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Era gi di parlar ristata Filomena, quando la reina, avendo veduto che pi niuno a dover
dire, se non Dioneo per lo suo privilegio, vera rimaso, con lieto viso disse: A me omai
appartiene di ragionare; e io, carissime donne, da una novella simile in parte alla
precedente il far volentieri, non acci solamente che conosciate quanto la vostra
vaghezza possa ne cuor gentili, ma perch apprendiate dessere voi medesime, dove si
conviene, donatrici de vostri guiderdoni senza lasciarne sempre esser la fortuna
guidatrice, la qual non discretamente ma, come saviene, smoderatamente il pi delle
volte dona. Dovete adunque sapere che Coppo di Borghese Domenichi, il quale fu nella
nostra citt, e forse ancora , uomo di grande e di reverenda auttorit ne d nostri, e per
costumi e per vert molto pi che per nobilt di sangue chiarissimo e degno deterna
fama, essendo gi danni pieno, spesse volte delle cose passate co suoi vicini e con altri si
dilettava di ragionare: la qual cosa egli meglio e con pi ordine e con maggior memoria e
ornato parlare che altro uom seppe fare. Era usato di dire, tra laltre sue belle cose, che in
Firenze fu gi un giovane chiamato Federigo di messer Filippo Alberighi, in opera
darme e in cortesia pregiato sopra ogni altro donzel di Toscana. Il quale, s come il pi
de gentili uomini avviene, duna gentil donna chiamata monna Giovanna sinnamor,
ne suoi tempi tenuta delle pi belle donne e delle pi leggiadre che in Firenze fossero; e
acci che egli lamor di lei acquistar potesse, giostrava, armeggiava, faceva feste e donava,
e il suo senza alcun ritegno spendeva; ma ella, non meno onesta che bella, niente di
queste cose per lei fatte n di colui si curava che le faceva. Spendendo adunque Federigo
oltre a ogni suo potere molto e niente acquistando, s come di leggiere adiviene, le
ricchezze mancarono e esso rimase povero, senza altra cosa che un suo poderetto
piccolo essergli rimasa, delle rendite del quale strettissimamente vivea e oltre a questo un
suo falcone de migliori del mondo. Per che, amando pi che mai n parendogli pi
potere essere cittadino come disiderava, a Campi, l dove il suo poderetto era, se nand
a stare. Quivi, quando poteva uccellando e senza alcuna persona richiedere,
pazientemente la sua piet comportava.
Guida allelaborato
1) Introduzione in sintesi (max.7 righi) dei brani proposti.
2) Collocazione e contesto del brano dantesco.
3) Individua il criterio in base al quale sono disposti gli exempla danteschi (numero dei
personaggi maschili e femminili, disposizione geografica, presenza di coppie di
amanti).
4) Parafrasa le terzine 2-3-4.
5) Illustra la vicenda storica degli exempla di Semiramide e Didone.
6) Il ruolo di Tristano nella rassegna.
7) La concezione cortese dellamore nel canto V e il giudizio dantesco.
8) Collocazione e datazione del sonetto petrarchesco.
9) Le figure di suono presenti nel sonetto.
10) Gli elementi tradizionali della poesia damore cortese e i riferimenti alla prospettiva
cristiana nel sonetto.