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HERTODRMION
CORSO DELLE FESTE FISSE
O CICLO
DEI MNIA
TAVOLA
TAVOLA
1.
SETTEMBRE
1 SETTEMBRE
INIZIO DELL'INDIZIONE
OSSIA DELL'ANNO
NUOVO
La rubrica di questo giorno si presenta molto carica, e va tenuta presente:
INIZIO DELL'INDIZIONE, ossia dell'ANNO NUOVO; e memoria
del Santo Padre nostro Simeone lo Stilita (+ 459); e la sinassi della
Sovrasanta Theotkos dei Miaseni. E del Santo Martire Aithala (+
355); e delle Sante 40 Donne (+ 312), e di Ammun diacono, e di esse maestro; e memoria dei Santi Martiri Kalliste, Evodio ed Ermogene i fratelli; e memoria di Giosu figlio di Nave; e commemorazione del grande incendio (a. 461).
l'inizio dell'Anno liturgico, in concomitanza con l'anno civile. E
qui va subito annotato che questo giorno cos ricco, per essere feriale in
pressoch tutte le nazioni, passa ingiustamente come inosservato.
Uindiktos,in latino indictio, la data che simbolicamente, ed a tutti
gli effetti, da l'inizio di un regno, della legislazione, della datazione dei
documenti; con effetti economici, ancora oggi infatti la produzione riprende il suo ritmo pieno con l'inizio di settembre. Cos il primo giorno
chiude l'anno passato ed apre sul nuovo. Tale data ebbe diverse soluzioni tra le nazioni cristiane, fino a tutto il medio evo.
Situato strategicamente a ridosso di grandi Feste, come la Nativit
della Madre di Dio e l'Esaltazione della Croce (8 e 14 Settembre), il 1
Settembre oltre tutto corrisponde circa al pi antico Capodanno ebraico
(r'sha-snh, cf. l'antico calendario ebraico di Lev 23,23-25; era
giorno di penitenza annunciato dalla tromba sacerdotale).
Teologicamente, l'Anno liturgico permanente della Grazia divina
cominciato con la Resurrezione del Signore e dunque dal Dono inconsumabile dello Spirito Santo (Gv 20,19-23, la sera della Resurrezione; At
2,1-4, alla Pentecoste), e si estende senza interruzione fino alla Parousia
seconda e terribile. In esso si agginge il simbolismo dell"'anno" solare di
origine ecclesiastica. Ma in esso trionfa la Domenica, la vera "Festa delle
Feste", di origine apostolica, l'inizio autentico della settimana. Vi si aggiunge anche il simbolismo della giornata. Si hanno cos i simboli dell'inizio, della crescita, della conclusione, nel "pi" senza termine della Grazia divina dello Spirito Santo.
Sul piano teologico, l'Anno liturgico trae inizio dall'inaugurazione
della "lettura" proclamante della divina Parola. Questo gi nell'A.T.:
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1 SETTEMBRE
te del Padre in Cristo con lo Spirito Santo, "il Padre compiacendosi, il Figlio attuante e lo Spirito Santo cooperante" (S. Massimo il Confessore).
Ma all'inizio del medesimo Anno sta come concentrata la fede dei
fedeli nel loro amore per il Padre e per il Figlio e per lo Spirito Santo,
in proiezione lungo tutto il resto del tempo. Amore della fede codificato, per cos dire, nel quotidiano "Padre nostro", preclaro divino Insegnamento del Figlio di Dio ai suoi discepoli di ogni tempo.
E qui vanno tenute presenti, per completare poi quanto si dir sulla
Divina Liturgia, le Letture bibliche del Hesperins e deWrthros.
a) Vespro:
- Is 61,1-10: lo Spirito di Dio "sta sopra" ed "unge" il Re messianico,
che anche il Sacerdote, inviato dal Signore a portare l'Anno accet
to, della remissione totale delle colpe, anzitutto evangelizzando i po
veri: i vv. 1-2 saranno proclamati da Cristo Signore nella sinagoga di
Nazaret (vedi Evangelo del giorno);
- Lev 26,3-10.1 1b-12.14-15a.l6a.c.l7.19-20.22ab.33b.27b-28a: que
sto testo, cos selezionato, fa parte delle promesse di bene, o di san
zione punitiva, che il Signore dall'inizio propone al suo popolo, po
nendolo davanti alla scelta, praticare o no la sua santa Legge, che
la sua Volont;
- Sap 4,7-15: la sorte felice del giusto davanti al Signore se conduce la
sua esistenza davanti a Lui mantenendola immacolata, diventando
cos amato da Lui; allora sar trasferito accanto a Lui, che lo sottrarr
agli iniqui;
- Stichoi: dal Sai 64, un' "Azione di grazie comunitaria", il v. 2, la lo
de a Dio in Sion; il v. 5, la felicit dell'eletto da Dio; il v. 12, l'Anno
del Giubileo, che sar poi il Koinnikn del giorno.
b) Mattutino:
- si deve considerare qui soprattutto l'Evangelo, Le 6,17-23, parte del
"discorso della pianura" di Luca, in cui il Signore proclama le beati
tudini per i poveri, gli affamati, i piangenti, i calunniati. Tali in realt
debbono farsi trovare tutti i fedeli del Signore, i quali cos sono posti
in luogo privilegiato, all'inizio dell'anno come al centro e come alla
fine: poich "grande la loro ricompensa" fin dal principio.
A questo deve aggiungersi la considerazione della Madre di Dio,
che da oggi memorata invariabilmente con i suoi privilegi singolari, e
come potente Difesa di tutti i suoi fedeli devoti;
Infine, appare il corteo dei Santi del Signore nelle varie condizioni
della loro esistenza in cui si fecero trovare: monaci come il grande Simeone lo Stilita; i gloriosi martiri come Aithala, le 40 Donne fedeli e il
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diacono Ammun, Kalliste, Evodio, Ermogene. La memoria storica risale fino all'A.T., alla figura di Giosu, il fedele servo del Signore e di
Mos, il quale introdusse il popolo santo d'Israele nella sua patria, oggetto della Promessa divina.
posto insieme un evento che commosse il mondo, l'incendio che
devast Costantinopoli per diversi giorni nel 461, memorato qui come
causa dell'intervento soccorritore divino ottenuto dall'intercessione
della Madre di Dio e dei Santi.
Si ha, in poche parole, un vasto materiale di mistagogia, come una
traccia, che pu essere seguita lungo tutto l'anno, nelle mirabili ricchezze e variazioni della celebrazione perenne della Chiesa.
II. - LA DIVINA LITURGIA
1. Antifone
Antifone comuni, o i Typik e Makarismi.
2. Esodikn
hagiois thaumasts).
3. Tropari
1 SETTEMBRE
1 SETTEMBRE
Questo Martyrion della verit divina consegnato alla Chiesa celebrato dalla medesima Chiesa fedelmente, autenticamente, lungo tutto
l'Anno della divina grazia, Fonte inesauribile di doni dello Spirito Santo.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 64,2, "Azione di grazie comunitaria".
La Chiesa saluta l'Evangelo del giorno con l'acclamazione dossologica: "A te conviene l'inno, Dio, in Sion", nella Comunit fedele adesso
raccolta a celebrare i Misteri divini. E prosegue: "ed a Te sar reso il
voto in Gerusalemme", poich la medesima Comunit orante restituisce l'azione di grazie per ogni bene ricevuto dal medesimo Signore.
Questo significa che l'inno ed il voto saranno il segno celebrativo lungo tutto l'anno, che cos si presenta dal suo inizio come lode ininterrotta al Signore Buono, tributatagli dalla "sua" Cittadinanza fedele.
b) Le 4,16-21
UEvangelo di oggi annuncia il Giubileo divino dello Spirito Santo.
Il contesto di "inizio". Infatti dopo il Battesimo dello Spirito Santo
(3,1-20,prodrome di Giovanni il Battista; vv. 21-22, Battesimo; vv. 2338, genealogia del Signore fino ad Adamo ed a Dio), Cristo Ges
condotto dal medesimo Spirito Santo per essere tentato nel deserto ed
uscirne vittorioso nella fedelt battesimale al Padre suo (4,1-13). Qui si
colloca l'episodio della sinagoga di Nazaret (4,14-30), che un altro
"inizio". E poi viene 1' "inizio" dei "segni" potenti che il Signore operer, con la guarigione dell'indemoniato di Cafarnao (4,31-38). Tutto
questo quadra bene con l'inaugurazione dell'Anno liturgico.
L'episodio della sinagoga di Nazaret a sua volta propriamente contenuto tra i vv. 16-30, ed preceduto dah" "inizio" del ministero messianico di Ges, che avviene sotto la "spinta dello Spirito" battesimale
(v. 14) a cominciare dalla Galilea, dove Egli insegnava nelle sinagoghe,
ed era glorificato da tutti per la sua sapienza e la sua dolcezza (v. 15).
Il Signore torna a Nazaret, "dove era stato nutrito", ossia allevato,
educato, cresciuto. L, "secondo il costume a lui" proprio, entra di sabato in sinagoga. Va qui meditato il fatto. Gi quando aveva 12 anni,
Ges sale secondo l'uso ebraico a Gerusalemme per la pasqua. "Tre
volte" l'anno ogni maschio israelita doveva "salire" a Gerusalemme
per le feste maggiori, ossia pasqua, pentecoste e le Capanne (cf. Es
23,14, testo fondamentale per le celebrazioni d'Israele). Allora Ges
ritrovato dopo 3 giorni dai Genitori allarmati nel tempio, con gli esperti
della Legge santa, mentre docilmente li ascolta e sapientemente li interroga (Le 2,41-46), nella meraviglia degli astanti per la sua intelligenza
e per le sue risposte (v. 47). Al preoccupato ma dolce rimprovero dei
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1 SETTEMBRE
1 SETTEMBRE
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CICLO DEIMNA1A
1 SETTEMBRE
messo dai Profeti (Is 8,21 - 9,5, LXX), per l'opera del Bambino, del Figlio, del Re Forte, dell'Angelo del Grande Consiglio divino (Is 9,6),
del Servo sofferente (Is 42,7, con lo Spirito di Dio, 42,1).
d) Rinviare con Yphesis i contriti di cuore: quelli gi contemplati dal
Disegno divino preeterno, sapienziale e provvidente, come perdonati
secondo il suo Beneplacito (Sai 145,8.9), e preavvertiti misericordiosa
mente dal Profeta (Is 58, vedi sopra). la funzione consolatrice tipica
del Sacerdote che indice il Giubileo per il perdono universale.
e) Annunciare l'Anno accetto del Signore. Il supremo sigillo apposto a
questo Programma divino sta in Le 4,19, che citaIs 61,2a. L'Unto dallo
Spirito del Signore, che riposa ormai stabilmente su lui - cf. qui anche
Gv 1,32.33: lo Spirito discende e "resta" (meno) in Colui che ormai bat
tezza nello Spirito Santo -, deve finalmente annunciare l'Evento sem
pre atteso, l'Anno gradito al Signore, quello in cui Egli pu finalmente
perdonare tutti e per sempre. Se si considera il contesto della profezia di
Is 61, si recupera il fatto che quel Profeta probabilmente scrive dopo il
ritorno dall'esilio babilonese, ponendosi alla scuola del grande Isaia.
Ad un povero popolo ancora frastornato dagli eventi, che ancora non ri
prende la sua vita religiosa davanti al suo Signore nella pienezza desi
derata da Lui e dai suoi servi fedeli, il Profeta annuncia un futuro di
grandi realizzazioni positive. Verr ad esso il Signore stesso, che abiter
in mezzo al suo popolo, e far di questo la sua Sposa diletta (Is 60; 62).
Quale dote nuziale divina, Egli porr in lei tutta la sua Grazia, lo Spirito
Santo (cf. 63,10-11.14), e questo Evento finale sar riassunto nel massi
mo simbolismo biblico teologico: l'Anno del Giubileo eterno. Adesso il
Giubileo non avr solo, non principalmente, la connotazione sociale po
litica economica familiare umanitaria. Esso sar opera dello Spirito del
Signore. Gli effetti saranno totali, avvolgenti e sconvolgenti, poich so
no diretti ormai anzitutto agli uomini peccatori, cos perdonati per sem
pre; sofferenti, cos guariti e consolati; oppressi, cos consolati e libera
ti; e soprattutto poveri, senza volto, senza avvenire, senza speranza, a
cui invece si manifesta il Volto divino di Bont, l'avvenire del Regno,
la speranza della Vita nella sua Pienezza divina.
Tutto questo donato con infinita supereffluenza gi dalla Croce,
dalla Resurrezione, dalla Pentecoste permanente nella Chiesa e tra gli
uomini: "Nel Nome suo (del Risorto Signore) saranno predicati a tutte le nazioni (pagane) la metnoia (conversione) e Yphesis (perdono) dei peccati, a cominciare da Gerusalemme" (Le 24,47): sotto la
guida onnipotente dell'Epaggeliadel Padre, la Promessa che lo Spirito del Risorto.
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CICLO DEIMN1A
Luca dunque pone quale prima parola pubblica del Signore questo
immane annuncio: Egli venne a donare il Giubileo divino dello Spirito
Santo. Allora la famiglia umana sar di nuovo ricomposta, quella di cui
Padre Unico lo stesso "Dio e Padre del Signore nostro Ges Cristo",
e che sar formata "qui e ora" dai poveri, dai prigionieri, dai ciechi, dai
contriti di cuore. Da schiavi finalmente liberati, che saranno "cittadini"
a pieno titolo della Cittadinanza custodita dalla Croce. I miserabili debitori sono rimandati sollevati da ogni dovere verso altri. La propriet,
la klronomia, l'eredit ricostituita nella sua integrit per tutti, unico
inesauribile "fondo comune" (cf. At 2,41-47; 4,32-35, conseguenze della Pentecoste giubilare!). Essa tende alla ricostituzione della Terra, la
Patria comune, finale, i cieli nuovi e la terra nuova (cf. Ap 21,1-5).
Cristo Signore battezzato dallo Spirito Santo ha parlato. Parola di
Dio indelebile. Pu arrotolare il volume profetico, restituirlo affinch
sia custodito preziosamente per memoria indelebile. Pu sedersi per tenere, secondo il costume sinagogale, l'omelia sulla Parola letta. Tutti
allora guardano verso Lui (Le 4,20). La folla infatti pende sempre dalle
sue labbra (cf. 19,48), ma adesso con tensione speciale, e come si vede
dal seguito, con sentimenti contrastanti.
Ges comincia la sua divina Omelia con il classico inizio, che sar
ritenuto dall'omiletica dei Padri: "Smeron, oggi". L'Omelia mistagogia ed attuazione "oggi qui per noi" delle Realt proclamate, adesso
spiegate per essere assimilate. "Oggi stata adempiuta (peplrtai)
questa Scrittura nelle orecchie vostre" (v. 21). Testo strapotente: Oggi
da Dio stata adempiuta (passivo della Divinit) questa Scrittura in voi
che ascoltate. Oggi e sempre. Il smeron non occasionale: eterno
presente. In chiunque ascolta l'Evangelo della Grazia e si dispone ad
accettarlo. Oggi il Padre infatti ha gi donato il suo Giubileo divino
mediante il Figlio nell'opera dello Spirito del Signore. Il Giubileo divino comincia gi "oggi". Il Dono precede l'accettazione. I talenti la loro
trattazione per aumentarli. Il Giubileo come Dono dello Spirito Santo
1' "oggi" dell'iniziazione cristiana, 1' "oggi" dei Divini Misteri celebrati. "Oggi la salvezza avvenne per il mondo", si canta alla fine della
"Grande Dossologia" che immette nella Divina Liturgia. 1' "oggi"
degli altri Misteri della Chiesa. 1' "oggi" della carit operata dalla
Chiesa in quanto Chiesa Sposa del Signore e Madre nostra.
Il v. 22 tagliato nell'ultima parte, che riporta la sorpresa di quelle
parole uscite dal "Figlio di Giuseppe", da tutti conosciuto come umile
artigiano. L'inizio narra la reazione dei presenti: gli testimoniavano
(martyr) contro, evidentemente, "per le parole della Grazia" che aveva pronunciato, sia leggendo Is 61,l-2a, sia nell'omelia. Ora, che significano qui "parole della Grazia"? I presenti dovevano esserne consolati,
mentre - ed il seguito lo narra ancora di pi, fino a tentare di precipitatolo
1 SETTEMBRE
re Ges da una roccia (cf. vv. 28-30) - si mostrano sommamente sorpresi ed irritati. Ma dal punto di vista loro, avevano anche ragione. Il
testo di Is 61,2 infatti suona cos (vedi sopra):
a chiamare l'Anno accetto del Signore,
ed // giorno della retribuzione.
Si attendeva infatti la liberazione dai nemici e la consolazione del popolo di Dio, certo, ma anche, nell'esasperazione di questo per le oppressioni e le lunghe speranze ed attese andate deluse, la punizione,
"retribuzione" in negativo, che il Signore mediante il suo Unto avrebbe dovuto infliggere ai nemici del suo popolo, cos umiliati e dispersi
per sempre.
Ges invece intenzionalmente omette quel mezzo versetto. Dimostrando ed insegnandoci almeno due fatti: che come Verbo Dio ha il sovrano dominio anche sulla Parola profetica e sulla sua nterpretazione
autentica; che come Unto di Dio misericordioso, non punir i nemici,
poich venne nello Spirito a portare il Giubileo divino a tutti i poveri, i
contriti, i prigionieri e ciechi, ossia:
Nel Nome suo saranno predicate a tutte le nazioni
la metnoia e Ydphesis dei peccati,
a cominciare da Gerusalemme (Le 24,47).
E gi qui si vede come difficile "dare Ydphesis" ai fratelli, quando gi
ci fu donata da Dio, chiedendoci per di elargire misericordia a tutti.
L'Anno liturgico comincia sotto il segno del Giubileo dello Spirito
Santo, dell'Anno accetto della Grazia divina.
Esso permanente ed inesauribile. donato "oggi", quando per chi
comunica ai divini trasformanti Misteri il Signore "corona l'Anno della
Bont" benigna, come si canter con il Koinnikn.
6. Megalinario
Ordinario.
7.Koinnikn
il Sal 64,12a, "Azione di grazie comunitaria": "Tu benedici la corona dell'anno della Bont tua, Signore". Il Salmo una delle pi
splendide "Azioni di grazie comunitaria". Esso celebra il Signore perch Lui, nei suoi titoli, e per le sue opere mirabili. Si chiede a Lui di
ricevere ancora i suoi doni mai meritabili, di salire alla comunione con
Lui in forza della lode che a Lui si tributa in Sion (v. 2). Ora, "oggi"
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4 SETTEMBRE
S. BABILA, VESCOVO D'ANTIOCHIA, IEROMARTIRE
S. MOS VEDENTE DIO E PROFETA
1. Antifone
Ordinarie, o Typik e Makarism.
2. Eisodikn
Ordinario.
3. Tropari
1) Apolytikion di S. Babila. L'illustre Ieromartire celebrato perch di
vent (si lasci fare dalla Grazia) partecipe del modo di vita degli Apo
stoli, e loro successore sulla cattedra , e come ispirato da Dio trov la
via pratica verso la contemplazione divina. Perci, fedele dispensatore
della Parola della Verit, fu atleta della fede fino al sangue. La Chiesa
lo implora come Ieromartire glorioso, che interceda presso Cristo per la
salvezza delle anime dei fedeli.
2) Apolytikion di S. Mos. Rivolti al Signore, i fedeli che festeggiano la
memoria del suo Profeta Mos, implorano che mediante lui salvi le lo
ro anime.
3) Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
4) Kontkion dell'8 Settembre.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Sai 15,3.8, "Salmo di fiducia individuale".
Il Signore rese mirabile la sua Volont nei suoi Santi gi sulla terra.
L'Orante da sempre pose davanti a lui il Signore {Stichos, v. 8) poich
sa che Egli sta alla sua destra, nel combattimento, e non sar scosso.
b) Ebr 11,33- 12,2a
Pentecoste di Matteo> di Tutti
E VApstolos della Domenica la m Pentecoste (l
i Santi), nonch della Domenica dell'Ortodossia.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 33,18.20, "Azione digrazie individuale".
. .,
l'Alleluia della Domenica 1- ^Watteo. I giusti e santi gridano
verso il Signore, che li esaudisce sempre, e li libera da ogni loro angoscia. Le tribolazioni del giusto infatti (Stichos, v. 20) sono sempre molte, ed il Signore da esse lo libera. Qui con la gloria del maritirio.
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b) Mt 10,32-36; 11,1
II Signore battezzato dallo Spirito Santo esplica la sua missione
messianica nel medesimo Spirito annunciando l'Evangelo e spiegandolo, ed operando le opere del Regno, i segni potenti con cui recupera al
Padre il dominio su ogni creatura impedito gravemente dal Male e dal
Maligno. L'Evangelo di oggi in conseguenza mostra come il Signore
con il "discorso di missione" (Mt 9,35 -11,1) istituisca ed istruisca i discepoli, che dovranno proseguire nel mondo tra gli uomini la sua medesima missione. Tale il contesto della pericope.
