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LITURGIE FUNEBRI E SACRIFICIO PATRIOTTICO:

I riti di suffragio per i caduti nella guerra di Libia (1911-12)


1. La complessa eredit del Risorgimento
I funerali per i caduti in guerra rappresentano una delle manifestazioni
pi significative di quella pedagogia nazionale che, dalla rivoluzione
francese ai nostri giorni, ha orientato lopinione pubblica verso la
legittimazione della violenza bellica, educando le masse alletica del
sacrificio e alla devozione verso gli eroi della patria1. Tali celebrazioni
spiccano tra le invenzioni rituali della contemporaneit: praticate in forma
collettiva e absentis cadaveris, forgiarono lidentit comunitaria dei vivi nel
ricordo dei morti, facendo da officina della religione politica della nazione2.
Il cattolicesimo partecip alla promozione di queste liturgie, ospitandole
come tuttora avviene nella cornice tradizionale della messa di suffragio,
nonostante fossero espressione di un credo autonomo ed in parte alternativo
a quello cristiano. Il caso italiano, data la frattura tra lo Stato unitario e la
Santa Sede, si presta a mettere in luce il rapporto ambivalente, di conflitto e
di contaminazione, che diede origine a un sincretismo tra funerali civili e
religiosi, tra pratiche civili e militari, tra culto civico e confessionale3.
La politicizzazione delle esequie per i soldati contraddistinse la stagione
risorgimentale, assumendo connotati diversi a seconda delle fasi e degli
agenti commemorativi coinvolti. Nel 1848-49 il mito neoguelfo spinse molti
esponenti del clero a canonizzare i combattenti la Santa Guerra
dellIndipendenza, attraverso orazioni ed epigrafi funebri che celebravano
la sinergia tra militanza cattolica e redenzione dellItalia dai barbari. Il
can. Ranieri Sbragia rettore della Scuola Normale granducale dedic ai
prodi di Mantova e di Curtatone e Montanara, nella cattedrale di Pisa, le
seguenti parole: non muore chi cade combattendo per la Patria, la morte
incontrata per Lei non altro che gloria e trionfo di cui si rallegrano in
Paradiso le anime dei valorosi e, ancora, il sangue dei Martiri seme di
1

Oliver Janz - Lutz Klinkhammer (eds.), La morte per la patria. La celebrazione dei
caduti dal Risorgimento alla Repubblica, Donzelli, Roma 2008; Fulvio Conti, Lurne dei
forti. Religioni politiche e liturgie funebri nei secoli XIX e XX, in Maurizio Ridolfi (ed.),
Rituali civili. Storie nazionali e memorie pubbliche nellEuropa contemporanea, Gangemi
editore, Roma 2006, pp. 115-134.
2
Alberto Mario Banti, La memoria degli eroi, in Alberto Mario Banti - Paul Ginsborg
(eds.), Storia dItalia. Annali 22. Il Risorgimento, Einaudi, Torino 2007, pp. 645-664. Pur
rinviando allanalisi di Emilio Gentile (Le religioni della politica. Fra democrazie e
totalitarismi, Laterza, Roma-Bari 2001), non mi attengo alla sua problematica ripartizione
tra religione politica (intollerante) e religione civile (democratica), preferendo
utilizzare la categoria omnicomprensiva di religione politica come suscettibile di
differenti determinazioni.
3
Luc Capdevila - Danile Voldman, Nos morts. Les societs occidentales face aux tus de
la guerre (XIXe-XXe sicles), Payot, Paris 2002, p. 197 (traduzione dellautore).

libert, e pegno sicuro di trionfo4. Il linguaggio del sacerdote ricalcava


figurazioni culturali diffuse5. Il numero di funerali patriottici organizzati in
quegli anni e, successivamente, in coincidenza degli episodi fondamentali
dellunificazione (la spedizione garibaldina, la seconda e terza guerra
dindipendenza)6 confermano lidea che, nonostante la rottura tra la Chiesa e
lo Stato sabaudo, i riti cattolici fossero rimasti centrali nel conferire senso e
credibilit alla morte per la nazione italiana.
Tale esito, tuttavia, non fu scontato. Nel luglio 1860 il gesuita Raffaele
Ballerini prese spunto dalla pubblicazione di una delle tante orazioni funebri
per i caduti nelle guerre del 1848 e del 1859 quella pronunciata un mese
prima dal can. Brunone Bianchi nella chiesa di S. Croce a Firenze7 per
denunciare la grave licenza che, derogando alle tradizioni ed ai prescritti
dei riti ecclesiastici, convertiva le cristiane gramaglie in pompe da scena, e
le pie tristezze delle esequie in una profanit di apoteosi gentilesca. La
condanna dei funerali nazionali, allestiti con bandiere tricolori, catafalchi,
trofei darmi ed iscrizioni riproducenti i defunti come martiri, era
inequivocabile. Quei rituali apparivano plasmati da uno spirito
eccessivamente mondano, per non dire pagano, che innalzava la patria a
bene supremo ed esaltava limmolare alla cieca per lei interessi e cuore e
vita8. Mettevano in atto, insomma, una nuova religione, che trasferiva
laugusto linguaggio del Vangelo e della morale sulle gesta dei patrioti,
qualificandoli con gli aggettivi di pii, di sacri, di santi e celebrandoli
come martiri della libert, alla stregua dei martiri cristiani9.
Simili ed autorevoli prese di posizione, che riflettevano gli indirizzi
vaticani, non implicarono un rifiuto incondizionato di sacralizzare il
sacrificio marziale. Lo dimostrano i riti in memoria dei militari pontifici
uccisi a Castelfidardo (18 settembre 1860). Nellallocuzione Novos et ante
4

Ranieri Sbragia, Parole dette dal Professore Canonico Ranieri Sbragia nella Primaziale
di Pisa il giorno 6. giugno 1848 per le solenni esequie degli estinti sotto Mantova nella
gloriosa Giornata del 29. maggio, Tip. Prosperi, Pisa 1848, pp. 4-6.
5
Lucy Riall, Martyr Cults in Nineteenth-Century Italy, in Journal of modern history
LXXXII, 2(2010), pp. 255-287.
6
Alcuni esempi in Roberto Balzani, Alla ricerca della morte utile. Il sacrificio
patriottico nel Risorgimento, in O. Janz - L. Klinkhammer (eds.), op. cit., p. 20 e Lucy
Riall, I martiri nostri son tutti risorti!. Garibaldi, i garibaldini e il culto della morte
eroica nel Risorgimento, ibi, pp. 34-36.
7
Orazione letta in Santa Croce di Firenze il IV Giugno MDCCCLX, nellanniversario
solenne dei morti per la patria a Curtatone e Montanara il XXIX maggio MDCCCXLVIII,
dal cav. can. Brunone Bianchi accademico della Crusca e iscrizioni di Zanobi Bicchierai,
Tip. Reale, Firenze 1860.
8
[Raffaele Ballerini], Rivista della stampa italiana, in La civilt cattolica, (Cc), XI, s.
IV, 7(1860), pp. 194-206. La paternit degli articoli ricavata dallIndice generale della
Civilt Cattolica (aprile 1850 decembre 1903) compilato da Giuseppe Del Chiaro
segretario della direzione, Ufficio della Civilt Cattolica, Roma 1904.
9
[Raffaele Ballerini], Rivista della stampa italiana, in Cc, XI, s. IV, 8(1860), pp. 72-75,
che recensiva il libro dellex-sacerdote Atto Vannucci, I Martiri della libert italiana dal
1794 al 1848, Le Monnier, Firenze 18603.

Pio IX esort a pregare per coloro che gloriosam pro Ecclesiae causa
mortem obierunt, alludendo alla loro beatitudine eterna10. Spett allo stesso
Ballerini esplicitare il pensiero del papa: la morte di quei soldati, testimoni
dei diritti della Chiesa, ancorch temporali, aveva causa supremamente
divina ed era pertanto coronata di martirio 11. I loro suffragi, celebrati in
diverse chiese di Roma e reiterati solennemente nel primo anniversario della
sconfitta, mobilitarono il popolo sullo stesso terreno delle esequie
patriottiche, ma sulla base di rivendicazioni speculari. Epigrafi Militibus
Romanae Ecclesiae iura strenue tuentibus ed eloquenti simbologie il
tumulo circondato da armi e ornato della Croce di S. Pietro inghirlandata di
alloro, con la leggenda: Pro Petri Sede12 orientarono le cerimonie verso
la fedelt al papato e la protesta contro lo Stato sabaudo: leffusione di
sangue per la restaurazione ierocratica, perseguita mediante il ricorso alle
armi, assumeva valore salvifico. Proprio questa linea, peraltro, apriva la
strada ad una rivalutazione del martirio patriottico, nella misura in cui
risultasse subordinato agli interessi del cattolicesimo. Nel 1867 il gesuita
Francesco Berardinelli, commentando alcuni discorsi funebri per i caduti nel
conflitto austro-prussiano, argoment che difendere la patria da ingiusti
nemici era un dovere e che, qualora si fosse trattato di tutelare la vera
religione ma le guerre dindipendenza non corrispondevano a questa
fattispecie chi fosse morto in battaglia avrebbe meritato il titolo di
martire, assegnato in modo sacrilego agli eroi del Risorgimento13.
Agli occhi di molti la prima guerra dAfrica sembr soddisfare questa
possibilit. La conciliazione di fatto tra istituzioni ecclesiastiche ed lites
liberali si concretizz nelle esequie dei soldati, che, dopo il disastro di
Dogali (1887), coniugarono il cordoglio cristiano allardore imperialistico.
Per la prima volta gli uomini di Chiesa presero parte in modo massiccio ad
una manifestazione ufficiale del Regno14. Le messe per i martiri della
civilt cristiana e della patria utilizzarono la sfera della gestione della morte
per disciplinare i comportamenti collettivi entro i confini del patriottismo
cattolico15. La ricca produzione di orazioni funebri ad opera del clero e,
10

