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DOMENICA DELL'ORTODOSSIA O
DOMENICA la DEI DIGIUNI
DOMENICA DELL'ORTODOSSIA
COMMENTO - IL TRIDION
Alla santa icona del Signore dovuto perci il culto "relativo" che
spetta alla santa Croce. Alla divina Ipostasi del Signore, dovuta l'adorazione.
Nella santa icona del Signore noi contempliamo "come Egli adesso
, poich come Egli ci sta facendo". Nel suo Volto contempliamo la
Bont triadica indivisibile, cos che non esiste 1'"icona della Triade"
divina, ma del Volto del Signore che rivela e manifesta la Triade santa
consustanziale indivisibile vivificante.
Le Ore sante di questa Domenica per ci stesso insistono sui maggiori temi celebrativi, dei quali nell'omelia, nella mistagogia, nella
"lettura divina" della Parola, nel vissuto di fede occorre sempre tenere
conto:
- la Nascita preeterna del Dio Verbo Creatore, che non avviene come
quella umana con un "atto", bens atemporale, eterna;
- le divine Profezie che lungo tutta la Preparazione, l'epoca lontana
della Promessa, preannunciarono la Venuta del Verbo incarnato nel
mondo degli uomini;
- l'Incarnazione "storica", ossia l'intero Evento dalla Nascita fino alla
Croce e Resurrezione e Ascensione e Pentecoste e Venuta ultima,
come suprema, paradossale, indicibile "Condiscendenza" e degna
zione divina gratuita verso gli uomini, senza alcun merito di questi;
- Cristo Figlio del Padre, e Dio Creatore dell'universo;
- l'adorazione amante di Lui, la sua glorificazione effusiva quale Ico
na immacolata, contemplata nella sua "forma (morph)" e "impronta
(typos)", che si rappresenta nella sua "icona santa e venerabile";
- la gioia del creato, della Chiesa e di tutti i singoli fedeli per essere
stati salvati dall'eresia iconomaca, e poi da tutte le eresie, e per ave
re avuto il dono della fede immacolata, VOrthodoxia;
- l'empiet nefanda dei nemici violenti di questa fede;
- la martyria, la testimonianza di sangue di quelli che mantennero an
che per noi l'Ortodossia al momento della violenza iconoclasta;
- l'inconcussa riaffermazione della fedelt alla fede divina apostolica,
e la volont espressa di digiunare e fare penitenza, che fa vincere,
come i Padri per la fede vinsero lungo l'A.T., per poter cos giunge
re a celebrare la Resurrezione gloriosa.
In specie sulla gioia di oggi, la Chiesa si esprime con tutto un vocabolario, che biblico e che entrato profondamente nell'uso celebrativo.
Di tutto questo va tenuto conto nell'analizzare i testi della Divina
Liturgia di oggi, ma non solo di oggi.
DOMENICA DELL'ORTODOSSIA
1. Antifone
1) Si intercala l'invocazione Tdis presbiasts Theotkou.
- Sai 92,1, "Salmo della Regalit divina": oggi come sempre, il Signore appare nella sua Regalit e maest di cui si riveste, e con potente atto creativo rende saldo il cosmo abitato;
- Sai 105,2, "Supplica comunitaria": nessuno capace di narrare le
opere potenti del Signore, annunciare tutte le sue lodi;
- Sai 106,2, "Azione di grazie comunitaria": debbono adesso espri
mersi celebrando il Signore, quelli che furono da Lui redenti dalla
mano del "Nemico" degli uomini, e dunque anche direttamente "Ne
mico" del Signore.
2) Si intercala l'epiclesi Sson hms, Hyi Theo.
- Sai 106,8.32: "Azione di grazie comunitaria": i fedeli debbono celebrare (exomologomai) le Misericordie del Signore, ed i fatti stupefacenti operati in favore degli uomini; debbono esaltarlo nelVEkklsia del popolo santo, e dalla cattedra dell'insegnamento degli Anziani. il riferimento esplicito all'insegnamento dei Padri della Sinodo
di Nicea II e perci dell'Ortodossia;
- Sai 32,18, "Inno di lode", gli occhi del Signore stanno sempre su
quanti sperano nella Misericordia di Lui;
- Sai 101,21, "Supplica individuale": Egli che ascolta ed esaudisce il
gemito degli incatenati, per rimandare liberi i destinati alla morte.
3) Si intercala VApolytikion della Festa.
- Sai 68,35, "Supplica individuale": sono invitati a lodare il Signore "i
cieli e la terra", ossia l'universo intero;
- Sai 117,24, "Azione di grazie comunitaria": i fedeli debbono esulta
re e gioire in questo santo e fausto giorno;
- Sai 29,13, "Azione di grazie individuale": l'assemblea santa riaffer
ma la sua fedelt al Signore Dio "suo", che celebrer (exomologo
mai) per il secolo. In modo rinnovato dopo il trionfo dell'Ortodossia.
2. Eisodikn
Della Domenica.
3. Tropari
1) Apolytikion anansimon, del Tono occorrente.
2) Apolytikion della Festa, Tn chranton Eikna sou. la riafferma
zione della fede e della fedelt. I battezzati venerano l'immacolata
Icona del Signore, invocato come Buono, chiedendo il perdono delle
colpe, poich il Cristo Dio volle per divino Compiacimento e volonta869
COMMENTO - IL TRIDION
riamente salire con la sua carne sulla Croce, al fine di redimere dalla
schiavit del Nemico quelli che come Creatore aveva plasmato (cf.
Gen 2,7). Perci con azione di grazie i fedeli gridano a Lui che ha
riempito di gioia l'universo quale Salvatore, apparso tra gli uomini per
salvare il mondo.
3) Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
4) Kontkion: Te hypermch. lode ed acclamazione alla Madre di
Dio, quale invincibile Condottiera a cui vanno i vanti della vittoria, e
cos la sua Citt fedele, liberata dai pericoli, accredita a Lei, la
Theotkos, gli accenti della gratitudine. A Lei, che possiede la potenza
irresistibile, sale l'invocazione per la liberazione da tutti i pericoli, al fi
ne che questa Citt possa gridare a Lei il saluto dell'Angelo: Gioisci,
Sposa Semprevergine.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Dan 3,26.27, parte della "Preghiera d'Azaria" {Dan
3, 26-45).
L'inizio di questa Preghiera ureulogia, la benedizione biblica rivolta al Signore, il Dio che si scelse i Padri con cui stabil l'alleanza
inviolabile, poich il Nome suo degno di lode e glorioso in eterno.
Azaria riconosce (Stichos, v. 27) che nonostante l'oppressione dei suoi
fedeli da parte dei nemici, il Signore infinitamente Giusto, le opere
sue sono causate dalla sua Fedelt ("verit"), e le sue vie (comportamenti) sono sempre rette.
b)Ebr 11,24-26.32-40
II cap. 11 dell'Epistola costituisce la maggior parte della sezione IV
(11,1 - 12,13), dove questo capitolo (11,1-40) l'"elogio della fede dei
Padri" dell'A.T., e i vv. 12,1-13 la grande esortazione alla perseveranza necessaria ai fedeli del Signore Ges Cristo.
In 11,1 viene la famosa definizione della fede: " sostanza ihypstasis, ci che regge, che fa esistere) delle realt sperate, argomento
(legchos, dimostrazione) delle realt non viste". E quasi il titolo
dell'"elogio": "In essa (fede) infatti furono testimoniati (da Dio, dunque approvati) gli Anziani", che costituisce il plastico v. 2; mentre il v.
3 afferma che la fede fa conoscere che Dio cre il mondo con la sua
Parola (cf. Gen 1,1-3), e che l'Invisibile fa originare il visibile.
L'"elogio" parte da Abele, e prosegue con Enok, No, Abramo,
Isacco, Giacobbe (vv. 4-23). riservato a Mos un lungo sviluppo (vv.
23-28), seguito dai fatti dell'esodo fino alla conquista di Gerico (vv.
29-31). I vv. 32-38, senza nominare i personaggi, bene identificabili
per dalle allusioni, rievoca le traversie, le angosce, i pericoli, le per870
DOMENICA DELL'ORTODOSSIA
COMMENTO - IL TRIDION
(cf. Gdc 7,21; 1 Re (=1 Sam) 17,51; 2 Re (=2 Sam) 12,29; 1 Macc; 2
Macc), sbaragliarono gli accampamenti nemici (v. 34).
Nella loro fede, inoltre, le donne fedeli ricevettero "dalla resurrezione", ossia riebbero resuscitati i loro figli defunti (cf. 3 Re (=3 Re)
17,23, con Elia; 4 Re (=2 Re) 4,36, con Eliseo).
Nella fede irremutabile, altri si "lasciarono porre sui timpani", che
un orribile modo di tortura, come avvenne ai fratelli Maccabei (cf. 2
Mac 6,18 - 7,42), rifiutando la libert loro offerta, poich si attendevano
"migliore resurrezione", quella con il Signore (ivi). Cos la Chiesa apostolica mostra anche di mantenere intatta la memoria storica dell'A.T.
nei suoi innumerevoli fatti gloriosi, e perci la forte "coscienza storica",
qui sulla fede, che il filo che conduce la storia della salvezza al suo
adempimento negli uomini. E tra le persecuzioni subite, la motivazione
dell'attesa della resurrezione del tutto la principale (v. 35).
Anche senza affrontare la morte, tuttavia altri nell'A.T. subirono oltraggi e flagellazioni come "tentazione", e furono incatenati e tenuti in
carcere (v. 36) Per gli oltraggi, si pu vedere ad esempio quanto accadde ai profeti, a Geremia, ad Amos; quello che sub il popolo di Dio esiliato in Babilonia (cf. Sai 136), ed i reduci dall'esilio (cf. Nehemia). Per
i flagelli, cf. Ger 20,2; 37,15. Per la prigione, oltre la sorte di Geremia,
vi fu anche quella di Giuseppe (cf. Gen 39,20, ed iniquamente). Altri
fedeli furono lapidati (cf. 3 Re (=1 Re) 21,13; 2 Cron 24,21), altri segati
vivi (si diceva questo nella tradizione, di Isaia), subirono tentazioni di
ogni sorta contro la fede. Qui l'esempio pi celebre Abramo che deve
sacrificare il figlio unico Isacco, Gen 22. Altri furono uccisi di spada
(cf. 3 Re (= 1 Re) 19,30; Ger26,23; eMt 14,10).
Altri ancora furono costretti a vagare senza meta vestiti di rozze
pelli di pecora, o di capra (cf. 4 Re (=2 Re) 1,8; e Mt 3,4). Vissero privi
di tutto, tribolati, afflitti (v. 37). L'autore qui esclama commosso: "Di
essi non era degno il mondo!", pur essendo stati posti dal Signore nel
mondo per mediare la divina Misericordia. Molti di essi furono costretti
a vagare nel deserto, il luogo orrido del caldo e del freddo notturno, dei
nemici nascosti, delle belve, della miseria, della solitudine,
dell'abbandono, ma anche luogo dove si pu ritrovare il modo di stare
"a tu per tu" con il Signore (cf. 1 Re (= 1 Sam) 22-24; 3 Re (=1 Re)
18,4; 1 Macc 2,28-29; 2 Macc 5,27; 6,11), ed in monti (cf. Elia, in 3
Re (=1 Re) 19,1-18), ed in caverne (vedi testi delle citazioni subito prima di queste ultime), e a nascondersi sotto terra (v. 38).
L'elenco finora tracciato, di personaggi fedeli e delle traversie drammatiche della loro vita per mantenere intatta la loro fede, non per un
terrorismo spirituale, n per vittimismo languoroso, come capita in certa letteratura "pia", in certa agiografia dolciastra. per spiegare l'inizio
del capitolo: "Lapists, fede, sostanza delle realt separate, argomento
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DOMENICA DELL'ORTODOSSIA
dimostrativo delle realt non viste" mai (11,1), ed ancora per rendere
conto di quello che si chiamato "titolo" del lungo cap. 11, definito
giustamente "elogio della fede dei Padri" dell'A.T.: "Nella fede infatti
furono testimoniati (da Dio) gli Anziani", i Padri nostri (v. 2).
Ora, precisamente la fede dono indicibile della Grazia dello Spirito Santo, e nell'uomo "adesione d'amore a Cristo che chiama per s,
per il Padre e per i fratelli". Ecco perch la fede triadica in tutto il
suo genere. Ecco perch "senza fede impossibile piacere a Dio"
(11,6). Ed ecco perch Dio si compiace talmente di chi ha accettato la
sua fede come dono di grazia, che rende ad essi la sua "testimonianza", martyred, proprio mediante quella fede si pensi qui di nuovo
ad Abramo che per la fede e per l'amore che ha verso il Signore gli sacrifica l'unico figlio. Ora il testimoniare, martyred, e la testimonianza,
martyria, che significa anche eventualmente e sempre gloriosamente
accettare il sacrificio supremo, la martyria del sangue in genere posta in relazione cos: il fedele rende testimonianza a Dio. Molto vero.
Per la divina Rivelazione mostra che la martyria molto pi globale
ed estesa ed avvolgente:
- il Padre rende testimonianza al Figlio suo,
ed ai fedeli del Figlio suo;
- il Figlio rende testimonianza al Padre,
ed ai fedeli suoi davanti al Padre;
- lo Spirito Santo testimonia il Figlio ai fedeli suoi,
e testimonia questi fedeli al mondo della persecuzione;
- i fedeli testimoniano il Signore Ges,
a partire da Giovanni il Battista, poi gli Apostoli dopo la Pentecoste,
poi l'intera Ekklsia come tale e nei singoli fedeli,
fino alla fine.
Qui, Dio testimonia questi Padri nostri dell'A.T., senza cui noi
stessi non esisteremmo "nella fede", per cui Abramo il "Padre nostro
nella fede".
Ma il Disegno divino sapienziale preeterno ed imperscrutabile, dispone il fatto paradossale: dopo tante sofferenze e tribolazioni dei Padri,
questi non conseguirono nella loro esistenza Yepaggelia, la Promessa divina (v. 39). Paolo spiegher a chiare note che la Benedizione e la Promessa conseguite dai fedeli sono ottenute da Cristo Signore con la "maledizione" della Croce (cf. qui Dt 21,23: "maledetto chi sta appeso al legno!"), e sono lo Spirito Santo: Gai 3, 13-14. altrettanto ovvio che lo
Spirito di Dio il divino Signore della storia. Egli stesso conduceva l'intero corso della storia della salvezza lungo l'A.T. Ma l'A.T. disposto
come immane, mirabile "preparazione" per gli uomini, che "dovevano
abituarsi a vivere con lo Spirito Santo" (S. Ireneo).
Perch questo? Non pu sembrare eccessiva severit divina?
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COMMENTO - IL TR1DON
No, per la legge della "Riassunzione", la divina andlpsis. Sapientemente, Dio che testimoni gli Anziani dell'A.T., volle che non "fossero
perfezionati" (telei), resi perfetti, assunti nella Gloria, se prima non
fossimo venuti noi, i fedeli di Cristo, con la fede di Cristo Signore. Nella
sua infinita Bont dunque l'amore divino, che si dirigeva costantemente
sui Padri dell'A.T. fortificati dalla fede inestinguibile, guardava anche i
loro discendenti nella fede, i cristiani, avendo previsto e quindi disposto
"una realt migliore concepita per noi" (v. 40). La "consumazione" o
"perfezione" dei Padri antichi si ebbe quando il Signore Ges dopo la
Croce, discese indicibilmente con la sua Katbasis agli inferi per evangelizzare ai morti il suo Evangelo: "affinchquelli, giudicati secondo gli
uomini nella carne, adesso vivano secondo Dio nello Spirito" (1 Pt 4,6;
cf. anche 3,19, per i restii a credere).
Nella Riassunzione finale, il corteo biancovestito dei redenti forma
la folla innumerevole che segue l'Agnello Risorto nella lode eterna al
Padre, da ogni trib e lingua e popolo e cultura della terra, vere 12
Trib dell'Israele santo (cf. Ap 7, 1-17).
La memoria del Ristabilimento dell'Ortodossia, oggi, non pu andare
separata dalla memoria dei martiri dell'Ortodossia, che la pagina dell'Epistola agli Ebrei ha descritto per i tempi antichi, per la "fede retta" nel
Dio dell'Alleanza, e per i tempi posteriori, per la "fede retta" nel Verbo
Dio, l'Icona del Padre, contemplato nella sua "Icona santa e venerabile",
e adorato glorioso con l'innumerevole schiera dei "testimoniati" da Dio.
5. E VANGELO
a) Alleluia: Sai 98,6.7, "Salmo della Regalit divina".
il celebre Salmo che offre il v. 5, ma riletto con i vv. 3.5.9, come
testo dei "Versetti del Mattino" durante Yrthros. Nei vv. 3.5.9. viene
la triplice acclamazione "Santo Santo Santo!" come inIs 6,3 eAp 4,8.
Il v. (v. 6) rievoca Mos ed Aronne tra i sacerdoti fedeli del Signore, i
custodi integri della Legge santa, che l'Insegnamento santo donato
al popolo di Dio, e custodi dell'alleanza e del culto d'adorazione e di
sacrificio. E tra i potenti intercessori per Israele, oltre Mos ed Aronne, sta anche il sacerdote e profeta e giudice Samuele.
In specie (Stichos, v. 7) il Signore aveva promesso che se invocato,
avrebbe risposto dal santuario, nella caligine tenebrosa della Gloria che
insieme Lo nascondeva agli occhi profani, e Lo rivelava presente agli occhi devoti. Di l mostrava la sua Volont, e le vie per eseguirla, onde il
popolo vivesse nel "diritto e giustizia", ricolmo dei beni promessi.
b)Gv 1,43-51
II cap. 1 di Giovanni, si apre con il mirabile Prologo (vv. 1-18) do874
DOMENICA DELL'ORTODOSSIA
COMMENTO - IL TRIDION
DOMENICA DELL'ORTODOSSIA
COMMENTO - IL TRIODION
DOMENICA DELL'ORTODOSSIA
lomone, si dice che "Giuda ed Israele vivevano tranquilli, ciascuno all'ombra della sua vite e del suo fico, da Dan a Bersabea" (3 Re (= 1
Re) 5,5). Di qui l'espressione era diventata proverbiale, paradigmatica,
in specie nei Profeti:
a) Michea (sec. 8 a.C.) aveva preannunciato il raduno dei popoli a
Sion, dove il Signore aveva preparato il grande convito messianico,
e avrebbe donato da Sion la Legge e la Parola, avrebbe procurato la
pace totale, con le spade trasformate in vomeri e le lance in falci,
avrebbe abolito ogni guerra {Mich 4, 1-3), e questo "negli ultimi
giorni", quando
Si sieder uno sotto la vite sua
e sotto il fico suo,
e non esister chi metter terrore,
poich la Bocca del Signore delle Sebaotparl! (4,4);
b) Zaccaria (datazione discussa) aveva ripetuto che dopo il ritorno dal
l'esilio, con il sacerdote Giosu, il popolo, nonostante ogni contra
riet, il Signore, con intervento grande, avrebbe ricostruito il suo po
polo nella sua terra, con il suo santuario, avrebbe cancellata ogni ini
quit dalla faccia della terra, e all'ultimo:
Quel giorno - parla il Signore delle Sebaot! chiamer uno l'amico suo
sotto la vite e sotto il fico (Zacc 3,10),
ossia si sarebbe riformata la comunit di quanti attendevano l'Evento,
la Venuta;
e) questo era restato nella tradizione fino al sec. 2, poich ancora con
i Maccabei, sotto Simone, fu restituita la pace nella terra di Giuda; la
descrizione di quest'epoca idilliaca (1 Macc 14,1-11), nella gioia del
popolo (v. 10); Simone protesse gli umili ed i poveri, fu zelante della
Legge santa, rese glorioso il santuario di Gerusalemme ed il suo culto
(vv. 14-15), ed il "segno" di tutto questo fu che:
Ciascuno stava seduto all'ombra del suo fico, e
nessuno poteva terrorizzarlo (v. 12).
