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1. Diventa ci che sei: un sapiente per gaiezza Sul senso che devessere
assegnato al titolo dellopera pubblicata, in prima edizione, nellagosto del 1882,
Die frhliche Wissenschaft, Nietzsche si mostra inopinatamente parco di
informazioni. Almeno fino al gennaio-febbraio del 1882, egli pensa ad
unaappendice di Morgenrthe, di cui prevede, come scrive a Heinrich Kselitz il
25 gennaio 1882, i libri VI, VII e VIII riservandosi per linverno successivo i
libri 9 e 10 (KSB, 6, 159 [E, IV, 151]). Contrariamente a queste intenzioni, gi il
5 febbraio Nietzsche scrive, ancora a Kselitz, di essere costretto a rinviarlo, per
la discussione del concetto di causalit, al Libro 9 di Aurora (KSB, 6, 167 [E,
IV, 158]), che quindi viene dato come gi scritto1.
Tuttavia, l8 maggio Nietzsche comunica inaspettatamente al proprio editore
Ernst Schmeitzner: Per questo autunno Lei pu contare su un mio ms. dal titolo
La gaia scienza (con molti epigrammi in versi!!!) (KSB, 6, 191 [E, IV, 181-82]).
, in assoluto, la prima volta che questo titolo compare. Nietzsche decide poi di
cio alla presenza dei componimenti poetici, in specie dei Lieder des Prinzen
Vogelfrei: questo ricorderebbe il concetto provenzale della gaya scienza,
quella unit di cantore, cavaliere, e spirito libero, che differenzia quella
meravigliosa e precoce civilt dei Provenzali da tutte le civilt equivoche; in
particolare quellultimo Lied, Al Mistral una sfrenata canzone a ballo, in cui,
con licenza! si balla sulla morale sarebbe in perfetto stile provenzale (ein
volkommer Provenalismus) (KSA, 6, 333-34 [OFN, VI/III, 343])2. Queste parole
confermerebbero lidea che Nietzsche guardi ai Provenzali soprattutto come ad un
modello morale: di una morale aristocratica. Se questa una conseguenza delle
basi gettate nella Frhliche Wissenschaft, tuttavia lintento originario era forse
diverso: il tema centrale del libro infatti quello della conoscenza.
Per suffragare questa ipotesi, dobbiamo tornare alle lettere, nelle quali
Nietzsche sembra dichiarare innanzitutto una profonda affinit tra il libro e se
stesso. Il 10 giugno 1882, da Naumburg, egli scrive a Lou Salom: Attualmente
ho molto bisogno della montagna e di boschi dalto fusto: La gaia scienza, ancor
pi della salute, mi spinge alla solitudine (KSB, 6, 203 [E, IV, 192]).
Latmosfera qui evocata sembra gi quella dello Zarathustra; essa rinvia, di fatto,
allintrecciarsi delle due opere. Nellaf. 342 (Incipit tragoedia), che chiude la
prima edizione e viene ripreso alla lettera allinizio di Zarathustra, Nietzsche
scrive: Compiuti che ebbe i trentanni, Zarathustra abbandon la sua patria e il
Lago Urmi e and sulle montagne. Qui godette del suo spirito e della sua
solitudine, e per dieci anni non ne fu stanco (KSA, 3, 571 [OFN, V/II, 237]). Se
2
Mentre scrive queste parole, Nietzsche ha forse in mente quanto osservato nella
prefazione alla seconda edizione di FW: Ma chi lo potesse, certamente mi
perdonerebbe ancor di pi quel tanto di pazzia, di sfrenatezza, di gaia scienza:
quella manciata di canzoni per esempio, che sono aggiunte questa volta al libro
canzoni in cui un poeta si burla di tutti i poeti in un modo difficilmente
perdonabile (KSA, 3, 346 [OFN, V/II, 16]).
Anche poco pi tardi, in unaltra lettera alla Salom di fine agosto: Infine, mia
cara Lou, lantica, profonda e calda preghiera: diventi quello che ! (werden Sie,
die Sie sind!) (KSB, 6, 247 [E, IV, 233]).
4
Sii quale sei, tu che hai imparato (tr. it. di B. Gentili).
5
Cos, p. es., in una lettera a Erwin Rohde del 3 novembre 1867: Chiss quando
il destino capriccioso riunir le nostre strade: possa accadere presto! Tuttavia, in
qualsiasi momento ci accada, guarder con gioia e orgoglio a quel tempo in cui
mi conquistai un amico oi|o ejssi; (KSB, 2, 235 [E, I, 541]).
