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ANATOMIA FUNZIONALE

L. Frigerio
U.O. Ostetricia e Ginecologia, Ospedali Riuniti di Bergamo

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Bibliografia
Tabelle
L'incontinenza urinaria e il prolasso genitale sono le manifestazioni pi importanti di un difetto
specifico a carico delle strutture muscolo-fasciali e neurologiche del supporto pelvico.
Prima di intraprendere qualsiasi scelta terapeutica di natura puramente empirica, di fronte ai
sintomi dell'incontinenza e del prolasso, dobbiamo interrogarci sulle condizioni anatomiche e sui
meccanismi che condizionano la comparsa di questa patologia.
Il pavimento pelvico si colloca sul fondo della cavit addominale e chiude lo spazio imbutiforme
costituito dalla pelvi ossea.
L'arco tendineo un addensamento muscolo-fasciale teso fra due punti fissi rappresentati dall'osso
pubico e dalla spina ischiatica (Fig. 1). La fascia endopelvica unisce la parete vaginale anteriore
all'arco tendineo, contribuendo al suo consolidamento alle pareti del bacino.
Il pavimento pelvico costituisce una struttura di supporto che previene la discesa degli organi
addominali e pelvici attraverso le ossa del bacino, contrastando il vettore delle forze
endoaddominali.
La muscolatura striata insieme alla fascia endopelvica agisce sinergicamente agli organi contenuti
nel bacino per prevenire il prolasso, garantire la continenza e controllare le forze espulsive.
Cambiando la posizione da supina a eretta, la pressione addominale si eleva di pochi centimetri
d'acqua (con poche oscillazioni sincrone con i movimenti del diaframma).
Durante la postura eretta, gli sforzi fisici, la tosse, lo starnuto o la risata, si verificano incrementi
della pressione addominale che possono raggiungere o superare il valore di 100 cm di H2O.
Il supporto che viene fornito dal pavimento pelvico non rappresenta in realt un fenomeno statico,
ma dipende dall'azione coordinata della muscolatura striata dei muscoli elevatori e della
muscolatura liscia degli organi pelvici.
Questi elementi funzionano in maniera coordinata per il controllo della continenza e della fase
evacuativa dell'urina, delle feci e, per quanto riguarda l'apparato genitale, per l'espletamento del
parto.
Gli organi pelvici sono sospesi alle ossa del bacino grazie ad un apparato costituito da tessuto
connettivale compreso tra il peritoneo e l'aponeurosi pelvica superiore comunemente definito:
fascia endopelvica.
Questo apparato di sospensione sostenuto dalla fascia dei muscoli pelvici, che rappresenta la
struttura capace di supportare direttamente il peso gravitazionale.
L'aponeurosi interna o fascia superiore dell'elevatore si fonde, a livello dell'arco tendineo, con la
fascia dell'otturatore interno, posteriormente con la fascia presacrale, anteriormente con la fascia
trasversalis dell'addome e si continua con i connettivi periviscerali, in particolare con la fascia

perivaginale.
Questa connessione permette la contrazione attiva della muscolatura pelvica che eleva il collo
vescicale e il suo rilasciamento che ne favorisce la discesa.
I muscoli elevatori, la fascia pelvica e la parete vaginale anteriore formano una base di sostegno
su cui si adagia l'uretra. La pressione di chiusura uretrale supera normalmente la pressione
vescicale, determinando un gradiente pressorio positivo che favorisce la continenza urinaria.
L'uretra si dispone su questa specie di amaca contro cui viene compressa quando si verifica un
incremento significativo della pressione addominale (Fig. 2).
Quando le strutture che sostengono l'uretra si indeboliscono e divengono instabili si riduce l'effetto
compressivo che occlude l'uretra allorch si verifica un incremento della pressione endopelvica.
Il diaframma pelvico e quello urogenitale costituiscono un sistema muscolare complesso disposto
sotto l'aponeurosi pelvica. Questo sistema di supporto dinamico esplica un'attivit riflessa tonica e
fasica attraverso fibre muscolari di tipo I ("scure" a contrazione rapida) e di tipo II ("chiare" a
contrazione lenta) (Fig. 3).
Anche durante il sonno l'attivit tonica di questo sistema neuromuscolare garantisce la continenza
dei visceri pelvici.
Quando si verifica un improvviso incremento della pressione addominale dovuto al cambiamento
della postura o ad attivit fisica, si realizzano contrazioni fasiche intensificate per brevi periodi
delle fibre a contrazione rapida.
Durante la fase di riempimento vescicale, si verifica un aumento dell'attivit dei muscoli pelvici
rilevabile durante l'elettromiografia, mentre durante la minzione si osserva una riduzione dei
potenziali elettromiografici, espressione del rilasciamento muscolare.
L'integrazione a livello del sistema nervoso centrale permette di contrarre questi muscoli
volontariamente per interrompere la minzione, per rinviare lo stimolo defecatorio e in numerose
altre circostanze.
Il prolasso e l'incontinenza urinaria da sforzo sono espressioni di una patologia multifattoriale
correlata a fattori traumatici, distrofici o neurologici, che compromettono le strutture statiche e
dinamiche del supporto pelvico.
Il sistema di sospensione
I visceri pelvici mantengono i reciproci rapporti anatomici e le connessioni con le ossa del bacino
grazie ad un sistema di sospensione formato da una serie di pilastri di tessuto connettivale che
prende il nome di fascia endopelvica.
All'interno di questi addensamenti connettivali decorrono strutture vascolari che contribuiscono alla
formazione dei pilastri del sistema di sospensione.
La fascia endopelvica origina lungo le pareti laterali del bacino e, ancorandosi all'utero e alla
porzione craniale della vagina, viene a costituire rispettivamente il parametrio e il paracolpo.
Questi pilastri decorrono medialmente e in avanti fondendosi con il connettivo periviscerale del
retto, della vagina e della vescica, terminando nello spazio retropubico.
All'interno dei pilastri possibile riconoscere strutture pseudolegamentose tra cui i legamenti
uterosacrali e cardinali che rappresentano il sistema di ancoraggio posteriore e laterale dell'istmo
uterino e della cervice.

I legamenti pubo-vescicali e vescico-uterini rappresentano la parte anteriore di questo sistema di


sospensione.
Questa architettura connettivale pu essere paragonata ad un doppio arco i cui estremi sono la
parete pelvica postero-laterale e la regione retropubica.
La base pi ampia posteriormente e i due archi convergono sospendendo la vagina nel suo tratto
sovradiaframmatico.
I legamenti utero-sacrali sono i pi craniali e rappresentano la struttura pi consistente di questo
sistema.
possibile isolare chirurgicamente questi pilastri attraverso l'identificazione degli spazi pelvici
sottoperitoneali (spazio retropubico, spazio vescicouterino, spazi paravescicali, spazi pararettali,
spazio vaginorettale, spazio presacrale).
La tensione determinata dalla fissazione laterale della vagina fa s che le pareti anteriore e
posteriore di questo organo risultino in contatto tra loro, mentre la sospensione posteriore
determina l'angolo pelvico della vagina che acuto posteriormente.
Questa conformazione della vagina garantisce il meccanismo occlusivo della tasca di Douglas
durante gli incrementi della pressione addominale. Anche la proiezione dell'istmo cervicale sul
centro fibroso del perineo consente un adeguato supporto dell'utero durante le manovre
evacuative.
Analogamente, il supporto dell'area cervico-trigonale della vescica trova nella vagina un supporto
durante le diverse situazioni statiche e dinamiche.
Il sistema di sospensione anteriore del collo vescicale e dell'uretra potrebbe risultare importante
nella patogenesi dell'incontinenza urinaria da sforzo.
Questo sistema comprende le strutture di supporto connesse all'arco pubico (legamenti pubouretrali anteriori, intermedi, posteriori), alla parete vaginale anteriore, all'arco tendineo
dell'elevatore dell'ano, all'elevatore della vagina (arco tendineo della fascia endopelvica) e
all'aponeurosi interna dei muscoli puborettali.
Un'alterazione a carico del paracolpo dislocato cranialmente (I livello di De Lancey) comporta un
prolasso dell'utero o della cupola (Fig. 4).
Un cedimento del supporto distale della vagina (III livello di De Lancey) pu determinare
un'ipermobilit dell'uretra che si associa spesso alla comparsa dell'incontinenza urinaria.
La continenza, in condizioni di riposo, assicurata dai seguenti fattori:
1) normale capacit di adattamento del detrusore durante il riempimento vescicale (stabilit
detrusoriale);
2) adeguato trofismo dell'epitelio uretrale in rapporto alle condizioni endocrinologiche del soggetto
(stimolazione estrogenica);
3) buona vascolarizzazione subepiteliale (correlata con lo stato ormonale);
4) abbondante presenza di tessuto elastico in tutti gli strati dell'uretra;
5) integrit della muscolatura liscia uretrale e della sua innervazione;
6) normalit dello sfintere striato esterno dell'uretra che garantisce il tono, in sinergia con l'attivit

dei muscoli del diaframma pelvico e urogenitale.


In condizioni normali, questi fattori fanno s che la pressione uretrale risulti maggiore della
pressione endovescicale, determinando la normalit del profilo pressorio di chiusura dell'uretra.
Durante lo sforzo si verificano due meccanismi capaci di aumentare la pressione di chiusura per
garantire una pressione differenziale positiva.
Il primo meccanismo costituito dalla contrazione della muscolatura striata pelvica che comprime
l'uretra a livello del punto di passaggio tra i due terzi prossimali ed il terzo distale dell'uretra.
Il secondo meccanismo accessorio di chiusura si riferisce all'incremento della pressione di chiusura
uretrale dovuto alla trasmissione della pressione addominale contemporaneamente sulla vescica e
sulla parete esterna dell'uretra sovradiaframmatica.
L'assenza di una normale attivit riflessa della muscolatura pelvica (1), l'alterazione delle fibre
muscolari striate e l'anomalia dei rapporti topografici fra uretra e pavimento pelvico, possono
favorire un'abnorme apertura del collo vescicale a riposo o sotto sforzo.
In questi casi si verifica la comparsa di incontinenza urinaria che non necessariamente correlata
alla presenza di un significativo prolasso urogenitale (Fig. 5b).
Il mantenimento del supporto vescico-uretrale potrebbe garantire la continenza anche in presenza
di una dislocazione evidente del condotto uretrale e del collo vescicale (Fig. 5c).
L'alterazione della base vescicale radiologicamente evidente non sempre causa una incontinenza
urinaria da sforzo, poich i meccanismi accessori della muscolatura pelvica e i mezzi di sostegno
dell'uretra, all'altezza del suo terzo medio, possono ancora garantire la continenza in condizioni
critiche.
Strutture dinamiche di supporto
La muscolatura del pavimento pelvico comprende il diaframma urogenitale (membrana perineale)
e i muscoli del diaframma pelvico.
Ad eccezione dei muscoli ischiocavernosi, i muscoli del pavimento pelvico si inseriscono
perifericamente sulle strutture ossee e legamentose del cingolo pelvico, mentre inferiormente,
lungo la linea mediana, si inseriscono posteriormente sul rafe anococcigeo e anteriormente al
centro fibroso del perineo.
Il muscolo bulbocavernoso e il trasverso superficiale del perineo convergono sul centro fibroso
perineale insieme al muscolo trasverso profondo e ai fasci anteriori e mediali dei muscoli
puborettali.
Si pu comprendere cos l'importanza del centro fibroso del perineo nel supporto dinamico delle
pareti vaginali, della regione trigono-cervicale e dell'utero.
La perdita della sua integrit anatomica pu predisporre alla comparsa di prolasso vaginale o di
incontinenza urinaria da sforzo per l'alterazione di delicati equilibri anatomo-funzionali delle
strutture pelviche.
L'elevatore dell'ano costituito dalle due porzioni del muscolo puborettale e ileococcigeo.
Il muscolo puborettale origina dall'osso pubico e circonda la vagina e il retto congiungendosi con il
metamero controlaterale a livello del rafe anococcigeo, formando una specie di fionda.
La contrazione volontaria di questo muscolo riduce l'angolo ano rettale posteriore, l'angolo

vaginale e l'angolo uretro vescicale posteriore, accentuando i meccanismi della continenza (Fig. 6).
Lateralmente il muscolo ileococcigeo origina da una linea fibrosa disposta sulla parete pelvica (arco
tendineo dell'elevatore dell'ano) e costituisce uno strato quasi orizzontale che inferiormente chiude
la pelvi.
La porzione superiore della vagina, cos come il retto, si collocano quasi orizzontalmente al di
sopra del piatto dell'elevatore. Quest'ultimo formato dalla fusione dei muscoli pubococcigei
posteriormente al retto.
Il limite anteriore del punto di fusione rappresentato dal margine dello iato genitale,
immediatamente dietro al retto.
Il fascio principale del muscolo puborettale fa parte del sistema dinamico di supporto e soddisfa
quattro funzioni principali:
1) garantisce una opposizione al vettore di spinta addominale sul sistema di sospensione,
proteggendolo da incrementi significativi di pressione;
2) eleva il centro fibroso del perineo facendolo coincidere con la regione cervico-istmica dell'utero
durante gli improvvisi aumenti della pressione addominale e contribuendo alla prevenzione del
prolasso uterino;
3) accentua gli angoli dei visceri pelvici nel meccanismo della continenza;
4) aumenta l'angolo vagino-pelvico prevenendo l'insorgenza dell'enterocele.
Patogenesi del prolasso urogenitale
Nel prolasso uterino e vaginale, il tessuto connettivo perde la capacit di mantenere gli organi
pelvici nella propria sede.
La fascia endopelvica perde la sua funzione di supporto per uno stiramento causato da un insulto
meccanico e da una incapacit riparativa dei tessuti connettivali.
Il deficit neuromuscolare del pavimento pelvico si accompagna al descensus degli organi contenuti
nel bacino.
In molti casi la perdita degli angoli che caratterizzano i visceri pelvici (anorettale, uretro-vescicale
posteriore ed utero-vaginale) si accompagna alla comparsa del prolasso. Lo stiramento, la
separazione o le alterazioni della muscolatura si associano a modificazioni nel connettivo della
fascia pelvica e del perineo.
Le alterazioni della muscolatura striata pelvica e perineale possono risultare come diretta
conseguenza di un traumatismo o di una lesione neurologica causata da sforzi o spinte eccessive.
Ne consegue una abnorme lassit del pavimento pelvico che frequentemente si associa al prolasso
e all'incontinenza.
Le strutture di sospensione e di sostegno dell'utero si indeboliscono in menopausa per le
modificazioni endocrine e vascolari del supporto pelvico.
Durante il parto, l'estremo cefalico del bambino provoca uno stiramento in basso della parete
vaginale e delle fibre muscolo-fasciali dell'elevatore. Anche le strutture nervose limitrofe vengono
coinvolte in questo meccanismo di stiramento e distensione che favorisce la comparsa di un insulto
neurologico (Fig. 7).
Nell'80% delle primigravide, dopo parto vaginale, stata dimostrata la comparsa di un difetto

neuromuscolare e lo studio dei potenziali evocati ha evidenziato una neuropatia del pudendo che
potrebbe essere correlata con l'insorgenza successiva del prolasso e dell'incontinenza (2).
Anche il nucleo fibroso perineale e le strutture posteriori dello sfintere uretrale esterno possono
subire insulti traumatici di entit variabile durante il parto vaginale.
La perdita della corretta proiezione della regione cervico-istmica sul centro fibroso del perineo
(generalmente secondaria ad un deficit delle strutture di sospensione uterosacrali) rappresenta il
primo gradino del descensus uterino attraverso lo iato genitale. Uno slittamento avanti dell'utero
associato all'apertura dell'angolo pelvico della vagina promuove il prolasso dell'utero e spesso un
enterocele associato. Dopo isteropessi, con fissazione anteriore dell'utero, frequente osservare la
comparsa di enterocele e prolasso della parete vaginale. La tasca del Douglas sottoposta
all'effetto delle forze espulsive che favoriscono nel tempo la comparsa di enterocele. Anche la
colposospensione retropubica secondo Burch pu favorire la formazione di un prolasso uterino e di
un rettocele vicariante poich la parete vaginale anteriore viene spostata in avanti.
Nella patogenesi del prolasso urogenitale, un ruolo molto importante viene rivestito dalle strutture
muscolo-fasciali e la mancanza di un valido supporto alle strutture statiche di sospensione espone
gli organi pelvici ad un effetto di sprofondamento.
Biopsie dei muscoli puborettali, effettuate nel corso di interventi per prolasso, hanno dimostrato
sorprendentemente che in presenza di prevedibili lesioni di tipo distrofico a carico dei muscoli
possibile trovare modificazioni strutturali di origine neurogena (3) (Fig. 8).
Queste osservazioni sostengono l'ipotesi che ripetuti stress a carico del pavimento pelvico siano la
causa di lesioni periferiche dell'innervazione muscolare, con conseguente miopatia neurogena e
insufficienza dinamica. Studi elettromiografici compiuti su pazienti con prolasso urogenitale ed
incontinenza urinaria, paragonati con gruppi di controllo, hanno confermato la presenza di tracciati
indicativi per una miopatia neurogena (4).
Anche gli studi dei potenziali evocati sacrali, specialmente nei casi con incontinenza urinaria da
sforzo, hanno dimostrato tempi di latenza prolungati nelle risposte riflesse ad uno stimolo esterno
(5).
La distrofia tissutale, le lesioni delle strutture di sospensione, l'inefficienza dei sistemi muscolo
fasciali di supporto insieme al deficit primario o secondario dell'innervazione muscolare pelvica,
favoriscono in misura variabile la comparsa del prolasso urogenitale. Spesso coesistono deficit
plurimi a carico delle strutture di supporto e di sospensione, dal momento che queste strutture
sono anatomicamente e funzionalmente complementari.
Gli studi istomorfometrici hanno dimostrato che il numero e la densit delle fibre muscolari striate
che circondano l'uretra si riduce con l'incremento dell'et. Questo fenomeno pu spiegare
l'osservazione che la pressione di chiusura uretrale si riduce con l'invecchiamento del soggetto (6).
Studi sulla crescita di fibroblasti della fascia pelvica in donne con prolasso genitale recidivante
suggeriscono l'esistenza di un alterato rapporto fra i diversi tipi di collagene.
In questi casi si verifica una sintesi eccessiva di collagene pi debole di tipo III in presenza di
prolasso genitourinario (7).
Anomalie intrinseche del collagene potrebbero manifestarsi come carattere congenito, giustificando
una familiarit nell'insorgenza del prolasso. Gli studi di Zacharin hanno documentato l'esistenza di
differenze razziali, dimostrando una maggior consistenza delle strutture pelviche nelle donne cinesi
(8). Altri studi enfatizzano la predisposizione al prolasso di donne affette da "Sindrome da
instabilit delle giunzioni" caratterizzate da lussazione d'anca, osteoporosi, condrocalcinosi e cos
via. I difetti dell'innervazione muscolare e le alterazioni degli equilibri neuroendocrini vengono
considerati come causa primaria del prolasso nella spina bifida e nella obesit endocrina. In questi
casi il descensus genitale si verifica anche in giovane et e nelle pazienti nullipare. Le patologie

internistiche a carattere cronico e le condizioni accompagnate da prolungati e ripetuti incrementi


della pressione addominale si associano frequentemente a stipsi cronica, tosse associata a
pneumopatie e obesit. Molti di questi fattori possono coesistere agendo sinergicamente fra loro e
determinando la comparsa del prolasso.
Si deve ricordare anche l'effetto di fattori iatrogeni, dovuti ad interventi chirurgici diretti a
sospendere la parete vaginale anteriore e tutte le procedure capaci di modificare i normali rapporti
anatomici e topografici della vagina.
Incontinenza urinaria e prolasso
L'associazione fra patologia della minzione e alterazioni anatomiche della pelvi di frequente
riscontro nella pratica clinica quotidiana. La coesistenza di un'incontinenza in presenza di prolasso
non deve essere considerata sulla base di una semplice e diretta dipendenza, infatti l'esistenza di
un'incontinenza urinaria da sforzo implica lesioni ed alterazioni funzionali specifiche dell'apparato
di sostegno e di supporto rispetto all'uretra e al collo vescicale. Talora donne con cistouretrocele di
grado elevato risultano continenti.
L'arco tendineo della fascia endopelvica mantiene la propria stabilit strutturale rimanendo
sospeso fra i suoi punti di inserzione: l'osso pubico e la spina ischiatica. A ridosso del pube l'arco
diventa una inserzione tendinea ben definita che aderisce 1 cm sopra e 1 cm a lato della linea di
mezzo rispetto al bordo inferiore della sinfisi pubica.
Esiste una chiara relazione fra porzione mediale del muscolo elevatore dell'ano (porzione
pubococcigea), arco tendineo della fascia endopelvica e strato suburetrale della fascia endopelvica
nella regione dell'uretra prossimale, che spiega la capacit di contrarsi dell'elevatore, modificando
la posizione del collo vescicale (9). L'uretra disposta con un angolo obliquo rispetto al piano
orizzontale, mentre lo spazio di Retzius disposto anteriormente e cranialmente. La fascia
endopelvica e la parete vaginale si collocano posteriormente e caudalmente rispetto all'uretra.
L'uretra distale si fissa all'osso pubico attraverso la membrana perineale. La parete uretrale
anteriore, sopra il punto di adesione al pube, risulta esposta alle forze generate dagli incrementi
pressori addominali. Lateralmente la fascia endopelvica si estende dall'arco tendineo della fascia
pelvica e si dispone ad amaca sotto l'uretra. I movimenti verso il basso dell'uretra mettono in
tensione il tessuto connettivo e l'arco tendineo della fascia pelvica. Separando l'arco tendineo della
fascia pelvica dal pube o sezionando le connessioni fra l'arco e la fascia pelvica si favorisce
l'ipermobilit uretrale, diminuendo la rigidit della fascia sottouretrale.
Durante la tosse, lo starnuto o lo sforzo, l'uretra risulta compressa fra la spinta in alto delle forze
pressorie addominali e la resistenza dello strato fasciale della sottostante fascia endopelvica. Se il
tessuto suburetrale risulta abnormemente lasso o mobile, la compressione non efficace, mentre
diminuisce la trasmissione della pressione addominale sull'uretra.
La trasmissione della pressione non dipende in termini assoluti dall'altezza ove si colloca l'uretra,
poich lo strato fasciale pu risultare solido e resistente ad un livello pi basso.
Il difetto paravaginale si associa per lo pi ad una destabilizzazione del complesso uretro-vescicale
(Fig. 9).
La riconnessione chirurgica della fascia sottouretrale alla parete pelvica fa s che la pressione verso
il basso sul collo vescicale lo comprima contro un'amaca di supporto che ha ritrovato la sua
stabilit. Gli interventi di colposospensione retropubica e la correzione chirurgica dei difetti
paravaginali, tendono a stabilizzare il supporto sottouretrale, consolidando la fascia sottouretrale
alle ossa del bacino.
Il supporto uretrale non costituisce l'unico elemento responsabile dell'incontinenza da sforzo. La
competenza del collo vescicale insieme alla funzione uretrale svolgono un'azione essenziale ai fini
della continenza (10).

La contrazione della muscolatura striata periuretrale gioca un ruolo determinante in aggiunta alla
compressione passiva del supporto sottouretrale. Un incremento della pressione uretrale si verifica
250 millisecondi prima di ogni incremento pressorio endoaddominale garantendo la competenza
(11). Questo dato conferma che la continenza si manifesta in vivo come un meccanismo attivo, la
cui complessit coinvolge anche elementi neurologici di natura riflessa.
Le donne che hanno perduto il controllo neurologico della muscolatura pelvica non potranno
migliorare l'efficienza dei meccanismi della continenza con esercizi di fisioterapia. Allo stesso modo
non si otterranno benefici significativi nelle pazienti dove si verificata una vera deconnessione dei
muscoli dai punti di ancoraggio. Di converso, le pazienti che hanno perduto la normale capacit di
attivare inconsciamente la muscolatura pelvica con la tosse o lo sforzo possono godere di un
drammatico miglioramento attraverso gli esercizi riabilitativi del pavimento pelvico. Anche le
donne in grado di contrarre volontariamente i muscoli pelvici indeboliti e incapaci di mantenere la
continenza possono trovare grande beneficio rinforzando la muscolatura con l'apprendimento degli
esercizi volontari di contrazione isometrica.
La ginnastica riabilitativa del pavimento pelvico rappresenta un elemento terapeutico importante
accanto alla terapia medica e chirurgica dei disturbi del supporto pelvico.
La conoscenza dell'anatomia e della fisiologia delle strutture pelviche rappresenta una premessa
irrinunciabile per la diagnosi e la terapia del prolasso e dell'incontinenza urinaria femminile.

ANATOMIA FUNZIONALE
L. Frigerio
U.O. Ostetricia e Ginecologia, Ospedali Riuniti di Bergamo

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Fig.
1
Muscoli elevatori dellano e Arco Tendineo dellElevatore (Netter FH. The CIBA collection.
Reproductive System. New York: CIBA Publications 1970;2:94-5)

Fig.
2
Luretra durante sforzo compressa fra parete addominale e fascia pelvica (DeLancey JOL. Stress
urinary incontinence: where are we now, where should we go? Am J Obstet Gynecol
1996;175:311-9)

Fig.
3
Fibre atrofiche e ipertrofiche del muscolo pubo-rettale di aspetto tondeggiante e di tipologia
definita. "Fibre scure" a conduzione lenta (I tipo) e "fibre chiare" a conduzione rapida (II tipo).
Reazione istoenzimatica per ATPasi Ca dipendente (Ferrari AG, Frigerio LG. Il muscolo Pubo-rettale
nel prolasso genitale femminile. Workshop Ginecologia e Ostetricia. Monduzzi 1986;2-3)

Fig.
4
Il cedimento del supporto craniale (I livello) favorisce labbassamento dellutero.
Il cedimento del supporto intermedio (II livello) provoca la comparsa di cistocele e/o rettocele.
Unalterazione del supporto distale (III livello) favorisce lipermobilit uretrale.

Fig.
5
A)
Supporto
vescico-uretrale
normale
B) Cedimento sistema muscolo-fasciale sottouretrale che favorisce lincontinenza urinaria da sforzo
C) Prolasso vescicale senza cedimento del supporto vescico-uretrale (DeLancey JOL. Am J Obstet
Gynecol 1994;170:1713-20)

Fig.
6
Visione perineale dei muscoli pelvici: a) M. Pubo-rettale; b) Rafe ano-coccigeo (Netter FH. The
CIBA collection. Reproductive System. New York: CIBA Publications 1970;2:94-5)

Fig.
Durante il periodo espulsivo si verifica lo stiramento in basso della vagina e dei tessuti limitrofi

Fig.
8
Sezione trasversale di un nervo del M. Pubo-rettale con anisometria dei diametri assonali nel
prolasso genitale (Ferrari AG, Frigerio LG. Il muscolo pubo-rettale nel prolasso genitale femminile.
Workshop Ginecologia e Ostetricia. Monduzzi 1986;2-3)

Fig.
9
Visione retropubica del difetto paravaginale con evidente diastasi dellarco tendineo dellelevatore
(linea bianca segnata da frecce a sinistra) rispetto allarco tendineo della fascia endopelvica (linea
chiara segnata da frecce mediali a destra) (DeLancey JOL. Am J Obstet Gynecol 1996;175:311-9

PATOGENESI DEI DIFETTI DEL PAVIMENTO PELVICO


T. Maggino P. Zola* G.C. CerrUti* L. Campagna*

* Dipartimento di Discipline Ginecologiche e Ostetriche, Universit Torino


U.O. Ostetricia e Ginecologia, Ospedale di Mirano (VE)

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Introduzione
I difetti del pavimento pelvico possono essere distinti in funzionali e anatomici; in particolare si
definiscono funzionali i disturbi o difetti legati alla capacit della vescica e del retto di controllare la
minzione e la defecazione, e anatomici i difetti o alterazioni della topografia delle strutture
anatomiche quali il dislocamento al di fuori della loro sede naturale del viscere uterino e della
mucosa vaginale e/o rettale associati o meno a disturbi funzionali.
La prevalenza di questa patologia rilevante soprattutto nella 5a e 6a decade con valori molto
variabili tra il 15 e il 35% a seconda delle serie riportate in letteratura. Questa ampia variabilit
da imputarsi alla notevole gradualit del fenomeno e alla conseguente soggettivit sia della
paziente nel riferire il sintomo che del medico nel ricercalo.
In altri termini un'incontinenza saltuaria pu passare inosservata o non essere segnalata al
medico, mentre un prolasso utero-vaginale totale generalmente riferito; dal momento per che
oltre il 60% della patologia rappresentata da quadri iniziali o a scarso impatto clinico, le reali
dimensioni del problema sono di difficile rilevazione e probabilmente sottostimate.
I difetti del pavimento pelvico sono da considerarsi un insieme di quadri clinici non
necessariamente tra loro correlati e che non evolvono sistematicamente in gradi crescenti di

gravit.
I difetti funzionali
I disturbi funzionali sono da correlare ad un'alterazione dei sistemi di controllo della statica pelvica
e, in particolare, dei sistemi di controllo del meccanismo riempimento/svuotamento della vescica.
Pur rifacendoci al capitolo sull'Anatomia Funzionale presente in questo Volume, ci pare opportuno
richiamare le strutture in gioco per meglio comprendere la patogenesi del fenomeno.
La corretta statica vescicale e pelvica conservata da un duplice sistema che possiamo definire di
sospensione e sostegno la cui integrit necessaria per garantire la funzionalit della struttura.
In particolare nel sistema di sospensione si riconosce una fascia vescicale che ancora la vescica
all'ombelico cranialmente e al pavimento pelvico caudalmente. Inoltre i ligamenti pubo-vescicali o
pilastri vescicali anteriori, a struttura prevalentemente muscolare, solidarizzano in modo elastico la
vescica con la superficie posteriore del pube. Posteriormente i ligamenti utero-vescicali, a struttura
prevalentemente vascolare, interconnettono la vescica con il collo dell'utero; mentre i ligamenti
laterali si connettono alla fascia pelvica laterale.
Il sistema di sostegno costituito dalle strutture muscolari del diaframma pelvico, in particolare il
muscolo elevatore interno dell'ano che ne costituisce lo strato interno.
La corretta disposizione degli organi situati all'interno della pelvi gioca un ruolo di sostegno, in
modo passivo ma senza dubbio rilevante.
In posizione ortostatica infatti, la vescica riposa sulla vagina sostenuta a sua volta dal centro
tendineo del perineo, mentre il retto sostenuto dal coccige e dai muscoli e ligamenti rettococcigei.
Con il sistema che garantisce la statica vescicale e pelvica si integra un sistema neuro-muscolare
che controlla il sistema di chiusura del collo vescicale e che vede un'integrazione del sistema
autonomo e volontario. In particolare, l'innervazione vescicale ha una componente sensitiva e
motoria la cui integrit e integrazione garantisce il meccanismo di continenza e svuotamento.
La continenza infatti garantita da un gradiente pressorio a favore del versante uretrale rispetto
alla pressione endovescicale.
La patogenesi dell'incontinenza urinaria pu essere di tre tipi: sfinteriale, detrusoriale o mista.
Incontinenza da disfunzione sfinterica: una perdita involontaria di urina durante gli aumenti di
pressione addominale in assenza di simultanea attivit detrusoriale.
Il corretto funzionamento del meccanismo sfinteriale garantito da tre fattori: effetto sigillante
della mucosa uretrale, competenza sia del collo vescicale e che dello sfintere uretrale.
La mucosa uretrale contiene nella propria tonaca un ricco plesso vascolare, simile al corpo
spongioso maschile, estrogeno dipendente. Gli estrogeni mantengono il trofismo della mucosa,
aumentando al tempo stesso il flusso ematico nel plesso sottomucoso. I due meccanismi combinati
aumentano l'effetto occludente dell'uretra.
Il collo vescicale costituito da fibre che si dispongono intorno alla porzione anteriore del collo
vescicale dando luogo ad una fionda muscolare detta fionda o anello detrusoriale. La sua chiusura
garantita dalla disposizione spiraliforme delle cellule muscolari lisce e dalla presenza di cellule
contenenti elastina.
Lo sfintere striato dell'uretra si compone di due porzioni: lo sfintere parauretrale, costituito da

fibre muscolari a lenta contrazione, e lo sfintere peri-uretrale, costituito da fibre a contrazione


rapida. Il primo deputato al mantenimento del tono uretrale a riposo mentre il secondo
garantisce la continenza attiva in caso di aumenti pressori addominali.
In base alle alterazioni anatomico-funzionali di questi tre fattori si distinguono tre tipi di
incontinenza da disfunzione sfinterica:
incontinenza da sforzo genuina: determinata da incompetenza del collo vescicale e dalla
dislocazione anatomica di questo e dell'uretra con conseguente alterata trasmissione della
pressione endoaddominale all'uretra;
insufficienza sfinterica: determinata da perdita delle resistenza uretrali per deficit dei meccanismi
sfinteriali prossimale e distale;
instabilit uretrale: determinata da rilasciamento non inibito dell'uretra.
Incontinenza urinaria da disfunzione detrusoriale (urge incontinence): una perdita involontaria di
urina per l'insorgenza di contrazioni detrusoriali involontarie e non volontariamente sopprimibili su
base neurogena (iperreflessia detrusoriale) o non neurogena (instabilit o iperattivit
detrusoriale).
Per determinare la fuga d'urina comunque necessaria la presenza di un'associata disfunzione
della componente sfinteriale; infatti un meccanismo uretrale distale intrinseco ed estrinseco valido
dovrebbe essere in grado di opporsi ad un aumento pressorio vescicale conseguente alla
contrazione detrusoriale instabile.
Incontinenza urinaria mista: si realizza quando iperattivit detrusoriale e deficit sfinteriale di
diverso tipo coesistono.
Un accenno a parte merita l'overflow incontinence (incontinenza urinaria da rigurgito), provocata
dalla ritenzione cronica d'urina, imputabile nella donna soprattutto a disfunzione detrusoriale (vista
l'eccezionalit di ostruzioni cervico-uretrali, pi frequenti nel sesso maschile) su base neurogena
(diabete, spondilosi lombare), farmacologica o piogena.
I difetti anatomici
La dislocazione del viscere uterino verso il basso fino alla sua esteriorizzazione al di fuori della
rima vulvare associata o meno con la discesa della parete vaginale anteriore e posteriore,
definita prolasso genitale e viene classificata in gradi crescenti di gravit (da I al IV) per descrivere
la minore o maggiore alterazione dei rapporti dell'apparato genitale con gli organi e le strutture
pelviche.
Analogamente a quanto gi descritto nella patogenesi dei difetti funzionali, alla base del prolasso
vi uno squilibrio tra la pressione endoaddominale e le strutture anatomiche che sostengono i
visceri pelvici.
In particolare distinguiamo l'insufficienza del sistema di sostegno, cio del piano muscolo fasciale
che costituisce il pavimento pelvico; il rilasciamento del sistema di sospensione costituito dalle
strutture ligamentoso-vascolari (per esempio ligamenti cardinali e utero-sacrali) e le modificazioni
della posizione dell'utero.
Con l'insufficienza del sistema di sostegno si riduce il meccanismo di sostegno sia attivo che
passivo dell'apparato genitale, con conseguente difficolt a controbilanciare sia a riposo che
soprattutto sotto sforzo la pressione endoaddominale.
Il rilasciamento del sistema di sospensione rende difficile l'azione vicariante delle strutture
ligamentose nei confronti della ridotta capacit di sostegno del pavimento pelvico. L'ispessimento
dei ligamenti indotta dall'anomala trazione non in grado infatti di supplire a lungo e a

