Escolar Documentos
Profissional Documentos
Cultura Documentos
MATTHAEUS
Semestrale dellIstituto Teologico Salernitano
Anno IV - n.1/2015
Aut. Trib. di Salerno n. 28 del 13/12/2011
Sede: Piazza Plebiscito,12 Salerno
Tel 089 202040 Fax 089 202040 (int. 409)
www.diocesisalerno.it
itsalernitano@libero.it
C.F. 80031940655 P.I. 04782180659
Direttore editoriale
Angelo Barra
Direttore responsabile
Nello Senatore
Segreteria di Redazione
Francesco Coralluzzo
Comitato scientifico
Giorgio Agnisola - Gerardo Albano Vincenzo Calabrese
Ernesto Della Corte Marcello De Maio Gaetano De Simone
Giuseppe Iannone
Stampa
Multistampa srl P.zza Budetta, 45
84096 Montecorvino Rovella (SA)
In copertina
Caravaggio, San Matteo (1602)
vietata la riproduzione anche parziale degli articoli, senza
espressa autorizzazione delleditore.
La rivista non assume responsabilit alcuna circa le opinioni
espresse negli articoli.
Index
F.G. Brambilla In Ges Cristo il Nuovo Umanesimo dai cinque ambiti alle cinque azioni?
13
25
35
60
75
88
130
141
155
M. Russo Il teologo Joseph Ratzinger/Benedetto XVI sul rapporto fede-ragione in una prospettiva pastorale.
164
In Ges Cristo il Nuovo Umanesimo dai cinque ambiti alle cinque azioni?
In Ges Cristo il Nuovo Umanesimo dai cinque ambiti alle cinque azioni?
In Ges Cristo il Nuovo Umanesimo dai cinque ambiti alle cinque azioni?
con gesti operativi che mettano in sintonia la luce del Vangelo con lesperienza
umana. Ciascuno potr leggere con frutto il percorso indicato nella traccia:
cinque operazioni che consentono il dischiudersi dellumanit nuova dentro
la complessit della nostra epoca.
Da parte mia, come contributo personale, provo a sviluppare
unintuizione che mi sembra promettente e complementare a quella indicata
dalla traccia. Se il compito educativo personale e sociale quello di una nuova
generazione dellumano in Cristo, allora proprio il verbo generare che pu
suggerirci la prospettiva sintetica delle cinque operazioni per la genealogia
delluomo nuovo. Ho trovato un piccolo, ma prezioso testo che ci indica una
pista, articolata in cinque verbi per la costruzione di un umanesimo nuovo4.
La sua tesi centrale la seguente: per essere generativi, per far nascere un
nuovo umanesimo, occorre coltivare alcune operazioni, espresse in cinque
verbi: desiderare, concepire, mettere al mondo, prendersi cura, lasciar andare.
Provo a svolgere in prospettiva pastorale il sogno di una Chiesa
capace di generare la novit dellumano, disegnando il volto di Cristo nel
cuore degli uomini. Una Chiesa che genera una Chiesa capace di camminare
insieme, compiendo queste cinque azioni, che diventano anche cinque
operazioni pastorali:
desiderare: forse questo il punto su cui dobbiamo lasciarci toccare di
pi il cuore. Desiderare guardare la stella polare della nostra testimonianza
cristiana ed ecclesiale, capace di tessere i fili doro del desiderio di una Chiesa
dei legami di fraternit e prossimit. Bisogna risvegliare il desiderio, non
deprimersi nel consumo della gratificazione istantanea, ma coltivare sogni in
grande. Un sogno, se non condiviso, sintristisce e dura lo spazio di un mattino,
ma non regge alla prova del tempo. Un sogno richiede coraggio, calore, fiducia,
generosit. La prima operazione pastorale deve risvegliare il desiderio: si tratta
quasi di retrocedere per fare un balzo in avanti. In una societ dei consumi
necessario accompagnare le persone, i giovani soprattutto, a passare dallessere
soggetti di bisogno a diventare capaci di relazioni. Non basta aver bisogni da
saturare, ma occorre coltivare desideri, che sanno fin dallinizio che ci che si
realizzer sar sempre un frammento della ricchezza del sogno. Torniamo a
5
desiderare, a spronare, a stimolare, camminando insieme!
concepire: la seconda azione, come ogni umano concepimento, pu
essere frutto soltanto di un atto damore! Non si pu concepire da soli, in
provetta, o prestando il grembo in affitto. Generare la Chiesa di domani un
4 M. Magatti C. Giaccardi, Generativi di tutto il mondo unitevi! Manifesto per la societ dei liberi,
Feltrinelli, Milano 2014: il testo scritto in prospettiva sociale. Lho assunto come canovaccio di un
percorso pastorale per una chiesa generativa.
5 Cf. lintervento al Convegno di Pastorale Giovanile a Genova: Tra il porto e lorizzonte: lavventura!, Regno
Documenti 59(2014) 156-161.
atto di passione, di amore tenero e forte, di incontro che esige attesa, pazienza,
parola, silenzio. Si pu concepire solo dentro buone relazioni, dentro un
disegno comune, col desiderio di costruire una storia insieme. Concepire
un momento creativo, sfidare il tempo che passa e corrode. Amare come
dice Gabriel Marcel dire a un altro: tu non morirai. Concepire la vita un
rischio, ma lunico per cui vale la pena, perch genera unesistenza nuova. A un
certo punto come nel cammino di una coppia necessario non rimanere
eterni adolescenti, bisogna mettere al mondo la vita, realizzare luniversale nel
particolare, il tutto nel frammento, far brillare la forza della luce perch vinca
sulle tenebre. Se non vogliamo rimanere sterili, se alla fine della nostra vita
non si dovr raccontare solo quante strutture abbiamo costruito, ma quanta
vita abbiamo sprigionato e liberato, allora giunto il momento di concepire.
Laria di primavera della Chiesa attuale favorevole a far crescere vita nuova:
possiamo noi perdere il soffio dello Spirito che aleggia sul nostro tempo? Si
concepisce nel cuore e nel grembo, si dona la vita almeno in due: chi fa da solo
non fa per tre, ma resta isolato con s. Per generare bisogna lasciar scendere di
nuovo lo Spirito, parlare ciascuno la propria lingua capendo quella dellaltro.
Nessuno perde la sua identit, ma genera nuove storie di vita, apre orizzonti di
speranza. La seconda operazione pastorale il momento intimo, il gesto pudico
dellamore che concentra la potenza di un sogno nel gesto particolare, che
arrischia di mettere al mondo la vita, che diventa creativo nel realizzare, tra
le molte possibilit, quella che sar il proprio contributo alla chiesa e al mondo.
mettere al mondo: il miracolo della vita che nasce, la gioia di una
Chiesa che si lascia toccare dal soffio di Dio. Non abbiamo pi occhi per
vedere il miracolo della nascita. Auguro a ciascuno di voi di far memoria
di quel giorno in cui la vita ci ha sorriso, quando lessere credenti ci ha dato
gioia profonda per aver trasmesso energia attorno a noi: per un giovane che
ci ha detto tu mi hai capito e mi sei stato vicino!; per una famiglia alla quale
abbiamo donato la pace, asciugato le lacrime, riempito la sua casa della parola
che rincuora e della carezza che consola; per un povero a cui abbiamo dato un
pane e poi gli abbiamo insegnato a guadagnarselo con la dignit del proprio
lavoro. Mettere al mondo collocare la vita nel mondo, in-segnare a stare-nelmondo e a stare-al-mondo. La terza operazione pastorale tutta contenuta
nel verbo in-segnare: si tratta di segnare-in, di iscrivere-dentro la vita del
mondo la gioia del Vangelo. Per questo la Chiesa naturalmente missionaria,
perch inviata nel mondo, non pu stare rinchiusa in se stessa. una Chiesa
in uscita, perch immette nella carne di ciascuno la forma della vita bella
e affascinante, sciolta e libera, gioiosa e generosa. Se non si pu concepire
da soli, anche per insegnare a stare-al-mondo, io ho bisogno di te, ciascuno
ha bisogno degli altri! Insegnare a stare-nel-mondo, oggi, come nella Chiesa
10
In Ges Cristo il Nuovo Umanesimo dai cinque ambiti alle cinque azioni?
11
6 Cf. Tra il porto e lorizzonte: lavventura!, il paragrafo dedicato a Il donatario della cura: la capacit di
ereditare, 160-161.
12
13
Vincenzo Calabrese
15
Vincenzo Calabrese
cui centro mette luomo, ma per ciascuna realt creata ha un progetto, che
per luomo diventa chiamata e quindi segno di fiducia, collaborazione e
corresponsabilit. Solo dentro questo progetto-vocazione che la liturgia
chiama disegno provvidenziale, nella fedelt e nella docilit di ciascuno si
realizza pienamente nella santit. Una delle vie il santo proposito, cio una
vita consacrata tutta a lui sommamente amato.
La contemplazione del Dio e Signore che chiama e dona la sua santit
sosta con unattenzione particolare sulla sua azione provvida che, nel corso
della storia, suscita e conserva la vita religiosa e la rende perfetta nel giorno di
Cristo Signore24.
Egli chiama, suscita e ispira questa particolare sequela di Cristo, il
quale a sua volta il massimo esemplare del religioso, soprattutto nella sua vita
di povert, obbedienza e castit25.
Numerosi sono i testi eucologici che esprimono questa esemplarit
di Cristo quale suprema norma per il religioso perch la vita religiosa una
perfecta Christi sequela26. Infine, compito dello Spirito Santo far crescere e
sviluppare il proposito di perfezione del religioso. Lo Spirito viene invocato sui
professi quale fuoco,quale Spirito di santit, quale grazia in vari momenti del
rito27 e in modo eminente nella epiclesi della solenne benedictio seu consecratio
24 T. Colombotti, Accoglimi Signore. Consacrazione delle vergini. Professione religiosa, Cinisello Balsamo
(MI) 1991, 157.
25 E chiaramente espresso questo concetto nella super oblata della Messa in die renovationis votorum :
Populi tui, qaesumus, Domine, munera propitius intuere, qui hi fratres nostri castitatis, paupertatis,
oboedientiae renavata augent oblatione, et temporalia dona in sacramentum aeternitatis converte, et
offerentium mentes ad Filii tui conforma imaginem. Per Christum .
Accogli, Signore, i doni del tuo popolo insieme al rinnovato impegno di questi (e) nostri (e) fratelli
(sorelle) al servizio di Cristo casto, povero, obbediente; trasforma la nostra offerta in sacramento di vita
eterna e rinnova tutti noi a immagine del tuo Figlio. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
26 Il prefazio della Messa perpetua fa parte dellarricchimento eucologico del Messale Romano. Esso
celebra il mistero di Cristo nel triplice aspetto della castit, dellobbedienza e della povert di cui egli
ha offerto lesempio supremo per limitazione di tutti e su cui ha dato linsegnamento della sua parola
donando laiuto e la grazia a coloro che sono chiamati con amore di predilezione allosservanza dei
consigli evangelici. Il prefazio lode, benedizione e azione di grazie a Dio padre nella contemplazione
della castit, dellobbedienza e della povert in Cristo e nel suo Evangelo:
VD Qui, de radice Virginis flos illibatus egressus, mundos corde dixit beatos suasque conversatione
docuit castitatis fastigium. Qui tuis semper beneplacitis optavit haerere, et, usque ad mortem pro nobis
factus oboediens, hostiam se tibi voluit perfectae suavitatis offerre. Qui omnia propter te relinquentes in
terris ad servitium tuae maiestatis dicavit impensius et caelorum confirmavit inventos esse thesaurum.
Et ideo. E veramente.. Egli, uomo nuovo, fiore purissimo nato dalla vergine Maria, proclam beati
i puri di cuore, e con la sua vita rivel il pregio sublime della castit; liberamente ader in tutto al tuo
volere e facendosi obbediente fino alla morte si offr per noi sacrificio perfetto a te gradito. Egli consacr
al servizio della tua gloria. Quelli che per tuo amore abbandonano ogni cosa Promettendo loro un tesoro
inestimabile nei cieli. Per questo. Per un commento a questo prefazio come per le altre formule di
professione molto utile G. Ferraro, Catechesi liturgica sulla vita religiosa, Milano 1980; 137ss.
27 In vari luoghi del rito menzionato lo Spirito santo nell Ordo : al n. 27 alle interrogazioni durante la
professione temporanea: Filli dilectissimi, quos aqua et Spiritus Deo sacravit, vultis novo professionis
religiosae titulo arctius ipsi coniugi?; alle interrogazioni durante la professione perpetua , n. 57: Vultis,
sancti Spiritus subveniente munere, in populi Dei servitium totam vitam generose impendere?;
17
Vincenzo Calabrese
professi 28
A questo punto del lavoro dobbiamo purtroppo lamentare che
laggiornamento teologico-liturgico sul nostro tema29, in senso stretto, ci
appare piuttosto limitato perch poco si riflettuto sulla natura della vita
consacrata e poco si scritto sul suo specifico apporto nella vita della Chiesa;
le pubblicazioni sono state incentrate sulla spiritualit, sui cammini formativi,
sulle implicazioni di taglio psicologico30.
Dobbiamo richiamare i fondamenti ontologici della vita consacrata
nel suo rapporto con i sacramenti delliniziazione cristiana.
Per quanto riguarda il battesimo, la vita religiosa cerca di portare
alle loro ultime conseguenze le esigenze battesimali. Il OPR al n. 57 esprime
chiaramente questa idea nella prima delle domande che il celebrante
rivolge ai candidati : Filii (Fratres) dilectissimi, iam per baptisum peccato
mortui ac Domino sacrati, vultis perpetuae professionis titulo intimius Deo
consecrari?31. Ma anche le due orazioni collette della Messa per il giorno della
alla orazione conclusiva delle litanie dei santi al n.63: Annue, quaesumus, Domine, precibus populi
supplicantis et caelesti gratia famulorum tuorum corda dispone, ut sacranda tibi pectora Sancti Spiritus
ignis ab omni culparum labe purificet et caritatis ardore vehementer accendat. Per Christum .
28 Le epiclesi della solenne preghiera di benedizione sono diverse per i religiosi e per le religiose: Per i
religiosi, la prima formula di benedizione, al n 67 prega:
Respice ergo, Domine, super hos famulos tuos, quos superna providentia vocavisti, et emitte in eos
Spiritum sanctitatis, ut quod, te donante, laeti promiserunt, te adiuvante, fideles adimpleant.
Divin Magistri exempla Studiose intueantur, imitentur assidue. Guarda, O Padre, questi tuoi eletti;
infondi in loro lo Spirito di santit, perch possano adempiere col tuo aiuto ci che per tuo dono hanno
promesso con gioia. Contemplino sempre il divino Maestro E al suo esempio conformino la loro vita.
Lepiclesi della seconda formula recita cos, al n. 143: Supplices ergo rogamus: de caelis emitte Paraclitum
super hos famulos tuos qui Christi verbis fide adhaeserunt constanti. Ti preghiamo umilmente, o
Padre: manda il tuo Spirito su questi figli, che hanno aderito con fede alla parola di Cristo.
Lepiclesi della seconda formula recita cos, al n. 143:
Supplices ergo rogamus: de caelis emitte Paraclitum super hos famulos tuos qui Christi verbis fide
adhaeserunt constanti. Ti preghiamo umilmente, o Padre: manda il tuo Spirito su questi figli, che
hanno aderito con fede alla parola di Cristo.
Lepiclesi della seconda formula, al n. 159: Emitte, ergo, Domine, sancti Spiritus donum Super has
famulas tuas, quae propter te omnia reliquerunt. Fulgeat in eis, pater, vultus Christi tui ut omnes, eas
adspicientes, ipsum Ecclesiae tuae adesse cognoscant.
Manda, o Signore, il dono dello Spirito Santo su queste tue figlie, che per te hanno lasciato ogni cosa.
Risplenda in esse, o Padre , il volto del tuo Cristo, perch rendano visibile la sua presenza nella chiesa.
Una vera pneumatologia della vita religiosa ancora non stata fatta, un tentativo in G. Ferraro, Lo
Spirito Santo nella liturgia della professione religiosa e della consacrazione delle vergini, in Id, Catechesi
liturgica, 119-136.
29 Datate sono anche le pubblicazioni scientifiche sulla teologia della vita consacrata al Concilio Vaticano
II: cf. A. Boni, I religiosi nella dottrina del Vaticano II, Roma 1966; J. Beyer, Vita consacrata: dottrina
conciliare e sviluppi ulteriori, in R. Latourelle (cur.) , Vaticano II. Bilancio e prospettive venticinque anni
dopo, Assisi 1987, II, 1119-1139.
30 S. Noceti, La vita consacrata nei documenti del Vaticano II, in Egeria V(2014)25-25. La stessa esortazione
post sinodale Vita consecrata si colloca su questo orizzonte e vuole rispondere a questioni afferenti alla
vita, pi che alla determinazione teologica dellidentit dei consacrati alla luce di quanto avvenuto
nel post-concilio: cf. J. Rovira Arum, LEsortazione apostolica postsinodale Vita consecrata. Per una
lettura contestualizzata, Roma 2001.
31 Figli (Fratelli) carissimi, per il Battesimo siete gi morti al peccato e siete gi consacrati a Dio:
18
19
Vincenzo Calabrese
21
Vincenzo Calabrese
la natura della vita religiosa viene riportata alla dimensione escatologica che
di tutta la Chiesa e che perci segna, seppur in modo differenziato, lidentit di
ognuno dei battezzati41.
Se per molti secoli si insistito nei testi di spiritualit e di teologia
della vita consacrata, sul fine primario della santificazione personale e su
quello secondario delle attivit specifiche, ora la ragione ultima di natura
ecclesiale e trascende interpretazioni individualistiche e spiritualeggianti.
Nessun religioso pu restare indifferente di fronte al bene della
Chiesa, anche se, in modi diversi, deve promuovere il Regno di Dio, stabilirlo,
rafforzarlo ed estenderlo in modo missionario in nuovi territori. La specificit
della vita consacrata non va quindi cercata nella linea della consacrazione
individuale o semplicemente della sequela di ogni religioso a Cristo, ma va
colta nellorizzonte che le proprio: la radicazione della vita consacrata nella
vita della Chiesa, popolo di Dio a servizio del Regno 42.
Nella solenne benedizione del religioso professo troviamo un autentico
programma di vita spirituale che deve portare il religioso al traguardo della
santit:
Sit in eis, Domine, intemerata castitas,
laeta paupertas, oboedientia generosa.
Tibi humilitate complaceant, submisso corde deserviant,
caritate ferventer adhaereant43.
I religiosi ricordano in particolare che tale santit su fonda su relazioni
damore, per Dio e per tutti, nella perfetta carit.
Finalmente la vita religiosa vista come impegno morale che impone
a colui che labbraccia un continuo progresso nel fervore della santit e nella
perfezione del culto divino (LG 44). Al momento della consegna della regola,
nel corso del rito della prima professione, il OPR 33 propone la formula
seguente: Accipite nostrae familiae Regulam, ut eam fideliter servando
perfectam caritatem attingatis.
Nel rito della professione perpetua il celebrante rivolge ai candidati
questa eloquente domanda:Vultis, Evangelium studiose sectantes ac
vestrae familiae Regulam custodientes, ac perfectam caritatem erga Deum
at proximum constanter firmiterque contendere?44. Qui si trova infatti un
autentico programma di perfezione che deve condurre i religiosi alla meta
41 Noceti, La vita consacrata, 31. Questa anche la tesi prevalente di E. Bianchi, Non siamo migliori, Bose
2002.