6
Il verso di Pindaro diffusamente presente in tutta lopera di Nietzsche. P. es.,
nella III Inattuale (Schopenhauer als Erzieher) esso compare tra le domande che
il grande uomo rivolge a se stesso: Perch vivo? quale lezione debbo trarre
dalla vita? come sono diventato qual sono (wie bin ich so geworden wie ich bin) e
perch soffro di questo esser-cos? (KSA, 1, 374 [OFN, III/I, 399]). Secondo
Karl Lwith, nel sottotitolo di Ecce Homo la massima alluderebbe alla dottrina
delleterno ritorno delluguale e assumerebbe un preciso senso anticristiano,
instaurando quindi una relazione ossimorica con il titolo: esso si contrappone
infatti alla pretesa cristiana di divenir-nuovo e divenir-altro in virt di una
conversione e di una rinascita. Se Nietzsche-Zarathustra rinasce in virt di una
conversione, divenendo il maestro delleterno ritorno, ci avviene per non per
una nuova e diversa vita in Cristo, bens per la vita sempre identica del mondo
che, come un circolo eterno, nel suo divenire ritorna a se stesso (K. Lwith,
Nietzsches Philosophie der ewigen Wiederkehr des Gleichen, in Smtliche
Schriften, vol. 6: Nietzsche, Stuttgart, Metzler, 1987, p. 257 [Nietzsche e leterno
ritorno, tr. it. di S. Venuti, Roma-Bari, Laterza, 1985, p. 126]). Pi vicina agli
scopi del nostro studio lopinione di recente espressa da E. Mller, Die Griechen
im Denken Nietzsches, Berlin-New York, de Gruyter, 2005, p. 215, secondo il
quale Nietzsche fa del verso di Pindaro una delle sue massime filosofiche
personali accentuando lineliminabile carattere personale di questa massima;
Mller si dice daccordo (ibid., n. 497) con lopinione di I. Christians,
Schauspieler, Maske, in H. Ottmann (a cura di), Nietzsche-Handbuch LebenWerk-Wirkung, Stuttgart-Weimar, Metzler, 2000, p. 323, secondo il quale la
massima pindarica assume in Nietzsche il senso di una contrapposizione con il
motto delfico conosci te stesso, trasformato dalla tradizione platonica in una
richiesta di autoconoscenza filosofica.
Il fatto che Nietzsche utilizzi il verso di Pindaro in funzione dellesigenza di una
filosofia personale assume per FW, come vedremo tra poco, unimportanza
determinante.
Gewissen? (Che cosa dice la tua coscienza?): Devi diventare quello che sei
(Du sollst der werden, der du bist) (KSA, 3, 519 [OFN, V/II, 185]).
Possiamo quindi fissare due punti: in primo luogo, Nietzsche cerca qui una
filosofia che risponda ai suoi propri problemi personali. La Frhliche
Wissenschaft , in questo senso, una gioiosa presa datto del superamento del
terribile periodo contrassegnato da difficolt nelle relazioni personali e dalla
malattia che aveva prodotto Menschliches, Allzumenschliches e le sue
appendici7. Una chiara testimonianza ce la fornisce la Prefazione alla seconda
edizione, nella quale Nietzsche parla esplicitamente di una ebbrezza della
convalescenza (KSA, 6, 345 [OFN, V/II, 15]) e si interroga sul ruolo della
malattia, e del suo superamento, nella composizione del libro, arrivando a
ipotizzare una filosofia della propria persona (Philosophie seiner Person)
(KSA, 3, 347 [OFN, V/II, 17])8. La ricerca di questa filosofia si era chiaramente
compiuta nel segno del werde der, der du bist.
7
allaforisma (342: Incipit tragoedia) che chiude la prima edizione del libro. Qui
egli scrive:
Guarda! Sono satollo della mia saggezza (Weisheit) come
lape che troppo miele ha raccolto; ho bisogno di mani che si
tendano verso di me, vorrei donare e spartire, fino a che i
saggi (die Weisen) tra gli uomini non si rallegrino ancora una
volta della loro follia (Thorheit) e i poveri ancora una volta
della loro ricchezza. (KSA, 3, 571 [OFN, V/II, 237]; cfr. Za,
KSA, 4, 11 [OFN, VI/I, 3])
Questa follia di cui i saggi debbono rallegrarsi d alla scienza la sua
leggerezza: essa diviene con ci gaya scienza. Nella prefazione alla seconda
edizione Nietzsche riconsidera il proprio percorso di vita, presentando il nuovo
orizzonte conquistato come il frutto di quel grande dolore che lestremo
liberatore dello spirito; esso costringe noi filosofi a discendere nelle nostre
ultime profondit e a sbarazzarci dogni fiducia (KSA, 3, 350 [OFN, V/II, 20]).
