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MATTHAEUS
Semestrale dellIstituto Teologico Salernitano
Anno IV - n.2/2015
Aut. Trib. di Salerno n. 28 del 13/12/2011
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Appunti per una pneumatologia della vita religiosa a partire dalla lexorandi
Vincenzo Calabrese
In genere possiamo affermare: ad uno studio attento risulta che si
deve passare dalleucologia pneumatofora (cio portatrice dello Spirito Santo
perch invoca la sua presenza ed azione) alla comprensione della celebrazione
come pneumatocentrica, anzi di tutta la liturgia come avente il suo fulcro e la
sua vitalit nella presenza e nellazione dello Spirito santo5.
La forza del Paraclito presente in tutti i Sacramenti. Lui il loro
artefice e lagente che ci fa partecipi dei doni salvifici; il garante dellefficace
armonia dei Sacramenti: Egli prepara la Chiesa a incontrare il suo Signore;
ricorda e manifesta Cristo alla fede dellassemblea; rende presente e attualizza il
mistero di Cristo per mezzo della sua potenza trasformatrice; infine, lo Spirito
di comunione unisce la Chiesa alla vita e alla missione di Cristo6.
Nel corso del nostro lavoro cercheremo di dimostrare come nella
tradizione eucologica del Rito della professione religiosa 7 e della consacrazione
delle vergini 8ci sia un vero e proprio strato pneumatologico9.
significativo che Giovanni Paolo II nella sua esortazione apostolica
post sinodale Vita consecrata10abbia voluto cos definire la relazione tra Spirito
Santo e vita religiosa attraverso il verbo sacrare a Spirito Sancto sacrati. Anzi
il Papa non esita ad affermare che la stessa chiamata alla vita consacrata e la
perseveranza in essa siano opera dello Spirito Santo:
Come lintera vita cristiana, anche la chiamata alla vita consacrata in intima
relazione con lopera dello Spirito Santo. Lui che, lungo i millenni, attrae
sempre nuove persone a percepire il fascino di una scelta tanto impegnativa
(). lo Spirito che suscita il desiderio di una risposta piena; Lui che guida
la crescita di tale desiderio, portando a maturazione la risposta positiva e
sostenendone poi la fedele esecuzione, Lui che forma e plasma lanimo dei
5 A. M. Triacca, Spirito Santo, in D. Sartore - A.M. Triacca C. Cibien (curr.), Liturgia, Cinisello
Balsamo (MI) 1894. Lo Spirito Santo il principio inesauribile non soltanto della liturgia eucaristica,
ma di tutta la liturgia sacramentale. Anche nel sacramento del Battesimo linvocazione dello Spirito Santo
fondamentale ed espressiva del mistero che si compie. Lo stesso avviene nella liturgia penitenziale.
Il cristiano perdonato e purificato nello Spirito di Ges. In ogni liturgia sacramentale c sempre
lanimazione dello Spirito Santo, in virt della quale il rito diventa mistero, il segno diventa sacramento, la
cerimonia avvenimento interiore, per cui in quanti vi partecipano si opera lincremento della fede e della
carit. Lo Spirito Santo ci immedesima con Ges e noi diventiamo la continuazione di Ges che prega:A.
Ballestrero, Credo nello Spirito Santo, Casale Monferrato 1998, 107; Cf. V.Trapani, Lo Spirito Santo e il
memoriale. Epiclesi e anamnesi delle anafore di Oriente ed Occidente, Roma 2015.
6 Catechismo della Chiesa Cattolica, 1092. Cf. M. Aug, I Sacramenti e la vita consacrata, in Rivista Liturgica 3(2006), 419-424.
7 Ordo Professionis Religiosae (Rituale Romanum ex Decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani
II instauratam auctoritate Pauli PP. VI promulgatum )(=OPG), Editio typica, Typis PolyglottisVaticanis
1970.
8 Ordo Consecrationis Virginum (Pontificale Romanum ex Decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii
Vaticani II instauratam auctoritate Pauli PP. VI promulgatum )(=OCV), Editio typica, Typis Polyglottis
Vaticanis 1970. Il decreto di promulgazione porta la data del 31 maggio 1970, festa della Visitazione della
Beata Vergine Maria.
9 Per una breve storia del rito dopo il Vaticano II Cf. T. Colombotti, Accoglimi Signore. Consacrazione
delle vergini. Professione religiosa., Cinisello Balsamo (MI) 1991, 102-103.
10 Joannes Paulus PP. II, Adhortatio apostolica post-synodalis Vita Consecrata de vita consecrata eiusque
missione in Ecclesia ac mundo, 25 martii 1996 (=VC), EnchiridionVaticanum XV, 204-455.
6
Appunti per una pneumatologia della vita religiosa a partire dalla lexorandi
Vincenzo Calabrese
Dio15.
Lo Spirito Santo nel sacramento del battesimo, per mezzo del segno
dellacqua, rigenera gli uomini alla vita di figli di Dio, analogamente alla
generazione del Verbo di Dio in Maria.
Ancora nellomelia rituale si dice: Lo Spirito Santo Paraclito nella
rigenerazione dellacqua battesimale ha fatto di voi il tempio dellAltissimo16.
In queste espressioni la rinascita menzionata in funzione delleffetto cultuale
del sacramento, quello di rendere tempio di Dio chi riceve il Battesimo: lo
Spirito Santo rigenera come figli di Dio e li rende tempio del Dio vivente 17.
Un altro effetto dello Spirito Santo data dalla purificazione del
peccato e ardore di carit: Accogli Signore le invocazioni del tuo popolo e
con la tua grazia prepara questi tuoi figli (figlie) perch il fuoco dello Spirito
Santo li (le) purifichi dal peccato e li (le) infiammi con lardore della carit18.
Nel sacramento del battesimo, nel sacramento della penitenza e
nelleucaristia vi un richiamo evidente alla remissione dei peccati. Anzi il
nuovo Rito per il sacramento della penitenza insiste sul ruolo dello Spirito
Santo nel perdono e nella purificazione dei peccati, anzi i due aspetti, di
eliminazione del peccato e carit ardente sono accostati alla preghiera come
opere dello Spirito che vengono compiute insieme. Il suo passaggio di grazia
non soltanto brucia le impurit ma trasforma nella violenza del suo fuoco
coloro che per suo impulso si accostano per riceverne la consacrazione.
Lo Spirito Santo viene presentato inoltre come operante anche nella
dinamica della grazia della vocazione. Lepiclesi infatti della prima benedizione
o consacrazione delle professe recita cos: Padre manda lo Spirito Santo su
queste tue figlie perch alimenti la fiamma del proposito che tu hai acceso
nei loro cuori, ma il testo originale mette maggiormente in evidenza il ruolo
dello Spirito che agisce come protagonista nella nascita del proposito19.La
prima preghiera di benedizione o consacrazione dei professi esprime lostesso
concetto con altra formulazione: Tu, o Padre con la voce misteriosa dello
Spirito Santo hai attratto innumerevoli figli a seguire Cristo Signore20.
Ancora allo Spirito Santo mandato da Ges viene attribuita direttamente
la chiamata ai consigli evangelici nella seconda formula di benedizione o
consacrazione delle professe: Ges Cristo asceso alla sua destra mand lo
Spirito Santo per chiamare innumerevoli discepoli che seguendo i consigli del
15 Gv 3,5.
16 OCV 16: Paraclitus autem Spiritus, qui genitali Baptimatis unda pectora vestra Altissimi templa efficit
17 Cf. A. M. Triacca, Fondamenti liturgico-sacramentari delle forme di vita di consacrazione, in Rivista
Liturgica 60 (1973), 287-320.
18 OPR 63: Annue quaesumus Domine precibus populi supplicantis et caelesti gratia famulorum tuorum
(famularum tuarum) corda dispone ut sacranda tibi pectora Sancti Spiritus ignis ab omni culparum labe
purificet et caritatis ardore vehementer accendat.
19 OPR 72: Supplices ergo Pater rogamus ac petimus super has famulas tua signem emitte Paracliti ut flammam alat propositi quam in earum cordibus suscitavit.
20 OPR 67: Tu enim, voce suggerente Paracliti, ad Christis equelam innumeros filios attraxisti.
8
Appunti per una pneumatologia della vita religiosa a partire dalla lexorandi
Vangelo consacrassero tutta la loro vita alla gloria del tuo nome e alla salvezza
degli uomini21. E nelle premesse CEI, al n.2, si afferma chiaramente: La
celebrazione () si apra a tutta la Chiesa particolare da cui seno lo Spirito
Santo ha fatto sbocciare il carisma verginale22.
La consacrazione verginale viene denominata dallomelia rituale
una nuova unzione spirituale rispetto a quella battesimale: Lo Spirito Santo
Paraclito ()per mezzo del nostro ministero vi adorna con una nuova unzione
spirituale e vi dedica con nuovo titolo alla maest divina23. La verginit
consacrata si colloca nella linea sacramentale come un nuovo battesimo che
segna la totale propriet di Dio sulle vergini a lui dedicate. Questa stessa idea
viene espressa al termine della liturgia nella terza invocazione della benedizione
finale: Lo Spirito santo che oggi ha consacrato i vostri cuori vi infiammi di
santo ardore a servizio di Dio e della Chiesa24.
Il tema del servizio come effetto del dono dello Spirito Santo presente
nel dialogo dellimpegno per la professione religiosa: Volete con la grazia
di Dio dedicare generosamente tutta la vostra vita al servizio del popolo di
Dio?25.
Lo Spirito Santo agisce suscitando il fascino dei consigli evangelici e
della verginit consacrata, dandone la grazia, offrendo laiuto per la costante
attuazione e fedelt. In questa dedicazione a Dio immanente laspetto
dellamore e del servizio al prossimo, i quali pure sono dono dello Spirito Santo
nella loro origine, nel loro concreto svolgimento e nel loro fine di culto e di
glorificazione a Dio.
La tradizione eucologica ci dice che la vocazione ai consigli evangelici
e alla verginit consacrata ha il compito di perfezionare la conformit a Cristo
Signore, gi vissuta attraverso liniziazione cristiana26.
Nellepiclesi della seconda preghiera di benedizione o consacrazione
dei professi lo Spirito invocato allo scopo della contemplazione e imitazione
di Cristo: O Padre, infondi in questi tuoi eletti lo Spirito di santit perch
possano adempiere con il tuo aiuto ci che per tuo dono hanno promesso con
gioia. Contemplino sempre il divino maestro e al suo esempio conformino la
21 OPR 159: Cum autem ad tuam dexteramc onsedisset, sanctum emisit Paraclitum qui discipulos vocaret innumeros, ut, Evangelii sectantes consilia, Nominis tui gloriae hominumque saluti totam vitam
sacrarent.
22 Istituzione di Ministeri. Consacrazione delle Vergini. Benedizione Abbaziale (Pontificale Romano riformato a norma dei Decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Paolo VI), Libreria
Editrice Vaticana 1980, 11.
23 OCV 16: Paraclitus autem Spiritus, qui genitali Baptimati sunda pectora vestra Altissimi templa effecit,
hodie, per nostrum ministerium, nova vos spiritali unctione exornat novoque titulo divinae dicat Maiestati.
24 OCV 36: Spiritus Sanctus, qui supervenit in Virginem quique corda vestra hodie suo sacravit illapsu, ad
Dei Ecclesiae que servitium vos vehemente raccendat.
25 OPR 57: Vultis, Sancti Spiritus subveniente munere, in populi Dei servitium totam vitam generose
impendere?.
26 Cf. Calabrese, Le collette del Messale, 20ss.
Vincenzo Calabrese
loro vita27.
Anche lepiclesi della seconda benedizione o consacrazione delle
professe ancora attribuisce allazione dello Spirito la trasparenza di Cristo:
Manda, o Signore, il dono dello Spirito su queste tue figlie che per te hanno
lasciato ogni cosa; risplenda in esse o Padre il volto del tuo Cristo perch
rendano visibile la sua presenza nella Chiesa28.
La partecipazione a questo fulgore che nella carit dei consigli
evangelici trova speciale intensit di irradiazione ad opera dello Spirito Santo,
nella Chiesa. Anzi questultima che non solo ha sempre tenuto in grande
onore la vita religiosa nelle varie forme nelle quali, sotto la guida dello Spirito
Santo, si espressa lungo il corso dei secoli, ma lha anche innalzata alla dignit
dello stato canonico29.
Di fatti, lomelia della consacrazione delle vergini esprime questopera
dello Spirito Santo nellanima onde perfezionare in essa limmagine di Cristo
con terminologia sponsale: Lo Spirito Santo Paraclito () dopo avervi
elevato alla dignit di spose di Cristo vi unisce al Figlio di Dio con un legame
indissolubile30. In queste espressioni sottolineato il vincolo sponsale
inviolabile a Cristo come sposo. Nelle premesse CEI si afferma chiaramente che
La verginit, consacrata per un dono dello Spirito, manifesta pi chiaramente
la realt ultima e innovatrice della nuova alleanza: lamore verginale di Cristo
per la Chiesa sua sposa e la fecondit soprannaturale di questo misterioso
connubio31.
Nei rapporti dello Spirito Santo con le persone umane, rigenerazione,
purificazione dei peccati, nuova vocazione ai consigli evangelici e alla verginit
consacrata, perfezionamento della conformit a Cristo, ritroviamo ancora i
suoi rapporti con gli altri autori della salvezza e della divinizzazione. Lo Spirito
Santo, che da Ges Cristo, Verbo e Figlio di Dio, Signore della gloria insieme
con il Padre la sua origine e la sua missione nel tempo, ha ancora in Ges il
termine, il fine, lo scopo di questa stessa missione: nelle creature umane egli
deve operare la rigenerazione come figli di Dio e perfezionare in loro il volto
di Ges Cristo.Lo Spirito santo che nelleternit e nel tempo proviene dal Padre
mediante il Figlio il quale ci conduce al padre principio primo dell exitus
e termine ultimo del reditus salvifico.Le vergini nella Chiesa sono quelle
donne che, sotto lispirazione dello Spirito Santo, fanno voto di castit al fine di
27 OPR 67: Respice ergo, Domine, super hos famulos tuos, quos superna providenti avocavisti, et emitte
in eos Spiritum sanctitatis, ut quod, te donante, laeti promiserunt, te adiuvante, fideles adimpleant. Divini
Magistri exempla studiose intueantur, imitentur assidue.
28 OPR 159: Emitte, ergo, Domine, Sancti Spiritus donum super has famula stuas, quae propter te omnia
reliquerunt.
29 OCV 2. Per un commento alle premesse delle CEI al Rito della Consacrazione delle Vergini: cf. Colombotti, Accoglimi Signore, 47ss.
30 OCV 16: Paraclitum autem Spiritus () ad sponsae Christi dignitatem prevectas, indissolubili vinculo
Dei Filioconiugit.
31 Pr CEI, 1.
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52 LG 63.
53 OCV 16: Christus, Virginis filius ac virginum sponsus, iam in terris vestrum gadium erit vestraque
corona.
54 OCV 18: Oremus Deum Patremomnipotentem per Filium suum Dominum nostrum, ut, beata e Mariae
semper Virginis omniumque Sanctorum intervenient esuffragio, super has famulas, quas sibi sacrandas
elegit, Sancti Spiritus rorem affluenter emittat; OCV 20: Ut has ancillas tuas benedicere et sanctificare et
consecrare digneris.
55 OCV 77: Spiritus Sanctus, qui supervenit in Virginemquique corda vestrahodie suo sacravitillapsu, ad
Dei Ecclesiaequeservitiumvosvehementeraccendat.
56 OCV 16: Vosautem, Dei Matremimitantes, ancillae Domini et esse et appellari optetis. OPR 72: Quae
Spiritu superveniente Paraclito ac tua obumbrante virtute, immacolato partu mundi Redemptorem
effunderet. Per una riflessione sulla vita religiosa in chiave mariologica: J.C.R.M. Garcia Paredes, Vita
consacrata, in V. De Fiores - V.FerrariSchefer - S.M. Perrella (curr), Mariologia, Cinisello Balsamo
2009, 1271-1280.
57 Cf OCV 24, 64; Praenotanda2.
58 Francesco, A tutti i consacrati. Lettera apostolica in occasione dellanno della vita consacrata, Citt del
Vaticano 2014, 10.
15
Isaia 61:
Mi ha inviato a proclamare
lanno di Grazia del Signore
Maria Rosaria Cirella*
16
delusione, sofferenza, crisi di speranza6, ma anche un momento di ricostruzione e di rinnovamento, tra la costruzione del Secondo tempio e la restaurazione di Esdra e Neemia. Testo di speranza, Is 56-66 annuncia e propone la
via per la costituzione di una nuova comunit allinterno di una citt in cui il
Signore viene come luce7.
Linsieme di Is 56-66 ha, inoltre, come caratteristica di essere una
riscrittura e reinterpretazione8 di testi precedenti in un nuovo contesto, con
stile ripetitivo9; infatti, chiaro che c stato un continuo processo di reinterpretazione e di espansione10; in particolare ripreso ed attualizzato il tema
della consolazione del Deuteroisaia e della salvezza del Protoisaia.
Tuttavia, sono accentuate alcune tematiche pi tipiche del Trito-Isaia, come luniversalismo e la partecipazione dei popoli alla salvezza, il tema
dellalleanza eterna, la ricostruzione della citt di Gerusalemme e il rinnovamento anche della natura.