42 il senso del contributo di A. Donghi, Liturgia e vita consacrata, in Dizionario teologico della vita
consacrata, Milano 1994, 903ss.
43 OPR 67. Risplenda in loro una perfetta castit, unobbedienza generosa, una povert vissuta con letizia
evangelica. Ti piacciano per lumilt, o Padre, ti servano docilmente, aderiscano a te con tutto il cuore.
Siano pazienti nelle prove, saldi nella fede, lieti nella speranza, operosi nellamore.
44 OPR 57.
22
23
Vincenzo Calabrese
verginit (LG 42); i consigli evangelici (LG 43); le regole dei fondatori (LG
45).
Affermiamo allora che, a quanto appare dai testi, lo statuto dei religiosi
non appartiene alla struttura gerarchica della Chiesa e sulla questione
dellidentit dei religiosi, appare chiaramente dal non isolarlo dal resto del
popolo di Dio e sul radicamento escatologico che un orientamento di tutti
i christifideles. Ma sulla preminenza della vita consacrata: una via pi stretto
(LG 13c; 44c) e pi radicale (PC 1); una vita con Dio pi intima (AG 18),
pi piena (PC 5), senza riserve (LG 42.46; PC 14), nella quale seguire Cristo
pi facilmente pi da vicino, in modo pi libero (PC 1.12), esclusivo (LG
42) e totale (LG 44; PC 5).
Una annotazione riguardo a ci dovuto dal fatto che la vita religiosa
si colloca sul piano, debole ma necessario, del segno. Il modo stesso di
vivere i consigli evangelici si comprende proprio nellattestare con tutto se
stessi il definitivo del Regno.
Lindizione di un anno interamente dedicato alla vita consacrata da
parte di papa Francesco, che ha avuto inizio nel 30 novembre 2014 e si
concluder con la celebrazione del 2 febbraio 2016, rende ancora pi
urgente il compito di tornare alle fonti conciliari48.
Nonostante la difficile situazione che la vita religiosa sta attraversando:
Vogliamo assumere questa crisi non come lanticamera della morte, ma
come un kairos, unoccasione favorevole per la crescita in profondit e,
quindi, di speranza, motivata dalla certezza che la vita consacrata non potr
mai sparire dalla Chiesa, poich stata voluta dallo stesso Ges come parte
irremovibile della sua Chiesa (Benedetto XVI), essendone coessenziale49.
48 Facendomi eco del sentire di molti di voi e della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e
le Societ di vita apostolica, in occasione del 50 anniversario della Costituzione dogmatica Lumen
gentium sulla Chiesa, che nel cap. VI tratta dei religiosi, come pure del Decreto Perfectae caritatis sul
rinnovamento della vita religiosa, ho deciso di indite un Anno della Vita Consacrata () Ringraziamo
in modo particolare per questi ultimi 50 anni seguiti al Concilio Vaticano II, che ha rappresentato una
ventata di Spirito Santo nella Chiesa. Grazie a esso la vita consacrata ha attuato un fecondo cammino di
rinnovamento che, con le sue luci e le sue ombre, stato un tempo di grazia, segnato dalla presenza dello
Spirito: Francesco, A tutti i consacrati. Lettera apostolica in occasione dellAnno della Vita consacrata,
Citt del Vaticano 2014, 1.3.
49 Intervista al Card. J. Braz de Aviz, in Testimoni 3(2014)2.
24
25
Chiara Ciliento
27
Chiara Ciliento
dopo lo studio sia dopo ladozione18. Il loro legame varia da uno di tipo
complementare ad uno pi arcaico che pu favorire modalit di tipo simbiotico.
Generalmente durante i colloqui con gli operatori i coniugi si presentano
molto ansiosi. Questo tipo di coppia porta limmagine di un bambino
parzialmente idealizzato. Nelle coppie del gruppo C (composto da 12 coppie)
la sterilit generalmente diagnosticata in modo chiaro e c una sufficiente
elaborazione. Prevale un legame di reciprocit con una buona integrazione dei
ruoli. Con gli operatori sono ben disposti ed esprimere i propri limiti e i propri
vissuti depressivi. La rappresentazione del bambino, in questo gruppo, tende
ad essere vicina ad un bambino reale che ha subito lesperienza di abbandono
e di deprivazione, utilizzando aggettivi quali: malato, distaccato, difficile,
ecc. Le autrici sottolineano come ladozione di un bambino comporti sempre
la necessit di creare uno spazio mentale sia individuale che di coppia che
possa garantire la giusta accoglienza e possa riparare gradualmente le ferite
dellabbandono. Le coppie che non sono riuscite ad elaborare il lutto per la
mancanza di un bambino generato da loro, possono mettere in atto strategie
difensive come una marcata idealizzazione del bambino che arriver. Ci potr
impedire loro di contenere mentalmente il bambino, afferma Lombardi19,
cio non saranno in grado di attribuire al minore bisogni, paure e desideri
reali, con la conseguente incapacit di intervenire in maniera sufficientemente
adeguata alle sue necessit. In accordo con queste considerazioni risulta essere
anche la psicoanalista Ivana De Bono la quale, in un suo articolo20, afferma che
la maggior parte delle coppie sterili arriva alladozione dopo aver intrapreso un
lungo e sofferente percorso (spesso costellato da numerosi insuccessi di
fecondazione assistita), nel quale sia consciamente che inconsciamente si
fantasticato su un figlio, che dice De Bono21: [...] non essendo mai nato e
proprio perch assente, ha finito per assorbire su di s tutte le idealizzazioni e
le aspettative della coppia e delle rispettive famiglie di origine. Questo bambino
mai nato ha quindi preso un suo posto ed occorre che la coppia elabori il lutto
della sua perdita, che anche vissuta come perdita di parti costitutive del S,
affinch possa creare lo spazio mentale necessario ad accogliere un bambino
reale, abbandonato e non privo di storia, che ha bisogno del suo accudimento.
18 Non raro, infatti, che durante il processo adozionale, coppie che hanno fatto esperienza di numerosi
insuccessi di fecondazione assistita, inizino una gravidanza o subito dopo aver presentato la domanda di
adozione o durante le fasi delle indagini psico-sociali o al momento dellabbinamento (Cf. J. Gallo - F.
Viero, Fallimenti adottivi. Prevenzione e riparazione, Armando Editore, Roma 2001).
19 Cf. R. Lombardi, La famiglia adottiva al banco di prova delladolescenza, specchio che amplifica e
confonde, in Percorsi problematici delladozione Internazionale, Studi e ricerche, collana della Commissione
per le Adozioni Internazionali, Istituto degli Innocenti di Firenze, 2003, 81-82.
20 I. De Bono, Dal trauma allesperienza adottiva, in Trasformazioni, 1(2006) 39-55.
21 Ivi 46.
29
Chiara Ciliento
31
Chiara Ciliento
Allinterno del percorso adozionale tutti quei vissuti legati alle paure,
alle ansie, alle fantasie, se pure sopiti fino a questo momento e nascosti dietro
il desiderio di diventare finalmente genitori, inevitabilmente riaffioreranno gi
dal primo incontro con il minore e ancora di pi durante ladolescenza che
come afferma Lombardi uno specchio che riflette, amplificate, le fragilit del
sistema32. Ci significa, asserisce Lombardi, che se la complessit del percorso
adottivo non stata adeguatamente affrontata e superata, rischia di emergere
in un modo dirompente e ingestibile proprio nelladolescenza e pu essere la
causa di una crisi del progetto adottivo. Questi vissuti sottostanti per poter
essere elaborati devono prima di tutto avere uno spazio di accoglienza, ovvero
si deve dar loro voce. La stessa relazione che si instaura tra la coppia e lo
psicologo, proprio per il suo carattere di inevitabile intrusivit, pone i coniugi
in condizione di mettersi alla prova gi in questa occasione, attraverso una
sorta di esame di realt. Lo psicologo favorir la creazione di una dimensione
calda ed empatica in cui sia possibile riflettere sulla propria ferita generativa
rendendola pensabile, cosciente e quindi superabile. Lelaborazione delle ferite
inconsce favorir lemergere di una maggiore consapevolezza sul progetto
adottivo e sulle reali risorse esistenti e, laddove carenti, la messa in atto
dellacquisizione di nuove competenze specifiche.
Per concludere
I genitori adottivi, oltre ad assolvere ai normali compiti educativi e
di accudimento, devono anche affrontare le diverse problematiche che sono
proprie di un bambino abbandonato e che reca con s traumi multipli. Per questo
motivo, la coppia deve giungere al momento dellincontro con il futuro figlio,
almeno in parte se non totalmente, preparata dal punto di vista psicologico.
La letteratura sulladozione, come abbiamo avuto modo di vedere, ha indagato
in maniera approfondita sulle dinamiche sottese allimpossibilit di procreare,
concludendo che spesso sono necessari interventi mirati ad elaborare e
superare le ferite legate al mancato concepimento per evitare il fallimento del
progetto adottivo. Tali interventi possono attuarsi allinterno del percorso preadottivo grazie alle competenze degli operatori sociali dellEquipe Adozioni
del territorio. Le coppie che giungono al percorso adottivo hanno maturato,
comunemente, un proprio significato di adozione, determinato spesso da
bisogni, desideri ed esperienze personali. Come gi accennato allinizio,
lobiettivo deladozione non la soddisfazione del bisogno della coppia di
avere un figlio, ma quello di dare una famiglia a un bambino. Proprio nella
32 Lombardi, La famiglia adottiva al banco di prova delladolescenza, specchio che amplifica e confonde, 93.
33
Chiara Ciliento
33 Cf. R. Rosnati (cur.), Il legame adottivo. Contributi internazionali per la ricerca e lintervento, Unicopoli,
Milano 2010, 9.
34 Cf. Lombardi, La famiglia adottiva al banco di prova delladolescenza, specchio che amplifica e confonde,
80-81.
35 Cf. Fava Vizziello Simonelli, Adozione e cambiamento, 30-31.
34
* Docente incaricata in Sacra Scrittura presso I.T.S. e I.S.S.R. San Matteo, Salerno.
1 Cf. L. Manicardi, Lesperienza dellEsodo: liberati per servire, in Parola, Spirito e Vita 23(1991) 31.
2 Cf. N. Lohfink, Ascolta, Israele. Esegesi dei testi del Deuteronomio, Paideia, Brescia 1968, 27.
35
37
39
unaltra.
41
1) Modalit spaziale:
a. y min: uscire dallEgitto, allhiphil, forma causativa:
con prodigi, espressioni per dire che il potere di Dio liberatore, mentre il
potere umano rende schiavi22:
Il Signore ha compiuto segni e prodigi grandi e funesti per lEgitto, per
il faraone e per tutta la sua casa sotto i nostri occhi
(Dt 6,22);
i segni e le opere che ha compiuto in mezzo allEgitto contro il
faraone, re dEgitto (Dt 11,3);
Mos convoc tutto Israele e disse loro: Voi avete visto tutto ci che
il Signore fece sotto i vostri occhi nella terra dEgitto contro il faraone,
contro tutti i suoi servi e contro tutta la sua terra(Dt 29,1);
per tutti i segni e i prodigi che il Signore lo mand a compiere nella
terra dEgitto per il faraone, per tutti i suoi servi e per tutta la sua terra
(Dt 34,11).
Il racconto dellEsodo continuer a narrare come la liberazione si
sviluppa in diversi atti23: le piaghe (Es 5-15), primo atto; la Pasqua, secondo
atto; lepopea del mare, terzo atto. Tutta la narrazione manifesta chiaramente
lintervento divino a fianco degli umili, degli oppressi, ed il trionfo di questi
sulla massima potenza dellepoca e sul suo sovrano, considerato un essere
divino24.
Incontro al Sinai: lalleanza
Il Deuteronomio continuamente esorta: Ricordati del giorno in cui
sei comparso davanti al Signore tuo Dio sullOreb (Dt 5,10). Il racconto della
liberazione dalla schiavit dEgitto culmina nella stipulazione dellalleanza,
vertice di tutto il libro dellEsodo e al centro del libro del Deuteronomio. Ogni
generazione chiamata a vivere lalleanza (cf. Dt 5,27: con noi oggi qui):
all oggi del dono della libert da parte di Dio deve corrispondere l oggi della
risposta di fedelt delluomo. Il discorso continua in 6,20-25, una vera e propria
catechesi da padre a figlio, esortazione a mantenere gli impegni dellalleanza.
Fondamentale , quindi, il rapporto tra Esodo e Alleanza: affinch
luomo possa allearsi e scegliere Dio, deve essere libero; per questo lEsodo
per eccellenza la tipica espressione biblica di libert. Dio libera il popolo
dIsraele per condurlo al Sinai/Oreb, lo libera dalla schiavit perch possa
servirlo su questo monte. LEsodo, insomma, la liberazione dallEgitto il
fondamento, la premessa dellAlleanza25.
Es 19-24 il centro dellincontro tra Dio e Israele, celebrazione solenne
22 Bonora, Liberazione/ Libert, 827.
23 Cf. G. Ravasi, Esodo, (LoB 1.4), Paideia, Brescia1980.
24 J. A. Soggin, Storia di Israele. Dalle origini a Bar Kochb, Paideia, Brescia 1984, 200.
25 A. Spreafico, Il libro dellEsodo, Citt Nuova, Roma 1992, 101.
43
45
compresi gli schiavi, perch ricordati che sei stato schiavo in Egitto e che il
Signore tuo Dio ti ha fatto uscire (Dt 5,15).
Anche altre leggi avranno la stessa motivazione:
Non molesterai il forestiero, n lopprimerai perch voi siete stati
forestieri nel paese dEgitto. Non maltratterai la vedova e lorfano. Se
tu lo maltratti quando invocher da me laiuto io ascolter il suo grido
Io ascolter il loro grido e la mia collera si accender e vi far morire di
spada. Io ascolter il suo grido perch io sono un Dio pietoso (Es 22,
20-23).
Non lederai il diritto dello straniero o dellorfano e non prenderai in
pegno la veste della vedova (Dt 24, 17).
Ma ti ricorderai che sei stato schiavo in Egitto e che di l ti ha liberato
il Signore tuo Dio: perci ti comando di fare questa cosa (Dt 17, 18).
Il Decalogo rivelazione di Dio, ma anche delluomo, della sua verit come
essere responsabile, essenzialmente risposta alla verit del proprio essere, in
relazione con Dio e il prossimo.Fedelt di Dio e fedelt delluomo, libert
divina e libert umana si intrecciano nella vicenda della storia della salvezza
dellAlleanza38. La terra, segno di libert, rappresenter il teminus ad quem
dellEsodo, dove ciascuno e tutti potranno viveri liberi.
1.3. Cammino difficile di libert
47
del vitello doro (cf. Es 32-33); le mormorazioni nel deserto (cf. Es 15-17);
la storia monarchica. Non obbedire per Israele significa morte, distruzione,
maledizione, esilio, rottura dalleanza, peccato.
Per questo prima di entrare nella terra promessa il popolo dovr
attraversare il deserto (cf. Dt 8), luogo dove il popolo deve essere educato alla
libert, di cui aveva smarrito e perso il gusto e il valore, il luogo in cui il popolo
sperimenta la propria fragilit.
Due saranno i pericoli fondamentali: non rimanere in relazione con
Dio e soprattutto non invocarlo per essere liberati, ma rivolgersi ad altri dei
e nazioni, cadendo nella schiavit idolatrica; il secondo pericolo consiste
nel non essere in relazione con laltro, non ascoltare il suo grido di libert, o
addirittura opprimerlo. Lidolatria, costruzione e adorazione di immagini da
parte delluomo la tentazione di possedere Dio, che in realt dono, gratuit,
voce/Parola; loppressione, le ingiustizie saranno una conseguenza della
rottura del rapporto con Dio. Ecco la causa dellesilio, conseguenza del rifiuto
di ascoltare, dellinfedelt:
Il Signore ti ricondurr in Egitto per nave, per una via di cui ti avevo
detto: Mai pi la rivedrai, e l vi venderete ai tuoi nemici come schiavi
e come schiave; ma non ci sar nessuno ad acquistarvi (Dt 28,68).
Tuttavia, Israele si trova sempre in questa posizione: pu scegliere se entrare
nella terra di libert per vivere da popolo libero. Il ritorno dallesilio sar
possibile quando il popolo, il resto di Israele invocher di nuovo Dio:
Difatti qual quella grande nazione che abbia gli di cos vicini, come il
Signore nostro Dio vicino a noi quando lo invochiamo?... Di l (esilio)
cercherai il Signore tuo Dio lo troverai, se lo cercherai con tutto il cuore e
con tutta lanima,, tornerai al Signore tuo Dio e ascolterai la sua voce,
poich il Signore tuo Dio un Dio misericordioso; non ti abbandoner
e non ti distrugger, non dimenticher lalleanza (Dt 4,7. 29-31) 39.
La liberazione, essere liberato, e la libert, essere libero, coincidono; il
popolo di Israele per essere libero deve riconoscere continuamente di essere
liberato, la dipendenza da Dio come Alterit, ma da adulto responsabile
assumendo lalterit del prossimo. La possibilit chiara: la religione della terra
dEgitto dellautosoddisfazione, la religione degli idoli dellautoannullamento,
la religione della fratellanza40.
39 Cf. i testi di rinnovo dellalleanza: Dt 29-30; Gs 1,1-13; 16,18; 24; 2Re 23; Ger 42-43; 2Cr 15; Nee 5; 9-10;
Esd 10,10-16; 1Mac 13; gli oracoli di salvezza in Ger 30-31 e 2Is.
40 Cf. A. J. Heschel, Luomo non solo. Una filosofia della religione, Borla, Milano 2001, 215-216.
48
2.1 Il re giusto
49
51
Ascoltate la mia voce! Allora io sar il vostro Dio e voi sarete il mio
popolo; e camminate sempre sulla strada che vi prescriver, perch siate
felici (Ger 7,23).
Cos, per i profeti dallascolto dipende la vita e la felicit del popolo:
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti.
Porgete lorecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete (Is 55,2-3).
Tante sono le espressioni che i profeti usano per sottolineare il non- ascolto:
popolo sordo (Is 6,9-10; 42,18; 65,12; Ger 5,21; Ez 12,2; ecc);
razza ribelle (Is 30,9; Ger 3,12);
arroganti (Is 28,14.22);
popolo che ha indurito il cuore, il volto, la nuca (Ger 17,23; 13,10-11;
Zac 7, 12; ecc.);
hanno dimenticato il Signore (Ger 2,32; 13,25; cf. Am 2,6ss).
Nelle varie epoche storiche i profeti diventano mediatori tra Yhwh e il
popolo, il loro compito quello di richiamare il popolo alla vera fede, a servire
solo Dio, a vivere in modo coerente lalleanza:
Questa la parola che fu rivolta a Geremia da parte del Signore. Disse:
Ascoltate la parola di questa alleanza! Dunque parlerai loro, agli uomini
di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme. Dirai loro: Cos dice il Signore,
Dio dIsraele: Maledetto colui che non ascolta le parole di questalleanza,
che io prescrissi ai vostri padri nel giorno in cui li feci uscire dal paese
dEgitto, dalla fornace di ferro, dicendo: Ascoltate la mia voce ed eseguite
conformemente a quanto vi ho ordinato (Ger 11,1-4).