Cos liberati, attraverso il dolore, delle illusioni, i filosofi possono volgersi ad una
nuova, non pi offuscata, percezione della vita:
Da tali abissi, da tale grave malanno, anche dal malanno del
grave sospetto, si torna indietro rinati, con la pelle cambiata,
pi suscettibili, pi maliziosi, con un gusto pi sottile per la
gioia, con un palato pi fine per tutte le buone cose, con sensi
pi giocondi, con una seconda e pi pericolosa innocenza
nella gioia, pi fanciulli e al tempo stesso cento volte pi
raffinati di quanto mai prima dora ci fosse accaduto. (KSA,
3, 351 [OFN, V/II, 21])
Valga, per tutto, lesclamazione che chiude la Geburt der Tragdie: Quanto
dovette soffrire questo popolo, per poter diventare cos bello! (KSA, 1, 156
[OFN, III/I, 163]).
10
La frase viene riportata alla lettera in Nietzsche contra Wagner (KSA, 6, 439
[OFN, VI/III, 414]). Ci permettiamo di non essere daccordo con linterpretazione
proposta da Bernard Williams, secondo il quale la sentenza rivelerebbe, agli occhi
di Nietzsche, la heightened reflectiveness, self-consciousness, and inwardeness
that, he thought, it was precisely one of the charms, and indeed the power, of the
Greeks to have done without (B. Williams, Shame and Necessity, Berkeley-Los
Angeles-London, University of California Press, 1993, p. 9; cfr. anche p. 68). Che
Nietzsche pensi ai Greci come a uomini che openly lived manifestations of the
will to power (ivi, p. 10) non significa che egli li concepisca in lacking some
kinds of reflection and self-consciousness (ivi, p. 9). In realt, uno de temi
fondamentali della Geburt der Tragde, la duplice struttura di apollineo e
dionisiaco, si riferisce proprio alla capacit, esclusivamente greca, di poter
contemplare il dolore (lesperienza dionisiaca) grazie alla distanza posta dal
principio della forma, lapollineo. Questa esperienza prende forma nella figura del
Satiro. Rimando, per questo tema, al mio Nietzsche, Bologna, il Mulino, 2001, pp.
67-70 [tr. sp. di B. Rabadn e J.L. Serrano, Madrid, Biblioteca Nueva, 2004, pp.
77-80].
10
precedente nella zanzara citata nello scritto non pubblicato del 1873, Ueber
Wahrheit ud Lge im aussermoralischen Sinne. Dopo aver aperto lo scritto con la
favola degli animali intelligenti che, in un angolo remoto delluniverso,
avevano inventato la conoscenza ed erano scomparsi dopo un minuto il minuto
pi tracotante e menzognero della storia del mondo , Nietzsche dichiara che
la grandezza dellintelletto umano appare tale solo presupponendo il punto di vista
umano: Se noi riuscissimo a intenderci con la zanzara, apprenderemmo che
anchessa nuota attraverso laria con questo pathos e si sente il centro che vola
di questo mondo (KSA, 1, 875 [OFN, III/II, 355]). Questo sentirsi tale, ossia
questa verit dellindividuo, una rappresentazione dellintelletto: sia esso quello
delluomo o della zanzara. Nietzsche ne trae pertanto la conclusione che
lintelletto un mezzo per conservare lindividuo che spiega le sue forze
principali nella finzione (Verstellung) (KSA, 1, 876 [OFN, III/II, 356]). In
Ueber Wahrheit und Lge il tema della finzione antropocentrica viene sviluppato
in rapporto al linguaggio; nelle opere successive Nietzsche riprende largomento
in altri contesti. In particolare, nellaf. 14 di Der Wanderer und sein Schatten
che porta il titolo, gi di per s emblematico, Der Mensch, der Komdiant der
Welt Nietzsche accosta il tema allargomento teologico. In questo aforisma la
formica a svolgere il ruolo gi svolto dalla zanzara11. Dopo aver argomentato che
soltanto la noia pu aver spinto Dio a creare luomo, per procurarsi il divertimento
crudele indispensabile a dilettare la propria solitudine, e che dunque non esiste
ragione perch luomo debba considerarsi il fine della creazione, Nietzsche
conclude:
11
Anche il contesto narrativo ricorda la favola che apre Ueber Wahrheit und
Lge im aussermoralischen Sinne; Nietzsche parla ora di un numero
indeterminato di astri che presentano condizioni simili a quelle della terra: la
nostra unicit nelluniverso! Ohim, una cosa fin troppo inverosimile! (KSA, 2,
549 [OFN, IV/III, 142]).
