Você está na página 1de 4

Caio Giulio Cesare nacque a Roma nel 100 a.C.

Faceva parte dell'antichissima e nobile


"gens Julia", discendente da Julo, figlio di Enea e, secondo il mito, a sua volta figlio della
dea Venere.
Era anche legato al ceto plebeo, in quanto sua zia Giulia aveva sposato Caio Mario.
Finiti gli studi, verso i sedici anni, part con Marco Termo verso l'Asia, dove era in corso una
guerra. In Oriente conobbe Nicomede, re di Bitinia, dove si ferm per quasi due anni.
Tornato a Roma diciottenne, Cesare spos, per volere del padre, Cossuzia, ma alla morte di
questi, la rinneg per prendere in moglie la bella Cornelia, figlia di Cinna, luogotenente di
Mario, scatenando cos l'ira del potente dittatore Silla, che per altro aveva intuito le qualit
del giovane. Le disposizioni del tiranno prevedevano che Cesare ripudiasse la moglie
Cornelia, in quanto figlia di uno dei capi del partito democratico. Cesare si rifiut: la cosa
gli cost la condanna a morte e la confisca della dote della moglie; la condanna in seguito,
su intervento di amici comuni, fu mutata in esilio.
Esiliato appunto in Oriente, vi fece importanti esperienze militari, per terra e per mare.
Rientrato nuovamente a Roma nel 69, intraprese il cosiddetto "cursus honorum": venne
eletto alla carica di questore, grazie ai voti acquistati con il danaro prestatogli da Crasso.
La carica gli frutt il governatorato e un comando militare in Spagna, dove per un po' di
tempo fronteggi i ribelli, tornando poi in Patria con la fama di ottimo soldato e
amministratore. Tre anni dopo fu nominato propretore in Spagna ma, pieno di debiti, pot
partire solo dopo aver saldato tutti i contenziosi, cosa che fece grazie ad un prestito del
solito Crasso. Divenne inoltre Pontefice Massimo nel 63 e pretore nel 62.
In Spagna sottomise quasi del tutto gli iberici, riport un bottino enorme e il senato gli
concesse il trionfo, a causa del quale Cesare doveva ritardare il ritorno a Roma. In questo
modo gli veniva impedito di presentare la sua candidatura al consolato, infatti la
candidatura non poteva essere presentata in assenza del candidato. Cesare and
ugualmente a Roma, lasciando l' esercito fuori dalla citt.
Qui, strinse accordi di alleanza con il suo finanziatore Crasso e con Pompeo, in quel
momento politicamente isolato: si form allora un patto a tre, di carattere privato,
consolidato da un solenne giuramento di reciproca lealt , che aveva come fine, attraverso
una opportuna distribuzione di compiti, la completa conquista del potere (luglio del 60). Il
patto conosciuto con il nome di "Primo Triumvirato".
Nel frattempo, i legami con Pompeo erano stati stretti attraverso il matrimonio di quest'
ultimo con Giulia, figlia di Cesare. Per l' anno 58, alla fine del suo mandato, Cesare fece
eleggere come suoi successori Gabinio e Pisone; del secondo spos la figlia Calpurnia, in

