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D.

HERTODRMION
CORSO DELLE FESTE FISSE
O CICLO
DEI MNIA

TAVOLA

27 - Cristo Pantokrtr e la santa Disis - Iconostasi della chiesa di S.


Nicola, Piana degli Albanesi; di Caterina di Candia, sec. 17.

TAVOLA

28 - S. Andrea Apostolo - Studio del Vescovo, Piana degli Albanesi, datato


1603. S. Giovanni il Teologo - Chiesa di S. Maria di Mezzojuso, sec. 17.

1.
SETTEMBRE

1 SETTEMBRE
INIZIO DELL'INDIZIONE
OSSIA DELL'ANNO
NUOVO
La rubrica di questo giorno si presenta molto carica, e va tenuta presente:
INIZIO DELL'INDIZIONE, ossia dell'ANNO NUOVO; e memoria
del Santo Padre nostro Simeone lo Stilita (+ 459); e la sinassi della
Sovrasanta Theotkos dei Miaseni. E del Santo Martire Aithala (+
355); e delle Sante 40 Donne (+ 312), e di Ammun diacono, e di esse maestro; e memoria dei Santi Martiri Kalliste, Evodio ed Ermogene i fratelli; e memoria di Giosu figlio di Nave; e commemorazione del grande incendio (a. 461).
l'inizio dell'Anno liturgico, in concomitanza con l'anno civile. E
qui va subito annotato che questo giorno cos ricco, per essere feriale in
pressoch tutte le nazioni, passa ingiustamente come inosservato.
Uindiktos,in latino indictio, la data che simbolicamente, ed a tutti
gli effetti, da l'inizio di un regno, della legislazione, della datazione dei
documenti; con effetti economici, ancora oggi infatti la produzione riprende il suo ritmo pieno con l'inizio di settembre. Cos il primo giorno
chiude l'anno passato ed apre sul nuovo. Tale data ebbe diverse soluzioni tra le nazioni cristiane, fino a tutto il medio evo.
Situato strategicamente a ridosso di grandi Feste, come la Nativit
della Madre di Dio e l'Esaltazione della Croce (8 e 14 Settembre), il 1
Settembre oltre tutto corrisponde circa al pi antico Capodanno ebraico
(r'sha-snh, cf. l'antico calendario ebraico di Lev 23,23-25; era
giorno di penitenza annunciato dalla tromba sacerdotale).
Teologicamente, l'Anno liturgico permanente della Grazia divina
cominciato con la Resurrezione del Signore e dunque dal Dono inconsumabile dello Spirito Santo (Gv 20,19-23, la sera della Resurrezione; At
2,1-4, alla Pentecoste), e si estende senza interruzione fino alla Parousia
seconda e terribile. In esso si agginge il simbolismo dell"'anno" solare di
origine ecclesiastica. Ma in esso trionfa la Domenica, la vera "Festa delle
Feste", di origine apostolica, l'inizio autentico della settimana. Vi si aggiunge anche il simbolismo della giornata. Si hanno cos i simboli dell'inizio, della crescita, della conclusione, nel "pi" senza termine della Grazia divina dello Spirito Santo.
Sul piano teologico, l'Anno liturgico trae inizio dall'inaugurazione
della "lettura" proclamante della divina Parola. Questo gi nell'A.T.:
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CICLO DEI MNIA

Dt 31,9-14. la "linea continua" (cf. Parte I, Cap. 4 e 5). Il suo inizio


esclusivamente la suprasanta Veglia della Resurrezione. Il presente lavoro fedele a questo inizio del tutto singolare.
L'Anno liturgico infatti caratterizzato solo dalla Parola della Resurrezione, l'Evangelo del Signore Risorto con lo Spirito Santo, illustrato dal resto delle Scritture e accolto e riletto dai canti della Chiesa.
H I 0 Settembre mostra tutto questo con ricchezza ed abbondanza.
I. - LE ORE SANTE
Non difficile scoprire gi nelle Ore che la Liturgia qui opera una
sapiente prolessi: la Grazia del Giubileo portato dal Signore, e che lo
Spirito Santo, per s in azione dalla Resurrezione e dalla Pentecoste,
opera gi all'inizio dell'Anno.
Lo Stichrn 1 dell'Indizione, al Vespro, in un certo senso aprendo
la strada a tutti gli altri Tropari, canta:
Avendo imparato la preghiera dell'Insegnamento di Cristo, da Lui
detto, e divino, ogni giorno noi gridiamo al Creatore: Padre nostro,
che abiti nei cieli, dona a noi il Pane supersustanziale, passando sopra alle nostre cadute".
un'anamnesi grandiosa di Dio Creatore, del Figlio Maestro divino
e benevolo, della Dottrina salvifica. Insieme un'epiclesi avvolgente e
globale, al Padre Buono affinch realizzi i contenuti del "Padre nostro": il Pane epiosios, "supersustanziale", ossia che travalica efficacemente lo spazio tempo della nostra salvezza, e "quotidianamente",
ogni giorno, nutre i figli di Dio nel triplice provvidenziale modo: come
pane del corpo, come Pane della Parola, come Pane dei Misteri del
Convito di Grazia (cos i Padri). perci chiesta la remissione misericordiosa delle colpe.
Con lo Stichrn 3 dell'Indizione poi si canta:
Tu al Monte Sinai allora avendo scritto le Tavole (della Legge),
adesso di persona a Nazaret secondo la carne mostrasti il Libro profetico da leggere, Cristo Dio, e richiusolo, insegnasti ai popoli che in
Te la Scrittura era stata adempiuta,
quest'ultima frase essendo Le 4,21, che si ritrover nell'Evangelo
del giorno.
Cos all'inizio dell'Anno della Grazia si presentano in Cristo l'A.T. e
il N.T., l'intera Rivelazione divina. Nel suo sovrano adempimento da par996

1 SETTEMBRE

te del Padre in Cristo con lo Spirito Santo, "il Padre compiacendosi, il Figlio attuante e lo Spirito Santo cooperante" (S. Massimo il Confessore).
Ma all'inizio del medesimo Anno sta come concentrata la fede dei
fedeli nel loro amore per il Padre e per il Figlio e per lo Spirito Santo,
in proiezione lungo tutto il resto del tempo. Amore della fede codificato, per cos dire, nel quotidiano "Padre nostro", preclaro divino Insegnamento del Figlio di Dio ai suoi discepoli di ogni tempo.
E qui vanno tenute presenti, per completare poi quanto si dir sulla
Divina Liturgia, le Letture bibliche del Hesperins e deWrthros.
a) Vespro:
- Is 61,1-10: lo Spirito di Dio "sta sopra" ed "unge" il Re messianico,
che anche il Sacerdote, inviato dal Signore a portare l'Anno accet
to, della remissione totale delle colpe, anzitutto evangelizzando i po
veri: i vv. 1-2 saranno proclamati da Cristo Signore nella sinagoga di
Nazaret (vedi Evangelo del giorno);
- Lev 26,3-10.1 1b-12.14-15a.l6a.c.l7.19-20.22ab.33b.27b-28a: que
sto testo, cos selezionato, fa parte delle promesse di bene, o di san
zione punitiva, che il Signore dall'inizio propone al suo popolo, po
nendolo davanti alla scelta, praticare o no la sua santa Legge, che
la sua Volont;
- Sap 4,7-15: la sorte felice del giusto davanti al Signore se conduce la
sua esistenza davanti a Lui mantenendola immacolata, diventando
cos amato da Lui; allora sar trasferito accanto a Lui, che lo sottrarr
agli iniqui;
- Stichoi: dal Sai 64, un' "Azione di grazie comunitaria", il v. 2, la lo
de a Dio in Sion; il v. 5, la felicit dell'eletto da Dio; il v. 12, l'Anno
del Giubileo, che sar poi il Koinnikn del giorno.
b) Mattutino:
- si deve considerare qui soprattutto l'Evangelo, Le 6,17-23, parte del
"discorso della pianura" di Luca, in cui il Signore proclama le beati
tudini per i poveri, gli affamati, i piangenti, i calunniati. Tali in realt
debbono farsi trovare tutti i fedeli del Signore, i quali cos sono posti
in luogo privilegiato, all'inizio dell'anno come al centro e come alla
fine: poich "grande la loro ricompensa" fin dal principio.
A questo deve aggiungersi la considerazione della Madre di Dio,
che da oggi memorata invariabilmente con i suoi privilegi singolari, e
come potente Difesa di tutti i suoi fedeli devoti;
Infine, appare il corteo dei Santi del Signore nelle varie condizioni
della loro esistenza in cui si fecero trovare: monaci come il grande Simeone lo Stilita; i gloriosi martiri come Aithala, le 40 Donne fedeli e il
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CICLO DEI MENAI A

diacono Ammun, Kalliste, Evodio, Ermogene. La memoria storica risale fino all'A.T., alla figura di Giosu, il fedele servo del Signore e di
Mos, il quale introdusse il popolo santo d'Israele nella sua patria, oggetto della Promessa divina.
posto insieme un evento che commosse il mondo, l'incendio che
devast Costantinopoli per diversi giorni nel 461, memorato qui come
causa dell'intervento soccorritore divino ottenuto dall'intercessione
della Madre di Dio e dei Santi.
Si ha, in poche parole, un vasto materiale di mistagogia, come una
traccia, che pu essere seguita lungo tutto l'anno, nelle mirabili ricchezze e variazioni della celebrazione perenne della Chiesa.
II. - LA DIVINA LITURGIA
1. Antifone
Antifone comuni, o i Typik e Makarismi.
2. Esodikn

Comune (o ordinario, o giornaliero, con l'invocazione ...ho en

hagiois thaumasts).
3. Tropari

1) Apolytikion, dell'indizione, Tono 2, canta una "teologia della sto


ria". Il Signore acclamato quale potente Operatore dell'intera creazio
ne che fonda lo spazio tempo della salvezza, ossia il mondo e la storia
degli uomini, che detiene sotto la sua Potest divina (exousia) stabil
mente. Con epiclesi a Lui si chiede che "benedica la corona dell'anno
della Bont" (cf. Sai 64,12, che torna poi nel Koinnikr), e questo sia
percepito come la sua custodia nella pace dei re fedeli e della Cittadi
nanza terrena gi tesa verso quella celeste. E per l'intercessione effica
ce della Madre di Dio si chiede fin d'ora di essere salvati.
2) Apolytikion di S. Simeone lo Stilita: rievoca la sua epopea, essendo
egli diventato per la Grazia divina "colonna della pazienza", avendo
emulato i Progenitori (cf. Ebr 11, la "fede dei Padri" dell'A.T.), tra i
quali Giobbe e le sue sofferenze, Giuseppe ebreo nelle sue tentazioni
da cui usc vittorioso. Egli gi nel corpo era stato divinamente trasferito
nella Cittadinanza degli Angeli. La Chiesa lo prega come Padre santo,
affinch interceda presso Cristo Dio per salvare le anime nostre.
3) Apolytikion della Theotkos: comincia con le parole dell'Angelo:
"Gioisci, Madre di Dio Vergine resa tutta grazia!" (cf. Le 1,28), e pro
segue con i titoli mariani: Porto e Protezione del genere umano. La lo998

1 SETTEMBRE

de di Maria prosegue con il centro dell'Incarnazione: da Lei infatti prese


la carne il Redentore del mondo. I privilegi singolari della Madre di Dio
restano perenni: Ella sola infatti Madre e Vergine, in eterno benedetta
(cf. Le 1,42, Yaspasms di Elisabetta) e glorificata. A Lei la Chiesa
orante chiede di intercedere presso Cristo Dio, affinch doni la pace
all'intero mondo abitato.
4)Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
5)Kontkion dell'8 settembre.
4. Apstolos
a) Prokimenn: Sai 146,5, "Inno di lode". Vedi Domenica 2a di Pa-squa.
Dall'inizio dell'anno e dunque anche sempre, acclamato come Grande
il Signore nostro, ed riconosciuta come grande la sua Potenza, mentre
si accentua la nota apofatica: non esiste "numero" (misura) per il suo
Intelletto.
Lo Stichos, Sai 134,3, "Inno di lode", chiama alla lode del Signore,
poich Buono, e a salmodiare a Lui, poich questo l'unico Bene.
b)l Tim 2,1-7
L'Apostolo si raccomanda al fedele discepolo e Vescovo, anzitutto
per il comportamento di carit che vincola tutti i cristiani. E la prima
carit pregare sempre in favore degli uomini. Viene qui un vero vocabolario della preghiera biblica e cristiana: dseis,richieste;
proseuchi, preghiere intense; entuxeis, domande fiduciose; eucharistiai, azioni di grazie "in favore di tutti gli uomini" (v. 1). Tali termini
possono essere tra essi intercambiabili, e comunque sono di uso liturgico
o "personale" ormai diventato tecnico nella Chiesa. "Tutti gli uomini"
significa amici e nemici, favorevoli e indifferenti. Ed anzitutto, occorre
insistentemente pregare per i re della terra, e per quanti sono in
condizione di preminenza (hyperoch), di autorit nel condurre le nazioni. Il fine non egoistico, come potrebbe apparire, bens tende al bene comune: vivere, condurre l'esistenza quieta e tranquilla (remos ki
sychios bios), seguendo per intero le dovute piet (eusbeia) e santit
{semnts) (v. 2). Sono le virt con le quali si apre l'accesso alla relazione devota con il Signore.
Questo il modo buono, il solo accetto davanti al Salvatore nostro
Dio, che rigetta ogni empiet ed ogni contaminazione (v. 3). Egli infatti
vuole di Volont voluta (thl) che cos ciascun uomo e tutti gli uomini
possano essere salvati. E questo si ottiene giungendo all'esperienza vissuta (epignss) della Verit (v. 4). Si ha qui un tema biblico insistito
nei Due Testamenti a partire dalla predicazione profetica (Ez 18,23.32;
3,18; 33,11) e dalla riflessione sapienziale (Eccli 11,14; Sap 1,13;
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CICLO DEI MNIA

11,24; 12,19), passato come prezioso patrimonio della predicazione


apostolica (oltre che qui, cf. Tit 2,4.6.11; 2 Pt 3,9). Evidente eco vibrata
della predicazione di Cristo Signore, che in un certo senso si conclude
e si codifica nelle parole della Cena, anticipo della sua Croce vivificante per tutti gli uomini. Questa "la Verit". Ora il v. 4 oggi il
privilegiato oggetto della discussione "missionaria", in cui correnti deleterie sostengono che non occorre pi l'Evangelo, il Regno, Cristo, il
Padre, la Chiesa, poich lo Spirito Santo sparge i "semi" in tutte le religioni, in tutte le culture. Le quali, stante la Volont divina salvifica
universale: "vuole che tutti gli uomini siano salvati", sarebbero "vie
autonome della salvezza". qui evidenziato un errore dottrinale, del
tipo della falsa gnsis antica, che di certo sta producendo e produrr
danni inecuperabili alla fede, alla predicazione missionaria, alla salvezza degli uomini. Religioni e culture della terra mescolano fatalmente grani di verit, come l'ansia umana verso la "salvezza", la vita,
la ricerca di Dio, con ammassi di errori, di oscuramento della coscienza, di tenebra, di peccato. Il cristiano deve discernere questo alla Luce
divina della Verit, che va predicata al fine che sia accettata. Non deve
accettare il nominalismo, il razionalismo, l'iconoclasmo permanente,
il lassismo spirituale e morale, il pensiero debole (poco intelligente)
del dibattito attuale.
Ora precisamente Paolo, "apostolo" e "missionario" e "predicatore
dell'Evangelo", dichiara esplicitamente quale sia questa Verit, l'unica
che occorre "sperimentare e vivere" per essere salvato divinamente.
Con il gr, "infatti" esplicitativo, enuncia la formula: "Unico infatti
Dio, Unico anche il Mediatore di Dio e degli uomini, l'Uomo Cristo
Ges (v. 5). significativo che oggi i teorici della "non-azione" missionaria citino solo il v. 4, ma mutilato, "Dio vuole che tutti gli uomini
siano salvati", ed omettono del tutto il v. 5, nonch, ovviamente, i vv. 6,
sul Sacrificio redentivo, e 7, sulla "missione" di predicazione di questo
affidata a Paolo.
La Verit salvifica dunque la Realt divina che il Padre, il Dio
Unico (cf. Dt 6,4-5; e Mt 22,37-40, e par.), ed in Lui il Dio Unico sono
il Figlio e lo Spirito Santo. La Verit salvifica altres la Realt umana
del Figlio di Dio, il Mesits, il Mediatore di Dio con gli uomini, e degli
uomini con Dio. In Lui la Realt divina e quella umana, degli uomini,
trovano il punto di incontro, di riconciliazione e di comunione, mentre
fuori di Lui regna la distanza, l'inimicizia, la separazione degli uomini
da Dio. Ma Paolo insiste sull'Umanit del Figlio di Dio: "l'UomoCristo Ges" (v. 5). il realismo dell'Oikonomia divina della salvezza,
che si calata nella storia degli uomini (cf. ancora YApolytikion dell'Indizione). E degli uomini ha assunto la "sostanza". Cos che il Figlio
di Dio per s sussiste come Theologia inconoscibile ed incomprensibile
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1 SETTEMBRE

come il Padre e lo Spirito Santo. Tuttavia volontariamente si fa oggetto


anche dell' Oikonomia indicibile e per suprema Sygkatbasis, Condiscendenza, si fa Uomo vero, unendo gi "secondo 1' Ipostasi" la sua
Divinit con la sua Umanit. Egli resta consustanziale con il Padre e
con lo Spirito Santo, ma per la mediazione necessaria della Semprevergine Madre di Dio da cui assume la sua carne, diventa anche consustanziale con tutto il genere umano. l'enunciazione di principio necessaria (secondo i termini di S. Massimo il Confessore).
Il v. 6 per esplicita ulteriormente la Verit salvifica, la Realt divina
del Dio Unico, la Mediazione umana del Figlio di Dio. Gli enunciati di
qui sopra non restano solo formule, ma furono storicamente "testimoniati nei tempi stabiliti", quando l'Uomo Cristo Ges don se stesso
quale "riscatto (antilytror) per tutti". Tali espressioni, anche se pi per
contenuto che per forma letteraria, raggiungono i testi del Servo sofferente di Is 52,13 - 53,12, che "consegn la sua anima alla morte" per la
redenzione degli iniqui. richiamato cos il sacrificio d'offerta della
Croce, per il quale il Signore anche Mediatore sacerdotale (cf. Ebr
12,24) dell'alleanza ultima ("nuova") nel Sangue, donata agli uomini
nella Coppa sacrificale offertoriale della Divina Liturgia.
Cos per chiara anche l'affermazione che chiude il v. 6: "la testimonianza {martyrion) nei tempi proprii (kairis idwis)". Quando si
tratta di martyria nel N.T., si deve aprire la considerazione a diverse e
concomitanti direzioni: la martyria infatti un luogo di convergenza,
in quanto il Padre ed il suo Spirito Santo la danno al Figlio, come il Figlio la da al Padre ed ai suoi fedeli (cf. 1 Cor 1,6! Essa "confermata"
dallo Spririto Santo nei fedeli), e questi a Lui sotto la guida dello Spirito
Santo. Qui la partenza la martyria che si ebbe al tempo opportuno,
stabilito divinamente, della Vita storica del Signore. Essa prosegue nel
tempo, consegnata alla Chiesa, alla sua fede, alla sua celebrazione, alla sua carit operante nel mondo. la suprema Testimonianza del Mediatore e Redentore di tutti, che irrompe come unica istanza dell'umana
salvezza, per sempre.
E prosegue nella Chiesa (v. 7) per l'opera e la fatica e la tribolazione
apostolica. Infatti il martyrion del Signore esige che Paolo sia "posto"
quale kryx, predicatore (da kryss) non di propria autorit, bens come apstolos, inviato, con il compito specifico, e del tutto singolare di
fare di lui il didaskalos ethnn, Maestro delle nazioni per portare la fede agli uomini, e la Verit divina ad essi. Paolo qui inserisce una clausola di autenticit: "la verit io parlo in Cristo, non mento", che anche
il sigillo della sua estrema umilt. Poich non parla "come Paolo", di
sua iniziativa, bens nel terribile vincolo d'unit e di collaborazione fattiva in "Cristo", un dativo che indica anche la sua opera "insieme e mediante" il Signore.
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CICLO DEI MENAIA

Questo Martyrion della verit divina consegnato alla Chiesa celebrato dalla medesima Chiesa fedelmente, autenticamente, lungo tutto
l'Anno della divina grazia, Fonte inesauribile di doni dello Spirito Santo.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 64,2, "Azione di grazie comunitaria".
La Chiesa saluta l'Evangelo del giorno con l'acclamazione dossologica: "A te conviene l'inno, Dio, in Sion", nella Comunit fedele adesso
raccolta a celebrare i Misteri divini. E prosegue: "ed a Te sar reso il
voto in Gerusalemme", poich la medesima Comunit orante restituisce l'azione di grazie per ogni bene ricevuto dal medesimo Signore.
Questo significa che l'inno ed il voto saranno il segno celebrativo lungo tutto l'anno, che cos si presenta dal suo inizio come lode ininterrotta al Signore Buono, tributatagli dalla "sua" Cittadinanza fedele.
b) Le 4,16-21
UEvangelo di oggi annuncia il Giubileo divino dello Spirito Santo.
Il contesto di "inizio". Infatti dopo il Battesimo dello Spirito Santo
(3,1-20,prodrome di Giovanni il Battista; vv. 21-22, Battesimo; vv. 2338, genealogia del Signore fino ad Adamo ed a Dio), Cristo Ges
condotto dal medesimo Spirito Santo per essere tentato nel deserto ed
uscirne vittorioso nella fedelt battesimale al Padre suo (4,1-13). Qui si
colloca l'episodio della sinagoga di Nazaret (4,14-30), che un altro
"inizio". E poi viene 1' "inizio" dei "segni" potenti che il Signore operer, con la guarigione dell'indemoniato di Cafarnao (4,31-38). Tutto
questo quadra bene con l'inaugurazione dell'Anno liturgico.
L'episodio della sinagoga di Nazaret a sua volta propriamente contenuto tra i vv. 16-30, ed preceduto dah" "inizio" del ministero messianico di Ges, che avviene sotto la "spinta dello Spirito" battesimale
(v. 14) a cominciare dalla Galilea, dove Egli insegnava nelle sinagoghe,
ed era glorificato da tutti per la sua sapienza e la sua dolcezza (v. 15).
Il Signore torna a Nazaret, "dove era stato nutrito", ossia allevato,
educato, cresciuto. L, "secondo il costume a lui" proprio, entra di sabato in sinagoga. Va qui meditato il fatto. Gi quando aveva 12 anni,
Ges sale secondo l'uso ebraico a Gerusalemme per la pasqua. "Tre
volte" l'anno ogni maschio israelita doveva "salire" a Gerusalemme
per le feste maggiori, ossia pasqua, pentecoste e le Capanne (cf. Es
23,14, testo fondamentale per le celebrazioni d'Israele). Allora Ges
ritrovato dopo 3 giorni dai Genitori allarmati nel tempio, con gli esperti
della Legge santa, mentre docilmente li ascolta e sapientemente li interroga (Le 2,41-46), nella meraviglia degli astanti per la sua intelligenza
e per le sue risposte (v. 47). Al preoccupato ma dolce rimprovero dei
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1 SETTEMBRE

Genitori (v. 48), risponde: "Perch mi cercavate? O non sapevate che io


debbo stare nelle "realt del Padre mio?" (v. 49). Ora, queste "Realt
del Padre" riguardano primariamente l'annuncio e la spiegazione della
Parola divina, l'A.T., da cui scaturisce la realt storica e profetica e sapienziale per gli uomini. Da buon Israelita fedele, Ges assiduo alla
preghiera per cos dire "locale", ossia dove si trova. E la massima
espressione di essa la solenne celebrazione comunitaria del sabato, la
massima festa ebraica. Un esempio mirabile per i fedeli di tutte le generazioni (vedi il 1 Gennaio).
Di sabato, in sinagoga, secondo l'uso liturgico, dopo la proclamazione della Trh, che spettava a sacerdoti e leviti, si leggeva il resto
della Scrittura. In pratica, al Pentateuco era data la massima importanza, mentre il resto dell'A.T. veniva come illustrazione di quella Parola
primaria. Analogamente, l'Evangelo il centro della celebrazione cristiana, il resto della Scrittura ne l'illustrazione pur necessaria. Ora,
Ges dal capo della sinagoga di Nazaret chiamato alla lettura profetica, detta "di chiusura" (v. 16). Infatti a questo punto chi ha letto una o
due pericope della Trh, vi ha gi condotto sopra l'omelia.
A Ges consegnato il rotolo manoscritto della lettura profetica del
giorno, che il profeta Isaia. Egli sceglie il passo, che Is 61,1-2. Ma
guardando da vicino il testo che adesso segue, esso integrato da altri
testi di Isaia (v. 17). La sostanza della lettura di Ges suona cos:
Lo Spirito del Signore su me,
perci unse me,
ad evangelizzare i poveri invi me,
a curare i contriti di cuore,
a predicare ai prigionieri la remissione
ed ai ciechi la vista,
a rinviare i feriti in remissione,
a predicare l'Anno del Signore accetto (vv. 18-19).
I testi di Isaia che si scoprono analizzando questo testo sono /s 61,19, di cui il brano cita solo l-2a; 58,1-12, spec. 6-10, sulle opere della
carit che consegue la conversione del cuore; 35,1-10, sulla Venuta salvifica del Signore al suo popolo. Sono testi straordinari, decisivi, che
con sovrana sicurezza il Signore applica pubblicamente a se stesso, annunciando finalmente di essere il Realizzatore dell'intera Promessa
profetica, da adesso e per sempre.
"Lo Spirito del Signore su me" la formula grandiosa che apre la
profezia di Is 61,1-9 sull'Unto misterioso. la cosiddetta "formula di
possesso", con cui annunciato che il Signore assume uno, scelto tra
tanti, se lo riserva, per cos dire lo sequestra ad opera del suo Spirito di
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CICLO DEI MNIA

Potenza divina, lo consacra per la missione. una formula analoga e


parallela a quella che suona cos: "la Mano del Signore su me" (cf. ad
esempio Ez 37,1), dove la "Mano di Dio" la metafora significante lo
Spirito quale onnipotente Potenza operatrice del Signore, Potenza sempre in atto. Ma qui occorre tenere sempre presente il senso ultimo che
nell'A.T. rivela lo Spirito del Signore. Egli non ancora considerato
come una divina Ipostasi. Per l'A.T. procede ragionatamente, meno
con concetti e pi con eventi ed interventi da concettualizzare, e dai
quali si pu anche ricavare una definizione valida anche per il N.T.:
nell'A.T. lo Spirito del Signore il Signore mentre si comunica agli uomini. Poich gi l'A.T. ha compreso la grande legge: "In Dio, tutto
Dio, en The, pnta Thes". Perci la Parola, la Sapienza, lo Spirito
(come il Braccio, la Mano, il Dito, il Volto, gli Occhi, il Cuore) in
quanto provengono dal Signore Unico, "sono Lui". Da Lui infatti nulla
di creato o di mescolato pu mai provenire.
Ora qui si manifesta come il Signore si comunichi sul suo Prescelto.
un personaggio considerato dal Profeta come decisivo per le realt
che destinato a portare agli uomini da parte del Signore. E per, dalle
funzioni che dietro impulso dello Spirito Santo questo Prescelto deve
operare, possibile anche riconoscere di quali titolati uffici Egli sia stato divinamente incaricato.
Ed intanto, lo Spirito che riposa su Lui, anche Lo "unse" (chrio). Il
verbo, che spesso corrisponde all'ebraico mdsah, da cui Masiah,
"l'Unto" di Dio, il Messia, indica la "consacrazione" santa ed indelebile. il "segno" misterico che sigilla per sempre la "segregazione"
del Prescelto per l'opera a cui destinato, e con ci il possesso irrinunciabile che finalmente il Signore da adesso esercita in modo effettivo su Lui. Nell'A.T. 1'"unzione" consacratoria riservata al sacerdote del santuario (cf. Lev 8-9), ed al re (per David, 1 Re (= 1 Sam)
1,11-13). Essa prevista esplicitamente per il Re "Unto-Messia", in
greco "il Cristo di Dio" (Sai 2,2), che il Figlio di David (Sai 88,21),
dalla Mano stessa del Signore. Nella ripetizione di questo grande tema, si ha che il gesto diventa per il Re amato da Dio 1' "unzione della
gioia" divina e nuziale (Sai44,8).
In questa direzione, la prescelta, il possesso e l'unzione dello Spirito da parte del Signore conferiscono al Re-Messia, che dunque anche
Sacerdote e Sposo, i Sette Doni sapienziali nella loro pienezza (Is
11,1-10, testo di molto precedente ad Is 61,1-2, ma affine). Sono in vista le funzioni che il Re consacrato dovr esercitare in mezzo al suo
popolo, il popolo santo del Signore, il Dio Vivente e Vero, e dal popolo
anche tra le nazioni (cf. qui il Sai 71, un "Salmo regale" come i Sai 2;
88 e 44). Seguendo il filone cos ricco, si scopre come lo Spirito
consacratore divinamente donato per la sua missione profetica, sa1004

1 SETTEMBRE

cerdotale, regale, redentrice e nuziale anche al Servo del Signore, il


Servo sofferente (cf. Is 42,1; 48,16, e 44,3).
Luca ha conservato fedelmente il grande tema, e in At 10,38 riporta
il testo fondamentale, nella predicazione di Pietro a Cornelio ed ai suoi,
con il compendio di tutte le funzioni sopra accennate: Cristo dal Padre
fu unto di "Spirito Santo e di Potenza", e pass nel mondo quale Re
euergetn, "evergete", il "beneficiante" di tutti.
Il medesimo Luca in 4,18-19 cita i Profeti per descrivere le funzioni
dell'Unto di Dio sotto la spinta e la guida onnipotente dello Spirito
Santo. Ma qui vale la pena di citare letteralmente i testi sopra richiamati; il testo base il greco dei LXX:
a) Is 61,1-9
Lo Spirito di Dio su me,
perci unse me,
ad evangelizzare i poveri invi me,
a guarire i contriti di cuore,
a predicare ai prigionieri la remissione
ed ai ciechi la vista,
a chiamare (kal) l'Anno del Signore accetto,
ed il giorno della retribuzione,
a consolare tutti i penitenti,
a donare ai penitenti di Sion gloria invece di cenere,
unzione d'olio di gioia ai penitenti,
abito di gloria invece di spirito ignavo.
E saranno chiamati "generazioni di giustizia",
"piantagione del Signore per la gloria".
E costruiranno deserti secolari,
desertificazioni di prima rialzeranno,
e rinnoveranno citt deserte,
rese deserte per generazioni.
E giungeranno stranieri pascolanti le pecore tue,
ed estranei aratori e vignaioli.
Voi per sarete chiamati "sacerdoti del Signore",
"liturghi di Dio".
La forza delle nazioni voi mangerete,
e della loro ricchezza vi meraviglierete.
Cos al doppio erediteranno la terra,
e gioia eterna sulle teste vostre.
Io infatti sono il Signore, l'Amante della giustizia
e l'Odiatore delle rapine per iniquit.
E dar la ricompensa loro ai giusti,
ed alleanza eterna stabilir con essi.
1005

CICLO DEI MNIA

E sar conosciuto tra le nazioni il loro seme e i loro nipoti:


chiunque vedendoli li conoscer bene, poich essi sono
seme benedetto da Dio;
b) Is 58,1-12
...bens sciogli ogni vincolo d'ingiustizia,
dissolvi gli strangolamenti di contratti violenti,
rinvia i feriti con remissione
ed ogni contratto iniquo strappa,
spezza all'affamato i pane tuo,
ed i poveri senzatetto introduci in casa tua,
se vedi il nudo, rivestilo,
e dai familiari del seme tuo non ritraiti...
e dona all'affamato il pane dell'anima tua,
e l'anima umiliata riempi...
e sar il Dio tuo con te per sempre...;
e) Is 35,3-10
...diventate forti, mani deboli, e ginocchia paralizzate,
consolate, voi anime piccole nella mente,
siate forti, non temete:
ecco il Dio nostro il giudizio rende e render,
Egli verr e ci salver.
Allora saranno aperti gli occhi dei ciechi,
e le orecchie dei sordi ascolteranno,
allora salter come cervo lo zoppo,
e distinta sar la lingua del bleso...
e i radunati dal Signore torneranno
e giungeranno a Sion nella gioia,
e gioia eterna sulla loro testa,
poich sulla loro testa lode ed esultanza,
e la gioia li avvolger,
fuggir dolore e tristezza e lamento.
Cos appaiono evidenti le funzioni divine dell'Unto di Dio, mosse
dallo Spirito del Signore:
a) evangelizzare i poveri, anzitutto e soprattutto. Il termine euaggelizomai va riportato sempre alla sua origine, Is 52,7, dove il fine il Signore
che "regna", ossia salva; e poi alla sua realizzazione, come primario annuncio di Cristo Signore: Me 1,14-15. la funzione primordiale, in
quanto se il Signore ama tutte le sue creature, tuttavia privilegia anche e
dovutamente le pi preziose agli occhi suoi, quelle rese pi preziose dal1006

1 SETTEMBRE

la sofferenza, i poveri, quelli che ormai si attendono tutto da Lui, i quali


sono i fedeli, i pii, i devoti. Da Lui si attendono primariamente l'annuncio del Regno (Is 52,7; Me 1,14-15), 1' "Evangelo" del Regno quale
condizione donata gratuitamente di salvezza totale. E si attendono nel
possesso del Regno, la prima tra tutte le beatitudini (Le 6,20b), di essere
con-regnanti. il loro unico Bene messianico, consolazione unica e finale. Si possono qui rileggere testi come Sai 33,1-9; 146,3; Mt 11,5; Me
1,38. E si deve notare che "evangelizzare" "annunciare lanovella (latino giuridico) buona", la disposizione favorevole da parte del Re. funzione anzitutto regale, poi profetica e sacerdotale.
b) Annunciare ai prigionieri la remissione, Yphesis. la scarcerazione per
amnistia generosa totale, l'abbandono, la cancellazione totale delle colpe
contratte verso Dio e verso il prossimo, poich da tali colpe essi erano imprigionati e detenuti. Ora, Yphesis, "remissione ", ed il verbo aphimi, "rimettere, rimandare libero" rinviano senza dubbio al vocabolario dell'anno
sabatico, e soprattutto del Giubileo biblico, traducendo numerosi termini
ebraici come derr, jbl (sostantivi), slihah e verbo slah, sillMm e verbo slah, semitth e verbo smat, che sono circa omonimi. Per l'anno sabatico il rimando Dt 15,1-9; Lev 25,1-7; per l'anno del giubileo, a Lev 25,822. Queste due istituzioni singolari, confluenti nel medesimo scopo umanitario ma anche santo e sacro, tendevano all'abbandono di ogni debito ogni
7 anni ed ogni 50 anni. Debitori, schiavi, animali, terra dovevano essere liberati e riposare. Ogni 50 anni perci la propriet doveva tornare al detentorc originale, a cui era toccata quale "lotto sacro"; dunque la propriet era
Dio: "Mia la terra!" (Lev 25,23), aveva proclamato il Signore. Liberati
debitori e schiavi, si doveva tornare a riformare la famiglia come in origine, poich tutti gli uomini, ma specialmente il popolo santo appartengono
solo al Signore: "Essi sono servi miei!" (Lev 25,42, che con il testo precedente appartiene al contesto del Giubileo). Non occorre dibattere la questione se l'anno sabatico, ma soprattutto quello giubilare fossero stati mai
osservati dentro Israele, quale "drenaggio" e "rastrello" dell'avidit e dell'arricchimento dell'uomo sopra il fratello. Essi causano la "rabbia profetica", del grido di dolore per le iniquit dei prepotenti, i "ricchi scemi", contro il popolo (cf. Is 49,8; 63,4; 58,1-12, vedi sopra). Qualche eco sta anche
nel N.T. (cf. 2 Cor 6,2). Ma il N.T. fa deYphesis sabatica-giubilare l'inizio, il centro e il fine dell'annuncio dell'Evangelo.
Infatti la "lettura Omega" dell'Evangelo permette di dare questi
schemi tematici:
I) phesis come Dono iniziale escatologico
II quale viene dalla Resurrezione del Signore e dunque dalla Pentecoste dello Spirito Santo, viene "personalmente", dal Figlio deYagape,
l'Amore fontale del Padre (Col 1,14):
1007

CICLO DEIMNA1A

- la sera stessa della Resurrezione, nel cenacolo, Pentecoste: con la


Pace, il Soffio dello Spirito, l'invio a portare 1' phesis al mondo (Gv
20,19-23; e vedi sopra, la Pentecoste; e la Domenica di S. Tommaso); in Le 24,47, con altra prospettiva, la promessa del medesimo
evento, sempre la sera della Resurrezione, nel cenacolo;
- la mattina della Domenica di Pentecoste (At 2,1-4), Giubileo della re
missione portata dagli Apostoli al mondo (10,43), anzitutto agli Ebrei
(Af 2,38; 13,38).
V phesis proviene dal Sangue prezioso della Croce vivificante
(Eph 1,7).
E gi nella Parola d'amore del Figlio al Padre, dalla Croce stessa:
"Padre, rimetti ad essi!" (verbo aphimi) (Le 23,34).
II) phesis come Dono permanente
- nei Divini Misteri: della Cena, la Coppa (Mt 26,28); del battesimo
(At 2,38); nella confessione dei peccati (1 Gv 1,9; 2,12), per il Nome
divino del Signore Ges; nella santa Unzione dell'olio (Gc 5,15);
- per la potenza della preghiera al Padre Donante, come scambio ai fi
gli che perdonano i fratelli: il "Padre nostro" (Mt 6,12.14.15, testo
classico, il pi usato; Le 11,4;Me 11,24-26). Qui rispettivamente, "ri
mettere", "remissione" vengono ben 4; 6; 2 volte;
- come dono di scambio perdonante verso i fratelli: "70 volte 7" (Mt
18, 21-22; Le 17,3.4);
- considerando che il Giubileo precede sempre il perdono fraterno: ve
di la parabola dei 10.000 talenti "rimessi", vero Giubileo regale (in
Mt 18,23-35, spec. vv. 27.32.35; vedi domenica 11 di Matteo);
III) phesis gi donata nella Vita del Signore tra gli uomini
- al paralitico, come Dono del Figlio dell'uomo: (Mt 9,2.5,6.; Le
5,20.21.23.24; Me 2,5.7.9.10);
- alla peccatrice "che molto am" (Le 7,47.48.49);
IV) phesis negata severamente
- "a quelli che stanno fuori": Me 4,12, senza par.;
- a chi bestemmia lo Spirito Santo: Mt 12,31-32; Le 12,10; Me 3,28-29;
Cos nella sinagoga di Nazaret, con il verbo kryss, annunciare per
la prima volta (da cui krygma), il Signore espone il suo "manifesto"
messianico giubilare, che come Profeta, Sacerdote e Re munifico viene
ad attuare, anzitutto con Vphesis, la remissione delle colpe generale,
vero Giubileo regale illimitato generoso definitivo.
e) Ai ciechi, il tornare a vederci. la grande funzione profetica e sapienziale di dare la luce della visione a chi aveva la mente ottenebrata a
causa del peccato e dell'ignoranza della divina Realt; era stato pro1008

1 SETTEMBRE

messo dai Profeti (Is 8,21 - 9,5, LXX), per l'opera del Bambino, del Figlio, del Re Forte, dell'Angelo del Grande Consiglio divino (Is 9,6),
del Servo sofferente (Is 42,7, con lo Spirito di Dio, 42,1).
d) Rinviare con Yphesis i contriti di cuore: quelli gi contemplati dal
Disegno divino preeterno, sapienziale e provvidente, come perdonati
secondo il suo Beneplacito (Sai 145,8.9), e preavvertiti misericordiosa
mente dal Profeta (Is 58, vedi sopra). la funzione consolatrice tipica
del Sacerdote che indice il Giubileo per il perdono universale.
e) Annunciare l'Anno accetto del Signore. Il supremo sigillo apposto a
questo Programma divino sta in Le 4,19, che citaIs 61,2a. L'Unto dallo
Spirito del Signore, che riposa ormai stabilmente su lui - cf. qui anche
Gv 1,32.33: lo Spirito discende e "resta" (meno) in Colui che ormai bat
tezza nello Spirito Santo -, deve finalmente annunciare l'Evento sem
pre atteso, l'Anno gradito al Signore, quello in cui Egli pu finalmente
perdonare tutti e per sempre. Se si considera il contesto della profezia di
Is 61, si recupera il fatto che quel Profeta probabilmente scrive dopo il
ritorno dall'esilio babilonese, ponendosi alla scuola del grande Isaia.
Ad un povero popolo ancora frastornato dagli eventi, che ancora non ri
prende la sua vita religiosa davanti al suo Signore nella pienezza desi
derata da Lui e dai suoi servi fedeli, il Profeta annuncia un futuro di
grandi realizzazioni positive. Verr ad esso il Signore stesso, che abiter
in mezzo al suo popolo, e far di questo la sua Sposa diletta (Is 60; 62).
Quale dote nuziale divina, Egli porr in lei tutta la sua Grazia, lo Spirito
Santo (cf. 63,10-11.14), e questo Evento finale sar riassunto nel massi
mo simbolismo biblico teologico: l'Anno del Giubileo eterno. Adesso il
Giubileo non avr solo, non principalmente, la connotazione sociale po
litica economica familiare umanitaria. Esso sar opera dello Spirito del
Signore. Gli effetti saranno totali, avvolgenti e sconvolgenti, poich so
no diretti ormai anzitutto agli uomini peccatori, cos perdonati per sem
pre; sofferenti, cos guariti e consolati; oppressi, cos consolati e libera
ti; e soprattutto poveri, senza volto, senza avvenire, senza speranza, a
cui invece si manifesta il Volto divino di Bont, l'avvenire del Regno,
la speranza della Vita nella sua Pienezza divina.
Tutto questo donato con infinita supereffluenza gi dalla Croce,
dalla Resurrezione, dalla Pentecoste permanente nella Chiesa e tra gli
uomini: "Nel Nome suo (del Risorto Signore) saranno predicati a tutte le nazioni (pagane) la metnoia (conversione) e Yphesis (perdono) dei peccati, a cominciare da Gerusalemme" (Le 24,47): sotto la
guida onnipotente dell'Epaggeliadel Padre, la Promessa che lo Spirito del Risorto.
1009