compensare alla riduzione della capacit di resistenza del pavimento pelvico e di conseguenza di
contrastare efficacemente l'alterazione della topografia degli organi genitali e di quelli viciniori
(vescica e retto).
Le modificazioni della posizione dell'utero sono spesso conseguenza dei primi due fattori e ad essi
correlati, con causali nell'instaurarsi del prolasso. Tali modificazioni di posizione comportano uno
squilibrio nel gioco delle forze endoaddominali. La corretta statica pelvica e di conseguenza la sua
funzionalit, la risultante di forze vettoriali contrapposte, costituite dalla forza del torchio
addominale e della forza di gravit, che incidono in direzione caudale a cui si contrappone la
resistenza del pavimento pelvico e la tensione dei ligamenti sospensori.
La perdita di massa muscolare e la contemporanea diminuzione del tono dei muscoli elevatori,
struttura portante del pavimento pelvico, determinano inoltre un'accentuata obliquit del
pavimento stesso con un incremento delle dimensioni dello jatus urogenitale con diastasi dei fasci
pubo-rettali.
Dal momento che l'utero o la vagina scendono al di sotto della loro posizione "normale", sono
sottoposti a un carico costante da parte delle strutture addominali, con conseguente allungamento
e stiramento delle strutture tendinee. La risultante di questa situazione una diminuzione di
efficacia delle strutture ligamentose stesse non solo per il danno in s, ma anche per l'impossibilit
di tali strutture di attuare un efficace processo di autoriparazione.
La patogenesi del prolasso genitale va ricercata in numerosi fattori causali che sono riportati in
modo schematico di seguito, ma che nella maggior parte dei quadri clinici interagiscono tra loro
contribuendo a definire la condizione disfunzionale finale.
In particolare distinguiamo i fattori generali acquisiti quali patologie croniche o modi di vita che
comportano un costante aumento di pressione addominale. In particolare si segnala l'obesit, la
stipsi ostinata, la bronchite cronica o comunque una patologia bronco-polmonare protratta,
caratterizzata da tosse persistente. Non va poi trascurata la patologia relativa all'attivit lavorativa
od a attivit sportiva pesante.
Vi sono poi dei fattori generali congeniti legati ad alterazioni biochimiche delle fibre collagene
(maggior presenza di fibre collagene di tipo III meno resistenti rispetto a quelle di tipo I).
Se consideriamo i fattori locali, quelli congeniti sono piuttosto rari e sono rappresentati dal
dolico-Douglas, da alterazioni congenite dell'innervazione dei muscoli elevatori (spesso associata a
spina bifida), deficit della componente connettivale del pavimento pelvico (associato a atrofia
vescicale), brevit congenita della vagina, differenze tra diversi ceppi di popolazione.
Decisamente pi importanti sono i fattori locali acquisiti; in genere danno esito ad una fibrosi
del pavimento pelvico con conseguente compromissione della funzionalit dinamica.
I fattori locali legati ai precedenti ostetrici hanno un ruolo rilevante nell'insorgenza dei problemi
uro-ginecologici, sia in fase precoce che tardiva. Le lesioni possono essere sia anatomiche che
funzionali e si possono far risalire alle modalit di monitoraggio del travaglio di parto e alle
procedure di assistenza al parto, in particolare durante la gestione del periodo espulsivo.
In questa fase infatti la parte presentata del feto si confronta con la parte caudale del canale da
parto e, in particolare, con le strutture del pavimento pelvico. Le contrazioni uterine e il torchio
addominale spingono la parte presentata attraverso lo jatus urogenitale con conseguente
stiramento accentuato delle sue strutture muscolari e tendinee.
In particolare si pu verificare: stiramento abnorme delle strutture perineali con microlesioni;
distorsioni e successiva fibrosi riparativa dei ventri muscolari degli elevatori, con conseguente
deficit della loro contrattilit; allungamento patologico delle strutture fibro-ligamentose.
Le lesioni a carico dell'elevatore dell'ano possono prodursi sia per trauma diretto sui ventri

muscolari che per disinserzione dal pube del muscolo pubo-coccigeo. Il distacco del ventre
muscolare comporta la sua incapacit a contrarsi ed a costituire il piano di appoggio per i visceri
pelvici. In tale situazione, sotto la spinta della pressione addominale, il diaframma pelvico in parte
disinserito dal pube assume un orientamento obliquo verso il basso.
Di conseguenza si verifica un abbassamento del pavimento pelvico, una riduzione della sua
capacit di appoggio/sostegno e un allargamento dello jatus genitale attraverso cui, sotto sforzo,
si insinua la parete vaginale anteriore, con conseguente dislocazione in basso della vescica.
L'aumento del diametro antero-posteriore dello jatus fa s che l'utero, normalmente appoggiato sul
piano muscolare, venga a trovarsi privo di sostegno e sia mantenuto in sede solo dal sistema di
sospensione. Come abbiamo gi accennato sopra, il sistema di sospensione tende a cedere col
tempo essendo sottoposto ad un continuo sforzo di contenimento per contrastare la pressione
endoaddominale. Il risultato finale l'allungamento dei legamenti, la graduale perdita di elasticit
con la conseguente trasformazione in fasci fibrosi e il prolassamento del viscere uterino al di fuori
della rima vulvare.
I difetti del pavimento pelvico legati al parto riconoscono vari fattori eziologici:
materni: sforzo espulsivo prima della dilatazione completa, distanza ano-vulvare < 2 cm, ipoplasia
dei genitali esterni, ipertonia degli elevatori;
fetali: presentazioni anomale, microsomia, distocia di spalle, gemellarit;
iatrogeni: scorretta assistenza ostetrica perineale durante il periodo espulsivo, episiotomia
inadeguata per modalit di sede, estensione e tempistica; scorretto disimpegno delle spalle;
inadeguata riparazione delle lacerazioni; parto operativo (per esempio applicazione di forcipe o
ventosa); assistenza al parto podalico con incongrue manovre di estrazione.
Accanto ai danni anatomici stata anche ipotizzata l'origine neurogenica dei difetti del pavimento
pelvico: si infatti pensato che la gestione del parto vaginale mediante spinte e trazioni non
completamente corrette e coordinate con la fisiologica evoluzione del travaglio, soprattutto nella
sua parte finale, possono indurre un danno a carico del nervo pudendo, come rilevato da numerosi
studi elettromiografici.
Alcuni Autori infatti hanno dimostrato come le donne con un travaglio prolungato vadano incontro
a una maggior incidenza di patologia neurogena a carico del distretto pudendo, fenomeno che non
si riscontrato in pazienti sottoposte a taglio cesareo. Questi dati vanno considerati con estrema
prudenza considerato il fatto che non disponiamo di studi clinici disegnati ad hoc, ma ci basiamo
su dati retrospettivi. In queste serie di pazienti che presentano intorno alla 5a -6a decade un
difetto del pavimento pelvico riconducibile a un danno neurogeno, si ipotizzato che durante il
travaglio e il parto si sia prodotto un danno a carico del nervo pudendo irrilevante dal punto di
vista clinico e che sia evoluto con l'et e i processi di invecchiamento.
Il deficit estrogenico, soprattutto dopo la menopausa, comporta un'importante perdita di fibre
collagene ed elastiche. La menopausa influenza negativamente, sempre attraverso la carenza
estrogenica, anche i supporti connettivali dell'uretra, con la conseguente riduzione della massima
pressione di chiusura uretrale (diminuzione media del 30%). Infine l'et associata spesso a
riduzione dell'attivit fisica possono determinare una riduzione percentuale ed una ipotrofia delle
fibre fasiche del muscolo elevatore dell'ano.
Patogenesi dei difetti fasciali
I difetti specifici della fascia pelvica, sia anteriormente che posteriormente, possono essere:
laterale, mediano e trasversale (o sopra vaginale). Il difetto laterale conseguente al distacco
della fascia dell'arco tendineo dell'elevatore dell'ano che decorre dalla spina ischiatica al pube,
anteriormente, ed alla membrana perineale, posteriormente. Anteriormente il difetto laterale pu
essere distinto in difetto parauretrale e paravescicale. Il difetto mediano alla base di un'ernia che

si sviluppa sulla linea mediana della fascia pubocervicale anteriormente e, rispettivamente, della
fascia rettovaginale, posteriormente. Il difetto trasversale alla base di un'ernia che si sviluppa in
sede sopra-vaginale anteriormente e posteriormente alla cervice uterina (nello spazio del fornice
vaginale anteriore e/o posteriore) per distacco della fascia pubocervicale e, rispettivamente,
rettovaginale dall'anello fasciale pericervicale (9) (10).
I difetti della fascia pelvica sono generalmente singoli, in presenza di un prolasso genitale di 1 e
2 grado, mentre sono combinati in un prolasso genitale di 3-4 grado.
Uretrocistocele
Nell'eziopatogenesi del colpocele anteriore (uretrocistocele) e dell'ipermobilit della giunzione
vescico-uretrale (GVU), rientra un indebolimento dei ligamenti uretropelvici o una rottura del loro
attacco alla parete laterale della pelvi; la maggior parte delle donne con stress incontinence
dovuta ad ipermobilit uretrale, e non ad insufficienza sfinteriale intrinseca, hanno associato un
cistocele. Il cistocele pu essere dovuto a due differenti difetti del supporto vaginale anteriore
nella regione della base vescicale: A) il difetto laterale in cui si verifica una perdita o
un'attenuazione nell'attacco laterale (paravaginale) della fascia pubocervicale e del ligamento
vescicopelvico all'arco tendineo della fascia pelvica; B) difetto centrale risultante dalla separazione
della fascia pubocervicale dalla cervice e dai ligamenti cardinali lungo la linea mediana,
permettendo l'erniazione della base vescicale attraverso la parete vaginale anteriore (11) (Fig. 1).
Prolasso uterino e della volta vaginale
L'isterocele il risultato dall'indebolimento del complesso ligamentoso cardinale-uterosacrale, che
raramente si presenta in modo isolato.
Dopo l'isterectomia pu permanere un indebolimento nel complesso dei ligamenti cardinaliuterosacrali che a sua volta potr essere causa di voltocele (prolasso della cupola vaginale).
Enterocele
l'erniazione del peritoneo che riveste lo sfondato del Douglas attraverso il fornice vaginale
posteriore in presenza dell'utero (elitrocele), o attraverso il retto (edrocele).
L'enterocele pu essere abitato, generalmente, da anse del piccolo intestino.
Quando l'enterocele si associa al prolasso uterino, enterocele da trazione, si colloca
posteriormente all'utero e si estende nello spazio rettouterino. L'enterocele successivo
all'isterectomia, da pulsione, si verifica in seguito alla separazione e al danneggiamento
intraoperatorio dei ligamenti cardinali-uterosacrali.
Rettocele
L'erniazione intravaginale del retto avviene attraverso un assottigliamento del setto rettovaginale
ma anche facilitato dalla rotazione in basso e posteriormente che la vagina subisce quando vi sia
un rilassamento della piattaforma dell'elevatore dell'ano. Questo comporta una conformazione
concava, anzich orizzontale, dell'elevatore dell'ano ed un allargamento dello iato genitale per cui
la vagina perde quell'angolo aperto posteriormente presente nella sua porzione intermedia e
l'orientamento orizzontale della met prossimale. In questo modo il profilo vaginale posteriore si
verticalizza permettendo al retto di formare il colpocele posteriore (Figg. 2-3).
Lassit perineale
Nelle donne che presentano danni nel diaframma urogenitale e nel corpo perineale l'introito
vaginale allargato, la distanza tra l'uretra e la forchetta aumentata. Vi possono essere vari
gradi di compromissione di queste strutture fino alla scomparsa della normale architettura
perineale con un estremo avvicinamento della forchetta vulvare al margine anale. Nei casi di

prolassi genitali severi con importanti compromissioni del supporto vaginale anteriore e posteriore,
sono generalmente indebolite anche la fasce pre- e pararettale, il setto rettovaginale e la
muscolatura perineale.
Stipsi ed incontinenza anale nei difetti del pavimento pelvico
Molte patologie degli organi pelvici e della muscolatura del pavimento pelvico possono associarsi in
varie misure ed in tempi evolutivi diversi ad incontinenza fecale o d'altro lato a stipsi per
meccanismi che interferiscono con il normale mantenimento della continenza o che consentono la
defecazione.
I principali fattori implicati nella funzionalit ano-rettale sono muscolari e neurologici (Tab. I).
Tra i fattori muscolari va menzionata l'attivit del muscolo pubo-rettale. L'arco muscolare che esso
tende attorno ai visceri pelvici contraendosi, esercita un'azione contenitiva diretta di tipo sfinterico
ed una indiretta, mediata dall'accentuazione degli angoli uretro-vescicali, vagino-pelvico ed anorettale (12).
Molti Autori concordano nell'attribuire il ruolo principale nel mantenimento della continenza proprio
alla fionda del pubo-rettale (12) (13). L'angolo ano-rettale diventa pi acuto durante la
contrazione muscolare pelvica e scompare durante la defecazione. Quanto pi acuto
quest'angolo, tanto minore la forza necessaria a bloccare il passaggio delle feci.
Incontinenza fecale
Il carattere clinico pi evidente in tale condizione la flaccidit della muscolatura sfinteriale con
allungamento del muscolo pubo-rettale ed angolo ano-rettale abolito.
La patogenesi prevalentemente legata a traumi ostetrici (14) (assistenza ostetrica inadeguata in
periodo espulsivo, macrosomia fetale, parti ravvicinate, lacerazioni perineali non riconosciute o non
corrette adeguatamente). I traumi ostetrici possono creare una situazione da denervazione del
pubo-rettale sia per trauma diretto che per lesione dei nervi pudendi.
Altre cause possono essere determinate da:
interventi correttivi per fistola anale soprattutto quando la lesione interessi la fionda del puborettale;
emorroidectomia estesa per conseguente perdita del meccanismo di controllo sensoriale e chiusura
incompleta del canale anale;
il prolasso rettale per gli stessi motivi.
Stipsi
Nella maggior parte dei casi ha origine da errori dietetici o manifestazione di una sindrome da
colon irritabile. Una volta escluse le cause sistemiche di stipsi, le alterazioni endocrine e le
alterazioni intestinali neurologiche, necessario esaminare le cause di possibile ostacolo
all'evacuazione da cause proctologiche e da alterazioni della statica pelvica.
L'intussuscezione rettale ed il prolasso del retto sono associate frequentemente a stipsi con
necessit di eccessivo ponzamento.
Il rettocele, nelle donne multipare, pu essere causa di ostruzione fecale. In tale condizione la
causa ravvisabile nel difetto del setto retto-vaginale che rende prominente il retto in vagina
(colpocele posteriore). Importanti rettoceli rendono impossibile l'evacuazione del retto senza

mettere in atto manovre digitali per aiutare la defecazione.


In generale si pu concludere che nella genesi di disturbi proctologici in presenza di un'alterazione
della statica pelvica vi sia una dissinergia della muscolatura pelvica (12). Ci produce
primariamente un eccessivo sforzo alla defecazione che, se prolungato, peggiora la condizione
iniziale anche attraverso un danno neurologico degli sfinteri con ipotonia muscolare.

PATOGENESI DEI DIFETTI DEL PAVIMENTO PELVICO


T. Maggino P. Zola* G.C. CerrUti* L. Campagna*
* Dipartimento di Discipline Ginecologiche e Ostetriche, Universit Torino
U.O. Ostetricia e Ginecologia, Ospedale di Mirano (VE)

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Fig.
Difetti del supporto vaginale anteriore

Fig.
Angolo vaginale posteriore

Fig.
Rettocele

Tab.
Fattori della continenza e funzionalit ano-rettale (da G. Dodi (12))

ANAMNESI E SEMEIOTICA CLINICA


R. Milani S. Salvatore M. Soligo
Divisione di Ginecologia Chirurgica, Azienda Ospedaliera "S. Gerardo" di Monza, Ospedale Bassini, Universit di
Milano Bicocca

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Come per la gran parte delle patologie, anche nel caso dell'incontinenza e del prolasso genitale
cruciale eseguire un'accurata anamnesi. Sebbene queste due condizioni si presentino spesso in
associazione, per motivi espositivi e didattici riteniamo pi utile in questo capitolo trattare
separatamente le modalit di inquadramento anamnestico e, in seguito, unitamente l'esame
obiettivo pelvico.
Incontinenza urinaria
Anamnesi
Dovrebbe a sua volta dividersi in:
Anamnesi medica
Sono poche le condizioni mediche che causano di per s incontinenza, anche se molte possono
peggiorare problemi gi esistenti. In una paziente uroginecologica dovrebbero sempre essere
indagate le seguenti condizioni:

una patologia respiratoria cronica, che peggiora l'incontinenza da sforzo;


l'insufficienza cardiaca con edema periferico che potrebbe portare ad una ridistribuzione
dei volumi durante la notte, causando nicturia e persino enuresi notturna;
l'ipertensione arteriosa una condizione comune che per s stessa non causa incontinenza
urinaria; tuttavia, molti dei farmaci utilizzati nel suo trattamento potrebbero interferire con
la funzione vescicale o uretrale (ad esempio i diuretici);
la stitichezza cronica, che potrebbe portare a frequenza, urgenza, difficolt minzionali o

persino overflow incontinence dovuti ad effetti pressori sulla vescica;


un'anamnesi positiva per incontinenza fecale assieme ad incontinenza urinaria suggerisce
una possibile causa neurologica per entrambi i sintomi. Poco comune la presenza di altri
evidenti sintomi neurologici; se presenti dovrebbero essere attentamente annotati e si
dovrebbe eseguire una completa valutazione neurologica da parte di uno specialista. Non
raro per donne con sclerosi multipla presentarsi inizialmente al ginecologo o all'urologo in
quanto affette da incontinenza con o senza altri deficit neurologici;
un diabete mellito scompensato pu essere la causa di frequenza urinaria dovuta a
poliuria, mentre la glicosuria predispone ad infezioni del tratto urinario. Il diabete presente
da lungo tempo pu portare a vescica neurologica e a difficolt minzionali;
una breve valutazione dello stato mentale della paziente escluder un'alterazione mentale
o un importante disordine psichiatrico che potrebbero portare ad un inappropriato modello
minzionale;
pregressi disturbi urologici;
traumi e chirurgia addomino-pelvica;
patologie neurologiche (con coinvolgimento sia centrale sia periferico, compresi episodi
cerebro-vascolari);
assunzione di farmaci (ad es. diuretici, calcio-antagonisti, antidepressivi ecc.).

Anamnesi ostetrico-ginecologica
Per concludere si dovr raccogliere una dettagliata anamnesi ostetrico-ginecologica comprendente:

parit e modalit di parto (peso del neonato, parti distocici);


sintomi da concomitanti patologie ginecologiche (fibromi e masse pelviche);
disturbi da prolasso spesso associati ad incontinenza urinaria o difficolt minzionali;
stato ormonale della paziente.

Anamnesi sociale
una parte importante dell'anamnesi che purtroppo viene talvolta dimenticata dal clinico.
L'impatto dell'incontinenza sul lavoro, la famiglia e la vita sessuale di una donna pu essere
drammatica. L'imbarazzo pu portare la donna a relegarsi in casa e a non essere pi in grado di
coinvolgersi nel mondo del lavoro. L'incontinenza coitale pu portare alla paura dell'atto sessuale e
quindi a problemi coniugali.
Anamnesi uroginecologica
Nell'ambito dell'inquadramento dell'incontinenza urinaria, importante ricordare che una buona
percentuale di donne affette da questo problema non lo riferisce spontaneamente, e ne parla solo
se interrogata specificamente (e ci risulta ancora pi vero nel caso in cui si tratti di incontinenza
anale). Questa situazione non da porre in relazione alla severit del sintomo, quanto
all'imbarazzo nel rivelare una situazione molto intima che spesso mina l'autostima della donna.
Di estrema importanza quindi l'utilizzo di questionari prestrutturati che comprendano tutti i
sintomi uroginecologici classificati secondo la pi recente standardizzazione dell'International
Continence Society (ICS) (1), come di seguito riportati.
Sintomi della fase di riempimento vescicale:

frequenza diurna aumentata: riferito come sintomo dalle pazienti che ritengono di
urinare troppo spesso durante il giorno;
nicturia: rappresenta la necessit di svegliarsi una o pi volte a notte per il desiderio di
urinare;
urgenza: l'improvviso desiderio di urinare che difficile da posporre;
incontinenza urinaria: rappresentata da qualsiasi perdita di urina;
incontinenza urinaria da sforzo: la perdita involontaria di urina durante lo sforzo o

l'esercizio fisico, durante lo starnuto o la tosse;


incontinenza urinaria da urgenza: la perdita involontaria di urina accompagnata o
immediatamente preceduta da urgenza;
incontinenza urinaria mista: la perdita involontaria di urina associata con l'urgenza e che
si verifica anche in occasione dello sforzo o dell'esercizio fisico, dello starnuto e della
tosse;
enuresi: significa qualsiasi perdita involontaria di urina. Se questo termine viene usato per
indicare l'incontinenza durante il sonno, dovrebbe sempre essere qualificata con l'aggettivo
"notturna";
enuresi notturna: la perdita di urina che avviene durante il sonno;
incontinenza urinaria continua: la continua perdita;
altri tipi di incontinenza: potrebbero essere legati a specifiche situazioni, per es. durante i
rapporti sessuali;
sensazione vescicale: pu essere definita, durante la raccolta anamnestica, da 5 categorie:
1) normale: la donna consapevole del riempimento vescicale e si verifica una crescente
sensazione
di
ripienezza
fino
al
forte
desiderio
di
urinare;
2) aumentata: la donna avverte un precoce e persistente desiderio di urinare;
3) ridotta: la donna consapevole del riempimento vescicale ma non sente un definito
desiderio
di
urinare;
4) assente: la donna non riferisce la sensazione di riempimento vescicale o il desiderio di
urinare;
5) non-specifica: la donna non riferisce specifiche sensazioni vescicali ma pu percepire il
riempimento vescicale come una sensazione di pienezza addominale, sintomi vegetativi o
spastici.

Sintomi della fase di svuotamento vescicale:

flusso lento: riportato dalla paziente come una propria sensazione di ridotto flusso
urinario, confrontato con quanto avveniva di solito in passato o quanto avviene ad altri
soggetti;
splitting or spraying: flusso di urina interrotto a spray;
flusso intermittente (intermittenza): il termine usato quando la paziente descrive un
flusso urinario che si interrompe e riparte, in una o pi occasioni, durante la minzione;
esitazione: il termine usato quando una paziente descrive difficolt nell'iniziare la
minzione con un ritardo nell'inizio del flusso una volta che si pronti ad urinare;
spinta: per urinare descrive lo sforzo muscolare usato o per iniziare o per mantenere o per
aumentare il flusso urinario;
sgocciolamento terminale: il termine usato quando un individuo descrive una parte finale
prolungata della minzione, quando il flusso diventa goccia a goccia.

Sintomi della fase postminzionale:

sensazione di incompleto svuotamento: un termine autoesplicativo che sta ad indicare la


sensazione di persistente pienezza vescicale dopo la minzione;
gocciolamento postminzionale: il termine usato per descrivere una perdita involontaria di
urina immediatamente dopo la fine della minzione, di solito nel momento in cui una donna
si alza dalla toilette.

Sintomi associati ai rapporti sessuali


Dispareunia, secchezza vaginale e incontinenza, sono tra i sintomi che una donna pu descrivere
durante o subito dopo un rapporto sessuale. Questi sintomi dovrebbero essere descritti nella
maniera pi esaustiva possibile.
Sintomi dolorosi del tratto genitale e delle basse vie urinarie
Il dolore, il fastidio e la pressione fanno parte di uno spettro di sensazioni anomale riferite dalle
pazienti. Il dolore produce un grandissimo impatto sulla paziente e pu essere correlato al

riempimento o allo svuotamento vescicale, pu essere riferito dopo la minzione o pu essere


continuo. Il dolore dovrebbe anche essere caratterizzato in base al tipo, la frequenza, la durata,
fattori precipitanti e di sollievo e dalla localizzazione in base alla seguente classificazione:

dolore vescicale: riferito in sede sovrapubica o retropubica, di solito aumenta con il


riempimento vescicale e pu persistere dopo la minzione;
dolore uretrale: viene riferito ed indicato specificamente a partenza uretrale dalla
paziente;
dolore vulvare: riferito a livello ed attorno ai genitali esterni;
dolore vaginale: riferito internamente, sopra l'introito;
dolore perineale: riferito nella donna tra la parte posteriore della forchetta e l'ano;
dolore pelvico: peggio definito rispetto alle condizioni precedenti, chiaramente legato al
ciclo minzionale o alla funzione intestinale e non localizzato ad un singolo specifico
organo pelvico.

Prolasso genitale
Introduzione
Nella pratica ginecologica quotidiana il riscontro di un prolasso genitale una condizione
estremamente comune, presente in circa il 50% di donne che hanno partorito per via vaginale. Di
queste solo il 10-20% sintomatico (2).
Anamnesi
Oltre ad un'anamnesi generale ostetrico-ginecologica come quella descritta in precedenza,
dovrebbero essere poste domande specifiche inerenti a disordini del connettivo, pregressi
interventi pelvici (3) (4), la presenza di sintomi urinari e/o anali e la funzione sessuale.
La Tabella I mostra la prevalenza dei sintomi maggiormente associati al prolasso.
Particolare attenzione si dovrebbe porre all'impatto di questa condizione sulla qualit di vita
soprattutto per la scelta del trattamento. Il body mass index (kg/m2) dovrebbe sempre essere
annotato.
Esame Obiettivo
Sulla base della raccolta anamnestica, si dovr quindi personalizzare l'esame obiettivo, che dovr
quindi includere, oltre alla comune valutazione ginecologica, una valutazione generale relativa
a:

stato mentale: valutazione della memoria (presente e passata), orientamento,


comprensione, cultura generale;
destrezza manuale e mobilit: per l'individuazione di pazienti autosufficienti;
valutazione dei nervi cranici: ha scarsa rilevanza eccetto nei casi di lesione cerebrale nota
o disturbo neurologico generalizzato (ad es. neurite ottica associata a nistagmo orizzontale
o verticale in caso di sclerosi multipla);
funzione cerebellare: test di coordinazione dito-naso e tallone-tibia controlaterale;
valutazione della forza muscolare: valutazione del trofismo muscolare, fascicolazioni,
spasticit e rigidit della muscolatura scheletrica. La forza muscolare viene valutata
facendo compiere alla paziente movimenti contro una resistenza e opponendo resistenza
durante l'esecuzione degli stessi;
valutazione dei riflessi osteo-tendinei (ROT): la loro evocazione indice di integrit dei
segmenti spinali e delle funzioni sopra segmentali. Nelle lesioni sopranucleari si manifesta
iperriflessia dei ROT. In pazienti con lesione della cauda equina e neuropatia periferica i
ROT sono invece spesso diminuiti o completamente assenti. Lo sfregamento della pianta

del piede evoca normalmente una flessione plantare delle dita (segno di Babinski); una
risposta anomala (segno di Babinski positivo) produce una dorsiflessione delle dita e indica
un'interruzione del tratto cortico-spinale;
valutazione della funzione sensitiva: le vie spinali da testare sono il tratto spino-talamico
laterale (dolore, temperatura), le colonne posteriori (posizione, vibrazione, sfioramento), il
tratto spino-talamico anteriore (sfregamento). Queste valutazioni devono essere riferite ad
una mappa sensitiva di dermatomeri che sono aree cutanee innervate da un nervo
sensitivo proveniente da una singola radice nervosa;
valutazione dell'integrit del midollo sacrale: i segmenti da S2 a S4 contengono importanti
neuroni coinvolti nel meccanismo della minzione.

Lo sfintere anale esterno (m. striato) rappresentativo dell'integrit del pavimento pelvico; di
questo si valuta il tono muscolare mediante esplorazione digitale e contrazione volontaria dello
stesso.
Una vescica o un'ampolla rettale replete possono interferire con il riflesso sfinterico, pur non
influenzando il tono muscolare. La presenza di una contrazione volontaria indica integrit di
innervazione del pavimento pelvico sia segmentale che sopra-sacrale. Un tono conservato in
assenza di contrazione volontaria depone per una lesione soprasacrale, mentre una sua
diminuzione indica un'anomalia dei nervi sacrali o periferici. I riflessi dello sfintere anale, del m.
bulbocavernoso, della tosse, determinano una contrazione riflessa del pavimento pelvico. Toccando
la cute lateralmente all'ano si evoca il riflesso anale, mentre la sollecitazione del clitoride evoca la
contrazione dei muscoli bulbocavernoso e ischiocavernoso. L'evocazione di questi riflessi indice di
integrit midollare (segmenti lombari e sacrali).
La valutazione ginecologica dovrebbe includere l'ispezione: particolare attenzione dovrebbe
essere posta a segni di pregressi interventi (cicatrici addominali o perineali), trofismo cutaneo e
mucoso, beanza vulvare, corpo perineale compromesso o evidente prolasso. inoltre importante
poter oggettivare la presenza di incontinenza urinaria facendo eseguire alla paziente, in condizioni
di ripienezza vescicale, ripetuti colpi di tosse o la manovra di Valsalva (Fig. 1). In maniera pi
standardizzata questa manovra prende il nome di Stress Test, di cui sono state proposte diverse
varianti (6)-(13). In caso di prolasso l'incontinenza urinaria da sforzo pu essere mascherata fino
al 59% dei casi (14); in questi casi consigliabile eseguire uno Stress Test con un pessario o un
tampone inserito in vagina (14) (15).
Per facilitare l'ispezione dei genitali interni utile l'utilizzo dello speculum di Sim, oppure la valva
posteriore di uno speculum vaginale. La pinza di Baden pu aiutare nell'identificare specifici difetti
fasciali, che possono essere distinti anteriormente e posteriormente in trasversi, laterali e mediani,
sebbene la loro rilevanza clinica sia ancora controversa (Fig. 2).
Se la parte prolassata pu essere ridotta completamente, sia anteriormente sia posteriormente,
con una pinza di Baden orientata verso le spine ischiatiche, questo indica un difetto paravaginale
(laterale). Un altro segno del difetto laterale la persistenza delle pliche vaginali trasversali sotto
Valsalva. Se si eleva solo da un lato il solco vaginale, possibile differenziare i difetti paravaginali
bilaterali e unilaterali. I difetti mediani (longitudinali) o superiori (trasversi) possono essere
valutati in caso di persistenza di un descensus. Un prolasso dovrebbe sempre essere valutato sotto
Valsalva massimale (Figg. 3-5).
In queste condizioni anche importante verificare il grado di discesa del perineo, che
considerato clinicamente rilevante quando maggiore di 4 cm, essendo associato a disordini di
defecazione (16). Risulta ancora controverso se visitare una donna con prolasso in posizione
litotomica o ortostatica possa portare a diverse conclusioni. Tuttavia possibile riscontrare un
maggior numero di prolassi quando si esamina la donna in posizione ortostatica (17)-(19). utile
a volte l'utilizzo di uno specchio per avere la conferma da parte della paziente che il prolasso
riscontrato in quel momento corrisponda a quello che lamenta quotidianamente. Si dovrebbe
inoltre valutare la presenza di disordini del connettivo e di ipermobilit articolare ( 20) (21). La
porzione superiore della vagina ancorata alla parete pelvica e al sacro. Il paracolpo e i legamenti
uterosacrali sospendono questa parte della vagina. Una lesione a questo livello (I livello di De
Lancey) produce un'eversione vaginale (e/o un culdocele). Questi difetti di solito avvengono in
diverse combinazioni tra loro, causando una notevole diversit clinica dei problemi legati

nell'insieme al prolasso degli organi pelvici.


Sistemi di classificazione del prolasso genitale
Diversi sistemi di valutazione del prolasso sono stati proposti negli anni passati. Tuttavia, dopo
oltre 20 anni di elaborazione e validazione (22)-(25), l'ICS ha finalmente adottato un documento
di standardizzazione sulla quantificazione del prolasso degli organi pelvici (POPQ) (Fig. 6). Nel
1996 lo stesso documento stato accettato anche dalla Society of Gynaecologic Surgeons e
dall'American Urogynaecologic Society.
Il Comitato dell'ICS ha disegnato un sistema di score quantitativo del sito specifico, identificando 6
punti definiti della parete vaginale (2 anteriori, 2 posteriori, 2 apicali), considerando la loro
relazione con un punto fisso, l'imene, misurato in centimetri.
Un valore numerico negativo viene assegnato se il sito misurato localizzato sopra o
prossimalmente al piatto imenale, un numero positivo viene assegnato al sito posto al di sotto o
distalmente all'imene, essendo quest'ultimo lo zero di riferimento. Tre misure ulteriori vengono
calcolate come valori assoluti: lo iato genitale, il corpo perineale e la lunghezza vaginale totale.
Una griglia 3 x 3 viene di solito utilizzata per annotare le misurazioni (Fig. 6).
Alla fine viene assegnato uno stage in relazione alla parte pi protrudente del prolasso, come
illustrato nella Tabella II.
Il sistema di valutazione del prolasso dell'ICS al momento quello raccomandabile per
pubblicazioni scientifiche a causa della sua ottima riproducibilit.
Tra gli altri sistemi di gradazione del prolasso da ricordare l'Half Way System (26) - proposto nel
1968 da Baden and Walker. Con questo sistema il prolasso viene valutato durante manovra di
Valsala massimale. Ciascun segmento vaginale che scende al di sotto dell'asse che idealmente
divide in due porzioni uguali la vagina (e identificato come passante per le spine ischiatiche) viene
considerato anormale. In questo sistema vengono considerati l'uretra, la vescica, la cervice (o la
cupola vaginale), il cul-de-sac ed il retto. La Tabella III illustra le caratteristiche dei diversi gradi.
Esame bimanuale: durante l'esame bimanuale importante verificare la presenza di prolasso di
uno specifico compartimento vaginale visualizzato all'ispezione, l'eventuale presenza di ristagno
post-minzionale (specialmente in presenza di un cistocele di 3 o 4 grado, che hanno
un'associazione urodinamicamente dimostrata con problemi ostruttivi nel 58% dei casi (27) e di
diverticoli a livello uretrale). Inoltre si deve sempre valutare la mobilit della giunzione uretrovescicale, specialmente quando si pensa, per quella determinata paziente, ad un intervento
chirurgico anti-incontinenza. A tal fine possibile l'ausilio di un test, chiamato Q-tip. Questo
consiste nell'introduzione, in posizione litotomica, di un Q-tip sterile di cotone nell'uretra a livello
del collo vescicale; usando un goniometro ortopedico si misura l'angolo tra il Q-tip ed il piano
orizzontale chiedendo alla paziente di spingere con forza. Il movimento rotatorio del collo vescicale
attorno la sinfisi pubica causa lo spostamento del Q-tip in senso craniale. Normalmente questo
angolo tra 0-15; nei pazienti con incontinenza urodinamica da sforzo (USI) l'angolo aumenta
di 20 gradi o pi (range 50-60): questo fornisce l'evidenza oggettiva di un'ipermobilit del collo
vescicale. Il test considerato positivo quando l'angolo sotto sforzo maggiore di 30 sul piano
orizzontale. Non tutti i pazienti con Q-tip test positivo hanno USI; questo indica che il Q-tip test
non correlato in modo specifico alla diagnosi (28)-(36).
L'esame bimanuale si esegue per determinare le dimensioni dei genitali interni: vagina, utero e
ovaie. anche importante riconoscere la presenza di un elongatio colli. Posteriormente, un esame
digitale rettale utile per verificare il coinvolgimento rettale (o del piccolo intestino in caso di
enterocele abitato), il tono dello sfintere (sia a riposo che in contrazione) e verificare la presenza
di fecalomi o masse rettali.
inoltre fondamentale nell'esame fisico considerare la funzione della muscolatura pelvica

mediante: 1) una valutazione della capacit della paziente di contrarre e rilassare selettivamente
la muscolatura pelvica (ad esempio eseguendo una contrazione senza l'utilizzo dei muscoli
addominali e viceversa); 2) la misurazione della forza della contrazione. Spesso le donne attivano
erroneamente altri muscoli: piuttosto comune verificare, durante una richiesta di contrazione
della muscolatura pelvica, una concomitante contrazione dei muscoli addominali, dei glutei e degli
adduttori delle cosce, oppure durante l'esecuzione di una manovra di Valsala, il trattenere il respiro
o una respirazione forzata. Queste condizioni devono sempre essere annotate quando si valuta la
funzionalit dei muscoli pelvici. Quest'ultima pu essere quantitativamente definita dal tono a
riposo e dalla forza di una contrazione volontaria o riflessa come forte, debole o assente o da un
sistema di gradazione validato (come ad esempio quello di Oxford con una scala da 1 a 5). Una
contrazione della muscolatura pelvica pu essere valutata all'ispezione, dalla palpazione o
mediante elettromiografia o perineometria. I fattori da considerare includono la forza, la durata
della contrazione, la ripetibilit e la simmetria (37).