Pace, diventata pace interiore, attesa, diventata attesa messianica,
ossia affidamento nella divina Volont. quanto esprime anche Luca
con le espressioni ebraiche: Simeone uomo giusto e timorato, che attendeva la consolazione (parklsis) d'Israele, "e lo Spirito Santo stava in lui" (Le 2,25). Anna parlava del Bambino "a tutti quelli che attendevano la redenzione (lytrsis) di Gerusalemme" (Le 2,38). Si tratta di espressioni che indicano tutte l'attesa messianica.
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COMMENTO - IL TRID1ON
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gnore era la Sapienza e la Potenza del Padre (1 Cor 1,30), "il Figlio
del Padre" (Rom 1,1-4) e dunque il "Dio da Dio", l'Icona quale esclusiva rivelazione del Padre (Col 1, 15; 2 Cor 3,18 - 4,6).
L'Autore dell'Epistola agli Ebrei vi aveva aggiunto la nota dello
Splendore della Gloria ed Impronta della Sussistenza del Padre (cf.
Ebr 1,1-4), "il Figlio", l'Onnireggente con la Potenza della Parola sua,
che lo Spirito Santo (ivi).
Giovanni termina la rivelazione dell'Icona con la nota del Verbo
Dio, Verbo di Dio, Creatore, Luce, Vita, Esegeta unico del Padre, ma
nella sua umile Incarnazione (Gv 1, 1-18, spec. vv. 1-3.18.14).
Ecco l'Icona che in eterno adorano gli Angeli, e dopo la Pentecoste
tutti i fedeli del Signore Risorto, fino all'eternit.
Ecco il "Trionfo dell'Ortodossia": nel fatto in apparenza secondario
(per il monofisismo strisciante di tutte le epoche, con la conseguente
iconomachia permanente), quello della venerazione dovuta ali'"icona
santa e venerabile" del Signore, si riassume tutta la fede rivelata, tutta
la speranza, tutto l'amore dei fedeli.
E il culmine, la globalit intangibile della vita della Chiesa di Dio.
6. Megalinario
Oggi si celebra la Liturgia di S. Basilio il Grande, che comporta il
Megalinario Epi sichirei. un inno alla gloria del tutto singolare della
Theotkos: di Lei gioisce l'intera creazione, gli ordini degli Angeli e il
genere umano, nel titolo suo rivelatole dall'Angelo: Kekaritomn,
"fatta tutta grazia" (Le 1,28). Ella il tempio santificato dallo Spirito
Santo (cf. Le 1,35, rimando a Es 40, 34-38; Num 9,15-23; 3 Re (=1 Re)
8,10-11), e paradiso di delizie dello Spirito Santo, vanto verginale per
tutti i fedeli. Da Lei Dio si incarn (Gv 1,14), e si fece Bambino (Le 2)
mentre sussisteva quale Dio Eterno nostro. Infatti il seno verginale di
Lei fu eletto da Lui quale "Trono della Sapienza" (Sap 9,10), e si manifest come "pi ampio dei deli", che non possono contenere Dio (cf. 3
Re (= 1 Re) 8,27). Per tutto questo di Lei, la Kekaritomn, gioisce l'intera creazione, e il popolo fedele acclama: "Gloria a Te!". Vedi anche il
Sabato santo e grande.
7. Koinnikn
Della Domenica.
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COMMENTO - IL TRID1ON
stasi, non della "natura". Per cui necessario, e deve essere netto, ammettere la distinzione tra la Theologia come Mistero divino inattingibile, incomprensibile ed indicibile, e la divina Oikonomia della Rivelazione e della storia salvifica. In conseguenza, nel "personalismo" divino affermato con estremo vigore la necessaria distinzione reale, senza
separazione, in Dio tra l'Essenza divina superessenziale, inaccessibile,
non comunicabile, incomprensibile totalmente ad ogni sostanza creata,
e le Energie divine increate, che sono Dio, in quanto per indicibile ed
eccessiva Sygkatbasis, la Condiscendenza, si comunica efficacemente
alle creature per quanto queste possano ricevere.
La cristologia palamita derivata in via diretta dalla Scrittura, ed
insieme la continuazione fedele della linea della Tradizione dei Padri,
in specie i Cappadoci, S. Cirillo d'Alessandria e S. Massimo il Confessore, ma alla luce delle grandi Sinodi come Efeso e Calcedonia. Cristo
Signore l'unica Ipostasi divina che sussiste tutta e per intero come
Dio e come Uomo, ossia nelle sue due ousiai, divina ed umana, ed insieme contemplato cos, che come Uomo vero, deificato dalle divine
Energie dello Spirito Santo, l'unica Fonte inesauribile delle medesime Energie, nell'indivisione dalla sua Divinit. In forza del battesimo e
dei Divini Misteri (insistenza massima su questi due Misteri), il Signore Ges fa dei suoi fedeli, per il Dono dello Spirito Santo, 1'"unica carne, l'unico Corpo vivente" (cf. Efes 6,3, testo insistito). Precisamente
perch, incarnandosi, il Figlio Monogenito pot finalmente "fare della
carne la Pg, la Fonte inesauribile della santificazione". Il tipo e l'espressione singolare di questo rapporto divinizzante quello nuziale,
dello Sposo divino con la sua Sposa santa e diletta, la Chiesa dei fedeli.
Per la mariologia, vedi l'annotazione finale al 31 Agosto.
L'acuto e sofferto senso della vita ecclesiologica induce S. Gregorio a concepire ed esprimere ogni suo pensiero in funzione della Chiesa, la Sposa e la Madre, "il Paradiso in terra" (tema caro ai Padri dei
primi 3 secoli), dove realmente, nella visibilit concreta della Chiesa
locale, "ciascuno porta tutti" gli altri fratelli, con ogni loro carico. Il
dinamismo della Chiesa opera soprattutto nella celebrazione dei divini
vivificanti Misteri, in specie quindi nel segno visibile dell'assemblea
domenicale, e nella seguita pratica degli altri Misteri. Da questa sensibilit, sono esclusi gli eccessi dell'individualismo (egoismo spirituale,
anche come influsso gi antico del neoplatonismo attraverso i canali
origenisti, evagriani e pseudoareopagiti), e della vaga pratica di virt
personali, che si rifiutano di convergere alla comune crescita.
Grande l'insistenza di S. Gregorio sui Misteri comunitari, luoghi
della Grazia divina. Soprattutto per, come anticipato, sul battesimo e
sui Divini Misteri. Ricevuto dall'uomo come immagine che recupera
la somiglianz di Dio che carit e santit, il battesimo ilphtisms,
COMMENTO - IL TRIOD1ON
COMMENTO - IL TRIDION
14
e
a
di
1,10-2,3
L'Epistola agli Ebrei, come si disse (vedi Domenica precedente) si
compone di un'introduzione (1,1-4), di una conclusione (13,20-21 e
13,19.22-25), e di 5 parti. La Parte I si estende da 1,5 a 2,18, e tratta
del Nome che il Figlio di Dio ottenne, ben altro che quello, pur grande, degli Angeli del cielo.
Lapericope presente (1,10 - 2,3), che ricorre anche nell'Ora 6 a 24
Dicembre, si pone dunque per intero nella parte 1.1 vv. 5-9, per dimostrare "il Nome ben differente" in confronto degli Angeli, che il
Figlio "eredit" (v. 4), citano una serie di testi dell'A.T.: Sai 2,7; 2 Re
(= 2 Sam) 7,14; Dt 32,43; Sai 98,7; 103,4; 44,7-8. La serie giunge fino a 1,14.
Il v. 10 infatti con i vv. 11-12 riporta un tratto della "Supplica individuale" Sai 101,26-28. Il Salmista contempla le opere della divina
creazione, ed anzitutto quella che dette stabilit permanente alla terra,
mentre le Dita di Dio elaboravano il cielo, tema questo che ricorre anche nei Sai 8,4; 18,2; 143,3. Il Dio Creatore creava tutto questo assolutamente fuori della sua Essenza eterna, dunque non "emanava" materia (v. 10, che cita Sai 101,26), la sua trascendenza e la sua preminenza rispetto alle opere create sono invalicabili. Cos anche la trascendenza e la preminenza del Figlio di Dio rispetto a tutte le creature.
Tant' vero che tutte esse periranno irrimediabilmente, mentre il Dio
Creatore sussiste in eterno. L'immagine che il Salmista usa qui per le
creature contingenti e peribili una veste, che per quanto robusta e
sontuosa, destinata all'irrimediabile invecchiare (v. 11, che cita Sai
101,27ab); la loro fine dipende dal limite fissato dal Signore, il quale
allora far scomparire il cosmo creato come si ripiega un mantello,
che perde la sua superficie avvolgente, e lo muter irrimediabilmente
di consistenza, di sostanza, di esistenza (v. 12a, che cita Sal 101,27c).
Mentre al contrario il Signore sussiste in eterno come se stesso, il Medesimo, senza alcuna mutazione qualitativa e quantitativa. Il suo eterno esistere, anche se ingenuamente dagli uomini che non hanno altro linguaggio fosse computato in "anni", non verr mai meno (v.
12b, che cita Sa/ 101,28).
Cos del Figlio, come del Padre. Questo Figlio Unico ha una dignit senza pari, propriamente sussiste nella sua divina essenza, anche
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COMMENTO - IL TRIODION
se visto come Uomo (al v. 1,4, il Sacerdote che purific gli uomini
per sempre). E questo si rivela dalla Parola onnipotente del Padre, il
quale mai rivolse agli Angeli, neppure ad uno di essi, l'invito regale:
"Siedi alla Destra mia, finch Io ponga i nemici tuoi come sgabello
dei piedi tuoi" (v. 13, che cita Sai 109,1). Tale testo di importanza
fondamentale per chi legge l'Epistola, poich l'autore mostra qui che
il Figlio ha la dignit di Re messianico divino, che realizza l'oracolo
del Sai 109,1. Ma questa anche la preparazione per mostrare la sua
dignit impareggiabile di Sommo ed unico Sacerdote del Padre, che
sar manifestata in 5,5-6 citando anzitutto l'altro oracolo della divina
Paternit di Sai 2,7: "Figlio mio tu sei, oggi Io ti ho generato" (5,5),
poi raddoppiando con la citazione di Sai 109,4, un altro oracolo divino: "Tu sei Sacerdote in eterno secondo l'ordine di Malkisedeq" (5,6).
La differenza incomponibile di essenza tra il Figlio di Dio e gli Angeli, oltre che da questi oracoli, deriva in se stessa dalla semplice considerazione che nella Santa Scrittura gli Angeli di Dio invariabilmente, siano essi spiriti incorporei, siano elementi della natura come i fulmini, sono leitourgikdpnumata, ossia "spiriti liturghi", creati appositamente dal Signore per svolgere la "liturgia - opera in favore del popolo" lungo la storia della salvezza. Precisamente, a favore, come
diakonia, servizio dove sono "inviati" (apostellmena) in vista di
quelli che stanno per "ereditare la salvezza" (v. 14), e cos diventare i
coeredi dell'Unico Erede, il Figlio (cf. 1,2).
Proseguendo nel cap. 2 a presentare questo Nome divino ereditato
dal Figlio, l'Autore rivolge la sua esortazione pressante (dei, si deve
secondo la Volont divina) ad attendere con molto maggiore attenzione
ed impegno (perissotrs, pi abbondantemente) alle realt ascoltate
dalla predicazione apostolica, al fine di non "scorrere fuori" (pararrh), ossia di non farsi trascinare al di l della via tracciata verso
l'eredit della salvezza (2,1).
L'argomentazione qui rievoca un tratto suggestivo della tradizione
ebraica. La Legge antica fu donata ad Israele come "Parola parlata"
mediante gli Angeli, perch il Signore nella sua Trascendenza inaccostabile, e del resto non autoabbas sabile. Ora, quella Legge era efficace e stabile (bbaios), ed inoltre ogni trasgressione e disobbedienza
ad essa ricevette la giusta ricompensa punitiva (2,2). L'argomentazione prosegue con il tratto rabbinico "dal minore al maggiore": se cos
della Legge antica, allora noi, che ricevemmo "cos grande salvezza",
quella definitiva, se la trascuriamo, come fuggiremo la giusta punizione? (2,3a). Poich la salvezza prese il suo principio efficace nel fatto
che fu annunciata (lal, per s: parlata) non dagli Angeli, bens dal
Signore stesso, e da quelli che ebbero la fortuna di ascoltarla, gli Apostoli, fu anche confermata a favore nostro (2,3).
894
.
Matteo; 5a
e 13a
b) Me 2,1-12
L'Evangelista Marco intitola il suo scritto dal genere letterario che si
chiama euagglion, la "novella regale", ossia l'annuncio che il re inviava per avvertire della sua amabilit verso il popolo e della sua concreta
volont di beneficarlo. Il Sovrano divino infatti ha inviato come "suo
Evangelo" lo stesso Figlio suo con lo Spirito Santo. Si legge questo gi
come apertura: "L'Inizio divino che l'Evangelo annunciato Ges
Cristo Figlio di Dio". Si pu interpretare cos Me 1,1.
Ma l'Evangelo l'annuncio anche "esterno", proclamato. E perci
a Ges, l'Annunciatore, donato lo Spirito Santo al Battesimo (Me
1,9-11). Da Lui proclamato il tempo compiuto, il Regno venuto,
chiamando alla conversione ed all'ascolto di fede dell'Evangelo (Me
1,14-15). Cos la missione battesimale, il ministero di Messia divino
d'Israele, si compendia nella Potenza dello Spirito Santo per l'annuncio dell'Evangelo, per le opere della carit di questo Regno venuto tra
gli uomini per riportarli al Padre, e per il culto di lode e di azione di
grazie e di supplica al Padre.
Di fatto Marco, che non riporta se non in sintesi i grandi discorsi
invece proprii di Matteo e di Luca, che redige solo poche parabole
(contenute nel cap. 4), al contrario dell'esuberante ricchezza degli altri
due Sinottici, concentra la narrazione sul Signore come annunciatore e
operatore di miracoli potenti. Nei cap. 1-2 Marco mostra l'alternarsi di
Evangelo, guarigioni e preghiera (cf. qui 1,35) come attivit del Signore. Dunque il Signore presentato come Sacerdote e Profeta e
895
COMMENTO - IL TRIDION
Maestro e Re che riconquista il Regno al Padre, e come Sposo messianico (cf. 2,18-23), nella pienezza dei titoli divini e messianici, e nello
svolgimento delle funzioni numerose che derivano da ciascun titolo, e
da tutti essi posti insieme nella divina Persona di Ges Cristo.
Lo scopo immediato e finale del Signore questo: recuperare tutti
gli uomini al Regno, e ciascun uomo a se stesso, e quest'ultimo tratto
significa in ciascun uomo, creato ad immagine e somiglianz di Dio, il
recupero della perfezione dell'"icona" secondo il divino originario Disegno, quello tracciato in Gen 1,26-27, e 2,7 con il Soffio divino dello
Spirito di Dio. Quel Disegno, e solo quello decretato dall'eternit, il
Padre attua, anzitutto nell'Umanit del Figlio, che Marco mostra alla
fine "assunto al Cielo ed intronizzato alla Destra di Dio" {Me 16,19),
ormai Icona eterna. E poi durante la Vita terrena del Figlio Sacerdote
Profeta Re Sposo, e tuttavia Servo sofferente venuto a redimere gli uomini nell'abbassamento estremo del servizio {Me 10,45 lgion che rimanda al 4 carme del Servo sofferente, Is 53,10-13).
Cristo Icona del Padre dunque restituisce agli uomini l'esemplarit
dell'icona redenta. Il modo, pazientemente perseguito, ristabilire in
essi l'integrit della persona, le funzioni e facolt create, quelle intese
dal Signore Creatore come idonee a "fare l'uomo" ed a porlo cos alla
divina Presenza. Ora, un uomo malato, depresso, impedito nelle sue
funzioni, prigioniero della malvagit ossessiva del Maligno, "il Nemico" del genere umano, un uomo morto prima del tempo, e poi gli uomini dispersi e non raccolti in unit adorante: tutto questo l'orribile
contrasto con il Regno della salvezza che vuole divinizzare l'icona di
Dio. Si ha in qualche modo Tanti-regno, il dominio del Male personificato, che si pone in terrificante contrasto con il Disegno divino, e di
fatto vuole annullare gli uomini.
Il Vittorioso Sovrano, Cristo Signore, viene a riprendersi gli uomini
per il Regno, e nel Regno come uomini integri li reintegra. Le guarigioni ne sono il "segno" miracoloso e potente. Il Re misericordioso sta
qui, opera, prosegue fino al sigillo della sua opera, la Croce, per il Dono finale dello Spirito Santo.
Un paralitico come il "tipo" dell'uomo impedito, reso schiavo del
male che ne annulla le capacit di autonomia e di relazione, di lavoro
e di inserzione nel consorzio civile, di compiere anche le devote opere
del culto divino, come salire a Gerusalemme "tre volte" l'anno (cf. Es
23,14, la prescrizione generale della Legge santa), assistere e partecipare al culto sacrificale, assistere e partecipare al culto sabatico sinagogale, dove ogni Israelita poteva ricevere il rotolo della Santa Scrittura da proclamare al popolo (cf. Le 4,15-20) e procedere anche all'omelia edificante (cf. Le 4,21). Un uomo cos, perduto per il Regno di
Dio. un'icona gravemente deturpata e quasi perduta. Va riconquista896
COMMENTO - IL TR1ODION
Allora avverr:
prima che essi chiamino, Io risponder,
Io li esaudir mentre essi ancora parlano (Is 65,24),
testo grandioso, incredibile, inimmaginabile per chi crede che Dio non
sappia, che attenda di essere informato sulla necessit dei suoi figli diletti per muoversi, e che si muova talvolta e neppure sempre. Testo
che rimanda anche al Sai 138,4; per il N.T., nel contesto immediato
del "Padre nostro", aMt 6,8; nel contesto generale della preghiera dopo l'Ascensione, a Gv 16,26; e per l'amore totale, conglobante del Padre per tutti i figli all'altro mirabile tratto apostolico:
Noi dobbiamo amare (agap),
perch Egli per primo ci am (agap) (1 Gv 4,19)
Se si dovesse dire che il paralitico ed i suoi portantini conoscessero
questo lucidamente, si dovrebbe restare in discreto dubbio. Essi per
"hanno fede" (pistis), che di tutto questo il sunto che porta al totale
affidamento.