L'accento, nell'occasione della memoria dello Ieromartire Babila,
la grande homologia, la " confessione" o professione di fede nel Signore. Essa la base del rapporto di comunione con il Signore, condizione assoluta per entrare nella Vita divina. Anche se dovesse costare, come fu nel caso di S. Babila, la "testimonianza di sangue".
Ora, il Signore fa di questo un fatto formale. Al v. 28 aveva detto di
non temere quelli che possono solo spegnere la vita umana. Al contrario, si deve temere religiosamente solo Colui che unico pu "perdere (apolly) nella gehenna sia l'anima sia il corpo". In sostanza, la
gehenna, luogo di Gerusalemme, era una Valletta dove ardeva il fuoco
perenne dove quotidianamente si bruciava fino all'incenerimento
l'immondizia urbana. La metafora indica che il Signore con il fuoco
simbolico della pena eterna, il quale inestinguibile ma anche irresistibile (3,12; 5,22; 13,40.42.50; 18,8.9), ed eterno, mentre la sostanza
umana non eterna (25,41), e pu annullare l'esistenza umana da Lui
stesso creata per la Vita eterna. Forse i cristiani, parlando del "fuoco
spirituale" dell'inferno, hanno dimenticato questo lgion terrificante,
unico nella Scrittura (ma molti precedenti si trovano nell'A.T.). Si rivedano testi come Ap 20,10 e 14-15. E i Padri orientali dei primi secoli. S. Babila dunque non tem i carnefici del suo corpo, ma "confess" il suo Signore.
Ges dunque stabilisce che chiunque "confesser" (homolog) Lui
davanti agli uomini, senza timore di conseguenze anche fatali, sar
"confessato" (homolog) da Lui davanti al Padre dei cieli (v. 32). Il
che equivale alla presentazione e l'ingresso liturgico festoso al Padre,
per la Festa eterna e gioiosa. Tale "ingresso", come si disse pi volte,
carico di diversi contenuti. Poich il Padre il Signore Dio, il Re divino, a cui il Figlio riconsegner il Regno affinch "Dio sia del tutto in
tutti" (cf. 1 Cor 15,24.28). Cos i fedeli facenti parte del Regno vengono a far parte della corte celeste. Il Padre anche il Giudice di misericordia, che assolve i fedeli presentati dal Figlio, e li ammette alla sua
comunione. Ed infine il Signore adorabile e adorato, per cui il Figlio,
Sommo Sacerdote nello Spirito Santo, con tutti i fedeli per l'eternit
tributer al Padre il culto di lode e d'azione di grazie.
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4 SETTEMBRE
uno dei 4 cavalieri, che doveva togliere la pace falsa dalla terra, e porre
in guerra gli uomini, e quel guerriero brandisce una terribile spada. la
spada della divina Parola che divide gli uomini totalmente, poich essi
debbono decidersi se stare a favore o stare contro. Anzi, che divide lo
stesso uomo da se stesso, dalla parte non buona, molto dolorosamente,
e "penetra fino a dividere anima e spirito, giunture e midolla, e fa distinguere i sentimenti ed i pensieri del cuore" (Ebr 4,12). la stessa
spada che traverser l'anima della Madre di Dio (Le 2,35a ). Non pace
e tranquillit ignave, dunque, con la Venuta del Figlio di Dio, bens
spada, che porter la situazione pi tragica ma necessaria: dividere (dichsai) l'uomo dal padre suo, e la figlia dalla madre sua e la nuora dalla
suocera sua (Mt 10,35). Poich la Parola divina chiamer a rispondere.
E l'uomo e la figlia e la nuora che accetteranno quel "taglio" inesorabile
ed immane, dovranno "dividersi" dalle loro famiglie, irreversibilmente, poich chi ama il padre e la madre pi del Signore, e il figlio
e la figlia pi di Lui, e non si assume per intero la sua croce, non degno di Lui (vv. 37-38), e chi privilegia la sua vita, la perder, mentre
chi non la prezza, per per solo amore verso Lui, l'acquister (v. 39).
delineata la condizione ultima della sequela, quella dei gloriosi Martiri,
poich avverr che il fratello, il padre e i figli si ribelleranno e porranno
a morte i rispettivi fratelli e figli e genitori (v. 21).
Il Signore in un testo analogo afferma anche: "Fuoco venni a portare
sulla terra, e che desidero, se non che gi sia acceso?" (Le 12,49). La
Spada della Parola ed il Fuoco dello Spirito sono dunque inizialmente
guerra e divisione, per essere poi creazione nuova e comunione di Vita
divina indivisa.
Di fronte a questo i fedeli staranno molto attenti agli avvertimenti
del Signore: "ed i nemici dell'uomo, i domestici di lui" (v. 36). Ossia,
l'adesione al Signore pone il fedele nell'ultima divisione: i familiari
(oikiaki, facenti parte della medesima casata, domestici) saranno i
peggiori nemici. Il profeta Michea lo aveva preavvertito. Quando giunger inesorabile il grande Giorno del Signore, non ci si deve fidare pi
dell'amico e del compagno, neppure della sposa fedele umanamente,
poich allora nelle famiglie avverranno i peggiori oltraggi contro i parenti a causa del Signore, e i peggiori nemici, quelli senza misericordia,
saranno i familiari (Mich 7,5-6). Ges riporta dunque il testo profetico
alla lettera, mostrando che quel Giorno ormai giunto. I Martiri suoi
lo hanno accettato in tutto il suo rigore, una sorte da scegliere per amore
di Lui e del Regno.
Al v. 11,1 (che per s la conclusione del "discorso di missione"),
Matteo annota che Ges termina almeno per ora di istruire (diatssn) i
discepoli, che qui sono i Dodici scelti prima del discorso (cf. 10,1-4), e
si trasferisce da l verso altre citt, dove il suo ministero divino battesi1016
4 SETTEMBRE
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che grid al suo Signore, e l'epiclesi al Dio della sua alleanza affinch
non seguiti a tacere, ma si manifesti.
La Croce la "salvezza del popolo" santo, e il grido del Figlio al
Padre dalla Croce ebbe la grande risposta: la Resurrezione, la Gloria, il
Dono dello Spirito sui fedeli.
b)Gal 6,11-18
YApstolos della Domenica 5a di Luca.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 88,20-21.22, "Salmo regale"
II Signore mediante Natan profeta aveva promesso a David discendenza regale (cf. 2 Re (= 2 Sam) 7,4-17, spec. vv. 13-16). Il Salmista
canta questa azione divina di mirabile misericordia gratuita: il Signore
esalt l'Eletto del popolo della sua alleanza, tra tanti si scelse David,
suo servo fedele, il tipo del Re messianico, e lo unse di consacrazione
regale "in santa misericordia", che amore illimitato.
Lo Stichos (v. 22) mostra la conseguenza dell'unzione regale, poich il Signore con la sua Mano onnipotente soccorre sempre il suo Re,
e con il Braccio irresistibile gli conferisce la potenza vittoriosa, e perci per s tutto al Re proviene dal suo Signore.
E stabilita cos perfettamente la tipologia David-Cristo che regna
dalla Croce santa.
b) Gv 3,13-17
Nel Cap. 3 di Giovanni il Signore attende la visita notturna di Nicodemo, un Ebreo pio e giusto, facente parte del sinedrio (cf. 7,50), e che
fu tra quelli che con amore dolente aveva tributato a Lui gli onori estremi della sepoltura (cf. 19,39; aveva portato una quantit enorme di costosa mirra). All'inizio, quest'uomo profondamente onesto e pensoso,
aveva timore di essere rigettato dal suo ambiente, e quindi accostava il
Signore con cautela. L' "incontro con Nicodemo" si svolge nel testo
occupato dai vv. 1-16; secondo i critici, i vv. 17-21 sono la riflessione
dell'Evangelista, che tuttavia per cos dire mischia le parole della dottrina di Ges con le sue parole, mirabile modo della Parola di Dio.
I vv. 13-16 formano come l'epilogo di quest'incontro notturno, che
apre a Nicodemo l'alba della sua vita "nuova", quella che secondo le
promesse dell'A.T. ormai viene al compimento in Cristo Signore.
In precedenza, il Signore aveva annunciato a Nicodemo che per
entrare nel Regno occorre "dall'Alto - nascere di nuovo", come permette di tradurre l'avverbio ano, qui composto come particella con
l'avverbio nthen (v. 3), che sta in stretto nesso significante con
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CICLO DEIMN1A
cinale della Croce, in alto sopra la miseria degli uomini, sopra la loro
malattia mortale. Pi tardi il Signore dir direttamente: "quando voi
avrete 'esaltato' (innalzato sulla Croce!) il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che 'Io sono'" (8,28, sempre con rimando a Es 3,14). Allora
gli uomini conosceranno la Divinit del Figlio dell'uomo, secondo come vuole il Padre (8,28). E tra le ultime parole agli uomini nella sua
Vita pubblica, annuncer questo: "Io, quando sar stato "esaltato" (hyps) da terra (sulla Croce, ma anche nell'Ascensione gloriosa!), trarr
tutti a Me" (12,32), significando cos la sua Morte (12,33).
In sostanza, Giovanni raccoglie la pi antica tradizione, propria anche
di Paolo (cf. il "discorso della Croce", 1 Cor 1,17 - 2,16), secondo cui la
Gloria, la Sapienza, la Potenza di Dio si manifestano dal patibolo dell'infamia, poich la croce come supplizio finale era riservata agli schiavi
senza personalit giuridica, ai ladroni di strada senza pi diritti civili, ai
ribelli militari senza pi diritti politici; era considerata pena che infamava per sempre la memoria, e un "crocifisso" era un non-uomo. L sta la
Gloria divina, assumersi come proprio ogni obbrobrio degli uomini.
La Gloria divina per ha il fine supremo, che spiegato dal v. 15:
chi crede nel Figlio dell'uomo "esaltato" sulla Croce, non perisce nella
rovina eterna, al contrario, consegue la Vita eterna. La condizione essenziale "credere", pistud, aderire dunque con amore fedele a Lui.
Giovanni raccoglie in modo accurato, quasi ansioso, i luoghi in cui il
Signore esige la fede, nei verbi principali: credere, e vedere. Credere
ascoltando, vedere la realt immediata, umana, del Signore, per poter
contemplare insieme anche quella divina. La suprema epiclesi al Padre
da parte del Figlio, nella "Preghiera sacerdotale", che i fedeli presenti,
i discepoli, e da essi poi quelli futuri, credano "conoscendo" solo il
Padre, l'Unico Vero Dio, e Colui che il Padre invi, Ges Cristo (17,3).
Questa la "Vita eterna", unica definizione in tutta la Santa Scrittura.
Credere in Ges Cristo anche credere che Egli "la Resurrezione e la
Vita", e questo dona la Vita (11,25). Che Egli "la Via e la Verit e la
Vita" (14,6), poich chi vede Lui vede il Padre (14,9). La 1 Giovanni
pullulante di questo tema vitale; cf. qui solo 1 Gv 5,12-13.20.
Ges adesso spiega come e da dove viene la Vita da conseguire con
la fede: dall'amore del Padre. Poich il Padre am "il mondo" dei peccatori senza avvenire e senza speranza, che da solo non pu avere nessuna possibilit di salvezza. Lo am tanto, da "donare il Figlio suo, il
Monogenito". Donare senza resto: donare al mondo, al mondo di peccato di morte, alla morte per questo mondo creatura divina da salvare a
qualsiasi prezzo. Il Padre deve pagare "il Prezzo", l'Unico Figlio. Da
"donare alla Croce", da donare dalla Croce al mondo. Solo cos chiunque ha la fede divina, "non sia perduto, bens abbia la Vita eterna" (v.
16, con questa frase che ripete il v. 15). Non solo, Ges assicura: "Io
1022
venni affinch essi (le pecore perdute) abbiano la Vita, ed abbondantemente la abbiano" dal Pastore Buono (10,10b).
Tale l'amore divino per gli uomini, che precede ogni risposta di fede e di amore degli uomini. Il tema ripreso dalla tradizione giovannea. Uno dei testi pi sublimi, al limite dell'incomprensibilit tanta ne
la vertiginosa profondit, un annuncio gioioso:
Vedete quale amore (agape) don a noi il Padre,
cos che figli di Dio siamo chiamati.
Perci il mondo non ci conosce,
poich non conobbe Lui.
Diletti, adesso figli di Dio noi siamo,
ed ancora non fu manifesto quello che saremo.
Noi sappiamo che quando sar manifestato,
simili a Lui noi saremo,
poich vedremo Lui come (1 Gv 3,1-2).
In 1 Gv 4,8.16 viene la definizione di essenza: "Dio agape, amore",
ed in 4,10 spiegato che non noi amammo Lui, bens Egli ci am, inviando il Figlio come Vittima espiatoria per i peccati. Da cui proviene
l'esigenza stretta che i fratelli debbano amare i fratelli.
Paolo riprende il tema in molti contesti. Qui baster citare Rom 5,8-9:
l'amore divino preveniente, ci precede, e Cristo mor quando eravamo
peccatori senza speranza; per questo il Padre in Cristo ci am e ci don
la consolazione eterna e la "bella speranza" (cf. anche Rom 8,28-30).
Amore senza resto. Senza dunque esigenze di ritorno da parte degli
uomini. Amore che il Gratuito divino. E che non fa vendetta mai
contro chi non pronto ad amare. Anzi Gv 3,17 esplicita: Dio invi il
Figlio suo al mondo non affinch giudicasse il mondo. Eppure Cristo
Signore il Giudice dei vivi e dei morti (At 10,42), a questo scopo anche "unto" dallo Spirito Santo (10,38), che si presenter alla fine dei
tempi nella gloria (Mt 25,31-46). Ma solo per riprendersi i suoi, resi
beati, eredi del Regno (ivi). Dunque non per "giudicare" (krin), che
nel linguaggio umano significa in fondo "condannare". Dio Vita e
vuole che gli uomini abbiano la Vita sua (Gv 3,15-16!). Perci il Padre
invia il Figlio nel mondo, al mondo, solo al fine che questo sia salvato.
Il tema dell'invio occupa largamente l'Evangelo di Giovanni (cf. Gv 5,
26.38; 6,29.58; 7,29; 8,42; 10,36; 11,42; 12,49; 17,3; 20,21.) e la sua
Epistola principale (1 Gv 4,9.10.14). Non meno presente in Paolo (cf.
qui solo Rom 8,3).
Padre e Figlio, invio ed "esaltazione", Croce e Vita eterna, mondo di
peccato per ormai salvato ed introdotto alla Vita eterna.
La Croce l'unica via. Terrificante. Divina. Sublime. Irrepetibile.
1023
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8 SETTEMBRE
NATIVIT DELLA SOPRASANTA SOVRANA NOSTRA
LA MADRE DI DIO E SEMPREVERGINE MARIA
Con questa grande Festa comincia la serie nutrita delle celebrazioni
che la Chiesa dedica alla Madre di Dio, oltre alla memoria quotidiana
immancabile. Infatti alcune realt connesse in special modo con il
Signore, e qui si possono mentovare Maria, la Croce e Giovanni il
Prodromo, sono distribuite ai fini celebrativi lungo l'intero Anno liturgico, nei rispettivi veri e propri sistemi festali.
L'8 Settembre da inizio alle "Feste" della Madre di Dio, il 31
Agosto vi pone il sigillo. quella che si chiama una grandiosa "inclusione", formata da due estremit che racchiudono ed evidenziano il
contenuto, che la sublime contemplazione e\Y Oikonomia divina
sulla Vergine di Nazaret. Tale contemplazione conduce a comprendere
la grande legge formulata da Paolo con espressioni lapidarie in testi
come Rom 8,11; quanto il Padre con lo Spirito Santo oper per Ges
Cristo, con il medesimo Spirito Santo operer per tutti noi a cominciare dalla Madre del Figlio suo.
Le Feste della Madre di Dio hanno anche lo scopo di presentare
questa progressiva assimilazione della Madre al Figlio, dalla Nascita
alla Gloria, lungo la Vita storica del Signore, nell'incertezza apparente
della vita quotidiana, dunque anche nella sofferenza, nell'assistenza
alle Sofferenze divine, alla Croce, alla Resurrezione, alla Pentecoste,
alla glorificazione, alla gioia.
Per neppure questo basta. Poich il Disegno divino prevede che la
Madre sia donata ai fedeli del Figlio suo. E come mai abbandon il suo
Monogenito, cos mai abbandona gli "altri" figli. Perci l'ufficiatura
dell'8 Settembre insieme una concentrazione di visuali "economiche",
ed una complessa ed impressionante prolessi di tali visuali: in un certo
senso, la Nativit (t genthlion) della Vergine gi permette il farsi della
salvezza degli uomini. La concentrazione, l'inclusione mostrano oggi di
continuo la "teologia della storia": da Adamo all'escatologia, alla "gioia
pancosmica". Le profezie si realizzano, il Salvatore pu operare.
Questo visibile nei numerosi titoli mariani, ciascuno dei quali indica una o pi funzioni, e talvolta tutte le funzioni che nel Disegno divino spettano alla Madre di Dio. Come quello di "Paradiso mistico" della
Katabasia dell'Ode 9\che una totalit finale.
Infine, l'8 Settembre richiama a riflettere ancora una volta sul divino
adorabile Disegno, che dall'inizio alla fine della storia dona alla
Comunit della salvezza, ed a guardare bene a tutto il genere umano,
una serie ininterrotta, impressionante di figure femminili, sotto questa
1025
8 SETTEMBRE
8 SETTEMBRE
8 SETTEMBRE
nel mondo dei cristiani provenienti dal paganesimo, con la solo modifica
al v. 8, nel senso che Paolo precisa: "morte per di croce". La critica non
d'accordo invece sulla struttura letteraria e sul movimento dell'"inno",
sui parallelismi e le contrapposizioni. Soprattutto fanno difficolt alcuni
termini, come harpagms (v. 6), e in modo speciale quel ken (v. 7), che
indica lo "svuotarsi" volontario di se stesso che dovette operare Cristo
come Dio per assumere la sostanza ("forma") umana. Si deve dire per
che sostanzialmente il testo mostra un senso generale del tutto chiaro sia
nelle linee, sia nei particolari, con il dinamismo "alto - basso - alto", ossia
un movimento del Signore che dalla Divinit si abbassa all'umanit per
risalire alla Divinit. ovvio, un "moto" non spaziale, bens solo teologico simbolico. Per semplificare, qui si segue questo schema tripartito.
a) Cristo Ges dunque visto e contemplato anzitutto nell'eternit,
nella quale Egli sussiste (hyprch) "nella forma (morph) di Dio". Il
termine "forma" biblico, e non va letto secondo la sola filologia
greca, la quale suggerisce questi significati: forma, figura, aspetto este
riore (e cos, la statura); la bellezza (ossia, in positivo), la grazia (anche
della parola, etc.); l'apparenza di una realt; la sorte, la specie di una
realt; il gesto, l'atto di gesticolare; filosoficamente (Aristotele), la
forma, il principio formale, la natura; medicinalmente, il cadavere.
Ma gi Aristotele per morph da il senso di natura, di sostanza.
Ossia, nella totalit d'una realt, quanto appare quella realt in s
stessa, non sempre forma si oppone a sostanza, anzi il realismo suggerisce il contrario. Il N.T. assume morph (e i verbi connessi: morphiz,
symmorphiz, metamorph, etc.) come forma e sostanza.
Cristo Ges perci sussisteva dall'eternit nella sostanza, o essenza,
o natura di Dio (v. 6a). Eppure, non consider un "possesso geloso",
esclusivo ed escludente (harpagms) di essere "eguale a Dio", che qui
Dio Padre. Dunque in un kairs, che non nominato, Egli attua nel
tempo una decisione eterna (v. 6b).
b) La prima azione che compie secondo quel Decreto "svuotare
(ken) se stesso" delle sue prerogative divine. L'atto che ne consegue
allora Y ensrksis,V enanthrpsis, il srx egneto di Gv 1,14.
L'Incarnazione indicibile, misteriosa e terribile, non solo un "atto"
puntuale, la concezione dallo Spirito Santo e da Maria Semprevergine
(cf. Le 1,35; e il Simbolo battesimale della fede), ma anche la condi
zione irreversibile per cui restando immutabile ed impassibile il Dio
Verbo si fa anche Uomo vero, cos che la Persona divina del Dio Verbo
ormai, essendo "composita" (synthetos, i Padri), restando inalterate le
prerogative divine e quelle umane, sussista tutta e per intero sia nella
sua ousia divina, sia nella sua ousia umana assunta. Per cui ancora, il
Dio Verbo, restando in eterno consustanziale con il Padre e con lo
1031
Spirito Santo, diventa, mediante la Madre Semprevergine, anche consustanziale in quanto Uomo vero con tutti gli uomini. E poi, cos il Dio
Verbo contemplato realmente nelle sue due ousiai "dalle quali e nelle
quali e le quali sussiste" ormai in eterno (S. Massimo il Confessore). E
non in modo che Yousia divina si "relativizzi" a quella umana cos da
sopraffarla (monofisismo), ma il Dio Verbo kath'hypstasin assume
Yousia umana in modo da divinizzarla con le Energie divine, nella sua
intatta integrit.