CICLO DEIMN1A

Luca dunque pone quale prima parola pubblica del Signore questo
immane annuncio: Egli venne a donare il Giubileo divino dello Spirito
Santo. Allora la famiglia umana sar di nuovo ricomposta, quella di cui
Padre Unico lo stesso "Dio e Padre del Signore nostro Ges Cristo",
e che sar formata "qui e ora" dai poveri, dai prigionieri, dai ciechi, dai
contriti di cuore. Da schiavi finalmente liberati, che saranno "cittadini"
a pieno titolo della Cittadinanza custodita dalla Croce. I miserabili debitori sono rimandati sollevati da ogni dovere verso altri. La propriet,
la klronomia, l'eredit ricostituita nella sua integrit per tutti, unico
inesauribile "fondo comune" (cf. At 2,41-47; 4,32-35, conseguenze della Pentecoste giubilare!). Essa tende alla ricostituzione della Terra, la
Patria comune, finale, i cieli nuovi e la terra nuova (cf. Ap 21,1-5).
Cristo Signore battezzato dallo Spirito Santo ha parlato. Parola di
Dio indelebile. Pu arrotolare il volume profetico, restituirlo affinch
sia custodito preziosamente per memoria indelebile. Pu sedersi per tenere, secondo il costume sinagogale, l'omelia sulla Parola letta. Tutti
allora guardano verso Lui (Le 4,20). La folla infatti pende sempre dalle
sue labbra (cf. 19,48), ma adesso con tensione speciale, e come si vede
dal seguito, con sentimenti contrastanti.
Ges comincia la sua divina Omelia con il classico inizio, che sar
ritenuto dall'omiletica dei Padri: "Smeron, oggi". L'Omelia mistagogia ed attuazione "oggi qui per noi" delle Realt proclamate, adesso
spiegate per essere assimilate. "Oggi stata adempiuta (peplrtai)
questa Scrittura nelle orecchie vostre" (v. 21). Testo strapotente: Oggi
da Dio stata adempiuta (passivo della Divinit) questa Scrittura in voi
che ascoltate. Oggi e sempre. Il smeron non occasionale: eterno
presente. In chiunque ascolta l'Evangelo della Grazia e si dispone ad
accettarlo. Oggi il Padre infatti ha gi donato il suo Giubileo divino
mediante il Figlio nell'opera dello Spirito del Signore. Il Giubileo divino comincia gi "oggi". Il Dono precede l'accettazione. I talenti la loro
trattazione per aumentarli. Il Giubileo come Dono dello Spirito Santo
1' "oggi" dell'iniziazione cristiana, 1' "oggi" dei Divini Misteri celebrati. "Oggi la salvezza avvenne per il mondo", si canta alla fine della
"Grande Dossologia" che immette nella Divina Liturgia. 1' "oggi"
degli altri Misteri della Chiesa. 1' "oggi" della carit operata dalla
Chiesa in quanto Chiesa Sposa del Signore e Madre nostra.
Il v. 22 tagliato nell'ultima parte, che riporta la sorpresa di quelle
parole uscite dal "Figlio di Giuseppe", da tutti conosciuto come umile
artigiano. L'inizio narra la reazione dei presenti: gli testimoniavano
(martyr) contro, evidentemente, "per le parole della Grazia" che aveva pronunciato, sia leggendo Is 61,l-2a, sia nell'omelia. Ora, che significano qui "parole della Grazia"? I presenti dovevano esserne consolati,
mentre - ed il seguito lo narra ancora di pi, fino a tentare di precipitatolo

1 SETTEMBRE

re Ges da una roccia (cf. vv. 28-30) - si mostrano sommamente sorpresi ed irritati. Ma dal punto di vista loro, avevano anche ragione. Il
testo di Is 61,2 infatti suona cos (vedi sopra):
a chiamare l'Anno accetto del Signore,
ed // giorno della retribuzione.
Si attendeva infatti la liberazione dai nemici e la consolazione del popolo di Dio, certo, ma anche, nell'esasperazione di questo per le oppressioni e le lunghe speranze ed attese andate deluse, la punizione,
"retribuzione" in negativo, che il Signore mediante il suo Unto avrebbe dovuto infliggere ai nemici del suo popolo, cos umiliati e dispersi
per sempre.
Ges invece intenzionalmente omette quel mezzo versetto. Dimostrando ed insegnandoci almeno due fatti: che come Verbo Dio ha il sovrano dominio anche sulla Parola profetica e sulla sua nterpretazione
autentica; che come Unto di Dio misericordioso, non punir i nemici,
poich venne nello Spirito a portare il Giubileo divino a tutti i poveri, i
contriti, i prigionieri e ciechi, ossia:
Nel Nome suo saranno predicate a tutte le nazioni
la metnoia e Ydphesis dei peccati,
a cominciare da Gerusalemme (Le 24,47).
E gi qui si vede come difficile "dare Ydphesis" ai fratelli, quando gi
ci fu donata da Dio, chiedendoci per di elargire misericordia a tutti.
L'Anno liturgico comincia sotto il segno del Giubileo dello Spirito
Santo, dell'Anno accetto della Grazia divina.
Esso permanente ed inesauribile. donato "oggi", quando per chi
comunica ai divini trasformanti Misteri il Signore "corona l'Anno della
Bont" benigna, come si canter con il Koinnikn.
6. Megalinario
Ordinario.
7.Koinnikn
il Sal 64,12a, "Azione di grazie comunitaria": "Tu benedici la corona dell'anno della Bont tua, Signore". Il Salmo una delle pi
splendide "Azioni di grazie comunitaria". Esso celebra il Signore perch Lui, nei suoi titoli, e per le sue opere mirabili. Si chiede a Lui di
ricevere ancora i suoi doni mai meritabili, di salire alla comunione con
Lui in forza della lode che a Lui si tributa in Sion (v. 2). Ora, "oggi"
1011

CICLO DEI MN1 A

l'indicibile mezzo sono i vivificanti Misteri che si vogliono comunicare


ai fedeli oranti e celebranti. Ma ancora una volta va annotato qui che
questo si pone gi all'inizio dell'Anno della Grazia, della Bont divina,
della Benedizione divina. E i fedeli ancora una volta sono chiamati a
meditare sulla propria esistenza, che questa Grazia infinita donata senza resto vuole solo che cresca all'infinito.
Perci gi al 1 Settembre si deve annotare che non "la fine corona
l'opera". Nel Disegno divino, come si visto lungamente sopra, la
Grazia sta sempre all'inizio, per accompagnare e seguire chi la riceve
come la "terra buona", con l'anima disposta sempre. Il Signore stesso promette di essere Corona splendente e Diadema regale folgorante
per il popolo suo di santi e devoti, e Spirito della Misericordia (Is
28,5). I battezzati per questo sono anche "coronati" dopo il Dono dello Spirito Santo, che precede la loro vita di fede. La corona finale
sar solo la ratifica della coronazione gi donata (vedi Apstolos della
Domenica prima delle Luci).

1012

4 SETTEMBRE
S. BABILA, VESCOVO D'ANTIOCHIA, IEROMARTIRE
S. MOS VEDENTE DIO E PROFETA
1. Antifone
Ordinarie, o Typik e Makarism.
2. Eisodikn
Ordinario.
3. Tropari
1) Apolytikion di S. Babila. L'illustre Ieromartire celebrato perch di
vent (si lasci fare dalla Grazia) partecipe del modo di vita degli Apo
stoli, e loro successore sulla cattedra , e come ispirato da Dio trov la
via pratica verso la contemplazione divina. Perci, fedele dispensatore
della Parola della Verit, fu atleta della fede fino al sangue. La Chiesa
lo implora come Ieromartire glorioso, che interceda presso Cristo per la
salvezza delle anime dei fedeli.
2) Apolytikion di S. Mos. Rivolti al Signore, i fedeli che festeggiano la
memoria del suo Profeta Mos, implorano che mediante lui salvi le lo
ro anime.
3) Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
4) Kontkion dell'8 Settembre.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Sai 15,3.8, "Salmo di fiducia individuale".
Il Signore rese mirabile la sua Volont nei suoi Santi gi sulla terra.
L'Orante da sempre pose davanti a lui il Signore {Stichos, v. 8) poich
sa che Egli sta alla sua destra, nel combattimento, e non sar scosso.
b) Ebr 11,33- 12,2a
Pentecoste di Matteo> di Tutti
E VApstolos della Domenica la m Pentecoste (l
i Santi), nonch della Domenica dell'Ortodossia.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 33,18.20, "Azione digrazie individuale".
. .,
l'Alleluia della Domenica 1- ^Watteo. I giusti e santi gridano
verso il Signore, che li esaudisce sempre, e li libera da ogni loro angoscia. Le tribolazioni del giusto infatti (Stichos, v. 20) sono sempre molte, ed il Signore da esse lo libera. Qui con la gloria del maritirio.
1013

CICLO DEI MENAIA

b) Mt 10,32-36; 11,1
II Signore battezzato dallo Spirito Santo esplica la sua missione
messianica nel medesimo Spirito annunciando l'Evangelo e spiegandolo, ed operando le opere del Regno, i segni potenti con cui recupera al
Padre il dominio su ogni creatura impedito gravemente dal Male e dal
Maligno. L'Evangelo di oggi in conseguenza mostra come il Signore
con il "discorso di missione" (Mt 9,35 -11,1) istituisca ed istruisca i discepoli, che dovranno proseguire nel mondo tra gli uomini la sua medesima missione. Tale il contesto della pericope.
L'accento, nell'occasione della memoria dello Ieromartire Babila,
la grande homologia, la " confessione" o professione di fede nel Signore. Essa la base del rapporto di comunione con il Signore, condizione assoluta per entrare nella Vita divina. Anche se dovesse costare, come fu nel caso di S. Babila, la "testimonianza di sangue".
Ora, il Signore fa di questo un fatto formale. Al v. 28 aveva detto di
non temere quelli che possono solo spegnere la vita umana. Al contrario, si deve temere religiosamente solo Colui che unico pu "perdere (apolly) nella gehenna sia l'anima sia il corpo". In sostanza, la
gehenna, luogo di Gerusalemme, era una Valletta dove ardeva il fuoco
perenne dove quotidianamente si bruciava fino all'incenerimento
l'immondizia urbana. La metafora indica che il Signore con il fuoco
simbolico della pena eterna, il quale inestinguibile ma anche irresistibile (3,12; 5,22; 13,40.42.50; 18,8.9), ed eterno, mentre la sostanza
umana non eterna (25,41), e pu annullare l'esistenza umana da Lui
stesso creata per la Vita eterna. Forse i cristiani, parlando del "fuoco
spirituale" dell'inferno, hanno dimenticato questo lgion terrificante,
unico nella Scrittura (ma molti precedenti si trovano nell'A.T.). Si rivedano testi come Ap 20,10 e 14-15. E i Padri orientali dei primi secoli. S. Babila dunque non tem i carnefici del suo corpo, ma "confess" il suo Signore.
Ges dunque stabilisce che chiunque "confesser" (homolog) Lui
davanti agli uomini, senza timore di conseguenze anche fatali, sar
"confessato" (homolog) da Lui davanti al Padre dei cieli (v. 32). Il
che equivale alla presentazione e l'ingresso liturgico festoso al Padre,
per la Festa eterna e gioiosa. Tale "ingresso", come si disse pi volte,
carico di diversi contenuti. Poich il Padre il Signore Dio, il Re divino, a cui il Figlio riconsegner il Regno affinch "Dio sia del tutto in
tutti" (cf. 1 Cor 15,24.28). Cos i fedeli facenti parte del Regno vengono a far parte della corte celeste. Il Padre anche il Giudice di misericordia, che assolve i fedeli presentati dal Figlio, e li ammette alla sua
comunione. Ed infine il Signore adorabile e adorato, per cui il Figlio,
Sommo Sacerdote nello Spirito Santo, con tutti i fedeli per l'eternit
tributer al Padre il culto di lode e d'azione di grazie.
1014

4 SETTEMBRE

Ma sta qui la terribile antinomia. Il Signore infatti contempla (v. 33)


anche il caso, purtroppo non astratto, di chi, avendo aderito a Lui, si
trova poi per vilt e stupidit e colpa a "rinnegare" Lui {arnoma) davanti agli uomini, per compiacere i nemici della Croce santa. Il caso di
Giuda non era restato isolato nella Chiesa dei primi secoli. Sotto la devastante pressione delle persecuzioni (S. Babila fu martire sotto quella
di Decio, nel 254), troppi cristiani non solo non "confessarono" il Signore, ma con atti contrari alla fede Lo "anatemizzarono", Lo rinnegarono anche semplicemente bruciando un grano d'incenso sull'altare
degli idoli. In specie sull'altare del culto reso all'imperatore, oppure
consegnando i Libri sacri ai persecutori, o come delatori denunciando i
fratelli nella fede. Il Signore in questo caso "rinnegher" Lui questi
apostati, che non avranno l'ingresso al Padre e alla beatitudine eterna.
N qui si dir che viene meno la divina Misericordia. Infatti, questa
nulla pu contro la volont malvagia dell'uomo, e nulla vuole n mai
far contro la libert di decisione degli uomini. Chi rinnega il Signore
in realt si esclude da solo da ogni possibilit di salvezza. A meno di
essere finalmente di nuovo sensibili alla Grazia divina che sempre
offerta. Di fatto la Chiesa antica conobbe molti apostati pentiti, che
chiedevano di essere riammessi alla "comunione cattolica". Il fenomeno fu cos grave da procurare contrasti tra le Chiese di diversa disciplina. E fu cos concreto, che ogni Chiesa ha un rito apposito per il perdono degli apostati.
Per, perch gli uomini si trovano costretti a confessare il Signore?
Il Signore non garantisce ai suoi fedeli la Grazia e la pace?
I fedeli non debbono illudersi. Il cristianesimo un fatto totale. Perci urta direttamente i non cristiani, li irrita, e questi reagiscono con
violenza. La storia delle Chiese come il "taccuino di viaggio" sotto le
persecuzioni. Chi vuole seguire Cristo Signore deve attendersi ogni
sorta di persecuzione, anche la morte. promessa formale del Signore
stesso (Me 10,30). Ed impegno formale dei discepoli suoi: accettare
la propria croce (Mt 16,24-26), "ogni giorno", precisa Luca nel passo
parallelo (Le 9,23).
Che Signore e Dio questo, che ai suoi fedeli promette l'insuccesso
umano, fino alla perdita violenta della vita?
Colui che questo lo avverte prima che i discepoli aderiscano a
Lui, con tagliente lealt, e con drammatica chiarezza.
E qui (v. 34) lancia un imperativo puntuale (in aoristo): "Non vi credete (nomiste)\" Egli non venne a "gettare pace sulla terra", espressione semitica che indica il dono che la suprema aspirazione dell'uomo
di sempre, anche se il medesimo sempre pronto a fare la guerra. Ges
lo ripete: "Io non venni a gettare pace, bens spada! uno dei segni
escatologici, come sotto simboli narra anche Ap 6,4: dal cielo inviato
1015

CICLO DEI MNIA

uno dei 4 cavalieri, che doveva togliere la pace falsa dalla terra, e porre
in guerra gli uomini, e quel guerriero brandisce una terribile spada. la
spada della divina Parola che divide gli uomini totalmente, poich essi
debbono decidersi se stare a favore o stare contro. Anzi, che divide lo
stesso uomo da se stesso, dalla parte non buona, molto dolorosamente,
e "penetra fino a dividere anima e spirito, giunture e midolla, e fa distinguere i sentimenti ed i pensieri del cuore" (Ebr 4,12). la stessa
spada che traverser l'anima della Madre di Dio (Le 2,35a ). Non pace
e tranquillit ignave, dunque, con la Venuta del Figlio di Dio, bens
spada, che porter la situazione pi tragica ma necessaria: dividere (dichsai) l'uomo dal padre suo, e la figlia dalla madre sua e la nuora dalla
suocera sua (Mt 10,35). Poich la Parola divina chiamer a rispondere.
E l'uomo e la figlia e la nuora che accetteranno quel "taglio" inesorabile
ed immane, dovranno "dividersi" dalle loro famiglie, irreversibilmente, poich chi ama il padre e la madre pi del Signore, e il figlio
e la figlia pi di Lui, e non si assume per intero la sua croce, non degno di Lui (vv. 37-38), e chi privilegia la sua vita, la perder, mentre
chi non la prezza, per per solo amore verso Lui, l'acquister (v. 39).
delineata la condizione ultima della sequela, quella dei gloriosi Martiri,
poich avverr che il fratello, il padre e i figli si ribelleranno e porranno
a morte i rispettivi fratelli e figli e genitori (v. 21).
Il Signore in un testo analogo afferma anche: "Fuoco venni a portare
sulla terra, e che desidero, se non che gi sia acceso?" (Le 12,49). La
Spada della Parola ed il Fuoco dello Spirito sono dunque inizialmente
guerra e divisione, per essere poi creazione nuova e comunione di Vita
divina indivisa.
Di fronte a questo i fedeli staranno molto attenti agli avvertimenti
del Signore: "ed i nemici dell'uomo, i domestici di lui" (v. 36). Ossia,
l'adesione al Signore pone il fedele nell'ultima divisione: i familiari
(oikiaki, facenti parte della medesima casata, domestici) saranno i
peggiori nemici. Il profeta Michea lo aveva preavvertito. Quando giunger inesorabile il grande Giorno del Signore, non ci si deve fidare pi
dell'amico e del compagno, neppure della sposa fedele umanamente,
poich allora nelle famiglie avverranno i peggiori oltraggi contro i parenti a causa del Signore, e i peggiori nemici, quelli senza misericordia,
saranno i familiari (Mich 7,5-6). Ges riporta dunque il testo profetico
alla lettera, mostrando che quel Giorno ormai giunto. I Martiri suoi
lo hanno accettato in tutto il suo rigore, una sorte da scegliere per amore
di Lui e del Regno.
Al v. 11,1 (che per s la conclusione del "discorso di missione"),
Matteo annota che Ges termina almeno per ora di istruire (diatssn) i
discepoli, che qui sono i Dodici scelti prima del discorso (cf. 10,1-4), e
si trasferisce da l verso altre citt, dove il suo ministero divino battesi1016

4 SETTEMBRE

male nello Spirito Santo lo porta a "insegnare e predicare" l'Evangelo


del Regno, affinch raggiunga gli uomini.
S. Babila Ieromartire e Vescovo fu molto venerato nell'antichit, ed
ebbe grande culto anche in Occidente. A Milano dedicata a lui una
chiesa paleocristiana.
6. Megalinario
Ordinario.
7. Koinnikn
Del giorno.

1017

DAL 7AL 13 SETTEMBRE DOMENICA


AVANTI L'ESALTAZIONE DELLA S. CROCE
Questa Domenica, come quella che segue l'Esaltazione della S. Croce, vanno rilette anzitutto come contesto del 14 Settembre, e poi tenendo sempre conto dei contenuti della Domenica 3a di Quaresima e del Venerd
delle Sofferenze del Signore. E va considerato che questa teologia
globale non occasionale, ma si estende e si ritrova lungo l'intero Anno
liturgico.
1. Antifone
Sono quelle della Festa dell'8 Settembre, se la Domenica cade tra il
9 e il 12 di questo mese.
Typik e Makarismi, se la Domenica cade il 7 o il 13 Settembre.
2. Esodikn
Della Domenica.
3. Tropari
1)Apolytikon anastsimon del Tono occorrente.
2)Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
3)Kontkion: dell'8 Settembre; se la Domenica cade il 7, il Proertion, se cade il 13, Ouranspolyphtos.
4. Apstolos
a)Prokimenon: Sai27,9 .1, "Supplicaindividuale".
Il Prokimenon il v. 9, "Salva, Signore, il popolo tuo, e benedici
l'eredit tua", che della Domenica 3adi Quare&Aa Mi sopra). Qui
va appena aggiunto che l'invocazione come genere letterario la classica "supplica epicletica per il popolo", non infrequente nel Salterio.
Cos si hanno anche questi altri testi:
Libera, Dio, Israele
da tutte le sue tribolazioni (Sai 24,22);
II Signore forza al popolo suo doner,
il Signore benedice il popolo suo con la pace (Sai 28,11);
Sia la Misericordia tua, Signore, su noi, per
quanto noi sperammo in Te (Sai 32,22).
Lo Stichos, il versetto della risposta (v. 1), l'attestazione del fedele
1018

DOMENICA PRIMA DELLA CROCE

che grid al suo Signore, e l'epiclesi al Dio della sua alleanza affinch
non seguiti a tacere, ma si manifesti.
La Croce la "salvezza del popolo" santo, e il grido del Figlio al
Padre dalla Croce ebbe la grande risposta: la Resurrezione, la Gloria, il
Dono dello Spirito sui fedeli.
b)Gal 6,11-18
YApstolos della Domenica 5a di Luca.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 88,20-21.22, "Salmo regale"
II Signore mediante Natan profeta aveva promesso a David discendenza regale (cf. 2 Re (= 2 Sam) 7,4-17, spec. vv. 13-16). Il Salmista
canta questa azione divina di mirabile misericordia gratuita: il Signore
esalt l'Eletto del popolo della sua alleanza, tra tanti si scelse David,
suo servo fedele, il tipo del Re messianico, e lo unse di consacrazione
regale "in santa misericordia", che amore illimitato.
Lo Stichos (v. 22) mostra la conseguenza dell'unzione regale, poich il Signore con la sua Mano onnipotente soccorre sempre il suo Re,
e con il Braccio irresistibile gli conferisce la potenza vittoriosa, e perci per s tutto al Re proviene dal suo Signore.
E stabilita cos perfettamente la tipologia David-Cristo che regna
dalla Croce santa.
b) Gv 3,13-17
Nel Cap. 3 di Giovanni il Signore attende la visita notturna di Nicodemo, un Ebreo pio e giusto, facente parte del sinedrio (cf. 7,50), e che
fu tra quelli che con amore dolente aveva tributato a Lui gli onori estremi della sepoltura (cf. 19,39; aveva portato una quantit enorme di costosa mirra). All'inizio, quest'uomo profondamente onesto e pensoso,
aveva timore di essere rigettato dal suo ambiente, e quindi accostava il
Signore con cautela. L' "incontro con Nicodemo" si svolge nel testo
occupato dai vv. 1-16; secondo i critici, i vv. 17-21 sono la riflessione
dell'Evangelista, che tuttavia per cos dire mischia le parole della dottrina di Ges con le sue parole, mirabile modo della Parola di Dio.
I vv. 13-16 formano come l'epilogo di quest'incontro notturno, che
apre a Nicodemo l'alba della sua vita "nuova", quella che secondo le
promesse dell'A.T. ormai viene al compimento in Cristo Signore.
In precedenza, il Signore aveva annunciato a Nicodemo che per
entrare nel Regno occorre "dall'Alto - nascere di nuovo", come permette di tradurre l'avverbio ano, qui composto come particella con
l'avverbio nthen (v. 3), che sta in stretto nesso significante con
1019

CICLO DEIMN1A

l'avverbio e particella an, "sopra" e "di nuovo". Questo opera solo


dello Spirito, poich precisamente occorre nascere "dall'acqua (battesimale) e dallo Spirito Santo" (vv. 6-7). Alle timide domande di Nicodemo, meravigliato di questa nuova inaudita Oikonomia, il Signore
risponde con ammonizioni severe: Egli parla di realt che come Verbo Dio conosce perfettamente per averle viste dal Padre (v. 11), e
chiede di essere creduto sia quando parla di realt terrene, sia quando
tratta di Realt celesti (v. 12).
Tutte queste realt sono conosciute solo da Uno, nella pi singolare
vicenda della divina Oikonomia, dal Figlio dell'uomo, che sovranamente opera tre movimenti. Poich ho On, "il Sussistente", il Signore
(cf. Es 3,14, la rivelazione a Mos dal Roveto ardente) che vive "nel
cielo", presso il Padre, nel Seno del Padre (1,18), Egli nella pienezza
dei tempi dal cielo discende (katabin) per risalire di nuovo
(anabdin) al cielo, dove senza interruzione e senza movimento seguita
a sussistere come Dio.
Il v. 13 ha come "punta" per il termine "il Figlio dell'uomo", la figura divina umana di Dan 7,13-14, il quale viene da Dio a Dio per ricevere da Lui i destini di salvezza di tutti gli uomini, con ogni potere. Se
"discende", deve farlo al modo che ha scelto, incarnandosi (1,14), e se
"ascende" di nuovo deve farlo egualmente al modo che ha scelto, mediante la Croce che la sua "esaltazione" (verbo hyps, al v. 14).
Ma la Scrittura ci insegna qui diversi fatti fondanti. Al cielo pu
ascendere per s solo il Signore (Prov 30,4), l'Unico che ne misura
ogni dimensione per averlo creato (Eccli 1,2). Anche da questa parte si
manifesta la Divinit del Figlio dell'uomo, che ascende dove sussisteva
"prima" (6,62). Lo aveva anche predetto David nel Sai 109,1, nell'assicurazione del Signore Dio Padre al Signore Dio Figlio Re messianico
(Figlio dell'uomo), e poi nel Sai 67,19 (citato in Efes 4,8):
Tu ascendesti verso l'alto, imprigionando i prigionieri,
accettasti doni tra gli uomini (salvati).
La "discesa" va contemplata da vicino. Giovanni lo ha fatto, quando
afferma (1,18) che il Dio Monogenito, che sussiste in eterno in relazione al Seno del Padre, senza abbandonare il Seno paterno che la sua
Cattedra divina, tuttavia viene per essere l'Unico Esegeta del Padre.
Egli "va verso l'Alto" (il Padre) poich sta sopra tutto" (3,31). Per questo sovranamente pu discendere, "per compiere la Volont" paterna,
non la sua (6,38), quale Pane di Dio (6,33), il Pane della Vita ossia che
dona lo Spirito Santo (6,42). Pane che Parola sussistente, anzitutto.
Paolo in Rom 10,6 mostra che da questa Parola divina viene la fede,
citando Dt 30,11-14 sui comandamenti santi che donano la Vita:
1020

DOMENICA PRIMA DELLA CROCE

Questi precetti che Io ti dono oggi,


non sono infatti cos alti, che tu non possa comprenderli,
n cos lontani, che tu debba ricercarli.
Non stanno in cielo, cos che tu dica:
Chi salir per in cielo
e ce li porter e ce li far conoscere,
cos che si possano praticare?
E neppure stanno al di l del mare,
cos da dover dire:
Chi passer per noi al di l del mare,
e ce li porter e ce li far conoscere,
cos che si possano praticare?
Questa Parola invece sta molto vicina a te,
sta sulla bocca tua e nel cuore tuo,
in modo che tu possa praticarla!
Questa Parola discesa per sempre dal cielo, sta qui, per risalire al cielo
portando tutti quelli che ne "mangiano", e cos la assimilano nella
loro esistenza per la Vita eterna. Nella "Preghiera sacerdotale" il Signore dar ulteriori spiegazioni (17,1-26), implorando epicleticamente dal
Padre che dove Egli star con Lui, nello Spirito Santo, l stiano anche
quelli che Egli am "fino al tlos", fino alla fine ed al fine, la Croce,
cos che vedano la sua Gloria in eterno e ne siano trasformati (17,24, da
leggere con 1 Gv 3,1-2).
Ma sussistere, discendere da questa condizione divina, ascendere di
nuovo l, che cos', nel linguaggio giovanneo fedele alle parole del Signore, se non un'"esaltazione" (hyps)!Il v. 4 propone qui una comparazione solo in apparenza repugnante e paradossale, quella del "serpente nel deserto". Mos "esalt (hyps) il serpente nel deserto". L'episodio narrato in Num 21,4-9. Il popolo demoralizzato, nauseato
dalla manna, non trova vero buon pane, n acqua abbondante, e irritato
"mormora" contro il Signore (vv. 4-5). Il Signore allora invia per punizione temporanea, medicinale, i serpenti "infuocati", velenosi, cos frequenti in ogni deserto della terra (v. 6). Il popolo confessa la colpa, e
chiede a Mos di intercedere presso il Signore, e Mos lo fa (v. 7). Il
Signore gli prescrive di fondere un serpente di bronzo, e di issarlo su
un legno, cos che chi lo contempla, riconoscendo le colpe, sia guarito
(v. 8). Mos esegue il lavoro, e la guarigione avviene (v. 9). Ora, il centro della narrazione il legno e la contemplazione. Il legno "issato",
"esaltato" (hyps), posto in alto cos che sia visibile da tutti, e sia non
causa bens "segno" della guarigione.
Cos secondo il Disegno divino, il Figlio dell'uomo "si deve" (di)
che egualmente "sia esaltato" (hyps), il che avviene sul Legno medi1021

CICLO DEI MNIA

cinale della Croce, in alto sopra la miseria degli uomini, sopra la loro
malattia mortale. Pi tardi il Signore dir direttamente: "quando voi
avrete 'esaltato' (innalzato sulla Croce!) il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che 'Io sono'" (8,28, sempre con rimando a Es 3,14). Allora
gli uomini conosceranno la Divinit del Figlio dell'uomo, secondo come vuole il Padre (8,28). E tra le ultime parole agli uomini nella sua
Vita pubblica, annuncer questo: "Io, quando sar stato "esaltato" (hyps) da terra (sulla Croce, ma anche nell'Ascensione gloriosa!), trarr
tutti a Me" (12,32), significando cos la sua Morte (12,33).
In sostanza, Giovanni raccoglie la pi antica tradizione, propria anche
di Paolo (cf. il "discorso della Croce", 1 Cor 1,17 - 2,16), secondo cui la
Gloria, la Sapienza, la Potenza di Dio si manifestano dal patibolo dell'infamia, poich la croce come supplizio finale era riservata agli schiavi
senza personalit giuridica, ai ladroni di strada senza pi diritti civili, ai
ribelli militari senza pi diritti politici; era considerata pena che infamava per sempre la memoria, e un "crocifisso" era un non-uomo. L sta la
Gloria divina, assumersi come proprio ogni obbrobrio degli uomini.
La Gloria divina per ha il fine supremo, che spiegato dal v. 15:
chi crede nel Figlio dell'uomo "esaltato" sulla Croce, non perisce nella
rovina eterna, al contrario, consegue la Vita eterna. La condizione essenziale "credere", pistud, aderire dunque con amore fedele a Lui.
Giovanni raccoglie in modo accurato, quasi ansioso, i luoghi in cui il
Signore esige la fede, nei verbi principali: credere, e vedere. Credere
ascoltando, vedere la realt immediata, umana, del Signore, per poter
contemplare insieme anche quella divina. La suprema epiclesi al Padre
da parte del Figlio, nella "Preghiera sacerdotale", che i fedeli presenti,
i discepoli, e da essi poi quelli futuri, credano "conoscendo" solo il
Padre, l'Unico Vero Dio, e Colui che il Padre invi, Ges Cristo (17,3).
Questa la "Vita eterna", unica definizione in tutta la Santa Scrittura.
Credere in Ges Cristo anche credere che Egli "la Resurrezione e la
Vita", e questo dona la Vita (11,25). Che Egli "la Via e la Verit e la
Vita" (14,6), poich chi vede Lui vede il Padre (14,9). La 1 Giovanni
pullulante di questo tema vitale; cf. qui solo 1 Gv 5,12-13.20.
Ges adesso spiega come e da dove viene la Vita da conseguire con
la fede: dall'amore del Padre. Poich il Padre am "il mondo" dei peccatori senza avvenire e senza speranza, che da solo non pu avere nessuna possibilit di salvezza. Lo am tanto, da "donare il Figlio suo, il
Monogenito". Donare senza resto: donare al mondo, al mondo di peccato di morte, alla morte per questo mondo creatura divina da salvare a
qualsiasi prezzo. Il Padre deve pagare "il Prezzo", l'Unico Figlio. Da
"donare alla Croce", da donare dalla Croce al mondo. Solo cos chiunque ha la fede divina, "non sia perduto, bens abbia la Vita eterna" (v.
16, con questa frase che ripete il v. 15). Non solo, Ges assicura: "Io
1022

DOMENICA PRIMA DELLA CROCE

venni affinch essi (le pecore perdute) abbiano la Vita, ed abbondantemente la abbiano" dal Pastore Buono (10,10b).
Tale l'amore divino per gli uomini, che precede ogni risposta di fede e di amore degli uomini. Il tema ripreso dalla tradizione giovannea. Uno dei testi pi sublimi, al limite dell'incomprensibilit tanta ne
la vertiginosa profondit, un annuncio gioioso:
Vedete quale amore (agape) don a noi il Padre,
cos che figli di Dio siamo chiamati.
Perci il mondo non ci conosce,
poich non conobbe Lui.
Diletti, adesso figli di Dio noi siamo,
ed ancora non fu manifesto quello che saremo.
Noi sappiamo che quando sar manifestato,
simili a Lui noi saremo,
poich vedremo Lui come (1 Gv 3,1-2).
In 1 Gv 4,8.16 viene la definizione di essenza: "Dio agape, amore",
ed in 4,10 spiegato che non noi amammo Lui, bens Egli ci am, inviando il Figlio come Vittima espiatoria per i peccati. Da cui proviene
l'esigenza stretta che i fratelli debbano amare i fratelli.
Paolo riprende il tema in molti contesti. Qui baster citare Rom 5,8-9:
l'amore divino preveniente, ci precede, e Cristo mor quando eravamo
peccatori senza speranza; per questo il Padre in Cristo ci am e ci don
la consolazione eterna e la "bella speranza" (cf. anche Rom 8,28-30).
Amore senza resto. Senza dunque esigenze di ritorno da parte degli
uomini. Amore che il Gratuito divino. E che non fa vendetta mai
contro chi non pronto ad amare. Anzi Gv 3,17 esplicita: Dio invi il
Figlio suo al mondo non affinch giudicasse il mondo. Eppure Cristo
Signore il Giudice dei vivi e dei morti (At 10,42), a questo scopo anche "unto" dallo Spirito Santo (10,38), che si presenter alla fine dei
tempi nella gloria (Mt 25,31-46). Ma solo per riprendersi i suoi, resi
beati, eredi del Regno (ivi). Dunque non per "giudicare" (krin), che
nel linguaggio umano significa in fondo "condannare". Dio Vita e
vuole che gli uomini abbiano la Vita sua (Gv 3,15-16!). Perci il Padre
invia il Figlio nel mondo, al mondo, solo al fine che questo sia salvato.
Il tema dell'invio occupa largamente l'Evangelo di Giovanni (cf. Gv 5,
26.38; 6,29.58; 7,29; 8,42; 10,36; 11,42; 12,49; 17,3; 20,21.) e la sua
Epistola principale (1 Gv 4,9.10.14). Non meno presente in Paolo (cf.
qui solo Rom 8,3).
Padre e Figlio, invio ed "esaltazione", Croce e Vita eterna, mondo di
peccato per ormai salvato ed introdotto alla Vita eterna.
La Croce l'unica via. Terrificante. Divina. Sublime. Irrepetibile.
1023

CICLO DEI MNIA

Una e molteplice. Ciascun fedele sotto la Croce che contempla, deve


riacquisire la coscienza della "sua" croce, strumento indivisibile, doloroso, fedele, benefico per, poich "ogni giorno" (Le 9,23) accompagna, purifica, ridimensiona la superbia, aumenta l'umilt, acquisisce al
suo portatore il Tesoro della Grazia dello Spirito Santo.
6. Megalinario
Ordinario.
7.Koinnikn
Della Domenica, Sai 148,1.

1024

8 SETTEMBRE
NATIVIT DELLA SOPRASANTA SOVRANA NOSTRA
LA MADRE DI DIO E SEMPREVERGINE MARIA
Con questa grande Festa comincia la serie nutrita delle celebrazioni
che la Chiesa dedica alla Madre di Dio, oltre alla memoria quotidiana
immancabile. Infatti alcune realt connesse in special modo con il
Signore, e qui si possono mentovare Maria, la Croce e Giovanni il
Prodromo, sono distribuite ai fini celebrativi lungo l'intero Anno liturgico, nei rispettivi veri e propri sistemi festali.
L'8 Settembre da inizio alle "Feste" della Madre di Dio, il 31
Agosto vi pone il sigillo. quella che si chiama una grandiosa "inclusione", formata da due estremit che racchiudono ed evidenziano il
contenuto, che la sublime contemplazione e\Y Oikonomia divina
sulla Vergine di Nazaret. Tale contemplazione conduce a comprendere
la grande legge formulata da Paolo con espressioni lapidarie in testi
come Rom 8,11; quanto il Padre con lo Spirito Santo oper per Ges
Cristo, con il medesimo Spirito Santo operer per tutti noi a cominciare dalla Madre del Figlio suo.
Le Feste della Madre di Dio hanno anche lo scopo di presentare
questa progressiva assimilazione della Madre al Figlio, dalla Nascita
alla Gloria, lungo la Vita storica del Signore, nell'incertezza apparente
della vita quotidiana, dunque anche nella sofferenza, nell'assistenza
alle Sofferenze divine, alla Croce, alla Resurrezione, alla Pentecoste,
alla glorificazione, alla gioia.
Per neppure questo basta. Poich il Disegno divino prevede che la
Madre sia donata ai fedeli del Figlio suo. E come mai abbandon il suo
Monogenito, cos mai abbandona gli "altri" figli. Perci l'ufficiatura
dell'8 Settembre insieme una concentrazione di visuali "economiche",
ed una complessa ed impressionante prolessi di tali visuali: in un certo
senso, la Nativit (t genthlion) della Vergine gi permette il farsi della
salvezza degli uomini. La concentrazione, l'inclusione mostrano oggi di
continuo la "teologia della storia": da Adamo all'escatologia, alla "gioia
pancosmica". Le profezie si realizzano, il Salvatore pu operare.
Questo visibile nei numerosi titoli mariani, ciascuno dei quali indica una o pi funzioni, e talvolta tutte le funzioni che nel Disegno divino spettano alla Madre di Dio. Come quello di "Paradiso mistico" della
Katabasia dell'Ode 9\che una totalit finale.
Infine, l'8 Settembre richiama a riflettere ancora una volta sul divino
adorabile Disegno, che dall'inizio alla fine della storia dona alla
Comunit della salvezza, ed a guardare bene a tutto il genere umano,
una serie ininterrotta, impressionante di figure femminili, sotto questa
1025

CICLO DEI MNA1 A

realt: una Donna sta all'inizio, per permettere all'Uomo di operare la


salvezza. Se non viene la Donna, l'adempimento non pu attuarsi. Su
questo seguir alla fine una "Nota".
I. - LE ORE SANTE
possibile vedere in un tessuto continuo l'insistenza della Chiesa
orante su questi temi.
A. H Vespro
Gi una "teologia della storia", ossia uno squarcio che a colpo d'occhio abbraccia tutta la realt salvifica, viene dallo Stichrn autmelon
1 dopo il Kyrie ekkraxa:
Oggi, il Dio che riposa sui troni spirituali,
si prepar sulla terra un Trono santo:
Colui che stabil in sapienza i cieli,
costru per amore degli uomini un Cielo animato.
Da radice infruttifera, infatti,
un Rigetto portatore della Vita fece crescere per noi,
la Madre sua.
Dio delle meraviglie e Speranza dei disperati,
Signore, gloria a Te!
In un certo senso, Dio incontentabile per amore degli uomini (philanthrpia), a Lui non bastano i troni angelici spirituali, ma vuole il
Trono mpsychos, spirituale, che tutta vita, il Virgulto nuovo che
porta la Vita divina agli uomini. il grande tema sapienziale di Maria
"Trono della Sapienza" divina. Con questo Dio opera i thaumsia
senza fine, e ricolma di bene gli uomini prima disperati. Lo Stichrn
autmelon 2 si avanza esplicitando:
Questo il Giorno del Signore, gioite o popoli!
Ecco infatti l'Aula nuziale della Luce,
ed il Libro della Parola della Vita si avanza dal seno,
e la Porta per l'Oriente, partorita,
attende l'Ingresso del Sacerdote Grande,
unica che introduce l'Unico Cristo nel mondo
per la salvezza delle nostre anime.
presente il tema nuziale: in Maria la Divinit si unisce nuzialmente, in modo fedele, irreversibile e fecondo, alla sua propria Umanit (S.
1026

8 SETTEMBRE

Grillo Alessandrino), e il Libro del tutto scritto del Lgos ts Zs


partorito per attuare le realt che contiene. Con la Nascita della Madre
ormai sorgono "gli Orienti", il Sole della Giustizia, il Sommo
Sacerdote che adempie l'intera Economia salvifica. Maria resta qui l'unica portatrice di tanto privilegio.
Le Letture bibliche del Vespro tornano anche in altre Feste della
Madre di Dio.
a) Gen 29,10-17
Giacobbe, il "primogenito" per diritto carpito al padre Isacco, fugge
verso la Mesopotamia. Lungo la via deve pernottare ed ha in sogno la
visione di una Scala che unisce la terra al cielo, che ha intorno gli
Angeli di Dio. Il Signore gli parla: come Dio d'Abramo padre suo e di
Isacco, gli rinnova la promessa della terra e della discendenza, e gli
assicura che sar per lui VImmanul, il Dio sempre presente. Giacobbe
si sveglia e confessa che veramente il Signore gli parl, stando lui nella
Casa di Dio ed alla Porta del Cielo. Per la spiegazione della Scala, vedi
la Domenica dell'Ortodossia. Maria questa Scala che unisce la terra
con il cielo, la Dimora di Dio, la Porta del Cielo, titoli molto usati
dalla Tradizione.
b)Ez 43,27 -44,4
All'ultimo dei tempi il Signore stabilisce la terra nuova, la citt
nuova, il popolo nuovo, il sacerdozio nuovo, il tempio nuovo. AH'8
giorno, che il 1 Giorno, vi sar il Sacrificio nuovo, e il Signore sar
propizio al suo popolo. Il tempio nuovo ha la Porta principale ad
Oriente, da dove si leva il Sole. Essa chiusa in eterno, poich attraverso
essa passato solo il Signore. H Principe solo star in rapporto ad
essa. Il Profeta poi vede che la Gloria del Signore riempiva la Dimora.
Da Maria, la Porta spirituale intatta viene perci il Sacrificio nuovo del
sacerdozio nuovo. Ella partor il Principe del popolo di Dio, restando
eternamente vergine. E come Dimora di Dio, la Gloria dello Spirito
Santo la ricolma per intero.
e) Prov 9,1-11
il testo celebre del Convito della Sapienza, che ha tutto preparato
per uomini fin'allora stolti, ma anche per quelli che stavano sulla via
difficile del conseguimento della Sapienza divina. La preparazione del
Convito ovvia: Cristo Signore il Pane della Vita e la fonte
dell'Acqua della Vita.
B) II Mattutino
II Canone di Giovanni monaco particolarmente ricco di teologia
e di poesia. Si ripetono i temi gi accennati. Cos VExaposteildrion
1027