Continuamente il testo spinge ad intraprendere un cammino, ad uscire da se stessi (come in Is 58 sul digiuno11), a non essere concentrati su di se,
ma ad essere costantemente rivolti verso Dio e gli altri; insomma, necessario
rispondere e accogliere la salvezza rinnovando la relazione con Dio e con gli
altri.
In particolare i capitoli 60-62 con promesse di salvezza tracciano il
rinnovamento del popolo redento a Gerusalemme, descrivendo la citt presente e futura con unaccentuata prospettiva escatologica12: ci non significa
che qualcosa di irrealizzabile, ma che ancora da realizzare e da compiersi.
In Isaia 6113 si trova il centro comunicativo che sostiene linsieme14,
perch al centro si trova il tema della volont e capacit divina di salvare.
(), Dio vuole rinnovare radicalmente il suo popolo15 e per questo, chiede la
partecipazione e la collaborazione di un messaggero-mediatore, ma anche la
risposta di tutto il popolo e di tutti i popoli.
I personaggi e i protagonisti del brano sono tanti: il Signore Dio e
6 Marconcini, Il libro di Isaia (40-66), 165; cf. anche Brueggemann, Introduzione allAntico testamento,
186.
7 Spreafico, La voce di Dio. Per capire i Profeti, 154.
8 Cf. Jngling, Il libro di Isaia, 673-274; Spreafico, La voce di Dio. Per capire i Profeti, 154-155.158.
9 Cf. Ravasi, Isaia, 771.
10 Bonora, Isaia 40-66. Israele: servo di Dio, popolo liberato, 138.
11 Cf. Spreafico, La voce di Dio. Per capire i Profeti, 155.
12 Cf. Cappelletto - Milani, In ascolto dei profeti e dei sapienti, 157.
13 Cf. R. De Zan, Isaia (Capitoli 40-66), Padova 2002, 156-161; L.A. Schkel - J.L. Diaz, I Profeti, Roma
19963, 416-418; C. Doglio, Lanno di grazia del Signore (Is 61), 252-254; Bonora, Isaia 40-66. Israele:
servo di Dio, popolo liberato, 138.
14 Abrego de Lacy, I libri profetici, 205.
15 Bonora, Isaia 40-66. Israele: servo di Dio, popolo liberato, 140.
17
il Suo Spirito, il messaggero- profeta che parla in prima persona, la comunit (voi, stirpe benedetta), popoli - genti - nazioni, ma soprattutto categorie
di persone deboli e fragili come i miseri, i contriti di cuore, i prigionieri, gli
schiavi, gli afflitti.
Is 61 un testo che presenta unarticolazione letteraria che alterna varie
tematiche fondamentali, ma soprattutto gioca proprio sullalternare e variare
continuamente i personaggi: passa dalla prima persona singolare (io) alla terza
plurale (essi), dalla terza plurale (essi) alla seconda (voi) e ancora alla terza
plurale (essi), per poi ritornare alla prima singolare (io), passa anche dall'io
del profeta-servo allIo del Signore; dal profeta-servo al popolo, dal popolo alle
genti-popoli.
Il Signore Dio con il Suo Spirito e rimane il personaggio principale,
come si evince dall'inclusione16 allinizio e alla fine del testo:
Lo Spirito del Signore Dio su di me (Is 61,1).
Cos il Signore Dio far germogliare la giustizia (Is 61,11).
Tuttavia, gli altri personaggi non sono passivi, ma sono esortati a
cooperare allintervento di Dio.
La struttura del brano17, fondamentalmente in due parti, evidenzia
ancora di pi questa dinamica di partecipazione attiva: in 61,1-3a troviamo
l'autopresentazione del messaggero in 61,3b-11 c loracolo e la proclamazione
della salvezza e della restaurazione, il contenuto del messaggio con i suoi effetti
e le conseguenze dellannuncio.
I primi versetti descrivono la missione del profeta a partire dalla relazione fondante con Dio:
ai miseri/umili/poveri
mi ha mandato
a fasciare
a proclamare
per rallegrare
una corona
invece di cenere,
olio di letizia/gioia
invece dellabito da lutto,
invece di uno spirito mesto/debilitato.
19
ha anche una funzione tipica sacerdotale: infatti, un sacerdote consacrato con lunzione, che ha vissuto il proprio ruolo cultuale soprattutto
come messaggero di pace col compito di predicare un nuovo, grande giubileo, come anno di misericordia voluto dal Signore28.
Due sono le azioni dello Spirito di Dio verso il profeta che si comple-
23 Cf. S. Tengstrm - H.J.Fabry, ra, in Grande Lessico dellAT, VIII, Brescia 2008, 258-307;
24 R. Albertz- C. Westermann, Ruach- Spirito, in Dizionario Teologico dellAT, II, Casale Monferrato
1982, 665.
25 R. Penna, Spirito, in Nuovo Dizionario di Teologia biblica, 1503.
26 Cf. C. Westermann, Isaia (capp. 40-66), Brescia 1978, 435.
27 Cf. Mello (cur.), Isaia. Introduzione, traduzione e commento, 410-412.
28 Doglio, Lanno di grazia del Signore (Is 61), 252.
20
21
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace,
del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza,
che dice a Sion: Regna il tuo Dio (Is 52,7).
I destinatari dellannuncio del vangelo sono i poveri32, i miseri, gli
umili, apparentemente dei falliti, disperati: sono coloro che hanno bisogno di
Dio e riconoscono la non autosufficienza e la non autonomia, si riconoscono
creature nelle mani di Dio.
Il mediatore chiamato a curare le ferite di quanti sono contriti/straziati di cuore, probabilmente per il riconoscimento dei propri peccati, ma
anche per la sofferenza personale e comunitaria: Il popolo degli esuli ritornati
riconosce che alla radice della propria miseria c linfedelt allalleanza e il peccato che li tiene prigionieri: a chi ne prova un vivo dolore ed aspira allautentica
liberazione il profeta annuncia la buona notizia del cambiamento33.
Ancora una volta, il messaggero deve proclamare ad alta voce il dono
fondamentale di Dio, cio la libert, il rilascio e lapertura del carcere, allusione
allapertura della porta, dove chiunque entrer potr sperimentare lamore di
Dio che consola, che perdona e dona speranza (Papa Francesco, Misericordiae
Vultus n.3): il popolo deve essere liberato da tutto ci che lo tiene schiavo e prigioniero. C un richiamo molto interessante anche ad Is 58, testo che descrive
il vero digiuno:
Non piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene inique, sciogliere i legami del giogo,
rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? (Is 58,6).
32 Cf. A. Gelin, Il povero nella Sacra Scrittura, Reggio Emilia - S. Lorenzo 1991; V. Liberti (ed.), Ricchezza
e povert nella Bibbia, Roma 1991; U. Berges R. Hoppe, Il povero e il ricco nella Bibbia, Bologna 2011;
D. Barthlemy, Il povero scelto come Signore, Comunit di Bose 2010; S.A. Panimolle, Povert, in
Nuovo Dizionario di Teologia biblica, 1202-1216.
33 Doglio, Lanno di grazia del Signore (Is 61), 257.
22
Il riferimento allanno e al giorno non principalmente cronologico,
ma in relazione ad un tempo di grazia, tempo favorevole di una svolta storico-salvifica34, che possibile iniziare a vivere. Il messaggero annuncia che il
Signore sta intervenendo per realizzare concretamente nella storia gli impegni
dellalleanza, rivendicando i propri diritti35.
Proclamare lanno di Grazia del Signore unallusione molto chiara al
Giubileo36 (cf. Lv 25, 8-17; Dt 15,1-18), Anno Santo del riposo della terra, di
condono e restituzione della libert degli schiavi e dei beni:
Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete
la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti (Lv 25,10).
Lanno di grazia (rn37) vuole richiamare ad un tempo di benevolenza, di riconciliazione, di volont salvifica da parte di Dio: la sua volont
benevola e gratuita38; il giorno di vendetta del Signore si riferisce al tempo del
riscatto, del ristabilimento, di rivendicazione, al giorno di restaurazione39:
quando tutto sembra crollare, quando non sembra esserci via duscita, quando
si schiavi, allora Dio interviene e dona la possibilit di ricominciare, di azzerare tutto, di resettare; un tempo di grazia perch coincide con la distribuzione
gratuita dei doni di Dio, un surplus di doni da condividere con gli altri; per
questo anche il tempo della solidariet, per restituire allaltro la possibilit di
ricominciare, di rialzarsi, di ricostruire.
Consolare e rallegrare sono due azioni concrete che indicano intervenire per un cambiamento totale e definitivo della situazione di miseria e di
afflizione; la consolazione un dono di Dio (anche nelle Beatitudini in Mt 5,4
c la connessione tra questi due termini di consolare e afflitti).
La consolazione anche un tema ripreso dellannuncio del Deuteroisaia, dove la consolazione consiste nel messaggio di gioia e letizia per la fine
della sofferenza:
Consolate, consolate il mio popolo dice il vostro Dio.
Parlate al cuore di Gerusalemme
34 Bonora, Isaia 40-66. Israele: servo di Dio, popolo liberato, 140.
35 Doglio, Lanno di grazia del Signore (Is 61), 257.
36 Cf. Schkel - Diaz, I Profeti, 419.
37 Cf. L.A. Schkel, Dizionario di ebraico biblico, Cinisello Balsamo 2013, 803; H.M. Barstad, r, rn,
in Grande Lessico dellAT, VIII, Brescia 2008, 573-588.
38 Bonora, Isaia 40-66. Israele: servo di Dio, popolo liberato, 140.
39 Westermann, Isaia (capp. 40-66), 438.
23
Dare loro
Lultimo verbo evidenzia il tema del dono gratuito attraverso sempre
il canale e la mediazione del messaggero: ritroviamo qui anche un prolungamento che mette in contrapposizione doni positivi e negativi per far risaltare
il dono di Dio, i tre doni, simboli regali e sacerdotali: la corona regale per dire
la dignit umana si contrappone alla cenere-polvere; lolio di letizia-gioia deve
sostituire labito di lutto, di tristezza; la veste di lode, di riconoscenza e ringraziamento a Dio, donata al posto dello spirito abbattuto e debilitato, debole, in
contrapposizione al dono dello Spirito di Dio40.
La gioia, in particolare, il segnale percepibile del cambiamento e
dellintervento salvifico di Dio:
Questa gioia un segno che il Vangelo stato annunciato e sta dando
frutto. Ma ha sempre la dinamica dellesodo e del dono, delluscire da
s, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre.
(Papa Francesco, Evangelii gaudium n.21).
Questo elenco di azioni evidenzia come sia necessario eliminare tutto
ci che impedisce di accogliere la salvezza, la presenza salvifica di Dio, come
le colpe e qualsiasi forma di oppressione e mancanza di libert, per rompere e
spezzare le catene che opprimono.
Dio vuole rinnovare la vita, vuole offrire la salvezza, vuole ricostruire
Gerusalemme, ma con la partecipazione e la mediazione del messaggero; inoltre, fondamentale laccoglienza dei doni: il popolo non pu restare passivo,
40 Doglio, Lanno di grazia del Signore (Is 61), 254.258.
24
Voi
Voi
Voi
Essi
25
In Is 61,8 per la prima volta Dio stesso prende la parola, e con una
formula solenne42 si autodefinisce come colui che ama la giustizia e il diritto
in contrapposizione ad un culto falso: la descrizione del vero volto di Dio,
che richiama ad una relazione non esteriore fondata sui sacrifici, ma ad una
relazione di giustizia da realizzare e compito umano per vivere la comunit.
Il dono sar lalleanza eterna, che ricorda la nuova alleanza in Geremia
41 Cf. Boggio, Terzo Isaia, 178.
42 Cf. Schkel - Diaz, I Profeti, 420.
26
(Ger 30-31) ed Ezechiele (Ez 36) e anticipa laspetto sponsale; non si pu disperare perch Dio rinnova la sua alleanza, continua ad impegnarsi nella relazione con il suo popolo, come gi affermato precedentemente:
Quanto a me dice il Signore- ecco la mia alleanza con loro:
il mio spirito che sopra di te e le parole che ho posto nella tua bocca
non si allontaneranno dalla tua bocca n dalla bocca dei tuoi discendenti
n dalla bocca dei discendenti dei tuoi discendenti dice il Signore
ora e sempre (Is 59,21).
Sar famosa tra le genti la loro stirpe,
la loro discendenza in mezzo ai popoli.
Coloro che li vedranno riconosceranno
che essi sono la stirpe benedetta dal Signore.
9
27
Lultimo versetto riepiloga, a partire da immagini della natura che partecipa alla fecondit, i due effetti conclusivi: la giustizia e la lode, sono le due
azioni con cui Israele rende Dio presente al mondo, lo comunica. ripresa
qui limmagine del germoglio (Is 11,1; 53,2), per dire che Dio fonte di vita e
di relazioni giuste comunitarie e questa trasformazione sar visibile a tutte le
genti: Una comunit giusta quando non ci sono miseri, afflitti, prigionieri,
schiavi, cuori spezzati. Tale societ nuova, solidale e sana, Dio vuole fare di
Israele47.
Il passo di Is 61 che ho analizzato sembra un richiamo molto chiaro
alle parole di Papa Francesco:
Come vorrei trovare le parole per incoraggiare una stagione evangelizzatrice pi fervorosa, gioiosa, generosa, audace, piena damore fino in fondo
e di vita contagiosa! Ma so che nessuna motivazione sar sufficiente se
non arde nei cuori il fuoco dello Spirito. In definitiva, unevangelizzazione
con spirito unevangelizzazione con Spirito Santo, dal momento che Egli
lanima della Chiesa evangelizzatrice. (), invoco ancora una volta lo
Spirito Santo, lo prego che venga a rinnovare, a scuotere, a dare impulso
alla Chiesa in unaudacia uscita fuori da s per evangelizzare tutti i popoli.
(Papa Francesco, Evangelii Gaudium 261)
(Footnotes)
1
Nel testo originale ebraico c anche questo verbo, spesso tralasciato
dalle traduzioni. Cf. Mello (cur.), Isaia. Introduzione, traduzione e commento,
411.
29
Michele Curto
31
Michele Curto
33
Michele Curto
35
Michele Curto
anno 159837.
Cos, intorno allimmagine del Bolognini, lincipiente e inarrestabile
culto alla Madonna del Carmine in Salerno si accrebbe straordinariamente,
dotandosi non solo di un luogo stabile, dignitoso e appropriato, ma anche di
sacra unimmagine, come elemento catalizzatore intorno a cui esplicarsi38.
Intorno allavvenimento si poi presto formata la pia leggenda che
lo ha tramandato ai posteri quasi come un prodigio. In tutto questo un ruolo
determinante lebbe sicuramente la sentita devozione mariana del Bolognini.
Luogo insicuro e insalubre
Il convento assegnato ai Carmelitani era ampio e confortevole, con due
chiostri e venticinque celle, abitato allinizio da quattro frati39. Ma lubicazione
fin da subito si rivel insicura e per di pi insalubre. Era collocato fuori dalle
mura della citt, quindi privo di protezione e, in estate, a causa della malaria,
il luogo diventava malsano. I Padri, quindi, almeno per i mesi estivi, furono
costretti a trasferirsi in citt, prendendo in affitto unabitazione40.
Nel 1650 la comunit carmelitana aument di numero: contava sei
padri, un chierico, quattro laici professi e un novizio; e tra i beni possedeva a
Napoli un palazzo e 4000 ducati appartenuti ad Alfonso Bolognini41.
Nel 1652 il convento carmelitano di Salerno si salv dalle disposizioni
della bolla papale di Innocenzo X Instaurandae regularis disciplinae, che
prevedeva la soppressione di alcuni monasteri42. Il provvedimento pontificio
era finalizzato alla riforma dei monasteri e prevedeva la chiusura delle comunit
con un numero esiguo di confratelli. Il convento si salv perch poteva contare
su un numero sufficiente di frati per la regolare osservanza ed, inoltre, aveva
rendite sufficienti per il suo mantenimento43.
In seguito alle disposizioni della bolla papale nel Meridione furono
chiusi 342 dei conventi agostiniani su 751, 442 dei conventuali su 927, 128 dei
domenicani su 520, 67 dei Servi di Maria su 245 e 58 dei Terziari Regolari di
37 Marius Bologninus Bonon. Oriund. Archiep. Salem. Devotiss. Sanctiss. Virg. Carmel, huc adduxit. Ecclesiam
extruxit, donis auxit et censu AD. MDXCIII A. Mazza, Historiamm epitome de rebus salemitanis, Napoli
1681, ristampa Bologna 1965,78; Il 16 luglio 1982 davanti al santuario fu posta una lapide che afferma:
Antica Chiesa/ San Lorenzo de strada/ restaurata anno 1598 da arcivescovo Mario Bolognini/devotissimo
Maria SS. del Carmine/affidata Padri Carmelitani/ diede nuovo nome Chiesa e rione.
38 Crisci, Salerno Sacra, ricerche storiche, III, 133.
39 Crisci, Il cammino della chiesa salernitana, 657; A. Capone, Il seminario di Salerno, dalle origini ai
nostri giorni (1565-1932), Salerno1933, 11.