SS. D. N. Pii Divina Providentia Papae IX Allocutio habita in Consistorio secreto die
XXVIII septembris MDCCCLX, in Cc, XI, s. IV, 8(1860), pp. 10-11.
11
[Raffaele Ballerini], I morti per la Chiesa a Dragonara il 1053 e nel Piceno il 1860.
Riscontro storico, ibi, p. 188 e p. 195.
12
Cronaca contemporanea, ibi, XII, s. IV, 11(1861), pp. 105-106; Cronaca
contemporanea, ibi, XI, s. IV, 8(1860), p. 118 e p. 635.
13
[Francesco Berardinelli], Rivista della stampa italiana, in Cc, XVIII, s. VI, 11(1867),
p. 701.
14
Manlio Graziano, Identit catholique et identit italienne. LItalie laboratoire de lglise,
LHarmattan, Paris 2007, p. 132; Roberto Battaglia, La prima guerra dAfrica, Einaudi,
Torino 1958, pp. 254-258; Giuseppe Maria Finaldi, Italian National Identity in the
Scramble for Africa. Italys African wars in the Era of Nation-building, 1870-1900, Peter
Lang, Bern 2009, pp. 213-225 e pp. 263-293.
15
Daniele Menozzi, I gesuiti, Pio IX e la nazione italiana, in A.M. Banti - P. Ginsborg
(eds.), op. cit., pp. 470-478. In seguito il magistero pontificio riconobbe lamore per la

stavolta, anche di ordinari diocesani16, dimostra il coinvolgimento attivo di


larga porzione della Chiesa nella costruzione del consenso coloniale. La
convergenza tra lintransigentismo e le istanze nazionaliste fu, comunque,
tuttaltro che univoca. Nel panorama cattolico, di per s favorevole ad una
guerra che intrecciasse spinta missionaria ed espansione territoriale,
emersero riserve verso il colonialismo italiano, viziato dalla neutralit
dello Stato liberale. Vari predicatori sottolinearono il carattere riparatore
delle gloriose disfatte di Dogali e di Adua (1896), che, riavvicinando il
popolo alla preghiera, costituivano un flagello salutare17.
La tensione tra finalit ierocratiche e patriottiche ben evidenziata dagli
interventi vaticani, tesi a depotenziare il registro nazionalcattolico dei riti di
suffragio. La Santa Sede intraprese una serie di provvedimenti che fornirono
un precedente al momento dello scoppio della guerra italo-turca. Dopo
Dogali la Segreteria di Stato autorizz i funerali, facendo per trapelare in
via privata la propria preferenza per i vescovi che se ne fossero
disinteressati18. Nel corso del 1887, inoltre, la Congregazione del
SantUffizio e la Congregazione dei Riti impedirono lintroduzione in
chiesa di vessilli non benedetti secondo le norme liturgiche. Il 4 aprile del
medesimo anno la Sacra Penitenzieria apostolica specific che le bandiere
tricolori (vexillis ita dictis nationalibus, cio ufficiali dello Stato, non
appartenenti a soggetti privati) potevano essere tollerate nei cortei funebri,
ma non allinterno degli edifici di culto, se non per prevenire disordini
(nisi secus turbae aut pericula timeantur)19. Il 13 marzo 1888 lo stesso
tribunale ecclesiastico, in risposta ai quesiti di vari presuli, dichiar lecite le
funzioni per i caduti, ammettendo per come loro unico scopo il suffragio
delle anime e vietando qualunque tipo di discorso, affinch le cerimonie non
patria, comprendente la morte per essa, tra i sommi doveri cristiani, bench sottoposto
allamore per la Chiesa. Cfr. Leone XIII, Sapientiae christianae [10 gennaio 1890], in
Erminio Lora - Rita Simionati (eds.), Enchiridion delle encicliche, Edb, Bologna 1997, III,
p. 543 e p. 537.
16
Grande risonanza ebbe il discorso del vescovo di Cremona Bonomelli (febbraio 1887),
pubblicato nel suo libro Una schietta parola agli amanti del vero, Tip. Queriniana, Brescia
1888, pp. 351-357.
17
Questa lettura traspare ad esempio dal discorso di un parroco del contado pisano: I morti
di Dogali. Discorso del sacerdote Augusto Donati parroco di Navacchio recitato nei
solenni funerali celebrati nella ven. Chiesa parrocchiale di S. Prospero il Giorno 3 Marzo
1887, P. Orsolini-Prosperi, Pisa 1887.
18
Stefano Trinchese, Il vescovo Scalabrini e lepiscopato emiliano-romagnolo fra
transigentismo e intransigentismo durante il pontificato di Leone XIII (1878-1903), in
Gianfausto Rosoli (ed.), Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo, Centro Studi Emigrazione,
Roma 1989, p. 75.
19
Il decreto del SantUffizio del 31 agosto 1887 recepiva quello della Congregazione dei
Riti del 14 luglio 1887 (confermato il 24 novembre 1897). Oltre ai vessilli delle
associazioni cattoliche erano accettate le bandiere dellesercito, ma non quelle delle societ
dei reduci. Cfr. [Salvatore Brandi], Le bandiere in Chiesa, in Cc, XXXVIII, s. XVII,
1(1897), pp. 264-265.

degenerassero in fatto politico. Prescrisse inoltre agli ordinari diocesani di


non parteciparvi20.
La questione del tricolore, delle orazioni funebri e dei funerali per i morti
delle guerre italiane toccava il nodo scoperto della collaborazione dei
cattolici allo Stato italiano usurpatore. Il problema era destinato a
ripresentarsi, in forma non molto diversa, nel 1911.
2. Fra gli entusiasmi patriottici
Fino allinizio del Novecento la Chiesa cattolica intrattenne un rapporto
sofferto con la religione degli eroi dello Stato unitario, contribuendo ad
indebolirne lefficacia. Fu con la guerra libica che il clero entr a pieno
titolo tra gli autori e propagatori del culto dei caduti per una pi grande
Italia. Grazie al suo coinvolgimento, favorito dal legame capillare con la
popolazione, lideologia della morte patriottica acquis per la prima volta un
radicamento di massa. Il discorso sui morti in Libia rappresenta pertanto un
ambito di forte interesse per indagare sia lintermediazione ecclesiastica tra
la dirigenza liberale e le classi popolari, sia lo sviluppo della mentalit
nazionalcattolica che impregn la cultura di guerra del primo conflitto
mondiale e del totalitarismo fascista21. Lanalisi di un campione di orazioni,
epigrafi ed avvisi sacri redatti per le esequie dei soldati permette di cogliere
la ricezione dei significati patriottico-marziali in una dimensione chiave del
vissuto religioso: la pratica liturgica22.
20

Responsum S. Poenitentiariae quoad cantum hymni ambrosiani, in Acta Sanctae Sedis


XXI, 1888, p. 64: permitti posse ut sacrosanctum sacrificium aliaeque funebres
caeremoniae celebrentur solo fine, qui notus pariter fiat, piacularem opem ferendi animabus
defunctorum, quin habeantur nec a viris ecclesiasticis funereae orationes. Cavendum
omnino, ne haec omnia in politicos sensus detorqueantur. Ordinarii vero ab huiusmodi
functionibus sese abstineant.
21
Daniele Menozzi, Cattolicesimo, patria e nazione tra le due guerre mondiali, in
Tommaso Cali - Roberto Rusconi (eds.), San Francesco dItalia. Santit e identit
nazionale, Viella, Roma 2011, pp. 19-43; Humanitas LXIII, 6(2008), numero
monografico La Chiesa e la guerra. I cattolici italiani nel primo conflitto mondiale;
Stphane Audoin-Rouzeau - Annette Becker, La violenza, la crociata, il lutto. La Grande
Guerra e la storia del Novecento, Einaudi, Torino 2002, pp. 78-157. Per unanalisi su scala
diocesana rinvio a Matteo Caponi, Una Chiesa in guerra. La diocesi di Firenze (19111926), tesi di perfezionamento, direttori Daniele Menozzi ed Annette Becker, Scuola
Normale Superiore di Pisa - Universit Paris Ouest (Nanterre-La Dfense), a.a. 2009-2010.
Unindagine sul ruolo del clero francese nelle cerimonie commemorative delle guerre ottonovecentesche svolta da Stphane Tison, La violence et la foi. Discours de prtres sur la
guerre dans la Marne et la Sarthe: 1871-1939, in Annales de Bretagne et des Pays de
lOuest CVIII, 3(2001), pp. 87-116.
22
Ho considerato da un lato il livello del governo universale della Chiesa (archivi vaticani
e Losservatore romano), dallaltro i discorsi editi in opuscolo, con alcune incursioni nella
stampa cattolica. Sulla risemantizzazione patriottica della liturgia in un periodo contiguo a
quello esaminato cfr. Maria Paiano, La preghiera e la guerra in Italia durante il primo

Com noto, vasti settori dellepiscopato, del clero e del laicato offrirono
un apporto determinante alla narrazione imperialista, attingendo al
plurisecolare repertorio anti-islamico e declinando in termini coloniali la
concezione intransigente di riconquista cristiana. Furono in parecchi a
percepire il conflitto come una crociata che saldava amor di patria,
proselitismo e civilizzazione, in una lotta congiunta contro la barbarie turca,
la fede musulmana e la modernit laico-liberale 23. Le funzioni religiose per
il successo delle armi italiane non esitarono a sacralizzare la guerra nel
ricordo di Lepanto e ad identificare la croce di Savoia con la croce di Cristo.
Tali orientamenti si innestavano su un retroterra consolidato; dalla seconda
met dellOttocento, infatti, il mito del 1571 aveva compattato i cattolici
contro i moderni Turchi, artefici della secolarizzazione che scardinava i
diritti della Chiesa24. Meno ovvia, tuttavia, fu lapplicazione di questa
matrice discorsiva alla guerra reale voluta dal governo italiano. Le
componenti integriste deprecarono i raffronti impossibili, mostruosi tra le
vicende della Tripolitania e la gloriosa giornata di Lepanto: come parlare
di diffusione della civilt cristiana per opera di chi andava risollevando i
costumi, la corruzione, gli idoli del paganesimo?25.
A fronte dei discorsi da generali in sul campo di battaglia, pronunziati
da dei Vescovi nelle Chiese26, nota la cauta posizione dimparzialit della
Santa Sede. Il 21 ottobre 1911 un comunicato de Losservatore romano,
ispirato dalla Segreteria di Stato, sconfess i cattolici che si esprimevano in
modo da far credere quasi ad una guerra santa, intrapresa a nome e
collappoggio della Religione e della Chiesa27. La curia vaticana non neg
la legittimit della campagna militare; fu mossa dallintento di arginare le
conflitto mondiale, Humanitas, cit., pp. 925-942 e, sui rituali funebri, Matteo Caponi, Il
culto dei caduti nella Chiesa cattolica fiorentina, in Rivista di storia del cristianesimo
(RSCr), VIII, 1(2011), pp. 63-90.
23
Giovanni Cavagnini, Soffrire, ubbidire, combattere. Prime note sullepiscopato italiano
e la guerra libica (1911-1912), ibi, VIII, 1(2011), pp. 27-44; Luigi Ganapini, Il
nazionalismo cattolico. I cattolici e la politica estera in Italia dal 1871 al 1914, Laterza,
Bari 1970, pp. 171-225; Francesco Malgeri, La guerra libica (1911-1912), Edizioni di
Storia e Letteratura, Roma 1970, pp. 236-254. Il recente libro di Giovanni Sale, Libia 1911.
I cattolici, la Santa Sede e limpresa coloniale, Jaca Book, Milano 2011 utilizza e riporta in
appendice, con alcuni errori di trascrizione, la quasi totalit dei documenti conservati nel
fascicolo dellArchivio Segreto Vaticano, Segreteria di Stato, 1913, rubr. 164 (dora in poi
ASV, Segr. Stato). La tesi apologetica di fondo escludere qualsiasi corresponsabilit della
S. Sede nella legittimazione della guerra coloniale ne distorce tuttavia spesso i contenuti.
Sui significati assunti in et contemporanea dal mito della crociata si rimanda ad Alphonse
Dupront, Le mythe de croisade, Gallimard, Paris 1997, III, pp. 1519-1693.
24
Roberto Rusconi, Santo Padre. La santit del papa da san Pietro a Giovanni Paolo II,
Viella, Roma 2010, pp. 358-361.
25
Mentre si svolge limpresa tripolina, in Lunit cattolica, 15 ottobre 1911, p. 1.
26
Tale la denuncia di un prete livornese: G. Sale, op. cit., pp. 116-117.
27
Losservatore romano (Or), 21 ottobre, p. 1, riprodotto in Acta apostolicae sedis
(Aas) III, 15(1911), p. 584.