La parola del Signore qui per non di quelle che soddisfino. Si
chiede a Lui una guarigione da un male terribile, che impedisce ad un
uomo di essere un uomo nella sua validit, e si sente una formula d'assoluzione dai peccati veramente non richiesta, almeno non richiesta come prima istanza. E di fatto stavano l con Lui alcuni esperti della Legge, seduti e interpellanti certamente il Signore su questioni della fede,
interroganti e rispondenti. Quando sentono quella parola essi discettano
(dialogizmenoi) dentro di loro, e certo bisbigliano tra essi: "Perch
questo cos parla con fatti ingiuriosi (blasphm(ai)T Ossia, nei riguardi
di Dio parla contumelie, poich "chi pu rimettere i peccati se non il
Dio Unico?" (v. 7). La contestazione tutto sommato perfino giusta e
retta: solo il Dio Unico, l'unico offeso da ogni peccato degli uomini, rivolto a Lui o ai fratelli, nella sua Misericordia infinita, non deve, ma
pu, e quando sa che giusto, rimandare perdonati i peccatori. Solo
che i mormoratori non tengono conto di "questo" che sta l davanti ad
essi, placido, sicuro, mite e buono. Che questo l'Unico Dio, il Misericordioso, che scruta i cuori e le reni (cf. Sai 7,10), che si assunta ogni
sofferenza degli uomini per distruggerla, come aveva preannunciato il
Profeta sul Servo sofferente (Is 53,4) e come i discepoli poterono largamente constatare (Mt 8,17, che cita quel testo di Isaia).
E per Ges nello Spirito Santo subito "conosce a fondo" (epiginsk) che quelli "discettano" (dialogizomai) rosi dal dubbio, e pi ancora dalla gelosia e zelo verso l'Unico Dio, e parla ad essi: "Perch tali
fatti discettate (dialogizomai) nei cuori vostri?" (v. 8). I cuori sono
stati creati per la fede, come quella del paralitico e dei suoi portantini.
Non per pensieri diffidenti verso la divina Misericordia che adesso si
manifesta in atto, operando quanto aveva disposto dall'eternit per il
bene degli uomini. Perci questa Misericordia si rivolge a questi altri
figli maldisposti con un'altra domanda, non pi difficile ma certo pi
complessa: pi facile forse rimettere i peccati del paralitico, poich
voi dite che questa un'azione propriamente ed esclusivamente del
Dio Unico, o pi facile dirgli la formula della guarigione: "Sorgi, e
prendi il lettuccio tuo, e cammina"? (v. 9).
Un fedele del tempo di Ges, si attendeva il Regno, quando per la
grande remissione delle colpe il Signore avrebbe inviato il suo Re
"unto" di consacrazione, il quale avrebbe portato la prosperit con la
pace, e la sanit ed integrit. Era perci difficile rispondere alle due
domande in alternativa contrapposta. Si trattava di due promesse, che
attendevano ambe la loro realizzazione. Per la Legge offriva il mezzo
di "affliggere le anime" pregando per "espiare" o "lavare" le colpe,
ossia il sistema sacrificale. Sia quello della liturgia nazionale annuale
del Kippr (cf. Lev 16, il rito; v. 29 1'"afflizione delle anime", o penitenza espiatoria; v. 30 la formula "e voi sarete purificati da tutti i vostri peccati davanti al Signore"); sia quello "privato" (cf. Lev 4, "per il
peccato"; cap. 5, "per le colpe"; 6, 17-23, ancora "per il peccato"; 7,110, "per l'espiazione", da leggere "purificazione"). Invece, rimedi
contro i mali fisici, ossia interventi miracolosi, erano stati rari, come la
guarigione del re Ezechia operata da Isaia (cf. 4 Re (= 2 Re) 20,1-11),
oppure quella di Naaman siro operata da Eliseo (cf. 4 Re (=2 Re) 5,118). Forse, era pi facile rimettere i peccati.
Non sembra che i mormoratori si sentano di rispondere. Ges prosegue mostrando che rimettere i peccati e guarire i corpi si trovano
sul medesimo piano non per l'importanza che spetta al primo fatto e
non al secondo, bens perch provengono dalla medesima Persona.
Quelli stanno davanti al Figlio dell'uomo, che dal Signore eterno
incaricato ed inviato con l'intero potere salvifico su tutti gli uomini
(cf. Dan 7,13-14; e la Domenica precedente a questa), dunque sia sulle
anime, sia sui corpi, essendo Egli del male universale, di ogni recesso
di questo, l'unico vero e potente e andrgyros Medico. Ma quelli ancora
non lo sanno.
Perci Ges si rivela con una formula misteriosa, che rivela e nasconde la potenza e la gloria: "Al fine che (ormai) sappiate che il Figlio dell'uomo ma questo per un Ebreo poteva anche suonare: "un
uomo qualsiasi" ha il potere (parte dunque della psa exousia di
Dan 7,13-14, di nuovo rivelata in Mt 28,19, dopo la Resurrezione) di
rimettere i peccati sulla terra" (v. 10), adesso si rivolge al paralitico
che sta teso ad ascoltare il suo destino, e forse ancora non l'ha com899
COMMENTO - IL TRIDION
preso del tutto, e gli parla: "A te Io parlo: suscitati e prendi il giaciglio
tuo, e recati a casa tua!" (v. 11).
"geire, suscitati!" l'imperativo da egir, svegliarsi, risvegliarsi. Ges ha usato qui il verbo semitico 'r (ebraico), 'r (aramaico),
tradotto con egir giustamente. Ha ordinato: Svegliati, come dal sonno di morte! Non ha detto: Alzati dal lettuccio, altrimenti Marco
avrebbe tradotto con anistmi, anistn. Certo, egir, anistmi ed
anistn sono i verbi classici della "resurrezione". Ma Ges allude allo stato di "sonno" e torpore del paralitico, che sta fuori della vita degli svegli e attivi. Senza dimenticare che "sonno" biblicamente indica
sempre una condizione di lontananza da Dio, anche di impurit come
diaframma da Dio.
Al paralitico Ges ordina perci di "svegliarsi" alla vita. H v. 12
mostra l'obbedienza puntuale, nella gioia che possiamo immaginare
come incontenibile da parte del guarito e degli amici: euths, subito,
quello "risvegliatosi" finalmente, si pone in azione. Sta in piedi, e si
china a riprendersi il krdbbatos, il suo misero giaciglio, "e usc davanti
a tutti" (v. 12a). Questo "svegliarsi per andare" per anche il verbo
tecnico per indicare che " risorto, rinviato in pace" colui a cui furono gi rimessi i peccati. Il perdono divino "assoluzione", ossia
"scioglimento" totale delle potenze malate dentro, quelle che rendono
l'uomo paralizzato dal peccato. Mirabilmente questo coincide anche
con lo "scioglimento" delle potenze che paralizzano il fisico. Qui un
medico specialista, ma senza chiedergli di fare il teologo, potrebbe
spiegare molte questioni su quel povero sistema nervoso disfatto, e come funzioni prima del male, durante il male, dopo la guarigione. E del
resto, certa "scienza" moderna dei biologi e medici e chimici lo sa bene, per aver inventato, conoscendo cos bene la delicatezza dell'organismo umano, il "gas nervinico", che in guerra deve "paralizzare" il
nemico, che cos pu essere annientato.
La conclusione dell'episodio si concentra non sui "discettatori",
bens sui presenti in genere. Assistere al fatto strepitoso, l'assoluzione
dai peccati e la guarigione del paralitico, "li fece uscire da s", come
esprime il verbo existamai (medio di existmi), ossia, "tutti strabiliarono". la sorpresa, la meraviglia davanti all'inaudito ed all'inascoltato,
davanti al Divino che sta qui. E ogni buon Ebreo allora reagisce nel
solo modo che i Padri gli insegnarono: glorificare Dio che cos aveva
operato, ribadendo questo con il "Mai cos vedemmo!" (v. 12b). Glorificare Dio: poich Ges ha operato in modo che il riconoscimento si
concentrasse tutto sul Padre suo.
Ecco dunque l'opera del Regno, operata dal Re divino: ad un suo
fratello povero e piccolo e senza nome, ma il cui nome stava scritto
davanti al Padre, con tanti altri (cf. Mt 6,32), restituire se stesso come
900
icona di Dio redenta e nel pieno delle sue facolt spirituali ed anche fisiche; restituirlo alla famiglia sua, al popolo suo, all'assemblea liturgica di questo popolo santo, e inscriverlo nell'anagrafe del Regno.
Ma la Chiesa Sposa del Signore e Madre di tenerezza verso tutti i
figli suoi, non opera proprio cos? Al Sabato santo e grande, quando
ha inizio la mirabile Veglia della Resurrezione del Signore, non battezza i suoi catecumeni (adesso, anche in altre occasioni)? Non ha pregato per questi figli che sta per partorire nel dolore, non li ha segnati
con la Croce santa, non li ha unti con le prime unzioni, non li ha esorcizzati, non li ha aiutati a purificarsi, -a prepararsi al grande e primo ed
ultimo perdono dei peccati nell'immersione della Morte del Signore
per l'emersione nella sua Resurrezione, e per diventare sede dello Spirito Santo inabitante, ed abilitarsi al sacerdozio del popolo di Dio, e
nutriti all'indicibile e trasformante Cena del Signore, e ad inscriverli
come nuovi cittadini della Politela di Dio, l in alto con gli Angeli, insieme con la Theotkos e gli Apostoli ed i Martiri ed i santi Gerarchi,
e con tutti i giusti e beati?
E allora, proseguendo il ministero del suo Signore e Sposo, la Chiesa
non ottiene precisamente la perfezione dell'"icona di Dio" a ciascuno di
questi figli? Non li libera dalla "paralisi" spirituale, il male della morte
intcriore, l'impedimento a procedere sulle vie di Dio, e ad operare con
mani tese alla carit? Non li ha sottratti ad ogni impedimento segnato
dalla "dipendenza" dagli altri, in modo che ciascun figlio della Chiesa
sia anche "autonomo" davanti al Signore ed ai fratelli?
Per questo, e per altro che forse non sappiamo comprendere, la pericope del Paralitico sta inserita mirabilmente nella struttura celebrativa della Quaresima. Un "itinerario" per i fedeli riconoscenti di non
essere pi "paralitici", e per i catecumeni che via via sono portati a
comprendere la loro misera condizione, la loro guarigione, la loro immensa dignit di figli di Dio guariti da ogni male, e condotti finalmente
con la Chiesa a "glorificare Dio".
6. Megalinario
YEpisi chirei, vedi Domenica precedente.
7. Koinnikn
Della Domenica.
901
- Sai 45,11, "Cantico di Sion": il Re della gloria, il Sovrano divino annuncia che sar esaltato tra i popoli, in mezzo alla terra, sulla Croce
che diventa visibile a tutti gli uomini.
3) Si intercala ad ogni Stichos il Tropario della Croce, Sson, Kyrie,
tn lan sou.
- Sal 98,5, "Salmo della Regalit divina": i sacerdoti esortano il popolo dei fedeli ad esaltare il Signore, Dio dell'alleanza, e ad adorare lo
Sgabello dei suoi Piedi, la santa Croce. anche Y Eisodikn del 14
Settembre, e fa parte dei "Versetti del Mattino" neYrthros;
- Sai 27,9, "Supplica individuale": la "supplica epicletica per la na
zione", che chiede a Dio di salvare questo popolo suo, e di benedirlo
come Eredit sua, e di pascerlo e di esaltarlo "fino al secolo", ossia
in eterno.
2. Eisodikn
Della Domenica.
3. Tropari
1) Apolytfkion anastsimon, del Tono occorrente.
2) Apolytfkion della Croce: Sson, Kyrie, tn lan sou, vedi qui sopra;
il Tropario si compone del Sal 27,9a, e aggiunge: "dona la vittoria ai
regnanti contro i barbari (gli invasori dell'impero cristiano), e con la
Croce tua proteggi la tua Cittadinanza" fedele.
3) Del Santo titolare della chiesa.
4) Kontkion: T hypermch, vedi Domenica dell'Ortodossia.
4. Il Trisgion
sostituito dal Tropario Tn Staurn sou proskynomen, Dspota.
Come avviene per il 14 Settembre. Al Sovrano si acclama adorando la
sua Croce, e glorificando la sua Resurrezione. I due eventi sono congiunti inscindibilmente.
5. Apstolos
a) Prokimenon: Sai27,9.1, "Supplicaindividuale".
^
vedl
e icorre anche nella Domen ca
Fa parte dell'Antifona 3U,
***> r
i prima del 14
Settembre. Il canto supplica la salvezza e la benedizione per il popolo
"tuo", dell'alleanza fedele del Signore, che anche eredit "tua". E
torna all'inizio del Salmo {Stichos, v. 1), poich l'Orante da sempre ha
gridato al Signore Dio suo, e solo a Lui rivolgendo ogni supplica, come
avviene oggi contemplando la santa Croce.
903
COMMENTO - IL TRIDION
COMMENTO - IL TRIODION
COMMENTO - IL TR1DION
COMMENTO - IL TRIODION
privazione, di sofferenza, di minor godimento. Nel secondo caso, lasciarsi operare dalla "propria croce", che il riflesso potente della
Croce del Signore; amare "perdutamente" il Signore-Evangelo con
tutta la realt che Egli viene a portare per il bene degli uomini. dunque "la salvezza", verbo sz. Che "la condizione dove tutti hanno
tutto e a nessuno alcunch manca mai" da parte di Dio.
Cos il Signore insegna che l'uomo caduco, fallace, contingente. Da lui nulla di buono pu risultare, se non gli indotto dalla
Grazia divina. La salvezza eterna impossibile all'uomo solo, anche
fosse il pi umanamente perfetto. Essa possibile solo a Dio, che la
dona e deve essere accettata. La condizione unica, chiudendo il circolo, la Croce.
L'inanit assoluta dell'uomo, anche del fedele, in ordine alla sua
salvezza un dogma di fede, un assoluto anche dell'A.T. La scelta di
testi qui impressionante. Per citarne solo alcuni, in un certo ordine,
si veda quanto alla conquista della terra promessa, operata solo dal
Braccio potente del Signore, Dt 4,5-8; poi 7,7-10 per la scelta di un
popolo immeritevole; 8,17, testo classico, e 9,4, parallelo di questo;
Gios 24,12-13; quanto alla difesa del popolo dai nemici nella sua terra
stessa baster qui memorare la vittoria di Gedeone con 300 soldati disarmati (Gdc 7,1-8 la scelta dei 300; in 7,16 - 8,21 la vittoria); per l'inanit della forza militare senza l'aiuto del Signore, Sai 32,16-17; per
l'assistenza al popolo santo dall'esodo al momento presente, poich
esso da solo nulla pu, Sai 43,4-8; per la salvezza di questo popolo solo per l'intervento divino nei momenti difficili della sua esistenza, Os
1,7; per la vittoria di Zorobabele solo, ad opera dello Spirito di Dio,
Zacc 4,6.1 fedeli del Signore sanno dunque che debbono confidare solo
in Lui, ed affidarsi a Lui.
Ges per prosegue nella sua considerazione, riassumendo il fatto di
voler "salvare la propria anima". Ogni pi grande successo, addirittura
guadagnarsi, acquistare, conquistare "il mondo intero" ma coestensivamente "danneggiare" (zmi) irreparabilmente la propria anima, "a
che giova?" (v. 36). Il Signore insiste con una domanda analoga di valore positivo-negativo: "Che dar l'uomo per riscatto dell'anima sua"?
(v. 37). Questa una citazione del Sai 48,8, dove si dice che l'Orante
non teme nel giorno a lui contrario, neppure dell'iniquit che lo circonda, di quelli che confidano nella loro potenza e si gloriano delle grandi
loro ricchezze (vv. 6-7), poich nessun fratello capace di redimere il
fratello, non potr mai offrire a Dio il prezzo per ottenere la propiziazione, n il prezzo del riscatto redentivo della sua anima peccatrice (v.
8). Nulla viene dall'uomo se gi prima non venuto a lui da Dio. E da
dove mai l'uomo trarrebbe risorse per entrare nell'eternit?
Ma procurarsi da s la propria giustificazione, guadagnarsi da s
911
COMMENTO - IL TR1D1ON
le, rimanda direttamente all'operazione divina che avviene dall'iniziazione cristiana in poi. L il catecumeno stato immerso nella Morte
del Signore per la sua Resurrezione (cf. Rom 6, e il Sabato santo e
grande). E da l comincia o meglio prosegue il suo autorinnegarsi, il
portare la "sua croce", il seguire fedelmente il Signore, il perdere la
propria anima, il rinunciare ali'autogiustificazione, il confessare il Signore davanti a "questa generazione adultera e perversa" che ciascuno
incontra davanti a s. E l comincia a gustare la santa Mensa che il
Regno venuto con gloria tra gli uomini.
I catecumeni sono via via assuefatti a queste realt, poich anche
essi diventeranno icone redente. Anche essi infatti accettano l'assimilazione a Cristo Crocifisso nel dolore ma Risorto nella gioia.
7. Megalinario
YEpisi chirei della Divina Liturgia di S. Basilio il Grande. Vedi
la Domenica dell'Ortodossia.
8. Koinnikn
, . .
v ., ., ,
il Sai 4,7, parte dell'Antifona la, e che S1 ntrovera ll U Settem-bre. In
questa celebrazione, nella partecipazione ai divini immacolati
trasformanti Misteri di oggi, nella contemplazione della Croce del Signore, si levata questa Croce quale "segno" di misericordia su noi,
manifestando la Luce del Volto del Signore, che attraverso i Misteri
discende ad illuminare i nostri cuori, la nostra esistenza, la nostra stessa croce che ricevemmo al battesimo e che portiamo senza mai deporla, ma sorretti dalla Potenza dello Spirito Santo.
913
. Luca
~>
b)
Ebr 6,13-20
La parte III dell'Epistola si estende da 5,11 a 10,39, ed il cuore
della composizione. Essa contiene: un'esortazione preliminare (5,116,20), ed un'esortazione finale (10,19-39); 3 sezioni, che trattano di
Ges il Figlio, Sommo Sacerdote secondo l'ordine di Malkisedeq
(7,1-28); del compimento di questo Sacerdozio (8,1 - 9,28), e di Ges
Cristo "causa della salvezza eterna" (10,1-18). Queste due ultime zone
sono chiamate anche "sezione centrale".
La pericope di oggi sta contenuta dunque in un'esortazione, la prima, a conservare fino alla fine la piena speranza, a non restare inattivi.
l'esortazione ad imitare quelli che, nell'A.T., con la fede e la perseveranza sono eredi delle promesse (cf. 6,9-12).
Ora, il Signore volle donare la Promessa (epaggllomai) ad Abramo, ed interpose giuramento (mnymi). Il che significa chiamare a garante degli effetti del giurare qualcuno fuori del rapporto tra giurante e
recettore. Ma il Signore nessun garante poteva trovare superiore a se
stesso, e quindi giur su (kat) se stesso, parlando la Parola fedele ed
irremovibile in eterno (v. 13). E questa fu data in Gen 22,16 (il "giur
su se stesso") e 17: "S, Io benedicendo voglio benedirti, e moltiplicando voglio moltiplicarti!" (Ebr 6,14). una serie di semitismi, dove
il verbo ripetuto, prima in un tempo infinito (qui, il participio), poi
con un imperfetto con valore volontativo (qui, il futuro). Cos il giuramento espresso con una clausola, pronunciata una volta per sempre e
che quindi deve essere fortemente contrassegnata.
