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PERCHE LA SCIENZA DEVESSERE GAIA.

SULLA QUESTIONE DEL


PROSPETTIVISMO IN NIETZSCHE
[Relazione letta al convegno Nietzsche y la Hermenutica, Universitat de
Valncia, 5-7 novembre 2007; in corso di stampa nella rivista Estudios
Nietzsche, n. 9, 2009]

1. Diventa ci che sei: un sapiente per gaiezza Sul senso che devessere
assegnato al titolo dellopera pubblicata, in prima edizione, nellagosto del 1882,
Die frhliche Wissenschaft, Nietzsche si mostra inopinatamente parco di
informazioni. Almeno fino al gennaio-febbraio del 1882, egli pensa ad
unaappendice di Morgenrthe, di cui prevede, come scrive a Heinrich Kselitz il
25 gennaio 1882, i libri VI, VII e VIII riservandosi per linverno successivo i
libri 9 e 10 (KSB, 6, 159 [E, IV, 151]). Contrariamente a queste intenzioni, gi il
5 febbraio Nietzsche scrive, ancora a Kselitz, di essere costretto a rinviarlo, per
la discussione del concetto di causalit, al Libro 9 di Aurora (KSB, 6, 167 [E,
IV, 158]), che quindi viene dato come gi scritto1.
Tuttavia, l8 maggio Nietzsche comunica inaspettatamente al proprio editore
Ernst Schmeitzner: Per questo autunno Lei pu contare su un mio ms. dal titolo
La gaia scienza (con molti epigrammi in versi!!!) (KSB, 6, 191 [E, IV, 181-82]).
, in assoluto, la prima volta che questo titolo compare. Nietzsche decide poi di

La sorprendente accelerazione certamente dovuta al fatto, come suppone Curt


P. Janz, che Nietzsche elabora appunti preesistenti; cfr. C.P. Janz, Friedrich
Nietzsche. Biographie, vol. 2: Die zehn Jahre des freien Philosophen,
Frankfurt/M.-Wien, Gutenberg, 19942, pp. 105-06 [Vita di Netzsche, tr. it. e cura
di M. Carpitella, vol. 2: Il filosofo della solitudine 1879/1888, Roma-Bari,
Laterza, 1981, p. 93].

affrettare i lavori, cosicch il 20 agosto, da Tautenburg (nel pieno dellidillio


con Lou Salom), pu annunciare a Kselitz linvio della prima copia del libro
appena uscito (KSB, 6, 238 [E, IV, 224]).
Nelle lettere non si trovano spiegazioni esplicite del mutamento del titolo n
del suo significato. Che esso alluda alla poesia dei Provenzali evidente. In un
frammento (11[337]) della primavera-autunno 1881 si legge, sotto il titolo Gaya
Scienza, un elenco di composizioni trobadoriche (Albas, Serenas, Tenzoni,
Sirventes ecc.) con le loro spiegazioni (KSA, 9, 573 [OFN, V/II, 458]). La gaya
scienza anche il sottotitolo della Frhliche Wissenschaft, e questa espressione
ricorre nellaf. 377 (Wir Heimatlosen) del V libro, aggiunto nella seconda
edizione del 1887 (KSA, 3, 628 [OFN, V/II, 300]): ad essa, e alle altre equivalenti
gaya ciencia, gay sabr , Nietzsche ricorrer spesso soprattutto dopo il 1882.
Questo sembra tuttavia restare, al momento, un riferimento puramente
nominale. Solo riguardando a ritroso la Frhliche Wissenschaft Nietzsche
mostrer di aver cercato nei Provenzali un modello di morale antitetico alla
morale tradizionale. Cos, per esempio, in unosservazione di Jenseits von Gut
und Bse dopo aver distinto il desiderio di libert, che caratterizza la morale
degli schiavi, dallarte e lentusiasmo della venerazione, della dedizione, che
indizio di unaristocratica maniera di pensare e di valutare Nietzsche afferma:
senzaltro comprensibile da ci perch lamore come
passione la nostra specialit europea debba essere
assolutamente di origine nobile: noto che la sua scoperta
spetta ai poeti-cavalieri provenzali, a quegli splendidi
ingegnosi uomini del gai saber cui lEuropa deve tante
cose e quasi quasi se stessa. (KSA, 5, 212 [OFN, VI/II, 181])
Nel riesame dellopera che Niezsche propone in Ecce Homo la spiegazione
del titolo viene tuttavia rimessa innanzitutto alla struttura formale dellopera, e

cio alla presenza dei componimenti poetici, in specie dei Lieder des Prinzen
Vogelfrei: questo ricorderebbe il concetto provenzale della gaya scienza,
quella unit di cantore, cavaliere, e spirito libero, che differenzia quella
meravigliosa e precoce civilt dei Provenzali da tutte le civilt equivoche; in
particolare quellultimo Lied, Al Mistral una sfrenata canzone a ballo, in cui,
con licenza! si balla sulla morale sarebbe in perfetto stile provenzale (ein
volkommer Provenalismus) (KSA, 6, 333-34 [OFN, VI/III, 343])2. Queste parole
confermerebbero lidea che Nietzsche guardi ai Provenzali soprattutto come ad un
modello morale: di una morale aristocratica. Se questa una conseguenza delle
basi gettate nella Frhliche Wissenschaft, tuttavia lintento originario era forse
diverso: il tema centrale del libro infatti quello della conoscenza.
Per suffragare questa ipotesi, dobbiamo tornare alle lettere, nelle quali
Nietzsche sembra dichiarare innanzitutto una profonda affinit tra il libro e se
stesso. Il 10 giugno 1882, da Naumburg, egli scrive a Lou Salom: Attualmente
ho molto bisogno della montagna e di boschi dalto fusto: La gaia scienza, ancor
pi della salute, mi spinge alla solitudine (KSB, 6, 203 [E, IV, 192]).
Latmosfera qui evocata sembra gi quella dello Zarathustra; essa rinvia, di fatto,
allintrecciarsi delle due opere. Nellaf. 342 (Incipit tragoedia), che chiude la
prima edizione e viene ripreso alla lettera allinizio di Zarathustra, Nietzsche
scrive: Compiuti che ebbe i trentanni, Zarathustra abbandon la sua patria e il
Lago Urmi e and sulle montagne. Qui godette del suo spirito e della sua
solitudine, e per dieci anni non ne fu stanco (KSA, 3, 571 [OFN, V/II, 237]). Se
2

Mentre scrive queste parole, Nietzsche ha forse in mente quanto osservato nella
prefazione alla seconda edizione di FW: Ma chi lo potesse, certamente mi
perdonerebbe ancor di pi quel tanto di pazzia, di sfrenatezza, di gaia scienza:
quella manciata di canzoni per esempio, che sono aggiunte questa volta al libro
canzoni in cui un poeta si burla di tutti i poeti in un modo difficilmente
perdonabile (KSA, 3, 346 [OFN, V/II, 16]).

