ai contesti).

In particolare nei dispositivi di monitoraggio presi in considerazione (il patto territoriale del
Sangone e il patto territoriale del Cadore Centrale) sono stati costruiti indicatori, con un diverso
grado di approfondimento delle informazioni, per la ricognizione degli investimenti
imprenditoriali e infrastrutturali.

A partire dalla raccolta e dall’aggiornamento periodico dei dati (sia semestrale, sia annuale),
sarà possibile misurare, con il supporto dei soggetti beneficiari:
- l’efficacia del Patto, cioè gli interventi che sono stati effettivamente realizzati in
rapporto agli interventi programmati nel Patto;
- l’efficienza del Patto, cioè il rapporto tra le realizzazioni, i risultati ottenuti e le risorse
finanziarie mobilitate;
- il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati;
- i primi effetti ex-post generati dagli interventi realizzati.

Gli effetti di un patto territoriale, come progetto/programma di sviluppo integrato, non sono
però solo di tipo diretto od economico (fisici, di spesa, di erogazione). Occorre prendere in
considerazione anche effetti di tipo indiretto, che agiscono sulla struttura delle relazioni
istituzionali locali, incentivando rapporti collaborativi e fiduciari tra gli attori, favorendo il
superamento di strategie particolaristiche e stimolando la produzione congiunta di esternalità
positive.

Il problema degli obiettivi e degli esiti indiretti è che non sono immediatamente identificabili e,
soprattutto, misurabili con facilità. Un tentativo di monitorare gli effetti indiretti e di lavorare
sulla territorialità, intesa come complesso di esternalità ambientali, delle nuove iniziative
imprenditoriali, è stato compiuto nel patto territoriale del Cadore Centrale nell’allegato 18a (si
vedano le schede sui dispositivi di monitoraggio), dove si cerca di misurare anche il grado di
sviluppo di competenze nel campo dell’innovazione imprenditoriale e della gestione ambientale.
Nel patto territoriale del Sangone, si approfondisce il monitoraggio dei meccanismi partenariali,
inteso come cronoprogramma ed elenco delle attività di networking del Tavolo di Concertazione
e dei Tavoli Tematici (dedicati in particolare allo sviluppo delle competenze attraverso la
formazione).

1.4 Il monitoraggio del Piano dei Trasporti e della Logistica

Il progetto di monitoraggio adottato nel Piano dei Trasporti e della Logistica (PGTL) (2002)
può offrire alcune indicazioni rilevanti per la costruzione del dispositivo di monitoraggio dei
PIT, principalmente per due aspetti.

Il primo aspetto riguarda l’attenzione, nella costruzione del progetto di monitoraggio del PGTL
ai temi dell’integrazione e della territorialità. Infatti gli indicatori sono elaborati sulla base di
categorie che fanno riferimento non solo a indicatori macroeconomici isolati, ma anche alle
interazioni complesse tra infrastrutture di trasporti, territorio (evoluzione delle dotazioni e della
qualità di infrastrutture e servizi di trasporto, in relazione alle esigenze di sviluppo socio-
economico del Paese) e ambiente (evoluzione dei consumi energetici, delle emissioni globali e
dei livelli locali di inquinamento).

11
Il secondo aspetto, strettamente connesso al primo, riguarda il tentativo di assumere nel
monitoraggio uno sguardo strategico che situi il Piano all’interno di uno scenario complesso sia
di strumenti di pianificazione e di programmazione dei trasporti, adottati alle diverse scale
territoriali e per tipologie differenti di infrastruttura di trasporto, sia di strumenti di governo del
territorio (Piani territoriali regionali, piani territoriali di coordinamento provinciale, piani urbani
del traffico, ecc.) e di politiche pubbliche che, anche se con finalità diverse, possono incrociare
l’ambito dei trasporti e della logistica, con ricadute e impatti di tipo indiretto.
La scheda allegata consente di osservare alcuni modi nei quali questi problemi sono stati
tecnicamente affrontati in termini operativi

1.5 Lezioni dalle esperienze e questioni aperte

Le tre esperienze considerate, per quanto diverse per più ragioni dall’esperienza dei PIT,
consegnano un insieme di temi e problemi per la costruzione di un sistema di monitoraggio
efficace ed efficiente dei Progetti integrati territoriali.

Le questioni aperte sono aggregabili intorno a tre temi di carattere generale:


1. il processo di costruzione del dispositivo di monitoraggio e le sue modalità di
attuazione;
2. il trattamento del problema del monitoraggio di un progetto integrato ad elevata
complessità;
3. le interpretazioni e gli usi possibili dell’attività di monitoraggio e dei suoi output nel più
complessivo processo di implementazione dei PIT.

Il processo di costruzione del dispositivo di monitoraggio e le modalità di attuazione


I casi trattati pongono all’attenzione il trade-off tra due ipotesi di interpretazione del processo di
costruzione e implementazione del sistema di monitoraggio: La prima, rappresentata dal
modello del monitoraggio di Urban, imposta l’attività di monitoraggio come attività
essenzialmente tecnica, di controllo centrale, strettamente connessa all’assistenza, incardinata su
metodologie comuni e vincolata dalle regole comunitarie. La seconda, rappresentata dai Patti,
presenta invece una forte natura contestuale e decentrata. In questo caso l’attività di
monitoraggio presenta maggiormente i tratti della riflessione nel corso dell’azione da parte dei
soggetti gestori del progetto.

Ciascuno dei due modelli presenta indubbi vantaggi e problemi. Il primo è più facilmente
progettabile e controllabile, è coerente con una concezione del monitoraggio come attività che
verifica le conformità dell’esecuzione rispetto a un programma di lavoro, ma appare poco
adeguato a descrivere progetti che, diversamente dai PIC Urban, appaiono estremamente
differenziati (per contesti di riferimento, azioni previste, relazioni con altri programmi e
progetti).

Il secondo appare più efficace e adeguato al trattamento di un progetto quale il PIT, ma rischia
di essere estremamente frammentato e disordinato, di non soddisfare criteri di autonomia di
giudizio e di oggettività, e in definitiva di produrre output poco confrontabili, in assenza di
regole condivise nei diversi contesti regionali e locali.

In relazione alle modalità di attuazione, sia l’esperienza di Urban che quella dei Patti
richiamano all’attenzione la necessità di costruire una architettura del sistema di monitoraggio
che permetta sia di far percepire chiaramente ai soggetti incaricati delle diverse fasi del processo
il vantaggio derivante da una attuazione efficace ed efficiente dei dispositivi di raccolta e
sistematizzazione delle informazioni, sia di coinvolgere un numero significativo di attori

12
nell’attività di monitoraggio. Queste indicazioni possono contribuire a ridurre i rischi di una
interpretazione strettamente tecnico-burocratica dell’attività di monitoraggio, e di valorizzare
alcune funzioni alternative che il monitoraggio potrebbe svolgere.

Il trattamento del monitoraggio di un progetto integrato ad elevata complessità


Tutte le esperienze considerate inducono a riflettere sulle difficoltà che emergono nella
costruzione di indicatori e meccanismi di monitoraggio che non riguardino le singole
operazioni, ma il progetto integrato nel suo insieme.

Da questo punto di vista l’analisi dell’esperienza Urban mostra come il monitoraggio di un


progetto integrato richieda la costruzione di una batteria di indicatori capaci sia di afferrare
l’andamento nel tempo dell’integrazione tra operazioni (che è un esito eventuale del progetto) e
delle pratiche partenariali, sia di osservare gli imprevisti e gli effetti inattesi come indicatori
rilevanti del processo di costruzione ed evoluzione del progetto nel suo insieme.