E per, questo avviene "per specie contraria", il Figlio di Dio "avendo
assunto (labri) la forma dello schiavo". Anche qui l'attenzione va data
ai singoli termini. H verbo lambn, prendere, assumere, per s nel contesto deve essere tradotto con "accettare" volontariamente - ad esempio,
si pu "prendere" una punizione, subirla, senza per accettarla; si pu
"prendere" una decisione ingrata, ma non volendola -: a partire dal
Disegno del Padre. La "forma", morph, anche qui indica la sostanza
ultima che determina il modo dell'esistenza. Il sostantivo dolos va preso
nel senso letterale estremo, "schiavo" senza libert, assoggettato totalmente al peso della sua condizione infima, ingrata, che priva della possibilit del riscatto. Ora, chi il massimo "schiavo" che si possa immaginare, chi si trova nella condizione infima ed ingrata dell'esistenza umana,
chi del tutto privo della possibilit del riscatto con le sue sole forze e
con le sostanze che non ha? L'uomo peccatore. E chi l'autentico
"uomo" che si rese per sua colpa "schiavo del peccato"? Adamo. Il
Figlio di Dio accetta volontariamente di assumere per intero il terrificante
carico della schiavit di Adamo, e per diventare l'Adamo Ultimo
("nuovo") deve prima identificarsi, per cos dire, in tutto - senza commettere peccato! - all'Adamo "primo" ("antico", o "vecchio"), con tutte
le mortali conseguenze.
Per questo Egli "si fece (divent) nella somiglianz degli uomini",
dove homima, somiglianz, esprime non il senso usuale di una "cosa
simile" ad "un'altra cosa", ma di identit: Uomo vero davanti a Dio e
davanti agli uomini. Solo cos il Figlio di Dio pu attuare il Disegno
divino. Il v. 7 insiste alla fine: "e fu trovato come "schma" quale
uomo", trovato dunque nel momento decisivo (heurethis, participio
aoristo puntuale) della storia "sua", da Dio e dagli uomini, anche da
questa parte come Uomo vero. Il termine greco schma molto complesso; indica infatti: figura, forma, esteriore, modo d'essere (cf.
1'"abito" come modo di comportarsi); forma di malattia; del discorso
(ad es. forma metrica, etc.); forma di governo, costituzione politica;
figura geometrica; filosoficamente, forma del sillogismo; posizione,
atteggiamento, gesto, posa (di attori di teatro); contegno morale o
sociale, espressione comunicativa (umile, superba, di dominatore, di
servo); pompa, prestigio, magnificenza (ad es. regale); una parte da
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8 SETTEMBRE
8 SETTEMBRE
dimenticare tutte le realt umane vissute fino a quel momento, compresa la provenienza, la Casa del padre che il Casato di David, realt
adesso realizzata nella pienezza che lo trascende.
Lo Stichos (v. 13) esalta la ricompensa che adesso spetta per sempre
alla Regina: i ricchi del popolo della terra, oltre che i poveri di Dio,
ormai si rivolgeranno con fiducia al Volto bello della Sposa, e senza
distaccarsene lo imploreranno, poich sanno che Ella potente interceditrice di ogni grazia dello Spirito presso lo Sposo.
b)Le 10,38-42; 11,27-28
Questa pericope usata per altre Feste della Madre di Dio. Essa va
attentamente contemplata.
La prima parte l'incontro del Signore con Marta e Maria. Occorre
sempre prima considerare che non si tratta di "un episodio"
dell'Evangelo, bens di un fatto che forma la linea continua del ministero messianico del Signore. Occorre partire sempre dal suo santo
Battesimo, quando il Padre con lo Spirito Santo Lo consacra per l'annuncio dell'Evangelo e per le opere del Regno e perci il culto al Padre
medesimo Evangelo e Regno e culto il cui culmine indicibile sar la
Croce per la Resurrezione.
Il Signore dopo la Trasfigurazione comincia la sua "salita a
Gerusalemme" (cf. Le 9,28-36, tra il 1 ed il 2 annuncio della Passione
e Resurrezione, cf. 9,22 e 43b-45; infine, 9,51), dove deve "compiersi
il suo esodo" al Padre (9,31). Egli dtta le norme per seguirlo (9,5762), invia i discepoli in missione (10,1-16); questi tornano (10,17-20),
e allora il Signore vive il suo "Giubilo messianico" (10,21-24). Segue
la parabola del Buon Samaritano (10,25-37), e finalmente la pericope
di oggi. Ma questa seguita dalla catechesi sulla preghiera, il cui
nucleo il "Padre nostro" (11,1-13).
Cos inquadrato, l'incontro del Signore con le due sorelle assume
rilievo diverso. Esse sono conosciute anche dall'Evangelo di Giovanni,
come sorelle di Lazzaro (Gv 11,1-45). Maria in specie aveva unto i piedi
di Ges a Betania, proprio mentre Marta ancora una volta ministrava la
tavola (Gv 12,1-8). D'altra parte, probabile che questa unzione sia trasposta significativamente da Luca molto prima nel suo Evangelo, in casa
del fariseo, e operata dalla peccatrice anonima (Le 7,36-50), a cui fa
seguire l'elenco delle donne che fedelmente seguivano il Signore per servirlo, e tra esse l'Evangelista nomina "Maria, chiamata Maddalena, dalla
quale sette demoni erano usciti" (8,2), richiamata anche in Me 16,9 con
la nota "dalla quale (Ges) aveva espulso sette demoni". Eppure era
apparso per primo come Risorto proprio a lei. Gi i Padri si interrogavano sull'identificazione della Maria di Betania con la Maddalena, propendendo, non senza difficolt, per la risposta positiva (vedi 22 Luglio).
1035
8 SETTEMBRE
(v. 40b). Cos Marta non comprende che l'onore pi grande che si
possa fare all'Ospite divino, anzitutto di stare ad ascoltarne le Parole
della Vita, che nessun altro possiede, e che precedono ogni altra istanza
di una vita veramente da vivere.
L'Ospite divino dice qui una parola che resta fondamentale per la
vita della Chiesa di tutti i tempi. Il suo rimprovero a Marta insieme
dolce, ma netto: "Marta, Marta, tu ti preoccupi (merimn) e ti perturbi
(thyrbdz, per thorybzo) intorno a molte (faccende)" (v. 41). Maria
"ascoltava" solo la Parola di Lui (v. 39), e dunque aveva fatto dentro di
s il silenzio attivo, recettivo, la quiete singolare dell'"ascolto" di fede
e d'amore, respingendo ogni mrimna, ogni thrybos. Questo adesso
il suo cibo, la sua bevanda, la sua vita. Il Signore d'altra parte n si
curava n si preoccupava n si agitava, poich quale Ospite divino
stava nutrendo al Convito trasformante della sua Parola le anime che
"Lo ascoltavano". Perci deve insegnare a Marta anche come si deve
vivere se si vuole essere suoi discepoli e suoi convitati.
"Dell'unico fatto c' necessit": di ascoltare Lui, la Parola. "Maria la
buona parte prescelse, la quale non sar portata via da lei" (v. 42). La
agathmers "conil Signore", "avere parte con Lui" (cf. Gv 13,8b), a partire dal Tesoro del Convito della Parola. Questo segue ogni fedele che l'accetta, fino alla Vita eterna, Tesoro inalienabile che porta alla Vita eterna.
Sui vv. 41-42 esiste un'immensa letteratura spirituale, non tutta di
qualit eccelsa, poich non sempre l'applicazione alla vita cristiana ne
fu secondo l'intenzione ultima del Signore. In sostanza, si tese ad
opporre la "vita attiva", Marta, e la "vita contemplativa", Maria.
Questa applicazione allegorica. Ges non parlava di contrapposizione
di due scelte di vita religiosa, la prima per la massa sempre imperfetta,
o per religiosi meno perfetti; la seconda per pochi privilegiati, i "contemplativi", uomini e donne, i perfetti, incuranti degli "altri". Questo
solo nella letteratura successiva.
L'esperienza spirituale di secoli di vita cristiana ordinata mostra un
altro quadro, quello vicino alle intenzioni del Signore. L'equilibrio fu
sempre tra vita contemplativa e attiva. Di fatto proprio i monaci, contemplativi per elezione e per definizione, nei secoli, chiamati dai
Vescovi legittimi e per stretta obbedienza ad essi, furono intrepidi missionari dell'Evangelo; furono maestri di scienze di teologia; furono
costruttori di citt, di ponti e strade; furono abili contadini; organizzarono le diakoniai dal sec. 4 per l'assistenza ai poveri nelle Chiese, e
dunque di raccolta di elemosine, di ospedali, di ptococomi (per i poveri), di xenocomi (per i pellegrini); assisterono l'amministrazione civile
dove serviva; furono curatori di anime nella pastorale.
Che disse realmente Ges Signore alle due sorelle? Volle contrapporle, privilegiandone una e mortificando l'altra? Non pare. Volle solo
1037
stabilire per sempre il principio, che dalle donne rimbalza sugli uomini:
che la "vita attiva" di vero discepolo, nella sua necessit ineludibile e
mai trascurabile, solo se proviene dalla "vita contemplativa". Cos
che in un certo senso la vita contemplativa precede ed ordinata alla
vita attiva e questa deve diventare un aspetto della prima. Stretta unit:
Marta avrebbe dovuto prima "ascoltare la Parola", e poi procedere alle
faccende di casa per fare pieno onore all'Ospite divino, poich di certo
Maria dopo "avere ascoltata la Parola" avrebbe lavorato al medesimo
scopo.
Il contesto della pericope di Le 11,27-28 tratteggiato gi da quanto
detto per la prima pericope, che segue di poco: dopo la catechesi sulla
preghiera, contemplativa, ma per la vita attiva {Le 11,1-13), che porta
al Dono dello Spirito Santo, il Signore procede all'insegnamento sull'espulsione dei demoni (vv. 14-26). Da questo una donna della folla
grida la sua ammirazione.
una donna anonima. Nell'Evangelo suo, Luca raccoglie molto
materiale sulle donne, alcune meravigliose come la Madre di Dio, ma
anche Elisabetta, Anna la profetessa, altre di innominabile bassezza,
ma recuperate a Dio dalla Misericordia del Signore. Le Donne fedeli,
nell'attestazione unanime degli Evangelisti, seguirono il Signore fino
alla Croce, fino alla sepoltura, ed ebbero il privilegio unico, incomparabile e fondante di essere visitate dal Risorto per prime, consacrate cos
nella Chiesa di tutti i tempi come la "testimonianza vivente" della
Resurrezione per tutta la Comunit di fede; per questo l'ambone per la
proclamazione dell'Evangelo, che sempre "Evangelo di
Resurrezione", era sempre posto nelle chiese dalla parte delle donne
(vedi 22 Luglio).
Questa donna dunque ancora una volta "ascolta la Parola", poich
l'episodio avviene "mentre Lui parlava" {lgo, da cui lgos, parola).
Tra i presenti una donna colpita nel cuore, comprende chi il
Parlante davanti a lei. Al contrario di ogni uso orientale, dove la donna
prende la parola solo se interrogata, ella ha il coraggio temerario di
"alzare la voce" tra la folla. Perci grida con immensa ammirazione la
sua lode del tutto femminile, che colpisce il centro della Vita del
Signore, e cos esprime una "beatitudine": "Beato il seno che Ti port".
Il verbo bastio qui molto bello, poich esprime il senso di portare
con fatica, come un soave ma grave "carico", fatto proprio delle donne
gravide. Ed aggiunge: "E beate le mammelle che succhiasti" (v. 28).
la lode magnifica della madre ad una Madre, che "port" il Signore, e
che Lo nutr del suo latte verginale. una lode vera, per nulla smentita,
nonostante le apparenze, dalla parola del Signore che segue, che sembra contraddire duramente la donna.
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8 SETTEMBRE
Oikonomia indicibile. Perci senza posa tutte le trib della terra magnificano la Madre di Dio che nasce.
7.Koinnikn
Sai 115,13, "Azione di grazie individuale". L'Orante adesso riceve
la Coppa divina della salvezza, ed invoca il Nome del Signore, mentre
partecipa ai suoi Misteri trasformanti e vivificanti. l'unico modo per
rendere grazie al Signore per tanti prodigi.
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9 SETTEMBRE
I SANTI E GIUSTI PROGENITORI DI DIO,
GIOACCHINO E ANNA
Cura degna ebbe la Chiesa, quando alle grandi Feste del Signore o
della Madre di Dio volle associare i grandi personaggi che a quegli episodi portarono il loro contributo secondo la divina Oikonomia.
1. Antifone
Dell'8 Settembre.
2. Eisodkn
Ordinario.
3. Tropari
1) Apolytikion dell'8 settembre.
2) Apolytikion dei SS. Gioacchino e Anna. Il Signore invocato umil
mente affinch salvi le anime di noi, che festeggiamo la memoria dei
giusti suoi Progenitori.
3) Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
4) Kontkion dell'8 settembre.
4. Apstolos
a)Prokimenon: Sai 67,36.27.
L'Orante celebra il Signore, sempre Mirabile tra i suoi Santi come il
Signore Dio Unico d'Israele.
Lo Stichos (v. 27) con imperativo innico si rivolge ai fedeli affinch
nelle sante Chiese, riuniti compattamente, benedicano il Dio Signore,
che la Fonte delle grazie d'Israele popolo suo.
b) Gai 4,22-27
Paolo nei vv. 21-31 parla delle Due Alleanze, riferendosi a quanto
narra la Legge stessa (v. 21, che si riferisce a Genesi e ad Esodo). Ora,
la premessa sta nel fatto che il Padre Abramo ebbe due figli, uno dalla
schiava egiziana Hagar, ed Ismaele, e l'altro dalla donna libera, Sara,
ed Isacco, il "figlio della Promessa" (v. 22). Mentre ovviamente il Signore non conosce preferenza di persone, tuttavia la sua divina Oikonomia deve procedere secondo l'imperscrutabile Disegno, che ha scelto
un'unica linea delle genealogie, quella che porta al Figlio Ges Cristo.
1046
9 SETTEMBRE
parto" doloroso. Ma Ella siamo noi, che dunque siamo Madre a noi
stessi, formando tutti noi la Sposa diletta del Signore.
L'Apostolo adesso citaIs 54,1, che anche il versetto applicato alla
memoria di oggi, di Gioacchino il giusto, e di Anna la santa e provvidenzialmente senza possibilit di avere figli, poich ebbe la sorte
straordinaria, quasi incredibile, di generare la Madre di Dio:
Esulta, sterile, che sei senza figli,
prorompi e grida di gioia, tu senza doglie del parto,
poich molti sono i figli dell'abbandonata,
pi di quella che ha lo sposo!
Qui anzitutto va contemplato il Mistero della Chiesa, che nasce dal dolore della Croce, e che da sola non ha la capacit di generare. Adesso
per deve esultare e gridare la sua esultanza, poich i figli suoi ad opera
dello Spirito Santo sono numerosi per il Padre. Ella diventa popolo di
popoli secondo la benedizione d'Abramo "Padre di molti popoli", e non
teme il confronto con altre "madri".
Poi si deve contemplare Y Oikonomia divina in Anna e Gioacchino.
Quale esultanza, quale gioia di Anna la sterile (cf. 1 Re (= 1 Sam) 1,1
-2,11), e di Gioacchino senza discendenza, avendo dal Signore ricevuta
la filiazione. Ma quale filiazione! La Madre del Signore, che da sola
pi di molti figli, poich da Lei nascer il Figlio, che sar "il Primogenito di molti fratelli" (Rom 8,29), tutti figli amati del medesimo Padre.
La devozione tenerissima alla Madre di Dio perci si deve estendere
ai suoi santi e giusti Genitori, poich "Dio il Mirabile tra i suoi Santi", tra i quali si compiace di essere amato e adorato.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 33,18.20, "Azione di grazie individuale".
Vedi domenica la diMatteo, e il 4 Settembre. L Orante afferma con
grande gravita che i Giusti del Signore gridarono a Lui, unico loro Aiuto, ed Egli li esaud sempre. Gioacchino ed Anna implorarono il Signore di essere liberati dalla vergogna di non avere prole, ed il Signore li
liber da questa loro tremenda tribolazione.
Lo Stichos (v. 20) ribadisce: anche se molte sono le tribolazioni del
Giusto, il Signore li scampa sempre. E il premio grande qui fu la nascita della Madre di Dio.
b) Le 8,16-21
II contesto la prima parte del ministero messianico del Signore
battezzato dallo Spirito del Padre, che percorre terre e paesi annuncian1048
9 SETTEMBRE
do l'Evangelo ed insegnandolo come la sua Dottrina divina, ed operando i segni potenti con cui recupera il Regno al Padre. Il cap. 8 dedicato inizialmente da Luca alla parabola del divino Seminatore (8,4-15), e
poi a quella della lucerna (8,16-17), con l'ammonizione all'ascolto (v.
18); quindi ai "parenti di Ges" (vv. 19-21; gi accennati).
La lucerna luce, gioia, comodo grande per la casa. La sera in genere l'accende la madre di famiglia, quando attende i suoi dal lavoro e
prepara la cena, per riunire la famiglia finalmente riunita insieme, stanca ma contenta di ritrovarsi, genitori e figli. Ora, chi accende la lucerna
non la copre con un vaso qualsiasi, tantomeno la nasconde sotto il letto,
che potrebbe essere un semplice pagliericcio che spegnerebbe subito la
fiamma. Al contrario, come in una stanza buia si pu provare con una
candela, la luce deve essere posta in alto, meglio se sopra l'apposito
strumento che un treppiede sopra cui sta una superficie per posare la
lucerna, oppure un braccio da fissare in alto alla parete. Solo cos chi
entra pu godere della luce (v. 16).
Ma quando chi dispone della divina Lucerna che getta la Luce che
la vita donata, il Signore stesso, fa del tutto affinch essa sia visibile
dappertutto. Tale Lucerna illumina gli uomini. E talvolta composta di
uomini, come i Santi e Giusti del Signore, i quali sono cos posti come
"luce del mondo e sale della terra" (cf. Mt 5,14 e 13). Tali erano Gioacchino ed Anna, che il Signore finalmente, a suo tempo, mostra al mondo, poich da essi nasce la Madre di Dio.
Infatti, nel pur misterioso, imperscrutabile Disegno divino, tutte le
realt, anche le pi nascoste, come la santit dei fedeli del Signore, saranno divinamente manifestate, e le realt che il mondo crede che siano
segrete, saranno portate alla conoscenza di tutti (v. 17).
Qui viene un logion difficile di Ges: occorre bene considerare
(blp, la visione con gli occhi della fede) il "modo" con cui si ascolta
la divina Parola. Poich a chi possiede quanto ha raccolto dalla divina
Parola, a questo il Signore aggiunger superabbondantemente. Invece a
chi questo Tesoro non possiede per sua sola colpa, e dunque crede di
possedere autonomia e sufficienza della vita - il "non avere interesse" per le Realt del Regno, oggi diffusamente comune -, il Signore toglier tutto (v. 18).
Viene l'episodio gi accennato sopra (vv. 19-21), che di immensa
importanza. Esso riportato con leggere varianti anche dagli altri Sinottici (Mt 12,46-50; Me 3,31-35). E rivela la preoccupazione per Ges, della Madre del Signore e dei suoi parenti stretti, i "fratelli", che sono i cugini di cui si conoscono anche i nomi. La predicazione ardita
dell'Evangelo del Regno infatti gli ha procurato molti avversali, alcuni
dei quali ormai decisi ad intervenire su Lui con la forza. Egli pu essere
accusato come falso profeta, secondo il noto passo di Dt 18,9-22. Il
1049
9 SETTEMBRE
Sappiamo che tutto questo opera dello Spirito Santo, per cui si deve
parlare della "vita in Cristo - vita nello Spirito" (Rom 8,9).
L'applicazione ai Santi Gioacchino ed Anna del tutto ovvia.
6. Megalinario
Ordinario.
7.Koinnikn
il Sai 32,1, "Inno di lode". Al momento della santa comunione, i
fedeli fanno proprie le parole esultanti di Gioacchino ed Anna alla Nativit della Madre di Dio: i giusti debbono esultare nel Signore, poich
a chi ha il cuore retto conviene sommamente di vivere nella lode continua di Lui.
1051
14 SETTEMBRE
L'UNIVERSALE ESALTAZIONE
DELLA PREZIOSA E VIVIFICANTE
CROCE
impossibile a mente umana, pur devota ed attenta alle Realt divine, riuscire a tenere davanti agli occhi, e tanto meno a possedere l'abisso vertiginoso che in pratica sono e formano i temi relativi alla "preziosa
e vivificante Croce". Gi il titolo della grande Festa rimanda ai fatti
biblici, per cui la Croce del Signore il "prezzo" terrificante pagato a
favore nostro, e per cui la nostra vita di fedeli proviene dalla Croce, ed
in un certo senso la Croce.