ANAMNESI E SEMEIOTICA CLINICA


R. Milani S. Salvatore M. Soligo
Divisione di Ginecologia Chirurgica, Azienda Ospedaliera "S. Gerardo" di Monza, Ospedale Bassini, Universit di
Milano Bicocca

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Tab.
I
Prevalenza in percentuale dei sintomi maggiormente associati a prolasso genitale (da Addison et
al. 1988 (5))
Sintomi

Prevalenza (%)

Senso di protrusione

> 90

Pressione

> 90

Coito difficile

37

Difficolt minzionali

33

Incontinenza urinaria

33

Difficolt nel camminare

25

Difficolt nella defecazione

25

Dolore pelvico

17

Frequenza urinaria/urgenza

14

Nausea

10

Dolore lombare

10

Irritazione mucosa

10

Fig.
Dimostrazione della fuga di urina sotto colpo di tosse in corso di esame obiettivo

Fig.
Strumenti per la valutazione clinica del prolasso genitale: valva di Sim e pinza di Baden

Fig.
3
Valutazione clinica del colpocele anteriore mediante valva di Sim e Pinza di Baden: difetto laterale

Fig.
4
Valutazione clinica del colpocele anteriore mediante valva di Sim e pinza di Baden: fornice
anteriore annullato per la presenza di un difetto fasciale trasversale alto

Fig.
5
Valutazione clinica del colpocele posteriore mediante valva di Sim e Pinza di Baden: difetto fasciale
mediano

Fig.
6
Sei siti vaginali (Aa, Ba, C, D, Bp, Ap), lo iato genitale (gh), il corpo perineale (pb), la lunghezza
totale vaginale (tvl) vengono usati nel sistema di valutazione di prolasso dellICS

Tab.
ICS Sistema di staging ordinale del prolasso degli organi pelvici
Stage 0

Punti Aa, Ap, Ba, & Bp sono tutti a 3 cm e o il punto C o D sono a < (X
2) cm

Stage I

I criteri per lo Stage 0 non sono soddisfatti e la parte pi protrudente del


prolasso < 1

Stage II

La parte pi protrudente del prolasso > 1 ma < 1

Stage III

La parte pi protrudente del prolasso > +1 cm ma < +(X 2) cm

Stage IV

La parte pi protrudente del prolasso > +(X 2) cm

II

X = lunghezza vaginale totale in centimetri negli Stage 0, III, e IV

Tab.
Sistema di valutazione del prolasso Half Way System
Grado 0

Non vi parte protrudente al di sotto dellasse che passa per le spine


ischiatiche

Grado I

Parte protrudente tra lasse che passa per le spine ischiatiche e limene

Grado II

Parte protrudente che arriva allimene

III

Grado III

Parte protrudente a met strada oltre limene

Grado IV

Parte protrudente completamente al di fuori dellimene

SEMEIOTICA STRUMENTALE
S. Schnauer P.S. Anastasio S. Epifani M. Cocca A. Sassanelli M.M. Schnauer G. Arcidiacono*
Clinica Ostetrica e Ginecologica I, Universit di Bari; * Clinica Ostetrica e Ginecologica, Universit di Pisa

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
La consapevolezza che l'incontinenza urinaria pu essere un evento interno alla sintomatologia del
prolasso degli organi pelvici e, nel contempo, il risultato di differenti disfunzioni vescico-uretrali, d
ragione del fatto che molti esperti concordano sulla necessit, soprattutto prima di una qualunque
terapia chirurgica, di aggiungere valutazioni strumentali alla diagnosi clinica per quanto accurata e
sostenuta da test ancillari non invasivi.
Nella Tabella I sono riportate le condizioni che, secondo le raccomandazioni finali della 2nd
International Consultation on Incontinence (ICI) (1), richiedono un approfondimento diagnostico
strumentale che consiste sostanzialmente in un'integrazione di differenti metodiche:
indagini urodinamiche;
imaging della pelvi e del basso tratto urinario con differenti modalit;
esami endoscopici.
Non vi , per, una univoca identificazione delle indicazioni, dei tempi e delle modalit di questa
integrazione.
Scopo di questa trattazione di valutare queste metodiche alla luce degli sviluppi della tecnologia
e dei progressi nella comprensione della fisiopatologia del prolasso genitale e dell'incontinenza
urinaria, privilegiando il valore clinico delle informazioni che da esse provengono.
Indagini urodinamiche
Con il termine urodinamica indichiamo "una valutazione funzionale del basso tratto urinario che ha
il fine di fornire spiegazioni fisiopatologiche obiettive per sintomi e/o disfunzioni dell'apparato
urinario basso ed alto" (2).
Lo studio urodinamico, in realt, comprende una serie di test che dovrebbero essere selezionati
per rispondere a specifici quesiti e per esplorare specifiche funzioni.
Nelle pazienti che presentano il sintomo o il segno di incontinenza, l'esame urodinamico si pone i
seguenti obiettivi:
identificare o escludere le cause di incontinenza e definirne il peso relativo nella singola
paziente;

ottenere informazioni su altri aspetti della disfunzione del basso tratto urinario;
predire l'esito di un determinato trattamento, ivi compresi gli effetti indesiderati.

Bench pochi dati provino che l'urodinamica riesca a raggiungere questi obiettivi, essa viene
considerata da molti di importanza cruciale nella valutazione della donna incontinente (3). Ci
spiegabile tenendo conto che l'urodinamica la sola metodica che esplora e, quindi, pu
descrivere la funzione o la disfunzione; per questo rappresenta il punto di riferimento per le altre.
D'altro lato per molte variabili urodinamiche difficile definire valori chiari di normalit ed
anormalit poich il sintomo incontinenza il risultato di uno spettro complesso di alterazioni
anatomiche e funzionali che pu produrre confondimento.
In presenza di incontinenza le indagini pi importanti sono quelle tese a dimostrare le condizioni in
cui l'incontinenza stessa si verifica: la cistomanometria, l'urodinamica ambulatoriale, la
misurazione delle pressioni uretrali e del leak point pressure, sono esami finalizzati a questo
obiettivo.
L'uroflussometria e lo studio pressione flusso (P/F), che studiano la fase di svuotamento vescicale,
rappresentano esempi di indagini che contribuiscono a definire il quadro generale in cui il sintomo
si verifica e quindi il trattamento pi adeguato.
Prima di valutare i singoli esami urodinamici importante ricordare che la loro esecuzione deve
rispettare alcune semplici regole:

l'osservatore deve essere consapevole che le misurazioni urodinamiche sono assai


suscettibili ad artefatti e che sua responsabilit identificarli ed eliminarli prontamente;
la descrizione dei metodi utilizzati e delle condizioni di studio essenziale. fondamentale
attenersi agli standard indicati dall'ICS per quanto riguarda l'esecuzione, la refertazione
(4), la terminologia (5), seguendo le regole della cosiddetta good urodynamic practice (6);
durante gli esami bisogna garantire alla paziente attenzione piena, rispetto della persona e
una buona comunicazione, accertandosi di comprendere bene e di farsi ben comprendere.

Cistomanometria multicanale
La centralit di questa indagine nel processo diagnostico dimostrata dal fatto che l'ICS,
abbandonando il termine incontinenza da sforzo genuina, definisce come incontinenza da sforzo
urodinamica "la perdita involontaria di urine durante un aumento della pressione addominale, in
assenza di contrazioni del detrusore, osservata nel corso di una cistomanometria di riempimento"
(5).
L'esame consiste nella misurazione continua della relazione pressione-volume all'interno della
vescica, con l'obiettivo di definire la sensibilit, l'attivit del detrusore, la compliance vescicale e la
capacit vescicale.
La metodica prevede la misurazione contemporanea della pressione vescicale e di quella
addominale. La sottrazione elettronica di quest'ultima permette di calcolare la pressione
detrusoriale, che quella con l'importanza clinica maggiore. La registrazione contemporanea della
pressione uretrale permetter di eseguire una uretrocistomanometria.
I trasduttori di pressione utilizzati in urodinamica sono di due tipi: esterni, collegati mediante tubi
pieni di liquido alle sonde vescicali, rettali o vaginali oppure interni montati su un catetere
(microtip). Entrambi funzionano con il meccanismo dello strain gauge.
Il riempimento vescicale viene eseguito con fisiologica sterile a temperatura ambiente o corporea,
attraverso una pompa peristaltica che rende costante il flusso di riempimento. Non viene pi
utilizzata, ed il suo uso non raccomandato, la CO2 come mezzo di distensione vescicale.
La velocit di infusione non viene pi suddivisa in lenta, media e veloce, bens in fisiologica o non
fisiologica, a seconda che sia inferiore o superiore a quella massima prevista calcolata in base al

peso corporeo della paziente.


Un catetere a doppio o triplo lume di Ch < 8 consente l'infusione e la registrazione delle pressioni
vescicali o vescico-uretrali.
La pressione addominale viene registrata con una sonda a palloncino posizionata nel retto o in
vagina.
Quando si utilizzano i trasduttori esterni questi vanno azzerati alla pressione atmosferica
assicurandosi che siano posizionati all'altezza del punto convenzionale di riferimento che il
margine superiore della sinfisi pubica, prima di connetterli al catetere o alla sonda rettale.
Il riempimento vescicale deve iniziare sempre a vescica vuota, con la paziente in posizione supina
o, preferibilmente, seduta. Al fine di migliorare la sensibilit dell'esame (7), il soggetto viene
istruito a comunicare le sue sensazioni senza inibire volontariamente la minzione, n cercare di
urinare.
Verranno definiti: la prima sensazione di riempimento vescicale, il primo desiderio minzionale
(minzione dilazionabile in caso di necessit), il forte desiderio di mingere (assente il timore di
perdere urina), l'urgenza (presenza di dolore o timore di perdere urina).
Parte importante dell'esame costituita dall'esecuzione di manovre provocative atte a dimostrare
un'incontinenza da sforzo urodinamica o ad evidenziare l'iperattivit del detrusore. Queste
manovre consistono nello:

eseguire l'esame in ortostasi;


eseguire colpi di tosse ripetuti;
cambiare posizione;
lavarsi le mani;
sentire il rumore di acqua corrente;
attendere seduta sulla comoda a vescica piena per 1 minuto.

Allo stato non sono determinati valori "normali" di volumi e pressioni per le diverse sensazioni, n
per la capacit. Per gli adulti si considera normale una capacit vescicale di 300-600 ml.
Il termine di vescica ipersensibile, frequentemente utilizzato, identifica la condizione per la quale il
primo stimolo minzionale viene avvertito a meno di 100 ml di riempimento, persiste, aumenta e
limita la capacit cistometrica a meno di 250 ml.
L'attivit del detrusore durante il riempimento pu essere normale o iperattiva. L'iperattivit
detrusoriale consiste nell'osservazione della comparsa spontanea o provocata di contrazioni
involontarie del detrusore. Non viene pi definito un limite minimo di ampiezza delle contrazioni, in
precedenza posto a 15 cm H2O, anche se va esclusa con grande attenzione la possibilit di
artefatti in presenza di aumenti pressori contenuti entro 5 cm H2O.
Si distinguono un'iperattivit fasica, caratterizzata da contrazioni con una forma d'onda
caratteristica ed un'iperattivit terminale in cui presente una contrazione singola, involontaria,
non sopprimibile del detrusore che avviene alla capacit cistometrica ed esita in perdita di urina e
svuotamento vescicale.
La compliance descrive il rapporto tra variazioni del volume di riempimento vescicale e variazioni
corrispondenti della pressione detrusoriale. L'ICS raccomanda di calcolarla tenendo conto di
almeno 2 punti standard: 1) la pressione detrusoriale all'inizio del riempimento ed il volume
corrispondente (di solito 0); 2) la pressione detrusoriale ed il corrispondente volume al
raggiungimento della capacit cistometrica. Non definito un valore soglia discriminante, ma sono
stati suggeriti come limite inferiore della norma valori compresi tra 12,5-30 ml/cm H2O.

Nella Figura 1 sono mostrate le curve della pressione detrusoriale nel normale e nelle condizioni
patologiche menzionate.
L'incontinenza da sforzo urodinamica si dimostra, nel corso della cistomanometria, chiedendo alla
paziente di tossire e di eseguire la manovra di Valsalva. A paziente seduta utile usare il
flussometro come registratore delle fughe di urina; mentre a paziente in ortostasi, meglio
utilizzare come rilevatori della perdita di urina dei fazzolettini di carta appoggiati al meato uretrale
esterno. Tale accorgimento utile alla diagnosi e pu essere meno imbarazzante per la paziente
rispetto all'ispezione visiva diretta.
L'osservazione, invece, di fughe di urina determinate da contrazioni involontarie del detrusore,
spontanee o provocate, verr definita incontinenza da iperattivit detrusoriale.
Valutazione della funzione uretrale
Un meccanismo di chiusura uretrale normale, durante il riempimento vescicale, mantiene una
pressione intrauretrale superiore a quella intravescicale, anche in presenza di aumenti della
pressione addominale. Questo meccanismo definito incompetente quando permette il passaggio
di urine in assenza di una contrazione detrusoriale.
Diversamente dalla precedentemente definita incontinenza da sforzo urodinamica, sar definita
come incontinenza da rilasciamento uretrale quella dovuta ad una diminuzione della pressione
uretrale in assenza di iperattivit del detrusore o di aumenti della pressione addominale.
Nel corso di una uretrocistomanometria questa
inappropriato decremento della pressione uretrale.

condizione

verr

riconosciuta

come

un

Profilo pressorio uretrale


Il profilo pressorio uretrale il grafico ottenuto misurando la pressione endoluminale per tutta la
lunghezza dell'uretra.
Questa misurazione pu essere eseguita a riposo o sotto colpi di tosse.
necessaria la contemporanea misurazione della pressione vescicale onde sottrarla a quella
uretrale e potere calcolare la pressione di chiusura.
Le metodiche pi comunemente usate per la misurazione sono i profili a perfusione e quelli
ottenuti con microtrasduttore.
I risultati delle differenti misurazioni sono diversi e non sono ben riproducibili. La perfusione
avviene utilizzando una pompa pneumo-idraulica che garantisce un flusso costante evitando
artefatti oppure collegando una pompa peristaltica ad una camera di smorzamento, infondendo a
velocit costante (preferibilmente 2 ml/minuto) ed estraendo il catetere anch'esso a velocit
costante (1 mm/secondo) per mezzo di un retrattore meccanico o elettrico cui collegato. Il
catetere deve avere Ch < 10 e 2-8 fori di perfusione laterali posti a 5 cm dalla punta. Ci che in
realt il trasduttore misura la pressione necessaria ad allontanare l'uretra, altrimenti chiusa, e
permettere al liquido di perfusione di fuoriuscire dai fori laterali del catetere.
Artefatti possono essere determinati modificando i parametri della velocit di infusione o della
velocit di retrazione.
buona regola accertarsi della riproducibilit del dato ripetendo l'esame almeno 2 volte. Dopo il
profilo statico si esegue un profilo dinamico, invitando la paziente a tossire ripetutamente durante
la retrazione del catetere.
Il profilo uretrale con trasduttori si avvale dell'uso di 2 trasduttori di pressione miniaturizzati e

montati su piccoli cateteri flessibili uno all'estremit e l'altro a 5 cm di distanza. Le modalit di


esecuzione dell'esame ed i parametri registrati sono gli stessi del profilo a perfusione ma la
pressione misurata quella esercitata dalla parete uretrale sul trasduttore.
A fronte di una maggiore accuratezza delle misurazioni, che consente di registrare le brusche
variazioni pressorie del profilo dinamico, i trasduttori presentano, in maniera pi marcata, artefatti
rotazionali, legati al variabile orientamento del microtrasduttore lungo la circonferenza dell'uretra,
che non sempre vengono evitati orientandoli lateralmente.
Nella Figura 2 viene mostrato lo schema del profilo pressorio statico.
I principali parametri valutati nel profilo uretrale sono:

pressione uretrale massima (PUM): la massima pressione del profilo; si osserva di solito
al terzo medio o nel segmento distale dell'uretra ed esercitata sia dalla muscolatura liscia
uretrale che dai muscoli striati del pavimento pelvico; essa tende a diminuire con
l'avanzare dell'et (da valori di 70-95 cm H2O all'et di 30 anni si passa a valori di 55-70
cm H2O a 60 anni);
pressione uretrale massima di chiusura (MUCP): la massima differenza tra le pressioni
uretrale e vescicale; per il mantenimento della continenza essa deve rimanere positiva. I
valori normali nelle donne si aggirano intorno a 40-70 +/- 5%;
lunghezza funzionale del profilo (LF): la lunghezza dell'uretra in corrispondenza della
quale la pressione uretrale supera quella vescicale; normalmente di circa 3 cm;
rapporto di trasmissione della pressione ("pressure trasmission ratio" o PTR); il rapporto
percentuale tra l'incremento pressorio uretrale sotto sforzo ed il simultaneo incremento
pressorio endovescicale; normalmente dovrebbe essere prossimo al 100% (> 90%), ma
non esistono precisi valori soglia; un difetto della trasmissione degli aumenti di pressione
addominale all'uretra indicativo di incompetenza uretrale.

Alcuni apparecchi di urodinamica sono dotati di software per calcolare automaticamente l'area di
continenza ed il carico di lavoro che essa pu sopportare.
Il valore diagnostico del profilo uretrale resta limitato perch i suoi risultati a riposo e sotto sforzo
sono fortemente influenzati da fattori biologici e metodologici tali che esso non riesce a
discriminare tra loro gruppi diversi di pazienti. Esso sembrava poter avere un ruolo
nell'identificazione di un gruppo di pazienti a maggior rischio di insuccesso chirurgico caratterizzato
dalla cosiddetta "uretra a bassa pressione" (MUCP < 20 cm H2O), ma il risultato di studi
retrospettivi e prospettici randomizzati (8) ha negato questa possibilit.
possibile che il test abbia un ruolo nella diagnosi di una condizione ancora scarsamente definita
come l'insufficienza sfinterica intrinseca (ISD) dell'uretra.
Mantenendo il catetere di misurazione fermo nel punto di massima chiusura uretrale, perfondendo
e misurando in continuo la pressione per alcuni minuti si pu dimostrare, in maniera diversa dalla
uretrocistomanometria, l'esistenza di inappropriato rilasciamento uretrale.
Leak point pressure
Viene definito Abdominal Leak Point Pressure (ALPP) il valore assoluto minimo di pressione
intravescicale al quale si verifica la perdita di urine, sotto sforzo, in assenza di una contrazione del
detrusore.
La tecnica originale, messa a punto da McGuire (9), prevedeva la misurazione dell'ALPP nel corso
di un esame videourodinamico, su una paziente in ortostasi, avendo posizionato un catetere a
triplo lume Ch10 che consentiva la misurazione della pressione uretrale nel punto di massima
pressione uretrale e l'infusione di mezzo di contrasto. Ad un volume di 250 cc si invitava la
paziente ad aumentare progressivamente e gradualmente la pressione intraddominale con il
Valsalva, riservando i colpi di tosse ai casi di mancata evidenziazione dell'incontinenza. In

concomitanza con l'eventuale fuga di mezzo di contrasto, si registrava la pressione intravescicale


pi bassa che l'ALPP.
Il test pu essere eseguito al di fuori di questo contesto, in un normale esame urodinamico. In
questo caso importante standardizzare tutti i parametri che possono influenzare la misurazione:

posizione della paziente;


tipo e calibro del catetere vescicale (Ch 6-8);
riempimento vescicale (200-300 ml);
tipo di ALPP misurato (vescicale, rettale o vaginale);
modalit di rilevazione delle fughe di urina.

Il test sar riproducibile solo se il metodo di rilevazione sar mantenuto costante. Per migliorare
l'accuratezza dell'indagine opportuno ripetere l'esame pi di una volta. Il colorare la soluzione
instillata in vescica pu contribuire ad aumentare la sensibilit dell'esame. Talora quando neanche
i colpi di tosse evidenziano l'incontinenza, ci si pu adattare a rimuovere il catetere vescicale e
misurare solo la pressione addominale.
L'incapacit della paziente a produrre significativi aumenti di pressione, condiziona il valore
diagnostico dell'esame.
Nel senso opposto, valori falsamente elevati possono essere determinati da contrazioni volontarie
dello sfintere striato dell'uretra o, come vedremo pi oltre, da prolassi di grado 3. Nonostante
queste limitazioni, l'ALPP un test interessante perch offre una misura diretta del contributo
dell'uretra alla continenza e permette un orientamento diagnostico funzionale. Utilizzando la
metodologia proposta da McGuire, valori di ALPP > 90 cm H2O suggeriscono che l'incontinenza
urinaria da sforzo sia correlata ad ipermobilit, mentre valori < 60 cm H2O suggeriscono una ISD;
valori compresi tra 60-90 cm H2O rappresentano la zona grigia. Questi valori andranno validati nei
laboratori di urodinamica in funzione del metodo di rilevazione scelto.
Uroflussometria
un esame semplice, non invasivo e relativamente poco costoso teso ad evidenziare, o escludere,
l'esistenza di un disturbo dello svuotamento ed inferirne, se possibile, la causa.
Un trasduttore di flusso misura il volume di urina emesso nell'unit di tempo dalla paziente mentre
minge seduta su di una comoda, opportunamente modificata, in condizioni di riservatezza e senza
eccessive interferenze ambientali.
Per la validit dell'esame opportuno:

informare la donna della opportunit di "urinare come a casa";


evitare che sia preceduto da un cateterismo;
avere un volume minto non inferiore a 150-200 ml e nel contempo evitare sovradistensioni
vescicali;
misurare accuratamente il residuo post-minzionale subito dopo la fine dell'uroflussometria.

I flussimetri moderni misurano e mostrano in automatico le variabili da considerare: flusso


massimo (Q max), volume minto, tempo di minzione, flusso medio, tempo al flusso massimo. La
lettura elettronica impone che si eliminino gli artefatti (fluttuazioni di durata < 2") prima di
procedere alla valutazione.
Da un punto di vista clinico i parametri significativi sono il flusso massimo e la valutazione della
morfologia del tracciato. Nelle donne un flusso massimo < 15 ml/sec considerato anomalo.
La morfologia del tracciato pu essere continua o intermittente. Nel grafico di un flusso continuo

possiamo riconoscere differenti morfologie che vengono esemplificate nella Figura 3: "a campana"
(l'unica veramente normale), fluttuante con molteplici picchi, piatta a "plateau" o con fase
discendente allungata.
La misurazione del flusso massimo non sufficiente a discriminare fra pazienti ostruite e non, ma
in presenza di un volume minto e di un flusso massimo normali ed in assenza di un residuo post
minzionale, assai improbabile che vi sia una ostruzione infravescicale o una ipoattivit del
detrusore. Per contro un flusso massimo basso con o senza residuo pu essere segno di un
significativo problema di svuotamento: l'ostruzione cervico uretrale rara nelle donne ma almeno
il 30% delle donne ostruite presenta incontinenza e una inadeguata contrazione del detrusore pu
essere correlata a fenomeni di invecchiamento o ad un ampio cistocele.
La coesistenza di un flusso massimo basso e di una morfologia del tracciato a "plateau" rinforza il
sospetto di ostruzione, ma la diagnosi di certezza pu essere posta solo con uno studio P/F. La
dimostrazione dell'esistenza di un'ostruzione cervico-uretrale o di un'ipoattivit detrusoriale pu
condizionare la proposta terapeutica chirurgica specie nelle donne incontinenti con prolasso
severo.
Studio pressione-flusso
Consiste nella misurazione contemporanea
contestualmente all'uroflussometria.

della

pressione

vescicale

ed

addominale

Al fine di limitare gli artefatti dipendenti dall'esame e dalle circostanze in cui si svolge opportuno
che:

le condizioni ambientali siano le stesse indicate per l'uroflussometria;


siano disponibili precedenti tracciati flussimetrici liberi per valutare la rappresentativit del
flusso attuale oggetto di esame;
l'osservatore valuti personalmente i dati grezzi di flusso e di pressione, eliminando dalla
valutazione artefatti e valori inaffidabili;
si eseguano colpi di tosse all'inizio ed alla fine dell'esame per assicurarsi il posizionamento
corretto dei rilevatori delle pressioni.

I parametri nello studio P/F di attuale interesse sono:

pressione detrusoriale massima (P det. max): il massimo valore di pressione detrusoriale


durante la fase minzionale;
pressione detrusoriale al flusso massimo (P det. Q max): pressione registrata al picco di
flusso. Occorrer tenere presente che la registrazione del flusso, a causa del tempo
necessario all'urina per raggiungere il flussometro, ritardata di circa 1" rispetto all'evento
pressorio;
gli indici uroflussimetrici gi descritti ed in particolare il flusso massimo.

Alte pressioni detrusoriali associate a bassi valori di flusso suggeriscono un'ostruzione cervicouretrale, mentre basse pressioni e bassi flussi sono indicativi di un'ipoattivit del detrusore.
Nel sesso femminile il quadro complicato dal fatto che 1/3 circa delle donne minge per
rilasciamento dell'uretra e del piano perineale senza una significativa contrazione del detrusore.
I nomogrammi sinora sviluppati per classificare l'ostruzione non sono validati nel sesso femminile.
Sono recenti (10) i tentativi di definire urodinamicamente l'ostruzione utilizzando diversi valori di
cut-off di diverse variabili. Il tentativo pi recente di Blaivas e Groutz (11) prende in
considerazione la pressione detrusoriale massima misurata durante lo studio P/F, ed il flusso max
registrato nel corso di ripetute uroflussometrie libere. In tale studio le pazienti con pressione
detrusoriale massima > 57 cm H2O sono classificate come severamente o moderatamente
ostruite, quelle con valori < 57 cm H2O erano non ostruite o lievemente ostruite in funzione del

flusso max. Il nomogramma sviluppato da questi Autori dimostrato nella Figura 4.


Si discute sulla possibilit che la dimostrazione di uno svuotamento difettoso possa predire una
prolungata ritenzione postoperatoria ed aiutarci nel counselling della paziente. Non dimostrato
che uno studio P/F sia pi affidabile dell'uroflussometria nella definizione e predizione di questo
rischio.
Restano in attesa di conferma alcune evidenze che dimostrano un eccesso di fallimenti delle sling
suburetrali nei soggetti che preoperatoriamente svuotano mediante Valsalva, mentre pressioni
detrusoriali di apertura e di chiusura pi alte si misurerebbero nelle donne in cui la chirurgia
antiincontinenza ha successo rispetto a quelle in cui la chirurgia fallisce.
Urodinamica ambulatoriale (Holter vescico uretrale)
L'urodinamica ambulatoriale consiste nella registrazione, al di fuori dell'ambulatorio di
urodinamica, delle pressioni vescicale ed addominale durante le normali attivit quotidiane.
Vengono utilizzati cateteri con microtrasduttori collegati ad un piccolo computer indossato dalla
paziente che libera di muoversi. Rispetto all'urodinamica convenzionale, l'urodinamica
ambulatoriale ha il vantaggio di utilizzare un sistema di riempimento naturale e fisiologico della
vescica e di riprodurre le attivit e le situazioni in cui i soggetti sperimentano i propri sintomi. Le
pazienti devono tenere un diario minzionale, di introduzione di liquidi, e segnalare eventi ritenuti
significativi (minzione, urgenza, fuga di urina, ecc.) premendo alcuni marcatori posti
sull'apparecchio.
Gli aspetti tecnici della registrazione e il controllo di qualit dell'esame sono particolarmente
importanti a causa dei possibili artefatti legati allo spostamento o alla "compressione" dei cateteri.
Occorre fare riferimento alle raccomandazioni ICS (12).
Si tratta di un esame di seconda istanza, da riservare a quelle persone i cui sintomi non sono
evidenziati o spiegati dall'urodinamica convenzionale. In particolare, l'urodinamica ambulatoriale
ha permesso di dimostrare in un 10-30% di pazienti con sintomi da iperattivit vescicale, un
quadro di iperattivit detrusoriale non evidenziato dall'urodinamica convenzionale.
Per contro se non si registra la pressione uretrale posizionando il trasduttore al punto di massima
chiusura e/o non si utilizzano altri metodi per evidenziare la perdita di urina (sistemi
termosensibili, conduttanza), la sensibilit diagnostica per l'incontinenza da sforzo pu essere
modesta.
Video-eco-urodinamica
Consiste nella combinazione di una cistomanometria di riempimento e di uno studio P/F con la
visualizzazione radiologica del basso tratto urinario.
A lungo considerata metodica di riferimento per la ricchezza di informazioni che riesce a fornire,
viene oggi messa in discussione perch la sua stessa complessit fonte di errore e di artefatti.
Il suo uso va riservato a pazienti con patologia neurologica o con storie complesse di disfunzione
minzionale e/o incontinenze recidive.
L'ecourodinamica possibile utilizzando la sonda rettale o quella introitale. I limiti consistono nella
necessit che la sonda ecografica sia a contatto diretto con la paziente e sulla impossibilit di
avere un'immagine globale della vescica e dell'uretra.
Diagnosticare l'insufficienza sfinterica intrinseca
L'incompetenza uretrale pu essere determinata dall'ipermobilit, dall'ISD o, pi probabilmente, da

una combinazione di queste due componenti.


Non vi accordo sul modo migliore per valutare l'ISD, la sua stessa definizione cambia a seconda
del metodo utilizzato. La diagnosi strumentale viene posta:

sulla base di un profilo pressorio: MUCP < 30 cm H2O se si utilizzano i cateteri a


perfusione; MUCP < 20 cm H2O se si utilizzano i cateteri microtip;
sulla base di un ALPP < 60 cm H2O.

Come noto, il profilo pressorio uretrale non d informazioni sulla mobilit quindi valuta una ISD a
riposo e condivide con l'ALPP problemi di standardizzazione. L'interpretazione di quest'ultimo
fortemente empirica e la corrispondenza tra valori elevati di ALPP ed ipermobilit sembra
artificiosa.
La videourodinamica, basata sull'osservazione della mobilit (13), distingue:

tipo I: fuga di urina in presenza di lieve (< 2 cm) discesa della base vescicale rispetto al
bordo superiore della sinfisi pubica;
tipo II: fuga di urina in occasione dello sforzo con discesa della base vescicale > 2 cm;
tipo IIa: solo durante lo sforzo;
tipo IIb: anche a riposo;
tipo III: collo vescicale ed uretra aperti a riposo con o senza discesa della base vescicale.

Tipo I e III rappresenterebbero gradi differenti di ISD.


Allo stato, quindi, la diagnosi di incontinenza urinaria da ISD clinica, basata sull'anamnesi (storia
di pregressa chirurgia, gravit dei sintomi) e sull'esame obiettivo (perdita di urina a vescica
"vuota", per aumenti di pressione bassissimi).
Prolasso avanzato degli organi pelvici ed urodinamica
In considerazione dell'elevata prevalenza di sintomi complessi, di et avanzata, di disturbi di
svuotamento, di incontinenza da sforzo, della presenza di ISD sino al 50% dei casi (14), le donne
con prolasso avanzato costituiscono un gruppo in cui lo studio funzionale di grande interesse e
contemporaneamente reso difficile dalla distorsione anatomica.
Pazienti con alterazioni del supporto pelvico e descensus della parete anteriore possono presentare
un'insufficiente stabilizzazione dell'uretra e conseguente incontinenza da sforzo. Il peggioramento
del prolasso pu produrre un miglioramento o la scomparsa dei sintomi attraverso la compressione
e l'inginocchiamento dell'uretra. La correzione chirurgica del prolasso pu determinare la
ricomparsa dell'incontinenza da sforzo.
Questa incontinenza da sforzo mascherata e la possibile iperattivit detrusoriale associata,
possono essere dimostrati da una cistomanometria e da uno Stress Test eseguiti dopo una
riduzione del prolasso. Questa riduzione ottenibile con differenti mezzi: pessario, tamponamento
vaginale, valva di Sims. Usando quest'ultima fondamentale evitare le trazioni verso il basso che
determinerebbero una discesa iatrogena della base vescicale. Nelle stesse condizioni di prolasso
ridotto, vanno eseguiti il profilo pressorio uretrale e la determinazione dell'ALPP per evitare che la
distorsione anatomica e la dispersione delle forze determino misurazioni falsamente alte,
impedendo il riconoscimento di una ISD.
Uroflussometria e studio P/F vanno condotti in condizioni fisiologiche per definire la presenza ed il
tipo di difetto di svuotamento.
Non chiaro se eseguire questi studi posizionando un pessario aiuti a predire gli effetti della

chirurgia.
Imaging
La visualizzazione, con mezzi e tecnologie differenti, della vescica, dell'uretra e dei rapporti tra loro
e con gli organi e le strutture pelviche, nella misura in cui identifica specifiche alterazioni
anatomiche, stata sinora ritenuta utile ai fini della pianificazione terapeutica chirugicaricostruttiva e non a quelli della diagnosi di condizione.
Le metodiche principali di imaging sono: la cistouretrografia minzionale, l'ecografia del basso
tratto urinario e del pavimento pelvico e la RMN.
Cistouretrografia minzionale
Prevede l'introduzione lenta (20 ml/min) in vescica di mezzo di contrasto iodato, idrosolubile,
evitando sovradistensioni vescicali (250-300 ml). La morfologia vescico-uretrale viene valutata
sulla base di radiogrammi in proiezione latero-laterale a riposo, sotto sforzo, in ortostasi e, durante
la minzione, con la paziente in pi fisiologica posizione seduta.
La Figura 5 mostra i diversi parametri che possono essere valutati quantitativamente:

angolo uretrovescicale posteriore: angolo tra asse uretrale e trigono; valori sino a 115
sono considerati normali;
inclinazione uretrale: angolo formato tra asse uretrale ed un piano verticale; il valore di
45 discrimina tra I e II tipo di Green;
angolo uretropelvico: angolo misurato, durante la minzione, tra una linea che unisce il
meato uretrale interno al ginocchio dell'uretra e la linea che unisce la faccia posteriore
della sinfisi pubica con il margine inferiore del forame otturatorio. Valori inferiori a 70
sono significativi di descensus vescicale;
la distanza sinfisi-meato la misurazione a riposo della distanza sull'orizzontale tra sinfisi
e meato uretrale interno. Valori inferiori a 20 mm sono significativi per descensus.

I difetti di sospensione sono valutati secondo i criteri classici di Olesen (15):

difetto anteriore: scomparsa del labbro anteriore del collo vescicale e spostamento,
consensuale, all'indietro del labbro posteriore. Sono differenziabili tre gradi del difetto a
seconda che esso sia dimostrabile solo sotto sforzo (I grado), anche a riposo (II grado) o
vi sia inversione della morfologia (III grado);
difetto posteriore: labbro anteriore conservato, collo vescicale chiuso, spostamento verso il
basso dell'intera area cervico-uretrale. Sono distinguibili tre gradi seguendo gli stessi
criteri indicati per il difetto anteriore;
trigonocele: sono coinvolti solo il trigono e la parte posteriore della vescica;
difetti misti: combinazione dei quadri morfologici precedenti.

La Figura 6 mostra schematicamente gli aspetti fondamentali dei primi due difetti.
Ecografia del basso tratto urinario e del pavimento pelvico
La diffusione, disponibilit ed accessibilit della strumentazione, l'assenza di radiazioni ionizzanti e
di mezzi di contrasto, la possibilit di standardizzare l'indagine e di avere informazioni su altri
organi pelvici, nonch la dimostrata buona corrispondenza con i risultati della cistouretrografia, la
stanno rendendo, sempre pi, indagine morfologica di prima scelta.
Ovviamente sonde ecografiche diverse daranno immagini differenti ed avranno indicazioni
differenti. Dobbiamo distinguere una:

ecografia transvaginale: sonda da 5-7,5 MHz, interferisce con l'anatomia e la funzione


dell'uretra e del collo vescicale; permette la valutazione dei muscoli elevatori dell'ano in
tutta la loro estensione permettendo misure di ampiezza pi precise rispetto all'approccio
perineale, la misurazione dello spessore della parete vescicale, la ricostruzione
tridimensionale dell'uretra;
ecografia rettale: sonda da 5-7,5 MHz; invasiva, non influenza i parametri urodinamici in
corso di cistometria; utile nella diagnosi di enterocele;
ecografia perineale: sonda curva da 3,5-5 MHz poggiata sul perineo permette la
valutazione del prolasso ed il suo grading. Possibile la distinzione tra enterocele e rettocele
alto sulla base dell'individuazione di una linea ipoecogena che separa il retto dalla matassa
enterica oppure dall'individuazione del piano di scorrimento sulle immagini in movimento
(16);
ecografia introitale: sonda settoriale vaginale da 5-7,5 MHz posizionata tra le piccole
labbra. Valuta l'uretra, la base ed il collo vescicali nella loro relazione con la parete
vaginale anteriore ed il tratto anteriore della pelvi.