D’altra parte, l’osservazione di esperienze di monitoraggio di alcuni Patti territoriali e


l’impostazione del monitoraggio del Piano generale dei trasporti e della logistica mostra come
sia fondamentale non solo prevedere indicatori relativi al progetto generale, ma anche
osservazioni relative all’evoluzione dei rapporti tra il progetto e altri progetti che insistono sullo
stesso contesto territoriale. Questa osservazione appare particolarmente rilevante per i PIT, nei
quali è decisivo osservare non soltanto l’avanzamento delle singole operazioni all’interno del
progetto nel loro rapporto con l’evoluzione generale del PIT, ma anche i rapporti tra
quest’ultima e l’andamento più complessivo della programmazione regionale dei fondi
strutturali e di altri progetti connessi a quelli previsti dal PIT.

Gli usi possibili dell’attività di monitoraggio e dei suoi output


Le esperienze indagate mostrano inoltre come sia cruciale ipotizzare già nella fase di
progettazione del dispositivo un insieme di usi possibili delle pratiche di monitoraggio. Ad
esempio, l’analisi dell’attività di monitoraggio dei PIC Urban mostra con evidenza la necessità
di connettere l’esito del monitoraggio e della valutazione in itinere a processi continui di
aggiustamento e riprogettazione, che indipendentemente dalle regole comunitarie rappresentano
un requisito costitutivo della gestione processuale di progetti territoriali complessi.

Emerge inoltre dalla lettura dei casi che l’utilizzabilità riguarda sia gli output (l’insieme delle
informazioni raccolte ed elaborate deve essere oggetto di socializzazione e discussione allargata,
può diventare uno strumento rilevante per ipotizzare correzioni di rotta, può giocare un ruolo
importante nella costruzione di nuove ipotesi progettuali connesse a quelle maturate nel PIT),
sia il processo (la partecipazione allargata alla raccolta, all’elaborazione e alla discussione delle
informazioni è direttamente un esito positivo dell’attività di monitoraggio, in quanto produttivo
di una diffusa responsabilizzazione sugli esiti del progetto).

Naturalmente le osservazioni svolte su altri progetti e programmi pongono il problema della


trasferibilità. Il concetto di trasferibilità da altre pratiche di monitoraggio non esprime
unicamente la capacità riconosciuta al singolo aspetto di essere trasferito/riprodotto nel progetto
di monitoraggio con un’operazione di duplicazione, ma rimanda al processo di apprendimento e
miglioramento di una situazione critica. Le esperienze “negative” del passato costituiscono
un’importante fonte di informazione poiché aiutano a identificare le difficoltà incontrate
nell’attuazione e le circostanze critiche che hanno influenzato l’efficacia delle azioni. Mentre le
buone pratiche, con uno sforzo di adattamento, sono in molti casi trasferibili, l’identificazione
delle “cattive” pratiche risulta utile per rivisitare strategie, priorità e obiettivi, attribuendo loro
una funzione di guida.

13
In questa prospettiva è evidente come i casi considerati confermino che il monitoraggio e la
raccolta di dati quantificabili non sono operazioni sterili o “oggettive” , ma sono attività delicate
che richiedono competenze specialistiche perché possono condizionare il processo di
implementazione – attraverso l’introduzione di decisioni operative da mettere in atto per
correggere eventuali inerzie o tendenze non volute – e di valutazione dei PIT.

2. Temi e problemi per la costruzione di sistemi di monitoraggio dei PIT

2.1Interpretazioni del monitoraggio

La sintetica analisi delle pratiche di monitoraggio in casi di programmi e progetti integrati di


carattere territoriale proposta nelle pagine precedenti richiede innanzitutto una riflessione
preliminare sul senso generale di queste attività.

Tale riflessione è sviluppata in questo paragrafo in relazione allo specifico tema della
costruzione di dispositivi e pratiche di monitoraggio dei PIT, ma cercherà di evidenziare anche
alcuni temi di più generale interesse per il monitoraggio di progetti complessi .

Con l’espressione monitoraggio è infatti possibile alludere a una varietà di pratiche tra loro
differenti, lungo un continuum che va dall’interpretazione del monitoraggio come attività
esclusivamente tecnica e neutrale, che risponde alla logica dell’efficienza nella spesa, della
conformità tra obiettivi e risultati e della risposta ad adempimenti procedurali, alla
caratterizzazione del monitoraggio come attività di riflessione e apprendimento nel corso
dell’azione da parte di una pluralità di attori variamente coinvolti nell’imple-mentazione dei
progetti3.

Se si assume il primo punto di vista, l’attenzione prevalente deve essere rivolta allo stato
iniziale del sistema locale sul quale agisce il progetto integrato, allo svolgimento del processo
che dovrebbe condurre alla realizzazione delle azioni programmate, al rispetto dei requisiti
peculiari dell’iniziativa (integrazione, partenariato, territorialità), al grado specifico di
raggiungimento degli obiettivi dichiarati (di spesa, di risultato ecc.), Se si assume invece una
visione più estesa, anche altri fattori devono essere presi in considerazione: in particolare le
principali emergenze, cioè gli eventi esogeni inattesi che per natura e portata potrebbero influire
sul corso del processo, fino al punto di configurare nuovi scenari che potrebbero richiedere
qualche correzione di rotta; inoltre gli effetti secondari più rilevanti, che possono rappresentare
un ulteriore valore aggiunto del PIT o, in qualche caso delle impreviste esternalità negative.

Come indicazioni generali, si può osservare che una rappresentazione di stato normalmente è
disponibile, poiché costituisce la base analitica del lavoro di ideazione e messa a punto dei
progetti. Si tratta verosimilmente di verificare la qualità relativa, il grado di aggiornamento e la
coerenza dei codici dei diversi quadri informativi, per tendere alla formalizzazione di un data
base essenziale, come “grado zero” rispetto al quale poter misurare gli esiti della realizzazione
del progetto. La rappresentazione del processo dovrebbe creare minori difficoltà, poiché in
sostanza è già prefigurata dai modelli programmatici e procedurali, in forme coerente con le
verifiche di congruenza di spese e di operazioni già previste dai regolamenti comunitari. Il
controllo dei requisiti è invece un passaggio più problematico perché mette in gioco criteri di

3
Si vedano in proposito le riflessioni proposte dal numero di Europass dedicato a Il monitoraggio nel
ciclo di programmazione dei Fondi strutturali, nel quale, in riferimento alla normativa comunitaria (art. 6
e art. 25 Regolamento CEE del Consiglio n. 2081/93, che modifica il Regolamento CEE 2053/88 e
disposizioni orizzontali contenute nelle decisioni di approvazione di QCS, DOCUP, POP) si evidenzia la
pluralità di funzionalità e obiettivi dell’attività di monitoraggio.

14
qualità. Non si tratta soltanto di verificare formalmente un’opzione binaria (integrazione,
partenariato, territorialità sì o no), ma di consentire un giudizio sulla qualità dell’esperienza.
L’integrazione è una funzione a molte dimensioni (tra tematismi, risorse, attori, interventi,
politiche e cc.): si tratta di misurare il grado di integrazione che ogni progetto presenta rispetto a
ciascuna dimensione, ma anche l’eventuale valore aggiunto che può derivare dalla
sovrapposizione tra dimensioni differenti. La territorialità è nozione sfuggente: può alludere
alla articolazione territoriale delle istituzioni coinvolte (come geografia dei sistemi locali);
secondo una concezione più problematica può alludere anche agli effetti territoriali del progetto,
che possono essere evidenziati solo se è disponibile una visione di sfondo del territorio. Nel
primo significato è sufficiente un censimento delle istituzioni partecipanti, nel secondo occorre
una interpretazione morfologica dello stato e dell’evoluzione dell’area interessata. Anche il
partenariato è nozione complessa che non si riduce soltanto a misurazioni elementari. Oltre al
rilievo puntuale dei partner (e del loro ruolo nelle diverse fasi del processo), può essere
interessante una osservazione sulla qualità del fenomeno: che può assumere forme
prevalentemente istituzionali (i tavoli, le consulte ecc. tipiche delle più recenti esperienze di
concertazione) ma potrebbe anche rappresentare l’esito di processi diffusi di mobilitazione
locale, in grado di assumere adeguate forme di istituzionalizzazione. In questo caso, si potrebbe
concludere che non emerge un dualismo tra partnership e partecipazione, con conseguenze
probabilmente rassicuranti per l’efficacia e la legittimità dell’intero processo.