40 Crisci, Salerno Sacra, III, 134.
41 Ivi, 135
42 Cf. E. Boaga, La soppressione Innocenziana dei piccoli conventi in Italia, Roma, Edizioni Storia e
Letteratura, Roma 1971.
43 P. T. M. Quagliarella, Brevi cenni cronologici dellinizio e sviluppo della Provincia Napoletana dei
Carmelitani dellA. O. 1379- 1922, Napoli 1958, 38.
37
Michele Curto
il quale con santi provvedimenti illustr la sua Chiesa, e la diresse con celestiali
istruzioni, e pel grande amore verso la Madonna del Carmine qui fece venire i
Carmelitani, costru questa chiesa, edific e dot questo Convento, non l'anima,
che, piena di meriti, vol al cielo, ma il corpo, i Padri Carmelitani, secondando i
suoi desideri, qui trasportarono ed onorarono di sepoltura48 .
La Confraternita
Per meglio favorire il culto alla Madonna del Carmine si costitu anche
una Congregazione laicale, approvata dalla Curia diocesana il 15 aprile 1714,
sotto il titolo di S. Maria del Carmine, S. Donato, S. Alberto e S. Simone de
Stock. Il 30 novembre 1767 la Congregazione e il suo statuto ricevettero anche
lapprovazione regia da parte di Ferdinando IV, Re delle Due Sicilie49.
Il numero dei confratelli iscritti al sodalizio crebbe notevolmente al
punto che il primitivo Oratorio e la primitiva Sepoltura risultarono insufficienti.
Per questo nel 1731 i Carmelitani offrirono al sodalizio unaula pi grande per
lOratorio, ed una Sepoltura pi ampia. Nel 1740 poi fu costruito un nuovo
Oratorio, su un terreno comprato a spese della Congrega. La nuova Chiesa,
nel 1758, fu abbellita da una tela rappresentante la Madonna con il Bambino,
circondata dai santi Alberto, Simone Stock e Donato, opera di Orazio Solimena
e da altri sette quadri, sempre dello stesso autore50.
Quando, nel 1778, i Carmelitani si trasferirono in citt la confraternita
segu i Padri nella nuova dimora, dove fu loro concesso un Oratorio e un luogo
per la Sepoltura.
Nonostante il trasferimento in citt la sede originaria non fu del tutto
abbandonata51, anzi continu ad essere frequentata dai fedeli, soprattutto nei
giorni festivi, nei quali i Padri vi celebravano la messa52.
Quando poi nel 1807, a motivo delle leggi napoleoniche, il demanio di
Salerno si impossess dei locali, che i Carmelitani avevano acquistato in piazza
Abate Conforti, la Confraternita, rimasta priva di sede, torn ad occupare il
suo antico Oratorio, cio in quella che oggi la Chiesa della Madonna del
Carmine.
Con il ritorno nell'antica sede furono effettuati diversi lavori: la
facciata del campanile fu restaurata; le canne dellorgano furono indorate; la
statua della Madonna fu abbellita da uno stellario dargento e sul suo capo e
su quello del bambino furono poste due corone. Alla chiesa fu aggiunta, poi,
anche la sagrestia.
48 A. Mazza, Historiamm epitome de rebus salemitanis, 78.
49 A. Capone, I Padri carmelitani e la Congrega del Carmine, Salerno 1989, 18.
50 Cf. A. Capone I. DElia R. Graziano, Larciconfraternita Maria SS. del Carmine in Salerno, Salerno
2003, 81.
51 Ivi, 38
52 Archivio Diocesano di Salerno, Fondo Visite pastorali, Arcivescovo Spinelli, a. 1801, b 505.
39
Michele Curto
Nel 1855 la chiesa fu elevata a sede dellArciconfraternita, aggregata
alla primaria arciconfraternita di Roma53.
Nel 1894 un incendio distrusse i quadri del Solimena e fu allora che, fu
eretto sullaltare maggiore un tempietto di marmo per custodire la statua della
Madonna.
Nel 1914, con diploma del Genarale dei Carmelitani e con
lapprovazione del vescovo Valerio Laspro, la chiesa fu elevata a sede del
terzordine carmelitano.
Nel 1916 Pompeo Lebano54, devoto della Madonna, lasci alla
Confraternita un vasto fondo denominato Calcedonia, sito nella vecchia
contrada Gelso, assicurando cos una cospicua disponibilit economica. Il
lascito contribu anche alla creazione di opere sociali e religiose. Si deve alla
donazione di parte di quel fondo la costruzione della chiesa di S. Giovanni
Bosco con lannesso complesso salesiano55. Una lapide sulla facciata della
chiesa attesta: "D. O. M. Erede e custode d'una avita tradizione di cristiana
piet, l'Arciconfraternita del Carmine di Salerno, con paterno incoraggiamento
dell'Arcivescovo Mons. Demetrio Moscato, deliber e promosse tra il 1954 e 1961
la costruzione di questa chiesa parrocchiale per un pi degno annunzio dei divini
misteri al popolo fedele del nuovissimo, fiorente rione cittadino che dal Carmine
prende il nome e gli auspici".
La presenza della confraternita stata quanto mai importante per
Salerno, non solo sotto l'aspetto religioso, in quanto ha continuato a perpetuare
ed a radicare nel cuore del popolo salernitano l'amore per la Madonna del
Carmelo, ma anche sociale. La nascita e la crescita del rione Carmine si devono
alla presenza del sodalizio.
La soppressione
Nel 1807 i Carmelitani, a motivo delle leggi antiecclesiastiche56 furono
espulsi da Salerno. Cos il 18 marzo 1807, in ottemperanza al regio decreto
del 13 precedente, il ministro del Culto comunicava allintendente lavvenuta
soppressione con lordine di distribuire i religiosi in altri monasteri. La
soppressione effettiva avvenne il 21 seguente, quando lIntendenza di Salerno
prendeva possesso degli edifici57. Venne redatto un Verbale per fare linventario
di quanto era nella disponibilit dei padri e che veniva loro sottratto99.
53 La confraternita otteneva dal p. Generale dei Carmelitani di essere aggregata alla partecipazione di tutte
le grazie e di tutti i privilegi spirituali di cui godono i carmelitani e la facolt di benedire i santi abitini.
54 Duca di Rutino e Monteforte, Marchese di Lustra e di Sessa Cilento, ricchissimo proprietario terriero.
55 I. DElia, la Congrega Maria SS. del Carmine (1930-1989), Salerno 1989, 43.
56 Cf. F. Agostini, La riforma statale della Chiesa nellItalia napoleonica, in, Storia dellItalia religiosa, 3.
Let contemporanea, G. De Rosa T. Gregory A. Vauchez (Curr.), RomaBari, Laterza, 1995, 15; G.
Cuomo, Le Leggi eversive del secolo XIX e le vicende degli ordini religiosi della Provincia di Principato
Citeriore,Mercato Sanseverino 1971, 22.
57 Archivio Storico di Stato di Napoli, Commissione esecutrice del Concordato, b. 505.
40
41
Michele Curto
Il 16 luglio del 1994 nello stadio Vestuti larcivescovo mons. Gerardo
Pierro, in una solenne cerimonia, tenuta a conclusione dell'anno mariano
carmelitano, iniziato con l'erezione dell'Oratorio della Madonna del Carmine
a Santuario Mariano cittadino, incoron leffigie della Vergine.
Una lapide posta sulla facciata del santuario sintetizza mirabilmente
la storia della presenza carmelitana a Salerno e della stessa Congrega: "Questo
tempio eretto dai Padri, mistico asilo di anime solitarie fuori dell'antica cinta
urbana, quasi a proteggere nel nome della Vergine del Carmine le vie d'ingresso
alla citt, rimane ancora e rimarr negli anni sacro presidio di fede nell'ambito
della pi grande Salerno".
42
Una prima analisi sul motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus,...
Dopo alcuni mesi dalla promulgazione del motu proprio Mitis
Iudex Dominus Iesus, datato 15 agosto 2015, pubblicato l8 settembre 2105
ed entrato in vigore l8 dicembre 2015, possibile sviluppare ed evidenziare
alcune osservazioni ed in particolare sottolineare i cambiamenti dal punto di
vista sostanziale e procedurale. Mitis Iudex Dominus Iesus riforma il processo
canonico per le cause di dichiarazione di nullit del matrimonio nel Codice di
diritto canonico. I criteri guida del motu proprio non sono solo meramente
formali, ma sostanziali, fanno riferimento a dei principi, e vanno correttamente
intesi. Nelle premesse stesse, il documento indica i criteri guida e i principi
ispiratori della riforma, che brevemente riportiamo. La prima e sicuramente
la pi attesa novit : Una sola sentenza in favore della nullit esecutiva. Il
Pontefice chiarisce: parso opportuno, anzitutto, che non sia pi richiesta
una doppia decisione conforme in favore della nullit del matrimonio, affinch
le parti siano ammesse a nuove nozze canoniche, ma che sia sufficiente la
certezza morale raggiunta dal primo giudice a norma del diritto.
Sin dalle premesse il motu prorio ribadisce: Lo stesso Vescovo
giudice. Affinch sia finalmente tradotto in pratica linsegnamento del
Concilio Vaticano II in un ambito di grande importanza, si stabilito di rendere
evidente che il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui costituito pastore e
capo, per ci stesso giudice tra i fedeli a lui affidati. Si auspica pertanto che
nelle grandi come nelle piccole diocesi lo stesso Vescovo offra un segno della
conversione delle strutture ecclesiastiche e non lasci completamente delegata
agli uffici della curia la funzione giudiziaria in materia matrimoniale. Ci valga
specialmente nel processo pi breve, che viene stabilito per risolvere i casi
di nullit pi evidente. Mentre una ulteriore rilevante novit : Il processo
* Docente invitato in Diritto Canonico e Sociologia presso I.T.S.
43
Gaetano De Simone
Una prima analisi sul motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus,...
45
Gaetano De Simone
Una prima analisi sul motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus,...
47
Gaetano De Simone
Una prima analisi sul motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus,...
2) Il processo documentale, come attualmente, oltre agli elementi
generali previsti da DC 116 1, va presentato quel documento non soggetto a
contraddizione o ad eccezione alcuna dal quale consti con certezza lesistenza
di un impedimento dirimente o la mancanza della forma legittima12. In
particolare il novellato can. 1688 fa riferimento non solo al vicario giudiziale
o a un giudice designato, bens prima di tutto al Vescovo diocesano. Sembra
quindi che il vicario giudiziale, accettato il libello, possa prevedere che la
domanda sia trattata dal Vescovo diocesano, al quale spetterebbe seppure
non in modo esclusivo, come per il processo pi breve il giudizio anche per
il processo documentale.
3) Il processo brevior: qualora nella predisposizione del libello si
ritengono presenti gli elementi richiesti per il processo brevior, il libello stesso
va preparato con particolari avvertenze. Infatti, oltre agli elementi di qualsiasi
libello per processo ordinario, deve contenere: a) La domanda proposta da
entrambi i coniugi o da uno di essi con il consenso, si presume consenso
scritto, dellaltro coniuge a norma del novellato can 1683.
Merita ulteriore approfondimento il processo pi breve, intanto va
precisato che esso sempre un processo giudiziale, non amministrativo. Si
conclude infatti con una sentenza giudiziale, con la possibilit di un appello.
Come gi evidenziato nelle pagine precedenti nel processo pi breve giudice
il Vescovo. La sessione istruttoria un procedimento che ha come scopo
favorire una risposta rapida alla richiesta dei fedeli di chiedere la nullit del
loro matrimonio. Listruttoria un momento molto delicato e difficile,
prevista una unica sessione, salvo diversa necessit come disposto dai cann.
1685 e 1686. Per tale motivo, le parti devono essere informate della possibilit
di fornire gli articoli degli argomenti sui quali si chiede linterrogatorio delle
parti o dei testi almeno tre giorni prima della sessione istruttoria13. Le risposte
vanno verbalizzate sommariamente e in ci che si riferisce alla sostanza del
matrimonio controverso14.
La decisione propria del Vescovo e pu essere affermativa oppure
rinviare a processo ordinario. possibile lappello di fronte alla risposta
affermativa.
Esplicando la nuova procedura in maniera analitica osserviamo che allo
stesso Vescovo diocesano compete giudicare la cause di nullit del matrimonio
con il processo pi breve ogniqualvolta: la domanda sia proposta da entrambi i
coniugi o da uno di essi, col consenso dellaltro; e ricorrano circostanze di fatti
e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una
12 Cf. Cann. 1686-1688.
13 Cf. Regole procedurali art. 17.
14 Cf. Regole procedurali, art. 18 2.
49
Gaetano De Simone
Una prima analisi sul motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus,...
51
Gaetano De Simone
52
53
Antonio Francese
1 C. Corsolini. Diritti umani e disabilit nella politica sociale internazionale. Bioetica, diritti umani e
disabilit. Saggi Child Development & Disabilities.Vol. XXVIII n. 2/ 2002 quarterly, 13-20.
54
2 OMS, ICF Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilit e della Salute, Erickson
Trento 2002, 24.
55
Antonio Francese
3 Cf. A. Francese, F. Izzi, A. De Robertis, ICF: The effect in the quality of life in children with rare diseases,
Istituto Superiore di Sanit - 2nd International Workshop: Rare Disease and Orphan Drug Registries Roma 2013
56
2.2 Risultati
Considerato il campione di riferimento possibile notare, come
mostrano i qualificatori del cod. D760, che nessuno dei soggetti presi in
considerazione agisce dei comportamenti adeguati alle richieste del contesto,
il che potrebbe facilitare lespressione di comportamenti disfunzionali che
manifestano, con diversa intensit, i soggetti presi in esame.
I dati emersi, relativi alle relazioni interpersonali (cod.E310),
evidenziano un valore positivo significativo, poich in 27 casi i nuclei familiari
ristretti fungono da facilitatore al bambino, spesso esclusivamente, nelle
situazioni in cui devono fornire concreto sostegno fisico ed emotivo.
Pertanto il codice E310 risulta positivo nell84,5 % dei soggetti.
Il cod. E410, descrittivo degli atteggiamenti individuali dei componenti
della famiglia ristretta rispetto alle convinzioni su questioni sociali, politiche
ed economiche, risulta essere una barriera nella direzione del benessere delle
famiglie coinvolte nello studio.
2.3 Conclusioni
Lidentificazione precoce di sistemi disfunzionali bambino-genitore
e gli interventi mirati alla riduzione dello stress, hanno la potenzialit di
diminuire la frequenza e lintensit dei disturbi emozionali e comportamentali
dei bambini. In particolare quando non presente una diagnosi precoce chiara,
e ci accade in particolare nei casi di malattie rare, si attiva una compromissione
delle relazioni intrafamiliari, cos come potrebbero incidere anche le richieste
prestazionali che i genitori rivolgono al bambino.
Questo lavoro ha voluto sottolineare come lesperienza di malattia, in
particolar modo per ci che riguarda la comunicazione della diagnosi della
patologia rara, di per s caratterizzata da una prevalenza di sentimenti
negativi. Si visto come nelle famiglie, insieme allemozione della perdita, della
solitudine si verifichino isolamento e allontanamento dalle relazioni amicali
dai membri della comunit che potrebbero invece offrire sostegno e migliorare
la qualit di vita.
3. Famiglia come barriera o come facilitatore
Con la ricerca appena presentata, ci inseriamo in un dibattito al
contempo affascinante e drammatico: quello che riguarda la famiglia con
disabilit; importante analizzare il suo ruolo, la sua particolare storia, il suo
contributo nella societ.
Abbiamo potuto notare quanto la famiglia che contempla nel proprio
Matthus, Anno IV - n. 2/2015
57
Antonio Francese
59
Antonio Francese
61
Antonio Francese
63
Antonio Francese
64
65
Emanuela Palmieri
Un'adozione esclusiva del paradigma "trascendente" di relazione si
verificata, nella teologia occidentale, soprattutto nel periodo post-tridentino,
quando, sotto l'influenza del pensiero nominalista, si sviluppata, nel pensiero
teologico, un'idea di scissione totale fra naturale e soprannaturale che ha influito
su tutti gli ambiti della teologia: dalla dottrina della Creazione alla cristologia,
dall'antropologia alla dottrina della Rivelazione e alla morale. Ha cominciato
cos, a partire dal XVI-XVII secolo, a svilupparsi un'idea estrinsecista della
relazione Dio-uomo volta, certo, a salvaguardare la trascendenza di Dio contro
ogni rischio di riduzione di Dio all'immanenza umana, ma che ha instaurato
una distanza tale fra Dio e l'uomo da indurre a pensare Dio come un abisso
ineffabile e i suoi decreti, compresa la decisione di incarnarsi, se non arbitrari,
comunque incomprensibili per l'uomo: sia in ambito ontologico, dunque, sia
in ambito gnoseologico si imposta l'idea di una distanza incolmabile fra Dio
e l'uomo tanto da indurre i teologi, in ambito gnoseologico, a sviluppare un
concetto di Rivelazione come di una Parola che giunge dall'alto e di fronte
alla quale l'uomo non pu fare altro che obbedire ciecamente1, e, in ambito
ontologico un concetto di Incarnazione tendente a sminuire l'umanit di
Cristo a favore della Sua divinit2.