L'indagine deve essere condotta in maniera standardizzata: riempimento vescicale di 300 ml,
paziente in posizione supina e con le gambe lievemente abdotte: la posizione del collo vescicale si
modifica di poco nelle diverse posizioni mentre la mobilit vescico-uretrale massima,
ovviamente, in ortostasi.
La manovra provocativa preferita quella di Valsalva perch, diversamente dalla tosse, non
stimola contrazioni riflesse del pavimento pelvico.
L'orientamento delle immagini consigliato prevede la riproduzione ponendo a destra le strutture
ventrali ed in alto quelle craniali (17).
I parametri qualitativi da valutare sono: presenza o assenza di funneling, mobilit assente o
marcata dell'uretra, mobilit assente, verticale o rotazionale della base vescicale.
I parametri quantitativi pi importanti da misurare sono l'angolo uretrovescicale b e la posizione
dell'orifizio uretrale interno.
L'angolo uretrovescicale quello fra l'asse uretrale ed almeno 1/3 della base vescicale vicina al
collo vescicale.
La determinazione della posizione dell'orifizio uretrale interno possibile con due tecniche. La
tecnica di Schaer (18) basata sulla visualizzazione dell'osso pubico e sulla definizione di una
linea di riferimento: la linea centrale della sinfisi: asse x. Perpendicolarmente a questo, al margine
inferiore della sinfisi, si costruisce l'asse y. Dx la distanza tra l'asse y ed il collo vescicale, Dy la
distanza tra il collo e l'asse x.
La tecnica di Creighton (19) misura un solo angolo ed una sola distanza: la distanza tra collo
vescicale e bordo inferiore della sinfisi pubica e l'angolo tra questa linea e la linea centrale della
sinfisi. Le due tecniche sono dimostrate nella Figura 7.
Lo spessore dello sfintere striato si misura sulle sezioni traverse, mentre il volume dello sfintere
uretrale calcolato utilizzando una tecnica di sezioni progressive in scansioni trasversali.
Usando la sonda transvaginale abbastanza semplice, a vescica vuota (= 50 ml), misurare lo
spessore della parete vescicale, perpendicolarmente alla mucosa, a livello delle sezioni pi spesse
del trigono, della cupola e della parete anteriore.
Khullar et al. (20) hanno dimostrato che la misurazione dello spessore medio della parete
vescicale in grado di discriminare le donne con incontinenza da sforzo da quelle con iperattivit
del detrusore. Queste ultime hanno uno spessore medio della parete costantemente > 5 mm. Per
contro la presenza di uno spessore < 3-5 mm ha un elevatissimo potere predittivo per l'assenza di
iperattivit detrusoriale (21).

Questa associazione, in donne documentatamente senza ostruzione, ha suscitato grande interesse


e studi di conferma.
Lo stesso gruppo (22) ha dimostrato, con l'imaging sonografico tridimensionale, che il volume
dello sfintere striato dell'uretra delle donne con incontinenza da sforzo significativamente
inferiore a quello delle donne continenti.
Se questi studi saranno confermati e si dimostreranno riproducibili anche al di fuori del contesto di
ricerca clinica, verr superata la convinzione che le indagini morfologiche non servono a
classificare l'incontinenza ma solo ad aiutare a comprendere l'associazione tra anatomia e
funzione.
Considerando l'importanza che le pi recenti ricerche fisiopatologiche (23) stanno dando alla
relazione tra uretra e mobilit vaginale, non sfuggir di comprendere il possibile ruolo centrale
della metodica sonografica in un prossimo futuro.
RMN
La capacit della RMN di fornire informazioni dettagliate e multiplanari su tutti gli organi e
strutture presenti nella pelvi, permette una valutazione estremamente accurata delle alterazioni
del pavimento pelvico senza uso di radiazioni ionizzanti, mezzi di contrasto e senza necessit di
preparazione intestinale. Le immagini possono essere acquisite mediante una bobina tradizionale o
vaginale. Lo sviluppo della tecnologia ultra rapida di acquisizione delle immagini permette di avere
una valutazione completa e dinamica in 10-15 minuti.
La RMN statica e dinamica (24) (25), insieme alle ricostruzioni tridimensionali, ha migliorato la
conoscenza dell'anatomia:

l'ampiezza media dello iato degli elevatori, misurato al livello del legamento uretrale
traverso, nella popolazione femminile sana di circa 4 cm ed un dato abbastanza
costante (26);
nelle donne continenti il piatto degli elevatori decorre parallelo alla linea pubo-coccigea; in
volontarie sane la base vescicale, a riposo, posta al di sopra della linea pubo-coccigea
lungo la quale, invece, posta la giunzione anorettale;
durante la contrazione dei muscoli pelvici si ha un movimento verso l'alto variabile da 1 a
21 mm che, sorprendentemente, coinvolge anche il coccige.

Al fine di utilizzare la capacita di valutazione globale, caratteristica della RMN, stata proposta una
classificazione del prolasso avendo come punto fisso di riferimento la linea pubococcigea (PCL).
L'ampiezza dello iato degli elevatori misurata come distanza tra pube e muscolo pubococcigeo
(linea H). Lo iato formato dal muscolo pubo rettale che circonda uretra vagina e retto. La discesa
del piatto degli elevatori rispetto alla PCL descrive il descensus del pavimento pelvico (linea M).
Nella popolazione normale, sotto sforzo, lo iato misura meno di 6 cm, la linea M non scende oltre 2
cm al di sotto della PCL e tutti gli organi sono al disopra della linea H (27).
La mancanza di un'ampia disponibilit della RMN dinamica in ortostasi, impedisce di valutare bene
l'effetto della forza di gravit (28) (29).
Da un punto di vista clinico il contributo principale della RMN costituito dalla diagnosi
dell'enterocele, la cui diagnosi in presenza di altri significativi prolassi pu essere mancata, e la cui
diagnosi differenziale da un rettocele alto non essere immediata.
Questa metodica di grande fascino non , allo stato, proponibile per l'uso clinico routinario.
Esami endoscopici

Nel passato, molti Autori hanno sostenuto l'uso routinario dell'uretrocistoscopia nella valutazione
dell'incontinenza urinaria, ritenendo possibile derivare dall'osservazione del collo vescicale e
dell'uretra, a riposo e sotto sforzo, utili informazioni sulla funzione (30).
Si riteneva possibile individuare aspetti tipici dell'incontinenza da sforzo pura, dell'ISD ed anche
dell'iperattivit detrusoriale (31).
La sensibilit di questa metodica si dimostrata insufficiente rispetto alla valutazione radiologica
ed urodinamica.
Mundy (32) ha escluso il valore diagnostico dell'endoscopia in pazienti con dimostrata iperattivit
del detrusore, riservando una qualche utilit nell'approfondimento diagnostico dell'aumentata
sensibilit vescicale.
Attualmente, quindi, le indicazioni ed un esame endoscopico nel work up diagnostico sono limitati
a:

valutazione di casi di incontinenza da urgenza con coesistente microematuria al fine di


escludere patologie concomitanti quali cistite interstiziale e neoplasie vescicali;
nella valutazione dell'incontinenza recidiva o di casi in cui si sospetti una componente
iatrogena nella genesi della condizione in esame;
nella valutazione delle fistole vescico-vaginali e dell'incontinenza urinaria extrauretrale.

Conclusioni
Secondo alcuni Autori studi semplici e poco invasivi hanno la stessa sensibilit e specificit di quelli
urodinamici complessi nel dimostrare l'incontinenza da sforzo urodinamica e quindi sarebbero
vantaggiosi in termini di costo (33). Diokno et al. (34) hanno dimostrato che il sintomo
incontinenza urinaria da sforzo quando dominante, in assenza di precedente chirurgia, di residuo
post minzionale, di prolasso di grado 4, in presenza di uno Stress Test positivo e di ipermobilit
uretrale, ha una specificit del 100% che rende superflua qualunque ulteriore valutazione.
In realt in altre esperienze tale specificit scende all'80% ed in ogni caso queste pazienti con
incontinenza da sforzo isolata rappresentano meno del 10% delle donne che chiedono una
valutazione specialistica.
Nella valutazione dei costi, poi, non stato valutato il rapporto costo/benefici in relazione agli esiti
della terapia che, in definitiva, sono, insieme alla soddisfazione della paziente, l'unico parametro
rilevante.
Quindi nella grande maggioranza delle pazienti e prima della chirurgia, resta l'indicazione ad
utilizzare le metodiche descritte nell'integrazione tra loro pi opportuna per ogni singolo caso.

SEMEIOTICA STRUMENTALE
S. Schnauer P.S. Anastasio S. Epifani M. Cocca A. Sassanelli M.M. Schnauer G. Arcidiacono*

Clinica Ostetrica e Ginecologica I, Universit di Bari; * Clinica Ostetrica e Ginecologica, Universit di Pisa

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Tab.
I
Raccomandazioni finali della 2nd International Consultation on Incontinence: condizioni la cui
presenza rappresenta unindicazione allesecuzione di indagini diagnostiche strumentali

Incontinenza urinaria recidiva o persistente dopo chirurgia


Incontinenza urinaria associata a:
o 1. dolore
o 2. ematuria
o 3. infezioni recidivanti
o 4. chirurgia pelvica radicale
o 5. radioterapia sulla pelvi
Comorbidit neurologiche accertate o presunte
Prolasso genitale significativo
Residuo postminzionale significativo
Sospetto di fistola
Fallimento dei trattamenti conservativi comportamentali, riabilitativi e/o
farmacologici
Massa pelvica

Fig.
1
Curve della pressione detrusoriale in caso di: a) condizione normale; b) bassa compliance; c)
iperattivit fasica inibita; d) iperattivit terminale incoercibile

Fig.
Parametri del profilo pressorio uretrale statico

Fig.
Tracciati uroflussimetrici: a) normale; b) "a plateau"; c) fluttuante

Fig.
Definizione urodinamica di ostruzione nel sesso femminile secondo Blaivas-Groutz, mod. 11

Fig.
Definizione dei parametri quantitativi misurabili in una cistografia minzionale

Fig.
Difetti di sospensione del collo vescicale. Schematizzazione dei principali aspetti radiologici

Fig.
7
Definizione sonografica della posizione del meato uretrale interno sec. Schaer (I) e sec. Creighton
(II)

LA TERAPIA CHIRURIGICA DELL'INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO


A. Ferrari R. Vigano S. Filippis L. Gandini M. Carnelli D. Bornaghi

Cattedra Universitaria di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale "San Raffaele", Milano

Testo articolo
Bibliografia
Introduzione
L'incontinenza urinaria da sforzo definita come una perdita involontaria di urina in concomitanza
con un aumento della pressione endoaddominale, in assenza di una contrazione detrusoriale. Negli
Stati Uniti d'America si stima una prevalenza di tale patologia nella popolazione femminile pari al
50%, con costi annui di circa 10 miliardi di dollari. L'eziopatogenesi dell'incontinenza urinaria da
sforzo pu essere ricondotta sia ad un'ipermobilit dell'uretra, sia ad un deficit sfinterico intrinseco
uretrale; i due difetti possono presentarsi separatamente o coesistere nella stessa paziente. La
terapia chirurgica dell'incontinenza urinaria da sforzo ha come scopo la creazione di un supporto a
livello del collo vescicale, in modo da eliminare l'ipermobilit uretrale ed aumentare le resistenze a
livello dell'uretra media. Sono descritti in letteratura oltre 200 diversi interventi chirurgici per la
correzione dell'incontinenza urinaria da sforzo, con percentuali di successo riportate tra il 40 ed il
95%, a dimostrazione del fatto che la procedura chirurgica "ideale" deve essere ancora messa a
punto. Gli interventi chirurgici si possono dividere in tre categorie: chirurgia vaginale, uretropessi
retropubica, posizionamento di sling sottouretrali. Solo in casi selezionati possono essere indicate
altre tecniche quali l'infiltrazione periuretrale di sostanze eterologhe o l'utilizzo di sfinteri artificiali.
Vaginal repair: colporraffia anteriore e plicatura periuretrale secondo Kelly e Nichols
L'approccio vaginale alla correzione dell'incontinenza urinaria da sforzo ha il vantaggio di essere
tecnicamente pi semplice dell'approccio retropubico, con tempi di ospedalizzazione pi brevi e
convalescenza pi rapida.
La tecnica proposta da Nichols e Kelly prevede l'esecuzione di una colpotomia longitudinale
anteriore; la vescica viene quindi scollata dalla parete vaginale anteriore in direzione
mediolaterale, isolando la fascia vescicovaginale o i suoi residui; i margini mediali della fascia
vengono poi suturati sulla linea mediana con punti staccati. Tale plicatura dei tessuti di supporto
sottouretrali e quindi dei legamenti pubouretrali, permette l'elevazione del collo vescicale e la
riduzione dell'angolo di inclinazione dell'asse uretrale, fino a creare un angolo posteriore tra uretra
e vescica di circa 90. La mucosa vaginale viene poi suturata con punti staccati, mentre, se
contemporaneamente presente un cistocele, si possono recentare i margini vaginali ridondanti
riducendo il prolasso. Nella stessa seduta chirurgica inoltre possibile praticare la correzione del
rettocele eventualmente presente o eseguire la colpoisterectomia.
La gestione postoperatoria prevede la rimozione del catetere vescicale, posizionato durante
l'intervento chirurgico, in terza o quarta giornata; la paziente viene poi invitata a mingere
spontaneamente, con misurazione del residuo postminzionale.
Per quanto concerne gli esiti, i risultati a breve termine sono sovrapponibili a quelli della
colposospensione, mentre a medio e a lungo termine le percentuali di successo decrescono. Varie
casistiche riportano percentuali di successo dopo 5 anni pari all'84, 55, 37% (Peters 1980, Van
Geelen 1988, Bergman 1995) (1).
Le complicanze sono solitamente minime: raramente si verificano lesioni vescicali o uretrali
intraoperatorie; il fallimento della correzione pu essere legato ad un'insufficiente dissezione della
fascia vescicovaginale; la ritenzione urinaria postoperatoria infrequente e legata al contrario ad
un'ipercorrezione.
Visti i risultati non ottimali nei follow-up a lungo termine e la bassissima percentuale di
complicanze, la colporrafia anteriore viene indicata come la pi idonea nelle pazienti con
incontinenza urinaria di grado moderato, soprattutto in concomitanza con un cistocele sintomatico
e nelle pazienti con elevato rischio operatorio.

Colposospensione secondo Burch


La colposospensione secondo Burch stata originariamente descritta dallo stesso Autore nel 1961.
La tecnica prevede l'elevazione del collo vescicale e la sutura del tessuto paravaginale al
legamento ileopettineo di Cooper. La paziente ideale per questo tipo di intervento presenta
un'incontinenza urinaria dovuta ad ipermobilit della giunzione uretrovescicale, con funzione
intrinseca dell'uretra conservata. La sospensione del tessuto paravaginale al legamento
ileopettineo stabilizza infatti l'uretra e ricolloca la giunzione uretrovescicale in sede retropubica, in
modo che l'uretra stessa venga compressa dalla base vescicale contro la superficie posteriore della
sinfisi pubica durante gli aumenti della pressione endoaddominale. quindi evidente come la
presenza di una giunzione uretrovescicale fissa rappresenti una controindicazione all'intervento,
dato che la colposospensione non potr determinare un'ulteriore elevazione del collo vescicale (2).
La colposospensione secondo Burch si esegue attraverso un accesso laparotomico mediante
un'incisione trasversale sovrapubica o longitudinale mediana, in modo da accedere allo spazio del
Retzius, fino ad isolare i legamenti ileopettinei; vengono quindi applicate suture con filo non
riassorbibile sulla parete vaginale anteriore, parallelamente all'uretra, a livello della giunzione e
dell'uretra prossimale; i capi liberi delle suture vengono poi ancorati al legamento ileopettineo
ipsilaterale.
La pi frequente complicanza intraoperatoria data dal sanguinamento del plesso venoso
retropubico: di solito viene controllato tramite compressione, elettrocoagulazione o
posizionamento di suture emostatiche; in caso di emostatasi difficoltosa consigliabile posizionare
in sede un drenaggio da rimuovere dopo circa 48-72 ore.
Il catetere vescicale viene lasciato normalmente in sede per 48 ore, dopodich la paziente viene
invitata a mingere spontaneamente.
La colposospensione secondo Burch l'intervento di riferimento per la cura dell'incontinenza
urinaria da sforzo. Visti gli ottimi esiti anche nei follow-up a lungo termine (3): attualmente la
Tension Free Vaginal Tape (TVT) sembra l'unica alternativa in grado di insidiare il primato della
Burch. Le percentuali di cura oggettive si aggirano attorno al 90% nelle pazienti con incontinenza
da sforzo pura, mentre nei casi di incontinenza mista la percentuale di successo scende al 70%; i
follow-up a lungo termine indicano un mantenimento della continenza a 12 anni dall'intervento nel
70% dei casi.
Per quanto concerne le complicanze, i disturbi di svuotamento si verificano nel 10% dei casi (227%) e sono secondari ad una ipercorrezione della giunzione uretro-vescicale; solamente nell'1%
dei casi pu instaurarsi una ritenzione urinaria cronica di difficile gestione. Un'instabilit
detrusoriale de novo, anch'essa conseguente ad un'ostruzione uretrale metachirurgica, pu
manifestarsi nel 17% (0-20%) dei casi (4), tuttavia solo la met di queste pazienti risulta
sintomatica.
La modificazione dell'asse vaginale dovuta alla colposospensione pu predisporre allo sviluppo di
un prolasso vaginale, pi precisamente di un entero-rettocele che si manifesta nel 5-10% delle
pazienti con follow-up oltre i 5 anni.
Interventi laparoscopici
Il primo intervento laparoscopico per il trattamento chirurgico dell'incontinenza urinaria da sforzo
(IUS) stato proposto nel 1991 da Vancaille ed in seguito diversi Autori hanno messo a punto ed
utilizzato differenti tecniche di sospensione del collo vescicale. Il classico intervento laparoscopico
per la correzione dell'incontinenza da sforzo la colposospensione secondo Burch (5). La
colposospensione secondo Burch laparoscopica si propone come un intervento minimamente
invasivo, con un ridotto traumatismo tissutale e tempi di ospedalizzazione pi brevi. La
colposospensione pu essere eseguita attraverso un approccio transperitoneale o extraperitoneale,
anche in relazione all'eventuale presenza di patologie endoaddominali; peraltro non sono
attualmente disponibili studi che confrontino le due tecniche. L'approccio extraperitoneale risulta
preferibile in quanto di pi facile esecuzione, con un'ottima esposizione del Retzius. Vengono

utilizzati tre accessi, in modo da identificare bilateralmente le strutture anatomiche di riferimento:


il legamento di Cooper, il canale otturatorio col nervo omonimo, la white line, le pareti vaginali
laterali e la giunzione vescicouretrale. Lateralizzando la vescica si isola la parete vaginale a livello
della giunzione vescicouretrale e si esegue la colposospensione utilizzando fili di sutura non
riassorbibili, oppure interponendo una mesh di materiale eterologo. Dopo aver posizionato i punti
di sospensione, pu essere indicato verificare l'integrit delle pareti della vescica mediante
cistoscopia.
Per quanto riguarda gli esiti chirurgici, i pochi dati presenti in letteratura appaiono spesso
discordanti e le casistiche riportate sono quasi sempre numericamente poco significative. La
colposospensione laparoscopica sembra avere un rischio di fallimento maggiore di quasi il 10%
rispetto al classico approccio laparotomico in follow-up superiore ai 18 mesi. Secondo diversi
Autori ci pu dipendere dal fatto che, utilizzando una tecnica minimamente invasiva, la
mobilizzazione precoce della paziente pu causare la sollecitazione dei punti di sutura con
compromissione del processo di cicatrizzazione. Sembra peraltro che l'utilizzo di un maggior
numero di punti di sutura migliori l'outcome chirurgico (6). Ci che si evince dalla letteratura
che, mentre nei follow-up a breve termine la percentuale di successo utilizzando la laparoscopia
pu essere sovrapponibile a quella dell'approccio laparotomico, nei controlli a lungo termine
questa decresce pi velocemente per la laparoscopia: in follow-up superiori a 30 mesi la
percentuale di cura risulta dell'80% per la Burch laparotomica e del 60% per l'approccio
laparoscopico (7).
In generale i vantaggi dell'approccio laparoscopico rispetto alla Burch laparotomica sembrano
essere un'ospedalizzazione pi breve, un minor dolore postoperatorio, una minore perdita ematica
intraoperatoria ed una necessit di cateterizzazione vescicale postoperatoria pi breve (8). Dai dati
presenti in letteratura non si evidenzia una maggior incidenza di urgency postoperatoria, disturbi
di svuotamento o comparsa di instabilit detrusoriale de novo.
L'approccio laparoscopico non ha ancora un ruolo ben definito nel trattamento dell'incontinenza
urinaria da sforzo; sarebbero necessari studi randomizzati pi ampi con follow-up a lungo temine
ed una maggior uniformit di metodi e tecniche per consentire un pi significativo confronto.
Tecniche di sling sottouretrali
Il concetto di sling utilizzata come supporto uretrale stato introdotto nel 1907 da Von Giordano.
Negli anni pi recenti le sling sottouretrali hanno consentito di ottenere i migliori risultati chirurgici
nella cura dell'incontinenza urinaria da sforzo, paragonabili a quelli della colposospensione secondo
Burch.
Classicamente le sling sono state utilizzate come terapia dell'incontinenza urinaria di tipo III,
associata ad un deficit sfinterico intrinseco, pi frequente nelle pazienti anziane o con incontinenza
urinaria recidiva dopo chirurgia correttiva. Queste donne presentano all'esame urodinamico una
bassa pressione di chiusura uretrale (< 20 cm d'acqua), un'uretra quasi fissa e sono a maggior
rischio di recidiva dopo chirurgia classica. Questa tipologia di pazienti si differenzia da quella
candidata alla colposospensione secondo Burch, che presenta invece un'ipermobilit uretrale senza
deficit sfinterico intrinseco; attualmente, la distinzione tra queste due classi di pazienti e la relativa
differente indicazione chirurgica viene messa in discussione dall'avvento della TVT, in quanto
entrambe le tipologie di difetto sembrano poter beneficiare della tecnica Tension Free, con esiti
sovrapponibili.
Lo scopo della sling sottouretrale quello di elevare il collo vescicale, sostenere e comprimere la
base della vescica aumentando le resistenze al flusso urinario. Nel corso degli anni sono stati
proposti ed utilizzati diversi materiali, autologhi (fascia dei muscoli retti, fascia lata, legamento
rotondo, dura madre, parete vaginale), eterologhi (derma porcino, fascia lata) e sintetici
(Mersilene, Gore-Tex, Marlex). Questa ampia variet di materiali utilizzati, associata alle possibili
varianti tecniche, produce altrettanti differenti risultati in termini di successi e di complicanze. I
materiali autologhi in generale hanno il vantaggio di non causare rigetto e presentano una bassa
incidenza di erosioni uretrali; sono per associati ad un maggior dolore postoperatorio e a tempi
chirurgici pi lunghi, legati alla necessit di isolare e preparare la sling. L'utilizzo di sling ottenute
da donatore pu invece causare reazioni di rigetto; timori sono inoltre stati espressi in merito alla

trasmissione di agenti infettivi. I materiali sintetici sembrano invece garantire una maggior durata
nel tempo, sono sterili, biocompatibili, non cancerogeni e privi di biocomponenti, tuttavia
determinano secondo la letteratura una maggiore incidenza di infezioni, erosioni o fenomeni di
estrusione della benderella attraverso la mucosa vaginale (9).
Sono state descritte diverse varianti chirurgiche di sling pubovaginale. Un approccio totalmente
transaddominale prevede l'esecuzione di un'incisione sovrapubica, con scollamento dello spazio del
Retzius e creazione di un tunnel sottouretrale attraverso cui viene fatta passare la sling: questa
tecnica presenta lo svantaggio di poter causare danni vescicali o uretrali ed quindi stata
abbandonata.
L'approccio pi comunemente utilizzato prevede l'utilizzo della via addomino-vaginale, che
permette la visualizzazione diretta del collo vescicale attraverso l'incisione vaginale, mentre
l'incisione addominale consente l'accesso allo spazio del Retzius. Tramite l'incisione vaginale
vengono esposti il collo vescicale e l'uretra prossimale e, superato il diaframma urogenitale, si
giunge allo spazio del Retzius. Introducendo un filo pilota dal basso verso l'alto, a cui viene fissata
la sling, la benderella viene trascinata in sede sottouretrale: in questo modo si ottiene l'elevazione
della giunzione uretrovescicale. Il controllo cistoscopico eseguito in questa fase assicura l'integrit
della mucosa vescicale. I due apici della sling possono essere fissati in altro modo alla fascia dei
retti, evitando di esercitare una trazione eccessiva.
Una particolare variante di questa tecnica la cosiddetta "sling vaginale triangolare" (10), in cui si
utilizza un'amaca triangolare di parete vaginale per la sospensione uretrovescicale; il lembo di
parete vaginale viene poi ricoperto suturando la mucosa residua della parete vaginale anteriore.
Un'altra alternativa tecnica prevede la sospensione della sling tramite ancorette metalliche inserite
nella faccia posteriore dell'osso pubico, cosiddetta "bone anchor sling".
Le percentuali di successo delle sling pubovaginali sono generalmente buone, ma dipendono dal
materiale e dalla variante chirurgica utilizzata. Le casistiche pi favorevoli riportano una
percentuale di cura pari al 93% con follow-up medio di 22 mesi, utilizzando la fascia dei retti; altri
Autori riferiscono successi tra l'82 ed il 95% sempre con follow-up a lungo termine. Le casistiche
relative a sling di materiale sintetico riportano invece percentuali di successo tra il 71 e l'88%. Le
percentuali di cura per la sling vaginale triangolare pari al 70-100% con follow-up ad 1 anno.
Accanto a questi risultati favorevoli, esistono anche studi che riportano recidive di incontinenza
urinaria dopo sling pari al 37%, attribuendo tale fallimento alla frammentazione della fascia
cadaverica utilizzata.
La principale complicanza associata all'intervento di sling pubovaginale certamente la ritenzione
urinaria: la sua incidenza sembra essere superiore dell'80% se confrontata con gli altri interventi
anti-incontinenza (11), ed dovuta ad un'eccessiva tensione esercitata sulla sling. Dal 2 al 12%
delle pazienti sottoposte ad intervento di sling sottouretrale necessita di cateterismo per oltre 4
settimane dall'intervento. Nella maggior parte dei casi, comunque, il problema destinato a
risolversi, mentre nel 3% dei casi necessaria la correzione chirurgica.
Un'altra complicanza piuttosto frequente l'instabilit detrusoriale de novo, che si manifesta nel
20% dei casi: essa viene di solito gestita in maniera soddisfacente con un trattamento medico
conservativo. tuttavia importante sottolineare come, nei due terzi delle pazienti affette da urge
incontinence preoperatoria, si possa ottenere la risoluzione dei sintomi dopo l'intervento di sling
sottouretrale.
L'erosione vaginale o uretrale della sling si manifesta pi spesso con l'utilizzo di materiale sintetico,
con un'incidenza riportata fino al 23%. Essa sembra dipendere da una sovrainfezione secondaria
della sling o dalla sua eccessiva tensione. I sintomi riportati sono dolore vaginale o uretrale,
sanguinamento o abbondanti secrezioni, infezioni ricorrenti del basso tratto urinario.
Una particolare complicanza legata all'utilizzo di sling di parete vaginale la formazione di cisti
epiteliali da inclusione.

Una temibile conseguenza legata specificamente all'utilizzo di elementi di sospensione transpubici


infine l'osteite o osteomielite, riportata nel 5% dei casi.
Tension Free Vaginal Tape
Questa tecnica chirurgica stata introdotta da Ulmsten nel 1996, sulla scorta di dati elaborati da
Petros e dallo stesso Ulmsten tra il 1980 e il 1990: la cosiddetta "teoria integrale" proposta dai due
Autori enfatizza la centralit dei legamenti pubo-uretrali nel meccanismo della continenza urinaria
e la procedura chirurgica proposta ha lo specifico scopo di ricostruire l'integrit di tali strutture. Si
tratta di una tecnica rivoluzionaria in quanto al contrario delle chirurgie descritte in precedenza,
che prevedevano la correzione del difetto anatomico a livello del collo vescicale, il nuovo approccio
della TVT ripristina il supporto a livello dell'uretra media, quindi in una sede distale rispetto alla
giunzione vescico-uretrale, rinforzando i legamenti pubo-uretrali posteriori e la parete vaginale
anteriore sottouretrale senza tensione. La tecnica "tension free" infatti prevede che la rete di
polipropilene (Prolene mesh) utilizzata non venga fissata con alcun punto di ancoraggio a nessuna
struttura anatomica, al contrario di quanto previsto per gli interventi pi datati. In questo modo
non modificata la mobilit uretrale, come confermato con studi di imaging quali l'ecografia
pelvica e la risonanza magnetica dinamica (12). La non interferenza con la mobilit del collo
vescicale all'origine della scarsa incidenza di disturbi di svuotamento postoperatori; il fatto che la
TVT non modifichi inoltre l'asse vaginale, non aumenta il rischio di sviluppare un prolasso vaginale,
come avviene al contrario con tecniche quali la colposospensione secondo Burch. Un ulteriore
innegabile vantaggio della TVT dato dal fatto che si tratta di una tecnica minimamente invasiva:
il tempo chirurgico varia, nelle casistiche mondiali, da 25 a 40 minuti e l'ospedalizzazione
limitata ad una sola giornata postoperatoria nella maggior parte delle pazienti.
Questa tecnica chirurgica prevede l'utilizzo di un particolare strumento di metallo, detto "ago di
Ulmsten", a cui collegato un nastro di maglia in polipropilene, largo circa 1 cm. Viene eseguita
una colpotomia sagittale di circa 1,5 cm poco al di sotto del meato uretrale esterno ed in seguito
due piccole dissezioni parauretrali, che permettono l'introduzione della punta dell'ago.
Contemporaneamente vengono praticate due piccole incisioni speculari sulla cute dell'addome
immediatamente sopra la sinfisi pubica. L'ago viene fatto passare in regione parauretrale,
penetrando il diaframma urogenitale e mantenendolo in stretto contatto con la parte posteriore
dell'osso pubico, in modo da ridurre al minimo il rischio di danneggiare strutture anatomiche della
regione inguinale e della parete pelvica laterale. L'ago viene poi guidato verso l'alto fino ad
attraversare la piccola incisione addominale precedentemente eseguita, quindi la procedura viene
ripetuta sul lato opposto, fino ad accompagnare il nastro non teso sotto la parte centrale
dell'uretra. Dopo ciascuno dei due passaggi con l'ago, viene eseguito un controllo cistoscopico, per
verificare l'integrit della parete vescicale.
Un'altra delle caratteristiche peculiari della TVT che, durante l'esecuzione dell'intervento, viene
richiesta una partecipazione attiva della paziente: infatti, una volta posizionata la benderella in
sede sottouretrale, la vescica riempita con 300 ml di soluzione salina e l'operatore invita la
paziente a tossire ripetutamente; cos possibile calibrare la posizione della mesh fino a quando la
perdita visibile di urina sia limitata a non pi di una o due gocce: in questo modo si assicura il
recupero della continenza, evitando di creare problemi ostruttivi.
La necessit di una collaborazione attiva della paziente durante l'intervento implica che l'anestesia
utilizzata sia locale o al pi loco-regionale. Diverse alternative sono state proposte nel tempo da
vari Autori, sebbene l'intervento originale di Ulmsten prevedesse l'infiltrazione con anestetici locali
(prilocaina ed adrenalina) a livello retropubico e parauretrale. Attualmente la tecnica
maggiormente utilizzata l'anestesia spinale che, sebbene gravata dalle complicanze peraltro rare
che le sono proprie, garantisce un'ottima copertura antalgica senza inficiare la capacit della
paziente di eseguire la manovra di Valsalva.
Per quanto concerne le percentuali di successo, le review pi recenti, che prendono in
considerazione studi con almeno 12 mesi di follow-up (12-36 mesi), indicano una percentuale di
cura oggettiva pari all'88%, con il 9% di pazienti migliorate e un tasso di fallimenti pari al 6%. Il
96% delle pazienti dichiara di essere soddisfatto o molto soddisfatto dall'intervento (13); il tempo
medio di ripresa delle normali attivit quotidiane e lavorative risulta di 2-4 settimane, in confronto

alle 8-16 settimane dopo una procedura di colposopsensione.