Le misure del goals achievement non dovrebbero creare particolari difficoltà, ma sembra
opportuno segnalare una questione: l’unità di misura può essere il singolo intervento o e più
opportuno ragionare per tipi di progetti? Apparentemente, l’esperienza dei PIT è stata declinata
in una varietà di forme, differenti per i caratteri del contesto, delle idee forza, dei campi d’azioni
e così via. Peraltro si deve notare che è possibile individuare un insieme ricorrente di operazioni
elementari, che riguardano interventi infrastrutturali, regimi di aiuto, programmi di formazione.
In ogni caso, è possibile individuare una descrizione sintetica dello stato iniziale e dei risultati
degli interventi. La rappresentazione dei risultati del progetto potrebbe essere semplicemente
l’addizione dei quadri parziali, con l’eventuale aggiunta di qualche valutazione sulle relazioni di
interdipendenza. Questa impostazione potrebbe sembrare riduttiva rispetto ai requisiti di
integrazione dei progetti, ma è pur vero che, in molti casi, i PIT sono concepiti come un insieme
di azioni elementari, una parte delle quali, soltanto, è talvolta realizzata.

Le differenze tra i contesti e tra diverse famiglie di progetti sono invece più rilevanti rispetto
agli ultimi due temi proposti alla attenzione: emergenze ed effetti secondari. E’ ragionevole
supporre che solo nel caso dei progetti più complessi, che presentano un grado elevato di
territorializzazione e componenti d’azione sia fisico-ambientali che socio-economiche, sarà
veramente opportuno tenere sotto controllo l’evoluzione dei fattori esogeni di rilevanza
strategica e degli effetti inattesi prodotti dallo stesso progetto. In questi casi, una concezione
ampliata della funzione del monitoraggio può diventare un’esigenza condivisa: richiederà una
più accurata capacità di analisi del contesto e delle sue possibilità di trasformazione per effetto
di iniziative interne o esterne.

Queste indicazioni hanno un carattere generale. In termini più specifici, per l’avvio dell’attività
di monitoraggio georeferenziato dei PIT, appare evidente l’esigenza di allineare il monitoraggio
delle azioni dei PIT al sistema di raccolta dati per i fondi comunitari MONIT 2000. D’altra
parte, proprio per la natura dei Programmi integrati e per la fase di ridisegno e
riprogrammazione alla quale essi saranno sottoposti nei prossimi mesi, appare per più ragioni
interessante esplorare alcuni significati possibili di una concezione più estesa dell’attività di
monitoraggio, ipotizzando funzioni ed usi originali del monitoraggio come pratica di riflessione
e apprendimento.

15
Da questo punto di vista, per impostare un progetto operativo, può essere opportuno cercare di
rispondere ad alcune domande generali:

- che cosa (quali sono gli oggetti osservabili nell’ambito dell’attività di monitoraggio)?
- chi (quali sono i responsabili dell’attività di monitoraggio, quali altri attori possono
essere coinvolti)?
- come (quali sono i meccanismi di carattere organizzativo che devono essere messi in
campo)?
- con quali finalità (quali sono i possibili usi del processo di monitoraggio e dei suoi
output)?

Cosa osservare
L’attività di monitoraggio di un PIT può realizzarsi almeno a tre livelli diversi:
- l’osservazione delle singole operazioni in cui si struttura il PIT (attività di formazione,
finanziamenti in regime di aiuto, opere pubbliche, attività di progettazione,
accompagnamento e assistenza);
- l’osservazione del progetto come un insieme unitario, e dunque in relazione ad un
insieme di requisiti che distinguono un progetto integrato da una singola azione
(l’integrazione, i partenariati, la territorialità)
- l’osservazione delle relazioni possibili tra il singolo PIT, gli altri PIT e l’insieme dei
programmi e dei progetti territoriali che operano nello stesso contesto.

Per ciascuno di questi livelli l’oggetto posto sotto osservazione è diverso. Se rispetto al primo
livello è possibile pensare all’allineamento del monitoraggio delle singole operazioni al sistema
MONIT 2000, per gli altri due livelli è necessario ipotizzare un processo di monitoraggio
capace da una parte di identificare indicatori specifici relativi ai requisiti generali di un progetto
integrato (integrazione, partenariato, territorialità), dall’altra di definire modalità di osservazione
degli eventi che possono risignificare il progetto nel suo insieme (eventualmente anche
mettendone a repentaglio l’unità o la realizzabilità unitaria) e degli effetti non attesi che possono
generarsi nel processo.

Chi osserva
L’indicazione dei Nuclei di valutazione come soggetti fortemente coinvolti nell’attività di
monitoraggio rappresenta una garanzia importante dell’obiettività e del rigore dell’attività di
monitoraggio.

D’altra parte, se nel caso dei PIT il monitoraggio potrebbe opportunamente presentare anche i
tratti di una pratica di riflessione nel corso dell’azione da parte di una pluralità di attori, è
opportuno che l’attività di monitoraggio sia esplicitamente pensata come una “politica”, ossia
come un sistema concreto d’azione nel quale più attori, che giocano ruoli diversi all’interno del
processo PIT, possano a vario titolo sentirsi coinvolti nella costruzione e nella realizzazione del
monitoraggio.

In questa prospettiva potrebbe essere opportuno pensare al coinvolgimento nel monitoraggio di


diversi attori con ruoli differenti: i beneficiari finali (imprese, istituzioni e persone fisiche)
potrebbero fornire informazioni relativamente agli effetti delle azioni PIT nel corso del tempo;
gli attuatori potrebbero partecipare all’attività di monitoraggio non solo fornendo dati relativi
alla rispondenza degli esiti rispetto al programma, ma anche dal punto di vista degli eventi
imprevisti (positivi o negativi) che possono mettere a rischio la realizzazione del programma o
che possono generare nuove opportunità; i membri dei partenariati locali potrebbero assumere
l’attività di monitoraggio come una strategia di apprendimento collettivo, nella quale vengano
descritte e formalizzate non solo le discussioni e le decisioni, ma anche le relazioni e le
opportunità emergenti; il soggetto responsabile del PIT dovrebbe farsi carico non solo della

16
rispondenza delle informazioni acquisite ai requisiti formali, ma anche dell’osservazione
complessiva del processo di attuazione che, come insegna la teoria dell’implementazione, è
irriducibile all’esecuzione tecnica delle azioni nei tempi previsti.

Come si osserva
Questa interpretazione del monitoraggio (anche) come pratica di apprendimento entro sistemi
concreti di interazione spinge a immaginare la costruzione del sistema di monitoraggio come un
processo che mette in campo dispositivi a gradi diversi di formalizzazione.

Sarà opportuno immaginare l’esistenza di dispositivi formali e generali, che permettano di


descrivere le singole operazioni PIT in maniera uniforme e confrontabile, ma anche di pratiche
più locali e contestuali, che operino nella direzione dell’identificazione di questioni cruciali per
l’attuazione del PIT come progetto unitario. Queste pratiche dovranno necessariamente essere
costruite secondo regole condivise, ma potranno essere diversamente interpretate al livello del
singolo PIT.

