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Gianfranco Marrone
Di prossima pubblicazione in Cibo, filosofia e arte, a cura di Nicola Perullo, Pisa, ETS 2014.
vogliamo sapere soltanto che cosa ha preparato oggi lo chef, ma da dove vengono le
materie prime che ha lavorato. Cos come, forse, ci interesser conoscere che fine
faranno gli avanti della cucina. Ci che prima era contesto, oggi testo, secondo
pertinenze culturali, punti di vista valoriali, resi funzionali dalla cultura di riferimento.
Tale prospettiva teorica e metodologica appare molto vicina, come stato osservato
(Fabbri 2011), a quella che in estetica analitica stata formulata da Nelson
Goodman: mi riferisco alla celebre differenze fra arti autografiche e arti allografiche,
esposta in Languages of Art e ripresa in molti studi successivi fra cui Art in theory, art
in action. Come si ricorder (ma cfr. Marchetti 2006), in Linguaggi dellarte Goodman
(1968) poneva il problema del falso e dellautentico in arte, constatando che a seconda
delle arti il concetto di e soprattutto le pratiche legate al falso molto diverso. Ci
sono arti autografiche, come la pittura o la scultura, per cui si produce unopera e quella
lunicum di cui ogni tentativo di replica un falso; anzi, pi perfetta la replica, pi
si tratta di una contraffazione. E ci sono altre arti, dette allografiche, come la musica, la
letteratura e il teatro, in cui non cos: lartista produce lopera, poniamo una
partitura musicale o un testo teatrale, e poi c il momento dellesecuzione che la
completa. Lesecuzione di una partitura non un falso, ma in qualche modo fa parte
dellopera pur venendo dopo di essa. E non c una esecuzione falsa e una vera,
semmai una migliore e una peggiore. Non solo: ogni copia della partitura, come di
una poesia o di un romanzo, non un falso, ma un esemplare dellopera stessa.
Analogamente, larchitettura arte allografica: c il progetto e poi la sua
realizzazione. Le arti autografiche sono dunque, per cos dire, a uno stadio (tranne
casi come quelli della stampa, dellincisione etc., che hanno due stadi pur essendo
autografiche; cos come la letteratura, pur essendo allografica, ha un solo stadio),
mentre quelle allografiche hanno due stadi: hanno bisogno cio come minino di due
passaggi per manifestarsi. Ed evidente che la riproducibilit tecnica dellopera, per
quanto abbia aumentato moltissimo il numero di arti allografiche, non ha per questo
eliminato la presenza delle autografiche.
Sin qui sembra che la nota distinzione di Goodman, problematica in molti punti, si
riferisca ai tipi di arte in quanto tali: la pittura autografica, la musica allografica etc.
Tuttavia, la spiegazione data da Goodman (esiste una notazione simbolica della
musica e non della pittura) non sufficiente per spiegare perch una copia ben fatta
di un Caravaggio un falso, mentre un pessimo esemplare cartaceo di unopera di
Shakespeare un regolare esemplare dellopera stessa. Evidentemente, dal nostro
punto di vista, qui si pongono problemi di carattere non ontologico ma culturale,
antropologico, che, introducendo la nozione di pertinenza nel discorso goodmaniano,
lo renderebbero operativo. Basti ricordare che in epoche diverse la relazione fra
originale e copia era molto meno sentita che in epoca moderna. E ancor oggi, se
mettiamo a confronto la cultura cinese con quella occidentale, il criterio di
falsificazione e di contraffazione, per i medesimi oggetti, non il medesimo.
Da qui, nelle opere successive del filosofo americano, un approfondimento del
problema. In Vedere e percepire il mondo, per esempio, Goodman (1978) dice molto
chiaramente che non possibile sostenere che cosa arte ma solo quando arte, ossia a
quali condizioni, legate a specifici mondi, cui unopera artistica mentre unaltra non
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Ma che rapporti ci sono nel mondo del food fra realizzazione, esecuzione e
attivazione? Dove comincia e dove finisce lopera, dove la sua esecuzione, e dove
invece la sua attivazione? A essere ontologici, facile: c il piatto preparato in cucina
(esecuzione di una ricetta), poi il suo incorniciamento e la sua messa in mostra
(attivazione a tavola). Ma esistono migliaia di controesempi in cui i confini fra cucina
e sala vengono dismessi (oggi chic prenotare il tavolo in cucina, o quanto meno
mettere un vetro fra cucina e sala), e con essi la separazione fra esecuzione della
ricetta e sua attivazione. Il gioco dialettico fra varianti idiosincratiche e modelli
collettivi, differenze individuali e usi sociali, si celebra a monte del testo della ricetta,
ma per altri versi si replica a valle. La ricetta, si dice spesso, gioca un ruolo analogo a
quello di uno spartito musicale o di un progetto darchitettura, riconfigurando cos la
pratica culinaria come una tipica arte allografica: rifuggendo per forza di cose
dallautorialit, essa propone non norme da seguire a menadito (limperativo che
adopera un vezzo di genere) bens massime da adoperare alla bisogna,
personalizzandole se e come si pu, in funzione degli ingredienti che si hanno a
disposizione o della pazienza che si vuol investire nella preparazione del piatto in
questione. E come gli spartiti possono essere pi o meno costrittivi, pi o meno laschi,
sino ad esistere discorsivamente senza esserci ontologicamente (ma cfr. anche i fake
books del jazz), analogamente la ricetta pu esistere prima o a prescindere della sua
testualizzazione canonizzante scritta, visiva o audiovisiva che voglia essere. Negli
scarti fra progettazione, esecuzione e attivazione si gioca il gioco della cucina, a
dispetto di chi vuole normalizzarla e normativizzarla.