Zarathustra il libro della predicazione, la Frhliche Wissenschaft il libro nel


quale si accumula quella saggezza che della predicazione il presupposto. ,
insomma, lopera nella quale Nietzsche diviene quello che . Non un caso che
questespressione ricorra sovente in questo periodo. In una lettera a Lou, scritta da
Naumburg il 10 giugno, egli conclude: Pindaro dice a un certo punto: Diventa
quello che sei (werde der, der du bist) (KSB, 6, 203 [E, IV, 192])3. Il verso
dalle Pitiche di Pindaro (II, 72: gevnoi, oi|o ejssi; maqwvn4) gli noto fin dalla
giovinezza, quando lo usa come motto della dissertazione De Laertii Diogenis
fontibus, premiata dalla Facolt di Filologia di Lipsia e in seguito pubblicata, in
due parti, sul Rheinisches Museum. In quel periodo, Nietzsche se ne serviva
talvolta anche come di una sorta di proverbio nelle comunicazioni agli amici5. In
seguito, com noto, il verso di Pindaro ispirer il sottotitolo di Ecce homo: Come
si diventa ci che si (Wie man wird, das man ist)6. Ma, allaltezza della

Anche poco pi tardi, in unaltra lettera alla Salom di fine agosto: Infine, mia
cara Lou, lantica, profonda e calda preghiera: diventi quello che ! (werden Sie,
die Sie sind!) (KSB, 6, 247 [E, IV, 233]).
4
Sii quale sei, tu che hai imparato (tr. it. di B. Gentili).
5
Cos, p. es., in una lettera a Erwin Rohde del 3 novembre 1867: Chiss quando
il destino capriccioso riunir le nostre strade: possa accadere presto! Tuttavia, in
qualsiasi momento ci accada, guarder con gioia e orgoglio a quel tempo in cui
mi conquistai un amico oi|o ejssi; (KSB, 2, 235 [E, I, 541]).
6
Il verso di Pindaro diffusamente presente in tutta lopera di Nietzsche. P. es.,
nella III Inattuale (Schopenhauer als Erzieher) esso compare tra le domande che
il grande uomo rivolge a se stesso: Perch vivo? quale lezione debbo trarre
dalla vita? come sono diventato qual sono (wie bin ich so geworden wie ich bin) e
perch soffro di questo esser-cos? (KSA, 1, 374 [OFN, III/I, 399]). Secondo
Karl Lwith, nel sottotitolo di Ecce Homo la massima alluderebbe alla dottrina
delleterno ritorno delluguale e assumerebbe un preciso senso anticristiano,
instaurando quindi una relazione ossimorica con il titolo: esso si contrappone
infatti alla pretesa cristiana di divenir-nuovo e divenir-altro in virt di una
conversione e di una rinascita. Se Nietzsche-Zarathustra rinasce in virt di una
conversione, divenendo il maestro delleterno ritorno, ci avviene per non per

Frhliche Wissenschaft, il motto si carica di un senso del tutto specifico. In un


frammento (11[297]) della primavera-autunno 1881 (quando ancora pensa alla
prosecuzione di Morgenrthe) si legge: Continua sempre a diventare ci che tu
sei (Werde fort und fort, der, der du bist ) educatore e plasmatore di te stesso!
(KSA, 9, 555 [OFN, V/II, 440]). Ed nella lettera nella quale annuncia a Kselitz
linvio della prima copia

del libro (20 agosto 1882) che, nel saluto finale

allamico, viene precisato il carattere di questa educazione e plasmazione: Stia


bene! Non prendiamocela con la vita, cerchiamo invece di diventare sempre pi
quelli che siamo (Wir wollen [] immer mehr werden, die wir sind) individui
sapienti per gaiezza (die frhlich-Wissenden) (KSB, 6, 239 [E, IV, 226]).
Infine, che il verso di Pindaro abbia unimportanza specifica proprio in rapporto
alla Frhliche Wissenschaft lo dimostra la sua inclusione nel testo; nellaf. 270
esso suona come una risposta alla domanda contenuta nel titolo: Was sagt dein

una nuova e diversa vita in Cristo, bens per la vita sempre identica del mondo
che, come un circolo eterno, nel suo divenire ritorna a se stesso (K. Lwith,
Nietzsches Philosophie der ewigen Wiederkehr des Gleichen, in Smtliche
Schriften, vol. 6: Nietzsche, Stuttgart, Metzler, 1987, p. 257 [Nietzsche e leterno
ritorno, tr. it. di S. Venuti, Roma-Bari, Laterza, 1985, p. 126]). Pi vicina agli
scopi del nostro studio lopinione di recente espressa da E. Mller, Die Griechen
im Denken Nietzsches, Berlin-New York, de Gruyter, 2005, p. 215, secondo il
quale Nietzsche fa del verso di Pindaro una delle sue massime filosofiche
personali accentuando lineliminabile carattere personale di questa massima;
Mller si dice daccordo (ibid., n. 497) con lopinione di I. Christians,
Schauspieler, Maske, in H. Ottmann (a cura di), Nietzsche-Handbuch LebenWerk-Wirkung, Stuttgart-Weimar, Metzler, 2000, p. 323, secondo il quale la
massima pindarica assume in Nietzsche il senso di una contrapposizione con il
motto delfico conosci te stesso, trasformato dalla tradizione platonica in una
richiesta di autoconoscenza filosofica.
Il fatto che Nietzsche utilizzi il verso di Pindaro in funzione dellesigenza di una
filosofia personale assume per FW, come vedremo tra poco, unimportanza
determinante.

Gewissen? (Che cosa dice la tua coscienza?): Devi diventare quello che sei
(Du sollst der werden, der du bist) (KSA, 3, 519 [OFN, V/II, 185]).
Possiamo quindi fissare due punti: in primo luogo, Nietzsche cerca qui una
filosofia che risponda ai suoi propri problemi personali. La Frhliche
Wissenschaft , in questo senso, una gioiosa presa datto del superamento del
terribile periodo contrassegnato da difficolt nelle relazioni personali e dalla
malattia che aveva prodotto Menschliches, Allzumenschliches e le sue
appendici7. Una chiara testimonianza ce la fornisce la Prefazione alla seconda
edizione, nella quale Nietzsche parla esplicitamente di una ebbrezza della
convalescenza (KSA, 6, 345 [OFN, V/II, 15]) e si interroga sul ruolo della
malattia, e del suo superamento, nella composizione del libro, arrivando a
ipotizzare una filosofia della propria persona (Philosophie seiner Person)
(KSA, 3, 347 [OFN, V/II, 17])8. La ricerca di questa filosofia si era chiaramente
compiuta nel segno del werde der, der du bist.
7

Il 2 luglio, da Tautenburg, Nietzsche annuncia gioiosamente alla sorella


Elisabeth il termine della stesura della Frhliche Wissenschaft: Il manoscritto
tutto pronto. una bella sensazione di vittoria, considerando i 6 anni! (KSB, 6,
216 [E, IV, 204]). Egli calcola qui la durata del periodo di tribolazione a partire
dai primi abbozzi di Menschliches, Allzumenschliches.
8
possibile immaginare che Lou Salom abbia avuto un ruolo nella definizione
di questa forma di filosofia; o, quanto meno, che ella stessa se lo sia immaginato.
ci che si deduce da una lettera di Nietzsche (16 settembre 1882) in risposta a
una lettera di Lou, purtroppo non conservata: Mia cara Lou scrive Nietzsche
la Sua idea di una riduzione dei sistemi filosofici ad atti personali de loro autori
proprio unidea uscita dal cervello fraterno [in realt Geschwistergehirn:
mente sorella]. Dopo questo riconoscimento, tuttavia, Nietzsche ristabilisce
subito, per cos dire, lordine di precedenza: Io stesso a Basilea ho esposto la
storia della filosofia antica in questo senso, e amavo dire ai miei uditori: Questo
sistema confutato e morto ma la persona che vi sta dietro inconfutabile, la
persona non si pu far morire ad esempio Platone (KSB, 6, 259 [E, IV, 244]).
Malgrado Nietzsche preferisca, in questoccasione, citare come esempio Platone,
il suo riferimento evidente allo scritto non pubblicato Die Philosophie im