tendenze ed espansioni in senso favorevole a tale avvenimento 28, che


valicavano i confini del bellum iustum ed attribuivano allo scontro armato
laccezione di bellum sacrum29.
In questo contesto, la celebrazione delle messe di requiem per i caduti
apr un capitolo spinoso. Nel mese di novembre la memoria dei morti in
guerra si colleg ai riti del calendario liturgico. La proliferazione dei
funerali fu alimentata, inoltre, dallondata emotiva che segu alla rovinosa
disfatta di Henni e Sciara-Sciat, presso Tripoli, avvenuta tra il 23 ed il 26
ottobre 1911; in quei giorni le forze libico-turche uccisero centinaia di fanti
e bersaglieri. Gli aspetti consolatori si annodarono cos inestricabilmente
alle valenze nazionalpatriottiche del lutto, allinsegna del trinomio religione,
patria e famiglia30. Durante una cerimonia nella chiesa romana del S. Cuore
al Castro Pretorio, il parroco rievoc leroico sacrifizio, eccitando i cuori
ad implorare da Dio riposo eterno ai caduti, conforto alla desolate famiglie,
vittoria e pace alla patria nostra31. Nella pieve di Rosignano Marittimo
(Livorno) unepigrafe esort i parenti degli eroi a sublimare il dolore in
amore per lintera nazione: Non ci piangete o genitori bello il morir per
la patria pi bello redimerci al fronte32.
Un impulso cruciale alle liturgie del cordoglio fu dato dalla stampa. La
civilt cattolica ebbe toni benevoli a proposito dei riti celebrati in Libia, in
quanto rafforzavano losservanza religiosa e restituivano centralit
allistituzione ecclesiastica33. Ernesto Calligari, direttore del quotidiano
clericomoderato di Genova Il cittadino, invit i lettori a trasformare la
commemorazione del 2 novembre in un omaggio ai soldati che
soccombono combattendo per una patria amata, e che son avviati ad una
patria sempiterna. Il suffragio espiatorio veniva correlato allaugurio che il
sacrificio dei caduti, motivato dalla causa bella e giusta della lotta contro
la pi obbrobriosa barbarie, risultasse fecondo di concordia allItalia e di
onore alla nostra civilt, nata e cresciuta dalla materna azione della
Chiesa34. La locale direzione diocesana annunci una funzione a favore dei
fratelli di nazione e di religione, vittime della crudelt sanguinaria dei
fanatici seguaci di Maometto. Nellavviso sacro il conflitto fu accostato ai
gloriosi trionfi ottenuti colla protezione della Vergine del Rosario
28

ASV, Segr. Stato, minuta di risposta ad Alessandro Bavona (nunzio apostolico a Vienna)
del 19 novembre 1911, f. 69rv.
29
Daniele Menozzi, Ideologia di cristianit e pratica della guerra giusta, in Mimmo
Franzinelli - Riccardo Bottoni (eds.), Chiesa e guerra. Dalla benedizione delle armi alla
Pacem in terris, Il Mulino, Bologna 2005, p. 91-127 ed in particolare p. 113.
30
Sui caratteri del discorso nazionale italiano cfr. Alberto Mario Banti, Sublime madre
nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo, Laterza, Roma-Bari 2011.
31
Roma per le famiglie dei caduti nella guerra, in Corriere dItalia, 6 dicembre 1911, p.
2.
32
Nostre corrispondenze, in Fides (F), 11 novembre 1911, p. 2.
33
Cronaca contemporanea, in Cc XLII, 4(1911), p. 496.
34
Mikrs [Ernesto Calligari], I nostri morti, in Il cittadino, 2 novembre 1911, p. 1.

(riferimento a Lepanto) e allesempio del concittadino Guglielmo Embriaco,


che aveva partecipato alla presa di Gerusalemme durante la prima crociata35.
Non erano, questi, accenti isolati. Nel trigesimo di Sciara-Sciat, per
iniziativa della giovent cattolica napoletana, nella basilica di S. Francesco
di Paola venne innalzato un tumulo alle vittime dellepica battaglia,
circondato di palme e piante esotiche, in mezzo a migliaia di ceri ardenti,
con al centro una bara coronata dalle insegne militari. La funzione,
mediante una scenografia evocativa (nelliconografia cristiana la palma
designava il martirio), doveva inculcare lidealit e la realt della
patria, introiettando nelle coscienze la certezza che il premio della
resurrezione sarebbe spettato a chi avesse anteposto alla propria vita i
sentimenti dellonest e del dovere verso il proprio paese36.
Il sottofondo della guerra religiosa perme anche voci pienamente
conformi alla visione intransigente. Il vescovo di Mileto (Calabria)
Giuseppe Morabito indisse pubbliche preghiere per i caduti posponendo il
pensiero della gloria terrena a quello della vita eterna e rammentando
che ogni guerra rimaneva un gran flagello. Tuttavia linterpretazione
avanzata i conflitti, prodotto della moderna apostasia, sarebbero perdurati
fino al ritorno dei popoli allombra della Croce portava lordinario a
salutare nellimpresa italiana una positiva tappa di avvicinamento verso la
pacificazione universale. Morabito, inoltre, non esitava a ventilare lipotesi
di una guerra santa in risposta ai proclami di jihad, additando a modello
uno dei pi forti eroi di Lepanto, il calabrese Gaspare Toraldo37.
La convinzione del legame naturale tra identit cattolica, imperativo
patriottico e disponibilit al sacrificio si cristallizz nelle preghiere
appositamente composte per loccasione38. Un esempio interessante quella
con cui il can. Emanuele Magri, il vicario di Orsanmichele a Firenze
accusato di modernismo, chiuse la predicazione del duodenario dei defunti.
Del testo, stampato e distribuito nelle chiese, pervenuto un frammento
molto significativo. In esso si domandava a Ges di proteggere la patria
nostra e i suoi soldati, che combattono sulle rive dellAfrica le battaglie
della civilt ed aprono alla tua Croce nuove vie tra i popoli infedeli e di
rendere il sangue dei caduti pioggia di benedizione sullItalia. Il
sacrificio perfetto eucaristico veniva avvicinato al sacrificio dei militari

35

Lappello della Direzione Diocesana, ibi, 5 novembre 1911, p. 3; sul successo della
cerimonia cfr. Genova prega per le anime dei fratelli caduti sulle coste italiane dellAfrica,
ibi, 13 novembre 1911, p. 2.
36
V.P., Preghiera di pace e grido di guerra, in La croce, 3 dicembre 1911, p. 3.
37
La voce dei Vescovi, in Il cittadino, 10 novembre 1911, p. 2. Cfr. G. Cavagnini,
Soffrire, ubbidire, combattere, cit., p. 35.
38
Maria Paiano, Religione e patria negli opuscoli cattolici per lesercito italiano. Il
cristianesimo come scuola di sacrificio per i soldati (1861-1914), in RSCr VIII, 1(2011),
pp. 23-24; Mimmo Franzinelli (ed.), Il volto religioso della guerra. Santini e immaginette
per i soldati, Edit Faenza, Faenza 2003, pp. 10-14.

italiani39. Apparentemente diverso era il caso della Preghiera a Maria SS.


per la cessazione della guerra, scritta e fatta leggere, dal novembre 1911 e
per tutta la durata del conflitto, da un parroco della diocesi livornese. La
supplica, infatti, era rivolta principalmente ad assicurare la fine delle ostilit,
lincolumit ai compaesani arruolati, leterno riposo ai caduti e la
cristiana rassegnazione ai familiari; tuttavia, auspicando una completa e
sollecita vittoria, glorificava lolocausto di tanti nostri fratelli
valorosamente combattenti per il trionfo della giustizia, per la propagazione
della civilt, per lonor della Patria40.
Espressioni liturgico-devozionali di questo tipo indirizzate s ad
implorare la misericordia divina sulle anime dei caduti, ma anche a
consacrarne le gesta belliche suscitarono le riserve vaticane e i dubbi di
vari ordinari diocesani, pressati dal laicato: il Consiglio Superiore della
Giovent cattolica, in particolare, aveva emanato una circolare che incitava i
soci a far celebrare una o pi messe di esequie 41. Le spinte dal basso
condizionarono pesantemente la pastorale dellepiscopato. Nel novembre
1911 il vescovo di Sovana e Pitigliano Michele Cardella inform Merry del
Val che, fra gli entusiasmi patriottici per la guerra Italo-Turca, anche il
clero rischiava di oltrepassare i limiti fissati dallo stato presente delle
cose. Domandava pertanto un chiarimento sulle seguenti questioni: se gli
ecclesiastici potessero prendere liniziativa per i funerali; se fosse lecito
invitare le autorit civili e militari; se, infine, il vescovo facesse bene a
parteciparvi e ad autorizzare orazioni funebri42. La Segreteria di Stato
ritenne preferibile che il rito venisse promosso da un comitato di laici,
incaricato di curare i rapporti con le autorit; viet discorsi doccasione ed
anche Iscrizioni pi o meno compromettenti, rimettendo alla valutazione
del vescovo lintervento alla cerimonia; puntualizz inoltre che le presenti
istruzioni dovevano rimanere riservate43. Tale orientamento pragmatico
cerc di contemperare due esigenze confliggenti: disimpegnare il clero dalla
legittimazione nazionalistica del conflitto ed impedire atteggiamenti che
dessero adito a sospetti di scarso lealismo verso lo Stato italiano. Il
Messaggero di Roma, ad esempio, aveva accusato il vescovo di Nepi e Sutri
39

