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Rischio ipocrisia
Se si trovasse una persona che
mai, mai, mai ha parlato male di
unaltra si potrebbe canonizzare subito: con unespressione forte
che Francesco ha messo in guardia
dalla tentazione ipocrita di puntare il dito sempre contro gli altri.
Invitando, piuttosto, ad avere il
coraggio di fare il primo passo riconoscendo i propri errori e le proprie debolezze e accusando se stessi. il consiglio spirituale, centrato
su perdono e misericordia, che il
Pontefice ha suggerito nella messa
celebrata venerd mattina, 11 settembre, nella cappella della Casa Santa
Marta. Perch lipocrisia ha
ammonito un rischio che corriamo tutti, incominciando dal Papa in gi.
In questi giorni ha fatto subito notare Francesco la liturgia ci
ha fatto riflettere tante volte sulla
pace, sul lavoro di pacificare e di riconciliare che ha fatto Ges, e anche sul nostro dovere di fare lo
stesso e cio fare la pace, fare la
riconciliazione. Inoltre, ha proseguito il Papa, la liturgia ci ha fatto
anche riflettere sullo stile cristiano,
soprattutto su due parole, parole
che Ges ha messo in atto: perdono e misericordia. Ma, ha insistito
Francesco, dobbiamo realizzarle
anche noi.
E cos ha proseguito in
questi giorni, la liturgia ci ha portato a pensare questo, a riflettere su
questa strada della misericordia, del
perdono, dello stile cristiano con
quei sentimenti di tenerezza, bont,
umilt, mansuetudine, magnanimit. Lo stile cristiano, infatti, consiste nel sopportarci a vicenda,
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di HERMANN GEISSLER
In un discorso su La santit come
criterio esemplare del principio cristiano, John Henry Newman approfondisce alcuni pensieri. Come
per lui usuale, parte dalla coscienza,
da quellistinto del cuore che suggerisce alluomo la differenza tra il
bene e il male e costituisce il criterio
per valutare i pensieri e le azioni
(Sermoni cattolici, 57). La luce della
coscienza ci data per guidare lanima nel suo cammino verso il cielo,
per additarci il nostro dovere in
ogni circostanza, per istruirci in particolare intorno alla natura del peccato, per renderci atti a giudicare tra
tutte le diverse cose che ci si propongono, e sceverare il prezioso dal
vile; per impedire che fossimo sedotti da ci che ha unapparenza grata
e piacevole; per dissipare i sofismi
della nostra ragione (ibidem, 58).
Per essere in grado di compiere
questa missione, la coscienza ha bisogno di essere guidata e sostenuta;
lasciata a se stessa, anche se, in un
primo momento, si esprime secondo
verit, tende in seguito a farsi incerta, ambigua e falsa. Per mantenersi
sulla via del dovere, ha bisogno di
buoni maestri e di buoni esempi
(ibidem, 57). Ora la tragedia, secondo Newman, sta nel fatto che questi
necessari maestri ed esempi spesso ci
mancano. Anche in Paesi che si vantano di essere cristiani, la luce nel
cuore di tante persone si fatta fioca e impotente, perch non hanno
pi unidea chiara di Dio e di ci
che vero, buono e bello. Per caratterizzare queste persone, Newman
impegna unimmagine forte: assomigliano a uomini che vivono in caverne sotterranee: Laggi lavorano,
laggi prendono i loro piaceri, laggi forse muoiono (ibidem, 58). Esse non vedono mai la luce del giorno e, sebbene abbiano occhi come
tutti, non possono formarsi unidea
esatta dello splendore radioso del
sole, dei bei cieli inarcati, degli spazi azzurri, dei monti impervi, del
verde ridente dei prati. E poich
non possono rimanere nelle tenebre,
si creano delle proprie luci. Esse, infatti, per un bisogno della loro natura, devono poter levare lo sguardo
verso qualche cosa di alto e, se non
sanno nulla di Dio e dei suoi santi,
si creano degli idoli che diventano
oggetto della loro adorazione (cfr.
Sermoni cattolici, 61).
Una prima luce-idolo, da tanti
adorata e venerata, la ricchezza
terrena. Scrive Newman: Il loro
dio mammona. Badate: non voglio
dire, con questo, che ciascuno di loro si dia pena e saffanni per arricchire, ma che tutti sinchinano di
fronte alla ricchezza. infatti alla
ricchezza che la gran maggioranza
degli uomini rende un omaggio
istintivo (ibidem, 61). Molti sanno
bene che non possono mai diventare
ricchi, ma misurano la felicit dalla
ricchezza, ritengono rispettabili i ricchi, cercano amici tra i ricchi, pensa-
Buoni maestri
no che la ricchezza possa fare ogni
cosa.
Newman menziona ancora una seconda luce-idolo. La ricchezza
cos afferma il primo idolo del
nostro tempo. La notoriet il secondo (ibidem, 62). I moderni mezzi di comunicazione hanno aperto
nuove possibilit per gli uomini di
guadagnare prestigio e di farsi importanti agli occhi del mondo. Oggi, la notoriet, la fama giornalistica
sono, per la gran maggioranza,
quello che leleganza e lo stile (per
usare il linguaggio mondano) sono
per coloro che appartengono pi o
meno intrinsecamente agli ambienti
pi elevati. La notoriet diventata
per la massa una specie di idolo,
adorato di per se stesso (ibidem,
62). Certo, non tutti possono arrivare alla notoriet, ma giudicano il valore di una persona a partire dalla
sua notoriet, dalla sua fama pubblica, dal suo prestigio nel mondo.
Di fronte a queste luci-idolo, Newman esclama pieno di dolore:
Questi sono i tuoi dei, o Israele
(cfr. Esodo, 32, 4). Ohim! Questo
grande e nobile popolo, nato per
tendere a cose grandi, nato per venerare ci che elevato, guardatelo,
ora, come saggira alla luce di torce
nella caverna, o insegue i fuochi fatui delle paludi, incapace dintendere se stesso e il proprio destino, la
propria contaminazione, la propria
miseria, perch privo della luce dei
grandi luminari del cielo (Sermoni
cattolici, 63). Ricchezza e notoriet
non sono mali in s, ma diventano
mali se vengono venerati e adorati,