2.3 Servo sofferente
come profeta stato chiamato, vive una relazione speciale con Dio,
ma deve riconoscere la sua inadeguatezza: invano ho faticato; la
descrizione del suo momento di crisi, di fallimento per comprendere
che il progetto di salvezza non suo, ma di Dio, chiamato a portare la
mia salvezza fino alle estremit della terra;
deve ricondurre a Dio Giacobbe/Israele;
deve essere alleanza del popolo e luce delle nazioni: come Mos
mediatore di alleanza, della relazione tra Dio e il popolo, ma anche con
le nazioni; fa parte del popolo, associato, partecipa alla sua situazione
di cecit, ma non si identifica del tutto con Israele, perch subisce le
conseguenze del peccato degli altri;
come sapiente/discepolo deve ascoltare ogni giorno: si trova davanti
a gente che talmente prigioniera del peccato da non sapere neppure
pi di essere nel carcere, che talmente accecata da non essere pi
neanche consapevole di essere cieca;
chiamato a liberare i prigionieri, aprire gli occhi ai ciechi;
non schiaccia chi gi debole: non spezza la canna incrinata e lui
non si incriner, non spegner la fiamma smorta e lui non diventer
smorto;
tace per non accusare coloro che lo accusano, in modo che non
debbano essere condannati;
il servo sta assumendo su di s le conseguenze del male.
Il Servo, quindi, vuole donare la libert ricevuta a chi non ha libert,
ma come Dio rischia il rifiuto, che diventa, si trasforma in oppressione, cos
responsabile degli altri fino a lasciarsi opprimere, pur di lasciare gli altri liberi,
pur non essendo schiavo si fa servo come dono. Non accetta la sofferenza in
s, ma ha la certezza che Dio lo liberer, la sua donazione totale, sa che il
rapporto con il divino attraversa il rapporto con gli uomini47, ma nella loro
nudit e debolezza.
Nel quarto Cantico (Is 52,13-53,12) si comprende lo scopo della
missione: gli spettatori confessano il loro peccato, il servo non si difeso,
non ha invocato il castigo sui suoi nemici/oppressori, non ha protestato, ha
atteso la liberazione di Dio e per questo diventato strumento di rivelazione e
liberazione per altri.
2.4 Il sapiente
53
con Dio e con gli altri nella quotidianit; per questo insegner ai suoi discepoli
a comprendere se stessi solo come essere in relazione.
In particolare nel libro del Siracide48, il sapiente nellultimo capitolo 51
prima sperimenta la salvezza in prima persona:
Ti loder, Signore, re, e ti canter, Dio, mio salvatore, loder il tuo nome,
perch sei stato mio riparo e mio aiuto, salvando il mio corpo dalla perdizione,
sei stato il mio aiuto e mi hai liberato,
Allora mi ricordai della tua misericordia, Signore, e dei tuoi benefici da
sempre, perch tu liberi quelli che sperano in te e li salvi dalla mano dei
nemici.
La mia supplica fu esaudita: tu infatti mi salvasti dalla rovina e mi strappasti
da una cattiva condizione. Per questo ti loder e ti canter, e benedir il nome
del Signore.
Per questo pu dire ai suoi discepoli:
Avvicinatevi a me, voi che siete senza istruzione,
prendete dimora nella mia scuola (51,23).
2.5 Salterio
50 volte; Dio chiamato circa 650 volte Yhwh, nome proprio del Dio
di Israele, accanto ad altri nomi, titoli, ma soprattutto ad attributi di
Dio, come Santo, Giusto, Redentore, Salvatore, Pastore; simboli della
salvezza: roccia, riparo, rifugio; soprattutto il vocabolo hesed, circa 100
volte, esprime la fedelt, la misericordia, la tenerezza, lamore di Dio
per luomo;
simbolismo somatico, perch la relazione avviene
attraverso il corpo, bocca, lingua, voce, orecchie, faccia, volto, occhi,
antropomorfismi per Dio;
Verbi/azioni: Dio salva, aiuta, libera, risponde, riscatta,
perdona, ecc; lorante cerca, spera, crede, confida, invoca, supplica, loda,
acclama, ecc;
simbolismo di forze negative: c qualcosa che mette in crisi
la relazione tra Dio e lorante, quello che Ravasi53 definisce terza
presenza, elemento negativo, che attenta allo splendore della loro
relazione cercando di minarla alle radici come il male54/nemico
esterno (caos, oppressori, empi/malvagi, coloro che odiano, animali,
ecc), e come male interno (peccato, malattia, vecchiaia, solitudine,
ecc).
Dio, a differenza degli idoli che hanno bocca e non parlano, hanno
occhi e non vedono, hanno orecchie e non odano (Sal 115,5-6; cf. Sal
135), ha donato la sua Parola e il suo ascolto al grido e alle suppliche,
come la fonte e la sorgente della relazione e quindi del dono della
libert. Di fronte alla Parola di Dio, alle azioni di salvezza, Israele non
rimasto muto55; lascolto e la parola delluomo sono la risposta, la
professione di fede sei tu il Dio della mia salvezza (Sal 25,1-2.5b),
lautenticit della relazione provata dalla testimonianza, dal desiderio
di cantare le meraviglie che ha compiuto.
A. Mello seguendo la divisione del Salterio in cinque libri56
ha abbozzato una lectio continua in cinque tappe della vita spirituale;
pur riconoscendo che non uno schema fisso, possibile individuare
un cammino, dove il protagonista il Re Messia57, che rappresenta
53 Cf. Ravasi, Salmi, 1409.
54 Ricordiamo che lebraico non conosce lastrazione, per cui per descrivere il male usa sempre termini
concreti.
55 G. von Rad, Teologia dellAT. Teologia delle tradizioni storiche dIsraele, I, Paideia, Brescia 1972, 401.
56 Cf. A. Mello, Lordine dei Salmi, in Liber Annuus 56(2006) 47-70; M. R. Cirella, Il cammino della
comunit orante e il volto di Dio nel Salterio, in Mattheus 1(2013) 39-60.
57 Cf. A. Mello, I Salmi: un libro per pregare, Qiqajon, Comunit di Bose 2007. Interessante il
suggerimento dellautore che preferisce parlare non di generi letterari, ma di quattro stili (supplica,
lamento, ringraziamento e lode), non fissi, perch un salmo rappresenta la dinamicit della preghiera
e del rapporto con Dio; possiamo anzi, parlare di movimento ciclico, nel senso che spesso si passa dalla
supplica alla lode, dal lamento al ringraziamento per ricominciare con la lode. Si pu cos parlare non
55
57
Lho abbandonato alla durezza del suo cuore, che seguisse il proprio
consiglio. Se il mio popolo mi ascoltasse, se Israele camminasse per le
mie vie! (12-14).
4) Quarto libro 90-106: uscita dalla crisi e Regno
60 Cf. Dt 4.
58
Nella collezione, chiamata Hallel egiziano (Sal 113-118), per il ricordo
dellesodo, il Signore lodato perch fa passare da una situazione di morte alla
vita, dai lacci della schiavit alla libert. Interessante il Salmo 119, definito
lintreccio tra le due libert, quella del dono della parola divina e quella
delladesione vitale umana61. Il Salterio si conclude con la dossologia finale dei
Salmi 146-150 e nellultimo salmo limperativo alleluia/ lodate Dio ripetuto
per ben 10 volte. Questi 5 salmi rappresentano la finale non solo del quinto
libro, ma di tutto il Salterio, tutti orfani.
Il desiderio di lode come espressione di salvezza62, che il filo
conduttore del Salterio, mette in evidenza unesperienza essenziale che luomo
vive: lesperienza che la salvezza pu venire solo da un Altro. La lode non
solo una forma letteraria, ma esprime la certezza di dipendere da Dio, la
testimonianza della consapevolezza che solo Dio dona la libert, Dio Signore,
solo Dio libera. Il Magnificat, per questo, il Salmo per eccellenza, la sintesi
di tutti i salmi, perch Maria, accanto a suo Figlio, licona pi perfetta della
libert e della liberazione dellumanit e del cosmo63.
59
Michele Curto
nel corso dei secoli, avevano dimostrato di saper convivere tra di loro, anche
grazie alla tendenza al sincretismo. La religione greco-romana, che un ruolo
tanto importante aveva svolto, anche sul piano politico, nellImpero, fino
allepoca di Costantino, era stata affiancata, nel corso dei secoli, da numerosi
altri culti locali, tra cui quello di Mitra e quello di Iside. La vitalit e la variet
dei diversi culti tradizionali differivano a seconda delle aree geografiche. Il
cristianesimo fin dallinizio contrappone a questo avversario cos multiforme e
variegato un monoteismo rigoroso, il fascino della figura di Cristo, la promessa
della resurrezione futura, lavvento del Regno celeste e una morale esigente,
allinterno della quale la carit gioca un ruolo centrale.
La diffusione sempre pi incontenibile del cristianesimo in tutto
limpero, legata alla predicazione degli apostoli e dei loro successori; agli
esempi eroici di una vita vissuta nella piena imitazione di Cristo, attraverso
il martirio cruento dellepoca precostantiniana; alla carit e alla solidariet
fraterna, nonch alla politica filo-imperiale, a partire dal IV secolo.
La dottrina, di origine ebraica, si arricchisce al contatto con la
cultura greca e forma un insieme, che ben si adatta alle esigenze del mondo
contemporaneo e in grado di essere, al tempo stesso, la religione dellimpero e
della piet individuale6.
La svolta costantiniana
Le persecuzioni dei cristiani caratterizzarono, in modo discontinuo,
la storia dei primi tre secoli dopo Cristo, dai provvedimenti di Claudio
e Nerone fino agli inizi del IV secolo, quando, nel 313, fu emanato, sotto
limperatore Costantino7, lo storico accordo8 di Milano, che inaugur nuovi
rapporti9 tra Chiesa e Stato e trasform il cristianesimo da religio illicita in
religio licita10 . Quando noi, Costantino Augusto e Licinio Augusto, giungemmo
sotto felice auspicio a Milano ed esaminammo tutto quanto riguardava il profitto
e linteresse pubblico ... abbiamo cio deciso di dare ai cristiani e a tutti gli altri
libera scelta di seguire il culto che volessero, in modo che qualunque potenza
6 Cf. Le monde Byzantin, vol. I, Lempire romain dOrient (330-641) C. Morrisson (cur), Universitaires de
France, Paris 2004, 50.
7 Cf. L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano: studi di politica e legislazione, DAuria Editore, Napoli
19895 .
8 Un editto a Milano, come a lungo si erroneamente supposto, non c mai stato; per ci sono due decreti
di Licinio che fanno da riferimento alla consultazione avvenuta: un decreto pubblicato il 13 giugno del
313 a Nicomedia in Bitinia, e una disposizione data al governatore della Palestina che, nonostante alcune
aggiunte, coincide nella sostanza con il decreto di Nicomedia. Dato che nelle premesse di tali decreti
si sottolinea il riferimento ai colloqui di Milano, difficile contestare che vi abbia avuto parte anche
Costantino: E. Horst, Costantino il Grande (traduzione dal tedesco di U. Gandini) Rusconi, Milano
1987, 184; Sullargomento cf. anche E. Percivaldi, Fu un vero editto? Costantino e il cristianesimo tra
storia e leggenda, Ancora, Milano 2012.
9 Cf. R. Farina, Eusebio di Cesarea e la "svolta costantiniana", in Augustinianum, 26(1986) 313-322.
10 Sulla legislazione cristiana di Costantino cf. Horst, Costantino il Grande, 219-230.
61
Michele Curto
divina e celeste esistente possa essere propizia a noi e a tutti coloro che vivono
sotto la nostra autorit 11.
La novit fu grande, ma non tanto dal punto di vista storico, dal
momento che la libert di culto era un principio del diritto romano, quanto
dal punto di vista giuridico, perch sanc la fine di ogni persecuzione nei
confronti dei cristiani e cre le premesse per una nuova societ e una nuova
epoca, che avrebbero fatto del cristianesimo e della Chiesa il pi grande punto
di riferimento12.
Tale libert non fu totale, ma parziale e condizionata agli interessi politici.
Le dimensioni di libert accordate alla Chiesa rispondevano ad unesigenza
dellImpero, per cui, in effetti, il riconoscimento di libert alla Chiesa era in
funzione di un instrumentum regni. Non si trattava della libertas che la Chiesa
chiedeva in ragione stessa dellesercizio della sua missione, bens di una libert
che il potere civile le accordava per raggiungere i suoi obbiettivi13. La politica
religiosa di Costantino pose, cos, le basi del cosiddetto cesaropapismo, che
port ad una stretta unione tra Chiesa e Stato.
Costantino fu il primo Imperatore che si interess della religione
cristiana, non solo favorendola con molti privilegi, ma intervenendo, con
piena autorit, anche nelle questioni interne. Eusebio afferma che Costantino
si considerava episcopos ton ektos14, vescovo di quelli di fuori eisapostolos, ossia
pari agli Apostoli.
Il ruolo degli Imperatori nel processo di cristianizzazione dellImpero
fu di fondamentale importanza. Anche i successori di Costantino Costante e
Costanzo II promulgarono una serie di misure antipagane, dalla proibizione
dei sacrifici cruenti (Costante nel 341) alla concessione di privilegi al clero,
congiuntamente ad altre leggi, che contemplavano la chiusura dei templi
pagani e la proibizione di tutti i sacrifici (Costanzo II)15.
In questo furono incitati anche da autori come Firmico Materno, che nella sua
opera il De errore profanarum religionum (scritta tra il 346 e il 30), si propose
di svelare lerrore della religiosit pagana e la verit del Cristianesimo. Egli,
rivolgendosi direttamente a Costante e a Costanzo II, li esortava a distruggere
totalmente qualsiasi forma di rito pagano: Santissimi imperatori, queste sono
11 Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, F. Maspero - M. Ceva (curr), Rusconi, Milano 1979, 527; cf.
anche H. Rahner,Chiesa e struttura politica nel Cristianesimo primitivo. Documenti della Chiesa nei primi
otto secoli con introduzione e commento, Milano, 1990, 63; Editto di Milano, in Il medioevo nelle sue fonti,
L. Gatto (cur), Monduzzi editore, Bologna 195, 26.
12 R. Farina, Cristianesimo e Istituzioni politiche da Augusto a Costantino, in LOsservatore Romano, 4
giugno 1998, 8.
13 F. Ruffini, Relazioni tra Stato e Chiesa, F. Margiotta Broglio (cur), Il Mulino, Bologna 1974, 19.
14 Il termine discusso cf. R. Farina, Epskopos ton ekts(Eusebio, De vita Const. IV, 24), inSalesianum29
(1967) 409-413; cf. S. Mazzarino, lImpero romano, II, Laterza, Roma-Bari, 1984, 401; F. Cappelli. Il
tredicesimo apostolo, in Medioevo 4(2014) 79.
15 Cf. Codex Theodosianum 10, T. Mommsen- P. Meyer (curr), Berlino 1905, 4-6.
62
cose che devono essere tagliate fino alla radice, anzi devono essere distrutte del
tutto dalle leggi severissime dei vostri editti, affinch non macchi un giorno
di pi il mondo romano lerrore mortale di questa ostinazione, non si rafforzi
la malvagit di una consuetudine rovinosa, non dmini ogni giorno di pi
sulla terra ogni cosa che cerca di portare alla perdizione luomo che appartiene
a Dio16. Lopera di Firmico si rivela una fonte importante per le sue ampie
notizie sui culti orientali.
Da Giuliano a Valentiniano
Una breve tregua a favore del paganesimo vi fu con Giuliano17, tra il 360
e il 363. Al contrario dei suoi predecessori, prefer seguire una politica diversa
nei riguardi alla religione. Defin Costantino novator turbatorque priscarum
legum (linnovatore e il turbatore delle antiche leggi)18. Mostr unavversione
crescente verso i cristiani e abol tutte le misure antipagane precedentemente
promulgate. Per questo i cristiani lo apostrofarono con lepiteto di Apostata.
Promulg una serie di leggi19 con lo scopo di restaurare il paganesimo20 e
riform lamministrazione, dalla quale estromise i cristiani che, con disprezzo,
chiamava galilei.
I primi provvedimenti attuati contro i cristiani furono di carattere
restitutorio. Limperatore promulg anzitutto una legge che accordava
tolleranza a tutti i culti e decretava la restituzione dei beni espropriati ai templi
pagani; cerc di ridare allo stato il carattere pagano di un tempo e perci
sostitu il labaro costantiniano con le antiche insegne militari; sulle monete
ritornarono le immagini degli di pagani; il clero pagano riebbe i privilegi che
era venuto perdendo; fu incoraggiata la pratica dei sacrifici, dei misteri degli
oracoli21.
Ma il punto pi alto della legislazione antipagana fu raggiunto nel 362,
quando Giuliano promulg la legge, considerata come la pi clamorosa misura
anticristiana22, il rescritto: De doctoribus et magistris, che imponeva, come
criterio di scelta dei maestri, il principio moribus primum, deinde facundia, che
16 F. Materno, Lerrore delle religioni pagane, Citt nuova, Roma 2006, 129-130.
17 Sull Imperatore Giuliano Cf. Cf. J. Bidez, Vita di Giuliano Imperatore, Il Cerchio, Rimini 2004; I.
Tantillo, Limperatore Giuliano, Roma-Bari 2001.
18 Horst, Costantino il Grande, 225.
19 Cf. R. Andreotti, Lopera legislativa ed amministrativa dellImperatore Giuliano, in Nuova rivista storica,
14(1930) 374-376; E. Testa,Legislazione contro il paganesimo e cristianizzazione dei templi (sec. IV-VI),
inLiber Annuus 41(1991) 311-326.
20 M. Mazza, Giuliano o dellutopia religiosa: il tentativo di fondare una chiesa pagana? in, Giuliano
Imperatore, le sue idee, i suoi amici, i suoi avversari, Atti delConvegno Internazionale di Studi, Lecce,
10-12 Dicembre 1998, 26-31.
21 Storia del cristianesimo. Lantichit, G. Filoramo D. Menozzi (curr), Laterza, Roma- Bari 2001, 307.
22 Ivi
63
Michele Curto
65
Michele Curto
67
Michele Curto
69
Michele Curto
per chiedergli che designasse come vescovo colui che lo Spirito Santo gli
avesse indicato61. Giovanni, metropolita di Cesarea, non tard a individuare
in Porfirio la figura pi adatta a tale missione62.
Lazione pastorale di Porfirio
Appena insediatosi, venne subito avversato dai pagani e, pur essendo
riuscito a convertirne molti con la santit della sua vita e con i prodigi, che
compiva, tuttavia forte e violenta continuava ad essere la loro resistenza. Nella
sua opera ebbe lappoggio dellimperatore Arcadio, dal quale, nel 398, ottenne
un decreto con cui si disponeva la chiusura dei templi pagani di Gaza63.
Preposto allesecuzione del decreto era un certo Ilario, alto dignitario
imperiale, ma costui si fece corrompere dalle famiglie aristocratiche pagane.
Cos il provvedimento imperiale fu applicato a tutti templi della citt, tranne
che al Marneion, dedicato alla loro principale divinit, Marnas, il dio della
pioggia, e roccaforte della tenace resistenza pagana. Questo tempio pot
continuare a funzionare, sia pur in segreto: e avendo distrutto tutti i loro idoli
chiuse i templi; ma permise che quello di Marnas continuasse a vaticinare sia
pur di nascosto, avendo riscosso in cambio di ci una considerevole somma
di denaro. Gli idolatri celebravano cos nuovamente, come dabitudine, i loro
culti illeciti64.