quanto aveva divorziato dalla terza moglie, Pompea, a seguito di uno scandalo in cui era
rimasta coinvolta. Nello stesso periodo chiese e ottenne il consolato della Gallia.
Cesare aveva scelto le Gallie a ragion veduta: egli sapeva di aver bisogno, per poter
aspirare al supremo potere, di compiere gesta militari di grande importanza e, soprattutto,
di forte impatto. Le Gallie, da questo punto di vista, gli avrebbero appunto offerto
l'occasione di conquistare territori ricchi di risorse naturali e di sottomettere un popolo ben
noto per le proprie virt militari e, per questo, molto temuto.
I fatti confermarono pienamente i calcoli di Cesare. Anzi, riusc ad ottenere risultati che
andavano al di l di quanto egli stesso avrebbe mai osato sperare. Le vicende belliche gli
offrirono oltretutto l'occasione di costituire un fedelissimo esercito personale e di
assicurarsi fama imperitura e favolose ricchezze. Fu in particolare la fase finale del
conflitto, quando dovette domare una ribellione capeggiata dal principe Vercingetorige, a
mettere in risalto le straordinarie capacit militari di Cesare, che riusc a sbaragliare il
nemico nel proprio territorio e a fronte di perdite ridotte al minimo per i romani.
La campagna militare, cominciata nel 58 a.C. e conclusa nel 51 a.C., fu minuziosamente e magnificamente - narrata dallo stesso Cesare nei suoi Commentari (il celebre "De bello
gallico").
Morto Crasso, sconfitto e ucciso a Carre (53 a.C.) nel corso di una spedizione contro i parti,
il triumvirato si sciolse. Pompeo, rimasto solo in Italia, assunse pieni poteri con l'insolito
titolo di "console senza collega" (52 a.C.). All'inizio del 49 a.C., Cesare rifiut di obbedire
agli ordini di Pompeo, che pretendeva, con l'appoggio del senato, che egli rinunciasse al
proprio esercito e rientrasse in Roma come un semplice cittadino. In realt Cesare rispose
chiedendo a sua volta che anche Pompeo rinunciasse contemporaneamente ai propri
poteri, o, in alternativa, che gli fossero lasciate provincia e truppe fino alla riunione dei
comizi, davanti ai quali egli avrebbe presentato per la seconda volta la sua candidatura al
consolato. Ma le proposte di Cesare caddero nel vuoto: prese allora la difficile decisione di
attraversare in armi il Rubicone, fiume che delimitava allora l'area geografica che doveva
essere interdetta alle legioni (fu in questa occasione che pronunci la famosa frase: "Alea
iacta est", ovvero "il dado tratto").
Era la guerra civile, che sarebbe durata dal 49 al 45. Anch'essa fu molto ben raccontata da
Cesare, con la consueta chiarezza ed efficacia, nel "De bello civili" Varcato dunque il
Rubicone, Cesare marci su Roma. Il senato, terrorizzato, si affrett a proclamarlo
dittatore, carica che mantenne fino all'anno seguente, quando gli fu affidato il consolato.
Pompeo, indeciso sul da farsi, si rifugi in Albania. Fu sconfitto a Farsalo, nel 48 a.C., in una
battaglia che probabilmente il capolavoro militare di Cesare: quest'ultimo, con un
esercito

di

ventiduemila

fanti

mille

cavalieri,

tenne

testa

vittoriosamente

ai

cinquantamila fanti e ai settemila cavalieri schierati da Pompeo, perse soltanto duecento