Questo giuramento fu prestato dal Signore in occasione del sacrificio d'Isacco, per ribadire la fedelt divina all'amore oblativo ed umile
e docile ed obbediente del Patriarca. Il quale super la prova della "fede oscura e tentata", e dopo il divino giuramento prosegu nella sua
magnanimit (makrothym), ossia nell'attesa paziente pur tra le sollecitazioni al Signore, e dal Signore ottenne finalmente in sorte la Promessa (v. 15). Il tratto comune anche a Paolo (cf. Rom 4,13). Il N.T.
del resto richiama molte volte il Padre Abramo come esemplare per
tutti i cristiani. Anzi, "il Seno d'Abramo" indica il supremo adempi915
COMMENTO - IL TRIDION
mento della divina Promessa, la Vita eterna (cf. Le 16,19-31, la parabola di Lazzaro e del ricco epulone; e la Domenica 5a 1 uca>Il v. 16 spiega l'istituto giuridico del giuramento, pi o meno simile
in ogni legislazione antica e moderna. Si giura sempre, chiamando a
testimone e garante uno pi grande del giuratore, come si disse sopra;
in genere, tale Testimone e Garante Dio in persona, e perci stesso il
giuramento divino la conferma della questione, che pone fine ad
ogni controversia. Ora, Dio stesso, nella sua indicibile Sygkatbasis,
la Condiscendenza misericordiosa, volle dimostrare (epidiknymi) a
quelli che sarebbero stati suoi klronmoi, eredi legittimi, l'irremovibilit del suo Consiglio {houle) eterno. E questo volle che fosse con
maggiore abbondanza, cos interpose tra Lui e gli eredi il suo giuramento (v. 17). Questo, affinch attraverso due fatti immutabili, la Promessa ed il Giuramento, nei quali impossibile che Dio mai mentisca,
noi avessimo una "robusta esortazione" (ischyrparklsis), e conforto, noi che ci siamo rifugiati nell'unica speranza, che possedere fortemente la speranza che ci proposta (v. 18).
E noi possediamo questa speranza quale ncora potente che trattiene
la nostra anima, la nostra esistenza. un'ancora certa e ferma, la quale
penetra fino all'intimo del Velo del Santuario (v. 20). La figura "tipica"
il simbolo dell'ancora della nave, la quale assicura questa nave, che
la Chiesa dei fedeli, non nell'abisso marino, bens nell'Abisso insondabile, vertiginoso che Dio Padre stesso, il divino Santuario onnicontenente, protetto dal Velo della sua Trascendenza inconcepibile ed inarrivabile. La speranza ha infatti tale infinito potere.
La speranza tuttavia non basta ad assicurare l'ingresso nel Santuario al di l del Velo. Questo ingresso per ormai assicurato da Colui
che per primo, ed unico, quale divino ed umano Precursore, prdromos, penetr fino all'intimo del Santuario, portando in offerta il suo
Sangue prezioso, ma "in favore nostro, hypr hmn": poich dal Padre suo fu fatto Sommo Sacerdote secondo l'ordine di Malkisedeq per
l'eternit beata (v. 20). Ma se Egli penetr nel Santuario, allora la speranza immortale, quest'ancora potente ed irremovibile, si realizza nella
sua efficacia secondo il divino Consiglio, poich anche noi saremo
attratti con Lui attraverso il Velo nel Santuario immacolato e benedetto,
il luogo della nostra trasformazione e divinizzazione.
5. EVANGELO
a)
a) Me 9,17-31
II contesto immediato della pericope la Trasfigurazione (9,2-8),
916
COMMENTO - IL TRIDION
della presenza di Ges, subito provoca nel ragazzo violente convulsioni (sparss), e lo sbatte in terra, e quello si rivoltola e comincia a
spumare dalla bocca. un accesso parossistico (v. 20).
Invece di intervenire subito, il Signore ha uno straordinario colloquio con il padre, ed anzitutto lo interroga, da buon Medico delle anime e dei corpi, da quando cominci il decorso dei disturbi. E il padre
gli spiega: "Da quando era bambino" (v. 21), narrando altri particolari
impressionanti: "E spesso l'ha gettato anche nel fuoco e nelle acque,
al fine di farlo perire" (apllymi). Non a caso la Scrittura chiama il
Nemico con il termine ebraico 'Abaddn,tradotto in greco con
Apollyn, "luogo della rovina" finale (cf. Giob 31,12; Ap 9,11), nome
proprio dell'Angelo dell'abisso di morte. Perci davanti a tanto disastro, il padre rivolge al Signore l'epiclesi per il soccorso: "Per, se Tu
puoi qualche cosa, aiuta (both) noi, avute viscere di misericordia
(splagchnizomai) per noi!" (v. 23). L'uomo chiede a Ges di mettere
in azione "se pu..." la divina potente potest, che l'aiuto immediato derivato dall'avere avuto gi misericordia, il movente universale della divina Carit.
Ges per gli replica duramente, anche se con benevolenza: "Se tu
puoi aver creduto! Tutto possibile al credente!" (v. 23). Qui una diversa lezione del testo dice altro, affine ma diverso: "Quel "se Tu
puoi"!" Ossia circa cos: Allora tu dubiti che Io possa? Non hai fede in
Me? Non sai che se credi, tutto possibile nella tua fede? Non sai che
ho bisogno della tua fede per "potere" quello che Mi chiedi? Infatti il
padre del giovane comprende proprio questo, e tra le lagrime di compunzione grida al Signore una frase in apparenza contraddittoria: "Io
ho fede, Signore! Aiuta Tu la mia non fede!" (v. 24). Anche il cieco
nato aveva confessato in modo simile la sua fede (cf. Gv 9,38; vedi
Domenica 6a diPasqua), nell'Uomo che non conosceva, e adesso sa
che il suo Signore.
Le parole del padre in realt sono limpide: Signore, Tu sai che io
voglio credere completa Tu quanto manca a quello che Tu mi chiedi
affinch sia la fede, e su questo, l'unico Aiuto sei Tu!
Davanti alla fede Ges interviene, mentre in assenza si astiene. Egli
vede accorrere la folla attratta da quel colloquio concitato, e si pone
subito in azione. Comincia con il potente esorcismo: "Spirito muto e
sordo, Io a te comando: Esci da lui, e mai pi entrerai in lui!" (v. 25).
Lo spirito della "Malvagit essenziale" in apparenza pu tutto sopra e
contro gli uomini, bens solo per la divina permissione. In sostanza
nulla pu di definitivo che vada contro Dio e contro le sue creature,
poich queste fanno parte inalienabile del Regno della Bont e della
sanit e della pace e della salvezza: Se il diavolo sembra che possa tut918
COMMENTO - IL TRIDION
Occorre qui leggere il v. 32: i discepoli non capivano questa "parola-fatto", non osavano neppure interrogare il Maestro. I discepoli di allora, tardi di cuore, stolti di mente (cf. Le 24,25, ad Emmaus). E i discepoli di oggi hanno cuore e mente per comprendere tutto questo, e
finalmente accettare di essere stati gi accettati, nonostante tutto, dalla
divina Misericordia?
6. Megalinario
VEpi sichirei. Vedi Domenica dell'Ortodossia.
7. Koinnikn
Della Domenica.
921
4. Apstolos
a) Prokimenon: Sai 75,12.2,"Supplica comunitaria".
Vedi la Domenica 9a e 17adi Matteo; 8a 16a
b)Ebr 9,U -H
Per l'Apstolos della Domenica precedente si spiegata la struttura
della parte III dell'Epistola agli Ebrei: 5,11 - 10,39, a sua volta divisa
in 3 sezioni: a) un'esortazione preliminare: 5,11 - 6,20; b) le 3 sezioni:
I (7,1-28), su Ges, il Figlio, Sommo Sacerdote secondo l'ordine di
Malkisedeq; II (8,1 - 9,28), sul compimento di questo Sacerdozio; III
(10,1-18), su Ges Cristo "causa della salvezza eterna". Termina un'esortazione finale (10,19-39). Ora, qui le sezioni IIe III, ossia 8,1
-10,18, sono chiamate dagli studiosi "sezione centrale" dell'Epistola.
In un certo senso, anche per la sua eccezionale importanza, la pericope
9,11-14 occupa sensibilmente il centro di questa sezione centrale, che
fondamentale.
L'inizio apre sulla visione grandiosa di Cristo, apparso, resosi presente (paragenmenos) con tutto lo splendore della sua Maest, quale
Sommo Sacerdote dei Beni futuri. Sul suo Sacerdozio, cf. VApstolos
della Domenica precedente. I Beni futuri, l'Eredit divina (cf. 1,1-4),
che lo Spirito Santo (cf. 10,1), la Realt che nessun uomo, sacerdote
o no, mai avrebbe potuto procurare se non fosse intervenuto in modo
spontaneo, volontario, disinteressato questo Sacerdote Unico e
Sommo, misericordioso verso gli uomini e fedele alle realt del Padre
(cf. 2,17). E intervenuto non al modo del sacerdozio antico, che doveva
reiterare anno per anno, giorno per giorno l'offerta sacrificale per la
remissione dei peccati (cf. ancora VApstolos della Domenica precedente). Bens Egli in forza della Tenda maggiore e pi perfetta, non
prodotta da mani umane, ossia non appartenente alla creatura visibile
(v. 11) e che la sua stessa carne, Tempio distrutto ma riedificato-in 3
giorni (cf. Gv 2,19), penetr nel Santo dei Santi, ossia giunse fino al
Padre. Ma quale Sommo Sacerdote non procedette come il sommo sacerdote dell'antica alleanza, che una volta l'anno entrava nel santo dei
santi con il sangue sacrificale e propiziatorio (cf. Lev 16, il grande
Giorno dell'Espiazione). Port invece quale Mistero efficace di onnipotente purificazione, protezione, propiziazione, riconciliazione, vitalizzazione, comunione e comunicazione, "il proprio Sangue" prezioso,
prezzo della Redenzione divina "eterna", una volta per sempre (v. 12;
cf. 10,4, e 1 Cor 6,20). Il tema comune nel N.T., in specie dell'Apostolo Paolo, che ne fa il centro del "discorso di congedo" rivolto ai
Presbiteri diEfeso chiamati a Mileto (vedi Apstolosdella Domenica
7a di Pasqua), dove sintetizza tutto con la frase: "Vegliate su voi stessi
e su tutto il gregge, sul quale lo Spirito Santo vi pose come Episkopoi
923
COMMENTO - IL TRIODION
per pascere la Chiesa del Signore, che Egli si acquist con il suo proprio Sangue" (At 20,28). Grande testo trinitario, dove il Padre invia lo
Spirito Santo sui Vescovi successori degli Apostoli, per guidare la
"sua" Chiesa, che si acquis con il Sangue "suo proprio", perch il
Sangue del Figlio. Questo Sangue, il Figlio porta come suprema Offerta sacrificale al Padre nella sua Ascensione gloriosa, quando penetra
all'infinito "nei Cieli", nel "Santo dei Santi", nel Centro totale di ogni
esistenza divina ed umana creaturale. Questo procura agli uomini la
Redenzione eterna, la possibilit di seguire finalmente il loro Condottiero vittorioso sulla morte fino all'Altezza vertiginosa che la
Sussistenza del Padre.
Questo Sangue offerto una volta per tutte, ed una volta per tutte
accettato come Riconciliazione universale dal Padre (cf. qui anche 1
Pt 1,18-19; 1 Gv 1,7; Ap 7,14; e Tit 2,14). Esso non deve pi essere
versato. In 10,5-14 sar a lungo spiegato come con l'unica Offerta il
Signore associa talmente a s anche tutti gli uomini, accettati con
quell'Offerta dal Padre, e con ci stesso santificati, che questi diventano
sacrificio vivente perenne (cf. qui Rom 12,1; FU 3,3; Giud20). Sicch
la santa Oblazione immacolata della Divina Liturgia jion "ripetizione"
n "ripresentazione", n "rappresentazione" di quel Sacrificio
infinitamente efficace, bens, sotto i santi "Segni" del Pane e della^
Coppa, la significazione laudante, rendente grazie, epicletica ed intercessoria, di "accettare di essere gi stati accettati" dal Padre, unico
culto dell'unica Liturgia infinita ed eterna.
Il v. 13 comincia la motivazione di questo. Ges Cristo quale Sommo Sacerdote non oper come il sommo sacerdote antico. Ma non che
questo non officiasse davanti al Signore senza efficacia. Infatti il sangue sacrificale di vitelli e di capri (cf. Lev 16,14-16) e la cenere della
vitella (Num 19,17-18, per la purificazione dalla contaminazione di
chi tocca un cadavere), sono materie con cui si aspergono i contaminati. Esse "santificano", ossia rendono puri per recuperare la purit del
corpo, e riconsacrano per prendere parte efficacemente all'assemblea
santa per il culto divino.
Il proseguimento della dimostrazione procede secondo il solito metodo rabbinico, qui "dal minore al maggiore". Il v. 14 sviluppa l'argomento cos: se il sistema delle purificazioni dell'A.T. aveva una sua
efficacia, sia pure non definitiva, bens ancora solo incoativa, tanto pi
la Redenzione eterna del N.T. Infatti il Sangue di Cristo ha un'efficacia infinita. Egli si offr come Vittima immacolata (dmmos) al Padre
"mediante lo Spirito eterno" (v. 14a).
Molti codici antichi compresero bene il senso del testo, e lo vollero
sottolineare con dia Pnumatos Hagiou, "mediante lo Spirito Santo",
correggendo il dia Pnumatos ainiou, "eterno", che il testo origi924
naie. In genere, si pensa allo Spirito Santo nella Vita del Signore nostro, assumendo legittimamente, sia pure momentaneamente, la distinzione in Cristo della sua Divinit dalla sua Umanit. L'opera dello
Spirito Santo nella Vita umana di Cristo Signore tra gli uomini, va riferita all'Annunciazione, al Battesimo del Giordano, alle opere potenti
nella Potenza dello Spirito Santo, alla Resurrezione sua operata dallo
Spirito del Padre, all'Ascensione nella Gloria dello Spirito Santo, alla
Pentecoste, al Ritorno finale. Raramente si unisce l'opera dello Spirito
Santo con la Croce. E proprio qui sta il nodo della pneumatologia.
L'Offerta del Signore Ges non pu avvenire che "mediante lo Spirito
del Padre", poich lo Spirito Santo la continua Parousia del Padre
nell'Umanit del Figlio.
Ora, se si vede da vicino, deve impressionare l'aggettivo ainios,
scelto accuratamente dall'Autore dell'Epistola, di certo un discepolo
fedele alla linea dottrinale di Paolo. Il quale mostra che ogni atto di
culto dei fedeli avviene nello Spirito Santo: Gai 4,6; Rom 8,15 per il
battesimo, con la formula 'Abb'l,Padre!; Rom 8,26-27 per ogni preghiera; Rom 12,1 per il culto sacrificale della propria esistenza; FU
3,3, idem. Cos per anche il resto della Tradizione apostolica. Con Gv
4,23-24, sugli adoratori del Padre, scelti dal Padre, ma "nello Spirito
(Santo) e nella Verit (Cristo)"; con VApocalisse, dove "e lo Spirito e
la Sposa parlano: Vieni, Signore!" (Ap 22,17), epiclesi permanente
della Chiesa. Con 1 Pt 2,1-10, sul tempio dello Spirito Santo che proclama "le grandezze" divine. Con Giud 20, per cui pregare "pregare
nello Spirito Santo".
Che cosa indica qui l'aggettivo ainion riferito allo Spirito Santo?
L'eternit dell'azione di Cristo. Ossia, il valore eterno con cui pone la
sua azione sacrificale offertoriale "nello Spirito". Ora, l'esegesi pi
avvertita mette in evidenza la triplice consistenza di quest'azione che
ottiene l'effetto eterno della Redenzione, e cos si deve insieme distinguere e tenere unito un triplice significato dell'espressione letterale
diapnumatos ainiou, da tradurre alla lettera: "mediante (uno) spirito
eterno". Il che rimanda a tre situazioni convergenti:
a) Cristo Signore quale Dio da Dio, come Persona divina " Spirito"
(2 Cor 3,17), come il Padre " Spirito" (Gv 4,24). Come tale vuole
porre l'atto di redenzione eterna, con "Spirito divino", come "Spirito
divino" che Egli stesso , da distinguere dunque dalla divina Ipostasi
dello Spirito Santo. la Volont divina di Cristo in azione efficace;
b) Cristo Signore quale Uomo vero, nato "dallo Spirito Santo e da Ma
ria Vergine" (Simbolo battesimale), con la sua volont umana ditelismo dunque "con lo spirito" di porre l'azione redentrice che sia di
925
COMMENTO - IL TRIDION
valore eterno, si offre al Padre. Cf. qui il Gestemani. Il Signore sta nell'angoscia (rxato ekthambisthai ki admonin, "cominci ad essere
invaso dal terrore e dall'abbattimento"), come azione volontaria di entrare nell'"agonia", nel sudore come sangue (cf. Me 14,33; Le 23,4344). Perch adegua la sua Volont santa di Uomo alla Volont santa
del Padre, e in questa adeguazione perfetta che accettare la Croce,
ottiene la nostra salvezza eterna. Sta perci qui in opera il suo "spirito
umano" che agisce in favore di tutti gli uomini, la sua volont umana
storica (S. Massimo il Confessore);
e) Cristo Signore, che lo Spirito Santo "precede, accompagna e segue"
nella storia e nella Chiesa (S. Gregorio il Teologo), nulla compie, dal
primo istante della sua indicibile immacolata Concezione, se non nella
Potenza dello Spirito Santo. In modo ovviamente pi esplicito dal Battesimo in poi. Assunto dalla Nube della Gloria divina nella Trasfigurazione, per essere condotto al "suo esodo che deve compiersi in Gerusalemme" (cf. Le 9,31 ), nello Spirito Santo, mediante lo Spirito Santo esercita
tutta la sua Liturgia, "opera in favore degli uomini", e dunque tanto pi
il culmine "umano" di questa Liturgia, la Croce. Da dove per cos dire
nel suo Sacerdozio, Cristo, "reso perfettamente consacrato" (cf. Ebr5,89), pronto per entrare nel Santo dei Santi, il Seno del Padre, per officiarvi in eterno la Liturgia di lode e di azione di grazie. Ma intanto l "
sempre vivente per intercedere per noi" {Ebr 7,25).
La Croce la teofania finale dello Spirito Santo sull'Umanit del
Signore nella sua Vita storica tra gli uomini.
Il v. 14b ne mostra l'ultima efficacia: quest'Offerta di Cristo nello
Spirito Santo purifica (kathariz, qui in futuro attico kathari; cf. 1,3;
10,22; 1 Cor 6,11; Ap 7,14) la profondit della coscienza (synidsis)
degli uomini dalle opere morte, le opere della Morte, del Male, del
Nemico, del Maligno, dell'Inferno (cf. 6,1; e Rom 6,13; 1 Pt 4,2). E
contestualmente introduce al culto {latru) da tributare al Dio Vivente. Lo scopo finale purificare gli uomini da tutte le loro colpe interiori, consacrarli e santificarli, introdurli liturgicamente alla divina
Maest del Padre, dove insieme con il loro Sommo Sacerdote, il Condottiero delle loro anime, il loro Pastore e Vescovo, nello Spirito Santo
debbono vivere la gioia del rapporto filiale che grida la sola parola del
dialogo infinito: 'Abb'\,Padre!
Dare culto, servire, adorare il Dio Vivente. Tale lo scopo a cui
conduce il Signore Ges con lo Spirito Santo. il terzo aspetto, dopo
l'Evangelo e le opere del Regno, della sua "Liturgia".
La consonanza con l'opera apostolica qui grande. Infatti gi nella
sua prima epistola (da Corinto, forse dell'anno 51 la Resurrezione
926
COMMENTO - IL TRID1ON
del Signore, il Dio Vivente, che non solo predice il futuro, ma essendone anche il Sovrano assoluto, lo realizza (cf. Is 43-45). Perci si pone apertamente davanti ad esso, con libera accettazione (v. 32b).