L'adozione di questo paradigma "trascendente" che poneva una
distanza tale fra Dio e uomo da non riuscire pi a rendere ragione della loro
comunione, prevalsa in maniera quasi esclusiva per diversi secoli, a partire
dall'epoca Rinascimentale fino al periodo della Neo-scolastica, tanto da
influenzare anche il pensiero di autori brillanti e originali come, ad esempio,
Francisco Suarez, il quale concepisce l'Incarnazione come un'azione reale
nuova che incomincia nel tempo e che ha un termine reale nuovo: il Verbo
sussistente nella natura umana3. Secondo Suarez, l'umanit del Cristo stata
prima creata e poi assunta dal Verbo ed a questo scopo stata modificata in
modo tale da essere atta a unirsi e inesistere nel Verbo4.
E non solo nel XVI-XVII secolo si fatta sentire l'influenza del
paradigma "trascendente", ma anche in tempi pi recenti, come ci dimostrano,
ad esempio, le riflessioni che Romano Guardini fa riguardo alla fede cristiana,
la quale, secondo lui, non prodotto delle nostre esperienze interiori, ma un
evento che ci viene incontro dal di fuori. La fede poggia sul fatto che ci viene
1 Cf. C. Greco, La Rivelazione, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2000, 193-199; M. Seckler, Il concetto di
rivelazione, in W. Kern-H.J. Pottmeyer-M. Seckler, Corso di Teologia Fondamentale, Queriniana,
Brescia 1990, 66-94.
2 Cf. A. Grillmeier-H. Bacht (curr.), Das Konzil von Chalkedon, Echter-Verlag, Wrzburg 1954, vol.II;
B. Mondin, Storia della Teologia, ESD, Bologna 1996, voll.III-IV.
3 Mondin, Storia , vol.III, 295.
4 Ivi
66
Come accennavamo, altre "derive" teologiche, causate da
un'interpretazione parziale del Dogma di Calcedonia, sono sorte in tempi
recenti nel pensiero teologico, ancora una volta dovute ad un'eccessiva
sottolineatura di due termini usati per definire l'unione delle nature, cio
5 J. Ratzinger, Fede, Verit, Tolleranza, Cantagalli, Siena 2005 91-92; Cf. R. Guardini, Religione e
rivelazione, Vita e pensiero, Milano 2001.
6 Guardini, Il Signore, in Mondin, Storia, vol.IV, 455.
7 Ivi
67
Emanuela Palmieri
L'adesione di Panikkar a ci che abbiamo definito come paradigma
"mistico" gi evidente nella sua proposta di sostituire il termine "cristologia"
8 Cf. R. Panikkar, La pienezza del uomo. Una cristofania, Jaca Book, Milano 2003; Id., Il Cristo sconosciuto
dell'induismo, Jaca Book, Milano 2008; Id., Il dialogo intrareligioso, Cittadella, Assisi 2001; Y. Raguin,
Evangelizzazione e religioni mondiali, in Concilium 14 (1978)4; T. Balasuriya, Teologia planetaria, EMI,
Bologna 1986; P. Knitter, Introduzione alle Teologie delle Religioni, Queriniana, Brescia 2005; Id., Nessun
altro nome?, Queriniana, Brescia 1991; J. Dupuis, Il cristianesimo e le religioni, Queriniana, Brescia 2001;
Id., Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 2003; F. Schuon, Unit
trascendentale delle religioni, Edizioni Mediterranee, Roma 1980; J. Hick-B. Hebblethwaite (curr.),
Christianity and Other Religions, Fortress Pess, Philadelphia 1980; I. Puthiadam, Fede e vita cristiana in
un mondo di pluralismo religioso, in Concilium 5/1980; J. Hick (cur.), The Myth of God Incarnate, SCM
Press, London 1977; Id., God Has Many Names, Macmillan, London 1980.
9 Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptoris missio, n.6; Congregazione per la Dottrina della
Fede, Dich. Dominus Iesus, nn.4-6.
68
69
Emanuela Palmieri
separabili.
L'esperienza cristofanica porta, secondo Panikkar, a conoscere Cristo
come simbolo di tutta la realt, nel senso che in Lui si verifica quella sintesi
fra le dimensioni materiale, psichica e spirituale che caratterizza l'intera
realt. Ma questo Cristo-simbolo della realt non pu essere, per Panikkar,
identificato pienamente con Ges di Nazareth perch egli considera colui
che noi chiamiamo Cristo come quel Mistero della non-dualit fra uomo e
Dio che avvertito in tutte le religioni, e nell'Induismo in particolare, e che
non pu essere pienamente identificato con un individuo storico perch il
Mistero cosmoteandrico trascende la storia. Panikkar ritiene che il fatto di
identificare Cristo con Ges di Nazareth derivi dall'abitudine mentale, tipica
dell'Occidente, di voler ridurre tutta la realt ad una formula algebrica per
cui se A B, cio se Ges Cristo, allora B A, cio Cristo Ges. Secondo
Panikkar, per, questa conclusione impropria perch l'icona A (Ges n.d.r.)
non l'originale B (Cristo n.d.r.), ma non nemmeno una semplice immagine.
L'icona vista nella luce taborica la rivelazione, lo svelamento dell'originale, il
simbolo che lo rappresenta, che lo fa presente a chi lo scopre come icona e non
come copia. Ges il simbolo del Cristo per noi cristiani ovviamente14: ci
che Panikkar vuole dire con quest'ultima affermazione che, se il cristianesimo
incontra Cristo in Ges, questo non significa che in altre religioni, Cristo, cio
il Mistero cosmoteandrico, non possa essere incontrato tramite altre vie che
non sono Ges di Nazareth.
Per Panikkar, dunque, "il nome che sta al di sopra di ogni altro nome" sta
anche al di sopra del nome di Ges per cui le altre religioni possono avere altri
simboli a cui viene attribuita una funzione omeomorficamente15 equivalente
a quella di Cristo: in tutte le religioni, infatti, perch avvenga l'incontro
col Dio trascendente, necessario che ci sia un luogo di incontro concreto
che non sia solo divino, e quindi trascendente, ma anche umano. Questo
"qualcosa" teandrico, la connessione concreta tra l'Assoluto e il relativo che
tutte le religioni riconoscono in un modo o nell'altro potrebbe essere chiamato
"Signore", ma anche "Cristo", poich tale simbolo ha proprio questa funzione
di connessione. Il Cristo di cui parliamo non affatto propriet dei cristiani,
n esclusivamente l'individuo "Ges" di Nazaret16.
La vera identit di Cristo, dunque, , secondo Panikkar, quella di un
Cristo "cosmico" nel quale sono uniti divinit, umanit e universo materiale
e nel quale il finito e l'infinito si incontrano: in lui il materiale e lo spirituale
sono uno cos pure maschio e femmina, alto e basso, cielo e terra, storico
14 Ivi 191.
15 Per il concetto di omeomorfismo Cf. Panikkar, Il dialogo,
16 Panikkar, Il Cristo sconosciuto, 87.
70
71
Emanuela Palmieri
72
significa che quel Verbo che sparge i suoi semi di verit in quelle religioni non
sia il Verbo incarnato.
2. Il Figlio come "Verbum incarnandum"
Come abbiamo visto, nell'ambito della teologia delle religioni, anche
autori di spicco, come Panikkar e Dupuis, non sono riusciti ad elaborare
una soluzione soddisfacente per risolvere il problema di come conciliare la
trascendenza di Dio con il fatto che Dio abbia unito a s una carne umana:
questi autori, infatti, con l'intento di salvaguardare la trascendenza di Dio e
l'universalit della Sua azione rispetto alla contingenza storica, hanno finito
per sminuire l'Incarnazione introducendo, in modi diversi ma con risultati
simili, una differenza fra la Seconda Persona della Trinit e Ges di Nazareth.
Altri teologi contemporanei si sono interrogati sui problemi inevitabili
di credibilit che pone l'affermazione dell'Incarnazione di Dio raggiungendo
soluzioni che sono, allo stesso tempo, innovative ma anche rispettose del dato
scritturistico e tradizionale riguardo all'Incarnazione. Analizzeremo qui il
pensiero di due di questi teologi: Rahner e Gesch.
2.1 La proposta trascendentalista di Karl Rahner
Uno dei primi teologi contemporanei che ha tentato di ripensare
l'Incarnazione in forme nuove al fine di rendere ragione della sua credibilit,
stato Karl Rahner, il quale da molti considerato come uno dei precursori e
ispiratori del successivo sviluppo di quel paradigma "mistico" della cristologia:
egli, infatti, per comprendere l'unione fra divinit e umanit, adotta un metodo
"trascendentale", antropologicamente centrato, che si pone alla ricerca dei
fondamenti trascendentali dell'Unione Ipostatica.
Riguardo ai presupposti della cristologia di Rahner, si pu dire che
si tratta essenzialmente di una cristologia dell'incarnazione di Dio in primo
luogo e di conseguenza di un collegamento tra cristologia e antropologia in
secondo luogo. In altri termini: il problema cristologico di Rahner era, sin
dall'inizio, non tanto la preesistenza di Cristo, quanto l'"incarnazione di Dio" e
quindi l'unit della natura divina e natura umana nella persona di Ges Cristo
("unione ipostatica"). [] Presupposto della teologia rahneriana , perci, il
principio che Dio realmente divenuto uomo24.
La domanda da cui Rahner parte per comprendere il vero senso
dell'Incarnazione : perch proprio il Verbo, fra le tre Persone divine, si
incarnato? Questo significa che Rahner ritiene che per capire il senso, e
stabilire dunque la credibilit, del Dogma di Calcedonia, bisogna per prima
24 K.J.Kuschel, Generato prima di tutti i secoli?, Queriniana, Brescia 1996, 562.
73
Emanuela Palmieri
cosa interrogarsi sull'identit del Verbo di Dio: secondo Rahner, infatti, non
indifferente il fatto che sia stato proprio il Verbo ad incarnarsi e non una delle
altre due Persone della Trinit.
Contestando dunque la tesi agostiniana secondo cui ognuna delle tre
Persone avrebbe potuto incarnarsi, Rahner sostiene al contrario la tesi che
soltanto il Verbo poteva incarnarsi e, nell'orizzonte del suo famoso assioma
secondo cui la Trinit "economica" la Trinit "immanente" e viceversa25, egli
si sente in grado di affermare con certezza che pu essere proprio solo del Logos,
del Verbo, il fatto di incarnarsi in quanto il Logos, essendo la Parola di Dio,
l'autoespressione del Padre. Il Padre, infatti, che fondamento incomprensibile
originario, ha potuto promettere all'uomo di entrare in contatto con lui solo
perch possiede il Verbo, il quale la stessa promettibilit storica di s stesso a
noi che Dio possiede: a livello di Trinit economica, infatti, il Verbo si mostra a
noi come l'unico Rivelatore del Dio trino ed precisamente questa la missione
ad extra che propria del Verbo. Se, presupponendo ci, affermassimo poi che
ognuna delle tre Persone divine, e non esclusivamente il Verbo, avrebbe potuto
incarnarsi, in questo modo affermeremmo implicitamente che le missioni ad
extra delle Persone della Trinit non rivelano niente di ci che la Trinit ad
intra creando in questo modo una scissione fra Trinit immanente e Trinit
economica che non sostenibile sia perch sarebbe contraria alle asserzioni
bibliche riguardanti il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sia perch cos si
toglierebbe ogni valore salvifico alla fede nella Trinit in quanto si scinderebbe
la dottrina trinitaria dalla dottrina economico-salvifica.
Il Verbo, dunque, secondo Rahner, per sua essenza colui che pu
venire espresso nel non-divino perch e in quanto egli appunto la parola del
Padre, nella quale il Padre pu manifestarsi e pu liberamente effondersi
nel non-divino e perch, quando ci accade, si verifica propriamente ci
che noi chiamiamo natura umana. In altre parole, la natura umana non la
maschera (il prspon) presa dall'esterno, la livrea, nascosto nella quale il
Lgos gesticola nel mondo, bens fino dall'origine il simbolo reale costitutivo
del Lgos stesso26. Solo il Verbo, dunque, poteva diventare uomo in quanto,
essendo il Verbo autoespressione di Dio a livello intratrinitario, egli anche
autoespressione di Dio ad extra dove non rivela alcunch di diverso di ci che
Egli ad intra.
Da ci si comprende come, quindi, la creazione dell'uomo abbia la
sua condizione di possibilit proprio nella distinzione intratrinitaria fra Padre
e Figlio per cui dobbiamo dire che la possibilit di esistere per gli uomini
fondata sulla possibilit di Dio di esprimere se stesso nel Logos che diventa
uomo: Quando dunque il Logos diventa uomo, questa sua umanit non
25 K.Rahner, La Trinit, Queriniana, Brescia, 2004, p.30
26 Idem, p.39
74
qualcosa che gi preesiste, bens qualcosa che diviene e sorge nella sua essenza
ed esistenza se e nella misura in cui il Logos si estrinseca27 per cui si pu
dire che l'uomo l'autoestrinsecazione di quell'autoespressione di Dio che il
Logos.
Del resto, se non fosse cos, Dio, diventando uomo, non farebbe altro
che assumere un travestimento, una "livrea", che non rivelerebbe nulla di chi
Dio sia effettivamente n sarebbe possibile identificare Ges col Verbo: ma
l'uomo Ges non un semplice profeta che pronuncia delle parole che rivelano
qualcosa riguardo a Dio; l'uomo Ges la Parola stessa di Dio, egli in se
stesso l'autorivelazione di Dio e non solo attraverso le proprie parole, e non
pu essere propriamente questo se la sua umanit non fosse precisamente
l'espressione di Dio28. necessario, dunque, secondo Rahner, sottolineare
il fatto che Dio diventato davvero uomo, altrimenti Ges non potrebbe
neanche essere riconosciuto come il Mediatore: infatti, non si pu ridurre il
Cristo solo ad una "forma manifestativa" di Dio stesso e di lui solo. Altrimenti
tale apparizione non avrebbe alcun valore proprio davanti a quel Dio che in
essa si manifesta. [] Se nella dottrina delle due nature s'intende la natura
umana del Cristo nel senso corrente ed abituale di puro "strumento", allora chi
la possiede non pu essere concepito come mediatore. Sarebbe mediatore solo
per se stesso29.
Partendo da queste riflessioni possiamo affermare che, secondo
Rahner, il Verbo e rimane uomo in eterno perch se Dio rimane il mistero
ineliminabile, allora l'uomo in eterno il mistero di Dio espresso che in eterno
partecipa al mistero del suo fondamento30: infatti, la finitudine del Verbo
incarnato la finitudine acquisita dallo stesso Verbo infinito di Dio e se,
nonostante ci, egli resta comunque l'infinito, allora questo significa che il
finito stesso ha acquistato una profondit infinita. Il finito non pi l'opposto
dell'infinito bens ci che lo stesso infinito diventato31.
Ma pu davvero Dio diventare qualcosa? Questo non contraddice la
sua immutabilit? Rahner si pone questa domanda, riflettendo sul problema
dell'Unione Ipostatica, nel momento in cui considera il fatto che il cristianesimo
guarda a Dio come all'actus purus, l'immutabile, colui che possiede gi da
sempre la pienezza dell'essere senza doverla conseguire, come colui che non
soggetto ad alcun tipo di divenire perch in lui, che pienezza d'essere, non
pu essere presente alcun residuo di non-essere: Dio , come afferma anche il
27 K. Rahner, Corso fondamentale sulla fede, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1990, 291-292.
28 Ivi 292.
29 K. Rahner, Problemi della cristologia oggi, in Id., Saggi di cristologia e di mariologia, Edizioni Paoline,
Roma 1965, 16-17.
30 Id., Corso fondamentale, 293.
31 Ivi 294.
75
Emanuela Palmieri
Cf. DS 3001.
Rahner, Corso fondamentale, 287.
Ivi 288.
Ivi 289.
Ivi 290.
derivata che si fonda sulla possibilit originaria di Dio di dare se stesso al non
divino in modo tale da avere una storia in un altro come storia sua propria:
dobbiamo, dunque, figurarci la creazione e l'Incarnazione non come due
diverse operazioni "ad extra" di Dio, come due fatti disparati giustapposti in
qualche modo, corrispondenti a due iniziative assolutamente distinte prese
da Dio nel fare il mondo tal quale esiste; viceversa possiamo immaginarcele
sussistenti nel mondo attuale come due momenti, due fasi, di un unico sia pur
intimamente differenziato processo di autoestrinsecazione e autoaffermazione
di Dio in un essere diverso da s37.
Dio, dunque, per Rahner, pu divenire qualcosa nell'altro e cio,
potremmo dire esprimendoci in un linguaggio non rahneriano che per
indica lo stesso concetto, Dio capax finiti, e lo senza perdere niente della
sua perfezione divina. Ora per resta ancora da chiederci: stabilito che Dio
capax finiti, si pu dire, seguendo la teologia di Rahner, anche che l'uomo
capax infiniti? E se possibile che lo sia, in che modo ci pu accadere?
Per rispondere a questi interrogativi, dobbiamo addentrarci nel concetto
rahneriano di autotrascendenza.