In questa direzione è dunque possibile assumere che il monitoraggio debba rispondere a un


insieme di questioni comuni per tutti i PIT (ad esempio, quale sia il grado di integrazione tra
azioni e misure nel corso del tempo, quale il grado di coinvolgimento dei partner formali del
PIT nell’attuazione del progetto, quale la relazione a livello territoriale tra singole operazioni
PIT, progetto nel suo insieme e altre politiche territoriali), secondo formati definiti nella fase
preliminare, ma che le modalità organizzative di reperimento e restituzione delle informazioni
possano essere declinate opportunamente nei singoli contesti.

Con quali finalità si osserva


Infine, la multidimensionalità del monitoraggio chiama in causa anche le potenzialità d’uso sia
del processo di monitoraggio in se stesso, sia degli output di tale processo.

Lungo la linea di ragionamento qui sviluppata il monitoraggio è sia uno strumento di


trattamento anticipato di alcuni nodi problematici del progetto (per esempio, permette di
identificare gli effetti di eventi inattesi sull’insieme del progetto), sia un meccanismo di auto-
riflessione e di auto-valutazione, ossia di apprendimento collettivo che impegna destinatari,
attuatori e gestori ad un atteggiamento di riflessione nel corso dell’azione.

Se il monitoraggio dei PIT può dunque essere inteso come pratica riflessiva che coinvolge più
attori, allora diventa indispensabile sottrarre il monitoraggio a formati di restituzione
unicamente tecnici. Gli esiti e gli output dell’attività di monitoraggio dovrebbero essere messi a
disposizione non solo delle autorità di vigilanza, ma anche di tutti gli attori a vario titolo
coinvolti, attraverso linguaggi e forme di rappresentazione adeguate.

2.2 Alcuni temi cruciali: tipologie progettuali, aspetti partenariali, dimensione territoriale

Le considerazioni di ordine generale sviluppate nel paragrafo precedente permettono di


declinare alcuni temi cruciali per la costruzione di un sistema di monitoraggio dei PIT:
l’interpretazione delle attività di monitoraggio in relazione alla molteplicità delle tipologie
progettuali presenti all’interno di ciascun PIT e caratterizzanti famiglie di PIT; la definizione di
modalità di osservazione delle forme partenariali dei PIT; la costruzione di processi e indicatori
di monitoraggio attenti alla dimensione territoriale dei PIT.

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Tipologie progettuali
La questione delle diverse tipologie progettuali presenta almeno due dimensioni: quella relativa
all’esistenza di operazioni differenziate all’interno di uno stesso PIT (opere pubbliche, azioni in
regime d’aiuto, azioni formative, azioni di progettazione, assistenza e accompagnamento) e
quella relativa alla presenza di PIT diversamente caratterizzati per tematismo principale,
tipologia di territorio di riferimento o idea guida4.

Nella fase di costruzione di una procedura di monitoraggio sembra opportuno concentrare


l’attenzione sul primo aspetto. Ciascun PIT presenta infatti una combinazione peculiare di
tipologie e famiglie di azioni, mentre l’integrazione può essere osservata e monitorata come
effetto emergente (ed eventuale) dell’implementazione del programma.

E’ dunque importante, nella costruzione dell’architettura del sistema di rilevazione delle singole
azioni, lavorare a due livelli, osservando secondo modalità differenziate i vari tipi di operazioni
presenti e identificando all’interno dell’implementazione di ciascuna operazione un insieme di
indicatori capaci di rivelare gli eventuali effetti di sistema.

Per quanto riguarda le opere pubbliche, ad esempio, potrebbe essere opportuno identificare non
solo l’andamento delle variabili di stato e di processo (rispetto del cronoprogramma degli
interventi e degli impegni di spesa, verifica dell’avanzamento di cantiere), ma anche il rispetto
di un insieme di requisiti di processo propri di un “buon” progetto infrastrutturale (anticipazione
di possibili “planning disaster”, realizzazione delle necessarie verifiche di compatibilità e
sostenibilità ambientale, identificazione e emodalità di trattamento delle obiezioni e opposizioni
da parte di soggetti locali).

Per quanto attiene alle operazioni in regime d’aiuto, oltre all’efficienza diretta della spesa,
potrebbe essere opportuno osservare il grado di apertura dei processi di selezione, al fine di
identificare la capacità del progetto di coinvolgere soggetti che altrimenti non si sarebbero
mobilitati. Ciò può essere fatto osservando non solo il numero, ma anche le caratteristiche e la
“storia” delle imprese e in generale degli attori pubblici, privati e del privato sociale partecipanti
ai bandi.

Per quanto attiene alle attività di formazione, le tradizionali schede di monitoraggio utilizzate
per l’osservazione delle procedure di attivazione e realizzazione delle attività formative
dovrebbero essere accompagnate a indicatori che facciano emergere le relazioni possibili tra le
attività di formazione, il percorso nel mercato del lavoro dei formandi e formati e l’insieme
delle azioni e misure del PIT. E’ ad esempio indispensabile evidenziare quali possono essere gli
esiti dell’azione formativa in relazione al consolidamento delle ipotesi di sviluppo messe in
campo dal PIT.

Queste indicazioni di carattere generale devono essere naturalmente studiate nel dettaglio e
implementate all’interno di dispositivi di osservazione e rilevazioni sufficientemente semplici.
Tuttavia, esse sembrano indicare la necessità di associare a un primo livello metodologico di
osservazione delle singole operazioni, un secondo livello orientato a cogliere i possibili “effetti
di sistema” che si generano in modo eventuale all’interno del PIT. Questi effetti di sistema a
loro volta hanno a che vedere con due dimensioni: quella dell’integrazione, intesa sia come
“permeabilità” tra azioni e operazioni appartenenti a tipologie diverse, sia come sinergia diretta
delle diverse azioni tra loro; quella dei rischi e degli eventi che, generandosi all’interno di un

4
Si vedano sul tema della classificazione dei diversi PIT le considerazioni contenute nel volume Formez
a cura di P.C Palermo e G. Pasqui, Progetti integrati e sviluppo territoriale, ed in particolare il contributo
di Paola Savoldi.

18
sistema concreto d’interazione relativo ad una operazione, possono bloccare, frenare, accelerare
o risignificare l’implementazione del PIT nel suo complesso.

In definitiva, l’esistenza di tipologie progettuali diverse allude in generale al problema del


monitoraggio degli “effetti di sistema”. Tale monitoraggio richiede l’identificazione, alla scala
della singola operazione, di indicatori relativi all’integrazione con altre operazioni e alla
presenza di rischi/possibilità emergenti e significative per l’intero progetto.

Aspetti partenariali
Il monitoraggio del partenariato rappresenta un tema di sicura rilevanza per la costruzione di un
sistema di monitoraggio dei PIT. L’osservazione delle dinamiche partenariali rappresenta in
effetti una dimensione centrale di quei problemi di monitoraggio del PIT nel suo insieme a cui
si è alluso in precedenza.

Dal punto di vista concettuale è necessario innanzitutto distinguere tra due livelli di
osservazione: quello relativo al monitoraggio delle attività del partenariato istituzionale e di
quello sociale che hanno generato il PIT nella fase di progettazione e di start-up, ed al quale
sono stati assegnati specifici compiti di sorveglianza e riprogettazione; quello relativo ai
partenariati insorgenti in relazione all’implementazione delle diverse operazioni del PIT. Dal
punto di vista concettuale, ma anche da quello operativo, sembra opportuno tenere distinto il
monitoraggio di queste due diverse famiglie di partenariati.

La prima famiglia di partenariati, generata nella fase iniziale del processo PIT, allude al ruolo
del partenariato come medium tra istituzioni e forme sociali. L’osservazione della sua
operatività può essere realizzata attraverso la raccolta sistematica di informazioni relative alla
sua operatività (numero di riunioni e loro durata, numero di partecipanti, ordini del giorni,
decisioni assunte, etc..) e ai suoi legami con altri livelli di governo del processo PIT (sia di
carattere gestionale che di natura amministrativa).