Le parole sono poche, calcolate, essenziali: "Ecco", che annuncia
sempre un prodigio divino che sta per realizzarsi, "noi saliamo a Gerusalemme", punto d'arrivo di ogni Ebreo fedele per le grandi feste "tre
vlte" l'anno (cf. Es 23,14, citato gi tante volte), nell'immenso tripudio della Citt di Dio con il suo santuario, le sue mura e torri, le sue
piazze, i suoi palazzi e le sue case (cf. Sai 121). la Citt che si visita
sempre con la gioia nel cuore. Ma adesso l'annuncio carico di tensione: "E il Figlio dell'uomo sar consegnato (paradidmi)", verbo
che ha il triplice senso di "consegna" alla Morte del Figlio da parte del
Padre; del tradimento di Giuda; della consegna volontaria alla Morte
da parte del Signore stesso (cf. qui l'Evangelo della Domenica precedente). Chi Lo prender in consegna adesso precisato. Non pi "gli
uomini" di 9,31 (2 annuncio), bens, tornando sul 1 annuncio (8,31),
i sommi sacerdoti (saranno Caifa in servizio quell'anno, e Anna, suo
suocero, ancora influente bench dimesso) e gli esperti della Legge.
Questi Lo condanneranno a morte, ed a loro volta Lo consegneranno
alle nazioni pagane, i Romani (v. 33). Ges parla alla terza persona,
come "il Figlio dell'uomo". Allora sar oggetto di scherni, di flagelli,
di sputi, di uccisione. Ma "al terzo giorno resusciter" (v. 34). Il verbo
anastseta, un futuro medio di anistmi, indica che Ges resuscita anche per la sua divina Potenza, come in Gv 10,17.
Questa volta Marco non annota la reazione dei discepoli a queste
precise parole del Signore. Da quanto segue, per, essi di nuovo nulla
hanno compreso. I loro dubbi, le loro incertezze fondate sull'oscuro
terrore del futuro, di certo restano.
Invece, come se il loro Signore non avesse dato quell'annuncio di
realt tremende, meravigliose e definitive, i discepoli, almeno alcuni
di essi, si danno alle contese. Il tema eterno la primazia nel gruppo.
Cos i figli di Zebedeo, Giacomo (il maggiore) e Giovanni gli si accostano e gli parlano: "Maestro, vogliamo che quanto Ti chiederemo,
Tu faccia a noi" (v. 35). La domanda posta in termini radicali, con
quel thlomen, vogliamo, che non precisamente una formula di cortesia. Il Signore come sempre conosce i cuori degli uomini, e mostra
invece di ignorare, controinterrogando: "Che volete che Io faccia a
voi?" (v. 36). Egli stesso insegna che qualunque fatto sar chiesto al
Padre, il Padre lo conceder (cf. Mt 18,18-20), a condizione che i discepoli per concordino tra essi le richieste, perch dovranno avere effetto per tutta la Comunit. Troppo spesso infatti i fedeli chiedono al
Padre favori e grazie personali, al massimo per parenti ed amici, raramente come "supplica per la nazione", che dunque investa tutti i fedeli
928
indistintamente. L'Apostolo Giacomo stigmatizza questo, quando dice: "Voi chiedete ma non ottenete, perch chiedete a fine di male, ossia per soddisfare le vostre passioni" (Gc 4,3).
I due con tono quasi imperatorio, che mostra una strana confidenza,
ed una ancora scarsa conoscenza riguardo al Signore, chiedono: "Da a
noi che ci intronizziamo uno alla destra tua, uno alla sinistra tua nella
gloria tua" (v. 37). I due con ci stesso si sono posti al di l e al di sopra degli altri confratelli. Essi concepiscono "la gloria", probabilmente, ancora con la mentalit della liberazione solo politica, in parte religiosa e anche morale, del loro popolo. Credono che il Signore, in che
modo ancora non lo intravedono, sia il potente re messianico umano
atteso da tanti. Quando si accaparrer il potere, dovr distribuire le cariche di primo ministro, a destra, e di ministro delle finanze, a sinistra.
I due fratelli, credendosi in grado di governare, chiedono di essere
apertamente favoriti, a scapito degli altri discepoli, tra cui il primo tra
essi, Pietro (cf. 3,15).
In fondo, si tratta di un'apparente sopravvalutazione del Signore.
Ma, proiettata sul piano umano, una svalutazione. E si tratta di disistima, per egoismo, di tutti gli altri discepoli.
La risposta del Signore mostra la sua inesauribile pazienza. Non si
altera, ma ribatte su tutto un altro piano. Ed anzitutto contesta i due
procacciatori di favori: "Voi non sapete quello che chiedete". Il Regno
divino infatti tutt'altra realt, ed in trono con il Sovrano si sta in
tutt'altro modo. La spiegazione di tale ignoranza data con un lungo e
difficile giro di parole, che in realt rimanda alla vera questione di come il Regno sar inaugurato, sotto quali prospettive, a quali tremende
condizioni. Essa formulata con una domanda unica ma duplice per
contenuto.
"Potete bere la Coppa che Io bevo, ed il Battesimo onde Io sono
battezzato, esserne battezzati?" (v. 38).
"Io bevo, egopino", un presente, che non rimanda ad azioni passate o future. Il Signore deve bere in modo permanente, continuo, "la
Coppa", tpotrion, senza altre apposizioni. La sua Vita tra gli uomini
questo vuotare la Coppa di cui parlano i Profeti dell'A.T. Si tratta
della "coppa dell'ira" divina per i peccati degli uomini, riempita dalle
loro nefande iniquit. E si tratta di tutti gli uomini, nessuno eccettuato,
anzi, ad esclusione della Tuttasanta immacolata soprabenedetta gloriosa Sovrana nostra, la Theotkos e Semprevergine Maria. Coppa in cui
si riversarono la feccia ed il fiele delle prevaricazioni da Adamo a Cristo, non solo di tutte le nazioni della terra, ma dello stesso popolo di
Dio. Una narrazione rabbinica dice che il Signore offr la coppa via
via a tanti, tutti ritenutisi incapaci o indegni, fino a che la coppa fu accettata solo dal Figlio di David, consapevole del suo rango e della sua
929
COMMENTO - IL TR1DION
COMMENTO - IL TRIDION
riore o migliore degli altri, come il Fariseo nel tempio. Cos Giacomo
e Giovanni hanno giocato duro, ponendosi come migliori. Gli altri discepoli non giocano meno duro, credendosi in fondo "non peggiori" di
quelli, e vantando i medesimi diritti di poltrona ministeriale. Perci si
sdegnano (aganakt) contro i due confratelli (v. 41).
Il Signore intervenuto gi due volte, con il preannuncio della
Morte e Resurrezione, e con la Coppa ed il Battesimo. Adesso deve
intervenire per la terza volta. Ma non per la terza, bens per l'ennesima
volta traccia con linee molto decise l'icona del discepolo, gi cos bene
presentata in 8,34 - 9,1 (vedi Domenica dell'Adorazione della Croce).
Li chiama di nuovo a s, li riunisce in gruppo strutturato e compatto,
come dovranno poi essere, e parla parole di sapienza.
"Voi sapete che "quelli che si credono di comandare sulle nazioni,
le dominano, ed i loro magnati pesano con autorit su esse" (v. 42). Il
profilo di quanto avviene tra i pagani: l anche se esiste democrazia,
non riconosciuto il diritto naturale, n istanze superiori per rivendicare i diritti lesi dalle autorit stesse, fatto che avviene normalmente.
Dunque chi vuole "essere primo {arch) delle nazioni", un tiranno
(katakyru) senza scrupoli. Ges conosce bene la storia dell'Oriente
antico, e quella contemporanea, sa di che tempra sono i dominatori romani. E i "grandi", i magnati, a loro volta, essendo straricchi per le depredazioni dei poveri, esercitano il peso del loro potere (katexousiz). la politica senza temere Dio, pur richiamandosi a Lui con
tante iscrizioni e proclami, e senza temere il prossimo, pur proclamandosi "delizia del genere umano", come certi imperatori romani.
"Non cos per sar tra voi" (v. 43a). Essi sono discepoli del Signore, il Sovrano buono, che ama le sue creature dilette, le sue icone, anzi
in pi le vuole tutte nel suo Regno, e dona dignit di vita e diritti ai
poveri, e rivendica i torti da chiunque fatti al prossimo. Con lui non
esiste la primazia (arch); n la tirannia (katakyriu); n il pesare
con il potere {(katexousizo) sui fratelli, in genere per sui pi poveri.
"Bens, chi vuole diventare grande tra voi, sar diacono di voi".
ribaltata ogni logica, ogni ordine umano. Il mgas, il grande e il maggiore degli altri, si deve lasciare fare dal Signore dikonos, servitore,
ministrante degli altri (v. 43b). E in antico i "servitori" non avevano
diritti, solo doveri e fatiche ed umiliazioni.
"E chi vuole di voi diventare primo, sar di tutti lo schiavo" (v. 44).
Lo fu Paolo, intanto (2 Cor 4,5). La realt ancora pi rovesciata, poich dolos, qui, significa proprio lo "schiavo", quello incatenato alla
mola per macinare, o alla galera per remare, uno che non ha pi nome,
n personalit giuridica, n propriet, n avvenire, n speranza. una
"cosa" nella mano del padrone, per il quale deve solo "produrre" al
massimo, e senza parlare.
933
COMMENTO - IL TRIDION
COMMENTO - IL TRIDION
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COMMENTO - IL TR1DION
SABATO DI LAZZARO
COMMENTO - IL TRIDION
SABATO DI LAZZARO
prova dell'amore di Ges per Lazzaro (v. 36). Altri per la terza volta
fanno risuonare il rimprovero: ha guarito il cieco nato (Gv 9), poteva
intervenire anche qui (v. 37). Qui Ges per la terza volta sconvolto,
sta ormai al sepolcro (v. 38).
Interessa a questo punto annotare le 3 volte in cui Ges turbato, e
piange. l'unica narrazione evangelica del pianto del Signore. Ma cos
Giovanni vuole insegnare ai fedeli che la Vita immortale, la Resurrezione irresistibile e vittoriosa, il Creatore della vita, la Santit immacolata contro cui il dente impuro e maledetto della Morte nulla pu, Egli
davanti alla morte freme, sconvolto, piange, ha paura. Un Dio ariano
e monofisita sarebbe solo impassibile, immutabile, inattingibile. E questo il Signore nostro e Dio nostro, lo . Ma anche incarnato, e la sua
Persona divina ormai sussiste tutta e per intero anche nella sua Umanit, la quale sussiste tutta e per intero nella sua propria Divinit, indicibile perichresis delle Due Nature che sussistono nell'Ipostasi divina
"asygchyts, atrpts, adiairts, achorists, senza confusione, senza
mutazione, senza divisione, senza separazione". Questo Dio vero Uomo vero si trova adesso di fronte alla Morte, ali'"ultimo Nemico" che
deve essere distrutto (cf. 1 Cor 15,26), ma a costo di una Battaglia dove il Dio incarnato si presenta nell'innocenza della sua disarmatezza,
offrendosi, la Santit, alla stretta mortale dell'Orrore impuro, contaminante. La letteratura dell'antico Oriente ripete il tratto dell'eroe invincibile, che di fronte al nemico, pur sapendo di vincere perch quello
vulnerabile, trema e vorrebbe ritirarsi. Anche se non esiste derivazione
diretta, il terrore della Morte narrato dai Sinottici nella scena del Getsemani, ed alluso da Giovanni nell'incontro del Signore con i Greci
(cf. Gv 12,27).
H N.T., ispirato dallo Spirito Santo, non nasconde il terrore, lo sconvolgimento, il pianto del Signore. Egli che ha detto molte volte al sofferente: "Non piangere", e al terrorizzato "Non avere paura". Anche fuori
degli Evangeli restano i forti echi di questo, che sottolineano il realismo
storico dell'Umanit del Signore nostro, "in tutto tentato come noi, in
tutto simile a noi escluso il peccato" (cf. Ebr 4,15). E restano nella
Chiesa primitiva anche nella tradizione paolina, quando un fedele discepolo di Paolo scrive cos di Cristo, scelto dal Padre come Sommo Sacerdote secondo l'ordine di Malkisedeq, in Ebr 5,8-10:
Egli nei giorni della carne sua,
richieste e suppliche
al (Padre) Potente per salvarlo dalla morte,
con grido grande e lagrime avendo offerto,
ed esaudito per la (sua) devozione, bench
sussistendo come Figlio,
941
COMMENTO - IL TRIDION
SABATO DI LAZZARO
e fummo lavati dalla maledizione (Gai 3,13; 1 Cor 6,9-11) dal suo
Sangue giusto (Ap 1,6; 7,14; Ebr 9,14; 1 Gv 1,7; cf. Mt 23,35). E
noi nella speranza della resurrezione (Rom 8,23-25; At 23,6), attendiamo la Vita futura (1 Tim 4,8), e gi adesso nella Vita nuova (Rom
6,4) noi procediamo (Col 3,3-4), poich quelle Realt sono Caparra
per noi (2 Cor 1,2; 5,5; Efes 1,14) (EPHREM de NISIBE, Commentaire
de VEvangile concordant ou Diatessaron 21,25, in SChr 121, Paris
1966, p. 388).
E per il tremare e piangere di Ges non terrore panico, irrazionale. lucida consapevolezza della realt, e della Volont del Padre suo.
Egli passa all'azione. Anzitutto ordina di rimuovere la pietra che chiude
l'apertura della tomba, in genere scavata nella roccia ed occlusa con una
grossa macina da mulino fuori uso. Marta, sempre ansiosa di servire,
sempre preoccupata del bene degli altri, adesso fa osservare a Ges che
il fratello, sepolto da 4 giorni, gi travolto dall'orrida corruzione
cadaverica e sta nel disfacimento che causa quell'orme ek thandtou (cf.
2 Cor 2,16) davanti a cui nessuno resiste (v. 39). Ma Ges di nuovo le
ricorda che la base operativa per Lui stesso la fede degli altri: se Marta crede, allora la Gloria divina sta qui, si rende visibile (v. 40). E cos
obbediscono e rimuovono la pietra (v. 4la).
Che cos' il miracolo della resurrezione? Qui si rivela che l'opera
fontale del Padre, che opera nel Figlio e insieme con il Figlio al fine di
restituire la vita, la nuova creazione operata dallo Spirito Santo divino
Creatore. Perci Ges ha gi innalzato al Padre l'epiclesi per lo Spirito
della Vita, ed il Padre gi Lo ha esaudito. Adesso deve salire dal Figlio al Padre l'azione di grazie per l'esaudimento, la celebrazione del
Padre. Cos alza gli occhi "al Cielo", al Padre, gesto sacerdotale gi
noto (cf. Mt 14,19; Me 7,34: per il sordo muto mentre lo guarisce) e
che ripeter nella "Preghiera sacerdotale" (Gv 17,1-26, qui al v. 1). E
parla: "Padre, Io rendo grazie a Te poich Mi ascoltasti", ossia, esaudisti (v. 41). Tra Padre e Figlio non esiste contrasto di Volont e di
Operazione e di Fine. Se il Figlio filialmente obbedisce, il Padre paternamente esaudisce. rapporto eterno, mai inclinabile. E qui Ges lo
manifesta: "Io conoscevo che Tu mi esaudisci sempre". Per tale rapporto qui sta in funzione degli uomini: Ges ha manifestato questo
rapporto paterno-filiale al fine che i presenti credano, sia in Lui, sia
che Egli fu inviato dal Padre (v. 42).
Cos Ges procede all'atto esplicitante la sua preghiera esaudita. A
Lazzaro ancora giacente grida: "Lazzaro, vieni fuori!" (v. 43). Fuori del
sepolcro, fuori della putredine della morte, fuori della morte. Verso Lui,
la Vita e la Resurrezione e la Gioia di tutti, come canta oggi il
Kontkion. E come resistere alla Parola della Vita?
943
COMMENTO - IL TRIODION
COMMENTO - IL TRIDION
della compagine del popolo suo, porr finalmente Sion, la "sua" Citt
regale, quale vanto e lode per l'intera terra (v. 19).
3) Zacc 9, 9-15
Nel contesto delle profezie sul compiersi della salvezza (cap. 9),
spicca quella sul Messia che viene (vv. 9-17).
Ancora una volta il Signore invita la figlia di Sion a gioire, poich ormai viene il Re "suo", il Giusto, il "Salvatore", ossia il Vittorioso. Egli
giunge irresistibilmente cavalcando pacificamente l'asino (v. 9), poich
ha distrutto le armi e ha cancellato ogni guerra. Porta la pace, e quindi a
Lui spetta il Regno universale (v. 10). In forza del "sangue dell'alleanza" (antica, Es 24,1-11; nuova ed etema, Mt 26,28-29, e par.) ha donato
ai prigionieri la liberazione finale (v. 11). Questi prigionieri liberati torneranno ormai a Sion, come segno della loro ricompensa divina (v. 12).
E questo sar anche il grande "segno": di essere finalmente un vero popolo, vittorioso anche esso mediante ed insieme al suo Re (v. 13).
Il Re messianico voluto venire quale Alleato principale, per vincere, nei segni terribili della sua Teofania di folgori e tempesta grande, irresistibile e tremenda (v. 14).
Ed Egli si pone finalmente quale Protettore. Poich il Kyrios Pantokrtr, V AdnajSb 't (tradotto in altri contesti anche come Kyrios
Sabaoth). Ora, tale espressione straordinaria significa che il Signore
ama risiedere tra i suoi "turni" (sb 't) adoranti, anzitutto del cielo, le
ordinate txeis angeliche, ma finalmente anche sulla terra, dove questi
turni perenni sono formati dai sacerdoti e dal popolo, anche essi in
composto "ordine", un turno che succede al turno, in modo che la lode
al Signore sia ininterrotta, come ininterrotta YEudokia del Signore
per il suo popolo santo.
2. Il Mattutino
Come l'intera ufficiatura che culmina nella Divina Liturgia, anche il
Mattutino riprende la resurrezione di Lazzaro, nella contiguit dell'ingresso messianico del Signore a Gerusalemme.
L'vangelo eotino Mt 21,1-17, che narra di questo ingresso (vv. 110), della purificazione del tempio (vv. 11-13), dei segni miracolosi di
guarigione ancora operati dal Signore (v. 14), della protesta del sacerdozio sadduceo geloso di tanto onore (vv. 15-16a), e della risposta
del Signore, che cita il Sai 8, sulla lode posta sulla bocca dei bambini
e dei lattanti.
3. Le Lodi
Le Lodi spingono la celebrazione ancora pi avanti, facendo il raccordo con quanto seguir nella Settimana santa e grande che sta per ini947
COMMENTO - IL TRIDION
ziare. Cos il Doxastikn, sulla falsariga di Mt 21,17-19, canta la preparazione del Convito la sera del Gioved, da parte dei discepoli.
IL - LA DIVINA LITURGIA
1. Antifone
1 ) Si intercala ad ogniStichos: Tispresbiais ts Theotkou.
- Sai 114,1, "Azione di grazie individuale": l'Orante esordisce con un
grido d'amore al suo Signore, e vuole far conoscere ai fedeli la costante attenzione divina alla sua preghiera di supplica;
- Sai 114,3 ab: questo avvenne quando i lacci della morte lo vedevano
avvolto, e si presentava il terrore dell'Ade;
- Sai 114,3c-4a: in questa angoscia esiziale che travolgeva l'Orante,
questi invoc il Nome divino onnipotente e salvifico.
2) Si intercala ad ogni Stichos: "Ssonhmas...Tu che fosti seduto sul
puledro dell'asina".