Intanto, le tensioni continuavano e, cos, nel 402, Porfirio si rec
personalmente, accompagnato dal metropolita di Cesarea, presso la corte
imperiale a Costantinopoli, dove ottenne un provvedimento, questa volta
definitivo, grazie a s. Giovanni Crisostomo e, soprattutto, allimperatrice
Eudossia, che riusc a piegare le esitazioni e le incertezze di Arcadio. Ottenne,
dunque, per decreto, la distruzione dei templi pagani della citt e, in pi,
furono concessi anche privilegi fiscali per la Chiesa di Gaza.
Fu la fine del glorioso tempio di Marnas, che venne dato alle fiamme
e distrutto. Con i suoi preziosi marmi fu pavimentata una piazza della citt
e sulle sue rovine fu costruita una chiesa, per la quale, secondo il racconto
di Marco, limperatrice forn non solo i fondi finanziari necessari, ma anche
abbondante materiale edilizio, tra cui marmi e colonne, con un preciso schema
di costruzione da seguire, a pianta cruciforme.
Linteressamento e soprattutto la munificenza dellimperatrice erano
il segno della profonda gratitudine, che ella serbava nei confronti del vescovo
Porfirio, che le aveva profetizzato la nascita dellerede maschio, atteso da tempo,
il futuro Teodosio II.
61 Ivi 11, 11.
62 Ivi 16, 16.
63 Porfirio aveva inviato Marco a Costantinopoli a tale scopo. Cf. Ivi 26, 22.
64 Ivi (avant-propos) VIII; 27, 23-24.
71
Michele Curto
sua citt ed anche al di fuori di essa, al punto che egli fece magistralmente
convivere nella sua persona il duplice ruolo di maestro di retorica () e
di conferenziere ()70. In entrambi i ruoli dimostr il suo forte legame
con i propri concittadini, profondamente ricambiato, peraltro, dal rispetto che
essi avevano per lui.
Procopio ebbe parte attiva anche nella diffusione del cristianesimo e
nel processo di consolidamento della Chiesa locale e anche se, come scrive
Coricio, non indoss mai labito ecclesiastico, fu considerato in tutto e per tutto
alla stregua di un sacerdote. Egli rivers le sue profonde conoscenze in campo
teologico anche per inserirsi nelle dispute dottrinali a carattere eresiologico,
soprattutto nellambito dello scontro tra monofisismo e miafisismo71 .
Alla sua morte gli furono tributati onori funebri, riservati, in genere,
agli uomini di chiesa e ai sacerdoti 72.
A Procopio successe Coricio. Anchegli nacque a Gaza e in questa citt
oper, nella prima met del VI secolo, ai tempi dellimperatore Giustiniano.
Come il suo maestro fu impegnato nel duplice ruolo di maestro di retorica
() e di conferenziere (). In qualit di oratore ufficiale della
citt di Gaza, Coricio pronunci vari discorsi pubblici davanti alle autorit
cittadine e provinciali. Secondo la testimonianza di Fozio, Coricio, anche
se ricorreva di solito a miti e a racconti della tradizione classica e pagana e,
anche se non utilizza nomi o termini cristiani, neppure nei due elogi per il
vescovo Marciano, era tuttavia legato alla vera religione73. Ci in linea con
il fatto che i rappresentanti della scuola di retorica di Gaza hanno mostrato,
sotto diversi aspetti, significativi legami con la religione cristiana e la gerarchia
ecclesiastica. lo stesso Fozio a darci testimonianza delle opere di esegesi
biblica, scrivendo che proprio al maestro di Coricio potrebbe essere attribuita
lintroduzione della cosiddetta catena biblica, cio il commento di un libro
della Bibbia, consistente nella raccolta di frammenti di commenti precedenti.
Non mancano, inoltre, testimonianze di scambi di riflessione tra Enea di Gaza,
che fu forse vescovo della citt prima di Marciano, con il monaco Abba Isaia
70 Su questo, si veda: Procope De Gaza, Discours Et Fragments, a cura di E. Amato, Les belles lettres, Paris
2014, XIX-XXIV.
71 Cf. Ivi XXV-XXVIII. Cf. anche Choricius, op. VIII, 21, 117:
, .
, , ,
. (egli era, invece, cos profondamente versato anche in questi studi (scilicet delle Sacre
Scritture) da essere in tutto e per tutto, abito a parte, un sacerdote. Tanto le dottrine dellortodossia,
quanto quelle che pretendono di opporvisi le une imparate per coltivarle, le altre apprese per poterle
confutare egli le aveva studiate alla perfezione) traduzione: A. Corcella, in E. Amato, Rose di Gaza, ed.
DellOrso, Alessandria 2010, 518).
72 Per la testimonianza sugli onori funebri, cf. Choricius, op. VIII, 47, 126 :
, (Gli vennero tributati onori funebri simili a
quelli con cui si onora la morte di un sacerdote).
73 Cf. Photius, Bibliotheca, 102b-103a = II 121-123 Henry.
73
Michele Curto
74 Cf. Y. Ashkenazi, Sophists and Priets in Late Antique Gaza According to Choricius the Rhetor, in B.
Bitton-Ashkelony - A. Kofsky, Christian Gaza in Late Antiquity, Leiden, Boston 2004, 206-207.
74
75
Gaetano De Simone
76
77
Gaetano De Simone
78
79
Gaetano De Simone
allestero con rito islamico, pertanto, deve senzaltro procedere alla sua
trascrizione (anche se si tratti di un secondo, o terzo, o quarto matrimonio)
con lobbligo di rapporto al Procuratore della Repubblica competente per
la proposizione della domanda di nullit. Diversamente dal Ministero,
il Consiglio di Stato, nel parere reso il 7 giugno 198811, ha affermato che il
diritto islamico collega (al matrimonio) fini di natura ed entit non dissimili
da quelli propri del medesimo negozio concluso secondo la legge del nostro
ordinamento. Il matrimonio celebrato con rito islamico, dunque, fu ritenuto
dal Consiglio di Stato in s trascrivibile nei registri dello stato civile italiano,
qualora non sussistessero elementi sostanziali in contrasto con i nostri principi
fondamentali, come, ad esempio, la mancanza dello stato libero di entrambi i
nubendi. Sulla base di tale parere, il Ministero di grazia e giustizia emise una
seconda circolare12 in cui si invitavano gli ufficiali di stato civile a procedere
alla trascrizione dei matrimoni celebrati con rito islamico allestero, previa
verifica dellassenza di impedimenti inderogabili secondo la legge italiana.
Nel 2001, infine, il Ministero dellinterno ha emanato una nuova circolare13 in
cui prevista la trascrivibilit del primo matrimonio celebrato secondo il rito
islamico tra un cittadino italiano e un cittadino di religione islamica.
Il tema del riconoscimento in Italia del matrimonio islamico
celebrato allestero da parte di un cittadino italiano stato, inoltre, affrontato
in giurisprudenza nellambito della materia ereditaria. Il caso riguardava il
matrimonio celebrato in Somalia tra una donna somala e un vedovo italiano.
La moglie, temendo di essere estromessa dalleredit dalle figlie nate dal primo
matrimonio del marito, chiese il sequestro conservativo dei beni ereditari.
La domanda di convalida del sequestro fu, per, respinta dal Tribunale di
Lodi, che ritenne il matrimonio somalo, celebrato con rito islamico, privo di
effetti in Italia. La donna si rivolse, dunque, alla Corte dAppello di Milano, la
quale accolse limpugnazione, con sentenza confermata in Cassazione, sulla
base dellart. 115 c.c., dal momento che il matrimonio era stato validamente
celebrato in paese estero secondo le forme ivi stabilite, senza che assumesse
alcun rilievo lammissibilit nellordinamento somalo dellistituto della
poligamia e del ripudio, data la loro irrilevanza nel procedimento di convalida
del sequestro14.
In sintesi pu dirsi che, nelle ipotesi in cui la problematica relativa
alla poligamia si ponga in via preliminare e si segua la teoria disgiunta, il
11 Cf. Parere del Consiglio di Stato, sez. III, 7 giugno 1988, in Servizi demografici, 1989, 74.
12 Cf. Circolare n. 1/54/FG/3(86)1395 del 3 ottobre 1988, in Riv. dir. int. pr. proc., 1988, 123 ss.
13 Cf. Circolare 26 marzo 2001, in Riv. dir. int. pr. proc., 2002, 283 ss.
14 Cf. Cass., sentenza 2 marzo 1999, n. 1739, in dir. int. pr. proc., 1999, 613 ss.
80
81
Gaetano De Simone
83
Gaetano De Simone
85
Gaetano De Simone
Innanzitutto, la kafala non stata ritenuta equiparabile ad un
affidamento preadottivo. In proposito si , infatti, pronunciato nel 2002 il
Tribunale per i minorenni di Trento, adito da due coppie italiane, alle quali
lautorit giudiziaria marocchina aveva affidato un minore, che chiedevano
una pronuncia di adozione del piccolo marocchino. Il Tribunale rigett,
dunque, la domanda di adozione ordinaria, ma ritenne non preclusa ai coniugi
la possibilit di chiedere, nel preminente interesse del minore, ladozione del
medesimo secondo le forme degli artt. 44 ss. della legge n. 184 del 1983, ossia
ladozione prevista per i casi particolari, data limpossibilit di affidamento
preadottivo27, considerato che i minori erano ormai residenti in Italia, nonch
alla luce dellart. 20 della Convenzione sui diritti del fanciullo.
In altri casi, poi, la giurisprudenza ha manifestato un atteggiamento
ancor pi di sfavore, come dimostrano alcune pronunce del tribunale per i
minorenni di Torino. Una prima controversia prese le mosse da un atto notarile
di kafala, omologato dal Tribunale di Rabat, stipulato in Marocco. Il console
italiano aveva negato al minore marocchino il visto dingresso in Italia per
contrasto tra i principi informatori del diritto islamico, in particolare il divieto
di adozione, e lordinamento italiano. Il minore entr ugualmente in Italia, ma
fu allontanato dalla coppia e dichiarato dal Tribunale per i minorenni di Torino
in stato di adottabilit. La coppia si oppose al decreto, ma la Corte dAppello
neg loro la legittimazione allopposizione, in base allart. 17 della legge n. 184
del 1983, che riserva tale legittimazione al Pubblico Ministero, ai genitori o
parenti, e al tutore. La Corte ritenne, infatti, che il kafil non potesse essere
assimilato al tutore, perch in base alla legge marocchina il kafil un mero
custode, affidatario del minore, sottoposto per certi atti allautorizzazione di
un wali, e precisamente del governatore della prefettura o in caso di espatrio
del minore del console del Marocco competente per larea di residenza del
minore. La conclusione cui giunse il Tribunale fu, per, riformata in Appello: la
Corte dAppello di Torino, infatti, non ritenne applicabile la clausola dellordine
pubblico, secondo cui il provvedimento del Tribunale di Rabat non poteva
essere riconosciuto in quanto contrario ai principi fondamentali del nostro
diritto di famiglia. La sentenza, confermata dalla Cassazione28, condusse,
tuttavia, ad un risultato paradossale. Da un lato, la Corte dichiar la non
contrariet allordine pubblico della kafala omologata dallautorit giudiziaria
straniera e, dunque, la sua efficacia automatica in Italia, con la conseguenza
che il minore in Italia non dovrebbe essere considerato in stato dabbandono,
27 Cf. Trib. min. Trento, decreto 11 marzo 2002, in Riv. dir. int. pr. proc., 2002, 1056 ss.
28 Cf. Cass., 4 novembre 2005 n. 21395, in Riv. dir. int. pr. proc., 2006, 791 ss.
86
29 Cf. Corte Appello Torino, decreto 28 giugno 2007, in Dir. imm. e cittadinanza, 2007, n. 3, 142 ss.
30 Cf. Cass., sentenza del 28 gennaio 2010, n. 1908, in Red. giust. civ. mass. 2010; Cass., sentenza 17 luglio
2008, n. 19734, in Dir. Giust. 2008; Cass., sentenza 20 marzo 2008, n. 7472, in Dir. Fam. 2008; anche Corte
Appello Torino, sentenza 18 luglio 2007, in Dir. Fam. 2008; Trib. Biella, sentenza 26 aprile 2007, in Dir.
Fam. 2007.
31 Cf. zvvCass., sentenza del 1 marzo 2010, n. 4868, in Dir. Giust. 2010; in senso contrario Tribunale di
Tivoli, sentenza del 22 giugno 2010.
87
Paolo Martuccelli
89
Paolo Martuccelli
5 Ivi 218-221.
90
91
Paolo Martuccelli
93
Paolo Martuccelli
svolta nella storia dei rapporti tra politica e religione a livello mondiale.
Fino ad allora era valso in generale e in forme diverse il principio per cui la
stessa dimensione politica era sacra. Esistevano nella tarda antichit anche
liberi movimenti e raggruppamenti religiosi che da un lato si facevano strada
approfittando della decadenza della religione di stato, ma che dallaltro
riconoscevano che lo stato aveva una sostanza sacrale, capace di esigere
rispetto delle leggi e degli ordinamenti; per questo motivo, anche nella loro
petulanza, venivano tollerati. Le leggi dello stato erano considerate divine, e
dunque intangibili da parte delluomo e incondizionatamente obbliganti11.
Ora, invece, la citata affermazione di Ges ha reciso questa
identificazione delle pretese statali nei confronti degli uomini con lesigenza
sacrale della volont divina nei confronti del mondo. La posizione dei cristiani,
pertanto, metteva in discussione lantica idea di stato, alla cui desacralizzazione
questo cerc di resistere, infliggendo ai cristiani anche la pena di morte: Per
le parole di Ges lo stato romano poteva considerarsi spacciato. Tuttavia,
nella dottrina cristiana della separazione tra autorit statale e sacrale, non
era contenuta la distruzione dello stato, bens quel dualismo tre religione e
stato, che costituiva linizio e il fondamento persistente dellidea occidentale
di libert. Infatti, fin dallorigine del Cristianesimo esistono due comunit
reciprocamente ordinate, ma non identiche, di cui nessuna ha il carattere della
totalit. Il fondamento etico, pur necessario, dello stato, non pi lo stato
stesso dotato di una sua intrinseca natura religiosa, ma unistanza diversa e
superiore, una comunit alternativa, costituita dalla Chiesa. Questa, per,
pur presentando unistanza etica elevata, si basa sullappartenenza volontaria
e pu comminare punizioni solo spirituali e non civili, proprio perch non
avanza verso lo stato e la societ pretese che non passino per questo tipo di
appartenenza. Ambedue le comunit dunque si autolimitano: lo stato non
pretende di governare le coscienze e la Chiesa non pretende di governare la
societ. Si bilanciano cos a vicenda, sono collegati e allo stesso tempo distinti12.
Certo, nella storia le cose non sempre hanno proceduto con lequilibrio
prospettato dalle parole di Ges, ma importante che il principio si sia
mantenuto vivo. Nel ME e nei primordi dellet moderna si giunse di fatto
ad una fusione tra stato e Chiesa, fusione che deform lesigenza di verit
della fede in costrizione ed in caricatura dellautentico intento. Ma poich
11 Ivi 155.
12 Il tutto, ivi. La prima teorizzazione dellinsegnamento evangelico in tal senso risalirebbe al papa Gelasio
I (492-496): J. Ratzinger, Europa. I suoi fondamenti spirituali oggi e domani, in Id., Europa. I suoi
fondamenti oggi e domani, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004, 13; per non si pu ignorare che questo
principio di separazione divenuto anche la sorgente di infinite sofferenze: ivi 14.
94
95
Paolo Martuccelli
97
Paolo Martuccelli
99
Paolo Martuccelli
mondo islamico: esso vive un momento favorevole a causa del suo rafforzamento
economico, e quindi anche politico e militare, dovuto allimportanza che il
petrolio ha acquistato sulla scena politica internazionale. Mentre per in
Occidente lo sviluppo economico ha provocato una rarefazione generalizzata
della dimensione religiosa del vivere, nel mondo islamico il progresso e
la conseguente ricchezza hanno favorito lo sviluppo di unautocoscienza
religiosa pi forte. Ci potuto accadere in base al presupposto tradizionale,
che abbiamo gi potuto osservare, secondo cui non c dubbio che nellIslam
religione, civilt e politica sono compenetrate in unindissolubile unit25.
Di qui, insieme ad altre concause, lesito diverso del medesimo fenomeno
dello sviluppo economico e sociale nellOccidente cristiano e nellIslam.
Ora, questa rinnovata autocoscienza religiosa, e le prese di posizione che ne
conseguono, vengono volentieri definite in Occidente fondamentalismo.
Questa trasposizione di un concetto tipico del protestantesimo americano
del XIX secolo (difesa dellinerranza della Scrittura contro levoluzionismo e
lesegesi storico-critica) allIslam per improprio e non permette di valutare
oggettivamente la realt; trasformare le analogie in identit significa cadere in
errate semplificazioni.
Del termine fondamentalismo si fatta una chiave di lettura troppo
facile, con la quale poter suddividere il mondo tra buoni e cattivi. Il filo che
unisce la serie dei presunti fondamentalismi si diparte da quello protestante,
attraversa quello cattolico, e giunge fino a quello marxista ed islamico:
fondamentalista chiunque abbia convinzioni solide, le quali ostacolerebbero
il fluire del progresso, che sarebbe invece favorito dal dubbio, dalla lotta
contro le certezze della tradizione, cose di cui si fanno paladini gli odierni
movimenti antidogmatici. LIslam starebbe cos in buona compagnia di altri
fondamentalismi. Il fondamentalismo ci da cui lOccidente deve difendersi
per mantenere fede al proprio stile di vita aperto. E come si tiene lontano
dal fondamentalismo cristiano, cos deve fare anche con quello islamico per
isolarlo, neutralizzarlo. Tuttavia, con la generica e superficiale imputazione di
fondamentalismo non si allaltezza della comprensione del fenomeno Islam,
che va cercata in altra direzione, con altri criteri.
Sembra infatti a Ratzinger che si debba cominciare col distinguere il
punto di partenza del recente risveglio del mondo islamico dalle sue differenti
configurazioni concrete. Secondo il Prefetto bisogna innanzitutto sgombrare il
campo da discutibili analogie e imparare a considerare lIslam per quello che
, non per quello che crediamo o vogliamo che sia: lIslam davvero diverso
25 Ivi 136.
100
101
Paolo Martuccelli
103
Paolo Martuccelli
105
Paolo Martuccelli
infatti
107
Paolo Martuccelli
109
Paolo Martuccelli
111
Paolo Martuccelli
della Chiesa Cattolica (nn. 36-37) redatto sotto la direzione del card. Ratzinger
in qualit di Prefetto della CDF, e pubblicato nel 1992.
Sembra invece che nella tradizione islamica le cose non stiano cos; lo
si vede ad es. nel confronto, avvenuto intorno al 1391, tra il dotto imperatore
bizantino Manuele II Paleologo, e un intellettuale persiano, sulla verit delle
religioni cristiana e musulmana. Il dialogo58 si estende su tutto lambito della
fede attestata dalla Bibbia e dal Corano e si sofferma in particolare sullimmagine
di Dio e delluomo. Benedetto XVI comunque si sofferma brevemente solo sul
tema, piuttosto marginale nella struttura del dialogo, fede e ragione.