La seconda famiglia di partenariati identifica invece il PIT come campo generativo di nuove reti
e relazioni localizzate tra attori. E’ dunque opportuno che vengano identificati innanzitutto i
“sistemi concreti di interazione” che si vengono a costituire nella progettazione esecutiva e
nell’implementazione di ciascuna delle operazioni PIT. L’identificazione di tali sistemi concreti
di interazione implica la definizione di schede di progetto orientate alla identificazione degli
attori che vi partecipano, alla densità delle loro relazioni, al ruolo che giocano nei processi di
attuazione, alle risorse che mettono a disposizione. Questa osservazione consente di identificare
forme emergenti di partecipazione generate dall’implementazione del progetto, sia dal punto di
vista della partecipazione di nuovi attori, non precedentemente coinvolti nei partenariati
formalizzati, sia dal punto di vista dell’attivazione di attori già coinvolti con nuovi ruoli e nuove
responsabilità.

Il monitoraggio dei partenariati relativi alle singole operazioni (per esempio, quelli definiti sui
diversi progetti formativi, piuttosto che quelli delineati per la costruzione di azioni di sostegno a
sistemi produttivi locali) permette di osservare anche la costruzione ex-post di un network di
networks, che a sua volta esprime il livello di complessità e densità delle reti di governance del
PIT. Questa analisi, ormai consolidata nella letteratura5, consentirebbe di riconoscere ancora una
volta gli “effetti di sistema” generati dall’implementa-zione del PIT.

5
Una presentazione di alcune premesse concettuali e di alcune prime esplorazioni delle tecniche di
ricerca per la ricostruzione della densità e della complessità delle reti di governance a partire
dall’indagine delle singole politiche è contenuta in B. Dente ed al. (1998) e G. Pasqui, (2002).

19
Questo doppio livello di osservazione permette dunque di misurarsi con l’insieme degli effetti
possibili delle diverse reti tra attori all’interno del PIT, osservando anche la capacità generativa
dei partenariati di progetto, che costituiscono un campo privilegiato per il consolidamento e il
rafforzamento della partecipazione e della fiducia.

Dimensione territoriale
Per quanto riguarda l’osservazione degli effetti territoriali del progetto, sembra ancora una volta
opportuno, come già sinteticamente indicato, distinguete due famiglie di problemi: una prima
allude al tema della costruzione di sistemi di georeferenziazione, una seconda all’identificazione
di modalità di osservazione capaci di dar conto degli effetti territoriali dei PIT.

In relazione al primo tema, le questioni da affrontare riguardano essenzialmente le modalità di


rappresentazione georeferenziata, attraverso sistemi informativi territoriali, delle informazioni
raccolte nella campagna di monitoraggio. Le prime elaborazioni realizzate dal Formez
permettono di identificare le possibilità di sviluppo di modelli di monitoraggio georeferenziati
per i PIT.

Più complessa è la seconda questione, che attiene alla necessità di muovere dall’osservazione
degli scarti rispetto ad una visione di sfondo del territorio in esame rispetto alla quale sia
possibile proiettare gli effetti fisici e spaziale del PIT in via di realizzazione. Questa visione
deve contenere anche indicazioni relative all’interpretazione morfologica delle dinamiche del
territorio interessato

2.3 Indicazioni per la costruzione del sistema: risorse e criticità

La costruzione dell’architettura del sistema di monitoraggio dei PIT non può che essere,
nell’ottica qui proposta, un processo non esclusivamente tecnico-amministrativo.

Il coinvolgimento dei diversi attori, l’utilizzabilità del monitoraggio e la circolazione dei


risultati - oltre ad essere reciprocamente e strettamente intrecciati devono infatti essere sostenuti
sostenuti:

- dalla realizzazione di una azione di impostazione e progettazione dell’attività di


monitoraggio attenta e temporalmente consistente, finalizzata non tanto a disegnare una
gabbia operativa immodificabile ma a socializzare ed allenare tutti gli attori coinvolti
rispetto al significato, alle potenzialità ed ai limiti dell’attività che verrà realizzata.
Anche per quanto riguarda la costruzione del set di indicatori, il monitoraggio
inizialmente può essere effettuato mediante un insieme relativamente ristretto di
indicatori; corredi di indicatori più articolati potranno rendersi necessari in una fase
successiva, per esaminare in dettaglio singoli aspetti;

- dalla regolarità e sistematicità con le quali il maggior numero possibile di attori


(connessi con l’attuazione dei PIT) sono coinvolti nelle fasi/momenti iniziali della
realizzazione effettiva dell’attività di monitoraggio (ovvero in quelle fasi nelle quali si
costruisce la rappresentazione del senso, del significato e della utilizzabilità del
monitoraggio e dei suoi risultati);

- dalla continuità e dalla regolarità/costanza nella produzione e comunicazione degli


output (scritti e verbali) dell’attività di monitoraggio, dove la questione – oltre a quella
della solidità e credibilità degli output – è rappresentata dalla costruzione di una
organizzazione dell’esercizio di monitoraggio che risulti non solo compatibile con le

20
risorse assegnate, ma anche con le disponibilità di partecipazione e coinvolgimento
degli attori rilevanti;

- dal configurarsi dell’attività di monitoraggio secondo una logica di


accompagnamento/sostegno alla traduzione in pratica (Gherardi, Lippi, 2000)
dell’ipotesi progettuale iniziale ed al mantenimento della coerenza tra il progetto
realizzato ed il suo contesto di riferimento;

In questa prospettiva la fase che si apre dovrà porsi alcuni obiettivi operativi:

- avviare le relazioni istituzionali. Da intendersi come rete di relazioni con la molteplicità


di soggetti che sono coinvolti nell’attuazione dei PIT, per procedere al progetto ed alla
esecuzione delle operazioni di raccolta delle informazioni e alle successive
elaborazioni;

- progettare le indagini. Da intendersi come definizione puntuale delle informazioni da


raccogliere nei diversi campi tematici , l’indicazione della tempistica e della periodicità
di aggiornamento delle informazioni. Il progetto delle indagini potrebbe anche
riguardare l’elaborazione di una modulistica appropriata per la raccolta e la codifica dei
dati rilevanti;

- progettare le elaborazioni delle informazioni. Ovviamente progetto delle indagini ed


interpretazione delle informazioni costituiscono due sequenze strettamente correlate;

- avviare la banca dati informatica. La banca dati informatica dovrà consentire


l’archiviazione e la consultazione di informazioni numeriche e di testi ed eventualmente
di elaborati grafici.

21
Bibliografia

Riferimenti generali

Dente B. ed al. (1988), «Governare lo sviluppo sostenibile di Venezia: elementi per un


percorso di progettazione istituzionale», in I. Musu, a cura di, Venezia sostenibile:
suggestioni dal futuro, Il Mulino, Bologna.
Cersosimo D., a cura di (2001), “L’esperienza dei Patti Territoriali: «insegnamenti» per i PIT”,
Progetto Formez, Rap100, 3 aprile.
Gherardi S., Lippi A., a cura di, (2000), Tradurre le riforme in pratica, Cortina, Milano.
Masoni V. (1997), M&V. Monitoraggio e valutazione dei progetti nelle organizzazioni
pubbliche e private, Angeli, Milano.
Ministero dell’Economia e delle Finanze, IGRUE (2001), Programmazione 2000/2006 dei
Fondi Strutturali Comunitari. Vademecum per il monitoraggio.
Palermo P.C., Pasqui G., a cura di, (2003), Progetti integrati e sviluppo territoriale, Formez –
Progetto SPRINT, Roma, in pubblicazione
Pasqui G. (2002), Confini milanesi, Angeli, Milano 2002.
Pennisi G. (1991), Tecniche di valutazione degli investimenti pubblici, II ed., Istituto Poligrafico
e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, Roma.
Stame N. (1998), L’esperienza della valutazione, Edizioni SEAM, Roma.
Vecchia M. (2001), “Verso una valutazione di processo,” in Stame N., Silvani A., Scarpitti L. (a
cura di), Sviluppare le capacità di valutazione dei funzionari pubblici nella gestione dei
fondi strutturali, Angeli, Milano.