CICLO DEI MENAI A

"altro" dell'Ode 9a conclude riprendendo ancora una sintesi: Adamo ed


Eva oggi sono rinnovati e magnificati, i Profeti, gli Apostoli e i
Giusti gioiscono, poich nel mondo venne la "gioia comune" per gli
Angeli e per gli uomini dai giusti Gioacchino ed Anna. Infatti nasce
la Theotkos.
L'Evangelo eotino Le 1,39-49.56, che narra della Visita di Maria
ad Elisabetta; vedi il 2 Luglio.
II. - LA DIVINA LITURGIA
II sapiente accostamento di Letture bibliche e di Salmi, con la cornice di testi eucologici, fanno della celebrazione di oggi un tessuto molto
ricco di temi. Ancora una volta la Nascita della Madre di Dio l'occasione per una celebrazione complessa, dove non facile accordare le
visuali che si presentano in ordine. Ancora una volta, in sostanza, un
fatto "iniziale", come la Nascita della divina Bambina, serve alla
Chiesa per contemplare l'intero Mistero del Figlio. la "lettura
Omega", dove il Fine guida la rilettura a fondo dell'inizio, ma l'inizio
necessario per porre in atto ogni adempimento. In specie l'Evangelo
richiama i fedeli a "stare ai piedi del Signore", per ascoltare "il Lgos
di Dio". Perci la beatitudine della Madre di Dio precisamente perch
fu la "prima Ascoltante del Lgos di Dio".
1. Antifone
1) Si intercala ad ogni Stichos: Tispresbiais ts Theotkou.
- Sai 131, 1, "Salmo regale": il Salmista canta l'amore del Signore per
David e per la sua mansuetudine, per cui a suo tempo "fa memoriale"
di lui e della promessa messianica;
- Sai 131,6: finalmente in Errata, a Betlemme, trovata l'Arca dell'al
leanza, la quale porta in s la divina Presenza, ed Maria;
- Sai 86,3, "Cantico di Sion": a Maria applicato il titolo prestigioso di "Citt di Dio", che contiene dunque tutti i figli di Dio, e
sulla quale il Signore stesso e gli uomini narrano "fatti gloriosi"
lungo i secoli;
- Sai 45,6, "Cantico di Sion": la Citt di Dio visitata dal Signore, che
si pone dentro di Lei, cos che Ella resa stabile per sempre. La divina inabitazione richiama il tema dell'Arca.
2) Si intercala ad ogni Stichos: Sson hmas... ho en hagiois thaumasts.
- Sai 131,11, "Salmo regale": cantato il giuramento del Signore a
David (cf. 2 Re (=2 Sam) 7,13-16; Sal 88,25-38), che irreversibile:
Egli porr "il frutto del suo seno" sul trono messianico;
1028

8 SETTEMBRE

- Sal 131,17: l'orante prosegue con la Promessa divina: nascer per


David la sua "potenza" ("corno", un semitismo), sar disposta la
Lucerna, la Luce imperitura della Casa di David;
- Sai 131,13: il Signore tra tutti i siti della terra scelse solo Sion, la
"sua" Citt, di cui si compiacque ed in cui pone in eterno la sua stessa Dimora. Con questo richiamata ancora la Madre di Dio.
3) Si intercala ad ogni Stichos VApolytikion della Festa.
- Sai 131,14: il Signore proclama ancora il suo compiacimento per la
sua Citt, Maria, nella quale vuole dimorare in eterno;
- Sai 45,5, "Cantico di Sion": questa sua Dimora privilegiata, il
Signore la santific in modo speciale ed unico, essendo l'Altissimo e
Trascendente che viene nelle realt umane;
- Sai 64,5, "Azione di grazie comunitaria": questo Tempio del Signore
santo, reso meraviglioso per la sua "giustizia", la sua totale santit,
che vicinanza e adesione a Dio.
3. Tropari
1) Apolytikion della Festa: la Chiesa si rivolge con la sua lode alla
Madre di Dio, proclamando che la sua Nativit signific la gioia per la
terra intera, poich da Lei si lev il Sole divino della Giustizia divina
misericordiosa, Cristo Dio nostro. Il quale, avendo sciolto e annullato
la maledizione antica (cf. Gen 3), don invece la divina Benedizione
(cf. Gai 3,13-14) che lo Spirito Santo, ed avendo annullato gli effetti
della morte, elarg generosamente a noi la Vita eterna.
2) Kontkion della Festa: il canto rievoca intensamente VOikonomia
divina, la quale in questo momento liber sia Gioacchino ed Anna, i
santi Genitori della Madre di Dio, dall'umana vergogna della mancan
za di prole, sia Adamo ed Eva dalla corruzione della morte da essi stes
si procuratasi. Tutto questo, a causa della mirabile Nativit
dell'Immacolata Madre di Dio, adesso celebrata dal popolo "suo",
finalmente redento dall'orribile stretta delle colpe. Perci adesso insie
me grida a Lei: "La sterile (Anna; cf. qui Le 1,36-37 a proposito del
l'altra sterile, Elisabetta, che concepisce miracolosamente) partorisce la
Madre di Dio, e Colei che nutr la Vita nostra", il Signore Ges Cristo.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Le 1,46-47.48.
E l'inizio del cantico di Maria, il Megalynei he psyche mou tn
Kyrion. Fin dalla sua Nativit mirabile, la Madre di Dio magnifica il suo
Signore, e gioisce nello spirito per il Dio suo Jh-s 'h = Ges, "il
Signore la salvezza", il Salvatore. Lo Stichos (v. 48) ribadisce
1029

CICLO DEI MNIA

Y Oikonomia divina in Maria: il Signore dall'eternit tiene lo sguardo


fisso sulla Serva fedele ed umile, prescelta tra tutte le donne della storia degli uomini. La conseguenza deborda nella vita degli uomini, che
"da adesso", e dunque fin dalla sua mirabile Nascita lungo le generazioni chiameranno "beata" la Madre di Dio, onorandola exairts, in
modo del tutto speciale.
b)Fil 2,5-11
II termine dol, serva, del Prokimenon felicemente fa da collegamento con Y Apstolos, che oggi uno dei testi pi importanti e pi diffcili dell'intera Scrittura Santa.
Paolo tocc la prima volta il territorio dell'Europa continentale a
Filippi. La fondazione di quella comunit rest per lui esemplare. Il
rapporto paterno-filiale, ed insieme fraterno con essa segn il successivo apostolato di Paolo, per la totale partecipazione e comunione di sentimenti e di intenti. Oltre tutto i Filippesi furono generosi all'eccesso,
in fondo i soli veri finanziatori dei viaggi apostolici di Paolo, che cos
poteva restare indipendente dalle altre comunit via via fondate, che gli
crearono sempre molti problemi (come i Galati, i Corinzi, i Laodicesi).
L'Apostolo cos scrive ai suoi Filippesi un'Epistola carica di teologia,
ed insieme di affetto e di esortazione verso la perfezione.
E cos anzitutto presenta le sue sofferenze come necessarie
ali'Evangelo, alla sua diffusione - per vie dritte o meno, tutto, purch
Cristo sia annunciato: 1,16-20 -, poich per lui "vivere Cristo, e
morire guadagno" (1,21). I Filippesi dunque debbono comportarsi in
modo degno dell'Evangelo (1,27-29). Il cap. 2 dedicato all'unit
necessaria nella comunit, quella nella medesima fede.
La motivazione mirabile: se esiste una consolazione in Cristo, un
conforto d'amore di carit, tenero affetto e misericordia, i Filippesi renderanno piena la gioia dell'Apostolo partecipando al medesimo sentire,
alla medesima carit (2,1-4), in una parola, debbono "sentire" esattamente quanto "sentiva" Cristo Ges (2,5). In realt, come quella di
ogni altro uomo, l'esperienza ad esempio di Paolo stesso non ripetibile da nessun altro fedele. Invece tutti i fedeli, ed anzitutto Paolo, possono, anzi debbono vivere proprio quanto visse e vive il Signore Ges.
Tale vissuto salvifico tratteggiato dai vv. 6-11, che formano il celeberrimo "inno dei Filippesi".
Su un testo cos denso e difficile gi nell'et patristica gli approfondimenti sono senza numero. Fino ai giorni nostri poi si accumulata
un'immensa letteratura, che nessuno specialista al mondo riesce ormai,
da solo, a controllare pi.
La critica d'accordo nel ritenere l'"inno" come un testo della
Comunit aramaica prepaolina, che l'Apostolo ha fatto suo e rilanciato
1030

8 SETTEMBRE

nel mondo dei cristiani provenienti dal paganesimo, con la solo modifica
al v. 8, nel senso che Paolo precisa: "morte per di croce". La critica non
d'accordo invece sulla struttura letteraria e sul movimento dell'"inno",
sui parallelismi e le contrapposizioni. Soprattutto fanno difficolt alcuni
termini, come harpagms (v. 6), e in modo speciale quel ken (v. 7), che
indica lo "svuotarsi" volontario di se stesso che dovette operare Cristo
come Dio per assumere la sostanza ("forma") umana. Si deve dire per
che sostanzialmente il testo mostra un senso generale del tutto chiaro sia
nelle linee, sia nei particolari, con il dinamismo "alto - basso - alto", ossia
un movimento del Signore che dalla Divinit si abbassa all'umanit per
risalire alla Divinit. ovvio, un "moto" non spaziale, bens solo teologico simbolico. Per semplificare, qui si segue questo schema tripartito.
a) Cristo Ges dunque visto e contemplato anzitutto nell'eternit,
nella quale Egli sussiste (hyprch) "nella forma (morph) di Dio". Il
termine "forma" biblico, e non va letto secondo la sola filologia
greca, la quale suggerisce questi significati: forma, figura, aspetto este
riore (e cos, la statura); la bellezza (ossia, in positivo), la grazia (anche
della parola, etc.); l'apparenza di una realt; la sorte, la specie di una
realt; il gesto, l'atto di gesticolare; filosoficamente (Aristotele), la
forma, il principio formale, la natura; medicinalmente, il cadavere.
Ma gi Aristotele per morph da il senso di natura, di sostanza.
Ossia, nella totalit d'una realt, quanto appare quella realt in s
stessa, non sempre forma si oppone a sostanza, anzi il realismo suggerisce il contrario. Il N.T. assume morph (e i verbi connessi: morphiz,
symmorphiz, metamorph, etc.) come forma e sostanza.
Cristo Ges perci sussisteva dall'eternit nella sostanza, o essenza,
o natura di Dio (v. 6a). Eppure, non consider un "possesso geloso",
esclusivo ed escludente (harpagms) di essere "eguale a Dio", che qui
Dio Padre. Dunque in un kairs, che non nominato, Egli attua nel
tempo una decisione eterna (v. 6b).
b) La prima azione che compie secondo quel Decreto "svuotare
(ken) se stesso" delle sue prerogative divine. L'atto che ne consegue
allora Y ensrksis,V enanthrpsis, il srx egneto di Gv 1,14.
L'Incarnazione indicibile, misteriosa e terribile, non solo un "atto"
puntuale, la concezione dallo Spirito Santo e da Maria Semprevergine
(cf. Le 1,35; e il Simbolo battesimale della fede), ma anche la condi
zione irreversibile per cui restando immutabile ed impassibile il Dio
Verbo si fa anche Uomo vero, cos che la Persona divina del Dio Verbo
ormai, essendo "composita" (synthetos, i Padri), restando inalterate le
prerogative divine e quelle umane, sussista tutta e per intero sia nella
sua ousia divina, sia nella sua ousia umana assunta. Per cui ancora, il
Dio Verbo, restando in eterno consustanziale con il Padre e con lo
1031

CICLO DEI MENAIA

Spirito Santo, diventa, mediante la Madre Semprevergine, anche consustanziale in quanto Uomo vero con tutti gli uomini. E poi, cos il Dio
Verbo contemplato realmente nelle sue due ousiai "dalle quali e nelle
quali e le quali sussiste" ormai in eterno (S. Massimo il Confessore). E
non in modo che Yousia divina si "relativizzi" a quella umana cos da
sopraffarla (monofisismo), ma il Dio Verbo kath'hypstasin assume
Yousia umana in modo da divinizzarla con le Energie divine, nella sua
intatta integrit.
E per, questo avviene "per specie contraria", il Figlio di Dio "avendo
assunto (labri) la forma dello schiavo". Anche qui l'attenzione va data
ai singoli termini. H verbo lambn, prendere, assumere, per s nel contesto deve essere tradotto con "accettare" volontariamente - ad esempio,
si pu "prendere" una punizione, subirla, senza per accettarla; si pu
"prendere" una decisione ingrata, ma non volendola -: a partire dal
Disegno del Padre. La "forma", morph, anche qui indica la sostanza
ultima che determina il modo dell'esistenza. Il sostantivo dolos va preso
nel senso letterale estremo, "schiavo" senza libert, assoggettato totalmente al peso della sua condizione infima, ingrata, che priva della possibilit del riscatto. Ora, chi il massimo "schiavo" che si possa immaginare, chi si trova nella condizione infima ed ingrata dell'esistenza umana,
chi del tutto privo della possibilit del riscatto con le sue sole forze e
con le sostanze che non ha? L'uomo peccatore. E chi l'autentico
"uomo" che si rese per sua colpa "schiavo del peccato"? Adamo. Il
Figlio di Dio accetta volontariamente di assumere per intero il terrificante
carico della schiavit di Adamo, e per diventare l'Adamo Ultimo
("nuovo") deve prima identificarsi, per cos dire, in tutto - senza commettere peccato! - all'Adamo "primo" ("antico", o "vecchio"), con tutte
le mortali conseguenze.
Per questo Egli "si fece (divent) nella somiglianz degli uomini",
dove homima, somiglianz, esprime non il senso usuale di una "cosa
simile" ad "un'altra cosa", ma di identit: Uomo vero davanti a Dio e
davanti agli uomini. Solo cos il Figlio di Dio pu attuare il Disegno
divino. Il v. 7 insiste alla fine: "e fu trovato come "schma" quale
uomo", trovato dunque nel momento decisivo (heurethis, participio
aoristo puntuale) della storia "sua", da Dio e dagli uomini, anche da
questa parte come Uomo vero. Il termine greco schma molto complesso; indica infatti: figura, forma, esteriore, modo d'essere (cf.
1'"abito" come modo di comportarsi); forma di malattia; del discorso
(ad es. forma metrica, etc.); forma di governo, costituzione politica;
figura geometrica; filosoficamente, forma del sillogismo; posizione,
atteggiamento, gesto, posa (di attori di teatro); contegno morale o
sociale, espressione comunicativa (umile, superba, di dominatore, di
servo); pompa, prestigio, magnificenza (ad es. regale); una parte da
1032

8 SETTEMBRE

sostenere, un ufficio da attuare, una condizione; un pretesto. Significato


preciso, qui nel contesto paolino, va con termine preciso, da scegliere
tra quelli elencati: tale termine "modo di essere".
Il Figlio di Dio dunque si fa schiavo-Adamo, di sostanza umana, di
vissuto umano, nel realismo umano pi totale.
Tale condizione lo conduce volontariamente alla messa in essere della
condizione di schiavo: all'estrema umiliazione (tapein) di se stesso, fattosi obbediente (hypkoos) fino alla morte. Obbediente per a chi? In
diverse direzioni: anzitutto, ovviamente, all'augusta Maest del Padre, che
attende da Lui la realizzazione del Disegno divino per poter procedere
all'atto finale; e poi se cos si pu dire, ad Adamo, allo schiavo del peccato,
a tutti gli uomini schiavi del peccato in Adamo, alle loro necessit estreme,
mortali, senza speranza. "Fino alla morte - morte per di Croce!" (v. 8).
Come si detto (Domenica avanti l'Esaltazione della Croce,
Evangelo), lo staurs era il patibolo dell'infamia umana, per schiavi e
ladroni e rivoltosi politici. La croce nell'antichit era terrore per chi vi
pensava, ed infamia per chi la subiva, era scherno e denuncia di totale
fallimento. Oggi non meno per il mondo musulmano, vero "nemico
della Croce", che cerca di distruggere dovunque getti la mano. E in
Sudan crocifigge i cristiani.
Ma "lo Schiavo" fu consapevole di tutto questo: che solo traversando con la Croce benedetta la tenebra della morte da una parte all'altra,
"conoscendola" tutta, avrebbe glorificato il Padre e redento "gli schiavi" del peccato e della morte.
e) Dall'Alto all'estremo in basso: qui irrompe l'Onnipotenza del Padre.
"Perci", per tutto quello detto finora, Dio superesalta (hyperyps) il
Figlio fattosi Schiavo, e Gli dona "il Nome sopra ogni nome" (v. 9). Il
testo fa difficolt se si interpreta indebitamente al modo ariano, ossia
circa cos: il Figlio di Dio "non" aveva "il Nome", che la Divinit del
Padre, e per l'impresa eccezionale di donare la vita sulla Croce ebbe
questa eccezionale ricompensa dal Padre. L'interpretazione della
Tradizione santa quella vera. Il testo, poich "la Bibbia si legge con la
Bibbia nella Tradizione", va riletto insieme con tanti altri, come Rom
1,3-4, in cui la Divinit del Figlio manifestata dal Padre con lo
Spirito Santo "a partire dalla Resurrezione dai morti"; come Gv 17,1-3,
l'inizio della "Preghiera sacerdotale", in cui il Signore prega epicleticamente il Padre di glorificare il figlio con quella Gloria, lo Spirito Santo,
che possedeva "presso il Padre" prima della fondazione del mondo,
dunque dall'eternit (17,5). Il che significa che il Figlio Dio, accettando
di sprofondare verso 1'"estrema umiliazione (la akrott tapinsis,
come suona Yepigraph dell'icona santa del Nymphios), per Decreto
permettente del Padre, adesso dal medesimo Padre, terminata la sua
missione nel "basso", superesaltato verso l'"Alto".
1033

CICLO DEI MNIA

Come Dio, il Figlio recupera le prerogative divine di cui si era


"svuotato" (keno) (FU 2,7), rinunciandovi temporaneamente ed in
modo assolutamente misterioso, e come Uomo partecipa pienamente al
Nome divino, che della Persona divina, dunque compete alYousia
divina ed ormai anche alYousia umana nelle quali sussiste in eterno.
Questo, per, "affinch" nel Nome adorabile: Isos, siano costrette
a "piegare ogni ginocchio", a prestare omaggio divino, tutte le sostanze
create, amiche e nemiche, delle regioni sovraccelesti e terrene e sotterranee (v. 10), ed ogni lingua ormai "confessi" (exomologomai) la
suprema formula che unisce il cielo e la terra per sempre: "Signore,
Ges Cristo!" al fine che il Padre consegua la gloria che divinamente
gli spetta, da parte di tutti (v. 11).
In Ebr 1,4 si rievoca questo conseguimento del Nome superiore ad
ogni nome anche angelico da parte del Figlio. La predicazione apostolica del Nome di Ges annuncia che l'unica istanza di salvezza: Pietro
in At 4,12 e 10, e gi in 2,21, citando Gioele 2,32 (cf. At 2,17-21, e
Gioele 2,28-32). Cos che la Chiesa apostolica conosceva anche il battesimo "nel Nome di Ges".
Che cosa significa "Signore, Ges Cristo"? Sotto sta la formula
antica aramaica: "Mrn',ls' Msih' l", che a sua volta resa in
ebraico da "IHVH, Is'h MsihVOssia: "Signore Dio questo
Uomo conoscibile e conosciuto, Ges il Messia" divino d'Israele!
La Croce e la Resurrezione con la sovresaltazione, che la divinizzazione dell'Umanit del Figlio di Dio ad opera dello Spirito Santo,
sono la causa, il movente e lo scopo per cui il Padre finalmente manifesta che il Figlio Dio "da Lui", come lo Spirito Santo Dio "da Lui".
L'Unico Signore e Dio.
la suprema manifestazione della Trinit santa consustanziale indivisibile vivificante.
La Nativit della Madre di Dio dunque preparata per questo evento straordinario della Teofania suprema.
La Nativit della Madre di Dio a sua volta prepara tutto, affinch
con l'incarnazione del Figlio quell'Evento sia possibile.
"Paradossale meraviglia!"
La Nativit della Madre di Dio da occasione per l'intera rilettura che
la Chiesa fa della "teologia della storia".
5. E VANGELO
a) Alleluia: Sai 44,11.13, "Salmo regale".
Il magnifico Salmo dell'epitalamio divino regale interpella la
Regina all'ascolto intenso delle dolci parole che le rivolge pieno d'amore il Re divino, ed a guardare tutte le realt del suo Sposo, dunque a
1034

8 SETTEMBRE

dimenticare tutte le realt umane vissute fino a quel momento, compresa la provenienza, la Casa del padre che il Casato di David, realt
adesso realizzata nella pienezza che lo trascende.
Lo Stichos (v. 13) esalta la ricompensa che adesso spetta per sempre
alla Regina: i ricchi del popolo della terra, oltre che i poveri di Dio,
ormai si rivolgeranno con fiducia al Volto bello della Sposa, e senza
distaccarsene lo imploreranno, poich sanno che Ella potente interceditrice di ogni grazia dello Spirito presso lo Sposo.
b)Le 10,38-42; 11,27-28
Questa pericope usata per altre Feste della Madre di Dio. Essa va
attentamente contemplata.
La prima parte l'incontro del Signore con Marta e Maria. Occorre
sempre prima considerare che non si tratta di "un episodio"
dell'Evangelo, bens di un fatto che forma la linea continua del ministero messianico del Signore. Occorre partire sempre dal suo santo
Battesimo, quando il Padre con lo Spirito Santo Lo consacra per l'annuncio dell'Evangelo e per le opere del Regno e perci il culto al Padre
medesimo Evangelo e Regno e culto il cui culmine indicibile sar la
Croce per la Resurrezione.
Il Signore dopo la Trasfigurazione comincia la sua "salita a
Gerusalemme" (cf. Le 9,28-36, tra il 1 ed il 2 annuncio della Passione
e Resurrezione, cf. 9,22 e 43b-45; infine, 9,51), dove deve "compiersi
il suo esodo" al Padre (9,31). Egli dtta le norme per seguirlo (9,5762), invia i discepoli in missione (10,1-16); questi tornano (10,17-20),
e allora il Signore vive il suo "Giubilo messianico" (10,21-24). Segue
la parabola del Buon Samaritano (10,25-37), e finalmente la pericope
di oggi. Ma questa seguita dalla catechesi sulla preghiera, il cui
nucleo il "Padre nostro" (11,1-13).
Cos inquadrato, l'incontro del Signore con le due sorelle assume
rilievo diverso. Esse sono conosciute anche dall'Evangelo di Giovanni,
come sorelle di Lazzaro (Gv 11,1-45). Maria in specie aveva unto i piedi
di Ges a Betania, proprio mentre Marta ancora una volta ministrava la
tavola (Gv 12,1-8). D'altra parte, probabile che questa unzione sia trasposta significativamente da Luca molto prima nel suo Evangelo, in casa
del fariseo, e operata dalla peccatrice anonima (Le 7,36-50), a cui fa
seguire l'elenco delle donne che fedelmente seguivano il Signore per servirlo, e tra esse l'Evangelista nomina "Maria, chiamata Maddalena, dalla
quale sette demoni erano usciti" (8,2), richiamata anche in Me 16,9 con
la nota "dalla quale (Ges) aveva espulso sette demoni". Eppure era
apparso per primo come Risorto proprio a lei. Gi i Padri si interrogavano sull'identificazione della Maria di Betania con la Maddalena, propendendo, non senza difficolt, per la risposta positiva (vedi 22 Luglio).
1035

CICLO DEI MENAIA

II Signore adesso sta "salendo a Gerusalemme" dalla Galilea, e cos


all'ora del cibo, sia a met giornata, sia la sera (il testo non lo precisa)
entra in un villaggio non nominato. Qui riceve l'invito e l'accoglienza
caritatevole {hypodchomai) di una donna di nome Marta, il cui nome
aramaico (Marth, femminile di Mar, signore, dunque "Signora";
nome teoforico per che significa "il Signore il Dio mio"). Ella mette
a disposizione la casa per ospitare Colui che viene (v. 38).
E per, come dovunque Egli entri e si sieda fissandovi la sua dimora, cos con i farisei, con i pubblicani, nella Cena del Gioved grande,
ad Emmaus, e non meno quando moltiplica i pani e i pesci, e finalmente
quando appare Risorto sul lago (Gv 21,1-14), e sempre, dove sta,
Ges l Egli ospita tutti alla sua Mensa, Ospite divino dolcissimo ed
accoglientissimo. In casa di Marta perci l'Ospite Lui, come risulta
chiaramente dal contesto.
Infatti, Marta ha una sorella, Maria. Ges in quella casa, come dovunque, sta seduto in trono, Sapienza divina discesa dal Trono divino del
cielo senza abbandonarlo, per portare sulla terra la sua Dottrina ed il suo
divino Convito (cf. qui Sap 9,10, l'epiclesi per la Sapienza dal Trono
divino; Prov 9,1-6, il suo Convito tra gli uomini). Come era uso antico,
anche presso i rabbini, i discepoli si sedevano in terra davanti al maestro,
lo ascoltavano attentamente e lo interrogavano, prendevano anche
appunti dell'insegnamento. Cos fa Maria, sedutasi ai piedi di Ges, per
ascoltare "la Parola sua", "il Lgos di lui", rapita, e cos distratta da ogni
altra cura necessaria (v. 39). Per Maria questo il divino Convito, suo
nutrimento per la vita, il resto sembra quasi dimenticato.
Fa contrasto l'attivismo di Marta, che "si affaccendava con molto
servizio (diakonia)" (v. 40a). Questa donna aveva invitato il Signore,
ne aveva tanto amore e stima, voleva "servirlo" degnamente, con un
pranzo sontuoso, come sa chi ha sperimentato l'ospitalit del vicino
Oriente. Anche i poveri preparano, a costo di debiti, pranzi e cene agli
ospiti. Forse l'ora tarda - per fortuna, Ges non aveva orari per s,
tanto meno per gli altri, non era schiavo di orologi, e del resto non
poneva mai in imbarazzo chi Lo accoglieva -, e Marta vede che tutto
in ritardo. Perci si ferma, e non interpella la sorella direttamente. Ne
conosce l'irriducibilit. L'Ospite infatti passa cos di rado, che Maria
non vuole perdersi l'occasione gratificante di ascoltarlo. Marta tuttavia
interrompe proprio il Signore che parla, credendo di ricevere comprensione: "Signore, non ti curi, Tu". Con questo si vede che Marta ha
molta confidenza con il Signore, in un certo senso pu permettersi di
parlare cos. Servirlo degnamente infatti chiede l'aiuto {synantilambnomai, verbo raro) spontaneo della sorella che l'ha lasciata a servire
(diakon) da sola. La spontaneit per ormai non pu avvenire, il
Signore pu solo ordinare a Maria di aiutare la sorella nelle faccende
1036

8 SETTEMBRE

(v. 40b). Cos Marta non comprende che l'onore pi grande che si
possa fare all'Ospite divino, anzitutto di stare ad ascoltarne le Parole
della Vita, che nessun altro possiede, e che precedono ogni altra istanza
di una vita veramente da vivere.
L'Ospite divino dice qui una parola che resta fondamentale per la
vita della Chiesa di tutti i tempi. Il suo rimprovero a Marta insieme
dolce, ma netto: "Marta, Marta, tu ti preoccupi (merimn) e ti perturbi
(thyrbdz, per thorybzo) intorno a molte (faccende)" (v. 41). Maria
"ascoltava" solo la Parola di Lui (v. 39), e dunque aveva fatto dentro di
s il silenzio attivo, recettivo, la quiete singolare dell'"ascolto" di fede
e d'amore, respingendo ogni mrimna, ogni thrybos. Questo adesso
il suo cibo, la sua bevanda, la sua vita. Il Signore d'altra parte n si
curava n si preoccupava n si agitava, poich quale Ospite divino
stava nutrendo al Convito trasformante della sua Parola le anime che
"Lo ascoltavano". Perci deve insegnare a Marta anche come si deve
vivere se si vuole essere suoi discepoli e suoi convitati.
"Dell'unico fatto c' necessit": di ascoltare Lui, la Parola. "Maria la
buona parte prescelse, la quale non sar portata via da lei" (v. 42). La
agathmers "conil Signore", "avere parte con Lui" (cf. Gv 13,8b), a partire dal Tesoro del Convito della Parola. Questo segue ogni fedele che l'accetta, fino alla Vita eterna, Tesoro inalienabile che porta alla Vita eterna.
Sui vv. 41-42 esiste un'immensa letteratura spirituale, non tutta di
qualit eccelsa, poich non sempre l'applicazione alla vita cristiana ne
fu secondo l'intenzione ultima del Signore. In sostanza, si tese ad
opporre la "vita attiva", Marta, e la "vita contemplativa", Maria.
Questa applicazione allegorica. Ges non parlava di contrapposizione
di due scelte di vita religiosa, la prima per la massa sempre imperfetta,
o per religiosi meno perfetti; la seconda per pochi privilegiati, i "contemplativi", uomini e donne, i perfetti, incuranti degli "altri". Questo
solo nella letteratura successiva.
L'esperienza spirituale di secoli di vita cristiana ordinata mostra un
altro quadro, quello vicino alle intenzioni del Signore. L'equilibrio fu
sempre tra vita contemplativa e attiva. Di fatto proprio i monaci, contemplativi per elezione e per definizione, nei secoli, chiamati dai
Vescovi legittimi e per stretta obbedienza ad essi, furono intrepidi missionari dell'Evangelo; furono maestri di scienze di teologia; furono
costruttori di citt, di ponti e strade; furono abili contadini; organizzarono le diakoniai dal sec. 4 per l'assistenza ai poveri nelle Chiese, e
dunque di raccolta di elemosine, di ospedali, di ptococomi (per i poveri), di xenocomi (per i pellegrini); assisterono l'amministrazione civile
dove serviva; furono curatori di anime nella pastorale.
Che disse realmente Ges Signore alle due sorelle? Volle contrapporle, privilegiandone una e mortificando l'altra? Non pare. Volle solo
1037

CICLO DEI MNA1 A

stabilire per sempre il principio, che dalle donne rimbalza sugli uomini:
che la "vita attiva" di vero discepolo, nella sua necessit ineludibile e
mai trascurabile, solo se proviene dalla "vita contemplativa". Cos
che in un certo senso la vita contemplativa precede ed ordinata alla
vita attiva e questa deve diventare un aspetto della prima. Stretta unit:
Marta avrebbe dovuto prima "ascoltare la Parola", e poi procedere alle
faccende di casa per fare pieno onore all'Ospite divino, poich di certo
Maria dopo "avere ascoltata la Parola" avrebbe lavorato al medesimo
scopo.
Il contesto della pericope di Le 11,27-28 tratteggiato gi da quanto
detto per la prima pericope, che segue di poco: dopo la catechesi sulla
preghiera, contemplativa, ma per la vita attiva {Le 11,1-13), che porta
al Dono dello Spirito Santo, il Signore procede all'insegnamento sull'espulsione dei demoni (vv. 14-26). Da questo una donna della folla
grida la sua ammirazione.
una donna anonima. Nell'Evangelo suo, Luca raccoglie molto
materiale sulle donne, alcune meravigliose come la Madre di Dio, ma
anche Elisabetta, Anna la profetessa, altre di innominabile bassezza,
ma recuperate a Dio dalla Misericordia del Signore. Le Donne fedeli,
nell'attestazione unanime degli Evangelisti, seguirono il Signore fino
alla Croce, fino alla sepoltura, ed ebbero il privilegio unico, incomparabile e fondante di essere visitate dal Risorto per prime, consacrate cos
nella Chiesa di tutti i tempi come la "testimonianza vivente" della
Resurrezione per tutta la Comunit di fede; per questo l'ambone per la
proclamazione dell'Evangelo, che sempre "Evangelo di
Resurrezione", era sempre posto nelle chiese dalla parte delle donne
(vedi 22 Luglio).
Questa donna dunque ancora una volta "ascolta la Parola", poich
l'episodio avviene "mentre Lui parlava" {lgo, da cui lgos, parola).
Tra i presenti una donna colpita nel cuore, comprende chi il
Parlante davanti a lei. Al contrario di ogni uso orientale, dove la donna
prende la parola solo se interrogata, ella ha il coraggio temerario di
"alzare la voce" tra la folla. Perci grida con immensa ammirazione la
sua lode del tutto femminile, che colpisce il centro della Vita del
Signore, e cos esprime una "beatitudine": "Beato il seno che Ti port".
Il verbo bastio qui molto bello, poich esprime il senso di portare
con fatica, come un soave ma grave "carico", fatto proprio delle donne
gravide. Ed aggiunge: "E beate le mammelle che succhiasti" (v. 28).
la lode magnifica della madre ad una Madre, che "port" il Signore, e
che Lo nutr del suo latte verginale. una lode vera, per nulla smentita,
nonostante le apparenze, dalla parola del Signore che segue, che sembra contraddire duramente la donna.
1038

8 SETTEMBRE

II Signore in effetti coglie l'occasione per tessere la contro-lode alla


Madre sua, ma lo fa in forma impersonale, indiretta, tanto pi efficace,
con un plurale di maest: "Piuttosto", menonge, particella composta di
men-oun-ge, e che significa: asseverare correggendo una parola o un
fatto che precede, assentendovi per. E dunque: "Piuttosto, beati gli
ascoltanti la Parola di Dio e i praticanti di essa" (v. 28).
Allora il senso chiarissimo: Di certo, la Madre mia beata poich
prest alla mia Divinit il seno verginale per la mia Umanit, e fu la
mia immacolata Nutrice. Per la sua beatitudine ultima soprattutto il
fatto che fu la prima e totale Ascoltatrice della Parola divina, gi per
bocca dell'Angelo, e la prima e totale, perfetta Operatrice di essa,
quando parl cos: "Ecco la Serva del Signore avvenga a me secondo la Parola tua!" (Le 1,38).
Ovviamente, Maria la Semprevergine Madre di Dio non lasciata
sola dal Padre del Figlio suo. Il quale dispone che, seguendo il Figlio
suo, molti altri "ascoltatori" ed "operatori" della Parola divina siano
beati, e Maria sia cos circondata dalla Nube di Testimoni che con Lei
vivono la beatitudine che non tramonta.
Il Signore lo aveva gi anticipato in un'altra parola mal compresa di
Le 8,19-21. Quando gli annunciano che la Madre ed i fratelli stanno l
per parlare con Lui, confuso tra la folla a cui insegna, Egli risponde:
"Madre mia e fratelli miei sono quanti ascoltano la Parola di Dio e la
praticano". Ancora una volta viene l'elogio della Madre: Ella lo ,
Madre, perch gi prima ascolt la Parola divina e la mette di continuo
in pratica. Perciproprio come Lei verranno "altre madri" del Signore.
Per noi questa pratica la Protezione, l'Aiuto, l'Intercessione potente della Madre di Dio, la Prostasia tn christiann, aiutati cos precisamente all'ascolto ed alla pratica della Parola santa.
Le due pericope evangeliche sono meravigliosa applicazione di contenuti alla Nativit della Sovrana nostra. E Maria, la prima Ospite
dell'Ospite divino, che scelse la "parte buona" con il Figlio ascoltandolo come Verbo Dio del Padre, prima e pi fedele Discepola diacona,
"attiva", praticante le meraviglie del Regno.
La Chiesa contempla questo nella Bambina che oggi Gioacchino ed
Anna prendono nelle braccia per mostrarla alla nostra venerazione d'amore filiale.
6. Megalinario
il Heirms: Alltrion tn mtrn: la Chiesa canta i mirabili prodigi del Signore in Maria che nasce, poich se estranea la verginit
alle madri che partorirono, altrettanto per le vergini il parto verginale.
Eppure ambedue questi prodigi furono operati in Maria dalla divina
1039

CICLO DEI MENAI A

Oikonomia indicibile. Perci senza posa tutte le trib della terra magnificano la Madre di Dio che nasce.
7.Koinnikn
Sai 115,13, "Azione di grazie individuale". L'Orante adesso riceve
la Coppa divina della salvezza, ed invoca il Nome del Signore, mentre
partecipa ai suoi Misteri trasformanti e vivificanti. l'unico modo per
rendere grazie al Signore per tanti prodigi.

NOTA SU "LA DONNA PER L'UOMO"


L'Apostolo Paolo definisce il realismo dell'Incarnazione del Figlio
di Dio preeterno con un'espressione lapidaria:
Quando poi venne la pienezza del tempo (chrnos),
invi Dio il Figlio suo,
nato da Donna, nato sotto la Legge (Gai 4,4).
"Sotto la Legge" indica la precisione della nazione, Israele, e della
sua costituzione storica, l'osservanza della santa Legge del Sinai, che
10 distingueva da ogni altro popolo. Si ha quindi il luogo, la Palestina,
la cultura semitica, la storia passata di quello che fu il primo vero popo
lo della storia. Per "popolo" si intende un gruppo umano con una
"coscienza storica", e questa l'avevano i Sumeri, i Babilonesi, gli
Egiziani, i Greci, i Romani. Ma di una storia non mitologica, bens fon
data da un Disegno divino, con il suo preciso bench misterioso svilup
po, e con il suo fine trascendente, e questo la ebbero solo gli Ebrei.
"Nato da Donna" questa coscienza storica che si rifa all'arcano
tessuto del Disegno divino, che neh"Oikonomia tra gli uomini ordisce
la presenza attiva e significante di molte figure femminili. La
Semprevergine Maria che nasce oggi, in un certo senso va vista cos,
che mentre di necessit "una" di quelle figure femminili della
Rivelazione biblica, insieme per le riassume tutte, ed a tutte conferisce
11 loro ultimo senso e valore.
A) A.T.
L'A.T. presenta una vera fioritura di figure femminili nell'ordine
dell'Economia salvifica.
a) All'origine
Si deve porre all'origine delle origini la Sapienza divina. Che non
un'ipostasi, una "persona" in Dio. piuttosto una figurazione necessaria. divina, preeterna, sta in Dio indivisibilmente, il divino
IMO

NOTA SU "LA DONNA PER L'UOMO"

Consiglio. Partecipa all'ordine della creazione quale sapiente


Architetto divino. In un certo senso delegata a tenere i rapporti con
gli uomini, e qui la Sapienza si manifesta nella sua essenza, che
l'Amore unitivo, consumante, che assume l'aspetto dell'amore nuziale.
Ella viene tra gli uomini, insegna ad essi a cercarla per avere la vita. I
grandi testi qui sono: Prov 8,22-36; Giob 28; Eccl 24; Sap 7-9. Ma
elementi sapienziali sono largamente contenuti presenti nei libri storici
e profetici (ad esempio, nel Deuteronomio, in Daniele).
Il riferimento continuo dei testi liturgici ad Eva pi che fondato.
Nonostante, ed anzi a causa del suo peccato, Eva riceve la prima promessa:
la sua discendenza schiaccer la testa del Serpente (Gen 3,15). Ma questo
non a caso, poich il Signore precisamente l'ha creata per uno scopo preciso. In Gen 2,18 vuole che Adam non sia un Adam solo ed inutile, bens
abbia "un aiuto secondo lui" (bothn kaf autri), consustanziale con lui, in
modo che i due siano "un'unica carne" o esistenza {Gen 2,23-24). Ma
anche in modo che, per cos dire l'"aiuto" preceda sempre l'opera necessaria di Adam. "Eva" solo pu porre "Adamo" in grado di operare.
b) Nello svolgimento
Questo largamente visibile, come vero motivo ricorrente, nelle
figure femminili che procurano la salvezza di volta in volta agli sposi,
ad Israele, alla Citt di Dio.
Cos di Sara verso Abramo, preservando lei la linea genealogica
patriarcale con Isacco, ed esclusione (che potr apparire ingenerosa)
di Ismaele.
Cos Rebecca recupera questa linea per Giacobbe ad esclusione
di Esa.
Lia e Rachele sono l'indispensabile aiuto e difesa di Giacobbe da
Labano, sulla linea della genealogia dei 12 Patriarchi.
Tamar costringe Giuda, anche con l'inganno, a proseguire questa
linea (Gen 38,12-26).
Maria salva Mos dallo sterminio dei maschi ebrei (Es 2,1-10).
Ma gi Shifrah e Puah, le due levatrici ebree, avevano salvato i
maschi ebrei dall'ordine genocida del faraone (Es 1,15-19), permettendo la crescita del popolo (1,20).
Sipporah, la sposa di Mos, lo salva dall'assalto misterioso
dell'Angelo del Signore, in forza della circoncisione del figlio (Es
4,24-26).
La profetessa Deborah salva Israele dai Cananei (Gdc 4-5). E qui
un'altra donna, Iael, sposa di Heber il Qainita (vedi la Nota sui Qainiti,
al 25 Dicembre), uccide il generale in capo dei nemici (Gdc 4,11-24).
Anna la sterile per le sue preghiere ottiene un figlio, Samuele, sacerdote, profeta e giudice d'Israele, che unger David come re (1 Re (= 2
Sam) 1,1-2,11).
IMI

CICLO DEI MNIA

Mikol, figlia di Saul, almeno in un primo tempo, salva David dalla


persecuzione del re padre suo (1 Re (= 1 Sam) 19,9-17).
Ioseba, figlia del re Ioram, salva dallo sterminio il piccolo Ioas che
diverr re di Giuda (4 Re (=2 Re) 11,1-4), permettendo la prosecuzione
della linea regale messianica da David.
Certo, in questo esiste anche la linea femminile perfida, identificata
tra le altre con Iezabele, Atalia, ed infine con Babilonia.
e) Nella sublimazione
Spiccano in questa sintesi, fino all'esilio, due singolari figure femminili, sulla linea messianica.
La prima "la Vergine" che concepisce e partorisce il Figlio (Is
7,14), che il Re divino, il Messia divino.
La seconda, "la Sposa", Israele, nella concentrazione finale della
santa Sion, preconizzata gi nelle pi antiche tradizioni d'Israele (nel
Deuteronomio, la terminologia del Signore come "il Dio geloso" della
sua Sposa, Dt 4,24), e dai primi profeti: Osea, Isaia, Geremia, il
Deutero Isaia, Ezechiele, Sofonia; dai Salmi (Sai 86).
d) L'approssimarsi: ilpostesilio
L'esilio babilonese, con la catastrofe nazionale, segna un'interruzione, seguita per da una vigorosa ripresa, che porta altri contributi sulla
"donna senza cui non possibile la salvezza".
stato notato acutamente (Anne Marie Pelletier, Lectures du
Cantique des Cantique - De Vngme du sens auxfigures du lecteur,
citato largamente nella Parte I, Cap. 3) che il periodo del ritorno dall'esilio (fine del sec. 6 in poi) la Rivelazione biblica presenta una serie di
altre figure bibliche, che formano una specie di necessaria transizione.
Con Rut la Moabita pagana, che sposa Booz discendente di Giuda attraverso Fares, si ha la nascita di Obed, padre di Ishai, padre di David. H tipo
stesso del Re d'Israele, la figura messianica per eccellenza, discende dunque
da una stirpe femminile estranea ad Israele, contro ogni ferrea regola per cui
"si Ebreo se si nasce da madre ebrea", non da padre ebreo. La Rivelazione
mostra attraverso Rut come ormai si debba passare alla fase dell'apertura
verso le nazioni, senza perdere la speranza e la linea messianiche.
Giuditta la figura stessa di come debba essere il popolo di Dio:
bella, senza pi sposo, pia e devota, integerrima, figlia autentica del
suo popolo, innamorata della sua nazione, foltissima e vittoriosa, dove
gli uomini nulla potevano.
Ester la dimostrazione di come anche nelle lontane terre d'esilio la
donna ebrea opera e soffre per la salvezza della sua gente.
e) Nell'ultima sublimazione
Ancora una volta nel periodo postesilico si accentuano due figure
femminili, "la Sposa" in due diverse angolazioni.
1042