Archivio Arcivescovile di Firenze (AAF), Cancelleria, A.M. Mistrangelo, b. 12, fasc. 14,
nn. 1-2, bozze a stampa Preghiera recitata nella solenne chiusura della predicazione sulla
Passione di Ges durante il duodenario dei Defunti del 1911 nella Chiesa dOr San
Michele, [novembre 1911]. La curia fiorentina concesse la permissione ecclesiastica alla
pubblicazione il 17 novembre.
40
Archivio Diocesano di Livorno, Parrocchia di S. Ranieri a Guasticce, serie 6, b. 1, fasc.
1911, preghiera manoscritta di don Francesco Olivari (parroco di Guasticce), s.d. [ante 15
novembre 1911]. Il vescovo Giani non ne autorizz la pubblicazione, nel rispetto del
comunicato ufficiale della S. Sede: ibi, biglietto di Sabatino Giani a Francesco Olivari del
15 novembre 1911.
41
La Giovent Cattolica e la guerra, F, 18 novembre 1911, p. 2.
42
ASV, Segr. Stato, lettera di Michele Cardella a Rafael Merry del Val del 16 novembre
1911, f. 75rv. (G. Sale, op. cit., pp. 120-121).
43
ASV, Segr. Stato, minuta di risposta a Michele Cardella del 18 novembre 1911, f. 77rv.

Giuseppe Bernardo Doebbing di essere austriacante per non aver fatto


celebrare a un parroco della sua diocesi una messa con orazione patriottica44.
Anche larcivescovo di Arezzo Giovanni Volpi, di note tendenze
integriste, scrisse alla Segreteria di Stato per avere consigli sul da farsi.
Scettico sulla possibilit di scongiurare discorsi e, in tal caso, di potervisi
sottrarre, Volpi progett come extrema ratio di allontanarsi dalla citt nel
giorno della funzione45. Ricevute disposizioni analoghe a quelle di Cardella,
il presule ottenne in un primo momento che la messa di requiem si svolgesse
nella chiesa di S. Francesco, di propriet del Comune, anzich in cattedrale;
fece inoltre affiggere manifesti sacri che, nel descrivere i soldati come
chiamati dalla voce del dovere a recare la civilt cristiana alle terre
barbare ed abbrutite dallIslam, omettevano qualsiasi riferimento alla
nazione italiana. Linflessibilit di Volpi nel vietare le bandiere tricolori
determin una clamorosa rottura con lamministrazione municipale, che, a
causa dellaffronto, ritir il permesso accordato. Alla fine, la cerimonia
ebbe luogo nella pi defilata chiesa della Badia. Il funerale ironicamente
definito dalla stampa anticlericale a scartamento ridotto venne
boicottato dalle autorit civili e dalle associazioni patriottiche 46. Nel quadro
complessivo, che vide la Chiesa disposta a sostenere sul piano rituale lo
sforzo bellico, situazioni di scontro come quella aretina rimasero
eccezionali. La Segreteria di Stato invi le sue indicazioni anche
allarcivescovo di Trani Francesco Paolo Carrano 47. Nella diocesi di
questultimo e non solo esse furono ampiamente trasgredite.
3. Atrocit turche, ideologia di crociata e culto dei martiri
Un salto di qualit ed un incremento quantitativo dei funerali si verific a
seguito del dibattito sulle cosiddette atrocit turche. A fine 1911 il paese
fu invaso dai macabri racconti riguardanti le brutalit commesse a Henni sui
soldati italiani, alcuni dei quali sarebbero stati mutilati, decapitati e
addirittura crocifissi48. Se Losservatore romano si limit a diffondere il
comunicato della Stefani sugli atti di crudelt e a riferire in modo asciutto

44

Dalla Provincia Romana, in Corriere dItalia, 16 novembre 1911, p. 3.


ASV, Segr. Stato, lettera di Giovanni Volpi a Raffaele Scapinelli di Leguigno (segretario
della S. Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari) del 16 novembre 1911, 78r79r. Cfr. anche G. Sale, op. cit., p. 111-112, che riporta erroneamente la data del
documento. Su Volpi cfr. Silvano Pieri, Mons. Giovanni Volpi, vescovo di Arezzo
45

tra modernismo e nazionalismo, in Luca Berti (ed.), Protagonisti del


novecento aretino, Olschki, Firenze 2004, pp. 103-141.
46

Una insidiosa messa di requiem, in LAppennino, 2 dicembre 1911, p. 1.


ASV, Segr. Stato, lettera di Francesco Paolo Carrano a Rafael Merry del Val del 2
novembre 1911, f. 64r e minuta di risposta del 4 novembre 1911, f. 66r.
48
F. Malgeri, op. cit., pp. 192-201.
47

10

i resoconti pi dettagliati comparsi nel mese di dicembre 49, la reazione della


stampa cattolica nazionale fu veemente. Il Corriere dItalia, quotidiano di
Roma appartenente al trust grosoliano, defin le popolazioni indigene bestie
fuori dallumanit50. Sulle pagine del settimanale livornese Fides la
denigrazione degli avversari si spinse fino alla richiesta di una loro
eliminazione fisica: qualora fosse stata comprovata la veridicit dei fatti,
quelle orde di selvaggi avrebbero dovuto essere sterminate dalla faccia
delluniverso51. Le demonizzazione dei libico-turchi, funzionale ad
occultare la sanguinosa rappresaglia condotta dallesercito sabaudo,
avvalor lo schema cristologico con il quale si guardava ai caduti: questi
ultimi, come Ges, erano stati traditi dal popolo che desideravano liberare e
costretti a subire lo stesso tragico destino.
Luccisione dei soldati italiani in odio al cristianesimo divent un topos
ricorrente. La difesa di Venezia equipar le presenti atrocit mussulmane
a quelle inferte a Marcantonio Bragadin, il governatore di Famagosta
scuoiato vivo nel 1571 con la preghiera a Dio e col nome di San Marco
sulle labbra52. Sul settimanale diocesano di Napoli mons. Luigi Angelillo
dipinse le torture inflitte ai bersaglieri come una novella Via Crucis e
lorribile carnaio di Henni come un Calvario purificatore. Le atrocit
subite, identiche a quelle del Gran Martire crocifisso, erano per il soldato
cattolico pegno della ricompensa ultraterrena. Laccettazione cristiana del
dolore faceva del caduto un eroe, delleroe un martire, del martire un
redento53.
Le liturgie ed i sermoni funebri, ispirati ad un amor patrio sentitamente
cristiano54, convertirono il lutto in acquiescenza alla politica bellica e,
attraverso la santificazione dei morti, contribuirono a radicalizzare lenfasi
nazionalistica. A Napoli, nella chiesa del Ges Nuovo, una comunione
generale per i caduti fu preceduta dalla predica del gesuita Giuseppe
Prevete, che acclam lora segnata dalla Provvidenza per il ritorno
dellItalia alla sua grandezza antica. Pur negando che il conflitto potesse
definirsi una guerra santa, il religioso ritenne certo che i barbari nemici
avessero massacrato i bersaglieri a causa dei segni della fede (le

49

Atti di crudelt sui caduti italiani, in Or, 10 novembre 1911, p. 1; La barbarie della
guerra italo-turca, ibi, 1 dicembre 1911, p. 2. Il quotidiano diede spazio anche alle
denunce riguardanti le atrocit italiane.
50
Fuori della legge e dellumanit, in Corriere dItalia, 2 dicembre 1911, p. 1; La
nefanda barbarie degli arabi e dei turchi contro i feriti e i morti nella battaglia di SciaraSciat. Quel che ha veduto il nostro inviato Ernesto Vassallo, ibi, 1 dicembre 1911, p. 1.
51
X., Notizie e Commenti. Se fosse vero!..., in F, 20 dicembre 1911, p. 2.
52
Venetus, Atrocit mussulmane e memorie Veneziane, in La difesa (D), 10-11
novembre 1911, p. 1.
53
L.[uigi] Angelillo, Il Calvario di Henni, in La croce, 24 dicembre 1911, p. 2.
54
Cfr. il resoconto di due funzioni svoltesi a Venezia: Per i caduti in Africa, in D, 18-19
dicembre 1911, p. 2; In suffragio dei caduti dAfrica, ibi, 14-15 dicembre 1911, p. 2.