Diversi lavori in merito al trattamento dell'incontinenza urinaria mista indicano una risoluzione dei
sintomi da urgenza nel 25-60% dei casi.
Per quanto riguarda invece l'associazione della TVT con altre procedure chirurgiche quali la
chirurgia tradizionale per la correzione del prolasso uterovaginale, al momento attuale sono
disponibili solo pochi lavori: sebbene le percentuali di cura sembrino essere sovrapponibili, sono
tuttavia maggiori quelle relative alle complicanze soprattutto di tipo ostruttivo.
Nonostante i brillanti risultati e la tecnica apparentemente semplice, la TVT pu essere causa di
complicanze in gran parte dipendenti da errori di selezione delle pazienti, da variazioni personali
della tecnica chirurgica originale o da scarsa preparazione dell'operatore. La complicanza pi
frequente la perforazione accidentale della parete vescicale, con un'incidenza media del 5,4% (023%), in genere a carico della parete anterolaterale della vescica, che si verifica pi
frequentemente in presenza di esiti cicatriziali del Retzius (pregresso intervento) o se la vescica
non completamente vuota. di fondamentale importanza che la lesione venga immediatamente
riconosciuta durante il tempo cistoscopico: quindi sufficiente riposizionare la benderella e
mantenere in sede il Foley per 3-5 giorni, associando una terapia antibiotica adeguata. L'emorragia
intraoperatoria (considerata come perdita ematica > 300 ml) si verifica raramente (2-3% dei casi)
e si tratta di solito di un sanguinamento retropubico, che si risolve con il tamponamento bimanuale
e la distensione vescicale. Anche l'ematoma pelvico un'evenienza rara (1-3%) e pu svilupparsi
a carico dello spazio di Retzius o, meno comunemente, a carico del grande labbro; in genere si
risolve spontaneamente.
Pi frequenti sono i disturbi minzionali postoperatori: l'incidenza di urgency de novo va dal 2 al
15%; le infezioni delle vie urinarie ricorrenti si verificano nel 4-12% dei casi; in questo caso sono
fondamentali la profilassi antibiotica preoperatoria e l'asepsi intraoperatoria. La dispareunia
postoperatoria riportata nel 3% delle operate, ma nella maggior parte delle pazienti il disturbo
tende a risolversi entro tre mesi dall'intervento. La ritenzione urinaria con necessit di
cateterizzazione temporanea si verifica nell'1,5-10% dei casi ed di solito dovuta ad un'eccessiva
tensione della benderella: solo in rari casi si verifica la necessit di dilatazione meccanica uretrale
con mobilizzazione precoce della benderella o addirittura di sezione chirurgica della stessa. bene
sottolineare come dopo intervento di TVT la grande maggioranza delle pazienti sia in grado di
urinare spontaneamente dopo 4-6 ore dall'intervento (tranne che in caso di utilizzo di anestesia
spinale, situazione in cui il catetere vescicale viene normalmente rimosso in prima giornata
postoperatoria), senza necessit di cateterizzazione uretrale e con residui postminzionali negativi.
Una complicanza rarissima, ma potenzialmente grave, il danno vascolare: sono segnalate in
letteratura lesioni a carico dei vasi epigastrici, otturatori, iliaci, femorali; elementi di rischio sono
l'orientamento laterale dell'ago di Ulmsten e un'eccessiva flessione delle cosce della paziente sul
bacino. La terapia in questi casi ovviamente una laparotomia d'urgenza.
Altre rare complicanze sono le lesioni intestinali (casi isolati), le perforazioni uretrali e la lesione di
fibre nervose (nervo otturatorio). Pu verificarsi con frequenza bassa la mancata cicatrizzazione
vaginale e il fenomeno sembra legato ad una troppo precoce ripresa dell'attivit sessuale. La
terapia consiste nella risutura della colpotomia.
In conclusione la TVT appare come una tecnica minimamente invasiva, con bassi rischi
perioperatori, breve periodo di ospedalizzazione e rapida ripresa delle normali attivit quotidiane;
le percentuali di successo sono ottimali, pari o addirittura superiori alla colposospensione secondo
Burch, che resta l'intervento di confronto. Al momento attuale non sono disponibili follow-up a
lungo termine, che saranno necessari per stabilire la durata e la stabilit nel tempo di questi
brillanti esiti chirurgici.
Bulking agents
Gli agenti iniettivi periuretrali sono stati introdotti sin dagli anni '40 (14). Il razionale della tecnica
consiste nell'aumentare la coaptazione dell'uretra senza determinarne l'ostruzione. Sono stati

utilizzati numerosi materiali quali il collagene bovino, il grasso autologo, la cartilagine, l'acido
ialuronico, il Teflon, il silicone e numerosi altri sono attualmente oggetto di studio: non ancora
stato messo a punto il materiale "ideale", che dovrebbe essere biocompatibile, ipoallergenico e
non immunogenico.
La paziente candidata a tale tipo di intervento di et avanzata, con incontinenza urinaria da
stress recidiva, di solito affetta da insufficienza sfinterica pi che da incontinenza da ipermobilit
uretrale (incontinenza di tipo III); la presenza di incontinenza mista con diagnosi
cistomanometrica di instabilit detrusoriale da alcuni Autori considerata una controindicazione
all'intervento.
La tecnica prevede l'iniezione trans-uretrale o peri-uretrale della sostanza scelta, di solito a livello
dell'uretra media, in quantit definita in relazione al tipo di bulking agent utilizzato. Le complicanze
sono minime e comprendono reazioni allergiche, reazioni da corpo estraneo, formazione di raccolte
ascessuali; peraltro in letteratura riportato un caso di embolia polmonare non fatale dopo
iniezione periuretrale di grasso autologo (15).
Il Teflon stato utilizzato a partire dal 1964: i risultati a breve termine erano brillanti, mentre a
soli 3 anni dall'intervento le percentuali di cura scendevano al 18-53%. L'effetto collaterale
principale era la migrazione di microparticelle a livello di linfonodi, rene, polmone, cervello, con
reazione granulomatosa cronica da corpo estraneo (16): ci era dovuto al diametro delle particelle
di Teflon (< 65 millimicron), che ne permetteva la fagocitosi da parte dei macrofagi e la successiva
migrazione extrauretrale. Attualmente il Teflon iniettivo (Urethrin) composto da particelle di
diametro > 65 millimicron. Un analogo fenomeno di migrazione linfonodale stato osservato
utilizzando particelle di carbonio (Durasphere), peraltro ottenendo deludenti percentuali di pazienti
continenti ad un anno dall'iniezione (solo il 33%).
L'utilizzo di grasso autologo prevede il prelievo di 15-20 cc di grasso dall'addome mediante
liposuzione e la sua successiva iniezione in sede periuretrale. Si tratta di una sostanza
biocompatibile che non d luogo a reazioni allergiche o di rigetto. Lo svantaggio principale riguarda
la variabilit di riassorbimento, che rende imprevedibile il periodo di sopravvivenza delle cellule
adipose iniettate in sede: la percentuale di successo ad un anno di circa il 50%.
Il collagene utilizzato come bulking agent di origine bovina (Contigen): richiede che la paziente
venga sottoposta ad un test cutaneo 4 settimane prima dell'iniezione, per escludere fenomeni di
allergia, che si manifesta nell'1-3% dei casi. Se il test risulta negativo, una quantit tra gli 8 e i 30
cc di collagene viene iniettata per via endouretrale o periuretrale. In media sono necessarie
almeno 2 applicazioni per raggiungere un grado soddisfacente di continenza. La percentuale di
successi scende gradualmente dal 72% ad un anno, fino al 57% a due anni ed al 45% a 3 anni
dall'intervento.
Il silicone iniettivo (Macroplastique) composto di particelle di 162 millimicron di diametro,
dimensione che ne impedisce la fagocitosi. La percentuale di pazienti che necessita di reiniezione
pari al 10%. Risultati incoraggianti riportano una percentuale di continenza ad un anno pari al
92%.
Recentemente stata proposta l'iniezione di micropalloncini contenenti soluzione fisiologica o
materiali in stato di gel, biocompatibili e non riassorbibili, con il 79% di successi riportati (17).
Il ruolo degli agenti iniettivi periuretrali resta ancora da definire: fondamentale la selezione della
paziente ed un counselling esaustivo, che valuti i vantaggi di un intervento mini-invasivo rispetto
al rischio di recidiva dell'incontinenza. Sono inoltre necessari studi a lungo termine per definire
l'agente iniettivo ideale.
Gli sfinteri artificiali
L'utilizzo di tale approccio chirurgico nella correzione dell'incontinenza urinaria femminile
attualmente limitato a casi altamente selezionati: l'indicazione al posizionamento di uno sfintere
artificiale di solito pi comune nei pazienti di sesso maschile (18). In una recente review su una

casistica relativa a 459 pazienti, la percentuale di successo era compresa tra il 68 ed il 100%.
Tuttavia la percentuale di complicanze risultava elevata con un'incidenza di erosione pari al 7-29%
ed una necessit di reintervento in circa il 50% dei casi (19): tali fattori limitano nella donna
l'indicazione all'utilizzo di sfinteri artificiali.
Conclusioni
La chirurgia ha sempre ricoperto un ruolo terapeutico fondamentale nel trattamento
dell'incontinenza urinaria da sforzo femminile. La ricerca orientata a sviluppare tecniche
chirurgiche minimamente invasive, che garantiscano brevi periodi di ricovero, morbilit intra e
post-operatoria ridotte, veloci tempi di recupero post-operatorio, insieme con un'elevata efficacia
terapeutica che si mantenga nel tempo. Sebbene tutte queste caratteristiche descrivano un
intervento chirurgico "ideale" e non ancora esistente, la tecnica TVT quella che attualmente pi
si avvicina a questo modello, pare pertanto potenzialmente in grado di sostituire tutte le tecniche
standard sinora adottate.

LA TERAPIA DEL PROLASSO


E. Imparato G. Baudino
Struttura di Ginecologia e Ostetricia, IRCCS "S. Matteo", Pavia

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Introduzione
La chirurgia ginecologica inizia probabilmente come chirurgia del prolasso genitale. Alcuni episodi
aneddotici sono presenti in documenti dell'antichit, mentre la descrizione dettagliata di casi clinici
riferiti a donne sopravvissute dopo isterectomia vaginale per prolasso risale al XVI secolo. Solo
all'inizio
del
XIX
secolo,
tuttavia,
l'intervento
viene
descritto
e
sistematizzato.
Contemporaneamente viene proposto uno strumentario chirurgico dedicato. Le conoscenze
fisiopatologiche del deficit di supporto sono, in quel periodo, fantasiose e approssimative da un
lato, ma sorprendentemente intuitive e per certi versi attuali dall'altro. In sostanza l'intervento
demolitivo prevedendo o l'amputazione cervicale o l'isterectomia come terapia del prolasso uterino
e ampie colpectomie per la risoluzione del prolasso vaginale. L'unico tempo ricostruttivo la
miorrafia posteriore del muscolo elevatore, che sopravvive, ancorch discussa, nella pratica
attuale.
Fino alla fine degli anni '70 prevale in Italia e in Europa una mentalit chirurgica demolitiva in cui
l'obliterazione o la stenosi del canale vaginale costituiscono spesso l'obiettivo chirurgico e vengono
considerati un buon risultato clinico in termini di prevenzione delle recidive. Le casistiche di
quell'epoca riportano infatti risultati di guarigione intorno all'80-90%. Successivamente lo sforzo di
offrire alle pazienti il benessere globale dopo l'intervento, in termini di funzione sessuale e di
sollievo da ci che oggi viene denominato "disfunzione pelvica", cio il corteo di sintomi urinari,
retto-anali, sessuali legati al malfunzionamento dei serbatoi pelvici e dei loro apparati sfinterici, ha
aperto un orizzonte amplissimo di conoscenze e di proposte terapeutiche, anche non chirurgiche,
impensabili fino a trenta anni fa. D'altra parte Te Linde osservava che nonostante la medicina
abbia compiuto passi da gigante nell'ultimo secolo, ogni onesto chirurgo che si occupi di chirurgia
del prolasso genitale non possa ritenersi completamente soddisfatto del proprio operato.
Attualmente il progredire delle conoscenze in ambito fisiopatologico e anatomico ha introdotto
importanti innovazioni nella chirurgia ricostruttiva pelvica. Allo stesso tempo la disponibilit di
biomateriali e di tecniche chirurgiche mini-invasive sembra aprire un nuovo capitolo in questo
settore. Molte rimangono tuttavia le questioni aperte: prima tra tutte la valutazione del rapporto

costi/benefici delle varie soluzioni proposte e la definizione di linee-guida per la terapia chirurgica
della disfunzione pelvica.
Via addominale
Segmento anteriore
Il ginecologo ha iniziato a concepire l'approccio sovrapubico nella riparazione del colpocele
anteriore dalla descrizione della colposospensione retropubica per la correzione dell'incontinenza
urinaria da sforzo (IUS) descritta da John Burch nel 1961. Fu soprattutto la scuola londinese del
King's College di Sir Stuart Stanton e di Linda Cardozo a proporre l'estensione posteriore della
sospensione della fascia pubocervicale al legamento ileopettineo per correggere il colpocele
anteriore associato a IUS. I risultati di questa metodica riportano un indice di cura della IUS a
lungo termine dell'87% e una cura del colpocele > 90%. Una serie di quattro o cinque punti per
lato, dal collo vescicale verso la spina ischiatica, viene descritta nella procedura originale. Viene
segnalato un rischio aumentato di coinvolgere nelle suture il tratto iuxta-vescicale dell'uretere
pelvico. noto che, al pari della colposospensione classica, vi un rischio di comparsa ex-novo o
di aggravamento di un colpocele posteriore nel 12-18% dei casi. Uno studio italiano prospettico
non randomizzato (4) ha messo in evidenza, tuttavia, che un terzo delle pazienti sottoposte a
questa procedura, affette da colpocele anteriore di terzo grado, manifestano recidiva anatomica
anteriore a breve termine, pur mantenendo elevati indici di cura per la IUS. Indipendentemente
dalle inevitabili differenze di tecnica in uso nei diversi Centri, la mancanza di una rigorosa
standardizzazione terminologica e del riferimento a sistemi classificativi omogenei, rende conto
della differenza dei risultati. La nostra convinzione, basata anche sull'esperienza personale, che il
deficit di supporto di grado elevato ( 3 secondo la classificazione Half Way System) non pu
essere corretto per via sovrapubica.
Negli anni 1985-1987 Macer (22) descrisse la colpotomia anteriore a cuneo con apice verso il collo
vescicale e base verso la volta vaginale per ridurre l'ampiezza del colpocele. I risultati, comparabili
con quelli descritti per la colposospensione, sembrano riproducibili. L'intervento di Macer, tuttavia,
perse presto interesse in quanto non rispettoso dei moderni concetti di fisiopatologia del deficit
fasciale (difetto paravaginale), allontanando i solchi vaginali laterali dalla parete pelvica e
aggravando la lesione primitiva.
La colposacropessia indiretta forse la tecnica pi impiegata nella riparazione dei difetti centrali
del profilo vaginale per via addominale. Per molto tempo la sutura della volta vaginale o del
margine posteriore dell'istmo uterino al legamento longitudinale del promontorio sacrale, stata
considerata ottimale per la cura del difetto centrale. Il problema principale legato alla procedura
la scarsa cura del colpocele anteriore e posteriore e dei difetti distali. Pi recentemente stato
proposto il posizionamento dei margini inferiori delle protesi rispettivamente in corrispondenza
della giunzione cervico-uretrale anteriormente e a livello dell'apice del corpo perineale
posteriormente. In una nostra ampia revisione delle casistiche relative a oltre 4.000 soggetti
trattati con colposacropessia addominale o colposacrospinosopessia vaginale, non sono state
evidenziate differenze significative tra le procedure per quanto riguarda gli indici di cura della
riparazione anteriore che vengono riportati intorno all'89-92%. La complicanza pi frequente dopo
colposacropessia indiretta la persistenza o la comparsa ex-novo di IUS (15-50%).
Verso la met degli anni '80 Cullen Richardson propose una tecnica di riparazione retropubica della
IUS suturando il solco vaginale laterale all'arco tendineo della fascia pelvica, recuperando la
procedura originale di George White (1909) e di Figurnov (1948) descritte per via vaginale.
L'intervento dimostr pi tardi di essere meno efficace della colposospensione secondo Burch nella
cura della IUS. La procedura venne tuttavia proposta per la riparazione dei difetti di supporto
anteriore da distacco laterale della fascia endopelvica. Nessuno studio clinico stato effettuato per
saggiare l'efficacia di questa procedura rispetto alla chirurgia vaginale tradizionale (colporrafia
anteriore), tuttavia l'esperienza clinica suggerisce che la riparazione paravaginale addominale
ripristina l'anatomia in caso di colpocele anteriore da difetto laterale di lieve entit. Quest'ultimo
non costituisce, di per s, indicazione chirurgica se non associato a IUS, la quale, tuttavia, non
curata adeguatamente da questa procedura. In caso di colpocele anteriore di grado elevato
dimostrata l'esistenza di difetti fasciali multipli associati, soprattutto laterali, centrali e trasversali.
Pertanto sembra che la riparazione selettiva del difetto laterale non possa razionalmente ridurre il

rischio di recidiva del deficit legato alla persistenza di altri siti lesionali della fascia endopelvica.
Nello studio randomizzato di Benson (3) la riparazione paravaginale addominale risultata
superiore alla stessa procedura eseguita per via vaginale.
Verso la fine degli anni '90 Bob Shull (38) propose una modifica dell'intervento di Richardson per
migliorare l'indice di cura della IUS. Le tre suture parauretrali venivano ancorate ai legamenti
ileopettinei, dopo essere state trafisse all'arco tendineo lateralmente. La modifica si dimostrata
efficace. Riteniamo quindi che oggi la riparazione paravaginale addominale possa essere eseguita
con la modifica di Shull in caso di colpocele anteriore da distacco laterale associato a IUS o come
tempo complementare in corso di colposacropessia. Non riteniamo tuttavia che possa essere
proposta come terapia di prima linea, in mancanza di dati che ne comprovino l'efficacia rispetto ad
altre procedure.
Teoricamente la riparazione del difetto trasversale possibile suturando il margine craniale della
fascia pubocervicale al margine craniale del setto rettovaginale e assicurando queste strutture ai
legamenti utero-sacrali. Tuttavia nessuno studio clinico ha valutato la metodica per via
addominale. La sutura delle fasce raccomandata da molti Autori come profilassi del difetto di
supporto centrale in corso di isterectomia addominale.
Indicazioni
Mancano, in sostanza, evidenze sulla superiorit di una tecnica chirurgica o di una via d'accesso
rispetto ad un'altra. Lo stesso studio di Benson confronta lo stesso intervento per la ricostruzione
anteriore (paravaginal repair) associato a due diverse tecniche per la terapia del difetto di
supporto centrale che notoriamente espongono in modo diverso il segmento anteriore al vettore di
spinta addominale. La retroversione dell'asse vaginale ottenuta con la colposospensione
sacrospinosa a rischio per la persistenza o la recidiva di colpocele anteriore e comporta un'attesa
di recidiva anatomica anteriore elevata in caso di riparazione laterale senza supporto centrale, in
quanto amplia l'area di esposizione al vettore. Lo studio ci appare viziato da un bias anatomofunzionale decisivo. noto che l'interferenza delle linee di tensione tra i diversi segmenti del
profilo vaginale, introdotta dagli interventi ricostruttivi, pu esporre ad esiti anatomici
insoddisfacenti.
Alcuni Autori consigliano l'intervento di colposacropessia addominale come terapia di prima linea
del difetto del segmento centrale e associano per la riparazione anteriore interventi di sospensione
anteriore o laterale (1) (33). Rispetto alla via vaginale, il vantaggio principale riportato la buona
conservazione della funzione sessuale. La chirurgia vaginale, secondo gli stessi Autori, potrebbe
avere indicazione primaria nelle pazienti molto anziane, obese, multioperate per via addominale o
con esiti di malattia infiammatoria pelvica e ad elevato rischio operatorio. Non va dimenticato,
comunque, che circa il 22-25% delle pazienti operate per via addominale necessitano di una
chirurgia vaginale complementare contemporanea. Altri Autori (9) (11) ritengono esista una via
elettiva trans-vaginale, motivata dalla bassa morbilit intra-operatoria e post-operatoria a breve
termine e consigliano di riservare la via addominale solo a soggetti con indicazioni primarie alla via
addominale (patologia maligna, utero fisso o di volume non aggredibile per via vaginale, patologia
annessiale). A nostro parere la via vaginale quasi sempre perseguibile, a bassa morbilit,
associata a ottimi indici di cura anatomici e funzionali. La dispareunia ex-novo post-operatoria ha,
nella nostra esperienza, una prevalenza del 2-5%.
Certezze
La chirurgia addominale per la riparazione del segmento anteriore ben documentata in
letteratura. I risultati sono probabilmente riferiti a colpocele anteriore di grado medio o mediograve (score 2-3) sintomatico o associato a IUS o associato a difetti del segmento centrale e
posteriore. Gli indici di cura a lungo termine sono buoni (> 90%) per quanto riguarda la
colposospensione retropubica e per la colposacropessia laparotomica con impiego di materiale
eterologo applicato estesamente alla fascia pubocervicale. Gli interventi che prevedono la
colpectomia anteriore sono considerati obsoleti. La riparazione paravaginale per via addominale
trova indicazione come intervento complementare per la correzione di un colpocele anteriore di

grado da lieve a medio nel contesto di una chirurgia ricostruttiva complessa.


Controversie
In linea di principio non sempre possibile riparare per via addominale la totalit dei difetti di
supporto del pavimento pelvico. Tuttavia alcuni lavori riportano risultati complessivamente migliori
per la chirurgia trans-addominale rispetto a quella eseguita per via vaginale. Ne consegue che
Scuole e Centri diversi esprimano orientamenti diversi. A nostro parere non esistono evidenze
scientifiche che identifichino una tecnica primaria per il trattamento del colpocele anteriore. La
comparsa di disfunzione sessuale pi elevata dopo chirurgia vaginale. La comparsa di IUS denovo o recidiva diversa nelle varie casistiche e dipendente da diversi fattori non standardizzati
negli studi: il metodo diagnostico, l'epidemiologia, la gravit e la fisiopatologia dell'incontinenza, le
tecniche utilizzate per la cura del sintomo sono spesso riportati in modo ambiguo. La morbilit
intra-operatoria, post-operatoria precoce e tardiva diversa tra approccio vaginale e addominale,
ma sembra comportare differenze qualitative piuttosto che quantitative. In particolare tempo
operatorio, perdita ematica, degenza ospedaliera e costi di degenza sono a vantaggio della via
vaginale. Infezioni del basso tratto urinario, tempo di permanenza del catetere, tempo di ripresa
minzionale, cura della IUS e tasso di seconda chirurgia, sono a vantaggio della via addominale.
Prospettive
L'avvento della chirurgia laparoscopica ha convertito quasi completamente le indicazioni alla
chirurgia addominale aperta, che rimane comunque prioritaria quando l'indicazione all'intervento
viene posta principalmente per patologie particolari richiedenti la laparotomia. La riduzione della
morbilit e l'accorciamento della degenza media sono considerati vantaggi insostituibili, propri
della mini-invasivit della chirurgia laparoscopica. Per questo motivo le procedure che richiedono la
laparotomia sembrano poco proponibili, se non in via di abbandono. Emerge tuttavia che gli
innegabili vantaggi legati alla chirurgia laparoscopica sono in parte inficiati dal lungo training
chirurgico necessario a formare l'operatore, dai costi legati al consumo intra-operatorio di
strumentario dedicato e dal maggiore tempo di occupazione della sala operatoria. Inoltre solo
pochi centri, attualmente, possono offrire un trattamento adeguato dei deficit di supporto e della
disfunzione pelvica per via esclusivamente laparoscopica. Osservazioni sull'outcome a lungo
termine sembrano indicare infine che la laparoscopia offra indici di cura inferiori alla chirurgia
ricostruttiva laparotomica.
Per quanto riguarda la chirurgia di sostituzione eterologa o mediante impiego di materiali biologici
e da allo-trapianto, sembra che questi ultimi consentano una riduzione della morbilit legata a
infezione, reazione da corpo estraneo, erosione vaginale, espulsione del materiale, formazione di
sieromi, a fronte di un costo di mercato pi elevato. possibile che una spinta innovativa possa
provenire dalle ricerche nel settore del bio-engeneering, con la messa a punto di materiali
eterologhi biocompatibili ad elevata porosit, semi assorbibili o completamente assorbibili, ad
intreccio senza nodi e in monofilamento. Tali caratteristiche sono segnalate come requisiti di un
possibile materiale ideale che minimizzi la reazione da corpo estraneo, la colonizzazione batterica e
favorisca la proliferazione fibroblastica senza comportare restringimento del materiale stesso.
Segmento centrale
Gli interventi di ventrofissazione della volta vaginale sono stati abbandonati per l'alto tasso di
recidiva e per l'elevata comparsa ex-novo di enterocele. Tutte le procedure che comportano una
anteroversione dell'asse vaginale e un ampliamento del cavo di Douglas sarebbero oggi
interpretati come malpractice.
Attualmente l'unico intervento efficace e documentato per la riparazione trans-addominale del
difetto centrale del profilo vaginale la colposacropessia indiretta. Come si gi anticipato, gli
studi metanalitici non forniscono l'evidenza che la procedura sia pi efficace di altri interventi
eseguiti per via vaginale (6). Lo studio randomizzato di Benson ha evidenziato vantaggi
significativi per la via addominale per quanto riguarda le recidive anatomiche anteriori e la
morbilit a carico del basso tratto urinario, ma non ha messo in evidenza differenze tra gli indici di
cura del difetto di supporto centrale. L'impiego di materiale eterologo di sintesi comporta una

morbilit propria riportata dal 2 al 30%. Il politetrafluoroetilene si dimostrato il materiale pi a


rischio di complicanze, il mersilene quello pi associato a reazioni da corpo estraneo. Il
polipropilene rimane oggi il materiale pi impiegato nella pratica clinica. I materiali di derivazione
animale (estratto acellulare purificato di derma suino e di sottomucosa intestinale suina) sembrano
comportare un rischio minimo di complicanze grazie alla loro elevata biocompatibilit. Il pericardio
bovino e i materiali da allo-trapianto (derma e fascia lata cadaverica) non sono ancora stati
impiegati per la colposacropessia addominale. La fissazione delle protesi mediante punti di sutura,
spirali o clips metalliche o assorbibili sembra rispondere a preferenze individuali. Non sono stati
messi in evidenza finora relazioni tra il materiale impiegato o la tecnica di fissazione e gli esiti
anatomici. Per quanto riguarda la morbilit a carico del segmento anteriore, del basso tratto
urinario o legata all'impiego di materiale eterologo, si veda quanto detto a proposito del segmento
anteriore.
Un utilizzo pi ampio dell'approccio addominale stato descritto per la profilassi dei deficit di
supporto centrale e posteriore in corso di isterectomia addominale. Baden e Walker propongono,
per la sutura della volta vaginale, la sequenza: legamento utero-sacrale, margine posteriore della
volta, paracolpo, margine anteriore della volta. La sutura contribuisce a fissare la volta vaginale e
a ridurne l'ampiezza. Per la sutura della porzione centrale della volta gli stessi Autori descrivono
l'identificazione dei setti vaginali e, separatamente, della componente epitelio-muscolare della
parete vaginale. I setti vaginali vanno compresi nella sutura della volta vaginale. Una serie
progressiva di suture in senso cranio-caudale assicura successivamente la parete della cuffia
vaginale posteriormente ai legamenti utero-sacrali. In tema di chirurgia profilattica la procedura di
obliterazione del cavo di Douglas, secondo Moschowiz o secondo Halban, consolidata da tempo.
La prima ha lo svantaggio di esporre a recidive per deiscenza della sutura circolare, di essere a
rischio per occlusione intestinale per strozzamento ileale nella neo-porta erniaria e di danneggiare
o dislocare l'uretere pelvico. La seconda stata recentemente riproposta per via vaginale dalla
Scuola tedesca con il termine di "colposacropessia vaginale". Sono descritti casi di sierocele pelvico
post-operatorio.
Certezze
La colposacropessia addominale laparotomica o laparoscopica rappresenta una buona opzione
terapeutica per la riparazione del difetto centrale rappresentato dal prolasso della volta vaginale
dopo isterectomia. Mediamente gli indici di cura riportati vanno dall'85 al 94%. Tassi di cura
inferiori vengono riferiti a carico dei segmenti vaginali anteriore e posteriore. Il vantaggio
principale della procedura consiste nella buona conservazione della funzione sessuale, mentre
l'inconveniente pi frequentemente associato la scarsa cura della IUS clinica e latente. Il limite
dell'intervento rappresentato dall'inaccessibilit al tratto distale del segmento posteriore.
L'avvento della TVT ha introdotto un concetto completamente nuovo nella chirurgia funzionale e
ricostruttiva. Ha sostituito l'obiettivo dell'elevazione e della sospensione delle strutture anatomiche
con quello del supporto compatibile con la normale mobilit viscerale e sufficiente ad offrire un
piano di arresto durante gli aumenti della pressione addominale. Ci ha avuto una tremenda
ricaduta su tutta la chirurgia ricostruttiva, creando le premesse per ovviare agli inconvenienti
ostruttivi per quanto riguarda la chirurgia uretrale e i rischi di complicanze per quanto riguarda la
chirurgia protesica in generale. Non va dimenticato infatti che ogni sutura sottoposta a tensione
genera il possibile circuito: ischemia-necrosi-infezione e/o mancata cicatrizzazione che, nella
chirurgia autologa costituisce la patogenesi pi frequente delle recidive e, in chirurgia eterologa,
causa delle complicanze pi comuni (erosione, esposizione, infezione, espulsione) che in passato
venivano attribuite al meccanismo del "rigetto". In modo simile la tecnica "tension-free" oggi
tassativamente applicata anche e soprattutto in caso di colposacropessia indiretta.
Controversie
Un capitolo controverso riguarda l'opportunit di procedere sistematicamente all'isterectomia in
corso di riparazione del difetto centrale. L'apposizione di materiale sintetico alla sutura della volta
vaginale non risultato un fattore di rischio per infezioni della protesi. Tuttavia la scuola francese
da circa quindici anni ha proposto un intervento protesico conservatore, mettendo in discussione
l'utilit dell'isterectomia, nel contesto di un intervento di sostituzione eterologa globale.
Recentemente altri centri in Italia hanno perseguito lo stesso razionale per via vaginale. Allo stesso
modo viene proposta da alcuni Autori l'isterectomia sub-totale. Mancano dati per discutere

efficacia delle procedure, vantaggi, riduzione della morbilit e rischi riguardo alla conservazione
parziale o totale dell'utero in corso di colposacropessia.
Prospettive
Arnaud Wattiez il pioniere della chirurgia ricostruttiva del pavimento pelvico per via
laparoscopica. In tempi recenti ha modificato la tecnica di colposacropessia inserendola in un
contesto di ricostruzione fasciale e muscolare globale. Tenendo fermo l'ancoraggio distale delle
protesi, Wattiez consiglia di fissarle non solo ai setti vaginali, ma di assicurare il margine laterale
della protesi anteriore anche al pilastro vescicale omolaterale e al ventre del muscolo puborettale.
Similmente la rete posteriore va assicurata ai legamenti utero-sacrali e ancora al muscolo
puborettale. L'obliterazione del cavo di Douglas e la miorrafia dorsale dell'elevatore possono essere
eseguite a completamento della ricostruzione. Il margine craniale della rete viene, come di
consueto, fissato in modo lasso al promontorio sacrale, anche se, secondo il parere dell'Autore,
questa fase non probabilmente indispensabile per garantire i buoni esiti dell'intervento.
Liu ha fornito un importante contributo alla chirurgia ricostruttiva laparoscopica. L'Autore riporta
un indice di cura a 5 anni dell'85% con una metodica conservativa originale per il prolasso
dell'utero. Previa identificazione del decorso dell'uretere pelvico, esegue una o pi suture per lato
che comprendono il muscolo puborettale, il legamento utero-sacrale e la cuffia vaginale
posteriormente. La procedura richiede, a volte, l'amputazione cervicale per via vaginale e/o la
colporrafia posteriore transvaginale. Riteniamo che queste procedure non siano ancora validate da
studi clinici controllati o da follow-up a lungo termine. Non sembra infine che questo tipo di
chirurgia sia facilmente riproducibile.
Segmento posteriore
In ambito ginecologico la cura del colpocele posteriore tradizionalmente transvaginale. In caso di
approccio laparotomico stata descritta la possibilit di eseguire la tecnica cos detta di McCall
addominale o inversa. Viene eseguita una colpectomia posteriore a cuneo, con apice distale, e uno
o pi punti di sutura secondo McCall con la sequenza: parete vaginale posteriore da un lato,
legamento utero-sacrale omolaterale, sierosa del retto-sigma, legamento utero-sacrale
controlaterale, parete vaginale posteriore dal lato opposto. Per via laparoscopica l'ancoraggio del
margine distale della protesi a livello dell'apice del corpo perineale e la possibilit di eseguire una
miorrafia dorsale del muscolo elevatore, garantiscono di poter trattare quasi integralmente il
segmento posteriore, tranne i difetti propri del perineo. Valgono tuttavia le perplessit gi
espresse a proposito nel paragrafo sul segmento centrale.
Certezze
Il trattamento addominale dei difetti del segmento posteriore rappresenta, a nostro parere, un
trattamento obbligato in casi in cui non perseguibile la via vaginale, o una fase dell'intervento
laparoscopico nell'ambito di una chirurgia riparativa complessa. In letteratura sono riportate
complicanze coloproctologiche quali incontinenza anale e urgenza alla defecazione dopo
sospensione protesica posteriore. L'accesso addominale rende ovviamente pi complesso il
trattamento mini-invasivo della IUS o l'esecuzione di un approccio transanale nella paziente affetta
da disfunzione pelvica posteriore.
Controversie
Esiste oggi un ampio dibattito interdisciplinare sul trattamento del rettocele sintomatico. La scarsa
letteratura di pertinenza ginecologica sull'argomento eterogenea, ma riporta una prevalenza
elevata del sintomo defecazione ostruita associata a colpocele posteriore (47% nella nostra
esperienza) e un indice di cura poco soddisfacente del sintomo con la chirurgia esclusivamente
transvaginale (42% nella nostra esperienza). Al contrario la letteratura coloproctologica
ricchissima di serie cliniche trattate con la chirurgia transanale con indici di cura mediamente
superiori all'80%. La migliore comprensione della patogenesi della disfunzione posteriore implica
che una considerevole quota di pazienti possano essere candidate a chirurgia transanale
complementare, con una naturale limitazione alle indicazioni addominali per il trattamento del

colpocele posteriore sintomatico.


Prospettive
Riteniamo che, date le limitazioni esposte nei paragrafi precedenti, l'approccio addominale ai difetti
del segmento posteriore non riscuota attualmente interesse sufficiente a promuovere innovazioni o
ricerca clinica.
Via vaginale
Generalit
Appare evidente che la chirurgia ricostruttiva dei difetti del pavimento pelvico in via di
evoluzione e l'apporto delle nuove biotecnologie e di nuovi materiali protesici che promuovono la
crescita di nuovo tessuto connettivo di supporto, potrebbe radicalmente cambiare i criteri di scelta
di strategia chirurgica.
Nella nostra opinione questa soluzione "facile" del massimo interesse ma tuttavia discutibile:
1) i risultati clinici della cura dell'incontinenza (80% di cura e 10% di miglioramento) sembrano
comparabili con quelli della chirurgia sovrapubica o della chirurgia vaginale che provveda al
restauro
dell'amaca
fasciale
sottouretrale;
2) l'uso di materiale protesico in chirurgia vaginale contaminata non da considerare privo di
rischi, anche se i nuovi materiali a maggiore porosit e fibre ben delineate riduce il rischio delle
infezioni
che
in
chirurgia
pulita

circa
dell'1%;
3) la posizione finale della protesi non sempre quella che ci aspettiamo: possono verificarsi
migrazioni, erosioni ed espulsioni.
Noi pensiamo quindi che potremo certamente giovarci dell'apporto delle nuove biotecnologie
quando le pazienti siano selezionate con rigidi criteri, ma riteniamo anche che una ricostruzione
anatomica del connettivo pelvico sia molto importante per assicurare risultati ottimali.
La chirurgia fasciale deve ancora essere non solo meglio conosciuta ma anche correttamente
eseguita in casi selezionati da un completo percorso diagnostico, che pu favorire scelte integrate
di riparazione chirurgica.
Il nostro percorso verso la chirurgia fasciale integrale si svolto attraverso diversi stadi, dapprima
con l'acquisizione di tecniche chirurgiche aggiornate facenti riferimento costante all'anatomia
fasciale, per poi intuire la necessit, in caso di isterectomia ma anche in caso di chirurgia
conservativa nei confronti dell'utero, di riferirsi alla condizione di normalit anatomica che non
lascia porte erniarie aperte. Chiariamo subito questo concetto che ci sembra fondamentale: come
vedremo dalla descrizione della fascia pelvica, sia pur trattata nei diversi segmenti di
appartenenza, esiste nella donna sana una convergenza dell'inserzione fasciale verso l'istmo
uterino, anteriormente con l'inserzione della parte pubocervicale della fascia pelvica a livello del
setto sopravaginale, posteriormente a livello del peritoneo del Douglas-istmo uterino e,
lateralmente, a livello del complesso legamentoso uterosacrali-cardinali (Fig. 2).
Segmento anteriore
La via vaginale , a nostro parere, la via elettiva per il trattamento del prolasso uro-retto-genitale.
La colporrafia anteriore stata, e per larga parte ancora, il trattamento standard del deficit di
supporto anteriore. Attualmente questo tipo di chirurgia rappresenta il pi empirico degli approcci,
ma considerato semplice, riproducibile, a bassa morbilit ed efficace. Tradizionalmente esistono
due modalit di preparazione degli spazi peri-viscerali: la dissezione dello spazio vescico-vaginale,
tra fascia pubocervicale e avventizia vescicale, e la preparazione dello spazio setto-vaginale tra
fascia pubocervicale e parete epitelio-muscolare della vagina. Nel primo caso la procedura
ricostruttiva consente di plicare medialmente la parete muscolo-avventiziale della base vescicale e
di escidere la parete vaginale a tutto spessore, fascia pubocervicale compresa, come