- Sai 115,1, "Azione di grazie individuale": il versetto il pannello
speculare del Sai 114,1 (i due Salmi in realt in origine erano unica
composizione). Adesso l'Orante grida al Signore la sua fede di adesione, che fu incrollabile soprattutto nelle proprie sofferenze;
- Sai 115,3: perci, riconosce che non sa che rendere in contraccambio
al Signore per tutti i benefci che ne ha ricevuto;
- Sai 115,4: ma occorre egualmente celebrare il Signore "perch
Lui", per i suoi titoli e per le sue opere. Perci l'Orante offre al Si
gnore la "coppa della salvezza" durante il convito sacrificale, ed in
voca il Nome divino come prolungamento della celebrazione;
- Sai 115,9: e la celebrazione proseguir ancora, quando l'Orante scioglier i suoi voti contratti verso il Signore, alla presenza della comunit dei fedeli, nel santuario.
3) Si intercala da ogni Stichos YApolytikion della Festa.
- Sai 117,1, "Azione di grazie comunitaria": l'Orante un personaggio
regale, che dialoga con sacerdoti e popolo. Cos invita con "imperativo innico" l'assemblea a celebrare il Signore perch Buono, e il suo
leos, la Misericordia dell'alleanza, eterno;
- Sai 117,2: rinnova l'invito all'intera casa d'Israele, al popolo santo, il
popolo della lode, affinch ripeta il riconoscimento dell'leos divino;
- Sai 117,3: e rivolge l'invito anche alla casa di Aronne, ossia a tutte le
famiglie sacerdotali che servono il Signore nel santuario;
- Sai 117,4: e finalmente invita egualmente i proseliti a questo riconoscimento, essi che stanno per entrare a far parte del popolo santo.
948
COMMENTO - IL TRIODION
COMMENTO - IL TRIDION
COMMENTO - IL TRIDION
(logizomai, discutere, trattare)", ed enumera al v. 8 una serie impressionante di realt che riempiono la vita dei fedeli: tutto quello che vero
(alth), che puro (semnd), che giusto (dikaia), che integro o innocente (agnd), che amichevole (prosphil, favorevole all'amicizia
amabile), se una virt (aret), se laudabile (painos). una tavola
progettuale, ma anche una tabella di marcia, che fa dei fedeli gli agili
atleti della vita nuova.
In fondo, Paolo sta riproponendo quello che egli stesso diventato,
quello che ha sempre operato. Infatti al v. 9 evidenzia la "tradizione"
apostolica che comunica l'esistenza redenta, con 4 verbi: imparare
(manthdn), ricevere accettando (paralambdn, uno dei 2 verbi della
tradizione, conparadidmi, il consegnare, qui ovvio), ascoltare (ako,
che ha il senso dell'obbedire e praticare), vedere (hord), tutti all'aoristo, per indicare un tempo "puntuale": da allora, mai prima, per adesso con fattivit. Ma i Filippesi impararono, ricevettero, ascoltarono e
videro "in Paolo", posto quale icona da contemplare, e poi da imitare.
Egli aggiunge: "Questo, operatelo!" I fedeli diventano cos essi stessi
icone attivate dalla Grazia divina.
Allora l'Apostolo pu concludere: "E il Dio della pace star con
voi". il saluto di Rom 15,33, ripreso in 16,10. Aveva accennato in 1
Cor 14,33 che Dio "della pace" nella Comunit, non dell'arbitrio e
dell'anarchia. In 1 Tess 5,23 aveva augurato che il Dio della pace porti
la sua santificazione ai fedeli. un sigillo di grazia.
L'attuazione dell'Apstolos alla Festa di oggi agevole.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 97,1.3cd, "Salmo della Regalit divina".
Il v. 1 un grido d'esultanza entusiasta. L'Orante, un levita, con un
"imperativo innico" invita i fedeli a cantare al Signore il "cantico nuovo", poich Egli oper fatti mirabili, sorprendenti. Il Salterio ripete
questa acclamazione diverse volte (cf. Sai 32,3; 39,3; 95,1; 143,9; 149,
1). Il tratto proviene da Es 15,1-18 (come si vedr), e forse riletto da
Is 42,10 (i vv. 10-13 sono un vero "inno di lode" fuori del Salterio), come conseguenza dell'elezione e dell'invio del Servo del Signore (1
carme del Servo: 40,1-9) sul quale riposa lo Spirito di Dio (v. 1). Sembra che l'invito non abbia un contenuto nel Salterio, i "fatti mirabili"
sono generici. Per il N.T. rivela in diversi contesti di che si tratti. In
Ap 5,9 i 4 Viventi ed i 24 Anziani, con le cetre e le coppe d'oro ricolme
delle preghiere dei santi, cantano "il cantico nuovo" all'Agnello, il Servo
Risorto dalla morte (v. 5,6). In Ap 14,3 gli incontaminati e santi, resi
beati, con le cetre alla mano cantano anche essi il "cantico nuovo" all'Agnello che sta in piedi sul Monte Sion. E finalmente, in Ap 15,3 il
954
"cantico nuovo" cantato dai vittoriosi insieme con Cristo il Vittorioso, sotto il nome di "cantico di Mos, il servo di Dio". Questo rimanda
al Canto di vittoria sulla morte dopo il passaggio del Mar Ross 15,118, che anche la Lettura & M ^at0 santo e grande ( Cristo Signore che
viene oggi per vincere la morte, si deve dunque cantare in permanenza
il "Cantico nuovo". Egli ci fa traversare il mare tumultuoso della
perdizione, e ci pone al sicuro insieme con Lui.
Lo Stichos (v. 3cd) annuncia che i pi lontani confini della terra videro
"la salvezza del nostro Dio", per questo non possono pi dubitare. Il
termine t strion ha il senso ovvio di "strumento di salvezza" e di
"salvezza" in atto, tuttavia in molti contesti dei Salmi, come qui, significa "la vittoria" che il Sovrano ( un "Salmo della Regalit divina") ha
ottenuto e per sempre contro tutti i nemici suoi e degli uomini: Egli ha
vinto per noi. l'acclamazione a Cristo ho Nikts, il sempre Vittorioso.
b) Gv 12,1-18
Anche per Giovanni il Quadro della vita del Signore ha una partenza, la Galilea, ed un punto d'arrivo, Gerusalemme, come i Sinottici.
Ormai la Sua hra escatologica venuta. Egli compie gli ultimi adempimenti per affrontarla.
H suo ultimo percorso dopo la resurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-46)
da Betania ad Efraim, una localit (forse l'Afaerma dell'A.T.) al limite
del deserto, a quasi 25 chilometri ad oriente sopra Gerusalemme, dove
Ges si trattiene con i discepoli (11,54) a causa delle ferali decisioni del
sinedrio (11,47-53), preoccupato di quella clamorosa resurrezione e della
fede di molti che ne era conseguita (11,45). Da Efraim Ges si sposta a
Betania, e di qui a Gerusalemme. L'intero itinerario si conclude. Gli
resta ormai solo la Croce, ma attende anche la Resurrezione gloriosa,
fatti che debbono avvenire a Gerusalemme, poich non conviene che un
profeta muoia fuori di Gerusalemme (cf. Le 13,33).
Ora, 6 giorni prima della pasqua, la terza del suo ministero messianico secondo Giovanni (cf. Gv 2,13, la "purificazione del tempio"; 5,1,
e qui) Ges si reca a Betania, il villaggio del versante esterno dell'altura degli Olivi, dove abitava Lazzaro, il resuscitato da Lui (v. 13,1). In
11,1 il testo precisa che Lazzaro abitava l con le due sorelle, Maria e
Marta, ed anticipa che Maria unse con aromi il Signore. A Betania accolgono l'Ospite con una cena. Ma dove sta il Signore, Lui ospita gli
altri. L posta e sta la Casa sua e del Padre. Marta come suo uso (cf.
Le 10, 37-38) serviva (diakon) a tavola, mentre Lazzaro "stava reclinato", il modo di stare a mensa degli antichi, insieme con Ges (v. 2).
Maria (ma codici autorevoli qui hanno Marim, il nome originale
ebraico e aramaico dell'incerto Mirjam) aveva preso una libbra (litra,
955
COMMENTO - IL TR1ODION
circa 328 grammi, ossia 12 once) di unguento odorifero, myron, composto di nardo autentico, puro, e molto costoso. Ella in segno di squisita accoglienza unge i piedi santi ed immacolati del Signore, e poi li deterge dell'aroma superfluo con i suoi capelli.
L'Evangelista annota: "e per la casa fu riempita dell'odore del "myron"
(v. 3). Si deve annotare qui il contrasto tra questa osmi, V "odore (buono)",
e la casa dove si svolge l'episodio, che Marco nel passo parallelo precisa:
"di Simone il lebbroso", ovviamente guarito, e per sempre personaggio in
qualche modo portatore di una menomazione dell'immagine (cf. Me 14,3;
Marco parla di "una donna", non precisando invece che Maria).
"La Casa fu riempita, eplrth". I due termini: "casa" e "riempire"
richiamano irresistibilmente alla memoria tre forme del "riempire":
a) La casa del Signore, ho ikos, he skn, la tenda, t hdgion, "il san
to" (o santuario) del Signore, riempita:
- dalla Gloria divina: "E della Gloria del Signore fu riempita (eplsth)
la Tenda": Es 40,35 (vedi vv. 34-38), che al v. 38 il Fuoco, pyr, del
la medesima divina Gloria, la quale si manifesta come Nube di gior
no, che protegge nell'esodo, e come Fuoco di notte, che illumina;
- nella Tenda del convegno {skn to martyriou) avviene che si manifesta la Gloria del Signore, ed esce da Lui il Fuoco (dxa e pyr di
nuovo insieme) che consuma i sacrifici, i primi offerti dal capo Mos
e dal sommo sacerdote Aronne (Lev 9,23-24);
- portata l'arca dell'alleanza nel tempio nuovo, da inaugurare, i sacer
doti escono dal "santo", t hdgion, e la Nube plsen tn kon,
"riemp la Casa" ed i sacerdoti non potevano officiare, "poich pl
sen dxa Kyriou tn ikon, riemp la Casa la Gloria del Signore" (3
Re(=\Re) 8,10-11);
- testo parallelo al precedente: i sacerdoti non potevano pi officiare
nel santuario: "la Casa fu riempita (eneplsth) della Nube della Glo
ria del Signore" (2 volte in 2 Cron 5,14);
- in Ez 44,4 (ma cf. 2,1), torna la Gloria del Signore nel tempio nuovo:
"ed ecco (ido, sempre segno di prodigio divino), piena della Gloria
la Casa del Signore, plrs dxs ho ikos to Kyriou";
b) lo Spirito divino, la Gloria di Dio, sotto forma di "vento", soprag
giunge improvviso, "e riemp l'intera casa, kdi eplrsen hlon ton
ikon" dove stavano raccolti come in un santuario i discepoli del Si
gnore. la Pentecoste: At 2,3 (cf. vv. 1-4);
e) e finalmente in Gv 13,3 avviene il fatto decisivo: he de oikia
eplrth ek ts osms to myrou, "e la Casa fu riempita dall'odore dell'
unguento".
Il termine myron, che avr anche una funzione tipica nella sepoltura
dell'immacolato Corpo del Signore (cf. Mt 26,7.12; e Le 23,56, al plu956
rale), viene dal verbo myr, scorrere, che di una sostanza secreta da
una pianta. La sua mistura vegetale ed alcoolica era molto richiesta,
gradita, ma costosa. Essa provoca il senso dell'odorato, osm, una
piacevole sensazione, e un uso squisito.
La teologia simbolica qui ci insegna, a partire dall'A.T. e lungo il
N.T., la funzione spirituale dei "5 sensi". I Padri (a partire da Origene;
poi S. Gregorio Nisseno, Diadoco di Foticea, ed altri) svilupparono su
questo ricche considerazioni mistiche, oggi poco note. Infatti, Vudito
donato nell'uomo per ascoltare il Verbo predicato dalle Sante Scritture;
la vista per contemplare l'Icona della Bont, Cristo Signore, a partire
dall'icona-Scrittura; il gusto per mangiare il Pane della Vita, che la
stessa Bont divina (Sai 33,9), il Pane della Vita disceso dal Padre (Gv
6,33-58); Vodorato per aspirare Cristo stesso, Oblazione di soave odore
a Dio (Efes 5,2); il tatto per toccare il Verbo della Vita (1 Gv 1,1-4; cos
l'emorroissa, i malati, i discepoli del Signore, i suoi santi e venerati
seppellitori ma soprattutto la Madre di Dio, e Giuseppe Suo sposo).
I Padri aggiungono: non "sensi" sparsi, ma sensi spirituali, uniti nella
saldezza della fede.
Se in una parola si parla dell'osmi, l'odore buono di Cristo, si ancora una volta rimandati a ritrovare le premesse nell'A.T. Dove il quadro di estremo interesse teologico e spirituale:
a) la sapienza divina emana dalle sue vesti "odore (osm) di aromi co
me cinnamomo e balsamo, e come mirra scelta emanante profumo, co
me galbano e onice, e stacte, e come di incenso l'emanazione nella
Tenda" (Eccli 24,15, per nella Vulgata, v. 20, testo fedele all'originale
e pi attendibile);
b) il Re Sposo, unto divinamente di gioia (Sai 44,8), ha vesti da cui
emanano odore buono la mirra e la stacte (distillati di essenze aromatiche) e la casia (v. 9); la Sposa canta di Lui che "l'odore dell'unguento
(osm myrou) sta sopra tutti gli aromi, myrn olezzante il Nome tuo,
per questo le giovani Ti amarono, Ti trassero corriamo dietro a Te
verso l'odore dei tuoi unguenti (osm myronf(Ct 1,3-4);
e) il sacerdote che ufficia nel santuario deve avere vesti che emanano il
chrisma hieratias, l'unzione sacerdotale (Es 40,15), ricevuta sul Capo
da Mos (olio dell'unzione, laion to chrsmatos, Es 29,7). Tale delizioso profumo deve essere confezionato accuratamente ed esclusivamente
(pena di morte per il profano che lo riproducesse, o ne usasse), con mirra,
cinnamomo, cannella, casia, olio d'oliva purissimo; con esso si ungeranno il tabernacolo, l'arca dell'alleanza, la mensa, il candelabro a 7 bracci,
l'altare del profumo, quello del sacrificio, la conca per le abluzioni. Gli
oggetti cos trattati diventeranno "santo dei santi", ossia santissimi. E finalmente con esso si unger Aronne per consacrarlo come sacerdote del
957
COMMENTO - IL TRIDION
Signore (Es 30,22-33). Il sommo sacerdote allora appariva mentre ufficiava "come fuoco ed incenso sul braciere" (Eccl 50, 9a);
d) l'offerta sacrificale doveva essere accompagnata da aromi preziosi:
- sull'apposito altare "degli aromi", preparato accuratamente (Es 30,110) ed accessibile solo ai sacerdoti;
- l'aroma sacrificale, da offrirsi al Signore era confezionato con estre
ma cura (Es 30,34-38), ed era "santissimo" (v. 36);
- l'olocausto da consumarsi per intero doveva salire "in odore di soa
vit, eis osmn eudias", cf. ad esempio Es 29,18.25.41, e molto
spesso nei libri "sacerdotali", Levitico e Numeri;
- il vino, materia preziosa del sacrificio, era un'altra specie di aroma
soave; cos il sommo sacerdote "stendeva la mano sua sulla libazio
ne, e libava del sangue del grappolo, versava alla base dell'altare l'o
dore di soavit, osmn eudias, all'Altissmo Sovrano universale"
(Eccl 50,15);
- il segno di tanta sacralit sacrificale degli aromi sacrificali sta nel fat
to negativo che il Signore li rigetta quando glieli offre Gerusalemme
prevaricatrice (Ger 25,10; Ez 6,13), poich erano diventati oggetto di
prostituzione, in quanto, oltre il Signore, offerti anche agli idoli per
catturare la loro propiziazione (Ez 16,19; 20,28);
- ma il Signore perdoner nella sua Misericordia infinita, e alla fine
li riaccetter, li rigradir come segno di propiziazione benevola
20,41);
e) la Sposa del Signore emana l'odore di soavit. In Ct 4,10 "l'odore
delle sue vesti (osmi himatin)" sue profumer pi che tutti gli aromi
della terra. Anzi la Grazia divina far s che il suo stesso respiro, che
sospiro davanti al suo Sposo sia, osm rhins sou hs mla, "odore di
mela (profumata)" (Ct 7,9).
Anche il N.T. ha una buona dottrina sull'aroma soave.
a) Cristo Signore:
- in Efes 5,2: i fedeli debbono procedere nella carit, nella misura in
cui Cristo ci am, e consegn se stesso alla Morte in favore nostro
"come Offerta e Sacrificio" a Dio (citazione di Sai 39,7) "in odore
di soavit, eis osmn eudias" (citazione di Es 29,18, cf. sopra) al
Padre Suo;
- in 2 Cor 2,14 Paolo afferma che vanno rese grazie a Dio, che do
vunque trionfatore in lui (qui dice "noi", plurale di modestia) in Cri
sto, e mediante l'Apostolo manifesta in ogni luogo "il profumo della
conoscenza di Lui, tn osmn ts gnses auto". Il che significa che
la Parola divina che annuncia Cristo provoca nell'interiorit degli uo958
mini l'esperienza (= conoscenza) di Cristo che delizia come un aroma soave. Il richiamo qui pu essere allo Sposo del Cantico, vedi sopra Ct 1,3;
b) i fedeli:
- in 2 Cor 2,15, come conseguenza del testo precedente, i fedeli stessi
sono raggiunti da quell'asme eudias di Cristo. Essa produce questo
effetto: essi "sono aroma di soavit di Cristo (Christo eudia) (come
offerta sacrificale) a Dio", sia nei salvati sia nei perduti, il che vale
come "profumo dalla Vita alla Vita, osm ek zs eis zn, e purtrop
po provocando odore di morte per la morte nei "perduti" (v. 16);
- le stesse offerte di aiuto dei fedeli valgono come osm eudias (ci
tazione di Es 29,18), ossia sacrificio di aroma soave al Signore
(Fi/4,18).
Anche se a stretto rigore difficile dire che mentre scriveva il v. 3
del cap. 13 del suo Evangelo, Giovanni tenesse presenti tutti (ed altri)
testi dell'A.T. citati sopra ma altrettanto a rigore: come negarlo, se
Giovanni da buon Ebreo conosceva cos bene le Sante Scritture, e le
applicava al suo Signore? , resta che Yosm to myrou, l'aroma intenso dell'unguento di Maria "riemp la Casa". Questa unzione dei Piedi immacolati del Signore un atto d'amore, una elemosyn, una tenerezza, una carit, Ges di certo essendo stanco ed i suoi piedi affaticati
dal lungo andare per le vie degli uomini. Ora, come Paolo dir in FU
4,18 (vedi qui sopra), l'elemosina Vosm eudias, una forma di sacrificio spirituale offerto al Signore.
Maria e Giovanni hanno compreso bene questo.
Non cos Jehudah ben-S7m 'n, Giuda di Simone, l'Iscariota, proprio
mentre si preparava a tradire il Signore quando "subito usc (per andare
a consegnarlo). Ed era notte" (cf. 13,30 annotazione terribile). Era
ancora investito della sua funzione censoria in fatto di economia (v. 4).
La sua reazione astiosa, rancorosa, sia contro Ges, sia contro Maria: il myron si sarebbe potuto vendere, sarebbe stata l'unica soluzione
giusta e vera, per 300 denari, e distribuirlo ai poveri (v. 5). La somma
di 300 denari equivale a circa 300 giornate lavorative di un operaio
(cf. la parabola degli operai dell'ultima ora, Mt 20,1-16: il prezzo convenuto 1 denaro al giorno; cf. il 9 Marzo); una bella somma, con cui
si pu fare una buona carit. Giovanni per annota che a Giuda non
interessavano i poveri (come credevano i discepoli ancora durante la
Cena, cf. 13,29), ma, reggendo la cassa comune, si portava via il contenuto, "ladro, era" (v. 6).