NOTA SU "LA DONNA PER L'UOMO"

Sion adesso la Sposa finalmente rinnovata, radunata in nazione


compatta, feconda di figli di Dio, innalzata come segnale per tutte le
nazioni, che il Signore si unisce nelle Nozze divine fedeli e felici. Vedi
qui in specie il Trito Isaia: Is 60; 62.
La Sposa del Cantico riceve finalmente, in un poema santissimo
-contro le inique miopie, l'ignoranza crassa e le mistificazioni di certa
"critica" cominciata solo nel 1600 in ambito cattolico, e letteralmente
scatenatasi nella negazione -, la dignit che compete alla depositaria di
tutto l'Amore divino dello Sposo.
Che vuole significare l'A.T. con questa sconfinata massa di dati che
per forma una salda linea senza interruzione?
Che la divina Promessa accompagnata dalla divina Benedizione si
realizza progressivamente, per linee che gli uomini difficilmente
sanno decifrare.
In specie, l'attesa si fa sempre pi densa di contenuti.
Se il Deuteronomio e Geremia avevano predicato che la fedelt al
Signore ed alla sua alleanza garantiva la permanenza davanti a Lui
nella patria; che l'infedelt avrebbe portato all'esilio; che la conversione del cuore avrebbe portato al sospirato ritorno (Mos, Dt 30),
Geremia stesso poi aveva preannunciato per "i giorni che vengono", gli
ultimi, l'"alleanza nuova" (Ger 31,31-34).
Il "nuovo" divino anche l'inaudito. L'alleanza "nuova" anche
"nuziale" ed eterna. Ora, "nuovo" non pu essere il popolo, poich vorrebbe dire un "altro" popolo, ma allora proprio il popolo "vecchio",
necessitoso di salvezza, non sarebbe salvato. E allora come questo
popolo diletto dal Signore pu ricevere il "nuovo" che lo redima, lo
santifichi, lo renda perfetto? In una parola: lo renda "la Sposa bella"?
Da Eva alla Sposa del Cantico, la Rivelazione divina lo mostra nell'onnipotenza del suo svolgersi: nella femminilit.
La donna, da cui parte la vita, il "segno" vivente della saldatura.
Dal Popolo-Sposa nasce il Figlio. Dalla Sposa il Figlio messo in
grado di operare. Dalla Donna emergono e si solidificano la speranza
ed il proseguimento. Alla fine, da una Donna.
B) N.T.
Il N.T. mostra anzitutto che la Sapienza divina preeterna sussistente
si fatta carne (Gv 1,14; Apolytikion dell'8 Settembre). In Cristo Dio,
l'Amore nuziale divino disceso nell'umanit.
Si incarnato il Dio da Dio dalla Vergine (Is 7,14), che realizza la
profezia antica: "nato da Donna" (Megalinario dell'8 Settembre).
La pi antica teologia della Chiesa, quella della Comunit giudeocristiana, parlava della Madre di Dio con note autenticamente bibliche,
a partire da Gen 2,18: Dio aveva bisogno di un "aiuto simile" a s per
1043

CICLO DEI MNIA

proseguire il Disegno impedito da Adamo ed Eva. Il Padre come Eva


nuova, la Terra Vergine (Gen 2,7; S. Ireneo), ripartendo "da zero", si
scelse la Vergine di Nazaret, e ad imitazione della propria divina paternit feconda infinitamente, la dot della grazia della feconda verginit
perenne in funzione del Figlio suo. Il Figlio anche si scelse la Vergine
di Nazaret, dalla quale assumere la carne per attuare la Volont del
Padre, ed alla quale donare poi la sua carne glorificata, e la fece partecipare ai Tre Misteri terrificanti: della Nascita verginale, della Croce
che distrugge il peccato antico, e della Resurrezione inaudita gloriosa.
E volle che a Cana la Madre desse il "segno" della sua partecipazione
all'opera del Figlio (cf. Appendice I).
Ma anche lo Spirito Santo nel Consiglio divino si scelse la Vergine di
Nazaret, dalla quale far nascere il Figlio di Dio al fine che collaborasse
con Lui. E per questo la dot della Bont e Soavit sue; della sua
Parklsis, intesa sia come forte esortazione a vivere davanti al Signore,
sia comeparamythia, la consolazione; e la fece anche Parkltos creaturale, l'Avvocata potente davanti al Soglio della Grazia.
In Maria confluisce cos di necessit anche la figura della Sposa del
Cantico, di Sion (Antifone, Kontakion, e Alleluia dell'8 Settembre). La
Sion terrena adesso ha come modello la Sion celeste gi inaugurata
(Gai 4,26). In terra ancora e sempre "la Donna" maestosa, il "segno
grande" su cui si concentra la furia demoniaca (Ap 12). In cielo Maria
nella gloria la realizzazione, come "Paradiso misterico", di quanto la
Sposa, la Chiesa, va realizzando con la grazia dello Spirito Santo negli
Apostoli e nei Martiri e nei predicatori.
La Comunit scaturita dal Costato immacolato del Signore (Gv
19,34) anch'essa dunque "la Donna", dalla quale nasce il Messia (Ap
12), di continuo all'infinito (Gai 4,19!).
Come a Cana la Madre di Dio, cos la Chiesa, la Sposa messianica
mette sempre lo Sposo in grado di operare la salvezza degli uomini con
la sua leitourgia e diakonia dell'Evangelo, delle opere della carit del
Regno e del culto divino.
Anche il N.T. ha una fioritura di figure femminili, che in qualche
modo supportano un aspetto o l'altro di Maria e della Chiesa.
Elisabetta, come l'Anna dell'A.T., con la nascita del Prodromo da
la possibilit del preannuncio di "Colui che viene". Anna la profetessa
(Le 2,36-38) annuncia nel Bambino la liberazione della
Gerusalemme di Dio.
Le Donne fedeli assistono il Signore nella sua Vita storica (Le 8,1-3;
vedi il 22 Luglio), fino alla Croce ed al sepolcro.
La fede della donna siro-fenicia permette al Signore di guarire la
figlia. La fede di Marta e di Maria gli permettono di resuscitare
Lazzaro.
1044

NOTA SU "LA DONNA PER L'UOMO"

Le Donne fedeli con Maria stanno insieme agli Apostoli, compatta


Comunit orante con l'epiclesi che attende la Pentecoste (At 1,12-14).
Un numero incalcolabile di donne sono il supporto vero del lavoro
degli Apostoli; baster qui citare il cap. 16 dei Romani, e Lidia di
Filippi, la prima cristiana "europea" (At 16,14-15), e Loide ed
Eunice, nonna e madre di Timoteo (2 Tim 1,5), sapienti trasmettitrici
della fede divina.
Certo, esistono anche figure come Saffira. Ma soprattutto, all'orizzonte si staglia la Babilonia, ubriaca del sangue dei Santi e dei Martiri
di Dio (Ap 17,6), perenne minaccia contro la Sposa santa ed immacolata (Efes 5,27). Ma la Sposa, che opera per lo Sposo suo, da Lui salvata
ed introdotta alle Nozze eterne.
L'8 Settembre, con la Nascita della Donna divina, invita a fare proprie queste considerazioni, per l'arricchimento della fede e della carit.

1045

9 SETTEMBRE
I SANTI E GIUSTI PROGENITORI DI DIO,
GIOACCHINO E ANNA
Cura degna ebbe la Chiesa, quando alle grandi Feste del Signore o
della Madre di Dio volle associare i grandi personaggi che a quegli episodi portarono il loro contributo secondo la divina Oikonomia.
1. Antifone
Dell'8 Settembre.
2. Eisodkn
Ordinario.
3. Tropari
1) Apolytikion dell'8 settembre.
2) Apolytikion dei SS. Gioacchino e Anna. Il Signore invocato umil
mente affinch salvi le anime di noi, che festeggiamo la memoria dei
giusti suoi Progenitori.
3) Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
4) Kontkion dell'8 settembre.
4. Apstolos
a)Prokimenon: Sai 67,36.27.
L'Orante celebra il Signore, sempre Mirabile tra i suoi Santi come il
Signore Dio Unico d'Israele.
Lo Stichos (v. 27) con imperativo innico si rivolge ai fedeli affinch
nelle sante Chiese, riuniti compattamente, benedicano il Dio Signore,
che la Fonte delle grazie d'Israele popolo suo.
b) Gai 4,22-27
Paolo nei vv. 21-31 parla delle Due Alleanze, riferendosi a quanto
narra la Legge stessa (v. 21, che si riferisce a Genesi e ad Esodo). Ora,
la premessa sta nel fatto che il Padre Abramo ebbe due figli, uno dalla
schiava egiziana Hagar, ed Ismaele, e l'altro dalla donna libera, Sara,
ed Isacco, il "figlio della Promessa" (v. 22). Mentre ovviamente il Signore non conosce preferenza di persone, tuttavia la sua divina Oikonomia deve procedere secondo l'imperscrutabile Disegno, che ha scelto
un'unica linea delle genealogie, quella che porta al Figlio Ges Cristo.
1046

9 SETTEMBRE

Perci, il figlio della serva nacque, e fu anche benedetto, per secondo


la linea della "carne". Che non rigettata n maledetta, ma dovr essere "riassunta" dopo, dall'altra linea, quella della divina Promessa (v.
23). E la Benedizione e la Promessa d'Abramo non vengono dalla "carne", ossia dagli uomini e dai loro sforzi di conseguire la salvezza, bens
da Dio, poich furono ottenuti nella pienezza da Cristo con la Croce,
nella "maledizione del Legno", e sono lo Spirito Santo, come poco prima aveva detto Paolo in Gai 3,13-14, citando Dt 21,23.
Realt che Paolo definisce "dette in senso allegorico". Per s, gi
nella filologia degli Alessandrini che interpretavano le favole immorali
degli antichi Greci, e poi secondo Filone, Ebreo fedele che leggeva la
Santa Scrittura dell'A.T., la spiegazione dei fatti va cercata accuratamente nei particolari, da interpretare secondo V allegoria, la trasposizione di senso anche nei dati minimi. Cos era trovato sempre un significato positivo. Nel N.T. qui si ha l'unica volta in cui si usa il verbo
graco allegoru (il sostantivo mai). Ma Paolo non interpreta un particolare, bens compara grandi eventi tra essi, dunque vuole far comprendere ai suoi lettori che oltre il senso "storico" ovvio, quelle realt storiche hanno anche un altro senso "tipico", insieme storico e comparativo,
non puramente immaginario. Il v. 24 cos imposta l'interpretazione del
N.T. che rilegge l'A.T. Le due spose di Abramo, Hagar e Sara, possono
utilmente essere comparate tra esse.
Hagar raffigura l'alleanza del Sinai, la quale alleanza genera solo
"schiavi". Non si tratta qui, al modo di Marcione, di squalificare in
blocco l'A.T. L'Apostolo in Rom 7 spiega che la Legge donata dal Signore al suo popolo santa e divina; essa per dalla mancata osservanza dei suoi precetti fa scoprire la "legge del peccato", e dunque riconduce gli uomini ad essere schiavi del peccato, dai quali possono essere
liberati solo dalla Grazia divina gratuita accettata nella fede.
Al v. 25 si presenta la prima alleanza, nella sua determinazione che
da geografica diventa teologica. H Monte Sinai infatti fa parte dell'Arabia, terra straniera ad Israele, e adesso corrisponde alla Gerusalemme
ancora soggetta alla Legge antica, ossia che ancora non conosce la liberazione portata dalla Grazia divina e dalla fede che ne nasce.
Il contrasto diventa ovvio: i cristiani sono generati dalla Gerusalemme dall'Alto, quella che discende dal Cielo, da presso Dio (cf. qui Ap
21,2), ed Ella "la Madre di tutti noi", quella che ci genera a Dio. Non
si parla pi di Sara, la sposa d'Abramo, poich adesso la Gerusalemme
celeste diventata la Sposa del Signore stesso (v. 26). Questo versetto
un testo molto studiato ed approfondito dai Padri e dagli autori spirituali d'Oriente e d'Occidente, che vi hanno letto il Disegno nuziale divino.
Poich, come dicevano i Padri dei primi 3 secoli, l'epoca delle sanguinose persecuzioni, la Chiesa la Madre nostra, la "Madre sempre nel
1047

CICLO DEI MNAI A

parto" doloroso. Ma Ella siamo noi, che dunque siamo Madre a noi
stessi, formando tutti noi la Sposa diletta del Signore.
L'Apostolo adesso citaIs 54,1, che anche il versetto applicato alla
memoria di oggi, di Gioacchino il giusto, e di Anna la santa e provvidenzialmente senza possibilit di avere figli, poich ebbe la sorte
straordinaria, quasi incredibile, di generare la Madre di Dio:
Esulta, sterile, che sei senza figli,
prorompi e grida di gioia, tu senza doglie del parto,
poich molti sono i figli dell'abbandonata,
pi di quella che ha lo sposo!
Qui anzitutto va contemplato il Mistero della Chiesa, che nasce dal dolore della Croce, e che da sola non ha la capacit di generare. Adesso
per deve esultare e gridare la sua esultanza, poich i figli suoi ad opera
dello Spirito Santo sono numerosi per il Padre. Ella diventa popolo di
popoli secondo la benedizione d'Abramo "Padre di molti popoli", e non
teme il confronto con altre "madri".
Poi si deve contemplare Y Oikonomia divina in Anna e Gioacchino.
Quale esultanza, quale gioia di Anna la sterile (cf. 1 Re (= 1 Sam) 1,1
-2,11), e di Gioacchino senza discendenza, avendo dal Signore ricevuta
la filiazione. Ma quale filiazione! La Madre del Signore, che da sola
pi di molti figli, poich da Lei nascer il Figlio, che sar "il Primogenito di molti fratelli" (Rom 8,29), tutti figli amati del medesimo Padre.
La devozione tenerissima alla Madre di Dio perci si deve estendere
ai suoi santi e giusti Genitori, poich "Dio il Mirabile tra i suoi Santi", tra i quali si compiace di essere amato e adorato.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 33,18.20, "Azione di grazie individuale".
Vedi domenica la diMatteo, e il 4 Settembre. L Orante afferma con
grande gravita che i Giusti del Signore gridarono a Lui, unico loro Aiuto, ed Egli li esaud sempre. Gioacchino ed Anna implorarono il Signore di essere liberati dalla vergogna di non avere prole, ed il Signore li
liber da questa loro tremenda tribolazione.
Lo Stichos (v. 20) ribadisce: anche se molte sono le tribolazioni del
Giusto, il Signore li scampa sempre. E il premio grande qui fu la nascita della Madre di Dio.
b) Le 8,16-21
II contesto la prima parte del ministero messianico del Signore
battezzato dallo Spirito del Padre, che percorre terre e paesi annuncian1048

9 SETTEMBRE

do l'Evangelo ed insegnandolo come la sua Dottrina divina, ed operando i segni potenti con cui recupera il Regno al Padre. Il cap. 8 dedicato inizialmente da Luca alla parabola del divino Seminatore (8,4-15), e
poi a quella della lucerna (8,16-17), con l'ammonizione all'ascolto (v.
18); quindi ai "parenti di Ges" (vv. 19-21; gi accennati).
La lucerna luce, gioia, comodo grande per la casa. La sera in genere l'accende la madre di famiglia, quando attende i suoi dal lavoro e
prepara la cena, per riunire la famiglia finalmente riunita insieme, stanca ma contenta di ritrovarsi, genitori e figli. Ora, chi accende la lucerna
non la copre con un vaso qualsiasi, tantomeno la nasconde sotto il letto,
che potrebbe essere un semplice pagliericcio che spegnerebbe subito la
fiamma. Al contrario, come in una stanza buia si pu provare con una
candela, la luce deve essere posta in alto, meglio se sopra l'apposito
strumento che un treppiede sopra cui sta una superficie per posare la
lucerna, oppure un braccio da fissare in alto alla parete. Solo cos chi
entra pu godere della luce (v. 16).
Ma quando chi dispone della divina Lucerna che getta la Luce che
la vita donata, il Signore stesso, fa del tutto affinch essa sia visibile
dappertutto. Tale Lucerna illumina gli uomini. E talvolta composta di
uomini, come i Santi e Giusti del Signore, i quali sono cos posti come
"luce del mondo e sale della terra" (cf. Mt 5,14 e 13). Tali erano Gioacchino ed Anna, che il Signore finalmente, a suo tempo, mostra al mondo, poich da essi nasce la Madre di Dio.
Infatti, nel pur misterioso, imperscrutabile Disegno divino, tutte le
realt, anche le pi nascoste, come la santit dei fedeli del Signore, saranno divinamente manifestate, e le realt che il mondo crede che siano
segrete, saranno portate alla conoscenza di tutti (v. 17).
Qui viene un logion difficile di Ges: occorre bene considerare
(blp, la visione con gli occhi della fede) il "modo" con cui si ascolta
la divina Parola. Poich a chi possiede quanto ha raccolto dalla divina
Parola, a questo il Signore aggiunger superabbondantemente. Invece a
chi questo Tesoro non possiede per sua sola colpa, e dunque crede di
possedere autonomia e sufficienza della vita - il "non avere interesse" per le Realt del Regno, oggi diffusamente comune -, il Signore toglier tutto (v. 18).
Viene l'episodio gi accennato sopra (vv. 19-21), che di immensa
importanza. Esso riportato con leggere varianti anche dagli altri Sinottici (Mt 12,46-50; Me 3,31-35). E rivela la preoccupazione per Ges, della Madre del Signore e dei suoi parenti stretti, i "fratelli", che sono i cugini di cui si conoscono anche i nomi. La predicazione ardita
dell'Evangelo del Regno infatti gli ha procurato molti avversali, alcuni
dei quali ormai decisi ad intervenire su Lui con la forza. Egli pu essere
accusato come falso profeta, secondo il noto passo di Dt 18,9-22. Il
1049

CICLO DEI MNIA

Signore aveva promesso un Profeta come Mos, riconoscibile nella sua


missione divina per il fatto che quanto avrebbe parlato si sarebbe realizzato. Se uno si fosse presentato come falso profeta, la sua parola invece sarebbe stata sterile, ed egli avrebbe dovuto essere sottoposto alla
condanna: "egli deve morire di morte!" (Dt 18,20). Di qui la preoccupazione dei parenti di Ges.
Questi si recano dove sta il loro Congiunto, ma la folla che Lo
circonda per ascoltarlo e riceve da Lui la consolazione di una guarigione, impedisce il contatto (Le 8,19). Qualcuno si fa premura di av-
visare Ges: "La Madre tua ed i fratelli tuoi stanno fuori volendo vederti" (v. 20).
Segue il difficile versetto, anch'esso tra i pi amati ed approfonditi dai Padri. La risposta di Ges infatti sembra che respinga la Madre ed i fratelli, mentre per traverso ne traccia l'elogio: "Madre mia
e fratelli miei, quelli sono, che la Parola di Dio ascoltando praticano" (v. 21).
Qui l'interpretazione deve dirigersi su due fatti. Uno, gi accennato
(cf. Evangelo dell'8 Settembre), che la Madre del Signore beata precisamente perch ascolt e pratic la divina Parola. Cos sono anche i
suoi fratelli, se vi si adeguano.
L'altro, di immane portata, l'estensione della divina maternit da
Maria Semprevergine anche, sia pure spiritualmente ma non meno realmente, a tutti quelli che ascoltano e praticano la Parola di Dio. In sostanza, chi ascolta e pratica la Parola di Dio, da essa concepisce e genera
in modo "mistico", ossia secondo il Mistero e dunque in modo realespirituale, il Figlio di Dio. Perci Madre la Chiesa perch sta al continuo ascolto della Parola di Dio. Ma Madre sono anche tutti i fedeli
ascoltatori e praticanti della Parola. il culmine, qui, della vita propriamente spirituale del cristiano. anche il culmine della divinizzazione.
Per nulla a caso il solito grande Paolo in Gai 4,19 altro testo intensamente e frequentemente approfondito dai Padri e dagli autori spirituali afferma su questa scia: "io continuo a soffrire le doglie del
parto, finch non sia formato Cristo in voi". L'Apostolo soffre dunque
nel generare alla fede i suoi fedeli, ma questo generare alla fede, paradossalmente, consiste nel fatto preciso che Cristo sia "concepito", ossia
riceva la "forma" (morph) di Bambino nei fedeli. "In voi": il parto,
ancora paradossalmente, consiste proprio nel contenere Cristo in eterno, come Cristo contiene tutti i suoi.
Si pu anzi si deve parlare qui di perichrsis misteriosa che sussiste tra Cristo ed i suoi fedeli, del resto esplicitamente annunciata dal Signore stesso nella sua "Preghiera sacerdotale", cf. qui Gv 17,21, che
comprende la perichrsis tra il Padre ed il Figlio: come il Padre nel
Figlio e reciprocamente, cos Cristo nei suoi e reciprocamente.
1050

9 SETTEMBRE

Sappiamo che tutto questo opera dello Spirito Santo, per cui si deve
parlare della "vita in Cristo - vita nello Spirito" (Rom 8,9).
L'applicazione ai Santi Gioacchino ed Anna del tutto ovvia.
6. Megalinario
Ordinario.
7.Koinnikn
il Sai 32,1, "Inno di lode". Al momento della santa comunione, i
fedeli fanno proprie le parole esultanti di Gioacchino ed Anna alla Nativit della Madre di Dio: i giusti debbono esultare nel Signore, poich
a chi ha il cuore retto conviene sommamente di vivere nella lode continua di Lui.

1051

14 SETTEMBRE
L'UNIVERSALE ESALTAZIONE
DELLA PREZIOSA E VIVIFICANTE
CROCE
impossibile a mente umana, pur devota ed attenta alle Realt divine, riuscire a tenere davanti agli occhi, e tanto meno a possedere l'abisso vertiginoso che in pratica sono e formano i temi relativi alla "preziosa
e vivificante Croce". Gi il titolo della grande Festa rimanda ai fatti
biblici, per cui la Croce del Signore il "prezzo" terrificante pagato a
favore nostro, e per cui la nostra vita di fedeli proviene dalla Croce, ed
in un certo senso la Croce.
Occorre qui tenere conto di una massa di dati: storici, archeologici,
teologici, liturgici, mistagogici.
Quanto alla storia ed all'archeologia, sappiamo che sul luogo
stesso della Redenzione divina fu deciso di costruire un Martyrion,
una testimonianza imperitura. Perci furono isolati e circondati di
costruzioni splendide anzitutto YAnstasis, il luogo della Resurrezione; poi il Calvario o Golgota, detto dalle fonti del sec. 4, con un
titolo significativo, "ad Crucem" , dove era stata eretta l'Ara della
nostra salvezza e della nostra gloria, e dove ardeva la luce perenne;
infine, una grande basilica (il Martyrion proprio), dove la memoria
del Signore Crocifisso, ma Risorto, fosse celebrata quotidianamente,
anche per le immense folle di pellegrini che convenivano da ogni
parte del mondo cristiano. Il 13 Settembre del 335 il santo luogo fu
consacrato o "dedicato".
Su questo luogo unico al mondo si organizz una liturgia "cattedrale", ossia celebrata dal Vescovo e diacono e clero, con monaci e monache e popolo fedele e sempre estasiato. Le Ore sante e i divini Misteri
si succedevano con immenso splendore devoto, alternato nei tempi stabiliti dalla celebrazione degli altri Misteri, soprattutto dell'iniziazione
cristiana nella Notte santa del Sabato santo e grande.
Questo fu il culto che grosso modo rest esemplare per tutte le Chiese. Tracce molto imponenti se ne conservano in tutte le Liturgie orientali, sia come modo di celebrare, sia come strutture della celebrazione,
sia come Lezionario, sia come Anno liturgico, sia infine come grandi
temi teologici e spirituali.
E da quest'ultimo punto di vista, che il principale, si deve dire che
la Resurrezione anzitutto con la Domenica, di origine apostolica, e poi
con la data annuale, di origine ecclesiastica, e quindi la Croce, dominano per intero come la Rivelazione biblica, cos la celebrazione di Ges
1052

14 SETTEMBRE

Cristo Signore Risorto, condizione per adorare la Triade santa consustanziale indivisibile vivificante.
La Resurrezione determina per tanta parte, con i tipici spostamenti
calendariali, l'Anno liturgico, ponendosi cos quale polo ineludibile
di tutto.
Ma anche la Croce ha una funzione circa medesima. A partire dalla
Festa del 14 Settembre, e, come indispensabile per chi vuole realmente "conoscere" i contenuti della Parola divina celebrata, tenendo conto
delle necessarie "tabelle" , la Croce sta posta cos, che dalla Pentecoste
tutto porta ad essa, e che da essa tutto riparta fino alla Quaresima. Infatti le realt della Croce sono ripetutamente, insistentemente riproposte dalla Chiesa, e baster qui avere sott'occhio questa tabella parziale
delle sue celebrazioni.
La menzione della Croce anzitutto quotidiana. L'anamnesi di essa
ricorre in ogni mercoled e venerd dell'anno. Qui vanno anche tenuti
in dovuto conto i temi singolari portati dagli Staurotheotokia.
Le principali ricorrenze celebrative della Croce si hanno in questo
ordine:
- Domenica 3a dei Digiuni, Adorazione
Me 8,34 - % j
- Venerd delle Sofferenze
Gv 19,25-37
- 1 Agosto, Processione
Mt 10,16-22
- Domenica prima del 14 Settembre
Gv 3,13-17
- 13 Settembre, Dedicazione dell'Andstasis Gv 12,25-38
- 14 Settembre, Esaltazione
Gv 19,6,11 a. 13-20.2528s.30-35
- Domenica dopo il 14 Settembre
Me 8,34 - 9,1
Si ha un'"inclusione", con Marco agli estremi, e Giovanni all'interno.
un formidabile tessuto teologico. La legge inderogabile che la
Chiesa celebra perennemente il Signore Crocifisso ma Risorto "dopo
ed a causa ed a partire dalla Resurrezione".
Non esiste, in questo, un'originalit propria della Chiesa, che lungo
i secoli avrebbe "inventato" i modi della sua celebrazione, operando
scelte pi o meno felici. Qui non esiste originalit. N spazio per le
scelte. La Chiesa determinata a celebrare il suo Signore come Lo presenta e Lo tramanda la Tradizione divina apostolica, il N.T.: Risorto in
eterno. Bens con i santi Segni, le Stigmate eterne della Croce: Le
24,39-40; Gv 20,20.25.27; Ap 5,6. Non solo, ma il Risorto torner nella
sua "seconda e terribile Parnasia" con il "Segno del Figlio dell'uomo",
che traversa il cielo come istantanea irresistibile folgore (Mt 24,27), ed
la Santa Croce di fuoco (Mt 24,30).
1053

CICLO DEI MNA1A

I. - LE ORE SANTE
Un aspetto importante delle Ore lo sviluppo della tipologia biblica
della Croce, dalla protologia all'escatologia. Infatti Adamo rifiut di
nutrirsi dall'Albero della Vita che gli avrebbe conferito l'immortalit
beata, e si cib del Legno della morte. Il Disegno divino prosegue nel
progressivo recupero dell'Albero salvifico, in numerosi episodi, che
anticipavano l'Evento ultimo dell'Albero della Vita piantato nell'Eden
nuovo, dove la Morte avrebbe vinto la Morte e donato ai discendenti di
Adamo la Vita eterna.
Un tratto tipico della "drammatizzazione" dei testi biblici il fatto che
la Croce interpellata come una persona vivente e presente, invocata e
venerata come vera icona spaziale e temporale della Resurrezione. Cos
nel Vespro dopo il Kyrie ekkraxa, lo Stichrnprosmoion 3; agli Stichoi, gli Stichrprosmoia 1, 2, 3. Cos anche al Mattutino.
A) Vespro
Le Letture bibliche ripresentano e confermano la tipologia.
1)Es 15,22- 16,1
l'episodio singolare di Mara, la prima stazione dopo il passaggio
del Mar Rosso (per le stazioni dell'esodo, che sono 40+1, Mara per
la 4\ cf. Num 33,1-50, qui v. 8; si noti il numero simbolico). Qui si trovano acque amare non bevibili, acque di morte. Avviene la prima grave
mormorazione contro Mos, che grida al Signore. Il Signore "gli mostr un legno", che gettato nelle acque le rende dolci. Fu una prova che
il Signore offr ad Israele. A cui diede i precetti e la grande promessa:
di non gravarli con nessuna delle piaghe d'Egitto, poich Egli "il Signore, ho Imenos", il Guaritore (cf. Sai 102,3). In Elim, altra stazione,
esistevano 12 fonti e 70 palme, numeri simbolici delle trib e degli Anziani che le governeranno (Num 11,1-30). L'esodo cos pu proseguire.
La tipologia della Croce il Legno che annulla le acque della morte, e
dona l'Acqua della Vita; essendo il supremo strumento del Signore che
guarisce da ogni male di morte.
2) Prov 3,11-18
Lo splendido testo tesse l'elogio dellapaidia, che disciplina, correzione, insegnamento. Il Signore, come e pi di ogni padre buono,
corregge con punizioni medicinali, temporanee i figli che ama (v. 12), e
che indirizza verso la Sapienza divina. Sar beato chi trova la Sapienza
(v. 13), pi preziosa di ogni tesoro in terra (vv. 14-16). l'unica Via
della pace (v. 17). Essa l'Albero della Vita, che vivificante per
chiunque lo afferra e vi si tiene stretto (v. 18). Tale la Croce, che la
Sapienza di Dio (cf. 1 Cor 1,17 - 2,16, il "discorso della Croce").
1054

14 SETTEMBRE

3)75 60,11-16
Nel contesto della sua restaurazione, alla fine dei tempi, Sion terr in
permanenza le porte aperte affinch seguitino ad entrarvi i popoli della
terra (v. 11; la realizzazione, in Ap 21,24-27). Chi si rifiuter di entrarvi
a farne parte, sar sterminato dalla faccia della terra (v. 12). Tutto lo
splendore del Libano sar conferito a Sion, eletta per essere "il Luogo
dei Piedi" divini (v. 13; cf. il Sai 98,3.5.9, nei Versetti del Mattino). E il
Hypopdion tn Podn del Signore, la Croce. Cos i nemici del popolo conosceranno che questa nuova Comunit la "Citt del Signore", la
"Sion del Signore d'Israele" (v. 14), non pi 1'"abbandonata" e derelitta
e scherno dei pagani, bens la Sposa di gloria del Signore (v. 15). Essa
sar nutrita regalmente, e pienamente conoscer "il Signore, il Salvatore, il Redentore, il Forte di Giacobbe", il suo divino Re (v. 16).
B) Mattutino
Prosegue, ed anzi si amplia, la rilettura tipologica della Scrittura:
tutto avviene "eis typon ta Mystriou, come tipo del Mistero" che si
stava gradualmente manifestando. ripresa la visuale della storia da
Adamo con il gesto mortale di mangiare dal Legno della morte, fino alla Vita che adesso si manifestata dalla Croce.
L'Evangelo eotino Gv 12,28-36, sul Figlio dell'uomo che sar
esaltato dalla Croce.
C) Lodi
Accentuano l'aspetto indicibile del Mistero della Croce, ripetendo il
Pardoxon thuma nei 3 Stichrprosmoia.
Si procede poi alla quadruplice solenne Hypssis della Croce verso i
quattro punti cardinali.
II. - LA DIVINA LITURGIA
1. Antifone
1) Si intercala ad ogni Stichos: Tispresbiais ts Theotkou.
- Sal 21,2a, "Supplica individuale": il Giusto orante, il servo regale e
sacerdotale e profetico chiede al suo Signore e Dio di essere soccorso, e Gli domanda con religioso rispetto perch in questo momento
fu abbandonato da Lui;
- Sal 21,2b: egli constata che la confessione delle colpe che porta
da Innocente per tutti gli uomini sembra allontanare ancora di pi
la salvezza implorata;
- Sai 21,4: tuttavia egli sa bene che il suo Signore abita nel suo "san
tuario", che il cielo, il tempio, la comunit del suo popolo con1055

CICLO DEI MNIA

sacrato. Egli "la Lode d'Israele", il "popolo della lode divina", che
attrae tutto a s, e nulla lascia alla rovina.
2) Si intercala ad ogni Stichos: Sson hms, ho sarkiStaurthis.
- Sai 73,1, "Supplica comunitaria": l'Orante, che ancora il Crocifisso,
chiede al suo Signore perch, e fino a quando si mostra come definitivamente irritato, alieno e lontano da questa situazione di morte;
- Sai 73,2: con epiclesi drammatica, l'Orante Gli chiede di fare memo
ria della sua santa assemblea (synagg), che secondo il Disegno so
vrano eterno Egli si acquist "dall'inizio" (cf. Es 19,3-6, come nazio
ne santa, popolo di sacerdoti). Ora, quando il Signore "fa memoriale"
(mimnskoma), pone in azione il suo Disegno, e dunque crea, inter
viene e salva; quando "non fa pi memoriale" invece abbandona e di
strugge (cf. Ger 31,31, dei peccati del popolo dimenticati a causa
dell'"alleanza nuova"). E qui, l'Orante il Nucleo santo dell'assem
blea santa, e perci la situazione indica che senza il "memoriale"
santo del Signore tutto sarebbe perduto;
- Sai 73,12: anche l'Alleluia della Domenica 3a di Quaresima. Invece
la realt che il Signore Re dall'eternit, e oper sempre la salvez
za del suo Fedele, ed in lui dei suoi fedeli, nella terra creata, e nella
storia. E questa salvezza proprio adesso completa.
3) Si intercala ad ogni Stichos VApolytikion della Festa.
- Sai 98,la, "Salmo della Regalit divina": la gioiosa proclamazione ha
un unico contenuto: "II Signore regn!". Essa anche la forma pi anti
ca ed originale dell'Euagglion della salvezza, Is 52,7, testo fondamen
tale. Ora, "il Signore regn dal Legno" della salvezza. Per questo deb
bono tremare tutti "i popoli", sia quello fedele, sia i nemici della Croce;
- Sai 98,lb: il Signore che regna si manifesta nella sua inimmaginabile
Gloria, come "intronizzato sui Cherubini", e questo in modo duplice
e conglobante, sui Cherubini del Carro della Gloria (cf. Ez 1), dal
quale Egli contempla tutto fino alle profondit degli abissi (cf Dan
3,55), e sui Cherubini che nel santuario custodiscono l'arca in mezzo
al popolo fedele. Per questo la terra creata, in segno di adorazione e
di obbedienza al suo Creatore, commossa, si scuote, l dove gli uo
mini si rifiutano di farlo;
- Sai 98,3: l'Orante con iussivo innico chiama tutti a "confessare", ce
lebrare, conoscere e far riconoscere il Nome grande del Signore, il
"Nome terribile" davanti a cui tutti tremano, "poich Santo" il Si
gnore, l'Onore dei re della terra, ed ama il giudizio giusto. Va nota
to qui che, al di l dell'antica versione dei LXX, i vv. 3.5.9 in realt
contengono il "Santo Santo Santo!" di Is 6,3, come si potr vedere
dairEisodikn.
1056

14 SETTEMBRE

2. Eisodikn
il Sai 98,5, a cui si aggiunge come Stichos la medesima invocazione dell'Antifona 2% Sson hms, ho sarkiStaurthis;cf. Domenica 3a di
Quaresima.
Con l'imperativo innico, il Salmista chiama tutti i fedeli, ma anche
tutti gli uomini, ad esaltare il Signore, il "Dio dell'alleanza" ("Dio nostro", d'Israele), e a venerare "lo sgabello dei Piedi suoi". Con quest'espressione si indicano i cieli dei cieli (cf. Is 66,1); l'arca dell'alleanza
sulla terra, nel santuario; ed ormai lo sgabello del Trono della Maest
da cui regna in eterno, la Croce santa.
La motivazione folgorante: "poich Santo !" Il v. 5 va letto con il
v. 3: "poich Santo !", e con il v. 9: "poich Santo il Signore Dio nostro!" la forma salmica del Trisgion, cantato dai Serafini in eterno
(Is 6,3; insieme con i Cherubini, Ap 4,8), ma anche in eterno dalla
Chiesa Sposa fedele.
3. Tropari
1) Apolytikion della Festa. Cf. Domenica 3adi Quaresima. "Salva il po
polo tuo" l'"epiclesi per la nazione", frequente nel Salterio (cf. Sai
27,9). Il medesimo popolo chiede di essere benedetto quale "eredit"
peculiare del Signore, "preziosa" perch cost il Sangue del Figlio di
Dio. E in tempi sempre calamitosi chiede che i re cristiani (i capi dei
popoli cristiani) ottengano la vittoria che pu procurare solo la Potenza
divina, e che la Cittadinanza cristiana sia custodita dalla Croce divina.
2) Kontkion della Festa: Ho hypsthis en t Staur hekousis. Sono
celebrati gli effetti della santa Croce. Al Signore Risorto, che secondo il
Decreto paterno fu "esaltato sulla Croce" ma con la sua piena volont
{hekousis, volontariamente, spontaneamente), acclamato come Cristo
Dio, con epiclesi umile si chiede di donare le sue "tenerezze" misericor
diose (oiktirmi) alla sua Cittadinanza, il suo popolo riscattato dalla
Croce e che porta il Nome divino suo, sul quale questo Nome onnipo
tente sempre invocato dopo il battesimo. Gli si chiede perci di letifi
care con la sua Potenza invincibile i re cristiani a Lui fedeli, donando
per generosa elargizione (chorg) la vittoria sui nemici della Croce.
Solo cos essi nella divina alleanza ottengono finalmente l'"arma della
pace", il "Trofeo insuperabile". Tale la santa Croce.
4. Trisgion
Invece del Trisgion, si canta una confessione di fede plenaria: "La
Croce tua adoriamo, Sovrano, e la santa tua Resurrezione glorifichiamo", raggiungendo cos i due poli intorno ai quali si muovono tutte le
realt salvifiche.
1057

CICLO DEI MN1 A

5. Apstolos
a)Prokimenon: Sai98,5.1.
Il Salmista indirizza l'imperativo innico a tutti i fedeli, come si visto sopra: "Esaltate il Signore Dio nostro", oggi contemplato nelle
realt della Croce.
Lo Stichos (v. 1) riprende i primi 2 Stichoi dell'Antifona 2\ vedi sopra. L'insistenza il "regnare" del Signore, ma dalla Croce.
b)1Cor 1,18-24
II "discorso della Croce" la grande sezione dell'Epistola che Paolo
presenta in apertura ai Corinzi, in preda alle liti e alle divisioni comunitarie. Esso secondo gli autori si inizia o in 1,10, o in 1,13, o in 1,17,
versetto che termina con la terribile rampogna dell'Apostolo: "affinch
non sia resa vana la Croce di Cristo!"
Ho Lgos to Stauro si deve tradurre in diversi modi tutti significanti: "la Parola che parla la Croce", "il discorso che proviene dalla
Croce", "il linguaggio proprio della Croce". Espressioni in fondo identiche, che vogliono solo far intendere a cuori distratti da cure umane, da
chiacchiere "politiche", che la Croce parla in modo duro, che pone a tacere tutte le realt passeggere degli uomini, che non ammette contestazioni, compromessi, transazioni, alleggerimenti, scuse. Da parte di nessuno. Infatti per quanti vogliono essere "perduti" (apollymnoi), "pazzia" (mna), ossia completa perdita della piccola mente umana, incapace di contenere le realt a cui ogni uomo fu destinato dall'eternit beata.
Mentre per i fedeli del Signore, "noi", i salvati, la Dynamis Theo, la
Potenza divina che non trova resistenze. La Croce onnipotente, il suo
discorso-parola-linguaggio espressivo onnipotente (v. 18).
Non si dica che queste realt sono imprevedibili, improvvise, inaspettate, dunque davanti ad esse si deve rimanere almeno perplessi sul
piano dell'umana ragionevolezza. Questa "pazzia" infatti gi " stata
scritta" divinamente, da Dio, nelle Sante Scritture, largamente, ma in
specie l dove esse parlano cos:
Io far svanire la sapienza dei sapienti,
e l'intelligenza degli intelligenti Io far dileguare" (Is 29,14).
Il Profeta qui parla contro l'insincerit e la pretestuosit degli stessi fedeli, che dovrebbero tributare al Signore il culto del cuore, non delle
sole labbra. Tutto sar inutile per chi si crede "scienziato" delle realt
divine e ritiene di poterle giostrare ai suoi fini egoistici. Quanto dice
Isaia vale anche oggi (v. 19).
Infatti Paolo prosegue citando una parte del vaticinio contro l'Egitto
antico, consapevole della sua superiorit culturale sulle altre popolazio1058