Nel settimo colloquio limperatore tocca il tema della jihad, della guerra
santa. Nella sura 2,256 si legge: Nessuna costrizione nelle cose di fede. Si tratta
di una sura del periodo iniziale (meccano), in cui Maometto era ancora senza
potere e minacciato. Le disposizioni successive in merito allargomento, per,
divergono da questa posizione tollerante, e il Corano sviluppa la concezione
secondo cui la fede islamica devessere difesa tramite la guerra santa. A
questo punto limperatore pone piuttosto bruscamente al suo interlocutore
la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo:
Mostrami pure ci che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto
delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo
della spada la fede che egli predicava. Limperatore, dopo essersi pronunciato
in modo cos pesante59, illustra in dettaglio le ragioni per cui la diffusione della
fede mediante la violenza cosa irragionevole: la violenza in contrasto con la
natura sia di Dio che dellanima. Dio non si compiace del sangue -egli dice-,
non agire secondo ragione, , contrario alla natura di Dio. La fede
frutto dellanima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede
ha bisogno della capacit di parlare bene e di ragionare correttamente, non
invece della violenza e della minaccia Per convincere unanima ragionevole
non necessario disporre n del proprio braccio, n di strumenti per colpire
58 Manuele Ii Paleologo, Dialoghi con un musulmano. VII discussione, Th. Khoury (cur.), San Clemente
- Studio Domenicano, Roma-Bologna 2007.
59 Nella nota 3 del testo Benedetto XVI spiega la sua posizione riguardo a queste affermazioni, che
hanno suscitato reazioni anche pesanti nel mondo islamico: Citando il testo dellimperatore Manuele
II intendevo unicamente evidenziare il rapporto essenziale tra fede e ragione. In questo punto sono
daccordo con Manuele II, senza per far mia la sua polemica. Penso per che, sul piano scientifico
prima ancora che su quello dialogico, non sia opportuno citare un testo che solo in parte risulta probante
rispetto ai propri intenti, e che per il resto costringe ad una serie di distinguo e dissociazioni. Rimane poi
il fatto che pesanti ingiunzioni al combattimento, non metaforico, per la fede si trovano nel Corano (9,29;
8,39; 47,4 e altrove in questo senso; 25,52 nel senso di combattimento interiore).
Limputazione fatta allIslam di promuovere la conversione tramite la forza tradizionale tra gli osservatori
cristiani: ad es. San Tommaso, Somma contro i Gentili, T. Centi (cur.), UTET, Torino 1997, e Mondadori,
Milano 2009, I/6, 71; cf. Liber de Veritate: I, 1259; II-IV 1261-1264; come pure il XVII dei Pensieri di B.
Pascal.
113
Paolo Martuccelli
n di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte.
Benedetto XVI osserva che laffermazione decisiva in questa
argomentazione contro la conversione mediante la violenza : non agire
secondo ragione contrario alla natura di Dio. Egli riprende il commento di Th.
Khoury, secondo il quale per limperatore bizantino, educato secondo i canoni
della filosofia greca, questaffermazione evidente. Per la dottrina musulmana,
invece, Dio assolutamente trascendente. La sua volont non legata a nessuna
delle categorie umane, fosse anche quella della ragionevolezza. A riguardo si
pu citare la tipica -a detta di alcuni studiosi- concezione del filosofo e teologo
Ibn azm (994-1064), il quale si spinge fino a dichiarare che Dio non sarebbe
legato neanche dalla sua stessa parola e che niente lo obbligherebbe a rivelare a
noi la verit. Se fosse sua volont, luomo dovrebbe praticare anche lidolatria60:
A questo punto si apre, nella comprensione di Dio e quindi nella
realizzazione concreta della religione, un dilemma che oggi ci sfida in
modo molto diretto. La convinzione che agire contro la ragione sia in
contraddizione con la natura di Dio, soltanto un pensiero greco o
vale sempre e per se stesso? Io penso che in questo punto si manifesti la
profonda concordanza tra ci che greco nel senso migliore e ci che
fede in Dio sul fondamento della Bibbia. Modificando il primo versetto
del Libro della Genesi, il primo versetto dellintera Sacra Scrittura,
Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole In principio
era il logos. questa proprio la stessa parola che usa limperatore: Dio
agisce , con logos. Logos significa insieme ragione e parola
-una parola che creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come
ragione. Giovanni con ci ci ha donato la parola conclusiva sul concetto
biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della
fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi. Lincontro
tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La
visione di san Paolo [] (cfr At 16,6-10) pu essere interpretata come
una condensazione della necessit intrinseca di un avvicinamento tra
60 Dio lunico, libero creatore del mondo, delle azioni umane buone e cattive, e della libera scelta, della
volont e della conoscenza umane: C. Baffioni, v. Ibn azm, in Enciclopedia Filosofica, Bompiani,
Milano 2010, 8, 5408. Sembra che questa posizione sia da un lato tipica dellIslam, ma che comporti anche
dei correttivi generalmente accettati: Ibn azm, come la maggioranza degli altri teologi musulmani,
sottolinea che Dio non vincolato a niente fuori di s, nemmeno alla ragione. Al tempo stesso egli non
ha mai affermato che Dio non si legherebbe liberamente e non rispetti un tale legame: A. A. Nayed,
Un commento islamico alla lezione di papa Benedetto XVI a Ratisbona, in K. Wenzel (cur.), Le religioni
e la ragione. Il dibattito sul discorso del Papa a Ratisbona, Queriniana, Brescia 2008, 33. Questa non la
dottrina cristiana su Dio, anche se posizioni simili furono talora sostenute nel ME sulla scia di Duns Scoto
(Discorso, cit., 27s), ma non sono diventate mai popolari, essendo sempre scontato nel Cristianesimo il
principio di una positivit sostanziale di Dio, secondo cui ha creato anche luomo.
114
115
Paolo Martuccelli
117
Paolo Martuccelli
119
Paolo Martuccelli
121
Paolo Martuccelli
123
Paolo Martuccelli
125
Paolo Martuccelli
valido anche per un mondo segnato dal pluralismo. Questo sistema, per,
indica anche degli evidenti confini ad un pluralismo fine a se stesso: non
pensabile, infatti, che una societ possa sostenersi nel lungo termine senza un
consenso sui valori etici fondamentali:
Cari amici, sulla base di quanto ho qui accennato, penso che
sia possibile una collaborazione feconda tra cristiani e musulmani.
E in questo modo contribuiamo alla costruzione di una societ che,
sotto molti aspetti, sar diversa da ci che abbiamo portato con noi dal
passato. In quanto uomini religiosi, a partire dalle rispettive convinzioni
possiamo dare una testimonianza importante in molti settori cruciali
della vita sociale. Penso, ad esempio, alla tutela della famiglia fondata sul
matrimonio, al rispetto della vita in ogni fase del suo naturale decorso o
alla promozione di una pi ampia giustizia sociale.
Con questa prospettiva lincontro si concluse con un invito da parte del
Pontefice alle comunit islamiche a partecipare al terzo incontro interreligioso
di Assisi, che si sarebbe tenuto il 27 ottobre successivo; questa giornata sar
loccasione per affrontare le questioni sul tappeto con la riflessione, il dialogo
e la preghiera80.
In definitiva, il papa Benedetto difende i pieni diritti dellIslam in
una societ sempre pi pluralista, ma al tempo stesso richiama il dovere
del rispetto reciproco che cresce solo sulla base dellintesa su alcuni valori
inalienabili, propri della natura umana, soprattutto linviolabile dignit di
ogni persona. Tale intesa non limita lespressione delle singole religioni, ma
anzi la esalta. Chiss che tanti remoti ed attuali aspetti problematici dellIslam
non siano diagnosticabili come perniciose ma curabili patologie. La Chiesa
cattolica e il suo Pontefice (facitore di ponti) non stanno forse l anche per
promuovere e accompagnare levoluzione positiva di ci che non cattolico, di
ci che sembra perfino un pericolo per il Cristianesimo e lOccidente?
80 Linvito dei musulmani allincontro di Assisi fu accolto con favore dal presidente del Consiglio centrale
dei musulmani tedeschi, Aiman Mazyek, molto soddisfatto per lincontro col Papa: Nella storia delle
nostre relazioni con la Chiesa si aperta definitivamente una nuova pagina. Nel discorso che il Papa
far dopo qualche giorno ad Assisi (Affinch Dio diventi accessibile. Intervento conclusivo di Benedetto
XVI alla giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, Assisi 27 ottobre
2011, in Il Regno-Documenti 56(2011) 591s) si pu leggere, velatamente, qualche accenno alla situazione
dellIslam ed una serie di appelli e suggerimenti ad esso rivolti. Facendo riferimento al primo incontro
del genere voluto da Giovanni Paolo II nel 1986, Benedetto XVI vede anche un legame che collega le due
epoche: allora la cappa del comunismo, oggi la minaccia del terrorismo di natura religiosa; e si augura
che come accadde che il comunismo croll nel momento in cui non ebbe pi la copertura spirituale per
rimanere se stesso, cos accada anche oggi col terrorismo di matrice religiosa, in particolare islamica.
126
4. Conclusioni e prospettive
*La riflessione sullIslam ha accompagnato discretamente il cammino
del teologo, vescovo e papa Joseph Ratzinger. Lingresso della questione
islamica nello spazio pubblico europeo ed occidentale ha indotto lui come
altri teologi e pastori della Chiesa cattolica, a partire dal Concilio Vaticano
II, a cercare e creare occasioni di scambi e confronti tra il Cristianesimo e
lIslam. La conoscenza dellIslam consente di affinare anche la conoscenza
del Cristianesimo; auspicabile che anche lIslam conosca pi da vicino il
Cristianesimo.
*Nellapproccio allIslam, Ratzinger/Benedetto XVI non ha mai
affrontato tematiche di tipo strettamente teologico (Dio e creazione, scritture
e tradizioni, comunit e mezzi di salvezza, morale ed escatologia), sebbene
egli suggerisca pi volte di approfondire lo studio della primaria questione
di Dio nel Cristianesimo e nellIslam81; egli ha invece indagato e verificato in
una certa misura la dimensione socio-politica di questa religione. comunque
impressionante constatare con quanta profondit, originalit e coerenza un
non-specialista come lui si sia avvicinato allargomento.
*Dalle sue considerazioni emerge il riconoscimento che anche e
proprio il risvolto socio-politico delle due Religioni possiede un vero e
proprio rango dottrinale: se il dover-essere discende dallessere, anche vero
che il comandamento e la prassi che cerca di adeguarvisi sono lo specchio
della dottrina, sono anchessi vera e propria dottrina. In altre parole, il
dualismo delluna e il monismo dellaltra riguardo alla relazione credo/societ
sono elementi non accessori ma sostanziali delle rispettive autocoscienze
e tradizioni. Si pu anche dire che la situazione socio-politica in cui il
Cristianesimo vive, corrisponde per sommi capi alla sua teologia, come quella
dellIslam corrisponde in linea di massima alla propria; e se la secolarizzazione
frutto indebito, ma plausibile, del positivo, necessario dualismo di base del
Cristianesimo, la difesa persino oltranzista del proprio sistema di vita olistico
compatibile con il monismo con la cui impronta lIslam sorto e si sviluppato
nei secoli.
*Nonostante J. Ratzinger/Benedetto XVI non rinunci ad una posizione
critica verso le esasperazioni occidentalistiche del dualismo cristiano, allo
stesso tempo egli apprezza e sostiene le istituzioni europee/occidentali quali
si sono formate nel secondo dopoguerra, al culmine di un processo secolare,
81 Due importanti saggi sul tema si trovano nel volume curato da G. Cereti, Monoteismo cristiano e
monoteismi, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001: M. Antonelli, Il monoteismo trinitario di fronte alle
sfide di altre fedi monoteistiche, (13-35), e M. Borrmans, Il monoteismo islamico e limmagine trinitaria di
Dio, (101-120).
127
Paolo Martuccelli
proprio grazie alla loro anima cristiana e non a prescindere da essa, lambiente
vitale che ultimamente la divina Provvidenza ha messo a disposizione anche di
chi cristiano non , perch non resti semplicemente cos come .
*Questa prospettiva presuppone per la (ri)conversione anche
dellOccidente. Purtroppo negli ultimi decenni esso ha sempre pi trascurato
le proprie radici, i propri valori; il suo pregevole dualismo rischia di tradursi
in divaricazione. Proprio per questo, un ritemprato Islam si trovato privo di
un interlocutore alla pari sul piano religioso: lOccidente infatti diventato
sempre pi forte per posizione politico-finanziaria, ma sempre pi debole
per autocoscienza religiosa (e filosofica); ma quando il livello economico dei
Paesi arabi cresciuto, incrementando anche la loro importanza politica, essi
hanno potuto pensare, sentendosi forti su ambedue i piani mentre lOccidente
rimaneva tale solo su uno, di potergli contestare la sua deriva morale e, a partire
da qui, di poter ambire anche al suo indebolimento economico; di questa
contestazione il terrorismo solo unespressione. Naturalmente lIslam deve
imparare a vivere senza nervosismo in un contesto non-islamico, democratico,
aperto. Ma lOccidente deve reimparare che senza un confronto alla pari
nellambito delle due grandezze che portano sulle spalle la responsabilit
verso il mondo -la religione e la politica- diventa pi difficile, non pi facile
interloquire, intervenire, sanare. Il Papa ritiene insomma che lIslam non
sarebbe un insormontabile problema per lOccidente, n lOccidente per
lIslam, se lOccidente fosse pi fedele a se stesso, cio al suo modo specifico
di collegare fede, diritto e politica, che ha prodotto anche recentemente buoni
frutti negli impianti costituzionali postbellici. In definitiva, linevitabile, utile,
libero legame tra fede e politica andrebbe vissuto dal Cristianesimo con una
maggiore consapevolezza delle proprie potenzialit politiche, dallOccidente
con una maggiore condivisione delle responsabilit, dallIslam con una
maggiore distinzione dei ruoli.
*In conclusione, J. Ratzinger/Benedetto XVI, teologo sopraffino e per di
pi dotato di una cultura politica di primordine, prospetta per il Cristianesimo
e per lIslam, ormai compresenti un po dappertutto, compatibilmente con le
loro stesse dottrine fondamentali, una situazione di convivenza autenticamente
pacifica in un quadro socio-giuridico-politico comune. Tuttavia, egli rimane
consapevole del fatto che per ogni sistema paritario rimane pur sempre la
necessit di avere un punto di partenza, di riferimento e prospettico, che
nel caso sono gli ordinamenti civili improntati alla tradizione cristiana, dai
quali gli occidentali per primi farebbero bene a non rifuggire; poi si tratter
anche di convincere i musulmani che questi, proprio in quanto cristiani, sono
Matthus, Anno IV - n. 1/2015
129
Davide Monaco
Come afferma il documento della Commissione Teologica
Internazionale Il Cristianesimo e le religioni:
Lecclesiocentrismo esclusivista, frutto di un determinato sistema
teologico o di unerrata comprensione della frase extra Ecclesiam nulla salus,
non pi difeso dai teologi cattolici, dopo le chiare affermazioni di Pio XII
e del concilio Vaticano II sulla possibilit di salvezza per quelli che non
appartengono visibilmente alla Chiesa2.
Il concilio Vaticano II ha segnato un punto di svolta epocale in merito
ai rapporti tra il cristianesimo e le altre confessioni. Infatti se per lungo tempo
aveva prevalso la posizione che non riconosceva valore veritativo e salvifico
alle altre religioni posizione definibile come esclusivista a partire dal
concilio Vaticano II si invece chiaramente affermata una visione diversa. Una
prospettiva aperta al riconoscimento di un certo valore delle altre tradizioni
religiose e al dialogo con le altre confessioni.
Se partendo dalle indicazioni conciliari guardiamo alla storia del
pensiero europeo, ci rendiamo conto che unimportante anticipazione del
rifiuto della posizione esclusivista a favore di un certo riconoscimento del
valore veritativo e salvifico delle altre tradizioni religiose rintracciabile in uno
dei maggiori filosofi e teologi del Quattrocento: il cardinale Nicol Cusano3.
Nato nel 1401 in un piccolo paese della Germania, Bernkastel-Kues,
e figlio di un semplice commerciante, Cusano nella sua brillante esperienza
al servizio della Chiesa ricopr importanti incarichi sino ad essere nominato
prima cardinale, poi vescovo di Bressanone e infine vicario generale di Roma.
Ma egli fu al medesimo tempo anche uno dei maggiori intellettuali della sua
* Ricercatore ospite della Fondazione Alexander von Humboldt presso lUniversit di Muenster. Docente
Stabile di Filosofia presso I.T.S.
1 Il lavoro rappresenta il testo della relazione tenuta al Convegno di Studi Ermeneutica e dialogo interreligioso
organizzato dallUniversit degli Studi di Salerno e dallIstituto Teologico Salernitano in data 7 ottobre
2013. Il presente lavoro stato portato a termine durante un soggiorno di ricerca possibile grazie al
sostegno della Fondazione Alexander von Humboldt, che vogliamo ringraziare.
2 Il cristianesimo e le religioni, n. 10. Cf. Lumen gentium, n. 16; Gaudium et spes, n. 22.
3 Per una pi ampia disamina del pensiero cusaniano sul tema rimandiamo a D. Monaco, Cusano e la pace
della fede, con una pref. di F. Tomatis, Roma 2014.
130
epoca. Egli ricordato ancora oggi per opere che spaziano dalla filosofia alla
teologia, dal diritto alla politica e allecclesiologia, dalla matematica alle scienze
naturali e astronomiche. Senza dubbio il cardinale fu uno dei maggiori filosofi
e pensatori dellUmanesimo e del Rinascimento europei.
Ma Cusano fu anche testimone di alcuni avvenimenti epocali. Il 29
Maggio 1453 Costantinopoli che non era solo una delle citt pi importanti
della cristianit ma uno dei luoghi simbolo della sua storia veniva
conquistata dallesercito turco guidato dal sultano Maometto II. La notizia
della caduta di Costantinopoli e delle stragi e dei saccheggi che ne seguirono
fecero velocemente il giro dEuropa. Il tragico evento sconvolse la coscienza
cristiano-europea diffondendo un clima di angoscia e di terrore per il nemico
islamico oramai alle porte. Anche da fini intellettuali dellepoca, lunica via di
salvezza invocata fu luso delle armi e la guerra4.
In questo clima molto difficile il cardinale Cusano ebbe il merito
di suggerire una strada diversa alla lacerata coscienza cristiana del tempo.
Sebbene egli fosse consapevole del pericolo che incombeva sulla cristianit, il
cardinale comprese che il ricorso alle armi non avrebbe fatto altro che rendere
ancora pi violento il secolare conflitto tra le due religioni. Nei mesi successivi
allevento, Cusano scrisse pertanto unopera sin dal titolo ardita e inattuale
per lepoca: De pace fidei, La pace della fede5. Parafrasando ma seguendo le
intenzioni di Cusano: La pace che nasce dalla fede.
Lopera racconta di una visione avuta da un narratore, identificabile
con Cusano stesso. La visione di una assemblea celeste composta da angeli e
santi e presieduta dallOnnipotente intenta ad esaminare la questione circa i
tragici eventi consumatisi sulla terra a causa della diversit dei riti religiosi.