Riferimenti sul programma Urban

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dall’esperienza: pratiche, riflessioni, suggerimenti, Angeli, Milano
Palermo P.C., a cura di, (2002), Il programma Urban e l’innovazione delle politiche urbane. Il
senso dell’esperienza: interpretazioni e proposte, Angeli, Milano
Palermo P.C., Savoldi P., a cura di, (2002), Il programma Urban e l’innovazione delle politiche
urbane. Esperienze locali: contesti, programmi, azioni, Angeli, Milano
Pasqui G. (2002), “Urban come politica generativa: buone pratiche e processi di
apprendimento”, in Pasqui G., Valsecchi E., a cura di, Il programma Urban e l’innovazione
delle politiche urbane. Apprendere dall’esperienza: pratiche, riflessioni, suggerimenti, Angeli,
Milano
Pasqui G., Valsecchi E., a cura di, (2002), Il programma Urban e l’innovazione delle politiche
urbane. Apprendere dall’esperienza: pratiche, riflessioni, suggerimenti, Angeli, Milano
Properzi P., (2002), “Valutare: cosa, come, perché”, in Palermo P.C., a cura di, (2002), Il
programma Urban e l’innovazione delle politiche urbane. Il senso dell’esperienza:
interpretazioni e proposte, Angeli, Milano

22
Documenti della Commissione Europea
Regolamento n.1260/1999 del Consiglio del 21 giugno 1999 recante disposizioni generali sui
Fondi strutturali
Documenti di lavoro della Commissione delle Comunità Europee:
Commissione Europea, Direzione Generale XVI Politica regionale e coesione, Documento di
lavoro 2. Valutazione ex ante degli interventi dei Fondi strutturali
Commissione Europea, Direzione Generale XVI Politica regionale e coesione, Documento di
lavoro 3. Indicatori per la sorveglianza e la valutazione: una metodologia orientativa
Commissione Europea, Direzione Generale XVI Politica regionale e coesione, Documento di
lavoro 4. Attuazione della riserva di efficacia e di efficienza, 1999
Commissione Europea, Documento di lavoro 8. La valutazione intermedia degli interventi dei
Fondi strutturali, 2000
Commissione Europea, Document de travail 8b. L’évauation à mi-parcours des interventions
des fonds structurels – Urban, 2002
Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento
Europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni. La programmazione dei
Fondi Strutturali 2000-2006: prima valutazione dell’iniziativa Urban, 2002
Commissione Europea, Direzione Generale Politica regionale, Vademecum per i programmi di
iniziativa comunitaria Urban II

23
Dispositivi di monitoraggio

Schede
Scheda 1 - Il monitoraggio del programma di iniziativa comunitaria Urban

Nel maggio 2001 Ecosfera, il soggetto responsabile del processo di monitoraggio del
programma Urban I elabora per il Ministero dei Lavori Pubblici un documento di carattere
operativo indirizzato in particolare alle amministrazioni che, contestualmente, stanno avviando
il programma Urban II.

Il riferimento per la definizione del processo di monitoraggio del programma Urban I è


il regolamento 1260/99 della Commissione Europea che individua una serie di attività
di competenza dell’autorità di gestione (articolo 34) e definisce una serie di indicatori
per la sorveglianza (articolo 36).

Così come definito dal regolamento comunitario, l’attività di monitoraggio concerne


fondamentalmente tre questioni:
- lo stato di avanzamento finanziario, per verificare la capacità di spesa e gli interventi
per i quali emergono difficoltà sotto questo profilo,
- lo stato di avanzamento procedurale, per avere un quadro della fase attuativa del
programma,
- lo stato di avanzamento fisico, cioè il grado di realizzazione degli interventi in termini
di opere e servizi realizzati.

Utili a rilevare lo stato di avanzamento del programma secondo questi tre punti di vista sono:

1. gli indicatori di realizzazione per lo stato di avanzamento sia procedurale che fisico sono
distinti in
- indicatori finanziari: contribuiscono a determinare l’avanzamento finanziario
dell’intervento, le risorse utilizzate,
- indicatori fisici: hanno la funzione di misurare lo stato di avanzamento o di
realizzazione fisica di un intervento,
- indicatori procedurali: adatti alla verifica delle fasi attuative nelle quali è articolata la
realizzazione di ogni progetto o misura (dalla progettazione esecutiva di un intervento,
all’affidamento dei lavori, la consegna, il collaudo);

2. gli indicatori di risultato (o di capacità o di performance) per misurare effetti diretti o


immediati che un intervento genera sul contesto in termini di capacità di offerta di beni o
servizi; possono essere di natura fisica (ad esempio: riduzione del tempo di percorrenza, numero
di incidenti stradali) o finanziaria (ad esempio: riduzione del costo dei trasporti, investimenti
produttivi indotti);

3. gli indicatori di impatto dell’intervento in esame rispetto alle variabili socioeconomiche di


contesto.

Anche per il monitoraggio del programma Urban si fa riferimento al sistema informatico


MONIT 2000 che qualche mese più tardi (nell’autunno del 2000) verrà diffuso. Tuttavia,
secondo la Commissione Europea, al di là di dispositivi di questa natura, si rende necessario un
processo di monitoraggio istruito all’interno dell’amministrazione a cui fa capo il programma
affinché siano resi disponibili le informazioni necessarie e siano aggiornati i dati utili. Il

25
monitoraggio sarà tanto più efficace quanto più diretto e cooperativo sarà la relazione tra
struttura locale e struttura centrale.

I dati per il monitoraggio finanziario del programma Urban I vengono raccolti con cadenza
trimestrale, secondo quanto disposto dal Ministero del Tesoro (così come per tutti i programmi
cofinanziati da fondi strutturali).
La Commissione Europea ha definito, attraverso un apposito documento di lavoro elaborato in
vista della programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2000-2006, con l’obiettivo di
fornire alcune indicazioni metodologiche per la definizione di indicatori adatti a costruire
processi di monitoraggio e di valutazione ex ante, in itinere e ex post.
Non essendo state definiti ad hoc, per il programma Urban I, un insieme di indicatori specifici,
il suggerimento della Commissione è di trarre spunto da questo documento che, in linea di
principio, può essere adattato a progetti e programmi diversi.

Ministero dei Lavori Pubblici, Direzione Generale per il Coordinamento Territoriale, Ati
Esosfera SpA, Documento sull’esperienza Urban 1994-1999. Spunti operativi per le
Amministrazioni comunali Urban II, Maggio 2001

26
Scheda 2 - progetto di monitoraggio del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica
(PGTL)

Il tema del monitoraggio all’interno del programma

L’eterogeneità dei criteri di raccolta ed archiviazione delle informazioni relative al tema dei
trasporti e della logistica a livello nazionale, seguita da differenti soggetti ha reso indispensabile
pensare alla progettazione di una struttura apposita per il monitoraggio periodico.