14 SETTEMBRE

ni orientali, e dunque superbo e scostante fino al razzismo. Ma il Signore interverr, ed allora, dell'Egitto, "dove sta il sapiente"? (Is
19,12). L'Apostolo cita ancora un testo di Isaia: "Dove sta lo scriba",
l'esperto, che pondera, misura, annota, mette in archivio la sapienza e
la scienza degli uomini? (Is 33,18). Mentre il Signore viene a rinnovare
Sion, risaner il popolo e questo vedr solo l'irraggiante divina bellezza
(cf. Is 33,17-24). Paolo introduce allora una terza questione, sapendo
che nessuno alle tre domande che pone in grado di dare risposta
umana: "Dove sta il disquisitore di questo secolo", il sottile ragionatore
ed abile sofista? Tutto silenzio, poich Dio ha reso pazzia (mrin)
la superba ma inconsistente "sapienza di questo mondo" (v. 20). Venuta
la pienezza dei tempi, le filosofie, le ideologie, le religioni, le culture,
le quali tutte davano la ragione del mondo, dello spazio e del tempo,
degli uomini, del loro destino, delle loro speranze e dei loro desideri,
sono ormai "senza senso". L'Apostolo qui tiene ben presente la polemica del Secondo Isaia contro la possente visione del mondo dell'antica e
prestigiosa religione babilonese:
Io, vanificatore dei presagi degli indovini,
e rendente folli i maghi,
che rigetta i sapienti
e la loro dottrina confonde (Is 44,25).
E questo Egli dimostra adesso, riscattando Israele dalla sua deportazione, contro ogni sicurezza degli aguzzini, e perfino contro ogni attesa
del suo popolo demoralizzato.
Ma che avvenuto, propriamente? Il v. 21 denso, complicato, difficile, poich una "teologia della storia", che abbraccia l'intera vicenda umana dall'inizio, la creazione, e la caduta di Adamo, fino alla "predicazione di Cristo" (che verr al v. 23 nella sua ultima esplicitazione).
Il mondo, ossia gli uomini, e qui ksmos ha il senso degli uomini in
quanto si pongano lontano dal Signore e talvolta contro Lui, nonostante
il nessuno suo merito, fu dotato dal Creatore della possibilit di "conoscere Dio", ossia di avere notizia, esperienza della sua esistenza, ma
anche di avere approccio e contatto e comunione con Lui. Infatti Dio
non abbandona gli uomini "se gi prima non stato abbandonato", e li
visita "in molti frangenti ed in molti modi" con la sua divina Sapienza,
donando il lume dell'intelligenza, della coscienza, della riflessione,
della decisione, della sensibilit, e lasciando comunque intatta la sua libert ultima. Solo la malattia estenuante e maligna del nominalismo e
del razionalismo della tarda scolastica medievale hanno potuto negare
questo, e parlare sacrilegamente di "servo arbitrio", negando anche la
pi remota possibilit di giungere a conoscere l'esistenza di Dio (se1059

CICLO DEI MENA1 A

quela diretta dell'idealismo agnostico per posizione). In una pagina


straordinaria, Rom 1,16-32, il medesimo maestro, Paolo, con spietata
consequenzialit mostra come Dio stesso manifesta quanto di Lui si
pu conoscere argomentando (cf. Sap 13) dalla creazione per risalire al
Creatore, conoscendolo, dunque, e riconoscendolo per Signore, dandogli culto e azione di grazie. Risalire al Signore Dio personale dono di
grazia preveniente, concomitante e conseguente. la porta di misericordia aperta, lasciata sempre aperta, all'uomo creatura. anche l'inizio della sapienza umana, propria dell'uomo immagine e somiglianz
di Dio (Gen 1,26-27; con il Soffio divino, Gen 2,7).
"Nella Sapienza di Dio, facendo uso della propria sapienza dono, il
cosmo non volle conoscere Dio", ossia non volle unire la Potenza divina alle proprie facolt normali, funzionanti, distorcendo dunque queste,
e ponendosi fuori dell'efficacia di quella. La "via creaturale" respinta.
La cultura moderna oggi ne un macroscopico, devastante fenomeno.
Ma il Signore nella sua misericordia infinita non abbandona mai l'uomo sempre immeritevole. Egli nel suo Disegno sapienziale eterno immutabile "si compiacque" (eudoko) con amore di salvare quanti accettano il dono della fede. Ma opera cos "sotto specie contraria", con la
mna to krygmatos, la pazzia della predicazione dell'Evangelo. tutto il contrario di quanto in ogni epoca, da quella di Paolo a noi, prima di
Paolo e dopo noi, gli uomini, fattisi un universo di sicurezze, legittimamente si attendono. Ma la predicazione della fede divina schianta ogni
universo mentale umano, ponendosi al limite estremo di ogni accettazione secondo il gioco delle regole umane, della logica umana. H v. 21 cos
l'anticipo di quanto spiegato di paradossale, anzi di assurdo.
Infatti, era legittimo per gli Ebrei attendersi i smia, ebraico 'tt, i
"segni" potenti che anticipano, preparando, concomitando, operando, e
conseguono, confermando, l'intervento divino nel mondo. Cos al Signore si chiede: "Che "segno" mostri a noi?" (Gv 2,18). Ben 3 "segni"
gli chiede nelle tentazioni satana (cf. Mt 4,1-11). Anche i discepoli fedeli gli chiedono "i segni della Parousia" (Mt 24,3). Ma che "segno"
pu dare il Signore? Agli indiscreti, quello di Giona (Mt 12,39), che
duplice: la Resurrezione dopo 3 giorni, e la conversione del cuore come fu chiesto ai Nini viti. A satana, nessuno, poich non solo nella sua
accecata stupidit non se lo merita, ma inoltre gi sa che Egli il Figlio
di Dio (cf. Mt 8,29), anche se fa finta di revocarlo in dubbio ("Se sei
Figlio di Dio...", nelle tentazione, Mt 4,1-7). Ai discepoli... Lui "il
Segno" supremo del Padre, l'Icona del Dio Invisibile (Col 1,15). Venendo Lui si vede il Padre (Gv 14,9). Lui il Segno, ma nei segni numerosi, e tra questi, la Croce.
"I Greci", hoi Hellenes, non indica solo gli antichi Greci, ma i pagani in genere, e cos per l'intera et patristica. Ora, i pagani per eccellen1060

14 SETTEMBRE

za sono i Greci, di certo il popolo pi geniale dell'antichit, ed anche,


secondo Paolo stesso, "sotto ogni rapporto, assai religiosi" (At 17,22,
all'Areopago). Per la loro straordinaria cultura, vero immane patrimonio dell'umanit per tutti i tempi, la loro raffinatezza artistica, il loro
genio scientifico, la loro del tutto singolare attitudine alla speculazione
che aveva dato monumenti immortali in uomini come Piatone ma soprattutto come Aristotele, il pi profondo e completo pensatore tutto
questo era usato in modo che in ogni questione era ricercata anzitutto la
sophia umana, l'arte del pensare, la consapevolezza delle acquisizioni
scientifiche razionali, e infine, piaga e tabe mortale ancora oggi, il
"pensare il pensiero", ossia il nulla, il vuoto, uno strumento. I Greci
erano restati ammirati della sapienza dei Babilonesi e degli Egiziani,
altre enormi millenarie culture. Che cosa poteva significare per loro il
piccolo, remoto popolo degli Ebrei, i mythistormata di Mos e dei
Profeti? Filone aveva tentato di penetrare da fedele Ebreo nel mondo
culturale greco assai sofisticato di Alessandria, allora (fine sec. 1 a.C,
inizio del sec. 1 d.C.) la capitale della cultura greca, ma non sembra
con conquistante successo.
E un Ges senza sophia scientifica, con una schol, ossia un seguito di rozzi discepoli, che poteva dire ai "Greci"? Almeno in principio, nulla.
Ed ecco allora la "pazzia della predicazione": "Ma noi invece predichiamo Cristo crocifisso"! Non un Socrate nell'inimitabile dignit e
maest della sua morte accettata al limite del suicidio, con non poca superbia intellettuale e disdegno morale. Ma un "crocifisso", ossia un infame, messo a morte o come schiavo, o come ladrone di strada o come
ribelle politico. Un uomo dunque "non uomo", senza patrimonio di cultura, d'arte, di letteratura, senza una grande "scuola" istituita, come
quelle filosofiche e scientifiche di Atene o di Alessandria.
Inoltre, un Uomo che dai discepoli era adorato anche come Dio, sulla croce aveva dissipato ogni possibilit di fiducia, avendo dichiarato
davanti al mondo il totale fallimento della sua esistenza tra gli uomini
per il semplice fatto di morire per sempre.
Per le attese degli Ebrei del tempo di Cristo, tempo febbrile di speranze e di progetti di redenzione politica oltre che morale, un Uomo
crocifisso era uno sconfitto, che nulla di buono avrebbe lasciato per il
bene del suo popolo. Predicarlo, dunque presentarlo ed insistere su Lui,
era skndalon, un ostacolo che fa inciampare e cadere rovinosamente,
perci da evitare accuratamente.
Per iprodoi, i progressi che "i Greci" promuovevano in ogni campo, in specie nel raggiungere la piena razionalit delle realt visibili, la
terrificante cesura della morte di croce era un non senso assurdo, era
piena mna, la pazzia come ultimo male degli uomini (v. 23).
1061

CICLO DEI MN1 A

Che resta, allora? Tutto, resta.


Chi odia la Croce e la rigetta nel disprezzo, nell'abominio, sono gli
apollymenoi, i perduti nella rovina eterna (v. 18a), ma volontaria, non
decretata e tantomeno voluta dal Signore. Per quelli che venerano la
Croce, la amano, l'accettano, la lodano, se ne vantano, la salvezza per
la divina Potenza (v. 18b).
Il v. 24 riprende questo tratto, forma con esso un'"inclusione" tematica e letteraria. I szmenoi, i salvati del v. 18, al v. 24 sono i klti, i
"vocati" divinamente, e provenienti sia anzitutto dagli Ebrei, sia dai
Greci. Il "Cristo crocifisso" ad essi predicato, come da essi accettato,
quale "di Dio Dynamis", Onnipotenza, e quale "di Dio Sophia", Sapienza. Al v. 30 l'Apostolo ribadisce che Cristo Ges fu fatto dal Padre
per noi Sapienza da Dio, e Giustizia, e Santificazione, e Redenzione. In
Col 2,3 viene la definizione pi completa: in Cristo stanno nascosti ma
a disposizione dei suoi fedeli "tutti i Tesori della Sapienza e della
Scienza" divine, poich in Lui "abita corporalmente tutto il Plrma
della Divinit", lo Spirito Santo (Col 2,9).
La Sapienza divina l'Amore nuziale unitivo consumante, che "conosce tutto per Amore".
Per tale conoscenza donata solo a chi piega le ginocchia davanti
allo Sgabello santo dei Piedi di Lui che troneggia nella Maest umile
della Croce, che troneggia nell'Umilt maestosa sovrana della Croce.
La Croce per divina Volont paterna, per libera elezione filiale, per
la Potenza attuante dello Spirito Santo, ormai l'unica Cattedra della
divina Dottrina. Della Sapienza che insegna i suoi piccoli. Della Potenza che assume e fortifica e santifica i peccatori.
La Sapienza ipostatica incarnata il Signore Risorto, che in eterno
ha come Trono divino e come Cattedra divina la Croce.
Ma la Croce anche una serie di altre realt terribili e meravigliose,
fondanti e divinizzanti.
6. EVANGELO
a) Alleluia: Sai73,2.12, "Supplica comunitaria".
Sono gli Stichoi 2 e 3 dell' Antifona2a, vedi sopra.
Si aggiunge qui solo l'inciso del v. 2a: il Signore riscatt "il bastone
della sua eredit". In ebraico l'espressione dice: Tu, Signore, fosti il divino G'ldello sbet della tua eredit. Il g' lera il parente pi prossimo, che doveva intervenire spontaneamente a riscattare il parente povero, reso schiavo. Con la Croce questo fu compiuto.
Lo sbet indica insieme "bastone" e "trib", nel senso che il "bastone era il simbolo (cos in Egitto; e vedi il labaro delle varie legioni romane) della trib, che al suo segno si radunava. L'eredit, ebraico
1062

14 SETTEMBRE

nahdlh, era il possesso sacro, proprio, irrinunciabile. Con la Croce


questa santa "eredit" fu confermata come ormai acquisita per sempre.
L il Signore regn in eterno, "operando la salvezza in mezzo alla terra", nella visibilit incancellabile per tutti i popoli.
B) Gv 19,6b-lla.l3-20.25b-35
L'inizio di questa straordinaria pericope : "In quel tempo, consiglio
fecero i sommi sacerdoti e gli anziani contro Ges, affinch lo eliminassero. E si presentarono a Pilato". Tale testo non di Giovanni, ma
una "lettura mista" di Me 3,6; Mt 12,14, per introdurre all'episodio che
segue, il quale a sua volta comincia da Gv 19,6b.
I cap. 18 e 19 di Giovanni contengono in successione 4 nuclei di fatti, che si possono schematizzare cos:
a) l'episodio del Getsemani (18,1-11), che si conclude con il lgion:
"La Coppa che il Padre mi don, Io non la bevo?" (v. 11);
b) i due processi subiti da Ges, davanti al consiglio sacerdotale
(18,12-24) e davanti all'autorit romana (18,28 - 19,16);
e) i fatti intorno alla Croce (19,17-37); d)
la sepoltura di Ges (19,38-42).
La pericope di oggi, con i suoi tagli, abbraccia parte del processo
condotto da Pilato: 19,6-11.13-16, e gran parte dei fatti intorno alla
Croce: 19,17-20.25-35a.
Davanti alla suprema autorit d'occupazione romana, il procuratore
di Cesare, Pilato, si presentano le autorit sacerdotali e gli "anziani",
ossia una rappresentanza del sinedrio. Essi chiedono brutalmente a Pilato (ekrugasan, aoristo da kraugz, gridare con forza) la massima e
pi terrificante pena di morte, propria dei Romani: crocifiggere "Lui".
Occorre qui tenere presente il v. 5, quando Pilato esibisce Ges come
innocente; prima, secondo il processo romano, ma con deroghe gravissime dal suo regolare decorso considerando perci che Ges non era
civis Romanusl , l'aveva fatto flagellare dalla soldataglia (19,1), e
questa a Ges aveva imposto una trafiggente corona di spine e gli aveva gettato sopra uno straccio rosso a modo di mantello di porpora imperiale (v. 2), sbeffeggiandolo con laproskynsis, la genuflessione dovuta solo all'imperatore, ed il saluto acclamante: "Gioisci, re degli
Ebrei!", colpendolo anche con schiaffi (v. 3). il segno che Ges era
stato gi condannato, e secondo la legge romana aveva perduto ogni diritto civile, politico e personale, era una "cosa" in balia dei carnefici,
con cui questi, secondo l'uso barbarico della "civilt giuridica" dei Romani, potevano giocare, e del resto poi dovevano anche spogliare di
tutto. Tanto pi risalta l'ipocrisia e la crudelt di Pilato, che conduce
1063

CICLO DEI MNAIA

fuori del pretorio, luogo della flagellazione e del ludibrio, il gi condannato con la frase infame: "affinch sappiate che non trovo in lui alcuna "causa"" (aitia, che traduce qui l'evidente latino giuridico causa,
ossia motivo di condanna) (v. 4).
E risalta ancora di pi la formula profetica bench del tutto inconsapevole ed involontaria di Pilato, quando mostra Ges coronato
di spine, rivestito del mantello di porpora e lo proclama con finta solennit: "Ecco l'Uomo!" (v. 5). l'Icona della knsis del Figlio di Dio,
l'Adamo, lo Schiavo condannato dell'"inno dei Filippesi", per il quale
vedi YApstolos dell'8 Settembre. La corona di spine non senza richiamare alla nostra mente le spine che fanno parte del destino dell'Adamo peccatore {Gen 3,18), del tutto assunto dall'Adamo Nuovo ed
Ultimo, ed il mantello di porpora ci rimanda alle pellicce che il Signore
per misericordia fece per Adamo ed Eva denudati di ogni loro dono,
salvo l'icona (cf. Gen 3,21). Ma nell'Adamo Ultimo, le spine e le pellicce stanno per scomparire per sempre, e l'icona sta per recuperare la
sua "somiglianzcon Dio".
Del resto, lo stesso Uomo era stato cos male compreso nella sua Vita tra gli uomini, se di Lui si era potuto dire: "Ecco un Uomo mangione
e bevone, amico dei pubblicani e dei peccatori!" (Mt 11,19).
E invece "l'Uomo" come il Signore Lo aveva voluto dall'inizio
della Creazione: quale Re e Dispositore di tutto l'universo, e di tutti gli
uomini creati. E Lo vediamo adesso, nell'incomprensione dell'accecamento peccaminoso di ieri come di oggi. Come il Servo del Signore,
reso irriconoscibile dalle sofferenze, senza pi "forma d'uomo", e repugnante (cf. Is 52,13 -53,12).
A questa proclamazione, la reazione una sola: "Crocifiggilo!
Crocifiggilo!"
La controreazione di Pilato la dice lunga: "Ma allora, prendetelo voi
e crocifiggetelo io infatti non trovo in lui causa" (v. 6). L'ipocrisia e
la crudelt restano, ma si rivela la mostruosit: se Ges innocente, la
legge romana esige che sia rimandato indemnis, ossia "senza damnum", senza "con-danna", e con le scuse che accompagnavano l'assoluzione; se Ges non innocente, Pilato deve curarne di persona il processo, non la farsa che adesso sta manovrando; l'eventuale condanna,
ma il processato ha diritto alla difesa; l'esecuzione secondo il rito, e
non affidare ad altri, non cittadini romani, tale complessa azione giuridica. Tanto pi che Roma rivendicava con spietata severit lo ius
gladii, ossia la parte dei processi che contemplavano la pena capitale, e
mentre era larga nel concedere autonomie locali, non derogava da quella condizione, con cui poteva garantire la giustizia e la pace politica e
sociale. Gi la flagellazione, i colpi e le sevizie, la corona e il mantello
sono abusi giuridici gravissimi. La non assoluzione davanti all'inno1064

14 SETTEMBRE

cenza evidente un vero principio d'omicidio. L'abbandono alla sua


sorte fatale di un condannato ma non colpevole, reato che comporta
la pena di morte.
Il fatto vero che Pilato odiava e disprezzava ogni Ebreo, per paura
della loro religione e dei loro costumi severi, e cercava di procurare ad
essi ogni sorta di danno. In questo caso, sia al sinedrio, sia a Ges. Al
sinedrio, poich Pilato sa bene che esso non pu eseguire condanne capitali. In 18,31 aveva tentato di sbarazzarsi del processo cercando di rimetterlo al sinedrio "secondo la legge" propria di questo, ma gli era
stato risposto nettamente: "A noi (Ebrei, sudditi dell'occupante) non
lecito uccidere alcuno!" Ossia, per fatti come quelli con cui accusano
Ges la pena secondo la Legge ebraica la morte, per questa pu irrogarla solo Roma.
l'argomento di nuovo presentato adesso (19,7). Secondo la Legge
chi "bestemmia il Nome" deve morire (cf. Lev 24,16). Ora Ges ha bestemmiato il Nome "perch si fece 'figlio di Dio'", in altre parole, aggiunse "una persona" alla Divinit, reato massimo dello sittfo "associazione" di un "altro" al Signore Unico. In effetti, Ges dopo la guarigione del paralitico alla piscina probatica, aveva affermato: "II Padre
mio fino ad ora opera, ed anche Io opero" (Gv 5,17), dunque "si era associato" (sittf) a Dio chiamandolo Padre, di cui perci si riteneva "figlio". E poich aveva compiuto quel miracolo di sabato, reato da pena
di morte, aveva aggiunto anche questo, chiamare Dio come "Padre proprio", di lui, e con ci stesso "facendo se stesso eguale a Dio" (5,18),
altro reato degno di morte.
In un'altra occasione aveva spinto la sua dichiarazione al limite
massimo, quello ontologico: "Io ed il Padre siamo Realt unica (hi
(Gv 10,30), e: "In me il Padre, ed io in Lui" (10,38). Anche qui la contestazione fu durissima, con tentativo di lapidazione: "Per un'opera
buona, noi non ti lapidiamo, bens a causa di bestemmia, in quanto tu,
essendo uomo (nthrpos), fai te stesso Dio" (10,33, cf. vv. 31-32).
Ges qui pazientemente aveva spiegato: "Non sta scritto nella Legge
vostra: 'Io parlai: Di voi siete!' (Sai 81,6)? Ora, se 'di' chiam (Dio)
quelli ai quali venne la Parola di Dio e la Scrittura non pu essere
annullata! , a Colui che il Padre consacr e invi nel mondo voi dite:
Tu bestemmii, perch Io dissi: Figlio di Dio sono" (Gv 10, 34-36).
In realt, il Verbo Dio chiede agli uomini che credano nella semplice, sublime, divina Parola: "Io sono", che significa: "Io sono il Signore
Dio" (cf. ancoraEs 3,14). Ma per questo occorre la Croce.
Pilato quando ascolta l'accusa contro Ges, che comporta la pena di
morte, ha paura, poich adesso intuisce qualche fatto che credeva di
controllare, ma ora non pi (v. 8). Perci entra di nuovo nel pretorio
(cf. 18,29.33), in disparte per non essere ascoltato da altri, e chiede an1065

CICLO DEI MNIA

siosamente a Ges: "Da dove, sei tu?" Ges non da soddisfazione alla
domanda (v. 9). Pilato infatti ha torto. Nel primo interrogatorio (cf.
18,33-37) Ges ha spiegato a lungo che "il Re", ma "non di questo
mondo", dunque del mondo di Dio da cui proviene. Non "si fa Dio" da
solo, ma " Dio" e Re-Salvatore, ed il suo Regno-salvezza basato sulla
Verit-Fedelt divina che Egli venne a testimoniare. E proprio Pilato
aveva troncato netto, non volendone sapere: "Che la 'verit'?" (v.
38). Non vuole conoscere la Verit che Ges (cf. 14,6). l'agnostico
di tutti i tempi. nominalista e razionalista. anticipatore del miserabile "pensiero debole". Ecco perch ephobth, ebbe paura. E questa
paura lo costringe a giocare una commedia infinita.
Al mutismo di Ges infatti Pilato oppone brutalmente Yexousia, il
solito potere, la solita autorit che non conosce ostacoli n scrupoli.
Che pu indifferentemente "crocifiggere" un innocente come Ges, e
"liberare", apoly, "congedare, rimandare via" un assassino come Barabba. Un' exousia contro ogni norma dello ius romano, redatto nella
lex scritta ed in quella edittale ambe immutabili. Pu anche essere che
Pilato dica questo come deterrente, ma le fonti storiche dicono che il
personaggio era quello del potere senza limiti (v. 10).
Adesso Ges risponde per ristabilire i fatti. Pilato certo gode del
"potere" umano. Nessuna exousia per ha su Ges. E se questa adesso
esercitata, per divino permesso, "dato dall'Alto". Anche per questo,
"il traditore" ha "maggiore peccato" (v. 11). Qui hoparadidos, tradente, indica Giuda, ma la questione torna al v. 16 ed molto complessa.
H v. 12, oggi omesso, narra come Pilato cerchi di liberare Ges. E come "i Giudei", ossia i presenti non tutti i Giudei, nemmeno i farisei,
come contro la verit storica e divina si interpretato per secoli, con
danni incalcolabili per la carit che i cristiani debbono ai loro fratelli
maggiori , conoscendo bene il carattere servile di Pilato, gli oppongano che cos egli non "amico di Cesare", complice infatti di uno che
"si fare". Si pone contro Cesare automaticamente e frontalmente.
A queste parole Pilato procede in modo incredibile. Ancora per
scherno, ed invece secondo il Disegno divino profeticamente, "intronizza" Ges sulla tribuna da dove si emanano sentenze e decreti, dunque al posto suo. Il luogo archeologicamente conosciuto, sta a nordovest del tempio, era chiamato in aramaico ("ebraico") Gabbath, "altura", in greco invece Lithstrtos, "selciato" (v. 13). L'Evangelista annota qui che era la Paraskeu della pasqua ebraica, la "preparazione (di
quanto poi era proibito "fare" di sabato, come cucinare), ed era circa
l'ora sesta, verso mezzogiorno (v. 14a). Adesso Pilato parla ai presenti:
"Ecco il Re vostro!" (v. 14b).
Nella narrazione evangelica della Passione del Signore facile identificare una serie di motivi che parlano della Regalit di Ges.
1066

14 SETTEMBRE

Nel solo Evangelo di Giovanni se ne ha una sequela impressionante.


Se Ges dopo moltiplicati i pani ed i pesci deve fuggire per non essere
proclamato re (Gv 6,15), nel processo davanti a Pilato non pu ormai
sottrarsi pi alla piena rivelazione della sua divina Regalit.
Per questo, si deve ripetere: per beffa eppure profeticamente bench
in modo involontario, Egli riceve la corona (di spine) ed il manto di
porpora (uno straccio; Pilato era eques, cavaliere; solo i senatori avevano diritto alla porpora, e l'imperatore romano perch anzitutto era senatore ed investito sia pure nominalmente della tribunitia potestas permanente del senato). presentato ben due volte al popolo come re. momentaneamente intronizzato sul bma, il palco dell'autorit. "decretato" re con il cartiglio della croce. E riceve il Trono definitivo, che la
Croce stessa.
La prima domanda (la quaestio penale) di Pilato a Ges : "Sei tu il
re degli Ebrei?" (18,33). La seconda, sempre a Ges, "Allora, re sei
tu?" (18,37). La prima risposta esplicita di Ges a Pilato : "Tu (lo) dici: Re sono Io" (18,37). Il termine basilus, re, ricorre durante la Passione non meno di 11 volte, da 18,28 a 19,21, ossia in 34 versetti, un
numero enorme. Cos in 18,33.37 (2 volte); 19,3.12.14.15 (2 volte).
19.21 (2 volte). La questione, che pura curiosit per Pilato che sa l'inconsistenza della forza politica di chiunque in Palestina, verte tuttavia
sul fatto reale e vero: la Regalit di quest'Uomo davanti a lui.
Inoltre, anche il termine basilia, regno, che ricorre 3 volte nel testo
di 18,36, viene a completare il materiale di giudizio.
E pure se Ges afferma: "la basilia mia non di questo mondo",
Pilato sta al gioco che ha inaugurato e che una farsa, e prosegue in
fondo a giudicare ed ad abbandonare alla morte un "re". Egli, gonfio
della sua autorit che lo pone al di sopra degli uomini, non si cura di
acquisire la "verit". "Che 'la verit'?", in fondo, indica insieme noncuranza, disprezzo, e una buona dose di paura. Rifiutando di conoscere
la Verit, il Re, il Regno, ossia rifugiandosi nell'agnosticismo, evita di
aprire la vera quaestio processuale in cui egli stesso sarebbe un imputato
non dei minori: con tutto l'impero e l'imperatore stesso che rappresenta
degnamente. Lo dir la Comunit dopo un altro processo, quello degli
Apostoli davanti al sinedrio, quando pregher cos: Le nazioni pagane
fecero congiura contro il Signore ed il suo Re Unto (At 4,25-26, che
citano Sai 2,1-2).
"Il re" equivale dunque al Salvatore, il Messia atteso. la presentazione beffarda. Pilato sta provocando al parossismo affinch Ges sia
posto a morte, ma per disprezzo verso gli Ebrei fa in modo che perisca
"il Re loro". Dopo "Ecco l'Uomo", viene la definizione di Uomo-Re.
Su questo dovr essere completata la riflessione quando si commenter
il v. 26. Ovviamente, i presenti irritati chiedono la morte, ma con la
1067

CICLO DEI MNA1 A

croce. Pilato prosegue la provocazione: "II Re vostro, io crocifigger?", riaffermando la sua illimitata auctoritas, Yexousia di vita e di
morte. E costringe i capi dei sacerdoti alla dichiarazione incredibile,
blasfema, al limite dell'idolatria, bench per semplice piaggeria accattivante: "Non abbiamo re se non Cesare!" (v. 15). In seguito, a migliaia
gli Ebrei stessi, e poi i cristiani, per confessare il loro Signore e Sovrano e Re divino, rifiutando contestualmente di rendere omaggio a "Cesare", saranno posti a morte con ogni sorta di crudelt. Sarebbe bastato
ripetere la formula: "Non abbiamo re se non Cesare" e bruciare un grano d'incenso davanti alla sua effige per avere salva la vita. I Martiri del
Dio Vivente preferirono "testimoniare" solo Lui, con l'amore che dona
la propria vita.
Il v. 16a, nella sua brevit, l'epilogo del dramma svoltosi finora
con risvolti grotteschi. Non sono fatti nomi: "Allora dunque, consegn
Lui ad essi affinch fosse crocifisso". Pilato abbandon Ges nelle mani
degli Ebrei, in apparenza, in realt affinch fosse messo a morte da
Romani. E con la classica pena romana per i "non cittadini" come
schiavi, ladroni, terroristi: la croce.
Terminato il "processo" duplice, sono narrati i fatti avvenuti intorno
alla Croce. Giovanni trascura perch molto noti alcuni dati dei Sinottici, alcuni li ha in comune con essi, altri sono materiale suo proprio.
Il v. 16b annota che "essi" presero in consegna Ges e Lo condussero. I verbi di questo consegnare-ricevere sono quelli tipici della tradizione, ossia paradidmi e paralambn. Cos Ges portandosi da s
"la Croce sua", "usc". In Ebr 13,12-15 se ne ha una eco potente:
Perci anche Ges
affinch santificasse con il suo proprio Sangue il popolo,
fuori della porta soffr.
Perci, usciamo verso Lui fuori dell'accampamento,
la vergogna di Lui portando:
non infatti noi possediamo qui una citt permanente,
bens di quella futura siamo alla ricerca.
Mediante Lui offriamo allora il sacrificio di lode
per sempre a Dio,
ossia il frutto di labbra che confessano il Nome di Lui.
Va notato che il luogo dove il triste corteo diretto, il "Luogo del
cranio", versione greca deU'aramaico ("ebraico") Golgoth', o Gagulth'
(v. 17). Si tratta di un luogo fuori delle mura occidentali di Gerusalemme,
una roccia a forma di cranio; l'archeologia del luogo, chiamato nell'et
patristica ad Crucem, con una cappella riscoperta recentemente, mostra
1068

14 SETTEMBRE

che tale roccia porta ancora i segni del sisma di'cui parlano i Sinottici (cf.
Mt 27,51-53, e par.). Vicino al luogo della tomba, sotto Adriano, che volle
sradicare il culto cristiano ininterrotto sul luogo della Redenzione divina,
il Golgota fu ricoperto di terreno di riporto, e sull'area fu edificato un
tempio vergognoso, per il culto orgiastico alla dea del vizio. Con il programma di costruzioni costantiniane l'area fu liberata, identificati il Golgota e il sepolcro, recinti riccamente, il sepolcro anche con un'edicola rotonda, YAnstasis, e furono ambo i luoghi compresi nella monumentale
basilica, il Martyrion, di cui oggi dopo la distruzione musulmana resta
circa la met, con abside spostata verso l'antico ingresso. Nella basilica si
celebravano le sontuose liturgie, che terminavano con la processione al
Golgota ed alYAndstasis. Su questi due monumenti ardeva la luce perenne. Una specie di singolare e preziosa "fotografia", in cui si distingue
molto bene il Golgota con la grande Croce issatavi per memoria perenne,
sta nel mosaico del sec. 5 nell'abside della basilica di S. Pudenziana a
Roma. Se ne dovrebbe tenere maggiore conto, poich unica testimonianza visiva di gente che conobbe bene quei Luoghi.
L dunque crocifiggono Ges. Giovanni annota solo che Lui fu posto al centro, e furono crocifissi con Lui "altri due" (v. 18). I Sinottici
ne danno i particolari. Si tratta di due ladroni. Luca riporta anche il dialogo del "Buon Ladrone con Ges", e la promessa di stare in Paradiso
quel giorno stesso (cf. Le 23,33.39-43). I Sinottici in accordo narrano il
triplice scherno dei "passanti" e presenti contro il Crocifsso. Si tratta
delle 3 tentazioni escatologiche: "Se sei il Figlio di Dio...", a cui si
chiede il miracolo dell'autosalvezza per essere ancora creduto (cf. Mt
27,39-44, e par.). Esse corrispondono alle 3 tentazioni di satana nel deserto: "Se sei Figlio di Dio...", con richiesta di "segni" per essere credibile (cf. Mr 4,1-10).
Va qui anticipato che i Sinottici narrano come Ges sulla Croce pregasse il Padre, sia con Salmi, sia con la richiesta di perdono per i crocefissori, sia per l'ultimo atto di fiducia con cui il Figlio rimette nelle mani
del Padre lo spirito suo (cf. Le 23,34.46 per queste due implorazioni; Mt
27,46, e Me 15,34 per la preghiera salmica). Se ne dovr trattare a
proposito di Gv 19,30.
La legge romana ordinava che si pubblicasse il "dispositivo" della
sentenza di condanna. Puntualmente Pilato fa scrivere il titlos, traduzione del latino titulus, che quel dispositivo. Esso fu posto epi to
stauro, da leggere "in rapporto, accanto alla croce", poich se la roccia in cui la croce fu rizzata era alta circa 5 metri, tale "titolo" per essere
visibile doveva stare ai piedi della roccia stessa. Il suo tenore lapidario, e singolare: "Ges il Nazoreo, il Re degli Ebrei" (v. 19). L'Evangelista annota che molti lesser il titolo, sia perch il luogo della crocifissione stava poco fuori le mura della citt, sia perch era scritto nelle
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CICLO DEI MN1A

lingue correnti in Palestina, la cui lista : "in ebraico (aramaico?), greco, latino" (v. 20). Le edizioni "critiche", che argomentano con altra logica, alterano la lezione originale, che quella qui presentata, ponendo
prima il latino, poi il greco. In realt, nel sec. 2Taziano leggeva come
ancora riporta l'Evangeliario bizantino, che la lezione da tenere. In
tale successione, interessante sentire come suonava il titolo:
- aramaico: Is 'Nasrj ' malk ' d-lhdj;
- greco: Iso ho Nazrios ho basilus tn Iudin;
- latino: Iesus Nazarenus rex ludaeorum.
I vv. 21-22 riportano la richiesta, respinta brutalmente da Pilato, di
modificare il titolo cos: "Quello disse'. Io sono re degli Ebrei".
I vv. 23-24 narrano la sorte gettata dai soldati sulle vesti di Ges; essi avevano diritto di preda sui beni dei condannati.
Ma per noi l'episodio va fissato con la discreta allusione alla nudit
totale con cui il Figlio di Dio si fa Icona ultima della sua Vita umana,
nella "pi profonda umiliazione", poich per gli Ebrei tale era la nudit, inflitta ai condannati come deterrente.
I vv. 21-24 sono omessi dalla lettura di oggi.
II blocco formato dai vv. 25-27 sono di fondamentale importanza
teologica, ed uno dei capolavori della letteratura giovannea.
Stavano dunque in piedi sotto la Croce, meglio, sotto la roccia su cui
troneggiava la Croce, "la Madre di Lui", singolarmente non chiamata
per nome, come a Cana (Gv 2,1.3.5.12). Cos da un capo all'altro del
suo Evangelo, Giovanni non riporta il pi bel nome al mondo, il dolcissimo nome "Maria". Questo lasciato a Maria di Cleopa, sorella della
Madre del Signore, ed a Maria Maddalena (v. 25). Sono "le Tre Marie"; dai Sinottici si sa che stavano con esse altre Donne fedeli, mentre i
discepoli erano tutti fuggiti per vilt (vedi il 22 Luglio; Appendice I).
Adesso avviene un episodio straordinario. Ges vede dunque la Madre con "il discepolo che amava", che era Giovanni l'Evangelista (cos
la Tradizione unanime, e la parte pi informata della critica moderna).
Non annotata una sola parola sul dolore della Madre e delle sue Compagne, bench Giovanni di certo conosca Luca e la predizione della
Spada che traverser il cuore verginale della Madre di Dio {Le 2,35a).
Di questo, l'eco straziante della Chiesa risuona negli innumerevoli e tipici Tropari, gli Staurotheotokia. L'Evangelista vuole attrarre l'attenzione sulle parole del Signore. Il quale parla alla Madre sua: "Donna,
ecco il Figlio tuo".
Le parole: Gynai, ide ho hyis sou, significano: "Donna, Sovrana,
Signora". Ide indica nella Scrittura unprodigio che adesso si manifesta.
1070

14 SETTEMBRE

II prodigio qui che Maria chiamata ad essere la prima e fondamentale Testimone della visione del Figlio di Dio crocifisso.
Ma anzitutto, quelle parole coniugano i temi con quelli della parola
della Vergine di Nazaret all'Angelo di Dio: "Ecco la Schiava (doul)
del Signore avvenga a me secondo la Parola tua!" {Le 1,38).
La Schiava-Serva dichiarata invece Sovrana. Ed fissata per sempre la realizzazione dell'antica Profezia: "Ecco, la Vergine concepisce e
partorisce il Figlio, e sar chiamato il Nome di Lui: ImmanuF, Is 7,14
riportato nell'annunciazione dell'Angelo a Giuseppe, Mt 1,23.
la Sovrana Semprevergine Madre del "Dio-con-noi", adesso
crocifisso.
"Ecco il Figlio tuo" l'ultima dichiarazione, con "ecco" relativa a
Cristo Signore. Infatti teologicamente si ha questa serie:
- "Ecco il Servo mio, che Io scelsi, il Diletto mio, nel quale si com
piacque l'anima mia" {Mt 12,18, cf. vv. 19-21, che citaI s 42,1-4);
la presentazione che il Padre fa del Figlio al mondo;
- "Ecco la Stella" dei Magi, che causa "il gioire di gioia grande molto"
{Mt2,9);
- "Ecco l'Agello di Dio, che toglie il peccato del mondo", detto da
Giovanni il Battista (Gv 1,29.36), citando Is 53,7-8, sul Servo;
- "Ecco lo Sposo viene! Uscite all'incontro di Lui!" {Mt 25,6).
Gli "Ecco" della serie giovannea terminano concentrandosi nel cap. 19:
- "Ecco l'Uomo! (19,5). Adamo, Ynthrpos, l'Uomo per definizio
ne, che comprende tutta l'umanit.
- "Ecco il Re vostro!" (19,14). il Re degli Ebrei, l'Atteso.
- "Ecco il Figlio tuo!" (19,26). il Figlio di Dio e Figlio di Maria.
Concentrazione ultima.
L'ultimo "Ecco" deve ricollegarsi ad una parola in apparenza dura
del Signore, quando i suoi Lo cercano, ed Egli risponde: "Madre mia e
fratelli miei sono quanti ascoltano la Parola di Dio e la praticano" {Le
8,21). Precisamente Maria Madre ancora pi vera del Signore, poich
pi di tutti ascolt e pratic la Parola del Signore, quella primordiale,
che la chiamava ad essere "la Schiava del Signore", con tutte le conseguenze. La Croce questa conseguenza ultima.
Ma cos la Madre di Dio costituita anche Madre di tutti quelli che
nel Figlio Monogenito furono e sono e saranno concrocifissi e martiri,
di quanti saranno resi icone ancora pi preziose di Lui a causa della
sofferenza.
Cos il v. 27 vede la prima attribuzione della maternit di Maria, al
discepolo diletto. L'antica tradizione dice che di fatto Maria fu presa a
carico da Giovanni, e visse con lui fino alla beata Dormizione.
1071

CICLO DEI MENAI A

La Crocifissione tocca adesso il culmine inaudito, indicibile, in


due momenti unitari, i vv. 30 e 34, che vanno letti nel loro contesto
immediato.
"Dopo questo", formula con cui l'episodio della Madre segna un
termine importante (v. 28a), Ges pu concentrarsi, per cos dire, nelle
ultime realt che riguardano se stesso ed il Padre. Egli "sa bene che
tutto stato adempiuto" ormai dal Padre.E questo risulta pi volte. Alla
Cena, anzi come preambolo di essa (13,1-3), e nella "Preghiera sacerdotale" (cap. 17); al Getsemani, al momento della sua cattura
(18,4). Conosce il Disegno del Padre, di cui Yautourgs, il "realizzatore personale" (S. Massimo il Confessore), e sa che esso culmina con
la Croce per la Resurrezione, nella Morte per la Vita. Sta pregando il
Sai 68, una "Supplica individuale", e giunto al v. 22 dice: "Ho sete!"
(cf. anche Gv 4,6-7, al pozzo di Sychar). Anche qui la Scrittura "perfezionata", adempiuta (telei), quale santa Profezia delle sofferenze
del Giusto (19,28).
Tra i tristi mezzi dell'esecuzione capitale si poteva usare l'aceto, il
quale serviva per reazione a risvegliare le sofferenze dei condannati, ed
era quindi un'ennesima forma di sevizia crudele. Gli esecutori ne riempiono una spugna e l'accostano alla bocca del Signore, assicurandola
all'"issopo" (v. 29). Si discute dall'antichit come un piccolo arbusto, il
cui ramo pi grande raggiunge circa 6 piedi (meno di 2 metri) ma
flessibile e fragile, sia potuto servire alla bisogna, anche considerata
l'altezza del Crocifisso da terra. Alcuni parlano di confusione con un
termine che significa giavellotto. Altri ritengono che qui vi sia una discreta allusione all'issopo che nell'A.T. era usato per le purificazioni:
in Es 12,22 per tingere di sangue gli architravi e gli stipiti delle porte
degli Ebrei contro l'Angelo sterminatore; in Lev 14,4.6.49.51.52 era
usato nel rituale contro la lebbra, considerata impurit anche religiosa;
in Num 19,6.18 era usato nel rito della giovenca rossa e dell'acqua lustrale per purificazione dal contatto di cadaveri. Infine, nel Sai 50,9
l'Orante penitente chiede al Signore di essere purificato con issopo dalle
colpe. In tutto questo, l'allusione potrebbe essere al Signore, che purifica dai peccati tutti gli uomini, ma con il suo Sangue, il vecchio issopo non pi in causa.
Ed ecco il culmine del v. 30.
Preso l'aceto, Ges pronuncia un'unica parola: "Tetlestail" II senso
chiaro. Con un "passivo della Divinit", il Signore afferma che ormai
il Padre "ha gi compiuto", tel (affine a telei). L'ovvio oggetto qui
il suo Disegno, ma non genericamente.
La spiegazione sta nel riconsiderare che il Signore nell'agonia divina prega ininterrottamente. Si hanno allusioni a diversi Salmi, tra cui il
68, citato qui nel v. 22; 30,6 in Le 23,46, "Padre, 'nelle Mani tue io af1072