Occorre qui tenere conto di una massa di dati: storici, archeologici,
teologici, liturgici, mistagogici.
Quanto alla storia ed all'archeologia, sappiamo che sul luogo
stesso della Redenzione divina fu deciso di costruire un Martyrion,
una testimonianza imperitura. Perci furono isolati e circondati di
costruzioni splendide anzitutto YAnstasis, il luogo della Resurrezione; poi il Calvario o Golgota, detto dalle fonti del sec. 4, con un
titolo significativo, "ad Crucem" , dove era stata eretta l'Ara della
nostra salvezza e della nostra gloria, e dove ardeva la luce perenne;
infine, una grande basilica (il Martyrion proprio), dove la memoria
del Signore Crocifisso, ma Risorto, fosse celebrata quotidianamente,
anche per le immense folle di pellegrini che convenivano da ogni
parte del mondo cristiano. Il 13 Settembre del 335 il santo luogo fu
consacrato o "dedicato".
Su questo luogo unico al mondo si organizz una liturgia "cattedrale", ossia celebrata dal Vescovo e diacono e clero, con monaci e monache e popolo fedele e sempre estasiato. Le Ore sante e i divini Misteri
si succedevano con immenso splendore devoto, alternato nei tempi stabiliti dalla celebrazione degli altri Misteri, soprattutto dell'iniziazione
cristiana nella Notte santa del Sabato santo e grande.
Questo fu il culto che grosso modo rest esemplare per tutte le Chiese. Tracce molto imponenti se ne conservano in tutte le Liturgie orientali, sia come modo di celebrare, sia come strutture della celebrazione,
sia come Lezionario, sia come Anno liturgico, sia infine come grandi
temi teologici e spirituali.
E da quest'ultimo punto di vista, che il principale, si deve dire che
la Resurrezione anzitutto con la Domenica, di origine apostolica, e poi
con la data annuale, di origine ecclesiastica, e quindi la Croce, dominano per intero come la Rivelazione biblica, cos la celebrazione di Ges
1052
14 SETTEMBRE
Cristo Signore Risorto, condizione per adorare la Triade santa consustanziale indivisibile vivificante.
La Resurrezione determina per tanta parte, con i tipici spostamenti
calendariali, l'Anno liturgico, ponendosi cos quale polo ineludibile
di tutto.
Ma anche la Croce ha una funzione circa medesima. A partire dalla
Festa del 14 Settembre, e, come indispensabile per chi vuole realmente "conoscere" i contenuti della Parola divina celebrata, tenendo conto
delle necessarie "tabelle" , la Croce sta posta cos, che dalla Pentecoste
tutto porta ad essa, e che da essa tutto riparta fino alla Quaresima. Infatti le realt della Croce sono ripetutamente, insistentemente riproposte dalla Chiesa, e baster qui avere sott'occhio questa tabella parziale
delle sue celebrazioni.
La menzione della Croce anzitutto quotidiana. L'anamnesi di essa
ricorre in ogni mercoled e venerd dell'anno. Qui vanno anche tenuti
in dovuto conto i temi singolari portati dagli Staurotheotokia.
Le principali ricorrenze celebrative della Croce si hanno in questo
ordine:
- Domenica 3a dei Digiuni, Adorazione
Me 8,34 - % j
- Venerd delle Sofferenze
Gv 19,25-37
- 1 Agosto, Processione
Mt 10,16-22
- Domenica prima del 14 Settembre
Gv 3,13-17
- 13 Settembre, Dedicazione dell'Andstasis Gv 12,25-38
- 14 Settembre, Esaltazione
Gv 19,6,11 a. 13-20.2528s.30-35
- Domenica dopo il 14 Settembre
Me 8,34 - 9,1
Si ha un'"inclusione", con Marco agli estremi, e Giovanni all'interno.
un formidabile tessuto teologico. La legge inderogabile che la
Chiesa celebra perennemente il Signore Crocifisso ma Risorto "dopo
ed a causa ed a partire dalla Resurrezione".
Non esiste, in questo, un'originalit propria della Chiesa, che lungo
i secoli avrebbe "inventato" i modi della sua celebrazione, operando
scelte pi o meno felici. Qui non esiste originalit. N spazio per le
scelte. La Chiesa determinata a celebrare il suo Signore come Lo presenta e Lo tramanda la Tradizione divina apostolica, il N.T.: Risorto in
eterno. Bens con i santi Segni, le Stigmate eterne della Croce: Le
24,39-40; Gv 20,20.25.27; Ap 5,6. Non solo, ma il Risorto torner nella
sua "seconda e terribile Parnasia" con il "Segno del Figlio dell'uomo",
che traversa il cielo come istantanea irresistibile folgore (Mt 24,27), ed
la Santa Croce di fuoco (Mt 24,30).
1053
I. - LE ORE SANTE
Un aspetto importante delle Ore lo sviluppo della tipologia biblica
della Croce, dalla protologia all'escatologia. Infatti Adamo rifiut di
nutrirsi dall'Albero della Vita che gli avrebbe conferito l'immortalit
beata, e si cib del Legno della morte. Il Disegno divino prosegue nel
progressivo recupero dell'Albero salvifico, in numerosi episodi, che
anticipavano l'Evento ultimo dell'Albero della Vita piantato nell'Eden
nuovo, dove la Morte avrebbe vinto la Morte e donato ai discendenti di
Adamo la Vita eterna.
Un tratto tipico della "drammatizzazione" dei testi biblici il fatto che
la Croce interpellata come una persona vivente e presente, invocata e
venerata come vera icona spaziale e temporale della Resurrezione. Cos
nel Vespro dopo il Kyrie ekkraxa, lo Stichrnprosmoion 3; agli Stichoi, gli Stichrprosmoia 1, 2, 3. Cos anche al Mattutino.
A) Vespro
Le Letture bibliche ripresentano e confermano la tipologia.
1)Es 15,22- 16,1
l'episodio singolare di Mara, la prima stazione dopo il passaggio
del Mar Rosso (per le stazioni dell'esodo, che sono 40+1, Mara per
la 4\ cf. Num 33,1-50, qui v. 8; si noti il numero simbolico). Qui si trovano acque amare non bevibili, acque di morte. Avviene la prima grave
mormorazione contro Mos, che grida al Signore. Il Signore "gli mostr un legno", che gettato nelle acque le rende dolci. Fu una prova che
il Signore offr ad Israele. A cui diede i precetti e la grande promessa:
di non gravarli con nessuna delle piaghe d'Egitto, poich Egli "il Signore, ho Imenos", il Guaritore (cf. Sai 102,3). In Elim, altra stazione,
esistevano 12 fonti e 70 palme, numeri simbolici delle trib e degli Anziani che le governeranno (Num 11,1-30). L'esodo cos pu proseguire.
La tipologia della Croce il Legno che annulla le acque della morte, e
dona l'Acqua della Vita; essendo il supremo strumento del Signore che
guarisce da ogni male di morte.
2) Prov 3,11-18
Lo splendido testo tesse l'elogio dellapaidia, che disciplina, correzione, insegnamento. Il Signore, come e pi di ogni padre buono,
corregge con punizioni medicinali, temporanee i figli che ama (v. 12), e
che indirizza verso la Sapienza divina. Sar beato chi trova la Sapienza
(v. 13), pi preziosa di ogni tesoro in terra (vv. 14-16). l'unica Via
della pace (v. 17). Essa l'Albero della Vita, che vivificante per
chiunque lo afferra e vi si tiene stretto (v. 18). Tale la Croce, che la
Sapienza di Dio (cf. 1 Cor 1,17 - 2,16, il "discorso della Croce").
1054
14 SETTEMBRE
3)75 60,11-16
Nel contesto della sua restaurazione, alla fine dei tempi, Sion terr in
permanenza le porte aperte affinch seguitino ad entrarvi i popoli della
terra (v. 11; la realizzazione, in Ap 21,24-27). Chi si rifiuter di entrarvi
a farne parte, sar sterminato dalla faccia della terra (v. 12). Tutto lo
splendore del Libano sar conferito a Sion, eletta per essere "il Luogo
dei Piedi" divini (v. 13; cf. il Sai 98,3.5.9, nei Versetti del Mattino). E il
Hypopdion tn Podn del Signore, la Croce. Cos i nemici del popolo conosceranno che questa nuova Comunit la "Citt del Signore", la
"Sion del Signore d'Israele" (v. 14), non pi 1'"abbandonata" e derelitta
e scherno dei pagani, bens la Sposa di gloria del Signore (v. 15). Essa
sar nutrita regalmente, e pienamente conoscer "il Signore, il Salvatore, il Redentore, il Forte di Giacobbe", il suo divino Re (v. 16).
B) Mattutino
Prosegue, ed anzi si amplia, la rilettura tipologica della Scrittura:
tutto avviene "eis typon ta Mystriou, come tipo del Mistero" che si
stava gradualmente manifestando. ripresa la visuale della storia da
Adamo con il gesto mortale di mangiare dal Legno della morte, fino alla Vita che adesso si manifestata dalla Croce.
L'Evangelo eotino Gv 12,28-36, sul Figlio dell'uomo che sar
esaltato dalla Croce.
C) Lodi
Accentuano l'aspetto indicibile del Mistero della Croce, ripetendo il
Pardoxon thuma nei 3 Stichrprosmoia.
Si procede poi alla quadruplice solenne Hypssis della Croce verso i
quattro punti cardinali.
II. - LA DIVINA LITURGIA
1. Antifone
1) Si intercala ad ogni Stichos: Tispresbiais ts Theotkou.
- Sal 21,2a, "Supplica individuale": il Giusto orante, il servo regale e
sacerdotale e profetico chiede al suo Signore e Dio di essere soccorso, e Gli domanda con religioso rispetto perch in questo momento
fu abbandonato da Lui;
- Sal 21,2b: egli constata che la confessione delle colpe che porta
da Innocente per tutti gli uomini sembra allontanare ancora di pi
la salvezza implorata;
- Sai 21,4: tuttavia egli sa bene che il suo Signore abita nel suo "san
tuario", che il cielo, il tempio, la comunit del suo popolo con1055
sacrato. Egli "la Lode d'Israele", il "popolo della lode divina", che
attrae tutto a s, e nulla lascia alla rovina.
2) Si intercala ad ogni Stichos: Sson hms, ho sarkiStaurthis.
- Sai 73,1, "Supplica comunitaria": l'Orante, che ancora il Crocifisso,
chiede al suo Signore perch, e fino a quando si mostra come definitivamente irritato, alieno e lontano da questa situazione di morte;
- Sai 73,2: con epiclesi drammatica, l'Orante Gli chiede di fare memo
ria della sua santa assemblea (synagg), che secondo il Disegno so
vrano eterno Egli si acquist "dall'inizio" (cf. Es 19,3-6, come nazio
ne santa, popolo di sacerdoti). Ora, quando il Signore "fa memoriale"
(mimnskoma), pone in azione il suo Disegno, e dunque crea, inter
viene e salva; quando "non fa pi memoriale" invece abbandona e di
strugge (cf. Ger 31,31, dei peccati del popolo dimenticati a causa
dell'"alleanza nuova"). E qui, l'Orante il Nucleo santo dell'assem
blea santa, e perci la situazione indica che senza il "memoriale"
santo del Signore tutto sarebbe perduto;
- Sai 73,12: anche l'Alleluia della Domenica 3a di Quaresima. Invece
la realt che il Signore Re dall'eternit, e oper sempre la salvez
za del suo Fedele, ed in lui dei suoi fedeli, nella terra creata, e nella
storia. E questa salvezza proprio adesso completa.
3) Si intercala ad ogni Stichos VApolytikion della Festa.
- Sai 98,la, "Salmo della Regalit divina": la gioiosa proclamazione ha
un unico contenuto: "II Signore regn!". Essa anche la forma pi anti
ca ed originale dell'Euagglion della salvezza, Is 52,7, testo fondamen
tale. Ora, "il Signore regn dal Legno" della salvezza. Per questo deb
bono tremare tutti "i popoli", sia quello fedele, sia i nemici della Croce;
- Sai 98,lb: il Signore che regna si manifesta nella sua inimmaginabile
Gloria, come "intronizzato sui Cherubini", e questo in modo duplice
e conglobante, sui Cherubini del Carro della Gloria (cf. Ez 1), dal
quale Egli contempla tutto fino alle profondit degli abissi (cf Dan
3,55), e sui Cherubini che nel santuario custodiscono l'arca in mezzo
al popolo fedele. Per questo la terra creata, in segno di adorazione e
di obbedienza al suo Creatore, commossa, si scuote, l dove gli uo
mini si rifiutano di farlo;
- Sai 98,3: l'Orante con iussivo innico chiama tutti a "confessare", ce
lebrare, conoscere e far riconoscere il Nome grande del Signore, il
"Nome terribile" davanti a cui tutti tremano, "poich Santo" il Si
gnore, l'Onore dei re della terra, ed ama il giudizio giusto. Va nota
to qui che, al di l dell'antica versione dei LXX, i vv. 3.5.9 in realt
contengono il "Santo Santo Santo!" di Is 6,3, come si potr vedere
dairEisodikn.
1056
14 SETTEMBRE
2. Eisodikn
il Sai 98,5, a cui si aggiunge come Stichos la medesima invocazione dell'Antifona 2% Sson hms, ho sarkiStaurthis;cf. Domenica 3a di
Quaresima.
Con l'imperativo innico, il Salmista chiama tutti i fedeli, ma anche
tutti gli uomini, ad esaltare il Signore, il "Dio dell'alleanza" ("Dio nostro", d'Israele), e a venerare "lo sgabello dei Piedi suoi". Con quest'espressione si indicano i cieli dei cieli (cf. Is 66,1); l'arca dell'alleanza
sulla terra, nel santuario; ed ormai lo sgabello del Trono della Maest
da cui regna in eterno, la Croce santa.
La motivazione folgorante: "poich Santo !" Il v. 5 va letto con il
v. 3: "poich Santo !", e con il v. 9: "poich Santo il Signore Dio nostro!" la forma salmica del Trisgion, cantato dai Serafini in eterno
(Is 6,3; insieme con i Cherubini, Ap 4,8), ma anche in eterno dalla
Chiesa Sposa fedele.
3. Tropari
1) Apolytikion della Festa. Cf. Domenica 3adi Quaresima. "Salva il po
polo tuo" l'"epiclesi per la nazione", frequente nel Salterio (cf. Sai
27,9). Il medesimo popolo chiede di essere benedetto quale "eredit"
peculiare del Signore, "preziosa" perch cost il Sangue del Figlio di
Dio. E in tempi sempre calamitosi chiede che i re cristiani (i capi dei
popoli cristiani) ottengano la vittoria che pu procurare solo la Potenza
divina, e che la Cittadinanza cristiana sia custodita dalla Croce divina.
2) Kontkion della Festa: Ho hypsthis en t Staur hekousis. Sono
celebrati gli effetti della santa Croce. Al Signore Risorto, che secondo il
Decreto paterno fu "esaltato sulla Croce" ma con la sua piena volont
{hekousis, volontariamente, spontaneamente), acclamato come Cristo
Dio, con epiclesi umile si chiede di donare le sue "tenerezze" misericor
diose (oiktirmi) alla sua Cittadinanza, il suo popolo riscattato dalla
Croce e che porta il Nome divino suo, sul quale questo Nome onnipo
tente sempre invocato dopo il battesimo. Gli si chiede perci di letifi
care con la sua Potenza invincibile i re cristiani a Lui fedeli, donando
per generosa elargizione (chorg) la vittoria sui nemici della Croce.
Solo cos essi nella divina alleanza ottengono finalmente l'"arma della
pace", il "Trofeo insuperabile". Tale la santa Croce.
4. Trisgion
Invece del Trisgion, si canta una confessione di fede plenaria: "La
Croce tua adoriamo, Sovrano, e la santa tua Resurrezione glorifichiamo", raggiungendo cos i due poli intorno ai quali si muovono tutte le
realt salvifiche.
1057
5. Apstolos
a)Prokimenon: Sai98,5.1.
Il Salmista indirizza l'imperativo innico a tutti i fedeli, come si visto sopra: "Esaltate il Signore Dio nostro", oggi contemplato nelle
realt della Croce.
Lo Stichos (v. 1) riprende i primi 2 Stichoi dell'Antifona 2\ vedi sopra. L'insistenza il "regnare" del Signore, ma dalla Croce.
b)1Cor 1,18-24
II "discorso della Croce" la grande sezione dell'Epistola che Paolo
presenta in apertura ai Corinzi, in preda alle liti e alle divisioni comunitarie. Esso secondo gli autori si inizia o in 1,10, o in 1,13, o in 1,17,
versetto che termina con la terribile rampogna dell'Apostolo: "affinch
non sia resa vana la Croce di Cristo!"
Ho Lgos to Stauro si deve tradurre in diversi modi tutti significanti: "la Parola che parla la Croce", "il discorso che proviene dalla
Croce", "il linguaggio proprio della Croce". Espressioni in fondo identiche, che vogliono solo far intendere a cuori distratti da cure umane, da
chiacchiere "politiche", che la Croce parla in modo duro, che pone a tacere tutte le realt passeggere degli uomini, che non ammette contestazioni, compromessi, transazioni, alleggerimenti, scuse. Da parte di nessuno. Infatti per quanti vogliono essere "perduti" (apollymnoi), "pazzia" (mna), ossia completa perdita della piccola mente umana, incapace di contenere le realt a cui ogni uomo fu destinato dall'eternit beata.
Mentre per i fedeli del Signore, "noi", i salvati, la Dynamis Theo, la
Potenza divina che non trova resistenze. La Croce onnipotente, il suo
discorso-parola-linguaggio espressivo onnipotente (v. 18).
Non si dica che queste realt sono imprevedibili, improvvise, inaspettate, dunque davanti ad esse si deve rimanere almeno perplessi sul
piano dell'umana ragionevolezza. Questa "pazzia" infatti gi " stata
scritta" divinamente, da Dio, nelle Sante Scritture, largamente, ma in
specie l dove esse parlano cos:
Io far svanire la sapienza dei sapienti,
e l'intelligenza degli intelligenti Io far dileguare" (Is 29,14).
Il Profeta qui parla contro l'insincerit e la pretestuosit degli stessi fedeli, che dovrebbero tributare al Signore il culto del cuore, non delle
sole labbra. Tutto sar inutile per chi si crede "scienziato" delle realt
divine e ritiene di poterle giostrare ai suoi fini egoistici. Quanto dice
Isaia vale anche oggi (v. 19).
Infatti Paolo prosegue citando una parte del vaticinio contro l'Egitto
antico, consapevole della sua superiorit culturale sulle altre popolazio1058
14 SETTEMBRE
ni orientali, e dunque superbo e scostante fino al razzismo. Ma il Signore interverr, ed allora, dell'Egitto, "dove sta il sapiente"? (Is
19,12). L'Apostolo cita ancora un testo di Isaia: "Dove sta lo scriba",
l'esperto, che pondera, misura, annota, mette in archivio la sapienza e
la scienza degli uomini? (Is 33,18). Mentre il Signore viene a rinnovare
Sion, risaner il popolo e questo vedr solo l'irraggiante divina bellezza
(cf. Is 33,17-24). Paolo introduce allora una terza questione, sapendo
che nessuno alle tre domande che pone in grado di dare risposta
umana: "Dove sta il disquisitore di questo secolo", il sottile ragionatore
ed abile sofista? Tutto silenzio, poich Dio ha reso pazzia (mrin)
la superba ma inconsistente "sapienza di questo mondo" (v. 20). Venuta
la pienezza dei tempi, le filosofie, le ideologie, le religioni, le culture,
le quali tutte davano la ragione del mondo, dello spazio e del tempo,
degli uomini, del loro destino, delle loro speranze e dei loro desideri,
sono ormai "senza senso". L'Apostolo qui tiene ben presente la polemica del Secondo Isaia contro la possente visione del mondo dell'antica e
prestigiosa religione babilonese:
Io, vanificatore dei presagi degli indovini,
e rendente folli i maghi,
che rigetta i sapienti
e la loro dottrina confonde (Is 44,25).
E questo Egli dimostra adesso, riscattando Israele dalla sua deportazione, contro ogni sicurezza degli aguzzini, e perfino contro ogni attesa
del suo popolo demoralizzato.
Ma che avvenuto, propriamente? Il v. 21 denso, complicato, difficile, poich una "teologia della storia", che abbraccia l'intera vicenda umana dall'inizio, la creazione, e la caduta di Adamo, fino alla "predicazione di Cristo" (che verr al v. 23 nella sua ultima esplicitazione).