Processo e attori del monitoraggio

Per superare gli inconvenienti causati dalla mancanza di una conoscenza sistematica del
funzionamento del funzionamento del sistema dei trasporti, il PGTL ha proposto la costituzione
di uno specifico “sistema informativo a livello nazionale” (SINT). Tale sistema dovrebbe
relazionarsi con i diversi soggetti che hanno responsabilità nella programmazione, e con gli enti
che operano nel campo della raccolta ed elaborazione dei dati statistici sui trasporti. Il SINT non
svolge esclusivamente la semplice funzione di banca dati, ma è una struttura di supporto alle
attività di programmazione del sistema dei trasporti, in grado di fornire analisi e rapporti di
ricerca sui fenomeni in atto.
Tra le attività istituzionali del SINT compare il calcolo delle batterie di indicatori necessarie per
il monitoraggio del sistema dei trasporti e dello stato di attuazione del PGTL.
Il SINT si articola in un centro di livello nazionale ed in più unità di livello regionale. Il centro
nazionale rientra nelle competenze dello Stato, mentre i centri di livello regionale appartengono
all’ambito delle competenze delle Regioni.

Le tecniche di monitoraggio

Il monitoraggio del PGTL comprende due attività distinte:


- monitoraggio del sistema di trasporti: analisi periodica dello stato del sistema,
per verificare se la sua evoluzione è conforme agli obiettivi dello sviluppo complessivo
del paese, intermini di efficienza, compatibilità ambientale, sicurezza;
- monitoraggio del processo di attuazione del Piano: verifica periodica dello stato
di attuazione delle previsioni e del Piano, in termini di evoluzione della domanda ,
sistemi di offerta e sistemi organizzativi.
Il SINT effettuerà il monitoraggio del sistema dei trasporti mediante un insieme relativamente
ristretto di indicatori riferiti in particolar a sette categorie.
1. interazioni trasporti-ambiente: evoluzione dei consumi energetici, delle
emissioni globali e dei livelli locali di inquinamento;
2. interazioni trasporti-territorio: evoluzione delle dotazioni e della qualità di
infrastrutture e di servizi di trasporto, i n relazione alle esigenze di sviluppo socio-
economico del paese;
3. indicatori macroeconomici;
4. sicurezza del trasporto;
5. evoluzione del parco circolante;
6. flussi di spesa sostenuti dai soggetti competenti nel processo di realizzazione
delle infrastrutture incluse nel piano;
7. strumenti di pianificazione e di programmazione dei trasporti, adottati alle
diverse scale territoriali e per tipologia di infrastruttura di trasporto di interesse

27
nazionale (piani regolatori aeroportuali, piani regolatori e piani operativi triennali delle
Autorità Portuali).
A ciascuna di queste categorie saranno associati degli indicatori specifici di monitoraggio.
Ad esempio per il punto 1, interazioni trasporti-ambiente, gli indicatori saranno:
consumi energetici (globali e per singola modalità di trasporto);
consumi di altre risorse rinnovabili e no; emissioni inquinanti (globali e per
singola modalità); stato della qualità dell’aria;
costi esterni (ad esempio superameno degli standard di qualità dell’aria e di
rumore).
Il monitoraggio dell’attuazione del PGTL sarà costituito da un documento nel quale sarà
indicato per ciascun obiettivo del Piano, a sua volta suddivido in strategie, il livello di
attuazione delle azioni e delle misure proposte. Alcuni indicatori della domanda e offerta di
trasporto esaminati precedentemente, sono trasversali a tutti gli obiettivi, nel senso che sono
necessari per la costruzione degli indicatori specifici per ciascun obiettivo.

Quali basi di dati

Attualmente le banche dati sono molteplici ed eterogenee. Si prendono in considerazione


modalità di rilevazione dei dati da fonti, modelli, indagini. Le banche dati derivano da una
pluralità di soggetti: ANAS, Ferrovie dello Stato, ISTAT, ENAC, autorità portuali. Uniche fonti
organiche di dati sono costituite dal Conto Nazionale dei Trasporti (CNT) e dal Sistema
Informativo per il Monitoraggio e la Pianificazione dei Trasporti (SIMPT).
Il SINT provvederà a raccogliere le informazioni dai diversi soggetti disponendo l’elaborazione
e l’unificazione dei dati in un quadro coerente, l’aggiornamento periodico delle banche dati,
attraverso indagini di campo da effettuare appositamente.

28
Scheda 3 - dispositivo di monitoraggio del Patto Territoriale del Cadore Centrale

Il tema del monitoraggio all’interno del programma

Il sistema di monitoraggio e valutazione del patto territoriale del Cadore Centrale – che
coinvolge otto Comuni appartenenti ad una Comunità Montana nel bellunese – interessa le
iniziative imprenditoriali e gli interventi infrastrutturali finanziati con le specifiche risorse
destinate dal CIPE al medesimo patto.
La trasmissione di informazioni sullo stato di avanzamento dei singoli interventi ed iniziative è
obbligatoria: in proposito l’articolo 7, comma 2, lettera h) del decreto ministeriale 31 luglio
2000, n. 320, dispone che il Soggetto responsabile garantisce i flussi informativi necessari al
Ministero, nonché al Comitato paritetico di attuazione e al Comitato di gestione dell’Intesa
istituzionale di programma Stato-Regione ove costituiti, per il monitoraggio dell’attività del
patto territoriale.
In caso di mancate informazioni, l’articolo 12, comma 1 del medesimo decreto prevede
l’applicazione al Soggetto responsabile di penali fino ad un massimo di circa 155.000 euro.

Processo di monitoraggio

La società di assistenza tecnica EURIS – European Investments Researches Services srl – ha


predisposto il Vademecum per la gestione delle agevolazioni alle iniziative imprenditoriali del
patto territoriale e il Vademecum per la gestione delle agevolazioni agli interventi
infrastrutturali del patto territoriale. Questi vademecum costituiscono uno strumento di
informazione e documentazione predisposto dalla EURIS su incarico del Soggetto responsabile
del patto territoriale, nell’ambito dei compiti di assistenza da quest’ultimo svolti a favore dei
soggetti beneficiari delle agevolazioni finanziarie concesse dal CIPE (Comitato interministeriale
per la programmazione economica) per quanto concerne le procedure di funzionamento dello
strumento negoziale, nonché l’erogazione delle agevolazioni e la conseguente rendicontazione
degli investimenti.
In particolare, il Vademecum per la gestione delle agevolazioni alle iniziative imprenditoriali
del patto territoriale contiene indicazioni operative sui principali procedimenti amministrativi
di attuazione del patto territoriale che rientrano nella competenza e nelle responsabilità del
Soggetto responsabile:
- i procedimenti di erogazione delle agevolazioni;
- i procedimenti di approvazione di varianti progettuali non sostanziali;
- il procedimento di concessione di proroghe nei tempi di realizzazione;
- i procedimenti relativi ai controlli, compreso il sistema di monitoraggio finanziario, fisico
e procedurale del Patto territoriale e dei singoli investimenti.
La rilevazione degli indicatori di realizzazione (stato di avanzamento procedurale, finanziario e
fisico) è semestrale, mentre le rilevazione degli indicatori di risultato avviene a con-clusione
degli interventi e quella relativa agli indicatori di impatto a partire dall’anno suc-cessivo alla
loro ultimazione.
Per quel che riguarda gli indicatori di risultato e di impatto il Soggetto responsabile del patto
territoriale farà pervenire al momento opportuno ai singoli soggetti interessati, apposite schede
di rilevazione.
Per la rilevazione degli indicatori di realizzazione, invece, le imprese beneficiarie delle
agevolazioni sono tenute a compilare e a far pervenire al Soggetto responsabile semestralmente,
le informazioni richieste nella tabella riportata nell’Allegato 17 denominato “Rilevazione
semestrale dello stato di avanzamento finanziario”.