14 SETTEMBRE

fido lo spirito mio'". I Sinottici riportano poi il Sai 21,2 sull'abbandono"; 21,8; 108,25, sul triplice scherno; 21,9, sulle vesti divise tra i soldati. E proprio il Sai 21 la chiave di interpretazione di Gv 19,30.
Infatti i Sinottici riportano che Ges grid "Dio mio, Dio mio, perch mi abbandonasti?" (Mt 27,46 in ebraico; Me 15,34 in aramaico). I
Padri, e una parte dell'esegesi moderna che si fa sempre pi folta, ritengono, e giustamente, che qui gli evangelisti riportano Vincipit del Sai
21, manifestando cos che Ges preg l'intero Salmo, come preg per
intero gli altri Salmi, la preghiera a Lui pi cara. Ora, precisamente il
Sai 21,32 termina cos:
...ed annunceranno la Giustizia di Lui
al popolo partorito,
poich (lo) fece (episer) il Signore (LXX),
molto aderente all'ebraico:
...verranno e narreranno la Giustizia (carit, sdaqh) di Lui al
popolo partorito (nld), poich fece Csh, il Signore).
il popolo "partorito" dai terrificanti hebl ha-Msih, i "dolori del
Messia", ad opera del Signore che agisce nella sua Carit (sdqh =
dikaiosyn).
Gv 19,30 nella parola: "Tetlestail" indica dunque Vexplicit del Sai
21, la finale. confermato che Ges lo aveva pregato per intero.
Giovanni altres riporta qui un tratto della piet del Figlio verso il
Padre, che con un giro di frase non nomina. H senso :
...al popolo (adesso) partorito,
che dal Signore fu compiuto (tetlestai).
"Partorito" nel dolore di Lui, il Messia, "Ecco il Re vostro!"
Operante sempre il Padre, tel, tetlestai.
Allora Ges pu chinare il capo in segno di assenso totale al Padre,
ed al Padre pu "consegnare lo Spirito", lo Spirito Santo che aveva animato la sua vita umana tra gli uomini.
La Morte del Signore un atto triadico, e con ci stesso messianico. Il massimo atto triadico e messianico dell' Oikonomia indicibile: la
creazione del popolo messianico.
Adesso da Lui il Padre pu donare in modo infinitamente supereffluente lo Spirito agli uomini. Questo detto per al v. 34.
Il v. 31 narra la preoccupazione rituale di purit levitica, cf. Es
34,25; Dt 21,23; e Gios 8,29; 10,26-27 che il corpo del condannato,
1073

CICLO DEI MNIA

dei tre condannati, restino esposti; era la parasceve, il grande giorno


della "preparazione della pasqua" (cf. Es 12,16), e tutto deve tornare alla
normalit. Si apriva ormai al sabato della festa grande. Cos le autorit
sacerdotali chiedono a Pilato che proceda all'ultimo atto della tragedia,
il "colpo di grazia", il famigerato crurifragium. Con tale gesto le grandi
vene ed arterie delle gambe erano devastate, e il condannato moriva
immediatamente. Al v. 32 l'esecuzione crudele avviene per gli altri due
condannati. Ma questo non serviva per Ges, gi morto per le
sofferenze della Passione, in specie anche per il dissanguamento della
flagellazione (v. 33).
Allora uno dei soldati con un terribile colpo di lancia, e per curiosit
e dileggio, squarcia il fianco di Ges morto, "e subito usc Sangue ed
Acqua" (v. 34).
Questo versetto evangelico fu tra i pi studiati dai Padri, come si accenn. Essi scoprirono che in 15 sole parole l'Evangelista aveva concentrato un'immensa realt teologica.
Ed anzitutto "il fianco" rimanda alla profezia di Ez 47,1-2. Dal "lato
destro", del "tempio nuovo" sarebbe scaturita l'Acqua della Vita (v. 3).
Cristo il Tempio nuovo (Gv 2,19.21-22). E aveva promesso quest'Acqua. Alla Samaritana (Gv 4,10.13-14). Alle folle, nel tempio, alla festa
delle Capanne (Gv 7,37-39). l'Acqua della Vita che lo Spirito Santo,
di cui Cristo la Fonte inesauribile nella sua Umanit risorta (At 2,3233). Vera e finale realizzazione della Promessa e della Benedizione concesse ad Abramo, e che sono il Dono dello Spirito Santo ottenuto dal Signore "appeso al Legno" (Gai 3,13-14, che citaDt 21,23).
Il Sangue e l'Acqua, endiadi indivisibile nella celebrazione della
Chiesa, sono i simboli della nuova Oikonomia dello Spirito Santo. Con
espressione di alta teologia simbolica, uno dei 24 Anziani spiega a Giovanni la visione dei 144.000 "segnati", sigillati dalla Croce battesimale,
e dell'infinita moltitudine dei "candidati", i rivestiti in bianche vesti
che seguono l'Agnello nella pangyris gioiosa, dovunque Egli vada
(Ap 7,1-17): "Questi sono quelli che vengono dalla tribolazione grande
(escatologica), e che lavarono le loro vesti e le resero candide nel Sangue dell'Agnello" (Ap 7,14b).
Giovanni stesso spiega: il Verbo Dio venne "con Acqua e Sangue"
ed Ges Cristo. E lo Spirito, che "la Verit", Gli rende testimonianza. Ma dal cielo vennero Tre Testimoni, che sono Hn, Unica sostanza,
i medesimi sulla terra, lo Spirito e l'Acqua e il Sangue. la Testimonianza di Dio stesso sul Figlio suo (1 Gv 5,6-9; il v. 8 espunto dalle
edizioni moderne).
Sul molteplice valore del sangue si parlato molte volte (cf. sopra).
Qui se ne fa un semplice accenno: valore di purificazione, di protezione, di propiziazione, di riconciliazione, di vivificazione, di comunione.
1074

14 SETTEMBRE

Esso il simbolo del massimo dono divino, la Vita (Lev 17,11), la quale va offerta al Signore affinch la riempia di benedizione.
E per YOikonomia dello Spirito Santo che scaturisce "subito" dal
Costato immacolato del Signore, non resta al livello, pur infinitamente
sublime, dei simboli, ma entra nella realt della storia degli uomini
svolgendo per intero i significati e contenuti dei simboli.
Acutamente come sempre, i Padri seppero leggere a fondo il momento, queYeuthys, "subito" di Gv 19,34. Il Dio Verbo nella sua Umanit "adesso" sta dormendo il sonno della morte. Dal primo Adamo addormentato il Signore seppe ricavare Eva, che fu "la carne della carne
di lui" (Gen 2,21-23). Dunque nel Protoplaste fu anticipata e raffigurata
la morte e la Resurrezione dell'Adamo Ultimo, poich come quello fu
svegliato dal sonno e si alz e riconobbe come "sua" l'va che il Signore aveva "fabbricato" dal suo costato, cos il Figlio di Dio risorto
dal sonno della sua Morte volontaria, dalla ferita straziata del suo Costato immacolato "fabbric" l'va nuova, la sua Sposa amata, YEkklsia. Perci la Croce del Signore divenne e resta il divino Talamo nuziale, nel quale deve entrare la Sposa, che deve unirsi al suo Sposo nel
medesimo sonno della sua Morte e nelle medesima potenza della sua
Resurrezione. Cos dal Costato del Figlio di Dio, Servo sofferente e
perci Agnello di Dio (cf. sempre Is 53,7-8, non l'agnello pasquale di
Es 12!), fu divinamente disposto che "uscisse subito" il "mirabile Mistero" che la Chiesa Sposa.
Riportiamo qui un testo magnifico, per tutti:
Dal costato, Sangue ed Acqua. Non voglio, ascoltatore, che cos facilmente tu passi sopra ai segreti di un cos ingente Mistero. Infatti a
me resta la preghiera mistica ed intcriore. Dissi gi che quell'Acqua
e quel Sangue manifestano il simbolo (= efficacia misterica) del battesimo. Infatti da essi fu fondata la santa Chiesa: dalla rinascita e
rinnovamento del lavacro dello Spirito Santo (Tit 3,5), dal battesimo, dico, e dai Misteri che appaiono scaturire dal Costato. Poich
dal Costato suo Cristo edific la sua Chiesa, come dal costato di
Adamo fu estratta la sua sposa Eva. Infatti per questo anche Paolo
testimonia, parlando cos: Noi siamo dal suo Corpo e dalle sue Ossa,
cos significando il Costato. Poich come da quel costato Dio fece
procreare la donna, cos dal suo Costato Cristo don a noi Acqua e
Sangue, da cui fosse approntata la Chiesa. E come nel sonno dell'Adamo dormiente, Dio apr la parte del costato, cos adesso dopo la
Morte don a noi Acqua e Sangue. Guardate come Cristo un a se
stesso la Sposa, vedete di quale Cibo ci nutre. Per il medesimo Cibo
noi nasciamo e siamo nutriti. Infatti come la donna, spinta dall'affetto naturale, si affretta a nutrire il bambino partorito con il suo latte e
1075

CICLO DEI MNIA

sangue, cos Cristo quanti fa rinascere, sempre li nutre con il Sangue


suo (S. GIOVANNI CRISOSTOMO, Catechesi 3,16-19, ed. Wenger, in
SChrt 50,175-177).
Cos, per riassumere e conglobare, i Padri della Chiesa. Infatti fin
dalla met del sec. 2 fu seguita tale interpretazione pressoch unanime,
"ecumenica", d'Oriente e d'Occidente, che pu vedersi gi nel testo
esemplare di S. Giustino Martire (a Roma, verso l'a. 155), Dialogo con
Trifone l'Ebreo 135,3: come gi Israele fu estratto dal Padre Abramo
come da una cava (cf. /5 51,1-2, con Sara quale madre partoriente), cos
"noi siamo estratti dal Seno di Cristo come da una cava".
La tipologia da Adamo ad Abramo in poi trova cos la sua realt finale nella Croce del Signore.
Giovanni gi lo aveva compreso, e lo redige con poche note essenziali.
Egli infatti era presente e "contemplante" (heraks). Perci ne ha data
testimonianza (martyred). Non solo, ma la sua testimonianza,
martyria apostolica, veridica, althin. E per pi motivi: quanto
ascolt dal suo Signore, dal suo Petto (Gv 13,25; 21,20), adesso si realizza. Quanto vide del suo Signore, adesso questa realizzazione. Quanto
lo Spirito Santo decide, questo testimoniato. Infatti in Gv 14,15-17, lo
Spirito Santo sta e resta con i discepoli: 14,26, ad essi insegna e ad essi
fafare anamnesi; 15,26, perch lo Spirito della Verit e Verit divina
Egli stesso, e come tale testimonia (martyred)e fa testimoniare
(martyred) i discepoli, v. 27; perch come Spirito della Verit porta al-V
intera Verit, alla sua comprensione, tutti i veri discepoli del Signore, e ad
essi fa conoscere le Realt divine, anche l'avvenire: 16,13-15.
Il fine la fede di chi ascolter questa Parola sulla Croce (v. 35), e
con la fede, la Vita eterna (20,31). il "discorso della Croce" di Paolo
(1 Cor 1,17 -2,16).
Lo stesso Giovanni ribadisce la verit della sua testimonianza, sia
nel suo Evangelo (Gv 21,24; 20,31); sia nelle sue Epistole (1 Gv 1,13.4), al fine della comunione indicibile con il Padre e con il Figlio operata dallo Spirito Santo, che provoca la Gioia divina negli uomini; sia
nella sua "Rivelazione", VApocalisseyero libro di ininterrotta
martyria, testimonianza che rivelazione e profezia, da "leggere" liturgicamente nelle assemblee sante (Ap 1,1-3).
rivelazione, testimonianza, profezia, liturgia propriamente infinita.
La Croce divina ne il sublime Segno innalzato su noi.
7. Megalinario
il Heirms dell'Ode 9a del Canone , Tono 8 : Mystiks i, Theotke. La
Madre di Dio acclamata come Paradiso "mistico", ossia che proviene
dal Mistero del Figlio e lo porta. dunque il "Luogo" do1076

NOTA SULLA S. CROCE

ve si riforma la Plasmazione divina dell'Adamo Nuovo e dell'Eva nuova, Paradiso di delizie divine. la "Terra vergine" (cf. Gen 2,7; e la
suggestiva presentazione di S. Ireneo) che non sub "coltivazione"
umana, ma restando immacolatamente intatta, fece vivere il Germoglio
nuovo e meraviglioso, Cristo Signore nostro. Il fine inteso dal Disegno
divino in questo, fu che Cristo cos pot "impiantare", mettere a dimora
il Legno portatore della Vita e dell'immortalit, la Croce, che schianta
la potenza mortale del Legno che caus la morte dei nostri Progenitori
e la nostra. Conoscendo questo nella grazia dello Spirito Santo, i fedeli
nell'Esaltazione dell'Albero divino adorano il Figlio e magnifcano la
Madre di Lui.
Si completa anche da questa parte la tipologia della Genesi.
8. Koinnikn
Sai 4,7, "Salmo di fiducia individuale": "Si pose come Segno su noi
la Luce del Volto tuo, Signore". Partecipando ai Doni immacolati, i fedeli acclamano quanto percepiscono e ricevono oggi: dalla Parola, dalla santa Tavola, dalla Chiesa. Su essi, a partire dall'iniziazione ai Divini
trasformanti Misteri, le cui Realt divine oggi sono come sempre celebrate festosamente, il Signore pose in eterno il Smion supremo, la
Croce vivificante, sigillata sulla loro fronte, per indicare che in eterno
su essi invocato il Nome divino che salva.
Questo Segno comincia dal Golgota. Con esso sfolgor per sempre
la Luce divina increata immacolata indivisibile che proviene dal Volto
visibile del Figlio di Dio, il Signore nostro, Icona di Luce e di Vita, autentica ed unica rivelazione della Bont triipostatica del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Misericordia e Rivelazione eterne. quanto
nei tempi prescritti cantano i fedeli dopo la comunione: "Vedemmo la
Luce, quella Vera, ricevemmo lo Spirito sovraceleste, trovammo la fede veridica adorando la Triade indivisibile, poich Questa ci salv".
Sono le Realt permanenti della Croce e della koinnia al Corpo ed
al Sangue del Signore, crocifisso ma risorto.
9. Dopo la comunione
Si canta di nuovo YApolytikion della Festa.

NOTA SULLA SANTA CROCE


Al fine di offrire materiale utile alla contemplazione del Mistero
della Santa Croce del Signore, ed alla predicazione mistagogica al popolo santo, si fanno seguire una serie di considerazione tipologiche e
tematiche, che hanno come oggetto:
1077

CICLO DEI MNIA

a) le figure tipologiche della S. Croce nell'A.T.;


b) la tipologia Adamo antico - Cristo Adamo Ultimo;
e) titoli e funzioni della S. Croce, ricavati dalla lettura coniugata della
S. Scrittura, dei Padri e della Liturgia.
A. Le figure tipologiche della S. Croce nell'A.T.
Alcune tra le pi rilevanti:
- l'Albero della Vita al centro dell'Eden (Gen 2,9);
- l'Arca di No (Gen 6-9; 1 Pt 3,20);
- il Patriarca Giacobbe incrocia le braccia per benedire Efraim e Manasse, i figli di Giuseppe (Gen 48,8-20);
- Mos apre le braccia ed alza il bastone per dividere il Mar Rosso e
salvare Israele dal faraone (Es 14,21-29);
- Mos con il bastone fa scaturire l'acqua dalla roccia che salva Israele
dalla sete mortale (Es 17,1-7);
- Mos con le braccia in croce innalza il bastone come segno della vit
toria del Signore contro il mortale nemico Amaleq (Es 17,8-13);
- la Verga d'Aronne, unica fiorita tra quelle delle dodici trib d'Israele
(Num 17,16-26);
- il legno che sorregge il serpente di bronzo, la cui visione salva Israele
devastato dai serpenti infuocati (Num 21,6-9);
- Israele accampato in forma di croce a gruppi di tre trib, con al cen
tro il Santuario (Num 2,1-34);
- Giosu incrocia le braccia per chiedere al Signore di fermare il sole e
vincere la coalizione dei re amorrei (Gios 10,12);
- il legno dell'ascia tranciante recuperato da Eliseo nel Giordano (4 Re
(= 2 te) 6,1-7);
- Giona pone le braccia in croce nel ventre del cetaceo in cui seppel
lito, per resuscitare al terzo giorno (Gion 2).
B. La tipologia Adamo antico - Cristo Adamo Ultimo
Essa ruota intorno all'Albero della Vita o della morte.
1)11 Giardino
- Gen 2,8: il Signore dispone il Gan ha-Eden, il Giardino della delizia
in "oriente", in vista di Adamo;
- Gv 19,41: Ges sepolto nel kpos, "nel luogo dove fu crocifisso".
Vedi qui il ricco commento di S. Efrem Siro nel Diatessron, a Gv
19-21. Mentre la Genesi parla solo di pardeison e di edem, e mai di
kpos per il "giardino, orto", si trova nell'A.T. kpos per la terra pro
messa (Dt 11,10); per le tombe dei re di Giuda (2 Re (= 2 Sam)
21,18.26; 25,4; Neh 3,16); peril luogo dove si svolge l'incontro dello
Sposo e della Sposa nel Cantico (Ct 4,12 l'"orto chiuso"; 4,15, la
1078

NOTA SULLA S.CROCE

fonte; 4,16, la terra d'Israele, e cos in 5,1; 6,1.10; 8,13); in Eccli


24,31 la Sapienza emana l'Acqua della vita per il Giardino; in Eccli
24,23-25 il "Giardino" l'Eden nuovo.
2) II trapianto
- Adamo "trapiantato" dalla steppa nel Giardino delle delizie {Gen
2,8.15);
- Ges "consegnato" dal Padre alla Croce, e dunque al kpos.
3) L'Albero della Vita al centro del Giardino
- ad Adamo additato dal Signore l'Albero della Vita {Gen 2,9); al
margine del Giardino sta l'Albero della morte (= "della conoscenza
del bene e del male", Gen 2,9), che proibito. offerta una scelta
possibile, di fatto operata per superbia ed egoismo;
- a Ges devoluta solo la Croce, senza pi scelta, anzi per scelta vo
lontaria, come segno della filialit verso il Padre, e di fraternit verso
tutti gli uomini.
4) La collocazione
- Adamo dopo la caduta espulso dal Giardino, chiuso per lui e per la
sua discendenza {Gen 3,23-24);
- Ges sepolto nella tomba "nel kpos", il luogo da cui sorge per
sempre la Vita (Gv 19,41, e 20, 11-18).
5) La tentazione
- per Adamo, la prima anche l'unica tentazione, a cui soccombe: "se
volete essere come "Dio" (o "come di") {Gen 3,5, cf. vv. 1-5);
- Ges assalito dalla triplice tentazione sotto il titolo "se sei Figlio di
Dio...", nel deserto {Mt4,1-10; Le 4,1-12), come inizio, e alla Croce (cf. Mt
21,39-44, e par.), come fine, ma ne esce sempre vittorioso per s e per noi.
6) L'accettazione
- Adamo rifiuta l'Albero della Vita, e bench preavvertito sceglie deli
beratamente l'Albero del peccato per la morte {Gen 3,6);
- Ges accetta l'Albero della morte, che diventa l'Albero della Vita, la
Vita nella Morte e dalla Morte.
7) L'obbedienza
- Adamo disattende l'offerta dell'Albero della Vita, e disobbedisce al
precetto di non mangiare dell'Albero della morte, perch con le sue
sole forze vuole essere "come Dio" {Gen 3,5);
- Ges in modo filiale totale obbedisce al Padre in favore degli uomini,
accettando di essere "nella forma di schiavo - fino alla morte, e morte
di Croce" (cf. FU 2,6-11); l'episodio emblematico il Getsemani,
con l'invocazione: '"Abb',Padre!" {Me 14,36): la consumazione
la Croce, di nuovo con "Padre!" {Le 23,46).
1079

CICLO DEI MNA1 A

8) La sanzione
- Adamo con il suo peccato di superbia e d'egoismo produce il frutto
della morte per s e per la sua discendenza {Gen 3,22), bench prov
visoria, poich la divina Misericordia "riassume" il genere umano in
Abramo e nel Figlio d'Abramo Ges Cristo (cf. Gen 12,1-3; Mt 1,1;
Gai 3,16; cf. 3,29: per noi);
- Ges con la sua obbedienza fino alla morte di Croce produce la Vita
per s e per noi, Morte e Vita, due Doni del Padre, con cui conseguia
mo la Benedizione e la Promessa d'Abramo, ossia lo Spirito Santo
{Gai 3,13-14).
9) La nudit
- Adamo ebbe la gloria dell'"immagine e somiglianz di Dio" {Gen 1
26-27 e 2,7; 2, 25), ma per il suo peccato se ne spogli {Gen 3,7-12);
- Ges sub volontariamente l'infamia dell'esecuzione capitale romana
che comprendeva la nudit del condannato, e fu spogliato della sua
tunica integra e delle vesti (Gv 19,23-24), ma fu cos l'Icona della
Gloria del Padre.
10) La spoliazione
- Adamo si spogli per sua colpa: "allora apr gli occhi e si vide nudo,
si copr con foglie di fico..." {Gen 3,7), profanando la Gloria divina
dell'icona creaturale, inabissandola nell'abiezione da cui non si pot
rialzare (Gen 3,10-11);
- Ges permise che fosse spogliato da mani empie, e la sua abiezione
estrema divenne la superesaltazione della divina Gloria.
11) II rivestimento
- Adamo dalla divina Misericordia ricevette le "tuniche di pelle", le
"vesti della vergogna" {Gen 3,21), provvisorie, e necessarie alla futura
"riassunzione" (i Padri);
- Ges da Dio nella Resurrezione gloriosa fu rivestito nella sua carne
immacolata della Veste della Gloria che lo Spirito Santo, destinata
a noi nel santo battesimo {Gai 3,27; Rom 13,14).
12) La Vita
- Adamo ebbe il dono della Vita dal Soffio dello Spirito di Dio {Gen
2,7), ma la perde per s e per la sua discendenza per sempre {Gen
6,1-3);
- Ges riconsegna al Padre liberamente il Soffio divino (Gv 19,30),
che dal Padre aveva ricevuto indicibilmente alla sua Concezione im
macolata indicibile {Le 1,35; Mt 1,18-25), al suo santo Battesimo {Mt
3,16-17, e par.), alla folgorante Trasfigurazione {Mt 17,1-9, e par.).
Solo cos, divenuto per la Resurrezione "Spirito vivificante", pu do
narlo quale Adamo Ultimo (1 Cor 14,45) gi dalla Croce (Gv 19,34,
1080

NOTA SULLA S. CROCE

"subito Sangue e Acqua"), la sera della sua divina Resurrezione (Gv


20,19-23), alla Pentecoste (At 2,1-4), nel mirabile e trasformante gesto dell'iniziazione al suo Mistero (Gai 4,6; Rom 8,15), per essere
"Unico Spirito" con chi aderisce a Lui (1 Cor 6,17), essendo ormai
l'Unica inesauribile Fonte dello Spirito Santo (At 2,32-33).
13) L'Acqua della Vita
- per Adamo il Signore aveva disposto la supereffluenza della Fonte
nel Giardino, con 4 "capi" che dovevano giungere alle estremit del
l'universo (Gen 2,10-14), da cui scaturiva la Vita proveniente dal
l'Albero al centro; ma l'Acqua rest estranea a lui, infeconda;
- Ges riapre questo santo infinito Flusso che lo Spirito Santo, "subi
to" dalla Croce (Gv 19,34, con il Sangue), dal Costato, il Lato destro
del Tempio escatologico (Gv 2,18-20; 7,37-39, su Ez 47,1-3). il
Tempio propriamente divino e vivente (Ap 22,1-5). Riapre dunque il
nuovo ed eterno Eden, il Paradiso delle delizie senza fine, con l'Uni
ca Fonte dall'Unico Albero della Croce, e con i "4 Capi" che giungo
no ormai ai confini dell'universo, i 4 Evangeli (S. Ireneo).
14) II Sangue Vita
- Adamo trasmette a Caino la sua "immagine e somiglianz" (cf. Gen
5,3, anche se detto per Set), il quale versa il sangue del fratello Abele
(Gen 4,3-8), e la terra ne contamintata orribilmente (Gen 4,10-12, cf.
3,18, la maledizione delle spine e triboli per il padre Adamo 9,1-7);
- Ges l'Abele Ultimo, che versa il suo Sangue in modo volontario,
per tutti gli uomini (Gv 19,34), quale Mediatore dell'Alleanza nuova,
che fa accostare tutti gli uomini al Sangue suo purificatore "che parla
meglio che Abele" (Ebr 12,24), Sangue che la Vita (cf. Lev 17,11)
da donare a Dio che la dona, affinch sia carico di efficacia purifcatrice, propiziatrice, protettrice, riconciliatrice, vitalizzante, ponente in
comunione con Dio.
15) II costato
- dal costato di Adamo dormiente il Signore "costruisce" l'va prima,
la Madre dei viventi nel peccato (Gen 2,21-24 e 3,20), 1'"aiuto simile
a lui" (Gen 2,18), bench nel peccato (Gen 3,1-6);
- dal Costato immacolato di Ges, l'Adamo Ultimo addormentato sul
la Croce "esce subito" l'va Nuova, la Madre dei viventi nella Gra
zia dello Spirito Santo (Gai 4,26; Efes 5,25-29; Ap 22,17), T'Aiuto
simile a Lui" ma nel portare la divina salvezza al mondo, la Chiesa.
16) L'va Nuova ultima
- Eva la vergine di sterilit morale coglie il frutto proibito della super
bia e della disobbedienza al suo Signore Dio e Creatore, e lo porge
1081

CICLO DEI MNIA

allo sposo Adamo e cos a tutto il genere umano (Gen 3,6), da sotto
l'Albero della morte (Gen 3,1-5);
- Maria l'va Nuova (S. Ireneo) con le Donne fedeli con cui forma la
Comunit, Vergine prima, durante e dopo il parto, Madre di Dio e
Madre dei suoi fedeli (per la Comunit, cf. Le 8, 21!), attende nel
l'obbediente silenzio il Frutto divino dell'Albero della Vita, Frutto
dell'umilt e della filiale obbedienza, sotto la Croce, e lo riceve "su
bito" come "Sangue e Acqua", lo Spirito Santo (Gv 19,25-28 e-34) e
gi in anticipo fecondo (Le 1,35).
17) II giorno
- Adamo creato al 6 giorno (Gen 1,26-27 e 31), considerato anche
come il 1 giorno per il Soffio divino dello Spirito di Dio originante
(Gen 2,7);
- Ges al 6 giorno vecchio (Gv 19,31) muore, e il 1 Giorno nuovo resuscita alla Vita divina dello Spirito Santo (Gv 20,1-12.19-23).
18) II Giorno nuovo
- per Adamo disposto il 1 giorno (Gen 2,7), il 6 giorno (Gen 1,2631) ed il 7 giorno, il sabato (Gen 2,1-3); giorno, che si invecchia subito per il peccato; con lui si invecchia l'intera creazione (cf. Rom
8,16-25; Ebr 1,11) e l'intero genere umano (2 Cor 3,14; Efes 4,22;
Col 3,9);
- Ges resuscitando dalla Morte al Giorno l-8 inaugura la creazione
nuova che non invecchia pi (Col 1,15; e Gai 6,15; 2 Cor 5,17).
19) Uschaton divino
- per Adamo il suo inizio (Gen 1,26-21; 2,7) segna per sua esclusiva
colpa anche la sua fine senza seguito (Gen 3,1-7.8-24);
- per Ges, la sua Fine, nel Tetlestail, "Da parte del Padre stato
compiuto!" (Gv 19,30a), che anche il suo Fine, tlos (cf. 1 Cor
15,24; e Gv 13,1-3), segna coestensivamente il suo Inizio: lo Spirito
Santo (Gv 19,30b), il "Sangue e Acqua subito" (Gv 19,34), Egli stes
so Alfa e Omega (Ap 1,8; 21,6; 22,13, cf. Is 41,4), "il Principio" (Gv
1,1-18; Col 1,15-20): "Ges Cristo! Ieri ed Oggi! Il Medesimo per il
secolo!" (Ebr 13,8).
Crocifisso e Risorto nello Spirito del Padre, Egli la nostra Fine ed
il nostro Fine, nostro Alfa ed Omega, nostro Principio, nostro Ieri e nostro Oggi. Il nostro Tutto per i secoli eterni con il Padre e con lo Spirito
Santo, il Dio Unico, a cui il Regno e la Potenza e la Gloria, l'amore, la
lode e l'adorazione. Amen.
C. Titoli e funzioni della S. Croce
Si elencano con ordine approssimativo i principali titoli e funzioni
1082

NOTA SULLA S. CROCE

che la Santa Scrittura e i Padri e la Liturgia fanno conoscere della Croce del Signore.
Molti dei termini, per non dire tutti, sono trasponibili, ossia sono intercambiabili tra le varie divisioni e funzioni che qui sono delineate in
modo aperto, e non escludente.
1. In rapporto al Mistero trinitario
- Croce divina
Teofanica
Parusiaca
- Filiale
Amorosa
- Eterna
Immortale
Immutabile Indelebile
Infinita Onnipotente
- Misterica
Misteriosa
Sapienziale
- Terribile
Nobile
Immacolata Gloriosa
- Regale
Sovrana
- Intronizzata
Superesaltata
- Fedele
Santa
- Pacifica
- Cosmica
- Escatologica.
2. Nell' Oikonomia del Padre nel Figlio con lo Spirito Santo
- Croce misericordiosa
Inevitabile
- Albero della Passione
Luce del Volto del Signore
Ombra delle Ali divine
Splendore di sole
Segno sfolgorante tra gli astri
- Trono del Regno
Scettro di Maest
Sgabello dei Piedi del Signore
1083

CICLO DEI MNIA

Bastone del Pastore divino


- Corona della Gloria
Arma della Vittoria
Arma di pace
- Altare del Sacrificio
Tavola dell'Offerta
Talamo nuziale
Fontana del Sangue e dell'Acqua
Incontro dell'Amore
- Prezzo del riscatto
Ara della riconciliazione
Caparra della resurrezione
Colonna del creato Ancora
di eternit Sostegno
dell'universo Scala celeste
Tomba vuota
- Icona della Grazia
Anamnesi eterna
Benedizione universale
Lode permanente
- Segno del Mistero
Indice della Rivelazione
Rivelazione della Sapienza eterna
Verit della Misericordia
- Vessillo militante
Vessillo fiammeggiante
Audacia divina
Onore divino
- Luogo della propiziazione
Tempio dell'intercessione
Santuario della riconciliazione
Strumento del soccorso
Visione di vocazione
Fontana della Comunione
- Inimicizia contro i demoni
Disfatta dei demoni
Predatrice dell'inferno
- Protezione sovrana
Fortezza inespugnabile
- Segno della Gioia divina
Divino Tesoro piantato sulla terra
Albero fiorito
1084

NOTA SULLA S. CROCE

Legno che fa fiorire la Vita


Legno fruttuoso
Albero vivificante
Legno che sostiene il Grappolo divino
Albero del Cibo immortale
Albero del Cibo dell'incorruttibilit
- Amabile sopra ogni dono.
3. Per YEkklsia dei primogeniti
a) Degli Angeli
- Centro d'adorazione
- Gloria
b) Degli Apostoli
- Ornamento
- Vanto
- Predicazione
e) Dei Martiri
- Comunione perfetta con Cristo
- Desiderio supremo
- Arma dell'agone
- Ricompensa
d) Dei Santi
- Sigillo dell'esistenza
- Contemplazione perenne
- Ingresso nella Visione
4. Per YEkklsia sulla terra
- Dignit sacerdotale
- Decoro verginale
- Dono ai mortali
- Scala per il cielo
- Porta del Paradiso
- Luce dei credenti
- Protezione dei credenti
- Vanto dei credenti
- Onore dei battezzati
- Consacrazione dei confermati
- Conforto dei credenti
- Forza dei perseguitati
- Trofeo invitto della devozione
- Icona della fede
- Speranza dei forti
1085

CICLO DEI MN1 A

- Forza dei deboli


- Medicina per i malati
- Fermezza dei giusti
- Soccorso unico per tutti
- Difesa dei piccoli
- Guida per i ciechi
- Albero della Nave
- Faro per gli erranti
- Liberazione perfetta dell'Adamo caduto
- Sostegno per i ritardati
- Bastione contro l'inferno
- Via per i moribondi
- Porto dei flagellati dalla tempesta
- Resurrezione di tutti i morti.
5. Ver YEkklsiaSposa.
- Croce amata
- nuziale
- feconda
- generante
- fruttuosa
- coronante
- Vessillo che apre la. pangyris nuziale
- Nutrice
- Maestra.
6. Per YEkklsia celebrante
- Croce iconizzata
- superesaltata
- benedetta
- venerata
- invocata
- acclamata
- dossologica
- resurrezionale
- pentecostale
- memoriale eterno
- epifanica
- battezzante
- confermante
- consacrante
- benedicente
- predicante
- conviviale
1086

NOTA SULLA S. CROCE

templare
sacerdotale
profetica
gemmata
festiva
festosa
gioiosa.

7. Per gli uomini rinnovati


- Croce liberante
- personificante
- purificante
- redentrice
- radunante
- unificante
- affratellante
- stabilizzante
- riposante
- convertente
- accogliente
- vivificante
- elevante
- illuminante
- trasformante
- divinizzante.
8. Per i re e capi cristiani
- Forza dei re e dei capi fedeli
- Palladio della Cittadinanza cristiana.
9. Per l'universo
- Ornamento
- Sicurezza
- Custodia
- Centro
- Perfezione.

1087

15-21 SETTEMBRE
DOMENICA DOPO L'ESALTAZIONE
DELLA S. CROCE
La Domenica che precede il 14 Settembre, come quella che segue,
formano un segmento celebrativo compatto.
1. Antifone
Del 14 Settembre, o i Typikd ed i Makarismi.
2. Eisodikn
Della Domenica.
3. Tropari
1) Apolytikion anastsimon del Tono occorrente.
2) Apolytikion del 14 Settembre.
3) Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
4) Kontdkion del 14 Settembre.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Sai 103,24,1, "Inno di lode".
Vedi la Domenica 4a di Luca.
b) Gai 2,16-20
Vedi la Domenica 4a di Luca
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sa/44,5.8
Vedi la Domenica 4a di Luca.
b) Me 8,34 -9,1
E l'Evangelo della Domenica 3a
Croce.

di

.
.
Quaresima, Adorazione della

L'applicazione all'attuale Domenica deve tenere conto delle considerazioni svolte come introduzione alla Festa dell'Esaltazione della
Croce, vedi sopra. L'Evangelo di oggi forma un contesto formidabile:
dalla Croce del Signore alla croce che ciascun battezzato deve accettare
nella sua esistenza, pi propriamente, quale sua esistenza vera.
1088

DOMENICA TRA 15 E 21 SETTEMBRE

Ci si deve riferire anche alle Note poste qui sopra in appendice al 14


Settembre, in specie sotto la lettera C, "Titoli e funzioni della S. Croce". La Croce dunque l'Indice innalzato per chi vuole ritrovare la via
alla Casa del Padre.
6. Megalinario
Della Domenica.
L'uso dell'Eparchia di Piana degli Albanesi cantare qui il Megalinario della S. Croce, Mystiks i, Theotke, Pardeisos, vedi il 14 Settembre.
7. Koinnikn
Della Domenica.

1089

17 SETTEMBRE
SANTA SOFIA MARTIRE E LE SUE TRE FIGLIE
FEDE E CARIT E SPERANZA
1. Antifone
Del 14 Settembre.
2. Eisodikn
Del 14 Settembre.
3. Tropari
1)Apolytikion del 14 Settembre.
2)Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
3)Kontkion del 14 Settembre.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Sai 67,36.27 , "Azione di grazie comunitaria".
quello del 9 Settembre. Oggi si canta per richiamare l'attenzione
su questo fatto: il Signore meraviglioso e meravigliante tra i suoi santi,
ama essere adorato contornato dalla folla innumerevole di quanti Egli
ama, le creature incorporee e le creature umane, sante della medesima
Santit conferita dallo Spirito Santo. Tuttavia in specie questo concerne
i Martiri, quelli che il Signore volle assimilare pi perfettamente al Figlio suo Crocifisso ma risorto e glorioso. Cos la nostra attenzione si rivolge alla gloriosa Martire Sofia, "Sapienza" d'amore, ed alle sue inclite
Figlie martiri Pistis, "Fede", e Agape, "Carit", ed Elpis, "Speranza",
nomi simbolici che abbracciano l'esistenza cristiana e ne fanno il dono
totale al Signore.
Lo Stichos (v. 27) chiama a benedire questo Signore nostro nelle
sante sinassi celebrative, Egli che la Fonte inesauribile della santit
del popolo suo.
b) Gai 3,23 - 4,5
L'Apostolo Paolo qui tratta della natura della pistis, la fede divina
che salva. Essa doveva essere divinamente rivelata, quindi comunicata
agli uomini che l'avrebbero accettata per intero, ma la divina Disposizione permise che intanto la Legge santa fosse la guida severa verso
l'adempimento, in un certo senso racchiudendo i fedeli d'Israele nelle
strettoie dei precetti (v. 23). Il giudizio di Paolo non ingiusto verso la
Legge, riconoscendone al contrario i meriti. Gli antichi erano pides,
1090

17 SETTEMBRE

necessitosi di essere condotti (ago) lungo la via verso la maturazione


da un buonpaidaggs, cos finalmente da trovare con sicurezza Cristo
Signore. Egli avrebbe portato la "giustificazione", ossia l'assoluzione
dalla colpe e la riammissione all'amicizia con Dio, la quale proviene
dallapistis, ossia dall'adesione d'amore a Lui che chiama (v. 24).
Ora, la fede venne come indicibile dono portato dallo Spirito Santo
e ottenuto da Cristo Signore, e con la fede venne la piena maturazione,
e perci del "pedagogo" buono non esiste pi necessit (v. 25).
Infatti avviene l'Evento decisivo, fondante: il dono della fede, meglio, lo Spirito Santo per la mediazione essenziale di Cristo Signore, in
chi l'accetta produce la divina filiazione: "diventare figli di Dio" veri
(v. 26). Su questo insiste, oltre Paolo, anche Giovanni, in testi esemplari
come Gv 1,12-13; 1 Gv 3,1-2. La filiazione divina, che il Gratuito
divino, l'assunzione alla relazione trasformante con la Paternit divina mediante il Figlio Monogenito. Ora, il proprio e l'ultimo scopo del
Figlio Monogenito, facendoci fratelli suoi e diventando cos il Primogenito e Primate tra molti fratelli (cf. Rom 8,28-30), la divinizzazione
nella comunicazione dello Spirito Santo.
Ma la divinizzazione filiale un termine finale che si deve attendere
all'ultimo? Non sembra. piuttosto una condizione ingressiva ed in
crescita, che divinamente inaugurata nell'essere "battezzati in Cristo".
Il N.T. parla, esplicitando, di "battesimo" come iniziazione al Mistero,
comprendente per essenza anche la confermazione crismata e l'ingresso
al Convito dei Misteri. Inoltre, "essere battezzati" esistere "come Cristo", il che comporta essere consofferenti, concrocifissi, conmorti, consepolti con Lui, e perci anche conresuscitati, conglorificati, conintronizzati, conregnanti con Lui presso il Padre - dunque divinizzati. Questo dal "battesimo", quando si diventa "unico Spirito con Cristo" (1
Cor 6,17). L'immagine simbolica che al v. 27 usa l'Apostolo che i
battezzati sono "rivestiti di Cristo". questo il canto glorioso che sostituisce il Trisdgion nella Divina Liturgia a cominciare dalla Veglia della
Resurrezione, nella quale anticamente si conferiva l'iniziazione ai catecumeni; e di qui, anche in diverse altre grandi solennit della Chiesa.
"Rivestiti" significa portare un "abito" che indossato non si dismette
pi, non si pu "cambiare" pi. Se si fa, si commette l'apostasia del
peccato. Ora, la "veste che Cristo", insieme lo Spirito Santo, che riveste i fedeli "dall'Alto", ossia da parte del Padre (cf. Le 24,49).
quella che successivamente Paolo chiamer "la vita in Cristo vita
nello Spirito Santo" (Rom 8,9). l'assimilazione perfetta al Signore
Risorto operata dallo Spirito Santo e voluta dal Padre (Rom 8,11). E
nessuno stato cos perfettamente reso "un Cristo vivente in lui" dallo
Spirito Santo, la Potenza divina, se non i Martiri gloriosi ed amati e veneratissimi dalla Chiesa e dalle Chiese.
1091

CICLO DEI MENAIA

Una delle conseguenze di questa filiazione divina che assimilazione al Figlio Monogenico, che nei fedeli cos conformati scompaiono
finalmente le divisioni che sono veri "scismi causati dal peccato": n
Ebreo n Greco (divisioni religiose e culturali), pur restando Ebrei cristiani e Greci cristiani (ricordando che nel linguaggio del N.T. e dei Padri, "Greco" voleva indicare il pagano per definizione); n schiavo n
libero (divisioni sociali e politiche ed economiche), pur restando chi
deve stare "sotto" e lavorare per gli altri in una societ bene ordinata, e
chi deve stare "sopra", e disporre il buon ordine della societ; n maschio n femmina (divisioni dovute all'odio tra i sessi, cf. Gen 3,12!; se
si usa altro linguaggio, si mentir e si nasconder la realt del peccato
in cui siamo nati e costituiti), pur restando i due sessi, ma bene ordinati
reciprocamente. Scompare ogni "scisma" perch prevale l'unit: essere
hn, "unica realt" in Cristo (v. 28), dove si impone ormai l'amore per
Lui e dunque per "i Lui" che sono i fratelli.
Il v. 29 una "teologia della storia" a partire dalla conclusione
per risalire alla premessa: "essere di Cristo", essere propriet prezio sa di Lui, costituita dal battesimo, significa per ci stesso far parte
della discendenza d'Abramo, essere coeredi di Cristo Figlio d'Abramo (cf. 3,16, fondamentale), secondo la divina Promessa. Ora poco
prima il medesimo Paolo aveva insistito: Cristo appeso al Legno ottenne per noi la Benedizione e la Promessa d'Abramo, che sono lo
Spirito Santo (3,13-14).
In 4,1 descritto 1'"erede", che finch minorenne libero ed in
fondo "padrone", e tuttavia come uno "schiavo". Per lui infatti dispongono tutto ovviamente i genitori se ancora vivono, altrimenti i necessari tutori, i "pedagoghi", gli amministratori disposti dal tribunale
civile, e finch i genitori, se vivi, dispongano altrimenti (v. 2).
La comparazione serve a delineare la nostra stessa condizione: da
"piccoli" poich la crescita fu solo dal battesimo i padroni nostri
erano gli "elementi del mondo" (v. 3). L'espressione difficile, ma dice
circa questo: prima della fede gli uomini conservano un certo "lume
della ragione" (cf. Rom 1, 18-23), per cui dalla creazione visibile potrebbero risalire al Creatore e Dio e Signore. Di fatto la deviazione constatabile la caduta addirittura nell'idololatria, come dir il v. 8, ossia
ignorare il cielo, e curvarsi all'adorazione di quegli "elementi" (astri,
cielo, terra, fonti, fiumi, montagne, animali...).
E per la Disposizione divina provoc la "pienezza (plrma) del
tempo (chrnos)", dove il "tempo" quello malvagio, trasformato bens
in kairs, il tempo opportuno, stabilito, positivo. Allora il Padre invi il
Figlio Unico secondo la legge della natura umana: nato dalla Donna, la
Semprevergine Sovrana Madre di Dio (gyn qui titolo nobiliare!), disposto a vivere "secondo la Legge antica" nell'obbedienza (v. 4).
1092

17 SETTEMBRE

II fine di questa vera katastroph, ribaltamento delle condizioni della


storia degli uomini, uno solo: riscattare i sudditi della Legge, anzitutto, e donare ad essi la filiazione divina nel Figlio (v. 5).
Il v. 6, fuori della pericope odierna, ribadisce: il Padre invi (exapostll, come al v. 4!) lo Spirito Santo, "Spirito del Figlio di Dio", nei
cuori. E lo Spirito Santo nei cuori grida Egli stesso la suprema acclamazione: 'Abb'l,Padre! l'evento battesimale richiamato sopra. Ma
'Abb' si grida sempre, con il "Padre nostro", in specie nella Divina
Liturgia, ed in ogni occasione di preghiera, supremo grido d'amore al
Padre Buono dei figli con il Figlio Buono nello Spirito Tuttosanto e
Buono e Vivificante.
Fu anche il supremo grido dei Martiri, duplicemente battezzati dallo
Spirito del Figlio, prima alla kolymbthra e poi nel dono della loro vita
per testimoniare Cristo Signore.
5. E VANGELO
a) Alleluia: Sai 39,2.3b, "Azione di grazie individuale".
Il Salmista ricorda che aveva riposto ogni speranza nel Signore. Come sempre, allora, il Signore volse il suo Volto di Misericordia verso
lui, ed accolse il suo grido. Cos dei Martiri.
Lo Stichos (v. 3b) conferma: il Signore pone il suo fedele saldamente
sulla roccia incrollabile che la Vita eterna, e dispone che i suoi passi si
dirigano verso questa Vita senza tramonto. Ancora richiamo ai Martiri.
b) Me 5,24-34
II Signore Ges, battezzato dallo Spirito Santo, passa lungo la Galilea annunciando nella Potenza divina dello Spirito l'Evangelo del Regno, ed operando le opere irresistibili con cui riconquista il Regno del
Padre, in specie l'espulsione dei demoni (5,1-20), le guarigioni (la pericope di oggi) e le resurrezioni (5,21-23.35-43).
Il parallelo di Le 8,41-56 stato commentato nella Domenica 7adi
Luca, alla quale si rimanda per i contenuti. Qui si daranno alcune tracce proprie di Marco.
Ed anzitutto, questione del contatto volontario del Signore con una
donna, gi proprio perch donna, e poi malata gravemente di perdite di
sangue da ben 12 anni, senza rimedio n speranza di guarigione. Se si
pu dire cos, si ha il caso di una tipica "debolezza" femminile (non nel
senso moderno! Le donne non sono il "sesso debole"), ossia una situazione che incide gravemente sulla condizione di donna, rendendola
inavvicinabile, di certo invisa a parenti e ad amiche, non tollerata dalla
societ. Inoltre, una donna malata cos, era esclusa dall'assemblea liturgica, fatto massimamente grave per un'Ebrea credente e fedele.
1093

CICLO DEI MENAIA

L'incontro con Ges avviene in realt come accostamento reciproco:


Ges "va tra la folla" per soccorrere la figlia di Iair, il capo della sinagoga, che data come morente; ovviamente non "va" solo per la bambina, poich "venne" per tutti. La donna si accosta, e nella fede sa che
solo se toccher il lembo della veste del Signore, sar guarita.
Quando la donna osa compiere questo gesto, Ges lo sa. Anzitutto,
sa che la potenza guaritrice che promana dalla sua santa Umanit, stata
posta in effetto: dalla fede della donna. E poi qui solo Marco lo
annota sa che si tratta di una donna tra la folla, e quindi "guardava
intorno per vedere quale donna (con il pronome femminile tn) questo
aveva fatto (con il participio aoristo femminilepoisasan) (v. 32).
Va notato che Ges accetta il gesto, per tiene a ribadire che "la fede
tua ha salvato te" (v. 34). E la rinvia in pace (ivi).
La gloriosa Martire Sofia e le sue conmartiri Figlie, in apparenza
"donne deboli", confermano oggi come il loro Signore accett la loro
fede, le rese invincibili, le ammise nella "sua Pace".
La Chiesa antica sapeva che la potenza malefica e mortale del demonio vinta dalla fede, ma specialmente in due modi: la fedelt alla
Parola di Dio, ed il martirio delle Donne fedeli (Origene).
6. Megalinario
Ordinario.
1 .Koinnikn
Del giorno occorrente.