Dinanzi a tale concilio di eccelsi si trova un gruppo di sapienti di differenti
popoli che in qualit di rappresentanti delle diverse confessioni religiose del
mondo sono chiamati a dialogare prima col Verbo, e poi con san Pietro e
san Paolo. Il fine del dialogo in cui si dibatte di temi teologici e filosofici
altissimi come lunicit di Dio, il Logos, la Trinit, lIncarnazione, Cristo, la
Legge, la critica dellidolatria, la beatitudine, i sacramenti di trovare una
certa concordia grazie alla quale costruire la pace sulla terra e mettere fine alle
violenze perpetrate in nome di Dio. La formula che forse meglio sintetizza la
proposta cusaniana presente nel dialogo lespressione utilizzata da Cusano
4 Sul tema cf. La caduta di Costantinopoli, A. Pertusi (cur.), 2 voll., Milano 1976; E. Meuthen, Der Fall
von Konstantinopel und der Lateinische Westen, in Mitteilungen und Forschungsbeitrge der CusanusGesellschaft 16(1984), 35-60; R. Crowley, The Holy War for Constantinople and the Clash of the West,
New York 2005 (tr. it., 1453. La caduta di Costantinopoli, Milano 2008).
5 N. Cusano, De pace fidei, in Id., Opera omnia, VII, ed. R. Klibansky - H. Bascour, Hamburg 1959,
1970 [citato dora in avanti con la sigla DPF].
131
Davide Monaco
stesso nel I capitolo dellopera: Religio una in rituum varietate, Una sola
religione nella variet dei riti. Fine del dialogo tra i rappresentanti delle diverse
confessioni religiose con il Verbo divino, san Pietro e san Paolo quello di
giungere alla consapevolezza che una sola la religione nella variet dei riti.
Lopera si conclude, dopo aver raggiunto la concordia in cielo, auspicando
presto un concilio in terra, da tenersi nella citt di Gerusalemme quale citt
della pace, affinch le indicazioni dellassemblea celeste trovino ascolto sulla
terra.
Sin dal titolo e dalla struttura dellopera possibile dire che Cusano, a
differenza di quanto alcuni lettori abbiano pensato, non un anticipatore della
tolleranza moderna. Cusano non un illuminista prima dellilluminismo,
tuttaltro. Ci troviamo dinanzi a un edificio teorico alternativo a quello della
tolleranza religiosa6.
La moderna idea di tolleranza religiosa, almeno nella sua visione
classica lockiano-liberale, presuppone una indifferenza nei riguardi delle
religioni positive e dei loro contenuti. Essa basata sulla distinzione tra una
sfera pubblica e una sfera privata. Una distinzione che mira a neutralizzare le
differenze relegandole uniformemente alla dimensione intima della coscienza
del singolo e a neutralizzare lappartenenza religiosa trasformandola in fatto
privato e personale. Il tutto in nome dellordine e della convivenza pacifica.
Tollerare significa sopportare colui che non viene riconosciuto come uguale,
scegliendo una soluzione pratica che accetta il male minore, lesistenza del
tollerato, ed evita lesplosione del conflitto.
Non un caso che Voltaire, uno dei padri della tolleranza moderna,
adoperi una immagine, quella della Borsa, tratta dalleconomia. Secondo
Voltaire alla Borsa di Londra lebreo, il mussulmano, il brahamino, il cinese,
il cristiano e il protestante trafficano pacificamente, uniformati sotto lunica
legge del profitto economico. Limmagine non casuale, perch la risposta
liberale al conflitto religioso disinnescava il conflitto di valori riportandolo
al conflitto di interessi attraverso lespulsione della sfera religiosa dallambito
politico. La tolleranza si basa inoltre sul riconoscimento dellindifferenza
6 Sulla distanza della prospettiva cusaniana dallidea moderna di tolleranza cf. B. Decker, Die Toleranzidee
bei Nikolaus von Kues und in der Neuzeit, in Nicol da Cusa. Relazioni tenute al Convegno Interuniversitario
di Bressanone nel 1960, G. Flores dArcais (cur), Firenze 1962, 197-213; K. Jaspers, Nikolaus Cusanus,
Mnchen 1964, 220; M. Watanabe, Nicholas of Cusa and the idea of tolerance, in Niccol Cusano agli
inizi del mondo moderno, G. Santinello (cur.), Firenze 1970, 409-418; G. Santinello, Nicol Cusano
e lutopia dellunit culturale e religiosa nel Quattrocento, in Archivio di filosofia 53(1985) 381-391; M.
Cacciari, Geofilosofia dellEuropa, Milano 1994, 149-159; M. L. Lanzillo, Tolleranza, Bologna 2001, 28;
A. A. Akasoy, Zur Toleranz gegenber dem Islam bei Lullus und Cusanus, in Ramon Llull und Ramon Llull
und Nikolaus von Kues: Eine Begegnung im Zeichen der Toleranz Raimondo Lullo e Niccol Cusano: un
incontro nel segno della tolleranza, E. Bidese - A. Fidora - P. Renner (curr.), Turnhout 2005, 105-124.
132
133
Davide Monaco
Seguendo la seconda linea interpretativa invece luna religio non si
identifica con nessuna religione positiva, ma con la religione in s che vive
allinterno di ciascuna tradizione religiosa. Lunica, la sola religione sarebbe una
sorta di dimensione mistica, trascendente e noumenica di cui le confessioni
positive sarebbero espressioni fenomeniche e segni imprecisi.
Quale delle due linee interpretative quella corretta? Secondo la nostra lettura
entrambe sono parziali.
La prima, quella che identifica luna religio con il cristianesimo come
religione positiva e i vari riti con tutte le altre religioni, non spiega il fatto che
Cusano stesso affermi nel corso del dialogo che per giungere alla pace non si
tratta di convertirsi a unaltra fede ma di ritrovare quellunica fede ovunque
presupposta9. Tuttavia non possibile nemmeno identificare lunica religione
con un cristianesimo essenziale e universale spogliato da tutti gli aspetti positivi
come faranno alcuni illuministi e alcuni filosofi della religione protestante
nella modernit. Il cardinale Cusano, che non certo un anticipatore del
protestantesimo, come chiaro non cancella n sminuisce gli aspetti positivi
del cristianesimo n fa delluna religio una religione essenziale priva di tratti
positivi.
La seconda interpretazione, quella che esclude la possibilit di
identificare luna religio con qualsivoglia religione positiva compreso il
cristianesimo e fa della sola religione ununica verit religiosa trascendente le
singole tradizioni che sarebbero diversi riti e simboli di questunica religione
in s, anchessa parziale. Essa non spiega la centralit che allinterno del
dialogo hanno il Verbo, san Pietro e san Paolo. Lopera infatti non contiene
una discussione tra i diversi rappresentanti delle varie confessioni religiose
ma un dialogo tra questultimi e il Verbo, Pietro e Paolo. Inoltre gran parte
della discussione ruota attorno ai dogmi centrali del cristianesimo, Trinit
e Incarnazione. Se luna religio non va identificata col cristianesimo perch
questa sua centralit? Se si segue la seconda linea interpretativa la domanda
resta senza risposta. Infine non possibile identificare nemmeno luna religio,
o la religione in s, con la religione universale della ragione come faranno
gli illuministi perch Cusano, come abbiamo visto, non rinuncia agli aspetti
rivelati della religione.
La problematica lasciata aperta dalla due linee interpretative dellopera
sintetizzabile nella contraddizione tra essenzialit e particolarit del
cristianesimo, tra il cristianesimo come religione positiva e il cristianesimo
come religione in s. Il cristianesimo una religione particolare e determinata
9 DPF, 11: Non aliam fidem, sed eandem unicam undique praesupponi reperietis.
135
Davide Monaco
accanto alle altre e allo stesso tempo ha una centralit e universalit allinterno
del dialogo che spinge a identificarla con luna religio. In altri termini nellopera
sembra delinearsi una patente contraddizione tra il valore riconosciuto alle
varie religioni e il privilegio accordato al cristianesimo. Il cristianesimo al
medesimo tempo il modello, il paradigma sulla base del quale accostarsi alle
altre religioni e una fede particolare tra le altre.
Una contraddizione di cui Cusano consapevole, ma che non intende
risolvere. Probabilmente anche perch non detto che si possa o si debba
risolvere. Cusano sa bene che la contraddizione tale nella sfera della ragione
ma non in quella superiore della visione intellettuale e della fede.
Non per mero dato letterario o estetico Cusano presenta lopera,
nel I capitolo, come il racconto di una visione che egli ha avuto dopo una
meditazione durata giorni sui tragici eventi di Costantinopoli. La lunga
meditazione ha provocato il rapimento del cardinale sino ad una certa altezza
intellettuale ove egli ha avuto la visione che racconta. Lopera non presentata
semplicemente come il frutto di un argomentare razionale, ma rinvia a una
dimensione diversa.
La stessa forma letteraria del De pace fidei, il dialogo, non un elemento
estrinseco al suo contenuto come se fosse un mero contenitore della sua
proposta speculativa. La scelta del mezzo non indifferente al messaggio che
Cusano cerca di trasmettere. Anzi significativamente Cusano non elabora una
teoria del dialogo o un trattato sul dialogo tra le religioni, ma mette in scena
un vero e proprio dialogare. Ovviamente esisteva una tradizione medievale di
opere dialogiche tra rappresentanti di religioni diverse, ma esistevano anche
altre tradizioni. Perch Cusano sceglie la forma del dialogo?
Inoltre va ancora una volta sottolineato che Cusano non fa dialogare i
diversi rappresentati delle differenti religioni tra loro, ma fa dialogare il Verbo,
san Paolo e san Pietro con i rappresentanti delle singole tradizioni religiose.
Noi non dobbiamo dimenticare, come spesso invece accaduto, chi
scrive il De pace fidei e a chi si rivolge lopera. Cusano sta scrivendo allindomani
della caduta di Costantinopoli e si inserisce allinterno del dibattito che si stava
svolgendo in Europa, come dimostrano anche le sue lettere a peronaggi illustri
dellepoca, sullopportunit o meno da parte dei cristiani della risposta armata.
Cusano sta parlando da cristiano ai cristiani indicandogli una via pacifica per
la risoluzione del conflitto religioso.
Solo se teniamo in considerazione questi due aspetti possibile
interpretare correttamente il dialogo e comprendere quale sia la proposta
cusaniana. Cusano parla dal punto di vista dellesperienza di fede cristiana,
136
dallinterno di essa non abbandonandola per entrare in dialogo con laltro, anzi
cerca in tale appartenenza le ragioni e le vie del dialogo. In secondo luogo non
si rivolge ai credenti di differenti confessioni al fine della conversione, ma cerca
di indicare ai cristiani un percorso di incontro e dialogo.
Dalla prospettiva cusaniana non si tratta di abbandonare la propria
appartenenza religiosa, di mettere da parte la propria identit: Dialogare
possibile infatti, solo a partire dalla propria personalit e appartenenza,
dalla propria tradizione e cultura. Dalla propria fede. Infatti non esiste una
visione panoramica su tutte le posizioni, uno sguardo da nessun luogo, ma
sempre a partire da una alterit (la cusaniana congettura), da un situazione,
da unidentit, da un punto di vista che entro in dialogo e mi relazione con
laltro. Non si entra in dialogo mettendo da parte se stessi, le proprie radici, il
proprio radicamento esistenziale e comunitario, la propria tradizione, ma si
dialoga a partire dalla propria prospettiva sempre determinata. Nel dialogo
interreligioso per Cusano non si tratta di entrare in relazione allaltro mettendo
da parte Cristo e la sua centralit procedendo come fa SantAnselmo e i
suoi diretti e indiretti epigoni remoto Christo o sola ratione, o come Abelardo
mettendo da parte labito religioso. Cusano al contrario cerca di dialogare con
laltro a partire dalla propria fede e dal proprio essere cristiano.
Lidea dei teologi e filosofi della religione definibili pluralisti o
teocentristi, secondo cui esiste ununica essenza delle religioni per cogliere la
quale bisogna relativizzare la propria fede in Ges Cristo considerandolo una
delle tante figure o modelli o vie di salvezza, anzich favorire il dialogo, da
una prospettiva cusaniana, lo rendono impossibile. Infatti, come ci insegna
lermeneutica, non vi alcun dialogo se uno degli interlocutori anzich mettere
onestamente in gioco la propria identit, la propria posizione, la propria
personalit, il proprio orizzonte, labbandona sin dallinizio. Il pericolo insito
nella posizione pluralista secondo cui esiste un unico essenza noumenica
del religioso di cui le singole esperienze e tradizioni sono realt fenomeniche
che mentre si crede di promuovere la pluralit si costruisca un modello
unitario e omogeneizzante che si impone dallalto a tutte le diverse forme di
esperienza religiosa svalutandone la specificit, i caratteri propri.
Lidea di fondo, seppur forse inconsapevole, che esista una visione
panoramica sulle religioni che ne permetta un confronto oggettivante. Ma
per farlo bisogna trasformare le religioni, in qualcosa di diverso tradendone
la specificit. Le religioni non sono n oggetti n hanno a che fare con la sola
ragione, ma anzi si caratterizzano per coinvolgere ci che di meno oggettivistico
c ossia il senso e per implicare proprio ci che va oltre la ragione ossia la fede.
Matthus, Anno IV - n. 1/2015
137
Davide Monaco
Lidea che invece non si possa trascendere la propria appartenenza e
identit porta al contrario proprio al rispetto delle tradizioni religiose e della
loro singolarit e alterit.
Tutto il tentativo cusaniano di trovare punti di contatto tra i dogmi e le verit del
cristianesimo con le altre religioni sia nel corso del De pace fidei, sia nellopera
di qualche anno pi tarda, la Cribratio Alkorani o anche Esame/Setaccio del
Corano il tentativo di mettere in campo una sorta di metodo analogico10.
Ed proprio la possibilit di leggere in continuit il De pace fidei e la
Cribratio Alkorani a fornire una delle prove pi convincenti della nostra lettura
del pensiero cusaniano. Ricordiamo che lopera intitolata Cribratio Alkorani
e scritta nel 1460, circa sette anni dopo il De pace fidei, un testo dedicato
espressamente a un confronto con lIslam. In esso Cusano cerca di ritrovare
quanto nel Corano e nellinsegnamento di Maometto concorda con il Vangelo
e sulla base di tale concordanze rintracciare in esso larghi frammenti e raggi
di verit. Troppo spesso gli interpreti hanno visto una netta discontinuit
tra le due opere, leggendo nel De pace un Cusano irenista e nella Cribratio
un Cusano che resosi conto dellimpossibilit del dialogo batte la strada del
confronto polemico con lIslam. In realt in entrambi lo stesso metodo che
viene impiegato, che con unespressione del cardinale stesso, usata per indicare
la metodologia della Cribratio, possiamo definire pia interpretatio.
La pia interpretatio il tentativo di ritrovare delle analogie, ossia dei
momenti di continuit e somiglianza, tra la propria esperienza di fede e di
verit e lesperienza religiosa dellaltro riconosciuto come altro. Cusano mira a
individuare, riconoscere e interpretare le somiglianze nella diversit. E quindi
un metodo utile per i cristiani a cui ribadiamolo Cusano si rivolge per cercare
di confrontarsi con le altre religioni e gli esponenti delle altre confessioni. Dal
punto di vista dellesperienza religiosa cristiana che ricordiamolo sempre
unesperienza di verit questa forse una possibile strada di apertura allaltro
che permette di entrare in dialogo col desiderio di conoscere e conoscersi
senza sacrificare elementi del resto imprescindibili come verit, identit e
fede. Inoltre tale metodo piuttosto che togliere la ricchezza della pluralit delle
esperienze religiose permette di rispettare le differenti tradizioni prendendole
in considerazione singolarmente, nella loro alterit, non omologandole.
Si tratta probabilmente di una reinterpretazione e applicazione in
chiave moderna di unantica dottrina affermatasi allepoca dei Padri della
Chiesa, e in particolare gi presente nelle opere di san Giustino, quella dei
semina Verbi o del Logos spermatikos. Luniversale rivelazione del Verbo o
10 Cf. N. Cusano, Cribratio Alkorani, in Id., Opera omnia, VIII, ed. L. Hagemann, Hamburg 1986.
138
Logos, che illumina ogni uomo, fa s che nelle diverse religioni, riti e costumi dei
popoli sia possibile ritrovare semi o raggi della Verit divina e di riconoscerne
elementi di grazia e di valore salvifico. Probabilmente dal punto di vista delle
coscienza religiosa che ha fatto esperienza della verit della Rivelazione ossia
dal punto di vista religioso cristiano che Cusano assume cercare nellaltro
analogie, momenti di continuit, con la verit di cui si fatta esperienza
tuttaltro che uno svilimento, ma un rivolgersi con grande rispetto allaltro.
Come dice lo stesso Cusano si conosce ci che non conosciuto a
partire da ci che conosciuto. Noi comprendiamo gli altri sempre sulla base
del riferimento a noi stessi, con analogie a noi. Tale conoscenza dellaltro si
riflette inoltre sulla conoscenza di noi stessi portandoci ad approfondire la
nostra identit e prospettiva in una circolarit virtuosa e feconda.
In unopera di altissimo livello speculativo e di rara e delicata bellezza
e afflato mistico, il De visione Dei, scritto poco dopo il De pace fidei, Cusano
propone ai destinatari del testo, i monaci di Tegernsee, un esperimento. Insieme
al manoscritto dellopera, il cardinale invia un dipinto raffigurante un volto che
sembra guardare contemporaneamente tutti i suoi osservatori e che per tale
carattere onniveggente utilizzato metaforicamente come fosse limmagine di
Dio. In un primo momento i monaci, dopo aver appeso il ritratto al muro
settentrionale, dovranno disporsi attorno a esso in diversi punti di osservazione.
Contemplandolo essi faranno esperienza del fatto che il volto dipinto sembra
che li guardi tanto intensamente da non essere possibile immaginare che il suo
sguardo possa essere rivolto anche in unaltra direzione. Persino quando un
monaco muovendosi cambier posizione, il ritratto sembrer accompagnare
con lo sguardo tale spostamento senza mai abbandonare chi lo guardi. Il
risultato sar che per quanto il monaco si muova sar guardato in modo tale da
sentirsi come lunico destinatario dello sguardo dellimmagine. Il solo modo
per superare la sensazione di essere lunico destinatario dellattenzione degli
occhi del ritratto e sapere che lo sguardo rivolto allo stesso tempo a s e a un
altro sar quello scrive Cusano di chiederlo a un confratello, prestandogli
fede11. Infatti se non credesse, se non gli prestasse fede, aggiunge Cusano, non
comprenderebbe che questo possibile.
Dialogo con laltro possibile solo a partire dalla fede, dalla fiducia che
riponiamo nellaltro. Senza questo gesto iniziale non vi possibilit di incontro
o di dialogo. Il credente, secondo Cusano, nel caso dellesperimento il monaco
11 Cf. N. Cusano, De visione Dei, in Id. Opera omnia, VI, ed. A. D. Riemann, Heidelberg 2000, 6: Et dum
hoc experiri volens fecerit confratrem intuendo eiconam, transire de oriente ad occasum, quando ipse
de occasu pergit ad orientem, et interrogaverit obviantem si continue secum visus eiconae volvatur, et
audierit similiter opposito modo moveri, credet ei, et nisi crederet, non caperet hoc possibile.
139
Davide Monaco
che tiene fermo il suo sguardo su Dio e che accoglie lo sguardo divino, avendo
fede in lui, trova nellesperienza della fede in Dio un modello di fiducia e fede
anche nellaltro. Per Cusano nellesperienza di affidarsi allAltro che propria
del credente, delluomo di fede, possibile rintracciare la via da seguire anche
nella relazione con gli altri. La fede pertanto piuttosto che essere di ostacolo,
come sembra pensare la mentalit moderno-illuminista, pu essere motore del
dialogo e forza di pace tra le religioni e le culture.