11

medagliette devozionali) portati addosso. Gli italiani, concludeva, caddero


da eroi e non da eroi soltanto: caddero dunque anche come martiri55.
Al giudizio di altri oratori, il conflitto ristabiliva i valori spirituali
offuscati dal materialismo e ripristinava i vincoli comunitari spezzati
dellindividualismo borghese. In questa logica, la ricattolicizzazione della
vita pubblica avrebbe garantito allo Stato sabaudo quella potenza militare
preclusa dallagnosticismo liberale. Il francescano Giuseppe Balestrieri, in
occasione delle esequie organizzate a San Giuseppe Jato (Palermo), spieg
che nel calice eucaristico il sangue dei martiri della nazione si mescolava
al purissimo sangue del Martire Divino. Egli intravide tra i benefici pi
importanti della guerra proprio il risveglio spirituale; del resto, soltanto la
visione di una vita avvenire era in grado di istillare leroismo. Il frate,
attaccando gli sforzi socialisti per atrofizzare la coscienza collettiva,
manifest la propria adesione al possente nazionalismo che animava la
spedizione: gli italiani, nelle cui vene scorreva il sangue dei Crociati,
avevano risuscitato lo splendore tante volte secolare della nostra stirpe,
provando al mondo che i discendenti di Roma erano ancora in grado di
reggere le sorti dei popoli56.
I funerali che si svolsero nella chiesa di Squinzano (arcidiocesi di Lecce)
offrirono un esempio emblematico di uso politico della tradizione. Alla
porta dingresso un tricolore inneggi Ai morti in Cristo / sulle terre
africane e sul catafalco quattro iscrizioni magnificarono i prodi che,
abbattuta la mezzaluna, Ribattezzati nel proprio sangue / bevvero al
torrente / delle divine misericordie 57. Il predicatore don Cosimo De Carlo
pose gli atti di crudelt nel solco delle violenze perpetrate in Puglia fin
dal Quattrocento, ad opera di unaccozzaglia di zingari cenciosi, di pirati
e di predoni, eterni giurati nemici del nome di Cristo. I massacrati a
tradimento di Char-Chiat furono assurti ad eredi della schiatta di Eroi che
seppero darci le vittorie dei Crociati in terra Santa e degli ottocento martiri
di Otranto, trucidati nel 1480 dai turchi. Il sacerdote non esit a parlare di
guerra santa per affermare la regalit di Cristo e lespansione dellItalia:
Cristo vince, Cristo trionfa, Cristo regna, la sua Croce rutilante sempre
fra le pieghe del Tricolore [] Avanti, Dio con noi58.
Altri elogi funebri ibridarono con disinvoltura la religiosit politica con i
contenuti cristiani. Nel gennaio 1912 don Filippo Ferrari commemor, nella
55

G. De Simone, La Comunione generale al Ges Nuovo per i caduti a Tripoli nostra, in


La croce, 10 dicembre 1911, p. 3.
56
Giuseppe Balestrieri, Ai caduti di Tripoli e Cirenaica il saluto della religione, della
patria e della Piet. Discorso letto nella Madre Chiesa di S. Giuseppe Iato l11 Dicembre
1911 nei solenni funerali celebrati a cura del Municipio, Tip. G. Tringali, Palermo 1912, p.
5 e pp. 7-10.
57
Cosimo De Carlo, In memoria degli eroi caduti sui campi della Tripolitania e della
Cirenaica. Elogio funebre letto nella Chiesa di Squinzano il 12 dicembre 1911, R. Tip.
editrice salentina, Lecce 1911, pp. 30-31.
58
Ibi, pp. 9-11, pp. 15-19 e p. 23.

12

chiesa di S. Maria Maggiore a Guardiagrele (Chieti), un compaesano morto


a Sciara-Sciat, immaginando la sua tomba disadorna, scavata nel nudo
terreno, forse allombra di una palma, simbolo del martirio: le sue ossa,
quasi moderne reliquie, propiziavano la marcia trionfale dellItalia contro
loscurantismo maomettano. Per il sacerdote martiri erano
essenzialmente i morti nel compimento di un sacro dovere, col nome
santo della Patria sulle labbra 59. Durante una funzione nella chiesa del
Carmine a Massa Lombarda (provincia di Ravenna), il can. Pietro Battaglia,
commentando la dicitura Ai martiri della civilt che compariva ai piedi
del feretro, articol invece il concetto in una prospettiva cattolicodemocratica, debitrice del provvidenzialismo giobertiano. I diritti della
civilt, di cui i defunti si erano resi apostoli, coincidevano con
luguaglianza, fratellanza e libert, cio con quei diritti umani
abitualmente contrapposti ai diritti di Dio. AllItalia, sede del papato, era
stata affidata la missione di propugnare quei principi: per la romanit del
Cattolicesimo, tu salvi, o Italia, e civilizzi il mondo!60.
Le messe funebri attirarono solitamente un gran numero di persone,
diventando luoghi simbolici di ricomposizione patriottica e di
riconfessionalizzazione della nazione in armi 61. A Torino, nella chiesa reale
di S. Carlo, per la troppa ressa diversi fedeli ebbero malori ed una folla
immensa rimase fuori sulla piazza, dove fu persino interrotto il traffico
dei veicoli62. A Roma la cerimonia svoltasi nelloratorio del Sodalizio di S.
Michele arcangelo ai Corridori di Borgo fu particolarmente suggestiva, non
soltanto perch vi assistettero molti parroci romani e la chiesa era
letteralmente gremita di popolo, ma anche perch lassoluzione del tumulo
fu impartita da mons. Luigi Lazzareschi, ex-cappellano del disciolto esercito
pontificio: il suo gesto stringeva in un unico destino i soldati morti per il
papa e quelli morti in Africa63. Nei centri pi piccoli il pietoso ufficio
associ quasi tutta la cittadinanza, come a Roccasicura in Molise, dove il
funerale, a spese del parroco, suscit la pi viva commozione fra gli
astanti64.
Non mancarono reazioni allarmate per il successo dei riti e per la
frequenza delle orazioni. Il francescano Stefano Ignudi avvert Merry del
59

Filippo Ferrari, Per I nostri prodi caduti nel campo della Gloria in Tripolitania.
Discorso commemorativo tenuto nella Chiesa di S. Maria Maggiore il 22 gennaio 1912,
Tip. A.G. Palmerio, Guardiagrele 1912, pp. 12-13.
60
Pietro Battaglia, Ai nostri caduti, Tip. Lanzoni e Foschini, Massa Lombarda 1912, pp.
11-16.
61
Cfr. Marco Mondini, Caserma e chiesa in et liberale: il caso veneto, in Venetica
XVII, 10(2004), pp. 83-84.
62
Una solenne cerimonia funebre nella chiesa di S. Carlo, in La stampa, 18 dicembre
1911, p. 5; In suffragio dei caduti, in Or, 18 dicembre 1911, p. 3.
63
ASV, Segr. Stato, lettera non firmata s.d., f. 88rv; Per i morti dAfrica, in Or, 20
dicembre 1911, p. 2. Lazzareschi era solito officiare le commemorazioni dei soldati
pontifici: cfr. Per i militari pontifici, ibi, 6 novembre 1912.
64
Pei caduti di Tripoli, ibi, 22 dicembre 1911, p. 3.

13

Val che, nonostante i veti vaticani, si sarebbe tenuto un discorso per le


cose di Tripoli addirittura nella capitale, al cimitero di Campo Verano; lo
annunciava un manifesto firmato dal segretario del vicariato mons.
Francesco Faberi, vicino ai cattolici del trust. Il religioso si domandava:
dopo questo [discorso], in Roma e fuori, quanti e quali altri se ne
faranno?65. In effetti, i sermoni continuavano ad essere pronunciati a
dispetto dei divieti. Il caso gi menzionato della diocesi di Trani
indicativo. A Bisceglie il canonico della cattedrale Mauro Terlizzi, pregando
per larmata cristiana, lod il patriottismo del clero, antidoto allopera
dissolvitrice duna setta tenebrosa e allazione deleteria de partiti
estremi. Nemici della religione e nemici della patria che minavano la
coesione nazionale e mettevano a repentaglio la vittoria finale / che solo
arride ai popoli uniti e virtuosi venivano a coincidere nei bersagli classici
della polemica intransigente: i socialisti anticlericali ed antimilitaristi, i
giudeo-massoni66, ma anche qualche italianissimo che diffamava il papa
come contrario alla guerra67. Nella chiesa del Purgatorio di Andria il
canonico Nicol Sterlicchio defin Divino chi si offriva in olocausto
doloroso e cruento per la bandiera tricolore, sulla quale, come un nuovo
labaro costantiniano, era impressa la croce. Il sacerdote specific che la
guerra era un terribile flagello, ma che costituiva una dura necessit per
far trionfare la giustizia: non di guerra santa, dunque, si doveva parlare,
bens di legittima riconquista. Varie erano le motivazioni dello ius ad
bellum: la difesa economica del paese, la tutela della dignit nazionale, la
protezione degli emigrati italiani, laffrancamento dei libici dalla schiavit.
Il conflitto gli appariva un fattore di progresso sociale, favorendo la
propagazione del gentile sangue latino e lampliamento demografico del
popolo del lavoro68.
I cattolici furono insomma istruiti alle cause della campagna tripolina con
argomentazioni molteplici, collocabili entro tre coordinate: evocazione della
crociata, rifiuto del culto pagano della violenza e ricorso alle categorie
esplicative del bellum iustum. Il sacerdote reatino Luigi Flavoni, ad
esempio, illustrando lopera redentrice dellitalico esercito, osserv che
ogni scontro armato era un male, ma che diventava lecito se imposto dalla
giustizia offesa. Combattere il maomettismo ed annientare limpero
65

ASV, Segr. Stato, lettera di Stefano Ignudi a Rafael Merry del Val del 13 dicembre 1911,
ff. 86r-87r (cfr. G. Sale, op. cit., pp. 122-123, dove il cognome del mittente confuso con
Ignandi); Arciconfraternita di Carit nella Cappella Centrale al Campo Verano, in Or,
17 dicembre 1911, p. 2.
66
Mauro Terlizzi, Pe funerali fatti nella chiesa di S. Domenico in Bisceglie il 2 dicembre
1911 a nostri soldati morti gloriosamente combattendo in Libia, Tip. Paganelli, Trani 1911,
p. 9, p. 15 e pp. 21-22.
67
Nicol Sterlicchio, Novi fulgori dItale virt belliche. Nei solenni funeri nella chiesa del
Purgatorio di Andria il 16 Novembre 1911 per i caduti nella guerra italo-turca, Tip.
Francesco Rossignoli, Andria 1912, p. 29.
68
Ibi, p. 19, pp. 21-25, p. 29.