Le parole di Ges hanno qui un'importanza fondante per i discepoli
delle generazioni che si susseguiranno fino alla fine dei tempi. Esse sono contenute nei densi vv. 7-8, i quali vanno divisi in due parti:
959
COMMENTO - IL TRIDION
TAVOLA
TAVOLA
La protagonista spontanea dell'unzione, Maria, di questo sar altamente meritoria. E non solo adesso, davanti al Signore amato e adorato, bens anche nella memoria reverente delle generazioni future, fino
alla fine dei tempi. Poich il Signore predice che "questo sar custodito" in onore di Maria, essendo anche il "segno" evidente dell'adorazione silenziosa ed amorevole. A questa si deve unire oggi e sempre l'intera Chiesa di Dio.
L'episodio di Betania oggetto di studi specializzati, che talvolta
lo considerano secondo le limitate leggi proprie, storielle, critiche e
letterarie. Invece in se stesso nasconde ed insieme rivela una grande
realt, che va riscoperta nel Mistero santo dell'Olio della preghiera: il
malato unto di consacrazione per la morte eventuale, quando il fedele entra a ricevere il Bacio del Padre, l'Abbraccio divino vivificante, anche in questo, a partire dal suo battesimo, assimilato al Signore
nella sua Unzione e nella sua Morte, in vista della Resurrezione e del
memoriale di essa.
Sembra che qui la riflessione teologica nei vari campi, in specie liturgico, misterico e pastorale, abbia non poco da riscoprire;
b) la seconda parola (v. 8) di una severit straordinaria, e guai a noi se
non la sentiamo come una frustata in faccia per tutte le generazioni: "I
poveri infatti sempre avete con voi Me, non sempre avete". La prima parte citazione di Dt 15,11, nel contesto dell'anno sabatico, del
perdono, della remissione dei debiti, della grande carit fraterna; il testo ebraico dice:
"poich non mancher il povero ('ebjn) in mezzo alla terra,
perci Io ti prescrivo dicendo:
Per aprire, devi aprire la mano tua al fratello tuo,
al misero tuo ed al povero ('ebjr) tuo nella terra! (Dt 15,11),
mentre i LXX hanno:
infatti non verr meno il bisognoso (endes) dalla terra, perci
Io a te prescrivo di fare quest'azione (rhma), dicendo:
Aprendo, aprirai tu le mani tue al fratello tuo, al povero
(penits) e al bisognoso (endemenos) tuo sopra la terra (Dt
15,11).
Ma come "i poveri sempre avete con voi"? Per pura colpa vostra.
Essi non dovrebbero esistere come tali, poich sono "fratelli" bench
poveri, a cui aprire largamente la mano "del cuore" generoso. Le sacche
di miseria esistono 2000 anni dopo. Per colpa nostra. E per colpa nostra,
dopo le esortazioni imperatorie del Signore ad operare la carit e dopo
tanta azione caritativa delle Chiese nei secoli, nonostante che esistesse
961
COMMENTO - IL TRIDION
COMMENTO - IL TRIDION
p )
per
scritto: di Lui", e dunque su questa base irremovibile adesso si realizzato il quando "questo fecero a Lui" (v. 16). Allora fecero memoriale
(mimnskomai), che consegnarono negli scritti del N.T., gi prima celebrandolo nella Cena del Signore
Per adesso solo le folle Lo testimoniano (martyr), perch erano
quelle che stavano con Lui quando aveva richiamato Lazzaro dal sepolcro e l'aveva resuscitato dai morti (v. 17).
Anche per questo, per il "segno" grande della resurrezione, la folla gli si
fece incontro, attratta dall'ascolto dell'attuazione di quel "segno" (v. 18).
Anche nella gioiosa festa delle Palme, dedicata al Signore, sta alto
su tutto il segno della resurrezione. Poich questo l'ultimo e riassume
tutti gli altri 6 segni: Cana, la guarigione del figlio dell'ufficiale regio,
la guarigione del paralitico alla piscina probatica, la moltiplicazione dei
pani e dei pesci, il passaggio sulle acque, la guarigione del cieco nato
(cf. Gv 2,1-11; 4,46-54; 5,1-9; 6,1-13; 6,16-21; 9,1-7). L'acqua diventata vino, il segno del Convito messianico inaugurato dalla Resurrezione. Cos la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Con le guarigioni, anticipata la potenza della Resurrezione, per cui il Figlio riconquista il
Regno al Padre sul Male che lo impedisce. Il passaggio sulle acque il
Re che domina la sua creatura e la rende docile al Regno per gli uomini. Lazzaro allora il segno anticipativo della Vittoria della Vita sulla
morte.
Ma intanto il Re messianico viene per la Croce. Solo la Croce il
varco terrificante: Lui deve accettare l'inabissamento nel turbine malefico della Morte personificata, per riemergere alla Luce divinizzante e
senza tramonto.
La settimana che segue la Chiesa contempler sotto vari "segni" misterici tutta l'opera finale del suo Signore. Lo attende mentre viene come Sposo. Partecipa alla sua Cena. Piange la sua Morte ed insieme ne
canta gli Encomi. E si pone in grande silenzio adorante.
Pronta ad esplodere nella gioia della Luce della Grande Notte che
apre sul Giorno che non tramonta pi.
6. Megalinario
la rilettura di Sai 117,27 e 26a: "Dio, il Signore, e si manifest a
noi! Facciamo festa, ed esultanti, venite, magnifichiamo Cristo con palme e rami, gridando inni: Benedetto dal Nome del Signore Colui che
viene, il Salvatore nostro!" Viene oggi, in questo Evangelo proclamato,
che diventa Evento salvifico.
7. Koinnikn
Si ripete il Sai 117,26.27, con l'Alleluia. "Dio, il Signore, e si manifesta a noi", oggi, qui, in questa Parola di Grazia, in questo Pane ed
965
COMMENTO - IL TRIDION
in questa Coppa che furono benedetti, ed ai quali partecipando riceviamo dallo Spirito Santo la Grazia dell'Evento.
8. Dopo So son ho Thes
Dopo la comunione, invece delYIdomen t Phs t althinn, si
canta YApolytikion della Festa.
9. Aplysis
II celebrante comincia la formula con: "O tu che ti degnasti di sederti
sul puledro per la nostra salvezza, Cristo Vero Dio nostro..."
966
COMMENTO - IL TR1DION
glia della Resurrezione, che si conclude la mattina della Domenica di Resurrezione. Per questo, come si spieg, qui esso posto all'inizio della
trattazione, quale straordinaria guida e luce dell'intero Anno della divina
Grazia, detto liturgico, non esclusa la fine di questo, che la Settimana
santa e grande che ha epilogo con il Venerd delle Sofferenze. Resurrezione
e Croce, un "ciclo" che si salda, anzi si apre in crescendo a spirale, poich
sono due aspetti dell'unico Evento escatologico della divina Gloria "per
noi uomini e per la nostra salvezza", riletto dal compimento.
Cos tutte queste realt celebrative sono da contemplare alla luce
della Resurrezione ottenutaci dalla Croce vivificante, poich esse avvengono "dopo - a causa - a partire dalla Resurrezione".
A. - LA LINEA DELLE LETTURE
Della Settimana santa e grande la "linea delle Letture" della divina
Parola si fa seguire facilmente. Infatti, escluso il Gioved santo e grande, questi giorni singolari presentano una celebrazione che essenzialmente una proclamazione della Parola, a cui si risponde con i Salmi ed
i canti della Chiesa, intorno al Signore che si presenta alla sua Passione. Qui si pu ammirare con animo sorpreso e grato anche la sapienza
della Chiesa che magistralmente sceglie i testi per i temi storici della
Vita del Signore sofferente, e li circonda della loro "rilettura" cantata,
che insieme preghiera e contemplazione.
a) Al Mattutino
Si proclamano quotidianamente ed in progressione gli Evangeli a
partire dall'ultima parte del ministero pubblico del Signore a Gerusalemme, via via fino alla Croce ed alla sepoltura.
Significativamente, Vrthros del Sabato santo e grande riporta un
complesso strutturato di Letture bibliche dall'A.T. e dal N.T., che mentre narrano la sepoltura del Signore, la illustrano con i testi che aprono
alla speranza, come si accenn:
- Prokimenon: Sai 43,2, "Supplica conunitaria". Dopo il Versetto "Risorgi, Signore, aiuta noi e redimi noi a causa della Gloria del Nome
tuo", lo Stichos canta: "Dio, con le orecchie nostre udimmo" i fatti
prodigiosi della Passione;
-Ez 37,1-14: lo Spirito di Dio, invocato dal sacerdote e profeta, sar
inviato da Dio, il Signore, per resuscitare il popolo dei morti;
-Prokimenon: Sai 9,33 e 1, "Azione di grazie individuale": dopo il Versetto "Sorgi, Signore Dio mio, s'innalzi la Mano tua" per operare il prodigio atteso della Resurrezione, lo Stichos canta: "Io voglio celebrare
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COMMENTO - IL TRID1ON
COMMENTO - IL TRID1ON
Che il Donante della Coppa sia il Padre, non fa dubbio, se solo si ricorda qui il lgion di Gv 18,11: "tpotrion ho ddk moi ho Patir,
ou me pi auto?, la Coppa che don il Padre a Me, Io non la bevo?", al
presente. Ma se cos della Coppa, dunque anche del Pane (v. 23).
Su questo Pane il Signore "rese grazie", con il verbo eucharist,
che si alterna con eulog, benedire. Come pi volte si detto, "rendere grazie" non un "rito di congedo", come quando si dice "grazie, e
ciao". un rito di decisa comunione: chi rende grazie infatti celebra il
Signore Dio in se stesso, per i suoi titoli, per le sue opere grandi, e Lo
celebra nell' "assemblea" non solo interiormente, Lo fa conoscere manifestandone la Potenza. Gli chiede che i benefici proseguano ancora.
Riconosce apertamente che i benefici ricevuti sono mezzi offerti e da
accettare per salire alla comunione con Lui.
Dunque qui Ges non sta dicendo "grazie, Padre". La sua preghiera
qui solo allusa dal participio aoristo di eucharist, di certo una specie di "Santa Anafora" divina: l'anamnesi delle Meraviglie operate dal
Padre nel Figlio con lo Spirito Santo. Qui il Padre deve essere conosciuto e celebrato, qui gli si deve chiedere che quelle Meraviglie proseguano per i discepoli adesso ed in futuro. Qui si deve indicare che esse
sono mirabili strumenti per farsi attrarre alla comunione con il Padre.
Ma quali Meraviglie, i megla, i megalia, i thaumsia, i thumata,
ipardoxa thumata ...? Il vocabolario viene dall'A.T , in specie dai
Salmi, ed enorme per numero e senso. Sono le gesta mirabili che il
N.T. chiama "in Cristo", ad esempio negli "inni" come Col 1,15-20; Gv
1,1-18: la creazione, la cura verso gli uomini dopo il peccato, Abramo
e David, Israele, l'alleanza, la Legge santa, il culto divino, il sacerdozio, la profezia, la sapienza, gli eventi storici dall'esodo al nuovo esodo
dopo l'esilio, l'attesa di "Colui che viene". E poi, la Meraviglia delle
meraviglie proprio Colui che viene, la sua indicibile Incarnazione
verginale dalla Madre di Dio, il suo Battesimo, l'Evangelo e le opere e
il culto al Padre sempre nella Potenza dello Spirito Santo, i discepoli
radunati, e "questo momento", che anticipa la Croce e la Resurrezione
e il Dono inconsumabile divinizzante dello Spirito Santo.
Di questo il Signore lascia i "Segni divini", anzitutto il Pane. Sul Pane il Signore rende grazie al Padre, Lo "benedice" (i paralleli). Ueulogia, "benedizione", insieme rendere grazie e lodare. Ora, come pi
volte si disse qui, "la benedizione torna sul Benedicente ed unisce a Lui
il Benedetto". Che cosa parte dal Benedicente, il Figlio, per tornare su
Lui ed unire a Lui il Benedetto, il Padre? E che cosa l'azione di grazie
provoca per farsi attrarre alla comunione con il Padre?
lo Spirito Santo, Benedizione divina ipostatica (cf. Gai 3,13-14), e
Comunione divina ipostatica (cf. 2 Cor 13,13). Egli unisce il Padre con
il Figlio, li pone in eterna indicibile incomprensibile indescrivibile
973
COMMENTO - IL TR1D1ON
COMMENTO - IL TRIDION
"Altrettanto (hsuts) anche la Coppa", ossia accett la Coppa dal Padre. Il senso della coppa dei peccati, e della maledizione che essa com porta, fu spiegato sopra, per la Domenica 5 a di Quaresima, alla quale si rimanda. Il
senso che il Figlio di Dio accetta di vuotarla, e questo uno dei simboli,
con il battesimo di Morte, che indica la Morte di Croce.
Ma, come allora si disse, adesso la riempie della potente Delizia dello
Spirito Santo. E parla cos "Questa coppa la nuova alleanza nel
Sangue mio".
La Coppa riempita del Sangue dell'alleanza, ma questa kain,
ossia non rinnovata, non altra, bens "ultima", quella che riassume e
porta al massimo del loro significato le alleanze antiche, in una Potenza
divina inaudita, quella dello Spirito Santo, operatore nella Morte del
Signore {Ebr 9 ,14, testo a lungo commentato; cf. ancora la Domenica
^ui Quaresima).
Ora, la prima alleanza fu sancita dal sangue del sacrificio, met versato sull'altare, segno della divina Presenza, e met sul popolo, dopo
letta la Parola divina che porta il contenuto dell'alleanza stessa (Es
24,l-8a). Con la formula significante letta da Mos: "Ecco il sangue
dell'alleanza che il Signore ha sancito con voi in forza di tutte queste
parole" (v. 8b). Il sangue, segno della vita donata dal Signore (cf. Lev
17,11), deve essere restituito a Lui sempre e solo nel sacrificio. Ogni
altro uso vietato sotto pena di morte. Il sangue ha potenza di purificare,
proteggere, propiziare, riconciliare, vitalizzare, porre in comunione.
Il Sangue dell'alleanza nuova ed "ultima-eterna" scatena tutte queste
funzioni. il Sangue della Croce. ormai contenuto nella Coppa dei
divini Misteri, alla quale "si comunica", che purifica dai peccati,
protegge per la vita, propizia la divina Misericordia, riconcilia i peccatori
lontani con il Padre che attende, che dona la Vita che lo Spirito Santo.
Che la Koinnia dello Spirito Santo (2 Cor 13,13).
L'Evento misterico della Morte e Resurrezione del Signore resta in
eterno, ha effetto eterno. Nella Domenica 5 & Quaresima, commentan-L'Eventomister do
Ebr 9,14, si visto il senso dell'espressione "nello Spirito eterno" nel
quale Ges si offr quale Vittima immacolata al Padre. In quanto Dio
ed in quanto Uomo, con le due sante Volont ed operazioni distinte ma
unite per l'unica indicibile Oikonomia dell'umana salvezza, Egli pone
un atto, offrirsi in sacrificio al Padre, che deve avere effetto eter no, ma
lo pone anche "nello Spirito eterno", lo Spirito Santo, che il Sigillo
divino di quell'atto.
Anche da questa parte allora si deve accettare che quell'Atto eterno e
permanente abbia efficacia "per noi qui oggi": mangiando il PaneCorpo del Signore, e dunque non tanto "assimilarlo come cibo", quando
lasciandosi assimilare dal Cibo divino (i Padri); e bevendo la Coppa
dell'alleanza.
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COMMENTO - IL TRIOD1ON
voluta, dunque cos invocata: "Vieni, Signore!, Maran', t'Y\ in aramaico (1 Cor 16,22; in greco, rchou Kyrie, Ap 22,17).
L'invocazione pu avvenire solo sulla guida, sulla spinta dello Spirito alla Sposa: Ap 22,17.
Per questo l'antica e venerabile Liturgia alessandrina originariamente
aveva l'epiclesi per la Venuta del Verbo che porta la sua pienezza
nella celebrazione in atto (Anafora di S. Marco greca). Solo dopo, sulla
pressione delle altre Chiese, quella Liturgia aggiunse l'epiclesi per la
Venuta dello Spirito Santo consacrante, trasformante, "riempiente" i
santi Doni della sua Potenza, poich lo Spirito Santo la Parousia del
Signore fino alla fine dei tempi.
Dunque, il "Finch venga" paolino, qui, pu essere inteso anche come "Affinch venga", atto escatologico per eccellenza.
la medesima richiesta del "Padre nostro": "Venga il Regno tuo",
che epiclesi, come ben compresero alcuni Padri orientali, affinch il
Padre invii Cristo e lo Spirito Santo. Matteo che riferisce il testo completo del "Padre nostro" (Mt 6,9-13), con la Venuta del Regno (v. 10),
precisa che il Regno sono Cristo e lo Spirito Santo (12,28).
Il resto della pericope di oggi pieno di interesse. Il v. 25 dopo queste tremende Realt, richiama ogni fedele ad esaminarsi severamente
prima di "mangiare e bere", per non essere "reo del Corpo del Signore".
L'interpretazione ovvia quella della "comunione indegna", ossia dello
stato di indegnit causato da peccati non confessati. Anzitutto qui va risposto, sempre salva la necessit del santissimo Mistero dei confessanti,
che per s solo il Corpo ed il Sangue del Signore rimettono i peccati.
Ma la visuale a cui tende Paolo molto pi severa. Il "Corpo del Signore" qui richiama non tanto quanto precede, che resta sempre presente, ma quanto si afferma nei vv. 17-22 e poi prosegue nei vv. 28-33.
Al v. 29 infatti dice che si deve prima "diakrinn t Sma to Kynou,
discernere il Corpo del Signore", non il Sangue del Signore. Ora il
"Corpo del Signore" la Comunit, la Chiesa, ma nella Chiesa in specie ipoveri dei vv. 17-22. Dunque ciascuno esamini la sua carit verso
questo Corpo sofferente e bisognoso (v. 28), altrimenti "mangia e beve
la sua condanna" (v. 29b).
La dimostrazione: per non fare questo, "molti sono deboli e malati e
muoiono" (v. 30). Deboli nella fede, malati per la non carit, morti per i
loro peccati contro la carit fraterna. Insomma, sono "giudicati" da
Dio, il che si pu ancora evitare (v. 31). Altrimenti viene inevitabile la
divina punizione, che essere travolti nella rovina "del mondo", di chi
non accett Dio e la sua Economia di salvezza v. 32).
La conclusione: "perci, fratelli miei, quando convenite insieme per
mangiare, aspettatevi reciprocamente" (v. 33): ricomponete la carit
fraterna, condizione per partecipare poi con frutto alla Cena.
978
COMMENTO - IL TR1DION
1. nel santuario
2. dal Capo del popolo sacerdotale, Mos
3. lavanda di mani e piedi per Aronne
e per i suoi figli e successori
4. consegna delle vesti sacerdotali
5. l'unzione per il sacerdozio eterno
6. la materia del sacrificio: carne e pane
7. l'unzione con il sangue sacrificale
8. consegna nelle mani sacerdotali dei
doni da offrire in sacrificio; consegna:
"prendere e fare"
9. mangiare del sacrificio
10. "fare", ripetere consacrazione
e sacrificio.