140
Secondo Rahner il problema della possibilit di un assenso assoluto
di fede si pone oggi con maggiore urgenza rispetto ai secoli passati. Luomo,
infatti, essendo un soggetto unico e unitario, tende sempre a integrare tutte
le sue pi disparate esperienze e conoscenze in una concezione unitaria del
mondo: questa operazione era abbastanza facile nei secoli passati in quanto gli
Matthus, Anno IV - n. 1/2015
141
Emanuela Palmieri
del sapere4.
In questa situazione di concupiscenza gnoseologica le tradizionali
teorie dellanalysis fidei non possono pi avere, secondo Rahner, alcuna utilit:
esse risultano tutte insoddisfacenti in quanto o attribuiscono ai motivi di
credibilit una sicurezza quasi equivalente a quella dellassenso di fede oppure
si appellano alla decisione della volont che dovrebbe superare lincongruenza
fra la conoscenza della credibilit, necessariamente relativa, e lassenso di fede,
che invece assoluto5. Rahner certamente concorda di pi con quelle teorie
che sottolineano limportanza della luce della grazia nellassenso di fede per
cui la sua preferenza va certamente alla teoria di tipo tomistico rielaborata poi
da Rousselot, per ritiene che anche questa teoria non spieghi sufficientemente
come agisca la luce della grazia in modo che attraverso di essa sia possibile
superare lincongruenza fra conoscenza della credibilit e assenso di fede.
necessario dunque, secondo Rahner, proporre una nuova teoria dellanalysis
fidei che parta da un presupposto diverso da quelli tradizionali. Come vedremo,
il nuovo presupposto da cui per Rahner necessario partire la natura stessa
delluomo come essere della trascendenza.
2. La proposta trascendentalista
Ci che Rahner intende dimostrare affermando che luomo un essere
della trascendenza il fatto che luomo orientato per natura allassenso
assoluto e che questo assenso assoluto, che egli sempre d nella propria vita, ,
anche se spesso inconsapevolmente, sempre una scelta pro o contro Dio. Ma
prima di spiegare come e perch luomo, nellopzione fondamentale della sua
vita, si decida sempre pro o contro Dio, cerchiamo di capire che cosa intenda
dire Rahner quando qualifica luomo come essere della trascendenza.
Luomo lessere della trascendenza in quanto tutta la sua conoscenza
e tutta la sua attivit conoscitiva fondata nellanticipazione dellessere in
generale, in una conoscenza atematica eppur inevitabile dellinfinit della
realt6: questa definizione ci fa capire come, secondo Rahner, per luomo sia
una cosa inevitabile, perch insita nella sua stessa natura, quella di superare
i limiti della propria finitezza per volgersi verso linfinito e questo accade
4 K. Rahner, Nuovi Saggi VI, Ed. Paoline, Roma 1978, 24.
5 Cf. ivi 248.
6 K. Rahner, Corso fondamentale sulla fede,Ed. San Paolo,Cinisello Balsamo (MI) 1990, 56.
143
Emanuela Palmieri
inevitabilmente anche nella sua vita quotidiana perch accade ogni volta che
egli si pone delle domande. Luomo, dunque, non pu sfuggire in nessun modo
alla sua apertura allinfinito perch in forza della propria natura luomo
uno che pone domande, anzi la stessa domanda assoluta che non si ferma di
fronte a nulla7.
Rahner, dunque, ritiene che, ogni volta che luomo si interroga su
qualcosa di contingente, in ultima istanza egli sta sempre interrogandosi sul
problema dellessere in generale: ogni affermazione su un ente determinato,
infatti, si attua sullo sfondo di una precedente conoscenza, anche se implicita,
dellessere in genere8. Per luomo, quindi, la conoscenza dellessere non una
conoscenza fra le altre ma il fondamento preliminare di qualsiasi conoscenza
e, a riprova di ci, Rahner ci mostra come, ogni volta che conosciamo un
ente singolo, non possiamo fare a meno di riferire questa realt singola ad
una essenza universale attraverso un processo di astrazione: infatti, mediante
lastrazione conosciamo lillimitatezza dellessenza che esiste nella realt
individuale e ci rendiamo conto che essa pu determinare anche altre singole
realt9.
Con tutto questo discorso sulla conoscenza dellessere come condizione
previa di qualsiasi conoscenza umana, Rahner vuole dimostrare come luomo,
ogni uomo, sia tendente di natura a postulare, al di l degli enti finiti, lesistenza
di un essere infinito, e quindi di Dio, il quale la condizione stessa dellesistenza
degli enti finiti: infatti, laffermazione della finitezza reale di un ente postula
come condizione della sua possibilit laffermazione dellesistenza di un esse
absolutum10. Questa caratteristica tipica delluomo di cogliere gli enti finiti
in un orizzonte infinito, Rahner la definisce spiritualit, ed il fatto di essere
spirituale, cio di essere naturalmente aperto alla trascendenza, il tratto
caratteristico proprio della natura umana.
Secondo Rahner, dunque, luomo spirituale, cio vive la sua vita
in una continua tensione verso lAssoluto, in una apertura a Dio. Questo non
un fatto che pu, per dir cos verificarsi o meno qua e l nelluomo a suo
beneplacito. la condizione che fa essere luomo ci che e devessere ed
presente sempre anche nelle azioni banali della vita quotidiana. Egli uomo
solo perch in cammino verso Dio, lo sappia o no espressamente, lo voglia o
no. Egli sempre lessere finito totalmente aperto a Dio11.
Ogni uomo , secondo Rahner, un potenziale uditore della parola di
Dio, cio la capacit di intendere la rivelazione di Dio insita nella struttura
trascendentale delluomo, per, secondo il nostro autore, prima di manifestarsi
attraverso una rivelazione storica, Dio si rivela nellesperienza trascendentale
stessa delluomo: infatti, secondo Rahner, luomo levento dellassoluta
autocomunicazione di Dio.
Per capire, per, come questa autocomunicazione trascendentale
di Dio possa avvenire necessario indagare sul modo in cui si struttura la
capacit conoscitiva delluomo per cui Rahner fa notare, per prima cosa,
come, nella struttura conoscitiva umana esista ununit nella distinzione fra
autopossesso originario e riflessione cio tra la realt oggettiva del s, di cui
si ha una conoscenza atematica, e il concetto, cio la conoscenza tematica di
questa stessa realt.
Rahner nota come, mentre lintreccio di queste due forme di
consapevolezza negata dal razionalismo teologico, la distinzione fra le due
negata invece dal modernismo, mentre, secondo la visione rahneriana, esiste
fra le due sia unit che distinzione: quando, per esempio, provo nostalgia, o
sono triste, o sono tormentato da domande, lautopossesso, cio la conoscenza
originaria del s, non comunicabile attraverso il concetto in maniera piena
e tuttavia questa conoscenza originaria include sempre un momento fatto di
riflessione che si esprime attraverso il linguaggio, per cui esiste un movimento
dinamico che unisce la conoscenza originaria e il suo concetto e che fa in modo
che luno non possa esistere senza laltro, in uno scambio reciproco, perch se
vero che il concetto non riesce ad esprimere in pieno la conoscenza originaria
da cui esso deriva, anche vero che, senza una certa riflessione su di essa e
una comunicazione attraverso il linguaggio, questa conoscenza originaria non
potrebbe esistere.
Secondo Rahner, inoltre, anche nel momento in cui conosciamo un
oggetto esterno alla nostra coscienza, insieme alloggetto, con-conosciamo
sempre anche il conoscere del soggetto, e questo gi prima di un eventuale
atto di riflessione sul nostro conoscere, per cui possiamo dire che, anche nella
conoscenza oggettiva, il soggetto conosce in maniera atematica il proprio
conoscere e questo tipo di con-conoscenza atematica originaria non si identifica
mai, anche se ne il presupposto, con la conoscenza riflessa che il soggetto
ha di s e del proprio conoscere perch questa conoscenza riflessa non pu
mai esaurire adeguatamente ed esprimere pienamente il contenuto di quella
conoscenza originaria: fra i due tipi di conoscenza esiste lo stesso rapporto
che c fra un sentimento di gioia o di angoscia direttamente sperimentato e la
riflessione su questo stesso sentimento.
Matthus, Anno IV - n. 1/2015
145
Emanuela Palmieri
La conoscenza di s, dunque, rimanda sempre alla conoscenza,
allautopossesso originario di s che non pu mai essere pienamente espresso
da un concetto. Questa conoscenza originaria di s, per, non un fenomeno
contingente, che si verifica nel momento in cui conosco un oggetto, ma piuttosto
luomo possiede una struttura autoconoscitiva apriorica che costituisce una
legge anteriore a qualsiasi conoscenza successiva di oggetti e che determina
il modo in cui questi oggetti verranno conosciuti. Le strutture aprioriche di
questo autopossesso si possono rintracciare partendo dallosservazione del
fatto che il soggetto possiede unapertura illimitata verso lessere in generale:
infatti, se un soggetto si riconosce come finito, ci significa che aperto alla
conoscenza di oggetti infiniti che egli riconosce come distinti da s per cui,
nel momento stesso in cui il soggetto, nellesperienza sensibile, si sperimenta
come condizionato e limitato, ha gi superato i limiti dellesperienza sensibile
aprendosi allinfinito. Questa apertura allinfinito, unita alla conoscenza
atematica di s insita in ogni atto di conoscenza umano, Rahner la chiama
Esperienza Trascendentale: unesperienza perch questa conoscenza
atematica la condizione di possibilit di qualsiasi tipo di esperienza concreta,
ed trascendentale perch fa parte della struttura conoscitiva del soggetto. Con
questa Esperienza Trascendentale gi data, secondo Rahner, una conoscenza
atematica di Dio in quanto la conoscenza atematica di Dio consiste in quella
domanda sul trascendente che insita nella coscienza di ogni uomo.
Questa struttura conoscitiva del soggetto una delle due premesse che,
per Rahner, devono essere fissate affinch si possa parlare delluomo come di
un potenziale uditore del messaggio cristiano, mentre laltra premessa riguarda
il rapporto che deve esistere tra orizzonte conoscitivo delluomo e rivelazione
cristiana: Rahner, infatti, osserva come, affinch una cosa sia compresa, deve
esistere un rapporto reciproco fra lorizzonte di comprensione del soggetto
e la cosa compresa per cui, riguardo al nostro argomento, ci che bisogna
dimostrare che esiste un rapporto reciproco fra lorizzonte conoscitivo
delluomo e il messaggio cristiano, cio che la struttura conoscitiva umana
deve essere gi predisposta ad udire un tale messaggio.
La prima caratteristica che, secondo Rahner, fa delluomo un
potenziale uditore del messaggio cristiano il fatto che luomo persona e
soggetto: infatti, un rapporto personale e dialogico con Dio ed il concetto di
una responsabilit delluomo di fronte a Dio implicano che luomo sia soggetto
e persona. Rahner fa notare come, nonostante luomo sperimenti s stesso
come prodotto di condizionamenti esterni a lui, egli si scopra come persona
e soggetto proprio nel rendersi conto di essere il prodotto di ci che egli non
perch, nel fare questo, nellanalizzarsi nelle sue varie componenti, scopre di
essere di pi della somma di queste varie componenti, scopre se stesso come
il soggetto unitario che sta dietro ai molteplici componenti umani studiati
146
147
Emanuela Palmieri
cui luomo si sperimenta come soggetto libero, egli si sperimenta anche come
dipendente da ci che esterno a lui perch, consapevole della sua finitezza,
egli si rende conto di dipendere sia dallessere assoluto, che si dischiude a lui
come mistero, sia dalla storia umana e naturale in cui inserito e di fronte alla
quale egli sperimenta se stesso come un essere posto su di una frontiera tra
finit e infinit in quanto, pur essendo consapevole della sua condizionatezza
storica, egli si pone, gi nel fatto di rendersene conto, al di sopra di essa: cos
che luomo si scopre come essere della trascendenza e potenziale uditore
della Parola.
proprio sulla base di questa tipica struttura conoscitiva dellessere
umano che si fonda una delle pi famose teorie rahneriane, la cosiddetta teoria
dellesistenziale soprannaturale, che un modello teologico tramite il quale
Rahner vuole spiegare i motivi dellorientamento di ogni uomo allunione con
Dio: Rahner ritiene, infatti, che la grazia increata, cio lautocomunicazione
di Dio alluomo, sia un esistenziale, cio appartenga costitutivamente ad ogni
esistenza umana12.
Pur essendo costitutivo di ogni essere umano, questo esistenziale
tuttavia soprannaturale in quanto esso non fa parte propriamente della natura
umana ma un dono non dovuto fatto da Dio a tutti gli uomini: infatti, tale
esistenziale non diventa dovuto e in questo senso naturale per il fatto che
dato a tutti gli uomini []. Lamore di Dio non diventa meno miracolo per il
fatto che abbraccia tutti gli uomini13.
Questa autocomunicazione da parte di Dio a tutti gli uomini non
qualcosa che possa essere oggetto di unesperienza categoriale in quanto essa fa
parte della struttura trascendentale delluomo e dunque presenta le propriet
di tutti i momenti della struttura trascendentale e cio atematica e dunque
ignorabile o falsamente interpretabile dalla conoscenza riflessa eppure nessuno
pu prescindere da essa proprio perch fa parte della struttura trascendentale
di ognuno: lautocomunicazione di Dio come esistenziale soprannaturale,
infatti, modifica, secondo Rahner, la nostra trascendentalit fino alle sue
ultime radici e dunque noi, ovunque svolgiamo la nostra esistenza, abbiamo
sempre e necessariamente a che fare con essa, anche se ci avviene in maniera
atematica, per cui luomo perennemente posto di fronte allaccettazione o
al rifiuto di questa autocomunicazione di Dio14. Questo s o no detto a Dio
a livello trascendentale riguarda, nella nostra vita concreta, non la libert di
12 Cf. K. Rahner, Saggi di antropologia soprannaturale, Ed. Paoline, Roma, 123-168.
13 Rahner, Corso, 175.
14 Cf. ivi 174-183.
148
La prima cosa da notare nella dottrina di Rahner sulla fede il fatto
che la posizione trascendentalista della sua teologia porta il nostro autore
15 Rahner, Nuovi Saggi VIII, 47.
16 Ivi 48.
17 Ivi 49.
149
Emanuela Palmieri
Saggi VI, Rahner qualifica la fede come libert in quanto egli ritiene che
lessenza pi originaria della libert non risieda nella possibilit di scegliere
questo o quelloggetto categoriale ma nella facolt che il soggetto ha di disporre
di se stesso in ordine alla definitivit. Questa concezione della libert ci
permette di identificarla con la fede in quanto, come abbiamo gi avuto modo
di sottolineare, si produce un atto di fede, secondo Rahner, ogni volta che
un uomo si accetta liberamente per quello che , cio come un essere aperto
allassoluto e quindi a Dio.
In un altro articolo, che si trova nella raccolta Dio e rivelazione
e si intitola La fede come coraggio, Rahner identifica la fede appunto con
il coraggio: il coraggio, infatti, come la fede, nasce nel momento in cui la
riflessione razionale percepisce con chiarezza un divario tra il calcolo delle
possibilit di successo e lazione effettivamente posta, la quale, prima di essere
riuscita nel suo intento, non sa con certezza se vi riuscir19. In molte delle sue
azioni luomo si trova in questa situazione di non sapere con certezza se la sua
azione riuscir o fallir e ci accade anche, anzi soprattutto, quando si tratta di
compiere quellazione decisiva che riguarda la totalit dellesistenza delluomo:
luomo, infatti, ne sia consapevole o meno, ha come compito primario la
realizzazione della propria unit e totalit, cio ci che in linguaggio cristiano
chiamata salvezza.
Questo compito, per, non cos facile da eseguire in quanto il suo
adempimento dipende da una serie di condizioni che luomo non conosce fino
in fondo e che non sono pienamente in suo potere per cui, per adempiere
a questo compito, necessario un coraggio basato sulla speranza in un
futuro assoluto possibile e questa speranza coraggiosa non altro che ci che
chiamiamo fede perch lassolutezza in cui luomo spera non altro che Dio
stesso che sostiene questo atto di coraggio rivelandosi atematicamente alla
coscienza delluomo che pone tale atto. Questa speranza coraggiosa, che gi
fede, pu trovarsi dunque anche in coloro che non credono esplicitamente in
Dio.
Non ci resta ora che occuparci di quellargomento a cui accennavamo
quando abbiamo parlato della possibilit dellesistenza di una fede anonima,
e cio del rapporto che intercorre fra quelli che Rahner definisce come il
momento della rivelazione trascendentale ed il momento della rivelazione
categoriale, e quindi tra fede anonima e fede esplicita.
La domanda che viene naturale porsi dopo aver analizzato la
19 K. Rahner, Dio e rivelazione, Ed. Paoline, Roma 1981, 315.
151
Emanuela Palmieri
22 Ivi 309.
153
Nello Senatore
Il principio di causalit
Nello Senatore*
Il principio di causalit
definiamo questa, tra tutte le altre scienze,libera: essa sola, infatti, fine a se
stessa. Per questo,a ragione,si potrebbe pensare che il possesso di essa non sia
proprio delluomo; infatti, per molti aspetti la natura degli uomini schiava.
Simonide dice che Dio solo pu avere tale privilegio, enon conveniente che
luomo ricerchi altro se non una scienza a lui adeguata. Ora, se i poeti dicessero
il vero, e se la divinit fosse veramente invidiosa, sarebbelogicointravederne
gli effetti soprattutto in questo caso, e, conseguentemente,essere sventurati
tutti quelli che eccellono nel sapere. In realt, non possibile che la divinit
sia invidiosa, ma, come afferma il proverbio, i poeti dicono molte bugie; n
bisogna pensare che esista altra scienza pi degna di onore. Essa, infatti, fra
tutte, la pi divina e la pi degna donore. Ma una scienza pu essere divina
solo in questi due sensi: o perch scienza che Dio possiede in grado supremo,
o, anche, perch essa ha come oggetto le cose divine. La sapienza la sola a
possedere entrambi caratteri: infatti, convinzione a tutti comune che Dio sia
una causa e un principio, e, anche, che Dio, esclusivamente o in grado supremo,
abbia questo tipo di scienza. Tutte le altre scienze saranno pi necessarie di
queste, ma nessuna sar superiore3.
Aristotele individua quattro specie di cause: materiale, formale,
efficiente e finale, esse sono indispensabili nel divenire delle cose nella loro
totalit.
opportuno ricordare che, nella filosofia classica, non occorrono
le serie dei fenomeni e le loro connessioni per lelaborazione della legge di
causalit. Essa, come sempre, esamina un ente e il rapporto che intercorre tra
essenza ed essere. Se abbiamo lEnte per essenza, ossia lEnte in cui il rapporto
tra essenza ed essere di identit, allora questo Ente, ha in s la sua spiegazione.