In secondo luogo, abbiamo con ci anche i contenuti di questa filosofia della


propria persona: essa certamente la filosofia dei frhlich-Wissenden. Questa
filosofia acquista il suo senso specifico la sua Frhlichkeit nel confronto
diretto con la poesia. In quanto si pongono sullo stesso piano della filosofia, gli
inserti poetici ne modificano il senso; la scienza gaya per lappunto la filosofia
che acquista la leggerezza della poesia. Questo accostamento di due elementi
allapparenza antitetici la leggerezza della poesia, la ponderazione della
filosofia inclina verso uno dei temi decisivi della Frhliche Wissenschaft: quello
della follia (si pensi allaf. 125: Der tolle Mensch). Nietzsche sembra talvolta
usare il termine follia in un senso vicino alla gayezza. In una lettera spedita da
Tautenburg il 27-28 giugno 1882 scrive a Lou: Ora, questo Glielo racconto per
farLa ridere. Sono sempre umano, troppo umano, e la mia stoltezza (Thorheit)
cresce insieme alla mia saggezza (Weisheit). / Questo mi ricorda la mia Gaia
scienza (KSB, 6, 213 [E, IV, 201]). Stoltezza forse una traduzione troppo forte
del termine Thorheit, che indica, semmai, la stoltezza del folle. Quel che conta
sottolineare, qui, laccostamento di Thorheit e Weisheit come il tratto
fondamentale della gaya scienza. Il riferimento puntuale di Nietzsche va
tragischen Zeitalter der Griechen (1873), nelle cui prefazioni si legge: Metter
in rilievo, per ogni sistema, soltanto gli elementi che fanno parte di una
personalit, e rientrano in quellaspetto inconfutabile e indiscutibile, che la storia
ha il dovere di conservare; e ancora: Sono state scelte tuttavia le dottrine in cui
vibra ancora nel modo pi forte lelemento personale di un filosofo (KSA, 1, 801
e 803 [OFN, III/II, 265 e 267]). Nel 1894, nel suo libro Nietzsche in seinen
Werken, la Salom pubblic la lettera di Nietzsche come una sorta di prologo; cfr.
L. Andreas-Salom, Nietzsche in seinen Werken, Franfurt a.M., Insel, 20002, pp.
24-25 (il manoscritto della lettera riprodotto in fac-simile; il testo si trova
nellappendice alle pp. 298-99) [Vita di Nietzsche, tr. it. di E. Donaggio, a cura di
E. Donaggio e D.M. Fazio, Roma, Editori riuniti, 1998, pp. 45-46]. Sulla
Frhliche Wissenschaft come il libro pi personale di Nietzsche cfr. J.
Salaquarda, Die Frhliche Wissenschaft zwischen Freigeisterei und neuer
Lehre, in Nietzsche-Studien, vol. 26, 1997 p. 170 s.

allaforisma (342: Incipit tragoedia) che chiude la prima edizione del libro. Qui
egli scrive:
Guarda! Sono satollo della mia saggezza (Weisheit) come
lape che troppo miele ha raccolto; ho bisogno di mani che si
tendano verso di me, vorrei donare e spartire, fino a che i
saggi (die Weisen) tra gli uomini non si rallegrino ancora una
volta della loro follia (Thorheit) e i poveri ancora una volta
della loro ricchezza. (KSA, 3, 571 [OFN, V/II, 237]; cfr. Za,
KSA, 4, 11 [OFN, VI/I, 3])
Questa follia di cui i saggi debbono rallegrarsi d alla scienza la sua
leggerezza: essa diviene con ci gaya scienza. Nella prefazione alla seconda
edizione Nietzsche riconsidera il proprio percorso di vita, presentando il nuovo
orizzonte conquistato come il frutto di quel grande dolore che lestremo
liberatore dello spirito; esso costringe noi filosofi a discendere nelle nostre
ultime profondit e a sbarazzarci dogni fiducia (KSA, 3, 350 [OFN, V/II, 20]).
Cos liberati, attraverso il dolore, delle illusioni, i filosofi possono volgersi ad una
nuova, non pi offuscata, percezione della vita:
Da tali abissi, da tale grave malanno, anche dal malanno del
grave sospetto, si torna indietro rinati, con la pelle cambiata,
pi suscettibili, pi maliziosi, con un gusto pi sottile per la
gioia, con un palato pi fine per tutte le buone cose, con sensi
pi giocondi, con una seconda e pi pericolosa innocenza
nella gioia, pi fanciulli e al tempo stesso cento volte pi
raffinati di quanto mai prima dora ci fosse accaduto. (KSA,
3, 351 [OFN, V/II, 21])

La leggerezza pu dunque nascere soltanto dallabisso, dalla profondit, dal


dolore. Nietzsche sa bene, fin dalla Geburt der Tragdie9, che questesperienza
appartiene ai Greci, e pu quindi concludere la prefazione con la celebre
esclamazione:
Oh questi Greci! Loro s sapevano vivere; per vivere occorre
arrestarsi animosamente alla superficie, allincrespatura, alla
pelle, adorare la parvenza, credere a forme, suoni, parole,
allintero Olimpo della parvenza! Questi Greci erano
superficiali per profondit (Diese Griechen waren
oberfchlich aus Tiefe)! (KSA, 3, 352 [OFN, V/II, 23])10
Essere superficiali per profondit: insieme leggerezza e ponderazione,
allegrezza e seriet, riso e dolore; abbiamo con ci definito la densa relazione di
significati stratificati nel titolo Die frhliche Wissenschaft.
9

Valga, per tutto, lesclamazione che chiude la Geburt der Tragdie: Quanto
dovette soffrire questo popolo, per poter diventare cos bello! (KSA, 1, 156
[OFN, III/I, 163]).
10
La frase viene riportata alla lettera in Nietzsche contra Wagner (KSA, 6, 439
[OFN, VI/III, 414]). Ci permettiamo di non essere daccordo con linterpretazione
proposta da Bernard Williams, secondo il quale la sentenza rivelerebbe, agli occhi
di Nietzsche, la heightened reflectiveness, self-consciousness, and inwardeness
that, he thought, it was precisely one of the charms, and indeed the power, of the
Greeks to have done without (B. Williams, Shame and Necessity, Berkeley-Los
Angeles-London, University of California Press, 1993, p. 9; cfr. anche p. 68). Che
Nietzsche pensi ai Greci come a uomini che openly lived manifestations of the
will to power (ivi, p. 10) non significa che egli li concepisca in lacking some
kinds of reflection and self-consciousness (ivi, p. 9). In realt, uno de temi
fondamentali della Geburt der Tragde, la duplice struttura di apollineo e
dionisiaco, si riferisce proprio alla capacit, esclusivamente greca, di poter
contemplare il dolore (lesperienza dionisiaca) grazie alla distanza posta dal
principio della forma, lapollineo. Questa esperienza prende forma nella figura del
Satiro. Rimando, per questo tema, al mio Nietzsche, Bologna, il Mulino, 2001, pp.
67-70 [tr. sp. di B. Rabadn e J.L. Serrano, Madrid, Biblioteca Nueva, 2004, pp.
77-80].