Il mondo, ossia gli uomini, e qui ksmos ha il senso degli uomini in
quanto si pongano lontano dal Signore e talvolta contro Lui, nonostante
il nessuno suo merito, fu dotato dal Creatore della possibilit di "conoscere Dio", ossia di avere notizia, esperienza della sua esistenza, ma
anche di avere approccio e contatto e comunione con Lui. Infatti Dio
non abbandona gli uomini "se gi prima non stato abbandonato", e li
visita "in molti frangenti ed in molti modi" con la sua divina Sapienza,
donando il lume dell'intelligenza, della coscienza, della riflessione,
della decisione, della sensibilit, e lasciando comunque intatta la sua libert ultima. Solo la malattia estenuante e maligna del nominalismo e
del razionalismo della tarda scolastica medievale hanno potuto negare
questo, e parlare sacrilegamente di "servo arbitrio", negando anche la
pi remota possibilit di giungere a conoscere l'esistenza di Dio (se1059
14 SETTEMBRE
14 SETTEMBRE
fuori del pretorio, luogo della flagellazione e del ludibrio, il gi condannato con la frase infame: "affinch sappiate che non trovo in lui alcuna "causa"" (aitia, che traduce qui l'evidente latino giuridico causa,
ossia motivo di condanna) (v. 4).
E risalta ancora di pi la formula profetica bench del tutto inconsapevole ed involontaria di Pilato, quando mostra Ges coronato
di spine, rivestito del mantello di porpora e lo proclama con finta solennit: "Ecco l'Uomo!" (v. 5). l'Icona della knsis del Figlio di Dio,
l'Adamo, lo Schiavo condannato dell'"inno dei Filippesi", per il quale
vedi YApstolos dell'8 Settembre. La corona di spine non senza richiamare alla nostra mente le spine che fanno parte del destino dell'Adamo peccatore {Gen 3,18), del tutto assunto dall'Adamo Nuovo ed
Ultimo, ed il mantello di porpora ci rimanda alle pellicce che il Signore
per misericordia fece per Adamo ed Eva denudati di ogni loro dono,
salvo l'icona (cf. Gen 3,21). Ma nell'Adamo Ultimo, le spine e le pellicce stanno per scomparire per sempre, e l'icona sta per recuperare la
sua "somiglianzcon Dio".
Del resto, lo stesso Uomo era stato cos male compreso nella sua Vita tra gli uomini, se di Lui si era potuto dire: "Ecco un Uomo mangione
e bevone, amico dei pubblicani e dei peccatori!" (Mt 11,19).
E invece "l'Uomo" come il Signore Lo aveva voluto dall'inizio
della Creazione: quale Re e Dispositore di tutto l'universo, e di tutti gli
uomini creati. E Lo vediamo adesso, nell'incomprensione dell'accecamento peccaminoso di ieri come di oggi. Come il Servo del Signore,
reso irriconoscibile dalle sofferenze, senza pi "forma d'uomo", e repugnante (cf. Is 52,13 -53,12).
A questa proclamazione, la reazione una sola: "Crocifiggilo!
Crocifiggilo!"
La controreazione di Pilato la dice lunga: "Ma allora, prendetelo voi
e crocifiggetelo io infatti non trovo in lui causa" (v. 6). L'ipocrisia e
la crudelt restano, ma si rivela la mostruosit: se Ges innocente, la
legge romana esige che sia rimandato indemnis, ossia "senza damnum", senza "con-danna", e con le scuse che accompagnavano l'assoluzione; se Ges non innocente, Pilato deve curarne di persona il processo, non la farsa che adesso sta manovrando; l'eventuale condanna,
ma il processato ha diritto alla difesa; l'esecuzione secondo il rito, e
non affidare ad altri, non cittadini romani, tale complessa azione giuridica. Tanto pi che Roma rivendicava con spietata severit lo ius
gladii, ossia la parte dei processi che contemplavano la pena capitale, e
mentre era larga nel concedere autonomie locali, non derogava da quella condizione, con cui poteva garantire la giustizia e la pace politica e
sociale. Gi la flagellazione, i colpi e le sevizie, la corona e il mantello
sono abusi giuridici gravissimi. La non assoluzione davanti all'inno1064
14 SETTEMBRE
siosamente a Ges: "Da dove, sei tu?" Ges non da soddisfazione alla
domanda (v. 9). Pilato infatti ha torto. Nel primo interrogatorio (cf.
18,33-37) Ges ha spiegato a lungo che "il Re", ma "non di questo
mondo", dunque del mondo di Dio da cui proviene. Non "si fa Dio" da
solo, ma " Dio" e Re-Salvatore, ed il suo Regno-salvezza basato sulla
Verit-Fedelt divina che Egli venne a testimoniare. E proprio Pilato
aveva troncato netto, non volendone sapere: "Che la 'verit'?" (v.
38). Non vuole conoscere la Verit che Ges (cf. 14,6). l'agnostico
di tutti i tempi. nominalista e razionalista. anticipatore del miserabile "pensiero debole". Ecco perch ephobth, ebbe paura. E questa
paura lo costringe a giocare una commedia infinita.
Al mutismo di Ges infatti Pilato oppone brutalmente Yexousia, il
solito potere, la solita autorit che non conosce ostacoli n scrupoli.
Che pu indifferentemente "crocifiggere" un innocente come Ges, e
"liberare", apoly, "congedare, rimandare via" un assassino come Barabba. Un' exousia contro ogni norma dello ius romano, redatto nella
lex scritta ed in quella edittale ambe immutabili. Pu anche essere che
Pilato dica questo come deterrente, ma le fonti storiche dicono che il
personaggio era quello del potere senza limiti (v. 10).
Adesso Ges risponde per ristabilire i fatti. Pilato certo gode del
"potere" umano. Nessuna exousia per ha su Ges. E se questa adesso
esercitata, per divino permesso, "dato dall'Alto". Anche per questo,
"il traditore" ha "maggiore peccato" (v. 11). Qui hoparadidos, tradente, indica Giuda, ma la questione torna al v. 16 ed molto complessa.
H v. 12, oggi omesso, narra come Pilato cerchi di liberare Ges. E come "i Giudei", ossia i presenti non tutti i Giudei, nemmeno i farisei,
come contro la verit storica e divina si interpretato per secoli, con
danni incalcolabili per la carit che i cristiani debbono ai loro fratelli
maggiori , conoscendo bene il carattere servile di Pilato, gli oppongano che cos egli non "amico di Cesare", complice infatti di uno che
"si fare". Si pone contro Cesare automaticamente e frontalmente.
A queste parole Pilato procede in modo incredibile. Ancora per
scherno, ed invece secondo il Disegno divino profeticamente, "intronizza" Ges sulla tribuna da dove si emanano sentenze e decreti, dunque al posto suo. Il luogo archeologicamente conosciuto, sta a nordovest del tempio, era chiamato in aramaico ("ebraico") Gabbath, "altura", in greco invece Lithstrtos, "selciato" (v. 13). L'Evangelista annota qui che era la Paraskeu della pasqua ebraica, la "preparazione (di
quanto poi era proibito "fare" di sabato, come cucinare), ed era circa
l'ora sesta, verso mezzogiorno (v. 14a). Adesso Pilato parla ai presenti:
"Ecco il Re vostro!" (v. 14b).
Nella narrazione evangelica della Passione del Signore facile identificare una serie di motivi che parlano della Regalit di Ges.
1066
14 SETTEMBRE
croce. Pilato prosegue la provocazione: "II Re vostro, io crocifigger?", riaffermando la sua illimitata auctoritas, Yexousia di vita e di
morte. E costringe i capi dei sacerdoti alla dichiarazione incredibile,
blasfema, al limite dell'idolatria, bench per semplice piaggeria accattivante: "Non abbiamo re se non Cesare!" (v. 15). In seguito, a migliaia
gli Ebrei stessi, e poi i cristiani, per confessare il loro Signore e Sovrano e Re divino, rifiutando contestualmente di rendere omaggio a "Cesare", saranno posti a morte con ogni sorta di crudelt. Sarebbe bastato
ripetere la formula: "Non abbiamo re se non Cesare" e bruciare un grano d'incenso davanti alla sua effige per avere salva la vita. I Martiri del
Dio Vivente preferirono "testimoniare" solo Lui, con l'amore che dona
la propria vita.
Il v. 16a, nella sua brevit, l'epilogo del dramma svoltosi finora
con risvolti grotteschi. Non sono fatti nomi: "Allora dunque, consegn
Lui ad essi affinch fosse crocifisso". Pilato abbandon Ges nelle mani
degli Ebrei, in apparenza, in realt affinch fosse messo a morte da
Romani. E con la classica pena romana per i "non cittadini" come
schiavi, ladroni, terroristi: la croce.
Terminato il "processo" duplice, sono narrati i fatti avvenuti intorno
alla Croce. Giovanni trascura perch molto noti alcuni dati dei Sinottici, alcuni li ha in comune con essi, altri sono materiale suo proprio.
Il v. 16b annota che "essi" presero in consegna Ges e Lo condussero. I verbi di questo consegnare-ricevere sono quelli tipici della tradizione, ossia paradidmi e paralambn. Cos Ges portandosi da s
"la Croce sua", "usc". In Ebr 13,12-15 se ne ha una eco potente:
Perci anche Ges
affinch santificasse con il suo proprio Sangue il popolo,
fuori della porta soffr.
Perci, usciamo verso Lui fuori dell'accampamento,
la vergogna di Lui portando:
non infatti noi possediamo qui una citt permanente,
bens di quella futura siamo alla ricerca.
Mediante Lui offriamo allora il sacrificio di lode
per sempre a Dio,
ossia il frutto di labbra che confessano il Nome di Lui.
Va notato che il luogo dove il triste corteo diretto, il "Luogo del
cranio", versione greca deU'aramaico ("ebraico") Golgoth', o Gagulth'
(v. 17). Si tratta di un luogo fuori delle mura occidentali di Gerusalemme,
una roccia a forma di cranio; l'archeologia del luogo, chiamato nell'et
patristica ad Crucem, con una cappella riscoperta recentemente, mostra
1068
14 SETTEMBRE
che tale roccia porta ancora i segni del sisma di'cui parlano i Sinottici (cf.
Mt 27,51-53, e par.). Vicino al luogo della tomba, sotto Adriano, che volle
sradicare il culto cristiano ininterrotto sul luogo della Redenzione divina,
il Golgota fu ricoperto di terreno di riporto, e sull'area fu edificato un
tempio vergognoso, per il culto orgiastico alla dea del vizio. Con il programma di costruzioni costantiniane l'area fu liberata, identificati il Golgota e il sepolcro, recinti riccamente, il sepolcro anche con un'edicola rotonda, YAnstasis, e furono ambo i luoghi compresi nella monumentale
basilica, il Martyrion, di cui oggi dopo la distruzione musulmana resta
circa la met, con abside spostata verso l'antico ingresso. Nella basilica si
celebravano le sontuose liturgie, che terminavano con la processione al
Golgota ed alYAndstasis. Su questi due monumenti ardeva la luce perenne. Una specie di singolare e preziosa "fotografia", in cui si distingue
molto bene il Golgota con la grande Croce issatavi per memoria perenne,
sta nel mosaico del sec. 5 nell'abside della basilica di S. Pudenziana a
Roma. Se ne dovrebbe tenere maggiore conto, poich unica testimonianza visiva di gente che conobbe bene quei Luoghi.
L dunque crocifiggono Ges. Giovanni annota solo che Lui fu posto al centro, e furono crocifissi con Lui "altri due" (v. 18). I Sinottici
ne danno i particolari. Si tratta di due ladroni. Luca riporta anche il dialogo del "Buon Ladrone con Ges", e la promessa di stare in Paradiso
quel giorno stesso (cf. Le 23,33.39-43). I Sinottici in accordo narrano il
triplice scherno dei "passanti" e presenti contro il Crocifsso. Si tratta
delle 3 tentazioni escatologiche: "Se sei il Figlio di Dio...", a cui si
chiede il miracolo dell'autosalvezza per essere ancora creduto (cf. Mt
27,39-44, e par.). Esse corrispondono alle 3 tentazioni di satana nel deserto: "Se sei Figlio di Dio...", con richiesta di "segni" per essere credibile (cf. Mr 4,1-10).
Va qui anticipato che i Sinottici narrano come Ges sulla Croce pregasse il Padre, sia con Salmi, sia con la richiesta di perdono per i crocefissori, sia per l'ultimo atto di fiducia con cui il Figlio rimette nelle mani
del Padre lo spirito suo (cf. Le 23,34.46 per queste due implorazioni; Mt
27,46, e Me 15,34 per la preghiera salmica). Se ne dovr trattare a
proposito di Gv 19,30.
La legge romana ordinava che si pubblicasse il "dispositivo" della
sentenza di condanna. Puntualmente Pilato fa scrivere il titlos, traduzione del latino titulus, che quel dispositivo. Esso fu posto epi to
stauro, da leggere "in rapporto, accanto alla croce", poich se la roccia in cui la croce fu rizzata era alta circa 5 metri, tale "titolo" per essere
visibile doveva stare ai piedi della roccia stessa. Il suo tenore lapidario, e singolare: "Ges il Nazoreo, il Re degli Ebrei" (v. 19). L'Evangelista annota che molti lesser il titolo, sia perch il luogo della crocifissione stava poco fuori le mura della citt, sia perch era scritto nelle
1069
lingue correnti in Palestina, la cui lista : "in ebraico (aramaico?), greco, latino" (v. 20). Le edizioni "critiche", che argomentano con altra logica, alterano la lezione originale, che quella qui presentata, ponendo
prima il latino, poi il greco. In realt, nel sec. 2Taziano leggeva come
ancora riporta l'Evangeliario bizantino, che la lezione da tenere. In
tale successione, interessante sentire come suonava il titolo:
- aramaico: Is 'Nasrj ' malk ' d-lhdj;
- greco: Iso ho Nazrios ho basilus tn Iudin;
- latino: Iesus Nazarenus rex ludaeorum.
I vv. 21-22 riportano la richiesta, respinta brutalmente da Pilato, di
modificare il titolo cos: "Quello disse'. Io sono re degli Ebrei".
I vv. 23-24 narrano la sorte gettata dai soldati sulle vesti di Ges; essi avevano diritto di preda sui beni dei condannati.
Ma per noi l'episodio va fissato con la discreta allusione alla nudit
totale con cui il Figlio di Dio si fa Icona ultima della sua Vita umana,
nella "pi profonda umiliazione", poich per gli Ebrei tale era la nudit, inflitta ai condannati come deterrente.
I vv. 21-24 sono omessi dalla lettura di oggi.
II blocco formato dai vv. 25-27 sono di fondamentale importanza
teologica, ed uno dei capolavori della letteratura giovannea.
Stavano dunque in piedi sotto la Croce, meglio, sotto la roccia su cui
troneggiava la Croce, "la Madre di Lui", singolarmente non chiamata
per nome, come a Cana (Gv 2,1.3.5.12). Cos da un capo all'altro del
suo Evangelo, Giovanni non riporta il pi bel nome al mondo, il dolcissimo nome "Maria". Questo lasciato a Maria di Cleopa, sorella della
Madre del Signore, ed a Maria Maddalena (v. 25). Sono "le Tre Marie"; dai Sinottici si sa che stavano con esse altre Donne fedeli, mentre i
discepoli erano tutti fuggiti per vilt (vedi il 22 Luglio; Appendice I).
Adesso avviene un episodio straordinario. Ges vede dunque la Madre con "il discepolo che amava", che era Giovanni l'Evangelista (cos
la Tradizione unanime, e la parte pi informata della critica moderna).
Non annotata una sola parola sul dolore della Madre e delle sue Compagne, bench Giovanni di certo conosca Luca e la predizione della
Spada che traverser il cuore verginale della Madre di Dio {Le 2,35a).
Di questo, l'eco straziante della Chiesa risuona negli innumerevoli e tipici Tropari, gli Staurotheotokia. L'Evangelista vuole attrarre l'attenzione sulle parole del Signore. Il quale parla alla Madre sua: "Donna,
ecco il Figlio tuo".
Le parole: Gynai, ide ho hyis sou, significano: "Donna, Sovrana,
Signora". Ide indica nella Scrittura unprodigio che adesso si manifesta.
1070
14 SETTEMBRE
II prodigio qui che Maria chiamata ad essere la prima e fondamentale Testimone della visione del Figlio di Dio crocifisso.
Ma anzitutto, quelle parole coniugano i temi con quelli della parola
della Vergine di Nazaret all'Angelo di Dio: "Ecco la Schiava (doul)
del Signore avvenga a me secondo la Parola tua!" {Le 1,38).
La Schiava-Serva dichiarata invece Sovrana. Ed fissata per sempre la realizzazione dell'antica Profezia: "Ecco, la Vergine concepisce e
partorisce il Figlio, e sar chiamato il Nome di Lui: ImmanuF, Is 7,14
riportato nell'annunciazione dell'Angelo a Giuseppe, Mt 1,23.
la Sovrana Semprevergine Madre del "Dio-con-noi", adesso
crocifisso.
"Ecco il Figlio tuo" l'ultima dichiarazione, con "ecco" relativa a
Cristo Signore. Infatti teologicamente si ha questa serie:
- "Ecco il Servo mio, che Io scelsi, il Diletto mio, nel quale si com
piacque l'anima mia" {Mt 12,18, cf. vv. 19-21, che citaI s 42,1-4);
la presentazione che il Padre fa del Figlio al mondo;
- "Ecco la Stella" dei Magi, che causa "il gioire di gioia grande molto"
{Mt2,9);
- "Ecco l'Agello di Dio, che toglie il peccato del mondo", detto da
Giovanni il Battista (Gv 1,29.36), citando Is 53,7-8, sul Servo;
- "Ecco lo Sposo viene! Uscite all'incontro di Lui!" {Mt 25,6).
Gli "Ecco" della serie giovannea terminano concentrandosi nel cap. 19:
- "Ecco l'Uomo! (19,5). Adamo, Ynthrpos, l'Uomo per definizio
ne, che comprende tutta l'umanit.
- "Ecco il Re vostro!" (19,14). il Re degli Ebrei, l'Atteso.
- "Ecco il Figlio tuo!" (19,26). il Figlio di Dio e Figlio di Maria.
Concentrazione ultima.
L'ultimo "Ecco" deve ricollegarsi ad una parola in apparenza dura
del Signore, quando i suoi Lo cercano, ed Egli risponde: "Madre mia e
fratelli miei sono quanti ascoltano la Parola di Dio e la praticano" {Le
8,21). Precisamente Maria Madre ancora pi vera del Signore, poich
pi di tutti ascolt e pratic la Parola del Signore, quella primordiale,
che la chiamava ad essere "la Schiava del Signore", con tutte le conseguenze. La Croce questa conseguenza ultima.
Ma cos la Madre di Dio costituita anche Madre di tutti quelli che
nel Figlio Monogenito furono e sono e saranno concrocifissi e martiri,
di quanti saranno resi icone ancora pi preziose di Lui a causa della
sofferenza.
Cos il v. 27 vede la prima attribuzione della maternit di Maria, al
discepolo diletto. L'antica tradizione dice che di fatto Maria fu presa a
carico da Giovanni, e visse con lui fino alla beata Dormizione.
1071
14 SETTEMBRE
fido lo spirito mio'". I Sinottici riportano poi il Sai 21,2 sull'abbandono"; 21,8; 108,25, sul triplice scherno; 21,9, sulle vesti divise tra i soldati. E proprio il Sai 21 la chiave di interpretazione di Gv 19,30.
Infatti i Sinottici riportano che Ges grid "Dio mio, Dio mio, perch mi abbandonasti?" (Mt 27,46 in ebraico; Me 15,34 in aramaico). I
Padri, e una parte dell'esegesi moderna che si fa sempre pi folta, ritengono, e giustamente, che qui gli evangelisti riportano Vincipit del Sai
21, manifestando cos che Ges preg l'intero Salmo, come preg per
intero gli altri Salmi, la preghiera a Lui pi cara. Ora, precisamente il
Sai 21,32 termina cos:
...ed annunceranno la Giustizia di Lui
al popolo partorito,
poich (lo) fece (episer) il Signore (LXX),
molto aderente all'ebraico:
...verranno e narreranno la Giustizia (carit, sdaqh) di Lui al
popolo partorito (nld), poich fece Csh, il Signore).
il popolo "partorito" dai terrificanti hebl ha-Msih, i "dolori del
Messia", ad opera del Signore che agisce nella sua Carit (sdqh =
dikaiosyn).
Gv 19,30 nella parola: "Tetlestail" indica dunque Vexplicit del Sai
21, la finale. confermato che Ges lo aveva pregato per intero.
Giovanni altres riporta qui un tratto della piet del Figlio verso il
Padre, che con un giro di frase non nomina. H senso :
...al popolo (adesso) partorito,
che dal Signore fu compiuto (tetlestai).
"Partorito" nel dolore di Lui, il Messia, "Ecco il Re vostro!"
Operante sempre il Padre, tel, tetlestai.
Allora Ges pu chinare il capo in segno di assenso totale al Padre,
ed al Padre pu "consegnare lo Spirito", lo Spirito Santo che aveva animato la sua vita umana tra gli uomini.
La Morte del Signore un atto triadico, e con ci stesso messianico. Il massimo atto triadico e messianico dell' Oikonomia indicibile: la
creazione del popolo messianico.