Per converso, se abbiamo un ente in cui tra essenza ed essere c un rapporto di
distinzione reale, dove lessenza sta allessere come la potenza sta allatto, allora
chiaro che quellessenza non il suo essere, ma lessere da essa ricevuto,
ossia partecipato. Limmediata evidenza ontologica, ci assicura che, se un ente
ha unessenza che dice soltanto possibilit ad essere e che pure , il suo essere
non spiegato dallente in questione, chenon potrebbe darsi lessere se gi
non fosse, ma ha la sua ragione in unaltra realt che gli d, ossia gli partecipa
lessere:Omne quod est possibile esse et non esse, habet causam... Quod potest
esse et non esse indigetaliquo agente ad hoc quodsit, sine quo remanet non
ens4. Il concetto di causa si riduce, quindi, a quello dellente, che d lessere ad
un altro ente; il concetto di effetto si risolve nel concetto di un ente, che non ha
3 Aristotele, Metafisica, 12, 982 b24-983 a11.
4 Tommaso DAquino, Summa contra Gentiles, I, 15.
155
Nello Senatore
Il principio di causalit
157
Nello Senatore
Il principio di causalit
159
Nello Senatore
senza dimostrare nello stesso tempo limpossibilit che una cosa cominci ad
esistere senza un principio produttore... Orbene, che la seconda proposizione
sia assolutamente incapace di una prova dimostrativa, assicurato dalla
considerazione che, siccome le idee distinte sono separabili, e le idee di causa
e di effetto sono evidentemente distinte, facile per noi concepire un oggetto
non esistente in questo momento ed esistente il momento dopo senza unirvi
lidea, da esso distinta,di una causa13.
Qual , dunque, lorigine del principio di causa-effetto? Hume risponde
che esso risiede nellesperienza e nella nostra capacit di generalizzare e di
astrarre. Lesistenza di un oggetto non richiede necessariamente quello di un
altro; si rilevato infatti, che ad unesperienza ne succede unaltra, e questo
rapporto conseguenziale non va a suffragare un nesso tra i due fenomeni.
Insomma,non certo che leffetto abbia un nesso con la causa. Lidea di causa
ed effetto derivata dallesperienza, la quale cinforma che, certi particolari
oggetti, in tutti i casi passati,sono andati costantemente uniti insieme14.
Solo - lesperienza pu giustificare il nesso causa-effetto e non la ragione.
La ragione non potr mai convincerci che lesistenza di un oggetto implichi
quella di un altro: per cui, quando passiamo dallimpressione di un oggetto
allidea o credenza dun altro, non siamo spinti a ci dalla ragione, ma
dallabitudine, ossia da un principio di associazione15.
Lesperienza gli offre il cominciamento e la fine dun fenomeno, come
pure gli mostra il succedersi dei fenomeni stessi e nulla pi. Io vedo una palla
di bigliardo che urta contro unaltra, la quale comincia amuoversi; constato
la prima palla, la seconda e il movimento; vedo cio solo il susseguirsi dei
fenomeni, non gi la forzache la prima palla comunica alla seconda. Constato,
quindi, un rapporto di successione, non di causalit. Non debbo dire,che ci
che comincia ad esistere ha una causa che lo determina, perch non posso
confondere i due verbi: succedersi e causare. In un sogno passano nella mia
mente svariatissimi fantasmi; essi si succedono lun laltro; ma non posso dire
che luno produce laltro: successione non causalit. Quando, di conseguenza,
metto una mano sul fuoco e sento il dolore acuto della bruciatura, non
debbo dire: il fuoco mi ha causato questa poco gradevole sensazione; debbo
concludere solo che al fuoco succede la scottatura. Il principio di causalit, per
opera di molti scienziati, stato sostituito da quello di successione.
Hume dichiarava illusione la fede nella causalit; aveva evidentemente
dovuto constatare che essa indicata nel pensiero spontaneo. Chi pone la
13 D. Hume, Trattato sulla natura umana, in Opere filosofiche, I vol., Laterza, Bari 1987, 95.
14 Ivi 103.
15 Ivi 110.
160
Il principio di causalit
mano su una fiamma, non dubita punto che questa gli causi la sensazione che
lo fa urlare. Hume si chiesto allora dacosa fossecausata quellillusione,per cui,
allapparire di un fenomeno, pensiamo a cosa abbia potuto produrlo,non cosa
labbia preceduto. Questo il principio di causa.
Hume ha fatto giustamente notare che il carattere universale e necessario
del rapporto causa-effetto costituisce un presupposto del senso comune. Per
superare questo conflitto bisogna puntare sul principio di non contraddizione
nella sua versione ontologica. Il principio di non contraddizione ontologico
ci dice che le cose di per s dovrebbero essere immutabili: contraddittorio
che possano divenire; dunque, occorre rendere ragione del loro non essere pi
o del loro venire allessere, ossia occorre togliere la contraddizione da cui il
divenire si mostra avvolto. Se qualcosa che prima era, ora non pi, mentre
a rigor di logica, dovrebbe essere ancora; non resta alloraconcludere che c
statauna causa che lha portato allannullamento.
Il senso comune non dubita del principio di causa perch propende
spontaneamente per la stabilit dellesistente: se non interviene una causa a
modificare la situazione, le cose rimangono tali e quali. Se loggetto che sta
sulla scrivania non muta la sua posizione,la cosa viene considerata normale
e non si richiede, per essa, alcuna spiegazione. Se, invece, quel tale oggetto
allimprovviso cade, ci si chiede: perch caduto? cos stato a farlo cadere?
II principio di non contraddizione ontologico riscatta anche altri
presupposti del senso comune. Ad esempio, la credenza nella preesistenza
dellessere al conoscere, convinzione che, in quanto semplicemente presupposta,
stata giustamente criticata dallidealismo. Gli idealisti, infatti, avevano
buon gioco nel rilevare che noi non possiamo sperimentare lindipendenza
dellessere rispetto alla nostra esperienza. La credenza nella preesistenza
dellessere al pensare, viene per riscattata in virt del principio di non
contraddizione. Lessere e il conoscere si istituiscono, infatti, nellesperienza del
divenire e dello scomparire, laddove divenire e scomparire si distinguono in
virt del principio di permanenza dellessere: ci che scompare non cessa per
questo motivo di essere. Lo gnoseologismo presupponeva lesistenza dellessere
come indipendente dal conoscere, il principio di non contraddizione riscatta
questo presupposto. Allo stesso modo, il Principio di Parmenide ci assicura
dellesistenza di altre coscienze oltre la nostra, cio di una loro esistenza
indipendente e trascendente rispetto al nostro pensiero. Se ci che vi di
reale nelle altre persone fosse, infatti, solo ci che di esse ci immediatamente
noto, esse non avrebbero linterezza di una personalit umana. Noi siamo
naturalmente portati ad ammettere che la personalit altrui sia costituita da
Matthus, Anno IV - n. 1/2015
161
Nello Senatore
16 I. Kant, Critica della ragion pura, traduz. Gentile-Lombardo Radice (riveduta da V. Mathieu), Bari,
Laterza, 1963, 49.
17 Cf. C. Fabro, La difesa critica, in Rivista di filosofia neo-scolastica, 28(1936)2, 101-141.
18 Tommaso DAquino, S. Th., I, q. 44, a. 1 ad 1.
162
Il principio di causalit
163
Marco Russo
dottrina della creazione. Il papa emerito dice che o Dio c o Dio non c
e afferma che non si pu provare o luno o laltro progetto, ma la grande
opzione del cristianesimo lopzione per la razionalit e per la priorit della
ragione, un ottima opzione che ci dimostra come dietro a tutto ci sia una
grande Intelligenza, alla quale possiamo affidarci.2
In questottica sinserisce il tentativo di conciliazione tra Rivelazione
cristiana e teoria dellevoluzione, che Joseph Ratzinger porta avanti fin
dallinizio della sua riflessione teologica. Partendo dal presupposto schematico
che fedeedevoluzionenon sono due ottiche inconciliabili: la creazione parla
delperchesiste qualcosa e non il nulla (piano ontologico), levoluzione invece
affronta il perch ci sono queste specie e non altro (piano fenomenologico)
3; egli individua il punto di contatto tra scienza e fede nella capacit del
cristianesimo di utilizzare, durante il corso della storia, differenti visioni del
mondo, a seconda del periodo e dei progressi della ricerca scientifica. Non
bisogna dimenticare, tuttavia, che la Rivelazione presenta una concezione
delluomo come interlocutore privilegiato con il Creatore, e di questo
fondamentale elemento deve tenere conto la moderna teologia, se vuole
veramente comporre contesto scientifico edepositum fidei.
Il dialogo perci possibile e perch lintegrazione di saperi possa
continuare, occorre quello che Benedetto XVI ha chiamato lallargamento
della ragione:
Ci riusciamo solo se ragione e fede si ritrovano unite in un modo nuovo; se
superiamo la limitazione, autodecretata dalla ragione a ci che verificabile
nellesperimento, e dischiudiamo a essa nuovamente tutta la sua ampiezza.
In questo senso la teologia, non soltanto come disciplina storica e umanoscientifica, ma come teologia vera e propria, cio come interrogativo sulla
ragione della fede, deve avere il suo posto nellUniversit e nel dialogo delle
scienze4.
Quando teologi, filosofi e scienziati sanno far interagire i diversi livelli
del sapere umano, ordinato secondo la carit e finalizzato alla verit, allora
lumanit potr conoscere unepoca di autentico progresso e di speranza per
tutti.
Accanto a questo concetto di una ragione che allarga il suo sguardo
verso linfinito, per il teologo Ratzinger il Cristianesimo, rispetto ad altre
2 Ratzinger-Benedetto xvi, Fede e Scienza. Un dialogo necessario,Lindau, Torino 2010, 83.
3 Ivi 76.
4 Benedetto Xvi, Discorso con i rappresentanti della scienza. Fede, ragione e universit. Ricordi e riflessioni,
Universit di Rogensburg, 12 settembre 2006, in AAS 98(2006) 728-739.
165
Marco Russo
religioni e filosofie, pone le sue basi anche nella categoria della relatio: il Dio
della fede fondamentalmente inquadrato nella categoria della relazione5, la
quale specchio di un amare pensando e un pensare amando. E necessario che
si recuperi al massimo il tema della presenza del pensiero credente allinterno
del dibattito culturale per consentire un duplice processo: da una parte, far
esprimere al meglio la fede in maniera conforme alla sua natura; dallaltra,
offrire un pensiero che riportando al centro il tema della verit sulluomo possa
favorire lo sviluppo e la crescita di unit tra le diverse istanze del sapere. In altre
parole, il richiamo perch venga recuperata lidentit dellessere cristiani nel
mondo contemporaneo. Questa identit non pu essere manomessa a secondo
delle epoche storiche o dei pensieri filosofici, perch grazia e dono che viene
fatto, dinanzi al quale permane solo il servizio dellaccoglienza e della fedelt.
In questo contesto, la prima risposta che si deve dare in maniera coerente
perch il rapporto fede ragione riacquisti senso ci a cui ripetutamente J.
Ratzinger ritorna: superare il relativismo di cui non solo il pensiero ma anche
i comportamenti sono caduti vittima.
Nelle tre encicliche scritte da Benedetto XVI, troviamo spunti
di riflessione su come fede e ragione abbiano bisogno luna dellaltra in un
rapporto di sinergia e non di opposizione.
Nella prima enciclica - Deus caritas est- la prima in assoluto sulla carit,
il papa emerito presenta lamore umano (eros) e lamore di Dio (agape); i due
amori sincrociano nel Crocifisso/Risorto, che rivela il volto di Dio e il volto
delluomo redento e compiuto nellamore. la novit sconvolgente dellamore
di Dio che mostra la sua passione per luomo, centro della fede cristiana.
La fede non una teoria che si pu far propria o anche accantonare.
una cosa molto concreta: il criterio che decide del nostro stile di vita.
In unepoca nella quale lostilit e lavidit sono diventate superpotenze,
unepoca nella quale assistiamo allabuso della religione fino allapoteosi
dellodio, la sola razionalit neutra non in grado di proteggerci. Abbiamo
bisogno del Dio vivente, che ci ha amati fino alla morte6.
Il cristiano, per poter operare correttamente nel campo della giustizia e
della pace, deve necessariamente rendere la fede ragionevole, ma la ragione
deve sempre di nuovo essere purificata, perch il suo accecamento etico,
derivante dal prevalere dellinteresse e del potere che labbagliano, un pericolo
mai totalmente eliminabile. Partendo dalla prospettiva di Dio, la fede libera la
5 Cf. J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 2003.
6 Cf. Benedetto Xvi, Presentazione dellenciclica Deus caritas est, in Pontificio Consiglio Cor Unum,
Atti del congresso mondiale sulla carit, Citt del Vaticano 23-26 gennaio 2006.
166
ragione dai suoi accecamenti e perci laiuta a essere se stessa. La fede permette
alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ci
che le proprio.7
Pertanto necessaria una spiritualit che rifiuta sia lo spiritualismo
intimista sia lattivismo sociale e sappia esprimersi in una sintesi vitale che
conferisca unit, significato e speranza dellesistenza. Dallimmagine teologale
della fede che dialoga con la ragione allimmagine pastorale in cui lamore si
trasforma in servizio della carit. compito non solo di ogni fedele, ma della
comunit dei credenti, cio della Chiesa operare la carit come compimento
del comandamento dellamore, che trova le sue radici nellessenza stessa di
Dio, che Amore. LEnciclica invita la Chiesa a un rinnovato impegno nel
servizio della carit (diakonia), come parte essenziale della sua esistenza e
missione.Lesercizio della carit fa parte integrante delleredit del Salvatore
perci si deve evitare il rischio di secolarismo in questo campo e ci possibile
solo quando la fede a dare una dinamica singolare allimpegno per laltro.
Con la seconda enciclica, Spe salvi, il papa parla al popolo cattolico della
speranza. Luomo che ha fede non dispera, perch crede in Dio e nella giustizia
vera, che non opera distinzioni di sorta tra i fratelli, figli dello stesso Padre.
Soprattutto, la speranza, nella quale i cristiani sono fatti salvi, saldamente ed
inscindibilmente unita alla fede. La speranza difatti la fede che si fa attesa di
ci che verr. Ed sentimento di amore che lega presente e futuro, nella certezza
che ci che si spera e si attende non tarder a compiersi.Anche luomo laico e
lateo non possono vivere senza porsi il problema sul senso stesso della vita e
dellEssere. La ricerca scientifica e tecnologica sono possesso e dominio sulla
natura. Ma questo dominio freddo sulla realt diventa il principale strumento
di offesa per luomo, quando questo si fa oggetto, piuttosto che essere soggetto,
della stessa ricerca scientifica. Umanizzare la scienza significa tornare ancora
allinterrogativo kantiano sul cosa mi lecito sperare. Poich la vita delluomo
non ha senso vero fino a quando chiusa nei limiti asfittici dello sterile
scientismo tecnologico, ecco allora che si fa chiaro il bisogno di rintracciare
una morale che salvi la dignit umana dalla miseria del materialismo, e che
permetta alluomo di scorgere, oltre il cielo stellato, un senso alla sua propria
vita. Occorre, quindi, chiedersi se veramente il progresso, ha prodotto ci
che ha promesso; dove per progresso sintende il crescente dominio della
ragione che ha potere del bene e per il bene. La risposta, data dalla parabola
stessa della modernit, ci mostra che una speranza umana e immanentistica
non ha prodotto maggior libert, uguaglianza e fraternit; la speranza affidata
7 Benedetto Xvi, Lettera enciclica Deus Caritas est, 25 dicembre 2005, AAS 98(2006) 217-252, n.28.
167
Marco Russo
169
Marco Russo
Dio, in Ges, ha detto alluomo e alla una vita, allamore umano, alla nostra
libert e alla nostra intelligenza. In Lui sono davvero contenuti omnes thesauri
sapientiae et scientiae (Col2,3).
Lintento del Pontefice quello di proporre una teologia quale sapere
della fede, che, da un lato raccoglie la ricchezza della grande Tradizione
ecclesiale (mi propongo di pensare con la fede della Chiesa, soprattutto con i
grandi pensatori della fede); dallaltro, cerca di essere eloquente rispetto alle
domande e alle inquietudini degli uomini contemporanei. Viene alla luce un
grande affresco, una visione storico-salvifica ed escatologica della Rivelazione
di Dio uno trino: un percorso storico progressivo, il nesso fra Cristo e lo Spirito
mostra come lo stesso Spirito Santo, quale interprete di Ges Rivelatore del
Padre, con la sua parola si rivolge a ogni tempo e questa parola abbia sempre
qualcosa di nuovo da dire.
Il suo pensiero, che costituisce senza dubbio una delle tappe pi
significative della teologia di questo secolo, contribuisce non poco nel
ripensare il rapporto tra fede e ragione come prodromo per una rinnovata
presenza culturale dei cristiani nel loro impegno nel mondo. Emerge dai suoi
testi, infatti, la capacit di saper cogliere i movimenti culturali e dare coerente
risposta attraverso lintelligenza della fede che direttamente chiamata in causa
per la comprensione che egli ne d come di uno stare e un comprendere.
Nello stesso tempo, comunque, quello stare della fede sempre soggetto a un
comprendere che mentre valorizza la ragione e dona libert al credente nella
sua scelta, impegna a trovare strade per immettersi sempre di pi per le vie del
mondo in continua ricerca di un annuncio credibile che permetta laccoglienza
della fede presso tutti. necessario, pertanto, che si recuperi al massimo il
tema della presenza del pensiero credente allinterno del dibattito culturale per
consentire un duplice processo: da una parte, far esprimere al meglio la fede in
maniera conforme alla sua natura; dallaltra, offrire un pensiero che riportando
al centro il tema della verit sulluomo possa favorire lo sviluppo e la crescita
di unit tra le diverse istanze del sapere. In altre parole, il richiamo perch
venga recuperata lidentit dellessere cristiani nel mondo contemporaneo.In
questo contesto, la prima risposta che si deve dare ci a cui ripetutamente J.
Ratzinger ritorna: superare il relativismo di cui il pensiero e i comportamenti
sono caduti vittima.
la voce di Benedetto XVI, che pu segnare una provocazione a
pensare e riflettere perch il nostro piccolo mondo, sempre pi circoscritto
in uno spazio effimero, possa trovare la forza per uno scatto di reni capace
di trovare la via giusta per orientare il cambiamento epocale in cui siamo
Matthus, Anno IV - n. 1/2015
171
Marco Russo
immersi con la forza vincente della verit rivelata da Ges Cristo e la fede in
lui professata dalla sua Chiesa.
In questo rapporto di reciprocit verso la verit intera su di s e il
mistero della propria esistenza, J. Ratzinger
Se si pu dire che la vittoria del cristianesimo sulle religioni pagane fu
resa possibile non da ultimo dalla sua rivendicazione di ragionevolezza,
occorre aggiungere che a questo legato un secondo motivo della stessa
importanza. Esso consiste innanzitutto, per dirlo in modo assolutamente
generale, nella seriet morale del cristianesimo che, del resto, Paolo aveva
gi allo stesso modo messo in rapporto con la con la ragionevolezza della
fede cristiana... Il cristianesimo convinceva grazie al legame della fede
con la ragione e grazie allorientamento dellazione verso la caritas, la cura
amorevole dei sofferenti, dei poveri e dei deboli, al di l di ogni differenza
di condizione sociale... La forza che ha trasformato il cristianesimo in una
religione mondiale consistita nella sua sintesi tra ragione, fede e vita.14
14 R. Fisichella, Ragione e fede in J. Ratzinger, in Pontificia Academia Theologica 6(2007/1) 27-43, 30.
172
173
174
Russo
175
Finito di stampare
nel mese di giugno 2015
dalla
Tipografia Multistampa
Montecorvino Rovella (SA)
176