14

ottomano era senza dubbio un notevolissimo bene69. A Guardistallo


(provincia di Pisa) il can. Vincenzo Paoli afferm di non essere affatto un
guerrafondaio, ma di apprezzare la fusione di menti, di cuori e di
energie provocata dal conflitto; i crocifissi dagli Arabi traditori, martiri
della civilt e della Patria, erano da lui accomunati a coloro che
combatterono nelle acque gloriose di Lepanto70. A Pontedera il livornese
Dante Dicomani, gi autore di una commemorazione per i morti dEritrea 71,
dichiar che la guerra era gravissimo tra i mali gravi e che non poteva
volerla Iddio; ciononostante, resa inevitabile dalle circostanze, i cittadini
erano tenuti a non perdersi in discussioni inutili, a far tacere ogni
risentimento personale e ad immedesimarsi collanima della Nazione.
Agli spiriti magni cui la scimitarra ottomana apr la via della vita
immortale venivano contrapposti i matricidi dellItalia, che attizzavano
lodio di classe72.
La benedizione delle armi, la ratifica della violenza, il disprezzo per i
nemici esterni ed interni della patria, la volont antisovversiva connotarono
profondamente le pratiche del lutto. La sanzione liturgica di questa cultura
di guerra ebbe come protagonisti anche membri della gerarchia episcopale.
Il vescovo di Livorno Sabatino Giani evidenzi la somiglianza tra le
vittime del dovere e delleroismo e la Vittima Divina del Calvario, per
additare i martiri caduti in guerra come modello dordine e di disciplina
per lapostolato cristiano73. Commemorando i baldi fratelli, lordinario di
Foggia Salvatore Bella afferm di sentire una vampa dentusiasmo salirgli
dal cuore: quel loro sangue ci voleva, per lavare il disonore di Adua e
riconciliare la Patria e la Religione, due sorelle che vivevano da
nemiche. Bench la guerra non corrispondesse ad una nuova crociata,
la croce di Cristo, resa dai turchi strumento dignominia e di martirio,
avrebbe vendicato le vittime italiane 74. Ad inizio 1912, nella cattedrale di
Udine, larcivescovo Anastasio Rossi osann il sangue dei forti: sangue
che grida contro la barbarie atroce degli inumani uccisori e sostenne che la

69

Luigi Flavoni, Sui caduti nella Guerra dAfrica. Conferenza ad un Circolo cattolico, Tip.
Trinchi, Rieti 1912, pp. 7-8. Il discorso (26 novembre 1911) si configurava come
unappendice del funerale celebrato nel duomo di Rieti una settimana prima.
70
Vincenzo Paoli, Discorso recitato il d 2 febbraio a Guardistallo, nei suffragi solenni per
i nostri soldati caduti in Tripolitania, Tip. Confortini, Volterra 1912, pp. 6-10 e pp. 13-15.
71
Dante Dicomani, I caduti di Amba Alagi. Discorso letto nella Chiesa Parrocchiale di
Cascina nei solenni funerali celebrati per essi il 19 Decembre 1895, Tip. L. Bertini,
Cascina 1895.
72
Id., Onore e gloria agli eroi italiani caduti in Tripolitania nella guerra italo-turca.
Commemorazione del Can. Dott. Dante Dicomani letta il d 13 dicembre 1911 nella Chiesa
Maggiore di Pontedera, Tip. Collini e Cencetti, Firenze 1912, pp. 13-16 e pp. 20-21.
73
I morti in guerra e lUnione Donne Cattoliche, in F, 29 novembre 1911, pp. 2-3.
74
[Salvatore Bella], Pei caduti di Tripoli. Parole di Mons. Salvatore Bella vescovo di
Foggia, Premiata tip. operaia, Foggia 1912, pp. 4-6, p. 9 e p. 11.

15

conquista della Libia, da parte di una nazione giovane quanto forte e


potente, era giustificata dal diritto delle genti, reclamata dalla civilt75.
Larcivescovo di Parma e fondatore dei Saveriani Angelo Maria Conforti,
recentemente proclamato santo, prese liniziativa di celebrare un funerale
nella chiesa di S. Maria della Steccata, sede dellOrdine Costantiniano di S.
Giorgio. La decisione, imposta alla recalcitrante amministrazione civile
dellistituzione cavalleresca, era carica di significati: il tempio ospitava il
sepolcro delleroe di Lepanto Alessandro Farnese e mette[va] capo in certo
qual modo, a Sua Maest, nel cui nome tanti prodi nostri soldati hanno
combattuto e sono morti valorosamente76. Il 4 gennaio 1912, dinanzi alle
autorit politiche e militari, il presule esalt leroismo di cento e cento
apostoli caduti per la fede, nella convinzione che la conquista della Libia
fosse linizio di un nuovo slancio missionario ed il prodromo dellatteso
ralliement tra Chiesa e Stato italiano.
Religione e Patria si danno in questistante amica la mano e s luna che laltra
guardano con trepidazione e compiacenza allodierna lotta, ai successi sempre crescenti
delle nostre armi, perch la Tripolitania fu nostra un tempo per le conquiste della Spada
romana, e nostra poscia, in un senso ancor pi elevato e legittimo, per le pacifiche
conquiste della fede di Cristo. Per questo la Patria nostra ha ritrovato in questora
solenne lunione, la forza, il valore che laggi in quelle terre lontane, hanno segnato di
vittoria ogni passo dei nostri prodi soldati, che per lonore e la grandezza d'Italia e per
la sacra missione della cristiana civilt, hanno sfidato intrepida la morte 77.

4. Vietare, concedere, tollerare: la circolare della S. Congregazione dei Riti


Come abbiamo visto, i predicatori furono di solito attenti a non
equiparare esplicitamente la spedizione coloniale ad una crociata. Tuttavia i
loro schemi narrativi andarono in una direzione opposta. La situazione fu
complicata dalla crescente domanda di funzioni di suffragio, che spinse il
clero ad inviare richieste per ottenere la facolt vaticana di officiare messe
di requiem la domenica e nei giorni festivi, in deroga alle norme liturgiche.
Questa eventualit agevolava laffluenza dei fedeli ed amplificava quindi il
potere dincidenza sociale dei funerali. Come lament Michele Reppucci,
sacerdote della diocesi di Avellino, difficilmente la popolazione rurale
75

Udine. Un solenne ufficio funebre per i caduti in Africa, in D, 31 gennaio-1 febbraio


1912, p. 2.
76
Lettera di Guido Maria Conforti a Paolo Boselli (primo segretario dellOrdine
Mauriziano) del 16 dicembre 1911, in Franco Teodori (ed.), Azione pastorale,
insegnamenti, fortezza del beato Guido Maria Conforti, arcivescovo-vescovo di Parma
negli anni 1910-1911, Lev, Citt del Vaticano 1997, p. 666.
77
Il discorso in Beato Guido Maria Conforti. Visita pastorale, congressi giovanile e
eucaristico, rapine al Consorzio di Parma. 1912, Lev, Citt del Vaticano 1997, pp. 53-56.

16

sarebbe potuta intervenire nei giorni feriali78. La Congregazione dei Riti


and incontro alle petizioni di alcune curie diocesane, pur ricordando la
contrariet ad elogi o discorsi funebri di qualsiasi specie79.
Tale disponibilit si accompagn al timore che il culto mondano della
morte eroica soppiantasse i caratteri specifici della piet cattolica. Cera
bisogno, insomma, di giustificare lapertura conferendole senso, limiti ed
organicit. Con la lettera circolare agli ordinari diocesani dItalia De
suffragiis pro defunctis in bello Tripolitano (3 febbraio 1912) il dicastero
vaticano pass dallaccordare singole dispense ad intraprendere un
provvedimento di natura pubblica, indirizzato allintero episcopato. Il testo
autorizz un unico funerale la domenica e nelle feste di precetto, ad
esclusione di quelle pi solenni di prima e seconda classe. A fianco di questa
concessione, conferm il divieto tassativo di sermoni ed orazioni
funebri80. Fu lo stesso Pio X a sollecitare la Congregazione dei Riti,
inviando di proprio pugno la bozza della circolare, da lui ritenuta
indispensabile per impedire [] discorsi nelle esequie pei poveri morti
nella Tripolitania81. Ancora una volta, non si trattava della condanna del
conflitto coloniale o del patriottismo dei cattolici; il papato, piuttosto,
avocava a s la prerogativa dinterpretare le condizioni che ammettevano il
ricorso alla categoria di guerra santa. Il Fides spieg che non era lecito
portare la politica in Chiesa, e tanto meno lo spirito delle Crociate,
estraneo allodierno conflitto82. Neppure le chiese palatine, sottoposte alla
giurisdizione regia, furono esentate dallassoluta proibizione. Adolfo
Verrienti, ordinario della prelatura territoriale di Altamura e Acquaviva in
78

ASV, Segr. Stato, lettera di Michele Reppucci a Rafael Merry del Val del 10 gennaio
1912, f. 100r (G. Sale, op. cit., p. 125).
79
Archivio della Congregazione delle Cause dei Santi (ACCS), Positiones, Decreta et
Rescripta Liturgica, scatola 1911, fasc. 1911 EF, s.fasc. 1911 F, lettera di Andrea Cassulo
(vicario generale di Firenze) a Pio X del 27 novembre 1911 e ibi, scatola 1911, fasc. 1911
B, Lettera di Francesco Duvina (provicario generale di Torino) a Pio X del 2 dicembre
1911.
80
La circolare fu inviata ai vescovi e pubblicata in Aas IV, 3(1912), p. 107: una Missa
de Requie cum cantu et subsequenti Absolutione ad tumulum, in Ecclesiis su Oratoriis
publicis iuxta prudens respectivi Ordinarii iudicium, celebrari valeat []. Mandat vero et
praecipit Sanctitas Sua, ut eiusmodi funeribus, etsi fiant diebus a ritu permissis, nemo,
cuiuscumque sit dignitatis, sermones aut funebres orationes [] habere presumat. Il testo
fu inserito in alcune lettere pastorali, come quella del vescovo di Crema Bernardo Pizzorno,
Pastorale per la Quaresima del 1912. Istruzione religiosa. Avvisi, Tip. G. Cazzamalli,
Crema 1912, pp. 25-26. Inesatta laffermazione di Sale, che parla di circolare ufficiosa,
da non rendere di pubblico dominio (G. Sale, op. cit., pp. 97-98).
81
ACCS, Positiones, Decreta et Rescripta Liturgica, scatola 1912, s.fasc. 1912 D, n. 3,
lettera di Pio X a Pietro La Fontaine (segretario della Sacra Congregazione dei Riti) del 3
febbraio 1912. La versione definitiva ricalcava la bozza di Sarto, salvo alcune correzioni
formali e laggiunta della frase relativa alla responsabilit dellordinario locale nel valutare
lopportunit o meno della cerimonia.
82
n.d.r., In Vaticano. Una Circolare della Congregazione dei Riti. I funebri per i caduti, in
F, 14 febbraio 1912, p. 1.