2. Il mondo delle formiche e la cosa in s Una volta stabilito il senso


dellespressione gaya scienza resta da capire che cosa muove al riso, che cosa
segna il passaggio dalla seriet alla gaiezza. Ma qui siamo pi fortunati, perch
Nietzsche ce lo dice subito, nellaf. 1 (Die Lehrer vom Zweck des Daseins);
questo aforisma pu essere considerato il luogo della definizione dei contenuti
della Frhliche Wissenschaft. In pochi, tuttavia, hanno visto come questo
aforisma sia da collocarsi nel contesto di quella complessa idea, indicata con il
termine prospettivismo, che Nietzsche porta a compimento negli anni successivi, e
che ha come premessa la critica dellantropocentrismo. Nellaforisma, Nietzsche
sostiene che i criteri che presiedono alla conservazione della specie sono del tutto
indipendenti da ogni giudizio morale: Anche il pi dannoso degli uomini pur
sempre, forse, il pi utile di tutti in ordine alla conservazione della specie (KSA,
3, 369 [OFN, V/II, 37]). Soggiacere alle brame migliori o a quelle peggiori non
impedir di essere considerato il promotore e il benefattore dellumanit, e
consentir di conservarsi tanto i propri incensatori quanto i propri schernitori.
Ma, in entrambi i casi, non si trover mai chi sappia farsi beffe di noi in quanto
singoli individui, chi sappia far sentire, come richiederebbe la verit, la nostra
sconfinata abiezione di mosca e ranocchio (Fliegen- und Frosch-Armseligkeit)
(KSA, 3, 370 [OFN, V/II, 38]). Quel che Nietzsche intende dire che, poich la
verit enunciata dai singoli, nessuno in grado di elevarsi a quellorizzonte dal
quale la verit appare per lappunto lenunciazione di un singolo, che pertanto si
pone, nel contesto della vita biologica, sullo stesso piano dellenunciazione di
ogni essere vivente. Laspirazione umana alla verit non dunque diversa o pi
degna dellaspirazione alla verit di qualunque altro essere vivente. Questo tema
non nuovo in Nietzsche, e se ne possono seguire lorigine e lo sviluppo
seguendo i riferimenti alla vita biologica. La mosca e il ranocchio hanno il loro

10

precedente nella zanzara citata nello scritto non pubblicato del 1873, Ueber
Wahrheit ud Lge im aussermoralischen Sinne. Dopo aver aperto lo scritto con la
favola degli animali intelligenti che, in un angolo remoto delluniverso,
avevano inventato la conoscenza ed erano scomparsi dopo un minuto il minuto
pi tracotante e menzognero della storia del mondo , Nietzsche dichiara che
la grandezza dellintelletto umano appare tale solo presupponendo il punto di vista
umano: Se noi riuscissimo a intenderci con la zanzara, apprenderemmo che
anchessa nuota attraverso laria con questo pathos e si sente il centro che vola
di questo mondo (KSA, 1, 875 [OFN, III/II, 355]). Questo sentirsi tale, ossia
questa verit dellindividuo, una rappresentazione dellintelletto: sia esso quello
delluomo o della zanzara. Nietzsche ne trae pertanto la conclusione che
lintelletto un mezzo per conservare lindividuo che spiega le sue forze
principali nella finzione (Verstellung) (KSA, 1, 876 [OFN, III/II, 356]). In
Ueber Wahrheit und Lge il tema della finzione antropocentrica viene sviluppato
in rapporto al linguaggio; nelle opere successive Nietzsche riprende largomento
in altri contesti. In particolare, nellaf. 14 di Der Wanderer und sein Schatten
che porta il titolo, gi di per s emblematico, Der Mensch, der Komdiant der
Welt Nietzsche accosta il tema allargomento teologico. In questo aforisma la
formica a svolgere il ruolo gi svolto dalla zanzara11. Dopo aver argomentato che
soltanto la noia pu aver spinto Dio a creare luomo, per procurarsi il divertimento
crudele indispensabile a dilettare la propria solitudine, e che dunque non esiste
ragione perch luomo debba considerarsi il fine della creazione, Nietzsche
conclude:
11

Anche il contesto narrativo ricorda la favola che apre Ueber Wahrheit und
Lge im aussermoralischen Sinne; Nietzsche parla ora di un numero
indeterminato di astri che presentano condizioni simili a quelle della terra: la
nostra unicit nelluniverso! Ohim, una cosa fin troppo inverosimile! (KSA, 2,
549 [OFN, IV/III, 142]).

11

Forse la formica nel bosco immagina altrettanto fortemente


di essere meta e scopo dellesistenza del bosco, come
facciamo noi quando alla fine dellumanit, nella nostra
fantasia, ricolleghiamo quasi involontariamente la fine della
terra. (KSA, 2, 549 [OFN, IV/III 142])
Il mondo della formica, ossia il mondo visto dalla prospettiva della formica,
rappresenta per Nietzsche il mondo privato della prospettiva delluomo;
rappresenta, cio, un mondo pensato a prescindere dal sistema dei fini
riconducibili alluomo.
La formica dunque lattore che spezza definitivamente quel sistema della
teleologia che si era presentato a Nietzsche come problema fin dalla dissertazione
giovanile Die Teleologie seit Kant (primavera 1868) e che, in quelloccasione,
egli aveva presunto di risolvere in termini antikantiani. La finalit dellorganico,
la regolarit dellinorganico aveva scritto allora sono introdotte nella natura
dal nostro intelletto. Allidea che, nella natura, tutte le parti concordino in quanto
manifestazioni di ununica volont, si oppone quella terribile lotta degli individui
(che pure manifestano unidea) e delle specie. Per giustificare questa teoria che
richiede una unificazione del mondo teleologico e del mondo non teleologico
occorrerebbe presupporre una teleologia senza lacune: la quale non esiste. Da
ci segue la necessit di una critica dellopinione di Kant, che consister nel
liquidare lammissione di un mondo intelligibile (KGW, I/4, 551-52)12. La
prospettiva della formica che luomo non pu considerare in quanto vincolato
alla sua propria prospettiva lapertura di questa lacuna nella teleologia.

12

F. Nietzsche, La teleologia da Kant in poi, tr. it. in Id., Appunti filosofici 18671869 Omero e la filologia classica, a cura di G. Campioni e F. Gerratana,
Milano, Adelphi, 1993, pp. 134-35.