Nel momento in cui Rahner indaga sulle capacit di autotrascendenza
dell'uomo, si chiede, per prima cosa, se sia possibile dare una definizione
complessiva dell'uomo e giunge alla conclusione che dare una definizione del
genere non possibile perch potremmo dire che cosa l'uomo solo definendo
ci verso cui egli va e ci che va verso di lui ma, poich l'uomo un soggetto
trascendentale38,ci verso cui va e ci che va verso di lui lo sconfinato, quel
mistero assoluto che chiamiamo Dio: L'uomo perci nella sua stessa essenza,
nella sua stessa natura il mistero, non perch egli sia in s la pienezza infinita
(che inesauribile) del mistero verso cui tende, bens perch egli nella sua
propria essenza, nel suo fondo originario, nella sua natura l'orientamento
povero, ma giunto a se stesso verso questa pienezza39. L'uomo, dunque,
mistero nella sua stessa essenza perch al mistero che orientato, e questo
orientamento costituisce la sua essenza stessa.
Ma se la natura umana l'orientamento al mistero, allora diventa
comprensibile la possibilit che Dio assuma una natura umana: infatti, la
natura umana come orientamento al mistero, nel momento in cui assunta
da Dio come natura sua propria, giunge l dove essa tende in forza della
sua essenza stessa. Il senso della natura umana, infatti, la sua vera pienezza,
consiste, secondo Rahner, nello spogliarsi di s in maniera tale da diventare
37 Rahner, La cristologia nel quadro di una concezione evolutiva del mondo, in Id., Saggi di cristologia,
167.
38 Cf. per la visione antropologica di Rahner: K. Rahner, Uditori della parola, Borla, Roma 1988; Id.,
Corso fondamentale, 45-188.
39 Rahner, Corso fondamentale, 283.
77
Emanuela Palmieri
Dio stesso: Sotto questo punto di vista l'incarnazione di Dio il caso supremo
dell'attuazione essenziale della realt umana, attuazione consistente nel fatto
che l'uomo colui che si abbandona al mistero assoluto che chiamiamo Dio40.
Questo significa che ci che chiamiamo potentia oboedientialis all'Unione
Ipostatica non una singola facolt che l'uomo possiede accanto ad altre ma
costituisce l'essenza stessa dell'uomo41, la capacit stessa di autotrascendenza
che propria dell'uomo.
La natura umana, dunque, pu essere assunta da Dio (, quindi capax
infiniti) grazie alla sua potentia oboedentialis, grazie, cio, al fatto di essere stata
creata da Dio come essenzialmente autotrascendente, come essenzialmente
aperta all'autopartecipazione trascendente. Questo porta Rahner a concludere
che l'Incarnazione, cio l'unione definitiva dell'umano col divino, il vertice
e la pienezza della natura umana e, in essa, del mondo intero: infatti, tutta la
storia del divenire del mondo tende, attraverso una continua autotrascendenza
su piani sempre pi elevati, verso un punto nel quale pu venire e di fatto
viene accolta l'autopartecipazione divina in quanto tale. L'esistente, che in
questa storia di autotrascendenza il soggetto del divenire e pu accogliere
quest'autopartecipazione divina appunto l'uomo42. Da ci capiamo come
Rahner, nella sua cristologia, riesca a recuperare l'autentica dimensione del
mistero, la quale consiste nel fatto che il mistero assoluto, che Dio stesso,
viene a cercarci nella nostra sfera pi intima. L'incarnazione, il "divenire
uomo di Dio", pu perci essere presa realmente sul serio soltanto se essa ha
qualcosa a che fare con il divenire uomo dello stesso uomo. E di conseguenza,
Dio va pensato come uno al quale non viene ad un certo momento in mente
di diventare uomo, ma come uno che nella sua intimit divina sopporta gi
da sempre quella prova radicale e lacerante dell'amore, dalla quale pu poi
scaturire, attraverso la sua incarnazione, la salvezza per l'uomo43.
Cristo, dunque, deve essere visto, secondo Rahner, come il culmine
della storia della salvezza perch in lui, e solo in lui, si verifica il pi alto grado
di autopartecipazione divina ed il pi alto grado di autotrascendenza umana:
se, infatti, la storia della salvezza (che poi nel pensiero di Rahner coincide
con la storia tout court del mondo44) consiste in una autotrascendenza
sempre nuova e continua verso l'alto, l'autotrascendenza suprema, ultima ed
"escatologica" quella in cui il mondo si apre in libert all'autopartecipazione
di Dio come essere e mistero assoluto e l'accetta per l'energia che essa stessa
emana; se quest'accettazione del mondo ad opera di Dio nella partecipazione
40 Ivi 285.
41 Cf. Rahner, Teologia dell'incarnazione, in Id., Saggi di cristologia, 99-102.
42 K.Rahner, La cristologia e l'odierna interpretazione dell'uomo e del mondo, in Id., Nuovi Saggi IV,
Edizioni Paoline, Roma 1973, 307.
43 A.Raffelt-H.Verweyen, Leggere Karl Rahner, Queriniana, Brescia 2004, 110.
44 Cf. Rahner, Corso fondamentale, 189-235.
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Emanuela Palmieri
divina Gesch lo ritrova nella risurrezione cos come descritta nella Prima
Lettera ai Corinzi dove Paolo parte proprio da questa capacit di risurrezione
degli uomini per stabilire la verosimiglianza di quella di Ges: "Come possono
dire alcuni tra voi che non si d risurrezione dai morti? Perch se non si d
risurrezione dai morti, neanche Cristo fu risuscitato! (1Cor 15,12-13). []
C' qui come un preliminare antropologico alla risurrezione stessa di Ges!
Per san Paolo proprio questo corpo a possedere, in germine, un potere di
risurrezione (vedi 2Cor 15, 35-58)55.
Per Gesch, dunque, la vita eterna che ci viene donata da Dio non
qualcosa di estraneo alla struttura essenziale dell'uomo che ci piomba addosso
dal di fuori, ma l'uomo gi ontologicamente predisposto ad accoglierla, egli
gi strutturalmente creato come capax infiniti, e quindi viene da chiedersi:
C' davvero tanta distanza tra l'uomo e Dio?56. Forse c' una distanza minore
rispetto a quella che pensiamo: infatti, non siamo stati creati semplicemente
come corpi mortali ma siamo nati per l'eternit, siamo essenzialmente "capaci
di Dio". Ma se cos, se la distanza ontologica fra uomo e Dio, pur rimanendo,
non cos incommensurabile da non permettere una relazione reale tra i
due termini, allora, si chiede Gesch, potremmo, senza mancar di riguardo
alla trascendenza e alla differenza, pensare lo stesso e analogicamente anche
di Dio? Dio sarebbe insomma capax hominis, "capace dell'uomo"; con ci
intendendo e pensando in modo particolare all'Incarnazione che in Dio c'
la capacit di diventare uomo, capacit che non proverrebbe semplicemente
dalla sua volont, ma dalla sua "natura", dal suo stesso essere?57. Non , infatti,
troppo semplicistico, ed anche in un certo modo rischioso, affermare che tutto
possibile a Dio purch lo voglia? Cos affermeremmo che Dio potrebbe
fare qualsiasi cosa di assurdo o arbitrario: ma possiamo davvero affermare
questo? Se infatti vero che, nella sua azione, Dio non deve rendere conto
di fronte a niente che sia esterno a lui, egli deve per pur sempre rispettare la
sua propria natura e quindi non si renderebbe un maggior onore a Dio se si
fosse autorizzati a dire che c' nel suo essere "qualcosa" (una prossimit? una
vicinanza?) grazie a cui egli possa diventare uomo (purch lo voglia)?58.
A sostegno di questa sua ipotesi, Gesch va alla ricerca degli antecedenti
teologici e delle basi scritturistiche che gli permettono di sostenere una teoria
del genere e, prima di tutto, cita una frase contenuta in un sermone di san Leone
Magno in cui si afferma non solo che Dio "si fatto uomo nel modo che voleva"
ma anche "nel modo che poteva"59, facendo quindi intravedere la possibilit
55 Gesch, Dio per pensare. L'uomo, 113.
56 Ivi 114.
57 Gesch, Dio per pensare. Il Cristo, 254.
58 Ivi
59 Cf. Sources chrtiennes 22, 79 (tr. it. in: San Leone Magno, I sermoni del ciclo natalizio, Ed. Dehoniane,
Bologna 1998).
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Emanuela Palmieri
che esista in Dio un'idoneit all'uomo. Gesch poi passa ad analizzare alcune
riflessioni sull'Incarnazione fatte da due teologi contemporanei: Congar e
Rahner.
La domanda che si pone Congar riguardo all'Incarnazione se
possibile considerare l'economia divina come rivelativa della sua ontologia e, se
cos, per quale motivo, nel momento in cui Dio si rivela a livello economico,
si mostra come un uomo60. Congar, dunque, ipotizza che ci sia qualcosa in
Dio, una "parentela di fondo", tra Dio e uomo che porta Dio a diventare uomo.
Ci su cui invece punta l'attenzione Rahner, riflettendo sull'Incarnazione, il
fatto che ad incarnarsi stato il Verbo e non Dio in generale e questo non
indifferente perch, secondo Rahner, solo il Verbo, e non il Padre o lo Spirito
Santo, poteva incarnarsi perch nel Verbo che Dio possiede la capacit di
esprimersi all'esterno61.
Prendendo spunto da queste argomentazioni di Congar e di Rahner,
Gesch riflette sulla possibilit che in Dio sia presente un'umanit che preesiste
alla Creazione ed alla Incarnazione: egli si chiede, infatti, se Dio modell
l'uomo a sua immagine, immagine che il Verbo (1Cor 11,7), non dunque
perch Dio ha, nel Figlio, una singolare "connaturalit" (cfr. At 17,28) con
noi?62. possibile dunque, secondo Gesch, affermare che nell'Incarnazione
Dio ci incontra nella sua propria umanit63, ma in che senso pu affermare
ci senza privare Dio della sua trascendenza? Per spiegarlo, Gesch si appoggia
alle riflessioni di san Bernardo di Chiaravalle e di Hans Kng i quali, in forme
ovviamente differenti, convergono nel sostenere la stessa teoria del Verbum
incarnandum: vediamo di che cosa si tratta.
Per prima cosa, Gesch ci fa osservare come san Bernardo quando,
nei suoi sermoni e nelle sue lettere, parla di Verbum incarnandum, con questa
espressione egli vuole intendere che il Verbo destinato dall'eternit ad
incarnarsi64 indicando dunque, in questo modo, una qualit intrinseca del
Verbo che da lui posseduta fin dal principio e quindi che l'Incarnazione
non appartiene alla sola temporalit, ma che essa gi contenuta, celata
nell'eternit di Dio. Non sottintende, san Bernardo, che non c' altro Verbo
eterno, altro Verbo di Dio se non quello, se non quello-che-s'incarner (Verbum
incarnandum), e che non c' un Verbo tout court (Verbum)?65. Questo stesso
fatto che non pu esistere un Verbo indipendente dall'Incarnazione, un Verbo
tout court, vuole sottolineare Hans Kng nel momento in cui anch'egli parla di
60 Cf. Y.Congar, Jsus-Christ, d. Du Cerf, Paris 1965.
61 Cf. Rahner, La Trinit.
62 Gesch, Dio per pensare. Il Cristo, 259.
63 Ivi
64 Ivi 262.
65 Ivi
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Emanuela Palmieri
ma questa distanza non implica che ci sia fra i due una barriera insormontabile.
Queste argomentazioni di Gesch ci invitano a non trascurare
il fatto che, nel considerare la relazione tra Dio e uomo, dobbiamo sempre
tenere presente, da una parte, che il modo cristiano di vedere Dio quello
dell'Incarnazione e della kenosi e, dall'altra parte, dobbiamo ricordare che il
modo cristiano di vedere l'uomo quello dell'immagine e somiglianza di Dio
e questo deve farci riflettere sulla nostra maniera di considerare il rapporto fra
trascendenza e immanenza: se, infatti, ipotizziamo l'esistenza in Dio di una
"capacit di umanit", questo ci porta a concludere che il Verbo, incarnandosi,
non venuto meno alla sua trascendenza ma piuttosto si rivelato in pienezza
per ci che egli effettivamente .
Potremmo, partendo da ci, arrivare anche a dire, come fa Gesch, che
il Verbo, diventando uomo, ha raggiunto la pienezza del suo essere? Gesch,
infatti, nelle ultime pagine del suo libro dedicato al Cristo, pone la seguente
domanda (a cui d una risposta positiva): se la grazia perfeziona la natura, la
knsis non potrebbe perfezionare la trascendenza? "Sebbene Figlio, da ci che
pat impar l'obbedienza e [fu] reso completo [perfetto] (teleithes eghneto)"
(Eb 5,8-9)79. Su questa affermazione di una possibilit di perfezionamento in
Dio non ci troviamo molto d'accordo con Gesch in quanto essa insinua l'idea
di una "evoluzione" nella natura divina verso una pienezza che non avrebbe
posseduto fin dal principio: ma se dobbiamo parlare dell'Incarnazione come
compimento di qualcosa del compimento della natura umana e non di quella
divina che dobbiamo occuparci.
3. Conclusione
Per concludere queste riflessioni sul pensiero teologico contemporaneo
riguardo al rapporto fra divinit e umanit nell'Incarnazione del Verbo di
Dio, ci che vorremmo far notare il fatto che, nonostante la diversit delle
varie teorie presentate, il tratto comune che caratterizza tutti questi autori
la loro volont di ricercare il senso e il fondamento dell'Incarnazione non
accontentandosi di ricorrere al tema dell'onnipotenza di Dio che pu operare
qualsiasi miracolo e neanche accontentandosi della mera osservazione dei
dati storici, ma piuttosto andando alla ricerca di qualcosa di pi profondo che
sia stato presente fin da principio nella natura umana e nella natura divina
e che abbia creato le condizioni di possibilit perch l'Incarnazione potesse
avvenire nella storia, qualcosa, cio, che esistito da sempre, nell'eternit, ed
ha permesso che, nel divenire del tempo, si verificasse l'evento di Ges Cristo.
Quando in teologia parliamo di relazione fra Dio e uomo, dunque,
bene sempre tenere presente che, se stiamo parlando di una relazione reale,
79 Gesch, Dio per pensare. Il Cristo, 282.
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Emanuela Palmieri
non pu essere sufficiente pensare che questa relazione sia basata su un patto
esteriore perch, in questo modo, resterebbe un'incommensurabilit fra i due
partner dell'alleanza tale da rendere impossibile una relazione reale e reciproca.
La relazione, come bene ci hanno mostrato i teologi che abbiamo preso in
esame, per essere reale, deve necessariamente basarsi su una compenetrazione
reciproca fra Dio e uomo il cui culmine la teologia cristiana ha riconosciuto
nell'evento dell'Incarnazione, il quale, per potersi verificare, deve avere come
presupposto una capacit intrinseca ad ognuno dei due partner all'unione con
l'altro.
A questo proposito sarebbe opportuno per il futuro del pensiero
teologico riguardo all'Incarnazione continuare, sull'esempio degli autori qui
presi in esame, ad indagare in che cosa possa risiedere questa capacit intrinseca
di relazione fra Dio e uomo e, a mio parere, una valida pista di ricerca potrebbe
trovarsi in quel concetto di kenosi che sempre pi sta prendendo piede nella
teologia degli ultimi anni. Quello di kenosi pu essere proprio quel concetto
relazionale in grado di esplicitare i fondamenti ontologici dell'Incarnazione:
nella kenosi, infatti, pu farsi realt sia la possibilit, per l'uomo, di essere
capax Dei, sia la possibilit, per Dio, di essere capax hominis poich la kenosi
apertura originaria all'altro.
Riflettendo su questo concetto, possiamo osservare come, in realt, solo
nella kenosi la relazione, ogni relazione, sia quella verticale con Dio che quella
orizzontale col prossimo, pu realmente esistere perch il vero relazionarsi con
l'altro implica sempre uno svuotamento di s per accogliere l'altro: per questo
San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, afferma che anche quando, alla fine
dei tempi, passeranno la fede e la speranza, perch conosceremo ogni cosa
perfettamente, la carit invece rester per sempre, perch anche allora, anzi
allora in maniera perfettamente evidente, la relazionalit sar il fondamento
di ogni cosa, e la vera relazione non pu essere basata che sulla carit, su
quell'amore kenotico che svuota se stesso per accogliere l'altro e, proprio in
questo svuotare se stesso, ritrova la pienezza del proprio essere.
86
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Lorella Parente
giorni, che costringeva al recupero dei giorni mancanti; il secondo, invece, 364
giorni. Nel tempio era di norma seguito il calendario solare, con il quale le feste
cadevano sempre nello stesso giorno della settimana9. Secondo la ricostruzione
dei turni sacerdotali studiata su un calendario trovato a Qumran (4Q321)10, la
classe di Abia prestava servizio dallottavo al quattordicesimo giorno del terzo
mese e dal venticinquesimo al trentesimo giorno dellottavo mese. Questultima
settimana corrisponde ai giorni finali del mese di settembre.
Si presenta unipotesi: se Zaccaria ha avuto la visione nel tempio
durante il turno di fine settembre, acquista un senso la precisione cronologica
di 1,26, ossia lannunciazione a Maria avvenuta 6 mesi dopo il concepimento
di Giovanni11. Dagli ultimi giorni di settembre si giunge agli ultimi di marzo,
dunque, per il concepimento di Ges. Si arriva, per forza di cose, a stabilire in
dicembre la nascita di Ges, che pu essere, quindi, tranquillamente avvenuta
intorno al giorno 25. La notizia dellappartenenza di Zaccaria alla classe di
Abia avrebbe, pertanto, un significato.