17

Puglia, fece notare che un funerale privo di discorso sarebbe potuto


sembrare una provocazione o un insulto, invece di un onore e preghiera.
Il suo proposito di dire poche serie parole in lode del soldato che forte
della sua Religione ha compiuto il suo dovere fu bocciato dalla Segreteria
di Stato83.
Le interdizioni di principio celavano in realt un compromesso pratico. A
differenza delle precedenti norme della Segreteria di Stato, laffissione di
epigrafi non era espressamente menzionata tra gli atti da evitare. Inoltre la
prescrizione pontificia pot essere aggirata in vari modi e, talvolta,
apertamente ignorata, senza che seguissero sanzioni. Una soluzione fu
quella di separare la messa dallorazione commemorativa. Il domenicano
Pio Ciuti, noto per il suo filonazionalismo, il 13 febbraio 1912 pronunci un
discorso alla Societ di Storia Patria di Palermo, annessa alla chiesa di S.
Domenico (pantheon dei siciliani illustri), che la mattina aveva ospitato un
ufficio funebre. Il religioso afferm che i caduti italiani erano stati scelti
dalla Provvidenza per i santi suoi fini: la sconfitta della Turchia, flagello
del Cristianesimo e lingrandimento della Patria affinch potesse con
maggiore energia esplicare la sua civile missione nel mondo84.
Gli epitaffi alle porte e sui tumuli, inoltre, sopperirono al divieto dei
discorsi, riempiendo le cerimonie di messaggi immediatamente fruibili.
Prendendo in esame un caso specifico, quello della diocesi fiorentina, si
evince che le epigrafi continuarono a sacralizzare la guerra libica e le sue
vittime, spesso con il via libera della gerarchia ecclesiastica. Due iscrizioni,
destinate luna allArciconfraternita della Misericordia e laltra alla
parrocchia di S. Stefano in Pane di Rifredi, costituiscono un esempio
illuminante. Nel primo caso il funerale si svolse il 10 marzo 1912 il
cancelliere arcivescovile concedeva lapprovazione ecclesiastica alle preci
espiatorie in suffragio / di quelle anime forti /che sui lidi affricani / in
guerra gloriosa / eroicamente / alla morte si votarono, / per i santi diritti /
della civilt e della Italia85. Nel secondo caso egli stesso proponeva
pressoch la medesima formula, per poi sostituirla con che sulle libiche
spiagge / a Dio ed alla patria / sacrarono morendo / sul campo di battaglia /
gli ideali santi / e la vita. Con un ulteriore aggiustamento, corresse
lespressione in i pi alti nobili ideali 86. Tali modifiche erano la spia della
consapevolezza circa le difficolt suscitate dal vocabolario della crociata. Il
parziale ripensamento a favore di una terminologia pi neutra, ravvisabile
nello slittamento dellaggettivo santi in nobili, manteneva una certa
83

ASV, Segr. Stato, lettera di Adolfo Verrienti a Rafael Merry del Val del 12 febbraio 1912,
f. 103r (G. Sale, op. cit., p 126) e minuta di risposta del 14 febbraio 1912, f. 104r.
84
Pio Ciuti, Per I soldati dItalia caduti nella Guerra Italo-turca. Discorso recitato nella
Sala della storia patria in Palermo, 13 febbraio 1912, Tip. Pontificia, Palermo 1912, pp.
12-14.
85
AAF, Segreteria degli Arcivescovi, Alfonso Maria Mistrangelo, b. 106, fasc. 10, n. 1,
appunto di Michele Cioni (cancelliere della curia) s.d.
86
Ibi, b. 111, fasc. 1, n. 47, appunto di Michele Cioni s.d.

18

ambivalenza: non eliminava, infatti, la considerazione secondo cui la morte


bellica chiamava in causa la fede religiosa. La curia, peraltro, approv scritti
di questo genere: Ai nostri valorosi fratelli / Che emuli delle Romane
legioni / Sulle terre di Libia / Consacrate dal sangue / Di tanti martiri della
fede / Versarono il loro sangue / martiri / per la civilt e per la patria /
Esequie solenni87.
In alcune circostanze la circolare venne apertamente disattesa. Durante la
funzione in memoria dei caduti, e per il pieno finale trionfo della patria,
svoltasi nellospedale militare di Livorno nel marzo 1912, il cappellano
tenne un discorso sul patriottismo cristiano88; la cerimonia si chiuse con la
preghiera al Dio degli eserciti scritta dallarcivescovo di Siena Prospero
Scaccia, che implorava la vittoria dei combattenti per causa cos giusta
(non santa)89. Analogamente, il parroco della Bicocca approfitt della
ricorrenza della battaglia di Novara (23 marzo 1849) per commemorare
nellossario cittadino, accanto ai caduti sul suolo della Patria, quelli sulle
nuove terre italiane90. Per di pi, diverse orazioni funebri, anteriori alla
circolare, furono stampate e messe cos a disposizione dei fedeli91.
Salvezza dellanima e morte patriottica furono unite da una guerra
palingenetica, che generalmente non fu denominata crociata, ma che come
tale fu cristallizzata dai funerali, anche dopo la pace di Ouchy dellottobre
1912. A Pisa, durante la messa celebrata dal card. Pietro Maffi il 6
novembre, un epitaffio ricord i caduti per la civilt contro la barbarie
mussulmana quali Martiri ed eroi92. Quattro giorni dopo, la funzione che
larcivescovo di Firenze Alfonso Maria Mistrangelo offici in duomo fu
introdotta da queste righe: Quanti / nella memorabile impresa libica /
soldati nostri / sacrificando la vita / ci conquistarono lavvenire / tutti / nella
perpetua luce risorgano / come nella gratitudine / e nella storia nostra
immortali93. In un funerale a Bibbiena (Arezzo) unepigrafe, citando La
Canzone allItalia di Leopardi, consacr i martiri di Henni e Sciara Sciat:
87

Ibi, b. 106, fasc. 10, n. 9.


G. Tozzetti, Religione e patriottismo allOspedale Militare, in F, 10 marzo 1912, pp.
2-3.
89
Il testo in Provvedimenti e notificazioni, in Bollettino ufficiale mensile dellarchidiocesi
di Siena II, 11(1911), pp. 13-14. Cfr. G. Cavagnini, Soffrire, ubbidire, combattere, cit., pp.
34-35.
90
I caduti in guerra commemorati a Novara, in Corriere dItalia, 26 marzo, p. 2.
91
Oltre a quelle citate cfr. Giacinto De Maria, Ancora una parola sui caduti di Libia (Nel
Duomo di Cefal il 30 Gennaio 1912), Tip. S. Gussio, Cefal 1912 e Antonio Sangiovanni,
Discorso recitato nella cattedrale di Lanciano nel d 8 febbraio 1912, per la solenne
commemorazione dei soldati caduti nella Guerra dAfrica, Tip. Tommasini, Lanciano 1912.
92
Giovanni Cavagnini, Piccole prove di Grande guerra. I cattolici italiani e il conflitto
libico (1911-12), tesi di licenza, Scuola Normale Superiore di Pisa, a.a. 2009-2010, p. 25.
93
Sotto il Cupolone, in Il popolo, 16 novembre 1912, pp. 2-3. Altri ordinari evitarono
espressioni encomiastiche; a Palermo fu scelta lepigrafe Ai prodi caduti in Libia pregate
pace. Cfr. Il solenne funerale per i caduti in Libia alla Cattedrale, in Corriere di Sicilia,
3-4 novembre 1912, p. 4.
88

19

la vostra tomba unara / a cui le madri verranno / mostrando a pargoli /


le belle orme del sangue vostro94. Nel clima di eccitazione, le cautele legate
alle direttive vaticane furono accantonate e le parole di commiato
risuonarono nuovamente negli edifici di culto. Nella chiesa dei SS. Pietro e
Paolo di Brescia, il sacerdote Enrico Gatta mise in relazione il centenario
costantiniano con i trionfi libici: tra la vittoria di Ponte Milvio e quella
dellesercito italiano vi era una perfetta rassomiglianza, perch entrambe
erano state accompagnate dalla Croce95. Nella chiesa di Corsanico
(Massa-Carrara) una composizione poetica celebr i novelli Crociati,
modelli per le generazioni future, vissuti essendo e morti per lItalia /
Vostra gran patria, e per la Religione / Vostra gran madre 96. Cos lItalia,
gran martire delle nazioni, con il suo battesimo di sangue era
finalmente diventata sana, agile, vigorosa, possente darmi e degna di
sedere al banchetto delle maggiori potenze dEuropa97.
5. Da un conflitto allaltro: verso una religione di guerra
Tramite le messe di suffragio, limmaginario della guerra santa contro i
nemici di Cristo e della patria entr stabilmente nellorizzonte ecclesiastico,
sedimentando stereotipi e strutture discorsive che sarebbero stati riattivati
dinanzi al conflitto mondiale. Le memorie funebri, stampate per volere dei
familiari delle vittime, furono uno dei sintomi pi eloquenti del potere
performativo delle liturgie. Limmaginetta del soldato fiorentino Antonio
Graziani, morto in un ospedale da campo libico, ramment il suo
olocausto per la prosperit della patria98. In un pieghevole
commemorativo, distribuito in occasione di una messa di requiem nel
novembre 1912, i pratesi Virgilio Calistri e Brunetto Cecchi furono descritti
come pionieri della civilt, caduti colla fede dei martiri / col grido degli
94

Bibbiena, XXII decembre XCMXII. Ai prodi caduti in Libia nellanniversario della morte
gloriosa di Giovan Piero Marcucci. Tributo di preghiere e lacrime, Coop. tipografica,
Arezzo 1912, p. 9.
95
Costantino il grande. La guerra e la pace italo-turca. Ai soldati voltensi reduci dalla
Libia. Commemorazione letta nella arcipretale dei SS. Pietro e Paolo (Brescia) dal sac. D.
Enrico dott. Gatta Arciprete. X novembre MCMXII, Tip. P. Istituto Pavoni, Brescia 1912, p.
24.
96
In memoria dei Funerali Solenni che hanno avuto luogo il 22 Decembre 1912 per i
caduti in Libia nella Chiesa parrocchiale di Corsanico, Coop. Tipografica Versiliese,
Viareggio s.d., pp. 2-3.
97
Ai morti per la patria. Commemorazione funebre di suffragio pei soldati gloriosamente
caduti in terra Libica. Discorso recitato dal Cappellano Can. d. Quinto Carbonazzi nel
regio penitenziario di Alessandria presenti le autorit civili e militari 12 novembre 1912,
Stab. Tip. G. Jacquemod Figli, Alessandria 1912, p. 9 e pp. 16-17.
98
Archivio Storico del Comune di Firenze, Varie, Ufficio di notizie alle famiglie dei
militari di terra e di mare. Sezione di Firenze, memoria di Antonio Graziani s.d. [maggio
1912].