980
Es 40
Lev 8
12a
12b
13a
13b
6
7-9.13
12.30
14-22
23-24
25-29
31
33-36,
e 9,1-24
Questo schema sostanzialmente ripreso dal Signore, e va visto nell'intero contesto del N.T. Conservando i numeri dell'A.T., si ha:
1. Santuario in cielo: il Padre
sulla terra: dove sta Cristo con lo Spirito Santo;
2. Capo e Sommo Sacerdote, Cristo consacrato dallo Spirito Santo
(cf. At 10,38; e il Battesimo al Giordano). la teologia di Ebrei;
3. la lavanda dei piedi (Gv 13,1-11);
4. rivestimento sacerdotale dei discepoli: e "lo Spirito Santo dall'Alto"
(Le24,29);
5.l'unzione sacerdotale: lo Spirito Santo come Fuoco (At 2,1-4)
6.il Sacrificio: "Prendete", alla Cena; cf. poi 1 Pt 2,1-10;
7.il Sangue sacrificale: alla Cena, ma dalla Croce;
8.la consegna del Sacrificio: "Prendete", alla Cena;
9.la partecipazione sacerdotale al Sacrificio: "Mangiate - bevete",
alla Cena ;
10. la funzione sacerdotale sacrificale: "Fate questo come
Memoriale di Me": alla Cena.
La ritrosia di Pietro alla lavanda severamente ripresa dal Signore
con la Parola: "Se Io non ti laver, tu non avrai parte (mros) con Me"
che indica la partecipazione al sacerdozio ed al sacrificio.
Certa critica moderna dissolvente riconosce tuttavia valore di consacrazione sacerdotale alla lavanda dei piedi, anche se poi non crede alla
sua realt divina, sostenendo in genere che qui si tratta di "interpolazione ecclesiastica" primitiva. Il che conferma proprio che la Chiesa degli
Apostoli comunque credeva a questa consacrazione sacerdotale sotto
forma suggestiva del rito simbolico preparatorio, poich noi sappiamo
che il Signore "lav" i discepoli con ben altra materia che l'acqua, con
il lotron divino che il Sangue della Croce, che cancella ogni macchia e dispone alle Realt divine per il popolo santo.
C) Mt 26,21-39: narra la predizione di Ges sul tradimento di Giuda, e
le domande preoccupate dei discepoli per identificare il traditore (vv.
21-25); la santa Cena (vv. 26-29); la predizione di Ges, che i discepoli
lo abbandoneranno (v. 30), mentre si recano al Monte degli Olivi (ivi);
la predizione dello scandalo dei discepoli quando il Pastore sar colpito
e le pecore sue disperse (Zacc 13,7, nel v. 31); la predizione della
Resurrezione e la convocazione dei discepoli "alla Galilea", ossia al
Monte dell'Ascensione (v. 32); la predizione del rinnegamento di Pietro, e la momentanea confessione di fedelt di lui e dei discepoli (vv.
33-35); l'episodio del Getsemani, fino alla prima preghiera del Signore
al Padre (vv. 36-39).
981
COMMENTO - IL TRIDION
Qui si pu annotare qualche altro dato sulla Cena, e sulle parole del
Signore in relazione al Pane ed alla Coppa. Il N.T. raccoglie amorosamente queste parole del Signore, ed ogni suo Autore le annota in modo
diverso. Non esistendo uniformit concordata, si ha qui la garanzia dell'indipendenza dei diversi autori, che del medesimo fatto riferiscono
particolari che altri non conservano. Si hanno cos diverse "tradizioni":
a) quella paolino-lucana di Antiochia. Per Paolo si visto sopra il te
sto di 1 Cor 11,23-26. Luca, discepolo di Paolo ma anche attento ricer
catore della tradizione presso gli Apostoli (cf. Le 1,1-4), segue la for
mula dell'Apostolo per il Pane-Corpo, sostituendo solo klmenon,
spezzato, con didmenon, donato. Quanto alla Coppa, aggiunge alla
formula paolina solo t hypr hymn ekchynnmenon, accordandolo
con hima, sangue "quello per voi versato" (Le 22,19-20);
b) quella giovannea, vista qui sopra, di Efeso;
e) quella "sinottica", di Matteo-Marco, che di Gerusalemme-Antiochia-Roma. contenuta in Mt 26,26-28 e Me 14,22-24. Per il Pane, Mt
26,26 riporta: "Questo il corpo mio" e basta, seguito alla lettera da
Me 14,22. Quanto alla Coppa, Mt 26,28 ha: "Questo il Sangue mio,
dell'alleanza, quello per molti versato in remissione dei peccati", mentre Me 14,24 omette il semitismo "per i molti", che isaiano (cf. Is
52,13 - 53,12) e paolino (cf. Rom 5,12-21), ma che ai lettori di Marco
(in specie a Roma) sarebbe stato incomprensibile;
d) quella di Ebr 9,15-28, specialmente vv. 19-22, che riporta la formula
del sangue dell'alleanza al Sinai (Es 24,6-8), l'aspersione poi del taber
nacolo con il sangue (v. 21), ma conclude con l'allusione chiara: senza
versamento di sangue, non esiste "remissione", dphesis, dei peccati (v.
22). Il velato rimando, nel contesto dei riti antichi parzialmente ineffi
caci, al Sacrificio di Cristo con il suo Sangue con valore finale, non fa
dubbio che si tratti di formula eucaristica. Il luogo Antiochia;
e) quella di Ap 22,14 e 17: "beati quanti lavano le loro vesti per avere
diritto all'Albero della Vita", e "Chi ha sete, venga, e colui che vuole,
prenda (lambn) l'Acqua della Vita gratis". Quest'ultimo testo ha di
screti e sensibili rimandi a Gv 7,37-39, e al "Prendete" della Cena.
L'ambiente sono le Chiese dell'Asia minore.
La conclusione magnifica ed impressionante. Al contrario di quanto in genere si ritiene, all'inizio esisteva una grande ricchezza di formule, tutte in uso, una diversificazione pacifica e da nessuno contestata.
982
legge della storia della liturgia che dalla vasta variet nei secoli i grandi
complessi ecclesiali (patriarcati) abbiano limitato la scelta, bloccando
su una certa uniformit e guardando con sospetto ogni variazione.
L'impressionante qui che il medesimo Evento, la Cena, riportato
sotto angoli diversi, e questo un fatto normale, dove non si deve trovare chi "pi fedele all'originale", come la strana fissazione moderna. Bens, tutti i resoconti sono "veri", nessuno esclude l'altro, anzi ciascuno per s suppone nel lettore la conoscenza del resto della divina
Tradizione
Questo era il mirabile arricchimento della Chiesa primitiva, davanti
a cui si deve restare da una parte ammirati, e dall'altra in totale rispetto,
cercando di prenderne, per quanto si pu, tutta la ricchezza.
interessante qui la rassegna di tutte le Anafore e le Preci eucaristiche delle Chiese nei secoli, d'Oriente (Liturgie della famiglia alessandrina, di quella antiochena e di quella sira orientale) e d'Occidente (Liturgia romana, e Liturgie latine non romane, che erano numerose), per
vedere quale formula fosse o sia in uso. Ad esempio, la Liturgia ispanica conserva preziosamente la formula paolina di 1 Cor 11,23-26.
Quanto alla Divina Liturgia bizantina, la rassegna si deve portare
sulle tre sante Anafore in uso:
1) S. Giovanni Crisostomo:
- "Questo il Corpo, quello per voi spezzato in remissione dei pecca
ti": la formula viene da Paolo (1 Cor 11,24), con l'aggiunta eis dphesin hamartin assunta dalla formula di Mt 26,28 relativa al Sangue
dell'alleanza nuova;
- "Questo il Sangue mio, quello della nuova alleanza, quello per voi
e per i molti versato in remissione dei peccati": la formula viene da
Matteo (26,28), con assunzione del t hyprhymn, "quello per voi",
da Le 22,19;
2) S . Basilio il Grande (greca):
- per il Corpo, come in S. Giovanni Crisostomo;
- per la Coppa, idem;
3) S. Giacomo Fratello del Signore (greca)
- peril Corpo, come in S. Giovanni Crisostomo, con l'aggiunta: "spez
zato hai diadidmenon, e distribuito", che evidente assunzione da
Le 22,19 che ha didmenon, donato;
- per la Coppa: come in S. Giovanni Crisostomo, con l'aggiunta: "versato kdi diadidmenon, e distribuito", presa anch'essa da Le 22,19.
Se si comparassero qui i testi delle diverse famiglia liturgiche d'O983
COMMENTO - IL TR1DION
COMMENTO - IL TRIDION
9. Aplysis
La formula di oggi dice: "O Tu che per l'eccessiva Bont mostrasti
la via migliore dell'umilt nel lavare i piedi dei discepoli, e fino alla
Croce ed al sepolcro accondiscendesti (sygkatabin) a noi, Cristo il
Vero Dio nostro..."
D. - IL VENERD DELLE PASSIONI
"Sigstopsa srx, taccia tutta la carne", l'esistenza creata. Oggi.
L'Evento della mirabile e vivificante Croce della divina Gloria, nel
quale il Padre glorificato dal Figlio, ed il Figlio glorificato dal Padre, e ambedue dallo Spirito Santo (cf. Gv 17,1-3), memorato e celebrato dalla Chiesa anzitutto dall'ascolto trepido e teso dei Santi Evangeli. Questi parlano, e chiedono il silenzio della conversione del cuore,
della compunzione delle facolt umane indebolite dalle colpe, dell'azione di grazie fervorosa, della lode adorante.
La Chiesa oggi risponde a tanto peso della Grazia con poche parole,
velate di dolore e di pianto trattenuto.
Oggi neirrthros la Chiesa legge i "Dodici Evangeli", secondo
la venerabile tradizione di Gerusalemme (sec. 4). Uno per uno, i
Santi Evangelisti vengono ad alternarsi davanti ai fedeli raccolti in
sinassi, e annunciano, narrano, rivelano, proclamano, indicano,
"iconologizzano" Lui.
Come il Dio preeterno, il Signore Unico, il Dio da Dio, il Dio Monogenito, il Dio Verbo, il Verbo del Padre, la Luce eterna, la Luce del
mondo, la Vita sussistente, la Vita di tutti, il Creatore dell'universo, il
Sovrano delle Potenze, la Sapienza d'Amore, la Potenza di Dio, lo
Splendore della Gloria e l'Impronta della Sussistenza del Padre, l'Icona
atemporale del Padre, l'Icona della Bont di Dio, l'Unico Santo, l'Innocenza inattingibile, il Medesimo si mostri anche nella carne volontariamente assunta dalla Semprevergine Madre di Dio, mentre il Servo
irriconoscibile, lo Schiavo della morte, l'Adamo carico del peccato del
mondo, reso peccato per gli uomini, reso maledetto per loro, il pi mortale dei mortali, l'"Uomo dei dolori", l'umile Figlio dell'uomo, l'Icona
vera del Volto umano che rivela l'Infinito misericordioso.
questo un unico movimento filiale verso il Padre, fraterno verso
tutti gli uomini. Movimento d'amore perduto, gettato nel Padre e gettato sugli uomini, per ritrovarlo nella sua Pienezza che lo Spirito Santo. Esso si percepisce dal primo istante dell'esistenza umana del Signore, anzi gi per il fatto stesso del suo nascere come Uomo vero. Ma subisce come un parossismo, nel senso positivo di accelerazione verso il
tlos, il fine che il Padre ha posto. Due momenti, che sono unica dura986
ta, si fanno notare oggi: il Getsemani e la Croce. Per richiamare il primo momento bene che le nostre parole qui manchino, e che si ceda la
parola ad uno dei maggiori spirituali della Chiesa in ogni tempo, S.
Massimo il Confessore, che ha studiato pi di tutti le due Volont di
Cristo Signore:
Per cos dire, come nel solo kairs (= tempo scelto da Dio) della
Passione salvifica, quando (Cristo) imprimeva realmente in se stesso
la nostra (volont umana), ed in quanto Uomo rifiutava la morte,
mostrava di possedere due Volont, in modo dichiarato; ma, mi sembra, non apodittico (= senza dimostrazione contraria): come infatti
solo in questo kairs, e non prima di esso, e per quale causa? (Risposta:) Quanto Egli possedeva allora, possedeva anche dal principio di quando divent Uomo, tuttavia in seguito non lo disperse. Infatti, se non (lo) possedeva da principio (non lo possedeva) neppure
nel kairs della Passione, ma (qui) solo manifest il rifiuto, ed oltre
questo anche il resto dal quale noi fummo salvati, come il pianto, la
tristezza, l'agonia, la croce, la morte, il sepolcro. Infatti, se si abroga
anche uno solo dei fatti naturali salvifici che in Lui esistevano come
in noi, allora non rimane neppure il resto. In che modo, in realt,
non (era) in Lui questo fatto (il rifiuto), ed invece (erano in Lui) gli
altri (il pianto...)? E per che motivo? E quale contrasto il pregare e
fare mostra della debolezza naturale volontaria, dico quella secondo
la carne, attraverso l'angoscia, e non reagire affatto, bens parlare:
"Se possibile", e: "Non quello che voglio io, ma quanto Tu (, Padre, vuoi)" (Mt 26,39), ed aggiungere un forte e sentito movimento
contro la morte? Egli infatti imprimeva concretamente in se stesso la
nostra (volont) attraverso l'angoscia naturale per un poco, per liberare noi anche da questa, e per impegnare la natura della sua propria
carne, e per operare un'Economia (salvifica) pura da ogni immaginazione. E di nuovo, subito present un immenso impeto contro la
morte ed il culmine della (volont) umana contro di essa, present
alla Volont (divina) sua propria e paterna la congiunzione e l'unit
(delle due Volont, la divina e l'umana), con il decidere ed il parlare:
"Non la mia, ma la tua (Volont) sia fatta". E qui rimovendo la
divisione (delle due Volont), l, di nuovo, la confusione (delle due
Volont nella sua Persona, la divina e l'umana)" (S. MASSIMO IL
CONFESSORE, Opuscula theologica et polemica adsanctissimumpresbyterum Marinum, de duabus unius Christi Dei nostri voluntatibus,
inPG91,196C- 197 A).
Contempliamo perci oggi il Signore e Dio nostro mentre con totale
e filiale obbedienza al Padre, e nel Padre, per l'assoluta necessit che
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COMMENTO - IL TRIDION
"la carne" sia redenta dalla Morte vivificante, abbraccia la "sua" Croce.
E sulla Croce dona la sua esistenza senza resto nell'Amore infinito dello Spirito Santo. E dalla Croce consuma ogni suo desiderio al fine che i
peccatori destinati alla rovina "abbiano la Vita, ed abbondantemente la
abbiano", e diventino suoi fratelli veri, figli dell'Unico Padre.
Mentre resta in silenzio sotto i colpi, e prega il Padre per i suoi uccisori, e promette il Paradiso al Ladrone e prega il Padre con i Salmi, ed
annuncia che dal Padre " stato compiuto" il popolo che deve nascere
dai terrificanti dolori del Messia divino, e riconsegna lo Spirito "suo" al
Padre affinch possa donarlo agli uomini nella rovina. E mentre, Adamo Ultimo addormentato nel sonno della morte, dal suo Fianco immacolato sta generando la sua Sposa d'amore, la Chiesa. Ed i santi Evangelisti a turno descrivono la progressiva Consumazione, il perfezionarsi
del Divino Disegno, il compiersi della Hra.
E narrano come la Croce si faccia il centro di tutto, nell'indicibile
rapporto paterno-filiale che regna senza alterazione tra Dio ed il Crocifisso nello Spirito Santo, da una parte, con l'ampliamento al piccolo
gruppo che con la Madre delle sante Sofferenze sta sotto il Legno della
Redenzione e del Paradiso nuovo; e dall'altra, l'agitarsi irragionevole e
terrificante delle Potenze malvage che operano l'ultimo loro vano assalto per cercare di uccidere la Vita. Il mondo appare senza senso, la
creazione soffre come nel parto, come pu collabora al Disegno divino,
in cielo con i "segni" dell'oscurit, sulla terra con il sisma e l'apertura
delle tombe antiche. La Teofania della Croce appare come un'alba
oscura, che spinge verso una creazione nuova, inaudita, del tutto incomprensibile e totalmente incredibile. Canta lo Stichrn dell'Ora 9":
Oggi sta appeso sul Legno Colui che sospese la terra sulle acque.
Con corona di spine cerchiato il Re degli Angeli,
di falsa porpora rivestito Colui che rivest il cielo di nubi,
schiaffi riceve Colui che al Giordano liber Adamo,
con chiodi trafitto lo Sposo della Chiesa,
con lancia trapassato il Figlio della Vergine.
Noi adoriamo le tue Sofferenze, Cristo,
mostra a noi anche la tua gloriosa Resurrezione.
Il Signore dunque sulla Croce sta solo, di fronte al Padre, e di fronte
all'intero "peccato del mondo". La Liturgia di oggi accentua questa terrificante solitudine di Lui. Ed insieme per narra come intorno a Lui si
avvicendino personaggi dell'intera sfera umana: chi odia, chi condanna
per intolleranza, chi tradisce, chi promette fedelt ed invece fugge o addirittura rinnega, chi colpisce e sputa e schernisce, chi incrudelisce con
angherie e flagelli, chi abusa dell'autorit per condannare iniquamente,
chi cerca di consolare ed alleviare le sofferenze dell'"Uomo delle sofferenze", chi inchioda e da l'aceto per acuire le medesime sofferenze,
chi infierisce con la terribile lancia romana. Ma anche chi Lo segue per
solo amore: la Madre, il giovane discepolo, le Donne fedeli, ossia i primi testimoni della Croce. E chi Lo confessa come "Veramente il Figlio di Dio", come il rozzo centurione romano.
Al Hesperins avviene la proclamazione suprema: il Signore, chinato
il capo in segno di "S" al Padre, Gli riconsegna lo Spirito affinch
finalmente il Padre possa donarlo agli uomini. E chiude la sua esistenza
mortale.
E questa come riaperta immediatamente dal Costato straziato,
quando "subito escono Sangue ed Acqua", YOikonomia dello Spirito
Santo per la Chiesa, dunque il Mistero della Chiesa.
E qui altri personaggi. La paura delle autorit religiose, il disprezzo
del governatore romano nel concedere "un cadavere" a chi glielo chiede. E il nobile Giuseppe d'Arimatea, e il sensibile Nicodemo, e VApokataxylsis, la Deposizione, con amore tenero, del Corpo immacolato, e le onoranze funebri con la cura dolente per esso, e gli sguardi delle
Donne fedeli per riconoscere il luogo del sepolcro.
La santa assemblea segue in processione YEpitphios verso la sepoltura, ricevendo il magnifico "segno" dell'unguento come partecipazione simbolica anticipativa delle cure prestate al Corpo immacolato
del Signore. Insieme, canta gli Stichoi del Sai 92, "Salmo della Regalit divina", tra i quali si intercalano i 4 Tropari della Deposizione e
della Sepoltura, fino al canto degli Angeli che vi assisterono e vi assistono ancora oggi: "Gloria alla tua Condiscendenza (sygkatbasis), o
Amore per gli uomini!".
Appare adesso la Croce santa, alta davanti ai fedeli.
La sera alYrthros si cantano gli "Encomii" al Crocifisso, ed in un
certo senso si accompagna e si assiste il Crocifisso fin dentro il suo
sonno, in trepida attesa ed in silenzio, nella fede che sar risvegliato
potentemente.
La Chiesa medita, e torner ancora a meditare, con il Salmista:
Esmith eph 'hmds t Phs to Prspou sou, Kyrie, Si
pose quale "segno" su noi la Luce del Volto tuo, Signore
(Sai 4,7).
Segno infinito di Misericordia e di Grazia fino all'eternit.
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