12

Nietzsche continua a riflettere su questo tema e man mano, pur non


facendone esplicita ammissione, esso gli si presenta sempre pi come un
problema squisitamente kantiano. Gi in un frammento (19[156]) databile tra la
primavera 1872 e linizio del 1873 un appunto steso in vista del progettato e mai
realizzato Philosophenbuch egli osserva che non possiamo affermare nulla
riguardo alla cosa in s (vom Ding an sich), poich sotto i nostri piedi abbiamo
tolto il punto di appoggio fornito da chi conosce (des Erkennenden), cio da chi
misura (des Messenden). Affermare lesistenza di una qualit significa affermare
che essa esiste per noi, cio in quanto commisurata (gemessen) a noi:
eliminando la misura (e dunque anche luomo che misura), si elimina la qualit.
Ma, con ci, in quanto il sistema dei fini non nella natura ma in noi, si perde la
possibilit di conoscere (e cio di misurare) la natura nel suo complesso, in
quanto questa pu essere soltanto linsieme degli infiniti sistemi dei fini
corrispondenti agli infiniti esseri naturali: Anche la pianta un essere che misura
(ein messendes Wesen) (KSA, 7, 468 [OFN, III/III/II, 53]).
La pianta si muter presto nella nostra formica, che troviamo gi, inserita in
uno schema argomentativo analogo, in un frammento (10[D82]) dellautunno
1880 (dunque del periodo a cui risale lelaborazione di Morgenrthe) nel quale
Nietzsche si chiede: Un mondo senza soggetto possibile pensarlo (kann man
sie denken)?; il che dovrebbe equivalere a togliere di sotto i piedi il punto
dappoggio di chi conosce e che impedisce ogni affermazione sulla cosa in s.
Pensare un mondo senza soggetto vuol dire pensare il mondo senza il soggetto
che lo pensa: se ci sia la stessa cosa del noumeno kantiano questione che
devessere valutata attentamente. Una prima risposta ci dice che, secondo Kant, la
cosa in s pu essere pensata dallintelletto, ma non pu essere conosciuta, in
quanto conosciamo soltanto ci che ci dato nellintuizione empirica. Se, dunque,
il soggetto innanzitutto un soggetto senziente, la domanda di Nietzsche parrebe

13

avere, da un punto di vista kantiano, una risposta negativa. Tuttavia, nella Kritik
der reinen Vernunft nel capitolo che conclude lAnalitica dei principi Kant
distingue un noumenon negativo e un noumenon positivo. Questultimo indica una
cosa che non oggetto della nostra intuizione sensibile e che devessere, pertanto,
oggetto di una intuizione intellettuale che per non la nostra (die aber ncht die
unsrige ist)13. Il noumenon positivo, in quanto prescinde dalla sensibilit e dunque
dal soggetto, sarebbe un oggetto indeterminato e non determinabile: sarebbe cio
(tradotto nei termini nietzschiani) un mondo senza il soggetto che lo pensa.
Tuttavia, prosegue Kant, ammesso sia possibile che si diano enti intelligibili privi
di ogni relazione con la nostra intuizione sensibile, in quanto i concetti del nostro
intelletto (unsere Verstandbegriffe) sono semplici forme del pensiero per la
nostra intuizione sensibile, essi non potranno mai raggiungere (reichen) quegli
enti intelligibili. Dunque, il noumenon pu essere inteso soltanto in senso
negativo14; e cio nella sua pura e semplice opposizione ai phaenomena: se questi
indicano gli oggetti in quanto enti sensibili considerati quindi secondo il modo
in cui noi li intuiamo , i noumena saranno quegli stessi oggetti considerati per
nella loro natura in se stessa, pensati semplicemente tramite lintelletto, dunque
come enti intelligibili15. La contraddizione che sembra in tal modo annidarsi nel
concetto di noumenon poich esso in ogni caso il prodotto di un intelletto i cui
concetti sono determinati dalla sensibilit, ma nel contempo una cosa in se
stessa (ein Ding an sich selbst) pensata dallintelletto puro risolta da Kant
con il ben noto argomento della funzione esclusivamente critico-regolativa della
cosa in s: essa deve impedire che lintuizione sensibile si estenda fino alle cose

13

I. Kant, Kritik der reinen Vernunft (1787) [Critica della ragion pura, tr. it e cura
di C. Esposito, con testo tedesco a fronte, Milano, Bompiani, 2004, p. 473].
14
Ivi, p. 475.
15
Ivi, p. 473.

14

che stanno al di l della sfera sensibile, verso il cui ambito, che deve rimanere
vuoto (leer), lintelletto stesso pu estendersi solo problematicamente
(problematisch). Da ci la nota conclusione: Il concetto di noumenon dunque
semplicemente un concetto-limite (Grenzbegriff) per circoscrivere la pretesa della
sensibilit, e quindi solo di uso negativo16.
Dunque, non possiamo pensare la cosa in s come fosse un ente determinato:
la sua inconoscibilit limmediata conseguenza di questa impossibilit. Nel
frammento di Nietzsche che stiamo esaminando, sembra essere invece proprio
questo il tentativo messo in atto: il mondo senza soggetto diviene oggetto di una
determinazione. Il che significa che si passa dallesistenza della cosa in s (il
mondo senza soggetto) alla sua conoscenza; e che, conseguentemente, la cosa in
s viene determinata attraverso la conoscenza, che non pu essere altro che la
conoscenza sensibile. Il risultato che la cosa in s viene ricondotta allapparenza
(sensibile). Viene cio violata lingiunzione kantiana secondo cui lintuizione
sensibile non deve estendersi ai noumena. Pensare un mondo senza soggetto
equivarrebbe per Nietzsche ad annullare dun colpo tutta la vita; ma perch, si
chiede, una volta tolto il soggetto tutto il resto non potrebbe continuare a
muoversi tranquillamente come ora lo vediamo (wie wir es jetzt sehen)? (c.vo
nostro). Se i colori sono soggettivi vale a dire se vengono percepiti
soggettivamente niente ci vieta tuttavia di supporli come pensabili
oggettivamente; ma questa loro oggettivit risulta poi identica alla loro
percezione soggettiva sensibile, ossia alla loro apparenza: La possibilit che il
mondo sia simile a quello che ci appare (die uns erscheint) non affatto eliminata,
quando riconosciamo i fattori soggettivi. Non si pu, dunque, eliminare il
soggetto con il pensiero il che equivale, per Nietzsche, a volersi rappresentare

16

Ivi, pp. 477-79.

15

(vorstellen) il mondo senza soggetto perch ci significherebbe rappresentare


senza rappresentazione (ohne Vorstellung vorstellen). La determinazione
(sensibile) della cosa in s, alla fine, toglie di mezzo proprio questultima per
lasciare il campo a centinaia di migliaia di rappresentazioni soggettive. Con ci
viene liquidato lantropocentrismo: se si elimina con il pensiero il mondo umano,
resta pur tuttavia quello delle formiche. Ci vorrebbe dunque dire che dalla
formica dipenderebbe in tal caso lesistenza della vita e del mondo? S, il valore
dellesistenza dipende dallessere senziente (an den empfindenden Wesen). E per
gli uomini esistenza e valore dellesistenza sono spesso una sola e medesima
cosa (KSA, 9, 431-32 [OFN, V/I, 616-17]).
Questa conclusione suona come una radicalizzazione della posizione
kantiana; o, per dir meglio, unestensione di tale posizione oltre Kant stesso17.
Nella frase, appena letta, che conclude il frammento Nietzsche rivela palesemente
la sua fonte: la Geschichte des Materialismus di Fiedrich A. Lange. Afferma
infatti Lange: Nel mondo dei fenomeni (Erscheinungswelt) prendono radice le
idee di valore, in conformit con le quali troviamo che qui c un gioco
insignificante, l un atto serio e superiore18. Questo collegamento tra il problema
dei valori e la dimensione dellesistenza che poggia sul loro comune radicarsi
nel mondo fenomenico, e quindi nella sfera sensibile ha il suo presupposto nella
17

Che questa radicalizzazione di Kant si compia, tra laltro, mediante


lassegnazione dellunit sintetica delle appercezioni non alla soggettivit
trascendentale, ma ad unesigenza culturale umana, argomento discusso da H.
Heit, Wozu Wissenschaft? Nietzsches Wissenschaftskritik als Radikalisierung
Kants, in B. Himmelmann (a cura di), Kant und Nietzsche in Widerstreit, BerlinNew York, de Gruyter, 2005, pp. 47-56 (in particolare pp. 52-54).
18
F.A. Lange, Geschichte des Materialismus und Kritik seiner Bedeutung in der
Gegenwart (ed. or. 1866), a cura e con una introd. di A. Schmidt, Frankfurt a.M.,
Suhrkamp, 1974, libro II: Geschichte des Materialismus seit Kant, p. 509 [Storia
critica del materialismo, tr. it. di A. Treves, Milano, Monanni, 1932, vol. II: La
filosofia moderna e il Materialismo, p. 78].