1094

23 SETTEMBRE
IL CONCEPIMENTO DEL VENERATO, GLORIOSO
PROFETA, PRODROMO E BATTISTA
GIOVANNI
Si dovr notare qui, e con grande attenzione, che la data del concepimento di Giovanni figlio di Zaccaria sacerdote e di Elisabetta, fissato dalla
Chiesa al 23 Settembre, data storica, non ideologica. Infatti per ideologia si pu ragionare cos: poich Ges fu annunciato alla Vergine di Nazaret il 25 marzo, e poich questa corse dalla cugina Elisabetta che era incinta da 6 mesi, allora, essendo nato Ges 9 mesi dopo il mese di marzo,
si ha che per Giovanni tutto deve essere retrodatato, per coincidere con la
narrazione evangelica, di 9 mesi, la sua nascita cadendo cos a giugno.
strano, ma tale calcolo giusto proprio perch fondato su dati
storici, scoperti questi ultimi anni.
Nelle grotte di Qumrn, sul Mar Morto, dove la comunit monastica
forse di Esseni aveva nascosto parte della sua imponente biblioteca per
sottrarla alle distruzioni dei Romani (anni 66-70 d.C), gli esploratori
tra l'altro hanno ritrovato finalmente le "liste dei turni" dei sacerdoti
nel tempio di Gerusalemme all'epoca di Cristo. Tali liste assegnano 2
turni di officiatura, secondo l'ordine immutabile, alla famiglia di
Abijah, a cui apparteneva Zaccaria. Il 2 di tali turni cadeva ali' 8 mese
ebraico, circa settembre.
Questo stabilisce che il 25 Marzo, e dunque il 25 Dicembre per Ges, e il 23 Settembre e 24 Giugno per Giovanni il Prodromo, sono semplicemente date storiche, conservate religiosamente dalla Chiesa. Vedi
anche il 25 Dicembre.
E la Chiesa per l'immensa figura del Prodromo ha voluto disporre
una serie di celebrazioni che mostrano la perfetta assimilazione al Signore e suo parente Ges, del "pi grande tra i nati da donna": concezione, nascita, martirio, santit. Vedi il 29 Agosto.
1. Antifone
Antifone ordinarie, o i Typikd e i Makarismi.
2. Eisodikn
Ordinario.
3. Tropari
1) Apolytikion del Prodromo. la rilettura di una serie di testi biblici.
richiamato Is 54,1, nell'indirizzo ad Elisabetta, invitata a gioire, lei che
fino a quel momento era la sterile incapace di partorire. In lei avvenne
1095

CICLO DEI MNIA

il prodigio, connotato dalYido, ecco, come normalmente si dice quando


il Signore interviene nell'esistenza dei suoi fedeli: ella concep la lampada che annuncia il Sole. la rilettura di Gv 1,6-8, dove Giovanni il "testimone della Luce" del Verbo Dio, e di Gv 5,35, dove Ges stesso dice
di Giovanni: "Era egli la lampada (lychnos) che arde ed illumina"; ed infine di Gv 3,30, dove parla Giovanni stesso di Ges: "Si deve che Egli
cresca, e che io diminuisca". La lampada di fronte al Sole infinitamente meno, e tuttavia non annullata, poich indica sempre Colui che, Sapienza divina, la Luce su tutta la "futura Oikonomia", gi malata di cecit colpevole. chiamato a gioire anche Zaccaria, che ormai pu gridare apertamente (con parrhsi): "Colui che sta per essere partorito,
Profeta dell'Altissimo!", rilettura di Le 1,76.
2)Apolytikion del Santo titolare della Chiesa.
3)Kontkion: Prostasia tn christiann.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Sai 63,11.2, "Supplica individuale".
Il giusto esortato a gioire nel Signore, a confidare in Lui solo (cf.
VApolytikion), insieme con tutti i fedeli dal cuore retto.
Lo Stichos (v. 2) l'epiclesi al Signore affinch ascolti il gemito del
suo giusto, come ascolt Zaccaria ed Elisabetta.
b) Gai 4,22-27
VApstolos del 9 Settembre a cui si rimanda, annotando che la situazione di Gioacchino ed Anna era analoga a quella di Zaccaria ed
Elisabetta. Ricorre anche qui la rilettura di Is 54,1, sull'esultanza della
sterile che adesso il Signore guarisce.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 91,13.14, "Azione di grazie individuale".
La meditazione del Salmista si appunta sul Giusto, che a suo tempo,
come Zaccaria, germoglia come la ricca palma da frutti, e diventa glorioso come un cedro del Libano che si innalza al cielo.
Lo Stichos (v. 14), precisa: i Giusti sono trapiantati nella Casa del
Signore, fioriscono negli atrii di Lui. Zaccaria come sacerdote fu questo a duplice titolo: per officiare nel tempio, e per entrare a far parte
della Casa del Signore, il cui Capo Cristo Signore (Ebr 3,6).
b)Le 1,5-25
Luca uno storico del tutto affidabile. Egli precisa la sua metodologia nel "prologo" del suo Evangelo: 1,1-4. Sa di essere della seconda
generazione apostolica, quando altri prima di lui (in specie Matteo, ma
1096

23 SETTEMBRE

anche Paolo, Pietro, Giacomo) hanno gi scritto sul Signore, per essere
stati testimoni oculari e dunque "ministri della Parola". Era necessario
che anche lui seguisse questa via, per le necessit delle Chiese. Perci
fece diligenti ricerche, sia negli archivi del tempio, sia interrogando gli
Apostoli, sia soprattutto la Madre del Signore. Cos ordina tutti i fatti
appurati cominciando dall'inizio, cos che il lettore (qui, il nobile Teo filo, un personaggio peraltro sconosciuto) sia confermato in quella Ve rit, della quale gi fu "catechizzato".
Ora, con l'"Evangelo dell'Infanzia del Signore" (Le 1,5 - 2,52), Luca
vuole fare, come Matteo (Mt 1,1 - 2,23), una specie di atrio narrativo
della Vita del Signore, per cos dire "l'inizio dell'Inizio". E ci riesce
splendidamente. Senza Luca, si ignorerebbero molti fatti storici della
Vita del Signore, tra cui le date certe che costellano l'opera lucana.
Luca allora procede cos: concepisce qui un dittico, i cui due pannel li
preziosi ed interconnessi sono Giovanni il Prodomo e Ges. Del resto il
medesimo dittico fa con l'Evangelo e gli Atti, con la Vita di Cristo e la
vita della Chiesa, viste come analoghe in tutto. Per descrivere gli
esordi delle vite del Prodomo e del Veniente Figlio di Dio, Luca si ser ve
abilmente del linguaggio dei LXX, creando dunque in greco un'at mosfera narrativa fortemente ebraica attraverso l'uso di numerosi ed
importanti semitismi.
La pericope di Le 1,5-25 va letta da diversi punti di vista, tutti importanti. Ed anzitutto, nel contesto dell'intervento divino tipico che si
chiama euaggelisms, 1'"annuncio della Novella regale" di bene, secondo il testo fontale, a cui occorre di continuo rifarsi, di Is 52,7, con il
verbo primordiale bissr-euaggelizomai, e con il contenuto universale:
"Regn il Signore!". Ora, il N.T. al suo aprirsi contiene una serie bene
ordinata di reiterazioni di questo intervento, in una grande coerenza,
che si pu disporre cos:
- Le 1,5-25: Veuaggelisms aZaccaria; il verbo al v. 19;
- Le 1,26-38: a Maria Vergine di Nazaret;
- Mt 1,18-25: a Giuseppe il giusto;
- Le 1,39-56: ad Elisabetta, la "visitazione", o Vaspasms;
- Le 2,20-12: ai Pastori di Betlemme; il verbo euaggelizomai al v. 10.
Si nota che l'Evangelizzatore sempre l'Angelo del Signore, ad
eccezione per che per Elisabetta, dove l'Evangelizzatrice Maria la
Madre di Dio. Inoltre, il contenuto unico dell'Euaggelisms, come
poi deWEuagglion cf. il classico Me 1,1! Ges il Cristo, il
Figlio di Dio.
Sar anche interessante sopra annotare che i primi 4 episodi delVEuaggelisms qui elencati formano l'ossatura tipica delle Domeni che
del "tempo del Subbr1", ossia dell' Annuncio, che precedeilNa-VEuaggelismsquielencatifo il datale del
Signore nelle Liturgie siriache delle due tradizioni, orientale e
1097

CICLO DEI MN1 A

occidentale (si pu aggiungere anche la Domenica della Nascita del


Battista come 4a 5, nella Liturgia maronita). Di questo si dovr parlare poi per il 25 Marzo.
D'altra parte, oltre che evidenziare il parallelo Giovanni-Ges, Luca
vuole anche, e forse anche specificatamente, evidenziare il parallelo Liturgia del sacerdote Zaccaria - Liturgia di Ges Cristo il Figlio di Dio.
Gi S. Ireneo (e. 180) aveva acutamente percepito che gli Evangeli
aveva ciascuno una "funzione" complementare con gli altri:
"Gli Evangeli non sono n pi n meno di questi 4. Poich 4 sono le
regioni del mondo, e 4 i venti principali, e poich la Chiesa disseminata sulla terra intera, e "colonna e fondamento della Chiesa" (cf.
1 Tim 3,15) sono l'Evangelo e lo Spirito della Vita, cos 4 sono le
Colonne che spirano dappertutto l'incorruttibilit, e donano la vita
agli uomini.
Di qui appare che il Verbo, Artefice di tutto, che sta intronizzato sui
Cherubini (Sai 79,3) e tiene unito tutto (Sap 1,7), ci don un unico
Evangelo quadriforme, informato dal medesimo Spirito. Per questo
David, invocando la sua Venuta, dice: "Tu, intronizzato sui
Cherubini, vieni!" (Sai79,3). I Cherubini infatti hanno 4 aspetti, che
rappresentano l'attivit del Figlio di Dio: "II primo Vivente dice
il Profeta (Ez 1,10; Ap 4,7) somiglia al Leone", caratterizzando cos
la sua operazione dominatrice e regale. "Il secondo simile al
Vitello", indicando la sua destinazione al sacrificio ed al sacerdozio.
"Il terzo ha il volto d'Uomo", riferendoci chiaramente alla sua Venuta nella natura umana. "Il quarto simile all'aquila volante", segno della Grazia dello Spirito che alita sulla Chiesa. A tali simboli
corrispondono gli Evangeli nei quali sta Cristo...".
Si noti qui l'uso simbolico della Chiesa antica, quello originale: il
leone Giovanni, il Vitello Luca, l'Uomo Matteo, l'Aquila
Marco. Per ciascuno, S. Ireneo da la splendida giustificazione. A noi
qui interessa la caratterizzazione di Luca:
...E quello "secondo Luca", poich di carattere sacerdotale, cominci da Zaccaria il sacerdote offerente incenso a Dio (Le 1,8-10). Gi
era infatti preparato il vitello ingrassato, che per il ritrovamento del
figlio pi giovane stava per essere immolato (Le 15,23) (S. IRENEO,
Adv. haer. 3,11,8, in PG 7,855B; cf. sopra, p. 161).
Per Luca, la storia della salvezza una continua Liturgia davanti
alla Maest indicibile del Signore, e in questa visione concepisce la
sua opera: dove tale Liturgia passa nell'esitazione che il sussulto
1098

NOTA SULLA LITURGIA DELL'A.T.

per la gioia troppo grande dal turno officiante del sacerdote Zaccaria alla Benedizione finale eterna consacrante dell'Unto di DioGes,
il Crocifisso ma Risorto. Cos, la lapericope dell'Evangelo (escluso il
prologo), ossia i vv. 5-25, deve essere letta secondo la "lettura Omega" subordinatamente all'ultima, 24,50-53, dove Cristo Risorto, terminata la sua Liturgia sacrificale oblativa terrena per il Padre, pu finalmente "levare le mani" sui discepoli, e "benedire", per salire quindi ad inaugurare la Liturgia celeste cosmica eterna. Benedire. Zaccaria non aveva potuto.
La Liturgia di Zaccaria, vera e divina secondo la Legge santa, doveva terminare con la "benedizione" al popolo. Ma fu arrestata.
L'euaggelisms a Zaccaria si colloca dunque dentro la Liturgia, il
momento pi vero della vita umana. In specie, la vita ebraica fedele era
considerata una continua Liturgia. Per comprendere questo occorre qui
una Nota complementare.
NOTA SULLA LITURGIA NELL'A.T.
Ai "tempi del N.T." (data convenzionale: circa 63 a.C. - 70 d.C, ossia dalla conquista di Pompeo alla distruzione di Gerusalemme) il mondo antico ammirava come centro esemplare di culto irreprensibile il
santuario di Gerusalemme; il rispetto per il luogo ne aveva fatto, secondo il concetto della sacralit antica, anche un luogo di deposito intangibile di beni da tutte le nazioni. Si accorreva a Gerusalemme per vedere,
e chi lo desiderava poteva chiedere di essere associato alle preghiere
che si svolgevano nel tempio e ai benefici che se ne credevano ricchi,
donando le offerte necessarie. Quotidianamente si pregava anche per
l'imperatore di Roma, e precisamente la sospensione di tale pubblica
intercessione sacerdotale nel 66 d.C. fu il segnale della ribellione ebraica contro Roma.
Il tempio stava dunque sotto il "segno" del culto "perenne", ininterrotto anche come orario, in ebraico chiamato tmid, che nei passi corrispondenti dell'A.T. il greco traduce in genere con diapants, "per sempre, ininterrottamente", oppure endelechs, ininterrottamente, o anche
endelechismo, "(culto e simili) della non-interruzione", o con additivo, endelechismo dia pants. Questa "perennit" ininterrotta notte e
giorno va compresa sotto diversi registri.
A) La lode perenne (tmid)
Se si assumono i testi come stanno (senza dunque la ricerca "archeologica" ipotetica delle fonti e della cronologia), si sa che tempio e
personale sono destinati alla lode divina perenne; il ceto sacerdotale
1099

CICLO DEI MNIA

che sovrintende al sacrificio (1 Cron 16,39-41: Eman e Idutun), i leviti


che aiutando i primi, hanno la funzione "diaconale" di far pregare il popolo (1 Cor 23,30-31), soprattutto intorno all'arca (1 Cron 16,37, Asaf
e i fratelli; notte e giorno, Sai 133; Is 21,8; 62,6), sono i punti di forza
del culto continuo (cf. 2 Cron 2,3, come scrive Salomone a Hiram,
chiedendo il suo aiuto per costruire il tempio).
B) La disposizione sacerdotale perenne (tmid)
Si esprimeva ovviamente con l'atteggiamento celebrativo, ma anche
"pastorale", di cura per il popolo, la santa eredit. Simbolicamente due
paramenti erano tmid, perenni:
- il pettorale, che su 12 gemme portava incisi i nomi delle 12 trib d'Israele (cf. Es 28,29-30);
- la lamina d'oro, con inciso sopra "Santo per il Signore" (Es 28,38),
da portarsi tmid, costantemente, poich il sommo sacerdote che si
accosta al Signore per impetrare per il popolo deve essere irreprensi
bile in quanto reso santo dal Signore stesso.
C) L'apparato santo tmid
Tutti gli elementi adesso elencati sono tmid, poich sono "segni"
necessari del culto perenne:
- il fuoco del sacrificio (Lev 6,6);
- il candelabro a 7 bracci (Es 27,20; Lev 24,2-4);
- il Pane "della proposizione", e anche "del Volto" o "della Presenza" (Es
25,30; Lev 24,8; Num 4,7), che come materia sacramentale era conside
rata "santo dei santi", ossia "la pi santa" tra tutte quelle del culto;
- l'aroma soave da bruciare sull'altare apposito (Es 30,8), la mattina e
la sera, in rapporto al rabboccamento del candelabro (Num 4,16);
- l'olocausto, momento massimamente rappresentativo e aggregante,
deputato a Sadoq e ai suoi figli (1 Cron 16,39-40), con i leviti che
cantano le lodi divine (1 Cron 23,31), secondo la minuziosa legge di
Num 28-29.
D) Liturgia tmid come tempo tmid
Si considerava come attuazione perenne la creazione terminata con
la benedizione, con la scansione settimanale e con il sabato quale culmine liturgico (cf. Gen 1,31 - 2,4).
La settimana cos aveva simbolismo cosmico, ma anche il giorno, che
riassumeva in s la settimana, anzi tutto il tempo. Cos il culto doveva essere celebrato tmid, perennemente, ossia "mattina e sera", ossia "sempre, durante il giorno", nel senso che le due estremit indicano la totalit:
Es 29,39: Lev 9,17; Num 28,4.23; 4 Re (= 2 Re) 16,15; 2 Cron 2,4; Ez
46,15, per il mattino; Es 29,39; Num 28,3-8,23; Ez 3,3, per la sera.
1100

NOTA SULLA LITURGIA DELL'A.T.

Il culto quotidiano nel tempio,la mattina (circa all'ora 3 \ ossia le 9)


e la sera (circa all'ora 9a, oss& ^ ^ era il,primo e fondamentale di ogni
altro aspetto celebrativo.
In Num 28,10 - 29,38 si statuisce sul culto del sabato, la principale
"festa" del calendario; della pasqua, della pentecoste, delle Capanne,
poi del Capodanno e dell'Espiazione. Per ciascuna festa il culto
tmd. Ma in quella pericope si riafferma ben 14 volte questo fatto:
- ogni giorno, precede il tmd quotidiano, insostituibile, fondamenta
le;
- poi si fa il tamd del sabato e delle altre feste.
Cos, per dare idea della "perennit, quel Sabato in cui il Signore
Ges riposava nel sepolcro, si accumularono i riti cos, mattina e sera:
- prima il tmd quotidiano,
- poi quello del sabato "segnalato",
- poi quello della pasqua ebraica,
- e la sera, il rito non sacrificale dell'agnello pasquale.
E) Una "teologia della storia"
La lode celebrata "perenne" era considerata la vita stessa del popolo di Dio, "popolo della lode". Questo visibile almeno in due grandi
momenti:
- quando Nabucodonosor distrugge il tempio (a. 586 a.C), la nazione
sembra abbattuta per sempre. Di fatto, quando da Babilonia comin
ciano a tornare gli esiliati (dopo il 538 a.C, con 1'"editto di Ciro"), il
primo "segno" della ripresa, che condizioner l'intera vita del popolo
d'Israele rinnovato, il tmd nel santuario restaurato: Esr 3,5-6, se
condo la grande legislazione di Num 28-29 (cf. qui sopra); Neh
10,33-34, secondo la medesima legislazione;
- quando Antioco IV Epifane contaminer il tempio (cf. Dan 8,1113; 11,31), e come primo "segno" abolir precisamente il tmd,
la nazione ebraica appare disfatta. Ma la restaurazione dei Maccabei vittoriosi anzitutto parte dal ristabilimento puntuale del tmd
dopo i 1290 giorni di privazione (restato come 42, i mesi, quale
numero dell'abominazione della desolazione idololatrica, e dunque della persecuzione dei "santi" del popolo): Dan 12,11, e sempre secondo Num 28-29.
La storia d'Israele con il suo Signore prosegue nel "segno" principale
della lode perenne.
F) II tmd di Zaccaria sacerdote
Luca accenna appena, ma a sufficienza per chi conosce le realt del
culto ebraico, che Zaccaria sta alla fine della celebrazione quotidiana,
gli resta solo da benedire il popolo.
noi

CICLO DEI MNAIA

Ora, preso in s, il tmid della mattina e della sera era identico. La


statuizione si ritrova in Es 29,38-46; Num 28,3; Ez 46,13-15. Si
avevano come 3 grandi momenti strutturati tra essi:
a) il sacrificio dell'agnello
- l'agnello, maschio, di 1 anno, perfetto, era presentato davanti al san
tuario; il sacerdote gli imponeva le mani;
- la vittima era uccisa, il sangue era versato sull'altare, il corpo era of
ferto in totalit, "olocausto", ossia consumato dal fuoco permanente
dell'altare;
- il sacerdote intercedeva per s, per i confratelli, per il popolo, come
ad ogni sacrificio;
- offriva una quantit stabilita di fiore di farina con la relativa quantit
d'olio purissimo, poi libava una rilevante quantit di vino; il fuoco
sacro "faceva salire" l'offerta al Signore.
Il Signore da parte sua aveva promesso di incontrare il suo popolo
proprio in questa occasione, in modo speciale, e cos di farglisi presente, riconciliato e propizio: Es 29,43-46;
b) l'aroma soave
- il sacerdote offriva al Signore nel "santo", sull'altare apposito, l'aro
ma soave che "saliva" al Signore quale preghiera della sera, offerta
gradita: Sai 140,2; con l'occasione, rabboccava per la giornata o per
la notte il candelabro; e recitava la preghiera sacerdotale impetratoria. Cf.Es 30,8;
e) la "benedizione" del popolo
- il concetto quello biblico: "la benedizione torna sul benedicente ed
unisce a lui il Benedetto";
- la formula usata poteva essere quella ordinaria di Num 6,24-26:
Benedica te il Signore, e custodisca te,
illumini il Signore il Volto suo su te, e misericordia ti dia,
alzi il Signore il Volto suo su te, e doni a te la pace.
Ma qui importante tenere conto dei vv. 23 e 27:
A)"Quando voi (sacerdoti) benedirete i figli d'Israele, direte cos", e
segue la formula;
B) il greco fonde il v. 27 con il v. 23; il tenore : Cos, "essi porranno il
Nome mio sui figli d'Israele, ed Io, il Signore, li benedir";
dove dunque il sacerdote il mediatore necessario della comunione tra
il Signore Benedetto-benedicente e il popolo benedicente-benedetto. E
la dinamica di questa brkah-eulogia da Num 6,24-26 stupen1102

NOTA SULLA LITURGIA DELL'A.T.

da: la divina custodia, la Luce divina creante e vitalizzante, il hesede/eos-Misericordia dell'alleanza fedele, la costante Visione divina rivolta al suo popolo, e infine lo slm-eirn, quella "pace" che totalit di doni e che proviene solo da Lui.
Sar cos da accogliere con gratitudine ammirata il grande testo di
Eccli 50,5-21, dove il sommo sacerdote Simone figlio d'Onia colto
quasi con un'istantanea mentre officia il culto tmid:
Come si glorific in relazione al popolo
nell'uscita dall'aula del velo!
Come astro mattutino in mezzo a nubi,
come luna piena ai suoi giorni,
come sole fulgente sul tempio dell'Altissimo
e come arcobaleno lucente in nubi di gloria,
come fiore di rose nei giorni dei boccioli,
come gigli sul corso d'acqua,
come germoglio d'incenso in giorni d'estate,
come fuoco ed incenso nell'incensiere,
come gioiello d'oro martellato
adornato d'ogni pietra preziosa
come olivo in gettito di frutti
e come cipresso innalzato sulle nubi!
Nel ricevere la veste di gloria
e nel rivestire la completezza del vanto,
nella salita all'altare santo,
glorificava il recinto del santuario.
Nel ricevere le parti dalle mani dei sacerdoti
ed egli stante presso il fuoco dell'altare,
intorno a lui la corona dei fratelli
come germogli di cedri del Libano,
e lo circondavano come fusti di palme,
e tutti i figli d'Aronne nella loro gloria
e l'offerta del Signore nelle loro mani
davanti all'intera ekklsia d'Israele,
e completando la liturgia sull'altare
per adornare l'offerta dell'Altissimo Onnipotente,
egli estendeva per la libagione la sua mano,
e libava sangue del grappolo,
versava alle basi dell'altare
quale odore di soavit per l'Altissimo Re universale.
Allora strepitavano i figli d'Aronne,
con trombe sbalzate echeggiavano,
facevano sentire voce poderosa
1103

CICLO DEI MNIA

come memoriale davanti all'Altissimo:


allora l'intero popolo insieme si affrettavano
e cadevano con il volto a terra
per adorare il loro Signore,
l'Onnitenente Dio Altissimo.
E lodavano i salmodianti con le loro voci,
in piena risonanza dolce era la melodia,
e supplicava il popolo il Signore Altissimo
in preghiera davanti al Misericordioso
finch (Simone) avesse compiuto 1'"Ordine del Signore"
e completata la Liturgia di Lui.
Allora disceso, alzava le sue mani
su tutta l'assemblea (ekklsia) dei figli d'Israele
per donare la benedizione del Signore dalle sue labbra
e per vantarsi nel Nome di Lui.
E ripetevano (il popolo) la prostrazione
per ricevere Yeulogia dall'Altissimo.
Adesso si pu seguire il testo di oggi, Le 1,5-25. Zaccaria chiamato divinamente ad altro ufficio che non pu attendere: comunicare la
santit divina alla sua sposa, e generare con lei un figlio sacerdotale
che sia "Profeta, Prodromo e Battezzatore dell'Altissimo" che viene.
Un figlio santo, Giovanni, "sul quale la Parola di Dio" {Le 3,2) che
apre la via a Colui che deve venire.
Il riferimento cronologico al v. 5, in apertura della pericope, "nei
giorni di Erode", un semitismo, dove "giorni, hmraF, significa sia anni, sia epoca in genere. Erode il vecchio re tiranno, di discendenza idumea, accorto politico, che comprese come il suo successo sarebbe dipeso dai dominatori romani, di cui fu alleato fedele ma servile (prima di
Antonio, poi di Ottaviano), e dai quali ricevette il regno, tra orribili contrasti e nefandi delitti, fino alla sua morte, il 4 a.C. (essendo nato verso il
75 a.C). Al momento dell'episodio che adesso Luca narra, Erode dunque ancora vivo, e si pu presumere che sia verso l'anno 8 a.C.
La datazione serve ad inquadrare la figura maestosa del sacerdote
Zaccaria, il cui nome teoforico significa: Zkar-Jh, "fece memoriale il
Signore", ed anche significativo di quanto accadr. Egli faceva parte
della famiglia sacerdotale, detta ephmeria, "di Ab-Jah", nota dall'elenco di 1 Cron 24,10. Il termine ephmenai corrisponde all'ebraico
mahlqt, la cui derivazione da hleq, sorte, lotto avuto in sorte per la
"divisione" (diair) che David fece degli uffici nel santuario secondo i
leviti (1 Cron 23) ed i sacerdoti (1 Cron 24). I sacerdoti erano stati divisi in 24 "case patrie", o "famiglie sacerdotali", con accurata registra1104

23 SETTEMBRE

zione di uno scriba (1 Cron 24,6), secondo il tiraggio a sorte (greco klros, ebraico gral). Le 24 classi, chiamate anche mismrt, "custodie",
o ma'mdt, "presenze", succedendosi ordinatamente lungo l'anno,
dovevano officiare a turno ciascuna 2 volte l'anno.
Fino a qualche decennio addietro, era noto il fatto, ma non le date,
ossia i mesi, le settimane e i giorni di ciascuna "classe" sacerdotale, la
quale operava con una parallela classe di leviti, e con i turni anche di
laici volenterosi. Ma, si accenn, tra le innumerevoli scoperte delle
grotte di Qumrn venne anche la lista delle classi sacerdotali che si al ternavano a servire nel tempio al tempo di Ges. Cos adesso final mente si sa che la "classe di Abia" doveva espletare ciascun anno 2
turni di servizio:
1) dall'8 al 14 del mese 3 del calendario ebraico, il mese di Sivan,
circa giugno; e
2) dal 24 al 30 dell'8 mese, Marhesvan, circa ottobre.
e,
La lista che adesso possediamo dimostra dall'esterno che Luca narra
questo 2 turno, e che l'episodio di Zaccaria avvenne verso la fine di
settembre e gli inizi di ottobre, dunque la nascita del figlio Giovanni
avvenne 9 mesi dopo, a giugno, data tradizionale ritenuta fedelmente
anche se forse a lungo andare ormai inconsapevolmente da tutte
le Chiese.
E per, se cos, l'Angelo che aveva visitato Zaccaria ad ottobre, 6
mesi dopo visita la Vergine di Nazaret, dunque a marzo, e 9 mesi dopo, a
dicembre, avviene la Nascita del Salvatore nostro.
D'un colpo, sappiamo senza alcun dubbio che il 23 settembre ed il
24 giugno per S. Giovanni il Battista, il 25 marzo ed il 25 dicembre per
Cristo Signore, sono date storiche.
Il sacerdote Zaccaria era sposato con Elisabetta, altro nome teofori- co
simbolico, JEli-seba\"IIDio mio (l'oggetto del) giuramento",IlsacerdoteZaccariaerasposatoconElisabetta ,
dunque l'unica Realt vera; un'Elisabetta era anche la sposa di Aronne
(Es 6,23). Il nome di Elisabetta di Le 1,5 potrebbe essere stato poi accostato a sbat, per cui "Dio il riposo". Ella "delle figlie di Aron ne", ossia di discendenza sacerdotale; il che ricorda che il matrimonio
dei sacerdoti, che potevano scegliere una figlia d'Israele purch vergi ne,
da qualsiasi trib, di preferenza per si svolgeva tra le classi sacer dotali
(v. 5).
La nota di elogio per Zaccaria ed Elisabetta : "giusti davanti a
Dio", che si ritrova per grandi figure come No (Gen 6,9), trovato tale
ed unico della sua generazione dal Signore stesso (Gen 7,1); e in seguito,
come il pio Simeone (Le 2,25). La spiegazione che i due sposi
"procedevano (poruomai)", ossia si comportavano nella loro esistenza
1105

CICLO DEI MNAIA

come irreprensibili, praticanti "precetti e giustificazioni del Signore"


(v. 6). Questi termini richiamano la fedelt alla Legge santa, come a
lungo canta il Sai 118, dove i precetti sono il comportamento devoto
secondo l'alleanza divina manifestata, e le giustificazioni, termine in
parte sinonimo di precetti, indicano quanto stabilito dal Signore a
vantaggio dei suoi fedeli (e traduce una serie di termini ebraici come
piqqdim, mispt, hoq, huqqh). In una parola, Zaccaria ed Elisabetta
erano pii e devoti fedeli, dal cuore osservante la divina Volont. Cos
"procedeva" Abramo (Gen 17,1). Cos il Signore avrebbe voluto che
avesse proceduto Salomone (3 Re (= 1 Re) 9,4). Cos procedeva la
Chiesa degli Apostoli (At 9,31). E cos Paolo esige dai suoi fedeli (1
Tess 5,23; FU 2,15), pronto per questo a giustificare il suo stesso comportamento (At 23,1) (v. 6).
La seconda nota, dolorosa, che i due santi sposi non avevano prole,
anzitutto perch Elisabetta era sterile, e poi perch ambedue erano
anziani. Il tema della sterilit frequente nella narrazione biblica, ed
implica sempre un impedimento immediato alla linea genealogica della
storia della salvezza, e perci all'irruzione del Signore nella vita dei
suoi "scelti", la quale procede di necessit "di generazione in generazione". Ora, gi Sara, la sposa d'Abramo, sterile, fu visitata dal Signore, ed ebbe la grazia del "figlio della promessa", Isacco (cf. Gen 18,115, la promessa; 21,1-7, la nascita). Anche la sposa d'Isacco, Rebecca,
era sterile, ma Isacco preg il Signore, che concesse il figlio, questa
volta gemelli, Esa e Giacobbe, alla madre resa felice (Gen 25,21). Anche la sposa di Giacobbe, Rachele la bella, era sterile, e il Signore "fece
memoriale di lei, l'esaud (per la preghiera) e fece che concepisse"
(Gen 30,22) Giuseppe (v. 23). Cos la linea patriarcale, che regale e
messianica, prosegue secondo la fecondit del divino Disegno. Il tema
diventa tipologico: la stessa Sposa del Signore, la Citt di Dio, ad un
certo punto si trova ad essere sterile, ma il Signore la guarir a suo tempo
(Is 54,1-17), poich "nulla impossibile" a Lui (cf. Le 1,37). La sterilit
per gli antichi era considerata un flagello divino, una "vergogna" sentita
quasi come una punizione. Per questo Luca avanza qui questa
annotazione (v. 7).
La situazione delineata simile a quella gi vista il 9 Settembre, per
i giusti e santi Gioacchino ed Anna (vedi sopra).
I seguenti vv. 8 e 9 pullulano di termini biblici (dai LXX) relativi al
servizio liturgico sacerdotale nel tempio di Gerusalemme. "E avvenne"
un tipico semitismo dei LXX, che corrisponde all'ebraico va-jhi.
Mentre Zaccaria officiava liturgicamente, hieratuein (verbo usato solo
nel Pentateuco e solo in testi attribuiti alla "tradizione sacerdotale", con
il verbo ebraico khan all'intensivo, esercitare il sacerdozio), sta adem1106

23 SETTEMBRE

piendo all'"ordine del turno suo" (txis ts ephmerias); egli "secondo


l'uso dell'officiatura sacerdotale" (thos ts hieratias), riceve in sorte
di entrare "nel tempio del Signore". Questo il "santo", che diviso
dal velo rispetto all'inaccessibile "santo dei santi", dove solo il sommo
sacerdote, una volta l'anno, con l'incenso ed il sangue sacrificale purificatorio pu entrare invocando il Nome divino per il popolo, il "grande Giorno dell'Espiazione" (il Kippr, cf. Lev 16). Nel "santo", disposto verso l'oriente, al lato settentrionale sta il tavolo con i 12 Pani del
Volto (o della preposizione, 1 per ciascuna trib d'Israele), rinnovati
ogni sabato con incenso, e mangiati il sabato dopo sul luogo stesso dai
soli sacerdoti; al lato meridionale sta il candelabro perpetuo a 7 braccia; al centro posto l'altare dell'aroma soave. Qui Zaccaria deve offrire l'incenso al Signore, come segno della chiusura del sacrificio "perenne" quotidiano, dopo di che deve benedire il popolo presente.
Di fatto (v. 10) questo popolo pio ed orante (con i Salmi) sta in attesa, "fuori", il che indica l'atrio "degli Israeliti" e quello pi esteriore
"delle donne"; dal primo si accedeva ali'"atrio dei sacerdoti" dove stava
l'altare sacrificale e la conca per le abluzioni e da questo si entrava nel
"santo" mentre dal secondo si usciva verso 1'"atrio dei pagani", e di qui
all'esterno.
Ed avviene l'imprevedibile. L'"Angelo del Signore" dalla destra dell'altare dell'incenso, dunque accanto alla tavola dei Pani che sono la
realt pi santa del luogo (cf. Lev 24,5-9: "sono la realt pi santa tra le
offerte per il Signore", v. 9), si rende visibile a Zaccaria. L'Angelo "sta
in piedi" (hests), il che indica la prontezza sua nel venire per adempiere
la missione divina assegnatagli (v. 11). L'espressione dell'A.T.: "l'Angelo
del Signore" indica diverse realt. Si pu trattare di una creatura fedele,
un ente incorporeo, un "Angelo" intelligente, sensibile, amante, fedele
(Sai 102,21); si pu trattare anche di un fenomeno naturale come la
folgore, quale "segno" per gli uommini (cf. Sai 103,4). In ogni caso,
queste creature debbono "operare una liturgia", ossia un'"opera in favore
del popolo" di Dio. Ma l'Angelo di Dio molto spesso una metafora per
indicare l'intervento diretto, personale, del Signore stesso, come quando
accompagna Israele nell'esodo (cf. Es 23,20).
Qui bene anche accennare alla fede della Chiesa Madre di Gerusalemme, quella giudeo-cristiana, che con suggestiva teologia simbolica
concepiva, in modo del tutto ortodosso, la santa Triade divina come la
Comunione indicibile di essenza che unisce in eterno il Padre con
1'"Angelo" Figlio e con l'"Angelo" Spirito Santo. Qui "Angelo" va
preso in senso biblico, a partire da Is 9,6 (LXX), dove "il Figlio che
nasce per noi, il Figlio donato a noi", si fa umile "Angelo del Grande
Consiglio" (cf. qui ancora la teologia di Giovanni: il Verbo viene per
1107

CICLO DEI MNIA

annunciare solo quanto vide ed ascolt dal Padre; cos lo Spirito Santo
in Gv 16,13-15!; e la grande teologia di S. Massimo il Confessore). La
stessa Chiesa chiamava il Figlio Dio e lo Spirito Santo Dio: "le Mani
del Padre" nell'eseguire l'opera della divina salvezza (cf. qui ancora
S. Ireneo). Se la Chiesa "della gentilit" in seguito ritenne di affermare
la fede ortodossa secondo categorie meno simboliche e pi ontiche
(cf. Nicea I), che dessero meno ansa a deviazioni eretiche di tipo subordinaziano, resta che la visione simbolica della prima generazione
cristiana non deve essere disprezzata n abbandonata, ma pu essere
utilmente contemplata nella sua meravigliosa profondit che viene
dalla divina Rivelazione.
La reazione di Zaccaria tipica. Quando avviene una teofania, infatti,
la struttura creaturale dell'uomo "sconvolta" dall'inusuale, improvviso
e prodigioso, e "il terrore cade" su chi ha tale esperienza. La Scrittura
dei Due Testamenti presenta numerosi casi del genere. Per il N.T.
baster citare la reazione dei Pastori all'annuncio della Nascita del Signore (cf. Le 2,9), e quella delle Donne fedeli al sepolcro, quando appare ad esse l'Angelo del Signore (cf. Mt 28,8) (v. 12).
E per, quando la teofania benevola (esiste anche quella rovinosa
contro i nemici di Dio), di solito viene la parola rassicurante: "Non temere, Zaccaria", come "Non temete" ai Pastori (Le 2,10), e "Non temete" alle Donne fedeli al sepolcro (Mt 28,5). Infatti la Parola divina che
adesso pronunciata deve essere accettata con animo disposto, quieto,
docile (v. 13a).
Ed ecco Veuaggelisms (verbo euaggeli'zomai, al v. 19) dell'Angelo
di Dio: "Non temere, poich fu esaudita la preghiera tua" (v. 13b). Infatti Zaccaria prosegue la grande tradizione dell'A.T. sugli oranti e perseveranti nella preghiera al Signore. Nella preghiera si chiede al Signore
qualche dono, sulla base della sua Misericordia e Bont, e della fedelt
indefettibile all'alleanza divina, con cui Egli si impegnato per sempre
verso i suoi devoti che ama. I Salmi sono come la vetrina vivente di
questo: i Salmisti sono gli oranti per eccellenza, e non raramente essi
dichiarano anche di essere stati esauditi dal loro Signore. Cos tutti i
"Salmi di azione di grazie", che celebrano il Signore esau-diente
generoso. Ma anche diversi altri Salmi. E qui l'esempio classico deve
essere il Sai 21, una "Supplica individuale", dove il Giusto sofferente,
vicino alle soglie della morte (vv. 2-22), finalmente pu esclamare la
gioia dell'esaudimento divino (vv. 23-32). Si possono vedere anche i
Sai 27,6-8; 29,11-13; 30,22-23; 40,12-13; 61,12-13, e cos avanti. Il
Signore ascolta sempre la preghiera degli umili, anche tra i pagani,
come Cornelio (At 10,4.31). Poich tale preghiera: a) riconosce lo stato
della propria necessit; b) e la propria impossibilit a porvi rimedio; e)
1108