uomini, ne uccise quindicimila e ne cattur ventimila.
Pompeo fugg in Egitto, dove venne assassinato dagli uomini di Tolomeo XIV, il quale
credeva in tal modo di ingraziarsi Cesare. Cesare, invece, che aveva inseguito l'avversario
in Egitto, inorrid quando gli presentarono la testa di Pompeo. In Egitto Cesare si trov nella
necessit di arbitrare un'intricata disputa su problemi di successione e confer il trono
all'affascinante Cleopatra, con la quale ebbe un'intensa storia d'amore (ne nacque un
figlio: Cesarione).
Nel 45 - ormai padrone assoluto di Roma - fece solenne ingresso nell'Urbe, celebrando il
suo quinto trionfo. Da quel momento in poi Cesare detenne il potere come un sovrano
assoluto, ma con l'accortezza di esercitarlo nell'ambito dell'ordinamento repubblicano.
Infatti, si guard bene dall'attribuirsi nuovi titoli, facendosi invece concedere e
concentrando nelle proprie mani i poteri che, normalmente, erano divisi tra diversi
magistrati. Ottenne pertanto un potere di fatto dittatoriale (prima a tempo determinato e
poi, forse dal 45 a.C., a vita), cui associ come magister equitum l'emergente Marco
Antonio. Non meno importanti furono la progressiva detenzione delle prerogative dei
tribuni della plebe, dei quali Cesare assunse il diritto di veto e l'inviolabilit personale, e
l'attribuzione del titolo permanente di imperator (comandante generale delle forze armate)
nel 45 a.C.
Infine, alla sua persona furono attribuiti onori straordinari, quali la facolt di portare in
permanenza l'abito del trionfatore (la porpora e l'alloro), di sedere su un trono aureo e di
coniare monete con la sua effigie. Inoltre, al quinto mese dell'antico anno venne dato il suo
nome (luglio = Giulio) e nel tempio di Quirino gli fu eretta una statua: sembra che Cesare
vi fosse venerato come un dio sotto il nome di Jupiter- Iulius.
Nel periodo che va dal 47 al 44 a.C. Cesare attu varie riforme, molte delle quali
contenevano gli elementi cardine del futuro principato, tra cui la diminuzione del potere
del senato e dei comizi. Dal punto di vista economico promosse alcune riforme a favore dei
lavoratori agricoli liberi, riducendo il numero di schiavi e fondando colonie a Cartagine e a
Corinto; promosse numerose opere pubbliche e la bonifica delle paludi pontine; introdusse
inoltre la riforma del calendario, secondo il corso del sole e non pi secondo le fasi della
luna.
I malumori contro un personaggio di cos grandi capacit e ambizioni, in Roma, non si
erano mai sopiti. Vi era, ad esempio, il timore che Cesare volesse trasferire a un
successore i poteri acquisiti (aveva adottato Ottaviano, il futuro imperatore Augusto), e
nel contempo si riteneva inevitabile, o per lo meno altamente probabile, una deriva
monarchica dell'avventura umana e politica di Giulio Cesare. Per questo, negli ambienti pi
tradizionalisti e nostalgici dei vecchi ordinamenti repubblicani fu ordita una congiura

contro di lui, guidata dai senatori Cassio e Bruto, che lo assassinarono il 15 marzo del 44
a.C. (passate alla storia come le "Idi di marzo").
Tra gli innumerevoli ritratti che di lui ci sono stati conservati, due sono particolarmente
significativi, ossia quello relativo al suo aspetto fisico, tracciato da Svetonio (nelle "Vite dei
Cesari"), e quello morale, tracciato dal suo grande avversario Cicerone in un passo della
seconda "Filippica". Ecco quello di Svetonio: "Cesare era di alta statura, aveva una
carnagione chiara, florida salute[...] Nella cura del corpo fu alquanto meticoloso al punto
che non solo si tagliava i capelli e si radeva con diligenza, ma addirittura si depilava, cosa
che alcuni gli rimproveravano. Sopportava malissimo il difetto della calvizie per la quale
spesso fu offeso e deriso. Per questo si era abituato a tirare gi dalla cima del capo i pochi
capelli[...] Dicono che fosse ricercato anche nel vestire: usava infatti un laticlavio frangiato
fino alle mani e si cingeva sempre al di sopra di esso con una cintura assai lenta".
Non meno incisivo quello di Cicerone: "Egli ebbe ingegno, equilibrio, memoria, cultura,
attivit, prontezza, diligenza. In guerra aveva compiuto gesta grandi, anche se fatali per lo
stato. Non aveva avuto per molti anni altra ambizione che il potere, e con grandi fatiche e
pericoli l'aveva realizzata. La moltitudine ignorante se l'era conquistata coi doni, le
costruzioni, le elargizioni di viveri e banchetti. I suoi li aveva acquistati con premi, gli
avversari con manifestazioni di clemenza, insomma aveva dato ad una citt, ch'era stata
libera, l'abitudine di servire, in parte per timore, in parte per rassegnazione".

Você também pode gostar