16

risoluzione della cosa in s nel fenomeno, che rappresenta la chiave


dellinterpretazione radicale di Kant. Secondo Lange, non solo la cosa in s
inconoscibile, ma di essa non possiamo dire neppure che esista: si tratta di una
pura ipotesi del nostro intelletto, la cui attivit interamente determinata da
fenomeni in quanto il nostro mondo non pu essere altro che un mondo della
rappresentazione (eine Welt der Vorstellung); se, dunque, ci chiediamo dove sta
il fondamento delle cose, la risposta non pu che essere: nei fenomeni (in den
Erscheinungen). La cosa in s risulta essa stessa, alla fine, una rappresentazione
del nostro intelletto, e la sua necessit si radica nellorganizzazione di questo,
precisamente nel principio della causalit. In altre parole, essa si rivela come la
causa (supposta come semplice ipotesi) del mondo dei fenomeni. E, con ci, essa
si sottrae lasciando sul campo, al suo posto, il mondo dei fenomeni: Pi la cosa
in s si volatilizza (verflchtigt) e si riduce ad una semplice rappresentazione, pi
il mondo dei fenomeni acquista realt19.
Come si sa, Nietzsche fu lettore entusiasta e precoce del libro di Lange, di
cui acquist una copia della prima edizione del 186620. Come dimostra la lettera a
Carl von Gersdorff, scritta alla fine di agosto di quello stesso anno, che riassume
per punti linterpretazione kantiana di Lange, si pu dire che la lettura
nietzschiana della cosa in s sia interamente mediata da quellinterpretazione. In
perfetta linea con Lange, Nietzsche definisce il concetto della cosa in s come il
prodotto, maturato per semplice opposizione (rispetto al mondo sensibile), della

19

Ivi, p. 498 [tr. it., p.65].


Si veda in proposito J. Salaquarda, Nietzsche und Lange, in NietzscheStudien, vol. 7, 1978, p. 236 [Nietzsche e Lange, tr. it. in La biblioteca ideale
di Nietzsche, a cura di G. Campioni e A. Venturelli, Napoli, Guida, 1992, p. 19].
Salaquarda riassume la posizione del criticismo radicale nella tesi secondo cui
tutto quanto pu essere da noi conosciuto appartiene al mondo delle apparenze
(ibid.).
20

17

nostra organizzazione: di esso non possiamo quindi dire se abbia un qualche


significato al di fuori della nostra esperienza (KSB, 2, 160 [E, I, 463]). Nietzsche
coglie in maniera esemplare quanto importante sia, in Lange, la mediazione di
Schopenhauer, la cui opera fondamentale egli aveva letto soltanto lanno prima.
Che, infatti, la cosa in s non possa darsi che come rappresentazione, di fatto
unidea di Schopenhauer. E schopenhaueriana la conseguenza che Nietzsche ne
trae: il noumeno pu darsi immediatamente solo nellarte. Se Lange pensa che i
filosofi debbano esser lasciati liberi, allora larte libera, anche nella sfera dei
concetti; e allora, persino attenendoci a questo rigidissimo principio critico ci
rimane sempre il nostro Schopenhauer, anzi egli diventa per noi quasi qualcosa di
pi. Se la filosofia arte, anche Haym deve nascondersi davanti a Schopenhauer
(ibid.).
Con questa omologazione tra filosofia e arte Nietzsche apre a se stesso un
cammino sul quale egli si ritrover ancora sedici anni dopo: questa filosofia che
arte gi, di fatto, la definizione di una scienza che potr essere definita frhlich.
Questa gaya scienza non limita per il suo confine al libro che porta questo
titolo. La definizione pi compiuta e icastica di questa idea la troviamo, infatti, in
quel Versuch einer Selbskritik che sostituisce il Vorwort an Richard Wagner nella
terza edizione della Geburt der Tragdie: vedere la scienza con lottica
dellartista e larte invece con quella della vita (KSA, 1, 14 [OFN, III/I, 6]). ,
questo, il programma di una gaia scienza pensata come arte della filosofia, e il
titolo stesso un titolo poetico per unopera filosofica21.

21

W. Stegmaier, Gaia scienza, arte della filosofia, relazione presentata al


convegno Verit e prospettiva in/a patire da Nietzsche, Macerata, 2-3 dicembre
2004 (di prossima pubblicazione in Verit e prospettiva in/a partire da Nietzsche,
a cura di F. Totaro, Roma, Carocci) (le citazioni si riferiscono alla p. 1 del
dattiloscritto).

18

3. Verit e prospettiva Essendoci cos forgiati gli strumenti necessari,


possiamo ora tornare ad esaminare i contenuti specifici della gayezza. Vale a dire,
possiamo riprendere la domanda riguardo a ci che, in specifico, muove al riso.
Questa gaiezza , in realt, il risultato di quella profonda e radicale istanza di
verit che lessenza della scienza stessa. Sappiamo ormai che questa istanza di
verit conduce a considerare la verit stessa come lenunciazione di un singolo
che presuppone, perci stesso, linfinit delle singole enunciazioni. Voler
considerare, pertanto, la verit nella sua interezza e totalit impresa vana e inane
che non pu non suscitare il riso in chi si sia per lappunto convinto che la verit
nel suo complesso solo linsieme non finibile delle singole enunciazioni.
quanto Nietzsche sostiene nel primo aforisma della Frhliche Wissenschaft, la cui
analisi riprendiamo. Quella nostra sconfinata abiezione di mosca e ranocchio
risulterebbe soltanto a chi sapesse farsi beffe di noi in quanto singoli, come
richiederebbe la verit; ma lenunciazione di questo punto di vista superiore non
potrebbe poi trascurare di essere essa stessa lenunciazione di un singolo e,
dunque, il suo primo risultato la riduzione dorizzonte dellistanza veritativa. Lo
iato tra questa istanza e la coscienza della dimensione del singolo esattamente
ci che muove al riso: Ridere di se stessi come si dovrebbe, se si volesse ridere
procedendo da tutta la verit (um aus der ganzen Wahrheit heraus zu lachen)
(KSA, 3, 370 [OFN, V/II, 38]). Per giungere a questo, occorrono quel senso
della verit (Wahrheitssinn) o quel genio (Genie) che, fino ad oggi, neppure i
migliori (die Besten) e i pi dotati (die Begabtesten) hanno avuto. Quando
queste facolt saranno acquisite, si inaugurer il tempo di una nuova umanit e di
una nuova scienza:
Forse c ancora un avvenire anche per il riso! Sar quando la
massima la specie tutto (die Art ist Alles), uno sempre

