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Numero 90- Aprile 2004

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UN TERRIFICANTE ED OSCURO CAPITOLO della storia sovietica rivelato


dai documenti, scoperti di recente, e dai testimoni ancora viventi

ORDI NE DI STALI N: DEPORTATE


TUTTI QUEI POLACCHI I N I RAN
di ALBERTO ROSSELLI
Secondo dati provenienti dagli archivi segreti russi (1999), si calcola che, tra il luglio
e il dicembre 1941, le tradotte sovietiche trasferirono in Persia dai 114.000 ai 300.000
polacchi (le cifre sono molto discordi). E a prova di questo massiccio e sconosciuto
esodo non sono rimasti soltanto i documenti, tenuti accuratamente nascosti dalle
autorit di Mosca per diversi decenni, ma addirittura una dozzina di testimoni
ancora in vita e residenti alla periferia di Teheran.
Un terrificante ed oscuro capitolo della Seconda Guerra Mondiale sepolto nel cimitero
cattolico romano situato ai margini della povera periferia di Teheran. Qui riposano 1.892
polacchi, tra donne vecchi e bambini, deportati da Stalin tra la fine del 1939 e il 1942.
Come noto, nel Settembre 1939, Hitler e il dittatore di
Mosca, forti dell'intesa precedentemente raggiunta nel
mese di agosto con il Patto Ribbentrop-Molotov, si
avventarono sulla Polonia, smembrandola, e dando inizio
ad uno dei capitoli pi neri della storia di questa sfortunata
nazione cattolica incuneata tra Germania luterana e la
Russia ortodossa. Completata l'occupazione e la
spartizione della Polonia, l'Unione Sovietica, che, come
La mappa dei luoghi dove furono
noto, si era annessa la parte orientale del paese, provvide
deportati i polacchi
subito a russificare questa regione, non prima di avere
disarmato ed internato l'esercito polacco ivi presente (formato da circa 250.000 uomini).
Nel 1940, in barba a tutti i trattati e le convenzioni internazionali, Stalin si rifiut di liberare
gli ufficiali e i soldati catturati, raggruppandoli in una decina di campi di concentramento
situati in Ucraina. Ma quando un anno dopo, nel giugno 1941, la Germania invase l'Unione
Sovietica, il dittatore decise di liberare tutti i polacchi garantendo ad essi un equo
trattamento e, addirittura, "una nuova terra", in cambio del loro aiuto nella lotta contro il
nazismo. Pi precisamente, gli emissari di Stalin concessero agli ufficiali polacchi di
continuare a combattere nell'ambito di una Nuova Armata che i russi, assieme ai britannici,
stavano formando in Persia settentrionale
Decisi a riconquistare la libert e a contribuire allo sforzo degli Alleati, i polacchi
accettarono la proposta di Mosca e, su lunghi convogli ferroviari, iniziarono a partire alla
volta della lontana e neutrale Persia che, proprio in seguito all'attacco tedesco e alla firma
del trattato di alleanza tra Russia e Gran Bretagna, era stata preventivamente occupata
dalle forze armate delle due potenze, preoccupate da possibili infiltrazioni nemiche in
quest'area strategica. Nell'arco di alcune settimane, molte migliaia di soldati (ma anche di
civili) polacchi rinchiusi nei campi sovietici firmarono la loro adesione al nuovo, ma dai
lineamenti assai vaghi "Esercito di Liberazione Polacco in Persia". Secondo dati
provenienti dagli archivi segreti russi (1999), si calcola che, tra il luglio e il dicembre 1941,
le tradotte sovietiche trasferirono in Persia dai 114.000 ai 300.000 polacchi (le cifre sono
molto discordi). E a prova di questo massiccio e sconosciuto esodo non sono rimasti
soltanto i documenti, tenuti accuratamente nascosti dalle autorit di Mosca per diversi
decenni, ma addirittura una dozzina di testimoni ancora in vita e residenti alla periferia di
Teheran. La scoperta di questi reduci stata fatta da Anwar Faruqi, bravo giornalista della
Associated Press, che, qualche anno fa, essendosi recato in Iran per motivi di lavoro,
riuscito a ricostruire l'intera, oscura, e per certi versi straordinaria, vicenda. Visitando la
periferia della capitale iraniana, Faruqi ha avuto modo di conoscere Helena Stelmach, una
settantenne polacca, da anni sposata con un iraniano. La donna, assieme ad Anna
Borkowska, di anni 83, sembra essere una delle ultime sopravvissute alla deportazione
ordinata da Stalin nel lontano 1941. Non senza iniziali reticenze, le due anziane signore
("che parlano un iraniano con uno strano accento") hanno accettato di raccontare a Faruqi

la loro avventura. "Entrambe le scampate vivono in modeste abitazioni, adornate da