raccomandato da D.H. Nichols. Nel secondo caso la plicatura interessa la fascia pubocervicale con
escissione dei lembi epiteliali della vagina. Concettualmente non vi grande differenza tra le due
tecniche. Tuttavia, come si vedr per la tecnica utilizzata presso il nostro centro, la preparazione
dello spazio setto-vaginale consente di identificare strutture anatomiche essenziali per la
riparazione anteriore. Con la comparsa dell'evidenza del danno da distacco laterale della fascia
pubocervicale dalla parete pelvica, la colporrafia mediana anteriore ha smesso di essere
considerata una procedura standard. Conserva per il proprio razionale in presenza di deficit
centrale. In questo caso una vera e propria lacerazione o perdita di sostanza centrale non mai
stata evidenziata nelle nostre osservazioni. verosimile che, se il danno si verificato, la
guarigione dello stesso sia avvenuta in modo simile a quanto avviene in caso di laparocele: la
sostituzione della fascia originale con connettivo di riparazione pi sottile, con conservazione della
continuit tissutale, ma perdita della capacit di supporto. La chirurgia riparativa dei singoli difetti,
isolati o associati, senza dubbio razionale, affascinante e gode di credito in diversi Paesi.
Dobbiamo altres riportare che, utilizzando la procedura di Scuola austriaca in vigore nel nostro
centro, che non prevede la riparazione dei singoli siti lesionali, la tipologia del difetto si comporta
come variabile indipendente nell'analisi delle recidive. In altre parole non vi correlazione tra i
difetti pre e post-operatori. L'unico dato significativo la scomparsa dei difetti anteriori multipli
evidenti prima della chirurgia e la comparsa, nel 13% dei casi, di difetti singoli, laterali mono o
bilaterali e centrali, indipendentemente dalla situazione pre-operatoria.
Alla fine degli anni '80 ebbe inizio la nostra esperienza con la chirurgia ricostruttiva della fascia
pubocervicale basata sull'anatomia e tecnica chirurgica di J. Lahodny (20) (21).
Ci apparve subito interessante il concetto di sostituzione della fascia pubocervicale deteriorata con
una nuova amaca fasciale che, come vedremo pi oltre, si ricava spingendo la dissezione molto pi
lateralmente rispetto all'esecuzione di una cistopessi classica ed utilizzando strutture fasciali
praticamente sempre integre al di sopra delle quali si riposizioner la fascia pubocervicale
sfiancata. Ulteriormente interessante ci apparve l'annullamento della diastasi dei fasci puborettali
dell'elevatore con la tecnica descritta dall'Autore.
Con la paziente in posizione litotomica vaginale dopo incisione della parete vaginale e scollamento
laterale, la fascia pubo-cervicale si evidenzia come una entit unica che ricopre la vescica ma con
alcune particolarit che ispirano una chirurgia particolarmente efficace nella riparazione dei difetti
della fascia stessa.
Questa ricopre la base vescicale e l'uretra con la quale in stretta connessione e si inserisce
lateralmente dapprima sul solco vaginale con un ispessimento che contiene i vasi vescicali inferiori
(la lamina vasorum) e pi lateralmente si connette con la white line recando nel suo contesto i vasi
vescicali superiori. Nel tratto tra le lamine vasorum e la connessione con la pelvi al livello delle
linee bianche (lamina membranacea), la fascia giace sull'aponeurosi dell'elevatore. Le due lamine
si dipartono l'una dal margine inferiore dell'uretra e l'altra dal margine superiore. La prima termina
nel pilastro vescicale, la seconda sulla spina ischiatica.
Il tratto di vescica tra le due lamine, triangolare, rappresenta la pars intermedia della vescica e la
fascia ivi sdoppiata in due foglietti, con interposto tessuto adiposo denso il che conferisce
notevole robustezza a questo tratto fasciale adatto come un cuscino ad assorbire i traumi pressori.
La particolare resistenza simile a quella di un tubo cavo che meno facilmente flessibile di un
filo di ferro con lo stesso diametro complessivo di metallo. L'utilizzazione di queste strutture
laterali che con la sutura delle lamine vasorum si portano al di sotto della vescica e della sua fascia
pubocervicale, determina un eccellente supporto a questi organi, restaurando il profilo vaginale
anteriore (Figg. 3, 4) in modo perfetto anche quando vi una profonda alterazione legata ad un
cistocele di grado elevato (12).
Il punto dove la parete vaginale laterale incrocia l'elevatore importante non solo per distaccare le
lamine vasorum ma anche per la separazione del muscolo puborettale dalla branca pubica
ascendente, permettendo la miorrafia ventrale occludente lo iato urogenitale associato con il
cistocele.
Dopo il distacco delle lamine vasorum e lo scollamento laterale fino all'arco tendineo della fascia
pelvica, il dito esploratore pu palpare la fascia che termina nella linea bianca. Spostando il dito

verso l'uretra si pu apprezzare il legamento pubouretrale posteriore molto resistente e non


elastico.
L'anatomia chirurgica appena descritta stata controllata in vivo in corso di cistectomia radicale
per neoplasia. Incisa la vagina e scollata la mucosa dalla fascia pubocervicale, separate la lamina
vasorum dal solco vaginale e liberata la pars intermedia della vescica, abbiamo posto delle clips di
metallo sul decorso della lamina vasorum e sistemato un batuffolino di garza nello spazio tra parte
intermedia della vescica ed aponeurosi dell'elevatore risuturando poi la vagina.
Durante la laparotomia si preparato lo spazio del Retzius ed isolata la fascia endopelvica al livello
della white line. Aprendo la fascia a questo livello apparso il batuffolo lasciato in situ per via
vaginale e si sono poste altre clips lungo l'intero percorso della lamina membranacea (punto di
attacco della fascia alla pelvi) fino alla spina ischiatica ottenendo il completo distacco dell'organo
dalla parete pelvica. La visione del pezzo operatorio ha permesso di riconoscere quindi due anelli
di sospensione vescicale, a mezzo delle lamine descritte, che permettono l'assorbimento della
pressione addominale scaricandola dal bassofondo vescicale verso l'alto sulle lamine vasorum e
quindi sulla white line attraverso le lamine membranacee (10).
La dissezione che permette di evidenziare queste strutture in corso di chirurgia vaginale non
determina di regola sanguinamento.
Raramente riscontriamo danni sulla fascia che ricopre la parte intermedia della vescica. Se sono
presenti lacerazioni esse rappresentano la conseguenza di una cattiva dissezione e vengono
comunque riparate dal distacco del muscolo puborettale e dalla miorrafia ventrale.
A met degli anni '90 alcuni Autori proposero l'impiego di reti sintetiche (Marlex, Prolene)
interposte nello spazio vescico-vaginale o setto-vaginale anteriore per la terapia del colpocele
anteriore, traendo spunto dai successi della chirurgia protesica per la cura delle ernie della parete
addominale. Il tipo di materiale, la sagoma della protesi, il modo e l'opportunit di ancoraggio
della stessa sono ancora estremamente variabili e non codificati. Attualmente sembrano prevalere
le tecniche transvaginali: da un lato la tecnica "tension-free" che non prevede suture di fissazione
e dall'altro la tecnica di ancoraggio della protesi agli ATFP come nella riparazione paravaginale. Si
tratta di suggerimenti affascinanti, di cui non conosciamo ancora n gli esiti anatomici a lungo
termine, n le complicanze tardive. Riteniamo che al momento attuale questo tipo di chirurgia
abbia significato solo nell'ambito di studi clinici o nel trattamento di casi complessi, affetti da
multirecidiva o ad alto rischio di recidiva. La possibilit di combinare la chirurgia sostitutiva
eterologa con interventi mini-invasivi per IUS (TVT) sembra aprire un nuovo capitolo nella terapia
chirurgica delle disfunzioni pelviche.
Certezze
La riparazione transvaginale rappresenta il metodo pi diffuso per la correzione del colpocele
anteriore. La colporrafia tradizionale ancora considerata da molti il gold standard di trattamento.
I limiti della metodica riguardano l'indice di cura della IUS, riportato intorno al 60%, la fragilit
della ricostruzione in caso di associazione con la colposospensione sacrospinosa della volta
vaginale, il rischio di recidiva da mancata riparazione laterale. A nostro parere la colporrafia
secondo Lahodny si dimostrata soddisfacente anche in questi casi e rappresenta la tecnica di
prima linea nel trattamento dei difetti anteriori.
Controversie
La riparazione paravaginale della fascia pubocervicale, resa popolare da Shull, ha suscitato grande
interesse in Europa negli ultimi dieci anni. A fronte di un razionale convincente la metodica
risultata non semplice e poco riproducibile. La necessit di procedure o riparazioni multiple a carico
del segmento anteriore per ottenere la riparazione integrale dei difetti, comporta difficolt che non
sembrano proporzionate ai risultati ottenuti. Studi clinici non controllati di gruppi italiani non
hanno ottenuto risultati altrettanto incoraggianti di quelli riportati da Bob Shull. L'indice di cura
della IUS non si dimostrato superiore a quello della colporrafia tradizionale. L'avvento della TVT
ha promosso rapidamente l'integrazione di questa metodica nella chirurgia ricostruttiva per deficit

di supporto associato a IUS. In questa situazione la cura della IUS clinica e latente si dimostrata
superiore alle metodiche tradizionali, con un aumento non trascurabile della morbilit ostruttiva,
oltre a quella propria del materiale protesico. Alcuni centri propongono, per questi motivi, di
dilazionare la chirurgia anti-incontinenza rispetto a quella ricostruttiva, sia per ridurre al minimo la
quota di chirurgia richiesta per IUS, sia per ridurre la morbilit associata.
Prospettive
L'utilizzo di materiali eterologhi sintetici biocompatibili, di materiali di derivazione animale o di
materiale da allo-trapianto, sta rapidamente diffondendosi in molti Paesi d'Europa. Le conoscenze
riguardo a queste metodiche hanno ancora bisogno di essere affinate.
Recentemente sono comparsi in letteratura studi clinici che si propongono di valutare l'outcome
anatomo-funzionale di interventi ricostruttivi mediante impiego di materiali eterologhi di sintesi o
di derivazione animale. Dalle prime osservazioni emerge come la recidiva anatomica risulti
pressoch assente nei risultati a breve termine, a fronte di un aumento non trascurabile della
morbilit, rappresentata soprattutto da infezioni del materiale protesico, necessit di espianto,
erosione, dolore cronico, dispareunia. Problemi aperti rimangono inoltre il trattamento delle
disfunzioni associate e il rapporto globale costi/benefici dell'impiego del materiale protesico in
questo tipo di chirurgia. Il buon successo del materiale eterologo nella riparazione dei difetti della
parete addominale ha trasmesso entusiasmo per l'impiego nella chirurgia ricostruttiva pelvica in
ginecologia, tuttavia necessario valutarne il razionale d'applicazione.
Accessi misti
U. Bologna ha descritto una tecnica vaginale che prevede la dissezione di due benderelle di vagina
e fascia dal fornice anteriore all'uretra posteriore, dove vengono lasciate inserite. Le strisce di
tessuto vengono poi trasposte attraverso due tunnel para-uretrali attraverso lo spazio prevescicale e suturate alle aponeurosi della parete addominale. L'intervento ha avuto seguito
soprattutto in Francia, dove diversi Autori hanno riportato ottimi risultati anatomici. La cura
associata della IUS clinica e latente a breve termine tra le pi elevate riportate in letteratura.
La comprensione che il restauro anatomico fosse superiore con l'approccio vaginale rispetto alla
chirurgia addominale di sospensione e la cura della IUS, al contrario, fosse migliore con la via
sovrapubica, ha fatto intraprendere ad alcune scuole l'associazione tra le due vie per conseguire
risultati anatomo-funzionali ottimali. La chirurgia di escissione per via vaginale ha confermato i
buoni risultati anatomici noti per la via vaginale esclusiva, tuttavia l'approccio misto ha messo in
evidenza una maggior morbilit, e di conseguenza criteri di inclusione pi limitati, una maggior
comparsa post-operatoria di difetti del segmento posteriore, una cura della IUS inferiore alla via
sovrapubica esclusiva, il manifestarsi di turbe dello svuotamento vescicale e di infezioni urinarie
ricorrenti con frequenza superiore agli esiti delle due vie intraprese separatamente. Attualmente la
chirurgia mista non sembra essere un'opzione che goda di ampi consensi.
Segmento centrale
Per via vaginale sono state descritte e documentate almeno cinque tecniche ricostruttive, tutte
accreditate di soddisfacenti esiti anatomici: la sospensione sacrospinosa, la sospensione alla fascia
ileococcigea, la sospensione alla fascia endopelvica secondo la scuola della Mayo Clinic, la
sospensione sec. McCall con le sue varianti e la sospensione o fissazione all'aponeurosi del
muscolo pubo-rettale con la variante nota come "dorsal myorraphy".
Qui viene considerata solo la sospensione sacrospinosa per motivi di consistenza numerica delle
casistiche. L'intervento descritto da Sederl, diffuso in Europa da Richter e Albright (33) e in USA da
Nichols (29) accreditato da indici di cura ottimali (> 80%). I problemi principali legati alla
metodica riguardano una significativa comparsa ex novo o recidiva di difetti di supporto a carico
del segmento anteriore, soprattutto se viene associata una riparazione paravaginale o una
sospensione ad ago e un rischio aumentato di comparsa di IUS de novo. Sono inoltre documentati
incidenti vascolari e neurologici poco frequenti, ma di grave entit. Per altre considerazioni sulla
procedura si veda anche il paragrafo "Via addominale". Il confronto tra sospensione sacrospinosa e

sospensione secondo McCall non sembra mettere in evidenza vantaggi significativi tra le due
procedure. In letteratura viene generalmente riportato che la chirurgia transvaginale "tradizionale"
gravata da un rischio di indurre disfunzione sessuale nel 20-25% dei soggetti trattati. La tecnica
che abbiamo messo a punto di recente per la riparazione del segmento centrale del profilo
vaginale incentrata sulla necessit di non lasciare come precedentemente detto porte erniarie
aperte. Ci potrebbe verificarsi nelle seguenti condizioni:
a) presenza di un culdocele: il setto retto-vaginale sfiancato al suo apice o distaccato dalla sua
inserzione
(elitrocele);
b) presenza di difetto trasversale della fascia pubocervicale con distacco del setto sopravaginale. I
due difetti possono coesistere o essere presenti singolarmente.
In queste condizioni se si esegue l'isterectomia vaginale al momento della sutura della cupola, le
due fasce anteriore e posteriore rimangono escluse dalla sutura o entrambe o una sola
mantenendo uno iato aperto.
Se l'utero viene lasciato in situ senza curare il difetto presente questo permane anteriormente
come posteriormente.
La normale connessione dei setti vaginali con l'anello connettivale pericervicale risulta alterato
soprattutto in caso di prolasso della volta vaginale post-isterectomia, causata proprio dal mancato
ricongiungimento della fascia anteriore e posteriore in sede centropelvica. Alcuni dettagli di tecnica
aiuteranno a comprendere meglio la filosofia della "ricostruzione fasciale integrale" in uso nel
nostro centro.
Dopo l'isterectomia si procede all'isolamento dei margini craniali dei setti vaginali (fascia
pubocervicale e setto rettovaginale), che vengono inglobati in una sutura per lato con questa
sequenza: parete vaginale antero-laterale, fascia pubo-cervicale, peritoneo anteriore, legamento
utero-sacrale, peritoneo posteriore, setto retto-vaginale parete vaginale postero-laterale (Figg. da
6 a 9, sutura di McCall, modificata). Chiusura della cavit peritoneale, sintesi definitiva dei setti
vaginali (10). Eventuale colpectomia posteriore a "V" in corrispondenza della volta. In caso venisse
repertato un sacco enterocelico, questo verr isolato ed escisso, sia a livello del cavo di Douglas
che della plica vescico-uterina. In caso di pregressa isterectomia potranno essere utilizzate le
seguenti tecniche:

volta vaginale di score H.W.S. 2: apertura della volta al termine della colpectomia
posteriore come descritto da Nichols, accesso alla cavit peritoneale, isolamento dei setti
vaginali e posizionamento di due suture centrali, una craniale ed una pi caudale, con
VICRYL 1, con la seguente sequenza: legamento utero-sacrale sinistro, sierosa pre-rettale,
legamento utero-sacrale destro (sutura di McCall interna), eventuale escissione del sacco
enterocelico e chiusura della cavit addominale. Nel caso non sia possibile accedere alla
cavit addominale, i legamenti utero-sacrali verranno repertati per via extraperitoneale. I
margini caudali dei setti vengono suturati tra loro mediante i capi liberi delle suture di
McCall interne e quelli della sutura peritoneale. Sutura orizzontale della volta a punti
staccati;
volta vaginale di score H.W.S. > 2: l'intervento di elezione la sospensione della volta
vaginale al legamento sacrospinoso destro con due suture a lento riassorbimento. In casi
selezionati eseguiamo la fissazione sacrospinosa bilaterale indiretta mediante
interposizione di materiale eterologo sagomato a T. La colpotomia d'accesso potr essere
la stessa descritta nel paragrafo precedente, oppure un'incisione a "T" con braccio
orizzontale in corrispondenza della cicatrice della pregressa isterectomia. I setti vaginali
verranno suturati tra loro, ma non ancorati ad altre strutture di sostegno. Le due braccia
della protesi sono ancorate ai legamenti sacrospinoso e centralmente solidarizzati alla
cupola vaginale. I margini laterali della protesi vengono ancorate all'aponeurosi del
muscolo ileo-coccigeo, il margine caudale all'apice del corpo perineale. La chiusura della
cavit addominale e il trattamento dell'enterocele seguiranno le stesse modalit descritte
in precedenza. Al termine di questa opzione la volta viene suturata in senso longitudinale.

Risultati
I risultati complessivi a breve termine riguardanti una serie limitata di pazienti sono pi che
soddisfacenti considerando che gli insuccessi nel passato riguardavano prevalentemente il profilo
centrale e posteriore. Attualmente in una casistica di 43 pazienti operate, 20 hanno superato il
controllo ad un anno senza che si siano evidenziate recidive anatomiche o disfunzionali. I risultati
sul profilo anteriore si sono mantenuti eccellenti malgrado la necessit di una nuova learning curve
nella nuova sede operativa precedente l'attuale, con un 86% di risultati anatomo-funzionali
positivi. Nella casistica di chirurgia integrale ricostruttiva pi recente riferita alle 43 pazienti di cui
sopra, il tasso di cura complessivo ad un anno per i tre segmenti interessati praticamente del
100%. Occorre naturalmente un follow-up di maggior durata per la valutazione definitiva ma
sembra abbastanza evidente che la filosofia di approccio integrale pu essere premiante come si
intravede anche dal recente lavoro di Shull (36) sui risultati ottenuti con tecnica sovrapponibile.
Certezze
Non possibile identificare un gold standard di trattamento. La colposospensione sacrospinosa
stata a lungo considerata la tecnica pi efficace per il trattamento transvaginale del prolasso della
volta vaginale. I potenziali rischi correlati all'intervento, la retroversione dell'asse vaginale e la
dispareunia ne hanno ridotto l'impiego. Riteniamo che la fissazione sacrospinosa mantenga un
ruolo importante nel trattamento del prolasso della volta vaginale di grado elevato o dopo recidiva
di altre procedure. In corso di isterectomia sembrano efficaci tutte le tecniche che prevedono
l'ancoraggio della volta vaginale ai legamenti utero-sacrali o a porzioni della fascia endopelvica.
Controversie
Il punto di maggiore controversia riguarda probabilmente l'opportunit di procedere
sistematicamente all'isterectomia. Nel nostro centro valutiamo l'eventualit di conservare l'utero
nelle pazienti di et < 40 anni e > 70 anni, previa negativit dell'istologia endometriale, o quando
la donna ne faccia specifica richiesta, in assenza di patologia genitale diversa dal deficit di
supporto. Eseguiamo elettivamente la sospensione sacrospinosa mono o bilaterale all'istmo
uterino, posteriormente, dopo aver ripristinato, se necessario, la continuit fasciale tra margine
craniale del setto retto-vaginale e l'istmo stesso.
Prospettive
Papa Petros ha proposto l'impiego del dispositivo IVS (Intra Vaginal Sling), ideato per la terapia
mini-invasiva della IUS, per la procedura di sospensione della volta vaginale denominata ICS
(Infra Coccigeal Sling). Dopo aver preparato le fosse pararettali bilateralmente, per via
percutanea, viene posizionato il nastro di prolene con tecnica tension-free. La porzione centrale del
nastro viene suturata al corion vaginale. Pur essendo teoricamente a rischio per lesioni rettali
intra-operatorie, la tecnica sta riscuotendo entusiasmo presso numerosi centri. Rispetto alla
sospensione sacrospinosa stata valutata pi semplice, meno rischiosa, senza introdurre
distorsioni dell'asse vaginale. La Dorsal Myorraphy consiste in un unico punto di sutura che, dopo
colpotomia posteriore e preparazione delle fosse para-rettali, comprende la parete vaginale da un
lato in prossimit della volta, il pilastro rettale e il muscolo puborettale omolaterale, l'avventizia
del retto, muscolo e pilastro dal lato opposto e parete vaginale. Sembra di notare che la chirurgia
del segmento centrale si stia muovendo verso metodiche semplici e riproducibili, di cui tuttavia
non ancora nota l'efficacia a lungo termine e la morbilit associata.
Segmento posteriore
La colporrafia posteriore associata a miorrafia dorsale del muscolo elevatore , probabilmente,
l'intervento pi antico nella storia della chirurgia vaginale. In una nostra ampia revisione critica dei
risultati della ricostruzione anatomica posteriore, la metodica sempre risultata descritta nei casi
trattati, anche in associazione a procedure moderne o innovative utilizzate per il trattamento degli
altri segmenti. Una chirurgia di escissione vaginale viene proposta da Nichols negli anni '70 come
terapia dei danni da deficit di supporto del setto retto-vaginale. Milley e Nichols (27) chiarirono
bene le inserzioni inferiore e superiore del setto stesso a livello rispettivamente del corpo perineale

e a livello del peritoneo del cavo di Douglas verso l'istmo uterino e il complesso legamenti
cardinali-uterosacrali.
La chirurgia di riparazione, muovendo dal razionale di Baden e Walker, ha trovato nei contributi di
Richardson una diffusione definitiva anche in Europa con la descrizione della topografia dei siti
lesionali della fascia posteriore e, in particolare, la possibilit di suturare il margine laterale del
setto retto-vaginale all'aponeurosi del muscolo ileococcigeo (posterior with line) in caso di difetto
laterale.
Nella nostra esperienza le lesioni pi frequenti del setto sono quelle trasversali al terzo inferiore
della vagina con rettocele basso ed il distacco superiore dai legamenti uterosacrali e cardinali con
conseguente rettocele medio o alto associato a culdocele (Fig. 5). Le lesioni longitudinali ed i
distacchi laterali sono nella nostra esperienza meno frequenti.
Noi pensiamo che si debba fare una distinzione tra culdocele ed elitrocele. II culdocele legato a
nostro avviso ad un Douglas ampio, con setto retto-vaginale presente ma indebolito laddove
nell'elitrocele presente discontinuazione del setto retto-vaginale dall'istmo uterino e dal Douglas
ed anse intestinali protrudono tra parete vaginale e setto retto-vaginale.
Ricordiamo che la protrusione di anse tra setto retto-vaginale e parete rettale prende il nome di
edrocele.
Per la sospensione vaginale e addominale si veda quanto detto nel paragrafo "Segmento Centrale".
Qui preme sottolineare soprattutto la possibilit di confronto tra una chirurgia transvaginale nelle
proposte delle varie Scuole e la chirurgia transanale oggi, di esclusiva competenza colo-rettale.
Molta attenzione finora stata posta dal ginecologo al problema della disfunzione uretro-vescicale,
ma non altrettanto alle turbe della funzione retto-anale. In particolare il sintomo defecazione
ostruita (DO), che compare frequentemente nelle pazienti affette da disfunzione pelvica, stata
poco studiata in ambito ginecologico. La letteratura ginecologica in questo settore scarsa e
controversa. Da un lato Mellgren et al. (24) in uno studio prospettico non controllato riportano
indici di cura della DO superiori all'80% con la chirurgia transvaginale tradizionale, d'altra parte il
gruppo di Stanton segnala il peggioramento complessivo della funzione ano-rettale dopo chirurgia
transvaginale. In una serie personale di 83 pazienti con follow-up di 5 anni e trattate con
colpoperineoplastica secondo Nichols, la cura della DO risultata del 42,4%. La letteratura colonproctologica ha segnalato diverse ipotesi patogenetiche del rettocele, individuando la sede
anatomica del danno primitivo nel contesto della sottomucosa rettale (Block), della parete
muscolare liscia (Sarle), del setto retto-vaginale (Kubchandani), o nella diastasi della porzione
dorsale dei muscoli puborettali (Shepayack). Tutti gli Autori citati riportano serie cliniche con un
indice di cura della DO > 80%.
Sembra che la cura anatomica del segmento posteriore non sia sufficiente a curare il sintomo DO.
Alcuni eventi patogenetici diversi da rettocele possono contribuire alla comparsa della DO
(prolasso mucoso occulto, intussuscezione retto-anale, sigmoidocele, aumento della compliance
rettale, riduzione della sensibilit, anismo, alterazioni del transito, qualit delle feci). Lo studio
della funzione ano-rettale pre-operatoria, la selezione delle indicazioni chirurgiche e la possibilit
di trattare consensualmente per via transanale cause di DO concomitanti al rettocele, aprono oggi
un nuovo settore di ricerca e di comportamento. Da segnalare la possibilit di eseguire una
prolassectomia mucosa per via transanale, comprendendo anche la parete muscolare a tutto
spessore, con una suturatrice meccanica. L'intervento mini-invasivo sembra conseguire ottimi
risultati sia anatomici che funzionali. La chirurgia transanale, indicata solo nei casi di rettoceli bassi
(massimo 6-7 cm dalla rima anale) sintomatici (senso di peso perineale, DO) non controindica altri
interventi chirurgici per via vaginale eseguiti su segmenti diversi del profilo vaginale e sembra
modificare parametri funzionali (sensibilit, compliance, motilit riflessa) del tratto ano-rettale,
non coinvolti dalla chirurgia vaginale. Infine la chirurgia protesica oggetto di studi clinici con gli
stessi punti di interesse e i limiti esposti per il segmento anteriore.
Esperienza personale

Tecnica operatoria
Escidiamo una losanga di tessuto cutaneo-mucoso dal corpo perineale verso la parte alta della
vagina isolando il setto retto-vaginale. Introducendo il dito indice della mano sinistra, suturiamo
eventuali lacerazioni trasversali o longitudinali e ricolleghiamo il limite superiore del setto
rettovaginale alla fascia pubocervicale preventivamente isolata dalla parete vaginale anteriore,
coinvolgendo nelle suture i legamenti uterosacrali e le pareti vaginali anteriore e posteriore. In
assenza di tessuti robusti utilizziamo materiale protesico a copertura delle aree prive di
rivestimento fasciale. Naturalmente vengono effettuati gli interventi complementari richiesti dai
difetti presenti. L'intervento viene completato con miorrafia dell'elevatore dorsale e perineorrafia.
La tecnica di riparazione suesposta per il profilo posteriore, in parte basata sulle ricerche di
Richardson e sulla tecnica di dissezione di Nichols, rappresenta una metodica sicura che migliora i
sintomi accusati dalla paziente ed in quasi tutti i casi garantisce migliori risultati della classica
rettopessi.
I nostri risultati anatomici pregressi, per quel che riguarda i difetti isolati del setto rettovaginale,
mostrano un tasso di cura a 5 anni del 92,7%. Il ripristino anatomico nella maggioranza dei casi
completo.
Ci sembra molto importante la bassa incidenza di dispareunia postoperatoria. Solo il 2% delle
pazienti infatti accusa un dolore ai rapporti "de novo".
La considerazione che solo il 42,4% delle pazienti curata per il sintomo "defecazione ostruita", ci
ha indotti in presenza di questo sintomo ad esplorare la possibilit di presenza di prolasso mucoso
del retto che richiede una contemporanea riparazione transvaginale e transanale. I risultati
preliminari appaiono incoraggianti in una piccola serie di pazienti con defecazione ostruita e
rettocele.
Certezze
Il segmento posteriore quello accreditato di indici di cura pi elevati in letteratura. In queste
serie viene riportata la riparazione eseguita tramite colporrafia posteriore, miorrafia posteriore
dell'elevatore e plastica del diaframma urogenitale. In ambiente coloproctologico la miorrafia
posteriore con accesso trans-perineale la tecnica di prima scelta per la terapia del rettocele alto.
Nella nostra esperienza la miorrafia dorsale, eseguita ad almeno 5 cm cranialmente rispetto
all'introito vaginale, rappresenta una delle soluzioni pi solide e a basso rischio nella riparazione
posteriore.
Controversie
La comparsa di dispareunia post-operatoria (7) (15) e la scarsa cura dei sintomi ano-rettali
associati hanno ridotto la diffusione della miorrafia dorsale del muscolo puborettale. Nichols per
primo raccomandava di non comprendere nelle suture il tessuto muscolare del pavimento pelvico.
Analogamente a quanto accaduto per la fascia pubocervicale, alcuni centri hanno intrapreso una
chirurgia esclusivamente fasciale del setto retto-vaginale. I risultati, con i limiti degli studi non
controllati, dimostrano una riduzione della dispareunia, una cura dell'anatomia sovrapponibile a
quello della chirurgia tradizionale, ma un impatto poco favorevole sui sintomi ano-rettali.
Dal punto di vista della riparazione anatomica verosimile che la chirurgia transvaginale abbia il
vantaggio di consentire la ricostruzione di tutti i difetti del profilo vaginale e, in particolare, la
correzione del rettocele alto e di un enterocele eventualmente associato. L'utilizzo della miorrafia
del muscolo elevatore induce disfunzione sessuale in un numero non trascurabile di pazienti, senza
comportare probabilmente una riduzione significativa delle recidive anatomiche rispetto alla
chirurgia di riparazione fasciale. Quest'ultima, pur essendo poco rappresentata in letteratura,
sembra infatti consentire buoni risultati anatomici senza indurre disfunzione sessuale. La chirurgia
transvaginale sembra avere un impatto poco significativo sui sintomi ano-rettali,

indipendentemente dalla tecnica utilizzata.


Prospettive
La chirurgia transanale ha come indicazione elettiva la riparazione del rettocele basso di piccole
dimensioni, associato a turbe della defecazione. I risultati riportati dimostrano una buona
regressione dei sintomi. Recentemente, Longo ha introdotto una tecnica di resezione rettale
transanale mediante impiego di suturatrice meccanica circolare, con buoni risultati anatomofunzionali. La tecnica ha il suo razionale nella terapia della soluzione di continuo dello strato
muscolare della parete rettale e del prolasso mucoso occulto associato.
Negli ultimi anni la definizione di una patologia intrinseca del connettivo fasciale, ha promosso
l'impiego di materiali di derivazione sintetica o biologica per la riparazione dei deficit di supporto
pelvico. I risultati conseguiti con queste metodiche comportano mediamente un indice di cura
anatomica superiore a quello delle tecniche tradizionali a fronte di un aumento della morbilit.
Per la cura primaria del rettocele verosimile che la chirurgia transvaginale conservi la propria
attualit grazie alla semplicit di esecuzione, riproducibilit e bassa morbilit. La chirurgia
transanale sembra avere il miglior impatto sui sintomi ano-rettali. La chirurgia combinata
transvaginale e transanale rappresenta un'opzione interessante ma implica l'acquisizione di
competenze multidisciplinari. La tecnica descritta da Longo, confinata per ora in ambito
coloproctologico, necessita di studi pi ampi.
Le recidive
Il trattamento delle recidive del difetto di supporto pelvico uno degli argomenti pi controversi e
poco definiti della letteratura ginecologica. L'esame delle patogenesi nota dei difetti di supporto
mette in evidenza eventi patogenetici multipli, ognuno riconducibile a fattori eziologici diversi e ad
espressione variabile, condizionati probabilmente da elementi genetici ed ambientali non ancora
definiti. L'insufficienza e la complessit di queste conoscenze forse la causa principale della
mancanza di una proposta terapeutica semplice ed efficace.
importante riconoscere preoperatoriamente il numero, il tipo e la gravit dei difetti di supporto
per pianificare il tipo di chirurgia. L'esperienza dell'operatore, il tipo di pregressa chirurgia, le turbe
funzionali associate, la qualit intrinseca dei tessuti, la lunghezza ed il calibro vaginale, l'et della
donna sono le variabili principali che possono modificare la scelta del materiale di sutura e di
supporto da impiegare, la tecnica e la via d'accesso da utilizzare.
La recidiva o la comparsa ex novo di disfunzione pelvica associata a recidiva anatomica
rappresenta in genere, quando presente, l'indicazione principale dell'intervento e merita un workup diagnostico specifico e diversificato caso per caso.
Opzioni terapeutiche
Ogni caso pu avere storia a s stante e, di fatto, merita un'analisi del cedimento dei siti di
supporto in relazione al pregresso trattamento.
Possiamo diversificare le seguenti principali situazioni cliniche: recidiva dopo chirurgia conservativa
(ad esempio, operazione di cistopessi e rettopessi classica).
In genere viene eseguito come primo tempo l'isterectomia. L'asportazione dell'utero, tuttavia, non
pi considerata d'obbligo, soprattutto nella donna al di sotto dei 40 o al di sopra dei 70 anni. In
questi casi in alternativa alle tecniche tradizionali di riparazione del segmento centrale dopo
isterectomia (sospensione sacrospinosa della volta vaginale, culdoplastica secondo McCall,
sospensione prespinosa) proponiamo la sospensione dell'istmo uterino al legamento sacrospinoso
ed il ricongiungimento dei setti distaccati all'istmo uterino. In caso d'isterectomia, invece,
eseguiamo la sutura dei margini craniali dei setti vaginali anteriore e posteriore unitamente ai
margini vaginali per la cura del difetto trasversale e la prevenzione dell'ernia del cavo del Douglas

come gi riferito. Nel caso in cui sia indicata solo la riparazione dei segmenti centrale e posteriore,
possibile ancorare il margine superiore del setto rettovaginale alle suture del complesso
legamenti cardinali-uterosacrali e alle suture di McCall interne.
Noi chiamiamo questo tipo di chirurgia "chirurgia fasciale integrale" a significare la completa
sintesi dei vari elementi fasciali volta a chiudere lo iato pelvico ed a restituire al gioco della
pressione endoaddominale un pavimento pelvico senza "finestre" erniarie.