Al v. 14 langelo spiega al sacerdote che la nascita del figlio Giovanni
doner gioia a lui ( ) e a tanti altri (
), a motivo della sua missione condotta con uno spirito profetico
paragonabile a quello di Elia, e sar ripieno di Spirito Santo. Obiettivo della sua
missione ricondurre molti figli dIsraele al Signore loro Dio e preparare un
popolo ben disposto (1,16). Ci troviamo davanti a un vero annuncio di gioia
in preparazione allincontro con il Signore: si tratta di Dio che sta per venire
nella carne, quel Ges la cui nascita sar annunciata a Maria sei mesi dopo.
Come Elia correva davanti a Dio, cos Giovanni correr davanti al Figlio di
Dio12.
una missione orientata a convertire i cuori dei padri verso i figli
e i ribelli alla saggezza dei giusti. Queste parole ricordano Mal 3,23-24 nella
traduzione dei LXX: Ecco, io vi invier Elia il Tisbita prima che giunga il
9 Cf. P. Sacchi, Storia del Secondo Tempio. Israele tra il VI secolo a.C. e il I secolo d.C., Societ Editrice
Internazionale, Torino 1994, 454-461.
10 Noto anche come 4QMishmarot Ba, risale paleograficamente alla fine del I secolo a.C. Cf. F. Garca
Martnez (cur.), Testi di Qumran, Paideia Editrice, Brescia 1996, 694-701; J.C. VanderKam, Calendars
in the Dead Sea Scrolls. Measuring time, 63ss. Cf. pure R.T. Beckwith, Calendar and Chronology, Jewish
and Christian, Brill, Leiden 1996, 79-92.
11 Il calendario liturgico delle Chiese orientali riporta la celebrazione del concepimento di Giovanni il
Battista tra il 23 e il 25 settembre. Esse hanno conservato la memoria delle tradizioni provenienti dalle
comunit giudeocristiane.
12 Gli esegeti insistono giustamente sul parallelismo tra Giovanni e Ges in Lc 1-2. un parallelismo
graduale, in cui emerge senzaltro la superiorit di Ges su Giovanni, la quale non ha solo motivazioni
apologetiche, ma soprattutto cristologiche: Ges rappresenta Yhwh, al quale Giovanni sta preparando la
strada. Cf. K.A. Kuhn, The Point of the Step-Parallelism in Luke 1-2, in New Testament Studies 47 (2001)
38-49.
89
Lorella Parente
Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio in mezzo
a te un salvatore potente. Gioir per te, ti rinnover con il suo amore, esulter
per te con grida di gioia15;
Gl 2,21-23: Non temere, terra, ma rallgrati () e gioisci, poich
cose grandi ha fatto il Signore. Non temete, animali selvatici, perch i pascoli
della steppa hanno germogliato, perch gli alberi producono i frutti, la vite e
il fico danno le loro ricchezze. Voi, figli di Sion, rallegratevi (), gioite
nel Signore, vostro Dio, perch vi d la pioggia in giusta misura, per voi fa
scendere lacqua, la pioggia dautunno e di primavera, come in passato.
Il saluto di Gabriele riecheggia questi bellissimi testi profetici, i quali, ad
eccezione di Zc 2,14-1516, presentano lo stesso verbo () che ha adoperato
Luca. Ma ci che bisogna notare non solo la ricorrenza del verbo, bens un
particolare che si riscontra in ognuno di questi testi.
Come afferma de la Potterie: interessante costatare che nei Settanta
la formula si presenta sempre in un contesto in cui Sion invitata alla
gioia messianica in una prospettiva futura []. Nellannuncio a Maria langelo
utilizza quindi la formula che i profeti usavano per invitare la Figlia di Sion
escatologica a rallegrarsi della salvezza che Dio stava per accordarle17.
Non questo il caso di soffermarsi oltre sul brano dellannunciazione, molto
noto e commentato, se non per dire che anche a Maria fu dato un segno,
quello di Elisabetta, motivando il viaggio e la visitazione: la madre di Ges
non vuole perdere nemmeno un attimo dei fatti riguardanti la salvezza che
Dio sta operando e va a constatare di persona ladempimento delle promesse
messianiche.
Larrivo a casa di Zaccaria permeato di gioia, anzi, proprio Maria,
con il frutto del suo grembo a recare gioia, fin dal momento del saluto (cf.
1,40-41): al suono delle suo parole, Giovanni danza nel grembo di Elisabetta,
che a sua volta colmata di Spirito Santo e pronuncia una benedizione:
Benedetta () tu fra le donne e benedetto () il frutto
del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?
Ecco, appena il tuo saluto giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato
di gioia ( ) nel mio grembo. E beata () colei
15 Cf. A. Spreafico, Gioisci, Figlia di Sion (Sof 3,14-20), in B. Marconcini e altri, Profeti e apocalittici,
Elledici, Leumann (Torino) 1995, 373-382.
16 Nel testo della Settanta di Zc 2,14-15 abbiamo: Rallgrati, esulta ( ), figlia di Sion,
perch, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. Oracolo del Signore. Nazioni numerose aderiranno in quel
giorno al Signore e diverranno suo popolo ed egli dimorer in mezzo a te e tu saprai che il Signore degli
eserciti mi ha inviato a te.
17 De la Potterie, Maria nel mistero dellalleanza, 45. Cf. pure H. Welzen, Exegetical Analyses and
Spiritual Readings of the Story of the Annunciation (Luke 1:26-38), in Acta Theologica Supplement 15
(2011) 21-36.
91
Lorella Parente
Senza fare dettagliati commenti sui testi, piacevole rilevare che i nomi dei
protagonisti sono orientati a far risaltare la gioia procurata dallintervento
salvifico di Dio e, in alcuni casi, sono richiamati con allusioni, come fa notare
lautore Ren Laurentin22:
a) il nome di Ges richiama lidea della salvezza (, ): cf.
1,47.69.71.77; 2,11.30.
b) Giovanni vuol dire Jhwh misericordioso (): cf. 1,13
(esaudimento della preghiera); 1,50.54.58.72.78.
c) Zaccaria (Jhwh si ricordato): 1,54.72; Elisabetta (Dio ha giurato):
1,55.73.
Il primo capitolo giunge al termine con un appunto sulla crescita di
Giovanni Battista, la cui vita, fino alla sua attivit di precursore da adulto, viene
riassunta in un solo versetto: Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito.
Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele (1,80).
2. Lavvento nella gioia (Lc 2)
Il capitolo secondo si apre con linquadramento storico circa la nascita
di Ges, lannosa questione del censimento ordinato da Cesare Augusto, sulla
quale rimandiamo alla bibliografia specializzata23. Ci sembra, tuttavia, utile
segnalare, in accordo con Brown, che Luca confronta con grande finezza il
pacificatore dellimpero, Cesare Ottaviano Augusto, con Cristo il re della
pace24.
La narrazione parla della difficolt per Maria, ormai alla fine del
periodo di gestazione, e per Giuseppe di trovare alloggio nella citt di
Davide, Betlemme, dove venne alla luce Ges (cf. 2,4-7). Nonostante sia poco
confortevole la sistemazione della sacra famiglia, non vuol dire che manchi
la gioia. Essa adombrata nella menzione di Betlemme, citt messianica per
eccellenza perch patria del re Davide (cf. 2,4.11), e dalla notizia stessa della
nascita del bambino, annunciata da un angelo ai pastori che, pernottando
allaperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge (2,8).
(2010) 491-512.
22 Cf. Laurentin, I Vangeli dellinfanzia di Cristo, 231-233.
23 Cf., ad esempio, Brown, La nascita del Messia, 559-567; B.W.R. Pearson, The Lucan censuses, revisited,
in The Catholic Biblical Quarterly 61 (1999) 2, 262-282; J.H. Rhoads, Josephus Misdated the Census of
Quirinius, in Journal of the Evangelical Theological Society 54 (2011) 1, 65-87. Cf. pure C. Blumenthal,
Augustus Erlass und Gottes Macht: berlegungen zur Charakterisierung der Augustusfigur und ihrer
erzhlstrategischen Funktion in der lukanischen Erzhlung, in New Testament Studies 57 (2010) 1-30.
24 Cf. Brown, La nascita del Messia, 562ss.
93
Lorella Parente
95
Lorella Parente
legge del Signore (2,23) e come prescrive la legge del Signore (2,24), e il
programma teofanico, emergente dal compimento delle parole angeliche e
dallazione dello Spirito, il quale suscita ancora meraviglia (cf. 2,33)32. Lincontro
con Simeone, infatti, si rivela ricco di profezia, di cui lo Spirito lanimatore
instancabile. Questuomo giusto e pio in attesa della consolazione dIsraele
(cf. Is 40,1, 52,9 e 66,12-13) decisamente guidato dallo Spirito, come emerge
dallinsistenza lucana:
97
Lorella Parente
una parte e Ges soprattutto dallaltra, creano ulteriore motivo di letizia, bench
si profetizzi limbarazzo che creeranno a chi non si dispone ad accogliere con
fede linvito alla conversione.
Se, dunque, la gioia a vibrare sulla terra e negli animi al momento
dellavvento di Cristo, come si potrebbe pensare di annunciare la buona novella
senza la letizia nel cuore? SantAlfonso Maria de Liguori segu proprio il
gioioso racconto lucano quando scrisse il suo splendido canto natalizio, di cui
soprattutto due strofe sintetizzano quanto detto finora:
S'arrevotaje 'nsomma tutt' 'o munno:
lo cielo, 'a terra, 'o mare e tutt''e ggenti...
Chi dormeva,
se senteva
'mpiett' 'o core pazze
pe' la prejezza;
e se sonnava pace e contentezza...
Guardavano le ppecore, 'e Pasture...
E n'Angelo, sbrennente cchi d' 'o sole,
Comparette
e lle dicette:
- Non ve spaventate, no!
Contento e riso:
la terra addeventata Paraviso! (da Quanno nascette Ninno, 1754).
98
Il proprio dellarcidiocesi
di Salerno-Campagna-Acerno
Vincenzo Pierri*
Introduzione
Ogni comunit cristiana, nel corso dei secoli, ha elaborato il suo
Calendario e il suo Proprio diocesano, ovvero quel complesso di celebrazioni
liturgiche, formulari di Messa e di testi per la Liturgia delle Ore in uso in un
determinato luogo.
Difatti, in ogni Proprio diocesano vengono messe sempre pi in
evidenza quelle che sono le radici socio-culturali di ogni diversa comunit
cristiana nelle quali si possono rilevare, storicamente, i processi complessivi e
le dinamiche di fondo circa linculturazione della fede1.
Pertanto, come afferma precisamente M. Barba:
come la religiosit popolare, nelle sue espressioni cultuali, esige un costante e
permanente processo di purificazione e di crescita per evitare che diventi fonte
di deformazioni o mistificazioni della religione stessa, cos gli stessi Calendari e
Propri diocesani, che di essa sono un riflesso, richiedono una continua fedelt
ed orientamento a quanto stabilito dallo stesso Concilio e a tutto ci che stato
ribadito dai documenti normativi emanati dagli organi competenti della Santa
Sede per lattuazione dei principi conciliari2.
Lobiettivo di questo breve lavoro, sar lanalisi del Calendario
particolare dellArcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, alla luce dei
documenti magisteriali che riguardano, ordinano e disciplinano tale materia.
Esso sar strutturato, fondamentalmente, in due parti: nella prima parte,
a carattere preliminare ed introduttivo, si evidenzieranno quelli che sono
i pi importati e significativi contenuti dellIstruzione de Calendariis
particularibus atque Officiorum et Missarum Propriis recognoscendis della
Sacra Congregazione per il Culto Divino.
La seconda parte del lavoro riguarder lesame critico del Calendario
particolare, nella sua parte generale, dellArcidiocesi di Salerno-Campagna* docente Assistentedi Teologia Sacramantaria presso lISSR San Matteo - Salerno.
1 M. Barba, I propri diocesani: quali spazi per le tradizioni delle chiese locali?, in Liturgia 34 (2000) 507.
2 Barba, I propri diocesani: quali spazi per le tradizioni delle chiese locali?, 507-508.
99
Vincenzo Pierri
Acerno.
Si utilizzer il metodo di raffronto del suddetto Calendario particolare, a partire
dal suo status attuale, con i principi e i criteri delle disposizioni conciliari e
delle direttive prodotte dagli organi della Santa Sede preposti allattuazione
della riforma liturgica, al fine di evidenziare eventuali anomalie ed opportune
proposte di aggiornamento3.
Alla luce di tutto questo, nellultima parte si tracceranno alcune
considerazioni, a carattere storico-liturgico, emergenti dal Calendario
particolare, corretto ed aggiornato nella sua parte generale, per capire qual
stato il grado di attuazione pratica delle disposizioni conciliari sulla liturgia
nellArcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno.
CAPITOLO PRIMO
de Calendariis particularibus atque Officiorum et
Missarum Propriis recognoscendis
1.1.
Questioni preliminari
La costituzione del Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium,
stabilisce al n111: perch le feste dei Santi non abbiano a prevalere sulle
feste che commemorano i misteri di salvezza, molte di esse siano celebrate da
ciascuna Chiesa particolare, nazione o famiglia religiosa; siano invece estese
a tutta la Chiesa soltanto quelle che celebrano Santi di importanza veramente
universale4.
Per dare attuazione a tale dettato conciliare, il 24 giugno 1970, la Sacra
Congregazione per il Culto Divino ha promulgato lIstruzione de Calendariis
particularibus atque Officiorum et Missarum Propriis recognoscendis5,
pi comunemente nota con la dicitura del suo incipit, ovvero Calendaria
particularia.
3 I documenti magisteriali in questione sono: Concilium Vaticanum II, Constitutio de sacra Liturgia,
Sacrosanctum Concilium, AAS 56 (1964) 97-134; Congregatio pro Culto Divino, Instructio
Calendaria Particularia, AAS 62 (1970) 651-663; Congregatio pro Culto Divino, Normae de
Patronis constituendis, AAS 65 (1973) 276-279; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti, Norme circa le celebrazioni liturgiche proprie delle diocesi unificate con decreto della
Congregazione per i Vescovi del 30 settembre 1986, in Notitiae 22 (1986) 948-950; Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Notificazione su alcuni aspetti dei calendari e dei testi
liturgici propri, in Notitiae 33 (1997) 284-297; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti Notificatio de titulo ecclesiae, in Notitiae 35 (1999) 158-159; Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti Notificatio de cultu Beatorum, in Notitiae 35 (1999)
444-446.
4 In AAS 56 (1964) 127.
5 In AAS 62 (1970) 651-663.
100
Tale pubblicazione successiva alla pubblicazione rinnovata del
Calendarium Romanum6 generale e alle Norm universales de anno liturgico
et de Calendario del 21 marzo 19697, nonch alla promulgazione del Missale
Romanum del 26 marzo 1970.
In riferimento ad ogni Calendario particolare di una nazione, regione,
diocesi o famiglia religiosa, vi sono i corrispondenti del Proprio delle Messe e
dellUfficio Divino, ovvero i testi ecologici e biblici necessari per le celebrazioni.
Ovviamente, questi tre elementi strettamente congiunti tra di loro (Calendario
particolare, Proprio della Messa e Ufficio Divino) sono stati oggetto di revisione
e di aggiornamento ogni volta che si avuta, nel corso della storia della Chiesa,
una riforma liturgica.
Gi nel Missale e nel Breviarium di Pio V essi sono stati considerati
come una sorta di appendice; in effetti, le varie edizioni del Missale Romanum
prevedevano una raccolta, in appendice, di Miss pro aliquibus locis o
analogicamente un Proprium Sanctorum pro aliquibus locis.
Successivamente, tali appendici, soprattutto a seguito dellincremento delle
feste di devozione, conobbero un forte incremento e sviluppo.
Al fine di bene ordinare tale materia, il 15 maggio 1912, la Sacra
Congregazione dei Riti pubblic la Lettera circolare agli ordinari e ai Superiori
Generali Quanam ratione Propria particularia reformanda sint8, seguita dalle
due Istruzioni De Calendariis particularibus9 del 25 luglio 1912 e De Calendariis
propriis reformandis10 del 12 dicembre 1912.
Unaltra Istruzione, del 14 febbraio 1961, fu intitolata De Calendariis
partucularibus11.
A seguito della riforma liturgica operata dal Concilio Vaticano II, e in
modo particolare con lintroduzione della lingua volgare nella liturgia, prima
della pubblicazione di Calendaria particularia, il Consilium ad exsequendam
Constitutionem de Sacra Liturgia, in attesa della riforma del Messale e del
Breviario, appront lIstruzione De popularibus interpretationibus Propriorum
dioecesium et religiosarum familiarum12 del 2 giugno 1965; la Sacra
Congregazione per il Culto Divino pubblic, successivamente, lIstruzione De
Calendariis particularibus ad interim accomodandis13 il 9 giugno 1969.