qualche mobile, i tradizionali tappeti e, appese alle pareti, le foto dell'ayatollah Ruhollah
Khomeini, quella di papa Giovanni Paolo II e alcune effigi di Ges e Maria".
Come racconta la Helena Stelmach - che quando inizi l'invasione russa viveva in un
villaggio della Polonia orientale - "nel settembre del 1939, molti civili, tra cui la sottoscritta,
vennero rinchiusi, assieme ai soldati polacchi, in campi di concentramento provvisori. Poi,
un giorno, venimmo tutti trasferiti, con tradotte ferroviarie, nella fitta foresta di Basharova,
non distante dalla citt di Arcangelo. E l i russi ci tennero, costringendoci ai lavori forzati.
Ma nell'estate del 1941, sorprendenti notizie iniziarono a circolare nel mio campo. Le
armate tedesche avevano invaso l'Ucraina e stavano avvicinandosi a Leningrado. Pochi
giorni dopo, il comandante russo ci convoc, che eravamo
appena tornate dalla foresta dove eravamo impiegate nel
taglio degli alberi. L'ufficiale ci disse che saremmo stati
liberi a condizione di partecipare alla 'Grande guerra
patriottica' contro la Germania nazista. Sapemmo poi che,
prima dell'arrivo dei tedeschi, Stalin aveva provveduto a
fare trasferire dalla Polonia orientale alla Russia e alla
Siberia la quasi totalit della popolazione, per impedire ai
tedeschi di fare bottino di mano d'opera". Sempre
secondo i documenti degli archivi moscoviti, nell'estate del
1941, da tutti i campi di concentramento dell'Unione
Sovietica (tra cui Vorkuta, Kolyma e Novosibirsk e
Kazakistan) defluirono in direzione della Persia decine di
migliaia di polacchi fino a pochi giorni prima utilizzati nei
Polonia dopo la spartizione fra
campi, nelle foreste e nelle miniere. "Eravamo La
Germania e Unione Sovietica
praticamente degli schiavi di Stalin". "Il viaggio a bordo dei
convogli sovietici risult spaventoso: un vero incubo", ricorda la Stelmach, che a quel
tempo aveva dieci anni e viaggiava con la madre. "Eravamo pigiati a decine a bordo di
carri bestiame. Il freddo era terribile e non avevamo nulla all'infuori dei nostri stracci per
coprirci. Ogni duecento, trecento chilometri il convoglio si fermava e le guardie ci davano
qualche secchio di rape e pane secco, e un bidone d'acqua. Durante il viaggio morirono
per la fame e il gelo decine di bambini e vecchi. Dopo giorni giungemmo a Taskent,
capitale dell'Uzbekistan sovietico, e l ci fecero salire su un altro treno diretto in Persia".
Dopo un mese dalla partenza da Arcangelo, la Stelmach e gli altri profughi giunsero ad
una stazione ferroviaria situata sulle sponde orientali del Mar Caspio. "Venimmo
trasbordati su piccole navi dirette verso il porto iraniano di Enzeli. Ma quel viaggio per
mare, che credevamo migliore del precedente, si rivel forse peggiore. Le navi erano
vecchie e sovraccariche. Ci cacciarono nelle stive che erano piene di topi ed insetti
repellenti. Una volta al giorno le guardie ci passavano dell'acqua e la solita zuppa di rape,
radici e pane secco. Facevamo i nostri bisogni in un angolo della stiva. L'odore era
insopportabile. Scoppi un'epidemia di febbre tifoidea; molti morirono e i loro corpi vennero
scaraventati in mare. Alla fine, in un freddo mattino, la nave giunse nel porto iraniano di
Enzeli (l'attuale Bandar Anzali), e ci fecero sbarcare. Era il gennaio 1942. Duemila 806
rifugiati morirono entro pochi mesi dall'arrivo e furono sepolti in varie fosse comuni nei
dintorni della citt".
La maggior parte dei polacchi in migliori condizioni di salute venne subito avviata
verso i campi di addestramento dell'interno dove - cos dicevano i sovietici - stava
formandosi il nuovo Esercito polacco guidato dal generale Wladyslaw Anders. La quasi
totalit dei polacchi venne trasferita su camion a Teheran, Isfahan e in altre citt iraniane.
"Il nostro primo approccio con il popolo iraniano fu molto caloroso, e inaspettato. Si
affollavano intorno ai nostri camion e autobus. Ci passavano attraverso i finestrini aperti
datteri, noci, piselli tostati, uva passa e melograni", racconta Krystyna Skwarko,
un'insegnante polacca che in seguito, dopo la fine della guerra, sarebbe diventata la
direttrice dell'orfanotrofio di Isfahan.
La Skwarko scrisse poi un curioso ed introvabile libro "L'ospite", in cui ella fece, tra l'altro,
un dettagliato resoconto del suo viaggio da Enzeli fino ai campi di raccolta. La donna visse
in Iran fino agli anni Sessanta e poi emigr in Nuova Zelanda, dove mor nel 1995.
Pi di 13.000 bambini polacchi giunti in Iran erano orfani, anche perch una parte di loro
aveva perso i genitori durante le terribili trasferte ferroviarie sovietiche. All'interno dei
campi iraniani, un'organizzazione assistenziale sionista si prendeva cura degli orfani
polacchi di religione ebraica. In seguito, parecchi di essi vennero trasferiti in Palestina,
mentre altri - dopo la guerra - emigrarono negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Australia, Sud
Africa, Nuova Zelanda e altrove.