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12
F. Nietzsche, La teleologia da Kant in poi, tr. it. in Id., Appunti filosofici 18671869 Omero e la filologia classica, a cura di G. Campioni e F. Gerratana,
Milano, Adelphi, 1993, pp. 134-35.
12
13
avere, da un punto di vista kantiano, una risposta negativa. Tuttavia, nella Kritik
der reinen Vernunft nel capitolo che conclude lAnalitica dei principi Kant
distingue un noumenon negativo e un noumenon positivo. Questultimo indica una
cosa che non oggetto della nostra intuizione sensibile e che devessere, pertanto,
oggetto di una intuizione intellettuale che per non la nostra (die aber ncht die
unsrige ist)13. Il noumenon positivo, in quanto prescinde dalla sensibilit e dunque
dal soggetto, sarebbe un oggetto indeterminato e non determinabile: sarebbe cio
(tradotto nei termini nietzschiani) un mondo senza il soggetto che lo pensa.
Tuttavia, prosegue Kant, ammesso sia possibile che si diano enti intelligibili privi
di ogni relazione con la nostra intuizione sensibile, in quanto i concetti del nostro
intelletto (unsere Verstandbegriffe) sono semplici forme del pensiero per la
nostra intuizione sensibile, essi non potranno mai raggiungere (reichen) quegli
enti intelligibili. Dunque, il noumenon pu essere inteso soltanto in senso
negativo14; e cio nella sua pura e semplice opposizione ai phaenomena: se questi
indicano gli oggetti in quanto enti sensibili considerati quindi secondo il modo
in cui noi li intuiamo , i noumena saranno quegli stessi oggetti considerati per
nella loro natura in se stessa, pensati semplicemente tramite lintelletto, dunque
come enti intelligibili15. La contraddizione che sembra in tal modo annidarsi nel
concetto di noumenon poich esso in ogni caso il prodotto di un intelletto i cui
concetti sono determinati dalla sensibilit, ma nel contempo una cosa in se
stessa (ein Ding an sich selbst) pensata dallintelletto puro risolta da Kant
con il ben noto argomento della funzione esclusivamente critico-regolativa della
cosa in s: essa deve impedire che lintuizione sensibile si estenda fino alle cose
13
I. Kant, Kritik der reinen Vernunft (1787) [Critica della ragion pura, tr. it e cura
di C. Esposito, con testo tedesco a fronte, Milano, Bompiani, 2004, p. 473].
14
Ivi, p. 475.
15
Ivi, p. 473.
14
che stanno al di l della sfera sensibile, verso il cui ambito, che deve rimanere
vuoto (leer), lintelletto stesso pu estendersi solo problematicamente
(problematisch). Da ci la nota conclusione: Il concetto di noumenon dunque
semplicemente un concetto-limite (Grenzbegriff) per circoscrivere la pretesa della
sensibilit, e quindi solo di uso negativo16.