Adesso da Lui il Padre pu donare in modo infinitamente supereffluente lo Spirito agli uomini. Questo detto per al v. 34.
Il v. 31 narra la preoccupazione rituale di purit levitica, cf. Es
34,25; Dt 21,23; e Gios 8,29; 10,26-27 che il corpo del condannato,
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14 SETTEMBRE
Esso il simbolo del massimo dono divino, la Vita (Lev 17,11), la quale va offerta al Signore affinch la riempia di benedizione.
E per YOikonomia dello Spirito Santo che scaturisce "subito" dal
Costato immacolato del Signore, non resta al livello, pur infinitamente
sublime, dei simboli, ma entra nella realt della storia degli uomini
svolgendo per intero i significati e contenuti dei simboli.
Acutamente come sempre, i Padri seppero leggere a fondo il momento, queYeuthys, "subito" di Gv 19,34. Il Dio Verbo nella sua Umanit "adesso" sta dormendo il sonno della morte. Dal primo Adamo addormentato il Signore seppe ricavare Eva, che fu "la carne della carne
di lui" (Gen 2,21-23). Dunque nel Protoplaste fu anticipata e raffigurata
la morte e la Resurrezione dell'Adamo Ultimo, poich come quello fu
svegliato dal sonno e si alz e riconobbe come "sua" l'va che il Signore aveva "fabbricato" dal suo costato, cos il Figlio di Dio risorto
dal sonno della sua Morte volontaria, dalla ferita straziata del suo Costato immacolato "fabbric" l'va nuova, la sua Sposa amata, YEkklsia. Perci la Croce del Signore divenne e resta il divino Talamo nuziale, nel quale deve entrare la Sposa, che deve unirsi al suo Sposo nel
medesimo sonno della sua Morte e nelle medesima potenza della sua
Resurrezione. Cos dal Costato del Figlio di Dio, Servo sofferente e
perci Agnello di Dio (cf. sempre Is 53,7-8, non l'agnello pasquale di
Es 12!), fu divinamente disposto che "uscisse subito" il "mirabile Mistero" che la Chiesa Sposa.
Riportiamo qui un testo magnifico, per tutti:
Dal costato, Sangue ed Acqua. Non voglio, ascoltatore, che cos facilmente tu passi sopra ai segreti di un cos ingente Mistero. Infatti a
me resta la preghiera mistica ed intcriore. Dissi gi che quell'Acqua
e quel Sangue manifestano il simbolo (= efficacia misterica) del battesimo. Infatti da essi fu fondata la santa Chiesa: dalla rinascita e
rinnovamento del lavacro dello Spirito Santo (Tit 3,5), dal battesimo, dico, e dai Misteri che appaiono scaturire dal Costato. Poich
dal Costato suo Cristo edific la sua Chiesa, come dal costato di
Adamo fu estratta la sua sposa Eva. Infatti per questo anche Paolo
testimonia, parlando cos: Noi siamo dal suo Corpo e dalle sue Ossa,
cos significando il Costato. Poich come da quel costato Dio fece
procreare la donna, cos dal suo Costato Cristo don a noi Acqua e
Sangue, da cui fosse approntata la Chiesa. E come nel sonno dell'Adamo dormiente, Dio apr la parte del costato, cos adesso dopo la
Morte don a noi Acqua e Sangue. Guardate come Cristo un a se
stesso la Sposa, vedete di quale Cibo ci nutre. Per il medesimo Cibo
noi nasciamo e siamo nutriti. Infatti come la donna, spinta dall'affetto naturale, si affretta a nutrire il bambino partorito con il suo latte e
1075
ve si riforma la Plasmazione divina dell'Adamo Nuovo e dell'Eva nuova, Paradiso di delizie divine. la "Terra vergine" (cf. Gen 2,7; e la
suggestiva presentazione di S. Ireneo) che non sub "coltivazione"
umana, ma restando immacolatamente intatta, fece vivere il Germoglio
nuovo e meraviglioso, Cristo Signore nostro. Il fine inteso dal Disegno
divino in questo, fu che Cristo cos pot "impiantare", mettere a dimora
il Legno portatore della Vita e dell'immortalit, la Croce, che schianta
la potenza mortale del Legno che caus la morte dei nostri Progenitori
e la nostra. Conoscendo questo nella grazia dello Spirito Santo, i fedeli
nell'Esaltazione dell'Albero divino adorano il Figlio e magnifcano la
Madre di Lui.
Si completa anche da questa parte la tipologia della Genesi.
8. Koinnikn
Sai 4,7, "Salmo di fiducia individuale": "Si pose come Segno su noi
la Luce del Volto tuo, Signore". Partecipando ai Doni immacolati, i fedeli acclamano quanto percepiscono e ricevono oggi: dalla Parola, dalla santa Tavola, dalla Chiesa. Su essi, a partire dall'iniziazione ai Divini
trasformanti Misteri, le cui Realt divine oggi sono come sempre celebrate festosamente, il Signore pose in eterno il Smion supremo, la
Croce vivificante, sigillata sulla loro fronte, per indicare che in eterno
su essi invocato il Nome divino che salva.
Questo Segno comincia dal Golgota. Con esso sfolgor per sempre
la Luce divina increata immacolata indivisibile che proviene dal Volto
visibile del Figlio di Dio, il Signore nostro, Icona di Luce e di Vita, autentica ed unica rivelazione della Bont triipostatica del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Misericordia e Rivelazione eterne. quanto
nei tempi prescritti cantano i fedeli dopo la comunione: "Vedemmo la
Luce, quella Vera, ricevemmo lo Spirito sovraceleste, trovammo la fede veridica adorando la Triade indivisibile, poich Questa ci salv".
Sono le Realt permanenti della Croce e della koinnia al Corpo ed
al Sangue del Signore, crocifisso ma risorto.
9. Dopo la comunione
Si canta di nuovo YApolytikion della Festa.
8) La sanzione
- Adamo con il suo peccato di superbia e d'egoismo produce il frutto
della morte per s e per la sua discendenza {Gen 3,22), bench prov
visoria, poich la divina Misericordia "riassume" il genere umano in
Abramo e nel Figlio d'Abramo Ges Cristo (cf. Gen 12,1-3; Mt 1,1;
Gai 3,16; cf. 3,29: per noi);
- Ges con la sua obbedienza fino alla morte di Croce produce la Vita
per s e per noi, Morte e Vita, due Doni del Padre, con cui conseguia
mo la Benedizione e la Promessa d'Abramo, ossia lo Spirito Santo
{Gai 3,13-14).
9) La nudit
- Adamo ebbe la gloria dell'"immagine e somiglianz di Dio" {Gen 1
26-27 e 2,7; 2, 25), ma per il suo peccato se ne spogli {Gen 3,7-12);
- Ges sub volontariamente l'infamia dell'esecuzione capitale romana
che comprendeva la nudit del condannato, e fu spogliato della sua
tunica integra e delle vesti (Gv 19,23-24), ma fu cos l'Icona della
Gloria del Padre.
10) La spoliazione
- Adamo si spogli per sua colpa: "allora apr gli occhi e si vide nudo,
si copr con foglie di fico..." {Gen 3,7), profanando la Gloria divina
dell'icona creaturale, inabissandola nell'abiezione da cui non si pot
rialzare (Gen 3,10-11);
- Ges permise che fosse spogliato da mani empie, e la sua abiezione
estrema divenne la superesaltazione della divina Gloria.
11) II rivestimento
- Adamo dalla divina Misericordia ricevette le "tuniche di pelle", le
"vesti della vergogna" {Gen 3,21), provvisorie, e necessarie alla futura
"riassunzione" (i Padri);
- Ges da Dio nella Resurrezione gloriosa fu rivestito nella sua carne
immacolata della Veste della Gloria che lo Spirito Santo, destinata
a noi nel santo battesimo {Gai 3,27; Rom 13,14).
12) La Vita
- Adamo ebbe il dono della Vita dal Soffio dello Spirito di Dio {Gen
2,7), ma la perde per s e per la sua discendenza per sempre {Gen
6,1-3);
- Ges riconsegna al Padre liberamente il Soffio divino (Gv 19,30),
che dal Padre aveva ricevuto indicibilmente alla sua Concezione im
macolata indicibile {Le 1,35; Mt 1,18-25), al suo santo Battesimo {Mt
3,16-17, e par.), alla folgorante Trasfigurazione {Mt 17,1-9, e par.).
Solo cos, divenuto per la Resurrezione "Spirito vivificante", pu do
narlo quale Adamo Ultimo (1 Cor 14,45) gi dalla Croce (Gv 19,34,
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allo sposo Adamo e cos a tutto il genere umano (Gen 3,6), da sotto
l'Albero della morte (Gen 3,1-5);
- Maria l'va Nuova (S. Ireneo) con le Donne fedeli con cui forma la
Comunit, Vergine prima, durante e dopo il parto, Madre di Dio e
Madre dei suoi fedeli (per la Comunit, cf. Le 8, 21!), attende nel
l'obbediente silenzio il Frutto divino dell'Albero della Vita, Frutto
dell'umilt e della filiale obbedienza, sotto la Croce, e lo riceve "su
bito" come "Sangue e Acqua", lo Spirito Santo (Gv 19,25-28 e-34) e
gi in anticipo fecondo (Le 1,35).
17) II giorno
- Adamo creato al 6 giorno (Gen 1,26-27 e 31), considerato anche
come il 1 giorno per il Soffio divino dello Spirito di Dio originante
(Gen 2,7);
- Ges al 6 giorno vecchio (Gv 19,31) muore, e il 1 Giorno nuovo resuscita alla Vita divina dello Spirito Santo (Gv 20,1-12.19-23).
18) II Giorno nuovo
- per Adamo disposto il 1 giorno (Gen 2,7), il 6 giorno (Gen 1,2631) ed il 7 giorno, il sabato (Gen 2,1-3); giorno, che si invecchia subito per il peccato; con lui si invecchia l'intera creazione (cf. Rom
8,16-25; Ebr 1,11) e l'intero genere umano (2 Cor 3,14; Efes 4,22;
Col 3,9);
- Ges resuscitando dalla Morte al Giorno l-8 inaugura la creazione
nuova che non invecchia pi (Col 1,15; e Gai 6,15; 2 Cor 5,17).
19) Uschaton divino
- per Adamo il suo inizio (Gen 1,26-21; 2,7) segna per sua esclusiva
colpa anche la sua fine senza seguito (Gen 3,1-7.8-24);
- per Ges, la sua Fine, nel Tetlestail, "Da parte del Padre stato
compiuto!" (Gv 19,30a), che anche il suo Fine, tlos (cf. 1 Cor
15,24; e Gv 13,1-3), segna coestensivamente il suo Inizio: lo Spirito
Santo (Gv 19,30b), il "Sangue e Acqua subito" (Gv 19,34), Egli stes
so Alfa e Omega (Ap 1,8; 21,6; 22,13, cf. Is 41,4), "il Principio" (Gv
1,1-18; Col 1,15-20): "Ges Cristo! Ieri ed Oggi! Il Medesimo per il
secolo!" (Ebr 13,8).
Crocifisso e Risorto nello Spirito del Padre, Egli la nostra Fine ed
il nostro Fine, nostro Alfa ed Omega, nostro Principio, nostro Ieri e nostro Oggi. Il nostro Tutto per i secoli eterni con il Padre e con lo Spirito
Santo, il Dio Unico, a cui il Regno e la Potenza e la Gloria, l'amore, la
lode e l'adorazione. Amen.
C. Titoli e funzioni della S. Croce
Si elencano con ordine approssimativo i principali titoli e funzioni
1082
che la Santa Scrittura e i Padri e la Liturgia fanno conoscere della Croce del Signore.
Molti dei termini, per non dire tutti, sono trasponibili, ossia sono intercambiabili tra le varie divisioni e funzioni che qui sono delineate in
modo aperto, e non escludente.
1. In rapporto al Mistero trinitario
- Croce divina
Teofanica
Parusiaca
- Filiale
Amorosa
- Eterna
Immortale
Immutabile Indelebile
Infinita Onnipotente
- Misterica
Misteriosa
Sapienziale
- Terribile
Nobile
Immacolata Gloriosa
- Regale
Sovrana
- Intronizzata
Superesaltata
- Fedele
Santa
- Pacifica
- Cosmica
- Escatologica.
2. Nell' Oikonomia del Padre nel Figlio con lo Spirito Santo
- Croce misericordiosa
Inevitabile
- Albero della Passione
Luce del Volto del Signore
Ombra delle Ali divine
Splendore di sole
Segno sfolgorante tra gli astri
- Trono del Regno
Scettro di Maest
Sgabello dei Piedi del Signore
1083
templare
sacerdotale
profetica
gemmata
festiva
festosa
gioiosa.
1087
15-21 SETTEMBRE
DOMENICA DOPO L'ESALTAZIONE
DELLA S. CROCE
La Domenica che precede il 14 Settembre, come quella che segue,
formano un segmento celebrativo compatto.
1. Antifone
Del 14 Settembre, o i Typikd ed i Makarismi.
2. Eisodikn
Della Domenica.
3. Tropari
1) Apolytikion anastsimon del Tono occorrente.
2) Apolytikion del 14 Settembre.
3) Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
4) Kontdkion del 14 Settembre.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Sai 103,24,1, "Inno di lode".
Vedi la Domenica 4a di Luca.
b) Gai 2,16-20
Vedi la Domenica 4a di Luca
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sa/44,5.8
Vedi la Domenica 4a di Luca.
b) Me 8,34 -9,1
E l'Evangelo della Domenica 3a
Croce.
di
.
.
Quaresima, Adorazione della
L'applicazione all'attuale Domenica deve tenere conto delle considerazioni svolte come introduzione alla Festa dell'Esaltazione della
Croce, vedi sopra. L'Evangelo di oggi forma un contesto formidabile:
dalla Croce del Signore alla croce che ciascun battezzato deve accettare
nella sua esistenza, pi propriamente, quale sua esistenza vera.
1088
1089
17 SETTEMBRE
SANTA SOFIA MARTIRE E LE SUE TRE FIGLIE
FEDE E CARIT E SPERANZA
1. Antifone
Del 14 Settembre.
2. Eisodikn
Del 14 Settembre.
3. Tropari
1)Apolytikion del 14 Settembre.
2)Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
3)Kontkion del 14 Settembre.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Sai 67,36.27 , "Azione di grazie comunitaria".
quello del 9 Settembre. Oggi si canta per richiamare l'attenzione
su questo fatto: il Signore meraviglioso e meravigliante tra i suoi santi,
ama essere adorato contornato dalla folla innumerevole di quanti Egli
ama, le creature incorporee e le creature umane, sante della medesima
Santit conferita dallo Spirito Santo. Tuttavia in specie questo concerne
i Martiri, quelli che il Signore volle assimilare pi perfettamente al Figlio suo Crocifisso ma risorto e glorioso. Cos la nostra attenzione si rivolge alla gloriosa Martire Sofia, "Sapienza" d'amore, ed alle sue inclite
Figlie martiri Pistis, "Fede", e Agape, "Carit", ed Elpis, "Speranza",
nomi simbolici che abbracciano l'esistenza cristiana e ne fanno il dono
totale al Signore.
Lo Stichos (v. 27) chiama a benedire questo Signore nostro nelle
sante sinassi celebrative, Egli che la Fonte inesauribile della santit
del popolo suo.
b) Gai 3,23 - 4,5
L'Apostolo Paolo qui tratta della natura della pistis, la fede divina
che salva. Essa doveva essere divinamente rivelata, quindi comunicata
agli uomini che l'avrebbero accettata per intero, ma la divina Disposizione permise che intanto la Legge santa fosse la guida severa verso
l'adempimento, in un certo senso racchiudendo i fedeli d'Israele nelle
strettoie dei precetti (v. 23). Il giudizio di Paolo non ingiusto verso la
Legge, riconoscendone al contrario i meriti. Gli antichi erano pides,
1090
17 SETTEMBRE
Una delle conseguenze di questa filiazione divina che assimilazione al Figlio Monogenico, che nei fedeli cos conformati scompaiono
finalmente le divisioni che sono veri "scismi causati dal peccato": n
Ebreo n Greco (divisioni religiose e culturali), pur restando Ebrei cristiani e Greci cristiani (ricordando che nel linguaggio del N.T. e dei Padri, "Greco" voleva indicare il pagano per definizione); n schiavo n
libero (divisioni sociali e politiche ed economiche), pur restando chi
deve stare "sotto" e lavorare per gli altri in una societ bene ordinata, e
chi deve stare "sopra", e disporre il buon ordine della societ; n maschio n femmina (divisioni dovute all'odio tra i sessi, cf. Gen 3,12!; se
si usa altro linguaggio, si mentir e si nasconder la realt del peccato
in cui siamo nati e costituiti), pur restando i due sessi, ma bene ordinati
reciprocamente. Scompare ogni "scisma" perch prevale l'unit: essere
hn, "unica realt" in Cristo (v. 28), dove si impone ormai l'amore per
Lui e dunque per "i Lui" che sono i fratelli.
Il v. 29 una "teologia della storia" a partire dalla conclusione
per risalire alla premessa: "essere di Cristo", essere propriet prezio sa di Lui, costituita dal battesimo, significa per ci stesso far parte
della discendenza d'Abramo, essere coeredi di Cristo Figlio d'Abramo (cf. 3,16, fondamentale), secondo la divina Promessa. Ora poco
prima il medesimo Paolo aveva insistito: Cristo appeso al Legno ottenne per noi la Benedizione e la Promessa d'Abramo, che sono lo
Spirito Santo (3,13-14).
In 4,1 descritto 1'"erede", che finch minorenne libero ed in
fondo "padrone", e tuttavia come uno "schiavo". Per lui infatti dispongono tutto ovviamente i genitori se ancora vivono, altrimenti i necessari tutori, i "pedagoghi", gli amministratori disposti dal tribunale
civile, e finch i genitori, se vivi, dispongano altrimenti (v. 2).
La comparazione serve a delineare la nostra stessa condizione: da
"piccoli" poich la crescita fu solo dal battesimo i padroni nostri
erano gli "elementi del mondo" (v. 3). L'espressione difficile, ma dice
circa questo: prima della fede gli uomini conservano un certo "lume
della ragione" (cf. Rom 1, 18-23), per cui dalla creazione visibile potrebbero risalire al Creatore e Dio e Signore. Di fatto la deviazione constatabile la caduta addirittura nell'idololatria, come dir il v. 8, ossia
ignorare il cielo, e curvarsi all'adorazione di quegli "elementi" (astri,
cielo, terra, fonti, fiumi, montagne, animali...).
E per la Disposizione divina provoc la "pienezza (plrma) del
tempo (chrnos)", dove il "tempo" quello malvagio, trasformato bens
in kairs, il tempo opportuno, stabilito, positivo. Allora il Padre invi il
Figlio Unico secondo la legge della natura umana: nato dalla Donna, la
Semprevergine Sovrana Madre di Dio (gyn qui titolo nobiliare!), disposto a vivere "secondo la Legge antica" nell'obbedienza (v. 4).
1092
17 SETTEMBRE
1094
23 SETTEMBRE
IL CONCEPIMENTO DEL VENERATO, GLORIOSO
PROFETA, PRODROMO E BATTISTA
GIOVANNI
Si dovr notare qui, e con grande attenzione, che la data del concepimento di Giovanni figlio di Zaccaria sacerdote e di Elisabetta, fissato dalla
Chiesa al 23 Settembre, data storica, non ideologica. Infatti per ideologia si pu ragionare cos: poich Ges fu annunciato alla Vergine di Nazaret il 25 marzo, e poich questa corse dalla cugina Elisabetta che era incinta da 6 mesi, allora, essendo nato Ges 9 mesi dopo il mese di marzo,
si ha che per Giovanni tutto deve essere retrodatato, per coincidere con la
narrazione evangelica, di 9 mesi, la sua nascita cadendo cos a giugno.
strano, ma tale calcolo giusto proprio perch fondato su dati
storici, scoperti questi ultimi anni.
Nelle grotte di Qumrn, sul Mar Morto, dove la comunit monastica
forse di Esseni aveva nascosto parte della sua imponente biblioteca per
sottrarla alle distruzioni dei Romani (anni 66-70 d.C), gli esploratori
tra l'altro hanno ritrovato finalmente le "liste dei turni" dei sacerdoti
nel tempio di Gerusalemme all'epoca di Cristo. Tali liste assegnano 2
turni di officiatura, secondo l'ordine immutabile, alla famiglia di
Abijah, a cui apparteneva Zaccaria. Il 2 di tali turni cadeva ali' 8 mese
ebraico, circa settembre.
Questo stabilisce che il 25 Marzo, e dunque il 25 Dicembre per Ges, e il 23 Settembre e 24 Giugno per Giovanni il Prodromo, sono semplicemente date storiche, conservate religiosamente dalla Chiesa. Vedi
anche il 25 Dicembre.
E la Chiesa per l'immensa figura del Prodromo ha voluto disporre
una serie di celebrazioni che mostrano la perfetta assimilazione al Signore e suo parente Ges, del "pi grande tra i nati da donna": concezione, nascita, martirio, santit. Vedi il 29 Agosto.