29
Le tecniche di monitoraggio

La suddetta scheda va compilata con riferimento alla situazione esistente per l’iniziativa
imprenditoriale alle date del 30 giugno e del 31 dicembre di ciascun anno e devono pervenire al
Soggetto responsabile, debitamente sottoscritte dal legale rappresentante o da suo procuratore,
rispettivamente, entro e non oltre il 15 luglio ed il 15 gennaio successivi;
Annualmente, in concomitanza con la chiusura dell’esercizio sociale, viene redatta la
“dichiarazione attestante lo stato di avanzamento del programma” di cui all’Allegato 18,
secondo le forme e le modalità delle dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà di cui
all’articolo 47 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (“Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa”): esso costituisce autocertificazione del rappresentante del soggetto beneficiario
delle agevolazioni ai fini della responsabilità civile e penale nei confronti del Ministero ai sensi
degli articoli 75 e 76 del citato decreto. Il prospetto 18a consente di monitorare gli indicatori
ambientali e l’adozione di sistemi di gestione ambientale a livello di singola impresa, per
comprendere il livello di innovazioni adottate dalle aziende nell’ambito delle politiche
ambientali.
Per quanto riguarda il monitoraggio degli interventi infrastrutturali, oltre agli indicatori di
realizzazione e di risultato utilizzati nella fase di monitoraggio, saranno utilizzati specifici
indicatori per misurare l’impatto specifico che le realizzazioni ed i risultati raggiunti hanno
consentito di ottenere nel territorio del Patto rispetto agli obiettivi specifici e globali indicati nel
patto.
Gli indicatori scelti si basano sulla metodologia proposta nel “Documento di lavoro n. 3 –
Indicatori per la sorveglianza e la valutazione: una metodologia orientativa” elaborato dalla
Commissione della Comunità europea per il nuovo periodo di programmazione 2000-2006 dei
Fondi strutturali, nonché sugli standard minimi che saranno adottati dal sistema di monitoraggio
degli investimenti pubblici, anche se gli elementi di una prima e provvisoria “applicazione
informatica” sono stati individuati dalla Deliberazione CIPE 25 maggio 2000, n. 44 (pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 163 del 14.7.2000), con riferimento ai cosiddetti
“accordi di programma quadro” stipulati in sede di attuazione delle intese istituzionali di
programma Stato-Regione.

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32
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Schede di rilevazione e indicatori

E’ stato scritto che il sistema di monitoraggio e valutazione del patto territoriale interessa anche
gli interventi infrastrutturali finanziati con le specifiche risorse destinate dal CIPE al medesimo
patto.
La trasmissione di informazioni sullo stato di avanzamento dei singoli interventi ed iniziative è
obbligatoria: in proposito l’articolo 7, comma 2, lettera h) del decreto ministeriale 31 luglio
2000, n. 320, dispone che il Soggetto responsabile garantisce i flussi informativi necessari al
Ministero, nonché al Comitato paritetico di attuazione e al Comitato di gestione dell’Intesa
istituzionale di programma Stato-Regione ove costituiti, per il monitoraggio dell’attività del
patto territoriale.
In caso di mancate informazioni, l’articolo 12, comma 1 del medesimo decreto prevede
l’applicazione al Soggetto responsabile di penali fino ad un massimo di circa 155.000 euro.
La rilevazione degli indicatori di realizzazione (stato di avanzamento procedurale, finanziario e
fisico) è semestrale, mentre la rilevazione degli indicatori di risultato avviene a conclusione
degli interventi e quella relativa agli indicatori di impatto a partire dall’anno successivo alla loro
ultimazione.
Per quel che riguarda gli indicatori di risultato e di impatto il Soggetto responsabile del patto
territoriale farà pervenire al momento opportuno ai singoli soggetti interessati, apposite schede
di rilevazione.
Per la rilevazione semestrale degli indicatori di realizzazione, invece, i soggetti beneficiari delle
agevolazioni e gli altri soggetti partecipanti al patto territoriale, ancorché non finanziati dal
CIPE, sono tenuti a compilare e a far pervenire al Soggetto responsabile le informazioni
richieste nelle tabelle riportate nelle seguenti schede:
- Scheda G – Rilevazione semestrale dello stato di avanzamento procedurale;
- Scheda H – Rilevazione semestrale dello stato di avanzamento finanziario;
- Scheda I – Rilevazione semestrale dello stato di avanzamento fisico.
Le suddette schede vanno compilate con riferimento alla situazione esistente per ciascun
intervento alle date del 30 giugno e del 31 dicembre di ciascun anno e devono pervenire al
Soggetto responsabile, debitamente sottoscritte dal RUP, rispettivamente, entro e non oltre il 15
luglio ed il 15 gennaio successivi.
Le schede devono essere compilate e trasmesse anche nel caso in cui non vi sia stato, nel
semestre di riferimento, alcun tipo di avanzamento.

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Scheda 4 - dispositivo di monitoraggio del Patto Territoriale del Sangone

Il tema del monitoraggio all’interno del programma

Il Patto Territoriale del Sangone, in Provincia di Torino, è stato promosso a partire dal 1999 e
definitivamente autorizzato tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002. Il tempo intercorso tra la fase
di promozione del Patto e la sua autorizzazione è stato comunque un tempo di forte attività del
Tavolo di concertazione.

Idea obiettivo del Patto: ricerca applicata e diffusione dell'innovazione tecnologica.


Soggetto promotore: Società ASSOT per conto dei Comuni associati.
Soggetto responsabile: Provincia di Torino.
Segretariato tecnico: Società ASSOT.
Soggetto istruttore: Banca Mediocredito spa.

N. imprese Invest. totale Invest. agevolabile Agevolaz. imprese N. occupati aggiuntivi


105 231.665.650,97 220.540.813,01 32.696.395,65 1.334,6

N. interv. infrastrutt. Invest. infrastrutt. Agevolaz. infrastrutt. Invest. totali Agevolaz. totale
9 13.860.535,98 11.488.108,58 245.526.186,95 44.184.504,23

Si ritiene opportuno evidenziare come ASSOT (Agenzia di Sviluppo Sud-Ovest di Torino),


soggetto promotore del Patto Territoriale, e la Provincia di Torino, soggetto responsabile dello
stesso, hanno consolidato l’attività di concertazione maturata nel Patto Territoriale del Sangone.

Processo di monitoraggio

Il monitoraggio consiste in una relazione semestrale che costituisce essenzialmente un


documento di rendicontazione della fase attuativa del Patto Territoriale del torrente Sangone e
che è seguita da tutti gli otto patti territoriali in provincia di Torino.

Riprendendo uno schema di struttura testuale già utilizzato dalla Provincia di Torino in altri
contesti, nel documento è fornito un resoconto del lavoro svolto, distinguendo tre principali
filoni di attività:
⇒ attività svolte dal Tavolo di Concertazione (opportunità di finanziamento offerte dal
Documento Unico di Programmazione, DOCUP, della Regione Piemonte per il periodo
2000-2006) e dai Tavoli Tematici (mappa della formazione e realizzazione di un percorso
di Agenda 21) coordinate da ASSOT con la collaborazione della Provincia di Torino;
⇒ attività inerenti le iniziative imprenditoriali;
⇒ attività inerenti le opere infrastrutturali.

Le tecniche di monitoraggio

Si possono prendere ad esempio le iniziative inerenti le opere infrastrutturali. Le operazioni che


ricadono nell’ambito del monitoraggio delle attività inerenti le opere infrastrutturali sono
eterogenee: dalla realizzazione di piste ciclabili alla riqualificazione degli spazi pubblici e delle
reti tecnologiche nei centri storici. Le attività inerenti le opere infrastrutturali vengono rilevate
attraverso una scheda di monitoraggio elaborata da ASSOT e inviata ai soggetti beneficiari

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(soggetti sia pubblici, sia privati) che devono a loro volta compilarla. I dati che vengono presi in
considerazione per singola operazione sono i seguenti:
Breve descrizione dell’intervento;
beneficiario e titolo del progetto;
stato di avanzamento;
modifiche progettuali o finanziarie;
copertura finanziaria;
spese già effettuate;
autorizzazioni da acquisire;
tempistica per appalto;
eventuali fattori ostativi;
note.

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