23 SETTEMBRE

e che solo al Signore possibile intervenire; d) e dunque l'orante si affida completamente alla divina Misericordia.
Luca non narra il contenuto della preghiera di Zaccaria; con qualche
probabilit, si pu arguire che chiedesse un figlio per proseguire la discendenza sacerdotale, assicurando cos al Signore il servizio fedele.
Ma il Signore esaudisce sempre quanto alla petizione, non quanto al
preciso contenuto di questa, poich Egli vuole concedere al suo sacerdote molto di pi.
Perci l'Angelo (v. 13c) precisa: "Elisabetta generer un figlio a te".
Questo l'intervento divino prodigioso, dove come alla santa madre della
Madre di Dio si possono applicare le parole del Profeta "Esulta, o sterile
senza figli, prorompi in grida di gioia tu senza doglie...!" (Apstolos del
9 Settembre, cf. Gai 4,27, che cita Is 54,1). L'intervento divino dunque
dona un figlio a Zaccaria: un figlio sacerdote come nella tradizione
dopo Aronne. Un figlio che appartiene per la totalit al padre sacerdote.
Il quale come segno di "propriet" sul neonato gli deve anche imporre un
nome inusuale (cf. 1,59-63), J-hnan, "II Signore fece grazia".
Di questo "Giovanni", l'Angelo traccia un elogio straordinario. Anzituto segner per Zaccaria "gioia ed esultanza" quale coronamento
della sua esistenza davanti al Signore. E per anche molti altri ne
avranno gioia, e non solo i parenti e vicini, ma tutti quelli ai quali giunger la parola profetica di questo futuro neonato (v. 14). Egli infatti
sar "grande davanti al Signore", e Ges stesso proclama questo a suo
tempo: "Giovanni, il pi grande tra i nati da donna" (Le 7,28; cf. Mt
11,11). I suoi costumi saranno esemplati su rigoroso ascetismo, ossia,
come gli antichi nazirei (cf. Num 6,3) egli sar donato al Signore, ma
non a tempo come quelli, bens per sempre, come Samuele (cf. 1 Re (=
1 Sani) 1,11); il segno sar l'astensione da bevande fermentate ("vino e
sicera", una specie di birra).
Per il "segno" supremo della singolarit di Giovanni quello messianico escatologico: sar riempito di Spirito Santo fin dal seno della
madre sua (v. 15). In 1,41 lo Spirito Santo far esultare Giovanni nel
seno di Elisabetta, quando Maria la Madre del Signore, che ha concepito divinamente il Verbo Dio, Lei vera Arca dell'alleanza, visiter la sua
parente, e questa stessa sar riempita di Spirito Santo (cf. 1,44). la
scelta del Signore, fin dal primo istante dell'esistenza umana, come
detto del Servo (Is 49,1.5), di Geremia (Ger 1,5), dell'Apostolo delle
nazioni (Gai 1,15, che citaIs 49,1).
Luca insister poi nella descrizione di Giovanni: "la Mano del Signore" star con lui, metafora che indica lo Spirito Santo (cf. Le 11,20,
"il Dito di Dio"); il fanciullo cresceva in et ed era fortificato dallo Spirito Santo (1,80), vivendo nel deserto in preghiera e contemplazione, in
vista della sua missione.
1109

CICLO DEI MNIA

Della missione, l'Angelo traccia una linea: Giovanni anzitutto


"convertir molti dei figli d'Israele" al Signore. Epistrph ed epistroph, ebr. sub e tsbh, il violento sterzare dalle vie malvage per
rimettersi sulla via regale del Signore. La conversione dono divino,
sempre, ed perci sempre opera dello Spirito Santo (cf. At 2,38-39).
Per la potenza dello Spirito Santo quindi Giovanni riporter "al Signore
Dio loro" molti fedeli traviatisi; questo descritto con ricche note in
Le 3,1-20, anche con la conseguenza fatale della missione, il carcere e
la morte come testimonianza al Signore. "Il Signore Dio loro" si pu
qui intendere sia di Dio Padre, sia del Figlio, il Signore, "Colui-cheviene" (v. 16).
La specificazione viene al v. 17, con il verbo prosrchomai, prevenire, precorrere (altro termine: prodrome), venire prima in funzione di
qualcuno: Giovanni "previene Lui", il Signore, che Cristo, per preparargli un popolo "disposto bene". Agir per l'impulso divino "dello Spirito Santo e della Potenza" che fu gi del profeta Elia, che riport al Signore il popolo traviato (cf. 3 Re (= 1 Re) 18). Si tratta di impresa paurosa: occorre "convertire i cuori dei padri verso i figli", secondo la profezia
di Mal 4,5-6. Sono i fatti scatenanti che preludono al "Giorno grande e
terribile del Signore, il quale viene e vuole che tutto sia preparato onde
non punire ma salvare. Questo nell'"elogio di Elia" (Eccli 48,1-11) rievocato come placazione dell'ira del divino Giudizio e come "restituzione delle trib di Giacobbe" (v. 10), del "popolo ormai ben disposto" alla
Venuta del Signore. Giovanni il nuovo Elia (cf. anche Mt 17,10-13, dove Ges chiaramente chiama "Elia" venuto e adempiente la sua missione
quel Giovanni, identificato cos dai discepoli, e che poi messo a morte
da Erode per questa causa). Con altre parole, l'Angelo indica l'adempimento di questa missione cos: Giovanni convertir gli increduli e infedeli restituendo ad essi, ad opera dello Spirito Santo, "l'intelligenza dei
giusti", ossia l'apertura del cuore per sperimentare finalmente la divina
Giustizia che perfetta Misericordia (v. 17).
Parole enormi, ad un sacerdote fedele ma del tutto impreparato a sostenere l'immane peso di tanta gioia che scaturisce dal Disegno divino.
In un istante, Zaccaria "vede" tutto questo, ma ricade nella considerazione dell'attuale sua miseria: egli anziano, la sua sposa anziana di
giorni... "Secondo che, io conoscer questo?" Ossia, va bene, per la
sua condizione necessitosa di un "segno", con e al di l della divina
Parola. Non questa la risposta della Vergine di Nazaret di fronte al
medesimo Angelo e sull'urto di un euaggelims simile, bench infinitamente pi decisivo (cf. poi il 25 Marzo). Zaccaria dunque non ha
compreso che "il segno" duplice: la Parola dell'Angelo "avvenga
a me secondo la Parola tua!", dir Maria, proclamandosi "la Serva sof1110

23 SETTEMBRE

ferente del Signore" (Le 1,38) , ed egli stesso con la sua sposa nell'accoglienza di quella Parola (v. 18).
un'esitazione incapace di risalire dalla soglia del Fatto divino.
L'Angelo deve perci dare una "risposta", la quale sar severa, medicinale, temporale, da accettare come purificazione.
Le sue parole sono sublimi. "Io sono Gabriele, l'astante davanti a
Dio". Gabr- 'El significa: "L'eroe potente mio Dio". Ossia Gabriele
la personificazione della Potenza dello Spirito Santo, ne il portatore.
Egli fa parte delle schiere innumerevoli che "stanno davanti" al Signore, in prontezza di esaudimento della sua Volont, gli adoratori e "liturghi" fedeli, silenziosi, efficaci. uno degli "Angeli del servizio" divino. In 1,26 il nome esplicito quando inviato alla Vergine di Nazaret.
Gabriele conosciuto dall'A.T., in Dan 8,16; 9,21-22, sovrintendente,
con Michele, al popolo di Dio (vedi l'8 Novembre). Una definizione
splendida viene da Ebr 1,14:
Forse che non tutti (gli Angeli) sono spiriti liturghi,
per servizio (diakonia) inviati
a quanti stanno per ereditare la salvezza?
Perci Gabriele "sta in piedi davanti" al suo Signore (cf. Tob 12,15),
contemplando il suo Volto (cf. Mt 18,10, cos "gli Angeli dei bambini"
innocenti), pronto al suo minimo cenno e desiderio.
Ora, gli Angeli del Signore hanno molta pazienza. Anche Abramo
voleva un "segno" che avrebbe avuto un figlio (Gen 15,8; 17,17; 18,1112); anche Abramo obiettava di essere anziano (Gen 18,11). Ma come il
Signore passa sopra ogni impedimento di et (Rom 4,19), cos avviene
per Zaccaria. Perch per la severit per Zaccaria, e non per Abramo?
Abramo sta all'inizio, Zaccaria alla fine. Abramo ancora ignorava l'immane divina Potenza, bench mai vacillasse nella fede, "contro la speranza credendo nella speranza" (Rom 4,18-22), una fede ancora oscura,
tentata, dunque meritoria. Zaccaria come sacerdote e custode della memoria storica d'Israele invece deve sapere tutto questo.
Ma il Signore lo ama. Gabriele gli rivela che "fu inviato" divinamente a parlare con lui, anzi "ad evangelizzargli" (euaggelisasthai)
questi fatti "nuovi" ed ormai precorrenti l'Evento ultimo (v. 19). Cos
Zaccaria il primo "evangelizzato" dell'Evangelo di Dio e della gioia,
come Maria sar la seconda e pi fedele Evangelizzata, e Giuseppe il
silenzioso e pio evangelizzato per terzo.
Perci adesso segue la sanzione: la bocca sacerdotale di Zaccaria
sar sigillata finch non avviene quanto annunciato dall'Angelo, a causa
dell'incredulit immediata alle Parole divine, da accogliere senza
condizioni. Queste si realizzeranno "al loro tempo stabilito (kairs)" in
ini

CICLO DEI MNIA

modo infallibile (v. 20). Zaccaria rester dunque in un teso silenzio,


contemplando non tanto la punizione transitoria, quanto le Parole meravigliose che gli procureranno "gioia ed esultanza" (v. 14), e che poi
lo porteranno ad erompere nell'inno di lode e d'azione di grazie che
VEulogts Kyrios, ho Thes to Israel (Le 1,68-79), nello Spirito Santo, profeticamente (1,67) (v. 20).
La liturgia di Zaccaria qui ha termine, il suo servizio sacerdotale
nel tempio interrotto. Il popolo che attendeva in preghiera (v. 10)
avrebbe beneficiato dal rito di congedo, la santa benedizione sacerdotale; adesso si meraviglia del suo ritardo (v. 21), tanto pi che poi lo
vede uscire e restare muto, esprimersi a cenni. Cos comprende che
aveva avuto una visione divina terribile nel cuore del tempio, davanti
al "santo dei santi" (v. 22).
Termina anche il tempo del turno sacerdotale, la settimana per la
"classe di Abia", come per tutte le altre. E Zaccaria torna a casa, "sulla
montagna di Giudea" (cf. 1,39), in attesa che si compia la Volont divina rivelatagli (v. 23).
Adesso l'attenzione di Luca si concentra su Elisabetta. Secondo le
parole dell'Angelo, ella concepisce bench anziana e sterile, e per comprensibile ritrosia nasconde il suo stato per 5 mesi (v. 24).
Allora viene la sua assegnazione al rango delle grandi spose dei Patriarchi d'Israele, alle quali divinamente assimilata. Ella riconosce:
"Questo ha operato per me il Signore", come parl Eva quando concep
da Adamo il primo figlio (cf. Gen 4,1). Ma aggiunge: "nei giorni in cui
provvide (intervenne) a rimuovere la vergogna mia tra gli uomini" (v.
25). Queste sono le precise parole di Rachele la sterile, quando prodigiosamente il Signore le fa nascere Giuseppe (Gen 30,23). La sterilit
Yoneids, la vergogna, per la quale era beffeggiata Anna, la madre di
Samuele (1 Re (= 1 Sam) 1,6); per vincere la quale erano disposte ad
ogni eccesso le donne di Gerusalemme (cf. Is 4,1).
Ma "vergogna" che il Signore non tollera dalle spose sante, le quali
sono sue servitoci fedeli lungo la linea della salvezza, riassunte tutte
nella Citt nuova, che esulter bench fosse sterile, diventata Madre
esultante di figli (cf. ancora Is 54,1-17; e la Nota ali'8 Settembre):
Colui che fa abitare la sterile nella casa
quale madre di figli esultante (Sai 112,9).
La linea matriarcale prosegue, ed portata alla conclusione. La sua
funzione permettere, con la nascita del figlio, che il Signore ne disponga a suo servizio operando la divina salvezza.
Giovanni che nasce cos sacerdote e asceta e contemplatore,
1112

23 SETTEMBRE

Prodromo (Precursore) e Profeta e Battezzatore. pieno di Spirito


Santo. La preparazione per il Figlio di Dio che viene immediatamente
cominciata.
Di qui l'importanza eccezionale della festa di oggi.
6. Megalinario
Ordinario.
7. Koinnikn
Del Precursore: Sai 111,6.7, "Salmo didattico sapienziale". In relazione a Zaccaria, al momento della comunione santa la Chiesa canta la
divina Bont, che rende stabili, che conferisce "memoriale eterno" al
giusto, che riempie il cuore di fiducia nel Signore, tutti frutti della partecipazione alla Mensa divina.

1113

26 SETTEMBRE
TRAPASSO DEL SANTO APOSTOLO ED EVANGELISTA
GIOVANNI IL TEOLOGO S.
NILO DI GROTTAFERRATA
Ho Theolgos, il "parlatore di Dio" per eccellenza nella Chiesa apostolica, fu titolo attribuito dalla Tradizione a Giovanni l'Evangelista,
identificato a ragione con "il discepolo che Ges amava". l'elogio di
un Apostolo che ebbe l'umilt di non chiamarsi mai per nome lungo la
sua narrazione evangelica, che unico dei Dodici assist con la Madre di
Dio e le Donne fedeli alla Croce del suo Signore, che ebbe l'irripetibile
sorte di vedersi affidata come Madre la Semprevergine Maria dallo
stesso Figlio di Dio mentre si congeda dagli uomini per tornare al Padre attraverso il grande abisso delle "acqua molte" della Morte.
Il titolo ho Theolgos indica la profondit del "discorso su Dio" che
svolse Giovanni, giunto ad intuire e ad annunciare il Verbo Dio, arrestandosi sulla soglia dell'infinito Mistero, ma portando tutta la Chiesa a
quella contemplazione. Solo due altri grandi personaggi ebbero dalla
Chiesa quel titolo, S. Gregorio "il Teologo" (da Nazianzo), e S. Simeone "il nuovo Teologo".
La Chiesa bizantina in Italia celebra oggi un'altra figura umile e grandiosa, S. Nilo da Rossano, in Calabria, allora ancora largamente greca
(circa a. 901-1004), monaco e fondatore di monasteri, che radun numerosi gruppi di asceti e anacoreti, istituendo dimore monastiche anche nel
territorio italiano longobardo, appartenente ormai al sacro romano impero,
intorno a Salerno ed a Cassino, fino a stabilirsi nella donazione generosa
del Tuscolo, a Grottaferrata, pochi chilometri da Roma, monastero prestigioso e destinato a lunga vicenda storica che ancora prosegue con buoni
auspici. S. Nilo fu esemplare per il carattere austero con se stesso, modello
di preghiera, di conversione del cuore e di contemplazione, e pacifico e
mite nel tratto con gli altri, vero modello di santit monastica irraggiante.
1. Antifone
Ordinarie, oppure i Typik e i Makarismi.
2. Eisodikn
Ordinario.
3. Tropari
1) Apolytikion di S. Giovanni il Teologo. Il Santo invocato come
"Apostolo diletto da Cristo Dio", ed implorato ad affrettarsi a scampare
1114

26 SETTEMBRE

dai pericoli il popolo santo indifeso. Il desiderio espresso qui che Colui che allora lo accolse sul suo petto immacolato, adesso di nuovo lo
riceva mentre intercede piamente. Di nuovo invocato come "il Teologo", gli si chiede l'intercessione supplice, affinch il Signore dissipi la
nube delle nazioni pagane, e cos ci ottenga la pace e la grande divina
Misericordia.
2) Apolytikion di S. Nilo. chiamato "Padre" sia di santit, sia per la
sua famiglia monastica. Gli si attribuiscono le meravigliose qualit che
furono preclare nei grandi personaggi dell'A.T.: poich S. Nilo conse
gu la mitezza di Mos (cf. Num 12,3: "era infatti Mos l'uomo pi mi
te tra tutti gli uomini che abitavano nella terra"; Eccli 45,4: il Signore
"lo (Mos) consacr nella fedelt e nella mansuetudine, lo prefer ad
ogni carne vivente"), che fu propria anche di David (cf. Sai 131,1,
"Salmo regale": "Fa memoriale, Signore, di David, e dell'intera sua
mansuetudine", e 1 Cron 22,14). Consegu anche "il divino zelo" che
fu del sacerdote Pinhas (Finees, cf. Num 25,1-18, il fosco episodio del
laido culto di Baal-Peor) e del profeta Elia (cf. 3 Re (= 1 Re) 18, la vit
toria sui sacerdoti dell'idolo Baal). Consegu la fede d'Abramo (cf.
Gen 15; 17; 22; Rom 4). Perci adesso il Santo con quelli esulta nel
gaudio eterno. L'invocazione finale densa: "Nilo, vanto dei Santi, per
questo supplica a favore nostro il Signore!"
3) Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
4) Kontkion: Prostasia tn christiann.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Sai 18,5.2, "Inno di Lode".
il Prokimenon della Pentecoste: "Per l'intera terra usc la risonanza" degli Apostoli, e "le loro parole" raggiunsero i confini della terra. Tale fu l'efficacia della predicazione apostolica, tanto pi se si tiene
conto che con buone probabilit Giovanni compose il suo Evangelo in
funzione della predicazione di S. Tommaso Apostolo a tutto l'Oriente.
Lo Stichos (v. 2) la proclamazione innica sui cieli, che con la loro
stessa presenza narrano l'immane gloria del divino Creatore; in parallelismo sinonimico, il firmamento stellato per se stesso annuncio dimostrativo dell'opera onnipotente delle divine Mani del Signore. Cos la
voce degli Apostoli si unisce alla lode della santa assemblea, che "si fa
voce" dell'intera creazione per la lode divina.
La PEoistola ^ Givanni probabilmente dell'anno 96, ossia appena
due anni prima dell'Evangelo; e di questo, infatti, anticipa il vocabolario, la visuale generale e molti temi. Il cap. 4 dedica i vv. 1-6 agli
1115

CICLO DEI MNIA

"spiriti" che sono i falsi profeti, "dal mondo e non da Dio", che "non
confessano Ges Cristo venuto nella carne". Invece i vv. 7-21 riguardano il tema centrale dello scritto: "Dio agape", espressione che ricorre
al v. 8 ed al v. 16.
Il centro della pericope di oggi dunque la frase "Dio agape" del v.
16. Presa in s, come tagliata, la pericope letterariamente forma
un'"inclusione" magnifica con il verbo agap, amare di carit, che ricorre al v. 12, in apertura, ed al v. 19, in chiusura. La prima volta come
dubitativa: "se noi ci amiamo", che per certezza, e la seconda volta
come affermativa aperta: "noi amiamo Lui". La prima reciprocit
umana dentro la comunit, la seconda la relazione assoluta con Dio.
L'esordio la riaffermazione apofatica che percorre l'intera Santa
Scrittura, dalla Genesi ali'Apocalisse: "Dio, nessuno mai ha contemplato (theomai)" (v. 12a). Il Dio Vivente e Vero invisibile e dunque
anche incomprensibile, non circoscrivibile, non comprensibile, non descrivibile, insomma indicibile. Con Lui, nessuna struttura creaturale,
angelica o umana, pu "prendersi confidenza", pu credersi di "razionalizzarlo", di disporne. Poich "l'uomo non pu 'vedere Dio' e vivere" ancora (Es 33,20, detto a Mos prima dell'esodo nel deserto). I paralleli dell'A.T. qui sono innumerevoli (ad esempio, Gen 32,30; Dt
5,24; Gdc 6,22-23; 13,22; Is 6,5; Eccli 43,35, etc.). Altrettatnto nel
N.T., e per con particolare insistenza nell'opera giovannea.
Il testo principe qui sta nel Prologo, Gv 1,18, quale stupenda chiusura di esso: "Dio, nessuno vide mai il Monogenito Figlio (altre attestazioni, forse migliori: "il Monogenito Dio"), il Sussistente (rivolto)
verso il Seno del Padre, Egli ne fece esegesi {exgsato)". L'affermazione ricorre ancora in 5,37; 6,46; 12,45. Nell'Apocalisse, Dio si manifesta senza eccezione come "l'Intronizzato sul Trono" bianco splendente, simbolo della divina Gloria, in eterno Invisibile (cf. ad es. cap. 4;
22). Sul medesimo Trono invece appare nella sua visibilit l'Agnello di
Dio, ossia il Servo sofferente di Is 53,7-8, ma nella gloria di Risorto, in
vesti regali sacerdotali nuziali.
Per non meno insistente sull'in visibilit di Dio S. Paolo, ad esempio nel celebre testo di Col 1,15: Cristo "l'Icona di Dio, l'Invisibile";
1 Tim 6,16. Egli seguito da 1 Pt 1,8. Ma a guardare bene, anche i Sinottici dichiarano l'invisibilit di Dio ad esempio nelle principali teofanie: il Battesimo al Giordano, la Trasfigurazione, la Croce, la Resurrezione, la Pentecoste (opera lucana in At 2,1-4), la Parousia gloriosa.
Seguendo anche in questo fedelmente la Tradizione biblica, partecipata con particolare gelosia anche dagli Ebrei, i Padri della Chiesa quasi
senza eccezione difesero strenuamente l'invisibilit e l'indicibilit
divina, aspramente condannando gli indiscreti "scrutatori" della divinit, i razionalisti come gli ariani della seconda generazione (Eumeo).
1116

26 SETTEMBRE

Cos la linea compatta di S. Ireneo, S. Ippolito, S. Atanasio, i Padri


cappadoci, le grandi Sinodi, fino a S. Massimo il Confessore e oltre.
Per l'Oriente, baster seguire la linea S. Efrem e Narsai di Edessa. La
stessa grande Sinodo di Nicea II, Ecumenica 7 (a. 787), nel riaffermare
l'assoluta convenienza del culto della santa icona di Cristo, dunque
delle altre sante icone, ribadisce (e questo in specie poi nell'esplicitazione di S. Teodoro Studita, che completa meravigliosamente la documentazione), che la Divinit del Verbo Dio resta invisibile e dunque incircoscrivibile, mentre la sua Persona divina circoscrivibile ma nella
sua Umanit santa e trasfigurata, essendo Cristo Signore "il Visibile del
Dio Invisibile" (secondo l'intero N.T., cf. Gv 1,14; 14,9, etc.; la frase,
classica, di S. Ireneo).
Tanto pi si estolle ad altezze vertiginose, quindi, la contemplazione
dell'Apostolo "Teologo", sottesa tra l'Oceano divino invisibile e la
concretezza della "carne" assunta dal Verbo Dio fino alla Croce ed alla
Resurrezione.
Dall'invisibilit assoluta di Dio per discendono conseguenze decisive. Se nella comunit l'amarsi di carit (agapd), diventa reciprocit
costante ed intensa (alllous), Dio si fa per i fratelli Parousia, presenza
di inabitazione (men, restare con), e Perfezione, Consumazione di
questa divina Agape. Dio raggiunge qui il suo fine ultimo per gli uomini: che essi si amino, condizione per venire e restare nell'Amore divino
uniente e consumante (v. 12).
Ma non basta. L'amore di reciprocit tra gli uomini, che provoca la
Parnasia amante di Dio in essi, condizione anche per quella Perfezione che si fa "conoscenza" sperimentale e di fatto sperimentata: l'Operatore divino della carit nel cuore degli uomini (cf. Rom 5,5) lo Spirito
Santo, ormai donato da Dio (didmi) in modo irreversibile. Solo lo Spirito Santo "fa conoscere" l'indicibile, paradossale perichrsis, la "circumcontenenza" o reciproca inabitazione: di Dio in noi, ma anche di
noi in Dio (v. 13). un'affermazione che era stata anticipata in 1 Gv
3,24, e che sar a fondo sviluppata poi nella "Preghiera sacerdotale" del
Signore alla Cena (Gv 17,1-26), con insistenza: come il Figlio nel Padre
e reciprocamente (cf. Gv 10,30.38; 14,10-11.20), cos i discepoli fedeli
nel Figlio e perci nel Padre ma anche reciprocamente, ossia il Figlio
ed il Padre in essi. Questo in 1 Gv 1,1-4, diventa perfetta koinnia e
perfetta chard, ossia comunione e gioia, che l'Apostolo desidera estendere a tutti i fedeli. Ancora una volta, Comunione e Gioia sono termini
che indicano lo Spirito Santo (cf. 2 Cor 13,13; Gai 5,22-23).
La base ferma, incrollabile di tutto questo la martyria apostolica,
la testimonianza di verit e di vita: gli Apostoli "hanno visto-contemplato" (thedomai, cf. Gv 1,14) che il Padre invi come unico Apostolo
suo (apostll) il Figlio, ma quale Salvatore unico del mondo peccatore
1117

CICLO DEI MNIA

(v. 14). Giovanni insiste anche su questo aspetto fondamentale della fede
originaria: cos quando vede il Sangue e l'Acqua sgorgare "subito" dal
Costato immacolato del Signore sulla Croce vivificante (Gv 19,34-37,
con citazione di Sai 32,21 sulle ossa non spezzate del Giusto, e di Zac
12,10 sul Trafitto); quando termina (nella prima finale) la sua narrazione, sui "segni" scritti e non scritti onde sorga la fede (Gv 20,3031, senza il verbo "testimoniare"); quando pone fine alla narrazione
evangelica come "il discepolo" che testimonia e scrive, la sua martyria
veridica (Gv 21,24-25).
Da questa "testimonianza" apostolica, che e resta l'unica e salvifica, discende la condizione per avere la fede e la vita: occorre su questa
base "confessare" (homolog) che l'Uomo "Ges" "il Figlio di
Dio", e dunque Dio da Dio. Solo allora Dio produce la divina perichrss che ha travolgenti effetti umani: Dio resta nel confessante, e
questo resta in Lui. Il verbo men qui, come sempre, indica la "dimora"
perenne, nella sua divina-umana reciprocit (v. 15).
Ed ecco il culmine del testo, il v. 16. "Noi", plurale di modestia che
indica l'Apostolo, "abbiamo conosciuto (sperimentalmente, vitalmente), e perci "abbiamo creduto", atto di adesione d'amore e di totale fiducia. L'oggetto : Vagape che Dio possiede "m noi". Frase difficile,
era pi semplice dire qui: "possiedeper noi". E per Dio, come parlano
i Padri, ama i suoi fedeli non in quanto peccatori e non per i loro peccati
questi sono distrutti dall'agape divina! , bens in quanto li vede
come recettori del suo Amore divorante. la Theophilia.
Per cui viene l'affermazione fontale: "Dio agape". "definizione",
ossia una circoscrizione di Dio dentro un'analogia: come l'uomo "ama"
(agap) i genitori, i parenti, la sposa, gli amici, la sua citt, cos, "al massimo grado" si pu questo predicare di Dio. Come tutte le "definizioni" di
Dio, chiaro che non si raggiunge se non in modo inadeguato un "concetto
su" Dio, mai la sua divina indicibile Essenza. Cos quando si dice che Dio
Santo. Per per sfuggire al nominalismo e dunque al larvato indifferentismo ed ateismo, la stessa Scrittura Santa ricorre sistematicamente alla "teologia simbolica", al linguaggio anche "catafatico", ossia affermante. Perci
tale linguaggio va tenuto, apprezzato, amato, studiato come quello il meno
possibile inadeguato ad avere una relazione con Dio. Dio " Amore" di infinita Carit, cos si rivela, ma resta anche infinitamente al di l anche del
concetto cos definitivo di "amore". Egli "il Di Pi del Di Pi" nell'infinito dell'infinito. Qui, bench solo come sulla soglia va precisato, Giovanni
vuole che i suoi confratelli nella fede, noi, siamo trasportati.
E su questa "soglia", per cos dire, occorre stare saldamente: oc corre "restare (men) nelYagape" divina come si rivelata e si resa accessibile e partecipabile. Il realismo dell'agape divina tale,
che allora l'amante "resta (meno) in Dio" stesso, e cos in forza della
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26 SETTEMBRE

medesima divina agape Dio pu "restare" (meno) nel fedele che fedelmente Lo ama.
E non basta. La realt della storia degli uomini porta a vivere senza
fermarsi mai, poich Vagape vuole "consumarsi", perfezionarsi (telei), insomma, raggiungere il suo fine ultimo negli uomini e "con
(met)" gli uomini. Il fine anche la fine della storia, il Giudizio inevitabile, dove per V agape divina conferisce al credente la divina
parrhsia, la franchezza, l'audacia del professare e del parlare e dello
stare davanti a Dio quel Giorno. Per questo Dio venne e sussiste "anche" in questo mondo, insieme ai suoi fedeli che stanno "nel" mondo,
pur non essendo "del" mondo (v. 17).
Ma allora rimosso il terrore (phbos) dell'esistenza, ed anche
quello del Giudizio: Vagape perfetta ha espulso questo terrore che rovina tanti uomini. Infatti il terrore ha come oggetto principale il senso di
colpa, quindi la coscienza della punizione (klasis). Ora, chi resta ancora nel terrore non stato "consumato" o perfezionato neY agape divina (v. 18). Chi ama il prossimo, e perci ama anche Dio, non ha pi
terrore di nulla, e non per presunzione di salvezza autonoma, ma precisamente perch ha gi raggiunto la perfezione dell'esistenza redenta,
ha ottenuto ed ha accettato il Dono grande e finale.
H v. 19, come si accenn, forma un'"inclusione" letteraria. Il v. 12
parlava dell'"amarsi reciprocamente". Questa la base e condizione
per la salita, cos faticosa, a godere della perfezione dell'agape, e questa "amare Dio". Ma si giunge a quest'amore consumante per sforzi
umani per quanto belli e mentori? Per nulla. Tutto Dono. Tutto
Grazia. Questo vuole qui insegnare l'Apostolo. Infatti il v. 19b, nella
sua concisione lapidaria, afferma: "...amare Lui poich Egli per primo am (agapd) noi". La Carit di dilezione divina, infinita e indicibile, la Realt vera, la quale precede, accompagna, segue e "consuma" gli uomini. Qui Giovanni raggiunge Paolo in modo come sempre
sublime, quando questi afferma: la Carit divina resta confermata, perch quando eravamo peccatori senza merito n speranza, Egli fece
morire il Figlio per noi, ed eravamo nemici, e tuttavia fummo riconciliati dal Figlio con il Padre (Rom 5,8-10). Dio infatti preconobbe e
predestin al bene, a diventare icona del Figlio suo, e chiam e giustific e glorific i peccatori (Rom 8,28-30). In realt, "chi per primo
don a Lui", cos che Dio dovesse restituire qualche cosa a qualcuno?
(Rom 11,35).
La Carit di Dio, per usare il linguaggio commerciale che pure la
Scrittura Santa usa sapientemente ed a ragion dovuta, "a fondo perduto". Ossia donata anche a chi non la accetter mai. Non mai richiesta indietro. la divina "Caparra", primo anticipo del Dono che non
sar mai richiesto "indietro". lo Spirito Santo.
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CICLO DEI MNIA

5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 88,6.8, "Salmo regale".
La proclamazione gioiosa prima della proclamazione dell'Evangelo
sanziona in modo cosmico ed universale l'infinita dossologia dovuta al
Signore: i cieli attestano in modo perenne e mirabile che Egli il Signore che opera solo in modo sempre meraviglioso e sorprendente, e
che Egli il Fedele a se stesso, e quindi per amore Fedele anche alla
comunit celebrante dei suoi Santi diletti.
Lo Stichos (v. 8) ribadisce in parallelismo crescente: il Signore "il
Terribile", ossia Colui che fa tremare d'amore il cosmo e tutti i suoi
amici diletti. E tale appare sempre non in modo solitario, bens nell'assemblea dei suoi Santi, solo in mezzo ai quali vuole essere adorato, non
volendo mai essere isolato, perfino dall'eccessiva piet. Ma tra i suoi, il
Signore appare anche il Trascendente, l'Immenso, il Meraviglioso, Colui che non ha eguali: "Chi come il Signore perfino nei cieli? Chi come
il Signore tra i "figli di Dio"? (gli Angeli) (v. 7), dove la risposta ovvia
: nessuno mai. Questa anche la teologia giovannea di oggi.
b) Gv l9,25b-27; 21,24-25
Tra i numerosi episodi in cui Giovanni appare insieme al Signore
scelto qui opportunament quello principale e determinante per l'Apostolo, la sua presenza alla Croce.
Per il contesto teologico, di grande complessit, si rimanda al 14
Settembre. Qui si riprende l'allocuzione del Signore dalla Croce, rivolta a sua Madre e al discepolo diletto.
La frase pi tragica del N.T. riguardo ai Dodici che il Signore aveva
scelti e chiamati con s per sempre, quella di intensa dolorosit nella
sua assoluta brevit: "E abbandonato Lui, fuggirono tutti" {Me 14,50,
tutto il versetto). Giuda ormai aveva tradito il suo Signore, gli altri 10
erano fuggiti per vilt. Giovanni assolutizza ancora di pi il tratto quando al v. 25b annota a sua volta in modo lapidario, al modo di un'icona:
"Stavano in piedi accanto alla Croce di Ges la Madre di Lui, e la sorella della Madre di Lui, Maria di Clopa e Maria Maddalena". Dunque, gli uomini forti sono scomparsi, quelli che volevano "morire con
Lui" (Tommaso, gi in 11,16; Pietro, 13,37). La prima Comunit del
Signore adesso formata da Lui morente, dalla Madre divina, da altre
Donne fedeli.
Ges dalla Croce guarda questa Comunit indefettibile, vera Testimonianza della Croce come lo sar della Resurrezione. E fissa lo
sguardo in specie "sulla Madre", senza altre annotazioni, e sul "discepolo che stava in piedi, quello che amava (agap)". E cos pu parlare
una delle ultime parole della sua Vita tra gli uomini.
1120

'. ,

TAVOLA

29 - S. Giorgio Trofeoforo e S. Demetrio Megalomartire - Eptrachlon del


Vescovo, Piana degli Albanesi; di Pino Barone, 1987.

TAVOLA

30 - SS. Cosma e Damiano Anargiri - Episcopio, Piana degli Albanesi, sec.

26 SETTEMBRE

Si rivolge alla Madre sua con il titolo regale: "Donna, vedi (ecco) il
Figlio tuo", chiamando cos la Madre alla contemplazione dell'Icona
crocifissa. Come si disse (cf. 14 Settembre), le folle anonime erano state
chiamate da Pilato, profeticamente, anche se per irrisione, a contemplare
"l'Uomo", il Condannato divino con la corona di spine e con il manto di
porpora, Icona regale universale (19,5). Il medesimo Pilato, con il medesimo spirito profetico involontario e sempre per crescente disprezzo,
aveva adesso chiamato gli Ebrei a contemplare l'Icona del "Salvatore =
Re" (19,14). Alla Madre spetta la terrificante contemplazione dell'Icona
crocifissa. la Regina Madre, la Gyn regale e sovrana, la quale qui ha
espletato per intero la sua funzione provvidenziale, che fu tipologicamente quella delle spose dei Patriarchi: la Donna secondo il Disegno divino deve disporsi integralmente al fine che il Re messianico possa
espletare per intero la sua divina missione salvifica (vedi Nota ali'8 Settembre). Qui, finalmente, al culmine, la Croce per tutti gli uomini immersi senza speranza nel peccato. H v. 27 dunque, se si pu dire cos,
un'icona nell'Icona, il cui centro "//Figlio" con il riferimento necessario alla Regina, che sta sempre "alla destra del Re" (Sai 44,10).
Ma quest'icona comprende anche "il discepolo". Il Signore gli parla
una parola breve: "Ecco la Madre tua" (v. 27a).
Su queste due parole, alla Madre e al discepolo, dall'et patristica si
sono alternati i commentatori in infinita folla, fino ad oggi.
Si pu dire che esiste una singolare unanimit nel semplificare
quanto il Signore dice: alla Madre, "ecco il figlio tuo", ossia il discepolo, di cui diventa Madre spirituale; al discepolo, "ecco la Madre tua", di
cui diventa figlio spirituale. Il discepolo raffigurerebbe qui la Chiesa di
tutti i tempi, la Comunit messianica. E in un certo senso sarebbe il sostituto del Signore presso la Madre.
La questione molto pi complessa. Resta sempre da spiegare i 3
"ecco" di Gv 19,5.14.26, ossia l'Uomo, il Re degli Ebrei, "il Figlio"
unico di Maria, in una logica ascendente e determinante. La spiegazione
qui presentata, se in un certo senso rompe il parallelismo "figlio tuo Madre tua", l'unica realmente vera, e ricca all'infinito.
Giovanni al v. 27b annota: "e da quella hrd \che la Hra di Ges,
tema molto caro a Giovanni e da Lui insistito (2,4; 4,21.23.53;
5,25.28.35; 7,30; 8,20; 12,23.27 (2 volte); 13,1; 16,2.4.21.25.32; 17,1;
19,27), "accett il discepolo Lei" come parte della sua "propria" vita.
la Hra messianica, della Croce, la Hra suprema, il Fine ed il Culmine della sua Vita. Che Ges da parte del Padre attende ed accetta, anche
se la teme perch apportatrice dell'"ultima Nemica", la Morte. Ma Hra per questo tanto pi necessaria e dunque inevitabile.
La Tradizione pi antica annota fedelmente che Giovanni si prese
allora come Madre sua la Madre del Messia, e la custod come il Bene
1121

CICLO DEI MNIA

prezioso affidatogli dal suo Signore. Si indica anche il luogo, Efeso,


citt dell'evangelizzazione paolina, ma ormai ricca di memorie giovannee. Si identificava anche la casa di Giovanni e di Maria, dove si custodivano le memorie della morte di ambedue. Si sa storicamente che il
luogo della Dormizione della Madre di Dio Gerusalemme, venerato
come tale fin dal sec. 1, e archeologicamente accertato.
Giovanni cos chiamato a fare da figlio alla Madre di Dio. Lascito
divino che un tesoro divino. Qui realmente Giovanni pu figurare come la Comunit primitiva, come la Chiesa di Dio che venera incessantemente "la Tuttasanta, immacolata, suprabenedetta, gloriosa Sovrana
nostra, la Theotkos e Semprevergine Maria".
L'Amore del Figlio, la Madre Vergine, affidato cos al "discepolo
amato". Ma cos, anche a tutti noi, tutti "discepoli amati".
Chi per questo discepolo amato? Risponde lui stesso in Gv
21,24-25. In una parola difficile, il Signore alla domanda intrigante di
Pietro risponde che se vuole che il discepolo amato, che nella Cena
aveva riposato sul petto di Lui, "resti finch Io venga", a lui non deve
importare (21,20-21). Che non sarebbe morto prima della sua Venuta,
era una credenza della prima generazione, che Ge stesso smentisce:
non dice che non morr, ma che rester fino alla sua Venuta, mentre a
Pietro aveva preannunciato la morte gloriosa e testimoniante (21,1819). Ma la "Venuta" del Signore qui non la Parousia ultima, bens la
Parousia costante alla Chiesa, la quale ha inizio con l'inaugurazione
del Regno, la Cena eucaristica.
Ecco dunque "il discepolo", sul quale si era appuntato lo sguardo
del Signore. Egli stato scelto anche per una funzione primaria nella
Chiesa, gi accennata sopra: la martyria, la testimonianza della Verit,
seguita anche dalla fissazione per scritto dei fatti e detti del Signore:
l'Evangelo. E tutti quelli della prima generazione la quale essa stessa
ha assistito ai fatti ed ha ascoltato i detti, sanno che il discepolo rende
"testimonianza veridica", controllabile, incontrovertibile (v. 24).
L'Evangelo, Testimonianza unica e Verit totale, fissa solo alcuni fatti
fondamentali della Vita del Signore. Egli per "fece" anche molti altri
fatti. Cos tanti, e cos grandi, che non si possono fissare "uno per uno"
per scritto, poich essi riempirebbero a loro volta cos incalcolabili "libri" che l'universo, ho ksmos, non potrebbe contenerli tutti (v. 25).
Cos da una parte Giovanni fedele nell'essenziale e coerente con
lo scopo: "Molti altri 'segni' fece dunque Ges davanti ai suoi discepoli, che non stanno scritti in questo libro" (20,30). Che significa tale attestazione di limitazione? chiaro: i smia divini sono non solo "molti
altri", ma anche difficili da comprendere e da scrivere. Giovanni porta
la sua opera fin qui, non osa spingere la sua contemplazione verso
l'impossibile.
1122

26 SETTEMBRE

E tuttavia, al v. 31 spiega mirabilmente i motivi della limitazione:


"questi fatti (o segni) sono stati scritti affinch crediate che Ges (l'Uomo!) il Cristo (il Messia divino d'Israele), il Figlio di Dio (il Verbo
Dio) ed affinch credendo possediate la vita nel Nome di Lui", allusione battesimale.
Uno dei testi pi recenti del N.T. raggiunge cos un testo molto pi
antico, Me 1,1: "Inizio dell'Evangelo Ges Cristo, il Figlio di Dio".
Arche, l'Inizio da cui viene la Vita divina.
Perci Giovanni segna anche il compendio e sigillo dell'intera Rivelazione divina del N.T. Altezze da vertigine.
6.Megalinario
Ordinario.
7. Koinnikn
il Sai 18,5, gi visto come Prokimenon, sopra. L'annotazione che
va data qui che mentre si comunica ai Santi Doni, si realizza precisamente l'intera Parola di oggi: poich oggi attraverso la comunione al
Corpo ed al Sangue preziosi si percepisce per intero la Grazia divina
quale Frutto squisito dell'annuncio evangelico del quale la Chiesa sar
debitrice per l'eternit ai suoi santi Apostoli.

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