1. Antifone
Antifone ordinarie, o i Typikd e i Makarismi.
2. Eisodikn
Ordinario.
3. Tropari
1) Apolytikion del Prodromo. la rilettura di una serie di testi biblici.
richiamato Is 54,1, nell'indirizzo ad Elisabetta, invitata a gioire, lei che
fino a quel momento era la sterile incapace di partorire. In lei avvenne
1095
23 SETTEMBRE
anche Paolo, Pietro, Giacomo) hanno gi scritto sul Signore, per essere
stati testimoni oculari e dunque "ministri della Parola". Era necessario
che anche lui seguisse questa via, per le necessit delle Chiese. Perci
fece diligenti ricerche, sia negli archivi del tempio, sia interrogando gli
Apostoli, sia soprattutto la Madre del Signore. Cos ordina tutti i fatti
appurati cominciando dall'inizio, cos che il lettore (qui, il nobile Teo filo, un personaggio peraltro sconosciuto) sia confermato in quella Ve rit, della quale gi fu "catechizzato".
Ora, con l'"Evangelo dell'Infanzia del Signore" (Le 1,5 - 2,52), Luca
vuole fare, come Matteo (Mt 1,1 - 2,23), una specie di atrio narrativo
della Vita del Signore, per cos dire "l'inizio dell'Inizio". E ci riesce
splendidamente. Senza Luca, si ignorerebbero molti fatti storici della
Vita del Signore, tra cui le date certe che costellano l'opera lucana.
Luca allora procede cos: concepisce qui un dittico, i cui due pannel li
preziosi ed interconnessi sono Giovanni il Prodomo e Ges. Del resto il
medesimo dittico fa con l'Evangelo e gli Atti, con la Vita di Cristo e la
vita della Chiesa, viste come analoghe in tutto. Per descrivere gli
esordi delle vite del Prodomo e del Veniente Figlio di Dio, Luca si ser ve
abilmente del linguaggio dei LXX, creando dunque in greco un'at mosfera narrativa fortemente ebraica attraverso l'uso di numerosi ed
importanti semitismi.
La pericope di Le 1,5-25 va letta da diversi punti di vista, tutti importanti. Ed anzitutto, nel contesto dell'intervento divino tipico che si
chiama euaggelisms, 1'"annuncio della Novella regale" di bene, secondo il testo fontale, a cui occorre di continuo rifarsi, di Is 52,7, con il
verbo primordiale bissr-euaggelizomai, e con il contenuto universale:
"Regn il Signore!". Ora, il N.T. al suo aprirsi contiene una serie bene
ordinata di reiterazioni di questo intervento, in una grande coerenza,
che si pu disporre cos:
- Le 1,5-25: Veuaggelisms aZaccaria; il verbo al v. 19;
- Le 1,26-38: a Maria Vergine di Nazaret;
- Mt 1,18-25: a Giuseppe il giusto;
- Le 1,39-56: ad Elisabetta, la "visitazione", o Vaspasms;
- Le 2,20-12: ai Pastori di Betlemme; il verbo euaggelizomai al v. 10.
Si nota che l'Evangelizzatore sempre l'Angelo del Signore, ad
eccezione per che per Elisabetta, dove l'Evangelizzatrice Maria la
Madre di Dio. Inoltre, il contenuto unico dell'Euaggelisms, come
poi deWEuagglion cf. il classico Me 1,1! Ges il Cristo, il
Figlio di Dio.
Sar anche interessante sopra annotare che i primi 4 episodi delVEuaggelisms qui elencati formano l'ossatura tipica delle Domeni che
del "tempo del Subbr1", ossia dell' Annuncio, che precedeilNa-VEuaggelismsquielencatifo il datale del
Signore nelle Liturgie siriache delle due tradizioni, orientale e
1097
per la gioia troppo grande dal turno officiante del sacerdote Zaccaria alla Benedizione finale eterna consacrante dell'Unto di DioGes,
il Crocifisso ma Risorto. Cos, la lapericope dell'Evangelo (escluso il
prologo), ossia i vv. 5-25, deve essere letta secondo la "lettura Omega" subordinatamente all'ultima, 24,50-53, dove Cristo Risorto, terminata la sua Liturgia sacrificale oblativa terrena per il Padre, pu finalmente "levare le mani" sui discepoli, e "benedire", per salire quindi ad inaugurare la Liturgia celeste cosmica eterna. Benedire. Zaccaria non aveva potuto.
La Liturgia di Zaccaria, vera e divina secondo la Legge santa, doveva terminare con la "benedizione" al popolo. Ma fu arrestata.
L'euaggelisms a Zaccaria si colloca dunque dentro la Liturgia, il
momento pi vero della vita umana. In specie, la vita ebraica fedele era
considerata una continua Liturgia. Per comprendere questo occorre qui
una Nota complementare.
NOTA SULLA LITURGIA NELL'A.T.
Ai "tempi del N.T." (data convenzionale: circa 63 a.C. - 70 d.C, ossia dalla conquista di Pompeo alla distruzione di Gerusalemme) il mondo antico ammirava come centro esemplare di culto irreprensibile il
santuario di Gerusalemme; il rispetto per il luogo ne aveva fatto, secondo il concetto della sacralit antica, anche un luogo di deposito intangibile di beni da tutte le nazioni. Si accorreva a Gerusalemme per vedere,
e chi lo desiderava poteva chiedere di essere associato alle preghiere
che si svolgevano nel tempio e ai benefici che se ne credevano ricchi,
donando le offerte necessarie. Quotidianamente si pregava anche per
l'imperatore di Roma, e precisamente la sospensione di tale pubblica
intercessione sacerdotale nel 66 d.C. fu il segnale della ribellione ebraica contro Roma.
Il tempio stava dunque sotto il "segno" del culto "perenne", ininterrotto anche come orario, in ebraico chiamato tmid, che nei passi corrispondenti dell'A.T. il greco traduce in genere con diapants, "per sempre, ininterrottamente", oppure endelechs, ininterrottamente, o anche
endelechismo, "(culto e simili) della non-interruzione", o con additivo, endelechismo dia pants. Questa "perennit" ininterrotta notte e
giorno va compresa sotto diversi registri.
A) La lode perenne (tmid)
Se si assumono i testi come stanno (senza dunque la ricerca "archeologica" ipotetica delle fonti e della cronologia), si sa che tempio e
personale sono destinati alla lode divina perenne; il ceto sacerdotale
1099
da: la divina custodia, la Luce divina creante e vitalizzante, il hesede/eos-Misericordia dell'alleanza fedele, la costante Visione divina rivolta al suo popolo, e infine lo slm-eirn, quella "pace" che totalit di doni e che proviene solo da Lui.
Sar cos da accogliere con gratitudine ammirata il grande testo di
Eccli 50,5-21, dove il sommo sacerdote Simone figlio d'Onia colto
quasi con un'istantanea mentre officia il culto tmid:
Come si glorific in relazione al popolo
nell'uscita dall'aula del velo!
Come astro mattutino in mezzo a nubi,
come luna piena ai suoi giorni,
come sole fulgente sul tempio dell'Altissimo
e come arcobaleno lucente in nubi di gloria,
come fiore di rose nei giorni dei boccioli,
come gigli sul corso d'acqua,
come germoglio d'incenso in giorni d'estate,
come fuoco ed incenso nell'incensiere,
come gioiello d'oro martellato
adornato d'ogni pietra preziosa
come olivo in gettito di frutti
e come cipresso innalzato sulle nubi!
Nel ricevere la veste di gloria
e nel rivestire la completezza del vanto,
nella salita all'altare santo,
glorificava il recinto del santuario.
Nel ricevere le parti dalle mani dei sacerdoti
ed egli stante presso il fuoco dell'altare,
intorno a lui la corona dei fratelli
come germogli di cedri del Libano,
e lo circondavano come fusti di palme,
e tutti i figli d'Aronne nella loro gloria
e l'offerta del Signore nelle loro mani
davanti all'intera ekklsia d'Israele,
e completando la liturgia sull'altare
per adornare l'offerta dell'Altissimo Onnipotente,
egli estendeva per la libagione la sua mano,
e libava sangue del grappolo,
versava alle basi dell'altare
quale odore di soavit per l'Altissimo Re universale.
Allora strepitavano i figli d'Aronne,
con trombe sbalzate echeggiavano,
facevano sentire voce poderosa
1103
23 SETTEMBRE
zione di uno scriba (1 Cron 24,6), secondo il tiraggio a sorte (greco klros, ebraico gral). Le 24 classi, chiamate anche mismrt, "custodie",
o ma'mdt, "presenze", succedendosi ordinatamente lungo l'anno,
dovevano officiare a turno ciascuna 2 volte l'anno.
Fino a qualche decennio addietro, era noto il fatto, ma non le date,
ossia i mesi, le settimane e i giorni di ciascuna "classe" sacerdotale, la
quale operava con una parallela classe di leviti, e con i turni anche di
laici volenterosi. Ma, si accenn, tra le innumerevoli scoperte delle
grotte di Qumrn venne anche la lista delle classi sacerdotali che si al ternavano a servire nel tempio al tempo di Ges. Cos adesso final mente si sa che la "classe di Abia" doveva espletare ciascun anno 2
turni di servizio:
1) dall'8 al 14 del mese 3 del calendario ebraico, il mese di Sivan,
circa giugno; e
2) dal 24 al 30 dell'8 mese, Marhesvan, circa ottobre.
e,
La lista che adesso possediamo dimostra dall'esterno che Luca narra
questo 2 turno, e che l'episodio di Zaccaria avvenne verso la fine di
settembre e gli inizi di ottobre, dunque la nascita del figlio Giovanni
avvenne 9 mesi dopo, a giugno, data tradizionale ritenuta fedelmente
anche se forse a lungo andare ormai inconsapevolmente da tutte
le Chiese.
E per, se cos, l'Angelo che aveva visitato Zaccaria ad ottobre, 6
mesi dopo visita la Vergine di Nazaret, dunque a marzo, e 9 mesi dopo, a
dicembre, avviene la Nascita del Salvatore nostro.
D'un colpo, sappiamo senza alcun dubbio che il 23 settembre ed il
24 giugno per S. Giovanni il Battista, il 25 marzo ed il 25 dicembre per
Cristo Signore, sono date storiche.
Il sacerdote Zaccaria era sposato con Elisabetta, altro nome teofori- co
simbolico, JEli-seba\"IIDio mio (l'oggetto del) giuramento",IlsacerdoteZaccariaerasposatoconElisabetta ,
dunque l'unica Realt vera; un'Elisabetta era anche la sposa di Aronne
(Es 6,23). Il nome di Elisabetta di Le 1,5 potrebbe essere stato poi accostato a sbat, per cui "Dio il riposo". Ella "delle figlie di Aron ne", ossia di discendenza sacerdotale; il che ricorda che il matrimonio
dei sacerdoti, che potevano scegliere una figlia d'Israele purch vergi ne,
da qualsiasi trib, di preferenza per si svolgeva tra le classi sacer dotali
(v. 5).
La nota di elogio per Zaccaria ed Elisabetta : "giusti davanti a
Dio", che si ritrova per grandi figure come No (Gen 6,9), trovato tale
ed unico della sua generazione dal Signore stesso (Gen 7,1); e in seguito,
come il pio Simeone (Le 2,25). La spiegazione che i due sposi
"procedevano (poruomai)", ossia si comportavano nella loro esistenza
1105
23 SETTEMBRE
annunciare solo quanto vide ed ascolt dal Padre; cos lo Spirito Santo
in Gv 16,13-15!; e la grande teologia di S. Massimo il Confessore). La
stessa Chiesa chiamava il Figlio Dio e lo Spirito Santo Dio: "le Mani
del Padre" nell'eseguire l'opera della divina salvezza (cf. qui ancora
S. Ireneo). Se la Chiesa "della gentilit" in seguito ritenne di affermare
la fede ortodossa secondo categorie meno simboliche e pi ontiche
(cf. Nicea I), che dessero meno ansa a deviazioni eretiche di tipo subordinaziano, resta che la visione simbolica della prima generazione
cristiana non deve essere disprezzata n abbandonata, ma pu essere
utilmente contemplata nella sua meravigliosa profondit che viene
dalla divina Rivelazione.
La reazione di Zaccaria tipica. Quando avviene una teofania, infatti,
la struttura creaturale dell'uomo "sconvolta" dall'inusuale, improvviso
e prodigioso, e "il terrore cade" su chi ha tale esperienza. La Scrittura
dei Due Testamenti presenta numerosi casi del genere. Per il N.T.
baster citare la reazione dei Pastori all'annuncio della Nascita del Signore (cf. Le 2,9), e quella delle Donne fedeli al sepolcro, quando appare ad esse l'Angelo del Signore (cf. Mt 28,8) (v. 12).
E per, quando la teofania benevola (esiste anche quella rovinosa
contro i nemici di Dio), di solito viene la parola rassicurante: "Non temere, Zaccaria", come "Non temete" ai Pastori (Le 2,10), e "Non temete" alle Donne fedeli al sepolcro (Mt 28,5). Infatti la Parola divina che
adesso pronunciata deve essere accettata con animo disposto, quieto,
docile (v. 13a).
Ed ecco Veuaggelisms (verbo euaggeli'zomai, al v. 19) dell'Angelo
di Dio: "Non temere, poich fu esaudita la preghiera tua" (v. 13b). Infatti Zaccaria prosegue la grande tradizione dell'A.T. sugli oranti e perseveranti nella preghiera al Signore. Nella preghiera si chiede al Signore
qualche dono, sulla base della sua Misericordia e Bont, e della fedelt
indefettibile all'alleanza divina, con cui Egli si impegnato per sempre
verso i suoi devoti che ama. I Salmi sono come la vetrina vivente di
questo: i Salmisti sono gli oranti per eccellenza, e non raramente essi
dichiarano anche di essere stati esauditi dal loro Signore. Cos tutti i
"Salmi di azione di grazie", che celebrano il Signore esau-diente
generoso. Ma anche diversi altri Salmi. E qui l'esempio classico deve
essere il Sai 21, una "Supplica individuale", dove il Giusto sofferente,
vicino alle soglie della morte (vv. 2-22), finalmente pu esclamare la
gioia dell'esaudimento divino (vv. 23-32). Si possono vedere anche i
Sai 27,6-8; 29,11-13; 30,22-23; 40,12-13; 61,12-13, e cos avanti. Il
Signore ascolta sempre la preghiera degli umili, anche tra i pagani,
come Cornelio (At 10,4.31). Poich tale preghiera: a) riconosce lo stato
della propria necessit; b) e la propria impossibilit a porvi rimedio; e)
1108
23 SETTEMBRE
e che solo al Signore possibile intervenire; d) e dunque l'orante si affida completamente alla divina Misericordia.
Luca non narra il contenuto della preghiera di Zaccaria; con qualche
probabilit, si pu arguire che chiedesse un figlio per proseguire la discendenza sacerdotale, assicurando cos al Signore il servizio fedele.
Ma il Signore esaudisce sempre quanto alla petizione, non quanto al
preciso contenuto di questa, poich Egli vuole concedere al suo sacerdote molto di pi.
Perci l'Angelo (v. 13c) precisa: "Elisabetta generer un figlio a te".
Questo l'intervento divino prodigioso, dove come alla santa madre della
Madre di Dio si possono applicare le parole del Profeta "Esulta, o sterile
senza figli, prorompi in grida di gioia tu senza doglie...!" (Apstolos del
9 Settembre, cf. Gai 4,27, che cita Is 54,1). L'intervento divino dunque
dona un figlio a Zaccaria: un figlio sacerdote come nella tradizione
dopo Aronne. Un figlio che appartiene per la totalit al padre sacerdote.
Il quale come segno di "propriet" sul neonato gli deve anche imporre un
nome inusuale (cf. 1,59-63), J-hnan, "II Signore fece grazia".
Di questo "Giovanni", l'Angelo traccia un elogio straordinario. Anzituto segner per Zaccaria "gioia ed esultanza" quale coronamento
della sua esistenza davanti al Signore. E per anche molti altri ne
avranno gioia, e non solo i parenti e vicini, ma tutti quelli ai quali giunger la parola profetica di questo futuro neonato (v. 14). Egli infatti
sar "grande davanti al Signore", e Ges stesso proclama questo a suo
tempo: "Giovanni, il pi grande tra i nati da donna" (Le 7,28; cf. Mt
11,11). I suoi costumi saranno esemplati su rigoroso ascetismo, ossia,
come gli antichi nazirei (cf. Num 6,3) egli sar donato al Signore, ma
non a tempo come quelli, bens per sempre, come Samuele (cf. 1 Re (=
1 Sani) 1,11); il segno sar l'astensione da bevande fermentate ("vino e
sicera", una specie di birra).
Per il "segno" supremo della singolarit di Giovanni quello messianico escatologico: sar riempito di Spirito Santo fin dal seno della
madre sua (v. 15). In 1,41 lo Spirito Santo far esultare Giovanni nel
seno di Elisabetta, quando Maria la Madre del Signore, che ha concepito divinamente il Verbo Dio, Lei vera Arca dell'alleanza, visiter la sua
parente, e questa stessa sar riempita di Spirito Santo (cf. 1,44). la
scelta del Signore, fin dal primo istante dell'esistenza umana, come
detto del Servo (Is 49,1.5), di Geremia (Ger 1,5), dell'Apostolo delle
nazioni (Gai 1,15, che citaIs 49,1).
Luca insister poi nella descrizione di Giovanni: "la Mano del Signore" star con lui, metafora che indica lo Spirito Santo (cf. Le 11,20,
"il Dito di Dio"); il fanciullo cresceva in et ed era fortificato dallo Spirito Santo (1,80), vivendo nel deserto in preghiera e contemplazione, in
vista della sua missione.
1109
23 SETTEMBRE
ferente del Signore" (Le 1,38) , ed egli stesso con la sua sposa nell'accoglienza di quella Parola (v. 18).
un'esitazione incapace di risalire dalla soglia del Fatto divino.
L'Angelo deve perci dare una "risposta", la quale sar severa, medicinale, temporale, da accettare come purificazione.
Le sue parole sono sublimi. "Io sono Gabriele, l'astante davanti a
Dio". Gabr- 'El significa: "L'eroe potente mio Dio". Ossia Gabriele
la personificazione della Potenza dello Spirito Santo, ne il portatore.
Egli fa parte delle schiere innumerevoli che "stanno davanti" al Signore, in prontezza di esaudimento della sua Volont, gli adoratori e "liturghi" fedeli, silenziosi, efficaci. uno degli "Angeli del servizio" divino. In 1,26 il nome esplicito quando inviato alla Vergine di Nazaret.
Gabriele conosciuto dall'A.T., in Dan 8,16; 9,21-22, sovrintendente,
con Michele, al popolo di Dio (vedi l'8 Novembre). Una definizione
splendida viene da Ebr 1,14:
Forse che non tutti (gli Angeli) sono spiriti liturghi,
per servizio (diakonia) inviati
a quanti stanno per ereditare la salvezza?
Perci Gabriele "sta in piedi davanti" al suo Signore (cf. Tob 12,15),
contemplando il suo Volto (cf. Mt 18,10, cos "gli Angeli dei bambini"
innocenti), pronto al suo minimo cenno e desiderio.
Ora, gli Angeli del Signore hanno molta pazienza. Anche Abramo
voleva un "segno" che avrebbe avuto un figlio (Gen 15,8; 17,17; 18,1112); anche Abramo obiettava di essere anziano (Gen 18,11). Ma come il
Signore passa sopra ogni impedimento di et (Rom 4,19), cos avviene
per Zaccaria. Perch per la severit per Zaccaria, e non per Abramo?
Abramo sta all'inizio, Zaccaria alla fine. Abramo ancora ignorava l'immane divina Potenza, bench mai vacillasse nella fede, "contro la speranza credendo nella speranza" (Rom 4,18-22), una fede ancora oscura,
tentata, dunque meritoria. Zaccaria come sacerdote e custode della memoria storica d'Israele invece deve sapere tutto questo.
Ma il Signore lo ama. Gabriele gli rivela che "fu inviato" divinamente a parlare con lui, anzi "ad evangelizzargli" (euaggelisasthai)
questi fatti "nuovi" ed ormai precorrenti l'Evento ultimo (v. 19). Cos
Zaccaria il primo "evangelizzato" dell'Evangelo di Dio e della gioia,
come Maria sar la seconda e pi fedele Evangelizzata, e Giuseppe il
silenzioso e pio evangelizzato per terzo.
Perci adesso segue la sanzione: la bocca sacerdotale di Zaccaria
sar sigillata finch non avviene quanto annunciato dall'Angelo, a causa
dell'incredulit immediata alle Parole divine, da accogliere senza
condizioni. Queste si realizzeranno "al loro tempo stabilito (kairs)" in
ini
23 SETTEMBRE
1113
26 SETTEMBRE
TRAPASSO DEL SANTO APOSTOLO ED EVANGELISTA
GIOVANNI IL TEOLOGO S.