cos che la cucina insegna allestetica che la relazione fra realizzazione, esecuzione e
attivazione culturalmente data, inverando al massimo grado lidea goodmaniana del
quando arte, dei dispositivi variabili che fanno s che unopera sia opera darte.
Viene prima lopera e poi il museo o viceversa? Sappiamo che oggi pi vera la
seconda. Analogamente, viene prima il piatto e poi il ristorante? prima il ristorante e
poi la zona cittadina dove collocato? la tavola apparecchiata e i convitati fanno il
pasto? il pasto fa il piatto? i vini accompagnano o costituiscono lopera gastronomica?
Basta che funzioni, direbbe quel goodmaniano di Woody Allen. Ma non nei termini
di una soggettivit assoluta o di un banale relativismo. Semmai in quelli di una
calcolabilit delle relazioni fra i vari elementi in gioco mediante analisi allargata del
set culinario/gastronomico. Vale il principio dellesperienza trasformativa, a qualsiasi
livello essa operi, ossia dellarte come modificazione nel modo di vedere e percepire il
mondo, se non di modificazione del mondo stesso.
5. Opera darte totale
Per illustrare questa prospettiva teorica prendiamo il caso, insospettata testimone,
dalla famigerata Babette, cuoca artista per sedicente antonomasia, conclamata eroina
di una cucina universalista pacificante ed epicurea, il cui malcelato sciovinismo
parigino entusiasma da tempo i blogger di mezzo mondo. Il babettismo ormai
unideologia di successo, e come tutte le ideologie ha innescato, oltre a euforici
questione preparato dalla signora in esilio sin nei minimi dettagli, permeando di s
lintera vicenda. Innanzitutto, c lincombenza di un destino, quello di una donna
che viene da lontano e che porta con s, silenziosamente ma strenuamente, il proprio
sistema estetico-gastronomico (Capricci del destino sintitola lopera della Blixen da cui
tratto il racconto). Ma tutto pu aver inizio, in senso stretto, quando arriva il classico
dono magico delle fiabe: Babette vince alla lotteria, e ci gli permette di preparare il
pranzo con tutte le provviste del caso e gli ingredienti necessari. A quel punto parte
per una destinazione ignota, ordina il tutto, ritorna soddisfatta. Ma in che cosa
consiste questo tutto che ha ordinato, sapremo dopo, in Francia? e quali sono questi
ingredienti ritenuti necessari? Essi si rivelano a poco a poco al lettore, cos come agli
abitanti del villaggio, e soprattutto alle due sorelle e padrone di casa. Vale la pena
seguire nel dettaglio questa specie di processione. In primo luogo arriva una carriola
carica di bottiglie; vino?, chiede Filippa; no, Clos Vougeot 1846, risponde
Babette. Poi si scorge un marinaretto coi capelli rossi, colui il quale sar laiutante
di Babette in cucina e servir al tavolo. Poi ancora giunge, possente, la tartaruga, che
susciter le preoccupazioni demoniache dellingenua Filippa.
Ma la predisposizione del pranzo non si esaurisce nella teoria delle sue vivande
importate da Parigi. Babette infatti, non soddisfatta, prende di petto la casa delle
padrone, smontandola e rimontandola secondo le sue esigenze e insistenze. Cos,
separa rigidamente la zona della cucina dal resto della casa, impedendo alle due
sorelle e al lettore3 di metter piede tra pentole e padelle (anchesse, manco a dirlo,
di provenienza francese). Inoltre, trasporta il divano del salotto in sala da pranzo,
lasciando alle pie donne il governo del primo (ornato adesso da un vecchio ritratto del
Decano) e appropriandosi invece di quello della seconda. Ed ecco che sulla tavola
vengono ben collocati biancheria da tavola, argenteria, caraffe e bicchieri arrivati
solo Babette sapeva da dove, e al centro con una fila di candele la cui luce si
riverbera sui vestiti neri e gli occhi umidi dei convitati. Gli ospiti, una volta
sopraggiunti, resteranno un bel po sulla soglia di casa, dove percepiranno il calore
interno e il profumo dincenso, e solo Babette decider il momento opportuno per
farli finalmente accomodare in sala da pranzo per dar inizio al rituale organizzato a
puntino.