20

eroi99. In altri casi, invece, la dolente dimensione suffragatoria prevalse su


quella nazionalista. Lumile sarto di Bitonto (Bari) Michele Speranza, che
ebbe la sventura di perdere il figlio, invi una supplica a Pio X affinch
pregasse per lanima di lui che fu sempre timorato di Dio e dette la sua vita
per la Religione e per la Patria. Al centro della lettera erano gli affetti della
famiglia derelitta ed annichilita, non la nazione italiana. Tuttavia le parole
citate, cos come la foto del soldato allegata con la didascalia Morto
combattendo da eroe, mostrano la ricezione della retorica militarpatriottica, peraltro convalidata dalla suprema autorit ecclesiastica: il
pontefice accord la benedizione quale pegno dei celesti conforti,
avallando la visione della morte in battaglia come cristianamente virtuosa100.
In conclusione, le cerimonie funebri diedero un apporto fondamentale
allintroiezione di quella religione di guerra, basata sulla commistione tra
tradizione cristiana e religione politica della nazione, che nel 1914-18
avrebbe veicolato la sacralit della morte marziale, la brutalizzazione del
nemico, la trasfigurazione della violenza e leticit dello scontro armato 101.
Proprio nellambito bellico-funerario si realizz una solida convergenza tra
semantica nazionalpatriottica e semantica cattolico-intransigente,
accomunate dalla figura profonda del sacrificio di s102. Il caso limite
dellarcivescovo Volpi mostra come persino gli ambienti integristi non
avessero problemi a celebrare le vittime di una guerra di conquista contro
lIslam. Anche dopo la fine della guerra la mistica del martirio e della
crociata continu a produrre tensioni con lautorit gerarchica e disagi
interni al campo cattolico. Il 2 novembre 1912 Losservatore romano chiese
ai cattolici di pregare per le anime dei fratelli morti nelladempimento del
loro dovere, ma di lasciare ad altri la cura di decretare ad essi palme ed
allori103. In una prospettiva simile, un corrispondente del Fides,
commentando un funerale a Capannoli (Pisa), deplor che lepigrafe alla
porta denominasse martiri i caduti: non so comprendere come essi si
possano chiamare martiri, quando martire colui che perde la vita tra i
tormenti, piuttosto che rinnegare la fede104. I sospetti verso le messe di
suffragio proseguirono ben oltre la conclusione del conflitto, con il rientro
delle salme dei soldati. Il 10 maggio 1913 il vescovo di Pavia ed
amministratore apostolico di Lodi Francesco Ciceri pronunci due parole
al funebre trasporto di alcuni lodigiani, ritenendo che, finita la guerra, la
99

Biblioteca del Seminario Diocesano di Prato, Misc. A.43.10.2, Ricordo dei solenni
funerali celebrati nella cattedrale di Prato il 17 novembre 1912, s.d.
100
ASV, Segr. Stato, lettera di Nicola Speranza a Pio X del 27 maggio 1912, f. 124r e
minuta di risposta del 7 giugno 1912, f. 127r.
101
Annette Becker, La guerre et la foi. De la mort la mmoire, 1914-1930, Colin, Paris
1994.
102
Alberto Mario Banti, Deep Images in Nineteenth-century Nationalist Narrative, in
Historein VIII, 2008, pp. 54-62.
103
Pei nostri morti, in Or, 2 novembre 1912, p. 3.
104
Nostre corrispondenze, in F, 18 dicembre 1912, p. 2.

21

proibizione della Congregazione dei Riti fosse venuta meno. La Segreteria


di Stato, in verit, lo aveva informato del contrario: la disposizione restava
in vigore e non poteva essere derogata. La comunicazione, per, era giunta
in ritardo105.
Al di l delle sottigliezze dottrinali, difficilmente percepibili dalla
maggioranza dei fedeli, le simbologie, gli scritti e le orazioni delle liturgie di
requiem imbastirono una trama che intrecciava la mitografia nazionalimperialista al tessuto della credenza cristiana. Come abbiamo visto, il
fenomeno aveva radici di lungo periodo. La sacralizzazione della morte
bellica, di stampo sia patriottico che ierocratico, aveva permeato le funzioni
per i caduti fin dal Risorgimento. Rispetto ai precedenti ottocenteschi, per,
la guerra di Libia dimostr come il processo di nazionalizzazione dei
cattolici avesse compiuto decisi passi avanti e come la cultura patriottica
avesse ridefinito i contorni della stessa esperienza religiosa. Le cerimonie
funebri furono un banco di prova dellintegrazione ecclesiastica allinterno
dei rituali pubblici della terza Italia. Il culto dei martiri non pi
associato alla libert della nazione oppressa ma alla sua revanche
imperialista permise ai cattolici di immergersi nella vita dello Stato
nazionale senza accettarne i valori liberali; si prest anzi a promuoverne la
revisione in chiave autoritaria, confessionale ed antisocialista, attraverso
listanza di una politica estera aggressiva e di una politica interna che
emarginasse i Turchi dItalia. La compenetrazione tra religione rivelata e
religione della patria avvenne significativamente in una dimensione che,
facendo appello ad emozioni primarie, esercit sulle masse unirresistibile
fascinazione. Le liturgie del lutto, inoltre, apparvero imperdibili strumenti di
mobilitazione, capaci di riaffermare la presenza della Chiesa nella societ.
Le considerazioni diplomatiche ed ecclesiocentriche spinsero cos la Santa
Sede verso un atteggiamento molto pi possibilista rispetto al passato, che
consent ai cattolici di propagandare la santit della guerra coloniale. Ci
assunse una valenza originale in terra libica: i cappellani militari volontari,
autorizzati dal Ministero della guerra, diffusero le retoriche sacrificali
nazional-cattoliche tra i combattenti. Unindagine sulla ricezione al fronte
della predicazione patriottica resta da compiere; tuttavia le lettere dei soldati
pubblicate sui giornali dellepoca ne offrono alcune dimostrazioni106.
Il Vaticano dovette fare i conti con la febbre bellicista degli uomini di
Chiesa e scelse di temperarne alcune manifestazioni, anticipando il copione
105

ASV, Segr. Stato, lettera di Francesco Ciceri a Rafael Merry del Val del 5 maggio 1913,
f. 149rv e minuta di risposta del 9 maggio 1913, f. 153r; ibi, lettera di Francesco Ciceri a
Rafael Merry del Val del 18 maggio 1913, f. 151r. Dopo lo scoppio della grande guerra, la
Santa Sede precis che il decreto della S. Penitenzieria del 1888 e la circolare del 1912
conservavano il loro valore: Aas, VII, 13(1915), p. 390.
106
Cfr. ad esempio le antologie di Salvatore Bono, Morire per questi deserti. Lettere di
soldati italiani dal fronte libico (1911-1912), Abramo, Catanzaro 1992 e Ido Da Ros (a cura
di), Lettere di soldati veneti nella Guerra di Libia. 1911-1912, Godega di S. Urbano (TV),
Grafiche De Bastiani 2001.

22

del primo conflitto mondiale. I centri periferici si sottrassero con pi facilit


alle direttive romane, che invece almeno a giudicare dalla distribuzione
geografica degli opuscoli citati riuscirono ad imporsi maggiormente nelle
grandi citt. Il ricorso sistematico a formule che sacralizzavano la patria non
sembr pi qualcosa dintrinsecamente incompatibile con lappartenenza
ecclesiale. Lassimilazione degli stilemi nazionalisti nella ritualit cattolica
si protrasse ben al di l del 1912 e, oltrepassando il piano discorsivo, prese
forma negli arredi sacri. Lo evidenziano due esempi, differenti per natura ed
ubicazione. Nel dicembre 1911 fu diramato un appello per intitolare,
nellerigenda chiesa del S. Cuore a Bologna, una cappella a S. Pio V
immortale vincitore dellIslamismo ad intercessione della vittoria e a
suffragio perpetuo dei caduti. Lopera, inaugurata lottobre seguente, venne
finanziata da una colletta che doveva sostenere Duecento messe di requie
nel 1911-12 ed un legato perpetuo di messe pei morti nellattuale guerra e
possibilmente una messa quotidiana o pi per gli anni successivi107.
Sempre nel dicembre 1911, dopo un funerale ad Antignano (Livorno), il
can. Domenico Quinto Mariani lanci una sottoscrizione per apporre nella
cappella del cimitero una lapide per i figli degli Eroi delle Crociate e di
Lepanto, massacrati dalla barbarie nemica e morti pugnando per un santo
ideale, esempio di eroismo e di fede108. Il suo appassionato discorso fu
venduto a beneficio del ricordo marmoreo, tuttora esistente. Lepigrafe
scolp nella pietra la religione di guerra di tanti comuni cittadini, quello
stesso sentimento che di l a poco avrebbe animato lunion sacre del 191518, per poi sfociare nel connubio clerico-fascista: ANTIGNANO CRISTIANA E
PATRIOTTICA / RESTAURANDO QUESTA CAPPELLA ESPIATORIA / VOLLE
TRAMANDARE AI POSTERI / IL RICORDO GLORIOSO DEI PRODI FRATELLI / CHE
NEL 1911-12 COMBATTENDO CONTRO ORDE BARBARICHE / FURON
MASSACRATI DAL PIOMBO NEMICO / MA IRRADIARONO LE TERRE AFRICANE /
DEL SOLE DELLA CIVILT / E LA PATRIA BANDIERA DI GLORIA IMMORTALE /
MCMXII109.

107

Una cappella a S. Pio V per intercedere la vittoria e la pace ed a suffragio dei caduti, in
D, 7-8 dicembre 1911, p. 1; sulla vicenda cfr. Marcello Malpensa, Religione, nazione e
guerra nella diocesi di Bologna (1914-1918). Arcivescovo, laicato, sacerdoti e chierici,
RSCr III, 2(2006), pp. 385-387. Si trattava della terza cappella, a sinistra di chi guarda
laltar maggiore, nel presbiterio: cfr. Linaugurazione del Tempio al Sacro Cuore di Ges
e le onoranze al card. Svampa. Bologna 15, 16, 17 Ottobre 1912, Tip. arcivescovile,
Bologna, 1912, p. 31. A causa dei rimaneggiamenti subiti dalla chiesa, la cappella non
esiste pi nel suo assetto originario.
108
Cronaca della Citt. I cattolici livornesi e la guerra italo-turca, in F, 13 dicembre
1911, p. 2.
109
Domenico Quinto Mariani, I prodi di Tripoli e la Cappella Espiatoria dAntignano, Tip.
G. Fabbreschi, Livorno 1911, pp. 5-6 e p. 8. Ringrazio Giovanni Cavagnini per la
segnalazione.

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