LA TERAPIA DEL PROLASSO


E. Imparato G. Baudino
Struttura di Ginecologia e Ostetricia, IRCCS "S. Matteo", Pavia

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Fig.
1
Paravaginal repair: sutura della fascia endopelvica alla white line (da Baden WF, Walker T. Surgical
Repair of Vaginal Difects. Philadelphia: J.B. Lippincott Co. 1992)

Fig.
2
In nero ben visibile la confluenza dei singoli foglietti fasciali sullanello pericervicale (da Nichols
DH, Randall CL. Vaginal Surgery. Fourth Edition. Williams & Wikins 1989)

Fig.
Sutura delle lamine vasorum

Fig.
Effetto della sutura

Fig.
Sutura di lacerazione trasversale del setto retto vaginale

Figg.
Sutura di vagina, setto retto vaginale e legamento uterosacrale

6-7

Figg.
Inclusione nella sutura di fascia pubocervicale e parete vaginale anteriore

8-9

TERAPIA CHIRURGICA DEL PROLASSO ASSOCIATO AD INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO


M. Moscarini M. Di Stefano
Universit di Roma "La Sapienza", II Facolt di Medicina e Chirurgia,
Ostetricia e Ginecologia, Policlinico "Sant'Andrea"

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Introduzione
Il prolasso genitale e l'incontinenza urinaria da sforzo, rappresentano l'espressione di alterazioni
anatomo-funzionali, sia congenite che acquisite, delle strutture fasciali, muscolari e nervose del
pavimento pelvico.
Il National Center for Health Statics ha stimato in 400.000 le procedure chirurgiche eseguite
annualmente per il trattamento dei disordini dei supporti pelvici (1). Il 40,1% di queste procedure
interessano il compartimento vaginale anteriore, il 15,6% il compartimento vaginale anteriore e
posteriore, il 18% tutti i compartimenti (anteriore, medio e posteriore).
L'incontinenza urinaria solo una delle manifestazioni del prolasso pelvico che richiede un
trattamento contemporaneo agli altri disordini strutturali pelvici per evitare ricorrenze o scarsi
risultati terapeutici (2) (3).
Da sempre la chirurgia considerata il gold standard nel trattamento del prolasso genitale e
incontinenza urinaria femminile. L'obiettivo chirurgico quello di restaurare sia un sostegno
coordinato delle strutture che partecipano all'equilibrio anatomo-funzionale pelvico, sia di
ristabilire la continenza urinaria. A tal fine necessaria una adeguata conoscenza di quelle
componenti altamente specializzate responsabili dell'unit funzionale del pavimento pelvico che, in
un sistema integrato dinamico, producono gli effetti del sostegno pelvico e della continenza
urinaria.
Iter terapeutico
La scelta sul tipo di chirurgia da adottare per la correzione del prolasso degli organi pelvici e/o
dell'incontinenza urinaria una delle pi difficili sfide che si trova ad affrontare il chirurgo che si
interessa di uroginecologia e pavimento pelvico.
Le procedure adottate per ogni caso non sono mai singole, poich dirette alla riparazione di
differenti tipi di difetti e patologie associate, tali da richiedere approcci estremamente diversificati
in cui gioca un ruolo importante l'esperienza acquisita dal singolo operatore. Rimane quindi ancora
valido il concetto secondo il quale una volta selezionato il paziente da indirizzare alla chirurgia,
bisogna operare una scelta rigorosa e scientifica sul tipo di intervento pi appropriato per quel tipo
di paziente. I disturbi pi frequenti lamentati sono causati dalla protrusione dei visceri pelvici e dai
sintomi urinari. Un gran numero di donne affette da questa patologia, frequentemente riportano
all'anamnesi sintomi di incontinenza urinaria scomparsa con l'aggravarsi del prolasso, dovuto al
fenomeno del ripiegamento uretrale (Kinking effect), ampiamente descritto in letteratura. Tale
fenomeno che pu associarsi ad una pressione di chiusura uretrale bassa o normale, richiede la
messa in atto di test diagnostici di slatentizzazione, realizzabili attraverso l'uso di pessari, tamponi
montati (4) ecc.
Sintomi del basso apparato urinario che possono associarsi a un prolasso genitale sono sintomi di
urgenza, frequenza, nicturia, minzione ostruita.
La selezione delle pazienti deve passare attraverso la raccolta dei dati anamnestici in grado di
fornire informazioni sui fattori di rischio, oltre che su un meticoloso esame fisico, che include una
valutazione anatomo-funzionale di tutte le strutture in esame; inoltre, non da ultimo, un'adeguata
valutazione neurologica.
Tra le indagini strumentali l'urodinamica e l'esame ecografico pelvi-perineale e renale vengono da
noi considerati esami routinari, particolare attenzione ed importanza viene dato all'esame
urodinamico soprattutto in presenza di sintomi del basso apparato urinario o di recidiva di
incontinenza e prolasso (4) (5). Non da trascurare attraverso esami come la defecografia, la
manometria ano-rettale, l'ecografia transanale, lo studio elettrofisiologico di latenza del nervo

pudendo, in pazienti che riferiscono sintomi anorettali (incontinenza fecale e/o prolasso rettale).
Estremamente importante l'informazione data alle pazienti circa: il tipo di chirurgia,
complicanze, esiti funzionali a breve e lungo termine, recidive, soprattutto nel caso di pazienti
anziane o nell'utilizzo di materiali sintetici. In queste ultime due condizioni l'alto rischio dovuto a
problematiche cliniche e di biocompatibilit impongono condotte prudenti basate, non solo
sull'esperienza e preferenza del chirurgo, ma anche sulle scelte informate della paziente.
Molteplici fattori possono influenzare l'esito della chirurgia ricostruttiva per incontinenza e
prolasso: stato ormonale, obesit, attivit lavorativa, attivit sportiva, malattie croniche
polmonari, stipsi, fumo, denervazione pelvica, esposizione a radiazioni per malattie neoplastiche,
esiti cicatriziali da pregressi interventi in caso di recidive. Un ruolo importante da attribuire alla
struttura quali-quantitativa del connettivo pelvico che gioca un ruolo predominante nella patologia,
in modo particolare in pazienti con forte familiarit per prolasso e SUI ( stress urinary
incontinence) e in quelle sottoposte a reintervento per recidiva (6)-(8) (Tab. I).
Obiettivi principali della chirurgia pelvica ricostruttiva per incontinenza e prolasso
Nella chirurgia ricostruttiva pelvica sono stati individuati sei obiettivi perseguibili: restituzione e
mantenimento della funzione urinaria e/o fecale, riposizione anatomica delle strutture pelviche,
mantenimento di una normale funzione sessuale, correzione di coesistenti patologie pelviche,
eliminazione di sintomi anormali, ottenimento di risultati duraturi (9), prevenzione dell'acquisizione
o dell'espressione di nuovi difetti nei supporti pelvici o di nuovi problemi viscerali o sessuali,
prevenzione sul bisogno di nuovi interventi ricostruttivi per incontinenza e prolasso (10) (Tab. II).
Una valutazione su larga scala relativa all'isterectomia evidenzia come il 70-80% delle stesse
vengono eseguite attraverso un approccio addominale (11), la sola eccezione si ha nel prolasso
utero-vaginale dove la via vaginale normalmente preferita (12). In presenza di prolasso
urogenitale, isterectomia e correzione chirurgica dell'incontinenza urinaria da sforzo impongono
scelte non sempre condivisibili sulla via da seguire. Da sempre lo sforzo dei chirurghi stato quello
di conciliare il vantaggio di tecniche vaginali per il prolasso, in termini di correzione dei difetti
pelvici e minore aggressivit (13), con soluzioni correttive vaginali o miste per l'incontinenza
urinaria. Purtroppo l'approccio vaginale della SUI ha dato risultati che si sono dimostrati sempre
inferiori rispetto a quelli ottenuti con tecniche eseguite per via addominale. I trattamenti chirurgici
della SUI e dei prolassi, sono stati di volta in volta profondamente influenzati dall'acquisizione di
nuove conoscenze, relative all'anatomia funzionale del pavimento pelvico e ai meccanismi della
continenza urinaria, che hanno portato all'adozione di innumerevoli soluzioni il pi delle volte
sperimentali e con effetti a lungo termine spesso deludenti. Il crescente interesse per il settore
uroginecologico e del pavimento pelvico, supportato dalle previsioni su tale problematiche nel
prossimo futuro, testimoniata dalla notevole mole di lavori pubblicati. Tuttavia da una
valutazione attenta si evince la complessit della patologia in esame e la difficolt, propria della
chirurgia funzionale. Tante soluzioni, spesso declamate come ottimali, nel tempo sono finite nel
dimenticatoio; tanto che di esse si persa ogni traccia in letteratura.
Negli interventi vaginali per prolasso urogenitale il tempo dell'isterectomia, ormai ben codificato,
pu essere considerato "un tempo propedeutico" alla correzione dei difetti pelvici e al ripristino
della continenza. Estremamente importante l'attenzione con cui vengono preparate e individuate
quelle strutture che potranno costituire un buon supporto per ancorare la vagina e ridurre nello
stesso tempo lo hiatus del diaframma pelvico.
Asportato l'utero, estremamente importante la riparazione di un eventuale elitrocele eseguita
attraverso una riduzione del "cul de sac" peritoneale e l'aggancio della vagina ai legamenti utero
sacrali secondo tecnica di McCall. Ugualmente importante l'aggancio della vagina alle altre
strutture legamentose "legamenti infundibulo-pelvici e rotondi". La realizzazione di adeguati
sostegni vaginali ha lo scopo di prevenire il descensus della cupola vaginale.
Difetti anatomici della parete vaginale anteriore
Ipermobilit del collo vescicale e dell'uretra prossimale solo una delle manifestazioni del prolasso

della parete vaginale anteriore. Gli studi di Richardson (14) e pi recentemente quelli di De Lancey
(15) hanno permesso una migliore comprensione dei rapporti tra organi endopelvici e strutture
connettivo-ligamentose della fascia endopelvica in chiave anatomo-funzionale. Richardson
identifica 4 aree in cui la fascia pubo-cervicale pu subire danni con la relativa comparsa di
uretrocistocele:

nel difetto paravaginale la fascia pubocervicale risulta staccata nel punto di inserzione alla
fascia del muscolo otturatore interno, tale condizione si associa spesso alla comparsa di
SUI;
nel difetto trasversale il distacco della fascia pubocervicale avviene nel punto di inserzione
alla fascia pericervicale con frequente comparsa di cistocele da distensione;
nel difetto centrale si ha una rottura della fascia nella zona centrale a cui segue la perdita
dell'angolo uretro-vescicale con comparsa di SUI;
nel difetto del legamento pubo-uretrale si assiste a una dislocazione dell'uretra sotto la
sinfisi con conseguente SUI.

Non vi univoco accordo nella valutazione clinica dei difetti fasciali. Inoltre, la discrepanza,
rinvenuta nel confronto fra valutazione clinica preoperatoria e intraoperatoria dei difetti della
parete anteriore (16) (17), ha ribadito l'importanza e la necessit della valutazione clinica
intraoperatoria.
In presenza di un cistocele associato a uretrocele e SUI, vengono adottati interventi eseguiti per
via vaginale, addominale, addomino-vaginale o laparoscopici, che riducono o sollevano la fascia
pubo-cervicale riposizionando la parete vaginale anteriore in sede anatomica e che correggono
l'incontinenza urinaria. La scelta sulla via da seguire dipende dal grado di descensus della parete
vaginale anteriore, dal grado della SUI, dall'et, condizioni cliniche e aspettative della paziente,
dalla patologia uterina associata.
Terapia chirurgica
Cercheremo di affrontare il complesso problema della terapia chirurgica del prolasso genitale
associato a incontinenza urinaria, seguendo l'evoluzione storica delle tecniche chirurgiche adottate
per la SUI, con particolare riferimento al trattamento del descensus della parete vaginale
anteriore, facendo alcuni cenni su alcune delle problematiche legate a tali interventi.
Le tecniche chirurgiche proposte per la SUI e prolasso genitale hanno subito notevoli modifiche in
accordo con le acquisizioni fisiopatologiche del problema. La prima procedura proposta da Kelly nel
1911 prevedeva una colporrafia anteriore con plicatura dell'uretra (18), tale tecnica nel 1937
stata ripresa e modificata da Kennedy. Pi di recente la duplicatura periuretrale secondo Kelly
stata sostituita dalla uretropessi secondo Nichols. Tali tecniche, il cui scopo originariamente
quello di fornire attraverso un approccio vaginale un sostegno al descensus vescicale, danno
risultati sulla continenza strettamente dipendenti dalla gravit del prolasso e dalla durata dei
follow-up. Infatti le percentuali di guarigione nella cura di uretrocistoceli di I grado che sono del
96%, scendono al 30-40% in quelli di II grado (19), e a valori dall'84 al 37% a 5 anni (20). In
considerazione degli scarsi risultati ottenuti sull'incontinenza questi interventi vengono spesso
eseguiti in associazione ad altre tecniche. La colporrafia anteriore, associata alla plicatura secondo
Kelly, stata la procedura pi comune per la riparazione del cistocele: efficace nel cistocele da
difetto centrale, non per in grado di riparare il difetto vescicale laterale, l'ipermobilit uretrale e
la patologica separazione dei legamenti cardinali (21).
Un ulteriore sviluppo nella terapia chirurgica della SUI si ebbe nel 1949 con l'intervento di
Marshall-Marchetti-Krantz (M-M-K) , cui seguirono la procedura di Burch nel 1961 e la tecnica del
Paravaginal repair descritta da Richardson nel 1976. L'elemento che contraddistingue le prime due
tecniche eseguite per via addominale sicuramente il mantenimento dei risultati nel tempo, tanto
che ancora oggi la colposospensione retropubica secondo Burch viene considerata il gold standard
nella cura della SUI, con risultati superiori all'80% tra 5 e 10 anni e compresi tra il 55-69% a 1020 anni (20). Il principio della colposospensione secondo Burch il sollevamento retropubico della
regione cervico uretrale. Nonostante i buoni risultati sull'incontinenza, l'approccio sovrapubico, non
viene da tutti condiviso a causa delle potenziali complicanze (effetto ostruente, instabilit vescicale

ecc.), degli scarsi risultati nella cura dei prolassi della parete anteriore (prevalentemente da deficit
centrale e laterale) (21) e della possibilit di destabilizzazione del pavimento pelvico. La
modificazione dell'asse vaginale prodotta con la Burch un reale fattore di rischio per prolasso
post-operatorio (22). Inoltre, in presenza di prolasso, sono necessarie tecniche correttive in
associazione alla colposospensione (22), eseguibili per via addominale (Tab. IIIb) e che possono
richiedere la necessit di un approccio combinato addomino-vaginale (23) (24). Burch per primo
ha riportato che la fissazione ventrale della vagina predispone la donna allo sviluppo
dell'enterocele (25) soprattutto in presenza di un danno delle strutture pelviche.
Un ulteriore passo in avanti si ebbe con l'introduzione di tecniche transvaginali; nel 1959 Pereyra
descrisse la prima "Transvaginal Bladder Neck Suspension" gettando le basi per ulteriori modifiche
eseguite da Stamey, Raz, Gittes e Loughlin e altre ancora.
Tutte queste tecniche, note come mininvasive, hanno come scopo il sollevamento della regione
cervico-uretrale in presenza di ipermobilit uretrale.
Differiscono tra di loro per estensione della dissezione periuretrale, uso di materiali, localizzazione
e numero di suture usate per supportare i tessuti periuretrali, tipo di aghi ( 26). Tra le modifiche
che hanno ottenuto maggiore popolarit ricordiamo la variante di Stamey e quella proposta da Raz
nel 1981. Nell'intervento di Raz si possono individuare due principali peculiarit: l'ampio
scollamento dello spazio del Retzius e il posizionamento di una tripla elicoide in prolene
lateralmente al collo vescicale al fine di dare maggiore solidit e durata alla sospensione.
Una variante di questa tecnica descritta sempre da Raz nel 1989 la "four corner needle
suspension" che, secondo l'autore, in grado di correggere sia la SUI che cistoceli di grado elevato
(27). Nonostante i buoni risultati ottenuti a breve termine, anche di questa tecnica si sono perse le
tracce per gli effetti non ottimali a medio e lungo termine.
Il fine delle sospensioni ad ago quello di ottenere la sospensione del collo vescicale attraverso un
approccio vaginale mini-invasivo. Di fronte a buoni risultati a follow-up brevi del 70-80% si passa
a percentuali di cura del 43% a 5 anni fino ad arrivare al 6% a 10 anni (28). Diversi fattori
preoperatori sono stati indagati, ma non si sono dimostrati validi come predittivi a lungo termine;
l'insuccesso di tali sospensioni stato attribuito al cedimento delle strutture di ancoraggio
periuretrali che hanno vanificato anche tentativi di tecniche di ancoraggio all'osso.
Il principio secondo il quale le procedure di colposospensione e le "Bladder Neck Suspension"
sollevano il collo vescicale, ma non forniscono un addizionale supporto suburetrale, ha portato
all'introduzione delle tecniche di sling e al delinearsi dell'importanza dell'uretra nei meccanismi
della continenza urinaria. Le sling dovrebbero avere la capacit sia di riposizionare la vescica che
di provvedere a rinforzare i meccanismi di supporto suburetrali; nate inizialmente per il
trattamento dell'incontinenza urinaria da insufficienza sfinterica uretrale, sono state estese alle
incontinenze di tipo I e II, risolvendo cos anche situazioni caratterizzate da ipermobilit uretrale.
Differenti materiali sono stati utilizzati per costruire lo sling quali: parete vaginale anteriore,
muscolo e fascia autologa (fascia lata, fascia dei retti, muscolo gracile), fascia cadaverica e
sostanze sintetiche come mesh in nylon e polipropilene.
Raz nel 1989 ha presentato la sling vaginale che utilizza un lembo di parete vaginale anteriore per
il trattamento dell'incontinenza urinaria di II e III tipo (29).
Uno degli interventi di sling pi usato stato lo sling pubo-vaginale di McGuire (e successive
modifiche) che utilizza, per confezionare lo sling, la fascia dei retti. Elemento importante la
possibilit, in presenza di prolasso, di associare ad essa altre procedure vaginali correttive, quali
quelle per la riparazione di cistocele, rettocele, isterectomia, prolasso della volta vaginale,
uretrolisi.
Nel 1997, l'American Urologic Association and the Female Stress Urinary Incontinence Clinical
Guidelines Panel, ha affermato che le procedure di sling e quelle di sospensione retropubica sono i
pi efficaci trattamenti chirurgici dell'incontinenza urinaria femminile (30). Nello stesso rapporto

viene riportato che mentre le sospensioni retropubiche e le sling hanno una percentuale di cura
rispettivamente dell'84 e 85%, le bladder neck suspension solo del 67%. Si conclude nello stesso
rapporto che le procedure pi efficaci sono gravate da maggiore morbilit.
Le principali complicanze di tali interventi sono da ascrivere principalmente all'eccessiva tensione
data allo sling dall'operatore. Esse consistono in instabilit detrusoriale, riportata nell'11% delle
sospensioni retropubiche e nel 7% delle sling; ritenzione urinaria prolungata (> 4 settimane)
presente nel 5% delle sospensioni retropubiche e nell'8% delle sling, erosione uretrale in caso di
materiali sintetici.
L'estensione della pubo-vaginal sling a pazienti con cistoceli di III e IV grado ha aggravato il
rischio di ritenzione urinaria. Per ridurre questo ulteriore inconveniente alcuni Autori consigliano il
posizionamento dello sling e la correzione del descensus anteriore attraverso 2 accessi separati,
allo scopo di ridurre la fibrosi data dalla sling (31).
L'ipotesi dell'amaca di De Lancey, proposta per descrivere la patofisiologia della SUI (32), definisce
come soluzione terapeutica la ricostruzione delle strutture di supporto dell'uretra invece del
sollevamento o riposizionamento della stessa (33). Ulmstein et al. nel 1996, partendo da questa
ipotesi, hanno descritto un'ulteriore evoluzione della sling suburetrale (34), attraverso
l'introduzione della tecnica TVT.
Tale procedura basata su una nuova teoria secondo cui il punto pi importante di chiusura
uretrale nell'uretra media e non nel collo vescicale, per cui la SUI sarebbe conseguente alla
perdita del supporto dell'uretra media attraverso i legamenti pubo-uretrali, parete vaginale
anteriore e alla perdita della funzione di inserzione del muscolo pubo-coccigeo (35).
L'intervento proposto da Ulmstein e approvato recentemente dalla Food and Drug Administration
Americana, differisce per diversi aspetti dalle sling convenzionali. I pi importanti componenti della
procedura TVT sono: minima dissezione vaginale, uso di uno specifico nastro in prolene, tensione
libera intorno all'uretra media, nessuna fissazione dello sling, intervento eseguibile in anestesia
locale. Uno dei vantaggi pi importanti di questa tecnica, che ancora per necessita di verifiche nel
tempo, la possibilit per il chirurgo di trattare, attraverso un unico approccio vaginale,
l'incontinenza urinaria e il prolasso nelle sue varie espressioni e gradi (36) (37), con possibilit di
superamento di alcune di quelle difficolt precedentemente descritte nei casi di prolasso associato
a incontinenza urinaria.
I follow-up a 5 anni nella terapia della SUI mostrano percentuali di cura dell'84,7%, in assenza di
problemi di rigetto del materiale o difficolt di svuotamento (38). Tuttavia la metodica presenta un
numero di complicanze, alcune delle quali gravi: lesioni vascolari nel 3,5%, sanguinamenti
significativi (> 200 cc) nel 16%, ritenzione duratura (> 7 giorni) nello 0,6-6%, ematomi
retropubici nello 0,8%, infezioni vaginali nello 0,8% (39).
Tale tecnica che a 5 anni sembrerebbe reggere bene al confronto con la Burch nel trattamento
della SUI, si presta anche molto bene all'associazione con altri tipi di riparazioni vaginali usate nel
trattamento del prolasso. Inoltre, non agendo sui meccanismi di continenza attraverso un'azione di
sollevamento, non influenza la statica del pavimento pelvico, alla cui ricostruzione possono
provvedere altri procedimenti riparativi (Tab. IIIa). Sulla scia della TVT sono state introdotte altre
soluzioni che, partendo dalle stesse intuizioni di Ulmstein, differiscono dalla TVT per caratteristiche
dei dispositivi e dei materiali usati: IVS (intravaginal sling plastic sec. Von Teobald), sistema
URETEX, UROTAPE, ed altre ancora. Recentemente, visti i progressi ottenuti nella correzione
chirurgica delle ernie addominali, sono state introdotte, in associazione e non alla TVT, mesch
sintetiche nella chirurgia ricostruttiva pelvica, in modo particolare nella riparazione transvaginale
del cistocele. L'uso delle reti, oltre a fornire un supporto addizionale alla vescica con risultati
duraturi nei confronti della parete vaginale anteriore, ha lo scopo di stabilizzare l'intera struttura
pelvica riducendo la possibilit di prolasso della volta vaginale. Nonostante i buoni risultati ottenuti
nella cura dei cistoceli, anche in termini di semplificazione di tecnica chirurgica, tempi di
intervento, assenza di necessit di tecniche addizionali, non bisogna trascurare le complicanze
proprie dei materiali sintetici, che ribadiscono la necessit di restringere l'utilizzo a casi selezionati,

sconsigliandone un uso routinario.


Per quanto riguarda l'approccio laparoscopico alla Burch, possiamo dire che questa tecnica
presenta buoni risultati a breve termine, con risultati contradditori per, sulle percentuali di cura a
3 anni rispetto alle colposospensioni aperte (40) (41). Attualmente i dati a disposizione
indicherebbero una minore efficacia a lungo termine rispetto alla Burch laparotomia (42). Il
numero di complicazioni legate alla via laparoscopica nella cura del prolasso e SUI, cos come i
tempi dell'intervento i costi e le complicanze, sono strettamente dipendenti dall'esperienza
dell'operatore e dal numero di procedure eseguite; quindi un ruolo critico spetta al tempo di
apprendimento della tecnica (42) (43). Di fronte alla necessit di introdurre procedure sempre
meno invasive, che diano buoni risultati e con curve di apprendimento inferiori, riteniamo che
l'introduzione delle sling di ultima generazione, unitamente alla maggiore predisposizione dei
chirurghi ginecologi alla via vaginale, probabilmente porteranno ad una riduzione dell'approccio
laparoscopico nella cura della SUI associata a prolasso.
Conclusioni
La relazione tra le strutture di supporto degli organi pelvici e la loro funzione sono estremamente
complesse e non ancora completamente conosciute.
Il prolasso genitale e l'incontinenza urinaria da sforzo, rappresentano l'espressione di alterazioni
anatomo-funzionali, sia congenite che acquisite, delle strutture fasciali, muscolari e nervose del
pavimento pelvico. Per anni le donne hanno subto le conseguenze disabilitanti di tali patologia e i
medici hanno proposto strategie di trattamento.
La scelta sul tipo di chirurgia da adottare per la correzione del prolasso degli organi pelvici
associato a incontinenza urinaria una delle pi difficili sfide che si trova ad affrontare il chirurgo
che si interessa di uroginecologia e pavimento pelvico.
Oltre a problemi eminentemente diagnostici, relativi al tipo e grado di incontinenza, al tipo, grado
e associazione di danni funzionali e strutturali rinvenibili nei settori anteriore, medio e posteriore
del pavimento pelvico, si aggiunge la scelta non facile sul tipo di tecniche pi idonee per il
trattamento della SUI e del prolasso in grado di perseguire un obiettivo comune, anatomico e
funzionale.
La scelta sulle procedure inoltre subordinata alla decisione circa un approccio: vaginale,
transaddominale o laparoscopico del problema.
Tutti questi elementi, la cui elaborazione affidata all'esperienza e cultura del chirurgo, detteranno
la scelta sulla strategia da seguire, scelta che deve in ogni caso essere condivisa a pieno dalla
paziente, nel rispetto delle sue aspettative e condizioni cliniche. Quando incontinenza urinaria
latente o manifesta si associa a prolasso necessario il trattamento di entrambi. In questi casi
estremamente importante la conoscenza delle varie tecniche, della loro efficacia e dei loro effetti
per prevenire azioni destabilizzanti che si esprimono con l'acquisizione di nuovi difetti in grado di
ripercuotersi sia sul prolasso che sull'incontinenza.
La maggior parte delle donne con difetti apicali o prolasso uterino e associati difetti pelvici e SUI
possono essere trattate efficacemente sia per via vaginale che per via addominale. Un approccio
vaginale pu fornire buoni risultati ed essere adeguato per la maggior parte delle pazienti e in
modo particolare per quelle anziane e poco attive. I vantaggi della via vaginale rispetto alla via
addominale sono numerosi e comprendono: possibilit di riparare ogni tipo di difetto pelvico,
diminuzione di dolore post-operatorio, rapida ripresa della funzione intestinale, breve
ospedalizzazione. Per pazienti in cui il prolasso genitale e la SUI si verificano in giovane et come
espressione di debolezza dei tessuti, e quindi in donne che per attivit lavorativa e fisica sono ad
alto rischio di recidiva, si potrebbe optare per un approccio addominale o addomino-vaginale che,
a spese di una maggiore invasivit, fornisce risultati pi sicuri. Altre situazioni in cui
generalmente preferito un approccio addominale sono: deformit ossee che rendono impossibile
un intervento vaginale, presenza di patologie intra-addominali che richiedono intervento, estrofia

vescicale, donne con prolasso e SUI che desiderano future gravidanze, brevit vaginale.
Se venisse confermata nel tempo l'efficacia delle sling di ultima generazione per il trattamento
della SUI nei confronti della colposospensione retropubica, l'approccio vaginale sarebbe la migliore
soluzione per il prolasso associato a incontinenza urinaria da sforzo.

TERAPIA CHIRURGICA DEL PROLASSO ASSOCIATO AD INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO


M. Moscarini M. Di Stefano
Universit di Roma "La Sapienza", II Facolt di Medicina e Chirurgia,
Ostetricia e Ginecologia, Policlinico "Sant'Andrea"

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Tab.
Chirurgia ricostruttiva pelvica per incontinenza e prolasso: fattori di rischio

Qualit connettivo pelvico


Stato ormonale
Obesit
Attivit lavorativa
Stipsi
Fumo
Denervazione pelvica
Terapia radiante

Esiti cicatriziali da pregresso intervento

Tab.
Obiettivi principali della chirurgia pelvica ricostruttiva per incontinenza e prolasso

Tab.

Restituzione e mantenimento della funzione urinaria e/o fecale


Riposizione anatomica delle strutture pelviche
Mantenimento di una normale funzione sessuale
Correzione di coesistenti patologie pelviche
Eliminazione di sintomi anormali
Risultati duraturi
Prevenzione dellacquisizione o dellespressione di nuovi difetti nei supporti
pelvici o di nuovi problemi viscerali e sessuali

Prevenzione sul bisogno di nuovi interventi ricostruttivi per prolasso e SUI

II

III

Interventi ricostruttivi per prolasso


VIA VAGINALE (a)

VIA ADDOMINALE (b)

Enterocele

Enterocele

Culdoplastica sec. McCall

Moschcowitz

Moschcowitz

Halban

Semplice chiusura del peritoneo


Volta vaginale

Volta vaginale

Sospensione ai L. utero-sacrali

Sospensione ai L. utero-sacrali

Miorrafia alta degli elevatori

Colposacropessia

Sospensione al L. sacrospinoso
Sospensione al L. prespinoso
Sospensione della cupola vaginale con IVS
Descensus vaginale anteriore

Descensus vaginale anteriore

Colporrafia anteriore

Abdominal paravaginal repair

Four corner suspension

Abdominal cistocele repair

Vaginal paravaginal repair


Riposizione del cistocele con rete protesica
(TCR)
Riposizione del cistocele con pelvicol
Rettocele
Miorrafia alta degli elevatori
Ricostruzione fasciale e perineale
Correzione transanale
tecnica Stappler

del

rettocele

con

LA TERAPIA DELLE RECIDIVE


M. Cervigni F. Natale
Unit di Urologia Ginecologica, Ospedale "S. Carlo", IDI, Roma

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Introduzione
L'incontinenza urinaria di ogni grado colpisce il sesso femminile di ogni et, ed il problema pi
frequente di ogni altra malattia cronica, come l'ipertensione, la depressione o il diabete ( 1). In
letteratura la prevalenza dell'incontinenza urinaria femminile si stima che vari dal 9 al 74% ( 2).
Considerando che l'incontinenza colpisce donne, giovani o anziane, ancora in piena attivit fisica,
si pu ben comprendere la misura dell'impatto sociale dell'incontinenza urinaria sull'attivit
quotidiana della donna (3) e possiamo comprendere il crescente interesse nei trattamenti
chirurgici dell'Incontinenza Urinaria da Sforzo (IUS).
Fisiopatologia della IUS
IUS con ipermobilit dell'uretra
In una donna continente durante gli sforzi o gli aumenti di pressione addominale, la continenza
garantita dalle strutture uretrali e parauretrali quali: l'apparato sfinterico uretrale muscolare liscio
e striato, il ricco plesso mucoso e sottomucoso delle pareti dell'uretra, l'elasticit intrinseca,
l'apparato muscolare striato parauretrale ed i muscoli pubococcigei. Allorquando si verifica una
dislocazione verso il basso dell'uretra prossimale al di fuori del regime pressorio endoaddominale,
l'aumento di tale pressione si trasmetter principalmente sulla vescica e in misura minore
sull'uretra. Tale sproporzione di forze determina un gradiente pressorio negativo uretro-vescicale
che l'azione contenitrice dello sfintere striato esterno dell'uretra ed il tono dei muscoli bulbocavernosi non riescono pi a contrastare e si verifica pertanto la fuoriuscita accidentale di urina.
Pertanto la discesa e la mobilit dell'uretra e del collo vescicale sotto sforzo sono considerati come
un fattore eziologico importante dell'incompetenza sfinterica uretrale. Il difetto anatomico di base
sembra essere la perdita di integrit dell'attacco muscolo-fasciale vaginale che sostiene il collo
vescicale e l'uretra prossimale in una posizione retropubica.
Disfunzione Sfinterica Intrinseca
McGuire et al. nel 1980 (4) pubblicarono un lavoro sulla classificazione della IUS che doveva
segnare una pietra miliare nell'inquadramento dei disturbi sfinterici. Definirono infatti oltre
all'incontinenza di 1 e 2 tipo (classicamente legata all'ipermobilit uretrale e del collo vescicale),
anche un'incontinenza pi severa definita come: tipo 3. Questa categoria rappresentata da
pazienti con grave perdita di urina, in cui presente una Disfunzione Sfinterica Intrinseca
secondaria a: traumi, lesioni congenite, chirurgia radicale pelvica, terapia radiante o pregressa
chirurgia anti-incontinenza. L'incontinenza di tipo 3 presente nel 10% della popolazione "sana",
nel 30% nelle pazienti sottoposte ad un primo intervento chirurgico anti-incontinenza e ben nel
70% delle pazienti plurioperate per IUS (5).
Queste pazienti rappresentano pertanto un arduo problema, la cui risoluzione richiede un
trattamento specifico che deve essere affrontato mediante una chirurgia mirata. L'identificazione
clinica di questo gruppo di pazienti pertanto estremamente importante, infatti molto alto in
questi soggetti il tasso di fallimento degli interventi di sospensione uretrale tradizionale (6).
Successivamente Blaivas ed Olsson (7) nel 1988 correlando la IUS alla situazione anatomopelvica, in uno studio videourodinamico combinato, hanno inquadrato ancor meglio questo gruppo
di pazienti, proponendo una classificazione in 3 categorie:

tipo I: perdita del supporto posteriore del collo e della base vescicale con conservazione
del supporto uretrale;
tipo II: perdita del supporto dell'uretra del collo e della base vescicale;
tipo III: diminuzione della pressione di chiusura uretrale intrinseca con o senza perdita del
supporto.

Attualmente in letteratura IUS di tipo III e ISD sono concetti sovrapponibili, anche se esistono
differenze anatomo-cliniche.
I presupposti fisiopatologici affinch si verifichi una ISD sono legati al fatto che l'uretra non
funziona pi come uno sfintere e non pu mantenere un'adeguata pressione di chiusura sia a
riposo, sia durante un minimo sforzo e ci correlato anche al ridotto effetto sfinterico mucoso.
Inoltre la muscolatura sia liscia che striata, coinvolta nella chiusura dell'uretra, pu divenire
estremamente lassa oppure la parete uretrale pu risultare rigida o fibrotica. Tali meccanismi
determinano pertanto un difetto di collabimento del lume uretrale, che spiega i reperti radiologici
del collo vescicale aperto anche a riposo. L'uretra e il collo vescicale si presentano in questi casi
fissi, in posizione alta retropubica, ma talvolta anche parzialmente mobili. Ed in effetti
attualmente, la netta distinzione tra incontinenza di tipo I-II con ipermobilit uretrale ed
incontinenza di tipo III da ISD con uretra fissa, ha un valore pi classificativo che clinico. La 2nd
International Consultation on Incontinence tenutasi a Parigi nel 2001 ha infatti stabilito che il
concetto di divisione netta tra ipermobilit e ISD sta evolvendo da "una netta dicotomia ad un
continuum" (8).
Ghoniem ha recentemente proposto una nuova classificazione dell'ISD basandosi su reperti videourodinamici e sulle misurazioni pressorie delle fughe urinarie (Valsalva Leak Point Pressure VLPP). Sono stati identificati 3 sottotipi con 3 differenti opzioni terapeutiche (9) (Tab. I).
Tutti e tre i sottotipi hanno una pressione uretrale di chiusura < 10 cm H2O; e basandosi su questi
dati le opzioni terapeutiche variano da un sottotipo ad un altro (Tab. II).
Come lavorano le tecniche per la correzione della IUS
Molte teorie sono state proposte per spiegare come i trattamenti chirurgici riescano a curare le
pazienti affette da IUS. In caso di uretra ipermobile con un intatto meccanismo sfinterico, l'energia
endoaddominale spinge l'uretra in basso piuttosto che comprimerne il lume, dislocandola dalla sua
normale posizione anatomica e causando cos una fuga urinaria. Gli interventi di sospensione del
collo vescicale (MMK, Burch, Pereyra-Raz, ecc.), sollevando la parete vaginale anteriore ed
indirettamente l'uretra, determinano una base solida su cui l'uretra compressa durante gli
aumenti pressori improvvisi endoaddominali e tale compressione determina un aumento dinamico
della pressione di chiusura uretrale piuttosto che una mobilit.
Nel caso di uretra fissa con bassa pressione di chiusura, si effettuano invece interventi endoscopici
di infiltrazione para o intrauretrale. Inizialmente si postulato che alla base del funzionamento
della terapia iniettiva vi fosse la creazione di un'ostruzione allo svuotamento vescicale (10).
Successivamente Monga et al. hanno dimostrato che nelle pazienti trattate con successo con
sostanze iniettabili non dimostrabile un miglioramento della percentuale di trasmissione nel
primo quarto dell'uretra; suggeriscono pertanto che il posizionamento di tali sostanze a livello del
collo vescicale e dell'uretra prossimale prevenga l'apertura del collo vescicale sotto sforzo (11).
In caso di ISD associato ad ipermobilit vengono utilizzati invece interventi di sling uretrale. A
tutt'oggi per non ancora chiaro il meccanismo di azione di questo intervento, nonostante gli
ormai indiscussi risultati clinici. Inizialmente si era ritenuto che tale intervento agisse
comprimendo l'uretra e causando quindi una parziale ostruzione, responsabile dei disturbi
minzionali che spesso si evidenziano nel post-operatorio. Nel tempo si evidenziato invece come
la creazione di un'ostruzione a livello cervico-uretrale non sia necessaria al fine del successo
chirurgico, e che il fine di tale trattamento non sia quello di incrementare la pressione uretrale a
riposo ma quello di creare un saldo supporto dove l'uretra possa essere compressa in seguito agli
incrementi della pressione addominale. La tendenza attuale pertanto quella di ridurre la tensione
applicata intraoperatoriamente alla sling, cosa che ha condotto ad una pi bassa incidenza di
complicanze post-operatorie quali sintomi ostruttivi ed instabilit detrusoriale "de novo".
Nella descrizione originale della tecnica di sling proposta da Aldridge, il meccanismo di azione
sembrava essere attivo. Poich la benderella era fissata all'aponeurosi dei retti dell'addome,
quest'ultima tende a muoversi con essa; pertanto quando la pressione addominale aumenta, la
parete addominale si muove verso il basso e la sling viene stirata verso l'alto, con secondario

incremento della pressione addominale (12).