Dunque, non possiamo pensare la cosa in s come fosse un ente determinato:
la sua inconoscibilit limmediata conseguenza di questa impossibilit. Nel
frammento di Nietzsche che stiamo esaminando, sembra essere invece proprio
questo il tentativo messo in atto: il mondo senza soggetto diviene oggetto di una
determinazione. Il che significa che si passa dallesistenza della cosa in s (il
mondo senza soggetto) alla sua conoscenza; e che, conseguentemente, la cosa in
s viene determinata attraverso la conoscenza, che non pu essere altro che la
conoscenza sensibile. Il risultato che la cosa in s viene ricondotta allapparenza
(sensibile). Viene cio violata lingiunzione kantiana secondo cui lintuizione
sensibile non deve estendersi ai noumena. Pensare un mondo senza soggetto
equivarrebbe per Nietzsche ad annullare dun colpo tutta la vita; ma perch, si
chiede, una volta tolto il soggetto tutto il resto non potrebbe continuare a
muoversi tranquillamente come ora lo vediamo (wie wir es jetzt sehen)? (c.vo
nostro). Se i colori sono soggettivi vale a dire se vengono percepiti
soggettivamente niente ci vieta tuttavia di supporli come pensabili
oggettivamente; ma questa loro oggettivit risulta poi identica alla loro
percezione soggettiva sensibile, ossia alla loro apparenza: La possibilit che il
mondo sia simile a quello che ci appare (die uns erscheint) non affatto eliminata,
quando riconosciamo i fattori soggettivi. Non si pu, dunque, eliminare il
soggetto con il pensiero il che equivale, per Nietzsche, a volersi rappresentare
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Appare cos evidente che tutto quanto luomo ha posto sotto il titolo
conoscenza devessere inteso come quel processo che lindividuo-uomo ha
elevato a valore universale pur restando invincibilmente e inespressamente legato
alla propria natura individuale. La nostra conoscenza non , per conseguenza, il
risultato di unattivit della specie-uomo, ma di una surrettizia soggettivit
trascendentale che il sogno umano, troppo umano di un individuo che vuole
scindere da s la propria dimensione biologica. alla luce di questa
considerazione che ogni conoscenza si mostra come prospettica, e la stessa storia
della conoscenza umana si disvela come bisogno di confermare limmagine di s
che luomo si creato.
Sono, questi, i temi che Nietzsche affronta nel V libro della Frhliche
Wissenschaft. Nellaforisma 354 (Vom Genius der Gattung) Nietzsche
contrappone alla coscienza umana una coscienza animale di cui si serve come
chiave genealogica per comprendere la natura della coscienza individuale.
Questultima deriverebbe dalla natura comunitaria e gregaria (Gemeinschaftsund Heerden-Natur)
come animale umano e animale sociale (sociales Thier) (KSA, 3, 592 [OFN,
V/II, 260]). Sviluppo della coscienza e sviluppo del linguaggio procedono di pari
passo, in quanto discendono dalla necessit di porre una rete di collegamento tra
uomo e uomo: sentendosi in pericolo, lanimale umano chiede laiuto dei suoi
simili; ci di cui luomo solitario, luomo bestia da preda non avrebbe avuto
bisogno (KSA, 3, 591 [OFN, V/II, 259]). Ne segue lesigenza di ridurre la realt a
sistema di segni con cui comunicare; il che presuppone il farsi coscienti in noi
delle nostre impressioni sensibili, la forza di poterle fissare e di porle, per cos
dire, al di fuori di noi per poterle trasmettere ad altri mediante segni (KSA, 3,
592 [OFN, V/II, 260]). Lautocoscienza, ossia lautopromozione delluomo a
soggetto, non che lultimo passo in questo processo: alla sua origine sta la
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possibile
solo
permanendo
nellorizzonte
di
quella
centralit,
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quale egli pu solo avvertire un infinito come margine negativo. Scrive Nietzsche
nellaf. 374 (Unser neues Unendliches):
Lintelletto umano non pu fare a meno di vedere se stesso
sotto le sue forme prospettiche e soltanto in esse. Non
possiamo girare con lo sguardo il nostro angolo: una
curiosit disperata voler sapere quali altre specie dintelletto
e di prospettiva potrebbero ancora esserci. (KSA, 3, 626
[OFN, V/II, 298])
Tutto ci che luomo pu fare, di fronte a questa percezione negativa,
abbandonarsi, ancora una volta, al riso: la presunzione di decretare dal nostro
angolo che solo a partire da questo angolo si possono avere prospettive non pu
apparirci, ormai, che ridicola (lcherlich). Quel che sta dietro il nostro angolo
non pu essere esplorato e si presenta, appunto, come il nostro nuovo infinito.
Un mondo ignoto che potremmo di nuovo esser tentati di divinizzare23, come
gi avevano fatto gli antichi, non fosse che quella avvertita esistenza del mondo
delle formiche ci ha ormai resi edotti di quante possibilit non divine
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W. Mller-Lauter, Nietzsches Lehre vom Willen zur Macht, in NietzscheStudien, vol. 3, 1974, pp. 43-44 [La volont di potenza in Nietzsche, tr. it. in
Volont di potenza e nichilismo. Nietzsche e Heidegger, a cura di C. La Rocca,
Trieste, Parnaso, 1998, pp. 53-54].
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Carlo Gentili
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