In definitiva, annota efficacemente C. Maggioni: redatta entro il
6 In Notiti 5 (1969) 163-164.
7 In Notiti 5 (1969) 165-176.
8 In AAS 4 (1912) 376.
9 In AAS 4 (1912) 538.
10 In AAS 5 (1913) 67-68.
11 In AAS 54 (1961) 168-180.
12 In Notiti 1 (1965) 196-198.
13 In Notiti 5 (1969) 283.
101
Vincenzo Pierri
Sede Apostolica: oltre alla copia del Calendario e del Proprio fin ad allora
in vigore, base di partenza della revisione compiuta, occorre presentare una
relazione dettagliata ed esplicativa sulle singole variazioni apportate nel nuovo
Calendario circa i Santi, il giorno e il grado celebrativo, e nel caso delle Messe
e degli Uffici vanno indicati i testi attinti da altri Propri gi approvati e quali
invece sono i testi di nuova composizione15.
1.2 Celebrazioni e Calendari propri (dal n7 al n 27)
Al n 7 di Calendaria Particularia troviamo esplicitato che nei
calendari particolari si iscrivono le celebrazioni proprie sia quella di diritto
che quelle indulte.
Pertanto, dal n 8 al n 12 dellIstruzione viene elencato nel dettaglio
e nel grado quelle che sono le celebrazioni proprie di una regione o nazione
o territorio pi esteso; le celebrazioni proprie di una diocesi; le celebrazioni
proprie di un luogo o citt; le celebrazioni proprie di una chiesa; le celebrazioni
proprie di una famiglia religiosa.
Le celebrazioni proprie di una regione o nazione o territorio pi esteso
sono:
- la festa del Patrono principale (per ragioni pastorali pu essere celebrata
con il grado di solennit);
- la memoria del Patrono secondario;
- altre celebrazioni di santi o beati, regolarmente iscritti nel Martirologio
o nella sua appendice, con particolare riferimento a quella regione, o
nazione o territorio pi esteso.
Le celebrazioni proprie di una diocesi sono:
- la festa del Patrono principale (per ragioni pastorali pu essere celebrata
con il grado di solennit);
- la festa dellanniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale;
- la memoria del Patrono secondario;
- le celebrazioni di santi o beati, regolarmente inseriti nel Martirologio o
nella sua appendice, e appartenenti alla diocesi per motivi particolari
quali la nascita, la lunga permanenza, la morte, il culto prestato ab
immemorabili e tuttora in atto.
Le celebrazioni proprie di un luogo o citt o paese sono:
- la solennit del Patrono principale;
- la memoria del Patrono secondario.
15 Maggioni, LIstruzione sui Calendari particolari e i Propri (24 Giugno 1970), 455-456.
103
Vincenzo Pierri
libero vicino, a meno che tale mutazione sia impossibile senza notevoli
inconvenienti dovuti al culto popolare;
- una memoria propria ha la precedenza su una memoria facoltativa
generale.
Rispetto al grado della celebrazione, Calendaria Particularia, consiglia
unattenta valutazione dei gradi celebrativi, senza enfatizzare o abusare i
gradi di solennit o festa ma facendo buon uso della memoria obbligatoria e
facoltativa.
Un altro aspetto dei Calendari dato dal titolo dei Santi; lIstruzione
non permette di utilizzare titoli del passato come confessore pontefice,
confessore non pontefice, n vergine n martire, vedova.
Vanno usati invece quelli indicati nel Calendario generale ovvero:
apostolo, evangelista, martire, vergine; e i titoli che indicano il grado gerarchico
come vescovo (papa), sacerdote, diacono, e titoli che indicano lappartenenza a
una famiglia religiosa come abate (monaco), religioso, religiosa16.
Dal n28 al n33 di Calendaria particularia vengono precisati alcuni
criteri riguardo i Santi Patroni.
Nazioni, regioni, diocesi, localit, famiglie religiose, sodalizi, enti morali
possono avere un Patrono; questultimo deve essere un Santo venerato come
tale e nel caso di un Beato occorre chiedere e ottenere lindulto dalla Santa
Sede.
Poich il Santo Patrono colui che deve intercedere presso Dio,
sono da escludere le Persone della SS. Trinit; esso viene scelto dal clero e dal
popolo, ed approvato dallOrdinario e confermato dalla Santa Sede; concesso,
per ragioni pastorali, ammettere un Patrono secondario; concessa altres la
possibilit di stabilire un nuovo patrono nel caso si verifichi che il culto o la
piet o la storicit vengano meno.
In riferimento alla Titolarit di una chiesa, essa viene stabilita con
la dedicazione e possono, in questo caso, essere titolati la Santissima Trinit;
Ges Cristo sotto linvocazione di un suo mistero o titolo gi presente nella
liturgia; lo Spirito Santo; la Madonna sotto un titolo gi riconosciuto dalla
liturgia; gli Angeli; un Santo iscritto nel Martirologio; per indulto della Santa
Sede, un Beato.
Viene esplicitato che il Titolare, cos come il Patrono principale,
deve essere soltanto uno, a meno che non si tratti di Santi iscritti insieme nel
16 Maggioni, LIstruzione sui Calendari particolari e i Propri (24 Giugno 1970), 456-458.
105
Vincenzo Pierri
Calendario.
Riguardo invece al titolo relativo ad appellativi mariani che non sono
presenti nel Calendario generale o particolare, si dispone, in continuit con
la tradizione, che tale solennit sia celebrata il 15 agosto o in un altro giorno
celebrativo della Beata Vergine Maria17.
1.4 Revisione dei propri e dei privilegi (dal n39 al n 50)
Rispetto ai formulari della Messa, lIstruzione indica che lorazione
colletta esprima il riferimento diretto al Santo o al Beato celebrato e debba
mettere in luce le peculiarit proprie della sua vita e ministero ecclesiale,
evitando, per, espressioni stereotipate in riferimento ad episodi di miracoli.
I testi delle Messe proprie devono conformarsi a quelli del Messale
Romano e del Lezionario; devono essere conservati quelli degni di non essere
modificati e viene indicata la possibilit di attingere ai Comuni del Messale e
del Lezionario.
Per alcuni aspetti pratici, ovvero come organizzare il Proprio della
Messa e dellUfficio, come citare i libri biblici e le opere dei Padri, si rimanda
alle modalit in uso nelle edizioni tipiche in latino e in lingua volgare.
Lultimo capitolo dellIstruzione ha per oggetto i privilegi e gli indulti in ambito
liturgico18.
CAPITOLO SECONDO
IL CALENDARIO PARTICOLARE DELLARCIDIOCESI DI SALERNOCAMPAGNA-ACERNO
2.1. Lo status attuale
Il
30
settembre
1986,
con
il
decreto
Instantibus
votis19 della Congregazione per i Vescovi, le tre sedi vescovili di Salerno,
Campagna e Acerno sono state unite con la formulaplena unionee la nuova
circoscrizione ecclesiastica, sorta da questa unione, ha assunto il nome
diArcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno.
Anche in seguito alla configurazione attuale dellArcidiocesi, non
mai stato approntato un Proprio unico.
Ad oggi sono in uso due piccoli libri liturgici di cui uno intitolato
17 Maggioni, LIstruzione sui Calendari particolari e i Propri (24 Giugno 1970), 458-460.
18 Maggioni, LIstruzione sui Calendari particolari e i Propri (24 Giugno 1970), 460-461.
19 Congragatio pro episcopis, Decretum Instantibus votis, AAS 79 (1987) 778-780.
106
FEBBRAIO
1
S. FELICE PRETE E MARTIRE
Memoria
APRILE
12
BEATO GIUSEPPE MOSCATI, MEDICO E SCIENZIATO
Memoria
MAGGIO
6
TRASLAZIONE DI S.MATTEO APOSTOLO ED EVANGELISTA
Memoria
15
I SANTI VESCOVI SALERNITANI
Memoria
25
S. GREGORIO VII, PAPA
Festa
LUGLIO
15
DEDICAZIONE DELLA BASILICA CATTEDRALE
(Per la Chiesa Cattedrale, solennit)
Festa
AGOSTO
3
9
30
Festa
SETTEMBRE
Matthus, Anno IV - n. 2/2015
107
Vincenzo Pierri
5
S. PIETRO POLICASTRENSE, VESCOVO
21
S. MATTEO APOSTOLO ED EVANGELISTA
(Solennit per la citt di Salerno)
26
BEATA LUCIA DA CALTAGIRONE, VERGINE
OTTOBRE
5
S. ALFERIO, ABATE
Festa
Memoria
Memoria
NOVEMBRE
5
AGOSTO
7
S. DONATO, VESCOVO E MARTIRE
Patrono principale della Citt e della Diocesi di Acerno Festa
(Solennit per Acerno)
FEBBRAIO
14
S. ANTONINO ABATE
Patrono della Citt e della Diocesi di Campagna Festa
108
S. LIBERATO MARTIRE
Memoria
LUGLIO
6
Memoria
AGOSTO
31
NOVEMBRE
5
2.3. Proposta di revisione del Calendario particolare dellArcidiocesi
di Salerno-Campagna-Acerno (parte generale)
Di seguito, viene riportata una proposta di revisione del Calendario
particolare dellArcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, compilato alle luce
dei criteri dei documenti magisteriali citati.
FEBBRAIO
Memoria
1
S. Felice, sacerdote e martire
Patrono secondario dellArcidiocesi
Festa
14
S. Antonino, abate
PATRONO DELLARCIDIOCESI
Festa
15
SS. CIRILLO, MONACO E METODIO, VESCOVO,
PATRONI DEUROPA
16
Beato Mariano Arciero, sacerdote
109
Vincenzo Pierri
APRILE
Festa
29
S. CATERINA DA SIENA, VERGINE E
DOTTORE DELLA CHIESA, PATRONA DITALIA
E DELLEUROPA
MAGGIO
15
I Santi Vescovi salernitani
Memoria
25
S. Gregorio VII, papa
Patrono secondario dellArcidiocesi
LUGLIO
6
S. Domenica, vergine e martire
Festa
11
S. BENEDETTO ABATE,
PATRONO DEUROPA Festa
15
DEDICAZIONE DELLA CHIESA CATTEDRALE
Festa
23
S. BRIGIDA, RELIGIOSA
PATRONA DEUROPA
AGOSTO
3
S. Pietro da Salerno, vescovo
Festa
7 S. Donato, vescovo e martire
PATRONO DELLARCIDIOCESI Festa
9
S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE, VERGINE E
MARTIRE, PATRONA DEUROPA
12
Beato Giovanni Guarna, religioso
Memoria
30
SS. Fortunato, Gaio ed Ante, martiri
Patroni secondari dellArcidiocesi
SETTEMBRE
5
S. Pietro, vescovo
Festa
19
S. GENNARO, VESCOVO E MARTIRE
PATRONO DELLA CAMPANIA Festa
21
S. Matteo, apostolo ed evangelista
Patrono dellArcidiocesi
E DELLA PROVINCIA ECCLESIASTICA DI SALERNO
110
26
OTTOBRE
Festa
4
S. FRANCESCO DASSISI, RELIGIOSO
PATRONO DITALIA
5
San Alferio, abate
Festa
26
ANNIVERSARIO DELLA DEDICAZIONE DELLE
CHIESE DI CUI NON SI CONOSCE LA DATA PROPRIA
La proposta di revisione del Calendario particolare, nella sua parte
generale, dellArcidiocesi di Salerno-Campagana-Acerno, seguendo le
disposizioni di Calendaria Particularia 9, formata dalla festa del suo patrono
principale che cade il 21 settembre, ovvero, S. Matteo apostolo ed evangelista
e dalle feste dei patroni delle due diocesi unificate, Campagna ed Acerno che
sono rispettivamente S. Antonino abate (14 febbraio) e S. Donato, vescovo
e martire (7 agosto), e divenuti, pertanto, patroni principali dellintera
Arcidiocesi nella sua nuova configurazione, come sanciscono le Norme circa
le celebrazioni liturgiche proprie delle diocesi italiane unificate con decreto della
Congregazione per i vescovi del 30 settembre 198620.
Nella parte generale troviamo pure la solennit della dedicazione
della chiesa cattedrale il 15 luglio, la quale si celebra invece con il grado di
festa in tutta lArcidiocesi; le memorie dei patroni secondari (cf. Calendaria
Particularia 9) ovvero, di S. Felice, sacerdote e martire (1 febbraio), di S.
Gregorio VII, papa (25 maggio) e dei SS. Fortunato, Gaio ed Ante martiri (30
agosto); le celebrazioni di alcuni santi appartenenti allArcidiocesi per motivi
particolari (cf. Calendaria Particularia 9): per essere nati a Salerno nel caso di
S. Pietro, abate (4 marzo), S. Pietro da Salerno, vescovo (3 agosto), S. Alferio,
abate (5 ottobre) e il beato Giovanni Guarna, religioso (il 12 agosto anzich
il 9 agosto, giorno questultimo della festa di S. Teresa benedetta della croce,
vergine e martire, patrona dEuropa); o per aver trascorso gran parte della sua
vita a Salerno nel caso del beato Mariano Arciero, sacerdote (16 febbraio)
e della beata Lucia da Caltagirone, vergine (26 settembre); viene conservata
le celebrazione, per il culto ab immemorabili, il 15 maggio, ovvero quella dei
Santi vescovi salernitani.
20 In Notitiae 22 (1986) 948-950.
111
Vincenzo Pierri
Sono state inserite le feste dei patroni dEuropa ovvero dei Santi Cirillo, monaco
e Metodio, vescovo, il 15 febbraio, anzich, come da calendario generale
il 14 febbraio, poich in questo giorno si celebra nellArcidiocesi la festa del
patrono S. Antonino, abate; quella di S. Caterina da Siena, vergine e dottore
della Chiesa, patrona dItalia e dellEuropa, il 29 aprile; quella di S. Benedetto,
abate, patrono dEuropa, il giorno 11 luglio; quella di S. Brigida, religiosa, il 23
luglio e quella di S. Teresa benedetta della croce, vergine e martire, il 9 agosto,
entrambe patrone d Europa.
Sono state inserite pure le feste dei patroni dellItalia il 29 aprile (S.
Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa) e il 4 ottobre (S. Francesco
dAssisi, religioso) e la festa di S. Gennaro, vescovo e martire, patrono della
Campania il 19 settembre.
stato indicato anche il 26 ottobre come giorno della celebrazione,
con il grado di festa, per quelle chiese di cui non si conosce la data della
dedicazione.
Conclusione
Tracceremo ora, a m di sintesi, quelle che sono le considerazioni
storiche e teologiche pi evidenti.
Al termine di questo lavoro, iniziato con una panoramica generale sul
Calendario particolare in uso dellarcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, si
pu evincere la non esattezza di alcuni criteri della sua attuale composizione,
alla luce dei principi teologici e delle norme dei documenti magisteriali
inerenti alla materia.
Lo stesso Calendario particolare, che abbiamo ricavato dai due libri
liturgici in uso per le celebrazioni proprie, abbastanza lontano dal rispondere
in maniera adeguata e fedele allo spirito conciliare.
Oltre a certi errori di denominazione esatta di alcuni santi, cos come
il non corretto grado di celebrazione inerente ad alcuni luoghi o di alcune
chiese, corretti poi nella proposta di revisione, nei due Propri in uso mancano,
in appendice, i riferimenti a tutte le citt e le chiese dellArcidiocesi.
Pertanto, in seguito alla proposta di revisione della sua parte generale
del Calendario particolare dellArcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno che
abbiamo operato, emergono alcuni dati teologici e storici che si possono cos
delineare.
La proposta del Calendario particolare presenta un numero molto
equilibrato di celebrazioni di santi, conformemente alle indicazioni degli
ultimi documenti magisteriali, ad iniziare dai principi espressi in Sacrosanctum
Concilium 102-108.
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Papi
1
Vescovi
4
Sacerdoti
2
Religiosi
3
Vergini
2
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Marco Russo
La prima icona scritta della comunit cristiana contrassegnata da
alcuni tratti precisi di struggente bellezza: anzitutto la gratitudine per lorigine
dellesistenza cristiana connotata gi n dallinizio dalla triade di fede, carit
e speranza. Poi dalla coscienza che la vita cristiana viene da unelezione che
provienedalla chiamata del Signore e inne, che il Vangelo ricevuto fatto
di gesti salvici (potenza) che lazione dello Spirito Santo attesta alla nostra
coscienza (profonda convinzione).
Il primo tratto dellesistenza cristiana si nutre del ringraziamento
dellApostolo che si rivolge alla sua comunit e che la rimanda allorigine da cui
generata.
Prima di formare alla fede dobbiamo riconoscere che siamo stati
generati da essa. Paolo saluta la comunit convocata (ekklesa) da Dio Padre e
dal Signore Ges, ma non si presenta da solo, bens dentro il noi apostolico,
in compagnia di Silvano e Timoteo.
Gli apostoli che hanno trasmesso il Vangelo, hanno generato una
comunit che attraverso di loro ha fatto lesperienza in Ges di Dio come Padre.
Ecco linizio della nostra responsabilit credente: riconoscere che lorigine non
viene da noi, sia quella della vita che quella della fede!
La vita nella fede e la fede che dona vita dentro una trama di relazioni
dove i credenti che annunciano ringraziano di essere stati generati.
Immaginare la chiesa di domani come chiesa di cristiani responsabili
significa prima di tutto essere capaci non solo di generare nuovi figli, ma anche
di rigenerare se stessi. Latto con cui la Chiesa genera nuovi gli anche il gesto
ardito con cui rigenera se stessa? Oppure questo gesto connato al margine
del suo agire pastorale come unattivit fra tante altre?