I CAMPI BRITANNICI E SOVIETICI


Nell'autunno del 1941, nei pressi della citt di Ahvaz, nell'Iran sud-occidentale, i britannici
costruirono il cosiddetto "Campo Polonia": una struttura piuttosto efficiente e decorosa
destinata ad accogliere i profughi polacchi e i futuri volontari dell'Armata Anders. Il campo
- ben differente da quelli sovietici - era molto esteso e dotato di baracche con servizi,
mense, ospedali, scuole e orfanotrofi. La struttura funzion per circa due, tre anni e poi
venne smantellata. Il destino dei profughi polacchi raccolti ad Ahvaz fu infinitamente
migliore rispetto a quello dei loro compagni rinchiusi negli
spaventosi campi del nord dell'Iran, quelli gestiti dai russi.
Questi ultimi, infatti, erano molto simili a dei gulag. D'altra
parte, lo stesso Stalin, che aveva accettato di malavoglia
di reintegrare gli odiati polacchi in un'Armata Nazionale
(egli avrebbe preferito - come in realt poi far inquadrare eventuali volontari nell'Esercito sovietico),
aveva dato disposizioni affinch ai polacchi, sia i miliari
che i civili, destinati ai campi iraniani, venisse riservato un
trattamento "non di favore". Ordine che, stando alle
testimonianze dei reduci polacchi, venne interpretato dai
gestori dei campi alla lettera. Nei gulag sovietici dell'Iran
settentrionale la vita era infatti durissima. I baraccamenti
(circondati da reti con filo spinato e torrette di guardia,
Giuseppe Stalin: domin l'Urss come
un vero e proprio zar
erano pessimi. Il cibo era scarso, l'assistenza sanitaria
quasi inesistente e le angherie frequentissime. Per le migliaia di sfortunati profughi giunti
in Persia dalla Russia si apriva un nuovo, drammatico capitolo. I principali campi sovietici
si trovavano nei pressi di Teheran e di Tabriz. E in essi i russi raccolsero, tra il 1941 e il
1944, non meno di 250.000 profughi. Contrariamente a quanto accadde nei campi inglesi
del sud della Persia, a nessun polacco di sesso maschile venne mai permesso di uscire o,
meno che mai, di venire addestrato militarmente per poi unirsi all'Armata Anders che,
come noto, dipendeva dal governo polacco in esilio a Londra che Stalin non voleva
affatto riconoscere (1). Per il futuro della Polonia il dittatore russo aveva ben altri
programmi. Non a caso, per tutta la durata della guerra, i profughi polacchi vennero tenuti
chiusi nei campi iraniani e adoperati dai russi per pesanti lavori quali la costruzione di
strade e linee ferrate. E a nulla valsero le proteste dell'Inghilterra che si accorse troppo
tardi della "truffa" messa in atto dal dittatore sovietico. Come noto, nella seconda met
del 1944, allorquando l'Armata Rossa stava avvicinandosi alla Vistola, Stalin acconsent a
che un certo numero di ufficiali e soldati polacchi addestrati in Russia partecipasse integrato in divisioni sovietiche - all'offensiva finale contro la Germania. Finita la guerra,
poco prima del ritiro dall'Iran delle truppe sovietiche e britanniche, i russi permisero ai
reduci polacchi di fare rientro in patria o di raggiungere il sud del paese per imbarcarsi alla
volta di altre destinazioni. Oggi, a distanza di quasi un secolo, alla periferia di Teheran
quasi 2.000 tombe incise con una croce e riportanti strani nomi rimangono a testimoniare
il passaggio e le sofferenze dei profughi polacchi giunti al termine di una lunga, terribile e
sconosciuta odissea. Incredibilmente, dopo tanti decenni, all'ambasciata polacca di
Teheran continuano a giungere dalla madrepatria (ma anche dall'Inghilterra, dagli Stati
Uniti e dalla Nuova Zelanda) numerose lettere di persone o emigrati di origine polacca che
chiedono alle autorit iraniane notizie dei propri parenti dispersi in Iran durante il Secondo
Conflitto mondiale.
(1) L'ARMATA POLACCA "ANDERS"
Quando nel settembre 1939 la Germania e l'Unione Sovietica - sulla base del Patto
Ribbentrop-Molotov del 23 agosto 1939 - invasero e si spartirono la Polonia, il generale
Wladislaw Anders e parte dell'esercito polacco furono presi prigionieri dalle forze
occupanti russe. Anders che come moltissimi altri ufficiali e soldati dell'ex esercito di
Varsavia rifiut di entrare a fare parte dell'Armata Rossa, venne imprigionato nella
prigione della Lubianka (in seguito, come noto, circa 9.000 ufficiali polacchi "ribelli"
verranno, per ordine di Stalin, fucilati e sepolti nelle fosse di Katyn: eccidio che, nel 1945, i
sovietici tentarono di addossare ai nazisti). In seguito all'invasione tedesca della Russia
(22 giugno 1941), il dittatore sovietico - dietro pressioni dell'Inghilterra - fu costretto ad
addivenire ad un accordo con il governo polacco in esilio a Londra, per la costituzione in
Russia di un nuovo esercito Polacco Libero che il Comando di Mosca avrebbe dovuto
formare e favorire, e il cui comando sarebbe stato affidato al generale Anders. L'obiettivo
era quello di utilizzare le truppe polacche sia a fianco dei sovietici che a fianco dei
britannici, entrambi impegnati contro le forze del Reich. E pur non vedendo di buon occhio
la ricostituzione di un esercito polacco autonomo, Stalin fu costretto a collaborare.