19

nessuno si sar incarnata nellumanit, e a ognuno sar in


ogni tempo aperto laccesso a questultima liberazione e
irresponsabilit (Unverantwortlichkeit). Forse il riso si sar
allora alleato alla saggezza, forse allora ci sar, se non altro,
una gaia scienza. (Ibid.)
Il punto di vista che si raccoglie nella massima die Art ist Alles rappresenta,
manifestamente, la prospettiva biologica, il punto di vista della natura che
predilige i grandi numeri, in cui gli individui sono soltanto gli elementi della
massa: quella natura che garantisce la sopravvivenza delle specie mediante la
generazione di moltitudini di organismi individuali restando indifferente ai loro
singoli destini. , insomma, il punto di vista della zanzara, della formica, della
mosca e del ranocchio posto sullo stesso piano del punto di vista dellumanit22.
In breve, la gaia scienza rappresenta una considerazione della natura
liberata (questultima liberazione!) da ogni teleologia: una natura considerata
cio a prescindere da quel sistema dei fini che creazione esclusivamente umana
e che sottintende, come Nietzsche sottolinea nella parte centrale dellaforisma,
uninterpretazione morale. infatti il teorico della morale (der ethische
Lehrer), ossia il teorico del fine dellesistenza (der Lehrer vom Zweck des
Daseins), a far s che quel che sempre, necessariamente, accade, di per se stesso
e senza scopo alcuno si presenti invece a noi come fatto in vista di uno scopo
(auf einen Zweck hin gethan) e risulti plausibile alluomo come ragione e ultimo
comandamento (KSA, 3, 371 [OFN, V/II, 39]).
22

A sottolineare la continuit della riflessione nietzschiana su questo tema, si pu


osservare che largomento della irresponsabilit richiama fortemente
losservazione che apre la II Inattuale: la celebrazione dellinnocenza dellanimale
che vive legato brevemente con il suo piacere e dolore, attaccato cio al piuolo
dell'istante, mentre l'uomo si meraviglia di non poter imparare a dimenticare e
di essere continuamente legato al passato (UBHL, KSA, 1, 248 [OFN, III/I,
262]).

20

Appare cos evidente che tutto quanto luomo ha posto sotto il titolo
conoscenza devessere inteso come quel processo che lindividuo-uomo ha
elevato a valore universale pur restando invincibilmente e inespressamente legato
alla propria natura individuale. La nostra conoscenza non , per conseguenza, il
risultato di unattivit della specie-uomo, ma di una surrettizia soggettivit
trascendentale che il sogno umano, troppo umano di un individuo che vuole
scindere da s la propria dimensione biologica. alla luce di questa
considerazione che ogni conoscenza si mostra come prospettica, e la stessa storia
della conoscenza umana si disvela come bisogno di confermare limmagine di s
che luomo si creato.
Sono, questi, i temi che Nietzsche affronta nel V libro della Frhliche
Wissenschaft. Nellaforisma 354 (Vom Genius der Gattung) Nietzsche
contrappone alla coscienza umana una coscienza animale di cui si serve come
chiave genealogica per comprendere la natura della coscienza individuale.
Questultima deriverebbe dalla natura comunitaria e gregaria (Gemeinschaftsund Heerden-Natur)

delluomo, ossia delluomo considerato in primo luogo

come animale umano e animale sociale (sociales Thier) (KSA, 3, 592 [OFN,
V/II, 260]). Sviluppo della coscienza e sviluppo del linguaggio procedono di pari
passo, in quanto discendono dalla necessit di porre una rete di collegamento tra
uomo e uomo: sentendosi in pericolo, lanimale umano chiede laiuto dei suoi
simili; ci di cui luomo solitario, luomo bestia da preda non avrebbe avuto
bisogno (KSA, 3, 591 [OFN, V/II, 259]). Ne segue lesigenza di ridurre la realt a
sistema di segni con cui comunicare; il che presuppone il farsi coscienti in noi
delle nostre impressioni sensibili, la forza di poterle fissare e di porle, per cos
dire, al di fuori di noi per poterle trasmettere ad altri mediante segni (KSA, 3,
592 [OFN, V/II, 260]). Lautocoscienza, ossia lautopromozione delluomo a
soggetto, non che lultimo passo in questo processo: alla sua origine sta la

21

necessit di interpretare il mondo per servire lo scopo della conservazione della


specie. Spiegare in questo modo la nascita della coscienza significa osservarla da
una diversa prospettiva; quella, appunto, della coscienza animale: Questo il
vero fenomenalismo e prospettivismo (Phnomenalismus und Perspektivismus),
come lo intendo io. Ancora seguendo lanalisi del linguaggio iniziata con Ueber
Wahrheit und Lge, Nietzsche stigmatizza limpoverimento del mondo ridotto a
segno, tradotto in linguaggio che elimina le differenze tra ente ed ente. E, poich
linguaggio e coscienza corrispondono allo stesso bisogno, anche tutto quanto si
fa cosciente diventa per ci stesso piatto, esiguo, relativamente stupido, generico,
segno, segno distintivo del gregge. Viene con ci distrutta la mitologia
idealistica della coscienza e del soggetto. Quel che interessa a Nietzsche non n
lopposizione tra soggetto e oggetto (questa distinzione io la lascio ai teorici
della conoscenza), n il contrasto tra cosa in s e fenomeno, ma ci che resta
dopo questa distruzione, lunico fenomeno di questo fenomenalismo prospettico:
la coscienza animale la coscienza della specie che ha eliminato la coscienza
individuale. Noi sappiamo (o crediamo, o cimmaginiamo) conclude
Nietzsche precisamente tanto quanto pu essere vantaggioso sapere
nellinteresse del gregge umano, della specie (KSA, 3, 593 [OFN, V/II, 261]).
Sarebbe tuttavia errato pensare che, in questo modo, Nietzsche apra a una
sorta di relativismo in cui la prospettiva umana individuale si limita a perdere la
propria centralit di fronte ad una pi generale e originaria coscienza animale. Ci
sarebbe

possibile

solo

permanendo

nellorizzonte

di

quella

centralit,

quandanche essa vedesse ridotto il proprio valore. La coscienza della specie si


presenta piuttosto come un orizzonte negativo che luomo non pu tuttavia
assumere come un dato positivo, non pu ricondurre alla dimensione del fatto.
Essa vincola ancor pi lindividuo alla propria prospettiva individuale, oltre la

22

quale egli pu solo avvertire un infinito come margine negativo. Scrive Nietzsche
nellaf. 374 (Unser neues Unendliches):
Lintelletto umano non pu fare a meno di vedere se stesso
sotto le sue forme prospettiche e soltanto in esse. Non
possiamo girare con lo sguardo il nostro angolo: una
curiosit disperata voler sapere quali altre specie dintelletto
e di prospettiva potrebbero ancora esserci. (KSA, 3, 626
[OFN, V/II, 298])
Tutto ci che luomo pu fare, di fronte a questa percezione negativa,
abbandonarsi, ancora una volta, al riso: la presunzione di decretare dal nostro
angolo che solo a partire da questo angolo si possono avere prospettive non pu
apparirci, ormai, che ridicola (lcherlich). Quel che sta dietro il nostro angolo
non pu essere esplorato e si presenta, appunto, come il nostro nuovo infinito.
Un mondo ignoto che potremmo di nuovo esser tentati di divinizzare23, come
gi avevano fatto gli antichi, non fosse che quella avvertita esistenza del mondo
delle formiche ci ha ormai resi edotti di quante possibilit non divine
23