Un rituale, appunto, dove tutto viene curato sin nei minimi dettagli, come a
risvegliare, per quanto possibile, latmosfera ovattata e preziosa dei migliori ristoranti
parigini, l dove il gusto dei manicaretti accompagnato, e magnificato,
dallambiente che li ospita, dal servizio perfettamente curato, dalla generale atmosfera
ovattata e preziosa della haute cuisine. Amontillado e brodo di tartaruga, gustose
quagliette e cesti di sontuosa frutta, ma anche tovagliato ricamato e argenteria di
prima qualit, cristalleria finissima e perfino il ragazzino vermiglio vengono, tutti,
importati dalla douce France conclamata patria di gourmand fatti gourmet. Operazione
Va ricordato che tutto il racconto in focalizzazione esterna, il punto di vista cio esterno ai personaggi. Cos, il
lettore non sa mai che cosa pensa Babette, quali i suoi pensieri, i suoi affetti, i suoi valori, i suoi obiettivi. Lo si pu solo
ricavare dal suo agire, o attendere che sia lei, come accade alla fine, a svelarlo. Analogamente, al momento del pranzo,
non si sa nulla dello stomaco e del palato dei suoi convitati (cfr. Marrone 2013a) di modo che, accanto al classico
concetto di punto di vista della narratologia, bisognerebbe coniare il concetto di punto di gusto, o di sapore.
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necessaria, secondo lartista Babette, per costruire un pranzo comme il faut, o almeno
come la gastronomia francese ce lo ha rimandato da due o tre secoli a questa parte.
Che dire? Una parabola, certamente, e come tale stata intesa dalle decine di critici e
interpreti dogni tipo. Per quel che ci riguarda, si tratta di una dura e definitiva
lezione, non solo di buone maniere, ma destetica gastronomica e filosofica. Un
sermone al modo di quelli del famigerato Decano, ma portato avanti coi mezzi del
testo letterario e cinematografico, in cui si espone una vera e propria teoria della
cucina come pratica artistica e della convivialit come esperienza estetica a tutto
tondo. Il nemico giurato chiaro: la celebre condanna platonica della cucina, intesa
come prassi da accostare, nemmeno allarte (che il filosofo greco, com noto, non
amava), ma alla sofistica, sorta di imbroglio tanto abbacinante quanto effimero che,
riempiendo gli stomaci, annebbia la mente. La cucina non pu essere arte, s
ripetuto cos per secoli, perch gli oggetti da essa prodotti si consumano,
letteralmente, ingoiandoli. Ma oggi le argomentazioni filosofiche in materia sono
molto diverse, sia perch larte in quanto tale ha da tempo perduto i suoi pi triti
agganci ontologici, sia perch si comprende con maggiore lucidit il fatto che la
cucina non soltanto una tecnica pi o meno accurata per sfornare pietanze con cui
alimentarsi o, alla meglio, manicaretti di cui ingozzarsi. Il prodotto gastronomico, da
un lato, si trasforma e ci trasforma senza sosta e, dallaltro, non si esaurisce
nelloggetto da mangiare, sia esso ingrediente, boccone, piatto o pasto.
La cucina, ci hanno insegnato per esempio i futuristi, unopera darte totale, dato che
include al suo interno quel lungo processo che dalla lavorazione delle materie prime
arriva sino alla loro trasformazione ai fornelli, ma continua poi in sala, dove lintero
ambiente della ristorazione coinvolto nellesperienza gastronomica4. Le cene di
Marinetti e soci, come si tende a dimenticare, erano vere e proprie performance in
cui erano allopera nello stesso momento teatro, musica, danza, design, arti visive,
abbigliamento, profumeria e qualsiasi altra attivit potesse contribuire
allelaborazione, non di particolari pietanze, ma di un generale stile di vita di cui la
cucina era al tempo stesso elemento e totalit, stimolo di partenza e costruzione
dinsieme. Dire che le creazioni culinarie futuriste erano e restano immangiabili, da
questo punto di vista, una banalit analoga a quella di sostenere, poniamo, che la
pittura cubista inguardabile o la letteratura dadaista illeggibile. Quel che conta ,
come sempre, che esse contribuissero fattivamente allipotesi estetica di una
ricostruzione dellintero universo, esistenziale come sociale, artistico come quotidiano.
Il sogno di Wagner si stempera cos tra forni e frigoriferi, fruste e cucchiai, sbattitori e
microonde. Lo aveva ben capito, appunto, Babette, icona vittoriosa della gastronomia
contemporanea, che dalle pagine della Blixen e dalla pellicola di Oz ci ha insegnato
che con un sapido brodo di tartaruga e un Veuve Cliquot dannata si possono
sradicare anche le pi solide credenze religiose. Ma, soprattutto, Babette ha ben
chiaro e cerca di insegnarcelo che lesperienza gastronomica sempre e
comunque olistica, coinvolge il corpo nella sua interezza, e con esso la mente, gli
affetti, i concetti, le passioni. Per questo ha a che fare con larte e con la filosofia. E
4
Idea espressa da Paolo Fabbri nella sua relazione al convegno di Pollenzo. Cfr. anche Fabbri (2010).
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