Una volta liberato dal carcere, Anders si mise subito in contatto con i vertici militari
sovietici per chiedere notizie circa il destino degli oltre 250.000 soldati (e 750.000 civili)
polacchi deportati in Russia. Ma ad Anders non occorse molto per capire che una gran
parte di questi erano misteriosamente "scomparsi" nei campi di concentramento russi.
Dietro ordine di Stalin, il Comando russo lesin al generale polacco sia informazioni che
aiuti o mezzi, giustificando il tutto con l'emergenza guerra
nella quale si stava dibattendo il paese. Senza
considerare che, pochi mesi dopo l'inizio del suo lavoro,
ad Anders venne fatto capire che il dittatore di Mosca non
aveva alcuna intenzione di equipaggiare, armare e fare
combattere alcun soldato polacco in difesa dello stesso
suolo russo minacciato dalle armate tedesche. E fu cos
che nella primavera del 1942 Anders chiese a Stalin
almeno il permesso di trasferire 159.000 ex prigionieri
polacchi (gli unici trovati ancora in vita nei gulag) in
Persia e successivamente, con l'aiuto dei britannici,
Palestina, dove il locale Comando inglese avrebbe
provveduto ad addestrarli, armarli ed inserirli nelle armate
impegnate in Africa Settentrionale. Anders stimava che
oltre un milione di polacchi venissero lasciati in Russia.
Dopo le note vicissitudini, ci che rimaneva dell'"Armata"
di Anders raggiunse finalmente la Palestina, dove venne
acquartierato in appositi campi. La nuova Armata polacca
concluse il suo ciclo di addestramento nel dicembre 1943, Von Ribbentrop, ministro degli Esteri
venendo poi trasferita dapprima a Quassassin (Egitto) e della Germania di Hitler
in seguito (gennaio 1944) in Italia, dove and ad affiancarsi all'8 Armata inglese. Nel
corso della campagna d'Italia, i reparti del generale Anders ebbero modo di distinguersi
sulle alture di Monte Cassino, maggio 1944, e, nell'agosto dello stesso anno, sul fronte
adriatico. Dopo la resa tedesca (8 maggio 1945), l'Esercito di Anders, che in seguito
all'occupazione sovietica della Polonia era diventato per gli Alleati un "serio" imbarazzo
politico, venne smobilitato. E dei suoi 123.000 uomini, soltanto 77 ufficiali e 14.000 soldati
accettarono di fare ritorno in patria.
BIBLIOGRAFIA
The Russian Polish campaign, di Henrik Krog, Oleg Sheremet e William Wilson - Sito
Internet.
The Second World War. A Complete History, di Martin Gilbert - Henry Holt and
Company, New York 1991.
The Second World War, di John Keegan - Penguin Books, New York 1990.
Nazi-Soviet Relations, 1939-1941: Documents from the archives of the German Foreign
Office, di James Sontag and James Stuart Biddie - Ed. Raymond, US Dept. of State, 1948.
U.S. War Dept. General Staff. Digest and Lessons of Recent Military Operations. The
German Campaign in Poland, September 1 to October 4, 1939 - Wash, 1942
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