DeLancey (13) ha invece evidenziato che il principale supporto all'uretra fornito dai legamenti
pubouretrali e dalla fascia endopelvica e che l'integrit di tali strutture assicura un'efficiente
trasmissione all'uretra della pressione addominale. Pertanto stato postulato che la sling, invece
di sollevare e comprimere l'uretra sotto sforzo, costituisca una resistenza passiva ed un sopporto,
anche se la profilometria uretrale non subisce modificazioni sia nei valori massimi di chiusura che
nella lunghezza funzionale. N il collo vescicale incompetente viene trasformato in uno competente
(un comune falso concetto). Si osserva solo un incremento del rapporto di trasmissione durante le
manovre provocative e verosimilmente questo fenomeno avviene nella parte distale dell'uretra
(14).
Perch recidivano gli interventi per IUS
Un intervento per la cura della IUS che determina guarigione, ripristina una normale anatomia, ma
probabilmente non restaura la funzione uretrale. Infatti un risultato chirurgico positivo,
probabilmente necessita di una certa riserva funzionale uretrale.
Il fallimento della chirurgia per la IUS pu essere definito come: IUS persistente, IUS recidiva,
instabilit detrusoriale de novo, ostruzione o ritenzione urinaria, disturbi irritativi, dolore postoperatorio. Questi fallimenti avvengono per ogni tipo di intervento chirurgico e possono essere
correlati a 4 cause principali:
1.
fallimento
2.
fallimento
3.
inappropriata
selezione
4. fallimento dovuto a complicanze post-operatorie.

anatomico;
funzionale;
delle

pazienti;

Fallimento anatomico
Nelle recidive il difetto anatomico o non mai stato corretto, o recidiva dopo un certo periodo di
corretto supporto. Il cattivo posizionamento delle suture troppo distali o troppo laterali o i deboli
tessuti di ancoraggio vaginale, sono tra le cause principali. Ma vi pu essere anche il classico
fenomeno del "pull-through" che determina un decubito dei fili di ancoraggio con successiva
ricomparsa del difetto anatomico. Un'altra causa pu essere l'utilizzo di materiali di sutura
inappropriati (fili riassorbibili), ovvero della rottura degli stessi per una precoce mobilizzazione
della pazienti che determina un improvviso aumento pressorio intraddominale.
Fallimento funzionale
In presenza di un'anatomia ripristinata, la persistenza o la ricomparsa della IUS pu essere dovuta
ad un malposizionamento dei fili di sospensione talvolta troppo prossimali all'uretra, che fissano il
collo vescicale in una posizione aperta. Talvolta invece le suture possono essere troppo vicine al
collo vescicale ed all'uretra, e ci determina un'intensa reazione fibrotica che pu trasformare il
condotto uretrale in un cannello di pipa, la cosiddetta frozen o pipe-stem uretra. Ci determina un
incompleto collabimento del lume con conseguente IUS grave da ISD. Ma vi pu essere associato a
questo anche una sindrome ostruttiva. Il mancato riconoscimento di questa fibrosi o il fallimento
della lisi di queste aderenze in pazienti che hanno gi subito un pregresso intervento,
un'ulteriore causa di fallimento funzionale con conseguente ISD, pur in presenza di un'anatomia
conservata. Ostergard et al. osserv in un gruppo di 48 donne affette da ISD, che il tasso di
guarigione dopo un intervento di sling uretrale, era in relazione al grado di mobilit dell'uretra.
Infatti mentre il 93% delle donne con ipermobilit uretrale (angolo = 30 rispetto alla linea
orizzontale) risultarono guarite, solo nel 20% delle donne con uretra fissa si ottenne un risultato
positivo (15).
La persistenza di IUS in presenza di una corretta anatomia usualmente indicativa di un certo
grado di ISD, assai spesso secondaria ad una atrofia post-operatoria della mucosa uretrale e/o del
tessuto spugnoso della sottomucosa e/o della muscolare. In caso di persistente perdita urinaria,
nonostante il ripristino anatomico si dovrebbe considerare infine la possibilit di una fistola vescico

o uretro-vaginale iatrogena.
Inappropriata selezione delle pazienti
Un'appropriata selezione della pazienti ovviamente il presupposto fondamentale per il successo
di ogni trattamento chirurgico. Il principale obiettivo diagnostico differenziare la IUS pura da una
forma di instabilit detrusoriale, che talvolta pu confondere il quadro clinico. Ma va anche
focalizzata l'esatta natura del danno sfinterico per evidenziare in una paziente affetta da IUS con
ipermobilit uretrale il grado di ISD presente (Tab. I). Le pazienti con sintomatologia mista, da
sforzo e da urgenza/frequenza, risolvono i sintomi irritativi nel 50% circa dei casi (4). Vi sono
anche altre condizioni che possono essere confuse con la IUS e che possono condurre ad
un'inopportuna selezione delle pazienti, quali: diverticoli dell'uretra, sbocchi ectopici dell'uretere,
calcoli vescicali, incontinenza da overflow secondaria ad un deficit neurologico latente.
Complicanze post-operatorie
Se i fili di ancoraggio sono posizionati troppo distali o vicini all'uretra o addirittura trapassano il
lume stesso, possono determinare formazione di calcoli od ostruzione. Anche la formazione di un
ematoma pu causare sintomi ostruttivi. Nella maggioranza dei casi il fenomeno temporaneo e
pu essere gestito mediante cateterismo intermittente; se il problema persiste occorre
reintervenire mediante una uretrolisi che pu risolvere il problema nel 60-70% dei casi (17).
Inquadramento clinico delle pazienti con IUS recidiva
Storia clinica
Le pazienti riferiscono all'anamnesi una storia clinica di grave perdita urinaria provocata dalla
minima attivit fisica ed, assai spesso, associata a sintomi irritativi quali: urgenza, frequenza,
urge incontinence o nicturia. Pu essere altres presente, nelle pazienti plurirecidive, una sindrome
disurica dovuta ad una fibrosi dell'uretra e del collo vescicale. importante valutare l'entit del
problema mediante l'uso di una carta minzionale.
Esame fisico
Profilo vaginale
In queste pazienti in genere non vi descensus della parete vaginale anteriore (score di Baden: 01) che invece si presenta assai spesso rigida e con ridotta compliance. Sono talvolta presenti
fenomeni cicatriziali o granulomi, quale esito di pregressi punti di ancoraggio.
Q-tip test
L'uretra prossimale ed il collo vescicale presentano assai spesso, un'assenza di mobilit o
addirittura una rigidit legate ai fenomeni di fibrosi pericervicale e periuretrale. Vi sono per dei
soggetti in cui pu coesistere un modico grado di mobilit dell'uretra (10/30), pur presentando i
segni fisiopatologici della tipo III (basso UPP e VLPP, beanza cervicale e dell'uretra prossimale ad
una valutazione radiologica o ecografica). Le terapie saranno ovviamente diversificate a seconda
del grado di ipermobilit associata (Tab. II).
Pad & Stress test
Anche se non sono test patognomonici per l'identificazione di quest'affezione, pur tuttavia sono
importanti per quantizzare la perdita urinaria (che sempre nei punteggi medio-alti dello score).
Indagini strumentali

Urodinamica
La valutazione della funzionalit vescicale e sfinterica uno degli esami cardini per lo studio di
queste pazienti. La cistomanometria oltre a valutare il comportamento vescicale in fase di
riempimento, per evidenziare un'instabilit detrusoriale (sovente associata), pu mostrare una
riduzione della sensibilit propriocettiva, indice indiretto di un danneggiamento alle vie afferenti
sensitive. In fase di svuotamento si possono osservare (paradossalmente) dei segni di ostruzione
cervico-uretrale con presenza di un alto residuo urinario, dovuto sia ad una ridotta apertura del
collo vescicale, per fenomeni di sclerosi, che ad una ipocontrattilit detrusoriale secondaria ai
pregressi traumi chirurgici. La profilometria uretrale mostra una marcata ipotonia con valori
inferiori o uguali a 20 cm H2O con scomparsa del rapporto di trasmissione. Il VLPP pu essere
compreso tra 0 e 60 cm H2O di pressione intra-addominale in caso di grave deficit sfinterico (tipo
III), tra 60 e 90 cm H2O in caso di ipermobilit associata a ridotta funzionalit sfinterica (tipo II),
maggiore di 90 cm H2O in caso di ipermobilit (tipo I o II) (18). La Video-Urodinamica
rappresenta il gold standard per la valutazione delle pazienti con incontinenza di tipo III o recidiva:
infatti possibile visualizzare con essa contemporaneamente i cambiamenti nella posizione
dell'uretra e della pressione endoluminale durante gli incrementi pressori addominali.
Endoscopia
L'endoscopia permette di valutare lo stato dell'uretra e del collo vescicale oltre che evidenziare
l'integrit della mucosa, la funzionalit degli ureteri e l'eventuale presenza di corpi estranei (fili o
calcoli) all'interno della vescica. L'aspetto pi caratteristico quello di una uretra sclerotica e rigida
con collo beante al passaggio dello strumento: la cosiddetta frozen o pipe-stem uretra. Talvolta
possibile notare una marcata ipotonia dello strato sottomucoso uretrale che si mostra ondulante al
passaggio del liquido di perfusione dello strumento (floating effect).
Diagnostica per immagini
La cistografia minzionale (CUM) o pi recentemente l'ecografia transrettale o transperineale,
forniscono una valutazione morfologica del complesso vescico-uretrale che pu essere integrato
allo studio urodinamico (Video-UDM), ma che gi di per s fornisce utili indicazioni sulla mobilit
della regione cervico-uretrale e sulla sua beanza a riposo e sotto sforzo. Uno studio ecografico
dell'alta via escretrice deve essere sempre associato per escludere la presenza di
ureteroidronefrosi secondarie a pregresse chirurgie.
Opzioni terapeutiche
Il razionale chirurgico fino a poco tempo or sono prevedeva nella IUS di tipo I e II, interventi che
ripristinassero l'anatomia dell'area cervico-uretrale riducendo la mobilit uretrale, mentre nel tipo
III interventi volti ad aumentare le resistenze periferiche e talvolta a migliorarne anche il supporto
anatomico. Nel caso di pazienti con ISD ma con rigidit dell'uretra e/o fissit del collo vescicale,
andrebbero effettuati interventi di infiltrazione endoscopica o in seconda alternativa di sling
uretrale previa uretrolisi. In pazienti con ISD ma con ipermobilit associata si dovrebbero praticare
invece interventi di sling uretrale. Le pazienti con uretre fortemente neuropatiche e con gravi
insufficienze sfinteriche, dovrebbero essere sottoposte ad un impianto di sfintere artificiale (AUS).
L'Associazione Americana di Urologia (AUA), ha proposto recentemente delle linee guida per il
trattamento della IUS, dopo aver fatto una revisione su un vasto numero di pazienti (oltre 2.000)
seguiti per pi di 4 anni e trattati mediante 4 tecniche principali (sospensioni retropubiche,
sospensioni con ago, colporrafie anteriori, slings). Ha evidenziato come la sospensione retropubica
e le slings siano gli unici 2 interventi che diano risultati duraturi nel tempo e raccomanda pertanto
questi 2 interventi come quelli pi affidabili ed addirittura consiglia le slings anche per i casi di IUS
con ipermobilit tipo I, II (19).
Trattamenti chirurgici
Slings
Le procedure di sling, pur con diverse modificazioni, sono usate da quasi 100 anni nella cura

dell'incontinenza urinaria. Sono infatti state descritte una variet di tecniche che prevedono l'uso
di numerosi materiali, ma tutte hanno in comune l'utilizzo di una benderella che viene fatta
passare sotto l'uretra e il collo vescicale e che viene ancorata anteriormente, in genere a livello
della parete addominale o dei legamenti di Cooper o pi recentemente a livello dell'arcata pubica
mediante ancorette.
Selezione delle pazienti
Tradizionalmente gli interventi di sling sono utilizzati nelle donne gi precedentemente sottoposte
ad uno o pi interventi per la cura dell'incontinenza e con un difetto intrinseco della funzionalit
sfinterica. Nonostante le ultime linee guida dell'AUA, la maggior parte degli Autori sostiene infatti
che, in relazione alla maggiore incidenza di complicanze rispetto alla chirurgia tradizionale
retropubica ed alla potenziale denervazione sullo sfintere uretrale, le sling dovrebbero essere
utilizzate solo come chirurgia secondaria.
Tipo di materiale
I materiali usati possono essere di tipo biologico (autologo o eterologo: fascia, dura madre, derma,
collagene, vagina) o di tipo sintetico (Silastic, Mersilene, Marlex, Gore-Tex). Le percentuali di
guarigione nelle varie casistiche nazionali ed internazionali variano dal 61 al 98%, con una media
del 75% nei follow-up a lungo termine (20). Ad una lettura pi attenta delle casistiche ci si
accorge per che pur se praticate su campioni molto ampi hanno un'ampia selezione delle pazienti
(sono incluse anche pazienti mai operate), rendendo pertanto taluni studi poco attendibili. Ai
brillanti risultati sul ripristino della continenza corrisponde per una non trascurabile percentuale di
effetti collaterali, che rendono queste procedure praticabili da chirurghi con una notevole
esperienza in chirurgia pelvica. Le tre pi temibili complicanze sono: 1) fistole od erosioni che
possono arrivare fino al 20% nel caso di materiali sintetici; 2) ostruzione che pu protrarsi talvolta
fino ad oltre un mese nel 30% degli studi riportati; 3) instabilit "de novo" presente in circa il
10%.
Materiali biologici
Vaginal wall sling. Con questa tecnica, viene utilizzato un patch di mucosa vaginale che viene
fissato alla parete addominale mediante lunghe suture, utilizzando l'ago di Stamey, allo scopo di
sollevare il collo vescicale. Il patch pu essere dissecato oppure pu essere lasciato in sito e
ricoperto da un flap di parete vaginale residua. La scelta di utilizzare tale materiale si spiega con la
maggiore flessibilit di tale supporto rispetto agli altri materiali sintetici o fasciali, con risultati
sovrapponibili.
Fascia lata autologa. Tale tecnica fu proposta da Price gi nel 1933 ed stata utilizzata in
numerosi studi (21). Tale tecnica prevede l'utilizzo di una striscia, lunga circa 18-20 cm di fascia
lata, ottenuta mediante una piccola incisione al di sotto del condilo femorale laterale. Non chiaro
se tale flap costituisca un substrato per la formazione di tessuto fibroso o sopravviva intatto.
Fallimenti precoci di tale tecnica sembrano per attribuibili alla necrosi parziale della fascia. I
vantaggi sono rappresentati dal fatto che tale struttura fasciale pi spessa e pi forte
dell'aponeurosi dei retti dell'addome e che c' minore possibilit di sviluppo di un'ernia incisionale.
Questa tecnica non comunque priva di complicanze, le principali delle quali sono: la formazione
di ematomi, l'infezione della ferita chirurgica ed il dolore post-operatorio. anche possibile che si
determini un danno al nervo cutaneo laterale della coscia con secondaria nevralgia.
Fascia lata cadaverica. La fascia lata cadaverica utilizzata in sostituzione della fascia lata
autologa, essendo in grado di assicurare i medesimi risultati, in assenza delle complicanze
correlate all'autodonazione. Per ridurre il rischio di infezioni virali e di rigetto, il materiale viene
sterilizzato e processato in modo da renderlo simile ad una rete fibrosa acellulare, infatti il rischio
di trasmissione di HIV con tale metodica stato stimato di 1 a 8 milioni. N alcun tipo di rigetto
stato descritto in letteratura.
Derma porcino. Anche il derma porcino pu essere utilizzato per le sling eterologhe, dopo essere
stato sottoposto ad un processo di preservazione e sterilizzazione che rendono il tessuto non

immunogenico. Non esistono per a tutt'oggi lavori che descrivano i risultati a lungo termine di
tale tecnica.
Lyodura. Anche la dura madre liofilizzata omologa (Lyodura) stata utilizzata come materiale per
confezionare sling con risultati sovrapponibili a quelli delle altre sling con materiale biologico.
Materiali sintetici
Quando usarli? L'uso di materiali sintetici nel confezionamento di una sling dovrebbe essere
considerato in pazienti con una meiopragia del tessuto connettivo, come in soggetti con grave
prolasso degli organi pelvici o in donne gi sottoposte a ripetuti interventi per via addominale, in
cui la forza del tessuto fasciale stata ridotta in seguito a ripetute ferite e cicatrizzazioni. Le
controindicazioni all'utilizzo dei materiali sintetici sono: una storia di pregressi rigetti di sostanze
sintetiche e la presenza di una lesione uretrale iatrogena pregressa in corso di posizionamento di
sling. Le controindicazioni relative sono: un'anamnesi positiva per allergie multiple ed una mucosa
vaginale eccessivamente sottile per ipoestrogenismo.
Quali materiali? Le caratteristiche ideali di un materiale sintetico dovrebbero essere le seguenti:
dovrebbe essere fisicamente e chimicamente inerte, permanente e non bio-degradabile, non
carcinogenetico, sufficientemente forte da fornire un buon supporto per l'uretra nel tempo e
facilmente fabbricabile e sterilizzabile. I principali materiali sintetici non assorbibili che sono
utilizzati nel confezionamento del sling sono: il Mersilene, il Prolene, il Marlex, il Teflon e il Silastic.
Recentemente si stanno mettendo a punto materiali sintetici assorbibili (polyglactin mesh) allo
scopo di evitare i possibili rischi a lungo termine dell'uso di tali materiali, prima tra tutti l'erosione.
I risultati sull'uso di tali materiali sono incoraggianti, ma mancano a tutt'oggi risultati a lungo
termine.
Mersilene. Questo materiale multifilamento stato utilizzato per la prima volta per il
confezionamento di una pubo-vaginal sling da Muir nel 1968 e da allora numerosi Autori hanno
riferito in letteratura risultati molto incoraggianti che vanno dal 73 al 96% (Tab. III). Le principali
complicanze dell'uso di tale materiale sono: erosioni, formazioni di ascessi, ritenzione urinaria o
comunque disturbi di svuotamento, secondari all'eccessiva tensione della sling.
Marlex. Il Marlex un materiale monofilamento utilizzato per la prima volta da Morgan et al. nel
1970. Da allora numerosi centri hanno utilizzato questa tecnica con percentuali soggettive di cura
che vanno dal 79 al 100% (Tab. IV).
Gore-tex. L'uso del Gore-tex fu proposto per la prima volta da Horbach nel 1988, che ha utilizzato
un approccio combinato addominovaginale per il posizionamento di una sling ancorata
all'aponeurosi della fascia dei retti. Da allora numerosi lavori sono stati riportati in letteratura, con
percentuali di successo che variano dal 73 all'85%. Nel tentativo di ridurre le complicanze legate
all'uso dei materiali sintetici (principalmente infezione, erosione, rigetti), si tentato di ridurre la
quantit di materiale utilizzato, sostituendo la tradizionali sling lunghe (Strip sling - Tab. V) con le
cosiddette patch sling (Tab. VI).
Silastic. Stanton et al. hanno proposto l'uso del Silastic con un approccio addominale, creando un
tunnel sottouretrale per il passaggio della sling, che viene poi ancorata al legamento ileopettineo.
Il razionale dell'utilizzo di tale biomateriale risiede nella minima reazione tissutale da esso indotta,
che rende pi facile, se necessario, la revisione o la rimozione della sling. I dati di letteratura sono
riportati nella Tabella VII.
Protegen. Si tratta di una sling sintetica rivestita di collagene, utilizzata in passato per le protesi
vascolari. Anche se teoricamente si sarebbero dovuti attendere dal suo impiego chiari vantaggi, i
dati in letteratura parlano di erosioni che arrivano al 50%, per cui tale materiale stato
recentemente tolto dal commercio.
Bone anchors. La tecnica descritta da Kovac e Cruikshank (22) prevede l'aggancio della rete di

Mersilene all'osso pubico utilizzando delle ancorette metalliche. Tali ancorette possono essere
utilizzate anche con altro tipo di sling sintetiche, autologhe o omologhe. stata riportata in
letteratura la possibilit di osteomieliti legate all'uso di tali ancorette.
Tension-free Vaginal Tape. Questa tecnica si basa sulla cosiddetta "teoria integrale", postulata nel
1990 da Ulmsten e Petros che affermavano che la IUS deriva da un danneggiamento dei legamenti
pubouretrali, situati a livello dell'uretra media e non invece da un'alterazione del collo vescicale
(23). Lo scopo di tale tecnica quello di rinforzare i legamenti pubouretrali ed assicurare cos
un'adeguata stabilizzazione dell'uretra media subito dietro all'osso pubico, consentendo
simultaneamente un rinforzo dell'amaca vaginale sottouretrale e la sua connessione ai muscoli
pubococcigei. A tal scopo si utilizza una rete di Prolene che viene collocata a livello della uretra
media, e con l'ausilio di aghi curvi si trasferiscono gli estremi della rete nell'area sovrapubica. Per
regolare la tensione sotto l'uretra, la tecnica si attua in anestesia locale o periferica, modulando la
tensione della sling "tension free", mentre la paziente tossisce a vescica piena. Ci pu evitare un
eccessivo sollevamento dell'uretra, con secondari disturbi di svuotamento. Esistono pochi studi per
l'utilizzo di questa tecnica nell'incontinenza urinaria recidiva o da ISD. In una serie di 25 pazienti,
con un follow-up di 3 anni, la percentuale di successo era dell'84%, mentre tutte le restanti
pazienti erano migliorate (24). Uno studio prospettico a lungo termine fu effettuato in 34 donne
affette da IUS recidiva. Dopo un follow-up medio di 4 anni, 28 pazienti (82%) risultarono guarite,
3 (9%) migliorarono significativamente e l'operazione fall in 3 casi (9%). Non si sono verificate
complicanze pre o post-operatorie, n disturbi minzionali (25). Un altro studio prospettico a lungo
termine (media 4 anni) stato effettuato in 49 donne con ISD. L'et media era di 66 anni ( 11).
36 pazienti (74%) risultarono guarite, 6 (12%) migliorarono significativamente, in 7 pazienti
(14%) non si osserv alcun risultato. La maggioranza dei fallimenti si verific in donne di et > 70
anni e con pressione di chiusura uretrale < 10 cm H2O. Avvennero complicanze trascurabili e tutte
le pazienti con bassa pressione di chiusura e con uretra fissa sembrano costituire un gruppo a
rischio: pertanto sconsigliato questo tipo di chirurgia (26).
Hilton e Ward hanno pubblicato i dati relativi ad una serie di 50 donne, il 40% delle quali erano
state sottoposte ad almeno un intervento per la cura dell'incontinenza urinaria (27). Essi
riferiscono una percentuale di cura del 75% nell'incontinenza recidiva, anche se 4 donne
svilupparono nel lungo periodo disturbi minzionali che richiesero l'asportazione del tape.
Complicanze
Le pi importanti complicanze che possono manifestarsi in seguito all'attuazione di interventi di
sling sono: l'ostruzione cervico-uretrale, l'instabilit detrusoriale e l'erosione.
Gli interventi di sling sottouretrale sono infatti considerati i pi ostruttivi tra gli interventi antiincontinenza, con un'incidenza di ritenzione che varia dal 2,2 al 16%, e con una percentuale di
pazienti di 1,5-7,8% che richiede la rimozione della sling a lungo termine ( 28). Recentemente
stata riconosciuta l'importanza della tensione applicata alla sling e la nuova tendenza quella di
posizionare la sling con minore o addirittura in assenza di tensione: ci pu ridurre l'incidenza di
disturbi minzionali. Quando nel post-operatorio si verifica ostruzione, pu essere utile effettuare
una dilatazione uretrale che pu produrre un temporaneo miglioramento dei sintomi ma, nel
tempo pu peggiorare l'ostruzione inducendo una fibrosi periuretrale (29). La resezione transuretrale o l'incisione del collo vescicale non sono consigliate in quanto la causa dell'ostruzione
extrauretrale. stato pertanto proposto da McGuire et al. un intervento di uretrolisi trans-vaginale
allo scopo di tagliare la sling (30). Gonheim e Elgamasy hanno invece proposto un'incisione della
porzione sottouretrale della sling, usando un patch di epitelio vaginale a riunire le due estremit
(31). Infine Brubaker ha proposto di liberare l'estremo addominale della sling creando un plug
fasciale che pu essere risuturato al di sotto della fascia dei retti, dopo aver aggiustato la tensione
della sling (32).
L'incidenza post-operatoria di sintomi irritativi (urgency e/o urge incontinence) varia in letteratura
dal 3 al 30%; mentre l'incidenza di instabilit detrusoriale "de novo" di circa il 7% (19). Tali
fenomeni sono da ricondursi in parte ad una preesistente iperattivit detrusoriale non
diagnosticata preoperatoriamente ed in parte alla inevitabile denervazione che consegue alla
dissezione chirurgica. Ma anche l'eccessivo sollevamento del collo vescicale, l'eccessiva tensione
della sling e l'irritazione del collo vescicale da parte di materiali sintetici giocano un ruolo non

meno importante. infatti significativo che uno degli studi che riferisce la pi elevata incidenza di
instabilit "de novo" (33%) utilizza sling in Gore-tex.
Le erosioni sono invece esclusivamente correlate all'utilizzo di materiale sintetico, presumibilmente
in relazione ad un processo infiammatorio cronico che causa erosione a livello vaginale o uretrale,
formazione di ascessi o fistole. In particolare il Gore-tex sembra maggiormente associato a tale
complicanza, in relazione alle piccole dimensioni dei pori che pur consentendo l'ingresso dei
batteri, non permettono l'ingresso dei macrofagi dell'ospite, favorendo un'infezione cronica ( Tab.
VIII).
Agenti Iniettabili
La sostanza ideale per il trattamento endoscopico della IUS recidiva o da ISD, dovrebbe essere
facilmente iniettabile e in grado di mantenere il suo volume nel tempo, non dovrebbe interferire
con eventuali successivi trattamenti e dovrebbe essere biocompatibile, non antigenica, non
carcinogenetica e non dovrebbe migrare. In realt una sostanza con tali caratteristiche non esiste.
Varie sono le sostanze usate: biologiche (collagene, grasso autologo, cartilagine auricolare) e
sintetiche (Teflon, Silicone, Durasphere). Le pi usate rimangono il Collagene ed il Silicone.
La via di somministrazione pu essere retrograda o, pi comunemente, anterograda nel tessuto
periuretrale intorno al collo vescicale ed all'uretra prossimale. L'approccio pu essere transuretrale o peri-uretrale. Nel primo caso si utilizza un cistoscopio con ottica O e si esegue una
infiltrazione alle ore 4 ed alle ore 8, fino a realizzare una completa chiusura del collo vescicale e
dell'uretra prossimale.
Collagene
Il gax-Collagen una sospensione altamente purificata e stabilizzata di collagene bovino in
soluzione salina. Ci rende questo tipo di collagene resistente all'azione della collagenasi prodotta
dai fibroblasti; pertanto viene riassorbito piuttosto lentamente. Non causa reazioni infiammatorie,
n formazione di granulomi e non migra. comunque degradata con il tempo ed sostituito da
collagene dell'ospite.
Silicone
Il silicone utilizzato sotto forma di particelle solide di polidimetilsilossano, sospese in un gel di
trasporto che viene assorbito dal sistema reticoloendoteliale ed eliminato con le urine. Poich il
99% delle particelle ha un diametro compreso tra 100 e 450 mm, la possibilit di migrazione a
distanza bassa. Sebbene stata dimostrata nel sito di iniezione una reazione infiammatoria,
costituita da istiociti e cellule giganti, non stata mai descritta alcuna formazione di granulomi.
I risultati delle sostanze pi comunemente usate sono riportati nella Tabella IX.
Complicanze
Le complicanze delle infiltrazioni endoscopiche intra e postoperatorie sono minime e pertanto nelle
pazienti con incontinenza di tipo III e con assenza di mobilit del collo, le sostanze iniettabili si
impongono come trattamento di 1a scelta, anche per la possibilit di poter reintervenire
successivamente, essendo minimo il trauma chirurgico in tessuti gi ampiamente compromessi. I
trattamenti endoscopici costituiscono inoltre una valida opzione nelle donne che desiderano evitare
le complicanze associate alla chirurgia maggiore. Infatti l'assenza di morbidit associata a tale
terapia, fa ritenere che essa dovrebbe essere paragonata pi alle terapie conservative, come la
terapia riabilitativa, piuttosto che a quelle chirurgiche.
Interventi per via retropubica
Symmonds e Lee (34) proposero una variante della Marshall-Marchetti-Krantz in cui, nei casi di
IUS recidiva, si apriva il collo vescicale per un pi esatto posizionamento dei fili di sospensione. Per

determinare un effetto ostruente i punti erano poi incrociati ed ancorati in prossimit della
cartilagine della sinfisi pubica. Gli Autori parlano di percentuali di guarigione intorno al 90% in
pazienti recidive, pur se mancano chiare indicazioni ai criteri di inclusione delle pazienti, n
specificano il tipo di incontinenza.
Sfintere artificiale
Nelle donne con uretre neuropatiche e notevole beanza del collo, il trattamento ideale deve
determinare un incremento pressorio mediante compressione su tutta la circonferenza uretrale
piuttosto che sulla parete posteriore come avviene comunemente con la sling. Lo sfintere artificiale
(AUS) attualmente proposto come trattamento di scelta nelle incontinenze urinarie nel maschio.
Schreiter (35) ha presentato una vasta casistica (123 casi) di impianti sfinterici in donne affette da
GSI di tipo 3. L'86% risulta guarita a 2 anni, ma nel 48,2% dei casi si dovuta effettuare una o
pi revisioni dello sfintere a causa di infezioni o erosioni. Costa et al. ha recentemente proposto
l'uso dell'AUS in un vasto gruppo di pazienti (207) con ISD e test di Marshall negativo, il tasso di
guarigione risultato dell'81%, associato ad un 25% di lesioni intraoperatorie, 6% di erosioni e
3% di revisioni (36).
Conclusioni
Il ripristino della continenza urinaria, rappresenta oggi una delle sfide pi impegnative della
scienza medica, visto il crescente interesse della opinione pubblica e dei media al benessere ed
alla qualit di vita della donna. Le nuove acquisizioni in campo diagnostico e terapeutico ed il
prepotente ingresso della chirurgia mininvasiva, ha rivoluzionato i trattamenti chirurgici nei casi di
incontinenza urinaria primaria.
La IUS recidiva necessita viceversa ancora oggi, di un maggior approfondimento diagnostico oltre
che di un pi cauto atteggiamento terapeutico, vista la molteplicit dell'eziopatogenesi. Il trend
attuale nel trattamento dei difetti sfinterici di qualsiasi natura quello di effettuare degli interventi
di sling, vista l'efficacia a lungo termine. Infatti questi trattamenti, in mani esperte, producono un
eccellente tasso di guarigione ed il tipo di materiale probabilmente non interferisce sui risultati.
L'unico aspetto controverso il tasso relativamente alto di complicanze. Tuttavia l'incidenza di
disturbi di svuotamento e l'instabilit de novo, possono essere ridotti evitando un'eccessiva
tensione: infatti sempre pi evidente che la compressione uretrale e l'ostruzione non sono
determinanti per la guarigione. Si deve per considerare anche un'adeguata "dinamica" uretrale e,
pertanto, laddove possibile si deve sempre optare per rimobilizzare l'uretra ed il collo vescicale
mediante un'adeguata uretrolisi; invece di apporre un ulteriore elemento di ostacolo al
funzionamento vescico-sfinterico, che la donna, soprattutto in et geriatrica, paga nel tempo
pesantemente. Le sostanze iniettabili possono rappresentare certamente una forma accettabile di
trattamento, pur se con risultati degradanti nel tempo, in donne che desiderino evitare le
complicanze della chirurgia maggiore.

LA TERAPIA DELLE RECIDIVE


M. Cervigni F. Natale
Unit di Urologia Ginecologica, Ospedale "S. Carlo", IDI, Roma

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle
Tab.
Classificazione dellinsufficienza sfinterica intrinseca (ISD)

ISD-A

sottile perdita urodinamica della funzione uretrale di chiusura, comune nelle


donne anziane; comune lipermobilit uretrale; diagnosticata solo con VideoUrodinamica

ISD-B

collo vescicale aperto con forma a becco (beak-shaped); si pu evidenziare un


lieve grado di mobilit sotto sforzo

ISD-C

uretra a "cannello di pipa" (pipe-stem) in posizione fissa; incontinenza severa;


storia clinica suggestiva (chirurgia pelvica o radiante ecc.)

Tab.
Insufficienza sfinterica intrinseca (ISD) Opzioni terapeutiche

II

ISD-A

il trattamento iniziale pu essere medico, nei casi di fallimento infiltrazioni


endoscopiche

ISD-B

sling pubo-vaginale, perch corregge lISD e lipermobilit uretrale

ISD-C

uretrolisi e rimozione del pregresso intervento, quindi sling. Infiltrazione


endoscopica solo in casi selezionati

Tab.
Sling con Mersilene

III

Autore

Pats

F-U

% guarigione

Complicazioni

Moir 68

71

2-24 m

83 (sogg)

Nichols 73

22

1-2 aa

95 (sogg)

Kersey 83

105

6 m 5 aa

84 (sogg)

Fistola v-v
erosioni (3)

(2),

Iosif 85

44

3-11 aa

73 (sogg)

Ritenzione
ascessi (2)

(7),

Kersey 88

100

6 m-5 aa

78 (sogg)

Iperattivit
detrusoriale
(23%)

Guner 94

24

24 m

96 (sogg)

Urge
incontinence
(4,2%)

Young 95

110

13 m

95 (sogg)

Erosioni (2)

93 (ogg)

Disturbi
minzionali (3)

Tab.
Sling con Marlex

IV

Autore

Pats

F-U

% guarigione

Complicazioni

Morgan 70

20

3-23 m

100 (sogg)

Ostruzione
(1),
fistola v-v (1)

Bryans 79

69

5-8 aa

79 (sogg)

Disf.
minzionali
(15),
erosioni
vaginali (4)

Hilton e Stanton 10
83

3m

80 (sogg)

Morgan 85

208

5 aa

77 (sogg)

Erosioni uretrali
(12),
ritenzioni
(14)

Drutz 90

65

5 aa

95 (sogg)

Erosioni vaginali
(4),
erosione
uretrale (1)

Morgan 96

88

85 (sogg)

Ritenz.
instab.
detrusoriale
(16,7%)

70 (sogg)

(2),

Tab.
Standard strip sling

Autore

Pats

F-U

% guarigione

Complicazioni

Horbach 88

13

3-18 m

85 (sogg)

Ritenzione (1)
ID
persistente
(50%)
ID
"de
(73%)

Summitt 92

45

6m

82 (sogg)

novo"

Erosione (5)
Ostruzione (2)
ID
persistente
(71%)
ID
"de
(12,2%)

novo"

Bent 93

115

6 m-5 aa

Rigetto (21)

Weinberger 95

62

12 m

73 (sogg)

Erosioni
(22)

vaginali

IS
persistente
(48%)
ID
"de
(33%)

novo"

Tab.
Patch Sling

VI

Autore

Pats

F-U

% guarigione

Complicazioni

Ogundipe 92

6m

100 (sogg)

Ascessi,
inst.
detr. persistente
(75%)
Inst. "de
(66%)

Norris 96

122

6m

88 (sogg)

Erosioni

novo"
vaginali

(5)
Disfunzioni
minzionali (6)
Inst. persistente
(49%)
Inst. "de
(32%)
Yamada 98

39

5 aa

84 (sogg)

novo"

Infezioni (1)

Tab.
Silastic

VII

Autore

Pats

F-U

% guarigione

Complicazioni

Stanton 85

30

3-12 m

83 (sogg)

Ritenzione (4),
Fistola v-v (1),
inst. persistente
(10%)
Inst. "de
(67%)

Chin 85

88

3 m-5 aa

71 (sogg)

novo"

Disturbi
minzionali
(4),
erosioni (10)
Inst.
pesistente
(70%), inst. "de
novo" (28%)

Korda 89

54

4-30 m

77 (sogg)

Ritenzione (15)

Korda 90

67

4-30 m

81 (sogg)

Ritenzione (16),
inst. persistente
(61,5%)
Inst. "de
(3,7%)

novo"

Tab.
Complicanze dei sintetici

VIII

Complicanze

Mersilene

Marlex

Standard
Gore-tex

Patch
tex

Fistole

1,9-3,3

0-5

1,9-3,3

Erosioni vaginali

1,8-2,8

6,2-7,2

11,1-16,1

2,6-4,0

0-9,3

Erosioni uretrali

1,5-5,8

0-1,9

Disfunzioni
minzionali

2,7-15,8

2,3-21,7

4,4-7,7

4,9

9,3-23,9

Instabilit
persistente

4,2-23

16,7

48-77

49-75

61,5-100

Instabilit "de novo" -

7,3

11-33

32-66

3,7-67

Rimozione/revisione 1,8-15,9

2,9-11,5

15,4-35,5

2,6-9

13,3-31,5

Tab.

Gore- Silastic

IX

Risultati iniettabili
Autori

Sostanza

Tipo di IUS F-U (mesi)

Guarite %

Migliorate

Stricker 93 50

Collagene

ISD

11

42

40

Koelbl 98

Silicone

ISD

12

59

Eckford 91 25

Collagene

64

16

OConnell
95

42

Collagene

ISD

1-2

45

18

Henalla 00

10

Silicone

I/II

74

Winters 95 50

Collagene

ISD

> 12

96

McGuire 94 137

Collagene

ISD

> 12

46

34

Faerber 96 12

Collagene

10,3

83

17

Monga 95

Collagene

3 (N = 59)

46

40

12 (N = 54) 40

37

24 (N = 29) 48

20

80

36

60

Hidar 00

Paz.

32

60

25

Silicone

ISD

Herschorn
97

181

Collagene

I/II/III

22

23

52

Smith 97

94

Collagene

III

14

38,3

28,7

Pannek 01

13

Durasphere ISD

12

33

Swami 97

107

Collagene

24

25

40

Cross 98

103

Collagene

III

18

74

20

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