Potremmo cio esser tentati, prosegue Nietzsche, di adorare forse, da questo


momento, questa cosa ignota (das Unbekannte) come colui che ignoto (den
Unbekannten). Questultima espressione un evidente rimando al dio ignoto a
cui dedicato laltare (Agnwvstw/ qew~)~/ nel quale Paolo simbatte salendo la
collina dellAreopago (At 17, 23). Dem unbekannten Gott il titolo di una poesia
giovanile di Niezsche (agosto 1863) colma di sfumature pietistiche. Su questa
lirica, che riprende un Kirchenlied di Balthasar Mnter (1735-1793) e sulla sua
ripresa nel canto del mago dello Zarathustra (KSA, 4, 313-17 [OFN, VI/I, 30508]), poi ripreso a sua volta, con poche varianti, nei Dionysos-Dithyramben con il
titolo Klage der Ariadne (KSA, 6, 398-405 [OFN, VI/IV, 47-53]), cfr. K.
Pestalozzi, Nietzsches Gedicht Noch einmal eh ich weiter ziehe auf dem
Grund seiner Jugendlyrik, in Nietzsche-Studien, vol. 13, 1984, pp. 101-10;
rimando inoltre alle considerazioni da me svolte in A partire da Nietzsche,
Genova, Marietti,1998, pp. 115-19 e in Nietzsche, cit, pp. 250-51 [tr. sp. pp. 27677].

23

dinterpretazione siano comprese in quellinfinito; e, soprattutto, di come, tra di


esse, figuri quella nostra umana, anche troppo umana, interpretazione, che
conosciamo (KSA, 3, 627 [OFN, V/II, 298]).
Questo nuovo infinito resta dunque unentit meramente negativa, che
assume un senso puramente limitativo e regolativo nei confronti della nostra
possibilit di conoscere. (Cosaltro, in fondo, se non una riedizione, in termini pi
radicali, della funzione che Kant assegna alla cosa in s?) Pensare questo infinito
positivamente, e dunque porlo come oggetto della conoscenza, il compito su cui
si misurata la presunzione della scienza moderna. La trasformazione di questa
entit negativa in fatto non nulla di diverso da quella tentazione di una nuova
divinizzazione denunciata da Nietzsche. Viene alla luce, in questo modo, il
fondamento metafisico della scienza moderna: quella metafisica ancora
necessaria su cui poggia quellirruente anelito di certezza (Verlangen nach
Gewissheit), che oggi in grande misura trova uno sfogo scientifico-positivistico,
lanelito a voler possedere assolutamente qualcosa in modo saldo (fest haben)
(af. 347, Die Glubigen und ihr Bedrfniss nach Glauben, KSA, 3, 581-82 [OFN,
V/II, 248]). Questo fest haben, questo anelito di certezza, pu poggiare soltanto
sulla riduzione dellinfinit delle interpretazioni possibili ad una unica: quella
grazie alla quale linfinito si presenta come fatto e linterprete come soggetto che
interpreta. Il contesto che abbiamo tracciato quello in cui si inserisce il celebre
frammento (7[60], fine 1886-primavera 1887: coevo, dunque, alla seconda
edizione della Frhliche Wissenschaft) nel quale Nietzsche prende posizione
contro il positivismo:
Contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni: ci sono
soltanto fatti, direi: no, proprio i fatti non ci sono, bens solo
interpretazioni. Noi non possiamo constatare nessun fatto in

24

s; forse unassurdit volere qualcosa del genere. (KSA,


12, 315 [OFN, VIII/I, 299])
Il primato che linterpretazione conquista sui fatti, tuttavia, non rimanda
allattivit di un soggetto che interpreta; leliminazione del fatto esclude anche il
soggetto che gli dona questo senso24, e sancire il primato dellinterpretazione ha
un significato molto pi radicale di una semplice riduzione alla prospettiva del
soggetto:
Tutto soggettivo, dite voi; ma gi questa
uninterpretazione, il soggetto non niente di dato, solo
qualcosa di aggiunto con limmaginazione, qualcosa di
appiccicato dopo (etwas Hinzu-Erdichtetes, DahinterGestecktes). infine necessario mettere ancora linterprete
dietro linterpretazione? Gi questo invenzione (Dichtung),
ipotesi. (Ibid.)
Dire che il mondo interpretabile (deutbar) significa dire che esso
interpretabile in modi diversi (anders), significa che esso suscettibile di
infinite possibilit non divine dinterpretazione; significa, cio, che il mondo non
ha dietro di s un senso, ma innumerevoli sensi. Prospettivismo (KSA, 12, 315
[OFN, VIII/I, 300]). Questo prospettivismo apre alle riflessioni che Nietzsche
elabora, in quello stesso periodo, sulla volont di potenza. Ad interpretare il
mondo sono i nostri bisogni (Bedrfnisse) e i nostri istinti (Triebe):Ogni
istinto una specie di sete di dominio (Herrschsucht), ciascuno ha la sua
prospettiva, che esso vorrebbe imporre come norma a tutti gli altri istinti (ibid.).
24

Cfr. il fr. 2[149] dellautunno 1885-autunno 1886: Una cosa in s


altrettanto assurda di un senso in s, di un significato in s. Non si d un
fatto in s; perch si possa dare un fatto, bisogna sempre prima introdurvi un
senso (KSA, 12, 140 [OFN, VIII/I, 126]).

25

In un frammento (2[148]) di circa un anno precedente (autunno 1885-autunno


1886) Nietzsche aveva annotato:
La volont di potenza interpreta: nella formazione di un
organo si tratta di una interpretazione; essa traccia confini,
determina gradi, diversit di potenza [] In verit
linterpretazione stessa costituisce un mezzo per
impadronirsi di qualcosa. Il processo organico presuppone
costantemente LINTERPRETARE. (KSA, 12, 139-40
[OFN, VIII/I, 126])
Nella stessa misura in cui la volont di potenza non la volont di un
soggetto, anche linterpretazione non si pone come il predicato di un soggetto. In
un frammento dello stesso periodo (2[151]) Nietzsche esclude che ci si debba
chiedere chi interpreta allora?, dato che linterpretare stesso, come una delle
forme della volont di potenza, ha esistenza come un affetto (Affekt) (ma non
come un essere, bens come un processo, un divenire) (KSA, 12, 140 [OFN,
VIII/I, 127]).
Come ha osservato Wolfgang Mller-Lauter, questo mette al riparo dal
fraintendimento per cui si potrebbe pensare che la volont di potenza [] sia un
soggetto del quale si possa predicare linterpretazione; e possiamo concludere
che le volont di potenza si confrontano come interpretazioni che cambiano
continuamente25. Portando volont di potenza e interpretazione sotto il segno
comune del prospettivismo siamo quindi giunti ad una loro essenziale e reciproca
chiarificazione.

25

W. Mller-Lauter, Nietzsches Lehre vom Willen zur Macht, in NietzscheStudien, vol. 3, 1974, pp. 43-44 [La volont di potenza in Nietzsche, tr. it. in
Volont di potenza e nichilismo. Nietzsche e Heidegger, a cura di C. La Rocca,
Trieste, Parnaso, 1998, pp. 53-54].

26

Carlo Gentili

27

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