I problemi della vita pastorale sono sostanzialmente due: come si entra
nella Chiesa e come vi si rimane! Il momento generativo e il momento educativo
sono oggi le due questioni essenziali. Naturalmente non dimenticando che la
Chiesa il Vangelo accolto e trasmesso al mondo: questo il suo inizio, il suo
cuore e il suo ne.
Non si pu parlare di responsabilit cristiana quando non si mette
al centro il cammino della chiesa. Infatti lazione pastorale unazione in
movimento per edificare e costruire il regno di Dio fra noi e questo edificare
non avviene sempre in modo uguale. Edificare il regno di Dio unattivit che
cambia nel tempo e fra 20 anni non sar lo stesso perch cambia l uomo !
Non si pu essere nostalgici.
La Chiesa, oggi, ha bisogno di tornare a essere Madre, (la Chiesa
Apostolica e dei Padri) donatrice di vita e speranza, deve educare a passare
da una libert dissipativa a una libert generativa, capace di creare legami
Matthus, Anno IV - n. 2/2015
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Marco Russo
buoni, storie di vita cristiana. Questo il punto saliente (il punctum saliens
dellaggiornamento sognato da papa Giovanni XXIII), un atto di trasmissione
che crea legami liberanti, adulti, maturi, responsabilizzanti. Non pi possibile
diffondere unimmagine infantile della fede, ma necessario iniziare ad avere
cura per far crescere la fede in formato grande.
La percezione appassionata dellorigine del nostro essere credenti la
forza interiore del nostro essere testimoni responsabili!
Il secondo tratto ci presenta tre azioni (rendiamo grazie, facendo
memoria e tenendo presenti) in cui Paolo tratteggia il volto di una comunit
e di un credente sorprendentemente segnato dai tre fondamenti della vita
cristiana (fede, carit, speranza) che per sono gi descritti nel loro aspetto
visibile (loperosit della fede, la fatica della carit, la fermezza nella speranza).
Sono una fede, una carit e una speranza che si vedono, che incidono nel corpo,
che creano storie nuove e cammini contagiosi di fraternit, stili di vita che
cambiano lesistenza quotidiana. Oggi abbiamo bisogno di un cristianesimo
che incide sul corpo, che tocca la vita. A noi viene chiesto, come dice Madre
Teresa di Calcutta, di essere la matita di Dio; ognuno di noi scrive con la
propria vita e non con il tempo che pensiamo di poter gestire! Dio scrive con la
nostra persona, con noi e non pu fare a meno di noi. Dio vuole abbracciare con
le nostre mani, vuole andare incontro al fratello con i nostri piedi. Ma spesso
luomo vive sdoppiato: c un io che fa il volontario e un io che non ha tempo,
che non ha attenzione! siamo cos anche come chiesa? forse non trasmettiamo
la fede come una realt che in-segna gli spazi della nostra esistenza.
A volte, noi che dovremmo essere il corpo della chiesa, giudichiamo gli
stessi membri della chiesa rendendo evidente la spaccatura come se fossimo la
parte di qualcosaltro che d giudizi. Invece il giorno che siamo stati battezzati
siamo entrati nella chiesa e tutti viviamo la stessa responsabilit che quella di
annunciare Cristo Ges. Se vogliamo diventare collaboratori del Regno di Dio
necessario riscoprire che come battezzato sono in cammino. Per vivere bene
questo cammino necessario trasformare l aspetto umano e diventare parte di
un corpo che mette al centro lEucarestia e la parola di Dio. Allo stesso modo
la comunit credente, deve agire come facente parte di un corpo e seguire
questo criterio nelle sue attivit, negli incontri, nellattenzione alle persone,
nella prossimit agli ultimi, nei gesti di speranza.
Inne, il terzo tratto ci fa riconoscere che lorigine di tutto questo
in una chiamata, in unelezione. E il segreto dellesistenza cristiana, che il
segreto dellappartenenza reciproca del seme e del terreno, della Parola e della
nostra coscienza. Allorigine del nostro essere creati e fatti cristiani sta una
Parola creativa (parola e azione) che invade e riempie con la soavit dellazione
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Marco Russo
noi dobbiamo essere pendolari tra il dono di Dio e la libert degli uomini.
Allora, la responsabilit, prima della forma dellimpegno, ha il volto
della testimonianza.
Testimone colui che parla e dona a qualcuno, gli dice e comunica ci
che ha cambiato la sua vita.
Nel testo di Paolo, la testimonianza colora la responsabilit cristiana
come imitazione dello stile di vita dellapostolo e del Signore, come rinvio alla
vicenda storica del Signore Ges.
La testimonianza, pertanto, si colloca nella dinamica tra lessere
imitatori (mimeta) dellardore apostolico di Paolo (e del Signore) e il diventare
modello (tpos) per tutti i credenti.
Nel movimento pendolare tra imitatori e modelli sta la sionomia
della responsabilit della Chiesa e dei credenti.
Viene alla mente la differenza tra gli ammiratori e gli imitatori di
Cristo:
Signore Ges Cristo, Tu non sei venuto al mondo per essere servito e
quindi neppure per farti ammirare o adorare nellammirazione. Tu eri la via e
la vita, Tu hai chiesto solo imitatori. Risvegliaci, dunque, se ci siamo lasciati
prendere dal torpore di questa seduzione, salvaci dallerrore di volerti ammirare
o adorare nellammirazione invece di seguirti e assomigliare a Te.
Limitatore colui che prende i contorni di Ges e lo segue no in
fondo, rischiando in prima persona. Quando non c alcun pericolo, quando
regna la calma e quando tutto sta in favore del cristianesimo, n troppo facile
scambiare lammiratore con limitatore e con tutta tranquillit pu accadere
che lammiratore muoia nellillusione daver scelto la strada giusta. Attenzione
quindi alla contemporaneit.
Limitazione ci rende contemporanei di Ges, o meglio chiede la
decisione di farlo diventare nostro contemporaneo. Questa decisione un atto
spirituale, il gesto della fede con cui Ges non resta un uomo del passato, ma si
rende presente a noi e al nostro tempo, assume i linguaggi e le situazioni della
nostra epoca, attraversa le nostre citt e le sue periferie.
Essere capaci di rispondere del Vangelo non prima di tutto un
impegno, ma un racconto.
Abbiamo bisogno di credenti che sappiano scrivere nellalfabeto
della loro vita umana la Parola cristiana, che siano in grado di narrare la loro
esistenza nel lavoro, nella scuola, nel volontariato, nellimpegno sociale per
vicini e lontani, inscrivendovi il Vangelo di Ges.
Viviamo un momento magico della Chiesa che non dobbiamo
sciupare: il dono del nuovo Vescovo di Roma, il nostro Papa Francesco, ci
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chiama con una commovente insistenza a essere credenti eri e gioiosi del
nostro essere cristiani, ad assumerci questa responsabilit.
Dice che dobbiamo rispondere al dono che la nostra vita credente
e risponderne davanti a tutti coloro a cui vogliamo bene: a quelli che ci sono
afdati o che incontriamo sul cammino della vita.
Forse non abbiamo pi la coscienza che basterebbe fare solo questo per
diventare contagiosi. Papa Francesco ne licona vivente e ci sorprende come
sia capace di trasmetterlo a tutti con gesti e parole di disarmante semplicit.
Qui si apre il vasto campo della responsabilit dei cristiani, che devono
essere accompagnati dalle comunit credenti a far riecheggiare la fama della
loro fede (dice Paolo: non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la fama della
nostra fede in Dio si diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo pi bisogno
di parlarne).
Quali saranno i campi della nostra responsabilit missionaria,
della trasmissione estroversa del vangelo? Le periferie di cui parla papa
Francesco, prima di essere spazi geograci o sociologici (anche), sono luoghi
antropologici, passano come una lama dentro la vita delle persone e delle
famiglie.
Qui dobbiamo anzitutto: reimparare uno stile, nuovo stile di vita
essenziale e sobrio e proporre un linguaggio fresco per porgere il Vangelo.
Il Vangelo un racconto che deve illuminare i racconti spesso feriti
e bisognosi di guarigione che attraversano le periferie esistenziali delle storie
personali, delle vicende familiari e dei legami sociali. Il marchio di questo stile
devessere quello di un cristianesimo ospitale.
Tre sono i campi per esercitare questo tipo di ospitalit cristiana.
Il primo campo riguarda le forme pratiche dellevangelizzazione.
Lannuncio della Parola e la vicenda delle persone sono i due poli tra i quali la
comunit credente deve continuamente fare la spola e mettere in condizione i
cristiani di avere strumenti per tale annuncio. Le comunit cristiane si facciano
promotrici del servizio alla Parola, della differenziazione delle sue proposte,
dellaccostamento popolare alla Scrittura, della lettura dei segni dei tempi, di
un servizio della carit ispirato dalla visione cristiana della vita, del generoso
scambio di forze e risorse pastorali e personali tra le parrocchie vicine nel
contesto dei quartieri pi ampi della citt.
Il secondo campo riguarda la relazione con la citt (luoghi esistenziali,
ambienti della vita sociale, ecc.), che deve diventare pi assidua e disporre
la trama su cui innestare il racconto della vita ecclesiale. Lincontro con gli
ambienti della vita, in particolare i giovani e le famiglie, sono luoghi privilegiati
dellattenzione alla vicenda esistenziale senza la quale gli uomini di oggi non
Matthus, Anno IV - n. 2/2015
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Marco Russo
La trasmissione della fede si presenta povera di linguaggi e di forme
pratiche. I cristiani sono caduti in una sorta di afasia nel saper contagiare con
la loro fede. Il problema non solo quello del linguaggio e delle scelte pratiche,
ma pi radicalmente di unesistenza cristiana che sia un racconto di vita capace
di essere eco del grande racconto di Ges.
In conclusione, dobbiamo diventare capaci di racconti di vita cristiana.
Non nientaltro che raccontare il Signore Ges!
Basta riferirsi alla triplice funzione del racconto nella vita umana che viene poi
esaltata dalla narrazione evangelica.
La prima funzione del racconto consente di prendere distanza dai
frammenti della vita dove fondamentale ritorna ad essere lesame di coscienza.
La vita fatta di momenti dispersi, ma alla sera, per raccontare la giornata,
dobbiamo inanellare i frammenti in una storia coerente.
come se avessimo le perle della nostra collana, ma senza il lo che
le lega insieme: ma quale sar la prima e lultima perla? Quale sar la perla da
mettere al centro e, invece, laltra che forse si pu tenere in disparte?
Il racconto ha la funzione di sottolineare ci che positivo e di mettere
in ombra ci che ci fa paura.
Il bambino chiede alla mamma che gli racconti sempre la stessa favola.
La mamma, che ha perso lanimo del fanciullo, dice al bimbo: ma ti ho gi
raccontato la stessa storia ieri sera!. Tuttavia, raccontarla di nuovo, aiuta da
capo a comprendere il passaggio tra il giorno e la notte.
Il racconto, dunque, fa prendere distanza dagli eventi e cerca in
qualche modo di non lasciarsi travolgere dalla vita.
La seconda funzione del racconto quella di trovare il lo rosso che
lega i frammenti della vita, sia per la vita di un popolo, sia nella vita di un
uomo o una donna, che lega insieme gli episodi di un giorno, di un anno, della
mia e nostra storia.
Abbiamo bisogno di raccontare per ritornare a ununit interiore.
Anche i popoli raccontano il loro diventare grandi, narrando la loro origine.I
primi cinque libri della Bibbia, la Torah (la Legge), che i cristiani chiamano
Pentateuco, non contengono solo il disposto legislativo del popolo di Israele,
che concretamente occupa due libri e mezzo su cinque, ma anche il racconto
dellalleanza tra Dio e il suo popolo. E la parola Legge signica istruzione sul
cammino.
La terza funzione del racconto (orale e poi scritto) trasforma
lascoltatore in lettore, convoca il lettore per farlo diventare partecipe della
storia, lo trasforma in personaggio della storia.
Il racconto non suscita solo il piacere estetico della lettura, ma anche
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Nello Senatore
Le definizioni principali
della metafisica aristotelica
Nello Senatore*
Tra le opere acroamatiche dello Stagirita, ossia quelle che riportano
gli insegnamenti del maestro redatti dagli allievi della scuola peripatetica,
rientrano anche i libri conosciuti sotto il nome di Metafisica. noto che non
fu Aristotele a denominarli cos, bens Andronico di Rodi, autore peripatetico
del I secolo a. C., il quale li colloc dopo i libri di fisica ( ).
Dunque inizialmente il termine meta-fisica alludeva semplicemente alla loro
collocazione allinterno della catalogazione generale degli scritti aristotelici
disposta da Andronico. Lespressione metafisica fin per col designare nel
contempo lo stesso contenuto dellopera, che sviluppa e approfondisce liter
di una scienza che ha per oggetto lessere in quanto tale. Per un caso singolare
la parola metafisica, pur essendo estranea al lessico aristotelico, si rivel quale
lunica capace di designare a posteriori nello stesso tempo sia la successione
cronologica di quei libri dopo i trattati di Fisica che il loro contenuto speculativo.
Il I libro della Metafisica si apre con la celebre espressione: Tutti
gli uomini per natura tendono al sapere (A 1, 980a), la quale muove dal
riconoscimento che tutti gli uomini sono costitutivamente filosofi. La natura
delluomo dunque tensione perenne alla conoscenza, al sapere che si
costruisce principalmente a partire dallesperienza. Tuttavia il filosofo greco
osserva con rammarico che la maggior parte degli uomini comuni si ferma
alla conoscenza sensibile dei fatti empirici senza sforzarsi di coglierne le cause
che li hanno generati. I filosofi e gli scienziati, invece, non si limitano alloti, al
che cosa di un fenomeno naturale, ma si preoccupano di risalire al dioti, al
perch di tali fenomeni, individuando i principi e le cause che sono alla base
di essi. Conoscere in maniera scientifica equivale perci, secondo Aristotele,
a scire per causas. Per conoscere in maniera approfondita una res non allora
sufficiente la sola esperienza sensibile, ma occorre il contributo dellarte e della
scienza, ossia della ragione in grado di intendere i principi di quanto accade
nel mondo empirico, cio le cause di ciascun fenomeno naturale. Per citare
un esempio proposto dallo Stagirita che chiarifica tale modus cognoscendi
* Docente Stabile in Filosofia e Sceinze Umane presso I.S.S.R. San Matteo, Salerno.
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della scienza, non basta limitarsi a osservare che il fuoco il caldo, bisogna
comprendere perch caldo.
La metafisica s una scienza delle cause, ma lo delle cause prime,
ossia di ci che conoscibile in massimo grado, cio dei principi primi di tutte
le cose. Allo stesso modo essa non assimilabile alle altre scienze, in quanto
s un sapere, ma di ordine superiore agli altri saperi. La metafisica si configura
cos da subito come la forma pi alta di sapere, che propria del sapiente.
Il sapiente, secondo Aristotele, colui che non si limita alla
conoscenza delle realt particolari, ma desidera risalire da esse alla conoscenza
delluniversale, per la quale non sufficiente evidentemente il solo apporto dei
sensi. Il riconoscimento dei principi primi di tutte le cose infatti precluso
alla maggior parte degli uomini, che fonda la propria conoscenza quasi
esclusivamente sullesperienza sensibile, proprio perch tali cause non sono
facilmente conoscibili. Tuttavia una scienza che ambisce a essere sapienza deve
poter essere comunicata con precisione ed esattezza e insegnata a tutti. Solo
il sapiente in grado di insegnare nel miglior modo una scienza che indaghi
le cause supreme di tutte le cose e che sia desiderabile per se stessa e non per
una certa utilit pratica che si possa ricavare da essa. In quanto sommamente
desiderabile, la metafisica deve perci occupare il posto pi alto nella scala
gerarchica delle scienze:
Inoltre, il sapere ed il conoscere che hanno come fine il sapere e
il conoscere medesimi, si trovano soprattutto nella scienza di ci che in
massimo grado conoscibile: infatti, colui che desidera la scienza per s
medesima, desidera soprattutto quella che scienza in massimo grado, e tale ,
appunto, la scienza di ci che in massimo grado conoscibile. Ora, conoscibili
in massimo grado sono i principi e le cause; infatti, mediante essi e muovendo
da essi si conoscono tutte le altre cose, mentre, viceversa, essi non si conoscono
mediante le cose che sono loro soggette. E la pi elevata delle scienze, quella
che pi deve comandare sulle dipendenti, la scienza che conosce il fine per
cui viene fatta ogni cosa; e il fine, in ogni cosa, il bene, e, in generale, nella
natura tutta, il fine il sommo bene1.
Dunque la scienza gerarchicamente pi elevata quella disciplina che
ha per oggetto il fine pi elevato, cio il fine universale, che corrisponde al
bene sommo della realt considerata nella sua totalit. Pertanto tale disciplina
sapienza (), in quanto tra tutte le scienze la pi divina e la pi degna
donore (A 2, 983a).
La metafisica una scienza divina sia perch ha per oggetto lunico vero
sapiente che Dio, sia perch ha come proprio subiectum le stesse realt divine.
1 Aristotele, Metaph., A 2, 982b.
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Nello Senatore
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Nello Senatore
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Nello Senatore
10 Ivi A 2, 983a.
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Annotazioni
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Annotazioni
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Finito di stampare
nel mese di dicembre 2015
dalla
Tipografia Multistampa
Montecorvino Rovella (SA)
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