NILO DI GROTTAFERRATA
Ho Theolgos, il "parlatore di Dio" per eccellenza nella Chiesa apostolica, fu titolo attribuito dalla Tradizione a Giovanni l'Evangelista,
identificato a ragione con "il discepolo che Ges amava". l'elogio di
un Apostolo che ebbe l'umilt di non chiamarsi mai per nome lungo la
sua narrazione evangelica, che unico dei Dodici assist con la Madre di
Dio e le Donne fedeli alla Croce del suo Signore, che ebbe l'irripetibile
sorte di vedersi affidata come Madre la Semprevergine Maria dallo
stesso Figlio di Dio mentre si congeda dagli uomini per tornare al Padre attraverso il grande abisso delle "acqua molte" della Morte.
Il titolo ho Theolgos indica la profondit del "discorso su Dio" che
svolse Giovanni, giunto ad intuire e ad annunciare il Verbo Dio, arrestandosi sulla soglia dell'infinito Mistero, ma portando tutta la Chiesa a
quella contemplazione. Solo due altri grandi personaggi ebbero dalla
Chiesa quel titolo, S. Gregorio "il Teologo" (da Nazianzo), e S. Simeone "il nuovo Teologo".
La Chiesa bizantina in Italia celebra oggi un'altra figura umile e grandiosa, S. Nilo da Rossano, in Calabria, allora ancora largamente greca
(circa a. 901-1004), monaco e fondatore di monasteri, che radun numerosi gruppi di asceti e anacoreti, istituendo dimore monastiche anche nel
territorio italiano longobardo, appartenente ormai al sacro romano impero,
intorno a Salerno ed a Cassino, fino a stabilirsi nella donazione generosa
del Tuscolo, a Grottaferrata, pochi chilometri da Roma, monastero prestigioso e destinato a lunga vicenda storica che ancora prosegue con buoni
auspici. S. Nilo fu esemplare per il carattere austero con se stesso, modello
di preghiera, di conversione del cuore e di contemplazione, e pacifico e
mite nel tratto con gli altri, vero modello di santit monastica irraggiante.
1. Antifone
Ordinarie, oppure i Typik e i Makarismi.
2. Eisodikn
Ordinario.
3. Tropari
1) Apolytikion di S. Giovanni il Teologo. Il Santo invocato come
"Apostolo diletto da Cristo Dio", ed implorato ad affrettarsi a scampare
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dai pericoli il popolo santo indifeso. Il desiderio espresso qui che Colui che allora lo accolse sul suo petto immacolato, adesso di nuovo lo
riceva mentre intercede piamente. Di nuovo invocato come "il Teologo", gli si chiede l'intercessione supplice, affinch il Signore dissipi la
nube delle nazioni pagane, e cos ci ottenga la pace e la grande divina
Misericordia.
2) Apolytikion di S. Nilo. chiamato "Padre" sia di santit, sia per la
sua famiglia monastica. Gli si attribuiscono le meravigliose qualit che
furono preclare nei grandi personaggi dell'A.T.: poich S. Nilo conse
gu la mitezza di Mos (cf. Num 12,3: "era infatti Mos l'uomo pi mi
te tra tutti gli uomini che abitavano nella terra"; Eccli 45,4: il Signore
"lo (Mos) consacr nella fedelt e nella mansuetudine, lo prefer ad
ogni carne vivente"), che fu propria anche di David (cf. Sai 131,1,
"Salmo regale": "Fa memoriale, Signore, di David, e dell'intera sua
mansuetudine", e 1 Cron 22,14). Consegu anche "il divino zelo" che
fu del sacerdote Pinhas (Finees, cf. Num 25,1-18, il fosco episodio del
laido culto di Baal-Peor) e del profeta Elia (cf. 3 Re (= 1 Re) 18, la vit
toria sui sacerdoti dell'idolo Baal). Consegu la fede d'Abramo (cf.
Gen 15; 17; 22; Rom 4). Perci adesso il Santo con quelli esulta nel
gaudio eterno. L'invocazione finale densa: "Nilo, vanto dei Santi, per
questo supplica a favore nostro il Signore!"
3) Apolytikion del Santo titolare della chiesa.
4) Kontkion: Prostasia tn christiann.
4. Apstolos
a) Prokimenon: Sai 18,5.2, "Inno di Lode".
il Prokimenon della Pentecoste: "Per l'intera terra usc la risonanza" degli Apostoli, e "le loro parole" raggiunsero i confini della terra. Tale fu l'efficacia della predicazione apostolica, tanto pi se si tiene
conto che con buone probabilit Giovanni compose il suo Evangelo in
funzione della predicazione di S. Tommaso Apostolo a tutto l'Oriente.
Lo Stichos (v. 2) la proclamazione innica sui cieli, che con la loro
stessa presenza narrano l'immane gloria del divino Creatore; in parallelismo sinonimico, il firmamento stellato per se stesso annuncio dimostrativo dell'opera onnipotente delle divine Mani del Signore. Cos la
voce degli Apostoli si unisce alla lode della santa assemblea, che "si fa
voce" dell'intera creazione per la lode divina.
La PEoistola ^ Givanni probabilmente dell'anno 96, ossia appena
due anni prima dell'Evangelo; e di questo, infatti, anticipa il vocabolario, la visuale generale e molti temi. Il cap. 4 dedica i vv. 1-6 agli
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"spiriti" che sono i falsi profeti, "dal mondo e non da Dio", che "non
confessano Ges Cristo venuto nella carne". Invece i vv. 7-21 riguardano il tema centrale dello scritto: "Dio agape", espressione che ricorre
al v. 8 ed al v. 16.
Il centro della pericope di oggi dunque la frase "Dio agape" del v.
16. Presa in s, come tagliata, la pericope letterariamente forma
un'"inclusione" magnifica con il verbo agap, amare di carit, che ricorre al v. 12, in apertura, ed al v. 19, in chiusura. La prima volta come
dubitativa: "se noi ci amiamo", che per certezza, e la seconda volta
come affermativa aperta: "noi amiamo Lui". La prima reciprocit
umana dentro la comunit, la seconda la relazione assoluta con Dio.
L'esordio la riaffermazione apofatica che percorre l'intera Santa
Scrittura, dalla Genesi ali'Apocalisse: "Dio, nessuno mai ha contemplato (theomai)" (v. 12a). Il Dio Vivente e Vero invisibile e dunque
anche incomprensibile, non circoscrivibile, non comprensibile, non descrivibile, insomma indicibile. Con Lui, nessuna struttura creaturale,
angelica o umana, pu "prendersi confidenza", pu credersi di "razionalizzarlo", di disporne. Poich "l'uomo non pu 'vedere Dio' e vivere" ancora (Es 33,20, detto a Mos prima dell'esodo nel deserto). I paralleli dell'A.T. qui sono innumerevoli (ad esempio, Gen 32,30; Dt
5,24; Gdc 6,22-23; 13,22; Is 6,5; Eccli 43,35, etc.). Altrettatnto nel
N.T., e per con particolare insistenza nell'opera giovannea.
Il testo principe qui sta nel Prologo, Gv 1,18, quale stupenda chiusura di esso: "Dio, nessuno vide mai il Monogenito Figlio (altre attestazioni, forse migliori: "il Monogenito Dio"), il Sussistente (rivolto)
verso il Seno del Padre, Egli ne fece esegesi {exgsato)". L'affermazione ricorre ancora in 5,37; 6,46; 12,45. Nell'Apocalisse, Dio si manifesta senza eccezione come "l'Intronizzato sul Trono" bianco splendente, simbolo della divina Gloria, in eterno Invisibile (cf. ad es. cap. 4;
22). Sul medesimo Trono invece appare nella sua visibilit l'Agnello di
Dio, ossia il Servo sofferente di Is 53,7-8, ma nella gloria di Risorto, in
vesti regali sacerdotali nuziali.
Per non meno insistente sull'in visibilit di Dio S. Paolo, ad esempio nel celebre testo di Col 1,15: Cristo "l'Icona di Dio, l'Invisibile";
1 Tim 6,16. Egli seguito da 1 Pt 1,8. Ma a guardare bene, anche i Sinottici dichiarano l'invisibilit di Dio ad esempio nelle principali teofanie: il Battesimo al Giordano, la Trasfigurazione, la Croce, la Resurrezione, la Pentecoste (opera lucana in At 2,1-4), la Parousia gloriosa.
Seguendo anche in questo fedelmente la Tradizione biblica, partecipata con particolare gelosia anche dagli Ebrei, i Padri della Chiesa quasi
senza eccezione difesero strenuamente l'invisibilit e l'indicibilit
divina, aspramente condannando gli indiscreti "scrutatori" della divinit, i razionalisti come gli ariani della seconda generazione (Eumeo).
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(v. 14). Giovanni insiste anche su questo aspetto fondamentale della fede
originaria: cos quando vede il Sangue e l'Acqua sgorgare "subito" dal
Costato immacolato del Signore sulla Croce vivificante (Gv 19,34-37,
con citazione di Sai 32,21 sulle ossa non spezzate del Giusto, e di Zac
12,10 sul Trafitto); quando termina (nella prima finale) la sua narrazione, sui "segni" scritti e non scritti onde sorga la fede (Gv 20,3031, senza il verbo "testimoniare"); quando pone fine alla narrazione
evangelica come "il discepolo" che testimonia e scrive, la sua martyria
veridica (Gv 21,24-25).
Da questa "testimonianza" apostolica, che e resta l'unica e salvifica, discende la condizione per avere la fede e la vita: occorre su questa
base "confessare" (homolog) che l'Uomo "Ges" "il Figlio di
Dio", e dunque Dio da Dio. Solo allora Dio produce la divina perichrss che ha travolgenti effetti umani: Dio resta nel confessante, e
questo resta in Lui. Il verbo men qui, come sempre, indica la "dimora"
perenne, nella sua divina-umana reciprocit (v. 15).
Ed ecco il culmine del testo, il v. 16. "Noi", plurale di modestia che
indica l'Apostolo, "abbiamo conosciuto (sperimentalmente, vitalmente), e perci "abbiamo creduto", atto di adesione d'amore e di totale fiducia. L'oggetto : Vagape che Dio possiede "m noi". Frase difficile,
era pi semplice dire qui: "possiedeper noi". E per Dio, come parlano
i Padri, ama i suoi fedeli non in quanto peccatori e non per i loro peccati
questi sono distrutti dall'agape divina! , bens in quanto li vede
come recettori del suo Amore divorante. la Theophilia.
Per cui viene l'affermazione fontale: "Dio agape". "definizione",
ossia una circoscrizione di Dio dentro un'analogia: come l'uomo "ama"
(agap) i genitori, i parenti, la sposa, gli amici, la sua citt, cos, "al massimo grado" si pu questo predicare di Dio. Come tutte le "definizioni" di
Dio, chiaro che non si raggiunge se non in modo inadeguato un "concetto
su" Dio, mai la sua divina indicibile Essenza. Cos quando si dice che Dio
Santo. Per per sfuggire al nominalismo e dunque al larvato indifferentismo ed ateismo, la stessa Scrittura Santa ricorre sistematicamente alla "teologia simbolica", al linguaggio anche "catafatico", ossia affermante. Perci
tale linguaggio va tenuto, apprezzato, amato, studiato come quello il meno
possibile inadeguato ad avere una relazione con Dio. Dio " Amore" di infinita Carit, cos si rivela, ma resta anche infinitamente al di l anche del
concetto cos definitivo di "amore". Egli "il Di Pi del Di Pi" nell'infinito dell'infinito. Qui, bench solo come sulla soglia va precisato, Giovanni
vuole che i suoi confratelli nella fede, noi, siamo trasportati.
E su questa "soglia", per cos dire, occorre stare saldamente: oc corre "restare (men) nelYagape" divina come si rivelata e si resa accessibile e partecipabile. Il realismo dell'agape divina tale,
che allora l'amante "resta (meno) in Dio" stesso, e cos in forza della
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medesima divina agape Dio pu "restare" (meno) nel fedele che fedelmente Lo ama.
E non basta. La realt della storia degli uomini porta a vivere senza
fermarsi mai, poich Vagape vuole "consumarsi", perfezionarsi (telei), insomma, raggiungere il suo fine ultimo negli uomini e "con
(met)" gli uomini. Il fine anche la fine della storia, il Giudizio inevitabile, dove per V agape divina conferisce al credente la divina
parrhsia, la franchezza, l'audacia del professare e del parlare e dello
stare davanti a Dio quel Giorno. Per questo Dio venne e sussiste "anche" in questo mondo, insieme ai suoi fedeli che stanno "nel" mondo,
pur non essendo "del" mondo (v. 17).
Ma allora rimosso il terrore (phbos) dell'esistenza, ed anche
quello del Giudizio: Vagape perfetta ha espulso questo terrore che rovina tanti uomini. Infatti il terrore ha come oggetto principale il senso di
colpa, quindi la coscienza della punizione (klasis). Ora, chi resta ancora nel terrore non stato "consumato" o perfezionato neY agape divina (v. 18). Chi ama il prossimo, e perci ama anche Dio, non ha pi
terrore di nulla, e non per presunzione di salvezza autonoma, ma precisamente perch ha gi raggiunto la perfezione dell'esistenza redenta,
ha ottenuto ed ha accettato il Dono grande e finale.
H v. 19, come si accenn, forma un'"inclusione" letteraria. Il v. 12
parlava dell'"amarsi reciprocamente". Questa la base e condizione
per la salita, cos faticosa, a godere della perfezione dell'agape, e questa "amare Dio". Ma si giunge a quest'amore consumante per sforzi
umani per quanto belli e mentori? Per nulla. Tutto Dono. Tutto
Grazia. Questo vuole qui insegnare l'Apostolo. Infatti il v. 19b, nella
sua concisione lapidaria, afferma: "...amare Lui poich Egli per primo am (agapd) noi". La Carit di dilezione divina, infinita e indicibile, la Realt vera, la quale precede, accompagna, segue e "consuma" gli uomini. Qui Giovanni raggiunge Paolo in modo come sempre
sublime, quando questi afferma: la Carit divina resta confermata, perch quando eravamo peccatori senza merito n speranza, Egli fece
morire il Figlio per noi, ed eravamo nemici, e tuttavia fummo riconciliati dal Figlio con il Padre (Rom 5,8-10). Dio infatti preconobbe e
predestin al bene, a diventare icona del Figlio suo, e chiam e giustific e glorific i peccatori (Rom 8,28-30). In realt, "chi per primo
don a Lui", cos che Dio dovesse restituire qualche cosa a qualcuno?
(Rom 11,35).
La Carit di Dio, per usare il linguaggio commerciale che pure la
Scrittura Santa usa sapientemente ed a ragion dovuta, "a fondo perduto". Ossia donata anche a chi non la accetter mai. Non mai richiesta indietro. la divina "Caparra", primo anticipo del Dono che non
sar mai richiesto "indietro". lo Spirito Santo.
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5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 88,6.8, "Salmo regale".
La proclamazione gioiosa prima della proclamazione dell'Evangelo
sanziona in modo cosmico ed universale l'infinita dossologia dovuta al
Signore: i cieli attestano in modo perenne e mirabile che Egli il Signore che opera solo in modo sempre meraviglioso e sorprendente, e
che Egli il Fedele a se stesso, e quindi per amore Fedele anche alla
comunit celebrante dei suoi Santi diletti.
Lo Stichos (v. 8) ribadisce in parallelismo crescente: il Signore "il
Terribile", ossia Colui che fa tremare d'amore il cosmo e tutti i suoi
amici diletti. E tale appare sempre non in modo solitario, bens nell'assemblea dei suoi Santi, solo in mezzo ai quali vuole essere adorato, non
volendo mai essere isolato, perfino dall'eccessiva piet. Ma tra i suoi, il
Signore appare anche il Trascendente, l'Immenso, il Meraviglioso, Colui che non ha eguali: "Chi come il Signore perfino nei cieli? Chi come
il Signore tra i "figli di Dio"? (gli Angeli) (v. 7), dove la risposta ovvia
: nessuno mai. Questa anche la teologia giovannea di oggi.
b) Gv l9,25b-27; 21,24-25
Tra i numerosi episodi in cui Giovanni appare insieme al Signore
scelto qui opportunament quello principale e determinante per l'Apostolo, la sua presenza alla Croce.
Per il contesto teologico, di grande complessit, si rimanda al 14
Settembre. Qui si riprende l'allocuzione del Signore dalla Croce, rivolta a sua Madre e al discepolo diletto.
La frase pi tragica del N.T. riguardo ai Dodici che il Signore aveva
scelti e chiamati con s per sempre, quella di intensa dolorosit nella
sua assoluta brevit: "E abbandonato Lui, fuggirono tutti" {Me 14,50,
tutto il versetto). Giuda ormai aveva tradito il suo Signore, gli altri 10
erano fuggiti per vilt. Giovanni assolutizza ancora di pi il tratto quando al v. 25b annota a sua volta in modo lapidario, al modo di un'icona:
"Stavano in piedi accanto alla Croce di Ges la Madre di Lui, e la sorella della Madre di Lui, Maria di Clopa e Maria Maddalena". Dunque, gli uomini forti sono scomparsi, quelli che volevano "morire con
Lui" (Tommaso, gi in 11,16; Pietro, 13,37). La prima Comunit del
Signore adesso formata da Lui morente, dalla Madre divina, da altre
Donne fedeli.
Ges dalla Croce guarda questa Comunit indefettibile, vera Testimonianza della Croce come lo sar della Resurrezione. E fissa lo
sguardo in specie "sulla Madre", senza altre annotazioni, e sul "discepolo che stava in piedi, quello che amava (agap)". E cos pu parlare
una delle ultime parole della sua Vita tra gli uomini.
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TAVOLA
TAVOLA
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Si rivolge alla Madre sua con il titolo regale: "Donna, vedi (ecco) il
Figlio tuo", chiamando cos la Madre alla contemplazione dell'Icona
crocifissa. Come si disse (cf. 14 Settembre), le folle anonime erano state
chiamate da Pilato, profeticamente, anche se per irrisione, a contemplare
"l'Uomo", il Condannato divino con la corona di spine e con il manto di
porpora, Icona regale universale (19,5). Il medesimo Pilato, con il medesimo spirito profetico involontario e sempre per crescente disprezzo,
aveva adesso chiamato gli Ebrei a contemplare l'Icona del "Salvatore =
Re" (19,14). Alla Madre spetta la terrificante contemplazione dell'Icona
crocifissa. la Regina Madre, la Gyn regale e sovrana, la quale qui ha
espletato per intero la sua funzione provvidenziale, che fu tipologicamente quella delle spose dei Patriarchi: la Donna secondo il Disegno divino deve disporsi integralmente al fine che il Re messianico possa
espletare per intero la sua divina missione salvifica (vedi Nota ali'8 Settembre). Qui, finalmente, al culmine, la Croce per tutti gli uomini immersi senza speranza nel peccato. H v. 27 dunque, se si pu dire cos,
un'icona nell'Icona, il cui centro "//Figlio" con il riferimento necessario alla Regina, che sta sempre "alla destra del Re" (Sai 44,10).
Ma quest'icona comprende anche "il discepolo". Il Signore gli parla
una parola breve: "Ecco la Madre tua" (v. 27a).
Su queste due parole, alla Madre e al discepolo, dall'et patristica si
sono alternati i commentatori in infinita folla, fino ad oggi.
Si pu dire che esiste una singolare unanimit nel semplificare
quanto il Signore dice: alla Madre, "ecco il figlio tuo", ossia il discepolo, di cui diventa Madre spirituale; al discepolo, "ecco la Madre tua", di
cui diventa figlio spirituale. Il discepolo raffigurerebbe qui la Chiesa di
tutti i tempi, la Comunit messianica. E in un certo senso sarebbe il sostituto del Signore presso la Madre.
La questione molto pi complessa. Resta sempre da spiegare i 3
"ecco" di Gv 19,5.14.26, ossia l'Uomo, il Re degli Ebrei, "il Figlio"
unico di Maria, in una logica ascendente e determinante. La spiegazione
qui presentata, se in un certo senso rompe il parallelismo "figlio tuo Madre tua", l'unica realmente vera, e ricca all'infinito.
Giovanni al v. 27b annota: "e da quella hrd \che la Hra di Ges,
tema molto caro a Giovanni e da Lui insistito (2,4; 4,21.23.53;
5,25.28.35; 7,30; 8,20; 12,23.27 (2 volte); 13,1; 16,2.4.21.25.32; 17,1;
19,27), "accett il discepolo Lei" come parte della sua "propria" vita.
la Hra messianica, della Croce, la Hra suprema, il Fine ed il Culmine della sua Vita. Che Ges da parte del Padre attende ed accetta, anche
se la teme perch apportatrice dell'"ultima Nemica", la Morte. Ma Hra per questo tanto pi necessaria e dunque inevitabile.
La Tradizione pi antica annota fedelmente che Giovanni si prese
allora come Madre sua la Madre del Messia, e la custod come il Bene
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